RACCOLTE – ANTOLOGIE – RIVISTE I novissimi. Poesie per gli anni ’60. Con un saggio introduttivo e note a cura di Alfredo Giuliani. Milano, Rusconi e Paolazzi, 1961 («Biblioteca del Verri. Collana di poesia», 74). 200x135 mm. XXXII pagine, 195 pagine, 4 pagine non numerate. Legatura in tela cerata bianca con copertina illustrata di Romano Ragazzi, camicia in acetato trasparente e fascetta editoriale originale con ritratti fotografici degli autori, al piatto anteriore e al dorso titolo stampato in nero e rosso, al piatto posteriore nota sul volume. Buono stato di conservazione. Prima edizione di questa antologia di poesie e scritti critico-teorici di Elio Pagliarani (1927), Alfredo Giuliani (1924-1007), Edoardo Sanguineti (1930-2010), Nanni Balestrini (1935) e Antonio Porta (1935-1989), curata dallo stesso poeta e scrittore Alfredo Giuliani. Il volume, che costituisce un fondamentale documento riguardo la nuova «via della poesia» dei primissimi anni Sessanta e dei suoi principali innovatori, precede di due anni la formazione del Gruppo 63, nato a Palermo nell’ottobre del 1963, cui aderirono non solo gli autori antologizzati in questa raccolta, ma altri scrittori, critici e intellettuali protagonisti della neoavanguardia letteraria e artistica come Luciano Anceschi (1911-1995), Alberto Arbasino (1930), Adriano Spatola (1941-1988), Umberto Eco (1932) e Achille Bonito Oliva (1939). In aperta rottura con i modelli della tradizione novecentesca «alquanto frusti e spesso gravati di pedagogia» (Introduzione, p. XIII), cui molta letteratura degli anni Cinquanta era ancora legata, i novissimi si opposero in particolare agli schemi talvolta rigidi del romanzo neorealista, a favore di una sperimentazione linguistica improntata ad una estrema libertà di contenuti. Nel genere poetico il rifiuto è netto per ogni forma di neo-crepuscolarismo, di carduccianesimo o di «realismo coatto», e la ricerca è guidata dall’idea che «la poesia debba aprirci un varco: nel rispecchiare la realtà rispondere al nostro bisogno di attraversare lo specchio» (Introduzione, p. XIV). Neppure dopo la nascita ufficiale del Gruppo 63, i poeti novissimi ebbero mai un vero manifesto programmatico in forma scritta, ma l’Introduzione di Giuliani al presente volume si può appieno considerare una lucida esposizione delle basi metodologiche e ideologiche di questi autori, a partire dagli obiettivi di efficacia linguistica che essi perseguono in un mondo, quello contemporaneo, dove «tutto è cambiato: il vocabolario, la sintassi, il verso, la struttura della composizione» e in cui, dichiarano, «noi siamo andati certamente più in là dello smascheramento, sfidando il silenzio che sempre consegue, insieme con le chiacchiere, al deperimento di un linguaggio, esasperando l’insensatezza, rifiutando l’oppressione dei significati imposti, raccontando con gusto e con amore storie pensieri e bubbole di questa età schizofrenica» (p. XVI). Il volume uscì per la casa editrice milanese Rusconi e Paolazzi nella collana «Biblioteca del Verri», denominazione che richiama la rivista letteraria «Il Verri», fondata da Anceschi nel 1956 e a cui collaborarono moltissimi dei poeti poi confluiti nel Gruppo 63. Gambetti-Vezzosi 2007, 393. Gruppo 63. La nuova letteratura. 34 scrittori. Palermo ottobre 1963. A cura di Nanni Balestrini e Alfredo Giuliani. Milano, Feltrinelli, 1964 («Le Comete», 31). 210x125 mm. 465 pagine, una pagina bianca non numerata. Brossura editoriale in cartoncino con copertina illustrata a colori da un disegno di Gastone Novelli, ai contropiatti nota sul volume e catalogo editoriale, al piatto posteriore fotografia b/n di Giordano Falzoni (Una riunione del Gruppo 63 a Palermo). Buono stato di conservazione, strappo dell’ultima pagina e del piatto posteriore lungo il lato della brossura, tracce d’uso su alcune pagine iniziali. Isolate e sporadiche sottolineature a matita e a penna. Prima edizione di questo volume collettivo, il cui nucleo centrale raccoglie poesie, ma anche racconti, interventi critici e frammenti di romanzi, dei letterati aderenti al Gruppo 63, riunitosi per la prima volta a Palermo nell’ottobre del 1963. La sezione finale del volume si pone come resoconto documentario di questo incontro di lavoro, «l’unica iniziativa seria che nel dibattito letterario si prendesse in Italia da più d’un decennio» (dalla nota al contro piatto anteriore). La prima parte, intitolata La nuova letteratura, consta invece di sei saggi critici di Luciano Anceschi (Metodologia del nuovo), Angelo Guglielmi (Avanguardia e Sperimentalismo), Renato Barilli (Le strutture del romanzo), Fausto Curi (Sulla giovane poesia), Giuseppe Bartolucci (Tradizione e rottura nel teatro italiano) e Gillo Dorfles (Relazioni tra le arti), che offrono un resoconto interdisciplinare del panorama culturale in cui si inserisce l’esperienza letteraria dei poeti novissimi del Gruppo 63. Il volume fu una risposta, non esente da un certo intento polemico, ad un giudizio severo e negativo sull’esperienza neo-avanguardistica da parte della critica letteraria tradizionale verso questa generazione di scrittori e poeti che voleva svecchiare i modelli di riferimento non solo dell’Ottocento, ma anche del passato più recente, fino agli anni Cinquanta del XX secolo. L’atteggiamento dei poeti nuovi, insofferenti al progressivo esaurirsi della portata innovativa della grande stagione creativa dei vari Pavese, Fenoglio o Vittorini che si trascinava in una trita riproposizione ormai vuota di significato, aveva irritato la società letteraria, che li aveva etichettati come «giovani turchi che cercavano con azioni provocatorie di dare la scalata alle roccaforti del potere culturale» (U. Eco, Prolusione, in Il gruppo 63 quarant’anni dopo, Atti del convegno, Bologna 8-11 maggio 2003, Bologna, Pendragon, 2005, pp. 20-43: 33). Malebolge. Rivista di letteratura. Anno I, n. 1; Anno I, n. 2; Quaderno n. 3-4. Autunno 1966, Quaderno n. 1. Primavera-Estate 1967. Milano, Mursia, 1964. Milano, Scheiwiller – All’insegna del Pesce d’Oro, 1966-1967. 210x210 mm. I: 65 pagine, 5 pagine non numerate. II: 88 pagine, 6 pagine non numerate. III: 72 pagine, 4 pagine non numerate. Copia numerata: 337/1200. IV: 87 pagine, una pagina non numerata. Copia numerata: 678/1200. Brossura editoriale in cartoncino bianco con copertine fustellate su schema grafico di Giovanni Anceschi e sguardie in carta colorata (blu, verde, rossa e gialla), ai piatti titolo stampato in nero, ai contropiatti anteriori note tipografiche. Buono stato di conservazione, isolate fioriture e tracce d’usura. Rara raccolta completa dei 4 fascicoli della rivista letteraria «Malebolge», nata a Reggio Emilia nel 1964, stampata dalla tipografia Tecnostampa e distribuita inizialmente da Ugo Mursia (nn. 1-2) e poi passata a Milano presso l’editore Vanni Scheiwiller. L’esperienza del periodico si lega all’ambito culturale che ruotò intorno alla figura del critico e letterato Luciano Anceschi (19111995), già animatore della rivista «Il Verri», e all’attività dell’ala surrealista e parasurrealista degli intellettuali aderenti al Gruppo 63. La redazione era composta, accanto al responsabile Pino Rosati (), in primis da Adriano Spatola (1941-1988) e Corrado Costa (1929-1991), con al seguito vari personaggi come Giorgio Celli (1935), Vincenzo Accame (1932-1999) e tutti i più giovani tra i collaboratori di Anceschi alle pagine de «Il Verri». La cura grafica fu affidata al designer Giovanni Anceschi (1939). Proprio Accame ricordava così l’esordio della rivista: «Abbiamo fatto “Malebolge” per dare più spazio alla sperimentazione» (V. Accame, Omissis, Milano, Spirali, 2003, p. 83). Il periodico rappresenta quindi, all’interno della neoavanguardia dei novissimi del Gruppo 63, una voce già all’epoca dissidente e più irrequieta, tesa ad una sperimentazione ancora maggiore e più vicina alle esperienze internazionali. Esso uscì in soli 4 numeri: due nel 1964, di cui il secondo in occasione della sessione di lavoro del Gruppo 63 svoltasi a Reggio Emilia nei giorni 1-3 novembre 1964; un numero doppio nel 1966 all’indomani del convegno di La Spezia (10-12 giugno 1966) e un numero della nuova serie nel 1967, distinto dagli altri per la copertina con foro di forma quadrata anziché circolare. Del 1996 è un numero speciale monografico dedicato al Parasurrealismo, fuori serie e inserito come ospite nel n. 26 della rivista «Marcatrè. Notiziario di cultura contemporanea». Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Palermo 1965. A cura di Nanni Balestrini. Milano, Feltrinelli, 1966 («Materiali», 7). 205x125 mm. 186 pagine, due pagine non numerate. Fotografie in bianco e nero fuori testo di Giulia Niccolai. Brossura editoriale in cartoncino lucido bianco, al piatto anteriore titolo, autore ed editore stampati in blu e verde, al piatto posteriore collana stampata in blu, note editoriali ripetute in nero e blu al dorso. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume collettivo, che raccoglie le testimonianze dell’incontro di lavoro degli intellettuali aderenti al Gruppo 63 svoltosi in una sala del Circolo del banco di Sicilia a Palermo dal 1° al 6 settembre 1965, in concomitanza con la 5a Settimana internazionale Nuova Musica. Il dibattito si articolò intorno ai problemi del romanzo sperimentale, dall’accezione tardo Ottocentesca formulata da Émile Zola (1840-1902) fino alle declinazioni degli anni Cinquanta del Novecento, e esso sogno il punto d’arrivo di un decennio cruciale all’interno del panorama narrativo italiano, in cui era maturata la crisi definitiva del Neorealismo. A cura di Nanni Balestrini (1935), anch’egli tra i poeti novissimi nella neoavanguardia letteraria rappresentata dal Gruppo 63, il volume è eccezionale documento di carattere metodologico, oltre che ideologico e programmatico, per la ricchezza delle testimonianze raccolte, dalle Relazioni introduttive di Renato Barilli (1935), critico e storico della letteratura, e di Angelo Guglielmi (1929). In particolare un passo del saggio di Guglielmi sintetizza le posizioni neoavanguardistiche nei confronti della tradizione del romanzo sperimentale e possono considerarsi la base di partenza condivisa per la nascita un «nuovo romanzo»: «il romanzo sperimentale è descrittivo e non evocativo; la dimensione più “conseguente” del romanzo sperimentale è il pastiche; il romanzo sperimentale rappresenta il grado zero della letteratura; la letteratura del grado zero è una letteratura demistificante; il romanzo sperimentale rifiuta la “langue” e utilizza la “parole”, il romanzo sperimentale è il campo del self cioè è l’espressione dei diritti del soggettivo; il romanzo sperimentale istituisce una nuova idea del mondo o meglio si sviluppa all’interno di una nuova idea del mondo alla cui costruzione hanno collaborato da una parte la morte delle filosofie prescrittive tradizionali e dall’altra la nascita di delle nuove discipline e scienze che si sviluppano nella direzione dei significati polivalenti o, se si vuole, nel quadro della infinità dei possibili» (p. 27). Nella parte seconda dell’opera, significativamente intitolata Dibattito proprio per l’articolazione dialettica della successione degli scritti, sono raccolte le opinioni dei diversi membri del Gruppo partecipanti al convegno; nella parte terza, Interventi, i contributi degli scrittori assenti, ma coinvolti nella discussione. Le fotografie che corredavo il volume di devono alla fotografa e poetessa Giulia Niccolai (1934), legata al Gruppo 63 sia sotto il profilo letterario e ideologico, che per la sua relazione sentimentale con Adriano Spatola, insieme a cui fonda la rivista «Tam Tam». Guglielmi, Guido (1930-2002) – Pagliarani, Elio (1927). Manuale di poesia sperimentale. Milano, Arnoldo Mondadori, 1966. 210x155 mm. 368 pagine, 8 pagine non numerate. Frontespizio a due colori. Legatura in tela color nocciola, con camicia editoriale in carta lucida bianca di Anita Klinz e Elio Uberti, al dorso autori, titolo ed editore impressi in oro, note editoriali ripetute a stampa sulla camicia in rosso e nero. Cofanetto in cartoncino grigio. Ottimo stato di conservazione. Ricercata prima edizione di questa raccolta di poesie, che pure i curatori precisarono essere non tanto un’antologia, quanto opera che intendeva perseguire «scopi immediatamente utili, di misura per orizzontarsi nel complesso panorama della poesia d’oggi e di appena ieri» (si veda nota sulla bandella anteriore). L’elemento fondamentale attorno a cui si articola il volume è la lingua, che costituisce «la mediazione tra poesia e cultura» (p. 10), in base alla consapevolezza derivata dalle ricerche di De Saussure che «la poesia richiede il rilievo autonomo delle strutture linguistiche del discorso, l’uso consapevole delle relazioni dei segni, la percezione delle forme» (p. 10). Su questa base il manuale si articola in due parti, La funzione dell’espressione e La funzione della comunicazione, suddivisa quest’ultima a sua volta in due sezioni: Significanti e Significati. I poeti antologizzanti sono altresì distinti in due gruppi e inseriti nelle relative sezioni. Da un lato coloro che hanno portato avanti la poetica dell’espressione (Erba, Cattafi, Giudici, Raboni, Crovi, i poeti dialettali), «una poetica dei valori linguistici piuttosto che degli elementi semantici della lingua» (p. 11), e «lavorano, per così dire, su forme letterarie già costituite, sul solco di una tradizione poetica. Nel loro linguaggio tra tutte le motivazioni, prevalgono quelle letterarie: quanto dire che essi fanno uso di segni estetici» (p. 14): in ultima sintesi essi «aggregano in genere nuovi materiali alla poesia, ma lo strumento novecentesco che essi rimettono sapientemente in opera si rivela condizionante: le parole si trasformano in nomi poetici, e i significati sono come un’eco che accompagna i ritmi verbali» (p. 15). Dall’altro lato quelli che hanno respinto totalmente i modelli letterari precedenti, prediligendo il problema della comunicazione. Tra questi si differenziano coloro che, come Balestrini o Sanguineti, puntano sui significanti attraverso la deformazione dei significati, la violazione della normalità linguistica, la frammentazione della lingua stessa ed una sintassi complessa; altri, come Guglielmi, Pagliarani o Spatola, hanno invece affrontato la questione dei significati, soprattutto sociali, attraverso uno sperimentalismo stilistico ritmico-dissonante ed un pluralismo linguistico teso a mostrare sia l’inesistenza di una lingua realmente comunicativa, sia l’impossibilità di una modalità d’uso della lingua che valga «come modello dell’intera comunità linguistica, essere realmente pubblica e socialmente funzionale» (pp. 21-22). Gambetti – Vezzosi 2007, 607. Da Pound ai Novissimi. Profilo per un’antologia di poeti del Pesce d’Oro. Milano, All’insegna del Pesce d’Oro, 1966. 210x210 mm. 83 pagine, 13 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino verde con bandelle, al piatto anteriore titolo in bianco. Buono stato di conservazione, legatura appena allentata. Copia numerata: 172/1000. Prima edizione di questo volume realizzato dall’editore Vanni Scheiwiller (1934-1999) in collaborazione con l’amico tipografo milanese Ferruccio Lucini (1913-2003). Come si legge nella nota di Scheiwiller a p. 9 la selezione di poesie incluse, già apparse presso lo stesso editore a partire dal 1952, venne in origine stampata da Lucini in un solo foglio di macchina e inviata agli amici come strenna natalizia in un rotolo, «causando loro non poco imbarazzo»: la nuova edizione in volume prevede l’aggiunta di una decina di poeti, offrendo così una «scelta indicativa, tendenziosa e provocatoria». L’opera intendeva inoltre ricordare il quarantennale delle edizioni iniziate da Giovanni Scheiwiller (1889-1965), padre di Vanni, nel 1925. La tiratura limitata del volume prevedeva anche 300 copie fuori commercio numerate da I a CCC, con cofanetto che manca invece agli esemplari numerati in cifre arabe 1-1000. Di questi la copia 398/1000 appartenne al poeta Aldo Palazzeschi (1885-1975), dono di Vanni Schewiller che verga la dedica in data «5-7-67». L’antologia fu riproposta come aggiunta al volume del 1986 Arcana Scheiwiller: gli archivi di un editore, a cura di Linda Ferri e Gianfranco Tortorelli. Vanni Scheiwiller, oltre ad essere stato editore di diversi poeti del Gruppo 63 fin dai primi anni Cinquanta, pubblicò nel biennio 1966-1967 anche due numeri della rivista simbolo dell’ala surrealista e parasurrealista dei novissimi, «Malebolge» (scheda 3). Gruppo 63. Critica e teoria. A cura di Renato Barilli e Angelo Guglielmi. Milano, Feltrinelli Economica, 1976 («SC/10», 74). 195x120 mm. 395 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino stampato in grigio e arancione, al piatto anteriore e al dorso note editoriali in nero, al piatto posteriore nota sul volume. Buono stato di conservazione. Prima edizione di questa antologia di scritti critici e teorici ascrivibili agli intellettuali aderenti al Gruppo 63, tutti già comparsi su rivista o in altri volumi collettanei entro un arco cronologico di oltre un decennio, dal 1956-1957 al 1968-69. Il volume abbraccia quindi l’intera parabola di quella nuova, anzi nuovissima, generazione di poeti che, partendo dalle pagine della rivista anceschiana «Il Verri», riunendosi come compatto gruppo di lavoro nei convegni di Palermo (1963), Reggio Emilia (1964) e La Spezia (1966) e dando vita a periodici come «Malebolge» e «Quindici», i cui ultimi numeri risalgono proprio al 1969, seppe animare una stagione di fervore e sperimentazione letteraria e linguistica e creare una nuova critica capace di aprire la letteratura italiana al respiro internazionale. Nel pieno spirito che anima le intenzioni della collana «SC/10» di Feltrinelli, di cui questo titolo costituisce il n. 74, quelle cioè di essere «edizione economica […] di opere di alto livello culturale e scientifico», ma anche «lettura che non sia soltanto evasione» (p. 3), il volume è corredato di alcune brevi note critiche, ma soprattutto di una vasta sezione chiamata Apparati, comprensiva di Biobigliografie degli autori del Gruppo 63, una Bibliografia generale e approfondimenti sulle diverse Riviste del Gruppo e sulle Collane dei vari editori in cui sono comparse opere dei diversi scrittori antologizzati nel volume. OPERE DI SINGOLI AUTORI (in ordine alfabetico e in ordine cronologico) Arbasino, Alberto (1930). L’Anonimo Lombardo. Milano, Feltrinelli, 1959 («Biblioteca di letteratura. I Contemporanei», 11). 200x125 mm. 569 pagine, 7 pagine non numerate. Legatura in cartone a due colori, con copertina di Albe Steiner, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo e editore in nero. Buono stato di conservazione, lievi tracce d’uso. Prima edizione di questa raccolta di 15 racconti, alcuni dei quali già inclusi in Le piccole vacanze, volume edito da Einaudi nel 1957. Il titolo richiama lo pseudonimo, Anonimo Lombardo appunto, con cui il giovane Arbasino, nato a Voghera nel 1930, proponeva allora quasi tutta la sua produzione letteraria e così si chiamerà successivamente uno dei racconti presenti nel volume, Il ragazzo perduto, rielaborato e stampato singolarmente da Feltrinelli nel 1966. Nell’ultima edizione Adelphi del 1996, ulteriore riscrittura del testo rispetto anche alla versione einaudiana del 1973, il titolo è stato soggetto ad una variazione, se pur minima, con l’uso della minuscola per l’aggettivo: L’Anonimo lombardo. Questo racconto è certo tra i più rappresentativi di questa fase della narrativa di Arbasino ed è diventato «un documento del tempo come l’autore sognava che diventasse» (G. Fofi, Strade maestre: ritratti di scrittori italiani, Roma, Donzelli, 1996, p. 65), non solo per la trama (la vicenda di un giovane studente nella Milano dell’incipiente boom economico), ma anche per le notazioni di costume e per gli echi e citazioni di quelle che erano le matrici culturali dominanti dell’epoca (lo strutturalismo, il formalismo russo, la cultura letterario-sociologica angloamericana). Esso non va però disgiunto dagli altri racconti di questa prima edizione feltrinelliana, «racconti dinamici, indagatori e indiscreti, fresche attenzioni al costume che cambia, variazioni e divertissements di un giovane snob molto colto e avido di tutto» (G. Fofi, p. 66): solo qui conserva il suo valore di specchio di un’epoca, al punto da valere ad Arbasino il Premio Strega nel 1960, quale parte di «Un volume che – fortunato chi ce l’ha – rimane, credo, il suo capolavoro» (G. Fofi, p. 66). Gambetti – Vezzosi 2007, 30. Arbasino, Alberto (1930). Parigi o cara. Milano, Feltrinelli, 1960 («Biblioteca di letteratura. I Contemporanei», 20). 200x125 mm. 751 pagine, una pagina non numerata. Legatura in cartone a due colori con copertina illustrata di Albe Steiner con una fotografia di Parigi in negativo, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo e editore in rosso, segnalibro editoriale originale con nota sul volume. Buono stato di conservazione, legatura appena allentata, tracce d’uso. Ricercata prima edizione di questo volume, che raccoglie saggi e scritti di Arbasino già precedentemente comparsi su vari periodici («il Mondo», «L’illustrazione italiana», «Paragone», «Il Verri») e qui spesso soggetti a modifiche e riscritture. Seguendo le indicazioni dell’autore nel segnalibro editoriale conservato nel volume, la raccolta risulta organizzata in parte come «itinerario geografico» e «taccuini di viaggio» (con sezioni intitolate Venezia, Parigi, Inghilterra, Nuove lettere da Londra e molti interventi in cui compare la specifica della città, La parata di Anversa, Riviste a Madrid, Mozart a Berlino), in parte come «diario di una educazione sentimentale» e soprattutto «indagine piuttosto seria sulla maggior parte delle avventure intellettuali che hanno significato qualche cosa in Europa del ’55 al ‘60». L’ampiezza degli argomenti affrontati e la verità degli aspetti della cultura trattati, dalla letteratura all’arte, dal balletto alla musica, dal teatro ai più eterogenei motivi di dibattito nella vita quotidiana (la birra, il sesso), mostrano tutta la versatilità di un autore non ancora trentenne (i saggi sono infatti tutti antecedenti il 1960) votato ad una scrittura critica di forte impronta giornalistica, di cui offrirà nel tempo vasta testimonianza collaborando con le principali testate nazionali: «Il Giorno», «Il Corriere della Sera» e «La Repubblica». La grafica di copertina, condivisa nell’impostazione con altri volumi della stessa collana (scheda 8), si deve al noto artista e designer Albe Steiner (1913-1974), attivo a partire dal 1948 in qualità di collaboratore per riviste e quotidiani («Domus», «Rinascita», «Mondo Operaio», «L’Unità») case editrici (Feltrinelli, Einaudi, Zanichelli), industrie (Pirelli, Olivetti) ed enti culturali (Rai, Piccolo Teatro, Triennale di Milano). Questo zibaldone arbasiniano, secondo una prassi comune a molte opere dello scrittore, è stato oggetto di successivi interventi e aggiunte in occasione della nuova edizione, nel 1995, presso Adelphi. Gambetti – Vezzosi 2007, 30. Arbasino, Alberto (1930). Fratelli d’Italia. Milano, Feltrinelli, 1963 («I Narratori di Feltrinelli», 24). 215x135 mm. 532 pagine, 4 pagine non numerate. Legatura in cartone verde con camicia editoriale con bandelle a cura grafica di Albe Steiner illustrata con una fotografia b/n dell’autore di Giulia Niccolai, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore in nero, al piatto anteriore riproduzione a stampa della firma di Arbasino, sulla sovraccoperta note editoriali in nero, catalogo editoriale sulla bandella posteriore e nota sul volume alla quarta di copertina. Buono stato di conservazione, lievi lacerazioni e lacune alla camicia editoriale. Prima edizione di questo romanzo, considerato una summa dello stile narrativo di Arbasino. Rifiutata da Giorgio Bassani per la collana feltrinelliana da lui diretta, «I Contemporanei», in cui uscirono invece i precedenti L’Anonimo Lombardo (1959; scheda 8) e Parigi o cara (1960; scheda 9), l’opera uscì come volume n. 24 dell’altra collana guidata da Bassani, «I Narratori». La trama, snodata attorno alla vicenda di due giovani omosessuali che viaggiano tra l’Italia e l’Europa, non è che un pretesto per una panoramica sulla società del tempo, in particolare sul panorama culturale ed intellettuale, da sempre centro degli interessi della scrittura arbasiniana. Una seconda edizione seguì di appena due mesi la prima, e successivamente si scalano lungo tre decenni gli interventi e le riscritture: nel 1967 viene modificato esclusivamente l’ultimo capitolo in una riproposizione sempre presso Feltrinelli; l’edizione Einaudi 1976 risulta invece più profondamente modificata e risulta mutato, da Antonio ad Andrea, il nome di uno dei protagonisti; per la nuova e monumentale edizione presso Adelphi, nel 1993, l’opera è nuovamente sottoposta a qualche trasformazione compreso il ritorno ai nomi originari dei personaggi. Sulla genesi e sul significato di questo romanzo, tappa cruciale nel processo di trasformazione del romanzo moderno o sperimentale, lo stesso Arbasino elabora un saggio, Nascita di Fratelli d’Italia (in Gruppo 63. Critica e teoria, pp. 191-202; scheda 7), mettendo insieme brani tratti dal suo Certi romanzi (1964; scheda 12). Qui l’autore descrive l’opera come «un omaggio “critico” ai maestri del romanzo moderno», «disseminato di omaggi deliranti ai maestri della narrativa contemporanea» (Goethe, Sade, Petronio, Musil, Conrad, James, Mann, Proust e D’Annunzio) ma in forma dialettica, cosicchè ne risulta un «romanzo-saggio», anzi un «romanzo-conversazione» incentrato su alcuni temi chiave: «il dilemma sempre più straziante fra decadentismo parossistico e rigore astratto», «la delusione dei maestri», «la morte brutta e dolorosa», «l’ambiguità dei personaggi». Stilisticamente dominano il pastiche linguistico e «un procedimento per accumulazione […] Una struttura a pinnacolo tipo pasticceria barocca: sempre qualcosa in cima!». Gambetti – Vezzosi 2007, 30. Arbasino, Alberto (1930). La narcisata – La controra. Due storie romane. Milano, Feltrinelli, 1964 («Le Comete», 33). 205x125 mm. 143 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino con copertina illustrata da un dipinto di Cy Twombly (Catullus, 1962), al piatto anteriore autore, titolo, collana ed editore in bianco e bordeaux, al dorso note editoriali ripetute in nero, al piatto posteriore fotografia dell’autore in b/n di Carlo Bavagnoli (A Porta Portese negli Anni Cinquanta), ai contropiatti nota sul volume e catalogo editoriale. Buono stato di conservazione, lievi tracce d’uso lungo le cerniere. Prima edizione in volume di questi due racconti, già apparsi sul periodico «Tempo Presente» rispettivamente nel giugno 1959 e nel marzo 1961. Abbandonata l’ambientazione milanese degli esordi letterari, Arbasino offre, come dice il sottotitolo stesso, due storie romane, «due galoppate attraverso un’altra Roma Sparita, quella dei Tardi Anni Cinquanta: bizantina sempre ma ormai tramontata» (citazione dalla copertina). Dell’autore è la nota al contro piatto anteriore, in cui si evidenzia il carattere sperimentale della narrazione sotto il profilo formale e linguistico, in parte diverso dallo sperimentalismo strutturale e tematico dominante in Fratelli d’Italia, uscito l’anno precedente (scheda 10). Una seconda edizione feltrinelliana seguì nello stesso anno questa prima del marzo 1964, mentre nel 1975 uscì rivisitato, con il titolo ridotto a La narcisata, due epigrafi gaddiane e una nota aggiunta siglata A. A., presso Einaudi. Alla sua prima comparsa il volume incontrò una buona fortuna critica e celebre è rimasta la recensione di Oreste Del Buono (Sberleffo feroce al passato prossimo, in «Corriere d’Informazione», 11 marzo 1964) che lo elogiava come «un epitaffio a un mondo irrimediabilmente ma appena scomparso e sostituito da un mondo probabilmente peggiore», capace «di rivelarci che l’unico romanzo storico possibile è l’attualità che tutti noi viviamo in un disperato e disperante romanzo di costume». Anche dopo la nuova edizione del 1975 la prima versione di Feltrinelli continuò ad essere prediletta da molti intellettuali, come Edoardo Sanguineti (Narcisate nel tempo, in «Paese Sera», 10 luglio 1975), che considerava anacronistiche molte delle interpolazioni e guardava in fondo con un certo sospetto le riscritture dell’autore. La foto in quarta di copertina della prima edizione fu scattata da Carlo Bavagnoli (1932), uno dei maggiori protagonisti della fotografia di reportage degli anni ’50 e ’60, grazie ad un’esperienza maturata in Italia e all’estero all’interno delle redazioni di famose riviste come «Illustrazione Italiana», «Cinema nuovo», «Epoca», «L’Espresso» e «Life». Famosi i suoi servizi sulla Sardegna tra il 1958 e il 1961, in specifico quello sull’artista Costantino Nivola (1911-1988), intento nella decorazione della chiesa della Madonna d’Itria ad Orani (Nu). R. Spaducci, Prime edizioni del Novecento letterario italiano (narratori e poeti). Manuale di Bibliografia pratica. Roma, Il Calamaio, 1995, 20; Gambetti – Vezzosi 2007, 30. Arbasino, Alberto (1930). Certi romanzi. Milano, Feltrinelli, 1964 («Materiali», 2). 205x125 mm. 197 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco lucido con copertina a cura grafica di Umberto Brandi, al piatto anteriore autore, titolo editore e nota sul volume in nero, note editoriali ripetute al dorso, al piatto posteriore indicazione della collana e nota sulla medesima in nero. Buono stato di conservazione, tracce d’uso in copertina, alcuni marginalia e sottolineature a matita. Al contropiatto posteriore timbro in inchiostro blu con la lettera U. Ricercata prima edizione di questa raccolta di saggi critici, che costituiscono una sorta di brogliaccio delle idee e del lavoro teorico di base del progetto di Fratelli d’Italia (1963; scheda 10), ma nello stesso tempo possono leggersi come autonoma riflessione sulle nuove forme narrative, dal Formalismo francese allo Strutturalismo russo. L’opera può quindi considerarsi il contrappunto saggistico del celebre romanzo arbasiniano, un labirinto di idee dove pure trovare chiarimenti sulle coordinate culturali e la temperie intellettuale che ne nutrirono l’elaborazione, in cui rintracciare gli autori che formano il serbatoio di citazioni e ispirazione di quelle celebri pagine, tra le più note dello scrittore di Voghera. Lo stile e le scelte linguistiche dominate dal gusto della mescolanza, insieme all’assenza totale di titoli specifici per i singoli interventi, identificati solo da un numero progressivo e da un’epigrafe d’apertura variamente tratta dai grandi maestri di riferimento di Arbasino, sono i tratti tipici dello scrittore lombardo, il cui meritò fu all’epoca riconosciuto esattamente «nell’accumulo delle notizie, delle idee, dei concetti, nel moltiplicarsi dei titoli, delle formule, dei nomi, delle proposte, senza lasciare mai il tempo di tirare il fiato: nell’aggressività, quindi, del suo discorso, che rende molto efficacemente l’aspetto sempre un poco nevrotico di una ricerca critica e intellettuale che gioca tutta se stessa sull’intelligenza, sull’acutezza e sulla sottigliezza dell’esercizio eccitato della mente» (Giorgio Bàrberi Squarotti, Leggere un libro con Arbasino è un’avventura dell’intelligenza, in «Gazzetta del Popolo», 3 febbraio 1965). Come prassi consueta dell’autore l’opera fu sottoposta a revisione, con aggiunte e riscritture, per la nuova edizione Einaudi del 1977, arricchita da due Appendici: Quella Carmen, un capitolo intitolato Postface 1977 a «Fratelli d’Italia» e dodici nuovi saggi raccolti sotto la denominazione La Belle Époque per le scuole. Gambetti – Vezzosi 2007, 30. Arbasino, Alberto (1930). Grazie per le magnifiche rose. Tutte le avventure della drammaturgia contemporanea. Milano, Feltrinelli, 1965 («Materiali», 6). 220x140 mm. 525 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco lucido, al piatto anteriore autore, editore e nota sul volume in nero, titolo in rosa, note editoriale ripetute in nero al dorso, al piatto posteriore indicazione della collana in nero e rosa e nota sulla collana. Buono stato di conservazione, tracce d’uso e lieve usura lungo i bordi dei piatti. Prima edizione in volume di questa raccolta di scritti e critiche teatrali risalenti al quinquennio precedente, tra 1959-1965. All’interno della produzione di Arbasino il volume costituisce un’importante testimonianza della sua attività come conoscitore e sperimentatore di fenomeni d’arte e cultura legati all’ambito drammaturgico, dal musical alle sperimentazioni d’avaguardia fin oal cabaret. I saggi raccolti, come si legge in copertina, formano un «ROMANZO CRITICO: organizzando i materiali […] secondo la struttura significativa del Viaggio di Scoperta archetipo e costante, come un’iniziazione formativa». Caso isolato tra le opere dello scrittore lombardo, Grazie per le magnifiche rose non ebbe successive riproposizioni o ampliamenti, per motivi illustrati dallo stesso Arbasino: «è un volume tipicamente “epocale”. Non ho mai creduto in una ristampa, nonostante i desideri di Garzanti e di Tondelli e di Adelphi, perché l’Indice dei nomi principali ne include centinaia: e la maggior parte è scomparsa dalla memoria anche coltissima, benché si tratti di attori e autori già assai familiari a un certo pubblico tutt’altro che esiguo» (da A. Arbasino, Romanzi e Racconti, Milano, Mondadori, 2010 («I Meridiani»), I, p. CXLIV). In questo vasto viaggio all’interno del mondo teatrale i giudizi di Arbasino, soprattutto sui registi e sul teatro italiano, non furono particolarmente favorevoli o clementi: con pungente spirito critico lo scrittore e giornalista demolì molti luoghi comuni della scena nazionale, andando a scalfire anche il mito di intoccabilità di due monumenti come Luchino Visconti o Giorgio Strehelr, «arrivati a possedere due caratteristiche in comune: l’edonismo e il ‘ralenti’» (p. 331). Altrettanto poco positive furono alcune recensioni critiche all’indomani della pubblicazione, tra cui spicca la vera e propria «distruzione […] fatta da Delio Cantimori su “Paese-Sera” (?) di tanto tempo fa» (da Antonio Palermo, La tessera e il puzzle. Letteratura della sociologia, Napoli, Guida, 1979, p. 65). Il merito di Grazie per le magnifiche rose resta comunque quello di aver restituito una fotografia di vastissimo respiro, fino agli accessi di un furore informativo tipico dello scrittore, delle esperienze teatrali in Europa (da Milano a Mosca, passando per Salisburgo, Parigi, Bayreuth, Londra, ecc.) e negli Stati Uniti tra lo scadere degli anni Cinquanta e il primo lustro dei Sessanta. Gambetti – Vezzosi 2007, 30. Arbasino, Alberto (1930). Due orfanelle. Venezia e Firenze. Milano, Feltrinelli, 1968. 