Campo de fiori
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Fabrica di Roma e
Ilpalio di San Matteo
di Doriano Pedica
L’appunto è poco piu’ di una minuta
scrittura, qualche correzione, alcuni
spazi vuoti, ma vale tanto oro, infinitamente di piu’ di quanto pesa quel foglio
“A4” che ti puo’ capitare in mano.
Ordinati per anni, dal 1972 al 2003, vi
compaiono una serie di date e nomi,
solo a prima vista un po’ originali o
comunque particolari. Basta però essere
un poco esperti, oppure semplicemente
appassionati, per capire subito che si
tratta di nomi propri, senza cognomi, di
cavalli, di scuderie e di fantini.
Su quel foglio è ricostruita, nemmeno
tanto
faticosamente
da
Sandro
Alessandrini (il cuore del palio fabrichese), la storia di trent’anni del Palio di
S.Matteo, la stupenda corsa di cavalli al
fantino che si disputa a Fabrica da centocinquanta anni.
Non è questa l’occasione per dire degli
albori di questa corsa, rintracciabile però
negli annali del Comune, con editti e
manifesti che ne proclamavano la disputa.
Piuttosto è dare nota di una recente stagione che percorre sei lustri e che è
senza dubbio ricca di spunti e di aned-
doti che i piu’ grandi,ma anche gli adulti ed ancora i giovani hanno visto passare, chi intera chi per alcuni fotogrammi,
chi infine solo per pochi flash.
Comunque tutti i fabrichesi, con grande
partecipazione, hanno un importante
senso di attaccamento al loro Palio, che
prende il nome del Santo Patrono, il
quale, ieratico e barbuto, scrittore ed
esattore, sembra avere posa , in chiesa,
anche per tenere buona nota delle storie della corsa a lui dedicata.
Qualche anno (i piu’) , il Palio di
S.Matteo ha conosciuto momenti esaltanti,qualche volta ci sono state contestazioni, qualche volta anche baruffe ( e
chi scrive lo sa bene ,ricordando il suo
occhio nero), qualche volta ancora
manifestazioni plateali o nervosismi dei
fantini, quand’anche dei cavalli.
Ma questa è la vita di un palio, non è
una corsa tra gentleman inglesi su
erbetta morbida e verde, a Fabrica si
corre un palio su asfalto, una di quelle
straconosciute corse “di provincia” dove
ci si fa le ossa e bisogna avere abbondante “pelo sullo stomaco” per stare in
sella.
Sanguigna e verace, forte nelle emozioni e nervosa nel percorso, la corsa di
Fabrica ha avuto testimonial illustri , di
prima grandezza nel mondo delle corse
di questo tipo.
Scorrendo l’elenco tra le scuderie troviamo Altarocca, Settimi, Graziani,
Pennesi, Cifra, Cerbini, Pelliccioni,
Freddi, gente conosciuta per loro passione, che ha dato sempre tutto e con
grande vigore.
E tutti conoscono i nomi di Fiammetta,di
Gioioso,di Rissoso,Lena,Caracas o Gioco
d’azzardo, del grandissimo senese
Urbino, cavalli che con i loro ferri hanno
segnato l’asfalto fabrichese.
Ed
i
fantini,Ercolino,
Marasma,
Cianchino, Giuliano Graziani,Banana.
Tutti, anche quelli non citati, hanno
fatto tanto per rendere lustro ad un
palio che è piu’ che mai vivo, che ha
centocinquant’anni e piu’, ma che si
dimostra giovane e focoso come un
cavallo alla mossa.
Campo de fiori
ticate dentro un vaso di vetro
accanto alla TV.
Le favole inventate e riflesse
come un film nei loro occhi sgranati,... “Re gioioso e l’isola della
felicità”, “Gianni il cavallo giallo di
Federico” e le filastrocche “Zigo
Zago era un mago che andava
sempre al lago” …
Sandro Anselmi
Ho fatto una lunga camminata
sulla riva del mare con il mio piccolo Federico, ed ora ci riposiamo all’ombra di una vecchia
casamatta Tedesca della seconda guerra, testimone di quel
famoso, quanto mai cruento
sbarco di Anzio.
Da qui godiamo la vista di un
mare azzurro e calmo e, mentre
ricompongo le idee per quello
che poi andrò a scrivere, mi rammento del racconto che ieri ho
fatto a Cecilia della storia di
Angelita, mentre insieme cantavamo la vecchia canzone dei
Marcellos Ferials.
In un turbine di ricordi, riecheggiano nella mente le risa e gli
schiamazzi dei miei bambini felici in riva al mare, a questo stesso mare e vicini a questo residuo
bellico che era il nostro castello.
La ricerca di quelle conchiglie
speciali che ora giacciono dimen-
Ora sulla spiaggia alcuni papà
costruiscono castelli di sabbia,
altri ci si fanno coprire dai figlioli
divertiti, altri ancora gli insegnano a nuotare. Quanto amore può
avere un padre per i propri figli?
Quanti sacrifici in silenzio per
costruire il loro futuro?
Quante notti insonni per aspettare che da piccoli si addormentino e che poi, più grandi,
rientrino? Quante invocazioni
e quante preghiere per la loro
felicità?
Eppure tanti padri separati
vengono privati dei loro figli e
non hanno più il diritto di
godere dei loro sorrisi e di
dare loro tutto quell’amore
che è vitale per entrambi.
Altro che dura lex sed lex!
Dopo due anni di travaglio in
Commissione Giustizia, ho
appreso con soddisfazione
l’arrivo alle Camere della
nuova proposta di legge per
regolare l’affidamento congiunto dei figli ai genitori
separati.
Essi si dovranno rivolgere ad
un mediatore famigliare, o ad
uno psicologo, o ad un avvocato,
con il quale redigere un piano
educativo che conterrà, oltre la
regolamentazione del mantenimento, anche una linea di comportamento che dovranno presentare al Giudice. Con l’affidamento congiunto, anche i nonni
e gli zii potranno mantenere i
rapporti con i nipoti, che ne trarranno un sicuro, salutare giovamento. Questa sarà una legge
più giusta che restituirà pare
dignità a tanti poveri padri e farà
felici oltre un milione di bambini.
Senza nulla togliere alle brave
madri.
Sandro Anselmi
dal film - In viaggio con papà
3
Campo de
fiori
Periodico di Politica,
Cultura ed attualità edito
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D’Italia”
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Cangani.
Sull’articolo “Una rosa
per Anna” la foto che
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Campo de fiori
di Raniero Pedica
edicola
dei
S.S.
Martiri Marciano e
Giovanni inserita nel
muro del Palazzo
Feroldi de Rosa. La
recente ristrutturazione del palazzo ha
messo in evidenza le
particolari decorazioni
a rose rosse del cornicione che anticamente hanno dato il nome
alla via.
In Via Rosa N° 16, accanto alla lapide
posta a ricordo del breve soggiorno che
Civita Castellana ha offerto il 3 e 4 Luglio
1800 a Carlo Emanuele IV e Clotilde di
Savoia, sovrani esiliati dal Piemonte, c’è
una delle Edicole Votive cittadine dedicate
ai SS. Martiri Marciano e Giovanni, patroni
di Civita Castellana. Il prezioso reperto,
antica testimonianza locale di culto religioso e popolare è un bassorilievo inserito nel
muro del palazzo nobiliare di un’importante famiglia di Civita, i Feroldi De Rosa.
Alla base della scultura è ben visibile la
dedica SS. MARCIANO ET IOANNES M.M.
ed appena sopra, una raffinata cornice
scanalata racchiude la scena a minimo
rilievo dedicata ai nostri Santi patroni. S.
Marciano, a sinistra del bassorilievo stringe con la mano destra una palma.
Singolare ed efficace nell’atteggiamento
del Santo è il contrasto tra il barbuto viso,
rivolto in alto con lo sguardo verso un paffuto angelo che scende dal cielo e la posizione del braccio sinistro, abbassato e con
la mano aperta, che indica presumibilmente all’angelo stesso, il figlio Giovanni. Lo
scultore ha rappresentato S. Giovanni in
posizione frontale con i capelli lunghi ed
arricciati sino al collo. Le sue braccia sono
congiunte e nell’atteggiamento statico e
smarrito che l’artista scolpisce in questa
scena, è possibile intuire i repentini eventi
che hanno caratterizzato l’esistenza terrena del giovane martire: la morte per circostanze sconosciute, seguita da una
miracolosa quanto breve resurrezione
(appena il tempo d’essere battezzato) ed
infine il crudele martirio. Ai suoi piedi, in
basso al bassorilievo è visibile una palma
deposta in terra.
Appare più dinamica e d’effetto scenico in
quest’Edicola Votiva, l’azione del carnoso
angioletto che è raffigurato nell’atto del-
posizione dei piedi di S. Giovanni rispetto
all’atteggiamento frontale del viso, sono
l’esempio dell’indipendente visione prospettica e di volume che l’artista ha voluto
raffigurare in questa singolare edicola cittadina.
STORIA DEL MARTIRIO
l’incoronazione. La sua missione verso i
Martiri è compiuta ad ali completamente
aperte e seminascoste da due corone circolari tenute nelle mani. L’azione è rapida
e veloce, come si può notare nel gesto
dinamico dei piedini e dai vortici a V che
delimitano, ai lati, l’azione del messaggero
“Il prete Abbondio ed il Diacono
Abbondanzio, arrestati insieme con un
gruppo di cristiani, vennero dapprima
interrogati dall’imperatore Diocleziano, poi
dopo essere stati torturati, non ripudiarono
la loro religione e furono condannati a
morte. Condotti lungo la Via Flaminia, nei
pressi di Roma per essere martirizzati,
Divino. L’insieme dell’Edicola dona linee
architettoniche influenzate dall’arte barocca, espressione artistica del cambiamento
culturale iniziato nel XVII Sec. che ha
come riferimento il Cattolicesimo. In quest’opera, seppur minore, è possibile interpretare la libera e personale espressione
artistica dello scultore. L’evidente sproporzione tra la testa e le ali dell’angelo, che è
posto sopra il bassorilievo e la diversa
videro avvicinarsi Marciano, uomo nobilissimo, che accorato e piangente supplica
Abbondio e Abbondanzio di ridar vita a suo
figlio. In seguito Marciano porta al cospetto dei due cristiani, il corpo senza vita di
Giovanni, il quale per grazia Divina e intercessione di Abbondio e Abbondanzio, torna
subito in vita. La sua seconda esistenza fu
breve. Appena il tempo di essere battezzato insieme a suo padre con una ciotola
Campo de fiori
d’acqua, che Marciano stesso porge ad
Abbondio, ed i quattro uniti nel dolore del
martirio furono decapitati nei dintorni del
X miglio della Via Flaminia, il giorno 16
settembre, durante gli ultimi anni del ventennio del regno di Diocleziano e
Massimiano Ercole. Una matrona romana,
tal Teodora, si fa premura e carico di trasportare e seppellire i corpi senza vita dei
martiri, presso un suo terreno situato
presso Rignano Flaminio. Intorno all’anno
1000, per virtù dell’imperatore Ottone III,
furono ritrovati nei pressi della chiesa di S.
Teodora a Rignano Flaminio i corpi dei
Santi Abbondio e Abbondanzio. Il Vescovo
Crescenziano di Civita Castellana, nello
stesso luogo, durante una campagna di
scavi da lui ordinata, trova i Corpi dei
Martiri Marciano e Giovanni e li trasporta
con onore e tripudio popolare a Civita
Castellana. I funesti presagi e le paure che
tutti i cittadini di Civita temevano in occasione del primo millennio, ove si paventava persino la fine del mondo, furono scacciati e superati con la venerazione di SS.
Marciano e Giovanni, solennemente proclamati protettori di Civita Castellana.
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Campo de fiori
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Ronciglione
e
il
Roncio
d Oro
Tradizione e
cultura
Nei fine settimana estivi, le
vie rinascimentali di Ronciglione si riempiono di
gente che passeggiando ascolta un incessante e
rumoroso canto di motori. Caseggiati antichi
sono anneriti dal moderno fumo di automobili
che sfrecciano su un asfalto che sembra togliere quell’alone di antico che ancora questi edifici
conservano. Poco più in là in un luogo dove
ancora il fascino del passato scandisce la vita
cittadina, il ventuno agosto scorso altre melodie
armoniose hanno donato l’immortalità alle tradizioni del nostro paese. Dinnanzi alla prima
scuola di grammatica di Ronciglione, fatta
costruire dal Conte Everso Dell’Anguillara, in
una chiesa dove sono tangibili i segni evidenti
dell’incuria umana, esiste ancora un imponente
e affascinate campanile del XV secolo.
L’importanza storica di questo monumento è
ulteriormente valorizzata dall’essere il testimone
eterno di una manifestazione culturale che sta
vincendo la sua scommessa di resistere ai “
venditori d’incertezza”. Infatti, nel paese cimino
dove varie iniziative sono destinate a non arrivare oltre l’anno, si è svolta la premiazione dell’
XI edizione del Premio letterario nazionale “
Roncio D’Oro” a cui hanno preso parte persone
di ogni età e provenienti da più parti della
nostra penisola. Alla presenza del Sindaco
Giancarlo Bianchini, degli assessori Nadia
Ruggeri e Alfonso Pensosi e del professor
Quirino Galli che con Francesco Maria D’Orazi
sono intervenuti sull’importanza del dialetto sia
scritto che parlato, contadini e artigiani si sono
riscoperti poeti e narratori ed hanno saputo
emozionare il numeroso pubblico che fino alla
fine ha regalato applausi sia agli scrittori che
agli organizzatori. Questa iniziativa è stata promossa dal Centro Ricerche e Studi di
Ronciglione con il contributo del Comune di
Ronciglione, della Provincia di Viterbo, della
Regione Lazio e con il sostegno immancabile
della Banca di Credito Cooperativo di
Ronciglione rappresentata dal suo Presidente
Giuseppe Ginnasi. L’evento abilmente realizzato
da Silvano Boldrini, Maria Cangani con l’aiuto di
Flaviano Feliciano Fabbri ha cinto di alloro i suoi
vincitori con premi offerti dall’Associazione
Mariangela Virgili, dalla Pro Loco, dalla
Comunità Montana a da altre associazioni ronciglionesi. Per la sezione C inerente alle opere in
poesia e prosa di bambini c’e’ stata una menzione speciale per Francesco Precetti di
Corchiano mentre il Roncio d’argento è stato
attribuito ex aequo a Roberta Antuono di
Ronciglione per una deliziosa poesia intitolata “
Angela, mia madre” e Donatella De Spirito di
Viterbo che ha teneramente emozionato con l’opera “ Il Mondo visto attraverso due fari”.
Roncio d’oro a Selene Rita Gangitano di
Caltanissetta con la poesia “ Voglia di vivere”.
