Dossier Proseguono i lavori del Sinodo Anno XXXI n° 11 15 novembre 2008 Redazione: piazza Duomo, 12 Brindisi E-mail: [email protected] tel. 340.2684464 | fax. 0831.524296 editoriale La frontiera sempre nuova della carità «Il nostro cammino di Chiesa attraverso il Concilio Vaticano II: dal Sinodo diocesano del 1961 al Sinodo diocesano del 2007»: è stato il tema della lectio magistralis tenuta presso la Basilica Cattedrale il 20 ottobre scorso, dal prof. Antonello Micia, filosofo, il quale ha ripercorso le tappe più significative degli episcopati degli Arcivescovi Nicola Margiotta, Settimio Todisco e Rocco Talucci». € 1,00 Spedizione in A.P. - art. 2 - c.20 - L.662/96 Alle pagine 7, 8, 9 e 10 Tempo di Avvento Angelo Sconosciuto «La politica è la più alta forma di carità», diceva papa Paolo VI e quell’insegnamento, talvolta citato in maniera non proprio consona, necessita ogni giorno di essere nuovamente sperimentato, tradotto dai laici in proposte, progetti, gesti concreti che siano il frutto dell’attenzione all’uomo e della lettura dei suoi reali bisogni; la testimonianza che anche il suo destino terreno mi sta a cuore. È partita di slancio, nelle scorse settimane, una nuova esperienza biennale della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico, in piena sintonia con la sollecitudine evidenziata dal Pastore diocesano, che si è reso interprete dei più recenti orientamenti della Conferenza episcopale italiana. Si chiama, in modo significativo, «Libertà è partecipazione» e registra una partecipazione almeno doppia a quella immaginata da chi ha programmato gli incontri: muove i primi passi mentre nell’intera Provincia, nel capoluogo ed in altri centri urbani ci si prepara al turno elettorale amministrativo, ma – consentiteci di dirlo forte – sinceramente gli obiettivi sono più nobili, meno immediati. Non che non stiano a cuore le sorti attuali, il presente delle nostre comunità cittadine – ci mancherebbe altro! -, ma l’intenzione è quella di formare, di sforzarsi di dare strumenti culturali idonei a non creare professionisti della politica, ma persone che sviluppino le proprie sensibilità di base e sentano di potersi spendere per un progetto di comunità a misura d’uomo-immagine di Dio. Ecco perchè i quattro semestri in cui si articola questa esperienza sono un unicum, ecco perchè l’approccio col magistero sociale va di pari passo con le riflessioni sui temi della politica, dell’economia e delle nuove frontiere etiche. L’obiettivo? Certamente, non solo quello di vedere persone preparate che decidono un impegno ponderato nella polis, quanto piuttosto – mediamo le parole del card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia - «il coraggio di essere Chiesa, popolo di Dio che attraversa la storia, tutta la storia, testimoniando l’evento integrale di Gesù Cristo che, nella forma della comunione, ci apre alla salvezza eterna, donandoci come caparra il centuplo quaggiù». © G.Morelli Avvento, ricevere e dare senso al tempo A vvento è parola pregnante. Dice insieme la venuta salvifica di Dio in mezzo agli uomini e la manifestazione definitiva di Dio-Salvatore. È attestazione di ciò che Dio ha già compiuto per mezzo del Suo Figlio quando questi venne “nato da donna” riempiendo di sé il tempo dell’uomo e, insieme, annunzio dell’ultimo ritorno del Figlio stesso di Dio per rivelare pienamente la potenza e la gloria della Croce di Pasqua. Avvento, dunque, è il dono di una presenza che mentre illumina l’attesa di un definitivo compimento, da senso al cammino dell’uomo nel tempo, in questo tempo. Da parte dei credenti, l’Avvento esige uno sguardo rinnovato a “Colui che viene” (Egli è il sempre-Veniente), uno sguardo fisso a Colui che si è fatto tempo per l’uomo, perché il tempo di ogni uomo si aprisse alla pienezza della vita che è solo in Dio. Ma, oltre lo sguardo rinnovato, l’Avvento, richiede accoglienza nuova della venuta del Signore che ha illuminato il tempo e con la carne umana ha narrato l’amore con il quale Dio ama il mondo. Così l’Avvento diventa contemplazione e, insieme, risveglio dell’esercizio della vigilanza nell’obbedienza della fede. Contemplazione della venuta di Dio in Gesù di Nazareth (dalla sua nascita verginale alla sua morte e risurrezione), centro del tempo e nucleo generatore della creazione nuova (fine di tutto) che compirà, alla fine del tempo, la prima creazione (inizio del tempo). Con la sua venuta, il Figlio di Dio ha fatto irrompere l’Amore del Padre nella storia dell’uomo, ha voluto abitare il tempo, dando al tempo il senso che merita e aprendo il cuore umano alla verità dell’Amore che lo precede. Da vero figlio dell’uomo, Gesù Cristo è così divenuto la strada e la méta di ogni uomo assetato di verità e di vita. L’Avvento già compiuto nel soggiorno terreno del Figlio di Dio, nato dalla Vergine, ha garantito la salvezza del tempo dal non senso, ha rivelato la verità di Dio e dell’uomo nell’Amore che salva e ha inaugurato il cammino umano verso l’incontro della pienezza della vita, oltre il tempo. Nell’Avvento liturgico (che coincide con il dono dell’inizio di un nuovo Anno liturgico) noi celebriamo tutto questo, cioè accogliamo la grazia della salvezza pasquale e, ad un tempo, siamo ridestati al desiderio dell’oltre, per non essere schiacciati dalla routine del presente. Ciò esige l’esercizio della vigilanza nell’obbedienza della fede e nella fedeltà alla nostra vocazione escatologica. L’Avvento, mentre illumina l’attesa di un definitivo compimento, dà senso al cammino dell’uomo nel tempo, in questo tempo continua a pagina 2 ◆ uLTIM’ORA. rAPITE IN KENYA DUE suore missionarie Mentre chiudiamo questo numero giunge la notizia del rapimento di due suore avvenuto nella notte di domenica 9 novembre, ad opera di un commando armato ad Elwak, in Kenya, al confine con la Somalia. Le due religiose, Maria Teresa Olivero e Caterina Giraudo, di 61 e 67 anni, sono state sequestrate al termine di un attacco violento con almeno 200 uomini armati, presumibilmente somali. Le due suore, entrambe originarie di Cuneo, vivono in Kenya dal 1984 e lavorano con i bambini malnutriti e malati di epilessia. Le religiose appartengono al Movimento contemplativo missionario Padre de Foucauld di Cuneo. All’interno ❑ primo piano Primo anniversario del nuovo Seminario Arcivescovile Servizi a pag. 3 ❑ diocesi Viaggio tra le aggregazioni laicali “fermento di Vangelo” Servizi alle pagg. 4-5 ❑ cuLTURA Al via la terza edizione del corso per tutor diocesani Servizio a pag. 14 2 Primo Piano 15 novembre 2008 NoVEMBRE Periodo propizio per riflettere sul senso della morte e pregare per i propri cari Liturgia e pietà popolare, il culto dei defunti L Foto: M. Gioia a Commemorazione dei fedeli defunti del due novembre e la prassi della religiosità popolare di caratterizzare con tale culto tutto il mese sono occasione opportuna per riflettere su come esso si inserisca nella autentica spiritualità cristiana e in che modo le istanze antropologiche che esso esprime possano coniugarsi con la dimensione teologica propria del cristianesimo. Il culto verso i defunti, infatti, è innanzitutto esperienza squisitamente umana: chi è vivo si porta presso una tomba, di parenti amici o personaggi importanti, perché vuole testimoniare di non voler dimenticare chi ha lasciato questa vita, esprimere ancora affetto, dichiarare di volerne imitare l’esempio e onorarne la memoria. In tutto questo non c’è nulla che il cristiano non possa accettare. Nondimeno, va subito detto che esso rivela l’atteggiamento “foscoliano” dinanzi alle tombe presso le quali si va per rinnovare l’unione di “amorosi sensi” con il defunto, quasi fermandosi a colloquiare con lui, nascosto dietro la pietra tombale. Ma per questo non c’è bisogno di alcuna fede religiosa, è sufficiente aver amato e continuare ad amare coloro che sono ormai defunti da questa vita. Culto dei defunti è anche pregare per essi. Tutti siamo peccatori, tutti per essere ammessi alla visione di Dio abbiamo bisogno della purificazione dalle conseguenze del peccato, anche dopo la morte; tutti dobbiamo scontare le pene del purgatorio; la preghiera dei vivi è un contributo per accorciare questa fase di transito verso la visione beatifica. Anche in questo c’è senz’altro un fondamento di fede, ma non emerge ancora in chiarezza e pienezza l’annuncio che la Chiesa intende dare nel mistero della morte. Questo comincia ad apparire, sia pure in modo nebuloso, solo nella preghiera ai defunti, considerati in qualche modo vicini a Dio e capaci di interce- dere, anche dal purgatorio, per quanti si affidano alle loro preghiere. Si comincia così ad ammettere, sia pure in prospettiva devozionale, che i defunti sono in una condizione privilegiata, simile a quella dei santi. La Chiesa approva il culto ai defunti perché attraverso esso proclama la Pasqua del suo Signore (vedi: annuncio della data di Pasqua nel giorno dell’Epifania), confessa che se Cristo è risorto, la morte non è più l’ultima parola sulla vita dell’uomo, che questi è chiamato a partecipare alla sua resurrezione, nella quale è stato immerso nel giorno del battesimo. Il corpo rimasto senza soffio vitale è onorato perchè destinato a risorgere; è incensato perché segnato dal “sigillo dello Spirito Santo”, unto cioè del sacro crisma come l’altare e come le mura della chiesa nel giorno della dedicazione; è asperso con l’acqua benedetta per ricordare la figliolanza divina ricevuta dalle acque del Battesimo; riceve l’omaggio dei fiori perché vi si riconosce l’immagine di Dio. La preghiera pertanto diviene invocazione al Padre nel nome del Cristo crocifisso e risorto perché accolga nel suo amore chi ha lasciato la vita terrena e l’evento naturale della morte sia per lui passaggio, momento di attesa della resurrezione futura. Per questo motivo la Chiesa chiede ai suoi ministri chiamati presso le fami- glie in lutto, di rianimare nei presenti la speranza, di ravvivarne la fede nel mistero pasquale e nella resurrezione dei morti (vedi: introduzione al Rito delle Esequie); per lo stesso motivo la nostra Chiesa diocesana, in un recente documento dell’Ufficio Liturgico, ha esortato a privilegiare come segni da porre presso le bare, nelle cappelle dei cimiteri e sui manifesti funebri la croce e il crocifisso, che meglio esprimono la sua fede pasquale. Il mese di novembre, in cui è possibile accostarsi a queste tematiche senza il trauma e la passione dei momenti di lutto, è l’occasione adatta per riscoprire queste dimensioni del culto cristiano verso i defunti e confessare anche in esso la fede nel Signore risorto. Sta alle comunità cristiane, e particolarmente ai sacri ministri parroci e cappellani dei cimiteri, essere sensibili e attenti perché niente di quanto è squisitamente umano vada perduto o trascurato ma, al tempo stesso, è loro richiesto di essere generosi nell’aiutare e nell’educare a far risplendere “più apertamente l’indole pasquale della morte cristiana”(SC, 81), specialmente nella celebrazione delle Esequie o dell’Eucaristia per i defunti. In tal senso accogliamo ancora quanto il Papa ha detto all’Angelus del 2 novembre scorso sulla realtà della Novembre è l’occasione per riscoprire il culto cristiano verso i defunti morte: «E’ molto importante che noi cristiani viviamo il rapporto con i defunti nella verità della fede, e guardiamo alla morte e all’aldilà nella luce della Rivelazione. (…) E’ necessario anche oggi evangelizzare la realtà della morte e della vita eterna, realtà particolarmente soggette a credenze superstiziose e a sincretismi, perché la verità cristiana non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere. (…) gli uomini e le donne di questa nostra epoca desiderano ancora la vita eterna? (…) L’espressione “vita eterna” vorrebbe dare un nome a questa attesa insopprimibile: non una successione senza fine, ma l’immergersi nell’oceano dell’infinito amore, nel quale il tempo, il prima e il dopo non esistono più. Una pienezza di vita e di gioia: è questo che speriamo e attendiamo dal nostro essere con Cristo. Rinnoviamo quest’oggi la speranza della vita eterna fondata realmente nella morte e risurrezione di Cristo. (…) La speranza cristiana non è però mai soltanto individuale, è sempre speranza per gli altri. Le nostre esistenze sono profondamente legate le une alle altre ed il bene e il male che ciascuno compie tocca sempre anche gli altri. Così la preghiera di un’anima pellegrina nel mondo può aiutare un’altra anima che si sta purificando dopo la morte. Ecco perché oggi la Chiesa ci invita a pregare per i nostri cari defunti e a sostare presso le loro tombe nei cimiteri. (…)». Ufficio Liturgico diocesano 100 anni DEL SEMINARIO REGIONALE L’11 novembre al via le celebrazioni La gratitudine dei vescovi di Puglia AVVENTO RICEVERE E DARE SENSO AL TEMPO segue dalla prima L ’11 novembre 1908 iniziava ufficialmente la sua attività formativa il Pontificio Seminario Regionale Pugliese, fortemente voluto dalla sollecitudine del Sommo Pontefice S. Pio X e dalla concorde decisione dei Vescovi della Regione. L’11 novembre 2008, a cento anni di distanza dalla sua fondazione, apriremo solennemente le celebrazioni giubilari con una solenne liturgia eucaristica, presieduta da Sua Em.za il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli istituti di Studi), con la partecipazione di tutti i Vescovi pugliesi. Sarà questa una occasione per rendere grazie a Dio per i favori che ha elargito alla comunità del Seminario e, per suo tramite, a tutte le Chiese di Puglia. Come Pastori, sentiamo il bisogno di rendere partecipi di tale gioia non solo le comunità cristiane, ma anche l’intera Regione, che, della presenza e del lavoro dei sacerdoti formati nel Regionale, ha potuto beneficiare. Fino al 1915, il Seminario Regionale ha avuto la sua sede a Lecce, presso il Collegio “Argento”, sotto la direzione dei Padri Gesuiti; di qui si trasferì negli ambienti del Seminario Vescovile di Molfetta e passò sotto la direzione del clero secolare. L’accresciuto numero degli alunni spinse il Sommo Pontefice Pio XI a ideare la costruzione di un nuovo edificio, finché fu individuato un terreno alla periferia di Molfetta, dove, il 7 giugno 1925, fu posta la prima pietra. Dopo appena un anno, il 4 novembre 1926, il Seminario ebbe la sua nuova sede, inaugurata solennemente dal Legato Pontificio, Card. Gaetano Bisleti, Prefetto della Sacra Congregazione dei Seminari, e assunse la denominazione di Pontificio Seminario Regionale Pugliese “Pio XI”, in segno di gratitudine nei confronti del Sommo Pontefice. Il 1˚ luglio 1968 il Pontificio Seminario Regionale Pugliese, come gli altri seminari regionali, fu trasferito alla giurisdizione della Conferenza Episcopale Pugliese. Il 20 giugno 2005 la Congregazione per l’Educazione Cattolica ha eretto la Facoltà Teologica Pugliese, di cui fanno parte l’Istituto Teologico Regina Apuliae di Molfetta, l’Istituto di Teologia Ecumenico Patristica Greco-Bizantina San Nicola di Bari e l’Istituto Teologico Interreligioso Santa Fara di Bari. Nel corso di questi cento anni, migliaia sono stati i giovani formati nel Seminario Regionale; più di 2.200 gli Una veduta del Seminario Regionale di Molfetta alunni ordinati presbiteri e, tra le fila dei docenti e degli ex alunni, sessanta sono stati consacrati vescovi e quattro elevati alla dignità cardinalizia. Ciascuno con il suo carisma particolare, quasi rifrangendo in tanti raggi diversi l’unica luce, questi sacerdoti hanno custodito e accompagnato la fede delle nostre comunità e, con l’entusiasmo del loro ministero, si sono prodigati generosamente a favore della nostra Regione. Pensiamo a quanto impegno è stato da loro profuso nelle scuole, nell’educazione dei giovani, tra le corsie degli ospedali, negli ambienti di lavoro, nelle carceri… per non parlare del quotidiano lavoro da loro vissuto nelle parrocchie, condividendo la vita della gente, accompagnandone i momenti di gioia e di fatica, seminando nel mondo la speranza di nostro Signore Gesù Cristo. Presbiteri totalmente immersi nel popolo, segni, pur nella loro fragilità umana, di un Dio che si prende cura del suo gregge! Fra gli innumerevoli sacerdoti che hanno vissuto con esemplarità il loro ministero, non possiamo non ricordare alcuni educatori ed ex alunni del nostro Seminario, di cui è in corso il processo di canonizzazione e che attualmente le comunità cristiane di Puglia venerano come servi di Dio: il rettore Mons. Raffaello Delle Nocche (1877-1960); il docente Mons. Nicola Riezzo (1904-1998); gli ex alunni don Angelo Raffaele Dimiccoli (1887-1956), Mons. Agostino Castrillo ofm (1904-1955), don Ambrogio Grittani (1907-1951), don Ruggero Caputo (1907-1980), don Ugo De Blasi (1918-1982), Mons. Antonio Bello (1935-1993). La loro opera sacerdotale si è esplicitata in diversi ambiti dell’azione pastorale: dall’assistenza degli ultimi e dei fanciulli al silenzioso servizio di guida spirituale e vocazionale, dalla formazione di mature coscienze laicali all’impegno diretto per l’applicazione del Concilio Vaticano II… in questi presbiteri splende in modo eloquente, anche per il nostro tempo, tutta la bellezza di una vita donata a Cristo nella sua Chiesa, vita che trova nella carità pastorale la sua ragion d’essere più profonda. Desideriamo con questo messaggio esprimere anche tutta la nostra gratitudine e quella delle Chiese di Puglia a coloro che a vario titolo – rettori, padri spirituali, educatori, docenti, collaboratori e benefattori –, si sono adoperati, in tutti questi anni, per la formazio- ne dei seminaristi. I tanti formatori, che nel tempo si sono avvicendati nell’opera educativa, hanno saputo mettere, con discrezione, la loro vita a servizio dei giovani loro affidati, col solo desiderio di veder crescere e camminare nel mondo presbiteri secondo il cuore di Dio. Attualmente nel nostro Seminario Regionale vivono e si formano al ministero presbiterale 197 seminaristi; ad essi si aggiungono altri 28 giovani che formano la comunità propedeutica, nata nel 2002 per volontà dei Vescovi pugliesi con l’intento di garantire un primo e sereno discernimento di quanti intendono iniziare il cammino formativo in Seminario. Il numero delle vocazioni al sacerdozio in Puglia è rimasto pressoché stabile, non risentendo mai in maniera significativa del calo registrato in altre regioni italiane: ciò è segno della profonda religiosità del nostro popolo. Ringraziamo il Signore per i germi di vocazione che semina nella nostra Regione e preghiamo perché le famiglie e le comunità cristiane siano grembo fecondo in cui tanti giovani possano incontrare il Signore che li chiama a consacrare la propria vita a Lui nel servizio dei fratelli. La ricorrenza centenaria sia per il Seminario Regionale un’occasione propizia per fare memoria grata del passato, ricordando tutto il cammino che il Signore ha fatto percorrere finora (cf Dt 8,2), perché, proteso verso il futuro (cf Fil 3,13), sappia scorgere i segni dei tempi nuovi e continuare a formare presbiteri fedeli a Dio e alla storia degli uomini. Per questo, mentre invochiamo dal Padre la sua benedizione, affidiamo tutta la comunità del Seminario Regionale alla Vergine Maria, venerata a Molfetta col titolo di Regina Apuliae. Confortati dal suo sguardo materno, incoraggiati dalla bella testimonianza degli otto servi di Dio, nostri intercessori in cielo, teniamo fisso lo sguardo su Gesù, origine e compimento della nostra fede (cf Eb 12,2): dinanzi al suo cuore di Pastore deponiamo con fiducia ogni nostro desiderio (cf Sal 38,10). Bari, 1 Novembre 2008 Solennità di tutti i Santi + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto Presidente della CEP Farsi attenti, più attenti cioè, a quell’Avvento finale che la liturgia non smette di celebrare perché riscaldi nell’attesa il cuore dei credenti e perché questi possano ricevere e saper dare senso al tempo dell’esistenza terrena. L’Avvento, pertanto, è la chiamata di Dio, il suo inarrestabile venire incontro all’uomo perché la vita dell’uomo (il suo tempo) sia bella, buona e felice, come quella di Gesù Cristo, e perché, ancora, il desiderio infinito di vita che ha in se, conosca la via e l’approdo. All’Avvento già compiuto e all’Avvento che attendiamo, mentre – nell’oggi della liturgia - celebriamo il Dioche-viene, siamo chiamati a rispondere con l’adesione alla Speranza, con il risveglio alla gioia, con la leggerezza e la sobrietà della vigilanza. Siamo chiamati all’attenzione e all’ascolto della Parola (unica vera arma contro ogni idolatria