LA COSTRUZIONE DI YACHTS E
MEGAYACHTS
IL MODELLO VIAREGGIO
ASPETTI DI PREVENZIONE
a cura di
Luciano Del Corto
Orbene poi che noi fummo discesi alla nave ed al mare, per prima cosa al mare
divino spingemmo la nave, e nella nera nave ponemmo albero e vele, e prese le
bestie, su le facemmo salire, e noi stessi montammo angosciati versando pianto
copioso.
Allora dietro la nave dalla prora turchina Circe dai bei capelli, terribile dea
cantatrice, a noi favorevole vento mandava che gonfia le vele, compagno
eccellente. E noi dopo avere disposto lungo la nave ogni singolo attrezzo,
stavamo a sedere; ed il vento e il pilota guidavan la nave.
Di essa, che andava sul mare, per tutto il giorno le vele eran state distese. Il sole
s’immerse e tutte le strade s’empivano d’ombra, ed essa giungeva ai confini là
dove scorre con l’acque profonde l’Oceano.
Omero, X secolo a.C
2
Questa pubblicazione è stata resa possibile per il lavoro e la preziosa
collaborazione di:
CARLO GRANCHI e LIDO MORICONI per la descrizione del ciclo
produttivo della costruzione e dell’allestimento di imbarcazioni da
diporto in ferro e lega leggera;
ENRICO GALILEO CATELANI per la descrizione del ciclo produttivo
della costruzione imbarcazioni in vetroresina;
PAOLO SACCARDI per i dati di igiene industriale;
LUCIA BRAMANTI per i dati sugli infortuni;
ROBERTO IACOMETTI per l’analisi della Legge 123 del 2007;
MARIA ROSARIA LIBONE per la veste grafica e letteraria;
SABRINA POLITI per la correzione dei testi;
RITA ANSUINI per il coordinamento.
Si ringraziano l’Azienda USL 12 Viareggio, l’Amministrazione
Provinciale di Lucca e la HPM Divisione Nautica per il contributo
alla realizzazione della pubblicazione.
3
PREMESSA
Il servizio di prevenzione nei luoghi di lavoro dell’azienda USL, in
Versilia, ha sempre effettuato attività importanti di controllo e vigilanza
nei cantieri navali, fin dalla sua istituzione. Prima del 1982 esisteva a
Viareggio un analogo servizio che non disponeva dei poteri di vigilanza
(allora di competenza dell’Ispettorato del Lavoro), ma effettuava indagini
di igiene industriale e sanitarie su richiesta delle parti sociali, per
promuovere migliori condizioni di lavoro.
Negli anni ‘88 – ‘90 fu realizzato un piano mirato di intervento nella
cantieristica in ferro viareggina che portò alla redazione di un manuale
sulla sicurezza e l’igiene delle lavorazioni, alla realizzazione di numerosi
corsi di formazione per gli operai di cantiere e i preposti/capisquadra e ad
un convegno di rilevanza nazionale che servì a fare il punto sulle
lavorazioni di cantiere e la protezione della salute e della sicurezza dei
lavoratori.
Negli anni ’90 – ‘92 fu realizzato un analogo piano mirato di intervento
nella cantieristica da diporto in vetroresina, culminato anch’esso in un
convegno di rilevanza nazionale “Rischi e bonifiche nella costruzione di
imbarcazioni in vetroresina”.
Da allora i due grossi cantieri di costruzione di imbarcazioni in ferro di
tipo commerciale hanno cessato l’attività; è rimasta e si è sviluppata
vertiginosamente la produzione di imbarcazioni da diporto di alta qualità.
In particolare si è sviluppata la produzione di grandi imbarcazioni da
diporto di lusso che sono un’importante fonte di esportazione: l’Italia è il
maggiore produttore mondiale di megayacht, il comprensorio di
4
Viareggio è maggior produttore italiano e rappresenta anche un “marchio
internazionale di qualità”.
Quindi la cantieristica navale da diporto è un polo produttivo importante
e coinvolge una significativa quota di popolazione lavorativa, impegnata
sia direttamente che nell’indotto.
La produzione avviene con il preponderante apporto di ditte in appalto:
l’organizzazione produttiva prevede un cantiere madre (nel 2005 ne
avevamo censiti n. 38) che sovrintende e coordina le lavorazioni e un
numero rilevante di ditte specializzate nell’effettuare una fase specifica di
lavoro, nell’allestire impianti tecnici e accessori e nel realizzare
arredamenti e finiture (circa n. 700 ditte in appalto).
Malgrado le trasformazioni produttive intercorse, una “certa cultura della
prevenzione” è presente nelle aziende anche come risultato dell’attività
pubblica di promozione, controllo e vigilanza. I risultati conseguiti
sembrano però ancora instabili per effetto della mutevolezza dei luoghi di
lavoro (ogni imbarcazione è un nuovo cantiere di lavoro da organizzare e
mantenere in sicurezza), dell’incombere continuo delle scadenze di
consegna e soprattutto per l’ingresso in produzione di una percentuale
rilevante di ditte d’appalto e di mano d’opera sempre nuovi.
In questo quadro riteniamo utile pubblicare un lavoro messo a punto dal
Dott. Luciano Del Corto (tecnico di prevenzione dell’U.F. PISLL) in
occasione della sua tesi di laurea. Per la pubblicazione il testo della tesi è
stato revisionato, aggiornato e ampliato con il contributo del Servizio
PISLL.
Si tratta di una analisi del comparto produttivo rispetto ai rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori alla luce dell’esperienza complessiva
5
maturata in tanti anni di attività del servizio pubblico; può risultare utile
per diffondere la cultura della prevenzione in cantiere tra gli studenti
delle scuole tecniche che guardano ai cantieri come sbocco professionale,
tra i lavoratori del comparto che ricoprono un ruolo tecnico dirigente, tra
i Rappresentanti dei Lavoratori per la sicurezza, tra chiunque, non avendo
una conoscenza professionale specifica, voglia sapere di prevenzione nei
cantieri navali di Viareggio.
Il lavoro si articola in quattordici capitoli che trattano la descrizione del
contesto produttivo, le fasi lavorative con i rischi ad esse collegati, i
problemi di coordinamento delle attività ed alcune caratteristiche proprie
del distretto produttivo come le lavorazioni a banchina.
Alcuni aspetti sono stati trattati con una particolare attenzione e
riguardano l’esposizione a stirene durante la costruzione di scafi, coperte
e sovrastrutture e alcuni aspetti dell’organizzazione del lavoro.
Nel volume si analizzano anche le figure dei lavoratori partecipi alla
filiera produttiva e le novità introdotte dalla legge 123 del 2008.
6
INDICE
INTRODUZIONE
1
10
IL DISTRETTO PRODUTTIVO DI VIAREGGIO ..............................
Cenni storici
Produzione
Costruzioni in metallo e lega leggera
Costruzioni in vetroresina ed altro materiale composito
Costruzioni in legno
Allestimento
Indotto
Dimensioni occupazionali
Capacità produttiva
Mercato
Filiera produttiva
15
16
17
17
18
18
19
20
22
23
25
2
LA COSTRUZIONE DI IMBARCAZIONI IN
METALLO.........................................................................................................
Descrizione ciclo produttivo
Attrezzature utilizzate
Rischi presenti
Misure di prevenzione e protezione
28
32
32
33
3
COSTRUZIONI IN VETRORESINA ED ALTRI
COMPOSITI......................................................................................................
Descrizione ciclo produttivo
Costruzione del manichino
Costruzione stampo
Laminazione
Assemblaggio
Carrozzeria
Attrezzature utilizzate
Rischi presenti
Solventi
Misure di prevenzione e protezione
4
37
37
39
42
44
45
46
47
49
54
IL RISCHIO STIRENE ............................................................................
7
Indagini di igiene industriale in Versilia
Studi per ridurre l’esposizione a stirene
Resine a basso contenuto di stirene
Infusione sottovuoto
Impianti di aspirazione
Trasporto tra cantieri
Trasporto su gomma
Trasporto via mare
Trasporto su gomma e mare
Trasporto per varo finale
Rischi e misure di sicurezza
58
68
69
69
71
79
80
81
83
83
84
6
LA MESSA IN SICUREZZA
DELL’IMBARCAZIONE ................................................................................
Ponteggio e protezioni
Installazione impianti illuminazione
Dislocamento presidi antincendio e cartellonistica
Predisposizioni impianti di aspirazione
Rischi e misure di sicurezza
7
I LAVORI DI ALLESTIMENTO............................................................
Compartimentazione
Verniciatura
Impiantistica
Carpenteria e falegnameria
Apparati motore e tecnologici
Attrezzature utilizzate
Rischi presenti
Misure di prevenzione e protezione
8
93
95
100
103
106
112
113
114
IL COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ .......................................
Organizzazione del lavoro
Modelli di gestione
Ges.Si.Ca.
9
88
88
90
90
91
119
122
126
LE LAVORAZIONI A BANCHINA .......................................................
Dimensioni
Aree utilizzate
Il nuovo porto di Viareggio
129
131
132
8
La presenza del personale di bordo
Gli impianti elettrici
Attrezzature e rischi
Le lavorazioni sui piazzali
10
LE PROVE A MARE................................................................................
Gli adempimenti per le prove a mare
11
148
149
153
I LAVORATORI .......................................................................................
Lavoratori ad alta specializzazione
Lavoratori di media specializzazione
Lavoratori di bassa specializzazione
Forme di lavoro flessibile
Lavoratori migranti
Turnover
La percezione del rischio
I Rappresentanti dei Lavoratori
13
145
L’OSSERVATORIO INFORTUNI .........................................................
Premessa
Eventi infortunistici in cantieristica 2000/2006
Analisi degli infortuni
12
135
135
140
140
155
157
158
159
166
168
169
170
MIGLIORARE LA SICUREZZA ...........................................................
Il ruolo dei preposti
La formazione
La gestione delle emergenze
Gli stranieri
175
176
179
181
14 NUOVI OBBLIGHI DI TUTELA DELLA
SICUREZZA E SALUTE DEI LAVORATORI ............................................
La legge 123/2007
Analisi di alcune novità normative
Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI)
I costi della sicurezza
Analisi riferita al contesto della cantieristica viareggina
183
185
187
193
197
BIBLIOGRAFIA
203
9
INTRODUZIONE
Parlare di problematiche di sicurezza nella cantieristica navale da diporto
non è un compito facile in quanto sono tanti gli aspetti da analizzare
come sono tante le problematiche da affrontare. Parlarne, riferendosi al
distretto produttivo di Viareggio, è ancora più difficile per le
caratteristiche del distretto stesso.
Un intervento ispettivo in materia di igiene e sicurezza del lavoro in un
cantiere navale di Viareggio non si può limitare alla verifica del rispetto
delle norme legislative in quanto i rischi non sono solamente dovuti al
mancato rispetto della normativa stessa, ma spesso sono la conseguenza
di azioni diverse, eseguite da lavoratori dipendenti di imprese presenti in
cantiere ad eseguire lavori in appalto con la conseguente possibilità che la
sovrapposizione delle stesse possa introdurre ulteriori elementi di rischio.
Questa situazione produttiva può far capire come sia complicato
analizzare le prevenzione in tale contesto, che si ripete in tutti cantieri del
distretto, dove la produzione viene effettuata per circa il 90% da
lavoratori dipendenti di ditte in appalto mentre i dipendenti dei cantieri
svolgono quasi esclusivamente mansioni di controllo sulla qualità e
servizi logistici (trasporto, movimentazione, ecc.); ciò comporta
un’accurata analisi delle situazioni a rischio ed impone di entrare in
merito all’organizzazione della sicurezza nella produzione.
Un altro aspetto preventivo, stante la particolarità delle imbarcazioni
prodotte nel nostro distretto, è quello dovuto al rischio di esposizione ad
agenti chimici; in particolare lo stirene che viene utilizzato nella fase di
costruzione di scafi, coperte e sovrastrutture in vetroresina. In questa fase
produttiva, la lavorazione viene effettuata con impianti di bonifica
10
ambientale vecchi, poco efficienti ed inefficaci a garantire la bonifica
degli ambienti di lavoro.
Per tale motivo gli addetti devono far ricorso all’utilizzo di Dispositivi di
Protezione e Individuali (DPI) per poter tutelare la propria salute.
Molto spesso questa soluzione non è sufficiente e vengono rilevati, sui
lavoratori, valori superiori al limite dell’indice di esposizione biologica,
indicati in letteratura, dall’American Conference of Governmental
Industrial Hygienists (ACGIH): 400 mg di acido mandelico più
fenilgliossilico per grammo di creatinina nelle urine di fine turno
lavorativo.
Altro fenomeno tipico della cantieristica viareggina sono le lavorazioni
eseguite in banchina e sui piazzali adiacenti alle banchine portuali. Tali
attività vengono svolte in strutture precarie e, nel caso dei piazzali, con
notevoli rischi di caduta dall’alto dovute alla difficoltà di installazione di
adeguate opere provvisionali, sia per la conformazione dell’imbarcazione
che per la contemporanea presenza di addetti alle lavorazioni e personale
di bordo.
Forse non a caso l’ultimo infortunio mortale è occorso ad un marinaio
che prestava la propria opera a bordo di una nave in manutenzione messa
a secco su un piazzale.
11
La produzione italiana
Le aziende del settore nautico, dal punto di vista produttivo, in Italia sono
divise in 3 comparti: diporto (cantieri), accessori e motori. In sottordine si
potrebbe parlare anche di turismo nautico che è considerato un indotto
specifico del settore il cui potenziale occupazionale è altissimo.
I dipendenti per azienda produttrice di unità da diporto sono in media 15
cioè sono al di sotto della media europea ed USA di 16 persone. Solo
l’8% delle imprese ha più di 50 addetti (fonte Agenzia Europea per la
Sicurezza e la Salute sul Lavoro).
Tuttavia esiste una polarizzazione che vede nel 20% delle imprese una
concentrazione, sul totale dei tre comparti, di addetti (60%), di fatturato
(79%) e di import-export (88% di export e 38% di import).
Il 41% dei cantieri è al nord (114 in Lombardia), il 31% al centro ed il
28% al sud e nelle isole. La Toscana ha l’11,1% delle aziende e il 6,3%
del numero degli addetti dei tre comparti, sul totale nazionale.
La Toscana per numero di aziende ed addetti dei tre comparti, è al terzo
posto dopo Lombardia e Liguria e prima di regioni con tradizioni
marinare come Emilia Romagna, Campania, Lazio. Il primo posto della
Lombardia è dovuto all’alta concentrazione di aziende che costruiscono
natanti di piccole dimensioni 10 / 15 mt.
Il settore è in espansione per tutti e tre i suoi comparti, nonostante i vari
periodi di crisi. Il fatturato, in particolare della produzione cantieristica
(unità da diporto), dal 1998 al 2001, cioè in quattro anni, è quasi arrivato
al raddoppio
I cantieri in Italia cioè il primo comparto, che producono unità da diporto
di vario tipo sono oltre 510. Ogni cantiere è identificabile nei suoi
12
prodotti dal codice di tre lettere degli scafi fra i 2,5 ed i 24 metri (come
previsto dalla Direttiva 94/25/CE secondo lo standard internazionale ISO
10087). Gli scafi oltre i 24 metri sono considerati navi, commercialmente
conosciuti come megayacht. Oltre i 24 metri non si richiede codice
previsto dalla Direttiva 94/25/CE.
Nel 2001 la crescita totale del settore costruzione di barche è stata,
rispetto al fatturato totale, del 20,6% con un peso preponderante
dell’export quasi raddoppiato in cinque anni, e, seppur con un lieve
rallentamento, la crescita annuale continua tuttora ad essere a doppia
cifra.
Le unità medio-grandi, cioè sotto i 24 metri, sono il 74% della
produzione nazionale, in cinque anni hanno triplicato il fatturato ed in
otto anni hanno quadruplicata la produzione.
I megayacht italiani godono di grande fama nel mondo.
Questo è dovuto al marchio che di fatto si è costituito in favore
soprattutto delle barche di lusso italiane oltre i 24 metri e che vede il
nome di Viareggio come uno dei principali riferimenti.
Per i megayacht a vela ed a motore c’è una crescita continua, in
particolare per la fascia da 80 a 89 piedi (l’unità di misura comunemente
nella nautica che corrisponde a circa 30 cm.). Dal 2001 cresce anche la
fascia da 150 piedi con 65 ordini rispetto ai 40 del 2000. Per i megayacht
a vela nel 2000 gli ordini si concentrano nella fascia da 100 a 119 piedi
con 17 unità. Le fasce da 120 a 149 e quelle da 80 ad 89 piedi vedono 16
ordini ciascuna. La crescita della produzione di megayacht si è
maggiormente incrementata negli ultimi anni con il fenomeno del
noleggio (charter). Questo fenomeno ha modificato, in parte lo standard
13
produttivo in quanto le navi sono diventate da unità da diporto ad unità
commerciali con obbligo di rispetto degli standard costruttivi previsti per
le navi da crociera.
L’Italia è al primo posto mondiale nella produzione di megayacht davanti
ad USA, Paesi Bassi, Canada, Nuova Zelanda e Germania.
Il settore in Toscana è caratterizzato da piccole-medie unità locali pur
avendo la capacità di collocarsi in una fascia all’avanguardia anche come
tecnologia. Le barche aumentano le dimensioni ed accentuano sempre di
più il loro lusso, mentre la domanda tocca un sempre più vasto numero di
clienti. La Toscana, e in particolare Viareggio, si presenta come uno dei
poli più importanti per la produzione soprattutto di yacht e megayacht in
acciaio e vetroresina.
Ricordiamo che una non trascurabile fonte di guadagno per i cantieri è
anche l’attività di manutenzione, riparazione e rifacimento (refitting)
sulle grandi barche prodotte.
Il Sistema Produttivo Locale della Versilia con specializzazione nel
settore della cantieristica è stato formalmente riconosciuto dalla Regione
Toscana con delibera del Consiglio Regionale n. 69 del 21/12/2000 e
comprende i comuni di Viareggio, Massarosa, Camaiore, Pietrasanta,
Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema.
14
1
IL DISTRETTO PRODUTTIVO DI VIAREGGIO
Cenni storici
La cantieristica viareggina ha radici consolidate nel tempo, ed ha
raggiunto una vera fama internazionale alla fine dell’ottocento con la
produzione di una goletta adibita al traffico delle merci denominata
“barcobestia”, costruita dai maestri calafati nei vari cantieri. Il
barcobestia era una goletta costruita principalmente nei Cantieri Benetti
di Viareggio che misurava dai 30 ai 40 metri e prevedeva tre alberi della
stessa altezza, con un peso compreso fra le 800 e le 1500 tonnellate. Il
nome deriva dall’esclamazione inglese “the best boat” (la barca
migliore): i maestri d’ascia viareggini hanno fatto una traslitterazione del
modo di dire, battezzando la loro imbarcazione barcabest, trasformato
poi in barcobestia. (fonte www.wikipedia.it)
I Cantieri Benetti, fondati nel 1873, si sono specializzati in imbarcazioni
di grandi dimensioni dall’inizio del XX secolo, quando producevano,
appunto, i barcobestia. In seguito è iniziata la produzione degli yacht
extralusso, caratterizzata in genere da linee classiche e pregiate rifiniture.
Negli anni ‘70 i Cantieri Benetti divennero un tipico marchio di qualità
italiano conosciuto in tutto il mondo, e proprio per questo sono stati
acquistati dalla Azimut, di cui tuttora fanno parte come sezione
specializzata per imbarcazioni di lusso.
La storia della produzione nautica Viareggina non è soltanto Benetti:
come non ricordare Giovan Battista Codecasa che costruiva golette ad
inizio secolo il cui nome, forte dell’impegno produttivo portato avanti dal
figlio Fulvio, solca i mari su megayacht di pregio. Come non citare il
15
cantiere Picchiotti rilevato da un imprenditore lucchese che fa andare per
mari gioielli della vela come le navi Perini. Per arrivare ai giorni nostri
con produttori quali Overmarine, Fipa, Falcon, Gianetti e, dopo la
ristrutturazione dell’area ex Sec, Viareggio Superyachts, Benetti Sail
Division, Cantieri Rossi, San Lorenzo – Eureka, New Versilcraft e Marin
Services. Per rimanere in termini storici vanno sicuramente citati due
“maestri d’ascia” ancora legati alla produzione e restauro di barche in
legno quali il Tomei detto “Tomeone” e il Del Carlo. In questa parte di
storia della cantieristica Viareggina si potrebbero citare altri nomi come
Versilmarina, Tecnomar, Uniesse, Italyachts, ma sicuramente qualcuno
dimenticheremo sempre.
Produzione
I cantieri nel distretto viareggino sono tanti, tante sono le tecniche
produttive e tanti i materiali utilizzati.
Se vogliamo raggruppare le unità produttive secondo uno schema che
evidenzi caratteristiche comuni, il criterio che può essere utilizzato è il
materiale che costituisce lo scafo, il ponte di coperta e la sovrastruttura
(lo scafo è la parte del natante che galleggia sull’acqua mentre la
sovrastruttura parte dal ponte di coperta o ponte principale e va verso
l’alto e può avere vari ponti e come terminale il fly).
Un raggruppamento basato su tali caratteristiche comporta la divisione
della produzione in:
•
Metallo e/o lega leggera;
•
Vetroresina e altro materiale composito (fibra di carbonio);
16
•
Legno.
Naturalmente questo vale anche per le operazioni di trasformazioni
(refitting).
Costruzioni in metallo e lega leggera
Attualmente nel distretto produttivo di Viareggio sono attivi 2 cantieri
che producono scafi e coperte in metallo (acciaio) e sovrastrutture in lega
leggera (alluminio); tutte e due le aziende operano nell’area adiacente al
porto di Viareggio denominata DR1 e nata dalla chiusura del cantiere
navale Società Esercizio cantieri (Sec).
Le unità produttive delle aziende vedono l’impiego di 30 – 50 addetti di
cui solo un terzo alle dipendenze del cantiere mentre il resto dipendente
di ditte che svolgono lavori in appalto.
Costruzioni in vetroresina ed altro materiale composito
Quando si parla di costruzioni navali in materiale composito si parla per
la quasi totalità di natanti costruiti con fibra di vetro e resina poliestere.
Questo tipo di produzione viene effettuata da tre cantieri operanti
all’interno del territorio Versiliese e più precisamente nel comune di
Massarosa.
I tre cantieri sono simili per tipologie di costruzioni (imbarcazioni da 24 a
35 metri) ma differiscono per capacità produttive.
Diverso è anche il numero degli addetti alla produzione che varia da 15 a
25 per passare a 90 nella azienda con maggiore capacità produttiva.
17
Quello che sicuramente è tipico dell’attività dei cantieri è il ricorso
all’affidamento delle lavorazioni a ditte esterne che può raggiungere
valori vicini al 90 % degli addetti presenti.
Nel settore di lavorazioni con altro materiale composito, vi è una realtà
produttiva che si differenza dai tre cantieri precedenti: in questa realtà si
producono piccole imbarcazione sia a vela che a motore (15 – 20 mt) con
utilizzo di resina epossidica con fibra di vetro o carbonio.
Costruzioni in legno
Quando si parla di costruttori di imbarcazioni in legno, nel distretto di
Viareggio, si parla quasi esclusivamente di operazioni di restauro fatte in
piccoli cantieri su imbarcazioni che spesso hanno un forte valore storico.
Altri interventi vengono fatti sulla flotta peschereccia che, nella maggior
parte, è ancora in legno.
Allestimento
Ecco il vero polo produttivo del distretto di Viareggio: l’allestimento di
natanti da diporto. Una stima fatta dall’Azienda USL 12 di Viareggio, su
dati forniti da circa 30 unità produttive nelle quali vengono prodotte navi
da diporto, e le recenti indagini della Camera di Commercio di Lucca,
dell’Università di Pisa e del Sole 24 Ore, (solo per citarne alcune), hanno
rilevato come l’allestimento di megayachts sia una realtà trainante
dell’economia non solo viareggina e versiliese ma di tutto il “comparto”
nord Tirrenico e Ligure (da Livorno a La Spezia).
18
Il fenomeno è stato talmente rilevante che, nel tempo è diventato il
“Modello (produttivo) Viareggio”.
Il “Modello Viareggio”: consiste nell’appaltare a ditte specializzate tra
l’80% ed il 95% dell’attività di allestimento del natante.
Nella maggior parte dei cantieri i dipendenti diretti si occupano di
controllo, servizi e assistenze, mentre la produzione viene fatta da ditte
esterne che operano in regime di appalto ma anche di sub-appalto di vario
livello.
Molto spesso le aziende che lavorano in appalto sono anche fornitrici di
prodotti finiti.
Per tale motivo, per dimensionare l’impatto economico del distretto della
nautica da diporto di Viareggio, non ci si può fermare al cantiere ma
dobbiamo analizzare anche l’indotto che gira intorno alla produzione di
yachts e megayachts.
Indotto
Nell’analizzare l’indotto, sarebbe riduttivo riferirsi esclusivamente al
sistema produttivo fatto di tante aziende che operano in regime di appalto
all’interno del cantiere; è più corretto considerare i dipendenti di quelle
ditte, a pieno titolo, addetti alla produzione. L’indotto è ben altra cosa e
può essere identificato nelle varie attività legate alla costruzione
dell’imbarcazione quali:
•
Mobilieri;
•
Forniture marmi;
19
•
Tappezzerie;
•
Laccatori;
•
Vetrai;
•
Produttori sistemi tecnologici;
•
Produttori particolari in vetroresina.
Credo sicuramente di aver dimenticato altre figure professionali il cui
operato è molto prezioso nel ciclo di allestimento di un natante.
Per rimanere al nostro territorio (Versilia) vi sono varie zone produttive,
oltre all’area portuale di Viareggio, quali:
•
Zona Cotone – Comparini nel Comune di Viareggio;
•
Zona Montramito nel Comune di Massarosa;
•
Zona Bozzano sempre nel Comune di Massarosa;
•
Zona Le Bocchette nel Comune di Camaiore
•
Zona di lavorazione lapidei nei comuni di Pietrasanta, Seravezza
e Stazzema.
In ognuna delle zone citate sicuramente è presente un buon numero di
aziende la cui attività produttiva è destinata al Distretto della cantieristica
da diporto di Viareggio. Ma l’indotto legato alla produzione del distretto
esce dai confini dell’area Versiliese e raggiunge aree limitrofe quali
Lucca, Pisa e Massa Carrara.
Dimensioni occupazionali
Quando si deve dare una consistenza numerica al distretto di Viareggio
della produzione di nautica da diporto, si è di fronte ad una operazione
molto ardua in quanto:
20
•
I cantiere hanno per lo più pochissimi dipendenti;
•
Vi sono aziende che lavorano in appalto in rapporto esclusivo
all’interno dei cantieri;
•
Vi sono aziende che “migrano” nei vari cantieri madre;
•
Vi è l’indotto;
•
Vi è la galassia di attività legate alla produzione di imbarcazioni
da diporto quali:
1
broker;
2
consulenti vari;
3
imprese di movimentazione;
4
concessionari di banchine portuali;
5
imprese di fornitura combustibile (bunkeraggio);
6
agenzie marittime...
Nel 2004 l’USL 12 di Viareggio, con la collaborazione della direzione
dei vari cantieri, ha raccolto i dati circa i primi tre punti (dipendenti dei
cantieri madre e dipendenti delle ditte in appalto).
Il risultato della ricerca è il seguente:
•
35 cantieri navali
•
510 ditte in appalto
Sulla base di questi dati si può stimare una forza lavoro di circa
3000/3500 tra lavoratori ed impiegati che partecipano attivamente alla
costruzione e allestimento di imbarcazioni da diporto all’interno dei 35
cantieri navali presenti del distretto produttivo; se si aggiunge l’indotto e
la serie di attività sopra riportate si può certamente affermare che la
cantieristica navale, in Versilia, occupa non meno di 5000 persone.
21
Capacità produttiva
Quantificare la capacità produttiva del distretto è possibile solo per le
unità superiori a 24 mt. (80 piedi). L’Azienda USL 12 Viareggio da
alcuni anni archivia i documenti di sicurezza previsti dal D.L.vo 272/99
per le operazioni di rifinitura effettuate in banchina e le prove a mare
delle imbarcazioni superiori a mt. 24.
Visto che per ogni imbarcazione, al momento del varo, viene redatto un
documento di sicurezza, sulla base dei documenti pervenuti si possono
ricavare i dati sulla produzione che sono:
•
Anno 2002: 108 navi;
•
Anno 2003: 111 navi;
•
Anno 2004: 97 navi;
•
Anno 2005: 105 navi;
•
Anno 2006: 119 navi.
•
Anno 2007: 250 navi
Nell’analisi dei dati sopra riportati sembrerebbe riscontrare tra il 2003 ed
il 2004 un calo della produzione; è invece importante ricordare che
proprio in quegli anni si è sviluppato fortemente il fenomeno del noleggio
(charter); mentre il boom del 2007 è legato principalmente a due aspetti:
le imbarcazioni prodotte nell’area Apuana e terminate in banchina a
Viareggio e la manutenzione e refitting (90 imbarcazioni).
Questo sviluppo ha portato come conseguenza la produzione di
imbarcazioni più grandi e conseguentemente più costose.
Il numero minore di imbarcazioni prodotte nel 2004 ha prodotto
ugualmente un incremento del fatturato delle aziende.
22
Per quantificare in modo approssimativo il volume di affari legato alla
produzione di nuove imbarcazioni, possiamo utilizzare la moltiplicazione
della lunghezza delle imbarcazioni per il costo medio a metro lineare
delle stesse, formula usata spesso per dare un valore all’imbarcazione
nella darsena viareggina.
Nello scorso anno sono state prodotte 119 navi la cui lunghezza media è
di circa 30 mt.: il totale della produzione di imbarcazioni nel 2006 è di
circa 3570 mt..
Il costo medio a metro lineare di una imbarcazione da diporto superiore a
24 mt, secondo gli addetti ai lavori, è di circa 1 miliardo di vecchie lire
che, in Euro diventa 516.457 € circa.
Utilizzando la approssimativa formula sopra descritta, moltiplicando il
prezzo al metro lineare per i metri prodotti possiamo stimare un fatturato,
nel 2006, in € 1.843.751.490 quindi quasi 2 miliardi di Euro: una bella
cifra che, anche se calcolata in modo approssimativo, si differenzia poco
dal reale volume di fatturato produttivo.
A questo dato vanno aggiunti i lavori di manutenzione e trasformazione,
su navi già immesse sul mercato, la cui effettuazione, negli ultimi anni, si
è notevolmente incrementata passando dalle 30 unità del 2002 alle 55 del
2006 (dato rilevato dalla USL 12 di Viareggio sulla base dei documenti
di sicurezza presentati).
Mercato
Centodiciannove navi, 3570 mt lineari, 2 miliardi di fatturato ma dove
viene collocata tale produzione?
23
Una parte della produzione è riversata sul mercato nazionale; tale quota
risulta difficile da quantificare perché, salvo rare eccezioni, spesso gli
armatori non amano pubblicizzare l’acquisto di un megayacht.
