L’editoriale STRATEGIE E INTERVENTI AUSER PER UNA SOCIETÀ EQUA E SOLIDALE Venticinque anni di esperienza Auser ci insegnano che la vecchiaia è una risorsa è un’epoca dell’arco della vita, il volontariato organizzato laboratorio per le proposte per un nuovo e sostenibile welfare ILEANA SCARRONE* delle differenze di genere che esistono al nostro interno per consentire, alla prossima Conferenza d’Organizzazione, il raggiungimento di un’Auser paritaria nella rappresentanza (50 e 50). Per realizzare questi obiettivi, in collaborazione con le strutture nazionali, metteremo a sistema tutte le esperienze e le professionalità che Auser esprime, raccoglie ed è riuscita a formare in circa 25 anni di attività. La realizzazione e l’ottimizzazione di una rete nazionale e interregionale delle nostre strutture definendo con chiarezza ruoli e responsabilità; rafforzamento della rete tra Spi-Cgil, volontariato e Terzo settore. A livello locale la costituzione di tre macro aree che raggruppano i nostri servizi storici: apprendimento permanente, benessere-salute e comunità, volontariato civico ma anche il rafforzamento delle attività che già svolgiamo da tempo e la proposta di nuove occasioni di socializzazione, di inclusione, di solidarietà che i nostri volontari con tenacia ed entusiasmo continueranno a intraprendere. A loro va il nostro grazie e gli auguri per la prosecuzione di un proficuo 2014. *Presidente Auser Savona Dopo 25 anni di attività l’Auser è una realtà di volontariato nazionale di grande respiro sia per l’elaborazione teorica sia per la mole di interventi che sviluppa. Nella nostra provincia il radicamento è diventato sempre più capillare e contiamo un numero ogni anno crescente di soci e di volontari. La nostra associazione è un vero laboratorio per quanto riguarda l’elaborazione di servizi e interventi a favore dei cittadini più anziani, per lo sviluppo e la pratica della cultura della vecchiaia come arco della vita e non come periodo residuale dell’esistenza. L’incertezza del sistema politico nazionale, il quadro della crisi che continua a perdurare, la drammatica situazione del lavoro, la dinamica dei redditi, la povertà che cresce, sono tutti segnali che disegnano un futuro pieno di incertezze e una difficoltà, non solo italiana, nel definire un nuovo modello di sviluppo e di crescita equo e sostenibile, sia da un punto di vista socioeconomico che ambientale e con esso un welfare sostenibile che coniughi pubblico e privato senza eliminare servizi e garanzie per i più fragili. Durante questa congiuntura economica i tagli al sociale sono stati pesanti e non solo dettati dalla necessità, ma hanno sotteso una precisa, quanto pericolosa, strategia. Questo è il contesto in cui ci troviamo oggi. Definire un nostro progetto sociale significa tener conto sia del programma che costruiamo sia del contesto in cui lavoriamo per svilupparlo. La nostra elaborazione, la concretezza delle azione sociale, delle attività, dei servizi che realizziamo attraverso le nostre associazioni e circoli a favore delle “Persone” sono ispirate ai principi contenuti nella carta dei valori Auser, dalla convinzione che gli anziani siano una risorsa e dalla consapevolezza della necessità di una modifica dello stato sociale così come si è sviluppato sino ad oggi. Mettere al centro la persona con i suoi bisogni, indipendentemente dall’età, è uno degli obiettivi che ogni società solidale dovrebbe adottare. Ogni età è un' epoca della vita nella sua interezza. I nostri obiettivi alquanto ambiziosi sono: costruire percorsi intergenerazionali e interculturali per promuovere la solidarietà tra generazioni, l’apprendimento permanente, il senso e valore della cittadinanza attiva, l’importanza di prendersi cura delle persone, dei beni comuni, dei beni pubblici e di aiutare la trasmissione della memoria. Ma anche ripensare le infrastrutture della città, il contesto urbano e abitativo,l’abbattimento delle barriere architettoniche, la rete dei trasporti, gli spazi sociali, culturali, del tempo libero, il sistema dei servizi per il benessere e la salute delle persone che invecchiano. Chiediamo di Investire nella ricerca di nuove tecnologie, strutture abitative e servizi, che possano contribuire a far vivere le persone che invecchiano e che si trovano in condizione di fragilità fisica il più a lungo possibile nel proprio domicilio. Esigiamo di andare al superamento Sommario Editoriale - Scarrone I nostri dieci anni - Scarrone, Minuto I nostri dieci anni Legge elettorale - Astengo L’intervento - Angelini Giornata della donna -Caprioglio Giornata della donna - Veirana Telefono donna - Camera Viaggio nel disagio - Piccardo Cinema e disagio - Bruzzone Merci e mercati - Tissone Calamandrei - Tagliavini Circolo culturale Auser L’intervento - Rossello L’intervista Di Padova - Piccardo Notizie dai centri Auser Vado e Legino Elvio- Volontario a ottant’anni Tesseramento - Sottanis Notizie dai centri Auser -Quiliano Vado com’era - Calabria La casamatta - Ciarlo 2 Pag. 2 Pag. 3 Pag. 4-5 Pag. 6 Pag. 7 Pag. 8 Pag. 9 Pag. 10 Pag. 11-12 Pag. 13 Pag.14 Pag. 15-16 Pag. 16 Pag. 17 Pag. 18-19 Pag. 20 Pag. 20 Pag. 21 Pag. 22 Pag. 23 Pag. 23 I nostri 10 anni VOCE DEL VOLONTARIATO UNA SFIDA CONTROCORRENTE TOMASO MINUTO* ILEANA SCARRONE* Siamo una piccola voce nel panorama della stampa savonese, ma siamo orgogliosi di esserlo. Il nostro periodico è una delle poche voci del Volontariato che riescano a dialogare con la gente e a portare le nostre istanze sul tavolo delle istituzioni. Nel 2004 l’Auser, costituita da oltre dodici anni, era impegnata a rafforzare l’attività solidaristica e la sua presenza sul territorio savonese. A quel punto ci rendemmo conto che nel nostro progetto mancava uno strumento di comunicazione in grado di far conoscere, non solo ai soci ma anche a enti, associazioni e ai cittadini la nostra missione, la nostra politica, le nostre idee, le nostre attività sociali. Per questi motivi decidemmo di dare vita al nostro giornale: “Ausersavonanotizie”. Oggi, felici di avere raggiunto questo traguardo, festeggiamo il nostro decennale. Dieci anni di impegno e di sforzo finanziario non indifferenti per tenere in vita una pubblicazione che, con orgoglio, ci vantiamo di realizzare completamente con “giornalisti” dilettanti e volontari. E’ una lunga storia che ha visto un bollettino di poche pagine fotocopiate trasformarsi in una vera e propria rivista al passo con i tempi. Nel 2004 l’Auser aveva organizzato con l’Unisavona un corso di scrittura creativa. Al termine un gruppo di allievi decise di mettere in pratica l’esperienza maturata e aderì alla proposta di entrare nella redazione del giornale. L’apporto di quel gruppo di appassionati della scrittura ci ha permesso di portare avanti ininterrottamente fino ad oggi il nostro piccolo-grande progetto del giornale. Nel corso degli anni la pubblicazione ha subito una radicale trasformazione grafica, tipografica e di contenuti raggiungendo una tiratura di 1000 copie, meritando l’apprezzamento dei lettori. Su Ausersavonanotizie scrivono, oltre ai nostri redattori, giornalisti, personalità della politica, del sindacato e della cultura. Collaboratori presenti e attuali non solo sulle tematiche del volontariato ma anche sulla vita politica e sociale della nostra città. Coscienti dei nostri limiti e delle difficoltà, abbiamo cercato di essere il più possibile presenti sui temi di attualità e di dare un contributo all’informazione locale con le nostre idee e le nostre proposte. Ringrazio vivamente tutti coloro che in questi anni hanno dato il loro contributo al giornale, a partire dall’Auser, nostro editore, che sta facendo sacrifici enormi per sostenere i costi di stampa, all’amico Luciano, per la sua preziosa collaborazione volontaria, agli attuali insostituibili redattori: Angelo, Mimma, Claudio, Mario per il loro impegno nella elaborazione del giornale e agli amici Caterina, Gervasio, Anna Maria, Carmen e Maria Grazia. E a tutti coloro che ci hanno dato la possibilità di fare, lasciatemelo dire, un ottimo giornale. In tempi di tecnologia avanzata, in un mondo in cui il computer, l’immagine, la tv la fanno da padroni, Auser, con il suo decennale periodico, viaggia controcorrente. Indubbiamente lo sforzo di pubblicare un bimestrale “cartaceo” è economicamente notevole per una associazione come la nostra, ma poter raggiungere anche gli anziani che non hanno dimestichezza con il web ci sembra ancora un valore a cui non rinunciare. I nostri soci, prevalentemente ultra settantacinquenni, leggono purtroppo troppo poco, anche per ragioni economiche, ma se si trovano di fronte un giornale (distribuito gratuitamente nei centri sociali e nei punti di aggregazione) che parla a loro e di loro , degli eventi ai quali hanno assistito, se ci sono le foto dei loro conoscenti se, insomma, lo sentono il “loro” giornale ebbene allora la lettura diventa più facile e maggiormente coinvolgente. Per questo e per molto altro continuiamo a pubblicare il nostro periodico. Dalle pagine di Ausersavonanotizie si evidenziano le proposte Auser di intervento e le nostre iniziative sociali ma anche iniziative per migliorare il welfare, per intervenire sulle fasce deboli della popolazione, per denunciare, insieme ad altre forze sociali, situazioni di disagio, rischio, disuguaglianza. Il giornale costituisce, insieme alla carta dei valori, un elemento di coesione e di identità per i soci e per i volontari; una voce che si rivolge ai cittadini savonesi e della provincia, alle altre associazioni di volontariato ma anche alle Istituzioni. Fare sentire la voce del volontariato organizzato, ricercare nuovi volontari, lanciare le campagne di tesseramento e di raccolta fondi, sono impegni costanti della nostra testata. Non ultimo il giornale è una testimonianza di invecchiamento attivo a cominciare dai volontari della redazione che vantano un’età media ragguardevole e che, nonostante questo, continuano pervicacemente nel loro impegno con giovanile entusiasmo. A loro e a tutti i collaboratori esterni che si sono succeduti e che ancora dialogano con i nostri lettori, al giornalista Angelini che da anni supporta la redazione con professionalità e spirito di servizio e che hanno fatto sempre più puntuale e “ricco” il giornale, vanno i nostri ringraziamenti e l’impegno per proseguire in questa avventura editoriale. Per realizzare tutto questo abbia fatto ricorso al sostegno economico da parte di privati, enti e fondazioni, anche partecipando (con successo) a bandi di concorso per progetti specifici. Ma per proseguire la pubblicazione servono ancora contributi e facciamo appello ai nostri lettori e sostenitori perché anche in piccola parte si facciano carico del giornale in quanto può e deve essere e restare la loro voce. *Direttore responsabile *Presidente Auser Savona 3 I nostri dieci anni Un gioco e una sfida Un’esperienza unica Dal 2005 mi occupo del coordinamento della redazione, della realizzazione di inchieste e interviste e della grafica. Ho cominciato per gioco, per il piacere di scrivere, per il piacere di comunicare, per la curiosità e lo spirito di avventura che caratterizzano tutte le attività nuove. Iniziare un’esperienza in età matura mi ha costretto a rimettermi in gioco e a modificare le mie abitudini e idee. Mi ha costretto all’umiltà nei confronti di chi è più esperto, mi ha obbligato ad appropriarmi di nuove tecnologie e nuovo sapere. Non sono mancati i tempi duri. Così, per i primi tempi, a casa sino a notte inoltrata, ho studiato le funzioni del computer sbagliando e sperimentando di giorno in giorno tra imprecazioni ed errori. Oggi sono fiera del nostro giornale e anche di essere riuscita a destreggiarmi con il pc. Il nostro bimestrale è cresciuto, ha acquisito una veste tipografica importante, è ricco di contenuti e di collaborazioni di professionisti affermati che volontariamente e ci sostengono. Per me vivere nella redazione, pensare e preparare il giornale, costruirlo insieme agli altri è ancora fonte di curiosità, di interesse e, talora, di qualche fatica. Sono entrato nella redazione nel 2005 dopo un corso dell’Unitre. Al termine fui invitato a collaborare dall’allora presidente Auser e direttore del giornale Tomaso Minuto. Iniziò per me un’esperienza nuova e diversa dal lavoro, in una officina meccanica, per una vita in mezzo a macchine utensili e acciaio. Ho affrontato con entusiasmo il nuovo “lavoro” e ho dedicato la mia attività particolarmente al recupero della memoria. Ho scritto ricordi personali di quando ero bambino, della guerra e del dopo guerra. Con Carmen Parodi abbiamo pubblicato, in un inserto, una breve storia di Savona. Successivamente, dopo una minuziosa ricerca in biblioteca sui giornali editi a Savona tra il 1850-1875, ho scritto articoli sulla vita di allora. Questi articoli dimostravano come in quel periodo era iniziato lo sviluppo della città:l’avvio e la realizzazione delle ferrovie che hanno collegato Savona a Genova, Ventimiglia, Acqui e Torino attirando nuove industrie, anche straniere, sul nostro territorio. L’impegno nella redazione e nel volontariato mi ha dato l’opportunità di fare molte conoscenze, nuovi amici su cui contare, un mondo a me sconosciuto ma di grande importanza per le persone anziane. 