AMANDO FINO ALLA FINE Il loro nome è la loro fede. Testimoni della Verità PERSECUZIONE DEI CRISTIANI NEL MONDO Da martedì 11 a sabato 15 dicembre presso la sala del chiostro in piazza Cermenati, alcuni alunni del Liceo Classico e Scientifico "G.Leopardi" di Lecco presentano la mostra “AMANDO FINO ALLA FINE. Il loro nome è la loro fede. Testimoni della Verità”. La mostra nasce da un percorso iniziato due anni fa da una provocazione lanciata dal preside della scuola sul caso di Asia Bibi, la donna pakistana accusata di aver offeso Maometto e condannata a morte per una legge sulla blasfemia. Da quel giorno i ragazzi si sono trovati a discutere prima durante l’intervallo e poi a lezione con i professori, fino a realizzare una mostra che ora presentano alla città di Lecco nella Sala del Chiostro, ma che ha già toccato 60 città in tutta Italia. In occasione dell’Anno della Fede e alla luce degli attuali tragici eventi di persecuzioni cristiane nel mondo, la mostra rappresenta una rinnovata occasione per riprendere coscienza della necessità di testimoniare quotidianamente “ciò che abbiamo di più caro nella vita” a partire dalla testimonianza dei martiri nei quali, come ricorda papa Benedetto XVI nella Fides et Ratio, “si scopre l’evidenza di un amore che non ha bisogno di lunghe argomentazioni per essere convincente, dal momento che parla a ognuno di ciò che egli nel profondo già percepisce come vero e ricercato da tanto tempo. Il martire dice ciò che noi già sentiamo e rende evidente ciò che anche noi vorremmo trovare la forza di esprimere”. La mostra, a ingresso gratuito, resterà aperta da martedì a venerdì dalle 15 alle 17.30; sabato dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30. Saranno sempre presenti alcuni ragazzi disponibili per visite guidate. Per i gruppi occorre prenotare telefonando al numero 346 5261839 oppure scrivendo all’indirizzo [email protected]. Sabato 15 dicembre alle 11.30 presso la Sala Papa Giovanni (Lecco, Via san Nicolò) , i ragazzi che hanno curato la mostra invitano ad una tavola rotonda con Monsignor Maurizio Rolla, vicario episcopale della zona III. Nigeria: tre chiese bruciate e dieci cristiani sgozzati Dicembre 3, 2012 Redazione (Tempi) I presunti miliziani islamici di Boko Haram sono passati da casa a casa ieri sera, nel quartiere cristiano della cittadina di Chibok, in una zona remota dello stato di Borno nel nord del Paese. Tre chiese bruciate nella mattinata, invece, a Gamboru Ngala. Ennesimo orrore contro i cristiani in Nigeria si è verificato ieri. Dieci persone sono state sgozzate a colpi di machete da presunti miliziani islamici che sono passati da casa a casa ieri sera, nel quartiere cristiano della cittadina di Chibok, in una zona remota dello stato di Borno nel nord del Paese, area dove è forte la presenza della setta islamica Boko Haram. Lo ha riferito un responsabile delle autorità locali. «Gli assalitori sono arrivati verso le 21 scandendo lo slogan “Dio è grande”, si sono recati nelle case da loro identificate in un quartiere a maggioranza cristiana e hanno massacrato dieci persone come agnelli sacrificali», ha raccontato la fonte. Le abitazioni assaltate sono poi state date alle fiamme. «Presunti membri di Boko Haram – ha raccontato un testimone, Nuhu Clark – sono piombati nel villaggio di notte, hanno incendiato le case e hanno massacrato chi usciva cercando di sfuggire alle fiamme». Dieci sono i cadaveri che Clark ha detto di aver contato, la stessa cifra confermata dalle fonti ufficiali. TRE CHIESE BRUCIATE. In precedenza, almeno due poliziotti erano stati uccisi nel corso di un attacco di presunti integralisti islamici che hanno dato alle fiamme tre chiese e alcuni posti di frontiera con il Camerun a Gamboru Ngala, nel nord della Nigeria. «Ho visto due corpi con le uniformi della polizia non lontano da un commissariato che è stato bruciato, uno era sul bordo della strada e l’altro era ancora seduto in un furgone della polizia», hanno riferito due abitanti. Non si sa se negli edifici religiosi vi fosse qualcuno. Poco dopo rinforzi di polizia sono arrivati da Maiduguri, roccaforte dei Boko Haram (140 chilometri di distanza), ed è cominciato con gli assalitori uno scontro a fuoco durato alcune ore. Stasera non ci sono più sparatorie ma Gamboru Nala è deserta: gli abitanti restano chiusi nelle case e molti uomini hanno abbandonato la città per paura di rappresaglie contro i civili da parte dei militari. NON SOLO BOKO HARAM. Da quando gli integralisti islamici hanno lanciato, nel 2009, un’offensiva contro il governo, sono centinaia le persone uccise. La contrapposizione religiosa ha trovato terreno fertile in antichi contrasti interetnici ed economici, ma si sono anche formate bande di criminali che hanno come unico scopo la violenza, le rapine e gli stupri. Espulso cristiano dalle Maldive: paradiso delle spiagge, dell’islam