sempre insorgente). All’esercizio quotidiano del desiderio dell’incontro con Colui che ha riempito di Dio il tempo e ha recato all’uomo il segreto dell’umanizzazione del tempo e la verità della sua méta finale: l’Amore con il quale Dio ci ama e nel quale siamo chiamati ad amare e fare comunione per disporci all’Eterna Carità. L’Avvento liturgico ci fa riscoprire il filo rosso che attraversa e rinnova la storia: la venuta di Dio, il Dio che viene-visita-salva l’uomo. La Parola dell’Avvento ci rimette in sesto per ricevere e dare senso al tempo. Attendendo l’oltre. don Antonio Valentino 3 Primo Piano 15 novembre 2008 primo anniversario Occasione per riflettere sul suo ruolo nella Chiesa e nel territorio Il Seminario diocesano e le attuali sfide educative I l 18 novembre ricorre il 1° anniversario dell’inaugurazione del nuovo Seminario che la Provvidenza ha donato alla nostra diocesi, nella città di Brindisi. Il ricordo và, con una certa commozione, a quella giornata impreziosita dalla figura affabile e maestosa del Cardinal Tarcisio Bertone, la cui parola incoraggiante e il cui sorriso radioso infondevano fiducia e conferivano a quel momento, non solo il sigillo degno di un evento storico, ma anche la calorosa benedizione su una festa di famiglia. Quel sorriso e quella benedizione sono stati preludio del sorriso e della benedizione del Santo Padre Benedetto XVI, a cui il Seminario è stato intitolato in quell’altro giorno memorabile, il 15 giugno scorso, quando, accolto da una fiumana di fedeli egli, il successore di Pietro passò, vide il Seminario, ne ammirò la collocazione nel cuore della città, lo benedisse. Il Seminario è divenuto in questi mesi una casa accogliente, voluta e realizzata non solo per l’accompagnamento dei ragazzi e dei giovani che si stanno confrontando con il “sogno” della vocazione sacerdotale, ma anche per essere punto di riferimento e di raccordo per la pastorale vocazionale, tenendo desta l’attenzione e la sensibilità verso i cammini di risposta alla chiamata di Dio, all’interno delle nostre comunità. Anche dalla sua posizione topografica si evince come il nostro Seminario si voglia porre in “dialogo” con le parrocchie, con le scuole, con il territorio. In linea con una collaudata tradizione storica della nostra diocesi, il Seminario vuole continuare ad essere un luogo di preghiera e di formazione, ma anche di incontro e di scambio culturale, per sollecitare momenti di riflessione e di approfondimento intorno a quell’arte così delicata e preziosa che è l’educazione. Per questo motivo, ad un anno dall’inaugurazione del Seminario, il 17 e il 18 novembre prossimi, oltre alla celebrazione eucaristica di ringraziamento che dà voce alla gratitudine del cuore e della fede per i tanti doni che Dio opera nella nostra vita, si vuole offrire un’occasione di confronto su quelle che sono le attuali sfide educative in rapporto al Seminario e alla sua proposta formativa. In quella circostanza, cui sono particolarmente invitati coloro che ricoprono incarichi educativi in parrocchia, nella scuola o nelle varie associazioni, dopo uno sguardo storico sul “Seminario all’interno del nostro territorio” da parte del prof. Giacomo Carito e dopo una riflessione su “Adolescenti e progetto di vita” tenuta dal dott. Luigi Russo, psicologo-psicoterapeuta, sarà presentato il progetto formati- Il Seminario è divenuto in questi mesi una casa accogliente. Punto di riferimento e di raccordo per la pastorale vocazionale delle nostre comunità Il card. Tarcisio Bertone inaugura il nuovo Seminario © E. Neve vo del Seminario, dal titolo: “Se vuoi…vieni e seguimi!”, ispirato agli ultimi “Orientamenti e norme per i Seminari” della CEI. Si spera così di poterci arricchire e incoraggiare a vicenda nell’impegno della formazione e dell’accompagnamento dei ragazzi e degli adolescenti, puntando innanzitutto sulla passione e sulla fiducia che occorrono per affrontare serenamente tale missione. Oggi da più parti, soprattutto in ambito educativo, si sente l’esigenza di progettare, più che di fare. La frenesia vorticosa degli impegni che puntualmente riempiono le nostre giornate tradisce sempre più un vuoto a livello di obiettivi e di mete, facendo rifugiare la persona in quella facile e quanto mai illusoria consolazione del “vi- vere alla giornata”, del “cogliere l’attimo”, che spinge a voler “sfruttare” sempre più il tempo, invece di viverlo come dono, all’insegna della gratuità e della condivisione. Forse è per questo motivo che in tanti oggi si chiedono come sia possibile nell’attuale contesto culturale, nell’era degli impegni a breve termine e del relativismo imperante, proporre un cammino di progettualità a ragazzi e adolescenti che della mentalità del “mordi e fuggi” sembrerebbero i rappresentanti più autorevoli e significativi. Ma credere nei giovani e prendersi cura dei loro processi di crescita, non significa proprio scommettere sulla capacità che hanno di sorprendere e di stupire con le loro risorse e la loro creatività? Se poi ci si sofferma per un attimo a contemplare il mistero grande della vocazione che viene da Dio come un Suo puro dono, espressione del Suo amore libero e misericordioso, come fare a non puntare il tutto per tutto, scommettendo sulla Sua fedeltà, più che sulle umane possibilità? Il cristiano non è per una visione puramente “orizzontale” della vita, dove tutto è pianificato e calcolato, ma si apre all’imprevedibilità che viene da Dio e cerca di cogliere, a tutte le età e in tutte la stagioni della propria esistenza, i segni del Suo passaggio e della Sua chiamata. La responsabilità che abbiamo, sacerdoti e laici, di essere educatori nella fede delle nuove generazioni, ci impone una seria verifica sulla qualità del nostro impegno quotidiano convegno o.v.e. Annuale momento di riflessione dell’Opera Vocazioni Ecclesiastiche O tutto ciò che tanti, delegate e iscritti, hanno con costanza portato avanti. Ha invitato a proseguire fondando ogni attività sulla santità personale, promuovendo tutte le vocazioni soprattutto quelle sacerdotali, e sostenendo con amore il Seminario. La Presidente diocesana, infine, facendo riferimento allo Statuto, ha ricordato nella sua relazione che l’impegno dell’O.V.E. scaturisce dalla scelta che Dio fa di noi nel Battesimo: è Lui che nel Battesimo non solo ci chiama, ci libera dal peccato, ci rende figli di Dio, fratelli coeredi con Cristo e membra attive della Chiesa, ma con l’unzione dello Spirito Santo ci rende partecipi del sacerdozio di Cristo e della sua triplice missione sacerdotale, profetica e regale, da cui nasce ogni missione e quindi il nostro impegno nell’O.V.E. L’Opera Vocazioni Ecclesiastiche, consapevole che il sacerdozio ministeriale e quello comune battesimale sono in rapporto molto stretto, perché uno è ordinato all’altro, fa propria la sollecitudine di Gesù: “Pregate il Padrone delle messe perché mandi operai alla sua messe” e si fa carico della necessità della Chiesa di sante vocazioni sacerdotali. Prende poi in esame due tra le finalità indicate nello Statuto per comprendere come ciascuno di noi deve essere animatore vocazionale all’interno della parrocchia. Tali finalità sono: promuovere le vocazioni al Ministero Ordinato, mediante don Alessandro Luperto L’invito: «Vieni a pregare con noi» “Non voi avete scelto me, ma Io ho scelto voi” gni anno l’O.V.E apre le sue attività con un convegno che costituisce un momento di riflessione sulle finalità dell’Opera stessa e sugli obiettivi da perseguire durante l’anno. Il 25 ottobre scorso le delegate e numerose iscritte si sono ritrovate in Seminario per questo incontro e hanno accolto la Lectio del Padre Arcivescovo che ha approfondito il tema del convegno: “Non voi avete scelto me, ma Io ho scelto voi” . La scelta di Cristo, ha detto l’Arcivescovo esaminando la frase nel contesto del brano di Giovanni 15, 12-17, è un invito a comprendere che ci ama fino a dare la vita per noi e ad accogliere il successivo invito a rimanere nel suo amore. Un amore che arriva a considerare i discepoli come suoi amici e diventa il “suo” comandamento nuovo per loro. Egli è l’amore: chi accetta l’amore accetta Lui stesso e cerca di imitarlo. Nell’amore c’è un’uguaglianza, si annullano le distanze; i desideri dell’amico diventano comando: “Amatevi l’un l’altro”. La nostra risposta d’amore può essere stabile solo perché Lui la sostiene e il “rimanere in Lui” è la nostra gioia, di adesso, ma anche nella gloria. La scelta d’amore di Dio, la nostra obbedienza ad amarci come Lui vuole, permette di “portare frutti” che rimangono. L’Opera Vocazioni Ecclesiastiche è invitata da queste parole a rimanere nell’amore del Signore per portare sempre maggiori frutti. E’ seguito il discorso del Rettore del Seminario con un resoconto dell’impegno dell’associazione nello scorso anno e con un ringraziamento al Signore per nell’accompagnare i ragazzi e i giovani che ci sono affidati e nell’aiutarli non tanto a capire cosa devono fare, ma chi sono chiamati ad essere, in ascolto umile e docile alla Parola di Dio. Forse saranno proprio quei piccoli, ma preziosi segni di speranza, che con l’aiuto del Signore sapremo riconoscere e alimentare nel cuore dei nostri ragazzi, l’inizio di quelle grandi trasformazioni di cui a volte sentiamo un bisogno insopprimibile. Il nostro Seminario, con la benedizione di Dio e con l’aiuto di tutti, possa continuare ad accettare e a vivere gioiosamente tali “sfide”. Carissimo amico/a, se senti l’esigenza di conoscere meglio Gesù ed imparare a stare con Lui e con te stesso nel silenzio della preghiera ti invitiamo una volta al mese nella nostra chiesa alle ore 20 per un momento semplice e fraterno di Adorazione Eucaristica. Sui passi dei discepoli di Emmaus cercheremo di gustare la bellezza della presenza di Dio e di riscoprirci, quindi, veri fratelli tra di noi. I sacerdoti e i seminaristi Date e temi degli incontri: 6 NOVEMBRE “Erano in cammino verso Emmaus” I giovani seminaristi con i loro educatori l’azione di animazione e di orientamento; collaborare nella pastorale vocazionale, a livello diocesano e parrocchiale, con il Centro Diocesano Vocazioni. Dopo essersi soffermata sugli aspetti formativi per viverne innanzitutto la spiritualità, ha indicato come obiettivo dell’anno quello di essere animatore vocazionale nella propria comunità accogliendo ma anche ricercando alcune proposte concrete di animazione e di promozione vocazionale. La fantasia dell’amore deve suggerire iniziative pastorali rivolte alla comuni- 4 DICEMBRE “Che cosa sono questi discorsi?” tà parrocchiale affinché non venga mai meno la cura della dimensione vocazionale e sia costantemente viva la coscienza e la responsabilità di tutta la comunità cristiana per tutte le vocazioni, in particolare quelle sacerdotali. Per un’aderente all’O,V.E. contribuire a vivacizzare una comunità parrocchiale è trasformare il proprio impegno in un’ occasione di carità, a beneficio della Chiesa. 15 GENNAIO “Affermano che egli è vivo” Nicolina Melcore 21 MAGGIO “Fecero ritorno a Gerusalemme” 5 FEBBRAIO “Gesù spiegò ciò che si riferiva a lui” 5 MARZO “Resta con noi perché si fa sera!” 2 APRILE “Si aprirono gli occhi e lo riconobbero” 4 Viaggio tra le Aggregazioni associazione “san leucio” L ’associazionismo, come espressione di attività di solidarietà e pluralismo, è una forma di aggregazione universalmente e legalmente riconosciuta (Legge 383/2000). Non avendo scopo di lucro ed agendo nel pieno rispetto degli associati, le associazioni hanno finalità civili, culturali, di ricerca etica e spirituale. In quest’ottica, l’Associazione Musicale-Culturale “San Leucio” si propone, anche attraverso il Coro Polifonico Arcivescovile “San Leucio”, di promuovere, sostenere e favorire il processo di formazione umana, cristiana, culturale e musicale degli associati. Il suo fine principale è di: organizzare le celebrazioni solenni presiedute da S.E. l’Arcivescovo, le manifestazioni di carattere sacroliturgico con orchestra e di collaborare, in modo autonomo ed indipendente, con organismi nazionali e/o regionali. L’organigramma interno, che le conferisce stabilità e continuità, si compone del Presidente, del Direttore del Coro, dell’Assistente religioso, tutti nominati dall’Arcivescovo, e di un Consiglio Direttivo, democraticamente eletto dall’assemblea dei soci. Il Coro “San Leucio”, massima espressione dell’associazione, è da molti anni protagonista di importanti momenti liturgico-musicali della vita della città, e di eventi indimenticabili, il più recente dei quali è avvenuto in occasione della visita di S.S. Benedetto XVI il 15 giugno scorso. I coristi, con la loro partecipazione attiva e responsabile, si ispirano a valori umani di “probità, spirito di giustizia, senso civico, sincerità, cortesia e fortezza d’animo” (Apostolicum actuositatem,4). Il loro impegno è costantemente a servizio degli altri; tutte le capacità e le competenze sono sempre nell’ottica della crescita comune, nello stile della fraternità, nella disponibilità e sollecitudine ai rapporti interpersonali. Nello spirito di aggregazione che li ha sempre contraddistinti, i Coristi del “San Leucio” si basano su principi di cortesia e cordialità, nel reciproco rispetto; anche gli scambi di opinione sono vissuti e superati in funzione del dibattito civile e della tollerante comprensione, che sono le linee guida dei loro comportamenti anche al di fuori dell’ambito associativo. Anna Rita di Sansebastiano il logo del triennio L a missione della Chiesa nasce dal mandato del Risorto ad “andare in tutto il mondo” a predicare il Vangelo (cfr. Mt 28, 16-20). Nel logo l’immagine del Risorto sovrasta tutto il resto, e le sue braccia aperte sono non solo il segno della salvezza (croce e resurrezione), ma simboleggiano anche il mandato missionario. Dal lato destro del Risorto parte una fiamma che simboleggia lo Spirito Santo, primo dono di Cristo Risorto e colui che anima e spinge la Chiesa nella sua missione. La fiamma dello Spirito disegna il Vangelo, il centro dell’annuncio missionario; la missione parte da una profonda conoscenza della Parola di Dio, e lo Spirito opera continuamente nella vita della Chiesa affinché ciascuno possa comprendere il senso delle scritture. L’Eucarestia – che prende forma dal Cristo e dalla fiamma dello Spirito – è il fondamento della missione e rappresenta la presenza viva del Risorto nella Chiesa, che accompagna i cristiani nell’annuncio (“Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo” Mt 28, 20). Le persone comprendono adulti, giovani, ragazzi, gruppi e singoli; è il segno che tutti siamo chiamati ad essere testimoni della resurrezione di Cristo. Esse si aprono alla missione grazie all’azione dello Spirito che ci accompagna e ci guida nelle nostre scelte, e permette di camminare avendo come fondamento la Parola. Le loro figure si proiettano sulle pagine delle Scritture dando l’idea che con i gesti e le azioni, anche oggi è possibile scrivere il Vangelo. Le ombre, dello stesso colore della fiamma, rappresentano l’azione dello Spirito che ci spinge alla missione. Cecilia Farina 15 novembre 2008 uciim Cura la formazione spirituale ed umana dei soci Al servizio della scuola L’ UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi) è un’associazione professionale cattolica fondata nel 1944 da Gesualdo Nosengo, docente di religione e successivamente professore universitario. Essa riunisce docenti, dirigenti ed ispettori scolastici, educatori e formatori della scuola statale e non statale, della formazione professionale e dell’educazione permanente. Ha per fini di promuovere ed attuare la formazione spirituale, morale e professionale dei soci, organizzare iniziative educative che abbiano come obiettivo la realizzazione di principi e metodi conformi al pensiero ed alla morale cristiana; promuove progetti di formazione ed aggiornamento professionale e culturale del personale scolastico e la partecipazione dei soci alla vita sindacale secondo i principi sociale cristiani. L’associazione è del tutto apartitica, aderisce alla Consulta della pastorale scolastica della CEI ed al CNAL (Consulta Nazionale della Aggregazioni laicali) e giuridicamente si pone come ente non commerciale senza fini di lucro. Esplica la sua opera a favore del personale scolastico attraverso iniziative religiose commisurate alle specifiche esigenze della categoria, l’organizzazione di cicli di conferenze e di lezioni su argomenti culturali, legislativi, didattici nonché iniziative volte all’educazione permanente ed alla formazione degli adulti. Manifestazione degli studenti © E.Vita Anima convegni e cura pubblicazioni su materie di interesse professionale, avanza proposte alle competenti autorità scolastiche su questioni di carattere formativo, educativo e scolastico, si occupa di portare avanti ricerche didattiche, psico-pedagogiche e legislative e di formare i soci all’attività sindacale. Ai soci è dato in omaggio l’abbonamento alla rivista nazionale di categoria “La scuola e l’uomo”, voce dell’Unione fin dalla sua fondazione nel 1944. L’associazione organizza, altresì, momenti di spiritualità in occasione degli appuntamenti forti dell’anno, come il S.Natale e la Pasqua, attraverso riflessioni comunitarie sulla parola di Dio (An- tico e Nuovo Testamento); studia e diffonde i documenti del Magistero che possono avere attinenza con il compito educativo. Dal punto di vista strutturale, l’Unione ha una configurazione provinciale e non diocesana ed è articolata, ai vari livelli, con un Consiglio sezionale, provinciale, regionale, nazionale, a capo di ciascuno dei quali vi è un presidente, eletto dall’organo di riferimento. In conclusione, l’UCIIM è un’aggregazione laicale di categoria che si propone di diffondere il messaggio cristiano ed i valori della cultura cattolica, attraverso la testimonianza di una vita professionale moralmente orientata nell’ambito Associazione Italiana Maestri Cattolici L’ AIMC (Associazione Italiana Maestri Cattolici), secondo il dettato dell’art.1 del suo Statuto “è una libera e democratica associazione professionale che si costituisce tra insegnanti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici della scuola, statale e non statale, dell’infanzia e del primo ciclo, in servizio, aspiranti all’insegnamento e a riposo che intendono operare in solidarietà nella scuola e nella società secondo i principi del Vangelo”. E’ sorta nel 1945 per opera di un gruppo di educatori guidati da Carlo Carretto e Maria Badaloni. E’ presente, attraverso le sezioni, che rappresentano le cellule vitali dell’organismo associativo, in tutte le realtà territoriali. L’Associazione, tramite l’impegno responsabile, costante e generoso dei suoi soci, intende contribuire alla costruzione di una scuola dinamica ed attiva, partecipe del processo globale di cambiamento, connotata sia dall’inserimento pieno nella società , di cui è insieme parte integrante e istituzione specifica, sia da adeguatezza di strutture e regole, condizione per la piena e creativa espressione dei singoli e per la qualità dei processi e degli esiti. L’AIMC come soggetto elaboratore di saperi professionali non può e non vuole identificarsi in un’agenzia di servizi, ma intende fare del servizio alla persona la finalità principe del progettare la propria presenza nell’ambiente in cui è inserita e nella società italiana. Promuovere la persona è, per l’Associazione favorire tutti e ciascuno nella costruzione di quei saperi che sono condizione basilare per vivere in pienezza e responsabilità la propria originalità, libertà, cittadinanza. Volontariato, spendimento di sé, gratuità, competenza, alternatività, dialogo, fiducia, impegno personale e comunitario sono, per i soci AIMC, i valori di riferimento da testimoniare nella scuola e nella società. Etta di Totero Unione Giuristi Cattolici Italiani L’ Unione Giuristi Cattolici Italiani (U.G.C.I.) ha sede centrale in Roma e sedi periferiche (Unioni Locali) in diverse città capoluoghi di provincia. L’ambito territoriale di ogni Unione Locale coincide con quello che delimita la competenza per territorio del Tribunale che ha sede nella città in cui l’Unione Locale opera. L’U.G.C.I. persegue le seguenti finalità: promuovere una adeguata preparazione spirituale e culturale dei giuristi; curare gli interessi di ordine sociale connessi con la dignità delle professioni giuridiche; prestare assistenza giuridica ai non abbienti; attuare i principi dell’etica cristiana nell’attività