Carmelo Salanitro
PAGINE DAL DIARIO
28 ottobre 1931 - 6 giugno 1932
a cura di
Rosario Mangiameli
c.u.e.c.m.
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Carmelo Salanitro
PAGINE DAL DIARIO
28 ottobre 1931 - 6 giugno 1932
a cura di
Rosario Mangiameli
c.u.e.c.m.
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In copertina: Carmelo Salanitro ritratto negli anni
in cui insegnava al liceo Mario Cutelli di Catania.
L’originale appartiene alla famiglia di Anna Salanitro,
sorella minore di Carmelo.
Proprietà letteraria riservata
© Catania 2005
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Il lungo viaggio di Carmelo Salanitro
attraverso il fascismo
di Rosario Mangiameli
1) Il Diario ritrovato
È da qualche anno che si registra un rinnovato interesse per la figura di Carmelo Salanitro. La vicenda dell’austero professore reo di propaganda contro la guerra, perseguitato dai fascisti e assassinato il 24 aprile 1945 dai nazisti a
Mauthausen, è rimasta a lungo ai margini del calendario civile catanese, men che mai ha goduto di notorietà fuori da
un ristretto ambito. La difficoltà si deve al suo anticonformismo, corrosivo anche ai tempi nostri, evidentemente.
A testimoniare dell’irriducibile anticonformismo di Salanitro ora c’è il Diario, che qui di seguito pubblichiamo.
Se ne conosceva qualche frammento, ma solo ora il nipote
Giovanni ha potuto ritrovare il manoscritto tra le carte del
padre Antonino Salanitro, fratello di Carmelo1. Sebbene le
1
Giovanni Salanitro ha curato anche la pubblicazione di una parte
consistente del Diario, apparsa sulla rivista «Quaderni di storia», n. 61, gennaio-giugno 2005, pp. 245-249, con una breve nota di Luciano Canfora. La
versione che fino a oggi possiamo considerare integrale si pubblica qui di seguito grazie allo stesso Giovanni e a Maria Scavuzzo, nuora di Salanitro, all’incoraggiamento di Antonio Cardaci, legato da antica amicizia alla famiglia
e in particolare a Nicola, figlio di Carmelo e da poco scomparso. La trascrizione del documento ha presentato dei problemi poiché la scrittura dell’originale è spesso poco chiara. Ci siamo impegnati in molti in questo lavoro:
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INTRODUZIONE
poche pagine coprano un breve periodo, dal 28 ottobre
1931 al 6 giugno 1932, si tratta di un documento importante, che consente un dialogo proficuo e non strumentale
con il suo Autore.
Tra il 1931 e il ’32 Salanitro subisce un provvedimento
amministrativo, uno dei tanti trasferimenti; nello stesso periodo inoltre si sposa. L’anno successivo dà alle stampe a
Caltagirone il saggio sulle Georgiche virgiliane, un lavoro
denso, come già il precedente sull’Iliade, di contenuti politici e di allusioni alla contemporaneità. La scrittura del
Maria Scavuzzo ha curato la trascrizione, con lei ho commentato molte parti
del Diario; altrettanto si può dire di Nicola Torre, che è stato un appassionato ideatore dell’intera operazione. Inoltre, hanno rivisto la trascrizione Giuseppe Boscarello e Sebastiano Finocchiaro. Con tutti loro e con Donata Bellante, Giuseppe Barone, Adriana Cantaro, Cesare Cavadi, Giuseppe Giarrizzo, Salvatore Lupo, Lina Scalisi ho discusso vari aspetti della vicenda. Nunzio Di Francesco ha rievocato il suo incontro con Salanitro a Mauthausen. In
molti hanno contribuito a raccogliere la documentazione di cui mi sono servito per scrivere questa introduzione. Maria Attanasio, Marcello Attanasio
(che materialmente ha fatto la ricerca), Giovanni Grammatica, mi sono stati
di grande aiuto al Liceo classico Secusio di Caltagirone. Sempre a Caltagirone ho goduto della cortesia di Mariarosa Di Martino, per alcune ricerche in
biblioteca, e di Gemma Marino, per i ricordi del padre Luigi Marino. Ermanno Adorno mi ha fornito preziose informazioni relative al monumento a
Felice Cavallotti a Siracusa. Franco Battiato, docente presso il Liceo classico
di Acireale, mi ha fornito notizie utili sul periodo acese di Salanitro. Fondamentale è stato l’aiuto prestatomi da Pietro Scalisi di Adrano, organizzatore
(da Assessore alla Cultura) nel 1994 di un Convegno i cui Atti (La vita, l’opera, l’impegno civile del prof. Carmelo Salanitro nel centenario della nascita,
Amministrazione comunale e Assessorato alla Cultura di Adrano, 1995) costituiscono il più importante punto di riferimento per la conoscenza di Salanitro. Con generosità pari al suo impegno civile Pietro Scalisi mi ha consentito di usare la documentazione da lui raccolta, in particolare quella relativa
alle tormentate vicende scolastiche di Salanitro. È l’occasione per ringraziare
tutti e nel contempo assumermi la responsabilità delle opinioni qui espresse.
INTRODUZIONE
7
Diario coincide dunque con un momento importante della
vita di Salanitro, ma anche con la messa in discussione della sua esperienza politica di cattolico militante nel Partito
popolare. Un percorso che giungerà fino alla maturazione
di un forte sentimento anticlericale. Di ciò il Diario reca
tracce importanti e da qui, ritengo, si possano prendere le
mosse per avviare una riflessione storica su Salanitro, non
tanto al fine di collocarlo in un campo o nell’altro, ma per
recuperare nella loro interezza le motivazioni di un itinerario che ci consenta di illuminare aspetti importanti della
strutturazione delle identità politiche nei cruciali anni
Trenta. Un osservatorio strategico anche per comprendere
i fenomeni politici di quell’Italia repubblicana alla cui nascita Carmelo Salanitro dette un grande contributo.
2) Sentimenti religiosi, appartenenze politiche
e mobilità sociale
L’adesione iniziale di Salanitro al cattolicesimo politico
appare come una scelta che non scaturiva dalla tradizione:
siamo infatti agli albori di quel movimento che tradusse il
sentimento e l’appartenenza religiosa in un moderno partito politico. Della famiglia in cui nacque, primo di cinque
figli, il 30 ottobre 1894 ad Adernò (l’odierna Adrano), si
dice che il padre Nicolò, modesto artigiano, tenesse in casa il quadro di Giuseppe De Felice, il tribuno catanese, capo dei Fasci e più avanti sindaco social-riformista del capoluogo. Ma accanto ad esso stava il quadro di San Giuseppe, simbolo cattolico della famiglia e del lavoro. La cu-
8
INTRODUZIONE
stode dei sentimenti religiosi della famiglia era la madre,
Concetta Portaro, secondo uno schema che vedeva una
ben precisa distinzione dei ruoli e delle sfere di influenza:
l’esterno e il politico delegato al genitore maschio, l’intimo e il religioso appartenente al mondo femminile e sotto la guida materna. In molte famiglie della borghesia intellettuale siciliana questo schema era consolidato dal prevalere dell’immagine pubblica della famiglia e si perpetuò
ancora fin nel Novecento. La famiglia Salanitro, invece, si
affacciava allora, attraverso i figli, alla cultura e alla partecipazione politica, non aveva tradizioni da rispettare, aveva
piuttosto una libertà di scelta che la devozione e il forte carattere di Concetta poterono orientare. La nuova presenza
cattolica – i preti sociali – riusciva a dare enfasi a un mondo sommerso, all’universo religioso femminile che rappresentava una delle “riserve” nella costruzione di una nuova
forma di partecipazione dei ceti subalterni e che ora trovava degli alleati nelle sagrestie e nelle organizzazioni del laicato, delle guide capaci di trasformare la devozione in linguaggio pubblico e politico. Nel caso della famiglia Salanitro la traduzione politica dell’appartenenza religiosa passò attraverso la forte tensione a un mutamento della condizione sociale perseguita con il faticoso accesso dei figli
agli studi.
Nell’itinerario di Carmelo adolescente e poi giovane
non c’è Catania, la defeliciana e “socialista” Milano del
Sud; dopo Adrano, dove Carmelo frequentò le scuole fino
al ginnasio, c’è (dal 1909) Acireale, allora polo di attrazione per gli studi superiori con un sistema di collegi e scuole
cattoliche attorno al liceo classico Gulli e Pennisi. La scelta
INTRODUZIONE
9
cattolica di Carmelo sarebbe giunta a maturità proprio durante gli anni del liceo. Cristoforo Cosentini2, l’allievo che
ha raccolto le tracce di questo e del successivo periodo
acese di Salanitro, lo descrive attivo in un circolo «Amore
e Luce», fondato dal vescovo G.B. Arista nel 1911. Sembra essere stato questo il luogo del primo impegno nel dibattito pubblico; ma i contatti con le istituzioni cattoliche
di Acireale ebbero senz’altro ragioni più complesse, certamente legate alle ristrettezze economiche della famiglia Salanitro che aveva necessità di trovargli una sistemazione
conveniente presso un collegio. Carmelo restò ad Acireale
anche nel periodo universitario, quando si iscrisse (1911)
alla Facoltà di Lettere, impegnato con un lavoro di insegnante presso l’Istituto e il collegio San Michele dei padri
filippini. L’ambiente era sicuramente più colto rispetto a
quello che avrebbe potuto frequentare nella nativa Adrano, ma presentava anche il vantaggio di più facili collegamenti con la sede universitaria del capoluogo. Fin da allora
Carmelo dovette contribuire al mantenimento agli studi
dei fratelli minori; «ha sempre lavorato», racconta ancora
oggi la nuora Maria Scavuzzo riportando un detto di famiglia. Grazie a lui tre dei suoi restanti fratelli si sarebbero
2
C. Cosentini, Premessa a C. Salanitro, Saggi di letteratura classica, Acireale, 1982. Si tratta della riedizione integrale dei due saggi di Salanitro, Homerica. Ideale di pace e sentimento del dolore nell’Iliade, Adrano, 1929 e Attorno alle Georgiche virgiliane. Impressioni e note, Caltagirone, 1933. Le successive citazioni fanno riferimento a questa edizione. I due opuscoli si trovano nelle edizioni originali presso l’Archivio del Castello normanno di Adrano, donati dalla prof.ssa Giuseppina Geraci, moglie di Salanitro nel 1974.
Di Cosentini si veda pure, Carmelo Salanitro, Martire per la libertà, Accademia di Scienze Lettere e Arti degli Zelanti e dei Dafnici, Acireale, 1994.
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INTRODUZIONE
laureati, compresa la sorella Maria, che scelse la Facoltà di
Medicina. A questo gravoso impegno si devono aggiungere
quattro mesi di servizio militare conclusosi nel 19183, sicché la laurea giunse nel 1919. Non sappiamo molto della
sua frequenza catanese, dei suoi maestri, perfino della sua
tesi di laurea: nel suo fascicolo di studente custodito presso l’Archivio storico dell’Università manca la registrazione
del titolo.
3) Nel Partito Popolare
Dopo la laurea il ritorno ad Adrano comportò un salto
di qualità con l’impegno politico nel neonato Partito Popolare Italiano che nel centro etneo poteva contare su uno
dei più prestigiosi organizzatori di cooperative della provincia, il sacerdote Vincenzo Bascetta. Appena nominato
sacerdote nel 1904 aveva dato vita a una serie di organizzazioni, Circolo cattolico, Unione professionale, Lega contadina e alla cassa «San Nicolò Politi», che era collocata in
una trama già fitta di iniziative simili nate nel versante interno dell’Etna, da Castiglione a Bronte, a Paternò, a Biancavilla. Nel 1914 si arrivò alla conquista del Comune con
Bascetta prosindaco; il dinamico prete venne eletto anche
al Consiglio provinciale accanto a Luigi Sturzo.
3
Stato di servizio rilasciato dal Ginnasio di Adernò nel 1919 (Carte
Scalisi). Il servizio militare è compiuto presso un non meglio identificato
«285 Battaglione di M.T.» per circa quattro mesi che, si precisa nel documento, non sono validi agli effetti della carriera. Non si trovano altre tracce
o testimonianze di servizio sotto le armi.
INTRODUZIONE
11
Nel dopoguerra il movimento trasse grande impulso
dalle rivendicazioni per l’attuazione dei decreti (Visocchi e
Falcioni) sulla concessione di terre incolte e mal coltivate a
contadini ed ex combattenti.
Carmelo trovò subito il modo di impegnarsi, fu chiamato a far parte del direttivo della sezione del nuovo Partito popolare (da segretario) e a collaborare alla stampa cattolica. Da polemista tagliente si rivolse principalmente
contro gli avversari social riformisti, i concorrenti più temibili che nella società adranita contavano su un vasto insediamento, simile a quello dei popolari4.
Nel 1920 fu comprimario assieme a Bascetta di un’animatissima campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio
provinciale. Degna di nota è la cronaca di una manifestazione di giubilo inscenata dagli avversari “social democratici” in occasione della sconfitta dei popolari alle amministrative di Caltagirone, che i dirigenti cattolici adraniti riuscirono a trasformare in un trionfale corteo a proprio favore: «In piazza S. Pietro, di fronte al casino dei cosiddetti civili P. Bascetta e il prof. Salanitro, quest’altro figlio del popolo, vengono sollevati di peso e portati in trionfo. Di
fronte a una grandiosità di quel genere, qualche civile, notoriamente avverso al partito dei… villani, diventa livido in
faccia, si ritira dietro i vetri della propria casa o dentro il…
casino, livido, anzi cadaverico»5. Il 7 novembre i popolari
4
Così una relazione del commissario prefettizio Salvatore Guarnaccia
del 1922, cfr. Convegno di Adrano 1994, pp. 87-88.
5
Adernò insorge come un sol uomo davanti alle sopraffazioni social democratiche, «La provincia di Catania», Organo dell’Unione dei Partiti costituzionali e del Partito Agrario siciliano, Catania, 5 novembre 1920.
12
INTRODUZIONE
ottennero una grande vittoria, Bascetta fu eletto con 2.268
voti, Salanitro con 2.1946.