Comunque i nomi spesso vengono fuori e non è mistero che Del Vecchio,
Armani, Gabbana, Moratti, Marina Berlusconi, Mancini, per fare alcuni
nomi celebri, abbiano yacht o megayacht made in Viareggio. Altra cosa è
il valore della produzione destinato all’export; come si vede dalla tabella
elaborata dalla Provincia di Lucca e riferita all’anno 2003 il mercato
mondiale è ristretto principalmente a quelli che sono considerati “paradisi
fiscali” anche se negli ultimi anni vi è stato un incremento del mercato
legato ai paesi dell’ex Unione Sovietica, alla Cina e agli Stati Uniti.
ESPORTAZIONI (anno 2003)
PAESI
%
REGNO UNITO
CAYMAN ISOLE
FRANCIA
STATI UNITI
ISOLE VERGINI BRITANNICHE
S. KITTS E NEVIS
LUSSEMBURGO
LIBERIA
SAINT VINCENT
BAHAMA
ALTRI PAESI
TOTALE
26,5
14,9
11,8
11,6
7,0
5,9
4,3
2,9
2,2
2,1
10,9
100
24
Filiera produttiva
Il diagramma sotto riportato, elaborato dal Servizio Industria Commercio
ed Artigianato della Provincia di Lucca, chiarisce in modo esauriente la
filiera
produttiva
dall’acquisizione
della
commessa
al
varo
dell’imbarcazione.
25
FILIERA PRODUTTIVA
ACQUISIZIONE COMMESSA
•
•
•
•
BROKER
EVENTI FIERISTICI
CONCESSIONARI
RICHIESTE DIRETTE DELL’ARMATORE AL
CANTIERE
•
•
•
•
CANTIERE MADRE
Allestimento imbarcazioni acciaio e/o leghe
leggere
Allestimento imbarcazioni in vetroresina
Preparazione alla pittuarzione
Pitturazione
PROGETTAZIONE
•
•
•
•
Studi di progettazione
Studi di architettura
Progettisti linee scafi e sovrastrutture
in vetroresina
Progettisti linee scafi e sovrastrutture
in acciaio
arredatori
•
•
•
•
•
IMPIANTISTICA
Impianti elettrici
Impianti idraulici
Impianti termo idraulici
Climatizzazione
Piscine
•
COSTRUZIONI SCAFI E SOVRASTUTTURE
• Costruzione scafo acciaio e/o leghe leggere
• Costruzione sovrastrutture
• Costruzioni stampi per vetroresina
• Costruzioni imbarcazioni in vetroresina
MOTORI E SISTEMI DI PROPULSIONE
•
Produttori, distributori ed
installatori motori marini
•
Produttori , distributori ed
installatori gruppi elettrogeni
Produttori , distributori ed
•
installatori vele, alberi ed
attrezzature;
Produttori , distributori ed
•
installatori di apparati elettronici
COMPARTIMENTAZIONE
•
Compartimentazione locali
tecnici
•
Compartimentazione locali
equipaggio
•
Compartimentazione locali
armatore e ospiti
•
Coibentazione
•
•
•
•
•
•
•
•
•
ARREDAMENTI
Mobilieri
Montatori mobili
Tappezzieri
Posatori coperte i teak
Produttori e montatori serramenti
Vetrai
Produttori e montatori protezioni in
acciaio
Produttori montatori pavimenti
Ecc.
26
Complementari ed indissolubilmente collegati alla filiera produttiva
precedentemente schematizzata, sono i servizi legati alla nautica da
diporto, quali:
MANUTENZIONE ASSISTENZA GARANZIA
cantieri
imprese artigiane
RIMESSAGGIO
Aziende manutenzione interni
Aziende per erogazione servizi portuali
CERTIFICAZIONI
Agenzie marittime
Enti certificatori
Agenzie nautiche
TRASPORTI E MOVIMENTAZIONI
Aziende trasporti via terra
Aziende movimentazione area portuale
TURISMO
Banchine attrezzate
Aziende noleggio imbarcazioni
27
2
LA COSTRUZIONE DI IMBARCAZIONI IN METALLO
La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori
impegnati nella produzione di imbarcazioni da diporto risulta molto
complessa in quanto tali rischi sono molteplici e, molto spesso, derivano
dall’interferenze fra le varie lavorazioni. Per tale motivo si ritiene
necessaria la suddivisione delle varie fasi costruttive in base alla
produzione
effettuata
nella
unità
produttiva.
Come
si
diceva
l’interferenza fra fasi lavorative, quasi esclusivamente nella fase di
allestimento, rappresenta un fattore di rischio che va contenuto agendo
sull’organizzazione del lavoro che quindi necessita di una analisi
approfondita del ciclo produttivo.
Descrizione ciclo produttivo
La costruzione di una imbarcazione in ferro e lega leggera può essere
schematicamente scomposta in 5 fasi principali: costruzione dello scafo,
costruzione delle sovrastrutture, assemblaggio scafo e sovrastrutture,
completamento dello scafo e delle sovrastrutture, allestimento. Ciascuna
di queste fasi “principali” è ulteriormente suddivisibile in sottofasi o fasi
“secondarie”, talvolta temporalmente concomitanti, che rappresentano le
lavorazioni caratteristiche del comparto navalmeccanico (saldatura,
ossitaglio, molatura, verniciatura, ecc.).
Il materiale di costruzione giunge in cantiere in automezzi da trasporto
pesanti e viene scaricato e smistato in aree di stoccaggio tramite gru a
ponte o gru mobili.
28
La prima fase di lavorazione comprende il taglio e la sagomatura delle
lamiere e dei profilati che andranno a costruire l’ossatura ed il fasciame
esterno dello scafo. Il taglio delle lamiere viene effettuato mediante
pantografo o sistemi a cesoia, mentre per i profilati si eseguono
operazioni di taglio a fiamma (ossitaglio).
Successivamente si procede alla sagomatura a freddo dei pezzi tagliati; la
fase successiva, detta di prefabbricazione, consente la costruzione di
pannelli complessi o blocchi di varie dimensioni tramite operazioni di
saldatura elettrica. Le dimensioni dei blocchi o dei pannelli variano a
seconda del progetto costruttivo.
Queste operazioni si svolgono in genere all’interno dei capannoni chiusi
o comunque nell’ambito di aeree attrezzate e servite da mezzi di
movimentazione. I blocchi e i pannelli complessi vengono poi trasferiti
sullo scalo dove si procede al loro assemblaggio sequenziale fino alla
costruzione dell’intero scafo.
In queste fasi le lavorazioni principali sono rappresentate dalla saldatura
elettrica, molatura, scriccatura, raddrizzatura. Le sequenze di costruzione
dello scafo,
attraverso l’assemblaggio dei blocchi prefabbricati
comportano spesso la contemporanea presenza di diverse lavorazioni in
alcune zone dello stesso scafo. In particolare è possibile procedere nelle
operazioni di saldatura dei pannelli o blocchi della poppa della nave,
mentre nella zona di prua avvengono operazioni di molatura o viceversa.
Le stesse procedure di lavorazione vengono eseguite nel ciclo di
costruzione delle sovrastrutture in lega leggera.
29
I due elementi costruttivi dell’imbarcazione, scafo e sovrastrutture,
vengono successivamente assemblati direttamente sullo scalo, per loro
allineamento e successiva saldatura.
Completate le operazioni di raddrizzatura dell’intera struttura si procede
al controllo non distruttivo delle zone di saldatura. A questo punto
l’insieme scafo-sovrastruttura è pronto per le operazioni che precedono la
primerizzazione, ultima sottofase del ciclo di lavoro.
Le superfici dell’imbarcazione vengono sabbiate e brossate (scafo),
spazzolate e sgrassate (sovrastrutture) al fine di prepararle a ricevere il
primer applicato secondo la tecnica airless.
Nei cantieri che costruiscono imbarcazioni da diporto munite di vele
(peculiarità di un cantiere della zona di Viareggio), si procede anche alla
costruzione degli alberi e dell’attrezzatura velica. In questo caso gli
astrusi degli alberi in lega leggera, dopo aver subito alcune lavorazioni
(taglio, tornitura, saldatura, ecc.) vengono assemblati a costruire l’albero
vero e proprio, previa messa in opera della componentistica interna, e
quindi saldati.
Seguono le fasi di pulizia e sgrassaggio e la successiva primerizzazione.
30
Schema a blocchi ciclo lavorativo
COSTRUZIONE SCAFO
COSTRUZIONE SOVRASTRUTTURE
Ricezione materiali
Taglio e sagomatura
Prefabbricazione
Trasferimento blocchi
Assemblaggio blocchi
ASSEMBLAGGIO SCAFO SOVRASTRUTTURE
Installazione giunto bimetallico
Imbarco sovrastruttura
Calettatura sovrastruttura
Allineamento con i giunti
Saldatura
COMPLETAMENTO SCAFO E SOVRASTRUTTURA
Raddrizzatura sovrastruttura
Controllo saldature
Preparazioni superfici
Primerizzazione
ALLESTIMENTO
31
Attrezzature utilizzate
Le attrezzature che trovano maggior utilizzo, durante la fase di
costruzione di imbarcazioni in metallo, sono:
•
Pantografo;
•
Cesoie;
•
Presse piegatrici;
•
Presse sagomatrici;
•
Saldatrici a punto;
•
Saldatrici ad elettrodo;
•
Saldatrici a fiamma ossiacetilenica;
•
Mole portatili;
•
Smerigliatrici angolari;
•
Trapani;
•
Utensili manuali (martelli, tronchesine, pinze, ecc.);
•
Mezzi di sollevamento;
•
Muletti.
Rischi presenti
I rischi presenti nella costruzione di imbarcazioni in metallo, come nella
maggior parte delle attività, si dividono in rischi per la sicurezza, intesa
come possibile evento infortunistico, e rischi per la tutela della salute.
I principali rischi per la sicurezza possono essere individuati in:
•
Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.;
32
•
Rischi di essere colpiti o colpire parti e/o oggetti;
•
Rischi di schiacciamento;
•
Rischi di tagli;
•
Rischi di bruciature;
•
Rischi di elettrocuzione.
Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente
da:
•
Rumore;
•
Esposizione e radiazioni;
•
Fumi di saldatura;
•
Vibrazioni trasmesse al sistema mano braccio;
•
Movimentazione manuale dei carichi.
Misure di prevenzione e protezione
Per quanto riguarda le misure di prevenzione e protezione, è utile
dividere sia le prime dalle seconde che quelle previste per la tutela della
sicurezza da quelle previste per la tutela della salute.
È importante sottolineare la differenza concettuale tra prevenzione e
protezione.
La prevenzione rappresenta l’insieme di misure atte ad evitare situazioni
di rischio, mentre la protezione è l’insieme di misure atte a far sì che il
rischio non provochi danni al lavoratore.
Misure di prevenzione per la sicurezza: tali misure dovranno fornire una
idonea ed adeguata garanzia affinché non si manifestano situazioni di
rischio. Sicuramente sono misure di prevenzione:
33
•
La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di
idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto;
•
Evidenziare parti che possono essere colpite durante le
lavorazioni in ambienti angusti;
•
Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine
operatrici;
•
Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei
materiali;
•
Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro;
•
Utilizzare impianti elettrici a bassissima tensione (48 Volt);
•
Formare gli addetti sui rischi delle lavorazioni;
•
Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI
(dispositivi di protezione individuale).
Misure di protezione per la sicurezza: tali misure dovranno invece
fornire una idonea ed adeguata garanzia che l’eventualità
dell’avvenimento di un accadimento non procuri danni per il
lavoratore o li limiti al minimo. Sono misure di protezione i
dispositivi di protezione individuale quali:
•
Sistemi anticaduta;
•
Caschi;
•
Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura;
•
Calzature antinfortunistiche;
•
Guanti;
•
Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI
(dispositivi di protezione individuale).
34
Misure di prevenzione per la salute: tali misure dovranno fornire una
idonea ed adeguata garanzia affinché non si manifestano situazioni di
pericolo. Sono misure di prevenzione:
•
Sorveglianza sanitaria;
•
Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi;
•
Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona
attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano –
braccio;
•
Limitazione dei lavoratori esposti;
•
Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle
possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante
dalle lavorazioni;
•
Schermatura delle zone di saldatura;
•
Effettuazione di lavorazioni pericolose in orari al di fuori della
normale attività produttiva con limitazione degli esposti;
•
Formare gli addetti alle lavorazioni;
•
Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI
(dispositivi di protezione individuale).
Misure di protezione per la salute: tali misure dovranno invece fornire
una idonea ed adeguata garanzia che il rischio non procuri danni per la
salute del lavoratore o che questi siano limitati al minimo. Le tipologie
delle misure di protezione per la salute dei lavoratori possono essere
suddivise in due categorie: misure di protezione collettiva e DPI.
35
Nella scelta degli interventi di protezione è indispensabile privilegiare le
misure di protezione collettiva quali la corretta aspirazione dei fumi di
saldatura.
Il ricorso ai DPI può essere ritenuta una scelta corretta quando non si può
intervenire efficacemente con misure di protezione collettiva.
Per tale motivo, si ritiene efficace l’utilizzo di cuffie e/o altre protezioni
dell’apparato uditivo nel caso di utilizzo di utensili portatili (mole,
smerigliatrici, trapani, ecc.) o durante le operazioni di raddrizzatura
lamiere effettuate con martelli dai batti-lama.
È, altresì, necessario ricorrere all’utilizzo di autorespiratori nel caso di
operazioni di saldatura effettuate in serbatoi, casse o comunque ambienti
privi di una adeguata ventilazione.
Sovrastruttura in lega leggera
36
3
COSTRUZIONI
IN
VETRORESINA
ED
ALTRI
COMPOSITI
Descrizione ciclo produttivo
Il ciclo produttivo della costruzione di imbarcazioni in vetroresina si
suddivide in cinque fasi. Le prime due vengono effettuate quando si
produce una nuova tipologia di costruzione, le seconde due sono fasi
lavorative standard mentre l’ultima fase si rende necessaria nei casi di
imperfezioni del manufatto e/o se le aperture vengono effettuate nel
cantiere di produzione. Le cinque fasi sono:
•
Costruzione modello o come meglio definito “manichino”;
•
Costruzione stampo;
•
Laminazione;
•
Assemblaggio;
•
Carrozzeria.
Premettendo che le principali parti da costruire sono tre: scafo, coperta e
sovrastuttura andiamo a descrivere le cinque fasi produttive.
Costruzione del manichino
Questa è fondamentalmente una operazione di “carpenteria in legno”, in
cui si provvede alla costruzione di un modello in legno, riproducente
perfettamente nella forma, dimensione e grado di finitura il manufatto
che si dovrà poi andare a produrre, sia questo uno scafo, una coperta o la
sovrastruttura.
37
Riveste particolare importanza il fatto che il modello abbia una buona
resistenza meccanica e robustezza, in modo che non possa presentare
momenti di flessione durante la costruzione dello stampo né che si
deformi all’atto della sua estrazione dallo stampo stesso. La
realizzazione, di solito, viene effettuata con una struttura interna in abete
rivestita con fogli di compensato in pioppo. Una volta realizzato il
manichino si vernicia la superficie esterna con resine o vernici
poliuretaniche aventi la funzione di “turapori” e, dopo l’essiccazione, si
passa alla carteggiatura a secco. La fase successiva è ricoprire il
manufatto con lo spruzzo di stucco epossidico che viene finemente
carteggiato e lucidato. Finite queste operazioni il manichino è pronto e,
dopo averlo rivestito di una cera distaccante, si può passare alla
costruzione dello stampo o in alcuni casi, quando si intende costruire una
sola imbarcazione avente tali dimensioni e caratteristiche, si procede alla
laminazione diretta sul manichino dell’imbarcazione.
Fasi di costruzione del manichino di una sovrastruttura
38
Costruzione stampo
Al manichino trattato con sostanze distaccanti, sia esso di uno scafo,
coperta o sovrastruttura, viene applicato un strato di “gelcoat per stampi”
generalmente a spruzzo; è possibile effettuare questa operazione anche
con rullo o pennello.
Il gelcoat viene utilizzato di colore arancio o nero e lo spessore che
normalmente si applica è di circa 0,5-0,6 mm.
Quando il gelcoat è completamente essiccato ha inizio la deposizione dei
teli di fibra di vetro; la superficie su cui si appongono i teli viene
preventivamente “bagnata” con resina poliestere. La resina impiegata è
costituita da una soluzione di poliestere in un monomero (stirene) con
una percentuale di quest’ultimo del 30-50 %.
Lo stirene, in presenza di un catalizzatore ed un accelerante, forma con la
catena molecolare del poliestere un reticolo tridimensionale –processo di
polimerizzazione – che determina il passaggio delle resina dallo stato
liquido a quello solido chimicamente stabile.
Il catalizzatore utilizzato (1-2 % in peso della miscela) è normalmente un
perossido organico, ad es. perossido di metiletilchetone, mentre come
accelerante si impiegano abitualmente sali di nichel o cobalto, o ammine
aromatiche terziarie (2-4 % della miscela).
Il telo di fibra utilizzato in questa prima fase deve essere di bassa
grammatura (300 g/m2) “mat di superficie”, per evitare di riprodurre sulla
superficie dello stampo il disegno della trama del vetro di rinforzo. Sopra
il “mat” si depositano altri strati di fibra di vetro a grammatura crescente,
fino a 900 g/m2 (tessuti e/o stuoie) impregnandoli sempre con resina, fino
al raggiungimento dello spessore desiderato.
39
Il quantitativo di resina che viene utilizzata per l’impregnazione dei teli a
bassa grammatura è abitualmente, in rapporto in peso, di 2:1 rispetto a
quello della fibra di vetro, mentre per le stuoie viene utilizzato un
rapporto di 1:1. I teli di fibra di vetro vengono fatti aderire perfettamente
fra loro utilizzando dei “rulli di spugna”.
Infine, tramite i “rulli frangibolle”, si provvede alla eliminazione di tutte
le bolle di aria presenti.
Per conferire rigidità allo stampo, per renderlo così stabile e facilmente
utilizzabile, lo si rinforza fissando lungo i suoi contorni e nelle zone
intermedie (creando un disegno a maglie di rete) gli elementi di
irrigidimento, costituiti abitualmente in materiale espanso o in legno;
questi vengono applicati direttamente sugli strati di vetroresina con
“plastica termofusa” o stuccone a base di poliestere.
Gli elementi di rinforzo vengono poi ricoperti con 2-3 strati di fibra di
vetro e resina di larghezza sufficiente a ricoprire anche in parte lo
stratificato dello stampo.
Prima di apporre gli ultimi strati di fibra, in corrispondenza degli
elementi di rinforzo, vengono inserite alcune piastre metalliche a cui
verranno successivamente fissati i montanti del telaio metallico di
sostegno.
Questo telaio, secondo le sue caratteristiche costruttive ed il suo aspetto
finale, permetterà di porre lo stampo in piano sul pavimento o, per
manufatti di lunghezza inferiore ai 20 m, anche la sua rotazione (stampo
basculante).
Nel caso in cui sia necessario costruire stampi con “sottosquadri” per
consentire di togliere il manufatto dallo stampo si ricorre alla costruzione
40
di quest’ultimo in forma scomponibile.
Un esempio di tutto ciò si trova nella costruzione di grosse imbarcazioni
dove, per la curvatura della poppa, si costruisce lo stampo o diviso in due
metà lungo la linea della chiglia, o lungo la linea di giunzione tra lo
specchio di poppa e le fiancate.
Stampo di uno scafo completato
Questa metodologia costruttiva la si utilizza anche là dove vi sia la
necessità di movimentare spesso gli stampi.
Per ottenere un perfetto assemblaggio delle diverse porzioni che
compongono lo stampo si prevede l’inserimento, nelle zone di giunzione
“flange”, sempre con stratificazione di fibra di vetro e resina, di alcune
piastre metalliche di rinforzo.
41
Completate queste operazioni, lo stampo, o le parti che lo compongono,
potrà essere rimosso dal manichino su cui è stato costruito ed
eventualmente si potrà procedere ad operazioni di rifinitura. A questo
punto avremo costruito uno stampo che potremo utilizzare per le
operazioni di laminazione.
Negli stampi di scafi di grosse imbarcazioni, divisi i due sulla linea di
chiglia, si procede anche ad effettuare opere di carpenteria metallica atte
a garantire un perfetto posizionamento degli stessi durate la laminazione.
Laminazione
Questa fase lavorativa è quella che ci permette di costruire le parti (scafo,
coperta e sovrastruttura) che costituiranno l’imbarcazione.
Il procedimento utilizzato è pressoché uguale a quello utilizzato per la
costruzione dello stampo. Le differenze sono:
•
Lo stampo viene costruito sopra il manichino mentre nel
processo di laminazione solo coperta e sovrastruttura vengono
laminati sopra lo stampo mentre lo scafo viene realizzato dentro
lo stampo;
•
Il gelcoat utilizzato è di color bianco;
•
Le
resine
poliestere
utilizzate
possono
variare
nella
composizione nei vari strati di laminazione (il primo strato di
solito viene realizzato con resine viniliestere);
•
All’interno dello scafo vengono effettuati degli interventi di
irrobustimento detti “rinforzi” che possono essere sia trasversali
che longitudinali attraverso l’inserimento di elementi in
42
materiale plastici leggeri (poliuretano) che vengono poi ricoperti
con due / tre strati di fibra di vetro impregnata di resina;
•
All’intero dello scafo possono essere inserite paratie in
compensato marino posizionate in senso ortogonale rispetto
all’asse maggiore e fissate attraverso l’utilizzo di stucco
poliestere ed, in seguito, ancorate con strati di fibra di vetro
impregnata di resina.
Una volta termite le operazioni di laminazione si procede all’estrazione
dello scafo ed al distacco della coperta e della sovrastruttura.
Laminazione dei rinforzi
43
Assemblaggio
La fase di assemblaggio dello scafo con la relativa coperta e di
quest’ultima con la sovrastruttura, avviene secondo una sequenza di
operazioni ben codificate.
Inizialmente si provvede alla rimozione delle “sbavature” sulle zone
interessate alla giunzione.
Per il taglio e la rifilatura dello stratificato vengono impiegati utensili
portatili ad aria compressa o elettrici con dischi abrasivi o diamantati.
Le zone di giunzione vengono poi molate in modo da asportare
completamente il gelcoat e le eventuali presenze di sostanze non
desiderate (es. cere) che renderebbero difficoltosa la successiva
operazione di resinatura.
I manufatti interessati all’assemblaggio vengono inizialmente posti
perfettamente in piano, poi messi a contatto, sovrapponendoli nei punti di
giunzione, in maniera tale da dare all’insieme l’aspetto definitivo
dell’imbarcazione.
Lungo tutta la zona di sovrapposizione viene praticata una serie di fori,
passanti attraverso entrambi i manufatti, a distanza di circa 15 cm uno
dall’altro.
Effettuati i fori, il manufatto superiore viene sollevato in modo da poter
immettere nelle zone di contatto materiale sigillante, generalmente
silicone, poi si ricolloca il manufatto nella posizione definitiva.
44
A questo punto, per mezzo di viti, bulloni o rivetti, passanti attraverso i
fori praticati precedentemente, si fissano/bloccano i due manufatti tra di
loro.
Le superfici interessate alla giunzione, sia internamente che esternamente
all’imbarcazione, vengono poi completamente ricoperte con fibra di
vetro e resina; la parte esterna viene anche verniciata con gelcoat dopo
opportuna lucidatura.
Le paratie portanti divisorie dello scafo, dopo che questi è stato
assemblato con la coperta, vengono fissate anche ad essa mediante
resinatura con fibra di vetro.
Assemblaggio di scafo e coperta
Carrozzeria
Questa è la fase nella quale si interviene per eliminare difetti sulla
imbarcazione molto spesso dovuti alle imperfezioni presenti sugli stampi;
45
perciò questi interventi non sono sempre necessari.
La lavorazione consiste nell’applicazione di stucco poliestere sulle parti
da “ritoccare”.
Una volta che lo stucco si è catalizzato, la parte viene levigata finemente
e pitturata con il gelcoat.
Un’altra operazione di “carrozzeria” sono i tagli per le aperture da
effettuare sull’imbarcazione per oblò ed altro.
Queste operazioni non sempre vengono effettuate nel cantiere costruttore
dell’imbarcazione ma vengono effettuate anche nei cantieri allestitori.
Attrezzature utilizzate
Nelle lavorazioni per la costruzione del manichino, essendo lavori
prettamente di carpenteria in legno, le attrezzature utilizzate sono quelle
tipiche presenti in tali attività quali: seghe circolari, squadratrici, seghe a
nastro, troncatrici, mole, trapani, avvitatori ed altre attrezzature portatili.
Durante la preparazione dello stampo e durante le operazioni di
laminazione dell’imbarcazione le attrezzature utilizzate sono le stesse
quali: pistole a spruzzo airless, rulli, pennelli, pantografi, forbici e
trincetti per il taglio del tessuto (fibra di vetro).
Nella costruzione dello stampo, una volta finite le operazioni di
laminazione, si ricorre anche all’utilizzo di mole portatili e smerigliatrici.
Per le successive operazioni di laminazione, sullo stampo si applicano
strutture metalliche ricorrendo all’utilizzo di troncatrici, mole a disco,
saldatrici ad arco, trapani ed altri utensili manuali.
46
Un aiuto fondamentale alla produzione lo danno i mezzi di sollevamento
presenti nel cantiere (muletti, gru semoventi e carri ponte); fondamentale
l’utilizzo della semovente e/o del carro ponte per l’operazione di distacco
sia dello stampo dal manichino che del manufatto dallo stampo.
Nelle operazioni di carrozzeria si utilizzano utensili manuali per la
posatura dello stucco (spatole), levigatrici orbitali, seghetti “lesto” e mole
a disco per il taglio.
Sicuramente l’elenco non è completo ma rappresenta certamente la
maggior parte delle attrezzature utilizzate nella costruzione di una
imbarcazione in vetroresina.
Rischi presenti
Seguendo la stessa logica adottata nell’analisi dei rischi presenti nella
produzione di imbarcazioni in metallo, si rende necessaria la separazione
ed una diversa analisi dei rischi per la sicurezza a quelli per la salute.
Nella produzione di imbarcazioni in vetroresina l’attenzione principale
debba essere posta ai rischi per la salute derivati dall’utilizzo di solventi,
in particolare lo stirene o stirolo presente nella resina poliestere in
percentuali che vanno dal 30 ad oltre il 50 %. Seguiamo in ogni caso
l’ordine utilizzato per la produzione di imbarcazioni in metallo. I
principali rischi per la sicurezza possono essere individuati in:
•
Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.;
•
Rischi di essere o colpire parti e/o oggetti;
•
Rischi di schiacciamento;
•
Rischi di procurarsi tagli;
47
•
Rischi di bruciature;
•
Rischi di elettrocuzione.
Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente
da:
•
Esposizione ad agenti chimici;
•
Esposizione a Fibre di vetro
•
Rumore;
•
Polvere di legno;
•
Vibrazioni trasmesse al sistema mano braccio.
L’elenco dei rischi per la sicurezza, nelle due tipologie costruttive
(metallo e vetroresina) è uguale mentre, per quanto concerne i rischi per
la salute degli addetti, nella vetroresina, diventano trascurabili i rischi da
fumi di saldatura (si fanno pochissime saldature soltanto durante la
costruzione dello stampo che è una operazione saltuaria); stesso discorso
per le radiazioni. Rimangono presenti i rischi legati al rumore ed alle
vibrazioni ed entrano, avendo un peso rilevante se non addirittura
fondamentale, il rischio per l’esposizione alle sostanze volatili che si
liberano durante i processi produttivi e quelli dovuti alla presenza di
polvere nel taglio e nella levigatura del prodotto finito: rischi chimici.
Per il rischio dovuto alla presenza di solventi negli ambienti di
lavorazione, si rende necessario un ulteriore approfondimento.
Per le polveri, di legno e non, si renderà necessario un approfondimento
nella descrizione dei rischi presenti durante la descrizione dei lavori di
allestimento dove rappresentano un rischio rilevante.
48
La presenza di fibre di vetro liberate in aria durante il taglio delle stesse
od il taglio del manufatto rappresenta un rischio molto preoccupante per
la salute dei lavoratori esposti.
Sono in corso studi per stabilire i danni che tali fibre possono portare
all’apparato respiratorio degli esposti; sicuramente sono causa di
dermatiti irritative negli esposti.
Solventi
Certamente lo stirene appare il maggiore fattore di rischio per quanto
riguarda l’esposizione a solventi in relazione alla dose disponibile per
l’assorbimento da parte degli addetti. (M.Ikeda, 1982; M.S. Crandall,
1985; A.A. Jensen, 1990, Sala C. et al. 1992, Gianelli F. et al. 1992).
Il TLV-TWA è la concentrazione media ponderata nel tempo, su una
giornata lavorativa convenzionale di otto ore e su 40 ore lavorative
settimanali, alla quale si ritiene che quasi tutti i lavoratori possono essere
ripetutamente esposti, giorno dopo giorno, senza effetti negativi.
L’attuale
TLV-TWA
(1)
proposto
dall’American
Conference
of
Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) è di 85 mg/m3 equivalente
a 20 parti per milione (ppm).
Lo stirene (stirolo, vinilbenzene, feniletilene) si presenta come un liquido
incolore, trasparente, volatile, dal caratteristico odore pungente e
sgradevole
ad
alte
concentrazioni,
aromatico
a
piccolissime
concentrazioni.
Vengono riportati qui di seguito alcuni dati sulla molecola dello stirene:
•
formula molecolare: C8H8 ( CH2 = CH – C6H5 )
49
•
peso molecolare
•
soglia olfattiva:
:
104.14
0,05 ppm in aria
Lo stirene è pochissimo solubile in acqua (300 mg/l a 20 °C) mentre è
solubile nei più comuni solventi organici; bolle a 146 °C ed è meno denso
dell’acqua (d=0,9).
La sua concentrazione atmosferica si misura in parti per milione (ppm) o
in milligrammi al metro cubo (mg/m3).
I fattori di conversione in condizioni standard sono: 1 ppm=4,26 mg/m3 e
1 mg/m3=0,236 ppm.
Lo stirene polimerizza facilmente e spontaneamente; la polimerizzazione,
che è accelerata dalla luce, dal calore o da agenti chimici (perossidi, sali
metallici, acidi forti), è fortemente esotermica e può portare a forti
aumenti di pressione in recipienti chiusi.
Per questo motivo è normalmente commercializzato con aggiunta di
inibitori (es. idrochinone).
Facendo riferimento alle esposizioni professionali, la principale via di
penetrazione nell’organismo è quella inalatoria: possono essere assorbiti
per questa via sia i vapori di stirene, sia gli aerosol generati nelle
lavorazioni a spruzzo.
L’assorbimento polmonare è molto efficiente: dal 60 al 90 % dello stirene
inalato viene assorbito, penetra nel sangue e viene distribuito in tutto il
corpo; l’attività fisica fa aumentare il volume di aria inspirata ed aumenta
quindi in proporzione l’assorbimento polmonare. Una seconda via di
penetrazione è quella cutanea: lo stirene infatti scioglie i grassi protettivi
della pelle e viene assorbito rapidamente attraverso essa.
50
La quantità assorbita per questa via è generalmente poco importante
rispetto a quella inalatoria, ma in particolari condizioni (per es. mani
contaminate con stirene liquido) può determinare un assorbimento
consistente.
Una volta penetrato nell’organismo lo stirene viene distribuito ai vari
organi e soprattutto ai reni, al fegato, cervello, tessuto adiposo.
