Giddens, Fondamenti di sociologia, Il Mulino, 2006
Capitolo VIII. Stratificazione, classi e disuguaglianza
STRATIFICAZIONE,
CLASSI E DISUGUAGLIANZA
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Capitolo VIII. Stratificazione, classi e disuguaglianza
Contenuti della lezione:
• Stratificazione e classi sociali
• Mobilità sociale e povertà
• La stratificazione in Italia
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Capitolo VIII. Stratificazione, classi e disuguaglianza
Parte I: stratificazione e classi sociali
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Capitolo VIII. Stratificazione, classi e disuguaglianza
La stratificazione sociale è un sistema di disuguaglianze
strutturate tra gruppi sociali.
È così possibile concepire la società come costituita da ‘strati’
ordinati gerarchicamente, dove i privilegiati stanno in alto e i
meno privilegiati in basso.
La stratificazione sociale può essere determinata da diversi
fattori:
- risorse economiche;
- genere;
- età;
- appartenenza religiosa;
- prestigio;
- potere.
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Si possono distinguere 4 sistemi fondamentali di
stratificazione delle società umane:
- schiavitù: forma estrema di disuguaglianza => gli individui
sono “posseduti” da altri come loro proprietà;
- casta: associata alle culture del sub-continente indiano e
alla credenza induista della reincarnazione  chi disattende i
doveri della propria casta si troverà in una posizione inferiore
nella vita successiva;
- ceto: caratteristico del feudalesimo europeo  i ceti feudali
erano formati da strati con doveri e diritti diversi;
- classe: vasto gruppo di individui che condividono lo stesso
tipo di risorse economiche, le quali influiscono sulle loro
condizioni di vita.
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Le classi si distinguono dalle altre forme di stratificazione,
poiché:
- non dipendono da ordinamenti giuridici o religiosi  i
sistemi di classe sono fluidi e i confini tra classi non sono mai
netti;
- la collocazione di classe è, almeno in parte, acquisita  è
frequente la mobilità sociale;
- le classi si fondano su differenze economiche  possesso e
controllo di risorse materiali;
- i sistemi di classe si fondano su rapporti impersonali  le
disuguaglianze di trattamento salariale, ad esempio,
interessano tutti i membri di una stessa categoria
occupazionale.
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Karl Marx e la struttura di classe
Una classe è un gruppo di individui che condivide un
determinato rapporto con i mezzi di produzione  mezzi
con cui si provvede al proprio sostentamento.
Nel corso della storia si sono sempre opposte due classi
principali in base ai differenti mezzi di produzione e ai
differenti rapporti di produzione caratteristici del periodo
storico.
Il rapporto tra classi è sempre stato un rapporto di
sfruttamento.
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La teoria di Karl Marx
Epoca
Mezzi di
produzione
Classi
principali
Tipo di
sfruttamento
Società
preindustriali
Terra
Strumenti agricoli
Strumenti per
allevare il
bestiame
Proprietari
terrieri
Lavoratori
della terra
Trasferimento
diretto di
prodotti o di
lavoro
Società
industriali
Fabbriche
Macchinari
Capitale
Capitalisti
Proletariato
Sfruttamento
occultato
(pluslavoro 
plusvalore)
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La teoria di Max Weber
Le dimensioni della stratificazione sociale sono:
- la classe: si fonda sulla posizione di mercato  possesso dei
mezzi di produzione + capacità e credenziali professionali (es.
qualifiche, titoli di studio);
- lo status (o ceto): si fonda su differenze sociali relative
all’onore o al prestigio  viene riconosciuto attraverso lo stile
di vita (abbigliamento, abitazione, modo di parlare ecc.);
- il partito: gruppo di individui che operano insieme in virtù di
origini, obiettivi o interessi comuni.
Classe e status non necessariamente coincidono (es. ‘nobiltà
decaduta’ o ‘nuovi ricchi’).
Né lo status, né il partito possono essere ridotti alle divisioni
di classe.
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Nelle società occidentali contemporanee è possibile
distinguere la:
- classe superiore: alti dirigenti, imprenditori e capitalisti
finanziari;
- classe media: professionisti, dirigenti, funzionari, impiegati,
tecnici;
- classe operaia: operai  imborghesimento: processo
attraverso il quale gli operai con redditi da classe media ne
adottano anche i valori, la mentalità e gli stili di vita ;
- sottoproletariato: emarginati ed esclusi.
