L’editoriale
STRATEGIE E INTERVENTI AUSER PER UNA SOCIETÀ EQUA E SOLIDALE
Venticinque anni di esperienza Auser ci insegnano che la vecchiaia è una risorsa è un’epoca dell’arco
della vita, il volontariato organizzato laboratorio per le proposte per un nuovo e sostenibile welfare
ILEANA SCARRONE*
delle differenze di genere che esistono al nostro
interno per consentire, alla prossima Conferenza
d’Organizzazione, il raggiungimento di un’Auser
paritaria nella rappresentanza (50 e 50). Per realizzare
questi obiettivi, in collaborazione con le strutture
nazionali, metteremo a sistema tutte le esperienze e le
professionalità che Auser esprime,
raccoglie ed è riuscita a formare in circa 25 anni di
attività. La realizzazione e l’ottimizzazione di una rete
nazionale e interregionale delle nostre strutture
definendo con chiarezza ruoli e responsabilità;
rafforzamento della rete tra Spi-Cgil, volontariato e
Terzo settore. A livello locale la costituzione di tre
macro aree che raggruppano i nostri servizi storici:
apprendimento permanente, benessere-salute e
comunità, volontariato civico ma anche il rafforzamento
delle attività che già svolgiamo da tempo e la proposta
di nuove occasioni di socializzazione, di inclusione, di
solidarietà che i nostri volontari con tenacia ed
entusiasmo continueranno a intraprendere. A loro va il
nostro grazie e gli auguri per la prosecuzione di un
proficuo 2014.
*Presidente Auser Savona
Dopo 25 anni di attività l’Auser è una realtà di
volontariato nazionale di grande respiro sia per
l’elaborazione teorica sia per la mole di interventi che
sviluppa. Nella nostra provincia il radicamento è
diventato sempre più capillare e contiamo un numero
ogni anno crescente di soci e di volontari.
La nostra associazione è un vero laboratorio per quanto
riguarda l’elaborazione di servizi e interventi a favore
dei cittadini più anziani, per lo sviluppo e la pratica della
cultura della vecchiaia come arco della vita e non come
periodo residuale dell’esistenza. L’incertezza del
sistema politico nazionale, il quadro della crisi che
continua a perdurare, la drammatica situazione del
lavoro, la dinamica dei redditi, la povertà che cresce,
sono tutti segnali che disegnano un futuro pieno di
incertezze e una difficoltà, non solo italiana, nel definire
un nuovo modello di sviluppo e di crescita equo e
sostenibile, sia da un punto di vista socioeconomico
che ambientale e con esso un welfare sostenibile che
coniughi pubblico e privato senza eliminare servizi e
garanzie per i più fragili. Durante questa congiuntura
economica i tagli al sociale sono stati pesanti e non
solo dettati dalla necessità, ma hanno sotteso una
precisa, quanto pericolosa, strategia.
Questo è il contesto in cui ci troviamo oggi. Definire un
nostro progetto sociale significa tener conto sia del
programma che costruiamo sia del contesto in cui
lavoriamo per svilupparlo. La nostra elaborazione, la
concretezza delle azione sociale, delle attività, dei
servizi che realizziamo attraverso le nostre associazioni
e circoli a favore delle “Persone” sono ispirate ai principi
contenuti nella carta dei valori Auser, dalla convinzione
che gli anziani siano una risorsa e dalla
consapevolezza della necessità di una modifica dello
stato sociale così come si è sviluppato sino ad oggi.
Mettere al centro la persona con i suoi bisogni,
indipendentemente dall’età, è uno degli obiettivi che
ogni società solidale dovrebbe adottare. Ogni età è un'
epoca della vita nella sua interezza.
I nostri obiettivi alquanto ambiziosi sono: costruire
percorsi intergenerazionali
e interculturali
per
promuovere
la
solidarietà
tra
generazioni,
l’apprendimento permanente, il senso e valore della
cittadinanza attiva, l’importanza di prendersi cura delle
persone, dei beni comuni, dei beni pubblici e di aiutare
la trasmissione della memoria.
Ma anche ripensare le infrastrutture della città, il
contesto urbano e abitativo,l’abbattimento delle barriere
architettoniche, la rete dei trasporti, gli spazi sociali,
culturali, del tempo libero, il sistema dei servizi per il
benessere e la salute delle persone che invecchiano.
Chiediamo di Investire nella ricerca di nuove tecnologie,
strutture abitative e servizi, che possano contribuire a
far vivere le persone che invecchiano e che si trovano
in condizione di fragilità fisica il più a lungo possibile nel
proprio domicilio. Esigiamo di andare al superamento
Sommario
Editoriale - Scarrone
I nostri dieci anni - Scarrone, Minuto
I nostri dieci anni
Legge elettorale - Astengo
L’intervento - Angelini
Giornata della donna -Caprioglio
Giornata della donna - Veirana
Telefono donna - Camera
Viaggio nel disagio - Piccardo
Cinema e disagio - Bruzzone
Merci e mercati - Tissone
Calamandrei - Tagliavini
Circolo culturale Auser
L’intervento - Rossello
L’intervista Di Padova - Piccardo
Notizie dai centri Auser Vado e Legino
Elvio- Volontario a ottant’anni
Tesseramento - Sottanis
Notizie dai centri Auser -Quiliano
Vado com’era - Calabria
La casamatta - Ciarlo
2
Pag. 2
Pag. 3
Pag. 4-5
Pag. 6
Pag. 7
Pag. 8
Pag. 9
Pag. 10
Pag. 11-12
Pag. 13
Pag.14
Pag. 15-16
Pag. 16
Pag. 17
Pag. 18-19
Pag. 20
Pag. 20
Pag. 21
Pag. 22
Pag. 23
Pag. 23
I nostri 10 anni
VOCE DEL VOLONTARIATO
UNA SFIDA CONTROCORRENTE
TOMASO MINUTO*
ILEANA SCARRONE*
Siamo una piccola voce nel
panorama
della
stampa
savonese, ma siamo orgogliosi di
esserlo. Il nostro periodico è una
delle poche voci del Volontariato
che riescano a dialogare con la
gente e a portare le nostre
istanze sul tavolo delle istituzioni.
Nel 2004 l’Auser, costituita da
oltre dodici anni, era impegnata
a rafforzare l’attività solidaristica e la sua presenza sul
territorio savonese. A quel punto ci rendemmo conto
che nel nostro progetto mancava uno strumento di
comunicazione in grado di far conoscere, non solo ai
soci ma anche a enti, associazioni e ai cittadini la
nostra missione, la nostra politica, le nostre idee, le
nostre attività sociali. Per questi motivi decidemmo di
dare vita al nostro giornale: “Ausersavonanotizie”.
Oggi, felici di avere raggiunto questo traguardo,
festeggiamo il nostro decennale. Dieci anni di impegno
e di sforzo finanziario non indifferenti per tenere in vita
una pubblicazione che, con orgoglio, ci vantiamo di
realizzare completamente con “giornalisti” dilettanti e
volontari. E’ una lunga storia che ha visto un bollettino
di poche pagine fotocopiate trasformarsi in una vera e
propria rivista al passo con i tempi.
Nel 2004 l’Auser aveva organizzato con l’Unisavona un
corso di scrittura creativa. Al termine un gruppo di allievi
decise di mettere in pratica l’esperienza maturata e
aderì alla proposta di entrare nella redazione del
giornale. L’apporto di quel gruppo di appassionati della
scrittura ci ha permesso di portare avanti
ininterrottamente fino ad oggi il nostro piccolo-grande
progetto del giornale. Nel corso degli anni
la
pubblicazione ha subito una radicale trasformazione
grafica, tipografica e di contenuti raggiungendo una
tiratura di 1000 copie, meritando l’apprezzamento dei
lettori. Su Ausersavonanotizie scrivono, oltre ai nostri
redattori, giornalisti, personalità della politica, del
sindacato e della cultura. Collaboratori presenti e attuali
non solo sulle tematiche del volontariato ma anche sulla
vita politica e sociale della nostra città.
Coscienti dei nostri limiti e delle difficoltà, abbiamo
cercato di essere il più possibile presenti sui temi di
attualità e di dare un contributo all’informazione locale
con le nostre idee e le nostre proposte. Ringrazio
vivamente tutti coloro che in questi anni hanno dato il
loro contributo al giornale, a partire dall’Auser, nostro
editore, che sta facendo sacrifici enormi per sostenere i
costi di stampa, all’amico Luciano, per la sua preziosa
collaborazione volontaria, agli attuali insostituibili
redattori: Angelo, Mimma, Claudio, Mario per il loro
impegno nella elaborazione del giornale e agli amici
Caterina, Gervasio, Anna Maria, Carmen e Maria
Grazia. E a tutti coloro che ci hanno dato la possibilità
di fare, lasciatemelo dire, un ottimo giornale.
In tempi di tecnologia avanzata, in
un mondo in cui
il computer,
l’immagine, la tv la fanno da
padroni, Auser, con il suo
decennale
periodico,
viaggia
controcorrente. Indubbiamente lo
sforzo di pubblicare un bimestrale
“cartaceo” è economicamente
notevole per una associazione
come la nostra, ma poter
raggiungere anche gli anziani che non hanno
dimestichezza con il web ci sembra ancora un valore a
cui non rinunciare.
I nostri soci, prevalentemente ultra settantacinquenni,
leggono purtroppo troppo poco, anche per ragioni
economiche, ma se si trovano di fronte un giornale
(distribuito gratuitamente nei centri sociali e nei punti di
aggregazione) che parla a loro e di loro , degli eventi ai
quali hanno assistito, se ci sono le foto dei loro
conoscenti se, insomma, lo sentono il “loro” giornale
ebbene allora la lettura diventa più facile e
maggiormente coinvolgente.
Per questo e per molto altro continuiamo a pubblicare il
nostro periodico. Dalle pagine di Ausersavonanotizie si
evidenziano le proposte Auser di intervento e le nostre
iniziative sociali ma anche iniziative per migliorare il
welfare, per intervenire
sulle fasce deboli della
popolazione, per denunciare, insieme ad altre forze
sociali, situazioni di disagio, rischio, disuguaglianza.
Il giornale costituisce, insieme alla carta dei valori, un
elemento di coesione e di identità per i soci e per i
volontari; una voce che si rivolge ai cittadini savonesi e
della provincia, alle altre associazioni di volontariato ma
anche alle Istituzioni. Fare sentire la voce del
volontariato organizzato, ricercare nuovi volontari,
lanciare le campagne di tesseramento e di raccolta
fondi, sono impegni costanti della nostra testata.
Non ultimo il giornale è una testimonianza di
invecchiamento attivo a cominciare dai volontari della
redazione che vantano un’età media ragguardevole e
che, nonostante questo, continuano pervicacemente
nel loro impegno con giovanile entusiasmo.
A loro e a tutti i collaboratori esterni che si sono
succeduti e che ancora dialogano con i nostri lettori, al
giornalista Angelini che da anni supporta la redazione
con professionalità e spirito di servizio e che hanno
fatto sempre più puntuale e “ricco” il giornale, vanno i
nostri ringraziamenti e l’impegno per proseguire in
questa avventura editoriale.
Per realizzare tutto questo abbia fatto ricorso al
sostegno economico da parte di privati, enti e
fondazioni, anche partecipando (con successo) a bandi
di concorso per progetti specifici. Ma per proseguire la
pubblicazione servono ancora contributi e facciamo
appello ai nostri lettori e sostenitori perché anche in
piccola parte si facciano carico del giornale in quanto
può e deve essere e restare la loro voce.
*Direttore responsabile
*Presidente Auser Savona
3
I nostri dieci anni
Un gioco e una sfida
Un’esperienza unica
Dal 2005 mi occupo del coordinamento
della redazione, della realizzazione di
inchieste e interviste e della grafica.
Ho cominciato per gioco, per il piacere
di scrivere, per il piacere di comunicare,
per la curiosità e lo spirito di avventura
che caratterizzano tutte le attività
nuove. Iniziare un’esperienza in età matura mi ha
costretto a rimettermi in gioco e a modificare le mie
abitudini e idee. Mi ha costretto all’umiltà nei confronti
di chi è più esperto, mi ha obbligato ad appropriarmi di
nuove tecnologie e nuovo sapere. Non sono mancati i
tempi duri. Così, per i primi tempi, a casa sino a notte
inoltrata, ho studiato le
funzioni del computer
sbagliando e sperimentando di giorno in giorno tra
imprecazioni ed errori.
Oggi sono fiera del nostro giornale e anche di essere
riuscita a destreggiarmi con il pc. Il nostro bimestrale è
cresciuto, ha acquisito una veste tipografica importante,
è ricco di contenuti e di collaborazioni di professionisti
affermati che volontariamente e ci sostengono.
Per me vivere nella redazione, pensare e preparare il
giornale, costruirlo insieme agli altri è ancora fonte di
curiosità, di interesse e, talora, di qualche fatica.
Sono entrato nella redazione nel 2005
dopo un corso dell’Unitre. Al termine fui
invitato
a
collaborare
dall’allora
presidente Auser e direttore del
giornale Tomaso Minuto. Iniziò per me
un’esperienza nuova e diversa dal
lavoro, in una officina meccanica, per una vita in mezzo
a macchine utensili e acciaio. Ho affrontato con
entusiasmo il nuovo “lavoro” e ho dedicato la mia
attività particolarmente al recupero della memoria.
Ho scritto ricordi personali di quando ero bambino,
della guerra e del dopo guerra. Con Carmen Parodi
abbiamo pubblicato, in un inserto, una breve storia di
Savona. Successivamente, dopo una minuziosa ricerca
in biblioteca sui giornali editi a Savona tra il 1850-1875,
ho scritto articoli sulla vita di allora. Questi articoli
dimostravano come in quel periodo era iniziato lo
sviluppo della città:l’avvio e la realizzazione delle
ferrovie che hanno collegato Savona a Genova,
Ventimiglia, Acqui e Torino attirando nuove industrie,
anche straniere, sul nostro territorio.
L’impegno nella redazione e nel volontariato mi ha dato
l’opportunità di fare molte conoscenze, nuovi amici su
cui contare, un mondo a me sconosciuto ma di grande
importanza per le persone anziane.