Per la sezione B riguardante le opere in poesia
e in prosa in lingua italiana, menzione speciale
al poeta ronciglionese Bruno Fiata, Roncio d’argento a Giuseppe De Angelis che con la sua
commozione ha scosso la pelle del pubblico che
con un lunghissimo applauso ha sottolineato la
bravura di un uomo che si è riscoperto poeta
per caso. Roncio d’oro alla bravissima Tania
Pifferi per la poesia “Ricordi”. Nella sezione A,
dove hanno trovato spazio le opere di poesia e
prosa in dialetto,una menzione speciale è stata
attribuita alle esilaranti opere di Fabio Moretti,
Rosanna Brugnoli e Quinto Chiricozzi. Roncio
d’argento a Preziosa Vettori ed infine Roncio
d’oro ad Erminio Quadraroli con l’opera “
Quadretto Roncionese. ‘E chiacchiere ‘ggiù ppe’
‘vvorgo”. Dopo tanta emozione regalata dalla
nostra lingua “madre”, il dialetto ha portato
molta allegria divertendo un pubblico mai stanco di esternare la propria approvazione verso
questa manifestazione che sta vincendo la sua
scommessa di durare nel tempo. Le opere in
lingua italiana sono state abilmente lette dall’attore Armando Cianchella che doveva essere
affiancato dall’attrice Francesca Sciamanna purtroppo assente perché impegnata in una prima
teatrale. I prodotti di un dialetto in mutazione
ma immortale nelle sue forme originarie sono
stati interpretati con simpatia e professionalità
da Mario Palozzi e dagli stessi autori che hanno
dispensato sorrisi in mezzo alle altre personalità presenti. Tra di loro ricordiamo Marcello
Sangiorgi, Caterina Pierini, Italo Leali e Massimo
Sangiorni. L’ampia partecipazione di illustri rappresentati di Ronciglione mantiene viva la speranza che questa manifestazione prosegua negli
anni donando a tutti la consapevolezza che l’undicesimo anno sia ancora l’inizio di una inarrestabile scalata al successo.
po’ di refrigerio fuori delle mura
domestiche. Gli anziani, che si
danno appuntamento in questi
affascinanti luoghi, hanno l’abitudine di incontrarsi per mantenere
viva una piacevole consuetudine:
le “chiacchiere”. Calpestando
quel selciato antico, nasce un
racconto con lo scopo di non far
dimenticare una tradizione che in
altri paesi si è spenta con la
scomparsa delle ultime “ragazze
“ d’inizio novecento. E poi…un
invito con scritto: Complimenti lei
è nella rosa dei premiati.
Contiamo sulla sua gradita presenza. Prende il via così una piacevole attesa proprio là, seduto
all’ultimo posto di una chiesa oramai ridotta alla rovina. L’ombra di
un campanile, unico testimone delle barbarie
umane contro quel luogo sacro, si mescola con
un leggero vento che a tratti sfiora la pelle regalando un fresco tanto desiderato. Accomodati
su quella sedia si è percorsi da intensi brividi
forse dovuti a quella brezza che porta con se
sospiri e respiri densi d’emozione. Come la
rugiada che scendendo piega i boccioli delle
rose quasi dominandole, così il capo si china
sotto un simpatico e veloce scorrere di nomi e
racconti nell’attesa che giunga il proprio turno.
Ci si sente come un tenero fiore in balia di quel
leggero vento che…a momenti soffia tra le orecchie dolcemente e in altri si gonfia di sincera
commozione per una premiazione ad un concorso nazionale. Partecipa indirettamente anche
lui con il suo gradevole alito, paragonabile a
tenere dita di chi attende con il cuore pieno
d’orgoglio, accarezzando i capelli di bambini
premiati per racconti bellissimi e di uomini e
donne che raccontano le loro passioni. Tra i
dardi del sole e le lance della calura esso fa
risuonare i nomi di un podio che pian piano si
sta riempiendo. Inizia il conto alla rovescia. Un
soffio più forte porta con se un delicato profumo di fiori e di allori. Tra le sue braccia salgono
verso il cielo deliziosi racconti che si spargono
tra le vie strette del borgo. Ma, ad un
tratto….tutto tace. Quel tenero vento sembra
svanito…tutto è annullato. Non si ode più nessun rumore e non si assaporano più gli odori
dolci dell’estate. Gli occhi si gonfiano, a stento
si trattengono delle lacrime che celano grandi
emozioni e poi un pensiero: “ Occe! Ho vénto
io…”
Occe! Ho vénto io…
(espressione dialettale)
Tutto ha inizio con una banale, almeno all’apparenza, passeggiata attraverso i borghi medievali di Ronciglione, in uno di quei giorni in cui la
calura estiva costringe le persone a trovare un
continua a pag. 46
foto Stefano Ioncoli
Approfittando dello spazio
offertomi dal Direttore,
porgo i miei più sentiti ringraziamenti alla giuria del
“Roncio D’Oro” che ha
saputo donarmi innumerevoli e deliziose emozioni.
Vorrei inoltre esprimere la
mia gratitudine nei confronti di chi ha espresso il
suo apprezzamento per il
mio racconto. Ancora grazie di cuore a tutti.
Erminio
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Campo de fiori
L oggetto misterioso
Vi invitiamo ad indovinare l’oggetto misterioso riprodotto
nella foto sotto.
I primi cinque che lo identificheranno e ne daranno comunicazione in redazione, avranno diritto a ricevere un premio
offerto dalla Profumeria Paolo e Concetta:
01033 Civita Castellana (VT)
Via Falisca, 89 Tel. 0761.598182
Fax 0761.591579
P.za Matteotti, 16 Tel. 0761.518145
Campo de
r
e
Bl
fiori
C’era una volta la mietitura...
Ore, minuti , secondi …così è suddivisa la corsa giornaliera di ognuno di noi
alla ricerca di non si sa bene quale
mito . Un tempo invece tutti i ritmi
erano legati alla durata solare della
giornata e le notti al mutare della
posizione delle stelle e lo scorrere
del tempo era per questo più lento .
Quasi tutto dipendeva dalla generosità della natura e dalla fatica e dalla
tenacia dell’uomo che cercava di trarne il meglio , una vita dura ( e per la
maggior parte di noi , compresa la
sottoscritta nemmeno lontanamente
concepibile , troppo abituati alle
comodità ) , ma che forse dava per
molte delle persone del tempo un
senso di fiducia nella vita . Quasi
senza doverle chiedere nient’altro di
più; scandita da vita e morte , godendo della genuinità non solo dei cibi ,
ma anche , e cosa più importante per
la sopravvivenza , dei rapporti umani.
Alla realizzazione del film – documentario, girato a Luglio di quest’anno in
occasione della prima festa della mietitura e che verrà proiettato a Blera
il 12 Settembre, hanno collaborato
Roberto Curreli come regista e operatore , Katia Stefani come aiuto
regista e Roberto Moscioni come
secondo operatore e fonico.
La richiesta dell’ Università di
Agraria di Blera di poter avere un filmato a scopo soprattutto di documentazione a futura memoria della
mietitura come veniva fatta prima
della meccanizzazione è stata accolta
con entusiasmo.
Con l’occasione
abbiamo imparato molte cose a noi
sconosciute, abbiamo visto dei mezzi
agricoli oramai desueti e, soprattutto, abbiamo imparato che le persone
che oggi sono “grandi “hanno mante-
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di Katia Stefani
nuto un’energia e una voglia di vivere , che traspare dai loro gesti e
dalle loro parole e un disperato
desiderio che tutto ciò non venga
dimenticato , che tutta una vita di
duro lavoro non venga sottovalutata
. Non voglio fare con ciò un discorso
del tipo “ ahh prima si viveva meglio
“ o “quando si stava peggio si stava
meglio “ , ecc. ma una volta in più
penso sia bene ricordare che la storia debba insegnare . Questa è la
storia di un gruppo di contadini, oggi
in pensione, che un tempo mietevano
con il solo uso di un falcetto ,erano
divisi in compagnie , partivano verso
le due le tre di notte per raggiungere i campi, i più fortunati con il carretto gli altri a piedi, verso le nove
facevano una colazione a base di
maritozzo e vino o acqua e poi una
alternanza di lavoro e riposo fino a
sera … Allora, che il potere di queste immagini possa riavvicinare i
giovani a qualcosa di completamente
estraneo a loro ma che non è finzione e, ricordando che questa storia è
simile a molte realtà del nostro
paese, invito tutti alla visione di
questo filmato .
Campo de fiori
14 Giugno 1992 - festa dei 50 anni della classe 1942 - foto data dalla Sig.ra Vincenza Cipriani
Nelle domeniche estive, in quelle mattinate afose
in cui non si riesce a riposare, solo un pensiero
passa per la mente di ognuno: fuggire dalle abitazioni infuocate per recarsi al mare. Sul fare del
giorno con gli occhi ancora sigillati dal sonno, iniziano i preparativi. Poi si parte verso località dove
un leggero venticello può donare quel refrigerio
tanto osannato. Si arriva sulla spiaggia e dopo
essersi cosparsi con lozioni abbronzanti dagli
innumerevoli odori si fa un bel tuffo. C’è chi gioca
a carte e chi a racchettoni. Qualcuno decide di
non farsi baciare solo dal sole e si rinfresca con i
dolci baci del partner. Sopraggiungono le sei del
pomeriggio e arriva il momento delle partenze
intelligenti. Si raccolgono tutti gli oggetti che si
sono sparsi qua e là per la spiaggia e con la propria automobile si torna verso casa. Inizia la marcia e…appena si svolta la curva, su un rettilineo di
qualche chilometro, si vede una fila interminabile.
Macchine ferme in coda che hanno ben pensato di
fare anche loro la partenza intelligente. In quest’enorme serpentone variopinto accadono cose
che altrove non si potrebbero nemmeno immaginare. Nascono nuovi amori tra persone che comu-
nicano tramite specchietto retrovisore. Qualcuno scende dalla propria vettura e allungando il collo cerca di
capire cosa è successo. I più fortunati sono sigillati nella propria macchina
e si godono l’aria condizionata. La
maggior parte, con i finestrini aperti,
ha la fronte lucida per il caldo e cerca
di catturare con il viso un’aria quasi
impercettibile che con il passare dei
minuti si carica sempre di più di smog
nauseabondo. Il tempo scorre e la
schiena rossa per il troppo sole preso,
inizia a regalare i primi dolori mentre
le palpebre stanche accennano una
timida chiusura. Da lontano, guardando indietro, si vedono macchine che
cercano di creare una doppia fila, così
almeno l’ingorgo sarà completo. Con
sguardo beffardo passano vicino a chi è ancora
immobile, ma dopo pochi metri anche loro sono
costretti a dire stop alla loro bravata. Nascono così
vivaci discussioni mentre qualcuno più avanti
cerca di avviare assurdi dialoghi con le mucche
che guardano questi teatrini con indifferenza. Poi,
dopo qualche ora sotto il sole accecante del tardo
pomeriggio, con il braccio che sporge dal finestrino oramai ustionato, inizia un lento movimento.
C’è chi si saluta, chi si lascia il numero di telefono
per terminare via cellulare un discorso che non si
è fatto in tempo a finire. Alcuni si danno direttamente appuntamento alla settimana prossima,
perché già sanno che fino alla fine dell’estate sarà
sempre una replica dello stesso copione. In questa fila intelligente c’e’ posto per tutti, anche per
coloro che, in questa sfilata ordinata di lamiere,
hanno fatto vere e proprie saune mentre di fuori
risuonavano i clacson e gli aromi della campagna
si confondevano con il forte smog. Ma ora è tutto
finito. Con un sospiro di sollievo si ritorna verso
casa, contenti per il lavoro che l’indomani si rivivrà con più tranquillità pensando di nuovo all’estenuante bagno di smog e sudore.
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Campo de fiori
Come eravamo
Civita Castellana
‘A FESTA DE
SAN GIOVANNI E
MARCIANO
di Alessandro Soli
Infine alla sera, tardi, le festività terminavano co’ i fochi, che
venivano lanciati dal Castellaccio, tutti con la testa in sù a
guardare lo spettacolo pirotecnico, che allora, vedevi una
volta all’anno, ma che riusciva
sempre ad emozionarti.
Spero con queste pennellate di
aver anch’io emozionato qualcuno di voi, sappiate che a me
succede spesso, quando scrivo
gli articoli del Come Eravamo.
evviva ‘e pistole
a schizzo co’ e
pallette
de pezza piene
de segatura
Era, ed è, una festa, per dirla
alla civitonica , ricordatora,
perché
tutti, specialmente noi ragazzi,
l’aspettavamo con impazienza.
I tre giorni di Settembre erano
tradizionalmente
strutturati
come segue: il 16 Festa dei
Patroni
Giovanni
e
Marciano, il 17 la grandiosa
Fiera di Merci e Bestiame, il
18 era il giorno della
Cresima.
Per noi la festa cominciava
qualche giorno prima quando
arrivavano in Piazza Matteotti le
bancarelle, piene di giocattoli
multicolori. Tra tutto quel ben di
Dio noi ragazzi (eravamo negli
anni 50/60) eravamo attratti
principalmente da due oggetti:
le pistole ad acqua (‘e pistole
a schizzo, e le pallette di
pezza piene di segatura,
legate ad un elastico piatto).
Con le prime ingaggiavamo
delle vere e proprie battaglie,
che a differenza delle vecchie
fionde, lasciavano sul nostro
corpo quale segno tangibile,
delle grondanti “fracicate”, a
proposito il rifornimento munizioni veniva fatto direttamente
nella fontana di piazza
Matteotti o su al Fontanone
in piazza Duomo.
Diverso discorso per le pallette, che legate al dito con l’elastico, venivano scagliate sulle
spalle dell’avversario, per poi
ritornare nella nostra mano
dopo aver colpito il bersaglio.
Erano colpi innocui perché la
palletta era morbida, ma qualcuno di noi, forse per consumare vecchie vendette, la immergeva nell’acqua e la segatura
I Santi Protettori
Marciano e Giovanni
“Ciani 1930”
‘A Tombola giù
‘n piazza
bagnandosi induriva quel proiettile che colpendoti ti procurava
tanto dolore. Momenti memorabili, come la processione che
attraversava il centro storico con la Macchina delle reliquie dei
nostri protettori portata come oggi, a spalla dalla confraternita
dei SS Martiri.
La mattina della Fiera che tutti aspettavano per acquistare magari gli stivali di gomma o gli ombrelli per l’inverno imminente,
ma soprattutto erano gli animali a tener banco: si vedeva vendere
cavalli, mucche, maiali con una stretta di mano, col sensale che
garantiva la compravendita ; che bei tempi quando la parola data
era una parola d’onore.
Poi c’era il rito del panino con la porchetta e del bicchiere
di vino, prima colazione di quel giorno speciale, poi ognuno si
mescolava tra la folla, tra i mille odori che andavano dallo zucchero filato, al croccante fatto lì per lì, alle anguille sotto
aceto che venivano pescate nei vecchi bigonci di legno, o
alle olive verdi in salamoia che ti incartocciavano nella carta
straccia. Poi nel tardo pomeriggio: ‘a tombola giù ‘n piazza,
quando tutti pronti con il classico stuzzicadenti per bucare la
cartella, pendevamo dalle labbra, o meglio dalla voce potente e
argentina di Ciucani ‘o bersajere che lasciava il suo ristorante, e
cominciava: numeroooooo!
Che emozione: io vò pe’ uno, poi ancora Ciucani: è stata fatta
tombola con i seguenti numeri….,
strappavi tutto, e correvi al Caffè Roma, ma non ti sedevi ai tavoli, a quell’ora gremitissimi, e ripiegavi sul piccolo cono di gelato,
che Carletto ti porgeva dal bancone, ancora troppo alto per te, ti
allungavi e con la massima attenzione per non farlo cadere, lo
prendevi, immergevi la lingua in quella sublime specialità, e uscivi
tutto felice. Per chi faceva la Cresi-ma, impartita a quei tempi da
Mons. Massi-miliani, era un giorno di profonda riflessione: i più
grandicelli ti avevano imbottito la mente di strane dicerie: ‘o sai o
vescovo te mette un chiodo su ‘n fronte, poi tu’ padrino te
fascia a testa co’ ‘na benda bianca.
