SOM M A RI O
FoTo di CoPeRTiNA:
ivANo GiovANNiNi
3
Cristoforo da
s.G.PersiCeto
Gianluca Stanzani
9
Mons. sazzini:
Guai alla stuPidità!
Sara Accorsi
13
Bentornata
droGheria VanCini!
Teresa Calzati
14
il daVanti, il dentro
e il dietro dello sPillo
Mauro Risi
16
liCedei Clown theatre
Genziana Ricci
17
Numero chiuso
iN redazioNe il
3 febbraio
2010
vARiAzioNi
di dATe, oRARi e
APPuNTAMeNTi
SuCCeSSivi
A TAle
TeRMiNe
eSulANo
i RedATToRi
dA oGNi
ReSPoNSABiliTà
sViColando
21
“ la tana dei liBri”
l’eduCazione
Ci riGuarda tutti
Maurizia Cotti
22
silVia laMBertini
stella del PattinaGGio
Giorgina Neri
24
tiPi da BiBlioteCa
Chiara Serra
27
Calle MaCeo 622
Paolo Balbarini
31
“ BorGoVale”
l’alBa della MeMoria
Federico Serra
Gennaio - feBBraio
2010
BorgoRotondo
C R IS tO f O R O dA S.G .PeR S I CetO
A llA BiB lioTeCA M Al ATeSTi ANA
G i a n l u C a s ta n z a n i
È
a partire dalla metà del Xv
secolo che Cesena, sotto la
Signoria di Malatesta Novello, conosce un momento di splendore artistico-culturale mai vissuto
prima. dal 1431 al 1465 fervono in
città una serie di lavori che ne cambieranno radicalmente l’aspetto, secondo esigenze di rinnovamento tipiche del gusto rinascimentale. dal
grande cantiere della biblioteca, all’ospedale del Crocifisso,
i conventi di Santa Caterina e
dell’osservanza costituiranno i
maggiori capitoli di una vicenda
artistica strettamente correlata
al mecenatismo della famiglia
Malatesta. Senza contare poi
quegli interventi di carattere cosiddetto “minoritario”, ma che,
per il loro numero, costituiranno
un corpus significativo di tutto
rispetto e che, qui di seguito,
presentiamo in un breve elenco: il completamento delle mura
della città (presso Porta Cervese, Porta dei Santi, Porta Ficarola); la ristrutturazione di tutte
le porte di accesso alla città e la
costituzione di un nuovo ingresso (Porta Cervese); la sistemazione dei ponti di Sant’Agostino
e San Martino e di quelli sul fiume Savio; infine l’allestimento
di una fonte in Piazza Grande e
la costruzione di un complesso
sistema idraulico di canalizzazione
delle acque. Quindi una grande attività di rinnovamento edilizio, che
per tutto il Quattrocento coinvolgerà anche l’edificazione privata, attraverso la costruzione di palazzi da
parte delle famiglie più importanti
e in vista della città (Tiberti, Martinelli, Acciaioli, ecc.), oltre ad edifici d’uso pubblico come il Palazzo
dei Conservatori, la Rocca Nuova, il
Palazzo del Governatore, il “torraz-
zo” di piazza. Per concludere con
gli edifici religiosi (Santa Maria del
Monte, San domenico, Sant’Agostino, ecc.) e l’erezione del campanile
della Cattedrale e dell’attiguo episcopio.
Tra i cantieri cesenati, sicuramente
il più significativo ed interessante
risulta essere quello relativo al corpo di fabbrica della biblioteca, fatto
realizzare a partire dal 1450 da Malatesta Novello. Forse è già attorno
al 1442, con la visita fiorentina a
Cosimo dei Medici in seguito a rapporti di scambio per la trascrizione
di codici miniati, che Malatesta Novello rimane coinvolto e affascinato dal programma di lavori per la
costruzione della biblioteca di San
Marco, all’interno del complesso
conventuale dei frati domenicani. ed
è probabilmente quello a cui aspi-
ra e si ispira, quando, alla fatidica
data del 1450, decide di mettere in
opera i lavori della biblioteca.
il luogo atto alla costruzione cade
quasi automaticamente, come nel
caso di molti altri suoi antenati,
all’interno di un ambito chiesastico e conventuale ed in particolar
modo quello dei frati minori francescani, presso i quali la famiglia dei
Malatesti aveva costituito un
rapporto privilegiato, per non
dire “famigliare”. infatti, nelle
diverse città malatestiane (Rimini, Fano, Cesena), la chiesa
di S. Francesco aveva costituito
il luogo di sepoltura per molti
rappresentanti della casata. Ma
al di là di effettivi legami familiari, ciò che fa propendere Novello verso questo particolare
ordine, è la presenza all’interno
del complesso conventuale di
una ricca scorta di manoscritti,
dove si coltivava il gusto per il
libro e per le discipline classiche come la grammatica e la retorica. Buona premessa, per un
principe affascinato dal gusto
per le arti e le lettere o, molto più semplicisticamente, per
non essere da meno a quelle
importanti corti umaniste costituite dai più grandi Signori del
Rinascimento, che si combattevano non più a colpi di “cappa
e spada”, ma gareggiando ad imprese “intellettuali” da lasciare ai
posteri ad eterna memoria e riconoscimento.
È chiaro che le responsabilità progettuali ed esecutive di una così
ampia quantità di cantieri fossero
attribuibili a quegli artisti e quelle
maestranze che a riscontro documentario provenivano dal territorio
dei laghi lombardi, oltre ad artisti
toscani e del luogo. Ma gettando
MACCHINA deL teMPO
3 M a r zo 1933
viene inaugurato il Monumento nazionale del Monte
Rushmore nel dakota del Sud, opera di Gutzon
Borglum. l a scultura ritrae quattro famosi presidenti
americani: George Washington, Thomas Jefferson,
Theodore Roosevelt e Abraham lincoln. il monumento
è stato protagonista di scene importanti di film quali
“intrigo internaz ionale” di Alfred Hitchcock, “Mars
Attacks” e “Superman 2”. inoltre ricordiamo che la
copertina del disco “ deep Purple in Rock” dei deep
Purple, raffigura i volti dei cinque membri del gruppo
scolpiti sul monte come i quattro presidenti.
Gennaio - feBBraio
2010
uno sguardo agli artisti famosi o
quanto meno a quelli che lavorano
attorno alla biblioteca cesenate,
spesso i Malatesti sembrano aver
scelto o per così dire agevolato
l’assunzione di artisti locali o provenienti dai loro territori. Pensiamo
soltanto a Gentile da Fabriano, pittore cortigiano per Pandolfo a Brescia e di origini marchigiane; e che
dire di Cristoforo Foschi in compagnia dei fratelli Nuti, Matteo e Giovanni, tutti provenienti dalla zona
di Fano. Per non parlare di Piero
della Francesca nato a Sansepolcro
e quindi già suddito malatestiano, o
leon Battista Alberti, i cui parenti
e il fratello erano stati creditori e
poi funzionari di Pandolfo iii e Sigismondo, a Brescia e nella stessa
Fano. Questa decisa preferenza in
favore dei cosiddetti “locali” ci deve
far riflettere, perché è grazie ad
essa se nel territorio fra Romagna e
Marche si è sviluppata una cultura
artistica generalmente omogenea.
da ciò nasce quindi il mistero, su
come sia letteralmente “comparso”
quel Cristoforo falegname, la cui
provenienza risale alla bassa pianura bolognese, cioè la nostra Persiceto. un valente falegname, artigiano,
artista o ebanista, dipende da come
lo vogliamo chiamare, la cui fama e
notorietà dell’epoca è chiaramente
ascritta nell’intaglio del legno del
suo nome. Spunto che fa aumentare
il mistero e la curiosità su di una
figura totalmente a noi ignota ma
il cui diritto alla firma dell’opera
e l’essere stato prescelto tra molti
alla lavorazione della Malatestiana,
ce ne fa intuire solo in minima parte
l’importanza.
l’autore e la data sono chiaramente
incisi sulla cornice superiore dello stesso manufatto: 1454 Adi 15
dAGoSTo XPoFARvS de SCo iHoe
iPSiXedo F.
la porta del falegname Cristoforo da San Giovanni in Persiceto è
un’opera che per sontuosità e ricchezza ben si confà alla magnificenza del portale e al luogo a cui
essa introduce, rappresentando in
sé un saggio d’importanza imprescindibile sulle formidabili abilità
raggiunte dalle maestranze padane
BorgoRotondo
d’area lombarda e ferrarese.
le due ante di legno di noce vengono spartite rigorosamente in quarantotto piccoli riquadri, sull’elaborazione di tematiche ornamentali
e decorative tardogotiche: rosette,
motivi elicoidali e i quattro stemmi
malatestiani (la grata, la scacchiera,
le tre teste e la rosa), a cui manca
l’elefante già presente nel timpano
del portale che sovrasta l’ingresso.
i motivi intagliati si presentano variamente accostati ma con tali particolari raggruppamenti e ripetizioni
in grado di evocare il motivo della
scacchiera delle armi malatestiane.
la
rigida
griglia
regolare
viene delimitata
da una cornice
che ne contorna tutto il perimetro esterno, secondo un
disegno tale da
fare ipotizzare
all’origine non
la presenza di
due ante distinte ma quella di
un solo e unico,
grande battente, come ne era certamente convinto il dazzi, uno dei principali studiosi sulla Malatestiana. la porta,
in realtà, risulta essere così com’é
conforme all’originale. le uniche
perdite che vengono segnalate, in
seguito all’usura del tempo, sono
relative alla serratura e una parte
dei ferri originali, oltre a una decorazione presente nella fascia più
alta; molto probabilmente si parla
di due festoni dei quali è possibile
intravvedere ancora l’ombra, in alcune fotografie pubblicate da Corrado Ricci nel 1924 e tuttavia già
mancanti nel rilievo settecentesco.
la presenza, nell’insieme della porta, di una rigida griglia geometrica
e di suggestivi intagli gotici che ne
fanno da contraltare, è sintomatica
di un momento storico di trapasso,
tra un nuovo gusto che predilige il
rigore e la regolarità geometrica, e
la tradizione decorativa di un tar-
dogotico che fa dell’espressività il
proprio carattere. Ma anche crisi di
un modello medioevale che cedeva
irrimediabilmente il passo al nuovo
mondo, al nuovo gusto rinascimentale.
un particolare molto importante a
cui va data doverosa sottolineatura, consiste nell’unicità straordinaria del manufatto. Si tratta, infatti,
di una delle pochissime porte per
interno intagliate rimaste, ancora
ben conservate dal Quattrocento ad
oggi. infissi ancora più rari, perché
ben presto soppiantati da quelli in-
tarsiati, la cui novità si diffuse rapidamente da Firenze verso la metà
del secolo. Altro particolare di non
poco conto, che la rende singolare
nel suo genere, è l’attribuzione e la
datazione di intaglio così precise da
giungere a scandire non solo l’anno,
ma anche il mese e il giorno solenne
e festoso per la città, che celebrava
attorno a quel periodo un’importante “fiera d’agosto”: giorno probabilmente, scelto non casualmente,
per la festività religiosa dell’Assunta. Atto se non di pia devozione, almeno di buon auspicio per le sorti
future della biblioteca.
Sulla vita e sulle opere di Cristoforo da San Giovanni in Persiceto
ben poco si conosce al di fuori di
quell’abile manufatto ligneo, commissionatogli da domenico Malatesta Novello per l’ingresso alla “sua”
biblioteca. Qualche traccia in più
la si ritrova in quel di Cesena, non
ROS ARNO : QUA L e Le G A L It à ?
s i M o n e t ta C o r r a d i n i
Rosarno (Reggio Calabria), inizio di gennaio. Per la raccolta delle
arance sono presenti circa 3.000 immigrati stagionali, alloggiati in
baracche di fortuna, senza servizi igienici, costretti a lavorare per
25€ al giorno. dopo il ferimento di due di loro con un fucile ad
aria compressa, scoppia una protesta violenta contro le condizioni
disumane e il trattamento discriminatorio. Per reazione cittadini di
Rosarno bloccano la circolazione e occupano il municipio, mentre
alcuni praticano una sorta di caccia all’africano con spranghe e
tentativi di investimento. Al termine degli scontri, ci sono oltre
50 feriti. la maggior parte dei lavoratori migranti viene trasferita
e le strutture nelle quali erano stati ricavati alloggi di fortuna,
demolite. Con l’allontanamento dei migranti è stato riportato
l’«ordine», quasi che fossero loro l’elemento di disturbo e di
illegalità, dimenticando che il Comune di Rosarno è commissariato
per mafia e che la maggior parte degli immigrati era in possesso
di permesso di lavoro o beneficiava di forme di protezione
umanitaria.
la legalità non è una strada a senso unico, i lavoratori debbono
avere un regolare contratto e, se stranieri, il rilascio dei permessi
nei tempi previsti dalla legge. l’introduzione del reato di
immigrazione clandestina aumenta la vulnerabilità degli irregolari
allo sfruttamento e li scoraggia dal denunciare gli abusi a cui sono
sottoposti.
Amnesty ricorda che tutti i migranti hanno diritto ad essere
protetti dagli attacchi e dallo sfruttamento; anche gli irregolari
hanno i diritti umani, come quello di essere messi in grado di
chiedere asilo o altre forme di protezione, o di ricorrere contro un
ordine di espulsione.
Ci Puoi troVare oGni PriMo e terzo lunedì del Mese,
ore 21, Via raMBelli 14 - san GioVanni in PersiCeto.
info: [email protected]
Gennaio - feBBraio
2010
molte in verità. in proposito scrive
Carlo Grigioni: “i documenti tacciono anche intorno a quel Cristoforo
da S.Giovanni in Persiceto, quegli
che nel 1454 intagliò la porta d’ingresso della Biblioteca. Solo parecchi anni dopo il suo nome ricorre
in una testimonianza del 5 ottobre
1464: «presente magistro Christoforo francisci de sancto Johanne in
partixedo» ed in un istrumento, col
quale «magister Christoforus quondam francisci de sancto Johanne in
partixedo habitator cesene» , il 13
aprile 1475 acquistava un terreno.”