Lo stirene assorbito viene poi in minima parte eliminato tal quale
nell’aria espirata, mentre oltre il 90 % subisce nel fegato una serie di
trasformazioni che, passando attraverso lo stirene ossido, danno come
principali prodotti finali gli acidi mandelico e fenilgliossilico che
vengono escreti con l’urina.
L’azione dello stirene sembra esplicarsi principalmente a carico del
sistema nervoso periferico (SNP) con un allungamento della velocità di
conduzione sensitiva ed a carico del sistema nervoso centrale (SNC) con
anomalie elettroencefalografiche, allungamento dei tempi di reazione,
riduzione delle abilità percettive e di coordinamento visivo-motorio.
Meno generalizzabili, ma riferiti da più Autori (Murata K. E Coll., 1991;
Mutti A. e Coll., 1985), sono l’alterazione della percezione cromatica ed i
disturbi della memoria. É interessante far notare che gli studi condotti
sembrano evidenziare che la comparsa di effetti sia indipendente dai
livelli di esposizione.
La portata di deficit comportamentali è comunque correlata all’intensità
dell’esposizione e solo in maniera trascurabile alla sua durata. Quindi gli
effetti acuti da stirene si possono riassumere per il SNC:
•
sonnolenza, perdita di equilibrio, nausea, cefalea, modica euforia,
aumento dei tempi di reazione;
51
•
sindrome da stirene: nausea, vomito, anoressia, astenia.
Gli effetti cronici a carico del SNC e del SNP si possono riassumere in:
•
alterazioni
elettroencefalografiche,
riduzione
delle
abilità
percettive e di coordinamento visivo-motorio, alterazione della
percezione cromatica e disturbi della memoria. Gli effetti dello
stirene sul polmone sembrano essere piuttosto controversi, anche
se il polmone risulta la via principale di ingresso del tossico.
Dalla letteratura emergono rare segnalazioni, ad es., di casi di
asma da stirene (Simonato L. e Coll., 1987; Tomasini M. e Coll.,
1986); va sottolineato che l’azione sul polmone ed in particolare
su tutte le vie respiratorie deve tenere debito conto dell’eventuale
fattore confondente esercitato dagli altri inquinanti aerodispersi
quali polveri e fibre di vetro, presenti nei cicli tecnologici in cui
lo stirene è impiegato.
Tuttavia non è esclusa un’ azione irritante dello stirene sulle vie
respiratorie.
Uno degli aspetti controversi riguarda la epatotossicità dello stirene.
In occasione del 50° Congresso Nazionale della Società Italiana di
Medicina del Lavoro e Igiene Industriale specifiche comunicazioni
riguardanti
studi
sulla
epatotossicità
da
stirene
concludevano
negativamente per un danno epatico prodotto dal solvente almeno per
basse esposizioni o comunque quando l’escrezione dei metaboliti urinari
risulti inferiore ai BEI (Biological Exposure Indices) proposti
dall’ACGIH (Campinoti e Coll., 1987; Dossing M. e Coll., 1985).
Da una revisione della letteratura sul danno epatico di natura
professionale emerge la segnalazione di un aumento della transaminasi
52
per esposizioni di tipo continuo a stirene di 100 ÷ 200 ppm, mentre
risultano nella norma per esposizioni dell’ordine di 50 ppm (Franchini I.
e Coll., 1985).
Considerando basse esposizioni a stirene non sono emerse significative
differenze nell’escrezione dell’ac. D-glucarico, come indice di induzione
enzimatica, tra esposti e controlli (Campinoti G. e Coll., 1987) a
conferma di quanto segnalato in precedenti indagini (Mutti A., Franchini
I. 1987) per esposizioni a stirene discontinue anche se talvolta con punte
superiori al TLV. (Vyskocil A. e Coll., 1989).
I risultati della maggior parte degli studi svolti sugli effetti nefrotossici
dello stirene non segnalano contributi significativi relativi ad eventuali
azioni del solvente sul rene (Vyskocil A. e Coll., 1989).
Altri aspetti di fondamentale importanza in tema di patologia da stirene
sono quelli relativi all’eventuale azione cancerogena e mutagena del
solvente.
Per quanto attiene la prima la IARC ha definito, sulla base di una
revisione della letteratura, insufficiente l’evidenza di cancerogenicità per
l’uomo e limitata quella per l’animale (IARC 1987).
Come per altre sostanze, la probabile cancerogenicità deriverebbe dalla
formazione di un ossido (ossido di stirene in questo caso) durante le
trasformazioni metaboliche del solvente. Per questo motivo la IARC
mantiene una classificazione dello stirene nel gruppo 2B, dello stirene
ossido nel gruppo 2°.
Nella letteratura sono state descritte aberrazioni cromosomiche,
micronuclei ed un lieve aumento di incidenza di scambi tra cromatidi
fratelli nel sangue di lavoratori esposti anche a basse concentrazioni di
53
stirene (Mirzoev T.A. e Coll. 1990; Moscato G. e Coll. 1984, Cavalleri
A., Gobba F. 1989; Cook R.R. 1989).
Facendo riferimento alla genotossicità, dalla letteratura emerge che lo
stirene fa parte di quel ristretto gruppo di sostanze chimiche per le quali
gli studi sperimentali sono ormai numerosi. Da questi studi la
genotossicità dello stirene e la sua dipendenza dalla attivazione
metabolica della sostanza risulterebbero dimostrate.
L’entità del rischio genetico per l’uomo dipende dalle caratteristiche (via,
intensità e durata) dell’esposizione e dalla conseguente “dose al
bersaglio” dei metaboliti geneticamente attivi.
Misure di prevenzione e protezione
Misure di prevenzione per la sicurezza:
•
La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di
idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto;
•
Evidenziare parti che possono essere colpite durante le
lavorazioni in ambienti angusti;
•
Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine
operatrici;
•
Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei
materiali;
•
Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi;
•
Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro;
•
Verifica periodica degli impianti elettrici;
54
•
Formare gli addetti alle lavorazioni.
Misure di protezione per la sicurezza:
•
Sistemi anticaduta;
•
Caschi;
•
Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura;
•
Calzature antinfortunistiche;
•
Guanti;
•
Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI
(dispositivi di protezione individuale).
Misure di prevenzione per la salute:
•
Ricerca ed adozione nel ciclo produttivo di processi e sostanze
che garantiscano un buon standard per la tutela della salute degli
addetti;
•
Separazione delle aree con riduzione del numero degli addetti
esposti a sostanze e/o preparati pericolosi;
•
Sorveglianza sanitaria;
•
Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona
attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano –
braccio;
•
Limitazione dei lavoratori esposti;
•
Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle
possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante
dalle lavorazioni;
•
Formare gli addetti alle lavorazioni.
55
Parete aspirante per laminazioni di piccoli pezzi
Misure di protezione per la salute: seguendo i criteri fondamentali della
priorità negli interventi di bonifica ambientale, le misure di protezione
per la salute sono;
•
Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per sostanze volatili;
•
Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per polveri e fibre;
•
Maschere a mandata / barriera d’aria;
•
Maschere facciali per solventi e polveri;
•
Cuffie e altri attenuatori del rumore;
•
Guanti appositamente scelti per proteggere la cute dalle sostanze
in uso e tute tessuto non tessuto (TNT);
•
Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI
(dispositivi di protezione individuale)
56
Tuta monouso TNT
57
4
IL RISCHIO STIRENE
Indagini di igiene industriale in Versilia
La USL 12 Viareggio ha effettuato negli anni 2004 e 2005 un’indagine di
igiene industriale sugli addetti alla produzione di scafi, coperte e
sovrastrutture in vetroresina nei due principali cantieri di produzione.
Tali indagini erano indirizzate a quantificare il livello di esposizione
personale (TLV-TWA) e l’indice biologico di assorbimento (BEI) della
sostanza da parte degli esposti; una analoga indagine era stata effettuata,
sempre dalla medesima Azienda Sanitaria, nel 1992. I campionamenti
sono stati effettuati durante la laminazione di uno scafo di 27 metri, in
entrambi i cantieri per l’intero turno di lavoro degli addetti.
Come già accennato, le lavorazioni oggetto di indagine sono state la
laminazione di base e la laminazione dei rinforzi, in quanto occupano il
90 % dell’intera durata del ciclo di costruzione di una imbarcazione in
vetroresina; inoltre sono stati confrontati i risultati con quelli ottenuti da
campionamenti effettuati negli stessi cantieri nel 1992 con le stesse
modalità, con l’obiettivo di confrontare i livelli di esposizione degli
addetti.
Nella tabella seguente sono riportati i valori di media geometrica (GM) e
di deviazione standard geometrica (GSD), dei livelli di esposizione in
riferimento alla lavorazione e confrontati con i valori di GM e GSD
ottenuti nei campionamenti effettuati nel 1992.
Al momento delle lavorazioni all’interno dello stampo erano presenti tre
calate localizzate, funzionanti, posizionate rispettivamente a prua, al
58
centro ed a poppa dell’imbarcazione, in prossimità del fondo dello
stampo.
Laminazione
di base
Laminazione
rinforzi
Cantiere
navale 1
Cantiere
navale 2
N.ro
Camp
.
Cantiere
Navale 1
(1992)
Cantiere
Navale 2
(1992)
N.ro
Camp.
GM ± GSD
mg/m3
GM ± GSD
mg/m3
Tot.
GM ± GSD
mg/m3
GM ± GSD
mg/m3
Tot.
120,39±1,21
142,54±1,58
64
200,16±1,40
209,42±1,51
64
157,53±1,49
200,12±1,54
64
215,08±1,38
237,12±1,44
64
Come si può vedere dai dati riportati in tabella, le GM dei livelli di
esposizione degli addetti si sono abbassate rispetto ai campionamenti
effettuati nel 1992.
C’è da sottolineare però il fatto che tale abbassamento non deriva
dall’adozione di un sistema di prevenzione efficace (anche nel 1992
erano presenti all’interno dello stampo durante le lavorazioni tre calate
localizzate) e neppure dall’utilizzo di una resina diversa, ma solamente
dalla riduzione dei carichi di lavoro degli addetti.
Importante è sottolineare anche l’abbassamento del valore limite di
riferimento per le 8 ore (TLV-TWA) proposto dall’American Conference
of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH) dai 213 mg/m3 del 1992
agli 85 mg/m3 attuali.
Nei grafici che seguono vengono riportati i risultati del monitoraggio
biologico rilevati nei due cantieri sia ad inizio (IT) sia a fine turno (FT)
per un totale di 48 campioni.
59
Si ricorda che il valore dell’indice biologico di esposizione (BEI)
proposto dall’ ACGIH è 400, riferito alla somma di Ac. Mandelico e ac.
Fenilgliossilico corretta per grammo di creatinina.
Laminazione di base
mg/g creat.
1200
IT
700
FT
200
-300
IBE
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Dato
Laminazione dei rinforzi
mg/g creat.
1200
IT
700
FT
200
-300
IBE
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Dato
60
Dalle rappresentazioni grafiche emerge un significativo superamento del
valore dei BEI proposto dall’ACGIH per gli addetti ad entrambe le
lavorazioni.
Dai risultati del monitoraggio biologico è inoltre emerso un dato già
riscontrato in passato e non solo nelle indagini effettuate presso la USL
12 Viareggio.
Gli addetti che durante la lavorazione fanno uso di dispositivi di
protezione individuale (DPI) presentano valori della somma dei
metaboliti dello stirene a fine turno di un ordine di grandezza inferiore
agli altri addetti che non fanno uso di DPI.
Successivamente nel cantiere navale 1 è stato studiato l’effetto
dell’utilizzo di due resine denominate “a basso contenuto di stirene” sui
livelli di esposizione degli addetti.
Non è stato possibile effettuare l’indagine durante la lavorazione nello
stesso stampo, ma è stata effettuata su due stampi di lunghezza diversa
(rispettivamente 22 e 24 metri).
Nella tabella che segue è riportato l’andamento di media geometrica
(GM) e deviazione standard geometrica (GSD) dei livelli di esposizione
in riferimento alla lavorazione effettuata ed alla resina utilizzata (Cantiere
1).
61
GM ± GSD
mg/m3
Resina
Lam. Base (scafo 24 m)
120,39±1,21
Synolite 288 (trad.)
Lam. Base (scafo 22 m)
72,47±1,74
Ashland (-15% stirene)
Lam. Base (scafo 22 m)
94,42±1,34
Atlac E-Nova (- 15%)
Lam. Rinforzi (scafo 24 m)
157,53±1,49
Synolite 288 (trad.)
Lam. Rinforzi (scafo 22 m)
89,65±1,55
Atlac E-Nova (-15%)
Lavorazione
Analizzando i dati di GM ± GSD per la resina Ashland, é stata calcolata
la probabilità di superamento del valore limite, secondo l’appendice D
della norma UNI EN 689/97: con un intervallo di confidenza 95 %, la
probabilità di superamento è risultata del 16%, per cui emerge una
situazione inaccettabile.
Si ricorda quanto riportato nel punto D.3 dell’appendice D citata.
Situazione accettabile (verde)
prob. <0,1%
Situazione accettabile (arancio)
0,1%<prob.<5%
(misure periodiche)
Situazione inaccettabile (rosso)
prob.>5%
Per il monitoraggio biologico non sono state riscontrate differenze
significative tra l’utilizzo di resina tradizionale e resine a basso contenuto
62
di stirene, per cui non vengono ulteriormente illustrati i dati con grafici o
tabelle.
Dalle indagini effettuate nei cantieri della BVC e della USL 12 i valori
medi (GM±GSD) dei livelli di esposizione, per quasi tutte le lavorazioni
sottoposte ad indagine, sono al di sopra dell’attuale TLV-TWA di 85
mg/m3 proposto dall’ACGIH per lo stirene, anche in presenza di impianti
di aspirazione funzionanti al momento dei campionamenti.
Allo stato attuale non è possibile quindi prescindere dall’uso dei
dispositivi di protezione individuale, anche con l’utilizzo di resine a
basso contenuto di stirene come quelle studiate durante le indagini. Si
hanno inoltre superamenti marcati dell’indice biologico di esposizione
(BEI) proposto ancora dall’ACGIH nei soggetti che non utilizzano DPI
durante le lavorazioni: valore di 400 mg/g (somma acido mandelico più
fenilgliossilico su grammi di creatinina) espressa in milligrammi.
Per il confronto tra resina tradizionale e due resine denominate “a basso
consumo di stirene” è emerso che:
•
Durante la laminazione di base dello stampo di lunghezza 22 m
utilizzando la resina ASHLAND, la media campionaria rientra,
con un livello di confidenza del 95 %, nel range 73,35 – 71,59
mg/m3. I dati riferiti a questa lavorazione sono stati analizzati
utilizzando l’approccio statistico riportato nell’all. D della norma
UNI
EN
689/97
per
confrontare
la
concentrazione
dell’esposizione professionale con il valore limite. La probabilità
del superamento del valore limite è risultata del 16 %, per cui
anche in questo caso la situazione deve essere definita
“inaccettabile” come riporta la norma UNI citata;
63
•
La riduzione del valore medio di esposizione nella laminazione
di base rispetto all’uso di resina tradizionale, è risultata del
23,77% nella laminazione di base dello stampo 72 piedi con
resina Ashland, del 23,23 % nella laminazione di base dello
stampo di 22 m con resina Atlac E-Nova;
•
La riduzione del valore medio di esposizione nella laminazione
dei rinforzi rispetto all’uso di resina tradizionale, è risultata
ancora del 23,77% nella laminazione dei rinforzi dello stampo di
22 m con resina Atlac E-Nova;
•
Nell’esaminare i dati sopracitati è da tenere in considerazione il
fatto che, in riferimento alla laminazione di base, gli addetti
hanno utilizzato un quantitativo ridotto del 11% di resina
Ashland ed un quantitativo ridotto del 15 % di resina Atlac ENova rispetto al quantitativo di resina tradizionale utilizzata nello
stampo di 80 piedi, grossomodo a parità di ore complessive
lavorate. Nella laminazione dei rinforzi il quantitativo di resina
Atlac E-Nova utilizzata nello stampo di 72 piedi è stata inferiore
del 30 % rispetto alla resina tradizionale utilizzata nello stampo
di 80 piedi;
•
Dall’esame
dei
risultati
del
monitoraggio
biologico,
in
riferimento alla somma di ac. Mandelico e ac. Fenilgliossilico
corretta per grammo di creatinina, emergono superamenti
consistenti dell’attuale BEI proposto dall’ACGIH, anche nel
personale che ha effettuato le lavorazioni utilizzando la resina
Ashland e la resina Atlac E-Nova.
64
A seguito delle indicazioni recepite durante tale indagine, con gli
strumenti legislativi a disposizione dell’Autorità di Vigilanza (foglio di
prescrizione e disposizione) si è provveduto a chiedere ai cantieri lo
studio, la progettazione e la costruzione di nuovi sistemi di bonifica degli
ambienti di lavoro atti a ridurre sensibilmente l’esposizione a stirene.
Contestualmente, ai datori di lavoro degli addetti alla laminazione ed ai
loro medici competenti, si è disposto l’analisi trimestrale delle urine degli
esposti per accertare la quantità di metaboliti presenti negli stessi (è utile
ricordare che anche l’attività di produzione di imbarcazioni in vetroresina
viene realizzata quasi esclusivamente da ditte in appalto che lavorano
all’interno dei cantieri).
Contemporaneamente all’adozione dei provvedimenti si è operata una
campagna di informazione agli addetti circa il rischio a cui sono esposti e
si è richiesto, alle aziende coinvolte, sia la vigilanza sul corretto utilizzo
degli impianti di aspirazione presenti (anche se poco efficaci),
sull’utilizzo dei DPI (maschere facciali a carboni attivi) e le procedure di
ricambio dei filtri delle maschere stesse.
Per verificare l’andamento dell’esposizione degli addetti, nel triennio
2006 – 2008 è ancora in corso l’indagine, da parte della USL 12
Viareggio, sul livello di assorbimento metabolitico degli addetti con
prelievi delle urine direttamente nei luoghi di lavoro, a fine turno del
giovedì.
Come si vede dalle tabelle sottostanti, i provvedimenti adottati e l’opera
di informazione e sensibilizzazione svolta ha prodotto buoni risultati:
65
Cantiere 1
CANTIERE
1
DITTA N° CONTROLLI > 600 400 –
599
24
0
2
1
300 – 200 – < 199
399
299
3
3
16
1
2
18
1
3
3
3
8
1
3
4
0
1
0
0
3
1
4
17
0
3
4
3
7
1
5
19
0
0
1
1
17
1
6
11
0
0
0
2
9
1
7
12
0
0
0
0
12
1
8
10
0
1
0
4
5
115
1
10
11
16
77
TOTALE
CANTIERE 1
1% 9%
10%
14%
66%
> 600
400 - 599
300 - 399
200 - 299
< 199
66
Cantiere 2
CANTIERE
DITTA
N° CONTROLLI > 600
400 –
599
300 –
399
200 –
299
< 199
2
1
5
0
1
1
2
1
2
2
15
1
0
1
3
10
2
3
17
3
1
3
3
7
2
4
6
0
1
0
2
3
2
5
2
0
0
0
0
2
2
6
10
1
0
0
2
7
55
5
3
5
12
30
TOTALE
CANTIERE 2
9%
5%
9%
55%
22%
> 600
400 - 599
300 - 399
200 - 299
< 199
Valore limite ACGIH: 400 mg (somma acido mandelico più
fenilgliossilico su grammi di creatinina) espressa in milligrammi.
67
Per quanto riguarda lo studio, la progettazione e l’adozione di sistemi di
bonifica ambientale all’interno dei cantieri navali, sono stati realizzati
impianti pilota che hanno dato dei soddisfacenti risultati.
Il sistema utilizzato è quello del “push-pull” che prevede l’immissione di
aria pulita, solitamente a prua nel caso degli scafi, che spinge l’inquinante
verso poppa dove viene catturato con l’aiuto di griglie collegate
all’impianto di aspirazione e abbattimento.
In pratica si procede ad un “lavaggio” dell’area interessata.
Con questo sistema, negli impianti prova realizzati dai cantieri, si è
provveduto a ridurre la presenza di stirene, a parità di lavorazione,
nell’ordine del 40/60 % rispetto ai valori rilevati nell’indagine svolta
dalla USL 12 Viareggio nel biennio 2004/2005.
Studi per ridurre l’esposizione a stirene
Negli ultimi anni vi è stata una grossa espansione di studi per cercare di
ridurre l’esposizione a stirene degli addetti alla produzione di scafi,
coperte e sovrastrutture.
I principali studi hanno riguardato:
•
Impiego di resine a basso contenuto di stirene;
•
Infusione sottovuoto;
•
Impianti di aspirazione.
68
Resine a basso contenuto di stirene
Lo studio e la sperimentazione sull’utilizzo di resine a basso, o meglio,
con una percentuale inferiore di stirene, non ha prodotto, al momento,
soluzioni migliorative di una apprezzabile rilevanza.
Come esposto in precedenza, nella campagna di igiene industriale
effettuata dalla USL 12 Viareggio nel 2004, si è proceduto a eseguire
campionamenti sia personali che ambientali su una resina a ridotto
contenuto di stirene, durante fasi di produzione dello scafo.
L’analisi dei risultati ottenuti è stata fatta rapportando il campionamento
effettuato contemporaneamente, alle medesime lavorazione eseguite su
uno scafo simile con resine tradizionali.
Al campionamento ha assistito e partecipato con propri tecnici, anche la
multinazionale produttrice delle due resine testate.
Il
confronto
dei
dati
raccolti
ha
evidenziato
una
riduzione
dell’esposizione dei lavoratori che non ha comunque permesso di
raggiungere livelli sotto il TLV-TWA stabilito dall’ACGIH.
A fronte di tale riduzione si è manifestato un generale malcontento nei
lavoratori che si trovavano ad utilizzare un prodotto con tempi di
polimerizzazione più lunghi.
Infusione sottovuoto
L’infusione sottovuoto si è rilevata come una tecnica effettivamente
valida per quanto riguarda la costruzione di piccoli natanti (< a mt. 10) e
coperte e sovrastrutture.
69
La tecnica del sottovuoto è quella ampiamente utilizzata nella produzione
del settore aeronautico che impiega resine epossidiche.
Praticamente, dopo aver incerato e preparato lo stampo, si procede alla
prima laminazione tradizionale di gelcoat ed a quella successiva con
resina viniliestere.
A questo punto lo stampo è pronto e si procede, con l’aiuto di spray
ancoranti, alla posa dei vari tessuti e dei rinforzi. A posa eseguita si
sigilla lo stampo con nylon e si istallano i punti di infusione della resina e
i tubi di aspirazione.
Terminate tali operazioni si procede al collegamento dei tubi per
l’infusione al contenitore della resina e dei tubi di aspirazione alla pompa
del vuoto.
Cominciando ad aspirare l’aria interna al sacco del vuoto sigillato allo
stampo, la depressione che si crea permette l’aspirazione della resina che
bagna i tessuti evitando l’esposizione della sostanza agli addetti
La maggiore criticità del sistema è nella possibilità che rimangano
piccole parti di tessuto non perfettamente infusi di resina che portano a
rendere la costruzione, in quei punti, poco resistente ed a rischio di
rottura.
Nelle imbarcazioni di certe dimensioni (sopra i 15/18 mt) tali rischi
risultano ancora più alti e tali da sconsigliare la tecnica.
Diverso se la tecnica viene adottata su costruzioni effettuate in fibre di
vetro o carbonio infuse di resine epossidiche.
L’utilizzo di tali resine prevede che i tessuti vengano pre-impregnati di
resina e, quindi, il sottovuoto è la migliore tecnologia per avere un
prodotto leggero e resistente.
70
Infusione sottovuoto di una coperta
Impianti di aspirazione
Lo studio e la progettazione di impianti di aspirazione che garantiscano
un efficace ed efficiente sistema di bonifica è, molto probabilmente, il
tipo di ricerca che può effettivamente ridurre sensibilmente il livello di
esposizione degli addetti.
La parte di lavorazione più lunga e dove si è manifestato il maggior
inquinamento ambientale è la costruzione dello scafo.
In questa fase lavorativa, attualmente gli interventi di bonifica con un
impianto per solventi hanno seguito due direzioni: impianti di ricambio
d’aria nel capannone ed impianti di aspirazione localizzata.
Queste soluzioni si sono manifestate estremamente carenti per i seguenti
motivi:
71
•
Il ricambio d’aria nel capannone (tecnica di lavaggio e
diluizione) ha sicuramente l’handicap di non essere appropriato
per il tipo di sostanza. Infatti i vapori di stirene hanno una densità
di 3,6 che li rende più pesanti dell’aria e quindi, durante la
polimerizzazione della resina, tendono a collocarsi sul fondo
degli stampi. Questo fatto, soprattutto nella resinatura degli scafi,
fa si che i ricambi d’aria non riescano a lavare e diluire la
maggior parte dell’inquinante.
•
L’aspirazione localizzata permette di arrivare vicino alla fonte di
emissione dell’inquinante (come prevede l’art. 20 del DRP
303/56) con l’ausilio di tubazioni mobili in corrugato plastico.
Qui il problema nasce perché l’efficacia dell’aspirazione è
notevolmente compromessa dalla perdita della velocità di cattura
a breve distanza dall’imbocco della tubazione. Infatti la velocità
di cattura dello stirene, per ottenere una buona bonifica
ambientale, deve essere di 0,5/1 m/sec.; per fare un esempio
chiarificatore, se viene utilizzato una tubazione di 120 mm. di
diametro, pur avendo nel condotto una velocità di cattura
superiore a 1 m/sec., ad una distanza di 50 cm. si avrà una
velocità di cattura vicinissima a zero. Questo comporta che
durante le operazioni di laminazione si dovrebbe poter disporre
di molti tubi aspiranti posizionate nelle vicinanze della zona di
lavorazione con grossi problemi sia logistici che di gradimento
da parte degli addetti.
72
Questo ultimo fattore e molto importante: le soluzioni previste
devono avere un discreto gradimento da parte dei lavoratori addetti
alla produzione.
I due cantieri in cui sono state eseguite le indagini di igiene
industriale, su “invito”, indicazione ed in collaborazione con la USL
12 Viareggio, hanno sperimentato e stanno portando a termine
l’installazione di impianti di aspirazione che uniscono i pregi delle
due tipologie di impianti sopra descritti per ottenere un sistema di
lavaggio e diluizione localizzata, tenendo sempre in dovuta
considerazione la tipologia della sostanza inquinante.
L’impianto dovrà prevedere un sistema di ricambio d’aria nelle
vicinanze della zona di laminazione attraverso l’immissione di aria
pulita che diluisce e spinge l’inquinante verso la zona di cattura. I
fattori che dovranno essere tenuti in considerazione nella
progettazione sono:
•
Avere una velocità ed una distribuzione dell’aria immessa
non troppo elevata per non modificare sostanzialmente il
processo di polimerizzazione e non creare vortici durante il
percorso verso l’aspirazione;
•
Climatizzare la temperatura dell’aria immessa al fine di
migliorare sia le condizioni di lavoro degli addetti che la
qualità dei manufatti. Infatti le norme tecniche danno
indicazioni di procedere alle attività di laminazione a
temperature tra i 18 e i 28 °C.
•
Utilizzare attrezzature di captazione che aumentino la
superficie aspirante;
73
•
La distanza tra la fonte di immissione di aria pulita e
l’aspirazione.
Come detto in precedenza, lo stirene è leggermente più pesante dell’aria e
quindi tende a stare in basso; comunque va tenuto conto che è sempre una
sostanza aereodispersa.
Queste caratteristiche ci permettono di stabilire che la sostanza va
eliminata dall’ambiente di lavoro con le seguenti modalità di intervento:
•
Spinta della sostanza con l’immissione di aria pulita.;
•
Aspirazione che garantisca una velocità di cattura intorno ad
1 m/sec.
Per ottenere questo sistema di bonifica si può intervenire con la
progettazione e l’installazione di due tipologie di impianti che si
differenziano dal posizionamento sia della spinta di aria in entrata che
della captazione.
I° caso: sistema longitudinale
In questo caso l’immissione di aria pulita viene posizionata a prua
dell’imbarcazione mentre la griglia di captazione è a poppa; in virtù della
lunghezza del tratto, che varia da 20 a 35 metri, si posizionano ulteriori
immissioni dall’alto, lungo l’asse longitudinale dello scafo.
In questo modo si sfrutta la naturale tendenza dello stirene a posizionarsi
sul fondo e si aziona una spinta dell’inquinante verso la captazione
agevolata dalla conformazione dello scafo.
74
Schema sistema longitudinale
2
1
2
3
1. immissione aria
2. immissione aria
3. captazione
Esempio di sistema longitudinale
75
II° caso: sistema trasversale
Questo sistema si basa sulla riduzione del percorso dello stirene
determinato dalla immissione verso la captazione.
Si procede ad installare la immissione sopra il fianco dello scafo
posizionando la captazione sull’asse longitudinale dello stesso. In questo
modo si ha l’effetto che il percorso dello stirene diminuisca sensibilmente
da 20/35 metri a 3/5 mt.
Contemporaneamente si procede alla copertura dello scafo con teli in
plastica ottenendo una compartimentazione dello scafo che ha due
vantaggi.
Il primo è sicuramente un vantaggio di prevenzione, in quanto si ottiene
la riduzione degli esposti confinando l’inquinamento all’interno dello
scafo non esponendo a stirene chi effettua altre attività all’interno del
capannone dove lo scafo è posizionato.
Il secondo vantaggio è prettamente tecnico, in quanto si riduce sia la
quantità di aria che le eventuali interferenze esterne destabilizzanti del
percorso progettato per l’inquinante.
La messa a punto di questo sistema vede l’impegno di 2 aziende (una di
costruzione scafi, l’altra di progettazione bonifiche ambientali) e della
USL 12 Viareggio.
76
Schema sistema trasversale
1
1
2
1. immissione aria
2. captazione
Esempio di immissione aria dal bordo dello scafo
Qualunque sia il sistema utilizzato le portate dell’aria vanno calcolate in
base al volume d’aria presente nella zona di lavoro.
Come si ricordava precedentemente, mentre in aspirazione la velocità
diminuisce sensibilmente man mano che ci si allontana dalla fonte di
77
aspirazione, nell’immissione di aria la velocità rimane pressoché costante
durante tutto il percorso garantendo una spinta sufficiente allo
spostamento dell’inquinante verso l’aspirazione.
Nell’utilizzo dei sistemi con immissione d’aria sono fondamentali alcuni
aspetti:
•
Testare una giusta concentrazione della resina che supporti
l’eventuale accelerazione del processo di polimerizzazione
causato dalla immissione di aria;
•
Modificare la lavorazione in virtù degli eventuali cambiamenti
apportati dall’immissione di aria;
•
Addestrare e formare gli addetti alle nuove condizioni di lavoro.
Queste soluzioni sono ancora in fase di sperimentazione per cui la loro
efficacia è in corso di valutazione; visto l’attuale valore di TLV – TWA è
sicuramente troppo ottimistico sperare di raggiungere livelli di
esposizione personale al di sotto dello stesso. In ogni caso la diminuzione
delle concentrazioni di stirene nelle zone di lavoro è una misura
altamente migliorativa che permettera un più razionale utilizzo delle
maschere.