Le tracce relative a questo periodo di intenso impegno
pubblico sono maggiori, rispetto ad altre fasi della vita di
Carmelo, per esempio sull’organo dei popolari dell’area etnea, «Bandiera bianca», che dedicava una costante attenzione alla sua attività in Consiglio provinciale. Si vede un
politico attento alle questioni amministrative, e a quelle di
carattere ideologico: tenne il discorso commemorativo di
Benedetto XV, che «pose in visibile imbarazzo i vari 33 del
Consiglio»7. Il problema della definizione dello spazio politico dei popolari passava attraverso il confronto con la
concorrente forza laica. La commemorazione suscitò uno
scontro, dei veti e una votazione per poter procedere. «Ciò
che è avvenuto dovrebbe servire ad aprire gli occhi e a
mettere in guardia molti preti e molti cattolici, i quali in
tempo di elezioni non rifuggono dal concedere il voto a
persone che si mostrano irriducibili avversari della religione e dei suoi più alti rappresentanti».
Lo stesso numero del giornale in occasione della Pasqua studentesca notava “con piacere” la presenza di Carmelo alla messa, «il prof. Salanitro, nostro consigliere provinciale, forte tempra di giovane cattolico, il quale appartiene al numero ristretto di coloro che vivono in conformità di ciò che professano».
6
Salanitro fu così il secondo degli eletti, il terzo fu il liberale Antonio
Inzerilli con 1.621 voti. Cfr. G. e P. Scarvaglieri, Vincenzo Bascetta, Napoli,
1979, p. 115.
7
L’attività dei popolari al Consiglio provinciale, «Bandiera bianca», 28
aprile 1922. Si era verificato nel corso della seduta uno scontro molto aspro.
INTRODUZIONE
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Meno chiaro è il momento dell’uscita dalla scena politica. Nel novembre 1922 si registrarono gravi episodi di
violenza con al culmine la rituale occupazione del comune da parte dei fascisti reduci dalla marcia su Roma, seguì
per una breve fase il ritorno della giunta eletta legalmente; nel 1923 il comune venne definitivamente conquistato
dai fascisti. Nel febbraio 1924 in vista della decisiva scadenza elettorale Adrano ospitò il Congresso provinciale
del PPI, un tentativo di riorganizzare le fila in un contesto
che continuava a caratterizzarsi per le violenze portate a
segno dalle squadre fasciste. Durante una manifestazione
del marzo di quell’anno la squadraccia capeggiata dall’imprenditore italo-americano Agatino Chiavaro, il ducino locale, saccheggiò l’Unione professionale cattolica, qualcuno
sparò perfino su Bascetta8. Proprio Chiavaro succedette a
Bascetta come sindaco e poi come podestà, fino a che tra il
1927 e il 1928 la sua carriera politica giunse al termine con
un’inchiesta avviata nell’ambito dell’operazione antimafia
del prefetto Mori e con la successiva condanna per malversazioni, peculati e truffe (a nulla valse ottenere l’assoluzione nel 1933). Bascetta ne avrebbe ricevuto qualche risarcimento per i danni subiti nei primi anni Venti e forse anche
una garanzia di quieto vivere9.
8
«L’Opinione», 24 marzo 1924, riportato da P. Maccarrone, La battaglia di Adrano, cit., p. 214.
9
Tutta la vicenda è riportata in P. Maccarrone, La battaglia di Adrano,
cit., passim. Si veda anche G. e P. Scarvaglieri, Vincenzo Bascetta, cit., pp.
123, 124 e segg.
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INTRODUZIONE
4) Le élites paesane e la riforma Gentile
Carmelo intanto aveva cominciato a insegnare da laureato: nel 1919 ottenne una supplenza al ginnasio di Adrano dove sarebbe rimasto fino al 1921-’22. Nel 1922-’23 subì il primo di una lunga serie di trasferimenti per cause politiche e fu costretto a cercare lavoro al ginnasio di Nicosia;
quell’anno gli morì il padre, il che significò una più diretta
e gravosa responsabilità nei confronti della famiglia e dell’avvenire dei fratelli, mentre la madre per far fronte alla
nuova situazione avviò un’attività casalinga di panificazione rivolta a una ristretta clientela. L’anno successivo passò
alla IV ginnasiale del collegio Capizzi di Bronte10. Sarebbe
ritornato ad Adrano dal 1924-’25 e vi avrebbe iniziato lo
straordinariato avendo vinto nel 1924 il concorso per l’insegnamento di lettere classiche nelle classi ginnasiali. Nel
1927-’28 un altro trasferimento da ordinario finalmente al
liceo della lontana Taranto, dall’anno successivo al 1932 fu
di nuovo ad Adrano.
Il liceo di Adrano in cui Salanitro iniziò a insegnare era
di nuova istituzione. Il registro su cui venne segnato lo stato di servizio del giovane professore a partire dalla supplenza del 1919-’20 recava ancora l’intestazione di «Regio
Corso Magistrale di Adernò», corretta a penna con la più
prestigiosa dicitura «Liceo-Ginnasio». Nel 1924 si aggiunse l’intitolazione a Giovanni Verga, morto l’anno precedente. Forse anche questa attenzione al grande contempo10
L’intera documentazione, ordinata in vista del concorso, è stata rintracciata dal prof. Scalisi negli archivi del Provveditorato agli studi di Catania.
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raneo era segno di un dinamismo intellettuale che si legava
ad aspettative di promozione sociale e a tensioni difficilmente governabili nel contesto politico e sociale dei primi
anni Venti. Quell’anno il preside Pasquale Gatti, impegnato nella costruzione della nuova scuola e contemporaneamente nella prima prova degli esami di stato introdotti dalla riforma Gentile, ebbe l’impressione di trovarsi in «un
posto di combattimento avanzato». La relazione riservata
rivolta al Provveditore agli studi di Palermo e al «Superiore Ministero» descriveva un allarmante stato di tensione:
«La lotta da me sostenuta contro alunni e genitori durante
il passato periodo di esami, affinché questi avessero potuto
svolgersi tranquillamente e in maniera perfettamente conforme a tutte le norme regolamentari è stata viva e tenace».
Le pressioni dei genitori andavano verso una richiesta
di indulgenza mascherata dietro la campanilistica esigenza
di «assicurare l’esistenza oltre che il buon nome e la fama
dell’Istituto», una non troppo velata minaccia che il preside traduceva nella più realistica e disonorevole prospettiva
di vedersi trasformato «nel più fiero complice delle peggiori ladronerie studentesche». Il problema a suo parere era
da ricercarsi anche nella scarsa dotazione di personale insegnante qualificato per sostenere l’impegno adeguato al
nuovo status liceale; capitava a proposito, si sottolineava,
la nomina a straordinario del professore Salanitro11.
La nuova presenza di Salanitro al liceo di Adrano veniva, quindi, caricata di un segno forte di normalizzazione e
11
Il preside al Provveditore agli studi di Palermo, Richiesta di professori titolari, Adernò, 16 ottobre 1924.
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adeguamento a parametri nazionali che affrancassero la
scuola da un troppo pressante controllo locale. Il fatto che
questo avvenisse all’interno del processo di attuazione della riforma Gentile può avere costituito un elemento di
maggiore tensione. Intanto però è la società locale che balza con tutta evidenza alla nostra attenzione. La nomina di
Salanitro ad Adrano non era stata pacificamente accolta e
ancor meno lo sarebbe stata la successiva permanenza. La
destinazione assegnatagli per compiere lo straordinariato
era in realtà Leonforte, ma Carmelo riuscì a ottenere la sede di Adrano, grazie anche alle insistenze del preside Gatti. La soddisfazione per l’accordato trasferimento ebbe però breve durata e a soli quindici giorni dalla prima relazione, il tempo utile perché la notizia della nomina di Salanitro fosse adeguatamente conosciuta e commentata in paese, seguì un’altra relazione al Provveditore. Il 30 ottobre
del 1924 il preside scriveva, dunque, del malumore che il
ritorno di Salanitro aveva provocato. Ecco il motivo: il giovane docente era stato colpito due anni prima da un provvedimento di allontanamento adottato in seguito a una inchiesta interna all’istituzione scolastica. I motivi precisi
non vengono detti, né viene indicata la specifica norma o
parte del regolamento violate da Salanitro, il che contrasta
con la precisione delle relazioni di Gatti (tanto meno questo precedente sembra aver gravato sulle procedure di immissione in ruolo). Viene invece raccontato come nel corso
della campagna elettorale del 1921-’22, «una lotta terribilmente accanita contro altri professori dello stesso Istituto,
militanti per [mancano alcune parole] trovò il suo epilogo
in tribunale da cui varie persone appartenenti al partito
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17
popolare vennero condannate per denigrazione ed altro simile, ad un anno di reclusione […]. Il prof. Salanitro e
qualche altro insegnante furono costretti ad esulare da
questa sede […]».
Non solo. Si vociferava anche che, ottenuto lo straordinariato, Salanitro si sarebbe fatto raccomandare, «non si è
peritato – mutando con tutta facilità casacca politica – di
rivolgersi a non so quale persona influente del Fascio di
Catania»12, per raggiungere la sede di Adrano anziché
Leonforte. L’imbarazzo del preside era piuttosto forte anche per le insistenze con cui aveva prima propiziato l’arrivo
di Salanitro; tentava quindi di giustificare il proprio operato. Con maggiore dignità reagì alle minacciose insinuazioni
del sindaco Chiavaro che subito si era fatto vivo per annunciare «in linea riservata che una parte della cittadinanza
e della [incomprensibile] stava segretamente apparecchiando e organizzando una dimostrazione ostile al prof. Salani12
Non fu questa l’unica volta che la voce pubblica di Adrano ebbe a
stigmatizzare il presunto trasformismo di Salanitro, una specie di vendetta
nei confronti dell’impegno politico testimoniato con estrema determinazione e anticonformismo. A ulteriore prova della tenace resistenza di questa
convinzione nell’opinione degli adraniti si può perfino citare il lavoro di un
distinto e benemerito cultore di storia locale, il prof. S. Franco, Personaggi
adraniti, Adrano, 2002, p. 209: «Salito al potere il fascismo, Salanitro, (contrariamente a Bascetta), pur interessandosi meno alla politica tentò ugualmente di inserirsi nell’ambiente fascista e, non si sa se liberamente o obbligatoriamente, apparve in cerimonie pubbliche e posò in alcune foto con la
caratteristica divisa in nero del regime». Lo stesso prof. Franco, resosi conto
dell’errore, ha voluto precisare con una lettera apparsa su «La Sicilia» del 17
marzo 2003 che, «in seguito ad attenta verifica dei fatti, ho appurato essermi
fidato di una fonte inattendibile e di ciò intendo dare atto per riguardo alla
memoria del prof. Salanitro che fu sempre fermo e coerente oppositore del
fascismo».
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INTRODUZIONE
tro». Gli alunni avrebbero disertato le lezioni in segno di
protesta, al che il preside avvertì il sindaco che in questo
caso sarebbe stato costretto a chiudere l’istituto e a bocciare la scolaresca. Tanto bastò ad arginare le minacce13.
Che le ragioni fossero prevalentemente di carattere politico fu subito chiaro a Gatti, il quale assunse una più decisa difesa del suo insegnante in diverse occasioni davanti
agli organi superiori e in particolare con la relazione (22
maggio 1925) relativa al primo anno di straordinariato. I
toni sono entusiasti, «persona intelligente e seria, sì da far
piacere di poterlo annoverare tra gli insegnanti del proprio
Istituto». Ne loda la vasta cultura generale che tempera gli
specialismi «e che riesce a rendere le lezioni piacevoli e anche attraenti, e perciò del tutto efficaci». Inoltre: «Di pari
passo coll’efficacia didattica procede l’azione educativa
dell’insegnante, la quale, invero, trova in un mirabile contegno disciplinare, da parte degli alunni, il migliore suo
completamento e rispecchiamento a un tempo».
L’impegno nella biblioteca d’Istituto, una certa capacità d’iniziativa completano il quadro, con una sottolineatura piuttosto forte sul valore e sulla rettitudine del professore: «Si mostra ben capace di sostituire il Capo d’Istituto,
tanto più che si tiene doverosamente e minutamente informato di tutta l’odierna legislazione scolastica. In una parola, egli, per me, è valente».
L’anno seguente (1926) arrivò l’affermazione al “concorso generale” per l’ordinariato nei licei, seguì la presa di
13
Lettera del preside al Provveditore agli studi di Palermo, Prof. Salanitro Carmelo, 30 agosto 1924.
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servizio a Taranto nel settembre 1927. Poi il ritorno ad
Adrano, puntualmente segnato da accuse di eccessiva severità da parte di gruppi di genitori seguite dalle minacce del
podestà Ciancio: «Mi preme far noto a V.E. che l’opera
del Salanitro, a causa di precedenti litigi, ripicchi [sic!]
ecc. non è ben vista dai vari padri di famiglia aventi figli
iscritti a questo R. Liceo e di conseguenza, ove il Salanitro
dovesse rimanere minacciano di cambiare istituto. Ove tale
ipotesi dovesse verificarsi, il nostro Liceo potrà chiudere i
battenti»14.
Non tutti gli alunni di Adrano erano d’accordo, però;
uno di loro, Nello Sciacca lo ricorda ben diversamente:
«Carmelo Salanitro insegnava latino e greco, e se, in tale
insegnamento, qualcuno lo eguagliò, mai nessuno lo superò”15.
Cauta la relazione (26 ottobre 1928) del nuovo preside,
che ammetteva una certa severità nello stile del professore,
«che del resto gli alunni e le rispettive famiglie, specie in
questi piccoli centri valutano a modo loro»; non guastava,
però. Maggiore preoccupazione destava lo scarso rendimento dell’Istituto agli esami di maturità, con il 50 per
cento dei bocciati, «per facili promozioni anteriori». A
conclusione: «Sono però bene impressionato del detto insegnante, e credo che non sia lui ad avere torto».
14
Il Podestà al Provveditore agli studi per la Sicilia, Municipio di
Adernò, 7 agosto 1929, Trasferimento del prof. Salanitro dal Regio LiceoGinnasio.
15
Nello Sciacca, Lungo i sentieri dei ricordi, Greco, Catania, 1992, p.
61. Continua con un giudizio commosso maturato dopo: «Egli però insegnò
anche altre cose: insegnò la dignità dell’uomo e la libertà».
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INTRODUZIONE
5) Per la laicità della politica
Da quel momento Salanitro venne sottoposto a un’azione che oggi chiameremmo di mobbing: un continuo
mormorio, seguito da accuse alle autorità scolastiche per
metterlo in cattiva luce. Costantemente spuntava l’accusa
di eccessiva severità, da cui si faceva discendere sempre
con maggiore insistenza una sorta d’incompatibilità ambientale; un modo subdolo di stigmatizzare una diversità
di opinioni politiche che di certo non potevano essere più
professate apertamente, ma si temeva potessero passare attraverso l’insegnamento.
