LA COSTRUZIONE DI YACHTS E MEGAYACHTS IL MODELLO VIAREGGIO ASPETTI DI PREVENZIONE a cura di Luciano Del Corto Orbene poi che noi fummo discesi alla nave ed al mare, per prima cosa al mare divino spingemmo la nave, e nella nera nave ponemmo albero e vele, e prese le bestie, su le facemmo salire, e noi stessi montammo angosciati versando pianto copioso. Allora dietro la nave dalla prora turchina Circe dai bei capelli, terribile dea cantatrice, a noi favorevole vento mandava che gonfia le vele, compagno eccellente. E noi dopo avere disposto lungo la nave ogni singolo attrezzo, stavamo a sedere; ed il vento e il pilota guidavan la nave. Di essa, che andava sul mare, per tutto il giorno le vele eran state distese. Il sole s’immerse e tutte le strade s’empivano d’ombra, ed essa giungeva ai confini là dove scorre con l’acque profonde l’Oceano. Omero, X secolo a.C 2 Questa pubblicazione è stata resa possibile per il lavoro e la preziosa collaborazione di: CARLO GRANCHI e LIDO MORICONI per la descrizione del ciclo produttivo della costruzione e dell’allestimento di imbarcazioni da diporto in ferro e lega leggera; ENRICO GALILEO CATELANI per la descrizione del ciclo produttivo della costruzione imbarcazioni in vetroresina; PAOLO SACCARDI per i dati di igiene industriale; LUCIA BRAMANTI per i dati sugli infortuni; ROBERTO IACOMETTI per l’analisi della Legge 123 del 2007; MARIA ROSARIA LIBONE per la veste grafica e letteraria; SABRINA POLITI per la correzione dei testi; RITA ANSUINI per il coordinamento. Si ringraziano l’Azienda USL 12 Viareggio, l’Amministrazione Provinciale di Lucca e la HPM Divisione Nautica per il contributo alla realizzazione della pubblicazione. 3 PREMESSA Il servizio di prevenzione nei luoghi di lavoro dell’azienda USL, in Versilia, ha sempre effettuato attività importanti di controllo e vigilanza nei cantieri navali, fin dalla sua istituzione. Prima del 1982 esisteva a Viareggio un analogo servizio che non disponeva dei poteri di vigilanza (allora di competenza dell’Ispettorato del Lavoro), ma effettuava indagini di igiene industriale e sanitarie su richiesta delle parti sociali, per promuovere migliori condizioni di lavoro. Negli anni ‘88 – ‘90 fu realizzato un piano mirato di intervento nella cantieristica in ferro viareggina che portò alla redazione di un manuale sulla sicurezza e l’igiene delle lavorazioni, alla realizzazione di numerosi corsi di formazione per gli operai di cantiere e i preposti/capisquadra e ad un convegno di rilevanza nazionale che servì a fare il punto sulle lavorazioni di cantiere e la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. Negli anni ’90 – ‘92 fu realizzato un analogo piano mirato di intervento nella cantieristica da diporto in vetroresina, culminato anch’esso in un convegno di rilevanza nazionale “Rischi e bonifiche nella costruzione di imbarcazioni in vetroresina”. Da allora i due grossi cantieri di costruzione di imbarcazioni in ferro di tipo commerciale hanno cessato l’attività; è rimasta e si è sviluppata vertiginosamente la produzione di imbarcazioni da diporto di alta qualità. In particolare si è sviluppata la produzione di grandi imbarcazioni da diporto di lusso che sono un’importante fonte di esportazione: l’Italia è il maggiore produttore mondiale di megayacht, il comprensorio di 4 Viareggio è maggior produttore italiano e rappresenta anche un “marchio internazionale di qualità”. Quindi la cantieristica navale da diporto è un polo produttivo importante e coinvolge una significativa quota di popolazione lavorativa, impegnata sia direttamente che nell’indotto. La produzione avviene con il preponderante apporto di ditte in appalto: l’organizzazione produttiva prevede un cantiere madre (nel 2005 ne avevamo censiti n. 38) che sovrintende e coordina le lavorazioni e un numero rilevante di ditte specializzate nell’effettuare una fase specifica di lavoro, nell’allestire impianti tecnici e accessori e nel realizzare arredamenti e finiture (circa n. 700 ditte in appalto). Malgrado le trasformazioni produttive intercorse, una “certa cultura della prevenzione” è presente nelle aziende anche come risultato dell’attività pubblica di promozione, controllo e vigilanza. I risultati conseguiti sembrano però ancora instabili per effetto della mutevolezza dei luoghi di lavoro (ogni imbarcazione è un nuovo cantiere di lavoro da organizzare e mantenere in sicurezza), dell’incombere continuo delle scadenze di consegna e soprattutto per l’ingresso in produzione di una percentuale rilevante di ditte d’appalto e di mano d’opera sempre nuovi. In questo quadro riteniamo utile pubblicare un lavoro messo a punto dal Dott. Luciano Del Corto (tecnico di prevenzione dell’U.F. PISLL) in occasione della sua tesi di laurea. Per la pubblicazione il testo della tesi è stato revisionato, aggiornato e ampliato con il contributo del Servizio PISLL. Si tratta di una analisi del comparto produttivo rispetto ai rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori alla luce dell’esperienza complessiva 5 maturata in tanti anni di attività del servizio pubblico; può risultare utile per diffondere la cultura della prevenzione in cantiere tra gli studenti delle scuole tecniche che guardano ai cantieri come sbocco professionale, tra i lavoratori del comparto che ricoprono un ruolo tecnico dirigente, tra i Rappresentanti dei Lavoratori per la sicurezza, tra chiunque, non avendo una conoscenza professionale specifica, voglia sapere di prevenzione nei cantieri navali di Viareggio. Il lavoro si articola in quattordici capitoli che trattano la descrizione del contesto produttivo, le fasi lavorative con i rischi ad esse collegati, i problemi di coordinamento delle attività ed alcune caratteristiche proprie del distretto produttivo come le lavorazioni a banchina. Alcuni aspetti sono stati trattati con una particolare attenzione e riguardano l’esposizione a stirene durante la costruzione di scafi, coperte e sovrastrutture e alcuni aspetti dell’organizzazione del lavoro. Nel volume si analizzano anche le figure dei lavoratori partecipi alla filiera produttiva e le novità introdotte dalla legge 123 del 2008. 6 INDICE INTRODUZIONE 1 10 IL DISTRETTO PRODUTTIVO DI VIAREGGIO .............................. Cenni storici Produzione Costruzioni in metallo e lega leggera Costruzioni in vetroresina ed altro materiale composito Costruzioni in legno Allestimento Indotto Dimensioni occupazionali Capacità produttiva Mercato Filiera produttiva 15 16 17 17 18 18 19 20 22 23 25 2 LA COSTRUZIONE DI IMBARCAZIONI IN METALLO......................................................................................................... Descrizione ciclo produttivo Attrezzature utilizzate Rischi presenti Misure di prevenzione e protezione 28 32 32 33 3 COSTRUZIONI IN VETRORESINA ED ALTRI COMPOSITI...................................................................................................... Descrizione ciclo produttivo Costruzione del manichino Costruzione stampo Laminazione Assemblaggio Carrozzeria Attrezzature utilizzate Rischi presenti Solventi Misure di prevenzione e protezione 4 37 37 39 42 44 45 46 47 49 54 IL RISCHIO STIRENE ............................................................................ 7 Indagini di igiene industriale in Versilia Studi per ridurre l’esposizione a stirene Resine a basso contenuto di stirene Infusione sottovuoto Impianti di aspirazione Trasporto tra cantieri Trasporto su gomma Trasporto via mare Trasporto su gomma e mare Trasporto per varo finale Rischi e misure di sicurezza 58 68 69 69 71 79 80 81 83 83 84 6 LA MESSA IN SICUREZZA DELL’IMBARCAZIONE ................................................................................ Ponteggio e protezioni Installazione impianti illuminazione Dislocamento presidi antincendio e cartellonistica Predisposizioni impianti di aspirazione Rischi e misure di sicurezza 7 I LAVORI DI ALLESTIMENTO............................................................ Compartimentazione Verniciatura Impiantistica Carpenteria e falegnameria Apparati motore e tecnologici Attrezzature utilizzate Rischi presenti Misure di prevenzione e protezione 8 93 95 100 103 106 112 113 114 IL COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ ....................................... Organizzazione del lavoro Modelli di gestione Ges.Si.Ca. 9 88 88 90 90 91 119 122 126 LE LAVORAZIONI A BANCHINA ....................................................... Dimensioni Aree utilizzate Il nuovo porto di Viareggio 129 131 132 8 La presenza del personale di bordo Gli impianti elettrici Attrezzature e rischi Le lavorazioni sui piazzali 10 LE PROVE A MARE................................................................................ Gli adempimenti per le prove a mare 11 148 149 153 I LAVORATORI ....................................................................................... Lavoratori ad alta specializzazione Lavoratori di media specializzazione Lavoratori di bassa specializzazione Forme di lavoro flessibile Lavoratori migranti Turnover La percezione del rischio I Rappresentanti dei Lavoratori 13 145 L’OSSERVATORIO INFORTUNI ......................................................... Premessa Eventi infortunistici in cantieristica 2000/2006 Analisi degli infortuni 12 135 135 140 140 155 157 158 159 166 168 169 170 MIGLIORARE LA SICUREZZA ........................................................... Il ruolo dei preposti La formazione La gestione delle emergenze Gli stranieri 175 176 179 181 14 NUOVI OBBLIGHI DI TUTELA DELLA SICUREZZA E SALUTE DEI LAVORATORI ............................................ La legge 123/2007 Analisi di alcune novità normative Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI) I costi della sicurezza Analisi riferita al contesto della cantieristica viareggina 183 185 187 193 197 BIBLIOGRAFIA 203 9 INTRODUZIONE Parlare di problematiche di sicurezza nella cantieristica navale da diporto non è un compito facile in quanto sono tanti gli aspetti da analizzare come sono tante le problematiche da affrontare. Parlarne, riferendosi al distretto produttivo di Viareggio, è ancora più difficile per le caratteristiche del distretto stesso. Un intervento ispettivo in materia di igiene e sicurezza del lavoro in un cantiere navale di Viareggio non si può limitare alla verifica del rispetto delle norme legislative in quanto i rischi non sono solamente dovuti al mancato rispetto della normativa stessa, ma spesso sono la conseguenza di azioni diverse, eseguite da lavoratori dipendenti di imprese presenti in cantiere ad eseguire lavori in appalto con la conseguente possibilità che la sovrapposizione delle stesse possa introdurre ulteriori elementi di rischio. Questa situazione produttiva può far capire come sia complicato analizzare le prevenzione in tale contesto, che si ripete in tutti cantieri del distretto, dove la produzione viene effettuata per circa il 90% da lavoratori dipendenti di ditte in appalto mentre i dipendenti dei cantieri svolgono quasi esclusivamente mansioni di controllo sulla qualità e servizi logistici (trasporto, movimentazione, ecc.); ciò comporta un’accurata analisi delle situazioni a rischio ed impone di entrare in merito all’organizzazione della sicurezza nella produzione. Un altro aspetto preventivo, stante la particolarità delle imbarcazioni prodotte nel nostro distretto, è quello dovuto al rischio di esposizione ad agenti chimici; in particolare lo stirene che viene utilizzato nella fase di costruzione di scafi, coperte e sovrastrutture in vetroresina. In questa fase produttiva, la lavorazione viene effettuata con impianti di bonifica 10 ambientale vecchi, poco efficienti ed inefficaci a garantire la bonifica degli ambienti di lavoro. Per tale motivo gli addetti devono far ricorso all’utilizzo di Dispositivi di Protezione e Individuali (DPI) per poter tutelare la propria salute. Molto spesso questa soluzione non è sufficiente e vengono rilevati, sui lavoratori, valori superiori al limite dell’indice di esposizione biologica, indicati in letteratura, dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH): 400 mg di acido mandelico più fenilgliossilico per grammo di creatinina nelle urine di fine turno lavorativo. Altro fenomeno tipico della cantieristica viareggina sono le lavorazioni eseguite in banchina e sui piazzali adiacenti alle banchine portuali. Tali attività vengono svolte in strutture precarie e, nel caso dei piazzali, con notevoli rischi di caduta dall’alto dovute alla difficoltà di installazione di adeguate opere provvisionali, sia per la conformazione dell’imbarcazione che per la contemporanea presenza di addetti alle lavorazioni e personale di bordo. Forse non a caso l’ultimo infortunio mortale è occorso ad un marinaio che prestava la propria opera a bordo di una nave in manutenzione messa a secco su un piazzale. 11 La produzione italiana Le aziende del settore nautico, dal punto di vista produttivo, in Italia sono divise in 3 comparti: diporto (cantieri), accessori e motori. In sottordine si potrebbe parlare anche di turismo nautico che è considerato un indotto specifico del settore il cui potenziale occupazionale è altissimo. I dipendenti per azienda produttrice di unità da diporto sono in media 15 cioè sono al di sotto della media europea ed USA di 16 persone. Solo l’8% delle imprese ha più di 50 addetti (fonte Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro). Tuttavia esiste una polarizzazione che vede nel 20% delle imprese una concentrazione, sul totale dei tre comparti, di addetti (60%), di fatturato (79%) e di import-export (88% di export e 38% di import). Il 41% dei cantieri è al nord (114 in Lombardia), il 31% al centro ed il 28% al sud e nelle isole. La Toscana ha l’11,1% delle aziende e il 6,3% del numero degli addetti dei tre comparti, sul totale nazionale. La Toscana per numero di aziende ed addetti dei tre comparti, è al terzo posto dopo Lombardia e Liguria e prima di regioni con tradizioni marinare come Emilia Romagna, Campania, Lazio. Il primo posto della Lombardia è dovuto all’alta concentrazione di aziende che costruiscono natanti di piccole dimensioni 10 / 15 mt. Il settore è in espansione per tutti e tre i suoi comparti, nonostante i vari periodi di crisi. Il fatturato, in particolare della produzione cantieristica (unità da diporto), dal 1998 al 2001, cioè in quattro anni, è quasi arrivato al raddoppio I cantieri in Italia cioè il primo comparto, che producono unità da diporto di vario tipo sono oltre 510. Ogni cantiere è identificabile nei suoi 12 prodotti dal codice di tre lettere degli scafi fra i 2,5 ed i 24 metri (come previsto dalla Direttiva 94/25/CE secondo lo standard internazionale ISO 10087). Gli scafi oltre i 24 metri sono considerati navi, commercialmente conosciuti come megayacht. Oltre i 24 metri non si richiede codice previsto dalla Direttiva 94/25/CE. Nel 2001 la crescita totale del settore costruzione di barche è stata, rispetto al fatturato totale, del 20,6% con un peso preponderante dell’export quasi raddoppiato in cinque anni, e, seppur con un lieve rallentamento, la crescita annuale continua tuttora ad essere a doppia cifra. Le unità medio-grandi, cioè sotto i 24 metri, sono il 74% della produzione nazionale, in cinque anni hanno triplicato il fatturato ed in otto anni hanno quadruplicata la produzione. I megayacht italiani godono di grande fama nel mondo. Questo è dovuto al marchio che di fatto si è costituito in favore soprattutto delle barche di lusso italiane oltre i 24 metri e che vede il nome di Viareggio come uno dei principali riferimenti. Per i megayacht a vela ed a motore c’è una crescita continua, in particolare per la fascia da 80 a 89 piedi (l’unità di misura comunemente nella nautica che corrisponde a circa 30 cm.). Dal 2001 cresce anche la fascia da 150 piedi con 65 ordini rispetto ai 40 del 2000. Per i megayacht a vela nel 2000 gli ordini si concentrano nella fascia da 100 a 119 piedi con 17 unità. Le fasce da 120 a 149 e quelle da 80 ad 89 piedi vedono 16 ordini ciascuna. La crescita della produzione di megayacht si è maggiormente incrementata negli ultimi anni con il fenomeno del noleggio (charter). Questo fenomeno ha modificato, in parte lo standard 13 produttivo in quanto le navi sono diventate da unità da diporto ad unità commerciali con obbligo di rispetto degli standard costruttivi previsti per le navi da crociera. L’Italia è al primo posto mondiale nella produzione di megayacht davanti ad USA, Paesi Bassi, Canada, Nuova Zelanda e Germania. Il settore in Toscana è caratterizzato da piccole-medie unità locali pur avendo la capacità di collocarsi in una fascia all’avanguardia anche come tecnologia. Le barche aumentano le dimensioni ed accentuano sempre di più il loro lusso, mentre la domanda tocca un sempre più vasto numero di clienti. La Toscana, e in particolare Viareggio, si presenta come uno dei poli più importanti per la produzione soprattutto di yacht e megayacht in acciaio e vetroresina. Ricordiamo che una non trascurabile fonte di guadagno per i cantieri è anche l’attività di manutenzione, riparazione e rifacimento (refitting) sulle grandi barche prodotte. Il Sistema Produttivo Locale della Versilia con specializzazione nel settore della cantieristica è stato formalmente riconosciuto dalla Regione Toscana con delibera del Consiglio Regionale n. 69 del 21/12/2000 e comprende i comuni di Viareggio, Massarosa, Camaiore, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema. 14 1 IL DISTRETTO PRODUTTIVO DI VIAREGGIO Cenni storici La cantieristica viareggina ha radici consolidate nel tempo, ed ha raggiunto una vera fama internazionale alla fine dell’ottocento con la produzione di una goletta adibita al traffico delle merci denominata “barcobestia”, costruita dai maestri calafati nei vari cantieri. Il barcobestia era una goletta costruita principalmente nei Cantieri Benetti di Viareggio che misurava dai 30 ai 40 metri e prevedeva tre alberi della stessa altezza, con un peso compreso fra le 800 e le 1500 tonnellate. Il nome deriva dall’esclamazione inglese “the best boat” (la barca migliore): i maestri d’ascia viareggini hanno fatto una traslitterazione del modo di dire, battezzando la loro imbarcazione barcabest, trasformato poi in barcobestia. (fonte www.wikipedia.it) I Cantieri Benetti, fondati nel 1873, si sono specializzati in imbarcazioni di grandi dimensioni dall’inizio del XX secolo, quando producevano, appunto, i barcobestia. In seguito è iniziata la produzione degli yacht extralusso, caratterizzata in genere da linee classiche e pregiate rifiniture. Negli anni ‘70 i Cantieri Benetti divennero un tipico marchio di qualità italiano conosciuto in tutto il mondo, e proprio per questo sono stati acquistati dalla Azimut, di cui tuttora fanno parte come sezione specializzata per imbarcazioni di lusso. La storia della produzione nautica Viareggina non è soltanto Benetti: come non ricordare Giovan Battista Codecasa che costruiva golette ad inizio secolo il cui nome, forte dell’impegno produttivo portato avanti dal figlio Fulvio, solca i mari su megayacht di pregio. Come non citare il 15 cantiere Picchiotti rilevato da un imprenditore lucchese che fa andare per mari gioielli della vela come le navi Perini. Per arrivare ai giorni nostri con produttori quali Overmarine, Fipa, Falcon, Gianetti e, dopo la ristrutturazione dell’area ex Sec, Viareggio Superyachts, Benetti Sail Division, Cantieri Rossi, San Lorenzo – Eureka, New Versilcraft e Marin Services. Per rimanere in termini storici vanno sicuramente citati due “maestri d’ascia” ancora legati alla produzione e restauro di barche in legno quali il Tomei detto “Tomeone” e il Del Carlo. In questa parte di storia della cantieristica Viareggina si potrebbero citare altri nomi come Versilmarina, Tecnomar, Uniesse, Italyachts, ma sicuramente qualcuno dimenticheremo sempre. Produzione I cantieri nel distretto viareggino sono tanti, tante sono le tecniche produttive e tanti i materiali utilizzati. Se vogliamo raggruppare le unità produttive secondo uno schema che evidenzi caratteristiche comuni, il criterio che può essere utilizzato è il materiale che costituisce lo scafo, il ponte di coperta e la sovrastruttura (lo scafo è la parte del natante che galleggia sull’acqua mentre la sovrastruttura parte dal ponte di coperta o ponte principale e va verso l’alto e può avere vari ponti e come terminale il fly). Un raggruppamento basato su tali caratteristiche comporta la divisione della produzione in: • Metallo e/o lega leggera; • Vetroresina e altro materiale composito (fibra di carbonio); 16 • Legno. Naturalmente questo vale anche per le operazioni di trasformazioni (refitting). Costruzioni in metallo e lega leggera Attualmente nel distretto produttivo di Viareggio sono attivi 2 cantieri che producono scafi e coperte in metallo (acciaio) e sovrastrutture in lega leggera (alluminio); tutte e due le aziende operano nell’area adiacente al porto di Viareggio denominata DR1 e nata dalla chiusura del cantiere navale Società Esercizio cantieri (Sec). Le unità produttive delle aziende vedono l’impiego di 30 – 50 addetti di cui solo un terzo alle dipendenze del cantiere mentre il resto dipendente di ditte che svolgono lavori in appalto. Costruzioni in vetroresina ed altro materiale composito Quando si parla di costruzioni navali in materiale composito si parla per la quasi totalità di natanti costruiti con fibra di vetro e resina poliestere. Questo tipo di produzione viene effettuata da tre cantieri operanti all’interno del territorio Versiliese e più precisamente nel comune di Massarosa. I tre cantieri sono simili per tipologie di costruzioni (imbarcazioni da 24 a 35 metri) ma differiscono per capacità produttive. Diverso è anche il numero degli addetti alla produzione che varia da 15 a 25 per passare a 90 nella azienda con maggiore capacità produttiva. 17 Quello che sicuramente è tipico dell’attività dei cantieri è il ricorso all’affidamento delle lavorazioni a ditte esterne che può raggiungere valori vicini al 90 % degli addetti presenti. Nel settore di lavorazioni con altro materiale composito, vi è una realtà produttiva che si differenza dai tre cantieri precedenti: in questa realtà si producono piccole imbarcazione sia a vela che a motore (15 – 20 mt) con utilizzo di resina epossidica con fibra di vetro o carbonio. Costruzioni in legno Quando si parla di costruttori di imbarcazioni in legno, nel distretto di Viareggio, si parla quasi esclusivamente di operazioni di restauro fatte in piccoli cantieri su imbarcazioni che spesso hanno un forte valore storico. Altri interventi vengono fatti sulla flotta peschereccia che, nella maggior parte, è ancora in legno. Allestimento Ecco il vero polo produttivo del distretto di Viareggio: l’allestimento di natanti da diporto. Una stima fatta dall’Azienda USL 12 di Viareggio, su dati forniti da circa 30 unità produttive nelle quali vengono prodotte navi da diporto, e le recenti indagini della Camera di Commercio di Lucca, dell’Università di Pisa e del Sole 24 Ore, (solo per citarne alcune), hanno rilevato come l’allestimento di megayachts sia una realtà trainante dell’economia non solo viareggina e versiliese ma di tutto il “comparto” nord Tirrenico e Ligure (da Livorno a La Spezia). 18 Il fenomeno è stato talmente rilevante che, nel tempo è diventato il “Modello (produttivo) Viareggio”. Il “Modello Viareggio”: consiste nell’appaltare a ditte specializzate tra l’80% ed il 95% dell’attività di allestimento del natante. Nella maggior parte dei cantieri i dipendenti diretti si occupano di controllo, servizi e assistenze, mentre la produzione viene fatta da ditte esterne che operano in regime di appalto ma anche di sub-appalto di vario livello. Molto spesso le aziende che lavorano in appalto sono anche fornitrici di prodotti finiti. Per tale motivo, per dimensionare l’impatto economico del distretto della nautica da diporto di Viareggio, non ci si può fermare al cantiere ma dobbiamo analizzare anche l’indotto che gira intorno alla produzione di yachts e megayachts. Indotto Nell’analizzare l’indotto, sarebbe riduttivo riferirsi esclusivamente al sistema produttivo fatto di tante aziende che operano in regime di appalto all’interno del cantiere; è più corretto considerare i dipendenti di quelle ditte, a pieno titolo, addetti alla produzione. L’indotto è ben altra cosa e può essere identificato nelle varie attività legate alla costruzione dell’imbarcazione quali: • Mobilieri; • Forniture marmi; 19 • Tappezzerie; • Laccatori; • Vetrai; • Produttori sistemi tecnologici; • Produttori particolari in vetroresina. Credo sicuramente di aver dimenticato altre figure professionali il cui operato è molto prezioso nel ciclo di allestimento di un natante. Per rimanere al nostro territorio (Versilia) vi sono varie zone produttive, oltre all’area portuale di Viareggio, quali: • Zona Cotone – Comparini nel Comune di Viareggio; • Zona Montramito nel Comune di Massarosa; • Zona Bozzano sempre nel Comune di Massarosa; • Zona Le Bocchette nel Comune di Camaiore • Zona di lavorazione lapidei nei comuni di Pietrasanta, Seravezza e Stazzema. In ognuna delle zone citate sicuramente è presente un buon numero di aziende la cui attività produttiva è destinata al Distretto della cantieristica da diporto di Viareggio. Ma l’indotto legato alla produzione del distretto esce dai confini dell’area Versiliese e raggiunge aree limitrofe quali Lucca, Pisa e Massa Carrara. Dimensioni occupazionali Quando si deve dare una consistenza numerica al distretto di Viareggio della produzione di nautica da diporto, si è di fronte ad una operazione molto ardua in quanto: 20 • I cantiere hanno per lo più pochissimi dipendenti; • Vi sono aziende che lavorano in appalto in rapporto esclusivo all’interno dei cantieri; • Vi sono aziende che “migrano” nei vari cantieri madre; • Vi è l’indotto; • Vi è la galassia di attività legate alla produzione di imbarcazioni da diporto quali: 1 broker; 2 consulenti vari; 3 imprese di movimentazione; 4 concessionari di banchine portuali; 5 imprese di fornitura combustibile (bunkeraggio); 6 agenzie marittime... Nel 2004 l’USL 12 di Viareggio, con la collaborazione della direzione dei vari cantieri, ha raccolto i dati circa i primi tre punti (dipendenti dei cantieri madre e dipendenti delle ditte in appalto). Il risultato della ricerca è il seguente: • 35 cantieri navali • 510 ditte in appalto Sulla base di questi dati si può stimare una forza lavoro di circa 3000/3500 tra lavoratori ed impiegati che partecipano attivamente alla costruzione e allestimento di imbarcazioni da diporto all’interno dei 35 cantieri navali presenti del distretto produttivo; se si aggiunge l’indotto e la serie di attività sopra riportate si può certamente affermare che la cantieristica navale, in Versilia, occupa non meno di 5000 persone. 21 Capacità produttiva Quantificare la capacità produttiva del distretto è possibile solo per le unità superiori a 24 mt. (80 piedi). L’Azienda USL 12 Viareggio da alcuni anni archivia i documenti di sicurezza previsti dal D.L.vo 272/99 per le operazioni di rifinitura effettuate in banchina e le prove a mare delle imbarcazioni superiori a mt. 24. Visto che per ogni imbarcazione, al momento del varo, viene redatto un documento di sicurezza, sulla base dei documenti pervenuti si possono ricavare i dati sulla produzione che sono: • Anno 2002: 108 navi; • Anno 2003: 111 navi; • Anno 2004: 97 navi; • Anno 2005: 105 navi; • Anno 2006: 119 navi. • Anno 2007: 250 navi Nell’analisi dei dati sopra riportati sembrerebbe riscontrare tra il 2003 ed il 2004 un calo della produzione; è invece importante ricordare che proprio in quegli anni si è sviluppato fortemente il fenomeno del noleggio (charter); mentre il boom del 2007 è legato principalmente a due aspetti: le imbarcazioni prodotte nell’area Apuana e terminate in banchina a Viareggio e la manutenzione e refitting (90 imbarcazioni). Questo sviluppo ha portato come conseguenza la produzione di imbarcazioni più grandi e conseguentemente più costose. Il numero minore di imbarcazioni prodotte nel 2004 ha prodotto ugualmente un incremento del fatturato delle aziende. 22 Per quantificare in modo approssimativo il volume di affari legato alla produzione di nuove imbarcazioni, possiamo utilizzare la moltiplicazione della lunghezza delle imbarcazioni per il costo medio a metro lineare delle stesse, formula usata spesso per dare un valore all’imbarcazione nella darsena viareggina. Nello scorso anno sono state prodotte 119 navi la cui lunghezza media è di circa 30 mt.: il totale della produzione di imbarcazioni nel 2006 è di circa 3570 mt.. Il costo medio a metro lineare di una imbarcazione da diporto superiore a 24 mt, secondo gli addetti ai lavori, è di circa 1 miliardo di vecchie lire che, in Euro diventa 516.457 € circa. Utilizzando la approssimativa formula sopra descritta, moltiplicando il prezzo al metro lineare per i metri prodotti possiamo stimare un fatturato, nel 2006, in € 1.843.751.490 quindi quasi 2 miliardi di Euro: una bella cifra che, anche se calcolata in modo approssimativo, si differenzia poco dal reale volume di fatturato produttivo. A questo dato vanno aggiunti i lavori di manutenzione e trasformazione, su navi già immesse sul mercato, la cui effettuazione, negli ultimi anni, si è notevolmente incrementata passando dalle 30 unità del 2002 alle 55 del 2006 (dato rilevato dalla USL 12 di Viareggio sulla base dei documenti di sicurezza presentati). Mercato Centodiciannove navi, 3570 mt lineari, 2 miliardi di fatturato ma dove viene collocata tale produzione? 23 Una parte della produzione è riversata sul mercato nazionale; tale quota risulta difficile da quantificare perché, salvo rare eccezioni, spesso gli armatori non amano pubblicizzare l’acquisto di un megayacht. Comunque i nomi spesso vengono fuori e non è mistero che Del Vecchio, Armani, Gabbana, Moratti, Marina Berlusconi, Mancini, per fare alcuni nomi celebri, abbiano yacht o megayacht made in Viareggio. Altra cosa è il valore della produzione destinato all’export; come si vede dalla tabella elaborata dalla Provincia di Lucca e riferita all’anno 2003 il mercato mondiale è ristretto principalmente a quelli che sono considerati “paradisi fiscali” anche se negli ultimi anni vi è stato un incremento del mercato legato ai paesi dell’ex Unione Sovietica, alla Cina e agli Stati Uniti. ESPORTAZIONI (anno 2003) PAESI % REGNO UNITO CAYMAN ISOLE FRANCIA STATI UNITI ISOLE VERGINI BRITANNICHE S. KITTS E NEVIS LUSSEMBURGO LIBERIA SAINT VINCENT BAHAMA ALTRI PAESI TOTALE 26,5 14,9 11,8 11,6 7,0 5,9 4,3 2,9 2,2 2,1 10,9 100 24 Filiera produttiva Il diagramma sotto riportato, elaborato dal Servizio Industria Commercio ed Artigianato della Provincia di Lucca, chiarisce in modo esauriente la filiera produttiva dall’acquisizione della commessa al varo dell’imbarcazione. 