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5 (dic. 1984), pp. 40-45
Silvio Puccio, Una resistenza, Nuova Europa, 1965.
Biblioteca Civica “Uberto Pozzoli”
Paride Quadrozzi, Giulio Alonzi, luogotenente di Ferruccio Parri, Veroli, 2005.
A cura della Biblioteca civica “Uberto Pozzoli”
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1943. QUANDO L’ITALIA DOVETTE SCEGLIERE
“Se si volesse dare un simbolo alla Resistenza lecchese bisognerebbe trovarlo nel Pizzo
d’Erna... esso, veramente, diventò il simbolo di una speranza e di una volontà per gli uomini che batterono quei sentieri, in cerca del riscatto agognato... Lassù fu scritta la prima
pagina della lotta armata di Lecco per il riscatto della nazione, in nome della dignità e
della libertà. Ed è una pagina viva, anche se il manipolo che difendeva quel bastione fu
schiantato a colpi di mortaio...”.
Gulio Alonzi, nella prefazione a Una resistenza di Silvio Puccio, cit., pp. 9-10.
“Chi sale spesso dai partigiani in questo ottobre ’43 è convinto che se al Comando c’è
l’ordine, in montagna c’è l’anarchia... disordine ai Resinelli e confusione in Erna. Il gruppo d’Erna dipende dal Comando di Lecco, ma i comunisti ne rivendicano la paternità e lo
controllano attentamente... Verso la metà di ottobre il gruppo d’Erna si stacca dal Comando di Lecco e diventa la formazione partigiana ‘Carlo Pisacane’... e lassù han tutta
l’aria di voler continuare...”.
Silvio Puccio, Una resistenza, cit., pp. 46-48.
“In questo periodo non è molto pericoloso fare il partigiano. Chi abita a Lecco o nei paesi
vicini può scendere spesso a trovare la famiglia o la ragazza, e magari prendersi qualcosa
da mangiare, una camicia o un maglione in più... Per ora in montagna si può vivere senza
troppi rischi, si può mangiare e dormire senza tante difficoltà. In Erna e a Campo de’ boi
ci si serve delle baite dei montanari e di qualche rifugio... E’ cominciato ottobre e i tedeschi ancora non si muovono. Però chi è in montagna ha tutte le ragioni per aspettarli da
un giorno all’altro, e per avere paura...”.
Silvio Puccio, Una resistenza, cit., pp. 49-51.
“Dopo cento allarmi sbagliati arriva quello vero. La porta Alonzi ai partigiani d’Erna e
dei Resinelli, ancor prima della metà di ottobre, la notizia sicura che i tedeschi stanno
preparando il rastrellamento... La sera del 16 ottobre un’intera divisione di alpini bavaresi, quelli più adatti alla guerra di montagna, arriva da Bergamo e da Milano e si piazza
lungo il lago, da Calolzio a Varenna. Intanto un’altra colonna ha già risalito la Val Brembana. Il piano di rastrellamento è chiaro: i tedeschi vogliono chiudere tutti gli sbocchi
della Valsassina salendo da Bellano, da Ballabio e dalle valli bergamasche. Il rastrellamento comincia all’alba del 17... ormai i tedeschi ci sanno fare nei rastrellamenti. Prima
chiudono ogni via d’uscita, poi muovono le colonne che battono la zona in lungo e in largo...”.
Silvio Puccio, Una resistenza, cit., pp. 52-54.
LA BATTAGLIA DEI PIANI D’ERNA: 17 – 20 OTTOBRE 1943
BIBLIOGRAFIA
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1943. QUANDO L’ITALIA DOVETTE SCEGLIERE
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Virgilio Vanalli, La forza della sofferenza per un ideale di vita e di libertà, 1997.
“Il 17 ottobre ai Resinelli i partigiani non hanno sparato un colpo. Non è così in Erna,
dove il rastrellamento provoca una vera battaglia. Il 18 ottobre le colonne tedesche si
attestano in Valle Imagna, in Val Taleggio e sotto il Resegone, a mezza costa dalla parte
di Lecco. Anche qui i partigiani hanno fatto come tuti gli altri: sono andati via. Dei 150 e
più che formavano il sottosettore d’Erna e quello di Campo de’ Boi ne sono rimasti ben
pochi, però questa volta i pochi rendono dura la salita dei tedeschi. Intorno al Campo,
intorno alla Capanna Stoppani, al Passo del Fo si accendono scontri vivaci... Le fucilate
durano fino a sera... Un po’ alla volta i partigiani vanno, approfittano del buio per scappare nelle parti alte della Valsassina e delle valli bergamasche. Il mattino del 20, l’ultimo
del rastrellamento, le poche fucilate diventano una battaglia. I tedeschi credono di aver
fatto il vuoto, ma su al Pizzo è rimasto un gruppetto di slavi con qualche italiano e pochi
altri prigionieri... Il mattino i tedeschi attaccano i sentieri per i piani d’Erna, decisi a
sloggiare chi vi è rimasto. I partigiani aspettano che siano più vicini, allo scoperto. Poi
cominciano e il fuoco dura parecchie ore. È quasi sera quando non è più possibile sostenere una battaglia: guidati dagli italiani, gli slavi abbandonano il Pizzo per scendere dalla parte opposta, verso Morterone... Ai tedeschi non importa adesso quanti uomini hanno
ucciso. I tedeschi hanno mirato a disperdere gli sbandati e dove sono arrivati loro c’è
stato il vuoto. I tedeschi hanno voluto impedire ai partigiani ogni possibilità di rifugio per
l’inverno, e dove hanno incontrato resistenza hanno incendiato rifugi, baite e cascine... I
tedeschi hanno dato la loro lezione”.
Silvio Puccio, Una resistenza, cit., pp. 55-57.
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