RESOCONTO PARTE PRIMA 22 settembre mattina 16oreprima e Libretto Formativo: l’edilizia volta pagina Massimo CALZONI, Presidente del FORMEDIL Alla base dell’attività del FORMEDIL vi deve essere un atteggiamento di servizio verso gli attori del mercato, quindi imprese e lavoratori, così come va perseguita una piena omogeneità dei principi e degli stili di lavoro su tutto il territorio nazionale. Ogni scuola edile conserva una sua autonomia gestionale, però contribuendo a creare un sistema più coeso, più sinergico e capace di agire sul singolo territorio, con le sue specificità, ma con uno stile di lavoro unitario. Questa garanzia di omogeneità è necessaria anche a fronte del fatto che i processi che attraversano il mondo dell’edilizia da qualche anno sono prevalentemente di natura globale. Sono processi di natura organizzativa delle imprese, ma sono anche processi sociali (tendenza progressiva alla frammentazione delle imprese; la sempre minore capacità di procedere in maniera autonoma verso una reale valorizzazione delle risorse umane; immigrazione). D’altra parte l’impresa si modifica in maniera continua dietro un mercato che sta subendo forti trasformazioni legate, per esempio, ai nuovi istituti contrattuali e ai nuovi attori che sono comparsi sulla scena negli ultimi anni (finanziatori, sviluppatori, promotori,ecc) comportando anche delle modifiche di atteggiamento nei confronti del personale. Il Presidente si è poi soffermato sugli importanti problemi legati alla sicurezza, denunciando l’assenza di uno sforzo costante da parte della nostra società nella direzione di condizioni di lavoro sicure. Il percorso avviato dal FORMEDIL per essere sempre più protagonista, attraverso un vero e proprio piano di riconversione fortemente unitario, è stato sintetizzato in alcune precise fasi: 1) L’intercettazione della domanda ovvero conoscere e censire l’individuo. Censire il lavoratore costituisce, secondo Calzoni, il patrimonio su cui lavorare negli anni futuri per tutte le imprese. A tale scopo è necessario chiedere al formatore un maggiore sforzo di comprensione nei confronti del lavoratore perché prima di catalogarlo deve capirlo per poi orientarlo. 2) L’attivazione di alcuni specifici strumenti per poter valutare e certificare la formazione avvenuta: banca dati, repertorio delle competenze, libretto formativo. Quest’ultimo inteso come lo strumento di certificazione dell’attività formativa svolta, che viene di volta in volta aggiornato dalla scuola edile di competenza. Così il lavoratore può essere accompagnato per tutta la sua vita lavorativa seguendo lo stesso criterio. Calzoni ha sottolineato come, stando alle stime del FORMDEIL, le registrazioni dell’attività formativa consentiranno di implementare la banca dati da qui in avanti di un numero rilevante ogni anno, superiore a 100.000. Ha, inoltre, dichiarato che se si continua ad andare avanti con la congruità del durc in tutti i lavori, anche quelli privati, ci sarà una forte accelerazione nel senso della emersione della trasparenza anche per i lavoratori. Inoltre questa buona pratica consentirà di aumentare gli introiti e di abbattere un pochino le aliquote ma soprattutto consentirà alle imprese di lavorare in un clima di concorrenza leale. 3) L’attuazione del PSP, il piano si sviluppo professionale di tipo individuale che è l’evoluzione naturale della tradizionale attività formativa. Si tratta di un’azione difficile perché comporta una forte dedizione da parte delle scuole che devono organizzarsi con sempre maggior spirito di servizio ma è incomparabilmente più utile di qualcos’altro per i lavoratori e per le imprese. Il Presidente ha poi fatto riferimento al progetto della Borsa lavoro, ritenendo il settore abbastanza maturo per cominciare a pensare a una gestione dei rapporti lavoratore-impresa, attraverso il sistema bilaterale. Ha poi menzionato l’iniziativa SMS (sportello per la mobilità di settore) come possibile aiuto a facilitare il reimpiego di persone che perdono il lavoro in un momento di crisi. Ed ha concluso rivolgendo ai rappresentanti degli enti patrocinatori (Ministero del lavoro, INAIL, Conferenza Stato-Regioni) un invito ad organizzare insieme un approccio organico, lavorando stabilmente e seriamente insieme, investendo tempo e risorse umane, auspicando la stipula di un protocollo generale relativo a tutte le questioni suddette e in particolare l’avvio condiviso della sperimentazione del libretto formativo. Rossella MARTINO, Condirettore FORMEDIL Si è trattato di un intervento tecnico volto a ricostruire l’evoluzione del libretto formativo, evidenziandone le potenzialità e gli obiettivi Si è ricordato come il percorso abbia preso l’avvio da un’analisi delle caratteristiche sia endogene che esogene del settore riassumibili in: disomogeneità dell’offerta formativa sul territorio nazionale, difficoltà a comparare obiettivi e risultati della formazione, difficoltà a comparare profili professionali anche in Europa. Oggi il libretto formativo è uno strumento che traccia la professionalità degli addetti del settore delle costruzioni che passano attraverso il sistema formativo edile: dalle attività formative frequentate, alle competenze acquisite e verificate derivanti dalla formazione. Gli obiettivi che sottendono al libretto sono la registrazione della formazione erogata, la classificazione del mestiere e la classificazione delle esperienze e delle professionalità del lavoratore. Tutto questo si ottiene grazie a tre strumenti che sono stati recepiti dal contratto collettivo nazionale del lavoro e sono: la banca dati della formazione, il repertorio delle competenze e il libretto. In particolare la dott.sa Martino ha evidenziato le funzioni della banca dati, che si sono sviluppate nel tempo, includendo ad oggi anche quella di possibile strumento di valutazione del settore della formazione. La presentazione si è conclusa ribadendo il concetto che dietro al libretto c’è un approccio, una filosofia molto complessa e che tale strumento permette di avere la tracciabilità del lavoro, della professionalità delle risorse umane, di poterne valutare la qualità e mette in evidenza come, in linea con la comunità europea, l’attenzione passa dal corso all’individuo con tutto quello che egli si porta dietro dal punto di vista sociale, culturale e professionale (si può richiedere o consultare sul sito web del Formedil la presentazione in power point). Alberto MERINI, Dirigente del Servizio Opere Pubbliche della Regione Umbria Il dirigente della Regione Umbria, delegato dal Presidente della Conferenza Stato Regioni Vasco Errani si è soffermato soprattutto sull’importanza di aumentare la sicurezza nei cantieri. In particolare ha sottolineato l’importanza di una cultura continua della formazione che vuol dire anche una cultura della sicurezza nei cantieri e una cultura della regolarità del lavoro. Questa cultura passa sotto due riflettori che sono: la sinergia tra tutti i soggetti presenti in un cantiere e la qualità del progetto e dell’esecuzione. Non basta – ha detto - una prima formazione, questa deve essere continua. Si deve andare oltre l’aspetto formale, ci deve essere una riflessione sull’azione dei lavoratori. Per ottenere concreti risultati bisogna investire in forze e uomini. In conclusione ha ricordato l’esperienza umbra del DURC che ha avuto ricadute sulla sicurezza nei cantieri e anche sulla mentalità di tutti i soggetti che vi operano. Apprezzamento è stato espresso per il libretto formativo in quanto consentendo di conoscere le figure professionali presenti rafforza il controllo e da maggiori garanzie sull’attività di cantiere. Miranda PRESTIPINO, Coordinatore generale reggente CTE – Comitato Tecnico per l’Edilizia - INAIL Ribadita dalla rappresentante dell’INAIL l’importanza di lavorare insieme. Sono stati ricordati i risultati ottenuti e auspicata una crescita della collaborazione e del dialogo fra la rete delle scuole e la rete che fa riferimento all’Istituto. Ha altresì ricordato la proficua collaborazione con il FORMEDIL che si sta concretizzando in una serie di iniziative come la presenza del CTE al SAIE e il corso “sicurezza in tante lingue”. L’Architetto Prestipino ha espresso la sua soddisfazione riguardo all’iniziativa di Ediltrophy, sostenendo che iniziative di questo tipo possono avere ricadute positive anche sulla sicurezza perché il lavoratore deve comprendere che sta svolgendo un lavoro importante e che per farlo deve seguire alcune procedure. Enzo SILVESTRI, Segretario dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro La partnership con il FORMEDIL costituisce per il Consiglio dei Consulenti un’opportunità per raggiungere risultati migliori nell’orientare e nell’assistere le imprese di costruzione. Iniziative come le 16 ore e le altre avviate dal FORMEDIL costituiscono uno strumento importantissimo per i consulenti del lavoro per cercare di risolvere alcuni problemi delle imprese. Riallacciandosi agli interventi precedenti, ha ribadito la necessità di una formazione che sia continua e che diventi l’attività nevralgica nel sistema del mercato del lavoro italiano. Lorenzo FANTINI, Dirigente Divisioni III e VI, Direzione Generale della tutela delle Condizioni di Lavoro, Ministero del Lavoro, della salute e delle Politiche Sociali Inizia rassicurando sul fatto che è finita l’epoca della iper produzione normativa.A proposito di formazione sostiene a chiare lettere la sua rilevanza in materia di salute e sicurezza: la buona formazione è il passaggio obbligato perché si possa lavorare in condizioni sicure. Non bisogna sottovalutare che all’interno dell’impresa tutti devono avere un’adeguata formazione, che si collega al concetto di qualificazione delle imprese che è ancora tutto da costruire all’interno del testo unico di salute e sicurezza sul lavoro. Ha comunicato che attualmente il Ministero ha impegnato in formazione 30 milioni di euro, stanziati nel 2008, e che attualmente è in corso la consultazione relativa al provvedimento per il 2009, che prevede 14 milioni di euro da destinare alla formazione. Giuseppe MOSCUZZA, Vicepresidente del FORMEDIL E’ forte l’interesse da parte del FORMEDIL ad avere un confronto franco e costruttivo con le istituzioni, per questo si dà una grande importanza ad un’interazione positiva con i consulenti del lavoro, con l’INAIL, con il Ministero del Lavoro, con la Conferenza Stato Regioni, rafforzandone la collaborazione. Il vicepresidente si è soffermato sul concetto di sussidiarietà, ricordando il ruolo prezioso svolto dalla bilateralità nell’accompagnare i soggetti istituzionali nei loro progetti. La bilateralità si basa sul principio fondamentale della mutualità dei costi a cui le imprese si affidano. Questo vale non solo per le scuole edili, ma anche per i CTP e per le casse edili. In questa direzione. Ha poi sottolineato l’importanza di aver avuto un riscontro tecnico relativamente al libretto formativo da parte delle istituzioni, collocandolo all’interno di un processo evolutivo che deve portare il lavoratore a riconoscere nella formazione un investimento per il proprio futuro. Per il FORMEDIL il libretto rappresenta un’assunzione di responsabilità; si mette in mano al lavoratore uno strumento per misurare ma anche per programmare il proprio futuro. Moscuzza ha poi auspicato il recupero di quel triangolo virtuoso tra imprese, lavoratori e scuole edili che prima delle 16ore era affidato all’estemporaneità e che da oggi in poi si basa invece su una programmazione a livello nazionale. In questo modo il sistema delle scuole edili, confrontandosi con elementi quali misurabilità, comparabilità, programmazione della propria attività, passa dalle azioni alle opere, che sono quelle che rimangono. PARTE SECONDA 22 settembre pomeriggio La formazione professionale e la crisi: analisi e proposte Daniele VERDESCA, Direttore FORMEDIL Nella sua sintesi dei risultati del Rapporto FORMEDIL 2008 il direttore ha sottolineato innanzitutto il superamento della soglia dei 101.000 soggetti formati. passati dai 43.000 del 2006 agli 83.000 del 2007 raddoppiati. Leggendo i dati emersi dal monitoraggio presso le 98 scuole edili è possibile evidenziare che si è di fronte a un processo che sta portando la formazione (anche attraverso nuove iniziative come le 16ore e la formazione come ammortizzatore sociale) verso livelli di professionalità sempre maggiori. La sfida è la costruzione di un percorso che va dal primo ingresso in cantiere con le 16ore, al PSP, al libretto formativo, al piano di riconversione. Un segnale importante, da non sottovalutare, è il peso che la formazione per la sicurezza ha nel complesso delle attività delle Scuole Edili, che raggiunge una media nazionale di quasi il 70% delle azioni formative. Seppur importante come ambito è però necessario che la formazione professionale sia e rimanga l'obiettivo primario delle Scuole Edili. Dal punto di vista dell'analisi territoriale è positivo il “balzo” delle regioni del Sud che si portano a pari livello (in termini di corsi ed allievi) di quelle del centro. Rimane ancora troppo “sbilanciato” il sistema sulle regioni del nord: solo tre regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte) coprono quasi il 40% di tutte le attività del sistema FORMEDIL. È necessario un ulteriore sforzo dei territori per alzare “l'asticella media” di tutto il sistema. Lorenzo BELLICINI, CRESME Con un’analisi allo stesso tempo puntuale e sintetica il direttore del CRESME ha raccontato il lungo ciclo espansivo che ha caratterizzato le costruzioni dalla metà dell’ultimo decennio del secolo scorso al 2006 per poi offrire una lettura critica dell’attuale fase di crisi. Il risultato finale è stato un contributo originale e di grande impatto, ricco di spunti e di chiavi interpretative. Nelle sue conclusioni Bellicini ha indicato quali saranno i fattori innovativi che costituiranno gli asset intorno ai quali si gioca la partita del dopo crisi. Tra questi un ruolo importante sarà chiamata a svolgerlo la formazione, perché la domanda si fa sempre più qualitativa e le risposte del sistema imprenditoriale dovranno essere adeguate, il che vuol dire nuove competenze, maggiore innovazione, più professionalità. Enrico SPATARO, Responsabile ISFOL Politiche e Offerte per la Formazione Continua Al centro dell’intervento le modalità e il valore della formazione continua come emerge da un monitoraggio svolto da Isfol e Italia Lavoro sulle attività dei fondi interprofessionali svolto per il Ministero del lavoro. Il punto di partenza è la differenza tra formazione percepita e formazione eseguita: solo il 18% degli intervistati, infatti, ritiene che la formazione serva, gli altri rimangono perplessi o insoddisfatti. Il secondo aspetto riguarda gli effetti della formazione sulla capacità competitiva delle aziende, prendendo come riferimento il ROI, cioè il risultato in base al rapporto tra l’utile operativo e il capitato investito. Ebbene l’analisi ha dato risultati positivi, perché gli effetti della formazione si avvertono sul lungo periodo, non nell’immediato. Importante è in questa particolare fase adeguare l’offerta formativa per coprire gap rilevanti, soprattutto sul piano delle tecnologie. Così come bisogna evitare corsi inutili, anche in edilizia, puntanso su corsi strutturati eliminando quelli spot. TAVOLA ROTONDA Valeria Uva conduttrice della tavola rotonda coglie in pieno la questione del ruolo delle Parti Sociali per sostenere la formazione e incalza i suoi interlocutori. In sintesi di seguito quanto detto dai rappresentanti delle Parti Sociali. Nei tre “giri di tavolo” i protagonisti si sono confrontati su diverse questioni, da come affrontare la crisi alla imminente trattativa contrattuale, al modo per sostenere adeguatamente il progetto FORMEDIL. Stefano BASTIANONI, Segretario ANAEPA Sulla crisi il segretario della Confartigianato dell’edilizia ha evidenziato come di fronte ala crisi il settore sconti la forte carenza di figure competenti. Da qui l’urgenza di saper dare risposte attraverso la formazione puntando sulla conseguente occupabilità, una formazione che abbia al centro momenti di lavoro in cantiere. Il settore delle costruzioni è dotato di un sistema bilaterale delle parti sociali e di una grande alleanza che nessun altro settore ha. La crisi si vince se si riesce a mantenere unite le parti sociali e se il decisore politico dà delle risposte. Abbiamo strumenti unici, come le casse edili, che vanno utilizzati, per ottenere quelle misure che permettano ai sindacati e alle parti sociali di svolgere il loro ruolo. Vi è poi una necessità urgente: studiare un piano formativo che sia in linea con l’impresa artigiana, progettare e mettere in campo strumenti adeguati alla tipologia di operatori che rappresentiamo. Paolo BUZZETTI, Presidente ANCE Sull’attuale momento di crisi il Presidente dei costruttori ha espresso preoccupazione, soprattutto per la caduta drastica delle commesse e dalla stasi di attività. Finché non si modifica la situazione finanziaria generale, la situazione non cambierà. Va dato atto al Governo