Ma cosa insegnava il professore Salanitro ai suoi studenti del liceo di Adrano? Può esserci d’aiuto il saggio che
scrisse nel 1929 e pubblicò proprio presso una stamperia
della sua città, Homerica. Ideale di pace e sentimento del
dolore nell’Iliade. Non è tra le mie competenze quella di
valutare questo scritto alla luce degli sviluppi della critica,
per altri versi invece non è difficile scorgervi un interessante riferimento alla contemporaneità in relazione a uno degli aspetti originari dell’identità fascista, ovvero l’elaborazione trionfalistica del mito dell’esperienza di guerra16. Si
veda il commento alle immagini di lavoro e di pace impresse sullo scudo d’Achille, «piene di un’attività utile e feconda e intonate a schietta e innocente letizia, le quali formano un abbastanza stridente contrasto con la guerra che divampa feroce intorno a Troia; contrasto in cui di fronte
16
Il riferimento concettuale è George Mosse, Le guerre mondiali dalla
tragedia al mito dei caduti, Roma-Bari, 1998.
INTRODUZIONE
21
agli orrori e alle crudeltà della lotta, spicca viè più la nobiltà e l’eccellenza d’un vivere umano fondato sul tranquillo esercizio delle miti opere di pace». Il saggio tenta di ribaltare l’immagine tutta guerresca dell’Iliade per far risaltare invece come dall’esperienza di guerra, dall’elaborazione del dolore non potevano che venire propositi di pace.
Dalla guerra nasce il «dolore e la pietà […] dinanzi alle
vittime infelici della strage umana».
«Se Omero non avesse fatto conveniente stima e giusto
apprezzamento degli ideali di pace e delle disposizioni interiori che li governano egli non avrebbe certo sentito il bisogno di aggiungere l’ultimo libro né, tanto meno, di porre a
conclusione del suo canto l’episodio pieno di dolcissimo pathos dell’incontro tra Priamo e Achille».
Era quella fine delle guerre che si attendeva dopo la
prima guerra mondiale e che agli occhi dei democratici sarebbe stata l’unica possibile giustificazione della guerra
stessa. La critica al regime che si era fatto continuatore delle logiche belluine, che le aveva esaltate anziché tentare di
farle riassopire in un ritorno alle normali opere di pace, mi
pare abbastanza scoperta. Si può cogliere però qualcosa
di più, forse anche un accenno a un’incapacità dell’intero
mondo politico del dopoguerra a uscire veramente dalle
logiche della violenza e della sopraffazione che si erano affermate in cinque anni di conflitto. Mi pare significativo il
modo in cui viene affrontato uno dei punti centrali della
questione omerica, quello relativo alla datazione del poema e della vita stessa del suo autore. Come molti altri criti-
22
INTRODUZIONE
ci Salanitro collocava Omero a lunga distanza dalla fine
della guerra, intorno al VII o VI secolo a.C. Il motivo era
da ricercare nella troppo stretta dimensione prospettica
che il dopoguerra di Troia avrebbe offerto alla riflessione e
all’elaborazione di sentimenti che neutralizzassero gli istinti belluini e il loro uso politico. Per prenderne le distanze
si sarebbe dovuta aspettare invece la fine di un lungo “medio evo greco”:
«Le rovine e i danni prodotti dal decennale assedio furono immensi per i vincitori e per i vinti, ugualmente. Se l’Asia
aveva visto cadere la sua capitale doviziosa e potente, i capi
degli Achei dovettero dibattersi fra le difficoltà e i travagli del
dopoguerra, riuscito estremamente aspro e tormentoso. Effetto delle rovine provocate dalla guerra troiana, e dagli sconvolgimenti causati dalla impetuosa e funesta invasione dorica
[…] fu il regresso economico di tutta la vita dei Micenei, materiale e sociale, cui seguì il silenzio oscuro e greve che per diversi secoli pesò sul mondo ellenico»17.
Può essere dunque una riflessione sulla sconfitta della
democrazia, o meglio di quell’originale esperienza democratica che aveva fatto capo al Partito Popolare Italiano e
in cui Salanitro aveva creduto. Per non aver saputo fino in
fondo porsi su logiche diverse dall’accettazione della guerra e delle sue conseguenze. Certo, in quel fatidico 1929 per
Salanitro si stava consumando un’altra storica sconfitta,
quella dell’autonomia dei cattolici rispetto alla Chiesa,
17
97-98.
Homerica. Ideale di pace e sentimento del dolore nell’Iliade, cit., pp.
INTRODUZIONE
23
quella della tanto affermata (anche su «Bandiera bianca»
degli anni Venti) laicità del Partito popolare. Questa ora
era solo l’ultima tappa, dopo la cacciata di Sturzo, di una
china che aveva riportato tutto all’interno della Chiesa in
una logica illiberale.
I suoi giudizi sul Concordato e sulla Chiesa post-concordataria sono ora disponibili attraverso le pagine del
Diario. Si vedano gli appunti relativi alle giornate del 3 dicembre 1931 e soprattutto della ricorrenza dell’11 febbraio
1932:
«Oggi festa civile per ricordare che tre anni come oggi il
Prete, Pio XI, e il Birro, Mussolini, si accordarono insieme
per opprimere e martoriare la misera Nazione. […] se si potesse parlare, si alzerebbe da tutti un tale formidabile grido di
condanna e di riprovazione da raggiungere il Prete nella più
remota delle innumerevoli stanze del palazzo Vaticano, dove
a quest’ora si conta i miliardi avuti dal Birro, sudore e sangue
del Popolo, in premio di aver messo a sua disposizione quel
resto di influenza morale che gli rimane sulle turbe degli affamati e ignoranti, cittadini una volta, ora servi. […]. Oggi pure
il Birro si recherà a far visita al Prete Pio; e così un uomo che
ispira odio nel seno di quaranta milioni di Italiani e infamia in
tutto il mondo civile, respinto da tutti gli Stati più potenti e
più liberi, riceverà l’amplesso prezzolato di quello che si ingiuria vicario di Cristo e alter Deus».
Salta subito agli occhi l’uso di una terminologia, «il
Prete e il Birro», mutuata dal linguaggio anticlericale ottocentesco che mai un cattolico militante avrebbe usato; siamo ben lontani dalla commemorazione di Benedetto XV.
24
INTRODUZIONE
In quegli anni Salanitro commemorava piuttosto Mario
Rapisardi (Diario, 4 gennaio 1932), presso un istituto privato di Catania, l’Istituto Marletta dove lavorava per integrare lo stipendio. È l’unico accenno che troviamo a una
riunione con altri antifascisti, tutti laici e socialisti: «Si
parlò di umanità, di libertà, di giustizia, si tuonò contro le
oppressioni, contro i preti, contro i Papi. Provai un vero
piacere; poiché non è facile oggi sentire parole franche e
sincere».
Un’altra occasione significativa è quella della commemorazione di Felice Cavallotti annotata il 6 marzo 1932.
L’omaggio alla memoria di Cavallotti fu adottato dagli antifascisti fino a destare il sospetto delle autorità di polizia e
l’ostilità degli attivisti fascisti. Nel brano in questione si paventa la prossima distruzione del busto posto in un viale
della Villa Bellini di Catania; a Siracusa la reazione fascista
fu plateale: nel 1934 una statua in bronzo di Cavallotti fu
scaraventata in mare dai fascisti insieme al grande piedistallo di marmo. La statua, eseguita nel 1904 da un famoso
scultore, il massone Ferrari, era legata a una ritualità laicosocialista e ogni primo maggio dall’avvento del fascismo
era divenuta meta di un silenzioso pellegrinaggio18.
Il valore della laicità trova un apprezzamento importante nella frase di chiusura della giornata del 4 gennaio:
«Si può dissentire sulle idee, ma si deve convenire tutti sulla utilità e necessità che ognuno dica quello che pensa».
18
Cfr. Corrado Piccione, Figure e fatti di vita siracusana, Siracusa,
1997. Nel corso del 2004 a Siracusa si è tenuto un convegno per ricordare
questo avvenimento. Sono debitore per le informazioni a Ermanno Adorno.
INTRODUZIONE
25
Sembra che venga posta una questione di metodo, più che
di appartenenza politica. Ma aveva un progetto Carmelo?
Pensava a una strategia? Tentò un collegamento con altri
antifascisti?
L’occasione buona per un confronto con una parte
qualificata del mondo politico popolare si presentò sicuramente quando, nell’anno scolastico 1932-1933, Salanitro
fu trasferito a Caltagirone. Fu ancora una volta un provvedimento punitivo, alle accuse di eccessiva severità che continuavano a essergli mosse da genitori e uomini politici, si
aggiunsero quelle di presunte irregolarità nell’impartire lezioni private o presso istituti privati per la preparazione di
studenti rimandati a settembre. Si trattava proprio di quell’Istituto Marletta nel quale Carmelo poteva incontrare
vecchi antifascisti come Sapienza. Ne ricevette un’ammonizione dal Ministero19 nonostante avesse dimostrato che
aveva chiesto al capo dell’istituto il permesso di dare lezioni, indicando perfino i nomi degli allievi, che comunque
appartenevano ad altre scuole di altre città.
Si ha inoltre notizia di una denuncia del dicembre
1931, nel marzo successivo il Ministero si riservava di esaminare la possibilità «di trasferire ad altra sede il predetto
insegnante»20. Il trasferimento avvenne subito, senza che
Comunicazione del Ministero al Provveditore agli studi di Palermo,
Prof. Salanitro Carmelo, 22 febbraio 1933; Lettera di Salanitro datata Catania,
14 ottobre 1932, trasmessa tramite il liceo di Caltagirone. L’Istituto Marletta, dal nome del suo gestore era un punto di raccolta di molti antifascisti catanesi, forse questa circostanza ebbe un peso nella denuncia rivolta contro
Salanitro. Cfr. il Diario, qui di seguito, alla giornata del 4 gennaio 1932.
20
Comunicazione del Ministero al Provveditore agli studi di Palermo,
R. Liceo Ginnasio di Adrano. Denunzia, Roma, 16 marzo 1932.
19
26
INTRODUZIONE
all’interessato ne fosse comunicato il motivo: «Il prof. Salanitro ha chiesto di essere informato […] dei motivi che determinarono il suo trasferimento per servizio da Adrano a
Enna […] Si prega la S.V. di comunicare al suddetto insegnante che il provvedimento fu adottato per ragioni di opportunità, risultando al Ministero che egli da tempo non
era in buoni rapporti con parte della cittadinanza, e che tale stato di cose era ormai tale da non consentirgli di attendere al suo ufficio con la necessaria serenità»21.
L’esame del caso fu successivo e portò al rigetto del ricorso che Salanitro aveva presentato (il 5 agosto 1932) asserendo, con una sorta di bonomia, che «il trasferimento
ad Enna è già stato modificato in altro trasferimento a Caltagirone, sede a lui gradita». I conti erano così pareggiati e
il danno rimediato. In compenso venne riconosciuto il motivo prettamente politico del provvedimento impartito
«nel suo stesso interesse». Continuava il sollecito dirigente:
«La posizione del prof. Salanitro ad Adrano era divenuta
insostenibile, essendo note le lotte politiche da lui combattute nel disciolto partito popolare ed essendo pertanto assai criticati i suoi precedenti politici»22.
Certamente l’episodio contribuì a inasprire un senso di
isolamento che in quegli anni, sono già gli anni del Diario,
Carmelo sentiva molto forte. Al danno morale veniva ad
aggiungersi quello economico, per la difficoltà ad accedere
a una tipica fonte di integrazione dei non lauti stipendi dei
21
Comunicazione del Ministero al Provveditore agli studi di Palermo,
Prof. Salanitro Carmelo, 16 marzo 1933.
22
Ivi, 30 agosto 1933.
INTRODUZIONE
27
professori. Per di più lamentava il mancato guadagno dovuto alla sistematica esclusione dalle commissioni di esami
di maturità, un “privilegio” riservato agli iscritti al Partito
Nazional Fascista e all’Associazione fascista degli insegnanti. Annotava il 5 dicembre 1931: «Però il non appartenere a questa Associazione mi ha arrecato del danno finanziario e continuerà ad arrecarmene; infatti il Preside ne
profitta per non propormi a membro delle commissioni di
esami di maturità, ciò che mi avrebbe fatto guadagnare diverse migliaia di lire ogni anno che fossi stato nominato.
Quando penso che molti, per gridare la loro protesta al feroce e stolto dispotismo che ci strazia da 9 anni hanno affrontato la morte, o languono nelle carceri o vivono raminghi lontano dalla famiglia, questa perdita finanziaria che
subisco quasi ogni anno mi pare lieve cosa e lascia pura e
confortata la mia coscienza, perché mi serve ad attestare la
mia solidarietà tacita con tutte le vittime della tirannide fascista».
Nell’anno scolastico 1932-’33, dunque, Carmelo andò
al liceo classico Secusio di Caltagirone. Alla notizia il preside si affrettò a protestare presso il Provveditorato con una
lettera insinuante: «Il prof. Salanitro, […] fu trasferito per
servizio (V.S. ne intende le ragioni) dal liceo di Adrano a
quello di Enna. Le influenze di lui devono essere molto
forti, sebbene mi dicono che sia un avversatore del PNF,
gli hanno fatto ottenere il trasferimento per domanda a
questo liceo». E poi il pezzo forte: «L’ufficio di V.S. lo nominò nel giugno commissario agli esami di maturità nella
II Commissione di Catania, presso la quale erano stati destinati i giovani di questo Liceo. La maniera d’agire di lui
28
INTRODUZIONE
in tale contingenza è stata pessima sotto tutti i rapporti. A
parte che nel giugno assistette qui alle prove scritte munito
di rivoltella! A parte un rigore mai verificatosi in 9 anni
d’esami, […] a parte i metodi disonesti adoprati nelle prove orali, non è stato raro il caso di esami durati più di due
ore […]. Ha fatto discendere qui gli iscritti da più di cento, quanti sono stati costantemente da molti anni, a una
settantina». Alla paventata perdita di prestigio della scuola
si aggiungeva la prospetiva di una perdita economica per il
convitto dei Salesiani, che vedeva scemare improvvisamente la clientela a un terzo degli altri anni. Lo stesso direttore del convitto aveva confidato allora al preside l’intenzione di passare all’azione. «Mi faceva balenare la possibilità,
già accennatami da qualche altro padre di famiglia, di manifestazioni ostili alle quali si vuole ricorrere quando egli
verrà» 23.