25 FILIERA PRODUTTIVA ACQUISIZIONE COMMESSA • • • • BROKER EVENTI FIERISTICI CONCESSIONARI RICHIESTE DIRETTE DELL’ARMATORE AL CANTIERE • • • • CANTIERE MADRE Allestimento imbarcazioni acciaio e/o leghe leggere Allestimento imbarcazioni in vetroresina Preparazione alla pittuarzione Pitturazione PROGETTAZIONE • • • • Studi di progettazione Studi di architettura Progettisti linee scafi e sovrastrutture in vetroresina Progettisti linee scafi e sovrastrutture in acciaio arredatori • • • • • IMPIANTISTICA Impianti elettrici Impianti idraulici Impianti termo idraulici Climatizzazione Piscine • COSTRUZIONI SCAFI E SOVRASTUTTURE • Costruzione scafo acciaio e/o leghe leggere • Costruzione sovrastrutture • Costruzioni stampi per vetroresina • Costruzioni imbarcazioni in vetroresina MOTORI E SISTEMI DI PROPULSIONE • Produttori, distributori ed installatori motori marini • Produttori , distributori ed installatori gruppi elettrogeni Produttori , distributori ed • installatori vele, alberi ed attrezzature; Produttori , distributori ed • installatori di apparati elettronici COMPARTIMENTAZIONE • Compartimentazione locali tecnici • Compartimentazione locali equipaggio • Compartimentazione locali armatore e ospiti • Coibentazione • • • • • • • • • ARREDAMENTI Mobilieri Montatori mobili Tappezzieri Posatori coperte i teak Produttori e montatori serramenti Vetrai Produttori e montatori protezioni in acciaio Produttori montatori pavimenti Ecc. 26 Complementari ed indissolubilmente collegati alla filiera produttiva precedentemente schematizzata, sono i servizi legati alla nautica da diporto, quali: MANUTENZIONE ASSISTENZA GARANZIA cantieri imprese artigiane RIMESSAGGIO Aziende manutenzione interni Aziende per erogazione servizi portuali CERTIFICAZIONI Agenzie marittime Enti certificatori Agenzie nautiche TRASPORTI E MOVIMENTAZIONI Aziende trasporti via terra Aziende movimentazione area portuale TURISMO Banchine attrezzate Aziende noleggio imbarcazioni 27 2 LA COSTRUZIONE DI IMBARCAZIONI IN METALLO La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori impegnati nella produzione di imbarcazioni da diporto risulta molto complessa in quanto tali rischi sono molteplici e, molto spesso, derivano dall’interferenze fra le varie lavorazioni. Per tale motivo si ritiene necessaria la suddivisione delle varie fasi costruttive in base alla produzione effettuata nella unità produttiva. Come si diceva l’interferenza fra fasi lavorative, quasi esclusivamente nella fase di allestimento, rappresenta un fattore di rischio che va contenuto agendo sull’organizzazione del lavoro che quindi necessita di una analisi approfondita del ciclo produttivo. Descrizione ciclo produttivo La costruzione di una imbarcazione in ferro e lega leggera può essere schematicamente scomposta in 5 fasi principali: costruzione dello scafo, costruzione delle sovrastrutture, assemblaggio scafo e sovrastrutture, completamento dello scafo e delle sovrastrutture, allestimento. Ciascuna di queste fasi “principali” è ulteriormente suddivisibile in sottofasi o fasi “secondarie”, talvolta temporalmente concomitanti, che rappresentano le lavorazioni caratteristiche del comparto navalmeccanico (saldatura, ossitaglio, molatura, verniciatura, ecc.). Il materiale di costruzione giunge in cantiere in automezzi da trasporto pesanti e viene scaricato e smistato in aree di stoccaggio tramite gru a ponte o gru mobili. 28 La prima fase di lavorazione comprende il taglio e la sagomatura delle lamiere e dei profilati che andranno a costruire l’ossatura ed il fasciame esterno dello scafo. Il taglio delle lamiere viene effettuato mediante pantografo o sistemi a cesoia, mentre per i profilati si eseguono operazioni di taglio a fiamma (ossitaglio). Successivamente si procede alla sagomatura a freddo dei pezzi tagliati; la fase successiva, detta di prefabbricazione, consente la costruzione di pannelli complessi o blocchi di varie dimensioni tramite operazioni di saldatura elettrica. Le dimensioni dei blocchi o dei pannelli variano a seconda del progetto costruttivo. Queste operazioni si svolgono in genere all’interno dei capannoni chiusi o comunque nell’ambito di aeree attrezzate e servite da mezzi di movimentazione. I blocchi e i pannelli complessi vengono poi trasferiti sullo scalo dove si procede al loro assemblaggio sequenziale fino alla costruzione dell’intero scafo. In queste fasi le lavorazioni principali sono rappresentate dalla saldatura elettrica, molatura, scriccatura, raddrizzatura. Le sequenze di costruzione dello scafo, attraverso l’assemblaggio dei blocchi prefabbricati comportano spesso la contemporanea presenza di diverse lavorazioni in alcune zone dello stesso scafo. In particolare è possibile procedere nelle operazioni di saldatura dei pannelli o blocchi della poppa della nave, mentre nella zona di prua avvengono operazioni di molatura o viceversa. Le stesse procedure di lavorazione vengono eseguite nel ciclo di costruzione delle sovrastrutture in lega leggera. 29 I due elementi costruttivi dell’imbarcazione, scafo e sovrastrutture, vengono successivamente assemblati direttamente sullo scalo, per loro allineamento e successiva saldatura. Completate le operazioni di raddrizzatura dell’intera struttura si procede al controllo non distruttivo delle zone di saldatura. A questo punto l’insieme scafo-sovrastruttura è pronto per le operazioni che precedono la primerizzazione, ultima sottofase del ciclo di lavoro. Le superfici dell’imbarcazione vengono sabbiate e brossate (scafo), spazzolate e sgrassate (sovrastrutture) al fine di prepararle a ricevere il primer applicato secondo la tecnica airless. Nei cantieri che costruiscono imbarcazioni da diporto munite di vele (peculiarità di un cantiere della zona di Viareggio), si procede anche alla costruzione degli alberi e dell’attrezzatura velica. In questo caso gli astrusi degli alberi in lega leggera, dopo aver subito alcune lavorazioni (taglio, tornitura, saldatura, ecc.) vengono assemblati a costruire l’albero vero e proprio, previa messa in opera della componentistica interna, e quindi saldati. Seguono le fasi di pulizia e sgrassaggio e la successiva primerizzazione. 30 Schema a blocchi ciclo lavorativo COSTRUZIONE SCAFO COSTRUZIONE SOVRASTRUTTURE Ricezione materiali Taglio e sagomatura Prefabbricazione Trasferimento blocchi Assemblaggio blocchi ASSEMBLAGGIO SCAFO SOVRASTRUTTURE Installazione giunto bimetallico Imbarco sovrastruttura Calettatura sovrastruttura Allineamento con i giunti Saldatura COMPLETAMENTO SCAFO E SOVRASTRUTTURA Raddrizzatura sovrastruttura Controllo saldature Preparazioni superfici Primerizzazione ALLESTIMENTO 31 Attrezzature utilizzate Le attrezzature che trovano maggior utilizzo, durante la fase di costruzione di imbarcazioni in metallo, sono: • Pantografo; • Cesoie; • Presse piegatrici; • Presse sagomatrici; • Saldatrici a punto; • Saldatrici ad elettrodo; • Saldatrici a fiamma ossiacetilenica; • Mole portatili; • Smerigliatrici angolari; • Trapani; • Utensili manuali (martelli, tronchesine, pinze, ecc.); • Mezzi di sollevamento; • Muletti. Rischi presenti I rischi presenti nella costruzione di imbarcazioni in metallo, come nella maggior parte delle attività, si dividono in rischi per la sicurezza, intesa come possibile evento infortunistico, e rischi per la tutela della salute. I principali rischi per la sicurezza possono essere individuati in: • Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.; 32 • Rischi di essere colpiti o colpire parti e/o oggetti; • Rischi di schiacciamento; • Rischi di tagli; • Rischi di bruciature; • Rischi di elettrocuzione. Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente da: • Rumore; • Esposizione e radiazioni; • Fumi di saldatura; • Vibrazioni trasmesse al sistema mano braccio; • Movimentazione manuale dei carichi. Misure di prevenzione e protezione Per quanto riguarda le misure di prevenzione e protezione, è utile dividere sia le prime dalle seconde che quelle previste per la tutela della sicurezza da quelle previste per la tutela della salute. È importante sottolineare la differenza concettuale tra prevenzione e protezione. La prevenzione rappresenta l’insieme di misure atte ad evitare situazioni di rischio, mentre la protezione è l’insieme di misure atte a far sì che il rischio non provochi danni al lavoratore. Misure di prevenzione per la sicurezza: tali misure dovranno fornire una idonea ed adeguata garanzia affinché non si manifestano situazioni di rischio. Sicuramente sono misure di prevenzione: 33 • La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto; • Evidenziare parti che possono essere colpite durante le lavorazioni in ambienti angusti; • Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine operatrici; • Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei materiali; • Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro; • Utilizzare impianti elettrici a bassissima tensione (48 Volt); • Formare gli addetti sui rischi delle lavorazioni; • Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale). Misure di protezione per la sicurezza: tali misure dovranno invece fornire una idonea ed adeguata garanzia che l’eventualità dell’avvenimento di un accadimento non procuri danni per il lavoratore o li limiti al minimo. Sono misure di protezione i dispositivi di protezione individuale quali: • Sistemi anticaduta; • Caschi; • Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura; • Calzature antinfortunistiche; • Guanti; • Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale). 34 Misure di prevenzione per la salute: tali misure dovranno fornire una idonea ed adeguata garanzia affinché non si manifestano situazioni di pericolo. Sono misure di prevenzione: • Sorveglianza sanitaria; • Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi; • Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano – braccio; • Limitazione dei lavoratori esposti; • Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante dalle lavorazioni; • Schermatura delle zone di saldatura; • Effettuazione di lavorazioni pericolose in orari al di fuori della normale attività produttiva con limitazione degli esposti; • Formare gli addetti alle lavorazioni; • Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale). Misure di protezione per la salute: tali misure dovranno invece fornire una idonea ed adeguata garanzia che il rischio non procuri danni per la salute del lavoratore o che questi siano limitati al minimo. Le tipologie delle misure di protezione per la salute dei lavoratori possono essere suddivise in due categorie: misure di protezione collettiva e DPI. 35 Nella scelta degli interventi di protezione è indispensabile privilegiare le misure di protezione collettiva quali la corretta aspirazione dei fumi di saldatura. Il ricorso ai DPI può essere ritenuta una scelta corretta quando non si può intervenire efficacemente con misure di protezione collettiva. Per tale motivo, si ritiene efficace l’utilizzo di cuffie e/o altre protezioni dell’apparato uditivo nel caso di utilizzo di utensili portatili (mole, smerigliatrici, trapani, ecc.) o durante le operazioni di raddrizzatura lamiere effettuate con martelli dai batti-lama. È, altresì, necessario ricorrere all’utilizzo di autorespiratori nel caso di operazioni di saldatura effettuate in serbatoi, casse o comunque ambienti privi di una adeguata ventilazione. Sovrastruttura in lega leggera 36 3 COSTRUZIONI IN VETRORESINA ED ALTRI COMPOSITI Descrizione ciclo produttivo Il ciclo produttivo della costruzione di imbarcazioni in vetroresina si suddivide in cinque fasi. Le prime due vengono effettuate quando si produce una nuova tipologia di costruzione, le seconde due sono fasi lavorative standard mentre l’ultima fase si rende necessaria nei casi di imperfezioni del manufatto e/o se le aperture vengono effettuate nel cantiere di produzione. Le cinque fasi sono: • Costruzione modello o come meglio definito “manichino”; • Costruzione stampo; • Laminazione; • Assemblaggio; • Carrozzeria. Premettendo che le principali parti da costruire sono tre: scafo, coperta e sovrastuttura andiamo a descrivere le cinque fasi produttive. Costruzione del manichino Questa è fondamentalmente una operazione di “carpenteria in legno”, in cui si provvede alla costruzione di un modello in legno, riproducente perfettamente nella forma, dimensione e grado di finitura il manufatto che si dovrà poi andare a produrre, sia questo uno scafo, una coperta o la sovrastruttura. 37 Riveste particolare importanza il fatto che il modello abbia una buona resistenza meccanica e robustezza, in modo che non possa presentare momenti di flessione durante la costruzione dello stampo né che si deformi all’atto della sua estrazione dallo stampo stesso. La realizzazione, di solito, viene effettuata con una struttura interna in abete rivestita con fogli di compensato in pioppo. Una volta realizzato il manichino si vernicia la superficie esterna con resine o vernici poliuretaniche aventi la funzione di “turapori” e, dopo l’essiccazione, si passa alla carteggiatura a secco. La fase successiva è ricoprire il manufatto con lo spruzzo di stucco epossidico che viene finemente carteggiato e lucidato. Finite queste operazioni il manichino è pronto e, dopo averlo rivestito di una cera distaccante, si può passare alla costruzione dello stampo o in alcuni casi, quando si intende costruire una sola imbarcazione avente tali dimensioni e caratteristiche, si procede alla laminazione diretta sul manichino dell’imbarcazione. Fasi di costruzione del manichino di una sovrastruttura 38 Costruzione stampo Al manichino trattato con sostanze distaccanti, sia esso di uno scafo, coperta o sovrastruttura, viene applicato un strato di “gelcoat per stampi” generalmente a spruzzo; è possibile effettuare questa operazione anche con rullo o pennello. Il gelcoat viene utilizzato di colore arancio o nero e lo spessore che normalmente si applica è di circa 0,5-0,6 mm. Quando il gelcoat è completamente essiccato ha inizio la deposizione dei teli di fibra di vetro; la superficie su cui si appongono i teli viene preventivamente “bagnata” con resina poliestere. La resina impiegata è costituita da una soluzione di poliestere in un monomero (stirene) con una percentuale di quest’ultimo del 30-50 %. Lo stirene, in presenza di un catalizzatore ed un accelerante, forma con la catena molecolare del poliestere un reticolo tridimensionale –processo di polimerizzazione – che determina il passaggio delle resina dallo stato liquido a quello solido chimicamente stabile. Il catalizzatore utilizzato (1-2 % in peso della miscela) è normalmente un perossido organico, ad es. perossido di metiletilchetone, mentre come accelerante si impiegano abitualmente sali di nichel o cobalto, o ammine aromatiche terziarie (2-4 % della miscela). Il telo di fibra utilizzato in questa prima fase deve essere di bassa grammatura (300 g/m2) “mat di superficie”, per evitare di riprodurre sulla superficie dello stampo il disegno della trama del vetro di rinforzo. Sopra il “mat” si depositano altri strati di fibra di vetro a grammatura crescente, fino a 900 g/m2 (tessuti e/o stuoie) impregnandoli sempre con resina, fino al raggiungimento dello spessore desiderato. 39 Il quantitativo di resina che viene utilizzata per l’impregnazione dei teli a bassa grammatura è abitualmente, in rapporto in peso, di 2:1 rispetto a quello della fibra di vetro, mentre per le stuoie viene utilizzato un rapporto di 1:1. I teli di fibra di vetro vengono fatti aderire perfettamente fra loro utilizzando dei “rulli di spugna”. Infine, tramite i “rulli frangibolle”, si provvede alla eliminazione di tutte le bolle di aria presenti. Per conferire rigidità allo stampo, per renderlo così stabile e facilmente utilizzabile, lo si rinforza fissando lungo i suoi contorni e nelle zone intermedie (creando un disegno a maglie di rete) gli elementi di irrigidimento, costituiti abitualmente in materiale espanso o in legno; questi vengono applicati direttamente sugli strati di vetroresina con “plastica termofusa” o stuccone a base di poliestere. Gli elementi di rinforzo vengono poi ricoperti con 2-3 strati di fibra di vetro e resina di larghezza sufficiente a ricoprire anche in parte lo stratificato dello stampo. Prima di apporre gli ultimi strati di fibra, in corrispondenza degli elementi di rinforzo, vengono inserite alcune piastre metalliche a cui verranno successivamente fissati i montanti del telaio metallico di sostegno. Questo telaio, secondo le sue caratteristiche costruttive ed il suo aspetto finale, permetterà di porre lo stampo in piano sul pavimento o, per manufatti di lunghezza inferiore ai 20 m, anche la sua rotazione (stampo basculante). Nel caso in cui sia necessario costruire stampi con “sottosquadri” per consentire di togliere il manufatto dallo stampo si ricorre alla costruzione 40 di quest’ultimo in forma scomponibile. Un esempio di tutto ciò si trova nella costruzione di grosse imbarcazioni dove, per la curvatura della poppa, si costruisce lo stampo o diviso in due metà lungo la linea della chiglia, o lungo la linea di giunzione tra lo specchio di poppa e le fiancate. Stampo di uno scafo completato Questa metodologia costruttiva la si utilizza anche là dove vi sia la necessità di movimentare spesso gli stampi. Per ottenere un perfetto assemblaggio delle diverse porzioni che compongono lo stampo si prevede l’inserimento, nelle zone di giunzione “flange”, sempre con stratificazione di fibra di vetro e resina, di alcune piastre metalliche di rinforzo. 41 Completate queste operazioni, lo stampo, o le parti che lo compongono, potrà essere rimosso dal manichino su cui è stato costruito ed eventualmente si potrà procedere ad operazioni di rifinitura. A questo punto avremo costruito uno stampo che potremo utilizzare per le operazioni di laminazione. Negli stampi di scafi di grosse imbarcazioni, divisi i due sulla linea di chiglia, si procede anche ad effettuare opere di carpenteria metallica atte a garantire un perfetto posizionamento degli stessi durate la laminazione. Laminazione Questa fase lavorativa è quella che ci permette di costruire le parti (scafo, coperta e sovrastruttura) che costituiranno l’imbarcazione. Il procedimento utilizzato è pressoché uguale a quello utilizzato per la costruzione dello stampo. Le differenze sono: • Lo stampo viene costruito sopra il manichino mentre nel processo di laminazione solo coperta e sovrastruttura vengono laminati sopra lo stampo mentre lo scafo viene realizzato dentro lo stampo; • Il gelcoat utilizzato è di color bianco; • Le resine poliestere utilizzate possono variare nella composizione nei vari strati di laminazione (il primo strato di solito viene realizzato con resine viniliestere); • All’interno dello scafo vengono effettuati degli interventi di irrobustimento detti “rinforzi” che possono essere sia trasversali che longitudinali attraverso l’inserimento di elementi in 42 materiale plastici leggeri (poliuretano) che vengono poi ricoperti con due / tre strati di fibra di vetro impregnata di resina; • All’intero dello scafo possono essere inserite paratie in compensato marino posizionate in senso ortogonale rispetto all’asse maggiore e fissate attraverso l’utilizzo di stucco poliestere ed, in seguito, ancorate con strati di fibra di vetro impregnata di resina. Una volta termite le operazioni di laminazione si procede all’estrazione dello scafo ed al distacco della coperta e della sovrastruttura. Laminazione dei rinforzi 43 Assemblaggio La fase di assemblaggio dello scafo con la relativa coperta e di quest’ultima con la sovrastruttura, avviene secondo una sequenza di operazioni ben codificate. Inizialmente si provvede alla rimozione delle “sbavature” sulle zone interessate alla giunzione. Per il taglio e la rifilatura dello stratificato vengono impiegati utensili portatili ad aria compressa o elettrici con dischi abrasivi o diamantati. Le zone di giunzione vengono poi molate in modo da asportare completamente il gelcoat e le eventuali presenze di sostanze non desiderate (es. cere) che renderebbero difficoltosa la successiva operazione di resinatura. I manufatti interessati all’assemblaggio vengono inizialmente posti perfettamente in piano, poi messi a contatto, sovrapponendoli nei punti di giunzione, in maniera tale da dare all’insieme l’aspetto definitivo dell’imbarcazione. Lungo tutta la zona di sovrapposizione viene praticata una serie di fori, passanti attraverso entrambi i manufatti, a distanza di circa 15 cm uno dall’altro. Effettuati i fori, il manufatto superiore viene sollevato in modo da poter immettere nelle zone di contatto materiale sigillante, generalmente silicone, poi si ricolloca il manufatto nella posizione definitiva. 44 A questo punto, per mezzo di viti, bulloni o rivetti, passanti attraverso i fori praticati precedentemente, si fissano/bloccano i due manufatti tra di loro. Le superfici interessate alla giunzione, sia internamente che esternamente all’imbarcazione, vengono poi completamente ricoperte con fibra di vetro e resina; la parte esterna viene anche verniciata con gelcoat dopo opportuna lucidatura. Le paratie portanti divisorie dello scafo, dopo che questi è stato assemblato con la coperta, vengono fissate anche ad essa mediante resinatura con fibra di vetro. Assemblaggio di scafo e coperta Carrozzeria Questa è la fase nella quale si interviene per eliminare difetti sulla imbarcazione molto spesso dovuti alle imperfezioni presenti sugli stampi; 45 perciò questi interventi non sono sempre necessari. La lavorazione consiste nell’applicazione di stucco poliestere sulle parti da “ritoccare”. Una volta che lo stucco si è catalizzato, la parte viene levigata finemente e pitturata con il gelcoat. Un’altra operazione di “carrozzeria” sono i tagli per le aperture da effettuare sull’imbarcazione per oblò ed altro. Queste operazioni non sempre vengono effettuate nel cantiere costruttore dell’imbarcazione ma vengono effettuate anche nei cantieri allestitori. Attrezzature utilizzate Nelle lavorazioni per la costruzione del manichino, essendo lavori prettamente di carpenteria in legno, le attrezzature utilizzate sono quelle tipiche presenti in tali attività quali: seghe circolari, squadratrici, seghe a nastro, troncatrici, mole, trapani, avvitatori ed altre attrezzature portatili. Durante la preparazione dello stampo e durante le operazioni di laminazione dell’imbarcazione le attrezzature utilizzate sono le stesse quali: pistole a spruzzo airless, rulli, pennelli, pantografi, forbici e trincetti per il taglio del tessuto (fibra di vetro). Nella costruzione dello stampo, una volta finite le operazioni di laminazione, si ricorre anche all’utilizzo di mole portatili e smerigliatrici. Per le successive operazioni di laminazione, sullo stampo si applicano strutture metalliche ricorrendo all’utilizzo di troncatrici, mole a disco, saldatrici ad arco, trapani ed altri utensili manuali. 46 Un aiuto fondamentale alla produzione lo danno i mezzi di sollevamento presenti nel cantiere (muletti, gru semoventi e carri ponte); fondamentale l’utilizzo della semovente e/o del carro ponte per l’operazione di distacco sia dello stampo dal manichino che del manufatto dallo stampo. Nelle operazioni di carrozzeria si utilizzano utensili manuali per la posatura dello stucco (spatole), levigatrici orbitali, seghetti “lesto” e mole a disco per il taglio. Sicuramente l’elenco non è completo ma rappresenta certamente la maggior parte delle attrezzature utilizzate nella costruzione di una imbarcazione in vetroresina. Rischi presenti Seguendo la stessa logica adottata nell’analisi dei rischi presenti nella produzione di imbarcazioni in metallo, si rende necessaria la separazione ed una diversa analisi dei rischi per la sicurezza a quelli per la salute. Nella produzione di imbarcazioni in vetroresina l’attenzione principale debba essere posta ai rischi per la salute derivati dall’utilizzo di solventi, in particolare lo stirene o stirolo presente nella resina poliestere in percentuali che vanno dal 30 ad oltre il 50 %. Seguiamo in ogni caso l’ordine utilizzato per la produzione di imbarcazioni in metallo. I principali rischi per la sicurezza possono essere individuati in: • Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.; • Rischi di essere o colpire parti e/o oggetti; • Rischi di schiacciamento; • Rischi di procurarsi tagli; 47 • Rischi di bruciature; • Rischi di elettrocuzione. Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente da: • Esposizione ad agenti chimici; • Esposizione a Fibre di vetro • Rumore; • Polvere di legno; • Vibrazioni trasmesse al sistema mano braccio. L’elenco dei rischi per la sicurezza, nelle due tipologie costruttive (metallo e vetroresina) è uguale mentre, per quanto concerne i rischi per la salute degli addetti, nella vetroresina, diventano trascurabili i rischi da fumi di saldatura (si fanno pochissime saldature soltanto durante la costruzione dello stampo che è una operazione saltuaria); stesso discorso per le radiazioni. Rimangono presenti i rischi legati al rumore ed alle vibrazioni ed entrano, avendo un peso rilevante se non addirittura fondamentale, il rischio per l’esposizione alle sostanze volatili che si liberano durante i processi produttivi e quelli dovuti alla presenza di polvere nel taglio e nella levigatura del prodotto finito: rischi chimici. Per il rischio dovuto alla presenza di solventi negli ambienti di lavorazione, si rende necessario un ulteriore approfondimento. Per le polveri, di legno e non, si renderà necessario un approfondimento nella descrizione dei rischi presenti durante la descrizione dei lavori di allestimento dove rappresentano un rischio rilevante. 48 La presenza di fibre di vetro liberate in aria durante il taglio delle stesse od il taglio del manufatto rappresenta un rischio molto preoccupante per la salute dei lavoratori esposti. Sono in corso studi per stabilire i danni che tali fibre possono portare all’apparato respiratorio degli esposti; sicuramente sono causa di dermatiti irritative negli esposti. Solventi Certamente lo stirene appare il maggiore fattore di rischio per quanto riguarda l’esposizione a solventi in relazione alla dose disponibile per l’assorbimento da parte degli addetti. (M.Ikeda, 1982; M.S. Crandall, 1985; A.A. Jensen, 1990, Sala C. et al. 1992, Gianelli F. et al. 1992). Il TLV-TWA è la concentrazione media ponderata nel tempo, su una giornata lavorativa convenzionale di otto ore e su 40 ore lavorative settimanali, alla quale si ritiene che quasi tutti i lavoratori possono essere ripetutamente esposti, giorno dopo giorno, senza effetti negativi. L’attuale TLV-TWA (1) proposto dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) è di 85 mg/m3 equivalente a 20 parti per milione (ppm). Lo stirene (stirolo, vinilbenzene, feniletilene) si presenta come un liquido incolore, trasparente, volatile, dal caratteristico odore pungente e sgradevole ad alte concentrazioni, aromatico a piccolissime concentrazioni. Vengono riportati qui di seguito alcuni dati sulla molecola dello stirene: • formula molecolare: C8H8 ( CH2 = CH – C6H5 ) 49 • peso molecolare • soglia olfattiva: : 104.14 0,05 ppm in aria Lo stirene è pochissimo solubile in acqua (300 mg/l a 20 °C) mentre è solubile nei più comuni solventi organici; bolle a 146 °C ed è meno denso dell’acqua (d=0,9). La sua concentrazione atmosferica si misura in parti per milione (ppm) o in milligrammi al metro cubo (mg/m3). I fattori di conversione in condizioni standard sono: 1 ppm=4,26 mg/m3 e 1 mg/m3=0,236 ppm. Lo stirene polimerizza facilmente e spontaneamente; la polimerizzazione, che è accelerata dalla luce, dal calore o da agenti chimici (perossidi, sali metallici, acidi forti), è fortemente esotermica e può portare a forti aumenti di pressione in recipienti chiusi. Per questo motivo è normalmente commercializzato con aggiunta di inibitori (es. idrochinone). Facendo riferimento alle esposizioni professionali, la principale via di penetrazione nell’organismo è quella inalatoria: possono essere assorbiti per questa via sia i vapori di stirene, sia gli aerosol generati nelle lavorazioni a spruzzo. L’assorbimento polmonare è molto efficiente: dal 60 al 90 % dello stirene inalato viene assorbito, penetra nel sangue e viene distribuito in tutto il corpo; l’attività fisica fa aumentare il volume di aria inspirata ed aumenta quindi in proporzione l’assorbimento polmonare. Una seconda via di penetrazione è quella cutanea: lo stirene infatti scioglie i grassi protettivi della pelle e viene assorbito rapidamente attraverso essa. 50 La quantità assorbita per questa via è generalmente poco importante rispetto a quella inalatoria, ma in particolari condizioni (per es. mani contaminate con stirene liquido) può determinare un assorbimento consistente. Una volta penetrato nell’organismo lo stirene viene distribuito ai vari organi e soprattutto ai reni, al fegato, cervello, tessuto adiposo. Lo stirene assorbito viene poi in minima parte eliminato tal quale nell’aria espirata, mentre oltre il 90 % subisce nel fegato una serie di trasformazioni che, passando attraverso lo stirene ossido, danno come principali prodotti finali gli acidi mandelico e fenilgliossilico che vengono escreti con l’urina. L’azione dello stirene sembra esplicarsi principalmente a carico del sistema nervoso periferico (SNP) con un allungamento della velocità di conduzione sensitiva ed a carico del sistema nervoso centrale (SNC) con anomalie elettroencefalografiche, allungamento dei tempi di reazione, riduzione delle abilità percettive e di coordinamento visivo-motorio. Meno generalizzabili, ma riferiti da più Autori (Murata K. E Coll., 1991; Mutti A. e Coll., 1985), sono l’alterazione della percezione cromatica ed i disturbi della memoria. É interessante far notare che gli studi condotti sembrano evidenziare che la comparsa di effetti sia indipendente dai livelli di esposizione. La portata di deficit comportamentali è comunque correlata all’intensità dell’esposizione e solo in maniera trascurabile alla sua durata. Quindi gli effetti acuti da stirene si possono riassumere per il SNC: • sonnolenza, perdita di equilibrio, nausea, cefalea, modica euforia, aumento dei tempi di reazione; 51 • sindrome da stirene: nausea, vomito, anoressia, astenia. Gli effetti cronici a carico del SNC e del SNP si possono riassumere in: • alterazioni elettroencefalografiche, riduzione delle abilità percettive e di coordinamento visivo-motorio, alterazione