Lunedì 6 Febbraio 2012
PRIMO PIANO
3
Le novità operative dal 1° febbraio per i pagamenti in contanti e assegni superiori alla soglia
Antiriciclaggio, nessuno si salva
dalle sanzioni oltre i mille euro
DI
Pagina a cura
CHRISTINA FERIOZZI
L
e disposizioni, gli obblighi e le connesse
sanzioni in tema antiriciclaggio, ivi compresa,
in particolare, l’applicazione
delle stringenti previsioni relative alla «manovra Monti»
sono operative a 360° a partire
dallo scorso 1° febbraio. È proprio il caso di dire che di adempimenti ce n’è per tutti, considerato che i soggetti coinvolti
sono non solo gli intermediari
e i professionisti del settore finanziario o quelli dell’ambito
contabile, ma anche le imprese
e i privati cittadini.
Ecco chi deve fare cosa nel
panorama delle problematiche
collegate alla sanzionabilità
delle transazioni di contanti
e titoli al portatore oltre la
soglia dei mille euro.
Rapporti finanziari fra
privati. Dallo scorso 6 dicembre 2011, con le modifiche
apportate all’art. 49 del dlgs
231/07 a opera della cosiddetta «Manovra Monti» (dl
201/2011, conv. l. 22/12/2011,
n. 214) è stata ulteriormente
abbassata la soglia limite oltre
la quale scatta la tracciabilità obbligatoria dei pagamenti. In pratica, sono stati così
inibiti i pagamenti in contanti fra soggetti privati, in
unica soluzione, a partire dai
mille euro. Ma la riduzione
della soglia si estende anche
all’emissione di assegni liberi.
Infatti, anche gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a mille
euro dovranno avere, oltre che
l’indicazione del nome e della
ragione sociale del beneficiario (in assenza della quale i
titoli risulterebbero, di fatto,
al portatore), anche la clausola
di intrasferibilità. Gli assegni
circolari, vaglia postali e cambiari potranno, inoltre, essere
richiesti senza clausola di intrasferibilità solo se inferiori
a mille euro.
In proposito, la stretta conseguente alla soglia dei mille euro non sembra del tutto
immediatamente applicabile,
e conseguentemente sanzionabile, in capo al soggetto
privato che, nell’ambito dei
suoi rapporti finanziari con
altri soggetti privati, decida
di movimentare valori maggiori del limite ammissibile,
sia mediante un’unica transazione sia con più operazioni
frazionate. Si pensi, infatti,
al caso di due amici o parenti
fra cui uno dei due decide di
prestare due mila euro all’altro per esigenze contingenti e
quest’ultimo decida di spendere tale cifra, sempre in contanti, per l’acquisto di generi
alimentari, vestiario e anche
per il pagamento di una bollet-
Centri elaborazione dati sotto la lente
Per i professionisti operanti nel settore
economico contabile, nonché per i centri
elaborazioni dati sono riscontrabili molte
situazioni a concreta rilevanza sanzionatoria in relazione al citato art. 49.
Nella tenuta di contabilità ordinaria, per
esempio, potranno essere verificati dal
professionista pagamenti in unica soluzione di denaro contante riferiti a fatture per
importi pari o superiori ai mille euro (Iva
compresa) o il trasferimento di denaro
fra società e soci eseguiti in contanti per
importi superiori a tale valore, come nel
frequente caso di finanziamenti fra soci
e società e distribuzione di utili ai soci,
o, ancora, il pagamento in contanti della
rata mensile di locazione del capannone
per valori extrasoglia. In tutte queste situazioni, evidentemente, il professionista
sarà chiamato alla comunicazione ex art.
51, non oltre il termine massimo di trenta
giorni da quando di tali movimenti prenda cognizione. Sarà opportuno, quindi, per
il professionista o il Ced precostituirsi
un’idonea prova della tempistica in merito
all’avvenuta consegna documentale, al fine
di prevenire eventuali rischi sanzionatori
per lo stesso.
Non rileva, invece, la distribuzione dell’utile dell’imprenditore della ditta individuale
a sé stesso non sussistendo, in tal caso, la
diversità di soggetti contemplata dall’art.
49, mentre costituisce irregolarità sanzionabile se i trasferimenti intervengono
all’interno di una impresa familiare (risposte Mef del 20/5/2010).
