Anno Scolastico 2013/2014
I LAVORI DEGLI STUDENTI PREMIATI AI CONCORSI
CONCORSO LETTERARIO¬ - XVIII ed.
CONCORSO FOTOGRAFICO - XIV ed.
LICEO SCIENTIFICO STATALE B. RUSSELL – MILANO (A.S. 2013/2014)
Assogenitori Russell – Milano
Siamo un gruppo di genitori che hanno preso a cuore le sorti di questo Liceo e dei ragazzi
che lo frequentano.
La nostra Associazione da molti anni si impegna a seguire il percorso scolastico dei nostri figli attraverso un atteggiamento propositivo, di collaborazione e di confronto con le
istituzioni scolastiche ed i rappresentanti degli studenti.
Tra le iniziative, che questo anno sono state al centro del nostro programma, vogliamo
ricordare:
•
l’organizzazione del concorso per studenti (letterario e fotografico);
•
la gestione della biblioteca della scuola (tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00);
•
l’acquisto di materiale didattico (ad esempio i dizionari di lingua latina);
•
l’informatizzazione del patrimonio librario della scuola (in corso d’opera);
•
la gestione delle tessere-abbonamento per le fotocopie (ad uso degli studenti);
•
la progettazione e la gestione di un sito web;
•
l’organizzazione della festa di fine anno per gli studenti;
L’Associazione è naturalmente aperta a nuove collaborazioni con i genitori che avranno
tempo/voglia di dare ‘una mano’ a partire dal nuovo anno scolastico.
Vi aspettiamo!
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TEMI DEI CONCORSI
per il concorso letterario e fotografico
1.
“ILLUMINATI” DALLA LUCE DELLA CITTA’
(luci ed ombre di ciò che vi circonda)
2.
IL PETER PAN CHE C’E’ IN TE
(le tue fantasie ed i tuoi sogni)
3.
LA TECNOLOGIA STA INVADENDO LA TUA VITA
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CONCORSO FOTOGRAFICO
XIV edizione
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PRIMO PREMIO
Beatrice GELOSA
Classe 2° A
Titolo
“Basta solo una bacchetta magica?”
Motivazione
“Trilli ha conquistato l’immagine della città!
Efficace la ricerca formale. Con la magia della luce e con una semplice visione, l’artista ha
ottenuto un connubio di tematiche”.
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SECONDO PREMIO
Marta PELUSI
Classe 4° B
Titolo
“Ogni colore è un sogno”
Motivazione
“Se si è un Peter Pan, anche da una bolla di sapone può nascere un mondo dove fantasticare e ritrovare il bambino che c’è in ognuno di noi
(…l’importante è stupirsi e ricercare lo stupore)”.
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TERZO PREMIO
Elena BOZZO
Classe 4° B
Titolo
“Luce oltre il buio”
Motivazione
“Luci ed ombre liberty della notte milanese. Funziona la ricerca fotografica ed il bilanciamento formale dell’immagine in bianco e nero”.
(una nota romantica della luce)
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MENZIONE nr. 1
Beatrice GELOSA
Classe 2° A
Titolo
“Illuminati dalla luce della città”
(luci ed ombre di ciò che ci circonda)
Motivazione
“Ottima composizione e ricerca artistica.
Contrasti molto forti tra edonismo e disperazione. La tanta luce della città mette in risalto
solo l’aspetto d’ombra e disperante della nostra realtà urbana”
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MENZIONE nr. 2
Marilena CECALUPO
Nicole PAGANI
Classe 2° A
Titolo
“Gli occhi sono lo specchio dell’anima come le luci sono lo
specchio della città”
Motivazione
L’immagine è ben congeniata e abbraccia la tematica della luce e dell’ombra della città che
si riflettono in noi e in ciò che vediamo”.
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MENZIONE nr. 3
Dennis MARGUTTI
Classe 3° B
Titolo
“Il mondo oltre al monitor”
Motivazione
“Tirata per i capelli……ci intrighiamo per l’inconsapevolezza dell’immagine e per l’idea
che l’ha generata”
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PREMIO GIURIA STUDENTI
Luca DOMANESCHI
Classe 3° B
Titolo
“La velocità che colora la notte”
Motivazione
La fotografia più votata dagli studenti della scuola.