4
I nostri dieci anni
Una scoperta gratificante
Impegno e testimonianza
Quarantadue anni di lavoro mi hanno
tenuto continuamente lontano da
casa.
L’abitudine
all’impegno
costante, dentro e fuori l’orario
effettivo, mi avevano nascosto alcune
modeste aspirazioni che solo a
seguito del pensionamento ho potuto scoprire.
L’occasione si è presentata in concomitanza con il
desiderio di dedicare un poco del mio tempo al
volontariato. Nell’Auser ho trovato l’ambiente e il clima
adatto per esercitarlo. Compatibilmente con gli altri
impegni, naturalmente. In questa nuova veste, la
mentalità di un pensionato, parlo per me, può
correggere il concetto dell’età coronando il proprio ego
di un salutare ottimismo. D’altra parte il temperamento
e le abitudini consolidate nel tempo, se non rivitalizzate,
potrebbero indebolirsi fino a cedere alla pigrizia. Dopo
molti anni debbo riconoscere di essere orgoglioso del
mio modesto contributo ad “AuserSavonaNotizie”. Un
impegno che mi ha gratificato e mi gratifica. Ricordando
i primi numeri in pochi fogli pinzati, senza fotografie, un
bollettino e nulla più, non posso evitare il confronto con
quello che è oggi. Una rivista al servizio, non solo dei
pensionati, ma dell’intera comunità.
Nel
2004 ho partecipato al corso
“Recupero della memoria” organizzato
dall’Auser. Da allora faccio parte della
redazione
di
Ausersavonanotizie.
Quell’esperienza mi ha consentito di
scrivere i miei ricordi ma mi ha anche
stimolato a proseguire nella scrittura utilizzando le mie
conoscenze lavorative e di partecipazione sociale. Ho
così iniziato a scrivere su i vecchi mestieri e i miei
ricordi di infanzia cercando però di renderli attuali e di
collegarli a fatti di oggi.
Far parte della redazione di un giornale richiede
impegno e costanza e io devo fare i conti con i tanti
impegni che, nonostante l’età, ho ancora.
Partecipare attivamente alla vita di una associazione di
volontariato come l’Auser mi consente di rimanere in
contatto con il mondo dell’impegno e della solidarietà,
due elementi che hanno caratterizzato da sempre le
mie esperienze di vita. Il mio lavoro di vigile urbano
non mi ha mai consentito di girarmi dall’altra parte di
fronte a situazioni di disagio o di sopraffazione, mi ha
abituato a guardare e intervenire in quello che mi
circondava e ancora oggi lo sto facendo e scrivo, in
fondo, solo quello che vedo e mi è vicino.
5
L’analisi
NUOVA LEGGE ELETTORALE E SCENARI POLITICI
Prevista l’abolizione dell’elettività al Senato. Quattro seggi alla Camera dei deputati per la Circoscrizione
Savona-Imperia. Con i voti del 2012: due al Movimento 5 Stelle, uno a testa a Pd e Forza Italia
La sentenza n.1/2014 della Corte
Costituzionale ha rappresentato un
vero
momento
storico
nella
complessa vicenda del sistema
politico italiano: per la prima volta,
la legge elettorale è stata dichiarata
illegittima. La determinazione di un
gruppo di avvocati milanesi ha
permesso di sanare un “vulnus”
evidente che la legge, varata in
fretta dal governo Berlusconi su
elaborazione del leghista Calderoli,
aveva inferto alla democrazia in
Italia. Una legge che era stata
emanata soltanto allo scopo di
evitare
una
disfatta
per
il
centrodestra in termini di seggi, visti
i sondaggi sfavorevoli circolanti alla
vigilia delle elezioni 2006 (una
sconfitta che, alla fine, si registrò
soltanto alla Camera per soli 24.000
voti). Un esempio di come non si
dovrebbero fare le leggi elettorali,
sulle
quali
si
incardina
il
funzionamento della democrazia:
una legge elettorale che, pure se
confrontata tra gli attori presenti in
quel momento nell’arena politica,
dovrà avere in sé un respiro
sistemico, prevedere a lungo
termine il funzionamento del
sistema, agire in un quadro di pesi
e contrappesi nella gestione del
potere, garantendo insieme la
rappresentatività politica, e la
governabilità. Sicuramente ebbe un
respiro sistemico la legge elettorale
proporzionale
adottata
dall’
Assemblea Costituente che garantì
il funzionamento della democrazia
italiana per un lungo periodo: dal
1948 al 1992.
La sentenza della Consulta non ha
lasciato il Paese privo di un sistema
elettorale, perché ciò che ne risulta
è
un
sistema
applicabile
rispettando, appunto, i dettati della
stessa Corte. Va analizzato allora
quanto
elaborato
nei
giorni
successivi
alla
sentenza,
in
particolare attraverso il cosiddetto
“patto Berlusconi/Renzi” dal quale è
scaturito un testo che, al momento,
è
appena
approdato
alla
discussione alla Camera dopo aver
passato il vaglio della Commissione
Affari Costituzionali (vaglio che ci fu
anche per la legge precedente e,
quindi, non significativo rispetto agli
eventuali profili di incostituzionalità).
Il progetto di legge in questione
contiene questi elementi principali:
una suddivisione del territorio in
“piccole circoscrizioni” di livello
interprovinciale o intraprovinciale
all’interno delle quali eleggere su
lista bloccata e con il metodo
d’Hondt, dei quozienti successivi, 4
o 5 deputati. L’assegnazione di un
premio di maggioranza di 92 seggi
alla lista o alla coalizione che superi
il 37% dei voti; nel caso che
nessuna lista pervenga a tale
percentuale, si svolgerà tra le prime
due liste o coalizioni un turno di
ballottaggio per l’assegnazione del
premio previsto: questo a garanzia
della governabilità. Allo scopo di
evitare la frantumazione del sistema
politico-istituzionale sono previste,
inoltre, soglie di sbarramento: al 4%
per le liste in coalizione (con una
soglia del 12% per la coalizione
stessa) e dell’8% per le liste non
coalizionate. Un progetto di legge
elettorale,
questo
nato
dal
cosiddetto “patto Berlusconi/Renzi”
che, al netto delle modificazione
che l’Aula di Montecitorio potrà
apportare, presenta almeno tre
punti sui quali pare non realizzarsi
la concordanza con quanto previsto
dalla
sentenza
della
Corte
Costituzionale, ricordata all’inizio: 1)
permane l’abnormità del premio di
maggioranza, all’incirca il 50% dei
voti
ottenuti
dalla
coalizione
vincente; 2) sono confermate le liste
bloccate; 3) il progetto prevede
l’abolizione dell’elettività del Senato
(la
prevede
oggettivamente,
beninteso,
perché
appare
6
impossibile pensare a un doppio
turno di ballottaggio per Camera e
Senato che potrebbe anche fornire
esiti difformi nella formazione delle
maggioranze, in quanto Camera e
Senato sono votati da platee
elettorali differenti).
Occorre ricordare un altro elemento
molto significativo: il progetto pare
puntare a una governabilità di tipo
bipolare, mentre il sistema politico
italiano,
almeno
a
giudicare
dall’esito delle elezioni 2013, pare
assestato su tre grandi minoranze,
una delle quali, almeno al
momento, anti-sistemica e quindi
indisponibile per combinazioni di
governo. La materia è molto
complessa e i punti in discussione
importanti e non (facilmente)
risolvibili nell’immediato. Se il
progetto di legge presentato alla
Camera dovesse restare inalterato,
almeno nelle sue linee, cosa
potrebbe accadere dalle nostre
parti, in caso di elezioni?
Sono in discussione molti progetti di
suddivisione
territoriale
delle
circoscrizioni. La più probabile per
la provincia di Savona è quella
dell’accorpamento con la provincia
di Imperia, con quattro deputati da
eleggere, almeno in prima battuta
(un altro potrebbe essere eletto con
l’assegnazione della quota di
maggioranza
alla
coalizione
vincente). Per formulare un’ipotesi
appena plausibile è necessario
ricorrere ai dati usciti dalle urne nel
2013. Il partito di maggioranza
relativa è stato, nelle due province
di Savona e Imperia, l’M5S con
97.538 voti che, con il sistema
elettorale
in
discussione,
consentirebbero l’elezione di due
deputati; un parlamentare ciascuno
invece sarebbe assegnato al Pd
con 65.282 voti e all’ex Pdl
(ovviamente non è possibile, in
questo momento calcolare la quota
del Ncd) con 64.644 voti.
La situazione però e tutta in
movimento e i dati sopra riportati
possono essere considerati come
appena, appena indicativi.
L’opinione
DISAGIO E RIBELLISMO, MISCELA ESPLOSIVA
LUCIANO ANGELINI *
Tutti i giorni può capitare di
incontrare, nelle piccole come nelle
grandi città, persone preoccupate,
deluse,
arrabbiate,
intristite.
Rassegnate.
I
più
anziani
passeggiano nei giardini, riposano
stancamente
sulle
panchine,
cercano calore, in tutti i sensi, nelle
società di mutuo soccorso, nei
circoli sportivi, alle bocciofile.
Poi c’è l’esercito di chi lavora negli
uffici, negli ospedali, nelle ferrovie,
nelle fabbriche, nelle caserme: sono
persone,
lavoratori,
operai,
impiegati. La sera salgono su treni
senza orario o su pullman
improbabili, tornano a casa in auto,
salgono scale con i muri sbrecciati
e scalini sconnessi, girano a lungo
alla ricerca di un posto dove
parcheggiare la macchina, e
convivono con pensieri sempre più
tormentati.
Di queste persone non si parla mai,
o se ne parla troppo poco. E sono
migliaia e migliaia. Bastano invece
poche centinaia di esagitati, esaltati
da
slogan
impresentabili
e
inaccettabili in un Paese civile, per
scaldare i media, muovere taccuini,
microfoni
e
telecamere;
per
esprimere una protesta cavalcata
senza regole, né prospettive; per
mostrare una muscolarità tra
folkloristico
e
spregiudicato
nell’impedire la normalità di tutti i
giorni a gente che lavora, ha
famiglia, lotta contro la morsa del
fisco e della burocrazia, fatica ad
arrivare in fondo al mese, a milioni
di persone che non capiscono
perché il Paese generi piccoli
mostri, perché la politica da decenni
non sappia rispondere alle esigenze
dei cittadini, alla sempre più
pressante richiesta di un presente
normale e accettabile e di un futuro
migliore, trovi alibi e schermi dietro
cui ripararsi.
Ma sarebbe errore grave e anche
pericoloso sottovalutare l’origine e
le disastrose conseguenze sul
piano sociale e politico di una
crescente deriva populista e
pericolosamente ribellista, già a suo
tempo cavalcata dalla Lega Nord e
poi esasperata dall’irrompere del
grillismo, con tutto un corollario di
provocazioni di deriva estremista,
ultimo in ordine di tempo l’indegno
attacco al presidente Napolitano,
definito “boia” dal deputato Girgis
Sorial. Senza dimenticare, né
sottovalutare le scomposte quanto
intollerabili
manifestazioni
dei
Forconi e del Movimento 9
dicembre. La protesta non nasce
per caso, cresce e si alimenta tra le
più diverse classi sociali con il
dilagante malcontento, con il
coinvolgimento e l’impoverimento
del ceto medio, con la rabbia di
fronte al malcostume di certa classe
politica di vario ordine e grado, con
il disagio di milioni di famiglie. Una
situazione che attraversa ogni
attività: dagli ambulanti ai liberi
professionisti, dai camionisti agli
artigiani, dai piccoli imprenditori ai
titolari di imprese turistiche, dai
commercianti agli agricoltori, dagli
operai ai dipendenti pubblici,
mentre cresce giorno dopo giorno
l’esercito dei senza lavoro e dei
nuovi poveri, ormai un esercito.
C’è un disagio a tratti insostenibile e
che non trova risposte adeguate e
puntuali in una politica assente,
incapace di emendarsi e di
riformarsi in ogni sua articolazione,
prigioniera dei suoi privilegi di casta
e degli intrecci voraci e perversi
delle gerarchie della pubblica
amministrazione. L’Italia della gente
comune è sola di fronte ad una crisi
che sembra non risparmiare
nessuno, madre del disagio e di un
insopportabile malessere.
E solo il volontariato, ancora una
7
volta, in ogni sua branca, cattolica e
laica, si dimostra capace di
rispondere “presente” alle richieste
di aiuto, surrogando le assenze
dello Stato.
C’è un’Italia che annaspa, soffre,
non ce la fa, stremata dalla
mancanza di lavoro (i disoccupati
sono oltre il 12 per cento) e di
prospettive per milioni di giovani
(oltre il 42% in cerca di
occupazione),
oppressa
dalla
pressione fiscale, dissanguata dal
dilagare della spesa pubblica,
esasperata dalla mancanza di
risposte e prospettive, esasperata
da una classe politica incapace di
riformarsi, aggrappata agli scranni
del potere, divoratrice di quattrini
pubblici in ogni branca dello Stato,
dal centro alla periferia, sino ai
vertici
della
amministrazione
pubblica. Ma non è più tempo per
tracheggiamenti,
rinvii,
falsi
annunci, promesse non mantenute,
palleggiamento di responsabilità,
ricerca di alibi, rito parolaio mentre
le aziende chiudono, le vetrine si
spengono a ritmo incalzante, i
disoccupati aumentano in modo
esponenziale, le famiglie arrancano.
La politica ha il dovere e la
responsabilità
di
cogliere
e
comprendere il peso e il rischio
crescente del malcontento ormai
dilagante da Nord a Sud. Il tempo è
scaduto. E’ il momento di dare
risposte rapide e concrete. Ne va
del futuro dei nostri figli e nipoti. E
dell’esistenza
stessa
della
democrazia.