175x110 mm. 108 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino verde e bianco, al piatto anteriore autore ed editore in nero e titolo in bianco e nero, al dorso note editoriali ripetute in nero, al piatto posteriore nota sul volume. Buono stato di conservazione, lievi tracce d’uso. Al frontespizio nota di possesso in inchiostro blu «Cristina». Prima edizione piuttosto rara di queste due inchieste giornalistiche risalenti al 1967 e dedicate alle città italiane di Venezia e Firenze, descritte nella quarta di copertina come «preziose e ferite» e nella nota introduttiva a p. 5 nei termini di «due Perle Cariate; o due Culle d’Arte che sono riuscite nell’allucinante tour-de-force di far durare per mezzo millennio (rispettivamente) il Settecento e il Dugento; o due Melograni di Pietra infine ottenebrati, lo stesso giorno, alla stessa ora, dal fango delle alluvioni» nel novembre del 1966. Arbasino tenta una descrizione ed una lettura della struttura dei due centri, il loro funzionamento e il trasformarsi nel tempo dei loro sistemi di relazioni interni ed esterni, fino a diventare l’ombra di se stesse, due orfanelle appunto, non solo dopo la distruzione portata dall’acqua e dal fango delle alluvioni, ma anche di un passato glorioso che le create e poi abbandonate, con loro conseguente mummificazione. Così la Serenissima si riduce ad una «vetrina d’esposizione frettolosa e apoplettica», che «tenta d’atteggiarsi, ottocentescamente, a salon. Ma diventa, consumisticamente, supermarket» (p. 7) e «da qualche anno non sta offrendo, praticamente, nulla di più eccitante dei piccioni di Piazza Dan Marco» (p. 99). La città dei Medici e i suoi monumenti sono invece «ricoperti dalle automobili ferme; e soffocati da una mareggiata d’altre automobili che tentano di muoversi e non ci riescono» (p. 53), e la culla della lingua italiana nonché centro pulsante della cultura fino agli anni Trenta giace vittima di «una tendenza furiosa all’isolamento» (p. 75), «puramente provinciale» (p. 82). I due pamphlet si articolano sia come indagine dell’urbanistica e delle problematiche a questa legate (traffico, mobilità, flussi turistici, integrazione di centro e periferie), sia come dialogo con protagonisti della scena istituzionale o intellettuale, interpellati come testimoni di un presente che rischia di restare ripiegato sul passato e incapace di guardare al futuro. Gambetti – Vezzosi 2007, 30. Arbasino, Alberto (1930). Super-Eliogabalo. Milano, Feltrinelli, 1969 («I Narratori di Feltrinelli», 159). 200x120 mm. 322 pagine, 6 pagine non numerate. Legatura in cartone viola, al piatto anteriore autore in blu, titolo in giallo ed editore in bianco, note editoriali al dorso negli stessi colori, al piatto posteriore note editoriali e nota sul volume in bianco. Ottimo stato di conservazione. Al recto della sguardia anteriore timbo ex-libris in inchiostro blu «Sergio e Orietta Galeazzi». Prima edizione, piuttosto ricercata, di questo romanzo in cui Arbasino richiama la figura dell’imperatore di origine siriana Marco Aurelio Antonino detto Eliogabalo (nato nel 203 d. C. come Sesto Vario Avito Bassiano), giovanissimo successore di Caracalla nel 218 d. C. e in carica per soli quattro anni, durante i quali mise in atto azioni cruente ed efferate fino a cadere vittima, con successivo scempio del cadavere, dei pretoriani, l’11 marzo del 222 d. C. Quello arbasiniano è però, in pieno accordo con lo stile e la poetica dello scrittore lombardo, un Super-Eliogabalo, un oltre rispetto alla già complessa figura storica di un imperatore divenuto simbolo della decadenza del mondo romano ed assunto come emblema della decadenza dell’Europa contemporanea. Con quest’opera l’autore supera, nella composizione e nelle scelte linguistiche, qualsiasi forma di sperimentazione e strutturalismo ed offre al lettore una narrazione sostanzialmente priva di una struttura, puro trionfo di tecniche e figure retoriche - dall’iperbole al pastiche, all’ornamentazione lessicale di puro gusto manierista – ed un esempio di letteratura che, pienamente calata nel clima sperimentale delle neoavanguardie del Gruppo 63, antepone il significante al significato nell’accezione illustrata da Pagliarani e Guglielmi nel Manuale di poesia sperimentale (1966; scheda 5). Lo spirito e la volontà innovativa di questa rivoluzione culturale, tesa al superamento di qualsiasi modello tradizionale all’interno del genere del romanzo, si percepisce fin dall’inizio del volume, nella posposizione del frontespizio (a p. 11) a 7 pagine di testo interamente riempite di calligrammi, alcuni apparentemente senza senso e dal puro valore grafico-visuale, con varianti nella scelta del corsivo piuttosto che del grassetto e un’impostazione delle spaziatura, dei margini o dell’interlinea, spiazzanti e fuori dai canoni. Controversa e discordante fu l’accoglienza critica, si parlò di «artificio mistificatorio» e «calcolata follia» (Giuliano Gramigna, L’imperatore in week end, in «Corriere d’Informazione», 8 novembre 1969) e lo stesso Arbasino intervenne nel dibattito per chiarire il senso della sua opera (Super-Eliogabalo: tutti in disaccordo, in «Il Corriere della Sera», 15 febbraio 1970). Il testo ha subito due revisioni (per Einaudi nel 1978 e per Adelphi nel 2001), consistenti soprattutto in una fioritura di aggiunte ai già lunghi elenchi di questa prima versione feltrinelliana e in un proliferare di tutto ciò che l’autore ha di più caro: le sequenze di citazioni dai grandi maestri, dai classici latini ai surrealisti francesi. Nella versione einaudiana è inclusa una Nota 1978 siglata A. A., poi lasciata cadere nella successiva del 2001, in cui Super-Eliogabalo viene collocato in un ciclo che comprende anche La bella di Lodi (1972; scheda 18), Specchio delle mie brame (1974; scheda 20) e Il principe costante (1972; scheda 17). Qualche sostituzione lessicale e interventi superficiali di varia consistenza da parte di Arbasino anche per l’ultima ristampa del romanzo, nel volume 2 dei suoi Romanzi e Racconti (Milano, Mondadori, 2010 «I Meridiani»). Gambetti – Vezzosi 2007, 31. Arbasino, Alberto (1930). Sessanta posizioni. Milano, Feltrinelli, 1971 («I fatti e le idee. Saggi e Biografie. Critica letteraria», 208). 225x140mm. 484 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco lucido con copertina stampata in due tonalità di blu e illustrata da un disegno di Stefano Bollina, al piatto anteriore autore e titolo in blu, editore e collana in bianco, al dorso note editoriali ripetute in blu, al piatto posteriore nota sul volume e breve bio-bibliografia dell’autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, piuttosto ricercata, di questa raccolta di 60 interventi di critica letteraria costruiti come sorta di ritratto storico-critico di altrettanti autori, di indubbia rilevanza quali punti di riferimento della cultura contemporanea, ma anche selezionati tra le preferenze assolutamente soggettive dell’autore. Nella quarta di copertina è infatti Arbasino a descrivere il volume come «un catalogo personale e indipendente di predilezioni e di pietre d’inciampo abbastanza rilevanti per la cultura dei nostri anni». Gli interventi sono vere divagazioni letterarie in forma di «Ritratti, recensioni, profili, interviste, riletture, incontri, ripensamenti, brindisi, alterchi, paesaggi, silhouettes, cannocchiali, serenate…» (Note, p. 474), che configurano l’opera come «l’equivalente letterario di Grazie per le magnifiche rose» dedicato alla critica teatrale (1965; scheda 13). Le Note dell’autore alle pagine finali (pp. 474-482) si possono leggere alla stregua di una «sessantunesima posizione, che andrebbe intitolata Alberto Arbasino», di una «autocronologia critica» o di un «saggio latamente autobiografico», utili come resoconto «non solo del modo di scrittura di Arbasino, ma soprattutto del suo sentimento del tempo» (si veda la Cronologia dello stesso Arbasino e Raffaele Manica, in A. Arbasino, Romanzi e racconti, Milano, Mondadori, 2010 [«I Meridiani»], I, pp. XCV-CCXXV: CLVII). Si tratta di un’opera rilevante all’interno della produzione dello scrittore di Voghera, che offre con questi interventi un esempio rappresentativo della propria attitudine alla scrittura critica, non certo di spicco per la coerenza di metodo o la completezza storiografica, quanto cartina di tornasole per la comprensione delle strade battute dalla rivoluzione culturale portata avanti dalla neoavanguardia e dal Gruppo 63. Gambetti – Vezzosi 2007, 31. Arbasino, Alberto (1930). Il principe costante. Torino, Einaudi, 1972 («I coralli», 282). 190x120 mm. 136 pagine, due pagine non numerate. Legatura in tutta tela rossa con camicia editoriale in carta lucida bianca, con bandelle, illustrata da uno schizzo di Eugène Delacroix (Un cavaliere), al dorso autore, titolo e marca editoriale in bianco, sulla sovraccoperta note editoriali e breve nota sul volume in nero, sulle bandelle nota sul volume e catalogo editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo breve romanzo-sceneggiatura, concepito come vera e propria riscrittura dell’omonimo dramma, datato 1639, di Pedro Calderòn de la Barca (1600-1681). Un’anticipazione teorico-critica delle basi di questa operazione di rivisitazione è il capitolo intitolato Prima lettura del “Principe Costante” in La maleducazione teatrale (Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 107-114), dove si enunciano le proposte cui approda la lettura strutturale dell’opera dello spagnolo e i criteri fondamentali su cui si dovrà basare la messa in scena, ridotta «in un teatrino minuscolo dove si possa “rappresentare” tutto con pochi profili architettonici eseguiti con materiali solidi e poveri» e con una cifra gestuale ripulita e stilizzata, ridotta all’essenziale. Nato e scritto pensando già ad un progetto cinematografico, mai realizzato, e quasi su richiesta di Alberto Moravia (1907-1990) e Dacia Maraini (1936) all’epoca dell’avventura del Teatro del Porcospino, il lavoro arbasiniano consiste in uno smontaggio del testo barocco, in un suo rovesciamento, ma nello stesso tempo in una sua replica, nel pieno rispetto dei motivi originali chiave a partire dalla figura del protagonista, don Fernando. Egli ripete i gesti dell’eroe creato da Calderòn, ma diventa emblema dell’anti-eroe riducendosi, usando le parole della celebre recensione critica che ne fece Geno Pampaloni «un barbone, un hippie, di cui nessuno si accorge» (Il principe costante, in «Il Corriere della Sera», 31 dicembre 1972). Il talento di pasticheur di Arbasino emerge anche in questa prova letteraria, a partire dalla creazione di uno scenario di «vaste onde atlantiche e ciuffi di palme da cartolina» che trasfigura il «sublime manufatto barocco» in «un’operina da cabaret» (G. Pampaloni, cit.). Lo schizzo di Eugène Delacroix (1798-1863) scelto per illustrare la camicia editoriale è verosimilmente preso dal taccuino noto come Carnet de voyage, realizzato durante il viaggio del pittore in Marocco nel 1832, conservato al Cabinet des Dessins del Musèè du Louvre di Parigi. Gambetti – Vezzosi 2007, 31. Arbasino, Alberto (1930). La bella di Lodi. Torino, Einaudi, 1972 («Supercoralli»). 220x135 mm. 166 pagine, 6 pagine non numerate. Legatura in tutta tela grigio-azzurra con camicia editoriale in carta lucida bianca con bandelle, illustrata a colori da un dipinto di Pino Pascali (Primo piano labbra, 1965), al dorso autore, titolo e marca editoriale in bianco, sulla sovraccoperta note editoriali in nero e grigio, sulle bandelle nota sul volume e breve biografia dell’autore in nero. Buono stato di conservazione, lieve usura della sovraccoperta, fascetta editoriale lacerata conservata tra le pagine. Prima edizione di questo romanzo, costruito da Arbasino sulla base di un suo racconto apparso su «Il Mondo» (7 e 14 febbraio 1961) e sulla relativa sceneggiatura, da cui fu tratto nel 1962 l’omonimo film diretto da Mario Missiroli (1934): le vicende compositive dei due elementi, quello strettamente letterario-narrativo e quello del soggetto cinematografico, si intersecano nei primi anni Sessanta e le cronologie sono ricostruibili grazie a materiale d’archivio manoscritto raccolto in Fondo manoscritti di autori contemporanei. Catalogo, a cura di Giampiero Ferretti, Maria Antonietta Grignani e Maria Pia Musatti, nota introduttiva di Maria Corti, Torino, Einaudi, 1982. Con il regista teatrale e cinematografico Missiroli, l’autore lombardo tornò a collaborare per la stesura della sceneggiatura per musical Amate sponde! Commedia italiana, pubblicata da Einaudi nel 1974 (scheda 19). A distanza di trent’anni, nel 2002, uscì una nuova edizione del romanzo presso Adelphi, con ritocchi e variazioni soprattutto nella seconda parte del testo che agiscono, come in molta parte delle opere arbasiniane, quali tentativi di aggiornare la narrazione secondo il colore del tempo presente, tentativi che però rischia di sbiadire le vere nuances del romanzo cosicché «il rosso delle labbra di Pascali è diventato rosa» (Marco Belpoliti, Camp con la Sandrelli lungo l’Autostrada, in «Alias», 18 gennaio 2003). La storia della bella di Lodi, intreccio d’amore e denaro, ruota intorno al provincialismo borghese, alla falsa moralità di costume, ai luoghi comuni di una nascente società dominata dal consumismo, simboleggiato qui dall’autogrill e dal quel primo tratto di autostrada (che diventa in specifico l’Autostrada del Sole nell’edizione 2002) eletto a luogo di vacanza. Elemento arbasiniano forte e dominante resta la lingua, «la lingua italiana odierna in un suo particolare parlato che, per essere del tutto artificioso, giunge ad aggredire, con un’ottica, una curvatura, tutta sua particolare, la realtà in cui viviamo. Un linguaggio che, sotto l’apparenza di voler apparire mimetico, è, al contrario, tutto inventato: è, anzi, la invenzione primaria di Arbasino» (Mario Spinella, Arbasino e la bella di Lodi, in «Rinascita», 14 luglio 1972). Gambetti – Vezzosi 2007, 31. Arbasino, Alberto (1930) – Missiroli, Mario (1934). Torino, Einaudi, 1974 («I coralli», 297). Amate sponde! Commedia italiana. 190x115 mm. 4 pagine non numerate comprendenti il frontespizio, 133 pagine, una pagina non numerata. Legatura in tutta tela rossa con autori, titolo e marca editoriale al dorso in bianco. Buono stato di conservazione, privo della camicia editoriale originale in carta lucida bianca con bandelle e illustrata a colori con un manifesto degli anni Trenta. Prima edizione, nella stesura definitiva, di questa sceneggiatura per musical già comparsa, pur in una versione differente, sul periodico «Paragone» (aprile 1962). La scrittura a quattro mani Arbasino-Missiroli è ricordata dal primo come felice e condotta all’unisono: «uno diceva una battuta e subito l’altro gli forniva la replica perfetta. Un po’ come quelle coppie leggendarie di sceneggiatori hollywoodiani» (da Conversazione con Gabriele Pedullà, in Alberto Arbasino, a cura di Marco Belpoliti e Elio Grazioli, Milano, Marcos y Marcos, 2001 [«Riga», 8], p. 36). La sintonia della collaborazione traspare dal parere, condiviso tra i due, dell’assoluta impossibilità della rappresentazione di questo piccolo e delirante musical, ambientato nel ventennio che intercorre tra la marcia su Roma (1922) e la Liberazione (1945). Il titolo è tratto dall’incipit della poesia di Vincenzo Monti (1794-1828), Dopo la battaglia di Marengo (1801). Il manifesto di autore anonimo, datato agli anni ’30 del Novecento, scelto per illustrare la sovraccoperta di questa edizione einaudiana, rappresentava l’Italia nuda in corsa, nell’atto di trascinare un drappo tricolore, colta nel passaggio dietro una lampadina Zenith. La vicenda di composizione della sceneggiatura è ampiamente testimoniata da tre redazioni dattiloscritte con numerose varianti e aggiunte, anche manoscritte, e tra tre blocchi di bozze di stampa postillate da Arbasino, schedate ed analizzate in Fondo manoscritti di autori contemporanei. Catalogo, a cura di G. Ferretti, M. A. Grignani e M. P. Musatti, nota introduttiva di M. Corti, Torino, Einaudi, 1982, p. 17 e sgg. Gambetti – Vezzosi 2007, 31. Arbasino, Alberto (1930). Specchio delle mie brame. Torino, Einaudi, 1974 («I coralli», 301). 190x115 mm. 4 pagine non numerate comprendenti il frontespizio, 137 pagine, 3 pagine non numerate. Legatura in tutta tela rossa con camicia editoriale in carta lucida bianca con bandelle, illustrata a colori con un disegno dal film di Walt Disney Biancaneve e i Sette Nani, al dorso autore, titolo e marca editoriale in bianco, sulla sovraccoperta note editoriali e citazione dal testo in nero, sulle bandelle note sul volume sempre in nero. Buono stato di conservazione, piccolo strappo al bordo superiore della sovraccoperta. Al contro piatto posteriore timbro in inchiostro blu. Prima edizione di questo romanzo, seguita l’anno successivo (1975) da una nuova edizione einaudiana nella collana «Nuovi Coralli»; l’opera è stata oggetto di un intervento di riscrittura e di una ripubblicazione presso Adelphi nel 1995. Distanziandosi dalle consuete ambientazioni dei suoi scritti, l’area padano-lombarda o quella romana, Arbasino colloca la vicenda in Sicilia e in qualche modo abbandona anche i consueti maestri di riferimento (Carlo Emilio Gadda, Aldo Palazzeschi) per scegliere quale fonte d’ispirazione primaria l’opera e la poetica di Luigi Pirandello (1867-1936), affiancandogli grandi nomi della storia della letteratura e della cultura italiana meridionale: i siciliani Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), Luigi Capuana (1839-1915) e Giovanni Verga (1840-1922), i campani Federico De Roberto (1861-1927) e Tommaso Landolfi (1908-1979), gli abruzzesi Francesco Paolo Michetti (1851-1929) e Gabriele D’Annunzio (1863-1939). La composizione della vicenda a sfondo erotico della «Baronessa del Profondo Sud italiano ahimé talmente libertina, e anche assai capricciosa, alle prese con certi suoi sventati e sprovveduti ragazzi» (p. 3) è un’operazione che supera anche il consueto pastiche arbasiniano per diventare vero e proprio assemblaggio di citazioni, a volte criptiche a volte più fedeli ed esplicite. Nel gioco linguistico lo scrittore sfrutta l’inserimento di espressioni tipiche del linguaggio parlato dell’Italia meridionale e scelte lessicali che passano da termini un po’ desueti, che avvolgono la narrazione in una pellicola temporale in linea con il panorama storico-culturale degli autori di riferimento sopra elencati, ad anglismi o francesismi di immediato richiamo ad una contemporaneità che inizia sempre più a sostituire le parole del proprio vocabolario con lemmi stranieri. Con questi caratteri di composizione che procede per frammenti, Specchio delle mie brame si inserisce perfettamente in quella visione arbasiniana di una letteratura che lui stesso definì «riciclata», che sfrutta e si basa su frantumi eterogenei e disomogenei, rimontati e rilavorati per costruire una nuova ed intera finzione. Su tutto trionfa il kitsch di immagini e luoghi comuni propri della «solita, questionabile fallocentrica siculo-mediterranea» e della «più scostumata sicilianità» (Enzo Siciliano, Palermo si diverte, in «Il Mondo», 30 dicembre 1974). Gambetti – Vezzosi 2007, 31. Arbasino, Alberto (1930). Fantasmi italiani. Roma, Cooperativa Scrittori, 1977 («I Gulliver», 8). 205x120 mm. 430 pagine, due pagine non numerate. Brossura in cartoncino nero con copertina a cura grafica di Piergiorgio Maoloni, al piatto anteriore autore ed editore in rosso, titolo in bianco, al dorso note editoriali ripetute in bianco, al piatto posteriore nota sul volume e breve biografia dell’autore in bianco. Buono stato di conservazione, lievi tracce d’uso. Sulla prima pagina nota di possesso manoscritta in inchiostro nero «Tratto da Nicola da una bancarella di sogni». Prima edizione di questa raccolti di saggi, che segna nella scrittura critica di Arbasino un deciso ritorno alle questioni italiane, oggetto di un attento esame e di un esercizio costante. Si tratta di interventi su numerosi temi di cultura e Kulturkritik già trattati dal giornalista sulle pagine de «la Repubblica», «Il Corriere della Sera» ed altre riviste periodiche nella prima metà degli anni Settanta. Nelle pagine iniziali, sotto il titolo Senza deposito, lo stesso autore descrive l’opera come frutto della decisione di «seguire oggi non qualche simpatico o suggestivo Altrove ma l’attualità politica e culturale italiana giorno per giorno, con tutti i rischi della immediatezza troppo “a caldo”» (p. 7), e spiega la scelta del titolo, in cui i fantasmi «rinviano sia ai nuovissimi fantasmi della psicanalisi fantasmatica […], sia ai vecchi fantasmi della tradizione popolare che percorrono il nostro caro Paese con lenzuolo in testa e due buchi per gli occhi» (p. 8). Arbasino si rivolge poi direttamente al «Caro lettore di scritti di cultura», invitandolo a non lamentarsi delle tante citazioni, soprattutto di nomi di autori, prova di «una certa accuratezza di documentazione e una certa precisione di rifermenti» (p. 9) per cui si tollerare «un po’ di fastidio di natura tipografica e visiva davanti a una pagina con parecchie maiuscole e virgolette, e magari corsivi» (p. 8), né per il diffuso uso di un lessico che si distacca «dalla tradizione astratta e teorica delle accademie barocche, delle arcadie rococò, degli idealismi meridionali, degli pseudo-concetti buttati dalla finestra» (p. 10). L’autore così, in maniera autoreferenziale, denuncia e al contempo giustifica i tratti caratteristici della sua scrittura, talvolta oggetto di critica: il gusto per l’accumulo di notizie ed informazioni, l’abbondanza di citazioni, l’esuberanza e l’inventiva linguistica. Gambetti – Vezzosi 2007, 31 Arbasino, Alberto (1930). Luisa col vestito di carta. Illustrazioni di Giosetta Fioroni. Milano, Emme Edizioni, 1978. 285x230 mm. 18 pagine non numerate. Illustrazioni a colori, a piena pagina o inserire nel testo, di Giosetta Fioroni. Legatura in cartone con copertina illustrata a colori da un disegno di Giosetta Fioroni, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in nero, note editoriali ripetute al dorso, risguardi e sguardie in carta rossa. Buono stato di conservazione, piccole lacerazioni al dorso e lungo le cerniere. Prima edizione, poco comune e piuttosto ricercata, di questo libro per bambini. La fiaba d’amore, che ha per protagonisti Luisa e Guido, è tratta dalla tradizione folkloristica della cittadina e della zona di Voghera, dove Arbasino è nato nel 1930. Le illustrazioni che accompagnano il testo si devono alla pittrice romana Giosetta Fioroni (1932), protagonista insieme a Tano Festa (1938-1988), Mario Schifano (1934-1998) e Franco Angeli (1935-1988) della Scuola di Piazza del Popolo, movimento artistico nato a Roma negli anni Sessanta e di ispirazione pop, gravitante intorno al caffè Rosati e alla galleria La Tartaruga del fotografo abruzzese Plinio de Martiis (1920-2004). Gambetti – Vezzosi 2007, pp. 31-32. Arbasino, Alberto (1930). In questo stato. Milano, Garzanti, 1978 («memorie documenti»). 210x135 mm. 188 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due tonalità di marrone con piatti riquadrati, al piatto anteriore autore, sottotitolo ed editore in nero, titolo in bianco, al dorso note editoriali ripetute in marrone, al piatto posteriore nota sul volume e breve biobibliografia dell’autore in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume, nato dalla vicenda del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro, «Una tragedia politica e umana del nostro tempo, carica di connotazioni medievali e di doppifondi psicanalitici (la cattura del sovrano, la distruzione del padre…)» che «agita e stravolge il sistema delle istituzioni e l’animo popolare, la retorica civile e i piani rivoluzionari, i valori cattolici e la fantasia politica, le tecniche dei mass media e le torri d’avorio ideologiche, le convenzioni letterarie e il mondo giovanile» (dalla quarta di copertina). Il fatto di cronaca, per il suo carattere di caso politico, è pretesto per ridiscutere sulle contraddizioni irrisolte di un Paese e tutti quei «nostri disturbi abbastanza familiari come l’incoscienza e la ferocia, il banditismo e l’accidia, la ladreria pubblica e privata e il languore individuale e nazionale, l’irresponsabilità civica e la fuga intellettuale dalla realtà, il rifiuto dell’esistere e la mancanza di qualunque progetto, il discorso culturale e politico soltanto astratto e l’aggressività conflittuale sistematica di tutti contro tutti gli altri». Le due pagine che chiudono il volume registrano l’arrivo della notizia, ancora segreta, del ritrovamento del cadavere dello statista nella Renault 4 rossa targata Roma N56786 il 9 maggio 1978, durante un «seminario riservato – presso Mondadori, a Roma – su “L’Europa oggi: ostacoli e speranze», quando «mentre si taglia uno sformato di carciofi, e le forchette stanno per affondare nelle crespelle agli spinaci, entrano due ceffi stravolti, si avvicinano ai più autorevoli tra gli onorevoli, sussurrano agli orecchi che è stata ritrovata la macchina con il corpo in via Caetani». Gambetti – Vezzosi 2007, 32. Arbasino, Alberto (1930). Un paese senza. Milano, Garzanti, 1980 («Saggi blu»). 210x135 mm. 353 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due colori con piatti riquadrati in bianco, copertina a cura grafica di Fulvio Bianconi, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco, al dorso note editoriali ripetute in bianco, al piatto posteriore nota sul volume e breve bio-bibliografia sull’autore sempre in bianco. Ottimo stato di conservazione. Al recto della prima pagina invio autografo dell’autore a Irma e Gina Antonetto. Prima edizione di questo romanzo-conversazione, dedicato dall’autore alle sorelle Antonetto, le creatrici dell’Associazione Culturale Italiana, la fondazione torinese che, dal 1946 per quarantasei anni, promosse l’incontro tra il pubblico e oltre 400 personalità tra filosofi, scienziati, scrittori e premi Nobel. L’opera, composta da «centinaia di microsaggi e apparso agli inizi degli anni Ottanta, ha come protagonista la nostra Italia: un Paese senza diversi caratteri fondamentali, ma pieno di corsi e ricorsi che ripresentano come inopinati fantasmi della modernità numerose vecchie solfe antropologiche già ben note a Leopardi e Manzoni, Petrarca e Granisci, Panni e D'Annunzio, i Verri e Gadda. Ecco dunque un enorme inventario di considerazioni politiche anche su temi non politici, in un Paese dove la Politica viene vissuta e «portata avanti» per lo più come Discorso; un campionario di mode e demenze tipicamente italiane, trips e disturbi ideologici del pensiero e della parola» (dalla quarta di copertina) Arbasino, Alberto (1930). Trans-Pacific Express. Dieci viaggi in dieci paesi d’Oriente – lungo i percorsi che voltano le spalle alla Storia per scappare nella Geografia. Milano, Garzanti, 1981 («Saggi blu. Scacco giallo»). 210x135 mm. 219 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due colori con piatti riquadrati in bianco, copertina a cura grafica di Fulvio Bianconi, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco, al dorso note editoriali ripetute in bianco, al piatto posteriore nota sul volume e breve bio-bibliografia sull’autore sempre in bianco. Ottimo stato di conservazione, cartolina editoriale conservata tra le pagine. Sulla prima pagina ex-libris cartaceo di Giuseppe Molino raffigurante il primo degli Arcani maggiori dei tarocchi, il Bagatto. Prima edizione di questo diario di viaggio, che raccoglie alcuni resoconti di spostamenti e itinerari in dieci diversi Orienti, dal Nepal al Giappone, da Giava all’Australia, tra cui quello di 20 giorni in Cina nel novembre del 1980, organizzato dal Sindacato Nazionale Scrittori di cui era all’epoca segretario Aldo De Jaco (1923-2003). Al viaggio parteciparono anche Vittorio Sereni (1913-1983), Mario Luzi (1914-2005) e Luigi Malerba (pseud. di Luigi Bonardi, 1927-2008), traendone a loro volta dei “diari” di natura eterogenea, in poesia o in prosa, editi in momenti diversi: V. Sereni, Viaggio in Cina, a cura di Emanuela Sartorelli, Pistoia, Via del Vento, 2004 («Ocra gialla», 32); M. Luzi, Reportage. Poemetto. Seguito dal taccuino del viaggio in Cina 1980, Milano, All’insegna del Pesce d’Oro, 1984; L. Malerba, Cina Cina, Lecce, Piero Manni, 1985. Arbasino racconta e descrive una Cina, talvolta chiamata Maolandia, dove passato e tradizione si intrecciano con la modernità di impronta sempre più occidentale, in cui la povertà antica sta dietro la povertà moderna, e la povertà moderna sopra la povertà antica e convivono realtà agli antipodi, come «un quartiere sicuramente non diverso da un villaggio dell’Anno Mille, alle spalle della Shangai moderna della fine-secolo» (p. 165). Nell’analisi della situazione culturale, politica ed economica ci si accorge di trovarsi di fronte, e nel bel mezzo, di un Paese che «sta attraversando non una transizione, ma un grande trauma politico e umano, paragonabile a vivere insieme il 25 luglio e il 25 aprile, il processo di Verona e quello di Norimberga» (p. 200): questo momento storico non è tuttavia solo dramma collettivo, ma soprattutto «una liberazione euforica dagli incubi tremendi della tirannide, un’ansia corale irrefrenabile di portar testimonianza su enormi differenze individuali e di massa, persecuzioni e repressioni che hanno colpito milioni di cittadini e ne hanno ammazzati parecchi migliaia, nei dieci anni della Rivoluzione Culturale ora processati come aberrazione e incubo con la Banda dei Quattro, e visti attualmente solo con orrore e terrore, citati correntemente solo come sventura e disastro» (p. 201). Un’immagine profondamente diversa da quella percepita in Occidente attraverso notizie e informazioni trasmesse «senza muoversi da Frosinone o da Fregene» (p. 201), una situazione che mostra, culturalmente e intellettualmente, una sconcertante «affinità col ritorno dei nostri antifascisti dai campi di concentramento e dai carceri, alla fine della guerra e della Resistenza» (p. 205), con il rivelarsi di «una abbondante letteratura sommersa che sta emergendo tutta insieme “dopo la caduta” (della Banda dei Quattro). La chiamano “letteratura della ferita” […]» (p. 208). Gambetti – Vezzosi 2007, 32. Arbasino, Alberto (1930). Matinée. Un concerto di poesia. Milano, Garzanti, 1983 («Saggi blu. Scacco giallo»). 210x135 mm. 258 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due colori con piatti riquadrati in bianco, copertina a cura grafica di Fulvio Bianconi, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco, al dorso note editoriali ripetute in bianco, al piatto posteriore nota sul volume e breve bio-bibliografia sull’autore sempre in bianco. Ottimo stato di conservazione. Al piatto anteriore e al dorso annotazione ad inchiostro nero «3371». Prima edizione di questa raccolta di poesie e prose, in parte già apparse in precedenza su periodico e riconducibili ad un arco cronologico che, come si legge a p. 5, va dal 1943 al 1983. Quarant’anni ripercorsi in quello che l’autore definisce «un diario o un epistolario» che «tende a fornire storia e cronaca e panorama (e romanzetto) di formazioni e avventure e scoperte culturali, attraversate da più generazioni ora non più giovani, lungo fasi novecentesche disparatissime, mode intellettuali contraddittorie, decenni più o meno propizi agli esperimenti letterari non disgiunti da qualche divertimento ritmico e cantabile» (dalla quarta di copertina). Raccogliendo i versi scritti tra l’adolescenza e piena maturità, inframmezzati da parti in prosa che ne forniscono una sorta di racconto del contesto di nascita, Arbasino consegnò al lettore un commento a posteriori delle cronache e del costume di 4 decenni della storia d’Italia e il critico Geno Pampaloni suggerì per il volume ben tre livelli di lettura: come tracciato autobiografico, come cronaca culturale del dopoguerra e come esercizio letterario di stile poetico (Poesia in un concerto, in «Il Giornale», 3 aprile 1983). A completamento dell’accezione teatrale del titolo, Matinée, l’autore fece di alcune pagine scelte una serie di letture nei teatri di Milano e Roma (Salone Pier Lombardo il 13 marzo 1983; Accademia Filarmonica Romana – Teatro Olimpico il 1° giugno 1983), con l’accompagnamento musicale al pianoforte del maestro Adriano Bassi (1950). Da queste lettureconcerto ne uscirono evidenziati i toni quasi da cabaret delle poesie arbasiniane e l’aspetto più provocatorio e giocoso di quell’esperimento di Kulturkritik in differita, che lo scrittore riproporrà, ma in diretta, guardando la contemporaneità e scrivendone in tempo reale, con Rap! E Rap 2 (2001 e 2002; schede 29 e 30). Gambetti – Vezzosi 2007, 32. Arbasino, Alberto (1930). Il meraviglioso, anzi. Cento e più viaggi di un “dilettante” d’oggi attraverso l’Europa e l’America delle grandi mostre. Milano, Garzanti, 1985 («Saggi blu»). 210x135 mm. 414 pagine, due pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due colori con piatti riquadrati in bianco, copertina a cura grafica di Fulvio Bianconi, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco, al dorso note editoriali ripetute in bianco, al piatto posteriore nota sul volume e breve bio-bibliografia sull’autore sempre in bianco. Ottimo stato di conservazione. A p. 2 ex-libris cartaceo di Giuseppe Molino raffigurante il primo degli Arcani maggiori dei tarocchi, il Bagatto. Prima edizione di questa raccolta di saggi critici, dedicati alla recensione di alcune importanti mostre svoltesi in Europa e negli Stati Uniti tra l’inizio degli anni Settanta e la metà degli Ottanta. Il volume esce nel periodo in cui Arbasino era Deputato al Parlamento italiano nelle fila del Partito Repubblicano Italiano. Scrive infatti l’autore: «Stavo lavorando tanto a Montecitorio, non avevo tempo per scrivere o riscrivere, dunque fu piuttosto un alibi mandare in tipografia un pacco di recensioni di mostre, col pretesto che si documentava così la metamorfosi storica delle esposizioni d’arte in eventi di massa? E rimasi imbarazzato quando allora Calvino mi definì in una dedica “principe della cronaca culturale del nostro secolo”. In realtà era lui, come Barthes, un principe delle dediche pensate come blurb amichevoli» (citazione dalla Cronologia, in A. Arbasino, Romanzi e racconti, Milano, Mondadori, 2010 [«I Meridiani»], I, pp. XCV-CCXXV: CLXXXVICLXXXVII). L’opera rappresenta una tappa importante nel percorso intellettuale dello scrittore lombardo, che si misura qui con la critica storico-artistica in una accezione particolare, guardando alle grandi esposizioni d’arte, sempre più eventi destinati ad un pubblico di massa: il suo è un viaggio attraverso «una quantità di fasi e movimenti culturali – angolini e interstizi nella Storia del Gusto più vicini alla nostra sensibilità, al nostro attuale Desiderio – lungo un assortimento di tendenze neo- e di movimenti post- che spaziano dal Neoclassimo al Postmoderno. Ecco preraffaellisti e neogotici e Kirsch, in compagnia di simbolisti, surrealisti, cubisti, metafisici, visionari, nazisti, pellirosse, pop, con un’attenzione insistente ai fatali decenni in diversi paesi: anni Venti, Trenta, Quaranta. La raggiera delle attrazioni tocca le arti orientali, l’arte antica, le arti dello spettacolo, l’arte dell’architettura, le arti minime» (dalla quarta di copertina). Gambetti – Vezzosi 2007, 32. Arbasino, Alberto (1930). La caduta dei tiranni. Palermo, Sellerio, 1990 («La diagonale», 52). 