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NOTIZIARIO «AMICI DI BENEDETTA»
Anno XXIX - n. 1 - Maggio 2014
Semestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. abbon. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB di Forlì - Aut. Trib. Forlì n. 18/86 Dir. Resp.: Gianfranco Amati - “Amici di Benedetta” Casella postale n. 62 - 47013 Dovadola (FC) - Amm.: Via Benedetta Bianchi Porro, 4 - Dovadola (FC) Tel. 0543 934676 - c.c.p. 1000159051 - Taxe perçue (tassa riscossa) - Stampa Stilgraf Cesena
Angelo Ranzi – Benedetta
2 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
50 anni di luce
a cura di GIANFRANCO AMATI
I 50 anni dalla morte di Benedetta, avvenuta il 23 gennaio
1964, sono un’occasione di festa perché crediamo che la
morte sia il giorno in cui Benedetta nasce alla vita eterna, a
quella vita eterna, a cui si era preparata in modo intenso e
generoso vivendo momenti di paradiso dentro di sé persino
durante la sua odissea terrena. Quel paradiso interiore, che
significa presenza di Dio nell’anima, è riuscita a comunicare
a chi la incontrava, moltiplicando così il dono ricevuto dallo
Spirito di Dio.
Ecco perché il filo conduttore di tutte le iniziative è forse l’incontro con Benedetta, quasi un’offerta di gioia che siamo
chiamati a scoprire nel nostro cuore.
Dovadola, Forlì e Sirmione sono luoghi in cui si sono svolte
le principali manifestazioni, ma attorno a Benedetta si sono
accese tante altre piccole e grandi luci, proprio laddove in
centri grandi e piccoli si sono incontrati e si incontrano molti gruppi di amici nella preghiera, nella meditazione, in manifestazioni piccole e grandi, sempre con la scopo di essere presenti al Signore e di regalare ad altri il dono ricevuto.
Coglieremo soltanto alcuni frammenti di questo fiorire di iniziative, anche perché pensiamo che il cantiere sia sempre
aperto, se consideriamo Benedetta un’amica meritevole di
essere conosciuta meglio da noi e di essere fatta conoscere a nuovi amici.
Il 25 gennaio 2014 a Dovadola
Tra i numerosi fedeli presenti abbiamo notato le sorelle Emanuela e Carmen, i fratelli Gabriele e Corrado. Numerose anche le
autorità, tra cui il sindaco di Dovadola Gabriele Zelli e altri sindaci del circondario, il Sindaco di Sirmione.
Don Alfeo Costa ha salutato con molta cordialità Mons. Comastri ricordandone le numerose visite a Dovadola da quando era
parroco fino ad ora che è cardinale ed auspicandone un prossimo
ritorno a Dovadola, questa volta accompagnato da papa Francesco. L’assemblea ha accompagnato con un sorriso quest’uscita e
poi ha ascoltato con attenzione il seguente telegramma del papa
letto da Mons. Lino Pizzi:
È notevole il fervore di iniziative convergenti a Dovadola e
Forlì in gennaio ed anche nei mesi successivi.
La scelta della Diocesi di concentrare tutta una serie di incontri di carattere pastorale a Dovadola, il calendario delle iniziative concordato dalla commissione istituita dal Vescovo Mons.
Lino Pizzi e lo stile di aperta ed efficiente collaborazione tra Diocesi, Comune di Dovadola, Parrocchia, Associazione per Benedetta Bianchi Porro - onlus e Fondazione Benedetta Bianchi Porro, hanno consentito di concentrare molte iniziative in un paese,
divenuto il centro di una festa per tutti i convenuti.
Notevole risulta il coinvolgimento del paese e della Diocesi
per l’attuazione delle iniziative previste per il 50º anniversario di
Benedetta.
La Messa alla Badia
Il culmine delle manifestazioni è costituito indubbiamente
dalla S. Messa del 25 gennaio, presieduta dal Cardinale Angelo
Comastri e concelebrata con il Vescovo di Forlì-Bertinoro Lino
Pizzi e con numerosi sacerdoti. Ricordiamo soltanto don Alfeo
A S. Em. Rev.ma il sig. Cardinale Angelo Comastri
Arciprete della basilica papale di San Pietro
00120 Città del Vaticano
In occasione della celebrazione per il cinquantesimo anniversario della pia morte della Venerabile Benedetta Bianchi porro,
al paese natale di Dovadola, il Sommo Pontefice Francesco rivolge il suo cordiale pensiero, formulando voti affinché il luminoso esempio della Serva di Dio susciti, specialmente nelle giovani generazioni, perduranti propositi di fedeltà a Cristo e di generoso impegno nella testimonianza dei perenni valori della fede
cristiana.
Sua Santità, mentre chiede preghiere per la sua persona e per il
suo servizio alla chiesa, invoca la
celeste protezione della Madre di
Dio ed imparte di cuore a Vostra
Eminenza, all’eccellentissimo Vescovo diocesano mons. Lino Pizzi,
al reverendo Parroco, ai Sacerdoti, alle Autorità intervenute ed ai
Fedeli della comunità parrocchiale l’implorata benedizione apostolica, propiziatrice di pace e di spirituale fervore.
Dal Vaticano, 25 gennaio 2014
Dovadola (Villa Badia) – Con il card. Comastri e il vescovo Lino Pizzi il folto gruppo dei concelebranti
Costa, parroco di Dovadola e vice postulatore della Causa di Beatificazione, il postulatore della Causa di beatificazione P. Guglielmo Camera, il parroco di Sirmione don Evelino Dal Bon, don
Andrea Vena, parroco di Bibione, don Enrico Casadei Garofani,
segretario della Commissione organizzatrice delle celebrazioni
diocesane per il 50º della morte della Venerabile Benedetta Bianchi Porro.
(Foto Cristiano Frasca)
Arcivescovo Pietro Parolin
Segretario di Stato di Sua Santità
Introducendo il rito, il card. Comastri ha espresso tutta la sua
emozione nel ritornare a Dovadola. Rivedeva nel ricordo le sue
prime visite, quando arrivava con la sua mamma e la vedeva poi
seduta accanto a mamma Elsa. Quest’emozione si è rinnovata
nella toccante omelia che pubblichiamo in questo numero.
Alla fine della S. Messa la consueta processione alla tomba di
Benedetta ha concluso la celebrazione liturgica. Un bel sole ha
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 3
accolto i presenti ed ha anche riscaldato coloro che non avevano tradizionale pranzo, sempre apprezzato, alla “Rosa bianca” ha
potuto trovare posto nella Chiesa di S. Andrea e che avevano se- consentito una positiva prosecuzione della giornata, allietata anguito il rito dal sagrato, anche in audio e video su uno schermo che da un bel sole.
predisposto per la trasmissione del rito dall’emittente “TeleromaIl pomeriggio hanno avuto luogo al teatro comunale, dagna”. In tutti dominava però la gioia per essere qui giunti in oc- vanti a un numerosissimo pubblico, due proiezioni del film Oggi
casione dei festeggiamenti della Venerabile Benedetta.
grazie, alla presenza del regista Franco Palmieri.
E poi, sul sagrato, la consueta mostra di libri, tenuta aperta in
Anche il Museo della Fondazione, aperto in questi giorni di
un gazebo davanti alla Badia, grazie alla
festa, grazie alla disponibilità di personagenerosa collaborazione di alcune amiche
le volontario, opportunamente preparato
e amici, un ufficio delle Poste allestito
dall’onnipresente Foscolo Lombardi, ha
per l’occasione in un altro gazebo davanospitato numerosi visitatori e gruppi.
ti alla Badia per la timbratura della posta
E così nelle strade di Dovadola si incon lo speciale annullo postale disegnato
crociavano persone note e meno note, del
dall’amico Foscolo Lombardi. Questo
paese e pellegrini, tutte in qualche modo
hanno trovato i numerosi pellegrini arricoinvolte da eventi o iniziative riferite alvati in pullman da Milano, da Sirmione e
la Venerabile.
da Ostuni, e con altri mezzi da numerose
Complessivamente si aveva l’impresaltre località romagnole e da altre regioni
sione di essere in un “Benedetta Village”.
del nord e centro Italia. Abbiamo visto
È impossibile rendere la simpatica atmovolontari della protezione civile e scout
sfera di quel giorno, animato dalla pre25 gennaio – Alla “Rosa Bianca” Lorenzo
gestire un efficiente servizio d’ordine. Il porge al Cardinale una rosa bianca colta in giardino senza di molte persone.
BADIA DI DOVADOLA - OMELIA DEL CARD. ANGELO COMASTRI
50º anniversario della santa morte di
Benedetta Bianchi Porro (1964-2014)
Giosuè Carducci (1835-1907) è stato certamente un valente
poeta, tuttavia egli ha lanciato accuse ignobili e ingiuste nei confronti di Cristo e del cristianesimo.
Nell’ode In una chiesa gotica appartenente alla raccolta “Odi
barbare”, egli scrive parole velenose rivolgendosi direttamente a
Cristo e dice così:
«Cruciato martire, tu cruci gli uomini [...]
Tu di tristezza l’aer contamini».
Cioè:
«O Cristo crocifisso, tu ora crocifiggi noi uomini […]
e ci riempi l’anima con l’infezione della tristezza».
La testimonianza di Benedetta Bianchi Porro smentisce clamorosamente la veemente accusa di Giosuè Carducci.
Benedetta, infatti, è un canto di gioia, è un inno alla vita, è un
“magnificat” intonato nello sfacelo del corpo devastato dalla malattia. Come è stato possibile? La spiegazione possibile è una sola: Cristo ha il potere di contagiare di gioia il cuore umano anche
in mezzo alle prove più terribili. E questo è l’argomento più forte e più convincente della sua divinità: argomento più forte e più
convincente anche del miracolo di una guarigione del corpo.
Accostandoci a Benedetta, noi innanzi tutto afferriamo la distinzione fondamentale tra il piacere e la felicità: il piacere solletica soltanto la pelle e, pertanto, dura poco; la felicità, invece, entra nella profondità dell’anima e nessuno e niente possono rapirla
dall’esterno. Giustamente Alessandro Manzoni, uomo di fede, ha
fatto notare che il mondo può deridere questa gioia profonda, ma
«rapir non può». Oggi, purtroppo, assistiamo ad una proliferazione ingannevole di piaceri, ma siamo in una terribile carestia di felicità. Madre Teresa di Calcutta un giorno acutamente osservò:
«Oggi la segnaletica della felicità è tutta sbagliata. Le indicazioni che dà l’attuale società sono una colossale menzogna e creeranno un mondo di gente triste, scontenta e sola».
Perché? Perché la felicità può darla soltanto Dio, in quanto
Dio – secondo la felice espressione di F. Dovstoevskji – «Dio è
l’esclusivo proprietario della gioia».
Camminiamo, allora, per brevi momenti dentro la storia di
Benedetta e cerchiamo di cogliere il messaggio che Dio oggi ci
dà attraverso la vita di questa giovane cristiana.
Un fatto subito impressiona. Mentre Benedetta avanza inesorabilmente nella malattia, all’improvviso c’è un giro di boa nella
sua vita: cioè dalla sua anima cominciano ad uscire le note di un
canto gioioso e umanamente inspiegabile.
È decisivo capire che cosa abbia determinato questo salto,
perché, anche per noi, sta qui il segreto della gioia che tutti cerchiamo e spesso non troviamo.
Inizialmente Benedetta cammina nel buio: come tanti, come
tutti. In questo ci è meravigliosamente “sorella” e la sentiamo
tanto vicina alla fatica del nostro cammino di conversione.
Il 9 luglio 1949, all’età di 13 anni, così scrive nel Diario:
«Stamattina ho messo per la prima volta il busto: che pianto! Mi
stringe forte forte sotto le ascelle. [...] Quanti sogni, quante lacrime, quanta nostalgia e malinconia [...] povera Benedetta».
Passano gli anni e Benedetta entra sempre di più nel buio della
prova. Il 26 gennaio 1953, all’età di 17 anni così scrive all’amica
Anna: «Sono assetata di pace e desidero abbandonare le onde del
mare per rifugiarmi nella quiete di un porto. Ma la mia barca è
fragile, le mie vele sono squarciate dal fulmine, i remi spezzati, e
la corrente mi trascina lontano. Mi sembra di essere in una palude infinita e monotona e di sprofondare lentamente, lentamente».
La situazione di Benedetta poteva precipitare: così come accadde al celebre scrittore Cesare Pavese che, all’età di 41 anni, si
suicidò nel 1950 in un albergo di Torino; così come accadde allo
scrittore svedese Stig Dagerman, che, nel 1954, mentre era al culmine del successo si tolse la vita all’età di 31 anni; come accadde allo scrittore statunitense Ernest Hemingway che, nel 1961, si
uccise con una fucilata tormentato dalla convinzione che tutto è
“nulla”: tutto è “nada”.
Benedetta, invece, approda nel regno della gioia.
Che cosa è accaduto in Benedetta? Qual è il momento in cui
Benedetta si diversifica da noi?
Inizialmente ella colleziona una umiliazione dietro l’altra:
però – ecco il punto decisivo – le umiliazioni non la rendono
umiliata e ribelle, ma umile. E l’umiltà la rende vittoriosa. Infatti
tra noi e Dio c’è soltanto la distanza di un muro: il muro dell’orgoglio! Se cade questo muro. Dio ci inonda di gioia; se resta questo muro, non può avvenire l’incontro tra noi e Dio, perché Dio è
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l’infinitamente umile. Benedetta ha fatto cadere questo muro e in
lei prodigiosamente è esplosa la gioia.
Significativo è l’episodio dell’esame di anatomia nell’estate
del 1955. Benedetta, a causa della malattia, non sente le domande del professore e rispettosamente chiede che le vengano proposte per iscritto. Il professore si rifiuta e la offende dicendo: «Non
si è mai visto un medico sordo». E scaglia rabbiosamente il libretto universitario verso la porta. L’orgoglio di Benedetta è certamente ferito, ma vince l’umiltà.
Ella chiede scusa e, mentre torna a casa, prega l’amica Anna
di non dire niente alla mamma.
L’umiltà apre alla carità il cuore di Benedetta: ella comincia a
preoccuparsi degli altri e, vivendo la carità («abitando negli altri»
come ella amava dire), si trova abbracciata da Dio e contagiata
dalla sua infinita gioia. Il santo papa Giovanni XXIII un giorno
disse al suo segretario: «Finché non avrai messo l’ orgoglio sotto
i piedi, non sarai mai un uomo libero e felice». Benedetta ne è la
prova lampante.
Il 19 aprile 1958 così scrive all’amica Maria Grazia: «Per
quello che riguarda lo spirito, sono serena, perfettamente, anzi
sono molto di più: felice sono; non credere che io esageri». Alla
mamma che è andata a Milano per un po’ di tempo, Benedetta così scrive il 20 febbraio 1961: «Cara Mamma, da quando so che
c’è chi mi guarda lottare, cerco di farmi forte: com’è bello così,
mamma! Io credo all’amore disceso dal cielo, a Gesù Cristo e alla sua croce gloriosa. Sì, io credo all’amore».
Nel 1963, già cieca, detta alla mamma una meravigliosa lettera per aiutare un giovane disperato di nome Natalino. Ormai Benedetta è entrata totalmente nel regno dell’umiltà che fiorisce
continuamente in carità. Benedetta non pensa più a sé e dice a
Natalino: «Caro Natalino, prima nella poltrona, ora nel letto che
è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella
degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia,
certezza fino alla consumazione dei secoli». E la gioia del cuore
di Benedetta contagia il cuore di Natalino e guarisce la sua disperazione. Egli, alla fine, scrive così a Benedetta: «Prima mi la-
mentavo perché ogni rosa ha la sua spina, ora invece ringrazio il
Signore perché ogni spina ha la sua rosa».
Nel mese di maggio dello stesso anno, 1963, Benedetta detta
una lettera per l’amica Anna, alla quale dieci anni prima aveva
confidato la sua disperazione. Ora Benedetta è un’altra creatura e
dice: «Cara Anna, io sono molto cambiata. Ora con me c’è Dio e
sto bene. Come sto bene!».
Il 24 maggio 1963 la mamma scrive a suor Alberta Simionato, già insegnante di Benedetta, e le confida: «Benedetta è serena
nel Signore. Vive pregando, cantando, dettando lettere agli amici,
vive in maniera più angelica che umana. Ringrazia ogni sera Dio
per i mali che le ha dato. È felice di poter morire senza un peccato mortale, ma anche in questo caso dice di amare la vita con
il suo sole, con i suoi fiori, con la sua pioggia. È di un’obbedienza e di una umiltà che sconcerta, che edifica. È forte, dolce,
sicura. Dov’è passata, lascia un ricordo di sé che impressiona.
Ma non vuole sentire dirlo, perché dice che le lodi sono solo tentazioni. Io non sono più addolorata per questo stato di salute di
mia figlia. Ma la guardo umilmente, indegnamente come si guardano i santi in chiesa».
Così facciamo anche noi. Invochiamo la mano di Dio perché
faccia crollare il muro del nostro orgoglio: muro che continuamente ricostruiamo e continuamente dobbiamo demolire. Se crolla il muro dell’orgoglio, l’Amore di Dio ci inonda e la voce del
nostro cuore può dire con Benedetta: «Che cosa meravigliosa è la
vita! E la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio,
per questo». E ognuno di noi così diventa davvero una segnaletica luminosa che indica la strada della felicità, che è ben diversa
da quella delle discoteche e dei luoghi di divertimento.
Benedetta, prega per noi! Prega e ricordaci che, come tu hai
scritto, «nelle mani di Dio anche le cose più insignificanti possono diventare la nostra cometa».
Dovadola, 25 gennaio 2014
Angelo Card. Comastri
Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano
Arciprete della Basilica papale di San Pietro
GIOVANI A DOVADOLA CON BENEDETTA
Il 12 aprile Dovadola si è riempita di giovani della
Diocesi di Forlì-Bertinoro, accorsi per celebrare vicino a
Benedetta l’annuale Giornata Mondiale della Gioventù
(GMG).
La traccia dell’incontro è stata un tema forte, quello
delle beatitudini, dal Vangelo di Matteo, con l’invito di
papa Francesco a percorrere con Gesù la via dell’amore,
una via impegnativa da percorrere per arrivare alla vera
gioia. E Benedetta? Evocata dalle parole appassionate di
sua sorella Emanuela, è risultata un esempio convincente
di amore per Gesù, che ha donato la gioia a una creatura
devastata dalla sofferenza e l’ha resa capace anche di trasmetterla a dei giovani. L’ascolto poi della lettera al giovane Natalino, preziosa sintesi della profonda spiritualità
di Benedetta, è diventata così un manifesto della speranza
per tutti.
Benedetta allora, esempio incoraggiante, è stata in
Badia di Dovadola – Giovani alla GMG (Foto Cristiano Frasca)
qualche modo testimone delle consegna del “Credo” da
parte del vescovo mons. Lino Pizzi a 50 sedicenni, impegnati a compiere un cammino di fede. E poi c’è stata festa. Era previsto l’arrivo di un certo numero di giovani, ne sono
arrivati 480.