*Giornalista
8 marzo/Giornata della donna
IL PATRIMONIO DELLA STORIA E L’IMPEGNO DELL’ATTUALITÀ
Il nostro dovere di non lasciare ragazze e ragazzi in balia dell'analfabetismo sentimentale
ILARIA CAPRIOGLIO
È doloroso constatare come sia
ancora necessario celebrare l'8
marzo dopo oltre un secolo
dalla
sua
istituzione:
la
Giornata Internazionale della
Donna nacque ufficialmente
negli Stati Uniti, il 28 febbraio
1909, su impulso del Partito
socialista
americano
che
organizzò una manifestazione
a sostegno del diritto delle
donne al voto. Nel 1911 vi fu il
tragico incendio nella fabbrica
Triangle di New York che causò
la morte di 146 lavoratori, per la
maggior
parte
operaie
immigrate,
e,
nel
1917,
avvenne la protesta delle
donne di San Pietroburgo che
chiedevano la fine della guerra.
In Italia la Festa della Donna si celebra dal 1922: nel
corso dei decenni le donne hanno ottenuto la
personalità giuridica e il diritto di voto, l'abrogazione
della legge sul matrimonio riparatore, sul delitto
d'onore, sulla penalizzazione dell'adulterio femminile,
l'abolizione della discriminazione presente a livello
retributivo nei Ccnl, la potestà genitoriale in sostituzione
della patria potestas, la legge sull'interruzione volontaria
di gravidanza, la creazione di un Comitato per le pari
opportunità e la rubricazione dello stupro come crimine
contro la persona e non più contro la morale...
Archiviato un '900 ricco di conquiste fondamentali ci
siamo affacciate al XXI secolo maggiormente libere ed
emancipate, grazie alle battaglie delle nostre nonne e
delle nostre madri cresciute sui testi di Simone De
Beauvoir. Ma, invece di mettere a frutto il patrimonio
ricevuto in eredità, siamo state travolte dall'eccessiva
competizione fra di noi, una sorta di misoginia fra simili,
per affermarci nella società. Ci siamo scontrate con la
pesante e immutata responsabilità per le cosas de la
vida, dall'accudimento dei figli a quello degli anziani. Ci
continuiamo ad accollare il peso di tutte quelle attività
destinate a celebrare i legami di parentela e a
mantenere i rapporti sociali e il prestigio della famiglia.
Siamo diventate schiave del good looking, di una
bellezza intesa come sinonimo di magrezza e gioventù:
un modello veicolato dai media che induce a vivere le
proprie peculiarità corporee nell'imbarazzo e nel
disagio, per la sproporzione fra la tipologia socialmente
richiesta e l'immagine del proprio corpo che si
rispecchia negli sguardi e nelle reazioni altrui. Un
fenomeno che ha reso possibile il dilagare dei disturbi
del comportamento alimentare, prima causa di morte
per malattia fra le adolescenti, o del ricorso massiccio
alla chirurgia estetica con i 450mila interventi registrati
solo nel 2010 in Italia. Ci siamo scoperte vulnerabili,
vittime e carnefici al contempo di una relazione sempre
più superficiale con l'altro sesso.
Nell'odierna società senza limiti si offre e si consuma
una sessualità disinibita, amplificata dalla pornografia
virtuale, estrema e pericolosamente a portata di click. Il
costante bombardamento di immagini e filmati
altamente erotizzati, indotti anche dal mondo della
pubblicità e della televisione, sta alimentando condotte
drammaticamente violente. Siamo smarrite davanti alla
caduta del dogma del nostro istinto protettivo, che
credevamo tenacemente insito nella figura femminile: le
cronache giudiziarie evidenziano, infatti, come ad
abusare dei minori siano, nel 5% dei casi, madri
incestuose, maestre, baby-sitter o sugar mamas. Anche
il mito dell'amore materno sta vacillando, condizionato
da quell'ambiguità che ci lascia perennemente sospese
fra l'essere madri e l'essere matrigne; private come
siamo di quella rete di protezione rappresentata, in
passato, dalla famiglia matriarcale nella quale nonne,
zie o vicine di casa, intrecciando rapporti affettivi, non
permettevano alla puerpera di sprofondare nella
solitudine e nel senso di inadeguatezza.
Affinché l'8 marzo passi dalla storia all'attualità
dedichiamolo indistintamente alle giovani donne e ai
loro coetanei, in quanto lo smarrimento che stanno
vivendo, per la mancanza di modelli autorevoli ai quali
ispirarsi, non conosce distinzione di genere.
Assumiamoci la responsabilità di insegnar loro, con
l'esempio quotidiano, il rispetto per la diversità e la
capacità di andarsi incontro accettando difetti e
debolezze. Con il progetto di sensibilizzazione sugli
effetti della pressione mediatica, che porto nelle scuole
italiane, mi confronto con adolescenti ansiosi di
emergere anche mediante la prevaricazione, figlia
dell'insicurezza e della paura.
(segue a pagina 9)
8
(da pagina 8)
Chi è
Sono giovani sempre connessi ma terribilmente soli: la
loro solitudine la urlano in un post diffamante, l'affogano
nell'alcool, la soffocano con l'eccesso di cibo, la
rendono visibile con tagli o tatuaggi. Contrastiamo la
deriva alla quale stiamo assistendo, formando una rete
di supporto che stimoli gli adolescenti a sviluppare la
competenza sociale. Non lasciamoli in balia
dell'analfabetismo sentimentale, nel quale noi adulti
stiamo naufragando per aver smarrito sentimenti quali
l'empatia e la compassione. Educhiamo i giovani
perché
riescano
dove
noi
abbiamo
fallito.
Auspichiamoci costruiscano un'epoca di bilanciamento,
nella quale potranno percepirsi semplicemente come
esseri umani: fiocchi di neve tutti bianchi ma tutti
differenti che, attraversando il cielo dell'esistenza,
danzeranno sulla melodia del rispetto e della
collaborazione.
Ilaria Caprioglio, avvocato, sposata, tre figli.
Autrice dei romanzi Milano Collezioni andata
e ritorno (2008), Gomitoli srotolati (2010),
Come sopravvivere @ un figlio digitale
(2012),
del
manuale
di
corretta
alimentazione
Mi
nutro
di
vita
(Liberodiscrivere Edizioni, 2001), del saggio
Senza limiti. Generazioni in fuga dal tempo
(2014, Sironi Editore Vice-presidente dell'associazione Mi
nutro di vita,
impegnata nella lotta ai disturbi del
comportamento alimentare è ideatrice della Giornata
nazionale del Fiocchetto lilla. Membro del Cd del Circolo degli
Inquieti, responsabile della redazione del bimestrale culturale
La Civetta, collabora con la Festa dell'Inquietudine e il
Festival dell'Eccellenza al Femminile. Socia ad honorem
dell'associazione Amici Centro Oncologico Pietro Bianucci;
presidente del collegio dei probiviri dell'associazione A.M.A.Li;
promuove nelle scuole italiane progetti di sensibilizzazione
sugli effetti della pressione mediatica.
NOI, MAGLIA NERA IN EUROPA PER L’OCCUPAZIONE FEMMINILE
Dal 2009 i continui e sistematici tagli ai servizi pubblici, alla scuola e alla sanità hanno
peggiorato le condizioni di vita delle famiglie con ricadute pesanti sulle donne e non solo
FULVIA VEIRANA *
È’ difficile inquadrare correttamente in quale modo le
donne subiscono gli effetti della crisi, la più devastante
e lunga degli ultimi decenni. È altrettanto complicato
dire se e come ci sia una differenza fra generi nel
subirla e nella possibilità di reagire. Quello che è certo è
che la famiglia in generale e le persone hanno dovuto
stravolgere abitudini e consumi negli ultimi quattro anni.
Dal 2009 sono iniziati i tagli ai servizi pubblici. La scuola
ha ridimensionato gli orari e la qualità del servizio in
modo drastico producendo da subito due effetti: la
necessità per le famiglie, ancora in molti casi per le
mamme, di riorganizzarsi con tutti gli strumenti possibili
per poter fornire un supporto ai figli ed una caduta
pesante della qualità dell’istruzione.
La sanità ha ridotto i posti letto senza strutturare servizi
adeguati sul territorio producendo una vera emergenza,
soprattutto nell’accudimento delle persone anziane.
Oggi chi ha un’emergenza di questo tipo si trova ad
affrontare tempi d’attesa per l’inserimento dei familiari in
strutture adeguate e, molto spesso, a dover pagare
rette che non può permettersi.
Sulle famiglie, solo partendo da questi due esempi,
gravano ancora di più le cure spesso anche
riattribuendole ruoli che non sempre è in grado di
assolvere.
Non sempre, però, sono le donne a farsene carico.
Dipende da come la crisi colpisce. Quando in famiglia
c’è uno degli adulti disoccupato, a lui o lei vengono
delegate le funzioni di cura ed assistenza. Questa
scelta, ovviamente innesca un vortice: gli anziani non
stanno più nelle strutture e le strutture licenziano il
personale (per la gran parte donne…).
Un bel salto indietro. Fino al 2009 si parlava di come
coniugare i tempi di vita e di lavoro, ora il problema è il
lavoro ed il reddito per garantire di uscire dalla soglia di
povertà. Dalla discussione sugli orari, si passa alla
discussione sulla sussistenza con un incremento
vertiginoso del lavoro nero, sottopagato e senza regole.
La crisi, quindi, non fa che accentuare una condizione
della donna che nel nostro Paese è fra le più arretrate
d’Europa, ma per poter tornare a conquistare dignità
per le donne, bisogna partire dal creare occasioni di
lavoro stabile e dall’idea che nella situazione in cui
siamo, per riprendersi, bisogna guardare il mondo dalla
parte delle persone più deboli: disoccupati,
cassintegrati e pensionati in primis.
La battaglia sarà lunga, ma non ci si può arrendere.
* Segretaria Camera del Lavoro Savona
9
Voci dal volontariato
DA 24 ANNI IN CAMPO PER COMBATTERE LA VIOLENZA SULLE DONNE
ELIGIA CAMERA*
Far parte della Consulta provinciale
femminile è l’opportunità concessa
dall’Amministrazione provinciale ai
movimenti
femminili,
siano
essi
associazioni, sindacati, partiti. Dunque
una felice opportunità offerta alle donne non solo per
rilanciare nello spazio pubblico le istanze di
appartenenza, ma per esprimere la molteplicità e la
specificità del punto di vista femminile, roppo poco
valorizzato in una società che si vuole moderna e
democratica. Ed il “Telefono donna” da tempo ne fa
parte, essendo nato come servizio legale per donne in
difficoltà, proprio in seno alla Consulta quando la
società, ormai ripiegata su se stessa, sembra perdere
di vista la pratica e il principio dell’umana solidarietà. Ed
è così che fioriscono in tutta Italia le molteplici linee
telefoniche in soccorso a disagi e sofferenze altrimenti
taciute. È il tempo di uno spontaneo, generoso,
ancorché impreparato volontariato che, sensibile al
valore della domanda, si fa prossimo, nella misura in
cui può. Anche la nostra città nel 1990 si dota di un
Centro d’ascolto conseguente all’ormai consolidato
servizio legale, svolto generosamente dall’avvocato
Angela Accamo in sinergia con un’equipe di avvocate e
psicologhe.
Dapprima numero verde a carattere
nazionale, il “Telefono”, retto da un gruppo di
appassionate volontarie opportunamente preparate,
passando a telefonia tradizionale, oltreché offrire
consulenza legale e psicologica, iniziò sul territorio
un’intensa attività di sensibilizzazione intorno al disagio
della donna nella società moderna. enza fondi ma con
l’assoluta convinzione di svolgere un servizio utile alla
condizione
femminile,
il
“Telefono”,
diventato
associazione sotto l’attiva presidenza di Giuliana
Peluffo, invitò figure professionali a trattare le tematiche
incontrate sul filo, senza tralasciare di dibattere i temi
cruciali emergenti (migrazione, disagio transculturale,
ecc). Perché ricordare quanto sopra? Perché quando la
memoria fa difetto e ogni evento è appiattito sul
presente, ricordare la funzione sociale del “Telefono”,
significa riflettere sulla solitudine del nostro tempo, dove
ogni parola di conforto, se proprio non è l’atteso
rimedio, è pur sempre una diluizione del disagio e della
solitudine stessa. E per quanto riguarda la specificità
dei telefoni per le donne, significa prendere atto che
essi sono stati i primi osservatorii del disagio femminile,
ma anche efficaci palestre di autoconsapevolezza e
pertanto precursori dei più strutturati Centri
antiviolenza.Già, i Centri antiviolenza! Fa specie in
tempi moderni constatare l’esistenza di tali strutture,ma
la violenza contro la donna ha assunto oggi una tale
ferocia e frequenza da meritare un’ampia riflessione
sulle cause culturali di un fenomeno tanto odioso
quanto (tacitamente) tollerato, sì da rischiarne la
“normalizzazione”. Occorre intanto osservare che la
violenza è una risposta-sbagliata- alla modernità che
richiede un cambio di passo, nuova cultura, nuova
identità, che nella donna sotto la spinta emancipativa si
va compiendo, mentre nell’uomo stenta ad affermarsi.
Nondimeno occorre dotare le nuove generazioni di
un’educazione emotiva capace di promuovere una
matura affettività, in vista di relazioni altre impostate
sullo scambio, l’empatia, la reciprocità; tutte premesse
fondamentali per un’adulta, responsabile sessualità.
Premesse, viceversa, mancanti nella maggior parte dei
rapporti a carattere fusionale, dove angusto è lo spazio
della libertà, dell’autonomia e della crescita personale.
Ed è questa la tematica che il “Telefono donna”, oggi
Centro antiviolenza, porta avanti nelle scuole, con
buona soddisfazione della presidente Luciana Nanni e
di tutte le volontarie impegnate in questa non facile
attività.
*Membro Consulta prov.le femminile e “Telefono donna”
Via Sormano 12, Savona Tel. 0198313399
mai:[email protected]
IL DRAMMA DI BEATRICE
A Telefono Donna è un giorno di normale attività. La
volontaria di turno si appresta a leggere le mail appena
giunte; squilla il telefono: Beatrice una giovane donna,
trasferitasi da poco a Savona a seguito del marito.