210x150 mm. 80 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco con camicia editoriale in carta blu con bandelle, illustrata a colori da una stampa popolare francese del 1789, raffigurante un uomo con una falce e la mano destra levata accompagnato dal motto «Mort ou liberté», sulla sovraccoperta autore, titolo ed editore in giallo, sulla bandella anteriore note biografica sull’autore. Ottimo stato di conservazione, lievi tracce d’uso. Prima edizione di questa raccolta di tre saggi, rielaborazioni di alcuni reportage realizzati da Arbasino tra 1989 e 1990, all’indomani del crollo dell’impero sovietico e del simbolo della Guerra Fredda, il muro di Berlino. Già apparsi su «La Repubblica» come pagine di appunti stesi sul campo e registrazione a caldo degli eventi, gli scritti sono radicalmente rilavorati e piuttosto ampliati per la presente edizione, attraverso numerosi aggiustamenti e lunghi inserimenti, anche di interi paragrafi. Se pur soggetti ad una riscrittura che ne accentua il carattere letterario, questi scritti arbasiniani conservano il sapore giornalistico della testimonianza in presa diretta, obbligo a cui gli intellettuali sono chiamati in momenti e fasi storiche così determinanti: «In anni come questi, così traboccanti di attente ricerche sulla “vita quotidiana” in tutte le epoche tranne la nostra – ove si appare spesso inattendibili e assenti – sarà un dovere culturale e un piacere civile sobbarcarsi almeno nelle occasioni storiche a una diaristica di testimonianza: dal vivo e cioè dal marciapiede, andando in giro non fra i sintetizzatori e i commentatori ma tra la gente, con gli arnesi soliti e tipici ricevuti dalla letteratura» (p. 12). Per questa dominante dimensione politica, insolita anche se sempre adombrata nella Kulturkritik arbasiniana, il volume fu oggetto di attenzione critica non solo da parte di letterati, ma anche e soprattutto di giornalisti ed editorialisti come Sandro Viola (1931), Ruggero Guarini (1931), Gianfranco Pasquino (1942) e Furio Colombo (1931). Gambetti – Vezzosi 2007, 32. Arbasino, Alberto (1930). Le Muse a Los Angeles. Milano, Adelphi, 2000 («Piccola Biblioteca Adelphi», 441). 180x105 mm. 286 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura in cartoncino giallo con bandelle e copertina riquadrata in nero, al piatto anteriore autore, titolo, marca editoriale ed editore in nero, nome della collana e numero a risparmio su fondo nero, note editoriali ripetute al dorso in nero, al piatto posteriore nota sul volume in nero, sulle bandelle nota biografica sull’autore e citazione dal volume sempre in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo saggio di argomento storico-artistico, dedicato al collezionismo californiano, principalmente del Novecento e nato come diario di viaggio tra vari luoghi, città ed istituzioni culturali: il Getty Center e il Research Institute sulle colline di Los Angeles, il MOCA (sempre a Los Angeles), la Villa dei finti Papiri di Malibu, il Norton Simon Museum di Pasadena, lo SFMOMA di San Francisco. Spostandosi tra i «mirabolanti musei che si rinnovano accumulando e spostando opere splendide […] in dimore leggendarie e frenetiche. (Oggi: cattedrali moderne, parchi a tema, monumenti all’architetto di moda, servizi per la collettività, magazzini generali con tutto e il contrario di tutto?...)», Arbasino fotografa lo stato e i caratteri delle grandi collezioni d’arte americane, nate dal mecenatismo e dalla folle verve di personaggi come Paul Getty (1892-1976): passeggiare per mostre e gallerie è occasione per excursus sulla storia e sull’arte mondiale, europea ed italiana di tutti i tempi, per un turbinio di «paragoni e associazioni, memorie di artisti e collezionisti, vicende spesso rocambolesche delle opere, polemiche sulla manutenzione e presentazione del patrimonio artistico…» (citazioni dalla quarta di copertina). Le scelte linguistiche guidate dall’idea di pastiche e il gusto per l’accumulo di informazioni restano i tratti stilistici caratterizzanti anche di questo volume, vincitore nel 2000 di due riconoscimenti letterari, il Premio Pen Club di Compiano e il Premio Elsa Morante per la saggistica. Gambetti – Vezzosi 2007, 32. Arbasino, Alberto (1930). Rap! Milano, Feltrinelli, 2001 («Super UE», 8). 205x135 mm. 187 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in cartoncino rosa e verde con copertina stampata a colori a cura grafica dell’Ufficio grafico Feltrinelli, al piatto anteriore autore, editore e collana in bianco, titolo in verde e arancione entro tondo rosso, al dorso note editoriali ripetute in nero e bianco, al piatto posteriore nota sul volume e profilo bio-bibliografico dell’autore in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questi componimenti poetici in forma che richiama la scansione ritmica della musica rap, già apparsi su «La Repubblica», « L’Espresso », «Il Manifesto» e altre pubblicazioni periodiche. Le poesie spaziano a commento di quasi tutto ciò che avviene sulla scena italiana, «le ultime elezioni, le nuove tendenze dell’arte, i trallallà della società, le rivoluzioni nei salotti, i rava nelle mode politiche, i film da piangere, le opere da ridere, e i valori della piccolissima borghesia del potere imposti come miti, riti, tifi, icone, “must”, trends, prêt-à-porter di successo» (cit. dalla quarta di copertina) riportando in auge un personaggio simbolo dell’opera arbasiniana, la casalinga di Voghera, qui celebrata ne Il ritorno della casalinga (pp. 19-20) e Il Rap della casalinga-contro (pp. 21-23), ma anche in Rap pre-elettorale 2001 (pp. 25-29). Come Matinée (1983; scheda 25) era stato, a posteriori, un volume di versi che si facevano commento critico su quarant’anni di storia, cultura e politica italiana (1943-1983), Rap! diventa la “colonna sonora” che rilegge fatti e personaggi del Bel Paese contemporaneo, suo specchio nel momento in cui viene dato alle stampe e in definitiva «il libro più politico sull’Italia nello strano e importante 2001». Tra gli omaggi ai maestri indiscussi (Aldo Palazzeschi, Toti Scialoja, Pier Paolo Pasolini), Arbasino lascia spazio alle osservazioni e ai commenti della Sora Cecia e della Sora Lella «rapper anche loro, signora mia!», abbracciando la realtà socio-politica con occhio critico, ma profetico e disilluso, al punto da intitolare il rap dedicato al G8 Un morto a Genova (pp. 179-183) composto qualche giorno prima che si consumasse il dramma dell’uccisione Carlo Giuliani (1978-2001). Gambetti – Vezzosi 2007, 32. Arbasino, Alberto (1930). Rap 2. Milano, Feltrinelli, 2002 («Super UE»). 205x135 mm. 150 pagine, 10 pagine non numerate. Brossura in cartoncino blu e rosso con copertina stampata a colori a cura grafica dell’Ufficio grafico Feltrinelli, al piatto anteriore autore, editore e collana in bianco, titolo in rosso e arancione entro tondo grigio, al dorso note editoriali ripetute in bianco, al piatto posteriore nota sul volume e profilo bio-bibliografico dell’autore in bianco e giallo. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di componimenti in versi, tra poesia e ritmi rap, che ripropongono al pari del precedente Rap! (2001; scheda 29) una serie di interventi già pubblicati su periodico. Se nella raccolta dell’anno precedente Arbasino aveva fotografato l’Italia del 2001 attraverso il mix di «rap e strofette con la casalinga di Voghera e la Sora Cecia, i couplets del cabaret intellettuale nella Milano impegnata e gli epigrammi ironici della Dolce Vita romana», questo nuovo volume «registra sul campo un’Italia e un mondo e una poesia e un rap e un rock che non sono più i medesimi», un’Italia «zombie» che ha non è più «l’Italia delle ultime elezioni, il tempo delle ridicolaggini e della satira, il mondo di ieri prima dei disastri» (cit. dalla quarta di copertina). Insieme a Rap! questo volume segna il ritorno di Arbasino alla pratica della poesia, ma più profondamente segnata dai caratteri della poesia civile, da lui stesso definita «uno strano dovere quando la Storia ricomincia a correre», e da una tensione che sfocia nei temi e negli argomenti etico-civico-politici. Gambetti – Vezzosi 2007, 33. Balestrini, Nanni (1935). Il sasso appeso. Milano, Scheiwiller - All’insegna del Pesce d’Oro, 1961 («Poesia novissima», 1; serie «Il Quadrato - minor», 3). 120x120 mm. 39 pagine, una pagina non numerata. Dedica a stampa a Luciano Anceschi. Brossura in cartoncino bianco con copertina di Romano Ragazzi, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in grigio, note editoriali ripetute al dorso in nero. Copia numerata: 365/500. Prima edizione, molto ricercata, di questa raccolta di poesie, alcune delle quali già apparse sulla rivista «Il Verri». Al fondatore di questo periodico, Luciano Anceschi (1911-1995), è dedicato in epigrafe il volumetto: Anceschi fu letterato e critico di riferimento per i giovani poeti che da lì a due anni avrebbero dato vita al Gruppo 63 e con lui Balestrini collaborò a lungo come redattore. Dopo Il figlio della cenere (1953), opera giovanile ascrivibile all’ultimo anno di scuola superiore, si tratta del primo volume di poesie di Balestrini, in cui è già evidente la sua poetica che pone la parola-oggetto quale elemento centrale del componimento. Pur conservando il valore semantico del linguaggio, Balestrini dissacra tutta la precedente tradizione poetica mostrando quanto il segno grafico, la parola, sia arbitraria: la tecnica compositiva utilizza gli oggetti-parola accumulandoli e giustapponendoli, in specifico nella seconda sezione della raccolta Frammenti del sasso appeso (pp. 19-37), giungendo ad una poesia che quasi ha un corpo che si può vedere e toccare. Qui i versi diventano quasi unità mobili indipendenti, moduli tipografici che rompono la linearità dello spazio della pagina e si dilatano fino ad occuparlo totalmente. Ma il ricorso all’accumulo e all’elenco di oggetti è evidente anche nei cinque componimenti che costituiscono la prima parte del volume, racconto che procede per frammenti e per spezzoni di conversazione, di un viaggio in auto «col mal di testa la guerra e senza soldi» (p. 8), al suono di un «tergicristallo ronzante» (p. 8), tra discussioni talvolta di ordine pratico, talvolta no: «Eccoci infine discutiamo, non per i soldi questa volta sufficienti/per la birra e la benzina» (p. 17). Il volume rientra in una tiratura limitata di 500 copie numerate, ed è il n. 3 della serie «Il Quadrato», a cura di Bruno Munari. Gambetti – Vezzosi 2007, 50. Balestrini, Nanni (1935). Come si agisce. Milano, Feltrinelli, 1963 («Le Comete», 27). 205x125 mm. 230 pagine, due pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco con piatti stampati a 3 colori e copertina illustrata con un disegno di Achille Perilli, al piatto anteriore autore, titolo, editore e collana in bianco su fondo blu e arancio, nota sul volume e sull’autore in bianco su fondo marrone, al dorso note editoriali in nero, al piatto posteriore note di Alfredo Giuliani, Luciano Anceschi, Umberto Eco ed Edoardo Sanguineti in nero, al contropiatto posteriore catalogo editoriale sempre in nero. Buono stato di conservazione. Prima edizione, molto ricercata, di questa raccolta di poesie che include anche i componimenti de Il sasso appeso (1961; scheda 31). La ricerca poetica di Balestrini prosegue in direzione di una sperimentazione linguistica che fa della parola, ma anche dei segni di interpunzione, degli oggetti da scomporre e rimontare liberamente utilizzando una tecnica che ricorda da vicino il collage «per se stessa espressiva di una situazione anche morale» (L. Anceschi, dalla nota in quarta di copertina). Questo espediente è tanto più palese nelle poesie visive e nei componimenti che sfruttano le facoltà combinatorie di un calcolatore elettronico IBM, dove le soluzioni scelte tra le infinite e possibili variazioni offerte dalla macchina restituiscono comunque l’idea che non esista una chiusura formale ultima e definitiva per il gioco e l’arte di combinazione linguistica. Lo spirito che guida l’invenzione poetica di Balestrini richiama il principio dadaista della disgregazione degli elementi e di una loro ricomposizione in funzione provocatoria, quale stimolo a nuove strade interpretative libere, inusuali e inattese, con la viva coscienza che «il disordine non lo crea sconvolgendo l’ordine, ma lo scopre in luogo dell’ordine» (U. Eco, dalla quarta di copertina). Nel 1963, nel primo anno della sua istituzione, il volume vinse il Premio letterario Ferro di Cavallo per il libro più sperimentale della stagione letteraria. Il premio nacque dall’idea di Agnese De Donato (?), titolare dell’omonima libreria romana Al Ferro di Cavallo (aperta dal 1957 al 1966), e la giuria tutta al femminile comprendeva non solo la fondatrice, ma una compagine di amiche che annoverava alcune della figure chiave della cultura letteraria ed artistica della Roma dei primi anni Sessanta, dalla scrittrice e giornalista Adele Cambria (?) alla pittrice Giosetta Fioroni (1932): il trofeo «consisteva in un autentico ferro di cavallo che dovevamo impegnarci a trovare in zone campestri e montato su legno dallo scultore Franco Libertucci» (A. De Donato, Via Ripetta 67. Al Ferro di Cavallo: pittori, scrittori e poeti nella libreria più bizzarra degli anni ’60 a Roma, Bari, Dedalo, 2005, p. 49). Tra i frequentatori abituali della libreria vi erano molti dei poeti aderenti al Gruppo 63, come Elio Pagliarani (1927), oltre ad altre figure intellettuali di primo piano nel panorama culturale ed artistico come il pittore Achille Perilli (1927) autore dei disegni che illustrano la copertina del presente volume e lo scultore Franco Libertucci (1931), già citato quale artefice del premio Ferro di Cavallo. Gambetti – Vezzosi 2007, 50. Balestrini, Nanni (1935). Altri procedimenti. 1964-65. Milano, Scheiwiller - All’insegna del Pesce d’Oro, 1965 («Poesia novissima», 7; serie «Il Quadrato - Major», 16). 155x155 mm. 61 pagine, 7 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due tonalità di grigio, ai piatti autore, titolo ed editore in grigio, note editoriali ripetute al dorso in grigio. Ottimo stato di conservazione. Alla prima pagina timbro ex-libris in inchiostro nero «biblioteca arch. gianni landonio», con numero 780 vergato a matita dalla stessa mano che annota in alto «Natale ‘83». Copia numerata: 129/600. Prima edizione, rara e piuttosto ricercata, di questa raccolta di poesie risalenti al biennio 1964-1965. Gli altri procedimenti cui si allude nel titolo, sono quelle procedure sperimentali di cui Balestrini ha già fornito i primi esempi nel volume del 1963 Come si agisce (scheda 32), ispirati da una ricerca letteraria che ha alla propria base nuove struttura di natura matematica, nuove tecniche di elaborazione del linguaggio di tipo artificiale e meccanico, che si sposano con un uso delle parole come semplici oggetti, suscettibili di un gioco combinatorio che ne disgrega i legami reciproci, scomponendo così il valore semantico della lingua, per ricostruire su nuove fondamenta un diverso discorso poetico. In questa direzione si muovono la poesia visiva, di cui la presente edizione contiene alcuni esempi, la poesia fonetica, sperimentata da Balestrini presso gli studi di musica elettronica della Rai di Milano, e la poesia elettronica, nata dall’applicazione ai componimenti in versi delle infinite possibilità combinatorie offerte dai calcolatori IBM. Il lavoro del poeta milanese sul linguaggio, principale soggetto-oggetto del comporre versi, spiega bene la scelta della citazione in epigrafe tratta dal semiologo francese Roland Barthes (1915-1980): «faire du langage un sujet, et cela à travers le langage même, constitue encore un tabou très fort (dont l’ècrivan serait le sorcier): la société semble limiter également la parole sur le sexe e la parole sur la prole». Si armonizza con la sperimentazione sulla lingua la soluzione grafica dell’eleganze edizione di Vanni Scheiwiller, dove al piatto posteriore le note redazionali sono stampate con forme e colori analoghe alla copertina, ma rovesciate come se il volume fosse una lastra di vetro trasparente serigrafata, leggibile sul retro non da destra a sinistra, ma da sinistra a destra. Gambetti – Vezzosi 2007, 50. Balestrini, Nanni (1935). Tristano. Milano, Feltrinelli, 1966 («I Narratori di Feltrinelli», 96). 195x125 mm. 126 pagine, due pagine non numerate. Legatura in cartone grigio, con copertina illustrata a colori con una gouache di Giosetta Fioroni, al piatto anteriore autore e titolo in nero, editorie in rosso, al dorso note editoriali ripetute in nero e rosso, al piatto posteriore nota sul volume in nero. Buono stato di conservazione, fascetta editoriale assente. Prima edizione del primo romanzo di Nanni Balestrini, un romanzo «senza trama e senza personaggi», con un linguaggio «derivato da un accumulo di una varietà amplissima di materiali stilistici “prefabbricati”» ed una tecnica «astutamente combinatoria (ma semplice, e facilmente reperibile)» (dalla quarta di copertina). Misto di storia d’amore e vicenda a sfondo politico, Tristano ebbe una parziale lettura in anteprima durante una delle riunioni del Gruppo 63, suscitando un vivace dibattito tra i critici nell’ambito della discussione avviata dai protagonisti stessi della letteratura neo-avanguardista, quella sul romanzo sperimentale (si veda il volume miscellaneo del Gruppo 63 descritto nella scheda 4). La tecnica della combinazione linguistica e del collage sono nel romanzo condotti all’estrema conseguenza di una ripetizione che rimescola continuamente gli stessi materiali, con la riproposizione di interi periodi in diversi paragrafi. Tutte le possibili storie derivate da questo smontaggio e poi riassemblamento ininterrotto di elementi eterogenei e slegati tra loro (autocitazioni balestriniane, estratti da conversazioni letterarie e politiche, stralci da volumi di fotografia) finiscono col convivere in un’opera in cui la narrazione è quasi totalmente priva di nessi logici tra le parti, dove nulla mai succede; eppure, tra sconcerto e confusione, la suspense intriga il lettore con un potere seduttivo carico di mistero e suggerisce infinite chiavi di lettura. Lo stile è in fondo il medesimo del Balestrini poeta, con periodi brevissimi e una scansione affidata a pochi e forti segni paragrafematici, come il punto fermo, senza quelle pause brevi rese dall’uso del punto e virgola. È significativo ricordare che Tristano è considerata opera di svolta nella produzione di Balestrini, d’ora in avanti maggiormente impegnato sul fronte dell’attivismo politico. L’illustrazione in copertina di questa prima edizione del romanzo è una gouache della pittrice romana Giosetta Fioroni (1932), attiva e presente negli stessi ambienti culturali dei membri del Gruppo 63, come la libreria Al ferro di cavallo (scheda 32). Gambetti – Vezzosi 2007, 50. Balestrini, Nanni (1935). Ma noi facciamone un’altra. Poesie 1964-1968. Milano, Feltrinelli, 1968 («Materiali», 15). 205x130 mm. 160 pagine, 8 pagine non numerate. Brossura in editoriale in cartoncino bianco e rosso, al piatto anteriore autore in bianco, titolo in nero ed editore in rosso, al dorso note editoriali ripetute in nero, al piatto posteriore collana e nota sulla collana in bianco e nero. Buono stato di conservazione, gora nell’angolo inferiore dal lato della brossura. Poco comune e piuttosto ricercata prima edizione di questa raccolta di poesie risalenti agli anni 1964-1968, che mostra il proseguire della ricerca di Balestrini verso una riflessione metaletteraria che restituisce un materiale poetico sempre più costituito da spezzoni di frasi e relitti di proposizioni troncate, prive di coerenza semantica. I componimenti risultano così estranei ad una qualsiasi forma rigidamente strutturata a favore di un assemblaggio di versi disorganici e smembrati, in un disordine solo apparente, ma in realtà calcolato per dare al linguaggio stesso, alla parola, valore di medium costruttivo. In questa raccolta l’autore lombardo esplicita il sentore che, celata dietro il gioco combinatorio e la manipolazione del linguaggio, vi sia il vuoto della sostanziale impossibilità di riproduzione della realtà, anche utilizzando espedienti allusivi come la figura retorica della metafora. Ciò non implica tuttavia che la sperimentazione ed il processo creativo siano inutili o debbano venire meno, ma il significante assume predominanza assoluta sul significato e la critica del linguaggio attraverso il linguaggio stesso viene condotta agli esiti estremi di un trattamento sempre più visivo e meccanico dei materiali poetici, con un’attenzione incentrata sulla forma geometrica dei testi o sulla solidità corporea e strutturale dei singoli elementi tipografici. Meccanica e automatica, quasi casuale, risulta sempre di più anche la suddivisione delle sequenze, il taglio delle parole e delle frasi, che arbitrariamente troncano i lemmi privando quindi di significato ogni singolo elemento costitutivo della poesia. L’accumulo di informazioni, di termini e di parole non è di conseguenza mai un accumulo di significati, ma solo un accatastarsi di tipo grafico e visivo, che sfocia nella serialità: le poesie di Ma noi facciamone un’altra diventano così emblema assoluto dell’impossibilità di trasmettere significati. Gambetti – Vezzosi 2007, 50. Balestrini, Nanni (1935). Vogliamo tutto. Romanzo. Milano, Feltrinelli, 1971 («I Narratori di Feltrinelli», 196). 195x125 mm. 215 pagine, una pagina non numerata. Dedica a stampa a Alfonso. Legatura in cartone con copertina illustrata con una fotografia della manifestazione alla FIAT del 1969, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in nero, note editoriali ripetute al dorso in nero e rosso, al piatto posteriore nota sul volume, risguardi e sguardie con pianta in b/n dello stabilimento FIAT Mirafiori tratta da «Potere Operaio» (I, 1969). Ottimo stato di conservazione. Terza edizione di questo secondo romanzo di Nanni Balestrini, stampata nel dicembre dello stesso anno della prima tiratura. L’opera è stata nuovamente ristampa nel 1999 da Bompiani con il titolo La grande rivolta, a cura di Aldo Nove (1967), con una nuova prefazione e un’antologia di giudizi critici, unita a Gli invisibili (1987; scheda 48) e L’editore (1989; scheda 52). Il romanzo, fortemente orientato politicamente, narra la vicenda di Alfonso simbolo della figura dell’operaio-massa non qualificato immigrato dall’Italia meridionale nel nord industrializzato. «A Alfonso» recita infatti la dedica a stampa del volume, e si sa dalla testimonianza di Luisa Passerini (1941) che un Alfonso in carne ed ossa era stato ospite nella sua casa torinese ed avrebbe ispirato Balestrini per la costruzione dei tratti del protagonista di Vogliamo tutto (L. Passerini, Autoritratto di gruppo, Firenze, Giunti, 1988, p. 147) Dopo una esperienza lavorativa milanese, l’Alfonso letterario viene assunto alla FIAT: nel suo immaginario è la fabbrica dove c’è «lavoro per tutti, ben pagato e sicuro…», mentre nella realtà diventa «un inferno che distrugge ogni energia fisica e psichica» dove egli diventa un militante della battaglia proletaria che culmina negli scontri di viale Traiano a Torino, il 3 luglio 1969 (dalla quarta di copertina). Balestrini narra l’esperienza della classe operaia coniugandone lo spirito collettivo, epico e al contempo tragico, con lo sperimentalismo linguistico proprio della sua ricerca neoavangardistica; gli strumenti e gli elementi stilistici sono gli stessi di Tristano (1966; scheda 34), dall’uso minimo della punteggiatura ad un montaggio dei materiali secondo criteri prevalentemente formali che conducono ad una lunghezza predeterminata di ogni singolo paragrafo. A questo si unisce un approfondimento del rapporto tra lingua scritta e lingua parlata, con una attenzione particolare per gli aspetti di sonorità del linguaggio. La prova narrativa offerta da Balestrini in Vogliamo tutto resta, tra le testimonianze sulla stagione nata dalla rivolta studentesca sessantottina, una delle rare a conservare intatta la forza e lo spirito che animò quegli anni. Gambetti – Vezzosi 2007, 51. Balestrini, Nanni (1935). Prendiamoci tutto. Conferenza per un romanzo Letteratura e lotta di classe. Milano, Feltrinelli, 1972 («Libelli»). 170x120 mm. 34 pagine, due pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco, al piatto anteriore autore, titolo, editore e collana in due tonalità di grigio. Buono stato di conservazione, fioriture al piatto anteriore. Al contropiatto posteriore timbri in inchiostro blu raffiguranti due figure geometriche. Prima edizione di questo volumetto che contiene il testo letto in occasione una conferenza organizzata dal movimento della sinistra extraparlamentare Potere Operaio, e tenutasi in diverse città italiane, nell’autunno del 1971, all’indomani dell’uscita del romanzo Vogliamo tutto (scheda 36). A questo è unito un intervento sulle problematiche politico-letterarie legate al Sessantotto e alle sue conseguenze in ambito sociale e culturale, e ad un’intervista rilasciata a Mario Lunetta (1934) già apparsa sul periodico «aut» (17, 23 maggio 1972). Il titolo dell’opuscolo riprende quello del recente romanzo dedicato all’operaio-massa ed è, soprattutto nella parte relativa al testo della conferenza, un utile complemento storico-critico alla sua lettura. Si tratta di una delle testimonianze più significative dell’impegno e del credo politico dello scrittore lombardo, ma anche del suo modo di concepire l’attività di intellettuale e poeta in relazione alla realtà sociale che lo circonda, sintetizzabile nella dichiarazione secondo cui «In ogni libro, ciò che c’è di più diretto, di più importante, è il messaggio politico» (p. 22). Nella breve nota introduttiva l’autore sottolinea come, nel periodo che separa gli anni in cui il romanzo è ambientato e il momento in cui il volume viene dato alle stampe, il contesto e il quadro politico siano profondamente mutati in direzione di una «repressione» tesa alla ripresa di controllo da parte dello stato e alla creazione di una nuova stabilità di potere, dopo la caduta della precedente, irrimediabilmente sconvolta «nelle fabbriche, nella scuola, nella società civile». Gambetti – Vezzosi 2007, 51. Balestrini, Nanni (1935) – Argento, Dario (1943). Le cinque giornate. Milano, Bompiani, 1974 («Ombre rosse», 3). 205x115 mm. 158 pagine, due pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino verde e grigio con copertina illustrata da due fotografie a colori tratte dal film Le cinque giornate, al piatto anteriore autori ed editore in grigio, titolo in bianco, collana in rosso e blu, note editoriali ripetute al dorso in nero, al piatto posteriore note sul volume e sugli autori in bianco. Buono stato di conservazione, tracce d’uso ai piatti. Prima edizione di questo romanzo, tratto dalla sceneggiatura dell’omonimo film diretto da Dario Argento nel 1973 e scritta dagli stessi autori. Come dice il titolo il soggetto è costituito dalle sommosse popolari e dalle rivolte socio-politiche milanesi tra il 18 e il 22 marzo del 1848, scatenatesi contro il dominio oppressivo dell’impero austro-ungarico. Il tema politico della rivolta proletaria caro a Balestrini e trattato nel romanzo Vogliamo tutto (1971; scheda 36) in relazione alla realtà contemporanea dell’Italia degli anni 1968-1969, torna in una accezione particolare, spostato indietro nel tempo di oltre un secolo e sotto le spoglie di un film in costume, interpretato da Adriano Celentano (1938). Ma se l’operaio-massa Alfonso era stato militante per scelta e ben consapevole del significato della lotta, il Cainazzo di Le cinque giornate si ritrova in qualche modo rivoluzionario suo malgrado e tutta la narrazione, come già prima la sceneggiatura, diventa sì una denuncia, ma con i toni di una satira politica, molto diversi da quelli che soggiacevano allo spirito di Vogliamo tutto. Comune alle due realtà è tuttavia la disillusione finale, lasciata nel romanzosceneggiatura alle parole di Cainazzo: alla richiesta «Raccontaci la tua testimonianza di queste gloriose giornate», candidamente risponde «Ecco, io vorrei dire…che ci hanno fregato. […] Eccome ci hanno fregato. Avete capito che ci hanno fregato? Ci hanno fregatoooo!!!» (pp. 157158). L’autore dell’apposita prefazione è lo studioso e docente universitario di Storia contemporanea Franco Catalano (1915-1990), che fu supervisore storico per la stesura della sceneggiatura. Scrittore e cineasta torneranno a collaborare ancora nel 1975, quando Balestrini curerà l’adattamento letterario delle prime tre pellicole horror-noir di Argento (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio) nel volume edito da Sonzogno, Profondo Thrilling. Gambetti – Vezzosi 2007, 51. Balestrini, Nanni (1935). Ballate distese. Torino, Geiger, 1975 («Poesia», 31). 160x110 mm. 31 pagine, una pagina non numerata. Brossura editoriale in cartoncino bianco, al piatto anteriore autore, titolo, editore e numero di collana in nero, al piatto posteriore nota sul volume in nero. Buono stato di conservazione. Alla prima pagina firma di possesso in inchiostro nero cancellata con correttore bianchetto. Rara e piuttosto ricercata plaquette uscita per le edizioni Geiger di Adriano e Maurizio Spatola (1941-1988; 1946) e contenente quattro poesie della signorina Richmond, personaggio chiave della lirica balestriniana (schede 43?, 49? e 53??). Esso compare infatti qui per la prima volta e descritto nei suoi caratteri esterni, come denuncia anche il titolo del primo componimento, Descrizione superficiale della signorina Richmond. Questa figura dalle forme molteplici (ora donna, ora personaggio zoomorfo, ora entità puramente astratta) appare ora realistica, ora no, concreta e terrena, ma contemporaneamente eterea e sfuggente nel suo incarnare, in definitiva, l’Utopia e gli ideali degli anni della contestazione. Le tecniche compositive restano quelle della poesia sperimentale, dal collage al riuso-riciclo di materiali eterogenei di varia provenienza, scomposti e poi rimontati. Linguaggio proprio della manualistica, di impianto didascalico e con chiari fini pratici, è per esempio quello di Più frequenti e apprezzati usi della signorina Richmond: una vera guida gastronomica con istruzioni di cucina. Di derivazione scientifica ed ornitologica è invece la già citata Descrizione superficiale. Il ciclo della signorina Richmond è quello in cui più forte che altrove la critica ha evidenziato come l’argomento del poetare di Balestrini sia la propria esperienza personale ed autobiografica. Il poeta lombardo vi realizza un progetto di allegoria della Rivoluzione, del fervore del movimento giovanile del Sessantotto e degli anni che vi seguirono, e il volume summa dedicato a questa figura, comprensivo anche delle prime ballate edite in questa plaquette (Le avventure complete della signorina Richmond seguite dal Pubblico del labirinto, Torino, Testo & immagine, 1999), è ritenuto tra i più alti esempi di poesia di impegno civile e di denuncia politica. Gambetti – Vezzosi 2007, 51. Bonasia, Aldo Vito (1949) - Balestrini, Nanni (1935). Vivere a Milano. 15 documenti fotografici per la presentazione di 15 manifesti. Con un testo di Nanni Balestrini e una registrazione di Daniela Turriccia. Milano, CSAPP Centro studi di arte plastica programmata, 1976. 240x170 mm. 32 pagine non numerate. 15 fotografie b/n. Brossura editoriale in cartoncino, illustrata sui piatti con una fotografia b/n, al piatto anteriore autori, titolo ed editore in bianco, al piatto posteriore titolo e sottotitolo in bianco. Buono stato di conservazione, brossura parzialmente scollata lungo la cerniera interna anteriore. Prima edizione di questo volume di fotografie realizzate dal fotografo e giornalista pugliese Aldo Vito Bonasia (1949-1995) a documentazione della stagione rivoluzionaria di Milano e sintesi degli avvenimenti che segnarono gli anni tra il 1969 al 1975: il caso dell’anarchico Giuseppe Pinelli (1928-1969), la morte del militante antifascista Giannino Zibecchi (1947-1975), l’occupazione e poi lo sgombero dell’Università statale e della case al Gallaratese nel 1972, la guerriglia urbana di corso XXII Marzo e di corso Mancini nell’aprile del 1975. Datato giugno 1976 è il testo, intitolato proprio Vivere a Milano, che Balestrini scrive quasi a formare una cornice storica ed ideologica di contestualizzazione delle immagini. Come per i suoi componimenti poetici, e con soluzioni sintattiche estreme per un testo in prosa, lo scrittore lombardo applica a questo intervento quella sperimentazione linguistica che procede per assemblaggio di materiale apparentemente casuale, ma in realtà rigidamente calcolato. La sequenza lessicale tradizionale e leggibile è sacrificata a favore di una frammentazione e di un taglio della successione delle parole e delle proposizione che rende difficile ritrovare il senso e la logica del discorso, ma soprattutto permette molteplici variazioni di lettura: l’idea dominante resta quella dei lemmi, o di interi gruppi di parole, usati come oggetti, come mattoncini di una costruzione che si può infinitamente smontare e rimontare mutandone l’ordine e quindi il risultato finale. Non facilita certo una coerente ed immediata percezione del testo l’assenza totale di segni di punteggiatura, parte del gioco linguistico e combinatorio operato da Balestrini. Completa il volume una registrazione della giornalista Daniela Turriccia, co-fondatrice nel 1967 con Bonasia di una delle principali agenzie di fotogiornalismo, la DFP (Documents for Press), con sedi in Italia e all’estero: la DFP non solo formò molte figure di reporter di primo piano, ma fornì, fino al 1982, importanti reportages su avvenimenti come la Guerra in Vietnam e la rivolta studentesca di fine anni ’60. Balestrini, Nanni (1935). La violenza illustrata. Torino, Einaudi, 1976 («Supercoralli»). 