LA VERGINE A LA SALETTE
1. Prima dell’apparizione
1. IL LUOGO DELL'APPARIZIONE
La Salette propriamente detta è la più grande delle dieci borgate che costituiscono il comune di La Salette-Fallavaux. Questo comune venne
formato nel 1842 unendo due comuni già esistenti: La Salette e Fallavaux. Vi fu però sempre una sola parrocchia, quella di La Salette.
L'apparizione ebbe luogo nel territorio dell'antico comune di La Salette e non di Fallavaux. Questo comune fa parte del cantone di Corps,
nel dipartimento dell'Isère. Il capoluogo di questo dipartimento è Grenoble, città dell'antico «delfino» e sede episcopale. Ecclesiasticamente
la piccola parrocchia di La Salette fa parte della diocesi di Grenoble, che si distingue tra le diocesi di Francia per una devozione speciale a
Maria santissima. Si può arrivare a La Salette venendo da Gap, altra città del Delfinato, ora capoluogo del dipartimento delle Hautes-Alpes.
La maggior parte, però, dei pellegrini arrivano al santuario provenendo da Grenoble. Grenoble sorge alla confluenza dei fiumi Isère e Drac
e si trova a un'altitudine di 215 metri sul livello del mare. Era l'antica Cularo del regno degli Allobrogi. Conquistata dai Romaui, venne
fortificata, abbellita e resa città romana dall'imperatore Graziano (375-383) che le diede il suo nome. La Civitas Gratiani o Gratianopolis si
rasformò nei secoli seguenti in Gratianople e finalmente in Grenoble. Al tempo dell'apparizione di La Salette, Grenoble contava circa
25.000 abitanti; ora supera i 150.000. Da Grenoble si arriva a La Salette per una strada comoda. Partendo da Grenoble, si imbocca il
magnifico corso Jean-Jaurès, una volta chiamato corso Saint-André. I primi Otto chilometri sono costituiti da tre strade parallele, divise e
fiancheggiate da quattro filari di piante: sono oltre 4500, tra tigli, platani, olmi, frassini e sicomori. In seguito la strada presenta stupende
visioni delle Alpi delfinesi: a destra si scorgono le cime dentate del Vercors, a sinistra quelle del Belledonne. Dopo Vizille (Castra
Vigiliae) - celebre per il castello del duca di Lesdiguières, da dove partì la scintilla della rivoluzione francese - la strada comincia a salire.
Si attraversa poi Laffrey, dove Napoleone, reduce dall'Elba, nel 1815, si cattivò il reggimento francese mandatogli incontro per arrestarlo.
Dopo La Mure - dove nacque Pierre-Julien Eymard (1811-1868), cittadina che conta attualmente circa 34.000 abitanti - rimangono ancora
da percorrere venticinque chilometri per giungere a Corps. A Corps nacquero i due fortunati veggenti di nostra Signora di La Salette, e dal
1875 vi è sepolto uno di essi. Corps è sede di un'arcipretura e di un tribunale; al tempo dell'apparizione contava 1300 abitanti, e oggi ne ha
soltanto più un migliaio. Oltrepassato questo borgo, la strada corre incassata in un fondovalle e raggiunge, dopo quattro chilometri di
percorso, La Salette, comune a 1124 metri sul livello del mare. La parrocchia di La Salette, al tempo dell'apparizione contava circa 700 anime; ora ne ha 300. Il gruppo più numeroso di povere case di montagna, una quindicina circa, è quello tranquillamente adagiato attorno
all'antica chiesa parrocchiale. Oltrepassata la chiesa, la via piega a sinistra e si inerpica sulla montagna. L'ultimo raggruppamento di case a
destra della via è chiamato Les Ablandins. Qui terminano i campi coltivati e succedono boschi cedui di faggio. Più avanti ancora, al bosco
succede la prateria e poi la roccia brulla. La strada, sempre in salita, porta, a 1800 metri sul livello del mare, ad una spianata detta Les
Baisses, costituita da un colle più basso, che riunisce fra loro i versanti del monte Planeau a nord, del Chamoux (2230 m) a est e del Gargas
(2213 m) a ovest. Tra Les Baisses e il versante nord-est del Planeau si estende, sempre a quota 1800 metri, un altopiano, chiamato SouslesBaisses, declinante in un valloncello, in fondo al quale scorre il ruscello Sezia. E’ precisamente in questo valloncello che avvenne
l'apparizione di Maria santissima, il 19 settembre 1846, ed è in questa zona che ora sorge il celebre santuario di nostra Signora di La
Salette. Dal punto di vista geologico, il terreno del bacino di La Salette appartiene alla formazione Liasica. Le rocce sono formate da
calcari detti «jura noir»: esse fornirono i materiali per la costruzione del santuario e delle altre case sulla montagna. Da Corps si può
raggiungere il luogo dell'apparizione anche senza passare per l'abitato di La Salette, per un sentiero che tocca il casale Saint-Julien e con un
percorso lungo circa sette chilometri. Le stazioni ferroviarie più vicine a La Salette sono quelle di Gap e La Mure. Dall'Italia si può arrivare
a La Salette in breve tempo seguendo la strada che da Torino porta a Susa e di qui alla frontiera del Monginevro. Passata la frontiera, la
strada scende a Briançon, poi prosegue verso sud per Embrun, Gap, Corps, La Salette. Altro percorso, da Cuneo, è il seguente: Demonte,
Colle della Maddalena, Barcelonnette, Gap, Corps, La Salette. Al tempo dell'apparizione questi luoghi erano rivestiti di erbe e di fiori;
erano bagnati dall'acqua fresca e limpida di alcune sorgenti e dalla Sezia. Tutti i pellegrini sono concordi nel dire che i luoghi scelti dalla
santa Vergine per parlare agli uomini sono di una maestà e bellezza severa, insuperabile, degna cornice al contenuto del celebre messaggio.
Chi, stanco del viaggio, arriva sui luoghi dell'apparizione rimane soggiogato e rapito dal panorama circostante: la grandezza delle
montagne, la solitudine solenne che vi regna sono un invito a dimenticare le miserie della terra, a elevarsi a Dio, a piangere i propri peccati.
2. I DUE VEGGENTI
I testimoni dell'apparizione di Maria santissima sui monti di La Salette furono due poveri e ignoranti fanciulli, puri e semplici di cuore:
Melania pastorella di professione, Massimino pastorello d'occasione. Melania Francesca Calvat, detta Mathieu, nacque a Corps il 7
novembre 1831 da genitori molto poveri. Mathieu non è che un soprannome; il vero nome di famiglia è Calvat; tuttavia la famiglia Calvat
non era conosciuta, a Corps, che col soprannome di Mathieu. Melania, ancora bambina, dovette mendicare il pane di porta in porta per
poter vivere; poi, dall'età di otto o nove anni, venne messa a servizio come bambinaia e come pastorella. Suo padre faceva il taglialegna,
ma le entrate erano insufficienti a sfamare tutti quelli della famiglia. Negli anni 1841 e 1842 Melania è a servizio presso un agricoltore di
Saint-Jean-des-Vertus; nel 1843 e 1844 fa la pastorella a Sainte-Luce; nel 1845 passa a fare questo lavoro a Queten-Beaumont. Queste
località sono tutte situate nei dintorni di Corps. Nel marzo del 1846 Melania passa agli Ablandins, una borgata del comune di La Salette, a
servizio presso l'agricoltore Baptiste Pra e vi rimane fino al principio di dicembre dello stesso anno. Il suo lavoro consisteva nel condurre
ogni mattina le mucche del padrone sui pascoli della montagna e nel ricondurgliele a casa alla sera, dopo averle custodite lungo la giornata.
Melania era cresciuta ignorante; non aveva frequentato la scuola; non sapeva né leggere né scrivere né parlare francese: di questa lingua
comprendeva soltanto qualche parola. Non andava che raramente in chiesa, perché era costretta a lavorare anche alla domenica e nelle feste
come negli altri giorni. Non conosceva quasi nulla del catechismo. A causa della sua ingrata memoria non poté essere ammessa alla prima
comunione. Anche dopo i quindici anni, la fanciulla aveva un fisico debole, piccolo e non proporzionato all'età. Il suo aspetto era dolce e
gradevole; il suo contegno era modesto nell'atteggiamento e nello sguardo. Era di carattere piuttosto timido e taciturno. Nella sua
deposizione, Baptiste Pra disse che Melania era di una timidezza eccessiva e talmente noncurante che, ritornando alla sera dalla montagna
tutta bagnata per la pioggia, non domandava neppure di cambiarsi le vesti. Qualche volta essa si addormentava nella stalla; altre volte, se
non se ne fossero accorti, avrebbe passata la notte all'aperto. Baptiste Pra disse anche che Melania, prima dell'apparizione, era musona al
punto di non voler qualche volta rispondere a quelli che le rivolgevano la parola, ma che, dopo l'apparizione, era divenuta attiva e
obbediente e che diceva meglio le preghiere. Pietro Massimino Giraud, chiamato comunemente Mémin, nacque anch'egli a Corps, il 27
agosto 1835, da un povero carradore, Germain. Ancora piccolino perdette la mamma, e il padre passò a seconde nozze. La matrigna trattò
Massimino duramente, tanto che il bambino avrebbe spesso sofferto la fame, se un suo fratellino, nato dalla seconda moglie del carradore,
non avesse condiviso con lui il proprio nutrimento. Il padre frequentava più l'osteria che la chiesa e poco si curava del figlio, il quale crebbe
ignorante, senza imparare né a leggere né a scrivere né a parlare francese. Sapeva di questa lingua solo alcune parole udite da persone di
passaggio. Non frequentava la chiesa; quando vi era condotto, se ne fuggiva sovente per andare a giocare con i suoi compagni. Il padre
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conduceva Massimino, sebbene ancora piccolo, all'osteria e lo costringeva a bere e a fumare. Mancando di ogni istruzione religiosa,
anche Massimino era stato escluso dal numero dei fanciulli che il curato preparava per la prima comunione. Egli crebbe senza educazione,
occupato soltanto a divertirsi con i coetanei, a condurre la capra o la pecora di suo padre al pascolo, a raccogliere il letame sulla strada che
da Grenoble conduce a Gap. Pur avendo un'intelligenza più che mediocre, non riusciva a nulla, per la sua incostanza e leggerezza. Suo
padre dichiarò di avergli fatto imparare il Pater e l'Ave, con grande fatica. Piuttosto piccolo per la sua età, Massimino aveva una bella
faccia rubiconda, segno di buona salute. Il suo sguardo era dolce; egli fissava senza vergogna le persone che gli parlavano. Irrequieto, non
stava mai fermo: muoveva sempre braccia e mani e parlava accompagnando la parola coi gesti. Il fondo del suo carattere era la franchezza
e la generosità: quando gli sfuggiva qualche bugia, si riprendeva subito e confessava la sua colpa. Era un tipo dolce, ingenuo, schietto,
buono e compassionevole, generoso e disinteressato, puro e ignaro di ogni vizio. Nel settembre del 1846, a un agricoltore degli Ablandins,
Pierre Selme, vicino di casa del padrone di Melania, gli si ammala il garzone. Il 13 settembre, domenica, questo agricoltore scende a Corps
e domanda al carradore Giraud di cedergli, per otto giorni, Massimino, per custodire le mucche al pascolo. Il padre da principio si rifiuta,
portando diversi motivi, tra cui quello che Massimino non aveva mai fatto questo mestiere fuori casa e che doveva già guardare la sua
capra, ma poi finisce con l'arrendersi alle istanze dell'amico Selme, il quale accondiscende che il ragazzo conduca con sé a La Salette il
cane e la capra e gli promette come ricompensa una buona scorta di formaggio e di burro. Massimino quel giorno era stato mandato a
Saint-Julien, casale di La Salette, a tre chilometri da Corps, con una commissione per un certo signor Vieux. Costui non permise che il fanciullo ripartisse sul far della notte, sotto la pioggia, e lo tenne a dormire in casa sua. Qui venne, il lunedì, Pierre Selme, di buon mattino, a
prenderlo. Lo stesso giorno, lunedì 14 settembre, Massimino, dopo aver mangiato, condusse le quattro mucche di Pierre Selme al pascolo
sulla montagna, a Les Baisses, in un campo di proprietà del suddetto agricoltore. Il pascolo della famiglia Selme era attiguo a quello di
Baptiste Pra. Delle proprietà private infatti si estendevano sul versante di questa montagna. Il comune di La Salette possedeva, però, la
piccola spianata sulla quale ebbe luogo l'apparizione. Pierre Selme dichiarò che nei pochi giorni che ebbe Massimino al suo servizio aveva
notato in questo fanciullo innocenza senza malizia, ma anche senza previdenza. Prima di mandarlo sulla montagna con le mucche, si dava a
Massimino un piatto di minestra, poi gli si riempivano le tasche e una bisaccia di provvigioni per la giornata. Il fanciullo però, quando
arrivava sulla montagna, aveva già consumato quasi tutte le provviste, dividendole largamente col cane Lulù. Se gli veniva chiesto che cosa
mangiasse poi nella giornata, rispondeva: - Ma io non ho fame! Pierre Selme, conoscendo che Massimino aveva lasciato una volta morire
strangolata una capra di suo padre, non si fidava troppo del ragazzo sventato. Temendo perciò che questo pastore improvvisato non
sorvegliasse abbastanza diligentemente le sue mucche, egli stesso andò a lavorare nel campo dove le quattro bestie pascolavano. Così fece
il lunedì 14 settembre, il martedì, il mercoledì e il venerdì della stessa settimana. Il giovedì 17 settembre Massimino condusse le mucche in
un altro campo, ma non fu perduto di vista nemmeno allora da Pierre Selme e dalla moglie di costui. Fu in quel giorno di giovedì che
Massimino si incontrò per la prima volta con Melania, la pastorella a servizio presso Baptiste Pra, la quale aveva pure quattro mucche da
custodire. Pur essendo ambedue nativi di Corps, i fanciulli non si conoscevano. Questo è spiegabile sia per la diversità del sesso, dell'età,
delle occupazioni, per la lontananza delle loro abitazioni e perché Melania era quasi sempre stata fuori paese a servire. Il giorno 18
settembre, venerdì, i due fanciulli fecero conoscenza tra di loro sul Planeau, passarono insieme la giornata divertendosi con i loro coltelli a
tagliare le zolle erbose, e alla sera, prima di separarsi, si diedero questo appuntamento per il giorno seguente: - A domani!... A chi arriverà
per primo sul monte!... Erano lontani dal supporre la grande meraviglia che avrebbero veduto il giorno dopo.
2.
L'apparizione
LA BELLA SIGNORA
Siamo al sabato 19 settembre 1846, giornata delle Quattro Tempora e perciò di digiuno e di astinenza, e vigilia della festa di Maria
santissima Addolorata. Prima della riforma del breviario fatta da san Pio X, la festa dell'Addolorata si celebrava nella terza domenica di
settembre, e ai primi vespri si recitava l'inno O quot undis lacrymarum («Oh, con qual profluvio di lacrime!»). Di buon mattino Massimino
e Melania salgono le pendici del Planeau e conducono al pascolo le mucche dei loro rispettivi padroni. Verso mezzogiorno, Pierre Selme
avvisa Massimino di portare, come al solito, le mucche a bere. Il ragazzo va a chiamare Melania e insieme conducono le mucche alla
fontana detta «delle bestie», posta sul versante settentrionale del Planeau. Quasi alla stessa ora, altri pastori giungono a quella fontana per
abbeverare le loro bestie. Dopo aver scambiata qualche parola coi nostri due fanciulli, essi si allontanano. Massimino e Melania fanno
abbeverare le mucche, poi le dirigono al di là della Sezia, nella prateria comunale, situata sul versante del Gargas. Essi non attraversano il
ruscello, ma, dopo averlo costeggiato seguendo una cresta del monte, si portano una cinquantina di passi più in alto, presso un'altra
sorgente situata sul lato sinistro della Sezia e chiamata «la fontana degli uomini», perché ad essa venivano a dissetarsi i pastori e i contadini
che si trovavano in quei paraggi. Vicino a questa fontana i due pastorelli mangiano un po' di pane nero con un pezzo di formaggio e bevono
acqua fresca. Durante questo tempo vengono altri piccoli pastori a dissetarsi; scambiano qualche parola e ritornano più in basso dove sono
le loro mucche. Terminato il frugale desinare, Massimino e Melania riordinano il loro tascapane, attraversano il ruscello e, scendendo per
una dozzina di passi lungo la sua riva destra, raggiungono l'alveo allora asciutto di una terza fontana, chiamata «la piccola fontana». Questa
fontana era intermittente, dava acqua soltanto allo sciogliersi delle nevi e dopo le grandi piogge. Attorno ad essa alcune pietre erano state
ordinate a forma di sedile. Su queste pietre i due fanciulli depongono le loro cosucce, poi, contro il solito, sentendo bisogno di dormire, si
sdraiano sull'erba e si addormentano. Melania è coricata vicino alla fontana; Massimino dorme qualche passo più giù, con accanto il suo
piccolo cane Lulù. Dopo un po' di tempo Melania si sveglia per prima, quasi di soprassalto, e volge ansiosa lo sguardo attorno per vedere
dove sono le mucche. Non vedendole, sveglia il fanciullo, dicendo: - Massimino, vieni a vedere dove sono le nostre mucche!... I due
pastorelli prendono i loro bastoni, attraversano il torrente e, di corsa, in linea retta, salgono sulla cresta in declivio del Planeau. Giunti sulla
piccola altura, che prima impediva loro di vedere le mucche, scorgono le bestie coricate sull'erba, alle falde del Gargas, che ruminano
tranquillamente. Visto che non c'era da temere per le mucche, i due pastorelli si voltano per ritornare al luogo dove avevano riposato, per
prendere i loro tascapane. Scendono adagio il sentiero posto a zigzag sul fianco della montagna: Melania avanti e Massimino dietro. A
metà della discesa Melania volge gli occhi alla piccola fontana e vi scorge sul bordo un globo di luce che poteva avere quattro o cinque
metri di diametro. In quel momento il cielo è splendido e il sole brilla, ma quel globo di luce è molto più brillante e più sfavillante della
luce del sole. La bambina è colpita da quella luce e fa l'atto di volgersi indietro per tornare verso Massimino, che la segue a qualche passo
di distanza, e intanto grida: - Mémin, guarda quella luce! - Dov'è? - chiede quello, mentre raggiunge Melania e le si mette a fianco. Laggiù! - risponde la fanciulla, indicando con la mano la direzione della sorgente secca. Solo adesso anche Massimino scorge la luce
misteriosa. I due pastorelli, abbagliati da tanta luminosità, si stropicciano gli occhi per vedere meglio. A un tratto, come se il globo
luminoso si schiudesse, si scorge nel suo centro una Signora seduta sulle pietre poste attorno alla fontana, con i piedi nell'alveo asciutto
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della medesima, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, e la testa fra le mani. La Signora, inclinata in avanti, sembra piangere
silenziosamente, sotto il peso di un grande dolore. Dalla sorpresa per la luce, i due fanciulli passano al timore, nel vedere nella luce una
persona. Melania, più timida, lascia cadere a terra il bastone, alza le braccia e grida: - Oh! Mio Dio! Massimino, più coraggioso, sebbene
più giovane, rassicura la compagna dicendole: - Tieni il tuo bastone; io terrò il mio, e se ci fa qualcosa, le darò un buon colpo! Così dicendo
il povero fanciullo brandisce il suo bastone in aria di difesa. Melania riprende il proprio bastone. I due fanciulli intanto, per la paura,
rimangono immobili e continuano a fissare l'apparizione. La bella Signora si alza, nasconde le mani nelle ampie e lunghe maniche del suo
vestito, incrocia le braccia sul petto, tenendo il braccio destro sul sinistro, e muove alcuni passi lungo la Sezia, verso i pastorelli, invitando
Massimino e Melania ad avvicinarsi: - Venite avanti, bambini miei; non abbiate paura; io sono qui per annunziarvi
una grande notizia! Queste parole sono pronunziate in francese, e i fanciulli non le comprendono bene, ma la voce di quella Signora
è tanto dolce, ha armonie celesti, e nel cuore dei due fanciulli si opera una completa trasformazione: ogni sentimento di paura scompare. Si
sentono anzi attirati verso la bella Signora. Scendono in fretta il tratto di costa che ancora li separa dalla visione, attraversano il ruscello e
s'incontrano con lei, s'immergono nell'alone luminoso e aprono il loro cuore alla più completa confidenza. Massimino e Melania si
pongono di fronte alla Signora: il fanciullo alla sua sinistra e la fanciulla alla sua destra, così vicini alla visione che una persona non
avrebbe potuto passare tra loro e la Signora. La bella Signora posa sui due fanciulli il suo sguardo dolce e buono, poi abbassa gli occhi.
Melania vede allora che ella piange. Le sue lacrime numerose non cadono a terra, ma giunte all'altezza delle ginocchia scompaiono come
scintille di fuoco assorbite dalla luminosità circostante. La Signora è di alta statura, di aspetto maestoso e materno. Rimane immobile, con
la testa un po' inchinata in avanti, con il corpo sollevato a circa venti centimetri dal suolo. E circondata da una doppia aureola luminosa:
una le è aderente alla persona ed è vivida e scintillante, larga circa cinquanta centimetri; l'altra incornicia la prima, ed è di luce più dolce e
immobile, e si estende per un raggio di tre o quattro metri, comprendendo nel suo volume anche i due pastorelli. Nessuna nube vela in quel
momento il sole, ma le due aureole sono più brillanti ancora. La bella Signora e i due pastorelli non proiettano ombra alcuna. I veggenti
riferirono pure che la visione non era opaca, ma come trasparente, e che lasciava vedere attraverso di essa il prato verde e i monti. La
Signora è più brillante delle due aureole e il viso è più brillante ancora delle altre parti della sua persona: esso è abbagliante, e Massimino
non ne può vedere la parte compresa fra le labbra e la fronte; solo Melania lo intravede tutto, di tanto in tanto. La Signora ha la faccia un
po' ovale, la carnagione bianca e le sopracciglia nere: è di una bellezza mai vista e indescrivibile; il suo viso non è alterato né dall'immensa
tristezza che riflette, né dalle lacrime che lo inondano. L'abbigliamento della Signora è di una bellezza straordinaria. La copertura del capo,
di un bianco splendente, le nasconde il collo, le orecchie, i capelli e tutta la parte superiore della fronte. Questo abbigliamento del capo,
chiamato dai veggenti berretto, è circondato da un prezioso diadema, composto da abbaglianti raggi, ed è guarnito, alla base, da una corona
di rose di diverso colore (bianche, rosse, viola): dal centro di queste rose, come da una sorgente, escono raggi di luce. Il suo abito, pure
bianco, appare come disseminato di punti brillanti simili a perle. E’ molto accollato, si ricongiunge con la base dell'acconciatura del capo, e
discende fin sui piedi che nasconde a metà. La veste è abbastanza ampia, ed è ricoperta, dalla cintura quasi fino al bordo inferiore, da un
largo grembiale di color giallo brillante. Le sue spalle sono riparate da un fazzoletto dello stesso colore dell'abito, ma senza le perle; il
fazzoletto si incrocia sul petto e si riannoda dietro. I contorni di questa specie di scialle sono ornati da una ghirlanda di rose simili a quelle
del diadema e da una specie di gallone d'oro, largo tre dita, formato come da anelli di una catena posti uno accanto all'altro, e non intrecciati l'uno all'altro. La bella Signora porta sul suo petto, sospesa al collo da una catenella, una croce, lunga circa venticinque centimetri, con
sopra un Cristo più splendente di tutto l'altro abbigliamento; e con ai lati della traversa orizzontale gli strumenti della passione: quello di
destra, le tenaglie un po' aperte; quello di sinistra, il martello. Questi strumenti hanno la lucentezza dell'oro più puro. Le tenaglie e il
martello non appaiono fissi ai bracci della croce, ma distanti da essi uno o due centimetri. La Signora porta delle scarpe bianche costellate
di perle, rivestite da fermagli d'oro e circondate da rose della medesima forma e dello stesso colore di quelle dello scialle e del diadema, ma
di dimensioni più ridotte. Questa è la descrizione della bella Signora che i due veggenti hanno ripetuto infinite volte, a innumerevoli
persone, confessandosi però impotenti a rendere adeguatamente con le parole ciò che avevano veduto. Massimino scriverà, infatti, più tardi:
«Quando io devo parlare della bella Signora, che mi è apparsa sulla santa montagna, provo la difficoltà che dovette provare san Paolo
discendendo dal terzo cielo. No, l'occhio dell'uomo non ha veduto ciò che mi è stato concesso di vedere... Non deve pertanto recare meraviglia se quelle cose che noi abbiamo chiamato berretto, corona, fazzoletto, catena, rose, grembiale, veste, calze, borchie e scarpe, ne
avevano appena la forma. In questo bell'abbigliamento non vi era nulla di terrestre; raggi soltanto e colori diversi, incrociandosi,
producevano un magnifico insieme, che noi abbiamo scemato e materializzato... Era una luce, ma una luce ben differente da tutte le altre».
In tutto l'abbigliamento della santa Vergine si nota lo scopo di ammaestrare e di indurre a meditare e a comprendere a fondo le parole del
suo celeste discorso, cioè lo spirito di riparazione e di preghiera contenuto nel messaggio di La Salette.
2. IL DISCORSO CELESTE
La Signora apre nuovamente la bocca, indirizzandosi ai veggenti in lingua francese: - Se il mio popolo non vuole sottomettersi,
sono costretta a lasciar cadere il braccio di mio Figlio; esso è così grave e così pesante che non posso più
sostenerlo. I due fanciulli, ignorando il francese, non comprendono che cosa voglia quella Signora. Massimino, che conosceva qualche
parola di francese, pensa che quella Signora sia una madre maltrattata da figli cattivi o una sposa che piange perché il marito adirato vuole
ucciderle i figli. Il fanciullo cerca, nella sua generosità, qualche parola atta a consolare l'afflitta Signora, vuole offrirle la sua protezione, ma
non ne ha tempo, perché la Signora, sempre piangendo, riprende a parlare. Con questa idea naturale sulla condizione della Signora, Massimino non ha tanto riguardo in sua presenza: tiene il cappello in testa, poi se lo toglie e lo fa roteare sulla punta del suo bastone. Si diverte
coi piedi a far rotolare le pietre. La bella Signora continua: - Da quanto tempo io soffro per voi! Se voglio che mio Figlio
non vi abbandoni, io devo pregarlo continuamente, e voi non ne fate caso. Voi avrete un bel pregare, un
bel fare; mai potrete compensarmi della pena che mi sono presa per voi. Vi ho dato sei giorni per
lavorare, mi sono rtservato il settimo, e non me lo si vuole concedere. E’ questo che appesantisce tanto il
braccio di mio Figlio. La bella Signora parla a nome di Dio che l'ha mandata, come già fecero i profeti. Bisogna qui sottintendere: «Il
Signore ha detto...». Essa così prosegue: - Coloro che conducono i carri non sanno imprecare senza mescolarvi il
nome di mio Figlio. Queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio. Se il
raccolto va a male, è soltanto per colpa vostra. Ve l'ho fatto vedere l'anno scorso con le patate; voi non
ne avete fatto caso. Anzi, quando ne trovavate guaste, voi imprecavate e intercalavate il nome di mio
Figlio. Esse continueranno a marcire, e quest'anno a Natale non ve ne saranno più. Sentendo dire che le patate,
principale nutrimento per quell'epoca in quei luoghi, andranno a male, Massimino afflitto grida: - Oh! Che non mancheranno tutte, Signora,
le patate. Se ne troverà ancora qualcuna! Melania, la quale comprende soltanto qualche parola di francese, sentendo la parola «pommes de
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terre», pensa a pomme, frutto del melo, e si volta verso Massimino, che crede più istruito, per domandargli spiegazione; ma la misteriosa
Signora previene la domanda e la risposta del ragazzo, e dice: - Ah! Voi non capite il francese, fanciulli miei; aspettate,
io voglio parlarvi in altro modo. La bella Signora sapeva che i due pastorelli non conoscevano il francese, ma ella voleva,
adoperando quella lingua, dare loro l'occasione di parlarla benché non la sapessero, allo scopo di fornire una prova in più della verità del
fatto dell'apparizione. Inoltre il discorso fin qui fatto dalla Signora (noi ora abbiamo la certezza che questa Signora è Maria santissima) era
diretto a persone che sapevano il francese e alle quali i due veggenti avevano il compito di riferirlo. La Signora comincia a parlare nel
dialetto di Corps, e ripete gli ultimi periodi già detti in francese: - Se il raccolto va a male, è soltanto per colpa vostra. Ve
l'ho fatto vedere l'anno scorso con le patate; voi non ne avete fatto caso. Anzi, quando ne trovavate delle
guaste, voi imprecavate e intercalavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest'anno
a Natale non ve ne saranno più. Se avete del grano, non bisogna seminarlo, perché tutto quello che
seminerete sarà mangiato dagli insetti, e quello che verrà cadrà in polvere, quando lo batterete.
Sopraggiungerà una grande carestia, ma prima che essa venga, i bimbi al disotto dei sette anni saranno
colti da un tremore e morranno tra le braccia di coloro che li terranno. I grandi faranno penitenza per la
fame. Le uve marciranno e le noci diventeranno cattive. Pronunziate queste parole, la bella Signora si volge un po’ verso
Massimino e nello stesso tono di voce gli affida un segreto. Poi si volge a Melania e le affida pure un segreto. Mentre uno dei veggenti
riceve il segreto, l'altro vede soltanto le labbra della Signora che si muovono, ma non intende nessun suono di voce. I due segreti furono
comunicati in lingua francese. E una breve parentesi. La Signora riprende nuovamente a parlare a tutti e due i veggenti, in dialetto: - Se si
convertiranno, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate si troveranno seminate
da loro stesse. Questo linguaggio figurato significa i grandi favori temporali che Dio concederà, se si osserva la sua santa legge. La
Signora interroga poi i due pastorelli: - Fate bene la vostra preghiera, bambini miei? Essi francamente rispondono: - Oh, no,
Signora: non troppo! - Ah! Bambini miei, - riprende ella - bisogna farla bene, sera e mattina. Quando non avrete
tempo, dite almeno un «Pater» e un '«Ave Maria»; e, quando lo potete, ditene di più. A messa non vanno
che alcune donne già anziane. Gli altri lavorano di domenica tutta l'estate e, l'inverno, quando non
sanno che fare, non vanno alla messa che per burlarsi della religione. In quaresima vanno alla
macelleria come dei cani. Questo linguaggio energico si trova pure nella sacra Scrittura, per designare i cattivi. - Non avete mai
veduto del grano guasto, bambini miei? - chiede poi la bella Signora. Massimino risponde precipitosamente, a nome anche di
Melania: - No, Signora, non ne abbiamo veduto. - Ma tu, bimbo mio, - insiste ella, indirizzandosi specialmente al
pastorello - tu ne devi aver ben visto una volta, vicino a Coin, con tuo padre. Il padrone del podere disse
a tuo padre: «Venite a vedere il mio grano guasto». Voi ci siete andati tutti e due. Prendeste due o tre
spighe di grano nelle vostre mani, le avete strofinate, e tutto andò in polvere. In seguito voi siete
ritornati. Quando non eravate più che una mezz 'ora distanti da Corps, tuo padre ti diede un pezzo di
pane, dicendoti: «Prendi, bambino mio, mangia ancora del pane quest'anno; non so chi ne mangerà
l'anno venturo, se il grano continua ancora a guastarsi in questo modo». Coin è un casolare di Corps, situato a circa
quattro chilometri da questo borgo, in direzione di La Mure. E’ così chiamato perché la porzione di territorio dove si trova forma un angolo
(coin) acuto, al punto di congiunzione tra il Drac e il ruscello di La Salette. I particolari esposti dalla Signora fanno ricordare a Massimino
di essere stato a Coin verso l'epoca della mietitura, con suo padre, il quale era andato là per comperare un frassino che gli occorreva per i
suoi lavori di carradore. Il ragazzo si affretta perciò a rispondere: - E’ vero, Signora; me ne ricordo ora. Lì per lì non me ne ricordavo più!
Allora la Signora, chiudendo il suo dire come lo aveva iniziato, cioè in lingua francese, raccomanda: - Ebbene, bambini miei, voi lo
farete sapere a tutto il mio popolo. Pronunziate queste parole, ella si sposta leggermente verso la sua sinistra, per schivare
Massimino, il quale a sua volta si scansa indietreggiando alquanto spostandosi a destra e la lascia passare. La Signora passa davanti ai
pastorelli, attraversa il piccolo ruscello, posando i piedi su una pietra che emerge a metà della Sezia, e, giunta a due o tre metri dall'altro
lato, ripete in francese, senza però né voltarsi né fermarsi: - Su, bambini miei, fate dunque sapere ciò a tutto il mio
popolo! Furono queste le sue ultime parole. Il discorso della bella Signora è riportato dalle diverse relazioni dell'apparizione, come fu
narrato infinite volte dai veggenti. Le lievi varianti che si notano nel racconto di Massimino e di Melania, invece di essere un ostacolo, sono
una conferma della veridicità del fatto. Dimostrano cioè che i due veggenti erano presenti con la loro psicologia nella percezione del fatto
prodigioso.
3. LA SPARIZIONE
Tracciando nel suo percorso una grande S, la misteriosa visitatrice sale lentamente il poggio sul quale erano corsi i pastorelli al loro
risveglio e da dove avevano visto le loro mucche coricate ruminare placidamente. Tre sentieri segnano questo terreno in pendenza e
conducono alle tre fontane ricordate. La Signora, nel suo viaggio a S, percorre successivamente un tratto dei tre sentieri. In piccolo, questo
itinerario è uguale a quello percorso da Gesù nel suo viaggio dal pretorio di Pilato al Calvario. I due fanciulli, rapiti come in estasi,
continuano a guardare la Signora che si allontana. Ella è già distante una dozzina di passi. A un tratto essi si scuotono e in fretta la seguono
e la raggiungono, dopo aver attraversato il ruscello. Massimino segue il cammino fatto dall'apparizione; Melania in linea retta la raggiunge
di fronte. Nell'ultimo tratto del suo cammino la Signora è accompagnata dai due veggenti. Continuando la sua salita a zig-zag, tra la
fanciulla che la precede di un passo o due un po' sulla sinistra, e il fanciullo che la segue, ad un'eguale distanza, un po' sulla destra, la
Signora avanza piena di gravità e di maestà, col portamento diritto, senza altri movimenti che quelli dei piedi, ma anche questi movimenti
sono così leggeri che ella sembra piuttosto scivolare che camminare, sfiorando appena, senza farle curvare, le erbe alte in quel punto una
quindicina di centimetri. Un po' prima di aver raggiunta la sommità dell'altura, la Signora si arresta per alcuni secondi, poi si eleva un
metro e mezzo dal suolo e, restando in questa posizione per un mezzo minuto circa, leva gli occhi al cielo, poi li abbassa verso la terra, in
direzione di sud-est, dell'Italia, di Roma. Melania, che per meglio vederla dalla sinistra si è venuta a porre di faccia alla Signora, si accorge
che ha cessato di piangere, ma che il suo volto denota sempre tristezza. A questo punto la celeste visione comincia a dileguarsi, come «se
fondesse» - dissero i veggenti - gradualmente ma rapidamente. Il primo a sparire è il capo, poi le braccia, il resto del corpo e in ultimo i
piedi. Rimane alla fine solo una grande luce, che sparisce pure a sua volta. All'inizio della sparizione Melania grida: - Forse è una grande
santa! - Se noi avessimo saputo che era una grande santa, le avremmo detto di condurci con lei - risponde Massimino. - Oh! Se ella fosse
ancora là! - dice la fanciulla. A questo punto, della Signora rimangono soltanto più visibili i piedi. Il piccolo pastore è preso
improvvisamente dal desiderio di possedere una di quelle belle rose. Allunga il braccio e fa un salto per afferrare una delle rose che ornano
le scarpe della Signora, ma prima che arrivi ad afferrare qualche cosa, tutto è sparito. Per alcuni istanti i due pastorelli tengono gli occhi
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fissi nella direzione del cielo dove è scomparso quel globo di luce, e sperano di rivedere ancora la dolce Signora. Ma invano, perché la
visione è scomparsa per sempre! I due veggenti trascorrono il resto della giornata sotto l'impressione di ciò che avevano veduto e udito.
L'apparizione era durata una buona mezz'ora, ma per i veggenti passò come un attimo. Durante il discorso della bella Signora, i veggenti
rimasero come trasportati in un altro mondo, pieno di delizie. «Noi mangiavamo le sue parole», disse Massimino, e «dopo eravamo molto
contenti». La Signora non disse il suo nome, né i fanciulli pensarono di chiederglielo, ma la denominarono senz'altro «la bella Signora».
Durante l'apparizione il cane di Massimino, sempre vigilante e ringhioso, se ne stette invece fermo e silenzioso. Dopo la scomparsa della
Signora, i due pastorelli scendono a prendere il tascapane e la blusa vicino alla fontana asciutta, cercano le loro mucche sul Gargas, le
fanno bere alla fontana delle bestie e le conducono al pascolo nel campo dei loro padroni sul fianco meridionale del Planeau. Erano circa le
quattro pomeridiane, e Pierre Selme non era più là. Si scorgono, poco distante, i pastorelli che sono venuti prima a dissetarsi alla fontana
degli uomini, ma i due veggenti non dicono loro nulla di ciò che hanno veduto. Custodendo le mucche, Massimino e Melania si scambiano
i loro pensieri riguardo all'apparizione. Il fanciullo non aveva mai visto nulla di più splendente del Cristo e della croce che la Signora aveva
sul petto; alla fanciulla, invece, il gallone d'oro che ornava i bordi del fazzoletto era apparso più bello ancora. A un tratto Massimino
chiese: - Che cosa ti disse ella, quando non diceva niente? - ossia quando lui la vedeva parlare e muovere le labbra, ma non udiva nulla. Ella mi ha detto qualche cosa - rispose Melania - ma io non ne voglio parlare; ella mi ha proibito di dirlo. - Oh! Come sono contento,
Melania, - risponde il bambino; - ella mi ha anche confidato qualche cosa, ma anch'io non te lo voglio dire! In tal modo i due veggenti
scoprirono di essere stati ugualmente favoriti di una comunicazione particolare. Se si considera, però, questo grande avvenimento nel suo
insieme, si scorge che Melania vi ha avuto la parte principale. E’ lei che si sveglia per prima, lei che scorge per prima il globo luminoso e
che arriva prima presso la celeste apparizione. Lei sola scorge, entro le grandi maniche della bella Signora, altre maniche più strette che le
avvolgono il polso. Lei sola può contemplare, sebbene soltanto due o tre volte di sfuggita, ma ben distintamente, tutto il viso e le lacrime
dell'apparizione. Lei ancora può vedere per un istante le calze della Signora, nel momento in cui questa, dopo aver attraversato la Sezia,
s'incammina al luogo della sparizione. Melania corre allora davanti all'apparizione, la precede nel cammino, e quando la Signora si arresta,
fino all'istante della sparizione, non cessa di contemplarla in faccia. Infine è ancora Melania che dice: - Forse è una grande santa! Nella
narrazione dell'apparizione la fanciulla sarà ancora quella che entra in maggiori dettagli. Massimino si mostra intrepido all'inizio
dell'apparizione e fa coraggio alla sua compagna. Dà prova di compassione verso la Signora e pensa di offrirle il suo conforto e la sua difesa; e così pure sentendo che le patate andranno a male manifesta la sua compassione per i poveri canipagnoli. Egli è il primo a ricevere il
segreto e il solo interrogato riguardo all'episodio della terra di Coin. Egli infine manifesta questo desiderio del suo cuore: - Se noi avessimo
saputo che era una grande santa, le avremmo detto di condurci con lei! Massimino ancora sarà il primo a narrare la visita della Signora.
4. COME PARLÒ LA «BELLA SIGNORA»
Il dialogo svoltosi tra la bella Signora apparsa ed i due veggenti, Melania e Massimino, cominciò in lingua francese. L'apparizione disse: Avancez, mes enfants, n 'ayez pas peur; je suis ici pour vous conter une grande nouvelle. Si mon peuple ne veut pas soumettre, je
suisforcée de laisser aller le bras de mon Fils. Il est si fort et si pesant que je ne puis le maintenir. Depuis le temps que je souffre pour
vous autres! Si je veux que mon Fils ne vous abandonne pas, je suis chargée de le prier sans cesse, et pour vous autres, vous n'en faites
pas cas. Vous aurez beau prier, beau faire, jamais vous ne pourrez récompenser la peine que j'ai prise pour vous autres. fe vous ai
donné six jours pour travailler, je me suis réservé le septième, et on ne veut pas me l'accorder! C'est ça qui appesantit tant le bras de
mon Fils. Et aussi ceux qui mènent les charrettes ne savent pas jurer sans mettre le nom de mon Fils au milieu. C'est les deux choses
qui appesantissent tant le bras de mon Fils. Si la récolte se gaAte, ce n'est rien que pour vous autres. fe vous l'avais fait voir l'année
passée par les pommes de terre; vous n'en avez pasfait cas. C'était au contraire. Quand vous trouviez des pommes de terre gatées, vous
juries et vous mettiez le nom de mon Fils au milieu. Elles vont contznuer et cette année, pour la Noèl, il n 'y en aura plus. Vous ne
comprenez pas, mes enfants? fe m'en vais vous le dire autrement. A questo punto la bella Signora comincia a parlare nel dialetto locale di
Corps: - Si las truffas se gastoun ay rien que per vous aoustres. Vous oiou fa veire l'an passa; n'aia pas vougu fas conti. Qu 'era oou
contraire quant troubava de trufas gastas jurava, l'y bitava l'ou nou de moun ftls, oou méi. Et van countinuia qu 'a quéitan per
tsalendas niorait plus. Si ava de bla foou pas l'ou semena, que téut so que semenare toumbarait en poussièra quant l'éiquouirait.
Vendrait une granda famina. Davant que la famina vène l'ous maris oou dessous de sept ans prendrent un tramble, muriren entre las
mas de las persounas que bus tendren, et bus aoutres faren bur penitença de mafina. Las nouses vendrent baufas et bus rasins purirent.
Qui la Signora trasmette, in francese, un segreto a Massimino e poi un altro segreto a Melania. Dopo continua a parlare a tutti e due i
pastorelli, ma nuovamente in dialetto: - Si se convertissent las peiras bus routsas serent de mounteous de bla, las truffas serent
ensemensas per las terras. Fasa bien vouatra prièra, moux marris? - Par gaire, madame. - Foou bien lafas, mous marris, vépre et mati,
quant diria ooumensa qu 'un Pater et un Ave Maria quant pouiré pas méi fas, et quand pouirez méi fas nen méi, dire. L 'stiou vaì que
qaoucà fena un paou diage à la messe, l'ous aoutres trabaillount tout l'stiou la dimentsa, l'hiver quant sabount pas que fas bus garçous
van à la messa per se mouka de la religiou. La caréima van à la boutsaria couma bus tsis. N'ava gi vegu de bla gasta, mous marris?Non madame - risponde Massimino. - Et vous, moun marri, - dice la Signora al fanciullo - n'en deva bien aves vegu un viage vez lou
Couin embé voitre paire que lau mestre de la péssa dissait à voitre paire d'anas véire soun bla gasta et péi les anera, prenguera dous
tréis éipias de bla din voitras mas et lasfroutera, tseigait tout en poussièra et péi vous n 'entournera, quant era plus que diméi houra
luen de Couarp, voitre paire vous béilait una pèssa de pa, en vous disant: te' moun marri, mengea enka de pa à kéitan, que soou pa qui
n'en vai menzas l'an que ven si lou bla countunia couma ako. - Ah, si, madame, - risponde Massimino - me n'en souventou avus, adès
me n'en souventavou pas. La Signora conclude, in francese: - Eh bien! mes enfants, vous leferez passer à tout mon peuple. E,
allontanandosi, dopo aver attraversato la Sezia, ripete ancora: - Allons, mes enfants, faites-le bien passer à tout mon peuple. Il discorso
della bella Signora è preso dalle Noes di François Lagier. La parte dialettale è riprodotta con i segni grafici di pronunzia francese e non
italiana.