Maschera a carboni attivi
78
5
LA MOVIMENTAZIONE DELLE IMBARCAZIONI
Una volta completata la costruzione strutturale dell’imbarcazione,
qualunque sia il materiale utilizzato, si procede allo spostamento
trasportando la struttura al cantiere dove sarà allestita. Per fare un
confronto con l’edilizia si può tranquillamente affermare che nel cantiere
di costruzione si fa la“struttura muraria” mentre nel cantiere di
allestimento si procede nella rifinitura.
La differenza sostanziale sta nel rapporto economico: in edilizia,
normalmente, i costi di rifinitura rappresentano circa il 60% del totale dei
costi mentre nella cantieristica navale i costi di allestimento si aggirano
intorno al 80 - 90% del costo dell’opera.
Una volta terminata, nel cantiere di allestimento, l’imbarcazione viene
messa in acqua; in questo capitolo si procederà ad analizzare anche la
movimentazione per la messa in acqua.
Trasporto tra cantieri
Una volta terminate le operazioni di costruzione di scafo, coperta e
sovrastruttura si deve procedere al trasporto dell’imbarcazione al cantiere
dove verranno eseguite le operazioni di allestimento.
Anche per tali operazioni si può procedere in vari modi a seconda
dell’ubicazione dei cantieri. A volte, sempre per problemi di logistica, le
operazione di assemblaggio tra scafo, coperta e sovrastruttura vengono
effettuate nel cantiere di allestimento.
Le modalità di trasporto possono essere le seguenti:
•
Trasporto su gomma;
79
•
Trasporto via mare;
•
Trasporto su gomma e mare.
Trasporto su gomma
Con l’ausilio dei mezzi di sollevamento presenti nel cantiere si sposta la
costruzione dal sito in cui è stata prodotta ad enormi carrelli.
Una volta assicurato al carrello questo viene agganciato alla motrice ed
inizia l’operazione di trasferimento come “carico eccezionale”.
Di solito tali operazioni vengono effettuate di notte per non provocare
problemi di circolazione.
Carrello per il trasporto su gomma
80
Una volta raggiunto il cantiere di destinazione si procede all’operazione
inversa: si sposta l’imbarcazione da allestire dal carrello al luogo di
allestimento mettendola in “livello” e stabilizzandola con l’ausilio di
tacche in legno e puntelli in metallo.
Tali operazioni vengono effettuate per imbarcazioni di media grandezza
intorno ai 30 metri di lunghezza.
Trasporto via mare
Per trasportare navi da allestire via mare, si può procedere in diversi modi
a seconda del tipo di mezzo di sollevamento a disposizione dei cantieri e
dell’alloggiamento della nave sia durante la costruzione che durante
l’allestimento.
Per le navi in metallo di solito si procedere ad effettuare una operazione
di varo su scalo inclinato da parte del cantiere costruttore e ad una
operazione di alaggio sempre su scalo inclinato da parte del cantiere di
allestimento.
Una possibile variante è quella del bacino allagabile; se la nave è stata
costruita in un bacino allagabile si procede all’allagamento dello stesso
ed al traino dell’imbarcazione verso il cantiere di allestimento dove può
essere alata sempre su uno scalo inclinato o può essere alloggiata in un
bacino allagato da cui viene, dopo il posizionamento e la taccatura,
aspirata l’acqua.
Nel caso di vari ed alaggi su scali inclinati, si procede alla
movimentazione con l’ausilio di grossi verricelli. Un sistema di alaggio
non molto comune, ma presente in due cantieri navali Viareggini, è
81
quello di posizionare l’imbarcazione in acqua sopra una piattaforma
posizionata sul fondo della banchina; una volta posizionata e taccata la
nave, la piattaforma emerge, utilizzando un sistema idraulico, e porta in
secca l’imbarcazione.
Alaggio su scalo inclinato di una costruzione in metallo da allestire
Per le navi in vetroresina, di solito, lo spostamento dai cantieri all’acqua
per il trasporto si fa con un mezzo di sollevamento chiamato Travel Lift
che non è altro che una doppia gru a cavalletto che aggancia la nave con
l’ausilio di grosse fasce in tessuto e si sposta su enormi ruote mettendo la
nave in acqua in appositi bacini rientranti presenti in banchina.
Il trasporto via mare viene effettuato a traino di rimorchiatori.
Nelle operazioni di varo e alaggio è quasi sempre presente, a prescindere
della tipologia utilizzata, una squadra di sommozzatori.
82
Movimentazione di una imbarcazione con travel lift
Trasporto su gomma e mare
Questa tipologia di trasporto si rende necessaria quando uno dei due o
tutti e due i cantieri non hanno l’accesso diretto alla banchina del porto
od ad un canale navigabile.
In questo caso è indispensabile l’utilizzo di mezzi di sollevamento come
gru e Travel Lift per il passaggio dell’imbarcazione sui carrelli.
Trasporto per varo finale
Non tutti i cantieri di allestimento navali hanno l’accesso diretto alla
banchina; per tale motivo si deve procedere come per il trasporto
gommato da cantiere a cantiere.
L’unica differenza sta nel posizionamento, con l’ausilio del travel lift,
della nave ultimata direttamente all’ormeggio in banchina.
83
Il varo fatto nei cantieri adiacenti alla banchina varia a seconda della
sistemazione della nave durante l’allestimento.
Nella maggior parte dei casi si avvicina la nave alla zona di operatività
del travel sempre con l’ausilio di carrelli trainati da motrici.
Una volta posizionata sul travel, l’imbarcazione viene messa in acqua
nell’apposito bacino rientrante.
Sicuramente il sistema di varo più affascinante è quello che viene
effettuato sugli scali inclinati.
In questi casi dopo aver tolto le taccature si fa scivolare lentamente la
nave verso l’acqua: il tipico varo che ognuno immagina.
Nel caso che la barca sia stata allestita in bacino, il varo non è altro che
l’allagamento del bacino.
Per le piattaforme, il varo rappresenta l’operazione inversa all’alaggio: si
posiziona la nave e si abbassa la piattaforma fino al fondo.
Rischi e misure di sicurezza
Durante le operazioni di trasporto, l’esposizione degli addetti a rischi per
la salute risulta essere quasi del tutto trascurabile.
I rischi riguardano principalmente la sicurezza e sono legati
maggiormente a problematiche di movimentazioni eseguite con gru di
vario tipo e verricelli.
Il recepimento, nel vasto contenitore del D.L.vo 626/94, della Direttiva
Comunitaria 95/63CE, in particolare con l’art. 4 ter del D.L.vo 359/99,
detta le condizioni ed i requisiti di sicurezza per l’uso di attrezzature
destinate a sollevare carichi: queste sono le misure di sicurezza che
84
devono essere adottate durante le operazione di trasporto delle
imbarcazioni.
Tali misure sono:
•
gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi
da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio,
delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e
della configurazione dell’imbracatura; le combinazioni di più
accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro
per consentire all’utilizzatore di conoscerne le caratteristiche
qualora esse non siano scomposte dopo l’uso; gli accessori di
sollevamento siano depositati in modo tale da non essere
danneggiati o deteriorati;
•
allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al
sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in
un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si
intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la
collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro
stesse;
•
i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore
aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni
possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in
modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;
•
tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate
nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare
la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da
sollevare simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che
85
servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e
applicata
una
procedura
d’uso
per
garantire
il
buon
coordinamento degli operatori;
•
qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di
carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di
interruzione parziale o totale dell’alimentazione di energia, siano
prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai
rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza
sorveglianza salvo il caso in cui l’accesso alla zona di pericolo
sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la
massima sicurezza;
•
allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto
tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento,
esponendo così i lavoratori a rischi, l’utilizzazione all’aria aperta
di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi
non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di
protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che
impediscano il ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro.
Naturalmente tutti i mezzi di sollevamento soggetti a verifica dovranno
essere sottoposti alla stessa secondo la normativa vigente.
Rimane l’obbligo dell’utilizzo dei DPI che garantiscano una efficace ed
efficiente protezione, durante tali operazioni, dai contatti accidentali
come caschi, scarpe antinfortunistiche, ecc. L’esperienza maturata anche
in altre tipologie di movimentazione, insegna che l’elaborazione di una
corretta procedura di movimentazione rappresenta sicuramente una
fondamentale misura di sicurezza; ma è essenziale che su tale procedura
86
ci sia una adeguata informazione e formazione degli addetti ed un elevato
grado di addestramento.
L’addestramento è fondamentale anche per l’operato in sicurezza del
sommozzatore; nel caso di suo utilizzo è anche indispensabile un
apprezzabile affiatamento tra lo stesso e gli altri lavoratori coinvolti nelle
operazioni.
Varo di una imbarcazione con travel lift
87
6
LA MESSA IN SICUREZZA DELL’IMBARCAZIONE
Ponteggio e protezioni
La prima e fondamentale operazione per la messa in sicurezza
dell’imbarcazione è la costruzione del ponteggio, all’esterno dello scafo,
secondo l’elaborato tecnico fornito dal progettista dello stesso; tale
operazione viene comunemente svolta da ditte specializzate di pontisti.
I ponteggi sono costruiti sia con ponteggi metallici che con profilati
metallici (es. tubi Innocenti) che vengono bloccati tra di loro con delle
placchette di serraggio imbullonate o da elementi prefabbricati, il piano
di calpestio è costituito o da tavole di legno o da pannelli metallici
“prefabbricati” con misure standard.
Il ponteggio quindi viene ancorato allo scafo secondo lo schema indicato
dal progettista.
Altra operazione importantissima è la messa in atto tutte le protezioni
all’interno dello scafo contro il pericolo di caduta all’interno delle
aperture situate nei vari ponti; quindi si costruiscono i parapetti attorno
alle aperture usando sempre dei tubi Innocenti; per ultimo vengono
posizionate e fermate le scale portatili per l’ accesso tra un ponte e l’altro.
Nei locali dove sono presenti, già dalla fase di costruzione scafo, delle
scale fisse queste vengono dotate o di parapetto o di corrimano.
Installazione impianti illuminazione
Dopo la messa in sicurezza dell’imbarcazione viene posto in opera, a cura
degli elettricisti del cantiere, l’impianto di illuminazione diffusa in tutti i
88
locali in cui successivamente si dovrà operare, parallelamente viene
installato anche l’impianto di illuminazione di emergenza che dovrà
garantire una certa illuminazione nei vari locali in caso di interruzione
dell’energia elettrica di alimentazione dell’impianto illuminate.
Viene inoltre predisposto l’impianto con prese a spina per l’attacco delle
attrezzature elettriche portatili che si dovranno utilizzare nelle varie fasi
dell’allestimento.
Per quanto riguarda le costruzioni in metallo, sulla base di quanto
previsto dall’art. 313 del D.P.R. 547/55 (... nei lavori entro grandi masse
metalliche è vietato l’uso di utensili elettrici portatili a tensione superiore
a 50 Volt verso terra), sia l’impianto elettrico di illuminazione che quello
usato per l’alimentazione delle attrezzature da lavoro portatili è ancora
alimentato normalmente con tensione di 48 Volt.
Si è usato il termine “ancora” in quanto, sulla base di quanto previsto dal
D. L.vo 272/99 per i lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione
su navi, si ritiene possibile l’utilizzo di tensioni superiori se lo scafo è
collegato all’impianto di terra del cantiere e l’alimentazione è protetta da
interruttori differenziali magnetotermici.
I cavi di tali impianti vengono posizionati al soffitto, per quanto riguarda
l’impianto di illuminazione, ed a parete, sollevati da terra, per quanto
riguarda l’impianto di alimentazione delle attrezzature elettriche portatili
in modo da non intralciare il passaggio delle maestranze che eseguiranno
di seguito l’allestimento.
89
Dislocamento presidi antincendio e cartellonistica
I componenti della squadra antincendio del cantiere i cosiddetti “guardia
fuoco” salgono a bordo dell’imbarcazione e provvedono ad installare nei
vari locali degli idonei estintori per tipo e classe, appropriati alle
lavorazione che si svolgeranno nei vari locali ed ai materiali impiegati nel
ciclo lavorativo, ed in numero sufficiente in modo da prevenire
tempestivamente il propagarsi di un eventuale incendio insorto a bordo
durante le lavorazioni. A cura degli stessi “guardia fuoco” viene anche
posizionata a bordo la segnaletica indicante i percorsi e le uscite di
emergenza nel rispetto del piano generale di emergenza messo a punto
dal cantiere.
Predisposizioni impianti di aspirazione
Per ultimo vengono predisposti gli impianti di aspirazione, posizionando
all’interno dei vari locali dei tubi in gomma collegati agli impianti
centralizzati di aspirazione; gli impianti di aspirazione si differenziano a
seconda della tipologia dell’imbarcazione. Per le imbarcazioni in
vetroresina gli impianti centralizzati presenti nei cantieri dovranno
provvedere all’aspirazioni separata di solventi e polveri. Per quanto
riguarda le costruzioni in metallo è indispensabile la presenza di impianti
centralizzati per l’aspirazione di polveri e fumi di saldatura.
Al termine di tutte queste operazioni si può considerare la barca in
sicurezza e quindi si può consentire l’accesso alle maestranze per
eseguire le varie lavorazioni di allestimento.
90
Rischi e misure di sicurezza
Come per le operazione di movimentazione, anche durante la messa in
sicurezza dell’imbarcazione, si può tranquillamente ritenere trascurabili i
rischi per la salute mentre si deve porre attenzione alla prevenzione e
protezione da rischi per la sicurezza quali:
•
Rischi di caduta dall’alto durante la fase di allestimento delle opere
provvisionali (ponteggi, parapetti ecc.);
•
Rischi di elettrocuzione durante la fase di installazione dell’impianti
di bordo;
•
Rischi di origine meccanica per le altre fasi di lavoro.
In conseguenza le misure da porre in atto per una corretta prevenzione e
protezione dei lavoratori saranno:
•
Elaborazione del PiMUS (piano di montaggio, uso e smontaggio) del
ponteggio dove siano riportate le indicazioni circa le modalità di
allestimento delle opere provvisionali;
•
Utilizzo di dispositivi anticaduta;
•
Lavorazioni sull’impianto elettrico non in tensione;
•
DPI quali scarpe, caschi, guanti, ecc.
Il personale adibito al montaggio, smontaggio e trasformazione dei
ponteggi deve essere adeguatamente formato; la formazione deve
avvenire con la frequenza ad un apposito corso con lezioni teoriche e
pratiche le cui materie sono stabilite dalla normativa vigente.
91
Ponteggi esterni
Parapetti interni allo scafo
92
7
I LAVORI DI ALLESTIMENTO
Descrivere tutto il ciclo di allestimento delle imbarcazioni da diporto
richiederebbe una lunga trattazione; per questo motivo è stato scelto di
rappresentare solo le operazioni più importanti. Va anche premesso che
fino a pochi anni fa i lavori di allestimento di imbarcazioni in metallo si
differenziavano da quelli per le imbarcazioni in vetroresina.
Negli anni questa differenziazione è andata man mano a ridursi fino a
quasi scomparire nel ciclo lavorativo attuale.
Compartimentazione
Una volta terminate le operazioni di costruzione, iniziano le fasi che
caratterizzano il prodotto finale: sono le fasi in cui vengono allestite le
imbarcazioni che vanno ad assumere l’aspetto esterno e, soprattutto,
interno che le rende invidiabili “ambasciatori” del lusso.
La maggior parte di lavorazioni che vengono effettuate sono
caratterizzate dalla ricerca del “bello”. Quasi nulla si fa per l’essenziale,
quasi tutto si fa per il superfluo.
Sicuramente è essenziale la parte iniziale della fase di allestimento che è
caratterizzata dall’impiantistica e dalla compartimentazione “secondaria”.
Si definisce tale compartimentazione secondaria in quanto una prima
compartimentazione (primaria) è già stata effettuata nel cantiere di
costruzione: facendo un raffronto con quanto viene effettuato nelle
costruzioni edili, la compartimentazione primaria è più strutturale e
paragonabile alle mura delle abitazioni mentre la compartimentazione
secondaria ha lo scopo di ricavare vari locali e somiglia alle pareti.
93
Solitamente nella prima compartimentazione vengono delimitate le zone
principali della nave quali:
Locale macchine;
Locali di servizio (cucina, dispensa, lavanderia, ecc)
Locali equipaggio;
Salone ponte di coperta;
Cabina armatore;
Cabine ospiti;
Ponte di comando.
Nella successiva compartimentazione si provvede a dividere i locali per
ottenere gli ambienti dove troveranno posto:
Cucina;
Dispensa;
Lavanderia;
Cabina comandante;
Cabine personale di bordo;
Servizi nelle cabine armatore ed ospiti.
La prima compartimentazione viene fatta quasi sempre con lo stesso
materiale con cui sono stati costruiti scafo, coperta e sovrastruttura; la
seconda
compartimentazione
viene
fatta
in
legno
o
materiali
incombustibili.
Infatti attualmente la maggior parte dei megayachts vengono costruiti con
la classificazione per essere destinati al charter (noleggio).
La destinazione al charter li rende equiparati a navi da crociera e
costringe i cantieri a classificare le navi con la Charter Class.
94
Tale classificazione prevede l’utilizzo, per la compartimentazione di
materiale incombustibile. Subito dopo si procede all’applicazione dello
smalto a finire su tutte le superfici visibili, nella sala macchine e nei
locali d’ispezione.
Verniciatura
L’applicazione della pittura viene fatta a pennello od a rullo per le piccole
riprese, mentre la verniciatura che viene effettuata con l’ausilio di
impianto airless prevede l’applicazione di 2 mani di pittura epossidica o
poliestere ed una mano di smalto poliuretanico a finire.
Tale operazione viene eseguita da ditte specializzate (in appalto) e di
norma senza la presenza di altri operatori, quindi al di fuori del normale
orario di lavoro.
Sulle superfici dei locali interni allo scafo in precedenza verniciate e che
dovranno di seguito essere coibentate viene applicato a spruzzo, da parte
dei verniciatori, un prodotto anticondensa. Ultimate tali operazioni si
iniziano le operazione di preinstallazione degli impianti tecnici (elettrici,
idraulici, condizionamento, ecc.) e le operazioni di coibentazione e
insonorizzazione dei locali destinati agli alloggi sia di armatore e ospiti,
sia del personale di bordo.
Il materiale fonoassorbente e termoisolante (tagliafuoco) viene applicato
allo scafo sia sulle pareti che sul soffitto mediante fissaggio ad arpioni
(spilli) saldati in precedenza allo scafo stesso; tali arpioni vengono fissati
alle lamiere mediante saldatura, ad opera dei carpentieri, prima della
spruzzatura dell’anticondensa.
95
I pannelli di lana di vetro vengono tagliati e sagomati manualmente con
utensili tipo trincetti o forbici e poggiati manualmente; quindi vengono
rivestiti esternamente con un tessuto in lana di vetro.
A rivestimento completato i pannelli vengono trattenuti per mezzo degli
spilli sui quali vengono infilate le rondelle di trattenuta che restano fissate
nella posizione a seguito della piegatura manuale dello stelo degli spilli;
successivamente a completamento dell’operazione si provvede alla
nastratura (rifinitura del lavoro per sigillare i vari pannelli accoppiati) per
mezzo di nastro adesivo di tela in fibra di vetro.
Le operazioni di coibentatura vengono effettuate sia sugli scarichi dei
motori e dei gruppi elettrogeni che sui tubi degli impianti di
condizionamento e dei tubi di ventilazione. Successivamente si procede
alla stuccatura dello scafo esterno dell’imbarcazione.
Si procede all’applicazione di un prodotto adesivante epossidico per
mezzo di impianto airless.
Appena l’adesivante è essiccato si procede ad una leggera carteggiatura,
eseguita con levigatrici rotorbitali munite di carta abrasiva a grana molto
fine, in modo da rendere le superfici pronte alla fase successiva di
stuccatura.
Preparata la superficie si procede alla stuccatura dell’opera morta dello
scafo e della sovrastrutture utilizzando uno stucco epossidico; per prima
cosa vengono eseguite le guide orizzontali e verticali larghe circa 5 cm e
distanziate di circa 2,5 metri che servono come punti di riferimento per la
stesura di tutto lo stucco restante che viene steso per mezzo di cazzuole.
Appena lo stucco è asciugato si procede alla carteggiatura delle guide
prima con la scartatrice rotorbitale e poi con stecche di legno ricoperte di
96
carta abrasiva; ultimata tale operazione si procede a riempire le superfici
comprese tra le guide con varie passate di stucco epossidico fino a
raggiungere lo spessore desiderato che varia da 3 a 5 cm .
Lo stucco viene preparato su pianali di legno dove viene impastato con il
catalizzatore, quindi viene a breve termine applicato alle varie parti dello
scafo con l’ausilio di cazzuole e steso con delle stecche in legno e/o
metallo, per le parti più grandi, e con spatole metalliche per parti piccole
o per eseguire eventuali ritocchi. La stesura con le stecche metalliche
serve anche come prima livellazione dello stucco rispetto alle guide
preformate. Appena lo stucco è catalizzato e seccato, dopo circa 20 ore
dalla deposizione, si procede alla carteggiatura dello stesso in modo da
rendere la superficie perfettamente liscia e livellata per eseguire la
successiva pitturazione. La carteggiatura viene eseguita in due fasi, nella
prima fase con l’utilizzo di smerigliatrici orbitali e rotorbitali munite di
impianto di captazione delle polveri incorporato che servono ad eliminare
i grossi difetti creatisi sulla superficie a seguito della prima grossolana
livellazione fatta con le stecche metalliche o le spatole; successivamente
si procede alla carteggiatura eseguita con stecche di legno della
lunghezza di circa 3 – 4 metri con applicata carta abrasiva di grana grossa
in un primo momento fino ad arrivare a carta abrasiva di grana fine al
termine dell’operazione. Questa operazione viene eseguita da più persone
(2, 3, 4) contemporaneamente a seconda della lunghezza della stecca
stessa che è variabile nella sua lunghezza in funzione del punto dello
scafo da carteggiare. Terminata la levigatura dello stucco si procede alla
preparazione delle superfici per la pitturazione finale; la prima
operazione consiste nell’applicazione a spruzzo di una mano di fondo
97
epossidico ad alto spessore, quindi si procede ad eventuali ritocchi con
stucco per eseguire la correzione di imperfezioni.
Appena lo stucco è essiccato si esegue la carteggiatura manualmente
dello stesso con l’ausilio di stecche di legno ricoperte con carta abrasiva;
livellata la superficie ed eliminate le imperfezioni si procede all’
applicazione a spruzzo di una mano di fondo epossidico e successiva
carteggiatura manuale con stecca di legno e carta abrasiva finissima. Se a
questo punto si riscontrano ancora piccole imperfezioni si ripete
l’operazione fino alla definitiva scomparsa delle stesse.
Quando la superficie è perfettamente levigata in tutti i suoi punti si
procede alla pulizia per rimuovere ogni traccia di polvere prima
aspirando la polvere con un aspirapolvere portatile quindi soffiando la
superficie con una pistola ad aria compressa e pulendola con un panno.
A questo punto si applica a spruzzo una mano di sottosmalto; appena lo
smalto è essiccato si esegue un’ulteriore carteggiatura manuale della
superficie da verniciare con l’utilizzo di stecche di legno con carta
abrasiva a grana finissima.
Dopo aver carteggiato manualmente con stecca e carta abrasiva finissima
il sottosmalto si passa alla pulizia delle superfici per eliminare tutta la
polvere, quindi si procede al lavaggio con solvente di tutte le superfici da
verniciare per eliminare qualsiasi impurezza in modo da far aderire bene
la vernice alla superficie da verniciare.
La verniciatura inizia con l’applicazione di una prima mano di vernice
(smalto) a finire mediante l’utilizzo di impianto airless, successivamente
appena lo smalto è essiccato si procede ad una leggera carteggiatura con
macchine rotorbitali munite di carta abrasiva finissima, quindi si esegue
98
una perfetta pulizia delle superfici e si sgrassa la superficie con un panno
imbevuto di solvente antisiliconico. Infine si esegue la verniciatura finale
con l’applicazione a spruzzo di due mani di vernice a finire.
Per la verniciatura esterna è stata recentemente messa a punto una nuova
tecnologia con utilizzo di azoto. Nei processi industriali, sia in fase
produttiva che in quella applicativa, si utilizzano ampliamente gas
cosiddetti inerti per la conservazione, il trasporto e la proiezione di
vernici. Le caratteristiche dell' azoto rispetto all' aria sono la bassa densità
e la bassa temperatura di fusione e di ebollizione che lo rendono un
veicolo gassoso tecnicamente ottimizzato rispetto ad altri gas inerti per
eccellenza come l' argon, il cui utilizzo è reso proibitivo dai costi.
L'impiego dell' azoto come propellente per sistemi di verniciatura, è
un campo nel quale si stanno invece ottenendo risultati lusinghieri.
L' utilizzo di azoto invece permette di evitare qualsiasi trattamento
preliminare del manufatto in quanto per sua stessa natura è anidro, tende
ad annullare qualsiasi presenza di umidità al contorno, come pure nel
supporto, ed avendo un peso specifico basso non altera minimamente il
flusso in uscita dall' aerografo.
Inoltre, potendolo scaldare a temperature anche oltre i 50°C, genera un
effetto fluidificante della vernice stessa abbattendo il contenuto di
solvente, riducendo la pressione di spinta e quindi riducendo l' effetto
dello "spolvero". Il bassissimo punto di rugiada permette di eliminare
istantaneamente qualsiasi presenza di umidità residua nel supporto,
eliminando l'annoso problema del blistering (presenza di bolle).
In tale sistema, il fluido vettore tradizionale (aria compressa essiccata e
filtrata) è sostituito con aria modificata ricca di azoto (concentrazione N2
99
fino al 99,5%) perfettamente pulita, ionizzata e secca (punto di rugiada a
1 Atm: -60°C) avente temperatura (regolabile tra +5 e +80°C) e pressione
(regolabile tra 0,5 e 8 bar/g) di utilizzo ottimali per la stesura, distensione
ed evaporazione dello strato di pittura spruzzato sia per vernici
(monocomponente, bicomponente, poliuretanica, vinilica, metallizzata,
base acqua) che per qualsiasi tipo di resina a liquido.
Le operazioni di stuccatura e verniciatura, alcuni anni fa, venivano
effettuate solamente su imbarcazioni in metallo; attualmente gli standard
qualitativi adottati per le costruzioni in vetroresina richiedono l’adozione
di tali lavorazioni. L’unica variabile sta nella possibilità che sulle
costruzioni in vetroresina si utilizzino stucchi poliestere e non epossidici.
Predisposizione impianto di aspirazione per la verniciatura di una fiancata
Impiantistica
All’interno della sala macchine dove vengono alloggiati tutti i vari motori
propulsivi e gli apparati tecnici (gruppi elettrogeni, dissalatori, pompe,
compressori, quadri elettrici ecc.), vengono posizionati i relativi
100
basamenti/supporti; inoltre viene effettuata la posa in opera delle
separazioni fra i vari macchinari che vi dovranno essere alloggiati, tale
lavorazione viene chiamata comunemente ”carpenteria di imbonaggio”.
Tali
separazioni
vengono
realizzate
tramite
pannelli
metallici
opportunamente alleggeriti (traforati o costruiti a sandwich) che
costituiranno delle paratie divisorie; questi pannelli vengono applicati
mediante operazioni di saldatura ad arco elettrico.
La costruzione dei vari basamenti viene fatta a terra nel reparto
carpenteria e prevede lavorazioni di taglio metalli al pantografo, taglio
metalli con cannello ossiacetilenico, cesoia a ghigliottina, operazioni di
molatura e saldatura; tali basamenti vengono trasportati a bordo
“imbarcati” mediante l’utilizzo dei mezzi di sollevamento del cantiere
(carri ponte).
Il montaggio a bordo di tali basamenti viene fatto con processi di
saldatura elettrica dopo eventuale ritocco dei profili di accoppiamento
mediante operazioni di taglio con cannello ossiacetilenico e/o molatura.
Per quanto riguarda i quadri elettrici, che vengono costruiti nelle officine
delle ditte specializzate nella costruzione dell’impianto elettrico, vengono
predisposti oltre ai basamenti anche le staffe di fissaggio di tali quadri.
L’imbarco del quadro elettrico principale e di tutti i sottoquadri
prefabbricati a terra da ditte specializzate e loro posizionamento sui
relativi basamenti già predisposti nella fase della carpenteria di
allestimento mediante utilizzo di bulloneria; stesura dei cavi elettrici e
loro graffatura nelle canaline e solette già predisposte in fase di
carpenteria di allestimento per il collegamento di tutte le utenze ai
rispettivi quadri di comando.
101
Installazione dei gruppi di batteria di avviamento motori, dei servizi
generali ed emergenza e loro collegamento ai vari utenti. Installazione
dell’impianto di monitoraggio e controllo di tutti i sistemi di bordo.
Tutti i cavi vengono manovrati manualmente creando delle difficoltà agli
operai in quanto la lunghezza di certi cavi è notevole e pertanto lo
scorrimento negli appositi alloggi è ostacolato dall’attrito, dal peso degli
stessi cavi e dalla rigidità di quelli con maggiore sezione.
Pertanto, l’operatore che stende i cavi deve sopportare un notevole
impegno fisico, aggravato spesso della postura non sempre corretta che
deve assumere nei vari ambienti dell’imbarcazione.
Per “impianto idraulico” si intende una serie di vari impianti distinti
quali:
•
l’impianto di raffreddamento dei motori di propulsione e dei gruppi
elettrogeni,
•
l’impianto di alimento – imbarco – travaso combustibile,
•
l’impianto antincendio,
•
l’impianto pompa di sentina,
•
impianto dell’aria compressa,
•
impianto oleodinamico,
•
l’impianto dei servizi igienici, impianto di smaltimento acque nere e
grigie.
La lavorazione consiste nel montaggio e messa in opera delle varie
tubazioni e relativo valvolame.
Tutte le tubazioni che interessano i vari impianti vengono preallestite a
terra nel reparto tubisteria del cantiere o nelle officine delle imprese di
tubisteria che operano in appalto, il preallestimento permette di ridurre
102
per quanto possibile le operazioni di saldatura a bordo delle imbarcazioni
in modo da non danneggiare le strutture già pitturate e di limitare
drasticamente lo sviluppo dei fumi di saldatura a bordo dell’imbarcazione
ed a ridurre il rischio d’ incendio.
Le tubazioni più grosse vengono portate a bordo per mezzo di gru a
ponte, mentre quelle di piccole dimensioni vengono movimentate
manualmente.
Il montaggio a bordo avviene con utensili manuali senza l’ausilio di
particolari attrezzature; solo in particolari casi si utilizza la saldatrice
elettrica.
Il preallestimento a terra nell’apposito reparto implica invece l’utilizzo di
macchine piega tubi, cannelli da taglio ossiacetilenici, saldatrici,
troncatrici e seghetti alternativi fissi.
Questa lavorazione ha il suo punto nodale in sala macchine ma è
presente in tutti i locali e si va ad intersecare con gli altri lavori di
allestimento di impiantistica.
Carpenteria e falegnameria
Quasi contemporaneamente si passa al montaggio al grezzo di paiolati e
telai dei soffitti. Questa fase lavorativa si protrae per una buona parte del
tempo richiesto per l’allestimento.
Si procede per prima cosa alla messa in opera dei paiolati e dei
pavimenti, nei locali tecnici e non, costituiti da pannelli di compensato
marino o materiale ignifugo, che vengono fissati con viti e bulloni sulle
strutture metalliche dei vari ponti.