Il funzionario ministeriale incaricato di rispondere si
affrettò a sdrammatizzare, «non trova[va] giustificate le
apprensioni [del preside], egli non [aveva] ancora avuto
modo di provare a giudicare personalmente il detto insegnante». Inoltre aggiungeva il funzionario ministeriale rivolgendosi al provveditore, «come fa notare la S.V. gran
23
Minuta della lettera del preside Mendola al Provveditore agli studi
di Palermo, Caltagirone 11 ottobre 1932. (Archivio del Liceo classico Secusio di Caltagirone). Il preside ricorre anche a un altro tipico argomento di
accusa contro Salanitro: «Fra l’altro si è dimostrato poco onesto, invitando i
giovani esaminandi per la maturità a prendere lezioni presso la “Bella scuola” di Catania (via Umberto) diretta da un comunista B[illegibile] e dove insegna il fratello di Salanitro, studente dell’Università». Diversamente dalla
eccezione sollevata per l’Istituto «Marletta» in questo caso l’accusa non ebbe un seguito, ma si veda più avanti nel testo la risposta del Ministero.
INTRODUZIONE
29
parte delle accuse che nell’ambiente scolastico di Caltagirone si muovono al prof. Salanitro sono prive di fondamento»24.
6) I popolari davanti al clerico-fascismo
La questione era ben più complicata. Per il preside del
Liceo di Caltagirone non doveva essere molto rassicurante
in quell’inizio degli anni Trenta acquisire un altro noto antifascista, per giunta appartenuto al Partito popolare. Nel
1931 in città si erano registrati disordini piuttosto forti attorno al problema dell’Azione cattolica, i fascisti locali avevano anche fondato un giornaletto, «La nuova Gazzetta»,
al solo scopo di insultare Sturzo e sminuire una tradizione
politica che evidentemente si avvertiva minacciosa: «La
città di Giorgio Arcoleo […] non intende essere più qualificata nel nome e nella figura del prete senza chiesa, scagnozzo di dio e della patria»25. La maldestra (e piuttosto
volgare) operazione si ritorse subito contro chi l’aveva attuata, al terzo numero il giornale dovette chiudere vedendosi rifiutate le copie inviate per abbonamento26. Una così
plateale dimostrazione non poteva che creare ulteriori tenComunicazione del Ministero al Provveditore degli studi di Palermo,
Prof. Salanitro Carmelo, 18 novembre 1932. L’ulteriore comunicazione del
Provveditore al preside è del 23 novembre successivo.
25
Gaetano Carfì, La fine degli equivoci, 26 luglio 1931, ma dello stesso
nel numero precedente (12 luglio) era apparso un altro attacco. Id., Rinnegato. Lettera aperta a don Sturzo.
26
«La nuova Gazzetta», 26 luglio 1931, Domande e risposte: «I dirigenti della Cassa hanno sdegnosamente respinto l’abbonamento…».
24
30
INTRODUZIONE
sioni. Se ne trova traccia nella lettera anonima inviata al
Ministero dell’Educazione nazionale per denunciare un altro professore di matrice popolare, tra i capi storici del
partito nella città di Sturzo: «Si deve ancora sopportare a
Caltagirone nel tredicesimo anno dell’E.F., in una delle
scuole che hanno tanta influenza per la formazione della
coscienza nazionale dei giovani, un Luigi Marino, professore al ginnasio superiore, che non tesserato al Partito, o se
tale è forse dal 1932, per illudere, che è membro esponente
delle organizzazioni cattoliche e che predica nei suoi circoli e nelle sue riunioni a carattere religioso il verbo del disfattismo. […] Eccellenza liberate la scuola di simili individui e date alla stessa un’aria più satura di fascismo!»27.
L’accenno all’intempestiva adesione di Marino al PNF
per noi è particolarmente interessante, poiché allude a una
sorta di strategia entrista – peraltro rivelatasi vittoriosa alla
fine degli anni Trenta – adottata dai popolari calatini dopo
i fatti del 1931 per salvaguardare la Cassa San Giacomo28.
Siamo proprio nel periodo in cui Salanitro si trovava a insegnare a Caltagirone, nello stesso liceo in cui insegnava Marino, ma non c’è notizia di un incontro tra i due; non sap27
La lettera reca l’indicazione della data in cui arrivò al Ministero:
«Giunto a Roma il 25 7 1935», l’originale è in possesso di una delle figlie di
L. Marino, la dott.ssa Gemma Marino (Caltagirone), che qui ringrazio per
avermela fatta conoscere. Marino la ottenne nel dopoguerra da un antico
compagno di fede, divenuto alto funzionario del Ministero della Pubblica
Istruzione, il dott. Piazza. Ma altri documenti sulle soperchierie subite si
trovarono nella sede del PNF di Caltagirone dopo l’occupazione alleata, cfr.
Sotto la dittatura fascista, «La croce di Costantino», 31 luglio1954.
28
La vicenda è riportata nel mio La Regione in guerra, in La Sicilia, a
cura di M. Aymard e G. Giarrizzo, Torino, 1987, p. 542.
INTRODUZIONE
31
piamo cosa pensasse Salanitro delle vicende che travagliavano i popolari calatini. Eppure Carmelo abitò a Caltagirone
per oltre un anno, nel frattempo si sposò con una concittadina, la professoressa Concetta Geraci, si stabilì in una nuova abitazione vicina al Liceo, in via Infermeria, che immaginiamo più spaziosa, pubblicò presso una tipografia cittadina il suo lavoro su Virgilio, quello che di più affronta i temi
del ruralismo, con un forte richiamo a un aspetto centrale
della politica sturziana. Un richiamo alle origini? Sorvegliato com’era, questa rimaneva forse l’unica modalità per comunicare. Uno studente dell’epoca, Vincenzo Bellante, lo
ricordava severo, preparato, ma niente nel suo dire avrebbe
fatto pensare a un uomo con un interesse politico. Lo scritto Attorno alle Georgiche virgiliane ci offre una chiave di
lettura quando vi si afferma la centralità e la sincerità di
quest’opera rispetto all’Eneide, ma soprattutto quando si fa
cenno a un ripiegamento su un mondo interiore, che non
vuole essere chiusura, ma comunicazione più libera.
«Virgilio appartenne a quella categoria poco numerosa
d’individui i quali riescono a vivere dentro di sé, guardando
però con gli occhi intenti intorno a sé, e sono atti a fondere i
palpiti della loro anima e a intrecciare i moti della loro mente
col ritmo regolare della vita di tutto il mondo, riducendo e
contenendo i fatti e le vicende umane negli indefiniti e illimitati confini della loro coscienza”29.
A questo scritto sembra aver voluto consegnare l’unico
messaggio che ormai era in condizione di inviare. Ma non
29
Attorno alle Georgiche virgiliane. Impressioni e note, cit., p. 21.
32
INTRODUZIONE
sappiamo se fu ricevuto e da chi. Un’ispezione didattica
subita nel 1933 al Secusio lo descrisse come un uomo chiuso, poco collaborativo nell’ambito della scuola:
«Pur attendendo con lodevole zelo al proprio ufficio, non
riesce a guadagnarsi le simpatie degli alunni, per il suo rigore,
molte volte eccessivo. E se buon profitto in sostanza traggono
i giovani dal suo insegnamento, ciò avviene sempre a danno
della loro cultura nelle altre discipline, giacché il prof. Salanitro non sa, o non vuole armonizzare il suo insegnamento all’opera collettiva della Scuola ed esige più di quanto si debba
dalla media dei giovani liceali»30.
Gli si raccomandava di «temperare l’eccessivo rigore
nelle classificazioni, spronando i giovani allo studio più col
sistema della persuasione che con la rigidezzza sistematica
e pesante». Forse Carmelo era anche un po’ avvilito. Dagli
anni di Caltagirone si registrano assenze per malattia corredati da certificati medici, ma puntualmente commentati
con malevolenza dai capi d’istituto. Così forse Carmelo ebbe scarsi contatti con l’ambiente circostante. Può darsi anche che la mancanza di notizie su questo periodo si debba a
una successiva cancellazione della figura di Salanitro, troppo anticlericale, dalla memoria che i cattolici calatini serbarono degli anni bui della dittatura, come d’altronde sarebbe avvenuto con la tradizione cattolico popolare adranita.
Probabilmente era difficile entrare in relazioni più
strette con il gruppo dei cattolici calatini, così consapevoli
30
Relazione del Ministero dell’Educazione nazionale al Provveditore
agli studi di Palermo, Prof. Carmelo Salanitro, 3 ottobre 1934.
INTRODUZIONE
33
di un primato, stretti attorno alla difficile difesa della Cassa
San Giacomo, per di più per un uomo che già aveva maturato un atteggiamento critico nei confronti della politica
della Chiesa cattolica verso il regime fascista. Diversamente che per Carmelo, per i popolari di Caltagirone la Chiesa
restò il fondamentale punto di orientamento. Qui misuriamo uno scarto importante per cui la storia di Salanitro assume un valore emblematico, tra un’interpretazione laica
della militanza nel Partito popolare e una “nuova” interpretazione clericale della presenza politica cattolica. Una
linea ben consolidata ritenne allora che solo all’interno
della Chiesa si potesse coltivare un qualche progetto di
azione sociale.
Dopo la fiammata del ’31, pur in presenza di continue
frizioni, la Chiesa si adattò a trovare un suo ruolo rifugiandosi nella linea spiritualista per meglio difendere gli spazi
della formazione dei giovani. La politica fu compito dello
Stato: le chiese locali rappresentarono in vario modo questa esigenza. Caltagirone ebbe una sua storia che si snodò
intorno alla difesa della Cassa per passare ben presto alla
conquista degli apparati municipali e partitici, fino a che
l’accidentalità della guerra avrebbe fatto rinascere la vocazione democratica a lungo sopita.
La diocesi di Catania ebbe un’altra storia, ben più grigia, di adeguamento senza smagliature alla realtà del regime degli anni Trenta. Di questa realtà religiosa ed ecclesiale locale Salanitro sembra non essersi interessato affatto,
ne era già lontano, in una profonda solitudine che consegnò alle pagine del Diario: «Oggi comincio a parlare, per
mezzo di questo diario, con me stesso». L’essere ritornato
34
INTRODUZIONE
per tre volte quel giorno, un 28 ottobre, sulle pagine di
questo compagno segreto ci restituisce il senso di un profondo malessere, con quella scrittura nervosa, talvolta secca, ricca di classicismi che sgorgavano automaticamente
dalla penna di Carmelo. E poi le invettive, il soffermarsi su
intrighi paesani, fanno pensare a uno sfogo fine a se stesso,
come quel brancatiano vecchio con gli stivali che sarebbe
rimasto senza parole dopo la fine di Mussolini, essendosi
abituato all’invettiva segretamente covata. Ma dopo questa
prima impressione si scopre tra le pagine del Diario un’attenzione alle cose che è tipica di un uomo politico concreto, che è stato impegnato negli affari comunali, che sa guardare alla gente e ai suoi umori. Sono molto efficaci le pagine sulle adunanze, manifestazioni sciatte, poco marziali,
molto lontane dall’immagine ufficiale fornita dagli organi
di propaganda, dalle false notizie. Quelle pagine ci restituiscono un quadro efficace degli effetti della crisi sulla società locale. La cerimonia del 28 ottobre 1931 a Catania:
«In piazza degli Studi stanno raccolte diverse centinaia di
persone con distintivo e camicia nera, sembrano all’aria di dover prendere parte a qualche accompagnamento funebre. Un
gruppetto di operai certo senza lavoro, che attraversano la
piazza passando dinanzi ai fascisti radunati, esclama accomunandoli collo sguardo: Si tratta del pane! Imperocché quelle
varie centinaia di tesserati che aspettano fermi nella suddetta piazza, sono tutti impiegati dello Stato e delle amministrazioni locali».
Così anche i commenti dell’1 gennaio 1932 sulla riforma delle imposte sui consumi, che stava dando luogo a
INTRODUZIONE
35
proteste nei comuni del catanese31. Si trattava certamente
degli anni più difficili, segnati dal perdurare degli effetti
della Grande crisi nel Mezzogiorno d’Italia. Che questo
malessere del tutto reale potesse portare a un rapido crollo
del regime era solo una speranza degli antifascisti, fuorusciti e no. Anche Carmelo finiva per sovrapporre le sue
speranze all’osservazione della realtà, spiando ogni segno
di debolezza, ogni possibile incrinatura, ogni ingiustizia
che potesse indurre il popolo alla ribellione.
7) Davanti alla guerra
La permanenza a Caltagirone ebbe fine con l’anno scolastico 1934-’35, non sappiamo il motivo di questo trasferimento, forse fu improvviso, poiché Carmelo inviò una lettera di spiegazioni sul programma di greco al suo successore32. In ogni caso la destinazione fu il liceo Gulli e Pennisi
di Acireale, il luogo della giovinezza, di sicuro più ospitale.
Fu l’anno della nascita del figlio Nicolò, che non volle battezzare, in spregio al Concordato e al Papa che l’aveva siglato. All’apparenza però Carmelo è solo un maturo e riservato professore, certo di poche parole. È questo il ricorArchivio di Stato, Catania, Prefettura, Gabinetto 1864-1944, b. 41,
1932, Malcontento fra gli agricoltori per applicazione tassa comunale; inoltre
b. 40, 1933, Proteste contro le tasse comunali, riguardanti i centri di Ramacca, Mascalucia, Santa Maria di Licodia, Trecastagni, Tremestieri, Viagrande,
Vizzini, Zafferana.
32
Archivio del Liceo Secusio di Caltagirone, Lettera di Salanitro al
prof. Gesualdo Giaquinta, Acireale, 25 febbraio 1935. Vi si danno indicazioni sulle parti del Gorgia che aveva messo in programma.
31
36
INTRODUZIONE
do adolescenziale, peraltro molto affettuoso, che ci ha lasciato uno dei suoi allievi di allora, Cristoforo Cosentini.
«Mai un sorriso a una battuta di quelle che sovente usano i
professori in classe per ravvivare il colloquio. Egli tuttavia
possedeva il dono di rendere interessante l’insegnamento.