della percezione cromatica e disturbi della memoria. Gli effetti dello stirene sul polmone sembrano essere piuttosto controversi, anche se il polmone risulta la via principale di ingresso del tossico. Dalla letteratura emergono rare segnalazioni, ad es., di casi di asma da stirene (Simonato L. e Coll., 1987; Tomasini M. e Coll., 1986); va sottolineato che l’azione sul polmone ed in particolare su tutte le vie respiratorie deve tenere debito conto dell’eventuale fattore confondente esercitato dagli altri inquinanti aerodispersi quali polveri e fibre di vetro, presenti nei cicli tecnologici in cui lo stirene è impiegato. Tuttavia non è esclusa un’ azione irritante dello stirene sulle vie respiratorie. Uno degli aspetti controversi riguarda la epatotossicità dello stirene. In occasione del 50° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale specifiche comunicazioni riguardanti studi sulla epatotossicità da stirene concludevano negativamente per un danno epatico prodotto dal solvente almeno per basse esposizioni o comunque quando l’escrezione dei metaboliti urinari risulti inferiore ai BEI (Biological Exposure Indices) proposti dall’ACGIH (Campinoti e Coll., 1987; Dossing M. e Coll., 1985). Da una revisione della letteratura sul danno epatico di natura professionale emerge la segnalazione di un aumento della transaminasi 52 per esposizioni di tipo continuo a stirene di 100 ÷ 200 ppm, mentre risultano nella norma per esposizioni dell’ordine di 50 ppm (Franchini I. e Coll., 1985). Considerando basse esposizioni a stirene non sono emerse significative differenze nell’escrezione dell’ac. D-glucarico, come indice di induzione enzimatica, tra esposti e controlli (Campinoti G. e Coll., 1987) a conferma di quanto segnalato in precedenti indagini (Mutti A., Franchini I. 1987) per esposizioni a stirene discontinue anche se talvolta con punte superiori al TLV. (Vyskocil A. e Coll., 1989). I risultati della maggior parte degli studi svolti sugli effetti nefrotossici dello stirene non segnalano contributi significativi relativi ad eventuali azioni del solvente sul rene (Vyskocil A. e Coll., 1989). Altri aspetti di fondamentale importanza in tema di patologia da stirene sono quelli relativi all’eventuale azione cancerogena e mutagena del solvente. Per quanto attiene la prima la IARC ha definito, sulla base di una revisione della letteratura, insufficiente l’evidenza di cancerogenicità per l’uomo e limitata quella per l’animale (IARC 1987). Come per altre sostanze, la probabile cancerogenicità deriverebbe dalla formazione di un ossido (ossido di stirene in questo caso) durante le trasformazioni metaboliche del solvente. Per questo motivo la IARC mantiene una classificazione dello stirene nel gruppo 2B, dello stirene ossido nel gruppo 2°. Nella letteratura sono state descritte aberrazioni cromosomiche, micronuclei ed un lieve aumento di incidenza di scambi tra cromatidi fratelli nel sangue di lavoratori esposti anche a basse concentrazioni di 53 stirene (Mirzoev T.A. e Coll. 1990; Moscato G. e Coll. 1984, Cavalleri A., Gobba F. 1989; Cook R.R. 1989). Facendo riferimento alla genotossicità, dalla letteratura emerge che lo stirene fa parte di quel ristretto gruppo di sostanze chimiche per le quali gli studi sperimentali sono ormai numerosi. Da questi studi la genotossicità dello stirene e la sua dipendenza dalla attivazione metabolica della sostanza risulterebbero dimostrate. L’entità del rischio genetico per l’uomo dipende dalle caratteristiche (via, intensità e durata) dell’esposizione e dalla conseguente “dose al bersaglio” dei metaboliti geneticamente attivi. Misure di prevenzione e protezione Misure di prevenzione per la sicurezza: • La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto; • Evidenziare parti che possono essere colpite durante le lavorazioni in ambienti angusti; • Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine operatrici; • Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei materiali; • Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi; • Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro; • Verifica periodica degli impianti elettrici; 54 • Formare gli addetti alle lavorazioni. Misure di protezione per la sicurezza: • Sistemi anticaduta; • Caschi; • Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura; • Calzature antinfortunistiche; • Guanti; • Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale). Misure di prevenzione per la salute: • Ricerca ed adozione nel ciclo produttivo di processi e sostanze che garantiscano un buon standard per la tutela della salute degli addetti; • Separazione delle aree con riduzione del numero degli addetti esposti a sostanze e/o preparati pericolosi; • Sorveglianza sanitaria; • Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano – braccio; • Limitazione dei lavoratori esposti; • Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante dalle lavorazioni; • Formare gli addetti alle lavorazioni. 55 Parete aspirante per laminazioni di piccoli pezzi Misure di protezione per la salute: seguendo i criteri fondamentali della priorità negli interventi di bonifica ambientale, le misure di protezione per la salute sono; • Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per sostanze volatili; • Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per polveri e fibre; • Maschere a mandata / barriera d’aria; • Maschere facciali per solventi e polveri; • Cuffie e altri attenuatori del rumore; • Guanti appositamente scelti per proteggere la cute dalle sostanze in uso e tute tessuto non tessuto (TNT); • Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale) 56 Tuta monouso TNT 57 4 IL RISCHIO STIRENE Indagini di igiene industriale in Versilia La USL 12 Viareggio ha effettuato negli anni 2004 e 2005 un’indagine di igiene industriale sugli addetti alla produzione di scafi, coperte e sovrastrutture in vetroresina nei due principali cantieri di produzione. Tali indagini erano indirizzate a quantificare il livello di esposizione personale (TLV-TWA) e l’indice biologico di assorbimento (BEI) della sostanza da parte degli esposti; una analoga indagine era stata effettuata, sempre dalla medesima Azienda Sanitaria, nel 1992. I campionamenti sono stati effettuati durante la laminazione di uno scafo di 27 metri, in entrambi i cantieri per l’intero turno di lavoro degli addetti. Come già accennato, le lavorazioni oggetto di indagine sono state la laminazione di base e la laminazione dei rinforzi, in quanto occupano il 90 % dell’intera durata del ciclo di costruzione di una imbarcazione in vetroresina; inoltre sono stati confrontati i risultati con quelli ottenuti da campionamenti effettuati negli stessi cantieri nel 1992 con le stesse modalità, con l’obiettivo di confrontare i livelli di esposizione degli addetti. Nella tabella seguente sono riportati i valori di media geometrica (GM) e di deviazione standard geometrica (GSD), dei livelli di esposizione in riferimento alla lavorazione e confrontati con i valori di GM e GSD ottenuti nei campionamenti effettuati nel 1992. Al momento delle lavorazioni all’interno dello stampo erano presenti tre calate localizzate, funzionanti, posizionate rispettivamente a prua, al 58 centro ed a poppa dell’imbarcazione, in prossimità del fondo dello stampo. Laminazione di base Laminazione rinforzi Cantiere navale 1 Cantiere navale 2 N.ro Camp . Cantiere Navale 1 (1992) Cantiere Navale 2 (1992) N.ro Camp. GM ± GSD mg/m3 GM ± GSD mg/m3 Tot. GM ± GSD mg/m3 GM ± GSD mg/m3 Tot. 120,39±1,21 142,54±1,58 64 200,16±1,40 209,42±1,51 64 157,53±1,49 200,12±1,54 64 215,08±1,38 237,12±1,44 64 Come si può vedere dai dati riportati in tabella, le GM dei livelli di esposizione degli addetti si sono abbassate rispetto ai campionamenti effettuati nel 1992. C’è da sottolineare però il fatto che tale abbassamento non deriva dall’adozione di un sistema di prevenzione efficace (anche nel 1992 erano presenti all’interno dello stampo durante le lavorazioni tre calate localizzate) e neppure dall’utilizzo di una resina diversa, ma solamente dalla riduzione dei carichi di lavoro degli addetti. Importante è sottolineare anche l’abbassamento del valore limite di riferimento per le 8 ore (TLV-TWA) proposto dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) dai 213 mg/m3 del 1992 agli 85 mg/m3 attuali. Nei grafici che seguono vengono riportati i risultati del monitoraggio biologico rilevati nei due cantieri sia ad inizio (IT) sia a fine turno (FT) per un totale di 48 campioni. 59 Si ricorda che il valore dell’indice biologico di esposizione (BEI) proposto dall’ ACGIH è 400, riferito alla somma di Ac. Mandelico e ac. Fenilgliossilico corretta per grammo di creatinina. Laminazione di base mg/g creat. 1200 IT 700 FT 200 -300 IBE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Dato Laminazione dei rinforzi mg/g creat. 1200 IT 700 FT 200 -300 IBE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Dato 60 Dalle rappresentazioni grafiche emerge un significativo superamento del valore dei BEI proposto dall’ACGIH per gli addetti ad entrambe le lavorazioni. Dai risultati del monitoraggio biologico è inoltre emerso un dato già riscontrato in passato e non solo nelle indagini effettuate presso la USL 12 Viareggio. Gli addetti che durante la lavorazione fanno uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) presentano valori della somma dei metaboliti dello stirene a fine turno di un ordine di grandezza inferiore agli altri addetti che non fanno uso di DPI. Successivamente nel cantiere navale 1 è stato studiato l’effetto dell’utilizzo di due resine denominate “a basso contenuto di stirene” sui livelli di esposizione degli addetti. Non è stato possibile effettuare l’indagine durante la lavorazione nello stesso stampo, ma è stata effettuata su due stampi di lunghezza diversa (rispettivamente 22 e 24 metri). Nella tabella che segue è riportato l’andamento di media geometrica (GM) e deviazione standard geometrica (GSD) dei livelli di esposizione in riferimento alla lavorazione effettuata ed alla resina utilizzata (Cantiere 1). 61 GM ± GSD mg/m3 Resina Lam. Base (scafo 24 m) 120,39±1,21 Synolite 288 (trad.) Lam. Base (scafo 22 m) 72,47±1,74 Ashland (-15% stirene) Lam. Base (scafo 22 m) 94,42±1,34 Atlac E-Nova (- 15%) Lam. Rinforzi (scafo 24 m) 157,53±1,49 Synolite 288 (trad.) Lam. Rinforzi (scafo 22 m) 89,65±1,55 Atlac E-Nova (-15%) Lavorazione Analizzando i dati di GM ± GSD per la resina Ashland, é stata calcolata la probabilità di superamento del valore limite, secondo l’appendice D della norma UNI EN 689/97: con un intervallo di confidenza 95 %, la probabilità di superamento è risultata del 16%, per cui emerge una situazione inaccettabile. Si ricorda quanto riportato nel punto D.3 dell’appendice D citata. Situazione accettabile (verde) prob. <0,1% Situazione accettabile (arancio) 0,1%<prob.<5% (misure periodiche) Situazione inaccettabile (rosso) prob.>5% Per il monitoraggio biologico non sono state riscontrate differenze significative tra l’utilizzo di resina tradizionale e resine a basso contenuto 62 di stirene, per cui non vengono ulteriormente illustrati i dati con grafici o tabelle. Dalle indagini effettuate nei cantieri della BVC e della USL 12 i valori medi (GM±GSD) dei livelli di esposizione, per quasi tutte le lavorazioni sottoposte ad indagine, sono al di sopra dell’attuale TLV-TWA di 85 mg/m3 proposto dall’ACGIH per lo stirene, anche in presenza di impianti di aspirazione funzionanti al momento dei campionamenti. Allo stato attuale non è possibile quindi prescindere dall’uso dei dispositivi di protezione individuale, anche con l’utilizzo di resine a basso contenuto di stirene come quelle studiate durante le indagini. Si hanno inoltre superamenti marcati dell’indice biologico di esposizione (BEI) proposto ancora dall’ACGIH nei soggetti che non utilizzano DPI durante le lavorazioni: valore di 400 mg/g (somma acido mandelico più fenilgliossilico su grammi di creatinina) espressa in milligrammi. Per il confronto tra resina tradizionale e due resine denominate “a basso consumo di stirene” è emerso che: • Durante la laminazione di base dello stampo di lunghezza 22 m utilizzando la resina ASHLAND, la media campionaria rientra, con un livello di confidenza del 95 %, nel range 73,35 – 71,59 mg/m3. I dati riferiti a questa lavorazione sono stati analizzati utilizzando l’approccio statistico riportato nell’all. D della norma UNI EN 689/97 per confrontare la concentrazione dell’esposizione professionale con il valore limite. La probabilità del superamento del valore limite è risultata del 16 %, per cui anche in questo caso la situazione deve essere definita “inaccettabile” come riporta la norma UNI citata; 63 • La riduzione del valore medio di esposizione nella laminazione di base rispetto all’uso di resina tradizionale, è risultata del 23,77% nella laminazione di base dello stampo 72 piedi con resina Ashland, del 23,23 % nella laminazione di base dello stampo di 22 m con resina Atlac E-Nova; • La riduzione del valore medio di esposizione nella laminazione dei rinforzi rispetto all’uso di resina tradizionale, è risultata ancora del 23,77% nella laminazione dei rinforzi dello stampo di 22 m con resina Atlac E-Nova; • Nell’esaminare i dati sopracitati è da tenere in considerazione il fatto che, in riferimento alla laminazione di base, gli addetti hanno utilizzato un quantitativo ridotto del 11% di resina Ashland ed un quantitativo ridotto del 15 % di resina Atlac ENova rispetto al quantitativo di resina tradizionale utilizzata nello stampo di 80 piedi, grossomodo a parità di ore complessive lavorate. Nella laminazione dei rinforzi il quantitativo di resina Atlac E-Nova utilizzata nello stampo di 72 piedi è stata inferiore del 30 % rispetto alla resina tradizionale utilizzata nello stampo di 80 piedi; • Dall’esame dei risultati del monitoraggio biologico, in riferimento alla somma di ac. Mandelico e ac. Fenilgliossilico corretta per grammo di creatinina, emergono superamenti consistenti dell’attuale BEI proposto dall’ACGIH, anche nel personale che ha effettuato le lavorazioni utilizzando la resina Ashland e la resina Atlac E-Nova. 64 A seguito delle indicazioni recepite durante tale indagine, con gli strumenti legislativi a disposizione dell’Autorità di Vigilanza (foglio di prescrizione e disposizione) si è provveduto a chiedere ai cantieri lo studio, la progettazione e la costruzione di nuovi sistemi di bonifica degli ambienti di lavoro atti a ridurre sensibilmente l’esposizione a stirene. Contestualmente, ai datori di lavoro degli addetti alla laminazione ed ai loro medici competenti, si è disposto l’analisi trimestrale delle urine degli esposti per accertare la quantità di metaboliti presenti negli stessi (è utile ricordare che anche l’attività di produzione di imbarcazioni in vetroresina viene realizzata quasi esclusivamente da ditte in appalto che lavorano all’interno dei cantieri). Contemporaneamente all’adozione dei provvedimenti si è operata una campagna di informazione agli addetti circa il rischio a cui sono esposti e si è richiesto, alle aziende coinvolte, sia la vigilanza sul corretto utilizzo degli impianti di aspirazione presenti (anche se poco efficaci), sull’utilizzo dei DPI (maschere facciali a carboni attivi) e le procedure di ricambio dei filtri delle maschere stesse. Per verificare l’andamento dell’esposizione degli addetti, nel triennio 2006 – 2008 è ancora in corso l’indagine, da parte della USL 12 Viareggio, sul livello di assorbimento metabolitico degli addetti con prelievi delle urine direttamente nei luoghi di lavoro, a fine turno del giovedì. Come si vede dalle tabelle sottostanti, i provvedimenti adottati e l’opera di informazione e sensibilizzazione svolta ha prodotto buoni risultati: 65 Cantiere 1 CANTIERE 1 DITTA N° CONTROLLI > 600 400 – 599 24 0 2 1 300 – 200 – < 199 399 299 3 3 16 1 2 18 1 3 3 3 8 1 3 4 0 1 0 0 3 1 4 17 0 3 4 3 7 1 5 19 0 0 1 1 17 1 6 11 0 0 0 2 9 1 7 12 0 0 0 0 12 1 8 10 0 1 0 4 5 115 1 10 11 16 77 TOTALE CANTIERE 1 1% 9% 10% 14% 66% > 600 400 - 599 300 - 399 200 - 299 < 199 66 Cantiere 2 CANTIERE DITTA N° CONTROLLI > 600 400 – 599 300 – 399 200 – 299 < 199 2 1 5 0 1 1 2 1 2 2 15 1 0 1 3 10 2 3 17 3 1 3 3 7 2 4 6 0 1 0 2 3 2 5 2 0 0 0 0 2 2 6 10 1 0 0 2 7 55 5 3 5 12 30 TOTALE CANTIERE 2 9% 5% 9% 55% 22% > 600 400 - 599 300 - 399 200 - 299 < 199 Valore limite ACGIH: 400 mg (somma acido mandelico più fenilgliossilico su grammi di creatinina) espressa in milligrammi. 67 Per quanto riguarda lo studio, la progettazione e l’adozione di sistemi di bonifica ambientale all’interno dei cantieri navali, sono stati realizzati impianti pilota che hanno dato dei soddisfacenti risultati. Il sistema utilizzato è quello del “push-pull” che prevede l’immissione di aria pulita, solitamente a prua nel caso degli scafi, che spinge l’inquinante verso poppa dove viene catturato con l’aiuto di griglie collegate all’impianto di aspirazione e abbattimento. In pratica si procede ad un “lavaggio” dell’area interessata. Con questo sistema, negli impianti prova realizzati dai cantieri, si è provveduto a ridurre la presenza di stirene, a parità di lavorazione, nell’ordine del 40/60 % rispetto ai valori rilevati nell’indagine svolta dalla USL 12 Viareggio nel biennio 2004/2005. Studi per ridurre l’esposizione a stirene Negli ultimi anni vi è stata una grossa espansione di studi per cercare di ridurre l’esposizione a stirene degli addetti alla produzione di scafi, coperte e sovrastrutture. I principali studi hanno riguardato: • Impiego di resine a basso contenuto di stirene; • Infusione sottovuoto; • Impianti di aspirazione. 68 Resine a basso contenuto di stirene Lo studio e la sperimentazione sull’utilizzo di resine a basso, o meglio, con una percentuale inferiore di stirene, non ha prodotto, al momento, soluzioni migliorative di una apprezzabile rilevanza. Come esposto in precedenza, nella campagna di igiene industriale effettuata dalla USL 12 Viareggio nel 2004, si è proceduto a eseguire campionamenti sia personali che ambientali su una resina a ridotto contenuto di stirene, durante fasi di produzione dello scafo. L’analisi dei risultati ottenuti è stata fatta rapportando il campionamento effettuato contemporaneamente, alle medesime lavorazione eseguite su uno scafo simile con resine tradizionali. Al campionamento ha assistito e partecipato con propri tecnici, anche la multinazionale produttrice delle due resine testate. Il confronto dei dati raccolti ha evidenziato una riduzione dell’esposizione dei lavoratori che non ha comunque permesso di raggiungere livelli sotto il TLV-TWA stabilito dall’ACGIH. A fronte di tale riduzione si è manifestato un generale malcontento nei lavoratori che si trovavano ad utilizzare un prodotto con tempi di polimerizzazione più lunghi. Infusione sottovuoto L’infusione sottovuoto si è rilevata come una tecnica effettivamente valida per quanto riguarda la costruzione di piccoli natanti (< a mt. 10) e coperte e sovrastrutture. 69 La tecnica del sottovuoto è quella ampiamente utilizzata nella produzione del settore aeronautico che impiega resine epossidiche. Praticamente, dopo aver incerato e preparato lo stampo, si procede alla prima laminazione tradizionale di gelcoat ed a quella successiva con resina viniliestere. A questo punto lo stampo è pronto e si procede, con l’aiuto di spray ancoranti, alla posa dei vari tessuti e dei rinforzi. A posa eseguita si sigilla lo stampo con nylon e si istallano i punti di infusione della resina e i tubi di aspirazione. Terminate tali operazioni si procede al collegamento dei tubi per l’infusione al contenitore della resina e dei tubi di aspirazione alla pompa del vuoto. Cominciando ad aspirare l’aria interna al sacco del vuoto sigillato allo stampo, la depressione che si crea permette l’aspirazione della resina che bagna i tessuti evitando l’esposizione della sostanza agli addetti La maggiore criticità del sistema è nella possibilità che rimangano piccole parti di tessuto non perfettamente infusi di resina che portano a rendere la costruzione, in quei punti, poco resistente ed a rischio di rottura. Nelle imbarcazioni di certe dimensioni (sopra i 15/18 mt) tali rischi risultano ancora più alti e tali da sconsigliare la tecnica. Diverso se la tecnica viene adottata su costruzioni effettuate in fibre di vetro o carbonio infuse di resine epossidiche. L’utilizzo di tali resine prevede che i tessuti vengano pre-impregnati di resina e, quindi, il sottovuoto è la migliore tecnologia per avere un prodotto leggero e resistente. 70 Infusione sottovuoto di una coperta Impianti di aspirazione Lo studio e la progettazione di impianti di aspirazione che garantiscano un efficace ed efficiente sistema di bonifica è, molto probabilmente, il tipo di ricerca che può effettivamente ridurre sensibilmente il livello di esposizione degli addetti. La parte di lavorazione più lunga e dove si è manifestato il maggior inquinamento ambientale è la costruzione dello scafo. In questa fase lavorativa, attualmente gli interventi di bonifica con un impianto per solventi hanno seguito due direzioni: impianti di ricambio d’aria nel capannone ed impianti di aspirazione localizzata. Queste soluzioni si sono manifestate estremamente carenti per i seguenti motivi: 71 • Il ricambio d’aria nel capannone (tecnica di lavaggio e diluizione) ha sicuramente l’handicap di non essere appropriato per il tipo di sostanza. Infatti i vapori di stirene hanno una densità di 3,6 che li rende più pesanti dell’aria e quindi, durante la polimerizzazione della resina, tendono a collocarsi sul fondo degli stampi. Questo fatto, soprattutto nella resinatura degli scafi, fa si che i ricambi d’aria non riescano a lavare e diluire la maggior parte dell’inquinante. • L’aspirazione localizzata permette di arrivare vicino alla fonte di emissione dell’inquinante (come prevede l’art. 20 del DRP 303/56) con l’ausilio di tubazioni mobili in corrugato plastico. Qui il problema nasce perché l’efficacia dell’aspirazione è notevolmente compromessa dalla perdita della velocità di cattura a breve distanza dall’imbocco della tubazione. Infatti la velocità di cattura dello stirene, per ottenere una buona bonifica ambientale, deve essere di 0,5/1 m/sec.; per fare un esempio chiarificatore, se viene utilizzato una tubazione di 120 mm. di diametro, pur avendo nel condotto una velocità di cattura superiore a 1 m/sec., ad una distanza di 50 cm. si avrà una velocità di cattura vicinissima a zero. Questo comporta che durante le operazioni di laminazione si dovrebbe poter disporre di molti tubi aspiranti posizionate nelle vicinanze della zona di lavorazione con grossi problemi sia logistici che di gradimento da parte degli addetti. 72 Questo ultimo fattore e molto importante: le soluzioni previste devono avere un discreto gradimento da parte dei lavoratori addetti alla produzione. I due cantieri in cui sono state eseguite le indagini di igiene industriale, su “invito”, indicazione ed in collaborazione con la USL 12 Viareggio, hanno sperimentato e stanno portando a termine l’installazione di impianti di aspirazione che uniscono i pregi delle due tipologie di impianti sopra descritti per ottenere un sistema di lavaggio e diluizione localizzata, tenendo sempre in dovuta considerazione la tipologia della sostanza inquinante. L’impianto dovrà prevedere un sistema di ricambio d’aria nelle vicinanze della zona di laminazione attraverso l’immissione di aria pulita che diluisce e spinge l’inquinante verso la zona di cattura. I fattori che dovranno essere tenuti in considerazione nella progettazione sono: • Avere una velocità ed una distribuzione dell’aria immessa non troppo elevata per non modificare sostanzialmente il processo di polimerizzazione e non creare vortici durante il percorso verso l’aspirazione; • Climatizzare la temperatura dell’aria immessa al fine di migliorare sia le condizioni di lavoro degli addetti che la qualità dei manufatti. Infatti le norme tecniche danno indicazioni di procedere alle attività di laminazione a temperature tra i 18 e i 28 °C. • Utilizzare attrezzature di captazione che aumentino la superficie aspirante; 73 • La distanza tra la fonte di immissione di aria pulita e l’aspirazione. Come detto in precedenza, lo stirene è leggermente più pesante dell’aria e quindi tende a stare in basso; comunque va tenuto conto che è sempre una sostanza aereodispersa. Queste caratteristiche ci permettono di stabilire che la sostanza va eliminata dall’ambiente di lavoro con le seguenti modalità di intervento: • Spinta della sostanza con l’immissione di aria pulita.; • Aspirazione che garantisca una velocità di cattura intorno ad 1 m/sec. Per ottenere questo sistema di bonifica si può intervenire con la progettazione e l’installazione di due tipologie di impianti che si differenziano dal posizionamento sia della spinta di aria in entrata che della captazione. I° caso: sistema longitudinale In questo caso l’immissione di aria pulita viene posizionata a prua dell’imbarcazione mentre la griglia di captazione è a poppa; in virtù della lunghezza del tratto, che varia da 20 a 35 metri, si posizionano ulteriori immissioni dall’alto, lungo l’asse longitudinale dello scafo. In questo modo si sfrutta la naturale tendenza dello stirene a posizionarsi sul fondo e si aziona una spinta dell’inquinante verso la captazione agevolata dalla conformazione dello scafo. 74 Schema sistema longitudinale 2 1 2 3 1. immissione aria 2. immissione aria 3. captazione Esempio di sistema longitudinale 75 II° caso: sistema trasversale Questo sistema si basa sulla riduzione del percorso dello stirene determinato dalla immissione verso la captazione. Si procede ad installare la immissione sopra il fianco dello scafo posizionando la captazione sull’asse longitudinale dello stesso. In questo modo si ha l’effetto che il percorso dello stirene diminuisca sensibilmente da 20/35 metri a 3/5 mt. Contemporaneamente si procede alla copertura dello scafo con teli in plastica ottenendo una compartimentazione dello scafo che ha due vantaggi. Il primo è sicuramente un vantaggio di prevenzione, in quanto si ottiene la riduzione degli esposti confinando l’inquinamento all’interno dello scafo non esponendo a stirene chi effettua altre attività all’interno del capannone dove lo scafo è posizionato. Il secondo vantaggio è prettamente tecnico, in quanto si riduce sia la quantità di aria che le eventuali interferenze esterne destabilizzanti del percorso progettato per l’inquinante. La messa a punto di questo sistema vede l’impegno di 2 aziende (una di costruzione scafi, l’altra di progettazione bonifiche ambientali) e della USL 12 Viareggio. 76 Schema sistema trasversale 1 1 2 1. immissione aria 2. captazione Esempio di immissione aria dal bordo dello scafo Qualunque sia il sistema utilizzato le portate dell’aria vanno calcolate in base al volume d’aria presente nella zona di lavoro. Come si ricordava precedentemente, mentre in aspirazione la velocità diminuisce sensibilmente man mano che ci si allontana dalla fonte di 77 aspirazione, nell’immissione di aria la velocità rimane pressoché costante durante tutto il percorso garantendo una spinta sufficiente allo spostamento dell’inquinante verso l’aspirazione. Nell’utilizzo dei sistemi con immissione d’aria sono fondamentali alcuni aspetti: • Testare una giusta concentrazione della resina che supporti l’eventuale accelerazione del processo di polimerizzazione causato dalla immissione di aria; • Modificare la lavorazione in virtù degli eventuali cambiamenti apportati dall’immissione di aria; • Addestrare e formare gli addetti alle nuove condizioni di lavoro. Queste soluzioni sono ancora in fase di sperimentazione per cui la loro efficacia è in corso di valutazione; visto l’attuale valore di TLV – TWA è sicuramente troppo ottimistico sperare di raggiungere livelli di esposizione personale al di sotto dello stesso. In ogni caso la diminuzione delle concentrazioni di stirene nelle zone di lavoro è una misura altamente migliorativa che permettera un più razionale utilizzo delle maschere. Maschera a carboni attivi 78 5 LA MOVIMENTAZIONE DELLE IMBARCAZIONI Una volta completata la costruzione strutturale dell’imbarcazione, qualunque sia il materiale utilizzato, si procede allo spostamento trasportando la struttura al cantiere dove sarà allestita. Per fare un confronto con l’edilizia si può tranquillamente affermare che nel cantiere di costruzione si fa la“struttura muraria” mentre nel cantiere di allestimento si procede nella rifinitura. La differenza sostanziale sta nel rapporto economico: in edilizia, normalmente, i costi di rifinitura rappresentano circa il 60% del totale dei costi mentre nella cantieristica navale i costi di allestimento si aggirano intorno al 80 - 90% del costo dell’opera. Una volta terminata, nel cantiere di allestimento, l’imbarcazione viene messa in acqua; in questo capitolo si procederà ad analizzare anche la movimentazione per la messa in acqua. Trasporto tra cantieri Una volta terminate le operazioni di costruzione di scafo, coperta e sovrastruttura si deve procedere al trasporto dell’imbarcazione al cantiere dove verranno eseguite le operazioni di allestimento. Anche per tali operazioni si può procedere in vari modi a seconda dell’ubicazione dei cantieri. A volte, sempre per problemi di logistica, le operazione di assemblaggio tra scafo, coperta e sovrastruttura vengono effettuate nel cantiere di allestimento. Le modalità di trasporto possono essere le seguenti: • Trasporto su gomma; 79 • Trasporto via mare; • Trasporto su gomma e mare. Trasporto su gomma Con l’ausilio dei mezzi di sollevamento presenti nel cantiere si sposta la costruzione dal sito in cui è stata prodotta ad enormi carrelli. Una volta assicurato al carrello questo viene agganciato alla motrice ed inizia l’operazione di trasferimento come “carico eccezionale”. Di solito tali operazioni vengono effettuate di notte per non provocare problemi di circolazione. Carrello per il trasporto su gomma 80 Una volta raggiunto il cantiere di destinazione si procede all’operazione inversa: si sposta l’imbarcazione da allestire dal carrello al luogo di allestimento mettendola in “livello” e stabilizzandola con l’ausilio di tacche in legno e puntelli in metallo. Tali operazioni vengono effettuate per imbarcazioni di media grandezza intorno ai 30 metri di lunghezza. Trasporto via mare Per trasportare navi da allestire via mare, si può procedere in diversi modi a seconda del tipo di mezzo di sollevamento a disposizione dei cantieri e dell’alloggiamento della nave sia durante la costruzione che durante l’allestimento. Per le navi in metallo di solito si procedere ad effettuare una operazione di varo su scalo inclinato da parte del cantiere costruttore e ad una operazione di alaggio sempre su scalo inclinato da parte del cantiere di allestimento. Una possibile variante è quella del bacino allagabile; se la nave è stata costruita in un bacino allagabile si procede all’allagamento dello stesso ed al traino dell’imbarcazione verso il cantiere di allestimento dove può essere alata sempre su uno scalo inclinato o può essere alloggiata in un bacino allagato da cui viene, dopo il posizionamento e la taccatura, aspirata l’acqua. Nel caso di vari ed alaggi su scali inclinati, si procede alla movimentazione con l’ausilio di grossi verricelli. Un sistema di alaggio non molto comune, ma presente in due cantieri navali Viareggini, è 81 quello di posizionare l’imbarcazione in acqua sopra una piattaforma posizionata sul fondo della banchina; una volta posizionata e taccata la nave, la piattaforma emerge, utilizzando un sistema idraulico, e porta in secca l’imbarcazione. Alaggio su scalo inclinato di una costruzione in metallo da allestire Per le navi in vetroresina, di solito, lo spostamento dai cantieri all’acqua per il trasporto si fa con un mezzo di sollevamento chiamato Travel Lift che non è altro che una doppia gru a cavalletto che aggancia la nave con l’ausilio di grosse fasce in tessuto e si sposta su enormi ruote mettendo la nave in acqua in appositi bacini rientranti presenti in banchina. Il trasporto via mare viene effettuato a traino di rimorchiatori. Nelle operazioni di varo e alaggio è quasi sempre presente, a prescindere della tipologia utilizzata, una squadra di sommozzatori. 