Poi, invece ti accorgevi che la realtà era ben diversa, e uscivi contento dalla chiesa sottobraccio al tuo padrino, mostrando a tutti l’orologio d’oro che ti aveva regalato, e che tu, precursore dell’avvocato Agnelli, avevi allacciato sopra il polso della camicia bianca.
‘A tombola, più che andro è
‘n’occasione
pe’ festeggià Giovanni co’ Marciano
pe’ rivedè giù ‘n piazza le persone
qui pronte co’ ‘e cartelle ‘n mano.
‘O cartellò de legno, è sempre
quello
co’ i numeri perfetti scritti ‘n nero,
sarà ‘n pò vecchio, ma è sempre
bello,
‘o guardi fisso e pensi:
io ce spero!
Poi, se ‘ncomincia, se va pe’ la
cinquina:
te ‘rrabbi si te scappa quello doppo
fai lo stesso si te scappa quello
prima,
- Forza, smucina, te pijiasse ‘n
corpo!
E’ stata fatta la cinquina...
Ce speravi e te dispiace ‘n pò,
subbito pensi all’ottantina:
-Mo’ co’ ‘a tombola, me rifò!
Hanno fatto pure tombola,
che jella,
mo c’è rimasto solo tombolino,
quasi quasi vorresti buttà via
‘a cartella,
poi ce ripensi e butti via ‘o
stecchino.
Poi a condanna, senti ‘no strillo
de qualcuno,
‘a gente che se move da lundano,
te ‘ncazzi, perchè ‘nnavi pe’ uno,
Evviva Giovanni co’ Marciano!
Alessandro Soli
Settembre 2004
Campo de fiori
13
Nel Comune di Civita Castellana, in
da quattro lesene con ordine corinVia Mons. Tenderini, attiguo al
zio. Il Timpano triangolare con la
cimitero cittadino, si erge in tutta la
Croce sommitale conclude l’intero
sua maestosità e bellezza il comsistema della facciata. L’interno
plesso Conventuale dell’Ordine
della Chiesa, rispetto alla facciata,
Francescano dedicato a San
rivela una diversa articolazione
Lorenzo Levita e Martire, costruito
architettonica fortemente classica,
nel 1636 per volere del Papa
in quanto edificato successivamenUrbano VIII e progettato dagli
te nel 1721. I prospetti interni prearchitetti Gian Lorenzo Bernini
sentano, per ogni lato, quattro
(1598-1680) e Fra’ Michele da
paraste con ordine Dorico con rileBergamo (1596-1654). Il Pontevanti arconi intermedi ed un forte e
fice, con Lettera Apostolica dell’11
imponente cornicione finale che
Giugno 1636, autorizza i Padri
prepara alla maestosa volta a Botte
dell’Ordine di abbattere completacon sei finestroni che danno luce
mente il primitivo Convento edificaall’interno della Chiesa. Il prospetto
to nell’attuale sito nel 1577, di utiinterno corrispondente alla facciata
lizzare il materiale di risulta per edipresenta quattro lesene doriche,
ficare il nuovo Complesso dedicato
come il resto dell’architettura intera San Lorenzo Martire e di vendere
na, il finestrone centrale ed una
alcuni terreni di proprietà dei
lapide recante una iscrizione celeReligiosi per finanziare l’intera
brativa. L’Altare Maggiore con il
costruzione, alla cui
Coro dei Confratelli
diretta realizzazione
dominava l’interno.
partecipò, materialIl pavimento interno,
mente e finanziariaoriginariamente, era
mente,
l’intera
formato da ciottoli di
Il complesso conventuale di San Lorenzo Martire in Via Mons. Tenderini
Comunità di Civita
fiume levigati e
(1557-1882). Architetti Gian Lorenzo Bernini e Fra’ Michele da Bergamo.
Castellana. Frà Miposati all’interno di
chele da Bergamo, di
una maglia ortogocui si hanno incerte
nale di assi rettilinei.
Bernini stabilisce una profonda e proficua
e scarse notizie biografiche, fu allievo del
La pala d’altare, un dipinto di eccezionale
amicizia e in tale contesto nasce il sodalicelebre architetto romano Carlo Mabellezza, raffigurante San Lorenzo, San
zio con Frà Michele da Bergamo, architetderno (1566-1629), autore del prolungaFrancesco e la Beata Vergine fu eseguito
to della Famiglia Barberini. Il complesso
mento della Basilica di San Pietro e di
dal Pittore civitonico Pietro Giuliani e
Conventuale di San Lorenzo in Civita
Palazzo Barberini in Roma. Nel cantiere di
attualmente ospitato nella Chiesa di San
Castellana è composto da due corpi di fabPalazzo Barberini, sede Romana della
Lorenzo in Via A.Bonanni in Civita
brica ben distinti: la Chiesa per il culto e
Famiglia del Pontefice Urbano VIII, l’archiCastellana. Il Complesso fu costruito con
l’edificio, di modeste dimensioni, riservato
tetto Francescano conobbe il Bernini, sucl’intensa partecipazione del popolo civitoai confratelli. La Chiesa, a croce latina, si
ceduto al Maderno nella conduzione dei
nico tanto che i vari artigiani locali, muracaratterizza per l’impianto tipologico costilavori del palazzo. Inizia così un sodalizio
tori – falegnami – carpentieri, collaborarotuito da una unica ed ampia navata dalla
artistico, umano e professionale di grande
no gratuitamente alla sua realizzazione.
maestosa ed imponente volta a botte, con
ed assoluto livello che vedrà i due archiAddirittura alcuni offrirono forti somme di
tre cappelle per ogni lato, di cui due chiutetti progettare un numero consistente di
denaro, come un certo Coluzzi che, nel
se destinate a sacrestia e romitorio, da un
opere pubbliche e religiose, tra cui il
1620, offre cinquecento scudi per le opere
profondo transetto dominato dall’altare
Santuario di Santa Maria di Galloro ad
da eseguirsi.
maggiore e dal coro retrostante e da vari
Ariccia (1619), la Chiesa ed il Convento
Gli stessi frati del convento parteciparono
ambienti destinati a biblioteca del
dei Cappuccini ad Albano Laziale (1624)
successivamente alla realizzazione del
Convento. L’edificio che ospitava i Religiosi
e Palazzo Savelli a Forlì (1638).
Ponte Clementino offrendo alla comunità
ha subito nel tempo varie modifiche archiGian Lorenzo Bernini: genio artistico al
locale il lavoro dei propri operai ed artigiatettoniche ed era composto dalle celle dei
pari di Michelangelo, figura suprema del
ni. Nel contesto della conduzione dell’opefrati, dalla cucina e dalla sala adibita a
Barocco Romano, architetto, pittore e sculra civitonica si deve al Bernini l’intero prorefettorio.
tore. Architetto eccelso e sublime esprime
getto architettonico e a Michele da
L’intero complesso, Chiesa e Convento, da
nelle sue opere il sentimento, la teatralità
Bergamo la conduzione tecnica del cantieun punto di vista tipologico e strutturale è
e lo spirito della controriforma. Di padre
re attraverso le forniture di materiali e la
impostato sulla figura del Quadrato, figura
fiorentino, Pietro, scultore di buona levatudirezione delle maestranze. In alcuni detutilizzata nella costruzione delle Chiese
ra e madre romana, nacque a Napoli e nel
tagli il Complesso si rivela di modesta defidedicate ai Martiri Cristiani. In particolare
1605 si trasferì con la famiglia a Roma,
nizione non dimenticando che il Bernini
il tema del “Quadrato”, lo ritroviamo quale
cuore pulsante dell’arte Europea del XVII
seguiva nel contempo numerose opere in
figura di base generatrice della conformasecolo. Il primo incarico romano di Gian
Roma e pertanto molte scelte formali sono
zione tipologica della Chiesa sia in pianta
Lorenzo data il 1620: il rifacimento di
autografe del modesto Michele da
che in alzato, secondo ritmi e proporzioni
Santa Bibiana ed il Baldacchino di San
Bergamo. Dopo Civita Castellana e le
che il Bernini utilizza in numerose opere.
Pietro. La sua fortuna di architetto inizia
opere di Ariccia e Albano Laziale, le strade
La facciata, dalla forte accentuazione oriznel 1623 con l’elezione al Soglio Pontificio
dei due architetti si separarono e seguirozontale, presenta inferiormente il maestodel Papa Urbano VIII che, nel 1629, lo
no vie diverse e dai profondi e diversi esiti
so Portale e quattro lesene coronate supenomina Architetto Soprastante della Corte
artistici e professionali. Lo stesso
riormente dall’ordine dorico. Un modesto
Pontificia e regista assoluto di tutte le
Convento funzionò e visse per due secoli,
marcapiano centrale separa il piano terreopere religiose e pubbliche dello Stato
ma nel 1882 venne chiuso e requisito dallo
no della facciata dalla parte superiore finedella Chiesa. La sua fama raggiunse così
Stato. Le Opere d’Arte sono intorno a
mente modellata, caratterizzata dalle
alti livelli che il Re di Francia Luigi XIV lo
noi. Basta scoprirle.
ampie volute corrispondenti alle cappelle
pregò di recarsi a Parigi per progettare il
laterali interne, dal finestrone centrale e
nuovo Louvre. Con il Papa Urbano VIII il
Prof. Arch. Enea Cisbani
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Scuola elementare - nati nel 1954 foto data dal Sig. Franco Foglietta
5 ^ elementare 18.4.1964 foto data dalla Sig.ra Ivana Soli
Campo de fiori
18
...continua da Campo de’ fiori n. 10
Adesso che lo vedo quasi tutti i giorni, mi
accorgo di essere di fronte a un uomo che
nella sua solitudine, riesce a superare barriere ben più alte di quelle che incontrò
sulla pista di Atene in quel lontano
1994, quando arrivò 2° nei 2000
siepi, ai Campionati Europei per
Veterani.
Ormai si muove pochissimo, anche se lo
trovi in casa sempre in calzoncini e scarpette da corsa; il suo fisico sta cedendo
di categoria in varie specialità, dalla marcia alla maratona, alle gare di velocità,
insomma non riuscì mai a tradire il suo
primo ed unico grande amore LA CORSA.
Voglio però chiudere il racconto della sua
vita, con un aspetto di Giggi che non tutti
sanno, è anche un poeta. Ed io, personalmente insieme agli altri poeti “civitonici” lo
abbiamo accolto tra noi nel volumetto “A
CIVITA NOSTRA” antologia di poeti civitonici , edito dal Comune di Civita
Castellana nel 1991. Riporto qui di seguito
una sua poesia inedita, che parla della
neve, quella neve che tanta parte importante ha avuto nella sua vita, perché quella neve, che come dicevo lo scorso mese,
gli procurò un congelamento di 3° grado
agli arti inferiori, gli diede quello spirito di
rivincita che lo portò a 54 anni a calzare le
scarpette e a correre per il mondo.
Era il 1956, l’anno della grande nevicata,
Giggetto sta sulla porta di casa col badile
in mano:
Il
giro
dell’Umbria
Luigi Del Priore (Giggetto)
Un solo grande amore:
correre, correre, correre
all’avanzare degli anni, la vista lo sta
abbandonando, ma la sua mente è così
lucida che non appena gli domandi qualcosa sulle sua gesta di atleta, parte da
vero sprinter, rovista i cassetti dei suoi
ricordi e ti fa vedere foto, medaglia e attestato: tangibile riferimento e testimonianza di quello che dice. Poi ricomincia, raccontandomi della sua sfortunata partecipazione
ai
Campionati Europei
Masters di Budapest nel 1990, dove la
stanchezza del viaggio (ben 26 ore), compromise i suoi risultati individuali, ma ebbe
la soddisfazione di essere inserito nella
staffetta 4 x 100 mt della nazionale, anche
se come riserva. E poi ancora, partecipazione alle Classiche Toscane, tra cui
l’Ombra Etrusca nel 1974, gare podistiche che si svolgevano in più località, nell’arco di un intero anno, e venivano premiati i primi 200 concorrenti, ebbene
Giggetto si classificò 99°. Il Giro
dell’Umbria a tappe di cui vedete una
sua foto, si correva per una settimana
intera attraverso le più belle località della
verde Umbria, vi partecipò 2 volte. Nel suo
palmarès figurano anche 8 titoli italiani
“Buongiorno, mi fa la neve,sono
la tua amica,
hai avanzo qualche cosa,
e tu non me lo chiedi
non ti ricordi quando nel
fronte Greco,
ti congelai i piedi?
Gli faccio io: E cò sta faccia bianca
non vi vergognate?
Ma ora mi rifaccio e vi prendo a
palate.
Mi fa la neve: Che colpa ce n’ho io
se ti sei congelato?
Perchè non prendi a palate
Chi ti ci ha mandato?
le amate medaglie
Ciao Giggeto,
noi di Campo de’ Fiori, non ti lasceremo
solo, perché i tuoi ricordi sono i nostri
ricordi,e stanne certo le tue medaglie, le
tue coppe, le tue magliette, le tue scarpette, non andranno al macero, ma verranno pulite, restaurate e mostrate a tutti,
perché tutti sappiano che la vita è fatta di
traguardi e tu , di traguardi ne hai tagliati
a milioni.
di
Sandro Soli
Il tandem a quattro costruito da lui setesso
Giovani di Fabrica di Roma negli anni ‘40
foto data dalla Sig.ra Alba Iannoni
Febbraio 1959 - foto data dalla Sig.ra Vincenza Cipriani
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20
Scuola elementare - anno di nascita 1937-38 Foto data dalla Sig.ra Valeria Rossi
Giovani ragazze di Fabrica di Roma - primissimi anni ‘30
foto data dalla Sig.ra Alba Iannoni
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1953 Torneo studentesco - foto data dal Geom. Roberto Pieri
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C
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Cast
Amarcord
Durante la visita alla chiesa della “Madonna
delle Piagge”, a Civita Castellana, i ricordi si
sono fermati nella mente di Massimo e Fabrizio.
Negli anni della loro infanzia, la strada che portava all’antica chiesa era praticata da decine di
ragazzini che, nei mesi invernali, al riparo dell’antica “Porta Lanciana”, si riparavano dal freddo e giocavano con le figurine, le palline e le
nicolette (soldi dell’era fascista). Scendendo la
via oltre la chiesa della “Madonna delle Piagge”,
si arriva ad un ruscello chiamato Rio Filetto
dove, nelle domeniche dopo Pasqua, si recavano intere famiglie per meravigliose e spensierate scampagnate a “panzanella” e vino. La panzanella (pane bagnato con pomodoro), veniva
inzuppata con l’acqua della “Fontana lunga”,
una fonte naturale che serviva, oltre ad irrigare
gli orti, anche alle donne per fare il bucato. Il
ruscello era pieno di pesci e quelli che si riusciva a prendere, spesso a mani nude, venivano
cotti sul posto e condivisi con tutti i presenti. I
bambini che marinavano la scuola passavano le
ore della mattina lungo il ruscello e vi cominciavano a farci il bagno già dal mese di Maggio.
Lungo il muro che costeggiava la strada per
scendere alla chiesa crescevano enormi piante
di fichi d’india e i loro frutti, raccolti da Giovanni
Morganti, venivano poi venduti in Piazza
Matteotti. Le valli intorno al Rio Filetto erano
tutte un “giardino” di orti. Chi viveva nel centro
storico possedeva quasi sempre un piccolo
orticello che serviva a sfamare la propria famiglia e, spesso e volentieri, anche ad aiutare
quella degli altri. Molti anni sono passati da
quando Fabrizio e Massimo, da soli o in compagnia delle loro famiglie praticavano quei luoghi.