Racconta che quello che sembrava essere un rapporto
fatto di amore e rispetto si era tramutato presto in un
incubo dentro le mura domestiche.Beatrice si sente
sola, ingannata, prigioniera in casa sua. Racconta,
piangendo, che suo marito la picchia e la tradisce. La
violenza, fisica e psicologica, aumenta di giorno in
giorno; lui peraltro gestisce anche l’aspetto economico
e lei si sente con le mani legate e isolata socialmente.
Ha trovato la forza di chiamare il Telefono Donna anche
per tutelare il suo bambino di pochi mesi.
Da quel giorno inizia un percorso fatto di telefonate che
mettono sempre più in evidenza la solitudine e le
difficoltà che la giovane si trova ad affrontare da sola.
Nel giro di alcuni mesi la situazione non sembra
migliorare; il marito incomincia anche a fare delle
richieste sessuali particolari. Ai rifiuti di lei seguono
botte. Beatrice però, un giorno finalmente sostenuta da
Telefono Donna inizia un percorso di rinascita
accettando di andare dalla psicologa dell’Associazione,
trovando poi il coraggio di separarsi dal marito violento
e decidendo infine di trasferirsi in una località vicina alla
sorella alla quale finalmente ha avuto il coraggio di
raccontare la sua storia.
10
Viaggio nel disagio sociale
UNA GIORNATA ALLA MENSA DELLA CARITAS
Ogni giorno un centinaio di ospiti, per la metà stranieri, in aumento gli italiani. Tra i “nuovi
poveri” numerosi savonesi, disoccupati in difficoltà per pagare l’affitto e comprare gli alimenti
DOMINICA PICCARDO
La sala è abbastanza grande,
arredata semplicemente: 12 tavoli
con 48 posti a sedere, un calcio
balilla, un computer, una pila di
scatoloni e sul fondo, verso le
cucine, il bancone di acciaio inox
per la distribuzione dei cibi. Sulla
porta di ingresso campeggia la
targa di marmo in memoria di
Ambrogio Aonzo, cittadino, medico
e benefattore. La mensa Caritas di
via De Amicis si presenta così: linda
e semplice con un odore misto tra
bucatina e ragù. Sono le dodici e
mezza di un mercoledì freddo e
piovoso di fine gennaio; gli ospiti di
mezzogiorno stanno lasciando il
locale per affrontare ognuno la
propria strada. Mi accoglie Marco
Giana, responsabile della mensa.
Marco è un quarantenne sorridente
e disponibile, parla con me e intanto
saluta gli ultimi tre o quattro ospiti
che si apprestano ad uscire.
“Vengono in mensa un centinaio di
persone al giorno, prevalentemente
uomini: attualmente abbiamo solo
sette-otto donne. A ognuno di loro
distribuiamo un solo pasto al giorno,
a scelta: a mezzogiorno o a cena.
Questa decisione è in linea con le
scelte generali di Caritas che
prevedano l’impegno delle persone
per il loro sostentamento. Ci è stata
dettata anche dalla capienza dei
locali. Quando ospitavamo cento
persone contemporaneamente, a
fronte di soli 50 posti a sedere, si
dovevano fare i turni per mangiare
e c’erano discussioni tra gli ospiti.
Così va meglio e tutto si svolge, di
massima, tranquillamente. Qualche
volta, specialmente la sera quando
sale il tasso alcolemico, si crea
qualche tensione ma non è
frequente. L’ultima volta che sono
stato costretto a chiamare la polizia
era il 26 gennaio”.
Come si accede alla mensa?:
“Caritas ha varie strutture per
affrontare le problematiche legate
alla povertà e all’emarginazione, tra
queste il centro d’ascolto che è po’
La mensa Caritas di Savona in via De Amicis
il punto di riferimento per tutti un
coloro che fruiscono della mensa.
Se una persona si presenta la
prima volta direttamente qui, la
accogliamo e gli offriamo il pranzo
ma la invitiamo a recarsi al centro,
di ascolto dove, attraverso un
colloquio si valuteranno le sue
necessità e, se necessario, si darà
un tesserino
per l’accesso alla
mensa. L’autorizzazione dura 15
giorni poi la persona è inviata
nuovamente al centro d’ascolto per
riprogettare insieme ai volontari un
piano di interventi personalizzati
che prevedono sempre colloqui
periodici e la costruzione di una
relazione. Non c’è un termine fisso
per la frequenza alla mensa:
abbiamo anche persone che
vengono da tanto tempo. Oltre ai
pasti forniamo anche la colazione,
la possibilità di fare una doccia, di
usare la lavatrice e l’asciugatrice e
sostare nei locali. È un punto di
incontro e di socializzazione ma
anche un punto di osservazione
privilegiato per noi operatori per
poter offrire un piano di aiuti
personalizzato e rispondente alle
caratteristiche della persona”.
C’è un identikit dei frequentatori di
via De Amicis? “Alla fine dell’anno
possiamo verificare che circa la
metà sono italiani e gli altri stranieri.
La loro nazionalità varia spesso
dalle
condizioni
di
tensione
internazionale. In certi periodi
prevalevano i polacchi e i rumeni, in
11
altri i tunisini e i nord africani;
adesso
ad
esempio
stiamo
aspettando venti persone da
Lampedusa. Insomma dipende da
fattori anche molto lontani da noi.
Per gli stranieri l’età media varia dai
20 ai 45 anni. Per gli italiani la cosa
cambia e l’età si alza addensandosi
tra i 40 e i 60 anni. I nostri ospiti
arrivano da tutta Italia; spesso sono
dei veri “esperti”, scherzosamente li
chiamiamo professionisti dei servizi.
Li riconosco perché mi chiedono
subito se abbiamo vestiti, docce,
lamette e altri servizi tipici. Tra i
savonesi, invece, abbiamo in
prevalenza persone anziane, una
decina, di cui un’unica donna.
Qualcuno, tra i nostri ospiti,
preferisce portarsi via il pasto, non
consumarlo comunque qui; alcuni di
loro hanno ad esempio la casa
popolare. Noi lavoriamo in stretta
collaborazione con i servizi del
Comune, con il Sert con il Servizio
di salute mentale, con la Croce
rossa e con varie associazioni
dell’area cattolica”.
Qual è la situazione dei “nuovi
poveri? “Da noi non vengono gli
impiegati o i laureati senza lavoro
da noi arrivano le persone che
magari prima vivevano facendo
lavoretti saltuari e con meno fatica
sbarcavano il lunario. Adesso per
loro il passo verso la vera povertà
è stato breve e, purtroppo, non
trovano nessun lavoro quindi
(segue a pagina 12)
(da pagina 11 )
la loro situazione peggiora sempre
più. Questo ragionamento vale per
la mensa alla quale accedono
prevalentemente le persone che
sono ai margini ma, al centro di
ascolto abbiamo verificato che si
rivolgono a noi anche molte famiglie
monoreddito, cassintegrati, gente
che ha perso il lavoro e che non
riesce a far fronte alle bollette, agli
affitti, alla spesa alimentare.
Per loro, per questa fascia di
vulnerabilità che purtroppo va
sempre ampliandosi, la Caritas ha
altri servizi come la consegna di
pacchi spesa o la rete delle
parrocchie che intervengono con
aiuti vari.
Attraverso il computer, che vede
qui,
posso collegarmi a un
programma che mette in rete i
nostri servizi e ci consente sia di
effettuare segnalazioni sia di evitare
doppioni”.
Tanti servizi, serviranno tante mani.
Chi sono i vostri volontari?
“Abbiamo circa 300 volontari di cui
120 sono impegnati nella mensa, in
prevalenza donne, pensionate che
fanno servizio in cucina venendo
alla mensa il pomeriggio dalle 16
alle 18.30 per preparare i pasti;
nella fascia dalle 18 alle 19.30 in cui
si fa la distribuzione e il riordino dei
locali i volontari sono anche giovani
che finito il lavoro sono disponibili a
dedicare un po’ di tempo agli altri.
Prima il nostro volontariato era
prevalentemente cattolico, adesso
abbiamo molte persone disponibili
anche se non sono credenti o non
praticanti.
Per fare il volontario da noi basta un
po’di tempo, anche solo un paio di
ore al mese e la disponibilità alla
relazione con l’altro, ma anche chi
non vuole o non se la sente di stare
a contatto con la gente può essere
molto utile in cucina. Per tutti vale la
condivisione dell’etica, dell’idealità
e identità della Caritas bisogna
insomma condividerne le idee e
scelte di fondo”.
Ringrazio Marco che, porgendomi
la mano, mi saluta con un semplice
ma significativo:”Ti aspettiamo”.
LA VITA DA INCUBO
DELLE DONNE CLOCHARD
SEMPRE PIÙ POVERI
ORA È ALLARME ROSSO
Rapporto 2011 Caritas Diocesana
Le donne che frequentano la mensa
Caritas di Savona sono circa una
decina prevalentemente provenienti
dall’Est. Per loro la condizione di
disagio è palpabile ma riescono
ancora a mantenere una parvenza
di “normalità”. L’esperienza degli
operatori della Caritas però è che
quando le donne (per fortuna in
numero assai ridotto rispetto ai
maschi) diventano clochard in
genere è perché la loro storia le ha
portate ai margini molto più, e
peggio, degli uomini. Follia, droga,
alcoolismo riducono queste persone
in condizioni terribili e la vita nelle
strade, la notte sui cartoni, la
precarietà per loro è assai peggiore
che per gli uomini. Vittime spesso di
compagni occasionali e violenti,
esposte ad ogni tipo di sopruso per
loro uscire da questo tunnel è
difficile e l’alcool diventa rifugio, a
basso costo ma altissimo prezzo,
per lenire il dolore.
Info Caritas
MENSA DI FRATERNITÀ
via De Amicis 4 Savona
Pasto completo:
tutti i giorni pranzo 11.30 cena 18.30
Pacco viveri il mercoledì 9-11
LA COMETA
via De Amicis 4 Savona
bar bianco, accoglienza, attività ricreativa
dal lunedì al venerdì 16-18
CENTRO ASCOLTO DIOCESANO
Via Mistrangelo 1/1 Savona
Segretariato sociale, ascolto, accesso ai
servizi, accompagnamento.
Lunedì, martedì, mercoledì e venerdì
dalle 9-12
SPORTELLO EMERGENZA ABITATIVA
Via Mistrangelo 1/1 Savona
CASA ACCOGLIENZA NOTTURNA
via Guidobono 14 Savona
Accoglienza maschile d'emergenza
10 posti tutti i giorni 20.30 - 7.30
CASA BETANIA
via Guidobono 14 Savona
accoglienza femminile d’emergenza
5 posti tutti i giorni 20.30-7.30
12
L’allarme povertà è sempre più forte.
Nel 2010 la Caritas Diocesana di
Savona ha registrato un forte
aumento delle richieste di aiuto.
Gli otto Centri di Ascolto presenti
nella Diocesi hanno incontrato 2.293
persone che rappresentano l’1,5%
della popolazione residente. Di
queste persone circa il 57% sono
nuovi poveri che hanno effettuato
circa 11.000 passaggi ossia il 15,3%
in più rispetto al 2009.
Nelle parrocchie si rivolgono per lo
più persone straniere (76%), mentre
nel Centro ascolto gli italiani
rappresentano il 46%. Rispetto al
2009 si è registrato un incremento del
13% delle persone italiane. La
provenienza degli stranieri conferma
sostanzialmente il dato dello scorso
anno: 51,8% Europa dell’est, Balcani;
23,7% America Latina; 20% Africa;
5,2%
Asia;
Ucraina,
Albania,
Romania, Marocco ed Ecuador.
Già il dato delle presenza conferma
che la povertà va a toccare una
porzione sempre più consistente di
popolazione, considerando il fatto che
si arriva ai Centri di Ascolto quando
la situazione è ormai quasi del tutto
compromessa; mentre prima si
cercano strade di sostegno che,
spesso,
invece
di
risolvere,
accrescono la situazione debitoria e
critica del nucleo familiare o del
singolo.
Non riuscire a sostenersi: è questo il
volto comune della povertà. Può
essere
espresso
attraverso
la
mancanza di lavoro, l’affitto o il mutuo
troppo caro, non riuscire a far fronte
alle bollette o alle spese di gestione
ordinaria. Tocca giovani, famiglie,
pensionati, nuclei disgregati o con
problematiche legate alla malattia
mentale, anziani soli con malattie
croniche e degenerative, persone
straniere
in
cerca
di
nuove
opportunità oppure che non ce
l’hanno fatta ad integrarsi. A queste
esigenze la Caritas ha risposto
erogando aiuti in generi alimentari:
7.313 pacchi viveri dalle parrocchie
pari a circa 44 tonnellate di cibo,
mentre la Mensa di Fraternità ha
erogato 4.050 pacchi viveri e 32.302
pasti. Se dovessimo calcolare il
numero
di
pasti
complessivo
avremmo un dato che si assesta
intorno agli 82.000, ossia il 18% in più
rispetto al 2009.
Cinema e disagio sociale
Dal neorealismo di “Ladri di biciclette” e “Miracolo a Milano” all’America de “La vita è meravigliosa”
QUANDO AL CINEMA LA POVERTA’ DIVENTA ARTE
Una lezione che in tempi di crisi, di truffe pubbliche e private, di amoralità arrembante, di disvalori della
politica, dovrebbe essere ricordata e insegnata nelle scuole. E un monito per rialzare la testa
NATALINO BRUZZONE*
privilegiata,
non
si
trasformasse in una palude
nella quale affogare in
perfetta “letizia”.
Una lezione che in tempi agri
di crisi e di truffe pubbliche e
private,
di
amoralità
stringente,
assediante
e
arrembante, di disvalori della
politica, dovrebbe essere
rimembrata e insegnata se le
scuole,
magari,
non
considerassero la classicità
come sinonimo di antichità
desueta e come nemica di
una modernità rappresentata
dall’abbuffata di tecnologia.
Tutto il cinema, non solo il
vecchio neorealismo degli
stracci che volano in primo
piano,
è
trapunto
di
ammonimenti: dall’America di
Frank Capra (“La vita è
meravigliosa”) all’Inghilterra
rabbiosa di Ken Loach
(“Piovono
pietre”,
per
esempio) alla Padania di
Ermanno Olmi (“L’albero degli zoccoli”). La povertà che
fa male, ma diventa arte. Una bella vendetta su quel
ricco che se alza con il naso non è perché sia
spocchioso o raffreddato.