di aver preso alcuni provvedimenti che vanno nella direzione giusta e lo abbiamo riconosciuto in occasione degli Stati generali delle costruzioni dell’edilizia, soprattutto per quanto riguarda i fondi per le infrastrutture. Il problema è che ci sono dei piani in gioco, ma le cose non vanno avanti. Anche le grandi opere languono: sono stati approvati progetti, ma non si va oltre. Non è iù possibile aspettare. Va bene fare progetti al 2012, ma bisogna fare qualcosa subito, In questa fase diventa importate saper adeguare il settore sul piano della qualificazione professionale. Forti di un sistema bilaterale consolidato abbiamo offerto al governo una gestione della crisi condivisa. Come Stai Generali abbiamo presentato un piano per le piccole opere, la nostra disponibilità ad investire su interventi di abbattimento e ricostruzione, ma abbiamo anche chiesto un salto di qualità per l’intero comparto.E’ necessario alzare la qualità dei soggetti, iniziando da una qualificazione delle imprese private. L’Abruzzo può essere un campo di prova per avere una svolta nell’applicazione dei criteri di controllo e di qualità. Siamo un paese che sta progressivamente perdendo sapere e conoscenze, anche tecniche, bisogna fermare la deriva, la qualificazione del personale è fondamentale. Su questo va trovata un’intesa tra parte datoriale e parte sindacale. La qualità è la scommessa del paese. La grande alleanza che abbiamo costruito va assunto dal Governo come un punto di forza , ci vanno date delle risposte. Giuseppe MORETTI, Segretario FENEAL UIL Il punto di partenza deve essere il dato sull’occupazione: un meno 10-12%. Purtroppo l’impressione è che non ci si renda conto della gravità della situazione. il comparto delle costruzioni è un volano per uscire dalla crisi. Le cose da fare non mancano ad iniziare dal gap infrastrutturale. Abbiamo una diminuzione drastica del numero degli occupati ma non abbiamo soluzioni e risposte. E’ vero che l’edilizia è l’ultimo comparto ad entrare in crisi, ma è anche l’ultimo ad uscirne. E’ vero siamo d’accordo con Buzzetti: è necessario accelerare tutti gli interventi che si possono mettere in atto. Dobbiamo avere delle risposte dal governo, altrimenti lo scenario futuro diventa davvero difficile. Sulla questione della crescita professionale bisogna proseguire sulla strada avviata rafforzandone il ruolo anche all’interno della prossima piattaforma contrattuale. La tradizione unitaria è fortissima, abbiamo sempre firmato il CCNL insieme, così come la contrattazione territoriale. In nessun settore avviene questo, come nessun settore è dotato della nostra bilateralità, un patrimonio che nessuno ha certo intenzione di buttar via, ma che intendiamo valorizzare. In più abbiamo realizzato gli Stati generali, che hanno prodotto un “manifesto” di politica alta. In vista del nuovo contratto si deve fare i conti con un cambiamento rilevante nella composizione professionale dei lavoratori del settore. Nel 1999 le grandi qualifiche del settore erano divise equamente, dopo 10 anni il 51% è rappresentato da operai comuni, con una diminuzione netta degli operai specializzati. Se vogliamo cogliere le opportunità per uscire dalla crisi, i lavoratori devono assumere adeguati livelli di qualificazione. Dobbiamo puntare ad una formazione più professionalizzante. Domenico PESENTI, Segretario FILCA CISL Per sostenere il settore in questa fase critica bisogna fare molto di più. Gli ammortizzatori sociali in edilizia sono una stampella, e una stampella corta. Forse non si ha una reale consapevolezza della gravità della crisi, il settore oggi sconta una riduzione di ore lavorate, di lavoratori e di imprese. Diventa prioritario dotare il settore di ammortizzatori sociali al pari degli altri settori: 12 mesi usufruibili in toto senza interruzione + dare opportunità di ricollocare le risorse. A ciò va aggiunto un piano strutturato per legare cassa integrazione e disoccupazione alla formazione professionale. Dobbiamo stabilizzare l’occupazione attraverso l’opportunità di mantenere la professionalità anche in un momento di difficoltà, e il sistema delle scuole edili ci permette di farlo. Si deve dare più ruolo al Formedil. Creare un sistema nazionale che sia una spinta per tutte le realtà territoriali e che comunichi e collabori col Ministero del lavoro. Questo settore può dare una risposta per uscire dalla crisi, serve però che gli Stati generali abbiano una realizzazione pratica, che gli impegni presi dal Governo si trasformino in atti concreti. Nel frattempo ci dobbiamo impegnare per stabilizzare la mano d’opera, che domani può essere in grado di riqualificare l’intero settore. Bisogna che il sistema bilaterale ‘sia al servizio dell’intero settore e non di singole organizzazioni sindacali. Per quanto riguarda la contrattazione abbiamo fatto richieste comuni di rinnovo. Sosterremo una stagione contrattuale all’insegna di grande accordo con le organizzazioni sindacali. Walter SCHIAVELLA, FILLEA CGIL La risposta del governo al settore è inadeguata come la risposta che si sta dando alla crisi. Gli ammortizzatori sociali non funzionano, il calo della cassa integrazione non è dovuto ad una piccola ripresa, ma è giustificata dal fatto che è finita, ed i lavoratori stanno a casa. Il governo più che fare, parla, promette, annuncia, ma di concreto nulla. Serve una tutela dell’occupazione e del reddito , più lavoro, più investimenti. Per raggiungere gli obiettivi che tutti condividiamo dobbiamo essere uniti. E dobbiamo esserlo prima di tutto fra di noi, fra le confederazioni sindacali, per rappresentare al meglio le esigenze dei lavoratori. Questa categoria ha un grosso patrimonio di unità, come testimonia il sistema degli enti bilaterali. E c’è anche la volontà di unità, da realizzare nella forma più semplice possibile. L’ostacolo è dato da una difficoltà di contesto. L’esperienza del rinnovo contrattuale va spesa in un contesto difficile, proviamo a praticare un’esperienza originale. E la formazione deve tornare ad avere il suo ruolo professionalizzante. La questione da risolvere è come integriamo le nostre risorse con quelle di altri, creando un sistema forte da mettere a disposizione dei lavoratori. Dobbiamo aggredire il fenomeno del lavoro nero, creare una griglia attraverso cui passino le imprese che fanno e fanno bene. Serve una spinta forte alle politiche abitative, che in Italia non esistono. Le case non si costruiscono perché la gente non ha soldi per comprarle. E’ necessario fare proposte che creino un mercato che sta sparendo puntando sull’housing sociale e perseguendo un abbattimento delle rendite, che è ciò che fa aumentare i prezzi degli immobili. PARTE TERZA 23 Settembre mattina Il Piano di riconversione Formedil e il Programma biennale di attività Massimo Calzoni, Presidente FORMEDIL Il Presidente sottolinea come l’incontro debba essere una “chiacchierata interna” per capire quali sono i problemi e le priorità e per trovare una chiave di lettura che sia condivisibile. La necessità di un percorso di riconversione del Formedil trae origine dalla forte dinamica nel cambiamento delle condizioni del mercato, della struttura e dall’organizzazione delle imprese, delle condizioni sociali e delle caratteristiche della manodopera del settore verificatasi negli ultimi anni. Nel 1951 in Italia c’erano 61.000 imprese con una media di 13 addetti per un totale di 650.000 / 700.000 impiegati. Oggi abbiamo 775.000 imprese, c’è una tendenza progressiva alla frammentazione; gli addetti sono 2 milioni con una media di 2,6 addetti per impresa. Più si è in crisi più ci si frammenta. Le aziende grandi sono diminuite: solo 8 superano i mille dipendenti. Sopra i 50 addetti ce ne sono pochissime. L’impresa tradizionale è saltata. Due fattori hanno inciso: la carenza di ricambi che ha costretto 10/20 anni fa ad organizzarsi in maniera diversa e la fortissima riduzione dell’attività dovuta a tangentopoli e ad una crisi dell’immobiliare verificatasi 15 anni fa. Quando a partire dal 1997 il settore si è ripreso le aziende si sono organizzate in modo diverso ricorrendo a specialisti di ditte subappaltatrici. Oggi il sistema bilaterale comprende circa 6-700.000 addetti, circa un terzo del totale. Ci sono oltre mezzo milione di lavoratori autonomi; il resto non si sa bene cosa sia. Questo porta ad un prelievo fiscale e contributivo disuniforme e alla concorrenza sleale. A volte i subappaltatori non gestiscono il lavoro in modo limpido. Il mercato vuole prezzi bassi e le aziende non sono più in grado di fare