82 Movimentazione di una imbarcazione con travel lift Trasporto su gomma e mare Questa tipologia di trasporto si rende necessaria quando uno dei due o tutti e due i cantieri non hanno l’accesso diretto alla banchina del porto od ad un canale navigabile. In questo caso è indispensabile l’utilizzo di mezzi di sollevamento come gru e Travel Lift per il passaggio dell’imbarcazione sui carrelli. Trasporto per varo finale Non tutti i cantieri di allestimento navali hanno l’accesso diretto alla banchina; per tale motivo si deve procedere come per il trasporto gommato da cantiere a cantiere. L’unica differenza sta nel posizionamento, con l’ausilio del travel lift, della nave ultimata direttamente all’ormeggio in banchina. 83 Il varo fatto nei cantieri adiacenti alla banchina varia a seconda della sistemazione della nave durante l’allestimento. Nella maggior parte dei casi si avvicina la nave alla zona di operatività del travel sempre con l’ausilio di carrelli trainati da motrici. Una volta posizionata sul travel, l’imbarcazione viene messa in acqua nell’apposito bacino rientrante. Sicuramente il sistema di varo più affascinante è quello che viene effettuato sugli scali inclinati. In questi casi dopo aver tolto le taccature si fa scivolare lentamente la nave verso l’acqua: il tipico varo che ognuno immagina. Nel caso che la barca sia stata allestita in bacino, il varo non è altro che l’allagamento del bacino. Per le piattaforme, il varo rappresenta l’operazione inversa all’alaggio: si posiziona la nave e si abbassa la piattaforma fino al fondo. Rischi e misure di sicurezza Durante le operazioni di trasporto, l’esposizione degli addetti a rischi per la salute risulta essere quasi del tutto trascurabile. I rischi riguardano principalmente la sicurezza e sono legati maggiormente a problematiche di movimentazioni eseguite con gru di vario tipo e verricelli. Il recepimento, nel vasto contenitore del D.L.vo 626/94, della Direttiva Comunitaria 95/63CE, in particolare con l’art. 4 ter del D.L.vo 359/99, detta le condizioni ed i requisiti di sicurezza per l’uso di attrezzature destinate a sollevare carichi: queste sono le misure di sicurezza che 84 devono essere adottate durante le operazione di trasporto delle imbarcazioni. Tali misure sono: • gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell’imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all’utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l’uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati; • allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse; • i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto; • tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che 85 servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d’uso per garantire il buon coordinamento degli operatori; • qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell’alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l’accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza; • allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l’utilizzazione all’aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro. Naturalmente tutti i mezzi di sollevamento soggetti a verifica dovranno essere sottoposti alla stessa secondo la normativa vigente. Rimane l’obbligo dell’utilizzo dei DPI che garantiscano una efficace ed efficiente protezione, durante tali operazioni, dai contatti accidentali come caschi, scarpe antinfortunistiche, ecc. L’esperienza maturata anche in altre tipologie di movimentazione, insegna che l’elaborazione di una corretta procedura di movimentazione rappresenta sicuramente una fondamentale misura di sicurezza; ma è essenziale che su tale procedura 86 ci sia una adeguata informazione e formazione degli addetti ed un elevato grado di addestramento. L’addestramento è fondamentale anche per l’operato in sicurezza del sommozzatore; nel caso di suo utilizzo è anche indispensabile un apprezzabile affiatamento tra lo stesso e gli altri lavoratori coinvolti nelle operazioni. Varo di una imbarcazione con travel lift 87 6 LA MESSA IN SICUREZZA DELL’IMBARCAZIONE Ponteggio e protezioni La prima e fondamentale operazione per la messa in sicurezza dell’imbarcazione è la costruzione del ponteggio, all’esterno dello scafo, secondo l’elaborato tecnico fornito dal progettista dello stesso; tale operazione viene comunemente svolta da ditte specializzate di pontisti. I ponteggi sono costruiti sia con ponteggi metallici che con profilati metallici (es. tubi Innocenti) che vengono bloccati tra di loro con delle placchette di serraggio imbullonate o da elementi prefabbricati, il piano di calpestio è costituito o da tavole di legno o da pannelli metallici “prefabbricati” con misure standard. Il ponteggio quindi viene ancorato allo scafo secondo lo schema indicato dal progettista. Altra operazione importantissima è la messa in atto tutte le protezioni all’interno dello scafo contro il pericolo di caduta all’interno delle aperture situate nei vari ponti; quindi si costruiscono i parapetti attorno alle aperture usando sempre dei tubi Innocenti; per ultimo vengono posizionate e fermate le scale portatili per l’ accesso tra un ponte e l’altro. Nei locali dove sono presenti, già dalla fase di costruzione scafo, delle scale fisse queste vengono dotate o di parapetto o di corrimano. Installazione impianti illuminazione Dopo la messa in sicurezza dell’imbarcazione viene posto in opera, a cura degli elettricisti del cantiere, l’impianto di illuminazione diffusa in tutti i 88 locali in cui successivamente si dovrà operare, parallelamente viene installato anche l’impianto di illuminazione di emergenza che dovrà garantire una certa illuminazione nei vari locali in caso di interruzione dell’energia elettrica di alimentazione dell’impianto illuminate. Viene inoltre predisposto l’impianto con prese a spina per l’attacco delle attrezzature elettriche portatili che si dovranno utilizzare nelle varie fasi dell’allestimento. Per quanto riguarda le costruzioni in metallo, sulla base di quanto previsto dall’art. 313 del D.P.R. 547/55 (... nei lavori entro grandi masse metalliche è vietato l’uso di utensili elettrici portatili a tensione superiore a 50 Volt verso terra), sia l’impianto elettrico di illuminazione che quello usato per l’alimentazione delle attrezzature da lavoro portatili è ancora alimentato normalmente con tensione di 48 Volt. Si è usato il termine “ancora” in quanto, sulla base di quanto previsto dal D. L.vo 272/99 per i lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione su navi, si ritiene possibile l’utilizzo di tensioni superiori se lo scafo è collegato all’impianto di terra del cantiere e l’alimentazione è protetta da interruttori differenziali magnetotermici. I cavi di tali impianti vengono posizionati al soffitto, per quanto riguarda l’impianto di illuminazione, ed a parete, sollevati da terra, per quanto riguarda l’impianto di alimentazione delle attrezzature elettriche portatili in modo da non intralciare il passaggio delle maestranze che eseguiranno di seguito l’allestimento. 89 Dislocamento presidi antincendio e cartellonistica I componenti della squadra antincendio del cantiere i cosiddetti “guardia fuoco” salgono a bordo dell’imbarcazione e provvedono ad installare nei vari locali degli idonei estintori per tipo e classe, appropriati alle lavorazione che si svolgeranno nei vari locali ed ai materiali impiegati nel ciclo lavorativo, ed in numero sufficiente in modo da prevenire tempestivamente il propagarsi di un eventuale incendio insorto a bordo durante le lavorazioni. A cura degli stessi “guardia fuoco” viene anche posizionata a bordo la segnaletica indicante i percorsi e le uscite di emergenza nel rispetto del piano generale di emergenza messo a punto dal cantiere. Predisposizioni impianti di aspirazione Per ultimo vengono predisposti gli impianti di aspirazione, posizionando all’interno dei vari locali dei tubi in gomma collegati agli impianti centralizzati di aspirazione; gli impianti di aspirazione si differenziano a seconda della tipologia dell’imbarcazione. Per le imbarcazioni in vetroresina gli impianti centralizzati presenti nei cantieri dovranno provvedere all’aspirazioni separata di solventi e polveri. Per quanto riguarda le costruzioni in metallo è indispensabile la presenza di impianti centralizzati per l’aspirazione di polveri e fumi di saldatura. Al termine di tutte queste operazioni si può considerare la barca in sicurezza e quindi si può consentire l’accesso alle maestranze per eseguire le varie lavorazioni di allestimento. 90 Rischi e misure di sicurezza Come per le operazione di movimentazione, anche durante la messa in sicurezza dell’imbarcazione, si può tranquillamente ritenere trascurabili i rischi per la salute mentre si deve porre attenzione alla prevenzione e protezione da rischi per la sicurezza quali: • Rischi di caduta dall’alto durante la fase di allestimento delle opere provvisionali (ponteggi, parapetti ecc.); • Rischi di elettrocuzione durante la fase di installazione dell’impianti di bordo; • Rischi di origine meccanica per le altre fasi di lavoro. In conseguenza le misure da porre in atto per una corretta prevenzione e protezione dei lavoratori saranno: • Elaborazione del PiMUS (piano di montaggio, uso e smontaggio) del ponteggio dove siano riportate le indicazioni circa le modalità di allestimento delle opere provvisionali; • Utilizzo di dispositivi anticaduta; • Lavorazioni sull’impianto elettrico non in tensione; • DPI quali scarpe, caschi, guanti, ecc. Il personale adibito al montaggio, smontaggio e trasformazione dei ponteggi deve essere adeguatamente formato; la formazione deve avvenire con la frequenza ad un apposito corso con lezioni teoriche e pratiche le cui materie sono stabilite dalla normativa vigente. 91 Ponteggi esterni Parapetti interni allo scafo 92 7 I LAVORI DI ALLESTIMENTO Descrivere tutto il ciclo di allestimento delle imbarcazioni da diporto richiederebbe una lunga trattazione; per questo motivo è stato scelto di rappresentare solo le operazioni più importanti. Va anche premesso che fino a pochi anni fa i lavori di allestimento di imbarcazioni in metallo si differenziavano da quelli per le imbarcazioni in vetroresina. Negli anni questa differenziazione è andata man mano a ridursi fino a quasi scomparire nel ciclo lavorativo attuale. Compartimentazione Una volta terminate le operazioni di costruzione, iniziano le fasi che caratterizzano il prodotto finale: sono le fasi in cui vengono allestite le imbarcazioni che vanno ad assumere l’aspetto esterno e, soprattutto, interno che le rende invidiabili “ambasciatori” del lusso. La maggior parte di lavorazioni che vengono effettuate sono caratterizzate dalla ricerca del “bello”. Quasi nulla si fa per l’essenziale, quasi tutto si fa per il superfluo. Sicuramente è essenziale la parte iniziale della fase di allestimento che è caratterizzata dall’impiantistica e dalla compartimentazione “secondaria”. Si definisce tale compartimentazione secondaria in quanto una prima compartimentazione (primaria) è già stata effettuata nel cantiere di costruzione: facendo un raffronto con quanto viene effettuato nelle costruzioni edili, la compartimentazione primaria è più strutturale e paragonabile alle mura delle abitazioni mentre la compartimentazione secondaria ha lo scopo di ricavare vari locali e somiglia alle pareti. 93 Solitamente nella prima compartimentazione vengono delimitate le zone principali della nave quali: Locale macchine; Locali di servizio (cucina, dispensa, lavanderia, ecc) Locali equipaggio; Salone ponte di coperta; Cabina armatore; Cabine ospiti; Ponte di comando. Nella successiva compartimentazione si provvede a dividere i locali per ottenere gli ambienti dove troveranno posto: Cucina; Dispensa; Lavanderia; Cabina comandante; Cabine personale di bordo; Servizi nelle cabine armatore ed ospiti. La prima compartimentazione viene fatta quasi sempre con lo stesso materiale con cui sono stati costruiti scafo, coperta e sovrastruttura; la seconda compartimentazione viene fatta in legno o materiali incombustibili. Infatti attualmente la maggior parte dei megayachts vengono costruiti con la classificazione per essere destinati al charter (noleggio). La destinazione al charter li rende equiparati a navi da crociera e costringe i cantieri a classificare le navi con la Charter Class. 94 Tale classificazione prevede l’utilizzo, per la compartimentazione di materiale incombustibile. Subito dopo si procede all’applicazione dello smalto a finire su tutte le superfici visibili, nella sala macchine e nei locali d’ispezione. Verniciatura L’applicazione della pittura viene fatta a pennello od a rullo per le piccole riprese, mentre la verniciatura che viene effettuata con l’ausilio di impianto airless prevede l’applicazione di 2 mani di pittura epossidica o poliestere ed una mano di smalto poliuretanico a finire. Tale operazione viene eseguita da ditte specializzate (in appalto) e di norma senza la presenza di altri operatori, quindi al di fuori del normale orario di lavoro. Sulle superfici dei locali interni allo scafo in precedenza verniciate e che dovranno di seguito essere coibentate viene applicato a spruzzo, da parte dei verniciatori, un prodotto anticondensa. Ultimate tali operazioni si iniziano le operazione di preinstallazione degli impianti tecnici (elettrici, idraulici, condizionamento, ecc.) e le operazioni di coibentazione e insonorizzazione dei locali destinati agli alloggi sia di armatore e ospiti, sia del personale di bordo. Il materiale fonoassorbente e termoisolante (tagliafuoco) viene applicato allo scafo sia sulle pareti che sul soffitto mediante fissaggio ad arpioni (spilli) saldati in precedenza allo scafo stesso; tali arpioni vengono fissati alle lamiere mediante saldatura, ad opera dei carpentieri, prima della spruzzatura dell’anticondensa. 95 I pannelli di lana di vetro vengono tagliati e sagomati manualmente con utensili tipo trincetti o forbici e poggiati manualmente; quindi vengono rivestiti esternamente con un tessuto in lana di vetro. A rivestimento completato i pannelli vengono trattenuti per mezzo degli spilli sui quali vengono infilate le rondelle di trattenuta che restano fissate nella posizione a seguito della piegatura manuale dello stelo degli spilli; successivamente a completamento dell’operazione si provvede alla nastratura (rifinitura del lavoro per sigillare i vari pannelli accoppiati) per mezzo di nastro adesivo di tela in fibra di vetro. Le operazioni di coibentatura vengono effettuate sia sugli scarichi dei motori e dei gruppi elettrogeni che sui tubi degli impianti di condizionamento e dei tubi di ventilazione. Successivamente si procede alla stuccatura dello scafo esterno dell’imbarcazione. Si procede all’applicazione di un prodotto adesivante epossidico per mezzo di impianto airless. Appena l’adesivante è essiccato si procede ad una leggera carteggiatura, eseguita con levigatrici rotorbitali munite di carta abrasiva a grana molto fine, in modo da rendere le superfici pronte alla fase successiva di stuccatura. Preparata la superficie si procede alla stuccatura dell’opera morta dello scafo e della sovrastrutture utilizzando uno stucco epossidico; per prima cosa vengono eseguite le guide orizzontali e verticali larghe circa 5 cm e distanziate di circa 2,5 metri che servono come punti di riferimento per la stesura di tutto lo stucco restante che viene steso per mezzo di cazzuole. Appena lo stucco è asciugato si procede alla carteggiatura delle guide prima con la scartatrice rotorbitale e poi con stecche di legno ricoperte di 96 carta abrasiva; ultimata tale operazione si procede a riempire le superfici comprese tra le guide con varie passate di stucco epossidico fino a raggiungere lo spessore desiderato che varia da 3 a 5 cm . Lo stucco viene preparato su pianali di legno dove viene impastato con il catalizzatore, quindi viene a breve termine applicato alle varie parti dello scafo con l’ausilio di cazzuole e steso con delle stecche in legno e/o metallo, per le parti più grandi, e con spatole metalliche per parti piccole o per eseguire eventuali ritocchi. La stesura con le stecche metalliche serve anche come prima livellazione dello stucco rispetto alle guide preformate. Appena lo stucco è catalizzato e seccato, dopo circa 20 ore dalla deposizione, si procede alla carteggiatura dello stesso in modo da rendere la superficie perfettamente liscia e livellata per eseguire la successiva pitturazione. La carteggiatura viene eseguita in due fasi, nella prima fase con l’utilizzo di smerigliatrici orbitali e rotorbitali munite di impianto di captazione delle polveri incorporato che servono ad eliminare i grossi difetti creatisi sulla superficie a seguito della prima grossolana livellazione fatta con le stecche metalliche o le spatole; successivamente si procede alla carteggiatura eseguita con stecche di legno della lunghezza di circa 3 – 4 metri con applicata carta abrasiva di grana grossa in un primo momento fino ad arrivare a carta abrasiva di grana fine al termine dell’operazione. Questa operazione viene eseguita da più persone (2, 3, 4) contemporaneamente a seconda della lunghezza della stecca stessa che è variabile nella sua lunghezza in funzione del punto dello scafo da carteggiare. Terminata la levigatura dello stucco si procede alla preparazione delle superfici per la pitturazione finale; la prima operazione consiste nell’applicazione a spruzzo di una mano di fondo 97 epossidico ad alto spessore, quindi si procede ad eventuali ritocchi con stucco per eseguire la correzione di imperfezioni. Appena lo stucco è essiccato si esegue la carteggiatura manualmente dello stesso con l’ausilio di stecche di legno ricoperte con carta abrasiva; livellata la superficie ed eliminate le imperfezioni si procede all’ applicazione a spruzzo di una mano di fondo epossidico e successiva carteggiatura manuale con stecca di legno e carta abrasiva finissima. Se a questo punto si riscontrano ancora piccole imperfezioni si ripete l’operazione fino alla definitiva scomparsa delle stesse. Quando la superficie è perfettamente levigata in tutti i suoi punti si procede alla pulizia per rimuovere ogni traccia di polvere prima aspirando la polvere con un aspirapolvere portatile quindi soffiando la superficie con una pistola ad aria compressa e pulendola con un panno. A questo punto si applica a spruzzo una mano di sottosmalto; appena lo smalto è essiccato si esegue un’ulteriore carteggiatura manuale della superficie da verniciare con l’utilizzo di stecche di legno con carta abrasiva a grana finissima. Dopo aver carteggiato manualmente con stecca e carta abrasiva finissima il sottosmalto si passa alla pulizia delle superfici per eliminare tutta la polvere, quindi si procede al lavaggio con solvente di tutte le superfici da verniciare per eliminare qualsiasi impurezza in modo da far aderire bene la vernice alla superficie da verniciare. La verniciatura inizia con l’applicazione di una prima mano di vernice (smalto) a finire mediante l’utilizzo di impianto airless, successivamente appena lo smalto è essiccato si procede ad una leggera carteggiatura con macchine rotorbitali munite di carta abrasiva finissima, quindi si esegue 98 una perfetta pulizia delle superfici e si sgrassa la superficie con un panno imbevuto di solvente antisiliconico. Infine si esegue la verniciatura finale con l’applicazione a spruzzo di due mani di vernice a finire. Per la verniciatura esterna è stata recentemente messa a punto una nuova tecnologia con utilizzo di azoto. Nei processi industriali, sia in fase produttiva che in quella applicativa, si utilizzano ampliamente gas cosiddetti inerti per la conservazione, il trasporto e la proiezione di vernici. Le caratteristiche dell' azoto rispetto all' aria sono la bassa densità e la bassa temperatura di fusione e di ebollizione che lo rendono un veicolo gassoso tecnicamente ottimizzato rispetto ad altri gas inerti per eccellenza come l' argon, il cui utilizzo è reso proibitivo dai costi. L'impiego dell' azoto come propellente per sistemi di verniciatura, è un campo nel quale si stanno invece ottenendo risultati lusinghieri. L' utilizzo di azoto invece permette di evitare qualsiasi trattamento preliminare del manufatto in quanto per sua stessa natura è anidro, tende ad annullare qualsiasi presenza di umidità al contorno, come pure nel supporto, ed avendo un peso specifico basso non altera minimamente il flusso in uscita dall' aerografo. Inoltre, potendolo scaldare a temperature anche oltre i 50°C, genera un effetto fluidificante della vernice stessa abbattendo il contenuto di solvente, riducendo la pressione di spinta e quindi riducendo l' effetto dello "spolvero". Il bassissimo punto di rugiada permette di eliminare istantaneamente qualsiasi presenza di umidità residua nel supporto, eliminando l'annoso problema del blistering (presenza di bolle). In tale sistema, il fluido vettore tradizionale (aria compressa essiccata e filtrata) è sostituito con aria modificata ricca di azoto (concentrazione N2 99 fino al 99,5%) perfettamente pulita, ionizzata e secca (punto di rugiada a 1 Atm: -60°C) avente temperatura (regolabile tra +5 e +80°C) e pressione (regolabile tra 0,5 e 8 bar/g) di utilizzo ottimali per la stesura, distensione ed evaporazione dello strato di pittura spruzzato sia per vernici (monocomponente, bicomponente, poliuretanica, vinilica, metallizzata, base acqua) che per qualsiasi tipo di resina a liquido. Le operazioni di stuccatura e verniciatura, alcuni anni fa, venivano effettuate solamente su imbarcazioni in metallo; attualmente gli standard qualitativi adottati per le costruzioni in vetroresina richiedono l’adozione di tali lavorazioni. L’unica variabile sta nella possibilità che sulle costruzioni in vetroresina si utilizzino stucchi poliestere e non epossidici. Predisposizione impianto di aspirazione per la verniciatura di una fiancata Impiantistica All’interno della sala macchine dove vengono alloggiati tutti i vari motori propulsivi e gli apparati tecnici (gruppi elettrogeni, dissalatori, pompe, compressori, quadri elettrici ecc.), vengono posizionati i relativi 100 basamenti/supporti; inoltre viene effettuata la posa in opera delle separazioni fra i vari macchinari che vi dovranno essere alloggiati, tale lavorazione viene chiamata comunemente ”carpenteria di imbonaggio”. Tali separazioni vengono realizzate tramite pannelli metallici opportunamente alleggeriti (traforati o costruiti a sandwich) che costituiranno delle paratie divisorie; questi pannelli vengono applicati mediante operazioni di saldatura ad arco elettrico. La costruzione dei vari basamenti viene fatta a terra nel reparto carpenteria e prevede lavorazioni di taglio metalli al pantografo, taglio metalli con cannello ossiacetilenico, cesoia a ghigliottina, operazioni di molatura e saldatura; tali basamenti vengono trasportati a bordo “imbarcati” mediante l’utilizzo dei mezzi di sollevamento del cantiere (carri ponte). Il montaggio a bordo di tali basamenti viene fatto con processi di saldatura elettrica dopo eventuale ritocco dei profili di accoppiamento mediante operazioni di taglio con cannello ossiacetilenico e/o molatura. Per quanto riguarda i quadri elettrici, che vengono costruiti nelle officine delle ditte specializzate nella costruzione dell’impianto elettrico, vengono predisposti oltre ai basamenti anche le staffe di fissaggio di tali quadri. L’imbarco del quadro elettrico principale e di tutti i sottoquadri prefabbricati a terra da ditte specializzate e loro posizionamento sui relativi basamenti già predisposti nella fase della carpenteria di allestimento mediante utilizzo di bulloneria; stesura dei cavi elettrici e loro graffatura nelle canaline e solette già predisposte in fase di carpenteria di allestimento per il collegamento di tutte le utenze ai rispettivi quadri di comando. 101 Installazione dei gruppi di batteria di avviamento motori, dei servizi generali ed emergenza e loro collegamento ai vari utenti. Installazione dell’impianto di monitoraggio e controllo di tutti i sistemi di bordo. Tutti i cavi vengono manovrati manualmente creando delle difficoltà agli operai in quanto la lunghezza di certi cavi è notevole e pertanto lo scorrimento negli appositi alloggi è ostacolato dall’attrito, dal peso degli stessi cavi e dalla rigidità di quelli con maggiore sezione. Pertanto, l’operatore che stende i cavi deve sopportare un notevole impegno fisico, aggravato spesso della postura non sempre corretta che deve assumere nei vari ambienti dell’imbarcazione. Per “impianto idraulico” si intende una serie di vari impianti distinti quali: • l’impianto di raffreddamento dei motori di propulsione e dei gruppi elettrogeni, • l’impianto di alimento – imbarco – travaso combustibile, • l’impianto antincendio, • l’impianto pompa di sentina, • impianto dell’aria compressa, • impianto oleodinamico, • l’impianto dei servizi igienici, impianto di smaltimento acque nere e grigie. La lavorazione consiste nel montaggio e messa in opera delle varie tubazioni e relativo valvolame. Tutte le tubazioni che interessano i vari impianti vengono preallestite a terra nel reparto tubisteria del cantiere o nelle officine delle imprese di tubisteria che operano in appalto, il preallestimento permette di ridurre 102 per quanto possibile le operazioni di saldatura a bordo delle imbarcazioni in modo da non danneggiare le strutture già pitturate e di limitare drasticamente lo sviluppo dei fumi di saldatura a bordo dell’imbarcazione ed a ridurre il rischio d’ incendio. Le tubazioni più grosse vengono portate a bordo per mezzo di gru a ponte, mentre quelle di piccole dimensioni vengono movimentate manualmente. Il montaggio a bordo avviene con utensili manuali senza l’ausilio di particolari attrezzature; solo in particolari casi si utilizza la saldatrice elettrica. Il preallestimento a terra nell’apposito reparto implica invece l’utilizzo di macchine piega tubi, cannelli da taglio ossiacetilenici, saldatrici, troncatrici e seghetti alternativi fissi. Questa lavorazione ha il suo punto nodale in sala macchine ma è presente in tutti i locali e si va ad intersecare con gli altri lavori di allestimento di impiantistica. Carpenteria e falegnameria Quasi contemporaneamente si passa al montaggio al grezzo di paiolati e telai dei soffitti. Questa fase lavorativa si protrae per una buona parte del tempo richiesto per l’allestimento. Si procede per prima cosa alla messa in opera dei paiolati e dei pavimenti, nei locali tecnici e non, costituiti da pannelli di compensato marino o materiale ignifugo, che vengono fissati con viti e bulloni sulle strutture metalliche dei vari ponti. 103 Successivamente si posizionano i telai di ancoraggio dei soffitti costituiti da listelli di legno; sia i paiolati che i listelli di ancoraggio dei soffitti vengono fissati per mezzo di viti usando degli avvitatori/svitatori elettrici portatili. Sia i paiolati che tutti i pannelli in compensato o in materiale ignifugo, sono sagomati a misura nel reparto falegnameria del cantiere o nei laboratori esterni delle ditte specializzate che vi lavorano in appalto. Dopo aver ultimata la messa in opera delle compartimentazioni, dei pagliolati e dei listelli di ancoraggio dei soffitti, si prendono le misure per la costruzione dei mobili a parete. Quindi si procede al rivestimento delle superfici delle pareti esposte (in particolare i corridoi, le camere ed i saloni), tramite incollaggio, con pannelli impiallacciati ricoperti con essenza di legno nobile dello spessore di circa 1 mm. La colla viene stesa sulle superfici da incollare per mezzo di apposite spatole ed interessa una superficie notevole creando una esposizione significativa ai vapori dei solventi che si liberano durante l’essiccazione della colla stessa. In questa fase lavorativa va previsto all’interno dei locali una ventilazione forzata in modo da allontanare i vapori dei solventi che si sprigionano durante la fase di essiccazione della colla. Durante la messa in opera dei pannelli si può presentare la necessità di modificare leggermente le misure degli stessi usando una pialla manuale per piccolissimi ritocchi o il seghetto alternativo. 