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•
Mentre nelle società occidentali, sino agli anni ’60 del XX
secolo, la classe sociale si sovrapponeva con uno stile di
vita ben determinato (classi con tratti cetuali), con
l’affermarsi della società del benessere si è assistito:
1)
in una prima fase alla tendenziale massificazione degli
stili di vita in direzione del ceto medio; dal punto di vista
soggettivo permaneva una visione centrata sul modello di
una rigida divisione in classi;
2)
in una seconda fase (dalla seconda metà degli anni ’70)
la condizione economica si è gradualmente separata dallo
stile di vita con la crescente moltiplicazione di quest’ultimi
e la fine delle rappresentazioni sociali centrati sul modello
delle classi (molecolarizzazione= frammentazione degli
stili di vita e contemporaneo rafforzamento delle
disuguaglianze; terziarizzazione del lavoro);
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•
Attualmente, lo studio della stratificazione
sociale si articola nell’analisi delle tre (sue)
dimensioni che si considerano fondamentali:
a) Struttura delle disuguaglianze
(distribuzione degli individui e dei gruppi
nello spazio sociale, nel suo farsi).
b) Fenomeni di mobilità (in che modo gli
individui e i gruppi accedono a queste
posizioni).
c) Rappresentazioni sociali della stratificazione
(percezione, immaginario e
razionalizzazioni delle strutture di
disuguaglianza e dei fenomeni di mobilità).
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Parte II: Mobilità sociale e povertà
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La mobilità sociale è data dai movimenti di individui e
gruppi tra diverse posizioni socioeconomiche.
È possibile distinguerla in:
- mobilità verticale: movimento verso l’alto o verso il basso
nella scala delle posizioni socioeconomiche;
- mobilità orizzontale: movimento geografico attraverso
quartieri, città, regioni e paesi;
- mobilità ascendente: si ha quando un individuo o un
gruppo guadagna in ricchezza, reddito, status ecc.;
- mobilità discendente: si ha quando un individuo o un
gruppo subisce una perdita di ricchezza, reddito, status
ecc.
I canali di mobilità, sono i fattori tramite i quali è possibile
mutare posizione (ad esempio, l’istruzione).
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La mobilità discendente, seppur meno frequente di quella
ascendente, rimane un fenomeno diffuso.
I principali fattori della mobilità discendente sono:
-
l’insorgere di problemi e disturbi psicologici;
la disoccupazione;
le ristrutturazioni aziendali;
i tagli occupazionali;
il divorzio (soprattutto per le donne).
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• Studiamo la mobilità sociale per capire se,
quanto e come una società è fluida oppure
bloccata, vale a dire come sono distribuite,
come funzionano e come sono riprodotte
le disuguaglianze di opportunità al suo
interno (considerata, nella modernità,
dove dovrebbero dominare i valori
acquisitivi, una delle principali fonti delle
altre disuguaglianze sociali e dell’equità
sociale).
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• Come possiamo analizzare in modo sociologicamente significativo i
fenomeni di mobilità in una data società? Attraverso i concetti (e
relativa operazionalizzazione statistica) di:
- Mobilità assoluta;
- Mobilità intergenerazionale;
- Mobilità intragenerazionale;
- Traiettorie di mobilità sociale
- Mobilità relativa.
Questi concetti\strumenti statistici, generalmente, sono costruiti
prendendo in considerazione non la classe sociale
complessivamente intesa (estremamente difficile da misurare in
modo “condiviso”) ma la classe occupazionale intesa come un
indicatore significativo della più complessiva mobilità
sociale\disuguaglianza in società.
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- Mobilità assoluta: quota di figli che hanno
raggiunto una posizione occupazionale
diversa da quella dei padri (misura
“contingente” e “grezza” di mobilità sociale);
Essa misura il cambiamento di classe
occupazionale da una generazione ad
un’altra.
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• Mobilità intergenerazionale: è una misura non
contingente e “più strutturale” della mobilità tra
le generazioni. Essa si ottiene mettendo a
confronto la posizione occupazionale del figlio al
primo lavoro, con quella del padre (rilevata in
Italia dall’ISTAT, quando il figlio aveva 14 anni).
- Essa misura la riproduzione complessiva (effetti
strutturali+effetti sistemici) delle disuguaglianze
da una generazione ad un’altra, e dunque anche
uno degli aspetti più rilevanti del mutamento
sociale.
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• Mobilità intragenerazionale: misura il
cambiamento di posizione nel corso della vita
adulta. Si misura mettendo a confronto la classe
occupazionale al primo lavoro con quella detenuta
al momento della rilevazione.
- Essa è un indicatore complessivo della
distribuzione delle opportunità per una data
generazione, all’interno di una società. E dunque,
anche di eventuali fenomeni di segregazione socioOccupazionale e di proattività dei singoli.