3.
Prime risonanze dell'avvenimento
A LA SALETTE
La sera del 19 settembre 1846, un po' prima del solito, Massimino e Melania scesero con le loro mucche agli Ablandins. Pierre Selme
interrogò il ragazzo per sapere il perché quel pomeriggio, dopo aver abbeverato le mucche, non fosse più ritornato presso di lui, come gli
altri giorni. - Oh! - rispose. - Voi non sapete che cosa è accaduto! - Che è accaduto? - Abbiamo trovato, vicino al ruscello, una bella
Signora «che ci ha divertiti lungamente» e che mi ha fatto chiacchierare, assieme a Melania. Da principio ho avuto paura; non ardivo andare a prendere il mio pane che era vicino a lei; ma ella ci disse: «Non abbiate paura, bambini miei; avvicinatevi; sono venuta qui per
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annunziarvi una grande notizia». E Massimino fece per la prima volta il racconto, che ha ripetuto in seguito a tutti quelli che l'hanno
interrogato senza mai mutare nessun particolare. Il ragazzo andò poi in casa di Baptiste Pra, il padrone di Melania, e sulla soglia incontrò la
vecchia madre di Baptiste e le domandò: - Madre Carron [soprannome familiare della vecchia] non avete visto una bella Signora passare
per aria sopra la valle? La vecchietta, incuriosita, volle sapere tutto; fece entrare il ragazzo in casa e, dopo una tempesta di domande, egli,
in presenza di tutta la famiglia, fece nuovamente il racconto dell'apparizione. Massimino era conosciuto e ben voluto dai Pra, perché una
sua sorella vi era stata a servizio. Melania era intenta a mungere. La signora Pra andò a chiamarla, ed essa schermendosi disse: - Io ho
veduto come Mémin, e dato che egli ve 10 ha detto, voi lo sapete. Dopo altre insistenze, però, Melania entrò in casa, dove fu costretta a
raccontare, e tutti constatarono che i due racconti coincidevano esattamente; solo qualche espressione era diversa, ma il senso era identico.
Nel raccontare, i fanciulli sembravano trasformarsi: non erano più quei pastorelli ignoranti, rozzi e pieni di difetti di un istante prima. Gli
uditori rimasero stupiti nel sentire quei due fanciulli esprimersi bene, senza timidezza, con parole gravi e convincenti, con facilità di lingua,
non solo ripetendo la parte dialettale del discorso della bella Signora, ma anche la parte da lei detta in lingua francese. Tra gli uditori vi
erano Baptiste Pra, sua madre, sua moglie, i suoi due figli e suo fratello Jacques. La camera era illuminata dal fuoco acceso nel camino e da
una lanterna sospesa al muro della cucina. Nonna Pra, con la fede semplice dei buoni vecchi, fu la prima a intravedere la verità, e disse: Questa bella Signora è certamente la santa Vergine! In cielo non vi è che lei che abbia suo Figlio che governi. E, rivolgendosi a Giacomo, il
più giovane dei suoi figli: - Hai compreso ciò che ha detto la Madre di Dio a questa fanciulla? Andrai ancora, dopo questo, a lavorare di
domenica? - Bah! - rispose Giacomo per scusarsi. - Come posso credere che questa fanciulla abbia visto la santa Vergine, se non recita
neppure le sue preghiere? Melania meritava giustamente questo rimprovero per la sua condotta passata, ma essa, ricordando le
raccomandazioni della bella Signora, quella sera indugiò lungamente in preghiera prima di andare a riposare, tanto che la padrona le disse:
- Tu preghi molto questa sera per compensare i giorni scorsi! Essa, fino al giorno della sua morte, non dimenticherà mai più di dire - e bene
- le sue preghiere. Così farà pure Massimino. La notizia straordinaria passa, la sera stessa del 19 settembre, da una casa all'altra, e tutti gli
abitanti degli Ablandins vengono a conoscere il grande avvenimento. Pierre Selme, Baptiste Pra e altri vicini, impressionati della novità, si
consultano a vicenda sul da farsi. La cosa migliore pare loro quella di informare di tutto e al più presto il curato di La Salette, che era allora
il sacerdote Jacques Perrin di sessantaquattro anni, uomo semplice e di profonda pietà. Aveva già ricevuto la notizia della destinazione a un
luogo dal clima più mite di quello di La Salette, dove dimorava da quattordici anni. Pochi giorni dopo l'apparizione partì, infatti, per SaintSixte, località vicina a Saint-Geoire-en-Valdaine, dove morì due anni dopo, da tutti amato come un padre e venerato come un santo. Don
Jacques ebbe per successore a La Salette il giovane sacerdote Louis-Joseph Perrin, curato di Monestier-d'Ambel nel cantone di Corps. Un
anno dopo venne aggiunto, come ausiliare a don Louis, suo fratello Jacques-Michel Perrin, più anziano di lui e già cappellano dell'ospedale
generale di Grenoble. Questi due sacerdoti non erano parenti con il primo, sebbene portassero lo stesso cognome. Avevano tenera pietà,
zelo ardente, spirito di sacrificio, molto giudizio e buon senso. La domenica 20 settembre 1846, di buon mattino, Melania si unisce a
Massimino nell'abitazione di Pierre Selme, e tutti e due si dirigono verso la casa del curato. Camminano silenziosi. Presso il cimitero
incontrano una guardia campestre del comune che li interroga sulla meta e sulla causa della loro corsa mattutina. I due pastorelli narrano a
costui il fatto dell'apparizione, e così poco dopo il sindaco di La Salette è messo al corrente del fatto prodigioso, che lui però ritiene una
stupidaggine. Massimino e Melania, arrivati alla canonica, chiedono di parlare con il curato. Il buon sacerdote sta preparando la predica, e
la serva dice ai due fanciulli che non può riceverli. Essi però insistono per vederlo e dicono che sono stati mandati dai loro padroni per
comunicare una cosa al curato. La serva, la signorina Fran~oise Freynet, li introduce in cucina e dice loro di confidare a lei l'oggetto della
loro visita, assicurando che lei lo avrebbe comunicato al suo padrone. I pastorelli fanno a costei il racconto dell'apparizione. Il curato, dalla
stanza attigua ove lavora, sente i due pastorelli raccontare con animazione; presta attenzione a ciò che dicono e afferra una parte del loro
discorso. Quando essi hanno finito di parlare, si presenta e fa loro ripetere la narrazione, che ascolta attentamente, e poi, piangendo di
commozione, dice loro: - Ah! Bambini miei, voi siete ben fortunati; voi avete veduto la santa Vergine! - E nota per iscritto le principali
circostanze del fatto straordinario appena udito. Terminata la loro missione, i due fanciulli lasciano la casa del curato. Melania si ferma a
La Salette per assistere alla messa domenicale, Massimino invece ritorna frettolosamente agli Ablandins. Fatta colazione, riparte per Corps
con Pierre Selme, il quale, fedele alla parola data, riconduce il ragazzo da suo padre, con la ricompensa promessa. Durante la celebrazione
della messa parrocchiale, il curato di La Salette, Jacques Perrin, appare commosso. Al momento della predica, tutto compreso dal grande
avvenimento udito poco prima, egli, dimenticando le regole stabilite dalla Chiesa, e specialmente gli statuti diocesani che proibiscono di
parlare in pubblico di apparizioni e di nuovi miracoli prima che siano stati esaminati e approvati dai superiori ecclesiastici, lascia da parte
l'argomento preparato e intrattiene i parrocchiani sul prodigio che gli hanno raccontato i pastorelli. Il sacerdote è così commosso che parla
tra le lacrime e confusamente, e quasi nessuno riesce a capirlo. Durante la predica, Melania sta in fondo alla chiesa, dietro a tutti, timorosa
che si voltino a osservarla. Dopo la messa, il consiglio comunale di La Salette si raduna per deliberare sugli affari del paese. Prima di aprire
la seduta, il sindaco di La Salette, Pierre Peytard, il quale era già stato messo al corrente dell'avvenimento dalla guardia campestre, e aveva
perciò afferrato meglio il significato di ciò che voleva dire il curato, chiede ai consiglieri che cosa ne pensino della predica del parroco.
Essi non ne hanno capito nulla, eccettuato Jean Moussier, degli Ablandins, che narra ai suoi colleghi il racconto che la sera prima ha sentito
dalla bocca di Massimino. Nessuno però presta fede a queste «favole di bimbi». Il sindaco rimane tuttavia preoccupato di questo affare, e
la sera stessa della domenica 20 settembre, dopo i vespri, prende una somma di denaro, venti franchi, e salè al casale degli Ablandins,
distante da casa sua più di un chilometro, per interrogare personalmente i due pastorelli. Massimino non c'era più, perché in mattinata era
tornato a Corps. Il sindaco finse di capitare a caso agli Ablandins, e accettò di bere un bicchiere di vino in casa di Baptiste Pra. Senza
parere di dare importanza alla cosa, si fece ripetere da Melania il racconto dell'apparizione. Restò sorpreso dal miscuglio di semplicità,
fermezza e animazione che si manifestò in quella fanciulla, così debole, timida e paurosa p~r natura. Quando Melania ebbe finito di
parlare, Peytard cercò con carezze, promesse, minacce, domande insidiose, di farla cadere in errore, in contraddizione e di farle confessare
di non aver visto nulla. Tre ore durò questo interrogatorio fine e malizioso. Melania rispose sempre con calma e serenità, dimostrando una
prontezza di spirito superiore alla sua età, educazione e carattere. Peytard cercò di spaventare la fanciulla minacciandola di prigione, poi la
lusingò promettendole denaro. Le mostrò i venti franchi e glieli offrì, a patto che ella tacesse. Ma Melania, pur tanto povera e la cui
famiglia era molto bisognosa, rispose che, se anche le regalassero una casa piena di scudi perché dicesse il contrario di ciò che aveva visto
ed udito, non avrebbe potuto accettarli. Peytard era un uomo giudizioso, riflessivo e perspicace; aveva studiato ed era ben superiore per la
sua istruzione all'ufficio di sindaco del villaggio di La Salette. Egli inclinava a credere alla verità dell'apparizione. Dopo il lungo
interrogatorio della fanciulla, egli ripartì pensieroso, dopo aver ordinato a Baptiste Pra di sorvegliare Melania e di impedirle di andare a
Corps a parlare con Massimino prima che egli stesso si fosse recato colà per interrogare il fanciullo. Baptiste Pra non era ancora convinto
della verità di quello che la sua pastorella andava raccontando, ma, dopo aver assistito all'inutile sforzo del sindaco per fare cadere la
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fanciulla in contraddizione, rimase colpito dalla fermezza di costei, dalle sue risposte chiare e precise, e finì col credere da parte sua
all'apparizione. Dopo la partenza del sindaco, Baptiste Pra convoca nella sua casa due vicini: Pierre Selme, il padrone di Massimino
ritornato da poco da Corps, e Jean Moussier. Davanti a questa commissione improvvisata, Melania è invitata a fare di nuovo il suo racconto
e, sotto suo dettato, Baptiste Pra scrive il primo, fedele e coscienzioso documento dell'apparizione, al quale venne posto il titolo generico ed
improprio di Lettera dettata dal1a santa Vergine a due fanciulli sopra la montagna di La Salette-Fal1avaux: (Lettre dictée par 14 Sainte
Vierge à deux enfants sur la Montagne de La Saiette-Fal1avaux). La relazione di Baptiste Pra, scritta il 20 settembre 1846, è la prima delle
cinque relazioni principali sull'apparizione di La Salette. L'originale fu portato via da qualche pellegrino. Se ne conservano però alcune
copie conformi; celebre è quella trascritta da Lagier, a Corps, il 28 febbraio 1847. Essa è sovente riprodotta nei libri che parlano di La
Salette.
2. A CORPS
Massimino arrivò a Corps la mattina della domenica 20 settembre 1846, accompagnato da Pierre Selme e seguito dalla sua capra e dal suo
cane. La gente usciva allora da Messa. Arrivati a casa del carradore, vi trovarono soltanto la padrona di casa. Giraud, secondo il suo
pessimo costume, era all'osteria. Pierre Selme informa in poche parole la matrigna della dolce avventura capitata al suo ragazzo e corre
all'osteria a cercare il suo amico. Lo trova a tavola con altri bevitori e gli annunzia che suo figlio ha avuto una grande fortuna (bonheur).
Giraud capisce sfortuna (malheur), e viene preso da viva inquietudine. - Non è una sfortuna che gli è capitata, ma una fortuna - precisa
l'amico. - Egli ha veduto la santa Vergine con la piccola Melania Mathieu. Giraud accoglie la notizia con una risata incredula e con parole
ironiche. Gli altri bevitori fanno coro. Pierre Selme cambia allora discorso, e poco dopo se ne torna agli Ablandins. Massimino intanto è
smanioso di riprendere, dopo una settimana di assenza, i giochi con i suoi piccoli amici, ma deve invece narrare l'avvenimento alla
matrigna e poi alla nonna materna. Quivi deve ricominciare più volte il racconto per accontentare sempre i nuovi arrivati. In breve la
notizia gira per Corps, di casa in casa. Molti accorrono da Massimino e lo fanno raccontare fino a sera. Da questo giorno Massimino non è
più padrone di se stesso. Egli dovrà ripetere senza fine il medesimo racconto; rispondere ad una infinità di questioni, e non avrà più il
tempo né di mangiare né di riposare. E’ come uno assalito da uno sciame di api (dirà poi lui stesso) e nell'impossibilità di difendersi. Tutti
sono ammirati dell'intelligenza, della memoria e del raccoglimento religioso che dimostra il ragazzo durante il racconto dell'apparizione.
Alla sera Giraud rientra dalla bettola tardi, sveglia Massimino e si fa raccontare ciò che la mattina dello stesso giorno aveva appreso
dall'amico Selme. Il fanciullo si mette allora a raccontare l'apparizione. Egli parla con animazione e disinvoltura. Le parole gli fioriscono
sulle labbra, senza che debba faticare a ricercarle. Giraud rimane grandemente sorpreso di questa straordinaria facilità di parola che nota nel
figlio, e quando il narratore giunge a quelle parole: «Se il raccolto va a male...», il padre lo interrompe dicendogli: - E’ stata molto abile la
persona che ha potuto, in così poco tempo, metterti in testa tante cose, mentre che io appena sono riuscito, in tre anni, a farti imparare il
Pater e l'Ave Maria! Dopo, senza più voler udire la continuazione del racconto, andò a letto di pessimo umore. Il giorno seguente l'officina
del carradore è assediata da curiosi che vengono per interrogare e sentire Massimino. Il bambino risponde volentieri alle loro domande, ma
il padre non vede di buon occhio quei visitatori. Quando i primi sono partiti, egli sgrida il figlio e gli proibisce di parlare ancora dell'apparizione. Arrivano però altre persone e Massimino ripete il suo racconto. Quando questi altri sono partiti, Giraud dà libero sfogo alla collera,
infligge una dura punizione al piccolo e lo manda in casa dalla matrigna. Nonostante la proibizione paterna, Massimino non può sottrarsi
alle visite che continuano quel giorno e il giorno seguente. Una delle più importanti di queste visite fu quella del sindaco di La Salette.
Lunedì 21 settembre Peytard finge di dover visitare le sue vigne, poste oltre Corps, e di dover quindi passare a caso per questo borgo. E
realmente, ritornando dalla vigna, passa dal carradore Giraud e si fa narrare l'apparizione da Massimino. Vuole far cadere il ragazzo in
contraddizione, ma invece trova il suo racconto uguale a quello di Melania. Peytard, dopo aver ascoltato tutto, dice con tono severo: Massimino, io non vorrei essere al tuo posto! Hai sparso una notizia che turba gli animi di tutti e non può avere che conseguenze
spiacevoli; io preferirei piuttosto aver ucciso qualcuno che aver inventato tutto quello che hai raccontato, d'accordo con Melania. Il ragazzo
gli risponde con vivacità: - Inventato?! Come volete che s'inventino simili cose? Abbiamo solo narrato ciò che abbiamo visto con i nostri
occhi e udito con le nostre orecchie. Non ottenendo lo scopo con le minacce dei carabinieri e della prigione, il sindaco passa alle lusinghe.
Offre denaro, purché il ragazzo non parli più della visione. Massimino rifiuta sdegnosamente il denaro. Tuttavia il sindaco, per non parere
vinto, fissa, prima di partire, con Massimino un appuntamento sulla montagna di La Salette per la domenica seguente, 27 settembre. I
notabili di Corps vogliono pure sentire il pastorello, ma per riuscirvi ricorrono ad uno stratagemma: onde trionfare della cattiva volontà di
suo padre, Ambroise Pélissier, mèsso di Corps e amico di Giraud, viene a chiamare Massimino da parte di sua moglie. Il carradore non osa
dire di no. Mentre Ambroise Pélissier intrattiene Giraud in discussioni e a bere, Massimino, in una casa vicina, risponde alle domande che
gli vengono poste da numerosi curiosi e da importanti personaggi del luogo, tra i quali vi sono il medico, il notaio e altri increduli del
borgo, che si divertono a spese del ragazzo e lo chiamano per beffa «il bambino della santa Vergine, il piccolo Gesù». Intanto la prodigiosa
notizia si propaga sempre più e arriva anche ai paesi vicini. Diverse persone di Corps si portarono, fin dal lunedì 21 settembre, sui luoghi
dell'apparizione, e costatarono con sorpresa che la «piccola fontana», prima asciutta, dava abbondante acqua. Questo fatto suscitò grande
rumore tra la gente del luogo e costituì per molti un serio motivo per credere al racconto dei due pastorelli. Questa fontana non si
prosciugherà più, e la sua acqua bevuta sul luogo o portata lontano opererà numerose conversioni e guarigioni. Il padre di Massimino da
anni non praticava più la religione, non per empietà ma per indifferenza: aveva ancora la fede, ma non credeva al racconto del figlio sulle
cose meravigliose di La Salette. Il giovedì sera, 24 settembre, per curiosità, si fece narrare nuovamente dal figlio il racconto
dell'apparizione. A un certo punto però, spazientito, non voleva più sentire. - Ma papà, - gli disse allora Massimino - la Signora ha parlato
anche di te! - Come? Di me? E che ti ha detto? - chiese il carradore sorpreso. Allora il figlio gli narrò il fatto della terra di Coin. Il carradore
ricordò distintamente l'episodio. Pensò che nessuno era stato testimone del fatto per potere informarne la Signora, e che perciò lei lo aveva
veduto e udito, e cominciò a trattare meglio il figlio, a lasciarlo più libero di narrare il fatto, anzi permise che al mattino seguente, 25
settembre, Massimino accompagnasse sui luoghi dell'apparizione la matrigna, la nonna, la sorella Angela, la cugina Melania Carnal,
fanciulla di undici anni, sofferente di male agli occhi, e quattro altre persone. Raccomandò però alla moglie di osservare bene i luoghi, per
assicurarsi se qualche impostore avesse potuto nascondersi al fine di ingannare gli ingenui pastorelli. Giunti sulla montagna, Mémin spiegò
nei più minuti dettagli la scena cui fu testimone; mostrò loro la pietra sulla quale la bella Signora si era seduta, il luogo donde ella aveva
parlato, il cammino che aveva seguito e il monticello dal quale era sparita. Il fanciullo notò che la «piccola fontana», asciutta il 19 settembre, dava ora abbondante acqua. Tutti bevettero di quell'acqua, e Melania Carnal si bagnò con essa gli occhi e sentì subito un grande
sollievo alle sue sofferenze; in seguito notò di essere completamente guarita. Al ritorno, la matrigna di Massimino fece al marito un
racconto entusiasta del loro viaggio. La montagna, raccontò costei, completamente spoglia di alta vegetazione non offre alcun nascondiglio:
non alberi, non cespugli per occultarsi. A questo racconto Giraud crede alla realtà dell'apparizione; egli nutre la speranza di ottenere, per
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mezzo dell'acqua di quella fontana, la guarigione dall'asma, che lo tormenta da molti anni. Accondiscende volentieri al desiderio di
Massimino che vuole gli costruisca una croce per piantarla sul luogo della «sparizione» della bella Signora, chiamato «luogo
dell'Assunzione». Massimino portò lui stesso, aiutato da due compagni, la croce sulla montagna, il 22 ottobre 1846. Nonostante la sua fede
nell'apparizione, il carradore Giraud trattò qualche volta ancora duramente e quasi brutalmente il figlio Massimino. Il sacerdote Arbaud
narra a proposito il seguente episodio. Un giorno Giraud era con alcuni amici, seduto in una locanda di Corps. Arrivò la diligenza e ne
scese un giovanotto il quale, entrato nella locanda, si mise a inveire contro l'albergatrice perché serviva male e non dava cibi di grasso in
giorno di astinenza. E l'accusò di aver inscenato la commedia dell'apparizione per attirare forestieri in paese. L'albergatrice rispose
all'insolente dicendo che lei non c'entrava con l'afflusso dei forestieri a Corps, e che non aveva parlato per prima riguardo al fatto di La
Salette, e che se lui desiderava essere informato perfettamente su tale fatto poteva indirizzarsi al padre di Massimino che era là presente.
Allora quel giovane si slanciò furioso contro il carradore e lo coprì di insulti. Sotto la valanga delle accuse, il padre di Massimino si mise a
piangere di vergogna e di dolore. Poi uscì precipitosamente da quel luogo, corse a casa, legò Massimino alla gamba di un tavolo, lo caricò
di botte e con collera lo rimproverò di aver attirato sopra suo padre l'oltraggio e il disonore. Chiuse poi il ragazzo in una camera oscura e lo
costrinse a cibarsi per un certo tempo solo di pane e di acqua. Nella prima settimana di novembre dell'anno 1846, il padre di Massimino
sale sulla montagna con alcuni abitanti di Dorcières. Appena giunto sul luogo benedetto, si inginocchia ai piedi della croce, che lui aveva
fatto, chiamata «croce dell'Assunzione», cerca di ricordare il Pater e l'Ave Maria, e piange. Beve poi dell'acqua della «piccola fontana» e si
sente libero dall'asma. Torna a casa a sera tardi e vuole subito confessarsi; la moglie lo persuade ad attendere il mattino seguente. Alla
domenica 8 novembre 1846 si accosta, dopo vent'anni di lontananza, pubblicamente alla messa eucaristica. Assiste poi ogni giorno alla
santa messa, per riparare le trasgressioni passate, e recita il santo rosario. La sua conversione fu sincera e perseverante. Morì piamente il 23
febbraio 1849, a causa di una polmonite, ringraziando ancora Maria santissima che lo aveva guarito nel corpo e nell' anima. Mentre tutti a
Corps parlavano dell'apparizione, il curato manteneva sull'avvenimento il più rigoroso silenzio, pur esaminando e studiando da parte sua il
caso. A Corps vi era allora, da cinque anni, come curato-arciprete il sacerdote Mélin, già vicario della cattedrale di Grenoble. Era ancora
giovane, ma di spirito buono e di rara prudenza. Si tenne da principio molto riservato riguardo alla notizia diffusa da Massimino, e propendeva più per la negazione che per l'affermazione dell'apparizione. Il curato di La Salette aveva, fin dal 20 settembre, raccomandato a
Massimino di presentarsi subito dal suo arciprete a Corps. Il ragazzo, distratto dai curiosi, se n'era dimenticato. Fu solo sabato 26 settembre
che Mélin fece chiamare a casa sua Massimino e Melania, scesa quel giorno pure a Corps per visitare i parenti. Angelica, sorella di
Massimino, aveva già detto al parroco che suo fratello aveva visto la santa Vergine, e il sacerdote manifestò il desiderio di vedere il
bambino. I due pastorelli si presentarono insieme dal curato, il quale, dopo averli interrogati separatamente, li udì tutti e due insieme. Non
trovò alcuna contraddizione nei loro racconti e fu vivamente meravigliato di ciò che udì e del modo con cui venne narrato. Quando i
veggenti ebbero terminato il loro racconto, Mélin chiese loro: - E tutto qui quello che la Signora vi ha detto? - Essa ci ha ancora detto
qualche cosa - risposero - ma ci ha vietato di dirlo. Così egli scoperse per primo che i due veggenti avevano ricevuto, ciascuno, un segreto;
cosa che nessuno fino allora aveva sospettato. Il curato, dopo aver raccomandato ai suoi piccoli visitatori di dire bene le loro preghiere, li
congedò. Massimino salì sulla montagna come fu già narrato; Melania ritornò agli Ablandins, presso Baptiste Pra. Da parte sua Melania
non aveva trovato presso i suoi parenti maggior fede e migliore accoglienza di quanta ne aveva trovata Massirnino. Ella subì da suo padre,
a causa dell'apparizione, rimproveri e persecuzioni. I due pastorelli non furono per questo infedeli alla loro missione. Ambedue
continuarono a far passare al popolo quello che avevano visto e udito. Lo Spirito Santo li investì di una divina fortezza. Di questa intrepida
costanza i piccoli veggenti diedero prova anche nell'interrogatorio che fece loro sostenere il sindaco di La Salette, sui luoghi stessi
dell'apparizione, la domenica 27 settembre, in presenza di un certo numero di persone, tra le quali vi era il brigadiere della gendarmeria di
Corps. Peytard mise in opera, in questo terzo e decisivo interrogatorio, tutte le risorse della sua intelligenza. Si fece indicare minuziosamente i luoghi dove avvennero successivamente le varie fasi del fatto prodigioso, e le cose precedenti, concomitanti e seguenti
immediatamente la visione. Fece assumere dai due fanciulli le successive pose da loro prese durante l'apparizione e fece nuovamente
ripetere il racconto completo dell'avvenimento. Tutti rimasero ammirati dell'esattezza, della convinzione, dell'animazione, del rispetto
religioso, della facilità e della fedeltà con cui i due veggenti spiegarono ogni particolare dell'apparizione e risposero a tutte le obiezioni. Il
sindaco rimase convinto che i due fanciulli non mentivano. Il brigadiere, al momento già concertato, tirò fuori una corda e minacciò di
legare Massimino e di condurlo in prigione, perché mentitore, se non ritrattava subito ciò che aveva detto. Il fanciullo però non si dimostrò
per nulla intimorito. Più tardi egli confesserà di aver sentito in quell'istante una voce interna che gli diceva: - Non aver paura, piccolo mio;
non ti si farà del male! Si racconta pure che, qualche tempo dopo l'apparizione, un gendarme di Corps, salendo a La Salette con Massimino
e altre persone, giunto a un punto in cui il sentiero fiancheggia un precipizio, afferrasse improvvisamente il fanciullo e, tenendolo sospeso
sopra l'abisso, gli dicesse in tono minaccioso: - Ti lascio cadere, se non dici che tutto quello che hai raccontato ora non è vero. - Non lo
dirò, perché tutto quello che ho visto e udito è vero! - rispose impassibile il fanciullo. Il gendarme, ammirato di tanta intrepidezza, si
rimproverava poi il suo atto inconsulto e pericoloso. Appena a Corps venne conosciuto il risultato dell'inchiesta così abilmente condotta dal
signor Peytard, molti rimasero grandemente impressionati e cominciarono a credere all'apparizione. Il reverendo Mélin decise di condurre
un'inchiesta sui luoghi dell'apparizione, come aveva fatto il sindaco di La Salette. A tale scopo, lunedì 28 settembre, accompagnato dal suo
giovane sacrestano Félix Blanc, da Massimino, da Melania, che prese passando agli Ablandins, e da quattro altre persone, il curato di Corps
salì sulla montagna di La Salette, non come pellegrino, ma come inquisitore. Arrivati sui luoghi dell'apparizione, i componenti della piccola
spedizione, come penetrati da un'atmosfera di pietà e di raccoglimento, si inginocchiarono presso la piccola fontana e recitarono il rosario,
le litanie e altre preghiere. Le risposte chiare e precise dei due fanciulli, come la perfetta identità dei loro racconti, impressionarono
favorevolmente il reverendo Mélin. Giunta l'ora del ritorno, tutti volevano portare con sé un ricordo materiale di quella montagna, dove
avevano trascorso così dolci istanti. Il sacrestano si apprestava già a spezzare la larga pietra che coronava il piccolo banco sul quale la bella
Signora si era assisa. Il curato però lo arrestò, pensando giustamente che, se in seguito l'apparizione fosse risultata vera, sarebbe stata di
grande consolazione possedere quella pietra intatta. La fece portare perciò a Corps. Mélin fece pure portare giù acqua della fontana,
pensando che, se la Madre di Dio era veramente apparsa, se la fontana era sgorgata in testimonianza del fatto, Maria santissima avrebbe
confermato la sua opera facendo, per mezzo di quell'acqua, qualche prodigio. L'occasione di provare la virtù sovrannaturale di quell'acqua
si presentò subito. Una signora di Corps, chiamata Aglot, era gravemente ammalata di stomaco, da lungo tempo. Il curato, dopo il suo
ritorno dalla montagna di La Salette, impose alla malata di bere ogni giorno un po' dell'acqua portata dalla montagna, mescolata ad un po'
di polvere raschiata dalla pietra sulla quale la bella Signora si era assisa; di ripetere questo atto ogni giorno, durante una novena di
preghiera che si sarebbe fatta per la sua guarigione. La signora obbedì e al nono giorno (6 ottobre 1846) era guarita. Mélin si convinse
allora della verità dell'apparizione, ma esternamente si tenne nei limiti del più completo riserbo. Monsignor William Ullathorne, vescovo di
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Birmingham, scriverà poi così di Mélin: «E’ un uomo di spirito saldo, di rara prudenza e rispettabile come pochi altri. Ed è
veramente provvidenziale che un uomo simile e così autorevole si sia trovato, in questo momento, in tale parrocchia, per sorvegliare fin da
principio questo avvenimento di La Salette, moderare lo zelo che si sviluppa ed esercitare una paterna sorveglianza sui giovanetti. E, come
lui stesso ha detto, egli è stato continuamente circospetto intorno ai particolari sull'apparizione, sia che ne abbia scritto o parlato, senza
rinnegare la verità o mancare di coraggio nell'affermazione delle sue convinzioni».
3. A GRENOBLE
Al tempo dell'apparizione di Maria santissima a La Salette era vescovo della diocesi di Grenoble monsignor Philibert de Bruillard. Questo
vescovo aveva intelligenza viva e penetrante, grande attività, maniere distinte e molta bontà. La sua viva devozione verso la Vergine Maria
lo aveva portato a festeggiare - uno tra i primi vescovi francesi - la festa dell'Immacolata Concezione e a inserire nelle litanie lauretane
l'invocazione: «Regina concepita senza peccato, prega per noi!». Siccome la parrocchia di La Salette era soggetta all'arcipretura di Corps,
fu appunto il curato-arciprete Mélin che dovette per primo informare il vescovo su tutto ciò che aveva potuto conoscere circa l'apparizione.
Lo fece, la prima volta, il 4 ottobre 1846, e sovente in seguito, dando, tra gli altri dettagli, anche le informazioni seguenti: «Il racconto di
questi due fanciulli ha prodotto un effetto straordinario nei dintorni, anche presso gli uomini... L'interpretazione dei fedeli è stata
naturalmente che fu la buona Madre che venne ad avvertire il mondo, prima che suo Figlio lasci cadere su di esso i suoi castighi. La mia
convinzione personale, dopo tutte le prove che ho potuto raccogliere, non è diversa da quella dei fedeli; e io credo che questo avvertimento
è un grande favore del cielo. Io non ho bisogno di altri prodigi per credere. Il mio sincero desiderio sarebbe che il buon Dio, nella sua
misericordia, operasse qualche nuova meraviglia, per confermare la prima». Per dare al suo clero una direttiva nella condotta da tenere
riguardo all'apparizione, monsignor de Bruillard mandò ai sacerdoti della sua diocesi, in data 9 ottobre 1846, una circolare in merito. Il
vescovo ricordava le severe disposizioni emanate dal sinodo diocesano del 1829. In questo statuto sinodale era comminata la sospensione,
nella quale si incorreva ipso faeto, a coloro che dichiaravano, con la stampa o pubblicamente, qualche nuovo miracolo, senza l'autorizzazione della Santa Sede o del vescovo. Siccome l'autorità episcopale non si era ancora pronunziata sui fatti di La Salette, il vescovo
richiamava il suo clero alla più grande riservatezza e soprattutto al silenzio assoluto, che si doveva osservare dal pulpito, riguardo a tale
argomento. Il vescovo condannava poi un foglietto stampato senza la sua approvazione, anzi nonostante la sua disapprovazione. Egli si
comportava così per prudenza e per dovere, e perciò, dopo questa disposizione, continuò a studiare la cosa e a documentarsi, sia direttamente che indirettamente, e a chiedere lumi a Dio con la preghiera. Il 12 ottobre Mélin scriveva al vescovo, rispondendo a diverse
questioni da lui proposte il 5 ottobre e informandolo dei buoni frutti spirituali che l'apparizione andava portando nel popolo e dei primi
fervorosi pellegrinaggi. Gli uomini assistevano in numero maggiore alle funzioni in chiesa, specialmente ai vespri, e avevano smesso di
lavorare di domenica. Anche il nuovo curato di La Salette, Louis Perrin, manda al vescovo, il 16 ottobre 1846, una dettagliata relazione sul
discorso della Signora e sulle diverse circostanze dell'apparizione. In data 4 novembre il curato di Corps comunica al suo vescovo che la
notizia dell'apparizione va diffondendosi, che molti gli scrivono e lo visitano per ricevere informazioni, e termina esclamando: «Oh, quanto
ardentemente desidero che questo fatto sia confermato! Esso mi pesa e mi tormenta; io non posso più dubitarne». Il vescovo vuole
conoscere pure le impressioni di Mathieu Cat, curato arciprete di La Mure. Cat scrive al vescovo il 23 ottobre 1846, esponendo il fatto
dell'apparizione. L'8 novembre 1846 lo stesso sacerdote Cat informa il vescovo di Grenoble del numeroso concorso di pellegrini e dei
buoni effetti spirituali causati dall'apparizione tra le popolazioni dei paesi circostanti. Il 17 novembre 1846 Mélin risponde nuovamente ad
altre domande poste dal vescovo di Grenoble, e nella lettera ripete a monsignore la notizia del consolante ritorno alle pratiche religiose
causato dal racconto dell'apparizione. Aggiunge che il fatto è generalmente ammesso e che coloro che non vi credono non sono però
contrari. Il 2 dicembre un'altra lettera dell'arciprete di Corps ragguaglia il vescovo sull'andamento dei pellegrinaggi e sulla sistemazione dei
due veggenti. Questi documenti però non erano i soli che possedeva monsignor de Bruillard sull'apparizione. Egli aveva fatto visitare i
luoghi e interrogare i due fanciulli da distinti sacerdoti della città di Grenoble, e si era fatto lasciare per iscritto le impressioni da loro
riportate. Aveva ascoltato pellegrini influenti; aveva radunato i numerosi scritti a lui inviati, sia favorevoli sia contrari all'apparizione.
Radunato questo numeroso materiale documentario, il vescovo nominò due commissioni, con l'incarico di esaminarlo. La prima
commissione era composta dai canonici della cattedrale, l'altra dai professori del seminario maggiore. Il vescovo si fece poi stendere da
queste due commissioni un rapporto scritto, fatto separatamente e senza alcuna previa concertazione tra di loro. I due rapporti diedero
sostanzialmente un identico giudizio. Dicevano che non bisognava affrettare una decisione né pro né contro l'apparizione, ma attendere e
studiare profondamente la cosa. Tenersi in una giusta riservatezza e non ostacolare l'afflusso dei pellegrini, che non aveva in sé nulla di
cattivo. Il rapporto fatto dai canonici porta la data del 15 dicembre 1846 con le seguenti firme: Bouvier, Rousselot, Desmoulins, Bois,
Bichon, Henry, Petit, Revol. La relazione dei professori del seminario maggiore porta le seguenti firme: Orcel, Rousselot, Gay, Rivaux,
Michallet, Albertin ed è pure datata al 15 dicembre 1846. Rousselot nota come, dall'esame dei documenti sottoposti alle due commissioni,
sia risaltato specialmente: la pronta e straordinaria diffusione del fatto dell'apparizione; la conversione degli abitanti di Corps e dintorni; la
pubblicazione di numerosi favori straordinari e grazie di guarigioni, ottenuti invocando nostra Signora di La Salette e usando acqua della
fontana, stimata già miracolosa. Monsignor Ullathorne dirà che i fanciulli veggenti sono i testimoni della terra e che i miracoli sono i
testimoni del cielo. Il vescovo di Grenoble attende ancora questo testimonio celeste, perciò, dopo aver ricevuto il rapporto delle due
commissioni, aspetta sette mesi prima di fare un atto pubblico riguardo a La Salette. Durante questo periodo di tempo continua a far
interrogare persone serie, illuminate e coscienziose, che sono state sui luoghi dell'apparizione.
4.
Primi effetti dell'apparizione
1. ACCORRERE DI POPOLO
Dalla settimana seguente l'apparizione, fino al mese di dicembre 1846, i pellegrini non cessarono di salire sulla montagna. Non venivano
solo da La Salette, da Corps, dalla diocesi di Grenoble, ma da luoghi ancora più distanti. Ogni classe di persone vi era rappresentata:
uomini e donne, vecchi e giovani, sani e malati. La maggior parte di essi volevano vedere e parlare coi veggenti. Salivano sulla montagna,
bevevano l'acqua gelata della fontana, pregavano senza rispetto umano, e poi contenti ritornavano alle loro case. Queste, però, erano
soltanto manifestazioni individuali di devozione. La parrocchia di Corps inaugurò invece i pellegrinaggi collettivi. Il clero, obbligato dal
vescovo ad un assoluto riserbo, non organizzava pellegrinaggi. Fu la Confraternita dei Penitenti di Corps che prese l'iniziativa e organizzò
il pellegrinaggio, che salì sulla montagna il 17 novembre 1846; erano circa 600 persone. Mentre si cantava, sul luogo dell'apparizione,
l'ufficio dei Penitenti, a Corps, una donna di quarantotto anni, chiamata Marie Gaillard, sposa di François Laurent, fornaio, inferma da
molti anni di gotta nodosa e da paralisi conseguente, si proclamò guarita. Ella, vedendo i pellegrini passare davanti alla sua casa, si era
raccomandata perché pregassero per la sua guarigione; aveva già pregato anche lei nostra Signora di La Salette, e aveva già fatto uso
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dell'acqua prodigiosa. La malattia e la guarigione di questa donna sono state attestate dal dottor Jean-Pierre Calvat. Un processo
verbale del fatto venne steso dall' arciprete Mélin. Il cognato della miracolata, Joseph Laurent, per riconoscenza, compose una
lamentazione su nostra Signora di La Salette. Marie Gaillard morì il 3 marzo 1862. La guarigione ottenuta aumentò il fervore. Venne
organizzato, per ringraziamento, un altro pellegrinaggio, nella domenica 28 novembre. Oltre 1000 persone, nonostante che il tempo fosse
brutto, salirono sulla montagna, guidate dai due pastorelli, dal marito e dal cognato della miracolata. A quelli di Corps si erano uniti in gran
numero gli abitanti dei villaggi circonvicini: Saint-Jean-des-Vertus, La Salle, Pellafol, Ambel, Le Monestier d'Amble, Aspres. Vi erano
delle suore e tutto il personale della gendarmeria di Corps. Una donna idropica, Oddou di Gier-en-Dévoluy (HautesAlpes), venne portata su
una barella dal marito e dal figlio sulla montagna, sfidando il tempo brutto e la neve caduta in abbondanza. Lassù s'inginocchiò sulla neve,
bevve alla sorgente e si unì alla preghiera dei Penitenti. Ad un tratto si senti libera del suo male e, per riconoscenza, appese alla croce di
legno, là piantata da Massimino, una crocetta d'oro che ella portava al collo. Fu questo il primo ex voto donato alla santa Vergine di La
Salette. Il rettore dei Penitenti prese quella crocetta per portarla al curato. Nello scendere dalla montagna, però, cadde e si spezzò una
gamba, e dovette essere portato all'ospedale sulla stessa barella che era servita per portare su l'idropica. Può essere stata una semplice
coincidenza, ma nessuno osò più toccare gli ex voto donati a Maria santissima sulla montagna. Si narra pure che, nello stesso giorno, un
uomo di Corps aveva impedito a sua moglie di prendere parte al pellegrinaggio, e vide la sua bimba di tre anni morire ustionata, essendo
caduta in una caldaia di acqua bollente. Quest'uomo riconobbe poi il suo peccato e si convertì. L'ultimo pellegrinaggio dell'anno 1846 fu
organizzato pure dai Penitenti di Corps, e avvenne l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione. Scopo del pellegrinaggio fu di portare
sul monte la croce che Melania si era fatta costruire da suo padre, con legno avuto in regalo. La neve era, in alcuni punti, più alta di un
metro. La croce di Melania fu presentata al reverendo Mélin perché la benedicesse. Egli, temendo di contravvenire agli ordini del vescovo,
si rifiutò di benedirla. Per via i pellegrini trovarono il vicario della parrocchia che era stato a celebrare la santa messa nella cappella di
nostra Signora di Gournier. Costui, pregato dai pellegrini, benedì la croce con la formula di benedizione comune, che si può applicare a
ogni sorta di oggetti. I pellegrini contenti ripartirono per la montagna, e lassù recitarono ancora una volta il loro ufficio. Il padre di Melania
venne citato in giudizio per aver piantato la croce sul terreno comunale, quasi che con tale atto avesse preso possesso di quel terreno. Se la
cavò dicendo che aveva anzi arricchito il comune di La Salette di una croce. Venne assolto...
2. CONVERSIONI COLLETTIVE
Quando la santa Vergine apparve a La Salette, in Corps e nei paesi circostanti la vita morale e religiosa lasciava molto a desiderare. I vizi
deplorati dalla bella Signora erano purtroppo reali e assai diffusi: bestemmia, profanazione della festa, intemperanza, amore dei
divertimenti, odio verso i preti, balli scandalosi organizzati pubblicamente dalle autorità. La festa patronale di san Giovanni Battista a
Saint-Jean-desVertus e quella di san Pietro a Saint-Pierre de Méarotz, parrocchie del cantone di Corps, erano caratterizzate da balli e da altri disordini. Un ecclesiastico non poteva attraversare il borgo senza essere insultato. Anche il sacerdote Mélin, passando per Corps nel
1841, quando era ancora vicario della cattedrale di Grenoble, venne insultato e deriso. I sacramenti non erano frequentati; pochissimi
uomini facevano la Pasqua, per di più in giorno feriale e al mattino presto, per evitare le derisioni dei compaesani. A Corps si era perduto il
gusto delle cose sante; regnavano l'indifferenza e l'apatia religiosa. Il vescovo di Grenoble aveva dovuto sospendere poco prima il curato di
Corps, Françis Viollet, e sostituirlo. La popolazione si divise allora in due fazioni: chi stava per l'uno e chi per l'altro dei due sacerdoti.
Quando arrivò a Corps, nel 1841, il nuovo curato Pierre Mélin riuscì, mediante il suo buon senso e la sua grande virtù sacerdotale, a
calmare gli spiriti; ma ancora nel 1846 non s'intravedeva alcuna conversione della parrocchia. Le lacrime materne di Maria santissima
avevano bensì scosso molti cuori, ma troppi ancora erano quelli rimasti insensibili. Nel dicembre del 1846 si abbatté su Corps un terribile
uragano, che fece cadere delle case e portò via le tegole come fossero foglie. La popolazione si riversò terrorizzata sulla piazza principale e
si ritenne sicura solo quando vide i due veggenti chiedere a Colei che era loro apparsa la protezione sul paese. Si scorse nel fatto un avviso
celeste, e le ultime ostinazioni furono infrante. Da allora la chiesa venne frequentata e i confessionali assiepati. A Natale, alla messa di
mezzanotte, delle 500 persone che si accostarono alla comunione, metà era costituita da uomini. Anche in tutti i paesi circostanti cessò la
bestemmia e si cominciò a santificare la festa. Moltissimi peccatori piansero sinceramente i loro peccati e mutarono vita. Il giubileo
accordato da Pio IX in occasione della sua elezione a successore di Pietro portò anche a Corps i suoi buoni frutti nella Pasqua del 1847. In
quell'occasione solo trenta persone trascurarono il precetto pasquale, e Corps contava allora quasi 1500 abitanti. Il più grande predicatore e
confessore fu nostra Signora di La Salette, come scrisse al vescovo il parroco Mélin. Il buon sacerdote si augurava soltanto che il fervore
della conversione dei suoi parrocchiani si conservasse sempre. Tutti erano animati da buone disposizioni, e molti peccatori incalliti si
confessarono, piangendo i loro peccati anche in modo visibile. Abbiamo già accennato ai disordini che si verificavano nelle feste di san
Giovanni e di san Pietro. Nel 1847 la festa di san Giovanni a Saint-Jean-des-Vertus venne celebrata religiosamente e con un pellegrinaggio
sulla santa montagna; nella festa di san Pietro, a Saint-Pierre de Méarotz, più nessuno osò ballare. L'apparizione della bella Signora portò in
tutti odio alla bestemmia, fedeltà nella santificazione delle feste e nell'astensione dal lavoro in giorno festivo, frequenza alla santa messa e
ai sacramenti, amore all'astinenza e alla penitenza. In un anno si era prodotto un cambiamento tale da essere inspiegabile se non fosse stato
messo in relazione con la bella Signora apparsa a La Salette. Pure a La Salette si cessò di bestemmiare e si cominciò a santificare le feste.