E ci sono stati musica, polenta, e soprattutto un invito alla speranza per tutti.
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A colloquio con il card. Comastri
a cura di GIANFRANCO AMATI
Dovadola. 25 gennaio. Ore 10 e 20. Nel tinello della canonica salutiamo il cardinale Angelo
Comastri. Lo salutiamo con deferenza e con la gioia di incontrare un amico da lunga data,
sempre attento e sensibile alla spiritualità di Benedetta, e disponibile ad ascoltare chi cerca
di farla conoscere.
Benedetta è stata aiutata a trovare progressivamente la sua vocazione, anzi le sue vocazioni,
nel rapporto con alcune persone come Nicoletta Padovani e mons. Elios Mori. Le vocazioni
di Benedetta sono sbocciate in dialogo con degli amici. Con questa consapevolezza
formuliamo la prima domanda.
Gianfranco Facendo riferimento a “l’annuncio” e a tutti
i nostri amici, come possiamo
aiutare noi stessi e le persone
che incontriamo a scoprire la
propria vocazione anche nelle
situazioni di difficoltà nella
malattia o quando la vita colpisce in vario modo?
Card. Comastri Certamente
nel viaggio della vita non siamo soli. Le persone che noi incontriamo sono la segnaletica,
sono la segnaletica giusta. Sicuramente le amicizie sono
una grande benedizione, un
grande dono di Dio. Quando
incontriamo, faccio un esempio, persone come Madre Teresa, evidentemente ogni incontro ti dà impressione di varcare
un confine, di entrare in un
mondo del tutto sconosciuto
che ci illumina il mondo precedente. Così è stato per Benedetta. Benedetta ha incontrato
delle belle amicizie. Nell’incontro con esse si è maturata la
sua anima, è maturato il suo
rapporto con Dio, e questo è
bello. Lo dobbiamo rivivere
anche noi. Ognuno di noi è determinante per l’altro: non si
va avanti da soli. Mons. Tonino Bello diceva: «Siamo angeli con un’ala sola». Per volare
bisogna abbracciarsi ad un altro e con due ali si vola. Altrimenti non si può volare. Ecco
il valore dell’amicizia.
Il cardinale sviluppa ulteriormente il tema facendoci incontrare un altro amico.
C. Ma c’è di più. Benedetta
ha avuto un rapporto straordinario con il dolore. E il dolore
è un incontro che prima o poi
facciamo tutti. Nella Salve Regina, un po’ superficialmente,
diciamo: «Salve Regina, madre
di misericordia, a te ricorriamo
noi esuli figli di Eva, a te so-
spiriamo gementi e piangenti
in questa valle di lacrime». La
vita è valle di lacrime per tutti
noi, in un modo o nell’altro,
ma lo è per tutti. Quello che è
importante è incontrare il Consolatore, l’unico che ci può
prendere per mano e può farci
attraversare la valle del pianto,
come la chiama un salmo, la
valle del dolore, cantando.
Questo lo può fare soltanto
Dio.
Fëdor Dostoevskij, che Benedetta amava molto e che leggeva molto volentieri, ha usato
un’espressione straordinaria,
ha detto: «Dio è l’esclusivo
proprietario della gioia”. Benedetta, ne è la testimonianza. Ha
attraversato la valle del pianto,
potremmo dire, in una maniera
unica perché la malattia che ha
vissuto è veramente una malattia limitante, umiliante, eppure
ha cantato. D’altra parte abbiamo gente che sta benissimo di
salute ed è disperata. Chi fa la
differenza nella vita è l’incontro con il Consolatore, l’incontro con Dio, l’incontro con lo
Spirito di amore. E quello che
mi ha impressionato sempre
nella storia di Benedetta è questo fatto.
G. Come è avvenuto questo
incontro con Dio?
C. Io credo che l’elemento
determinante per Benedetta sia
stato il fattore umiltà, perché il
vero muro che ci separa da Dio
è l’orgoglio; e generalmente le
umiliazioni creano ribellione.
In alcuni le umiliazioni creano
umiltà. In Benedetta le umiliazioni hanno creato l’umiltà.
L’umiltà l’ha buttata tra le
braccia di Dio perché l’umile
incontra Dio e, incontrando
Dio, chiaramente incontra la
gioia, che coincide con Dio,
perché Dio è gioia, Dio è feli-
cità, Dio è contentezza infinita.
Dio è paradiso perché non “si
va” in paradiso, ma “si diventa
paradiso”, accogliendo Dio.
Benedetta ne ha fatto l’esperienza.
G. Ma come?
C. L’umiltà, dicevo, l’ha
buttata tra le braccia di Dio,
ma in che modo? Vivendo la
carità, dimenticando se stessa.
Lei ha dato una definizione
molto bella della carità: «La
carità è abitare negli altri».
Ricordo Madre Teresa di Calcutta che diceva sempre: «Oggi la segnaletica della felicità è
tutta sbagliata». Aveva ragione.
Ti dicono: «Divertiti, accumula
soldi, cerca successo e diventi
felice». Non è vero perché la
gente piena di soldi non è felice, perché la gente, al culmine
del successo, si suicida. Non è
vero.
La felicità si trova facendo
del bene, uscendo da se stessi.
È chiaro che, per far questo, ci
vuole umiltà. L’umiltà è la premessa. L’orgoglioso è per sé.
L’umiltà ha reso Benedetta
aperta agli altri e, aprendosi
agli altri nella carità, ha incontrato Dio perché, nel momento
in cui ti doni, tu incontri Dio
che è il dono, Dio è l’amore. E
quindi, vivendo l’amore, tu fai
l’esperienza di Dio che riempie
di contentezza. E così, nel dolore, lei ha incontrato il Signore e questo incontro ha dato la
festa alla sua vita.
G. Anche la festa di oggi è
occasione per parlare di questo incontro.
C. Oggi è la festa della conversione di San Paolo. Faccio
un confronto, lo dirò brevemente all’inizio della Messa.
San Paolo come ha fatto l’esperienza di Dio? Diceva: io
ero un violento, un bestemmiatore, un persecutore. Se ne va
per la via di Damasco e c’è
un’irruzione, come c’è stata
nella vita di Benedetta. Non
sappiamo il momento preciso,
ma c’è stata, come c’è nella vita di tutti i santi, come dovrebbe esserci nella vita di tutti,
perché Dio bussa alla porta di
tutti. La “fotografia” più preziosa di Dio è questa: Ecco io
sto alla porta e busso, alla porta, di tutti. Ebbene, cosa dice
Gesù a San Paolo sulla porta di
Damasco? «Saulo, perché mi
perseguiti?». Forse Saulo, nel
momento in cui incontra Gesù,
poteva aspettarsi un rimprovero, un fulmine, una punizione.
Ma cos’è questo Dio che si
presenta dicendo: «Perché mi
perseguiti?». È un Dio che domanda. Saulo giustamente è
sconvolto, è spiazzato davanti
a questa domanda di Gesù.
Non poteva pensare che fosse
Dio a fargli questa domanda:
«Chi sei?»; risponde: «Sono
Gesù che perseguiti». Ebbene,
allora mi fai la domanda? Saulo capisce che Dio è amore. È
in quel momento che lui ha
l’intuizione. Ecco perché subito dopo domanda: «Signore,
che vuoi che io faccia?». Saulo
è cambiato, è un’altra persona.
G. E Benedetta?
C. Anche Benedetta ha avuto sicuramente un momento
del genere. Non possiamo definire il giorno e l’ora in cui è
avvenuto questo incontro, ma
c’è stato sicuramente nella sua
vita un giro di boa, un salto,
perché c’è stato un momento
in cui Benedetta vive la disperazione, lo sgomento. È spiazzata di fronte al dolore, come
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6 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
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lo siamo tutti, perché il dolore
evidentemente non è fatto per
noi, ma il dolore cambia quando ci consegniamo a qualcuno
che è più forte del dolore,
quando ci consegniamo a qualcuno che, nel dolore, ci mette
un senso, un significato, trasformandolo in un amore più
forte. «L’amore più forte è
quello di chi ama fino a soffrire»: questa è la definizione di
Madre Teresa di Calcutta. L’amore più forte è quello di colui
che ama fino a soffrire ed è
l’amore che ha vissuto Gesù.
Quando, nel dolore, ci si mette
l’amore, il dolore cambia perché entra Dio. E dove entra
Dio si sente solo il profumo
della Resurrezione, non si sente più il dolore.
G. Qual è l’attualità di questo messaggio?
Benedetta, in questo, è una
testimonianza straordinaria, potrei dire attualissima perché
questa è un’epoca in cui del
dolore si ha una paura quasi
patologica perché non c’è più
senso, c’è vuoto. E il vuoto,
chiaramente, è l’esperienza più
triste, più drammatica della vita. E il dolore, chiaramente,
dove c’è il vuoto, fa cascare
tutto. Ecco perché Benedetta
ha tanto da insegnare agli uomini di oggi, a questa generazione che non capisce il senso
del dolore e non ha più in mano la chiave per uscire dal dolore.
Una parola a tutti gli amici
di Benedetta. Cosa può dirci?
C. La cosa più semplice. Fate conoscere Benedetta. Fatela
conoscere con molta delicatezza. Ho letto stanotte, stamane,
alcune pagine del libro di
Mons. Zarri. Mi è piaciuto
molto perché fa parlare Benedetta. È lo stile di Oltre il silenzio, di altri libri su Benedetta. Facciamola parlare, facciamola raccontare la sua sofferenza, la sua lotta iniziale e il
giro di boa che è avvenuto nella sua vita nel momento in cui
l’umiltà l’ha messa in cammino verso la carità, perché Be-
Il 23 gennaio 2014 a Dovadola
Il giorno esatto dell’Anniversario ha avuto un carattere particolare a Dovadola, quasi segnato da un abbraccio della popolazione locale attorno a Benedetta, prima del massiccio afflusso di
pellegrini da altre località, previsto nei giorni successivi.
È stato, in certo modo, intonato dall’ora di Adorazione pomeridiana con il Rosario con Benedetta, trasmesso in diretta da Radio Maria, per merito dell’amico Daniele Siroli che ha organizzato per tempo il servizio radiofonico.
In una veglia serale il raccoglimento è stato favorito dalla
proiezione di una serie di immagini sulla vita di Benedetta, accompagnate da testi e pensieri. Questo lavoro di Chiara e Matteo
Don Alfeo Costa
nedetta ha avuto un’umiltà
straordinaria. Io penso, quando
lei si scopre sorda e avverte le
prime umiliazioni, che poteva
scattare in lei la ribellione. Immagino le interrogazioni che
non sente, un esame in cui un
professore getta il libretto alla
porta e dice: «Non s’è mai visto un medico sordo...». Ebbene, in quel momento, Benedetta è diversa da noi perché l’umiliazione la rende umile. Generalmente l’umiliazione rende
ribelli.
L’umiliazione la rende umile
e nell’umiltà sboccia la carità,
sboccia il dono. Infatti, Benedetta è una creatura che ha
sempre pensato agli altri. Pensiamo alla lettera a Natalino.
Che ti importa di Natalino?
Stai male tu, verrebbe da dire.
No, perché Benedetta ha deciso di abitare negli altri e, abitando negli altri, fa l’esperienza di Dio. Questo è importante
dirlo, perché è questo che la
gente oggi non capisce e che
tanti giovani oggi non capiscono. Discoteche, divertimenti
ecc. A volte mi sento dire: «In
questa città non ci sono tanti
divertimenti, non è una città
adatta per i giovani». Ma pensate che i divertimenti vi rendano felici? Vi state prendendo
in giro, vi state ingannando.
Bisogna dare la chiave di volta
del mistero della vita. E questo
è chiaro che Benedetta l’ha
trovato. E in questo voi amici,
facendo conoscere Benedetta,
potete aiutare tantissimi giovani, ma anche tutti possiamo dire, a trovare la chiave della felicità, come l’ha trovata lei.
G. Può dedicare un saluto
agli amici?
C. Vi ringrazio tanto perché
quello che state facendo è molto bello. Benedetta ha avuto il
senso altissimo dell’amicizia e
voi avete il senso altissimo
dell’amicizia con Benedetta. In
qualche modo la ripagate e potete aiutare anche gli altri a vivere l’amicizia come l’ha vissuta lei, come il luogo dell’incontro con Dio negli altri.
Ferlini, con i loro collaboratori, è stato seguito con commossa attenzione, in preparazione della S. Messa, che è stata il cuore della serata.
Essa ha avuto un carattere particolare, solenne certo perché
era il giorno dell’anniversario, ma insieme anche familiare. La
chiesa era gremita di parrocchiani.
Alcuni sacerdoti quest’anno celebravano, una loro speciale ricorrenza: 70 anni di Messa Mons. Enzo Donatini, 60 anni don Alfeo Costa, 50 anni don Oreste Ravaglioli. Don Alfeo Costa ricorda, con commozione, che per la prima volta presiedeva una celebrazione negli anniversari di Benedetta.
L’omelia si è snodata sul filo dei ricordi.
Il primo è legato a una frase trovata nel registro dei visitatori
alla Badia: “Benedetta, mi piaci perché non sei nata santa”, a sottolineare che anche lei ha dovuto fare un suo percorso per diventare quella che tutti ammiriamo.
Don Alfeo l’ha ricordato bene, non mancando, per altro, di
sottolineare la bontà e la finezza dimostrate nelle sue terribili vicissitudini, come l’indulgenza verso chi la chiamava “zoppetta”,
verso i chirurghi che avevano sbagliato delle operazioni e verso il
professore che, indignato, scagliò lontano il libretto universitario
di Benedetta. Anche lui era giustificato perché, non mettendo il
voto, non l’aveva danneggiata.
Don Alfeo ha rievocato poi l’arrivo a Dovadola, nel 1971, del
famoso scienziato Enrico Medi, di cui ha citato una profetica frase che per molti si è realizzata: «Benedetta entra in punta di piedi nella tua vita e poi non ti lascia più». E poi il ricordo della fase diocesana del processo di beatificazione negli anni ’70, quando anche lui con il sacrestano furono ascoltati per verificare se
non ci fossero stati atti di culto verso la allora Serva di Dio Benedetta Bianchi Porro.
Ha poi ricordato la visita a Dovadola di ben 18 Cardinali. Si
è soffermato in modo particolare sul card. Antonio Quarracino,
che ebbe come Vescovo ausiliare un certo Jorge Bergoglio… Nel-
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 7
Badia di Dovadola – I coristi raccolti attorno all’altare. L’ultimo a destra è don Marino Tozzi, autore della Messa in onore di Benedetta.
Il sesto da sinistra è don Oreste Ravaglioli, autore dell’artistica pergamena commemorativa (nella foto in basso a destra) (Foto Conficoni)
l’omelia ha rivelato di aver mandato a papa Francesco una lettera
il 24 agosto 2013, pensando che mons. Quarracino, così appassionato di Benedetta, dovrebbe aver parlato di lei anche al suo ausiliare…
Dopo tutti questi Cardinali, avere a Dovadola un papa, sembrava a Don Alfeo una meta possibile e non solo un sogno. Ma
vale sempre la regola: «Quando il Signore vorrà...».
L’assemblea liturgica è stata arricchita da don Marino Tozzi,
parroco di Terra del Sole, che ha regalato la prima esecuzione di
una S. Messa in cinque lingue, da lui composta e dedicata a Benedetta.
Il Kyrie è nel greco dei Vangeli, il Credo è in latino liturgico,
il Gloria è in italiano, il Sanctus è in inglese, Holy, Holy Lord e
l’Agnello di Dio, anzi il Cordero de Dios, è, in un ammiccante
spagnolo, lingua molto diffusa e, guarda caso, lingua di papa
Francesco.
L’anniversario di Benedetta è stato anche l’occasione per
coinvolgere vari cori della vallata per accompagnare con il canto
proprio la nuova S. Messa a lei dedicata.
Verso la fine della cerimonia ha portato il suo appassionato
saluto P. Guglielmo Camera, molto impegnato, come postulatore,
a seguire la causa di beatificazione di Benedetta. «Il mio servizio – ha detto – è presentare una figura, studiare le meraviglie di
Dio in quest’anima.
In Benedetta ho incontrato un’anima che ha fatto esperienza
della presenza di Dio e che si è trovata a vivere con Gesù in un
momento specialissimo, sulla croce».
Chi ha seguito la veglia e la S. Messa ha vissuto un partecipato evento di pastorale d’insieme.
Grazie a Benedetta e a tutti coloro che si sono incontrati, nel
suo attualissimo ricordo, davanti all’altare del Signore.
8 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Benedetta al cinema
Benedetta al cinema
immagini tra la protagocon Oggi grazie. Un
nista, i luoghi che visita,
giorno con Benedetta
e le parole di Benedetta,
Bianchi Porro.
sempre più presente.
Salutiamo con favore
Monica cerca una
un film professionale
stanza in paese, ma in
dedicato a Benedetta,
realtà cerca se stessa. E
realizzato su iniziativa
questa ricerca è aperta e
della Diocesi di Forlìincuriosisce lo spettatoBertinoro nel contesto
re che non sa cosa si
delle celebrazioni per il
possa aspettare nella
cinquantesimo.
prossima sequenza.
È un “docufilm”, è
L’esito della ricerca
un’opera cinematografidella stanza, e contemca con una trama sosteporaneamente di se stesnuta da riferimenti tesa, da parte della protastuali e ambientali rifegonista, non riveliamo
riti a Benedetta.
ai lettori.
Abbiamo usato di
Raccogliamo invece
proposito la parola
alcune note di regia di
“film”, è un cortomeFranco Palmieri, estertraggio di 33 minuti,
nate alla “prima” del
Il regista Franco Palmieri con protagonisti e collaboratori
perché Franco Palmieri,
film il 24 gennaio nella
alla “prima” del docu-film Oggi grazie (Foto Alessandra Salieri)
che lo ha sceneggiato e
sala San Francesco di
diretto, ha dato al suo lavoro un ritmo narrativo essenziale con Forlì, alla presenza, tra il folto pubblico, del cardinale Angelo Codue protagoniste: Monica, una ragazza bloccata a Dovadola per mastri e del Vescovo Lino Pizzi, e poi il 25 gennaio a Dovadola
un guasto alla macchina, e Benedetta, gradatamente conosciuta alle successive proiezioni, ugualmente seguite da centinaia spettaattraverso vari indizi, sparsi nel luogo, e attraverso le sue parole, tori.
ricavate dai suoi Scritti, misteriosamente e provvidenzialmente
Palmieri ha meditato a lungo sui testi di Benedetta per un film
donati a Monica.
che doveva essere in qualche modo costruito attorno alle parole
Essenzialità e ritmo narrativo agile e, nel contempo, meditativo di Benedetta. E così anche i luoghi, come di «un paese svuotato»,
sembrano caratterizzare il film.
sembrano quasi lo sfondo della meditazione di Monica su BeneEssenzialità. La protagonista, l’attrice Ancilla Oggioni, gira in detta.
un paese pressoché vuoto, prevalentemente dai colori tenui e sepIl film, pregevole nelle immagini e in alcune scene molto sugpiati. Manca totalmente la musica, che compare soltanto nell’ulti- gestive, recitato in modo misurato e partecipato da Ancilla Ogma scena e continua nei titoli di coda.
gioni, offre sicuramente materiale per meditare su Benedetta nel
I rumori ci sono per dare un minimo di concretezza di vita, ma luogo in cui è nata e che ora la ospita.
sono ridotti, anch’essi, all’essenziale. C’è un continuo rimbalzo di
G.A.