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CONCORSO LETTERARIO
XVIII edizione
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PRIMO PREMIO
Roberto CASIRAGHI
Classe 2° C - Scienze Umane
Titolo
“Gabbia elettronica”
Motivazione
Il racconto-poesia rispecchia la realtà quotidiana, fatta ormai di alienazione mentale dovuta
all’abuso della tecnologia, e affronta il tema proposto in termini critici rifuggendo da elogi banali e scontati. La “gabbia elettronica” imprigiona non soltanto i giovani, ma anche
molte persone mature, eppure, come in tutte le situazioni, la speranza è l’ultima a morire e
lascia spazio alla riscoperta di un’umanità fortunatamente sempre viva anche se nascosta.
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GABBIA ELETTRONICA
Assorto se ne stava il ragazzo, cupo nei suoi pensieri.
Sempre solo, sempre con il suo cellulare,
che da tempo gli era costantemente accanto.
Era come intrappolato nello schermo e non aveva alcuna via d’uscita,
Sapeva, ma la gente che aveva attorno non vedeva,
tutti troppo presi dai loro interessi.
Quel cellulare custodiva i suoi segreti,
quasi come uno scrigno o una culla che lo proteggeva.
Nessuno si domandava il perché di quell’attaccamento,
anzi, veniva rimproverato di “non avere una vita”,
ma la vita gli si era chiusa davanti quando aveva visto il suo amico morire.
Non aveva avuto la forza di dirlo a nessuno,
e ogni giorno gli aveva inviato un messaggio,
un po’ nella convinzione che in qualche modo lui avrebbe potuto leggerlo,
un po’ nella speranza di ricevere una sua risposta.
Ma un giorno il telefonino si ruppe.
In quel momento gli crollò nuovamente il mondo addosso,
gli sembrò di aver perso nuovamente l’amico,
prima fisicamente, e dopo anche in quell’illusione virtuale.
Ormai alla deriva, senza nessun appiglio,
capì che era meglio parlare con qualcuno che nascondersi dietro alla bugia di un
cellulare.
Raccontò così finalmente come si sentiva e la gabbia,
che lui stesso si era creato, si ruppe.
Guardare negli occhi chi aveva compreso le sue parole,
e aveva provato le sue stesse emozioni, lo aveva liberato.
Aveva finalmente compreso una cosa fondamentale: nessuna macchina potrà mai
sostituire il calore di un essere umano.
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PRIMO PREMIO “PROSA”
Giulia Sala
Classe 2° B
Titolo
“Chiudo gli occhi”
Motivazione
Nel racconto confluiscono alcuni dei temi proposti, cioè l’amore, la città e i suoi colori nelle diverse stagioni. L’autrice racconta un vissuto senza sentimentalismi né vittimismo, ma
con matura consapevolezza della propria esperienza in quanto ormai vista con l’occhio di
chi, superata una crisi, ha fiducia nel futuro e non s’abbandona a melanconie stereotipate.
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Chiudo gli occhi, e mi si disegna nella mente quella fermata del tram davanti all’ospedale, così affollata alla mattina presto da ragazzi che attraversano
distrattamente i binari o che scendono frettolosamente dal tram per recarsi
a scuola prima del suono della campanella che indica l’inizio delle lezioni. Di
mattina la fermata è avvolta da una luce quasi soffusa, fredda, soprattutto d’inverno, quando il sole non è sorto da molto e tocca quindi ai lampioni illuminare la strada per la scuola. D’estate invece, si riesce a vedere il sole che sale
sempre di più all’orizzonte, che disegna le ombre dei ragazzi e il calore penetra
la loro pelle ancora addormentata, è uno stupendo spettacolo. Proprio qui ci
siamo visti e parlati la prima volta, ti ricordi? Ricordo benissimo che il tragitto
in tram, dalla fermata vicino a casa mia a quella dell’ospedale, mi sembrava interminabile, avevo il cuore che mi batteva all’impazzata, ma eccomi arrivata ed
eccoci finalmente uno davanti all’altra. Tu timidamente mi sussurri ‘ciao’ sfoggiando quel tuo sorriso da far mozzare il fiato tutte le volte come quella prima
volta, ed io che dico a me stessa ‘stai calma, non ti agitare’. In quel pomeriggio
di novembre la fermata del tram mi è sembrata così bella e diversa dal solito
e anche le altre in cui ci davamo appuntamento lì per vederci, aveva qualcosa
di ‘magico’. Quel giorno la fermata era avvolta da una luce quasi inesistente
benché fosse pomeriggio presto, il sole era coperto dalle nuvole, ma non mi importava, la vera luce era dentro di me, una luce di gioia che mi faceva sentire finalmente a posto con me stessa e con il mondo. E come potrei mai dimenticare