Anche nei giorni feriali molti ascoltavano ora la santa messa. Il primo a convertirsi a La Salette fu lo stesso Baptiste Pra, il padrone di
Melania. Egli aveva gia in mente di lavorare e di non andare a messa nel giorno 20 settembre 1846. Dopo il racconto di Melania cambiò
idea, e in seguito visse da buon cristiano. Pochi giorni dopo l'apparizione si poteva già notare anche a La Salette una consolante frequenza
di popolo, specialmente di uomini, alla messa domenicale, ai vespri e ai santi sacramenti della penitenza e della comunione. Nel primo
anno dopo l'apparizione, come disse il sacerdote Louis Perrin, curato di La Salette, non vi fu una sola famiglia di questa parrocchia che non
avesse fatto celebrare una messa di ringraziamento alla santa Vergine. Simile consolante mutamento di condotta e rifiorire della vita
cristiana si notò in tutta la diocesi di Grenoble e in numerosi altri luoghi, specialmente di Francia. Tali meraviglie furono prodotte da nostra
Signora attraverso il racconto fatto dai due pastorelli. La fontana, le guarigioni e l'avverarsi, in parte, dei flagelli preannunziati, indussero
molti, ancora ostili o dubbiosi, a credere alla verità dell'apparizione.
3. AVVERAMENTO DELLE PROFEZIE
I flagelli annunciati sopraggiunsero. L'inverno 1846 fu assai penoso, specialmente per i poveri. La santa Vergine aveva predetto che le
patate sarebbero continuate a guastarsi e che per Natale non ve ne sarebbero state più. Si constatò che veramente, sul mercato di Corps, a
Natale del 1846, non vi erano più patate. Anche altrove mancavano, e vennero emesse disposizioni governative che ne vietavano
l'esportazione. Testimonianza non sospetta, riguardante l'Irlanda, è quella di Harland Manchester, e riportata a pagina 39, del numero di
dicembre 1955, della rivista Selezione dal Reader's Digest; eccola: «Una delle più grandi catastrofi dei tempi moderni fu la carestia delle
patate in Irlanda. Le patate, introdotte colà ben presto come coltura complementare dei cereali, vi crebbero rigogliose: erano facili da
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seminare, da raccogliere e da cucinare... e facili da nascondere, sotterrandole durante le incursioni degl'invasori inglesi. Nel 1845
era il maggior raccolto alimentare dell'Irlanda. Quell'anno l'estate fu fredda e piovosa, e apparvero delle macchie sulle foglie delle patate.
Ben presto la peronospera si diffuse in tutta l'Irlanda e rovinò la metà del raccolto. L'anno dopo (1846) i contadini piantarono semi infetti: il
raccolto fu completamente rovinato e il fabbisogno alimentare di milioni di persone per tutto l'inverno andò perduto in poche settimane. La
catastrofe che ne segui fu la peggiore che colpisse l'Irlanda dopo la peste nera. Divamparono il tifo e altre epidemie, e si calcola che un
milione di persone, su una popolazione di otto milioni, morisse di fame e di malattie. Altri milioni di persone lasciarono il paese, almeno la
metà per gli Stati Uniti». La santa Vergine aveva predetto che sarebbe sopraggiunta una grande carestia. E veramente il grano divenne raro;
il suo prezzo, che nel gennaio 1847 era di 29 franchi all'ettolitro, crebbe enormemente. Nell'aprile 1847 si vendeva a 36-40 franchi per
ettolitro. Negli anni successivi, il grano venne guastato dalla malattia dei culmi, chiamata pietin, che riduceva i chicchi in polvere. I legumi
marcirono. Nella primavera si vedevano uomini, donne e fanciulli andare vagando per la campagna in cerca di erbe per sfamarsi. San
Giovanni Bosco, nel suo libro sull'apparizione di Maria a La Salette, riguardo alla carestia scrive: «Avvenne di fatto una grande carestia in
Francia, e sulle strade si trovavano grandi torme di pezzenti affamati, che si recavano a mille a mille per la città per questuare: e mentre da
noi in Italia incarì il grano in sul far della primavera 1847, in Francia per tutto l'inverno del 46-47 si patì gran fame. Ma la vera penuria di
alimenti, la vera fame fu provata nei disastri della guerra del 1870-71. In Parigi da un grande personaggio fu imbandito ai suoi amici un
lauto pranzo di grasso nel Venerdì santo. Pochi mesi dopo in questa medesima città i più agiati cittadini furono costretti a nutrirsi di vili
alimenti e di carne dei più sozzi animali. Non pochi morirono di fame». La santa Vergine aveva predetto che le noci si sarebbero bacate e
che le uve sarebbero marcite. Ascoltiamo ancora san Giovanni Bosco che narra come la predizione si sia avverata: «Nel 1849 le noci
andarono a male da per tutto; e quanto alle uve tutti ne lamentano ancora il guasto e la perdita. Ognuno rammenta il guasto immenso che la
crittogama cagionò all'uva in tutta l'Europa per lo spazio d'oltre a venticinque anni dal 1849 al 1874». La Santa Vergine aveva predetto che,
prima della carestia, i bambini al di sotto dei sette anni sarebbero stati colti da un tremito e sarebbero morti tra le braccia di coloro che li
avrebbero tenuti. La mortalità infantile desolò difatti Corps e dintorni nel 1847. Dal 1° gennaio 1847 al 12 aprile dello stesso anno, su 1500
abitanti di Corps, morirono trenta bambini e dieci adulti; in tutto l'anno morirono novantanove persone, delle quali sessantatré erano
bambini. Anche Massimino cadde ammalato, ma guarì. Uno dei suoi fratellini, quello che gli dava il pane negatogli dalla matrigna, invece
morì. Questi piccoli venivano appunto colti da un tremito in seguito a un freddo intenso che sentivano e dopo due o tre ore di questa
misteriosa agonia se ne morivano. I loro cari erano impotenti a portare loro qualsiasi sollievo. La coincidenza di questi flagelli con le parole
della celeste Messaggera era troppo evidente, per non prestarvi attenzione.
5.
I veggenti dopo l'apparizione
QUALITÀ E DIFETTI
Il giorno dopo l'apparizione Massimino ritornò a Corps alla casa paterna, Melania invece rimase ancora agli Ablandins. Anche separati, i
due pastorelli facevano sapere al popolo la grande novella loro affidata dalla bella Signora. Rispondevano a tutte le domande, scioglievano
tutte le difficoltà e, se qualcuno lo richiedeva, acconsentivano volentieri ad accompagnarlo sui luoghi medesimi dell'apparizione. Dopo che,
da tre mesi, separati uno dall'altro, i due veggenti, ripetevano perfettamente il medesimo racconto e con le stesse equivalenti parole, la
Provvidenza li riavvicinò a Corps. Da qualche anno Corps aveva la fortuna di possedere una scuola diretta dalle suore della Provvidenza,
fiorente congregazione, la cui casa madre è a Corenc presso Grenoble. Massimino, a metà novembre dell'anno 1846, si presenta a questo
convento e chiede di parlare con la superiora. Gli si dice di ritornare un altro giorno, perché la superiora è a letto ammalata. Il fanciullo, che
si era intanto fatto indicare la camera della superiora, vi entra coraggiosamente e la prega di insegnargli a leggere, su un sillabario che egli
porta con sé. La buona suora, per poter licenziare Massimino un po' importuno, è costretta a fargli una prima lezione di lettura. Il fanciullo
persiste nel ritornare anche nei giorni seguenti, finché il 24 novembre ottiene dal vescovo di Grenoble il permesso di frequentare la scuola
tenuta da quelle suore. Il fanciullo passa la sua giornata nella scuola della Provvidenza, vi prende anche la refezione di mezzogiorno, e
soltanto a sera ritorna a casa a dormire dai suoi parenti. Così fa per quattro anni. Melania restò presso Baptiste Pra fino al 15 dicembre
1846, e poi ritornò a Corps presso i parenti. A Natale anch'ella era in pensione dalle suore della Provvidenza. I pastorelli soggiornarono
presso le religiose fino al settembre 1850. Monsignor de Bruillard si era assunto il compito di mantenerli in questo luogo, piuttosto che
lasciarli in custodia ad alcuni estranei di Gap, che ne avevano manifestato l'intenzione. Durante questi anni le loro ottime maestre non
trascurarono nulla per istruire, elevare e formare questi fanciulli. Furono per loro delle vere mamme, specialmente suor Sainte-Thècle, la
superiora, che univa ottimo giudizio a buon cuore. I due pastorelli non erano costretti a rimanere al convento. Potevano andarsene in
qualsiasi momento, e così i loro parenti potevano venirli a riprendere quando volevano. I pellegrini che desideravano vederli e parlare loro
lo potevano fare. Una suora li conduceva in parlatorio e poi si ritirava; se la pregavano di rimanere restava, senza parlare, e solo
rispondendo alle domande che le venivano rivolte. Sovente il padre di Melania venne a riprendersi la figlia, ma poi spontaneamente la
riconduceva alle suore. Melania, per capriccio, volle anche qualche volta andarsene, ma poco dopo ritornava, senza che nessuno l'avesse
invitata a farlo. Le loro educatrici cercavano di umiliare i pastorelli, anche pubblicamente, perché non si inorgoglissero dell'ineffabile e gratuito favore che avevano ricevuto dalla santa Vergine. Raramente parlavano loro dell'apparizione, e quando lo facevano era per
rimproverarli di qualche loro difetto o per correggere il loro carattere. I primi duri anni dell'esistenza di Melania, cresciuta nell'abbandono,
nella solitudine, senza il soffio caldo e affettuoso della famiglia, senza sollievi e divertimenti, influirono profondamente e sinistramente sul
suo carattere. Crebbe triste, timida, rustica e scontrosa. Nonostante questi difetti di carattere, Melania dimostrava nelle sue azioni e sul suo
viso i segni dell'innocenza. Era sincera, retta, ignara del male, e tale rimase per tutta la vita. Il privilegio di aver veduto la santa Vergine
non aveva cambiato la natura dei due pastorelli. Essi non avevano vizi, ma i difetti dell'infanzia permasero sempre e divennero più sgradevoli col crescere degli anni. Parliamo prima delle buone qualità dei due pastorelli. Rousselot disse di Melania: «Il suo aspetto è dolce e
piacevole. Si nota, nel suo contegno, nell'atteggiamento del capo e nei suoi sguardi, una grande modestia». Arbaud narra di Melania il seguente episodio. Il 20 settembre 1847 la pastorella aveva fatto il racconto dell'apparizione a un gruppo di persone. Una delle presenti incitò
Melania ad abbracciare una bambina quasi muta, per attirare su di essa la protezione della santa Vergine. Melania fa un gesto di rifiuto e
tenta di allontanarsi. Viene pregata di rimanere e di accontentare la piccola muta, che tenta di slanciarsi tra le braccia della veggente.
Melania la respinge e, decisa nel suo rifiuto, esclama piangendo: «No, no, io non voglio! Io non abbraccio nessuno». Le fu dato il permesso
di ritirarsi. La signorina des Brulais diede questa testimonianza: «Massimino è di carattere più aperto e più amabile che quello di Melania;
ma quest'ultima è soprattutto notevole per la sua grande e rara modestia». Monsignor Villecourt (1787-1867), vescovo di La Rochelle, nella
relazione del suo viaggio a La Salette, data poi alle stampe, disse che Massimino era di un carattere vivace, che la sua parola era
interessante perché condita di soavità e candore. Non si irritava mai; era generoso e disinteressato. Non temeva la morte e i pericoli, perché
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si sentiva sotto la protezione della santa Vergine. Era talmente puro da non aver nemmeno l'idea del vizio e da non comprendere le
parole che vi si riferiscono. Aveva una sincera umiltà e si chiamava il «povero pastorello». In quanto a umiltà Melania non la cedeva a
Massimino. Soleva dire che preferiva non essere incaricata di narrare ciò che aveva veduto e udito, e ad un ecclesiastico che le chiese se era
contenta che la santa Vergine le avesse parlato, rispose: - Si, ma sarei molto più contenta se ella non mi avesse detto di dirlo. - E perché? le si chiese. - Questo mi mette troppo in vista - rispose. I due veggenti tendevano piuttosto a nascondersi che a mettersi in vista. Non
volevano che si parlasse di loro e che si mettesse la loro figura sulle immagini. Non parlavano mai della loro visione, se non quando erano
interrogati; e anche in questo caso rispondevano con la più grande concisione alle domande loro proposte. Non prendevano mai l'iniziativa
di parlare su questo argomento, né con le suore né con i parenti né con altri. I due veggenti erano di carattere differente e contrastante.
Tanto prima come dopo l'apparizione si dimostrarono indifferenti l'uno per l'altro, senza alcuna simpatia reciproca. Non si cercavano; anzi
all'occasione litigavano e piuttosto si sfuggivano. Un giorno i due bambini si ricreano dalle suore; la madre superiora sgrida Massimino che
sta disordinatamente seduto a terra. Melania interviene e rincara la dose: - Come può pretendere, suora, che egli stia ben composto?! Non lo
è stato nemmeno davanti alla santa Vergine! - Come! E’ stato scomposto davanti alla santa Vergine? Che cosa ha dunque fatto? - Egli
aveva dapprima il cappello in testa, poi l'ha tolto e lo faceva girare sul bastone; in seguito si mise di nuovo il cappello in testa, e col bastone
faceva rotolare delle pietre fin sui piedi della santa Vergine. - Oh! - grida Massimino - non le creda, suora; non c’è andata fino alla santa
Vergine neppure una pietra solamente! - Ma tu facevi rotolare delle pietre! - Si, ma nessuna ha potuto colpire la santa Vergine! È sicuro!
Altra volta, Massimino, avendo manifestato il desiderio di essere missionario, qualcuno gli disse, in presenza di Melania: - Se voi sarete
missionario, Melania vi potrà aiutare a convertire gli infedeli, perché lei pure vuole essere missionaria in paesi stranieri. - Oh! - rispose il
fanciullo. - Melania potrà andare dove vorrà; io non voglio donne con me. E poi, rivolto alla sua compagna: - Quando io sarò missionario,
se tu vieni a confessarti da me, ti darò una grossa penitenza, e tu non sarai tentata di ritornarvi. - Se neppur io verrò al tuo confessionale riprese Melania - esso sarà quasi sempre deserto! Con queste rispettive disposizioni, non vi è dubbio che se uno dei due veggenti avesse
mancato di esattezza in un punto qualunque del racconto dell'apparizione, sarebbe stato subito ripreso dall'altro. Così appunto accadde a
Massimino, per un dettaglio insignificante. A proposito delle parole della bella Signora: «Essi non vanno alla messa che per burlarsi della
religione», certe persone bene intenzionate, senza dubbio, ma con poco giudizio, si attribuirono la missione di spiegare e di chiosare il
pensiero dell'apparizione. Secondo costoro la divina Messaggera aveva certamente condannato, con queste parole, la riprovevole condotta
dei giovanotti di Corps che andavano a messa con dei sassolini nelle tasche per gettarli alle ragazze. Sotto l'influenza di questa
interpretazione di occasione, capitò a Massimino, qualche rara volta, di aggiungere questo fantastico commento al racconto del grande
avvenimento. Melania lo sentì una volta e gli gridò: - Che cosa dici? E’ forse la santa Vergine che ha parlato di questo? Fu sufficiente.
Massimino cessò di ripetere questa chiosa. Consideriamo ora il rovescio della medaglia, ossia i difetti dei due veggenti. Come prima del 19
settembre 1846, così anche dopo, Melania è rimasta caparbia, scortese, sgarbata, musona e taciturna; Massimino si mantenne leggero,
sventato, curioso, indiscreto, screanzato, irrequieto, amante del divertimento. Il sacerdote Félix Dupanloup, futuro vescovo di Orléans, già
superiore del seminario minore di Parigi, e canonico di NotreDame, andò a La Salette nel mese di giugno 1848 e fu particolarmente urtato
dall'inciviltà e rusticità di questi due montanari, così diversi dai bambini bene educati e di belle maniere che egli era abituato a vedere. In
una lettera da lui scritta ad Albert du Boys di Grenoble tracciò dei due veggenti questo ritratto poco lusinghiero: «Ho veduto questi due
fanciulli: la prima impressione che ne riportai è molto sgradevole. Il piccolo ragazzo soprattutto mi è stranamente dispiaciuto. Ho veduto
molti fanciulli in vita mia; ne ho veduto pochi o nessuno che mi abbia prodotto un'impressione tanto spiacevole. Le sue maniere, i suoi
gesti, il suo sguardo, tutto il suo esteriore è spiacevole, almeno ai miei occhi... La sgarbatezza di Massimino è poco comune, la sua
agitazione soprattutto è veramente straordinaria: è una natura singolare, bizzarra, mobile, leggera; ma d'una leggerezza così rozza, d'una
mobilità qualche volta così violenta, d'una bizzarria così insopportabile, che il primo giorno in cui lo vidi non ne fui solamente rattristato,
ma scoraggiato. A qual fine, dicevo a me stesso, fare un viaggio per vedere un fanciullo simlle? Quale sciocchezza fu la mia? Dovevo fare
tutti gli sforzi per impedire che si impadronissero di me i più gravi sospetti. Quanto alla fanciulla, essa mi sembrò pure molto spiacevole. I
suoi modi, devo dirlo, sono migliori di quelli del fanciullo. I diciotto mesi che essa ha passato presso le suore di Corps l'hanno un poco, a
ciò che si dice, migliorata; tuttavia essa mi è sembrata ancora un essere dispettoso, sgarbato, stranamente silenzioso, non dicendo
ordinariamente che dei sì o dei no, quando risponde. Se essa dice qualche cosa di più, vi è sempre una certa secchezza nelle sue risposte e
una timidezza di mal umore, che è ben lontana dall'ispirare familiarità». Anche la signorina Marie des Brulais scrive, riguardo ai due
pastori, che essi non sono perfetti e che, nonostante la loro innocenza e ingenuità, essi sono rustici e anche qualche cosa di più. Massimino
è indiscreto, leggero, incapace di darsi un contegno, davanti a chiunque. Melania conserva tutti i difetti della sua prima educazione; tiene il
broncio, non è previdente, è senza deferenza. L'istruzione di questi fanciulli non ottenne migliori risultati sulla loro educazione. Il 16
novembre 1847 la madre suor SainteThècle attestava, davanti alla commissione episcopale che l'aveva convocata, che Massimino, in un
anno, benché avesse fatto esercizio quasi quotidiano, non era riuscito ad imparare a servire la messa. Melania non aveva ancora imparato a
recitare gli atti di fede, di speranza e di carità, che le si facevano ripetere due volte ogni giorno. Così ci volle molta fatica e pazienza, da
parte del curato e delle suore, per fare apprendere ai due pastorelli le nozioni elementari di catechismo, assolutamente indispensabili per
ricevere il sacramento dell'eucaristia. Poterono fare la loro prima comunione soltanto il 7 maggio 1848. Il fanciullo aveva quasi tredici anni
e la fanciulla sedici anni e mezzo. Ricevettero ambedue il sacramento della cresima più tardi, il 25 giugno 1840 a Corps, da monsignor
Dépéry, vescovo di Gap. Dopo sette anni di studio, Melania non ha cessato di fare dei grossi e numerosi errori di ortografia: le sue lettere
ne sono piene. Massimino, sebbene più intelligente, si applicava però meno allo studio e, dopo quindici anni di esercizio, faceva ancora
nella sua conversazione grossi sbagli di lingua. In tutte le scuole fu sempre assai debole. Monsignor Clément Villecourt dipinse questi due
bambini, specialmente Massimino, in modo molto realistico. Entrambi i veggenti l'avevano accompagnato sulla santa montagna il 22 luglio
1847. Massimino teneva familiarmente il vescovo per le braccia, gli baciava la croce pettorale e gli toglieva l'anello pastorale dal dito. Lo
costrinse poi ad accettare qualche medaglietta per ricordo. Il sindaco di La Salette offrì al vescovo il suo cavallo per la salita; egli ringraziò,
ma non accettò. Massimino invece saltò subito sul cavallo e Melania si lasciò porre dietro di lui. Poco dopo tutti e due scesero e corsero da
monsignor Villecourt. Massimino cercava di rivolgergli parole piacevoli. Al ritorno le campane di La Salette si misero a suonare per
salutare il vescovo, il quale fu invitato in canonica a riposarsi. Massimino sentendo che le campane avevano cessato di suonare, prende due
sassi, sale sul campanile, si mette a cavalcioni della campana più grossa e con le pietre e coi tacchi cerca di suonare a festa. Intanto dal
basso il campanaro tira le funi. Fortunatamente Massimino riuscì con le braccia e le gambe ad avvinghiarsi alla dondolante campana.
Sentendo che non rendeva buon suono, il campanaro cessò la distesa, e così Massimino riuscì a saltare giù dalla campana. E siccome il
vescovo era gia ripartito, lo raggiunse e gli narrò l'avventura, che poteva anche finire male. Nella discesa verso Corps, molti accorrevano
lungo la strada a vedere il vescovo. Massimino andò a dire a questi curiosi di mettersi in ginocchio, perché il vescovo li avrebbe benedetti.
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Sentendo dire che monsignor Villecourt sarebbe partito la sera stessa per Grenoble, Massimino non aveva più pace; pregò in tutte
le maniere il vescovo di fermarsi ancora, almeno fino al giorno dopo, perché lui potesse servirgli la messa. Supplicò e pianse. Quando
giunse la vettura, Melania, sempre timida, si fece coraggio e nascose il cappello del vescovo per non lasciarlo partire. Ma monsignor
Villecourt fu irremovibile; prima di partire diede però ai due fanciulli una paterna benedizione. Essi piangevano e non potevano articolare
che qualche parola di tenerezza.
2. STRANI CONTRASTI
Abbiamo notato che i pastorelli di La Salette, pur essendo dotati di cuore puro, generoso, umile, lasciavano tuttavia vedere una rusticità
straordinaria di maniere, una memoria ribelle, un'intelligenza limitata e un carattere la cui nota dominante per uno era la leggerezza distratta
e per l'altra una timidezza taciturna. Per un fatto però singolare, straordinario, ma innegabile, questi difetti abituali nella loro condotta
cessavano di manifestarsi, anzi cedevano il posto alle buone qualità opposte, ogni volta che questi due fanciulli dovevano trattare
dell'apparizione del 19 settembre 1846. Una volta entrati nell'argomento, e soltanto allora, diventavano come delle altre persone. Si notava
in loro una trasformazione istantanea e completa: una vera metamorfosi psichica. Cambiando nuovamente soggetto del discorso, essi
ridiventavano i soliti pastorelli di poco prima. Questo contrasto inspiegabile risalta specialmente nel loro comportamento, nella loro
memoria, nella loro intelligenza e nel loro carattere.
a. Contrasto nel comportamento
Il sacerdote Félìx-Antoine-Phìlibert Dupanloup (1802-1878), futuro vescovo di Orléans, assai severo nei suoi apprezzamenti su Massimino
e Melania, ha reso loro questa testimonianza nella celebre lettera inviata ad Albert du Boys, datata da Gap l’11 giugno 1848, già ricordata.
«Sebbene questi fanciulli mi spiacessero sommamente avanti questo racconto [quello dell'apparizione] e abbiano continuato a spiacermi
anche dopo, devo confessare che lo fecero e l'uno e l'altra con una semplicità, una gravità, una serietà e un certo rispetto religioso, il cui
contrasto col loro fare sempre volgare, e abitualmente sgarbato del piccolo fanciullo, e col tono abitualmente dispettoso della fanciulla, mi
colpì fortemente. Devo aggiungere sin d'ora che questa sorpresa si rinnovò per me durante questi due giorni quasi costantemente,
specialmente col fanciullo, il quale passò... un'intera giornata con me. Lo misi allora in una perfetta indipendenza; gli lasciai prendere ogni
sorta di libertà. In questo modo tutti i suoi difetti, tutte le sue sgarbatezze mi si presentarono sotto tutte le forme. Eppure tutte le volte che
questo rozzo fanciullo veniva ricondotto, anche nella maniera più inaspettata, a parlare del grande avvenimento, succedeva in lui un
cambiamento singolare, profondo, improvviso, istantaneo; e lo stesso è della fanciulla. Il ragazzo conserva il suo sguardo, il suo esteriore
tanto spiacevole; ma tutto ciò che vi è di eccessivo nella sua rozzezza viene interamente soggiogato. Anzi essi diventano, tutto a un tratto,
così gravi, così seri, assumono quasi involontariamente qualche cosa di così singolarmente semplice ed ingenuo, qualche cosa di così
rispettoso per se stessi e nello stesso tempo per tutto ciò che dicono, che lo ispirano anche a quelli che li ascoltano, e impongono loro una
specie di religioso timore per le cose delle quali parlano e un certo qual rispetto per le loro persone. Ho provato costantemente, e qualche
volta molto vivamente, queste impressioni, senza cessare però un momento di ritrovarli fanciulli molto sgradevoli... Quando si tratta del
grande avvenimento, non sembrano avere più alcuno dei difetti comuni alla loro età: soprattutto essi non appaiono per nulla ingannatori e
chiacchieroni. Massimino parla molto, di solito, e quando è in libertà è un vero ciarlone. Durante le quattordici ore che noi abbiamo passato
assieme mi ha dato di questo difetto tutte le prove possibili; mi ha parlato di ogni sorta di cose con grande abbondanza di parole, interrogandomi senza alcun ritegno, dicendomi per primo il suo parere, contraddicendo il mio. Ma sopra l'avvenimento che egli racconta, sopra le
sue impressioni, sopra i suoi timori o le sue speranze per l'avvenire, sopra tutto ciò che ha rapporto con l'apparizione, non è più il medesimo
fanciullo. Sopra questo soggetto egli non prende mai l'iniziativa, non commette mai una sconvenienza». La signorina des Brulais constata il
medesimo fatto. Scrivendo a un sacerdote, il 15 settembre 1849, ella dice: «Parliamo un po' di Massimino. Qual contrasto presenta il
carattere di questo fanciullo con la missione che egli compie così fedelmente! La sua turbolenza sembra aumentare invece di diminuire; gli
è impossibile stare fermo, avere la minima riservatezza sia quando lo si interroga sia quando lo si istruisce. E sarà facendo roteare il suo
cappello, il suo bastone o un pezzo di corda, che egli vi darà le più sorprendenti risposte. Egli non è serio che durante il racconto del
Discorso delia santa Vergine. Oh, in questo momento io non so quale influsso elettrico gli venga comunicato per raddrizzare tutti i suoi
nervi e contenerli rispettosamente! Ma il racconto termina, e non lo si tiene più. Voi lo vedrete sospendersi e dondolare a una corda,
riversarsi sulla sedia o, in mancanza della sedia, sedersi per terra, camminare sulle ginocchia, rotolarsi persino, senza che la presenza di
qualsiasi persona possa trattenerlo». Sentiamo ancora Arbaud che osserva lo stesso fenomeno: «Se si interrogano (i pastorelli), essi
sembrano rientrare in loro stessi; si mettono mentalmente nel luogo e in presenza del personaggio che è loro apparso; cambiano tono,
abbassano gli occhi, assumono un aspetto serio e dominano quanto vi è in loro di leggerezza di carattere. E così che essi rendono
testimonianza all'influsso celeste che hanno subito senza attenderselo e senza volerlo».
b. Contrasto nella memoria
Bisogna tener presente che Massimino non riusciva a ricordare quello che gli si insegnava, tanto che suo padre ha dovuto faticare a lungo
per fargli imparare il Pater e l'Ave Maria. Melania, dopo un anno, sapeva appena ripetere gli atti di fede, di speranza e di carità che le
facevano dire due volte al giorno. Questi stessi fanciulli, dopo aver veduto e udito la Signora sulla montagna, una sola volta e per breve
tempo, si ricordavano, con una fedeltà e precisione perfetta, dei minimi particolari che la riguardavano, dei suoi tratti, delle sue diverse
posizioni, del suo vestito e specialmente delle sue parole. Il discorso che ella ha loro rivolto, parte in francese e parte in dialetto, lo
ripeterono integralmente, senza mutazioni, aggiunte o mutilazioni, cominciando e terminando la narrazione sempre alla stessa maniera, e
ciò fin dalla sera stessa del giorno dell'apparizione. E il francese era per essi, il 19 settembre 1846, una lingua quasi sconosciuta. Separati o
riuniti, i due pastorelli diedero sempre la stessa versione del discorso, senza mai contraddirsi o contraddire il compagno. Se uno scriveva
sotto la loro dettatura cose diverse da quelle che loro avevano detto, quando si leggeva in loro presenza lo scritto, essi insorgevano subito: Questa non è la verità! Io non vi ho detto la tal cosa, ma bensì la talaltra.
c. Contrasto nell'intelligenza
I pastorelli sono di una notevole incapacità, anzi sono di un assoluta nullità, di una incredibile ignoranza nelle cose più ordinarie della vita,
ma diventano dei fanciulli prodigio, dei veri dottori, dei teologi, che stupiscono, sbalordiscono e sconcertano, con la loro chiarezza e logica
nelle risposte e ragionamenti, su tutto ciò che ha relazione col fatto di La Salette. A tutte le questioni loro poste sul soggetto
dell'apparizione, essi rispondono subito, senza esitazione o turbamento, in modo pronto, breve, diretto, perentorio. Essi non si accorgono
neppure, sovente, delle stupefacenti risposte che escono dalle loro labbra. Meravigliato da queste risposte, un giorno, un signore chiese a
Massimino: - Quando vi fanno delle obiezioni, cercate voi la risposta? - No, signore; io rispondo sempre subito. In seguito rimango qualche
volta molto stupito di avere dato simili risposte. Spesso ho risposto senza notare ciò che dicevo, e dopo non mi ricordavo più di ciò che
avevo detto. Mi successe ancora di dare, divertendomi, mentre il mio pensiero era tutto rivolto al gioco, delle risposte che sbalordirono tutti
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quelli che le intesero, e io non lo rilevai neppure. - Voi non fate dunque alcuno sforzo d'intelligenza per rispondere? - Nessuno,
signore. Le risposte vengono da sole, subito e sempre intonate alle domande. Arbaud esprime la sua ammirazione con le seguenti parole:
«Mi sembra che le risposte di Melania e di Massimino siano così spiritose, così acute, così naturali, da risultare più straordinarie
dell'avvenimento in se stesso. In pratica, concepite voi che due bambini ignoranti, ai quali la natura ha dato una memoria assai ingrata, che
non hanno l'idea della società, che non sono mai entrati in comunicazione con il mondo, possano subito, senza indugio, apparentemente
senza preparazione, rispondere a tutte le difficoltà, a tutte le interpellanze, a tutte le finezze, a tutti i sofismi con cui vengono inquisiti e,
direi quasi, assaliti? Credete voi che sia facile ad uno, per istruito che sia, respingere, in due parole, tutti gli attacchi diretti contro di lui,
senza mai danneggiarsi, mai contraddirsi, mai stancarsi, mai cadere in nessun tranello? Dove dunque questi poveri fanciulli hanno appreso
l'arte, così apprezzata ai nostri giorni, di inchiodare un uomo sul posto, con un solo colpo, sia quest'uomo un matematico, un naturalista, un
letterato, un giornalista, un medico, un avvocato, un ecclesiastico, un istruito o un illetterato?». Anche Dupanloup ha constatato lo stesso
fenomeno. Scriveva nel 1848: «Bisogna notare che nessun accusato fu mai dalla giustizia vessato con tante interrogazioni sopra un delitto
come questi due poveri villanelli lo sono da due anni sopra la visione che essi raccontano. A delle difficoltà spesso anticipatamente
preparate e qualche volta lungamente e insidiosamente meditate, essi hanno sempre opposto delle risposte pronte, brevi, chiare, precise,
perentorie. E’ evidente che sarebbero radicalmente incapaci di tanta presenza di spirito, se tutto ciò non fosse vero. Sono stati condotti,
come si condurrebbero dei malfattori, sopra il luogo delle loro rivelazioni o delle loro imposture; i personaggi più gravi, i più distinti non li
sconcertano, né le minacce e le ingiurie li sgomentano, né le carezze e la dolcezza li fanno piegare, né i lunghi interrogatori li stancano, né
la frequente ripetizione di tutte queste prove li scopre in contraddizione, né ognuno con se stesso né l'uno con l'altro. Tanto meno possono
apparire complici, e se lo fossero, dovrebbero avere un ingegno senza precedenti, per essere così conformi a se stessi, dopo più di due anni
da che dura e continua senza interruzione questa strana e rigorosa investigazione». Louis Carlier, per mostrare la facilità, la precisione e la
forza con cui Massimino e Melania risolvevano le diverse obiezioni che si facevano loro, cita testualmente alcune delle loro risposte,
estratte da documenti rigorosamente autentici, correggendo, in queste risposte, soltanto gli errori di lingua. I sacerdoti furono sempre i più
difficili a convincersi del fatto dell'apparizione, e hanno mosso ai pastorelli le difficoltà più gravi. Uno di questi disse a Melania: - Voi lo
direte (il vostro segreto) al curato quando farete la vostra prima comunione? - Il mio segreto non è un peccato; non lo dirò neppure allora. Se la santa Vergine vi apparisse ancora, la riconoscereste voi? - Io la riconoscerei, se ella si mostra sotto il medesimo aspetto. - E voi
credete di essere sicura di andare in Cielo? -Vi andrò, qualora abbia meritato di andarvi. Un giovane disse a Massimino: - Se la santa
Vergine avesse voluto parlare a dei bambini, ella avrebbe scelto dei bambini buoni, pii, col cuore molto puro. - Come sapete voi, signore,
se io non ho il cuore puro? - Oh! E che voi mi avete scandalizzato questa mattina con la vostra dissipazione nel servire la messa; voi
facevate girare il capo. - Ebbene, io non sono giudizioso; ecco tutto. - Ascoltate, Massimino, volete che vi dica la verità? - Dite, signore. Voi vi siete inteso con Melania; vi hanno dato del denaro perché raccontiate tutte queste storie. - Ebbene, signore, poiché voi sapete tanto a
questo riguardo, dite: quanto mi hanno dato?... - Oh, il prezzo non importa, ma voi siete stato pagato' - Io dico di no... Se voi non ci volete
credere, basta. - Avete voluto far parlare di voi; ciò durerà forse un anno ancora, poi tutto cadrà. - Ciò cadrà, ciò cadrà... quando cadrà la
religione. A Massimino viene pure fatta questa domanda: - Dirai il tuo segreto al confessore, al quale nulla deve essere tenuto nascosto? - Il
mio segreto non è un peccato; in confessione non vi è altro obbligo che di dire i peccati. Se il Papa ti domandasse il tuo segreto, tu
saresti obbligato a dirglielo, perché il Papa è molto più che la Vergine santissima. - Il Papa più che la santissima Vergine?!... Ma la Vergine
santissima è la regina di tutti i santi. Se il Papa fa bene il suo dovere, sarà santo, ma sarà sempre meno della Vergine santissima... - Ma
forse è il diavolo che ti ha confidato il tuo segreto. - No, perché il demonio non porta il Cristo, e il demonio non proibirebbe di
bestemmiare. Alla stessa obiezione Melania rispose: - Il demonio può ben parlare, ma non proibirebbe di bestemmiare, non porterebbe la
croce e non direbbe di andare a messa. Un ottimo sacerdote, il signor Gérente, cappellano delle suore della Provvidenza di Corenc, presso
Grenoble, disse a Massimino: - Non voglio domandarti il tuo segreto. Però questo segreto riguarda senza dubbio la gloria di Dio e la salute
delle anime. Bisognerebbe che fosse conosciuto dopo la tua morte. Ecco ciò che ti consiglio: scrivi il tuo segreto in una lettera, che
suggellerai. Tu la farai rimettere alla curia del vescovado. Dopo la morte di monsignore e di te, questa lettera verrà letta, e tu avrai
conservato il tuo segreto. Massimino rispose: - Ma qualcuno potrebbe essere tentato di aprire la mia lettera... - Mettendo poi la mano sulla
bocca e sopra il suo cuore, disse, con gesto espressivo: - La mia miglior curia è qui. Qualcuno ha posto questa domanda a Melania: Conoscevate voi Massimino prima del 19 settembre 1846? - L'ho conosciuto due giorni prima. - Ma come va che voi non lo conoscevate
che da due giorni? e tuttavia il 19 eravate buoni amici? Voi gli parlavate. - Signore, io vi parlo e tuttavia non vi conosco. - Come avete
potuto ritenere a memoria tutta questa storia, se pretendete che vi sia stata narrata una sola volta? Ecco che sono tre volte che io la sento
raccontare, e non sarei capace di ripeterla. - Signore, se la santa Vergine ve l'avesse detta, voi la sapreste. - Siete sicura di non aver sognato
quello che raccontate? - Sognato?! - e alza le spalle. - Ma si... se dormivate! - Noi avevamo dormito, signore, ma non dormivamo più. A
un'obiezione analoga Massimino rispose: - Se si fa qualche cosa dormendo, si sa che avvenne dormendo; e io so che ho veduto tutto questo,
ben sveglio. Non dormivo! Si pretese, davanti ai due pastorelli, in due diverse congiunture, che la Signora che loro era apparsa fosse stata
arrestata dalla polizia e imprigionata. Massimino fece questa riflessione: - Ella ha potuto sparire davanti a me; saprà pure sparire davanti
alla polizia. Melania replicò: - Non vi è che Dio che possa mettere Quella in prigione, e io vorrei essere dentro quella prigione. Si disse un
giorno alla pastorella: - Questa Signora è venuta mentre voi dormivate? - Una Signora poteva ben venire, ma non elevarsi. - Infine, voi
avete potuto ingannarvi! - E la fontana, signore, perché è là? - Non vi siete annoiata di ripetere così sovente le stesse cose? - No, signore. Il
sacerdote Albertin, professore del seminario maggiore di Grenoble, disse a Massimino: - Non ti annoi, ragazzo mio, di dover ripetere tutti i
giorni la medesima cosa? - E voi, signore, vi annoiate nel dire tutti i giorni la messa? Dissero a Melania: - Questo vi deve certo annoiare,
specialmente quando vi si fanno domande imbarazzanti. - Signore, non mi sono mai state fatte domande imbarazzanti. Il canonico
Rousselot, trovandosi, il 26 agosto 1847, sul luogo dell'apparizione con trenta o quaranta pellegrini che l'avevano accompagnato, fece
ripetere ai due fanciulli tutta la scena del 19 settembre 1846. Arrivati alla croce detta dell'Assunzione, posta sul luogo della sparizione della
bella Signora, Melania racconta in quale maniera la Signora disparve. Un curato della Valloise, nella diocesi di Gap, l'interrompe per dirle:
- La Signora scomparve in una nube. - Non vi era nube alcuna. Il curato insiste: - Ma è facile nascondersi in una nube e scomparire. Signore, nascondetevi in una nube e scomparite. Repellin scriveva il 19 novembre 1847: «E’ in compagnia del signor curato di Serres
(diocesi di Gap), che feci il mio pellegrinaggio a La Salette. Era l'8 settembre. Visitammo le località; fummo soddisfatti di questi siti
pittoreschi e propizi alle meditazioni religiose... Il giorno susseguente vedemmo i fanciulli e li trattenemmo successivamente per circa tre
ore. Essi risposero alle nostre domande nel modo che sapevamo aver essi risposto a molti altri. Solamente quando domandai alla ragazza se
il personaggio meraviglioso che aveva veduto non potesse essere un cattivo spirito che cercasse di seminare la discordia nella Chiesa, essa
mi rispose, come aveva risposto ad altri: - Ma, signore, il demonio non porta la croce. Proseguli: - Ma, fanciulla mia, il demonio ha portato
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nostro Signore sul tempio, sulla montagna; potrebbe anche portare la sua croce. - No, signore, - disse con sicurezza - no; il buon Dio
non lascerebbe portare così la sua croce. E’ sulla croce che il Signore è morto. - Ma si è lasciato portare lui stesso. - Ma è per mezzo della
croce che ha salvato il mondo. La franchezza di questa fanciulla, la profondità di questa risposta, della quale non ne sentiva forse la
bellezza, mi ammutolirono». Massimino, in Corps, andò un giorno a vedere la rappresentazione della passione di Gesù. Al suo ritorno disse
a una persona: - Ho veduto qualche cosa del mio segreto. Gli si disse allora: - Massimino, tu devi qui dire la verità davanti al buon Dio che
ti giudicherà. Tu hai manifestato qualche cosa del tuo segreto? - Io, signore, non ho detto nulla. - Non sei andato tu l'altra sera alla
rappresentazione della passione? - Si, signore, vi sono andato. - Non hai tu detto, al tuo ritorno, a quella signora che era qui poco fa, che tu
avevi veduto qualche cosa del tuo segreto? - Si, signore, le ho detto questo. - Il tuo segreto riguarda adunque la passione di nostro Signore?
Ah! Può riguardare questa o altra cosa. - Ma poiché sei andato a questa rappresentazione, ciò deve riguardare quello che hai
veduto. - Ma voi non sapete ciò che ho veduto avanti, durante o dopo la rappresentazione. - Ma potrei saperlo, informandomi da coloro che
ti hanno veduto quando andavi, che ti hanno veduto alla rappresentazione e che ti hanno veduto al tuo ritorno. - Fate il possibile per
saperlo, signore. A questa risposta precisa e pronta non si seppe più che cosa replicare. Era impossibile riunire tutte le circostanze e
scoprire quella che poteva avere rapporto con qualche cosa del segreto del ragazzo. S'introdusse Melania davanti a una signora che lei mai
aveva veduto e le si disse: - La Signora che tu hai veduta era più grande o più piccola di questa? - Ella era più grande - rispose senza
esitare. Si fece entrare in seguito Massimino e gli si fece la medesima domanda. Egli rispose immediatamente: - Ella era più grande. A
Melania viene detto: - La Signora ti ha confidato un segreto, e ti ha proibito di dirlo. E va bene! Ma dimmi almeno se questo segreto
riguarda te o qualche altra persona. - Chiunque esso riguardi, ella mi ha proibito di dirlo. - Il tuo segreto è qualche cosa che tu dovrai fare? Che sia una cosa che abbia da fare o no... ella mi ha prolbito di dirlo. - Ella ti ha senza dubbio raccomandato di fare qualche cosa; la farai? Che io la faccia o no, ciò non riguarda nessuno. - Verrà bene il momento nel quale tu dirai il tuo segreto? - Verrà o non verrà. Chambon si
introduce insidiosamente: - Dio ha manifestato - le dice - il tuo segreto a una santa religiosa, ma preferisco saperlo da te e assicurarmi così
che tu non menti. - Posto che questa religiosa lo sappia, essa può dirvelo; io non lo dirò. - Il vostro angelo custode sa il vostro segreto? - Si,
signore. - Vi è dunque qualcuno che lo sa. - Ma il mio angelo custode non è del popolo. - Se gli angeli custodi lo sanno, noi finiremmo bene
per conoscerlo. - Eh, fatevelo dire! Un signore domandò a Massimino se egli era più buono, dopo che aveva veduto la santa Vergine. - Si,
signore, - rispose - un quarto. - Come, un quarto! Come fate a misurarlo? - Amo Dio, signore. - Voi non lo amavate, dunque, prima? - Io
non lo conoscevo, signore. Se l'avessi conosciuto!... Un altro disse a Massimino: - La Signora ti ha ingannato, Massimino. Ella ti ha predetto una carestia, eppure il raccolto è buono dappertutto. - Che m'importa?... Ella me lo ha detto; ciò riguarda lei. A questa medesima
questione i fanciulli hanno altra volta risposto: - Ma si è fatto penitenza. Un sacerdote disse a Massimino: - Tu sei un piccolo mentitore;
non ti credo. - Che m'importa? Io sono incaricato di dirvelo, ma non di farvelo credere.
d. Contrasto nel carattere
Lo sventatissimo Massimino, la paurosa e timida Melania, diedero prova di una intrepidezza eroica e di una tenacia invincibile per non
manifestare a nessuno il segreto che la Signora dell'apparizione aveva confidato a ciascuno. La maggior parte delle persone che li hanno
interrogati, li importunarono su questo argomento, ed è stato questo il campo di battaglia sul quale essi dovettero ogni giorno lottare.