Oggi qualche ragazzo cerca, la domenica dopo
Pasqua, anche in occasione della messa che si
tiene una volta l’anno nella chiesa della
“Madonna delle Piagge”, di mantenere viva la
tradizione di recarsi sul Rio Filetto a fare
merenda, ma le abitudini sono cambiate e
anche le persone. Quella una volta, era l’occasione per stare tutti insieme, era un giorno di
festa e di divertimento e, quando partivano per
quella stradina stretta e tortuosa che porta alla
valle, giovani, anziani, mamme, papà, nonni e
nipoti sembrava quasi dovessero compiere un
lungo viaggio. L’intera giornata veniva trascorsa tra giochi inventati, bagni nel ruscello e sentendo i racconti degli anziani che spesso si burlavano dei più piccoli. La sera, stanchi ma felici, si ritornava tutti insieme verso casa e le
mamme che fino a quel momento, tagliando
pane e formaggio, avevano sfamato tutti i
bambini affamati, cercavano di ricomporre le
proprie famiglie chiamando a voce alta i propri
figli e gridando “……disgraziato, ma te sa ora
de rientrà”.
23
i luoghi dell’infanzia
di Cristina Evangelisti
scalinata recentemente realizzata per raggiungere
la chiesa “Madonna delle Piagge”
chiesa “Madonna delle Piagge”
i vecchi casali degli “ortolani”
il ponticello che attraversa Rio Filetto
fontana lunga
Rio Filetto
24
L’estate è appena
terminata e noi tutti,
collaboratori
di
Campo de’ fiori,
siamo tornati a scrivere per cercare,
come sempre, di
rendere più liete le
giornate di coloro
che leggono e attendono con entusiasmo questo giornale
Barbara Pastorelli
e lo apprezzano per
la sua semplicità. Riprendo con molto piacere la
rubrica riguardante i poeti in erba ed in questo
numero mi soffermerò a parlare di un uomo non
ancora quarantenne che ha fatto della poesia
una delle sue più grandi passioni. Questa persona dall’animo sensibile è Sergio Maroni, nato a
Civita Castellana il 10 Maggio 1965. Sin dall’adolescenza Sergio ha sentito vivo il richiamo verso
l’arte poetica e , pian piano, si è avvicinato ad
essa immergendosi sempre più nella lettura dei
classici dell’Ottocento. Degno di nota è, a mio
avviso, l’aver scoperto (con mia profonda ammirazione) che quest’uomo si è cimentato per ben
undici volte nella lettura del grande romanzo di
Alessandro Manzoni “I Promessi Sposi”. Chi ha
avuto modo di conoscerlo ha capito subito che
Sergio ama esprimersi più in versi che a parole
ed oggi, nel parlare di lui, scopriamo quanto egli
sia profondamente rammaricato per aver intrapreso studi tecnico-commerciali e non aver invece scelto quelli di indirizzo umanistico. Questo
però non gli ha impedito di continuare a coltivare l’amore smisurato per la lettura dei classici e
per la poesia. Uno dei suoi rifugi più cari resta la
Biblioteca Comunale di Civita Castellana nella
quale egli trova momenti di profondo svago
immergendosi nella lettura di testi che più ama.
Pur non provenendo da una famiglia dalla vena
poetica, tuttavia in pochi anni Sergio Maroni è
riuscito a far parlare di sé e, per le sue spiccate
doti poetiche in grado di emozionare, ha ricevuto diversi premi. Nell’anno 2001 è stato premiato con il “Timbro D’Autore”, l’anno successivo ha
avuto un riconoscimento a Lignano Sabbiadoro
per finire poi nel 2003 con il premio Bernardino
della città di Rieti. Molti dei suoi componenti lirici sono stati racchiusi in due raccolte. Una di
queste, “Il treno del cuore” è stata pubblicata
ed ha riscosso il favore del pubblico con ben 484
copie vendute. Attualmente Sergio ha terminato
una terza raccolta e ci ha già parlato della stesura di una quarta. La redazione di Campo de’
fiori augura a questo poeta tanta fortuna perché
i suoi versi (il più delle volte in rima baciata)
riescono ad esprimere tutte le sue più intime
emozioni. Con frasi semplici e armoniose, ben
costruite e piene di effetto, il nostro caro poeta
cerca di rendere partecipe ognuno di noi di quello che egli ha vissuto, non importa che ciò sia un
momento, un incontro o semplicemente un pensiero fugace. Molte sono le poesie che ho avuto
modo di leggere e apprezzare ed alcune verranno riportate su questa pagina, ma in particolare
desidero porre l’attenzione su una di queste intitolata “Polvere bianca”. Il poeta, in poche righe,
ci parla della droga e la descrive come una polvere bianca simile a neve che entra nelle vene
dei giovani inesperti del mondo togliendo loro
ogni briciolo di lucidità e conducendoli, in poco
tempo, ad una “morte lieve”. Il poeta prende la
distanza da questa, la sente nemica dell’umanità e la tiene lontana facendo in modo che i suoi
due figli, nel lungo e difficile cammino della vita,
guidati dai buoni consigli, possano non incontrarla mai. Tutto questo è Sergio Maroni, un
uomo semplice, come tanti, sensibile però e che,
facendo sue le sofferenze altrui, in versi dolci e
melodici li trasforma in veri canti lirici.
Campo de fiori
Il gusto di riscoprire
“Il magico mondo della poesia”
di Barbara Pastorelli
TRA I FIORI
Benvenuto fra tanti colori,
benvenuto nel paradiso dei fiori.
Se il tuo amore non è una disfatta
prendi pure una rosa scarlatta,
ma se vuoi dare solo che affetto
fai parlare per te
un bianco mughetto.
La margherita un pò curiosa
con un m’ama o non m’ama
ti svelerà ogni cosa,
e un crisantemo ti potrà ricordare
il grande dolore dentro il tuo cuore.
Mammole, primule e viole
hanno da sempre il profumo del sole,
ma tu in silenzio potrai ascoltare
i preziosi consigli dei gigli.
A una mamma puoi portare
qualsiasi fiore
perchè ogni colore
gli parlerà d’amore.
Ma se nel paradiso tu sei venuto,
è perchè ai tuoi sensi tu hai creduto,
e con un fiore
e un pò d’umiltà
senza parlare
dirai la verità.
A VILLA ARZILLA
Se tu vieni puoi trovare
soltanto amore.
Ci sono persone che
nel loro candore fanno vedere
il vero valore del proprio cuore.
Gente dal capo ingrigito
e non trovi mai un viso imbronciato,
che non ha una propria casa
o è insufficiente a fare qualcosa.
Ballano, giocano, parlano,
si divertono con piccole cose,
che nella quotidiana vita
sembrano banali e noiose.
Gli manca però un pizzico di sale
che renda quella vita
gustosa e saporita:
la visita di un amico
o di un familiare.
Se puoi, và a trovarli,
senza aspettare,
loro non chiedono
per non disturbare
scoprirai che esiste tanta
bellezza, saggezza e felicità
anche nella terza età,
e conquisterai con una scintilla
l’amore di villa arzilla.
Sergio Maroni
LA LEGGE
Creata dall’uomo e dalla sua mente
a volte sei giusta
a volte per niente,
scritta su un libro tra vari comma
sei sempre l’unica che tira la somma.
Condanni da sempre in modo normale
sia l’innocente
che il criminale.
Rincorri affannata e con poca furbizia
la tua sorella di nome giustizia,
che viene implorata da tanta gente
che gli hanno ucciso
un figlio o un parente.
Ma quasi mai è all’appuntamento
lasciando a chi crede
un amaro sgomento.
Per quanto mi riguarda
ti potrei dire, che:
d’uguale,
porti solo la scritta
nelle aule di tribunale.
POLVERE BIANCA
Polvere bianca tu non sei neve
porti soltanto a una morte lieve.
Entri nel corpo, offuschi la mente
sei molto astuta di un noto serpente.
Porti la gente che non ti conosce
lì dove vivono paure e angosce
li fai sentire quasi immortali
dandogli in sogno un paio d’ali,
e sono convinti che non dai pena
ecco perchè t’iniettano a vena.
Credon di avere in mano le chiavi
ma sono soltanto tuoi umili schiavi.
Giovani vite le tue preferite
quelle mature nemiche agguerrite.
Eppur sempre fuggi dai cani segugi,
deridi indignate le forze armate,
tua serva infinita la malavita.
Polvere bianca, io so chi sei,
nelle mie vene non entrerai mai,
e con un pò di fortuna e buoni consigli
resterai molto lontana dai miei due figli.
Campo de fiori
25
P illole di
sapienza popolare
Fantasia alla Erm
Or accingiti a fare,
quel che poi dovrai gustare.
Gli ingredienti son poveretti,
dai prepara carote e finocchietti.
Quattro tipi di fagioli,
sale olio e un po’ di odori.
Qui la rima ci sta stretta,
hai già pronta la pancetta?
Con gli ingredienti in posizione,
diamo il via alla preparazione.
Ora metti in un pentolino,
sedano, carota, aglio e olio
sopraffino.
Fai cuocer un pochetto,
aggiungi acqua e finocchietto.
Giù fagioli ed odori,
Da cosa deriva “… se non stai attento, me te
fumo domani”?
Gli anziani nelle sere estive cercano di sfuggire
alla calura opprimente delle mura domestiche.
un danzare di sapori.
Spesso prendono sedie scricchiolanti di legno e si
La pancetta per finire,
siedono ai bordi di vie ora molto trafficate. Un
e poi lasciali a bollire.
tempo in esse regnava la calma e a questa i vecMentre in attesa stai,
chi sono tuttora abituati. Sentendo da lontano
pane affetta sodo assai.
arrivare rumorosi e inquinanti prodigi del proOgni tanto un assaggino,
gresso, spaventati, spesso pronunciano la frase
per veder se e’ cotto a puntino.
sopra menzionata. Emettendo dalle loro labbra questi suoni moderni, ritornano indietro
Per non farlo attaccare,
negli anni. Infatti, agli inizi del secolo, quasi tutto era prodotto artigianalmente in casa,
di tanto in tanto mescolare.
così come le sigarette. Il tabacco era comperato nelle tabaccherie e per avvolgerlo veniva
Dopo qualche minutino,
usata la carta di un giornale con notizie oramai passate. Prima di arrotolare il preparato,
è gia’ cotto a puntino.
nel momento del taglio della carta, si gettava un occhio sugli accadimenti in essa riportaSe in un piatto stai a versare,
ti. Il passo successivo era quello di prendere un cerino ed accendere quella sigaretta casasei gia pronto per mangiare.
linga per rilassarsi dopo una giornata di lavoro.
Lo accompagni con un po’ di
Con una manciata di minuti andava in fumo quel frammento di giornale dove erano riporvino rosso,
tate tante notizie di incidenti, dovuti alla spericolatezza, all’incoscienza e all’imprudenza,
buon appetito a più non posso.
Erminio Quadraroli
Erminio Quadraroli che poco prima erano state lette.
Cari amici
la storia di
Noel si
arricchisce
sempre più
di nuove
avventure.
Conservate
gli inserti
e........
buona lettura dai vostri
Cecilia e
Federico.
continua...
Campo de fiori
26
Scopri
Marco Manocchio nasce a
Civita Castellana il 6 Luglio
1962 e già
dalle
scuole
elementari comincia a nutrire un forte
interesse per il
disegno artistiMarco Manocchio
co e tecnico
che
esplode
poi dopo aver ammirato dei bellissimi quadri del Prof. Luigi Paolelli.
Il nonno materno, Leonida
Crestoni, anche lui appassionato
di disegno e pittura e caporeparto
nel settore decorativo della ceramica Sbordoni, cerca sempre di
pungolare la vena artistica di
Marco insegnandogli i trucchi del
disegno e dei colori. Durante il
periodo delle scuole medie, Marco
incontra i Professori Remo
Crestoni, Luciano Caregnato e
Vannini che apprezzano la “mano”
dell’alunno e ne perfezionano la
tecnica ricevendo, da questi, preziosi consigli a proseguire gli studi
con l’indirizzo artistico. Marco,
però, non troppo amante di tutte
le altre materie scolastiche, non
se la sente di continuare le scuole
ed inizia così a lavorare nell’industria ceramica nel settore decorativo. Il disegno resta sempre la
sua passione e, dopo il lavoro,
continua a disegnare e pitturare
con colori ad acqua su piatti in
ceramica
e oggetti in vetro.
Compra libri che parlano dei grandi pittori del ‘600 e del ‘700 e le
foto di quei quadri si imprimono
così prepotentemente nella sua
mente che nel 2000 decide di
compiere il grande passo. Compra
una tela e quei colori ad olio che
di Cristina Evangelisti
fino ad allora gli avevano fatto
tanta paura ed inizia il suo primo
quadro. Pian piano impara a dosare e mescolare i colori fino a raggiungere le tonalità da lui desiderate. Il gran passo è fatto, la tecnica si affina ed i risultati e le soddisfazioni non tardano ad arrivare. Inizialmente riproduce i quadri
dei pittori figurativi ed impressionisti come Van Gogh e Monet.
Ama i fiori che, con i loro colori
accesi, abbracciano la grande tela
facendole sentire tutto il calore
della primavera e quei paesaggi di
campagna di un tempo che, con i
loro campi di grano e papaveri, ci
svelano l’animo quieto dell’artista.
Sicuro di se e delle sue capacità
nell’usare la tela ed i colori crea
quadri che scaturiscono dalla sua
immaginazione e ispirato da foto
o vecchi film dà vita a personaggi
che, con i loro sguardi e movenze,
donano al quadro romanticismo e
passione.
Campo de fiori
28
di
a
c
i
Fabr
I Torre e le nocciole
di Sandro Anselmi
Operai dello stabilimento Torre sopra montagne di nocciole
Alla fine degli anni ’60 anche Fabrica ed i
paesi limitrofi storicamente agricoli, vengono industrializzati dalle ceramiche di Civita
Castellana da dove, alcuni valenti imprenditori e le loro maestranze, colonializzano
questi nuovi territori. Civita, non aveva previsto un vero piano di espansione industriale e mancavano perciò delle aree preposte.
Questa è sicuramente una cosa molto strana e non so dei motivi politici, o socio-economici che determinarono ciò, ma di fatto
questa grave carenza favorì lo sviluppo di
moltissime altre zone artigianali e industriali di molti altri paesi che, accettarono di
buon animo questa insperata fortuna.
Arrivavano così i capitali e le tecnologie vincenti di un popolo che da sempre aveva
avuto dimestichezza con l’arte ceramica.
Paesi appunto come Fabrica di Roma,
Corchiano, Castel Sant’Elia, Nepi, Gallese,
Otricoli, Rignano Flaminio, Mazzano
Romano, Monterosi, Attigliano, ospitarono
volentieri questi esuli preziosi. L’esodo fu
impressionante ed i civitonici arrivarono
perfino all’estero (vedi l’articolo su questo
numero “Il gigante della Ceramica Cav.
Bruno Profili”). Le cellule di operai esportate, già sindacalizzate, dovevano avere
anche un altro scopo, ma non è questo l’argomento che voglio trattare. La cosa basilare è però capire come da quel momento
cambiò totalmente l’economia e la società.