NEL
RICORDO
DEI
NOSTRI
CARI
Foto Amati
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 9
Pagine di diario
a cura di ROBERTA BÖSSMANN
5 gennaio 2014. Nell’Oratorio di Sirmione Emanuela Bianchi
Porro ha tenuto un incontro su Benedetta con una trentina di persone accompagnate dal dottor Giuliano Guerra, medico psicoterapeuta specializzato in psichiatria.
***
9 gennaio. Benedetta a 50 anni dalla morte. È questo il titolo
dell’articolo pubblicato su “La Voce” che riportava il programma
delle celebrazioni organizzate dalla Diocesi di Forlì per questo
straordinario anniversario. Maria Neri, che ha firmato l’articolo,
ha scritto che il 50º di Benedetta «si concretizzerà come una
grande occasione per riflettere su fede, speranza e scienza ai confini della vita». Questo, grazie agli spazi orari dedicati alla riflessione sulla malattia, sulla sofferenza e sulla morte: temi che oggi
si tendono ad evitare piuttosto che ad affrontare.
Un altro articolo annunciava, nella stessa pagina, l’arrivo, per
il 25 gennaio, del cardinale Comastri e la presentazione del libro
su Benedetta del vescovo Vincenzo Zarri l’11 gennaio a Forlì.
Lo stesso 9 gennaio, “Il Resto del Carlino” dedicava un’altra
pagina a Benedetta con due articoli di Quinto Cappelli nei quali
proponeva il programma del 50º e ricordava che il 25 gennaio ci
sarebbe stato a Dovadola l’annullo postale di un francobollo, disegnato dall’artista Foscolo Lombardi.
L’altro articolo accennava a un presunto “miracolo” avvenuto a
Genova nel 1986, quando un giovane ebbe un gravissimo incidente stradale e, grazie alle preghiere a Benedetta, riuscì a guarire inspiegabilmente. Il caso è ora al vaglio delle autorità competenti. Anche “il momento”, il 9 gennaio, ha dedicato ampio spazio a Benedetta e al libro a lei dedicato da mons. Vincenzo Zarri,
Un canto di lode al Signore. Gli articoli portano la firma di Giovanni Amati.
***
11 gennaio. È uscito un altro scritto di Quinto Cappelli su “Avvenire”, dal titolo Sulle orme di Benedetta Bianchi Porro, con le
iniziative per il 50º sia in Romagna che a Sirmione.
Sempre l’11 gennaio, a Forlì, al Centro Culturale San Francesco c’è stata la presentazione del volume di Monsignor Zarri Un
canto di lode al Signore. Benedetta Bianchi Porro: un Vangelo
della Croce, della Luce, della Gioia, a cura dell’Associazione per
Benedetta Bianchi Porro onlus.
***
16 gennaio. Di Benedetta si è tornati a parlare su “il momento”
nel contesto di un percorso di formazione dell’Azione Cattolica
nel nome della Venerabile; sul “Corriere Cesenate” veniva presentata la concelebrazione eucaristica, presieduta dal cardinal Angelo
Comastri; la presentazione del cortometraggio Oggi grazie. Un incontro con Benedetta sul filo dei diari e delle lettere; il collegamento con Radio Maria il 23 gennaio dalla Badia di Dovadola.
Su “il momento” Giovanni Amati ha scritto un articolo sulla
presentazione del libro di mons. Vincenzo Zarri, avvenuta a Forlì
alla presenza delle autorità e di oltre duecento persone.
***
17 gennaio. C’è stata un’intervista a Emanuela Bianchi Porro a
Teleromagna.
***
23 gennaio. Alla Badia di Dovadola un’ora di Adorazione Eucaristica, trasmessa da Radio Maria, una veglia di preghiera ed
una concelebrazione di una S. Messa, presieduta da don Alfeo
Costa, caratterizzano questo giorno anniversario del 50º della
morte di Benedetta.
Lo stesso giorno l’editoriale di Luciano Sedioli su “il momento” portava il titolo Etty e Benedetta. Le figure di Etty Hillesum
e di Benedetta venivano accostate per la loro capacità di dire sì
alla vita, capovolgendo il male in germe di bene.
Un altro articolo, in prima pagina, di Giovanni Amati è intitolato Benedetta, santità tutta da scoprire. All’interno due pagine
parlavano dell’arrivo del card. Comastri, e delle varie iniziative
dedicate a Benedetta in questo 50º dalla sua salita al cielo. Un articolo era dedicato anche a questo nostro periodico “l’annuncio”.
Sempre il 23 gennaio il “Giornale del Popolo” ha dedicato
un’intera pagina a Benedetta e alla sua biografia.
Su “Tracce” è apparso un articolo molto lungo di Paola Ronconi, dedicato a Benedetta, dal titolo Ci vuole umiltà per chiedere la Verità. A cinquant’anni dalla morte viene descritta la breve
esistenza della Venerabile che è ancora oggi «un archivio di esperienze, dove è possibile fare continue scoperte», come scrive il
cardinale Angelo Comastri nella prefazione alla sua biografia.
In particolare vengono riportati brani che testimoniano l’amicizia di Benedetta con alcuni ragazzi di G.S.
***
24 gennaio. “La Voce” dava notizia del docufilm su Benedetta
e della sua presentazione.
***
25 gennaio. Alle 11.00 alla Badia di Dovadola c’è stata la solenne concelebrazione eucaristica per il 50º della morte di Benedetta, presieduta dal card. Angelo Comastri. A parte troverete la
sua omelia, una nostra intervista esclusiva e le notizie della giornata.
Io, purtroppo, non ero presente per la solita influenza e neppure il gruppo delle Marche è riuscito a partire a causa della neve.
Graziella mi ha tenuta informata sul tempo, ma alla fine ha dovuContinua a pag. 10
10 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Continua da pag. 9
to rinunciare alla partenza. Il gruppo di Ostuni e quello di Sirmione sono riusciti ad arrivare con grande gioia di tutti. Ma torno alla cronaca dei giornali.
***
26 gennaio. Il “Corriere di Forlì e Cesena” ha dedicato ampio
spazio a Benedetta esempio di fede, a Dovadola in preghiera, al
cortometraggio, al nuovo Postulatore padre Guglielmo Camera,
fiducioso che la guarigione del 1986 possa essere lo spiraglio giusto per la causa di Beatificazione della nostra Benedetta.
Lo stesso giorno anche “La Voce” dedicava un articolo in ricordo di Benedetta e sulla Messa celebrata dal cardinale Comastri.
Quinto Cappelli, sempre il 16 gennaio, firmava l’articolo de “Il
Resto del Carlino” su Benedetta.
***
26 gennaio. Trenta persone della parrocchia di San Michele inferiore e San Gimignano a Marano, accompagnate da don Massimo Ruggiano, hanno incontrato Emanuela Bianchi Porro per un
momento di riflessione e di preghiera. Hanno anche visitato il
Museo della Fondazione, con la guida di Foscolo Lombardi.
***
30 gennaio. “il momento” intitolava un articolo di Quinto Cappelli: Il parroco invita papa Francesco, che aveva inviato un
telegramma in occasione del 50º di Benedetta, letto dal Vescovo
Lino Pizzi.
***
2 febbraio. A Forlì c’è stata la grande festa della “Fiorita”. Cinquecento persone hanno assistito alla presentazione della figura di
Benedetta che era molto devota alla Madonna del Fuoco.
***
6 febbraio. Su “il momento” è apparsa una lettera di Gabriele
Zelli, sindaco di Dovadola, sul film dedicato a Benedetta, e visto
da oltre 800 persone in occasione della presentazione. Sullo stesso settimanale, in altre pagine, due fotografie ricordavano la “Fiorita” dei bambini nel ricordo di Benedetta. Era presente Emanuela Bianchi Porro che aveva proposto ai piccoli la testimonianza
della sorella Benedetta.
***
10 febbraio. Emanuela ha incontrato a Forlì 140 insegnanti nell’Aula magna dell’Istituto di Scienze Religiose.
Lo stesso giorno Emanuela era presente in televisione nel programma La Romagna siamo noi per un’intervista su Benedetta,
mentre il 13 febbraio ha presentato la figura di Benedetta a
30 universitari di Pesaro impegnati nel progetto SHEKINAH di
pastorale giovanile.
***
Il 13 febbraio “il momento” ospitava, invece un’intervista a padre Guglielmo Camera, postulatore di Benedetta. Egli pensa che,
se tutto andrà bene, circa il presunto miracolo di Genova, Benedetta potrà essere dichiarata beata fra due anni.
Accompagniamo, con la preghiera, questo iter, affinché la volontà del Signore possa essere compiuta.
***
18 febbraio. Un lungo articolo di Piero Ghetti, dedicato a Benedetta su “Romagna Corriere”, cita i diciotto cardinali che, negli
anni, le hanno reso omaggio.
***
20 febbraio. “il momento” riportava le linee guida per il prossimo triennio dell’Azione Cattolica. La testimonianza di Benedetta
sarà al centro dell’assemblea dell’Azione Cattolica. In altra pagina
don Enrico Casadei parla del ciclo di incontri pubblici dedicati a
Benedetta, organizzati dalla Consulta Diocesana per la Cultura.
***
28 febbraio. A Forlì, nella sala Santa Caterina, il dott. Pierluigi
Moressa, psichiatra e psicanalista, ha tenuto una conferenza del
ciclo Alla fine dei giorni: la mente dell’uomo di fronte al dolore
e alla speranza. L’iniziativa, in ricordo di Benedetta, era il primo
degli incontri organizzati dalla Consulta diocesana per la cultura.
***
8 marzo. A Sirmione c’è stato il consueto Concerto di Primavera, organizzato dall’Associazione degli Amici, dedicato a Benedetta, che quest’anno ha visto la partecipazione del Ned Ensemble e della grande ballerina Luciana Savignano.
***
13 marzo. “il momento” ha riportato le date degli incontri culturali dedicati a Benedetta e i nomi dei relatori.
***
14 marzo. Fa parte della stessa iniziativa anche l’incontro tenuto a Forlì dal prof. Adriano Fabris, dell’Università di Pisa, sul
tema: Il grande silenzio: contro una cultura omertosa del dolore
e della morte.
***
16 marzo. Don Alfeo Costa tiene alla Badia di Dovadola un ritiro ai diaconi su Benedetta.
Emanuela incontra un gruppo di 80 persone di Castelfranco
Emilia e Persiceto al Teatro comunale di Dovadola. Poi una
S. Messa e una visita guidata da don Costa alla stanza di Benedetta concludono il pellegrinaggio.
Il pomeriggio un gruppo di G.S. di Forlì assiste alla proiezione
del docufilm Oggi grazie e poi partecipa alla S. Messa.
***
18 marzo. Vengono presentati a Portogruaro da Franco Palmieri e da don Andrea Vena rispettivamente il docufilm e il libro su
Benedetta.
***
20 marzo. “il momento” ricordava il terzo incontro del ciclo
che si sarebbe tenuto il 28 marzo a Dovadola sulle cure palliative
e nell’accompagnamento del malato e dei familiari.
***
28 marzo. Un incontro a due voci si è svolto al Teatro Comunale di Dovadola tenuto dal dott. Marco Cesare Maltoni su Cure palliative: criteri ispiratori ed esperienze in atto, e dal prof. Luciano
Sandrin su Accompagnare la speranza del malato e dei familiari.
***
30 marzo. Don Enzo Scaioli con un gruppo di bambini visita i
luoghi di Benedetta e celebra la S. Messa alla Badia di Dovadola.
***
31 marzo. A Brescia Cena quaresimale al Refettorio del Convento di San Francesco con presentazione della figura di Benedetta da parte di Emanuela.
***
3 aprile. “il momento” riportava la notizia che il 9 aprile il Vescovo di Novara, mons. Giulio Franco Brambilla sarebbe intervenuto sul tema Il tempo della sofferenza: una sfida per lo spirito.
L’iniziativa rientrava negli appuntamenti per il 50º della morte di
Benedetta. Il ciclo degli incontri sarebbe terminato il 9 maggio
con le testimonianze di Mario Melazzini, Liliana Cosi e Paola Cimatti su L’inguaribile voglia di vivere.
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 11
***
5 aprile. Don Emanuele Lo Russo con un gruppo di bambini di
Ca’ Ossi che si preparano alla I Comunione visita la Badia di Dovadola.
***
6 aprile. Un gruppo proveniente da Castelfranco Emilia visita
la Badia.
***
11 aprile. Da Campiano di Ravenna un pullman di pellegrini
arriva a Dovadola per la celebrazione di una liturgia penitenziale
con 5 sacerdoti.
***
12 aprile. C’è stata la Giornata Diocesana dei Giovani alla Badia di Dovadola con la testimonianza di Manuela Bianchi Porro
alla presenza del vescovo monsignor Lino Pizzi che ha consegnato a tutti i ragazzi “il credo”.
Dopo la celebrazione della Badia una cena conviviale con musica ha concluso l’evento.
***
4 maggio. A Bordighera, in occasione della Giornata del Malato, incontro su Benedetta e presentazione del film Oggi grazie da
parte di Emanuela.
***
5 maggio. Carissimi, questa volta, dalle nostre spigolature, abbiamo visto che la stampa ha fornito davvero tante notizie sulla
nostra Benedetta. Era giusto dare spazio ai giornali che ci aiutano
a farla conoscere. Il diario riprenderà come prima, quando ci sarà
un po’ di calma. Per ora va benissimo così! Un abbraccio a tutti.
NELLA FEDE LA GIOIA di don Andrea Vena
L’intensa frequentazione degli scritti di Benedetta, coronata dalla pubblicazione
di una biografia e dalla cura del corposo volume degli Scritti completi della Venerabile, ha consentito ora a don Andrea Vena di impostare e di sistemare con
scelte precise una nuova antologia di testi di Benedetta nel recente volume da lui
curato per le Edizioni Messaggero di Padova.
Il suo approccio è chiaramente indicato nella sintetica biografia iniziale e nella
brevissima presentazione degli scritti raccolti.
Fa vedere infatti, e su questo insiste, nelle prime pagine, che Benedetta si rivela
come “una di noi” e non come una santa da contemplare a distanza. Solo a un
certo punto della sua vita, Benedetta volerà alto, quando dovrà affrontare una
sofferenza sempre più intensa che le darà occasione di crescere in modo prodigioso nella fede e di ridonare agli altri con gioia questo dono ricevuto dal Signore.
Questo “certo punto” induce don Vena a scrivere e a spiegare così le sue scelte:
• negli Scritti datati fino al 1961 non si nota niente di particolare che possa far pensare a una vita intima di unione con Dio.
• Dal 1961 invece Benedetta cambia completamente tono e sia il diario con le sue massime riportate, sia le lettere sono dei trattati di ascetica e di mistica nei quali rivela tutto il suo animo rivolto a Dio. La sua vita inchiodata al letto è diventata un’espressione di fede e di amore verso Dio (p. 21).
Si comprende allora perché l’Autore orienti la sua attenzione proprio verso le grandi lettere del 1962 e del 1963
di Benedetta.
• Non potevano mancare alcune lettere del 1960 di don Elios Mori e alcune dalla corrispondenza tra Nicoletta e
Benedetta del medesimo anno. Don Mori e Nicoletta l’aiutano infatti a superare quel senso di indegnità e gli
scrupoli interiori che viveva, facendole capire che l’affidamento al Signore, che dà forza e vita, è sostegno essenziale perché ella scopra e attui una vocazione di vita. E così Benedetta, rinfrancata, sboccia e fiorisce spiritualmente, come si può constatare meditando proprio le lettere del 1962 e 1963.
L’agile volumetto può essere uno strumento utile per cogliere l’essenziale di Benedetta.
Ci auguriamo che molte persone lo possano debitamente apprezzare.
BENEDETTA BIANCHI PORRO, Nella fede la gioia. Testi scelti e presentati da ANDREA VENA, Edizioni Messaggero,
Padova, 2014, pp. 134.
12 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Benedetta: un canto di lode
A FORLÌ LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI MONS. VINCENZO ZARRI
di ISIDE GIAMBI
Sabato 11 gennaio 2014, alle
ore 10,30, presso il centro culturale San Francesco di Forlì, è
stato presentato Un canto di lode al Signore, l’ultimo libro sulla Venerabile Benedetta Bianchi
Porro, scritto da mons. Vincenzo
Zarri, vescovo emerito della
Diocesi di Forlì-Cesena.
In una sala gremita fino all’inverosimile, oltre all’Autore,
sono intervenuti il vescovo
mons. Lino Pizzi, il giornalista
Alessandro Rondoni, mons.
Quinto Fabbri parroco della Cattedrale, Emanuela Bianchi Porro
sorella di Benedetta e Liliana
Fabbri Selli presidente dell’associazione “Amici di Benedetta”.
Fra le espressioni usate dai
relatori per qualificare l’esperienza di Benedetta, le più frequenti sono state: vangelo della
Croce, della Luce e della Gioia;
cammino “passo a passo” verso
Dio; avventura umana, colta nella semplice quotidianità ma guidata dallo Spirito Santo, che
suggella l’opera del Padre e del
Figlio; coraggio di credere a Gesù – via, verità e vita – testimoniato dalla variegata corrispondenza epistolare della Venerabile
con persone di ogni età e luogo.
Il canto di lode innalzato a Dio
da parte di Benedetta, nel suo
letto di dolore e di sofferenza,
stupisce e sconvolge tutti coloro
che ancora oggi si avvicinano
alla sua spiritualità.
Ci fa rammentare una massima di uno scrittore della cultura
romana antica, Seneca, il quale
sosteneva: «Non est magnum ingenium sine aliqua mistura dementiae», ossia: “Non esiste una
Forlì – Una panoramica dei convenuti alla presentazione del volume di mons. Vincenzo Zarri
spiccata intelligenza senza un
pizzico di follia”. Tale massima
è valida anche nel campo morale. E ci fa ricordare che San
Paolo predicava ai Corinzi la
follia di Dio come più saggia
degli uomini: «Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli
uomini e ciò che è debolezza di
Dio è più forte degli uomini» (1
Cor 1, 25). Questo agire di Dio
si vede con stupore in Benedetta, una creatura sprizzante vita e
simpatia, la quale “sotto l’azione
forte e soave dello Spirito” abbraccia la sua croce e percorre
un “fulgido itinerario spirituale”.
«In un misterioso intreccio fra
natura e grazia», sottolinea inoltre mons. Zarri nel corso del suo
scritto, la Venerabile, umile e
paziente (l’umiltà e la pazienza
erano le virtù che più amava),
«si è unita fiduciosamente a Cristo per collaborare con Cristo alla diffusione del Regno di Dio»
nella sua breve ma intensissima
esistenza.