Non si vive di sola Borsa. Ma il cinema è il cinema.
Nella realtà, che borsa si scriva in maiuscolo o in
minuscolo, invece, le cose cambiano. E per farle
mutare nell’indirizzo di quanto visto in proiezione non
c’è che scegliere come e quando rialzare la testa.
Homo sine pecunia est
imago mortis. Sarà anche
vero (e purtroppo spesso
tragicamente lo è) che
una
persona
senza
denaro sia l’immagine
della morte o della lenta
consunzione di se stesso
e dei propri cari, ma, nel
fantastico
a
24
fotogrammi al secondo,
realista o meno, e quindi
nell’invenzione
della
storie
raccontate
attraverso il movimento
dei corpi, può diventare
anche uno specchio del
cinema. Sullo schermo,
povertà è bello? Sì, se si
astrae il contingente,
quindi
la
posizione
economica, e la si
trasferisce
in
una
dimensione estetica. Così
che l’indigenza venga
metamorfizzata
quale
fonte di ricchezza, anche
se non materiale, ma spirituale, di crescita, di esempio
e di speranza. Non sempre i “brutti e sporchi” (con le
tasche leggere anzi impalpabili) sono cattivi. Vale il
contrario. E gli apologhi etici firmati Vittorio De Sica, le
favole belle e crudeli del neorealismo, sono una prova
che la dovizia del soldo o il benessere non sono
essenziali per capire il nocciolo della questione: la
morale della vita. “Ladri di biciclette”, “Sciuscià”,
“Miracolo a Milano, “Il tetto”, “Umberto D.”: diseredati,
pensionati che pensano al suicidio, barboni creativi
(allora i termini non politicamente corretti non era una
forca caudina di quel radicalismo chic molto più moda
che vero rispetto), gioventù allo sbando, operai senza
fissa dimora costretti in una notte a costruirsi
un’abitazione abusiva e poveracci che privati del mezzo
di lavoro cercavano di rispondere all’atto illegale con la
loro impossibilità a clonarlo, sono molto di più che un
album di figurine dei ricordi del come eravamo e non
saremo più stati (?). Rappresentano un popolo che ,
nonostante non sappia come mettere insieme la
colazione con la cena, lotta, si dispera, ma non si
arrende anche con piccoli atti di ribellione individuale
perché l’oppressione, gestita da un Potere immemore
della ragioni del singolo e di quelle di una comunità non
*Giornalista e critico cinematografico
Auser
Provinciale
Savona
via Boito 9 rosso
13
Merci e mercanti
COSA SI PUÒ CAPIRE TRA I BANCHI DEGLI AMBULANTI
Gli italiani hanno ceduto l’attività a cinesi, marocchini, pakistani e indiani. Merce a basso costo ma a caro
prezzo: lo sfruttamento dei lavoratori al limite della schiavitù. La pesante lezione della strage di Prato
MARIO TISSONE
non lo trovai più. Forse si era accorto che di mercati me
ne intendevo anche più di lui. Proseguendo nel mio
giretto in quel mercato di periferia mi avvicinai al banco
di un pakistano che vendeva oggetti per la casa: da uno
a 5 euro il prezzo dei piccoli utensili Era un banco
lungo e stretto con sopra un po’ di tutto: presine, ganci,
viti, accendigas, ventagli e altro ancora. Osservai
alcune cose tra cui una rotella in metallo da cinque
metri, di quelle usate dai muratori e dai falegnami: in un
negozio mi sarebbe costata oltre 10 euro. in quel banco
solo tre euro. Esaminando meglio l’oggetto vidi che era
prodotto nella Repubblica Popolare Cinese. Mi chiesi
come poteva costare così poco la merce. Feci alcune
riflessioni calcolando il prezzo degli oggetti venduti ad
un solo euro: tutti “made in China” con mano d’opera a
costi bassissimi. Mi chiesi quanto potevano dare agli
operai cinesi visto che partecipavano a costituire il
prezzo sul banco la mano d’opera, il materiale, il
trasporto, il grossista e non ultimo il guadagno del
venditore ambulante pakistano che anche lui doveva
pur vivere. Questa storia vera ne evoca altre: l’uomo è
sempre più sfruttato, in tutte le latitudini; la
sopravvivenza è difficile e lo sfruttamento è sempre più
legato a una divinità terribile: il dio denaro. Come bene
ha dimostrato la recente tragedia di Prato con i sette
cinesi morti nel rogo di un capannone.
Nei primi giorni di agosto, come ogni anno, sono andato
con mia moglie alcuni giorni in vacanza a Serra di
Pamparato, piccolo centro della “Granda”, la provincia
di Cuneo chiamata così per la sua estensione
territoriale. In quella frazione la domenica mattina, in un
piccolo slargo vicino alla chiesa, viene allestito un
minuscolo mercato. I banchi di vendita sono attaccati
uno all’altro con sopra le merci che gli operatori
espongono e che spesso sono le stesse dell’anno
prima. Poche persone girano intorno a guardare i
banchetti. I venditori, come in tutti i mercati, sono di
diverse etnie: marocchini, pakistani, indiani e cinesi
pochissimi gli italiani rimasti a esercitare questo tipo di
commercio.
In una di quelle mattine domenicali,
girando tra i banchi, sono stato fermato da una
persona anziana: un signore che ha attaccato discorso
dicendo che anche lui aveva fatto i mercati nella riviera
di ponente a Laigueglia. Mi raccontava che partecipava
a un mercato simile a quello, con cinque o sei banchi e
che, ai suoi tempi, veniva chiamato “mercato morto”
perché si occupavano i posti principalmente per averli
disponibili in attesa di tempi migliori. Lo corressi i
banchi erano una quindicina e oltre alla strada
principale occupavano anche altre traverse.
Io, ho fatto il vigile urbano e ho diretto per diversi anni il
mercato ambulante di Savona con un numero di banchi
che il lunedì superava le 300 unità e con una continuità
di apertura di 10 ore. Durante il servizio trovavamo
bambini che si perdevano e toccava a noi trovare i loro
genitori, i portafogli rubati svuotati del loro contenuto e,
non raramente dovevamo sedare risse tra gli ambulanti
e ricordo che non si placavano tanto facilmente; infine
dovevamo tenere a bada la grande folla che si
muoveva intorno ai banchi dislocati per le vie del
centro. Allora, c’erano ambulanti che scendevano dal
treno trascinando pesanti valige dentro alle quali
avevano tutta la loro merce: erano italiani e facevano
grandi fatiche. Oggi i nostri giovani non accettano più
condizioni così disagiate di lavoro ed è forse per questo
che sono apparsi sui nostri mercati ambulanti di etnie
diverse. I miei ricordi mi facevano parlare a ruota libera
e quando mi voltai verso il mio anziano interlocutore
GLI ITALIANI AMANO IL VOLONTARIATO
Eurispes: pagella impietosa per le altre istituzioni
Volontariato 74,5% partiti 6,5 parlamento e governo
16%. Sono i dati dell’indice di fiducia degli italiani
verso le istituzioni contenuti nell’ultimo rapporto Italia
dell’Eurispes presentato a Roma a fine gennaio. I
cittadini sono sempre più lontani dalle istituzioni, resiste
fieramente il volontariato che dal 2008 fino al 2014 ha
ottenuto una media costante del 74% di fiducia con un
picco dell’82% nel 2010 e del 79,9% nel 2011. Dati che
devono far riflettere. Dalla generale tendenza negativa
si salvano con fatica e mantenendo i risultati dell’anno
precedente, il Presidente della Repubblica e la
Magistratura con il 44,2% il primo e il 41,4 la seconda.
Ai margini del consenso si attestano invece il Governo,
che raccoglie solo il 16% dei fiduciosi, e il Parlamento,
che, seppure in crescita rispetto a una fiducia ai minimi
storici registrata nel 2013 (9%), non riesce ad andare
oltre al 16% dei consensi. Le forze dell’Ordine restano
un punto fermo: l’Arma dei Carabinieri in questa
classifica si conferma il più importante riferimento
istituzionale per gli italiani (69,9%). I partiti (6,5%),
fanno peggio dei sindacati (19,2%). La Chiesa cattolica
registra invece un positivo “effetto Bergoglio”
conquistando il 49% di apprezzamento e fiducia, un bel
salto in avanti visto che lo scorso anno si era fermata al
36,6%.
14
“CALAMANDREI”:
1958-1974
STAGIONE INDIMENTICABILE PER LA CULTURA SAVONESE
Punto d’incontro e dibattito con il gotha di cultura, politica, storia ed economia:da Ugo La Malfa a Giolitti,
da padre Nazzareno Fabretti a Loris fortuna. Sedici anni di impegno dell’inesauribile di Mirko Bottero
CLAUDIO TAGLIAVINI
Concentrate, per un attimo, la vostra attenzione
sull’incrocio tra Corso Italia e Via Paleocapa. Negli
anni ‘50 e ‘60 era popolarmente conosciuto come
“l’angolo dei misci” (i senza soldi), punto di incontro dei
giovani, ma non solo. Il ritrovo ideale, a costo zero,
dove si poteva discutere di qualsiasi argomento per
arrivare fino al pettegolezzo. Alla politica andava il
posto d’onore. Venivano commentati avvenimenti
riportati dalla stampa, dalla radio, e per quanto fosse
ancora poco diffusa, dalla televisione. Attraverso
quelle fonti si percepiva la situazione del momento.
Uno dei temi all'ordine del giorno era il nuovo tipo di
conflitto che minacciava la pace, cioè:la “guerra
fredda”. Si temeva che i cavalieri dell'apocalisse
tornassero a cavalcare. Savona, si sentiva molto la
presenza delle forze politiche ancorate ad un
ideologismo eccessivo. Non dimentichiamo che negli
anni cinquanta esisteva l’Unione Sovietica di Stalin, la
quale, aveva una notevole influenza sul Pci e anche sul
Psi; la Dc subiva direttamente quella del Vaticano.
Le rivelazioni di Nikita Kruscev, l’invasione nello stesso
anno (1956) e successivamente, nell’agosto del 1968,
l’occupazione della Cecoslovacchia, crearono lo
scompiglio nel Pci e tra la gente comune. Scompiglio
che infiammò anche la vita culturale esistente. Fino ad
allora le iniziative venivano prese dai partiti o dalle
istituzioni. Ora c’era la volontà di affrontare
democraticamente una seria discussione su ciò che di
nuovo stava emergendo. All’interno delle strutture
partitiche rimaneva, tuttavia, ancora una certa rigidità
verso l’esterno. Intellettuali militanti e no, decidono di
impegnarsi nella creazione di un polo di attività criticoculturale. Sarà una delle esperienze più interessanti
della nostra città. Nel marzo 1958 un gruppo di loro,
visibilmente emozionato, si reca in uno studio notarile
per ufficializzare l'ambizioso progetto: la creazione del
Circolo Calamandrei. Alcuni giorni dopo, viene eletto il
primo comitato direttivo composto da: Gerolamo
Assereto, Giovanni Burzio, Pier Franco Beltrametti,
Arrigo Cervetto, Luigi Chiazza, Gina Lagorio, Maurizio
Marrone, Giuseppe Racca, Giovanni Urbani, Gian
Franco Zino e Mirko Bottero. Quest’ultimo svolgerà un
ruolo particolare,determinante, per la vita del circolo.
Sarà
l’anima
e
soprattutto
le
gambe
dell’organizzazione. Ancora oggi, dopo tanti anni, chi lo
conobbe non può che riconoscere come essenziale il
suo contributo al successo di quella iniziativa. La
tenacia, l’intuito organizzativo, impegno costante,
supplivano alla modesta cultura personale e
infondevano la forza e l’entusiasmo necessari a tutto il
gruppo per portare avanti l’agognato progetto. Senza di
lui, quel circolo non avrebbe potuto avere la storia che
ha avuto. Scrive il senatore Giovanni Urbani sulla
Civetta, bimestrale del Circolo degli Inquieti, nel 2004:
“Mirko seguiva con attenzione lo scontro politico
Ugo La Malfa al Calamandrei presentato da Bottero
culturale ma voleva portarlo a Savona attraverso figure
note, più o meno famose che si battevano per la cultura
di sinistra. Mi sorprendeva che riuscisse a farlo senza
soldi, Credo che il suo successo nascesse da quel
misto di ingenuità e sfrontatezza nell’approccio. In
qualche modo prendeva gli interlocutori e ne stimolava
l’interesse. Aveva l’entusiasmo per la cultura
dell’operaio consapevole delle proprie ragioni di classe,
direi che lo portavano ad avere stima e considerazione
per gli intellettuali di sinistra che sentiva dalla stessa
parte della barricata ma da pari a pari”.
Inizia la vera e propria attività l’anno successivo. Si
elegge presidente l’avvocato Pier Franco Beltrametti,
che ricoprirà quel ruolo fino al 1974. In un’intervista
rilasciata a “Il Lavoro” e “Il Secolo XIX”, dirà: “Siamo
nati quindici anni orsono senza eccessive ambizioni,
ma con molto entusiasmo. Per noi si trattava di un tipo
di opera quasi da pionieri soprattutto se si considera
che a Savona fino ad allora non esisteva nulla sul piano
culturale”. Ribadirà, la volontà di mantenere intatta la
matrice laica ed antifascista, senza peraltro aggregarsi
a nessun carro.
Perché “Piero Calamandrei”. Il nome voleva essere
un doveroso omaggio ad una delle voci più nobili della
Resistenza italiana. Nel direttivo non mancavano
personaggi impegnati politicamente mantenendo
un’identità indipendente. Nonostante ciò si potevano
riconoscere in quella piccola organizzazione che
liberamente affrontava ogni tema con senso critico
senza dover rendere conto a nessuno. Per questo
motivo l’atmosfera con i vari partiti risultava piuttosto
fredda. Tuttavia non bastò a scoraggiarne l’attività che,
a quel punto spostava il luogo del confronto al numero
1 di Via Pia. Ricordo, quella sede. All’entrata,
storicamente nobile, seguivano scale di marmo
consumato dal tempo.