Mancando interessanti notizie d’archivio, tutto ciò da cui possiamo
sviscerare il suo modo di operare è
insito nello straordinario manufatto
ligneo malatestiano. in quella che
risulta essere l’unica sua opera fino
ad ora conosciuta.
il fascino e il mistero verso costui
aumenta, se è vero, come sostiene
Pier Giorgio Pasini, che la casata
dei Malatesta “amasse” utilizzare
quegli artisti legati al suo territorio
(e questo è stato ampiamente dimostrato attraverso un lungo elenco di
maestranze e loro provenienze): ciò
significa che quel paese sito a pochi
chilometri da Bologna, San Giovanni in Persiceto, fosse in qualche maniera anch’esso collegato, e quindi
conosciuto in un recente passato,
dalla famiglia dei Malatesti. Secondo il notaio persicetano e storico
per passione Giovanni Forni, tali radici affondano nella nostra pianura
fin dal Xiv secolo, quando Giovanni
BorgoRotondo
da oleggio, che per l’Arcivescovo
visconti di Milano governava Bologna e i comuni della cintura, alla
morte del prelato decise di rompere
quel legame coi visconti e di proclamarsi Signore di Bologna e territori contigui. Ma resosi conto che
la creazione di una nuova Signoria
era per lui più fonte di problemi che
di guadagni nell’anno 1360, decise di consegnare il proprio governo
nelle mani della Santa Sede. Così
venne nominato a reggerne la cura
il legato egidio Albornoz; e così
San Giovanni
passò sotto il
controllo della Chiesa e
del Comune di
Bologna, dal
quale
aveva
sempre goduto
una certa autonomia sotto
la Signoria dei
visconti. Bernabò visconti,
che non gradì
affatto,
fece
immediatamente dichiarar nulla la
cessione e illegittimo il possesso del
legato. Raccolto un grosso esercito
che fu vinto e sconfitto dai bolognesi nel 1361, decise di ripiegare
sul confine di Modena e per dodici
lunghissimi anni compì scorrerie su
quei territori. e proprio allora, per
porre freno ai continui saccheggi
da parte di quei rimasugli d’esercito visconteo, furono eletti Capitani
della milizia della Chiesa (1362) il
vescovo di Bologna Amerigo Catti
e Malatesta ungaro, il quale prescelse come roccaforte per le sue
truppe proprio Persiceto che distava
soltanto pochi chilometri dal borgo
di Crevalcore, ancora tenuto sotto
il controllo dei visconti. Quel che
successe dopo non ha per la nostra
discussione una grande importanza; ci serviva soltanto per collocare
storicamente il primo dei numerosi
interventi dei Malatesti che si succedettero sul nostro territorio. ed
infatti, che il nostro castello fosse
dislocato in un punto strategica-
mente interessante, lo rivediamo a
quarant’anni di distanza dalle prime
vicende di quel Malatesta ungaro.
Ancora ogni disputa nacque dalle
vicende svoltesi nella città di Bologna, dove il giorno 24 Febbraio
1401 Giovanni Bentivoglio, occupata la piazza di Bologna, si proclamò
Signore della città. Ma i persicetani, avuto sentore che Bonifazio iX,
anziché riconoscere Giovanni come
suo legittimo vicario, lo aveva invece dichiarato tiranno ed usurpatore delle sue terre e non accolsero
un simil cambiamento: ribellatisi al
Bentivoglio, dichiararono fedeltà al
duca di Milano ed assunsero autonomamente la custodia delle terre e
dei fortilizi, proclamando il 6 febbraio 1402 la libera reggenza del
castello. in capo a qualche settimana (31 marzo 1402), Giovanni Bentivoglio fece cavalcare alla volta del
castello tutto quanto l’esercito coi
suoi Capitani: Sforza da Cotignola,
Giacomo da Carrara e lancellotto
Beccaria con la Compagnia della
Rosa. A fronteggiarli accorsero le
truppe ai servizi del duca di Milano,
presso il quale i persicetani chiesero protezione: Alberigo da Barbiano, Pandolfo Malatesta e Facino
Cane con buon numero di soldati.
A seguito di tale battaglia, nella
quale si distinse il Malatesta e il
castello di Persiceto rimase inespugnato, si diede l’avvio alla reggenza
della famiglia romagnola sull’agro
persicetano. Furono anni travagliati
e di alterne dispute con Bologna e
lo Stato Pontificio, ma ai persicetani il Malatesta aveva concesso le
più ampie libertà e il migliore dei
governi, tanto che intitolarono, in
suo onore, la porta del castello che
portava il nome di porta “di sopra”
o “di Bologna”: Porta Riminese.
Ma il 18 ottobre 1412 gli eventi
precipitarono e i Malatesta furono
cacciati da Persiceto.
dalla tesi di laurea in Storia dell’arte medioevale: “Cristoforo da San
Giovanni in Persiceto alla Biblioteca
Malatestiana” , università di Bologna, Facoltà di lettere e filosofia,
Corso di laurea in dams, anno accademico 2006-2007.
PARte C I PA
AL C O NC O RSO
" I L OV e
SANGIO”
l’Amministrazione comunale sta definendo la nuova
immagine grafica del Comune di San Giovanni in
Persiceto. Per fare questo si è deciso di raccogliere
anche idee e proposte creative dei cittadini persicetani e non, attraverso il concorso “i love Sangio”
(“io amo San Giova nni in Persiceto”) che ha l’obiettivo di raccogliere elaborati grafici, fotografici e di
testo che descrivano il paese di San Giovanni in Persiceto e i suoi dintorni.
Premio: € 1.000.
scadenza: ore 13 del 30 marzo 2010.
regolamento completo su
www.comunepersiceto.it/ilovesangio
Gennaio - feBBraio
2010
BorgoRotondo
M O N S. SA z z IN I: G UAI AL L A St UP I dItà!
R i CoR di T RA il SeR io e il FAC eTo iN oMAGGio
A u N GRANde PARRoCo
sara aCCorsi
T
utta quella neve in una notte
sola non l’immaginava nessuno. Tutta quella neve il 20
dicembre scorso ad accompagnare
Mons. enrico Sazzini, il giorno del
suo funerale, non se l’aspettava
nessuno. Tutta quella neve che, senza chiedere permessi, arriva e impone di modificare i tempi, di ripensare gli spostamenti, di cambiare i
programmi. Come la malattia. Con
la stessa maleducata esigenza della
malattia. Con la stessa ingombrante
presenza della malattia. Ma la neve
scioglie al sole. la malattia no. Resta, invade e si fa sempre più padrona. Fa bottino di vita e, mentre
depreda la vita di chi è in suo potere, saccheggia i ricordi di chi sta
intorno. e’ il silenzio della morte a
lasciar spazio al ricordo. e’ la pace
della morte a far guardare oltre il
tempo della malattia. e’ la pace di
un cimitero di collina a concedere
ora tempo ai ricordi.
Hanno un nuovo respiro le immagini di un anziano tornato bambino,
quelle di un cinquantesimo di sacerdozio festeggiato da tanti intorno,
ma poco dal protagonista, quelle di
una mente lucida ormai solo a tratti. Non più appartenenti al presente,
non più unica dimensione di una vita
che soffre, quelle immagini diventano passaggio, fase di quella vita, di
cui diventa più semplice e leggero
raccontare.
don enrico è stato parroco della
Parrocchia di San Giovanni Battista.
Per 37 anni ha guidato quella parrocchia in cui, come spiegava, «il
santo si festeggia per tradizione il
24 giugno come patrono, ma in re-
altà la festa ufficiale è il 29 agosto
perchè la Chiesa è dedicata a San
Giovanni Battista decollato». decollato?! Quanto abbiamo riso tra i
banchi delle aule di catechismo per
questa parola creduta un errore, per
questa parola che in noi bimbetti
di 8 anni poteva esser solo detta di
un aereo, al più di un elicottero, ma
certo non di un santo! Così come
successe con il “figlio prodigio”,
perché solo così, come sbaglio, potevamo tradurre quel prodigo della
parabola che don enrico aveva appena spiegato, solo questo era il
senso per noi influenzati dai bravi
bambini prodigio di Sandra Milo prima e di Mike Bongiorno poi.
Potrebbe sembrare che capissimo
ben poco delle spiegazioni di don
enrico, in realtà non stavano così le
cose. don enrico sapeva spiegare e
far capire, con il suo stile, con quel
suo stile elegante senza ricercatezze, semplice senza stupidità, con un
alto rispetto per la testa del suo interlocutore.
dai bambini agli adulti, infatti, le
sue parole restavano le stesse, non
in un chiuso o asettico “capirà chi
capirà”, ma in un più sagace ed
evangelico “chi ha orecchi per intendere intenda”, in un più stimolante
“avete tutti la testa per capire cosa
sto dicendo”. Certo non sempre era
colto questo stimolo dai bambini a
Messa, tra chi ancora dormiva sulla
panca e chi ancora era con la testa
nel vivo della puntata del cartone
domenicale mattutino lasciata in
sospeso! Ma si sa che certi misteri
si capiscono con gli anni...
Come il mistero di certe arrabbiature di don enrico, rarissime ma significative. C’era solo una condizione
che modificava il suo tono di voce
pacato, quel suo parlare dai toni
lineari aveva un nemico: la stupidità. don enrico non ammetteva la
stupidità. Nulla a che vedere con
l’ignoranza o la semplicità mentale,
quello che don enrico dichiarava nei
fatti di non tollerare era l’imbecillità, quell’esser stupidi causato da
un sottoutilizzo di testa, quel fare
delle stupidaggini che, se già gli era
poco tollerabile in ragazzini delle
elementari, figurarsi con quelli di
prima media che si preparavano alla
Cresima! il risparmio energetico di
cervello era davvero la situazione
capace non solo di incrinargli il tono
di voce, ma anche di indurlo a emet-
fAttORe H
N e i p ro s s im i m e s i il Circ o lo Arc i Akka tà d iv en terà sic u ra m e n te u n im p o r ta n te p u n to d i riferim en to m u sic a le p er
il te rrito rio p e rs ic eta n o. l a c o lla b o ra z io n e c o n l’estra g o n
d i B o lo g n a , f am o so in tu tta ita lia p er i c o n c erti e le a ttiv ità d i b o o k in g e p ro m o z io n e a d essi leg a te, p o rterà
s u ll’ in tim o p a lco d el c irc o lo a lc u n i a rtisti c u lt d el so tto b o s co m u s icale ( J o y c u t, diva Sc a rlet, Ca m erin i...). A q u es te s i alte rn e ran n o p o i tre sera te d ed ic a te a l Co n c o rso
m u s ica le p e r b a n d em erg en ti “ Fa tto re H” , in c u i si sfid eran n o n o v e g ru p p i selez io n a ti tra i m o lti isc ritti d a tu tta
i talia . i tre f in alisti d iv id era n n o il p a lc o a n c o ra u n a v o lta
a M a g g io, in u n e v en to a ll’a p erto, d o v e v errà d ec reta to il
v in cito re ch e a v rà p o i la p o ssib ilità d i a p rire il c o n c erto
d i u n a rtis ta d i f a m a n a z io n a le d u ra n te l’estra g o n Su m m e r Fe s t 2 0 1 0 ; un ev en to c h e a ttira m ig lia ia d i p erso n e
a l Parco N o rd d i Bo lo g n a tra Ag o sto e Settem b re.
Per essere sempre informati sulle novità
e le date dei concerti basta collegarsi a:
www.myspace.com/circoloarciakkata,
chissà che non ci siano ancora delle sorprese…
Gennaio - feBBraio
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tere un giudizio, verso chiunque, dai
ben pochi appelli, cosa per lui assai
rara.
Non capiva proprio come si potesse
non usare la testa, come si potesse
fare qualcosa capace di decretare
l’assoluta assenza di un ragionamento. e lo si vedeva, per esempio,
in quelle occasioni in cui alcuni
catechisti disperati lo andavano a
chiamare con la speranza di spaventare e soprattutto metter un po’ a
tacere una classe di bambini urlanti.
il suo tono pacato spiegava il semplice concetto del “perdete tempo
voi e lo fate perdere anche a noi” e
in quel suo guardare la classe prima
di uscire non serviva alcuno sguardo
minaccioso, bastava il ben più disarmante quesito “Possibile che non lo
capiate da soli e sia dovuto venir io
a dirvelo?”.
il “dover venire”, il “dover andare”, il “dover fare” erano, per don
enrico, concetti troppo... cittadini!
la sua anima montanara di fronte
a impegni, riunioni, incontri sentiva il peso di una socialità costrittiva, soprattutto se richiedevano una
complessa organizzazione. e tutto
il suo compiacimento al sapere che
qualcun altro si era occupato degli
aspetti organizzativi lo esprimeva in
quel suo “Bene” dalla “e allungata”
con cui accompagnava quel “respiro di sollievo” generato dall’esser
certo di aver un pensiero in meno.
e come non pensare ai tanti pranzi
parrocchiali, alla Pesca organizzata
per la visita della Madonna del Poggio, ai campi scuola dei ragazzi, a
BorgoRotondo
quei suoi “Bene” con cui scandiva i
resoconti di quanto era stato fatto
e a quei suoi “Molto bene” con cui
metteva la sua firma d’approvazione
al resoconto finito.
Se la vita di una Parrocchia come San
Giovanni gli ha chiesto davvero tante firme ufficiali e tante importanti decisioni, nella vita parrocchiale
ufficiosa era raro che disapprovasse
qualcosa o che avesse inspiegabili
e inappellabili “no”. Sempre con
l’allerta anti-stupidità, don enrico
amava l’equilibrio, amava, da uomo
di cultura qual era, il giusto mezzo,
e se iniziative, proposte, richieste
mantenevano un giusto equilibrio e,
soprattutto, si muovevano equamente tra vecchio e nuovo, tradizione e
rivoluzione, si poteva star certi di
avere libertà d’azione. Amante del
giusto mezzo, don enrico non era
certo uomo dagli slanci di entusiasmo, ma proprio in forza di quell’alto
rispetto della testa altrui, la libertà
d’azione che lasciava era la prova
inequivocabile della sua fiducia.
A dir la verità, qualcuno ha potuto
godere anche di un’ancor più inequivocabile prova di stima e fiducia:
il vassoio di dolci con cui don enrico sanciva la fine di una giornata di campo scuola nella sua amata
montagna. Messi a letto i ragazzi,
quando i catechisti si riunivano per
fare il punto della giornata successiva, don enrico sosteneva l’impegno
dei suoi catechisti a base di calorico-energitiche fette di torte o dolci
vari che comprava nella pasticceria
più vicina.
e se non mancava la fiducia, non
mancava neanche la condivisione!
Perché se l’esempio è alla base di
ogni coerente e autentica tecnica educativa, certo la festosità del
Banchetto eucaristico don enrico l’ha sempre predicata nei fatti.
Come onorava chi usava la propria
testa al meglio, non lesinava gli
onori a quanti anche ai fornelli raggiungevano ottimi risultati! e i suoi
“Bene” risuonavano nella piccola
cucinetta mentre Suor Giacinta preparava i suoi ragù e chi l’aiutava in
cucina faceva assaggiare a don enrico creme per torte in preparazione
o fette dei salumi con cui si sarebbero riempite le crescentine!
un uomo di elevata cultura, tanto
da esser “incaricato Regionale dei
Beni ecclesiastici”, un parrocco impegnato nel dar lustro alla propria
parrocchia, di cui ha promosso il
restauro, in cui ha sempre saputo
scegliere persone capaci di aiutarlo
affinchè le celebrazioni avessero ministri e fossero animate dal coro, un
cittadino capace di dialogare con le
istituzioni, tanto da aver sostenuto
importanti collaborazioni tra Parrocchia e Comune, come il museo d’Arte Sacra o il Centro anziani o l’Asilo
infantile, un fratello gioviale capace
di dare spazio a cappellani e a tanti
altri sacerdoti ospiti in Canonica. un
montanaro che a Persiceto ha portato il suo sembrare uomo distante e
schivo, che in realtà rivelava l’esser
uomo di equilibrate posizioni e intelligente lungimiranza. Buona vita
di luce, don enrico!
dal GruPPo asTrofili PersiceTaNi
COSA StUdIA
L’AStRONOMIA?
G i l B e rto f o r n i
l’ as tro n o m ia è q u e lla d isc ip lin a sc ien tific a c h e o sserva e stu d ia
il cie lo, g li as tri, i f en o m en i c elesti, l’u n iv erso. l’a stro n o m ia
h a o rig in i an tich is sim e, sin d a l sec o n d o m illen n io a va n ti
C ris to in C in a e M e so p o ta m ia si o sserva va n o le stelle c o n lo
s co p o d i p re v e d e re i fen o m en i c elesti ed a sseg n a re a q u esti
d e i s ig n if icati a s tro lo g ic i.