Per secoli e per millenni la famiglia contadina era stata abituata ad enormi sacrifici ed
a vivere nell’incerto, condizionata totalmente dagli eventi atmosferici che ne avevano
determinato la ricchezza o la povertà. Il
denaro era talmente raro che era rimasta
quasi al baratto. Con l’avvento dell’industria
incominciò man mano ad abituarsi al salario
mensile e, la conseguente certezza e la cre-
sciuta capacità d’acquisto, fecero si che l’economia girasse come mai prima. L’industria
richiamò anche molta mano d’opera proveniente da altre regioni d’Italia con un forte
flusso di immigrazione ed il nostro distretto
industriale divenne il più importante d’Italia
nel settore dei sanitari. L’attività agricola,
però, nei paesi dove si era insediata poi l’industria, non fu mai abbandonata e molte
persone occupate in ceramica seguitarono a
coltivare i terreni mantenendo, con sacrificio, un doppio lavoro. Il contadino era solito dire “la terra si ammala ma non muore”
e perciò la certezza di un reddito, anche se
minimo, non l’avrebbe mai tradito. Certo è
che si dovette dare più valore al tempo
(purtroppo quello lavorativo) ed allora ecco
che anche in agricoltura arrivarono in aiuto
le prime macchine specifiche per la lavorazione e la raccolta delle nocciole. Non si coltivavano più quei prodotti che una volta
servivano al ciclo vitale della famiglia contadina quali il grano, il mais e quant’altro.
Vicino lo stabilimento dei Torre nacque
anche a Fabrica una officina artigiana specializzata per la costruzione di motozappe
“Settebello” del Sig. Otello Narduzzi (valente chitarrista dei “Brazil” – vedi storia di Max
su Campo de’ fiori n. 10). Queste macchine
agricole aiutarono molto nella coltivazione,
soppiantando quasi totalmente molti animali da traino e da lavoro quali asini e mucche,
che erano stati fedeli compagni di tanti e
tanti sacrifici, di conseguenza le piantagioni
divennero più moderne e produttive. I Torre
dovettero ampliare ed ammodernare i loro
impianti per recepire la nuova massa di prodotto e la loro usata esperienza tecnicocommerciale, supportò parallelamente questa fase. Ci fu in quegli anni una vera corsa
alle invenzioni delle macchine e diversi arti-
giani locali ne fabbricarono i primi prototipi,
come le “nuvole”, cioè piccoli compressori
d’aria, alimentati da motori a scoppio che,
imbracati sulle spalle, emettevano un flusso
d’aria diretto sulle nocciole cadute sul terreno, raggruppandole in cordoni o mucchi,
per poterle raccogliere con le macchine.
Queste aspiravano il prodotto e con dei corvelli, separavano da esso i sassi e la terra,
ma non erano semoventi, pertanto dovevano essere trainate ed azionate da un trattore. Si imparò in quegli anni a livellare i terreni e poi spianarli con dei rulli compressori
per poter agevolare la raccolta. Comparve
quella infausta “vanga elettrica”, come veniva volgarmente chiamato il pericolosissimo
diserbante irrorato con le vecchie macchinette per il vetriolo delle viti, senza neanche
la protezione di una mascherina. Purtroppo
moltissimi si rovinarono la salute senza
saperlo. Nacque poi una fazione di ecologisti che preferì lasciare i terreni sodivi e
tagliare l’erba con i neonati trinciaerba. Si
ottenne un doppio risultato, quello di non
inquinare e non inquinarsi e quello ancora di
avere un terreno sempre praticabile anche
in caso di pioggia. Comparvero allora i primi
impianti di irrigazione a goccia e la campagna, invasa da quel dedalo di tubi neri
appesi sugli alberi, perse un po’ del suo
fascino originale. Oggi l’agricoltura è diventata fantascientifica ed esistono macchine
semoventi che, mentre raggruppano le nocciole con delle spazzole, le aspirano e le nettano dei sassi e detriti e, la loro cabina di
guida regolarmente climatizzata, non fa più
soffrire il caldo né la polvere.
In tutte queste evoluzioni della società e del
mercato, i Torre ci sono sempre stati, marciando qualche metro avanti, sì da anticipare i tempi e recepire tutte le innovazioni
tecnologiche che, pur sempre nel rispetto
della tradizione, hanno mantenuto la loro
azienda ai primissimi posti. Dopo la scomparsa del Cav. Carlo Torre, emblema della
casata, i degni figli Fabio e Gianremo hanno
ereditato la società Carlo Torre sas, facendola crescere ulteriormente. Oggi, mentre
non disdegnano di ampliare i loro interessi
anche in molti altri settori, sono sempre più
un’azienda altamente specializzata nella
lavorazione e trasformazione della nocciola
“gentile romana” ed offrono, alla loro clientela, una vasta gamma di prodotti quali:
nocciole sgusciate e calibrate, nocciole
tostate, nocciole tostate e pelate, granella
di nocciole calibrate, farina di nocciole
tostate e pasta fluida di nocciole. Voglio
chiudere augurando ai Torre altri 100 anni
di gloriosa attività e, ringraziando i miei cari
amici Fabio e Gianremo per avermi concesso di scrivere la storia della loro famiglia
corredata da bellissime foto d’epoca, voglio
portare il mio pensiero alla loro gentilissima
madre Rosa, della quale conservo un ricordo dolcissimo per la sua semplicità e la sua
bellezza.
Campo de fiori
29
La cultura al servizio della crescita
anche economica del territorio
Prof. Michele Abate
Un’area geografica tra le più belle d’Italia,
dal punto di vista paesaggistico e storico, è
quella che comprende l’Umbria e l’Alto
Lazio. Le province di Perugia, Terni, Rieti,
Viterbo e la zona di Civitavecchia presentano, infatti, scorci naturalistici e rimembranze del passato molto suggestive e non sempre noti a tutti. In questo splendido scenario ambientale sorge un’ istituzione culturale a livello internazionale, il Centro Falisco
di Studi Storici, che si occupa di ricerche e
convegni sulla storia moderna e contemporanea. In questi ultimi quattro anni ha svolto una intensa ed ampia attività che ha
convogliato l’interesse e l’attenzione di
molte persone provenienti da diverse parti
della nostra Penisola e, soprattutto, dall’estero. Tra Convegni Internazionali, seminari di studio, ricerche e pubblicazioni storiche, il CEFASS – questa è la sigla del Centro
Falisco dei Studi Storici – ha organizzato
ben ventidue iniziative culturali che hanno
visto la partecipazione di studiosi, e non
solo, provenienti da diversi paesi d’Europa
e dell’America. Queste iniziative si sono
tenute alcune a Roma (presso l’Accademia
di Danimarca, l’ Antica Libreria Croce ed il
Centro Studi Americani), ma molte proprio
sull’incantevole territorio di cui stiamo parlando. Soprattutto in quella parte compresa
tra i Monti Cimini, il Tevere ed il Monte
Soratte e conosciuta fin dall’antichità come
Agro Falisco e che vede in Civita Castellana,
Orte e Sant’Oreste i suoi prevalenti punti di
riferimento. Non a caso, in questi tre significativi centri, sorgono la sede amministrativa, quella del Comitato Scientifico e quella di rappresentanza del CEFASS. Ad Orte
dal 2000 si tengono annualmente, presso i
locali di Palazzo Roberteschi, i seminari
internazionali sul periodo tra le due guerre
mondiali diretti dal Prof. Roberto Mallett
dell’ Università di Birminghan. All’università
della Tuscia di Viterbo si sono tenuti due
importanti Convegni Internazionali nel
2001 e nel 2003 ai quali sono intervenuti
numerosi storici e studiosi di varie nazioni
del mondo che, per la prima volta, hanno
potuto visitare ed apprezzare la bellezza del
paesaggio e dei monumenti di questa area
geografica. L’estate scorsa Sant’Oreste ha
ospitato un grande convegno internazionale per rievocare le vicende storiche del 25
Luglio 1943. E’ stata, quasi sicuramente,
l’unica che si è tenuta in Italia per ricordare quei tragici avvenimenti di 60 anni prima
nelle loro ripercussioni interne ed internazionali. La stampa e la televisione nazionale ne hanno parlato positivamente, confermando così il successo dell’attività storicoscientifica del CEFASS in campo internazionale. Anche Civita Castellana ha avuto
finalmente il piacere e l’onore di ospitare, al
termine dello scorso anno, la seduta con-
Nepi - panorama
clusiva di un altro Convegno Internazionale, grazie all’opera del Centro Falisco di
Studi Storici. Questa seduta conclusiva si è
tenuta nella Sala delle Conferenze del Forte
Sangallo e ha permesso, in modo particolare, agli studiosi convenuti dalla Spagna,
dalla Gran Bretagna, dalla Danimarca e
dagli Stati Uniti di venire a contatto con la
civiltà dei falisci e lo splendido ambiente
fisico dell’Alto Lazio. Tra i volumi pubblicati
dall’organizzazione culturale di cui stiamo
parlando, mi piace ricordare che un testo
riguarda persone e vicende di questo territorio: la nobile e generosa figura di Paride
Fabi e le lotte contadine e popolari ad Orte
e nell’Agro Falisco nel 1902. Non per nulla
a presiedere il Comitato Scientifico del
CEFASS è il Prof. John Francio Pollard
dell’Università di Cambridge e ad aderire a
questo Ente Internazionale, ma che sorge
nella provincia italiana con il fattivo contributo delle persone del posto, vi sono studiosi ed istituzioni culturali di ben otto
nazioni:
quattro
dell’Europa
(Gran
Bretagna, Danimarca, Russia ed Italia) e
quattro dell’America (Canada, Stati Uniti,
Messico e Panama). Quello che mi preme
sottolineare è che pure l’alta cultura, come
è il caso del Centro Falisco di Studi Storici,
può promuovere, oltre alla conoscenza nel
merito specifico e all’amicizia tra studiosi
stranieri ed italiani, la conoscenza delle bellezze paesaggistiche ed artistiche di parti
significative del nostro Paese e sviluppare
la crescita economica di aree geografiche
splendide ma spesso emarginate dai grandi
circuiti turistici e non molto conosciute dai
più, sia essi italiani che stranieri. In conclusione, se consideriamo che proprio di
recente si è parlato di creare un polo universitario nell’Agro Falisco basato su corsi
specialistici in economia e storia, possiamo
capire che se ciò si realizzerà, e le premesse ci sono tutte, alla crescita culturale di
questo territorio si unirà senza dubbio
anche una crescita economica, a seguito
dell’indotto che metterà in movimento.
Sant’Oreste
Via Amerina
Civita Castellana - Forte Sangallo
Campo de fiori
30
I Giganti della Ceramica
Prof
Sono le ore 18 di questo caldo pomeriggio
di fine Luglio e, puntualissimi, io ed altri tre
amici, varchiamo il cancello già aperto di un
bellissimo parco. Procediamo lentamente
con la macchina, illuminata a tratti dal sole
che si nasconde dietro grandi alberi.
Scorgiamo in fondo una villa elegante e
maestosa. Mara, un puro esemplare di
Labrador, ci corre incontro per darci il benvenuto e, quando scendiamo, ci riempie di
feste e ci accompagna fino all’ingresso.
Sullo scalone incontriamo il sorriso aperto
di una domestica che ci annuncia al padrone di casa e ci fa accomodare.
Non conoscevo di persona il Cav. Bruno
Profili, se non per la sua fama, ma adesso
che lo incontro, ricordo di averlo già visto
su una foto di Campo de’ fiori. Certo non è
facile intervistare un personaggio di una
simile caratura e spesso, in questi casi, ci si
improvvisa psicologi per cogliere le sensazioni ed i sentimenti che sono chiusi in una
semplice intervista. Sono stato fortunato
che il Cavaliere abbia accettato l’invito a
questo incontro, ma adesso mi sento una
grossa responsabilità per ciò che dovrò scrivere e vorrei poterlo fare nella maniera
migliore. Questa è sempre la parte più
ardua di questo lavoro, perché l’aver raccolto le notizie, i fatti, è cosa importante,
ma dare ad essi coerenza e significato è
tutt’altra cosa, come pure evidenziare quegli episodi chiave che sono stati i cardini di
un’esistenza. Tuttavia lo sguardo buono e
profondo del Cavaliere mi fa capire che l’intervista sarà ricca e copiosa (e come
potrebbe non esserlo?) e così le notizie fluiranno agevolmente. Incomincio con il chiedere la storia della sua famiglia e così so
che l’epopea inizia con il nonno Luigi,
toscano di nascita, che scende a Civita
Castellana agli inizi del secolo scorso per
impiantare la sua prima ceramica di stoviglierie in quel famoso stabile dei Tre Re
vicino al fiume Treia (del quale ho già raccontato nella storia dei Coramusi). Il nonno
Anni ‘70 - Il Cav. Bruno Profili nella sua azienda
materno Antonio Coramusi
lavora nella stessa ceramica
ma, per disaccordi, passa alla
Marcantoni e costruisce poi
una ceramica in località
Catalano (la ex Fiume) proprio accanto a quella dei
Profili. Nel 1925 nasce, sempre in località Catalano, la
Vitrinas nel luogo dove ora
sono i Brunelli. Questo è il
nome della ceramica del Sig.
Francesco Luigi, padre del
Cavaliere. La società conta
quattro soci ed oltre il Sig.
Francesco Luigi, ci sono
Ulderico Profili (fratello),
Agostino Cardinali e Orlando
Marcantoni.
Produce sanitari di ottima
qualità unici all’epoca in
Italia, perché al posto della
normale terraglia, viene usato
un materiale vetrificato, il
“vitreous” , risultato di lunghe
ricerche e cotto con le classiche fornaci toscane importate a suo tempo
dal nonno Luigi. In misura inferiore ai sanitari produce anche dei finissimi piatti.
Nell’anno 1945 il Cavaliere comincia a lavorare con il padre fino all’anno 1952, anno in
cui viene chiusa la Vitrinas per fine contratto societario trentennale.
In attesa di avviare alla produzione la
nuova Vitruvit, impiantata sulla Via
Nepesina, di proprietà del padre e del
Cavaliere al cinquanta per cento, esso viene
mandato a fare esperienza presso uno stabilimento di Nepi di proprietà di amici del
padre, che possono così ragguagliarlo sui
risultati del figlio. Era infatti una buona abitudine delle famiglie benestanti, quella di
mandare i propri rampolli a “fare le ossa
fuori di casa”. Già nel 1960, con l’avvento di
nuove macchine industriali che rivoluzionano i metodi di lavorazione, la Vitruvit può
vantarsi di essere fra le prime tre aziende
d’Europa per la qualità del prodotto, assieme alla Keramak in Germania ed alla Ginori
in Italia. C’è a questo proposito un aneddoto curioso che il Cavaliere mi racconta. La
Ginori, per confondere esteriormente la
qualità del prodotto, aveva escogitato una
pistola particolare a becco d’oca per spruzzare anche il battente del sanitario che, una
volta ricoperto di vernice, mascherava la
monocottura; ma la genialità e la perizia del
Cav. Profili, alla fine scoprivano l’arcano.
Nelle scelte produttive c’era stato un tentativo mal riuscito nell’impianto di forni elettrici a tunnel della Scei .
Un vero disastro, perché proprio non funzionavano !
Disavventure simili le avevano già sperimentate anche altre aziende locali come ad
esempio, quella dell’Ing. Finesi nella sua
azienda in località Treia, ai Tre Re.
La Ceramica Profi
Consapevole dell’insuccesso, la Scei ne
costruiva uno gratis per risarcimento alla
Vitruvit, che si vedeva costretta però a lavorare con i vecchi, affidabili forni toscani. Già
nel 1958 passa ad una parziale produzione
su scala industriale di monocottura in
vitreous china ad alta temperatura.