[…] Malgrado il suo antifascismo, mai, in classe disse una
parola in più che potesse deviare dalla lezione di cultura
classica che era chiamato a impartire»33. Era quello l’anno
della guerra d’Etiopia e anche al Liceo di Acireale gli studenti manifestavano in favore della guerra. Salanitro appariva distaccato, al suo giovane alunno, in quel mondo dei
professori, vicino al preside tanto da potersi permettere di
intercedere in favore di un alunno che un giorno aveva disertato lo sciopero patriottico.
Nel 1937 il trasferimento a Catania, al Liceo Cutelli; sicuramente una sorta di aumento di prestigio. Qui nessuna
traccia ci aiuta a immaginare le giornate e le riflessioni di
Carmelo. Intanto dalla guerra d’Etiopia si era passati alla
guerra di Spagna. A ricostruire il clima, a capire quale interlocuzione Carmelo si trovava di fronte, meglio e meno
ovvia della stampa fascista ci soccorre quella diocesana.
«Il comunismo bolscevico – scriveva l’arcivescovo Patanè
– congerie ibrida di errori filosofici e morali e di concezioni sociali deleterie, con tutti gli orrori dell’odio e del pervertimento
umano si è abbattuto sulla nostra sorella latina, la Spagna».
Il tema sarebbe diventato ossessivo nel corso di tutto il
1937, anno che peraltro «si apri[va] con una crisi che mi33
C. Cosentini, Carmelo Salanitro, Martire per la libertà, cit., p. 554.
INTRODUZIONE
37
naccia[va] di sconvolgere dalle fondamenta tutta la società». Le cause di tanto pericolo che veniva a sommarsi alla minaccia bolscevica, era indicata dal «Bollettino ecclesiastico» nella «tragedia del disagio economico» e proprio
per questo l’Arcivescovo si rivolgeva alle Dame di Carità
perché compissero l’opera di redenzione loro affidata. Colpisce il fatto che davanti all’immane tragedia della crisi che
sconvolgeva il mondo, la Chiesa catanese disponeva di strumenti che lo stesso movimento cattolico della fine del secolo precedente aveva giudicato superati, anch’esso davanti a
una crisi sociale. In compenso si poteva contare sul ben ordinato regime fascista: «Benedetta una Nazione come la
nostra nella quale l’ordinamento corporativo dello Stato riconosce la necessità delle varie classi sociali e per il benessere di tutti ne compone i dissidi e le divergenze» (La rubrica Pro Aris et Focis, 1938).
A causa dell’incapacità di creare una nuova classe politica il regime si rivolgeva alle aristocrazie, e Catania non fece eccezione; per la Chiesa era un vantaggioso terreno di
incontro con la politica, un campo sgombro da fratellanze
massoniche e da altre tendenze “laiciste” del periodo liberale, ormai lontano e forse anche dimenticato. Il nemico
era il bolscevismo e niente altro; allo scoppio della guerra,
nel 1939 alle preghiere per la pace seguivano le invocazioni
battagliere, come quella ripresa da Patanè in una lettera
pastorale: «Sentiamo con indicibile orrore e raccapriccio
ripercuotersi nelle intime fibre del nostro cuore il grido
empio e blasfemo delle orde bolsceviche, dei senza Dio,
che minacciano di travolgere fin dalle fondamenta e gettare nel disordine le istituzioni e le cose più care al cuore
38
INTRODUZIONE
dell’uomo, e ai bisogni del vivere civile». Ma ancora i nemici erano la Gran Bretagna e la Francia, mentre la Polonia cattolica era già stata battuta dalla Germania in collaborazione con l’alleata Unione Sovietica. Bisognava diffondere la stampa cattolica, per opporre «arma ad arma, idea
a idea, metodi e tattica di lotte alle offese e alle battaglie
scatenati dai nemici della fede». E finalmente nel 1941 l’attacco all’Unione Sovietica:
«Torna a gloria imperitura del Governo Nazionale l’aver
lanciato alla barbarie che si avanza come fosco spettro a gettare lo squallore e la morte sulle contrade mediterranee, il fiero
grido di sfida, a costo di sacrifici e di sangue: di qui non si
passa!»34
8) Nei campi di sterminio
A quell’epoca Carmelo era già in carcere. Aveva scritto
dei bigliettini contro la guerra e li aveva messi nelle buche
della posta, fatti trovare agli studenti. È stato sempre considerato un ingenuo espediente, certamente era commisurato alle sue scarse possibilità, ma in quel mondo pur caratterizzato dalle comunicazioni di massa ancora i piccoli
segni si percepivano. Questo Carmelo lo sapeva fin da
quando era passato davanti alla statua di Cavallotti, «lo
34
Le citazioni sono tratte dal «Bollettino Ecclesiastico dell’Archidiocesi di Catania», anni 1937-1941. Sono riportate nel mio Gli anni del fascismo
e della guerra attraverso il Bollettino dell’Archidiocesi di Catania, «Bollettino
Ecclesiale», gennaio-marzo 1998, pp. 187-199.
INTRODUZIONE
39
sguardo fiero e commosso rivolto al Grande […] il carabiniere vide e notò il mio atto: non mi disse nulla. […] Ma
che forza di governo è questo che mette guardie ai morti
dei quali ha paura?»35. Oppure fin da quando il preside lo
aveva chiamato per invitarlo a iscriversi al PNF:
«È strano che un governo e un partito che si dicono fortissimi e hanno tutti i poteri legali e illegali nelle loro mani
piatiscano la carità di una dichiarazione d’adesione al Partito
Fascista. Semmai dovremmo essere quelli che restiamo fuori a
mendicare l’onore d’esservi ammessi».
Paradossalmente la logica del totalitarismo esaltava l’utilità marginale dell’ultimo consenso, o dell’ultima acquiescenza, appunto perché doveva essere totalitario. I miseri
espedienti, come scrivere bigliettini e farli trovare sui balconi, appuntare frasi sentite nelle trasmissioni di Radio
Londra, erano diffusi. D’altra parte una vera paranoia
spingeva le autorità di pubblica sicurezza a riempire enormi fascicoli dedicati a una scritta sul muro, a una traccia di
dissenso per quanto piccola e insignificante essa possa apparirci oggi. Segno che la polizia condivideva l’importanza
di quei gesti. Così anche i bigliettini di Carmelo destarono
l’attenzione del preside Rosario Verde, che chiamò la polizia partecipando egli stesso alle indagini; di ciò più tardi si
sarebbe vantato. Il 14 novembre 1940 avvenne l’arresto di
Carmelo, colto con ancora quei fatali foglietti in mano: «Il
fascismo ha scatenato senza motivo una guerra criminosa,
35
Vedi alla giornata del 6 marzo 1932.
40
INTRODUZIONE
ove i nostri figli e fratelli trovano la morte. Siciliani, non
combattiamo. Il vero nemico dell’Italia è il fascismo. Viva
la Pace. Viva la Libertà»36.
Seguì la condanna a 18 anni comminata dal Tribunale
speciale il 25 febbraio 1941; ebbe inizio il cammino che lo
avrebbe portato alla morte nel campo di sterminio di
Mauthausen. Fu detenuto a Regina Coeli, a Civitavecchia37
e a Sulmona. Di questo periodo abbiamo testimonianza attraverso le lettere che inviava ai fratelli (Nino, soprattutto)
e alla madre. Ostentava serenità in questi scritti, come in
quello inviato a Maria, la sorella divenuta medico, in occasione del matrimonio: una composizione tanto elegante da
far pensare che fosse il vero regalo di nozze (Civitavecchia,
8 maggio 1943). L’interlocutrice privilegiata era la madre,
alla quale indirizzava le poche frasi non d’occasione. In un
caso ritornava su quello che doveva essere stato il loro antico e forte patto di alleanza per mandare avanti la famiglia, far laureare i fratelli:
36
Si trova in F. Pezzino, in AA.VV., Catania tra guerra e dopoguerra
(1939-1947), Catania, 1983, p. 135. Pezzino ripubblicò il brano su Salanitro
in Per non dimenticare. Fascismo e antifascismo a Catania, 1919-1943, Catania, 1992. Su questa parte più nota e più drammatica della vicenda di Salanitro hanno scritto inoltre, S. Nicolosi, Uno splendido ventennio (Catania 19441964), Catania, 1984, pp. 29-33; Giovanni Merode e Vincenzo Pavone, Catania nell’età del fascismo, Catania, 1985, p. 206; Giuseppe Riccardo Guido,
Ecce Catania. La città etnea durante la seconda guerra mondiale, Milano, 1985;
G. Giarrizzo, Catania , Roma-Bari, 1986, p. 263. Il punto di partenza è un discorso Parlamentare di Concetto Marchesi tenuto il 10 ottobre 1949, ora in
C. Marchesi, I Discorsi, a cura di S. Saglimbeni, Verona, 1987, pp. 57- 59.
37
Il suo passaggio da questo carcere è segnalato da Aldo Natoli, Vittorio Foa, Carlo Ginzburg, Il registro. Carcere politico di Civitavecchia. 19411943, Roma, p. 79.
INTRODUZIONE
41
«Non mi rimproverare se io ho per un momento potuto
obliare e trascurare la famiglia, non mi rinfacciare certa imprudenza e leggerezza per cui ho distrutto la mia posizione e
perduto il posto e rovinato il frutto di decenni di sacrifici e di
sforzi miei e dei miei genitori».
La lettera è del 27 febbraio 1943, a tre anni dall’arresto, ma evidentemente il problema era ancora dibattuto nei
suoi aspetti essenziali. Un ritorno all’obiettivo originario
della loro vita famigliare, che si intrecciava con un altrettanto originario sentimento religioso, ancora una volta confidato alla madre. Eccone un esempio (19 giugno 1941):
«Dal reverendo Cappellano ho avuto una copia del Santo
Vangelo che è stato sempre la mia guida nella mia vita e che
se potesse davvero divenire la base della vita della società tutta risparmierebbe agli uomini tanti dolori e tanti mali. Io,
spesso, con tanto fervido interesse leggo le pagine più ispirate; specialmente quei versetti sublimi dove si prescrive l’amore per gli altri e il perdono per i nemici, non cadono sotto i
miei occhi senza destarmi un sussulto e un fremito e senza ricoprirmi le ciglia di forti lacrime».
Il 25 luglio e l’8 settembre lo colsero in carcere, ma
nessuno lo liberò, fu avviata anzi una estenuante e inutile
procedura per la grazia per la quale si sarebbe dovuta produrre una documentazione fornita dalla prefettura d’origine: nel caso di Salanitro dalla prefettura di Catania, in quel
momento oltre la linea del fronte. Salanitro d’altronde rifiutò di presentare domanda, un gesto che avrebbe comportato il riconoscimento di colpevolezza. Il procuratore
42
INTRODUZIONE
del re ammonì che «motivi speciali […] sconsigliavano la
proposta di grazia»38.
Fu quindi consegnato ai tedeschi. Raramente una
tragedia si presenta con il tanto sciatto stile burocratico di
chi non vuole prendersi alcuna responsabilità, perché proprio questo sembra governare i comportamenti di tutti i
persecutori, meglio i carnefici, di Salanitro. Mediocri esecutori conformisti che scansarono ogni responsabilità. Salanitro era esattamente l’opposto e per questo era il loro
“piccolo” irriducibile nemico, colui il quale si era preso la
libertà e la responsabilità di opporsi al fascismo e di «sperare oltre la speranza»39.
La peregrinazione di Carmelo nel mondo concentrazionario nazista fu lunga e conobbe varie tappe, da Dachau ai campi trincerati di San Valentino in Austria, e infine a Mauthausen dove fu assassinato alla vigilia della liberazione il 24 aprile 1945. Questa lunga capacità di resistenza testimonia di una forte volontà di vivere e anche di
una certa abilità e fortuna; la vita nel lager era infatti mediamente molto breve, nel 1945 non superava i tre mesi.
Carmelo incontrò molta gente che lo ricorda e che ha testimoniato su di lui. Il profilo più noto è quello tracciato
da Mino Micheli in una pagina nel suo I vivi e i morti 40.
Non si discosta molto dall’immagine lasciataci da Micheli
un altro compagno di deportazione, Nunzio Di France38
Così in Pezzino, Guerra e dopoguerra, cit., p. 137 che si avvale della
documentazione contenuta nella cartella del Casellario politico centrale.
39
Si veda l’intervento di G. Giarrizzo in La vita, l’opera, l’impegno civile, cit., p. 43.
40
Milano, 1967, pp. 161-164.
INTRODUZIONE
43
sco41. Forse Carmelo poté contare, pur impedito da una
forte miopia per la perdita degli occhiali, sulla solidarietà
dei compagni. Infatti gli incontri sono collocati per lo più
nelle infermerie dei rispettivi campi, luoghi nei quali si poteva godere di un minimo di protezione con la complicità
di un medico deportato. Ma sappiamo che fu anche messo
a trasportare blocchi di pietra su per la famigerata scala di
Mauthausen. Curiosa è invece la storia che narra un altro
testimone, Fabio Cappellani, che lo incontrò a Dachau nel
corso del 1944. In un momento di minore severità i guardiani autorizzarono i deportati a scrivere a qualcuno fuori
dal campo per ottenere cibo. Carmelo aveva trovato dei fogli di giornale tedeschi recanti dei necrologi, scelse gli indirizzi degli annunci che portavano la croce e inviò la sua richiesta d’aiuto. Pensava che i cristiani potessero più facilmente essere indotti alla pietà e alla carità. La liberalità dei
carcerieri non ebbe però seguito e delle lettere inviate non
si seppe che fine avevano fatto42. È questa l’ultima testimonianza del suo spirito d’iniziativa, ma anche del suo cristianesimo: l’idea che la croce potesse accomunare e guidare
gli uomini anche in quelle condizioni terribili, evidentemente non lo abbandonò.
Catania scoprì in due diversi momenti la vicenda di Salanitro. Subito dopo l’occupazione fu fatta luce sul ruolo
che il preside Verde aveva avuto nel suo arresto. Verde fu
allontanato dalla scuola e inviato al confino per tre anni a
N. Di Francesco, Il costo della libertà, Furci Siculo, 2001.
La testimonianza di Fabio Cappellani è raccolta da Giovanna D’Amico, I deportati siciliani nei campi di sterminio nazisti, Tesi di laurea, Facoltà di Scienze politiche, a.a. 1996-97.
41
42
44
INTRODUZIONE
partire dal 1945, ma non li scontò tutti e in base al decreto
legge 7 febbraio 1948 relativo all’estinzione dei giudizi di
epurazione fu riassunto in servizio. Per evitare turbamenti
nell’ordine pubblico in caso di un eventuale rientro a Catania fu inviato a Reggio Calabria43.