P rim a d i G alile o l’ a stro n o m ia n o n p o teva essere c o n sid era ta
s cie n za , f a ce va p arte d ello stu d io d i a lc h im isti ed era o g g etto
d i s p e cu lazio n i f ilo s o fic h e. do p o G a lileo v en n e p ia n p ia n o
riva lu ta ta a s s u m e n d o sem p re p iù i c o n n o ta ti d i u n a sc ien z a .
Fin o all’ in izio d e l s ec o lo sc o rso l’a stro n o m ia si rid u c eva a lle
co n o s ce n ze d e l S is te m a So la re e d elle stelle d ella via l a ttea ,
la n o s tra g a la s s ia . o g g i l’u n iv erso si è riv ela to in fin ita m en te
p iù g ra n d e e co m p lesso e la sc ien z a a stro n o m ic a si è
d o v u ta s p e cia lizza re. So n o n a te c o sì va rie b ra n c h e c o m e
l’ as tro m e tria, la ra d io a stro n o m ia e l’a stro fisic a . l’a stro m etria
è il s e tto re ch e s i o cc u p a d elle m isu ra z io n i, d elle p o siz io n i,
d e lle d is ta n ze e d e i m o v im en ti d elle stelle e d i a ltri c o rp i
ce le s ti. la rad io as tron o m ia è lo stu d io d ei fen o m en i c elesti
attrav e rs o la m is u ra d elle c a ra tteristic h e o n d e ra d io em esse
d a p ro ce s s i f is ici che a v v en g o n o n ello sp a z io. l’a stro fisic a
s tu d ia le ca ratte ris tic h e fisic h e e c h im ic h e d ei c o rp i c elesti,
q u e s ta b ra n ca d e ll’a stro n o m ia n o n p u ò p resc in d ere d a lle
co n o s ce n ze d e lla f isic a su b a to m ic a e d ella m ec c a n ic a
q u an tis tica ; p a rte p ro p rio d a l p resu p p o sto c h e n elle p rim e
f as i d i v ita d e ll’ u n iverso, su b ito d o p o il b ig - b a n g , lo stu d io
d e lle p a rtice lle e le m en ta ri è fo n d a m en ta le p er c o m p ren d ern e
l’ e v o lu zio n e. l e re cen ti teo rie su lla fo rm a z io n e d ell’u n iv erso,
in f atti, ce rca n o d i sp ieg a re a ttra v erso le stesse leg g i i
co m p o rta m e n ti d e lle p a rtic elle in fin ita m en te p ic c o le e q u elli
d i e n o rm i s is te m i co m e le g a la ssie.
Gennaio - feBBraio
2010
BorgoRotondo
B eN tO R NAtA dR OG HeR I A VAN CI N I !
Q
uand’ero bambina avevo una
bicicletta rossa che mio padre mi aveva recuperato da
non so quale mercato dell’usato.
Con la mia bicicletta, soprattutto in
estate, eseguivo le commissioni per
la nonna. dovevo portare al “padrone” sporte di verdura e di frutta, ritirare dal fornaio il sacco del pane,
dal caseificio prendevo burro, ricotta e grana.
il giovedì andavo dal macellaio a
prendere il “doppione” per il brodo
e il magro per le polpette. eseguivo volentieri quei compiti perché
mi facevano sentire grande, ma più
di tutto ero felice quando la nonna
mi mandava alla drogheria vancini.
C’era sempre un motivo per andare
da vancini: la miscela di vecchina,
orzo e cicoria per il caffelatte del
mattino, un po’ di caffè buono da
offrire ai parenti in visita, il necessario per i panoni
di Natale, la
corda per legare la pancetta, l’”inferno” per tingere un abito stinto
e riadattarlo per un altro bambino
di casa. i vancini avevano davvero
di tutto e spesso i clienti non chiedevano direttamente un prodotto,
esponevano il problema e loro sparivano per un po’ nel retrobottega
per poi ricomparire con in mano la
soluzione.
il negozio era bello già dal portico.
la madonnina sulla colonna, la tenda per il sole, i tavolini e le sedie in
ferro per gli avventori della liquoreria. A quel tempo le botteghe erano
aperte anche di domenica mattina
e le signore, tornando da messa,
entravano in drogheria per le loro
spese. Gli uomini, vestiti a festa, si
attardavano a conversare attorno al
banco in fondo, dove si servivano
vino e liquori.
ha saputo portare avanti il negozio
Ma quel che più ti prendeva era
in modo analogo e nel frattempo i
l’ondata di profumi che ti veniva
supermercati si erano attrezzati per
incontro non appena varcavi la soavere di tutto. Passando dal portico,
glia del negozio: una miscela intenquel che si respirava era che lì densa di fragranze ti assaliva le narici.
tro mancava soprattutto l’amore per
Spezie, oli, resine e cera, vaniglia,
quella professione. ora tuttavia è
liquori e caffè ti venivano incontro
arrivata una novità. Qualcuno della
inebriandoti e non saresti più uscita
famiglia ha voluto risvegliare l’anda lì. Sugli scaffali stavano allineate
tico splendore della drogheria vanle scatole dei prodotti, vecchie cascini e non si può che esserne felici
se di legno dai profumi misteriosi e
coloniali, file di barattoli in vetro col coperchio
di latta facevano mostra
di mentine, caramelle
di mela, di menta, dei
mitici “burdigoni” di liquerizia. era un mondo
semplice quello a cavallo degli anni ’50 e ’60,
un mondo in cui ci si accontentava di poco, non
c’era più la fame della
guerra ed ogni tanto ci
si concedeva qualcosa di
buono.io mi accontenta- M A R i A C R i S T i N A F e R i o l i
vo di una caramella ogni
perché, si sa, anche un negozio fa
tanto, di dieci lire di “burdigoni” o
la storia di un paese. Sugli scaffali
di una cioccolatina nella calza della
rimessi a nuovo sono riapparse le
befana.
scatole di legno dal sapore coloniai vancini servivano sempre gentili
le e i vasi di vetro dal coperchio di
e professionali, senza la spavaldelatta. Passare di lì e ritrovare luci e
ria di molti commercianti del temcalore al posto delle vetrine spoglie
po ma pronti a risolvere ogni tuo
ti dà gioia e credo sia stata, quella
problema in un tempo in cui, grazie
dei nuovi gestori, una scelta intela dio, non si buttava nulla. Potevi
ligente. oggi sono cambiate molte
sentire dialoghi fra signore del tipo:
cose,
nella vita e nel commercio;
”Ho questa macchia che non va via,
ciononostante, il sapore di un temquest’altra che non so come fare,
po e la continuità col passato son
dovrei andare a chiedere dai vancicerta rievocherà in molti persicetani
ni, se non hanno qualcosa loro non
il ricordo di un tempo in cui anche
ce l’ha nessuno”.
andare a far spesa era più umano di
Col tempo, si sa, tutto cambia e
oggi. in bocca al lupo, quindi, alla
quando i vancini hanno cessato l’atnuova gestione e… bentornata drotività il negozio è caduto in disgragheria vancini!
zia, la gestione che è seguita non
F oTo d i G. S TA N z A N i
t e r e s a C a l z at i
BorgoRotondo
Gennaio - feBBraio
2010
I L dAVA NtI , I L d eNtR O
e IL dIe t RO d eL L O S P I L L O:
R AC C oN To di uN ’eM ozioNe Tu TTA Pe RSiCe TANA
Mauro risi
Q
uesto racconto lo dedico a
luciano Cotti, scomparso
nel luglio s corso. e ra il nostro Presidente ed era, soprattutto,
un grande costruttore di carri. Ne
sono certo, quando sarò in cantiere quest’anno penserò che, da un
momento all’altro, possa, almeno
il suo Ricordo, entrare dalla porta
del capannone per dirmi come “rivestire” in legno quel movimento.
F oTo d i M Au R o R i S i
edizi one del 2009. “ il carro può
iniziare lo Spillo”, quindi anche
questo racconto non farà eccezione: iniziamo da lì… dallo Spillo.
Gli spilli sono iniziati e sono in
S o C. A F i d i N e l l A S C A R PA - 2 0 0 9
giro per il paese. ogni tanto “taglio” per arrivare trasversalmente
sul corso… per vedere la posizione
del carro… per non arrivare tardi
alla “prova generale”…perché, si
sa, quando si “svolta” dalla Porta
di Sotto, e ti infili nel “budello”
di Corso italia, è come essere già
in Piazza: non esistono più i carri
che hai davanti… i loro 15 minuti
di celebrità (direbbe qualcuno…)
passano talmente veloci che ti trovi
lì con il carro già riflesso sul vetro
del Centrale.
il Carnevale di San Giovanni non
è necessariamente “fare teatro in
Piazza”, ma il carro al centro della
nostra Piazza, quello sì, ha a che
fare con lo spazio teatrale, o meglio con l’Architettura (effimera)
che va in scena nel teatro. l a Chiesa, con i l suo doppio ordine, mi ricorda da sempre la “Scena Fissa”
a due livelli dei Teatri Romani: ma
nella cavea della nostra Piazza, sul
proscenio di fronte agli spettatori
della tribuna, poniamo un’altra scena, quella effimera
del carro, quasi un
“teatro nel teatro”,
un “altro artificio”
per far recitare una
parte diversa, carro
per carro, a noi persicetani, sul proscenio di quella Piazza
che è il centro della
nostra Comunità.
Alcuni della Società
hanno già oltrepassato la corda all’imbocco della Piazza,
per disporsi ai margini della tribuna, quella “linea” che ti fa capire
che non puoi invadere e “rubare”
la scena agli altri, ma nella mente
ti ripeti solo la traccia dello spillo
e vorresti essere quella società che
hai davanti in piazza, perché sta
terminando lo spillo e dopo ti puoi
godere il corso, buttandoti alle
spalle la tensione, tanto oramai
hai fatto “quello che dovevi fare”
e tocca alle altre società che avevi
dietro…
Per chi progetta il carro e ha avuto l’idea del soggetto – con le sue
forme e i suoi colori (futuristi…
avrebbe poi riconosciuto qualcuno
che ti ha giudicato “venendo da
fuori”) – prefigurandosela nella
testa per tanti mesi, ci sono due
momenti magici che ti fanno capire
che sei passato dalla scala 1:20 del
bozzetto a quella “del reale”, perché la tua idea è diventata “grande” e qualcuno “te l’ha costruita”.
Quando apri il portone del capannone, la domenica mentre aspetti
di salire il ponte, quasi fosse un
moderno velario di lamiera che non
trattiene più il sole che, ora, entra ad illuminare il “carro chiuso”.
Ma a vedere il carro e ad aspettare, fiero del proprio lavoro, che
esca dal capannone, sono i “soliti
occhi” conosciuti di chi ti ha seguito fino in fondo e ha saputo,
con grandi capacità, saldare perni,
muovere leve e fare girare quello
che non sai ancora se t ornerà a
funzionare in piazza di lì a poco…
ma è la solita preoccupazione per
“la prima”. e ancora: sono le facce
di quelli che hanno incollato carta,
limato polistirolo, dipint o grandi
tele di plastica “rivisitando” un
pittore famoso perché pertinente con il tema del carro (magari appassionandosi un po’ a quel
tratto di colore, credendosi anche
“padrone” di quel tratto, perché il
Carnevale, si sa, è finzione…), oppure tagliato legno o cucito quei
2010
costumi che sfilera nno in piazza in
una parata che unisce i grandi ai
bambini nella magia dello spillo…
dietro al tuo carro, che sta lasciando il piazzale della Bora, si caricano quelle appendici pensate per
non lasciare “solo” il carro al centro dello spettacolo in piazza; fino
a poche ore prima sono servite a
provare e riprovare lo spillo, come
fossero già posizionate in piazza
anche se solo con l’immaginazione. Ma lo sappiamo, il Carnevale,
per fortuna, è in grado di tirare
fuori da ognuno quella capacità
di immaginare che non sapeva,
magari, neanche di avere… una
di quelle facce conosciute, ancora
stanca perché abbiamo tirato tardi
“per finire”, mi viene incontro e
mi dice che quei colori dipinti sulle
tele di plastica li stiamo lasciando
per terra sulla ghiaia del piazzale.
Che fare? Non c’è più tempo… il
corteo si sta avviando verso il ponte. Quando quei colori “prenderanno luce” – perché si apriranno
le “quinte laterali” del carro e il
velario sarà, adesso, il cielo della piazza – vedremo se le nostre
idee sono rimaste “fissate” dalla
pittura e allora tutti le potranno
ammirare…
l’altro momento magico è quando
il carro si confronta con la scala
“urbana” della Piazza: quella idea,
ora, attraverso il grande lavoro di
coloro che hanno costruito il carro, si incrocia con lo sguardo degli spettatori in tribuna. Alcuni li
cono sci (e ti fanno un cenno d’incoraggiamento, perché hanno costruito con te il carro in cantiere e
ora lo vedranno con occhi diversi),
altri sono di altre società (faranno
il tifo per loro e non per te, perché
la sportività ora non serve…), altri sguardi non li conosci, perché
sono “di fuori” e sono quelli che ti
giudicheranno senza appello. Quegli occhi li rivedrai al Processo, ma
ormai sarà tardi per recriminare…
Sei lì sul pianale del carro con la
tua leva da tirare ben stretta in
mano (non la molleresti mai per
BorgoRotondo
sempre ricordato “Giano bifronte”:
non farti trovare impreparato quannon più testa scolpita nel marmo,
do devi mandare su la tua sagoma
come nelle raffigurazioni dei pordi compensato); butti l’occhio fuori,
tali romanici, ma struttura montaattraverso il “filtro” della rete da
ta su una “ralla girevole” che in
cantiere, e vedi la piazza passare
piazza ti svela, prima, una mascheveloce sotto di te e aspetti solo la
ra, scolpita nel polistirolo e, poco
frenata del trattorista che posiziodopo, un’altra maschera trasformana il carro. durante il giro di prova
ta dallo Spillo, nell’infinito gioco
si era detto “lo mettiamo qui, è di
dell’ambivalenza che ti mostra una
fronte alla Giuria”. Ritorni con lo
cosa e poi il suo doppio.
sguardo dentro il carro e vedi gli
i carri di Persiceto, durante lo spil“addetti ai movimenti” piegati in
lo, andrebbero apprezzati e racposizioni strane, che – come le comcontati anche “per le loro due facparse in costume, all’imboccatura
della piazza, attendono solo di
sentire la loro musica per entrare e recitare la parte imparata
quasi a memoria – non aspettano altro che sentire la frase
fatidica “il carro può iniziare
lo Spillo” … Parte la “macchina scenica” e quello che muovi
dall’interno, all’esterno sviluppa
la sua allegoria e tutto ciò che
è ”nascosto dentro” si disvela,
fuori, nella magia dello spillo.