220x135 mm. 4 pagine non numerate, 131 pagine, 8 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco con copertina illustrata a colori da Pablo Echaurren, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in nero, note editoriali ripetute al dorso in nero, al piatto posteriore nota sul volume e nota biografica sull’autore sempre in nero. Buono stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo costruito con la consueta tecnica balestriniana del collage, partendo da materiale di natura eterogenea con cui vengono composti i diversi paragrafi e i vari episodi. La narrazione è quella della violenza «che da anni svolge la spirale della sua “logica” interna sulle scene più diverse: fabbriche e piazze, uffici e campagne» (dalla quarta di copertina). Abolendo l’uso di segni paragrafematici e utilizzando frammenti di varia provenienza, dai verbali degli interrogatori alle deposizioni processuali, Balestrini lavora sul linguaggio in maniera analoga all’artista americano Andy Wahrol (1928-1987) nel campo delle immagini e delle tecniche pittoriche. Come la pop-art utilizza le icone della cultura visiva contemporanea, dalle fotografie di Marilyn Monroe e Liz Taylor alla pubblicità della zuppa Campbell, ribaltandone il significato originario, così lo scrittore milanese preleva stralci di testi dalla stampa e in generale dal mondo dell’informazione per sottoporli a processi di trasformazione, di scomposizione e ripetizione, capaci di ottenere effetti e risultati completamente diversi rispetto al loro contesto iniziale. Il dilagare della violenza raccontata da Balestrini tocca luoghi ed ambienti già oggetto della sua precedente produzione letteraria, come la guerriglia urbana scatenatasi a nei capoluogo lombardo nei primo quinquennio degli anni Settanta trattata in Vivere a Milano (1976; scheda 40) oppure la condizione nelle fabbriche affrontata nel romanzo Vogliamo tutto (1971; scheda 36). L’illustrazione di copertina affidata ai disegni dell’artista romano Pablo Echaurren (1951), anche scrittore oltre che pittore e fumettista, costituisce un preciso parallelo iconografico del testo di Balestrini, sia per i soggetti rappresentati che per la giustapposizione dei vari tasselli, tessere di un mosaico-collage che richiama la struttura dei paragrafi del romanzo. Echaurren ha lavorato come illustratore anche per la celebre casa editrice Savelli, per cui realizzò nel 1976 la copertina del famoso Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti di Rocco e Antonia, pseudonimi di Marco Lombardo Radice (1939-1989) e Lidia Ravera (1951). Gambetti – Vezzosi 2007, 51. Balestrini, Nanni (1935). Poesie pratiche 1954-1969. Torino, Einaudi, 1976 («Collezione di poesia», 133). 180x105 mm. 6 pagine non numerate comprendenti il frontespizio, 154 pagine, 16 pagine non numerate. Dedica a stampa a Luciano Anceschi. Brossura editoriale in cartoncino bianco a cura grafica di Bruno Munari, al piatto anteriore autore, titolo, editore e frammento di testo in nero, al dorso note editoriali ripetute in nero, al piatto posteriore nota sul volume e catalogo editoriale sempre in nero. Buono stato di conservazione. All’ultima pagina e al piatto posteriore timbro in inchiostro blu dell’editore Einaudi. Prima edizione di questa raccolta di poesie che, insieme all’inedito Senza lacrime per le rose (del 1969), ripropone testi già inclusi nei precedenti Come si agisce (1963, scheda 32) e Ma noi facciamone un’altra (1968; scheda 35). Come esplicita l’autore in una breve nota introduttiva la selezione si propone di «indicare la linea centrale di un lavoro poetico che va dal 1954 al 1969», per questo motivo sono stati espunti «testi preliminari di sperimentazione combinatoria, visuale, topografica e fonetica […] come pure quelli relativi a opere di pittori e a esperienze musicali e teatrali». Su questa base è inserito un solo esempio di poesia composta con calcolatori elettronici IBM come sperimentato dal poeta nei primi anni Sessanta. Nonostante questa scrematura il volume offre un panorama vasto ed esaustivo sulla produzione in versi di Balestrini dagli esordi fino allo scadere degli anni ’60, con un’ampia casistica delle soluzioni stilistiche e linguistiche che rientrano nella sperimentazione della neoavanguardia e del Gruppo 63. Proprio questa esperienza richiama Balestrini con la dedica a stampa del volume a Luciano Anceschi (1911-1995), scrittore e critico letterario che per primo riunì attorno alla redazione del «Il Verri» i poeti novissimi. La sequenza dei testi rende ragione anche di una progressiva trasformazione dei temi e dei soggetti, in specifico spicca nella poesia inedita, risalente al 1969, la componente civile e politica maturata dall’autore nella seconda metà del decennio: il titolo Senza lacrime per le rose è una citazione dallo scritto del filosofo e politico Mario Tronti (1931), Operai e capitale, edito nel 1966 e divenuto testo di riferimento ideologico per i movimenti giovanili di contestazione di quegli anni. Il passo del saggio è riportato in epigrafe alla poesia: «Infine, la grande industria e la sua scienza non sono il premio per chi vince la lotta di classe. Sono il terreno stesso di questa lotta. E finché il terreno è occupato dal nemico bisogna spararci sopra, senza lacrime per le rose» (p. 143). La nota sul volume in quarta di copertina è di Giorgio Patrizi (?), docente di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi del Molise, nonché direttore del Dipartimento di Scienze umane, storiche e sociali della stessa. Gambetti – Vezzosi 2007, 51. Balestrini, Nanni (1935). Le ballate della signorina Richmond. Commento visivo di Gianfranco Baruchello. Roma, Cooperativa Scrittori, 1977 («I Gulliver», 11). 205x125 mm. 106 pagine, due pagine non numerate. Disegni b/n di Giangranco Baruchello. Brossura editoriale in cartoncino rosso con copertina illustrata da un disegno di Gianfranco Baruchello, al piatto anteriore autore ed editore in azzurro, titolo in bianco, al dorso note editoriali ripetute in bianco, al piatto posteriore nota sul volume e nota biografica sull’autore sempre in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di poesie, che include componimenti già precedente comparsi in volume (Ballate distese, 1975; scheda 39) o su pubblicazioni periodiche, tra cui «Linus». Nota in quarta di copertina di Alfredo Giuliani (1924-2007) anche lui poeta e critico letterario aderente alla ricerca del Gruppo 63. Gambetti – Vezzosi 2007, 51. Balestrini, Nanni (1935) – Costa, Corrado (1929-1991). La piedra colectiva. Canciones con movimiento. Con una tavola originale di Claudio Parmiggiani. S.l. [Bologna], exit edizioni, 1978. 300x147 mm. 36 pagine non numerate. Tavola b/n di Claudio Parmiggiani. Brossura in cartoncino grigio con bandelle, al piatto anteriore autori ed editore in rosso, titolo in nero. Ottimo stato di conservazione. Copia n. 45/160. Prima edizione, in tiratura limitata e numerata, di questa raccolta di poesie scritte da Balestrini e Costa tra l'agosto e il settembre del 1972, nella località catalana di Cadaqués, nei pressi di Girona. I componimenti furono stesi direttamente in lingua castigliana, «alla ricerca di quella identità che i due poeti non hanno ancora raggiunto e a favore di quella utopia rivoluzionaria che la Spagna non ha ancora conseguito». L'esemplare appartiene alla tiratura segnata con numeri romani, con riproduzione dell'acquaforte originale dell'artista di Luzzara, Claudio Parmiggiani (1943). Gambetti – Vezzosi 2007, 51-52. Balestrini, Nanni (1935). Blackout. Milano, Feltrinelli, 1980 («Scritture Letture», 2). 170x118 mm. 71 pagine, una pagina non numerata. Illustrazioni e fotografie b/n. Brossura editoriale in cartoncino bianco con copertina stampata in blu, ai piatti autore, titolo, editore e nota sul volume stampate in nero, al dorso note editoriali ripetute in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, di non facile reperibilità, di questa serie di testi che costituiscono un vero e proprio collage di parole. Il progetto iniziale del poemetto di Balestrini prevedeva di renderlo una «azione per voce» da affidarsi a Demetrio Stratos (1945-1979), anima e fondatore del gruppo degli Area: l'esecuzione era prevista a Milano, alla Rotonda della Besana, nel maggio del 1979, ma l'improvvisa scomparsa di Stratos in un ospedale di New York e l'incriminazione dell'autore nel quadro di un'inchiesta politica nel mese di aprile, ne impedirono la realizzazione. Sulla scia di questi eventi, soprattutto la latitanza personale, Balestrini lavorò trasformando il testo originale e ponendovi al centro «il mito e la realtà del '68, dell'indomabile processo di trasformazione dei rapporti politici, sociali e personali di questi dieci e più anni». Gambetti – Vezzosi 2007, 52. Balestrini, Nanni (1935). Cieli. 7 sonetti e 7 disegni. Rivalba (To), Geiger, 1984 (Supplemento a Tam Tam). 170x120 mm. 30 pagine, due pagine non numerate. 7 disegni b/n dell'autore. Brossura in cartoncino bianco, con titolo stampato in azzurro ai piatti, autore, editore e traduttori in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, non comune e molto ricercata, di questo volumetto impresso in sole 400 copie e contenente 7 componimenti in versi di Balestrini, sia in lingua italiana che nella traduzione francese di Liliane Giraudon (1946) e Jean-Jacques Viton (1933). Insieme a questi due poeti francesi e a Jill Bennet, Balestrini fondò nel 1982 il gruppo dei Quatuor Manicle: il collettivo si esibì in varie letture pubbliche e pubblicò alcuni volumi, di rarissima reperibilità, presso le Editions Manicle di Aix-en-Provence. Viton e la Giraudon furono in quegli stessi anni anche co-fondatori della rivista «Banana Split» (1980-1990). Gambetti – Vezzosi 2007, 52 Balestrini, Nanni (1935). Ipocalisse. 49 sonetti Provenza 1980-1983. Milano, Libri Scheiwiller, 1986 («Poesia», 9). 169x120 mm. 79 pagine, una pagina non numerata. Un disegno b/n di Gianfranco Barucchello in antiporta. Brossura editoriale in cartoncino azzurro con bandelle, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore in nero. Ottimo stato di conservazione. Copia n. 721/1200. Prima edizione, in tiratura limitata e numerata, di questa raccolta di poesie che, come si legge nel titolo, risalgono agli anni del soggiorno di Balestrini in Francia. Due gruppi di sonetti, Finisterre e Cieli, erano già comparsi precedentemente a stampa come volumi singoli (scheda ???). Oltre a Parigi, proprio la Provenza fu la sede prediletta dall'autore nei primi anni '80 del Novecento: qui entrò in contatto con poeti come Liliane Giraudon (1946) e Jean-Jacques Viton (1933), con cui nacque un sodalizio artistico. Gambetti – Vezzosi 2007, 52. Balestrini, Nanni (1935). Gli invisibili. Milano, Bompiani, 1987. 200x115 mm. 280 pagine, 8 pagine non numerate. Legatura in tela rossa con impressioni in oro al dorso, sovraccoperta originale con bandelle, illustrata a colori da Giorgio Tonelli al piatto anteriore, con autore, titolo ed editore stampati in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo, da cui l'anno successivo venne tratto l'omonimo film diretto da Pasquale Squitieri (1938) e sceneggiato dallo stesso cineasta insieme all'autore, ad Italo Moscati (1937) e Sergio Bianchi. Il racconto è quello di alcuni giovani protagonisti della rivolta sociale che come una fiammata travolse l'Italia sul finire degli anni Sessanta, ma anche di ciò in cui furono coinvolti dopo, dalla violenza del terrorismo ad una sorta di rimozione del movimento del '68 dalla memoria collettiva. Da qui la condizione di «invisibilità» toccata ad una generazione che, nutrita dall'azione politica, dalla vita di gruppo, dai desideri e dagli ideali, si è spesso autodistrutta e consumata con lo spegnersi delle speranze durante gli anni di piombo. L'opera ha conosciuto una nuova edizione, insieme a Vogliamo tutto (1971; scheda ??) e L'Editore (1989), nel volume La Grande rivolta (Bompiani, 1999), introdotto da una nuova prefazione di Aldo Nove. Gambetti – Vezzosi 2007, 52. Balestrini, Nanni (1935). Il ritorno della signorina Richmond. Terzo libro, 1984-1986. Commento visivo di Gianfranco Baruchello. Oderzo (Tv), Edizioni Becco Giallo, 1987. 212x140 mm. 87 pagine, 9 pagine non numerate. Tavole illustrative b/n di Gianfranco Baruchello. Brossura in cartoncino rosso con bindelle, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore in nero, sui risvolti note biografiche dell'autore e dell'illustratore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione in volume di questa poesia, già apparsa in precedenza sul periodico «Linus» (ottobre 1984-ottobre 1986) e su «Alfabeta» (luglio-agosto 1986). Articolato in XVI sezioni, il poemetto ha nuovamente come protagonista la signorina Richmond, comparsa per la prima volta nelle Ballate distese del 1975 (scheda ??) e poi nel 1977 in Le ballate della signorina Richmond. Come la raccolta del 1977, il commento visivo è affidato ai disegni dell'artista livornese Gianfranco Baruchello (1924), allievo prediletto di Marcel Duchamp (1887-1968); il primo contatto di Baruchello con il Gruppo 63 risale alla metà degli anni Sessanta, durante uno dei convegni di Palermo, quando venne presentato il suo lavoro per il film Verifica incerta, secondo lungometraggio da lui realizzato dopo Il grado zero del paesaggio (1963). Gambetti – Vezzosi 2007, 52. Balestrini, Nanni (1935) – Moroni, Primo (1936-1998). L’orda d’oro. 1967-1977 La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale. Milano, SugarCo, 1988. 235x150 mm. 398 pagine, due pagine non numerate. Illustrazioni e vignette b/n all'inizio di ogni capitolo. Brossura in cartoncino illustrato a colori, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in rosso e nero, al piatto posteriore riproduzione di un dipinto di Kazimir Malevič (1878-1935), al dorso note editoriali in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che raccoglie, attraverso i contributi di molti collaboratori che affiancano i due autori, numerose testimonianze sulla stagione compresa tra la rivolta sociale e giovanile del 1968 e il 1977, anno di grande fermento e fervore politico, culturale ed intellettuale di cui la città di Bologna è stata fulcro e simbolo. Tra i due estremi si snoda il racconto, articolato in 10 capitoli, delle lotte di classe operaie, del movimento studentesco, della lotta armata, della rivoluzione femminista fino alle esperienze della cosiddetta Controcultura. Come si legge sul risvolto di copertina, non si vuole ricostruire una storia, ma piuttosto «un percorso per sollecitare riflessioni, per sottolineare la felicità e la ricchezza, per aiutare a cercare le origini di una lunga primavera di intelligenze». Nel 1997 l'opera ha avuto una nuova edizione nella collana «Universale Economica» di Feltrinelli, a cura di Sergio Bianchi con Prefazione di Primo Moroni e nota del curatore. Gambetti – Vezzosi 2007, 52. Balestrini, Nanni (1935). Piccola lode al pubblico della poesia. Reggio Emilia, Elytra, 1989 («Cafè De La Galerie», 002). 208x150 mm. 24 pagine non numerate. Tavole illustrative b/n di Corrado Costa. Brossura in cartoncino nero con tassello in cartoncino marrone al piatto anteriore su cui sono impressi in nero autore, titolo, anno ed editore. Ottimo stato di conservazione. Copia n. 53/100. Rara plaquette, parte di una collana ideata dall'avvocato reggiano – intellettuale, poeta e artista per diletto e passione – Corrado Costa (1929-1991): si trattava di una serie di fascicoli, ognuno stampato in 100 copie all'insegna del Cafè De la Galerie di Reggio Emilia. Il presente raccoglie un componimento del poeta milanese Nanni Balestrini, descrizione ed insieme elogio di coloro che amano gli scritti in versi, un pubblico definito «infinito vario inafferrabile/come le onde dell'oceano profondo/[...] bello aitante avido temerario/guarda davanti a se impavido e intransigente». I disegni che accompagnano il testo sono dello stesso Costa, personaggio di ampia e raffinata cultura, poeta e narratore che non si considerava tuttavia scrittore di professione: nel suo primo libro di poesie (Pseudobadelaire, 1964) di sé aveva scritto «vive a Reggio Emilia esercitando l'avvocatura a la patafisica». Balestrini, Nanni (1935). L’editore. Milano, Bompiani, 1989. 215x130 mm. 159 pagine, 9 pagine non numerate. Legatura in tela rossa con impressioni in oro al dorso, sovraccoperta originale con bandelle, illustrata a colori da Giorgio Tonelli al piatto anteriore, con autore, titolo ed editore stampati in bianco e rosso, sui risvolti nota sul contenuto, biografia e ritratto fotografico dell'autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo di Balestrini, una riflessione sugli anni di piombo e della lotta armata del terrorismo attraverso l'incontro di 4 maturi professionisti (un regista, un docente universitario, un giornalista e un libraio). I 4 amici ricordano l'esperienza vissuta 17 anni prima, quando militavano come giovanissimi attivisti del movimento di rivolta legato alla sinistra, rievocando in specifico un evento che rappresentò per quella parte politica una svolta epocale: il ritrovamento del corpo dilaniato dell'editore Giangiacomo Feltrinelli (1926-1972). L'opera ha conosciuto una nuova edizione, insieme a Vogliamo tutto (1971; scheda ??) e Gli invisibili (1987), nel volume La Grande rivolta (Bompiani, 1999), introdotto da una nuova Prefazione di Aldo Nove. Gambetti – Vezzosi 2007, 52. Balestrini, Nanni (1935). Il pubblico del labirinto. Quarto libro della signorina Richmond 1985-1989. Milano, Libri Scheiwiller, 1992 («Poesia», 44). 170x118 mm. 104 pagine, 8 pagine non numerate. Un disegno b/n di Corrado Costa in antiporta. Brossura editoriale in cartoncino azzurro con bandelle, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore in nero, sui risvolti citazione da Piccola lode al pubblico della poesia e nota biografica sull'autore. Ottimo stato di conservazione. Copia n. 130/600. Prima edizione di questa raccolta di componimenti poetici il cui titolo è quello della sezione iniziale, la quale a sua volta riprende l'idea balestriniana, con molte aggiunte, ampliamenti e variazioni (Finale apocrifo, Grande corale facoltativo, Note e varianti), già espressa nel testo della Piccola lode al pubblico della poesia, stampato in pochissimi esemplari nel 1989 (scheda ??): la versione originale di questo poemetto si trova alle pp. 97-102. Da quel fascicoletto impresso a Reggio Emilia è ripreso anche il disegno riprodotto in antiporta, uno schizzo dell'avvocato, poeta e intellettuale Corrado Costa (1929-1991). Gambetti – Vezzosi 2007, 53. Balestrini, Nanni (1935). I furiosi. Milano, Bompiani, 1994. 215x130 mm. 137 pagine, 3 pagine non numerate. Legatura in tela rossa con impressioni in oro al dorso, sovraccoperta originale con bandelle, illustrata a colori con riproduzione di un dipinto di Jean Dubuffet (1901-1985) al piatto anteriore e autore, titolo ed editore stampati in bianco e rosa, sui risvolti nota sul contenuto, biografia e ritratto fotografico dell'autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo dell'autore milanese, dedicato al mondo della tifoseria calcistica negli stadi, in particolare alle sue forme e manifestazioni più estreme e violente. Attraverso l'invenzione e la sperimentazione linguistica già propria della sua produzione in versi, lo scrittore racconta le avventura di un gruppo di ultras milanisti, fedelissimi della curva e protagonisti di scontri e battaglie con le bande rivali. In questa espressione di violenza, condannata dai più e da molti relegata a fenomeno marginale di teppismo, Balestrini individua lo sfogo e la risposta di giovani ragazzi ad una società altrettanto satura di tensioni e contrasti, in cui solo l'appartenenza ad un gruppo può diventare mezzo efficace per soddisfare i bisogni di identità e comunità. Gambetti – Vezzosi 2007, 53. Balestrini, Nanni (1935). Una mattina ci siam svegliati. Milano, Baldini&Castoldi, 1995 («Romanzi e Racconti», 32). 230x140 mm. 169 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in cartoncino, illustrata in copertina con una riproduzione di un dipinto di Giulio Turcato (1912-1995), autore, titolo ed editore impressi al piatto anteriore e al dorso in nero e bianco, sui risvolti e al piatto posteriore nota sul contenuto e bio-bibliografia dell'autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa singolare opera di Balestrini, che raccoglie i frammenti di quelle che furono le voci ascoltate nella lunga diretta di Radio Popolare, il 25 aprile 1994. Nella ricorrenza della Liberazione, un mese dopo la prima vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche, il popolo della sinistra riempì le strade di Milano arrivando da tutta Italia. L'evento, seguito in tempo reale dal noto network radiofonico, è un susseguirsi di emozioni e di tensioni, affidate a coloro che parteciparono, in studio e dalla strada: «resoconti di cronisti, commenti in studio, telefonate di ascoltatori, interviste volanti (da Jannacci a D'Alema, da Formentini a Loredana Bertè), scenette di strada, memorie di vecchi partigiani, dialoghi con giovani studenti». Gambetti – Vezzosi 2007, 53. Balestrini, Nanni (1935). Estremi rimedi. Presentazione di Romano Luperini. Lecce, Piero Manni, 1995 («La scrittura e la storia. Scrittori contemporanei», 21). 210x150 mm. 84 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura riquadrata a due colori, bianco e marrone, con fregio, autore, titolo ed editore impressi a contrasto al piatto anteriore e al dorso, al piatto posteriore nota editoriale sulla collana. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di poesie di Balestrini, 16 in totale di cui 11 già in precedenza apparse su pubblicazioni periodiche, volumi collettivi, antologie o cataloghi. Il testo introduttivo che serve da presentazione, dal titolo Deux quartains pour monsieur Balestrini (et une queue), si deve al curatore della collana Romano Luperini (1940), storico e critico della letteratura, oltre che scrittore e politico schierato con le forse della sinistra. In quarta di copertina la serie editoriale cui il volume appartiene è definita come «testimonianza di una ricerca in corso, ma anche come indicazione di una via possibile, al di là delle facili scorciatoie della produzione di consumo o della scrittura evasiva e disimpegnata oggi di moda». Gambetti – Vezzosi 2007, 53. Balestrini, Nanni (1935) – Premoli, Danilo. La poesia fa male. Milano, edizioni ixidem, 1998. 295x210 mm. 52 pagine non numerate. Fascicolo legato da mediante asticelle in plastica nera, con copertina in acetato trasparente e piatto posteriore in plastica nera, il fascicolo è conservato entro carpetta in cartoncino color crema con tassello riquadrato su cui sono stampati in nero autori, titolo ed editore. Ottimo stato di conservazione. Copia n. 10/10 e firma degli autori sull'etichetta cartacea all'interno della carpetta. Rarissimo esemplare di questo libro d'artista, realizzato in solo 10 esemplari numerati e firmati dagli autori, nel luglio del 1998. Partendo dal verso balestriniano «la poesia fa male», ne sono stati tratti e stampati circa 1000 anagrammi, una porzione infinitesimale rispetto a tutte le possibili combinazioni, esattamente 617.512.896.000. Come spiega un cartoncino allegato al fascicolo: «Gli anagrammi sono stati elaborati da un personal computer con un programma appositamente scritto, con il quale vengono inoltre stampate le diverse pagine. Queste sono anche graficamente differenti le une dalle altre, perché lo stesso programma prevede se, del tutto casualmente, saltare la riga o occuparla con un possibile anagramma, posizionandolo in un punto della riga, anch'esso scelto a caso». Danilo Premoli, artista, designer e progettista, vive e lavora a Milano, dove è stato assistente alla cattedra di Informatica applicata al corso di laurea in Disegno Industriale presso la Facoltà di Architettura del Politecnico. Balestrini, Nanni (1935). Tutto in una volta. 50 poesie per 50 anni. Spinea (Ve), Edizioni del Leone, 2003 («Selected poems»). 200x135 mm. 106 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco, con copertina illustrata a colori da un disegno dell'autore, ai piatti e al dorso autore, titolo, editore e note editoriali sul volume e sull'autore impresse in blu. Ottimo stato di conservazione. Dedica e firma dell'autore alla prima pagina: 'a Lou con simpatia qui a Napoli il 21 luglio 2003 – (la poesia qualche volta fa anche bene) Nanni Balestrini'. Prima edizione di questa raccolta antologica della produzione poetica dell'autore milanese nel periodo 1954-2003. Il volume include alcune poesie degli anni giovanili, appena successive alla comparsa nel 1953 del primo libro di Balestrini, Il figlio della cenere. Versi. Si trovano saggi da tutte le principali raccolte balestriniane, Il sasso appeso (1960), Ma noi facciamone un'altra (1968), Le ballate della signorina Richmond (1977), Estremi rimedi (1995). Gli ultimi testi sono invece tratti da Elettra (2001), un'opera-poesia con musica di Luigi Cinque e Gianluca Ruggeri per la voce di Ilaria Drago e Yoko Osaka. L'espressione utilizzata dall'autore nella dedica, 'la poesia qualche volta fa anche bene', è certamente riferimento ad un libro d'artista di Balestrini del 1998, La poesia fa male. Gambetti – Vezzosi 2007, 53. Balestrini, Nanni (1935). Tristano KI4675 copia unica. Prefazione di Umberto Eco. Roma, DeriveApprodi, 2007 («Nanni Balestrini. Opere»). 200x130 mm. XX pagine, 120 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura in cartoncino riquadrata a 3 colori con bandelle, autore, titolo, editore e nota sul volume impressi ai piatti e al dorso in bianco e nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo di Nanni Balestrini, interessante soprattutto per l'idea del gioco combinatorio che vi è alla base. Composto di blocchi di testo diversamente combinabili tra loro, quello che è contenuto nel volume è solo uno dei possibili romanzi, quantificati esattamente in 109.027.350.432.000. Nella Prefazione Umberto Eco non solo traccia un essenziale excursus sull'ars combinatoria e i suoi principi fondamentali, ma osserva come l'era informatica abbia concretamente mutato la percezione di questa curiosa pratica applicata alla sfera letteraria: «una volta questi miliardi di racconti diversi avrebbero potuto aspirare solo ad una esistenza teorica o, come si dice oggi, virtuale. Invece ora, non solo con il computer che può combinare rapidamnete nei modi più vertiginosi, ma con la stampa digitale e con il printing on demand, il lettore può avere in carne e ossa sia una copia del racconto diversa da tutte le altre (il che rappresenta al tempo stesso il trionfo e la morte dell'edizione numerata, visto che ogni copia dovrebbe essere il numero I), oppure averne XXXX per confrontarle tra loro (tempo permettendo)». Sul gioco combinatorio, come anagramma, era costruito già il libro d'artista La poesia fa male (1998) realizzato in collaborazione con Danilo Premoli. Celli, Giorgio (1935). Il parafossile. Romanzo. Milano, Feltrinelli, 1967 («Le Comete», 44). 207x125 mm. 149 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco, illustrata a colori in copertina da una tempera di Carmen Gloria Morales (1942), ai piatti e al dorso, impressi in viola, rosa e rosso, autore, titolo, editore e due note editoriali sul volume e sull'autore. Ottimo stato di conservazione, con lieve usura della copertina. Prima edizione di questo romanzo di Giorgio Celli, non uno scrittore di professione in senso streto ed esclusivo, bensì un ricercatore scientifico, specializzato in ecologia, zoologia ed entomologia, poi noto al grande pubblico come conduttore televisivo di programmi di divulgazione scientifica tra cui Geo&Geo. Si tratta dell'esordio narrativo di Celli, all'epoca tretunenne, che lo stesso autore illustra nella nota stampata in quarta di copertina descrivendo il romanzo come una «biografia raccontata attraverso i sogni del “narratore”», in cui si realizza «una nevrosi, con tutte le possibili implicazioni sociologiche e metafisiche». Tra i temi affrontati quello del fratricidio (nel capitolo 4, Castore e Polluce), cui segue un complesso processo di discesa nell'inconscio (capitolo 7, Seconda regressione) che conduce infine alla guarigione «come recupero di sé in quanto carnefice» (capitolo 10, Il comandante Celli, Giorgio (1935). Il pesce gotico. Con 10 disegni di Cesare Lazzarini. Bologna, Geiger, 1968 («s/l»). 160x165 mm. 48 pagine non numerate. 10 disegni b/n di Cesare Lazzarini. Brossura in cartoncino bianco, con copertina illustrata, ai piatti autore, titolo, editore e nota editoriale sul volume stampati in marrone. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, illustrata da 10 disegni di mano dell'artista bolognese Cesare Lazzarini, di questo poema, cui segue un'Appendice di tipo teorico e critico-saggistico con un intervento dello stesso autore (L'operazione poetica. Il Grande trasparente). Nell'opera, che inaugurava l'attività della casa editrice felsinea Geiger, si fondono aspetti letterari e di ricerca linguistica propri della corrente dei Novissimi e del Gruppo 63 (sperimentazione verbale, pastiche, collages) con il campo di interessi proprio e specifico dell'autore, biologo specialista in entomologia e zoologia, laureato in Scienze Biologiche a Bologna nel 1959 e poi divenuto docente nello stesso ateneo: da qui la nascita di un essere animale sospeso tra realtà evolutiva e fantasia, il pesce gotico, «che respira l'aria delle nuvole/come se la vita non fosse un cancro della roccia». Secondo Celli, in piena condivisione con le posizioni teoriche del Gruppo 63, la poesia è possibile solo come «interazione, intersecazione e compenetrazione dei diversi universi linguistici». Celli, Giorgio (1935). Morte di un biologo. Bologna, Centro Duchamp, 1969 («Quaderni del centro Duchamp. Inediti varie e diversi», 4). 242x155 mm. 46 pagine non numerate. Brossura riquadrata in cartoncino a 2 colori, argento e arancio, con bandelle, al piatto anteriore autore, titolo, editore e collana stampati in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questi scritti del biologo e zoologo Giorgio Celli. Si tratta di una raccolta di poesie che, come Il pesce gotico comparso l'anno precedente, fondono i diversi interessi dell'autore: la poetica del movimento surrealista, la ricerca linguistica propria dei letterati aderenti al Gruppo 63 e naturalmente l'universo scientifico di cui, come biologo, è specialista. Il linguaggio è infatti ricchissimo di terminologia tecnica, derivata da vari settori della scienza, non solo la biologia in senso stretto, ma anche la medicina, la matematica, l'anatomia umana, la chimica: a questo proposito l'autore chiarisce nella Nota finale «Le parole che estrapolo [...] non sono mai impiegate come semplici pretesti sonori [...] non sono cioé usate come fonemi, bensì organizzate in densi agglomerati significanti». Celli, Giorgio (1935). Prolegomeni all’uccisione del Minotauro. Milano, Feltrinelli, 1972 («Poesia», 21). 203x125 mm. 58 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura in cartoncino, rivestita in carta gialla, con autore, titolo ed editore impressi in marrone e azzurro al piatto anteriore e al dorso, nota editoriale sul volume e breve biografia dell'autore sui risvolti. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di scritti che, pur inclusi nella collana feltrinelliana «Poesia», hanno natura non di componimenti in versi, ma in prosa. L'autore, il biologo bolognese Giorgio Celli poi divenuto volto noto nell'ambito della divulgazione scientifica in televisione, analizza alcuni temi legati alla dimensione del mito, in particolare la vicenda legata al labirinto costruito da Dedalo, in cui era rinchiuso il Minotauro e in cui si avventurò Teseo. Si legge nel risvolto di copertina: «Questi Prolegomeni all'uccisione del Minotauro vogliono essere un discorso sul mito e la liquidazione di un mito. Ricostruire la leggibilità di un mito significa, qui, colpirne la sintassi arbitraria, negare quella totalità, rassicurante ma anche mistificante, che ci nasconde la lontananza insondabile del mondo [...]». Celli, Giorgio (1935). Le tentazioni del professor Faust. Milano, Feltrinelli, 1976 («Materiali», 42). 205x125 mm. 82 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura riquadrata in cartoncino a 3 colori, bianco e 2 tonalità di verde, con autore, titolo, editore, collana e note sul volume stampati a contrasto negli stesi colori ai piatti e al dorso. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo testo teatrale, con cui l'autore vinse nel 1975 il premio biennale di teatro Luigi Pirandello. Poeta, saggista e romanziere già vicino alle ricerche sperimentali del Gruppo 63, il bolognese Celli fu soprattutto biologo e ricercatore, ed in questa pièce affronta il tema chiave della somma, assoluta ed universale conoscenza umana attraverso l'analisi della figura che ne è il simbolo per antonomasia: il dottor Faust. Questo intrecciandovi la questione ambientale ed ecologica, per cui il personaggio diventa un moderno professore universitario di tossicologia. Scrive lo stesso Celli nella nota introduttiva: «Il mito faustiano della conoscenza nasconde, nel suo centro vorticoso, un altro mito, quasi prometeico, che celebra, attraverso la tecnologia, l'uso del “fuoco”, la trasformazione del sapere in potere». Celli, Giorgio (1935). La zattera di Vesalio. Una apocalisse per l’Europa. Roma, Cooperativa Scrittori, 1977 («Poesia e Prosa», 9). 185x125 mm. 92 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura riquadrata in cartoncino a 2 colori, bianco e verde muschio, con copertina illustrata, ai piatti e al dorso autore, titolo, editore, collana e sunto del contenuto stampati in nero. Ottimo stato di conservazione, isolate fioriture. Prima edizione di questo poema drammatico per musica, scritto da Giorgio Celli negli anni in cui portava avanti la sua attività scientifica come docente di Entomologia all'Università di Bologna, lavorando anche come critico d'arte in qualità di membro del Comitato direttivo della Galleria d'Arte moderna nel capoluogo emiliano. L'opera, pur di fantasia, ha un referente storico preciso: il naufragio della nave da guerra Medusa, i cui sopravvissuti, su una zattera in mezzo al mare, si divorarono a vicenda per poter sopravvivere. All'elemento storico si sovrappone l'invenzione epicofantastica dell'autore, cioè l'incontro su questa zattera di due individui, realmente vissuti ma in epoche diverse, l'anatomista fiammingo del XVI secolo Andrea Vesalio (forma italianizzata di Andreas von Wesel, 1514-1564) e il cosiddetto squartatore (o vampiro ) di Düsseldorf, Peter Kurten (1883-1921). I due, tra necrofilia e sadismo, rappresentato le facce della stessa medaglia, le istanze scientifiche e il puro gusto della carneficina che sottendono al loro interesse per il sangue, la morte e lo strazio dei cadaveri. Celli, Giorgio (1935). La scienza del comico. Presentazione di Umberto Eco. Bologna, Calderini, 1982. 