il lavoro da sole. Ci sono due tipi di imprese: una che acquisisce o promuove lavori ma che non ha una grande dotazione di risorse umane proprie e non ha grande interesse per la formazione; l’altro tipo sono le imprese operative di piccolo taglio che puntano sempre più sulla specializzazione per rendere l’attività più competitiva. Queste ultime, che fanno della manodopera il loro punto di forza per creare valore aggiunto, non si privano volentieri di ore di lavoro per una formazione generica e poco efficace. Solo andando incontro alle reali esigenze dei lavoratori e delle imprese possiamo sperare in un futuro concreto, basato sui concetti di utilità e di servizio. Altro criterio fondamentale è l’omogeneità. Ci interessa riuscire a diffondere gli stessi criteri e metodi tra le scuole, in modo da inquadrarle in un programma complessivo che risponda a determinati criteri e ottenga risultati tra loro confrontabili. Abbiamo avviato il processo con le 16 ore, stiamo proseguendo con il libretto – banca dati – repertorio. Nell’ordine delle cose ora è necessario affrontare tra i quattro progetti sperimentali il PSP; il sistema psp-apprendistato necessita di un po’ di ordine anche se con un certo margine che consenta flessibilità applicativa sul territorio. Un altro progetto speciale è la borsa-lavoro che è ancora da definire con chiarezza: noi non sappiamo se siamo abbastanza maturi ma abbiamo la forza per partire con un servizio a sportello fatto ad hoc per le persone che lo richiedono. Calzoni sottolinea ancora come in un momento di crisi quale è quello che stiamo attraversando è necessario che il clima si stemperi e si svelenisca. Evidenzia anche come sia necessario contenere il processo di riconversione in due anni. E ancora sostiene che è necessario dare un appoggio economico a chi si dedica ad alcuni progetti: conoscendo gli obiettivi dati dalle parti sociali uno dei coordinatori fa una “pre-proposta” e la discute con il gruppo che si dedica al progetto e con la parte pubblica del ministero; la porta al comitato di pilotaggio (consiglieri di parte datoriale e sindacale e dei consulenti esterni) dopo di che si fa il progetto esecutivo. Le parti devono esprimere una committenza chiara; non è messa in discussione l’autonomia delle scuole edili. Passando alla programmazione biennale dell’attività sottolinea come il FORMEDIL nazionale non voglia imporre dei dictat però se le parti sociali, in base ad approfondimenti e studi sul mercato e su gli effetti globali, ritengono che alcune cose debbano avere la priorità e segnalano che devono fare parte del piano biennale delle attività, allora è necessario che ciò avvenga. Per contrastare i fenomeni globali c’è bisogno di un indirizzo comune senza dover per forza arrivare ad una forma di centralismo. Ci sono alcune di queste attività che sono a titolo oneroso: se alcune cose vanno fatte dobbiamo essere in grado di guardare al di là dell’utilità economica del momento, ma dobbiamo essere in grado di guardare all’utilità dei lavoratori delle imprese. Noi abbiamo il diritto di richiedere a livello nazionale e locale tutti i finanziamenti che si possono attivare per riuscire a coprire la formazione non solo dell’8 % degli aventi diritto ma per il 100%; anche le parti sociali devono spingere per farci avere dei finanziamenti. La disponibilità a venirci in contro da parte delle Istituzioni c’è, possiamo anche pensare ad una soluzione mista centrale – locale. Conclude auspicandosi un atteggiamento costruttivo: ognuno ha diritto alla sua autonomia, il FORMEDIL non impone nulla, ma le parti sociali ci danno dei mandati che non possiamo eludere. Claudio Tombari, Coordinatore Progetto 16Ore apre la sua riflessione sottolineando l’importanza del tema del PSP e dell’apprendistato in quanto cambia il nostro approccio al nostro lavoro. È di grande importanza perché ci sono delle situazioni di urgenza rispetto ai nostri interlocutori istituzionali e perché, avendo appena iniziato, dobbiamo fare tutto lo sviluppo. Il tema che affronta nell’intervento sono le 16 ore ma dichiara “Mi piacerebbe che la discussione di questa mattina fosse più sul PSP che non sul mio tema”. Complessivamente ci riteniamo soddisfatti della sperimentazione delle 16 ore. Essendo una sperimentazione biennale ora entriamo in una fase di rilancio: è necessario mantenere i numeri e riposizionare il prodotto, ridefinire meglio che cos’è il corso 16 ore e che cos’è la gestione della modalità di innovazione contrattuale che è una nuova modalità di ingresso al lavoro. Il corso 16 ore è un sottoinsieme di un percorso che noi chiamiamo innovazione contrattuale che parte dai tre giorni di preavviso in cassa edile; innovazione contrattuale che inventa una nuova modalità di accesso al lavoro. Non è un corso di sicurezza, ma un corso di formazione professionale che ha un forte effetto collaterale di formazione alla sicurezza. È necessario fare 2 calendari: uno grande e uno piccolo (di cui farne molti) ed intervenire in modo forte sulla parte dei consulenti del lavoro che sono un interfaccia importante per le piccole imprese. Dobbiamo migliorare il materiale didattico. L’obiettivo è di lavorare adesso per migliorare i materiali negli ultimi dodici mesi di sperimentazione. Le 16 ore sono solo l’inizio di un processo che è il PSP: in linea teorica ogni allievo 16 ore è un PSP potenziale. Le 16 ore sono un approccio qualificante delle persone al settore che avviene attraverso le nostre scuole. Dentro le 16 ore bisogna essere in grado di proporre ad un lavoratore che si è accostato al settore per necessità l’idea di una crescita e di uno sviluppo professionale. Rappresentano un’esca di marketing, la possibilità di un primo importante contatto: da lì si parte verso il PSP. Da lì parte anche una carriera di formazione alla sicurezza; nel momento in cui ho fatto le 16 ore deve ricominciare la mia formazione alla sicurezza, devo formarmi continuamente alla sicurezza. Quello dell’edilizia è un settore sfuggente per quanto riguarda la definizione univoca della mansione, della figura professionale, dei profili. I profili professionali che c’erano negli anni settanta non esistono più: noi viviamo il paradosso che il settore che avrebbe bisogno della più grande formazione alla sicurezza perché la gamma mansionale è enorme, il tipo della situazione lavorativa non è predefinito è il settore che ha la qualità professionale più critica, il turn over più elevato. Il percorso formativo alla sicurezza deve accompagnare tutta la vita in base anche ai rischi a cui andrà in contro il lavoratore. Il decreto 81/106 definisce una serie di ruoli della sicurezza in cantiere; il contratto di lavoro impone molte cose sulla formazione alla sicurezza tra cui le 8 ore di formazione annue e che possiamo definire formazione continua alla sicurezza. Sono una potenzialità, si possono erogare in 100 modi diversi da registrare sul libretto. Perché non pensare a fare un lavoro simile a quello che si è fatto per le 16 ore? Pensare ad un sistema, un modello nazionale di formazione alla sicurezza che copra tutti gli adempimenti e le attività successive alle 16 ore? Le scuole possono ricevere materiali strutturati, lavorare in maniera condivisa: è un progetto che va fatto in team, in maniera efficiente, con step di condivisione. Il progetto dovrebbe durare circa dieci mesi. Poi c’è la partita dei preposti: Dobbiamo riuscire a trasformare i preposti in nostri complici all’interno dell’impresa, devono essere la nostra 5 colonna. Ci sono molte scuole che hanno già lavorato su alcune di queste cose. Anche i nuovi imprenditori devono essere formati alla sicurezza. Per ogni adempimento c’è bisogno di formazione iniziale che poi non si deve interrompere. Parliamo di sistema integrato: trovare un sistema per cui se un operaio ha già fatto un corso su un aspetto non sia costretto a sentire di nuovo le stesse lezioni su quell’aspetto. Il lavoro di promozione che le scuole hanno fatto per le 16 ore è stato davvero importante e prima di chiudere volevo darne atto alle scuole. Claudio Cigarini, Scuola Edile di Reggio Emilia porta la propria testimonianza sulla questione del PSP: perché la sua è stata una delle 10 scuole coinvolte nel primo progetto originale di un anno e mezzo fa circa e perché ha fatto da cerniera per un altro progetto fatto con la regione Emilia Romagna. “Si tratta non di dati precisi ma di considerazioni che possono essere utili allo sviluppo del progetto PSP”. Il progetto era strutturato su PSP junior e PSP senior; il progetto