Mi ha sempre fatto fantasticare
il fatto di muovere una cosa che
poi gen ererà l’apparizione di
una cosa molto diversa…
Avevi paura che qualcosa non
funzionasse e tutto ti sembrava S o C. A F i d i N e l l A S C A R PA - 2 0 0 9
tremendamente difficile da fare,
ma ora che hai finito, avresti voce”, per la “faccia” che viene vista
glia di rifarlo e rifarlo mille volte
da coloro che stanno lì a prendere
lo Spillo, perché sai che, tanto, era
freddo sui gradini della chiesa: si
“buona la prima”…Chi doveva dare
vedono passare davanti il “retro
il segnale lo ha dato e lo Spillo è
dello spillo”, la parte che non si
finito; lo speaker ha detto “ed era
può mostrare e non si può “far
il carro numero… che ci ha presenvedere” perché serve a mettere in
tato…”. Scendi dal pianale e cerchi
scena “l’azione buona” sul davanlo sguardo di chi ha visto lo spillo
ti del carro; anche questa parte
“da fuori” per sapere “se tutto ha
– meno nobile, ma indispensabile
funzionato”. Poi sai che adesso il
– è funzionale alla parte “buona e
tuo lavoro, di mesi e mesi, te lo sei
finita” che va in scena per lo spetgià giocato e speri che «le tre teste
tacolo di fronte alla tribuna.
e’ un po’ come la vita di tutti i
in piazza, facciano la piazza...» e
giorni: c’è sempre una parte che ci
abbiano capito il senso del nostro
prepariamo – e ci teniamo dentro,
Carnevale.
perché nessuno la veda – per moil Carnevale viene dopo Gennaio;
Gennaio è la “porta” che si apre
strare la finzione della parte più
presentabile di Noi… e poi, tersul Nuovo Anno ed il nome stesminata la recita dello spillo quoso del mese evoca Giano, divinitidiano, siamo di nuovo pronti a
tà che ha la potenza di aprire le
costruire il carro dell’anno dopo.
“porte del tempio”. il carro mi ha
F oTo u F F. S TA M PA C o M u N e
Gennaio - feBBraio
BorgoRotondo
Gennaio - feBBraio
2010
L IC e d e I C L OwN tHeAtRe
L A fA MIGL I A S eM I AN y k I
C oMiCiT à PuRA... dA l ASCiARe SeNzA PARole
Genziana riCCi
i
l Cine Teatro Fanin di San Giovanni in Persiceto ha ospitato lo
scorso 2 dicembre lo spettacolo
dei l icedei Clown Theatre, compagnia di clown e mimi fondata nel
1968 e proveniente da San Pietroburgo.
lo spettacolo affronta il tema della
famiglia con estrema ironia e comicità, affidandosi esclusivamente al
linguaggio del corpo. uno
spettacolo di questo calibro, infatti, non ha assolutamente bisogno di parole.
la vita in famiglia non è per
niente facile. Anzi, è ancora più dura per una famiglia
russa con quattro figli allegri e irrequieti, un padre
dedito all’alcool ed una madre i n attesa dell’ennesimo
figlio che rischia di partorire
ad ogni scossone famigliare. “la Famiglia Semianyki”
affronta ogni giorno gioie e
dolori, condividendole insieme al
pubblico con profonda comicità e
senza bisogno di p arole.
l o spettacolo è in terpretato dalla
compagnia russa di clown e mimi
l icedei Clown Theatre di San Pietroburgo. Gli attori (olga eliseeva,
Alexander Gusarov, Marina Makhaeva, Kasyan Ryvkin, elena Sadkova,
Yulia Sergeeva) per abbigliamento, trucco e movenze, mettono in
scena le caratteristiche del clown
visto in chiave moderna associate
all’ironia del mimo.
Particolarità dello spettacolo è la
recitazione affidata esclusivamente
alla gestualità del corpo. Capacità
niente affatto scontata: per quanto
essa sia un lingua ggio universale,
l’abilità di questi attori viene da
una lunga tradizione circense e da
una grande esperienza sull’immediatezza dei gesti.
Altro aspetto singolare dell’interpretazione è la capacità di “raccontare” le normali vicissitudini
di questa famiglia con una tale
capacità mimica da farle diventare
surreali.
e così assistiamo a scene a dir poco
folli: la visione distorta di un padre
ubriaco che acquista un senso reale e palpabile, con lui seduto sulla
sedia a dondolo a guardare i suoi
figli muoversi al rallentatore senza
riuscire assolutamente a reagire, le
sue acrobazie nel riuscire a prendere un bicchiere in mano e farsi
un goccetto con un bastone infilato nella giacca, dietro le spalle,
che gli i mpedisce di usare le braccia, i giochi dei bambini con protagonisti costanti due giocattoli,
un cavallino in legno e una gallina
finta che precipita tutte le volte
dall’alto, il litigio nel primo giorno di scuola in cui le due sorelle
riescono teatralmente a strapparsi
gli abiti di dosso rimanendo in sottoveste, gli episodi che descrivono
il rapporto e l’intimità tra i coniugi
o i tentativi di lei di impedire al
marito di andare via di casa dopo
ogni scherzo dei figli. e poi ancora
altri episodi di comicità unica, al
limite del possibile.
il cambiare di ogni scena è scandito da luci che illuminan o oppure
oscurano il palco per permetterne il
mutare assolutamente repentino.
Gli attori non hanno mancato di
coinvolgere il pubblico in alcune
delle scene, facendolo partecipare attivamente ed emot ivamente
all’interpretazione della storia.
Non manca ovviamente il lieto fine:
il parto rocambolesco della madre
ed il prodigo padre che ritorna a
casa dimostrando come l’importanza dei valori famigliari, l’amore e
la voglia di riconciliarsi possano
vincere sul caos e le difficoltà.
uno spettacolo che non dimentica
le tradizioni, ma volto in maniera
singolare all’aspetto contemporaneo dell’arte circense. due caratteristiche che difficilmente riescono
a coniugarsi nell’ambito teatrale
senza l’ausilio di parole, ma che
grazie al talento dei licedei Clown
Theatre trovano sul palco un ambiente ideale in cui convivere e
dialogare... senza parlare!
un ringraziamento particolare va
all’agenzia di comunicazione Pepita Promoters per il gradito invito all’evento, la disponibilità e la
professionalità dimostrate.
inoltre, un complimento alle istituzioni di San Giovanni in Persiceto per l’ottima scelta di questo
spettacolo e per aver permesso ad
un pubblico sempre più ampio di
conoscere ed apprezzare l’attività
teatrale dei l icedei Clown Theatre.
3^
IFIC
ATA
17
A TESTA ALTA
r E NAtA D I S A N O
19
LA STORIA DEL
CARNEVALE
M A r t I NA g I O r D A NI
E F r ANC E SC A P O L UzzI
20
HOLLYWOOD PARTY
IL SEME DELLA
DISCORDIA
g I ANL U C A S tANz ANI
L’ECO DELLO SHOGUN
LA NEVE
SE NE FREGA
g Ur U & A L L b L A C k PANDA
‘SVICOLANDO’
è StAtO rEALIzzAtO
DALLA LIbrErIA DEgLI
OrSI E DALLA rEDAzIONE
DI bOrgOrOtONDO
INSERTO CHIUSO
IL 3 FEBBRAIO
A TESTA ALTA
rENAtA DI SANO
Q
uesta è una storia
in cui non succede
niente, niente dalla
mattina alla sera: non
una guerra, non un bacio e nemmeno un temporale all’improvviso. E’
la storia di una giornata
che comincia e finisce
con la sabbia. Una storia
vista dal basso, così dal
basso, che forse non interessa a nessuno.
E’ la storia semplice di
una bambina che sa
solo come è fatto il deserto, perché ci è nata,
e pensa che quello sia il
mondo: tutto un grande
tappeto di polvere.
Il suo nome è Saam-bui,
che vuol dire “uccello
d’acqua”. gliel’ha detto
suo padre e le ha spiegato anche che l’uccello
d’acqua è il più speciale
di tutti, perché con il suo
volo fatto di tuffi indica
alla gente del villaggio il
percorso dell’acqua.
Forse è perché si chiama
così che anche Saambui deve andare ogni
giorno fino al pozzo.
Le tocca camminare a
lungo prima di arrivarci,
attraverso strade sempre uguali di sabbia e
sabbia. Per mantenere il
catino in equilibrio sulla
testa, lo sguardo deve
essere rivolto a terra. Le
braccia stanno tirate su,
a sostenere il recipiente
nei fianchi, le mani lo
reggono fermo, le spalle
accompagnano il ritmo
dei passi, il corpo intero
si culla in oscillazioni calcolate. basta non alzare
la testa. tutte le volte
è così: più che vedere,
intravede. Non c’è che
sabbia, per lei.
E’ per questo che Saambui non distingue le donne a cui deve andar dietro. Un’intera famiglia di
donne in fila che lei non
riesce a riconoscere,
DAL C ONC OrSO SVIC OL ANDO 2009
SOMMARIO
SS
CLA
perché non sono che lingue di tessuto svolazzanti, polpacci intravisti appena, lembi di sottane
colorate, e piedi, e talloni che fanno capolino,
stoffe che ondeggiano,
una caviglia che scompare e riappare, ma forse non è già più quella
di prima. Ecco di nuovo
l’orlo rosso e giallo di
una gonna che va e vie-
L AVORI IN CORSO
c a r i l e T To r i , i N q u e s To e N e i P r o s s i m i N u m e r i d e l G i o r N a l e T r ov e r e T e s v i c o l a N d o i N
c o s T a N T e m u T a m e N T o. l’ e s T a T e c i h a r e G a l a T o l a P r e z i o s a c o l l a b o r a z i o N e d i f r a N c e s c a ,
m a rT i N a , G r e Ta , e l e o N o r a e G i ova N N i , v i vac i r aG a z z i d e l l i c e o c l a s s i c o d i P e r s i c e To
a s s i e m e a i q u a l i s T i a m o s P e r i m e N T a N d o u N a N u o v a s T r u T T u r a d a d a r e a l l’ i N s e r T o.
s v i c o l a N d o r i a P r e d u N q u e i l c a N T i e r e ! fa r e m o u N P o ’ d i P o lv e r e e c i v o r r à u N P o ’ d i
T e m P o, m a a b b i a m o l’ i m P r e s s i o N e c h e N e v a r r à d a v v e r o l a P e N a ! l a r e d a z i o N e
17
Mai sollevare lo sguardo.
Non le piace essere costretta a camminare a
testa china. Si sente un
tutt’uno col catino, non
una bambina, ma solo
un catino pieno d’acqua
che cammina, senza occhi, senza bocca, senza
orecchi. Anche le sue
mani non appartengono
volare nel cielo come un
uccello, attraverso le nuvole chiare e chiamare
le donne laggiù, cariche
d’acqua:
guardatemi,
sono quassù, perché non
alzate la testa…
Questo pensava Saambui quella mattina, che
le
sarebbe
piaciuto
nuotare come un pesce nell’acqua fresca e
li che si susseguono e si
sovrappongono, grandi
e piccole, fino al pozzo.
E’ quella, per lei, la strada dell’acqua. A testa
bassa. Non può voltarsi,
chinarsi, girarsi, non può
cantare e nemmeno sospirare, per non distrarsi.
Il collo bloccato, il mento incollato sul petto, la
nuca irrigidita, sempre
nella stessa posizione,
leggermente
inclinata, per rendere più stabile l’ingombro che la
schiaccia dall’alto. E’
così quando va in cerca
dell’acqua, non le resta
che guardare in terra.
a lei, ma al recipiente
sgangherato su di lei. Il
resto è sabbia, arida terra, questo l’universo alla
sua altezza. E anche se
passasse veramente, lassù in alto, o nell’acqua
fonda, l’uccello speciale
che si chiama come lei,
non potrebbe salutarlo
con la mano, chiamarlo,
neanche buttarci un occhio, neanche vedere
com’è fatto un uccello
d’acqua. Perché non
può alzare la testa.
Questo pensava Saambui quella mattina, di ritorno dal pozzo. Pensava
che le sarebbe piaciuto
trasparente, attraverso
gli spruzzi gridare alle
donne curve sotto i loro
fardelli: venite, sono qui,
guardate quanta acqua
c’è, perché non alzate
la testa…
Questo pensa Saam-bui
camminando per ore
con gli occhi fissi a terra: perché non alzare la
testa…
Forse è colpa dei pensieri se perde il controllo del
carico. tutto comincia
con un piccolo sussulto
dell’acqua nel vaso, lei
trattiene il respiro, la testa ondeggia a cercare
il suo posto, il suo solito
DISEg NO DI IrENE tOM M AS I NI
ne davanti a lei, davanti
ai suoi occhi inchiodati
a terra per forza. Passo
dopo passo, non le resta
che seguire i segni che
le altre hanno lasciato
nella sabbia calpestata,
per non perdersi. Come
un cucciolo che fiuta la
traccia, ha imparato a
procedere nella striscia
di impronte
femmini-
18
posto, ripiegata in basso
di fretta, ma una goccia
scivola sul collo. Le spalle indugiano, rallentano
prima del tempo, ancora una goccia si perde e
il piede vacilla, tre gocce, il bacino cede, si sbilancia all’indietro, non
basta il colpo di schiena
per rimettersi dritta, si
oppone alla scossa del
secchio, ma poi
alla fine lo molla, quel recipiente scivoloso che
tira, che vuole
trascinarla
per
terra.
Ora sta là, ai suoi
piedi, non più
sulla testa, e si
sente
leggera,
Saam-bui, svuotata lei stessa.
Ora può alzare la
testa.
Sì, ora finalmente
Saam-bui è libera di sollevare la
testa, di alzare
lo sguardo verso
il cielo, lassù in
alto, dove vola
un uccello speciale,
l’uccello
che porta il suo
nome in giro per
il mondo, che nuota tra
le nuvole, che vola tra
le onde, esiste davvero e conosce il posto
dell’acqua, la sua voce
è una musica dolce che
la chiama, che chiama
proprio lei: Saam-bui,
Saam-bui!
Sua madre si ferma, torna indietro e la raggiunge.
- Mamma, l’ho visto finalmente!
La donna le sorride perché, non si sa come, le
mamme capiscono sempre tutto, basta alzare la
testa e guardarle negli
occhi.
LA STORIA DEL CARNEVALE
M A r t I N A g I OrDANI E FrANCESCA P OLU z z I
P
assati Natale e Capodanno, i cenoni,
i dolci e i regali, si è
tornati al tran-tran quotidiano. Ma quale motivo
migliore del carnevale
per evadere?
Il carnevale è la festa
dell’evasione dai problemi quotidiani, la festa
della baldoria per eccellenza, fin dai primordi.
gli storici fanno coincidere unanimamente la nascita del carnevale con
i Saturnali praticati dagli
antichi romani; queste
feste erano una commemorazione della costruzione del tempio per il
dio Saturno e venivano
celebrate osannando il
dio con canti e balli. In
corrispondenza a questa
festa avveniva un sovvertimento della società:
i plebei potevano fingersi
nobili e viceversa grazie
all’uso di maschere.
Con l’avvento del Cristianesimo si cercò di fare
ordine tra le svariate feste romane e di limitare
la trasgressione: grazie a
questo intervento nacque il Carnevale.
In termini religiosi il Carnevale è un intervallo tra
l’Epifania e la Quaresima. L’etimologia più attendibile deriva da questo periodo e fa risalire
la parola all’espressione
“carnem levare”, cioè
alla prescrizione ecclesiastica di evitare o ridurre il consumo di carne.