Sorprende nella Venerabile la
sua profonda capacità di ascolto,
perché – sosteneva – dobbiamo
assolutamente dimenticarci, per
condividere il dolore degli altri.
«La potenza di numerose affermazioni nei suoi scritti, miti,
delicati, coraggiosi, anche oggi,
a distanza di mezzo secolo, fa
sussultare», osserva mons. Zarri.
(Foto Conficoni)
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 13
Sirmione
Per il 50º anniversario dell’ascesa al cielo di Benedetta, il vescovo di Verona mons. Giuseppe Zenti ha presieduto il
23 gennaio 2014 alle ore 18, nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria della Neve a Sirmione, una solenne concelebrazione,
cui hanno partecipato 16 sacerdoti. Al termine del rito si è svolta una suggestiva processione con le fiaccole fino alla stanza
di Benedetta.
Il ricordo commemorativo di Benedetta a Sirmione è però iniziato nei mesi precedenti in modo esemplare, su iniziativa del
parroco don Evelino Del Bon che, ogni 23 del mese, ha promosso una riflessione su Benedetta basata sull’analisi di sue
lettere. Ne proponiamo due all’attenzione dei nostri lettori.
Meditazione di suor Maria Sponda
delle Povere Serve della Divina Provvidenza
NOVEMBRE 2013
Dalle lettere di BENEDETTA BIANCHI PORRO
all’amica Nicoletta
Non ho avuto modo di approfondire molto la vita di Benedetta, però posso dire di averla conosciuta ancora da giovane, nel
mio paese: Bosco Chiesanuova, nelle adunanze di Azione Cattolica, tenute da un sacerdote di San Giovanni Calabria, e suo confessore, il quale ci parlava di questa giovane che viveva con generosità straordinaria la sua malattia, per l’esempio di umiltà e di
accettazione del dolore che ella diffondeva attorno a sé. Una vita
breve, vissuta intensamente, tanto da arrivare in poco tempo alla
santità. E questo mi impressionava molto.
Oggi, Solennità di Cristo, Re dell’universo, la figura di Benedetta è molto significativa ed è di grande aiuto per comprendere
il mistero della vita e della sofferenza. Gesù è Re in modo inusuale, quasi incomprensibile alle nostre categorie. Dice infatti Lui
stesso: «Chi vuol essere il primo sia l’ultimo di tutti e servo di
tutti» e ancora: «Voi sapete che coloro che, sono considerati i capi delle nazioni, spadroneggiano su di esse; tra voi invece non deve essere così, ma chi di voi vuol essere il primo dovrà essere il
servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi
servire, ma per dare la sua vita in riscatto per molti» (Mc 10).
Gesù è re perché ci ha conquistato con la croce, per compiere
fino in fondo la volontà del Padre e portarci la salvezza. Ogni discepolo di Cristo ci assomiglia in qualche cosa.
Non è facile comprendere la sofferenza, così come l’ha saputa
accogliere Benedetta, se non per un dono speciale di Dio e del
Suo Spirito. Lei era una persona esuberante, amante della vita e
delle cose belle: desiderava vivere in pienezza per aiutare gli altri. Desiderava essere medico per “aiutare chi soffre”. Ma non si
è smentita, anzi...
Ma allora qual è il segreto che ha portato questa figura alla
santità?
Nel meditare le sue lettere mi sono fatta anch’io questa domanda. Leggendo la sua biografia si tocca con mano il lavorio
della Grazia che ha trovato in lei un cuore aperto e disponibile all’azione dello Spirito.
Nelle lettere a Nicoletta ho trovato alcuni punti che mi sembrano emergere, anche se ce ne sarebbero molti altri da prendere
in considerazione.
1) Accettazione della Croce. Scrive nell’ottobre del 1960: «Negli
stati più civili le persone apprezzano le virtù cristiane, ma appena arriva Gesù Cristo, la sua croce, tutti si dileguano. Tutti
tacciono».
Nella sofferenza spesso si è soli, anche perché la può comprendere, a fondo, solo colui che ne è coinvolto. Quando si
recò a Lourdes per chiedere la guarigione, scrisse: «Sono andata a chiedere la guarigione, ma il criterio di Dio supera il
nostro ed Egli agisce sempre per il nostro bene». La volontà di
Dio supera il nostro modo di giudicare la cose. Egli solo sa
quale sia il nostro vero bene. Ma la croce pesa sulle nostre
spalle e allora c’è solo la grazia del Signore che ci può aiutare.
Nel 1962 scrive: «Mi sento sola, stanca, un po’avvilita senza
molta pazienza. Il più doloroso è che non ho pace». Ma subito
aggiunge: «Il Signore comandò ai venti e al mare. E si fece
grande pace...». Paragona la sua vita al mare in burrasca. Pur
nella sofferenza più profonda, trova nella Parola di Dio il suo
conforto, la sua pace.
2) La volontà di Dio. Ecco come si esprime a questo riguardo.
«Com’è bello vedere la fedeltà del Signore: è meraviglioso:
come supera ogni ostacolo com’è tenera!». «Com’è vero che,
nell’amore, si crede tutto possibile: “Amor omnia vincit”».
Nell’amore tutto acquista dimensione più vera: in qualche modo si è sempre vincitori. Scrive ancora a questo proposito: «A
Dio offro tutti i fiori del mondo che sono, sotto il suo sole
sbocciati. Ripenso all’ultima ora e... se avrò paura, dirò senza
vergogna: – ho paura, Signore, fortificami». Benedetta, anche
davanti alla morte, trova la forza in Dio e non sì spaventa. E in
altra occasione esclama: «Come amo il Signore! Lui, che veramente mi ha sempre custodita. E tutte la volte che l’ho invocato è accorso ad aiutarmi».
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14 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
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3) La preghiera. Benedetta ha sempre pregato: lo esprime in tanti modi ed è nelle preghiera che attinge forza e coraggio per
andare avanti. Scrive: «Dio vuole che io speri sempre in Lui,
anche contro le apparenze». E chiede preghiera all’amica:
«Prega per me il 25 (maggio) Festa dell’Ausiliatrice». Ancora
a Lourdes così si esprime: «Ho sofferto molto freddo immergendomi (nell’acqua) ma in fondo alla vasca c’era una statuetta della S. Vergine ad aiutarmi». Descrive ancora i differenti modi di pregare: «Prego al pomeriggio con il Salterio e
con il messale; al mattino dico giaculatorie. Un tempo cercavo
Dio, ma mi agitavo come in un vestito troppo stretto. Ora va liscio». E si ricorda la frase del salmo: «Se il Signore non fabbrica la casa, invano vi faticano i costruttori». E in altra occasione aggiunge: «È vero che la vita in sé e per sé mi sembra un
miracolo e vorrei sempre poter innalzare un inno di lode a Chi
me l’ha data; come vorrei farti capire quello che provo!».
4) L’amicizia. Per Benedetta l’amicizia è sacra: la coltiva, ne gioisce; fa parte del suo vivere e scrive: «Sì, Dio ci dà il suo pane
spirituale attraverso gli altri: ho provato». E parlando della famiglia: «Soffriamo, ci vogliamo tutti bene. Che mistero è la
croce! Sono lieta perché ora so che la volontà di Dio è spirito». Il soffrire, assieme agli altri, diventa dono, scambio reciproco, fonte di unità e amore e concludendo: «Nicoletta, come
ti voglio bene per avermi dato il dono della fede!». Seppur sofferente è capace di incoraggiare gli altri nelle difficoltà: «Non
temere, Nicoletta. Dio dà la ricompensa che meritiamo. Che
importa la ricompensa dell’uomo? Lavoriamo per il suo Re-
gno. Serenamente. Basta». Anche qui c’è l’allusione al Regno,
al Regno che Gesù ha acquistato con la Croce: cosa potrà esserci di più grande e di più bello? Ricorda ancora un episodio
dei Fioretti di san Francesco dove si racconta che due frati si
sono incontrati e con un abbraccio, e senza parole, si sono
compresi. Infine ricorda all’amica l’impegno a lavorare per il
Regno: «Dobbiamo lavorare, noi che lo conosciamo, noi che
non siamo mai soli». Conclude questa raccolta di lettere a Nicoletta, manifestando la preoccupazione per il suo stato di salute, ma la supera come si supera una tentazione, e riconosce
che Dio ha fatto, in lei, grandi cose, così come era avvenuto
con Maria, per essersi fidata di Dio. «Qualche volta, Nicoletta,
mi rattristo perché mi pare che così nel mio stato, io non sia
più utile a nessuno, allora vorrei che avvenisse “l’Incontro”.
Ma forse, queste, sono tentazioni. Perché sai, Nicoletta, io più
vado avanti, più ho la certezza che “grandi cose ha fatti in me
Colui che è potente” e l’anima mia magnifica il Signore».
Benedetta ha davvero aiutato tutti col suo esempio e col suo
sacrificio. Anche se non ha potuto esercitare la professione di medico per “aiutare chi soffre” ha saputo trascinare tanti giovani a
riflettere sul vero senso della vita.
Oggi la consideriamo nella gloria, dove gioisce assieme al suo
Signore. Concludo queste brevi riflessioni con una canzone, tolta
dallo spiritual negro, che spesso canticchiava: «Una mattina luminosa e bella / deporrò il mio fardello / aprirò le ali, attraverso i
cieli. / Potrete seppellirmi all’est, /potrete seppellirmi all’ovest,
/ma io sentirò quella mattina / le sacre trombe suonare».
Meditazione di suor Grazia Papola
delle Orsoline di San Carlo
DICEMBRE 2013
Dalle lettere di BENEDETTA BIANCHI PORRO a Franci
Le lettere scritte all’amica Franci sono sei e datano dall’aprile
1963 al gennaio 1964. Il curatore della raccolta le definisce «fra
le più drammatiche lettere scritte da Benedetta negli ultimi tempi.
A lei infatti Benedetta manifesta i dubbi, le prove tormentose, le
tentazioni che furono il calvario più vero, prima della illuminazione totale».
In effetti, numerose espressioni alludono a questa situazione di
angoscia, consegnata da immagini e parole non convenzionali che
restituiscono una esperienza sfaccettata, pervasiva, fisica e intima
di dolore. Benedetta scrive di boccheggiare, di sentirsi sbalestrata, senza sostegno, di brancolare nel buio, parla della speranza
che sbiadisce, di un infinito senso di dolore e di angoscia, della
notte buia dei suoi faticosi giorni, della tristezza della sordità,
della più buia delle solitudini, di giorni tutti uguali, della paura di
perdere Dio...
Ma non si tratta solo di uno sfogo, né di un lamento esclusivo.
Benedetta vive tutto questo non chiusa e ripiegata su se stessa,
ma facendo diventare il buio lo spazio della ricerca, della invocazione, dell’incontro con il Signore tanto amato.
Dalle sue parole noi percepiamo una mancanza profonda che si
apre al desiderio della vita: «Ho bisogno di vivere, di sentire che
Dio vive in me». È una vita che non può essere sostituita da qualcosa d’altro, che non si può ottenere da se stessi e che è chiesta a
Dio. In fondo, in queste parole, ciò che Benedetta domanda è Dio
stesso. Lei desidera udirlo, vederlo, sentirne la presenza: Lui solo
Foto Amati
può rispondere a questo appello che sale dal luogo in cui questa
donna si scontra con le proprie debolezze, con la propria finitudine, con il male e, finalmente, con quella che a tratti le pare essere l’assenza di Dio: «E mi riscopro ancora così povera, così vuota, da non aver nient’altro da donargli che il mio silenzio. E taccio, quasi fossi sola in mezzo ai viventi e non sapessi più neppure dire: “Padre nostro che sei nei cieli, ascoltami”».
Ciò che sostiene essenzialmente la sua richiesta è la fede in un
Dio dal volto di Padre, che si è impegnato e si è legato all’uomo.
Noi avvertiamo che Benedetta, lasciando questa testimonianza,
ha vissuto e ha attraversato una prova, e proprio da questa condi-
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 15
Non dimentichiamo
che sono proprio i santi
che mandano avanti
e fanno crescere la Chiesa.
Che entrambi questi nuovi
santi Pastori del Popolo
di Dio intercedano per la
Chiesa affinché,
durante questi due anni
di cammino sinodale,
sia docile allo Spirito Santo
nel servizio pastorale
alla famiglia.
Che entrambi ci insegnino
a non scandalizzarci
delle piaghe di Cristo,
ad addentrarci nel mistero
della misericordia divina
che sempre spera,
sempre perdona,
perché sempre ama.
Papa Francesco
zione, in cui ha sperimentato la perdita della salute del corpo, lo
scivolare inesorabile dei giorni, l’impotenza radicale, alza la sua
voce. Può parlare perché le è successo qualcosa, che permette di
poter parlare a tutti, ed è convinta che nel e dal dolore possa pregare sicura che ci sia un Dio a cui può rivolgersi, e nella certezza che questo Dio non può restare inerte ma interviene.
Così, mentre esprime la mancanza e lo sgomento che la sua
condizione provoca, Benedetta esprime anche la fiducia nell’Unico Signore che può salvare e insieme il desiderio di vivere e della presenza di Colui al quale rivolge la richiesta di salvezza.
La testimonianza del suo vissuto e la preghiera che vi si intreccia appaiono la modalità credente attraverso cui Benedetta,
che sperimenta su di sé le varie forme di fragilità, assume la vulnerabilità della sua condizione, per quanto essa possa essere percepita come mortale, e ripone la sua fiducia e la sua speranza in
Dio.
La risposta al male, infatti, non è teorica, ma è una nuova esperienza di Dio, di cui questa donna punteggia le sue lettere. Scrive
infatti: «Ma Dio mi aiuterà, perché sa che io esisto»; e in un’altra lettera: «Dentro di me, ho sentito ancora la voce del Padre.
Assetata sono corsa a farmi confortare. Era lui. L’ho risentito!
L’ho ritrovato, Franci, che sollievo! Con Lui mi sento di poter
camminare lontano, in capo al mondo se lui vorrà. Io non voglio
pause; non desidero soste; ho ritrovato il Signore, ho risentito la
sua voce, ed è stato dolcissimo il colloquio, così soave». E ancora: «Mi sono sciolta nella tenerezza, perché Lui mi teneva per
mano».
Allora, sì, queste lettere attestano i giorni tormentati, ma consegnano anche e inscindibilmente un percorso di speranza.
La speranza non è, infatti, facile o ingenuo ottimismo, non è
incapacità di riconoscere la faticosa realtà e la pesantezza del vivere, non è falsa rassegnazione davanti al presente in attesa di un
futuro migliore; al contrario, è un atteggiamento del cuore, una
virtù profondamente sapienziale, poiché vuol dire sapere e riconoscere dove o meglio in chi è piantata la nostra vita. L’unico
evento che permette davvero di sperare è il fatto che Dio si è fat-
to uomo in Gesù e che questa sua decisione è stata senza ripensamenti, senza dubbi, fino alla morte in croce e alla risurrezione.
La speranza di Benedetta è un atteggiamento assolutamente attivo, è innanzitutto fede fiduciosa, resistenza e pazienza, non perché sostiene una stoica sopportazione delle avversità, ma perché
alimenta il coraggio e consente di affrontare qualunque situazione
nella certezza della benevolente dedizione di Dio alla causa degli
uomini.
La speranza è perciò il contrario della paura, che è figlia di
quella disperazione che assale tutte le volte che si ripone l’attesa
in se stessi o in ciò che si crede possa salvare la nostra fragile esistenza.
La speranza di Benedetta è anche responsabilità e vigilanza: è
la risposta che ci permette di anticipare, nelle azioni e nei gesti
quotidiani, il senso ultimo e vero della vita e della storia che è dato, appunto, dalla fedeltà e dalla dedizione del Padre all’uomo
manifestata in modo pieno in Gesù. Essa allora ci permette di vivere ogni evento, ogni relazione con una profonda apertura verso
ciò che supera l’aspetto banale e comune delle cose, in un continuo esodo da noi stessi e in un reale affidamento a Colui che è oltre ciò che i nostri occhi possono vedere.
Scrive Benedetta: «...il mio compito è di amare la sofferenza
di tutti quelli che vivono o vengono attorno al mio letto e mi danno o mi domandano l’aiuto di una preghiera». E ancora: «E mi
sono detta: ora che siamo in comunicazione con gli altri tutti, ora
dobbiamo ascoltarli e dimenticarci. E se avrai per un istante
paura, dirai senza vergogna: “Ho paura, e Dio ti fortificherà”».
Per questo, la speranza di Benedetta è anche generosa disponibilità nei confronti del futuro, lontana da ogni previsione catastrofica, aliena dalla serpeggiante disillusione e dalla delusione
che chiude il cuore: «Dio benedica tutti voi, fratelli miei, e vi
conceda giornate laboriose di fede».
Questo vuol dire che la speranza è continuo stupore che, consentendo di abbandonare i criteri e le misure usate rigidamente
per fissare ciò che giusto e conveniente, fa accogliere Colui che
viene e la modalità che ha scelto per venire.
16 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Eventi a Sirmione per Benedetta
di MAURIZIO TOSCANO
Nel suo intervento di presentazione allo spettacolo in
omaggio a Benedetta andato in
scena al PalaCreBerg di Sirmione lo scorso 8 marzo, la sorella Emanuela ha passato brevemente in rassegna alcune testimonianze di persone che
hanno avuto occasione di conoscere la Venerabile nel 50º
anniversario che ricorre quest’anno. Anniversario che vede
coinvolti in modo entusiastico
molti centri, in particolare
quelli di Forlì e Dovadola, in
Romagna, dove Benedetta nacque e mosse i primi passi, e
Sirmione, cittadina turistica sul
lago di Garda dove crebbe e
morì.
Emanuela ha parlato di un
uomo che le ha fatto osservare
che «con la sofferenza, le persone normalmente si chiudono
in sé, o diventano scontrose,
mentre Benedetta ci ha insegnato che anche nel dolore ci si
può aprire al senso della vita».
A questo punto, ha rivelato
sempre Emanuela davanti ad
una sala gremita in ogni ordine
di posti, è stata effettuata una
rapida ricerca di alcuni scritti
che il suo “cuore aveva dimenticato”.
E sono saltate fuori alcune
lettere significative, scritte nel
gennaio 1961 e tra maggio e
settembre 1963, dalle quali, sono ancora parole di Emanuela,
«sono emerse risposte all’in-
Ned Ensemble
quietudine dell’anima che noi
stessi a volte, o spesso, ci provochiamo da soli o l’un l’altro».
In parole povere, Benedetta
ci ha amati fino alla fine e questo straordinario suo messaggio ce lo ricorda ogni volta che
ci avviciniamo alla sua storia.
Emanuela ha, quindi, concluso dando lettura di un messaggio che Umberto, amico di
Benedetta, lasciò poco prima
che lui morisse: «Cara Benedetta, io sono nato e rimarrò
sempre una grossa testa di rapa. Però, quando sento la vicinanza di creature come te, vorrei essere capace di infinita
dolcezza, per sciogliere il dolore che ti tormenta. Ma la rapa
che c’è in me mi limita e mi
blocca. Tuttavia, ti bacio le
mani con tutta la possibile tenerezza di quanto hai sofferto
in silenzio per te, per noi, per
tutti».