Dopo numerosi viaggi all’estero, nei quali il
Cavaliere apprende appieno la tecnologia
della monocottura, adotterà per intero questo tipo di produzione. Nel 1970 viene a
mancare il padre, il Sig. Francesco Luigi ed
allora il Cavaliere cambia i forni della
Vitruvit impiantando quelli a brevetto francese della Siti di Novara. Non l’aveva fatto
prima, anche se straconvinto della loro
superiorità, per non arrecare dispiacere al
padre che era affezionato alla vecchia linea
produttiva. La ceramica manterrà comunque la gloriosa denominazione “Vitruvit di
La Ceram
Campo de fiori
31
a:
filiGrande Uff. Cav. Bruno
di Sandro Anselmi
li fondata nel 1952
Profili Francesco e Figlio”. Nel 1964, mentre
è socio con il padre, sollecitato dalle richieste di importanti clienti greci, decide di
impiantare là una ceramica di sanitari più
grande di quella di Civita. Il Cavaliere, dopo
una permanenza di nove mesi in Grecia,
manda in produzione l’impianto la notte del
15 Agosto 1966.
A questo proposito parla con commozione
ed ilarità del ricordo di quell’episodio quando, solo nello stabilimento, brindando con
una aranciata, la spruzza sui primi pezzi
usciti, macchiandoli.
All’indomani gli operai tornati al lavoro vengono presi dal panico nel vedere il prodotto di quel colore e pensano già di dover
ricominciare tutto daccapo. Lo stabilimento
greco arriva a produrre 1.600 pezzi al giorno e tutt’oggi è considerato all’avanguardia
nel settore. All’azienda di sanitari ne affian-
mica CIPA
ca una di piastrelle.
Il Cavaliere esce dalla società
solo nel 2002.
A questo
punto mentre si riposa, come
dice lui, insieme ai Brunelli,
l’Ing. Rainer Weidmann ed ai
fratelli Angelo ed Antonio
Fortuna costruisce in territorio di Fabrica di Roma quel
colosso della Cipa per la produzione di stoviglierie e tazzame che produce 60.000
tazze e 10.000 piatti al giorno. Il personale è quasi tutto
femminile, infatti su 220
donne ci sono solo 20 uomini
addetti ai forni. E’ il 1968 e
per molti altri è un anno
“caldo”, per il Cavaliere l’unico calore è quello dei forni.
Negli anni ’70 la Cipa rileva la
società Tuscia sempre in territorio di Fabrica di Roma già
di
proprietà
di
Vasco
Costantini ed altri soci romani. Anche lì il Cavaliere opera
una trasformazione drastica nella produzione, abbandona i materiali fin li usati e adotta quelli stessi della Cipa con un miglioramento immediato.
Naturalmente bisogna seguire la Grecia e,
nonostante le maestranze italiane molto
preparate, il Cavaliere vi si reca per circa
una settimana al mese. Nel frattempo i
Brunelli, proprietari della ceramica Simca
che avevano parzialmente rilevato dalla
cooperativa di operai provenienti dalla ex
ceramica Parroccini, chiedono al Sig.
Francesco, padre del Cav. Bruno, di dargli
una mano nella gestione. Questi, sapendo
di non sbagliare, manda il figlio che mette
in sesto l’azienda e poi ne diventa socio.
Sempre negli anni ’60 e precisamente nel
1969, alcuni iraniani, con dei libanesi e due
italiani, tutti ottimi clienti della Vitruvit, convincono il Cavaliere ad entrare in società
con loro per impiantare una ceramica di
sanitari in Iran ed al Cavaliere basta mettere solo le competenze tecnico-commerciali,
senza nessun apporto di capitale !
La ceramica arriva a produrre 2.400 pezzi al
giorno ma poi, le vicende politiche locali
(l’avvento di Komeini), fanno naufragare
questa realtà. A Civita manca una vera fabbrica di Fire Clay (lavelli da cucina e piatti
doccia) e, dopo una prova deludente di un
altro industriale, il Cavaliere cerca dei terreni per impiantarne una, ma gli riesce impossibile perché manca, agli effetti, una vera
zona industriale programmata. Trova le
condizioni adatte ad Attigliano e nell’anno
1980 nasce la Betavit con la produzione di
640 pezzi al giorno che, rapportati al volume degli oggetti, è impressionante.
Purtroppo nel 1988 perde l’affetto più grande della sua vita, il suo unico figlio amatissimo Massimo. Ne parliamo con profonda
commozione guardando la foto di un ragazzo bellissimo dal sorriso meraviglioso.
Colpito da questo assurdo destino inizia,
quasi per vendicarsene, a smantellare il suo
impero, così voluto e così faticosamente
costruito. Lui che era stato nominato
Cavaliere a soli ventisei anni, insignito del
titolo di Commendatore a trentadue anni,
che aveva ricevuto la nomina di Grande
Ufficiale direttamente dal Presidente Sandro
Pertini e aveva dato sempre la garanzia del
posto di lavoro e dello stipendio a fine mese
a tanti e tanti uomini che, con serenità, raggiungevano tutti l’età pensionabile.
Nel Febbraio 2004 perde anche la moglie,
Sig.ra Maria Fantucci, fedele compagna di
un cammino così intenso e laborioso.
La storia di questi uomini va recuperata,
salvaguardata nel tempo, quale esempio
per le nuove generazioni.
Negli ultimi anni ha molto contribuito per il
miglioramento della salute delle persone
malate e, nel Gennaio 2000, ha donato
all’Ospedale Andosilla di Civita Castellana il
reparto autonomo di Nefrologia e Dialisi
intestandolo al suo caro Massimo.
Sono certo, dalle parole che ci siamo detti e
da quel che capisco, che il cammino intrapreso ha molto pagato l’animo e lo spirito
del Signor Bruno e la sua calma, il parlare
pacato ed essenziale, mal celano una nuova
carica energetica prorompente, viva e
perenne.
Per quello che ha già fatto e per tutto quello che potrà fare, Lui è già parte di un firmamento di poche, chiare stelle in una
notte di nuvole.
Reparto Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Andosilla
di Civita Castellana intitolato a Massimo Profili.
Cav. Bruno Profili durante la nostra intervista
Campo de fiori
32
La Stori
...Le aspettative del padre non vengono
minimamente deluse perché di lavori ne fa
tanti e, in contemporanea con gli studi,
vende enciclopedie fino a quelle prestigiose della Treccani (allora opere esclusive
della SIAE) e svolge varie mansioni anche
per il Comune di Fabrica di Roma. Da studente in Giurisprudenza inizia a lavorare
con continuità per la Compagnia di assicurazioni Alleanza, con la quale vince anche
gare nazionali di produzione.
A seguito di diverse proposte da parte di
altre Compagnie di assicurazione quali La
Previdente, la Lloyd Adriatica e la Phenix
Soleil (oggi GAN) sceglie quest’ultima che
lo assume come ispettore nel 1971 e lo
porta a lavorare a Civita Castellana. Nel
frattempo la musica, quasi totalmente
abbandonata, viene ripresa grazie alle
pressioni di amici come Sandro Di Vittorio,
Giorgio Angeletti, Daniele Paludi, Fabrizio
De Vittori... che lo coinvolgono a sperimentare nuove sonorità da portare per le
usate piazze di Vignanello, Caprarola etc.
Frequenta allora lo studio di registrazione
di Aldo dei Falisci e l’amico Claudio assieme al fonico Romano Ermanno e partecipa
alla realizzazione di alcuni brani, poi anche
di successo.
Prova a Fabrica di Roma con un gruppo di
che gli serviranno poi, come colonne sonore nelle trasmissioni televisive che condurrà prima a Punto Zero e poi a Italia 5 .
Nel 1974 presta il servizio militare ed organizza un gruppo musicale in caserma con
degli amici Sardi. Nel 1975 presta servizio
per alcuni mesi quale capo stazione per le
ferrovie dello stato e si licenzia per dedicarsi interamente alle altre attività che
aveva già avviato. Nello stesso anno, apre
sempre a Civita Castellana, una delle
prime palestre. Dopo il matrimonio, nel
1979 nasce Cecilia e la voglia mai pacata
di fare musica, lo porta ad organizzare
feste all’istituto delle Suore Francescane
dove lei va a scuola, facendo gruppo con
Tonino Conti e la moglie Loly, poi emigrati
in Spagna.
In queste occasioni incomincia a cantare
anche Cecilia che dimostra di avere una
spiccata dote musicale ed una voce bellissima. Nel 1983 nasce Federico e l’arrivo di
amici tra cui il compianto Eraldo Cesari,
Francesco Borghesi, Mauro Carofei,
Fabrizio Angori e Renzo Giovagnoli.
Stringe amicizia con Bernardo La Fonte (ex
Blocco Mentale) e Romano Ermanno e
nasce una società per realizzare uno studio di registrazione. Trovati i locali, cercano di stringere accordi col signor Massimo
Di Cicco, noto industriale del disco, ma le
condizioni proposte non sono le più favorevoli e, di comune accordo, decidono di
soprassedere. Intanto però, affascinato
dalla cosa, Max dà gli esami alla SIAE per
l’iscrizione quale compositore di musica e
di testi ed incomincia a depositarne alcuni
quell’angioletto diverso ma tanto bello e
tanto dolce, lo tocca profondamente e
tutta la sua vita sarà da quel momento,
comunque diversa. La chitarra e la sua
voce accompagneranno così mille ninne
nanne. Nasce, con Federico, anche l’
A.I.D.I.
(Accademia
Internazionale
D’Italia) con il sogno di preparare un
mondo nuovo per i fratelli più deboli e
tante e tante iniziative promosse e realizzate in anni di impegno sociale, pongono
delle pietre miliari nella storia delle persone diverse. Cecilia all’età di 10 anni entra
a far parte del Coro Polifonico della
Cattedrale di Civita Castellana e va a scuo-
Campo de fiori
33
ia di Max
alias Sandro Anselmi
la di canto all’Accademia Muzio Clementi.
Max soddisfattissimo, la segue ovunque.
In quegli anni ha l’onore di cantare insieme a Rita Forte allo Sheraton di Roma ed
in altre uscite estemporanee, anche con
altri grossi artisti. Si fa promotore della
creazione di una Associazione Nazionale di
artisti con l’amico Don Baky e l’Avv. Enrico
De Santis. Progetta con Don Baky un festival da inserire nel carnevale di Civita
Castellana. Frequentando poi l’ambiente
musicale della Capitale, conosce Giuliano
Selva e Marco Del Freo e con loro corre
una serie vorticosa di esperienze importantissime. Giuliano Selva era stato un
buon cantante negli anni ’60, più noto
all’estero che in Italia. Marco Del Freo, una
voce stratosferica, era arrivato secondo a
Sanremo dopo Siria ed aveva poi vinto il
Festival di Napoli e quello di Vigna del Mar
in Cile, aveva partecipato a moltissime trasmissioni televisive importanti condotte da
Pippo
Baudo
(Domenica
In
–
Novecento…). Sono entrambi in collaborazione con Giorgio Ferrara, ex socio di
Aragozzini con il quale aveva organizzato
alcuni festival di Sanremo. Nasce così la
Casalba edizioni musicali. La Casalba, con
sede in Viale Mazzini a Roma, incomincia
subito a dare grosse soddisfazioni e fa
entrare Max in quel mondo che aveva
sempre sognato.
Conosce così molti grandi artisti che promuovono di buon grado i loro pezzi duran-
te i concorsi musicali e gli spettacoli televisivi che la Casalba stessa organizza.
Max riferisce dei viaggi di lavoro a Milano
dove hanno sede le più importanti case
discografiche e dove nasce il disco “Amore
Vero”, fatto con gli amici Marco Del Freo e
Bobby Solo in coedizione con la Nibbio srl.
Il disco viene inciso nello studio di registrazione dell’amico Alberto Radius, mitica
chitarra della Formula 3. Ricorda tutti gli
amici di Radio Italia come Franco Nisi……e
l’emozione degli incontri con il Maestro
Gino Mescoli, con il direttore della Baby
Record, con il grande Carlo Alberto Rossi
ed i Direttori della EMI, della
RICORDI, della SUGAR…, poi l’amicizia con una persona squisita, oltre ottimo cantautore, come
Gatto Panceri.
Al Festival di Avellino “A Voice for
Europe” , andato in onda su
Telemontecarlo, Max rappresenta la Casalba che porta il pezzo
“Amore Vero” ed è presente
anche in giuria.
La permanenza lì per una intera
settimana a contatto diretto con
moltissimi artisti, resta un’esperienza unica.
Conosce Leo Gullotta, Gianfranco
D’Angelo, Brigitta Boccoli, Angelo
Branduardi, Riccardo Fogli, Mino
Reitano, Vincenzo Gragnagniello,
I Neri per Caso, Corona, I
Ragazzi Italiani, Ambra Angiolini, Anna
Lisa Minetti, Paola Folli (che aveva prestato la voce per i cori del brano “Amore
Vero”)... Entrano a questo punto a far
parte della “scuderia” Casalba, artisti
come Paolo Effe (Fattorini), che vince la
selezione giovani cantautori a Sanremo e
la grandissima Anna Tatangelo, che si
aggiudicherà meritatissimamente, nonostante la giovanissima età, la vittoria a
Sanremo con la canzone “Doppiamente
Fragili” coed. Casalba.
S.C.
continua sul prossimo numero......
34
Campo de fiori
Italiani all’estero
La nostra terra ha visto andar via molti uomini che, con la
voglia di lavorare ed il grande desiderio di farsi una tranquilla posizione hanno raggiunto l’America e lì, pur senza
punti d’appoggio iniziato la loro scalata.
E’ il caso di Danilo Covone, civitonico di nascita e nipote del
nostro compaesano Massimo Abballe che, partito per gli
Stati Uniti d’ America dopo il servizio militare (1984-85)
riesce, con non pochi sacrifici, a farsi una vita lontano dalla
famiglia, dagli amici, da tutti gli affetti e dall’ambiente che
l’ha visto nascere e crescere. Appena arrivato negli Stati
Uniti Danilo si cerca una casa dove stare e cerca di adattarsi a svolgere qualsiasi tipo di lavoro. Inizia col fare il venditore di fiori lungo le vie di New York, ad improvvisarsi venditore ambulante durante le varie manifestazioni e festività
che si tengono in questa grande metropoli, finisce col fare
l’ascensorista in quei titanici grattacieli. E’ costretto a cambiare spesso lavoro anche perché l’America, pur offrendo
diverse opportunità per chi ha voglia di lavorare, non garantisce però un lavoro sicuro e duraturo. Con la buona volontà e senza mai perdersi d’animo, lontano da tutti coloro che
avrebbero potuto dargli se non altro un sostegno morale,
Danilo costruisce la sua vita. Il lavoro non gli manca e a
questo punto decide di metter su famiglia con quella che
tutt’oggi è la sua compagna e la madre dei suoi due figli
(Massimo e Alex di 11 e 7 anni), Hiroko, una Giapponese
anche lei emigrata in America per lavoro e come Danilo lontana dagli affetti e dai famigliari. Attualmente Danilo lavora
per una grossa società di spedizioni ma mantiene sempre
quei piccoli lavoretti di venditore ambulante che contribuiscono, insieme ai vari impieghi come baby sitter o collaboratrice domestica della moglie, a far vivere più che dignitosamente la sua famiglia. Pur giovanissimo, Danilo affrontò,
venti anni fa e completamente solo, questo immenso paese
senza farsi travolgere da tutto ciò che di nuovo e accattivante poteva offrirgli, senza mai dirigersi verso quelle mete
che gli avrebbero fatto perdere la stima di sé stesso e dei
suoi famigliari in Italia. Di questo ne parla con grande orgoglio la zia Anna, moglie di Massimo, che ospita Danilo e la
sua famiglia ogni volta che ha il desiderio di tornare a vedere la sua bella Italia e di assaggiare i succulenti piatti italiani, tanto apprezzati anche dalle moglie e dai figli. A noi non
resta che augurare a Danilo una lunga vita felice in quel
grande paese che ormai gli appartiene, ma vogliamo anche
trasmettergli, con il nostro giornale, i profumi ed i colori
della terra natia affinché non possa mai dimenticare …
Cristina Evangelisti
Danilo Covone con la moglie Hiroko ed i figli Alex e Massimo
Campo de fiori
A partire dalle ultime domeniche di maggio, il sole come in un caloroso abbraccio,
riempie di luce quella distesa azzurra contornata dal verde dei colli Cimini. Ciclisti
della domenica ancora un po’ infreddoliti,
costeggiano il bacino di erculea origine. La
strada asfaltata
solo a tratti,
ricorda le antiche mulattiere
dove i pastori
transitavano
con le loro
pecore. All’interno delle staccionate
dove
spicca un verdeggiare
di
noccioli si possono
ancora
vedere animali
altrove cacciati
dal crescere del
cemento. I cinghiali con i loro
piccoli convivono con faine,
tassi e volpi. Tra
le querce secolari accompagnati dal tenero
canto di merli e
passeri c’è un danzare di piccoli scoiattoli.