104 Tali pannelli vengono predisposti e sagomati a terra nel reparto falegnameria del cantiere o delle ditte specializzate che operano in appalto. La fase successiva riguarda il montaggio dei mobili. I mobili che devono essere fissati alle pareti vengono portati a bordo dell’imbarcazione utilizzando le gru a ponte, quindi manualmente dal ponte della coperta dell’imbarcazione sino ai locali di destinazione. Questi mobili sono costruiti da ditte specializzate nei loro laboratori e vengono portate all’interno del cantiere solo al momento del loro montaggio. Dopo di che vengono montati i pavimenti che possono essere di varia natura e di conseguenza richiedono lavorazioni diverse; i tipi di rivestimento più comuni sono: il legno, la moquette usati nei vari saloni e camere, il marmo e/o granito usato nei bagni, materiali plastici usati nella cucina, nella lavanderia, nella cambusa. Tutti questi prodotti vengono fissati per mezzo di collanti che vengono spalmati sui paiolati per mezzo di una apposita spatola; i collanti variano nella composizione in base al tipo di materiale da incollare. I pavimenti sono già preparati a misura a terra nei laboratori delle ditte specializzate nella loro messa in opera; i pavimenti del ponte di coperta e di altre parti esterne vengono fatti in teak ancorato tramite materiale plastico (gommato) e necessitano di operazioni di levigatura e verniciatura da eseguirsi dopo la posa. Si procede poi al montaggio dei soffitti realizzati con pannelli di compensato marino già rivestiti con essenza di legno nobile dello spessore di 1 mm o laccati che vanno fissati all’apposito telaio di sostegno posto in opera in precedenza. 105 Apparati motore e tecnologici Terminata la fase di allestimento degli interni si passa al montaggio dei motori; vengono imbarcati a bordo (in sala macchine) i motori di propulsione con i relativi riduttori/invertitori, tale operazione viene eseguita per mezzo di impianti di sollevamento di cantiere (carro ponte) e di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi. Motore posizionato in sala macchine Appena calati i motori vengono posizionati sugli appositi alloggiamenti già predisposti nella fase di carpenteria di allestimento e fissati ai basamenti per mezzo di viti e bulloni, quindi si procede al congiungimento del motore ai vari impianti già predisposti in precedenza: impianto idraulico (impianto di adduzione del carburante, acqua di raffreddamento), impianto elettrico che servono per il funzionamento del motore stesso. Vengono poi imbarcati a bordo (in sala macchine) ed installati i motori dei gruppi elettrogeni, della centralina dell’impianto di condizionamento, 106 dei dissalatori, dell’impianto di trattamento delle acque nere, del depuratore del gasolio, dei separatori acque oleose di sentina, dei boilers, delle autoclavi, dei compressori aria, delle pompe di sentina/incendio, della centralina dell’impianto antincendio, della centralina dell’impianto igienico a depressione, dell’impianto stabilizzatori e relative pinne, dell’elica prodiera di manovra, dell’impianto di governo, tale operazione viene eseguita per mezzo di impianti di sollevamento di cantiere (carro ponte) e di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi. Appena calati i motori e le centraline vengono posizionati sugli appositi alloggiamenti già predisposti nella fase di carpenteria di allestimento e fissati ai basamenti od alle staffe per mezzo di viti e bulloni, quindi si procede al congiungimento di tutte le apparecchiature ai vari impianti (elettrici ed idraulici) già predisposti in precedenza. Non sempre il posizionamento dei motori viene eseguito a fine allestimenti in quanto, a volte, le particolarità costruttive dell’imbarcazioni impongono che i motori vengano posizionati a bordo durante le prime operazioni svolte nel cantiere di allestimento Successivamente vengono imbarcate a bordo ed installate le linee d’assi dei motori di propulsione e vengono collegate all’apparato motore stesso, successivamente si procede al posizionamento dell’elica sulla linea d’asse. Le linee d’assi vengono posizionate nell’apposito alloggio introducendole dall’esterno infilandole nell’apposito astuccio posto sotto la carena dell’imbarcazione e quindi vengono spinte, fatte scivolare, all’interno della sala macchine per il successivo collegamento al motore propulsivo. 107 Questa operazione viene eseguita per mezzo di impianti di sollevamento di cantiere (carro ponte per le linee d’assi e gru semovente per le eliche) avvalendosi di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi. Appena la linea d’assi è giunta in prossimità della carena della barca viene imbracata con un catena collegata ad un paranco manuale fissato alla carena dell’imbarcazione e quindi si procede all’inserimento nell’apposito alloggio con una manovra tutta manuale. Terminata l’operazione di introduzione delle linee d’assi nell’apposito alloggiamento e fissate le stesse ai motori propulsivi si posizionano all’estremità esterna della linea d’asse le eliche; queste vengono portate in prossimità della zona di alloggio per mezzo di gru semoventi e quindi con un’azione manuale vengono inserite e bloccate all’asse stessa. Sul ponte coperta, per mezzo di saldatura, vengono montate le bitte di ormeggio ed i passacavi a prua e poppa dell’imbarcazione, lungo il perimetro dei vari ponti aperti (ponte coperta e gli altri sovrastanti) vengono messi (saldati) gli ombrinali. Per mezzo delle gru del cantiere (carro ponte) vengono imbarcati a bordo, posizionati a prua dell’imbarcazione e fissati tramite bulloni i verricelli salpa ancore e gli argani di tonneggio. In questa fase vengono anche posizionate e fissate per mezzo di bulloni le grette per i tenders sia a poppa della barca che lateralmente sul ponte fly. Vengono inoltre messi a dimora i vetri degli oblò e delle altre finestrature esterne; i vetri vengono inseriti in guarnizioni di gomma o altro materiale plastico, sigillate con silicone e bloccate con appositi telai metallici fermati con bulloni alla struttura fissa della nave. Successivamente si procede all’imbarco e montaggio delle apparecchiature elettroniche di 108 navigazione e comunicazione tipo: radar, ecoscandaglio, GPS, solcometro, girobussola, pilota automatico, radiotelefono, apparecchiature ricetrasmittenti VHF e impianti satellitari. Tali apparecchiature vengono alloggiate in modo particolare nella cabina di comando negli appositi alloggiamenti già predisposti nella fase di carpenteria di allestimento e messa in opera dell’impianto elettrico; vengono infine montate le antenne di comunicazione degli impianti ricetrasmittenti e le apparecchiature radar e satellitari all’esterno dell’imbarcazione sui pennoni issati sul flying-bridge. I corpi illuminanti interni vengono montati in tutti i locali rispettando gli schemi elettrici; la lavorazione è prettamente manuale e viene eseguita per mezzo di avvitatori in modo da fissarli o negli appositi alloggi ricavati dalle superfici delle pareti o soffitti oppure esternamente a tali strutture Contemporaneamente vengono montati anche i corpi illuminanti esterni per l’illuminazione dei vari ponti e i fanali di navigazione e di segnalazione. A questo punto le operazioni di allestimento possono ritenersi completate e quindi si può procedere al varo della nave. 109 Affascinante varo notturno Interni 110 Schema a blocchi allestimento Ricezione Scafo (alaggio) Scafo primerizzato (in sicurezza) Messa in sicurezza scafo Piccola carpenteria di allestimento Pitturazione interna scafo Coibentazione interna scafo Imp. Elettrico Arredamento Generale Interno Imp. generale Imp. Vent. Cond. Stuccatura esterna Imp. Idraulico Pitturazione ester. Imp. Nafta Mont. Cop. Teak Antincendio Arredam. esterno Oleodinamica Montag. Accessori coperta e vetrature Allestimento Sala Macchine Mont. app. navig. e comunic. esterne Montaggio illuminazione esterna Mont. Apparecchiature di navigazione E comunicazione interne Montaggio Corpi illuminanti interni Varo Prove in banchina Prove in mare 111 Attrezzature utilizzate Fare un elenco di tutte le attrezzature utilizzate durante la fase di allestimento, è cosa praticamente impossibile; per facilitare tale compito si può provare a dividere le stesse in due gruppi: • Attrezzature fisse; • Attrezzature portatili. Le attrezzature fisse presenti nei cantieri navali sono anch’esse divisibili in tre sottogruppi: • Attrezzature per lavorazioni di carpenteria in legno o similari (locale falegnameria); • Attrezzatura per lavorazione di carpenteria metallica e tubisteria (officina meccanica); • Attrezzatura per la logistica di cantiere. Nel primo sottogruppo fanno parte tutte le macchine operatrici presenti nelle lavorazioni di falegnameria (seghe circolari, seghe a nastro, squadratrici, troncatrici, toupie, trapani a colonna, pialle a filo, pialle a spessore, ecc.). Nel secondo sottogruppo troviamo trapani a colonna, seghetto alternativo, troncatrici, ma anche postazioni di saldatura di vario tipo. In alcune strutture, nelle officine meccaniche, si trovano anche tranciatrici, presse sagomatrici e pantografi. Le attrezzature che abbiamo definito di “logistica” sono principalmente i mezzi di sollevamento presenti nelle strutture ed indispensabili per le operazione di movimentazione; nei cantieri navali si utilizzano gru a ponte, gru a torre, gru semoventi e muletti. 112 Le attrezzature portatili utilizzate nei cantieri navali durante la costruzione di imbarcazioni da diporto sono i tipici utensili quali trapani, avvitatori, mole, smerigliatrici, levigatrici varie, seghetti alternativi, lesti, ecc. Anche se le loro dimensioni non le fanno rientrare tra le attrezzature portatili possono essere considerate alla stregua delle stesse, in quanto vengono portate in cantiere dalle ditte che eseguono i lavori, le attrezzature per la pitturazione (airless) e quelle per la levigatura della coperta. Squadratrice in un reparto di falegnameria Rischi presenti Come per la maggior parte delle altre operazioni, i rischi presenti si dividono in rischi per la sicurezza e rischi per la salute. I principali rischi per la sicurezza possono essere individuati in: • Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.; 113 • Rischi di essere o colpire parti e/o oggetti; • Rischi di schiacciamento; • Rischi di tagli; • Rischi di bruciature; • Rischi di elettrocuzione. Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente da: • Rumore; • Esposizione e radiazioni; • Fumi di saldatura; • Vibrazioni; • Esposizione cutanea a prodotti epossidici; • Esposizione a solventi; • Movimentazione manuale dei carichi. Misure di prevenzione e protezione Seguendo lo schema utilizzato in precedenza, si rende necessaria la suddivisione delle misure di prevenzione e protezione. Misure di prevenzione per la sicurezza: • La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto; • Evidenziare parti che possono essere colpite durante le lavorazioni in ambienti angusti; • Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine operatrici; 114 • Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei materiali; • Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro; • Verifica e controllo periodico degli impianti elettrici; • Verifica e controllo periodico dei mezzi di sollevamento; • Formare gli addetti alle lavorazioni; • Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale). Misure di protezione per la sicurezza: • Sistemi anticaduta; • Caschi; • Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura; • Calzature antinfortunistiche; • Guanti; • Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi. Misure di prevenzione per la salute: • Ricerca ed adozione nel ciclo produttivo di processi e sostanze che garantiscano un buon standard per la tutela della salute degli addetti; • Separazione delle aree con riduzione del numero degli addetti esposti a sostanze e/o preparati pericolosi; • Sorveglianza sanitaria; • Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano – braccio; 115 • Limitazione dei lavoratori esposti; • Effettuazioni di lavorazioni pericolose al di fuori del normale orario di produzione al fine di limitare il numero dei lavoratori esposti; • Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante dalle lavorazioni; • Formare gli addetti alle lavorazioni; • Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale) Misure di protezione per la salute: (priorità negli interventi di bonifica ambientale) • Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per sostanze volatili; • Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per polveri e fibre; • Maschere a mandata / barriera d’aria; • Maschere facciali per solventi e polveri; • Cuffie e altri attenuatori del rumore; • Guanti e tute in TNT. 116 8 IL COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ Sono stati citati sia i rischi che le misure per prevenire e proteggere i lavoratori dai rischi, ma la maggior parte degli infortuni che si verificano nel comparto non sono conseguenze di singole inosservanze alle misure preventive e protettive che salvaguardano dai pericoli individuati, ma sono determinati da una serie di interferenze di lavorazioni, lavoratori e rischi. Prevenire in primis e proteggere poi, dai rischi dovuti alla concomitanza tra le varie lavorazioni è uno dei compiti più difficili a cui i vari soggetti delegati alla sicurezza, devono far fronte. La norma prevede che l’azienda committente (il cantiere navale) promuova la cooperazione ed il coordinamento tra le aziende impegnate nell’opera, per il superamento dei pericoli presenti durante la lavorazione. Tale concetto è stato ribadito dalle ultime modifiche effettuate sull’art. 7 del D.L.vo 626/94 obbligando l’azienda committente alla elaborazione di un documento di cooperazione e coordinamento e riconoscendo, la stessa , rispondente in solido, in caso di infortuni di lavoratori che non risultino indennizzati dalla assicurazione obbligatoria per mancanza di copertura da parte del datore di lavoro in appalto o sub appalto. In questi ultimi anni, le Aziende Sanitarie della costa Toscana, con in prima fila la USL 12 di Viareggio, hanno investito molto sulle problematiche del coordinamento creando, anche, dei software utilizzabili per la programmazione delle lavorazioni a bordo. Contemporaneamente la USL 12 Viareggio ha assistito i cantieri navali per far si che il documento di coordinamento, elaborato dai cantieri stessi 117 nell’ambito della prima applicazione del D. L.vo 626 (anni 97/98), diventasse uno strumento agile e facilmente consultabile da tutte le figure delle aziende presenti nei luoghi di lavoro. Tutto questo ha portato a un sostanziale miglioramento dell’organizzazione del lavoro all’interno dei cantieri navali; questo miglioramento organizzativo non ha portato, per adesso, ad una diminuzione degli infortuni; ha però facilitato lo svolgimento delle indagini per accertare le responsabilità. L’accertamento di responsabilità su un infortunio sul lavoro non deve essere assolutamente il compito istituzionale principale di un Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro, ma sicuramente fornisce dati che, se correttamente gestiti, daranno le indicazioni circa le strategie da adottare per intervenire nella prevenzione. Si deve partire da queste indicazioni ed intervenire efficaciamente per migliorare la prevenzione nei cantieri navali; successivamente verranno sviluppati alcuni argomenti per raggiungere l’obbiettivo di prevenzione. Fondamentale, in ogni caso, è l’organizzazione interna del cantiere e la partecipazione e la collaborazione delle ditte in appalto o sub appalto; l’organizzazione interna sta compiendo apprezzabili progressi mentre per quanto riguarda il coinvolgimento delle ditte c’è ancora molto da lavorare sia sull’aspetto della capacità della struttura organizzativa del cantiere di coinvolgere i rappresentanti delle ditte, sia sull’organizzazione interna delle ditte stesse. Un altro aspetto di importanza fondamentale è la promozione del coordinamento e della cooperazione nella gestione delle emergenze; qui dobbiamo riconoscere di essere in una fase ancora iniziale. 118 Infatti tali situazioni sono state elaborate sulla carta con documenti anche molto consistenti ma, fortunatamente, non è ancora stato necessario verificare l’effettiva efficienza ed efficacia di ciò che è stato elaborato in quanto si sono manifestate esclusivamente emergenze sanitarie legate ad eventi infortunistici che non hanno richiesto misure di emergenza complesse quali evacuazione e messa in sicurezza di un consistente numero di lavoratori. Sono state effettuate delle prove talmente pianificate da assumere la valenza di una fiction. In un capitolo seguente verranno meglio individuati ed analizzati quelli che sono gli aspetti più a rischio dell’attuale gestione dell’emergenze di cantiere e proposte nuove soluzioni. Organizzazione del lavoro Come si è ricordato sopra, negli ultimi due/tre anni l’organizzazione del lavoro nei cantieri navali è notevolmente migliorata. Infatti negli anni precedenti vi erano fondamentalmente due tipologie organizzative: cantieri con organizzazione interna strutturata e cantieri a gestione “familiare”. La notevole crescita produttiva di questi ultimi, ha portato alla necessità di creare figure intermedie quali dirigenti e preposti a cui la proprietà ha delegato compiti di gestione e controllo. Anche i cantieri già strutturati in termini di organizzazione interna, sono notevolmente cresciuti, determinando una più capillare rete organizzativa. 119 Non è possibile generalizzare denominazione, compiti e funzioni delle varie figure presenti nei diversi cantieri in quanto, a parte rare eccezioni, le organizzazioni interne differiscono tra loro. Infatti gli stessi compiti e funzioni di un capo-barca in un cantiere possono essere assunti dal capo-commessa in un altro cantiere o dal capo cantiere in un terzo. In ogni caso si può utilizzare un tecnica di individuazione trasversale delle varie figure: • Capo-cantiere: figura presente nei piccoli cantieri (allestimento contemporaneo di due/tre imbarcazioni) che può avere sotto il suo controllo due/tre capi-barca: tale figura, nel ramo della prevenzione, a seconda dei casi, può essere equiparata o al dirigente o al preposto; • Capo-barca: figura presente nella quasi totalità dei cantieri dove vengono allestite più di una imbarcazione: è sicuramente un preposto; • Capo-commessa: presente nei cantieri più grandi dove vengono allestite più imbarcazioni di una certa dimensione; praticamente ogni tipologia di imbarcazione ha un capo-commessa che ha sotto il suo controllo un capo-barca per ogni imbarcazione: nella maggior parte delle situazioni questa figura viene equiparata ad un preposto; • Responsabile di produzione: nelle organizzazioni più complesse dove di solito abbiamo il capo-commessa ed il capobarca, c’è anche il responsabile di produzione che svolge sicuramente un ruolo da dirigente. 120 Nelle Aziende strutturate si trovano altre figure intermedie, equiparate alla figura di dirigente o preposto, quali il Responsabile della Logistica ed il Responsabile dei Servizi. La crescita produttiva dei cantieri ha portato anche ad una migliore strutturazione della organizzazione della Sicurezza Aziendale. Fino a qualche anno fa, la maggior parte dei Responsabili dei servizi di Prevenzione e Protezione (SPP) erano consulenti esterni che si avvalevano “dell’aiuto” di addetti alla sicurezza interni ai cantieri. Attualmente la situazione si è evoluta e, nella maggior parte dei cantieri, il SPP è interno all’azienda in tutta la sua struttura (Responsabile ed Addetti). Questa evoluzione ha dato dei risultati estremamente positivi in tutta l’organizzazione della Sicurezza Aziendale a cominciare dal rapporto/confronto tra RSPP e Rappresentante del Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che avviene all’interno dell’azienda stessa. Come detto questa evoluzione è abbastanza recente, quindi, molto probabilmente, nel tempo, si avvertiranno ancora miglioramenti. Analizzando l’organizzazione della Sicurezza Aziendale, fermo restando il ruolo fondamentale del Datore di Lavoro, riconoscendo l’importanza dell’inserimento del RSPP interno e il maggior peso che deve assumere il RLS, vi sono ancora alcune figure che non danno a pieno il loro contributo; il riferimento è ai dirigenti e preposti, individuati precedentemente e fondamentali nella gestione della sicurezza. 121 Non solo, anche i medici competenti spesso non collaborano fattivamente al miglioramento della salute all’interno dei luoghi di lavoro come la loro “missione” imporrebbe. Modelli di gestione La gestione e pianificazioni delle lavorazioni all’interno del cantiere è una necessità sia produttiva che di coordinamento. Tale pianificazione verrà realizzata dai tecnici della produzione che si avvalgono quasi esclusivamente dell’utilizzo del “diagramma di Gantt” come cronoprogramma. Il diagramma di Gantt Il diagramma di Gantt è uno strumento che serve per pianificare i tempi di realizzazione di un progetto, dell'attività lavorativa quotidiana, di un anno di lavoro, ecc., e per verificare in itinere il rispetto degli stessi. Nel diagramma di Gantt le diverse attività vengono, dunque, ordinate secondo una precisa progressione temporale. Il diagramma di Gantt è uno strumento di gruppo, in quanto prevede il coinvolgimento di diverse attività, quindi, è auspicabile che venga predisposto e condiviso con i colleghi interessati, anche al fine di sfruttare la valenza comunicativa dello strumento. La costruzione del diagramma di Gantt passa attraverso quattro differenti step, di cui i primi tre costituiscono il piano di lavoro, mentre il quarto determina il piano di verifica: 1. si determinano tutte le attività necessarie per il raggiungimento degli obiettivi (distinta delle attività), 122 facendo riferimento, se realizzato, al Diagramma ad Albero. Può capitare che, in alcuni casi, non sia così agevole procedere con la dovuta linearità progressiva. In tal caso, si può adottare l'approccio contrario, ovvero dalla definizione dell'obiettivo si procede a ritroso; 2. si stabilisce il limite temporale finale del progetto; 3. si disegna sul grafico il limite temporale previsto per ciascuna attività; 4. si verifica il tempo effettivamente impiegato per ciascuna attività. A fianco di ogni attività è prevista, inoltre, un'apposita casella in cui occorre indicare il soggetto incaricato direttamente della realizzazione delle attività. Al fine di programmare e ottimizzare l'attività di verifica, è opportuno, infine, esplicitare la calendarizzazione degli incontri di verifica, i quali possono essere collocati in corrispondenza di momenti del processo/linea di attività ritenuti particolarmente significativi. Sempre a tale scopo, è buona norma redigere un Libro di bordo, il quale contiene le note sintetiche relative allo stato di avanzamento dell'attività, nonché i risultati delle verifiche effettuate. Se, dunque, dal diagramma possiamo dedurre il cosa è successo, nel Libro di bordo troviamo anche il perché. Uno dei punti di forza del diagramma di Gantt consiste nel fatto che ci obbliga ad una ottimizzazione delle risorse, consentendo una contemporanea visualizzazione delle attività, non soltanto in modo sequenziale ma anche in parallelo, dei soggetti coinvolti e della 123 tempistica delle verifiche. Un'ulteriore applicazione del diagramma di Gantt può essere individuata in fase di elaborazione del budget di un determinato progetto, nonché in fase di rendicontazione delle risorse, umane e temporali, impiegate. All'interno di un piano complessivo di sviluppo organizzativo, composto da diversi progetti, per ognuno di questi si dovrà costruire il relativo Gantt. Esso richiede un tempo di preparazione piuttosto dispendioso, tuttavia, se elaborato correttamente, in corso d'opera si otterrà in cambio un risparmio di tempo di gran lunga superiore. La costruzione del diagramma di Gantt, rappresenta un momento di forte condivisione, responsabilizzazione e confronto, con i colleghi, nonché di negoziazione delle attività e delle risorse, tanto che potrebbe addirittura costituire un "pretesto" per concordare e condividere azioni e impegni reciproci. La formulazione del diagramma di Gantt corrisponde alla fase di Pianificazione (Plan), alla quale segue la fase di azione. Esempio di diagramma di Gantt 124 Sicuramente il diagramma di Gantt è un sistema utile alla pianificazione delle lavorazioni nella produzione di cantieristica da diporto al fine di procedere nel miglior modo possibile al completamento dell’imbarcazione, ma è utile anche per la gestione della sicurezza in cantiere? Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare i punti critici della pianificazione delle attività che sono: • formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro o almeno conoscenza delle lavorazioni incompatibili se eseguite contemporaneamente da parte di chi elabora il diagramma; • capacità di rielaborare il diagramma in caso di modifica del ciclo lavorativo; • collaborazione tra le figure di vigilanza nel cantiere e chi elabora il diagramma. La formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro di chi elabora il diagramma è fondamentale per evitare che determinate lavorazioni non compatibili tra loro, o comunque interferenti in modo negativo, vengano programmate simultaneamente negli stessi ambienti. Il diagramma deve essere anche un elaborato flessibile in quanto molto spesso le lavorazioni subiscono ritardi dovuti a vari imprevisti. La collaborazione tra le figure destinate a ricoprire compiti di vigilanza in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (dirigenti e preposti) e chi elabora i diagramma deve essere tale da produrre immediatamente modifiche nella pianificazione dei lavori nel caso i ritardi possano fare coincidere lavorazioni incompatibili negli stessi ambienti di lavoro. 125 Per agevolare i compiti di chi elabora il diagramma e delle varie figure di vigilanza, l’Azienda USL 12 Viareggio e la Gonetwork s.r.l. Viareggio hanno messo a punto un programma per la gestione della sicurezza in cantiere (GES.SI.CA.) che ha la funzione di integrare la pianificazione elaborata attraversi il diagramma di Gantt con indicazioni e divieti atti a garantire la sicurezza durante le lavorazioni. Ges.Si.Ca. L’Azienda USL 12 Viareggio, nell’ambito del programma di coordinamento per la sicurezza nei cantieri navali presenta il software Ges.Si.Ca (Gestione Sicurezza in Cantiere). Tale software nasce con l’obiettivo di migliorare gli aspetti di sicurezza sul lavoro nei cantieri, legandoli in modo particolare alla fase di pianificazione e programmazione dei lavori. Lo sviluppo dell’applicazione ha riguardato la costruzione/riparazione di imbarcazioni in ferro e lega leggera ed è stato seguito da Gonetwork s.r.l. Viareggio con la partecipazione dei principali cantieri navali in ferro di Viareggio. Lo scopo principale del software è quello di consentire l’aggiornamento e la flessibilità delle misure di coordinamento per la sicurezza man mano che la costruzione navale avanza, fornendo i necessari ‘allarmi’ quando le lavorazioni contemporanee possono nuocere alla salute o all’incolumità degli addetti. In particolare si prevede la possibilità di: • definire un modello dell’imbarcazione, aggiornandolo in 126 funzione dello stato di avanzamento delle lavorazioni. • definire il programma di lavoro settimanale, selezionando le lavorazioni da un apposito database; • visualizzare gli allarmi relativi alla sicurezza e alla salute, • definire e stampare il programma di lavoro per gli addetti e/o per le ditte appaltatrici, con l’indicazione delle misure di sicurezza da adottare Si possono utilizzare una serie di funzioni accessorie, quali: • impostazioni e parametrizzazioni di base • ricerca, visualizzazione e stampa delle normative di riferimento • gestione ed aggiornamento di un archivio infortuni ed elaborazione di statistiche sulla sicurezza • gestione ed aggiornamento Schede di Sicurezza per i vari prodotti utilizzati 127 9 LE LAVORAZIONI A BANCHINA A Viareggio vi è una particolarità che difficilmente ha uguali nell’ambito della costruzione di imbarcazioni da diporto: le lavorazioni di allestimento fatte in banchina. Infatti il refitting (trasformazioni su imbarcazioni armate) e gli interventi in garanzia, vengono effettuati in tutti i distretti produttivi della nautica, quindi anche a Viareggio; la differenza è che a Viareggio, in banchina, si allestiscono yachts e superyachts con lavorazioni che arrivano a toccare il 30-40% del totale delle lavorazioni di allestimento. Altra attività che è propria della banchina è quella delle prove a mare sulle imbarcazioni. Le lavorazione di manutenzione, riparazione, trasformazione, eseguite su navi ancorate in ambito portuale sono soggette all’applicazione dell’art. 38 del D.L.vo 272/99 che obbliga l’armatore o il comandate dell’unità navale a nominare una ditta capo-commessa che dovrà elaborare il Documento di Sicurezza previsto dall’art. 4 comma 2 del D. L.vo 626/94; il Documento di Sicurezza deve essere consegnato alla ditte operanti a bordo e trasmesso all’Autorità Marittima (Capitaneria di Porto) ed all’Azienda Sanitaria. Le operazioni di fine allestimento su una imbarcazione eseguite in banchina sono operazioni di trasformazione, quindi la redazione del Documento di Sicurezza è previsto anche per tali operazioni. Lo stesso decreto 272/99 obbliga l’elaborazione di un Documento di Sicurezza per l’effettuazione delle prove in mare e per l’effettuazione di 128 operazioni portuali quali, ad esempio, la movimentazione in ambito portuale delle imbarcazioni. Dimensioni L’arrivo alla USL 12 di Viareggio dei Documenti di Sicurezza previsti dall’art. 38 del D. L.vo 272/99, ha permesso di acquisire ed analizzare dati utili a quantificare le attività lavorative eseguite a banchina. Di seguito vengono riportati alcuni dati significativi del triennio 2004/2006: DATI 2004 2005 2006 2007 Documenti 150 159 174 250 Per lavori 97 105 119 160 53 54 55 90 allestimento Per lavori refitting Durata media 52,5 giorni 50,1 giorni 54,4 giorni 61 lavorazioni Presenza media di 12,8 per 12,1 per 11,7 per ditte a bordo nave nave nave Presenza media 20,6 addetti a bordo addetti Indice lavoratori per 1,6 11 19,2 addetti 20,4 addetti 16 1,6 1,7 1,4 ditta In una prima analisi si evidenzia un aumento delle lavorazioni in banchina del 6% nel 2005 rispetto al 2004 e del 9% nel 2006 rispetto al 129 2005. Questa tendenza è diventata è diventata rilevante nel 2007 con un aumento del 43 % rispetto al 2006. L’enorme crescita è dovuta sia alle lavorazioni su imbarcazioni in allestimento, prodotte sia dai nuovi cantieri dell’area ex SEC che da produzioni provenienti da altre aree (Massa – Carrara). Anche l’aumento delle operazioni di manutenzioni e refitting (90 nel 2007 con un incremento dell’80 % rispetto all’anno precedente) ha avuto un peso determinante nell’alto numero di lavorazioni in banchina. Gli analisti del settore prevedono in futuro una lieve contrazione della crescita della produzione e contemporaneamente un forte incremento delle lavorazioni di refitting. Altro elemento che viene evidenziato nell’analisi della tabella sopra riportata è la pressoché costanza degli altri dati che indurrebbe a pensare che la quasi totalità delle lavorazioni viene svolta dalle stesse ditte con l’impiego degli stessi lavoratori. Ma, per le operazioni di allestimento, la realtà è diversa in quanto ditte e lavoratori prestano la loro attività sia in cantiere che a banchina: in cantiere si inizia la lavorazione che spesso termina presso la banchina. Questa organizzazione lavorativa, che crea non pochi problemi organizzativi e di sicurezza, è imposta dalla crescita produttiva: serve spazio in cantiere per iniziare le lavorazioni di allestimento su una nuova commessa e lo spazio si crea spostando la barca presente in banchina dove verranno ultimate le lavorazioni di allestimento. Soprattutto per le operazioni di refitting, oltre alle lavorazioni in banchina, vi è un altra attività che viene svolta in una condizione 130 strutturale precaria: le lavorazioni sui piazzali effettuate nell’area portuale adiacente alle banchine. Aree utilizzate Il porto di Viareggio, negli ultimi anni, ha perso definitivamente il movimento di merci utilizzando le banchine presenti per: • Ormeggio natanti da pesca (circa 100 imbarcazioni) • Ormeggio natanti da diporto; • Ormeggio navi da diporto; • Ormeggio navi da diporto per l’esecuzioni di lavori. Quest’ultimo tipologia di ormeggio viene effettuato su banchine date in concessione sia ad alcuni cantieri navali (Codecasa, Benetti, Perini, Del Carlo, Falcon, Intermare, Azimut, Overmarine, ...) sia ad Aziende erogatrici di servizi che a loro volta le concedono in uso ai cantieri (Yachts Brother, Lusben, Polo Nautico, Udina, Arpeca, ecc.). Il porto di Viareggio si divide in diverse piccole darsene che sono: • Darsena Lucca; • Darsena Toscana; • Darsena Italia; • Darsena Europa; • Darsena Nuova. Le aree adibite alle lavorazioni in banchina sono presenti in tutte le cinque darsene sopra elencate. 