legislativa, giudiziaria, amministrativa, oltrechè nella vita pubblica e professionale. L’Unione brindisina dei Giuristi Cattolici Italiani fu costituita il 10 novembre 1979. Da allora, la sua attività si è artico- lata in: incontri di studio (due al mese) su problemi di interesse giuridico; momenti di spiritualità all’inizio di ogni incontro (guidati dall’Assistente Ecclesiastico Mons. Angelo Catarozzolo); convegni cittadini annuali su temi di attualità socio-giuridica (negli ultimi anni essi hanno riguardato: “la parità scolastica nel sistema costituzionale”, “i problemi della giustizia in Italia”, “il diritto, strumento di pace”, “la tutela dell’ambiente e lo sviluppo economico nel rispetto dei principi etici e della normativa vigente”, “vecchie e nuove povertà nell’epoca della globalizzazione”; “i cattolici e la testimonianza politica”; “la famiglia, la vita e l’educazione, valori non negoziabili”); giornate di spiritualità nei tempi liturgici forti di ogni anno; consulenza giuridica gratuita ai non abbienti. Lorenzo Maggi L’UCIIM esplica la sua opera a favore del personale scolastico del mondo della scuola, oggi, purtroppo, sempre più secolarizzato e privo di forti punti di riferimento valoriali. Salvatore Amorella Convegni di cultura Maria Cristina di Savoia L ’Associazione “Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia” è esclusivamente femminile, ha 70 anni e fa capo alla Conferenza Episcopale Italiana. E’ presente in Italia con 90 gruppi e 5000 associate di tutte le regioni, opera per la formazione culturale e religiosa della donna, trovando nella Venerabile Maria Cristina di Savoia il suo legame ideale. Figlia di Vittorio Emanuele I, sposa di Ferdinando di Borbone e regina di Napoli, Maria Cristina morì nel 1836 a soli 24 anni, lasciando nel capoluogo partenopeo un vivo ricordo come sposa e madre. Donna di fede rigorosa difese i diritti dei più poveri, salvando perfino dal patibolo non pochi condannati. Le sue virtù sono state riconosciute dalla Chiesa nel 1937. Ora è in esame il miracolo per la sua beatificazione. L’ispirarsi alla giovane regina costituisce anche l’attualità dei convegni, protesi soprattutto a difendere e proporre i valori della famiglia nella società. I convegni di cultura, che hanno quali principali scopi tanto la formazione cristiana, religiosa, culturale e sociale delle donne aderenti quanto la testimonianza cristiana e la presenza attiva nella vita sociale, oltre a riunirsi annualmente a Roma in Congresso Nazionale, promuovono un premio letterario biennale dedicato a Maria Cristina e testimoniano la loro opera attraverso la pubblicazione della rivista bimestrale “Rassegna” . Ogni Convegno, per l’approfondimento del tema religioso, è guidato da un Assistente Spirituale, designato dal Vescovo. Il Convegno di Brindisi è affidato a Mons. Ercole Lavilla. Presidente Dr.ssa Elide Criscuolo Carrino. Vice Presidenti: Prof.ssa Cosima Guadalupi e Prof.ssa Carmen Liuzzi Mitrano. L’organizzazione periferica del Premio Letterario e affidato ad una giuria di base presieduta dalla Prof.ssa Tina Monaco Giacobini. Il tema religioso di questo anno sociale è “Cristo e la Chiesa: lo riconobbero allo spezzare il pane”. Quattro parole accompagnano la vita delle “Cristine”: vocazione, amicizia, servizio, testimonianza. Elide Criscuolo Carrino 5 Viaggio tra le Aggregazioni 15 novembre 2008 crim Tra gli scopi quello di portare nel web la realtà viva e reale del Signore Gesù Cuore Immacolato, presenza cristiana nella rete T ante volte avete letto, dalle colonne di Fermento, di NetCrIM e dei suoi raduni, delle tante iniziative che propone nel web e non solo; ma dietro la realtà virtuale ce ne è una reale ed è la l’associazione “CrIM”. Per noi è stato importante e significativo che l’associazione si costituisse ufficialmente il giorno prima della partenza per il convegno diocesano svoltosi a San Giovanni Rotondo lo scorso anno, convegno che in un certo senso apriva il triennio dedicato alle associazioni laicali e che diventava così il nostro primo appuntamento associativo. L’associazione CrIM – abbreviazione che ricordiamo significare Cuore Immacolato di Maria - nonostante svolga la maggior parte del suo impegno nel web si sente fortemente radicata nella vita diocesana e ad essa offre il suo impegno di evangelizzazione e di studio dell’ambito massmediale. “Lo scopo per cui l’Associazione si costitu- I sana. Gli incontri avvengono con scadenza mensile; vedono il primato della Parola di Dio e del Magistero (quest’anno l’enciclica Spe salvi di Benedetto XVI) che dall’Assistente vengono offerti e attualizzati; proseguono con l’intervento del Presidente che illustra l’argomento in questione, approfondito successivamente dai soci di volta in volta incaricati; seguono la discussione e la conclusione. Integrato a livello diocesano ne “Le Associazioni di categoria fermento del Vangelo”, quest’anno il motivo conduttore del cammino della Sezione sarà: “Amare la Verità per vivere nella verità dell’Amore”, che svilupperà gli argomenti affrontati nell’ultimo Congresso nazionale di Ascoli Piceno, dal tema: ”Fede, ragione e scienza – un’alleanza per la medicina”. Ci si avvarrà, inoltre, di suggerimenti bibliografici e filmografici per l’approfondimento dei contenuti. Con tale cammino formativo spirituale, culturale e professionale si intende vivere l’AMCI come casa-scuola dove la sofferenza e il dolore che si curano permettono a medici e ammalati di cercare e incontrare Gesù, il Medico che guarisce e salva l’intera umanità. Il Consiglio Direttivo, rinnovato nel giugno scorso, è composto da: Donno Arcangela (Presidente), Intiglietta Maria Rosa (Segretaria), Finizzi Vincenzo, Natoli Caterina e Trinchera Antonio. Arcangela Donno nocui diventano condizionatori del nostro agire. Troppo spesso la realtà di internet viene demonizzata ed associata solo all’uso criminale che se ne può fare (truffe on line, pedopornografia etc), il nostro impegno è anche quello di far capire a chi non è avvezzo ad usare questo strumento, che le sue potenzialità anche al servizio del Vangelo e della Chiesa sono infinite e che anzi devono essere sfruttate per raggiungere e parlare all’uomo di oggi. Internet, e i media in genere, sono anche veicolo di relazioni: questo sarà il tema al centro del Messaggio del Papa per GMCS “Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia” e sarà anche quello che scandirà per noi questo nuovo anno associativo. Iolanda Milone Associazione “Medicina e Persona” Associazione Medici Cattolici Italiani l cammino dell’AMCI diocesana trova sostegno nel convincimento che “un medico, oltre la competenza tecnica, deve curare la competenza umana”, la quale richiede l’esercizio di “un’intelligenza cognitiva, di carattere scientifico… e insieme di un’intelligenza contemplativa, capace di accedere al valore trascendente della vita (Orizzonte Medico)”. Accompagnati dall’Assistente, don Giuseppe Dello Tore, si è impegnati soprattutto nella “formazione permanente dei medici in ambito spirituale, etico e morale in particolare su temi scientifici e professionali” (Statuto). Si coltivano la centralità della persona e della sua dignità e i rapporti interpersonali con cordialità, solidarietà e dialogo rispettoso secondo lo stile della parresia: “dire la verità della vita nella sua interezza”. Anche grazie a questa scelta si sta sviluppando nel tempo un senso di appartenenza e di corresponsabilità sì che le iniziative ordinarie e straordinarie siano sempre più il frutto di un’azione collegiale arricchita dall’originalità di ciascuno sia nell’ambito della stessa Associazione che nell’auspicata e legittima partecipazione alla Pastorale diocesana della Salute e alla Consulta diocesana per il laicato. La formazione ha sempre previsto al suo interno come momento integrante la missione, nelle modalità a mano a mano maturate secondo la pastorale unitaria e integrata della Chiesa dioce- isce è l’evangelizzazione, attraverso i mezzi di comunicazione, attraverso la testimonianza di ciascuno e di tutti gli associati della fede vissuta nel generoso dono di sé, la disposizione all’accoglienza, al perdono e alla riconciliazione.[…] L’Associazione per il raggiungimento dei suoi fini intende promuovere varie attività, in particolare: di promozione della fede cattolica, di animazione e formazione socio-culturale, editoriali.” (art. 2 dello Statuto) Lo scopo che ci prefiggiamo di raggiungere, cioè, è quello di portare nel web la realtà viva e reale di Gesù Cristo, della bellezza dell’incontro che abbiamo sperimento con lui e tra di noi, e del mandato che ha affidato a ciascuno “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Ma non solo: l’intento è anche quello di formare i “naviganti”, e noi per primi, ad un uso consapevole e responsabile dei mezzi di comunicazione che sempre più, nei nostri tempi, da strumenti in- L’ associazione “Medicina e Persona” nasce nel mese di Febbraio 1999 come libera Associazione fra Operatori Sanitari. Essa intende svolgere un ruolo costruttivo rispetto alla realtà del lavoro e vuole essere uno strumento per la valorizzazione delle intuizioni, delle intelligenze e delle capacità umane e professionali esistenti. Dell’associazione fanno parte medici, infermieri, amministratori, studenti di medicina, a testimonianza che la coscienza dello scopo che il nostro lavoro ha, è più forte della difesa corporativa d’interessi di categoria. La professione sanitaria è la risposta personale, libera e responsabile al bisogno delle persona malata, ed in quanto tale, dipendente dalla qualificazione, dalla dedizione e dall’impegno di chi la esercita. La condivisione di questa passione per il lavoro ha fatto crescere e approfondire un’amicizia operosa, che ha generato anche momenti di vacanza, cioè di un tempo liberamente dedicato alla convivenza fra uomini e professionisti, che stanno diventando appuntamenti sistematici ed irrinunciabili. L’Associazione inoltre segue il problema della formazione professionale, sia nel tempo della formazione primaria all’università, che nell’educazione successiva, dando spazio al problema della specializzazione e della pianificazione. L’Associazione promuove periodicamente mostre culturali che hanno lo scopo di proporre spunti di riflessione sui temi più scottanti in ambito sanitario. I temi scelti nascono dalla attenta osservazione della realtà lavorativa e dalle problematiche che ne nascono; il caratte- re itinerante delle mostre è divenuto occasione per stimolare dibattiti tra operatori all’interno della realtà di lavoro in molte città italiane. L’Associazione inoltre organizza il Congresso Nazionale ogni due anni e numerosi incontri pubblici dove incontra autori di romanzi, saggi divulgativi o test a contenuto strettamente professionale. Il filo conduttore di questi scritti è la possibilità di documentare gli esiti di una umanità seriamente impegnata nel confronto con il problema della malattia, indipendentemente dall’esserne spettatore, o direttamente implicato, nel curarla o nell’affrontarla. La scienza come forma della risposta operosa che l’uomo sa offrire al bisogno di salute incontrato, che in lui è sempre un bisogno più radicale, un bisogno di salvezza. Grazia Filannino UCITecnici, tra progettazione e formazione L’ Unione Cattolica Italiana Tecnici è nata nell’immediato dopoguerra per rispondere ad un bisogno sentito di dare validità piena alla “Tecnica” nel mondo industrializzato del nostro tempo, collocandola all’interno di una visione “antropologica” cristianamente ispirata, che rispetta l’uomo come “fine” e non lo degrada a “mezzo”. L’UCITecnici ha avuto riconoscimento dall’Autorità Ecclesiastica nel 1951 e perciò fa parte della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali (CNAL). Sul piano locale l’UCITecnici è organizzato in Sezioni nelle città capoluogo di provincia e nelle altre città. La sezione di Brindisi è nata nel 2000; una prima proposta dell’UCITecnici per la città di Brin- disi è stata quella di progettare e proporre uno spazio pedonale, una “piazza” davanti ad ogni chiesa, in special modo nel centro storico. Tale “piazza pedonale” è proposta sia per valorizzare ulteriormente l’edificio sacro, che per dare alla comunità insediata l’occasione di incontrarsi e di stare insieme, riscoprendo e riproponendo il ruolo storico delle antiche piazze medioevali. Successivamente, nel 2004, la sezione di Brindisi ha partecipato al Concorso Nazionale di Idee “I Sagrati d’Italia”, facendo risultare la provincia di Brindisi al primo posto con il maggior numero di progetti presenti. Uno dei progetti (il sagrato della chiesa dell’Ave Maris Stella al rione Casale) è risultato vincitore a livello nazionale. Attualmente la sezione brindisina del UCITecnici sta lavorando alla preparazione del corso di Alta Formazione (120 ore) “La chiesa parrocchiale nella città moderna” insieme all’Istituto Superiore di Scienze Religiose, all’Ordine degli Architetti, all’Ordine degli Ingegneri ed al Politecnico di Bari. Inoltre a partire dalle provocazioni che il Papa Benedetto XVI ha lanciato alla città di Brindisi nella sua visita pastorale del giugno 2008, l’UCITecnici incontrerà a breve sia gli iscritti all’Ordine degli Architetti che gli iscritti all’Ordine degli Ingegneri per discutere insieme sul tema: “Una nuova rinascenza urbana per Brindisi a partire da Benedetto XVI”. Donato Caiulo Al via la II Edizione del concorso di idee “Lavoro e Pastorale” del MLAC I l Movimento Lavoratori di Azione Cattolica, in collaborazione con il Progetto Policoro, ha indetto, per il secondo anno, il concorso di idee “Lavoro e pastorale”. Dopo il successo della prima edizione, alla quale hanno partecipato ben 15 progetti, dei quali è stato premiato “Io ci sarò”, presentato dalle diocesi di Oria e Brindisi-Ostuni, una bellissima iniziativa di evangelizzazione rivolta ai giovani della formazione professionale, il Mlac si ripropone di sostenere le capacità progettuali neces- sarie ad attuare attività socio – educative efficaci, promuovendo la realizzazione di progetti ispirati ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa, finalizzati alla costruzione di relazioni tra le persone e gli attori sociali del territorio. Possono partecipare al concorso giovani e adulti di Azione Cattolica, gruppi del Movimento Lavoratori e Animatori di Comunità del Progetto Policoro, elaborando un progetto in uno dei seguenti ambiti di intervento: animazione etica del proprio territorio, politiche attive del lavo- ro e percorsi di inclusione sociale, da inviare al Mlac entro il 15 dicembre 2008. Ai progetti selezionati verrà assegnato un contributo massimo di € 3.000. La premiazione avverrà nella “Giornata della Progettazione Sociale”, che si terrà a Roma, il 24 -25 gennaio 2009. Per ulteriori informazioni, è possibile scrivere all’indirizzo [email protected] Dossier Il nostro cammino di Chiesa attraverso il Concilio Vaticano II Lectio magistralis del prof. Antonello Micia Antonello Micia tiene la lectio magistralis © G.Morelli - C.Farina Premessa R appresenta per me un grande onore essere stato designato da S.E. -a cui rivolgo il ringraziamento - a tenere la lectio magistralis nel Sinodo che la nostra Arcidiocesi sta celebrando nel corso del 2008-2009. Ripercorrere lo sviluppo storico della nostra Chiesa locale in questo ultimo mezzo secolo non può essere solo un fatto cronologico, ma va considerato all’interno della storia della salvezza. Per il cristiano la storia non è semplice fluire del tempo e, pertanto, la storia in quanto cronos non può essere disgiunta dalla storia in quanto cairòs. L’arco di tempo preso in considerazione – dal Sinodo del 1961 al Sinodo del 2007- ha come punto centrale, come spartiacque il Concilio Vaticano II. Chiesa pre-conciliare e Chiesa conciliare non vanno considerate in termini di opposizione, ma costituiscono due aspetti dell’unica storia della salvezza, che porta l’uomo nei diversi momenti storici a riscoprire in modo nuovo l’identico manifestarsi dell’amore salvifico di Dio. La mia analisi riguarderà l’ultimo mezzo secolo della storia della nostra Chiesa locale, anche se sarebbe stato interessante ripercorrere l’episcopato di mons. Tommaso Valeri (1910-1942) o quello di mons. Francesco de Filippis (1942-1953). Mi riferirò, pertanto, a mons. Nicola Margiotta (1953-1975) perché quest’ultimo è il vescovo del Concilio, non fosse altro per la sua diretta partecipazione; mi soffermerò poi sull’episcopato di mons. Settimio Todisco (1975-2000), che ha di fatto traghettato la Chiesa locale verso le rive del Concilio; infine tratteggerò l’episcopato di mons. Rocco Talucci, le cui reti sono ancora gettate nel mare della storia. Tenendo conto di quanto precedentemente premesso e che, cioè, la storia di questa Chiesa è parte della più universale storia della salvezza, mi rifarò direttamente al magistero di questi tre vescovi, facendo riferimento alle Costituzioni sinodali per mons. Margiotta; al magistero episcopale di mons. Todisco attraverso le presentazione di alcuni nuclei pastorali; alle linee pastorali di mons. Talucci che scandiscono un più generale programma pastorale decennale. Lo sviluppo del magistero della Chiesa locale verrà rapportato ai documenti conciliari e a quelli del magistero dei papi e dei vescovi. MONS. NICOLA MARGIOTTA e il SINODO DIOCESANO DEL 1961 A conclusione del Sinodo indetto da Mons. Margiotta nel 1961, furono pubblicate in latino le Costituzioni sinodali. Comunque, per dare la possibilità a tutti di leggerle, tenendo conto che si rivolgevano anche ai fedeli, fu pubblicata un Sintesi in italiano. Si dividevano in tre sessioni, divise al loro interno in parti, titoli e capo. La prima sessione conteneva: - Norme Generali - Delle Persone, ovvero della disciplina del Clero e dei laici. La seconda sessione si divideva in: - parte prima riguardante “Dei Sacramenti e dei Sacramentali”; - parte seconda avente per titolo “Magistero della Chiesa e della Fede Cattolica”; - parte terza riguardava “Del Culto Divino”. Infine la terza sessione riguardava “Dei beni Ecclesiastici”. Terminavano con la Conclusione. L’analisi di alcuni punti di tali Costituzioni sinodali ci permette di comprendere l’ecclesiologia che ne era alla base, vale a dire quell’idea di Chiesa definita preconciliare. Farò riferimento alle sezioni riguardanti le persone, i sacramenti, il culto e il magistero, tralasciando la sessione riguardante i beni ecclesiastici. Le Costituzioni Sinodali: I sessione Nella prima sessione, nella parte riguardante “Delle Persone, ovvero della disciplina del Clero e dei laici”, riferendosi al clero, si invitavano i sacerdoti ad una: Vita di pietà, Vita di studio, Onestà di vita, caratterizzata da un comportamento esteriore che doveva essere di ammaestramento per i fedeli. Si esortavano i sacerdoti: all’amore e alla venerazione verso il Romano Pontefice, i cui documenti dovevano essere studiati appena promulgati e la cui immagine regnante doveva occupare un posto d’onore; alla riverenza e obbedienza verso l’Arcivescovo. Il 9 novembre, festa di S. Teodoro, per la diocesi di Brindisi e il 26 agosto, festa di S. Oronzo, per la diocesi di Ostuni, era previsto il rituale atto di obbedienza. Riguardo ai doveri parrocchiali, si ricordava ai parroci di praticare: La carità verso i poveri, i quali costituiscono “l’eredità tutta privilegiata della Chiesa”. L’assistenza agli infermi. La cura dei fanciulli, per scorgere “qualche seme di vocazione”. La residenza in parrocchia avrebbe favorito l’attività pastorale, in quanto il parroco avrebbe avuto la possibilità di meglio conoscere “le proprie pecorelle”. Dopo i sacerdoti, le Costituzioni venivano a trattare delle famiglie religiose, “che costituiscono l’altra ala dell’esercito di Cristo” e che possono prestare la loro opera là dove non poteva giungere la voce e la mano del parroco. In particolare, rivolgendosi alle suore, definite “angeli benefici” che stendono le ali della preghiera e della carità, le esortava a conservare le proprie case “come celesti aiuole profumate di ogni virtù” e pertanto a coltivare la riservatezza e a cooperare con i parroci nell’insegnamento catechistico e nella direzione delle associazioni femminili. Seguendo una classificazione tipica del preconcilio, le Costituzioni, dopo aver trattato dei sacerdoti e dei religiosi, passavano ai laici, ai quali veniva dedicato il Titolo VII “Della disciplina e dell’apostolato dei laici”. Il Capo I di tale Titolo esordiva con la trattazione dei “Principali