205x130 mm. VII pagine, una pagina non numerata, 169 pagine, 7 pagine non numerate. Legatura cartonata con piatto anteriore a tre colori, riquadrato e illustrato, note editoriali stampate ai piatti e al dorso in nero, sovraccoperta illustrata con una foto dell'autore, autore, titolo, editore e sunto del contenuto impressi in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione in volume, introdotta da Umberto Eco (1932), di questa raccolta di saggi e articoli già precedentemente apparsi sulla terza pagina de «Il Resto del Carlino» o su altre riviste, di cui l'autore è stato collaboratore. Celli, scrittore e saggista oltre che docente universitario di scienze biologiche sensibile ai temi ambientali, «si vale della sua prospettiva “duplice”, legge la scienza in chiave di scienze umane, e l'estetica da un punto di vista scientifico, per cui il suo discorso tende sempre, per l'appunto, a prendere la tangente, a contaminare il discorso, a spaesarlo, a condurlo, per nessi graduali o per salti, sopra le righe. La satira, il comico, gli consentono di mettere a confronto Amleto e gli animali, l'epistemologia a scoprire le consonanze profonde tra la visione magica e la visione scientifica del mondo, a frequentare i fiori insieme all'ape e a Palazzeschi, a mettere in luce i rapporti tra l'apicoltura e l'alchimia, a spiegare la fantascienza attraverso la scienza e, cosa meno consueta, viceversa». Celli, Giorgio (1935). Bestiario postmoderno. Roma, Editori Riuniti, 1990 («I Piccoli»). 168x115 mm. X pagine, 139 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino grigio, illustrata in copertina da un disegno di Cosimo Budetta, ai piatti e al dorso autore, titolo, editore e nota sul volume stampati in bianco e nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa serie di scritti del biologo, entomologo e zoologo Giorgio Celli, dedicati all'analisi e all'osservazione del comportamento di alcuni animali. Alla sezione iniziale dedicata alle api (Le mie api e qualche formica), segue quella sui gatti, di cui l'autore è particolarmente amante (I miei gatti e qualche cane). Le successive sono miscellanee guidate da un tema comune: il corteggiamento e il rito dell'accoppiamento (Bestiario d'amore) e la conquista del territorio e la violenza tra specie (Spazio, densità, aggressività). La parte finale unisce Delfini, pinguini, topi e molti altri. Lo sguardo con cui Celli osserva il mondo animale unisce una base scientifica che gli deriva dalla sua formazione accademica ed una componente letteraria, costruita principalmente su quella ricerca linguistica propria del Gruppo '63 di cui ha fatto parte. Celli, Giorgio (1935). Etologia della vita quotidiana. Milano, Raffaello Cortina Editore, 1992 195x120 mm. 134 pagine, 6 pagine non numerate. Numerose illustrazioni in bianco e in nero nel testo. Brossura in cartoncino color crema, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore impressi in rosso e viola. Dedica autografa dell’autore al recto della prima pagina, datata 6 novembre 1992. Al piatto anteriore etichetta di collocazione della Biblioteca ACI, con il suo timbro al recto della prima carta, del frontespizio e al verso dell’ultima. Prima ediizione di quest’opera che si colloca tra dato scientifico e favola, «un libro in cui il comportamento degli animali viene descritto con un’ottica, per dir così, di strada», composta dall’etologo veronese Giorgio Celli. La presente copia appare impreziosita dalla sua provenienza: il volume è infatti dedicato dall’autore a Irma Antonetto, creatrice dell’Associazione Culturale Italiana, fondata a Torino nel 1946 con la finalità di dar vita a un dibattito ‘istituzionalizzato’, nella convinzione che la libera circolazione delle idee avrebbe aiutato la gente a uscire da quel clima di miseria, disperazione, vacanza dell' intelligenza. Nel salotto della signora Antonetto sono passati in oltre quarant' anni più di seicento personaggi di spessore, invitati, e qualche volta a lungo corteggiati, nel nome di un criterio selettivo che privilegia la novità per anticipare i tempi ed aprire nuovi varchi culturali, tra i quali .esponenti di spicco del Gruppo 63 Eco, Umberto (1930). Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee. Milano, Bompiani, 1962 («Portico. Critica e saggi», 38). 210x125 mm. 370 pagine, 6 pagine non numerate. Legatura in tela blu-grigia con titoli in bianco al piatto anteriore e al dorso, sovraccoperta in cartoncino giallo con bandelle, autore e titolo in nero, nota sul volume sempre in nero sui risvolti. Ottimo stato di conservazione, salvo lacerazione della camicia editoriale lungo la cerniera anteriore. Prima edizione di questa raccolta di saggi del semiologo Umberto Eco, che sviluppano un tema proposto nel 1958 durante il XII Congresso Internazionale di Filologia. Gli interventi della prima parte rappresentano i diversi modi di osservare uno stesso fenomeno – il concetto appunto di opera aperta – sotto diversi punti di vista; la seconda è occupata invece da un approfondimento delle poetiche dell'autore irlandese James Joyce (1882-1941), considerato modello rappresentativo di una vicenda che ha coinvolto la modernità letteraria europea. Il tema condiviso tra i due piani dell'analisi è quello della «reazione dell'arte e degli artisti (delle strutture formali e dei programmi poetici che vi risiedono) di fronte alla provocazione del Caso, dell'Indeterminato, del Probabile, dell'Ambiguo, del Plurivalente». Giuliani, Alfredo (1924-2007). Immagini e maniere. Milano, Feltrinelli, 1965 («Materiali», 5). 205x125 mm. 153 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco, ai piatti e al dorso autore, titolo, editore, collana e frammenti di testo stampati in marrone e nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione in volume di questi contributi dello scrittore, poeta e critico letterario Alfredo Giuliani, risalenti agli anni 1956-1963 e già apparse sulla rivista «Il Verri». Con questo periodico, diretto da Luciano Anceschi (1911-1995), Giuliani collaborò in veste di critico militante proprio a partire dalla metà degli anni '50. In seguito l'autore continuò a scrivere recensioni per la rivista del Gruppo 63, «Quindici», di cui fu direttore responsabile dal 1967 al 1969, oltre che per «La Repubblica», «Il cavallo di Troia», «Testuale», «Gradiva» e molti altri. Nel volume è inclusa anche, con qualche variante, l'introduzione all'antologia I Novissimi (Milano, Rusconi e Paolazzi, 1961). Gambetti Vezzosi, 393-394. Giuliani, Alfredo (1924-2007). Povera Juliet e altre poesie. Milano, Feltrinelli, 1965 («Poesia», 6). 200x125 mm. 96 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura in carta grigio-verde con bandelle, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore stampati in verde muschio e viola. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di poesie di Giuliani, scrittore e critico letterario appartenente al Gruppo 63. Strutturato in sei sezioni, che seguono l'ordine cronologico dei componimenti, il volume racchiude versi scritti tra il 1953 e il 1964, offrendo quindi un saggio completo della sua parabola creativa: la prima pubblicazione risale infatti al 1955 (Il cuore zoppo. Con sette versioni da Dylan Thomas. Varese, editrice Magenta). La nota introduttiva, scritta dallo stesso autore ed intitolata Le radici dei segni, reca la dedica a stampa a Gastone Novelli (1925-1968), l'artista che con Giuliani collaborò realizzando alcune litografie ed un'acquaforte per illustrare due volumi rispettivamente del 1963 (Che cosa si può dire. 2 lettere in versi) e del 1964 (Pelle d'asino. Grottesco per musica), di cui questi era autore insieme ad Elio Pagliarani (1927). Gambetti Vezzosi, 394. Giuliani, Alfredo (1924-2007). Il giovane Max. Milano, Adelphi, 1972 («Narrativa contemporanea»). 220x140 mm. 114 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura muta in cartoncino bianco, con sovraccoperta in carta grigia con bandelle, illustrata a colori in copertina con una litografia di Jean Dubuffet, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore in rosso, sui risvolti nota sul volume e biografia dell'autore impresse in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo dell'autore marchigiano, già in parte apparso sulla rivista «Quindici», pubblicazione periodica del Gruppo 63 fondata a Roma nel 1967 e di cui lo stesso Giuliani fu direttore fino al 1969. Si tratta della prima prova narrativa di Giuliani, descritta come «un viaggio, non attorno alla propria camera, ma nei deliri verbali della nostra società, negli universi linguistici della chiacchiera quotidiana». La sperimentazione linguistica, uno dei tratti caratteristici della poetica e della ricerca delle avanguardie di cui Giuliani è rappresentante, assume nel romanzo i toni di una deformazione grottesca di gerghi e slang già di per sé imprevedibili: in questa luce si comprende la necessità del Glossario che costituisce la seconda parte dell'opera, in cui si spiegano sia i bizzarri neologismi, sia l'accezione nuova in cui vengono utilizzati termini comuni. Gambetti Vezzosi, 394. Giuliani, Alfredo (1924-2007). Le droghe di Marsiglia. Milano, Adelphi, 1977 («Saggi», 12). 220x140 mm. 418 pagine, due pagine non numerate. Brossura muta in cartoncino bianco, con sovraccoperta in carta azzurra con bandelle, al piatto anteriore entro riquadro a filetto autore, titolo ed editore in bianco e nero, sui risvolti nota sul volume, biografia dell'autore ed elenco editoriale impresse in nero, al piatto posteriore indice parziale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di scritti critici di argomento filosofico-letterario di Alfredo Giuliani. Dopo l'avvio negli anni '50 sulle pagine della rivista «Il Verri», l'autore maturò successivamente la sua esperienza come critico militante collaborando a diverse testate quotidiane e periodiche, diventando dal 1976 la principale voce critica sulle pagine de «La Repubblica». Il titolo della raccolta deriva dall'abitudine del filosofo Walter Benjamin (1892-1940), cui è dedicato il primo intervento Foresta e scrittorio, di assumere sostanze stupefacenti, ma il senso della parola droga si allarga ad includere la stessa letteratura, quando questa viene usata come «adultero intruglio di tutto». Tra i soggetti delle riflessioni dell'autore vi sono non solo singoli personaggi Roland Barthes (1915-1980), Edgar Allan Poe (1809-1849), Giorgio Manganelli (1922-1990), Carlo Dossi (1849-1910) - ma anche più in generale la poesia contemporanea e la neo-avanguardia. Gambetti Vezzosi, 394. Giuliani, Alfredo (1924-2007). Nostro Padre Ubu. Scenario in onore di Alfred Jarry, rispettosi adattamenti, traduzioni, manomissioni e cronistorie. Disegni e fotografie del Padre Ubu. Musiche originali di Claude Terrasse. Roma, Cooperativa Scrittori, 1977 («I Gulliver», 7). 205x123 mm. 59 pagine, una pagina non numerata. Disegni, illustrazioni e fotografie di Padre Ubu. Brossura in cartoncino verde, illustrata da un disegno impresso in giallo, ai piatti e al dorso autore, titolo, nota sul volume e biografia dell'autore stampati in bianco e verde. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di quest'opera di Giuliani, testo teatrale con musica di Claude Terrasse (18671923), compositore francese noto soprattutto per le sue operette e divenuto famoso tra il grande pubblico nel 1896, per la composizione della musica per l'Ubu Roi di Alfred Jarry (1873-1907). Lo scrittore e drammaturgo francese, esponente di spicco del surrealismo, realizzò con questo testo un vero caposaldo del cosiddetto teatro dell'assurdo, mixando provocazione, satira, humor, parodia e farsa: quello proposto da Giuliani nel volumetto non è soltanto una traduzione, anzi non la si può definire tale perché non sempre fedele al testo, quanto piuttosto una sorta di adattamento, una restituzione dell'essenza dell'opera di Jarry, con diversi apporti personali. Gambetti Vezzosi, 394. Giuliani, Alfredo (1924-2007). Ebbrezza di placamenti. Introduzione di Romano Luperini. Lecce, Piero Manni, 1993 («La scrittura e la storia. Scrittori contemporanei», 18). 210x150 mm. 54 pagine, due pagine non numerate. Brossura in cartoncino riquadrata a due colori con fregio in copertina, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo, editore e collana stampati in bianco e marrone. Ottimo stato di conservazione, intonso. Prima edizione di questa raccolta di poesie, introdotte dal direttore della collana in cui il volume è stampato, il critico letterario Romano Luperini (1940). Accanto a componimenti propri, in cui Luperini rintraccia come elementi chiave due componenti - l'ironia e il surrealismo – si trovano traduzioni di versi tratti dalla produzione di autori stranieri, come dal poema cinese Li Sao (IV-III a. C.) nella versione di Vilma Costantini, l'arabo Ibn Hamdis (XI secolo) e il britannico William Empson (1906-1984). Luperini sintetizza il valore ed il significato di queste poesie come «una raggelata distesa di significati franti, in cui l'ironia frena e contiene il proprio stesso scatto». Gambetti Vezzosi, 395. Guglielmi, Giuseppe (1923-1995). Panglosse blandimentis oramentis coeteris meretriciis poesie 1953-1966. Milano, Feltrinelli, 1967 («Poesia», 10). 200x125 mm. 61 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in carta color sabbia con bandelle, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore stampati in blu, arancio e rosa. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di poesie del letterato, traduttore e bibliotecario di origine barese, che include componimenti risalenti agli anni 1953-1966. Autore di un volume di poesie sperimentali dal titolo Essere e non avere (1955), Guglielmi condivise l'esperienza di ricerca linguistica del Gruppo 63, collaborando anche alla rivista «Il Verri» diretta da Luciano Anceschi (1911-1995), pubblicazione attorno a cui ruotavano molti esponenti dell'avanguardia italiana dei Novissimi. Come si legge nel cartoncino editoriale allegato, si tratta di una poesia «intesa come organismo semiologico, tutta giocata tra langue e parole». Guglielmi, Giuseppe (1923-1995). Combestiario. Illustrazioni di Giovanni Anceschi. Milano, Edizioni del Verri, 1975. 185x115 mm. 25 pagine, una pagina non numerata. Illustrazioni stampate in rosso. Brossura in cartoncino bianco, illustrata in copertina da disegni di Giovanni Anceschi, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore stampati in nero. Ottimo stato di conservazione. Copia 087/1000. Prima edizione di questa raccolta di versi, esempio di quella poesia sperimentale cui l'autore barese si dedicò a partire dagli anni '50 e che condivise con gli aderenti al Gruppo 63, uno dei migliori esempi dell'avanguardia letteraria in Italia in quei decenni centrali del Novecento, cruciali per lo svecchiamento culturale del Paese. Stampato in tiratura limitata, il volumetto uscì in 1000 copie, di cui venti impresse a mano (numerate I-XX), con illustrazioni realizzate anch'esse a mano dal designer milanese Giovanni Anceschi (1939), ottanta su carta distinta (numerate 21-100) con illustrazioni riprodotte e 900 su carta comune (numerate 101-1000): il nostro esemplare appartiene al secondo gruppo ed è siglato con il numero 087. Pagliarani, Elio (1927). Cronache e altre poesie. Con tre disegni di Giuseppe Migneco. Milano, Schwarz, 1954 («Dialoghi col Poeta», VIII). 218x155 mm. 37 pagine, 3 pagine non numerate. Tre disegni b/n di Giuseppe Migneco. Brossura in cartoncino bianco con bandelle, ai piatti e al dorso collana, autore, titolo, editore, nota sul volume e pubblicità editoriali stampati in verde e nero, sui risvolti nota biografica sull'autore e pubblicità editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione, isolate fioriture ai piatti. Copia 270/500. Piuttosto rara e ricercata prima edizione, impressa in 500 esemplari su carta uso mano e numerati, di questa raccolta di poesie, opera prima del poeta di origine emiliana, membro del Gruppo 63. Trasferitosi a Milano nei primi anni '50, dopo essersi laureato a Padova, il capoluogo lombardo costituisce il riferimento geografico imprescindibile della sua poetica, attenta al realismo di temi sociali come quello del lavoro, dell'economia e della vita delle classi subalterne. Nei suoi versi espliciti e precisi sono i riferimenti alla topografia della città di Milano (Porta Ticinese, Porta Romana, Porta Garibaldi) così come ad alcune realtà radicate nel sistema economico italiano, ad esempio l'industria automobilistica torinese della Fiat. Autore dei disegni che corredano il testo è il pittore messinese Giuseppe Migneco (1908-1997), uno dei maggiori esponenti dell'Espressionismo italiano del Novecento. Gambetti Vezzosi 2007, 606. Pagliarani, Elio (1927). Inventario Privato. Prefazione di Giacomo Zanga. Disegni di Alberto Casarotti. Milano, Veronelli, 1959 («I gemelli», 2). 240x155 mm. 46 pagine, 6 pagine non numerate. 5 disegni b/n di Alberto Casarotti. Brossura in cartoncino grigio con bandelle, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore in rosso e nero, sui risvolti nota sul volume e pubblicità editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione, brossura scollata. Firma a lapis dell'autore a p. 3. Non comune e molto ricercata prima edizione – in tiratura ordinaria - di questa raccolta di versi di Pagliarani, ulteriormente impreziosita dall'autografo dell'autore vergato a matita. Sullo sfondo di una vicenda umana di alienazione che vede una coppia, un lui e una lei, «la cui storia individuale non ha saputo o potuto combaciare», si colloca Milano, sua città d'azione a partire dal 1951, già protagonista del primo libro di poesie impresso nel 1954, Cronache e altre poesie. La Prefazione è di Giacomo Zanga, scrittore e giornalista poi collaboratore del settore culturale per il quotidiano «Il Giorno», mentre i disegni a fondo seppia che corredano il volume si devono ad Alberto Casarotti (1906-1991), artista di nascita veronese che fu tra gli intellettuali, insieme tra gli ai pittori Giuseppe Migneco (1908-1997) e Aligi Sassu (1912-2000), riuniti attorno alla rivista «Corrente» di Ernesto Treccani (1920-2009). Gambetti Vezzosi 2007, 606. Pagliarani, Elio (1927) – Paccagnini, Angelo (1930-1999) – Negri, Gino (1919-1991). Le sue ragioni – Giorno di nozze. Due libretti per musica. Milano, Rusconi e Paolazzi, 1960 («Quaderni del Verri», 3). 191x120 mm. 97 pagine, 3 pagine non numerate. Riproduzione degli spartiti con i motivi musicali. Brossura in cartoncino color senape con bandelle, al piatto anteriore, entro cornice, autori, titoli ed editore in nero, al dorso, in nero collana e sottotitolo,sui risvolti nota sul volume e biografie degli autori in nero, fascetta editoriale bianca stampata in rosso. Ottimo stato di conservazione. Nuova edizione del libretto d'opera Le sue ragioni, per la musica di Angelo Paccagnini, già stampato singolarmente l'anno precedente, contestualmente alla prima rappresentazione a Bergamo. In questa seconda versione si accompagna al testo di Gino Negri, anch'esso musicato dal compositore lombardo, all'epoca già inserito nello Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano insieme a protagonisti dell'avanguardia musicale come Luciano Berio (1925-2003) e Bruno Maderna (1920-1973). I due libretti costituiscono altrettanti esempi di quella sperimentazione teatrale e musicale che, in parallelo con quella linguistico-letteraria portata avanti nella produzione poetica del Gruppo 63, viene definita come «opera aperta», per quella ricercata ed attuata dissoluzione dei confini tra il palcoscenico e la platea, tra gli esecutori e il pubblico, tra la musica e l'ascoltatore. Il volumetto include due prefazioni, una per ogni opera, firmate rispettivamente dai critici musicali Piero Santi e Massimo Mila. Gambetti Vezzosi 2007, 606. Pagliarani, Elio (1927). Lezione di fisica. Milano, All’insegna del Pesce d’Oro, 1964 («Poesia novissima», 5). 155x155 mm. 51 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco, con copertina illustrata da Giò Pomodoro, al piatto anteriore autore in rosso e titolo in nero. Ottimo stato di conservazione. Copia 482/500. Prima edizione, in tiratura limitata e numerata, di questa raccolta di poesie già apparse in parte sul periodico «Rendiconti» nel maggio 1963. Del volumetto vennero impresse anche 50 copie di lusso numerate da I a L, con un'incisione originale firmata da Giò Pomodoro (1930-2002), che realizza anche l'illustrazione di copertina. Quasi tutti i componimenti in versi della prima sezione, intitolata Le lettere (1961-1964), recano una dedica a stampa: al critico letterario e saggista Franco Fortini (pseudonimo di Franco Lattes, 1917-1994), all'amico e poeta del Gruppo 63 Alfredo Giuliani (1924-2007), all'artista scultore Giò Pomodoro. Gambetti Vezzosi 2007, 606. Pagliarani, Elio (1927). Lezione di fisica e Fecaloro. Milano, Feltrinelli, 1968 («Poesia», 13). 302x125 mm. 79 pagine, una pagina non numerata. Brossura muta in cartoncino, con sovraccoperta con bandelle in carta rossa, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco, azzurro e verde, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori; scheda editoriale in carta bianca con nota biografica sull'autore e citazioni da interventi critici sulla sua produzione. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, piuttosto ricercata, di questo volume che unisce la raccolta di versi Lezioni di fisica, già stampata singolarmente da Vanni Scheiwiller nel 1964, e l'inedita Fecaloro. A fine volume sono incluse due note di Pagliarani, la prima (Alla Lezione di fisica) riprende quella dell'editio princeps, la seconda A Fecaloro, denuncia alcune delle molteplici fonti d'ispirazione del linguaggio sperimentale dell'autore emiliano: tra questi un saggio di Rossi Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato (in «Nuova Corrente», n. 36), un'intervista a Mao Ze Dong tratta da un quotidiano francese, uno scritto di Fachinelli, Sul tempodenaro anale (in «Corpo», n. 2, settembre 1965), il volume Teoria dell'orgasmo di Reich (Milano, Lerici, 1961). Gambetti Vezzosi, 607. Pagliarani, Elio (1927). Rosso corpo lingua oro pope-papa scienza. Doppio trittico di Nandi. Con un saggio di Gabriella Sica. Roma, Cooperativa Scrittori, 1977 («I Gulliver», 6). 205x125 mm. 61 pagine, 11 pagine non numerate. Brossura in cartoncino marrone, con copertina illustrata a tre colori, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco, rosso e giallo-arancione, autore e titolo ripetuti al dorso in bianco, al piatto posteriore note biografiche e sunto del contenuto in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di poesie dell'autore di Viserba, alle quali si accompagna un saggio di Gabriella Sica (1950), studiosa e critica letteraria già autrice di una monografia su Edoardo Sanguineti (Firenze, La Nuova Italia, 1974) e collaboratrice di diverse riviste specialistiche. Lo scritto critico costituisce una vera lettura analitica del complesso schema strutturale dei versi di Pagliarani, in cui la sperimentazione linguistica propria dell'avanguardistico Gruppo 63 diventa anche innovazione formale e visuale, con l'incastro di blocchi di parole – che sono anche nuclei tematici - gli uni negli altri, oppure il loro sfasamento rispetto all'ordine tradizionalmente imposto dal layout della pagina. Gambetti Vezzosi 2007, 607. Pagliarani, Elio (1927). Esercizi platonici. Con dodici disegni di Ettore Sordini. Palermo, Acquario – La Nuova Guanda , 1985 («Poeti italiani e stranieri», 2). 215x155 mm. 85 pagine, 3 pagine non numerate. Disegni b/n di Ettore Sordini. Brossura in cartoncino color crema con bandelle, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in bianco entro riquadro stampato in rosso, titoli ripetuti in nero al dorso, sui risvolti sunto del contenuto, nota biografica sull'autore e pubblicità editoriale. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di componimenti in versi di Pagliarani, che segna il ritorno di questo autore, già membro del Gruppo 63 e protagonista dell'avanguardia letteraria italiana degli anni Sessanta e Settanta. Nella Nota conclusiva, dello stesso Pagliarani, si chiarisce il significato del titolo Esercizi platonici: «Qui non ho fatto altro che trascrivere e scandire il linguaggio colloquiale di Platone (del Filebo soprattutto; ma anche delle Lettere e, nell'apertura finale, del Convito, come è trasparente), quale è stato reso in lingua italiana nella versione e interpretazione di Enrico Turolla, quel patito di classe». Turolla (1896-1985), insigne grecista e filologo, è stato traduttore anche di Omero, Sofocle ed altri classici anche in lingua latina. I disegni si devono all'artista milanese Ettore Sordini (1934). Gambetti Vezzosi 2007, 607. Pagliarani, Elio (1927). Poesie da recita. La ragazza Carla. Lezione di fisica e Fecaloro. Dalla ballata di Rudi. A cura di Alessandra Briganti. Roma, Bulzoni editore, 1985 («Biblioteca di cultura», 299). 210x155 mm. 187 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco, con copertina illustrata a colori, al piatto anteriore autore, titolo, collana ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che include, accanto alle raccolte già apparse in precedenza La ragazza Carla (1962) e Lezione di fisica e Fecaloro (1964, 1968), anche l'inedita Dalla ballata di Rudi. Alla Prefazione della curatrice, seguono la Bibliografia ed una esaustiva Antologia della critica, con citazioni sull'opera e sulla poetica di Pagliarani dei maggiori critici letterari italiani, da Pier Paolo Pasolini (1922-1975) a Franco Fortini (1917-1994), oppure da poeti e letterati come lui protagonisti della stagione creativa del Gruppo 63, Alfredo Giuliani (1924-2007) e Umberto Eco (1932). L'opera costituisce insieme un'analisi critica della produzione in versi dell'autore di origine emiliana ed una antologia delle sue poesie. Gambetti Vezzosi 2007, 607. Pagliarani, Elio (1927). Epigrammi ferraresi. Introduzione di Romano Luperini. Lecce, Piero Manni, 1987 («La scrittura e la storia. Poeti contemporanei», 9). 215x145 mm. 66 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura riquadrata in cartoncino a due colori con bandelle, al piatto anteriore autore, titolo, collana, fregio ed editore in marrone, titoli ripetuti in marrone al dorso, sui risvolti sunto del contenuto, nota biografica sull'autore e pubblicità editoaile in marrone. Ottimo stato di conservazione. Copia 971/1200. Prima edizione, in tiratura limitata e numerata, di queste poesie di Pagliarani costruite utilizzando alcuni passaggi dei sermoni di Gerolamo Savonarola (1452-1498): dalla città di nascita del frate domenicano deriva la dicitura ferraresi del titolo. L'Introduzione è del critico e storico della letteratura Romano Luperini (1940), direttore insieme a Filippo Bettini della collana editoriale di Manni di cui il volume è parte; vi si legge, in conclusione: «Al di là del post-moderno, rispunta Pagliarani, con tutta la sua ricchezza di moralista ex-officinesco e di sperimentale ex-novissimo: a indicare la ripresa di un discorso che torna a unire momenti e generazioni diversi, bruciando insieme, in un'unica tensione, le esigenze della scrittura e quelle della presenza nella storia». Gambetti Vezzosi 2007, 607. Pagliarani, Elio (1927). Poesie d’amore e disamore. Roma, Carlo Mancosu, 1994 («Contemporanea», 3). 165x120 mm. 102 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura in cartoncino giallo, con copertina illustrata a colori, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, al piatto posteriore citazione dal testo in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, in questa veste editoriale specifica e con questo titolo, delle prime due raccolte poetiche di Pagliarani risalenti rispettivamente al 1954 (Cronache ed altre poesie) e al 1959 (Inventario privato), cui si aggiunge in appendice il Poème antipoème del 1961. L'Introduzione è firmata dal critico e letterato romano Plinio Perilli (1955), direttore anche della collana editoriale in cui il volume è stampato, che così parla del nuovo titolo suggerito dallo stesso Pagliarani «a suggello e compendio di quella incorrotta, avulsa e dedita stagione di Giovinezza e di scoperte, morali non meno che fisiche, intellettuali e politiche [...]». Sullo sfondo la città di Milano, metropoli simbolo sempre presente nella lirica del poeta di origine riminese, trapiantato nel capoluogo lombardo ad inizio anni '50. Pagliarani, Elio (1927). La ballata di Rudi. Venezia, Marsilio, 1995 («Poesia»). 182x130 mm. 86 pagine, 10 pagine non numerate. Brossura muta in cartoncino grigio, con sovraccoperta in carta azzurra con bandelle, al piatto anteriore autore in blu, titolo ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, al piatto posteriore citazione dal testo in n nero, sui risvolti nota sul testo e breve biografia dell'autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, completa ed in volume singolo, di questo racconto poetico strutturato in 27 poesie numerate in cifre romane. Il progetto iniziale della Ballata risale al 1961, e l'opera apparve in maniera parziale già nell'antologia lirica Poesia da Recita (Bulzoni, 1985) e su diverse pubblicazioni periodiche. Con questo romanzo in versi, forma poetico-narrativa già sperimentata con successo dall'autore di Viserba nel suo celebre La ragazza Carla (1962), Pagliarani vinse nel 1995 il Premio Viareggio Poesia. Alla vicenda di Rudi fa da scenario un paese, l'Italia, dove emergono in particolare due contesti geografici e topografici: la riviera romagnola, terra d'origine dell'autore, e la città di Milano, ove si trasferì nei primi anni '50 e che divenne 'protagonista' delle sue prime raccolte in versi. Gambetti Vezzosi 2007, 607. Paolazzi, Leo [pseud. Porta, Antonio (1935-1989)]. Calendario. Milano, Schwarz Editore, 1956. 215x15 mm. 37 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino con bandelle, illustrata in copertina da un disegno b/n, al piatto anteriore autore in nero e titolo in rosso, titoli ripetuti in nero al dorso. Ottimo stato di conservazione. Molta rara e ricercata prima edizione di questa prima raccolta di poesie di Leo Paolazzi, figlio dell'editore Pietro Paolazzi, che a partire dalla sua seconda opera pubblicata (La palpebra rovesciata, 1960) adotterà lo pseudonimo Antonio Porta. L'autore, entrato a fine anni '50 nell'entourage intellettuale milanese raccolto intorno alla rivista «Il Verri» di Luciano Anceschi (1911-1995), contribuì con alcuni componimenti e note all'antologia I Novissimi (1961) e alla fondazione del Gruppo 63, l'esperienza più significativa dell'avanguardia letteraria in Italia. Questa sua raccolta giovanile, antecedente la laurea in Lettere moderne conseguita all'Università Cattolica nel 1960, risale al primo periodo in cui il poeta lavorava per la casa editrice Rusconi e Paolazzi Spa, esordio di una lunga carriera nell'editoria presso Bompiani, Sonzogno e Feltrinelli. Gambetti Vezzosi 2007, 708. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. La palpebra rovesciata. Brescia, La nuova cartografica, s.d. [ma 1960] («Quaderni di Azimuth»). 234x170 mm. 41 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino con bandelle, illustrata in copertina da un disegno di Carlo Ramous, al piatto anteriore autore e titolo in verde, sul risvolto anteriore nota biografica in nero. Ottimo stato di conservazione. Non comune e molto ricercata prima edizione di questa raccolta di poesie di Leo Paolazzi, che proprio a partire da questo momento iniziò ad usare lo pseudonimo con cui si firmerà per tutta la vita: Antonio Porta. L'uscita del volume precede di poco la laurea in Lettere moderne dell'autore, che era già allora entrato nella redazione del periodico diretto da Luciano Anceschi, «Il Verri». Da quel contesto, in cui operarono anche Nanni Balestrini (1935), Elio Pagliarani (1927) ed Edoardo Sanguineti (1930-2010), nacque nei primi anni '60 l'esperienza avanguardistica dei Novissimi e del Gruppo 63. Il volume include anche Dietro la poesia, quasi uno scritto teorico sullo stato della poesia contemporanea, in cui Porta affronta i temi e i problemi su cui agirà la nuova generazione: la questione dei modelli tradizionali percepiti ormai come superati, della mancanza di linguaggio adeguato per esprimere le nuove tensioni sociali ed intellettuali, dello smarrimento degli scrittori, della sfiducia generale nella letteratura, della ricerca della verità e dell'oggettività. Gambetti Vezzosi 2007, 708. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Aprire. Milano, All’insegna del Pesce d’Oro, 1964 («Poesia novissima», 3). 120x120 mm. 39 pagine, una pagina non numerata. Brossura in cartoncino bianco, con copertina illustrata da Romano Ragazzi, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso. Ottimo stato di conservazione. Copia 181/500. Prima edizione in tiratura limitata e numerata, abbastanza rara e piuttosto ricercata, di questa raccolta di poesie che prende il titolo da uno dei tre componimenti che formano in volume: gli altri sono Dialogo con Herz e Rapporti umani. Composte nel biennio 1960-1962, le tre opere in versi sono un omaggio, come dimostra la dedica a stampa apposto sul volume, a Luciano Anceschi (1911-1995), saggista e critico letterario che raccolse attorno alla sua rivista «Il Verri» quella generazione di poeti innovatori e dediti alla sperimentazione che formeranno poi il Gruppo 63. Nella redazione Porta entrò verso il 1958, avviandosi a quella carriera di critico che sempre coltiverà in parallelo con l'attività di scrittore e l'occupazione in vari rami dell'editoria: tra le testate con cui collaborò vi sono non solo riviste specialistiche («Malebolge», «Quindici»), ma anche i maggiori quotidiani nazionali («Corriere della Sera», «Il Giorno»). Gambetti Vezzosi 2007, 708. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. I rapporti. Poesie 1958-1964. Milano, Feltrinelli, 1966 («Poesia», 7). 200x125 mm. 141 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in carta verde con bandelle, al piatto anteriore autore ed editore in verde, titolo in rosso, titoli ripetuti in nero al dorso. Ottimo stato di conservazione. Al frontespizio timbro ex-libris in inchiostro blu 'Iacobi Leopardi'. Prima edizione, abbastanza ricercata, di questa raccolta di poesie che include, rivisti, i componimenti poetici già in Zero (Milano, s. e., 1963). La rarissima autoedizione milanese, composta da una cartella a 5 fogli sciolti, è uno dei migliori esempi di quella poesia visiva cui Porta si era dedicato nei primissimi anni '60, operando nel campo della letteratura quella stessa 'rivoluzione' che pittori e scultori attuavano nel settore delle arti visive. L'idea di fondo era quella di un intreccio tra scrittura e immagine, tra parola e segno iconico, evidentissima nella poesia Quadro sinottico del 1960 (a p. 63), dove la disposizione dei versi evoca lo strisciare ed il torcersi di cui si tratta nel testo in relazione al movimento dei vermi. Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Partita. Romanzo. Milano, Feltrinelli, 1967 («I Narratori», 105). 195x123 mm. 160 pagine, 4 pagine non numerate. Legatura cartonata blu, al piatto anteriore autore in blu, titolo in verde ed editore in bianco, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, al piatto posteriore nota sul volume in bianco. Buono stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo di Antonio Porta, che corrisponde perfettamente, pur nella struttura narrativa in prosa, a quei principi di sperimentazione linguistica e semantica già applicati alla sua produzione in versi fin dallo scadere degli anni Cinquanta. Il carattere innovativo di questa letteratura d'avanguardia, di cui Porta insieme agli altri membri del Gruppo 63 è interprete, si coglie nella nota in quarta di copertina: «Partita segue lo stesso modulo di un romanzo alessandrino, come l'Asino d'oro dello Pseudoluciano e quello di Apuleio, o come pensiamo che fosse il Satiricon di Petronio: ogni capitolo vive di se stesso, ma nessun capitolo può fare a meno dell'altro, e questo appare chiaro quando scattano le trappole che confermano la sua natura romanzesca, quando il FATTO su cui posa la narrazione comincia ad essere identificato...» Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Cara. Poesie 1965-1968. Milano, Feltrinelli, 1969 («Materiali», 19). 204x125 mm. 114 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due colori, bianco e rosso, al piatto anteriore autore in verde petrolio, titolo in grigio ed editore in rosso, titoli ripetuti verde petrolio al dorso, al piatto posteriore collana e nota editoriale sulla collana in grigio e verde petrolio. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, abbastanza ricercata, di questa raccolta di componimenti in versi risalenti al periodo 1965-1968. Descrivono al meglio il carattere della produzione poetica di Porta in quegli anni le parole del critico Fausto Curzi, già apparse sulla rivista «Il Verri» e citate in apertura di volume accanto ad una breve nota biografica sull'autore: «Porta ha ora scelto un modo di impaginazione testuale e di strutturazione strofica che mobilizza al massimo ogni elemento compositivo e scioglie e alleggerisce quella sorta di sospesa e coagulata drammaticità che era presente in molte sue poesie [...] Ogni poesia è una compagine strofica più che un testo, una mobile struttura materiale, voglio dire, piuttosto che un sistema di significati». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Metropolis. Milano, Feltrinelli, 1971 («Poesia», 19). 198x122 mm. 53 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura muta in cartoncino bianco, con sovraccoperta in carta gialla con bandelle, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in due tonalità di verde, titoli ripetuti in verde al dorso, sui risvolti nota sul testo siglata dall'autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume di versi strutturato in due parti, Duplice e Modelli. Nella nota scritta dallo stesso Porta e stampata sui risvolti della sovraccoperta, l'autore esplica alcuni dei presupposti teorici della sua scrittura poetica, partendo dall'idea chiave che il «Segno fondamentale della cultura contemporanea è il falso. Non un falso che possa essere rivelato a raffronto con un'idea di vero, ma semplicemente una pseudo-realtà che ci viene data costantemente per mezzo di un o strumento del comunicare che, al contrario, pareva servire al “vero”: la definizione. Definire e falsificare sono attività complementari». Da questo assunto parte una considerazione sulla scrittura, che giunge ad una precisa affermazione finale sullo scopo dello scrivere: «Scrivendo [...] si entra nel campo della definizione [...] si pensa di utilizzare un legittimo, anche se pericolosissimo, strumento di contatto con il reale [...]. La scrittura non deve essere un fine e non deve rimandare a qualcosa d'altro da sé in quanto strumento». L'opera fu tra i finalisti del Premio Viareggio nel 1971. Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. La presa di potere di Ivan lo Sciocco. Torino, Einaudi, 1974 («Collezione di Teatro», 180). 180x105 mm. 6 pagine non numerate comprendenti occhietto, frontespizio e Premessa, 53 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in cartoncino bianco con copertina illustrata da una stampa popolare russa, al piatto anteriore autore, titolo, collana e fregio editoriale in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, al piatto posteriore indice della collana in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo testo teatrale, rappresentato per la prima volta a Milano, al Teatro Uomo, il 12 febbraio del 1974 con la regia di Sergio e Marzio Porro. Come si legge nella Premessa, la pièce venne specificatamente scritta per la compagnia del Teatro Artigiano di Cantù e per un particolare tipo di rappresentazione, basata su un modo di recitare ed essere sulla scena molto diverso da quello abituale. Il soggetto deriva dalla tradizione popolare della fiaba e, nella trasposizione per il palcoscenico, «l'attività scenica sostituisce il racconto, la scrittura, servendosi di tutte le mediazioni possibili arriva al suo pubblico con la propria insopprimibile autenticità e inventiva». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Week-end. Poesie 1971-1973. Nota introduttiva di Maria Corti. Roma, Cooperativa Scrittori, 1974 («Poesia e prosa»). 195x150 mm. 63 pagine, una pagine non numerata. Brossura in cartoncino bianco riquadrata in rosso, al piatto anteriore autore, titolo, editore e collana in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, non comune e abbastanza ricercata, di questa raccolta di poesie risalenti ai primi anni Settanta. La Presentazione firmata da Maria Corti (1915-2002), scrittrice oltre che critica, semiologa e filologa, offre un quadro complessivo della produzione in versi dell'autore, analizzando i componimenti inclusi nel volume in rapporto alle precedenti raccolte pubblicate nel corso della seconda metà degli anni Sessanta, da I rapporti (1966) a Cara (1969). La studiosa riconosce i caratteri molto diversi delle due parti della raccolta, che definisce in conclusione «densa [...] in cui tante immagini del mondo d'oggi ardono, o per essere carbonizzate dalla rabbiosa negazione del Porta (Week end) e per rinascere come fenici (il nomade col lungo bastone) [...]». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Quanto ho da dirvi. Poesie 1958-1975. Prefazione di Giuseppe Pontiggia. Milano, Feltrinelli, 1977 («Poesia», 28). 250x180 mm. 175 pagine, una pagina non numerata. Brossura muta in cartoncino bianco, con sovraccoperta in carta gialla con bandelle, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in blu e rosso, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, al piatto posteriore nota sul volume, sui risvolti breve biografia dell'autore e indice della collana. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta complessiva dell'opera in versi di Antonio Porta, con l'aggiunta di alcuni componimenti inediti risalenti al biennio 1974-1975. La Prefazione è dello scrittore e critico letterario Giuseppe Pontiggia (1934-2003) e costa di un'attenta analisi del percorso poetico dell'autore, partendo dalla sua formazione nella redazione della rivista «Il Verri» per arrivare alle prove di Metropolis (1971) e Week end (1974): Pontiggia lo descrive come «una delle esperienze poetiche più dense e ricche degli ultimi vent'anni, e non solo in Italia». Nella nota in quarta di copertina si legge invece un'importante osservazione sulla scelta del titolo: «Il significato del titolo Quanto ho da dirvi va esplicitamente ricercato in una precisa volontà di comunicazione, che è l'elemento non trascurabile per l'interpretazione a l'utilizzazione dell'opera di Antonio Porta». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Il re del magazzino. Milano, Mondadori, 1978 («Scrittori italiani e stranieri»). 200x127 mm. 152 pagine, 4 pagine non numerate. Legatura in tutta tela azzurra con titoli in oro al dorso, sovraccoperta con bandelle illustrata a colori da un particolare di un'opera di Federico Sanguineti, autore, titolo ed editore in bianco, sui risvolti nota sul testo siglata dall'autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo, costruito in forma di 29 lettere-poesie scritte dal protagonista come cronaca di un anno, il 1976, in cui ciò che accade «può essere giudicato in parte immaginario ma possibile, in parte immaginato ma impossibile e in parte immaginato e reale». L'espediente narrativo utilizzato dall'autore è quello del ritrovamento fortuito, tra le macerie di una cascina lombarda, di un manoscritto, proprio accanto al cadavere di colui che lo ha vergato: si tratta di un uomo che ha scritto ai suoi figli lettere mai spedite, dove emergono i suoi sentimenti, i suoi risentimenti verso il destino del mondo, verso la catastrofe che sta attraversando, verso la trasformazione di civiltà che conduce alle estreme conseguenze l'ottica borghese. Porta tratta in questa singolare narrazione il tema del superamento di un'età e di una fase storico-culturale da parte di una generazione che «vuole conservare solo il meglio di sé e bruciare storie e residui». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Partita. Romanzo. Milano, Garzanti, 1978 («I Garzanti»). 179x109 mm. 163 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in riquadrata cartoncino illustrata a colori in copertina da un'opera di Gastone Novelli, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo ed editore in nero, al piatto posteriore nota sul volume e biografia dell'autore in nero. Ottimo stato di conservazione. Nuova edizione, accresciuta rispetto alla prima impressione del 1967 di una autopresentazione dello stesso autore, di questo romanzo di Antonio Porta, che come si legge in quarta di copertina è: «andato conquistando sempre nuovi lettori, superando felicemente le barriere coralline del '68». La Partita del titolo è quella che la protagonista del romanzo, Màstica, gioca con la sua intera esistenza, nel lavoro come nella turbolenta relazione coniugale: lei, come tutti i personaggi che attorno alla sua figura ruotano, segue determinate regole, ma al contempo esprime il bisogno di libertà, di ricerca di diventare ed essere «qualcosa d'altro», di trovare «nutrimento per un'esistenza nuova». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)] – Raboni, Giovanni (1932-2004) (a cura di). Pin Pidìn. Poeti d’oggi per i bambini. A cura di Antonio Porta e Giovanni Raboni. Milano, Feltrinelli, 1978. 240x170 mm. 127 pagine, una pagina non numerata. Brossura in cartoncino bianco, con illustrazioni a colori ai piatti, al piatto anteriore titolo, curatori ed editore a colori e in nero, titoli ripetuti al dorso, al piatto posteriore nota sul contenuto del volume in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di componimenti in versi, curata da Antonio Porta insieme al poeta, scrittore e giornalista milanese Giovanni Raboni, parte di un progetto di avvicinamento dei bambini ai linguaggi e alle forme della poesia contemporanea. Tra gli autori antologizzati vi sono alcuni dei principali esponenti dell'avanguardia letteraria del Gruppo 63, come Adriano Spatola (1941-1988), Nanni Balestrini (1935), Edoardo Sanguineti (1930-2010) e allo stesso Porta, insieme a Giulia Niccolai (1934), Nico Orengo (1944-2009), Andrea Zanzotto (1921) ed altri. Il volume costituisce un eloquente esempio di ciò che la poesia sperimentale di quegli anni «può mettere a disposizione dei lettori tra i cinque e i dieci anni di età, e insieme di chi si occupa, per professione o per impegno affettivo, dello sviluppo dell'immaginazione e della sensibilità linguistica e formale dei bambini». Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Choisir la voix. Préface de Jean Pierre Faye. Brescia, Shakespeare & Company, s.d. [ma 1980] («Change errant»). 200x130 mm. 85 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura riquadrata in cartoncino a due colori, bianco e azzurro, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco e grigio, titoli ripetuti in azzurro al dorso, al piatto posteriore citazione dalla prefazione e ritratto fotografico dell'autore in azzurro. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, in traduzione francese, di questa raccolta di testi, in versi e in prosa, di Antonio Porta, preceduta da uno scritto – le rapport jeté - di Jean Pierre Faye (1925). Lo scrittore, poeta e filosofo parigino fu fondatore della rivista letteraria «Change» ed animatore del Mouvement du change des formes. Basata soprattutto sulla ricerca linguistica di Ferdinand de Saussure (18571913) e degli strutturalisti russi, la posizione teorica di Faye condivide con l'avanguardia italiana, rappresentata da Porta e dal Gruppo 63, l'idea di una sperimentazione del linguaggio come presupposto degli esiti formali ed anche semantici e di significato della letteratura e della poesia. L'assunto chiave del Mouvement di Faye è che «La langue, en se changeant, change les choses». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Passi passaggi (1976-1979). Milano, Mondadori, 1980 («Lo Specchio»). 200x130 mm. 147 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura riquadrata in cartoncino a due colori, al piatto anteriore autore e titolo in bianco su fondo verde, collana ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, al piatto posteriore nota sul contenuto in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di versi risalenti agli anni 1976-1979, comprensiva anche della versione italiana di Choisir la voix (La scelta della voce), pubblicato originariamente in francese. Il volume consta di tre sezioni ben distinte, anche sotto il profilo tematico ed espressivo. Brevi lettere '78 è definito come un insieme che passa da «liriche di balenante metaforismo a messaggi più comunicativi, senza mai perdere la tensione drammatica»; La scelta della voce, scritta in origine per una lettura teatrale, quale fusione di una «scansione dialogica con una liricità insieme discorsiva e chiusa, cupa e autoironica»; Fino alla nascita nei termini di «schegge e frammenti di visionarietà febbrile, su uno sfondo insieme metafisico ed esistenziale». Dopo il volume Quanto ho da dirvi del 1975, che offriva una sintesi della produzione in versi di Porta fino a metà anni Settanta, Passi Passaggi è invece la raccolta di riferimento per comprendere le trasformazioni ed il percorso dell'autore nel triennio 1976-1979. Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Se fosse tutto un tradimento. Otto racconti. Milano, Guanda, 1981 («Prosa contemporanea», 6). 200x120 mm. 73 pagine, 7 pagine non numerate. Brossura in cartoncino con bandelle e copertina illustrata a colori da un dipinto di Christian Schad, al piatto anteriore autore, titolo, collana, fregio ed editore in nero, titoli ripetuti negli stessi colori al dorso, sui risvolti nota sul testo e breve biobibliografia dell'autore, cartolina editoriale in cartoncino. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di racconti, la terza opera narrativa di Antonio Porta dopo i romanzi Partita (1967) e Il re del magazzino (1978). Caratterizzati da un io narrativo che parla in prima persona e coincide con il protagonista, i racconti condividono tra loro proprio la natura dei vari personaggi, che «riservano un'attenzione tutta particolare ai messaggi trasmessi dal proprio corpo e da quelli altrui, e nello stesso tempo affidano alla scrittura il difficile compito di tradurli nel linguaggio della ragione e della consapevolezza» e «sembrano oscillare continuamente tra lo sgomento provocato dai segni oscuri dell'inconscio e la volontà di decifrarli per giungere a una diversa conoscenza di sé e degli altri». Gambetti Vezzosi 2007, 709. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Emilio. Illustrato da Altan. Milano, Emme Edizioni, 1982. 272x215 mm. 44 pagine non numerate. Legatura cartonata, con copertina illustrata da Francesco Tullio Altan, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in bianco e azzurro, titoli ripetuti in bianco al dorso, al piatto posteriore citazione dal testo in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo poemetto per bambini, illustrato da 18 disegni di Francesco Tullio Altan (1942), noto disegnatore e fumettista italiano creatore della Pimpa, conosciuto soprattutto per la sua vena ironica e la vignette dalla forte carica satirica. A differenza dell'esperienza di Pin Pidin (1978), volume antologico di poesie d'avanguardia rivolte ai bambini dai 5 ai 10 anni ma non appositamente scritte per loro, Emilio è un testo nato per i ragazzi e strutturato in tre momenti: Il cielo, Il volo e La terra. Nella seconda sezione vi sono espliciti riferimenti e citazioni da Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944). Gambetti Vezzosi, 709. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. L’aria della fine. Brevi lettere 1976, 1978, 1980/1981. Catania, Edizioni Lunarionuovo, 1982 («Alisei», I). 240x160 mm. 85 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino con bandelle, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in nero, sottotitolo ed illustrazione in verde, titoli ripetuti in nero al dorso, sui risvolti nota sul testo e biografia dell'autore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che raccoglie, accanto a testi già comparsi in precedenza, anche 13 componimenti inediti, racchiusi nella sezione 1980-1981 e numerati 55-67. Riprese da Il re del magazzino (1978) e Passi passaggi (1980) sono invece le prime 54 poesie epistolari. Quello delle 'brevi lettere' è un vero e proprio genere che Porta sperimentò ampiamente a partire dalla metà degli anni Settanta; nata da esigenze di comunicazione più dirette e lineari rispetto alla semplice struttura di una poesia tradizionale, la fusione con la forma dell'espistola rende questa soluzione adatta anche come base del percorso poetico dell'autore nel corso del biennio 1980-1981, quando giunge ad una maturità di scrittura pienamente espressiva, in «equilibrio persuasivo tra articolazione e trasparenza». Gambetti Vezzosi 2007, 710. Porta, Antonio [pseud. di Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Nel fare poesia (1958-1985). Firenze, Sansoni, 1985 («Fonè»). 208x132 mm. 129 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino con bandelle, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in verde, titoli ripetuti negli stessi colori al dorso, al piatto posteriore fregio editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa antologia dell'opera poetica di Porta curata dall'autore stesso, con alcuni componimenti inediti risalenti all'ultimo biennio, 1984-1985. La selezione copre l'intero percorso letterario di Porta, dalla fine degli anni Cinquanta all'attualità, ed ogni testo è preceduto da un breve commento, una presentazione che contestualizza i versi all'interno di un contesto storico e culturale. Nella nota introduttiva generale si legge una riflessione sul linguaggio poetico in relazione alla lingua nel suo complesso, nucleo sperimentale primario per la generazione di autori d'avanguardia di cui Porta fu uno dei maggiori esponenti: «il linguaggio della poesia 'sta dentro' la lingua, come la storia degli uomini ce la consegna, non fissata per sempre ma in continua trasformazione, perchè la lingua a sua volta 'sta dentro' l'oceano prelinguistico, l'esperienza immediata, il sentimento che ne scaturisce, e perfino l'estasi dell'esserci». Ma l'autore, giunto alla maturità artistica, riconosce anche un altro carattere fondamentale del poetare, il forte accento politico, «conseguenza dell'accento etico della sua necessità, che allunga le radici fino al territorio della libertà di pensiero, legata proprio al mondo della polis, alla storia delle sue lotte e delle sue trasformazioni». Gambetti Vezzosi 2007, 710. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Melusina. Una ballata e un diario. Con un saggio di Niva Lorenzini. Milano, Crocetti, 1987 («Aryballos», 10). 200x120 mm. 59 pagine, 9 pagine non numerate. Brossura muta in cartoncino, con sovraccoperta in carta bianca con bandelle, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in marrone, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, sul rivolto anteriore nota sul volume siglata dall'autore 'A.P.'. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione in volume di questo diario in forma di componimenti poetici (Rosa che ride. Nuovo diario 1984-1987), già apparso sulla rivista «Il Verri» tra marzo e giugno 1987, preceduto dal poemetto Melusina che dà il titolo alla pubblicazione. Nella nota stampata sulla bandella anteriore della sovraccoperta, Porta presenta brevemente le due sezioni: il poemetto in forma di ballata con la leggenda della fata Melusina, che risponde al «bisogno di esplorare ciò che sfugge alla nostra percezione immediata», e la parte in forma-diario, distinta dalla lirica con cui non «condivide l'ambizione di raggiungere un'illusoria verticalità espressiva; accetta, invece, la sfida orizzontale della comunicazione». In appendice lo scritto critico di Niva Lorenzini, “Melusina” o dello stupore, incentrata sul tema della poesia-favola e su come la struttura della favola si 'imponga' nell'opera di Porta divenendo «luogo metaforico del possibile, definito spazio del necessario». Gambetti Vezzosi 2007, 710. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Il giardiniere contro il becchino. Milano, Mondadori, 1988 («Lo Specchio. I poeti del nostro tempo»). 215x153 mm. 91 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura in cartoncino color sabbia con bandelle e illustrazione in rosso in copertina, al piatto anteriore autore, titolo, collana ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, sui risvolti nota sul volume siglata 'M.F.'. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di poesie, in cui l'autore già protagonista della stagione avanguardistica della letteratura italiana in seno all'esperienza del Gruppo 63, continua il suo percorso creativo individuale. Con piena consapevolezza e maturità poetica, Porta riprende molti temi chiave della sua produzione: la necessità ineludibile della comunicazione, il testo come organismo «poematico» con una struttura ed un disegno progettuale preciso, la presenza di personaggio del mito e della favola (Salomè, Airone), il gusto per il teatro dell'assurdo (Fuochi incrociati), la vocazione sperimentale del linguaggio. La raccolta vince il Premio Carducci. Gambetti Vezzosi 2007, 710. Porta, Antonio [Paolazzi, Leo (1935-1989)]. Partorire in chiesa. A cura di Rosemary Ann Liedl con un ricordo di Alfredo Giuliani. Milano, Libri Scheiwiller, 1990 («Prosa», 32). 170x115 mm. 64 pagine, 8 pagine non numerate. Ritratto fotografico dell'autore in b/n in antiporta, riproduzione facsimilare di alcuni appunti autografi, fotografie b/n di Porta con la moglie e i figli. Brossura in cartoncino rosso con bandelle, al piatto anteriore autore, titolo, fregio ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, sui risvolti nota di Rosemary Ann Liedl e biografia dell'autore. Ottimo stato di conservazione. Copia 411/1000. Prima edizione postuma, impressa in tiratura limitata e numerata di 1000 esemplari, di questo racconto; il volumetto fu stampato presso l'editore Vanni Scheiwiller nel primo anniversario della morte del poeta Antonio Porta, deceduto a Roma a seguito di un arresto cardiaco il 12 aprile 1989. Come si legge nella Nota di Rosemary Ann Liedl, vedova dell'autore, Partorire in chiesa doveva far parte del romanzo Angeli perduti che Porta stava scrivendo, un romanzo «strutturato come dialogo diretto con il lettore [...] diviso per frammenti». Precede il testo uno scritto di Alfredo Giuliani (1924-2007), anche lui come Porta esponente del Gruppo 63, dal titolo Quando un poeta muore, già comparso a ricordo della sua scomparsa sulle pagine del quotidiano «la Repubblica» il 21 aprile 1989. Chiude il volume un breve intervento di Antonio Porta, Proibito andarsene, già pubblicato sul periodico satirico «Cuore» il 10 aprile 1989, pochi giorni prima della morte. Gambetti Vezzosi 2007, 710. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Laborintus. Laszo Varga: Editrice Magenta, 1956 («oggetto e simbolo», 6). XXVII poesie, 1951-1954. Varese, 175x125 mm. 49 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a 2 colori con bandelle, al piatto anteriore autore, sottotitolo ed editore in nero, titolo in rosso, titoli ripetuti in nero al dorso, sui risvolti pubblicità editoriale in nero, pergamenino originale di protezione. Ottimo stato di conservazione. Dedica autografa dell'autore in inchiostro blu:' a Enrico Paulucci con devota amicizia Edoardo Sanguineti luglio 1956'. Prima edizione, piuttosto ricercata, di questa raccolta di componimenti in versi, la prima di Sanguineti apparsa a stampa come volume singolo. La copia è impreziosita dalla dedica, con firma, dell'autore genovese, che accompagnava il dono del volume al pittore Enrico Paulucci (1901-1999): l'artista era come Sanguineti originario del capoluogo ligure, ma entrambi si erano con le famiglie trasferiti a Torino ancora ragazzi. Nella città piemontese Sanguineti frequentò gli ambienti intellettuali e letterari entrando in contatto, tra gli altri, con il filologo e latinista Vincenzo Ciaffi; Paulucci vi conobbe invece personaggi come Felice Casorati (1883-1963) e Carlo Levi (19021975), insieme al quale formò, nel 1929, il Gruppo dei Sei di Torino. Laborintus era già apparso parzialmente sulla rivista «Numero» nel 1951, pubblicazione che costituisce l'esordio letterario di Sanguineti, precedente all'incontro con Luciano Anceschi (1911-1995) e l'entourage raccolto attorno al periodico «Il Verri». Gambetti Vezzosi 2007, 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Opus metricum 1951-1959. Milano, Rusconi e Paolazzi, 1960 («Quaderni del Verri - Collana di poesia»). 200x140 mm. 97 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura in cartoncino con bandelle, illustrata in copertina con una riproduzione facsimile di un autografo di Sanguineti, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in verde, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, sui risvolti biografia dell'autore e note critiche sul volume, sovraccoperta originale di protezione in acetato, fascetta editoriale con foto dell'autore, pubblicità e cartoline editoriali conservate tra le pagine. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, piuttosto ricercata, di questo volume di poesie di Sanguineti che raccoglie sia i componimenti già in Laborintus (1951, 1956), sia una sezione inedita dal titolo Erotopaegnia, formata da 17 elementi datati tra 1956 e 1959. Sulla fascetta editoriale l'opera del poeta genovese è definita come «l'esempio più rivoluzionario della poesia sperimentale», concetto che si chiarisce leggendo le note critiche impresse sui risvolti della brossura a firma di Alfredo Giuliani (19242007) e Giorgio Bàrberi Squarotti (1929). Qui l'impresa linguistica di Sanguineti viene contestualizzata all'interno del «terreno franoso di tutte le avanguardie, di tutti i decadentismi anarchici e borghesi di questo mezzo secolo» ed il suo pastichè verbale, il poliglottismo che attinge senza distinzione dalla «musicalità del latino medievale» come dai «grotteschi linguistici di Rabelais», emerge per ciò che è nella sostanza semantica, non un semplice divertissement, ma uno strumento capace di suggerire «la dismisura dell'anima materiata di parole [...] un'impressione di realtà maniaca e drogata [...] la sensazione di trovarci a contatto d'un formicolante liquor seminale». Gambetti Vezzosi 2007, 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Interpretazione di Malebolge. Firenze, Olschki, 1961 («Biblioteca di “Lettere Italiane”», I). 240x170 mm. XX pagine, 362 pagine, due pagine non numerate. Brossura in cartoncino color crema, al piatto anteriore autore, titolo, collana ed editore in nero, fregio editoriale in arancione, titoli ripetuti in nero al dorso. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, piuttosto rara e ricercata, di quella che fu la tesi di Laurea di Edoardo Sanguineti, discussa a Torino dove aveva frequentato la Facoltà di Lettere. La dedica a stampa sul volume è a Giovanni Getto (1913-2002), indicato come «mio Maestro»: il critico letterario e professore universitario insegnò Letteratura italiana nell'ateneo piemontese dal 1948 al 1988 e lì seguì il giovane Sanguineti negli studi e nella stesura della tesi dantesca nel 1956. L'autore si offrì appena dopo, nel 1957, quale assistente volontario alla cattedra dello stesso Getto, mentre già era entrato nella redazione del periodico «Il Verri» di Luciano Anceschi (1911-1995): lì conobbe Antonio Porta (1935-1989) e Elio Pagliarani (1927), con i quali darà vita al Gruppo 63. Gambetti Vezzosi 2007, 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Tra Liberty e Crepuscolarismo. Milano, Mursia, 1961 («Civiltà letteraria del Novecento - Saggi», 4). 204x125 mm. 223 pagine, una pagina non numerata. Brossura in cartoncino a tre colori con bandelle, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in nero e amaranto, collana in bianco, titoli ripetuti in nero e amaranto al dorso, sui risvolti nota sul volume, biografia dell'autore e pubblicità editoriale. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di saggi critici, apparsi nella collana dell'editore Mursia diretta da Giovanni Getto (1913-2002), docente universitario presso l'Università di Torino e già relatore della tesi di Laurea di Sanguineti nel 1956. I temi affrontati nelle pagine del volume, come già denuncia il titolo, riguardano quella linea crepuscolare che si dipana lungo il Novecento, nell'opera di autori come Eugenio Montale (1896-1981), Guido Gozzano (1883-1916) e Aldo Palazzeschi (1885-1974), ma si affiancano nella sezione Altri studi anche interventi del poeta genovese scritti negli anni 1954-1961, su figure chiave del panorama letterario ed intellettuale non solamente poetico: Ardengo Soffici (1879-1964), Giacomo Debenedetti (1901-1967), Alberto Moravia (1907-1990). Con la sua analisi Sanguineti offre una efficace ed esaustiva interpretazione delle origini della poesia italiana del XX secolo, radicate in quella reazione dei crepuscolari all'estetizzazione liberty incarnata dallo stile e dalle tematiche dell'opera d'annuziana: proprio nella formula «superare D'Annunzio», utilizzata da Montale, si ritrova il principio chiave del rinnovamento della poesia novecentesca. Gambetti Vezzosi 2007, 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Tre studi danteschi. Firenze, Le Monnier, 1961 («Saggi di letteratura italiana», XIII). 200x140 mm. 4 pagine non numerate comprendenti il frontespizio, 108 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura in cartoncino a due colori, al piatto anteriore autore, collana, fregio ed editore in nero, titolo in rosso, titoli ripetuti in nero e rosso al dorso, al piatto posteriore pubblicità editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Copia 1383. Prima edizione in volume collettaneo di questa serie di saggi critici su Dante Alighieri (1265-1321), con seguono Due schede critiche, sempre dantesche, datate rispettivamente 1956 e 1961. La critica dantesca fu tra gli interessi di Sanguineti fin dagli anni universitari, e con Giovanni Getto (19132002) discusse a Torino nel 1956 la tesi di Laurea, Interpretazione di Malebolge, pubblicata poi da Olschki nel 1961. Se i primi due Studi sono rivolti all'analisi specifica di parti e passi della Commedia (Inferno I-III e Purgatorio XXX), il terzo – Dante 'praesens historicum' – riguarda più nel complesso la struttura del narrato dantesco, nella distinzione dei tre momenti dello scrivere, del leggere e dello «assemplare», ed era già apparso sul periodico «Lettere Italiane» nel 1958 (X, 3, pp. 263-288). Gambetti Vezzosi 2007, 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Alberto Moravia. Milano, Mursia, 1962 («Civiltà letteraria del Novecento - Saggi», 4). 203x125 mm. 150 pagine, 2 pagine non numerate. Ritratto fotografico di Alberto Moravia in b/n in antiporta. Brossura in cartoncino a 3 colori con bandelle, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in amaranto, collana in bianco, titoli ripetuti in nero e amaranto al dorso, sui risvolti nota sul volume, biografia dell'autore e pubblicità editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa monografia critica di Edoardo Sanguineti, dedicata alla figura letteraria dello scrittore Alberto Pincherle (1907-1990), noto con il cognome della famiglia materna: Moravia. Nello stesso 1962 era già comparso sul periodico «Letteratura» uno scritto del poeta e critico di origine genovese, Interpretazione degli 'Indifferenti', qui ripreso ed ampliato in quello che diventa il primo capitolo. La disanima dell'opera e della poetica moraviana, del suo acre realismo che riflette la crisi della società borghese, prosegue poi seguendo la cronologia dei suoi romanzi, in specifico Agostino (1944) e La noia (1960), per concludersi con due sezioni rivolte ad un elenco degli Scritti di Alberto Moravia e della Bibliografia della critica. Gambetti Vezzosi 2007, 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). K. e altre cose. Milano, Scheiwiller, 1962 («il quadrato poesia novissima», 2). 158x155 mm. 57 pagine, 7 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco, al piatto anteriore in grigio «K.», al dorso autore e titolo in nero, fascetta editoriale bianca. Ottimo stato di conservazione. Alcuni richiami a pennarello nero a p. 29. Copia 486/600. Prima edizione, piuttosto ricercata, di questo volume che raccoglie il testo teatrale K. (1959), alcune poesie (Il palombaro e la sua amante, Ballata delle controverità, La dolce vita, Eidos notturno, Una polemica in prosa, Per un dibattito) e due saggi Situazione della poesia (1960) e Poesia informale (1961). Impresso in tiratura limitata e numerata di 600 esemplari, il volume ripropone il primo scritto di Sanguineti pensato per il teatro, già apparso sulla rivista periodica «Il Verri» nel 1960 (IV, 2, pp. 69-82); precedentemente edito su periodico anche Una polemica in prosa, precisamente in «Officina» nel novembre del 1957, che costituiva la risposta dell'autore ad un intervento di Pier Paolo Pasolini (1922-1975) in cui definiva la prima raccolta sanguinetiana, Laborintus (1954), «un tipo prodotto del neo-realismo post ermetico». Gambetti-Vezzosi 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Capriccio italiano. Milano, Feltrinelli, 1963 («Le Comete», 25). 