Dopo questo prologo assai
toccante, si è alzato il sipario
sullo spettacolo che, ancora
una volta, ha richiamato al Palacongressi di Sirmione la folla
delle grandi occasioni, al quale
non hanno voluto mancare gli
amici dell’associazione di Forlì
e Dovadola, guidati dalla presidentessa Liliana Fabbri, accompagnata a sua volta da don
Alfeo Costa e don Enrico Casadei (segretario del comitato
della diocesi di Forlì-Bertinoro
(Foto Conficoni)
Luciana Savignano con il sindaco di Sirmione.
per le celebrazioni del 50º).
Presenti, inoltre, a Sirmione il
parroco di Sirmione-centro
mons. Evelino Dal Bon e quello di Colombare don Francesco, quindi il sindaco Alessandro Mattinzoli, il consigliere
delegato della società Terme di
Sirmione, Silvio Valtorta, ed
altre autorità e sponsor.
La serata ha visto l’esibizione dell’orchestra Ned Ensemble diretta dal maestro Andrea
Mannucci con la direzione artistica di Franco Masseroni, impegnata nell’esecuzione di celebri brani tratti dalle colonne
sonore di indimenticabili film.
Ma il momento clou dello
spettacolo è stato sicuramente
il balletto Tango di luna che ha
visto la partecipazione straordinaria della grande ballerina
milanese Luciana Savignano,
ètoile dal 1972 al Teatro alla
Scala, e del suo partner Matteo
Bittante, entrambi esibitisi a titolo gratuito, impegnati in
Oblivion di Astor Piazzolla e
Androgine del gruppo canadese
Quartango, su coreografie di
Susanna Beltrami.
(Foto Conficoni)
Ma il programma degli eventi messo in cantiere dagli
Amici di Sirmione prevede un
secondo appuntamento: una
grande mostra espositiva di oltre venti maxi pannelli che ripercorrono la vita di Benedetta, nelle sale del prestigioso
Palazzo Callas, concesso gratuitamente (al pari del PalaCreBerg) dall’amministrazione comunale di Sirmione.
La mostra verrà aperta il
17 ottobre. In un’apposita sala,
inoltre, verrà proiettato a ciclo
continuo il docu-film Oggi
grazie. Un giorno con Benedetta Bianchi Porro della durata di 30’ circa, firmato dal regista Franco Palmieri e realizzato a cura della diocesi di ForlìBertinoro. Anche l’ingresso alla mostra sarà gratuito e chiuderà i battenti il 2 novembre.
Le manifestazioni di Sirmione hanno avuto una vasta risonanza sui mass media locali e
nazionali.
Anche Rai 3 si è occupata di
Benedetta mandando in onda
un accurato servizio lo scorso
28 marzo.
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 17
Da Ostuni...
PER INCONTRARE BENEDETTA...
E TANTI AMICI
«Ogni ritorno non è mai uguale». Così ha dato inizio al suo saluto il Cardinale Angelo Comastri, nella celebrazione del 50° anniversario della morte di Benedetta Bianchi Porro, ricordando
quanto aveva vissuto nei suoi passati “ritorni” alla Badia di
Sant’Andrea. Così è stato per noi.
Quante volte siamo andati a Dovadola, ma anche per noi questo ritorno è stato diverso.
Superando varie difficoltà, siamo partiti perché non volevamo
mancare ad un appuntamento così importante. Con noi avevamo
anche, per la prima volta, i figli dello scultore Francesco Bagnulo che, all’inizio dei nostri incontri in Ostuni con la nostra cara
Anna Cappelli, si era lasciato talmente toccare dalla storia di Benedetta, da dare vita a due Opere: Benedetta Bambina, posta ora
nell’atrio della Scuola elementare di Dovadola, intitolata proprio
a Benedetta, e la Madonna della Gioia che si può ammirare, nella sua bellezza ed eleganza, visitando il Museo che raccoglie
scritti, oggetti e testimonianze di Benedetta e dei suoi Amici, tra
cui i vari capi di fine ricamo donati dagli Amici di Ostuni. È stato bello per noi ritornare in quei luoghi e rivedere quelle opere.
Il momento che abbiamo tuttavia vissuto con maggiore intensità, è stato proprio quello della Celebrazione. C’era ovunque
un’aria di festa, un clima di grande ascolto che favoriva l’incontro anche tra chi non si era mai incontrato prima. Il sole che illuminava il cielo terso, dopo una giornata di temporale e di pioggia,
sembrava partecipare alla nostra gioia, quasi “un dolce segno”,
come il Cardinale l’ha definito. A sera, in albergo, abbiamo vissuto un momento di intensa e sincera comunicazione, godendo
anche della presenza dei carissimi Gianfranco Amati e Gian Paolo Tonelli. Abbiamo ripercorso i punti salienti dell’Omelia e ci
siamo soffermati su alcuni passaggi.
Dovadola – Attorno a Benedetta bambina di Francesco Bagnulo
famigliari del Maestro e gruppo di Ostuni
«La vita di Benedetta è un canto di gioia, un magnificat intonato nello sfacelo del corpo devastato dalla malattia… perché
Cristo ha il potere di contagiare di gioia il cuore umano anche in
mezzo alle prove più terribili». E ancora: «Il momento decisivo
per Benedetta? … le umiliazioni non la rendono umiliata e ribelle, ma umile. E l’umiltà la rende vittoriosa. Infatti tra noi e Dio
c’è soltanto la distanza di un muro: il muro dell’orgoglio. Se cade questo muro Dio ci inonda di gioia. Benedetta ha fatto cadere
questo muro e in lei prodigiosamente è esplosa la gioia».
La nostra conversazione ci ha portato a riflettere sulla nostra
vita, sul bisogno di essenzialità, di verità, di gioia e sul dono dell’amicizia che Benedetta ci fa ogni giorno riscoprire e vivere.
Naturalmente, al ritorno, non potevamo tenere solo per noi una
esperienza così bella e coinvolgente e, in due incontri diversi, abbiamo proiettato per tutti i nostri Amici, il documentario Oggi
Grazie e il video della stessa Celebrazione che, con grande cortesia, Teleromagna ci aveva fatto pervenire. Ora continuiamo a
camminare portati per mano dalla nostra cara Benedetta e facciamo in modo che il suo messaggio di vita inondi di luce e di bellezza ogni aspetto della vita umana nel nostro tempo.
Teresa Legrottaglie per il Gruppo di Ostuni
Da Pieve Torina NUNZIATINA, UN DONO PREZIOSO
La nostra cara amica Nunziatina Fede per più di venti anni
ha ospitato con amore ed entusiasmo il nostro gruppo di corsisti
(movimento ecclesiale dei Cursillos di cristianità) di Pieve Torina, Pievebovigliana, Visso.
Questo entusiasmo crebbe ancor più forte in noi dopo l’incontro con la nostra Venerabile Benedetta, grazie alla quale il
gruppo si è consolidato dietro la sua guida ed il suo esempio, facendoci comprendere meglio il valore dell’amicizia fondata sull’amore di Cristo.
Questi nostri incontri, insieme ai sacerdoti don Pietro Furiassi e don Italo Scoccia, che in questi anni ci hanno accompagnato e guidato nel nostro cammino di fede, hanno continuato fino
a luglio del 2013, quando lei con grande sofferenza ci comunicò
che, a causa della sua grave malattia, sentiva il bisogno di ritirarsi alla casa di riposo di Pieve Torina, la stessa “casa” che
negli anni passati insieme ad altre volontarie aveva frequentato
per portare preghiera, sollievo e quel sorriso indelebile sul suo
volto a tutti i cari ospiti che nel tempo si alternavano là dentro
fino alla conclusione della loro vita. Nella sua casa si respirava
sempre un’atmosfera di gioia, allegria, accoglienza e generosità
che si è concretizzata in belle iniziative come l’adozione di alcuni bimbi nel Perù, che abbiamo sostenuto nel loro percorso di
studi ed il “letto in Uganda” che permette di aggiungere ogni
anno un nuovo letto nell’ospedale del Lacor a ricordo di Bene-
detta e dei coniugi Corti. Di
Benedetta era così innamorata
che aspettava sempre con
gioia l’arrivo de “l’annuncio”
e, anche quando non poté più
partecipare ai nostri pellegrinaggi a Dovadola, era solita
chiedere notizie della giornata
vissuta vicino ai fratelli e agli
amici di Benedetta. Sapendo
dell’amore per Lei, i suoi nipoti Domenico e Tatiana proposero senza esitare che le offerte raccolte durante le esequie venissero donate per la nostra Venerabile e la sua causa. Ultimamente si rivolgeva a Benedetta con questa piccola giaculatoria “un ditino Benedetta, un ditino”, perché
l’avesse sostenuta ed aiutata ad affrontare con dignità la sua malattia e, come Benedetta, aveva fatto della sua cameretta nella
casa di riposo una meta di visite e di incontri di noi sue carissime amiche che ci alternavamo continuamente intorno al suo letto, dove attingevamo serenità e forza. Grazie Nunziatina, ci hai
insegnato un po’ anche come morire. Ora, tu e Benedetta pregate tanto per noi. Arrivederci.
Graziella Aquili con Federica Santini
per il Gruppo Amici di Benedetta dell’Alto Maceratese
18 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Ricordo di Anna Cappelli
di EMANUELA GHINI
L’ultimo dei pochi anni scolastici nei quali insegnai storia della filosofia in licei e magistrali si svolse all’Istituto Magistrale di
Forlì. In precedenza avevo insegnato a Bologna, ad eccezione di
un anno a Cortona (Arezzo), in un istituto scelto per essere vicina, con un collega cortonese, al comune maestro umbro, il filosofo Teodorico Moretti-Costanzi. Ne ero stata discepola, ed ero
assistente volontaria alla cattedra di filosofia teoretica che egli
occupava nella Università di Bologna.
L’incontro esistenziale con Cristo nel suo Vangelo, nella concretezza del suo mistero di morte e risurrezione, avvenuto poco
dopo la nomina ad assistente straordinaria alla stessa cattedra, mi
perciò il primo posto disponibile fuori dalla mia città. Mi trovai
così a Forlì.
Iniziai il mio lavoro, attenta a seguire la mia regola: nessun
nuovo rapporto, massima sobrietà nelle relazioni con i colleghi,
vita appartata, lontana da ogni mondanità.
Anna Cappelli insegnava lettere nella mia stessa sezione. Immediatamente – aveva pochi anni più di me – cercò di avvicinarmi, ma con garbo evasivo mi rendevo irreperibile. Appresi dagli
studenti che Anna li interpellava circa la laconica austerità dell’insegnante di filosofia. L’esito dell’indagine la sconcertò: era la
più allegra e spiritosa dei loro prof!
Anna non si perse d’animo, si mostrò subito tenace e volitiva:
cominciò a cercare di catturarmi in ogni modo... Senza esito.
Ma alla fine dell’anno scolastico il preside dell’Istituto chiese a
tutti gli insegnanti giovani una lezione-conferenza, nella disciplina propria di ognuno, a tutte le ultime classi: erano centinaia di
ragazzi. Scelsi come argomento un aspetto dell’esistenzialismo,
non immaginando che in prima fila, davanti agli studenti, ci sarebbero stati tutti i colleghi, Anna Cappelli compresa.
Trattai il mio tema. I miei ragazzi, veramente capaci e molto
impegnati, abituati al nostro dialogo – alla maturità, quando mi
ero già congedata dalla scuola, la media della classe in filosofia
sarebbe stata otto e mezzo – manifestavano nei confronti dei
compagni delle altre classi una comica sorta di fierezza nei miei
confronti. In verità il nostro rapporto era magnifico e ricevevo da
loro molto più di quanto cercassi di dare, liberando le loro potenzialità inespresse e aprendoli alla bellezza della vita anche nelle
sue pagine aspre. Alla fine Anna mi si avvicinò quasi tremante e
mi disse che in ogni modo doveva parlarmi. Il tono era perentorio e insieme supplice.
Chiesi e ottenni una deroga alla mia regola. Ci incontrammo a
casa sua. Mi raccontò la sua vita bella, gli affetti, i sogni. Era piena di un’energia segreta che pareva aspettare la dimensione nella
quale orientarsi, il luogo dove espandersi. Sembrava in attesa. Mi
chiedevo dove potesse approdare con le qualità di cui era ricca e
l’ardore che l’abitava.
Mi fece conoscere sua madre e i due fratelli. Sarebbero stati
i miei unici amici a Forlì. Non le dissi l’orientamento della mia
vita.
Iniziò così il nostro rapporto. Sarebbe continuato per tutta la
vita di Anna Cappelli.
Anna Cappelli
(Foto Caramia)
orientò fin da subito alla vita monastica, o piuttosto mi mostrò
che tutta la ricerca vissuta era finalizzata ad essa.
Lasciata la collaborazione con il maestro che aveva il progetto
di portarmi a quello che oggi è il dottorato di ricerca, iniziai a
prepararmi all’ingresso al Carmelo, con l’aiuto e l’assidua frequentazione della nascente comunità monastica di don Giuseppe
Dossetti.
Desideravo stare fuori dalla famiglia, per lenire ai miei cari il
dolore del distacco. Dovevo seguire una disciplina di vita suggerita dal sacerdote, in seguito vescovo, che mi guidava. Accolsi
Anna era bella, innamorata della bellezza, profondamente buona. Mi raccontava che quando era piccola un anziano sacerdote
della città le diceva: «Sei la bimba più buona di Forlì!». Qualche
volta il suo entusiasmo e l’indole generosa l’inducevano a eccessi di benevolenza e perfino alla prodigalità. Anche nella valutazione delle persone poteva prendere abbagli. Era uno spirito grande e gentile, sempre disposto ad aiutare gli altri, a volte in modo
eccessivo, incurante dei rischi che poteva correre.
Era affamata di verità. Lamentava di essersi laureata, dopo che
in lettere, in filosofia, in una Università allora carente di veri
maestri. M’interrogava con grande interesse sui docenti di Bologna, sui nostri corsi rigorosi e ardui, ma capaci di dare un’autentica formazione umana. Apprendeva con rimpianto e quasi nostal-
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 19
nella gioia. Diari, lettere, pensieri di Benedetta Bianchi Porro
(Milano, Corsia dei Servi, 1968) la folgorò. Sapere che Benedetta era nata a Dovadola (Forlì) e aveva abitato anche nella sua
città l’intrigava: voleva e doveva conoscere tutto di lei.
Entrò in questa avventura con tutta se stessa, con un entusiasmo commovente e un ardore contagioso. Aveva trovato il fine
della sua vita buona: far conoscere Benedetta e il suo messaggio
cristiano alla massima possibile ampiezza.
Cominciò a organizzare celebrazioni, incontri, conferenze, a
invitare a occuparsi di Benedetta giornalisti, scrittori, artisti, religiosi, vescovi, cardinali... Mi comunicava ogni incontro, scoperta.
Nel 1974 diede vita alla “Associazione Amici di Benedetta”.
Nel 1976 a “l’annuncio”, notiziario dedicato a Benedetta. Mi tormentò fino a costringermi a scrivere un breve ritratto di lei, semplici appunti. Pubblicato da Rizzoli (1984), Vivere è bello fu però
l’inizio di una conoscenza maggiore di Benedetta e di innumerevoli pubblicazioni a suo riguardo. Mi chiese poi se una consorella miniaturista poteva fare un ritratto di Benedetta. Il risultato,
davvero suggestivo, l’incantò.
Il resto è storia di Anna e di Benedetta, di loro sole.
gia, lamentando di aver studiato, secondo programmi poco esigenti, su sintesi o corsi monografici, che i nostri esami comportavano la lettura della Metafisica di Aristotele, delle tre Critiche di
Kant, di Essere e tempo di Heidegger... In particolare l’affascinava il nostro studio dei Padri e dei dottori cristiani.
Negli ultimi mesi di scuola – sapeva che costituivano per me la
fine di un servizio – mi fu sempre vicinissima, con discrezione
delicata. Mi guidava a conoscere le bellezze di Forlì. Le passeggiate e le visite erano lo sfondo di dialoghi sul pensiero umano, le
sue domande e le possibili risposte, il Cristianesimo nei suoi
grandi maestri, i grandi cercatori di Dio nelle religioni, nella letteratura, nell’arte...
Alla chiusura delle scuole dissi ad Anna che pochi mesi dopo
sarei entrata in monastero. Le chiesi il silenzio con tutti: ero molto insicura di riuscire a superare le difficoltà della vita carmelitana, all’epoca molto dura per la mia fragile costituzione fisica.
Anna soffrì moltissimo a un annuncio che pure aveva in qualche misura previsto: non fu facile assicurarle una presenza diversa ma certa, che infatti si manterrà indefettibile lungo tutta la sua
vita.
Non ricordo il nostro addio, ma un anno dopo il mio ingresso
in monastero Anna era tra i pochissimi amici presenti con i miei
familiari alla mia vestizione. Pianse per tutta la durata della celebrazione. Ero sicura che avrebbe trovato presto la sua strada e
glielo dissi. Avremmo camminato insieme nelle vie solo apparentemente diverse dove Dio ci chiamava.
Dire l’amore, le premure, l’interessamento di Anna da quando
fui in monastero è impossibile. La regola mi difendeva, per così
dire, dagli eccessi della sua bontà, effusa però in lettere frequenti
e in visite, anche con qualche sacerdote amico.
Non rammento quando mi annunciò il suo incontro con il libro
di Davide Maria Turoldo dedicato agli scritti di Benedetta. Siate
Convegni, commemorazioni, acquisti di case per accoglienza
di visitatori dei luoghi di Benedetta, moßstre, musei, filmati... Anna si spendeva in tante direzioni, infaticabile e gioiosa. Testarda
in modo irriducibile, assolutista, il garbo e la grande dolcezza le
conquistavano stima e affetto, facevano cadere resistenze che
sembravano invincibili. L’ostinazione propria del suo carattere e
la tenerezza verso tutti le causarono anche disavventure e danni,
senza però annebbiare la sua mitezza serena.
Amava i più piccoli, i poveri, i sofferenti. Benedetta è stata per
lei via privilegiata al mistero cristiano. Ne conosceva a memoria
quasi ogni parola, l’annunciava ovunque, osava interpellare
chiunque pur di evangelizzare Benedetta. Spesso con disagi e sacrifici. Nativamente elegante, dimenticava se stessa per viaggiare
carica di libri di Benedetta da donare. Li spediva personalmente,
a decine di pacchi, in tutto il mondo. Ha seguito la traduzione di
Oltre il silenzio, il libro di Benedetta da lei curato e più diffuso,
in 23 lingue: anche in russo, giapponese, cinese, croato, arabo,
ebraico, turco, thailandese, maltese, swahili, esperanto... Rispondeva a ogni lettera, e ne riceveva a fasci.