difetti da correggere”. Di quali difetti si trattava? “Ai laici che, privi di aiuti spirituali derivanti dalla vita associativa, sono esposti al fango e alla polvere, che rendono così pericolose le vie del mondo, abbiamo ricordato l’orrore di certe pratiche superstiziose non interamente sradicate dalle nostre popolazioni, abbiamo ricordato la viltà della bestemmia, di certi anonimi ingiuriosi e calunniosi, che rubano quanto abbiamo di più caro, la pace dell’anima. Alle madri raccomandiamo con accorata insistenza la massima vigilanza sui facili amori delle loro figliole, perché si metta fine a quelle fughe che profanando il primo germe della vita, privano le nuove famiglie delle celesti benedizioni”. I Parroci, pertanto, erano invitati ad eliminare “la piaga vergognosa dei matrimoni post-fugam” e di predicare la necessità della penitenza e della mortificazione “contro le altre turpitudini che, disseccando le sorgenti della vita, rendono le famiglie sterili e infeconde, contro l’immodestia del vestire, contro la profanazione del giorno del Signore”. Riguardo alle Associazioni religiose, le quali “contribuiscono non poco a conservare florida la vita cristiana”, si raccomandava che i parroci curassero l’erezione in tutte le parrocchie delle Congreghe della Dottrina Cristiana, del SS.mo Sacramento, l’Opera dell’Apostolato della Preghiera, delle Congregazioni Mariane, delle Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli, delle Dame di Carità; in particolare si raccomandava la propaganda missionaria, incoraggiando l’Unione Missionaria del Clero, l’Opera della Propagazione della fede fra gli adulti e l’Opera della Santa Infanzia tra i bambini. Riguardo alle Confraternite, si esprimeva la seguente considerazione: “Ben triste spettacolo danno oggi le Confraternite le quali, dimentichi dei fini religiosi per i quali furono istituite, sembrano tramutarsi in conventicoli di uomini noncuranti di qualunque pratica religiosa”. Da qui l’obbligo di partecipare ogni anno in tempo di Quaresima agli Esercizi spirituali ed inoltre nelle processioni generali e di coadiuvare i parroci nell’esercizio del pubblico culto. Un’attenzione particolare veniva rivolta all’Azione Cattolica, considerata “la forma moderna e più efficiente e ufficiale della cooperazione del laicato all’apostolato gerarchico della Chiesa”. A tal proposito si raccomandava: “i fedeli che militano nell’Azione Cattolica devono essere di esempio agli altri per la integrità dei costumi, per la fermezza delle loro convinzioni religiose, per la continua alla pagina seguente Dossier 8 15 novembre 2008 15 novembre 2008 Dossier 9 Il nostro cammino di Chiesa attraverso il Concilio Vaticano II segue da pagina 7 partecipazione al culto, per la diligenza nei doveri del proprio stato, per il coraggio nella difesa aperta, spinta fino all’eroismo della fede cattolica. Pertanto non si consegni la tessera se non a chi mostri di volersi seriamente impegnare”. Nelle parrocchie non doveva, quindi, mancare l’Azione Cattolica nei suoi quattro rami principali: Unione Uomini, Unione Donne, GIAC, GFAC. Facendo riferimento alla Mater et Magistra di Giovanni XXIII che in quegli anni incominciava ad inaugurare una nuova stagione dei rapporti tra Chiesa e mondo, costituendo il presupposto della Gaudium et Spes, si raccomandava l’Azione Sociale dei laici, che “consiste nel promuovere il benessere materiale in armonia alle superiori esigenze dello spirito, secondo l’insegnamento e le direttive della Chiesa, la quale affida ‘ai suoi figli laici’ l’impegno di ‘portare un accento nuovo e cristiano nella civiltà moderna’”. Questo spirito di rinnovamento favorì in quegli anni lo sviluppo delle associazioni laicali di categoria, quali le ACLI, la Comunità dei Braccianti, i Coltivatori Diretti e le associazioni professionali, quali l’UCIIM, l’AIMC e altre. Compito del sacerdote nell’abito delle attività sociali era quello di curare la formazione morale e religiosa, diffondendo i principi della giustizia sociale e della carità cristiana ed educando ad una fedeltà incondizionata alla gerarchia della Chiesa. Le Costituzioni Sinodali: II sessione DOCUMENTI Passando alla seconda sessione, la prima parte riguardava “Dei Sacramenti e dei Sacramentali”. La sezione si apriva con parole dure nei confronti di un certo decadimento nei costumi –preludio del ’68- e che interessava soprattutto le donne. Da qui la sollecitazione ai sacerdoti, di ricordare alle donne che, “recandosi alla Casa del Signore per pregare, esse devono essere modestamente vestite: il capo coperto e i vestiti accollati, non trasparenti, lunghi oltre il ginocchio, con la maniche almeno fino al gomito. Le donne che dimostrassero di non curare tali ammonizioni e fossero occasione di scandalo, siano allontanate dal Tempio, e molto meno si permetta loro di accostarsi all’altare”. Trattando poi dei sacramenti in generale, esortava i sacerdoti ad istruire i fedeli “circa l’istituzione, la natura, gli effetti dei Sacramenti, le interne disposizioni, per riceverli validamente e con frutto, e il significato dei riti”. Riguardo ai singoli sacramenti, denunciava il fatto che spesso si trasformassero in semplici occasioni di festa, senza capire il vero significato religioso. “Ritardare il Battesimo perché la madre possa partecipare al ricevimento, anticipare la Cresima senza necessaria preparazione soltanto per avere un determinato padrino, fare la prima Comunione tra la festa di tante persone, di cui nessuna forse ha partecipato al Sacramento, è il vero modo di svuotare, come si suol dire, questi Sacramenti cambiandoli in riti familiari”. Ci soffermiamo ora su quella parte delle Costituzioni relativa a “Magistero della Chiesa e della Fede Cattolica”. Ci troviamo negli anni ’60 e già si colgono le trasformazioni di una società che non è più quella dell’immediato dopoguerra. La diffusione di ideologie laiciste e di un certo materialismo, derivante da un diffuso benessere che negli anni del cosiddetto “boom economico” interessava anche i ceti popolari, potevano trovare facile diffusione in coloro che non avevano una salda formazione religiosa. I sacerdoti erano, pertanto, sollecitati a curare la formazione religiosa non solo dei fanciulli, ma anche degli adulti, istituendo in ogni parrocchia la “Congregazione della Dottrina Cristiana”. Oltre che catechisti, i sacerdoti dovevano pure essere dei predicatori: “predicate, predicate di più, predicate breve, predicate bene”. Da qui la sollecitazione ad attingere nella meditazione e nello studio della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e della Liturgia la linfa vitale della predicazione. Collegato al tema della formazione dei laici era quello della buona stampa e della scuola cattolica. Riguardo alla stampa, i sacerdoti dovevano istruire e ammonire i fedeli circa l’edizione e la proibizione dei libri, dei giornali, condannati dalla Chiesa. All’impegno a favorire la diffusione della buona stampa, si accompagnava l’invito rivolto ai parroci di “combattere la diffusione della stampa cattiva, ammonendo tipografi e librai, perchè non si rendano complici dell’altrui nequizia, stampando e vendendo libri, opuscoli e giornali contrari alla religione cattolica e perniciosi per il buon costume”. Riprendendo un tema ancora oggi di grande attualità, si esortavano i sacerdoti a “sensibilizzare i fedeli circa il problema della libertà della Scuola”, affermando per la scuola non statale, e per la scuola cattolica in particolare, minacciata per la sua efficienza, il diritto di vivere. cali, a forma di spirale ha riproposto nel tempo non tanto cose nuove da fare, ma una maturazione educativa a un livello sempre superiore intorno ad alcuni capisaldi: Eucaristia-Comunione-Missione. Realizzare il Concilio voleva dire puntare sui Mons. Settimio Todisco e il processi educativi per formare una mentalità progetto pastorale “Per una in grado di cogliere le novità non come fatto comunità ecclesiale adulta esteriore, ma quale maturazione pastorale in nella fede” vista di una fede adulta, capace di coniugare evangelizzazione e promozione umana, evangelizzazione e comunione, evangelizzazione e l magistero e l’azione pastorale di mons. Todisco si collocano nell’alveo del Concilio che testimonianza della carità. Sono queste le tre direttrici lungo le quali si è egli, con gradualità ma nello stesso tempo mossa nel corso degli anni ’70 – ’80 e ’90 la Chiecon decisione, ha incarnato nella Chiesa locale. Si richiedeva di operare un salto mentale, cultu- sa italiana e nelle quali si è innervata la pastorale e, in qualche modo, spirituale, per maturare rale della Chiesa locale con le annuali linee di lavoro che hanno tradotto tali orientamenti nel una ecclesiologia più aperta al mondo, un conconcreto vissuto pastorale e territoriale. cetto di rivelazione più sensibile alla dimensione storica, una liturgia più comunitaria e aperta Ciò ha comportato L’acquisizione di una ecclesiologia più aperta e alla missionarietà. più sensibile alla dimensione storica; Non era facile accettare una Chiesa che passava la comprensione di una presenza della Chiesa dalla condanna al dialogo, dall’isolamento nel mondo non in termini di condanna o di alla presenza, dalla difesa della cristianità alla isolamento, ma di presenza e di dialogo; edificazione di comunità forti della grazia e in una Chiesa che ha nella Eucaristia il proprio dialogo con le varie culture. Quali i criteri interpretativi per cogliere la globa- fondamento e nella missionarietà il proprio dinamismo; lità del progetto pastorale di mons. Todisco? Credo che la chiave di lettura vada ricercata nel- una Chiesa, inoltre, che ha il difficile compito di rendere operative categorie come ministerialila tensione per la maturazione di una Chiesa tà, comunione e partecipazione, riconoscendo conciliare, nello spirito della Lumen gentium e il ruolo proprio e insostituibile dei laici; della Gaudium et Spes. una Chiesa, ancora, in grado di intraprendere in Il Concilio, inteso non come semplice cambiaautonomia itinerari per un nuovo che si apriva mento nel modo di fare ma nel modo di essere di continuo e che comunque andava coniugato Chiesa, costituisce il riferimento ermeneutico della sua attività pastorale, la quale, coniugando con la tradizione e la cultura della propria gente, all’interno di un tessuto socio-religioso sempre insieme magistero papale, orientamenti della più segnato dal diffuso processo di secolarizzaConferenza Episcopale Pugliese ed esigenze lozione. In tale contesto e nello spirito del Concilio, che con la Gaudium et Spes (1965) aveva tracciato le linee programmatiche della presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo, la Chiesa era chiamata ad annunciare e a testimoniare il mistero pasquale, che è mistero di salvezza e di speranza, a porsi a servizio dell’uomo: è questo il senso della nuova evangelizzazione, nuova non per il contenuto, ma per le modalità di incarnazione dentro la storia e tra la gente. Antonello Micia e Mons. Rocco Talucci © G.Morelli - C.Farina La pastorale della I I sinodali riuniti nella Basilica Cattedrale per la lectio magistralis di Antonello Micia © G.Morelli - C.Farina Chiesa locale, durante l’episcopato di mons. Todisco, si è perciò sviluppata secondo alcune direttrici ben definite: - l’esigenza di un cambio di mentalità, che avesse le radici nella comunione; - il privilegiare sempre la dimensione comunitaria, partecipativa e operativa della Chiesa; - l’azione pastorale considerata nella prospettiva della fede e dell’annuncio del Vangelo, evitando contaminazioni sociologiche e politiche, pur servendo la società e il territorio; - il dare spazio ai laici, in particolare nei ministeri espressamente voluti dalla Chiesa e nelle varie forme associative; - il favorire l’azione promozionale per le vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione, in prospettiva missionaria; - il conferire organicità alle norme e alle indicazioni che regolano la vita della comunità; - il dare rilievo agli organi collegiali di partecipazione, rinnovando le strutture amministrative e pastorali per renderle più evangeliche e più rispondenti all’oggi. Le annuali Linee di lavoro hanno poi consentito di conferire organicità e sistematicità all’azione pastorale di comunità e gruppi, in sintonia con il cammino della Chiesa italiana ed universale, prestando attenzione alla storia, al territorio e ai problemi della gente, con chiaro spirito ecclesiale. L’insistenza sulla pastorale organica non si giustifica in termini di funzionalità, ma ecclesiologico-teologici, in quanto essa si traduce in azioni ecclesiali che richiedono la collaborazione personale e comunitaria. In particolare mons. Todisco ha insistito sulla corresponsabilità e sulla partecipazione dei laici in una Chiesa che, nello spirito del Concilio, voleva configurarsi sempre più come ministeriale e comunionale. Non si tratta di un’opera di supplenza per colmare un vuoto di presenza da parte del clero, ma di riscoprire l’identità più vera del laico cristiano, che, in virtù del Battesimo, partecipa della missione della Chiesa, non come semplice esecutore di comandi, ma in forma ministeriale. Il protagonismo dei laici, su cui mons. Todisco ha tanto insistito, costituiva in quegli anni il nuovo volto di Chiesa, come indicato dal Concilio, superando il rischio ricorrente di una “clericalizzazione” dei cristiani laici e di una “laicizzazione” dei cristiani preti. Che la partecipazione dei laici nello spirito della comunione ecclesiale, dell’autonomia-maturità personale fosse per mons. Todisco una componente essenziale della sua visione ecclesiologica, lo testimonia il fatto che egli, in alcuni ambiti di servizio prettamente laicali, come ad esempio quello della cultura e delle comunicazioni sociali (vedi Fermento), la Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico, la Caritas e l’Istituto di Scienze Religiose, abbia affidato la diretta responsabilità a dei laici. Punto nodale del magistero di mons. Todisco è stato il Progetto pastorale degli anni ‘80 Per una comunità ecclesiale adulta nella fede, che costituisce il punto di confluenza della precedente azione pastorale e nello stesso tempo apre nuove prospettive nell’ottica, propria della Chiesa italiana di quegli anni, impegnata a promuovere cristiani adulti e maturi in comunità cristiane adulte e mature nella fede. “Il Progetto –affermava mons. Todisco- è, per noi, l’altra faccia del Vaticano II nella stessa univoca realtà: è lo sforzo di farlo nostro, il Vaticano II, di incarnarlo cioè nella matrice cristiana della gente, recuperando anche gli autentici valori della religiosità antica, e di ricavare da esso le luci e i criteri per interpretare la nuova storia, quella cioè che ci vede nell’oggi responsabili protagonisti”. Il Progetto per gli anni ‘80, caratterizzato da due note di fondo, la missionarietà e la ministerialità, negli anni ‘90 ha trovato ulteriore approfondimento nel cammino triennale Educare alla fede adulta nella comunità di Chiesa, dove è stata rimarcata la valenza educativa della pastorale, sottolineando l’importanza della formazione in vista di una partecipazione sempre più responsabile nella vita di Chiesa e nella società, per essere testimoni di Cristo Dentro la storia e tra la gente, come indicato nel percorso triennale di preparazione al Giubileo del 2000. La maturità di fede, che costituisce una delle direttrici lungo le quale si è mossa la comunità diocesana nel corso degli anni ’80, trova il proprio fondamento nell’Eucaristia. L’insistenza sulla centralità dell’Eucaristia nella vita del cristiano costituisce un altro aspetto portante del magistero di mons. Todisco. Il fine della maturità cristiana è il conseguimento della santità, intesa non come fuga dal mondo, ma come partecipazione alla vita trinitaria e rivelazione dell’amore di Dio attraverso l’agire quotidiano. L’inserimento dell’uomo nel circuito di vita e di grazia della Trinità fonda la comunione ecclesiale, che si storicizza e si rende visibile in concreti e tangibili rapporti di socialità, di amicizia e in strutture di partecipazione. La comunione trova autentico sviluppo nella partecipazione attiva alla vita della comunità ecclesiale, secondo il ministero proprio: sacerdoti e laici insieme sono impegnati corresponsabilmente e la loro opera si integra nell’azione pastorale, realizzando l’acquisizione conciliare della Chiesa come popolo di Dio. Partecipazione non equivale al rispetto esteriore delle regole di una democrazia formale, ma è attuazione della comunione ecclesiale. Mons. Todisco negli anni ha caratterizzato la pastorale della Chiesa locale secondo la direttrice della missionarietà (1982-83: Per una pastorale di missione; 1985-86: In missione nella nostra Chiesa particolare per il mondo; 1987-88: La parrocchia missionaria; 1992-93: Per una pastorale dinamicamente missionaria), la quale si basa sul presupposto teologico-pastorale secondo cui non ci può essere Chiesa senza impegno missionario, né può esistere vero impegno missionario che non tenda a dar vita e a far crescere comunità cristiane; in una parola una missionarietà che fa tutt’uno con la carità, anzi costituisce l’oltre della carità. Senza addentrarci ulteriormente nel discorso, non si può non citare la cooperazione missionaria promossa tra la nostra diocesi e quella di Marsabit in Kenya, concretizzatasi con l’invio di sacerdoti “fidei donum”. La parrocchia di Laisamis è stato il segno concreto della pastorale missionaria della nostra Chiesa locale, oltre a costituire una sfida per un salto di qualità nell’impegno missionario, sempre meno fatto di deleghe o di semplici offerte in denaro, ma quale stile permanente di vita cristiana, secondo quanto indicato nell’enciclica di Giovanni Paolo II Redemptoris missio (1990). La missionarietà rimanda a quella che è la funzione specifica della Chiesa: l’annuncio della Parola di Dio, vale a dire l’evangelizzazione. Nel suo magistero mons. Todisco, in sintonia con il Concilio, sulla scia dell’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo VI e con il cammino pastorale della CEI degli anni ’70 su Evangelizzazione e Sacramenti, ha evidenziato il carattere salvifico-esistenziale della evangelizzazione per una trasformazione dell’uomo e dell’ambiente, incidendo sulla mentalità e sul comportamento, una evangelizzazione non riconducibile alla “conoscenza” di un messaggio o finalizzata solo alla sacramentalizzazione. In occasione del Giubileo del 2000 sono state promosse in diversi paesi della diocesi le missioni popolari, di cui le stesse comunità si sono fatte attive protagoniste, favorendo il passaggio dalle missioni al popolo ad un popolo in missione, quale segno di una nuova maturità di fede e nella prospettiva della formazione delle Comunità Ecclesiali di Base. L’evangelizzazione, in quanto annuncio, richiama l’importanza delle comunicazioni sociali, un settore verso cui mons. Todisco ha mostrato un particolare interesse. Basta citare l’istituzione dell’Agenzia di orientamenti pastorali “Fermento”, da lui voluta fin dai primi anni del suo magistero a Brindisi, per creare un collegamento nella vita di Chiesa e per comunicare con l’esterno. All’interno del discorso ministeriale rientra anche la ministerialità coniugale. La famiglia rappresenta uno dei nodi più significativi dell’intero impianto pastorale di mons. Todisco, a partire dalle prime linee di lavoro del 1975 fino ad arrivare alle soglie del terzo millennio, specie con il documento La famiglia cristiana comunità credente ed evangelizzante nella Chiesa e nella società, che costituisce certamente la sintesi più organica del suo magistero in materia. Per mons. Todisco la famiglia deve caratterizzarsi come soggetto, oggetto e luogo di evangelizzazione per la crescita spirituale e civile di tutti i suoi membri e dell’intera società. Momento di verifica globale dell’azione pastorale diocesana e nello stesso tempo di rilancio nella prospettiva del nuovo millennio è stata la visita pastorale vicariale nel 1987, la visita pastorale parrocchiale dal 1989 al 1994 e il successivo ritorno nel 1998-99. Le Conclusioni unitarie della Visita, con l’analisi socio-religiosa e pastorale, hanno offerto motivo di riflessione per le comunità ecclesiali e civili, come nel caso di Brindisi, dove si è registrato a suo tempo un vivace dibattito cittadino. L’attenzione al territorio e al servizio alla gente è stata un’altra direttrice del magistero di mons. Todisco, sviluppatasi