Ciascun visitatore - dice Louis Carlier - credeva di essere più abile di coloro che lo avevano preceduto e nutriva la speranza di scoprire
almeno qualche cosa di questo segreto. Lo si gira e rigira in mille maniere: scienza, astuzia, insidie, promesse, minacce, carezze, disprezzo,
tutto è messo in opera e tutto fallisce. Per insidiose e abilmente preparate che siano le domande su questo oggetto, esse ottengono sempre
delle risposte schiaccianti. E ne abbiamo già dato qualche esempio. E’ impossibile scoprire qualche cosa. I più sapienti e i più astuti non
ottengono più degli ignoranti e dei semplici. Quando si tratta del loro segreto, i pastorelli non conoscono più nessuno: né parenti né amici
né benefattori né preti né vescovi; essi si tengono in guardia contro tutti, senza eccezione. Ascoltiamo uno dei più terribili avversari contro
cui ebbero a lottare, ossia Dupanloup. Egli narra la sua strategia per riuscire a conoscere qualche cosa del segreto di Massimino e constata
la sua completa sconfitta. «Io stesso - scrive dunque il futuro vescovo di Orléans - ho fatto grandi sforzi per penetrare questo segreto.
Alcune circostanze particolari mi hanno aiutato a spingere i miei sforzi più in là di molti altri; anzi ho creduto a un certo momento di
riuscirvi; ecco in quale modo. Avevo condotto, come ho detto, il piccolo Massimino sulla montagna. A dispetto della ripugnanza che
questo fanciullo mi ispirava, avevo cercato tuttavia di essere buono e grazioso con lui; gli usavo tutte le gentilezze possibili, per tentare di
aprire e guadagnare il suo cuore. Non vi ero riuscito. Ma arrivando alla sommità della montagna, qualcuno che si trovava lì gli diede due
immaginette, una delle quali rappresentava il combattimento del 24 febbraio [1848] nelle contrade di Parigi. In mezzo ai combattenti si
vedeva un prete che assisteva i feriti. Il fanciullo si immagina di trovare qualche rassomiglianza tra quell'ecclesiastico e me; e benché io gli
dicessi che si ingannava completamente, conservò la persuasione che fossi io e, a cominciare da quel momento, mi dimostrò la più viva e
rustica amicizia. D'allora in poi parve totalmente libero, comportandosi con molta familiarità. Ne approfittai sollecitamente, e divenimmo i
migliori amici del mondo, senza però che cessasse, devo confessarlo, di essermi del tutto sgradevole. D'allora in poi egli si attaccò al mio
braccio e non mi abbandonò più per tutta la giornata. Discendemmo, così, uniti la montagna; fece colazione e pranzò con me. Si mise a
parlare di ogni sorta di cose col più grande abbandono: della repubblica, degli alberi, della libertà, ecc. Quando riconducevo la
conversazione su ciò che mi interessava unicamente, mi rispondeva, come dissi, brevemente, semplicemente; tutto ciò che aveva relazione
con l'apparizione della santissima Vergine era come una cosa a parte nella nostra conversazione. Interrompeva ad un tratto l'ardore del suo
cicalio. Il fondo di ciò che mi diceva, la forma, il tono, la voce, tutto allora diveniva all'improvviso particolarmente grave e religioso.
Passava poi ben presto ad un altro soggetto e la conversazione diveniva la più familiare e la più vivace. Rinnovavo allora i miei sforzi e le
insinuazioni più abili per profittare di questa confidenza e di questa apertura, e farlo parlare sopra ciò che mi interessava, in particolare
sopra il suo segreto, senza che se ne accorgesse e senza che lo volesse. Mi importava sommamente di leggere in quell'anima, di
sorprenderla in difetto e di strappare, di buongrado o malgrado, la verità dal fondo di quel cuore; ma, devo confessarlo, tutti i miei sforzi,
incominciati al mattino, erano stati perfettamente inutili: al momento in cui io credevo di raggiungere il mio scopo e di ottenere qualche
cosa, tutte le mie speranze svanivano, tutto ciò che mi immaginavo di avere in mano mi sfuggiva ad un tratto, e una risposta del fanciullo
mi faceva ricadere nelle mie incertezze. Questa assoluta riserva mi parve così straordinaria in un fanciullo, e dirò anzi in un essere umano
qualsiasi, che, senza fargli violenza, per la quale la mia coscienza sentiva ripugnanza, volli spingere la cosa più lontano che mi fosse possibile e tentare gli ultimi sforzi per vincerlo in qualche cosa e sorprendere infine il suo segreto. Questo segreto singolare mi stava soprattutto
a cuore. Per vincerlo su questo punto non risparmiai nessuna seduzione, sino a quella misura che mi parve permesso. Dopo molti tentativi e
sforzi assolutamente inutili, una circostanza, insignificante all'apparenza, mi offerse un'occasione che ho creduto per un momento
favorevole. Avevo con me una borsa da viaggio il cui lucchetto si chiudeva e si apriva per mezzo d'un segreto che faceva le veci di chiave.
Siccome questo fanciullo è molto curioso, mette le mani su tutto, guarda tutto e nel modo più indiscreto, non mancò di esaminare la mia
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borsa da viaggio, e vedendo che io l'aprivo senza chiave, mi domandò come io facessi. Gli risposi che era un segreto. Insistette
vivamente perché glielo facessi conoscere. La parola segreto risvegliò nel mio spirito l'idea del suo segreto. Profittai della circostanza e gli
dissi: - Fanciullo mio, questo è il mio segreto; voi non avete voluto dirmi il vostro, e io non vi dirò il mio. Tutto ciò fu detto a metà tra il
serio e il faceto. - Non è la stessa cosa - mi rispose immediatamente. - E perché? - gli chiesi. - Perché mi è stato vietato di dire il mio
segreto: mentre non hanno vietato a voi di dire il vostro. La risposta era perentoria. Non mi tenni però per battuto e, fingendo di non averlo
compreso, gli dissi sul medesimo tono: - Posto che non mi avete voluto dire il vostro, io non vi dirò il mio. Insistette. Eccitai io medesimo
le sue istanze e la sua curiosità: aprivo e chiudevo misteriosamente il lucchetto senza che potesse scoprire il segreto. Ebbi l'indegnità di
tenerlo in questo modo riscaldato, appassionato e in sospeso per più ore; dieci volte in questo frattempo il piccolo fanciullo ritornò violentemente alla carica. - Volentieri - gli dicevo io - ma ditemi anche voi il vostro segreto. A queste parole tentatrici il fanciullo ricompariva
immediatamente religioso e tutta la sua curiosità sembrava svanire. Qualche tempo dopo mi pressava di nuovo. Gli davo la medesima
risposta e incontravo sempre la stessa resistenza. Vedendolo immutabile, gli dissi infine: - Ma almeno, ragazzo mio, posto che volete che io
vi dica il mio segreto, ditemi qualche cosa del vostro. Io non vi domando che me lo diciate interamente. Ditemi almeno quanto potete
dirmene; ditemi almeno se è una cosa favorevole o una sventura. Non sarà dirmi il vostro segreto. - Non posso - fu la risposta. Siccome
eravamo amici, rimarcai soltanto nel suo rifiuto e nel parlare un senso di dispiacere. Cedetti, infine, e gli mostrai il segreto del mio
lucchetto. Ne fu meravigliato; fece un salto di gioia; apri e chiuse più volte la borsa da viaggio. - Vedete - gli dissi - io vi ho detto il mio
segreto, e voi non mi avete detto il vostro. Parve afflitto di questa nuova insistenza e di questa specie di rimprovero. Credetti di non dover
più insistere. Rimasi convinto, come lo sarà chiunque conosce l'indiscrezione umana e in particolare l'indiscrezione dei fanciulli; rimasi,
dico, convinto che questo ragazzo aveva vittoriosamente subito uno dei tentativi, una violenza morale delle più forti che si possano immaginare. Ciò nonostante presi quasi subito la cosa sopra un tono più serio ancora e gli feci sostenere un nuovo assalto. Ecco quale ne fu
l'occasione. Gli avevo dato qualche immagine, comperata sulla sommità della montagna. Non aveva che un pessimo cappello di paglia;
gliene comperai un altro, rientrando nel borgo di Corps. Inoltre mi offrii di dargli tutto ciò che desiderasse. Mi domandò una blusa; gli dissi
di andare a comperarne una: essa costava cinquantotto soldi, che io pagai. Andò a far vedere le immagini, la blusa e il cappello di paglia a
suo padre e ritornò a dirmi che suo padre era contentissimo. Mi aveva già parlato con una certa affezione delle sventure e dei dispiaceri di
suo padre; profittai pure dell'occasione della morte recente della sua matrigna e, nell'atto che mi rimproveravo nel mio interno le tentazioni
che facevo subire a questo fanciullo, gli dissi: - Ma, fanciullo mio, se voi volete dirmi del vostro segreto ciò che potete dirne, si potrebbe
fare del gran bene a vostro padre. Spinsi la cosa ancora più in là e gli dissi: - Io stesso, mio caro fanciullo, potrò procurargli molte cose e
fare che stia con voi a casa sua tranquillo e felice senza mancare di nulla. Perché vi ostinate in questo modo a ricusare di dire del vostro
segreto ciò che potete dirne, quando ciò potrebbe essere di tanto vantaggio a vostro padre e sollevarlo nell'afflizione? Certamente la
tentazione era molto forte. Il fanciullo era in piena confidenza. Non poteva dubitare della mia sincerità, e in verità ero disposto a fare tutto
ciò che gli dicevo. Egli lo vedeva, era cosa manifesta. Mi rispose a voce più bassa: - No, signore, non posso. Bisogna confessare che, se
egli avesse inventato una prima favola, non gli sarebbe stato difficile inventarne una seconda e dirmi un segreto qualunque, analogo al suo
grande racconto, e la cui confidenza avrebbe avuto immediatamente per lui così grandi vantaggi. Preferì dare la risposta che ho indicata o,
piuttosto, senza nulla preferire, mi diede questa risposta spontaneamente, semplicemente. Non mi tenni ancora come interamente battuto, e
spinsi la tentazione ancora oltre, troppo in là forse, ma certamente fino agli ultimi confini; voi ne giudicherete e forse mi biasimerete. Una
circostanza particolare faceva si che io avessi con me una somma abbastanza rilevante in monete d'oro. Mentre il fanciullo girava intorno a
me nella camera del mio albergo, esaminando tutte le mie cose, mettendo le mani dappertutto, come un vero mariuolo, caddero sotto i suoi
occhi la mia borsa e quest'oro; se ne impossessò con gran premura, lo distese sopra la tavola, si mise a contarlo e a farne dei mucchietti;
dopo averli fatti, si divertiva a disfarli e a rifarli. Quando lo vidi ben contento e sorpreso dalla vista e dal maneggio di quest'oro, pensai che
il momento era venuto per metterlo alla prova e per conoscere con esattezza la sincerità di lui. Gli dissi in tono amichevole: - Ebbene!
Fanciullo mio, se voi mi diceste del vostro segreto ciò che potete dirmene, potrei darvi tutto quest'oro, per voi e per vostro padre. Ve lo
darei tutto e subito; non siate in pena per me, perché ho altro denaro per continuare il mio viaggio. Vidi allora un fenomeno morale
certamente molto singolare, e ne sono ancora colpito nel raccontarvelo. Il fanciullo era interamente assorto dall'oro, godeva di vederlo, di
toccarlo, di contarlo. Tutto a un tratto, alle mie parole, diviene malinconico, si allontana bruscamente dalla tavola e dalla tentazione, e mi
dice: - Signore, non posso. Insistetti: - Eppure vi sarebbe qui abbastanza per fare la vostra felicità e quella di vostro padre. Mi rispose
ancora una volta: - Non posso. Lo fece in un modo e con un'espressione tanto ferma, quantunque molto semplice, che mi sentli vinto. Ciò
nonostante, per non dimostrarlo, aggiunsi con un tono che affettasse il malcontento, lo spregio, l'ironia: - Ma forse voi non volete dirmi il
vostro segreto perché non ne avete. E uno scherzo! Egli non mi parve offeso da queste parole, e mi rispose vivamente: - Oh! Si, ne ho uno,
ma non posso dirlo. - Chi ve lo ha vietato? - La Vergine santa. Da quel momento cessai una lotta inutile. Sentii che la dignità del fanciullo
era superiore alla mia; posai con amicizia e rispetto una mano sul suo capo; tracciai una croce sulla sua fronte e gli dissi: - Addio, mio caro
fanciullo. Spero che la santissima Vergine mi scuserà tutte le istanze che vi ho fatto. Siate per tutto il tempo della vostra vita fedele alla
grazia che avete ricevuta. Dopo qualche momento ci lasciammo per non rivederci più. A interrogazioni e offerte del medésimo genere la
fanciulla mi aveva risposto: - Oh, noi abbiamo abbastanza! Non è necessario essere così ricchi». Fin qui il Dupanloup. Un prete di
Grenoble disse a Massimino: - Tu desideri divenire prete; ebbene, dimmi il tuo segreto e io mi incaricherò di te: scriverò a monsignore che
ti faccia istruire gratuitamente. Il fanciullo rispose: - Se per essere prete devo dire il mio segreto, non lo sarò mai. Una persona domandò al
fanciullo: - Che cosa sceglieresti se dovessi dire il tuo segreto oppure morire? - Morirei... - rispose il fanciullo con fermezza. - Non lo dirò!
6.
Un anno dopo l'apparizione
SULLA SANTA MONTAGNA
Appena la primavera del 1847 rese possibile salire sulla montagna dell'apparizione, fu un accorrere di pellegrini, da ogni parte della Francia
e dall'estero. Vi erano persone di ogni età, professione e condizione sociale. Il 31 maggio si trovavano ivi riunite più di 5000 persone. In
quel giorno, per la prima volta, un popolano si inginocchiò quattordici volte lungo il percorso fatto dalla santa Vergine e recitò le preghiere
della Via Crucis. Il gesto trovò molti imitatori, e parve così conforme allo spirito di penitenza di La Salette, che il 23 giugno, il nuovo
curato di La Salette, Louis Perrin, poté erigere sul luogo la Via Crucis, consistente in tante croci di legno quante sono le stazioni del
doloroso cammino fatto dal Salvatore. Il disegno di queste croci era stato abbozzato dal reverendo Louis Perrin e l'esecuzione fu ordinata
da Peytard, sindaco di La Salette. I parrocchiani di La Salette vollero l'onore di portare a spalla le croci sui luoghi dell'apparizione. Queste
croci furono dai pellegrini tagliuzzate per ricavarne ricordi benedetti da portare con sé. Vennero sostituite da altre croci, che subirono però
la stessa sorte. Nel 1854 si misero altre croci ancora, ma foderate di zinco. Nella primavera del 1847 il curato di La Salette fece pure erigere
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una croce sulla cima del Planeau, per indicare ai pellegrini in arrivo la direzione del santo luogo. Più tardi anche le circostanti vette, il
Gargas, il Pic-des-Baisses, Chamoux, ricevettero le loro croci. Queste croci dovettero, negli anni seguenti, essere più volte sostituite,
perché danneggiate dalle intemperie. Il 22 luglio 1847 salì sulla montagna di La Salette monsignor Clément Villecourt, vescovo di La
Rochelle e poi cardinale. Egli amò La Salette fin dai primi tempi dell'apparizione, studiò seriamente il fatto e credette alla sua origine
soprannaturale. Salì sulla montagna in qualità di pellegrino, non di semplice curioso. Di ritorno, scrisse un libretto assai interessante
intitolato: Nouveau récit de l'Apparition de la Sainte Vierge sur les Montagnes des Alpes, nel quale però protesta di non voler anticipare un
giudizio, ma di attendere la decisione del vescovo di Grenoble. Oltre che con lo scritto, manifestò la sua gioia spirituale e la sua fede
nell'apparizione in numerosi colloqui pubblici e privati. Egli era già convinto personalmente della verità dell'apparizione, ma dopo aver
veduto i luoghi benedetti ed essersi intrattenuto a lungo coi due veggenti, lasciò scritto: «Credidi, propter quod locutus sum»: «Ho creduto
e perciò ho parlato». La piu importante manifestazione religiosa che avvenne nel 1847 sulla montagna di La Salette fu quella della
domenica 19 settembre, primo anniversario dell'apparizione. Il curato di La Salette, d'accordo con il sindaco Peytard, ottenne dal vescovo
di Grenoble il permesso di fare costruire sulla montagna, sul luogo dell'apparizione, una specie di cappella provvisoria, di potervi celebrare
la messa e distribuirvi la comunione. Venne innalzata sul luogo una capanna di legno e dentro fu costruito un doppio altare, che permetteva
di celebrare due messe contemporaneamente. Tre giorni prima le strade che conducono a La Salette sono già ingombre di pellegrini. Le
chiese della regione sono piene di gente che cerca un confessore per poter prepararsi a fare la comunione sulla montagna. Gli alberghi di
Corps, sabato 18 settembre, sono pieni; si riempiono pure le case private di Corps e di La Salette, ma l'afflusso dei pellegrini continua ad
aumentare e tutti cercano un alloggio. Una pioggia minuta e gelata batte la zona e i fianchi della montagna dalle cinque pomeridiane.
Nonostante ciò, durante la notte la montagna si va egualmente popolando di pellegrini, e verso la mezzanotte vi sono già sul luogo
dell'apparizione più di 2000 persone. La piccola cappella di assi non può contenere quasi nessuno. Tutti sono fuori alla pioggia e
rispondono ai canti intonati dai sacerdoti - le litanie, la Salve Regina, il Magnzftcat, ecc. - che echeggiano nella notte fredda e buia. Alle
due e mezzo di notte il curato di La Salette benedice il piccolo oratorio improvvisato, e poi lui e Jacques-Michel Perrin, suo fratello e
coadiutore, celebrano simultaneamente la messa e distribuiscono la comunione. Altri preti si succedono senza posa in questi due uffici, fino
a mezzogiorno. Intanto un'altra folla, da Corps, sale sulla montagna, recando in mano torce e lumi per farsi chiaro lungo il cammino. Al
mattino la folla dei pellegrini raddoppia. Verso le undici il sacerdote Sibillat, futuro missionario di nostra Signora, da un'altura, parla
all'enorme folla. Più tardi, Gerin, arciprete della cattedrale di Grenoble, prende la parola e commuove coloro che possono ascoltare la sua
voce. La folla, divisa poi in due immensi cori, canta il Magnìfìcat, il Sub tuum praesidium e infine il Te Deum. Per ore e ore la folla attende
di poter avvicinarsi alla sorgente miracolosa, ma molti vi devono rinunziare. In mezzo alla folla vi sono pure i due veggenti, che devono ripetere, tre volte diverse per ognuno e in luoghi diversi della spianata, il loro racconto a una folla attentissima. Poi essi recitano il rosario e i
pellegrini vi prendono parte con grande devozione. Il padre di Massimino deve portare di peso il povero fanciullo nella cappelletta, per
sottrarlo al pericolo di venire soffocato dalla folla. Anche Melania è a stento sottratta, dalle suore che l'accompagnano, alla marea umana. I
gendarmi di Corps sono sulla montagna, chiamati prudentemente dal sindaco di La Salette. La loro opera è preziosa per conservare l'ordine
durante la comunione e per regolare l'afflusso dei pellegrini alla fontana miracolosa. Alcuni dissero che i pellegrini furono in questa
occasione 100 mila; altri ne calcolarono circa 80 mila, altri ancora 50 mila. Rousselot parla di 60 mila; certo erano moltissimi e superiori ad
ogni aspettativa. Fra tanto concorso di popolo, e in condizioni così disagiate, non si ebbe a deplorare alcun incidente degno di rilievo.
2. NUOVI ATTI EPISCOPALI
I canonici di Grenoble, consultati riguardo all'apparizione di La Salette, avevano, il 15 dicembre 1846, espresso il desiderio che venisse
fatta sull'avvenimento un'inchiesta giudiziaria. Il 19 luglio 1847, perciò, il vescovo monsignor Philibert de Bruillard con un'ordinanza
nominò due commissari delegati per fare un'inchiesta giudiziaria su tutti i fatti conosciuti, relativi all'avvenimento di La Salette. Questi due
commissari furono il reverendo Rousselot, professore di teologia nel seminario maggiore, canonico della cattedrale e vicario generale
onorario, e il reverendo Orcel, canonico onorario e superiore del seminario maggiore. Queste due persone avevano tutte le qualità desiderabili per conferire alla loro testimonianza una grande autorità. Di Rousselot parleremo ancora in seguito. Jacques-Philippe Orcel era
nato il 10 maggio 1805 a Dolomieu, vicino a La Tour-du-Pin. Era stato ordinato sacerdote a Voiron il 18 luglio 1830. Insegnò filosofia nel
seminario minore di Grenoble e, nel 1837, divenne superiore del seminario maggiore. Fu vicario generale della diocesi dal 1853 al 1875, e
vicario capitolare nel 1870. I due sacerdoti, incaricati dal loro vescovo di inquisire e di raccogliere, sia sui luoghi sia nei dintorni, tutte le
notizie relative al fatto di La Salette, partirono da Grenoble il 27 luglio 1847 e percorsero successivamente le diocesi di Valence, di Viviers,
d'Avignone, di Nimes, di Montpellier, di Marsiglia, di Fréjus, di Digne e di Gap. Soggiornarono nella maggior parte di queste città
episcopali e vennero ammessi all'udienza di sei vescovi, che volentieri si intrattennero con loro sul soggetto della loro missione. Questi
delegati vennero dappertutto accolti con molto favore, e constatarono che ovunque risuonava la fama della celebre apparizione di La
Salette, dell'acqua della fonte prodigiosa, dei pellegrinaggi fatti o da farsi alla montagna santa, dei miracoli operati o delle grazie ottenute
per intercessione di nostra Signora di La Salette e mediante l'uso dell'acqua di La Salette. I due delegati ebbero modo di vedere e
interrogare molte persone che si dicevano essere state guarite; dappertutto chiesero e furono loro date o promesse delle relazioni autentiche
di questi fatti meravigliosi. Il 25 agosto dello stesso anno i due sacerdoti arrivarono a Corps. Il giorno dopo salirono, con Massimino e
Melania, sulla montagna e poterono raccogliere tutti i dettagli desiderati. Dopo questo sopralluogo ritornarono a Grenoble per redigere il
loro rapporto. Questo lavoro, scritto da Rousselot, ha per titolo: La verità sopra l'avvenimento di La Salette del 19 settembre 1846, ovvero
Rapporto a monsignor Vescovo di Grenoble sopra l'Apparizione della Beata Vergine a due piccoli pastori sulla montagna di La Salette,
Cantone di Corps (Isère). Monsignor de Bruillard, appena ricevette il Rapporto di Rousselot e di Orcel, con tutti i documenti e le
testimonianze relative all'apparizione, istituì una nuova commissione incaricata di studiare il Rapporto. Questa nuova commissione era
composta dai due vicari generali titolari della diocesi, da otto canonici della cattedrale, dal superiore del seminario maggiore e dai cinque
parroci della città episcopale. Il vescovo era il presidente di questa commissione. Non tutti i componenti di questa commissione erano
favorevoli all'apparizione; vi erano anzi di quelli ostili. Nello spazio di cinque settimane la commissione tenne otto conferenze e studiò il
Rapporto in tutte le sue parti. Monsignor de Bruillard approvò e autorizzò la stampa di detto Rapporto, con una sua lettera, in data 15
giugno 1848. In questo documento episcopale si legge, fra l'altro: «Abbiamo letto attentamente e abbiamo fatto leggere, esaminare e
discutere alla nostra presenza in una numerosa commissione composta da molto reverendi nostri vicari generali, dai membri del nostro
capitolo, dal superiore del nostro seminario diocesano e dai cinque parroci della nostra città episcopale, il manoscritto intitolato La verità
sopra l'avvenimento di La Salette del 19 settembre 1846, 0vvero Rapporto a monsignor Vescovo di Grenoble sopra l'Apparizione della
Beata Vergine a due piccoli pastori sulla montagna di La Salette, Cantone di Corps (Isère). Noi siamo stati costantemente dell'opinione
della grande maggioranza della commissione, la quale ha successivamente adottato tutti gli articoli di questo Rapporto. In conseguenza noi
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permettiamo all'autore di pubblicare per mezzo della stampa il suo lavoro assieme all'introduzione e ai documenti giustificativi. Il
Rapporto parve al vescovo atto a dissipare molte prevenzioni, a illuminare l'opinione pubblica e a portare la convinzione negli spiriti retti.
Esso sarebbe stato letto con interesse e profitto da tutti: credenti, dubbiosi e non credenti. Rousselot ricorda nel suo libro, e ne cita le prove
giustificative, ventun guarigioni attribuite a nostra Signora di La Salette. Tra queste possiamo ricordare quella di suor Saint-Charles
(Clarice Pierron), religiosa della congregazione delle Suore Ospedaliere di San Giuseppe, residente ad Avignone. Questa suora era entrata
in congregazione all'età di diciassette anni e mezzo. Poco dopo la sua professione fu colpita da diversi malanni, specialmente da dolori di
stomaco, frequenti sputi di sangue, dissenteria e febbre, e per più di otto anni fu costretta a stare a letto. Nel dicembre 1846 i mali si
aggravarono, l'etisia polmonare era al suo ultimo stadio e sopraggiunse un'ulcera nella gola e nella bocca. Il 14 febbraio 1847 ricevette
l'unzione degli infermi e il viatico. La superiora dell'istituto, che stese la relazione del fatto, J. Pineau, sentendo parlare dell'apparizione di
La Salette, pensò di raccomandare la sua suora malata alla santissima Vergine. Ne parlò con suor Saint-Charles, ma la trovò indifferente
alla guarigione. Credette bene di ordinarle di unirsi alla novena che la comunità faceva per la sua guarigione e di bere dell'acqua presa alla
fontana di La Salette. La santa Vergine volle mettere a dura prova la confidenza delle suore. Durante la novena la malata si aggravò;
tuttavia era fiduciosa di guarire e di poter accostarsi, il sabato in cui terminava la novena, alla santa comunione. Dovendo però il venerdì
prima, 16 aprile, il vescovo di Chàlons, monsignor de Prilly, celebrare nella cappella delle suore, la superiora anticipò il giorno della
comunione generale della comunità. Cominciata la santa messa, suor Saint-Charles sentì in tutto il suo essere uno sconvolgimento generale.
Si sentì guarita e gridò: «Io sono guarita!». Poté recarsi in un coretto ad ascoltare la messa gia iniziata. Monsignor de Prilly, dopo la messa,
benedisse la miracolata e l'esortò a essere riconoscente alla sua celeste Benefattrice. La guarigione fu persistente e permise alla suora così
beneficata di prendere parte a tutte le azioni della comunità, anche a quelle più faticose, e a tutte le penitenze solite a farsi dalle sue
consorelle. Questa guarigione miracolosa fu constatata dai due medici curanti, dottor Gérard e dottor Roche. Suor Saint-Charles morì il 25
maggio 1851 per una malattia sopravvenuta nei suoi organi digestivi: stomaco e intestino. Altra guarigione, debitamente constatata, è
quella di Mélanie Gamon, avvenuta il 15 agosto 1847. Mélanie Gamon dimorava a Saint-Félicien, nel circondano di Tournon, dipartimento
di Ardèche, in Francia. Da sei anni e mezzo (dal 1841) era affetta da malattia al midollo spinale, con molte dolorose conseguenze. Il
medico non aveva più nessuna speranza di guarirla. Nel pomeriggio del 15 agosto 1847 Mélanie Gamon era in agonia. L'assisteva una sua
sorella di nome Victoire, che doveva ricevere l'ultimo suo respiro. Quel giorno però era il nono di una seconda novena fatta in onore della
beata Vergine di La Salette, consistente in preghiere e nell'uso dell'acqua della fontana prodigiosa. L'inferma si sente improvvisamente
guarita e grida: «Victoire, portami i miei abiti; sono guarita!». Questa guarigione venne attestata il 23 ottobre 1847 dal dottore FargierLagrange; fu narrata dal curato di Saint-Félicien, il canonico Bernardino Fustier, e la narrazione venne legalizzata da Gervais, vicario
generale della diocesi di Viviers, il 25 ottobre 1847. La miracolata continuò a godere buona salute. Il libro La vérité sur l'evénement de La
Salette du 19 septembre 1846, del canonico Rousselot, fu pure mandato in omaggio il 18 agosto 1848 a Pio IX, il quale era stato eletto Papa
il 16 giugno 1846. Pio IX rispose con un «breve», in data 20 settembre 1848, indirizzato a Rousselot.
3. IL «RAPPORTO»
Esaminiamo il Rapporto. Nell'introduzione Rousselot si propone e risolve quattro quesiti atti a sgombrare il terreno da ogni prevenzione
contro i fatti che egli dovrà poi esporre. 1° quesito: quali sono i principi di certezza in base ai quali si deve apprezzare il fatto di La Salette?
2° quesito: si deve ammettere che avvengono ancora dei miacoli nella Chiesa cattolica? 3° quesito: in qual modo si riconosce che un fatto
straordinario è veramente soprannaturale e miracoloso? 4° quesito: qual è stata l'opinione dei membri della commissione episcopale sopra
ciascuna parte della relazione del fatto di La Salette? In sei paragrafi preliminari l'autore dà: 1) Una descrizione dei luoghi dell'apparizione.
2) Notizie relative ai due pastorelli, recando anche come documenti di appoggio le dichiarazioni di Baptiste Pra e di Pierre Selme. Egli
constata che, considerato il carattere dei due ragazzi, la loro ignoranza e le circostanze dell'avvenimento, è impossibile sospettare che essi
abbiano inventato l'affare dell'apparizione o che siano stati ingannati. 3) Il racconto fatto da Melania, nella sua dizione diretta e nel testo
fissato per iscritto da Baptiste Pra, e conosciuto sotto il titolo di Lettera dettata dalla santa Vergine a due fanciulli sopra la montagna di La
Salette-Fallavaux. 4) Il racconto della stessa apparizione fatto da Massimino. Rousselot rileva che il racconto del fanciullo è conforme,
nella sostanza e anche in quasi tutte le parole, a quello di Melania. I due fanciulli non si sono mai contraddetti; le loro risposte sono sempre
apparse chiare, pronte e precise. Qualche volta essi non hanno ben compreso i termini delle questioni che si sottoponevano a loro e hanno
risposto cercando di indovinare. Ma dopo che si sono spiegati loro i termini della domanda, hanno subito risposto chiaramente. Ecco un
esempio di questa situazione. Fu chiesto a Massimino e poi a Melania: - Giurereste che dite la verità? Essi non seppero che rispondere,
perché non sapevano che cosa volesse dire faire serment; quando poi si spiegò la cosa dicendo loro: - Alzereste voi la mano e direste senza
timore: «Che Dio mi punisca se ciò che dico non è la verità. Che Dio mi mandi all'inferno se mentisco?» - essi capirono e senza esitare
risposero: - Si, signore! 5) Notizie del segreto confidato dalla Signora ai due pastorelli; come essi lo ricevettero e come lo conservarono. 6)
L'opinione che i due commissari episcopali si sono formata sull'avvenimento meraviglioso. Cosa si deve pensare del fatto di La Salette? Si
deve credere al racconto dei due pastorelli di Corps? La santissima Vergine è veramente apparsa sulla montagna di La Salette? Ed ecco la
risposta: «Noi crediamo di poterci dichiarare in favore della realtà di questa apparizione. Effettivamente il racconto dei due fanciulli è vero
e deve essere creduto, se essi non sono stati ingannati e non sono ingannatori. Essi non potevano essere ingannati che in due maniere: o da
un 'illusione o allucinazione mentale di poca durata; oppure da un individuo furbo e destro, che abbia saputo rappresentare davanti ad essi
la parte attribuita alla bella Signora. Due supposizioni, queste, difficili a provarsi e faclli a essere confutate. Non possono essere ingannatori
che in due maniere: o perché hanno inventato e concertato quello che recitano; o perché si prestano scientemente a un impostore sacrilego e
abile, che li ha addestrati e che, da lontano o da vicino, suggerisce loro, senza scoprirsi, la parte che rappresentano da venti mesi. Due
nuove supposizioni assurde e impossibili. Dunque i fanciulli di La Salette non sono né ingannati né ingannatori; dunque dicono la verità, e
il loro racconto deve essere ammesso come vero». I due commissari vescovili trovano la conferma di questa loro asserzione: 1) nel fatto in
se stesso; 2) nella fede che esso ha ottenuto sul luogo; 3) nella fede che esso ha ottenuto presso persone sagge ed illuminate, accorse sulla
montagna, da tutte le parti e in grande numero; 4) nelle conseguenze straordinarie che seguirono al fatto e che ne sono divenute le prove piu
irrefutabili. Più avanti ritorneremo su questi diversi argomenti.
4. LE OTTO CONFERENZE
Le otto conferenze furono tenute al vescovado di Grenoble, sotto la presidenza del vescovo monsignor de Bruillard. Pnma conferenza (8
novembre 1847). - Dopo la recita del Veni Creator, viene letto un regolamento steso preventivamente dal vescovo e che riguarda la
distribuzione dei lavori e la tenuta delle assemblee. Vengono prescritte delle preghiere ai membri della commissione per implorare i lumi
del cielo. Rousselot e Orcel leggono poi la parte del Rapporto che tratta della topografia del luogo dell'apparizione, del carattere dei due
pastorelli, del loro racconto e del loro segreto. Viene fatta una sola obiezione di qualche importanza. Dopo questa prima conferenza, il
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vescovo convoca a Grenoble il parroco di Corps e i due pastorelli. Massimino, condotto dal suo parroco, fu ricevuto da Gerin, parroco
della cattedrale. Melania fu accompagnata da suor Sainte-Thècle, e tutte e due ricevettero ospitalità a Corenc, presso le suore della
Provvidenza. Champon narra le curiosità del viaggio di Massimino; il ragazzo si meravigliava di tutto, e siccome non gli avevano detto
dove era diretto, arrivato a La Mure credeva già di essere in capo al mondo. A Laffrey, vedendo il lago, si ricorda della lezione di geografia
di suor Valeria e crede di essere giunto al mare. Il castello di Vizille è altra occasione di meraviglia. Arriva a Grenoble a notte fatta e i lumi
a gas lo riempiono d'amtnirazione. Un viaggiatore chiede al fanciullo se la bella Signora era più luminosa delle abbaglianti vetrine di piazza
Grenette, ove si era arrestata la vettura. Massimino rispose: - Se ella si trovasse qui riempirebbe da sola tutta questa piazza di luce. Il giorno
dopo si dovette penare non poco per la pulizia del pastorello, in modo da renderlo presentabile al vescovo. Seconda conferenza (15
novembre). - Mélin, curato di Corps, è presente. Si ritorna sul carattere dei pastorelli. Si precisa: 1) che la superiora e le altre suore della
Provvidenza di Corps non solo non preparano i due pastorelli a rispondere alle probabili interrogazioni che venissero loro rivolte, ma che
anzi non parlano quasi mai ad essi dell'apparizione, e che esse rare volte sono presenti quando i due fanciulli vengono interrogati; 2) che il
disinteresse dei due pastorelli è reale, e che anzi spesso conviene esortarli per indurli ad accettare qualche cosa, e che infine consegnano
fedelmente alla superiora tutto ciò che hanno ricevuto, senza mai informarsi dell'impiego che essa ne fa; 3) che Massirnino non è mentitore
per aver aggiunto al suo racconto il fatto accessorio ed esplicativo «delle pietruzze gettate in chiesa», come era stato obiettato nella prima
conferenza. (Questo abuso esisteva veramente a Corps. Melania non disse mai questo particolare; anzi un giorno, sentendo che Massimino
lo diceva, l'interruppe bruscamente dicendogli: «Cosa dici? La santa Vergine ha parlato di questo?». Il ragazzo rispose che egli non aveva
mai detto che questa frase fosse stata pronunziata dalla santa Vergine, ma che egli la diceva per spiegare meglio il pensiero della bella
Signora. Dopo non aggiunse mai più questa frase nel suo racconto, e il manoscritto Lagier, che porta la data del febbraio 1847, non ne
conserva alcuna traccia); 4) che l'interesse non ha parte alcuna nella conversione degli abitanti di Corps e dei suoi dintorni. Rousselot,
continuando la lettura del Rapporto, prova, con chiara e solida argomentazione, che i due pastorelli non hanno potuto essere ingannati e
non hanno voluto ingannare: si può quindi ricevere la loro testimonianza. Si obietta, seguendo la regola della critica, che la testimonianza di
due ragazzi è insufficiente. Si risponde però che qui non si tratta né di una certezza assoluta né di una decisione di fede, ma di un'adesione
fondata su di una grandissima probabilità, la quale, secondo la dottrina di Benedetto XIV e l'usanza della Chiesa, basta quando si tratta di
un'apparizione, e che non si è richiesto nulla di più per l'apparizione di nostra Signora di Osier, di Laus, ecc., e per quella avuta da
Ratisbonne. Monsignor vescovo fa entrare poi nella sala Massimino, che si avanza senza salutare e senza trovarsi imbarazzato dai presenti.
Lo si fa sedere, ma egli non può stare fermo: si agita, si alza, si dondola a destra e a sinistra. Al suo racconto dell'apparizione, fatto metà in
francese e metà in dialetto, segue l'obiezione dell'indifferenza del fanciullo a comunicare ciò che ha veduto e inteso agli altri pastorelli suoi
compagni. Terza conferenza (16 novembre). - Il fatto principale di questa riunione è la presenza di Melania. Entra in sala con un modesto
imbarazzo, accompagnata dalla superiora delle suore di Corps. In mezzo al più grande silenzio comincia allora un interrogatorio condotto
con molta abilità. La pastorella risponde a tutto con accento timido, ma convinto. Fa in seguito il suo racconto dell'apparizione, con molta
chiarezza. All'obiezione, fatta il giorno prima anche a Massimino, sul silenzio osservato dai due pastorelli verso i loro compagni della
montagna, Melania risponde con ingenuità che si era creduta obbligata di parlare di quelle cose meravigliose, in primo luogo, ai suoi
padroni, e che essa aveva dovuto domandare loro che cosa era “il popolo” al quale doveva comunicare il racconto della santa Vergine. La
superiora presente, suor Sainte-Thècle, assicura che il racconto fatto dalla fanciulla in quel momento è identico a quello fatto nei primi
giorni che seguirono l'avvenimento. Interrogata dal vescovo sulla memoria di Melania, la superiora risponde che da più di un anno essa
dura molta fatica a farle imparare gli atti di fede, di speranza e di carità e che essa non crede ancora di esserci riuscita del tutto. Viene pure
introdotto nella sala Massimino, che si dimostra sempre lo stesso ragazzo distratto, disinvolto, indifferente, come se fosse nella sua casa.
Egli risponde ad alcune questioni che gli vengono poste. Quarta conferenza (17 novembre). - I due fanciulli vengono nuovamente ascoltati
e rispondono con soddisfazione generale dell'assemblea. Rousselot continua la lettura del Rapporto. Uno dei membri della commissione,
non favorevole all'apparizione, accusa il parroco di Corps di avere speculato sull'acqua di La Salette. Il parroco si scolpa dicendo che le
offerte sono state devolute in parte in opere di carità e in parte messe in riserva per la costruzione di una cappella, da eseguirsi quando
piacerà a monsignor vescovo di ordinario. Quinta conferenza (22 novembre). - La discussione si impegna di nuovo sopra la questione della
certezza morale. Il superiore del seminario maggiore, Orcei, secondo relatore, stabilisce rigorosamente: 1) che certezza morale e grande
probabilità sono praticamente la stessa cosa; 2) che per la certezza di un fatto non è necessario avere un grande numero di testimoni, ma
che un piccolo numero basta, quando questi testimoni godono di quelle qualità richieste dalla critica per rendere la loro testimonianza
indubitabile. Il vescovo mette ai voti le diverse parti del Rapporto già studiate ed esse vengono tutte approvate: alcune lo sono
all'unanimità, le altre a grande maggioranza. Sesta conferenza (29 novembre). - Questa seduta è soprattutto impiegata nell'esame di
guarigioni straordinarie ottenute mediante l'invocazione di nostra Signora di La Salette e nello studio dei documenti giustificativi che ne
fanno fede. Le guarigioni di suor Saint-Charles e di Mélanie Gamon sono giudicate come aventi le condizioni richieste dai teologi per
costituire un vero miracolo. Settima conferenza (6 dicembre). - Si continua a passare in rivista le guarigioni. Quella di una cieca di Lalley
(Isère), Victorine Sauvet (avvenuta il 25 settembre 1847, sul luogo dell'apparizione, in seguito al contatto degli occhi di Victorine con
l'acqua della fontana prodigiosa), è accettata unanimemente, se non come miracolo, almeno come fatto straordinario. Rousselot comincia
poi a leggere la parte del Rapporto che risolve le obiezioni mosse contro l'apparizione. Ottava conferenza (13 dicembre). - Quest'ultima
conferenza ha per oggetto il seguito dell'esame delle obiezioni, e le loro soluzioni sono accettate dalla grande maggioranza. Monsignor de
Bruillard dichiara chiuse le conferenze, ringrazia i membri della commissione per il loro zelo e la loro assiduità, e si riserva di pronunziare
un giudizio dottrinale, quando ne crederà giunto il tempo opportuno.
7.