103
Successivamente si posizionano i telai di ancoraggio dei soffitti costituiti
da listelli di legno; sia i paiolati che i listelli di ancoraggio dei soffitti
vengono fissati per mezzo di viti usando degli avvitatori/svitatori elettrici
portatili.
Sia i paiolati che tutti i pannelli in compensato o in materiale ignifugo,
sono sagomati a misura nel reparto falegnameria del cantiere o nei
laboratori esterni delle ditte specializzate che vi lavorano in appalto.
Dopo aver ultimata la messa in opera delle compartimentazioni, dei
pagliolati e dei listelli di ancoraggio dei soffitti, si prendono le misure per
la costruzione dei mobili a parete.
Quindi si procede al rivestimento delle superfici delle pareti esposte (in
particolare i corridoi, le camere ed i saloni), tramite incollaggio, con
pannelli impiallacciati ricoperti con essenza di legno nobile dello
spessore di circa 1 mm.
La colla viene stesa sulle superfici da incollare per mezzo di apposite
spatole ed interessa una superficie notevole creando una esposizione
significativa ai vapori dei solventi che si liberano durante l’essiccazione
della colla stessa.
In questa fase lavorativa va previsto all’interno dei locali una ventilazione
forzata in modo da allontanare i vapori dei solventi che si sprigionano
durante la fase di essiccazione della colla. Durante la messa in opera dei
pannelli si può presentare la necessità di modificare leggermente le
misure degli stessi usando una pialla manuale per piccolissimi ritocchi o
il seghetto alternativo.
104
Tali pannelli vengono predisposti e sagomati a terra nel reparto
falegnameria del cantiere o delle ditte specializzate che operano in
appalto.
La fase successiva riguarda il montaggio dei mobili. I mobili che devono
essere fissati alle pareti vengono portati a bordo dell’imbarcazione
utilizzando le gru a ponte, quindi manualmente dal ponte della coperta
dell’imbarcazione sino ai locali di destinazione.
Questi mobili sono costruiti da ditte specializzate nei loro laboratori e
vengono portate all’interno del cantiere solo al momento del loro
montaggio.
Dopo di che vengono montati i pavimenti che possono essere di varia
natura e di conseguenza richiedono lavorazioni diverse; i tipi di
rivestimento più comuni sono: il legno, la moquette usati nei vari saloni e
camere, il marmo e/o granito usato nei bagni, materiali plastici usati nella
cucina, nella lavanderia, nella cambusa.
Tutti questi prodotti vengono fissati per mezzo di collanti che vengono
spalmati sui paiolati per mezzo di una apposita spatola; i collanti variano
nella composizione in base al tipo di materiale da incollare.
I pavimenti sono già preparati a misura a terra nei laboratori delle ditte
specializzate nella loro messa in opera; i pavimenti del ponte di coperta e
di altre parti esterne vengono fatti in teak ancorato tramite materiale
plastico (gommato) e necessitano di operazioni di levigatura e
verniciatura da eseguirsi dopo la posa. Si procede poi al montaggio dei
soffitti realizzati con pannelli di compensato marino già rivestiti con
essenza di legno nobile dello spessore di 1 mm o laccati che vanno fissati
all’apposito telaio di sostegno posto in opera in precedenza.
105
Apparati motore e tecnologici
Terminata la fase di allestimento degli interni si passa al montaggio dei
motori; vengono imbarcati a bordo (in sala macchine) i motori di
propulsione con i relativi riduttori/invertitori, tale operazione viene
eseguita per mezzo di impianti di sollevamento di cantiere (carro ponte) e
di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi.
Motore posizionato in sala macchine
Appena calati i motori vengono posizionati sugli appositi alloggiamenti
già predisposti nella fase di carpenteria di allestimento e fissati ai
basamenti per mezzo di viti e bulloni, quindi si procede al
congiungimento del motore ai vari impianti già predisposti in precedenza:
impianto idraulico (impianto di adduzione del carburante, acqua di
raffreddamento), impianto elettrico che servono per il funzionamento del
motore stesso.
Vengono poi imbarcati a bordo (in sala macchine) ed installati i motori
dei gruppi elettrogeni, della centralina dell’impianto di condizionamento,
106
dei dissalatori, dell’impianto di trattamento delle acque nere, del
depuratore del gasolio, dei separatori acque oleose di sentina, dei boilers,
delle autoclavi, dei compressori aria, delle pompe di sentina/incendio,
della centralina dell’impianto antincendio, della centralina dell’impianto
igienico a depressione, dell’impianto stabilizzatori e relative pinne,
dell’elica prodiera di manovra, dell’impianto di governo, tale operazione
viene eseguita per mezzo di impianti di sollevamento di cantiere (carro
ponte) e di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi.
Appena calati i motori e le centraline vengono posizionati sugli appositi
alloggiamenti già predisposti nella fase di carpenteria di allestimento e
fissati ai basamenti od alle staffe per mezzo di viti e bulloni, quindi si
procede al congiungimento di tutte le apparecchiature ai vari impianti
(elettrici ed idraulici) già predisposti in precedenza.
Non sempre il posizionamento dei motori viene eseguito a fine
allestimenti
in
quanto,
a
volte,
le
particolarità
costruttive
dell’imbarcazioni impongono che i motori vengano posizionati a bordo
durante le prime operazioni svolte nel cantiere di allestimento
Successivamente vengono imbarcate a bordo ed installate le linee d’assi
dei motori di propulsione e vengono collegate all’apparato motore stesso,
successivamente si procede al posizionamento dell’elica sulla linea
d’asse.
Le linee d’assi vengono posizionate nell’apposito alloggio introducendole
dall’esterno infilandole nell’apposito astuccio posto sotto la carena
dell’imbarcazione e quindi vengono spinte, fatte scivolare, all’interno
della sala macchine per il successivo collegamento al motore propulsivo.
107
Questa operazione viene eseguita per mezzo di impianti di sollevamento
di cantiere (carro ponte per le linee d’assi e gru semovente per le eliche)
avvalendosi di una squadra addetta alla movimentazione dei carichi.
Appena la linea d’assi è giunta in prossimità della carena della barca
viene imbracata con un catena collegata ad un paranco manuale fissato
alla carena dell’imbarcazione e quindi si procede all’inserimento
nell’apposito alloggio con una manovra tutta manuale.
Terminata l’operazione di introduzione delle linee d’assi nell’apposito
alloggiamento e fissate le stesse ai motori propulsivi si posizionano
all’estremità esterna della linea d’asse le eliche; queste vengono portate
in prossimità della zona di alloggio per mezzo di gru semoventi e quindi
con un’azione manuale vengono inserite e bloccate all’asse stessa.
Sul ponte coperta, per mezzo di saldatura, vengono montate le bitte di
ormeggio ed i passacavi a prua e poppa dell’imbarcazione, lungo il
perimetro dei vari ponti aperti (ponte coperta e gli altri sovrastanti)
vengono messi (saldati) gli ombrinali.
Per mezzo delle gru del cantiere (carro ponte) vengono imbarcati a bordo,
posizionati a prua dell’imbarcazione e fissati tramite bulloni i verricelli
salpa ancore e gli argani di tonneggio. In questa fase vengono anche
posizionate e fissate per mezzo di bulloni le grette per i tenders sia a
poppa della barca che lateralmente sul ponte fly.
Vengono inoltre messi a dimora i vetri degli oblò e delle altre finestrature
esterne; i vetri vengono inseriti in guarnizioni di gomma o altro materiale
plastico, sigillate con silicone e bloccate con appositi telai metallici
fermati con bulloni alla struttura fissa della nave. Successivamente si
procede all’imbarco e montaggio delle apparecchiature elettroniche di
108
navigazione e comunicazione tipo: radar, ecoscandaglio, GPS,
solcometro,
girobussola,
pilota
automatico,
radiotelefono,
apparecchiature ricetrasmittenti VHF e impianti satellitari.
Tali apparecchiature vengono alloggiate in modo particolare nella cabina
di comando negli appositi alloggiamenti già predisposti nella fase di
carpenteria di allestimento e messa in opera dell’impianto elettrico;
vengono infine montate le antenne di comunicazione degli impianti
ricetrasmittenti e le apparecchiature radar e satellitari all’esterno
dell’imbarcazione sui pennoni issati sul flying-bridge.
I corpi illuminanti interni vengono montati in tutti i locali rispettando gli
schemi elettrici; la lavorazione è prettamente manuale e viene eseguita
per mezzo di avvitatori in modo da fissarli o negli appositi alloggi
ricavati dalle superfici delle pareti o soffitti oppure esternamente a tali
strutture Contemporaneamente vengono montati anche i corpi illuminanti
esterni per l’illuminazione dei vari ponti e i fanali di navigazione e di
segnalazione.
A questo punto le operazioni di allestimento possono ritenersi completate
e quindi si può procedere al varo della nave.
109
Affascinante varo notturno
Interni
110
Schema a blocchi allestimento
Ricezione Scafo (alaggio)
Scafo primerizzato (in sicurezza)
Messa in sicurezza scafo
Piccola carpenteria di allestimento
Pitturazione interna scafo
Coibentazione interna scafo
Imp. Elettrico
Arredamento
Generale Interno
Imp. generale
Imp. Vent. Cond.
Stuccatura esterna
Imp. Idraulico
Pitturazione ester.
Imp. Nafta
Mont. Cop. Teak
Antincendio
Arredam. esterno
Oleodinamica
Montag. Accessori
coperta e vetrature
Allestimento Sala
Macchine
Mont. app. navig.
e comunic. esterne
Montaggio illuminazione esterna
Mont. Apparecchiature di navigazione
E comunicazione interne
Montaggio Corpi illuminanti interni
Varo
Prove in banchina
Prove in mare
111
Attrezzature utilizzate
Fare un elenco di tutte le attrezzature utilizzate durante la fase di
allestimento, è cosa praticamente impossibile; per facilitare tale compito
si può provare a dividere le stesse in due gruppi:
•
Attrezzature fisse;
•
Attrezzature portatili.
Le attrezzature fisse presenti nei cantieri navali sono anch’esse divisibili
in tre sottogruppi:
•
Attrezzature per lavorazioni di carpenteria in legno o similari
(locale falegnameria);
•
Attrezzatura per lavorazione di carpenteria metallica e tubisteria
(officina meccanica);
•
Attrezzatura per la logistica di cantiere.
Nel primo sottogruppo fanno parte tutte le macchine operatrici
presenti nelle lavorazioni di falegnameria (seghe circolari, seghe a
nastro, squadratrici, troncatrici, toupie, trapani a colonna, pialle a filo,
pialle a spessore, ecc.).
Nel secondo sottogruppo troviamo trapani a colonna, seghetto
alternativo, troncatrici, ma anche postazioni di saldatura di vario tipo.
In alcune strutture, nelle officine meccaniche, si trovano anche
tranciatrici, presse sagomatrici e pantografi.
Le
attrezzature
che
abbiamo
definito
di
“logistica”
sono
principalmente i mezzi di sollevamento presenti nelle strutture ed
indispensabili per le operazione di movimentazione; nei cantieri
navali si utilizzano gru a ponte, gru a torre, gru semoventi e muletti.
112
Le attrezzature portatili utilizzate nei cantieri navali durante la
costruzione di imbarcazioni da diporto sono i tipici utensili quali
trapani, avvitatori, mole, smerigliatrici, levigatrici varie, seghetti
alternativi, lesti, ecc.
Anche se le loro dimensioni non le fanno rientrare tra le attrezzature
portatili possono essere considerate alla stregua delle stesse, in
quanto vengono portate in cantiere dalle ditte che eseguono i lavori,
le attrezzature per la pitturazione (airless) e quelle per la levigatura
della coperta.
Squadratrice in un reparto di falegnameria
Rischi presenti
Come per la maggior parte delle altre operazioni, i rischi presenti si
dividono in rischi per la sicurezza e rischi per la salute. I principali rischi
per la sicurezza possono essere individuati in:
•
Rischi di caduta da una altezza superiore a 2 mt.;
113
•
Rischi di essere o colpire parti e/o oggetti;
•
Rischi di schiacciamento;
•
Rischi di tagli;
•
Rischi di bruciature;
•
Rischi di elettrocuzione.
Per quanto riguarda i rischi per la salute, essi sono causati principalmente
da:
•
Rumore;
•
Esposizione e radiazioni;
•
Fumi di saldatura;
•
Vibrazioni;
•
Esposizione cutanea a prodotti epossidici;
•
Esposizione a solventi;
•
Movimentazione manuale dei carichi.
Misure di prevenzione e protezione
Seguendo lo schema utilizzato in precedenza, si rende necessaria la
suddivisione delle misure di prevenzione e protezione.
Misure di prevenzione per la sicurezza:
•
La scelta dell’installazione di adeguata ponteggiatura e la posa di
idonei parapetti per la protezione di caduta dall’alto;
•
Evidenziare parti che possono essere colpite durante le
lavorazioni in ambienti angusti;
•
Dotare e mantenere efficienti le protezioni sulle macchine
operatrici;
114
•
Progettare correttamente le operazioni di movimentazione dei
materiali;
•
Tenere ordine e pulizia negli ambienti di lavoro;
•
Verifica e controllo periodico degli impianti elettrici;
•
Verifica e controllo periodico dei mezzi di sollevamento;
•
Formare gli addetti alle lavorazioni;
•
Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI
(dispositivi di protezione individuale).
Misure di protezione per la sicurezza:
•
Sistemi anticaduta;
•
Caschi;
•
Occhiali e/o maschere per taglio e saldatura;
•
Calzature antinfortunistiche;
•
Guanti;
•
Limitare le operazioni di movimentazione manuale dei carichi.
Misure di prevenzione per la salute:
•
Ricerca ed adozione nel ciclo produttivo di processi e sostanze
che garantiscano un buon standard per la tutela della salute degli
addetti;
•
Separazione delle aree con riduzione del numero degli addetti
esposti a sostanze e/o preparati pericolosi;
•
Sorveglianza sanitaria;
•
Utilizzo di utensili portatili che garantiscano una buona
attenuazione delle vibrazioni trasmesse al sistema mano –
braccio;
115
•
Limitazione dei lavoratori esposti;
•
Effettuazioni di lavorazioni pericolose al di fuori del normale
orario di produzione al fine di limitare il numero dei lavoratori
esposti;
•
Progettazione e bonifica dei luoghi di lavoro tenendo conto delle
possibili soluzioni per attenuare al massimo il rumore derivante
dalle lavorazioni;
•
Formare gli addetti alle lavorazioni;
•
Formare e addestrare i lavoratori al corretto utilizzo dei DPI
(dispositivi di protezione individuale)
Misure di protezione per la salute: (priorità negli interventi di bonifica
ambientale)
•
Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per sostanze volatili;
•
Efficaci ed efficienti impianti di aspirazione per polveri e fibre;
•
Maschere a mandata / barriera d’aria;
•
Maschere facciali per solventi e polveri;
•
Cuffie e altri attenuatori del rumore;
•
Guanti e tute in TNT.
116
8
IL COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ
Sono stati citati sia i rischi che le misure per prevenire e proteggere i
lavoratori dai rischi, ma la maggior parte degli infortuni che si verificano
nel comparto non sono conseguenze di singole inosservanze alle misure
preventive e protettive che salvaguardano dai pericoli individuati, ma
sono determinati da una serie di interferenze di lavorazioni, lavoratori e
rischi.
Prevenire in primis e proteggere poi, dai rischi dovuti alla concomitanza
tra le varie lavorazioni è uno dei compiti più difficili a cui i vari soggetti
delegati alla sicurezza, devono far fronte.
La norma prevede che l’azienda committente (il cantiere navale)
promuova la cooperazione ed il coordinamento tra le aziende impegnate
nell’opera, per il superamento dei pericoli presenti durante la lavorazione.
Tale concetto è stato ribadito dalle ultime modifiche effettuate sull’art. 7
del D.L.vo 626/94 obbligando l’azienda committente alla elaborazione di
un documento di cooperazione e coordinamento e riconoscendo, la stessa
, rispondente in solido, in caso di infortuni di lavoratori che non risultino
indennizzati dalla assicurazione obbligatoria per mancanza di copertura
da parte del datore di lavoro in appalto o sub appalto.
In questi ultimi anni, le Aziende Sanitarie della costa Toscana, con in
prima fila la USL 12 di Viareggio, hanno investito molto sulle
problematiche
del
coordinamento
creando,
anche,
dei software
utilizzabili per la programmazione delle lavorazioni a bordo.
Contemporaneamente la USL 12 Viareggio ha assistito i cantieri navali
per far si che il documento di coordinamento, elaborato dai cantieri stessi
117
nell’ambito della prima applicazione del D. L.vo 626 (anni 97/98),
diventasse uno strumento agile e facilmente consultabile da tutte le figure
delle aziende presenti nei luoghi di lavoro.
Tutto
questo
ha
portato
a
un
sostanziale
miglioramento
dell’organizzazione del lavoro all’interno dei cantieri navali; questo
miglioramento organizzativo non ha portato, per adesso, ad una
diminuzione degli infortuni; ha però facilitato lo svolgimento delle
indagini per accertare le responsabilità. L’accertamento di responsabilità
su un infortunio sul lavoro non deve essere assolutamente il compito
istituzionale principale di un Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza
sui Luoghi di Lavoro, ma sicuramente fornisce dati che, se correttamente
gestiti, daranno le indicazioni circa le strategie da adottare per intervenire
nella prevenzione.
Si deve partire da queste indicazioni ed intervenire efficaciamente per
migliorare la prevenzione nei cantieri navali; successivamente verranno
sviluppati alcuni argomenti per raggiungere l’obbiettivo di prevenzione.
Fondamentale, in ogni caso, è l’organizzazione interna del cantiere e la
partecipazione e la collaborazione delle ditte in appalto o sub appalto;
l’organizzazione interna sta compiendo apprezzabili progressi mentre per
quanto riguarda il coinvolgimento delle ditte c’è ancora molto da lavorare
sia sull’aspetto della capacità della struttura organizzativa del cantiere di
coinvolgere i rappresentanti delle ditte, sia sull’organizzazione interna
delle ditte stesse.
Un altro aspetto di importanza fondamentale è la promozione del
coordinamento e della cooperazione nella gestione delle emergenze; qui
dobbiamo riconoscere di essere in una fase ancora iniziale.
118
Infatti tali situazioni sono state elaborate sulla carta con documenti anche
molto consistenti ma, fortunatamente, non è ancora stato necessario
verificare l’effettiva efficienza ed efficacia di ciò che è stato elaborato in
quanto si sono manifestate esclusivamente emergenze sanitarie legate ad
eventi infortunistici che non hanno richiesto misure di emergenza
complesse quali evacuazione e messa in sicurezza di un consistente
numero di lavoratori.
Sono state effettuate delle prove talmente pianificate da assumere la
valenza di una fiction.
In un capitolo seguente verranno meglio individuati ed analizzati quelli
che sono gli aspetti più a rischio dell’attuale gestione dell’emergenze di
cantiere e proposte nuove soluzioni.
Organizzazione del lavoro
Come si è ricordato sopra, negli ultimi due/tre anni l’organizzazione del
lavoro nei cantieri navali è notevolmente migliorata. Infatti negli anni
precedenti vi erano fondamentalmente due tipologie organizzative:
cantieri con organizzazione interna strutturata e cantieri a gestione
“familiare”.
La notevole crescita produttiva di questi ultimi, ha portato alla necessità
di creare figure intermedie quali dirigenti e preposti a cui la proprietà ha
delegato compiti di gestione e controllo. Anche i cantieri già strutturati in
termini di organizzazione interna, sono notevolmente cresciuti,
determinando una più capillare rete organizzativa.
119
Non è possibile generalizzare denominazione, compiti e funzioni delle
varie figure presenti nei diversi cantieri in quanto, a parte rare eccezioni,
le organizzazioni interne differiscono tra loro.
Infatti gli stessi compiti e funzioni di un capo-barca in un cantiere
possono essere assunti dal capo-commessa in un altro cantiere o dal capo
cantiere in un terzo. In ogni caso si può utilizzare un tecnica di
individuazione trasversale delle varie figure:
•
Capo-cantiere: figura presente nei piccoli cantieri (allestimento
contemporaneo di due/tre imbarcazioni) che può avere sotto il
suo controllo due/tre capi-barca: tale figura, nel ramo della
prevenzione, a seconda dei casi, può essere equiparata o al
dirigente o al preposto;
•
Capo-barca: figura presente nella quasi totalità dei cantieri dove
vengono allestite più di una imbarcazione: è sicuramente un
preposto;
•
Capo-commessa: presente nei cantieri più grandi dove vengono
allestite più imbarcazioni di una certa dimensione; praticamente
ogni tipologia di imbarcazione ha un capo-commessa che ha
sotto il suo controllo un capo-barca per ogni imbarcazione: nella
maggior parte delle situazioni questa figura viene equiparata ad
un preposto;
•
Responsabile
di
produzione:
nelle
organizzazioni
più
complesse dove di solito abbiamo il capo-commessa ed il capobarca, c’è anche il responsabile di produzione che svolge
sicuramente un ruolo da dirigente.
120
Nelle Aziende strutturate si trovano altre figure intermedie, equiparate
alla figura di dirigente o preposto, quali il Responsabile della Logistica ed
il Responsabile dei Servizi.
La crescita produttiva dei cantieri ha portato anche ad una migliore
strutturazione della organizzazione della Sicurezza Aziendale.
Fino a qualche anno fa, la maggior parte dei Responsabili dei servizi di
Prevenzione e Protezione (SPP) erano consulenti esterni che si
avvalevano “dell’aiuto” di addetti alla sicurezza interni ai cantieri.
Attualmente la situazione si è evoluta e, nella maggior parte dei cantieri,
il SPP è interno all’azienda in tutta la sua struttura (Responsabile ed
Addetti).
Questa evoluzione ha dato dei risultati estremamente positivi in tutta
l’organizzazione
della
Sicurezza
Aziendale
a
cominciare
dal
rapporto/confronto tra RSPP e Rappresentante del Lavoratori per la
Sicurezza (RLS) che avviene all’interno dell’azienda stessa.
Come detto questa evoluzione è abbastanza recente, quindi, molto
probabilmente, nel tempo, si avvertiranno ancora miglioramenti.
Analizzando l’organizzazione della Sicurezza Aziendale, fermo restando
il ruolo fondamentale del Datore di Lavoro, riconoscendo l’importanza
dell’inserimento del RSPP interno e il maggior peso che deve assumere il
RLS, vi sono ancora alcune figure che non danno a pieno il loro
contributo; il riferimento è ai dirigenti e preposti, individuati
precedentemente e fondamentali nella gestione della sicurezza.
121
Non solo, anche i medici competenti spesso non collaborano fattivamente
al miglioramento della salute all’interno dei luoghi di lavoro come la loro
“missione” imporrebbe.
Modelli di gestione
La gestione e pianificazioni delle lavorazioni all’interno del cantiere è
una necessità sia produttiva che di coordinamento.
Tale pianificazione verrà realizzata dai tecnici della produzione che si
avvalgono quasi esclusivamente dell’utilizzo del “diagramma di Gantt”
come cronoprogramma.
Il diagramma di Gantt
Il diagramma di Gantt è uno strumento che serve per pianificare i tempi
di realizzazione di un progetto, dell'attività lavorativa quotidiana, di un
anno di lavoro, ecc., e per verificare in itinere il rispetto degli stessi. Nel
diagramma di Gantt le diverse attività vengono, dunque, ordinate
secondo una precisa progressione temporale.
Il diagramma di Gantt è uno strumento di gruppo, in quanto prevede il
coinvolgimento di diverse attività, quindi, è auspicabile che venga
predisposto e condiviso con i colleghi interessati, anche al fine di
sfruttare la valenza comunicativa dello strumento.
La costruzione del diagramma di Gantt passa attraverso quattro differenti
step, di cui i primi tre costituiscono il piano di lavoro, mentre il quarto
determina il piano di verifica:
1.
si
determinano
tutte
le
attività
necessarie
per
il
raggiungimento degli obiettivi (distinta delle attività),
122
facendo riferimento, se realizzato, al Diagramma ad Albero.
Può capitare che, in alcuni casi, non sia così agevole
procedere con la dovuta linearità progressiva. In tal caso, si
può adottare l'approccio contrario, ovvero dalla definizione
dell'obiettivo si procede a ritroso;
2.
si stabilisce il limite temporale finale del progetto;
3.
si disegna sul grafico il limite temporale previsto per
ciascuna attività;
4.
si verifica il tempo effettivamente impiegato per ciascuna
attività.
A fianco di ogni attività è prevista, inoltre, un'apposita casella in cui
occorre indicare il soggetto incaricato direttamente della realizzazione
delle attività.
Al fine di programmare e ottimizzare l'attività di verifica, è opportuno,
infine, esplicitare la calendarizzazione degli incontri di verifica, i quali
possono essere collocati in corrispondenza di momenti del processo/linea
di attività ritenuti particolarmente significativi.
Sempre a tale scopo, è buona norma redigere un Libro di bordo, il quale
contiene le note sintetiche relative allo stato di avanzamento dell'attività,
nonché i risultati delle verifiche effettuate.
Se, dunque, dal diagramma possiamo dedurre il cosa è successo, nel
Libro di bordo troviamo anche il perché.
Uno dei punti di forza del diagramma di Gantt consiste nel fatto che ci
obbliga
ad
una
ottimizzazione
delle
risorse,
consentendo
una
contemporanea visualizzazione delle attività, non soltanto in modo
sequenziale ma anche in parallelo, dei soggetti coinvolti e della
123
tempistica delle verifiche. Un'ulteriore applicazione del diagramma di
Gantt può essere individuata in fase di elaborazione del budget di un
determinato progetto, nonché in fase di rendicontazione delle risorse,
umane e temporali, impiegate. All'interno di un piano complessivo di
sviluppo organizzativo, composto da diversi progetti, per ognuno di
questi si dovrà costruire il relativo Gantt.
Esso richiede un tempo di preparazione piuttosto dispendioso, tuttavia, se
elaborato correttamente, in corso d'opera si otterrà in cambio un
risparmio di tempo di gran lunga superiore.
La costruzione del diagramma di Gantt, rappresenta un momento di forte
condivisione, responsabilizzazione e confronto, con i colleghi, nonché di
negoziazione delle attività e delle risorse, tanto che potrebbe addirittura
costituire un "pretesto" per concordare e condividere azioni e impegni
reciproci. La formulazione del diagramma di Gantt corrisponde alla fase
di Pianificazione (Plan), alla quale segue la fase di azione.
Esempio di diagramma di Gantt
124
Sicuramente il diagramma di Gantt è un sistema utile alla pianificazione
delle lavorazioni nella produzione di cantieristica da diporto al fine di
procedere
nel
miglior
modo
possibile
al
completamento
dell’imbarcazione, ma è utile anche per la gestione della sicurezza in
cantiere?
Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare i punti critici
della pianificazione delle attività che sono:
•
formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro o almeno conoscenza delle lavorazioni incompatibili
se eseguite contemporaneamente da parte di chi elabora il
diagramma;
•
capacità di rielaborare il diagramma in caso di modifica del
ciclo lavorativo;
•
collaborazione tra le figure di vigilanza nel cantiere e chi
elabora il diagramma.
La formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro di chi
elabora il diagramma è fondamentale per evitare che determinate
lavorazioni non compatibili tra loro, o comunque interferenti in modo
negativo, vengano programmate simultaneamente negli stessi ambienti.
Il diagramma deve essere anche un elaborato flessibile in quanto molto
spesso le lavorazioni subiscono ritardi dovuti a vari imprevisti.
La collaborazione tra le figure destinate a ricoprire compiti di vigilanza in
materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (dirigenti e preposti) e
chi elabora i diagramma deve essere tale da produrre immediatamente
modifiche nella pianificazione dei lavori nel caso i ritardi possano fare
coincidere lavorazioni incompatibili negli stessi ambienti di lavoro.
125
Per agevolare i compiti di chi elabora il diagramma e delle varie figure di
vigilanza, l’Azienda USL 12 Viareggio e la Gonetwork s.r.l. Viareggio
hanno messo a punto un programma per la gestione della sicurezza in
cantiere (GES.SI.CA.) che ha la funzione di integrare la pianificazione
elaborata attraversi il diagramma di Gantt con indicazioni e divieti atti a
garantire la sicurezza durante le lavorazioni.
Ges.Si.Ca.
L’Azienda
USL
12
Viareggio,
nell’ambito
del
programma
di
coordinamento per la sicurezza nei cantieri navali presenta il software
Ges.Si.Ca (Gestione Sicurezza in Cantiere).
Tale software nasce con l’obiettivo di migliorare gli aspetti di sicurezza sul
lavoro nei cantieri, legandoli in modo particolare alla fase di pianificazione
e programmazione dei lavori.
Lo sviluppo dell’applicazione ha riguardato la costruzione/riparazione di
imbarcazioni in ferro e lega leggera ed è stato seguito da Gonetwork s.r.l.
Viareggio con la partecipazione dei principali cantieri navali in ferro di
Viareggio.
Lo scopo principale del software è quello di consentire l’aggiornamento e
la flessibilità delle misure di coordinamento per la sicurezza man mano che
la costruzione navale avanza, fornendo i necessari ‘allarmi’ quando le
lavorazioni contemporanee possono nuocere alla salute o all’incolumità
degli addetti.
In particolare si prevede la possibilità di:
•
definire un modello dell’imbarcazione, aggiornandolo in
126
funzione dello stato di avanzamento delle lavorazioni.
•
definire il programma di lavoro settimanale, selezionando le
lavorazioni da un apposito database;
•
visualizzare gli allarmi relativi alla sicurezza e alla salute,
•
definire e stampare il programma di lavoro per gli addetti e/o
per le ditte appaltatrici, con l’indicazione delle misure di
sicurezza da adottare
Si possono utilizzare una serie di funzioni accessorie, quali:
•
impostazioni e parametrizzazioni di base
•
ricerca, visualizzazione e stampa delle normative di riferimento
•
gestione ed aggiornamento di un archivio infortuni ed
elaborazione di statistiche sulla sicurezza
•
gestione ed aggiornamento Schede di Sicurezza per i vari
prodotti utilizzati
127
9
LE LAVORAZIONI A BANCHINA
A Viareggio vi è una particolarità che difficilmente ha uguali nell’ambito
della costruzione di imbarcazioni da diporto: le lavorazioni di
allestimento fatte in banchina.
Infatti il refitting (trasformazioni su imbarcazioni armate) e gli interventi
in garanzia, vengono effettuati in tutti i distretti produttivi della nautica,
quindi anche a Viareggio; la differenza è che a Viareggio, in banchina, si
allestiscono yachts e superyachts con lavorazioni che arrivano a toccare il
30-40% del totale delle lavorazioni di allestimento.
Altra attività che è propria della banchina è quella delle prove a mare
sulle imbarcazioni.
Le lavorazione di manutenzione, riparazione, trasformazione, eseguite su
navi ancorate in ambito portuale sono soggette all’applicazione dell’art.
38 del D.L.vo 272/99 che obbliga l’armatore o il comandate dell’unità
navale a nominare una ditta capo-commessa che dovrà elaborare il
Documento di Sicurezza previsto dall’art. 4 comma 2 del D. L.vo 626/94;
il Documento di Sicurezza deve essere consegnato alla ditte operanti a
bordo e trasmesso all’Autorità Marittima (Capitaneria di Porto) ed
all’Azienda Sanitaria.