in modo particolare nel corso degli anni ’90, sulla scia del progetto pastorale della CEI su Evangelizzazione e testimonianza della carità e che ha trovato ulteriore approfondimento nel triennio di preparazione al Giubileo, all’insegna del progetto pastorale diocesano Dentro la storia e tra la gente: mi sarete testimoni. L’annuncio del Vangelo della carità, in riferimento a concrete situazioni ed emergenze sociali, ha costituito negli anni ’90 il naturale coronamento della comunione ministeriale e dell’evangelizzazione missionaria su cui la Chiesa diocesana si era impegnata nei precedenti decenni. La Chiesa, in linea con il Concilio, ha il compito di promuovere e di fermentare dall’interno le diverse sfere in cui si esplica l’esistenza dell’uomo, da quella educativa a quella sociale, da quella economica a quella politica, facendo proprie le istanze degli ultimi, dei poveri, dei soggetti più deboli. Un altro ambito particolarmente significativo dell’azione pastorale di mons. Todisco è stato quello relativo alla partecipazione al sociale e al politico. Il suo magistero, riguardo all’azione politica, pur sviluppandosi in un lasso di tempo prolungato, caratterizzato dall’alternarsi sul piano sociale di diverse stagioni, si articola intorno ad alcune costanti, che trovano la propria sintesi nel documento pastorale del 1980 Fede cristiana e azione politica: - la partecipazione al sociale e al politico è un diritto-dovere dei cristiani; - la politica è atto di carità in vista del bene comune, a partire dagli ultimi; - la piena autonomia della realtà temporale nella quale i laici sono chiamati a dare testimonianza a nome proprio; - la comunità cristiana deve preoccuparsi di sostenere con la preghiera e la formazione quanti si impegnano in politica ed essere coscienza critica nei casi in cui il particolarismo e la faziosità prevalgono sugli interessi generali. Per rispondere a questa esigenza formativa e culturale e per concretizzare quanto affermato dalla CEI nel documento del 1989 su La formazione all’impegno sociale e politico, mons. Todisco ha istituito in diocesi la Scuola di formazione all’impegno sociale e politico, la quale, lungi dal formare dei “professionisti della politica” o dal colmare un vuoto lasciato da altre istituzioni, si è proposta di rispondere ad una sfida di fondo: il rinnovamento della politica passa attraverso la cultura, la quale deve dare le motivazioni e le competenze all’agire per il bene comune. Il richiamo alla cultura come formazione di mentalità cristianamente ispirate è condizione per la maturazione di cristiani adulti nella fede, in grado di elaborare, come veniva indicato nel Convegno Ecclesiale di Palermo su Il vangelo della carità per una nuova società italiana (1995), un progetto pastorale con valenza culturale, per inaugurare una nuova stagione di crescita umana e civile, nella consapevolezza che “uomini culturalmente e teologicamente qualificati, spiritualmente ricchi, bene orientati nella comunità ecclesiale e interiormente liberi sono i cristiani adulti nella fede e capaci dei compiti che i tempi nuovi richiedono”. Lungo questi sentieri mons. Todisco ha condotto la Chiesa locale, corde et fide, dalle sponde del Concilio a quelle del terzo millennio. L’evento giubilare, nel triennio di preparazione sulla scia del documento di Giovanni Paolo II Tertio millennio adveniente, ha costituito la sintesi del vivere cristiano personale ed ecclesiale all’insegna della Trinità, con la triade fede-speranza-carità e con la trilogia Battesimo, Cresima Penitenza-Eucaristia, quale radicamento del messaggio cristiano dentro la storia e tra la gente. Il Giubileo, pertanto, è stato vissuto come momento di rinnovamento della vita cristiana, itinerario di conversione e con tali prospettive la nostra Chiesa locale si è affacciata all’alba del terzo millennio, consegnandosi, nello spirito della continuità apostolica, al nuovo Pastore mons. Rocco Talucci. Mons. Rocco Talucci e il programma pastorale “Nuova evangelizzazione e missionarietà nella Chiesa” Dentro la città tra la gente. Chiesa viva in cammino: segno di speranza I l Magistero episcopale di mons. Talucci si pone nel segno della comunione ecclesiale con il suo predecessore, condividendo lo stesso ministero episcopale. Tuttavia tempi diversi e sensibilità diverse portano ad esprimere in maniera originale e personale il proprio ministero. Presentando alla comunità diocesana le prime linee di lavoro, quelle del 2000-2001, Dentro la città tra la gente. Chiesa viva in cammino: segno di speranza, mons. Talucci sottolineava che la comunione personale che lo legava al suo predecessore lo portava a vivere “una esperienza fondata sulla carità, vissuta nel rispetto e autonomia, attenzione e riservatezza, diversità e fraternità”. La continuità pastorale riguardava soprattutto il “programma pastorale che spinge i cristiani ad essere e a scoprirsi ‘dentro la città tra la gente’ come anima, lievito, come stimolo nella gioia del Giubileo per restituire alla città il diritto di essere casa degli uomini e laboratorio di civiltà, e alla gente il diritto di pensare alto per un futuro degno dell’uomo e dell’essere persona secondo il progetto di Dio” (p. 3). Tale continuità è evidente nel percorso in preparazione al Giubileo curato da mons. Todisco e nello sviluppo delle iniziative giubilari realizzate da mons. Talucci, il quale è subentrato nel pieno della celebrazione dell’anno giubilare, per cui ha valorizzato le indicazioni del suo predecessore, in modo che tale anno lasciasse “una scia sacra e luminosa anche nella storia laica della nostra città” (p. 4). “Dentro la storia tra la gente” aveva caratterizzato la preparazione al Giubileo del 2000 con mons. Todisco; “Dentro la città tra la gente” è il primo documento pastorale di mons. Talucci all’inizio del nuovo Millennio e del suo ministero episcopale nell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni. Il primo invito rivolto da mons. Talucci ai fedeli è stato proprio quello di essere testimoni nel proprio tempo e nella propria città, testimoni di carità, ma soprattutto testimoni di speranza, per costruire “una città terrena a misura d’uomo, così come Dio ha fatto noi a Sua immagine” (p. 4). Nelle stesse linee pastorali egli chiariva il modo in cui presentarsi, dentro la città tra la gente, vale a dire come “Chiesa viva in cammino: segno di speranza”. La speranza costituisce sicuramente una delle principali categorie ermeneutiche della pastorale di mons. Talucci. Summa teologico-pastorale di tale virtù è la sua pubblicazione dal titolo La speranza che è in noi (2004). La speranza “virtù del futuro” ha illuminato il progetto pastorale diocesano di questo primo decennio di inizio millennio, sostenendo il cammino dell’uomo e predisponendo il fedele ad essere contento di vivere e a farsi segno di speranza per gli altri. Sempre nelle prime Linee di lavoro del 2000-2001, partendo dalle conclusioni del celebrato Convegno diocesano, delineava quello che sarebbe stato anche negli anni successivi “il cammino programmatico”, sviluppato lungo alcuni “sentieri” e più precisamente lungo il sentiero della pastorale: organica; scolastica; vocazionale: missionaria; del laicato maturo; giovanile; sociale; sanitaria; vita consacrata; familiare; comunicazioni; turismo, sport e tempo libero. Nello stesso tempo indicava il metodo per percorrere tali sentieri: “questi sentieri pastorali, che sono diocesani e parrocchiali sono accompagnati da due coordinate da seguire: lo sguardo verso l’alto e lo sguardo in avanti, cioè verso Dio e verso l’uomo, rispettando un equilibrio e una fedeltà per essere cristiani del tempo e dell’eternità” (p. 27). Il programma decennale “Nuova evangelizzazione e missionarietà della Chiesa proposta di speranza” I l tema dell’anno 2000-2001 Dentro la città tra la gente. Chiesa viva in cammino: segno di speranza, nella sua ampiezza e organicità, ha costituito il presupposto del progetto pastorale sviluppato nel primo decennio del nuovo millennio, avente per tema Nuova evangelizzazione e missionarietà della Chiesa proposta di speranza. Mons. Talucci ha scandito lo sviluppo di tale organico progetto pastorale in tre trienni. Il primo triennio, dedicato alle persone, si è articolato nel modo di seguito indicato: 2001-2002: I laici cattolici missionari nel sociale 2002-2003: La famiglia cristiana luogo di educazione alla fede e di accoglienza alla vita 2003-2004: I giovani cattolici apostoli di speranza tra i loro coetanei. Il secondo triennio è stato dedicato alla comunità e si è sviluppato nel seguente modo: 2004-2005: La parrocchia nata per la proclamazione del Vangelo della salvezza 2005-2006: La comunicazione sociale e la sua forza educativa - 2006-2007: Le vocazioni per la spiritualità e per l’apostolato Il terzo triennio, quello che stiamo vivendo, è dedicato alle associazioni e si articola nel seguente modo: - 2007-2008: Le aggregazioni ecclesiali aperte alla missione 2008-2009: Le associazioni di categorie fermento di Vangelo - 2009-2010: Il volontariato (poveri, malati, carcerati, disagi giovanili …) per una civiltà dell’amore. Come si può vedere, si tratta di un progetto pastorale articolato ma nello stesso tempo organico che prosegue a tappe, scandito nel tempo e ordinato a progressione, all’insegna della misisonarietà, avendo come coordinate la lettera “Novo Millennio Ineunte” di Giovanni Paolo II e il documento della CEI “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”. È la missionarietà la categoria pastorale che fa da sfondo e da collante all’intero decennio, con l’intento di far diventare la missionarietà parte integrante dell’identità cristiana, la quale chiede continua alla pagina seguente Dossier 10 segue da pagina 9 alle persone (primo triennio) e alle comunità (secondo triennio) di coltivare l’ansia della missione e la santità di vita (terzo triennio). Senza avere la presunzione di poter delineare in pochi minuti un così composito impianto pastorale, mi imiterò ad evidenziare alcuni snodi significativi. I triennio dedicato alle persone I tre soggetti che vengono messi in evidenza nel primo triennio, quello incentrato sulle persone, sono rispettivamente i laici cattolici, la famiglia cristiana e i giovani cattolici. I laici cattolici sono chiamati a considerarsi missionari nel sociale (2001-2002); le famiglie, e in particolare i genitori, sono sollecitati ad educare alla fede e alla vita (2002-2003); i giovani a farsi apostoli di speranza tra i loro coetanei (2003-2004). Le Linee pastorali del 2001-2002, riguardanti I laici cattolici missionari nel sociale, sono d’intonazione fortemente conciliare nella direzione tracciata dalla Costituzione conciliare Lumen Gentium, che considera il “mondo” come il “luogo” in cui i laici cristiani devono testimoniare la speranza che li anima, proponendosi come missionari nei vari ambiti della realtà temporale: “Il cristiano –afferma mons. Talucci- o è missionario o cristiano non è” (p. 8). Il laico cristiano è, quindi, chiamato con gioia a vivere la propria missionarietà nel mondo: “voi siete nel mondo –dice ancora mons. Talucciguardatelo, scopritene le esigenze, non criticatelo, chiedetevi in che modo venire incontro al mondo, cosa potete offrire di bello, di buono e di giusto a chi incontrate. Nessuno sarà a caso davanti a voi. Ogni persona che incontrerete è una parte di mondo a cui annunciare il Vangelo. Accorgetevi degli altri e che gli altri si accorgano di voi” (p. 8). Missionarietà, speranza, mondo: ecco delineato un intreccio che dà senso all’essere “laici cattolici testimoni nel sociale” e missionari nella gioia, cioè “persone contente di vivere, di credere, di sperare, di amare per aiutare gli altri a vivere, a credere, a sperare e amare, nella luce di un servizio che salva da paure e apre alla gioia” (p. 21). Riprendendo un tema caro al Concilio, in particolare il Decreto sull’Apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, mons. Talucci precisa che “la missionarietà dei laici non è una concessione dei Sacerdoti, non è una semplice collaborazione motivata dalla carenza numerica del Clero… E’ un diritto-dovere che nasce dal Sacramento del Battesimo” (pp. 13-14). In concreto, quali sono gli ambiti in cui si deve esplicare la missionarietà dei laici? Il laico cristiano è chiamato ad essere missionario nella Chiesa, nella città, tra la gente. Missionari nella Chiesa. “In molti di voi – afferma mons. Talucci- prevale più la tradizione cristiana, che rimane sempre una bella eredità da custodire, piuttosto che la conoscenza della Parola da interiorizzare e fare propria” (p.23). Allora essere missionari nella Chiesa vuol dire interiorizzare il messaggio cristiano attraverso appositi e specifici itinerari di formazione, fare sintesi tra liturgia e vita, vivere la testimonianza comunitaria della fede, essere presenti attivamente negli organismi di partecipare, sostenere le missioni e imitare i missionari nel dono. Missionari nella società civile Molto più vasto, in quanto specifico, è l’orizzonte della missionarietà dei laici nella società civile. Quali gli ambiti? La famiglia, la quale nella società secolarizzata “è fragile di fronte alle sfide, è sola nel vivere i suoi drammi e le sue problematiche” (p.27). La scuola, “luogo di ogni apprendimento, palestra dei valori essenziali e necessari per lo sviluppo integrale della persona” (p. 29), che richiede, pertanto, una maggiore coerenza e testimonianza dei docenti cristiani e degli studenti e una maggiore presenza dei genitori. Il mondo del lavoro, finalizzato non solo al guadagno ma al rispetto e ai bisogni delle persone, delle famiglie e del bene comune. La vita socio-economico-politica, dove “la missione dei cristiani è fondamentale perché finalizzata alla giustizia e alla solidarietà” (p. 33). I documenti conciliari e la dottrina sociale della Chiesa possono aiutare i laici a coniugare l’essere credenti e l’essere cittadini, in modo da restituire alla politica il primato sull’economia per governare il processo di globalizzazione, con particolare attenzione agli ultimi. In tal senso mons. Talucci auspicava la riproposizione della Scuola diocesana di formazione permanente all’impegno socio-politico al fine di suscitare e sostenere le vocazioni laiche al servizio al territorio (cfr. p. 35) e incoraggiava scelte economiche alternative come il “commercio equo e solidale”, la “banca etica” e l’”economia di comunione” (cfr. p. 36). Il mondo della cultura, dove elemento forte di missionarietà “è l’affermazione della propria identità cristiana, che in se stessa è difesa e promozione coraggiosa della verità e del bene” (p. 39). Pertanto, l’incoraggiamento a sostenere e promuovere tutte le istituzioni e le iniziative a carattere culturale che si sviluppano in diocesi, affinché il progetto pastorale cristianamente ispirato, come aveva auspicato il Convegno di Palermo, diventi di tutti e non di pochi addetti ai lavori. Approfondendo il discorso relativo alle persone, nell’anno pastorale 2002-2003 l’attenzione si è concentrata su “La famiglia cristiana luogo di educazione alla fede e di accoglienza della vita”. È questo un ambito con cui la comunità diocesana, come riconosce lo stesso mons. Talucci (cfr. p. 5), si era già in passato misurata, ma che viene ad assumere un carattere nuovo in quanto più che in passato sono pressanti le minacce che ne minano il suo fondamento, la sua identità, “trasformandola da realtà naturale aperta a tutti i tempi in realtà contingente, alla mercé dei vari pensieri deboli” (p. 5). Da qui la necessità di affermare che la famiglia cristiana è luogo di educazione alla fede e di accoglienza della vita. Il primo triennio dedicato alle persone si è concluso nell’anno pastorale 2003-2004 con l’attenzione rivolta ai giovani. Dopo aver stimolato i singoli cristiani ad essere missionari e successivamente sollecitato le famiglie ad essere soggetti educativi alla fede e ai valori, l’attenzione si concentra sui giovani. Anche in questo caso sono state proposte delle linee pastorali dal titolo I giovani cattolici apostoli di speranza tra i loro coetanei e, come è avvenuto negli anni precedenti, la tematica è stata approfondita in un apposito Convegno. Perché questa attenzione specifica verso i giovani? Tale attenzione parte dal presupposto che la nuova evangelizzazione, con cui la Chiesa italiana in questi anni si sta confrontando, “esige la presenza di soggetti nuovi che vedono nel Vangelo una luce che dà speranza al cammino degli uomini” (p. 3). Tra questi nuovi soggetti vanno inseriti “i giovani, visti come soggetti capaci di Vangelo, protagonisti di missionarietà, artefici di cose belle, portatori di speranza” (p. 3). I giovani possono chiamarsi apostoli e quindi essere a pieno titolo dei missionari, “missionari sentinelle di speranza”, in quanto vivono “in prima persona la propria fede nella scuola, nel lavoro, nella strada, nella politica con una gioia tale da saperla comunicare ai propri amici” (p. 29). II triennio dedicato alle comunità I l secondo triennio del programma pastorale che introduce nel primo decennio del nuovo millennio è stato dedicato alle comunità e la prima comunità ad essere presa in considerazione, in sintonia con le scelte della CEI, è stata proprio la parrocchia. Le linee pastorali del 2004-2005 hanno riguardato infatti La parrocchia nata per la proclamazione del Vangelo della salvezza. La parrocchia, unione di persone, è la sintesi della comunione e della missione; è il luogo storico dove il Signore, vivente nell’Eucaristia, può incontrare le persone e le famiglie. Si avverte, però, secondo mons. Talucci, l’esigenza di una svolta, di una “conversione missionaria della pastorale”, il superamento di una parrocchia “stazione di servizi”, relativi a determinati adempimenti pastorali. La parrocchia è chiamata a rapportarsi in modo nuovo con il territorio, attraverso una pastorale integrata per offrire un migliore servizio di evangelizzazione e di carità, avendo come punto di riferimento la Diocesi e la persona del Vescovo (cfr. pp. 15-17). La proposta pastorale forte fatta da mons. Talucci in questi anni è stata proprio quella di orientare le parrocchie ad una configurazione missionaria, attraverso una pastorale integrata che “vede le parrocchie in missione e la conversione pastorale in una pluralità di carismi nell’unità missionaria”, per la proclamazione del Vangelo della salvezza e che tenga conto della presenza crescente di immigrati, della mobilità della popolazione e dei cambiamenti di cultura (cfr. p. 19). Nel secondo anno del secondo triennio il soggetto fondamentale resta ancora la parrocchia, la quale riflette sulla dimensione educativa della sua azione per meglio comunicare il Vangelo, che continua ad essere la buona notizia anche per gli uomini del nostro tempo. Nell’anno pastorale 2005-2006 l’attenzione viene perciò rivolta alla comunicazione della fede, con le linee pastorali dal titolo La comunicazione e la sua forza educativa. La comunicazione della Chiesa non è semplice informazione, ma l’annuncio del messaggio divino, un messaggio di speranza, un messaggio di salvezza, che cambia la vita personale. Tale annuncio si avvale delle moderne tecnologie, il cui potere comunicativo richiede una riflessione affinché siano strumenti che, usati dagli uomini e destinati ad altri uomini, facciano passare la bella notizia che eleva l’umanità (cfr. pp. 8-9). La comunicazione del Vangelo esige anche una riflessione sulle persone a cui annunciare il messaggio, senza necessariamente seguire la linea anagrafica, anche perché, in un mondo secolarizzato come il nostro, la nuova evangelizzazione richiede una nuova passione missionaria sia nei cuori sia nelle modalità di comunicazione del Vangelo. Mons. Talucci, considerata l’urgenza della comunicazione, ha proposto la nascita di una nuova figura d operatore pastorale, quella dell’Animatore della comunicazione e della cultura, anche perché la comunicazione esige la credibilità delle persone. La sua proposta pastorale diventa addirittura più ampia auspicando la nascita di una vera e propria scuola sui mezzi di comunicazione per i catechisti per aprirsi ad una cultura audiovisiva (cfr. pp. 12-13). Nel terzo anno la Parrocchia che annuncia la Parola è la parrocchia che chiama alla santità, che è la vocazione universale. Essere chiamati alla santità di vita e al servizio missionario è il destino dell’uomo, dell’uomo cristiano. Questo ideale di vita si matura con