Intelligentissima, Anna aveva un tratto ingenuo, non sprovveduto, che conquistava. Per questo non era difficile approfittare
della sua disponibilità, e persone senza scrupoli l’hanno fatto. Ma
tantissimi hanno ricevuto da lei, tramite Benedetta, il dono di una
parola di speranza, di consolazione, di Vangelo. La frequentazione assidua degli scritti di Benedetta, l’ammirazione più che fraterna nutrita per lei l’hanno orientata a un amore sempre maggiore non solo della sua amata sorella, ma della parola di Dio che
questa giovane martire cristiana ha vissuto e irradiato. Nell’ambito di una Chiesa domestica costituita da familiari e amici, generosi nella volontà di sostenerla e onesti nel riconoscere che ne
erano sostenuti.
Quando la grave malattia colpì Anna e la diagnosi fu subito allarmante, potei seguirla in ogni passaggio mediante il fratello e la
cognata più vicini. Mi scriveva che stava bene, era sempre piena
di iniziative.
La serenità e la pace con le quali accolse il suo progressivo
inarrestabile declinare sono state per i suoi innumerevoli amici,
soprattutto per i fratelli e l’amatissima cognata Stefania, una forte e dolce testimonianza cristiana.
20 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Lettera a Benedetta
23-25 gennaio 2014
50° anniversario della tua “entrata nella vita”
Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?
Alzerò il calice della salvezza, e benedirò il nome del Signore
Carissima Benedetta,
le parole del Salmo 115, che mi vengono spesso in mente quando
voglio elevare un inno di lode a Dio, si adattano bene ad iniziare
questa testimonianza che vorrei offrire su di te mentre chi ti ha
conosciuto in vita e chi ti ha incontrato e amato dopo la tua entrata nella vita, si appresta a celebrare i 50 anni dal tuo incontro
con il Signore.
Mi unisco anch’io a questo canto di lode per ciò che tu sei stata
e continui ad essere per chi ti ha conosciuto allora e per chi, come me, ti incontra oggi, 50 anni dopo.
Se ricordi il mio rapporto con te era iniziato fra la fine del 1995
e il 1996, quando un autentico uomo di Dio, il Card. Angelo Comastri, parla di te in una serie di trasmissioni radiofoniche in onda su una radio Rai.
Quelle meditazioni mi colpiscono, e decido di approfondire la tua
conoscenza. L’occasione mi capita nel marzo 1996, quando un
malessere di stagione – quanto mai benedetto in quel momento! –
mi costringe, nella settimana dal 10 al 17 marzo, a casa, e chiedo
perciò a mio padre di comprarmi un libro che parli di te, non
avendo però indicazioni in merito. Senza saperlo mio papà mi
porta a casa la migliore biografia allora in circolazione, in fondo
alla quale trovo l’indirizzo di chi diffonde la conoscenza della tua
figura. Dopo aver divorato quella biografia in quella settimana
del marzo 1996, scrivo a questo indirizzo, chiedendo materiale
che mi viene mandato subito, e così anche tu inizi ad abitare nella mia vita.
Un incontro come quello con te non può rimanere nascosto, ed
ecco che allora la meditazione delle tue lettere diventa diario quotidiano soprattutto nell’anniversario della tua morte, a partire dall’anno seguente.
Ti ho letto, ti ho subito fatto entrare nella mia vita, ma mi mancava una cosa, il perfezionamento del nostro incontro attraverso
una sosta orante nei due luoghi cardine della tua vita (nel frattempo conosco la tua carissima amica Maria Grazia). Nell’estate
2002, dopo che tu mi hai fatto il dono incredibile di Mariella di
Merate, e dopo che ho sostato a Sirmione, luogo della tua sofferenza, ma anche luogo del tuo intenso cammino di fede riversato
nelle lettere che da lì partivano, dirette all’universo che ti circondava e che ti ha accompagnato fino alla tua entrata nella vita, riesco ad approdare a Dovadola, nella settimana in cui fra l’altro ricorreva l’anniversario della tua nascita terrena. Nel 2003 incontro
l’uomo di Dio che mi ha parlato di te, e inizia un rapporto che
dura ancora oggi.
Ripenso alla sosta a Sirmione, e a quella a Dovadola. Come dimenticare i momenti di preghiera nella tua stanza, stanza di dolore diventata, per chi la frequentò allora e per chi la visita ancora
oggi, stanza di speranza, stanza di ascolto del tuo messaggio? Come dimenticare le soste, in quella calda settimana di agosto, alla
tua tomba, dove, nei Rosari meditati, ascoltavo la tua parola, e invocavo, accompagnato da te, la Vergine Santa, quella Vergine che
ti aveva fatto a Lourdes la grazia di capire – sembra un paradosso, in questa società dove regna, per usare parole di Papa Francesco, la cultura dello scarto – la ricchezza del tuo stato?
Nel tempo sei così diventata e sei ancora oggi una delle presenze
forti della mia vita spirituale, una sorta di maestra spirituale, che
ancora oggi continua ad abitare nella mia vita.
Signore, apri le mie labbra,
e la mia bocca proclami la tua lode (Salmo 50)
Sì, Benedetta, la mia bocca proclami la tua lode, per ciò che sei
stata, per ciò che continui ad essere per chi ti ha incontrato e ti incontra.
La mia bocca proclami la lode a Dio per le grandi cose che ha potuto operare in te, grazie alla tua disponibilità, magari sofferta,
ma costante, a lasciarti lavorare da Lui come la creta che si lascia
lavorare, modellare dal vasaio.
La mia bocca proclama la lode a Dio anche per la Giornata di
Grazia vissuta il 25 gennaio a Dovadola, dove non ero più tornato da quell’estate del 2002.
Il 25 gennaio scorso, mi è stato dato di incontrarti di nuovo.
Anche il ritardo con cui siamo giunti a Messa è stato provvidenziale, in qualche modo, perché, nell’ambito dei posti riservati che
ci erano stati tenuti, io sono capitato vicinissimo a quella cattedra
che oggi è la tua tomba come fino alla morte furono la poltrona e
il letto. Ho potuto così osservare da vicino il momento finale della Messa, la preghiera prima silenziosa, in ginocchio, poi pubblica, recitata assieme all’assemblea, del Cardinale Comastri, il quale, nell’omelia, mi ha fatto rivivere l’emozione di quel primo incontro di diciotto anni fa, con quel suo modo appassionato di parlare di te. Non ho potuto salutarlo, come altre volte, ma questa
emozione è la Grazia che mi porto da questa giornata.
Ti ho poi incontrato personalmente, al termine del rito, sostando
presso la tua tomba, ormai cattedra di speranza... come non rivivere la Grazia di quell’estate 2002, quando, con Anna Cappelli e
gli ospiti allora presenti, recitavamo spesso il Rosario meditato
con i tuoi pensieri.
Ti ho incontrato, infine, nel cortometraggio visto nel rientro a Milano.
Nella storia di quella donna, rimasta appiedata a Dovadola, proprio a Dovadola (non hai detto forse tu che per chi crede tutto è
segno?) ho rivissuto la mia storia, l’emozione del primo incontro
di diciotto anni fa, il lasciarsi interpellare dal tuo messaggio, il
desiderio di incontrarti meglio e, dopo il nostro incontro, di comunicare la Grazia dell’incontro con te a tutti...
Carissima Benedetta,
grazie per essermi stata accanto in tutti questi anni. Davvero «il
Signore ha legato le nostre vite per sempre con misteriosi, ineffabili legami d’amore [...]»1.
Continua ad essermi, come anch’io ti sento, sorella in Cristo, guidandomi sulla strada che a Lui porta, quella strada dove trovo,
come dicesti a Natalino, luce e verità.
Continua a donare a me e a chi ti incontra la speranza, non quella
che dona il mondo, ma quella che nasce dall’amicizia con Cristo.
Veglia sul mio cammino, su quello delle persone a me care, e fa’
che sia rispondente alle attese di Dio.
Ciao, Benedetta,
tuo fratello in Cristo
Marco Bollini
Lettera a Don Gabriele del 28 agosto 1963, tratta da Il volto della speranza,
p. 165.
1
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 21
Giovani verso Assisi
Ciao a tutti!
Sono da poco tornata dal 34° Convegno Nazionale “Giovani
verso Assisi’’, dove, dal 30 ottobre al 3 novembre, l’affascinante
città di San Francesco è stata casa e culla di giovani, pressappoco della mia età, provenienti da tutta Italia e che hanno riversato
nelle strade medioevali della cittadina umbra forza, energia, curiosità, fede, vigore e novità. Assisi è stata nostra durante questi
quattro giorni: con il nostro pass distintivo avevamo infatti accesso gratuito a tutte le strutture, dalla Basilica al bosco ad essa adiacente, mentre i turisti non potevano entrarvi. È stato un vero onore! Consiglio vivamente a tutti i giovani che mi leggeranno di fare questa esperienza forte, formativa e profondamente spirituale.
La cosa che più delle altre voglio raccontarvi è avvenuta sabato 2 novembre.
Dopo aver partecipato alla S. Messa, ognuno di noi aveva la
preziosa possibilità di scegliere in che modo approfondire il tema
centrale del convegno: la Perfetta Letizia.
Erano stati predisposti sette gruppi presieduti da specialisti e
religiosi in cui la gioia veniva accostata ad altre componenti della nostra quotidianità: la bellezza, il male, la morale cristiana, la
sofferenza...
Ed è proprio quest’ultima che ha saputo rapire la mia attenzione e mi ha fatto pensare alla nostra amica Benedetta. La gioia
nella sofferenza, tema senz’altro superficialmente inflazionato ma
mai abbastanza compreso e veramente accettato. Il mio gruppo,
guidato da un frate dolce e da una piccola suora, si è recato nell’Istituto Serafico, appena fuori dalle mura di Assisi, visitato dal
Papa stesso e dimora di molti disabili e malati. La sofferenza si
percepiva a ogni respiro, a ogni sguardo, ma non era sola, qualcos’altro aleggiava in quelle stanze, qualcosa di colorato e di incomprensibilmente luminoso.
Cominciava allora la nostra catechesi, con le testimonianze di
ragazzi che avevano incontrato il dolore, e di altri che con il dolore stavano combattendo eroicamente con Gesù. Poi la suora ci
ha aperto il suo cuore regalandoci la sua esperienza di 25 anni a
servizio dei disabili: essere, fare, dare, sono state le parole che
più ha usato, dicendo che, se vogliamo mantenere giovane il nostro cuore, non dobbiamo scappare dalla sofferenza, ma abbiamo
il dovere di abbracciarla, come il lebbroso abbracciato e baciato
da san Francesco, a cui il Signore rese dolcezza ciò che prima gli
di SOFIA CARLONI
appariva ripugnante. È infatti questa la chiave della felicità: non
si può vivere, e quindi dirsi felici, se non si accettano i capisaldi
del vivere stesso quali dolore, sofferenza e malattia. È sicuramente un cammino lungo e difficile, basti pensare che lo stesso Francesco lo trovò arduo, ma è forse l’unica porta per accedere alla
perfetta letizia, soprattutto perché chi soffre è maestro di umanità
che sa, come Benedetta, donare senza barriere l’unica cosa che
gli resta: il cuore. Il frate ci ha poi ricordato cosa diceva Giovanni Paolo II in merito: noi siamo tra le piaghe di Gesù che hanno
l’urgente bisogno di essere riconosciute.
È lo stesso Gesù a farci capire ciò, nel passo dei discepoli di
Emmaus, dove si fa riconoscere mostrando proprio le piaghe. La
Sua presenza, che noi adoriamo nell’Eucarestia, vive nascosta nei
disabili, nelle loro “piaghe’’ appunto, che hanno la necessità di
essere ascoltate e amate da quelli che si dicono cristiani, ma non
come riteniamo opportuno noi o in modo tale da essere ringraziati, ma come loro vogliono!
Gesù era bellissimo e luminoso quando è risorto, e della passione non aveva più alcun segno, se non le piaghe stesse: ha voluto conservarle e portarle con sé in cielo come trofeo di vittoria
sulla morte! Ma sono rimaste anche qui tra noi e l’umanità le rifiuta come fossero una vergogna. Se l’uomo le nega e fa di tutto
per non vederle, amare, accettare e abbracciare il malato è un
compito e un onore del cristiano!
E anche qui Benedetta ci è maestra in quanto ha sofferto e offerto a Dio il dolore, fiera di condividere il trofeo, le piaghe con
Gesù! E lei fu tanto amata e lo è ancora oggi.
Molto ho imparato da questi giorni, e molto spero di riuscire a
tradurre in pratica!
Spero infine di non avervi annoiato, ma se così è stato... mi
farò perdonare nel prossimo articolo!
22 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Riflessioni sulla santità
di MARIA ROSA PUDDU
Il 23 gennaio 2014 è stata una ricorrenza importante per Benedetta Bianchi Porro e per tutti coloro che sono stati e sono tuttora a lei legati nei modi più diversi: cinquant’anni dalla sua morte,
dalla sua nascita ad una nuova vita (dei santi è questa la data che
si festeggia), dalla sua ascesa al cielo, è comunque una data da ricordare perché indica, al di là di ogni metafora, la conclusione
della sua vita. Il legame strano, casuale, intermittente che – più
profondamente di quanto voglia ammettere – mi lega alle vicende
e all’esempio di vita di Benedetta mi ha indotto a riflettere su alcuni temi essenziali della vita e della morte, che di essa è parte
integrante, prima da sola come sincera confessione a me stessa,
poi come bisogno e tentativo di comunicare con umiltà anche agli
altri, agli amici di Benedetta, i miei pensieri anche se “eretici”.
La conclusione della vita di ciascuno non va intesa – per i santi come per tutti noi uomini comuni – nel significato di fine della
vita ma di acquisizione definitiva di senso di quella vita stessa,
senso che non può più essere modificato dalla naturale dialettica
dell’esistenza: non più azioni buone o cattive, non più conversioni, pentimenti, cadute, cedimenti, non più ideali da affermare o
tradire, la vita di ciascuno diventa così immodificabile per sempre, cioè eterna. Si situa quindi in una dimensione altra e impensabile per noi che viviamo ancora nel tempo. Questa affermazione non vuole essere una negazione di una speranza, di una possibilità di continuare ad esistere oltre la morte, della resurrezione
dei corpi di cui parla il simbolo di Nicea, ma semplicemente l’impossibilità di pensarla, il riconoscimento di un mistero. Ciò che
diventa eterna, non più modificabile da nuovi pensieri, azioni,
sentimenti, è la vita che è stata vissuta fino alla sua conclusione.
Del resto l’estraneità rispetto ai viventi di chi ha provato l’esperienza della morte è un dato che accomuna i miti antichi e il Vangelo. In Euripide la moglie di Alcesti, che ha accettato di morire
al posto del marito, riportata in vita da Eracle, è un simulacro che
non abbraccia l’uomo per cui si è sacrificata né proferisce parola,
nel Vangelo, Gesù risorto, manifestandosi alla Maddalena, le impone di non toccarlo. Il mistero non si esprime attraverso sensazioni o parole.
La mia prima esperienza diretta della morte è stata quella, avvenuta in tarda età, di mio padre. Naturalmente ho avuto precedentemente altri lutti, parenti, amici, ma io non ero fisicamente
presente. Ho provato in quell’occasione una strana sensazione che
non so bene come poter definire anche se il termine che mi sembra più appropriato è quello di sollievo. Ho provato stupore, vergogna e quasi senso di colpa per questo strano sentimento. Solo
successivamente sono arrivati il dolore, l’angoscia per la perdita,
l’irreparabilità della mancanza, tutto quello insomma che uno si
aspetta in una circostanza del genere. Tutto si è ripetuto, il senso
di sollievo, pochi mesi dopo per la morte improvvisa di mio marito. Per anni sono stata turbata dal ricordo di queste due esperienze poi finalmente ho capito che il senso di sollievo era naturale e giusto perché non era altro che il riconoscimento dell’eternità di una vita che si era appena compiuta. La nascita al cielo
che si dice di un santo è la nascita all’eternità di ciascuno di noi.
Subito dopo la morte di ogni individuo a cui siamo stati legati,
o anche no, nasce l’agiografia che in parte è mistificazione, anche
se inconsapevole, ma nello stesso tempo è riconoscimento autentico di una persona che consiste nel dare significato ad atteggiamenti, parole, fatti a cui nel corso distratto dello scorrere della
quotidianità non avevamo dato importanza. Soltanto nella distanza del ricordo essi acquistano un significato. In questo senso mi
ha commosso la testimonianza della madre di Benedetta, raccolta
da Carmela Gaini Rebora in Oggi è la mia festa, che riconosce la
santità negli atteggiamenti, per tanti versi normali, della bambina
intelligente, sensibile, riflessiva e un po’ chiusa che è stata da piccola sua figlia.
Tutta la vita di Benedetta è ancora oggi motivo di riflessione e
di speranza, quasi più rispetto a cinquant’anni fa, perché in questo nostro tempo siamo tutti più fragili e più disorientati. Come
ha messo bene in evidenza G. Amati nell’articolo Benedetta: un
messaggio di speranza per il nostro tempo sul primo numero del
2011 de “l’annuncio”, il significato più profondo della sua testimonianza è che della vita si deve cogliere sempre la sua bellezza
e la sua utilità. Quanta noia, disperazione, senso di futilità, paura
del futuro si manifestano nella società di oggi, “liquida” secondo
la definizione di Z. Bauman; a quanta ricerca del superfluo, del
nuovo a tutti i costi, del non necessario ci spinge la logica perversa dei mercati, mentre Benedetta ci richiama all’essenzialità di
ciò che, in libertà sappiamo scegliere in quanto espressione di un
valore. Un aspetto che mi ha particolarmente colpito è che già a
quindici anni Benedetta era consapevole della necessità della solitudine, che oggi invece fa paura; oggi bisogna essere sempre
“connessi”, parlare virtualmente con qualcuno, o meglio con più
amici possibili, ma per dire cosa? Un suo tema svolto al liceo inizia con queste parole: «Io credo fermamente che le grandi anime
nascano dalla solitudine». E prosegue affermando il valore della
necessità della ricerca in solitudine sia per quanto riguarda le scoperte scientifiche, che la morale e Dio stesso. Solitudine che però
non va intesa come negazione del rapporto con l’altro, ma al contrario come introspezione, ritorno a sé, che solo permette l’autenticità della comunicazione, intesa come disponibilità, accoglienza,
capacità di diventare punto di riferimento e di conforto. Nei Pensieri del 29 luglio 1962 Benedetta scrive: «La carità è abitare negli altri». E commoventi sono i suoi sforzi per continuare la comunicazione e il colloquio anche quando il suo corpo la teneva
prigioniera e soltanto la mediazione della madre le permetteva di
aprirsi ancora al mondo. E la comunicazione continua anche dopo cinquant’anni dalla sua morte.
Volutamente non ho parlato dell’aspetto più pregnante e determinante della sua vita che si incentra nell’accettazione totale del
dolore fisico, della malattia, del limite e nel riconoscimento del
suo mistero. Nella Bibbia Dio dice a Giobbe: «Dove eri tu quando io creavo il mondo?», rimproverandolo per la sua ricerca di
una spiegazione razionale del problema del male. Dio appunto è
alla radice del mistero. Ritengo infatti che Benedetta possa essere
di esempio anche per chi non crede. Ma indubbiamente la sua
tranquilla e nello stesso tempo eroica accettazione della propria
malattia si fonda sul suo affidamento totale a Dio e ciò la pone su
un piano diverso, su quello della santità, e di nuovo, almeno per
me, si apre un altro mistero, per il rapporto che la santità ha con
il sacro.