4 I nostri dieci anni Una scoperta gratificante Impegno e testimonianza Quarantadue anni di lavoro mi hanno tenuto continuamente lontano da casa. L’abitudine all’impegno costante, dentro e fuori l’orario effettivo, mi avevano nascosto alcune modeste aspirazioni che solo a seguito del pensionamento ho potuto scoprire. L’occasione si è presentata in concomitanza con il desiderio di dedicare un poco del mio tempo al volontariato. Nell’Auser ho trovato l’ambiente e il clima adatto per esercitarlo. Compatibilmente con gli altri impegni, naturalmente. In questa nuova veste, la mentalità di un pensionato, parlo per me, può correggere il concetto dell’età coronando il proprio ego di un salutare ottimismo. D’altra parte il temperamento e le abitudini consolidate nel tempo, se non rivitalizzate, potrebbero indebolirsi fino a cedere alla pigrizia. Dopo molti anni debbo riconoscere di essere orgoglioso del mio modesto contributo ad “AuserSavonaNotizie”. Un impegno che mi ha gratificato e mi gratifica. Ricordando i primi numeri in pochi fogli pinzati, senza fotografie, un bollettino e nulla più, non posso evitare il confronto con quello che è oggi. Una rivista al servizio, non solo dei pensionati, ma dell’intera comunità. Nel 2004 ho partecipato al corso “Recupero della memoria” organizzato dall’Auser. Da allora faccio parte della redazione di Ausersavonanotizie. Quell’esperienza mi ha consentito di scrivere i miei ricordi ma mi ha anche stimolato a proseguire nella scrittura utilizzando le mie conoscenze lavorative e di partecipazione sociale. Ho così iniziato a scrivere su i vecchi mestieri e i miei ricordi di infanzia cercando però di renderli attuali e di collegarli a fatti di oggi. Far parte della redazione di un giornale richiede impegno e costanza e io devo fare i conti con i tanti impegni che, nonostante l’età, ho ancora. Partecipare attivamente alla vita di una associazione di volontariato come l’Auser mi consente di rimanere in contatto con il mondo dell’impegno e della solidarietà, due elementi che hanno caratterizzato da sempre le mie esperienze di vita. Il mio lavoro di vigile urbano non mi ha mai consentito di girarmi dall’altra parte di fronte a situazioni di disagio o di sopraffazione, mi ha abituato a guardare e intervenire in quello che mi circondava e ancora oggi lo sto facendo e scrivo, in fondo, solo quello che vedo e mi è vicino. 5 L’analisi NUOVA LEGGE ELETTORALE E SCENARI POLITICI Prevista l’abolizione dell’elettività al Senato. Quattro seggi alla Camera dei deputati per la Circoscrizione Savona-Imperia. Con i voti del 2012: due al Movimento 5 Stelle, uno a testa a Pd e Forza Italia La sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale ha rappresentato un vero momento storico nella complessa vicenda del sistema politico italiano: per la prima volta, la legge elettorale è stata dichiarata illegittima. La determinazione di un gruppo di avvocati milanesi ha permesso di sanare un “vulnus” evidente che la legge, varata in fretta dal governo Berlusconi su elaborazione del leghista Calderoli, aveva inferto alla democrazia in Italia. Una legge che era stata emanata soltanto allo scopo di evitare una disfatta per il centrodestra in termini di seggi, visti i sondaggi sfavorevoli circolanti alla vigilia delle elezioni 2006 (una sconfitta che, alla fine, si registrò soltanto alla Camera per soli 24.000 voti). Un esempio di come non si dovrebbero fare le leggi elettorali, sulle quali si incardina il funzionamento della democrazia: una legge elettorale che, pure se confrontata tra gli attori presenti in quel momento nell’arena politica, dovrà avere in sé un respiro sistemico, prevedere a lungo termine il funzionamento del sistema, agire in un quadro di pesi e contrappesi nella gestione del potere, garantendo insieme la rappresentatività politica, e la governabilità. Sicuramente ebbe un respiro sistemico la legge elettorale proporzionale adottata dall’ Assemblea Costituente che garantì il funzionamento della democrazia italiana per un lungo periodo: dal 1948 al 1992. La sentenza della Consulta non ha lasciato il Paese privo di un sistema elettorale, perché ciò che ne risulta è un sistema applicabile rispettando, appunto, i dettati della stessa Corte. Va analizzato allora quanto elaborato nei giorni successivi alla sentenza, in particolare attraverso il cosiddetto “patto Berlusconi/Renzi” dal quale è scaturito un testo che, al momento, è appena approdato alla discussione alla Camera dopo aver passato il vaglio della Commissione Affari Costituzionali (vaglio che ci fu anche per la legge precedente e, quindi, non significativo rispetto agli eventuali profili di incostituzionalità). Il progetto di legge in questione contiene questi elementi principali: una suddivisione del territorio in “piccole circoscrizioni” di livello interprovinciale o intraprovinciale all’interno delle quali eleggere su lista bloccata e con il metodo d’Hondt, dei quozienti successivi, 4 o 5 deputati. L’assegnazione di un premio di maggioranza di 92 seggi alla lista o alla coalizione che superi il 37% dei voti; nel caso che nessuna lista pervenga a tale percentuale, si svolgerà tra le prime due liste o coalizioni un turno di ballottaggio per l’assegnazione del premio previsto: questo a garanzia della governabilità. Allo scopo di evitare la frantumazione del sistema politico-istituzionale sono previste, inoltre, soglie di sbarramento: al 4% per le liste in coalizione (con una soglia del 12% per la coalizione stessa) e dell’8% per le liste non coalizionate. Un progetto di legge elettorale, questo nato dal cosiddetto “patto Berlusconi/Renzi” che, al netto delle modificazione che l’Aula di Montecitorio potrà apportare, presenta almeno tre punti sui quali pare non realizzarsi la concordanza con quanto previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale, ricordata all’inizio: 1) permane l’abnormità del premio di maggioranza, all’incirca il 50% dei voti ottenuti dalla coalizione vincente; 2) sono confermate le liste bloccate; 3) il progetto prevede l’abolizione dell’elettività del Senato (la prevede oggettivamente, beninteso, perché appare 6 impossibile pensare a un doppio turno di ballottaggio per Camera e Senato che potrebbe anche fornire esiti difformi nella formazione delle maggioranze, in quanto Camera e Senato sono votati da platee elettorali differenti). Occorre ricordare un altro elemento molto significativo: il progetto pare puntare a una governabilità di tipo bipolare, mentre il sistema politico italiano, almeno a giudicare dall’esito delle elezioni 2013, pare assestato su tre grandi minoranze, una delle quali, almeno al momento, anti-sistemica e quindi indisponibile per combinazioni di governo. La materia è molto complessa e i punti in discussione importanti e non (facilmente) risolvibili nell’immediato. Se il progetto di legge presentato alla Camera dovesse restare inalterato, almeno nelle sue linee, cosa potrebbe accadere dalle nostre parti, in caso di elezioni? Sono in discussione molti progetti di suddivisione territoriale delle circoscrizioni. La più probabile per la provincia di Savona è quella dell’accorpamento con la provincia di Imperia, con quattro deputati da eleggere, almeno in prima battuta (un altro potrebbe essere eletto con l’assegnazione della quota di maggioranza alla coalizione vincente). Per formulare un’ipotesi appena plausibile è necessario ricorrere ai dati usciti dalle urne nel 2013. Il partito di maggioranza relativa è stato, nelle due province di Savona e Imperia, l’M5S con 97.538 voti che, con il sistema elettorale in discussione, consentirebbero l’elezione di due deputati; un parlamentare ciascuno invece sarebbe assegnato al Pd con 65.282 voti e all’ex Pdl (ovviamente non è possibile, in questo momento calcolare la quota del Ncd) con 64.644 voti. La situazione però e tutta in movimento e i dati sopra riportati possono essere considerati come appena, appena indicativi. L’opinione DISAGIO E RIBELLISMO, MISCELA ESPLOSIVA LUCIANO ANGELINI * Tutti i giorni può capitare di incontrare, nelle piccole come nelle grandi città, persone preoccupate, deluse, arrabbiate, intristite. Rassegnate. I più anziani passeggiano nei giardini, riposano stancamente sulle panchine, cercano calore, in tutti i sensi, nelle società di mutuo soccorso, nei circoli sportivi, alle bocciofile. Poi c’è l’esercito di chi lavora negli uffici, negli ospedali, nelle ferrovie, nelle fabbriche, nelle caserme: sono persone, lavoratori, operai, impiegati. La sera salgono su treni senza orario o su pullman improbabili, tornano a casa in auto, salgono scale con i muri sbrecciati e scalini sconnessi, girano a lungo alla ricerca di un posto dove parcheggiare la macchina, e convivono con pensieri sempre più tormentati. Di queste persone non si parla mai, o se ne parla troppo poco. E sono migliaia e migliaia. Bastano invece poche centinaia di esagitati, esaltati da slogan impresentabili e inaccettabili in un Paese civile, per scaldare i media, muovere taccuini, microfoni e telecamere; per esprimere una protesta cavalcata senza regole, né prospettive; per mostrare una muscolarità tra folkloristico e spregiudicato nell’impedire la normalità di tutti i giorni a gente che lavora, ha famiglia, lotta contro la morsa del fisco e della burocrazia, fatica ad arrivare in fondo al mese, a milioni di persone che non capiscono perché il Paese generi piccoli mostri, perché la politica da decenni non sappia rispondere alle esigenze dei cittadini, alla sempre più pressante richiesta di un presente normale e accettabile e di un futuro migliore, trovi alibi e schermi dietro cui ripararsi. Ma sarebbe errore grave e anche pericoloso sottovalutare l’origine e le disastrose conseguenze sul piano sociale e politico di una crescente deriva populista e pericolosamente ribellista, già a suo tempo cavalcata dalla Lega Nord e poi esasperata dall’irrompere del grillismo, con tutto un corollario di provocazioni di deriva estremista, ultimo in ordine di tempo l’indegno attacco al presidente Napolitano, definito “boia” dal deputato Girgis Sorial. Senza dimenticare, né sottovalutare le scomposte quanto intollerabili manifestazioni dei Forconi e del Movimento 9 dicembre. La protesta non nasce per caso, cresce e si alimenta tra le più diverse classi sociali con il dilagante malcontento, con il coinvolgimento e l’impoverimento del ceto medio, con la rabbia di fronte al malcostume di certa classe politica di vario ordine e grado, con il disagio di milioni di famiglie. Una situazione che attraversa ogni attività: dagli ambulanti ai liberi professionisti, dai camionisti agli artigiani, dai piccoli imprenditori ai titolari di imprese turistiche, dai commercianti agli agricoltori, dagli operai ai dipendenti pubblici, mentre cresce giorno dopo giorno l’esercito dei senza lavoro e dei nuovi poveri, ormai un esercito. C’è un disagio a tratti insostenibile e che non trova risposte adeguate e puntuali in una politica assente, incapace di emendarsi e di riformarsi in ogni sua articolazione, prigioniera dei suoi privilegi di casta e degli intrecci voraci e perversi delle gerarchie della pubblica amministrazione. L’Italia della gente comune è sola di fronte ad una crisi che sembra non risparmiare nessuno, madre del disagio e di un insopportabile malessere. E solo il volontariato, ancora una 7 volta, in ogni sua branca, cattolica e laica, si dimostra capace di rispondere “presente” alle richieste di aiuto, surrogando le assenze dello Stato. C’è un’Italia che annaspa, soffre, non ce la fa, stremata dalla mancanza di lavoro (i disoccupati sono oltre il 12 per cento) e di prospettive per milioni di giovani (oltre il 42% in cerca di occupazione), oppressa dalla pressione fiscale, dissanguata dal dilagare della spesa pubblica, esasperata dalla mancanza di risposte e prospettive, esasperata da una classe politica incapace di riformarsi, aggrappata agli scranni del potere, divoratrice di quattrini pubblici in ogni branca dello Stato, dal centro alla periferia, sino ai vertici della amministrazione pubblica. Ma non è più tempo per tracheggiamenti, rinvii, falsi annunci, promesse non mantenute, palleggiamento di responsabilità, ricerca di alibi, rito parolaio mentre le aziende chiudono, le vetrine si spengono a ritmo incalzante, i disoccupati aumentano in modo esponenziale, le famiglie arrancano. La politica ha il dovere e la responsabilità di cogliere e comprendere il peso e il rischio crescente del malcontento ormai dilagante da Nord a Sud. Il tempo è scaduto. E’ il momento di dare risposte rapide e concrete. Ne va del futuro dei nostri figli e nipoti. E dell’esistenza stessa della democrazia. *Giornalista 8 marzo/Giornata della donna IL PATRIMONIO DELLA STORIA E L’IMPEGNO DELL’ATTUALITÀ Il nostro dovere di non lasciare ragazze e ragazzi in balia dell'analfabetismo sentimentale ILARIA CAPRIOGLIO È doloroso constatare come sia ancora necessario celebrare l'8 marzo dopo oltre un secolo dalla sua istituzione: la Giornata Internazionale della Donna nacque ufficialmente negli Stati Uniti, il 28 febbraio 1909, su impulso del Partito socialista americano che organizzò una manifestazione a sostegno del diritto delle donne al voto. Nel 1911 vi fu il tragico incendio nella fabbrica Triangle di New York che causò la morte di 146 lavoratori, per la maggior parte operaie immigrate, e, nel 1917, avvenne la protesta delle donne di San Pietroburgo che chiedevano la fine della guerra. In Italia la Festa della Donna si celebra dal 1922: nel corso dei decenni le donne hanno ottenuto la personalità giuridica e il diritto di voto, l'abrogazione della legge sul matrimonio riparatore, sul delitto d'onore, sulla penalizzazione dell'adulterio femminile, l'abolizione della discriminazione presente a livello retributivo nei Ccnl, la potestà genitoriale in sostituzione della patria potestas, la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, la creazione di un Comitato per le pari opportunità e la rubricazione dello stupro come crimine contro la persona e non più contro la morale... Archiviato un '900 ricco di conquiste fondamentali ci siamo affacciate al XXI secolo maggiormente libere ed emancipate, grazie alle battaglie delle nostre nonne e delle nostre madri cresciute sui testi di Simone De Beauvoir. Ma, invece di mettere a frutto il patrimonio ricevuto in eredità, siamo state travolte dall'eccessiva competizione fra di noi, una sorta di misoginia fra simili, per affermarci nella società. Ci siamo scontrate con la pesante e immutata responsabilità per le cosas de la vida, dall'accudimento dei figli a quello degli anziani. Ci continuiamo ad accollare il peso di tutte quelle attività destinate a celebrare i legami di parentela e a mantenere i rapporti sociali e il prestigio della famiglia. Siamo diventate schiave del good looking, di una bellezza intesa come sinonimo di magrezza e gioventù: un modello veicolato dai media che induce a vivere le proprie peculiarità corporee nell'imbarazzo e nel disagio, per la sproporzione fra la tipologia socialmente richiesta e l'immagine del proprio corpo che si rispecchia negli sguardi e nelle reazioni altrui. Un fenomeno che ha reso possibile il dilagare dei disturbi del comportamento alimentare, prima causa di morte per malattia fra le adolescenti, o del ricorso massiccio alla chirurgia estetica con i 450mila interventi registrati solo nel 2010 in Italia. Ci siamo scoperte vulnerabili, vittime e carnefici al contempo di una relazione sempre più superficiale con l'altro sesso. Nell'odierna società senza limiti si offre e si consuma una sessualità disinibita, amplificata dalla pornografia virtuale, estrema e pericolosamente a portata di click. Il costante bombardamento di immagini e filmati altamente erotizzati, indotti anche dal mondo della pubblicità e della televisione, sta alimentando condotte drammaticamente violente. Siamo smarrite davanti alla caduta del dogma del nostro istinto protettivo, che credevamo tenacemente insito nella figura femminile: le cronache giudiziarie evidenziano, infatti, come ad abusare dei minori siano, nel 5% dei casi, madri incestuose, maestre, baby-sitter o sugar mamas. Anche il mito dell'amore materno sta vacillando, condizionato da quell'ambiguità che ci lascia perennemente sospese fra l'essere madri e l'essere matrigne; private come siamo di quella rete di protezione rappresentata, in passato, dalla famiglia matriarcale nella quale nonne, zie o vicine di casa, intrecciando rapporti affettivi, non permettevano alla puerpera di sprofondare nella solitudine e nel senso di inadeguatezza. Affinché l'8 marzo passi dalla storia all'attualità dedichiamolo indistintamente alle giovani donne e ai loro coetanei, in quanto lo smarrimento che stanno vivendo, per la mancanza di modelli autorevoli ai quali ispirarsi, non conosce distinzione di genere. Assumiamoci la responsabilità di insegnar loro, con l'esempio quotidiano, il rispetto per la diversità e la capacità di andarsi incontro accettando difetti e debolezze. Con il progetto di sensibilizzazione sugli effetti della pressione mediatica, che porto nelle scuole italiane, mi confronto con adolescenti ansiosi di emergere anche mediante la prevaricazione, figlia dell'insicurezza e della paura. (segue a pagina 9) 8 (da pagina 8) Chi è Sono giovani sempre connessi ma terribilmente soli: la loro solitudine la urlano in un post diffamante, l'affogano nell'alcool, la soffocano con l'eccesso di cibo, la rendono visibile con tagli o tatuaggi. Contrastiamo la deriva alla quale stiamo assistendo, formando una rete di supporto che stimoli gli adolescenti a sviluppare la competenza sociale. Non lasciamoli in balia dell'analfabetismo sentimentale, nel quale noi adulti stiamo naufragando per aver smarrito sentimenti quali l'empatia e la compassione. Educhiamo i giovani perché riescano dove noi abbiamo fallito. Auspichiamoci costruiscano un'epoca di bilanciamento, nella quale potranno percepirsi semplicemente come esseri umani: fiocchi di neve tutti bianchi ma tutti differenti che, attraversando il cielo dell'esistenza, danzeranno sulla melodia del rispetto e della collaborazione. Ilaria Caprioglio, avvocato, sposata, tre figli. Autrice dei romanzi Milano Collezioni andata e ritorno (2008), Gomitoli srotolati (2010), Come sopravvivere @ un figlio digitale (2012), del manuale di corretta alimentazione Mi nutro di vita (Liberodiscrivere Edizioni, 2001), del saggio Senza limiti. Generazioni in fuga dal tempo (2014, Sironi Editore Vice-presidente dell'associazione Mi nutro di vita, impegnata nella lotta ai disturbi del comportamento alimentare è ideatrice della Giornata nazionale del Fiocchetto lilla. Membro del Cd del Circolo degli Inquieti, responsabile della redazione del bimestrale culturale La Civetta, collabora con la Festa dell'Inquietudine e il Festival dell'Eccellenza al Femminile. Socia ad honorem dell'associazione Amici Centro Oncologico Pietro Bianucci; presidente del collegio dei probiviri dell'associazione A.M.A.Li; promuove nelle scuole italiane progetti di sensibilizzazione sugli effetti della pressione mediatica. NOI, MAGLIA NERA IN EUROPA PER L’OCCUPAZIONE FEMMINILE Dal 2009 i continui e sistematici tagli ai servizi pubblici, alla scuola e alla sanità hanno peggiorato le condizioni di vita delle famiglie con ricadute pesanti sulle donne e non solo FULVIA VEIRANA * È’ difficile inquadrare correttamente in quale modo le donne subiscono gli effetti della crisi, la più devastante e lunga degli ultimi decenni. È altrettanto complicato dire se e come ci sia una differenza fra generi nel subirla e nella possibilità di reagire. Quello che è certo è che la famiglia in generale e le persone hanno dovuto stravolgere abitudini e consumi negli ultimi quattro anni. Dal 2009 sono iniziati i tagli ai servizi pubblici. La scuola ha ridimensionato gli orari e la qualità del servizio in modo drastico producendo da subito due effetti: la necessità per le famiglie, ancora in molti casi per le mamme, di riorganizzarsi con tutti gli strumenti possibili per poter fornire un supporto ai figli ed una caduta pesante della qualità dell’istruzione. La sanità ha ridotto i posti letto senza strutturare servizi adeguati sul territorio producendo una vera emergenza, soprattutto nell’accudimento delle persone anziane. Oggi chi ha un’emergenza di questo tipo si trova ad affrontare tempi d’attesa per l’inserimento dei familiari in strutture adeguate e, molto spesso, a dover pagare rette che non può permettersi. Sulle famiglie, solo partendo da questi due esempi, gravano ancora di più le cure spesso anche riattribuendole ruoli che non sempre è in grado di assolvere. Non sempre, però, sono le donne a farsene carico. Dipende da come la crisi colpisce. Quando in famiglia c’è uno degli adulti disoccupato, a lui o lei vengono delegate le funzioni di cura ed assistenza. Questa scelta, ovviamente innesca un vortice: gli anziani non stanno più nelle strutture e le strutture licenziano il personale (per la gran parte donne…). Un bel salto indietro. Fino al 2009 si parlava di come coniugare i tempi di vita e di lavoro, ora il problema è il lavoro ed il reddito per garantire di uscire dalla soglia di povertà. Dalla discussione sugli orari, si passa alla discussione sulla sussistenza con un incremento vertiginoso del lavoro nero, sottopagato e senza regole. La crisi, quindi, non fa che accentuare una condizione della donna che nel nostro Paese è fra le più arretrate d’Europa, ma per poter tornare a conquistare dignità per le donne, bisogna partire dal creare occasioni di lavoro stabile e dall’idea che nella situazione in cui siamo, per riprendersi, bisogna guardare il mondo dalla parte delle persone più deboli: disoccupati, cassintegrati e pensionati in primis. La battaglia sarà lunga, ma non ci si può arrendere. * Segretaria Camera del Lavoro Savona 9 Voci dal volontariato DA 24 ANNI IN CAMPO PER COMBATTERE LA VIOLENZA SULLE DONNE ELIGIA CAMERA* Far parte della Consulta provinciale femminile è l’opportunità concessa dall’Amministrazione provinciale ai movimenti femminili, siano essi associazioni, sindacati, partiti. Dunque una felice opportunità offerta alle donne non solo per rilanciare nello spazio pubblico le istanze di appartenenza, ma per esprimere la molteplicità e la specificità del punto di vista femminile, roppo poco valorizzato in una società che si vuole moderna e democratica. Ed il “Telefono donna” da tempo ne fa parte, essendo nato come servizio legale per donne in difficoltà, proprio in seno alla Consulta quando la società, ormai ripiegata su se stessa, sembra perdere di vista la pratica e il principio dell’umana solidarietà. Ed è così che fioriscono in tutta Italia le molteplici linee telefoniche in soccorso a disagi e sofferenze altrimenti taciute. È il tempo di uno spontaneo, generoso, ancorché impreparato volontariato che, sensibile al valore della domanda, si fa prossimo, nella misura in cui può. Anche la nostra città nel 1990 si dota di un Centro d’ascolto conseguente all’ormai consolidato servizio legale, svolto generosamente dall’avvocato Angela Accamo in sinergia con un’equipe di avvocate e psicologhe. Dapprima numero verde a carattere nazionale, il “Telefono”, retto da un gruppo di appassionate volontarie opportunamente preparate, passando a telefonia tradizionale, oltreché offrire consulenza legale e psicologica, iniziò sul territorio un’intensa attività di sensibilizzazione intorno al disagio della donna nella società moderna. enza fondi ma con l’assoluta convinzione di svolgere un servizio utile alla condizione femminile, il “Telefono”, diventato associazione sotto l’attiva presidenza di Giuliana Peluffo, invitò figure professionali a trattare le tematiche incontrate sul filo, senza tralasciare di dibattere i temi cruciali emergenti (migrazione, disagio transculturale, ecc). Perché ricordare quanto sopra? Perché quando la memoria fa difetto e ogni evento è appiattito sul presente, ricordare la funzione sociale del “Telefono”, significa riflettere sulla solitudine del nostro tempo, dove ogni parola di conforto, se proprio non è l’atteso rimedio, è pur sempre una diluizione del disagio e della solitudine stessa. E per quanto riguarda la specificità dei telefoni per le donne, significa prendere atto che essi sono stati i primi osservatorii del disagio femminile, ma anche efficaci palestre di autoconsapevolezza e pertanto precursori dei più strutturati Centri antiviolenza.Già, i Centri antiviolenza! Fa specie in tempi moderni constatare l’esistenza di tali strutture,ma la violenza contro la donna ha assunto oggi una tale ferocia e frequenza da meritare un’ampia riflessione sulle cause culturali di un fenomeno tanto odioso quanto (tacitamente) tollerato, sì da rischiarne la “normalizzazione”. Occorre intanto osservare che la violenza è una risposta-sbagliata- alla modernità che richiede un cambio di passo, nuova cultura, nuova identità, che nella donna sotto la spinta emancipativa si va compiendo, mentre nell’uomo stenta ad affermarsi. Nondimeno occorre dotare le nuove generazioni di un’educazione emotiva capace di promuovere una matura affettività, in vista di relazioni altre impostate sullo scambio, l’empatia, la reciprocità; tutte premesse fondamentali per un’adulta, responsabile sessualità. Premesse, viceversa, mancanti nella maggior parte dei rapporti a carattere fusionale, dove angusto è lo spazio della libertà, dell’autonomia e della crescita personale. Ed è questa la tematica che il “Telefono donna”, oggi Centro antiviolenza, porta avanti nelle scuole, con buona soddisfazione della presidente Luciana Nanni e di tutte le volontarie impegnate in questa non facile attività. *Membro Consulta prov.le femminile e “Telefono donna” Via Sormano 12, Savona Tel. 0198313399 mai:[email protected] IL DRAMMA DI BEATRICE A Telefono Donna è un giorno di normale attività. La volontaria di turno si appresta a leggere le mail appena giunte; squilla il telefono: Beatrice una giovane donna, trasferitasi da poco a Savona a seguito del marito. Racconta che quello che sembrava essere un rapporto fatto di amore e rispetto si era tramutato presto in un incubo dentro le mura domestiche.Beatrice si sente sola, ingannata, prigioniera in casa sua. Racconta, piangendo, che suo marito la picchia e la tradisce. La violenza, fisica e psicologica, aumenta di giorno in giorno; lui peraltro gestisce anche l’aspetto economico e lei si sente con le mani legate e isolata socialmente. Ha trovato la forza di chiamare il Telefono Donna anche per tutelare il suo bambino di pochi mesi. Da quel giorno inizia un percorso fatto di telefonate che mettono sempre più in evidenza la solitudine e le difficoltà che la giovane si trova ad affrontare da sola. Nel giro di alcuni mesi la situazione non sembra migliorare; il marito incomincia anche a fare delle richieste sessuali particolari. Ai rifiuti di lei seguono botte. Beatrice però, un giorno finalmente sostenuta da Telefono Donna inizia un percorso di rinascita accettando di andare dalla psicologa dell’Associazione, trovando poi il coraggio di separarsi dal marito violento e decidendo infine di trasferirsi in una località vicina alla sorella alla quale finalmente ha avuto il coraggio di raccontare la sua storia. 