l’esperienza di una comunità parrocchiale. Ancora una volta la parrocchia continua ad essere al centro della riflessione che nell’anno pastorale 2006-2007 ha riguardato in particolare Le vocazioni per la spiritualità e l’apostolato. La vocazione è dono e responsabilità e nasce dalla iniziativa di Dio. Pertanto, la parrocchia è chiamata innanzitutto a presentare la vita come vocazione, come dono di Dio, come progetto di Dio da realizzare, come chiamata a vivere secondo Dio, in una parola è chiamata alla santità. Così intesa, la vocazione viene a riguardare ogni uomo, qualunque sia il suo stato. Il tema della vocazione diventa, pertanto, occasione per riscoprire la chiamata alla vita matrimoniale, alla vita consacrata e missionaria, alla vita sacerdotale, forse la più minacciata dalla corrente secolarizzazione, ostile alla Chiesa e alla trascendenza. L’esortazione di mons. Talucci è “che cada il muro del silenzio sul tema delle vocazioni” e che nasca invece una “cultura vocazionale” in modo che “ognuno comprenda, i giovani in particolare, che la vita è sempre una risposta ad una vocazione, e che per tutti c’è una chiamata e un progetto di santità” (cfr. p. 38). È sicuramente questo il motivo per cui mons. Talucci ha profuso tanto impegno ed energie perché nel cuore della città nascesse il nuovo Seminario dedicato al Papa Benedetto XVI, quale segno tangibile per tutta la comunità dell’importanza delle vocazioni, le quali nascono nella Chiesa e per la Chiesa. Dopo aver conosciuto come missionari, nel primo triennio, i singoli cristiani, testimoni nella società, sollecitando i giovani a divenire apostoli dei coetanei e le famiglie a scoprirsi soggetti di educazione alla fede, nel secondo triennio è stato rivisitato il protagonismo missionario delle comunità parrocchiali perché, da spazio dove incontrare Dio, diventino punto di partenza, con l’uso dei mezzi di comunicazione e con la valorizzazione di tutte le vocazioni che il Signore ispira, per aprirsi al territorio, alla storia, alla cultura, per dare speranza agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. La Visita pastorale parrocchiale I l cammino missionario della nostra Chiesa locale ha trovato una prima verifica nella visita pastorale che si è sviluppata nel corso del 2006-2007 alle singole parrocchie. Giunta a cinque anni dall’inizio del ministero di mons. Talucci nella Chiesa che è in BrindisiOstuni, inserita nel centro dello sviluppo del progetto decennale Nuova evangelizzazione e missionarietà nella Chiesa, la visita pastorale, come si afferma nel decreto di indizione, non ha rappresentato “solo un fatto burocratico o un momento celebrativo”, ma “un avvenimento di grazia, che riflette in qualche modo l’immagine di quella singolarissima e del tutto meravigliosa visita, per mezzo della quale il Pastore Supremo, il Vescovo delle nostre anime, Gesù Cristo ha visitato e redento il suo popolo”. Pertanto la Santa visita è stata occasione mediante cui il Pastore della diocesi annuncia il Vangelo e conferma i fratelli nella fede, “paternamente si incontra con i figli per illuminarli e incoraggiarli; apostolicamente promuove l’unità e la comunione in Cristo e nella Chiesa, per dare slancio all’impegno missionario; pastoralmente, a immagine dell’Uomo nuovo, ridisegna un nuovo volto di comunità in un mondo che cambia”. I III triennio: dedicato alle associazioni l terzo triennio del programma pastorale decennale –quello che stiamo vivendo- ha ripreso il tema della missionarietà, che è alla base dell’intero progetto pastorale, prestando particolare attenzione alle associazioni. Nel passato anno pastorale 2007-2008 l’attenzione è stata posta a Le aggregazioni ecclesiali aperte alla missione. Le aggregazioni ecclesiali chiamano in causa i laici, i quali “da soli o raccolti nelle Aggregazioni, nelle comunità parrocchiali, negli organismi di partecipazione o nelle famiglie, sono, nelle realtà temporali, nei luoghi dove vivono, nelle vicende che li coinvolgono, portatori di speranza, missionari del Vangelo, testimoni dell’oltre, puntando in alto oltre ciò che passa, oltre ciò che umilia, oltre ogni solitudine, verso la realizzazione dell’uomo che è la vita eterna e la felicità con Dio” (p. 5). Ancora una volta ritorna un tema proprio del Concilio, quello relativo alla identità e al protagonismo dei laici, intrecciato con il percorso della nuova evangelizzazione e quindi della missionarietà, per essere, secondo un tema caro a mons. Talucci, testimoni di speranza. Rifacendoci, infatti, all’Apostolicam Actuositatem, si può affermare 15 novembre 2008 che se la Chiesa conciliare ritiene importante ogni forma di apostolato individuale, è pur vero che presenta come più opportuno, necessario ed efficace quello associato, perché meglio esplicita l’unità della Chiesa pur nella diversità di carismi e ministeri. La scelta pastorale della missionarietà in riferimento alle aggregazioni ecclesiali diventa richiamo alla santità. “Ogni aggregazione ponga al primo posto la vocazione alla santità, nei suoi membri, per esprimere la santità della Chiesa ” (p. 12). Chiamati alla Santità S u questo tema mons. Talucci è ritornato anche in occasione della messa crismale del corrente anno con la Lettera pastorale a vent’anni di episcopato dal tema Chiamati alla Santità. “Vivere una vita santa è la nostra vocazione fondamentale” (p. 8) e la missione di Vescovo è quella di condurre verso la santità. Santità intesa come “la risposta d’amore all’Autore della vita, e questo è il bene più grande che ogni vivente possa conseguire” (p. 9). “La santità dà senso pieno alla vita di ogni uomo –dice ancora mons. Talucci- per noi cristiani è l’ideale cui aspirare dal momento che abbiamo conosciuto Gesù Cristo e lo abbiamo scelto come modello: nei nostri progetti, nelle parole con cui comunichiamo, nelle opere che realizziamo” (p. 14). La Visita ad limina S ignificativa e ulteriore occasione di verifica pastorale è stata, nel marzo del 2007, la Visita ad limina, la cui relazione costituisce momento di riflessione del cammino percorso dalla nostra Chiesa locale e nello stesso tempo indica prospettive per il futuro. È interessante riportare ciò che lo stesso mons. Talucci ha riferito: “La comunione e la missionarietà unite alla spiritualità sono i punti base per ogni iniziativa pastorale… L’attenzione alla città e al suo territorio camminano con l’attenzione alla Chiesa che è anima del mondo. Una storia tormentata della città di Brindisi, con riflessi sul territorio, esigeva ed esige una significativa presenza della Chiesa. Questa attenzione è diventata una costante trasmessa e meditata in ogni parrocchia. Il Sinodo Diocesano I l Sinodo Diocesano che stiamo celebrando costituisce il punto culminante del percorso pastorale della Chiesa diocesana in questo primo decennio del nuovo millennio. L’attuale Sinodo, dopo quello del 1961, è il primo celebrato nella nuova configurazione denominata Diocesi di Brindisi-Ostuni e anche il primo dopo il Concilio Vaticano II. Ha per tema “Il Sinodo: in Cristo per un cammino di comunione e di missione”; trova la sua icona biblica di riferimento nella “lavanda dei piedi” e il suo motto nella parola di Gesù “come ho fatto io…” (Gv 13,15); la chiave di lettura è la Parrocchia, soggetto centrale della riflessione. “Il Sinodo vuole essere una forte esperienza di Chiesa –dice mons. Talucci- vissuta spiritualmente da tutti i fedeli con la preghiera e la riflessione e pastoralmente dai delegati delle comunità, dalle Aggregazioni e dagli Organismi diocesani, con la ricerca, con l’ascolto e con le deliberazioni sinodali” (Decreto di indizione del Sinodo diocesano). La Visita pastorale del Santo Padre L a Visita pastorale del Santo Padre nel giugno scorso, nel pieno dello svolgimento del Sinodo diocesano, è stata per noi benedizione, conferma, forza evangelica e ha rappresentato il suggello del cammino che la nostra Chiesa locale sta percorrendo in questi anni sotto la guida del proprio pastore mons. Rocco Talucci. Nell’omelia della Celebrazione eucaristica del 15 giugno, il Santo Padre ha, infatti, affermato: “Nella luce di questa provvidenziale Parola di Dio, ho la gioia quest’oggi di confermare il cammino della vostra Chiesa. E’ un cammino di santità e di missione, sul quale il vostro Arcivescovo vi ha invitato a riflettere nella sua recente Lettera pastorale; è un cammino che egli ha ampiamente verificato nel corso della visita pastorale e che ora intende promuovere mediante il Sinodo diocesano”. E ancora: “Sul binomio ‘santità-missione’ - la santità è sempre forza che trasforma gli altri - la vostra Comunità ecclesiale, cari fratelli e sorelle, si sta misurando in questo momento, impegnata com’è nel Sinodo diocesano”. Il Sinodo costituisce, pertanto, un momento forte di riflessione di una Chiesa che, lungo i sentieri della missionarietà, vuole annunciare all’uomo di oggi, spesso sperduto e disorientato, che l’unica certezza, l’unica risposta alle tante inquietudini è quel Gesù di Nazareth che indica la via della gioia, la via delle beatitudini, una via ardua, ma sicura, una via che rinnova l’uomo e lo apre alla speranza, alla santità. E noi vogliamo continuare a percorrere tale via. 11 Vita Diocesana 15 novembre 2008 Calendario diocesano Novembre - Dicembre 2008 giovani Incontro di preghiera con i fratelli della comunità di Taizè 22 Novembre 2008 Auditorium ISSR Scuola diocesana all’impegno sociale e politico Alla sorgente della riconciliazione 22 Novembre 2008 Brindisi, Basilica Cattedrale Cresime in Vicaria 23 Novembre 2008 Cristo Re Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento clero 23 Novembre 2008 Giornata diocesana del quotidiano “Avvenire” 23 Novembre 2008 Formazione educatori Pastorale Giovanile 26 Novembre 2008 Brindisi, Seminario Formazione ministri istituiti 26 e 27 Novembre 2008 I Sessione sinodale Pastorale Organica 30 Novembre 2008 I Domenica di Avvento. I incontro di formazione per Operatori di Pastorale familiare 2 Dicembre 2008 Incontro segreteria Consulta Laicato 6 Dicembre 2008 Auditorium ISSR Scuola diocesana all’impegno sociale e politico 7 Dicembre 2008 II Domenica di Avvento. Gruppo “Emmaus” 8 Dicembre 2008 Immacolata Concezione 9 Dicembre 2008 I Sessione sinodale Pastorale Organica 10 Dicembre 2008 Brindisi, Seminario Formazione ministri istituiti 10 Dicembre 2008 Mesagne, Salento Consigli Pastorali Vicariali 11 Dicembre 2008 I Sessione sinodale Pastorale Organica 12 Dicembre 2008 Ritiro diocesano clero 14 Dicembre 2008 III Domenica di Avvento Pastorale familiare: ritiro spirituale a Oria 15 Dicembre 2008 Giunta Caritas diocesana 17 Dicembre 2008 Brindisi, Seminario Formazione ministri istituiti 19 Dicembre 2008 Brindisi, Seminario Formazione preti giovani 19 Dicembre 2008 Incontro Consulta del Laicato I I giovani in preghiera con i fratelli di Taizè intorno alla croce © T. Mangiacasale l 23 ottobre scorso, nella Cattedrale di Brindisi, i giovani della diocesi hanno accolto due fratelli della comunità di Taizè, nel modo e nello stile propri di questa comunità: una preghiera semplice e meditativa, dove canti e silenzio si alternano per dare modo all’anima di riposarsi in Dio. «Perché durante il silenzio di chi medita, l’anima si riposa in Dio», ha spiegato fr. John in un italiano corretto ma il cui accento tradiva le sue origini anglosassoni. La comunità di Taize, è una piccola comunità ecumenica posta su una collina della Borgogna, in Francia, dove frati di diverse nazionalità vivono gli insegnamenti di Cristo in uno spirito di condivisione e preghiera. Un’oasi di spiritualità dove la centralità di Gesù è faro per cristiani cattolici, protestanti e ortodossi. Qui la giornata è scandita dai rintocchi delle campane della Iglesia, dove per tre momenti della giornata i frati e i giovani, ospiti della comunità, lasciano le loro occupazioni e le loro preoccupazioni per riconciliarsi a Dio nella preghiera comune. La semplicità di questa comunità, la bellezza della preghiera e la spontaneità con cui si vive è attrattiva per giovani da ogni parte del mondo. Ogni settimana a Taizè arrivano giovani - fino a 5000 in alcune settimane - di diverse nazionalità, giovani in ricerca, che si interrogano e che, nella preghiera e nel confronto con gli altri, tro- vano risposte. Giovanni Paolo II parlava di Taizè come di una sorgente dove chi arriva trova ristoro, si disseta nella fede e arricchito nello spirito fa ritorno nella propria realtà. “Pellegrinaggio di Fiducia sulla Terra”: Con queste tre parole fr. Alejandro - di origini argentine - ha sintetizzato quanto si vive a Taizè e durante gli incontri internazionali (ogni anno viene organizzato un incontro in una città europea dove decine di migliaia di giovani, accolti nelle famiglie e nelle parrocchie della città si ritrovano per vivere una tappa di questo pellegrinaggio - il prossimo si terrà a fine anno a Bruxelles). Fr. Alejandro ha sottolineato che siamo tutti pellegrini su questa terra e nell’incontro con il fratello, nello scambio reciproco, nel dono della fiducia al prossimo ci riconciliamo a Dio. Allo stesso modo, quasi fosse un cerchio che si chiude e si rigenera in continuo, è abbandonandoci a Dio che attingiamo la gioia, la speranza, la forza per riconciliarci gli uni con gli altri. Un abbandono a Dio che durante l’incontro è stato vissuto dai duecento giovani presenti in Cattedrale, con il gesto dell’adorazione della Croce. Ciascuno ha affidato le proprie speranze, i propri progetti, le proprie ansie e i propri problemi appoggiando la fronte, o le mani, sul legno della croce della giornata delle gioventù posta, per l’occasione, in orizzontale al centro della navata. La lettera 2008 a Cochabamba afferma infatti che “Se comprendiamo ciò che Dio realizza per noi, le nostre relazioni vicendevoli ne saranno trasformate. Saremo capaci allora di una comunione autentica con gli altri, di uno scambio di vita fatto del donare e del ricevere.” E nello scambio e nella condivisione si è concluso anche l’incontro: dopo la preghiera infatti ci si è riuniti attorno ad un tavolo imbandito con dolci e bevande che ciascuno aveva contribuito ad arricchire. I frati, grati dell’accoglienza ricevuta, hanno salutato i giovani invitandoli a ricambiare la visita. E’ bello pensare che questa esperienza abbia gettato un seme nella nostra diocesi, chissà che non germogli, anche nel nostro quotidiano, la voglia di vivere il pellegrinaggio di fiducia sulla Terra! La lettera a Cochabamba dice ancora che “La riconciliazione può trasformare profondamente le nostre società. Lo spirito di Cristo risorto rinnova la faccia della terra. Lasciamoci trasportare in avanti da questa dinamica della resurrezione! Non scoraggiamoci di fronte alla complessità dei problemi. Non dimentichiamo che possiamo cominciare con poco”. Leonardo Brunetti scuola diocesana Ha preso il via il 25 ottobre un percorso biennale di formazione Impegno sociale e politico, urgenza per ogni credente È partita la scuola diocesana di formazione all’impegno sociale e politico: una tempestiva e concreta risposta della nostra diocesi alle parole del Papa pronunciate a Cagliari il 7 settembre scorso riguardo l’esigenza di “una nuova generazione di politici cattolici dotati di rigore e competenza”. Esigenza sottolineata, oltretutto, in parecchi interventi della Settimana Sociale di Pisa Pistoia dell’ottobre 2007 alla luce della quale nasce e matura il progetto della nostra scuola di formazione. Confortati dall’assenso del nostro Vescovo, ci siamo impegnati, come consulta diocesana di pastorale sociale, ad offrire a tutte le persone di buona volontà un percorso di formazione finalizzato alla educazione ad un impegno attivo nel mondo sociale e politico. Tale impegno era venuto via via scemando in concomitanza del terremoto che aveva sconvolto la politica italiana durante gli anni 80 e 90 impoverendo le amministrazioni locali e nazionali dell’esperienza e della preparazione di molti cattolici che avevano dirottato il loro impegno in altri settori. 25 ottobre 2008 ore 17 presso l’aula magna dell’Istituto Superiore di scienze religiose, alla presenza dell’Arcivescovo, del Vicario Episcopale e degli iscritti – presenti in numero assai maggiore rispetto alle previsioni, è stato presentato da don Cosimo Posi (delegato) e dal dott. Gianpaolo Zeni (direttore) il progetto della scuola di formazione: “Libertà e Partecipazione”. Una serie di incontri suddivisi in quattro ambiti su due anni che ci aiuteranno a riflettere e a confrontarci su: dottrina sociale della chiesa, comunità politica; teorie economiche; nuove frontiere della conoscenza credente. Gli incontri saranno tenuti da relatori che offriranno non lezioni scolastiche, ma un itinerario formativo per ogni singolo partecipante. Al fine non di creare professionisti della politica, ma laici – responsabili e consapevoli – liberi di partecipare con spirito di servizio al raggiungimento del bene comune sull’esempio dei grandi maestri di vita prima che di politica, quali De Gasperi e La Pira. La scuola avrà raggiunto il suo scopo solo se ogni partecipante sarà in grado di discernere ciò che è di Dio da ciò che è di Cesare e di dare ad ognuno il giusto. Unico rammarico è l’assenza, tra gli iscritti, di amministratori, i quali potrebbero arricchire i contenuti degli incontri con le proprie esperienze e contemporaneamente maturare una più consapevole capacità di applicare i principi della dottrina sociale alle scelte che l’amministrazione della res pubblica pone loro quotidianamente. Rassicurati dal buon inizio del corso, dal numero degli iscritti e dalla qualità degli interventi proposti durante la presentazione della scuola, ci apprestiamo a vivere i successivi incontri consapevoli della responsabilità che ci è stata affidata. A tal riguardo ricordiamo che per ogni informazione in merito si può consultare il sito web della diocesi www.diocesibrindisiostuni.it attraverso il quale è anche possibile fare l’iscrizione alla Scuola di formazioni all’impegno sociale e politico. Vito Musa La cerimonia di apertura della Scuola © V. Musa Pubblicazione quindicinale Reg. Tribunale Brindisi n. 259 del 6/6/1978 Direzione: Piazza Duomo 12 - Brindisi Tel. 340/2684464 - FAX 0831/524296 [email protected] Stampa: Martano Editrice S.r.l Viale delle Magnolie, 23 - Z.I. BARI Tel. 080/5383820 Direttore Responsabile: Angelo Sconosciuto Vice Direttore: Mino Miccoli Coordinatore di Redazione: Giovanni Morelli Questo periodico è associato alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici Hanno collaborato a questo numero: Danilo Di Leo, Cecilia Farina, Daniela Negro, Antonio Petraroli, Pasqua Flore Foto: SIR, Giovanni Morelli, Salvatore Licchello, Mario Gioia, Tommaso Mangiacasale, Elio Vita Spedizione in abbonamento postale art. 2 - comma 20 - legge 662/96 Abbonamento annuale € 15,00 Conto Corrente Postale n. 10521722 intestato a: FERMENTO QUINDICINALE Piazza Duomo, 12 - 72100 Brindisi Responsabile del trattamento dei dati personali: Angelo Sconosciuto 12 Vita di Chiesa 15 novembre 2008 ANNIVERSARIO Celebrati in un convegno a Roma i 20 anni del sostegno alla Chiesa Sovvenire, occasione di comunione, di partecipazione e di libertà S e non conosciamo la materia cosa mai potremo dire, quali motivazioni potremo mai comunicare? Ebbene, «i valori del Sovvenire pervadono così fortemente “firme ed offerte” e mediano con tanta coerenza il rinnovamento ecclesiale intrapreso con e dopo il Concilio Vaticano II, da trasmettere motivazioni e ragioni forti già a chi le studia per presentarle e proporle». Conoscere meglio ciò per cui lavoriamo è il modo più semplice ed efficace di fare con convinzione e generosità quello che siamo chiamati a fare. Si è aperto così il XIII convegno nazionale degli incaricati diocesani per il Sostegno economico della Chiesa Cattolica tenutosi a Roma nei giorni 20-23 ottobre scorsi. Sovvenire, dunque, celebra i suoi 20 anni: vent’anni di otto per mille e offerte per il clero Vent’anni di spot televisivi e articoli di giornale. Vent’anni in ogni angolo d’Italia per spiegare e rispiegare, per mettere a punto un esame delle situazioni locali, identificando meglio i punti di forza e quelli di debolezza, a meglio gestire e redistribuire le proprie energie, vincere i timori e far scoprire la grande occasione di comunione, di partecipazione, di libertà. Vent’anni e tre generazioni di incaricati diocesani. Io appartengo alla prima generazione, quella che ebbe l’onore, non solo l’onere, di cominciare da