Ma la fatidica soglia ha effetti anche su
altre situazioni di carattere extracontabile. Per esempio negli studi legali o notarili, particolare attenzione dovrà essere
dedicata alla redazione di contratti contenenti clausole che prevedano caparre o
versamenti di rate unitariamente pari o
superiori a mille euro. Si pensi, infine, alla
emissione di fatture e di parcelle da parte
dei professionisti. Anche queste, infatti,
se regolate, in generale, in contanti e in
unica soluzione, dovranno essere emesse
ta di utenza. Successivamente,
il soggetto che ha ricevuto il
prestito restituisce lo stesso
in contanti in più rate, magari aggiungendo anche qualche euro di interesse. In tale
situazione, data l’assenza di
possibile riscontro cartolare
o di movimentazioni di somme su conti correnti risulterà
praticamente impossibile rilevare l’infrazione e applicare la
sanzione. Non si capisce, poi, a
carico di chi ricadrebbe l’onere
di tale rilievo. Lo stesso dicasi
per il padre che elargisce 1.200
euro al mese in contanti, affinché il figlio si sostenga agli
studi svolti fuori città, o per il
caso della pensionata che paga
una prestazione di servizi per
totali mille euro, svolta completamente in «nero» presso la
propria abitazione.
Rapporti banca-cittadino. A seguito del polverone
sollevato da più parti, in particolare nei rapporti con le banche, per il ridimensionamento
per imponibili spesso molto più bassi dei
soliti mille euro, in relazione ai complessi
effetti sull’incasso finanziario a seguito
dell’applicazione di Iva, ritenute e contributo integrativo.
- Rapporto privati-Fisco. La normativa in
tema di tracciabilità e antiriciclaggio si
inserisce anche nei rapporti fra privati e
fisco. In proposito, ricordiamo, l’art. 7, co.
6 del Dpr 605/73, richiamato dall’art. 11
del dl 201/2011, che impone alle banche,
alle Poste italiane e a tutti gli intermediari
finanziari di rilevare e tenere in evidenza
i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con
loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio o per conto di terzi, qualsiasi
operazione di natura finanziaria a esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro. Tali
operazioni vanno poi comunicate all’anagrafe tributaria per la formazione di liste
selettive di contribuenti da sottoporre a
controllo fiscale. Inoltre, ricordiamo che
l’art. 12 del dl 201/2011 ha integrato la previsione dell’art. 51 del dlgs 231/07 prevedendo che la comunicazione delle infrazioni relative ai contanti e titoli al portatore
sia trasmessa anche Agenzia delle entrate
per l’attivazione dei conseguenti controlli
di natura fiscale.
- Rapporto intermediari e professionisti con
il Mef. Articolato su più fronti, in materia di
antiriciclaggio, il rapporto fra intermediari e
professionisti con il Mef. I primi, infatti, oltre
agli obblighi di comunicazione per le violazioni
relative alle transazioni in contanti e titoli al
portatore (art. 51 dlgs. 231/07) sopra citate,
sono impegnati anche sotto il profilo degli obblighi di adeguata verifica della clientela (ex
art. 15 e segg.) e di segnalazione delle operazioni sospette (art. 41 dlgs. 231/07) per i
quali rinviamo a quanto più volte trattato su
queste pagine.
della soglia delle transazioni
in contanti a mille euro, si era
creato allarmismo in merito al
fatto che non si potessero più
prelevare o depositare somme
in contanti dai conti correnti
e che, nel caso di richieste in
tal senso, l’istituto di credito
avesse dovuto far compilare un
apposito modello al cliente con
cui evidenziare e giustificare le
ragioni dell’operazione. Tutto
è stato successivamente chiarito a mezzo della circolare Abi
dell’11 gennaio 2012 (richiamando quanto già evidenziato
nella circ. Mef del 4/11/11), con
la quale si precisa che la soglia
di mille euro si applica esclusivamente ai trasferimenti di
denaro tra privati cittadini e
non ai versamenti e prelievi
allo sportello. È pertanto pacifica l’effettuazione di prelevamenti e versamenti bancari
in misura pari o superiore alla
citata soglia senza incorrere
nell’irrogazione di specifi che
sanzioni, né dover evidenziare le ragioni dell’operazione, in
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quanto non si configura il trasferimento a terzi delle somme
richiesto dall’art. 49 del dlgs
231/07, poiché la quantità di
denaro in questione rimane
a disposizione del medesimo
soggetto.