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 23
Non credo che il termine “santo” esista nella lingua greca se non
nel significato di giusto, ma in diverse tradizioni religiose designa
gli eletti da Dio o i modelli di virtù religiosa proposti come esempi per i fedeli. Il culto dei santi è un elemento dogmaticamente importante nel cattolicesimo, forse per un retaggio delle religioni politeistiche nella cui cultura si forma, comunque esprime il bisogno
di trovare intermediari tra la finitezza dell’uomo e l’assoluta perfezione di Dio. Nel Nuovo Testamento e nella chiesa delle origini,
santi sono tutti i fedeli che hanno risposto alla vocazione divina.
Con le prime persecuzioni i martiri, in quanto testimoni esemplari,
incominciano ad essere invocati, durante le cerimonie liturgiche,
per ottenerne la protezione. Soltanto nel 993 si ebbe il primo processo di canonizzazione ad opera di papa Giovanni XV.
Mi chiedo quando sia stato introdotto l’epiteto “Sua Santità”
per riferirsi al pontefice in carica, ma comunque il termine indica
tutto un processo di fissazione, di sclerotizzazione, di rendere cosa attraverso l’uso di un sostantivo, un vivere reale e concreto, un
cercare di essere santo, compiendo azioni giuste, che indica un
concetto dinamico e non uno status, che è vita e ricerca fatta di
successi e insuccessi, di tradimenti e cadute. Non si è santi sempre, in ogni momento della vita, penso che l’esperienza del silenzio di Dio sia comune a molti, a tutti forse, sicuramente anche a
Benedetta. Ognuno di noi può compiere azioni sante e forse lo fa,
senza per questo diventare un santo. Mi si perdoni il laicissimo
paragone con Freud ma mi serve per cercare di spiegare la dinamicità di un rapporto.
Uno dei meriti dell’inventore della psicoanalisi è stato indubbiamente quello di riconoscere che tra il comportamento del malato di mente e quello della cosiddetta persona normale non c’è
iato, frattura ma rapporto dinamico, diversità solo quantitativa e
non qualitativa.
L’opposizione tra le istanze consce e inconsce, il conflitto tra le
forze della vita e del movimento e le forze dell’inerzia e della
morte sono meccanismi identici nella costruzione della personalità sia del sano che del malato. Così tra il santo e l’uomo comune: ci sono ovviamente differenze ma anche rapporti. Il riconoscimento della santità di una persona dipende inoltre dalla fede
che in essa hanno coloro che entrano in relazione con lei e dai
comportamenti che da questa fede conseguono.
Tutti i famigliari di Benedetta, in particolare la madre, gli amici che erano intorno al suo letto nell’ultimo periodo della sua vita, e poi quelli che non l’avevano conosciuta direttamente, gli artisti che l’hanno ritratta, che hanno curato la sua tomba, coloro
che hanno scritto di lei, coloro che hanno iniziato e poi curato la
pubblicazione de “l’annuncio”, hanno contribuito a definire la sua
santità. Lo so che ancora Benedetta è solo Venerabile, che c’è tutta una burocratizzazione della santità, che in un certo senso è necessaria, ma che comunque rischia di trasformare ciò che è vita in
qualche cosa di fisso e statico e quindi nella sua negazione. Dopo
essere stata riconosciuta Venerabile, Benedetta potrà essere dichiarata Beata, dopo un miracolo, e sarà permesso un culto anche
se in ambito limitato, poi la canonizzazione potrà conferirle il titolo di Santa e il culto sarà esteso alla chiesa universale con officiatura propria in un giorno determinato dell’anno liturgico.
Per arrivare a questo occorre un secondo miracolo. Ma la santità di Benedetta già esiste e il miracolo consiste nel fatto che tante persone si riuniscano nel suo nome, trovino in lei un esempio,
un elemento di conforto e di speranza, riconoscano l’eternità della sua vita, sappiano trasformare la propria, mettendosi in relazione tra di loro e con altre persone. E tra queste persone mi metto
anche io, seppure da “eretica” che nello stesso tempo riafferma la
sua fede.
La bellezza è il riflesso del cielo.
Benedetta
Foto Amati
24 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
La mia vita accanto a Benedetta
(parte X)
di don ALFEO COSTA
1983. Il 29 maggio si fece
la celebrazione di Benedetta.
Era presente Mons Enrico
Galbiati di Milano, celebre
biblista, che aveva curato il
libro Testimone di risurrezione, molto importante per
l’approfondimento del pensiero di Benedetta, raffrontato con i relativi passi biblici.
C’era anche padre Antonino
Rosso cappuccino, il quale
stava curando la documentazione critica della biografia
di Benedetta, verificando di
persona ogni passaggio con
relativi documenti.
ne. La sua devozione verso
Benedetta era veramente immensa.
Questo anno è stato caratterizzato dai lavori nella
chiesa della Badia: dal mese
di maggio si arrivò a Natale.
Dapprima il tetto con impermeabilizzazione. A fine giugno, per un enorme temporale arrivò giù dal vialetto
tanta acqua che, trovando
impedito il deflusso dal materiale da lavoro, entrò nella
Badia, se pur a porta chiusa.
L’8 agosto si celebrò il
47° compleanno di Benedetta. A quella celebrazione erano presenti e animarono la
Messa due gruppi di giovani
(uno di venti e uno di diciotto) venuti per ritiro: uno da
Taranto e sono stati alloggiati nella mansarda della
nuova canonica, l’altro era a
Marzano. Celebrò la SantaMessa don Franco Montenegro del gruppo di Taranto.
Questi ora è arcivescovo di
Agrigento.
Il 24 agosto venne da
Benedetta Mons. Antonio
Quarracino, vescovo di Avellaneda in Argentina, presidente del CELAM. Una curiosità: prima di celebrare
mi chiese: «Se la sente di
ascoltare i peccati di un vescovo?». A parte il disagio
di sentirmi dare del lei, rimasi senz’altro colpito da
questa frase; questo non mi
era mai capitato. Poi pensai:
Gesù ci ha detto che siamo
pescatori di uomini; un pesce così grosso però non
l’ho mai pescato. Mi dissi
anche: i peccati di un vescovo saranno senz’altro più interessanti. Scherzi a parte,
ascoltai davvero con molta
emozione quella confessio-
L’acqua e il fango arrivarono a metà chiesa. Fortuna
volle che si fosse presenti,
io e l’arch. Giannelli, così ci
mettemmo subito all’opera
per rimediare. Nell’autunno
si passò ai lavori interni. Infatti il restauro del campanile venne accantonato per
scarsità di fondi; solo per
posizionare l’armatura bisognava sostenere una grossa
spesa, perciò si passò ai lavori interni cominciando
con il togliere l’intonaco dal
muro del campanile che
rientra nella chiesa: si voleva lasciare il sasso a vista,
ma poi non tutto era degno.
Ma intanto ne venne un tal
polverone da… annebbiare
tutto. A quel punto decidemmo di chiudere la chiesa al
culto. Impalcature interne
per la tinteggiatura, ma prima di eseguirla (su consiglio
della Soprintendenza di Ravenna) si fecero dei sondaggi per sapere se vi fossero
pitture a muro, e ne vennero
fuori davvero. Intanto, dal
mese di maggio, il servizio
religioso venne trasferito
tutto all’Annunziata. Quei
lavori furono molto caldeggiati anche da Anna Cappelli, la quale contribuì con alcuni milioni (così si parlava
allora). La notte di Natale si
tornò a far funzionare la Badia che risultò veramente
rinnovata.
Ma l’anno ’83 ha segnato
una acutizzazione nei malanni dei miei genitori. Il
martedì di Pasqua, di rientro
dalla processione dell’uovo
all’Annunziata, portai subito
mia madre in ospedale a
Dovadola (allora era ancora in funzione il piccolo
ospedale che risolveva molta assistenza in tutta la valle, ma anche altrove per la
specializzazione chirurgica
vascolare del dott. Giorgio
Giorgi). Ma pochi giorni dopo il ricovero riscontrarono
un sospetto ictus cerebrale e
in gravissime condizioni fu
trasferita al “Pierantoni” di
Forlì.
Venne dimessa il sabato
4 di giugno e 24 ore dopo,
con febbre oltre 39° la ricoverammo di nuovo d’urgenza e venne sistemata nello
stesso letto (si potrebbe dire
ancora caldo). Il 6 giugno
mio padre ebbe un inconveniente circolatorio, ma senza
ricovero.
Al 25 giugno dimissione
di mia madre, ma all’indomani ancora febbre… e il
2 luglio la ricoverammo stavolta in pneumologia.
Il 14 luglio nello stesso
reparto ricoverammo anche
mio padre. Un susseguirsi di
consulti, viaggi, assistenze
diurne e notturne… Poi le
dimissioni: il 25 luglio mio
padre, il 27 mia madre; ma
la febbre era sempre angosciosa. Provvedemmo (assieme a mio fratello e a mia sorella) all’assistenza a casa.
In un primo momento mia
sorella trovò una ragazza
straniera, ma era clandestina
e, quando le chiesi i dati da
comunicare ai carabinieri, il
giorno dopo sparì. Non ne
accettai un’altra, anche regolare, perché (da episodi sentiti) non volevo trovarmi in
situazioni incresciose. Invece risolvemmo con alcune
nonne nostrane: tre donne di
Dovadola riempivano la
giornata. Un altro ricovero
urgente di mio padre.
Era la prima domenica di
settembre, quando nella parrocchia di nostra origine
(Santa Marina), si faceva la
festa della Madonna. Mio
padre ne era stato per tanti
anni il priore; ma quella volta non poté neppure andarvi.
Fu preso da una angoscia
così grande che gli causò un
collasso vero e proprio da
doverlo ricoverare. Ma la
cosa che più mi fece riflettere fu il momento dello svenimento. Eravamo tutti (con
i miei fratelli e nipoti) nel
terrazzo e in quel frangente
mia madre disse: «Lasciatelo
morire in pace! perché non
si può morire in pace?». Dopo una ventina di giorni
venne dimesso. Le cose in
famiglia andavano così… il
disagio reale me lo sentivo
mio e vi facevo fronte con
la più possibile naturalezza,
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 25
come dovesse durare sempre. Ed ero naturalmente
contento di avere i miei con
me e di poterli assistere. Alla sera, quando la donna se
ne andava, io stesso provvedevo a mettere a letto mia
madre, accudendola con premura, finché il 14 novembre
venne la nottata grave.
Sentii mia madre lamentarsi a lungo. Andai da lei,
cercai di capire cosa fosse,
ma non ci riuscii. Stetti con
lei finché venne il mattino e
chiamai il medico, il quale
ordinò il ricovero ospedaliero. Solo dopo una settimana
trovarono che aveva due
fratture (femore e spalla).
Fratture spontanee: infatti
non si era mossa da letto.
Soffrii molto in quella circostanza per quell’insieme di
Mi è subito venuto in
mente questo pensiero
di Benedetta mentre
parlavo con una mia
amica.
cose! A casa mio padre era
da assistere. Il 22 dicembre
mia madre venne dimessa,
la portammo a casa nella situazione in cui era, pensando: almeno facciamo Natale
assieme. Ma anche quella
notte fu terribile: fortuna
che era con me mia sorella.
Durante la notte dovemmo
cambiare il letto cinque volte. All’indomani noi due ci
interrogammo seriamente sulla nostra situazione.
Era inverno, quindi c’erano difficoltà ad asciugare la
biancheria e inoltre la provvista di una casa non è poi
tanta! Potevamo azzardare a
dire di non riuscire a sostenere un tale andamento?
Chiamai il medico mio amico e con lui discutemmo la
stessa cosa, ed egli saggia-
mente disse: «Portiamoli
tutti e due nella Casa di Riposo, in un’unica stanza,
provvedo io.». Con l’amaro
in cuore accettammo questo
programma. Prima di mezzogiorno del 23 dicembre
venne l’ambulanza e trasferirono i miei genitori. Io ero
sull’ingresso di casa quando
passarono con le due barelle: mi venne di salutarli vivi,
perché sentivo che non sarebbero più tornati. Nella
mia agenda c’è una annotazione: la giornata più nera
della mia vita.
Curai personalmente la sistemazione nel Ricovero e
ogni giorno vi passavo più
tempo possibile. Quasi non
si resero conto di non essere
a casa; solo una volta mio
padre mi chiese: «Dove sia-
mo? non siamo a casa!». A
questo stato d’animo si aggiunse un’altra cosa. Don
Luigi Superga, missionario
viaggiatore, che stava nella
mansarda, aveva deciso di
andare in Venezuela. Quella
mattina del 23, mentre si era
in quel trambusto della decisione, io gli dissi: «Vuol
proprio andare via?».
La situazione mia e della
parrocchia nei giorni di Natale non lo commossero affatto! Fu un Natale amaro
dentro di me.
Una sera, rientrando a
piedi dal paese, arrivato sotto casa vidi le finestre spente: non c’era nessuno. Quella volta mi accorsi che non
mi era mai capitato di andare a casa senza che ci fosse
qualcuno.
(Continua)
LE DOMANDE DI NINA
Mi raccontava che la nipotina Nina, di
sei anni, durante una gita in montagna, a Solda, a oltre 2000 metri di altezza, guardando estasiata il paesaggio
che la circondava, aveva esclamato:
«Ma nonna, chi ha fatto tutto questo?». «Dio!» le ha detto la nonna.
La piccola di rimando: «E noi cosa
facciamo per ringraziarlo?».
di Roberta Bössmann
ringraziare e di fare
qualcosa a nostra
volta per chi ci ha
dato “tutto questo”.
Benedetta, creatura malata nel corpo,
ma non nello spirito, ci ha lasciato un
pensiero meraviglioso: «Tu riempi l’universo e tutto grida le tue meraviglie». Sì, è questa sua capacità di vedere ogni cosa come una meraviglia di
Dio che la rende così speciale ai nostri
occhi, così capace di insegnarci la
strada verso Dio e verso i fratelli.
Se ci rendessimo conto, come lei afferma, che ovunque ci sono i segni della
Possiamo immaginare l’imbarazzo delpresenza di Dio e che ogni cosa, ogni
la nonna per questa uscita. Ha farfupersona
ci portano a Lui, davvero il
gliato qualcosa sulla preghiera, ma
mondo che ci circonda sarebbe trasfiforse non era neppure sicura di quello
gurato. Forse dovremmo proprio chieche stava dicendo. Infatti mi ha racdere questo nella preghiera, di saper
contato questo episodio alla prima ocNina
guardare le persone che conosciamo,
casione, quasi per sapere da me come
avrebbe dovuto rispondere alla bambiquelle che incontreremo, i luoghi che
na. La mia amica è una persona generosa e di buon senso frequentiamo, con gli occhi di Dio.
e avrà certamente trovato le parole giuste per non mortifiSolo così scopriremmo quanta gioia c’è in Lui quando faticare la nipotina.
cosamente ci accogliamo l’uno con l’altro, quando svogliaUna domanda così avrebbe messo tuttavia in difficoltà tamente facciamo ciò che dobbiamo, quando, magari sbadichiunque di noi. Sì, perché, al contrario di Nina, non sap- gliando, ci ricordiamo di Lui nella preghiera. Penso che, se
piamo più meravigliarci di niente, diamo tutto come ovvio e ci provassimo, tutto diventerebbe diverso, pur restando semscontato. Soprattutto non ci poniamo affatto il problema di pre lo stesso, perché a cambiare saremmo noi.
26 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Benedetta in Internet
• Troviamo sul sito della Diocesi di
Forlì-Bertinoro una ricca documentazione su Benedetta, con riferimento
al 50º anniversario della morte.
Basta aprire il seguente collegamento:
h t t p : / / w w w. d i o c e s i f o r l i . i t / hcCartella/id/182 per vedere sei finestre illustrative su Benedetta e sulle iniziative, corredate anche di documentazione fotografica, per il 50º della morte. Riteniamo molto utile
per nostri internauti la consultazione di queste pagine.
• Di Marco Bollini, che ringraziamo, un articolo informativo
su Benedetta e sui prossimi eventi per ricordarla è stato pubblicato il 6 gennaio
2014 sul sito Vatican Insider de “La Stampa” di
Torino. Vi si può accedere attivando il seguente collegamento:
http://vaticaninsider.lastampa.it/documenti/dettaglio-articolo/articolo/bianchi-porro-bianchi-porro-bianchi-porro31072/#.
• Sul TGR RAI della Lombardia
delle ore 14 del 28 marzo
2014 troviamo un servizio dedicato a Benedetta, con una
breve intervista alla sorella
Emanuela, sempre molto attiva
mediaticamente, e con la notizia della realizzazione del cortometraggio “Oggi grazie”, realizzato nell’ambito delle celebrazioni per il 50º. Per vedere il servizio basta collegarsi a:
a cura di Gianfranco A.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem4 0 7 8 8 f c 1 - 7 7 5 a - 4 9 6 6 - 8 8 11 9e2a66f8ee93-tgr.html#p=0/.
• Il breve profilo biografico di Benedetta, redatto da don Walter
Amaducci e pubblicato dalla Stilgraf di Cesena nel 2012, sta avendo un notevole successo. Può essere consultato al seguente indirizzo:
http://www.amicidibenedetta.altervista.org/index.php?nav=
Biografia.2P10/.
Speriamo che sia direttamente consultabile in rete anche la
traduzione in inglese del volumetto, appena pubblicata dalla
medesima editrice. Ne riportiamo la copertina.
• Angela Bevacqua Schneider, si occupa da
tempo di Benedetta e di altre figure significative per l’emittente radiofonica di Varese
“Radio Missione Francescana” (www.rmf.it).
Nella trasmissione Una rosa bianca d’inverno propone in modo radiofonicamente
molto efficace una nostra intervista a Maria Grazia, amica di
Benedetta, pubblicata su “l’annuncio” del dicembre 2011.
La trasmissione può essere ascoltata, aprendo il seguente
collegamento, http://www.rmf.it/programmi/angela.htm che
apre la lista delle trasmissioni curate da Angela Bevacqua.
Basta poi scegliere quella del 22 gennaio e “cliccare” su “registrazione” e ascoltare. Ringraziamo Angela Bevacqua Schneider anche per un altro suo “speciale” realizzato in concomitanza delle celebrazioni per il 50º. Speriamo che gli internauti possano sentire presto la trasmissione dall’archivio di
Radio Missione francescana.
• Seguite anche il nostro sito www.benedetta.it. Dopo il lavoro di aggiornamento e di restauro compiuto dalla nostra
“webmaster” – si chiama così chi provvede alla gestione
della nostra pagina web – presto tutti lo potranno vedere ancora più bello e con ulteriori innovazioni anche sul piano
linguistico.
Ricordiamo P. FRans van deR Lugt, un gesuita olandese, assassinato il 7 aprile 2014 a 75 anni, dopo
cinquant’anni passati in siria, uomo di pace e di amore sincero e disinteressato verso musulmani e cristiani.
viveva a Homs, città assediata e bombardata. La gente moriva letteralmente di fame.