La notizia della fine di Carmelo invece cominciò a
prendere corpo nell’agosto del 1945 con una comunicazione della Croce rossa italiana che ipotizzava la morte nella
camera a gas di Mauthausen; seguirono altre notizie man
mano che si raccoglievano testimonianze e si faceva più
chiara la dimensione della tragedia che si era consumata
nei campi di sterminio. Ancora una testimonianza raccolta
dalla Croce rossa italiana e comunicata il 3 dicembre 1945:
«Il prof. Salanitro, insieme agli altri ricoverati dell’ospedale di Mauthausen, italiani, polacchi, jugoslavi, ecc. fu trasferito al lager e in seguito all’ordine dato da Himmler ai
capi dei campi di concentramento di sopprimere tutti i prigionieri, malati o no, fu fatto passare con altri 150 italiani,
nella famosa “camera dei gas” dal 24 al 25 aprile c.a. e fu
ucciso. Sempre a quanto scrive il su nominato Di Salvo pare che le SS prima di fuggire abbiano bruciato tutti i documenti, così da non lasciare traccia di detto omicidio»44.
Dal discorso tenuto in Parlamento da Concetto Marchesi, cit.
Questa lettera e la precedente fanno parte delle carte raccolte da Nino Salanitro al momento della ricerca del fratello. Le ho consultate nella
versione in fotocopia in possesso del prof. Piero Scalisi.
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PAGINE DAL DIARIO
28 ottobre 1931 - 6 giugno 1932
46
Pagina manoscritta del Diario
(Catania, 11 febbraio 1932; Adrano, 19 febbraio 1932).
47
Anno 1931, 28 ottobre
Oggi mercoledì si entra nel 10° anno del regime fascista. Oggi, compiono nove anni esatti da che il 28 ottobre
1922, ha avuto inizio una farsa che non potrà avere se non
uno scioglimento tragico. Da oggi imprendo a parlare, per
mezzo di questo diario, con me stesso; poiché siamo ridotti
a tale, che anche con qualche amico fidato, se tu vuoi parlare delle cose del tuo paese, devi abbassare il tono della
voce e guardare circospetto intorno alle pareti mute che ti
circondano. Domiziano, Tiberio e i Borboni sono ormai
vendicati da questo governo fascista che da diversi anni
tortura i cervelli delle persone oneste e coerenti e smunge
le tasche di tutti, specialmente dei poveri e degli umili,
straziando e desolando il paese intero.
Imbavagliata e resa muta la stampa libera e indipendente dalle Alpi alla Sicilia, è un’invasione di giornali asserviti e aggiogati al Governo, i quali ogni giorno non fanno altro, riuscendo a una esasperante monotonia, che ricantare le lodi e gli osanna di Mussolini, tacere su quanto
avviene all’estero e nascondere le piaghe che affliggono
Popolo e Nazione. Sciolte le associazioni contrarie al fascismo, impedita la ricostituzione o il sorgere di partiti, non
48
CARMELO SALANITRO
già soltanto comunisti, repubblicani e socialisti, ma perfino
liberali, popolari, monarchici, costituzionali, stati puntello
della monarchia, è rimasto in piedi un mastodontico e inutile, in un paese dove si vorrebbe identificare l’Italia col
Fascismo, organismo che usurpa il nome di partito, ma è
meglio definirlo una specie di cloaca dove sono andati a
trovare il loro posto naturale tutti gli elementi torbidi, disonesti e marci che, sparsi prima un po’ qua un po’ là nelle
diverse frazioni del mondo politico, adesso che queste non
esistono più sono schierati nei ranghi del cosiddetto partito Fascista, dove raccolti e riuniti, laddove per l’innanzi
erano sparpagliati, hanno formato numero e, costituendo
la principale piattaforma di un partito dal programma caotico, incerto, vago, si sono infiltrati dovunque nelle amministrazioni, negli uffici, nei posti di comando, dove hanno
portato la loro incapacità che è superata soltanto dalla loro
insaziata voracità, paralizzando o frustrando i lodevoli propositi di qualche persona onesta che si è venuta a trovare
nelle file del Fascismo non si sa come e perché.
Questi sono i capi e gli ufficiali; l’esercito è formato di
uomini che si sono iscritti chi per tornaconto, chi per calcolo, chi per paura, altri poi perché hanno veduto dare l’adesione a tanti prima di loro; oggi del resto è quasi una necessità l’appartenere almeno a qualcuna delle organizzazioni ramificate del Partito Fascista, poiché non si può lavorare senza avere speso decine di lire e fare parte di un sindacato o di un gruppo o di un’associazione che porti la qualifica di fascista; oggi se un professore di scuole Medie Superiori vuole essere chiamato a far parte delle commissioni
esaminatrici per gli esami di maturità, deve essere fascista
PAGINE DAL DIARIO
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iscritto al Partito o a qualche associazione dipendente: non
si esige che sia colto e onesto e imparziale, ma che sia munito della tessera del P.N.F. e insegnanti notoriamente
inetti o, che è peggio, corrotti hanno potuto sedere al banco di esaminatori; così viene attuata la Riforma Gentile,
che il grande Mussolini appellò la più fascistica delle riforme del Fascismo!
Di tutti gli iscritti nelle varie file del cosiddetto P.N.F.
se un giorno o l’altro la situazione attuale potesse mutare e
questo Regime inviso a tutti cadesse, non ci sarebbe uno
solo il quale impiegherebbe più d’un minuto a spezzare il
distintivo e a stracciare la tessera. Ma finché si reggerà, la
maggior parte sopporterà in silenzio di farne parte e tollerare tutte le angherie e i soprusi e le sistematiche spogliazioni. Ecco il frutto dell’aver ricostituita a libertà l’Italia,
senza aver preparato gli Italiani!
Catania 28 Ottobre ore 12 antim.
Ho trascorsa quasi tutta la giornata a Catania. Il cielo si
è mantenuto nuvoloso e grigio. Bandiera a quasi tutti gli
edifizi di via Etnea: grandi manifesti attaccati a tutte le
cantonate. Nessuno o pochissimi leggevano, poiché sono le
stesse tiritere, le stesse ciance degli scorsi anni: il grandioso
rinnovamento dell’Italia fascista, gli sforzi titanici del Duce, il radioso avvenire della Patria; la gente che di nuovo
non scorge se non la grande cupa fame che impera sovrana
nelle classi umili, si contenterebbe di un presente meno disperato. In piazza degli Studi stanno raccolte diverse centi-
50
Carmelo Salanitro, a 22 anni.
PAGINE DAL DIARIO
51
naia di persone con distintivo e camicia nera, sembrano all’aria di dover prendere parte a qualche accompagnamento
funebre. Un gruppetto di operai certo senza lavoro, che attraversano la piazza passando dinanzi ai fascisti radunati,
esclama accomunandoli collo sguardo: Si tratta del pane!
Imperocché quelle varie centinaia di tesserati che aspettano fermi nella suddetta piazza, sono tutti impiegati dello
Stato e delle amministrazioni locali.
Assisto allo sfilamento del corteo: è lungo, ma senza
entusiasmo, di tanto in tanto uno, che ne avrà ricevuto il
carico, rivolge un alalà a Mussolini; i più vicini alzano fiaccamente il braccio in aria; gli altri, i più, rimangono muti.
Alle undici circa, la cerimonia per ricordare e non fare dimenticare a quelli che capiscono tutto quello che sta avvenendo in Italia e non si rassegnano, la data della perdita
della libertà, è finita.
Adrano, 28 ottobre ore 21
Trovo, arrivando col treno, tutto il paese illuminato, le
case della via principale imbandierate, non però a cura dei
cittadini, ma per quella delle persone del Municipio e del
Fascio. Una certa animazione regna nelle strade, come nei
giorni festivi. Non esco, quindi devo rinunziare a conoscere come sia stata commemorata, in questo paese di Beoti, la ricorrenza del 28 ottobre. Domani spero di esserne
informato.
52
CARMELO SALANITRO
Adrano, 29 Ottobre 1931
Uscendo per andare a scuola, trovo le cantonate tappezzate di strisce di carta inneggianti ai soliti uomini e alle
solite cose; la più grande parte sono però di già lacerate:
opera di ignoti durante la notte; e opera vana, ma questa è
l’unica forma di opposizione che ormai resta in Italia.
Ho saputo che ieri alle 4 pomeridiane c’è stato un lungo corteo degli iscritti fascisti, con bande, bandiere, intervento di autorità ecclesiastiche, politiche ecc.; molti comizi di gente. Però ho saputo anche che non si lasciarono
uscire i contadini per andare in campagna e si ordinò la
chiusura delle botteghe. Molti, i più, accorsero non per
semplice curiosità, ma per attestare il proprio piacere al
nuovo Podestà, il dottore Vito Miraglia, il quale è anche
reggente della sezione del Fascio. È persona onesta e stimata, a causa della sua professione di medico e delle sue
maniere cortesi. Parlando al pubblico, ha enunciato il suo
programma: strade di paese e di campagna e altre cose che
venivano promesse e, in parte, attuate dai vecchi partiti.
Però le finanze comunali sono strematissime per effetto
delle dilapidazioni che si sono fatte del denaro pubblico in
9 anni di governo fascista; e tutti prevedono altri inasprimenti tributari per il 1° gennaio p.v. e pare e corre voce
che siano pronte le applicazioni di nuove tasse, come se le
attuali non fossero enormi. Questo po’ di entusiasmo tra
breve sbollirà; il popolo capirà meglio che non è affare di
mutamenti di persona; e questo giovane dottore, che è un
mio vecchio amico, dovrà fare fiasco e sarà punito nella
sua meschina vanità.
PAGINE DAL DIARIO
53
Al suo fianco è come vice podestà un cugino mio, Pietro Ciadamidaro, insegnante elementare per effetto di titoli, ex-socialista, imboscato durante la guerra, mormoratore
fino a pochi mesi fa, del fascismo e dei suoi uomini, il quale, tutti sanno, che non riesce a dire due parole senza
sgrammaticare tre volte; di scrivere non ne parliamo […]1.
Ogni commento sciuperebbe. Il Fascismo è il nuovo clima
d’Italia che ha permesso e permette a tutte le meschinità di
avere il loro quarto d’ora di celebrità!
Adrano, I novembre 1931
Ieri sera ho saputo qualcosa sul tenore dei manifesti
contro il regime fascista che lanciò di notte un aeroplano
proveniente dalla Francia dal cielo di Roma sulla città nei
primi del mese di ottobre. I giornali venduti ai briganti che
detengono il potere scrissero che coi manifesti furono accesi dei falò; invece lettere scritte da privati informarono
che i fogli andarono a ruba e che quanti non ne poterono
avere fecero di tutto per procurarsene una copia. Tra l’altro i manifesti recavano le indicazioni precise dei libretti,
delle ingenti somme che nelle varie banche di Londra e di
altre città hanno depositato Mussolini, Balbo, De Bono,
Augusto Turati e gli altri capoccia della banda. Si tratta di
somme enormissime: Mussolini avrebbe depositato per
trecento milioni di lire e così gli altri che gli fanno bordone. Ecco le vere ragioni della grave sciagurata crisi che sta
1
La frase è stata eliminata perché lesiva della privacy di una persona.
54
CARMELO SALANITRO
riducendo in fin di vita tutta la Nazione; sfido, con tanto
denaro sottratto alla circolazione e involato da questi grandi campioni della Patria all’estero. Herriot, l’ex-presidente
del Consiglio dei Ministri francese ha definito Mussolini
un tiranno da martedì grasso, esatta definizione tiranno da
burla e da commedia in tutto, salvo che nello spogliare e
nel derubare.
Adrano 11 novembre 1931
Oggi, nel pomeriggio, ho parlato dinanzi alla bara dove
erano racchiuse le spoglie della vecchia insegnante elementare Carolina Di Bella: c’erano le autorità municipali, molte signore e signorine amiche che avevano preso parte alle
esequie e discreta folla di amici. Ho parlato per circa 15
minuti e ho parlato bene, me ne sono accorto anch’io, e le
mie parole piacquero tanto; dissi della Morte che è liberazione e purificazione, parlai dell’odissea delle Maestrine,
della missione della Scuola e ho detto che la società (ognuno capì però che avevo detto società per dire governo e governo attuale) paga meglio guardie e poliziotti degli educatori, dà a quelli molte croci e più quattrini, a questi molte
croci e pochi quattrini. Piacque ripeto il discorso tutto ma
parecchi temettero per me che mi fossi compromesso per
quelle parole che parvero dopo nove anni di imbavagliamento un’audacia. Siamo giunti a tale che appena dinanzi
a un cadavere si può dire, in Italia, una qualche verità.
PAGINE DAL DIARIO
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Adrano 3 dicembre 1931
Su un pezzo di vecchio giornale ho letto queste parole
che voglio trascrivere perché siano un altro argomento dell’asservimento degli uomini della Chiesa Romana al Regime fascista. Furono pronunziate da mons. Matteone, vescovo di Grosseto nel duomo di Grosseto dinanzi a Mussolini, l’11 Maggio del 1930. Ha detto il rappresentante di
quella chiesa che pretende a una missione universale: «Sono lieto, Eccellenza, di potere a nome del clero di Grosseto, in questa chiesa di S. Lorenzo dinanzi all’altare di Dio,
ringraziarla di quello che ha fatto per l’Italia e particolarmente per la nostra Maremma. Invoco da Dio la più lunga
vita per l’Eccellenza Vostra, perché possa compiere felicemente la sua missione». O probrum! Solo che, se Iddio
vorrà ascoltare la preghiera del suo degno ministro, dovrà
permettere che ai miseri abitanti di questa misera Penisola
non rimanga addosso neppure la camicia, perché dovranno venderla, per pagare il rapacissimo esattore.
5 Dicembre 1931
Giorni fa il Preside per mezzo del bidello anziano ha
fatto raccogliere le adesioni per quest’anno all’associazione
fascista della Scuola: un’associazione inutile come tutte le
associazioni di oggi, il cui compito precipuo è di spillare
altri soldi ai più degli iscritti mentre giovano solo a pochi
fiduciari o commissari o altri farabutti che, nominati dalle
alte gerarchie, dirigono queste Associazioni che possono
Carmelo Salanitro con i suoi studenti del liceo Gulli e Pennisi
di Acireale, in gita a Taormina (1935).
Carmelo Salanitro (al centro con un registro in mano) nel 1936, con la
seconda liceo del Gulli e Pennisi di Acireale, nel terrazzo della scuola.