Da non dimenticare, tuttavia, che le banche sono tenute
ad assolvere gli altri obblighi
previsti dalle disposizioni antiriciclaggio. Laddove, infatti, le
operazioni in contante si prefigurassero eccessivamente frequenti (per la stessa persona)
e per importi particolarmente
elevati la banca dovrà valutare se i comportamenti descritti
possano eventualmente configurare un’ipotesi di operazione sospetta da segnalare al
Mef, ai sensi dell’art. 41 del
medesimo decreto.
Rapporti fra impresa e
privato. Facendo riferimento
alla soglia «off limit» dei mille euro in contanti o titoli al
portatore, ipotizziamo quali
potrebbero essere le situazioni
pratiche più concretamente a
rischio sanzionatorio nell’ambito della normale operatività
quotidiana fra i privati e i soggetti con partita Iva. Per esempio, non è ammissibile lasciare
un acconto in contanti di mille
euro per l’ordinazione di un
arredamento presso il negozio,
come pure è irregolare pagare
in contanti la parcella di totali
1.200 euro di un avvocato, o,
ancora, costituisce violazione
il pagare un soggiorno in hotel,
per 1.500 euro complessivi in
contanti direttamente presso
la hall. Altresì non consentito,
secondo il Mef (risposte giugno
2008), risulta il pagamento in
contanti, benché frazionato, di
un unico dividendo ultrasoglia
corrisposto dalla società a un
socio, anche qualora tali pagamenti venissero effettuati
a distanza superiore dei sette giorni (art. 1, lett. m) del
dlgs 231/07) in quanto tale
frazionamento non deriva dal
preventivo accordo fra soci e
società ma da una decisione
unilaterale di quest’ultima.
Addirittura, possiamo evidenziare che pure il pagamento
di una polizza assicurativa
presso l’agenzia costituirebbe
irregolarità se attuata in contanti oltresoglia, come anche
il pagamento di imposte e/o
sanzioni presso lo sportello
di una esattoria. Difatti solo
nei confronti di banche e Poste
italiane viene espressamente
prevista deroga al divieto.
Il problema consiste nel
fatto che, a seguito del superamento della soglia lecita,
dovrebbe essere tanto l’operatore che riceve il pagamento a
rifiutare di ricevere il contante, che colui che lo effettua a
negare la possibilità di saldare
con denaro. Ma da un punto di
vista pratico il rischio concreto si paventa solo allorché tale
transazione resti documentata
esplicitamente in una contabilità o a seguito di un contratto scritto che contempli tali
specifici pagamenti, affinché,
successivamente, a seguito
del vaglio ad es. di un consulente tributario o di un Ced, o
di una verifica della Guardia
di Finanza, tale irregolarità
possa essere riscontrata nei
documenti.
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Lunedì 6 Febbraio 2012
DI
CHRISTINA FERIOZZI
A
partire dallo scorso 1° febbraio sono
operative le sanzioni
di cui all’art. 58 del
dlgs. 231/07, applicabili alle
violazioni di trasferimento
ultrasoglia (si veda ItaliaOggi del 31 gennaio), dopo la
moratoria prevista dal maxiemendamento al dl 201/2011.
È bene, quindi, ricordare che
esse incidono per valori dall’1
al 40% dell’importo trasferito
(dal 5 al 40% se la movimentazione supera i 50 mila euro)
a carico delle parti che commettono l’infrazione e dal 3
al 30% a carico del professionista (di solito il consulente
contabile) che ometta la comunicazione della violazione
riscontrata alla ragioneria
territoriale dello stato competente (ex art. 51 dlgs 231707),
il tutto con l’applicabilità di
un minimo sanzionatorio pari
a 3 mila euro. In proposito,
tuttavia, ricordiamo che è
possibile attenuare l’impatto
di tali sanzioni avvalendosi
dell’istituto dell’oblazione
(art. 16, legge 689/81). In pratica, sarebbe ammesso per il
reo il pagamento in misura
ridotta (minor somma fra il
doppio del minimo e il terzo
del massimo), oltre alle spese del procedimento, entro 60
giorni dalla contestazione,
ovviando al minimo fisso dei
3 mila euro. Tale possibilità
PRIMO PIANO
Sanzioni aggravate
per il professionista
Fac simile di comunicazione
Mittente …
……………
Spett. Ragioneria Territoriale dello Stato di ………………
Oggetto: Comunicazioni di irregolarità Transazioni
in contanti ex art. 49 d.lgs 231/2007
Spett. Ragioneria Territoriale,
il sottoscritto ……………… il relazione alla propria attività di dottore commercialista, è incaricato della tenuta delle scritture contabili della società XXX.