Il trionfo della verità
PRIME OPPOSIZIONI
Le opere divine sono segnate dal dolore e dalle opposizioni. Così avvenne pure per il fatto di La Salette. Dopo l'apparizione del 19
settembre 1846 l'autorità ecclesiastica non si pronunziò né in favore né contro, ma prudentemente attese. L'autorità civile invece fu meno
saggia di fronte al prodigio. Il 20 febbraio 1847 un certo Claret, sindaco di Morestel, capoluogo di un cantone del dipartimento dell'Isère,
fece pervenire al sottoprefetto di La Tour-du-Pin una relazione dell'apparizione, chiedendo in pari tempo che venisse impedita «la circolazione di simili assurdità». Il sottoprefetto de Carbonnel, nel comunicare al prefetto Peilenc la cosa, credette suo dovere rincarare la
dose, dicendo che «questi sinistri rumori sono per loro natura atti a produrre un effetto deplorevole nelle campagne, dove disgraziatamente
sono propagati da persone rivestite di un carattere rispettabile e che aumenta la loro influenza». L'accenno ai preti dell'Isère è evidente, ma
è altrettanto falso, perché essi si attennero rigorosamente al silenzio imposto loro dal vescovo monsignor de Bruillard nella sua circolare del
20
9 ottobre 1846. Il primo magistrato del dipartimento, il prefetto Pellenc, fece rimostranze al vescovo di Grenoble e lo pregò «di
trovare qualche mezzo per rimediare al male che causano delle inquietudini esagerate». Il prefetto dell'Isère avvisò pure il ministro degli
interni dei «gravi danni» che la notizia dell'avvenimento di La Salette arrecava ai suoi amministrati. La stampa parigina e delle province
parla intanto dell'avvenimento. Il 9 gennaio 1847 un giornale di Grenoble, Le Patriote des Alpes, si pone contro l'avvenimento straordinario
di La Salette. Il Siècle pubblica la notizia dell'apparizione e, nei numeri del 16 e del 21 febbraio 1847, la deride, la chiama «un rumore
assurdo» e accompagna tutto con calunnie. Il National deplora il numero ancora elevato di coloro che credono a simile racconto, che
chiama «imposture fantastiche». Il Constitutionnel si associa nella stessa campagna denigratoria. I giornali cattolici, quali 1' Univers per
opera di Louis Veuillot e l'Ami de la Religion, rintuzzano l'audacia degli empi e fanno risaltare i fatti favorevoli all'autenticità
dell'apparizione. Il Censeur de Lyon, nel suo numero del primo maggio 1847, accusa un prete delle Alpi di aver inventato il fatto
dell'apparizione per fare soldi e accompagna la calunnia invocando sul colpevole i rigori della giustizia. Il canonico Bouvier, decano del
capitolo di Grenoble, scrisse alla direzione del Censeur, pregando di provare la sua accusa o di ritrattarla, ma, come fanno sempre tutti i
calunniatori, il giornale non ne fece più parola. Il governo, incredulo al fatto, diede segretamente al pubblico ministero di Grenoble l'ordine
di agire per ricercare e punire gli autori dell'apparizione. Il procuratore del re diresse personalmente la prima di queste inchieste
poliziesche. Con altre due persone arrivò, un giorno dell'inverno 1846-1847, a casa di Baptiste Pra agli Ablandins, in incognito, e condusse
un interrogatorio specializzato. I tre personaggi si recarono poi a casa di Pierre Selme e ripeterono la cosa, indi ripartirono da La Salette
senza farsi conoscere. Due anni dopo il signor Pra si incontrò a Corps col procuratore del re e riconobbe in lui quel signore che lo aveva
così minuziosamente interrogato sull'affare di La Salette. Questo magistrato non aveva potuto cavare nulla di sospetto dall'inchiesta,
tuttavia continuò ad occuparsi della faccenda per mezzo dei suoi subalterni. Nel maggio 1847 il giudice conciliatore di Corps ricevette dal
ministro della giustizia e dei culti, Hébert, l'ordine di convocare Massimino e Melania davanti al tribunale, al fine di «scoprire il
personaggio che essi dicevano di aver veduto sulla montagna» e di arrestarlo come perturbatore dell'ordine pubblico. Il 22 maggio pertanto
i due pastorelli compaiono in tribunale. In assenza del giudice, vi era il suo sostituto, Long, notaio, sindaco di Corps, assistito nell'esercizio
delle sue funzioni dal cancelliere Giraud. I due veggenti vengono interrogati separatamente. Melania è la prima a fare il suo racconto. Entra
poi Massimino, e lo scrivano, accorgendosi che il racconto del fanciullo è uguale a quello di Melania, non lo trascrive più, ma nota soltanto
che «il suo racconto è testualmente lo stesso che quello di Melania». Si interrogarono ancora i due fanciulli per farli cadere in contraddizione; si minacciarono in diversi modi, ma essi rispondevano sempre di non dire altro che la verità, e che nulla avrebbe loro impedito
di raccontare quello che avevano visto e udito. Verso la fine della seduta entra nella sala un quinto personaggio, per verificare i registri.
Allora ricomincia l'interrogatorio al quale prende parte il nuovo venuto. Il tribunale non trovò nessun inganno nel fatto di La Salette.
L'inchiesta contribuì a rafforzare la fede di coloro che già ammettevano il fatto come prodigioso; e la deposizione scritta procurò un
documento ufficiale del racconto, in tutto uguale a quello di Pra, di Lagier, di Rousselot, e costituisce la «relazione Long». Long mandò la
deposizione scritta al procuratore del re, in data 22 maggio 1847 Rousselot interrogò Mélin per sapere qualche cosa di particolare su questo
interrogatorio giuridico. Mélin rispose, in data 12 marzo 1850, al vicario generale, e tra l'altro diede queste notizie: «Il giorno dopo
l'interrogatorio ho incontrato per caso il signor Giraud. - Ebbene, cancelliere, - gli dico, incominciando a parlare - la seduta di ieri vi ha
fatto scoprire qualche cosa di nuovo sopra l'apparizione? - No; ma il procuratore del re non si arresterà qui; egli andrà avanti; noi ne
abbiamo redatti i documenti e li abbiamo mandati al pubblico ministero. - Tanto meglio; se si procede si finirà per scoprire se è vero o
falso; ma guai a me! Dopo i due fanciulli io sono il primo alla sbarra della giustizia. - No; nessuno crede che voi siate l'inventore di questo
fatto; ma vi sono sospetti su un'altra persona; noi la sorveglieremo. - Voi mi rassicurate un po' nel mettermi fuori del tribunale e del
processo; ma si può sapere chi è colui sul quale voi avete gli occhi aperti? E un prete? - Noi siamo obbligati a procedere lentamente e con
prudenza, altrimenti non raggiungeremmo il nostro scopo; ma è un prete. - Del cantone? - Si, del cantone. - Voi mi stupite e mi imbarazzate
nello stesso tempo; fatemi questa confidenza... - Ebbene! E il vostro vicino di Ambel. - Il signor R. ..? - Si, proprio lui. - Vi ringrazio di
questa confidenza; rassicuratevi, povero cancelliere; il mio vicino di Ambel crede all'apparizione meno ancora di voi». Soddisfatto del
rapporto ufficiale del tribunale di Corps sopra l'avvenimento di La Salette, il pubblico ministero di Grenoble giudicò il documento
conclusivo e cessò di agire. Non così fece il ministro della giustizia e dei culti, che si permise di tracciare una regola di condotta al vescovo
de Bruillard. La lettera ministeriale è datata da Parigi, il 12 giugno 1847, e ha per oggetto «la pubblicazione e il commercio di una stampa
rappresentante l'apparizione della Vergine a due bambini e delle relazioni di questa apparizione». Il vescovo di Grenoble rispose con nobile
dignità, ricordando il suo ordine trasmesso al clero della sua diocesi, riguardo al più assoluto riserbo su tutto quello che concerneva
l'apparizione. Anche i protestanti attaccarono l'apparizione di La Salette. Poco dopo il 19 settembre 1846, un protestante di nome Napoléon
Roussel, in un opuscolo intitolato Mysteres de La Salette, scrisse seriamente che Massimino e Melania avevano visto non la Madonna, ma
satana. Un'altra opera scritta verso la stessa epoca da Jules Dandel attribuisce pure il fatto al demonio. La commissione nominata dal
vescovo di Grenoble, per esaminare la relazione presentata dai due commissari diocesani, era composta da diciassette membri. Tredici di
costoro adottarono con convinzione le conclusioni di Rousselot sopra la realtà dell'apparizione. Gli altri quattro fecero qualche obiezione.
Essi furono: 1) Berthier, vicario generale, che diresse piuttosto i suoi attacchi contro Mélin che non contro il fatto in se stesso; 2) De
Lemps, curato di Saint-André, che restò però sempre nei limiti di una perfetta cortesia; 3) Genevey, curato di Saint-Louis, che si separò
dalla maggioranza, a causa delle sue opinioni filosofiche sopra la certezza; 4) Cartellier, curato di Saint-Joseph, che divenne più tardi il
capo di tutti quelli che combatterono l'apparizione. Indeboli le file clericali dell'opposizione la pubblicazione del Rapporto di Rousselot,
accompagnato dal resoconto delle conferenze del 1847. La verité sur l'événement de La Salette du 19 septembre 1846 costrinse però i
rimanenti oppositori a uscire dall'ombra e a combattere il libro, il suo autore e l'avvenimento dimostrato autentico. L'opera di Rousselot è
fondamentale per lo studio dell'apparizione di La Salette, ma non è la prima scritta sull'argomento. Avevano già scritto e pubblicato opere
su La Salette: Bez della diocesi di Lione; il benedettino Hecht di Notre-Dame des Ermites in Svizzera; monsignor Villecourt, vescovo di La
Rochelle. Nell'anno in cui vide la luce La vérité (1848), uscirono pure i Souvenirs intimes di Arbaud, della diocesi di Digne. Nel 1849
furono pubblicati: un libro di Lemeunier, della diocesi di Séez; la lettera di monsignor Dupanloup, scritta l'anno prima ad Albert du Boys.
Nel 1850 uscì un secondo libro di Rousselot: Nouveaux documents sur l'événement de La Salette, che è un seguito e un complemento del
primo. Questo libro spaventò gli oppositori dell'apparizione, i quali però cercarono di costruire e sfruttare il così detto «incidente di Ars»,
per ritardare il giudizio definitivo che monsignor de Bruillard avrebbe dovuto pronunziare dopo quattro anni di indagini.
2. L'INCIDENTE DI ARS
Massimino aveva una quindicina d'anni. Mortogli il padre, passò sotto la tutela di un fratello di sua madre, Louis Templier, che esercitava a
Corps la professione di cordaio. Il fanciullo aveva manifestato qualche desiderio di divenire prete e missionario e perciò Mélin lo iniziò allo
studio del latino. Massimino andava in canonica per le lezioni e continuava ad abitare nel convento presso le suore della Provvidenza.
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Questa vita sedentaria e quasi claustrale pesava sulla natura mobile e vagabonda del pastorello, che invidiava la libertà dei suoi
coetanei. Un giorno fuggi. Quando ritornò venne riaccettato, e davanti ai suoi buoni propositi non si disse nulla né al curato né al tutore. La
nostalgia della campagna ritornò, e il fanciullo fuggì ancora. Il curato lo venne a sapere e avvisò Templier, che castigò il nostro «uccel di
bosco». Questi argomenti parvero convincere lo scolaro che era necessario non fuggire più. Ritornò però la tentazione e Massimino fuggì
agli Ablandins presso i suoi conoscenti. Vi arrivò sporco, stracciato, affamato, infangato come «il figlio prodigo», e si presentò alla porta
della famiglia Pra, che lo accolse come uno di casa e lo sfamò. Egli disse di essere fuggito dal convento e di voler rimanere lì come
domestico. La fuga avvenne un lunedì e gettò in allarme suore, curato e familiari. Il giovedì seguente Baptiste Pra ricondusse all'ovile la
«pecorella smarrita». I parenti, contenti di aver ritrovato Massimino, non lo sgridarono tanto, ma Mélin fece sapere che, se la scappata si
fosse ripetuta, egli non si sarebbe piu interessato del ragazzo. Al principio del 1850 Massimino fuggì una quarta volta, lasciando
definitivamente le suore e troncando le lezioni del suo curato. Fu rimesso nelle mani del suo tutore. All'inizio del settembre 1850 Louis
Templier si ricordò che Massimino Giraud aveva a Crémieu (capoluogo di un cantone dell'Isère, ad una trentina di chilometri da Lione) un
prozio materno, vedovo, ricco e vecchio, e pensò che costui avrebbe acconsentito a interessarsi di Angelica sorella di Massimino. Si mise
in viaggio per condurgliela; il piccolo pastore li accompagnò. Il viaggio non ebbe l'esito sperato. Durante il viaggio, Templier e i suoi
pupilli incontrarono il conte di Certeau che offrì loro cordiale ospitalità nel suo castello di Passins, presso Morestel. Questi montanari
furono ammessi alla tavola di famiglia e circondati di ogni attenzione. Prima di lasciarli partire, il padrone del castello, dopo aver fatto vedere il suo superbo dominio, disse a Massimino: - Vi do tutto questo, se mi dite il vostro segreto. Improvvisamente però il fanciullo perde
la memoria e non può articolare parola. Così comprese l'avvertimento della santa Vergine. Templier, vista la buona accoglienza ricevuta a
Passins, pensò di condurre per il mondo il ragazzo e di farne una fonte di guadagno. Per lo stesso motivo Mathieu, il padre di Melania,
aveva ritirato la figlia a casa sua. Massimino e Melania erano contrari a queste speculazioni, e gli avvenimenti li aiutarono ad uscire da
simile pericolo. Nell'agosto 1850 si trovò sulla santa montagna un certo Bonnefous, marista, partigiano del falso barone di Richemont, preteso Luigi XVII. Costui pensò di trovare nel «segreto» di Massimino un appoggio alle sue idee politiche, e associò all'interessamento per il
fanciullo anche un certo Brayer di Parigi e Verrier di Caen, ambedue sinceri cristiani e pellegrini a La Salette il 19 settembre 1850. Un
ritratto del preteso re fu mostrato a Massimino, ma il fanciullo restò indifferente; un'intervista combinata con il fanciullo e il pretendente
ottenne lo stesso risultato negativo, anzi, dopo la visita, parlarono a Massimino di Luigi XVII ed egli disse di non sapere se erano esistiti un
Luigi XVI, un Luigi XVII e un Luigi XVIII, e che solo aveva inteso parlare di Luigi Filippo. Il 22 settembre 1850, con il permesso di
Templier, i tre signori suddetti vollero condurre Massimino presso i maristi di Lione per farlo studiare, ma l'inconfessato scopo di
Bonnefous era la speranza che nutriva di trovare nei segreti di La Salette qualche testimonianza in favore del preteso Luigi XVII. Un orefice di Parigi, Houzelot, si era offerto di sostenere le spese per gli studi del ragazzo. Brayer e Verrier desiderarono prima fare incontrare il
fanciullo con il curato d'Ars, Vianney, per consultano sulla sua vocazione. Passando per Grenoble, Massimino fece una visita a Gerin,
curato della cattedrale, il quale avvertì il vescovo della cosa progettata. Monsignor de Bruillard proibì al pastore di La Salette di lasciare la
diocesi e gli ingiunse di andare nell'Istituto San Giuseppe, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, in attesa di poter entrare nel seminario
minore di Grenoble. I protettori del fanciullo mutarono rotta; condussero il pastorello al luogo indicato, ma poi tornarono a riprenderlo per
farlo mangiare con loro, prima della loro partenza per Lione. Massimino, che voleva viaggiare, si rifiutò di ritornare all'Istituto San
Giuseppe. Essi allora acconsentirono di condurlo ad Ars, assieme a sua sorella Angelica di ventun anni, allora in servizio a Grenoble, e
anch'essa desiderosa di consultarsi con il curato d'Ars. Lo stesso Brayer ottenne dal padre di Melania il permesso di occuparsi dell’avvenire
della fanciulla. Per ottenere questo dovette rimettere a Mathieu una somma di cinquecento franchi che gli aveva prestato come cauzione per
l'affitto del pedaggio del ponte di Corps sul Drac. Questo fatto diede luogo alla calunnia che Melania era stata comperata per cinquecento
franchi. Alla fine di settembre la fanciulla lasciò anch'essa il suo paese natìo e, accompagnata da suo padre fino a Grenoble, si presentò con
le raccomandazioni di Mélin e delle suore di Corps davanti al suo vescovo. De Bruillard proibì anche a Melania di uscire dalla diocesi e la
indirizzò alla casa madre delle suore della Provvidenza di Corenc, dove essa andò subito. Il curato Giovanni Maria Vianney era ad Ars dal
1818. La sera del 24 settembre 1850 Massimino arrivò nel fortunato villaggio e si portò alla chiesa per parlare col celebre curato. Il fanciullo si indirizzò presso il sacerdote coadiutore, Antoine Raymond, avverso a La Salette, perché Perrin, curato di questa parrocchia, non
gli aveva lasciato celebrare la messa nella sua chiesa, essendo egli senza il «celebret». Costui mandò i nuovi venuti ad attendere
all'orfanotrofio della Provvidenza. Si presentò poi a Massimino trattandolo da impostore e dicendogli che non avrebbe potuto ingannare
anche Vianney, perché costui leggeva in fondo al cuore. Massimino, per troncare questo colloquio che non gli garbava, disse: - Ebbene!
Ammettiamo che io sia un mentitore e che non abbia visto nulla. Il vicario prese questa frase come fosse una ritrattazione e disse al
Vianney che il pastorello aveva ritrattato tutto quello che aveva affermato fino allora sull'apparizione. Il giorno dopo, alle nove del mattino,
Massimino si incontra per breve tempo con Vianney nella sagrestia. Non si decide nulla riguardo alla vocazione, ma il santo curato ordina
al pastorello di ritornare nella sua diocesi. Coloro che conducono il fanciullo non sono però soddisfatti e vogliono che egli parli un'altra
volta al curato. Per obbedire a costoro, Massimino ritorna verso le ore undici a parlare al curato che si trova dietro l'altare maggiore, intento
a confessare degli uomini, e si sente ripetere l'ingiunzione di andare a mettersi a disposizione del suo vescovo. G. Giray, nel suo studio
storico-critico intitolato Les miracles de La Salette, riportando le affermazioni di des Garets, dice che Massimino arrivò ad Ars condotto da
tre pellegrini di La Salette: i signori de Brayer, Verrier e Thibaut. Altri dicono che Thibaut non era della comitiva. Giunto a Lione,
Massimino non vuole più procedere per Grenoble. Fu necessario fermarsi per qualche giorno all'Hotel du Parc. Qui Massimino si incontrò
con Bez, amico e storico di La Salette, che lui conosceva. Bez consolò il fanciullo e lo fece ricoverare, come fosse suo nipote, nel
pensionato di Ecully, diretto da Collart. Si avvertì monsignor de Bruillard, che mandò Dausse a prendere il fanciullo per farlo entrare nel
seminario minore del Rondeau, situato alle porte di Grenoble. Massimino lasciò Ars il 25 settembre 1850 e giunse a Grenoble soltanto il 21
ottobre. Intanto il sacerdote Raymond non era stato inoperoso. Egli sparse ai quattro venti la notizia non vera che Massimino aveva
ritrattato tutto presso il curato d'Ars. Redasse un rapporto di questa pretesa ritrattazione, e lo mandò al suo vescovo di Belley, monsignor
Devie; al cardinale de Bonald arcivescovo di Lione; a monsignor Dépéry vescovo di Gap. Questa notizia suscitò dappertutto profonda
impressione: i nemici di La Salette presero nuovo vigore, basandosi sull'autorità del curato d'Ars. Dopo la visita di Massùnino, Vianney
aveva infatti cessato di benedire le medaglie e di sottoscrivere le immagini di La Salette. Non è possibile che Massimino si sia ritrattato,
perché egli stesso non avvertì di avere fatto ciò: continuò a conservare la sua spensieratezza e gioia di prima. Tuttavia il vescovo di Grenoble, preoccupato dal rumore che faceva la notizia secondo cui il pastorello aveva ritrattato tutto, lo sottopose a un nuovo esame.
Massimino, già seminarista, comparve davanti a una commissione episcopale radunata nel vescovado e composta di preti e laici dotti.
L'inchiesta fu lunga e condotta con abilità, ma il fanciullo disse di non aver ritrattato nulla e di essere pronto a ripetere anche sul letto di
morte che egli a La Salette aveva visto «qualche cosa», ossia una bella Signora che gli aveva parlato e che poi era scomparsa. L'equivoco
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poteva essere sorto dal fatto che lui, senza capire bene le domande che il curato d'Ars gli faceva, rispondeva a caso dei si e dei no.
Altre prove cui venne sottoposto fuori del vescovado ottennero lo stesso risultato. Il canonico Henri prese un giorno Massimino a parte,
nella sagrestia della cattedrale, e gli disse: Oh, caro piccolo, io ti ho sempre molto amato, ma ora ti amo molto di più! - E perché, signore?
Perché ora sei un bambino molto giudizioso. Prima eri un piccolo mentitore; ma ora tu hai confessato la tua menzogna ad Ars; oggi tu sei
un piccolo ragazzo, molto sincero e franco. - Ma, signore, io non mi sono smentito! - Noi sappiamo, bambino mio, come regolarci. La
Salette non è più nulla, tu l'hai saggiamente confessato. Tu non hai adesso più alcun segreto. - Ma, signore, io non mi sono smentito! - Noi
sappiamo il contrario; tu hai smentito tutto; perciò ti amo di più, d'ora in avanti. - Signore, voi vi prendete beffe di me! - Ma no, amico mio,
io non mi prendo beffe. - Signore, ci si prende beffe oggi di La Salette, ma è come un fiore che d inverno si copre di concime e di terra, e
che a primavera o in estate spunta più bello. Il giorno dopo la comparsa di Massimino in vescovado, Gerin, curato di Notre-Dame, si porta
a Corenc, ove si trova Melania, e le dice: - Ebbene, Melania! Ecco che da quattro anni voi ci ingannate. Massimino ha confessato al curato
d'Ars che voi non avete veduto nulla sopra la montagna. - Oh, l'infelice! - gridò Melania stupita. - Io però dirò sempre che ho veduto
qualche cosa. - E che intendete voi con questo qualche cosa? - Intendo una bella Signora, che ha parlato e che è sparita. - E che vi ha detto
tutto quello che andate raccontando da quattro anni? - Si, signore. Nel mese di novembre il vescovo di Grenoble mandò ad Ars Rousselot e
Mélin latori di una dichiarazione firmata da Massimino, e datata al 6 novembre 1850, nella quale si attestava: 1) che egli non si era
confessato dal curato d'Ars; 2) che il curato non lo aveva interrogato né sull'apparizione né sul suo segreto, ma che gli aveva detto soltanto
di ritornare nella sua diocesi e che, dopo il favore che aveva ricevuto, doveva essere molto giudizioso; 3) che in nessuna risposta fatta al
curato e a Raymond egli aveva disdetto quello che aveva sempre narrato dopo il 19 settembre 1846; 4) che egli non aveva mai detto che il
suo segreto riguardasse Luigi XVII; 5) che egli persisteva sempre nel dire quello che aveva detto a tutti, sul fatto di La Salette. Inoltre si
autorizzava il curato d'Ars a manifestare ai due sacerdoti inviati dal vescovo di Grenoble qualsiasi rivelazione o confidenza fattagli dal
pastorello e che gli impedisse di credere all'apparizione di La Salette. Da spiegazioni date a viva voce da Vianney agli inviati di Grenoble,
costoro conclusero che il santo prete, mal prevenuto dal suo vicario, aveva creduto di intendere il pastorello di La Salette confidargli di non
aver nulla veduto sulla montagna. Massimino, appena saputa l'impressione del curato d'Ars, gli scrisse, in data 21 novembre 1850,
mettendo in chiaro il malinteso e precisando di aver solo detto che sulla montagna aveva veduto qualche cosa, ma che non sapeva se era la
santa Vergine o un'altra signora. Da parte sua, anche monsignor de Bruillard scrisse a Vianney, e ne ebbe, in data 5 dicembre 1850, la
risposta. Giovanni Maria Vianney diceva di aver avuto una grande confidenza in nostra Signora di La Salette, di aver benedetto e
distribuito una grande quantità di medaglie e di immagini rappresentanti questo fatto, di aver distribuito frammenti della pietra sulla quale
la santa Vergine si sarebbe seduta, di averne portata con sé e di averne fatto porre in un reliquiario, di aver spesso parlato di questo fatto
nella sua chiesa. Ripeteva di aver inteso dal fanciullo dire che non aveva veduto la santa Vergine e concludeva che, se il fatto era opera di
Dio, la verità avrebbe trionfato. Questa spiegazione non soddisfece completamente il vescovo di Grenoble, il quale tentò, per mediazione di
un comune amico, l'ingegnere Dausse, di ottenere più esplicite dichiarazioni dal santo curato. Una lettera fu scritta in questo senso, ma non
ebbe risposta. Monsignor de Bruillard sollecitò un confronto davanti a testimoni, tra Vianney e Massimino, ma monsignor Devie non lo
credette utile. Allora il vescovo di Grenoble raccolse tutti i documenti relativi a questa questione e li mandò al vescovo di Belley. Per
l'occasione della consacrazione di monsignor Chalandon, suo coadiutore, monsignor Devie poté avere presso di sé, quando ricevette questo
incartamento, monsignor Chatrousse vescovo di Valence e monsignor Guibert vescovo di Viviers e futuro arcivescovo di Parigi e poi
cardinale. Insieme esaminarono diligentemente la questione e sentirono il curato di Ars. La conclusione di questa consultazione episcopale
fu una lettera indirizzata, il 15 gennaio 1851, da monsignor Devie a monsignor de Bruillard. In tale lettera si trova il seguente passo: «Noi
consideriamo sempre come assicurato che i due bambini non si sono intesi per ingannare il pubblico e che essi hanno realmente veduto una
persona che loro ha parlato. E’ questa la santa Vergine? Tutto lo induce a credere, ma ciò non può essere constatato che con dei miracoli
differenti dall'apparizione». Questa soluzione persuase il Vianney che egli non aveva ben capito Massimino. Gli rimasero tuttavia su La
Salette dei dubbi che si dissiparono completamente soltanto nel 1858, un anno avanti la sua morte. Questo si può ricavare da quanto il curato ebbe a dire, il 12 ottobre 1858, al suo amico Gerin, morto anche lui in concetto di santità a Grenoble, nel 1863. Tra l'altro, in questa
occasione, Vianney disse pure: «Ora non mi sarà più possibile non credere a La Salette. Ho chiesto dei segni per credere a La Salette, e li
ho avuti; si può e si deve credere a La Salette». I segni chiesti dal santo curato sono i tre seguenti: 1) Un giorno fu chiesto a Vianney: - Che
cosa pensa dell'apparizione di La Salette? - Vi credo fermamente! - rispose. - Perché? - Avevo una pena interiore molto viva che mi faceva
da molti giorni soffrire. Pregai la santa Vergine a volermene liberare, in prova della verità di questa apparizione, promettendo di credervi.
Venni prontamente liberato dalla mia pena... 2) Vianney aveva bisogno di una certa somma di denaro per una fondazione di missioni
parrocchiali. La chiese a Dio per intercessione di nostra Signora di La Salette. Poco dopo trovò questa somma in casa sua, e non poteva
essere stata portata che in modo prodigioso. 3) «Da lungo tempo ero tormentato riguardo all'affare di La Salette - disse un giorno Vianney
al missionario diocesano DescoAtes. - Una notte, dopo aver combattuto lungamente, esclamai: "Mio Dio, io credo; gradirei però che mi
mandaste qualche segno" [e pensava di incontrarsi con qualche sacerdote ragguardevole della diocesi di Grenoble]. In seguito rimasi tranquillo. Al mattino, mentre stavo confessando in sagrestia, entra un sacerdote (che si dice proveniente da Grenoble) e, senza altri preamboli,
mi dice: - Signor curato, che cosa pensate di La Salette? - Io penso che si può e che si deve credere a La Salette! Quel sacerdote, senza
proferire altra parola, parti. Io non so chi sia». Il demonio non fu estraneo a questa lunga tortura morale che afflisse il curato d'Ars dal 1850
al 1858. Il fatto di La Salette però ne guadagnò, perché la sua verità brillò poi più luminosa. Monsignor de Langalerie disse, parlando del
curato d'Ars: «Io ero suo vescovo e suo amico; egli è spirato nelle mie braccia [il 4 agosto 1859], dichiarandomi la sua fede nell'apparizione
di La Salette. Egli mi sente dall'alto del cielo e non mi smentirà». Coloro che studiarono a fondo «il fatto di Ars» attribuirono questo errore
temporaneo del santo curato o ad un malinteso tra Vianney e Massimino o ad una birichinata del pastorello. Il malinteso sarebbe sorto così.
Il curato chiese a Massimino: Siete dunque voi, amico mio, che avete veduto la santa Vergine? Massimino rispose: - Io non ho detto che ho
veduto la santa Vergine, ma solamente una bella Signora. Vianney diede a questa affermazione un senso opposto a quello inteso dal
fanciullo e replicò: - Bambino mio, se voi avete mentito dovete ritrattarvi. Massimino, credendo che Vianney fosse già passato ad altro
argomento e pensando alle bugie dette al curato di Corps per dissimulare le sue scappate dal convento, rispose che non era necessario
ritrattarsi e che era troppo tardi, e continuò a dire: - Io mi voglio fare religioso. Allora Vianney, persuadendosi sempre più che Massimino
avesse mentito riguardo all'apparizione ed avesse ingannato tutti, aggiunse: - Io non posso prendermi la responsabilità di questo; bisogna
che consulti il mio vescovo. Quelli che vogliono spiegare l'incidente con una birichinata del pastorello, ricorrono ad altri argomenti.
Secondo costoro, Massimino, maltrattato da Raymond, cercò di prenderlo in parola. Raymond lo ha sfidato a ingannare il curato Vianney;
Massimino accetta questa sfida, così per gioco o leggerezza. In presenza del venerabile sacerdote, egli finge di non aver veduto nulla sulla
montagna, per accertarsi se il curato gli legge veramente nel cuore. Vianney, non illuminato da Dio su questo soggetto, non intravede la
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verità, e Massimino ha così vittoria sul vicario Raymond. Massimino non pensò per nulla alla gravità delle conseguenze che
ne sarebbero derivate dal suo modo leggero di agire. Siccome le sue parole non erano che una finta, giustamente egli poté dire di non aver
ritrattato nulla ad Ars. Gli analizzatori più profondi di questo fatto, tra i quali des Garets, spiegano l'equivoco in questa seconda maniera.
Anche Louis Carlier dice che questa seconda spiegazione gli sembra la più plausibile. Dausse, parlando a Massimino di questo fatto,
ricevette questa risposta: - Il signor curato di Ars aveva il diavolo nell'orecchio quando io gli ho parlato. Dausse rispose: - E tu l'avevi sulla
lingua. Il fanciullo sorrise approvando. Questo incidente cooperò ad accreditare maggiormente l'apparizione, facendo nascere l'occasione di
portare i segreti dei pastorelli a Roma, al papa Pio IX.
3. SEGRETI A ROMA
Sentendo che la santa Vergine era apparsa a La Salette, certi commercianti di Lione temettero che il santuario di Fourvière, o meglio, che il
loro piccolo negozio ne avesse detrimento dalla diminuzione del numero dei pellegrini. Anche dei preti, di vedute troppo strette, si
indisposero contro La Salette, e le lamentele arrivarono fino al cardinale de Bonald, che occupava la sede primaziale di Lione,
metropolitana di Grenoble. L'arcivescovo, impedito di studiare personalmente la questione, fu prevenuto contro l'apparizione. Dal 30
giugno al 13 luglio 1850 si tenne il Concilio Provinciale di Lione. Alcuni fecero istanza affinché il Concilio si occupasse dell'apparizione di
La Salette. Il cardinale de Bonald però non volle accondiscendere a questa richiesta. Sapendo che i due pastorelli possedevano un segreto,
sua eminenza de Bonald approfittò del passaggio a Lione del cardinal Gousset, arcivescovo di Reims, diretto a Roma, per far domandare al
Papa se era di suo gradimento che venissero a lui comunicati questi segreti, mediante l'intermediario arcivescovo di Lione. Pio IX fece
sapere che gradiva la cosa. Già prima però, il 21 marzo 1851, de Bonald aveva scritto a Rousselot chiedendogli, «come consigliere del
Papa», che «Marcellino e sua sorella» gli confidassero i loro segreti, perché lui li doveva trasmettere a sua Santità. A Grenoble si obbedì
agli ordini del cardinale de Bonald, arcivescovo metropolitano. L'autorità episcopale non ha autenticato i segreti di La Salette. E’ anzi
vietato indagare o comunque fare supposizioni sul contenuto di questi segreti, specialmente basandosi su alcune indiscrezioni, nelle quali si
credeva, da alcuni, di vedere il contenuto del segreto. Noi, fedeli alle disposizioni dell'autorità ecclesiastica, non entreremo nella questione
«del contenuto» di questi segreti. Riportiamo soltanto la successione degli avvenimenti esterni riguardanti questi segreti: è piuttosto
cronaca già conosciuta e già resa nota, attraverso libri o pubblicazioni edite sotto la vigilanza e con l'approvazione dell'autorità religiosa. I
segreti di La Salette misero in moto molte persone e suscitarono i più stravaganti commenti. I pastorelli furono importunati in tutti i modi
da persone indiscrete, desiderose di conoscere il loro segreto. Essi rifiutarono di rivelarlo a chiunque, eccetto al Papa. Auvergne, segretario
del vescovo di Grenoble, si recò il 23 marzo 1851 al seminario minore del Rondeau ed ebbe con Massimino questo dialogo: - Massimino,
io vengo a parlarti di una cosa importante; mi prometti di non ripetere quello che ti dirò? - Si, signore. - La Chiesa può ingannarsi? - No,
signore. - Il Papa, vicario di Gesù Cristo, che parla a nome della Chiesa, può sbagliarsi? - No, signore. - Se dunque il Papa ti domandasse il
tuo segreto, glielo diresti tu, non è vero? - Non sono ancora davanti al Papa; quando ci sarò, vedrò. - Come, tu vedrai? - Si, conforme a ciò
che mi dirà e a ciò che io gli dirò. - Se egli ti ordinasse di dirgli il tuo segreto, tu non glielo diresti? - Se egli me l'ordina, io glielo dirò... Bene, bambino, io sono contento di trovarti in queste buone disposizioni. Ora vado a Corenc per vedere Melania e sapere se ella è disposta
come te a dire il suo segreto, dietro ordine del Papa... Auvergne andò realmente, nel pomeriggio del 23 marzo 1851, a Corenc per vedere
Melania. A tutta prima ella rispose press’a poco come Massimino, ma con più esitazione. Quando l'inviato di monsignore le chiese: - Se il
Papa vi domandasse il vostro segreto, voi glielo direste, nevvero? Non lo so, signore, - rispose timidamente. - Come, non lo sapete! Il
Papa si sbaglia dunque domandandovi una cosa che non dovrebbe domandarvi? - La santa Vergine mi ha proibito di dirlo. - Come sapete
voi che è la santa Vergine? La Chiesa sola può saperlo e dirlo, e bisognerà obbedire alla Chiesa. - Se non era la santa Vergine, non si
sarebbe innalzata nell'aria. - Il demonio può fare questo, e anche la fisica. La Chiesa sola può distinguere la verità dall'errore. - Ebbene! Si
dichiari che non è la santa Vergine che ci è apparsa. - Per conoscere la verità, la Chiesa ha bisogno di sapere il vostro segreto. Voi lo direte,
Melania, se il Papa ve l'ordina; nevvero? - Io non lo dirò che a lui, e per lui solo. Auvergne vuole ad ogni costo far dire alla pastorella che
ella confiderà il suo segreto a una persona diversa dal Papa, o almeno che ella lo farà giungere al Papa a mezzo di qualche grande
personaggio ecclesiastico, ma non ottiene che questa risposta: - Non lo so. Suona l'ora dei vespri e Melania vi va, ma non fa che piangere
durante tutto il tempo della funzione. Dopo la funzione, il segretario la fa nuovamente chiamare e le domanda se ha ben riflettuto e se è
disposta a dire il suo segreto nel caso che il Papa lo esigesse. - Non lo so - rispose ancora. - Come! Voi disobbedireste al Papa? - La santa
Vergine mi ha proibito di dirlo. - La santa Vergine vuole che si obbedisca al Papa. - Non è il Papa che chiede il mio segreto, sono altri che
gli hanno detto di domandarmelo. Dopo altri inutili tentativi, Auvergne riparte, annunziando a Melania la prossima visita di Rousselot, che
sarà fatta per lo stesso scopo. Pochi giorni dopo, il 26 marzo, arriva a Corenc Rousselot. La superiora del convento, suor Saint-Augustin
Grange, gli dice che Melania, dopo la visita del sacerdote Auvergne, è molto agitata. Dice che è contenta di essa; la fa venire e poi si ritira.
Dopo qualche parola di incoraggiamento, Rousselot dice alla fanciulla: - Se il sovrano Pontefice vi comanda di dirgli il vostro segreto,
glielo direte? - Si, signore. - Glielo direte volentieri? - Si, signore. - Glielo direte senza timore di offendere la santa Vergine? - Si, signore. Se il Papa vi comanda di dire il vostro segreto a qualcuno che egli designerà per riceverlo e comunicarglielo, voi lo direte a questa persona
da lui indicatavi? - No, signore; io voglio dirlo solo al Papa, e solamente quando me lo comanderà. - E se il Papa vi dà quest'ordine, come
farete voi per comunicargli il vostro segreto? - Io glielo dirò a lui stesso, e lo scriverò in una lettera sigillata. - E questa lettera sigillata a chi
la rimetterete per farla giungere al Papa? - A monsignor vescovo. - Non l'affidereste voi a un altro? - L'affiderei a monsignore o a voi. Non l'affidereste voi al signor Gérente? - Costui era cappellano del convento. - No, signore. - Non la fareste voi pervenire al Papa per
mezzo di monsignore il cardinale arcivescovo di Lione? - No, signore. - Né per mezzo di un altro vescovo o prete? - No, signore. - Ma
quando il Papa conoscerà il vostro segreto, vi addolorereste se egli lo pubblicasse? - No, signore; ciò riguarda lui... Rousselot interroga pure
Massimino, il 27 marzo. De Bruillard fece spedire a Lione, al cardinale de Bonald, i rapporti verbali di queste differenti interviste. Due
mesi più tardi il cardinale non aveva ancora risposto al suo suffraganeo. Allora il vescovo di Grenoble scrisse, il 4 giugno 1851, una lettera
al Papa, dando una relazione riassuntiva degli avvenimenti relativi a La Salette, succeduti dopo il 1846. Quindici giorni dopo aver scritto a
Roma, il vescovo di Grenoble ricevette una lettera del cardinale di Lione datata 20 giugno. Si accusava ricevuta dell'incartamento, si
chiedevano i segreti, e si faceva prevedere possibile una visita del cardinale a Grenoble per il prossimo luglio. I due veggenti erano decisi a
non comunicare i loro segreti che al Papa, e solo per mezzo del vescovo di Grenoble. Nella sua grande prudenza, il vescovo di Grenoble
credette bene di inviare direttamente a Pio IX il segreto dei pastorelli, scritto da loro e chiuso in busta sigillata con il sigillo vescovile.
Melania scrisse il suo segreto il 3 luglio 1851, nel convento della Provvidenza di Corenc e, per timore di non essersi bene espressa in un
punto, lo ritrascrisse, il giorno 6 luglio, nella scuola delle suore della Provvidenza, in Grenoble. Massimino lo aveva scritto nel vescovado,
il giorno 2 luglio 1851. Monsignor de Bruillard mandò a Roma Rousselot e Gerin incaricandoli di portare al santo Padre le lettere
contenenti i due segreti. Il vescovo diede ai due sacerdoti una lettera di presentazione per il Papa, datata da Grenoble 5 luglio 1851. Gli
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inviati di monsignore de Bruillard erano subito partiti per Roma, il 6 luglio 1851, ove arrivarono l’11 dello stesso mese. Il 12 luglio
arrivò a Grenoble il cardinale de Bonald per farsi comunicare i due segreti. I due veggenti comparvero davanti a lui, il 13 luglio, ma non
risposero quasi nulla alle domande fatte loro e concernenti il segreto. A tutte le pressioni risposero che «la Signora aveva loro proibito di
rivelare i segreti; d'altronde essi li avevano mandati direttamente al Papa e non era necessario farglieli pervenire due volte». Il Papa
ricevette benevolmente i due sacerdoti di Grenoble, che furono ammessi all'udienza pontificia il 18 luglio 1851. E’ in questa udienza che
vennero consegnate a Pio IX le lettere del segreto. Il santo Padre le aperse e le lesse in presenza dei latori. Dopo aver letta quella di
Massimino, disse: «Vi è qui il candore e la semplicità di un bambino». Mentre leggeva quella di Melania, si notò sulla sua faccia un
cambiamento, le sue labbra si contrassero, le sue guance si gonfiarono e, finita che ne ebbe la lettura, disse: «Sono flagelli di cui la Francia
è minacciata; ma non solo essa è colpevole: la Germania, l'Italia e tutta l'Europa è colpevole e merita dei castighi. Ho meno a temere
dall'empietà aperta che dall'indifferenza e dal rispetto umano. Non è senza motivo che la Chiesa si chiama militante, e voi ne vedete qui il
capitano». Pronunziando queste ultime parole, il Papa portò la mano al petto. Prima che l'udienza del papa Pio IX avesse termine, il santo
Padre disse a Rousselot: «Ho fatto esaminare il vostro libro da monsignor Frattini, promotore della fede; mi ha detto che è contento, che
questo libro è buono, che respira la verità». I delegati del vescovo di Grenoble furono ben ricevuti anche dal cardinale Fornari, antico
nunzio a Parigi; da monsignor Frattini; da padre Rubillon, un assistente del generale dei gesuiti; da padre Quéloz, procuratore dei
redentoristi, e da numerosi altri. Pio IX credette bene comunicare i segreti di La Salette al cardinale Lambruschini, prefetto della
Congregazione dei Riti. Gerin ripartì per la Francia il 19 luglio, invece Rousselot rimase a Roma fino al 24 agosto. In un'udienza
confidenziale, padre Giraud, superiore dei missionari di La Salette, avendo espresso a Pio IX il desiderio di sapere qualche cosa, se era
possibile, riguardo al segreto, il Papa rispose: - Volete conoscere il segreto di La Salette? Ebbene! Ecco il segreto di La Salette: Se non fate
penitenza, perirete tutti. Ecco tutto ciò che si può dire, fino ad ora, di perfettamente autentico sopra «il contenuto» dei segreti di La Salette.
4. VERSO L'APPROVAZIONE
A stento si può immaginare il furore e l'odio con cui la stampa empia e volterriana si gettò contro l'apparizione di La Salette. L'incidente di
Ars venne sfruttato fino alla nausea, e a nulla valsero le confutazioni di Bez e di Rousselot. La campagna avversa durò specialmente dal
1851 al 1857. I giornali più ostili all'apparizione furono La Gazette de France, Le siècle, Le Patriote des Alpes. Dopo il ritorno da Roma di
Rousselot tutti si aspettavano che de Bruillard pronunziasse il suo giudizio su La Salette. I preti della diocesi di Grenoble, riuniti in gran
numero, il 24 settembre 1851, per un ritiro spirituale, presentarono, il 25 settembre dello stesso anno, a sua eccellenza una petizione
appoggiata da 240 firme. Venne pure presentata al vescovo una contro-petizione appoggiata solo da 17 firme, nella quale si chiedeva di
dilazionare l'approvazione dell'apparizione. Nello stesso tempo si fecero circolare nel seminario maggiore due opuscoli contrari a La
Salette: uno sotto il nome fittizio di J. Robert, e l'altro senza nome ma scritto da Cartellier. Il vescovo scrisse una lettera al suo clero per
ingiungere di non attaccare con gli scritti e con la stampa l'apparizione e specialmente di non combattersi a vicenda per questo affare, che
spettava soltanto a lui decidere. Calmatisi alquanto gli spiriti, monsignor de Bruillard si preparò ad emettere il suo giudizio dottrinale.
Umilmente volle che concorresse alla redazione di questo documento il sapiente e pio vescovo di La Rochelle, monsignor Villecourt. Una
volta redatto, il documento episcopale venne mandato, dal reverendo Rousselot, in revisione al cardinale Lambruschini, già segretario di
Stato sotto Gregorio XVI e poi prefetto della Sacra Congregazione dei Riti. Il cardinale rispose così: «Roma, 7 ottobre 1851. Rev. Signore,
Ho ricevuto, colla vostra lettera del 17 settembre, il progetto di Pastorale che desidera pubblicare il sapiente e pio vescovo di Grenoble, in
rapporto al fatto che ebbe luogo su una delle montagne della sua diocesi. Appena le mie occupazioni e la debole salute me lo hanno
permesso, ho letto attentamente la detta Pastorale ed ecco il mio parere. Il prelato racconta il fatto, certamente straordinario, senza
prevenzioni e con l'esattezza storica tanto raccomandata nella santa Scrittura e dalle regole della santa Chiesa. Tutto va bene, e la sua lettura
nulla mi ha lasciato a desiderare, soprattutto per l'esame dell'avvenimento che fu eseguito con edificante e lodevole rigore. Non ho che una
sola cosa da osservare, riguardo le disposizioni prescritte dal venerabile prelato, tra le quali quella del numero 3°[sotto questo numero,
monsignor de Bruillard ordinava il canto solenne del Te Deum]. Io credo che forse la saviezza e la prudenza esigono di non ancora attestare
con una si grande solennità, in nome della Chiesa, la verità del fatto di cui si tratta. Io vi prego, ecc... F.to: CARDINALE
LAMBRUSCHINI». Benché datata il 19 settembre 1851, la Pastorale di monsignor de Bruillard fu soltanto pubblicata il 10 novembre dello
stesso anno, e venne letta nelle chiese della diocesi di Grenoble il 16 novembre 1851. Anche i preti oppositori accolsero ovunque la lettera
con rispetto e la lessero ai fedeli. Solo in un luogo il curato ne rimandò la lettura, e il giorno in cui doveva leggerla espose al popolo il
motivo che egli aveva per pensare in modo diverso dal suo vescovo; in un altro luogo, dopo una lettura fatta alla svelta, furono pronunziate
alcune parole poco rispettose verso il vescovo e l'opera sua. Copie della lettera furono mandate a personaggi autorevoli di altre diocesi di
Francia e dell'estero, e ovunque essa produsse favorevole impressione. Il prezioso documento venne tradotto in tutte le lingue di Europa.