la panchina nel parchetto subito dietro la fermata dove la prima volta ci siamo
raccontati la nostra storia guardandoci fissi negli occhi ed arrossendo di tanto
in tanto? Quella panchina, che prima vedevo uguale alle altre, ora era diventata
la nostra panchina e perfino il tramonto delle fredde sere d’inverno visto da
quella prospettiva sembrava più bello. Mille sfumature di colore, prima rosso,
arancione, giallo e poi rosa fino a tornare azzurro, blu. La città sembrava ancora più bella. Tanti sono i ricordi che mi assalgono quando mi siedo di nuovo
su quella panchina che era diventata per entrambi un punto di riferimento,
ma che ora, per te, è tornata ad essere una panchina come le altre. Proprio tra
quei pezzi di legno tenuti saldamente insieme da quelle viti arrugginite che
tanto odiavo per paura che mi sporcassero il giubbotto nuovo, sono racchiuse
tutte le nostre risate, i nostri sorrisi, le nostre parole sussurrate e urlate, le nostre promesse e le nostre paure. A volte ci vedo ancora lì, seduti uno di fianco
all’altra a guardarci negli occhi e con quella voglia di rimanere insieme ancora
un po’ prima di tornare dalle nostre famiglie. Mi accompagnavi a casa, perché
sapevi della mia paura del buio, sapevi che i lampioni con la loro luce fioca
non bastavano a rassicurarmi tornando a casa. Piano piano calava la sera e
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ad illuminarci adesso c’era la luna, di una luce bianca, candida, pura. Questo
per non pararle dei ricordi con cui devo lottare tutti i giorni mentre vado a
scuola o mentre aspetto il tram per andare a casa, a quella fermata del tram
davanti all’ospedale, così uguale ma che così diversa dalla altre. Ti ho aspettato
per molto tempo qui dato che di arrivare in orario non ne sei proprio capace,
e ogni volta scoprivo qualcosa di nuovo, come il parapetto verde fra la banchina e la strada, lo sai che dondola? La calda luce dei pomeriggi disegnava le
ombre di ogni persona e di ogni oggetto e queste scaturivano in me, pensieri
di ogni tipo. Mi perdevo a fantasticare su di me, su te, sulla mia Milano e sulle
persone che mi passavano davanti tra le quali cercavo il tuo sguardo finché non
ti vedevo arrivare e sorridere come volermi dire ‘eccomi sono qui’ e allora la
mia testa non ascoltava più la musica dalle cuffie che avevo nelle orecchie, mi
bastava avere la tua mano nella mia per essere completa. E proprio in quel momento le nostre ombre erano una cosa unica, legate dalle nostre mani strette
insieme, e nessuna divisione. In quei lunghi momenti sembravano mescolarsi.
Forse il ricordo con il quale devo maggiormente fare i conti tutti i giorni è il
ricordo dell’ultima volta che ci siamo visti, questo è anche il ricordo più brutto. Proprio qui dove tutto è iniziato, hai deciso di lasciarmi. Lo ricordo come
fosse ieri, quel giorno la fermata mi sembrava più brutta, avvolta da un freddo
quasi surreale, la mia felicità era scomparsa, nel mio cuore c’era un misto tra
dolore e rabbia, la mia testa era altrove, avrei voluto essere da qualunque altra
parte, meno che seduta di fianco a te, fissando i binari, poi il cielo buio, poi
lo schermo per vedere i minuti che mancavano all’arrivo del mio tram, tutto
quel che volevo era andare a casa. Sentivo quello che dicevi, ma non ascoltavo, sapevo già tutto, non volevi più stare con me e dovevo trovare il modo di
accettarlo. Dovevo trattenere le lacrime fino a casa, poi mi sarei potuta sfogare, avrei potuto urlare che ti odiavo, ma non lì. Non a quella fermata. Pioveva
quel giorno e sembrava che anche la struttura di pali verdi che sorregge la
tettoia della fermata piangesse. C’era troppa poca luce per vedere le nostre
ombre, ma forse è stato meglio così, perché la mia l’avrei vista debole, separata dalla tua, uguale a quella degli altri. Tornando a casa avevo solo la luce dei
lampioni a farmi compagnia, le gocce di pioggia mi rigavano il viso proprio
come rigavano i vetri del tram e dentro di me non c’era più una luce, adesso
c’era un buio, freddo, proprio come quello che avvolgeva l’intera città. Mi stupisco ogni giorno dell’enorme ed incontabile quantità di ricordi ricollegati a
quella fermata, quel luogo così amato e allo stesso tempo così odiato da me. .