In relazione a tale incombenza ha ravvisato in occasione delle registrazioni di
movimentazioni contabili in partita doppia, che la fattura n. …, del ……. di euro
5.000 + Iva per totale euro 6.050 emessa dalla società XXX nei confronti della
società ZZZ, è stata regolata in contanti in unica soluzione, contravvenendo in
tal modo le disposizioni di cui all’art. 49, comma 1 del d.lgs 231/07.
Luogo ………………
Data ………………
Distinti saluti
Firma ………………
purtroppo non è concessa ai
professionisti, i quali in caso
di mancata comunicazione
delle violazioni di cui venissero al corrente, sono
sanzionati in pieno con
anche l’applicazione del
minimo previsto di 3 mila
euro. Da non trascurare,
infine, che la penalizzante
situazione dei professionisti è aggravata anche
dal fatto che le eventuali
sanzioni loro comminabili
sono senz’altro da qualificarsi quali sanzioni dirette e come tali neppure
«circoscrivibili» attraverso polizze di responsabilità civile (in tal senso la comunicazione Isvap 24/7/2000
Prot. 67335), che per di più,
il decreto 138/2011 (art. 3, 5°
co., lett.e)) rende obbligatorie
a tutela del cliente.
Come comunicare la
violazione ultrasoglia. Le
comunicazioni per le irregolarità nelle transazioni, non
tracciabili, oltre soglia (art.
51, dlgs 231/07), possono essere redatte in carta libera
attraverso raccomandata A/R
da indirizzarsi alla competente ragioneria territoriale
dello stato, senza essere assoggettate a riservatezza. In
esse dovranno essere trascritte le generalità del soggetto
(o dei soggetti) che ha (hanno)
commesso le infrazioni e le
circostanze in cui il segna-
lante, nell’ambito dei propri
compiti di servizio e nei limiti delle sue attribuzioni e
attività ha preso atto della
irregolarità, oltre ovviamente al nominativo dello stesso.
La comunicazione non dovrà
essere inoltrata quando l’irregolarità fosse già ricompresa
in operazione eventualmente segnalata quale sospetta
ai sensi dell’art. 41 del dlgs
231/07 (art. 51, comma 3°).
Tutti i soggetti tenuti a
rilevare le violazioni antiriciclaggio relative a contanti,
assegni e libretti al portatore dovranno comunicare
dette irregolarità alle ragionerie territoriali dello stato,
che sostituiscono le abrogate
direzioni territoriali dell’economia e delle finanze. Alle
organizzazioni periferiche
del Mef (a cui è altresì delegato il compito di applicare
le sanzioni amministrative)
dovranno essere trasmesse,
d’ora innanzi, anche le comunicazioni delle violazioni
(non oblazionabili) superiori
ai 250 mila euro
I nuovi indirizzi a cui, dal
mese di dicembre, tutti i soggetti destinatari della normativa, dovranno inviare le relative segnalazioni sono stati
resi noti dal dipartimento del
tesoro (Direzione V, Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali) con Circ. prot. 96224 del
30/11/2011 (si veda ItaliaOggi
del 16/12/11), mentre le sedi
competenti per le irregolarità
oltre i 250 mila euro sono state individuate con la circolare
Mef, n.2 del 16/1/2012 (si veda
ItaliaOggi del 18/1/12).
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COME TUTELARSI IN GIUDIZIO
Onere della prova a carico dell’amministrazione
DI
L
ANTONIO CICCIA
e modalità per tutelarsi in giudizio nei confronti di un decreto
di irrogazione sono disciplinate
dall’articolo 6 del decreto legislativo 150/2011.
La circolare 2 del Mef precisa che una
volta notificato il decreto sanzionatorio in materia antiriciclaggio, gli uffici
attendono i termini di impugnabilità
da parte dei sanzionati e, se non fosse
presentato ricorso e sospesa dal giudice
l’esecuzione, gli stessi devono inoltrare
una lettera di sollecito di pagamento,
prima dell’eventuale iscrizione a ruolo
dell’importo della violazione tramite
Equitalia. Il ricorso in opposizione contro il decreto sanzionatorio, si propone
davanti al tribunale (non il giudice di
pace, che è incompetente per materia)
del luogo in cui è stata commessa la
violazione, entro 30 giorni dalla notificazione del decreto (il termine è di 60
giorni se l’interessato risiede all’estero).