Anche L 'Osservatore Romano di giovedì 10 aprile 1852 ne pubblicò il testo, nella sua prima traduzione italiana che riportiamo in parte.
5. IL DOCUMENTO EPISCOPALE
Monsignor Philibert de Bruillard nella sua lettera pastorale ricordava il fatto dell'apparizione; notava l'impossibilità da parte dei due
veggenti di essere stati ingannati e di voler ingannare; passava a giustificare la sua condotta di prudente attesa, con queste parole: «Il
precipitare il nostro giudizio sarebbe stato non solamente contrario alla prudenza raccomandata a un vescovo dal grande Apostolo, ma
avrebbe potuto corroborare le prevenzioni dei nemici della nostra fede e di tanti cattolici che non lo sono più, per così dire, che di nome.
Ricercavamo anche accuratamente, mentre una folla di anime pie accoglieva questo avvenimento con grande premura, tutti i motivi che
avrebbero potuto farcelo rifiutare, se non doveva essere ammesso. Abbiamo anche affrontato finora il biasimo, di cui non ignoravamo poter
noi essere l'oggetto, da parte di persone di retta volontà, che forse ci accusavano di indifferenza o anche d'incredulità su questo punto.
Sapevamo, del resto, che la religione di Gesù Cristo non ha bisogno di questo particolare fatto per stabilire la verità di mille celesti
apparizioni, che non si potrebbero negare senza una disposizione d'empietà e di bestemmia, per quel che concerne l'Antico e il Nuovo
Testamento. Il nostro silenzio, in verità, non era l'effetto di un vano timore che avrebbero potuto incuterci le declamazioni di cui certi spiriti
facevano risuonare la Francia, tanto per quel che riguarda questo avvenimento, quanto per tutti gli altri che interessano la religione. Siffatto
silenzio risultava dall'avviso dello Spirito Santo medesimo, il quale insegna che colui che è troppo precipitoso nel credere è uno spirito
leggero: "Chi si fida troppo presto è di cuore leggero" (Sir 19,4). Ed è perciò che noi ci facevamo un dovere della più rigorosa
circospezione, precisamente a motivo della nostra qualità di vescovo. D'altra parte, noi eravamo strettamente tenuti a non considerare
impossibile un avvenimento che il Signore (e chi oserà negarlo?) aveva potuto permettere onde farne risaltare la sua gloria; poiché non è
abbreviata la sua mano, e la sua potenza di oggi è quella stessa dei secoli passati. Abbiamo inoltre meditato sovente a piè dell'altare queste
parole che il grande Apostolo indirizzava a un santo vescovo, cui egli aveva imposte le mani: "Se gli saremo infedeli, egli rimane fedele,
poiché non può rinnegare se stesso" (2Tm 2,13). Date questi avvertimenti ai fedeli, e rendete testimonianza alla verità innanzi al Signore.
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Non perdete il tempo a contendere in parole; ciò non vale che a pervertire coloro che le ascoltano (ibid., vv. 14-15)». Il vescovo
passa poi ad elencare i motivi che depongono a favore della verità dell'apparizione: «Mentre il nostro ufficio episcopale ci obbligava a
temporeggiare, riflettere, implorare con fervore i lumi dello Spirito Santo, il numero dei fatti prodigiosi che si pubblicavano da tutte le parti
andava sempre aumentando. Si annunciavano guarigioni straordinarie, operate in diverse parti della Francia e all'estero, perfino nelle più
remote regioni. Vi erano dei malati dichiarati inguaribili dai medici, abbandonati a morte prossima o a perpetue infermità, che si dicevano
ritornati a una perfetta sanità in seguito all'invocazione di nostra Signora di La Salette e all'uso che essi avevano fatto con fede dell'acqua di
una fontana presso la quale la Regina del cielo sarebbe comparsa ai due pastori. Fin dai primi giorni ci fu parlato di questa fontana. Eravamo stati assicurati che essa era intermittente, e che l'acqua non scorreva se non dopo lo scioglimento delle nevi o dopo abbondanti
piogge. Il giorno 19 settembre (1846), questa fontana era asciutta, l'indomani cominciò a dare acqua e, senza interruzione, da quell'epoca in
poi ha continuato: acqua prodigiosa, se non per la sua origine, almeno nei suoi effetti. Numerose relazioni, sia manoscritte che stampate,
tanto intorno all'avvenimento di La Salette quanto sulle prodigiose guarigioni che l'hanno seguito, ci erano pervenute e ci arrivano tuttora
dai luoghi vicini e da diverse diocesi. Autore di una di queste relazioni è un nostro venerabile collega, il quale si è trasferito dalle sponde
dell'Oceano sulla detta montagna e si è trattenuto con amore di padre a parlare con i due pastori per lo spazio di circa una giornata intera».
La persona cui accenna qui monsignor de Bruillard è il vescovo di La Rochelle, monsignor Villecourt, poi cardinale. «Un altro fatto che ci
è sembrato aver del prodigioso - continua il vescovo di Grenoble - è l'affluenza dei pellegrini, appena credibile e pure al di sopra di ogni
contestazione, che in diverse epoche ha avuto luogo su questa montagna, ma specialmente nel giorno anniversario dell'apparizione:
affluenza divenuta più meravigliosa e per la distanza dei luoghi e per le altre difficoltà che presenta un tale pellegrinaggio. Qualche mese
dopo l'avvenimento noi avevamo già consultato il nostro capitolo e i professori del nostro seminario, ma, dopo tutti i fatti qui sopra
menzionati e molti altri che lungo sarebbe numerare, giudicammo conveniente nominare una commissione numerosa, composta di uomini
autorevoli, pii e dotti, per esaminare maturamente e discutere questo fatto dell'apparizione e quelli che lo seguirono. Questa commissione
ha tenuto le sue sedute alla nostra presenza. Vi sono stati esaminati separatamente e simultaneamente i due pastori che si dicevano graziati
della visita della Messaggera celeste; se ne sono esaminate e discusse le risposte, sono state fatte loro con tutta libertà tutte quelle obiezioni
che si potevano opporre ai fatti narrati. Uno dei nostri vicari generali che era stato da noi incaricato di raccogliere tutti questi fatti, lo è stato
parimenti di rendere conto delle sedute della commissione e di dare le risposte alle obiezioni. Il coscienzioso ed imparziale lavoro intitolato
La verità sull'avvenimento di La Salette, che è stato stampato e munito della nostra approvazione, mostra fino a qual punto si è portata
l'attenzione e prolungato l'esame su questo oggetto. Benché al finire delle sedute della commissione, che terminarono il giorno 13 dicembre
1847, fosse intero e senza ombra di dubbio il nostro convincimento, pure non volemmo ancora pronunziare il giudizio nostro su di un fatto
di tale importanza. L'opera intanto del reverendo signor Rousselot ricevette l'adesione e raccolse i suffragi di parecchi vescovi e di una
quantità di persone eminenti per scienza e pietà. Abbiamo saputo che questo libro venne tradotto in tutte le lingue europee. Comparvero
nello stesso tempo e in diversi luoghi molte nuove opere, pubblicate da uomini commendabili che si recarono espressamente sui luogo per
ricercare la verità. I pellegrini non scemavano di numero. Personaggi ragguardevoli, vicari generali, professori di teologia, sacerdoti e secolari distinti si recarono da più centinaia di leghe di distanza a offrire alla Vergine potente e piena di bontà i loro pli sentimenti d'amore e di
gratitudine per le guarigioni ed altri benefici che avevano ottenuto. Questi fatti prodigiosi non cessavano di essere attribuiti all'invocazione
di nostra Signora di La Salette, e ci è noto che molti fra questi fatti sono riguardati come veramente miracolosi dai vescovi di quelle diocesi
dove essi sono avvenuti. Tutto cio e constatato in un secondo volume del reverendo signor Rousselot, pubblicato nell'anno 1850, intitolato:
Nuovi documenti sull'avvenimento di La Salette. L'autore avrebbe potuto aggiungere che illustri prelati della Chiesa predicano l'apparizione
della Vergine santissima; che, in molti luoghi e col consenso almeno tacito dei nostri venerabili colleghi, devote persone hanno fatto
costruire delle cappelle, già frequentatissime, sotto la denominazione di nostra Signora di La Salette, o hanno fatto collocare nelle chiese
parrocchiali delle belle statue in suo onore; che infine sono state fatte numerose istanze per l'erezione di un santuario che perpetui la
memoria di si grande avvenimento. Si sa che non siamo stati privi di contraddittori. E quale verità morale, quale fatto umano o anche
divino non li ha avuti? Ma per fare venir meno la nostra fede in un avvenimento così straordinario, inesplicabile senza l'intervento divino,
di cui tutte le circostanze e le conseguenze concorrono a manifestarci il dito di Dio, ci sarebbe voluto un fatto contrario, anche straordinario
ed inesplicabile al pari di quello di La Salette, o almeno che lo spiegasse naturalmente; ora questo altro fatto a noi non si è presentato, e
perciò noi pubblichiamo altamente la nostra convinzione. Abbiamo raddoppiate le nostre preci, supplicando lo Spirito Santo di assisterci e
comunicarci i suoi lumi divini. Abbiamo parimenti invocata con tutta fiducia la protezione dell'Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio,
riguardando come uno dei nostri più dolci e piu sacri doveri quello di non omettere cosa alcuna che potesse contribuire ad aumentare la
devozione dei fedeli verso di essa, e di testimoniarle la nostra gratitudine per lo speciale favore di cui era stata oggetto la nostra diocesi.
Non abbiamo, infine, cessato mai di essere disposti a restringere scrupolosamente alle sante regole che la Chiesa ci ha tracciate, per mezzo
della penna dei suoi saggi dottori, e anche a riformare su questo oggetto, come pure su tutti gli altri, il nostro giudizio, qualora la Sede di
San Pietro, la Madre e la Maestra di tutte le Chiese, credesse dover emettere un giudizio contrario al nostro. Avevamo queste disposizioni,
ed eravamo animati da questi sentimenti, allorché la Provvidenza divina ci ha ispirati d'ingiungere ai due privilegiati fanciulli di far
pervenire il loro segreto al nostro santissimo Padre, il papa Pio IX. Al nome del vicario di Gesù Cristo, i due pastori si sono convinti di
dover obbedire. Si sono quindi decisi di svelare al sommo Pontefice un segreto che avevano custodito fino a questo punto con un invincibile costanza e che niente aveva potuto strappare loro. Hanno loro medesimi scritto la propria lettera, ciascuno separatamente; quindi
l'hanno piegata e sigillata, alla presenza di uomini rispettabili da noi designati a fare loro da testimoni, e abbiamo dato l'incarico a due
sacerdoti, che godono di tutta la nostra fiducia, di questo misterioso recapito. Così è sciolta l'ultima obiezione che facevasi contro
quest'apparizione, vale a dire che quelli non avevano alcun segreto, o che questo segreto era senza importanza o anche puerile, e che quei
ragazzi non avrebbero voluto dirlo alla Chiesa. Per queste ragioni, appoggiandoci sui principi insegnati dal pontefice Benedetto XIV, e
seguendo la strada da lui tracciata nell'immortale sua opera sulla beatificazione e sulla canonizzazione dei santi (lib. 2, cap. 31, n. 12); vista
la relazione del reverendo signor Rousselot, uno dei nostri vicari generali, data alla luce sotto questo titolo: La verità sull'avvenimento di La
Salette, Grenoble 1848; visti anche i Nuovi documenti sull'avvenimento di La Salette, pubblicati dal medesimo autore nel 1850; l'una e
l'altra opera munite della nostra approvazione; udite le discussioni in senso diverso che hanno avuto luogo alla nostra presenza intorno a
questo affare, nelle sedute dei giorni 8, 15, 16, 17, 22 e 29 novembre, 6 e 13 dicembre 1847; visto anche e udito ciò che si è detto e scritto
da quell'epoca in poi in favore o contro questo avvenimento; considerando, in primo luogo, l'impossibilità di spiegare il fatto di La Salette
escludendovi l'intervento divino, da qualsiasi lato noi lo consideriamo, sia in se stesso sia nelle sue circostanze sia nel suo fine
essenzialmente religioso; considerando, in secondo luogo, che le conseguenze meravigliose del fatto di La Salette sono la testimonianza di
Dio medesimo, che si manifesta per mezzo dei miracoli, e che questa testimonianza è superiore a quella degli uomini e alle loro obiezioni;
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considerando che questi due motivi, presi separatamente e, a più forte ragione, riuniti, debbono dominare tutta la questione e togliere
ogni sorta di valore alle pretensioni o supposizioni contrarie, di cui noi dichiariamo avere una perfetta conoscenza; considerando infine che
la docilità e la sottomissione agli avvertimenti del Cielo possono preservarci da nuovi castighi di cui siamo minacciati, mentre una
resistenza troppo prolungata può esporci a dei mali senza rimedio; su domanda espressa di tutti i membri del nostro venerabile capitolo e
della più grande maggioranza dei sacerdoti della nostra diocesi: per soddisfare ancora la giusta aspettazione di un grande numero di anime
pie, tanto della nostra patria che dell'estero, che potrebbero finire col rimproverarci di ritenere prigioniera e sospetta la verità; invocato di
nuovo lo Spirito Santo e l'assistenza della Vergine Immacolata, dichiariamo quanto segue: Art. i - Noi giudichiamo che l'apparizione della
santissima Vergine a due pastori, il giorno 19 settembre 1846, su una montagna della catena delle Alpi situate nel territorio della parrocchia
di La Salette dell'arcipretura di Corps, ha in sé tutti i caratteri della verità e che i fedeli sono autorizzati a crederla con sicura certezza. Art.
2 - Crediamo che questo fatto acquisti un nuovo grado di certezza per l'immenso e spontaneo concorso dei fedeli sul luogo dell'apparizione,
come pure per la moltitudine dei prodigi che sono stati la conseguenza di dettà apparizione, e di un grandissimo numero dei quali è
impossibile dubitare senza violare le regole della testimonianza umana. Art. 3 - E per questo, onde attestare a Dio e alla gloriosa Vergine
Maria la nostra viva riconoscenza, che noi autorizziamo il culto di nostra Signora di La Salette; permettiamo di annunciarlo dai pulpiti e di
trarne quelle conseguenze pratiche e morali che emanano da questo grande avvenimento. Art. 4 - Proibiamo tuttavia di pubblicare qualsiasi
formula particolare di preghiera, qualsiasi cantico, qualsiasi libro di devozione senza la nostra approvazione, data per iscritto. Art. 5 Proibiamo espressamente ai fedeli e ai sacerdoti della nostra diocesi di sollevarsi pubblicamente, a viva vo ce o per iscritto, contro il fatto
che oggi noi proclamiamo e che esige il rispetto di tutti. Art. 6 - Abbiamo acquistato il terreno favorito dall'apparizione celeste. Ci
proponiamo di costruirvi subito una chiesa che sia un monumento della misericordiosa bontà di Maria verso di noi e della nostra gratitudine
verso di lei. Abbiamo anche fatto il progetto di stabilirvi un ospizio per ricoverarvi i pellegrini. Ma queste costruzioni, in un luogo
d'accesso così difficile e sprovveduto di ogni risorsa, richiederanno delle spese considerevoli. Abbiamo pure contato sul concorso generoso
dei preti e dei fedeli non solamente della nostra diocesi, ma anche della Francia e dell'estero. Non esitiamo a rivolgere loro un appello tanto
più sollecito, in quanto che abbiamo gia ricevuto numerose promesse, ma tuttavia insufficienti per intraprenderne l'esecuzione. Preghiamo
le persone devote che vorranno venirci in aiuto di indirizzare le loro offerte alla segreteria del nostro vescovado. Una commissione
composta di sacerdoti e di secolari è incaricata di sorvegliare le costruzioni e l'impiego delle offerte. Art. 7 - Finalmente, siccome lo scopo
principale dell'apparizione è stato quello di richiamare i cristiani all'adempimento dei loro doveri religiosi, al culto divino, all'osservanza
dei comandamenti di Dio e della Chiesa, all'orrore della bestemmia e alla santificazione della domenica, vi scongiuriamo, fratelli nostri
dilettissimi, in vista dei vostri interessi celesti e anche terreni, di rientrare seriamente in voi stessi, di fare penitenza dei vostri peccati,
particolarmente di quelli che avete commesso contro il secondo e il terzo comandamento di Dio. Ve ne scongiuriamo, fratelli nostri
dilettissimi: siate docili alla voce di Maria che vi chiama a penitenza e che, da parte del suo Figlio, vi minaccia mali spirituali e temporali,
se, restando insensibili ai suoi avvertimenti materni, indurite i vostri cuori. Art. 8 - Vogliamo e ordiniamo che la presente lettera [Mandement] sia letta e pubblicata in tutte le chiese e cappelle della nostra diocesi, nella messa parrocchiale o di comunità, nella domenica che
seguirà immediatamente il giorno del suo arrivo».
6. IL NUOVO SANTUARIO
Monsignor de Bruillard, dopo lunghi tentativi, rappresentato dal signor Bergeret di Grenoble, comperò dal comune di La Salette, il giorno
26 ottobre 1851, nello studio del notaio Long a Corps, per la somma di 12.000 franchi, cinque ettari di pascolo comunale sul luogo dove era
avvenuta l'apparizione della santa Vergine. Il 23 marzo 1852, con atto fatto davanti al notaio Chuzin di Grenoble, sua eccellenza fece
donazione di questo terreno al vescovado di Grenoble, nella persona del vescovo canonicamente eletto e avente comunione con la Santa
Sede, con lo scopo di fare costruire in questo luogo consacrato dalla visita della Madre di Dio una cappella e una casa di abitazione. In una
lettera pastorale, datata 1° maggio 1852, monsignor Philibert de Bruillard, vescovo di Grenoble, annunziò la posa della prima pietra del
santuario della beata Vergine di La Salette e la fondazione dei Missionari di La Salette. Il vescovo, in questa lettera, si dice fortunato di
avere questa missione, questo dovere e questo diritto di annunziare la lieta novella. Constata l'entusiastica accoglienza che ha avuto in ogni
luogo la sua lettera precedente, che sanzionava come soprannaturale l'apparizione di La Salette, dice che rimane ancora una parte di dovere
da compiere, ossia erigere un tempio su quel luogo privilegiato. «Questo santuario - dice - deve essere degno della Regina del cielo, degno
della nostra riconoscenza verso di lei, degno della privilegiata nostra diocesi, del pio concorso di pellegrini, che ci edifica, e delle generose
offerte che ci pervengono». Per la posa e benedizione della prima pietra del santuario di nostra Signora di La Salette, il vescovo dice di aver
voluto scegliere il mese di maggio e che desidera che la cerimonia avvenga con apparato degno del soggetto, e invita tutti i diocesani a
recarsi, per l'occasione, sul sacro monte. Egli chiude la sua pastorale dando le seguenti disposizioni: 1) La benedizione solenne e il
collocamento della prima pietra che si faranno con l'opera di monsignor vescovo di Valenza, assistito da una deputazione del nostro
capitolo e da un numeroso clero, avranno luogo martedì 25 maggio. 2) Vi saranno discorso, vespri e benedizione del santissimo sacramento
all'ora più conveniente, cioè verso mezzogiorno. 3) Una questua sarà fatta in questo giorno fra i pellegrini da qualche sacerdote a ciò
deputato. 4) La domenica che seguirà la lettura di questa nostra lettera, si farà una questua nelle chiese e cappelle della nostra diocesi a
favore del santuario e dei missionari. Tale questua potrà anche farsi a domicilio, se i parroci lo crederanno conveniente. Frattanto i doni che
ci pervengono dalle altre diocesi restano sempre ed esclusivamente consacrati alla continuazione del pellegrinaggio. 5) I doni in vasi sacri,
ornamenti e biancheria di chiesa verranno, del pari di quelli che saranno fatti in denaro, di mano in mano inventariati in apposito registro, e
i nomi dei benefattori saranno in seguito riportati sopra il registro generale che già si trova depositato nell'archivio del vescovado, e il suo
duplicato sarà consegnato all'archivio del santuario di La Salette. Si faranno in perpetuo delle preghiere per i benefattori tanto del santuario
quanto dei sacerdoti destinati a servirlo». Data la sua avanzata età, il vescovo aveva rinunziato a presenziare alla solenne cerimonia.
Avvicinandosi però il giorno stabilito, non poté rassegnarsi ad essere tra gli assenti, e coraggiosamente si mise in viaggio per La Salette, il
24 maggio. Alla sera arrivò a Corps, e dopo qualche istante di riposo proseguì per La Salette e passò la notte al villaggio. Sulla montagna i
pellegrini affluirono numerosi e si passò la notte in preghiera. La mattina del 25 maggio monsignore montò a cavallo, alle sei meno un
quarto, e nonostante i suoi 87 anni si diresse verso Montsous-les-Baisses, dove arrivò verso le otto. Era il suo primo pellegrinaggio su quei
monti, e la sua anima fu ripiena di celeste gaudio. Celebrò poi la messa nella piccola cappella di assi. Poco dopo arriva il vescovo di
Valenza monsignor Chatrousse, con i pellegrini di Corps. Il tempo, alla sera prima bello, cambia e comincia a piovere. Verso le dieci i due
vescovi, seguiti dal clero, si recano al luogo preparato per la benedizione della prima pietra. Il vescovo di Valenza comincia la cerimonia
alla quale presiede monsignor de Bruillard: sono ambedue riparati sotto parapioggia. Monsignor Chatrousse, dopo aver messo calce alla
pietra, passa la cazzuola d'argento al vescovo di Grenoble che ripete la cerimonia. fi vescovo di Valenza celebra poi la messa sull'altare
eretto al centro del disegno che segnava sul terreno la pianta del futuro santuario. La pioggia impedisce a monsignor de Bruillard di
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scendere dalla montagna a cavallo, perché il terreno è soggetto a franamenti. Si improvvisa allora una specie di sedia gestatoria coperta con una tenda e robusti montanari si offrono di portare il loro vescovo fino a Corps. Rousselot calcolò più di 15.000 il numero delle
persone che salirono sulla montagna il giorno della benedizione della prima pietra del santuario. Considerando la difficoltà che simile
ascensione allora aveva, il numero è veramente impressionante!
7. SISTEMI DEGLI AVVERSARI
Gli oppositori in buona fede, dopo la pubblicazione del documento vescovile relativo all'apparizione, si sottoposero alla decisione
dell'autorità ecclesiastica. Quelli in mala fede invece innalzarono la bandiera della rivolta contro l'autorità. Poco dopo il 25 maggio 1852
uscirono stampate, a Grenoble, canzoni che oltraggiavano la religione, La Salette, il vescovo diocesano, Rousselot e il clero più illustre di
Grenoble. Il vescovo condannò queste pubblicazioni, in una lettera indirizzata al suo clero, in data 12 giugno, e sospese gli autori e i propagandisti di simili libelli, se per caso fossero dei preti. Il capo dell'opposizione era Cartellier, curato di Saint-Joseph di Grenoble, al quale
si era aggiunto anche Claude-Joseph Déléon, nato nel 1797, già vicario di Corps nel 1822 e 1823. Al momento dell'apparizione egli
amministrava, in qualità di curato, la parrocchia di Villeurbanne, situata alle porte di Lione, ma unita al territorio della diocesi di Grenoble,
parrocchia che dovette lasciare verso il 1849. Fino al 1849 Déléon non aveva manifestato alcuna ostilità contro La Salette, anzi ci credeva,
come molti suoi parrocchiani, i quali fecero il pellegrinaggio alla santa montagna. Pubblicò pure articoli favorevoli all'apparizione in un
giornale del quale aveva la direzione. Era anzi amico di Rousselot. Per gravi e giuste accuse portate contro Déléon, il vescovo fu costretto a
interdirlo, dopo numerosi e inutili richiami ed avvisi. La sentenza fu emessa il 30 gennaio 1852. Per vendicarsi del suo vescovo, egli passò
allora fra gli oppositori del fatto di La Salette, e si associò a Cartellier. Se il vescovo, per ipotesi, avesse condannato La Salette, Déléon
sarebbe sicuramente passato tra i sostenitori dell'apparizione. Questi due preti si lodavano reciprocamente gli scritti contro l'apparizione.
Sotto lo pseudonimo di Donnadieu, Déléon pubblicò nel 1852 un libro intitolato La Salette-Faliavaux ou Vallée du mensonge. Questo libro
era pieno di menzogne e di ingiurie contro i personaggi più degni di rispetto. Il vescovo di Grenoble scrisse al direttore dell' Univers la
condanna dell'opera di Donnadieu. Questa condanna, a forma di lettera, apparve su detto giornale il 1° settembre 1852. Il libello è chiamato
«infame» e «pieno di ingiurie e contenente più menzogne che parole». Una comune protesta contro l'opera infame, firmata da 212 preti,
venne inviata a monsignor de Bruillard, in data 11 settembre 1852. Alla fine di dicembre 1852 il vescovo di Grenoble si dimise per
vecchiaia dalla sua sede e si ritirò, il 6 maggio 1853, nel convento delle Dame del Sacro Cuore, a Montfleurv, presso Grenoble. Invitato
dalla Santa Sede a scegliersi lui stesso il successore, domandò e ottenne di essere sostituito dal reverendo Jacques-Marie-Achille
Ginoulhiac, vicario generale di Aix, nato il 3 dicembre 1806. Sperando di avere buon gioco con il nuovo vescovo, Déléon, sempre sotto lo
pseudonimo di Donnadieu, diffuse, prima dell'arrivo di monsignor Ginoulhiac, un'altra opera intitolata La Salette-Fallavaux..., 2 e partie,
Grenoble 1853. L'opposizione era andata urlando per sei anni che i pastorelli «non avevano né veduto né udito» alcuno a La Salette; ora
invece Déléon, in questo suo ultimo libro, dice che i pastorelli «hanno veduto e udito» qualcuno a La Salette, ossia la signorina de
Lamerlière. Il nuovo vescovo di Grenoble prese possesso della sua diocesi il 7 maggio 1853. Era un uomo di grande valore: giovane,
coraggioso, fermo, prudente, erudito, profondo teologo. Naturalmente era conciliante e pacifico e sperava, con la bontà, di fare ravvedere
gli oppositori e di fare cessare le divisioni. Accolse benevolmente Déléon che sollecitava gli venisse tolto l'interdetto. Monsignore esigeva
le prove di emendazione, e gli ingiunse di riprendere l'abito ecclesiastico, che egli da molto tempo non portava più; di rimandare dal suo
domicilio una persona sospetta e la cui presenza in quel luogo era motivo di scandalo; di ritirare dal commercio il libro La SaletteFaliavaux..., facendone rimettere al vescovo le copie restanti; di indirizzare infine una lettera di scusa a monsignor de Bruillard. Déléon
finse di accettare queste condizioni, e gli venne tolta la censura ecclesiastica. Non perseverò però nel buon proposito, ma ricadde nei suoi
errori e combinò nuovi attacchi contro l'apparizione. Nel 1854 uscirono due nuovi libri destinati a combattere La Salette: il Memoire au
Pape di Cartellier e La Salette devant le Pape di Déléon. Il primo venne mandato manoscritto anonimo e senza data alla Santa Sede, che lo
rimise al vescovo di Grenoble perché lo esaminasse. Poco dopo arrivò alla Santa Sede lo stesso opuscolo anonimo, ma stampato. Pio IX lo
rimandò al vescovo di Grenoble che lo condannò in una sua importante lettera pastorale del 4 novembre 1854. Il libro e il manoscritto
mandati a Pio IX erano anonimi; dopo la loro condanna, però, l'autore, Cartellier, si manifestò, e per evitare l'interdetto si sottomise
esteriormente, mandando al vescovo un suo scritto nel quale si scusava e faceva atto di sottomissione e di obbedienza. Egli continuò ad
essere curato di Saint-Joseph, senza cessare di essere oppositore di La Salette; tuttavia non agì più pubblicamente contro l'apparizione. Il
reverendo Burnoud superiore dei Missionari di La Salette credette bene, per riparare lo scandalo, di annunziare, in un suo scritto dato alle
stampe, che Cartellier si era «ritrattato». Costui protestò presso il vescovo, dicendo che lui non aveva messo la parola «ritrattato» nella sua
dichiarazione. Il vescovo ebbe la generosità, per evitare altri mali, di dire a Burnoud di non più diffondere il suo scritto che accennava alla
«ritrattazione» di Cartellier. Quando Cartellier morì a Vichy, il 13 luglio 1865, dove era andato per la cura delle acque, si occupava ancora
di una nuova opera contro l'apparizione. In La Salette devant le Pape, di Déléon, oltre a ingiurie contro l'autorità ecclesiastica e falsità
storiche, vi sono anche numerose proposizioni teologiche errate e scandalose, già condannate sia espressamente sia nei loro principi dai
sommi Pontefici. L'autore venne citato a comparire davanti al tribunale diocesano. Déléon si presentò, ma siccome persistette nella maggior
parte dei suoi errori, il suo libro venne condannato, con una perfetta confutazione, da monsignor Ginoulhiac, il 30 settembre 1854. L'autore
non volle sottomettersi al vescovo né ritrattare i suoi errori; di conseguenza fu di nuovo emessa la pena dell'interdetto a suo riguardo.
Déléon divenne ancora più ostinato e, nel 1856, pubblicò il libro La conscience d'un prétre et le pouvoir d'un evéque, nel quale schizza il
suo veleno contro i vescovi, il Papa e la Chiesa. Questo nuovo libello di Déléon venne addirittura «polverizzato» in una lettera-circolare da
monsignor Ginouihiac, diretta al suo clero, in data 19 settembre 1857. Questo sapiente vescovo, con una chiarezza, una forza e una logica
magistrali, diede una mazzata decisiva al principale capo dell'opposizione, che, dopo di allora, quasi cessò di far parlare di sé. Déléon morì
molto vecchio, nel 1895, dopo essere stato nuovamente riabilitato dal vescovo monsignor Fava. A Saint-Ismier, Déléon confessò a padre
Maron, un missionario di La Salette, «che egli, nel suo cuore, aveva sempre creduto a La Salette, e che l'aveva combattuta per vendicarsi
dell'autorità». La guerra mossa contro La Salette, dalla superbia, disobbedienza e malizia umana, anche se si faceva forte del nome e della
protezione di persone autorevoli, non poté far crollare la fiducia dei buoni né influire sulla buona opinione che aveva Pio IX di La Salette e
di tutto ciò che riguardava l'apparizione del 19 settembre 1846. Se ne poté accertare il canonico Rousselot, che fu per questo a Roma dal 9
alla fine di agosto 1854. Fu ricevuto in udienza dal Papa il 21 agosto; il Papa lo vide ancora e lo benedisse il 15 e il 25 agosto. In data 30
agosto 1854, un «breve» di Pio IX al vescovo di Grenoble rimetteva a monsignor Ginoulhiac il compito di riesaminare e dimostrare
pubblicamente la verità del fatto di La Salette e di conservare e accrescere la pietà e la devozione mariana conseguente. Il vescovo, monsignor Ginoulhiac, compì magistralmente questo suo dovere, nella lettera pastorale, già menzionata, del 4 novembre 1854. Nel 1856
comparvero altri due libri ostili a La Salette: il primo era intitolato Les entretiens sur La Salette di un certo Laborde, prete eretico e
interdetto, ritornato però a migliori sentimenti e completamente ritrattatosi prima di morire; il secondo libro aveva per autore G. Poinsot.
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Questo G. Poinsot, ministro protestante di Charleroi, intitolò il suo libro contro La Salette: La vénté sur La Salette ou les procédés de
l'église de Rome, pourfaire des miracles, devoilés par diverses tentatives malheureuses, et en particulier, par l'histoire de l'àpparition de la
Sainte Vierge sur la montagne de La Salette, le 19 septembre 1846. Poinsot poneva come principio che la Chiesa è nell'errore e tirava la
conclusione che tutti i miracoli allegati dalla Chiesa come prova della sua verità sono falsi o devono attribuirsi al demonio. Quello di La
Salette non sfugge a questa sorte. La risposta a questo libello la diede il reverendo Doyen, della diocesi di Namur, con il suo libro intitolato:
La Salette vengée. Dice con ironia a Poinsot che se i miracoli di La Salette sono da attribuirsi al demonio, occorre dire che il demonio si sia
convertito, giacché compie là dei prodigi per convincere gli uomini a non bestemmiare più e a santificare le feste. I nemici dell'apparizione
di Maria santissima a La Salette non desistettero dall'usare anche la calunnia per avvalorare il loro punto di vista. Lanciarono menzogne,
falsità, ingiurie, non solo sui due veggenti, non solo sui sacerdoti che difesero la verità dell'apparizione, quali Mélin e Rousselot, ma anche
sul vescovo monsignor de Bruillard e sul suo degno successore, monsignor Ginouihiac. Su Le Siècle del 18 dicembre 1854 si lessero parole
di insulto verso il vescovo di Grenoble. Déléon accusò Ginoulhiac di essere stato eletto vescovo in seguito al sacrilego contratto fatto col
predecessore di difendere l'apparizione di La Salette. In realtà, col permesso del Papa, monsignor de Bruillard aveva designato per suo
successore monsignor Ginoulhiac, ma nella lettera scrittagli il 3 giugno 1852 per dargli la notizia, non si nomina neppure l'affare di La
Salette. Su altri attacchi e sui sistemi dell'opposizione, si possono leggere le smentite documentate nella Storia di La Salette di Luigi
Carlier.
8. LA FAVOLA DE LAMERLIÈRE
Ci troviamo ora di fronte non solo ad una esagerazione, amplificazione o interpretazione tendenziosa difatti storici, ma ad una pura
invenzione fantastica, ad un romanzo, ad una vera favola. Un ecclesiastico dell'Isère (Giraud, curato di Ornacieux, secondo alcuni; Lacroix,
curato di Albenc, secondo altri) in una riunione dove si trovavano degli avversari di La Salette, si mise a dire ad un tratto a questi ultimi,
per scherzo: - Voi vi date troppa pena per trovare la Signora dell'apparizione, dite che è la signorina de Lamerlière! Fu questo accenno
un'ispirazione per Déléon, che pensò di costruire, su tale ridicola base, un vero romanzo. La signorina Costance-Louise-Marguerite SaintFerréol de Lamerlière (1790-1868) apparteneva a una rispettabile famiglia originaria di Roybon, e abitava allora a Saint-Marcellin. Costei
aveva ricevuto un'eccellente educazione e godeva di una grande facilità di parola. Possedeva una pietà sincera e ardente, ma al quanto
eccentrica. Era molto liberale nel dare a tutti denaro a scopo di bene, ma senza discernimento. I parenti, preoccupati di questo sperpero,
tentarono di sottoporla ad un consiglio giudiziario. Déléon immaginò di far passare costei come la protagonista dell'apparizione avvenuta a
La Salette, il 19 settembre 1846. Il nostro romanziere usò tutta la sua arte inventiva, e scese a particolari assai minuti, per far credere che la
signora apparsa a Massimino e a Melania non era persona diversa dalla signorina de Lamerlière. Benché dotato di brillante immaginazione,
il libellista non previde alcune incongruenze poste nel suo scritto, e ciò valse a screditare tutta l'opera. Si poté inoltre dimostrare, con
documenti ufficiali, che la de Lamerlière il 19 settembre 1846 si trovava a Saint-Marcellin, distante centoventi chilometri da La Salette; che
costei non conosceva il dialetto di Corps, usato dalla bella Signora; che detta signorina, col suo peso di oltre cento chili, non poteva camminare sulla punta delle erbe senza farle piegare, né elevarsi dal suolo, né fondersi sotto gli occhi dei pastori. La favola de Lamerlière poté
impressionare, sulle prime, qualche persona più titubante e lontana dai luoghi dell'apparizione; ma a Grenoble non riscosse credito presso
nessuno. Louis Carlier espone tutta la questione «de Lamerlière» e ne dà la più esauriente confutazione. L'alibi della pretesa signorina
apparsa a La Salette fu dimostrato con documenti e testimoni inoppugnabili. La de Lamerlière anzi citò, presso il tribunale civile di
Grenoble, Déléon e Cartellier e gli editori dei loro libri contenenti la «favola», per averla diffamata, e chiese 20.000 franchi come
risarcimento dei danni. La citazione era stata fatta l'8 ottobre 1854; il 2 maggio 1855 il tribunale giudicò che l'onore e la reputazione della
querelante non erano stati attentati. Ella si appellò allora presso la corte imperiale di Grenoble, e l'affare fu discusso il 27 aprile 1857.
Nonostante la magnifica difesa del celebre Jules Favre, e contrariamente alle conclusioni del procuratore generale Alméras-Latour, la corte,
nell'udienza del 6 maggio 1857, respinse l'appello, confermò il giudizio precedente, e condannò l'appellante al pagamento di una multa e
delle spese. Il vescovo di Grenoble monsignor Ginoulhiac, in una lettera indirizzata a un sacerdote extradiocesano che lo aveva interrogato
su questo argomento, disse che «la favola de Lamerlière è la più stupida, grossolana delle favole; la favola più apertamente smentita da fatti
certi», e che ricorrere a simili supposizioni per combattere il fatto dell'apparizione della santa Vergine sulla montagna di La Salette è la
prova più chiara che non si hanno supposizioni ragionevoli da opporre al miracolo, il che equivale a confermarlo.
8.
I veggenti dopo il termine della loro missione
MELANIA CALVAT
I testimoni della santa apparizione non furono meno dei credenti e difensori di essa colpiti dal cieco furore e dalle calunnie degli oppositori,
che credevano di diminuire e rovinare l'avvenimento divino screditando e diffamando i due pastorelli. Non c’è vizio che non sia stato loro
imputato dagli avversari di La Salette. È doloroso, ma queste calunnie hanno ottenuto un parziale effetto, anche presso i buoni, e persino ai
nostri giorni presso molti c'è ancora diffidenza e prevenzione. Verso la fine dell'anno 1851 monsignor de Bruillard emise il giudizio
dottrinale, e con il suo atto episcopale l'autorità ecclesiastica riconobbe autorevolmente che i due veggenti, Massimino e Melania, non
erano stati ingannati e che non avevano ingannato, e accettava il fatto di La Salette come autentico. La Chiesa si assumeva, da quel
momento, il compito di trasmettere al popolo cristiano il messaggio della Regina del cielo; perciò la missione di cui i pastorelli erano stati
investiti il 19 settembre 1846 aveva termine. Che la sua missione fosse finita lo confessò molto bene Massimino, il 14 settembre 1852,
quando, trovandosi a Grenoble presso i missionari di La Salette, disse a uno di loro: «Come ho già detto spesse volte, la mia missione è
finita dopo che la Chiesa si è impossessata del fatto di La Salette e lo ha esaminato». Anche se continuava a parlarne, precisò che «la sua
missione era finita». Tutte le spiegazioni riguardanti l'apparizione che i pastorelli hanno dato, dal 1846 al 1851, sono della più rigorosa
esattezza, perché durante questo tempo essi erano continuamente sotto l'azione immediata della santa Vergine, come canali e strumenti. Nel
1851 essi mandarono al papà Pio IX i loro segreti, e il vescovo di Grenoble si pronunziò in favore dell'apparizione. Dopo questa data i
veggenti non possedettero più quell'assistenza particolare del Cielo, della quale avevano goduto fino allora. Divennero press'a poco come
erano prima dell'apparizione e non dettero più quelle spiegazioni così esatte e sbalorditive. Spesso unirono al racconto cose pensate da loro.
Perciò non bisogna tener conto delle spiegazioni e delle risposte riguardanti l'apparizione date dai veggenti, dopo il 1851, se non concordano o contraddicono quelle date dal 1846 al 1851. Le accuse degli avversari di cattiva condotta, da parte di Massimino e di Melania,
nella loro vita posteriore non hanno perciò nessun titolo per essere portate come argomento contro l'avvenimento miracoloso
dell'apparizione. E questo sarebbe vero, anche se i due veggenti fossero veramente vissuti come sono stati dipinti dall'odio fanatico dei
nemici di La Salette; ma vedremo invece che la loro vita e la loro morte fu buona, pia ed esemplare. Melania ebbe un'esistenza lunga e
travagliata. Fu interrogata e inquisita in tutti i modi da quelli favorevoli all'apparizione; fu calunniata, mal giudicata, spiata e male
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interpretata nelle sue azioni, anche le più semplici e ordinarie, da coloro che non volevano rassegnarsi ad ammettere la verità
dell'apparizione. Molti le attribuirono detti e fatti che lei non disse mai né fece. Lei stessa confessò, già avanti negli anni: «Mi hanno fatto
dire molte cose che non ho mai detto!». Ella, possiamo dire, per la missione ricevuta da Maria santissima, fu fatta soffrire dai buoni e dai
cattivi, per motivi diversi e a volte opposti. Abituata a soffrire da piccola, continuò a soffrire, e in capo dei suoi manoscritti scriveva: «Mon
salut est dans la croix». Sofferse molte pene morali e fu anche tormentata dal demonio. Aveva ricevuto dalla santa Vergine il compito di
comunicare il celeste messaggio al popolo cristiano, e a ciò concorse anche il suo frequente cambiamento di domicilio (più di venti volte!).
La troviamo ora in Francia, ora in Inghilterra, ora in Italia. Avrebbe preferito vivere oscura e dimenticata. Le piaceva, ed era grata alla santa
Vergine, di aver potuto vederla e udirla, ma non le piaceva altrettanto di doverlo raccontare agli altri, perché questo la poneva troppo in
vista. Dopo essere stata per quattro anni presso le suore della Provvidenza di Corps, Melania entrò, il 20 ottobre 1850, come postulante
nella casa madre delle stesse suore, a Corenc. Dopo un anno di postulato, fece la vestizione religiosa il 10 ottobre 1851 e ricevette, con
l'abito, il nome di suor Maria della Croce. La postulante era divenuta novizia. Durante il noviziato ebbe la custodia di una classe di bambini
e seppe usare una disciplina esatta e severa, riuscendo a fare apprendere ai suoi scolaretti «ciò che lei stessa non sapeva». Essa fu di
edificazione per tutte le sue compagne. E’ unanime la testimonianza di persone competenti, che dicono che Melania postulante e novizia fu
di edificazione a tutte le sue compagne e alla stessa comunità religiosa. Essa fu buona postulante e buona novizia. Padre Bossan,
missionario di nostra Signora di La Salette, si recò il 14 luglio 1871 a Corenc ed interrogò Gérente, cappellano delle suore della
Provvidenza, gia in carica quando Melania era nel convento. Costui disse che la condotta di Melania era buona, un po' singolare, per le forti
tentazioni del demonio. I suoi difetti erano un po' di testardaggine, musoneria, severità e tristezza. Le sue buone qualità erano l'obbedienza,
l'umiltà e la purezza. Il 18 dello stesso mese Bossan si recò nel convento della Provvidenza per interrogare un'antica compagna di noviziato
di Melania, suor Dosithée. - Quali virtù principalmente avete notato in Melania? - Una pietà tenera e forte; ella amava singolarmente la santa comunione... Una uguale mortificazione... una purezza angelica... - Quali furono i suoi difetti? - Non ne aveva. - Ma, insomma, come
tutti, ella avrà avuto qualche imperfezione? - Era qualche volta brontolona, severa... - Era allegra o triste? - Era abitualmente triste. Qualche
volta però era allegra e rideva di cuore; ma rare volte e per breve tempo. Amava stare sola. – E’ vero che ella è stata cieca a Corenc? - Non
l'ho mai vista cieca e non ho mai sentito dire che lo fosse stata. L'ho vista però molte volte muta. Lo diveniva tutto a un tratto durante la
conversazione. Una volta Gerin, antico curato della cattedrale di Grenoble, le fece un segno di croce in fronte, ed essa poté parlare. Melania
era quindi vessata dal demonio e lei stessa lo disse, in una lettera scritta da Corenc, il 16 marzo 1854, ad un missionario di La Salette: «Non
sono quasi più tormentata dai signori miei operai [i demoni]; sembra che si riposino; ma io non mi modello su di essi». Nonostante le sue
virtù, suor Maria della Croce non fu ammessa alla professione presso le religiose della Provvidenza. Il vescovo monsignor Ginoulhiac
credette bene interdirle di fare la professione annuale, «per formarla efficacemente nella pratica dell'umiltà e della semplicità cristiana».