Un atrio piuttosto buio le anticipava. Dopo la prima
rampa una porta, meno nobile, introduceva alla sede
vera e propria.
(segue a pagina 16)
15
(da pagina 15 )
CERAMICA, PSICOLOGIA, SCRITTURA
NASCE IL CIRCOLO CULTURALE AUSER
Un piccolo ingresso e quindi
una
sala
dal
soffitto
affrescato.
Ammobiliata con un tavolo
dove sostavano depliant,
manifesti, libri in disordine.
Molte sedie sparpagliate qua
e là, ma nonostante tutto, ci
si sentiva liberi e al riparo da
Gina Lagorio
condizionamenti. Il Circolo
rimane
un
protagonista
indiscusso della cultura savonese fino al 1974. Grazie,
però, al nuovo filone culturale che segue l’arte del
cinema si trasforma, nel 1975, in “Film Studio”” sempre
per iniziativa di Mirko Bottero, coadiuvato da nuovi
intellettuali come Carlo Freccero, Tatti Sanguinetti, Aldo
Grasso, Felice Rossello per citare alcuni. Mirko è
stanco, ma credo che si senta anche solo. Non sarà
lontana la sua uscita di scena. Come savonesi, penso
che, avremmo dovuto ricordarlo più adeguatamente. Un
suo ultimo ricordo rimane legato al “Nuovo Film studio”.
Dal “Calamandrei”, in quegli anni, sono passati i
massimi rappresentanti della cultura, della politica, della
storia, del cinema, del teatro, del giornalismo. Si sono
dibattuti i temi più scottanti e di attualità di quegli anni:
dalla guerra in Vietnam all’Ottobre messicano, dalla
svolta cubana al caso Allende, dal Concilio Vaticano al
possibile dialogo tra comunisti e cattolici, dal
referendum sul divorzio alle lotte per l’emancipazione
morale e civile della donna, da piazza Fontana
all’obiettività della tv, dalle prospettive del socialismo in
Europa e nel mondo allo sviluppo dell’economia cinese.
Incontri e dibattiti che hanno trasformato il
“Calamandrei” in un punto di riferimento politicoculturale di altissimo livello nazionale. Ed è anche per
rendere un omaggio a Mirko Bottero, che ne fu
promotore e artefice. Vogliamo ricordare, in ordine
sparso, alcuni tra i più significativi protagonisti di quegli
incontri: Lelio Basso, il fondatore di Lotta comunista
Arrigo Cervetto, la senatrice Angiolina Merlin, tenace
promotrice e sostenitrice della legge per porre fine alla
vergogna delle “case chiuse”, Paolo Sylos Labini,
Antonio Giolitti, Giuseppe Boffa, i giornalisti Piero
Ottone, direttore del Corriere della Sera, Gianfranco
Venè e Kino Marzullo, padre Nazareno Fabretti,
Umberto Segre, Alessandro Natta, il padre del divorzio
Loris Fortuna, Ugo La Malfa, Carlo Galante Garrone, il
referendario Marco Pannella, Marco Boato, Umberto
Terracini, Lucio Magri, Luigi Pintor.
Grazie “Calamandrei”. Grazie Mirko.
Quest’anno l’Auser
di Savona tiene a
battesimo un nuovo
circolo culturale dal
nome “Io, Mafalda”.
La nuova iniziativa
vedrà dipanarsi, dai
primi di
marzo,
incontri e laboratori. Questa iniziativa raggrupperà una
serie multiforme di iniziative alcune delle quali si
svolgeranno nei centri sociali Auser sparsi sul territorio
altre saranno, come per i gruppi di cammino, itineranti.
Il programma prevede un laboratorio di ceramica
condotto dalla ceramista Laura Macchia e uno
coordinato da Mauro Assandri; un laboratorio
psicologico-teatrale condotto dallo psicologo olistico
Piero Germini e dall’attrice Daniela Liaci; un laboratorio
di scrittura creativa condotto dalla professoressa
Renata Rusca Zargar; un laboratorio su movimento e
riscoperta del territorio ligure condotto da Silvio
Scarrone guida Ges; un laboratorio su stili di vita, cibo,
cucina e salute rivolto anche alle badanti straniere
condotto da Graziella Ombra; un laboratorio di guida
alla stagione operistica coordinato dall’opera Giocosa;
un laboratorio sulle tematiche del volontariato e su
come diventare volontari condotto dalla presidente
Auser Ileana Scarrone; un laboratorio di ballo di gruppo
con “Arcobaleno dance” e, non ultimo, un laboratorio di
lavori femminili con la collaborazione del centro
“Penelopi” del Cid di Vado Ligure.
Come si vede il calendario è assai nutrito e ogni
iniziativa merita di essere descritta, approfondita,
scoperta! Per chi volesse saperne di più si rimanda alle
sedi Auser o al numero verde 800.995.988.
Le iscrizioni dovranno pervenire alla sede di via Boito 9
rosso in Savona o presso i centri sociali Auser anche
della provincia entro l’inizio dei corsi previsto per i primi
di marzo. Le sedi già designate e nelle quali si
svolgeranno le prime attività sono: via Giacchero per
ceramica, scrittura creativa e psicologia e teatro ( che
avrà una sessione anche a Bergeggi). Il 14 marzo
inizierà l’attività “Camminiamo insieme” per il laboratorio
movimento e territorio con l’escursione al monte Mao di
Bergeggi. A Quiliano, in primavera, inizierà il corso
rivolto ai volontari (vecchi e nuovi) nel laboratorio
discussione sulle tematiche del volontariato. Per quanto
riguarda la stagione operistica il cartellone condizionerà
l’inizio degli incontri in modo che le lezioni siano una
guida per una migliore visione degli spettacoli.
LIBROMONDO: UNA BIBLIOTECA PER LA PACE E L’INTEGRAZIONE
Campus Universitario via Magliotto 2, 17100 Savona - e mail: [email protected]
16
L’intervento
LA CULTURA FA VOLARE, MA SAVONA NON DEVE AVERNE PAURA
Pubblico in crescita ai Cantieri Solimano con il consorzio Raindogs, Cattivi Maestri e Film studio. Superare la
logica dei contributi a pioggia. Il caso di due Orchestre Sinfoniche. E al “Chiabrera” un uomo solo al comando
FELICE ROSSELLO
dell'Orchestra
Sino a poco tempo fa
dell'Opera
Giocosa,
credevo che Savona e
assai
sovvenzionata
cultura fossero un
dallo Stato e foraggiata
ossimoro,
una
con bei soldoni, che ha
contraddizione
in
ospitalità a Savona a
termini.
Leggo sul
scapito di quella locale.
muro del Palazzo del
Sarebbe il momento di
Comune lo slogan “la
risolvere il problema.
cultura
fa
volare
Era rinato anche il
Savona” e mi chiedo:
teatro Colombo, grazie
ma c'è già il vento che
a un eroico privato: ma
fa volare Savona e i
è stato chiuso per
savonesi, ci manca
questioni, dicono, di
anche la cultura.
sicurezza
(io
ho
Spiego le due cose:
L’inaugurazione centro culturale Ex officine Solimano
sempre pensato che ci
perché
Savona
e
fossero altri motivi, ma
cultura le ho pensate
nel tempo perché i luoghi e i soldi
come
una
contraddizione
in per fare cultura in città sono pochi e non ho mai avuto modo di
termini? Perché Savona è stata le associazioni sono molte alcune, approfondire), malgrado avesse un
suo pubblico in crescita. Il Teatro
una città operaia sino a che sono lasciatemelo dire inutili.
stato giovane io, anni ‘70-80, Vediamo adesso quali sono i centri Comunale Chiabrera è quello che è,
intoccabile e quindi non lo tocco. Lì
ritenevo
che
cultura
operaia che fanno cultura in città.
facesse a pugni con cultura Certo, i Cantieri Solimano, con c'è un uomo solo al comando, non
classica: Eschilo, Dante, Rabelais, buona pace di quelli, quorum ego, ha il carisma di Coppi, ma....
C'è ancora un centro interessante,
per intenderci. Poi, grazie alla tv, ho che pensavano che il passaggio del
capito che cultura non era solo Film studio dall'esoso affitto di organizzato dai preti, il teatro Don
quella alta che avevo imparato dai piazza Diaz alla Darsena avrebbe Bosco, dove si fa il dialettale. Io non
libri di scuola al Liceo Classico, dimezzato gli iscritti. Non è ho un grande amore per il dialettale,
luogo in cui studiavano i figli di avvenuto per una variabile che noi però questo teatro mi permette di
papà. Cultura aveva parecchi livelli anziani non abbiamo valutato: il parlare di un altro problema: ma
e quella operaia valeva quella consorzio Raindogs, Cattivi Maestri, perché la cultura dovrebbe fare
classica. Liala aveva un suo senso Film studio ha fatto vivere anche profitto? Perché quando parliamo di
la
paragoniamo
a
come i Promessi Sposi. Mangiare quest'ultimo perché ha creato una cultura
che
fa
profitto?
bene, bere bene, conoscere le altre collaborazione che prima non un'azienda
culture era altrettanto importante esisteva, un po' come il melting pot Possiamo dire a Tremonti, che non
che
conoscere
la
cultura negli Usa. Unire è spesso uccidere voleva la cultura, che alta, media o
occidentale.
l'individualismo e da ragione alla bassa che sia, promuove idee, fa
Seconda domanda perché la mia teoria precedente: se si crea un pensare chi la frequenta e quindi
cultura non farà mai volare Savona progetto e si lavora insieme si fanno crea persone consapevoli. Forse
o meglio quando la cultura e non il progressi anche nel pubblico. Si Tremonti di questo aveva paura.
vento farà volare Savona? Quando grida tanto contro l'individualismo Signori non valutiamo tutto in
l'assessore alla Cultura non dovrà dei tempi e poi si dice se il Film danaro. La cultura non è danaro, la
dare sovvenzioni a pioggia alle 10 studio se ne va dalla sua sede cultura apre la mente: in questo
senso fa volare. Di questo hanno
mila associazioni che nascono. stoica muore.
Bisognerebbe
che
l'assessore No, cari compagni anziani come paura molti, che tutti imparino a
avesse il coraggio e la possibilità di me, le tre associazioni insieme volare e a pensare.
scegliere solo alcuni progetti capaci hanno migliorato e rafforzato il
di dare un senso al progetto pubblico: il Film studio non più solo
culturale della città. Potrà mai vola come la cultura. Pochi forse
avvenire ciò? Non lo so, ma lo sanno che a Savona ci sono due
spero. In città si fa molta cultura, ma Orchestre Sinfoniche, una locale,
si disperde in diecimila iniziative quella di Savona voluta da Giorgio
che si accalcano solo al venerdì e Monacciani ancora attiva ma con
al sabato, solo in alcuni mesi molti,
moltissimi
problemi
a
dell'anno, ma non sono distribuiti sopravvivere, a tutto
vantaggio
17
L’intervista
“LA CULTURA FA VOLARE, UNO SLOGAN IN CUI CREDIAMO ANCORA”
Museo della ceramica, riqualificazione delle aree industriali con le Officine Solimano, rilancio del Priamar
obiettivi a lunga scadenza per una Savona del futuro. Per il Chiabrera professionalità e fidelizzazione
DOMINICA PICCARDO
Cosa significa essere assessore alla Cultura in una
città dai capelli grigi e al tempo stesso tener conto
delle esigenze del pubblico giovanile?
Io la vedo così, non sono un direttore artistico che
debba tener conto di un pubblico specifico. Vorrei
invece dare gli strumenti al maggior numero di persone
possibile per fruire della cultura, anzi di più, per fare
cultura! Credo che sarebbe troppo semplice interpretare
i bisogni della città dicendo: un pizzico di lirica qua, un
pizzico di teatro là, un pugno di rock (ma defilato) per i
giovani…no, la ricetta giusta è rendere la città viva e
pulsante dal punto di vista culturale, un cantiere di idee
dove i progetti guardino al futuro. Sono stata nel mese
di settembre ospite al Festival Internazionale, c’erano
altri assessori alla Cultura, alle Politiche Giovanili e
all’Urbanistica. Si parlava di “rigenerazione di spazi
urbani in chiave culturale e a favore dei giovani”. Ho
portato il nostro felice esempio delle Officine Solimano
e devo dire che i colleghi hanno molto apprezzato l’iter
con cui la nostra città ha affrontato questa importante
opera di riqualificazione in chiave culturale. Insomma
Savona è stata un bell’esempio di fronte ad altre città
italiane. La richiesta di spazi per l'arte, la creatività, la
cultura è crescente e riuscire a dare una risposta in
questo senso oggi è per un’Amministrazione di
fondamentale importanza. Oggi la città di Savona può
davvero vantare un vero e proprio laboratorio urbano di
creatività polivalente nel cuore della città, unico nel suo
genere nel mix innovativo creato con la partnership
mista tra associazioni di promozione sociale e Comune
di Savona. Vorrei sottolineare il modello gestionale: la
firma della convenzione tra Comune e Consorzio
Officine Solimano rappresenta un ottimo esempio di
collaborazione tra pubblico e associazioni di
promozione sociale che, in prima persona,
rimboccandosi le maniche anche con un investimento
economico e rapportandosi in maniera positiva e
propositiva con l'Amministrazione, ha dato forma al
sogno di uno spazio dedicato alle attività culturali che
può essere modello di politica di industria culturale,
visto che oggi in Italia di questo si deve parlare. Dopo
la felice esperienza delle Officine Solimano abbiamo
intrapreso l’avventura Music Lab che andremo ad
inaugurare in primavera. Una sala prove e registrazioni
per i giovani con opportunità di workshop e didattica
con professionisti della musica. Anche in questo caso la
chiave di volta è la convenzione del Comune con tre
associazioni di promozione sociale: Acli, Arci e Aics. Un
progetto interassociativo che andrà a rispondere a
un’altra importante fetta di giovani cittadini savonesi.
Quello che voglio dire è che non credo sia giusto
lavorare per compartimenti stagni, soprattutto quando
sono anagrafici. Quando abbiamo scommesso sull’idea
(segue a pagina 19)
Dove va la cultura a
Savona? Lo abbiamo
chiesto ad Elisa di Padova
(nella foto), il più giovane
assessore della giunta
Berruti.