zero, di costruire una storia dal niente, a volte circondati da una sfiducia, a volte, purtroppo, da scetticismo scoraggiante. È noto, la storia cominciò con quella firma. La Santa Sede e la Repubblica Italiana, tenuto conto del processo di trasformazione politica e sociale verifi- catasi negli ultimi decenni, e degli sviluppi promossi nella Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II, il 18 febbraio 1984 formavano l’accordo di revisione del Concordato. Vent’anni fa i Vescovi pubblicavano il documento “Sovvenire” alle necessità della Chiesa”. Sembrava un testo destinato solo ad accompagnare il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di sostegno economico delle nostre comunità ecclesiali. E invece, a distanza di due decenni, quel documento sta mostrando una vitalità, come rilevano i vescovi italiani stessi nella lettera commemorativa. «Dopo vent’anni – scrivono i vescovi - ci sentiamo anzitutto in dovere di ringraziare gli italiani che hanno dato fiducia alla Chiesa cattolica, sia firmando a suo favore al momento della dichiarazione dei redditi e contribuendo così all’assegnazione dell’otto per mille del gettito complessivo dell’Irpef, sia facendo offerte deducibili per il sostentamento del clero. Sono credenti, praticanti e non praticanti, accomunati dalla stima nei confronti della Chiesa e del mondo in cui essa utilizza per il bene di tutti le risorse di cui dispone». La lettera ha avuto grande risonanza nel convegno. Il pomeriggio del 22 ottobre Mons. Antonio Pitta e Mons. Mario Vitali hanno dato vita alla presentazione Il cuore grande di chi sostiene i sacerdoti T del loro libro “La gioia del dare”, rileggendo in chiave di responsabilità diocesana, le molte sorprese offerte a chi voglia addentrarsi senza preclusioni in un argomento che ha profondamente segnato la vita della Chiesa in Italia. I due teologi hanno voluto indagare in due saggi distinti, ma tra loro intimamente collegati, il rapporto esistente tra il sostegno economico alla Chiesa e la spiritualità diocesana. Pitta ha lavorato soprattutto sull’esempio della Chiesa delle origini prendendo come paradigma l’azione apostolica di San Paolo. Vitali invece ha riletto il documento “Sovvenire” cercando di rintracciare in esso le linee di quella spiritualità diocesana, fondata sull’idea conciliare di Chiesacomunione, che tanto sta a cuore al servizio CEI. È il grande momento del Sovvenire. Sovvenire: il dono e l’impegno della comunione; la chiamata alla corresponsabilità; Il senso della partecipazione; la meta dell’uguaglianza; l’obiettivo della trasparenza. Il Sovvenire non tocca soltanto l’aspetto accessorio della vita della comunità ecclesiale, ma si pone al centro delle sue scelte. Educare al Sovvenire è una via assai concreta per accrescere il senso di appartenenza ecclesiale, la partecipazione e la corresponsabilità. Nella nostra diocesi anche il Sinodo partecipa alle ricadute e ha rilevanza pubblica. Chi le fa proprie contribuisce a rendere migliore il tessuto sociale. Bartolomeo Parisi Dal Sinodo sulla Parola di Dio, la prima volta di un rabbino U no dei principali temi che è andato emergendo nelle discussioni del sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio (5-26 ottobre 2008: La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa) e che merita di essere ricordato, è quello legato al dialogo tra ebrei e cristiani. Se già nel 2001 la Pontificia Commissione Biblica si era pronunciata ribadendo la legittimità della lettura ebraica delle Sacre Scritture, durante le sessioni dell’assise sinodale è rimbalzata la verità di una simile possibilità: non come concessione da parte cristiana ma come accoglienza di un’istanza ermeneutica della fede del popolo che è il primo destinatario della rivelazione del Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe (Es 3,15). Il documento consegnato ai sinodali − l’Instrumentum laboris per questa XII assemblea generale ordinaria dei vescovi − su questo tema così si esprime: «numerosi passaggi dell’Antico Testamento custodiscono una forza spirituale, sapienziale e culturale unica, permettono una ricca catechesi sulle realtà umane manifestano le tappe del cammino di fede di un popolo» (§ 18). Immediatamente prima, tuttavia, si richiama la necessità di chiarire il carattere figurato e la differente mentalità scientifica e storica delle Scritture veterotestamentarie, le quali costituiscono una tappa nello sviluppo della fede e nella comprensione di Dio. L’Instrumentm laboris rimane, volutamente o meno, ambivalente: l’Antico è solo preparatorio oppure ha una suo valore intrinseco? La concreta discussione dei sinodali ha sciolto ogni riserva. Valorizzare il Primo Testamento non significa impoverire o svalutare l’originalità del Nuovo Testamento, almeno per due fondamentali ragioni. La prima è di ordine teologico: il Dio che gradualmente si è porre il Dio giudice dei testi veterotestamentari, al Dio misericordioso di quelli neotestamentari fu, senza indugi, bloccato dai Padri della Chiesa. Una sapienza ed una prudenza che hanno tanto da insegnare anche oggi contro ogni marcionismo più o meno dichiarato! La presenza al Sinodo del rabbino capo di Haifa, Shear-Yashuv Cohen, vuole esprimere, in fondo, proprio la convinzione che il cristianesimo sarebbe snaturalizzato se si decurtasse il legame vitale con la radice ebraica. La valorizzazione della propria appartenenza non nasconde, tuttavia, le problematiche legate alla sua piena espressione. Si badi bene che questa parentela resta valida anche in presenza di un suo misconoscimento o ridiIl Rabbino Shear Yashyv Cohen interviene al Sinodo dei Vescovi mensionamento da parte ebraica: il dato teoantropologico della storia della salvezza non fatto conoscere nelle pagine dell’Antico è lo stesso Dio è legato all’assenso o al diniego degli uomini. che nella pienezza dei tempi si è fatto vedere in Gesù Le premesse pastorali e non meramente informative di Nazaret. Ci pare, talvolta, reale la tentazione di del sinodo, fanno ben sperare in una reale e fattiva una lettura confessionale della Bibbia che non lascia composizione delle questioni aperte, nella certezza spazio alle concrete manifestazioni della religiosità − che − qualunque sia la soluzione finale − essa non per quanto culturalmente segnate − in nome di una può consistere nella riduzione dell’Antico a semplice teologia (o sedicente tale!) preconfezionata, la quale premessa del Nuovo, né nella sbrigativa esclusione spazza via tutto ciò che mal si accorda con quanto già del Nuovo da parte dell’Antico: non c’è frutto senza stabilito. La seconda motivazione è di natura antropo- radice e una radice senza frutto è un albero secco. logica: gli uomini e le donne dell’Antico Testamento don Sebastiano Pinto esprimono la propria fede in atteggiamenti che sono significativi anche per l’uomo di oggi, in quanto legati (dall’editoriale di Parola e Storia, n. 2/2008) all’essere umano e, perciò, degne di rispetto e accoglienza. Non capiremmo il Nuovo Testamento senza l’Antico: il tentativo di Marcione (II secolo d.C.) di op- Nuovo documento vaticano su psicologia e formazione dei presbiteri “I l ministero sacerdotale, inteso e vissuto come conformazione a Cristo Sposo, Buon Pastore, richiede doti nonché virtù morali e teologali, sostenute da equilibrio umano e psichico, particolarmente affettivo, così da permettere al soggetto di essere adeguatamente predisposto ad una donazione di sé veramente libera nella relazione con i fedeli in una vita celibataria”: il brano è tratto dal capitolo introduttivo del documento “Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio”, redatto dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Nel presentare il documento, il Prefetto della Congre- gazione, card. Zenon Grocholewski, ha affermato che «coloro che oggi chiedono di entrare in Seminario riflettono, in modo più o meno accentuato, il disagio di un’emergente mentalità caratterizzata da consumismo, da instabilità nelle relazioni familiari e sociali, da relativismo morale, da visioni errate della sessualità, da precarietà delle scelte, da una sistematica opera di negazione dei valori». «Le conseguenze generiche di questa mentalità – ha proseguito il card. Grocholewski - e di alcune particolari esperienze vissute prima di entrare in Seminario, colpiscono la personalità dei candidati, in modo particolare la loro maturità affettiva» occa a noi. Innanzitutto a noi. Tocca a noi fedeli laici sostenere economicamente i nostri pastori, cominciando dalla comunità nella quale facciamo esperienza concreta di Chiesa, partecipando ogni domenica all’eucaristia. Per arrivare a tutte le comunità, grandi e piccole, vicine e lontane, ricche e povere. Tutte comunque “nostre”. Questo ci ricorda la Giornata nazionale di sensibilizzazione del 23 novembre. E questo ci ricorda – tra tante altre cose – la Lettera dei vescovi Sostenere la Chiesa per servire tutti, dello scorso 6 ottobre. È stata scritta per ricordare i vent’anni del documento Sovvenire alle necessità della Chiesa e rilanciarne i valori, ecclesiali e civili, sui quali si fonda il nuovo sistema di sostegno economico. Dopo secoli si ritorna alle origini affermando: innanzitutto tocca ai fedeli sostenere i propri pastori. Lo Stato li può agevolare, ma non sostituirsi a loro. Tocca a noi. Ad esempio con le offerte per il clero. Per tutto il clero: i preti che fanno servizio pastorale in Italia, ma tutti, anche se provenienti da un Paese straniero. E i nostri preti fidei donum, che per alcuni anni si mettono al servizio di comunità di Paesi lontani, in missione. Le offerte, bisogna ammetterlo, tendiamo a metterle in secondo piano. Sbagliando. Eppure, dici “sostegno economico alla Chiesa” e pensi subito all’otto per mille. Soltanto all’otto per mille. In realtà le forme introdotte dall’Accordo di revisione del Concordato del 1984 sono due. Ci sono anche le offerte deducibili per il clero. L’otto per mille è sicuramente più noto. Ma è anche più “facile”: non costa nulla alle nostre tasche. Invece l’offerta comporta un sacrificio, piccolo o grande. Soprattutto è il segno tangibile di un più profondo senso di appartenenza ecclesiale. Di una fede matura. L’offerta è infatti per tutto, assolutamente tutto il clero. Per il nostro parroco, che a fine mese riceve un’integrazione dall’Istituto centrale per il clero, senza mai un ritardo o un disguido; per tutti i preti italiani “in cura d’anime”, che si trovino alle prese con una grande parrocchia metropolitana o con cinque o sei minuscole parrocchie sull’Appennino più remoto, su un’isola, in una periferia degradata. Chi fa un’offerta dimostra di avere un cuore tanto grande da riuscire a pensare a tutti. L’offerta per il clero, tutto il clero, in un certo senso misura il “tasso di appartenenza ecclesiale”, la nostra reale generosità, il nostro vero altruismo. Umberto Folena 13 Attualità 15 novembre 2008 tragedia dell’elicottero DELL’AERONAUTICA Il ricordo di un loro amico e collega Cavalieri del cielo, angeli del S.A.R. Nella foto 7 degli 8 uomini del SAR morti nell’incidente © G. Esposito LE SFIDE E L’IMPEGNO DI BARACK OBAMA S P iazzale linea voli del 15° Stormo 84° Centro CSAR di Brindisi, ore 7.30 del 22 ottobre: saluto con un “ciao Peppe, sempre di fretta eeh, - sì avevamo dimenticato un passaporto” e lo vedo correre verso l’elicottero HH3F n. 10 che, con il rotore in moto, era pronto a partire verso Rimini da dove avrebbe proseguito, insieme ad un altro uguale velivolo dell’83° Centro CSAR, la navigazione aerea fino a Florannes (Belgio) sede in cui si sarebbe svolta una esercitazione internazionale. Ecco i nostri ragazzi! Sempre con l’entusiasmo alle stelle, andavano in Belgio per specializzarsi maggiormente in quello che distingue la loro “eroica” attività: il Soc- corso Aereo dell’aeronautica militare. Per l’occasione un super equipaggio: 3 piloti, 2 operatori di bordo, 3 aerosoccorritori. Ragazzi pronti a confrontarsi in un contesto multinazionale. Pronti, perché carichi di tanta professionalità ed esperienza acquisita tra terremoti, alluvioni, eruzioni, ricerche e salvataggi in mare e montagna, trasporti per imminente pericolo di vita e trasporto organi da trapiantare. Così come in trasporti di carattere religioso: delegazione papale, effigi della Madonna di Fatima, Luordes, Pompei, reliquie di Santa Margherita, spoglie di San Giuseppe etc.. Questo è il ruolo complementare al principale di ricer- ca e soccorso ad equipaggi di velivoli incidentati. Oggi, a distanza di dieci giorni da quelle fatali 16.30 del 23 ottobre, il pensiero continua a raggiungere l’anonima località francese in cui sono sfumate le vite dei miei, nostri, otto ragazzi. Michele, Carmine e Peppe pochi giorni prima avevano partecipato ad una missione per salvare una neonata che viveva in un’incubatrice; con Marco poco tempo prima, avevo partecipato ad una missione addestrativa SAR su un lago in Basilicata; con Teo si era sviluppata una missione congiunta con il W.F.P. delle Nazioni Unite; con Giovanni un paio di voli insieme ad una troupe di giornalisti; Massimiliano istruttore all’esercitazione di sopravvivenza in mare tenuta questa estate a Punta Penna Grossa (BR). Questi, solo alcuni dei tantissimi impegni che vedono quotidianamente coinvolti gli uomini del Soccorso Aereo di Brindisi. Quarantamila ore di volo dedicate al territorio sono la testimonianza di questa grande realtà che ci appartiene. E, proprio per questo, siamo fieri che i nostri ragazzi, con bagagli personali anche di migliaia di ore di volo, siano custodi di un grande ideale: la salvaguardia della vita umana. Giorgio Esposito magdi cristiano allam a brindisi Nel suo ultimo libro il racconto e le emozioni “Grazie Gesù”. Testimonianza di una conversione «V erità e libertà sono due facce della stessa medaglia, linee che dovrebbero essere portanti nel percorso interiore di ciascun cristiano, come lo sono state nella mia, perché è la verità che ci rende liberi, è la libertà che ci rende veramente noi stessi». Questo è stato uno dei punti cardini affrontato da Magdi Cristiano Allam, durante la conferenza culturale svoltasi il 15 ottobre nel salone della Provincia di Brindisi, per la presentazione del suo ultimo libro “Grazie Gesù”. Nato nel 1952 a Il Cairo, in Egitto, da famiglia musulmana praticante, ha sempre frequentato scuole italiane cattoliche approfondendo la realtà del cristianesimo per ben 14 anni. Laureatosi in sociologia all’Università La Sapienza di Roma, vive in Italia ormai da 36 anni occupandosi di tematiche legate al vicino Oriente e ai rapporti con l’Occidente. Dopo aver collaborato con “Il Manifesto” e “La Repubblica”, oggi è vice-direttore del Corriere della Sera. Giornalista di fama internazionale, Magdi Allam è uno dei partecipanti più in vista al dibattito italiano sul rapporto tra Occidente e mondo arabo, argomento al quale ha dedicato diversi libri e del quale discute spesso come inviato ai principali talk-show, assumendo posizioni molto vicine a quelle dei critici più severi del mondo islamico. Nonostante la famiglia desse un immagine di un Islam positivo, come ha raccontato nel corso dell’incontro, sin da piccolo è stato alla ricerca di dove risiedesse la verità, in quale delle due religioni, e per giungere alla verità capì che occorreva essere spiriti liberi. Affascinato dal Vangelo, “un testo bellissimo”, dalla figura di Gesù, e ascoltando S. Agostino, Magdi Allam ha compreso la presenza di autentici testimoni di fede cristiana che ricorda nel suo libro rievocando le loro azioni, condividendo esperienze di vita che,come afferma Mons. Talucci: «Noi cristiani siamo quelli della conversione quotidiana. La conversione è un camminare verso la verità» Magdi Cristiano Allam alla presentazione del suo libro a Brindisi © M. Gioia «mi hanno portato a percepire in loro, persone che hanno dedicato la loro vita per affermare la fede in Gesù gratuitamente, comprendendo grazie a loro, che Cristo è in mezzo a noi e consentendomi di radicare una spiritualità che ha fatto maturare in me una concezione etica della vita». Un grande testimone di fede, il più importante, senza tuttavia togliere merito agli altri, è stato per lui Benedetto XVI, che oggi sostiene pubblicamente in modo forte. Racconta infatti che «indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con il Papa, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’autentica religione e della civiltà umana, e a cui aderisco pienamente da cristiano per ispirarmi di nuova luce nel compimento della missione che Dio mi ha riservato». Il 22 marzo scorso durante la Veglia Pa- squale ha ricevuto il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia proprio dal Santo Padre abbandonando l’Islam del quale ha detto: «al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un Islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale». Per diversi anni, da musulmano moderato qual’era, ha sempre cercato di far sì che ci fosse un Islam moderato, ma andando a fondo nella dottrina teologica si è successivamente arreso di fronte all’evidenza, e cioè che, in realtà, in alcuni versetti del Corano si parla di odio e di violenza nei confronti dei non musulmani. Come lui stesso ha affermato, «ho imparato dalla mia esperienza che si può essere comunque musulmani moderati ma non esiste un Islam moderato, tuttavia, anche se le religioni sono diverse, le persone possono, però, essere accumunate dal rispetto e dai valori, la convivenza è possibile a pat- to che siano affermati e difesi la civiltà, la fede e i valori in cui crediamo tutti». L’incontro con quei testimoni e il dono della fede, che ha realizzato dentro di sé ed è motivo per lui di grande gioia, hanno riproposto in Magdi un Gesù vivente, e a questo proposito confrontando entrambe le religioni sostiene che «mentre il cristianesimo è il Dio che si incarna nell’uomo, l’Islam è il Dio che si incarna nella carta perché il Corano è tutt’uno con Dio». «Vedo in Magdi Cristiano – ha detto il nostro Arcivescovo intervenendo al dibattito - l’uomo libero, un uomo alla ricerca», un uomo a cui è grato perché conclude il suo libro scrivendo che non ha concluso la sua conversione ma è ancora in cammino verso la libertà e la vita. L’Arcivescovo ha affermato infatti che «la conversione non è solo il passaggio da una realtà ad un’altra, perché noi siamo cristiani della conversione quotidiana e la conversione è un camminare verso la verità, e se Magdi Allam da musulmano è diventato cristiano, allora noi siamo invitati a diventare sempre più cristiani». Esprimendo la stima verso tutti i profeti, Padre Arcivescovo ha quindi concluso che «Gesù non è un profeta, ma il Figlio di Dio che vuole la salvezza dell’uomo, la sua conversione, non la sua condanna». Pur ribadendo che la libertà religiosa è libertà assoluta e che oggi i cristiani più che mai stanno pagando il prezzo più alto, dall’India al Sudan, vivendo un cristianesimo clandestino, Magdi Cristiano Allam ha voluto, infine, rivolgere a tutti il suo messaggio di speranza, la possibilità cioè di abbattere un giorno le barriere ideologiche e poter vivere nella piena libertà, nel rispetto e nell’amore reciproco, come Gesù ha insegnato a tutti, “ama il tuo prossimo come te stesso”, perchè se non ci si ama, non si può amare gli altri. Daniela Negro ia pure annunciata dai sondaggi la squillante affermazione che proietta Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti è un evento non solo per gli USA, per l’intera comunità internazionale. Per il colore della pelle, per la sua storia, per la sua età, il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti afferma qualcosa di nuovo, quel cambiamento che è stato al centro della sua campagna elettorale, quell’empatia con un elettorato bisognoso di punti di riferimento e, nello stesso tempo, di prospettiva, di slancio, che i morsi della crisi hanno posto in primo piano Il discorso di Obama, infatti, affonda le sue radici nella tradizione americana, ma ne afferma, nello stesso tempo, la proiezione in avanti che le cose oggi richiedono. Individuare le forme, i modi, i programmi del cambiamento e del rinnovamento, ma soprattutto dei nuovi investimenti che questa storia accelerata del ventunesimo secolo reclama, sarà l’opera delle prossime settimane, fino al solenne insediamento. La crisi finanziaria e, poi, economica che si aggira per l’Occidente e che di fatto interessa tutta l’economia globalizzata è certamente il primo e fondamentale dossier. Il mondo globalizzato ha bisogno di un riferimento ma ha bisogno anche di un tessuto di relazioni: ecco il secondo dossier planetario per il presidente americano, la “governance mondiale”, le questioni della pace e della sicurezza. Il terzo grande dossier planetario è quella “questione antropologica”, che oggi si pone in termini nuovi e stringenti. Le grandi scelte bioetiche sulle tecnologie applicate alla vita, la tutela e la promozione della vita e della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna, rappresentano punti fermi fondamentali per misurarsi positivamente con il futuro, da cui non si può deflettere. 