197x120 mm. 212 pagine, 4 pagine non numerate. Legatura editoriale in cartone bianco con autore, titolo ed editore in arancione al piatto anteriore e al dorso, sovraccoperta con bandelle illustrata a colori da Enrico Baj, con titoli in bianco e in nero, sui risvolti trama del romanzo, giudizi critici e catalogo editoriale in nero, al piatto posteriore nota editoriale in nero. Buono stato di conservazione. Prima edizione assoluta, piuttosto ricercata, di questo primo romanzo sperimentale di Sanguineti, che conobbe una seconda impressione appena due mesi dopo la prima. Come indicato nella nota editoriale al piatto posteriore: «Non sarebbe difficile riassumere l’intera trama del romanzo secondo lo stile delle “chroniques maritales”: una convivenza coniugale, difficile com’è solitamente di questi tempi, colta per di più nel suo momento di crisi – l’imminenza della nascita di un figlio, il terzo, accettato più che voluto – e raccontata dal marito secondo un procedimento narrativo che partecipa direttamente dello stato confuso della situazione sentimentale narrata». Il volume è stato tradotto anche in francese (Paris, Du Seuil, 1964) e in tedesco (Frankfurt, Suhrkamp, 1964, 1968 e 1999). L’editore Feltrinelli ha ristampato l'opera nel 1987, nella collana «Impronte». Gambetti-Vezzosi 2007, 808. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Triperuno. Milano, Feltrinelli, 1964 («Poesia», 4). 214x140 mm. 88 pagine, 4 pagine non numerate. Legatura editoriale in tela grigia con autore e titolo in nero al dorso, sovraccoperta bianca con bandelle, autore, titolo ed editore in nero, sul risvolto posteriore catalogo editoriale, cartolina editoriale conservata all’interno. Buono stato di conservazione, priva della sovraccoperta protettiva in acetato. Prima edizione, comune ma abbastanza ricercata, di questo volume di componimenti in versi che include la prima raccolta di Sanguineti, Laborintus (1954), il gruppo di poesie a tema erotico riunite con la dicitura Erotopaegnia (1960) ed una serie di 17 inediti sotto il titolo Purgatorio de l’Inferno, scritti tra il 1960 e il 1963. I primi due insiemi di versi erano già apparsi insieme a stampa nel volume Opus metricum (1951-1959). Questa raccolta segna un primo significativo passaggio, una sorta di trasformazione nello stile e nel linguaggio dell'autore, dal puro intellettualismo caratteristico degli esordi ad una scrittura che si apre gradualmente alla concretezza della quotidianità e che approderà poi alla forma diaristica delle opere successive. Gambetti-Vezzosi 809. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Il trattamento del materiale verbale nei testi della nuova avanguardia. Firenze, Olschki, 1964 (estratto da «Lettere Italiane», XVI, 1964, pp. 445-72). 239x167 mm. 28 pagine numerate 445-472. Brossura editoriale con autore, titolo, fregio ed editore in nero al piatto anteriore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione in rivista, di cui l'opuscolo costituisce un estratto, di questo saggio critico nel quale Sanguineti discute il rapporto dell’avanguardia con il linguaggio. Ristampato nel volume Ideologia e linguaggio (Milano, Feltrinelli, 1965, pp. 65-104), lo scritto costituisce una lucida esposizione teorica della pratica linguistica caratteristica dei poeti membri del Gruppo 63, basata sullo sperimentalismo, sul pastichè verbale, sul poliglottismo. Una parte dell'intervento è specificatamente dedicata a L'esperienza dei «Novissimi», con riferimento all'antologia curata da Nanni Balestrini (1935) e Antonio Porta (1935-1989) nel 1964 che raccoglieva poesie ed interventi dei diversi autori aderenti al movimento. Gambetti-Vezzosi 809. Sanguineti, Edoardo [a cura di] (1930-2010). Sonetti della Scuola Siciliana. A cura di Edoardo Sanguineti. Torino, Einaudi, 1965 («Collezione di poesia», 24). 180x105 mm. 79 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco, al piatto anteriore un sonetto di Giacomo da Lentini, titolo, curatore, fregio ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso in nero, al piatto posteriore nota sul volume e catalogo editoriale sempre in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa antologia sonettistica dei primordi della letteratura italiana, che include vari autori a partire da Giacomo da Lentini (1210-1260 circa), considerato il caposcuola nonché inventore della forma metrica del sonetto. A Sanguineti si deve anche la Prefazione (pp. 5-10), in cui propone una rapida ma esaustiva analisi della struttura del sonetto e delle principali tematiche presenti nei componimenti della cosiddetta Scuola Siciliana. Nata e cresciuta presso la corte normanna di Federico II di Svevia (1194-1250), essa va riconosciuta non solo come movimento letterario né come vera istituzione accademica, ma nei termini di una corrente di pensiero capace di agire in modo innovativo sulla letteratura, sulle arti figurative, sulla speculazione filosofica e più ampiamente sull'intera cultura del tempo. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Ideologia e linguaggio. Milano, Feltrinelli, 1965 («Materiali», 4). 202x125 mm. 104 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino a due colori con frammento di testo in copertina e impaginazione di Umberto Brandi, al piatto anteriore autore in viola, titolo ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, al piatto posteriore nome della collana in viola e nota sulla stessa in nero. Buono stato di conservazione. Alcune segni di sottolineatura a lapis, alcuni righi marcati con evidenziatore arancione. Prima edizione di questo volume che raccoglie cinque saggi critici, scritti tra il 1962 e il 1964 e tutti già precedentemente apparsi singolarmente su varie pubblicazioni periodiche: Attraverso i Poemetti pascoliani (1962), Documenti per Montale (1962), Sopra l’avanguardia (1963), Come agisce Balestrini (1963), Il trattamento del materiale verbale nei testi della nuova avanguardia (1964). Partendo nel primo intervento dall'analisi dell'opera di Giovanni Pascoli () si arriva nell'ultimo testo alla poesia contemporanea e all'esperienza avanguardistica dei Novissimi, coprendo così La raccolta di scritti ha conosciuto, sempre presso Feltrinelli, altre quattro edizioni accresciute di nuovi materiali (1970, 1975, 1978 e 2001). Gambetti-Vezzosi, 809. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Il realismo di Dante. Firenze, Sansoni, 1966 («Nuova Biblioteca del Leonardo», XIII). 180x127 mm. 133 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura editoriale muta in cartoncino bianco con sovraccoperta in carta grigia con bandelle, al piatto anteriore titolo e marca editoriale in viola, autore ed editore in nero, al dorso titoli ripetuti negli stessi colori. Ottimo stato di conservazione, a fogli chiusi. Prima edizione di questo volume dantesco di Sanguineti, che raccoglie quattro saggi, Il realismo di Dante (1965); Dante, Inferno VIII (1964); Dante, Purgatorio XXIV (1963), Dante, Paradiso XIX (1964). Il lavoro esegetico e e critico sull'opera dell'Alighieri, occupò gli interessi di Sanguineti fin dagli anni universitari e proprio la sua tesi di laurea, discussa nel 1956, vertenza sull'Interpretazione di Malebolge. Tra 1964 e 1965 l'autore era stato chiamato in diverse occasioni per la Lectura dantis: l'8 marzo 1964, presso la Casa di Dante a Roma, aveva letto e spiegato il Canto XIX del Paradiso e da quell'occasione è nato l'ultimo dei saggi inclusi in questo volumetto. L'opera ha conosciuto una nuova ristampa, sempre presso l'editore Sansoni, nel 1980 (vedi scheda successiva). Gambetti-Vezzosi, 809. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Il realismo di Dante. Firenze, Sansoni, 1980 («Nuova Biblioteca»). 181x112 mm. 133 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino color senape illustrata in copertina da un particolare di affresco che ritrae Dante Alighieri, al piatto anteriore e la dorso autore in bianco, titolo ed editore in nero, al piatto posteriore nota sul volume in nero. Ottimo stato di conservazione. Seconda edizione del volume dantesco già pubblicato nel 1966, che raccoglie quattro saggi scritti tra il 1963 e il 1965, tra cui quello che dà il titolo alla raccolta: Il realismo di Dante (1965). Proprio in apertura di questo testo critico, Sanguineti scrive: «l'attualità di Dante può verificarsi, ai giorni nostri, in proporzione diretta al suo realismo. Il che porta a una duplice inchiesta [...] da un lato andiamo dunque a sperimentare, concretamente, il realismo di Dante [...] dall'altro lato, intanto, a sperimentare direttamente, la resistenza offerta dalla nozione di realismo, in un caso specifico, di qualità e autorità assolutamente esemplari, com'è quello dantesco». Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Guido Gozzano. Indagini e letture. Torino, Einaudi, 1973 («Saggi», 392). 215x157 mm. 184 pagine, 16 pagine non numerate. Brossura editoriale riquadrata a due colori, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo, editore e collana in nero. Schede editoriali originali all’interno. Ottimo stato di conservazione. Terza edizione di questo ampio lavoro di Sanguineti sullo scrittore e poeta torinese Guido Gozzano (1883-1913), che include tredici saggi condotti «sopra quella medesima linea da cui sono nati, diversi anni or sono, i miei studi sui rapporti tra Gozzano e D'Annunzio e tra Gozzano e Montale, raccolti nel 1961 in Tra liberty e crepuscolarismo». La prima edizione di questa che l'autore definisce non «un'ordinata e organica interpretazione dell'opera di Guido Gozzano [...] piuttosto una serie di sperimentazioni e di assaggi critici, di letture», risale al 1966, cui fece seguito una ristampa nel 1968. Ancora dopo questa terza edizione il volume ha conosciuto una ristampa, nel 1975. Del poeta piemontese, Sanguineti ha curato anche una fortunata edizione dei componimenti in versi (Torino, Einaudi, 1973). Gambetti-Vezzosi, 809.) Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Poeti e poetiche del primo Novecento. Corso di letteratura italiana moderna e contemporanea. Anno Accademico 1965-66. Torino, Giappichelli, 1966. 249x175 mm. 4 pagine non numerate, 334 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino verde, al piatto anteriore autore, titolo, fregio ed editore in marrone, titoli ripetuti al dorso in marrone. Discreto stato di conservazione. Nota di possesso alla prima pagina non numerata «Titti Muratore»; copia di studio fittamente sottolineata a penna con note di richiamo ai margini. Dispesa universitaria – del Corso di Letteratura italiana moderna e contemporanea - che comprende tre saggi, Letture gozzaniane (pp.1-233), La poesia di Carlo Vallini (pp. 235-72) e L’estetica della velocità (pp. 273-313), ai quali seguono alcune Note aggiunte (pp. 315-34). L’attenzione di Sanguineti verso il poeta torinese Guido Gozzano (1883-1913), si può far risalire ad almeno cinque anni prima, quando fu pubblicato il celebre studio Tra liberty e crepuscolarismo (Milano, Mursia, 1961). Il testo qui presentato, decurtato di due capitoli, altro non è che la prima versione della monografia sull'autore piemontese che uscirà nello stesso anno 1966 per i tipi di Einaudi. Il secondo saggio, sulla poesia del milanese Vallini (1885-1920), sarà pubblicato l’anno successivo prima nella rivista «Il Verri» (23, 1967), poi nel volume Un giorno ed altre poesie, raccolta dell'opera in versi di Vallini a cura dello stesso Sanguineti (Torino, Einaudi, 1967). Il terzo saggio, pubblicato poi nella rivista «Duemila» (VI, 1966), verrà nuovamente proposto in volume ne La missione del critico (Genova, Marietti, 1987). Gambetti-Vezzosi, 809 Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Il Giuoco dell’Oca. Romanzo. Milano, Feltrinelli, 1967 («I Narratori», 100). 195x120 mm. 238 pagine, 2 pagine non numerate. Legatura editoriale in cartonato rosa fucsia, risguardi illustrati in rosso con la riproduzione di un tabellone del Gioco dell’oca con il numero di caselle corrispondente a quello dei capitoli che compongono il romanzo; al piatto anteriore autore in arancione, titolo in rosa, editore in bianco, al dorso titoli ripetuti negli stessi colori, al piatto posteriore nota editoriale in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo romanzo sperimentale di Sanguineti, sul quale, nella nota editoriale, provocatoriamente, si legge: «Questo Giuoco è composto di 111 numeri, e può anche servire a giocare fino a 79. Ciò deve convenirsi prima di cominciare la lettura. Per giocare ci si serve di due dadi numerati dall’uno al 6, e si tira chi debba giocare per primo, e si conviene la posta al giuoco». La nota prosegue con le bizzarre indicazioni delle regole del gioco e con l'elenco parziale delle situazioni e dei personaggi – come l'attrice Paola Pitagora (1941) - di fronte a cui il giocatore si troverà nelle diverse caselle Fin dalla struttura questo secondo romanzo, dopo l'esordio narrativo con Capriccio (1963), è fedele all’idea di scrittura labirintica e ludica che caratterizza la poetica di Sanguineti e più in generale lo spirito sperimentale del Gruppo 63: l'opera ha conosciuto una ristampa nel 1991, sempre per i tipi di Feltrinelli, nella collana «Impronte». Gambetti-Vezzosi, 809. Sanguineti, Edoardo (1930-2010) – Veronesi, Luigi (1908-1998). 1 poesia inedita di Edoardo Sanguineti 3 xilografie originali di Luigi Veronesi. Torino, Galleria Martano, 1968. 196x135 mm. 24 pagine non numerate, 3 riproduzioni di silografie di Luigi Veronesi sciolte. Brossura editoriale in cartoncino, con autori ed editore in nero al piatto anteriore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, non comune e piuttosto ricercata, di questo libro d’arte realizzato dal poeta genovese in collaborazione con l'artista milanese Luigi Veronesi, pittore, scenografo, regista e fotografo. Impresso in tiratura limitata di 400 esemplari, il volume includeva, nelle prime 99 copie, 3 silografie originali firmate da Veronesi: nelle restanti vi sono altrettante tavole riprodotte. La poesia di Sanguineti io vedo (adesso), riprodotta su una tavola ripiegata in forma di fac-simile dell’autografo, vergato ad inchiostro verde e firmato dall'autore, risale al maggio dello stesso anno 1968: i versi sono stati poi ristampati in Stracciafoglio (Milano, Feltrinelli, 1980, p. 85) con la dedica a Veronesi. Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo [a cura di] (1930-2010) – Euripide (480-406 a. C.). Le baccanti. Tradotte da Edoardo Sanguineti. Prefazione di Umberto Albini. Milano, Feltrinelli, 1968 («Poesia», 14) 201x124 mm. 95 pagine, una pagina non numerata. Brossura muta in cartoncino bianco con sovraccoperta in carta rossa con bandelle, al piatto anteriore autore in azzurro, titolo in giallo, curatore in bianco, ed editore in verde, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, scheda editoriale volante all’interno. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa traduzione dal greco della tragedia di Euripide, cui fece seguito, nello stesso anno, una seconda edizione con un saggio introduttivo del drammaturgo e regista teatrale Luigi Squarzina (1927-2010) (Genova, Edizioni del Teatro Stabile). Inoltre l’opera ha conosciuto due nuove edizioni, entrambe arricchite da uno scritto del teorico e critico teatrale polacco Jan Kott (1914-2001) (Milano, ES, 1995, e Milano, SE, 2003). Le baccanti è una delle ultime tragedie di Euripide, scritta tra 407 e 406 a. C., pochi mesi prima della morte: in questa versione curata da Sanguineti, il testo fu messo in scena per la prima volta il 1° marzo 1968 a Genova, dalla Compagnia del Teatro Stabile con la regia dello stesso Luigi Squarzina. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Teatro. K - Passaggio - Traumdeutung - Protocolli. Milano, Feltrinelli, 1969 («Materiali», 22). 205x127 mm. 98 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino a due colori, al piatto anteriore porzione di un testo teatrale sanguinetiano, autore in viola, titolo in bianco, editore in verde, titoli ripetuti al dorso in verde, al piatto posteriore nota editoriale e collana in viola. Ottimo stato di conservazione. Al contropiatto posteriore timbro di possesso ad inchiostro blu. Prima edizione di questa raccolta che contiene quattro testi teatrali. Il primo, K. (1959), già pubblicato in K. e altre cose (Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1962), fu rappresentato per la prima volta nel 1963 all’interno dello spettacolo “Teatro Gruppo 63”, con la regia di Luigi Gozzi (1935-2008). Il secondo, Passaggio (1961-1962), rappresentato per la prima volta nel 1963 alla Piccola Scala di Milano con la regia di Virginio Puecher (1927-1990), fu stampato in volume nello stesso anno (Milano, Universal), mentre l’anno successivo comparve in un numero speciale della rivista «Sipario». Il terzo, Traumdeutung (1964), è apparso per la prima volta su «Il Menabò» del 1965. L’ultimo, Protocolli, è invece un inedito composto da Sanguineti tra l’aprile e il maggio del 1968. La dedica a stampa è allo scrittore, saggista e drammaturgo francese Jean Thibaudeau (1935), traduttore in Francia dell'opera di Sanguineti. Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo [a cura di] (1930-2010) - Ariosto, Ludovico (1474-1533). Orlando Furioso. Riduzione di Edoardo Sanguineti, regia di Luca Ronconi, a cura di Giuseppe Bartolucci. Roma, Bulzoni, 1970 («Teatro d’oggi», 4). 190x105 mm. 152 pagine, 4 pagine non numerate. 16 tavole fotografiche in bianco e nero non numerate di Mario Mulas tra le pagine 24 e 25. Brossura editoriale a due colori, al piatto anteriore autori e titolo in nero, titoli ripetuti al dorso in nero, al piatto posteriore editore e collana in nero. Cartolina editoriale coeva all’interno. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo testo parziale della riduzione teatrale di Sanguineti del celebre poema ariostesco, portato in scena con allestimento e per la regia di Luca Ronconi (1933). Nel volume sono inclusi inoltre un colloquio tra Sanguineti e Ronconi (pp. 13-23) e interventi critici di Corrado Augias (Il trionfo del meraviglioso, pp. 103-105), Giuseppe Bartolucci (Un esercizio di nuova scrittura, pp. 107-16), Ettore Capriolo (E adesso piazza chiama teatro, pp. 117-21), Cesare Milanese (Il «segno» dell'Ippogrifo, pp. 123-32), Italo Moscati (Un nuovo congegno scenico, pp. 133-37), Franco Quadri (Il pubblico chiamato al «gioco», pp. 139-43), Enzo Siciliano (Un tuffo nel sogno, pp. 145-48) e Giuliano Zingone (La polifonia ed il linguaggio, pp. 149-52). Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo (1930-2010) – Vinca Masini, Lara. Antonio Bueno. Testi di Lara V. Masini – Edoardo Sanguineti. Firenze, L’Indiano, 1970. 240x218 mm. 110 pagine, due pagine non numerate. 44 illustrazioni fuori testo di cui 31 in bianco e nero e 13 a colori. Brossura editoriale in cartoncino bianco con bandelle, illustrata in bianco e nero con un dettaglio da un’opera di Bueno, al piatto anteriore titolo ed editore in arancio, autori in nero, al dorso titolo ripetuti negli stessi colori, sulla bandella posteriore catalogo editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che raccoglie due interventi critici sul pittore di origine spagnola Antonio Bueno (1918), firmati rispettivamente dalla storica dell'arte Lara Vinca Masini (pp. 5-7) e dal poeta genovese Edoardo Sanguineti (pp. 9-11). Il rapporto di questi con Bueno, dettato da reciproca stima ed emicizia, risale già al 1953, quando lo scrittore ligure curò il catalogo di una mostra tenutasi in quell’anno alla galleria La Bussola di Torino. Il volume include, oltre ad un ricco apparato iconografico, una Nota bio/bibliografica sull'artista che fu tra i più vicini all'esperienza avanguardistica del Gruppo 63: partecipò ai convegni di Palermo e di Reggio Emilia e fu tra i fondatori del fiorentino Gruppo 70, che ricordava appunto nella denominazione e nello spirito innovativo e sperimentale, il collettivo di poeti e scrittori di cui lo stesso Sanguineti fu membro. VL € 22-19 Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Storie naturali. Milano, Feltrinelli, 1971 («I narratori di Feltrinelli», 189). 205x125 mm. 244 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino verde, al piatto anteriore autore in blu, titolo in arancione ed editore in bianco, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, al piatto posteriore nota sul volume in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questi quattro testi teatrali progettati per il musicista e compositore Luciano Berio (1925-2003) e il regista teatrale Luca Ronconi (1933). Così lo stesso Sanguineti li aveva definiti: «Quattro serie di materiali per un allestimento teatrale, ognuna di una durata concepita per uno spettacolo completo di serata, assolutamente complementari l’una all’altra, da rappresentarsi quindi simultaneamente». Il volume è stato ripubblicato nel 2005 con un’introduzione di Niva Lorenzini, storica e critica della letteratura, docente all'Università di Bologna, e arricchito di una conversazione di Sanguineti con Claudio Longhi (1966) (San Cesario di Lecce, Manni, 2005). Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Wirrwarr. Milano, Feltrinelli, 1972 («Poesia», 20). 200x172 mm. 69 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura editoriale muta, con sovraccoperta in carta gialla con bandelle, autore ed editore in grigio, titolo in nero, sulle bandelle nota editoriale e catalogo editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, piuttosto ricercata, di questa raccolta che comprende 58 poesie, scritte dal novembre 1966 all’ottobre 1971: «Un T.A.T. e alcuni Reisebilder producono un Wirrwarr, che in tedesco vale un guazzabuglio, un caos e, giova sottolineare, financo uno zibaldone» (dalla nota editoriale). Le sette poesie che formano la raccolta T.A.T., che sta per Testo di Appercezione Tematica, furono stampate per la prima volta nel 1968 (Verona, Renzo Sommaruga), in tiratura limitata su carta a tino Miliani di Fabriano, in sole 79 copie - più altre 26 impresse ad personam tutte firmate dal poeta ligure. Il secondo gruppo di versi è titolato Reisebilder, cioè immagini di viaggio, proprio perchè già nell'intenzione dell'autore essi «si configurano come una specie di diario di viaggio e, al contempo, in quanto registrano una serie di reazioni, come un protocollo, secondo l'accezione psicologica o psichiatrica del termine». Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Catamerone 1951-1971. Milano, Feltrinelli, 1974 («Poesia», 24). 170x200 mm. 156 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura editoriale muta con sovraccoperta in carta gialla con bandelle, autore ed editore in rosso, titolo in verde, sulle bandelle nota biografica e catalogo editoriale in rosso, al piatto posteriore nota editoriale sempre in rosso. Discreto stato di conservazione, distacco di alcuni fascicoli, alcune gore d’umidità. Nota di possesso ad inchiostro blu: «Luzzi Torino, 24-5-74». Prima edizione di questa antologia che include due precedenti raccolte poetiche di Sanguineti, apparse rispettivamente nel 1964 (Triperuno. Milano, Feltrinelli) e nel 1972 (Wirrwarr. Milano, Feltrinelli). Come si evince dall'arco cronologico indicato nel titolo, il volume offre un saggio dell'opera e della poetica sanguinetiana lungo un ventennio fondamentale per la ricerca letteraria d'avanguardia in Italia, per questa ragione la nota in quarta di copertina recita «Catamerone 19511971: vent'anni di poesia sperimentale. Tutte le opere poetiche, da Triperuno a Wirrwarr, di uno dei maggiori protagonisti dell'avanguardia europea». Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Giornalino 1973-1975. Torino, Einaudi, 1976 («Saggi», 559). 215x157 mm. IX pagine, una pagina non numerata, 237 pagine, 13 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino riquadrato con titoli in nero al piatto anteriore e al dorso, sovraccoperta con illustrazione a colori al piatto, autore, titolo ed editore in nero, nota editoriale e profilo biografico in nero sulle bandelle. Ottimo stato di conservazione. A p. I firma di possesso e anno (1991) a lapis. Prima edizione di questo volume che raccoglie 86 articoli apparsi su giornali e riviste periodiche dal 1973 al 1975, in particolare su «Paese Sera», dove la rubrica curata dall'autore genovese era appunto intitolata Giornalino. Gli editoriali qui riuniti provengono anche dalle pagine del «Giorno» di Milano o del settimanale «L'Espresso», e formano «una sorta di diario in pubblico che può valere anche come testimonianza oggettiva intorno a temi culturali e politici, di varia umanità e moralità, agitati negli ultimi anni». Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Postkarten. Poesie 1972-1977. Milano, Feltrinelli, 1978 («Poesia», 29). 200x170 mm. 78 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale bianca muta con sovraccoperta in carta gialla con bandelle, autore ed editore in verde, titolo in marrone, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, sulle bandelle nota biografica e catalogo editoriale in verde, al piatto posteriore nota editoriale sempre in verde. Ottimo stato di conservazione. Al frontespizio timbro di appartenenza ad inchiostro blu: «Università di Torino - Facoltà di Lettere - Istituto di Italianistica» e numero di inventario vergato ad inchiostro nero «12667». Prima edizione di questa raccolta che comprende 67 poesie scritte dal febbraio 1972 al settembre 1977: nel giugno dello stesso anno fu stampata una seconda edizione. La raccolta, che riprende in parte le linee portanti dei componimenti in versi inclusi in Wirrwarr (1972), ha conosciuto anche una traduzione in francese (Paris, Age d’Homme, 1990). All’interno del volume si conserva ritaglio dal quotidiano torinese «La Stampa» del 22 maggio 1977, nel quale, con il titolo Postkarten dall’Urss, sono stampate le poesie 51-59. Il volume rappresenta una tappa importante nel percorso letterario di Sanguineti, in cui spiccano elementi come «lo splendido smalto retorico degno dell'autore», insieme ad una «tematica di aspirazione al silenzio» e «una ripresa abbastanza marcatamente lirica della parola poetica». Gambetti-Vezzosi, 810. Sanguineti, Edoardo [a cura di] (1930-2010) – Eschilo (525-456 a. C.). Le Coefore. Traduzione di Edoardo Sanguineti. Milano, Il Saggiatore, 1978 («Biblioteca delle Silerchie», CIV). 184x120 mm. IX pagine, una pagina non numerata, 58 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino illustrata ai piatti a due colori, al piatto anteriore autore, titolo, traduttore ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa traduzione di Sanguineti della nota tragedia greca risalente al 458 a. C. ed elemento centrale della trilogia dell'Orestea (Agamennone, Le Coefore, Le Eumenidi): con queste opere teatrali Eschilo vinse quell'anno le Grandi Dionisie, nel corso delle celebrazioni liturgiche in onore di Dioniso che si svolgevano ad Atene nel periodo marzo-aprile. La traduzione del testo del drammaturgo di Eleusi venne realizzata dallo scrittore e poeta genovese in occasione del XXV ciclo di spettacoli classici dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa (1-25 giugno 1978). Il volume, che reca la dedica a stampa al pittore, filosofo e storico dell'arte torinese Albino Galvano (1907-1990), professore di storia e filosofia del giovane Sanguineti negli anni liceali, è arricchito da una Nota introduttiva firmata f.b. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Giornalino secondo 1976-1977. Torino, Einaudi, 1979 («Saggi», 612). 215x153 mm. XI pagine, una pagina bianca, 366 pagine, 14 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino riquadrata con titoli in nero al piatto anteriore e al dorso, sovraccoperta con bandelle illustrata a colori con un’opera di Federico Sanguineti, autore, titolo ed editore in nero, sulle bandelle nota editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione, salvo un lieve strappo alla sovraccoperta. Firma di possesso e anno (1991) a lapis a p. I. Prima edizione di questo volume che raccoglie articoli apparsi su giornali e riviste dal 1976 al 1977, in particolare su «L’Unità», testata per la quale Sanguineti curò a lungo la rubrica teatrale. Gli editoriali comparvero su «Paese sera», «Il giorno», «la Repubblica», «L'Approdo» e «Civiltà delle macchine» e per la vastità dei temi trattati costituiscono non solo un diario di lavoro, ma uno spaccato della storia politica e culturale italiana e mondiale di quel periodo: vi sono infatti registrati e commentati avvenimenti come la morte di Mao (9 settembre 1976), l'allestimento teatrale di Rosa Luxemburg di Faggi e Squarzina, la satira su Enrico Berlinguer negli anni della sua attività istituzionale. Gambetti-Vezzosi, 811. Getto, Giovanni (1913-2002) - Sanguineti, Edoardo (1930-2010) [a cura di]. Il sonetto. Cinquecento sonetti dal Duecento al Novecento. Milano, Mursia, 1980 («Antologie», 2). 210x133 mm. XXXIX pagine, una pagina non numerata, 643 pagine, 5 pagine non numerate. Legatura in cartone verde, con titoli in oro al piatto anteriore e al dorso, sovraccoperta in carta plastificata con bandelle, autori, titolo ed editore in nero e in verde, sui risvolti nota sul volume e pubblicità editoriali in nero. Ottimo stato di conservazione. Seconda edizione di questa antologia, pubblicata per la prima volta nel 1957 in una tiratura limitata di 1900 copie numerate. La lunga ed esaustiva Introduzione è firmata da Giovanni Getto, docente all'Università di Torino e relatore della tesi di laurea di Sanguineti nel 1956. Con questo illustre studioso della letteratura italiana, il poeta genovese collaborò in veste di assistente alla cattedra proprio allo scadere degli anni '50, negli stessi anni in cui entrava in contatto con Luciano Anceschi (1911-1995) e la rivista «Il Verri». Gli autori antologizzati vanno da Giacomo da Lentini (12101260 circa) a Umberto Saba (1883-1957 Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Stracciafoglio. Poesie 1977-1979. Milano, Feltrinelli, 1980 («Poesia», 33). 200x171 mm. 127 pagine, una pagina non numerata. Brossura editoriale muta, sovraccoperta in carta gialla con bandelle, al piatto anteriore autore ed editore in blu, titolo in verde, titoli ripetuti al dorso,sulle bandelle nota biografica dell’autore e catalogo editoriale in verde, al piatto posteriore nota editoriale firmata da Antonio Porta sempre in verde. Buono stato di conservazione. Alla prima pagina timbro in inchiostro blu «campione gratuito fuori commercio». Prima edizione di questa antologia che comprende poesie scritte sul finire degli anni Settanta, come indicato nel sottotitolo, anche se in realtà la seconda sezione del volume, Fuori catalogo, include anche componimenti in versi d’occasione, composti dal 1957 al 1979: questi soprattutto costituiscono un continuo riferimento alla realtà politica, sociale e letteraria del Paese, evidenti in titoli come La Dolce Vita (1960), Primo Maggio (1972), Vota comunista (1979) e Le ceneri di Pasolini (1979). Come suggerisce Porta nella nota in quarta di copertina: «Il titolo medesimo, Stracciafoglio, sembra voler indicare la volontà di “bucare” la pagina, di utilizzarla e gettarla, stracciata, appunto, distrutta da una più profonda necessità vitale». Gambetti-Vezzosi, 811. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Scartabello. Immagini di Valeriano Trubbiani. Macerata, Cristoforo Valeriano Libraio, 1980 («Avviso ai naviganti», 1). 240x181 mm. 64 pagine non numerate. 9 illustrazioni fuori testo di Valeriano Trubbiani. Brossura muta in cartoncino bianco, sovraccoperta in cartoncino a due colori con bandelle, al piatto anteriore riproduzione di un’incisione di Trebbiani, autore e titolo in verde, titoli ripetuti al dorso in verde e bianco Ottimo stato di conservazione, privo dell'incisione originale di Trubbiani. All’interno del volume foglio dattiloscritto sul quale sono trascritti due testi dalla raccolta. Copia 21/100. Prima edizione fuori commercio, non comune e abbastanza ricercata, di questo volume che comprende 47 poesie scritte nel 1980. La raccolta fu stampata in tiratura limitata di 100 copie, impresse con caratteri English Times su carta Arcoprint color avorio. L’esemplare è privo dell’incisione dello scultore maceratese Valeriano Trubbiani (1937) che originariamente era inserita nella tasca al contropiatto posteriore: tra le collaborazioni di Trubbiani anche quella con il cineasta Federico Fellini (1920-1993), per cui realizzò le scenografie di E la nave va (1983). Gambetti-Vezzosi, 811. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Segnalibro. Poesie 1951-1981. Milano, Feltrinelli, 1982 («Poesia», 37). 200x171 mm. 438 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale muta in cartoncino, sovraccoperta in carta gialla con bandelle, al piatto anteriore e al dorso autore ed editore in rosso, titolo in marrone, sulle bandelle nota biografica dell’autore e catalogo editoriale in marrone, al piatto posteriore nota editoriale, sempre in marrone, firmata A.P. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa antologia di raccolte di poesie variamente pubblicate nel corso degli anni Settanta e primi Ottanta, ossia Catamerone (1951-1971), Postkarten (1972-1977), Stracciafoglio (1977-1979), Scartabello (1980), Cataletto (1981), Fuori catalogo (1957-1981); l’ultima sezione comprende vari componimenti inediti. Nelle iniziali A.P. della nota posteriore è riconoscibile il poeta Antonio Porta (1935-1989), anche lui come Sanguineti membro del Gruppo 63, che con queste parole presenta il volume: «Segnalibro è un oggetto sottile che serve a tenere il segno. Un libro che raccoglie trent'anni di lavoro poetico è un segnatempo, un punto di riferimento indispensabile per rispondere a molte domande ormai indifferibili sugli anni appena passati». Gambetti-Vezzosi, 811. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Quintine. Opere di Salvatore Paladino. Roma, Rossi & Spera Editori, 1985 («Multiversità»). 223x155 mm. 36 pagine non numerate. 