Il nibbio dall’alto silenziosamente controlla
la vallata. Questo e’ il Lago di Vico. Qui il
vento che soffia tra le foglie degli alti faggi
fa da colonna sonora ad un evento che
puntuale si ripete da decenni. Gli uccelli
migratori che prima padroneggiavano sulle
spiagge ora si levano in volo concedendo
un arrivederci a questi luoghi. Sta succedendo qualche cosa di veramente straordinario. Sulle strade inizia un intrecciarsi di
pedali e motori. Lamiere policrome cercano di confluire ordinatamente negli stabilimenti che qua e là sorgono sulle rive del
lago di Vico - panorama
lago. E’ iniziato il grande esodo.
Lentamente le sponde si riempiono di
vivaci colori. Sale garbato un boato di
bambini che timidamente cercano di
entrare in un’ acqua ancora gelida. Per
alcuni di loro è il primo tuffo. Ragazzi che
giocano a pallone, a carte o che catturano
un po’ di ombra mentre si rinfrescano con
Il 1° Luiglio 2004 è nato Francesco per
la gioia di mamma Daniela Micheli e di
papà Stefano Ponzo. Si uniscono alla
gioia per il lieto evento tutti gli
amici, i parenti e la redazione di
Campo de’ fiori.
Tantissimi
auguri a
Roberto
Moscioni
a Franco Foglietta che copie
che ha
50 anni il 18 Settembre Gli
conseguito
auguri per altri cinquanta
il diploma
anni felici gli vengono dalla
di tecnico
moglie Marcellina e dai suoi del suono, presso il cine- TV
Roberto Rossellini di Roma,
figli Alessio e Andrea.
da parte della sua famiglia e
Auguri anche dalla
dalla redazione di
redazione.
Campo de’ fiori.
Auguri di
Buon Compleanno
un delizioso gelato. Quelli più piccini armati di secchiello e paletta, controllati a vista
dalle mamme, ricoprono di sabbia i papà
sorridenti. Sulla spiaggia c’e’ chi cerca di
prendere i primi raggi di sole e altri si dedicano al corteggiamento. Alcuni con gli
occhi pieni di
gioia percorrono il lago a
bordo di canoe
e
pedalò.
Nell’aria si liberano odori di
ogni
genere.
Creme al cocco,
olio di mandorle, abbronzanti
alla
menta,
lozioni alla ciliegia profumano
la brezza di
metà pomeriggio. E’ oramai
arrivata sera. Il
sole saluta tutti
e imbarazzato,
lasciando
il
cielo di colore
scarlatto,
si
nasconde dietro
i crinali cimini.
Adesso inizia un
lento pellegrinaggio di ognuno verso la
propria abitazione. Dopo tanti anni nulla e’
cambiato. Cosa rimane? I ristoratori esausti ripuliscono il loro tratto di spiaggia e la
civetta con la sua canzone accompagna un
istrice goffo che ritorna padrone delle sue
terre.
Benvenuta Viola.
Il 1°Luglio 2004
Gianluca e Anna
Sbriccoli hanno
colmato la loro
felicità con la nascita
della loro piccolina.
Auguri per una vita
lieta e felice da parte
degli amici, parenti e
dalla redazione
Riportiamo di seguito la prima parte di una lettera che Fabrizio Pecoraro, dal Sud
Africa, scrive al suo amico Sergio di Civita Castellana dopo che questi gli ha inviato il nostro giornale Campo de’ fiori.
Pinetown 18 Agosto 2004
Caro Sergio, con grande sorpresa e piacere ho ricevuto i due
opuscoli “Campo de’ fiori” e quello della guida 2004 di Civita
Castellana. Ti ringrazio tanto per avermeli spediti; fa sempre
molto piacere ricevere corrispondenza dall’Italia ed in particolare da Civita Castellana; tanto più che qui di Italiano se ne
sente, se ne parla e se ne legge ben poco!
“Campo de’ fiori” è un bel giornale e congratulazioni a Sandro
Anselmi che lo ha fondato......
Messaggi
Messaggi
Inuovi tesori di
Ronciglione
35
Campo de fiori
36
n
a
S
l
e
Cast
Ricordi di vita a
Castel Sant’Elia
di Riccardo Pieralisi
Grazie alla collaborazione e all’incredibile
memoria di Vittorio Valentini (cittadino
Castellese), possiamo raccontare del secolo scorso. Ho chiesto a Vittorio come e
quali erano gli esercizi commerciali uno ad
uno, indicando anche la loro collocazione.
- Clelia e Silvana erano nel corso principale e Maria in Via del Santuario, poi il ciabattino era zì Peppo con Antoniuccio e
Stefanicchio. Ricorda poi che Silvana, un
giorno a settimana, vendeva anche la
carne. Invece Romanello la carne la vendeva in Piazza “a bancaccio”, ma soltanto
quando qualche bestia gli si azzoppava. Le
osterie non mancavano: Maria in Via delle
Cascine, Aurora in Via Emanuele III,
‘Remelicche’ in Via Umberto I con annesso
gioco di bocce, Peppa in Piazza d’Azeglio.
C’era poi il fabbro che si chiamava Peppe
ed era in Via Umberto I e Ugolino aveva la
sua falegnameria in località San
Sebastiano. I fornai erano Antonio Darida,
in Via del Santuario, Francesco Nucci, in
Via Sant’Elia e Anastasio De Santis in Via
Rupi. Erano tutti forni alimentati con la
legna raccolta nella macchia del Comune.
Chi riforniva il paese di altri generi come
stoffe, calzature, attrezzi agricoli, callari
erano solo i venditori ambulanti che venivano dai paesi limitrofi e molto spesso,
non avendo soldi, venivano pagati con il
baratto. “Ricordo – aggiunge Vittorio – che
mia madre, per avere un callaro, dette in
cambio un prosciutto”. Allora c’era tanta
povertà, per necessità si iniziava a lavorare molto giovani e già a 7 o 8 anni si era
nei campi a custodire il bestiame. Si iniziava a lavorare al sorgere del sole e si finiva
quando questo calava. Le scuole erano
poco frequentate e un po’ d’istruzione si
poteva avere dalle scuole serali di Suor
Adelina, mentre da Don Giovanni si poteva andare a scuola di musica. Grazie a Don
Giovanni, infatti, prese corpo la Banda
Musicale Cittadina che era costituita da
circa trenta elementi. Ricordo ancora la
prima importante trasferta a Roma dove
suonammo per la festa di San Giuseppe.
Vittorio, che vuole raggiungere i cento
anni di età, continua nei suoi ricordi inesauribili, nei suoi racconti interminabili……
tanto che ci si potrebbe scrivere un libro !
Primo mezzo agricolo a
Castel Sant’Elia
Augusto Crispigni - 1934
Cresima a Castel Sant’Elia 1948 da sx Deci Domenico - Augusto De Placidi - Nello Martellini - Bruno Dei - Franco Nucci Francesco Darida - Francesco Sebastianelli - Vincenzo Attili... Foto data dal Sig. Domenico Deci.
Campo de fiori
37
Abbandonati
dall’attenzione
del mondo
occidentale
V.A.
In questo numero torno a parlare di un ospedale del Nord Uganda. Raccontai la storia del
“St.Mary Hospital” di Lacor e dei due fondatori, Piero Corti e Lucille Teasdale nel nr 7 di
Campo de’ fiori. Ora su queste pagine vi riporto una documentazione tratta dal diario di
padre Elio Croce, missionario Comboniano
che vive e lavora presso il St.Mary Hospital.
Ancora una volta una storia scioccante ma
emozionante sul piano umano di alcune persone che danno e che hanno dato la loro vita per
migliaia di persone… “abbandonate dall’attenzione del mondo occidentale” .
“Le nostre tre ambulanze in meno di due
mesi percorrono 17.700 chilometri.
Portano in ospedale 564 persone. L’ebola
non attira investimenti per la ricerca e per
le terapie perché non offre nessuna prospettiva di profitti. Però grazie alla volontà
e caparbietà del nostro Dottor Matthew
che molte volte lottava e si schierava contro il parere degli esperti sanitari mondiali
che credevano che ogni intervento terapeutico sul malato fosse inutile, esistono le
sue cartelle mediche con osservazioni,
descrizioni meticolose dei sintomi variazioni giornaliere dei quadri clinici, intuizioni
ed ipotesi cliniche. Questo prezioso lavoro
condotto dal dott. Matthew è alla base di
un risultato importantissimo : A Gulu nel
nostro ospedale la mortalità è stata del 45
%, quasi la metà di quella segnalata in
altre epidemie. Questo per voi possono
essere numeri e statistiche ma per noi
dell’ospedale st. Mary di Lacor sono risultati ottenuti grazie alle persone che hanno
assistito gli ammalati con totale dedizione,
abnegazione ed amore, senza paura fino
alla fine Una storia tragica e grandiosa allo
stesso tempo capace di ridarci fiducia e
speranza per il futuro. Ringraziamo Il
Signore, per l’Africa che per noi e per l’umanità intera ci da ancora persone come
queste.Io lavoro a Lacor, vicino a Gulu,
dall’ 85. Sono fratello Comboninano. Sono
addetto alle costruzioni. e tengo la manutenzione di tutte le attrezzature elettromedicali. Faccio in modo, nel limite del possibile, che ogni cosa funzioni ed i medici
possano lavorare e dare il meglio di loro
stessi.
La zona di Gulu nel nord
dell’Uganda, già da anni, (16 anni) è
insanguinata dalla guerriglia ed ha dovuto
affrontare in successione, e talvolta con-
temporaneamente, i problemi sanitari conseguenti a guerra ed epidemie...
Meningite nel 93, colera nel 2000 ebola
fine 2000. Il nostro ospedale si trova così
ad affrontare contemporaneamente guerra ed epidemia di ebola. Infatti, il nove
ottobre 2000, festa dell’Indipendenza,
sono fatti e spediti i prelievi delle persone
sospette al CDC di Atlanta (Centro controllo delle malattie e della prevenzione).e in
Sudafrica. La notte stessa nel centro di
Gulu una banda di ribelli assalta una discoteca piena di giovani , facendo diciotto
morti e una quarantina di feriti.L’Ebola è
un virus che prende il nome di un torrente in Congo dove si manifesto la prima epidemia nel ’76. Quindi è una malattia abbastanza recente e non si sa ancora quale sia
il serbatoio del virus, Si tratta di una febbre emorragica che si manifesta come una
banale Malaria, raffreddore o influenza
,con dolori alle articolazioni, mal di testa,
febbre, dolori al petto e dissenterie. In
pochi giorni attacca tutti gli organi del
corpo ed alla fine dissolve tutti i tessuti del
corpo provocando grosse emorragie da
tutte le mucose e da tutti gli orifizi.
Provoca la morte nell’80% dei casi . E’ salita alla ribalta mondiale nel 95 quando a
Kikwit nel nord est del Congo causò la
morte di 240 persone. E’ sempre pericolosa per il personale sanitario. A Kikwit morirono 60 operatori sanitari tra cui sei suore
italiane le poverelle di Bergamo che assistevano gli ammalati. Erano passati sei
mesi prima che venisse dato l’allarme. In
Gabon nel 1997 provoca 45 morti. Nel
nostro distretto di Gulu L’ebola appare a
fine settembre del 2000 e l’ultimo ammalato viene dimesso il 23 gennaio 2001. La
fine dell’epidemia è stata dichiarata quaranta giorni dopo il 23 Marzo esattamente
un anno fa. Il virus ha infettato in pochi
mesi più di 500 persone. Secondo i dati
dell’OMS organizzazione mondiale della
sanità ne sono morte 224. 14 erano operatori Sanitari del nostro ospedale tra cui il
nostro direttore sanitario il dr. Matthew. 10
altre noste infermiere colpite dal virus
sono guarite. Di quei giorni drammatici,
scrivevo una specie di diario. Come un bollettino di guerra che mandavo ad amici per
informarli di quello che succedeva a Gulu.
Lo scrivevo per non dimenticare questa
esperienza generosa e insieme drammatica nel nostro ospedale, dove molte persone si sono donate volontariamente e disinteressatamente fino alla morte. La
Dominique figlia del dott. Corti che attualmente si occupa della fondazione a sostegno dell’ospedale e che vive qui in Italia,
l’ha voluto pubblicare così come era senza
neanche farmelo completare o rileggerlo.Fin dal primo giorno dello scoppio dell’epidemia, sotto la direzione di Matthew,
direttore dell’ospedale, facevo tutto quello che mi dicevano di fare, seguivamo un
manuale del OMS, organizzare l’isolamento con stanze successive dove le infermiere e medici si cambiavano si vestivano e si
decontaminavano, fare scaffali per le scarpe e per i stivali , attaccapanni per i camici e le tute, vasche di lamiera piene di
soluzione di clorina o varechina dove passavano dentro con gli stivali, dai leva stivali all’inceneritore, dallo smaltimento del
materiale infetto al fare le bare e seppellire i morti. Ero quindi libero anche di entrare nei reparti per trovare e portare conforto agli ammalati, mentre andavo a fare
qualche lavoro di riparazione acqua-luceossigeno, o quando mi chiamavano a fare
qualche lastra radiografica al torace di
alcuni pazienti. Essendo saltuario, non ero
esposto al contagio come quelli che lavoravano per molte ore al giorno nel reparto
di isolamento.. Ancora ignaro dell’epidemia, trasportai la salma di Daniel, nostro
studente infermiere al suo villaggio lontano 270 km. In macchina con me avevo 14
infermiere sue amiche. I primi giorni saltavano fuori sempre cose nuove. Portare i
morti nell’obitorio nessuno lo voleva più
fare. Allora per i primi tempi lo facevo io,
aiutato da qualche anima buona, poi ci
siamo organizzati anche in questo con
volontari. E così abbiamo fatto per il servizio ambulanze. All’inizio ero solo io. Poi
trovati tre autisti volontari entravo in servizio solo quanto gli altri avevano finito,
ossia la mattina presto o la sera dopo le
sei.
Padre
Elio Croce
continua sul prossimo numero ......
38
Campo de fiori
Per
fortuna
c’è
chi
o
i
l
g
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si ricorda di loro
c
n
Ro
La vita è come un albero che, vigoroso, fa mostra di se in una foresta.