Il suo predecessore alla
guida dell’assessorato aveva
varato lo slogan "La cultura
fa volare Savona". Eredità
pesante. Il suo assessorato
ha risorse e idee per far
volare la cultura e rilanciare la città anche a livello
nazionale?
La “Cultura fa volare Savona” è un bellissimo slogan
che negli ultimi anni abbiamo continuato ad utilizzare e
in cui l’Amministrazione ha continuato a credere.
Nonostante i tagli di bilancio che siamo costretti a fare
un po’ in tutti i settori la concezione è quella della
cultura come parte del welfare, del benessere dei
cittadini. La mia esperienza, seppur breve, è
particolare: ho studiato all’Università di Torino vivendo
l’esperienza di una città per certi aspetti simile alla
nostra ma con una grande energia culturale a 360
gradi, in tutti gli spazi non solo quelli ufficialmente
destinati alla cultura. Sono tornata nella mia città con
questo bagaglio e ancora più innamorata della Liguria
e consapevole delle potenzialità che il nostro territorio
possiede e che sono ancora in parte inespresse.
Una città vola quando nelle sue strade respiri energia ed
idee, quando l’associazionismo culturale e di promozione
sociale vive e moltiplica i suoi progetti, quando gli attori
hanno voglia di lavorare insieme per realizzarli.
Questa la mia idea di Cultura: deve essere portata
anche fuori dai “palazzi”. E’ necessario avvicinare i
giovani, spingere alla contaminazione, promuovere i
vari livelli di lettura e interpretazione senza snobbare
quelli più semplici e immediati…la bellezza salverà il
mondo. Intendo la cultura come tradizione e
innovazione. Qualche esempio? Ci stiamo avvicinando
al grandissimo traguardo del nuovo Museo della
Ceramica: sarà tra i primi in Italia. E non smettiamo di
guardare al contemporaneo, all’arte ma anche alla
produzione. Abbiamo delle peculiarità territoriali da
coltivare e da sostenere, penso al nuovo Museo Apple
(il primo riconosciuto a livello internazionale) che tra
qualche mese aprirà ufficialmente nella zona nuova
della Darsena, in piazza De André. È ora di imparare a
vivere la Cultura come un’economia e non solo nella
forma del turismo culturale ma come ricerca,
opportunità di far circolare idee e artisti a livello
internazionale. Oggi i bandi Europa Creativa 14-20 ce
ne danno l’opportunità e dobbiamo fare rete per
cogliere tutte le opportunità.
19
(da pagina 18)
del 25 Aprile sul Priamar avevo in mente proprio
questo: un’iniziativa partita dai giovani, costruita dai
giovani ma per tutti e con la collaborazione delle
associazioni che di Resistenza e di didattica si
occupano da anni. Contaminazione: il giovane che si
reca sul Priamar per ascoltare il gruppo musicale che
suona in piazza del Maschio uscirà arricchito dei valori
delle mostre, delle performance, delle installazioni
allestite in Fortezza; la stessa cosa vale per le famiglie
che trascorrono qualche ora nello spazio bambini.
provato a creare una grande concentrazione di eventi
insieme al massimo afflusso di navi attraccate, ma la
città non ha risposto se non al 60 per cento. Lavoriamo
per fare crescere i nostri eventi allora ma dal basso,
insieme, facciamo crescere i nostri cittadini, facciamo in
modo che la consapevolezza di vivere in una bella città
ci pervada e mettiamo a disposizione della comunità le
nostre idee.
C'è chi critica i finanziamenti a pioggia e sostiene
l'esigenza di progetti mirati di alta qualità...
I finanziamenti a pioggia non ci sono da tempo e non
farebbe comunque parte della mia idea di politica
culturale. In ogni caso l'esiguità delle risorse e la
restrittività delle norme nei confronti degli enti locali
obbligano ad oculate scelte qualitative. Il sostegno
dell’Amministrazione nell’ambito che mi compete deve
andare nella direzione di quei progetti di alta qualità,
che svolgano possibilmente una funzione formativa e
che vedano in generale una ricaduta positiva sulla città.
Vi sono città che hanno allestito mostre di altissimo
livello e prestigio su grandi artisti del Novecento, uno per
tutti Arturo Martini, peraltro vadese di adozione.
Mancanza di idee o di risorse?
Né l’una né l’altra a dire il vero. La nostra scelta è di
non investire sulle grandi mostre, ma sui grandi musei,
più legati al territorio, volti a valorizzare il nostro
patrimonio e non temporanei ma definitivi: penso al
Museo della ceramica di cui abbiamo già accennato
che inaugureremo quest’anno. Questo progetto nasce
grazie alla Fondazione De Mari e per l’Amministrazione
significherà comunque un raddoppio dei costi di
gestione rispetto alla Pinacoteca di Palazzo Gavotti.
Una scelta quindi di buon senso visto il significato che
avrà il museo. La scommessa successiva sarà
promuoverlo nel modo migliore in modo da attirare
visitatori da tutta Italia. Mi piace lavorare per progetti
per realizzarli nel migliore dei modi, andiamo avanti e
non è escluso che in futuro Savona possa anche
candidarsi a ospitare mostre di grandi artisti o perché
no installazioni di artisti contemporanei che magari
lavorino a contatto con i nostri giovani. Che sia un
sogno? Chissà…su questo vi aggiornerò.
Il teatro Chiabrera, gioiello della città, è accessibile
solo con abbonamenti tramandati quasi per linea
dinastica. Ed è ritenuto un feudo del direttore Bosi, una
sorta di uomo solo al comando ...
Cosa dovremmo fare? Cacciare gli abbonati affezionati
spettatori da anni? O essere dispiaciuti perché,
nonostante la crisi che ha investito tutti i teatri italiani, il
Chiabrera continua ad essere pieno? La fidelizzazione
in genere è ritenuta un successo. E poi ogni anno
abbiamo nuovi abbonati e nuovi spettatori che trovano
posto. Qualsiasi direttore di teatro ha la sua piena
autonomia nelle scelte artistiche. Bosi, con il quale
abbiamo piena collaborazione, è un direttore che molti
teatri ci invidiano: la sua grandissima competenza ed
esperienza è il motivo del successo delle stagioni che di
anno in anno si susseguono con tagli finanziari sempre
crescenti. Ogni settore comunale, incluso il teatro,
rende conto dei propri risultati, e della gestione del
budget ad esso assegnato come centro di costo, nel
piano delle performance correlato al bilancio. Gli ottimi
risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Non pensa che una grande evento, magari in
collaborazione
e
collegato
a
Costa
Crociere
coinvolgendo le migliaia di crocieristi in transito da
Savona, possa inserire la città nei circuiti culturale di
interesse internazionale?
Per quanto riguarda le arti visive ho già detto sopra. Se
parliamo di grandi eventi abbiamo la Lirica sul Priamar,
unica location per la lirica all’aperto che ci invidiano tutti
in Liguria, il Savona Screen Festival che va a
valorizzare nuovamente la nostra Fortezza con
approfondimenti su nuovi e vecchi media, ma
soprattutto credo che l’importante sia lavorare con
costanza e con continuità sul prodotto culturale e
turistico della città senza perdere di vista i cambiamenti
che la percorrono: il rischio è quello di investire tempo e
denaro in un grandissimo progetto e una volta
attualizzabile scoprire che è già sorpassato. Per quanto
riguarda Costa, è sponsor di molte iniziative istituzionali
e sapete che il modello di crociera si è modificato negli
ultimi anni. Dall’anno scorso abbiamo un Infopoint vivo
e attivo a due passi dagli sbarchi, lì i crocieristi che
scelgono di passare la giornata nella nostra città
possono avere le informazioni complete sull’offerta
culturale e turistica. Sono sempre di più i passeggeri
che scelgono di visitare la città, un commento che mi
aveva molto colpito da parte di una turista era stato
“Savona è un gioiellino, un tesoro da scoprire”. Non
cercherei di stravolgerla, dobbiamo guardare GLocal
(globale facendo riferimento al locale e viceversa) i
crocieristi così come i turisti hanno più voglia di scoprire
le peculiarità di una città che assistere a grandi eventi
pre-impacchettati. Abbiamo avuto casi in cui abbiamo
C’è qualcosa che come assessore alla Cultura non
avrebbe fatto e qualcosa che invece vorrebbe fare?
C’è così tanto da fare ancora…il problema dei “politici”
è che hanno traguardi a medio termine. Io, che come
politica ho una breve esperienza, preferisco seminare
per un orizzonte temporale un po’ più lungo. Se anche
non ci fossi più io avrò comunque creato spazi di
manovra più ampi, voglio infondere nei giovani una
fiducia un po’ più appassionata nei confronti del mondo
della cultura, portarla fuori dai palazzi, viverla. Vi lascio
solo con un’immagine: all’inizio parlavo di Torino e delle
sue strade, l’Università in centro, stimoli culturali dietro
ogni angolo. Pensate a Savona, al suo centro storico,
una
volta
ultimato
l’importante
progetto
di
valorizzazione di Palazzo Santa Chiara, dove vedremo
collocate la biblioteca e parte dell’Università grazie alla
scommessa che questa Amministrazione ha voluto
cogliere con il Federalismo demaniale.
Elisa di Padova, 34 anni, laureata in Scienze della
comunicazione, dipendente Asl, Dal giugno 2011 è assessore
alla Cultura, Politiche giovanili, Eventi, Università, Ced del
Comune di Savona. Giornalista pubblicista, grande passione
per il calcio, ha fatto lo speaker al "Bacigalupo" nelle partite
del Savona di cui è tifosissima.
19
Notizie dai Centri
Elvio racconta la sua esperienza
IL CID - AUSER DI VADO LIGURE
“IO, VOLONTARIO DI OTTANT’ANNI
RINGIOVANITO AIUTANDO GLI ALTRI”
Le “ragazze” del Cid con la Befana (foto A.M. Dainotto)
ANNAMARIA DAINOTTO
Come ogni anno il primo mercoledì di gennaio, il Centro
Iniziativa Donna Auser di Vado Ligure ha organizzato,
in occasione della
riunione mensile, la festa
dell’Epifania con una “bellissima” Befana. Al pomeriggio
hanno partecipato, portando gli auguri per un felice
2014, Ileana Scarrone presidente dell'Auser e il coro
Alpino Savonese. I prossimi impegni e appuntamenti
del Cid sono: alla casa di Riposo San Giuseppe di
Valleggia il 12 febbraio con le bugie di carnevale; il 19
febbraio alla R.P. Vada Sabatia con il coro Auser e il
fisarmonicista Franco. Per marzo tombola alla casa di
riposo di Valleggia e musica alla Vada Sabatia dove
saranno consegnate agli ospiti le palme costruite dalle
nostre associate; ad aprile la tradizionale festa in piazza
Cavour “I libri e le rose”
Il “parco macchine” dell’Auser di Savona
DOMINICA PICCARDO
Elvio, volontario Auser di oltre ottanta anni, si occupa di
trasporto e accompagnamento di altri anziani guidando
le auto della nostra associazione. Un impegno ma
anche un significativo esempio per tutti coloro che
ancora non conoscono la “vocazione” del volontariato.
Quali valori ti hanno spinto verso il volontariato?
Pur non essendo cattolico praticante sono sempre stato
convinto che i valori della solidarietà e dell’impegno
civile, uniti agli ideali democratici e di sinistra, siano il
cardine fondamentale del nostro vivere comune.
Dare un contributo per aiutare chi si trova in difficoltà
per problemi economici, di salute o di scarsa capacità
motoria mi sembra un dovere civile. Da giovane ho
militato in partiti di sinistra e anche questo penso fosse
un impegno sociale perché negli anni ‘50 non era certo
facile affermare le proprie idee.
Come sei arrivato a fare il volontario Auser?
Ho cominciato a fare il volontario nell’Avo nel ’96, il mio
impegno di volontariato è di lunga data. Qualche anno
fa ho incontrato la presidente Auser che mi ha chiesto
se ero disponibile a fare il volontario per i trasporti
sociali. Ho accettato con entusiasmo e sono ancora qui.
Fai qualche altra attività di volontariato?
Proseguo a fare volontariato, una volta la settimana, in
ospedale con l’Avo. Vado al San Paolo e la cosa che mi
sconvolge di più è incontrare tanti amici che stanno
male e poi ci lasciano.
Come riesci a conciliare la tua vita privata con
l’impegno nel sociale?
Come tutti i pensionati ho molto tempo libero…
Cosa consiglieresti ai tuoi coetanei?
Misto al dovere si prova anche piacere di sentirsi utili a
qualcuno e a qualche cosa negli anni che ci restano.
Consiglierei quindi a tutti di provare a donare un po’ del
proprio tempo alle persone che per vari motivi sono più
sole. Fare volontariato riempie la vita: il rapporto con le
persone che aiutiamo diventa importante anche per noi
volontari che, spesso, siamo gli unici (o i pochi)
interlocutori di persone che trascorrono la maggior
parte del proprio tempo in solitudine e hanno bisogno di
condividere i propri guai e gli affanni con altri.
DOMENICHE A LEGINO
“Pasticciere” alla festa delle torte del 26 gennaio
GRAZIELLA OMBRA
Anche quest’anno da gennaio a marzo Auser organizza
quattro “domeniche speciali” alla Sms Fratellanza
Leginese. La prima giornata ha registrato grande
affluenza di pubblico e ben ventinove torte offerte
generosamente agli oltre duecento partecipanti dalle
“pasticciere” dell’Auser durante il pomeriggio danzante.
La festa di Carnevale è stata un altro successo di
pubblico e maschere e un momento goloso con grande
distribuzione di bugie. L’iniziativa proseguirà il 9 marzo
con la festa per la giornata della donna e il 30 marzo
con la classica festa di primavera. I pomeriggi saranno
allietati da buona musica e dalla possibilità di fare
quattro salti in compagnia. Durante queste domeniche
oltre al divertimento anche un gioco di quelli che
piacciono a noi. Non c’è azzardo soltanto una lotteria
con premi semplici ma utili.