Nel Medioevo, con la
diffusione della pratica
mistica, il carnevale divenne un momento di
purificazione, ciò è visibile con la pratica allora
celebrata del funerale
del re Carnevale.
re Carnevale era il monarca protagonista di
una leggenda che veniva narrata. Egli era buono ed aveva una reggia che teneva sempre
aperta per il suo popolo
che, suo malgrado, invece che rallegrarsi della
bontà del proprio sovra-
Savonarola o interi movimenti come la riforma
cristiana, che tentarono
di sopprimere questa festa considerata troppo
pagana.
In ogni caso continuò ad
essere celebrata e an-
no, cominciò a farsi beffe di lui. Da quel giorno il
monarca si rintanò nelle
cucine e mangiò fino ad
accorgersi di essersi cibato al punto di arrivare
ad un soffio dalla morte.
Capito ciò trascorse gli
ultimi tre giorni della sua
esistenza vivendo al massimo quel poco che gli
rimaneva.
Durante il rito di purificazione, però, come aveva
fatto re Carnevale, la popolazione si abbandonava ai piaceri di ogni genere, dal momento che era
l’unico periodo dell’anno
in cui era consentito. Una
prova
dell’abbandono
al godimento è il canto
carnascialesco “la canzone di bacco” di Lorenzo il Magnifico che recita nel ritornello “chi vuol
esser lieto sia, di doman
non v’è certezza”.
Nel periodo seguente ci
furono opere di moralizzazione da parte di personaggi come girolamo
che negli anni che stiamo vivendo rimane una
festa che risveglia violentemente le tradizioni
popolari.
Una curiosità legata al
Carnevale è che questo
viene festeggiato soprattutto nelle province, quasi a voler far valere una
loro tradizione, mentre le
grandi città, fatta eccezione per Venezia, molte
volte non lo celebrano
nemmeno.
In Italia, senza dubbio,
il Carnevale più famoso
è quello di Venezia, ma
non è di certo un’esclusiva italiana.
A Nizza, in Francia, accorrono turisti per il famoso carnevale che prevede una battaglia dei
fiori, elemento tipico di
questa città.
A Colonia, in germania,
le donne il giorno di giovedì grasso prendono il
sopravvento sugli uomini
catturandoli come fossero veri e propri nemici e
tagliandogli le cravatte.
A rio de Janeiro, in brasile, avviene certamente
il carnevale più famoso
del mondo, a cui partecipa l’intera popolazione
sambando e cantando,
spesso anche sotto l’effetto di alcool. In questa
città, purtroppo il carnevale è anche motivo
di disordini in quanto la
popolazione che si trova
in condizioni di estrema
povertà sfoga la propria
tristezza a volte con atti
non del tutto legali.
A Londra, in gran bretagna, il carnevale nacque come una festa per
combattere il razzismo, la
povertà, le pessime condizioni di vita e ancora
oggi viene celebrato con
danze piene di gioia.
Come ultima cosa vorremmo svelare alcune
curiosità sulla manifestazione.
Innanzitutto come nacquero i coriandoli? la parola coriandolo, che oggi
indica i pezzetti di carta
colorata che vengono
lanciati, indicava i frutti secchi del coriandolo
che venivano colorati di
bianco con il gesso e poi
lanciati.
Mentre i dolci tradizionali
sono molto semplici, dal
momento che dovevano
essere cucinati velocemente e in grande quantità, dato che dovevano essere distribuiti alla
popolazione intera che
partecipava alla manifestazione. gli ingredienti
principali sono infatti acqua, farina e zucchero e
il preparato è poi fritto.
Nascono così le chiacchiere, le castagnole, le
sfrappole, le frittelle, gli
zufoli, i cenci ed altri dolci sul genere.
19
H
IL SEME DELLA DISCORDIA
HOLLYWOOD
PARTY
gI ANLU CA StANz ANI
FOTOGRAFIA:
Ennio guarnieri;
mUSICA:
Pino Donaggio;
SCENOGRAFIA:
Antonio Farina;
mONTAGGIO:
giogiò Franchini;
PRODUzIONE:
rodeo Drive,
Medusa Film;
DISTRIBUzIONE:
Medusa. Italia 2008,
commedia, 85'.
INTERPRETI PRINCIPALI:
Caterina Murino,
Alessandro gassman,
Michele Venitucci,
Valeria Fabrizi,
Isabella Ferrari.
VOTO:
2/5
V
eronica (Caterina Murino) e Mario (Alessandro gassman) sono
una coppia solo all’apparenza felice: giovani, belli
con una vita frenetica e
impegnata dove ognuno
investe sul proprio lavoro
piuttosto che nel loro amore. Lei, proprietaria di un
piccolo negozietto di abbigliamento femminile in procinto di allargare la propria
attività in un locale all’altezza delle proprie aspirazioni, lui, commerciante di
fertilizzanti sempre lontano da casa impegnato a
vendere i propri prodotti.
Dopo appena cinque anni
di matrimonio, la quotidianità, le abitudini, hanno
sostituito il loro rapporto
sentimentale. Un giorno,
all’ennesima richiesta della madre di poter avere un
nipotino, Veronica decide
di fare il test sulla fertilità per capire i motivi che
stanno dietro
l’impossibilità
di
concepire
un figlio. Scoprirà in modo
inequivocabile
che il giovane
e all’apparenza
prestante
marito è sterile
ma inspiegabilmente, Veronica rimane
incinta senza
che abbia mai
avuto relazioni extraconiugali. Ovviamente per
lui pare cosa impossibile
ma lei, un giorno, ricorda
di essere stata aggredita
da due giovani mentre rientrava dal negozio con
l’incasso giornaliero. Il film
parte bene, fresco, frizzante, allegro, coloratissi-
mo, concentrato tutto su
evidenti
ammiccamenti
sessuali delle
figure femminili
presenti
nel film. Personaggi fuori dal
tempo (molto
Londra
anni
‘60), una location che nel
Centro Direzionale di Napoli
non ha nulla di
partenopeo,
suggestioni
iper femminili
all’Almodovar. Purtroppo,
quando la magia del concepimento perde la sua
aura di santità, il film s’incupisce, s’intristisce come
il volto della bella Murino
vittima di un machismo
che con la violenza maschera la propria impotenza e meschinità.
LA NEVE SE NE FREGA
Luciano Ligabue
gUr U & A L L b L A C k PANDA
C
he cosa può andare
storto in un mondo
perfetto, dove tutti
sono felici, hanno ciò
di cui hanno bisogno
e le risorse vengono rispettate? Può l’amore
essere sbagliato, essere
di troppo? E come può
reagire una coppia che
vive in un mondo perfetto, in cui non esistono malattie, ad affrontarne una di cui nessuno vuole dire nulla e
che sembra un segreto
sempre più pericoloso?
ALL BLACK PANDA: Non posso parlare di questo libro,
sono di parte: lo adoro. Ho sentito molti pareri al suo
riguardo negli ultimi tempi, sia positivi che negativi.
Ma io continuo ad amarlo. Continuo a pensare che
sia di una potenza sconvolgente, tanto più per il suo
linguaggio semplice e colloquiale. Continuo a pensare che trapassi cuore e cervello, ponendo doman-
20
de terribili sul
mondo e la
società. Continuo a pensare che sia una
storia d’amore
meravigliosa, tanto più per la sua realtà, con momenti di crisi
alternati ad altri di gioia, senza il solito stucchevole
idillio. In poche parole: continuo a pensare che sia
semplicemente meraviglioso. Semplicemente. Meraviglioso.
L’uRLO DELLO SHOGuN
GuRu:
A me il libro non è piaciuto! Per quanto la
storia possa essere interessante e commovente, mi è
sembrato incompleto. Nel racconto vengono portati
avanti molti temi (come quello della libertà, della oppressività di questa utopia in cui i personaggi vivono
e il tema dell’ignoranza), ma solamente uno viene
portato avanti fino alla fine, tralasciando tutti gli altri.
In questo modo sembra che l’autore svaluti il mondo
che ha creato, considerandolo di minore importanza rispetto al rapporto dei due protagonisti. A parte
questo difetto il libro non è male, semplicemente non
mi ha colpito abbastanza per piacermi.
D ISE g N O DI DOMENIC O MOSC A
REGIA E SCENEGGIATURA:
Pappi Corsicato;
Gennaio - feBBraio
2010
a
...m i soN o sca vaT
cos e
uNa TaN a Nel le
che ho leT To,
e Nes suN o PoT rà
ri,
ma i Tir arm i fuo
for za. ..
Nem meN o coN la
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o’f
(Nu ala
BorgoRotondo
L’ed UCAz I ON e
CI R I G UAR dA t UttI:
PARliAMoN e TuTTi iN Modo deGNo
M au r i z i a C ot t i
e
ducazione. educato. educare.
educabilità. educazione sì, educazione no. l’educazione è morta. Non c’è più educazione. Bullismo e
delinquenza. viva l’educazione. È colpa della famiglia, è colpa della scuola, è colpa della televisione, è colpa
della giustizia. Ci vorrebbero quattro
legnate. Ci vorrebbe più fame o miseria. una volta sì che… i giovani hanno
troppo. i giovani non hanno prospettive. i giovani non hanno più rispetto. i
giovani sono cocchi di mamma. i giovani sono figli di papà. i giovani sono
ingrati. i giovani sono bambocci, anzi
“bamboccioni”. i giovani non sanno
più che cosa desiderare.
Queste le chiacchiere (da bar?) a proposito dell’educazione, come se poi
fosse solo una questione per giovani.
Come se l’educazione non fosse mai
una dimensione per vecchi.
Ripudiando il modo in cui molti ne
parlano, spesso in modo sprezzante,
sovente a sproposito, per non dire a
vanvera, c’è da chiedersi se è giusto
che tutti si interessino dell’educazione. È giusto che tutti ne possano parlare e ne parlino all’impronta, nei bar
e a commento di eventi efferati o fatti pruriginosi? È giusto che tutti, ma
proprio tutti, possano dire la loro nel
campo dell’educazione? Presentare le
loro ricette? Avanzare le loro pretese?
Pretendere le risposte a tutto?
la risposta più immediata sembrerebbe “no, non è giusto”. l’educazione è
sfinita, umiliata, tradita, invasa, maltrattata, sfilacciata, da tante tensioni
e dibattiti strani e interventi distruttivi. e invece sì. dobbiamo parlarne. Ma
in modo consono, perché l’educazione
ci riguarda tutti, ma proprio tutti. Allora è importante che tutti ne parlino,
anche quelli con una competenza limitata, purché con buone intenzioni che
si dimostrano subito avendo un’avvertenza fondamentale: l’avvertenza di
interessarsi all’educazione, ai percor-
si e processi formativi, con l’adozione
eppure laddove non c’è educazione,
consapevole di un atteggiamento inic’è comunque lo stesso una sorta di
ziale costruttivo, ovvero partecipaneducazione: cattiva, limitata, incerdo al dibattito in modo positivo. Ciò
ta, mal riuscita, difettosa, incoerente,
si dimostra tramite il fatto che chi ne
frammentaria, fallimentare, parziale
parla non sconfessi se stesso e gli aleducazione. Non si può essere “fuori”
tri, con un modo di parlare sarcastico,
dall’educazione. vecchi inclusi. l’edusuperficiale e facilone, ma sostenga le
cazione è un processo umano contiproprie posizioni con una disponibilità
nuo: se non progredisce, regredisce,
ad ascoltare e ad approcon grave danno per tutfondire.
ti. Si chiama processo di
Su questa base si può
imbarbarimento.
andare lontano, insieme,
Ciò premesso duccio denel dibattito e nel conmetrio si chiede che cosa
fronto.
è educazione. È istruire e
Giunge a tal proposito
insegnare? È ammaestraun piccolo libro di ducre? È curare e allevare? È
cio demetrio “l’educasostenere e rinfrancare?
zione non è finita. idee
È rispondere o esploraper difenderla”.
re? e cosa ancora? Può
demetrio costruisce la
essere tutte queste cose
sua argomentazione su
insieme ed altre ancora.
due piani, il primo di
i modi di rappresentadecostruzione
analitire l’educazione, quando
ca di tutta una serie di
sono limitati, possono inbattute, improvvisaziocidere sui risultati e sulle
duCCio deMetrio,
ni, atteggiamenti deri- l’eduCazione non è finita. soluzioni (o ricette) proidee Per difenderla,
sori, approcci minati da
poste, con grave danno
raffaello Cortina
intenzioni punitive, con
per i processi formativi,
editore, Milano, 2009
interventi censori, apcui tolgono quell’ampio
procci sbrigativi e perciò
respiro e quella disposisuperficiali, violenti, distruttivi. Nel
zione e vocazione alla creatività che
secondo piano apre invece ad argol’educazione potrebbe avere. difenmentazioni costruttive, in modo estrediamola allora.
mamente (ri)motivante.
infatti l’educazione, che non è finita,
una politica virtuosa, secondo desia ben chiaro, è generosa, è altruista,
metrio, non dovrebbe mettere tra paè capace di prendersi cura, è un’avvenrentesi l’educazione, sacrificandola a
tura, ma è anche un investimento…
tutto il resto, anzi aizzando il sentiTutto il libro di duccio demetrio è un
mento popolare. le istituzioni dovrebgentile, piacevole disegno argomentabero garantire l’educazione o almeno
tivo, serissimo nei contenuti, delizioso
favorirla.
nella forma. leggero e energizzante.
la famosa richiesta di “Gesù o BaPer questo è bellissimo (e semplice)
rabba?” è come si fosse tramutata in
sia leggerlo tutto di filato, sia ad
“Scuola o carcere?”.
apertura di pagina. Può essere quindi
Molti vecchi (cioè stanchi) educatori e
fonte di riflessione duratura o compamoltissimi nuovi educatori sono oggi
gno di viaggio quotidiano per un po’.
“Più simili a poliziotti, a giustizieri, a
Ma sarà per sempre. È la mia scomvendicatori, a ronde, ecc”.
messa.
BorgoRotondo
Gennaio - feBBraio
2010
S ILV IA L AM BeRt I N I
St e LLA deL PAttI N AG G I O
GiorGina neri
C
F oTo l A M B e RT i N i
apita, quando si parla di
g i o va n i , d i g e n e ra l i z z a r e
con commenti non sempre
benevoli sui loro standard di vita:
va n n o a s c u o l a p e r f a r e p i a c e r e a i
genitori, stanno ore su internet,
s u s o c i a l n e t w o r k c o m e Fa c e b o ok, usano il telefonino come fosse
un’appendice cresciuta spontanea dalle loro mani, frequentano
piacevolmente gli happy-hour e
le discoteche; pare non abbiano
o b i e t t i v i b e n d e f i n i t i d a ra g g i u n gere e se per caso li hanno sono
m o l t o l o n t a n i e v e n g o n o s u p e ra t i
d a p r i o r i t à i m m e d i a t e. Po i c a p i t a
d i i n c o n t ra r n e q u a l c u n o c h e v i s t o
da vicino ci fa ricredere di certi
giudizi sommari e pressappochisti.
H o i n c o n t ra t o S i l v i a l a m b e r t i n i ,
è u n a ra g a z z a m o d e r n a d a l d o l c e
s o r r i s o, l ’ h o c o n o s c i u t a u n p o m e riggio nello studio dove il padre fa
f o t o g ra f i e, f ra m a c c h i n e, s f o n d i e
o m b r e l l i c o n c e n t ra t o r i d i l u c e.
i l s u o t e m p o è l i m i t a t o, h a u n a
manciata di minuti da
accordarmi, ma è molto
gentile e disponibile nel
rispondere alle mie domande: spiega di avere
spazi ben definiti per lo
studio e l’allenamento
e la sua vita è scandita
dall’orologio che corre
v e l o c e.