regionale si muoveva nella stessa logica; supportato da una richiesta di finanziamento della regione che ha consentito di ottenere anche un corso di formazione per i formatori. Uno dei problemi principali è proprio riuscire ad avere persone in grado di gestire una questione fondamentale ovvero il passaggio da una filosofia di gestione corsuale – cioè gestione di un corso – ad una filosofia di gestione di percorsi individuali. È una funzione molto diversa da quella per la quale noi siamo strutturati. Per gli junior abbiamo sviluppato un’azione che si è agganciata con percorsi di apprendistato. Per i senior un percorso che si è legato con le esigenze di alcune aziende che avevano bisogno di far fare un percorso di progressione interna ad alcuni lavoratori su problematiche di gestione della squadra e del cantiere. Il problema della personalizzazione del percorso formativo è un discorso sul quale già stiamo ragionando da molto tempo. Ad esempio stiamo cercando di sviluppare la filosofia dei laboratori di mestiere: una situazione formativa in cui tre quattro squadre compiono operazioni diverse gestiti in un’unica situazione formativa. Il docente non è più un docente ma il suo ruolo è più vicino a quello di un capo cantiere. L’approccio è quello della gestione di un’attività formativa simile ad un cantiere che porta avanti il suo corso. Il problema è però quando si approccia il soggetto: trovare delle persone che possono avere obiettivi analoghi ma che partono da situazioni diverse. Il problema è quello di compensare questo gap tra il punto di partenza e quello di arrivo. Abbiamo bisogno di personale con fortissime competenze di tipo formativo ma anche consulenziale, che riesca cioè a dialogare con le persone che riesca a creare con il potenziale partecipante un rapporto che consenta al lavoratore di motivarsi e portare avanti il suo percorso. Lo schema di riferimento inoltre deve essere comprensibile al lavoratore: deve cioè fargli capire dove può arrivare e di quanti pezzi si compone quello cui vuole arrivare: cioè di che cosa ha bisogno. Moduli di formazione piccoli, che si sviluppino nel tempo in parallelo con la carriera professionale del lavoratore. Un sistema di riferimento, un sistema organico di formazione, laboratori polivalenti per persone con esigenze più o meno omogenee. La situazione è molto complessa e c’è da fare un grosso lavoro. Assistenti allo sviluppo professionale ASP: devono essere formati ad avere capacità relazionali, deve riuscire ad agganciarsi all’interno delle imprese con i soggetti che possono farci da sponda; Il rapporto con l’imprenditore deve crescere, non deve essere solo di tipo episodico; gli imprenditori devono capire che noi siamo in grado di dare loro qualcosa di più di un corso di 8 ore, qualcosa che risponde anche ad altre esigenze. Dobbiamo passare necessariamente attraverso una fase di formazione intermedia delle nostre figure interne di riferimento. Parlare di percorsi individuali è essenziale per il nostro futuro; ci motiva anche in senso differente non solo come centri di formazione professionale ma come facenti parte di un sistema bilaterale nazionale. Gianpaolo Petrini, Scuola Edile di Trieste inizia apprezzando il grande spirito collaborativo del FORMEDIL nazionale. Il discorso parte dalla differenza tra 16 ore e PSP: lo sforzo organizzativo fatto è stato enorme. Sul territorio le Parti Sociali per le 16 ore si sono spese e sono intervenute; nel caso del PSP si sono spese molto meno. L’idea vincente delle 16 ore è stata quella di portare un modello unico cercando di farlo calare nelle realtà singole. Sono state molto apprezzate le riunioni tecniche e specifiche sul territorio: anche a livello nazionale c’è bisogno di capire le specificità del territorio. Sul libretto formativo l’esigenza è quella delle lingue. “Noi siamo in una periferia di confine: lavoriamo con 4 lingue rumeno,serbo, albanese kossovaro. Vorrei capire meglio qual è la proposta del formedil a livello nazionale sull’apprendistato perché il livello regionale sul tema non è secondario”. Dal punto di vista economico le 16 ore costano. Il contributo del formedil nazionale a livello economico non c’è stato. Interviene Massimo Calzoni (voce fuori non inquadrato) bisogna fare qualcosa per adeguare il sistema operativo delle scuole più piccole, facciamo un censimento dei fabbisogni! “Siamo aperti a reale collaborazione e a mettere in campo anche risorse economiche. Noi dobbiamo utilizzare proficuamente i nostri risparmi. Facciamo delle ipotesi di finanziamento”. Secondo me, riprende Petrini, al di là del rispetto per le autonomie delle scuole, su determinati punti le indicazioni a livello nazionale devono essere più chiare: cosa devono fare i formedil regionali, quali sono i compiti? Claudio Senigagliesi, FORMEDIL Lazio sulle 16 ore fa due considerazioni: dal ministero è stato chiesto un modello nazionale di valutazione e questo potrebbe essere uno dei compiti da portare avanti. Vista la tipologia della formazione erogata con le 16 ore evidenzia la possibilità di erogare le 16 ore in altri luoghi anche per portarle più vicine alle imprese (delocalizzare le 16 ore). Poi aggiunge: “mi associo a chi mi ha preceduto: nella nostra regione i costi sono fra il 10 e il 20 % di quello che ricevono dal sistema. Ci chiediamo e chiediamo anche alle parti sociali come affrontare questa tematica”. Passando al discorso sull’apprendistato: il Formedil Lazio insieme ad altre scuole ha presentato progetti sull’apprendistato alla regione. Il primo progetto è stato realizzato con finanziamento del Ministero nel 1999, il secondo con finanziamento della Regione nel 2006. Sono stati formati 300 apprendisti in tutta la regione; insieme agli apprendisti sono stati formati anche i tutor previsti dalla normativa. Ora stanno ripartendo con l’erogazione della formazione in apprendistato: la regione ha messo nuove risorse che saranno date alle province. C’è però un problema di costi: il fabbisogno economico è di 12 milioni di euro per coprire tutti. Con i finanziamenti si riesce a coprirne un migliaio. Le parti sociali sono state investite del problema e devono dare una risposta. Il problema riguarda anche l’essere ente senza scopo di lucro: cosa dire al sistema delle imprese? Siamo pronti a fare la formazione per tutti sia finanziata che non finanziata? Commenta Massimo Calzoni: “Forse bisognerebbe farne una questione centrale del rinnovo del contratto. L’apprendistato deve essere finanziato, noi non abbiamo tutte queste risorse. Se lo Stato fa sul serio deve finanziare.” Riprende Senigagliesi: è necessario capire se i fondi interprofessionali possono intervenire o no per recuperare altre risorse. La regione ha finanziato anche l’apertura di alcuni sportelli informativi, attività parallela all’apprendistato che nelle intenzioni della regione doveva incentivare l’utilizzo dell’istituto dell’apprendistato e propagandarlo. Si è realizzata anche una banca dati per fare matching tra le diverse attività. Agli sportelli si sono avvicinati tutti i settori; gli sportelli hanno dato una risposta immediata ai lavoratori stranieri più diffidenti verso le scuole edili. Il formedil non deve diventare un’ulteriore scuola, una volta chiarito questo e gli ambiti di coordinamento, di supporto il percorso diventa in discesa. La realtà italiana a macchia di leopardo, le diverse velocità legate alla tipologia di finanziamento hanno un vantaggio: la possibilità, data dalla regia del FORMEDIL nazionale, di poter portare avanti un’idea complessiva di sistema di settore, ma di poterlo sperimentare a livello locale. Si possono avere dei territori che danno dei feedback immediati in termini di risultato e calibrare in questo modo bene la macchina. Scegliendo con cura i territori in cui farlo si potrebbe pensare di sperimentare alcune delle cose di cui si sta discutendo. Filippo Manti, Scuola Edile di Cuneo esprime un’esigenza forte: “C’è un problema di fondo: ognuno di noi fa delle cose che sono di norma buone e importanti, ma non sempre abbiamo tutti presente allo stesso modo il quadro d’insieme della mission dell’Ente. Io chiederei a Claudio Tombari e alla presidenza una cosa apparentemente banale: il quadro d’insieme di quella che deve essere l’impalcatura del sistema. In questo modo noi riusciamo a collegare i vari pezzi con il sistema.” Il passaggio successivo è vedere quali sono le migliori esperienze sul territorio da evidenziare, valorizzare e socializzare a livello nazionale per creare un ragionamento comune. Spesso