10 Viaggio nel disagio sociale UNA GIORNATA ALLA MENSA DELLA CARITAS Ogni giorno un centinaio di ospiti, per la metà stranieri, in aumento gli italiani. Tra i “nuovi poveri” numerosi savonesi, disoccupati in difficoltà per pagare l’affitto e comprare gli alimenti DOMINICA PICCARDO La sala è abbastanza grande, arredata semplicemente: 12 tavoli con 48 posti a sedere, un calcio balilla, un computer, una pila di scatoloni e sul fondo, verso le cucine, il bancone di acciaio inox per la distribuzione dei cibi. Sulla porta di ingresso campeggia la targa di marmo in memoria di Ambrogio Aonzo, cittadino, medico e benefattore. La mensa Caritas di via De Amicis si presenta così: linda e semplice con un odore misto tra bucatina e ragù. Sono le dodici e mezza di un mercoledì freddo e piovoso di fine gennaio; gli ospiti di mezzogiorno stanno lasciando il locale per affrontare ognuno la propria strada. Mi accoglie Marco Giana, responsabile della mensa. Marco è un quarantenne sorridente e disponibile, parla con me e intanto saluta gli ultimi tre o quattro ospiti che si apprestano ad uscire. “Vengono in mensa un centinaio di persone al giorno, prevalentemente uomini: attualmente abbiamo solo sette-otto donne. A ognuno di loro distribuiamo un solo pasto al giorno, a scelta: a mezzogiorno o a cena. Questa decisione è in linea con le scelte generali di Caritas che prevedano l’impegno delle persone per il loro sostentamento. Ci è stata dettata anche dalla capienza dei locali. Quando ospitavamo cento persone contemporaneamente, a fronte di soli 50 posti a sedere, si dovevano fare i turni per mangiare e c’erano discussioni tra gli ospiti. Così va meglio e tutto si svolge, di massima, tranquillamente. Qualche volta, specialmente la sera quando sale il tasso alcolemico, si crea qualche tensione ma non è frequente. L’ultima volta che sono stato costretto a chiamare la polizia era il 26 gennaio”. Come si accede alla mensa?: “Caritas ha varie strutture per affrontare le problematiche legate alla povertà e all’emarginazione, tra queste il centro d’ascolto che è po’ La mensa Caritas di Savona in via De Amicis il punto di riferimento per tutti un coloro che fruiscono della mensa. Se una persona si presenta la prima volta direttamente qui, la accogliamo e gli offriamo il pranzo ma la invitiamo a recarsi al centro, di ascolto dove, attraverso un colloquio si valuteranno le sue necessità e, se necessario, si darà un tesserino per l’accesso alla mensa. L’autorizzazione dura 15 giorni poi la persona è inviata nuovamente al centro d’ascolto per riprogettare insieme ai volontari un piano di interventi personalizzati che prevedono sempre colloqui periodici e la costruzione di una relazione. Non c’è un termine fisso per la frequenza alla mensa: abbiamo anche persone che vengono da tanto tempo. Oltre ai pasti forniamo anche la colazione, la possibilità di fare una doccia, di usare la lavatrice e l’asciugatrice e sostare nei locali. È un punto di incontro e di socializzazione ma anche un punto di osservazione privilegiato per noi operatori per poter offrire un piano di aiuti personalizzato e rispondente alle caratteristiche della persona”. C’è un identikit dei frequentatori di via De Amicis? “Alla fine dell’anno possiamo verificare che circa la metà sono italiani e gli altri stranieri. La loro nazionalità varia spesso dalle condizioni di tensione internazionale. In certi periodi prevalevano i polacchi e i rumeni, in 11 altri i tunisini e i nord africani; adesso ad esempio stiamo aspettando venti persone da Lampedusa. Insomma dipende da fattori anche molto lontani da noi. Per gli stranieri l’età media varia dai 20 ai 45 anni. Per gli italiani la cosa cambia e l’età si alza addensandosi tra i 40 e i 60 anni. I nostri ospiti arrivano da tutta Italia; spesso sono dei veri “esperti”, scherzosamente li chiamiamo professionisti dei servizi. Li riconosco perché mi chiedono subito se abbiamo vestiti, docce, lamette e altri servizi tipici. Tra i savonesi, invece, abbiamo in prevalenza persone anziane, una decina, di cui un’unica donna. Qualcuno, tra i nostri ospiti, preferisce portarsi via il pasto, non consumarlo comunque qui; alcuni di loro hanno ad esempio la casa popolare. Noi lavoriamo in stretta collaborazione con i servizi del Comune, con il Sert con il Servizio di salute mentale, con la Croce rossa e con varie associazioni dell’area cattolica”. Qual è la situazione dei “nuovi poveri? “Da noi non vengono gli impiegati o i laureati senza lavoro da noi arrivano le persone che magari prima vivevano facendo lavoretti saltuari e con meno fatica sbarcavano il lunario. Adesso per loro il passo verso la vera povertà è stato breve e, purtroppo, non trovano nessun lavoro quindi (segue a pagina 12) (da pagina 11 ) la loro situazione peggiora sempre più. Questo ragionamento vale per la mensa alla quale accedono prevalentemente le persone che sono ai margini ma, al centro di ascolto abbiamo verificato che si rivolgono a noi anche molte famiglie monoreddito, cassintegrati, gente che ha perso il lavoro e che non riesce a far fronte alle bollette, agli affitti, alla spesa alimentare. Per loro, per questa fascia di vulnerabilità che purtroppo va sempre ampliandosi, la Caritas ha altri servizi come la consegna di pacchi spesa o la rete delle parrocchie che intervengono con aiuti vari. Attraverso il computer, che vede qui, posso collegarmi a un programma che mette in rete i nostri servizi e ci consente sia di effettuare segnalazioni sia di evitare doppioni”. Tanti servizi, serviranno tante mani. Chi sono i vostri volontari? “Abbiamo circa 300 volontari di cui 120 sono impegnati nella mensa, in prevalenza donne, pensionate che fanno servizio in cucina venendo alla mensa il pomeriggio dalle 16 alle 18.30 per preparare i pasti; nella fascia dalle 18 alle 19.30 in cui si fa la distribuzione e il riordino dei locali i volontari sono anche giovani che finito il lavoro sono disponibili a dedicare un po’ di tempo agli altri. Prima il nostro volontariato era prevalentemente cattolico, adesso abbiamo molte persone disponibili anche se non sono credenti o non praticanti. Per fare il volontario da noi basta un po’di tempo, anche solo un paio di ore al mese e la disponibilità alla relazione con l’altro, ma anche chi non vuole o non se la sente di stare a contatto con la gente può essere molto utile in cucina. Per tutti vale la condivisione dell’etica, dell’idealità e identità della Caritas bisogna insomma condividerne le idee e scelte di fondo”. Ringrazio Marco che, porgendomi la mano, mi saluta con un semplice ma significativo:”Ti aspettiamo”. LA VITA DA INCUBO DELLE DONNE CLOCHARD SEMPRE PIÙ POVERI ORA È ALLARME ROSSO Rapporto 2011 Caritas Diocesana Le donne che frequentano la mensa Caritas di Savona sono circa una decina prevalentemente provenienti dall’Est. Per loro la condizione di disagio è palpabile ma riescono ancora a mantenere una parvenza di “normalità”. L’esperienza degli operatori della Caritas però è che quando le donne (per fortuna in numero assai ridotto rispetto ai maschi) diventano clochard in genere è perché la loro storia le ha portate ai margini molto più, e peggio, degli uomini. Follia, droga, alcoolismo riducono queste persone in condizioni terribili e la vita nelle strade, la notte sui cartoni, la precarietà per loro è assai peggiore che per gli uomini. Vittime spesso di compagni occasionali e violenti, esposte ad ogni tipo di sopruso per loro uscire da questo tunnel è difficile e l’alcool diventa rifugio, a basso costo ma altissimo prezzo, per lenire il dolore. Info Caritas MENSA DI FRATERNITÀ via De Amicis 4 Savona Pasto completo: tutti i giorni pranzo 11.30 cena 18.30 Pacco viveri il mercoledì 9-11 LA COMETA via De Amicis 4 Savona bar bianco, accoglienza, attività ricreativa dal lunedì al venerdì 16-18 CENTRO ASCOLTO DIOCESANO Via Mistrangelo 1/1 Savona Segretariato sociale, ascolto, accesso ai servizi, accompagnamento. Lunedì, martedì, mercoledì e venerdì dalle 9-12 SPORTELLO EMERGENZA ABITATIVA Via Mistrangelo 1/1 Savona CASA ACCOGLIENZA NOTTURNA via Guidobono 14 Savona Accoglienza maschile d'emergenza 10 posti tutti i giorni 20.30 - 7.30 CASA BETANIA via Guidobono 14 Savona accoglienza femminile d’emergenza 5 posti tutti i giorni 20.30-7.30 12 L’allarme povertà è sempre più forte. Nel 2010 la Caritas Diocesana di Savona ha registrato un forte aumento delle richieste di aiuto. Gli otto Centri di Ascolto presenti nella Diocesi hanno incontrato 2.293 persone che rappresentano l’1,5% della popolazione residente. Di queste persone circa il 57% sono nuovi poveri che hanno effettuato circa 11.000 passaggi ossia il 15,3% in più rispetto al 2009. Nelle parrocchie si rivolgono per lo più persone straniere (76%), mentre nel Centro ascolto gli italiani rappresentano il 46%. Rispetto al 2009 si è registrato un incremento del 13% delle persone italiane. La provenienza degli stranieri conferma sostanzialmente il dato dello scorso anno: 51,8% Europa dell’est, Balcani; 23,7% America Latina; 20% Africa; 5,2% Asia; Ucraina, Albania, Romania, Marocco ed Ecuador. Già il dato delle presenza conferma che la povertà va a toccare una porzione sempre più consistente di popolazione, considerando il fatto che si arriva ai Centri di Ascolto quando la situazione è ormai quasi del tutto compromessa; mentre prima si cercano strade di sostegno che, spesso, invece di risolvere, accrescono la situazione debitoria e critica del nucleo familiare o del singolo. Non riuscire a sostenersi: è questo il volto comune della povertà. Può essere espresso attraverso la mancanza di lavoro, l’affitto o il mutuo troppo caro, non riuscire a far fronte alle bollette o alle spese di gestione ordinaria. Tocca giovani, famiglie, pensionati, nuclei disgregati o con problematiche legate alla malattia mentale, anziani soli con malattie croniche e degenerative, persone straniere in cerca di nuove opportunità oppure che non ce l’hanno fatta ad integrarsi. A queste esigenze la Caritas ha risposto erogando aiuti in generi alimentari: 7.313 pacchi viveri dalle parrocchie pari a circa 44 tonnellate di cibo, mentre la Mensa di Fraternità ha erogato 4.050 pacchi viveri e 32.302 pasti. Se dovessimo calcolare il numero di pasti complessivo avremmo un dato che si assesta intorno agli 82.000, ossia il 18% in più rispetto al 2009. Cinema e disagio sociale Dal neorealismo di “Ladri di biciclette” e “Miracolo a Milano” all’America de “La vita è meravigliosa” QUANDO AL CINEMA LA POVERTA’ DIVENTA ARTE Una lezione che in tempi di crisi, di truffe pubbliche e private, di amoralità arrembante, di disvalori della politica, dovrebbe essere ricordata e insegnata nelle scuole. E un monito per rialzare la testa NATALINO BRUZZONE* privilegiata, non si trasformasse in una palude nella quale affogare in perfetta “letizia”. Una lezione che in tempi agri di crisi e di truffe pubbliche e private, di amoralità stringente, assediante e arrembante, di disvalori della politica, dovrebbe essere rimembrata e insegnata se le scuole, magari, non considerassero la classicità come sinonimo di antichità desueta e come nemica di una modernità rappresentata dall’abbuffata di tecnologia. Tutto il cinema, non solo il vecchio neorealismo degli stracci che volano in primo piano, è trapunto di ammonimenti: dall’America di Frank Capra (“La vita è meravigliosa”) all’Inghilterra rabbiosa di Ken Loach (“Piovono pietre”, per esempio) alla Padania di Ermanno Olmi (“L’albero degli zoccoli”). La povertà che fa male, ma diventa arte. Una