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• Traiettorie di mobilità: i percorsi seguiti dagli
individui di una stessa generazione, per
raggiungere una data posizione sociale. Si misura
prendendo contemporaneamente in
considerazione la classe d’origine, quella al primo
lavoro e la classe occupata al momento della
rilevazione.
Esse misurano gli archi di ampiezza della
mobilità sociale e le varie tipologie di
percorsi, consentendoci di capire se conta più
l’azione della mobilità intragenerazionale o di quella
Intergenerazionale e come si combinano.
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• Le misure di mobilità precedentemente viste sono complessive,
cioè al “lordo” dei cambiamenti strutturali del sistema
(industrializzazione, aumento del benessere, modernizzazione
ecc.).
• Per sapere quanto una società, nel corso del tempo, assicura
uguaglianze di opportunità a tutti i suoi membri (fluidità sociale
effettiva), occorre escludere gli effetti strutturali, soprattutto, di
cambiamento del sistema occupazionale.
• Mobilità relativa: si misura proprio a questo scopo. Essa è
un confronto sistematico delle probabilità di raggiungere
una data destinazione, anziché un’altra ad essa
alternativa, da parte di individui provenienti da due classi
diverse.
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Povertà (situazione di de-privazione di risorse
materiali, utili per vivere e partecipare alla società):
-
-
È definita povera una famiglia il cui reddito o la
cui spesa per consumi, si pone sotto una
(variabile storicamente, culturalmente e
socialmente) soglia di povertà.
Esistono tre criteri fondamentali per definire la
soglia:
a) assoluto;
b) relativo;
c) soggettivo.
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• Criterio assoluto: la soglia è definita rispetto ad un paniere
minimo di beni sufficiente ad assicurare la sopravvivenza
della famiglia; la povertà assoluta è definita come
incapacità ad acquisire tale paniere.
• Criterio relativo: la soglia è definita in base allo standard di
vita medio della società considerata. Di norma lo standard è
definito come una quota (pari di solito al 60%) del valore
medio o mediano dei redditi equivalenti familiari; la povertà
relativa è la condizione in cui si trovano tutte le persone che
eguagliano o sono al di sotto di questa soglia.
• Criterio soggettivo: la soglia è definita a quel livello di
reddito che le famiglie considerano necessario per garantire
uno standard minimo di benessere.
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In Italia, (fonte, Istat 2003) tra il 1998 e il 2003:
- Il tasso di mobilità assoluta è lievemente aumentato.
-
Se, da un lato, le opportunità di raggiungere un determinato livello di
istruzione sono fortemente influenzate dalle condizioni di partenza
individuali, che tendono a riprodurre le disuguaglianze sociali, dall’altro, il
conseguimento di un titolo di studio medio-alto può divenire un fattore di
promozione sociale.
-
Il tasso di mobilità intergenerazionale è aumentato lievemente; tuttavia
c’è un’alta similarità tra la posizione dei padri e dei figli.
-
Mobilità intragenerazionale: una volta entrati nel mondo del lavoro appare
relativamente difficile modificare nel corso della vita attiva la propria
posizione di partenza. In effetti, il percorso di mobilità largamente
prevalente, è quello di mobilità all’ingresso nel mercato del lavoro.
-
Mobilità relativa: al netto degli effetti strutturali esercitati dai profondi
cambiamenti avvenuti nel sistema occupazionale, il regime di mobilità è
invece piuttosto rigido: la classe di origine influisce infatti in misura
rilevante e limita la possibilità di movimento all’interno dello spazio
sociale.
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Valore linea
di povertà
2008
(per una famiglia
di due
componenti):
€ 999,67
Intensità
21,5%.
La povertà relativa presenta caratteristiche strutturali ben delineate,
legate ai tradizionali fattori di vulnerabilità.
Le famiglie povere dai primi anni ’80 sono circa il 10%, salgono intorno al
14% nel periodo 1987-1989, per poi diminuire progressivamente e
attestarsi, negli ultimi anni, tra l’11% e il 12%.
2 milioni 737 mila
1 milione 847 mila
352 mila
256 mila
119 mila
1 milione 084 mila
1 milione 239 mila
149 mila
229 mila
684 mila
famiglie
residenti al Sud
numerose (5 e più componenti)
con membri aggregati
con 3 o più figli minori
con anziani
con P.R. con bassi livelli di istruzione
senza occupati o ritirati
con P.R. in cerca di occupazione
con P.R. operaio
11,3%
23.8%
25.9%
19.6%
27.2%
12.5%
17.9%
49.6%
33.9%
14.5%
8 milioni 078 mila
1 milione 805
1 milione 512
persone
minori
anziani
13.6%
17.7%
13.1%
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