12 riproduzioni fuori testo di opere di Salvatore Paladino, di cui 6 a colori e 6 in bianco e nero. Legatura artistica su cartone bianco con copertina a cura grafica e ideazione di Giacomo Porzano, al piatto anteriore autore ed editore in nero, titolo in verde, al piatto posteriore serigrafia originale di Salvatore Paladino. Ottimo stato di conservazione. Prima e unica edizione di questo libro d’arte che contiene 12 poesie di Sanguineti. Il volume non è segnalato nel fondamentale repertorio delle prime edizioni italiane del Novecento di Gambetti e Vezzosi: si tratta in effetti di un raro fuori catalogo, noto a pochissimi bibliofili, come segnala A. Pietropaoli in Unità e trinità di Edoardo Sanguineti (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1991, pp. 8 e 113). Paladino, artista nato a Castellamare di Stabia nel 1935, è stato tra i protagonisti del Gruppo 58, punta di diamante dell'avanguardia napoletana; dopo questa esperienza di collaborazione con il poeta ligure Sanguineti, i due torneranno a lavorare insieme nel 2001 per il volume Memorybox, libro-oggetto con tavole, serigrafie originali e una scultura di Paladino accompagnate dai versi dell'autore genovese. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Faust. Un travestimento. Prefazione di Pieter de Meijer. Genova, Costa & Nolan, 1985 («L’Opera Drammatica», 12). 215x129 mm. 68 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino celeste, al piatto anteriore particolare a colori dell’Apocalisse di Enrico Baj, autore, titolo ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso, sulle bandelle nota editoriale, breve profilo biografico e fotografia dell’autore in bianco e nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo testo teatrale composto tra la primavera e l’estate del 1985 per la compagnia “Alfred Jarry” di Marialuisa e Mario Santella, nel quale Sanguineti si misura con una delle opere capitali della letteratura occidentale, intraprendendo di fatto una via autonoma, con il deliberato “tradimento” del testo di riferimento scritto da Goethe. Nella nota sul risguardo anteriore, il lavoro esegetico di Sanguineti è definito come uno scavo che porta a soluzioni interpretative non definitive e cristallizzabili, ma estremamente suscettibili di variazioni, ed il suo linguaggio è detto di «smagliante invenzione», riconducendo così questo testo pienamente all'interno della poetica sanguinetiana di sperimentazione e ricerca lessicale che distingue il suo percorso fin dagli esordi e dall'esperienza del Gruppo 63. Più recentemente il volume è stato riproposto nella collana «Piccola Biblioteca Letteraria» della Carocci (2003). Gambetti-Vezzosi, 811. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Scribilli. Milano, Feltrinelli, 1985 («Saggi»). 221x142 mm. 319 pagine, 1 pagina non numerata. Brossura editoriale a tre colori, al piatto anteriore elaborazione di un ritratto fotografico dell’autore eseguita da Mauro Raffini, autore in giallo, titolo ed editore in arancione, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, al piatto posteriore nota editoriale in giallo. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che accorpa 135 scritti apparsi su giornali e riviste tra il 1978 e il 1979. Sanguineti fu un assiduo collaboratore di testate come «Paese Sera», «Il Giorno» e «l'Unità», ma anche pubblicazioni periodiche come «Rinascita» e «L'Espresso», e molti suoi contributi sono qui raccolti e definiti in quarta di copertina come «variopinti epigrammi morali», contraddistinti da una prosa veloce e labirintica, ma nello stesso tempo fortemente comunicativa, e da un originale incontro tra l'ingenuità e l'ironia, «due condizioni ormai rare per sé, ma rarissime poi a trovarsi congiunte». Gambetti-Vezzosi, 811-12. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Novissimum testamentum. Introduzione di Filippo Bettini. Galatina, Manni, 1986 («La scrittura e la storia», 3). 216x150 mm. 61 pagine, 3 pagine non numerate. Riproduzione in bianco e nero dell’opera di Mario Persico Quo vadis tascabile (1985). Brossura editoriale riquadrata in cartoncino con bandelle, al piatto anteriore autore, titolo, editore, collana e fregio in marrone, titoli ripetuti al dorso in marrone, sui risvolti nota editoriale e profilo biografico dell’autore in marrone. Ottimo stato di conservazione, a fogli chiusi. Copia 241/999. Prima edizione di questa raccolta, impressa in tiratura limitata, che comprende una serie di componimenti poetici occasionali scritti tra il 1982 e il 1984. Nella nota sulla bandella anteriore l'opera è descritta come «una nuova e importante fase evolutiva della ricerca poetica, che muove ad una riappropriazione critica del reale attraverso l’adeguamento della scrittura alle occasioni empiriche della vita e alla dinamica processuale delle cose e degli eventi quotidiani». Il volume è arricchito di una riproduzione di un’opera di Mario Persico, artista patafisico napoletano, che collaborerà a più riprese con Sanguineti: nel 2004 ha illustrato il volume Omaggio a Shakespeare. Nove sonetti, con traduzioni del poeta genovese. Gambetti-Vezzosi, 812. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Bisbidis. Milano, Feltrinelli, 1987 («Impronte»). 195x125 mm. 101 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura editoriale illustrata a colori, al piatto anteriore riproduzione di un particolare delle Storie della vita di San Martino di Simone Martini, autore e titolo in giallo, collana ed editore in nero, titoli ripetuti in nero al dorso, a piatto posteriore nota editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che abbraccia quattro raccolte già edite, ma ampliate di altri testi: ossia Codicillo (1982-1984), Rebus (1984-1987), L’ultima passeggiata (1982) e Alfabeto apocalittico (1982). «Complice da sempre della ricerca musicale, come di quella scenica e pittorica, Sanguinetti [sic] propone, ancora una volta, in queste sue partiture per voce recitante, direzioni inesplorate di organizzazione del linguaggio e di interpretazione dell’esperienza»: così si legge nella nota editoriale in quarta di copertina, dove si spiega anche l'origine e il riferimento storico-letterario del curioso titolo «In una “frottola” di Immanuel Romano, poeta del nostro primo Trecento, “bisbis bisbidis” è voce onomatopeica, che designa un vivace bisbigliare di genti». Gambetti-Vezzosi, 812. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Ghirigori. Genova, Marietti, 1988 («Saggistica). 213x154 mm. 193 pagine, 5 pagine non numerate. Brossura editoriale riquadrata a due colori con bandelle, al piatto anteriore particolare a colori di una pittura simbolica Navajo, autore, titolo, fregio ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso in nero, sui risvolti citazione dal testo e nota biografica sull'autore in nero. Cartolina editoriale coeva all’interno. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di 94 articoli, tutti apparsi su quotidiani e riviste tra il 1979 e il 1980. Tra i giornali e le pubblicazioni periodiche per cui Sanguineti scrisse i suoi editoriali si annoverano «Paese Sera», «L'Europeo», «L'Unità» e «Il Secolo XIX», spaziando soprattutto nel campo della cultura (poesia, letteratura e teatro), ma in continuo dialogo con la realtà politica, sociale e di costume del tempo. La dedica a stampa del volume è a Silvano Mastragostino, luminare della medicina ortopedica e primario emerito all'Ospedale Gaslini di Genova, noto anche per le sue doti umane e la sensibilità dimostrata con l'impegno in progetti sanitari a favore del bambini disabili di alcune missioni in Kenya. Gambetti-Vezzosi, 812. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Commedia dell’Inferno. Un travestimento dantesco. Introduzione di Federico Tiezzi. Genova, Costa & Nolan, 1989 («L’Opera Drammatica», 26). 215x129 mm. 88 pagine, 8 pagine non numerate. 5 fotografie di scena in bianco e nero eseguite da Marcello Norberth. Brossura editoriale in cartoncino celeste, illustrata in copertina da alcuni particolari a colori dell’affresco Morte e Risurrezione di Gesù di Andrea da Bonaiuto, titolo, autore ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso in nero, sui risvolti nota editoriale, breve profilo biografico e fotografia dell’autore in bianco e nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo testo teatrale sanguinetiano, andato per la prima volta in scena al Teatro Fabbricone di Prato il 27 giugno 1989. L’Inferno di Dante Alighieri (1265-1321), autore tra più amati da Sanguineti, costituisce il punto di partenza per una sfida che consiste nel trasformare il testo letterario in voce e gesto. Il volume è arricchito dell'Introduzione (teatrale) a commedia (cinematografica) firmata da Federico Tiezzi (1951), regista dello spettacolo. Recentemente l’editore Carocci ha riproposto Commedia dell’Inferno nella collana della «Piccola Biblioteca Letteraria» (2005). Gambetti-Vezzosi, 812. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Dante reazionario. Roma, Editori Riuniti, 1992 («Gli Studi Letteratura»). 213x149 mm. X pagine, 289 pagine, 5 pagine non numerate. Brussura editoriale in cartoncino a due colori con bandelle, al piatto anteriore ritratto a colori di Dante Alighieri entro riquadro, autore, titolo ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso in bianco, nota editoriale e breve profilo biografico dell'autore impressi in bianco sulle bandelle. Ottimo stato di conservazione Prima edizione di questo volume che comprende 16 scritti danteschi, tre dei quali inediti: Purgatorio IV-VI (1985), Purgatorio XV (1985) e Gli angeli della «Commedia» (1989). Nel corso della sua lunga carriera Sanguineti si è a lungo e con costante continuità occupato della poesia dantesca, a partire da Interpretazione di Malebolge (Firenze, Olschki, 1961) – versione in volume della sua tesi di laurea discussa nel 1956 - per proseguire con Il realismo di Dante (Firenze, Sansoni, 1966 e 1980). Nell'Avvertenza si trovano tutti i riferimenti bibliografici alle precedenti edizioni dei saggi critici raccolti nel volume. Gambetti-Vezzosi, 812 Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Senzatitolo. Milano, Feltrinelli, 1992 («Impronte»). 194x125 mm. 174 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino a due colori, al piatto anteriore autore, titolo, collana, editore e fregio in bianco su fondo rosso, titoli ripetuti al dorso in nero, al piatto posteriore nota sul volume e breve biografia dell'autore in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa antologia che comprende le raccolte poetiche Glosse (1986-1991), Novissimum testamentum (1982), Ecfrasi (1982-1990), Mauritshuis (1986), Ballate (1982-1989), Fanerografie (1982-1991), e le stanze Omaggio a Catullo (1986). In quarta di copertina il percorso poetico di Sanguineti negli anni Ottanta viene efficacemente presentato in sintesi con queste parole: «Tutte le poesie dell'ultimo decennio del poeta italiano più coerente nella ricerca e nella sperimentazione di nuove forme e nuovi suoni». Gambetti-Vezzosi, 812. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Gazzettini. Roma, Editori Riuniti, 1993 («I Libelli»). 209x150 mm. XI pagine, una pagina non numerata, 323 pagine,una pagina non numerata. Brossura editoriale in cartoncino illustrata a colori in copertina da una fotografia dell’autore – eseguita da Piero Terio – in una scena del film Niente stasera di Ennio De Dominicis (1993), al piatto anteriore autore in nero, titolo in rosso, editore in bianco, titoli ripetuti al dorso in bianco, al piatto posteriore citazione dal volume in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume, comprensivo di 146 articoli apparsi su quotidiani e riviste tra il 1981 e il 1982: l’idea di raggruppare scritti giornalistici variamente databili e distribuiti su differenti testate e pubblicazioni periodiche appartiene ad una prassi tipicamente sanguinetiana, a partire da Giornalino 1973-1975 (Torino, Einaudi, 1976), cui seguirono Giornalino secondo 1976-1977 (Torino, Einaudi, 1979), Scribilli (Milano, Feltrinelli, 1985) e La missione del critico (Genova, Marietti, 1987). Temi ed argomenti affrontati negli elveziri di Sanguineti riguardano principalmente l'universo culturale e storico-letterario, ma con un occhio di riguardo ed una spiccata sensibilità per la realtà politica e sociale. La foto che illustra la copertina ricorda un'altra importante attività del poeta genovese, parallela a quella di critico e giornalista, legata al mondo del cinema: nel 1972 aveva scritto alcune sceneggiature per Ansano Giannarelli, nel 2001 collaborò con l'artista Ugo Nespolo (1941) che lo filmò mentre leggeva le sue poesie. Gambetti-Vezzosi, 812-13. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Per musica. A cura di Luigi Pestalozza. Milano-Modena, Ricordi-Mucchi, 1993 («Le Sfere», 20). 210x139 mm. 242 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino illustrata in bianco e nero, al piatto anteriore titolo, autore, collana ed editore in bianco, titoli ripetuti al dorso in bianco e nero, al piatto posteriore nota editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che «raccoglie i testi drammatici e poetici che Sanguineti ha scritto per la musica di diversi musicisti, dai primi anni Sessanta, dall’esordio come “librettista” con Passaggio per Luciano Berio, a oggi» (dalla nota editoriale in quarta di copertina). Il volume, che ospita 10 testi, contiene anche due conversazioni di Sanguineti, rispettivamente con Luigi Pestalozza (pp. 9- 24) e con Franco Vazzoler (pp. 187-211). Nell’Appendice (pp. 213-42) si leggono i commenti di alcuni musicisti che hanno composto musiche per testi di Sanguineti, originariamente non pensati per una tale destinazione: oltre al compositore Luciano Berio (1925-2003), vero pioniere delle sonorità elettroniche in Italia, anche Mauro Bortolotti (1926-2007), Lucio Gregoretti (1961) e Luca Lombardi (1945). Gambetti-Vezzosi, 812-13. Sanguineti, Edoardo (1930-2010) - Burgos, Jean. Per una critica dell’avanguardia poetica in Italia e in Francia. Con due testimonianze di Pierre Dhainaut e Jacqueline Risset. Lezione Sapegno 1995. Torino, Bollati Boringhieri, 1995 («Pubblicazioni del Centro Studi storico - letterari “Natalino Sapegno”»). 177x111 mm. 80 pagine, 8 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino riquadrata a due colori, autori, titolo, editore e fregio in bianco, titoli ripetuti al dorso in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che contiene, accanto allo scritto di Sanguineti Per una critica dell’avanguardia poetica in Italia (pp. 7-28), il contributo di Jean Burgos Avanguardie e ‘arrièrepensées’. Riflessioni sulla poesia francese del nostro secolo (pp. 29-62) e le Testimonianze di Pierre Dhainaut (Voce per l’ascolto, pp. 65-74) e Jacqueline Risset (‘Hai un bel sognare, hai gli occhi aperti’, pp. 75-80). Gli interventi degli autori francesi, tutti scrittori, critici ed esperti conoscitori del panorama letterario d'oltralpe, sono presentati nella traduzione italiana di Pierangela Adinolfi. Gambetti-Vezzosi, 813. Baj, Enrico (1924-2003) - Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Malebolge 1994/1995 o del malgoverno da Berluskaiser a Berluscaos. Castel Maggiore, Book Editore, 1995 («Logosinopie», 26). 180x140 mm. 65 pagine, 7 pagine non numerate. 14 disegni in bianco e nero di Enrico Baj, una tavola a colori di Baj e un facsimile in bianco e nero. Brossura editoriale in cartoncino nero illustrata a colori ai piatti da due disegni di Enrico Baj, autori ed editore in bianco, titolo in bianco e rosso, titoli ripetuti al dorso in bianco, al piatto posteriore nota editoriale in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volumetto che costituisce la raccolta del materiale per la mostra, detta anche Berluskaiser o del malgoverno, svoltasi a Palazzo Patrizi a Siena nel dicembre 1994. La nota introduttiva (Evento parallelo) è firmata dal critico d'arte e giornalista Luciano Caprile (1941). Il significato del progetto è chiarito nella nota editoriale al piatto posteriore: «I disegni allegorici di Bah e i versi lapidari di Sanguineti per un fermo connubio tra impegno politico e proposta artistica; il desiderio di affermare un netto dissenso ad una certa forma di politica e malgoverno si concretizza in una grande opera interamente dedicata ad un “Berluskaiser” da malebolge, che fin dalla sua prima esposizione ha suscitato favori e interessi in Italia e all'estero ma anche notevoli ostacoli e censure». Gambetti-Vezzosi, 813. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Corollario. Milano, Feltrinelli, 1997. 221x143 mm. 87 pagine, 9 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino rosso, al piatto anteriore autore in grigio, titolo in giallo, editore e fregio in nero, titoli ripetuti al dorso in nero, al piatto posteriore breve nota biografica dell'autore in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di versi, che comprende 71 poesie scritte tra il 1992 e il 1996. L’anno precedente, presso l'editore Manni di Lecce, era stata pubblicata un’omonima raccolta che accoglieva 5 poesie con facsimili degli autografi sanguinetiani, realizzata in occasione dell'incontro del poeta genovese nell'ambito della manifestazione L'olio della poesia, promossa dalla Provincia di Lecce e dal Comune di Carpignano il 25 luglio 1996. I componimenti sono raggruppati in due sezioni, Corollario (pp. 7-65) e Stravaganze (pp. 67-87). Gambetti-Vezzosi, 813. Sanguineti, Edoardo (1930-2010) - Liberovici, Andrea (1962). Il mio amore è come una febbre e mi rovescio - Il mio amore è come una febbre e m.a.n.i.f.e.s.t.o. Milano, Bompiani, 1998 («asSaggi Bompiani»). 170x125 mm. 135 pagine, 9 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino nero, ai piatti autori, titolo, collana, fregio ed editore in bianco e verde, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, al contropiatto anteriore nota editoriale e note biografiche in nero, al contropiatto posteriore fotografia di scena in bianco e nero di Alessandra Vinotto Sukkar, che ritrae Andrea Liberovici e Ottavia Fusco in “Sonetto”. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volume che comprende due testi teatrali sanguinetiani musicati da Andrea Liberovici (“Rap” e “Sonetto”, pp. 5-75), un testo e note di regia di Liberovici (pp. 77-101) e un’intervista di Liberovici al poeta ligure (pp. 103-122). «“Rap” e “Sonetto” trascinano il lettore in un’esperienza di immersione estremamente coinvolgente, in quel continuo gioco di specchi lirici e di successivi rimandi, capace di affascinare e intrigare, che è la poesia di Sanguineti» (citazione dalla nota editoriale al contropiatto anteriore). Le due pièces sono state rappresentate per la prima volta rispettivamente il 1° aprile 1996 al Teatro della Tosse di Genova e l’11 febbraio 1997 all’Auditorium di Genova, entrambe con interpretazione dell'attrice Ottavia Fusco. Gambetti-Vezzosi, 813-14. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Cose. Introduzione di Fausto Curi. Postfazione di Ciro Vitiello. Napoli, Pironti, 1999 («Biblioteca della poesia italiana contemporanea»). 185x116 mm. 70 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino bianco, al piatto anteriore e al dorso autore, titolo, collana ed editore in nero, al piatto posteriore nota sulla collana e catalogo editoriale in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di 38 poesie scritte tra il 1996 e il 1998. Oltre all'Introduzione di Fausto Curi e alla Postfazione di Ciro Vitiello, il volumetto contiene il saggio sanguinetiano I santi anarchici (pp. 13-16), nel quale il poeta fornisce un’analisi della propria scrittura: «E il problema di un poeta, oggi, rimane sempre per me, come per i suoi lettori del resto, quello di trasformare l’impulso alla rivolta in una proposta di rivoluzione, e fare della propria miscredenza un progetto praticabile» (p. 15). Gambetti-Vezzosi, 814. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Il chierico organico. Scritture intellettuali. A cura di Erminio Risso. Milano, Feltrinelli, 2000 («Campi del sapere - Sapere»). 220x142 mm. 317 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino a tre colori, illustrata in copertina da ritratto fotografico dell’autore di G. Giovannetti in b/n, al piatto anteriore autore in giallo, titolo, collana ed editore in bianco, titoli ripetuti in bianco al dorso, al piatto posteriore nota sul testo e breve biografia dell'autore in bianco. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta di scritti che comprende prefazioni, introduzioni, saggi già comparsi in volumi miscellanei o articoli su rivista, a partire dal 1965 fino al 1999. Accanto a testi critici ed elzeviri già precedentemente editi in volume o su periodico, si trovano due contributi inediti: Nelle nozze della sorella Paolina e Il Gattopardo: testimonianza di un vecchio lettore. La nota in quarta di copertina così presenta la suggestiva raccolta: «Cinquant'anni di attività letteraria, un vero viaggio interpretativo che svela – da Boccaccio a Calvino, da Ariosto a Pascoli – la natura sociale dell'atto artistico e, insieme, il Sanguineti più saltimbanco e più giocoso, l'artificiere del linguaggio, il sabotatore della letteratura» Gambetti-Vezzosi, 814. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Sei personaggi.com. Un travestimento pirandelliano. Genova, Il melangolo, 2001 («Collana del Teatro di Genova», 99). 209x120 mm. 91 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino a tre colori, al piatto anteriore autore, sottotitolo ed editore in nero, titolo in bordeaux, titoli ripetuti al dorso negli stessi colori, al piatto posteriore sintetica nota sul testo in bordeuax. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa riscrittura sanguinetiana del celebre testo di Pirandello, il cui debutto è avvenuto al Piccolo Teatro della Corte di Genova il 20 giugno 2001: «Cancellando ogni riferimento al tema del teatro nel teatro, il testo di Sanguineti si offre all’interpretazione del “teatro del suono”, caro ad Andrea Liberovici, ponendo al centro dell’azione scenica l’Autore visitato, come nei tre racconti di Pirandello da cui la commedia prese forma, dalle voci dei suoi personaggi che egli evoca poi come presenze fisiche» (citazione dalla quarta di copertina). Andrea Liberovici (1962), musicista, regista e cantautore, è stato proprio insieme a Sanugineti e all'attrice Ottavia Fusco, fondatore nel 1996 di una compagnia di teatro musicale che ha portato in scena questo ed altri spettacoli. Gambetti-Vezzosi, 814. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Verdi in technicolor. Genova, il melangolo, 2001 («Nugae», 104). 160x106 mm. 70 pagine, 2 pagine non numerate. Brossura editoriale a tre colori con bandelle, copertina illustrata scena del Trovatore da una figurina Liebig, autore, titolo ed editore in nero al piatto anteriore e al dorso, al piatto posteriore nota sul testo, sui risvolti nota biografica sull'autore e catalogo editoriale. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo volumetto che raccoglie tre interventi di Sanguineti su Giuseppe Verdi (1813-1901): il primo (Il realismo di Verdi) costituisce il testo della relazione inaugurale del congresso “Verdi 2001”; il secondo (In margine a un paradosso) è un intervento già pubblicato nel volume collettaneo Giuseppe Verdi, genovese (Genova 2001); il terzo (Verdi in technicolor, che dà il titolo al volume) ripropone un articolo apparso sul supplemento de «La Repubblica» dedicato al musicista e compositore di Busseto nel gennaio 2001. In quarta di copertina si legge: «Edoardo Sanguineti chiama in causa tanto le sofisticate opinioni di poeti e letterati quanto l’amore viscerale dell’Italia melomane contadina e operaia, per inscrivere Giuseppe Verdi nella grande tradizione del realismo occidentale». Gambetti-Vezzosi, 814. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Il Gatto Lupesco. Poesie (1982-2001). Milano, Feltrinelli, 2002 («Le Comete»). 222x142 mm. 467 pagine, 13 pagine non numerate. Brossura editoriale muta in cartoncino bianco, sovraccoperta in carta color acquamarina con bandelle, ai piatti ritratto fotografico dell’autore in bianco e nero, al piatto anteriore autore, titolo ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso in nero e bianco, al piatto posteriore citazione dal testo in bianco, sui risvolti nota biografica e presentazione del volume in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa raccolta poeta che ne include, a sua volta, altre già precedentemente edite in volume singolo. Si tratta di Bisbidis (Milano, Feltrinelli, 1987), Senzatitolo (Milano, Feltrinelli, 1987), Corollario (Milano, Feltrinelli, 1997) e Cose (2001), quest’ultima già ampliata di 27 componimenti rispetto alla prima edizione del 1999 presso l'editore Pironti di Napoli. Come altri volumi sanguinetiani, anche questo costituisce uno sguardo d'insieme sulla sua precedente attività poetica, in specifico condensata nell'ultimo trentennio del Novecento, una produzione in versi dove «l'esperienza di vita, personale e individuale, si intreccia con l'interpretazione del mondo». Gambetti-Vezzosi, 814. Sanguineti, Edoardo (1930-2010) - Budetta, Cosimo (1939-). Coseosé. Agromonte (Pz), Ogopogo, 2003 («Tandem», 6). 211x167 mm. 4 quartini su cartoncino giallo, sulla prima facciata di ciascun quartino una poesia di Edoardo Sanguineti. 4 incisione a secco di Cosimo Budetta su cartoncino bianco e un ex libris eroticis. Carpetta gialla, con titoli impressi in nero, a sua volta conservata in una cartella in cartoncino bianco con un’incisione a secco di Budetta e con targhetta verde con autori, titolo ed editore in nero. Ottimo stato di conservazione. Edizione fuori commercio in 80 esemplari firmati e numerati: esemplare 58. Prima edizione di questo pregiato libro d’arte, impresso in tiratura limitata e numerata in collaborazione con l'artista salernitano Cosimo Budetta (1939). Le 4 poesie di Sanguineti sono tratte dalla raccolta Cose (Napoli, Pironti, 1999), mentre originali sono le opere di Budetta, incluso l'Ex libris eroticis. La variazione sul titolo rispetto alla raccolta sanguinetiana da cui i versi sono ripresi, si deve al carattere erotico e licenzioso degli stessi, dove compare ad esempio una figura femminile dalla forme morbide, che ricordano le antiche statutette della fertilità («quella mia radiofonica Adriana:/ha fianchi larghi alla Botero/è vero: ma appunto, è un'infinita, inesauribile precolombiana, che ci puoi sprofondarci/bene, se ti va bene, fino al collo, oltre il collo»). Gambetti-Vezzosi, 815. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Omaggio a Shakespeare. Nove sonetti illustrati da Mario Persico. Con un saggio di Niva Lorenzini. San Cesario di Lecce, Manni, 2004 («Pretesti», 200). 208x210 mm. 70 pagine, 2 pagine non numerate. 8 tavole fuori testo a colori di Mario Persico. Brossura editoriale in cartoncino nero, illustrata a colori in copertina da un disegno di Persico, titolo, autore, illustratore ed editore in bianco, titoli ripetuti al dorso in bianco, al piatto posteriore tre ritratti in seppie di Shakespeare, Sanguineti e Persico. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questo testo che raccoglie la traduzione sanguinetiana di 9 sonetti del poeta e drammaturgo William Shakespeare (1564-1616), riportati nel volume anche in lingua originale. Questa nuova versione dell'opera in versi dell'autore inglese venne originariamente realizzata per uno spettacolo teatrale tenutosi al Teatro della Tosse di Genova nel 1996, con la regia di Tonino Conte e relative illustrazioni di Mario Persico (1930): l'artista aveva già l'anno precedente realizzato l'apparato illustrativo per l'Omaggio che il poeta genovese aveva rivolto ad un altro grande letterato straniero, Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832). Gambetti-Vezzosi, 815. Sanguineti, Edoardo (1930-2010). Mikrokosmos. Poesie 1951-2004. A cura di Erminio Risso. Milano, Feltrinelli, 2004 («Universale Economica»). 221x143 mm. 336 pagine, 8 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino a 2 colori con ritratto fotografico dell’autore realizzato da Mauro Raffini, al piatto anteriore autore in verde, titolo e collana in bianco, editore in nero, titoli ripetuti al dorso in nero, al piatto posteriore nota biografica in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa antologia di poesie, provenienti da due importanti raccolte dell'autore ligure, Segnalibro. Poesie 1951-1981 (Milano, Feltrinelli, 1982) e Il Gatto Lupesco. Poesie 19822001 (Milano, Feltrinelli, 2002), con l'aggiunta nella sezione Varie ed eventuali di nove poesie inedite scritte tra il 2001 e il 2004. Il volume costituisce così un esaustivo sunto della produzione poetica di Sanguineti dagli esordi all'alba del XXI secolo, oltre mezzo secolo di poesia tra le più originali ed innovative del panorama italiano a partire dall'esperienza del Gruppo 63. Gambetti-Vezzosi, 815. Spatola, Adriano (1941-1988). L’oblò. Milano, Feltrinelli, 1964 («Le Comete», 36). 205x127 mm. 144 pagine, 4 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino con copertina a due colori illustrata da un’opera di Peter Saul (1963), al piatto anteriore autore in rosso, titolo e collana in nero, editore in bianco, titoli ripetuti al dorso in nero, nota editoriale al piatto posteriore in nero. Cartolina editoriale coeva all’interno. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, ricercata, di questo primo nonché unico romanzo di Spatola, in cui la vocazione sperimentale della scrittura si intreccia con le esperienze delle arti visive, come la pittura d’assemblage e la pop-art: «I passaggi continui da una tecnica all’altra e l’uso contemporaneo, in una stessa pagina, di varie tecniche opposte stanno alla base del sentimento di dispersione che pervade tutto il romanzo»: la citazione tratta dalla nota editoriale anonima in quarta di copertina riflette appieno la poetica sperimentale di questo autore che fu tra membri del Gruppo 63, dopo essere stato collaboratore di Luciano Anceschi (1911-1995) alla rivista «Il Verri». Dalla redazione di questa pubblicazione periodica uscirono tutti i grandi innovatori della letteratura d'avanguardia, primo fra tutti Edoardo Sanguineti (1930-2010) Gambetti-Vezzosi, 889. Spatola, Adriano (1941-1988). L’ebreo negro. Milano, Scheiwiller, 1966 («Poesia novissima», 8). 155x156 mm. 85 pagine, 3 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino grigio antracite con autore, titolo ed editore in grigio più chiaro, titoli ripetuti al dorso nello stesso colore Ottimo stato di conservazione. Copia 422/600. Prima edizione, non comune e piuttosto ricercata, di questa raccolta di poesie, sicuramente tra le più celebri di Spatola negli anni in cui militava, insieme a Nanni Balestrini (1935), Edoardo Sanguineti (1930-2010) e Antonio Porta (1935-1989) nel Gruppo 63. A questo entourage culturale ed artistico riconduce immediatamente la dedica a stampa a p. 9, «A Luciano Anceschi»: si tratta del critico letterario e docente universitario che raccolse nella redazione de «Il Verri», da lui fondata, tutte le migliori penne nella nuova generazione di autori che saranno l'anima dell'avanguardia poetica negli anni '60. Nella raccolta è evidente il tratto distintivo della poesia sperimentale di quegli anni, cioè il suo carattere 'visivo' affidato ad un uso 'grafico' delle parole, dove la ricerca e l'innovazione linguistica vanno di pari passo con una costruzione dei versi che è anche concretamente 'materiale'. Gambetti-Vezzosi, 889. Spatola, Adriano (1941-1988). Majakovskiiiiiiij. Translated by Paul Vangelisti. Los Angeles & Fairfax, The Red Hill Press, 1975. 139x165 mm. 72 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino rosso, titolo in nero al piatto anteriore. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione di questa traduzione, con testo italiano a fronte, della raccolta poetica pubblicata originariamente a Torino da Geiger (1971): la casa editrice fu fondata dallo stesso Spatola, a seguito di un esperimento poetico eponimo in cui l'autore chiese a diversi poeti di inviare 300 copie manoscritte e firmate del proprio intervento, così da poter realizzare altrettanti esemplari in cui ogni pagina fosse un pezzo unico. Questa traduzione inglese, condotta da Paul Vangelisti, comprende La composizione del testo, Majakovskiiiiiiij, La prossima malattia e Il poema Stalin. Alle pp. 66-69 si legge, sempre tradotto in inglese, un intervento critico di Spatola, A Vaguely Ontological Aspiration, edito in «Tam Tam», 2, 1972. A p. 71 è stesa una succinta nota biografica. Spatola, Adriano (1941-1988). Diversi accorgimenti. Nota critica di Luciano Anceschi. Torino, Edizioni Geiger, 1975 («Geiger p/25»). 161x114 mm. 77 pagine, 3 pagine non numerate. Disegno a penna b/n con ritratto dell’autore eseguito da Giuliano Della Casa. Brossura. editoriale in cartoncino bianco, autore, titolo, collana ed editore in nero, al piatto posteriore un breve nota editoriale di Luciano Anceschi in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, rara e ricercata, di questa raccolta che comprende 49 poesie. Alle pagine 75-77 si legge una nota editoriale di Luciano Anceschi (1911-1995), il critico letterario, saggista e docente universitario attorno a cui si strinsero, tra la fine degli anni '50 e i primi '60, i poeti e i letterati d'avanguardia che diedero vita al Gruppo 63: sulla sua rivista «Il Verri», fondata nel 1956, si esercitarono le prime abilità critiche di autori come Edoardo Sanguineti (1930-2010) e dello stesso Spatola. Anceschi descrive l'attività poetica di Spatola come «la forza di ricominciare nel deserto, di ritrovare gli elementi costitutivi o semplici di un discorso attivo». Gambetti-Vezzosi, 890. Spatola, Adriano (1941-1988). La composizione del testo. Roma, Cooperativa Scrittori, 1978 («Poesia e Prosa», 15). 185x125 mm. 90 pagine, 6 pagine non numerate. Brossura editoriale in cartoncino a due colori, con copertina illustrata da un disegno di Giuliano Della Casa, al piatto anteriore autore, titolo e fregio in bianco, collana ed editore in nero, titoli ripetuti al dorso in nero, al piatto posteriore nota editoriale di Luciano Anceschi in nero. Ottimo stato di conservazione. Prima edizione, ricercata, di questa raccolta poetica che comprende 145 testi scritti tra il 1961 e il 1977, già apparsi su riviste come «Il Verri», «Malebolge», «Nuova Corrente» e «Tam tam», o in «volumetti ormai introvabili», come recita la Nota a p. 87. Il contributo critico in quarta di copertina è del critico Luciano Anceschi (1911-1995), molto vicino agli ambienti letterari sperimentali e d'avanguardia, che guarda all'attività poetica di Spatola in rapporto alla sua partecipazione proprio alle esperienze dei novissimi e del Gruppo 63: si parla di una «solitudine attiva», in cui «Tutte le esperienze fatte, dalle prime e giovani post ermetiche, al parasurrealismo, alla nuova avanguardia, alla visual poetry...sono come sedimentate, e messe tra parentesi, se non proprio rimosse». Gambetti-Vezzosi, 890.