bella vendetta su quel ricco che se alza con il naso non è perché sia spocchioso o raffreddato. Non si vive di sola Borsa. Ma il cinema è il cinema. Nella realtà, che borsa si scriva in maiuscolo o in minuscolo, invece, le cose cambiano. E per farle mutare nell’indirizzo di quanto visto in proiezione non c’è che scegliere come e quando rialzare la testa. Homo sine pecunia est imago mortis. Sarà anche vero (e purtroppo spesso tragicamente lo è) che una persona senza denaro sia l’immagine della morte o della lenta consunzione di se stesso e dei propri cari, ma, nel fantastico a 24 fotogrammi al secondo, realista o meno, e quindi nell’invenzione della storie raccontate attraverso il movimento dei corpi, può diventare anche uno specchio del cinema. Sullo schermo, povertà è bello? Sì, se si astrae il contingente, quindi la posizione economica, e la si trasferisce in una dimensione estetica. Così che l’indigenza venga metamorfizzata quale fonte di ricchezza, anche se non materiale, ma spirituale, di crescita, di esempio e di speranza. Non sempre i “brutti e sporchi” (con le tasche leggere anzi impalpabili) sono cattivi. Vale il contrario. E gli apologhi etici firmati Vittorio De Sica, le favole belle e crudeli del neorealismo, sono una prova che la dovizia del soldo o il benessere non sono essenziali per capire il nocciolo della questione: la morale della vita. “Ladri di biciclette”, “Sciuscià”, “Miracolo a Milano, “Il tetto”, “Umberto D.”: diseredati, pensionati che pensano al suicidio, barboni creativi (allora i termini non politicamente corretti non era una forca caudina di quel radicalismo chic molto più moda che vero rispetto), gioventù allo sbando, operai senza fissa dimora costretti in una notte a costruirsi un’abitazione abusiva e poveracci che privati del mezzo di lavoro cercavano di rispondere all’atto illegale con la loro impossibilità a clonarlo, sono molto di più che un album di figurine dei ricordi del come eravamo e non saremo più stati (?). Rappresentano un popolo che , nonostante non sappia come mettere insieme la colazione con la cena, lotta, si dispera, ma non si arrende anche con piccoli atti di ribellione individuale perché l’oppressione, gestita da un Potere immemore della ragioni del singolo e di quelle di una comunità non *Giornalista e critico cinematografico Auser Provinciale Savona via Boito 9 rosso 13 Merci e mercanti COSA SI PUÒ CAPIRE TRA I BANCHI DEGLI AMBULANTI Gli italiani hanno ceduto l’attività a cinesi, marocchini, pakistani e indiani. Merce a basso costo ma a caro prezzo: lo sfruttamento dei lavoratori al limite della schiavitù. La pesante lezione della strage di Prato MARIO TISSONE non lo trovai più. Forse si era accorto che di mercati me ne intendevo anche più di lui. Proseguendo nel mio giretto in quel mercato di periferia mi avvicinai al banco di un pakistano che vendeva oggetti per la casa: da uno a 5 euro il prezzo dei piccoli utensili Era un banco lungo e stretto con sopra un po’ di tutto: presine, ganci, viti, accendigas, ventagli e altro ancora. Osservai alcune cose tra cui una rotella in metallo da cinque metri, di quelle usate dai muratori e dai falegnami: in un negozio mi sarebbe costata oltre 10 euro. in quel banco solo tre euro. Esaminando meglio l’oggetto vidi che era prodotto nella Repubblica Popolare Cinese. Mi chiesi come poteva costare così poco la merce. Feci alcune riflessioni calcolando il prezzo degli oggetti venduti ad un solo euro: tutti “made in China” con mano d’opera a costi bassissimi. Mi chiesi quanto potevano dare agli operai cinesi visto che partecipavano a costituire il prezzo sul banco la mano d’opera, il materiale, il trasporto, il grossista e non ultimo il guadagno del venditore ambulante pakistano che anche lui doveva pur vivere. Questa storia vera ne evoca altre: l’uomo è sempre più sfruttato, in tutte le latitudini; la sopravvivenza è difficile e lo sfruttamento è sempre più legato a una divinità terribile: il dio denaro. Come bene ha dimostrato la recente tragedia di Prato con i sette cinesi morti nel rogo di un capannone. Nei primi giorni di agosto, come ogni anno, sono andato con mia moglie alcuni giorni in vacanza a Serra di Pamparato, piccolo centro della “Granda”, la provincia di Cuneo chiamata così per la sua estensione territoriale. In quella frazione la domenica mattina, in un piccolo slargo vicino alla chiesa, viene allestito un minuscolo mercato. I banchi di vendita sono attaccati uno all’altro con sopra le merci che gli operatori espongono e che spesso sono le stesse dell’anno prima. Poche persone girano intorno a guardare i banchetti. I venditori, come in tutti i mercati, sono di diverse etnie: marocchini, pakistani, indiani e cinesi pochissimi gli italiani rimasti a esercitare questo tipo di commercio. In una di quelle mattine domenicali, girando tra i banchi, sono stato fermato da una persona anziana: un signore che ha attaccato discorso dicendo che anche lui aveva fatto i mercati nella riviera di ponente a Laigueglia. Mi raccontava che partecipava a un mercato simile a quello, con cinque o sei banchi e che, ai suoi tempi, veniva chiamato “mercato morto” perché si occupavano i posti principalmente per averli disponibili in attesa di tempi migliori. Lo corressi i banchi erano una quindicina e oltre alla strada principale occupavano anche altre traverse. Io, ho fatto il vigile urbano e ho diretto per diversi anni il mercato ambulante di Savona con un numero di banchi che il lunedì superava le 300 unità e con una continuità di apertura di 10 ore. Durante il servizio trovavamo bambini che si perdevano e toccava a noi trovare i loro genitori, i portafogli rubati svuotati del loro contenuto e, non raramente dovevamo sedare risse tra gli ambulanti e ricordo che non si placavano tanto facilmente; infine dovevamo tenere a bada la grande folla che si muoveva intorno ai banchi dislocati per le vie del centro. Allora, c’erano ambulanti che scendevano dal treno trascinando pesanti valige dentro alle quali avevano tutta la loro merce: erano italiani e facevano grandi fatiche. Oggi i nostri giovani non accettano più condizioni così disagiate di lavoro ed è forse per questo che sono apparsi sui nostri mercati ambulanti di etnie diverse. I miei ricordi mi facevano parlare a ruota libera e quando mi voltai verso il mio anziano interlocutore GLI ITALIANI AMANO IL VOLONTARIATO Eurispes: pagella impietosa per le altre istituzioni Volontariato 74,5% partiti 6,5 parlamento e governo 16%. Sono i dati dell’indice di fiducia degli italiani verso le istituzioni contenuti nell’ultimo rapporto Italia dell’Eurispes presentato a Roma a fine gennaio. I cittadini sono sempre più lontani dalle istituzioni, resiste fieramente il volontariato che dal 2008 fino al 2014 ha ottenuto una media costante del 74% di fiducia con un picco dell’82% nel 2010 e del 79,9% nel 2011. Dati che devono far riflettere. Dalla generale tendenza negativa si salvano con fatica e mantenendo i risultati dell’anno precedente, il Presidente della Repubblica e la Magistratura con il 44,2% il primo e il 41,4 la seconda. Ai margini del consenso si attestano invece il Governo, che raccoglie solo il 16% dei fiduciosi, e il Parlamento, che, seppure in crescita rispetto a una fiducia ai minimi storici registrata nel 2013 (9%), non riesce ad andare oltre al 16% dei consensi. Le forze dell’Ordine restano un punto fermo: l’Arma dei Carabinieri in questa classifica si conferma il più importante riferimento istituzionale per gli italiani (69,9%). I partiti (6,5%), fanno peggio dei sindacati (19,2%). La Chiesa cattolica registra invece un positivo “effetto Bergoglio” conquistando il 49% di apprezzamento e fiducia, un bel salto in avanti visto che lo scorso anno si era fermata al 36,6%. 14 “CALAMANDREI”: 1958-1974 STAGIONE INDIMENTICABILE PER LA CULTURA SAVONESE Punto d’incontro e dibattito con il gotha di cultura, politica, storia ed economia:da Ugo La Malfa a Giolitti, da padre Nazzareno Fabretti a Loris fortuna. Sedici anni di impegno dell’inesauribile di Mirko Bottero CLAUDIO TAGLIAVINI Concentrate, per un attimo, la vostra attenzione sull’incrocio tra Corso Italia e Via Paleocapa. Negli anni ‘50 e ‘60 era popolarmente conosciuto come “l’angolo dei misci” (i senza soldi), punto di incontro dei giovani, ma non solo. Il ritrovo ideale, a costo zero, dove si poteva discutere di qualsiasi argomento per arrivare fino al pettegolezzo. Alla politica andava il posto d’onore. Venivano commentati avvenimenti riportati dalla stampa, dalla radio, e per quanto fosse ancora poco diffusa, dalla televisione. Attraverso quelle fonti si percepiva la situazione del momento. Uno dei temi all'ordine del giorno era il nuovo tipo di conflitto che minacciava la pace, cioè:la “guerra fredda”. Si temeva che i cavalieri dell'apocalisse tornassero a cavalcare. Savona, si sentiva molto la presenza delle forze politiche ancorate ad un ideologismo eccessivo. Non dimentichiamo che negli anni cinquanta esisteva l’Unione Sovietica di Stalin, la quale, aveva una notevole influenza sul Pci e anche sul Psi; la Dc subiva direttamente quella del Vaticano. Le rivelazioni di Nikita Kruscev, l’invasione nello stesso anno (1956) e successivamente, nell’agosto del 1968, l’occupazione della Cecoslovacchia, crearono lo scompiglio nel Pci e tra la gente comune. Scompiglio che infiammò anche la vita culturale esistente. Fino ad allora le iniziative venivano prese dai partiti o dalle istituzioni. Ora c’era la volontà di affrontare democraticamente una seria discussione su ciò che di nuovo stava emergendo. All’interno delle strutture partitiche rimaneva, tuttavia, ancora una certa rigidità verso l’esterno. Intellettuali militanti e no, decidono di impegnarsi nella creazione di un polo di attività criticoculturale. Sarà una delle esperienze più interessanti della nostra città. Nel marzo 1958 un gruppo di loro, visibilmente emozionato, si reca in uno studio notarile per ufficializzare l'ambizioso progetto: la creazione del Circolo Calamandrei. Alcuni giorni dopo, viene eletto il primo comitato direttivo composto da: Gerolamo Assereto, Giovanni Burzio, Pier Franco Beltrametti, Arrigo Cervetto, Luigi Chiazza, Gina Lagorio, Maurizio Marrone, Giuseppe Racca, Giovanni Urbani, Gian Franco Zino e Mirko Bottero. Quest’ultimo svolgerà un ruolo particolare,determinante, per la vita del circolo. Sarà l’anima e soprattutto le gambe dell’organizzazione. Ancora oggi, dopo tanti anni, chi lo conobbe non può che riconoscere come essenziale il suo contributo al successo di quella iniziativa. La tenacia, l’intuito organizzativo, impegno costante, supplivano alla modesta cultura personale e infondevano la forza e l’entusiasmo necessari a tutto il gruppo per portare avanti l’agognato progetto. Senza di lui, quel circolo non avrebbe potuto avere la storia che ha avuto. Scrive il senatore Giovanni Urbani sulla Civetta, bimestrale del Circolo degli Inquieti, nel 2004: “Mirko seguiva con attenzione lo scontro politico Ugo La Malfa al Calamandrei presentato da Bottero culturale ma voleva portarlo a Savona attraverso figure note, più o meno famose che si battevano per la cultura di sinistra. Mi sorprendeva che riuscisse a farlo senza soldi, Credo che il suo successo nascesse da quel misto di ingenuità e sfrontatezza nell’approccio. In qualche modo prendeva gli interlocutori e ne stimolava l’interesse. Aveva l’entusiasmo per la cultura dell’operaio consapevole delle proprie ragioni di classe, direi che lo portavano ad avere stima e considerazione per gli intellettuali di sinistra che sentiva dalla stessa parte della barricata ma da pari a pari”. Inizia la vera e propria attività l’anno successivo. Si elegge presidente l’avvocato Pier Franco Beltrametti, che ricoprirà quel ruolo fino al 1974. In un’intervista rilasciata a “Il Lavoro” e “Il Secolo XIX”, dirà: “Siamo nati quindici anni orsono senza eccessive ambizioni, ma con molto entusiasmo. Per noi si trattava di un tipo di opera quasi da pionieri soprattutto se si considera che a Savona fino ad allora non esisteva nulla sul piano culturale”. Ribadirà, la volontà di mantenere intatta la matrice laica ed antifascista, senza peraltro aggregarsi a nessun carro. Perché “Piero Calamandrei”. Il nome voleva essere un doveroso omaggio ad una delle voci più nobili della Resistenza italiana. Nel direttivo non mancavano personaggi impegnati politicamente mantenendo un’identità indipendente. Nonostante ciò si potevano riconoscere in quella piccola organizzazione che liberamente affrontava ogni tema con senso critico senza dover rendere conto a nessuno. Per questo motivo l’atmosfera con i vari partiti risultava piuttosto fredda. Tuttavia non bastò a scoraggiarne l’attività che, a quel punto spostava il luogo del confronto al numero 1 di Via Pia. Ricordo, quella sede. All’entrata, storicamente nobile, seguivano scale di marmo consumato dal tempo. Un atrio piuttosto buio le anticipava. Dopo la prima rampa una porta, meno nobile, introduceva alla sede vera e propria. (segue