20
Auser
Importanza del tesseramento per una autonomia economica che consenta di essere indipendenti
2014, ANNO DIFFICILE E DI GRANDE IMPEGNO PER IL VOLONTARIATO
Proposto un “Progetto sociale per tutte le età” per farsi movimento coinvolgendo i cittadini,
i propri soci e i volontari secondo lo spirito della cittadinanza attiva e del volontariato organizzato
ANGELO SOTTANIS*
Colgo l’occasione di questo
inizio d’anno per ringraziarVi
tutte/i
per l’impegno che
ognuno di voi ha messo a
disposizione dell’associazione
sicuro che continuerete con
passione anche nel 2014.
Il protrarsi della crisi oltre ogni
ragionevole previsione sta
provocando
un
rapido
peggioramento delle condizioni materiali di milioni di
persone che rischiano di scivolare verso situazioni di
vera e propria emarginazione sociale, aumentano le
diseguaglianze, i bisogni, le fragilità dei cittadini più
esposti, specie tra gli anziani.
L’incertezza del sistema politico nazionale,
la
drammatica situazione del lavoro, la dinamica dei
redditi, sono tutti segnali che disegnano un futuro pieno
di paura e incertezze.
E’ in atto un processo di impoverimento delle comunità
locali fortemente preoccupante che rischia di colpire la
fascia di popolazione più fragile.
Tutti noi dobbiamo essere consapevoli di fare e agire
come associazione in un contesto sociale molto critico,
difficile.
Auser con il congresso dello scorso anno si è data un
obiettivo strategico per queste difficoltà, si è posta
l’esigenza di consolidare sempre più uno sviluppo
dell’Auser verso un’associazione di persone che sa
farsi movimento con un proprio progetto, basato su uno
spirito di cittadinanza attiva e partecipe, per un
volontariato
intergenerazionale
e
interculturale,
attraverso le proprie azioni, attività e servizi rivolti
prevalentemente agli anziani, ma aperto alle esigenze
di tutte le età, e che sappia valorizzare i processi
migratori presenti sul nostro territorio, per condividere
azioni e progetti all’insegna dell’integrazione.
E’ stato elaborato e approvato dall’Auser nazionale il
“Piano sociale per tutte le età”; lo abbiamo discusso ed
approvato a livello regionale ed ora siamo impegnati
alla discussione nei territori, nei circoli e ogni livello
dell’Auser ha compiti specifici per realizzarlo.
Auser vuole essere una associazione che coinvolge
tutte le età secondo lo spirito della cittadinanza attiva e
partecipe, promuove un volontariato responsabile e
solidale, agito in modo organizzato.
Tutti
insieme
siamo
impegnati
attraverso
il
tesseramento a rafforzare l’associazione consapevoli
che l’autonomia economica è il primo presupposto per
poter agire liberi e indipendenti da condizionamenti; il
costo della tessera per il 2014 è di euro 13 dando a tutti
gli iscritti Auser la possibilità di aderire a Mutua Ligure.
Mutua Ligure è una Società di Mutuo Soccorso, ad
adesione volontaria senza fini di lucro organizzata su
base territoriale, aderente alla Federazione Italiana
della Mutualità (FIMIV), che intende allargare la sua
base associata attraverso azioni di promozione della
mutualità sanitaria integrativa fra i cittadini,per difendere
il diritto alla salute attraverso l’auto aiuto, svolgendo un
ruolo di sussidiarietà rispetto alle funzioni dello Stato,
della Regione e degli enti preposti alla tutela della
salute.
Come vedete gli impegni che abbiamo di fronte con
questo nuovo anno sono molti, si tratta di realizzare con
il contributo di tutti noi un progetto complessivo per il
benessere della comunità, al di là degli specifici ruoli e
interessi individuali.
*Presidente Auser Liguria
21
Notizie dai centri
LETTERATURA E BENESSERE A QUILIANO
RENATA RUSCA ZARGAR
A partire da maggio fino all’ottobre
scorso, sono stati programmati
alcuni incontri culturali presso il
Centro Malacrida di Quiliano. Si è
parlato dapprima delle pietre e delle
loro benefiche influenze, poi delle
piante, dei colori e delle candele,
con particolare riguardo agli aspetti
del benessere e delle energie
positive. Non è mancata, però, una
fenomenale trappola per zanzare e
persino Pirandello giocoso, con la
lettura di una sua novella molto
divertente.
All’Auser di Quiliano, ci sono alcune
signore,
meravigliose,
Angela,
Carla, Giovanna, Teresa, che si
danno da fare, da anni, per rendersi
utili agli anziani che lo frequentano.
Esse sono l’esempio vivente di
“invecchiamento attivo”, di chi cioè,
non solo fa qualcosa per stare bene
(si cura, si diverte, ecc.) ma fa
qualcosa per far star bene gli altri
che, poi, fa star bene anche chi lo
fa. Gli altri anziani, invece, sono un
po’ meno dinamici: per loro il primo
interesse è, magari, il gioco delle
carte o la tombola. Giustamente, si
incontrano per svago! Ma mi viene
in mente una signora che ho sentito
a Genova, in pensione dal ’96,
quindi, non proprio giovanissima,
che diceva: “Si va in pensione dal
lavoro,
non
dalle
capacità
intellettive”. E anche: “Quando non
si ha più voglia di apprendere, si
inizia a morire”.
Teoria confermata dal professor
Guido Amoretti dell’Università di
Genova che ha definito la “curiosità”
motore del mondo e base
dell’intelligenza. Per questo, alla
signora quilianese che mi chiedeva:
“Ormai, alla mia età, cosa devo
imparare?”, ho risposto che è
proprio alla sua età che ci si deve
sforzare di mantenere il cervello
attivo, sentendo e facendo cose
inusuali, che sono proprio quelle
che fanno esercitare la mente.
Nel complesso, comunque, gli
incontri sono stati positivi: c’è un
nutrito gruppo di signore che
ascoltano e domandano con grande
interesse.
Nell’ultimo incontro, ho proposto
loro
un
piccolo
questionario
anonimo, in modo che fossero liberi
di esprimere anche valutazioni
negative. Al quesito, se pensavano
utile ascoltare persone esperte che
spiegassero argomenti vari, il 72%
degli intervistati ha risposto “sì”,
“no” il 28%. Alla domanda, però, di
cosa avrebbero voluto fare (anche
eventuali laboratori), solo due
intervistati hanno risposto qualcosa:
uno giochi di gruppo, l’altro
muoversi un po’. Per quanto
riguarda la frequenza delle attività,
due hanno risposto settimanale,
uno mensile.
Andando nello specifico, è stato
chiesto
se
avessero
trovato
piacevoli gli incontri con me: il 72%
ha risposto di sì, ma vorrebbe che
continuassero solo il 67 per cento.
Eventualmente, hanno scritto, si
potrebbe continuare su questi temi:
socializzazione (1), attualità (1),
colori-oroscopi (1).
Nei prossimi laboratori letterari si
terrà conto delle loro richieste e dei
loro desideri. Sono certa che si
potrà fare molto con loro.
Poesia dedicata ai nonni
del Filo d’argento di Quiliano
I nonni sono come i bambini
hanno bisogno di coccole e di
attenzioni
Sono i nostri migliori amici
puoi raccontargli tutto,
non diranno niente
un’ora dopo
hanno dimenticato tutto.
I nonni sono come un libro,
se gli chiedi di raccontare
sono sempre pronti a farti sognare.
I nonni sono come le luci accese di
un paesaggio
sono sempre al posto giusto
e al momento giusto,
pronti ad aiutare chi ha bisogno
Ci sono cose che solo i nonni sanno
sono
storie
più
lontane
di
quest’anno
Ci sono coccole che i nonni fanno
per loro tutti i giorni sono il tuo
compleanno.
Ti dicono che siamo fortunati e ci
fanno un po’ arrabbiare...
Quando siamo stanchi e stiamo per
alzarci,
ci prendono la mano e ti dicono di
restare,
perché un domani avremo anche
noi cose da raccontare.
...E allora: viva i Nonni,
nonni giovani, preziosi, i nonni cari
e i nonni pieni di bontà.
Ai nonni più speciali del mondo va il
mio augurio più sincero e profondo.
Mille baci a tutti! Nonni vi voglio
bene.
Simonetta, volontaria Centro Auser
Rocco Malacrida di Quiliano
19
Vado com’era e com’è
TUTTI INSIEME ALL’UNISABATIA
PER UN VIAGGIO NEI RICORDI
L’NDISTRUTTIBILE CASAMATTA
SEPOLTA SOTTO LA CENTRALE
ANGELO CALABRIA
GIUSEPPE CIARLO
Quest’anno, Gemma Babboni presidente del Centro
Auser Iniziativa Donna di Vado Ligure, mi ha chiesto di
tenere un corso basato su miei articoli apparsi su
Ausersavonanotizie ed altri racconti presi dal libro
Scrivendo, Scrivendo, tutti basati sulla mia infanzia e
adolescenza vissuta a Vado, dove sono nato ed ho
vissuto fino a 35 anni.
Non avendo mai fatto esperienze simili sono rimasto un
po’ incerto, ma poi ho accettato e così ho cominciato a
pensare al titolo da dare che riassumesse il senso dei
sei incontri con i corsisti. Ho pensato che una soluzione
poteva essere quella di coinvolgere i partecipanti ad
intervenire aggiungendo anche le loro esperienze.
Così nacque il titolo:”Mettiamo insieme i nostri ricordi”.
Già dal primo incontro, dopo la lettura dei primi articoli, i
partecipanti al corso, sono intervenuti per raccontare
quello che ricordavano loro di quei periodi della vita di
Vado. Quindi è nato subito un dialogo, in parte anche in
dialetto, e così abbiamo messo in atto quello che era in
programma, mettere assieme i nostri ricordi.
Pur pensando che gli iscritti fossero molto pochi, ho
potuto riscontrare invece che oltre trenta persone si
sono avvicendate durante le lezioni con una costante
presenza di
venti corsisti. Naturalmente tra i
partecipanti al corso c’erano alcuni miei amici e amiche
d’infanzia, altri che ricordavo, pur non conoscendoli di
persona ed alcuni nuovi, vadesi d’adozione ma abitanti
da tanti anni in paese. Il mio progetto è quello di fare
scrivere qualche loro ricordo, per questo, con la mia
collaboratrice Dominica Piccardo, abbiamo posto
alcune domande che dovrebbero facilitare a ricordare e
quindi a scrivere. Il nostro intento, quando ci
consegneranno gli scritti, è di produrre un piccolo
opuscolo che raccolga i nostri lavori. Il libretto sarà
corredato da foto di Vado Ligure com’era anticamente
possibilmente
collegate
ai
racconti
contenuti
nell’opuscolo. Se tutto va come da programma, nelle
prossime lezioni dovremmo portare a termine il corso
ed anche l’opuscolo. Il lavoro di impaginazione del
libretto sarà eseguito dalla mia collaboratrice, ormai
esperta in materia e stampato a cura dell’UniSabatia
Devo dire che questa esperienza per me è stata
veramente bella e spero lo sia stata anche per
partecipanti agli incontri. Con l’aiuto di Paolo, che
ringraziamo, abbiamo potuto proiettare immagini ed è
stato come un tuffo nella nostra comune infanzia e
adolescenza. Per me con i nei miei ricordi arricchiti da
quelli degli altri è stato un ritorno al passato; è come se
fossi tornato a casa mia.
Eravamo nel 1965, l’anno in cui si posava la prima
pietra per la nascita della centrale Enel.
Ricordo le giornate che passavamo io e i miei amici
coetanei a rincorrerci sulle collinette rossastre di terra
argillosa dove il pino marittimo cresceva selvatico. Su
quelle collinette erano rimaste costruzioni in cemento
risalenti al periodo bellico: piattaforme dove certamente
erano posizionate le armi della contraerea, le
casematte al cui interno erano posizionati i cannoni con
la loro bocca puntata verso il mare, verso la rada. Ed è
appunto di una di queste casematte che voglio
raccontare la storia.
Dunque, come dicevo, era iniziato il lavoro di
spianamento per la costruzione di quello che poi
sarebbe stato il complesso dell’Enel. Enormi macchine
simili a vomeri scavavano incessantemente giorno e
notte, notte e giorno e le colline sparivano in men che
non si dica. solo una di queste, anche se conosceva
benissimo la sua fine, resisteva perché nel suo ventre
celava una costruzione in cemento: una casamatta.
Cosa fare? Bisognava in tutti i modi eliminare l’ostacolo
in modo da proseguire i lavori. Prima ci provarono con
mezzi pesanti, pensando di risolvere il problema
velocemente, ma il problema risultò ben più complicato:
decisero allora di farla saltare con la dinamite. Quella
mattina, non vi dico il boato dell’esplosione, il mio
palazzo tremò tutto, affacciandomi alla finestra, per
vedere cosa era successo (perché nessuno ci aveva
avvertito) vidi una immensa nuvola di polvere che si
alzava verso il cielo, capii subito di cosa si trattava.
Ma, una volta diradato il polverone, come per incanto la
casamatta ricomparve, ancora là, integra, al suo posto.
Per concludere, ora quella casamatta è sepolta sotto le
basi della centrale. Perché gli operatori, di fronte a
questa”forza”, giocarono d’astuzia; formarono alla base
della collina una immensa buca e poi asportarono la
terra da sotto le fondamenta della costruzione finché
essa rotolò giù dal pendio andando a chiudere la buca
e la sua esistenza. Si trova ancora la sotto, forse
insieme ad una parte della mia infanzia che rotolò con
lei quel giorno.
Il C.I.D. di Vado in via Alla Costa è aperto dal lunedì al
venerdì dalla ore 15.15 alle ore 17.30 per dare accesso
alle aule dell’Unisabatia e per incontrare i soci.
In occasione di iniziative pubbliche le socie sono disponibili
ad allestire le sale e a preparare il buffet. Ogni anno il 23
aprile, giorno di San Giorgio, organizza la festa “Il libro e
le rose” in piazza Cavour. Nel mese di settembre il Cid
partecipa alla festa del volontariato di Vado Ligure.
18
Scarica

I nostri dieci anni