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Credo che mi rimarrà sempre nel cuore, nella cartella dei ‘luoghi speciali’. E
a volte, lo ammetto, quando sono alla fermata cerco ancora il tuo sguardo tra
i passanti, spero di rivederti un’ultima volta e a volte credo anche di vederti.
A volte immagino come sarebbe rivedere le nostre ombre unite, un’ultima volta, io e te, illuminati da una luce forte, come a darci la forza di andare avanti
nonostante tutto. Come il mio sguardo, anche la mia ombra spesso cerca la tua,
ma ormai la tua si è già legata ad un’altra. Poi torno in me. Metto le cuffie nelle orecchie, seleziono la mia canzone preferita, guardo sullo schermo quanto
manca prima che arrivi il tram che mi porta alla fermata di casa e mi sento sollevata, perché mi sembra di conoscere questo posto meglio di chiunque altro.
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PRIMO PREMIO “PROSA”
Andrea DI SANTO
Classe 2° C - Scienze Umane
Titolo
“Luci e ombre della mia città”
Motivazione
La percezione intimistica della propria città viene tradotta con termini originali in una serie di
particolari di paesaggio, di colore e di atmosfera altamente evocativi. E’un’interpretazione molto personale, ma condivisibile, di una Milano che nella realtà non favorisce il nascere dei sogni.
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LUCI E OMBRE DELLA MIA CITTA’
Non so quanto vagai errando quella notte, mentre la città da dormiente si spegneva e poi si risvegliava davanti ai miei occhi al ritmo assordante dei miei
battiti. Un vuoto incolmabile all’altezza del petto mi assalì e per la prima volta, dopo tanto tempo, volli piangere. Dalle sagome cupe dei comignoli, uno spiraglio infondeva un tepore di luce, l’alba era vicina. I mille colori, nascosti dal
cupo della notte, risvegliavano la loro lucentezza. E come il buio aveva nascosto
con il suo mantello nero mille e mille tormenti, ora il sole rifletteva come uno
specchio la loro presenza; facendomi rimanere abbagliato e inerte. Camminavo
dritto, accecato da mille pensieri, barcollante tra la tristezza e una strana pace
interiore. Mi sentivo a mille miglia dalla felicità; eppure alla fine di quella via
,che il mio sguardo riusciva ad afferrare con i primi bagliori del giorno , potevo
osservarla sempre più vicina , non così tanto da poterla toccare, ma abbastanza
da sentire il suo richiamo. E nonostante quelle miglia divenissero centimetri e
i miei sensi riuscissero a sentire fisicamente la sua presenza, non mi sentii del
tutto completo . Nonostante mi pervenisse un vacuo sentimento di gioia per il
suo contatto, un principio di tristezza inondava il mio cuore. Perché anche se
in quel momento avevo raggiunto quello stato di felicità, sapevo che niente sarebbe stato più come quella notte. Capivo come quel sentimento di ambito piacere sarebbe divenuto un vacuo sogno su cui piangere nel suo ricordo. Un vento
esile mi trapassò le membra e i mille pensieri di quella notte volarono via dal
mio corpo divenendo impercettibili. Intorno a me si tacciavano gli ultimi scenari
notturni. La notte con la sua solitudine mi permetteva di rispecchiare la mia
immagine; ed ora il sole, con i suoi abbaglianti raggi, mi scopriva mettendomi a
nudo, esposto alla mia triste realtà. I mille suoni della città che con la notte erano
scomparsi ora si amplificavano. Un uccello da un comignolo volava in aria per
inseguire l’ ultima stella che appariva in quel cielo semi notturno e scompariva
con essa. . Così, come la notte scemava tra la luce del sole, anche io scomparivo
in un bieco e notturno divenire. E nonostante non appartenessi più fisicamente a quel mondo terreno, vivevo nello spumeggiante mondo delle sue emozioni.
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Ringraziamo tutti gli studenti che hanno partecipato ai concorsi ed i giurati che hanno vagliato con attenzione e professionalità le opere sottoposte. Nella convinzione di tutti noi dell’Associazione genitori che i concorsi rappresentino un interessante
stimolo alla creatività individuale e uno strumento di crescita
personale attraverso il confronto, auspichiamo a una sempre
maggiore partecipazione da parte degli studenti dell’Istituto.
Assogenitori Russell
LICEO SCIENTIFICO STATALE B. RUSSELL – MILANO (A.S. 2013/2014)
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LIBRETTO CONCORSO 2013/2014