a pagina 16) 15 (da pagina 15 ) CERAMICA, PSICOLOGIA, SCRITTURA NASCE IL CIRCOLO CULTURALE AUSER Un piccolo ingresso e quindi una sala dal soffitto affrescato. Ammobiliata con un tavolo dove sostavano depliant, manifesti, libri in disordine. Molte sedie sparpagliate qua e là, ma nonostante tutto, ci si sentiva liberi e al riparo da Gina Lagorio condizionamenti. Il Circolo rimane un protagonista indiscusso della cultura savonese fino al 1974. Grazie, però, al nuovo filone culturale che segue l’arte del cinema si trasforma, nel 1975, in “Film Studio”” sempre per iniziativa di Mirko Bottero, coadiuvato da nuovi intellettuali come Carlo Freccero, Tatti Sanguinetti, Aldo Grasso, Felice Rossello per citare alcuni. Mirko è stanco, ma credo che si senta anche solo. Non sarà lontana la sua uscita di scena. Come savonesi, penso che, avremmo dovuto ricordarlo più adeguatamente. Un suo ultimo ricordo rimane legato al “Nuovo Film studio”. Dal “Calamandrei”, in quegli anni, sono passati i massimi rappresentanti della cultura, della politica, della storia, del cinema, del teatro, del giornalismo. Si sono dibattuti i temi più scottanti e di attualità di quegli anni: dalla guerra in Vietnam all’Ottobre messicano, dalla svolta cubana al caso Allende, dal Concilio Vaticano al possibile dialogo tra comunisti e cattolici, dal referendum sul divorzio alle lotte per l’emancipazione morale e civile della donna, da piazza Fontana all’obiettività della tv, dalle prospettive del socialismo in Europa e nel mondo allo sviluppo dell’economia cinese. Incontri e dibattiti che hanno trasformato il “Calamandrei” in un punto di riferimento politicoculturale di altissimo livello nazionale. Ed è anche per rendere un omaggio a Mirko Bottero, che ne fu promotore e artefice. Vogliamo ricordare, in ordine sparso, alcuni tra i più significativi protagonisti di quegli incontri: Lelio Basso, il fondatore di Lotta comunista Arrigo Cervetto, la senatrice Angiolina Merlin, tenace promotrice e sostenitrice della legge per porre fine alla vergogna delle “case chiuse”, Paolo Sylos Labini, Antonio Giolitti, Giuseppe Boffa, i giornalisti Piero Ottone, direttore del Corriere della Sera, Gianfranco Venè e Kino Marzullo, padre Nazareno Fabretti, Umberto Segre, Alessandro Natta, il padre del divorzio Loris Fortuna, Ugo La Malfa, Carlo Galante Garrone, il referendario Marco Pannella, Marco Boato, Umberto Terracini, Lucio Magri, Luigi Pintor. Grazie “Calamandrei”. Grazie Mirko. Quest’anno l’Auser di Savona tiene a battesimo un nuovo circolo culturale dal nome “Io, Mafalda”. La nuova iniziativa vedrà dipanarsi, dai primi di marzo, incontri e laboratori. Questa iniziativa raggrupperà una serie multiforme di iniziative alcune delle quali si svolgeranno nei centri sociali Auser sparsi sul territorio altre saranno, come per i gruppi di cammino, itineranti. Il programma prevede un laboratorio di ceramica condotto dalla ceramista Laura Macchia e uno coordinato da Mauro Assandri; un laboratorio psicologico-teatrale condotto dallo psicologo olistico Piero Germini e dall’attrice Daniela Liaci; un laboratorio di scrittura creativa condotto dalla professoressa Renata Rusca Zargar; un laboratorio su movimento e riscoperta del territorio ligure condotto da Silvio Scarrone guida Ges; un laboratorio su stili di vita, cibo, cucina e salute rivolto anche alle badanti straniere condotto da Graziella Ombra; un laboratorio di guida alla stagione operistica coordinato dall’opera Giocosa; un laboratorio sulle tematiche del volontariato e su come diventare volontari condotto dalla presidente Auser Ileana Scarrone; un laboratorio di ballo di gruppo con “Arcobaleno dance” e, non ultimo, un laboratorio di lavori femminili con la collaborazione del centro “Penelopi” del Cid di Vado Ligure. Come si vede il calendario è assai nutrito e ogni iniziativa merita di essere descritta, approfondita, scoperta! Per chi volesse saperne di più si rimanda alle sedi Auser o al numero verde 800.995.988. Le iscrizioni dovranno pervenire alla sede di via Boito 9 rosso in Savona o presso i centri sociali Auser anche della provincia entro l’inizio dei corsi previsto per i primi di marzo. Le sedi già designate e nelle quali si svolgeranno le prime attività sono: via Giacchero per ceramica, scrittura creativa e psicologia e teatro ( che avrà una sessione anche a Bergeggi). Il 14 marzo inizierà l’attività “Camminiamo insieme” per il laboratorio movimento e territorio con l’escursione al monte Mao di Bergeggi. A Quiliano, in primavera, inizierà il corso rivolto ai volontari (vecchi e nuovi) nel laboratorio discussione sulle tematiche del volontariato. Per quanto riguarda la stagione operistica il cartellone condizionerà l’inizio degli incontri in modo che le lezioni siano una guida per una migliore visione degli spettacoli. LIBROMONDO: UNA BIBLIOTECA PER LA PACE E L’INTEGRAZIONE Campus Universitario via Magliotto 2, 17100 Savona - e mail: [email protected] 16 L’intervento LA CULTURA FA VOLARE, MA SAVONA NON DEVE AVERNE PAURA Pubblico in crescita ai Cantieri Solimano con il consorzio Raindogs, Cattivi Maestri e Film studio. Superare la logica dei contributi a pioggia. Il caso di due Orchestre Sinfoniche. E al “Chiabrera” un uomo solo al comando FELICE ROSSELLO dell'Orchestra Sino a poco tempo fa dell'Opera Giocosa, credevo che Savona e assai sovvenzionata cultura fossero un dallo Stato e foraggiata ossimoro, una con bei soldoni, che ha contraddizione in ospitalità a Savona a termini. Leggo sul scapito di quella locale. muro del Palazzo del Sarebbe il momento di Comune lo slogan “la risolvere il problema. cultura fa volare Era rinato anche il Savona” e mi chiedo: teatro Colombo, grazie ma c'è già il vento che a un eroico privato: ma fa volare Savona e i è stato chiuso per savonesi, ci manca questioni, dicono, di anche la cultura. sicurezza (io ho Spiego le due cose: L’inaugurazione centro culturale Ex officine Solimano sempre pensato che ci perché Savona e fossero altri motivi, ma cultura le ho pensate nel tempo perché i luoghi e i soldi come una contraddizione in per fare cultura in città sono pochi e non ho mai avuto modo di termini? Perché Savona è stata le associazioni sono molte alcune, approfondire), malgrado avesse un suo pubblico in crescita. Il Teatro una città operaia sino a che sono lasciatemelo dire inutili. stato giovane io, anni ‘70-80, Vediamo adesso quali sono i centri Comunale Chiabrera è quello che è, intoccabile e quindi non lo tocco. Lì ritenevo che cultura operaia che fanno cultura in città. facesse a pugni con cultura Certo, i Cantieri Solimano, con c'è un uomo solo al comando, non classica: Eschilo, Dante, Rabelais, buona pace di quelli, quorum ego, ha il carisma di Coppi, ma.... C'è ancora un centro interessante, per intenderci. Poi, grazie alla tv, ho che pensavano che il passaggio del capito che cultura non era solo Film studio dall'esoso affitto di organizzato dai preti, il teatro Don quella alta che avevo imparato dai piazza Diaz alla Darsena avrebbe Bosco, dove si fa il dialettale. Io non libri di scuola al Liceo Classico, dimezzato gli iscritti. Non è ho un grande amore per il dialettale, luogo in cui studiavano i figli di avvenuto per una variabile che noi però questo teatro mi permette di papà. Cultura aveva parecchi livelli anziani non abbiamo valutato: il parlare di un altro problema: ma e quella operaia valeva quella consorzio Raindogs, Cattivi Maestri, perché la cultura dovrebbe fare classica. Liala aveva un suo senso Film studio ha fatto vivere anche profitto? Perché quando parliamo di la paragoniamo a come i Promessi Sposi. Mangiare quest'ultimo perché ha creato una cultura che fa profitto? bene, bere bene, conoscere le altre collaborazione che prima non un'azienda culture era altrettanto importante esisteva, un po' come il melting pot Possiamo dire a Tremonti, che non che conoscere la cultura negli Usa. Unire è spesso uccidere voleva la cultura, che alta, media o occidentale. l'individualismo e da ragione alla bassa che sia, promuove idee, fa Seconda domanda perché la mia teoria precedente: se si crea un pensare chi la frequenta e quindi cultura non farà mai volare Savona progetto e si lavora insieme si fanno crea persone consapevoli. Forse o meglio quando la cultura e non il progressi anche nel pubblico. Si Tremonti di questo aveva paura. vento farà volare Savona? Quando grida tanto contro l'individualismo Signori non valutiamo tutto in l'assessore alla Cultura non dovrà dei tempi e poi si dice se il Film danaro. La cultura non è danaro, la dare sovvenzioni a pioggia alle 10 studio se ne va dalla sua sede cultura apre la mente: in questo senso fa volare. Di questo hanno mila associazioni che nascono. stoica muore. Bisognerebbe che l'assessore No, cari compagni anziani come paura molti, che tutti imparino a avesse il coraggio e la possibilità di me, le tre associazioni insieme volare e a pensare. scegliere solo alcuni progetti capaci hanno migliorato e rafforzato il di dare un senso al progetto pubblico: il Film studio non più solo culturale della città. Potrà mai vola come la cultura. Pochi forse avvenire ciò? Non lo so, ma lo sanno che a Savona ci sono due spero. In città si fa molta cultura, ma Orchestre Sinfoniche, una locale, si disperde in diecimila iniziative quella di Savona voluta da Giorgio che si accalcano solo al venerdì e Monacciani ancora attiva ma con al sabato, solo in alcuni mesi molti, moltissimi problemi a dell'anno, ma non sono distribuiti sopravvivere, a tutto vantaggio 17 L’intervista “LA CULTURA FA VOLARE, UNO SLOGAN IN CUI CREDIAMO ANCORA” Museo della ceramica, riqualificazione delle aree industriali con le Officine Solimano, rilancio del Priamar obiettivi a lunga scadenza per una Savona del futuro. Per il Chiabrera professionalità e fidelizzazione DOMINICA PICCARDO Cosa significa essere assessore alla Cultura in una città dai capelli grigi e al tempo stesso tener conto delle esigenze del pubblico giovanile? Io la vedo così, non sono un direttore artistico che debba tener conto di un pubblico specifico. Vorrei invece dare gli strumenti al maggior numero di persone possibile per fruire della cultura, anzi di più, per fare cultura! Credo che sarebbe troppo semplice interpretare i bisogni della città dicendo: un pizzico di lirica qua, un pizzico di teatro là, un pugno di rock (ma defilato) per i giovani…no, la ricetta giusta è rendere la città viva e pulsante dal punto di vista culturale, un cantiere di idee dove i progetti guardino al futuro. Sono stata nel mese di settembre ospite al Festival Internazionale, c’erano altri assessori alla Cultura, alle Politiche Giovanili e all’Urbanistica. Si parlava di “rigenerazione di spazi urbani in chiave culturale e a favore dei giovani”. Ho portato il nostro felice esempio delle Officine Solimano e devo dire che i colleghi hanno molto apprezzato l’iter con cui la nostra città ha affrontato questa importante opera di riqualificazione in chiave culturale. Insomma Savona è stata un bell’esempio di fronte ad altre città italiane. La richiesta di spazi per l'arte, la creatività, la cultura è crescente e riuscire a dare una risposta in questo senso oggi è per un’Amministrazione di fondamentale importanza. Oggi la città di Savona può davvero vantare un vero e proprio laboratorio urbano di creatività polivalente nel cuore della città, unico nel suo genere nel mix innovativo creato con la partnership mista tra associazioni di promozione sociale e Comune di Savona. Vorrei sottolineare il modello gestionale: la firma della convenzione tra Comune e Consorzio Officine Solimano rappresenta un ottimo esempio di collaborazione tra pubblico e associazioni di promozione sociale che, in prima persona, rimboccandosi le maniche anche con un investimento economico e rapportandosi in maniera positiva e propositiva con l'Amministrazione, ha dato forma al sogno di uno spazio dedicato alle attività culturali che può essere modello di politica di industria culturale, visto che oggi in Italia di questo si deve parlare. Dopo la felice esperienza delle Officine Solimano abbiamo intrapreso l’avventura Music Lab che andremo ad inaugurare in primavera. Una sala prove e registrazioni per i giovani con opportunità di workshop e didattica con professionisti della musica. Anche in questo caso la chiave di volta è la convenzione del Comune con tre associazioni di promozione sociale: Acli, Arci e Aics. Un progetto interassociativo che andrà a rispondere a un’altra importante fetta di giovani cittadini savonesi. Quello che voglio dire è che non credo sia giusto lavorare per compartimenti stagni, soprattutto quando sono anagrafici. Quando abbiamo scommesso sull’idea (segue a pagina 19) Dove va la cultura a Savona? Lo abbiamo chiesto ad Elisa di Padova (nella foto), il più giovane assessore della giunta Berruti. Il suo predecessore alla guida dell’assessorato aveva varato lo slogan "La cultura fa volare Savona". Eredità pesante. Il suo assessorato ha risorse e idee per far volare la cultura e