Le operazioni di fine allestimento su una imbarcazione eseguite in
banchina sono operazioni di trasformazione, quindi la redazione del
Documento di Sicurezza è previsto anche per tali operazioni.
Lo stesso decreto 272/99 obbliga l’elaborazione di un Documento di
Sicurezza per l’effettuazione delle prove in mare e per l’effettuazione di
128
operazioni portuali quali, ad esempio, la movimentazione in ambito
portuale delle imbarcazioni.
Dimensioni
L’arrivo alla USL 12 di Viareggio dei Documenti di Sicurezza previsti
dall’art. 38 del D. L.vo 272/99, ha permesso di acquisire ed analizzare
dati utili a quantificare le attività lavorative eseguite a banchina.
Di seguito vengono riportati alcuni dati significativi del triennio
2004/2006:
DATI
2004
2005
2006
2007
Documenti
150
159
174
250
Per lavori
97
105
119
160
53
54
55
90
allestimento
Per lavori refitting
Durata media
52,5 giorni 50,1 giorni 54,4 giorni
61
lavorazioni
Presenza media di
12,8 per
12,1 per
11,7 per
ditte a bordo
nave
nave
nave
Presenza media
20,6
addetti a bordo
addetti
Indice lavoratori per
1,6
11
19,2
addetti
20,4
addetti
16
1,6
1,7
1,4
ditta
In una prima analisi si evidenzia un aumento delle lavorazioni in
banchina del 6% nel 2005 rispetto al 2004 e del 9% nel 2006 rispetto al
129
2005. Questa tendenza è diventata è diventata rilevante nel 2007 con un
aumento del 43 % rispetto al 2006. L’enorme crescita è dovuta sia alle
lavorazioni su imbarcazioni in allestimento, prodotte sia dai nuovi
cantieri dell’area ex SEC che da produzioni provenienti da altre aree
(Massa – Carrara). Anche l’aumento delle operazioni di manutenzioni e
refitting (90 nel 2007 con un incremento dell’80 % rispetto all’anno
precedente) ha avuto un peso determinante nell’alto numero di
lavorazioni in banchina.
Gli analisti del settore prevedono in futuro una lieve contrazione della
crescita della produzione e contemporaneamente un forte incremento
delle lavorazioni di refitting.
Altro elemento che viene evidenziato nell’analisi della tabella sopra
riportata è la pressoché costanza degli altri dati che indurrebbe a pensare
che la quasi totalità delle lavorazioni viene svolta dalle stesse ditte con
l’impiego degli stessi lavoratori.
Ma, per le operazioni di allestimento, la realtà è diversa in quanto ditte e
lavoratori prestano la loro attività sia in cantiere che a banchina: in
cantiere si inizia la lavorazione che spesso termina presso la banchina.
Questa organizzazione lavorativa, che crea non pochi problemi
organizzativi e di sicurezza, è imposta dalla crescita produttiva: serve
spazio in cantiere per iniziare le lavorazioni di allestimento su una nuova
commessa e lo spazio si crea spostando la barca presente in banchina
dove verranno ultimate le lavorazioni di allestimento.
Soprattutto per le operazioni di refitting, oltre alle lavorazioni in
banchina, vi è un altra attività che viene svolta in una condizione
130
strutturale precaria: le lavorazioni sui piazzali effettuate nell’area portuale
adiacente alle banchine.
Aree utilizzate
Il porto di Viareggio, negli ultimi anni, ha perso definitivamente il
movimento di merci utilizzando le banchine presenti per:
•
Ormeggio natanti da pesca (circa 100 imbarcazioni)
•
Ormeggio natanti da diporto;
•
Ormeggio navi da diporto;
•
Ormeggio navi da diporto per l’esecuzioni di lavori.
Quest’ultimo tipologia di ormeggio viene effettuato su banchine date in
concessione sia ad alcuni cantieri navali (Codecasa, Benetti, Perini, Del
Carlo, Falcon, Intermare, Azimut, Overmarine, ...) sia ad Aziende
erogatrici di servizi che a loro volta le concedono in uso ai cantieri
(Yachts Brother, Lusben, Polo Nautico, Udina, Arpeca, ecc.). Il porto di
Viareggio si divide in diverse piccole darsene che sono:
•
Darsena Lucca;
•
Darsena Toscana;
•
Darsena Italia;
•
Darsena Europa;
•
Darsena Nuova.
Le aree adibite alle lavorazioni in banchina sono presenti in tutte le
cinque darsene sopra elencate.
131
Il nuovo porto di Viareggio
Era dagli anni Sessanta che il porto di Viareggio aspettava un nuovo
Piano regolatore che mettesse un pò di ordine al suo interno.
Finalmente l’attesa è terminata con l’approvazione, da parte del
Consiglio Regionale dello strumento urbanistico.
La delibera di Consiglio permetterà di procedere verso quella che per
molti assumerà le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione.
Il nuovo Piano non prevede cambiamenti di confini né alcuna nuova
opera a mare.
La sistemazione delle funzioni già presenti nel porto, insieme alla nuova
viabilità, permetterà di osservare Viareggio sotto una nuova luce, sia a
chi guarda da fuori, e da fuori arriverà con la sua barca, sia a chi osserva
da dentro perché dentro il porto ci lavora e dentro Viareggio ci vive.
La pesca, la cantieristica e la nautica da diporto sono le tre funzioni
oggetto di sistemazione nelle tre aree dedicate, ossia, rispettivamente, la
Darsena Viareggio (banchina OVEST), il Triangolino e la Madonnina,
via Coppino e strade adiacenti.
Darsena Viareggio
La prima funzione descritta (pesca) sarà caratterizzata dalla realizzazione
di un nuovo mercato ittico, che sostituirà quello attuale, più grande ma
sotto utilizzato.
Il pescato, infatti, viene ad oggi venduto in grande quantità a forfait a
magazzini ubicati in altre province.
Il nuovo mercato, posizionato fronte mare, combinerà le funzioni
commerciali a quelle di ristorazione.
132
Sulla sua terrazza verrà, infatti, costruito un ristorante cui si potrà
accedere grazie alla sistemazione della banchina, valorizzata dalla
realizzazione di una nuova passeggiata.
L’area dedicata all’attuale mercato ittico verrà, invece, suddivisa in due
parti: una destinata ad attività commerciali, direzionali ed espositive e
l’altra destinata alla produzione di tecnologia avanzata.
Triangolino e Madonnina
Le novità della cantieristica riguardano essenzialmente il maggior
numero di cantieri che avranno accesso allo specchio d’acqua.
Diventeranno quindici e molti dei loro progetti sono già stati avviati,
rientrando anche nel piano regolatore comunale.
Nelle due aree troveranno spazio alcuni cantieri con possibilità di
alloggio e varo.
Via Coppino e strade adiacenti
Via Coppino sarà prolungata di circa 120 metri e la parte finale avrà la
forma di una T.
A conclusione delle operazioni il nuovo porto potrà ospitare 1.500
imbarcazioni in più e avrà un nuovo approdo turistico in uno specchio
d’acqua, di 25.000 metri quadrati, che ospiterà 520 natanti.
Viabilità
Per quanto riguarda la viabilità, l’asse di penetrazione previsto incontra le
principali difficoltà nell’ultimo tratto, ancora da realizzare.
Le soluzioni possibili che il Comune ha proposto alla cittadinanza sono
tre, illustrate da un opuscolo inviato a tutti gli abitanti.
Il progetto del nuovo porto di Viareggio è molto ambizioso e vuole
trasformare la darsena della città in un punto di riferimento per barche di
133
lusso facendo concorrenza alle mecche dei megayacht, da Montecarlo
alla Costa Smeralda.
E nell’impresa è entrato anche il gruppo di Leonardo Ferragamo, che si è
aggiudicato la gara per entrare nella società che realizzerà il nuovo porto
con il pacchetto di minoranza del 48,41%.
La quota rimanente è dell’1% della Società Viareggio Porto e per il resto
del Comune.
Il progetto prevede la realizzazione di due darsene separate.
La prima è destinata a ormeggi per 579 scafi da 6 a 15 metri. La seconda,
la Madonnina, progettata per 80 yacht di lusso sopra i 25 metri; il
progetto di quest’area è firmato dall’architetto catalano Joan Busquets.
I lavori dovrebbero iniziare ad inizio 2008.
Il porto cambia immagine, nel suo futuro innovazione e grandi
aspettative.
Con la costruzione del nuovo porto turistico e lo sviluppo della
diportistica, Viareggio si appresta ad accogliere le imbarcazioni in modo
sempre più professionale ed adeguato alle esigenze dei nostri tempi.
Riassumendo il progetto, il nuovo porto di Viareggio sarà costituito da un
avanporto e da 6 darsene:
La Nuova Darsena, completamente banchinata con fondali di 4.5 m
adibita al traffico commerciale.
La Darsena della Madonnina con fondali di 4,5m è riservata alle
imbarcazioni da diporto.
La Darsena Europa, completamente banchinata con fondali di 3.5 m
destinata anch'essa alle imbarcazioni da diporto.
134
La Darsena Italia con fondali di 3 m è riservata in parte alle imbarcazioni
da diporto e in parte ai cantieri navali.
La Darsena Viareggio destinata ai motopescherecci.
La presenza del personale di bordo
Oltre le problematiche relative al coordinamento delle lavorazioni
presenti nei cantieri in banchina, durante le operazioni di refitting su navi
armate (con equipaggio), un ulteriore aspetto critico è dato dalla
contemporanea presenza dell’equipaggio durante le lavorazioni stesse.
Di tale aspetto se ne dovrà tener conto nell’elaborazione del Documento
di Sicurezza individuando le misure atte a garantire la salute e la
sicurezza del personale di bordo durante le lavorazioni.
Molto spesso il personale di bordo partecipa all’esecuzione delle
lavorazioni di refitting: in questo caso dovrà essere “individuato” come
ditta esecutrice di lavori nel Documento di Sicurezza.
La responsabilità diretta sulla tutela della salute e sicurezza del personale
di bordo, durante le lavorazioni, è in ogni caso dell’Armatore e/o del
Comandante dell’unità navale.
Gli impianti elettrici
Un altro aspetto estremamente critico durante le lavorazioni eseguite in
banchina, è sicuramente l’utilizzo dell’impianto elettrico e non tanto per
la posizione in acqua dell’imbarcazione ma per i diversi tipi di impianto
elettrico che possono essere utilizzati durante le lavorazioni.
135
Infatti l’impianto elettrico dell’imbarcazione durante la navigazione è,
solitamente, alimentato dai generatori di bordo con sistema di protezione
contro contatti indiretti isolato verso terra (IT) la cui sicurezza è garantita
dall’equipotenzialità fra tutte le masse e masse estranee e l’utilizzo di
attrezzature elettriche in doppio isolamento (classe II); per tale sistema è
fondamentale il controllo sia dell’equipotenzialità che del doppio
isolamento: pertanto a bordo è presente un controllo sull’isolamento che
segnala un eventuale guasto verso terra. L’equipotenzialità fa si che il
primo guasto non rappresenti un pericolo, mentre un eventuale secondo
guasto può far generare fenomeni di elettrocuzione; per tale motivo alla
segnalazione del guasto, da parte del controllo sull’isolamento, si deve
subito intervenire per individuare e eliminare la causa del guasto stesso.
All’approdo in banchina durante le crociere, il generatore di bordo viene
spento e l’imbarcazione è alimentata dall’impianto di banchina che ha un
sistema di protezione TT; per la protezione il sistema rimane IT in quanto
l’equipotenzialità di bordo non viene collegata alla terra di banchina.
Le problematiche di sicurezza si manifestano quando la presenza in
banchina è finalizzata all’esecuzione di lavorazioni; in tale situazione si
può manifestare la contemporanea presenza di due sistemi di protezione:
il sistema IT che garantisce la protezione per le attrezzature elettriche
presenti a bordo ed il collegamento elettrico alla colonnina di banchina
protetto con sistema terra/terra (TT) con presenza di impianto di messa a
terra previsto dalle normative vigenti. Tale collegamento viene effettuato
con l’ausilio di varie prolunghe per alimentare gli utensili e le
attrezzature necessarie all’esecuzione dei lavori.
136
Allo scopo ridurre i possibili pericoli derivanti da tali problematiche, la
USL 12 Viareggio ha dato chiare indicazioni sui sistemi di protezione
contro i contatto indiretti da utilizzare durante le lavorazioni in banchina
a seconda dei possibili casi. Tali indicazioni sono:
Caso n° 1
Lavori con l’utilizzo dell’impianto dell’imbarcazione alimentato dal
generatore di bordo
Quadro
banchina
nessun collegamento
•
L’impianto deve essere protetto a monte da idonea protezione
contro le sovracorrenti;
•
Ispezionare tutti i circuiti al fine di accertare che non vi siano
dispersioni verso massa;
•
Utilizzo attrezzature a doppio isolamento (classe II);
•
Se si utilizzano attrezzature non in classe II queste devono essere
collegate all’impianto di equipotenzialità;
•
Procedura di verifica periodica per accertare eventuali
dispersioni verso massa.
Caso n° 2
Lavori con l’utilizzo dell’impianto della nave alimentato dal quadro
di banchina
137
Quadro
banchina
Se la connessione non modifica il sistema di protezione a bordo, si
attua la procedura prevista ala caso n° 1.
Quadro
banchina
Se la connessione trasforma il sistema di protezione contro i contatti
indiretti di bordo da IT a TT (cosa assai rara) è obbligatorio il
collegamento tra l’equipotenzialità di bordo e l’impianto di terra di
banchina; avremo così un unico sistema TT.
Caso n° 3
Lavori a bordo con utilizzo di attrezzature elettriche alimentate
direttamente dalla banchina.
In questo caso è indispensabile che non vi sia concomitanza tra i due
sistemi di protezione; se si usa l’impianto di banchina per le
attrezzature, va utilizzato anche per l’illuminazione ed i servizi di
bordo, si collega l’equipotenzialità di bordo all’impianto di terra di
banchine e si scollega l’alimentazione di bordo.
138
Quadro
banchina
Se si ha l’esigenza di collaudare l’impianto di bordo si procede nel
seguente modo:
•
Si disattiva il collegamento elettrico dall’impianto di
banchina;
•
Si scollega il collegamento tra l’equipotenzialità di bordo e
l’impianto di terra di banchina in quanto su tale impianto
potrebbe essere presente un guasto verso terra;
•
Si accende il generatore di bordo o si collega l’impianto di
bordo alla banchina
Quasi tutti gli utensili portatili (trapani, mole, levigatrici, ecc.) sono
in classe II; in ogni caso la verifica si fa controllando l’etichetta
presente sull’attrezzatura che deve riportare i seguenti simboli:
139
Simboli su apparecchiature elettriche a doppio isolamento
Attrezzature e rischi
In ogni caso, qualunque sia l’entità delle lavorazioni, la banchina non
potrà mai diventare un ambiente produttivo quale è il cantiere; pertanto le
grosse lavorazioni che necessitano di macchine operative, vengono
effettuate in cantiere e poi si provvede a trasportare il lavorato alla
banchina.
Le attrezzature utilizzate durante i lavori in banchina sono, per lo più,
utensili portatili alimentati a rete o a batteria.
In virtù delle lavorazioni eseguite e delle attrezzature utilizzate, i rischi
presenti sono poco rilevanti; infatti anche gli infortuni in banchina sono,
fortunatamente abbastanza rari.
I pochi infortuni che sono stati registrati durante le lavorazioni, sono stati
comunque gravi, dovuti a fenomeni di elettrocuzione già trattati al punto
precedente.
Le lavorazioni sui piazzali
Un aspetto estremamente preoccupante per la sicurezza, durante le
lavorazioni
di
refitting
e
di
manutenzione,
è
sicuramente
il
posizionamento in “secco” delle unità sui piazzali adiacenti le banchine
per effettuare alcune lavorazioni come la preparazione alla verniciatura e
la verniciatura delle unità. Non a caso in una situazione del genere, nel
febbraio 2007, è stato registrato un infortunio mortale occorso ad un
membro dell’equipaggio di una nave la cui opera morta doveva essere
140
verniciata. A creare pericoli per la sicurezza durante l’esecuzione dei
lavori in tale situazione, oltre alla precarietà del luogo di lavoro, c’è
sicuramente l’altezza che viene raggiunta, anche per unità non molto
grandi, in quanto l’opera viva, quando la barca è in secco, contribuisce ad
elevare di circa 2,5 mt l’altezza della barca. Questo comporta rischi di
caduta da una altezza superiore a mt. 2 in tutti i punti calpestabili
dell’unità e quindi l’adozione di misure di prevenzione e protezione. La
poca permanenza della barca in secco, a volte, porta a trascurare tali
misure rendendo estremamente pericoloso sia l’accesso che gli
spostamenti a bordo. Va anche ricordato che le unità più piccole, in base
alla normativa Europea che stabilisce i criteri costruttivi, hanno i
parapetti di bordo di altezza inferiore a 1 mt e quindi non rispondenti alle
normative di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro. Queste situazioni di
pericolo rendono necessarie sia un’opera di sensibilizzazione sui
concessionari delle banchine e dei piazzali adiacenti affinché esercitano
una azione di controllo sull’operato degli utilizzatori degli spazi che una
costante presenza in vigilanza dell’Autorità Marittima e dell’azienda
USL.
141
Manutenzione a secco di un motopesca
142
10
LE PROVE A MARE
Le prove a mare su imbarcazioni nuove e in manutenzione e/o garanzia
sono disciplinate, in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro, dal
titolo III del D. L.vo 272/99 che obbliga il datore di lavoro
all’elaborazione di un Documento di Sicurezza (rif. art. 4 comma 2 D.
L.vo 626/94) che contenga anche:
•
L’individuazione delle situazioni di emergenza ed i relativi
piani predisposti;
•
La descrizione della situazione degli alloggiamenti e dei
servizi igienico - assistenziali.
Tale norma legislativa è stata promulgata su recepimento di una Direttiva
Comunitaria che trova come campo di applicazione la nave e per tale
unità è stata concepita.
Finora genericamente si è definita la costruzione navale imbarcazione; in
realtà, in ambito delle unità da diporto, la Legge 50 del 11/02/71
definisce le unità in base alla loro lunghezza.
Natante da diporto
I natanti da diporto sono unità:
•
a remi;
•
con lunghezza pari od inferiore a 10 m;
I natanti non sono soggetti all’obbligo d’iscrizione nei registri presso gli
Uffici deputati dello Stato, né a quello del possesso della licenza di
navigazione e del certificato di sicurezza.
143
Ciò non toglie che chi lo desidera o ne ha necessità, possa iscrivere il
natante; in questo caso, il mezzo è immatricolato nel registro delle
imbarcazioni da diporto e di queste segue il regime giuridico.
I natanti da diporto hanno dei limiti di navigazione in base al tipo e
all’esistenza o meno della “marcatura CE”. In deroga, i natanti non
marcati CE che effettuano allenamento o sono invitati a manifestazioni
sportive, possono navigare senza alcun limite dalla costa.
La stessa deroga è applicata ai natanti marcati CE, previa apposita
autorizzazione della competente Autorità Marittima.
Le manifestazioni sportive, preventivamente comunicate alle autorità
competenti, individuate dalla normativa sono quelle organizzate dalla
Lega Navale Italiana, dalla Federazione Italiana Vela, dalla Federazione
Italiana Motonautica e dai circoli nautici affiliati alle predette federazioni.
Il numero delle persone trasportabili a bordo dei natanti con marcatura
CE è indicata nel “manuale del proprietario”, mentre per quelli non
marcati CE è riportato nel certificato di omologazione rilasciato dall’Ente
tecnico oppure è quello indicato nell’art. 13 del citato Regolamento
recante norme di sicurezza per la navigazione da diporto.
Imbarcazione da diporto
Le imbarcazioni da diporto sono tutte le costruzioni destinate alla
navigazione da diporto che hanno una lunghezza dello scafo compresa fra
10,01 e 24 m.
Queste unità sono soggette all’obbligo dell’iscrizione e del possesso della
licenza di navigazione e del certificato di sicurezza.
L’iscrizione deve essere registrata presso le Capitanerie di porto, o gli
uffici circondariali marittimi, oppure gli uffici provinciali del
144
Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici
autorizzati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Le imbarcazioni da diporto devono esporre la bandiera nazionale e sono
contraddistinte dalla sigla d’identificazione.
I limiti di navigazione delle imbarcazioni da diporto dipendono dalla
categoria di progettazione se marcati CE, ovvero, per quelle non marcate
CE, entro 6 miglia o senza limite in base alle caratteristiche di
costruzione e lo stato di navigabilità, come riportato sulla licenza di
navigazione.
Anche per le imbarcazioni da diporto valgono le deroghe enunciate per i
natanti da diporto.
Nave da diporto
A questa categoria appartengono tutte le unità da diporto con lunghezza
dello scafo superiore a 24 m. Anche per le navi da diporto sono
obbligatori la registrazione e il possesso della licenza di navigazione e del
certificato di sicurezza per navigare.
I registri d’iscrizione delle navi da diporto si trovano solo presso le
Capitanerie di porto. Le navi da diporto devono esporre la bandiera
nazionale e sono contraddistinte dalla sigla d’identificazione
Gli adempimenti per le prove a mare
Sulla base della definizione di nave da diporto e del campo di
applicazione del D. L.vo 272/99 che riporta il termine generico di “nave”
senza specificare la sua destinazione, nelle prove a mare effettuate su
145
yachts di lunghezza superiore a 24 mt. (intorno ai 78 piedi) si applica il
titolo III del decreto stesso.
Oltre al documento di sicurezza, all’art. 54, il Decreto obbliga il datore di
lavoro a provvedere circa composizione, sistemazione logistica e
formazione dell’equipaggio, verifica dell’integrità e dell’efficienza degli
impianti e dei mezzi di sicurezza di bordo ed un controllo accurato dei
mezzi di salvataggio.
Il punto più controverso nell’applicazione è quello che prevede la
presenza a bordo di un medico e di un infermiere, di dotazioni mediche,
medicinali ecc.
Sicuramente tale punto (comma d) è stato inserito nella norma
considerando navi mercantili e simili di grande dimensioni che stanno in
prova per parecchio tempo; le prove a mare effettuate sui mega-yacht
durano poche ore, al massimo mezza giornata, quindi la presenza
contemporanea del medico e dell’infermiere può sembrare una misura
preventiva eccessiva; in ogni caso la norma lo prevede ed è compito
dell’Autorità Marittima e dell’Azienda USL verificarne la corretta
applicazione.
Anche per quanto riguarda i rischi presenti durante le prove a mare, si
può tranquillamente affermare che sono quasi inesistenti per quanto
riguarda la sicurezza; dal 2000 ad oggi, dopo più di 1000 uscite per prove
in mare, non si ha notizie di un infortunio avvenuto a bordo durante tali
prove.
Vi sono eventualmente due tipologie di rischi per la salute delle persone
esposte e riguardano:
146
•
esposizione a rumore del personale presente in sala macchine
per i controllo e la registrazioni degli apparati propulsivi;
•
esposizione a radiazioni elettromagnetiche, nella cabina di
pilotaggio, per la presenza di apparecchiature radar ed altre
apparecchiature di controllo;
•
l’esposizione a vapori di sostanze nocive che si possono
liberare, in sala macchina e nei locali tecnici, al primo
riscaldamento sopra i 100 °C di tubazioni coibentate con
materiali sintetici.
Per quanto riguarda l’esposizione a rumore, l’Azienda USL 12 Viareggio
negli ultimi mesi del 2006, ha effettuate delle misure in sala macchina di
una nave in vetroresina della lunghezza di 45 mt i cui risultati verranno
pubblicati a breve.
Per le altre due tipologie di rischio, saranno programmati interventi per
valutare l’entità dell’esposizione dei lavoratori.
147
11
L’OSSERVATORIO INFORTUNI
Premessa
I dati sono raccolti presso il PISLL in modo sistematico ed integrati
tramite confronto con le informazioni INAIL e riguardano tutti i casi di
infortunio sul lavoro denunciati per i quali sia stato redatto un primo
certificato medico di infortunio.
La distribuzione degli infortuni in relazione alla gravità è fatta sulla base
della prima prognosi di infortunio e non sulla durata totale dell’assenza
dal lavoro per infortunio.
Fonti informative dell’Osservatorio Infortuni condiviso
Primo certificato medico redatto dal Pronto Soccorso (P.S.) Ospedale
Versilia, da PP.SS. di altre UUSSLL, da medici di famiglia, copia della
denuncia di infortunio INAIL, resoconto mensile infortuni redatto dalle
aziende del settore estrattivo, notizie tratte dalla cronaca locale.
Definizioni in uso all’Osservatorio Infortuni condiviso per la
classificazione degli infortuni sul lavoro.
Infortuni prevenibili
Eventi lesivi di interesse dal punto di vista della prevenzione nei luoghi
di lavoro, che possono essere stati determinati dalla carenza di adeguati
standard di sicurezza nell’ambiente di lavoro, da omessa cautela o
vigilanza o rispetto di norme, da modalità operative scorrette o incaute.
148
Infortuni non prevenibili
Eventi lesivi che non rispondono ai criteri sopra riportati (ad esempio gli
infortuni da traffico veicolare, in itinere, le aggressioni subite sul lavoro
da persone o animali, i malori presentatisi duranti il lavoro senza una
specifica motivazione derivante dal lavoro, come un infarto acuto del
miocardio).
Per queste tipologie di infortuni i servizi di prevenzione USL non
dispongono di misure di prevenzione tali da ridurne la gravità o il
numero.
Eventi infortunistici in cantieristica 2000/2006
Con la denominazione di nautica da diporto si intende non solo la
produzione di scafi in ferro, lega leggera o vetroresina (VTR), ma anche
una parte delle attività di allestimento. Il settore, dal punto di vista
dell’accadimento degli infortuni, è stato suddiviso in “attività della
cantieristica in ferro e lega leggera” ed “attività della cantieristica in VTR
e legno”.
Nella tabella sono raccolti gli infortuni prevenibili del periodo 2000 –
2006 in entrambi gli ambiti, differenziati per colore, ed il confronto con
gli infortuni prevenibili totali in Versilia dello stesso periodo.
149
PROGNOSI
INFORTUNI
Mortali
Prognosi
Riservata
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Gravi
(=/>20
giorni)
4
2
5
11
8
6
6
4 – 19 giorni
9
77
42
10
35
69
8
56
64
13
52
69
3
60
68
12
52
83
14
52
87
Lievi
(0 – 3 giorni)
36
28
19
28
22
19
15
23
31
35
32
29
17
27
5
3
5
3
1
3
2
4
3
14
1
0
5
2
200
181
206
209
191
197
205
6,5
6,2
6,9
7,2
6,6
7,2
7,2
Prognosi
Sconosciuta
INFORTUNI
TOTALI
% SUL
TOTALE
GENERALE
In rosso i dati relativi alla vetroresina.
L’infortunio più grave (prognosi riservata per folgorazione), accaduto
presso uno dei cantieri di Viareggio ha riguardato, in realtà, non un
lavoratore del cantiere ma un dipendente di una ditta di impianti elettrici.
150
Il lavoratore è rimasto folgorato mentre operava su un quadro elettrico a
bordo di una imbarcazione in costruzione a causa dell’intempestivo
riavvio della linea elettrica, in precedenza disattivata, proprio per dare
modo al lavoratore di operare in condizioni di sicurezza.
Dalle indagini di approfondimento, svolte dai tecnici di prevenzione della
USL 12 Viareggio, sono emerse nel complesso gravi lacune nel sistema
di predisposizione e di coordinamento di quella particolare attività di
cantiere a carico sia della ditta committente che dell’appaltatrice in
quanto, pur avendo organizzato l’operazione lavorativa in orario diverso
dall’usuale (di sera, dopo le 18,30) proprio per poter lavorare in assenza
di tensione elettrica, quella sera altre lavorazioni si svolgevano a bordo
dopo le 19,00 e non sono state messe in atto le procedure di lavoro e le
norme di buona tecnica previste dalle norme di prevenzione nel caso di
attività lavorative da effettuarsi fuori tensione (diffusione della
informazione sui lavori in corso mediante apposizione di cartelli, presidio
costante o segregazione dell’organo di manovra, distacco fisico dei
conduttori dai morsetti ecc.) o altro metodo idoneo ad evitare tragici
disguidi.
Gli interventi previsti dalla normativa di sicurezza avrebbero evitato
l’attivazione intempestiva dell’energia elettrica, ad intervento lavorativo
ancora in corso.
151
Per il resto, gli infortuni classificati come “gravi” (prima prognosi uguale
o maggiore di 20 giorni) hanno mostrato le seguenti modalità di
accadimento più frequenti:
Modalità
numero
% sul totale dei
casi gravi
Caduta da scale fisse o a pioli, da
24
22
Caduta in piano, su barca o banchina
18
16
Uso di attrezzature o utensili
17
15
Colpito da materiale su mano o piede
15
13
Uso di attrezzi manuali (martello,
pialla ecc.)
Scivolamenti scendendo
dall’imbarcazione
Investito da materiale in lavorazione
10
9
6
5
5
4
Modalità varie
17
15
ponteggi
152
Dal 2000 al 2006 i Tecnici di Prevenzione hanno effettuato in questo
settore 41 indagini di approfondimento a seguito di infortunio.
Analisi degli infortuni
Dall’analisi degli infortuni si nota che il rischio infortunistico di maggior
rilevanza e quello legato alla caduta.
Se sommiamo le cadute dall’alto (scale e ponteggi) sia alle cadute in
piano che agli scivolamenti sull’imbarcazione raggiungiamo una
percentuale non lontana alla metà degli infortuni gravi.
Questo sicuramente è un dato allarmante circa la sicurezza nell’attività di
produzione e allestimento di imbarcazioni da diporto in quanto gli eventi
che hanno dato luogo ad infortuni gravi potevano creare danni ben
superiori ai lavoratori. Non ingannino i dati relativi alle cadute in piano
ed agli scivolamenti, molto spesso tali definizioni “nascondono” eventi
causati da aperture nel suolo o cadute da ponti delle imbarcazioni.
Quindi il maggior rischio di subire danni per infortunio in un cantiere
navale, è legato alla caduta per cui il compito di maggior rilievo durante i
sopralluoghi
di
vigilanza
è
accertare
la
messa
in
sicurezza
dell’imbarcazione. Anche l’utilizzo di attrezzature manuali, elettriche e
meccaniche comporta una buona percentuale di accadimenti (24%); se si
tiene conto che la maggior parte di attrezzature utilizzate nelle
lavorazioni è di recente produzione, quindi dotata delle protezioni
previste dalle norme antinfortunistiche, l’alta percentuale di infortuni
durante il loro utilizzo denota sicuramente problemi di formazione e
addestramento. Per quanto riguarda gli infortuni da colpiture e
153
investimenti da materiale, molto spesso, sono da imputare a problemi
organizzativi
legati
alle
diverse
attività
che
vengono
svolte
contemporaneamente nei cantieri e agli spazi ristretti a bordo.
I dati si riferiscono agli anni che vanno dal 2000 al 2006; nel febbraio del
2007 va registrato, purtroppo, un incidente che ha provocato la morte di
un marinaio extracomunitario.