Intanto, alla fine di gennaio 1854, la salute di suor Maria della Croce è peggiorata, in seguito a una malattia di stomaco, e viene perciò
inviata per cura presso le religiose di san Vincenzo de' Paoli a Vienne, nel Delfinato. Non potendosi adattare a un regime di vita troppo
diverso dall'abituale, chiede di essere messa con delle religiose del suo istituto. Dopo tre settimane di soggiorno a Vienne, Melania sale a
La Salette a pregare Maria santissima. Perdurando il suo stato di salute malferma, viene richiamata a Corps presso le suore della
Provvidenza. Qui, trovandosi in un ambiente con un livello di vita assai inferiore a quello di Corenc, e vicina ai suoi familiari, che vivevano
nella più grande indigenza, ha modo di esercitare l'umiltà e il sacrificio. Subisce rudi assalti del demonio e varie vessazioni: vi resiste, ma il
suo càrattere e la sua salute ne riportano altro danno. Nel settembre 1854, monsignor Newsham, vescovo di Darlington, che si era recato a
La Salette per l'ottavo anniversario dell'apparizione, propone a suor Maria della Croce, con l'autorizzazione del vescovo di Grenoble, di
andare con lui in Inghilterra. Melania sente dispiacere ad abbandonare la sua comunità religiosa, ma accetta volentieri, sperando di poter
condurre in Inghilterra una vita più nascosta, sottratta alle visite e alla curiosità. Parte il 20 settembre 1854. In Inghilterra Melania trova
alloggio, come pensionante, presso le carmelitane di Darlington, nella contea di Durham. La vita austera del Carmelo piace a Melania, e
perciò essa domanda e ottiene di poter fare parte della comunità. E’ ammessa, il 20 febbraio 1855, alla solenne vestizione, fatta in presenza
di più vescovi e di illustri personalità della nobiltà inglese. La vestizione è presieduta da monsignor Hogarth, vescovo di Hexhaw. Finito il
noviziato, essa è ammessa anche alla professione religiosa. Il cappellano del convento di Darlington si recò, nel 1857, in pellegrinaggio a
La Salette, e attestò che suor Maria della Croce era un 'umile e buona religiosa. Ciò nonostante, dopo questi anni di vita religiosa in
Inghilterra, Melania - cresciuta in ambiente troppo diverso, triste per il clima e l'incomprensione della lingua inglese - volle ritornare in
Francia, presso la madre, a Marsiglia. Melania viene sciolta dai voti religiosi e il 28 settembre 1860 ritorna a Marsiglia, dove il fondatore
delle suore della Compassione, il gesuita padre Barthès, l'ammette nella sua fondazione in qualità di libera pensionante. Ella si stabilisce
nella casa SaintBarnabé. Veste di nero, con una cuffia nera, vive isolata e silenziosa. Il superiore le aveva detto di non farsi conoscere. E’
ritenuta una carmelitana qualsiasi giunta dall'Inghilterra. Nel novembre 1861 Melania accompagna nell'isola di Cefalonia (Grecia) alcune
religiose della comunità della Compassione, le quali vi vanno a dirigere un orfanotrofio. Melania veste l'abito di queste religiose e viene
chiamata suor Zenaide. Per essere aggregata alle suore della Conpassione, Melania aveva dovuto promettere ai superiori di mantenere il più
assoluto segreto sulla sua qualità di pastorella di La Salette. Nel luglio 1862 Melania ritorna da Cefalonia a Marsiglia e fa approcci per
entrare nel Carmelo di questa città, ma dopo dieci mesi domanda di ritornare alla Compassione. Il fondatore era morto. Guiol, superiore
ecclesiastico della congregazione, propone di ammettere Melania al noviziato. Ciò avvenne nell'ottobre 1864. Dopo qualche mese di prova,
Melania prese l'abito e fu chiamata suor Victor. Le fu messo come condizione di tener celato il suo stato di veggente di La Salette, sotto
pena di essere espulsa. Suor Victor, dopo il noviziato, fu impiegata a fare il catechismo all'esternato dell'asilo cattolico; più tardi fu inviata
a compiere il medesimo ufficio a Montolivet, un sobborgo di Marsiglia. Melania credette lecito manifestare chi era al curato di quella
parrocchia, un certo Forcade. Costui introdusse subito nella parrocchia, di recente formata, la devozione a nostra Signora di La Salette. Il
vicario generale Guiol, sospettando che suor Victor fosse stata riconosciuta per Melania di La Salette, le diede subito ordine di partire per
Canet, altro sobborgo di Marsiglia. Anche qui venne presto conosciuta. I superiori allora le ingiunsero di lasciare la comunità e di partire da
Marsiglia, e di non farvi mai più ritorno come religiosa. L'espulsione avvenne in aprile 1867. Madre della Presentazione, già un tempo
correttrice di Melania nei suoi primi tempi trascorsi presso le suore della Compassione e ora assistente della superiora generale, chiede e ottiene da monsignor Place, vescovo di Marsiglia, il permesso di seguire Melania per un determinato tempo, pur restando sempre suora della
Compassione, essendo legata alla congregazione dai voti perpetui. Quando Melania entrò alla Compassione, alcuni vescovi italiani erano a
Marsiglia in esilio; tra questi vi era monsignor Petagna, vescovo di Castellammare di Stabia, che fu ricevuto da padre Barthès nella casa
madre della Compassione a Blancarde. Melania allora approfittò del ministero di questo vescovo, per il bene della sua anima. Scacciata ora
da Marsiglia, Melania scrive a monsignor Petagna, vescovo di Castellammare, e gli chiede di riceverla nella sua diocesi. Mentre si attende
la risposta, la veggente compie un pellegrinaggio a La Salette, dal 15 al 18 aprile 1867, e poi passa una quindicina di giorni presso le
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Visitandine di Voiron (Isère). Il 21 maggio 1867 Melania, accompagnata da Madre della Presentazione, lasciò la Francia e
l'istituto della Compassione, ove però non aveva fatto nessuna professione religiosa, per recarsi a Castellammare. Le viaggiatrici dovettero
attendere a Napoli l'arrivo di monsignor Petagna che si era recato a Roma. La vita a Castellammare fu dura; mancavano molte cose. La
compagna di Melania si ammalò. Melania fece scuola di francese a quattro o cinque bambini. Oltre ai soccorsi di monsignor Petagna,
arrivavano ogni tanto quelli di padre Giraud, superiore dei missionari di La Salette. Melania scriveva ringraziando. Anche alla madre di
Melania pensava padre Giraud, e la figlia non sapeva come ringraziarlo per tanta bontà. Nel 1871 Melania visitò La Salette e si fermò un
po' presso i suoi parenti. Nel 1878 venne chiamata a Roma, e Leone XIII la ricevette in udienza privata. Il 5 maggio 1879 ritornò a Castellammare. Ritornata in Francia, nel 1884, ad assistere la madre ammalata, dimorò con essa a Cannes e a Cannet. Nel 1890 le morì la
madre, e Melania dimorò due anni a Marsiglia. Nel 1892 ripartì per l'Italia, ma, essendo morto monsignor Petagna, ella si stabilì a Lecce e
in seguito a Galatina, sottomettendosi alla direzione del vescovo di Lecce, monsignor Zola. Nel settembre 1897 Melania è a Messina per
cooperare, col canonico Annibale Di Francia, alla fondazione di una comunità religiosa: le Suore del divino Zelo; nell'ottobre 1898 è a
Moncalieri, vicino a Torino; nel 1899 è a Saint-Pour~ain-sur-Sioule (Allier). Il 23 giugno 1900 lascia quest'ultima località e si porta a Diou
(Allier): qui, il 6 novembre 1900, all'età di 71 anni, ella termina di redigere i suoi ricordi. Il 18 e 19 settembre 1902 è a La Salette; vi ritorna
di nuovo il 28 luglio 1903. Il 19 agosto 1903 ella lascia Diou e si porta a Casset (Allier), dove prende alloggio in via dei Remparts, n. 15.
Ritorna in seguito in Italia e si ritira, nel giugno 1904, ad Altamura presso Bari, dove si prepara alla morte, con la penitenza e la preghiera.
Nella mattina del 15 dicembre 1904, non avendola vista, com'era sua abitudine, in chiesa alla messa, alcuni andarono a vedere che cosa era
successo. Trovarono la porta della sua camera chiusa; la fecero aprire dall'autorità e trovarono Melania morta ai piedi del letto. I suoi
funerali furono solenni, ma tutto fu fatto per carità, data l'estrema povertà della defunta. Il vescovo monsignor Cecchini, presiedette ai
funerali. Una ricca signora prestò un loculo della sua tomba di famiglia per la sepoltura. Il canonico A. M. Di Francia, che ebbe modo di
conoscere bene Melania negli anni 1897 e 1898, conservò poi sempre verso di lei una grande stima e venerazione. In una lettera medita,
scritta da Messina il 30 gennaio 1927, Di Francia confessa di essere stato testimone di prodigi operati da Melania; tra l'altro scrive: «Con
l'aiuto del Signore, metteremo mano al processo informativo... Quanta maggior luce si diffonderà sulla vita mirabile di Melania, e su quella
del pio Massimino, sebbene in un campo naturale, tanto più si riverbereranno questi splendori sulla gloriosa apparizione di nostra Signora
di La Salette». Sempre per interessamento del canonico Di Francia, le spoglie mortali di Melania vennero, il 19 settembre 1918, trasportate
dal cimitero nella chiesa dell' Immacolata annessa all'Orfanotrofio Antoniano di Altamura, affidato alle Figlie del divino Zelo del Cuore di
Gesù. Il 19 settembre 1920 in questa stessa chiesa venne inaugurato un monumento funebre a onore e ricordo di Melania, composto da un
bassorilievo di marmo e da un'epigrafe approvata dal vescovo di Altamura monsignor Verrienti. In questa circostanza A. M. Di Francia
pronunziò un discorso laudativo su Melania. Riportiamo qui l'epigrafe su ricordata: Qui nel Sacro Tempio di Dio Trovarono quiete e riposo
Le stanche e travagliate ossa Dell'umile Pastorella della Salette MELANIA CALVAT Nata in Corps paesello della Francia Il di 7
Novembre 1831 Decessa in odore di santità Il di 14 Dicembre 1904 In Altamura Amorosamente qui custodite Dalle Figlie del Divino Zelo
del Cuore di Gesu' Cui appartenne quale sapiente Confortatrice. O Anima eletta T'invocheranno e ti pregheranno sempre eterna pace Le
tue care fighuole e sorelle in Gesu' e Maria. Melania ebbe una vita molto agitata, mentre avrebbe avuto bisogno di tranquillità e di non
essere vessata da importuni. Nei molti luoghi dove passò, lasciò sempre i segni di una pietà profonda, di una grande fedeltà a tutti i suoi
doveri religiosi e di una completa sottomissione alla volontà di Dio. Sua caratteristica fu pure un grande attaccamento alla Chiesa e, si
capisce, una devozione tutta speciale alla Vergine Maria. Durante gli ultimi anni della sua vita passati in Francia, Melania fece più volte il
pellegrinaggio sulla santa montagna di La Salette e fu per i fedeli e i custodi del santuario motivo di grande edificazione per la sua
semplicità, mortificazione e devozione. Fu fedele sempre alla grazia ricevuta da Maria santissima, e anche alla fine della vita si dichiarò
disposta a testimoniare con il sangue la verità del racconto fattole dalla bella Signora di La Salette.
2. MASSIMINO GIRAUD
Vediamo in breve le fasi movimentate della vita di Massimino, le sue disposizioni morali e la sua condotta in relazione all'apparizione.
Abbiamo già ricordato come il pastorello fosse messo, dopo il famoso viaggio di Ars, nel seminario minore di Rondeau, presso Grenoble.
Quando era presso le suore a Corps, il suo profitto nello studio era assai scarso. In un anno di esercizio non era riuscito ad imparare a
servire bene la messa. Così anche in seminario i suoi progressi non furono dei più brillanti. Egli stesso ne dà notizia alla buona madre
Sainte-Thècle, in una lettera del 22 marzo 1851, dicendo umilmente che tra tutti i suoi compagni era quello al quale gli esami erano riusciti
meno brillanti: le plus mal; gli era andato male l'esame su una favola di Fedro. Durante le vacanze del 1851, Dausse condusse Massimino
alla Grande Certosa. L'allora Generale dell'Ordine, padre Edmond, guidò il ragazzo durante un ritiro di otto giorni e rimase colpito dal
carattere espansivo e incapace di dissimulazione del ragazzo. Il pastorello, dando relazione a madre Sainte-Thècle della sua visita alla
Certosa in una lettera del 1° settembre 1851, manifesta tra l'altro la sua avversione per l'isolamento e il silenzio dei certosini. Di ritorno
dalla Certosa, entrò nel seminario della Cote-Saint-André, nell'Isère. Passò le vacanze del 1852 presso Rabilloud, curato di Meyrié. A
ottobre rientrò a La Còte, ma nella primavera del 1853 passò nuovamente nel seminario minore del Rondeau. Finito l'anno scolastico,
Massimino passò presso Champon, allora curato a Seyssins, vicino a Grenoble, e più tardi curato di Corps. Questo prete scrisse i Récits de
Maximin, pubblicati in estratti, dal 1881 al 1888, negli Annales de Notre-Dame de La Salette. Nel 1854 Massimino si reca a Roma in
pellegrinaggio con Similien, grande amico di La Salette. Nel 1856 padre Régis Champon, gesuita, fratello del curato di Seyssins, conduce
Massimino al seminario maggiore di Dax, trasferito poco dopo a Aire sur-l'Adour, nelle Lande. Massimino ha vent'anni e studia filosofia.
Nonostante l'età e la direzione dei gesuiti, egli rimane un bambino sventato. Egli stesso conosce questo suo difetto e vi scherza sopra; dice
che alla sua età non dovrebbe più essere un bambino, invece lo è sempre e fa bambinate. In tutti i seminari per cui passò, lasciò il ricordo di
una grande leggerezza e sbadataggine, ma anche quello di una fede profonda e di una seria pietà. Probabilmente non lasciava passare
giorno senza recitare il rosario intero. Dopo due anni Massimino lasciò il seminario maggiore e, dopo un breve tirocinio presso un
precettore di La Tronche, nel 1859 va a Parigi. Anche qui egli visse irreprensibile in fatto di costumi e superiore ad ogni sospetto. Nella
capitale Massimino incontrò delusioni e grandi privazioni. Egli apre il suo animo amareggiato, scrivendo il 28 ottobre 1859 a madre SainteThècle. A Parigi egli trovò, il 25 agosto 1859, un posto di impiegato presso l'Ospizio imperiale di Vésinet, e vi rimase fino al 10 gennaio
dell'anno seguente. Passò poi un anno e mezzo al collegio di Tonnerre, per completare la sua istruzione; nell'agosto del 1861 lascia questo
collegio. Fa un viaggio a Le Havre. Si ammala e viene curato all'ospedale Saint-Louis, a Parigi. Prende gusto agli studi di medicina e, per
interessamento dei coniugi Jourdain che lo adottano come figlio, può seguire i corsi di questa scienza, ma nel 1864 lascia la facoltà di
medicina. Nel 1863, il conte spagnolo di Penalver diviene pure protettore di Massimino. Lasciati gli studi di medicina, viaggia; va a
Froshdorf. La marchesa di Pigneroles gli dà modo di visitare Enrico V. Nel 1865 Massimino andò a Roma, si arruolò negli zuavi pontifici e
fu soldato del Papa per sei mesi. Durante questo tempo egli diede esempio di pietà e di tenera devozione verso la santa Vergine. Dopo sei
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mesi di soggiorno a Roma, Massimino, non potendosi abituare alla disciplina dell'armata pontificia, dovette ritornare in Francia.
Troviamo in seguito Massimino in Seine-et-Oise, in una casa di campagna; è presso la sua famiglia adottiva. Nel 1868 ritornò verso le sue
montagne, a Corps. Durante la guerra del 1870 egli è mobilitato e presta servizio al forte Barraux, presso Grenoble. Durante questo periodo
ogni mese si confessa da padre Jean Berthier, missionario di La Salette e più tardi fondatore dei Padri della Sacra Famiglia, per le vocazioni
adulte. I coniugi Jourdain, caduti in miseria nel 1870, seguirono Massimino a Corps e furono per lui un grave peso. Il 4 novembre 1874
Massimino, già minato da una malattia mortale, salì al luogo dell'apparizione. Egli assistette alla messa nella bella basilica costruita vicino
al luogo dell'apparizione, secondo il suo racconto; si comunicò devotamente; andò a bere alla sorgente miracolosa, dove l'acqua non era più
mancata dal giorno in cui la santa Vergine vi aveva sostato; rifece il cammino che, piccolo pastore, aveva percorso per seguire la bella Signora, che «scivolava» senza far piegare le erbe; rese ancora testimonianza davanti alle suore che l'avevano ospitato per la notte; lanciò un
ultimo sguardo verso l'altura da cui la celeste visione era salita al cielo e poi, triste e curvo, ridiscese a valle. Durante la malattia fece più
volte, con grande fervore, l'atto di rassegnazione e di abbandono alla volontà di Dio. Volle più volte essere visitato dal suo confessore. Il
lunedì 1° marzo 1875 il confessore lo visitò assieme all'arciprete di Corps. Gli furono amministrati gli ultimi sacramenti e gli fu fatta
acquistare l'indulgenza del giubileo. Ricevuto il santo viatico, parve riprendersi; rispose alle preghiere del sacerdote e chiese di bere l'acqua
di La Salette. Furono queste le sue ultime parole. Il sacerdote si era da poco allontanato, quando Massimino spirò. Egli lasciò questo
testamento: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen! Io credo a tutto quello che insegna la santa Chiesa apostolica
romana, a tutti i dogmi che ha definito il nostro Santo Padre il Papa, l'augusto e infallibile Pio IX. Io credo fermamente, anche a prezzo del
mio sangue, alla celebre apparizione della santissima Vergine sulla santa montagna di La Salette, il 19 settembre 1846; apparizione che io
ho difeso con le parole, con gli scritti e con la sofferenza. Dopo la mia morte, nessuno venga ad assicurare o dire che mi ha sentito smentire
il grande avvenimento di La Salette, perché egli mentirebbe di fronte a tutti, e mentirebbe a se stesso. Con questi sentimenti, io dono il
cuore a nostra Signora di La Salette». Il corpo di Massimino Giraud venne sepolto nel cimitero del suo paese natale. I funerali si svolsero la
mattina del 3 marzo 1875 con il concorso di tutti gli abitanti di Corps, di molti forestieri e di numerosi sacerdoti. Il cuore di Massimino,
secondo il suo desiderio, è conservato nel santuario di La Salette, presso l'altare del Sacro Cuore di Gesù. Massimino, come Melania,
durante la sua vita fu continuamente spiato per essere preso in fallo. La guerra mossa dal demonio contro l'apparizione non risparmiò
certamente i veggenti. Gli uomini avevano giudicato e condannato Massimino. Il suo più grande torto era quello di bere forse più del
necessario. Occorre tener presente che suo padre, il carradore Giraud, conduceva sovente il bambino all'osteria e lo forzava a bere. Questa
nefasta e precoce abitudine rese Massimino predisposto all'intemperanza, ma di qui a concludere che egli fosse un bevitore e un ubriacone,
come alcuni fecero, ce ne passa! Anzi, in Massimino l'inclinazione a bere non degenerò mai in vizio o in ebrietà. Il padre di Massimino
aveva la cattiva abitudine di costringere il figlio a bere e a fumare. In seguito, ammiratori e maliziosi lo costrinsero a bere, sia per onorarlo
e sia per estorcergli il segreto. Non riuscirono mai ad ubriacarlo, benché aggiungessero al vino sostanze inebrianti. Anche quando aveva
bevuto, non pronunziava mai spropositi o parole sconvenienti. Egli conservò sempre stima e rispetto presso i suoi conterranei, che lo
conoscevano certamente meglio dei suoi denigratori. Visse in modo esemplare, pur conservando sempre quel carattere di bambino
incostante e sbadato che aveva il 19 settembre 1846. Massimino fu, nella sua vita, generoso, caritatevole, distaccato dal denaro, forse fin
troppo, tanto da divenire imprevidente per se stesso. Per potersi sostentare dovette ricorrere a un piccolo commercio di oggetti di pietà. Poi
un industriale, volendo sfruttare La Salette producendo un liquore di erbe di montagna, che chiamò «Salettine», e uno specifico a base di
arnica, propose a Massimino di fare società con lui e di vendere i nuovi prodotti sotto il suo nome. Il vecchio pastorello, pressato dalla
necessità, accettò la proposta; il suo nome figurò sulle etichette della merce, ma egli non ne ricevette nessun utile. Dovette anzi fare dei
debiti per vivere, e stendere la mano al vescovo di Grenoble e ai missionari di La Salette per ricevere un'elemosina. La Cassa del
Pellegrinaggio per ordine del vescovo pagò le medicine, i medici e la sepoltura di Massimino. Massimino non dimenticò mai la grazia di
cui era stato favorito. Conservò verso Maria santissima la devozione e la tenerezza di un figlio verso la madre. Senza rispetto umano, difese
la religione, il Papa e l'apparizione di nostra Signora. Quando invece era attaccato e calunniato lui personalmente, sopportava e perdonava,
senza conservare alcun dispiacere o rancore. Quando le calunnie più inverosimili venivano dette in sua presenza da chi non lo aveva
riconosciuto, taceva, come se non si parlasse di lui. Fedele alle sue pratiche religiose, Massimino si accostava ai santi sacramenti ogni
mese. Di costumi irreprensibili, non conosceva neppure di nome il vizio. Non potendo essere né prete né religioso, non pensò mai di
sposarsi e il segreto di questa condotta solitaria e disagiata si può intravedere in una frase detta da Massimino stesso a un suo amico, padre
Perrin: «Quando si è vista la santa Vergine, non è possibile attaccarsi ad alcuno sopra la terra». Il pastorello di La Salette morì
irreprensibile nella virtù della purezza, per testimonianza di Peytard, medico a Corps; del dottor Minder, chirurgo dell'ospedale di
Grenoble, già condiscepolo di Massimino al seminario minore ed alla scuola di medicina; di Henri Le Chauff de Kerguenec, compagno del
pastorello tra gli zuavi, e poi religioso gesuita. Costui pubblicò due volumi di Lettres; in queste lettere si parla sovente di Massimino, e
sempre in bene, anzi sono prezioso documento per giustificare Massimino da alcune accuse, fattegli dagli avversari, relative al tempo del
suo servizio militare tra gli zuavi. Basta considerare anche soltanto quali erano i militari suoi amici. Oltre a padre Le Chauff, Massimino
aveva pure per amico Galbaud du Port, che si fece pure seguita e andò missionario in Cina. Ci rimane da dire qualche cosa di Massimino in
relazione all'apparizione. Egli raccontò sempre la meravigliosa visione e il discorso della santa Vergine; rispose a tutte le obiezioni. Andato
in pellegrinaggio (durante le vacanze passate a Meyrié) alla tomba di san Francesco Regis a La Louvesc, Massimino rispose a tutte le
obiezioni mossegli da venticinque padri gesuiti colà radunati; lo stesso fece davanti a una ventina di gesuiti a NotreDame d'Ay. Non solo
con la parola, ma anche con la penna Massimino Giraud fu il campione dell'apparizione. Nel 1866 pubblicò Ma profession defoi sur
l'apparition de Notre-Dame de La Salette. Egli comincia indicando il motivo che lo ha deciso a scrivere, ossia per rispondere e rettificare
alcuni attacchi fatti a La Salette, nella sua persona, dal giornale Vie Parisienne sabato 6 gennaio 1866. Dopo una bellissima dedica a nostra
Signora di La Salette, comincia il corpo dell'opera, la quale si compone di cinque parti. La prima parte è una confutazione in regola, fatta
con spigliatezza e logica, degli attacchi della Vie Parisienne. Nella seconda parte vi è il racconto dell'apparizione, fatto in modo sobrio e
chiaro. La terza parte è la risposta alle principali obiezioni mosse spesso contro l'apparizione. La quarta parte riferisce diversi miracoli,
attestati dai vescovi delle diocesi dove avvennero, ottenuti per intervento di nostra Signora di La Salette. La quinta parte riporta documenti
ufficiali della Curia romana, che arricchiscono di privilegi e favori il santuario, l'arciconfraternita e la comunità dei missionari. Segue la
lettera pastorale di monsignor de Bruillard sull'apparizione. La signora Jourdain concepì l'idea di comporre un libro su Massimino, usando
a questo scopo i manoscritti del figlio adottivo e i suoi ricordi personali. Dopo due anni di lavoro, mandò la sua opera a padre Giraud,
superiore dei Missionari di La Salette, perché la rivedesse e la correggesse. Monsignor Fava, messo al corrente della cosa, richiese il
manoscritto e lo affidò al sacerdote Nortet per un esame. Questi lesse attentamente il manoscritto e comunicò a monsignor Fava, il 14
febbraio 1878, le sue impressioni. Secondo lui vi erano nell'opera MassiminoJourdain troppe inesattezze e non ci si poteva fidare di un
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simile scritto, che letterariamente lasciava anche molto a desiderare. Giraud rimandò allora lo scritto alla Jourdain, declinando l'offerta.
Le Bailif, curato di Berville (Eure), fece invece al manoscritto una favorevole accoglienza e lo pubblicò sotto il suo nome, dandogli per
titolo: Maximin peint par lui-meme. In conclusione, la storia ci dice che i due veggenti di La Salette furono sempre buoni e virtuosi. La loro
vita, descritta senza odio o passione di parte, dimostra meravigliosamente che essi non vissero in modo indegno del grande favore ricevuto
dalla santissima Vergine Maria.
9.
I primi servi fedeli
MONSIGNOR PHILIBERT DE BRUILLARD
Philibert de Bruillard, figlio di Antoine e di Étiennette Muzelier, nacque a Digione il 12 settembre 1765. Ricevette il battesimo il giorno
stesso, nella chiesa parrocchiale di Saint-Pierre a Digione. Affidato a buoni maestri, Philibert poté entrare giovanissimo nel collegio di
Navarra. Fece la sua prima comunione a 11 anni di età, a Saint-Étienne-du-Mont, e venne cresimato a Saint-Nicolas-duChardonnet. A
quattordici anni ricevette la tonsura ed entrò a fare parte del clero; a sedici anni passò nel seminario della Comunità di Laon, dipendente dai
Preti di San Sulpizio. A diciassette anni ricevette il suddiaconato e a ventiquattro anni, nel settembre del 1789, venne ordinato sacerdote, a
Parigi, nella cappella dell'arcivescovado, da monsignor de Bovet, vescovo di Sisteron. Celebrò la sua prima messa nel convento delle suore
orsoline, in via Saint-Jacques. Philibert sarebbe potuto diventare un brillante professore della Sorbona, ma la rivoluzione lo portò a fare il
cappellano dei suppliziati e condannati a morte. Esercitò segretamente il ministero sacerdotale in Parigi, durante il Terrore; assistette la
famiglia reale nella prigione del Temple. Travestito, confuso tra la folla, riuscì a farsi notare da molti condannati condotti al supplizio e ad
assolverli. Assolse in tal modo anche Luigi XVI. Riesce a sfuggire al pericolo di venire imprigionato, ma non puo sfuggire a quello di
venire incorporato nella guardia nazionale. Come guardia, continua maggiormente a svolgere il suo ufficio sacerdotale. Dopo il Terrore,
sotto il Direttorio, Philibert continuò a esercitare un apostolato coraggioso, specialmente nella direzione spirituale di anime pie e della
gioventù dei collegi. Fu così che s'incontrò con santa Maddalena Sofia Barat, fondatrice delle suore Dame del Sacro Cuore. Di qui sorse
quel dolce legame che lo unì sempre a questa nuova congregazione. Già da giovane sacerdote aveva insegnato filosofia e teologia nel
seminario di San Sulpizio. Sotto il Consolato, de Bruillard venne aggregato al clero parrocchiale di San Sulpizio e incaricato del catechismo di perseveranza in questa parrocchia. Dopo il Concordato, il cardinale de Belloy, arcivescovo di Parigi, nominò Philibert canonico
onorario e gli affidò un incarico di predicazione nella chiesa metropolitana. Nel 1810 il reverendo Pbilibert fu incaricato di amministrare la
parrocchia di Saint-Nicolas-du-Chardonnet. Nel maggio del 1821 fu nominato curato di Saint-Etienne-du-Mont. Resasi vacante la diocesi
di Grenoble, per la morte di monsignor Claude Simon, il 26 ottobre 1825, era stato nominato vescovo di detta diocesi il reverendo Coustou
di 65 anni, vicario generale di Montpellier, ma il nuovo eletto aveva dovuto rinunziare a causa della sua salute precaria. Allora Frayssinous,
ministro degli affari ecclesiastici, nominò vescovo di Grenoble il reverendo de Bruillard. Preconizzato il 3 luglio 1826, venne consacrato il
6 agosto dello stesso anno. Il nuovo vescovo arrivò nella diocesi che gli era stata affidata il 21 agosto e ne prese solenne possesso, in
cattedrale, il 25 agosto. Nei primi tempi della sua dimora a Grenoble ebbe a soffrire un poco per il clima inadatto alla sua costituzione e
pensò di cambiare luogo, chiedendo di essere trasferito a Beauvais. Ma poi i disturbi di salute passarono e non pensò più a cambiare
diocesi. Monsignor de Bruillard spese tutte le sue energie nel governo della vasta diocesi montana, che visitò più volte, superando gravi
difficoltà. Diede vita, in diocesi, a molte fondazioni religiose. Scrisse due Catechismi per l'istruzione religiosa della gioventù, 180 lettere
pastorali, circolari, ordinanze, dal 6 agosto 1826 al 23 aprile 1853. Istituì una commissione archeologica e di arte sacra diocesana.
L'avvenimento, però, più importante del lungo episcopato di monsignor de Bruillard, e che lo rese celebre in tutto il mondo, fu l'apparizione
della Vergine Maria a La Salette, avvenuta il 19 settembre 1846. De Bruillard fu di questa apparizione il giudice ecclesiastico per diritto e
l'apostolo zelante e infaticabile. Il 3 giugno 1852, sentendosi ormai vecchio, monsignor de Bruillard scrisse in confidenza al vicario
generale d'Aix-en-Provence, Ginoulhiac, per proporgli la sua sede episcopale, deciso di rinunziarvi e di ritirarsi. Ottenuto il beneplacito
delle autorità dello stato e il permesso del Papa, il 9 dicembre 1852 monsignor Ginoulhiac veniva nominato vescovo di Grenoble e
monsignor de Bruiìlard veniva promosso canonico del Capitolo imperiale di Saint-Denis. Il 6 maggio 1853 de Bruillard lasciò la città di
Grenoble e si ritirò presso le Dame del Sacro Cuore, a Montfleury, a tre chilometri dalla città episcopale. Era già stato sulla santa montagna
il 25 maggio 1852, in occasione della posa della prima pietra del santuario di La Salette; aveva già, pure nel 1852, fondato i Missionari di
nostra Signora di La Salette, per la cura del santuario e dei pellegrini. Volle ancora salire a La Salette per il trentesimo anniversario della
sua consacrazione episcopale e passare accanto a Maria santissima il 5, 6 e 7 agosto 1856. Arrivò sui luoghi benedetti da Maria il 4 agosto
e andò a bere alla fontana miracolosa. Il 15 novembre 1860 cadde gravemente ammalato. Il 23 novembre volle ricevere il viatico; il 25
novembre ricevette da Roma la benedizione apostolica. Spirò il 15 dicembre 1860, giorno di sabato, poco dopo mezzogiorno, all'età di 95
anni, tre mesi e quattro giorni. La sua morte causò un lutto generale. Tenne il discorso funebre monsignor Ginoulhiac. Venne sepolto il 20
dicembre nella cattedrale di Grenoble, dopo solenni funerali; il suo cuore, come aveva lasciato per testamento, venne estratto, chiuso in
un'urna e depositato nella cappella che i Missionari di La Salette avevano in Grenoble. Quest'urna giunse, il 25 maggio 1861, al santuario di
La Salette, nono anniversario della benedizione della prima pietra del santuario stesso. Dopo una messa di Requiem, l'urna fu murata in una
nicchia della cappella di San Filiberto, e una lastra di marmo nero ne indica ancora il luogo.
2. PIERRE-JOSEPH ROUSSELOT
Pierre-Joseph Rousselot nacque il 12 aprile 1785 a Barboux, nella provincia della Franche-Comté, cantone di Russey, e oggi dipartimento
di Doubs. I suoi genitori, Claude-Joseph e Marie-Lidvine Brisebard, erano poveri ma ferventi cristiani e sfuggirono alla rivoluzione emigrando in Svizzera, e si fissarono con i figli nel principato di Neuchàtel. Il piccolo Pierre entrò a otto anni, nel 1793, presso i trappisti della
Val-Sainte. Nel 1798 segui i trappisti esiliati. Fu successivamente a Berna, Zurigo, Sciaffusa, Costanza, Augusta in Baviera. Qui gli esiliati
attesero per due mesi il permesso di entrare in Russia. Si diressero poi verso Donauworth, dove si imbarcarono sul Danubio. Rousselot,
dopo aver attraversato l'Austria, passa in Boemia; a Praga cade ammalato. Guarito, può entrare in Polonia e, per Cracovia e Versavia, passa
in Russia e con i suoi compagni di viaggio si ferma a Termagno in Volinia. Nell'estate del 1800 l'imperatore di Russia manda via i trappisti
e il nostro ragazzo di quindici anni li segue ancora. Va a Varsavia, dove si imbarca sulla Vistola per Danzica e di qui per Lubecca. Passa la
quaresima del 1801 ad Amburgo, poi viene inviato con altri a Paderborn in Vestfalia. Nel 1803 viene anche cacciato di qui e ripara in
Svizzera. Dopo aver fatto circa mille chilometri a piedi, rientra alla Val-Sainte. Studia filosofia e teologia al collegio di Friburgo e insegna
nel suo monastero. Il suo nome di religione è frère Placide. Nel 1804 sostiene brillantemente le sue tesi di filosofia e di matematica. Nel
1807 deve fare il servizio militare, oppure partire. Sceglie questa seconda soluzione, e attraverso numerose tappe: Oulx, Susa, La Cervara,
Briancon, Grenoble, Lione, Parigi, Bordeaux, Clermont-Ferrand, e di nuovo Lione e Briancon, si ferma nel convento di quest'ultima città,
ma un editto di Napoleone I chiude tutte le trappe dell'impero francese. Durante questa nuova peregrinazione, Rousselot si fa chiamare
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frère Maure. L'abate di Briancon manda i suoi religiosi presso le loro famiglie. Rousselot si rifugia nella parrocchia di Bourgd'Oisans, e il curato lo raccomanda al vicario generale di Grenoble, Bouchard. Rousselot continuò i suoi studi nei seminari di questa
diocesi, e fu ordinato sacerdote il 18 settembre 1813. Gli fu poi affidata la cattedra di teologia del seminario maggiore, nel 1813, e la tenne
quasi fino alla sua morte. Insegnò dogmatica dal 1813 al 1831, morale dal 1832 al 1856; dopo questa data insegnò altre materie teologiche.
Rousselot era molto dotto, zelante, pio, saldo nella fede e dotato di grande carità. Monsignor Simon lo nominò canonico onorario nel 1822,
e monsignor de Bruillard lo fece canonico titolare nel 1833 e vicario generale nel 1837; monsignor Ginoulhiac gli confermò quest'ultima
carica. Rousselot fu il campione e l'araldo dell'apparizione di nostra Signora a La Salette. Fece parte delle commissioni episcopali destinate
a studiare il fatto; fu uno degli inquisitori deputati dal vescovo e compì la sua delicata missione con grande prudenza e abilità. Raccolse le
prove della verità dell'apparizione e scrisse il suo Rapporto, che fu il punto di partenza per l'approvazione episcopale del prodigioso
avvenimento. Dal 1846 fino alla morte lavorò infaticabile per la gloria di Maria santissima. Il 25 maggio 1852 poté assistere alla
benedizione della prima pietra del santuario di nostra Signora di La Salette. È specialmente con gli scritti che Rousselot servi la causa di La
Salette. Pubblicò La vérité sur l'événement de La Salette, libro molto atteso e subito tradotto in più lingue. Poco dopo pubblicò Nouveaux
documents sur La Salette, e Un nouveau sanctuaire à Marie. Oltre a molti articoli di polemica, scrisse un Manuel du pèlerin de la Sainte
Vierge sur la montagne de La Salette e un Résumé court et clair des motifs qu 'un catholique a de croire à la réalité d'une apparition de la
Sainte Vierge sur la montagne de La Salette. Per la gloria di nostra Signora di La Salette, Rousselot viaggiò molto; fu a Roma a portare a
Pio IX i segreti dei due pastorelli; fu ricevuto in udienza dal Papa il 18 luglio 1851 e il 22 agosto dello stesso anno. Il Papa stimava molto
Rousselot e con lui usava una bontà straordinaria. Prove di questa benevolenza pontificia a suo riguardo Rousselot ne ricevette pure durante
il suo secondo soggiorno romano, nel mese di agosto dell'anno 1854. Abbiamo già ricordato l'udienza pontificia del 21 agosto e gli incontri
con Pio IX il 15 e il 25 agosto 1854. Dopo l'approvazione episcopale dell' apparizione, Rousselot divenne il questuante di Maria e viaggiò
attraverso l'Europa per cercare le offerte necessarie alla costruzione del santuario di La Salette. Sopportò pazientemente le offese, gli insulti
e le calunnie degli avversari e oppositori dell'apparizione. Dopo cinque mesi di malattia, ricevette in chiesa il viatico e l'unzione degli
infermi, e mori di sabato, tre giorni avanti la festa dell'Assunta. Era il 12 agosto 1865.
3. SACERDOTI PERRIN
I sacerdoti Perrin, che ebbero relazione con l'apparizione di nostra Signora di La Salette, sono tre. 1) Jacques Perrin, nato nel 1782 ajallieu
nel circondano di La-Tourdu-Pin (Isère). Era un eccellente sacerdote. Altri due suoi fratelli erano sacerdoti, ma morirono prima di lui. Il 19
settembre 1846, quando avvenne l'apparizione di Maria santissima a La Salette, Jacques Perrin era parroco del villaggio da oltre quattordici
anni e aveva sessantaquattro anni di età. Era già stato destinato altrove; il 9 ottobre 1846 lasciò effettivamente la parrocchia di La Salette e
andò a reggere quella di Saint-Sixte nel cantone di Saint-Geoire (Isère). Morì il 20 gennaio 1848. Il suo sepolcro fu per molti anni assai
venerato. Jacques Perrin era stimato dai vescovi di Grenoble, dai suoi parrocchiani e dai sacerdoti che lo conoscevano. Era zelante, pio e
umile. Aveva molta carità e molta devozione a Maria. Egli intui subito la verità dell'apparizione e disse a Massimino e a Melania: - Ah,
bambini miei! È la santa Vergine quella che voi avete veduto ieri sulla montagna! 2) Louis-Joseph Perrin, che aveva il medesimo cognome
del primo, ma non era suo parente, nacque da famiglia profondamente religiosa, nel 1812, nel villaggio di La Murette presso Voiron (Isère).
Uscito dal seminario, dopo l'ordinazione sacerdotale, ricevuta a 29 anni, fu mandato come vicario a Villard-des-Laus, dove restò quattro
anni, e poi curato a Monestier-d'Ambel. Il 28 settembre 1846, nove giorni dopo la celebre apparizione della santa Vergine, venne inviato
curato a La Salette. Aveva allora trentaquattro anni. A La Salette trovò squallore e miseria. Dieci giorni dopo il suo arrivo, sali con Melania
sulla montagna dell'apparizione. Cominciò subito il suo lavoro ordinario e straordinario. Doveva informare le autorità ecclesiastiche di tutto
ciò che si riferiva all'apparizione, accontentare i pellegrini, adempiere i doveri del ministero sacerdotale sia nella chiesa parrocchiale sia
sulla montagna. D'accordo con il sindaco di La Salette e con il vescovo monsignor de Bruillard, don Louis Perrin ottenne il permesso di
erigere sulla montagna una specie di cappella per celebrarvi la santa messa in occasione dei pellegrinaggi per il primo anniversario
dell'apparizione. I pellegrini, che accorrevano a La Salette sempre più numerosi, costrinsero il nuovo parroco a chiedere al vescovo un
coadiutore, che gli venne concesso nella persona di Jacques-Michel Perrin, suo fratello, più anziano di lui, essendo stato ordinato sacerdote
il 9 luglio 1836. I due fratelli furono zelanti, generosi, incuranti dei sacrifici e della fatica. Lavorarono sempre in perfetto accordo. Si deve
al loro zelo sia l'istituzione di diverse pratiche di devozione ad onore di nostra Signora di La Salette, tra le quali devono essere ricordate la
Confraternita e la Novena perpetua, sia la stesura dei primi Annales de NotreDame Réconciliatrice de La Salette. Gli anni 1848, 1849 e
1850 furono, per i due fratelli Perrin, anni eccessivamente occupati in un lavoro duro e sfibrante. Nel 1851 Jacques si ammalò e venne
condotto a La Murette, ove mori il 24 aprile. Anche Louis dovette cedere per mancanza di salute. Lasciò La Salette nel maggio 1852 per
Courtenay, nel cantone di Morestel, e in seguito, nel 1866, passò a Sonnay. Stette in quest'ultima località dal 1866 al 1882, quando si ritirò
dal ministero e tornò a La Murette, ove mori nel giorno di Natale del 1884, a settantadue anni di età. Jacques-Michel Perrin (1802-1851),
fratello del precedente. Di lui abbiamo già parlato. Ordinato sacerdote il 9 luglio 1836, fu poi insegnante nel piccolo seminario della Co teSaint-André, dove rimase sei anni; fu per tre anni vicario agli Abrets, e in seguito cappellano all'ospedale generale di Grenoble. Era
sacerdote zelante e stimato, ma aveva poca salute. Divise col fratello le fatiche e i meriti della parrocchia di La Salette.