Silvia frequenta la seconda liceo (la quinta
g i n n a s i o ) a l Po l o A rc h i m e d e d i Pe r s i c e t o, è
una studentessa volonterosa e diligente che
nonostante l’impegno
scolastico
important e, r i e s c e a d a l l e n a r s i
quattro volte la settimana sulle piste di
pattinaggio; quando le
chiedo come riesca a
fare tutto ciò, risponde
che le basta una buona
o r g a n i z z a z i o n e. Pe r n o n
t ra l a s c i a r e n i e n t e d e l l a
personalità di questa
ra g a z z a , c h e v i v e s e r e n a i s u o i
sedici anni (li compirà a marzo) e
e s c e p e r d i v e r t i r s i i l s a b a t o s e ra
come la maggior parte dei suoi coetanei.
M i ra c c o n t a c h e i l p a t t i n a g g i o,
come tutti gli sport, è una disciplina che oltre a rinforzare e dare
resistenza al corpo aiuta a far
m a t u ra r e l a v o l o n t à e l a c o s t a n z a
p e r l o s t u d i o. M i d i c e p o i d e l s u o
percorso sportivo: ha cominciato
a sette anni in seconda elementare a frequentare i corsi insie-
me ad una sua piccola amica che
poi ha lasciato perdere dopo un
p a i o d i l e z i o n i ; l e i h a c o n t i n u a t o,
c o s ì p e r d i v e r t i m e n t o, q u e l l o c h e
l e s e m b ra va u n g i o c o, c h e c o n i l
tempo è diventata una formazione
atletica. Ha scalato tutte le categorie a seconda della capacità e
d e l l ’ e t à : e n t ra n d o i n p r e a g o n i s t i c a
l ’ i m p e g n o s p o r t i v o r i c h i e d e va t r e
allenamenti settimanali; si è poi
specializzata nel “pattinaggio in
coppia” fin dalla prima media. da
a l l o ra b a l l a s u i p a t t i n i a r o t e l l e s u
b ra n i m u s i c a l i s e m p r e c o n l o s t e s s o p a r t n e r, l o r e n z o C a z z o l i , c o n i l
q u a l e d i v i d e f a t i c a , s u d o r e e g ra n di soddisfazioni quando le loro
performances ottengono brillanti
risultati.
Sono molto affiatati, hanno un’ottima intesa e non potrebbe essere
diversamente visti i risultati di uno
sport che viene svolto in simbiosi
tecnica e artistica. il pattinaggio
è un’attività che non ha contributi
di nessun genere: costumi, pattini
e t ra s f e r t e s o n o t u t t o a c a r i c o d e l
s i n g o l o a t l e t a , s o l o l e g a r e i n t e rnazionali vengono in parte finanz i a t e.
o ra l a n o s t ra c o p p i a è n e l l a c a t e g o r i a J u n i o r e s, i l p r o s s i m o b a l z o a
diciassette anni li porterà in quell a S e n i o r e s, i l g ra d i n o p i ù a l t o d e l la disciplina.
Chiedo a Silvia se il pattinaggio
a g o n i s t i c o è u n o s p o r t p a r t i c o l a rm e n t e p ra t i c a t o s o l o n e l l a n o s t ra
r e g i o n e, m a l e i m i ra c c o n t a c h e
è diffuso in tutta italia e che gli
atleti italiani sono i migliori a livello europeo e sono secondi solo
a quelli degli Stati uniti, paese
dove il pattinaggio gode di larghe
sponsorizzazioni e i pattinatori
p o s s o n o a l l e n a r s i i n m e ra v i g l i o s e
e i n f i n i t e p i s t e.
Gennaio - feBBraio
2010
F oTo l A M B e RT i N i
Con orgoglio parla dello splendido risultato di daniele Ragazzi
( a n c h ’ e g l i Pe r s i c e t a n o ) i n c o p p i a
c o n G i u l i a M e r l i , e d i F i l i p p o Fo r n i
in coppia con elena leoni i quali
h a n n o v i n t o i l M o n d i a l e r i s p e t t i va mente di “pattinaggio artistico” e
“ d a n z a ” a Fr i b u r g o ( G e r m a n i a ) l o
scorso novembre: il 1° e il 3° prem i o. . . è c o m e a v e r e i l p o d i o a l l e
o l i m p i a d i . vi e n e c o s ì d a c h i e d e r s i
come mai uno sport così diffuso
non faccia parte delle discipline
olimpiche: Silvia mi risponde che
f o r s e i l p a t t i n a g g i o n o n t r o va p o t e n t i f i n a n z i a t o r i . A l l o ra , r i p e n s a n do al “curling”, uno sport inserito
alle ultime olimpiadi invernali di
To r i n o, v i e n e d a s o r r i d e r e, p e r c h é
quasi la totalità del pubblico non
BorgoRotondo
l o c o n o s c e va . . . , c o m e a v r à f a t t o a
far parte dei Giochi?
un altro interrogativo mi coglie;
come mai atleti di pattinaggio così
a f f e r m a t i n o n d i s p o n g o n o a Pe r s i c e t o d i u n a p i s t a g ra n d e a b b a s t a n za per i loro allenamenti? i nostri
ra g a z z i s e t t i m a n a l m e n t e d e b b o n o
recarsi in treno fino a imola per
usufruire di una pista adeguata ai
loro esercizi. Silvia e lorenz o i n g a ra a Pa r i g i l o s c o r s o
2009 hanno conquistato il
settimo posto nei Campionati europei, mentre nel
Campionato italiano della categoria Juniores sono
a r r i va t i a l t e r z o p o s t o. u n
più che onorevole risultato
per due campioni che in un
prossimo futuro pensano
d i m i g l i o ra r e m o l t o l e l o r o
prestazioni. Ho chiesto a
S i l v i a c o s a p r o va p r i m a d i
u n a g a ra i m p o r t a n t e, s e è
angosciata ed in apprension e c o m e d a va n t i a u n c o m pito di matematica o ad una
versione dal latino di Cicer o n e ; l e i s i g u a r d a a t t o r n o,
cerca una risposta negli occhi della mamma che le sta
accanto e risponde che è un
altro modo di vivere le ans i e : c ’ è l a p r e p a ra z i o n e, i l
p a r r u c c h i e r e, i l t r u c c o e l a
v e s t i z i o n e, è u n ’ a t m o s f e ra
s o f t f a t t a d i c o n c e n t ra z i o n e, p o i
q u a n d o e n t ra i n p i s t a e p a r t e l a
m u s i c a , l ’ a d r e n a l i n a h a i l s o p ra v v e n t o e p e r p o c h i m i n u t i d e l l a g a ra
v i v e q u a s i i n u n ’ a l t ra d i m e n s i o n e.
Così riesce quasi a compiere un
m i ra c o l o s f i d a n d o l e i n s i d i e d i u n
precario equilibrio e le leggi della
f i s i c a ; q u e s t i g i o va n i s o n o a i u t a ti nel loro percorso da due alle-
natori, un uomo e una donna che
c u ra n o l a t e c n i c a , l e c o r e o g ra f i e e
scelgono le musiche sulle cui note
disegnano una mappa che sarà il
percorso che interesserà l’armonia
d e i p a s s i e l a d i f f i c o l t à d e l l ’ e s e rcizio che costituirà la loro esibiz i o n e.
l’ i n t e n t o d i q u e s t o m i o v i a g g i o
all’interno dello sport su rotelle
vuole dare un giusto e meritato
riconoscimento agli atleti persicetani che si sono qualificati sia a
livello di Campionato europeo che
a l C a m p i o n a t o d e l M o n d o.
Purtroppo il pattinaggio non gode
di risonanza sui giornali e alla tel e v i s i o n e : s i a m o s o m m e r s i d a t ra smissioni che parlano del calcio in
tutte le serie dalla A alle categorie d’eccellenza, ma mai un brev e c o m m e n t o, u n a m e n z i o n e a g l i
sport cosiddetti “minori”.
e’ una disciplina rimasta “sport di
nicchia”, ma si pensi che l’invenzione dei pattini risale al lontano
1793, quando un prototipo di ques t i a t t r e z z i f e c e l a p r i m a c o m p a rsa in un’esibizione londinese sul
palco di un teatro: oscuro il nome
d e l l ’ i n v e n t o r e. N e l 1 8 6 3 s i h a n o t i z i a d i u n t a l e Ja m e s P l i m p t o n d i
N e w Yo r k , a p r ì l a p r i m a p i s t a d a
c o m p e t i z i o n e. S u c c e s s i va m e n t e u n
i n g l e s e, W i l l i a m B r o w n b r e v e t t ò i l
f r e n o a t a m p o n e, p o i l ’ i n v e n z i o n e d e i c u s c i n e t t i a s f e ra o t t i m i z zò l’utilizzo dei pattini rendendoli
molto più veloci.
o ra l a t e c n o l o g i a h a c o n t r i b u i t o a
r e n d e r e s e m p r e p i ù a f f i d a b i l i e p ra tici i pattini che utilizzano i nostri
g i o va n i a t l e t i . N e g l i u l t i m i d e c e n n i
s o n o n a t i i r o l l e r b l a d e, h a n n o l a
dinamica degli oggetti fantascientifici e non c’è niente di tecnica e
d i v i r t ù a r t i s t i c a n e l l o r o u s o.
BorgoRotondo
Gennaio - feBBraio
2010
t IP I dA BI BL I OteCA
Chiara serra
S
d i S e G N o d i PA o l A R A N z o l i N
eduta ad un tavolo. Circondata
da studenti. da libri. da sussurri.
dal rumore silenzioso di pagine
che corrono verso la fine di un libro.
dove sono? in biblioteca. una biblioteca fra tante, una biblioteca qualunque.
È un luogo tranquillo, ospitale… una
vera seconda casa per molti ragazzi. Mi
guardo attorno e riconosco sempre gli
stessi visi, sono loro, gli utenti della
biblio(teca).
C’è chi scrive, chi sottolinea, chi si
guarda attorno, chi torna col cappuccino (preso dalla macchinetta) in mano,
soddisfatto di poter svolgere la sua attività intellettuale sorseggiando la sua
calda bevanda.
Perché sto scrivendo ciò?
Perché c’è ancora qualcuno che vive di
luoghi comuni considerando le biblioteche spazi vecchi, ammuffiti, abitati
da ultranovantenni ingobbiti dal peso
della polvere.
Basta!
la biblioteca è un micro mondo da vivere, un luogo quasi mitico nel quale la
letteratura e la cinematografia hanno
ambientato storie avvincenti. Ah, ma
solo nei film accadono certe cose…
siamo sicuri?
le piccole biblioteche dove bene o male
tutti si conoscono possono sfornare
sceneggiature degne di Beautiful, amori finiti, amori incominciati… e tutto
sotto gli occhi di spettatori che fingono
di non accorgersi di nulla ma in realtà
non vedon l’ora che scatti il colpo di
scena… un occhio sul libro e un altro
su lei o lui. Teste chine che in realtà
puntano lo sguardo altrove.
le biblioteche pullulano di studenti desiderosi di trovare un angolino tranquillo dove poter
studiare e nello
stesso
tempo
socializzare con
altri
ragazzi.
le pause per
le chiacchiere
sono d’obbligo.
Questo universo svolge una
funzione di incontro in senso
globale: incontro fra diverse
generazioni, fra
diverse menti,
fra persone mai
viste prima, ma
soprattutto incontro con la cultura.
il lato intellettuale della biblioteca è
quello portante, coloro che vi giungono
sono mossi come ulisse da una sete di
curiosità; curiosità verso libri di ogni
sorta, dai classici della letteratura italiana e straniera, ai testi più recenti e
commerciali.
il bancone del bibliotecario è una sorta
di dogana culturale, chi vi giunge deve
fermarsi, depositare il sapere che ha
già fatto proprio e casomai decidere di
prendere in prestito un altro volume da
divorare con gli occhi. Requisiti? Cognome, nome e registrazione presso la
suddetta biblioteca.
A viverla in modo completo, una biblioteca dà veramente la possibilità di
arricchirsi. Passeggiando fra gli scaffali
ricolmi di libri si può casualmente “in-
contrare” un autore mai sentito nominare prima, e allora la tentazione è
forte, la mano si allunga verso di lui e
subito si va alla ricerca della descrizione del libro. Può essere amore a prima
vista e allora gli incontri continueranno andando alla ricerca di tutto ciò
che è stato pubblicato appartenente
a quell’autore; oppure da subito non
sarà scattata la scintilla e allora verrà
ricollocato al suo posto, ma anche in
questo caso l’incontro è avvenuto. un
nuovo nome, un nuovo titolo è entrato
nei nostri pensieri.
la biblioteca è un luogo di trasmissione vitale, dove il sapere si può aggiornare costantemente. Raccoglie il gusto
del passato, del presente e del futuro;
avere la possibilità di capirne i meccanismi vuol dire conoscere toccando
con mano documenti antichi e scoprire
le tecniche moderne per la corretta gestione di questo luogo.
A volte non si pensa al lavoro che serve per amministrare una biblioteca;
oggi è tutto informatizzato. Giustissimo. Praticamente quasi tutte le biblioteche gestiscono i prestiti attraverso
programmi, ma… i libri non hanno
ancora “imparato” ad acquisire autonomamente un numero di inventario e
una collocazione. Questa operazione
richiede tempo e molto scrupolo, così
come l’aggiornamento continuo del
materiale presente e fruibile; nuove
acquisizioni, pensionamento di vecchi
libri ormai poco consultati e quindi
destinati a luoghi più nascosti, ma attenzione… assolutamente non dimenticati!
eh, ma in una biblioteca chi ci lavora
cosa vuoi che faccia? Sta seduto comodo a guardarsi attorno e a leggere! Sfido chiunque a trovare un bibliotecario
che mentre presta servizio abbia tempo
di leggere! in ogni biblioteca che si rispetti c’è sempre qualcosa da fare…
correre a spostare libri, sistemare computer, fare ricerche, catalogare, inventariare, etichettare, collocare, aiutare
Gennaio - feBBraio
2010
gli utenti nelle ricerche, riorganizzare
le sale, aggiornare i dati… Pancia in
dentro e petto in fuori, avanti, al lavoro!
Chi parla usando troppo spesso luoghi
comuni forse dovrebbe dedicare un po’
del suo tempo a scoprire il mondo della
biblioteca, a domandarsi cosa si celi nel
“lato oscuro” di questi luoghi. Cosa vi
ruota attorno e chi in definitiva fa in
modo che questa ruota giri…
le curiosità sarebbero molte, a partire da ciò che ogni simpatico ficcanaso,
come me, si domanda entrando in una
biblioteca: ma cosa c’è dietro? ogni
biblioteca ha un “dietro”, una zona
“offlimits” per il pubblico, una parte
segreta e nascosta… scale che conducono chissà dove, porte dalle quali entrano ed escono persone, ma per
quanto si allunghi il collo, sbirciare non
è possibile. le bibilioteche più interessanti sono quelle ubicate all’interno di
edifici storici, le cui pareti, ricoperte da
scaffali di libri, raccontano esse stesse
vicende passate.