Anche se per quanto riguarda le modalità di accadimento sono ancora in
corso indagini da parte dell’Autorità Giudiziaria, l’infortunio è da
attribuire alla caduta dall’alto e quindi rientra nella tipologia più
ricorrente per gli infortuni nel settore.
154
12
I LAVORATORI
Fino ad ora è stata descritta una attività sicuramente interessante come la
produzione di nautica da diporto ma si è preso poco in considerazione un
aspetto molto importante: chi sono i lavoratori che fanno parte della
filiera produttiva del comparto?
La prima cosa da sottolineare è che quando si parla di lavoratori della
nautica da diporto si parla di addetti con diversi gradi di specializzazione,
di un frequente ricorso a lavoratori atipici, di migranti e di un
considerevole turnover.
È anche importante analizzare come si differenzi, tra i vari lavoratori, la
percezione del rischio che l’effettuazione di una determinata attività,
induce nell’individuo.
Un’altra figura di lavoratore “speciale” inserito nel ciclo produttivo è il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) il cuoi ruolo
necessita di varie considerazioni.
Lavoratori ad alta specializzazione
“Per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio
domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione
altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un
mestiere, un'arte o una professione” questa definizione è riportata dal
1955 sul DPR 547 ed identifica in modo chiaro la figura del lavoratore
qualunque sia il suo ruolo e la sua professionalità.
155
Il lavoratore è l’operaio, l’impiegato ed anche chi ricopre ruoli di
dirigente se lo fa sotto dipendenza e direzione altrui. Infatti il dirigente è
un lavoratore che molto spesso ha compiti ed obblighi “speciali”, ma è
pur sempre un lavoratore
Chiarito questo fondamentale concetto bisogna dividere i lavoratori per
livello di specializzazione ed in questa parte ci interessa individuare i
lavoratori ad alta specializzazione; per tale motivo è utile elencare le
figure di lavoratori ad alta specializzazione presenti nel ciclo produttivo
della cantieristica navale da diporto.
Di questo elenco fanno sicuramente parte:
•
Dirigenti;
•
Progettisti;
•
Designers;
•
Comandanti di armamento;
•
Responsabili della sicurezza;
•
Capi cantiere, capi commesse e capi barche;
Ma anche:
•
Tecnici gestione apparati di controllo;
•
Motoristi;
•
Manovratori di piazzale;
•
Subacquei.
La caratteristica principale di tali figure è la ampia possibilità di scelta
lavorativa che la forte crescita del mercato gli offre; si cambia cantiere
non sulla base di una richiesta del lavoratore ma in virtù di offerte più
vantaggiose ricevute.
156
Questi lavoratori oltre ad avere una alta professionalità hanno avuto
anche un buon livello di formazione da parte delle aziende.
Lavoratori di media specializzazione
Di questa categoria di lavoratori fanno parte gli “operai specializzati”,
ovvero quella manodopera capace di lavorare su alti standard qualitativi.
A questa categoria lavorativa appartengono:
•
Tubisti;
•
Elettricisti;
•
Verniciatori;
•
Carpentieri metallici;
•
Saldatori;
•
Carpentieri in legno;
•
Falegnami;
•
Montatori di mobili;
•
Installatori di impianti tecnologici;
•
Coibentatori;
•
Posizionatori di coperte;
•
Tappezzieri;
•
Pontisti;
•
Ecc.
I lavoratori che svolgono tali attività sono quelli meno esposti a turnover;
di solito fanno parte di piccole aziende artigianali a gestione, per lo più,
di tipo familiare.
157
Questo comporta, nella maggior parte dei casi, l’instaurazione di un
rapporto interno di profonda conoscenza se non proprio amicizia, tra il
datore di lavoro ed i lavoratori dipendenti. Nella maggior parte di queste
aziende non trova una sua collocazione il sindacato e di conseguenza la
figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ha un
ruolo o marginale od addirittura di rappresentanza aziendale e non dei
lavoratori. Di solito questi lavoratori hanno avuto un discreto percorso
formativo.
Lavoratori di bassa specializzazione
Questa, come è facile intuire, è sicuramente la fascia di lavoratori più
debole dove regna incontrastato il turnover in quanto i lavoratori
manifestano una evidente insoddisfazione circa la loro occupazione e
cercano una occupazione più qualificante.
Per tale motivo, le aziende che occupano questa categoria di lavoratori
investono poco o niente in formazione ed addestramento, affidando tali
compiti al lavoratore più anziano in termini di anzianità lavorativa in
azienda.
Questi lavoratori necessitano di un’attenzione particolare da parte degli
organi istituzionali. Tale attenzione deve servire ad assicurare ai
lavoratori i livelli minimi di sicurezza e di tutela che un paese civile deve
garantire a tutti.
Si raccontano con insistenza, infatti, episodi di lavoro nero, di infortuni
non denunciati e di stipendi realmente percepiti molto inferiori a quanto
riportato in busta paga.
158
Questo aspetto riguarda anche i lavoratori atipici ed i migranti che, non a
caso, nella maggior parte dei casi trovano collocazione nelle aziende che
occupano questa categoria di lavoratori. Ma chi sono questi lavoratori?
Sono:
• Addetti alle pulizie;
• Addetti alla laminazione della vetroresina;
• Manovali di aziende di pontisti;
• Stuccatori;
• Addetti alla levigatura per la verniciatura;
• Ecc.
Forme di lavoro flessibile
L’esigenza di nuove forme lavorative è stata presa in esame agli inizi del
1990, quando si è iniziato a parlare di forme di flessibilità
dell’occupazione; nel 1997 la Legge Treu (Legge 24 giugno 1997, n.196)
ha introdotto le prime tipologie di contratti lavorativi atipici presente sul
mercato del lavoro in Italia.
Sono definiti "atipici" coloro che hanno contratti di lavoro non standard
rispetto ai contratti di lavoro subordinato standard, a tempo determinato o
indeterminato e a pieno tempo, e alle tradizionali forme di lavoro
autonomo.
Il loro inquadramento attuale è definito dalla Legge 30/2003 “Delega al
Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro” volgarmente
conosciuta come Legge Biagi e dal D. L.vo 276/03 “Attuazione delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge
159
14 febbraio 2003, n. 30”.
Il lavoratore può essere chiamato a prestare la sua opera con varie forme
di rapporto di lavoro.
a)
Tempo indeterminato: è il rapporto di lavoro senza nessuna
limitazione temporale.
b)
Tempo determinato: rapporto di lavoro con una scadenza dello
stesso predeterminata all’atto dell’assunzione. L’assunzione a termine
deve risultare da atto scritto.
c)
Lavoro temporaneo o interinale: le agenzie di lavoro temporaneo
od interinale possono assumere dei lavoratori, a termine, comandandoli a
prestare la propria opera presso altre imprese loro clienti. Al lavoratore,
che dipende dall’agenzia interinale viene applicato il contratto di lavoro
della azienda presso cui presta la propria opera.
d)
Lavoro intermittente:il lavoratore si pone a disposizione di un
datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa su
chiamata, per esigenze individuate da contratti collettivi. Il lavoratore
intermittente deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento
economico e normativo complessivamente non inferiore rispetto al
lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
e)
Lavoro ripartito: è un contratto mediante il quale due lavoratori
sono obbligati in solido per una unica mansione lavorativa. Il lavoratore
deve ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore
rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
f)
Apprendistato: vi sono tre tipologie di apprendistato con tre
differenti finalità:
160
1) Apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e
formazione. É finalizzato al conseguimento di una qualifica
professionale, ha durata non superiore ai tre anni ed è rivolto a
giovani che abbiano compiuto 15 anni.
2) Apprendistato professionalizzante. É finalizzato al conseguimento
di una qualificazione attraverso la formazione e lavoro ed è rivolto ai
soggetti di età compresa tra 18 e 29 anni, La durata è stabilita dai
contratti collettivi e in ogni caso è compresa tra due e sei anni.
3) Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di
alta formazione. É finalizzato al conseguimento di un titolo di studio
di livello secondario, di titoli di studio universitari e di alta
formazione. É rivolto a soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni.
La regolamentazione e la durata sono rimesse alle Regioni
g)
Contratto di inserimento: sostituisce il contratto di formazione e
lavoro ed è finalizzato a realizzare, mediante un progetto individuale di
adattamento delle competenze professionali, l’inserimento o il
reinserimento lavorativo.
É rivolto a :
- giovani tra i 18 e i 29 anni,
- disoccupati di lunga durata da 29 a 32 anni,
- disoccupati con più di 50 anni,
- lavoratori inattivi da almeno 2 anni,
- donne residenti in aree con problemi di occupazione femminile,
- persone affette da grave handicap fisico, mentale o psichico.
Il contratto va stipulato in forma scritta e deve contenere l’indicazione del
progetto individuale di inserimento. La durata può variare da 9 a 18 mesi,
161
compresa eventuale proroga, e può arrivare a 36 mesi per i lavoratori
disabili. Il contratto non è rinnovabile con lo stesso lavoratore. I
lavoratori assunti con contratto di inserimento sono esclusi dal computo
ai fini dell’applicazione di leggi e contratti collettivi. L’inquadramento
del lavoratore non potrà essere inferiore per più di due livelli a quello
spettante per qualificazioni corrispondenti a quelle il cui contratto è
finalizzato.
h)
Lavoro a progetto: (ex collaborazione coordinata e continuativa).
In questo caso il lavoratore non è ne subordinato ne autonomo, presta la
propria opera in maniera continuativa e coordinata a carattere personale e
come collaborazione occasionale. Il lavoro deve essere riconducibile a
uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso
determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in
funzione del risultato.
i)
Lavoro accessorio: può essere utilizzato per attività di natura
meramente occasionale nei seguenti ambiti
- piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa
l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate
o con handicap;
- insegnamento privato supplementare;
- piccoli lavori di giardinaggio, di pulizia e manutenzione di edifici e
monumenti;
- realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali e
caritatevoli;
162
- collaborazioni con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo
svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o
eventi naturali improvvisi o di solidarietà.
Tali attività sono considerate lavoro accessorio se non superano la durata
complessiva di trenta giorni nel corso dell’anno solare e se, in ogni caso,
non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro
nel corso di un anno solare. Possono essere impegnati nel lavoro
accessorio soltanto i seguenti soggetti considerati a rischio di esclusione
sociale:
- disoccupati da oltre un anno;
- casalinghe, studenti e pensionati
- disabili e soggetti in comunità di recupero;
- lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei
sei mesi successivi alla perdita del lavoro.
l)
Tempo pieno o parziale: il rapporto di lavoro può essere a “tempo
pieno”, quindi con il monte ore lavorative massime previste nel contratto
di lavoro, o “tempo parziale” con un monte ore ridotto che deve risultare
dal contratto stesso.
Ma chi sono i lavoratori “flessibili” che prestano la loro opera nei cantieri
navali? Intanto il numero di lavoratori con questi tipi di contratto è
abbastanza consistente, non ancora quantificato, ma stimabile intorno al 10
– 15%. La loro distribuzione ed il loro tipo di contratto è legata alla
professionalità. Nei lavoratori ad alta specializzazione troveremo contratti
di “lavoro a progetto” legati principalmente al livello formativo scolastico
(laureati, diplomati).
163
Per quanto riguarda i lavoratori di media specializzazione le forme di
lavoro flessibile più utilizzate sono l’apprendistato ed il contratto di
inserimento in quanto essendo questa categoria meno “migratoria”, una
volta conosciuto il lavoratore e riconosciuta la sua capacità di inserimento
nel ciclo produttivo dell’azienda, la sua posizione sarà stabilizzata.
Bisogna sempre ricordare che i lavoratori a media specializzazione sono
quelli appartenenti ad aziende artigianali o comunque con un numero
limitato di dipendenti e gestione di tipo familiare.
Anche se più marginale, in questa categoria, si ricorre anche al lavoro
interinale specializzato. Infatti le agenzie di lavoro interinale forniscono
anche personale qualificato come saldatori, falegnami, elettricisti, ecc.
In ogni caso il ricorso al lavoro interinale è molto utilizzato nelle aziende
che occupano lavoratori di bassa specializzazione e questo rappresenta un
altro motivo che contribuisce a rendere estremamente debole la categoria.
Fra le nuove tipologie contrattuali dovute alla flessibilità introdotte dalla
Legge 30, vi è anche il distacco.
L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per
soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più
lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l'esecuzione di una
determinata attività lavorativa.
In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento
economico e normativo a favore del lavoratore.
Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il
consenso del lavoratore interessato.
Il distacco consiste quindi in una modificazione delle modalità di
svolgimento della prestazione del lavoratore ("distaccato"), che, sulla base
164
della decisione datoriale ("distaccante"), svolge la propria opera a favore
di un terzo soggetto ("distaccatario") stabilito dal datore di lavoro, senza
che per questo si produca effetto novativo, ovvero che il precedente
rapporto sia estinto e ne sorga uno nuovo.
Questa disciplina contrattuale è tuttora utilizzata per un consistente
numero di lavoratori ex SEC (Società Esercizio Cantieri), che è stata
chiusa alcuni anni fa. In pratica le aree adiacenti al porto di Viareggio su
cui prestava la propria attività il cantiere SEC, denominate DR1 e DR11,
sono state date in concessione ad un consorzio di aziende che ha fondato la
Polo Nautico scpa ed ha assorbito gli ex dipendenti SEC.
Questa società ha presentato un progetto di riqualificazione delle aree con
la costruzione di alcuni capannoni destinati alla produzione di nautica da
diporto.
Contestualmente, una volta terminate le opere strutturali ed avviata la
produzione, si frazionava l’unica concessione (Polo Nautico) in
concessioni individuali tra le aziende facenti parte del consorzio che si
impegnavano ad assorbire il personale del SEC. Nella fase intermedia,
cioè l’inizio di attività nei capannoni i lavoratori ancora dipendenti della
Polo Nautico, prestano la propria attività alle dipendenze dei vari soci in
regime di distacco.
Questa situazione abbastanza anomala ha portato forti tensioni tra
lavoratori e aziende consorziate con scioperi, presidi ed altre forme di
protesta.
165
Lavoratori migranti
Parlare di lavoratori migranti impiegati nel ciclo produttivo della
cantieristica da diporto non è compito facile in quanto significa parlare di
lavoratori di diversa provenienza, di diversa professionalità e con diverse
aspettative lavorative. Iniziamo a cercare di chiarire chi sono i migranti
che lavorano nel settore.
Provenienza
Ci sono settori produttivi che sono caratterizzati dalla presenza di migranti
provenienti dalla stessa nazione e/o area geografica. Il tessile dell’area
pratese è pressoché monopolizzato dalla presenza di lavoratori cinesi;
nell’edilizia è marcata la presenza di lavoratori rumeni e dell’area
balcanica; nel commercio ambulante vie è un forte incremento di
lavoratori cinesi e del nord africa. Nella cantieristica da diporto non vi
sono alte concentrazioni di lavoratori che esercitano una determinata
lavorazione; la diffusione dei lavoratori migranti è a “macchia di
leopardo”. Fa eccezione la presenza di lavoratori indiani, cingalesi e
pachistani nella laminazione degli scafi in vetroresina. Questa elevata
frammentazione sia etnica che di tipo di lavorazioni non fa altro che
aumentare i disagi legati alla presenza dei lavoratori migranti ed al loro
inserimento in una attività complessa come un cantiere navale. Ed i
disagio maggiore è sicuramente legato alla conoscenza delle varie lingue
dei lavoratori ed il loro rapporto con una lingua difficile e complessa come
l’italiano. Questo problema riguarda tutte le professionalità.
166
Professionalità
Anche questo è un aspetto molto importante nell’analizzare la presenza di
migranti nei cantieri della darsena viareggina.
Ci sono lavoratori ad alta specializzazione, la cui provenienza è
principalmente legata a paesi ricchi quali Francia, Olanda, Gran Bretagna,
Stati Uniti, Sud Africa, Nuova Zelanda, Australia ecc. che comunque si
inseriscono, a volte anche marginalmente, in un processo produttivo
complesso, possono trovare le stesse difficoltà che hanno lavoratori a
media e bassa professionalità provenienti dall’Europa dell’est, dall’Africa
e dall’Asia.
Quello che sicuramente differenzia queste categorie di migranti è l’aspetto
economico e le aspettative lavorative.
Aspettative lavorative
Questo è un aspetto fondamentale che riguarda tutti i lavoratori ma a
maggior ragione i migranti; ed è fondamentale rispondere ad una domanda
che sembra banale: perché si lavora? Dare la giusta risposta a questa
domanda è fondamentale per alcune questioni molto dibattute quali
produttività e sicurezza.
E la risposta sta nello stimolo che avvicina il migrante, come qualsiasi
altro lavoratore, ad esercitare un’attività: motivazioni professionali,
motivazioni economiche e motivazioni legali. Sicuramente il lavoratore
migrante e non che esercita una “professione” con profonda motivazione
avrà meno problemi di inserimento andandosi ad integrare nel sistema
produttivo con notevole riconoscimento economico.
167
La stessa posizione non può essere attribuita al migrante che esercita un
“lavoro” solo per mantenere una famiglia lontana ed avere il permesso di
soggiorno; questo lavoratore si sentirà al margine del sistema produttivo e
accetterà lavori poco gratificanti.
Io credo che serva un grosso impegno di tutti i soggetti presenti nella
produzione di nautica da diporto affinché venga ridotta la percezione che
lavoratori migranti od atipici hanno di esercitare un lavoro poco edificante.
Più si riuscirà a gratificare queste categorie di lavoratori più crescerà anche
la loro cultura della sicurezza sentendosi parte attiva di un sistema che
produce e distribuisce ricchezza.
Turnover
Il turnover è un fenomeno in continua crescita in tutto il sistema produttivo
mondiale. Il bisogno di garantire competitività ha introdotto nuove forme
di lavoro flessibile con minori garanzie per i lavoratori.
Questo fenomeno ha portato i lavoratori a cercare forme di lavoro più
stabili ed a un posto di lavoro che va a stabilizzarsi corrisponde un nuovo
inserimento di un precario.
Sulla base di ciò si può ben capire come il turnover da esigenza
dell’azienda (rinnovo della forza lavoro) è diventato esigenza del
lavoratore (un lavoro più stabile); si sono invertiti i ruoli. Questo
fenomeno è maggiore quanto più basso è il livello professione degli
addetti; quindi tale fenomeno è presente soprattutto nei lavoratori atipici e
nei migranti.
168
A dire il vero, nella cantieristica da diporto, vi è anche un turnover, per
così dire, di elite che interessa lavoratori super specializzati; ma questo
tipo di fenomeno non crea grossi problemi.
Problemi che sono estremamente presenti nel turnover di atipici e migranti
e che riguardano l’addestramento, l’informazione e la formazione.
Fino a qualche anno fa i cantieri navali viareggini erano per lo più imprese
artigiane che producevano imbarcazioni con ritmi artigianali.
Ora
le
realtà
sono
profondamente
cambiate,
i
ritmi
si
sono
“industrializzati” e le imprese artigiane presenti nella produzione hanno
poco tempo da destinare ad addestramento, informazione e formazione a
scapito sicuramente della sicurezza del neo assunto.
La percezione del rischio
Spesso si parla di percezione del rischio sul posto di lavoro; credo che si
debba usare un altro termine: consapevolezza.
Questo è un passaggio fondamentale quando si affronta il comportamento
dei lavoratori in situazione di potenziale rischio per la propria sicurezza e
salute. Il termine percezione è la funzione psicologica tramite la quale la
coscienza dell’individuo organizza le informazioni provenienti dalle
sensazioni che prova.
Lo stesso individuo diventa consapevole quando è stato e messo al
corrente di qualche cosa ed utilizza la propria conoscenza per determinare
il proprio comportamento.
169
Per semplificare, la percezione è un fattore rilevatore che, per la maggior
parte dei casi, comporta una reazione istintiva mentre la consapevolezza
comporta una reazione determinata dal grado di conoscenza.
Quindi lo sforzo che deve essere fatto è quello di aumentare il grado di
conoscenza dei lavoratori attraverso una idonea ed efficace azione di
informazione e formazione.
Ad un lavoratore adeguatamente informato e formato sui rischi legati alla
sua mansione ed al luogo dove l’esercita, potremmo dire tranquillamente
che è consapevole dei rischi che sta correndo; questo comporterà
l’adozione di provvedimenti sanzionatori se tali rischi dipendono dal suo
comportamento inadeguato.
I Rappresentanti dei Lavoratori
Il Decreto Legislativo 626/94 ha portato profonde alla legislazione per la
salute e la sicurezza dei lavoratori. L’innovazione più importante
introdotta dal decreto, è l’obbligo da parte del datore di lavoro di valutare i
rischi presenti in azienda con l’aiuto di una organizzazione composta dal
datore di lavoro stesso, dal responsabile del servizio di prevenzione e
protezione, dai dirigenti e preposti, dal medico competente, dal
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, dagli addetti all’antincendio
ed al pronto soccorso e dai vari consulenti. Queste figure hanno ricoperto
il nuovo ruolo più o meno compiutamente e nella maggior parte dei casi
c’è stata una crescita sia formativa che di ruolo nel settore della sicurezza.
La maggior parte, ma non tutti. Chi è cresciuto poco, interpretando in
modo limitato il proprio ruolo, è il rappresentante dei lavoratori per la
170
sicurezza (RLS). Nel settore della cantieristica da diporto, la USL 12 ha
contato più di cento RLS presenti con due situazioni tipiche:
•
RLS estremamente “aziendale” nominato di fatto dal datore di
lavoro per adempiere ad un obbligo legislativo, che non svolgerà il
proprio compito di controllo e segnalazione e non sarà altro che un
preposto alla sicurezza del datore di lavoro.
•
RLS estremamente sindacalizzato designato dalla base sindacale
dell’azienda, spesso facente parte la rappresentanza sindacale
aziendale (RSU) poco formato in materia di sicurezza. Il ruolo di
rappresentanza, nella maggior parte dei casi, viene utilizzato per
rivendicazioni sindacali e smarrisce il ruolo di controllo e
segnalazione per ricoprire un ruolo prettamente sindacale.
Tranne alcune eccezioni, la figura di RLS, non riesce a decollare nella
cantieristica viareggina, come, in generale, in tutto il mondo produttivo.
Questa figura è determinante per migliorare le condizioni di sicurezza dei
lavoratori e, per tale motivo, si dovrebbe occupare esclusivamente di ciò
lasciando ad altri i compiti di trattative economiche e contrattuali.
Sul perché questa fondamentale figura non decolli deve essere motivo di
una seria critica da parte di tutti: parti sociali e pubblica amministrazione
compreso i servizi PISLL delle ASL.
Qualcosa non è andato per il verso giusto ed è necessario riformulare in
modo chiaro ruolo e compiti del RLS affinché diventi parte attiva e
propositiva della sicurezza aziendale; per tale motivo è indispensabile una
campagna informativa da parte di parti sociali e pubblica amministrazione.
171
13
MIGLIORARE LA SICUREZZA
All’interno di una unità produttiva (cantiere) è presente una
organizzazione aziendale formata da datore di lavoro, dirigenti,
consulenti, capi produzione e lavoratori ed una seconda organizzazione
produttiva che oltre alle figure sopra riportate, ha anche datori di lavoro,
preposti e lavoratori delle ditte che eseguono lavorazioni in appalto
presso il cantiere.
La costruzione (unità navale) è progettata dall’organizzazione aziendale
propria del cantiere e realizzata dall’organizzazione produttiva più
complessa che comprende le ditte in appalto; questo comporta uno sforzo
progettuale e di programmazione importante.
La progettazione e la programmazione devono tener conto dei possibili
rischi per la sicurezza; una volta progettata l’unità navale e programmata
la sua costruzione, si deve procedere all’elaborazione di procedure che
garantiscano un elevato standard costruttivo ed un elevato standard di
sicurezza durante l’esecuzione dei lavori massimizzando la promozione
del coordinamento.
Tra l’altro la modifica all’art. 7 del D. L.vo 626/94, di cui si tratta nel
capitolo successivo, stabilisce la quantificazione dei costi per
l’esecuzione in sicurezza dei lavori affidati in appalto. Sulla base di ciò è
indispensabile che, al momento della contrattazione e del successivo
affidamento dei lavori, il committente fornisca alle aziende appaltatrici
chiare informazioni sul progetto, sulla programmazione delle lavorazioni
e sulle procedure per l’effettuazione delle stesse in modo che sia possibile
stabilire anche i costi necessari a garantire la sicurezza.
172
Una volta affidati i lavori ad un prezzo ritenuto equo da entrambi i
soggetti (appaltante e appaltatrice), si deve passare alla condivisione di
programmazione e procedure, da parte di tutta l’organizzazione
produttiva (cantiere e aziende in appalto).
In questa fase è fondamentale che avvenga anche una informazione
reciproca tra le varie ditte in appalto su rischi, misure di prevenzione, di
protezione ed organizzazione delle stesse.
Quanto sopra esposto rappresenta il “Coordinamento” ed è fondamentale
non solo per garantire la salute e la sicurezza durante le lavorazioni ma
anche per elevare la qualità della costruzione.
Quelle sopra descritte sono operazioni di pianificazione che, per essere
applicate, necessitano di un controllo sulla produzione.
Questo è il punto chiave: il sistema di controllo deve essere unico sia per
gli standard qualitativi produttivi che per gli standard di prevenzione
della salute e della sicurezza degli esposti.
Il Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale (SPP) deve lasciare le
funzioni di controllo sulla sicurezza ai preposti del cantiere che si
coordineranno con i preposti delle varie aziende coinvolte nei lavori; il
compito del SPP deve essere di consulenza e supporto ai preposti stessi.
Quindi il preposto deve avere un ruolo centrale e fondamentale sia per la
produzione che per l’applicazione delle misure di prevenzione.
Oltre alla pianificazione organizzativa, vi sono aspetti tecnico strutturali
che, se migliorati, contribuiranno sicuramente a migliorare produzione e
sicurezza:
173
•
Interventi di bonifica ambientale con immissione di aria pulita e
climatizzata nella fase di costruzione di scafi, coperte e
sovrastrutture in vetroresina;
•
Costruzione di cabine di verniciatura che vadano a sostituire le
attuali strutture precarie erette provvisoriamente sui piazzali
adiacenti le banchine portuali;
•
Aspirazioni efficaci alla sorgente per le polveri nocive;
•
Pulizia dei locali.
Nel primo caso questo tipo di intervento, oltre a ridurre notevolmente
l’esposizione degli addetti, garantirebbe una temperatura controllata del
processo di laminazione indispensabile per la qualità del manufatto.
Infatti gli standard qualitativi del processo di laminazione, secondo gli
enti di certificazione mondiali della nautica, prevedono che lo stesso
avvenga ad una temperatura tra i 18 ed i 28 °C: tale temperatura viene
registrata, nelle nostre zone, per 6 / 7 mesi.
Nel restante periodo si lavora a temperature più basse (inverno) con
notevoli problemi di rallentamento del processo di polimerizzazione o più
alte (giugno – agosto) con problemi di accelerazione del processo stesso.
Per quanto riguarda la costruzione di cabine di verniciatura, oltre ad
eliminare i pericoli per la sicurezza dovuti alla precarietà dei luoghi
attualmente utilizzati, garantirebbe l’effettuazione delle verniciature in
ambienti chiusi, controllati e quindi andrebbe ad incidere positivamente
sulla qualità della verniciatura stessa.
Il mercato continua a crescere; è necessario che cresca anche
l’organizzazione e migliori la dotazione strutturale delle aziende.
174
Le aziende, sullo slancio della crescita del mercato, negli ultimi anni
hanno investito molto sia come organizzazione che come strutture;
occorrono alcuni ulteriori passi per poter fare quel salto di qualità che la
filiera produttiva merita; altri distretti produttivi ci stanno “minacciando”
con la loro produzione e Viareggio non può perdere la leadership nella
nautica su cui l’economia non solo della Versilia ma di tutta la parte
costiera della Toscana nord conta per garantire crescita e posti di lavoro.
Il ruolo dei preposti
Si descriveva il ruolo centrale per qualità produttiva e sicurezza dei
preposti; per evitare possibili interpretazioni errate è bene chiarire quale
dovrebbe essere tale ruolo.
Questo chiarimento si rende necessario perché la figura del preposto,
qualunque sia il termine utilizzato per la sua individuazione nel cantiere
(capo-cantiere,
capo-commessa,
capo-barca),
viene
spesso
impropriamente utilizzata, come parafulmine per proteggere il Datore di
Lavoro da possibili rischi di procedimenti penali a seguito di interventi
dell’organo di vigilanza (USL) per ispezioni ed infortuni.
In alcuni casi il preposto ha una delega al controllo della sicurezza e,
nello stesso tempo, è incentivato come capo-produzione, con premi in
caso di rispetto o miglioramento dei tempi di produzione.
In
questa
situazione
può
diventare
inconciliabile
il
controllo
dell’applicazione delle misure di prevenzione e protezione con la fretta di
finire la costruzione.
175
A ciò si aggiunge la poca formazione in materia di igiene e sicurezza sui
luoghi di lavoro che attualmente ha la figura del preposto e la sua
professionalità spostata prevalentemente sul prodotto.
La soluzione possibile è sicuramente una campagna informativa,
formativa e di sensibilizzazione di tale figura.
La USL ha il diritto-dovere di promuovere e partecipare a tali campagne
al fine di verificare la correttezza del messaggio dato.
Il preposto deve poter svolgere, senza ricatti economici, i compiti di
controllo con autonomia e responsabilità, diventando di fatto, all’interno
del cantiere, un direttore dei lavori ed un coordinatore per la sicurezza a
bordo ed in cantiere.
Anche qui c’è molto da lavorare; fortunatamente la maggior parte dei
cantieri ha recepito tali esigenze formative ed alcuni si stanno
organizzando per la progettazione di azioni formative che vedranno la
partecipazione ed il coinvolgimento della USL 12 Viareggio.
La formazione
Il bisogno formativo del comparto produttivo non si limita ai preposti dei
cantieri; vi è una rilevante carenza di formazione sulla sicurezza nei
datori di lavoro, nei preposti e nei lavoratori delle ditte appaltatrici.
Ciò è determinato principalmente da tre fattori:
•
Scarsa sensibilizzazione;
•
Turnover;
•
Problemi economici.
176
Scarsa sensibilizzazione
La cantieristica a Viareggio ha subito una evoluzione che ha trasformato
aziende di navalmeccanica fortemente sindacalizzate e sensibili alle
problematiche di sicurezza in aziende di nautica da diporto, soprattutto in
vetroresina, con pochi lavoratori dipendenti e spesso privi di una struttura
sindacale interna.
Queste situazioni hanno sfaldato la componente sindacale e reso difficile
la sensibilizzazione dei lavoratori al bisogno formativo sui rischi per la
salute e la sicurezza a cui sono esposti durante le lavorazioni.
Di conseguenza anche la domanda formativa ne ha risentito.
Tale situazione si sta modificando in quanto la riqualificazione dell’area
ex SEC ed il passaggio dei lavoratori navalmeccanici impegnati in
quell’area nei cantieri di nautica da diporto operanti nella Polo Nautico
ha ridato forza e visibilità al sindacato sui temi della sicurezza e salute sul
lavoro.
La presenza attiva delle parti sociali è fondamentale nello sviluppo di
progetti formativi.
Turnover
Nel settore vi è un grosso movimento migratorio tra ditte che lavorano in
appalto, dovuto principalmente, ad esigenze salariali, contratti atipici e
situazioni lavorative estremamente disagevoli.