4. PIERRE MÉLIN
Pierre Mélin nacque a Jallieu presso Bourgoin (Isère) il 6 maggio 1810. Fece eccellenti studi in paese e nei seminari diocesani e, dopo
l'ordinazione sacerdotale, fu successivamente vicario a Morestel (1836-1837) e alla cattedrale di Grenoble, dove era allora curato Gerin. A
trentun anni di età, nel 1841, venne inviato a Corps. Vi giunse il l° luglio 1841 a sostituire il sacerdote Reynier, procurato del vero curato
titolare François-Antoine Viollet, allora sospeso. Il nuovo campo di lavoro era quanto mai arduo e ostile, ma, superati i primi anni, Mélin
vide la vita religiosa rifiorire, in seguito all'apparizione di Maria santissima a La Salette. Riguardo all'apparizione mantenne sempre una
condotta prudente e riservata, attendendo il giudizio dell'autorità ecclesiastica, nonostante che personalmente credesse alla verità del fatto
prodigioso. Nel 1852 Mélin ebbe la fortuna di riconciliare con Dio e fare riabilitare dal vescovo, nelle sue funzioni sacerdotali, il curato
Viollet. Vide in questa conversione l'opera di nostra Signora di La Salette. Il 1° gennaio 1855, avendo Viollet rinunziato al titolo e alla
parte del beneficio parrocchiale di Corps, venne insediato Mélin come curato, con tutti i diritti relativi a questo ufficio. Viollet morì l'11
settembre 1865, a settantaquattro anni di età. Dopo l'apparizione del 19 settembre 1846, Mélin divenne, riguardo ad essa, una figura di
primo piano. La Salette era ecclesiasticamente soggetta a Corps; Mélin dovette tenere informato il vescovo di tutto ciò che concerneva
l'avvenimento straordinario; scrivere numerose lettere; trattare con migliaia di pellegrini e prendersi cura dei due veggenti, che erano suoi
parrocchiani. Dopo ventiquattro anni passati a Corps, Mélin, nel settembre 1865, venne chiamato a Grenoble per occupare il canonicato
lasciato vacante da Rousselot. Egli era già canonico onorario dal 1852. Mélin morì a Lans il 19 giugno 1874 in seguito a un attacco di apoplessia. Durante la sua vita e dopo la sua morte, i nemici di La Salette lo accusarono di essersi arricchito speculando sull'apparizione.
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L'accusa è priva di ogni fondamento. Mélin aveva uno spirito giusto, serio, paziente. Lasciò una memoria onorata e un affettuoso
ricordo.
5. JEAN-BAPTISTE GERIN
Jean-Baptiste Gerin nacque il 13 dicembre 1797 nel villaggio delle Roches-de-Condrieu (Isère), da Joseph e da Geneviève Gerbet. Entrato
in seminario, si distinse sempre per il suo aspetto e i suoi costumi angelici. Venne ordinato sacerdote il 16 giugno 1821 e fu
successivamente vicario a Saint-Symphorien-d'Ozon, curato di Feyzin, curato-arciprete di Saint-Symphorien-d'Ozon e, nel 1835, fu
chiamato a Notre-Dame di Grenoble, la cattedrale, per assumere l'ufficio di curato-arciprete. Gerin occupava il tempo in una maniera
ammirevole; pregava lunghe ore della notte ed era tutto dedito al dovere. La sua devozione a Maria santissima era straordinaria. Fu uno dei
primi a credere all'apparizione di nostra Signora di La Salette. La sua predicazione, sempre efficace e commovente, lo era in modo speciale
quando egli parlava di nostra Signora di La Salette. Fu uno dei più zelanti apostoli della devozione a Maria santissima di La Salette. Con
Rousselot, fu scelto per portare, nel 1851, a Pio IX i segreti dei due pastorelli. Egli era già stato a Roma nel 1846 e aveva pure incontrato
Pio IX, appena eletto alla cattedra di San Pietro. Gerin saliva spesso sulla santa montagna, dove tenne celebri predicazioni, e sovente si
recava a pregare nel piccolo oratorio di La Salette, eretto in Grenoble. Un suo biografo disse che Gerin nel 1854 aveva già fatto sedici volte
il pellegrinaggio della Louvex e che, dal 1847 al 1862, ossia altre sedici volte, fece ogni anno, nell'anniversario dell'apparizione, il
pellegrinaggio a La Salette. La fatica del confessionale procurò a Gerin la malattia che lo condusse alla tomba. Morì in modo edificante il
13 febbraio 1863.
6. FRANCOIS LAGIER
Francois Lagier nacque a Corps nel 1806. Entrato nel seminario diocesano di Grenoble, divenne prete. Nel 1846 fungeva da curato a SaintPierre-de-Chérennes, piccola parrocchia del cantone di Ponten-Royans, nel distretto di Saint-Marcellin, diocesi di Grenoble. Nel febbraio
1847 Lagier dovette recarsi a Corps, al capezzale del padre gravemente infermo. In questo periodo di tempo interrogò Massimino, Melania
e Baptiste Pra. I risultati delle sue inchieste ci sono stati lasciati nelle così dette Notes Lagier. Lagier non credeva all'apparizione di Maria
santissima a La Salette. Voleva smascherare i due veggenti, suoi compaesani, ma invece fu conquistato dalla verità del fatto e si dichiarò
credente. Lagier morì a cinquantaquattro anni di età, il 10 giugno 1859, a Pellafol. Le Notes furono rinvenute, dopo la morte dell'autore, a
Corps, presso Aglot, da Martin Blanc. Blanc donò il manoscritto, il 24 giugno 1862, a padre Bossan, missionario di nostra Signora di La
Salette. Padre Bossan, che lasciò l'istituto dei Missionari di La Salette nel 1868, conservò presso di sé il manoscritto fino alla morte,
avvenuta il 9 aprile 1890, nella sua parrocchia di Salnt-Bonnet-le-Chàteau (Isère). Padre Bossan donò ai Missionari di La Salette, assieme a
tutti i suoi manoscritti sull'apparizione, anche il manoscritto delle Notes Lagier. Presso questi missionari si trova l'originale autentico,
conservato ora negli archivi di detto istituto, a Roma, piazza Principessa di Sarsina, n. 3. Il manoscritto venne riprodotto in due copie
policopiate: una a Friburgo, per cura di padre Forest m.s.; l'altra a Tournai, e inserita nella Deuxième Journée Salettine. Le Notes di Lagier
sono molto importanti, perché il loro autore, essendo di Corps, ci lasciò il discorso della Vergine trascritto nella lingua dialettale in cui
venne pronunziato, e come lui lo ricevette dalla viva voce dei due veggenti, nonché la versione in francese della parte dialettale di tale
discorso.
7. MARIE DES BRULAIS
Accanto allo storico dell'apparizione, Rousselot, bisogna porre la signorina des Brulais. Originaria di antica famiglia, illustre e ricca,
nacque da Félix Ollivier des Brulais e da Francoise-Angelique Briand nel 1809 a Vitré (Ille-et-Vilaine). Al battesimo fu chiamata Marie.
Ebbe un'eccellente educazione e, ancora giovane, fu istitutrice e a capo di un'importante casa di educazione per ragazze. Verso il 1830 si
associò a una sua amica, Sophie Utten, un'irlandese convertita, e diede asilo alle bambine che il governo mandava via dai collegi delle
suore. L'istituto fu chiamato «Institut Utten-des Brulais», ed era in «Villa aux roses» a Nantes. Le due signorine erano di carattere diverso,
ma complementare. L'Utten era l'intellettuale della casa, lenta e riflessiva; des Brulais era espansiva, attiva e amava fare la direttrice.
Nonostante la sua attività, des Brulais era delicata di salute e una debolezza di testa gli impediva di lavorare. Il 18 agosto 1847, mentre era
appoggiata a un tavolo, per il suo solito male, vide sulla tavola una rivista, Lecture, che parlava della prossima festa del 19 settembre a La
Salette. Decise di andare a chiedere la guarigione a Maria santissima. Partì il 4 settembre 1847 e arrivò a Corps l’8 settembre. Mélin,
preavvisato, le fece trovare una camera presso le suore della Provvidenza. La sua visita al luogo benedetto, fatta il 9 settembre 1847, fu
fruttuosa, e dopo alcuni giorni, da che usava come sua unica medicina l'acqua di La Salette, si sentì guarita dal mal di fegato e dall'anemia
cerebrale. Divenne allora un'apostola dell'apparizione. Ebbe modo di interrogare i due veggenti, di studiarli in ogni maniera, e acquistò per
essi un'affettuosità materna. Des Brulais ci lasciò la più esatta raffigurazione dell'apparizione e dei luoghi benedetti visitati da Maria
santissima. Fece nove volte il pellegrinaggio a La Salette e scrisse l'Écho de ta sainte montagne. La prima edizione di questo libro apparve
nel 1852 in 5000 copie; la seconda nel 1853 in 10.000 copie, la terza nel 1854 in 15.000 copie. Nel 1855 apparve una quarta edizione
aumentata di un secondo volume intitolato Suite de l'Écho de ia sainte montagne. Gli ultimi anni della lunga vita della signorina des Brulais
furono assai dolorosi; una cecità ne aumentò le sofferenze. Venne messa da parte. I suoi libri non vennero più diffusi ed ella perse
quest'unica fonte di sostentamento. Si ritirò con la Utten a Cote-Saint-Sébastien, piccola località vicino a Nantes. Morì a Nantes, rue de
Rennes, n. 84, all'età di ottantasette anni, il 22 agosto 1896.
Appendice
CONGREGAZIONI RELIGIOSE SORTE DA LA SALETTE
Missionari di nostra Signora di La Salette
Al decreto di approvazione del 19 settembre 1851 fece seguito, il 10 maggio 1852, un altro decreto con il quale monsignor de Bruillard
annunciava la costruzione, sui luoghi dell'apparizione, di un santuario dedicato a nostra Signora di La Salette e, allo stesso tempo, la
costituzione di un gruppo di missionari incaricati del suo servizio, i Missionari di nostra Signora di La Salette: «Per quanto possa essere
importante l'erezione di un santuario, vi è ancora qualche cosa di molto più importante: cioè i ministri della religione, destinati al servizio
del santuario stesso, all'accoglienza dei pellegrini, a predicare la parola di Dio, all'esercizio del ministero della riconciliazione, all'amministrazione del sacramento dell'eucaristia e ad essere, per tutti, i dispensatori fedeli dei misteri di Dio e dei tesori spirituali della
Chiesa. Questi sacerdoti saranno chiamati "Missionari di nostra Signora di La Salette". La loro istituzione e la loro esistenza saranno, come
il santuario stesso, un perpetuo ricordo dell'apparizione misericordiosa di Maria». La costruzione della basilica terminò nel 1865, e il 19
gennaio 1879 papa Leone XIII decretò per il santuario di La Salette il titolo di basilica minore e la solenne incoronazione della statua della
Vergine "riconciliatrice dei peccatori". Con decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 20 giugno 1934, la Santa Sede proclamò la
Madonna di La Salette patrona principale dell'istituto omonimo, fissandone la festa al 19 settembre, giorno anniversario dell'apparizione.
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Pio XII, il 22 febbraio 1943, concesse la messa e l'ufficio propri. Il testo italiano della messa in onore della beata Vergine Maria di La
Salette venne approvato il 2 settembre del 1978. La Collectio Missarum in onore della Vergine Maria, edita in lingua latina nel 1986 e
tradotta in italiano l'anno seguente, riporta nel tempo quaresimale il formulano «Maria Madre della riconciliazione», dove si fa esplicita
menzione dell'apparizione e della congregazione. Ben presto i sacerdoti diocesani chiamati a servire il santuario, per i quali mons. De
Bruillard aveva preparato un «progetto di regola», riflettendo sull'apparizione e vivendone le linee centrali di spiritualità, si sentirono
chiamati a vivere la consacrazione religiosa in comunità, per dare una più significativa testimonianza dell'evento. Ha scritto Roger Castel:
«La mediazione della grazia di La Salette, la richiesta spirituale dei pellegrini hanno guidato molto rapidamente questi pastori a una
conversione circa la loro stessa vita e l'avvenire della loro associazione. In una lettera "fondatrice", il 4 agosto 1855, padre François Denaz
[uno dei primi sacerdoti chiamati a servire il santuario] chiese a mons. Ginoulliiac "la vita religiosa con i tre voti" (castità, povertà e
obbedienza); è profondamente convinto che "la Madonna vuole una congregazione che sia in rapporto con l'entità e l'estensione dell'opera
di cui ella stessa è venuta a gettare le fondamenta! ".1 voti della vita religiosa, prima temporanei poi perpetui, garantiranno a questa
congregazione le condizioni di durata e di estensione. Per di più, l'avvenimento di La Salette, così approfondito e vissuto, sarà un rimedio
idoneo ai mali che sgretolano la società» (La Salette. In cammino con Maria, Strasbourg 1995, p. 25). Si apriva così un lungo cammino di
discernimento, che vide protagonisti i cappellani del santuario e il vescovado di Grenoble che sfociò nella costituzione di una
congregazione religiosa prima di diritto diocesano il 2 febbraio 1858, poi di diritto pontificio il 27 maggio 1879. Attualmente l'istituto è
presente in ventuno nazioni e conta circa novecento religiosi. La sua identità e la sua missione possono essere così formulate: - la
congregazione dei Missionari di nostra Signora di La Salette è chiamata a vivere la propria consacrazione battesimale e religiosa alla luce
dei valori della preghiera, della penitenza e dello zelo evidenziati dall'apparizione di La Salette, dedicandosi al devoto servizio del Cristo e
della Chiesa, sull'esempio di Maria, serva del Signore, completamente dedicata alla persona e all'opera di suo Figlio, che fu costituita
riconciliatrice ai piedi della croce; - la sua missione è ricondurre sulla retta via della salvezza coloro che ne hanno deviato e coloro che sono
incerti o vacillanti con la predicazione della parola di Dio e la celebrazione dei sacramenti; per questo si fa voce, con apostolico zelo, dei
molteplici errori che si presentano nella storia umana e che attentano alla dignità della persona umana, in vista del compimento del mistero
della riconciliazione, quando Dio sarà tutto in tutti.
Suore di nostra Signora di La Salette
Madame Henriette Deluy-Fabry, nata a Marsiglia il 30 novembre 1828, si recò molte volte pellegrina a La Salette, rimanendo affascinata
dal mistero delle lacrime di Maria. Questo cammino spirituale le fece scoprire la vocazione alla vita religiosa, però non in un istituto già
esistente. Si sentì chiamata a fondare una nuova congregazione, ancorata all'evento dell'apparizione secondo un triplice legame, costituito
dallo spirito di immolazione e di sacrificio, dallo spirito apostolico e dallo spirito di preghiera. Nel 1866, in occasione di una visita a Roma,
ebbe la possibilità di esporre questo suo progetto al papa Pio IX, da cui ricevette l'incoraggiamento a proseguire su questa strada. Ella
espose le sue intenzioni anche a mons. Ginoulhiac, vescovo di Grenoble, che incaricò il suo vicario generale di fornire tutto l'aiuto
necessario alla stesura delle costituzioni. Il 17 settembre 1871 il vescovo di Grenoble diede l'abito alla fondatrice e a cinque novizie, tre
coriste e due converse. Il 20 dicembre 1872 le prime sette «Religiose Riparatrici di nostra Signora di La Salette» salivano al santuario di La
Salette per vivere il servizio e l'accoglienza delle pellegrine. Madame Deluy-Fabry rimase alla guida della congregazione fino al 1874,
quando fu sostituita, per ragioni di salute, da suor SainteChantal. Morì a Marsiglia il 13 giugno 1905. Successivamente, anche a causa delle
leggi anticongregazioniste della Francia di inizio secolo, le Religiose Riparatrici di nostra Signora di La Salette seguirono i Missionari di
La Salette in Belgio e in Polonia, contribuendo alla direzione delle loro scuole apostoliche; e si sono dedicate, a Grenoble, all'assistenza dei
poveri nel quartiere Notre-Dame, oltre che al servizio della Cappella dell'Adorazione. Padre Célestin Crozet, sesto superiore generale dei
Missionari di nostra Signora di La Salette, in seguito a una decisione presa con il consenso del suo consiglio, fondava nel 1928 le «Suore
Missionarie di Nostra Signora di La Salette». Dopo un primo esperimento a Fourqueux, le prime sei candidate si stabilirono a Courmellesles-Soissons nel 1929. Qui, grazie all'autorizzazione concessa dalla Sacra Congregazione dei Religiosi il 24 gennaio 1930, mons. Ernest
Mennechet, vescovo di Soissons, il 2 febbraio dello stesso anno erigeva canonicamente la comunità in congregazione di diritto diocesano e
ne approvava le costituzioni il 25 ottobre seguente. Queste suore avevano il compito di servire i Missionari e di dedicarsi ad ogni opera di
apostolato femminile. Nel 1955, su richiesta delle Religiose Riparatrici di nostra Signora di La Salette, si esaminò un progetto di
unificazione per questi due istituti femminili. I lavori durarono a lungo e terminarono nel 1965 con l'approvazione dell'autorità competente
di Roma. Si diede vita così alle «Suore di Nostra Signora di La Salette», attualmente presenti in Francia, in Brasile, nelle Filippine e in
Madagascar. Nella loro Regole di vita si legge: «Lo spirito di riconciliazione, come le suore lo intendono dai gesti e dalle parole di Maria
nella sua apparizione, si esprime con una vita di preghiera, di sacrificio e di apostolato. La loro preghiera si unisce a quella di Maria che, in
cielo, con la sua ininterrotta intercessione, non desiste di ottenere al suo popolo" le grazie della salvezza. Il loro sacrificio si attua
nell'oblazione di se stesse a Dio, rinnovata in ogni istante con l'accettazione della volontà del Padre, che le unisce, con Maria, alla vita
redentrice del Cristo e al suo sacrificio sulla croce. Il loro apostolato è colmo di quest'amore che rende la Madonna così sollecita ai bisogni
dei suoi figli. Quest'amore riempie il loro cuore di ansia premurosa per i poveri, i diseredati, per tutti coloro che sono nell'indigenza. Con
tutta la loro vita, le suore vogliono testimoniare l'appello del Cristo alla riconciliazione e alla conversione».
Conclusione
I frutti di grazia sorti dall'evento di La Salette non si esauriscono qui. Oltre alle due congregazioni (maschile e femminile) che ne portano il
nome, parecchie confraternite e opere laicali di riparazione e di apostolato hanno trovato nelle parole di Maria la loro nascita oppure un
nuovo slancio missionario in diverse parti del mondo. La Salette è infatti una grazia per la Chiesa intera: la celebrazione del 150°
anniversario dell'apparizione (1846-1996) è un invito a riscoprirne tutta la carica evangelizzante per il nuovo e terzo millennio.
2. GRANDI ANNIVERSARI
Cinquantenario dell'apparizione (1896)
Nell'anno 1896 si compivano cinquant'anni dal giorno in cui Maria santissima era apparsa a La Salette. Le feste cinquantenane
coincidevano con il venticinquesimo di episcopato del vescovo di Grenoble, monsignor Fava. Si pensò quindi di unire i due giubilei in una
festa sola. Nella sua lettera per la Quaresima del 1896, il vescovo annunziò i festeggiamenti del cinquantenario e si riservò di fissare la data
del loro svolgimento. Per non intralciare i festeggiamenti che si dovevano fare a Reims in occasione del XIV centenario del battesimo del
re Clodoveo, monsignor Fava, in una sua lettera circolare del 6 giugno 1896, stabilì di rimandare le feste di La Salette nell'anno 1897 e di
non cominciarle che nel settembre prossimo. Il 19 settembre 1896, nonostante la sua tarda età, il vescovo volle salire al santuario, e alla
presenza di cinquemila pellegrini lesse la supplica che aveva mandato al Papa per chiedere favori spirituali in occasione delle feste giubilari
mariane. Leone XIII aveva accordato, il 7 settembre 1896, le indulgenze e i favori chiesti, ossia un'indulgenza plenaria a tutti i fedeli che
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avessero preso parte ad un triduo in onore di nostra Signora di La Salette, nelle chiese e oratori pubblici dove era venerata la sua
immagine, e che si fossero nel frattempo accostati ai santi sacramenti della confessione e della comunione e avessero pregato secondo le
intenzioni del Papa. Il tempo per l'acquisto di detta indulgenza durava dal settembre 1896 al 30 settembre 1897. Il 25 luglio 1896 cadeva il
25° anniversario della consacrazione episcopale di monsignor Fava, avvenuta nella cattedrale di Montauban. Le feste vennero rimandate al
18 novembre, giorno in cui cadeva il 21° anniversario della presa di possesso da parte di monsignor Fava della sede episcopale di
Grenoble. Leone XIII fece rimettere al vescovo di Grenoble, a mezzo del cardinale Coullié arcivescovo di Lione, il pallio e lo fece
accompagnare da un breve elogiativo, datato da Roma il 18 settembre 1896. Monsignor Fava ottenne ancora da Leone XIII un'indulgenza
plenaria per tutti quelli che avrebbero visitato la basilica di La Salette durante l'anno giubilare. Egli stesso salì nell'estate del 1897 a La
Salette per lucrare questa indulgenza, e nel mese di luglio passò diversi giorni presso il santuario. Dal 13 al 23 luglio, infatti, prese parte
alle funzioni di ricevimento dei pellegrini, alle messe solenni e alle cerimonie più importanti. Durante quei giorni rivolse sovente la parola
ai pellegrini. Sabato 17 luglio, alle ore dieci, monsignor Fava, assistito da monsignor Berthet, vescovo di Gap, e circondato da numeroso
clero e da una folla di pellegrini, consacrò il campanone delle «nozze d'oro» di nostra Signora di La Salette. Dopo la cerimonia, la campana
venne messa in opera su uno dei due campanili e alle cinque del pomeriggio essa fece sentire i suoi rintocchi festosi che risvegliarono tutti
gli echi della montagna.
Centenario dell'apparizione (1946)
Esiste in Francia un comitato nazionale che ha il compito di alimentare la devozione a Maria, organizzando congressi mariani e
pellegrinaggi ai più celebri santuari della santa Vergine. Il presidente di diritto di questo comitato è il vescovo di Chartres, perché questa
città possiede il più antico monumento eretto in onore di Maria santissima in Francia, ossia la celebre Grotta dei druidi, nella quale
quest'antico popolo venerò la Vergine madre. Su questa Grotta ora s'innalza la cattedrale di Chartres. I congressi nazionali mariani francesi
ebbero inizio nell'anno 1926 e si succedettero ogni quattro anni. Il primo venne tenuto a Chartres nel 1926; il secondo a Lourdes, diocesi di
Tarbes, nel 1930; il terzo a nostra Signora di Liesse, diocesi di Soissons, nel 1934; il quarto a nostra Signora di Boulogne, diocesi di Arras,
nel 1938. Il quinto congresso era previsto per il 1942 a nostra Signora di Puy, ma non poté aver luogo, perché la guerra sconvolse ogni
cosa. Il congresso venne sostituito con un pellegrinaggio penitenziale, fatto dalla gioventù studentesca francese a Notre-Dame. Il sesto
congresso venne tenuto a Rennes dal 4 al 9 luglio 1950. Fin dal 1938 sua eccellenza monsignor Alexandre Caillot, vescovo di Grenoble, e
padre Etienne Cruveiller (m. 1945), superiore generale dei Missionari di nostra Signora di La Salette, si erano interessati per far inserire
nella serie dei congressi manani nazionali quello di La Salette, da tenersi nel 1946, anno che coincideva con il primo centenario
dell'apparizione (19 settembre 1846). Le difficoltà che bisognava superare erano grandissime, perciò venne tenuta, fin dal 25 novembre
1943, all'Institut Catholique di Parigi, sotto la presidenza del vescovo di Chartres, monsignor Harscouèt, una riunione preliminare. Il
vescovo presidente del comitato nazionale francese dei congressi mariani indirizzò, in quell'occasione, una lettera a Pio XII chiedendo
l'incoraggiamento e la benedizione pontificia in vista del quinto congresso mariano nazionale che doveva essere celebrato nel 1946 a
Grenoble e a La Salette, «per commemorare con studi di teologia mariana, e con solenni cerimonie, il centenario dell'apparizione e degli
insegnamenti di nostra Signora impartiti in quel luogo benedetto». Finalmente, in data 10 marzo 1946, il vescovo di Grenoble, monsignor
Caillot, inviò una lettera pastorale, da leggersi in tutte le chiese della sua vasta diocesi, che trattava appunto del centenario dell'apparizione
di nostra Signora di La Salette e del congresso mariano nazionale. Nonostante le difficoltà del dopoguerra, i motivi di associare il
centenario dell'apparizione di La Salette al quinto congresso nazionale mariano francese erano tali che indussero a superare tutti gli
ostacoli. Dopo un secolo, l'insegnamento di La Salette era ancora quanto mai attuale. Il congresso si propose come soggetto di studio la
corredenzione di Maria santissima. Questo tema ha una naturale relazione con il mistero di sofferenza rivelato dalla Vergine in lacrime
sulla montagna di La Salette. Le difficoltà materiali di portare i pellegrini a La Salette, dove le strade erano scomode e l'alloggio limitato, si
univano a quelle del periodo del dopoguerra, quando cioè i servizi erano ancora ridotti e la vita civile non aveva ancora ripreso il ritmo
normale. Un comitato locale si incaricò di organizzare l'impostazione generale dei festeggiamenti: 1) pellegrinaggio a La Salette nel
periodo dal 10 giugno alla fine di settembre; 2) giornata dei bambini, il 4 luglio, a Grenoble; 3) congresso mariano, a Grenoble, dal 2 al 6
settembre, con sedute di studio e giornata di riparazione; chiusura del congresso, a La Salette, il 7 e l'8 settembre. Bisognava radunare i
bambini in un periodo di tempo che riuscisse per loro meno scomodo. Venne fissato il giovedì 4 luglio 1946. Si interessarono i bambini
molto tempo prima, affinché si preparassero con preghiere, sacrifici e lavoretti affiancati da tesori spirituali. Più di 10.000 furono i bambini
che presenziarono in quel giorno, nello stadio comunale di Grenoble, preparato per la circostanza eccezionale. Al mattino vi fu la messa.
Alla sera vi furono giochi scenici di soggetto religioso molto ben riusciti. L'esposizione dei bozzetti costruiti dai bambini venne distesa su
una lunghezza di cento metri; i bozzetti erano centoventi, molto vari per forma, materia e dimensioni. Bellissimi quadri viventi resero
sensibili alla fantasia dei bambini le grandi e importanti verità della nostra fede. Il nunzio apostolico in Francia, monsignor Roncalli, in seguito Papa con il nome di Giovanni XXIII, fu sulla santa montagna di La Salette il giorno dell'Assunta, 15 agosto 1946, in qualità di
pellegrino. Celebrò la messa solenne e presiedette alla processione. Il carattere del congresso fu volutamente intonato all'apparizione di
Maria santissima a La Salette, in lacrime e addolorata per i peccati degli uomini. Nel pomeriggio di lunedì 2 settembre 1946 si tenne la
seduta inaugurale del congresso nella basilica del Sacro Cuore di Grenoble. Era stata scelta questa chiesa sia perché ampia sia perché la sua
prima pietra era stata estratta dalla montagna di La Salette. A questa prima riunione parteciparono più di 2000 persone. Il numero dei
partecipanti alle conferenze di studio, tra cui anche molti vescovi, andò aumentando di giorno in giorno. Sabato 7 settembre la folla
cominciò a lasciare Grenoble, per raggiungere La Salette. Quattordici grandi croci furono trasportate da Grenoble fino al villaggio di La
Salette; di qui cominciò la grande Via Crucis nazionale che si snodò su di un percorso di cinque chilometri su per i fianchi della montagna.
Le croci, portate a spalla, venivano, di mano in mano che si saliva, fissate a lato della strada in luoghi già precedentemente preparati. La
distanza di una croce dall'altra era di circa trecento metri. Nel pomeriggio del 7 settembre il corteo ufficiale, composto da una quarantina di
auto, partì da Grenoble per La Salette. Vi erano il cardinale di Lione, Pierre-Marie Gerlier, e il vescovo di Grenoble. Su una camionetta era
fissata anche la statua della santissima Vergine in lacrime. Poco dopo l'arrivo delle autorità venne innalzata sulla spianata di fronte al
santuario una quindicesima grossa croce. Essa doveva rimanere sulla montagna a ricordo del centenario dell'apparizione di Maria
santissima. La notte tra il 7 e l'8 settembre venne passata in preghiera. Intanto i pellegrini continuavano ad affluire. A mezzanotte vennero
celebrate due messe: una pontificale, nell'interno del santuario, dal vescovo di Moulins; un'altra all'aperto. I trecento preti presenti sulla
montagna continuarono la celebrazione delle messe fino a mezzogiorno. Nella mattinata i pellegrini salirono a diecimila, cifra enorme, date
le circostanze di luogo e di tempo, tanto più che nel medesimo giorno vi erano altri imponenti raduni mariani in Francia: a Lourdes e a
Lamballe. Alle 9,15 dell'8 settembre vi fu una processione: sfilarono i gruppi con le loro «Madonne» giunte da tutta la Francia. Il cardinale
Gerlier celebrò poi la solenne messa pontificale con undici vescovi che gli facevano corona attorno all'altare. Dopo la lettura del vangelo, il
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cardinale parlò ai pellegrini presenti e alla fine impartì la benedizione papale. Una delegazione di padri di famiglia lesse la
consacrazione della famiglia francese al sacro Cuore. Vennero letti i telegrammi di adesione e si chiuse con un solenne Te Deum. Nel
pomeriggio vi furono i vespri solenni, poi la folla cominciò a scendere dalla montagna. La solenne apoteosi del 19 settembre 1946 risultò
degna commemorazione del primo centenario cronologico dell'apparizione. Da allora, i pellegrinaggi a La Salette sono continuati ogni
anno, da tutte le parti del mondo, e il loro ritmo è andato aumentando. Se il numero dei pellegrini, pur molto elevato, non raggiunge le cifre
sbalorditive di altri centri, il motivo è da ricercarsi nel fatto che chi va a La Salette va unicamente per un motivo religioso, non per fare una
gita turistica.
150° anniversario (1846-1996)
Anche durante quest'ultimo cinquantennio la grazia di La Salette ha continuato, nel silenzio, ad essere stimolo alla conversione e alla
testimonianza della fede. Nel silenzio, perché ha seguito l'evoluzione della crisi che ha investito la figura di Maria, a partire dalla seconda
metà degli anni '60. Quasi in opposizione a quelli che sono stati chiamati gli anni del «trionfalismo mariologico», questo periodo ha
sperimentato l'inadeguatezza culturale delle forme espressive in cui la devozione mariana aveva trovato una codificazione relativamente
stabile (i pellegrinaggi, la pratica dei primi sabati del mese, le consacrazioni al Cuore immacolato, ecc.). La vera sfida che ha cominciato ad
accompagnare l'intera comunità cristiana è stata dunque l'esigenza di inculturare nell'oggi la relazione con la Madre del Signore: superato il
criterio dell'accrescimento delle pie pratiche mariane come indice valutativo della spiritualità, Maria è stata riscoperta come donna di fede,
modello della sequela del Signore Gesù, madre sollecita dell'unità e della fraternità dei suoi figli. Questa riscoperta della Vergine e della
spiritualità mariana ha trovato nel papa Giovanni Paolo Il il suo più deciso esponente: «Nessun papa ha dato tanto spazio a Maria nella
catechesi e nelle espressioni di culto, nessuno ha compiuto tanti pellegrinaggi in quella geografia della grazia costituita dai santuari
mariani, nessuno ha affidato tante volte alla Madre di Dio nazioni, continenti, Chiesa e mondo intero quanto papa Wojtyla». Più d'una volta
il pontefice ha parlato delle apparizioni, e dell'apparizione di La Salette in particolare. Già da arcivescovo di Cracovia aveva avuto modo di
dire: «L'apparizione di La Salette è legata in modo del tutto particolare alla maternità di Maria, madre dell'uomo, madre della famiglia
umana, madre della Chiesa». Nel libro-intervista con Vittorio Messori, Giovanni Paolo Il afferma: «Nella sua precedente domanda lei
parlava della Madre di Dio e delle numerose rivelazioni private che hanno avuto luogo specialmente negli ultimi due secoli. Ho risposto
raccontando in quale modo la devozione mariana si sia sviluppata nella mia storia personale, a partire dalla mia città natale, attraverso il
santuario di Kalwaria, fino a Jasna G6ra. Jasna G6ra è entrata nella storia della mia patria nel secolo XVII, come una specie di “'Non
abbiate paura” pronunciato da Cristo per bocca di sua Madre. (...) Mentre entravo nei problemi della Chiesa universale, con l'elezione a
papa, portavo con me una simlle convinzione: che, cioè, anche in questa dimensione universale, la vittoria, se verrà, sarà riportata da Maria.
Cristo vincerà per mezzo di lei. (...) Avevo dunque tale convinzione. (...) Presentivo, però, che c'era una certa continuità, a partire da La
Salette, attraverso Lourdes, fino a Fatima. E, nel lontano passato, la nostra polacca Jasna G6ra». La maternità di Maria induce a non avere
paura e a vivere nella speranza operosa della carità. Le apparizioni mostrano, per il papa, una madre pienamente rivolta ai suoi figli,
addirittura fiduciosa in essi: «Come nel vangelo Gesù manifesta particolare fiducia nei bambini, così la mamma sua, Maria, non ha mancato di riservare ai piccoli, nel corso della storia, la sua materna premura. Pensate a santa Bernardetta di Lourdes, ai fanciulli di La Salette
e, nel nostro secolo, a Lucia, Francesco e Giacinta di Fatima». Maria è vera madre e come tale è coinvolta nella loro educazione e crescita.
Un'educazione e una crescita che però non sono esenti da difficoltà: «Sappiamo bene che una madre che ama, più di una volta piange. (...)
Se dovesse mancare il pianto di Maria, noi non avremmo un 'immagine completa dell'amore materno. La madre che ama piange, e piange
soprattutto quando i suoi figli sono minacciati». Il mistero delle lacrime di Maria è il segno evidente del suo coinvolgimento nella storia:
«Fatti pellegrina con noi dall'Oriente all'Occidente. Dai paesi slavi, dalla Porta dell'Aurora a Wilnius, da Aglona a Siluva e Czestochowa,
attraverso l'eredità germanica, verso la Francia, la Spagna e il Portogallo. Madre di Lourdes e di La Salette, Madre di Covandonga e del
Pilar, di Kevelar e di Altòtting, di Mariazell e di Einsiedeln. Resta con noi, mentre tramonta il secondo millennio» Maria è vicina, in modo
del tutto particolare, ad ogni persona che soffre, privata della sua dignità e della vita: «Vi parlo da questa camera d'ospedale, e devo dire
che era tanto necessaria questa sosta di dolore. Era tanto necessaria in previsione della visita in Sicilia, a Catania e a Siracusa, dove Maria
piangeva. Non piangeva per la prima volta già un secolo fa? Questo pianto di Maria ci ricorda il santuario di La Salette nelle montagne
francesi». E ancora: «Le lacrime della Madonna appartengono all'ordine dei segni: esse testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa
e nel mondo. Piange una Madre quando vede i suoi figli minacciati da qualche male, spirituale o fisico. Piange Maria partecipando al
pianto di Cristo su Gerusalemme, oppure presso il sepolcro di Lazzaro o infine sulla via della croce. (...) Le lacrime di Maria compaiono
nelle apparizioni con cui ella, di tempo in tempo, accompagna la Chiesa nel suo cammino sulle strade del mondo. Maria piange a La
Salette, alla metà del secolo scorso, prima delle apparizioni di Lourdes, in un periodo nel quale il cristianesimo in Francia sperimenta una
crescente ostilità». Per Giovanni Paolo Il, le lacrime di Maria a La Salette sono il segno non della condanna o della lontananza di Dio, ma
semmai della sua volontà di entrare nella sofferenza umana per spezzarla ed aprire l'umanità a nuovi orizzonti. Sono lacrime feconde
perché fanno riscoprire il proprio essere figli di Dio: «Piangeva. Appartiene al genio della donna anche il piangere. Sappiamo bene quanto
ha fatto quel pianto nella vita di sant'Agostino e di tanti altri. Il piangere della donna e della Madonna sono un segno di speranza. (...)
Recate a quanti incontrerete questa benedizione, questa promessa, questa speranza, attraverso il misterioso fenomeno delle lacrime, del
pianto della Vergine, attraverso quel pianto, quelle lacrime, che sono suprema espressione della gioia pasquale». Sono, perciò, lacrime di
conversione perché disegnano il cammino della conversione del cuore: «Per quanto concerne il continente europeo, tutti continuamente
rileggiamo il messaggio della Madonna di Lourdes, che è un'esortazione alla preghiera e alla conversione, e le lacrime di Maria a La
Salette». La missione che scaturisce dall'evento di La Salette è dunque la testimonianza dell'avvento del regno di Dio: «In che cosa consiste
questa missione? Annunciare l'amore insieme alla Madre che piange. Annunciare l'amore forte della Madre. Gridare la necessità della
conversione (...) gettando lo sguardo sull'immensa famiglia umana, pensando ad ogni nostro fratello e sorella, a tutti i popoli e a tutte le
nazioni, immersi in queste lacrime materne che sono una prova particolare dell'amore, lacrime che sono così necessarie all'umanità e al
nostro popolo». La celebrazione di questo giubileo non poteva trovare cornice migliore: le parole del papa indicano i tratti essenziali per
vivere oggi la grazia di La Salette. In compagnia di Maria, il credente è chiamato a condividere le gioie e le speranze degli uomini e delle
donne del nostro tempo e di ogni tempo, per portare la luce del vangelo, il dono della riconciliazione e della fraternità. La riscoperta della
vocazione battesimale e missionaria è, dunque, il «filo rosso» che lega le manifestazioni previste in tutti i paesi dove i Missionari di Nostra
Signora de La Salette sono presenti ed esercitano il loro ministero: l'animazione del popolo di Dio (ritiri, convegni, missioni, pellegrinaggi
ai santuari salettini nazionali e a quello della santa montagna dell'apparizione, ecc.) è il grande obiettivo, dal Madagascar al Brasile, agli
Stati Uniti, alla Polonia, alle Filippine... In Italia, il culmine delle celebrazioni sarà il pellegrinaggio nazionale al santuario di La Salette,
guidato dall'arcivescovo di Milano, cardinale Martini. Sotto la sua guida si mediterà su Maria, Madre attenta alla vita dei suoi figli, per
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riscoprire il legame di responsabilità che unisce il battezzato e la Chiesa intera ad ogni uomo. Quella responsabilità che fa esclamare
a Maria: «Da quanto tempo io soffro per voi! (...) Su, bambini miei, fate sapere ciò a tutto il mio popolo». Quella responsabilità che costituisce il fondamento della nuova creazione operata dallo Spirito Santo nella coscienza del credente: «Chi ama suo fratello, dimora nella
luce e non v’è in lui occasione d'inciampo. Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre. (...) Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore
è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio» (1Gv 2,10-1 la; 4,7). Quella responsabilità che è il fondamento della nuova
evangelizzazione cui Giovanni Paolo Il chiama tutta la Chiesa, per poter varcare le soglie del nuovo millennio pieni di speranza e di
fiducia.
3. CONCLUSIONE
Siamo sicuri che il soccorso di Maria non mancò mai, esso ci fu offerto sempre, lungo i secoli di vita della Chiesa. Ciò che deve farci
temere è la nostra indifferenza, il nostro rifiuto, talvolta il nostro disprezzo per il suo intervento materno. Sovente Maria si è manifestata
agli uomini, in modi diversi, misteriosi: ogni regione ne conserva il ricordo. Specialmente negli ultimi secoli Maria è intervenuta in modo
più marcato, con apparizioni, con messaggi, con un'abbondanza straordinaria di grazie e anche di miracoli. Le apparizioni di Maria
santissima accompagnate da un messaggio sono una grazia speciale di questi ultimi due secoli. Il preludio ai grandi messaggi si trova
nell'apparizione di Maria - 3 maggio 1491, a quei tempi festa dell'Invenzione della santa Croce - ad un fabbro di Orbey (Francia), chiamato
Thierry Schoeré. Maria disse, in quell'occasione, che i peccati avevano attirato castighi su quelle regioni; lei però si era interposta e aveva
trattenuto «il braccio di suo Figlio»; se i colpevoli si fossero pentiti e avessero fatto penitenza, il Signore li avrebbe benedetti con
l'abbondanza dei frutti della terra. Questa fertilità venne raffigurata da tre spighe che escono da un unico stelo che Maria tiene nella mano
destra. Il santuario sorto per ricordare questo fatto fu perciò chiamato di «nostra Signora delle Tre Spighe». In tutte le apparizioni
successive Maria ha sempre ricalcato gli stessi motivi fondamentali. Quanto meno scalpore insano si sarebbe sollevato contro la celebre
apparizione di Maria a La Salette, se si fosse tenuto presente il messaggio di nostra Signora delle Tre Spighe! La Salette fu ancora
preceduta dalle tre apparizioni avvenute a Parigi, nel 1830, a santa Caterina Labouré. E’ la ripetizione dello stesso tema: i peccati degli
uomini hanno meritato dei castighi dal Signore; Maria si è interposta quale mediatrice; la preghiera all'Immacolata sarà rimedio a tanti
mali. E Maria concede le sue grazie, servendosi della «medaglia miracolosa». A La Salette Maria s'interpone ancora come mediatrice; ma
chiede l'osservanza dei comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa; chiede preghiera e penitenza; promette grazie e benedizioni anche
riguardo ai frutti della terra. Nelle successive apparizioni, Maria comunica un messaggio di interesse sociale e insiste sulla penitenza e sulla
preghiera. A Lourdes, nel 1858, è ancora l'Immacolata, già apparsa nel 1830, che chiede: «Penitenza, penitenza, penitenza!», come a La
Salette, e: «Preghiera per i peccatori». Questa preghiera ha una formula semplice ed efficace: il rosario. A La Salette è simboleggiato nei
tre ordini di rose che ornano il capo, il petto e i piedi di Maria; a Lourdes è reso più evidente dalla corona che Maria reca al braccio e che
anche fa scorrere in mano. Nel 1871 Maria appare a Pontmain (Francia) e raccomanda ancora di pregare, perché suo Figlio sia mosso a
misericordia. Ed ecco nel 1917 le sei apparizioni mariane di Fatima (Portogallo). Il 13 maggio Maria chiede sacrifici per la conversione dei
peccatori; il 13 giugno chiede di recitare il rosario; Maria parla del suo cuore immacolato. Nelle apparizioni successive - 13 luglio, 19
agosto, 13 settembre e 13 ottobre - Maria rinnova la richiesta di preghiera e di penitenza per i peccatori. Nel 1932 Maria appare a
Beauraing (Belgio); si manifesta Immacolata, dal cuore d'oro; chiede sacrifici e preghiera. L'anno seguente è la volta di Banneux (Belgio).
Maria manifesta le sue simpatie per i poveri. Raccomanda di pregare molto. Anche qui, come aveva già fatto in altre apparizioni precedenti, chiede la costruzione di una chiesa, perché vuole che si preghi. Le apparizioni di Maria sono grazie importanti: esse ravvivano la
nostra fede, ci rammentano i nostri doveri, ci fanno toccare la realtà delle cose soprannaturali. Non bisogna sottovalutare queste grazie;
bisogna accettarle con amore, con riconoscenza; bisogna anche fare attenzione al «costume» con cui Maria si presenta, al luogo geografico
da lei scelto, alla condizione sociale dei veggenti, al momento storico di una data apparizione, ecc. Tutto ha la sua importanza per
comprendere il vero significato del messaggio di Maria. Occorre poi collegare un messaggio mariano con il precedente e il seguente. A La
Salette Maria è «addolorata» per i nostri peccati, fa vedere le sue lacrime e mostra i segni della passione di Gesù Cristo. Esorta a evitare i
peccati di omissione e commissione, bene espressi dalle tenaglie e dal martello, strumenti materiali della crocifissione di Gesù. Fa vedere
Gesù sulla croce per strapparci il pentimento sincero dei nostri peccati, vera causa della morte di suo Figlio. A Fatima ricorrerà ad un altro
motivo per indurci al pentimento: farà vedere per qualche istante ai tre pastorelli l'inferno. Gli interventi successivi di Maria, dunque,
presuppongono i precedenti, li richiamano alla memoria, li completano, li adattano alle circostanze, ne sollecitano l'accoglienza e
l'adempimento. Così il messaggio di Fatima riceve molta luce da quello di Lourdes, questo da quello di La Salette, e così via. L'utilità di
uno studio comparato dei principali messaggi mariani risulta quindi evidente. Senza dire che, dopo che un'apparizione mariana è stata
approvata dalla competente autorità ecclesiastica, essa merita venerazione, rispetto, obbedienza. La fede e la storia ci dicono che la Vergine
Maria ci ha sempre soccorsi, non ci ha abbandonati mai. Ella ha uno stile davvero materno, che le apparizioni degli ultimi secoli ci hanno
poco alla volta precisato. Maria è sempre madre di Dio e madre nostra, nostra regina, mediatrice, riconciliatrice, avvocata, «aiuto dei
cristiani», «rifugio dei peccatori».
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