131 Il nuovo porto di Viareggio Era dagli anni Sessanta che il porto di Viareggio aspettava un nuovo Piano regolatore che mettesse un pò di ordine al suo interno. Finalmente l’attesa è terminata con l’approvazione, da parte del Consiglio Regionale dello strumento urbanistico. La delibera di Consiglio permetterà di procedere verso quella che per molti assumerà le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione. Il nuovo Piano non prevede cambiamenti di confini né alcuna nuova opera a mare. La sistemazione delle funzioni già presenti nel porto, insieme alla nuova viabilità, permetterà di osservare Viareggio sotto una nuova luce, sia a chi guarda da fuori, e da fuori arriverà con la sua barca, sia a chi osserva da dentro perché dentro il porto ci lavora e dentro Viareggio ci vive. La pesca, la cantieristica e la nautica da diporto sono le tre funzioni oggetto di sistemazione nelle tre aree dedicate, ossia, rispettivamente, la Darsena Viareggio (banchina OVEST), il Triangolino e la Madonnina, via Coppino e strade adiacenti. Darsena Viareggio La prima funzione descritta (pesca) sarà caratterizzata dalla realizzazione di un nuovo mercato ittico, che sostituirà quello attuale, più grande ma sotto utilizzato. Il pescato, infatti, viene ad oggi venduto in grande quantità a forfait a magazzini ubicati in altre province. Il nuovo mercato, posizionato fronte mare, combinerà le funzioni commerciali a quelle di ristorazione. 132 Sulla sua terrazza verrà, infatti, costruito un ristorante cui si potrà accedere grazie alla sistemazione della banchina, valorizzata dalla realizzazione di una nuova passeggiata. L’area dedicata all’attuale mercato ittico verrà, invece, suddivisa in due parti: una destinata ad attività commerciali, direzionali ed espositive e l’altra destinata alla produzione di tecnologia avanzata. Triangolino e Madonnina Le novità della cantieristica riguardano essenzialmente il maggior numero di cantieri che avranno accesso allo specchio d’acqua. Diventeranno quindici e molti dei loro progetti sono già stati avviati, rientrando anche nel piano regolatore comunale. Nelle due aree troveranno spazio alcuni cantieri con possibilità di alloggio e varo. Via Coppino e strade adiacenti Via Coppino sarà prolungata di circa 120 metri e la parte finale avrà la forma di una T. A conclusione delle operazioni il nuovo porto potrà ospitare 1.500 imbarcazioni in più e avrà un nuovo approdo turistico in uno specchio d’acqua, di 25.000 metri quadrati, che ospiterà 520 natanti. Viabilità Per quanto riguarda la viabilità, l’asse di penetrazione previsto incontra le principali difficoltà nell’ultimo tratto, ancora da realizzare. Le soluzioni possibili che il Comune ha proposto alla cittadinanza sono tre, illustrate da un opuscolo inviato a tutti gli abitanti. Il progetto del nuovo porto di Viareggio è molto ambizioso e vuole trasformare la darsena della città in un punto di riferimento per barche di 133 lusso facendo concorrenza alle mecche dei megayacht, da Montecarlo alla Costa Smeralda. E nell’impresa è entrato anche il gruppo di Leonardo Ferragamo, che si è aggiudicato la gara per entrare nella società che realizzerà il nuovo porto con il pacchetto di minoranza del 48,41%. La quota rimanente è dell’1% della Società Viareggio Porto e per il resto del Comune. Il progetto prevede la realizzazione di due darsene separate. La prima è destinata a ormeggi per 579 scafi da 6 a 15 metri. La seconda, la Madonnina, progettata per 80 yacht di lusso sopra i 25 metri; il progetto di quest’area è firmato dall’architetto catalano Joan Busquets. I lavori dovrebbero iniziare ad inizio 2008. Il porto cambia immagine, nel suo futuro innovazione e grandi aspettative. Con la costruzione del nuovo porto turistico e lo sviluppo della diportistica, Viareggio si appresta ad accogliere le imbarcazioni in modo sempre più professionale ed adeguato alle esigenze dei nostri tempi. Riassumendo il progetto, il nuovo porto di Viareggio sarà costituito da un avanporto e da 6 darsene: La Nuova Darsena, completamente banchinata con fondali di 4.5 m adibita al traffico commerciale. La Darsena della Madonnina con fondali di 4,5m è riservata alle imbarcazioni da diporto. La Darsena Europa, completamente banchinata con fondali di 3.5 m destinata anch'essa alle imbarcazioni da diporto. 134 La Darsena Italia con fondali di 3 m è riservata in parte alle imbarcazioni da diporto e in parte ai cantieri navali. La Darsena Viareggio destinata ai motopescherecci. La presenza del personale di bordo Oltre le problematiche relative al coordinamento delle lavorazioni presenti nei cantieri in banchina, durante le operazioni di refitting su navi armate (con equipaggio), un ulteriore aspetto critico è dato dalla contemporanea presenza dell’equipaggio durante le lavorazioni stesse. Di tale aspetto se ne dovrà tener conto nell’elaborazione del Documento di Sicurezza individuando le misure atte a garantire la salute e la sicurezza del personale di bordo durante le lavorazioni. Molto spesso il personale di bordo partecipa all’esecuzione delle lavorazioni di refitting: in questo caso dovrà essere “individuato” come ditta esecutrice di lavori nel Documento di Sicurezza. La responsabilità diretta sulla tutela della salute e sicurezza del personale di bordo, durante le lavorazioni, è in ogni caso dell’Armatore e/o del Comandante dell’unità navale. Gli impianti elettrici Un altro aspetto estremamente critico durante le lavorazioni eseguite in banchina, è sicuramente l’utilizzo dell’impianto elettrico e non tanto per la posizione in acqua dell’imbarcazione ma per i diversi tipi di impianto elettrico che possono essere utilizzati durante le lavorazioni. 135 Infatti l’impianto elettrico dell’imbarcazione durante la navigazione è, solitamente, alimentato dai generatori di bordo con sistema di protezione contro contatti indiretti isolato verso terra (IT) la cui sicurezza è garantita dall’equipotenzialità fra tutte le masse e masse estranee e l’utilizzo di attrezzature elettriche in doppio isolamento (classe II); per tale sistema è fondamentale il controllo sia dell’equipotenzialità che del doppio isolamento: pertanto a bordo è presente un controllo sull’isolamento che segnala un eventuale guasto verso terra. L’equipotenzialità fa si che il primo guasto non rappresenti un pericolo, mentre un eventuale secondo guasto può far generare fenomeni di elettrocuzione; per tale motivo alla segnalazione del guasto, da parte del controllo sull’isolamento, si deve subito intervenire per individuare e eliminare la causa del guasto stesso. All’approdo in banchina durante le crociere, il generatore di bordo viene spento e l’imbarcazione è alimentata dall’impianto di banchina che ha un sistema di protezione TT; per la protezione il sistema rimane IT in quanto l’equipotenzialità di bordo non viene collegata alla terra di banchina. Le problematiche di sicurezza si manifestano quando la presenza in banchina è finalizzata all’esecuzione di lavorazioni; in tale situazione si può manifestare la contemporanea presenza di due sistemi di protezione: il sistema IT che garantisce la protezione per le attrezzature elettriche presenti a bordo ed il collegamento elettrico alla colonnina di banchina protetto con sistema terra/terra (TT) con presenza di impianto di messa a terra previsto dalle normative vigenti. Tale collegamento viene effettuato con l’ausilio di varie prolunghe per alimentare gli utensili e le attrezzature necessarie all’esecuzione dei lavori. 136 Allo scopo ridurre i possibili pericoli derivanti da tali problematiche, la USL 12 Viareggio ha dato chiare indicazioni sui sistemi di protezione contro i contatto indiretti da utilizzare durante le lavorazioni in banchina a seconda dei possibili casi. Tali indicazioni sono: Caso n° 1 Lavori con l’utilizzo dell’impianto dell’imbarcazione alimentato dal generatore di bordo Quadro banchina nessun collegamento • L’impianto deve essere protetto a monte da idonea protezione contro le sovracorrenti; • Ispezionare tutti i circuiti al fine di accertare che non vi siano dispersioni verso massa; • Utilizzo attrezzature a doppio isolamento (classe II); • Se si utilizzano attrezzature non in classe II queste devono essere collegate all’impianto di equipotenzialità; • Procedura di verifica periodica per accertare eventuali dispersioni verso massa. Caso n° 2 Lavori con l’utilizzo dell’impianto della nave alimentato dal quadro di banchina 137 Quadro banchina Se la connessione non modifica il sistema di protezione a bordo, si attua la procedura prevista ala caso n° 1. Quadro banchina Se la connessione trasforma il sistema di protezione contro i contatti indiretti di bordo da IT a TT (cosa assai rara) è obbligatorio il collegamento tra l’equipotenzialità di bordo e l’impianto di terra di banchina; avremo così un unico sistema TT. Caso n° 3 Lavori a bordo con utilizzo di attrezzature elettriche alimentate direttamente dalla banchina. In questo caso è indispensabile che non vi sia concomitanza tra i due sistemi di protezione; se si usa l’impianto di banchina per le attrezzature, va utilizzato anche per l’illuminazione ed i servizi di bordo, si collega l’equipotenzialità di bordo all’impianto di terra di banchine e si scollega l’alimentazione di bordo. 138 Quadro banchina Se si ha l’esigenza di collaudare l’impianto di bordo si procede nel seguente modo: • Si disattiva il collegamento elettrico dall’impianto di banchina; • Si scollega il collegamento tra l’equipotenzialità di bordo e l’impianto di terra di banchina in quanto su tale impianto potrebbe essere presente un guasto verso terra; • Si accende il generatore di bordo o si collega l’impianto di bordo alla banchina Quasi tutti gli utensili portatili (trapani, mole, levigatrici, ecc.) sono in classe II; in ogni caso la verifica si fa controllando l’etichetta presente sull’attrezzatura che deve riportare i seguenti simboli: 139 Simboli su apparecchiature elettriche a doppio isolamento Attrezzature e rischi In ogni caso, qualunque sia l’entità delle lavorazioni, la banchina non potrà mai diventare un ambiente produttivo quale è il cantiere; pertanto le grosse lavorazioni che necessitano di macchine operative, vengono effettuate in cantiere e poi si provvede a trasportare il lavorato alla banchina. Le attrezzature utilizzate durante i lavori in banchina sono, per lo più, utensili portatili alimentati a rete o a batteria. In virtù delle lavorazioni eseguite e delle attrezzature utilizzate, i rischi presenti sono poco rilevanti; infatti anche gli infortuni in banchina sono, fortunatamente abbastanza rari. I pochi infortuni che sono stati registrati durante le lavorazioni, sono stati comunque gravi, dovuti a fenomeni di elettrocuzione già trattati al punto precedente. Le lavorazioni sui piazzali Un aspetto estremamente preoccupante per la sicurezza, durante le lavorazioni di refitting e di manutenzione, è sicuramente il posizionamento in “secco” delle unità sui piazzali adiacenti le banchine per effettuare alcune lavorazioni come la preparazione alla verniciatura e la verniciatura delle unità. Non a caso in una situazione del genere, nel febbraio 2007, è stato registrato un infortunio mortale occorso ad un membro dell’equipaggio di una nave la cui opera morta doveva essere 140 verniciata. A creare pericoli per la sicurezza durante l’esecuzione dei lavori in tale situazione, oltre alla precarietà del luogo di lavoro, c’è sicuramente l’altezza che viene raggiunta, anche per unità non molto grandi, in quanto l’opera viva, quando la barca è in secco, contribuisce ad elevare di circa 2,5 mt l’altezza della barca. Questo comporta rischi di caduta da una altezza superiore a mt. 2 in tutti i punti calpestabili dell’unità e quindi l’adozione di misure di prevenzione e protezione. La poca permanenza della barca in secco, a volte, porta a trascurare tali misure rendendo estremamente pericoloso sia l’accesso che gli spostamenti a bordo. Va anche ricordato che le unità più piccole, in base alla normativa Europea che stabilisce i criteri costruttivi, hanno i parapetti di bordo di altezza inferiore a 1 mt e quindi non rispondenti alle normative di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro. Queste situazioni di pericolo rendono necessarie sia un’opera di sensibilizzazione sui concessionari delle banchine e dei piazzali adiacenti affinché esercitano una azione di controllo sull’operato degli utilizzatori degli spazi che una costante presenza in vigilanza dell’Autorità Marittima e dell’azienda USL. 141 Manutenzione a secco di un motopesca 142 10 LE PROVE A MARE Le prove a mare su imbarcazioni nuove e in manutenzione e/o garanzia sono disciplinate, in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro, dal titolo III del D. L.vo 272/99 che obbliga il datore di lavoro all’elaborazione di un Documento di Sicurezza (rif. art. 4 comma 2 D. L.vo 626/94) che contenga anche: • L’individuazione delle situazioni di emergenza ed i relativi piani predisposti; • La descrizione della situazione degli alloggiamenti e dei servizi igienico - assistenziali. Tale norma legislativa è stata promulgata su recepimento di una Direttiva Comunitaria che trova come campo di applicazione la nave e per tale unità è stata concepita. Finora genericamente si è definita la costruzione navale imbarcazione; in realtà, in ambito delle unità da diporto, la Legge 50 del 11/02/71 definisce le unità in base alla loro lunghezza. Natante da diporto I natanti da diporto sono unità: • a remi; • con lunghezza pari od inferiore a 10 m; I natanti non sono soggetti all’obbligo d’iscrizione nei registri presso gli Uffici deputati dello Stato, né a quello del possesso della licenza di navigazione e del certificato di sicurezza. 143 Ciò non toglie che chi lo desidera o ne ha necessità, possa iscrivere il natante; in questo caso, il mezzo è immatricolato nel registro delle imbarcazioni da diporto e di queste segue il regime giuridico. I natanti da diporto hanno dei limiti di navigazione in base al tipo e all’esistenza o meno della “marcatura CE”. In deroga, i natanti non marcati CE che effettuano allenamento o sono invitati a manifestazioni sportive, possono navigare senza alcun limite dalla costa. La stessa deroga è applicata ai natanti marcati CE, previa apposita autorizzazione della competente Autorità Marittima. Le manifestazioni sportive, preventivamente comunicate alle autorità competenti, individuate dalla normativa sono quelle organizzate dalla Lega Navale Italiana, dalla Federazione Italiana Vela, dalla Federazione Italiana Motonautica e dai circoli nautici affiliati alle predette federazioni. Il numero delle persone trasportabili a bordo dei natanti con marcatura CE è indicata nel “manuale del proprietario”, mentre per quelli non marcati CE è riportato nel certificato di omologazione rilasciato dall’Ente tecnico oppure è quello indicato nell’art. 13 del citato Regolamento recante norme di sicurezza per la navigazione da diporto. Imbarcazione da diporto Le imbarcazioni da diporto sono tutte le costruzioni destinate alla navigazione da diporto che hanno una lunghezza dello scafo compresa fra 10,01 e 24 m. Queste unità sono soggette all’obbligo dell’iscrizione e del possesso della licenza di navigazione e del certificato di sicurezza. L’iscrizione deve essere registrata presso le Capitanerie di porto, o gli uffici circondariali marittimi, oppure gli uffici provinciali del 144 Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici autorizzati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Le imbarcazioni da diporto devono esporre la bandiera nazionale e sono contraddistinte dalla sigla d’identificazione. I limiti di navigazione delle imbarcazioni da diporto dipendono dalla categoria di progettazione se marcati CE, ovvero, per quelle non marcate CE, entro 6 miglia o senza limite in base alle caratteristiche di costruzione e lo stato di navigabilità, come riportato sulla licenza di navigazione. Anche per le imbarcazioni da diporto valgono le deroghe enunciate per i natanti da diporto. Nave da diporto A questa categoria appartengono tutte le unità da diporto con lunghezza dello scafo superiore a 24 m. Anche per le navi da diporto sono obbligatori la registrazione e il possesso della licenza di navigazione e del certificato di sicurezza per navigare. I registri d’iscrizione delle navi da diporto si trovano solo presso le Capitanerie di porto. Le navi da diporto devono esporre la bandiera nazionale e sono contraddistinte dalla sigla d’identificazione Gli adempimenti per le prove a mare Sulla base della definizione di nave da diporto e del campo di applicazione del D. L.vo 272/99 che riporta il termine generico di “nave” senza specificare la sua destinazione, nelle prove a mare effettuate su 145 yachts di lunghezza superiore a 24 mt. (intorno ai 78 piedi) si applica il titolo III del decreto stesso. Oltre al documento di sicurezza, all’art. 54, il Decreto obbliga il datore di lavoro a provvedere circa composizione, sistemazione logistica e formazione dell’equipaggio, verifica dell’integrità e dell’efficienza degli impianti e dei mezzi di sicurezza di bordo ed un controllo accurato dei mezzi di salvataggio. Il punto più controverso nell’applicazione è quello che prevede la presenza a bordo di un medico e di un infermiere, di dotazioni mediche, medicinali ecc. Sicuramente tale punto (comma d) è stato inserito nella norma considerando navi mercantili e simili di grande dimensioni che stanno in prova per parecchio tempo; le prove a mare effettuate sui mega-yacht durano poche ore, al massimo mezza giornata, quindi la presenza contemporanea del medico e dell’infermiere può sembrare una misura preventiva eccessiva; in ogni caso la norma lo prevede ed è compito dell’Autorità Marittima e dell’Azienda USL verificarne la corretta applicazione. Anche per quanto riguarda i rischi presenti durante le prove a mare, si può tranquillamente affermare che sono quasi inesistenti per quanto riguarda la sicurezza; dal 2000 ad oggi, dopo più di 1000 uscite per prove in mare, non si ha notizie di un infortunio avvenuto a bordo durante tali prove. Vi sono eventualmente due tipologie di rischi per la salute delle persone esposte e riguardano: 146 • esposizione a rumore del personale presente in sala macchine per i controllo e la registrazioni degli apparati propulsivi; • esposizione a radiazioni elettromagnetiche, nella cabina di pilotaggio, per la presenza di apparecchiature radar ed altre apparecchiature di controllo; • l’esposizione a vapori di sostanze nocive che si possono liberare, in sala macchina e nei locali tecnici, al primo riscaldamento sopra i 100 °C di tubazioni coibentate con materiali sintetici. Per quanto riguarda l’esposizione a rumore, l’Azienda USL 12 Viareggio negli ultimi mesi del 2006, ha effettuate delle misure in sala macchina di una nave in vetroresina della lunghezza di 45 mt i cui risultati verranno pubblicati a breve. Per le altre due tipologie di rischio, saranno programmati interventi per valutare l’entità dell’esposizione dei lavoratori. 147 11 L’OSSERVATORIO INFORTUNI Premessa I dati sono raccolti presso il PISLL in modo sistematico ed integrati tramite confronto con le informazioni INAIL e riguardano tutti i casi di infortunio sul lavoro denunciati per i quali sia stato redatto un primo certificato medico di infortunio. La distribuzione degli infortuni in relazione alla gravità è fatta sulla base della prima prognosi di infortunio e non sulla durata totale dell’assenza dal lavoro per infortunio. Fonti informative dell’Osservatorio Infortuni condiviso Primo certificato medico redatto dal Pronto Soccorso (P.S.) Ospedale Versilia, da PP.SS. di altre UUSSLL, da medici di famiglia, copia della denuncia di infortunio INAIL, resoconto mensile infortuni redatto dalle aziende del settore estrattivo, notizie tratte dalla cronaca locale. Definizioni in uso all’Osservatorio Infortuni condiviso per la classificazione degli infortuni sul lavoro. Infortuni prevenibili Eventi lesivi di interesse dal punto di vista della prevenzione nei luoghi di lavoro, che possono essere stati determinati dalla carenza di adeguati standard di sicurezza nell’ambiente di lavoro, da omessa cautela o vigilanza o rispetto di norme, da modalità operative scorrette o incaute. 148 Infortuni non prevenibili Eventi lesivi che non rispondono ai criteri sopra riportati (ad esempio gli infortuni da traffico veicolare, in itinere, le aggressioni subite sul lavoro da persone o animali, i malori presentatisi duranti il lavoro senza una specifica motivazione derivante dal lavoro, come un infarto acuto del miocardio). Per queste tipologie di infortuni i servizi di prevenzione USL non dispongono di misure di prevenzione tali da ridurne la gravità o il numero. Eventi infortunistici in cantieristica 2000/2006 Con la denominazione di nautica da diporto si intende non solo la produzione di scafi in ferro, lega leggera o vetroresina (VTR), ma anche una parte delle attività di allestimento. Il settore, dal punto di vista dell’accadimento degli infortuni, è stato suddiviso in “attività della cantieristica in ferro e lega leggera” ed “attività della cantieristica in VTR e legno”. Nella tabella sono raccolti gli infortuni prevenibili del periodo 2000 – 2006 in entrambi gli ambiti, differenziati per colore, ed il confronto con gli infortuni prevenibili totali in Versilia dello stesso periodo. 149 PROGNOSI INFORTUNI Mortali Prognosi Riservata 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Gravi (=/>20 giorni) 4 2 5 11 8 6 6 4 – 19 giorni 9 77 42 10 35 69 8 56 64 13 52 69 3 60 68 12 52 83 14 52 87 Lievi (0 – 3 giorni) 36 28 19 28 22 19 15 23 31 35 32 29 17 27 5 3 5 3 1 3 2 4 3 14 1 0 5 2 200 181 206 209 191 197 205 6,5 6,2 6,9 7,2 6,6 7,2 7,2 Prognosi Sconosciuta INFORTUNI TOTALI % SUL TOTALE GENERALE In rosso i dati relativi alla vetroresina. L’infortunio più grave (prognosi riservata per folgorazione), accaduto presso uno dei cantieri di Viareggio ha riguardato, in realtà, non un lavoratore del cantiere ma un dipendente di una ditta di impianti elettrici. 150 Il lavoratore è rimasto folgorato mentre operava su un quadro elettrico a bordo di una imbarcazione in costruzione a causa dell’intempestivo riavvio della linea elettrica, in precedenza disattivata, proprio per dare modo al lavoratore di operare in condizioni di sicurezza. Dalle indagini di approfondimento, svolte dai tecnici di prevenzione della USL 12 Viareggio, sono emerse nel complesso gravi lacune nel sistema di predisposizione e di coordinamento di quella particolare attività di cantiere a carico sia della ditta committente che dell’appaltatrice in quanto, pur avendo organizzato l’operazione lavorativa in orario diverso dall’usuale (di sera, dopo le 18,30) proprio per poter lavorare in assenza di tensione elettrica, quella sera altre lavorazioni si svolgevano a bordo dopo le 19,00 e non sono state messe in atto le procedure di lavoro e le norme di buona tecnica previste dalle norme di prevenzione nel caso di attività lavorative da effettuarsi fuori tensione (diffusione della informazione sui lavori in corso mediante apposizione di cartelli, presidio costante o segregazione dell’organo di manovra, distacco fisico dei conduttori dai morsetti ecc.) o altro metodo idoneo ad evitare tragici disguidi. Gli interventi previsti dalla normativa di sicurezza avrebbero evitato l’attivazione intempestiva dell’energia elettrica, ad intervento lavorativo ancora in corso. 151 Per il resto, gli infortuni classificati come “gravi” (prima prognosi uguale o maggiore di 20 giorni) hanno mostrato le seguenti modalità di accadimento più frequenti: Modalità numero % sul totale dei casi gravi Caduta da scale fisse o a pioli, da 24 22 Caduta in piano, su barca o banchina 18 16 Uso di attrezzature o utensili 17 15 Colpito da materiale su mano o piede 15 13 Uso di attrezzi manuali (martello, pialla ecc.) Scivolamenti scendendo dall’imbarcazione Investito da materiale in lavorazione 10 9 6 5 5 4 Modalità varie 17 15 ponteggi 152 Dal 2000 al 2006 i Tecnici di Prevenzione hanno effettuato in questo settore 41 indagini di approfondimento a seguito di infortunio. Analisi degli infortuni Dall’analisi degli infortuni si nota che il rischio infortunistico di maggior rilevanza e quello legato alla caduta. Se sommiamo le cadute dall’alto (scale e ponteggi) sia alle cadute in piano che agli scivolamenti sull’imbarcazione raggiungiamo una percentuale non lontana alla metà degli infortuni gravi. Questo sicuramente è un dato allarmante circa la sicurezza nell’attività di produzione e allestimento di imbarcazioni da diporto in quanto gli eventi che hanno dato luogo ad infortuni gravi potevano creare danni ben superiori ai lavoratori. Non ingannino i dati relativi alle cadute in piano ed agli scivolamenti, molto spesso tali definizioni “nascondono” eventi causati da aperture nel suolo o cadute da ponti delle imbarcazioni. Quindi il maggior rischio di subire danni per infortunio in un cantiere navale, è legato alla caduta per cui il compito di maggior rilievo durante i sopralluoghi di vigilanza è accertare la messa in sicurezza dell’imbarcazione. Anche l’utilizzo di attrezzature manuali, elettriche e meccaniche comporta una buona percentuale di accadimenti (24%); se si tiene conto che la maggior parte di attrezzature utilizzate nelle lavorazioni è di recente produzione, quindi dotata delle protezioni previste dalle norme antinfortunistiche, l’alta percentuale di infortuni durante il loro utilizzo denota sicuramente problemi di formazione e addestramento. Per quanto riguarda gli infortuni da colpiture e 153 investimenti da materiale, molto spesso, sono da imputare a problemi organizzativi legati alle diverse attività che vengono svolte contemporaneamente nei cantieri e agli spazi ristretti a bordo. I dati si riferiscono agli anni che vanno dal 2000 al 2006; nel febbraio del 2007 va registrato, purtroppo, un incidente che ha provocato la morte di un marinaio extracomunitario. Anche se per quanto riguarda le modalità di accadimento sono ancora in corso indagini da parte dell’Autorità Giudiziaria, l’infortunio è da attribuire alla caduta dall’alto e quindi rientra nella tipologia più ricorrente per gli infortuni nel settore. 154 12 I LAVORATORI Fino ad ora è stata descritta una attività sicuramente interessante come la produzione di nautica da diporto ma si è preso poco in considerazione un aspetto molto importante: chi sono i lavoratori che fanno parte della filiera produttiva del comparto? La prima cosa da sottolineare è che quando si parla di lavoratori della nautica da diporto si parla di addetti con diversi gradi di specializzazione, di un frequente ricorso a lavoratori atipici, di migranti e di un considerevole turnover. È anche importante analizzare come si differenzi, tra i vari lavoratori, la percezione del rischio che l’effettuazione di una determinata attività, induce nell’individuo. Un’altra figura di lavoratore “speciale” inserito nel ciclo produttivo è il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) il cuoi ruolo necessita di varie considerazioni. Lavoratori ad alta specializzazione “Per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un'arte o una professione” questa definizione è riportata dal 1955 sul DPR 547 ed identifica in modo chiaro la figura del lavoratore qualunque sia il suo ruolo e la sua professionalità. 155 Il lavoratore è l’operaio, l’impiegato ed anche chi ricopre ruoli di dirigente se lo fa sotto dipendenza e direzione altrui. Infatti il dirigente è un lavoratore che molto spesso ha compiti ed obblighi “speciali”, ma è pur sempre un lavoratore Chiarito questo fondamentale concetto bisogna dividere i lavoratori per livello di specializzazione ed in questa parte ci interessa individuare i lavoratori ad alta specializzazione; per tale motivo è utile elencare le figure di lavoratori ad alta specializzazione presenti nel ciclo produttivo della cantieristica navale da diporto. Di questo elenco fanno sicuramente parte: • Dirigenti; • Progettisti; • Designers; • Comandanti di armamento; • Responsabili della sicurezza; • Capi cantiere, capi commesse e capi barche; Ma anche: • Tecnici gestione apparati di controllo; • Motoristi; • Manovratori di piazzale; • Subacquei. La caratteristica principale di tali figure è la ampia possibilità di scelta lavorativa che la forte crescita del mercato gli offre; si cambia cantiere non sulla base di una richiesta del lavoratore ma in virtù di offerte più vantaggiose ricevute. 156 Questi lavoratori oltre ad avere una alta professionalità hanno avuto anche un buon livello di formazione da parte delle aziende. Lavoratori di media specializzazione Di questa categoria di lavoratori fanno parte gli “operai specializzati”, ovvero quella manodopera capace di lavorare su alti standard qualitativi. A questa categoria lavorativa appartengono: • Tubisti; • Elettricisti; • Verniciatori; • Carpentieri metallici; • Saldatori; • Carpentieri in legno; • Falegnami; • Montatori di mobili; • Installatori di impianti tecnologici; • Coibentatori; • Posizionatori di coperte; • Tappezzieri; • Pontisti; • Ecc. I lavoratori che svolgono tali attività sono quelli meno esposti a turnover; di solito fanno parte di piccole aziende artigianali a gestione, per lo più, di tipo familiare. 