14 Cultura 15 novembre 2008 corso per operatori culturali ecclesiastici Aperte le iscrizioni per la terza edizione Conoscere, conservare, valorizzare le recensioni ha un futuro il volontariato? È U Nella foto: tutor diocesano mentre accoglie due turisti in visita ad una Chiesa na fruizione sostenibile: l’abbiamo voluto inserire nel nostro bando come se fosse un sottotitolo ma rappresenta, in verità, il presupposto e l’obiettivo ultimo di un corso, quello in Storia e Gestione dei Beni Culturali Ecclesiastici, giunto quest’anno alla sua terza edizione. Al centro del percorso formativo c’è una storia fatta di uomini e di fede. Proprio le molteplici espressioni di fede diventano risorsa d’inestimabile valore, materia privilegiata per nuove figure professionali pensate sull’onda di un turismo religioso sempre più in voga negli ultimi anni, ma ancora tutte da formare. Gli Operatori Culturali Ecclesiastici ne sono solo un esempio. Negli ultimi tre anni, i corsi istituiti dall’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni hanno permesso a tanti giovani non solo di diventare Tutor Diocesani ma di nutrire la propria passione per la cultura e i beni culturali, gestendo i flussi turistici all’interno dei luoghi di questa storia. L’entusiasmo di quanti, finora, hanno camminato con noi in questi percorsi formativi e la dedizione con cui molti hanno partecipato alle ultime edizioni di “Chiese Aperte”, sottolineano il fatto che possediamo, nella nostra terra, enormi potenzialità. Questi giovani ci dimostrano ogni giorno che c’è ancora la voglia di continuare o addirittura di ricominciare, che esiste ancora un senso di appartenenza ad una storia comune. Dobbiamo solo costruirci quegli strumenti capaci di mettere in atto ciò che oggi è, ancora, solo in potenza. L’attività formativa che l’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici dell’Arcidiocesi in collaborazione con il Progetto Policoro e l’Associazione “Annibale De Leo” porta avanti, è il punto di raccordo di tutte queste diverse ma notevoli sensibilità e sottolinea il fatto che per conservare e valorizzare occorre soprattutto conoscere. Il corso in Storia e Gestione dei Beni Culturali Ecclesiastici, il cui bando si può scaricare dal sito www.diocesibrindisiostuni.it, e rappresenta, dato il successo delle precedenti edizioni, ancora una volta, il tentativo da parte di chi, da sempre, ha uno sguardo attento alla contemporaneità e alle sue insolubili contraddizioni, di offrire un’importante opportunità di crescita sì culturale ma anche e soprattutto umana. Pasqua Flore l’anniversario 50 anni fa veniva eletto Papa Giovanni XXIII un dono per tutta la Chiesa I l 28 ottobre di cinquant’anni addietro veniva eletto pontefice il patriarca di Venezia, card. Angelo Giuseppe Roncalli, che diventava papa con il nome di Giovanni XXIII. Un papato di transizione, si disse subito guardando all’età del pontefice. E quelle parole furono smentite dai fatti. «I primi atti del nuovo pontificato segnarono la riaffermazione del ruolo pastorale del papa vescovo di Roma, da tempo caduto in disuso, fra l’altro con l’indizione di un sinodo diocesano, e la restituzione alle istituzioni eclesiastiche delle loro autonome prerogative, con il completamento del Sacro collegio cardinalizio e la nomina di un segretario di Stato nella persona del card. Tardini; segnarono uno sforzo di maggior distacco dell’azione pontificia dalle questioni politiche, specie da quelle italiane. Mostrarono un nuovo modello papale, ispirato dal rispetto nei riguardi di tutti, alieno da condanne, attento a sottolineare piuttosto i motivi che uniscono che quelli che dividono gli uomini, orientato a lasciar fare piuttosto a Dio, che agli uomini e alla stessa Chiesa», è stato il sintetico giudizio della storiografia laica. «La grazia di Dio andava preparando una stagione impegnativa e promettente per la Chiesa e per la società, e trovò nella docilità allo Spirito Santo, che distinse l’intera vita di Giovanni XXIII, il terreno buono per far germogliare la concordia, la speranza, l’unità e la pace, a bene dell’intera umanità», ha invece sottolineato Benedetto XVI, ricordando, giorni addietro, quella data particolare ed evidenziando come «nelle forti contrapposizioni del suo tempo, il Papa fu uomo e pastore di pace, che seppe aprire in Oriente e in Occidente inaspettati orizzonti di fraternità tra i cristiani e di dialogo con tutti». Ma non poteva, il Santo Padre, non ricordare che «un dono veramente speciale, offerto alla Chiesa con Giovanni XXIII, fu il Concilio Ecumenico Vaticano II, da lui deciso, preparato e iniziato. Siamo tutti impegnati ad accogliere in modo adeguato quel dono – ha aggiunto -, continuando a meditarne gli insegnamenti e a tradurne nella vita le indicazioni operative». E se dal Concilio, dunque, dobbiamo trarre tutti i frutti che sta producendo, non si può dimenticare che il «papa buono» è stato anche quello delle encicliche «Mater et magistra» e della «Pacem in terris»; è stato colui chi ha ribadito l’importanza della famiglia, quale «soggetto centrale della vita ecclesiale, grembo di educazione alla fede e cellula insostituibile della vita sociale», al pari della parrocchia «organismo tanto importante nella vita ecclesiale. Con molta fiducia Papa Roncalli – ha ribadito Benedetto XVI - affidava alla parrocchia, famiglia di famiglie, il compito di alimentare tra i fedeli i sentimenti di comunione e di fraternità». E dunque, ben comprendendo che nessun pontificato è destinato a non lasciare segni profondi di grazia, viene da chiedersi non cosa la Chiesa ed i cattolici sarebbero stati senza papa Roncalli, ma quali frutti ancora nascosti possiamo trarre dai suoi insegnamenti. Angelo Sconosciuto un libro nato dall’esperienza, prezioso ed essenziale, nelle sue 144 pagine, quello che mons. Giovanni Nervo - 90 anni ben spesi tra impegno nella sua diocesi di Padova, 30 anni presidente della Fondazione «E. Zancan» e responsabile della Caritas Italiana dall’inizio (1971) al 1986 - offre al vasto pubblico che si pone interrogativi sull’essenza del volontariato. «Ha un futuro il volontariato?» (Edizione Dehoniane, Bologna, pp. 144, 12 euro) risulta un utile vademecum per capire una realtà complessa, che nella sua evoluzione rischia di perdere di vista natura, ed essenza, quindi, del proprio esistere. Ecco perchè mons. Nervo, tra i tanti interrogativi, nell’ordito del suo discorso parte da quello fondamentale: «Essere volontario, perché?», Non disegna parole decise, l’autore, sui temi del contenuto del volontariato al cambiamento della società o sul ruolo politico dello stesso, considerandone con chiarezza forza e limiti. Andando sui versanti di stretta attualità, poi, ecco che mons. Giovanni Nervo riflette sui centri di servizio del volontariato e si chiede se non sia davvero opportuno che il settore abbia funzione di advocacy. Per proseguire tale discorso, tuttavia, è utile operare una scelta delle priorità per garantire i diritti e chiedersi – come fa l’autore del volume - «con chi collaborare per la tutela dei diritti dei soggetti deboli». Su tutto, in ogni caso, va considerato «lo specifico cristiano nel volontariato», che consente di operare più seriamente la «verifica delle motivazioni», proprio di fronte alle «antiche e nuove sfide per il volontariato», che costituiscono l’ultimo capitolo dell’opera, quasi il viatico per chiudere il libro ed impegnarsi nuovamente. Emerge chiaramente da queste pagine come l’identità specifica del volontariato sia la gratuità. «L’evoluzione del volontariato verso la cooperazione sociale, l’impresa sociale, l’economia sociale, ha certamente aspetti positivi, avendo creato decine di posti di lavoro e dato vita a una fitta rete di servizi sociali – si osserva -. Tutto questo mondo, che oggi si preferisce chiamare “terzo settore”, corre però il rischio di perdere per strada i valori di solidarietà e condivisione con cui era partito. La sfida che si presenta ora al volontariato – si conclude - è quindi quella di aiutare il non profit a conservare l’anima di servizio, scelta degli ultimi, giustizia sociale da cui è nato». (a. scon.) nuove sfide della dottrina sociale M entre i media si rivelano particolarmente sensibili al discorso dell’impegno sociale dei cattolici, ne colgono le sfumature in maniera polemica, riferiscono di possibili, ed attesi, interventi del magistero su questo versante, ecco che le pagine di Giorgio Campanini giungono opportunamente a confermare che «la Dottrina sociale della Chiesa non ha esaurito la propria funzione storica, ma è al contrario chiamata ad affrontare i nuovi scenari del XXI secolo». «La Dottrina sociale della Chiesa: le acquisizioni e le nuove sfide» (Edizioni Dehoniane, Bologna, pp. 128, 10 euro) è libro scritto con il solito stile accattivante ed estremamente chiaro, che accomuna queste pagine ad altre precedentemente pubblicate. Considerato fra i più qualificati studiosi del pensiero politico cattolico dell’Ottocento e del Novecento e grosso esperto delle tematiche etiche e del rapporto fra pensiero cristiano e modernità, Campanini prende le mosse dall’analisi del magistero sociale della Chiesa nella realtà contemporanea, quindi si interroga sull’origine e sullo sviluppo di tale magistero, ponendo mente alla «dottrina sociale ed ai movimenti storici», percorrendo i versanti del rapporto tra «dottrina sociale e modelli di società», «dottrina sociale e pensiero politico cattolico», e «dottrina sociale e teorie economiche», riflettendo in particolare su «il problema del capitalismo». L’ultimo capitolo è poi quello che dischiude a nuovi orizzonti. Campanini lo significativamente intitolato: «Nuove frontiere della Dottrina sociale» e li riflette su «Unità di fede, mediazioni antropologiche, opzioni politiche», proprio guardando al ruolo della Dottrina sociale della Chiesa ed una possibile agenda di temi da approfondire. «L’intento dell’autore è soprattutto quello di porre in evidenza alcune essenziali questioni di metodo, legate al contesto storico della formazione graduale, nel tempo, del corpus del magistero sociale della Chiesa e, soprattutto, al rapporto fra Dottrina sociale e scienze umane, rapporto che rischia di essere lasciato in ombra da un approccio eccessivamente auto-referenziale», diceva una nota di presentazione a queste pagine. A volume concluso, si può rispondere che l’intento dell’autore è stato pienamente colto. (a. scon.) breve storia della riforma protestante L ’avvio delle celebrazioni centenarie della nascita di Giovanni Calvino, il recentissimo sinodo dei vescovi, in Vaticano, su «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa» rendono di estrema attualità, questa «Breve storia della Riforma protestante» (Editrice Queriniana, Brescia 2007, pp. 176, 15,50 euro), di Rolf Decot, nella traduzione italiana di Carlo Danna. «Punto di partenza è la riforma di Martin Lutero, che ci costringerà a tener conto in maniera particolare anche di aspetti teologici», avverte l’autore, il quale su- bito evidenzia la necessità di «distinguere tra l’istanza teologica di Martin Lutero, le sue implicazioni politiche, sociali e pubbliche e l’affermazione pratica della Riforma». Con capitoli brevi l’autore inizia un percorso che parte dall’evoluzione teologica di Lutero, descrive gli scritti del 1520 (la teologia di Lutero) e quindi descrive l’introduzione della Riforma per poi notare «una molteplicità di Riformatori», da Carlostadio a Muntzer, dagli anabattisti agli spiritualisti, da Zwigli a Calvino per poi dedicare chiarissime pagine all’«affermazione politica della Riforma». L’analisi della diffusione del luteranesimo e la pace religiosa di Augusta sono poi due tappe del discorso che così si apre all’ultimo importante capitolo dedicato alla riforma della Chiesa cattolica che, evidentemente, non può essere circoscritto al Concilio di Trento, avendo l’autore colto opportunamente gli elementi di una «Riforma interna alla chiesa prima di Trento» (pp. 129-137). «Nel XVI secolo la cristianità d’Occidente si divide – osservò anni addietro Paul Christophe -. All’Europa mediterranea, latina e romana, si contrappone ormai l’Europa protestante del Nord-Ovest e del Nord. Ma anche questa Riforma si è frantumata in tre grandi correnti: luteranesimo, calvinismo e anglicanesimo». Le parole conclusive di Decot sono invece: «In un mondo che va così cambiando, anche alle chiese cristiane si offre la possibilità di unificare le loro peculiarità, le loro accentuazioni teologiche e le loro esperienze storiche senza rinunciare alla propria identità». Ma queste analisi, pur aprendo nuove piste da battere, non riguardano un testo di storia (a. scon.) 15 Sport 15 novembre 2008 Memorial “F. Morleo” S L’Arcivescovo alla cerimonia del CONI “Stelle al merito sportivo - medaglie al valore atletico” © D. Tasco sport e agonismo Il Centro Sportivo educa i suoi campioni alla libertà La sana competizione insegnata ai giovani I L’agenda del Centro l nostro obiettivo non è creare campioni. Si faccia avanti chi non ha mai sentito pronunciare una frase del genere da educatori e dirigenti CSI. Il principio è sicuramente condivisibile e quanto mai giusto: parte da un progetto che mira a coinvolgere i giovani, anche i meno dotati sportivamente, in una realtà di divertimento, di cooperazione, e crescita comune, spesso al di fuori dei meccanismi sempre più esigenti e dei ritmi serrati dell’attività professionistica. Ferme restando le buone intenzioni, le errate interpretazioni di queste ultime ci hanno spesso portato, soprattutto nel meridione, a pensare al CSI come attività sportiva di “serie B”, leggendo la frase iniziale come una sorta di giustificazione alla mancanza di elementi e strutture di un certo livello. Uno sguardo più attento alla realtà giovanile dovrebbe invece convincerci del contrario: sebbene non si debba riempire i ragazzi di pressioni, di smania di vincere e di esagerate ambizioni, ciò che più paga a livello educativo e forma persone I complete e migliori è la professionalità. Vedersi inseriti in un «Sebbene non si debba riempire i ragazzi di pressioni e di smania di vincere, ciò che più paga a livello educativo e forma le persone è la professionalità» ambiente competente, qualificato fidabile, rende i ragazzi che si approcciano allo sport motivati a dare il meglio di sè, ad apprendere le regole di un gruppo, ad incanalare in un gesto tecnico svolto per bene la propria aggressività. Indossare le stesse divise, rispettare gli stessi orari, accettare gli stessi rimproveri e consigli per quanto sembrino a primo impatto aspetti secondari rispetto al puro divertimento, sono esattamente ciò che fa di tanti individui separati, un gruppo unito e riveste ogni vittoria e sconfitta di un significato nuovo. Gli educatori, allenatori e dirigenti, devono rendere le palestre in cui spendono tanta parte del loro tempo, delle vere e proprie fabbriche di libertà, oltre che di spensieratezza e divertimento. Devono dotare i ragazzi di quelle basi tecniche e psicologiche che li portano ad essere pienamente capaci di scegliere, al momento opportuno, se puntare a diventare dei campioni oppure no. Sportivo provinciale Il 29 novembre a Mesagne si svolgerà un torneo di Tennis Tavolo CSI aperto a tutti. Si ricevono inoltre le iscrizioni per Campionati provinciali CSI di: Calcio a 5 Allievi, Juniores e Open; Pallavolo allieve, allievi e open misto. Chi è interessato può contattare la segreteria del Comitato al numero 0831/774891, oppure all’indirizzo di posta email: [email protected] Marcella Diviggiano i è concluso mercoledì 29 ottobre il primo memorial dedicato a “Francesco Morleo”. Era il 22 settembre quando 12 squadre hanno dato vita al torneo di calcio a 5, organizzato dal circolo sportivo culturale “Virtus Mater Domini”, in collaborazione con il comitato provinciale del C.S.I.. Trentasette incontri per decretare nella finale la vincitrice tra Bar Solaris e Pignataro team, dove quest’ultima ha avuto la meglio con il risultato finale di 8 reti a 3. Ad assistere alla finale c’erano i genitori e parenti di Francesco, il presidente del C.S.I., Francesco Maizza insieme al responsabile dell’attività sportiva provinciale Maurizio Asparra, oltre che agli organizzatori, ma soprattutto c’era un nutrito gruppo di giovani, ragazzi e ragazze, che hanno costantemente seguito le diverse fasi del torneo, garantendo sempre una bella cornice di pubblico, soprattutto nel giorno dell’inaugurazione e della finale. Oltre ad esser state premiate le prime due squadre classificate, sono stati anche assegnati tre premi individuali: Capocannoniere: Vinci Simone (Bar Solaris); Miglior portiere: Dellomonaco Stefano (Virtus Mater Domini); Miglior giocatore: Vinci Simone (Bar Solaris). La direzione delle gare è stata garantita e gestita dagli arbitri del C.S.I. provinciale, al quale va il nostro personale ringraziamento, per la collaborazione e la regolarità degli incontri. Cosimo Destino “Diamogli credito”. La Banca di Credito Cooperativo di Leverano a favore dei giovani l Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive (POGAS), il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione e il Ministro dell’Università e della Ricerca (MIUR), in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e la Federazione Nazionale delle BCC, hanno deciso di lavorare insieme per sostenere i processi di crescita delle giovani generazioni e hanno sottoscritto un Protocollo d’intesa tra loro. Il Protocollo d’intesa permette agli studenti impegnati nella formazione universitaria e post-universitaria un agevole accesso al credito, con l’unica garanzia della propria determinazione e dei requisiti di merito, per sostenere autonomamente le spese connesse alla propria formazione. L’obiettivo è quello di mettere in condizione i giovani di investire responsabilmente sul proprio futuro e avere un più libero accesso al sapere e alla formazione. I beneficiari delle iniziative oggetto della convenzione sono gli studenti universitari e post- universitari di qualunque nazionalità, purché residenti in Italia, con età compresa tra i 18 e i 35 anni, che corrispondano a determinati requisiti di merito. In pratica, si tratta di uno strumento studiato per chi ha talento, ma limitate possibilità economiche. La linea di credito può essere richiesta per pagare tasse e contributi universitari, partecipare a un programma comunitario Erasmus, iscriversi a un master post-universitario, acquistare un computer portatile con connessione wi-fi, pagare le spese connesse alla locazione per i fuori sede (deposito cauzionale e/o spese d’intermediazione immobiliare). Altri requisiti essenziali sono la residenza nel territorio di competenza (Leverano, Veglie, Porto Cesareo, Nardò, Copertino e Salice Salentino), e superare una certa soglia di merito. Trattasi di mutuo chirografario di durata massima 36 mesi, con rate mensili o unica soluzione al tasso fisso: IRS di periodo + 0,80. Per il pagamento della contribuzione annuale a corsi universi- tari e di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) l’ammontare massimo del finanziamento è di € 2.000,00; per il pagamento delle spese da sostenere per la partecipazione a programma Erasmus, € 1.500,00 per le borse di studio Erasmus con permanenza all’estero pari a 3 mesi;€ 3.000,00 per quelle pari a 6 mesi e € 6.000,00 per quelle pari a 12 mesi. Per la partecipazione a corsi post-laurea, post-diploma accademico e master l’ammontare massimo del finanziamento per ciascun beneficiario è pari a € 6.000,00. Infine, per l’acquisto di personal computer portatile dotati di connettività wi-fi il massimo finanziamento è pari a € 1.000,00 e deposito cauzionale per la locazione immobiliare e delle eventuali spese per l’intermediazione immobiliare € 3.000,00.I finanziamenti di cui sopra, sono cumulabili per ciascun avente diritto sino ad un massimo di € 6.000,00. Sandrino Ratta