A volte, dietro ad una piccola biblioteca, con al massimo due sale, si cela
un mondo tutto da scoprire… magazzini che esplodono di libri, collezioni di
giornali di inizio ‘900, repertori fotografici inimmaginabili. Scatoloni, casse,
cassetti ricolmi di carteggi di personaggi di notevole importanza storica; fogli,
foglietti, cartoncini, fascicoli, opuscoli,
cartoline… dall’800 ad oggi. Persino
chi vive e lavora in biblioteca da anni
può provare l’emozione di scoprire documenti mai usciti alla luce fino a quel
momento, e posso assicurare che l’entusiasmo per una tale scoperta è enorme, ci si sente dentro alla storia.
BorgoRotondo
le biblioteche non sono solo luoghi di
transito per chiedere in prestito libri,
ma molto di più: sono campi fertili per
ricerche di ogni tipo. Professori e studiosi si fermano a “banchettare” con
libri, cataloghi, giornali… li divorano,
stuzzicati da un appetito di conoscenza
inesauribile.
il panorama umano è vastissimo! Si può
far la conoscenza di arzillissimi quasi
novantenni che con sicurezza ed energia arrivano a richiedere video cassette
di ogni genere e con la loro sportina si
allontanano poi soddisfatti pregustandosi seratone di “buona visione”; le
signore in pensione di solito arrivano
in gruppetto, e voracemente si fiondano allo scaffale già adocchiato la volta
precedente: sanno ciò che vogliono e
se lo vanno a prendere! «eh, noi ce lo
siamo meritato il riposo… e adesso ci
rilassiamo leggendo».
Si può trovare l’avido lettore di quotidiani, di solito ha un’età fra i 40 e i 60
anni, signore dallo sguardo distinto, si
siede sulla poltroncina e inizia a sfogliare, con le sopracciglia corrucciate, i
fatti del giorno; il cellulare-dipendente,
che nonostante vi sia scritto a caratteri
cubitali che non è consentito parlare al
telefono nelle sale di lettura, bello come
il sole inizia a raccontare, all’auricolare, che “l’auto dal meccanico non è ancora riuscito ad andarla prendere…”.
oppure lascia squillare all’infinito, con
la suoneria rigorosamente inserita, per
deliziare con canzoni super pop gli stupiti utenti della biblio(teca).
vi è poi chi decide di sostare in biblioteca per studiare. Con grande gioia
posso affermare che la biblio(teca) è
meta di moltissimi giovani studenti, qui
non si parla di “topi da biblioteca” ma
di “tipi da biblioteca”.
Si arriva al top quando appaiono utenti
con la “u” maiuscola… si conoscono
tutti… sono un clan, una tribù. Appena
ne entra uno in sala di lettura è tutto un
salutarsi, poi procede verso il posto che
di solito è “suo”, apparecchia il tavolo e
parte a studiare, per interrompersi ogni
tanto a scambiare quattro chiacchiere
con gli amici, o sottovoce o uscendo
dalla sala, creando dei veri e propri
gruppi di discussione. l’utente, una volta scelto il suo posto, marca il territorio
lasciando i suoi oggetti personali sul
tavolo anche quando si allontana dalla
biblio per andare a casa a pranzo o per
rinfrescarsi le idee all’aperto. la fiducia
nel ritrovare tutto ciò che ha lasciato
sul tavolo è indiscussa anche perché
dopo anni di frequentazione è un po’
come se appoggiasse il libro sopra al
comodino prima di andare a letto, sicuro di trovarlo al solito posto la mattina;
la biblio(teca) è una casa, una famiglia
con le sue regole da rispettare.
Molto ancora si potrebbe scrivere su
questo ambiente, ma penso sia meglio
invitare il lettore a curiosare autonomamente nel Paradiso dei libri.
ogni riferimento a fatti, persone e ambienti reali è puramente “casuale”. Ti
sei sentito chiamato in causa? Ti sembra di aver già visto un luogo così? Ti
trovi proprio ora in biblio e mi stai sfogliando in attesa di andare al computer? Complimenti!!! Allora sei un utente di una biblioteca e se non lo sei cosa
aspetti? Precipitati nella biblioteca a te
più vicina e scopri ciò che ti circonda.
Buona lettura.
C IN e t e At R O fA NI N:
S tAG IO Ne t e At R A Le
G ioV e d ì 2 5 f e B Braio,
“varietà d’autore” d i da v id e da l Fiu m e, c o m ic o
V e n e r d ì 2 6 f e B Braio ,
S e ra ta jazz “Ricordando
m u s ica.
Gian
Carlo
Borghesani” ,
Ma rt e d ì 2 M a r zo,
orchestra M.Budriesi con R.Tabarroni e ospiti , m u sic a .
V e n e r d ì 5 Ma r zo,
“Mamma mia!” co n m u sic a d eg li Ab b a , m u sic a l.
V e n e r d ì 2 6 Ma r zo,
“dracula” d i d a v id za rd , m u sic a l.
G ioV e d ì 1 8 Ma rzo,
C o m p ag n ia Te atro d eh o n “il malato immaginario” ,
te a tro.
Ma rt e d ì 2 0 e MerCo l edì 21 aP ril e,
orchestra Galassi e ospiti, m u sic a .
G ioVe d ì 2 2 a P r il e,
“una vita da pavura” c o n G iu sep p e G ia c o b a z z i, c o m ic o.
G ioV e d ì 6 M aG G io,
“Queen: highlander & dintorni” Th e Qu een tet, m u sic a .
www. ci n eteatrofan i n . i t
Gennaio - feBBraio
2010
BorgoRotondo
C A LLe M AC eO 622
Pa o l o B a l B a r i n i
F oTo d i P. B A l B A R i N i
come “la rivoluzione cubana”, in
pochi però hanno compreso cosa
realizzarono veramente quegli uomini. in realtà, forse nessuno lo ha
veramente capito. oggi, cinquan-
tuno anni dopo, cosa n’è stato di
quel sogno di rendere Cuba, ed il
mondo, un posto migliore?
un piccolo mattone arancione impedisce ad un sottile pneumatico,
nero e consumato dal tempo, di
rotolare sulla
strada. il cerchione è arrugginito come
il carretto cui
appartiene; chi
lo aveva costruito in un
tempo lontano, l’aveva dipinto di verde.
Sul carretto ci
sono due vecchie pentole,
un forchettone
ed alcune scatole di cartone. Appoggiato sopra ad un tavolino traballante e incastrato nel carretto,
c’è un fornello con il fuoco acceso.
Sopra al fuoco, una padella
bruciacchiata. un anziano
signore, che indossa una
maglietta rossa con una
macchia d’unto bene in vista sul colletto, tiene stretto il pomello del coperchio
e talvolta butta lo sguardo
per controllare la cottura.
un cliente, nell’attesa della colazione, osserva interessato le ciambelle che
friggono nell’olio. dalla
porta della casa alle spalle
del venditore esce una gallina. Ha appena deposto un uovo e
si aggira per la strada con aria soddisfatta. lo scalpiccio degli zoccoli
di un cavallo annuncia l’arrivo di
un carro. le redini sono tenute da
un uomo con un cappello di paglia
da dove spuntano un paio di baffi lunghi e neri. il guidatore fa un
cenno con la mano al venditore di
ciambelle che alza lo sguardo e ricambia il saluto. Sul carro, a fianco
del contadino, siede una ragazza
F oTo d i P. B A l B A R i N i
N
el 1956 un gruppo di ottantadue ribelli, tra cui un
italiano, sbarcò a Cuba inseguendo il sogno di cambiare il
mondo. il gruppo subì molte perdite negli scontri con l’esercito ma
con il tempo cominciò a crescere.
Si formò un movimento, chiamato
26 luglio, che organizzò la guerriglia nella Sierra Maestra e, tre anni
dopo, riuscì nell’improbabile impresa di rovesciare la dittatura militare
di Fulgencio Batista. l’intento era
quello di porre le basi di una società basata sull’uguaglianza e sulla
giustizia sociale; per il movimento, l’unica via possibile per arrivare al risultato era la lotta armata.
la storia di quegli anni ricorda in
modo particolare due uomini, ernesto Guevara e Camilo Cienfuegos.
una morte prematura consegnò
entrambi alla leggenda, lasciando
Cuba nelle mani della controversa
figura del leader Fidel Castro. Tutto il mondo conosce quelle gesta
mora dallo sguardo fisso nel vuoto.
indossa una camicetta di jeans ed
una gonna bianca e stringe al petto
una borsetta elegante. il carro si
ferma per far passare un vecchio, i
cui pochi capelli sono disordinati e
sporchi. il vecchio spinge una carriola di legno che ondeggia mentre
la ruota sobbalza tra le buche di
un asfalto vecchio di anni. Trasporta due ceste, dalle quali spuntano
alcuni sacchetti di plastica ed una
bottiglia d’acqua dal colore improbabile. un’altra carriola è ferma,
poco lontano, accanto ad un piccolo negozio. dalla porta esce una
ragazza con lunghi capelli neri.
incrocia le braccia ed aspetta che
un ragazzo appoggi un televisore
sulla carriola. l’apparecchio ha un
selettore di canali a manopola ed è
ricoperto di polvere. un vecchietto osserva la scena, nascosto da
un cappello con la visiera blu; sta
S U C C e d e A P eR S I Ce tO
lunedì 1 e 8 Marzo ore 21, cinema Fanin, rassegna
Film&Film .
Martedì 9 e MerColedì 10 Marzo ore 21, cinema Giada,
per la rassegna Film&Film : segreti di famiglia.
MerColedì 10 Marzo ore 20.45, centro per le famiglie Spazio
Aperto , via Matteotti 2, “Belle dentro, belle fuori” nell’ambito
del ciclo di incontri e laboratori Stili di vita eco-sostenibili.
GioVedì 11 Marzo ore 21, teatro Fanin, Marco Paolini in
“la macchina del capo”.
Martedì 16 e MerColedì 17 Marzo ore 21, cinema Giada,
rassegna Film&Film .
MerColedì 17 Marzo ore 20.45, centro per le famiglie Spazio
Aperto , “attenzione a cosa mettiamo sulla pelle” nell’ambito
del ciclo di incontri e laboratori Stili di vita eco-sostenibili .
saBato 20 Marzo ore 8-19, centro storico, Antiquariato in
piazza .
saBato 20 Marzo ore 21, Teatro comunale, “racconti di
Violetta”, spettacolo ispirato a “la Traviata” di Giuseppe verdi a
cura di opificio d’arte scenica di Bologna.
lunedì 22 Marzo ore 21, cinema Fanin, rassegna Film&Film .
Martedì 23 e MerColedì 24 Marzo ore 21, cinema Giada,
rassegna Film&Film .
MerColedì 24 Marzo ore 20.45, centro per le famiglie
Spazio Aperto , “laboratorio sull’uso degli oli essenziali
e sulla cosmesi naturale” nell’ambito del ciclo di incontri e
laboratori Stili di vita eco-sostenibili .
Martedì 30 e MerColedì 31 Marzo ore 21, cinema Giada,
rassegna Film&Film .
Gennaio - feBBraio
2010
F oTo d i P. B A l B A R i N i
appoggiato alla parete senza intonaco di una casa turchina o forse
sta dormendo. una donna di mezza
età tiene per mano una bambina di
quattro o cinque anni. la bimba è
vestita con una maglietta rosa, le
scarpette viola e ha due treccine de-
corate da elastici gialli. la signora
si ferma a parlare con il venditore
di ciambelle mentre la bambina le
tira il braccio, impaziente di andarsene. un uomo trasandato, d’età
indefinibile, porta in spalla un paio
di scope ed un lungo bastone di legno. veste un abito blu, lercio da
molto tempo. le labbra, dalle quali
pende un lungo sigaro spento, sono
circondate da una folta peluria
bianca e grigia. una donna con la
borsa di pelle, dalla quale spunta
una bottiglia di latte, lo segue a
breve distanza. Sta chiacchierando
con un’amica cercando di evitare
gli escrementi lasciati dal cavallo. la porta della casa accanto al
carretto del venditore si apre ed
esce un uomo dall’aspetto robusto.
indossa una canottiera bianca rimboccata in un paio di bermuda che
gli stanno larghi, sostenuti in cintura da uno spago. Ha in mano una
gabbia che appende ad un chiodo
accanto alla porta. dentro la gabbia borbotta un piccolo pappagallo
giallo. Nelle numerose gabbie che
sono appese presso le case vicine,
tanti uccelli di mille colori salutano
l’arrivo di un’altra giornata di sole.
la luce fresca del mattino illumi-
BorgoRotondo
na le verdi colline, ornate di palme, che circondano Trinidad. una
sgangherata automobile fucsia,
che sputa fumo nero, oscura per un
lungo momento la via. Quando la
nuvola si dirada, dalla porta della
casa di fronte, aperta come tutte le
altre, s’intravede
una bambina con
le calze bianche,
la gonna nera, la
camicia
azzurra
ed un fazzoletto
rosso
annodato
al collo. Tiene alcune gallette in
mano che chiude
a panino dopo
averci spalmato
la maionese. le
avvolge in un tovagliolo di carta,
poi le pone in una piccola borsa di
rete gialla, dove si trova già una
bottiglia d’aranciata ghiacciata,
prelevata dal freezer. Con la cartella sulle spalle dà un bacio alla
mamma, esce dalla porta e si avvia
verso la scuola che è così vicina
che si può udire l’allegro vociare
di una moltitudine di bambini. da
una parete colorata di verde, vicino
alla scuola, due occhi severi sotto
ad un basco con la stella, guardano
l’infinito, ricordando che si andrà
avanti fino alla vittoria.
il venditore sorride, prende il forchettone e raccoglie una ciambella.
Poi me la offre. io allungo le mani e
la prendo porgendogli alcuni pesos
con l’altra mano. volto lo sguardo
verso la strada mentre assaporo il
dolce. Seduto sulla scala che conduce alla casa di Nana, la vecchietta che mi ha ospitato per la notte,
sono avvolto dalla rivoluzione. la
vedo camminare tra i colori delle
case, l’ascolto attraverso il chiacchiericcio dei bambini ed il canto
del gallo, ne percepisco l’odore tra
gli escrementi del cavallo e il fumo
dei gas di scarico, ne gusto il sapore mentre mangio la ciambella.
Ma quando provo ad allungare una
mano non riesco a toccarla.
Cos’è la rivoluzione cubana? una
dittatura? un laboratorio sociale?
un anacronismo? un cancro comunista in un mondo capitalista?
una stella luminosa in un mondo
oscuro? la risposta alle ingiustizie
oppure un’ingiustizia essa stessa? Partito unico e pensiero unico.
Media di partito e internet limitato. Marxismo? Comunismo? Socialismo? eppure in queste nebbie
oscure scintillano alcune luci, cultura e sanità. da perderci la testa.
istruzione pagata dallo stato fino
all’università. Computer e inglese
in tutte le scuole. Assistenza sanitaria gratuita. Per tutti, bianchi,
neri, ricchi, poveri, vecchi, bambini.
È triste pensare che concetti così
umani, così giusti, abbiano bisogno
di una rivoluzione per essere realizzati o che siano rinchiusi in una
dittatura. Ma è anche triste pensare
che in paesi che si dicono più liberi
e civili il valore del bene pubblico
è un ideale che purtroppo va scomparendo. Sento l’impulso inarrestabile di capire cosa c’è di giusto e
cosa c’è di sbagliato; ho bisogno di
parlare con chi mi può dire qualcosa di più. Solo chi è nato e vissuto
qui può darmi le risposte. Mi giro
allora verso il venditore per supplicarlo di spiegarmi la rivoluzione,
ma non c’è più, è entrato in casa.