157 Questo comporta, nella maggior parte dei casi, l’instaurazione di un rapporto interno di profonda conoscenza se non proprio amicizia, tra il datore di lavoro ed i lavoratori dipendenti. Nella maggior parte di queste aziende non trova una sua collocazione il sindacato e di conseguenza la figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ha un ruolo o marginale od addirittura di rappresentanza aziendale e non dei lavoratori. Di solito questi lavoratori hanno avuto un discreto percorso formativo. Lavoratori di bassa specializzazione Questa, come è facile intuire, è sicuramente la fascia di lavoratori più debole dove regna incontrastato il turnover in quanto i lavoratori manifestano una evidente insoddisfazione circa la loro occupazione e cercano una occupazione più qualificante. Per tale motivo, le aziende che occupano questa categoria di lavoratori investono poco o niente in formazione ed addestramento, affidando tali compiti al lavoratore più anziano in termini di anzianità lavorativa in azienda. Questi lavoratori necessitano di un’attenzione particolare da parte degli organi istituzionali. Tale attenzione deve servire ad assicurare ai lavoratori i livelli minimi di sicurezza e di tutela che un paese civile deve garantire a tutti. Si raccontano con insistenza, infatti, episodi di lavoro nero, di infortuni non denunciati e di stipendi realmente percepiti molto inferiori a quanto riportato in busta paga. 158 Questo aspetto riguarda anche i lavoratori atipici ed i migranti che, non a caso, nella maggior parte dei casi trovano collocazione nelle aziende che occupano questa categoria di lavoratori. Ma chi sono questi lavoratori? Sono: • Addetti alle pulizie; • Addetti alla laminazione della vetroresina; • Manovali di aziende di pontisti; • Stuccatori; • Addetti alla levigatura per la verniciatura; • Ecc. Forme di lavoro flessibile L’esigenza di nuove forme lavorative è stata presa in esame agli inizi del 1990, quando si è iniziato a parlare di forme di flessibilità dell’occupazione; nel 1997 la Legge Treu (Legge 24 giugno 1997, n.196) ha introdotto le prime tipologie di contratti lavorativi atipici presente sul mercato del lavoro in Italia. Sono definiti "atipici" coloro che hanno contratti di lavoro non standard rispetto ai contratti di lavoro subordinato standard, a tempo determinato o indeterminato e a pieno tempo, e alle tradizionali forme di lavoro autonomo. Il loro inquadramento attuale è definito dalla Legge 30/2003 “Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro” volgarmente conosciuta come Legge Biagi e dal D. L.vo 276/03 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 159 14 febbraio 2003, n. 30”. Il lavoratore può essere chiamato a prestare la sua opera con varie forme di rapporto di lavoro. a) Tempo indeterminato: è il rapporto di lavoro senza nessuna limitazione temporale. b) Tempo determinato: rapporto di lavoro con una scadenza dello stesso predeterminata all’atto dell’assunzione. L’assunzione a termine deve risultare da atto scritto. c) Lavoro temporaneo o interinale: le agenzie di lavoro temporaneo od interinale possono assumere dei lavoratori, a termine, comandandoli a prestare la propria opera presso altre imprese loro clienti. Al lavoratore, che dipende dall’agenzia interinale viene applicato il contratto di lavoro della azienda presso cui presta la propria opera. d) Lavoro intermittente:il lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa su chiamata, per esigenze individuate da contratti collettivi. Il lavoratore intermittente deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte. e) Lavoro ripartito: è un contratto mediante il quale due lavoratori sono obbligati in solido per una unica mansione lavorativa. Il lavoratore deve ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte. f) Apprendistato: vi sono tre tipologie di apprendistato con tre differenti finalità: 160 1) Apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione. É finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale, ha durata non superiore ai tre anni ed è rivolto a giovani che abbiano compiuto 15 anni. 2) Apprendistato professionalizzante. É finalizzato al conseguimento di una qualificazione attraverso la formazione e lavoro ed è rivolto ai soggetti di età compresa tra 18 e 29 anni, La durata è stabilita dai contratti collettivi e in ogni caso è compresa tra due e sei anni. 3) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. É finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, di titoli di studio universitari e di alta formazione. É rivolto a soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. La regolamentazione e la durata sono rimesse alle Regioni g) Contratto di inserimento: sostituisce il contratto di formazione e lavoro ed è finalizzato a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali, l’inserimento o il reinserimento lavorativo. É rivolto a : - giovani tra i 18 e i 29 anni, - disoccupati di lunga durata da 29 a 32 anni, - disoccupati con più di 50 anni, - lavoratori inattivi da almeno 2 anni, - donne residenti in aree con problemi di occupazione femminile, - persone affette da grave handicap fisico, mentale o psichico. Il contratto va stipulato in forma scritta e deve contenere l’indicazione del progetto individuale di inserimento. La durata può variare da 9 a 18 mesi, 161 compresa eventuale proroga, e può arrivare a 36 mesi per i lavoratori disabili. Il contratto non è rinnovabile con lo stesso lavoratore. I lavoratori assunti con contratto di inserimento sono esclusi dal computo ai fini dell’applicazione di leggi e contratti collettivi. L’inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore per più di due livelli a quello spettante per qualificazioni corrispondenti a quelle il cui contratto è finalizzato. h) Lavoro a progetto: (ex collaborazione coordinata e continuativa). In questo caso il lavoratore non è ne subordinato ne autonomo, presta la propria opera in maniera continuativa e coordinata a carattere personale e come collaborazione occasionale. Il lavoro deve essere riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato. i) Lavoro accessorio: può essere utilizzato per attività di natura meramente occasionale nei seguenti ambiti - piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; - insegnamento privato supplementare; - piccoli lavori di giardinaggio, di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti; - realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali e caritatevoli; 162 - collaborazioni con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi o di solidarietà. Tali attività sono considerate lavoro accessorio se non superano la durata complessiva di trenta giorni nel corso dell’anno solare e se, in ogni caso, non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro nel corso di un anno solare. Possono essere impegnati nel lavoro accessorio soltanto i seguenti soggetti considerati a rischio di esclusione sociale: - disoccupati da oltre un anno; - casalinghe, studenti e pensionati - disabili e soggetti in comunità di recupero; - lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro. l) Tempo pieno o parziale: il rapporto di lavoro può essere a “tempo pieno”, quindi con il monte ore lavorative massime previste nel contratto di lavoro, o “tempo parziale” con un monte ore ridotto che deve risultare dal contratto stesso. Ma chi sono i lavoratori “flessibili” che prestano la loro opera nei cantieri navali? Intanto il numero di lavoratori con questi tipi di contratto è abbastanza consistente, non ancora quantificato, ma stimabile intorno al 10 – 15%. La loro distribuzione ed il loro tipo di contratto è legata alla professionalità. Nei lavoratori ad alta specializzazione troveremo contratti di “lavoro a progetto” legati principalmente al livello formativo scolastico (laureati, diplomati). 163 Per quanto riguarda i lavoratori di media specializzazione le forme di lavoro flessibile più utilizzate sono l’apprendistato ed il contratto di inserimento in quanto essendo questa categoria meno “migratoria”, una volta conosciuto il lavoratore e riconosciuta la sua capacità di inserimento nel ciclo produttivo dell’azienda, la sua posizione sarà stabilizzata. Bisogna sempre ricordare che i lavoratori a media specializzazione sono quelli appartenenti ad aziende artigianali o comunque con un numero limitato di dipendenti e gestione di tipo familiare. Anche se più marginale, in questa categoria, si ricorre anche al lavoro interinale specializzato. Infatti le agenzie di lavoro interinale forniscono anche personale qualificato come saldatori, falegnami, elettricisti, ecc. In ogni caso il ricorso al lavoro interinale è molto utilizzato nelle aziende che occupano lavoratori di bassa specializzazione e questo rappresenta un altro motivo che contribuisce a rendere estremamente debole la categoria. Fra le nuove tipologie contrattuali dovute alla flessibilità introdotte dalla Legge 30, vi è anche il distacco. L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Il distacco consiste quindi in una modificazione delle modalità di svolgimento della prestazione del lavoratore ("distaccato"), che, sulla base 164 della decisione datoriale ("distaccante"), svolge la propria opera a favore di un terzo soggetto ("distaccatario") stabilito dal datore di lavoro, senza che per questo si produca effetto novativo, ovvero che il precedente rapporto sia estinto e ne sorga uno nuovo. Questa disciplina contrattuale è tuttora utilizzata per un consistente numero di lavoratori ex SEC (Società Esercizio Cantieri), che è stata chiusa alcuni anni fa. In pratica le aree adiacenti al porto di Viareggio su cui prestava la propria attività il cantiere SEC, denominate DR1 e DR11, sono state date in concessione ad un consorzio di aziende che ha fondato la Polo Nautico scpa ed ha assorbito gli ex dipendenti SEC. Questa società ha presentato un progetto di riqualificazione delle aree con la costruzione di alcuni capannoni destinati alla produzione di nautica da diporto. Contestualmente, una volta terminate le opere strutturali ed avviata la produzione, si frazionava l’unica concessione (Polo Nautico) in concessioni individuali tra le aziende facenti parte del consorzio che si impegnavano ad assorbire il personale del SEC. Nella fase intermedia, cioè l’inizio di attività nei capannoni i lavoratori ancora dipendenti della Polo Nautico, prestano la propria attività alle dipendenze dei vari soci in regime di distacco. Questa situazione abbastanza anomala ha portato forti tensioni tra lavoratori e aziende consorziate con scioperi, presidi ed altre forme di protesta. 165 Lavoratori migranti Parlare di lavoratori migranti impiegati nel ciclo produttivo della cantieristica da diporto non è compito facile in quanto significa parlare di lavoratori di diversa provenienza, di diversa professionalità e con diverse aspettative lavorative. Iniziamo a cercare di chiarire chi sono i migranti che lavorano nel settore. Provenienza Ci sono settori produttivi che sono caratterizzati dalla presenza di migranti provenienti dalla stessa nazione e/o area geografica. Il tessile dell’area pratese è pressoché monopolizzato dalla presenza di lavoratori cinesi; nell’edilizia è marcata la presenza di lavoratori rumeni e dell’area balcanica; nel commercio ambulante vie è un forte incremento di lavoratori cinesi e del nord africa. Nella cantieristica da diporto non vi sono alte concentrazioni di lavoratori che esercitano una determinata lavorazione; la diffusione dei lavoratori migranti è a “macchia di leopardo”. Fa eccezione la presenza di lavoratori indiani, cingalesi e pachistani nella laminazione degli scafi in vetroresina. Questa elevata frammentazione sia etnica che di tipo di lavorazioni non fa altro che aumentare i disagi legati alla presenza dei lavoratori migranti ed al loro inserimento in una attività complessa come un cantiere navale. Ed i disagio maggiore è sicuramente legato alla conoscenza delle varie lingue dei lavoratori ed il loro rapporto con una lingua difficile e complessa come l’italiano. Questo problema riguarda tutte le professionalità. 166 Professionalità Anche questo è un aspetto molto importante nell’analizzare la presenza di migranti nei cantieri della darsena viareggina. Ci sono lavoratori ad alta specializzazione, la cui provenienza è principalmente legata a paesi ricchi quali Francia, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti, Sud Africa, Nuova Zelanda, Australia ecc. che comunque si inseriscono, a volte anche marginalmente, in un processo produttivo complesso, possono trovare le stesse difficoltà che hanno lavoratori a media e bassa professionalità provenienti dall’Europa dell’est, dall’Africa e dall’Asia. Quello che sicuramente differenzia queste categorie di migranti è l’aspetto economico e le aspettative lavorative. Aspettative lavorative Questo è un aspetto fondamentale che riguarda tutti i lavoratori ma a maggior ragione i migranti; ed è fondamentale rispondere ad una domanda che sembra banale: perché si lavora? Dare la giusta risposta a questa domanda è fondamentale per alcune questioni molto dibattute quali produttività e sicurezza. E la risposta sta nello stimolo che avvicina il migrante, come qualsiasi altro lavoratore, ad esercitare un’attività: motivazioni professionali, motivazioni economiche e motivazioni legali. Sicuramente il lavoratore migrante e non che esercita una “professione” con profonda motivazione avrà meno problemi di inserimento andandosi ad integrare nel sistema produttivo con notevole riconoscimento economico. 167 La stessa posizione non può essere attribuita al migrante che esercita un “lavoro” solo per mantenere una famiglia lontana ed avere il permesso di soggiorno; questo lavoratore si sentirà al margine del sistema produttivo e accetterà lavori poco gratificanti. Io credo che serva un grosso impegno di tutti i soggetti presenti nella produzione di nautica da diporto affinché venga ridotta la percezione che lavoratori migranti od atipici hanno di esercitare un lavoro poco edificante. Più si riuscirà a gratificare queste categorie di lavoratori più crescerà anche la loro cultura della sicurezza sentendosi parte attiva di un sistema che produce e distribuisce ricchezza. Turnover Il turnover è un fenomeno in continua crescita in tutto il sistema produttivo mondiale. Il bisogno di garantire competitività ha introdotto nuove forme di lavoro flessibile con minori garanzie per i lavoratori. Questo fenomeno ha portato i lavoratori a cercare forme di lavoro più stabili ed a un posto di lavoro che va a stabilizzarsi corrisponde un nuovo inserimento di un precario. Sulla base di ciò si può ben capire come il turnover da esigenza dell’azienda (rinnovo della forza lavoro) è diventato esigenza del lavoratore (un lavoro più stabile); si sono invertiti i ruoli. Questo fenomeno è maggiore quanto più basso è il livello professione degli addetti; quindi tale fenomeno è presente soprattutto nei lavoratori atipici e nei migranti. 168 A dire il vero, nella cantieristica da diporto, vi è anche un turnover, per così dire, di elite che interessa lavoratori super specializzati; ma questo tipo di fenomeno non crea grossi problemi. Problemi che sono estremamente presenti nel turnover di atipici e migranti e che riguardano l’addestramento, l’informazione e la formazione. Fino a qualche anno fa i cantieri navali viareggini erano per lo più imprese artigiane che producevano imbarcazioni con ritmi artigianali. Ora le realtà sono profondamente cambiate, i ritmi si sono “industrializzati” e le imprese artigiane presenti nella produzione hanno poco tempo da destinare ad addestramento, informazione e formazione a scapito sicuramente della sicurezza del neo assunto. La percezione del rischio Spesso si parla di percezione del rischio sul posto di lavoro; credo che si debba usare un altro termine: consapevolezza. Questo è un passaggio fondamentale quando si affronta il comportamento dei lavoratori in situazione di potenziale rischio per la propria sicurezza e salute. Il termine percezione è la funzione psicologica tramite la quale la coscienza dell’individuo organizza le informazioni provenienti dalle sensazioni che prova. Lo stesso individuo diventa consapevole quando è stato e messo al corrente di qualche cosa ed utilizza la propria conoscenza per determinare il proprio comportamento. 169 Per semplificare, la percezione è un fattore rilevatore che, per la maggior parte dei casi, comporta una reazione istintiva mentre la consapevolezza comporta una reazione determinata dal grado di conoscenza. Quindi lo sforzo che deve essere fatto è quello di aumentare il grado di conoscenza dei lavoratori attraverso una idonea ed efficace azione di informazione e formazione. Ad un lavoratore adeguatamente informato e formato sui rischi legati alla sua mansione ed al luogo dove l’esercita, potremmo dire tranquillamente che è consapevole dei rischi che sta correndo; questo comporterà l’adozione di provvedimenti sanzionatori se tali rischi dipendono dal suo comportamento inadeguato. I Rappresentanti dei Lavoratori Il Decreto Legislativo 626/94 ha portato profonde alla legislazione per la salute e la sicurezza dei lavoratori. L’innovazione più importante introdotta dal decreto, è l’obbligo da parte del datore di lavoro di valutare i rischi presenti in azienda con l’aiuto di una organizzazione composta dal datore di lavoro stesso, dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione, dai dirigenti e preposti, dal medico competente, dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, dagli addetti all’antincendio ed al pronto soccorso e dai vari consulenti. Queste figure hanno ricoperto il nuovo ruolo più o meno compiutamente e nella maggior parte dei casi c’è stata una crescita sia formativa che di ruolo nel settore della sicurezza. La maggior parte, ma non tutti. Chi è cresciuto poco, interpretando in modo limitato il proprio ruolo, è il rappresentante dei lavoratori per la 170 sicurezza (RLS). Nel settore della cantieristica da diporto, la USL 12 ha contato più di cento RLS presenti con due situazioni tipiche: • RLS estremamente “aziendale” nominato di fatto dal datore di lavoro per adempiere ad un obbligo legislativo, che non svolgerà il proprio compito di controllo e segnalazione e non sarà altro che un preposto alla sicurezza del datore di lavoro. • RLS estremamente sindacalizzato designato dalla base sindacale dell’azienda, spesso facente parte la rappresentanza sindacale aziendale (RSU) poco formato in materia di sicurezza. Il ruolo di rappresentanza, nella maggior parte dei casi, viene utilizzato per rivendicazioni sindacali e smarrisce il ruolo di controllo e segnalazione per ricoprire un ruolo prettamente sindacale. Tranne alcune eccezioni, la figura di RLS, non riesce a decollare nella cantieristica viareggina, come, in generale, in tutto il mondo produttivo. Questa figura è determinante per migliorare le condizioni di sicurezza dei lavoratori e, per tale motivo, si dovrebbe occupare esclusivamente di ciò lasciando ad altri i compiti di trattative economiche e contrattuali. Sul perché questa fondamentale figura non decolli deve essere motivo di una seria critica da parte di tutti: parti sociali e pubblica amministrazione compreso i servizi PISLL delle ASL. Qualcosa non è andato per il verso giusto ed è necessario riformulare in modo chiaro ruolo e compiti del RLS affinché diventi parte attiva e propositiva della sicurezza aziendale; per tale motivo è indispensabile una campagna informativa da parte di parti sociali e pubblica amministrazione. 171 13 MIGLIORARE LA SICUREZZA All’interno di una unità produttiva (cantiere) è presente una organizzazione aziendale formata da datore di lavoro, dirigenti, consulenti, capi produzione e lavoratori ed una seconda organizzazione produttiva che oltre alle figure sopra riportate, ha anche datori di lavoro, preposti e lavoratori delle ditte che eseguono lavorazioni in appalto presso il cantiere. La costruzione (unità navale) è progettata dall’organizzazione aziendale propria del cantiere e realizzata dall’organizzazione produttiva più complessa che comprende le ditte in appalto; questo comporta uno sforzo progettuale e di programmazione importante. La progettazione e la programmazione devono tener conto dei possibili rischi per la sicurezza; una volta progettata l’unità navale e programmata la sua costruzione, si deve procedere all’elaborazione di procedure che garantiscano un elevato standard costruttivo ed un elevato standard di sicurezza durante l’esecuzione dei lavori massimizzando la promozione del coordinamento. Tra l’altro la modifica all’art. 7 del D. L.vo 626/94, di cui si tratta nel capitolo successivo, stabilisce la quantificazione dei costi per l’esecuzione in sicurezza dei lavori affidati in appalto. Sulla base di ciò è indispensabile che, al momento della contrattazione e del successivo affidamento dei lavori, il committente fornisca alle aziende appaltatrici chiare informazioni sul progetto, sulla programmazione delle lavorazioni e sulle procedure per l’effettuazione delle stesse in modo che sia possibile stabilire anche i costi necessari a garantire la sicurezza. 172 Una volta affidati i lavori ad un prezzo ritenuto equo da entrambi i soggetti (appaltante e appaltatrice), si deve passare alla condivisione di programmazione e procedure, da parte di tutta l’organizzazione produttiva (cantiere e aziende in appalto). In questa fase è fondamentale che avvenga anche una informazione reciproca tra le varie ditte in appalto su rischi, misure di prevenzione, di protezione ed organizzazione delle stesse. Quanto sopra esposto rappresenta il “Coordinamento” ed è fondamentale non solo per garantire la salute e la sicurezza durante le lavorazioni ma anche per elevare la qualità della costruzione. Quelle sopra descritte sono operazioni di pianificazione che, per essere applicate, necessitano di un controllo sulla produzione. Questo è il punto chiave: il sistema di controllo deve essere unico sia per gli standard qualitativi produttivi che per gli standard di prevenzione della salute e della sicurezza degli esposti. Il Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale (SPP) deve lasciare le funzioni di controllo sulla sicurezza ai preposti del cantiere che si coordineranno con i preposti delle varie aziende coinvolte nei lavori; il compito del SPP deve essere di consulenza e supporto ai preposti stessi. Quindi il preposto deve avere un ruolo centrale e fondamentale sia per la produzione che per l’applicazione delle misure di prevenzione. Oltre alla pianificazione organizzativa, vi sono aspetti tecnico strutturali che, se migliorati, contribuiranno sicuramente a migliorare produzione e sicurezza: 173 • Interventi di bonifica ambientale con immissione di aria pulita e climatizzata nella fase di costruzione di scafi, coperte e sovrastrutture in vetroresina; • Costruzione di cabine di verniciatura che vadano a sostituire le attuali strutture precarie erette provvisoriamente sui piazzali adiacenti le banchine portuali; • Aspirazioni efficaci alla sorgente per le polveri nocive; • Pulizia dei locali. Nel primo caso questo tipo di intervento, oltre a ridurre notevolmente l’esposizione degli addetti, garantirebbe una temperatura controllata del processo di laminazione indispensabile per la qualità del manufatto. Infatti gli standard qualitativi del processo di laminazione, secondo gli enti di certificazione mondiali della nautica, prevedono che lo stesso avvenga ad una temperatura tra i 18 ed i 28 °C: tale temperatura viene registrata, nelle nostre zone, per 6 / 7 mesi. Nel restante periodo si lavora a temperature più basse (inverno) con notevoli problemi di rallentamento del processo di polimerizzazione o più alte (giugno – agosto) con problemi di accelerazione del processo stesso. Per quanto riguarda la costruzione di cabine di verniciatura, oltre ad eliminare i pericoli per la sicurezza dovuti alla precarietà dei luoghi attualmente utilizzati, garantirebbe l’effettuazione delle verniciature in ambienti chiusi, controllati e quindi andrebbe ad incidere positivamente sulla qualità della verniciatura stessa. Il mercato continua a crescere; è necessario che cresca anche l’organizzazione e migliori la dotazione strutturale delle aziende. 174 Le aziende, sullo slancio della crescita del mercato, negli ultimi anni hanno investito molto sia come organizzazione che come strutture; occorrono alcuni ulteriori passi per poter fare quel salto di qualità che la filiera produttiva merita; altri distretti produttivi ci stanno “minacciando” con la loro produzione e Viareggio non può perdere la leadership nella nautica su cui l’economia non solo della Versilia ma di tutta la parte costiera della Toscana nord conta per garantire crescita e posti di lavoro. Il ruolo dei preposti Si descriveva il ruolo centrale per qualità produttiva e sicurezza dei preposti; per evitare possibili interpretazioni errate è bene chiarire quale dovrebbe essere tale ruolo. Questo chiarimento si rende necessario perché la figura del preposto, qualunque sia il termine utilizzato per la sua individuazione nel cantiere (capo-cantiere, capo-commessa, capo-barca), viene spesso impropriamente utilizzata, come parafulmine per proteggere il Datore di Lavoro da possibili rischi di procedimenti penali a seguito di interventi dell’organo di vigilanza (USL) per ispezioni ed infortuni. In alcuni casi il preposto ha una delega al controllo della sicurezza e, nello stesso tempo, è incentivato come capo-produzione, con premi in caso di rispetto o miglioramento dei tempi di produzione. In questa situazione può diventare inconciliabile il controllo dell’applicazione delle misure di prevenzione e protezione con la fretta di finire la costruzione. 175 A ciò si aggiunge la poca formazione in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro che attualmente ha la figura del preposto e la sua professionalità spostata prevalentemente sul prodotto. La soluzione possibile è sicuramente una campagna informativa, formativa e di sensibilizzazione di tale figura. La USL ha il diritto-dovere di promuovere e partecipare a tali campagne al fine di verificare la correttezza del messaggio dato. Il preposto deve poter svolgere, senza ricatti economici, i compiti di controllo con autonomia e responsabilità, diventando di fatto, all’interno del cantiere, un direttore dei lavori ed un coordinatore per la sicurezza a bordo ed in cantiere. Anche qui c’è molto da lavorare; fortunatamente la maggior parte dei cantieri ha recepito tali esigenze formative ed alcuni si stanno organizzando per la progettazione di azioni formative che vedranno la partecipazione ed il coinvolgimento della USL 12 Viareggio. La formazione Il bisogno formativo del comparto produttivo non si limita ai preposti dei cantieri; vi è una rilevante carenza di formazione sulla sicurezza nei datori di lavoro, nei preposti e nei lavoratori delle ditte appaltatrici. Ciò è determinato principalmente da tre fattori: • Scarsa sensibilizzazione; • Turnover; • Problemi economici. 176 Scarsa sensibilizzazione La cantieristica a Viareggio ha subito una evoluzione che ha trasformato aziende di navalmeccanica fortemente sindacalizzate e sensibili alle problematiche di sicurezza in aziende di nautica da diporto, soprattutto in vetroresina, con pochi lavoratori dipendenti e spesso privi di una struttura sindacale interna. Queste situazioni hanno sfaldato la componente sindacale e reso difficile la sensibilizzazione dei lavoratori al bisogno formativo sui rischi per la salute e la sicurezza a cui sono esposti durante le lavorazioni. Di conseguenza anche la domanda formativa ne ha risentito. Tale situazione si sta modificando in quanto la riqualificazione dell’area ex SEC ed il passaggio dei lavoratori navalmeccanici impegnati in quell’area nei cantieri di nautica da diporto operanti nella Polo Nautico ha ridato forza e visibilità al sindacato sui temi della sicurezza e salute sul lavoro. La presenza attiva delle parti sociali è fondamentale nello sviluppo di progetti formativi. Turnover Nel settore vi è un grosso movimento migratorio tra ditte che lavorano in appalto, dovuto principalmente, ad esigenze salariali, contratti atipici e situazioni lavorative estremamente disagevoli. Come già detto abbiamo due gruppi di lavoratori: • Dipendenti ad alto e medio profilo professionale; 177 • Dipendenti di aziende a basso profilo professionale, atipici e migranti. Mentre per il primo gruppo il fenomeno turnover è assai limitato, per il secondo tale fenomeno si registra in modo rilevante; del secondo gruppo fanno parte le aziende che svolgono attività come la resinatura, la preparazione alla verniciatura, i pontisti, il facchinaggio, le pulizie, ecc. Proprio in queste attività si verifica la maggior parte degli eventi infortunistici che a volte, per la precarietà del posto di lavoro, non vengono nemmeno denunciati. Proprio in queste attività si presume che avremo la maggiore incidenza di malattie professionali. Problemi economici Parlare di problemi economici in un settore che cresce e produce beni di lusso, sembra una assurdità. Eppure ci sono aziende che lavorano con margini economici che rendono impossibile investire in formazione. Le lavorazioni eseguite da tali aziende sono sempre quelle a basso profilo professionale e il fenomeno del sub-appalto selvaggio è presente ed in espansione. Ecco un altro aspetto sul quale i cantieri devono intervenire in modo serio e deciso se vogliamo migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori: tendere a limitare il fenomeno del sub-appalto. 178 Una volta raggiunto questo obbiettivo avremo un aumento di risorse economiche che le aziende in appalto potranno e dovranno utilizzare per formare e qualificare i lavoratori. La gestione delle emergenze Organizzare e gestire l’emergenze in un cantiere navale, dove la maggior parte delle lavorazioni sono eseguite da ditte esterne, è un compito estremamente difficile. A renderla ancora più complicata ci sono altri fattori quali: • Nell’ambiente di lavoro (cantiere) ci sono altri ambienti (costruzioni navali); • Questi altri ambienti hanno locali angusti nei quali possono trovarsi lavoratori difficilmente raggiungibili e contattabili; • Nei cantieri e sulle costruzioni vi è una considerevole presenza di lavoratori stranieri; • È complesso ed oneroso garantire la gestione dell’emergenza durante le operazioni effettuate fuori del normale orario produttivo che, spesso, sono le più pericolose. Tutto questo comporta una accurata progettazione della gestione dell’emergenza; l’attività di cantiere navale è soggetta al controllo dei Vigili del Fuoco e pertanto deve essere elaborato un piano per la gestione delle emergenze, devono essere individuati lavoratori formati ed addestrati alla gestione delle emergenze e devono essere effettuate prove sull’efficienza ed efficacia di quanto è stato pianificato. 