Si applica il rito del processo del lavoro. Il ricorso depositato oltre i termini è
inammissibile.
Il giudice, con decreto scritto, fissa
l’udienza di comparizione delle parti e il
ricorso, è notificato a cura del cancelliere
sia all’opponente, o al suo legale rappresentante, sia al Mef. È materia che interessa le cancellerie dei tribunali, ma si
ricorda che il ricorso va notificato all’amministrazione e non all’avvocatura dello
stato. L’opposizione non determina la sospensione del decreto impugnato, salvo
che il giudice, ricorrendo gravi motivi,
disponga diversamente.
Nel primo grado si può stare in giudizio personalmente (senza avvocato).
Il giudice assume le informazioni dalle parti, da eventuali testimoni, e, una
volta terminata l’istruttoria, invita le
parti a precisare in udienza le conclusioni e a procedere nella discussione
della causa, salvo che ritenga necessa-
rio concedere alle parti un termine per
il deposito di note difensive integrative.
Il tribunale, quindi, pronuncia la sentenza, mediante lettura del dispositivo.
Con la sentenza il giudice può rigettare l’opposizione o accoglierla in tutto o
in parte, modificando eventualmente
l’entità della sanzione e decidendo sulle
spese. Contro la sentenza sfavorevole
chi perde può proporre appello, entro
sei mesi dalla data di deposito (più il
periodo di sospensione feriale) o entro
30 giorni dall’eventuale notificazione
della sentenza. Dal secondo grado di
giudizio in poi il processo richiede necessariamente un avvocato.
In questi processi l’onere della prova
è sempre a carico dell’amministrazione: il giudice, infatti, deve accogliere
l’opposizione quando non vi sono prove
sufficienti della responsabilità dell’opponente. Per i ricorsi in opposizione si paga
il contributo unificato. Salvo questo balzello gli atti del processo e la decisione
sono esenti da ogni tassa e imposta.
I possibili motivi di ricorso sono molteplici. Vediamo di enumerarne qualcuno:
notifica della contestazione posteriore al
novantesimo giorno, notifica irregolare
della contestazione, prescrizione delle
violazioni contestate (in caso siano trascorsi più di cinque anni dalla commissione del fatto), errori nella attribuzione
delle responsabilità (obbligati principali, concorso e solidarietà ai sensi della
legge 689/81), assenza di motivazione
(segnalata per esempio dalla incompletezza dell’eventuale documentazione
probante allegata al processo verbale,
come estratti delle scritture societarie,
fatture, dichiarazioni delle parti o dalla
mancata replica alle deduzioni difensive presentate), errata identificazione
dell’infrazione contestata, omesso inserimento nel verbale di contestazione
della possibilità di oblazione, dove previsto.
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Lunedì 6 Febbraio 2012
PRIMO PIANO
DI
L
ANTONIO CICCIA
e violazioni antiriciclaggio sono contestate ai sensi della legge
689/1981 (articolo 60
del dlgs 231/2007).La legge
689/1981 contiene le disposizioni generali in materia di
procedimento amministrativo
finalizzato all’irrogazione di
sanzioni amministrative. Vediamo le singole fasi.
Si comincia con l’accertamento (articolo 14 della legge
689/1981). Ai sensi della citata
disposizione gli estremi della
violazione debbono essere notificati agli interessati residenti
in Italia entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di
360 giorni dall’accertamento.
In sostanza, entro 90 giorni,
deve arrivare al trasgressore e al responsabile in solido
(vedasi l’articolo 59 del dlgs
231/2007) un verbale di accertamento, nel quale si descrive
la condotta addebitata, si indica la norma violata e si danno
informazioni sul proseguimento del procedimento e cioè si
informa della possibilità (se
esistente) di chiudere la pratica pagando in misura ridotta
e di svolgere attività a propria
difesa.
Per la forma della notificazione, dice la legge 689/1981, si
applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti e quindi
si applicano le regole della notificazione previste dal codice
di procedura civile e dalle leggi
speciali in materia di notificazione a mezzo posta.