esperienze importanti non vengono fuori, non si conoscono. Il sito non basta. Prosegue: “Io parto sempre dall’incontro domanda offerta; ieri il rappresentate di confartigianato ha detto che in tempo di crisi c’è bisogno di persone con determinate qualifiche. È una buona informazione, peccato però che i rappresentati territoriali della stessa organizzazione non dialogano con noi e non ci dicono quali sono le mansioni. Manca un anello. Noi direttori rispondiamo ad un consiglio di amministrazione; riceviamo degli input che poi non riusciamo a calare sul territorio perché le strutture associative che ci circondano non hanno lo stesso input che ci viene dato dal nazionale.” Sulle 16 ore: come fare per intercettare quanti non passano attraverso le 16 ore? Quale dato prendere per riferimento: i centri dell’impiego, le casse edili? Dobbiamo vedere qual è l’evasione. A questo proposito racconta l’esperienza della propria scuola: “Noi abbiamo apportato piccole modifiche al programma nazionale: noi l’abbiamo strutturato così. Si entra nella scuola edile e ci si conosce; modellini, attrezzi di cantiere, dispositivi di protezione individuale. Poi si dà un borsone con tutto quello che serve per lavorazioni generiche che ha un costo per noi di circa 100 euro. Le 16 ore ci costano circa 100.000 euro l’anno. Il contributo è di circa 500.000 euro l’anno quindi arriviamo alla percentuale che si diceva prima, circa il 20%.” Abbiamo lavorato perché la regione Piemonte ci aiutasse: si sono definiti i profili standard di tutta la formazione della sicurezza che si fa in Piemonte. La novità è che all’interno di questi profili standard ci sono le 16 e le 8 ore che quindi sono finanziabili con soldi pubblici. Le 16 ore sono il presupposto per il PSP. Nelle 16 ore manca: un questionario di ingresso, un questionario di efficacia fatto alla fine del corso, manca un questionario – ci ha provato Lucca – per le imprese che dovrebbe poi consentire di formare i PSP. Se l’impresa esprime le sue intenzioni è possibile capire le esigenze che ha sul lavoratore. In questo modo possiamo costruire un PSP più credibile. Cristiana Bartolucci, Scuola Edile di Perugia che insiste sull’apprendistato e ribadisce che “la formazione è continua o non c’è formazione: questo è il punto di partenza.” Poi prosegue: “Formiamo solo il 10% dei nuovi ingressi: dobbiamo potenziare la nostra capacità di promuovere la formazione degli apprendisti ed allargare la base dell’attenzione. Come si fa? Il contratto nazionale di lavoro ci dice che possiamo fare formazione in azienda, formazione interna, facendo solo alcune materie all’interno della scuola. Noi abbiamo sposato questa cosa, scritto un protocollo di intesa che è stato accettato dalle parti sociali. Abbiamo ottenuto un finanziamento di 200.000 mila euro e siamo partiti con il progetto. 72 ore di formazione in impresa, diretta e il resto (48) sono le materie trasversali della scuola. I profili professionali vengono svolti in azienda, anche perché l’azienda sa cosa vuole dai suoi apprendisti.” Così racconta la sua esperienza: il regolamento regionale della Regione Umbria obbliga le imprese che vogliono assumere apprendisti a chiedere la conformità come impresa formativa. Alla scuola arrivano le richieste da parte delle imprese per essere certificate come imprese formative (altrimenti non possono assumere apprendisti). Si innesca un meccanismo virtuoso: andiamo a vedere se il luogo di lavoro è idoneo o no, se rispetta la sicurezza. Se vuoi la conformità devi avere una serie di requisiti. Quando i tecnici del cpt ci danno l’ok noi chiamiamo le imprese e stabiliamo il piano formativo, conosciamo i tutor. Dopo il processo di formazione rilasciamo l’attestato al lavoratore e l’attestato di conformità come impresa formativa all’impresa. Ci sono però dei limiti: come facciamo a non trasformarci in un certificatificio? Come facciamo le operazioni di controllo? Bisogna poi mantenere alto il livello della formazione. La richiesta fattaci dalla regione Umbria è la prima opportunità che ci viene data per gestire un sistema di premialità. Non ci possiamo lasciar sfuggire questa sfida. Le imprese devono trovare il luogo e le competenze per fare formazione. Noi dobbiamo controllare. Abbiamo bisogno di committenti forti e capaci di gestire la bilateralità. Se noi abbiamo una funzione pubblica, come certificare se un’impresa è formativa oppure no, dobbiamo dotarci di strumenti per garantire che questa funzione venga assolta nella legalità. Dobbiamo incentivare i nostri funzionari, dargli di più.” Ruggiero Tosi, Scuola Edile di Verona porta la propria testimonianza su due esperienze relative all’apprendistato e alla borsa lavoro. Per l’apprendistato richiama l’attenzione sulla parte dell’apprendistato dei giovani che richiede un’attenzione particolare essendo rivolto ad adolescenti che sono ancora in fase di istruzione. Il modello attuale non consente di trovare un’interfaccia con la formazione professionale di base né tanto meno con l’istruzione. È necessario organizzare meglio l’apprendistato cercando di creare quei crediti che consentono il passaggio dall’istruzione alla formazione e dall’apprendistato all’istruzione. Il secondo aspetto è il modo in cui si fa la formazione in apprendistato: i modelli di formazione sono spesso ripetitivi, i ragazzi si annoiano perché ripetono tutti gli anni la stessa cosa. Conviene strutturare l’apprendistato in obbligo pensando di fare un percorso formativo con un’uscita riqualificabile o con la formazione continua nel nostro sistema o attraverso la ripresa nell’istruzione o nella riqualificazione professionale. Un terzo aspetto riguarda i giovani che entrano nel mondo del lavoro e non hanno bisogno solo di istruzione ma anche di essere accompagnati nell’inserimento sul posto di lavoro. Bisogna inserire delle figure che fanno l’oriento alla professione ma che spieghino anche come costruire la propria carriera lavorativa. “Noi abbiamo provato con la formazione assistita: ho trovato ottimi imprenditori e artigiani che prendono a cuore la formazione di alcune persone.” Sull’ingresso degli apprendisti dice che ci sono persone, spesso minori, che arrivano all’apprendistato senza aver mai visto niente del lavoro e sono ad alto rischio. Le 16 ore debbono essere proposte d’autorità: non si può mandare un giovane in apprendistato sperando che faccia la formazione alla sicurezza. Deve essere richiesta. Gran parte degli apprendisti sono stagionali, studenti che si prendono un mese o due per lavorare. Almeno una formazione pre ingresso sarebbe necessaria. La modalità in cui proponiamo l’apprendistato non è utile: ci deve essere omogeneità nella presa in carica dell’apprendista nella sua formazione. È necessario un piano biennale / triennale e la presa in carica in toto del soggetto, altrimenti la formazione è ad intermittenza. Non siamo ancora in grado di dare delle risposte ai disoccupati. A Verona hanno sperimentato con le parti sociali una semplice esperienza: hanno messo a disposizione un fondo di cassa edile per accompagnare i lavoratori che sono stati espulsi dal mondo del lavoro. Hanno messo in piedi uno sportello di orientamento e di bilancio delle esperienze e hanno prodotto sulla base delle esigenze delle persone dei percorsi formativi a piccoli gruppi per riqualificarsi. Il tutto in una rete di collaborazione con le altre strutture formative, con le agenzie e con le categorie industriali e artigiani. Dopo qualche mese la regione veneto ha promosso un albo delle agenzie e degli enti accreditati per svolgere questa attività in particolare per i lavoratori in mobilità in delega. Sei delle scuole hanno aderito e sono state riconosciute: vuol dire che le scuole hanno delle competenze e delle qualità. Antonietta Bottini, Scuola Edile di Pavia ricorda che dal primo giugno 2005 è in vigore l’apprendistato professionalizzante che ha una forma di formazione a carico delle imprese che assumono l’apprendista: è un obbligo che non è più assolto solo attraverso forme di finanziamento pubblico, ma a carico delle imprese. Ci sono bandi e possibilità di accedere a fonti di finanziamento pubblico; i corsi di formazione vengono proposti a tutte le imprese che hanno assunto l’apprendista. Non siamo riusciti a metterci a regime e a offrire a tutte le imprese il corso annuale per ogni anno del contratto di apprendistato. L’unico obiettivo è stato quello di contattare tutte le imprese che hanno assunto l’apprendista nel corso dell’anno e chiamarlo a fare la formazione almeno