Guardo verso il carretto ma l’uomo
con i baffi lunghi e neri è ripartito. Provo allora con il signore che
indossava i bermuda larghi, ma si
sta allontanando lungo la strada.
Nessuno, oggi, mi racconterà la rivoluzione. Forse nemmeno domani.
un giorno, chissà.
Nana mi chiama, la colazione è
pronta. Mi alzo in piedi e, mentre
salgo i gradini di Calle Maceo 622,
alle mie spalle la gente cammina
per la strada, parla e sorride. le
porte delle case sono aperte, la
vita di ognuno si mescola con quelle degli altri. Nessuno è solo lungo
la strada. Forse è questa la vera rivoluzione.
S f O G O d I R A BBIA
dA SCRiveRe P eR NoN uRl ARe, d A SCRiveRe PeR
NoN AveR uRlATo, SCRiveRe Pe RCHÈ, C oMuNQue,
Quell’uRlo No N È PASSATo
sara aCCorsi
e’ in n e g ab ile. C i s o n o id ee c h e riten ia m o lo n ta n e d a l n o stro
s e n tire, ch e g iu d ich iam o c o m e p essim e m o d a lità d el v iv ere s o cia le. ep p u re s i in sin u a n o so ttili su lle n o stre b o c c h e.
C ap ita , p e r e s e m p io, c h e u n m a ttin o si d ec id a d i a n d a re
in q u alch e u f f icio co m u n a le a c h ied ere u n a d elu c id a z io n e.
N ie n te d i o rg an izza to, c o sì, u n p o ’ d i tem p o lib ero e si
d e cid e d i p ro vare a pa ssa re p er sa p ere q u a l’è la p o siz io n e
u f f icia le e q u a li s ian o i p o ssib ili rim ed i d i u n a q u estio n e.
C o m e p e r e s e m p io q u ella d ei p ic c io n i c h e a b ita n o i n o stri
te tti, le n o s tre g ro n d a ie, i n o stri c o m ig n o li, le n o stre a n ten n e, le n o s tre f in e s tre e tu tto q u ello c h e o ffre u n a g ra d ev o le
“ p a n ch in a” s u cu i pa ssa re le g io rn a te. Perc h é q u a n d o si
h a o rm a i o g n i b alco n e in va so d a q u ei sim p a tic i sp illi c h e
re cid o n o a m o n te o gn i ip o tesi d i a p p o g g ia rsi a lla fin estra
in s tile s o re lle M atera ssi e q u a n d o tu tte le fin estre e le
im p o s te s o n o ad d o b ba te c o n la c a rta reg a lo, ritro va rsi a n co ra tra cce ch e rich ied o n o p u liz ie p u ò n o n esser sc o p erta
m attu tin a s im p atica! Allo ra si sa le in Co m u n e a c h ied ere
u n m o d o p o liticam e nte c o rretto d i d ia lo g o in ter- a n im a le,
a d o m an d a re q u ali sia n o g li u ltim i p a tti d ip lo m a tic a m en te s tilati tra u m a n i e p ic c io n i. e q u a l’è la p rim a risp o sta :
e h , s a n o n s i p o s s o n o m ic a a b b a ttere! e c c o lo !!! ec c o lo il
p e n s ie ro la te n te ch e si sta in sin u a n d o n el n o stro b el Pa es e d e m o cra tico ! Pe rch é q u ella risp o sta n o n è u n a b a ttu ta
le g g e ra! e’ il p e n s ie ro d i g rid o d el m o m en to, il p en siero
d i m o d a . e’ l’ id e a d e lla c o n v iv en z a p erfetta : elim in a re la
f o n te d e l p ro b le m a! A q u esto p u n to ? Co m e p u ò p ro c ed ere la rice rca d i m o d alità d i u n ’etim o lo g ic a m en te a u ten tic a
c o n - v iv e n za? M a s o p ra ttu tto, c o m e p u ò essere c h e c erte
id e e s ia n o p a le s e m e n te a rriva te in c erti lu o g h i? Si sp era
n e l s in g o lo ? S i s p e ri p u re, p o i n o n c i si stu p isc a se c erte
ris p o s te a l le g g e ro p r o b lem a d ei p ic c io n i c a m b in o c o n testi,
s i e s p an d a n o, p e rd a n o il sen so d ella m isu ra e d iv en tin o
rabbiose g u e rrig lie u rb a n e.
Gennaio - feBBraio
2010
BorgoRotondo
L’A LBA d eL L A M eM OR I A
l’ i NS o liTA Co M MeMoRAzioN e del 65° ANNiv eRSARio
d el RA S T RellAMe NTo di AMolA
federiCo serra
t uz i o ne memoriale, necessaria. una
r e s t i t uz i one di gratitudine e lucida
c o ns a pe volezza.
Ri c a l pes tare poi la terra del piazzale
de l l a c hiesa di A mola, dove furono
r i nc hi us i i rastrellati prima di essere
po r t a t i al teatro di Sant’ A gata, ha
pe r m es s o ai partecipanti all’ iniziativa di a vvicinarsi a quel drammatico
e vent o s torico. Si è avuta la possibil i t à di r iviverlo coi
c i nque s ensi, attraver s o i canti e le
l et t ur e delle testim o ni a nz e. la fiacc o l a t a , i canti del
c o r o Ter r e d’ A cqua,
una ba mbina che
ha s uo nato “Bella
C i a o ” c ol flauto e
l e l et t ur e delle tes t i m o ni a nze sono
s t a t i i m omenti più
s ugges t i vi ed emoz i o na nt i . A ll’ iniziat i va ha partecipato una varia umani t à , c o mposta di bambini, famiglie,
ra ga z z i , anziani, testimoni di quei
f a t t i , a s s ociazioni e la Giunta Comuna l e di Persiceto al completo, oltre
a l S i nda co di Sant’ A gata, le forze
de l l ’o r di ne ed altri rappresentanti di
e nt i l o c a li.
l’o ra r i o ostile (il ritrovo era per le
5.45 di un sabato mattina di dicembr e ) e i l clima (ha smesso di piovere
pochi minuti prima dell’ ini z i o del l a
fiaccolata) non hanno impedi t o a
tante persone di ritrovarsi ( qua l c uno
è venuto da M odena, da B ol ogna ).
Ritrovarsi per ricordare, i n quest o
modo insolito e toccante, non sol o
l’ evento singolo, ma l’ intera R esi stenza delle nostre terre, vi t t or i osa
al fine, culturalmente, politi c a ment e
e militarmente, ma a un pre z z o i na uF oTo d i d e N i S N i C o l i
S
e q u a l c h e a b i t a nt e di vi a Sa n
B e rn a rd i n o s i f o s s e a f f a c c i a t o
a l l a f i n e s tra nel bui o de l l e s ei
d e lla m a tti n a d e l 5 di c em br e s c o r s o,
av r e b b e v i s to u n o s pet t a c o l o i ns o l i t o: un l u n g o c o rte o di pe r s o ne c o n
f ia c c o l e, b a n d i e re e s t r i s c i o ni c he da
S an t ’ A g a ta a n d a va no a d Am o l a .
Q u e st’ a n n o a b b i a m o de c i s o di r i c o rd a r ci c o s ì d e l ra s tre l l a m ent o na z i f a scist a d e l l e B u d ri e, Am o l a e Bo r ga t a
Cit t à , a v v e n u to p ropr i o ne l l a no t t e d e l 5 d i c e m b re 1944. il ra s t r el lame nto c o i n v o l s e c i r c a duec ent o
p e r so n e e c o s tò l a vi t a a t r e nt a s et t e
n ost r i c o n c i tta d i n i , l a m a ggi o r pa rt e f u c i l a ti d o p o p o c hi gi o r ni a S a bb iu n o : i c o rp i f u ro no r e c upera t i s o l o
n e ll’a g o s to d e l 1 9 45. Al t r i venne r o
in v e c e d e p o rta ti n e i c a m pi di c o nce n t ra m e n to.
l’id e a è n a ta d a l l ’ A NP i e da l C i r c o l o
A r ci A c c a tà , c h e h anno t r o va t o nel
Cor o Te rre d ’ A c q u a un’i ndi s pens a bi le c o l l a b o ra z i o n e e ne l l ’Am m i ni s t ra z ion e c o m u n a l e u n ’ ent us i a s t a c o ndi v isio n e o rg a n i z z a ti va e c ul t ura l e.
A b b ia m o v o l u to ri to r na r e, a s e s s a nt a c in qu e a n n i d i di s t a nz a , e s a t t a me n t e i n q u e i p o s ti , es a t t a m e nt e i n
q u e i m o m e n ti . C o n la f i a c c o l a t a pa rt it a d a l te a tro d i S a nt ’Aga t a a bbi a m o
r ip o r t a to s i m b o l i c a me nt e a c a s a t ut t i
c o loro c h e l e c a m i o ne t t e t ra s po r t a r on o l o n ta n o d a A m o l a e c he a c a s a
n o n to rn a ro n o p i ù . È s t a t a una r es t i -
dito di vite interrotte e fam i gl i e devastate.
il calendario di quella mat t i na t a è
stato fitto: dopo A mola, mol t i ha nno raggiunto Persiceto a pi edi , a l t r i
hanno utilizzato i traspor t i messi
a disposizione dai volonta r i del l a
protezione civile. da Persicet o sono
partiti due pullman per pros egui r e l e
commemorazioni alle Budrie e a B orgata Città. H a partecipato a nc he un
L O S PORt dI GJO
GiorGio Baiesi
i l Parko u r è co n s id e ra to u n o sp o rt estrem o m a p er q u elli c h e
lo p ra tican o, i “ tra c eu r” , è u n v ero e p ro p rio stile d i v ita
f a tto d i b alzi, cap rio le e sa lti c h e si m isc h ia n o tra le a rti
m a rziali e la d a n za p er “ fu g g ire” in p erc o rsi u rb a n i. i l p iù
g ra n d e e s p o n e n te è il fra n c ese da v id Belle c h e è sta to c o lu i
ch e h a ap p re s o a l meg lio le tec n ic h e d el Pa rko u r n a to c o m e
alle n am e n to p e r i s o ld a ti tra n sa lp in i n el X X sec o lo. Qu a n d o
n acq u e s i ch ia m ò “ p a rc o u rs d u c o m b a tta n t” (p erc o rso d ei
co m b atte n ti) m a il n o m e fu p resto tra sfo rm a to p er d a re p iù
d e cis io n e a l te rm in e so stitu en d o la C c o n u n a K e to g lien d o
la S. i l p ro f ilo d e ll’ atleta n o n è c o stitu ito so la m en te d a fo rz a
f is ica e ag ilità m a a n c h e d a u n b u o n a sp etto m en ta le c h e fa
ca p ire al trace u r f in o a c h e p u n to si p u ò risc h ia re.
l’ as p e tto f o n d am e n t a le d i q u esti a c ro b a ti n o n è c o m p etere
f ra d i lo ro m a ce rca re il p erfez io n a m en to p erso n a le e fo rse è
an ch e p e r q u e s to ch e il Pa rko u r è a n c o ra u n o sp o rt p u lito e
lib e ro.
l’ u n ica a s s o cia zio n e m o n d ia le d ed ita a ll’in seg n a m en to d el
p arko u r è la u rb an Fr eeflo w er p erc h é le o rig in i d i q u esto sp o rt
d e s criv e va n o i p ratic a n ti c o m e a u to d id a tti m a p ia n p ia n o
s ta n n o e m e rg e n d o altre p ic c o le sc u o le c itta d in e.
Gennaio - feBBraio
2010
F oTo d i d e N i S N i C o l i
n u t r it o g ru p p o d i po di s t i c he ha nno
c o sì d a to i l l o ro c o nt r i but o a l l ’i ni z ia t iva . i n S a l a d e l C o ns i gl i o c ’è po i
st a t a l a p ro i e z i o n e di un vi de o pr o d o t t o d a S o c ra te M i ne z z i nel 1984
d al t i to l o “A m o l a p a r t i gi a na ”, e l ’i nt e r v e n to d e l S i n d a c o Ma z z uc a .
È st a ta “ l ’ a l b a d e l l a m em o r i a ”, quel la c h e h a c o n s e n ti to a una c o m uni t à ,
se ssa n ta c i n q u e a n n i do po, di s t r i n-
BorgoRotondo
ge r s i , r i trovandosi compatta attorno
a una verità storica che nessun patet i c o e a rrogante revisionismo potrà
m a i ne a nche minimamente scalfire.
È s t a t a anche l’ alba di una memoria nuova non perché
diversa, ma perché
lasciata alle responsabilità di generazioni ormai inequivocabilmente distanti da
quei fatti. Generazioni alle quali spetta
l’ onore di prendere
tra le mani quel testimone e l’ onere di
tutelarlo,
tenendolo vivo e sapendone
adeguare le modalità
di trasmissione alla
nuova società. dovrem o r i us c ire a riproporre quell’ esempl a r e m essaggio di pace, libertà e
gi us t i z i a sociale affinché possa trova r e c ul tura fertile per mettere radic i s a l de e profonde. l’ iniziativa del
5 dicembre è stata un buon ba nc o
di prova che ha coinvolto mol t i soggetti nell’ organizzazione e a l meno
duecentocinquanta person e ha nno
partecipato agli eventi. Propr i o per
il suo approccio inusuale ha a t t i ra t o
l’ attenzione di molti che non sono
avvezzi a prendere parte a c ommemorazioni del genere. e credi a mo si a
questa la sfida: affiancare a l l e c ommemorazioni classiche e nec essa r i e
nuovi strumenti e nuove pr opost e.
Proposte che gettino semi , ma ga r i
durante un evento di poche or e, c a paci di far germogliare nelle per sone
la curiosità e la consapevo l ez z a per
il percorso che ha modella t o l ’ a ni ma generosa, tenace e soli da l e del la comunità persicetana. Pensi a mo
che, a due mesi dai festeg gi a ment i
per il sessantacinquesimo a nni ver sa rio della liberazione, questa si a una
sfida ambiziosa e important e da l l a
quale nessuno, nel suo a mbi t o di
intervento personale, profe ssi one e
civile, può sentirsi dispensat o.
A P P U NtA MeNtI
I S t I tUtO R A MA zzINI
2 5 f e B B r a i o o r e 2 0 To m b o l a d i b e n e f i c e n z a
p r e s s o l a S a l a Pa r r o c c h i a l e d e l l e B u d r i e d i S a n G i o v a n n i
2 Marzo ore 20,45 “Concerto di Primavera”
p r e s s o i l Te a t r o Fa n i n d i S a n G i o v a n n i i n Pe r s i c e t o
Pe r i n f o r m a z i o n i :
Sezione Ramazzini il mercoledì dalle 10 alle 12
tel. 051 6812773 oppure Marisa 0510823141
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Hanno collaborato a questo numero
GioRGio BAieSi, SiMoNeTTA
CoRRAdiNi, GilBeRTo FoRNi,
GeNziANA RiCCi, MAuRo RiSi
delle oPiNioNi MANiFeSTATe NeGli
SCRiTTi SoNo ReSPoNSABili Gli AuToRi
dei QuAli lA diRezioNe iNTeNde
RiSPeTTARe lA PieNA liBeRTà di Giudizio
ANNo iX, N.1/2, Gennaio-Febbraio 2010,
diffuso gratuitamente
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