Come già detto abbiamo due gruppi di lavoratori:
•
Dipendenti ad alto e medio profilo professionale;
177
•
Dipendenti di aziende a basso profilo professionale, atipici e
migranti.
Mentre per il primo gruppo il fenomeno turnover è assai limitato, per il
secondo tale fenomeno si registra in modo rilevante; del secondo gruppo
fanno parte le aziende che svolgono attività come la resinatura, la
preparazione alla verniciatura, i pontisti, il facchinaggio, le pulizie, ecc.
Proprio in queste attività si verifica la maggior parte degli eventi
infortunistici che a volte, per la precarietà del posto di lavoro, non
vengono nemmeno denunciati.
Proprio in queste attività si presume che avremo la maggiore incidenza di
malattie professionali.
Problemi economici
Parlare di problemi economici in un settore che cresce e produce beni di
lusso, sembra una assurdità.
Eppure ci sono aziende che lavorano con margini economici che rendono
impossibile investire in formazione.
Le lavorazioni eseguite da tali aziende sono sempre quelle a basso profilo
professionale e il fenomeno del sub-appalto selvaggio è presente ed in
espansione.
Ecco un altro aspetto sul quale i cantieri devono intervenire in modo serio
e deciso se vogliamo migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori:
tendere a limitare il fenomeno del sub-appalto.
178
Una volta raggiunto questo obbiettivo avremo un aumento di risorse
economiche che le aziende in appalto potranno e dovranno utilizzare per
formare e qualificare i lavoratori.
La gestione delle emergenze
Organizzare e gestire l’emergenze in un cantiere navale, dove la maggior
parte delle lavorazioni sono eseguite da ditte esterne, è un compito
estremamente difficile.
A renderla ancora più complicata ci sono altri fattori quali:
•
Nell’ambiente di lavoro (cantiere) ci sono altri ambienti
(costruzioni navali);
•
Questi altri ambienti hanno locali angusti nei quali possono
trovarsi lavoratori difficilmente raggiungibili e contattabili;
•
Nei cantieri e sulle costruzioni vi è una considerevole presenza di
lavoratori stranieri;
•
È complesso ed oneroso garantire la gestione dell’emergenza
durante le operazioni effettuate fuori del normale orario
produttivo che, spesso, sono le più pericolose.
Tutto questo comporta una accurata progettazione della gestione
dell’emergenza; l’attività di cantiere navale è soggetta al controllo dei
Vigili del Fuoco e pertanto deve essere elaborato un piano per la gestione
delle emergenze, devono essere individuati lavoratori formati ed
addestrati alla gestione delle emergenze e devono essere effettuate prove
sull’efficienza ed efficacia di quanto è stato pianificato.
179
Quelli ora descritti sono gli obblighi normativi applicabili in una normale
unità produttiva ma non sufficienti per gestire le eventuali emergenze in
un cantiere navale.
Tutto questo va integrato con un ruolo fondamentale per i preposti del
cantiere e delle ditte in appalto che hanno l’obbligo di conoscere la
situazione del cantiere e della costruzione navale; si deve poter
raggiungere tutti i dipendenti a bordo e per far ciò è necessario che si
conosca la loro presenza e la loro posizione in cantiere o sulla barca.
La segnalazione delle eventuali emergenze deve essere visibile e udibile
per tutti; per tale motivo deve essere previsto un sistema allertante sia
ottico che sonoro.
La gestione delle emergenze nelle lavorazioni effettuate fuori il normale
orario del cantiere è un altro aspetto di grande rilevanza.
Premesso che è fondamentale che lavorazioni come la verniciatura e la
resinatura vengano effettuate quando non vi sono altri lavoratori ad
esclusione di chi le effettua e, quindi è necessario che l’organizzazione
del cantiere le preveda negli orari in cui la produzione viene sospesa
(dopo le 18, il sabato pomeriggio e la domenica), resta l’aspetto
fondamentale di garantire la gestione dell’emergenza anche in tali orari e
giorni, durante l’effettuazione di tali lavorazioni.
La domanda che è stata spesso posta riguarda al chi deve garantire tale
gestione.
Sicuramente le aziende che effettuano tali attività dovranno avere
presenti addetti adeguatamente formati soprattutto in virtù del rischio di
incendio ed esplosione presente durante le lavorazioni per l’utilizzo di
solventi.
180
Però la sola presenza di addetti delle aziende in appalto non è sufficiente
a garantire la gestione delle emergenze in quanto si rende necessaria
anche la presenza di una squadra di emergenza del cantiere che possa
intervenire in virtù della conoscenza del cantiere e dei sistemi di
protezione presenti.
Quindi l’organizzazione del cantiere deve provvedere a far eseguire
lavorazioni incompatibili fuori dal normale orario di lavoro ma deve
anche garantire la presenza di una squadra di emergenza durante
l’esecuzione di tali lavorazioni.
Gli stranieri
Si è affrontato il tema della formazione e quello della gestione delle
emergenze: sono due aspetti importantissimi per migliorare la sicurezza;
questi aspetti vanno affrontati e pianificati tenendo in considerazione la
presenza di lavoratori stranieri con difficoltà dovute principalmente alla
conoscenza della lingua italiana.
Queste difficoltà possono essere superate in due modi: insegnamento
della lingua ai lavoratori stranieri o formazione e informazione redatta in
varie lingue al fine di essere comprensibile per tutti i lavoratori.
Sicuramente la seconda soluzione è quella di maggior effetto che
sicuramente darà i risultati più immediati.
Durante le lavorazioni, le imbarcazioni spesso si trasformano in “Torri di
Babele” con presenza di lavoratori stranieri migranti,ma anche
rappresentati degli organismi di certificazione, rappresentanti degli
armatori, comandanti, marinai e comunque persone che debbono avere la
181
giusta informazione soprattutto circa le modalità di gestione delle
emergenze.
Diventa importantissimo che la cartellonistica di emergenza, presente sia
a bordo che in cantiere, sia redatta in modo che possa essere recepita da
tutti.
Non solo, anche l’informazione, le procedure, i piani di emergenza, ecc.
dovranno essere redatti in modo da renderli comprensibili a tutti i
lavoratori e le persone presenti perché la sicurezza non ha confini in
quanto è una tutela alla salute che deve essere garantita a tutti come
sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana.
Extracomunitari in una fase di lavoro atipico
182
14
NUOVI OBBLIGHI DI TUTELA DELLA SICUREZZA E
SALUTE DEI LAVORATORI
La legge 123/2007
Fin dalla riforma del sistema sanitario nazionale, legge 833 del 1978, con
la quale le competenze riguardo l’igiene e sicurezza del lavoro passavano
dall’Ispettorato del Lavoro alle costituende USL, il legislatore prevedeva
in breve tempo di dover formalizzare un testo unico di norme che
regolassero la materia.
Successivamente diverse commissioni della Camera e del Senato
auspicavano l’introduzione di tale testo, definendo anche una serie di
contenuti della stesso. Nel 2003, l’esecutivo del governo Berlusconi
formalizzava una prima versione di tale complessa normativa che veniva
però bocciata da parte sia del Consiglio di Stato che da parte delle
Regioni, oltre che dalle associazioni sindacali dei lavoratori. Il testo
venne così ritirato e la delega del parlamento al governo decadde.
Recentemente il perdurare di tristi eventi, quali una media di tre
lavoratori quotidianamente oggetto d’infortunio mortale, hanno portato le
più alte cariche dello Stato, oltre che il Santo Padre, a rilanciare lo sdegno
per questa situazione, pertanto il parlamento si è fatto carico di riprendere
in mano la stesura di un Testo Unico che rivedesse in modo armonico e
moderno l’ampia e complessa normativa che discendendo da principi
costituzionali regolasse gli aspetti dell’igiene e sicurezza del lavoro.
183
Nell’agosto 2007, è stata promulgata la legge 123 al cui interno erano
previsti i tempi ed i criteri a cui il governo doveva attenersi nella
formulazione del Testo Unico ma anche una serie di norme entrate in
vigore nell’immediatezza.
All’articolo 1 della legge viene definita la delega al governo per il
riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e
della sicurezza del lavoro.
Tale articolo è composto da 7 commi molto corposi, tra cui quello che
prevedeva che, entro 9 mesi (prorogabili di altri tre) il governo avrebbe
dovuto adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto e la
riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza
dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
Il 30 aprile 2008 è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale, il
D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, i cui criteri e contenuti del Testo Unico
possono essere sintetizzati negli argomenti seguenti:
- Generale riordino dell’intera normativa vigente;
- Estensione delle tutele a tutte le tipologie di rischio e a tutti i
lavoratori, subordinati, autonomi e ad essi equiparati;
- Razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e
penale con inasprimento delle ammende;
- Ridefinizione dei ruoli e responsabilità dei vari attori della
prevenzione compresi i preposti;
184
- Spazio alla applicazione dei Sistemi di Gestione della Sicurezza
che mettono in pratica i principi del risk management;
- Possibilità per il sindacato di costituirsi parte civile nei processi,
riconoscimento del ruolo centrale del sindacato e valorizzazione
degli organismi paritetici;
- Coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza;
- Modifica del criterio del massimo ribasso d’asta per
l’assegnazione degli appalti pubblici;
- Rafforzamento del principio della responsabilità solidale fra
appaltante e appaltatore;
- Semplificazione delle procedure per le piccole e medie (PMI).
Analisi di alcune novità normative
Le innovazioni da segnalare nel testo del nuovo decreto, in parte
anticipate dalla Legge 123, possono essere suddivise nei seguenti
macroargomenti:
- disposizioni per il contrasto del lavoro nero e per la tutela della
salute e della sicurezza dei lavoratori;
- appalti, subappalti;
- la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,
applicazione del D.Lgs 231/2001;
- abrogazione della normativa previdente e trasposizione dei
contenuti della stessa nei titoli del decreto di nuova emanazione.
185
Tralasciando, in questa sede, la trattazione esaustiva dei contenuti del
D.Lgs. 81/2008, in relazione ai rischi connessi agli appalti nel comparto
della cantieristica, appare importante riportare alcune annotazioni relative
alla gestione delle interferenze ed al documento ad essa collegato
(cosiddetto documento unico di valutazione dei rischi di interferenze)
186
Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI)
La reale innovazione del D. Lgs. 81/08 è quella introdotta dall’art. 26, i
cui contenuti ricalcano l’art. 7 de D. Lgs. 626/94 s.m.i.
“Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il
coordinamento …elaborando un unico documento di valutazione dei
rischi che indichi le misure adottate per eliminare le interferenze. Tale
documento è allegato al contratto di appalto o d’opera. Le disposizioni
del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri
dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.”
Il documento unico di valutazione delle interferenze (DUVRI) deve
essere scritto prima del contratto, altrimenti non si comprende come
possa essere allegato allo stesso, ed è il modo con cui il committente
promuove la cooperazione ed il coordinamento tra le varie imprese
partecipanti alla realizzazione dell’opera in regime di appalto o contratto
d’opera.
Con le modifiche introdotte dalla nuova normativa, le cose cambiano
radicalmente rispetto al passato. Il primo aspetto da evidenziare, che in
qualche modo ratifica lo stato dell’arte, è quello di stabilire che le
informazioni sui rischi e le regole di sicurezza devono essere messe per
iscritto.
Il datore di lavoro committente, inoltre, diventa il responsabile unico del
documento e, di conseguenza, il principale artefice del coordinamento cui
spetta l’individuazione delle interferenze e delle relative misure per
eliminarle.
187
Con il termine “interferenze” appare plausibile riferirsi a situazioni
generate da attività lavorative svolte in un medesimo luogo di lavoro.
Con l’espressione “eliminare le interferenze” pare condivisibile che il
legislatore abbia inteso riferirsi a quelle generanti rischi lavorativi
aggiuntivi rispetto a quelli specifici propri di un’attività, avendo
comunque presente che le diverse attività lavorative possono
interferire tra loro senza che da ciò derivino ulteriori rischi per i
lavoratori.
L’indicazione contenuta nel DUVRI delle misure adottate “per eliminare
le interferenze” deve essere letta alla luce del principio generale di cui
all’art. 15 del D.Lgs. 81/08 (Misure generali di tutela), secondo il quale
anche i “rischi da interferenze”, al pari di ogni altro rischio lavorativo,
devono essere oggetto di “eliminazione in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico o, ove ciò non è possibile”, di
“riduzione al minimo”.
Le misure tecniche, organizzative, e procedurali definite dal committente
devono essere applicate dagli appaltatori, mentre il committente deve
verificarne tramite azioni di coordinamento, il loro puntuale rispetto.
Il datore di lavoro committente, in quanto responsabile del documento,
anche utilizzando le informazioni provenienti dalle ditte in appalto, deve
valutare:
- i rischi propri dell’ambiente di lavoro;
- i rischi introdotti dalle ditte in appalto;
188
- eventuali rischi derivanti dalle interferenze;
quindi definire in modo armonizzato le misure di sicurezza da adottare e
fare adottare.
Un altro aspetto importante per capire come deve essere organizzato e
gestito il documento unico, deriva dal fatto che questo deve essere
allegato al contratto.
Due sono gli aspetti da evidenziare. Innanzitutto, essendo un documento
che viene sottoscritto unitamente al contratto, risulta evidente l’impegno
delle ditte in appalto a rispettare le regole stabilite dal committente; in
quanto se non le ritenessero appropriate dovrebbero chiedere una
modifica o una integrazione prima della firma del contratto stesso.
La seconda questione è: come realizzare un documento tecnico leggibile
che sia davvero di aiuto a tutti i lavoratori. Sicuramente deve contenere
una analisi chiara dei rischi e una precisa descrizione delle misure, senza
essere prolisso e deve risultare sufficientemente stabile nel tempo per
evitare di ingenerare confusione.
In sostanza, l’utilità è legata alla concreta possibilità di utilizzare il
documento direttamente per la informazione e formazione dei lavoratori
interessati, senza ulteriori mediazioni che risulterebbero difficili da
gestire. Quindi lunghezza, livello di dettaglio, linguaggio e modalità
comunicative devono essere adeguate, quanto meno per le parti tecnico /
operative di interesse dei lavoratori.
Il documento unico, potrebbe essere costituito come segue:
189
1. una sezione strettamente procedurale (organizzativa) dove
si definiscono ruoli, responsabilità, flussi informativi,
modalità di gestione delle anomalie, documentazione ecc.
2. uno o due allegati inerenti i rischi dell’ambiente di lavoro
del committente e i rischi introdotti dalle ditte (con relative
misure di sicurezza);
3. un allegato riguardante i rischi derivanti dalle interferenze
fra committente e ditte e fra ditte e ditte (con relative misure
di sicurezza);
4. un cronoprogramma dei lavori che consenta a chi deve
coordinare quotidianamente le lavorazioni (preposto/capo
barca del cantiere assieme ai responsabili delle ditte in
appalto) di aver chiare le operazioni che saranno svolte ed
evidenziate le fasi di lavoro incompatibili.
L’indice potrebbe essere costituito da:
- identificazione e descrizione dell’opera;
- individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza;
- individuazione, analisi e valutazione dei rischi;
- individuazione delle scelte progettuali ed organizzative;
- indicazioni di eventuali procedure di lavoro;
- individuazione delle interferenze;
- indicazione delle misure preventive e protettive adottate;
190
- indicazione delle misure di coordinamento e cooperazione
adottate;
- indicazione del tipo di organizzazione per la gestione delle
emergenze;
- cronoprogramma delle lavorazioni;
- indicazione dei costi della sicurezza.
Avere un documento unico, stabile per tutta la durata del contratto, è
ammissibile se esiste (definita nella procedura) una modalità chiara di
gestione del coordinamento settimanale o quotidiano.
È opportuno ricordare che, chi pianifica le attività delle ditte sulla base
delle esigenze lavorative, deve effettuare anche il coordinamento (analisi
delle interferenze effettivamente presenti, definizione delle misure
previste dal manuale da adottare in quel periodo di tempo ecc.) per il
periodo di competenza.
A questo fine potrebbe essere utile redigere un mini cronoprogramma
(magari utilizzando il metodo GANTT) per la giornata o per la settimana.
Ogni ditta sarà responsabile (ovviamente) di avvertire e chiedere la
autorizzazione, qualora si renda necessario variare il programma dei
lavori. Inoltre, almeno nella fase iniziale di analisi dei rischi, potrebbe
assumere notevole importanza il software analizzato e denominato
“GES.SI.CA”.
In ogni caso, il DUVRI si configura quale strumento dinamico il cui
contenuto, a seguito della stipula del/dei contratti e dell‘avvio dei lavori,
deve essere revisionato e aggiornato costantemente ad ogni eventuale
mutamento dei rischi da interferenze indotto da variazioni contrattuali,
191
produttive e/o organizzative, intervenute in qualsiasi momento nei
rapporti tra committente e appaltatori/lavoratori autonomi.
Riguardo, infine, all’ipotesi in cui il contratto d’appalto o d’opera siano
stipulati in forma non scritta, è da ritenere che il DUVRI possa essere
allegato a qualunque documento idoneo ad individuare il contratto (ad es.
la conferma d’ordine). Tale elaborazione, tuttavia, non risulta inclusa tra i
compiti del datore di lavoro dei quali l’art. 17 comma 1, del D.Lgs. 81/08
esclude espressamente la delegabilità. È da ritenere, pertanto, che il
documento possa essere redatto e sottoscritto da un soggetto delegato dal
datore di lavoro.
Ultimo punto: vigilanza e supporto.
Il DUVRI può essere considerato come una sorta di “sistema di gestione
della sicurezza” anche se di piccola entità, la cui efficacia è connessa alla
effettiva applicabilità delle misure organizzative e tecniche definite ed
alla volontà dei lavoratori di seguire le regole stabilite. Non si può
pensare di definire un set di regole (non semplici) sperando poi che si
applichino da sole. È evidente che occorrerà vigilare, ma anche mettere a
disposizione dei lavoratori principalmente coinvolti (preposti del
committente, capi squadra delle ditte) un supporto specialistico (in
materia di sicurezza) che li aiuti a superare le situazioni di dubbio /
incertezza. Si tratta quindi di inserire, nella parte procedurale cui si
accennava, anche una opportuna organizzazione di vigilanza e supporto
che abbia le risorse e i poteri adeguati.
Il coordinamento è importante anche nella gestione delle situazioni di
emergenza e sull’effettuazione delle prove di evacuazione, indispensabili
per validare i piani di emergenza elaborati dalle aziende.
192
I costi della sicurezza
La norma non indica espressamente quale tipologia di costi debba essere
specificamente indicata nei contratti di appalto e subappalto.
In proposito, sussistono plausibili ragioni per ritenere che l’obbligo di
tale indicazione riguardi essenzialmente i rischi derivanti dalle
interferenze tra le attività oggetto dell’appalto/subappalto e le altre
attività svolte nel medesimo luogo di lavoro.
In effetti, alla luce dei contenuti del DUVRI – che , come detto,
riguardano l’analisi dei soli rischi da interferenze e la determinazione
delle misure prevenzionali per la loro eliminazione o riduzione al minimo
- devono in via di principio ritenersi esclusi dal novero dei costi di
sicurezza imputabili all’opera appaltata - e, come tali, da non indicare in
contratto - quelli generali, comunque obbligatori per il datore di lavoro
appaltatore o subappaltatore ai sensi di legge (DPI, formazione,
informazione, sorveglianza sanitaria, spese amministrative, ecc.), fatti
salvi eventuali costi ulteriori di sicurezza derivanti da misure “generali”
integrative (ad es. DPI particolari, formazione aggiuntiva, ecc.) che
fossero rese necessarie dalla specificità delle lavorazioni oggetto
dell’appalto/subappalto.
Da una lettura letterale della norma, si può affermare che i costi a cui ci si
riferisce, e che dovranno essere allegati al contratto di appalto, sono tutti
quelli previsti nell’ambito dell’appalto, senza alcuna distinzione tra quelli
dell’appaltante e quelli degli appaltatori.
193
Questo implica che si possono individuare almeno tre tipologie di “costi
della sicurezza”:
- i costi della sicurezza che ciascun appaltatore affronterà per garantire
la sicurezza del proprio personale, rientranti nel cosiddetto “rischio
d’impresa” (costi ex lege);
- i costi della sicurezza che ciascun appaltatore ed il committente
affronteranno per garantire la sicurezza del relativo personale dai
rischi interferenziali derivanti dall’esecuzione dei lavori all’interno
dell’azienda (costi contrattuali);
- costi che il committente affronterà per garantire azioni di
coordinamento e di dotazione degli apprestamenti da mettere a
disposizione dei propri operatori ma anche dei lavoratori delle ditte in
appalto.
L’altro aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dal fatto che la
questione dei costi della sicurezza in ambito dei cantieri edili è stata già
ampiamente dibattuta e per la loro definizione si può fare riferimento al
vecchio DPR 222/2003 (ora Allegato XV p.to 4 del D. Lgs. 81/08) ed
anche alle linee guida redatte dal Coordinamento Tecnico delle Regioni e
delle Province Autonome della prevenzione nei luoghi di lavoro.
Tenendo conto dei principi contenuti nei documenti suddetti, i costi della
sicurezza possono essere così distinti:
- costi della sicurezza contrattuali;
- costi della sicurezza ex lege.
I primi riconosciuti all’appaltatore dall’appaltante, si riferiscono a tutti gli
apprestamenti, attrezzature, infrastrutture e mezzi di protezione che fanno
riferimento alla specifica modalità di lavoro per erogare la prestazione
194
lavorativa specifica di quell’appalto e non alle modalità ordinarie di
esecuzione dei lavori.
In pratica questi rappresentano un vincolo contrattuale cui l’impresa è
legata a dare compimento, in quanto sono costi previsti per dar corso
all’appalto medesimo; e per essi non è proponibile alcuna sorta di azione
di ribasso.
I costi della sicurezza ex lege si riferiscono ai costi che un datore di
lavoro è tenuto a sostenere in quanto “imprenditore” e come tale soggetto
chiamato a rispettare i contenuti normativi inerenti l’igiene e sicurezza
dei propri dipendenti, nell’ordinarietà delle attività svolte dall’impresa a
prescindere da quanto previsto nel singolo appalto.
In tali costi possono rientrare le spese per i DPI , la formazione,
l’informazione dei lavoratori che indipendentemente dallo specifico
appalto il datore di lavoro deve fornire e garantire ai propri dipendenti.
Nella pratica, pertanto, agli appaltatori verranno riconosciuti i “costi della
sicurezza contrattuali” per intero, non essendo eticamente corretta alcuna
azione di ribasso, mentre i “costi della sicurezza ex lege” vengono
anch’essi resi all’impresa, in quanto inclusi in seno alle voci di costo
della produzione e quindi inglobati nell’offerta per l’appalto.
A parere di chi scrive, in considerazione del fatto che una serie di costi
contrattuali possono mutare a seconda delle scelte fatte all’interno del
documento unico di valutazione per le interferenze, pare ovvio che la
195
migliore definizione si potrà avere soltanto quando gli appaltatori
abbiano preso visione di tale documento.
196
Analisi riferita al contesto della cantieristica viareggina
La nuova organizzazione del lavoro della cantieristica navale, cosiddetto
“Modello Viareggio”, dove pochi dipendenti del cantiere madre
organizzano e controllano lo svolgimento dei lavori di centinaia di operai
di ditte esterne in appalto, comporta problematiche inerenti l’igiene del
lavoro, con esposizioni indebite dei lavoratori ai rischi derivanti dalle
diverse lavorazioni che vengono effettuate contemporaneamente nello
stesso ambiente, e problematiche di sicurezza (come dimostrano i dati
sugli infortuni, evidenziati dall’osservatorio infortuni del U.F. P.I.S.L.L.),
per la compresenza di lavoratori, apparecchiature, macchinari ecc. che
fanno capo a direzioni diverse ed a modalità organizzative estremamente
variabili.
Tali complessità esigono un elevato livello di coordinamento fra i diversi
soggetti coinvolti nell’organizzazione lavorativa. Oltre ai documenti
formali, si devono mettere in atto reali procedure operative e di
coordinamento, che siano rese note a tutti i lavoratori e che prendano in
considerazione anche le situazioni meno usuali che si possono verificare
durante il corso delle lavorazioni. Inoltre, il coordinamento è importante
anche nella gestione delle situazioni di emergenza e sull’effettuazione
delle prove di evacuazione, indispensabili per validare i piani di
emergenza elaborati dalle aziende.
Con le novità introdotte dalla legge 123/07, recepite nel decreto
legislativo 81/08, si delineano possibilità di prevenzione diverse rispetto
al passato, tali possibilità sono date dalla corretta applicazione del
197
“nuovo” articolo sui contratti di appalto e contratti d’opera e
dall’applicazione dei modelli di gestione e controllo previsti dal D. Lgs.
231/01.
Le riflessioni debbono partire dalla definizione di coordinamento e
cooperazione tratte dalla giurisprudenza (sentenza Cass. Penale sez.
IV n° 31459 del 20/09/2002):
COORDINARE significa “collegare razionalmente le varie fasi
dell’attività
in
corso,
in
modo
da
evitare
disaccordi,
sovrapposizioni, intralci che possono accrescere notevolmente i
pericoli per tutti coloro che operano nel medesimo ambiente”.
COOPERARE è qualcosa di più, perché vuol dire “contribuire
attivamente, dall’una e dall’altra parte, a predisporre ed applicare
le misure di prevenzione e protezione necessarie”.
Rispetto alla questione del coordinamento, un ulteriore contributo
ad una migliore definizione delle modalità di espletamento dello
stesso, è dato dall’emanazione del citato D. Lgs. 81/08, in quanto
l’art.
28
(oggetto
della
valutazione
dei
rischi),
prevede
l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da
realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi
debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente
soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
198
In sintesi, viene ad assumere una particolare rilevanza la stesura del
DUVRI che deve fornire non valutazioni formali ma “regole del
gioco” ben precise e basate su una serie di valutazioni stringenti,
rispetto alle fasi di lavoro, alle ditte in appalto che le compiono e le
reali misure, sia tecniche che organizzative, da mettere in atto.
L’applicazione, inoltre, dei modelli ex D. Lgs. 231/01 implica la
definizione di regole e responsabilità che sino ad oggi non
risultavano oggetto di esplicitazione.
Da quanto sopra, discendono alcuni quesiti.
- L’applicazione coordinata del DUVRI e dei modelli ex D. Lgs.
231/01 come inciderà sulla scelta delle aziende a cui il cantiere
madre intende affidare l’appalto?
Sicuramente dovrà esservi una sorta di selezione basata, non
soltanto, sui costi dell’appalto, ma anche sulla valutazione delle
capacità di queste di far fronte alle regole definite dal committente
nel DUVRI (ad es. in riferimento alle attrezzature di lavoro, alla
formazione particolare che i dipendenti di quella azienda dovranno
avere o alla possibilità che alcune lavorazioni siano effettuate in
orari particolari).
- L’applicazione coordinata del DUVRI e dei modelli ex D. Lgs.
231/01 che riflessi avrà sulle responsabilità, il ruolo, nonché la
formazione dei preposti/capi barca dei cantieri madre?
199
Questi soggetti dovranno essere messi in grado di svolgere le
proprie funzioni, garantendo non soltanto il rispetto dei tempi di
produzione ma anche l’effettivo espletamento della funzione di
controllo che la normativa ha sempre assegnato loro, ma che forse
l’operatività quotidiana ed il loro livello di consapevolezza in
materia di sicurezza, non rendeva così evidenti.
In pratica, saranno loro a verificare quotidianamente le “regole del
gioco” definite dalle direzioni di cantiere, ma se non saranno messi
nelle condizione di farle rispettare, stante alle previsioni del D. Lgs.
231/01, gli stessi vertici aziendali potranno andare incontro a
pesantissime sanzioni.
Nell’ambito dei corsi di formazione specifici previsti all’art. 37 del
D.Lgs. 81/08, per i preposti, non sarà sufficiente l’insegnamento di
argomenti tecnici e/o normativi, ma sarà necessario prevedere un
percorso che modifichi il modo di approcciarsi ai lavoratori da loro
controllati, per renderli soggetti qualificati a svolgere il ruolo di cui
sono investiti.
- Come dovrà essere modificata l’organizzazione aziendale ed i
rapporti tra le varie parti della stessa, per rendere sia il DUVRI
che i modelli ex D. Lgs. 231/01, documenti “dinamici”
nell’ambito della realizzazione dell’imbarcazione?
Certamente anche l’organizzazione aziendale dovrà modificarsi,
non sarà più possibile che soltanto gli uffici amministrativi deputati
alla stesura dei contratti di appalto, siano gli unici regolamentatori
200
della materia, su questa dovranno poter esprimere i loro pareri
(vincolanti??) anche i soggetti del circuito della prevenzione
aziendali sia interni che esterni (RSPP, RLS, medico competente).
L’organizzazione dovrà prevedere momenti di confronto tra i vari
soggetti chiamati in gioco e, quindi, delineare flussi relazionali
specifici oltre all’impatto che avrà sulla stessa le azioni
dell’organismo di vigilanza ex dei modelli ex D. Lgs. 231/01.
- Quale impatto avranno la formulazione e la verifica delle
“procedure di lavoro/protocolli” che il nuovo sistema renderà
praticamente cogenti?
Anche questo sarà un impatto notevole sull’organizzazione
complessiva del cantiere, in quanto dovrà essere stabilito chi li
formalizza, chi li autorizza, chi li controlla (questo è più semplice
perché è materia del preposto/capo barca) e come.
Ovviamente tutte queste procedure creeranno un circuito
d’informazioni che i vari soggetti, con il loro livello di
responsabilità, dovranno governare, ma prima ancora organizzare,
non dimenticando i rapporti con l’organismo di vigilanza ex D.
Lgs. 231/01.
È prevedibile, che questo comporterà un “ingessamento” del modo
di lavorare che modificherà radicalmente quello attuale, con la
probabile conseguenza dell’allungamento dei tempi di produzione.
201
- Quanto fin qui detto, come inciderà sulle lavorazioni previste in
banchina o nei piazzali?
Pare evidente che il DUVRI sarà un documento aggiuntivo al
documento di valutazione dei rischi previsto dal D. Lgs. 272/99, il
quale a sua volta non potrà non tenere di conto di alcune eventuali
procedure previste dal DUVRI. I contenuti del DUVRI dovranno
trovare applicazione anche nei piazzali.
Concludendo, è possibile affermare che l’introduzione di poche
righe in una norma di legge, avranno un enorme impatto sia sulla
organizzazione del lavoro che sulla sicurezza dello stesso, anche se
questo in un organizzazione come quella definita “Modello
Viareggio” potrà essere oggettivamente complesso e sicuramente
dovrà impiegare le migliori risorse intellettuali e operative del
settore, magari pensando a sperimentazioni singole e cercando di
replicarle.
Se ciò non accadesse sarebbe andata persa l’opportunità di fare,
realmente, del lavoro una fonte di sostentamento anziché una fonte
di rischio che espone i vari soggetti con ruoli di responsabilità, a
rispondere davanti alla legge del loro operato.
202
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ELETTRICO DURANTE LE LAVORAZIONI IN BANCHINA
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AZIENDA USL 12 VIAREGGIO E INAIL VIAREGGIO – OSSERVATORIO
INFORTUNI SUL LAVORO
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