PAGINE DAL DIARIO
57
meglio chiamarsi armenti o mandrie. Naturalmente io mi
sono rifiutato di iscrivermi, perché non ho voluto farne
mai parte, adducendo motivi economici, poiché si pagano,
fino al 1930, 44 lire annue. Oggi la quota è stata ridotta a
quattro (incredibile, ma vero) lire appena: ognuno capisce
che le ragioni vere per cui non mi iscrivo sono altre e più
profonde. Però il non appartenere a questa Associazione
mi ha arrecato del danno finanziario e continuerà ad arrecarmene; infatti il Preside ne profitta per non propormi a
membro delle commissioni di esami di maturità, ciò che mi
avrebbe fatto guadagnare diverse migliaia di lire ogni anno
che fossi stato nominato. Quando penso che molti, per gridare la loro protesta al feroce e stolto dispotismo che ci
strazia da 9 anni hanno affrontato la morte, o languono
nelle carceri o vivono raminghi lontano dalla famiglia, questa perdita finanziaria che subisco quasi ogni anno mi pare
lieve cosa e lascia pura e confortata la mia coscienza, perché mi serve ad attestare la mia solidarietà tacita con tutte
le vittime della tirannide fascista.
18 Dicembre 1931
La grande differenza fra gli insegnanti delle Università
Spagnuole e quelli delle Università Italiane. In Spagna i
professori universitari per gli anni che durò la dittatura
monarchica esercitata per mezzo di Primo De Rivera tennero acceso negli animi degli studenti il sacro fuoco della
libertà e seppero con la loro indomita fierezza guidare la
Nazione alle giornate del riscatto e alla Repubblica. In Ita-
58
CARMELO SALANITRO
lia invece i rappresentanti dell’alta cultura, adescati o intimiditi, si piegarono subito alla servitù mussoliniana, salvo
pochissime eccezioni. E recentemente all’obbligo di giurare fedeltà a un re che ha violato lui il primo i giuramenti di
fedeltà allo Statuto e si è messo fuori dalla Costituzione e
perciò fuori dalla legge, facendoci opprimere dal gennaio
del 1925 da una banda di volgari delinquenti, su più di
1300 professori universitari e superiori tutti hanno vilmente sottostato, curvando il collo e la schiena; tutti ad eccezione di undici, i quali col sacrifizio del pane hanno salvato
l’onore della scienza che è libera come lo spirito. Onore ad
essi! Sono 4 della Univ. di Roma, tre di Torino, uno di Pavia, uno di Firenze, uno di Bologna e uno di Perugia. La
stampa prezzolata, gongolando dello spettacolo di suprema viltà offerto da più di un migliaio di persone che dovrebbero rappresentare l’alta cultura italiana, ma rappresentano solo l’alta miseria morale della Nazione e quasi
stupita che appena undici si fossero ribellati all’obbrobrioso giuramento, si astenne però dal pubblicare i nomi degli
undici Grandi, per togliere ad essi il culto di tutti gli spiriti
forti e liberi e l’ammirazione di tutta la Nazione stanca ormai di questo barbaro dominio fascista. Certamente tra gli
undici ci sarà stato il prof. senatore Ettore Ciccotti.
Catania 1 gennaio 1932
Oggi, capo d’anno, uscendo trovo tappezzate le cantonate da grandi enormi annunzi, dove le autorità spiegano
minutamente le applicazioni delle nuove imposte sui con-
PAGINE DAL DIARIO
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sumi. Ogni anno l’alba del nuovo anno è salutata dall’imposizione di nuove gravissime tasse: è la strenna consueta
del Governo Fascista ai suoi miseri sudditi. Il 1932 riceve
tasse sulle aree edificabili, sul valore locativo, sul focatico,
sui dolci, profumi, pellicce, cavi ecc. ecc. Così l’abolizione
delle baracche del dazio, fatta nel marzo 1930, ci ha fruttato l’inasprimento della carta bollata, divenuta per il larghissimo uso che se ne deve fare per il sistema burocratico
fascista, il pane quotidiano del popolo Italiano, e il ritorno
aggravato dei dazi sotto una forma di riscossione affidata a
società di affaristi di cui fanno parte pezzi grossi del fascismo. Così della ditta Crozza e C. che gestisce, protetta e
agevolata da prefetti e commissari, la riscossione di molte
tasse locali in quasi la maggior parte dei comuni italiani,
l’anima è il ministro delle finanze fasciste on. Destefani.
La gente mormora, si lamenta… e paga, quando può:
tutti si chiedono quando sarà l’ultima tassa che ancora rimane da applicare: la tassa sulla quantità d’aria che si immette nei polmoni col respiro. Che si aspetta? Che Marconi inventi l’apparecchio misuratore relativo di cui dovrà
fornire poi a sue spese ogni individuo? Forse. Quando il
telegrafo e la radio annunziarono che era morto improvvisamente il fratello del tiranno, il grand’uff. Arnaldo Mussolini, il 21 dicembre a Milano, ognuno disse: «Che peccato che sia stato Arnaldo» e insieme gioiva: perché lutto di
tiranno è contentezza di popolo.
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CARMELO SALANITRO
Catania 3 gennaio 1932
Oggi per la prima volta il fascismo si è vantato pubblicamente di aver strozzato la libertà, connivente il re Vitt.
Emanuele III, il 3 gennaio 1925. Al giardino Bellini, un
pseudogiornalista, il direttore del locale Popolo di Catania,
Pietro Saporiti, ha parlato tra stuoli di guardie travestite e
di giudei (= militi fascisti) in divisa dinanzi ai giovani militari, i quali sono di varia fede e per nulla fascisti. Ha esaltato il colpo di Stato del 1925, 3 Gennaio, data nefanda che
segna il servaggio legale della Nazione, ha usato le più banali parole e turpi ingiurie contro i coraggiosi oppositori di
Mussolini; ha magnificato l’onor. Armando Casalini, vittima di un fanatico antifascista, ha chiamato oscuro fatto di
cronaca la soppressione del martire Giacomo Matteotti ucciso dai manigoldi fascisti, colla complicità degli uomini
del Governo.
Catania 4 gennaio 1932
Oggi alle 10 antimeridiane una commemorazione modesta, ma audace e come non ne avvengono che raramente
nelle attuali condizioni, cioè libera e franca; la commemorazione dell’anniversario della morte di Mario Rapisardi
avvenuta il 4 Gennaio 1912. La commemorazione è stata
fatta a cura della scuola privata Marletta nei locali della
medesima. Assistevano alunni, alunne, ammiratori del Poeta e quanti come me nella commemorazione di uno spirito
forte e libero come quello del Rapisardi scorgono un sim-
PAGINE DAL DIARIO
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bolo. Tra gli altri l’ex organizzatore socialista avv. Giuseppe Sapienza e un magistrato, Guzzetta. Parlò il direttore
della scuola Francesco Marletta e il prof. avv. Nicotra, insegnante nella medesima. Si parlò senza peli e senza i consueti stucchevoli osanna. Si parlò di umanità, di libertà, di
giustizia, si tuonò contro le oppressioni, contro i preti,
contro i Papi. Provai un vero piacere; poiché non è facile
oggi sentire parole franche e sincere. Si può dissentire sulle
idee, ma si deve convenire tutti sulla utilità e necessità che
ognuno dica quello che pensa.
Catania 14 Gennaio 1932
Oggi il liceo ha ricordato, nelle singole classi, il fratello
di Mussolini, l’estinto Arnaldo. A me sarebbe toccato in 3ª
liceale. Il ginnasio commemorò ieri. Colla scusa di non conoscere bene la figura dell’estinto riuscii facilmente a convincere il Preside di esentarmene: due giovani che formano
la 3ª si recarono in 2ª a sentire parlare di questo socio della
banda nelle cui mani rapacissime è stata affidata l’Italia. Il
professore di storia e filosofia, che ha parlato in 2ª, un fascista dell’indomani della marcia di Roma, è stato di una
brevità esemplare; i giovani di 3ª rientrarono in classe dopo 15 minuti, io li attendevo nell’aula non avendo neppure
voluto udire le pietose menzogne dovute mettere fuori dal
collega disgraziato.
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CARMELO SALANITRO
Catania 11 febbraio 1932
Oggi festa civile per ricordare che tre anni come oggi il
Prete, Pio XI, e il Birro, Mussolini, si accordarono insieme
per opprimere e martoriare la misera Nazione. Molte bandiere agli uffici e in parecchi edifici privati, ma, se si potesse parlare, si alzerebbe da tutti un tale formidabile grido di
condanna e di riprovazione da raggiungere il Prete nella
più remota delle innumerevoli stanze del palazzo Vaticano,
dove a quest’ora si conta i miliardi avuti dal Birro, sudore
e sangue del Popolo, in premio di aver messo a sua disposizione quel resto di influenza morale che gli rimane sulle
turbe degli affamati e ignoranti, cittadini una volta, ora servi. In questi giorni scambio di cortesie fra Vaticano e Governo; il Prete Pio XI ha mandato onorificenze agli uomini
più infami del Regime Fascista, come De Vecchi, De Bono,
ecc. le cui mani ancora non sono deterse delle macchie e
del sangue innocente sparso. Oggi pure il Birro si recherà
a far visita al Prete Pio; e così un uomo che ispira odio nel
seno di quaranta milioni di Italiani e infamia in tutto il
mondo civile, respinto da tutti gli Stati più potenti e più liberi, riceverà l’amplesso prezzolato di quello che si ingiuria vicario di Cristo e alter Deus.
Adrano 19 febbraio 1932
Fatto nuovo e sintomatico negli annali della suprema
acquiescenza di usi da nove anni consolidati, sublime esempio agli impiegati statali in generale, e professori d’ogni or-
PAGINE DAL DIARIO
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dine in specie. Al Preside e a vari professori, Salomone,
Puglisi, Sgroi, tesserati fascisti arriva il Bollettino dell’Associazione Fascista della Scuola, segnato del prezzo di lire
cinque. Viene respinto al mittente da tutti e quattro. Oggi
questo si chiama audacia; mi ha fatto meraviglia il Preside, che abbia avuto tanto coraggio, lui che ha sempre parlato pro Fascismo, ha ricoperto cariche direttoriali, è fiduciario di non so che; anche Sgroi occupa qualche carica e
l’anno passato faceva le prediche fasciste agli studenti. Che
il dispotismo non si comincia a temere più? o che si comincia a sentire l’odore di novità e a scorgere il principio
dello sfacelo?
Catania 6 marzo 1932
Oggi alle undici antimeridiane mi sono recato a rendere omaggio riverente alla statua di Felice Cavallotti che
sorge nella villa Bellini e forse vi starà ancora per poco;
perché, si dice, che dovrà essere rimossa per essere fusa e
destinata ad immortalare materialmente dei morti, mentre
Cavallotti è vivo sempre nel petto dei liberi e degli onesti e
tanto più oggi che si è alla vigilia di recargli ingiuria. Sono
passato dinanzi al monumento del Campione e Bardo delle
classi umili dei lavoratori col capo coperto e lo sguardo fiero e commosso rivolto al Grande. Un carabiniere era a pochi passi, di guardia, un altro un po’ più discosto, altre
guardie, in borghese, sedute dinanzi e sulla soglia di una
casetta che serve ai guardiani della villa. Il primo carabiniere vide e notò il mio atto: non mi si disse nulla. Sono
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CARMELO SALANITRO
passato oltre col cuore gonfio e l’animo soddisfatto e il petto pieno di fierezza. Altro non si può a questi odiatori di
despoti che rendere muto e eloquente tributo di stima. Ma
che forza di governo è questa che mette guardie ai morti
dei quali ha paura?
Adrano 18 Marzo 1932
Appena poche settimane fa mi è stato possibile conoscere i nomi dei pochissimi professori universitari che coraggiosamente e nobilmente si rifiutarono di prestare giuramento allo Stato cioè al brigantaggio fascista. Su 2118
insegnanti ufficiali e liberi docenti appena 12 furono liberi e forti; ne trascrivo i nomi; i più sono illustri personalità che onorano e ornano il sapere. R. Università di Roma:
sac. Ernesto Bonaiuti, Storia del Cristianesimo, Gaetano
De Sanctis, Storia Greca, Giorgio Levi della Vida, Ebraico e Lingue semitiche comparate, senatore Vito Volterra,
Fisica Matematica. R. Università di Torino: senatore Francesco Ruffini, Diritto ecclesiastico; Mario Carrara, Medicina legale; Lionello Venturi, Storia dell’arte medioevale
e moderna. R. Università Milano: Martinetti Piero, Filosofia; Luzzatto Fabio, libero docente di Diritto civile. R.
Università di Pavia: Giorgio Errera, Chimica inorganica. R.
Università di Bologna: Bartolo Nigrisoli, Clinica Chirurgica, medicina operatoria e semeiotica. R. Università di
Perugia, Edoardo Ruffini, Storia del diritto italiano. Gloria sempiterna a posteris tribuenda est his fortissimis atque
doctissimis.
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Adrano, 19 Aprile 1932 - martedì
Domenica sera a Catania, alle ore 19, fu tenuto un comizio fascista nella Piazza degli Studi annunziato con numerosi manifesti. Gli intervenuti al comizio non superavano il migliaio; tra di essi un centinaio di militi fascisti e
molti poliziotti in borghese. Parlò il cosiddetto onorevole
Bolzon per una ventina di minuti, disse le solite e annoianti
cose: che Mussolini lavora moltissimo, che il popolo Italiano è molto paziente, che il segretario federale di Catania
Vagliasindi è un’ottima persona (curioso che i Catanesi dovevano sentirselo dire da un forestiero che forse lo conosce
ora la prima volta), che Catania fece il suo dovere nella ultima guerra, che sicuramente farà il resto nella prossima,
che il momento è aspro e crudo, che l’inverno è stato tremendo. Pareva l’elogio funebre del Fascismo; nessuno applaudì, nessuno alzò la mano in aria, né gridò i soliti alalà.
Tutti sorridevano ironicamente o motteggiavano: l’effetto è
stato disastroso; il silenzio degli intervenuti interamente
muti o ostili gravemente ammonitore. Stamattina alle cantonate di Adrano i soliti manifesti inneggianti al Re, al Duce e all’Italia, mentre la folla per le vie si lamenta ad alta
voce delle enormi e frequenti tasse e contribuzioni cui è
costretta. L’aria è mutata; ognuno parla liberamente esprimendo la sua avversione a un Governo che è piuttosto una
banda di briganti.