del primo livello. Quello dell’apprendistato è un fabbisogno formativo che le imprese non esprimono: ce l’hanno e per metterle in condizione di assolverlo vanno sollecitate strettamente. Altra osservazione che faccio nel corso tutor: anche con il tutor iniziamo a sviluppare un percorso sul tutor come soggetto interno all’impresa che fa da interfaccia con il centro di formazione. Quello che diciamo a tutor e imprese è che la formazione dell’apprendista in cantiere avviene per almeno 1300 ore l’anno: sono quelle le ore di formazione in impresa. Anche se nei corsi ci sono tanti difetti non è indifferente fare le 120 ora in un luogo – la scuola – o in un altro – l’azienda –. Chi vuole fare le 120 ore deve fare la fatica di venire alla scuola. Anche i due moduli professionali che devono cercare di dare unità ai saperi acquisiti nel corso dell’anno secondo me è molto importante che avvengano in modalità formali all’interno della scuola, del laboratorio. Ciò consente anche agli apprendisti di raffrontarsi, dà una forma di unità, di raccordo teorico alla formazione pratica che viene fatta dai tutor in impresa. Quello dell’apprendistato non è un contratto di assunzione è un contratto di formazione, sono 1300 ore l’anno. Noi riceviamo tutor che non sanno qual è il loro mestiere. Il loro mestiere è quello di formatore. Lo scambio fra la scuola e le imprese può essere assolto attraverso una figura che può essere individuata nel tutor. Interviene Massimo Calzoni dichiarandosi pienamente d’accordo con Bottini: “non possiamo affidare l’apprendista solo all’impresa”. Sandro Martin, Scuola Edile di Treviso parte dal presupposto che le competenze in materia di apprendistato sono in capo alle regioni. Ogni regione rischia di operare in maniera frammentaria. Esclude che i costi della formazione ricadano in capo agli enti bilaterali. Spesso le imprese vedono nel lavoro di formazione che fanno le scuole uno sradicamento del lavoratore dal posto di lavoro. È importante dividere le competenze istituzionali dalle competenze di un soggetto che attua la formazione dentro la titolarità ed intervenire nel dibattito e sulle direttive. In Veneto sono state costituite delle ATI per erogare la formazione nel settore delle costruzioni ed è stata riconosciuta la specificità del settore. Sulle 16 ore Martin condivide la scelta politica del FORMEDIL. C’è un ottimo livello di soddisfazione dei partecipanti che spesso ricontattano la scuola e i docenti per confrontarsi su alcuni problemi. Il supporto del formedil è stato ottimo. Si unisce alla richiesta dei colleghi di sostenere i corsi. Vorrebbe che il formedil trasferisse questa impostazione di lavoro ad altri progetti. E sottolinea l’ottimo l’accordo della Lombardia sull’articolo 73 delle attrezzature: è necessario partire da qui, andare avanti e sperimentarlo perché dà delle linee guida importanti. Antonio Crescini, Scuola Edile di Brescia apre con una affermazione forte: “noi abbiamo deciso di abolire la formazione alla sicurezza. Noi facciamo formazione. È impossibile prescindere dal fatto che la mansione venga svolta in sicurezza. È normale, è insito nella mansione. È impossibile dividere il fatto che io vada alla scuola guida e impari a guidare dal fatto che io lo faccia in sicurezza: la scuola guida non insegna prima a guidare e poi fa un corso su come guidare in sicurezza. Questa dicotomia fa malissimo al nostro sistema. Il discorso formazione deve essere a tutto campo. Mi fa specie vedere che Tombari dice che i corsi 16 ore non sono corsi per la sicurezza. Ad esempio, abbiamo fatto 130 corsi per pontisti ma neanche uno per la sicurezza. Abbiamo insegnato a montare ponteggi, naturalmente in sicurezza. Nessuno può montare ponteggi se non lo fa in sicurezza. La dicotomia fra formazione e formazione in sicurezza fa malissimo al nostro settore, dà patenti a tutti coloro che si spacciano per formatori alla sicurezza. Qual è ora per noi il problema della formazione? La presenza di molte persone straniere (50%) pone un problema di comunicazione. L’unico linguaggio che possiamo usare è anche il più semplice: ti mostro come si fa. Così passa anche il messaggio della sicurezza, non possiamo raccontarlo in aula. Per quanto riguarda chi manovra le macchine: noi gli facciamo la “manutenzione della formazione” noi non gli somministriamo un test scritto – noi vorremmo abolirli – gli chiediamo di farci vedere come lavora. Questo secondo noi è fare correttamente la sicurezza: facciamo la formazione e intanto curiamo la sicurezza. Non ho ancora capito come il PSP possa essere applicato in una scuola grande come la mia. Il libretto formativo è una grande idea. Non sono però d’accordo sulla sua realizzazione. Noi come scuola edile di Brescia ci avevamo provato alcuni anni fa ma poi abbiamo accantonato tutto. In realtà i nostri dati non sono poi condivisibili con le casse edili. Abbiamo un tesoro in cassa edile che sono i dati sacri e irrefutabili da cui dobbiamo partire altrimenti avremo una banca dati che sarà un’altra cosa che non potrà essere messa insieme a quella delle casse edili. O partiamo da dati sistematizzati che noi implementiamo altrimenti non arriveremo da nessuna parte”. Interviene Rossella Martino: “Ci stiamo coordinando con Cnce e Cncpt per inviare una circolare per dire a tutto il sistema che arriveranno linee guida omogenee.” Mauro Fumagalli, Scuola Edile di Lecco mostra apprezzamento per lo sforzo che il FORMEDIL sta tentando di fare per portare un insieme di autonomie scoordinate ad un qualcosa che si definisca sistema. Dentro a questo sforzo l’occasione delle 16 ore sono un dato positivo e un’occasione importante, pur con tutte le ombre. Essere riusciti a darsi uno standard è una cosa importante. Condivide il discorso di Antonio Crescini sulla formazione e la sicurezza. Nella costruzione del sistema la proposta di Tombari può diventare l’occasione per creare un altro standard: propone uno slogan “di standard in standard cerchiamo di costruire un sistema”. È una via migliore rispetto all’imporre dall’alto modelli e strumenti. E aggiunge: “Io non credo che l’apprendistato si presti molto a fare ragionamenti di sistema: in Lombardia non ci sono due province che facciano la stessa cosa sull’apprendistato in termini di regole. Credo che il problema della costruzione del sistema sia soprattutto un problema delle parti sociali prima ancora che degli enti. Oltre a sostenere l’attività dei formedil regionali è opportuno sollecitare dei coordinamenti. Altrimenti lo scollamento tra l’input che arriva dal formedil nazionale e quello che arriva dal territorio non si risolve.” Alessandro Dondi, Scuola Edile di Modena affronta il tema della permanenza nel settore: delle 300 persone che sono passate dai corsi delle 16 ore a Modena quante rimangono all’interno del settore? Come intervenire sul problema dell’evasione? È necessario fare un piano di rilancio delle 16 ore attraverso il confronto con le esperienze che hanno fatto le altre scuole. Sulla sicurezza sottoscrive quanto detto dagli altri prima di lui. Sull’apprendistato ogni regione affronta il discorso in modo autonomo e c’è molta evasione. Presenta alcuni dati del 2008: dei 700 apprendisti edili iscritti in Cassa Edile nella provincia di Modena solo 23 hanno fatto il corso delle 120 ore. Il tasso di evasione è altissimo. Sui finanziamenti pubblici ricorda come questi rispondano a regolamenti regionali. Inoltre le scuole molto piccole è difficile che possano accedere a certi finanziamenti. Mariagrazia Accorsi, Coordinatrice progetto Psp apprendistato afferma di apprezzare i valori dei progetti che ha visto. Il PSP incarna quel che da tempo ci auspichiamo: che la scuola non sia tributaria del modello scolastico fatto di ore e di docenti che si alternano. Il psp incarna l’esigenza di fare altro di mettere al centro l’apprendimento e non l’insegnamento. Il psp è molto moderno. Un altro valore è la bilateralità del Formedil. C’è il vantaggio di essere un sistema, di lavorare insieme, di avere attitudine allo scambio, di raccontare le proprie esperienze. Un altro vantaggio ancora consiste nell’avere delle declaratorie contrattuali assolutamente evolute. Conclude: “Abbiamo tantissimo valore aggiunto.” Il Presidente Calzoni esprime la sua soddisfazione per l’andamento del dibattito: gli elementi emersi sono tanti e importanti. Claudio Tombari ribadisce che il lavoro sulle 16 ore è molto apprezzato dagli interlocutori istituzionali. Le 16 ore devono diventare un brend, un riferimento di qualità, un sistema per