179 Quelli ora descritti sono gli obblighi normativi applicabili in una normale unità produttiva ma non sufficienti per gestire le eventuali emergenze in un cantiere navale. Tutto questo va integrato con un ruolo fondamentale per i preposti del cantiere e delle ditte in appalto che hanno l’obbligo di conoscere la situazione del cantiere e della costruzione navale; si deve poter raggiungere tutti i dipendenti a bordo e per far ciò è necessario che si conosca la loro presenza e la loro posizione in cantiere o sulla barca. La segnalazione delle eventuali emergenze deve essere visibile e udibile per tutti; per tale motivo deve essere previsto un sistema allertante sia ottico che sonoro. La gestione delle emergenze nelle lavorazioni effettuate fuori il normale orario del cantiere è un altro aspetto di grande rilevanza. Premesso che è fondamentale che lavorazioni come la verniciatura e la resinatura vengano effettuate quando non vi sono altri lavoratori ad esclusione di chi le effettua e, quindi è necessario che l’organizzazione del cantiere le preveda negli orari in cui la produzione viene sospesa (dopo le 18, il sabato pomeriggio e la domenica), resta l’aspetto fondamentale di garantire la gestione dell’emergenza anche in tali orari e giorni, durante l’effettuazione di tali lavorazioni. La domanda che è stata spesso posta riguarda al chi deve garantire tale gestione. Sicuramente le aziende che effettuano tali attività dovranno avere presenti addetti adeguatamente formati soprattutto in virtù del rischio di incendio ed esplosione presente durante le lavorazioni per l’utilizzo di solventi. 180 Però la sola presenza di addetti delle aziende in appalto non è sufficiente a garantire la gestione delle emergenze in quanto si rende necessaria anche la presenza di una squadra di emergenza del cantiere che possa intervenire in virtù della conoscenza del cantiere e dei sistemi di protezione presenti. Quindi l’organizzazione del cantiere deve provvedere a far eseguire lavorazioni incompatibili fuori dal normale orario di lavoro ma deve anche garantire la presenza di una squadra di emergenza durante l’esecuzione di tali lavorazioni. Gli stranieri Si è affrontato il tema della formazione e quello della gestione delle emergenze: sono due aspetti importantissimi per migliorare la sicurezza; questi aspetti vanno affrontati e pianificati tenendo in considerazione la presenza di lavoratori stranieri con difficoltà dovute principalmente alla conoscenza della lingua italiana. Queste difficoltà possono essere superate in due modi: insegnamento della lingua ai lavoratori stranieri o formazione e informazione redatta in varie lingue al fine di essere comprensibile per tutti i lavoratori. Sicuramente la seconda soluzione è quella di maggior effetto che sicuramente darà i risultati più immediati. Durante le lavorazioni, le imbarcazioni spesso si trasformano in “Torri di Babele” con presenza di lavoratori stranieri migranti,ma anche rappresentati degli organismi di certificazione, rappresentanti degli armatori, comandanti, marinai e comunque persone che debbono avere la 181 giusta informazione soprattutto circa le modalità di gestione delle emergenze. Diventa importantissimo che la cartellonistica di emergenza, presente sia a bordo che in cantiere, sia redatta in modo che possa essere recepita da tutti. Non solo, anche l’informazione, le procedure, i piani di emergenza, ecc. dovranno essere redatti in modo da renderli comprensibili a tutti i lavoratori e le persone presenti perché la sicurezza non ha confini in quanto è una tutela alla salute che deve essere garantita a tutti come sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana. Extracomunitari in una fase di lavoro atipico 182 14 NUOVI OBBLIGHI DI TUTELA DELLA SICUREZZA E SALUTE DEI LAVORATORI La legge 123/2007 Fin dalla riforma del sistema sanitario nazionale, legge 833 del 1978, con la quale le competenze riguardo l’igiene e sicurezza del lavoro passavano dall’Ispettorato del Lavoro alle costituende USL, il legislatore prevedeva in breve tempo di dover formalizzare un testo unico di norme che regolassero la materia. Successivamente diverse commissioni della Camera e del Senato auspicavano l’introduzione di tale testo, definendo anche una serie di contenuti della stesso. Nel 2003, l’esecutivo del governo Berlusconi formalizzava una prima versione di tale complessa normativa che veniva però bocciata da parte sia del Consiglio di Stato che da parte delle Regioni, oltre che dalle associazioni sindacali dei lavoratori. Il testo venne così ritirato e la delega del parlamento al governo decadde. Recentemente il perdurare di tristi eventi, quali una media di tre lavoratori quotidianamente oggetto d’infortunio mortale, hanno portato le più alte cariche dello Stato, oltre che il Santo Padre, a rilanciare lo sdegno per questa situazione, pertanto il parlamento si è fatto carico di riprendere in mano la stesura di un Testo Unico che rivedesse in modo armonico e moderno l’ampia e complessa normativa che discendendo da principi costituzionali regolasse gli aspetti dell’igiene e sicurezza del lavoro. 183 Nell’agosto 2007, è stata promulgata la legge 123 al cui interno erano previsti i tempi ed i criteri a cui il governo doveva attenersi nella formulazione del Testo Unico ma anche una serie di norme entrate in vigore nell’immediatezza. All’articolo 1 della legge viene definita la delega al governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro. Tale articolo è composto da 7 commi molto corposi, tra cui quello che prevedeva che, entro 9 mesi (prorogabili di altri tre) il governo avrebbe dovuto adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Il 30 aprile 2008 è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale, il D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, i cui criteri e contenuti del Testo Unico possono essere sintetizzati negli argomenti seguenti: - Generale riordino dell’intera normativa vigente; - Estensione delle tutele a tutte le tipologie di rischio e a tutti i lavoratori, subordinati, autonomi e ad essi equiparati; - Razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e penale con inasprimento delle ammende; - Ridefinizione dei ruoli e responsabilità dei vari attori della prevenzione compresi i preposti; 184 - Spazio alla applicazione dei Sistemi di Gestione della Sicurezza che mettono in pratica i principi del risk management; - Possibilità per il sindacato di costituirsi parte civile nei processi, riconoscimento del ruolo centrale del sindacato e valorizzazione degli organismi paritetici; - Coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza; - Modifica del criterio del massimo ribasso d’asta per l’assegnazione degli appalti pubblici; - Rafforzamento del principio della responsabilità solidale fra appaltante e appaltatore; - Semplificazione delle procedure per le piccole e medie (PMI). Analisi di alcune novità normative Le innovazioni da segnalare nel testo del nuovo decreto, in parte anticipate dalla Legge 123, possono essere suddivise nei seguenti macroargomenti: - disposizioni per il contrasto del lavoro nero e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori; - appalti, subappalti; - la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, applicazione del D.Lgs 231/2001; - abrogazione della normativa previdente e trasposizione dei contenuti della stessa nei titoli del decreto di nuova emanazione. 185 Tralasciando, in questa sede, la trattazione esaustiva dei contenuti del D.Lgs. 81/2008, in relazione ai rischi connessi agli appalti nel comparto della cantieristica, appare importante riportare alcune annotazioni relative alla gestione delle interferenze ed al documento ad essa collegato (cosiddetto documento unico di valutazione dei rischi di interferenze) 186 Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI) La reale innovazione del D. Lgs. 81/08 è quella introdotta dall’art. 26, i cui contenuti ricalcano l’art. 7 de D. Lgs. 626/94 s.m.i. “Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento …elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare le interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o d’opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.” Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI) deve essere scritto prima del contratto, altrimenti non si comprende come possa essere allegato allo stesso, ed è il modo con cui il committente promuove la cooperazione ed il coordinamento tra le varie imprese partecipanti alla realizzazione dell’opera in regime di appalto o contratto d’opera. Con le modifiche introdotte dalla nuova normativa, le cose cambiano radicalmente rispetto al passato. Il primo aspetto da evidenziare, che in qualche modo ratifica lo stato dell’arte, è quello di stabilire che le informazioni sui rischi e le regole di sicurezza devono essere messe per iscritto. Il datore di lavoro committente, inoltre, diventa il responsabile unico del documento e, di conseguenza, il principale artefice del coordinamento cui spetta l’individuazione delle interferenze e delle relative misure per eliminarle. 187 Con il termine “interferenze” appare plausibile riferirsi a situazioni generate da attività lavorative svolte in un medesimo luogo di lavoro. Con l’espressione “eliminare le interferenze” pare condivisibile che il legislatore abbia inteso riferirsi a quelle generanti rischi lavorativi aggiuntivi rispetto a quelli specifici propri di un’attività, avendo comunque presente che le diverse attività lavorative possono interferire tra loro senza che da ciò derivino ulteriori rischi per i lavoratori. L’indicazione contenuta nel DUVRI delle misure adottate “per eliminare le interferenze” deve essere letta alla luce del principio generale di cui all’art. 15 del D.Lgs. 81/08 (Misure generali di tutela), secondo il quale anche i “rischi da interferenze”, al pari di ogni altro rischio lavorativo, devono essere oggetto di “eliminazione in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico o, ove ciò non è possibile”, di “riduzione al minimo”. Le misure tecniche, organizzative, e procedurali definite dal committente devono essere applicate dagli appaltatori, mentre il committente deve verificarne tramite azioni di coordinamento, il loro puntuale rispetto. Il datore di lavoro committente, in quanto responsabile del documento, anche utilizzando le informazioni provenienti dalle ditte in appalto, deve valutare: - i rischi propri dell’ambiente di lavoro; - i rischi introdotti dalle ditte in appalto; 188 - eventuali rischi derivanti dalle interferenze; quindi definire in modo armonizzato le misure di sicurezza da adottare e fare adottare. Un altro aspetto importante per capire come deve essere organizzato e gestito il documento unico, deriva dal fatto che questo deve essere allegato al contratto. Due sono gli aspetti da evidenziare. Innanzitutto, essendo un documento che viene sottoscritto unitamente al contratto, risulta evidente l’impegno delle ditte in appalto a rispettare le regole stabilite dal committente; in quanto se non le ritenessero appropriate dovrebbero chiedere una modifica o una integrazione prima della firma del contratto stesso. La seconda questione è: come realizzare un documento tecnico leggibile che sia davvero di aiuto a tutti i lavoratori. Sicuramente deve contenere una analisi chiara dei rischi e una precisa descrizione delle misure, senza essere prolisso e deve risultare sufficientemente stabile nel tempo per evitare di ingenerare confusione. In sostanza, l’utilità è legata alla concreta possibilità di utilizzare il documento direttamente per la informazione e formazione dei lavoratori interessati, senza ulteriori mediazioni che risulterebbero difficili da gestire. Quindi lunghezza, livello di dettaglio, linguaggio e modalità comunicative devono essere adeguate, quanto meno per le parti tecnico / operative di interesse dei lavoratori. Il documento unico, potrebbe essere costituito come segue: 189 1. una sezione strettamente procedurale (organizzativa) dove si definiscono ruoli, responsabilità, flussi informativi, modalità di gestione delle anomalie, documentazione ecc. 2. uno o due allegati inerenti i rischi dell’ambiente di lavoro del committente e i rischi introdotti dalle ditte (con relative misure di sicurezza); 3. un allegato riguardante i rischi derivanti dalle interferenze fra committente e ditte e fra ditte e ditte (con relative misure di sicurezza); 4. un cronoprogramma dei lavori che consenta a chi deve coordinare quotidianamente le lavorazioni (preposto/capo barca del cantiere assieme ai responsabili delle ditte in appalto) di aver chiare le operazioni che saranno svolte ed evidenziate le fasi di lavoro incompatibili. L’indice potrebbe essere costituito da: - identificazione e descrizione dell’opera; - individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza; - individuazione, analisi e valutazione dei rischi; - individuazione delle scelte progettuali ed organizzative; - indicazioni di eventuali procedure di lavoro; - individuazione delle interferenze; - indicazione delle misure preventive e protettive adottate; 190 - indicazione delle misure di coordinamento e cooperazione adottate; - indicazione del tipo di organizzazione per la gestione delle emergenze; - cronoprogramma delle lavorazioni; - indicazione dei costi della sicurezza. Avere un documento unico, stabile per tutta la durata del contratto, è ammissibile se esiste (definita nella procedura) una modalità chiara di gestione del coordinamento settimanale o quotidiano. È opportuno ricordare che, chi pianifica le attività delle ditte sulla base delle esigenze lavorative, deve effettuare anche il coordinamento (analisi delle interferenze effettivamente presenti, definizione delle misure previste dal manuale da adottare in quel periodo di tempo ecc.) per il periodo di competenza. A questo fine potrebbe essere utile redigere un mini cronoprogramma (magari utilizzando il metodo GANTT) per la giornata o per la settimana. Ogni ditta sarà responsabile (ovviamente) di avvertire e chiedere la autorizzazione, qualora si renda necessario variare il programma dei lavori. Inoltre, almeno nella fase iniziale di analisi dei rischi, potrebbe assumere notevole importanza il software analizzato e denominato “GES.SI.CA”. In ogni caso, il DUVRI si configura quale strumento dinamico il cui contenuto, a seguito della stipula del/dei contratti e dell‘avvio dei lavori, deve essere revisionato e aggiornato costantemente ad ogni eventuale mutamento dei rischi da interferenze indotto da variazioni contrattuali, 191 produttive e/o organizzative, intervenute in qualsiasi momento nei rapporti tra committente e appaltatori/lavoratori autonomi. Riguardo, infine, all’ipotesi in cui il contratto d’appalto o d’opera siano stipulati in forma non scritta, è da ritenere che il DUVRI possa essere allegato a qualunque documento idoneo ad individuare il contratto (ad es. la conferma d’ordine). Tale elaborazione, tuttavia, non risulta inclusa tra i compiti del datore di lavoro dei quali l’art. 17 comma 1, del D.Lgs. 81/08 esclude espressamente la delegabilità. È da ritenere, pertanto, che il documento possa essere redatto e sottoscritto da un soggetto delegato dal datore di lavoro. Ultimo punto: vigilanza e supporto. Il DUVRI può essere considerato come una sorta di “sistema di gestione della sicurezza” anche se di piccola entità, la cui efficacia è connessa alla effettiva applicabilità delle misure organizzative e tecniche definite ed alla volontà dei lavoratori di seguire le regole stabilite. Non si può pensare di definire un set di regole (non semplici) sperando poi che si applichino da sole. È evidente che occorrerà vigilare, ma anche mettere a disposizione dei lavoratori principalmente coinvolti (preposti del committente, capi squadra delle ditte) un supporto specialistico (in materia di sicurezza) che li aiuti a superare le situazioni di dubbio / incertezza. Si tratta quindi di inserire, nella parte procedurale cui si accennava, anche una opportuna organizzazione di vigilanza e supporto che abbia le risorse e i poteri adeguati. Il coordinamento è importante anche nella gestione delle situazioni di emergenza e sull’effettuazione delle prove di evacuazione, indispensabili per validare i piani di emergenza elaborati dalle aziende. 192 I costi della sicurezza La norma non indica espressamente quale tipologia di costi debba essere specificamente indicata nei contratti di appalto e subappalto. In proposito, sussistono plausibili ragioni per ritenere che l’obbligo di tale indicazione riguardi essenzialmente i rischi derivanti dalle interferenze tra le attività oggetto dell’appalto/subappalto e le altre attività svolte nel medesimo luogo di lavoro. In effetti, alla luce dei contenuti del DUVRI – che , come detto, riguardano l’analisi dei soli rischi da interferenze e la determinazione delle misure prevenzionali per la loro eliminazione o riduzione al minimo - devono in via di principio ritenersi esclusi dal novero dei costi di sicurezza imputabili all’opera appaltata - e, come tali, da non indicare in contratto - quelli generali, comunque obbligatori per il datore di lavoro appaltatore o subappaltatore ai sensi di legge (DPI, formazione, informazione, sorveglianza sanitaria, spese amministrative, ecc.), fatti salvi eventuali costi ulteriori di sicurezza derivanti da misure “generali” integrative (ad es. DPI particolari, formazione aggiuntiva, ecc.) che fossero rese necessarie dalla specificità delle lavorazioni oggetto dell’appalto/subappalto. Da una lettura letterale della norma, si può affermare che i costi a cui ci si riferisce, e che dovranno essere allegati al contratto di appalto, sono tutti quelli previsti nell’ambito dell’appalto, senza alcuna distinzione tra quelli dell’appaltante e quelli degli appaltatori. 193 Questo implica che si possono individuare almeno tre tipologie di “costi della sicurezza”: - i costi della sicurezza che ciascun appaltatore affronterà per garantire la sicurezza del proprio personale, rientranti nel cosiddetto “rischio d’impresa” (costi ex lege); - i costi della sicurezza che ciascun appaltatore ed il committente affronteranno per garantire la sicurezza del relativo personale dai rischi interferenziali derivanti dall’esecuzione dei lavori all’interno dell’azienda (costi contrattuali); - costi che il committente affronterà per garantire azioni di coordinamento e di dotazione degli apprestamenti da mettere a disposizione dei propri operatori ma anche dei lavoratori delle ditte in appalto. L’altro aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dal fatto che la questione dei costi della sicurezza in ambito dei cantieri edili è stata già ampiamente dibattuta e per la loro definizione si può fare riferimento al vecchio DPR 222/2003 (ora Allegato XV p.to 4 del D. Lgs. 81/08) ed anche alle linee guida redatte dal Coordinamento Tecnico delle Regioni e delle Province Autonome della prevenzione nei luoghi di lavoro. Tenendo conto dei principi contenuti nei documenti suddetti, i costi della sicurezza possono essere così distinti: - costi della sicurezza contrattuali; - costi della sicurezza ex lege. I primi riconosciuti all’appaltatore dall’appaltante, si riferiscono a tutti gli apprestamenti, attrezzature, infrastrutture e mezzi di protezione che fanno riferimento alla specifica modalità di lavoro per erogare la prestazione 194 lavorativa specifica di quell’appalto e non alle modalità ordinarie di esecuzione dei lavori. In pratica questi rappresentano un vincolo contrattuale cui l’impresa è legata a dare compimento, in quanto sono costi previsti per dar corso all’appalto medesimo; e per essi non è proponibile alcuna sorta di azione di ribasso. I costi della sicurezza ex lege si riferiscono ai costi che un datore di lavoro è tenuto a sostenere in quanto “imprenditore” e come tale soggetto chiamato a rispettare i contenuti normativi inerenti l’igiene e sicurezza dei propri dipendenti, nell’ordinarietà delle attività svolte dall’impresa a prescindere da quanto previsto nel singolo appalto. In tali costi possono rientrare le spese per i DPI , la formazione, l’informazione dei lavoratori che indipendentemente dallo specifico appalto il datore di lavoro deve fornire e garantire ai propri dipendenti. Nella pratica, pertanto, agli appaltatori verranno riconosciuti i “costi della sicurezza contrattuali” per intero, non essendo eticamente corretta alcuna azione di ribasso, mentre i “costi della sicurezza ex lege” vengono anch’essi resi all’impresa, in quanto inclusi in seno alle voci di costo della produzione e quindi inglobati nell’offerta per l’appalto. A parere di chi scrive, in considerazione del fatto che una serie di costi contrattuali possono mutare a seconda delle scelte fatte all’interno del documento unico di valutazione per le interferenze, pare ovvio che la 195 migliore definizione si potrà avere soltanto quando gli appaltatori abbiano preso visione di tale documento. 196 Analisi riferita al contesto della cantieristica viareggina La nuova organizzazione del lavoro della cantieristica navale, cosiddetto “Modello Viareggio”, dove pochi dipendenti del cantiere madre organizzano e controllano lo svolgimento dei lavori di centinaia di operai di ditte esterne in appalto, comporta problematiche inerenti l’igiene del lavoro, con esposizioni indebite dei lavoratori ai rischi derivanti dalle diverse lavorazioni che vengono effettuate contemporaneamente nello stesso ambiente, e problematiche di sicurezza (come dimostrano i dati sugli infortuni, evidenziati dall’osservatorio infortuni del U.F. P.I.S.L.L.), per la compresenza di lavoratori, apparecchiature, macchinari ecc. che fanno capo a direzioni diverse ed a modalità organizzative estremamente variabili. Tali complessità esigono un elevato livello di coordinamento fra i diversi soggetti coinvolti nell’organizzazione lavorativa. Oltre ai documenti formali, si devono mettere in atto reali procedure operative e di coordinamento, che siano rese note a tutti i lavoratori e che prendano in considerazione anche le situazioni meno usuali che si possono verificare durante il corso delle lavorazioni. Inoltre, il coordinamento è importante anche nella gestione delle situazioni di emergenza e sull’effettuazione delle prove di evacuazione, indispensabili per validare i piani di emergenza elaborati dalle aziende. Con le novità introdotte dalla legge 123/07, recepite nel decreto legislativo 81/08, si delineano possibilità di prevenzione diverse rispetto al passato, tali possibilità sono date dalla corretta applicazione del 197 “nuovo” articolo sui contratti di appalto e contratti d’opera e dall’applicazione dei modelli di gestione e controllo previsti dal D. Lgs. 231/01. Le riflessioni debbono partire dalla definizione di coordinamento e cooperazione tratte dalla giurisprudenza (sentenza Cass. Penale sez. IV n° 31459 del 20/09/2002): COORDINARE significa “collegare razionalmente le varie fasi dell’attività in corso, in modo da evitare disaccordi, sovrapposizioni, intralci che possono accrescere notevolmente i pericoli per tutti coloro che operano nel medesimo ambiente”. COOPERARE è qualcosa di più, perché vuol dire “contribuire attivamente, dall’una e dall’altra parte, a predisporre ed applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie”. Rispetto alla questione del coordinamento, un ulteriore contributo ad una migliore definizione delle modalità di espletamento dello stesso, è dato dall’emanazione del citato D. Lgs. 81/08, in quanto l’art. 28 (oggetto della valutazione dei rischi), prevede l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; 198 In sintesi, viene ad assumere una particolare rilevanza la stesura del DUVRI che deve fornire non valutazioni formali ma “regole del gioco” ben precise e basate su una serie di valutazioni stringenti, rispetto alle fasi di lavoro, alle ditte in appalto che le compiono e le reali misure, sia tecniche che organizzative, da mettere in atto. L’applicazione, inoltre, dei modelli ex D. Lgs. 231/01 implica la definizione di regole e responsabilità che sino ad oggi non risultavano oggetto di esplicitazione. Da quanto sopra, discendono alcuni quesiti. - L’applicazione coordinata del DUVRI e dei modelli ex D. Lgs. 231/01 come inciderà sulla scelta delle aziende a cui il cantiere madre intende affidare l’appalto? Sicuramente dovrà esservi una sorta di selezione basata, non soltanto, sui costi dell’appalto, ma anche sulla valutazione delle capacità di queste di far fronte alle regole definite dal committente nel DUVRI (ad es. in riferimento alle attrezzature di lavoro, alla formazione particolare che i dipendenti di quella azienda dovranno avere o alla possibilità che alcune lavorazioni siano effettuate in orari particolari). - L’applicazione coordinata del DUVRI e dei modelli ex D. Lgs. 231/01 che riflessi avrà sulle responsabilità, il ruolo, nonché la formazione dei preposti/capi barca dei cantieri madre? 199 Questi soggetti dovranno essere messi in grado di svolgere le proprie funzioni, garantendo non soltanto il rispetto dei tempi di produzione ma anche l’effettivo espletamento della funzione di controllo che la normativa ha sempre assegnato loro, ma che forse l’operatività quotidiana ed il loro livello di consapevolezza in materia di sicurezza, non rendeva così evidenti. In pratica, saranno loro a verificare quotidianamente le “regole del gioco” definite dalle direzioni di cantiere, ma se non saranno messi nelle condizione di farle rispettare, stante alle previsioni del D. Lgs. 231/01, gli stessi vertici aziendali potranno andare incontro a pesantissime sanzioni. Nell’ambito dei corsi di formazione specifici previsti all’art. 37 del D.Lgs. 81/08, per i preposti, non sarà sufficiente l’insegnamento di argomenti tecnici e/o normativi, ma sarà necessario prevedere un percorso che modifichi il modo di approcciarsi ai lavoratori da loro controllati, per renderli soggetti qualificati a svolgere il ruolo di cui sono investiti. - Come dovrà essere modificata l’organizzazione aziendale ed i rapporti tra le varie parti della stessa, per rendere sia il DUVRI che i modelli ex D. Lgs. 231/01, documenti “dinamici” nell’ambito della realizzazione dell’imbarcazione? Certamente anche l’organizzazione aziendale dovrà modificarsi, non sarà più possibile che soltanto gli uffici amministrativi deputati alla stesura dei contratti di appalto, siano gli unici regolamentatori 200 della materia, su questa dovranno poter esprimere i loro pareri (vincolanti??) anche i soggetti del circuito della prevenzione aziendali sia interni che esterni (RSPP, RLS, medico competente). L’organizzazione dovrà prevedere momenti di confronto tra i vari soggetti chiamati in gioco e, quindi, delineare flussi relazionali specifici oltre all’impatto che avrà sulla stessa le azioni dell’organismo di vigilanza ex dei modelli ex D. Lgs. 231/01. - Quale impatto avranno la formulazione e la verifica delle “procedure di lavoro/protocolli” che il nuovo sistema renderà praticamente cogenti? Anche questo sarà un impatto notevole sull’organizzazione complessiva del cantiere, in quanto dovrà essere stabilito chi li formalizza, chi li autorizza, chi li controlla (questo è più semplice perché è materia del preposto/capo barca) e come. Ovviamente tutte queste procedure creeranno un circuito d’informazioni che i vari soggetti, con il loro livello di responsabilità, dovranno governare, ma prima ancora organizzare, non dimenticando i rapporti con l’organismo di vigilanza ex D. Lgs. 231/01. È prevedibile, che questo comporterà un “ingessamento” del modo di lavorare che modificherà radicalmente quello attuale, con la probabile conseguenza dell’allungamento dei tempi di produzione. 201 - Quanto fin qui detto, come inciderà sulle lavorazioni previste in banchina o nei piazzali? Pare evidente che il DUVRI sarà un documento aggiuntivo al documento di valutazione dei rischi previsto dal D. Lgs. 272/99, il quale a sua volta non potrà non tenere di conto di alcune eventuali procedure previste dal DUVRI. I contenuti del DUVRI dovranno trovare applicazione anche nei piazzali. Concludendo, è possibile affermare che l’introduzione di poche righe in una norma di legge, avranno un enorme impatto sia sulla organizzazione del lavoro che sulla sicurezza dello stesso, anche se questo in un organizzazione come quella definita “Modello Viareggio” potrà essere oggettivamente complesso e sicuramente dovrà impiegare le migliori risorse intellettuali e operative del settore, magari pensando a sperimentazioni singole e cercando di replicarle. Se ciò non accadesse sarebbe andata persa l’opportunità di fare, realmente, del lavoro una fonte di sostentamento anziché una fonte di rischio che espone i vari soggetti con ruoli di responsabilità, a rispondere davanti alla legge del loro operato. 202 BIBLIOGRAFIA • AGENZIA EUROPEA PER LA SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO – LA NAUTICA DA DIPORTO • MUSEO DELLA MARINERIA DI VIAREGGIO • WWW.WIKIPEDIA.IT • PROVINCIA DI LUCCA – INVEST IN LUCCA • DELLA FACOLTA DI ECONOMIA UNIVERSITÀ DI PISA – RICERCA SUL DISTRETTO DI VIAREGGIO DELLA NAUTICA DA DIPORTO ANNO 2005 • IL SOLE 24 ORE – RICERCA SULLA REDDITTIVITÀ DELLE AZIENDE ITALIANE ANNO 2004 • AZIENDA USL 12 VIAREGGIO – BANCA DATI PRODUZIONE DIPORTO • ISPESL – PROFILI DI RISCHIO COSTRUZIONI IMBARCAZIONI IN METALLO • AMERICAN CONFERENCE OF GOVERNMENTAL INDUSTRIAL HYGIENISTS (ACGIH) – VALORI LIMITE ESPOSIZIONE A STIRENE; • AZIENDA USL 12 VIAREGGIO – ATTI CONVEGNO “RISCHI E BONIFICHE • REGIONE TOSCANA – ATTI CONVEGNO “LA COSTA TOSCANA: SALUTE E NELLA COSTRUZIONE DI IMBARCAZIONI IN VETRORESINA” 1992 SICUREZZA NEI PORTI, NEI CANTIERI E NELLA PESCA” 2005 • ISPESL – PROFILI DI RISCHIO NELL’ALLESTIMENTO IMBARCAZIONI DA DIPORTO IN METALLO • AZIENDA USL 12 VIAREGGIO – BANCA DATI LAVORAZIONI IN BANCHINA • AZIENDA USL 12 VIAREGGIO – LINEE GUIDA UTILIZZO IMPIANTO ELETTRICO DURANTE LE LAVORAZIONI IN BANCHINA • AZIENDA USL 12 VIAREGGIO E INAIL VIAREGGIO – OSSERVATORIO INFORTUNI SUL LAVORO 203