radicale e della discriminazione. Dicembre 6, 2012 Leone Grotti (Tempi) Jathish Biswas è stato incarcerato per 23 giorni nelle Maldive perché trovato con dei libri cristiani scritti in lingua locale. È stato espulso dall’arcipelago il 19 ottobre scorso. Dal 2008 nelle Maldive è vietato pregare in pubblico e fare proselitismo. Jathish Biswas, dirigente di un’organizzazione a fini sociali, è stato incarcerato per 23 giorni nelle Maldive perché è stato trovato con dei libri cristiani scritti in lingua locale. Dopo il periodo di detenzione è stato espulso dall’arcipelago il 19 ottobre scorso insieme a un cittadino degli Stati Uniti a lui collegato dalle indagini. La notizia, riportata da Avvenire, conferma le Maldive come uno dei paesi più intransigenti nel mondo per quanto riguarda la libertà religiosa. La Costituzione del 2008 definisce l’islam religione di Stato e vieta costituzionalmente ai cittadini di praticare una religione diversa da quella islamica. Nelle Maldive il 98,5 per cento della popolazione è musulmana, i cristiani sono l’1 per cento ma non possono farsi riconoscere. Il paradiso delle spiagge accerchiate da stupende palme nasconde una discriminazione nei confronti di tutte le religioni diverse dall’islam sistematica. Le leggi proibiscono la costruzione di chiese o altri luoghi di culto diversi dalle moschee, è vietato pregare in pubblico, non è permesso importare materiale religioso, come anche la Bibbia, se non per uso strettamente personale. Scrive Avvenire: «Dopo l’espulsione nel 1998 di tutti gli stranieri coinvolti in attività missionarie, ai visitatori è consentito una pratica di fede esclusivamente privata e individuale. Il solo sospetto di proselitismo porta all’espulsione, ma anche a periodi detentivi. Come quello dello scorso anno per l’insegnante indiano Shijo Kokkattu, denunciato da un collega per avere caricato l’immagine della Madonna e alcuni canti mariani nel computer della scuola». La politica discriminatoria delle Maldive è relativamente nuova: il 12 settembre 2007 in un violento attentato sono rimasti feriti 12 turisti stranieri. Allora le Maldive hanno seriamente rischiato di diventare una meta turistica sconsigliabile e di conseguenza il governo ha smantellato tutti i covi dei simpatizzanti di Al Qaeda, che si erano impadroniti degli atolli più esterni dell’arcipelago, e per evitare tensioni di qualunque tipo ha proibito il proselitismo. La grande testimonianza di Asia Bibi: «Se mi condannate perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificarmi» Dicembre 8, 2012 Redazione (Tempi) Pubblichiamo la grande testimonianza di Asia Bibi, cattolica condannata a morte in Pakistan per false accuse di blasfemia, che attende da anni in prigione il processo di appello. «Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buona volontà dalla mia cella senza finestre, nel modulo di isolamento della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata condannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profeta Maometto». Inizia così la lettera pubblicata da Avvenire e scritta da Asia Bibi, pakistana cattolica, madre di cinque figli, condannata per blasfemia per avere bevuto un bicchiere d’acqua raccolta da un pozzo di un musulmano e per questo accusata di avere “infettato” la fonte. Dopo avere rifiutato l’appellativo di infedele e l’imposizione di convertirsi da parte di altre donne, Asia Bibi è stata accusata di avere insultato il profeta Maometto. In prigione dal 2009, Asia aspetta ancora una data per il processo di appello che, si spera, ribalterà la sentenza riconoscendo la falsità di quanto le è stato imputato. «ORGOGLIOSA DI SACRIFICARMI PER DIO». «Voglio soltanto tornare da[i miei figli], vedere il loro sorriso e riportare la serenità – prosegue Asia nella lettera – Stanno soffrendo a causa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. “Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui”». LA LEGGE NERA. Asia Bibi è vittima della legge sulla blasfemia, insieme di norme introdotte in Pakistan nel 1976 e che prevedono per chi insulta l’islam, Allah o il profeta Maometto pene che includono l’ergastolo e la condanna a morte. La legge, come è stato dimostrato per la prima volta dal caso di Rimsha Masih, viene usata in oltre il 95 per cento dei casi in modo strumentale per consumare vendette personali o per ottenere vantaggi economici dalla condanna dell’avversario. TASEER E BHATTI. Asia Bibi dopo aver ricordato Salman Taseer (nella foto insieme a lei, ndr) e Shahbaz Bhatti, rispettivamente il governatore islamico del Punjab e il ministro per le Minoranze cattolico assassinati l’anno scorso per essersi schierati a sua difesa e contro la legge sulla blasfemia, si chiede «quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere». LA «PAURA» DEI FAMILIARI DI ASIA. Ad avere bisogno di protezione è anche la famiglia