A tale proposito la legge abilita alle notificazioni non solo
gli ufficiali giudiziari, ma anche da un funzionario dell’amministrazione che ha accertato
la violazione. L’amministrazione deve essere molto precisa
nella effettuazione di questi
passaggi procedurali (rispetto
dei termini, esatta osservanza
delle modalità di notifi cazione). La ragione di tale speciale
attenzione deriva dal fatto che
un’eventuale mancanza nella
I diversi step
del procedimento
Le regole dal 6/12/2011, sanzionabili dall’1/2/2012
Divieto
Importi pari o superiori a:
Trasferimento di denaro in contante o di titoli al portatore in
euro o valuta estera
Assegni bancari e postali liberi (cioè senza nome o ragione sociale del beneficiario e privi della clausola di intrasferibilità)
1.000 euro
Assegni circolari e vaglia cambiari e postali richiedibili senza
clausola di intrasferibilità
Saldo dei libretti al portatore
notificazione comporta l’impossibilità di esigere la sanzione.
Il medesimo articolo 14 della
legge 689/1981 prescrive che
l’obbligazione di pagare la
somma dovuta per la violazione si estingue per la persona
nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine
prescritto. In sostanza sarà
sufficiente proporre un ricorso
e far presente la tardività della
notificazione, magari perché la
notificazione è stata effettuata
all’indirizzo sbagliato, per paralizzare la pretesa sanzionatoria dell’amministrazione.
Non a caso la circolare del
Mef n. 2 del 16 gennaio 2012
sottolinea la necessità (per
l’amministrazione) di non
incorrere nella decadenza disposta dall’articolo 14 della
legge 689/1981 e distingue
due ipotesi.
Nei casi in cui la segnalazione sia di tipo semplice (assegno senza clausola, libretto
ricondotto alla soglia oltre i
termini) e il soggetto segna-
lante (banche,
poste, notai e
altri professionisti ecc.)
abbia riportato tutti i dati
anagrafici
della persona
fisica e/o giuridica in modo
corretto e prodotto copia del
titolo irregolare, il termine
per notificare
all’autore della violazione la contestazione
è di 90 giorni dal protocollo
di arrivo della segnalazione
completa.
Solo in un secondo caso, e
cioè quando, i dati risultino
incompleti o illeggibili, si possono interrompere i termini
chiedendo elementi ulteriori
al soggetto segnalante e, dal
momento della successiva acquisizione di tutti dati necessari, vanno considerati i nuovi
termini di decadenza (cioè di
90 giorni).
La circolare fa l’esempio
degli assegni senza clausola,
per i quali si possono chiedere
alla banca della controparte i
dati del traente/beneficiario.
Conseguentemente, i termini
si riaprono dal momento della ricezione di questi dati.
La regola generale è (in
questo secondo caso) della
motivazione puntuale della
eventuale necessità di più
tempo per una istruttoria
5
complessa. Così sul punto
la circolare: quando l’istruttoria richiede un lasso di
tempo congruo per determinare l’accertamento definitivo dell’ipotesi di violazione,
come nel caso, per esempio
di scritture contabili inviate
dall’Agenzia delle entrate.
la decadenza corrisponde al
periodo che intercorre tra la
data in cui si forma il convincimento definitivo dell’amministrazione (che, a sua volta,
può coincidere con il protocollo di arrivo delle ultime notizie utili al completamento
dell’istruttoria) e quella di
avvenuta notifica alla parte.
La costante giurisprudenza in
materia di decadenza indica
che il tempo necessario per
un’istruttoria che superi i 90
giorni deve essere, comunque,
documentato e dimostrato
dall’amministrazione che effettua la contestazione. Così
la Cassazione: il dies a quo del
termine previsto dall’articolo
14, comma 2, della
legge n. 689 del 1981,
per la notifica degli
estremi di tale violazione non coincide
con quello in cui viene acquisito il fatto
nella sua materialità
da parte dell’autorità
cui è stato trasmesso il rapporto, ma va
individuato nel momento in cui detta
autorità abbia acquisito e valutato tutti
i dati indispensabili
ai fini della verifica
dell’esistenza della
violazione segnalata, ovvero
in quello in cui il tempo decorso non risulti ulteriormente
giustificato dalla necessità di
tale acquisizione e valutazione (sez. II, sentenza n. 3043
del 6 febbraio 2009).