rilanciare la città anche a livello nazionale? La “Cultura fa volare Savona” è un bellissimo slogan che negli ultimi anni abbiamo continuato ad utilizzare e in cui l’Amministrazione ha continuato a credere. Nonostante i tagli di bilancio che siamo costretti a fare un po’ in tutti i settori la concezione è quella della cultura come parte del welfare, del benessere dei cittadini. La mia esperienza, seppur breve, è particolare: ho studiato all’Università di Torino vivendo l’esperienza di una città per certi aspetti simile alla nostra ma con una grande energia culturale a 360 gradi, in tutti gli spazi non solo quelli ufficialmente destinati alla cultura. Sono tornata nella mia città con questo bagaglio e ancora più innamorata della Liguria e consapevole delle potenzialità che il nostro territorio possiede e che sono ancora in parte inespresse. Una città vola quando nelle sue strade respiri energia ed idee, quando l’associazionismo culturale e di promozione sociale vive e moltiplica i suoi progetti, quando gli attori hanno voglia di lavorare insieme per realizzarli. Questa la mia idea di Cultura: deve essere portata anche fuori dai “palazzi”. E’ necessario avvicinare i giovani, spingere alla contaminazione, promuovere i vari livelli di lettura e interpretazione senza snobbare quelli più semplici e immediati…la bellezza salverà il mondo. Intendo la cultura come tradizione e innovazione. Qualche esempio? Ci stiamo avvicinando al grandissimo traguardo del nuovo Museo della Ceramica: sarà tra i primi in Italia. E non smettiamo di guardare al contemporaneo, all’arte ma anche alla produzione. Abbiamo delle peculiarità territoriali da coltivare e da sostenere, penso al nuovo Museo Apple (il primo riconosciuto a livello internazionale) che tra qualche mese aprirà ufficialmente nella zona nuova della Darsena, in piazza De André. È ora di imparare a vivere la Cultura come un’economia e non solo nella forma del turismo culturale ma come ricerca, opportunità di far circolare idee e artisti a livello internazionale. Oggi i bandi Europa Creativa 14-20 ce ne danno l’opportunità e dobbiamo fare rete per cogliere tutte le opportunità. 19 (da pagina 18) del 25 Aprile sul Priamar avevo in mente proprio questo: un’iniziativa partita dai giovani, costruita dai giovani ma per tutti e con la collaborazione delle associazioni che di Resistenza e di didattica si occupano da anni. Contaminazione: il giovane che si reca sul Priamar per ascoltare il gruppo musicale che suona in piazza del Maschio uscirà arricchito dei valori delle mostre, delle performance, delle installazioni allestite in Fortezza; la stessa cosa vale per le famiglie che trascorrono qualche ora nello spazio bambini. provato a creare una grande concentrazione di eventi insieme al massimo afflusso di navi attraccate, ma la città non ha risposto se non al 60 per cento. Lavoriamo per fare crescere i nostri eventi allora ma dal basso, insieme, facciamo crescere i nostri cittadini, facciamo in modo che la consapevolezza di vivere in una bella città ci pervada e mettiamo a disposizione della comunità le nostre idee. C'è chi critica i finanziamenti a pioggia e sostiene l'esigenza di progetti mirati di alta qualità... I finanziamenti a pioggia non ci sono da tempo e non farebbe comunque parte della mia idea di politica culturale. In ogni caso l'esiguità delle risorse e la restrittività delle norme nei confronti degli enti locali obbligano ad oculate scelte qualitative. Il sostegno dell’Amministrazione nell’ambito che mi compete deve andare nella direzione di quei progetti di alta qualità, che svolgano possibilmente una funzione formativa e che vedano in generale una ricaduta positiva sulla città. Vi sono città che hanno allestito mostre di altissimo livello e prestigio su grandi artisti del Novecento, uno per tutti Arturo Martini, peraltro vadese di adozione. Mancanza di idee o di risorse? Né l’una né l’altra a dire il vero. La nostra scelta è di non investire sulle grandi mostre, ma sui grandi musei, più legati al territorio, volti a valorizzare il nostro patrimonio e non temporanei ma definitivi: penso al Museo della ceramica di cui abbiamo già accennato che inaugureremo quest’anno. Questo progetto nasce grazie alla Fondazione De Mari e per l’Amministrazione significherà comunque un raddoppio dei costi di gestione rispetto alla Pinacoteca di Palazzo Gavotti. Una scelta quindi di buon senso visto il significato che avrà il museo. La scommessa successiva sarà promuoverlo nel modo migliore in modo da attirare visitatori da tutta Italia. Mi piace lavorare per progetti per realizzarli nel migliore dei modi, andiamo avanti e non è escluso che in futuro Savona possa anche candidarsi a ospitare mostre di grandi artisti o perché no installazioni di artisti contemporanei che magari lavorino a contatto con i nostri giovani. Che sia un sogno? Chissà…su questo vi aggiornerò. Il teatro Chiabrera, gioiello della città, è accessibile solo con abbonamenti tramandati quasi per linea dinastica. Ed è ritenuto un feudo del direttore Bosi, una sorta di uomo solo al comando ... Cosa dovremmo fare? Cacciare gli abbonati affezionati spettatori da anni? O essere dispiaciuti perché, nonostante la crisi che ha investito tutti i teatri italiani, il Chiabrera continua ad essere pieno? La fidelizzazione in genere è ritenuta un successo. E poi ogni anno abbiamo nuovi abbonati e nuovi spettatori che trovano posto. Qualsiasi direttore di teatro ha la sua piena autonomia nelle scelte artistiche. Bosi, con il quale abbiamo piena collaborazione, è un direttore che molti teatri ci invidiano: la sua grandissima competenza ed esperienza è il motivo del successo delle stagioni che di anno in anno si susseguono con tagli finanziari sempre crescenti. Ogni settore comunale, incluso il teatro, rende conto dei propri risultati, e della gestione del budget ad esso assegnato come centro di costo, nel piano delle performance correlato al bilancio. Gli ottimi risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non pensa che una grande evento, magari in collaborazione e collegato a Costa Crociere coinvolgendo le migliaia di crocieristi in transito da Savona, possa inserire la città nei circuiti culturale di interesse internazionale? Per quanto riguarda le arti visive ho già detto sopra. Se parliamo di grandi eventi abbiamo la Lirica sul Priamar, unica location per la lirica all’aperto che ci invidiano tutti in Liguria, il Savona Screen Festival che va a valorizzare nuovamente la nostra Fortezza con approfondimenti su nuovi e vecchi media, ma soprattutto credo che l’importante sia lavorare con costanza e con continuità sul prodotto culturale e turistico della città senza perdere di vista i cambiamenti che la percorrono: il rischio è quello di investire tempo e denaro in un grandissimo progetto e una volta attualizzabile scoprire che è già sorpassato. Per quanto riguarda Costa, è sponsor di molte iniziative istituzionali e sapete che il modello di crociera si è modificato negli ultimi anni. Dall’anno scorso abbiamo un Infopoint vivo e attivo a due passi dagli sbarchi, lì i crocieristi che scelgono di passare la giornata nella nostra città possono avere le informazioni complete sull’offerta culturale e turistica. Sono sempre di più i passeggeri che scelgono di visitare la città, un commento che mi aveva molto colpito da parte di una turista era stato “Savona è un gioiellino, un tesoro da scoprire”. Non cercherei di stravolgerla, dobbiamo guardare GLocal (globale facendo riferimento al locale e viceversa) i crocieristi così come i turisti hanno più voglia di scoprire le peculiarità di una città che assistere a grandi eventi pre-impacchettati. Abbiamo avuto casi in cui abbiamo C’è qualcosa che come assessore alla Cultura non avrebbe fatto e qualcosa che invece vorrebbe fare? C’è così tanto da fare ancora…il problema dei “politici” è che hanno traguardi a medio termine. Io, che come politica ho una breve esperienza, preferisco seminare per un orizzonte temporale un po’ più lungo. Se anche non ci fossi più io avrò comunque creato spazi di manovra più ampi, voglio infondere nei giovani una fiducia un po’ più appassionata nei confronti del mondo della cultura, portarla fuori dai palazzi, viverla. Vi lascio solo con un’immagine: all’inizio parlavo di Torino e delle sue strade, l’Università in centro, stimoli culturali dietro ogni angolo. Pensate a Savona, al suo centro storico, una volta ultimato l’importante progetto di valorizzazione di Palazzo Santa Chiara, dove vedremo collocate la biblioteca e parte dell’Università grazie alla scommessa che questa Amministrazione ha voluto cogliere con il Federalismo demaniale. Elisa di Padova, 34 anni, laureata in Scienze della comunicazione, dipendente Asl, Dal giugno 2011 è assessore alla Cultura, Politiche giovanili, Eventi, Università, Ced del Comune di Savona. Giornalista pubblicista, grande passione per il calcio, ha fatto lo speaker al "Bacigalupo" nelle partite del Savona di cui è tifosissima. 19 Notizie dai Centri Elvio racconta la sua esperienza IL CID - AUSER DI VADO LIGURE “IO, VOLONTARIO DI OTTANT’ANNI RINGIOVANITO AIUTANDO GLI ALTRI” Le “ragazze” del Cid con la Befana (foto A.M. Dainotto) ANNAMARIA DAINOTTO Come ogni anno il primo mercoledì di gennaio, il Centro Iniziativa Donna Auser di Vado Ligure ha organizzato, in occasione della riunione mensile, la festa dell’Epifania con una “bellissima” Befana. Al pomeriggio hanno partecipato, portando gli auguri per un felice 2014, Ileana Scarrone presidente dell'Auser e il coro Alpino Savonese. I prossimi impegni e appuntamenti del Cid sono: alla casa di Riposo San Giuseppe di Valleggia il 12 febbraio con le bugie di carnevale; il 19 febbraio alla R.P. Vada Sabatia con il coro Auser e il fisarmonicista Franco. Per marzo tombola alla casa di riposo di Valleggia e musica alla Vada Sabatia dove saranno consegnate agli ospiti le palme costruite dalle nostre associate; ad aprile la tradizionale festa in piazza Cavour “I libri e le rose” Il “parco macchine” dell’Auser di Savona DOMINICA PICCARDO Elvio, volontario Auser di oltre ottanta anni, si occupa di trasporto e accompagnamento di altri anziani guidando le auto della nostra associazione. Un impegno ma anche un significativo esempio per tutti coloro che ancora non conoscono la “vocazione” del volontariato. Quali valori ti hanno spinto verso il volontariato? Pur non essendo cattolico praticante sono sempre stato convinto che i valori della solidarietà e dell’impegno civile, uniti agli ideali democratici e di sinistra, siano il cardine fondamentale del nostro vivere comune. Dare un contributo per aiutare chi si trova in difficoltà per problemi economici, di salute o di scarsa capacità motoria mi sembra un dovere civile. Da giovane ho militato in partiti di sinistra e anche questo penso fosse un impegno sociale perché negli anni ‘50 non era certo facile affermare le proprie idee. Come sei arrivato a fare il volontario Auser? Ho cominciato a fare il volontario nell’Avo nel ’96, il mio impegno di volontariato è di lunga data. Qualche anno fa ho incontrato la presidente Auser che mi ha chiesto se ero disponibile a fare il volontario per i trasporti sociali. Ho accettato con entusiasmo e sono ancora qui. Fai qualche altra attività di volontariato? Proseguo a fare volontariato, una volta la settimana, in ospedale con l’Avo. Vado al San Paolo e la cosa che mi sconvolge di più è incontrare tanti amici che stanno male e poi ci lasciano. Come riesci a conciliare la tua vita privata con l’impegno nel sociale? Come tutti i pensionati ho molto tempo libero… Cosa consiglieresti ai tuoi coetanei? Misto al dovere si prova anche piacere di sentirsi utili a qualcuno e a qualche cosa negli anni che ci restano. Consiglierei quindi a tutti di provare a donare un po’ del proprio tempo alle persone che per vari motivi sono più sole. Fare volontariato riempie la vita: il rapporto con le persone che aiutiamo diventa importante anche per noi volontari che, spesso, siamo gli unici (o i pochi) interlocutori di persone che trascorrono la maggior parte del proprio tempo in solitudine e hanno bisogno di condividere i propri guai e gli affanni con altri. DOMENICHE A LEGINO “Pasticciere” alla festa delle torte del 26 gennaio GRAZIELLA OMBRA Anche quest’anno da gennaio a marzo Auser organizza quattro “domeniche speciali” alla Sms Fratellanza Leginese. La prima giornata ha registrato grande affluenza di pubblico e ben ventinove torte offerte generosamente agli oltre duecento partecipanti dalle “pasticciere” dell’Auser durante il pomeriggio danzante. La festa di Carnevale è stata un altro successo di pubblico e maschere e un momento goloso con grande distribuzione di bugie. L’iniziativa proseguirà il 9 marzo con la festa per la giornata della donna e il 30 marzo con la classica festa di primavera. I pomeriggi saranno allietati da buona musica e dalla possibilità di fare quattro salti in compagnia. Durante queste domeniche oltre al divertimento anche un gioco di quelli che piacciono a noi. Non c’è azzardo soltanto una lotteria con premi semplici ma utili. 