Questa boscaglia verdeggiante è colma di alte piante ognuna delle quali rappresenta una esistenza romita.
Di giorno, tanti uccelli cantano sui loro rami, ma, quando il sole si perde nell’imbrunire, la solitudine inizia a fare capolino. Ognuno di questi alberi è inerme davanti agli accadimenti del tempo.
Basta un temporale, un fulmine, la brutale forza dell’uomo e la sua esistenza è messa in pericolo.
Così è l’uomo: solitario in mezzo alla moltitudine. Raggiunge la gloria, si contorna di amici, ma...
sul finire della propria esistenza si ritrova spesso solo con i suoi pensieri con i suoi disagi e i suoi
problemi. In questo periodo, dove molti anziani soli sono come esuli pronti ad allungare la mano
per ottenere calore e amore, qualcuno non si dimentica di loro.
Il quindici luglio scorso, per forte volere dell’Assessore ai Servizi Sociali e con l’interessamento del
Sindaco Giancarlo Bianchini, è nato a Ronciglione un nuovo servizio. Il suo traguardo è quello di
alleviare le sofferenze di chi è disagiato.
Il progetto del tutto gratuito prevede la presenza di un operatore che si occuperà di acquistare
medicinali per persone che non sono in grado di recarsi in farmacia e di richiedere la prescrizione di farmaci presso il proprio medico curante.
Inoltre, parallelamente ad esso è nato anche il progetto “ Estate sicura” all’interno del quale è
prevista l’inquadratura di una persona predisposta al ritiro dei sacchetti dell’immondizia presso
persone non abili alla deambulazione.
Sottolineando ancora il carattere sociale e gratuito dell’iniziativa occorre precisare che per poter
usufruire di tutto questo bisogna farne richiesta presso il Comune di Ronciglione al Segretariato
Sociale in Via Solferino n. 35 dalle ore 8.30 alle 12.30 oppure telefonando al numero
0761629039.
Riempie di gioia vedere che in mezzo a tante sterili e infruttuose sterpaglie esistono ancora fiori
pronti a sbocciare per distruggere quel velo di lacrime che cela il sorriso dei meno fortunati.
di Erminio Quadraroli
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39
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Giornale Civitonico
Anno 1956
Campo de fiori
Dalla rubrica “BIMBI NOSTRI”
Chi si riconosce in queste foto pubblicate su “Numero Unico” del 1956 ?
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Campo de fiori
44
Pubblichiamo questa bellissima foto
inviata dal collega Mario Sardi
degna candidata per un concorso fotografico.
La bellissima Fontana dei Draghi di Piazza Matteotti, oltre che ad essere una importante testimonianza
della storia e della cultura di Civita Castellana, ed arredare il più importante luogo di incontro della cittadinanza, serve anche per dissetare qualche persona che non sopporta la calura estiva, come si vede
Mario Sardi
nella foto.
01033 Civita Castellana (VT)
Via Falisca, 89 - Tel.0761.598182
Fax 0761.591579
P.zza Matteotti, 16 - Tel. 518145
Campo de fiori
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Civita Castellana Agosto
Ronciglione Luglio e Agosto
N ATI
22 Luglio
Vincezo Morbidelli
29 Luglio
Gabriele Oliva
14
17
12
26
04
26
21
21
20
03
24
10
11
20
23
15
10
04
25
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Agosto
Matrimoni
03 Luglio
Manuela Farricelli/Lorenzo Fratoni
10 Luglio
Massimiliano Cesaretti/Michela Venturi
19 Agosto
Sonia Chiandotto/Enrico Volpicelli
01 Luglio
Viola Sbriccoli
10 Agosto
Giuseppe De Angelis/Lenuta Dinu
N ATI
Matrimoni
-
Elisa Biaggiotti
Gabriele Bravini
Claudia Coriolano
Valentina D’Aguanno
Giulia Di Bella
Filippo Diaco
Alessandro Esposito
Lorenzo Franco
Riccardo Frate
Alexia Vanessa Gavrila
Dennis Lazzarini
Agnese Leoniddi
Camilla Meloni
Silvia Mengarelli
Ibrar Muhammad
Karima Nouaili
Ares Pistola
Flavio Pulimanti
Francesco Sansonetti
Morti
Francesco Rossi - 03 Luglio
Mariangela Mengoni - 10 Luglio
Pierina Casani - 17 Luglio
Rosa Poli - 18 Luglio
Don Oscar Stefanelli - 22 Luglio
Elena Gattoni - 06 Agosto
Francesco Ioncoli - 22 Agosto
A. Maria Morroni - 23 Agosto
Morti
Rocco Biasco - 29 Agosto
Emilio Catarcia - 12 Agosto
Luigi Chilini - 21 Agosto
01 Agosto
Alessandra Nunzi
e
Hamid Mechhouri
Giambattista Ciavarella - 01 Agosto
Ermanno Del Priore - 15 Agosto
Elisabetta Galligani - 02 Agosto
Carlo Gemma - 07 Agosto
Andrea Giampieri - 06 Agosto
Gildo Quirini - 06 Agosto
Aldero Sciarrini - 20 Agosto
Campo de fiori
Quadretto Roncionese
E chiacchere ggiù ppè ‘vvorgo
(tratto dall’opera scritta da Erminio Quadraroli,
primo premio al “Roncio d’Oro” 2004)
Chi tte dice che ppe’ sapè i fatti de tutto Ronciò
tocca ‘nnà da ‘o barbiere, vordì che nun edè mai
stato ggiù ppe’ ‘vvorgo. Strade strette e case
basse dove ppure i muri tte sanno riccontà ‘e
pastocchie dì paesani tui...
Questo edè ‘n “luogo ameno” dove a ogniuno è
stata fatta ‘na camicia su misura. Chi abbita de
laggiù fa certi taija e cuci co’ ‘a bocca!!! Robba
che...quanno sta llì ppò stradò aggià sentono l’odore: <<Ha da essa ‘o fijo de Giuvanni ‘o
fornaro, non ‘o senti l’odore de’ ‘a farina?>>. Ma doppo, mano mano che tte ‘vvicini,
scòrtono ppure i passi: <<...Mesà che edè ‘o
fijo de Arfredo...Cammina co’ ‘o piede
destro che lle batte!>>. E ppò quanno tte
vedono sbucà da llì a piazzetta, allora si che se
‘ccanisciono co’ ‘o “totolingua”!!! Lle passi
denanzi... tutte zitte! Pare che nemmeno se
n’accorgino che cce sì! Chi pulisce ‘e patate, chi
sgrana du’ facioli, quarcheduna fa ppure finta de
spanna du’ panni. Quella edè ‘a peggio!!!...
Ttu si sparito dereto l’angolo d’à strada che va su
ppi Torriò e quelle se ‘ccostono pupò...e cominciono. A furia de chiacchierà ciànno ‘a lingua rinfucinata!!! <<Oì, sentite ‘mpò, ma ‘sto
rigazzo chi edè?>> lle dice Nunziatina a sòra
Cencia che cò l’orecchio attente sente si ttu hai
sonato a quarche campanèllo... Pupò ppiù llà
Nena che ha sentito de chiacchierà, ropre à
porta de casa... Cò ‘na mano regge ‘na sedia de
gionchi ‘ntrecciati e cò l’antra i ferri cò ‘a lana.
Sse mette a seda da ‘na parte e sse ‘ggiusta ‘lli
sette strati de panni che porta addosso. E ttu tte
chiedi tra te e te: <<Pensa ‘a llo poro marito quanno ciàveva quarche voija strana... à
‘o quarto strato aggià ll’era passata ‘a fantasia!!!>> Mò lle pare brutto stasse zitta e
‘ncomincia: <<L’antro giorno l’ho visto ‘nna
su ‘n casa dè ‘a fijia de Pietro ‘o fratello de
Giustino...Mimma m’ha detto che edè ‘o
fijo de Sandrarello quello che ‘a matre ciàveva ‘a terra ggiù ppè Vignallungo>>... E
Mecuccia che mò cià à bagnarola vòta ‘pprofitta
de ‘n menuto de silenzio: <<Mica mm’ò ricordo ppiù quello che avo da dì ... so che ‘a
terra l’ha vennuta ppè du’ sordi a Peppino,
quello che cià ‘a sorella che sta ‘ccoppiata
co’ quello d’ò dottore che fà l’artopesia ai
morti>>. <<E mica solo ai morti ‘a
fanno...ppure a mì marito ije l’hanno fatta
lli ppò gginocchio!...>>, dice Nunziatina che
non vole fa veda che non ha studiato e edè
‘struita, <<...tte ficcono ‘n budello ciuco
ciuco drento ‘o stommico e tte vodono si
ciài l’urciura>>. <<Ah Nunzià!>> lle
risponne sòra Nena <<se vede che ‘e cose
nun ‘e sai! Quella edè ‘n’antra cosa! ... Se
chiama grastrosplatia>>
......................................................................
‘Nsomma, doppo tanto chiacchierà viè sera e
tocca rincasà ppè preparà ‘a cena <<Va bbè,
faciteme ‘nnà a fà du’ boccò de da
magnà...che si fo preso doppo me vedo ‘o
In questa foto pubblicata sul
n.9 di Campo de’ fiori sono
stati riconosciuti: in alto da
sx Savioli, Fabrizio Moscioni,
Speranza. In basso da sx
Gino Chiani, Sergio Mutti,
Ivano Micheli, Gian Carlo
Cimarra.
In questa foto pubblicata sul n. 9 di Cdf sono
stati riconosciuti: in alto da sx Cristina Marrati,
In questa foto pubblicata Antonio Gallo, Stefania Cassanelli, Vincenza
sul n. 10 di Cdf sono state Drusiani, Silvia Sorignani, Fabio Bonifazi, Paola
riconosciute: in alto da sx Del Priore, la maestra Di Brango, Sabrina
Luigia
Conti,
Sandra Cortegiani, Pierluigi Quattrini, Paolo Liberati e
Mascarucci,
Fernanda Lura Viti. In basso da sx Giulio Pugese,
Conti. In basso da sx Alessandra Sacchetti, Massimo Profili, Giorgio
Vincenza Costantini, Ida, Coletta, Daniele Cancilla, Adriano Mozzicarelli e
Mara Merlini.
Stefania Palamides.
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TULIPANO
E’ originario della Turchia.
Il termine tulipano deriva dal
graco turban = turbante, da sempre tutti i giardini d’oriente sono
gremiti di tulipani ed in Aprile a
Costantinopoli si celebra la festa
del Tulipano. Nel mondo orientale
Tulipano significa amore perfetto.
In occidente i bulbi giunsero nel
1550 ed in Olanda ebbero il loro
più grande successo.
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firme sur due!>> <<E che firme vve volite
veda commà Nunzià?>> dice Mecucia ‘spettanno ‘a replica. <<’N firme bello Mecù! ‘O
tiligiornale ha detto che fanno...Elisa su
ppè ‘a valle ombrosa. Ha da essa ‘n firme
de storia!>>. ‘O sole se n’è ito e tutti sò rincasati. De te, che si passato prima, nun se ricordono aggià ppiù, però mò dormono contente.
Quarcheduna edè tarmente stracca che ‘mmanco ije la fà a ‘rrivacce llì ppò letto e se fa reggia
‘a capoccia da ‘o tavolino.
Pure tu di ‘a verità: Sì passato de laggiù perchè
tte piace da veda che ‘o monno cambia ma ‘e
cose belle restono. Drento ‘o core lòro hai rubbato ‘n postarello perchè l’hai dato modo che
passà ‘n ‘antra bella giornata. Ma, prima de
‘ddormitte ppure tu, ‘n ‘antra cosa ‘ncò ciài da
confessà: Nun tte n’eri ‘nnato come credevono
esse, ma ‘ccucciato dereto a ‘n angoletto tte si
messo a scòrtà e hai pensato:
<<Speramo che dimà gniente sarrà cambiato ! >>.
Ho appreso con piacere la meritatissima
vittoria del mio valido collaboratore
Erminio Quadraroli. Non avevo dubbi del
risultato perchè conoscevo già la sua bravura e la sua passione nello scrivere.
Che questa vittoria possa servirgli da
sprone per un futuro da affermato scrittore, oltre che da ingegnere chimico.
Ad maiora.
Sandro Anselmi
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Campo de fiori
Campo de fiori
o
i
l
g
i
c
n
Ro
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I colori della serenità
di Erminio Quadraroli
A Ronciglione, salendo lungo Via del
Plebiscito, si giunge in Piazza del Comune.
Qui in tutta la sua imponente semplicità domina la Fontana dei Liocorni, splendido monumento del periodo farnesiano, progettato dal
Vignola. Intorno ad essa in un abbraccio si
stringono alternativamente i più importanti
edifici religiosi e civili del paese. La fontana
dove è ben visibile lo stemma dei Farnese ha,
sopra la vasca principale, quasi sospesi in aria,
liocorni che sembrano da secoli guardiani del
Duomo e del Palazzo Comunale. Immersi in
questo frammento di storia seicentesca durante
la manifestazione “balcone in fiore”, voluta da
Anna Fendi il 16 Giugno scorso, si sono assegnati anche altri premi. Sono stati dati riconoscimenti alle attività commerciali, che hanno
riempito di delicati profumi le vie cittadine, e
ad alcuni pittori che si sono cimentati in un
concorso di pittura.
Tra i vari negozianti si sono messi in luce, al
terzo posto, la Trattoria “da Maria”. La sua
entrata contornata da fiori variopinti ha donato
una raffinata vivacità di colori a Via Garibaldi.
Al secondo posto si è classificata Daria
Chiricozzi che ha elegantemente decorato
Vicolo Musetti e l’ingresso della sua attività
artigianale di borse.
In vetta abbiamo Falzetti Anna che ha saputo
creare con arte, fuori della sua Frutteria situata
in Corso Umberto I, un ricercato intrecciarsi di
decorazioni a più colori usando deliziosi
oggetti in legno.
Al concorso di pittura “ Balcone in fiore”,
hanno partecipato numerosi artisti della zona
cimina. Con i loro 25 quadri hanno saputo
cogliere ogni aspetto allegorico di questa
manifestazione.
Al quarto posto si è classificato il pittore Akela
con il quadro “ Balcone in fiore”. Di seguito
troviamo Katia Di Silvio con “ Balcone con
muse ispiratrici”. Sul successivo livello abbiamo Anthos con “ Balcone con rose”. E, per
finire, l’Architetto Enzo Torrini che meglio ha
saputo regalare emozioni alla giuria con il suo
quadro carico di armonia e serenità.
Con queste ultime premiazioni la manifestazione è giunta a termine nella certezza che
l’anno prossimo ritornerà regalando ancora
profumi vivaci e colori gioiosi.
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Campo de fiori
Arti e Mestieri
Il falegname
I falegnami realizzavano gli oggetti di uso comune in legno massiccio, completamente a mano utilizzando pialle, succhielli, seghe,
pennelletto e colla di pesce.
Oggi, quei mobili costruiti su
misura e con grande maestria,
sono oggetti molto ricercati dagli
antiquari, sia per il pregio del
legno che per la preziosità dello
stile.
Le bellessime angoliere, ritornate
omai di modo, sono consigliate
dai migliori architetti per ornare
gli ambienti e le vecchie toilette
(usate per la cura del corpo dopo
il risveglio del mattino) impreziosiscono
le moderne stanze da
bagno o le camere da letto.
Nel mestiere del falegname nulla
veniva sprecato così che anche i
trucioli che la pialla asportava dal
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Via della Repubblica, 6 Civita Castellana (VT)