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CARMELO SALANITRO
Adrano 20 IV 1932 mercoledì
Oggi il Preside del mio Istituto, giusta una circolare riservata del provveditore di Palermo certo ottemperante a
ordini ministeriali superiori, mi ha invitato a iscrivermi nelle file del P.N.F. Egli mi ha voluto leggere la circolare stessa: era scritta in do minore, dispensava dalle firme di due
fascisti presentatori e garanti, assicurava la presa in considerazione della domanda, dando per certa l’ammissione.
Io ho risposto che non sentivo il bisogno di iscrivermi; perché mi bastava di essere uomo e italiano, né ritenevo necessario aggiungere quest’altro epiteto di fascista per me
superfluo. È strano che un governo e un Partito che si dicono fortissimi e hanno tutti i poteri legali e illegali nelle
loro mani piatiscano la carità di una dichiarazione d’adesione al Partito Fascista. Semmai dovremmo essere quelli
che restiamo fuori a mendicare l’onore d’esservi ammessi.
Catania, 24 Aprile 1932 Domenica
Il fiasco di domenica scorsa al grande raduno fascista
non è sfuggito a nessuno; ed è tanto più significativo in
quanto attorno all’oratore, che non fu il Bolzon, come fu
annunziato dai giornali, ma un altro cosiddetto onorevole
G. Battista Madia, stavano compunti e vibranti di fede
S.E. il Prefetto, S.E. il Commissario al Comune, il Preside
della Provincia, il segretario federale, il colonnello del Presidio, S.E. il Procuratore generale, il Presidente della Corte d’appello, l’onorevole Zingali, ecc. ecc. Eppure Catania
PAGINE DAL DIARIO
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non si commosse e fu significativamente assente e non commossero i pochi presenti nella Piazza degli Studi, i quali rimasero muti e freddi. Eppure il resoconto fatto nel locale
quotidiano Popolo di Sicilia, parlava di larghe ondate di
popolo, di vibrante fede, di entusiasmo delirante. Miserabili imbroglioni! degni del grande Ciarlatano.
Adrano, 30-V-1932
A documentare l’ibrido e infausto connubio fra il clericalume immorale e ignorante e il Fascismo oppressivo e
brigantesco, trascrivo da un foglio della menzogna quotidiana, Il Popolo di Sicilia del 17-V-1932 la seguente frase
tolta da una colonna dove si faceva il resoconto di una lunga parata teatrale di forze del fanatismo e della superstizione, intitolata Processione Eucaristica, avvenuta il 15 maggio: «A voce alta si pregò per il Papa, per il Re, per la Patria»; il Papa è quello che in momenti finanziari tristi e tra
la fame generale, si è beccato circa due miliardi, il Re è il
complice di Mussolini nell’opprimere e tiranneggiare la
Nazione, la Patria è quest’accolta di ladri e di assassini in
uniforme che da dieci anni ci dissangua, ci punge e ci toglie il respiro.
Catania, 6 VI 1932
Ieri sera, per la cosiddetta festa dello Statuto, al giardino Bellini grandissima folla per sentirvi il concerto musica-
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CARMELO SALANITRO
le. Furono sonati, prima dell’esecuzione del programma, i
vari inni governativi e guerreschi. L’accoglienza della folla
da quindici a ventimila persone, fu questa: l’inno di Garibaldi, suonato a richiesta, ebbe moltissimi applausi; l’inno
del Piave ebbe molti applausi; la marcia reale pochi e scarsi applausi, l’inno fascista non fu applaudito neppure da
un monello: un silenzio glaciale e assoluto regnava nel
grande spiazzo della villa, mentre squillavano le note dell’inno del banditismo reazionario e patriottardo. Tutti nei
crocchi commentavano con soddisfazione il fatto. Catania
si è comportata bene!
Nota del giorno 8-VI. Tuttavia con la solita impudenza, uno degli organi della menzogna governativa il Popolo di Sicilia nel numero del 7 Giugno ha potuto scrivere
così: la sera il suono degli inni patriottici e fascisti è stato salutato al Giardino Bellini dalle acclamazioni della cittadinanza!!
Adrano 6-VI-1932, sera
Arrivo alle otto circa di sera da Catania, lungo la strada
odo festoso scampanio e prolungato; da qualche frase che
colgo a volo passando, capisco che c’è stato qualche nuovo
attentato concepito o posto in atto, ma scoperto ovvero andato a vuoto.
Arrivato in piazza illuminazione straordinaria e animazione per le vie. So che è stato scoperto un uomo con bomba e rivoltella che avrebbe voluto liberare la Nazione troncando il vivere del signor Mussolini. Verso le nove circa
PAGINE DAL DIARIO
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vedo passare di sotto i balconi, in piazza San Pietro, il corteo che festeggia lo scampato pericolo del cosiddetto Duce. Prima una decina di bambini e di monelli, con dei fogli
di giornali recanti l’effige del mostro, poi la banda, poi le
bandiere dei sodalizi e in ultimo una ventina di persone, a
dire molto, tutti impiegati locali o statali. Facevano pietà!
In piazza Umberto I tre oratori spiegarono quale fortuna è
riservata all’Italia dinanzi a una folla di curiosi ostili e scontenti. Il Preside del Liceo, Vincenzo Castaldo, che di questi attentati ne vorrebbe uno al giorno per avere l’occasione di dire le solite cose, il commendatore Moltalto, asso piglia tutto, e un imbecille S. B*. Brutta impressione ha fatto
il suono delle campane a distesa; non potrebbero i preti fare al loro Dio servizio peggiore di questo: metterlo a proteggere un individuo che è aborrito da milioni di persone.
Giuseppina Geraci, moglie di Carmelo Salanitro, con il figlio Nicola e la nuora Maria Scavuzzo nel giorno delle loro nozze (Catania, 22 dicembre 1956).
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APPENDICE
Lettera del preside del Liceo-Ginnasio di Adernò
al Provveditore agli studi di Palermo
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Carmelo Salanitro, fotografato dalla polizia nel
carcere fascista prima di essere consegnato ai
nazisti (Archivio Centrale dello Stato - Roma).
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Al Provveditore agli studi di Palermo
Adernò, 30 ottobre 1924
Oggetto: Prof. Salanitro Carmelo*
In risposta alla nota contro segnata mi consenta la S.V.
di riscontrare che il Prof. Salanitro Carmelo, straordinario
di materie letterarie nel Ginnasio Superiore [è stato] assunto in servizio presso questo istituto, fin dal giorno 22
corr. con comunicazione alla S.V. con nota corr. N. 50.
Non posso pertanto nascondere che il ritorno del suddetto insegnante in questo stesso Istituto donde, due anni
sono appena – supplente egli, allora – le risultanze di una
poderosa inchiesta – compiuta dal prof. Gessi – lo costrinsero ad allontanarsi, negandogli il diritto di chiedere e ottener più supplenze presso questo Istituto, è stato appreso
con vivo stupore e malcontento da questa cittadinanza.
Giacché il Salanitro – come Ella, forse, non saprà – sia
quindi uno dei più accesi capi del partito popolare qui
[…] abbia, […] e consigliere provinciale, per giunta, si
* Archivio del Provveditorato di Catania, fascicolo personale Salanitro
Carmelo. Le mancanze tra parentesi quadre indicano parole illegibili nel testo originale. Si ringrazia il prof. Pietro Scalisi.
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APPENDICE
trovò invischiato – nell’anno scolastico 1921-22 – in una
lotta terribilmente accanita contro altri professori dello
stesso Istituto militanti […] trovò il suo epilogo in tribunale, da cui varie persone del partito popolare vennero condannate, per denigrazione ed altro simile, ad un anno di
reclusione e al pagamento di tutte le spese processuali ec.
Il Prof. Salanitro, per suo conto, e qualche altro insegnante
furono costretti ad esulare da questa sede per esercitare
l’insegnamento in un istituto governativo. Intanto ottenuta, testé, il Salanitro, la nomina di professore straordinario,
non s’è peritato – mutando con tutta facilità casacca politica – di rivolgersi a non so quale persona influente del Fascio di Catania, per farsi trasferire dal ginnasio di Leonforte – dov’era stato assegnato in un primo momento dal superiore Ministero – a questo di Adernò, suo luogo natio.
Ora io che appena giunto qui non mancai – come Le
dissi nella prima mia riservata del giorno 9 corr. N. 11 –
d’informarmi minutamente di tutto il torbido della passata
vita scolastica di questo Istituto, allo scopo di apprestare
più prontamente ed efficacemente i mezzi atti a riformarlo,
ero riuscito bene a sapere anche di questi sovvertimenti
politico-scolastici del prof. Salanitro; nessuna meraviglia,
quindi, che io stesso rimanessi sorpreso nel vedermi comparire innanzi quest’ultimo, il giorno 17 del corr. mese,
con un telegramma ministeriale con il quale gli si autorizzava il suo trasferimento dal Ginnasio di Leonforte a questo di Adernò. Vinto da un certo dubbio telegrafai immediatamente al Superiore Ministero per chiedergli la conferma ufficiale di tale trasferimento, ma non ebbi per più
giorni – e nemmeno fino ad oggi – risposta alcuna. Mi de-
APPENDICE
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cisi, allora, a rivolgermi alla S.V. – fu il giorno 21 corr. –
per tale conferma che mi giunse appunto ieri.
Intanto non volli mancare – prima di assumere in servizio il Salanitro – di apprendergli che io non ignoravo il suo
passato politico-scolastico e avvertirlo, di conseguenza,
che, al primo accorgermi di un possibile risveglio della sua
antica passione, comunque camuffata o altrimenti incanalata, l’avrei immediatamente sospeso dall’ufficio, informandone all’istante la S.V. Mi assicurò che […] non sarebbe
accaduto in nessun modo ed io sono fortemente convinto
della sincerità di tale sua promessa ma, intanto, sta di fatto
che se il passato, per lui, è veramente dimenticato, non
può dirsi altrettanto però nei riguardi della cittadinanza e
della scolaresca, la quale – come mi assicurava ieri confidenzialmente e in linea riservata il Sindaco di questa Città
– vien segretamente apparecchiando ed organizzando una
dimostrazione ostile al prof. Salanitro, e tramando, per
giunta, il proposito di far disertare agli alunni della sua
classe le sue lezioni: cosa, come ben intende la S.V., non
poco grave. Vero è che io mi affrettai a far notare al sindaco le dolorose conseguenze per la scolaresca, non esclusa
la chiusura dell’istituto e la perdita dell’anno per gli alunni
più colpevoli, ma quegli non seppe che confermarmi quel
proposito, dato che egli stesso, invano avendo tentato di
persuadere i giovani – che si erano recati da lui poiché intervenisse a far rimandare altrove il Salanitro – a rimanere
tranquilli e fiduciosi.
Ora non è da dubitare che, per mio conto, veglierò e
veglierò come meglio non si potrebbe in simili casi, ma
certo l’evento si profila minaccioso perché, fra altro, la cit-
76
APPENDICE
tadinanza è molto seccata da tal fatto – come mi assicurò
lo stesso Sindaco – che il Salanitro sia riuscito a carpire la
buona fede non solo di quel tale personaggio del Fascio
che lo ha raccomandato al Ministero, ma quella di quest’ultimo stesso che parrebbe di aver trasferito il suddetto
professore senza sapere, o senza ricordare i precedenti di
quest’ultimo.
In ogni modo, sarebbe per me non poco rincrescioso e
fortemente doloroso se tutte le mie fatiche e sagaci accorgimenti spesi fin qui per suscitare nell’animo degli alunni
il necessario rispetto per la Scuola e la più piena obbedienza alle leggi che la governano, oltre che a far nascere in essi
la fiducia e la stima per gli insegnati – cosa del tutto ignorata da essi per lo innanzi – dovessero, d’un tratto svanire
come molecole al vento, per errore di non so chi. E dire
che io non mancai anche – nella stessa mia riservata del 9
corr. – di avvertire il Superiore Ministero del malumore, e
ira e odio – secondo i casi – da parte della cittadinanza ed
alunni, contro gli insegnanti di questa città, voglio dire autoctoni.
Perciò anche io non ho mancato, per mio conto in occasione della scelta dei supplenti, per questo nuovo anno
scolastico, di evitare – fin dove è stato possibile – insegnanti del luogo ed anche in qualche modo compromessi,
per passata esperienza, agli occhi della cittadinanza. E son
riuscito a mutarne ben quattro. E credo di essere stato anche felice nella scelta, perché ogni apprensione e preoccupazione negli animi degli alunni e dei rispettivi genitori era
già svanita, e in tutti era tornata, per giunta, la fiducia e il
compiacimento per […] del governo […] e per l’afferma-
77
APPENDICE
zione della volontà della legge della legge. È capitato, d’un
tratto, il ritorno del prof. Salanitro ad […] l’orizzonte morale di questi Istituto.
Io ho creduto di informare sollecitamente la S.V. affinché, informandosi, a sua volta il Superiore Ministro, questo possa – se crederà – provvedere a tempo, e nel modo
che meglio crederà. Per mio conto – le ripeto – vigilerò e
spiegherò tutta la mia autorità ed energia affinché nulla di
quanto si va segretamente macchinando avvenga, o che almeno possa ridursi alla sterile forma di un mancato tentativo di sedizione a dir poco.
Con tutta stima
Il Preside
Pasquale Gatti
La «scalinata della morte» nella cava di pietra a Mauthausen,
dove i deportati venivano sottoposti ai lavori forzati.
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Indice
Il lungo viaggio di Carmelo Salanitro
attraverso il fascismo
1) Il Diario ritrovato
2) Sentimenti religiosi, appartenenze politiche
e mobilità sociale
3) Nel Partito Popolare
4) Le élites paesane e la riforma Gentile
5) Per la laicità della politica
6) I popolari davanti al clerico-fascismo
7) Davanti alla guerra
8) Nei campi di sterminio
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Pagine dal Diario
28 ottobre 1931 - 6 giugno 1932
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Appendice
Lettera del preside del Liceo-Ginnasio di Adernò
Al Provveditore agli studi di Palermo
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71
p.
80
FINITO DI STAMPARE
NELLA TIPOGRAFIA A. & G. DI LUCIA AMARA, TEL. 095 7315352
IN CATANIA NEL MESE DI APRILE 2005
PER CONTO DELLA
COOPERATIVA UNIVERSITARIA EDITRICE
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COMPOSIZIONE E PELLICOLE:
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Salanitro, Pagine dal diario(1).