vincere la concorrenza sleale. Da parte delle istituzioni c’è molta attenzione ad accreditare i risultati del nostro lavoro: noi mettiamo degli standard. Facciamo formazione in concreto. Daniele Verdesca sottoscrive l’intervento di Crescini e sottolinea che la parte vincente delle 16 ore è che il sistema si è messo in moto. La parte del Formedil nazionale è fare in modo che ci siano degli standard. Il nazionale si occupa dello sbilancio che esiste tra le diverse realtà territoriali. La direzione, secondo quanto previsto dal piano di riconversione si occupa di portare ad ordinarietà molti elementi della gestione: c’è la necessità di una manutenzione quotidiana (costi, bilanci…) perché il sistema regga nel tempo. La continuità nel tempo – e non l'intervento spot - garantisce una vera trasformazione, ossia la sua stabilità. Prosegue: “Se parliamo di finanziamenti e di referenze il vulnus del nostro sistema sono i Formedil regionali: devono avere la capacità di fornire servizi a valore aggiunto alle scuole edili. È necessario attivare uno spazio per ragionare con i formedil regionali.” Il Formedil nazionale deve perseguire il rapporto con le istituzioni, come è nella missione naturale degli enti nazionali. Le priorità assegnate al direttore dal piano di riconversione sono, in estrema sintesi: i finanziamenti, le istituzioni e il coordinamento regionale. Rossella Martino mostra delle slide sul punto B del piano di riconversione: “Azioni progettuali nazionali e transnazionali. Innovazione nei contenuti e nelle metodologie della formazione”. Le azioni progettuali si dividono in due categorie (nazionali e transnazionali/europee) e sono classificabili in quattro aree tematiche: azioni di sensibilizzazione formazione delle risorse umane del sistema, azioni specifiche di cui al contratto nazionale dell’edilizia, azioni transnazionali e azioni di sviluppo per l’innovazione ricerca e mercato. Sono esclusi i progetti speciali di cui si è parlato con Tombari e Accorsi. Elenca velocemente alcuni progetti. - La “Formazione e informazione sul dialogo sociale” si rivolgerà ai gestori degli enti di formazione, alle parti sociali e poi, con una pianificazione nel tempo, ai dipendenti delle scuole con il coinvolgimento di cnce cncpt. - La formazione per i formatori: ci si vuole rivolgere a tutti quelli che si affacciano al tema della formazione in genere e anche a quelli che hanno già più cognizioni. - Repertorio banca dati della formazione: momenti di incontro che riguardano i progettisti della formazione. - Azioni specifiche di cui al contratto nazionale dell’edilizia: repertorio della banca dati della formazione e libretto formativo. - Protocollo aif che è partito con il kit formativo. - Convenzioni con altre associazioni. - Stiamo trattando con coloro che operano nei pozzi. - Analisi dei fabbisogni formativi - Fondimpresa - Conto formazione Per la parte transnazionale: - Rete reforme che purtroppo non consente la partecipazione di tutte le scuole edili perché opera con gruppi di lavoro. - Due progetti di mobilità (uno per giovani e uno per i direttori delle scuole edili). - Trasforbuilding. - Progetto psicom. Giuseppe Moscuzza trae le conclusioni dichiarando che il bilancio delle Giornate è estremamente positivo C’è una buona sintonia con gli interlocutori esterni. Tutte le parti sociali convengono sul fatto che bisogna rinnovare l’alleanza sulla formazione. Lo scambio ha portato ad un arricchimento reciproco. Sull’apprendistato c’è che non può diventare un espediente, deve essere una cosa seria. L’anno prossimo dobbiamo onorare il trentennale del FORMEDIL, pensiamoci per tempo. A PRANZO CON LA STAMPA Ai due convegni tenuti nella giornata di apertura della manifestazione hanno assistito 16 giornalisti (le agenzie di stampa Ansa e Adn Kronos; i quotidiani Il Corriere di Roma, Conquiste del Lavoro, Il Sole 24 Ore (nazionale e del dorso “Roma”), Italia Oggi; il settimanale Edilizia & Territorio; le riviste di settore Costruire, Il Nuovo Cantiere, Costruzioni, EST, L’Industria delle Costruzioni, Costruttori News, In Concreto). Ai giornalisti presenti è stato riservato un incontro di approfondimento durante la colazione di lavoro, nel corso del quale il Formedil ha reso disponibili informazioni tecniche e d’interesse collettivo relative all’iniziativa delle 16 Ore e all’introduzione del Libretto Formativo. L’incontro si è rivelato un fecondo momento di scambio che ha permesso alla stampa presente di porre quesiti e instaurare un confronto diretto sulle questioni di principale interesse, come le prospettive della formazione continua e l’organizzazione della banca dati necessaria alla realizzazione del Libretto Formativo. Nel corso della colazione sono state svolte diverse interviste sia alla Presidenza del Formedil che ai relatori intervenuti. Con riguardo particolare all’innovazione delle “16 ore di formazione prima dell’ingresso al lavoro in cantiere”, i giornalisti si sono potuti confrontare direttamente con Claudio Tombari, responsabile del progetto Formedil “16 ore e Sistema Formativo per la Sicurezza”. I principali quesiti sono stati: Che cos’è in pratica questo nuovo modo di formare alla Sicurezza introdotto con le 16 ore? Non far fare le 16 ore comporta una sanzione per l’impresa? Qual è il livello di gradimento presso imprese e lavoratori? A cosa serve il Libretto Formativo? E altro ancora. Le risposte hanno chiarito che il corso delle 16 ore è stato programmato a partire da una radicale insoddisfazione per molte esperienze formative del passato: ritualistiche, astratte, predicatorie, inefficaci. Claudio Tombari ha spiegato come in realtà il corso di 16 ore è a tutti gli effetti un corso di formazione professionale fortemente pratico che insegna a “muoversi in cantiere” in modo corretto e sicuro e a svolgere bene le mansioni che normalmente vengono affidate ad un neo assunto. Si è inoltre riscontrata una reale motivazione degli allievi che, al termine della formazione, in larga maggioranza hanno espresso una piena soddisfazione, come emerge dal monitoraggio svolto attraverso questionari anonimi. Anche le imprese lo stanno valutando positivamente: aiuta i nuovi ingressi a cominciare con il piede giusto, favorisce l’assunzione di buone abitudini e, con riguardo particolare al personale straniero, produce quel minimo di alfabetizzazione linguistica e professionale indispensabile per lavorare insieme ad altri in cantiere. Un approfondimento è stato fatto inoltre sul rilascio della certificazione, che verrà effettuato dal Formedil utilizzando il nuovo Libretto Personale di Formazione Professionale Edile che, rilasciato al lavoratore in occasione del primo corso frequentato, accompagnerà tutta la sua vita professionale permettendogli di dimostrare, anche in caso di trasferimenti d’impresa o territoriali, le proprie acquisizioni formative. Su questi aspetti del Libretto i giornalisti si sono potuti confrontare anche con il condirettore del Formedil, Rossella Martino che ne ha segito l’evoluzione fin dall’origine. Un’attenzione particolare è stata data al fatto che a distanza di meno di due mesi dalla promulgazione del D.lgs 106/09, il settore delle costruzione abbia già avviato una sperimentazione di quanto previsto a proposito di certificazione dell’attività di formazione nell’intera vita professionale del lavoratore. Da parte dei giornalisti presenti è stata manifestata soddisfazione e apprezzamento per la giornata di lavoro e per i contenuti emersi. Volendo sintetizzare il loro giudizio vale la pena di sottolineare come siano giunti alla conclusione che grazie alla disponibilità di un efficiente Sistema Bilaterale il settore delle costruzioni – così critico e problematico per molti aspetti – sta avviando una serie di innovazioni di forte spessore. E che l’esperienza delle “16 ore” nel corso 2009 abbia aperto la strada. Divulgazione della documentazione e rassegna stampa La documentazione è stata diffusa a tutti i siti web di settore e ai principali siti istituzionali, a tutte le agenzie di stampa nazionali ai principali quotidiani nazionali. Inoltre sono stati realizzati due servizi televisivi diffusi sulla rete di ADN KRONOS Network Al momento, relativamente alle Giornate Nazionali della Formazione in edilizia, sono stati pubblicati 45 articoli di cui: 20 lanci di Agenzie di stampa 14 articoli su quotidiani e settimanali 11 articoli su web Sono stati preannunciati una decina di articoli sulle principali riviste di settore e siamo in attesa dei risultati del monitoraggio radio televisivo.