20 Auser Importanza del tesseramento per una autonomia economica che consenta di essere indipendenti 2014, ANNO DIFFICILE E DI GRANDE IMPEGNO PER IL VOLONTARIATO Proposto un “Progetto sociale per tutte le età” per farsi movimento coinvolgendo i cittadini, i propri soci e i volontari secondo lo spirito della cittadinanza attiva e del volontariato organizzato ANGELO SOTTANIS* Colgo l’occasione di questo inizio d’anno per ringraziarVi tutte/i per l’impegno che ognuno di voi ha messo a disposizione dell’associazione sicuro che continuerete con passione anche nel 2014. Il protrarsi della crisi oltre ogni ragionevole previsione sta provocando un rapido peggioramento delle condizioni materiali di milioni di persone che rischiano di scivolare verso situazioni di vera e propria emarginazione sociale, aumentano le diseguaglianze, i bisogni, le fragilità dei cittadini più esposti, specie tra gli anziani. L’incertezza del sistema politico nazionale, la drammatica situazione del lavoro, la dinamica dei redditi, sono tutti segnali che disegnano un futuro pieno di paura e incertezze. E’ in atto un processo di impoverimento delle comunità locali fortemente preoccupante che rischia di colpire la fascia di popolazione più fragile. Tutti noi dobbiamo essere consapevoli di fare e agire come associazione in un contesto sociale molto critico, difficile. Auser con il congresso dello scorso anno si è data un obiettivo strategico per queste difficoltà, si è posta l’esigenza di consolidare sempre più uno sviluppo dell’Auser verso un’associazione di persone che sa farsi movimento con un proprio progetto, basato su uno spirito di cittadinanza attiva e partecipe, per un volontariato intergenerazionale e interculturale, attraverso le proprie azioni, attività e servizi rivolti prevalentemente agli anziani, ma aperto alle esigenze di tutte le età, e che sappia valorizzare i processi migratori presenti sul nostro territorio, per condividere azioni e progetti all’insegna dell’integrazione. E’ stato elaborato e approvato dall’Auser nazionale il “Piano sociale per tutte le età”; lo abbiamo discusso ed approvato a livello regionale ed ora siamo impegnati alla discussione nei territori, nei circoli e ogni livello dell’Auser ha compiti specifici per realizzarlo. Auser vuole essere una associazione che coinvolge tutte le età secondo lo spirito della cittadinanza attiva e partecipe, promuove un volontariato responsabile e solidale, agito in modo organizzato. Tutti insieme siamo impegnati attraverso il tesseramento a rafforzare l’associazione consapevoli che l’autonomia economica è il primo presupposto per poter agire liberi e indipendenti da condizionamenti; il costo della tessera per il 2014 è di euro 13 dando a tutti gli iscritti Auser la possibilità di aderire a Mutua Ligure. Mutua Ligure è una Società di Mutuo Soccorso, ad adesione volontaria senza fini di lucro organizzata su base territoriale, aderente alla Federazione Italiana della Mutualità (FIMIV), che intende allargare la sua base associata attraverso azioni di promozione della mutualità sanitaria integrativa fra i cittadini,per difendere il diritto alla salute attraverso l’auto aiuto, svolgendo un ruolo di sussidiarietà rispetto alle funzioni dello Stato, della Regione e degli enti preposti alla tutela della salute. Come vedete gli impegni che abbiamo di fronte con questo nuovo anno sono molti, si tratta di realizzare con il contributo di tutti noi un progetto complessivo per il benessere della comunità, al di là degli specifici ruoli e interessi individuali. *Presidente Auser Liguria 21 Notizie dai centri LETTERATURA E BENESSERE A QUILIANO RENATA RUSCA ZARGAR A partire da maggio fino all’ottobre scorso, sono stati programmati alcuni incontri culturali presso il Centro Malacrida di Quiliano. Si è parlato dapprima delle pietre e delle loro benefiche influenze, poi delle piante, dei colori e delle candele, con particolare riguardo agli aspetti del benessere e delle energie positive. Non è mancata, però, una fenomenale trappola per zanzare e persino Pirandello giocoso, con la lettura di una sua novella molto divertente. All’Auser di Quiliano, ci sono alcune signore, meravigliose, Angela, Carla, Giovanna, Teresa, che si danno da fare, da anni, per rendersi utili agli anziani che lo frequentano. Esse sono l’esempio vivente di “invecchiamento attivo”, di chi cioè, non solo fa qualcosa per stare bene (si cura, si diverte, ecc.) ma fa qualcosa per far star bene gli altri che, poi, fa star bene anche chi lo fa. Gli altri anziani, invece, sono un po’ meno dinamici: per loro il primo interesse è, magari, il gioco delle carte o la tombola. Giustamente, si incontrano per svago! Ma mi viene in mente una signora che ho sentito a Genova, in pensione dal ’96, quindi, non proprio giovanissima, che diceva: “Si va in pensione dal lavoro, non dalle capacità intellettive”. E anche: “Quando non si ha più voglia di apprendere, si inizia a morire”. Teoria confermata dal professor Guido Amoretti dell’Università di Genova che ha definito la “curiosità” motore del mondo e base dell’intelligenza. Per questo, alla signora quilianese che mi chiedeva: “Ormai, alla mia età, cosa devo imparare?”, ho risposto che è proprio alla sua età che ci si deve sforzare di mantenere il cervello attivo, sentendo e facendo cose inusuali, che sono proprio quelle che fanno esercitare la mente. Nel complesso, comunque, gli incontri sono stati positivi: c’è un nutrito gruppo di signore che ascoltano e domandano con grande interesse. Nell’ultimo incontro, ho proposto loro un piccolo questionario anonimo, in modo che fossero liberi di esprimere anche valutazioni negative. Al quesito, se pensavano utile ascoltare persone esperte che spiegassero argomenti vari, il 72% degli intervistati ha risposto “sì”, “no” il 28%. Alla domanda, però, di cosa avrebbero voluto fare (anche eventuali laboratori), solo due intervistati hanno risposto qualcosa: uno giochi di gruppo, l’altro muoversi un po’. Per quanto riguarda la frequenza delle attività, due hanno risposto settimanale, uno mensile. Andando nello specifico, è stato chiesto se avessero trovato piacevoli gli incontri con me: il 72% ha risposto di sì, ma vorrebbe che continuassero solo il 67 per cento. Eventualmente, hanno scritto, si potrebbe continuare su questi temi: socializzazione (1), attualità (1), colori-oroscopi (1). Nei prossimi laboratori letterari si terrà conto delle loro richieste e dei loro desideri. Sono certa che si potrà fare molto con loro. Poesia dedicata ai nonni del Filo d’argento di Quiliano I nonni sono come i bambini hanno bisogno di coccole e di attenzioni Sono i nostri migliori amici puoi raccontargli tutto, non diranno niente un’ora dopo hanno dimenticato tutto. I nonni sono come un libro, se gli chiedi di raccontare sono sempre pronti a farti sognare. I nonni sono come le luci accese di un paesaggio sono sempre al posto giusto e al momento giusto, pronti ad aiutare chi ha bisogno Ci sono cose che solo i nonni sanno sono storie più lontane di quest’anno Ci sono coccole che i nonni fanno per loro tutti i giorni sono il tuo compleanno. Ti dicono che siamo fortunati e ci fanno un po’ arrabbiare... Quando siamo stanchi e stiamo per alzarci, ci prendono la mano e ti dicono di restare, perché un domani avremo anche noi cose da raccontare. ...E allora: viva i Nonni, nonni giovani, preziosi, i nonni cari e i nonni pieni di bontà. Ai nonni più speciali del mondo va il mio augurio più sincero e profondo. Mille baci a tutti! Nonni vi voglio bene. Simonetta, volontaria Centro Auser Rocco Malacrida di Quiliano 19 Vado com’era e com’è TUTTI INSIEME ALL’UNISABATIA PER UN VIAGGIO NEI RICORDI L’NDISTRUTTIBILE CASAMATTA SEPOLTA SOTTO LA CENTRALE ANGELO CALABRIA GIUSEPPE CIARLO Quest’anno, Gemma Babboni presidente del Centro Auser Iniziativa Donna di Vado Ligure, mi ha chiesto di tenere un corso basato su miei articoli apparsi su Ausersavonanotizie ed altri racconti presi dal libro Scrivendo, Scrivendo, tutti basati sulla mia infanzia e adolescenza vissuta a Vado, dove sono nato ed ho vissuto fino a 35 anni. Non avendo mai fatto esperienze simili sono rimasto un po’ incerto, ma poi ho accettato e così ho cominciato a pensare al titolo da dare che riassumesse il senso dei sei incontri con i corsisti. Ho pensato che una soluzione poteva essere quella di coinvolgere i partecipanti ad intervenire aggiungendo anche le loro esperienze. Così nacque il titolo:”Mettiamo insieme i nostri ricordi”. Già dal primo incontro, dopo la lettura dei primi articoli, i partecipanti al corso, sono intervenuti per raccontare quello che ricordavano loro di quei periodi della vita di Vado. Quindi è nato subito un dialogo, in parte anche in dialetto, e così abbiamo messo in atto quello che era in programma, mettere assieme i nostri ricordi. Pur pensando che gli iscritti fossero molto pochi, ho potuto riscontrare invece che oltre trenta persone si sono avvicendate durante le lezioni con una costante presenza di venti corsisti. Naturalmente tra i partecipanti al corso c’erano alcuni miei amici e amiche d’infanzia, altri che ricordavo, pur non conoscendoli di persona ed alcuni nuovi, vadesi d’adozione ma abitanti da tanti anni in paese. Il mio progetto è quello di fare scrivere qualche loro ricordo, per questo, con la mia collaboratrice Dominica Piccardo, abbiamo posto alcune domande che dovrebbero facilitare a ricordare e quindi a scrivere. Il nostro intento, quando ci consegneranno gli scritti, è di produrre un piccolo opuscolo che raccolga i nostri lavori. Il libretto sarà corredato da foto di Vado Ligure com’era anticamente possibilmente collegate ai racconti contenuti nell’opuscolo. Se tutto va come da programma, nelle prossime lezioni dovremmo portare a termine il corso ed anche l’opuscolo. Il lavoro di impaginazione del libretto sarà eseguito dalla mia collaboratrice, ormai esperta in materia e stampato a cura dell’UniSabatia Devo dire che questa esperienza per me è stata veramente bella e spero lo sia stata anche per partecipanti agli incontri. Con l’aiuto di Paolo, che ringraziamo, abbiamo potuto proiettare immagini ed è stato come un tuffo nella nostra comune infanzia e adolescenza. Per me con i nei miei ricordi arricchiti da quelli degli altri è stato un ritorno al passato; è come se fossi tornato a casa mia. Eravamo nel 1965, l’anno in cui si posava la prima pietra per la nascita della centrale Enel. Ricordo le giornate che passavamo io e i miei amici coetanei a rincorrerci sulle collinette rossastre di terra argillosa dove il pino marittimo cresceva selvatico. Su quelle collinette erano rimaste costruzioni in cemento risalenti al periodo bellico: piattaforme dove certamente erano posizionate le armi della contraerea, le casematte al cui interno erano posizionati i cannoni con la loro bocca puntata verso il mare, verso la rada. Ed è appunto di una di queste casematte che voglio raccontare la storia. Dunque, come dicevo, era iniziato il lavoro di spianamento per la costruzione di quello che poi sarebbe stato il complesso dell’Enel. Enormi macchine simili a vomeri scavavano incessantemente giorno e notte, notte e giorno e le colline sparivano in men che non si dica. solo una di queste, anche se conosceva benissimo la sua fine, resisteva perché nel suo ventre celava una costruzione in cemento: una casamatta. Cosa fare? Bisognava in tutti i modi eliminare l’ostacolo in modo da proseguire i lavori. Prima ci provarono con mezzi pesanti, pensando di risolvere il problema velocemente, ma il problema risultò ben più complicato: decisero allora di farla saltare con la dinamite. Quella mattina, non vi dico il boato dell’esplosione, il mio palazzo tremò tutto, affacciandomi alla finestra, per vedere cosa era successo (perché nessuno ci aveva avvertito) vidi una immensa nuvola di polvere che si alzava verso il cielo, capii subito di cosa si trattava. Ma, una volta diradato il polverone, come per incanto la casamatta ricomparve, ancora là, integra, al suo posto. Per concludere, ora quella casamatta è sepolta sotto le basi della centrale. Perché gli operatori, di fronte a questa”forza”, giocarono d’astuzia; formarono alla base della collina una immensa buca e poi asportarono la terra da sotto le fondamenta della costruzione finché essa rotolò giù dal pendio andando a chiudere la buca e la sua esistenza. Si trova ancora la sotto, forse insieme ad una parte della mia infanzia che rotolò con lei quel giorno. Il C.I.D. di Vado in via Alla Costa è aperto dal lunedì al venerdì dalla ore 15.15 alle ore 17.30 per dare accesso alle aule dell’Unisabatia e per incontrare i soci. In occasione di iniziative pubbliche le socie sono disponibili ad allestire le sale e a preparare il buffet. Ogni anno il 23 aprile, giorno di San Giorgio, organizza la festa “Il libro e le rose” in piazza Cavour. Nel mese di settembre il Cid partecipa alla festa del volontariato di Vado Ligure. 18