di Asia Bibi. Come dichiarato ad Avvenire dal marito Ashiq Masih, «abbiamo veramente paura. La nostra vita è affidata a nostro Signore, Gesù Cristo. Siamo sempre a rischio. Ad aprile il signor Joseph Nadeem ci ha portati in carcere per visitare mia moglie. Lungo la strada siamo stati attaccati nel nostro furgoncino da persone sconosciute, ma grazie a Dio non siamo stati feriti gravemente anche se il veicolo è stato danneggiato in modo serio. Joseph Nadeem ha perso molte cose a causa nostra: Dio lo benedica». Non solo. Anche la stessa Asia Bibi, se venisse rilasciata e prosciolta dalle accuse, sarebbe in pericolo. Continua il marito: «Crediamo in Gesù Cristo, che è sempre con lei. E speriamo che venga rilasciata per il prossimo Natale. Ma lei non sarebbe al sicuro se venisse scarcerata. Chiediamo aiuto a Ong e organizzazioni per darle protezione internazionale in un altro Paese, altrimenti temiamo che possa essere uccisa. Siamo ancora in attesa della data del processo d’appello, ma è necessario un sostegno internazionale per portarla via dal Pakistan, altrimenti è più sicura in prigione». «PREGATE PER NOI». I precedenti non sono incoraggianti, visti i tanti casi di cristiani accusati di blasfemia e uccisi in Pakistan fuori dai tribunali prima ancora che venisse emessa una sentenza di colpevolezza o innocenza, ma Asia Bibi confida in Dio come scrive al termine della sua lettera: «Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia». DISCORSO DEL CARDINALE ANGELO SCOLA, ARCIVESCOVO DI MILANO PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ 6 DICEMBRE 2012 L’EDITTO DI MILANO: INITIUM LIBERTATIS (...) Oggi nelle società civili occidentali, soprattutto europee, le divisioni più profonde sono quelle tra cultura secolarista e fenomeno religioso, e non – come spesso invece erroneamente si pensa – tra credenti di diverse fedi. Misconoscendo questo dato, la giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di “neutralità”, il sostegno dello Stato ad una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio. (...) Lo Stato, sostituendosi alla società civile, scivola, anche se in maniera preterintenzionale, verso quella posizione fondativa che la laicité intendeva rispettare, un tempo occupata dal “religioso”. Sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde – almeno nei fatti – una cultura fortemente connotata da una visione secolarizzata dell’uomo e del mondo, priva di apertura al trascendente. In una società plurale essa è in se stessa legittima ma solo come una tra le altre. Se però lo Stato la fa propria finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa. Come ovviare a questo grave stato di cose? Ripensando il tema della aconfessionalità dello Stato nel quadro di un rinnovato pensiero della libertà religiosa. È necessario uno Stato che, senza far propria una specifica visione, non interpreti la sua aconfessionalità come “distacco”, come una impossibile neutralizzazione delle mondovisioni che si esprimono nella società civile, ma che apra spazi in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune. (...) Ovviamente questo processo non può significare un ritorno al passato, ma deve avvenire nel rispetto della natura plurale della società. Pertanto, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, deve prendere l’avvio dal bene pratico comune dell’essere insieme. Facendo poi leva sul principio di comunicazione rettamente inteso, i soggetti personali e sociali che abitano la società civile devono narrarsi e lasciarsi narrare tesi ad un reciproco, ordinato riconoscimento in vista del bene di tutti. (...) La verità che ci cerca si documenta nell’insopprimibile anelito con cui l’uomo ad essa aspira: «Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem?». E questo anelito rispetta la libertà di tutti, anche di chi si dice agnostico, indifferente o ateo. La libertà religiosa sarebbe altrimenti una parola vuota. «La libertà religiosa ha una dimensione sociale e politica indispensabile alla pace. Essa permette una coesistenza e una vita armoniosa attraverso l'impegno comune al servizio di nobili cause e attraverso la ricerca della verità che non si impone attraverso la violenza. (...) Il credente autentico non può condurre alla morte. I credenti hanno sempre un ruolo essenziale, quello di testimoniare la pace che viene da Dio e che è un dono. L'inazione degli uomini di bene non deve permettere al male di trionfare. È peggio ancora di non far nulla». - Papa Benedetto XVI - I ragazzi del Liceo Leopardi che hanno preso parte al progetto: Politi Letizia Possenti Alessandro Riva Marta Dolcini Michele Frigerio Maddalena Garavaglia Beatrice Salierno Alessia Diana Martino Frigerio Giulia Politi Alice Torricelli Sara Consonni Filippo Corti Matteo Lotti Elisa Ripamonti Francesca Russo Maria Chiara si ringraziano inoltre gli ex alunni del Liceo Leopardi