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sanzioni
Soluzione a due vie per il responsabile
Una volta terminata la fase della contestazione la palla passa al responsabile che in generale ha due possibilità: difendersi o pagare la misura
ridotta (una sorta di oblazione, che è
prevista solo per alcune violazioni).
Una volta arrivato il verbale si deve
decidere se pagare o meno, sfruttando, dove è prevista, la possibilità di
pagare in misura ridotta (articolo 16
della legge 689/1981). A questo proposito si ricorda che l’articolo 60 del
dlgs 231/2007 limita la facoltà di oblazionare alle sole violazioni dell’articolo 49, commi 1, 5 e 7 (trasferimento
illecito di contanti e assegni senza
clausola di intrasferibilità), il cui
importo non sia superiore a 250 mila
euro. Inoltre il pagamento in misura
ridotta non è esercitabile da chi si è
già avvalso della medesima facoltà
per altra violazione, il cui atto di contestazione sia stato ricevuto dall’interessato nei 365 giorni precedenti la
ricezione dell’atto di contestazione.
In sostanza si paga una cifra subito e
si chiude il procedimento. La somma
è pari alla terza parte del massimo
della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole
e qualora sia stabilito il minimo della
sanzione edittale, pari al doppio del
relativo importo, oltre alle spese del
procedimento, e il pagamento va effettuato entro il termine di 60 giorni
dalla contestazione immediata o, se
questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
• Adozione del decreto sanzionatorio. Se non è possibile l’oblazione o
comunque se l’interessato non se ne è
avvalso il procedimento va avanti. In
questa fase il trasgressore e il responsabile in solido possono presentare
memorie difensive e anche chiedere
di essere ricevuti in audizione dalla
ragioneria territoriale competente.
La circolare 2 del Mef ricorda che per
questa attività difensiva (o meglio
di partecipazione al procedimento
amministrativo) il termine previsto
dalla legge è di 30 giorni, anche se gli
uffici, per prassi, concedono dilazioni
per consentire alla parte di svolgere
pienamente le proprie ragioni.
In effetti l’articolo 18 della legge
689/1981 concede agli interessati entro il termine di 30 giorni dalla data
della contestazione o notificazione
della violazione, di far pervenire
all’autorità competente scritti difensivi e documenti e di chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità. Al
riguardo va tuttavia ricordato che un
orientamento della cassazione (sezioni unite n.1786 del 2010) esclude che
l’omessa audizione possa invalidare i
procedimento, considerato che l’interessato può svolgere le stesse difese
in sede giurisdizionale. Questo orientamento meriterebbe di essere rivisto
anche alla luce del principio del giusto procedimento amministrativo.
Peraltro degli scritti difensivi e
delle eventuali dichiarazioni rese
in sede di audizione se ne deve tenere conto nel decreto finale, in
quanto lo stresso deve rispettare il
principio della piena ed esaustiva
motivazione (articolo 3 della legge
241/1990).
La stessa circolare 2 del Mef ricorda
che la motivazione deve essere congrua ed esaustiva e nel caso concreto
si deve dare risposta alle deduzioni
documentali o difensive presentate
dall’interessato.
Ai fini della motivazione l’amministrazione farà riferimento ai pare-
ri della commissione consultiva, i
quali tuttavia non sono vincolanti
per il giudice.
Una volta esaurita la fase dell’istruttoria si dovrà procedere alla archiviazione oppure alla adozione del provvedimento sanzionatorio, il quale
deve essere ritualmente notificato.
In materia va sottolineato che la
giurisprudenza, seppure con alcune
oscillazioni, tende a ritenere il termine di prescrizione di cinque anni (articolo 28 della legge 689/1981) quale
l’unico termine a carico dell’amministrazione, escludendo l’applicazione
di termini più brevi per la conclusione
del procedimento amministrativo.
Infine va ricordato che le informazioni e i dati relativi ai soggetti nei cui
confronti sia stato emanato provvedimento sanzionatorio definitivo sono
conservati nel sistema informativo
della Uif per un periodo di dieci anni
e i provvedimenti con i quali sono state irrogate le sanzioni amministrative pecuniarie sono comunicati alle
autorità di vigilanza, alla Uif e agli
ordini professionali per le iniziative
di rispettiva competenza.
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Antiriciclaggio, nessuno si salva dalle sanzioni oltre i mille euro