Perché è rimasto in siria, condividendo la vita e la fame di un popolo esausto? Così ha risposto in una
intervista, fatta durante gli scontri: «Il popolo siriano mi ha dato tanto, tante gentilezze, tanta ispirazione,
tutto quello che hanno. se il popolo siriano soffre, voglio condividere le sofferenze. voglio rimanere con
tutti loro».
P. van der Lugt ha mostrato con il martirio cosa significhi la carità, quell’“abitare negli altri”, che Benedetta
ci insegna. (L’intervista è su Youtube: http://youtu.be/ot4fjcdnc_Q).
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 27
La mano e la rosa
di LUIGI RICEPUTI
La mano e la rosa: due minimi termini a cui si può ridurre, in un certo senso, la vita di
Benedetta.
Due episodi salienti di essa,
di diversa realtà e tradizione.
L’uno costituito da quello strumento umano inusuale di transcrittura – quasi metafisica della scrittura – che è la mano, di
comunicazione eccezionale
– di comunione – con gli altri,
convenuti nella stanza-cenacolo. La mano terminale di una
mente tutta orientata a Dio
e compenetrata di Cristo: unica
porta d’accesso nel corpo murato di quell’anima prigioniera,
caduta nelle mani del Dio vivente, sprigionante – sprizzante
dai pori del suo spirito – una
energia soprannaturale dispensata a piena mano agli astanti
in quella mitica, mistica stanza!
L’altro episodio – che rappresenta l’epilogo di quel dramma sacro od oratorio che fu la
vita così breve ed intensa di
Benedetta –, quello della rosa:
una di quelle leggende che si
leggono nelle vite dei santi e ne
formano l’aura, l’alone popolare. La rosa bianca che fiorisce
all’alba nel cuore dell’inverno
al sole dell’Eterno (come i danteschi fioretti che «dal notturno
gelo chinati e chiusi / poi che il
sol li imbianca / si drizzan tutti
aperti in loro stelo») a un trillo
di passero, eco dell’ultimo
squillo di voce di Benedetta distesa nella croce gloriosa del
suo letto di agonia, in limine
mortis…
Due episodi sublimi nella
loro semplicità, che colpirono
la mia immaginazione, al pari
di quella di tanti altri semplici
devoti come me di Benedetta,
appena venuto a conoscenza di
essi non so se attraverso direttamente i suoi scritti (e quelli
su di lei) o tramite la narrazione orale, la trasmissione di
quelle notizie da parte di qualche particolarmente fervido devoto.
Ho rintracciato proprio in
questi giorni di apertura del
50° anniversario della sua morte (non morte, ma entrata nella
Vita, per parafrasare le sue
stesse parole) due piccoli abbozzi poetici risalenti all’aprile
del 1988, sulla “mano” e sulla
“rosa” di Benedetta: quest’ultimo rimaneggiato in occasione
di una mia visita a Dovadola
per il festeggiamento di quell’evento.
(Sulla “Rosa bianca” in passato avevo scritto delle “variazioni” gentilmente ospitate nel
giornale “l’annuncio” del gennaio 2008).
Mi permetto di proporre anche un appunto di viaggio poetico del 27 ottobre 1988, Verso
Firenze, con sosta solitaria nell’Abbazia di Sant’Andrea, rintracciato proprio mentre vi sto
inviando le due sunnominate
poesie:
A Dovadola devio
verso l’Abbazia di S. Andrea
al sarcofago di Benedetta.
Il miracolo è già nel
loggiato fiorito
di una vite sanguinante
rossa come l’aurora
sacra ferita del giorno.
Nella cappella la santa
avvolta in bronzea cappa
– saio e manto regale –
dorme distesa come
in un letto nuziale.
Poggiano i piedi sulla rupe
di una tartaruga,
simbolo di eterno.
Ma ecco questi miei due
piccoli testi, frutto dunque e
omaggio insieme della mia devozione alla santa.
LA MANO
Benedetta, la tua mano…
La tua mano benedetta
non per scrivere,
ma per essere scritta:
manuale del tuo perfetto
amore.
LA ROSA
Tutto è segno.
Tutto è grazia.
Ogni cosa è illuminata:
bianca celestiale
come la rosa fiorita sul
limitare
della vita della santa.
28 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Grazie Benedetta!
Cari amici di Benedetta,
ra io non vedo nulla di strano, qui non c’è aritmia». Ed io
continuavo a pregare Benedetta: «Benedetta fa’ che il medico
veda bene!». E lui continuava dire che non c’era niente, che
era tutto a posto.
mi chiamo Laura, sono di Forlì, abito a Trier in Germania.
Siamo usciti dicendo: «Dio sia lodato!». Ed il medico si è
unito a noi.
Vi scrivo per darvi la mia testimonianza su Benedetta!
Ho avuto altre difficoltà nel prosieguo della gravidanza,
ma una alla volta si sono dissolte e Giovannino è nato con
parto naturale alla scadenza.
Da Treviri (Germania)
Trier, 7 novembre 2013
La conosco da tanti anni; da quando all’università lessi,
da qualche parte, la sua lettera a Natalino. Mi colpì tanto
che la ritagliai e la portai a casa e da allora si può dire che
Benedetta sia entrata in casa nostra.
L’ho sempre invocata in tante situazioni per me e per altri, ma in particolare ho invocato il suo aiuto durante l’estate del 2012.
Ero incinta del mio terzo figlio, Giovanni. Al quinto mese
di gravidanza la mia ginecologa ha sospettato un’aritmia
cardiaca del bambino. Mi ha voluto visitare nuovamente dopo due settimane, due lunghe settimane! Mio marito ed io abbiamo pregato, insieme ai bambini e spesso ho invocato Benedetta. Erano i giorni a cavallo di Ferragosto. Ho dedicato
le messe dell’Assunta alle mie intenzioni.
In ospedale, alla prima visita fatta al neonato proprio per
valutare l’attività cardiaca del bambino, è stato detto: «Meglio non potrebbe essere!».
Giovanni a 10 mesi sta benissimo, come i suoi fratelli, e
ride sempre.
Benedetta ha pregato la Madonna per noi ed io la ringrazio tanto tanto, e ancora tanto. Grazie Signore, che concedi a Benedetta di intercedere per noi! Grazie che ce l’hai
data e per suo tramite ci riempie di grazie!
Vi abbraccio tutti e vi ringrazio tanto per il lavoro che
fate.
Laura Giannelli
Dopo due settimane il sospetto di aritmia c’era ancora e
mi hanno mandato da un superspecialista.
Abbiamo avuto l’appuntamento il giorno stesso. Io pregavo Benedetta ogni minuto di intercedere per noi.
Ultime notizie sulla causa di Beatificazione
di Benedetta
Quando il medico faceva l’ecografia, dicevo a Benedetta:
«Fa’ che il medico veda bene, attira il suo sguardo là dove ci
fosse qualcosa che non va», ma il medico mi diceva: «Signo-
Molti lettori ci chiedono a che punto sia la situazione sul
riconoscimento del presunto miracolo, avvenuto a Genova il
3 settembre 1986, con l’improvvisa guarigione di un ragazzo.
Il padre Postulatore P. Guglielmo Camera ci informa gentilmente che il Tribunale diocesano della Curia di Genova ha
completato l’esame di competenza sulla presunta guarigione
miracolosa di un ragazzo, ascoltando 6 medici ed i testimoni
della guarigione. Il P. Postulatore ha portato il 17 marzo 2014
la documentazione alla Congregazione vaticana competente
perché vengano predisposti gli atti necessari per i relatori e
poi per l’esame della Consulta dei medici e del Congresso dei
teologi, prima dell’approdo all’Ordinaria della Congregazione, formata da cardinali e vescovi, per preparare il parere da
sottoporre al Papa. Su questa base il Papa deciderà.
Il complicato iter viene seguito con competenza e passione dal P. Postulatore e va accompagnato anche dalla nostra
preghiera.
Importante è anche la segnalazione di nuove grazie ottenute con l’intercessione di Benedetta. Le testimonianze relative vanno inviate a:
Preghiera per la glorificazione di
Benedetta Bianchi Porro
Padre nostro, noi ti ringraziamo per averci donato in
Benedetta una cara sorella. Attraverso la gioia e il dolore
di cui hai riempito la sua breve giornata terrena, Tu l’hai
plasmata quale immagine viva del tuo Figlio.
Con Benedetta al nostro fianco ti chiediamo, Padre, di
poterci sentire più vicini a te e ai fratelli, nell’amore, nel
dolore e nella speranza. In una accettazione piena e
incondizionata del tuo disegno.
Fa’ che la sua testimonianza così radicale della potenza
salvifica della croce c’insegni che il dolore è grazia e che la
tua volontà è gioia. Concedi, o Padre, la luce del tuo Spirito
alla Chiesa, affinché possa riconoscere Benedetta fra i
testimoni esemplari del tuo amore. Questa grazia ...... che
per sua intercessione umilmente ti chiedo, possa contribuire
alla glorificazione della tua serva Benedetta. Amen.
con approvazione ecclesiastica
Postulatore della Causa di Beatificazione
P. GUGLIELMO CAMERA
Missionari Saveriani - Via Angaia, 7 - 48125 S. Pietro in Vincoli (RA)
Tel. 0544 551009 - Cell. 333 2902646
E-mail: [email protected]
Vice Postulatore della Causa di Beatificazione
Don ALFEO COSTA
Via Benedetta Bianchi Porro, 6 - 47013 DOVADOLA (FC)
Tel. - Fax - Segreteria tel. 0543 934676 - E-mail: [email protected]
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 29
Testimonianze
La signora Margherita Leoni Sozzi ha trovato, tra i libri
della madre defunta, una sua testimonianza su Benedetta.
La pubblichiamo volentieri.
Con esattezza non ricordo la data [era tra aprile del 1944
ed i primi di gennaio del 1945; N.d.R.], era il periodo dell’ultima guerra, giorni tristi e pieni di paura.
Abitavo alla Fratta Terme, sotto la parrocchia di Santa
Maria delle Grazie, Casticciano, diocesi di Bertinoro. Ero
una giovane di Azione Cattolica e cercavo di essere assidua
nella mia parrocchia che tanto amavo. La liturgia eucaristica e la devozione alla Madonna per la recita del Santo Rosario mi facevano crescere nella fede cristiana. Scoprivo,
giorno dopo giorno, ciò che il Signore voleva da me. La
guerra mi lasciava nel lutto, nella privazione, nella sofferenza fisica. Tutto questo però non mi separava dall’amore che
il Signore mi faceva sentire e mi donava quella forza spirituale per dedicarmi al servizio di chi aveva bisogno. Amavo
molto i bimbi e mi fu dato il compito di preparare un gruppo
alla prima Comunione. A quei tempi il catechismo si svolgeva tutti i giorni per qualche mese, perciò ogni giorno percorrevo quella lunga strada ripida, ma con tanta gioia nel cuore perché sapevo che mi accompagnava quella brava catechista che era la Madonna.
I bimbi mi attendevano davanti alla chiesa con il loro saluto festoso. Entravamo non in sala, ma in chiesa, facevano
un saluto a Gesù e a Maria Santissima e poi e incominciavo
la lezione.
Qui mi affiora alla mente il ricordo più bello. In quel periodo, in una casa vicino alla chiesa, era ospitata, come sfollata a causa dei bombardamenti, la signora Bianchi Porro
con la piccola Benedetta.
Perciò, ogni giorno, mentre parlavo al mio gruppo in
chiesa, venivo interrotta dal cigolio della porta che si apriva
con delicatezza, facendomi scorgere la piccola Benedetta che,
accompagnata dalla mamma, veniva a far visita a Gesù.
Io non avevo rapporti di conoscenza [con lei], ma l’accoglievo con un sorriso di saluto ed ella si sedeva dietro a un
gruppo di bimbi. Io non ero una gran catechista, ma cercavo
di parlare e trasmettere ai bimbi non quello che sapevo, ma
bensì quello che Gesù faceva sentire in me. Benedetta ascoltava con attenzione ed io notavo nel suo viso così dolce un
qualcosa che allora non potevo capire. Solo oggi comprendo
che l’opera di Dio già allora stava tracciando il Suo disegno
su di Lei.
Quel piccolo fiore cresciuto e consumato nella sofferenza
totale per la conversione di tante anime ora risplenda nella
Chiesa come vera testimonianza. Ricordando la mia preghiera, lascio questa semplice testimonianza di catechista.
Maria Ersilia Naldi Leoni
8 gennaio 2014
Benedetta, insieme ad Anna, è sempre nel mio cuore.
Etta Leonardi
Foto Amati
Incontriamo telefonicamente una persona molto giovane
spiritualmente, che vive a Milano. Ci facciamo raccontare
da Giuliana Ravizza come ha conosciuto Benedetta nel
1963 a Lourdes. Ci dice:
«Mio zio Antonio Sessa mi aveva parlato della presenza
di una giovane molto malata. Desiderai allora vederla. La vidi. Non potendo parlare con lei, rimasi un po’ bloccata. Forse le ho fatto una carezza e l’ho salutata tramite la mamma.
Poi con la mamma abbiamo proseguito dopo la conoscenza,
un po’ per Benedetta, e poi lei faceva parte dell’Oftal e allora in qualche occasione ci si vedeva. Ho notato che lei voleva molto bene alla figlia, ma era anche riservata, nel senso
che non aveva l’aria che ci tenesse a che Benedetta a tutti i
costi diventasse santa. In seguito, quando Carmen Bianchi
Porro [sorella più piccola] è cominciata a venire, abbiamo
fatto amicizia. Essendo talvolta in servizio insieme, ci siamo
conosciute bene. Dopo un po’ di anni ho conosciuto anche
Carlo Spinelli. Ho conosciuto Emanuela soltanto di sfuggita,
in occasione di stages».
Benedetta è rimasta nel cuore di Giuliana. Per questo, accompagnata dal suo ricordo, ha letto via via i libri che
uscivano e così si è ancora interessata a quella ragazza
morta in così giovane età. Non c’è perciò da stupirsi per
quel che ora aggiunge:
«Ho pregato molto Benedetta quando nel 1965 ho dovuto
fare un’operazione agli occhi. Ero giovane, allora avevo 39
anni. Avevo le due cataratte. E le operazioni erano allora più
complicate. Allora bisognava stare a letto per una settimana.
Così mi hanno operato prima un occhio, poi l’altro. Purtroppo ho avuto anche una piccola lesione alla retina dopo queste due operazioni. E così in cinque mesi ho fatto tre operazioni agli occhi. Ho pregato molte Benedetta. Lei sapeva cosa volesse dire non avere la vista e la pregavo di darmi una
Continua a pag. 30
30 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Testimonianze
Continua da pag. 29
mano. Direi che in quel momento me l’ha data. Adesso sono
un po’ malmessa di occhi perché ho subito un po’ le conseguenze di quegli interventi. Però allora mi ha dato veramente una bella mano».
Giuliana, è riuscita a venire una sola volta a Dovadola sulla tomba Benedetta.
E così ha salutato la sua antica conoscenza che ancora
oggi le sembra significativa.
Giuliana Ravizza, decisamente una giovane, ha ancora
nel cuore Benedetta.
23 dicembre 2013
A tutti voi che parteciperete a questa importante “commemorazione” auguro che la sua GIOIA e la sua PACE pervadano tutti i vs. cuori (come certo LEI desidera...) e che
possiate essere esauditi anche nel vs. legittimo desiderio di
vederla presto elevata .. agli “onori degli altari”!
Per me (francamente) Lei di miracoli ne ha già fatto “sbocciare” talmente tanti nei cuori... (anche se silenziosamente),
che un ulteriore riconoscimento ufficiale è del tutto secondario.
LEI è una “prediletta”... del Signore già da più di 50 anni!
Angela Bevacqua
Danilo Marenco ci manda la seguente testimonianza per
conto di sua zia Giuseppina Rocca di Mondovì:
23 marzo 2014
Per la beatificazione di Benedetta Bianchi Porro desidero
fare avere la mia testimonianza dell’aiuto avuto da Benedetta quando sono divenuta sorda nel 1978 dopo una malattia e
una cura sbagliata; in sei mesi ho perso l’udito. Avevo 49 anni e avevo da poco perso la mia mamma. Mi trovavo sola ad
affrontare la mia situazione. Mi dicevo pure io che non si può
vivere essendo sordi. La mia cara amica mi aveva fatto avere il libro Oltre il silenzio con il diario e le lettere di Benedetta. Leggere il suo diario, che parlava della sua sofferenza
incompresa, ma soprattutto della sua accettazione, ha dato a
me la forza di accettarla. Anche quando sono triste, nel mio
grande silenzio, mi rivolgo a lei pregandola di aiutarmi ad
andare avanti e ripeto con lei il canto negr: «una mattina luminosa e bella deporrò il mio fardello, ma quella mattina
udrò le sacre trombe suonare».
Quando sono arrivata a 80 anni con problemi di deambulazione, con tanta pena nel cuore ho dovuto lasciare la mia
casa. Attualmente mi trovo al pensionato delle Suore Teresiane di Mondovì Piazza.
Ricordandola nella preghiera cordiali saluti.
Giuseppina Rocca
Profumo di viole
Profumo di viole
ricordo di te
candido silenzio
sulla nostra bocca
e silenzio e silenzio
Benedetta, vuoi pensarci tu?
Sai che amare l’amico
è dolcissimo soave lillà.
Benedetta, vuoi pensarci tu?
Trasforma le mie lacrime
in acqua di primavera,
il suo ricordo
in fiore di giglio.
Benedetta, illumina
questi tramonti di dolore.
Giuliana Pecolatto
l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 31
Prossimi appuntamenti
DOVADOLA – ABBAZIA DI S. ANDREA
DOMENICA 10 AGOSTO 2014 ore 10,30
per il 78º anniversario
della nascita di
BENEDETTA
Solenne
Concelebrazione
Eucaristica
presieduta da
S. E. Mons.
ANDREA TURAZZI
Vescovo di San Marino-Montefeltro
con la partecipazione dell’Ordinario
S. E. Mons. LINO PIZZI
Vescovo di Forlì-Bertinoro
ore 12,30: pranzo insieme nella casa di accoglienza “Rosa bianca” di Dovadola
Venerdì 8 agosto 2014
S. Messa alle ore 18,30, anniversario della nascita di Benedetta celebrata da
P. Paolo Castaldo o.f.m.
Sabato 9 agosto 2014 S. Messa alle ore 18,30 alla Badia di Dovadola in suffragio dell’indimenticabile
ANNA CAPPELLI nel 9º anniversario della sua nascita al cielo.
A
Venerdì 8 agosto 2014, alle ore 18 nella Chiesa di Santa Maria della
Neve, nel centro storico di Sirmione, verrà celebrata una S. Messa
nell’anniversario della nascita della Venerabile Benedetta Bianchi
Porro.
S
I
R
M
I
O
N
E
Palazzo Callas
dal 17 ottobre al 2 novembre 2014:
• Mostra di 20 pannelli sulla vita di Benedetta
• Proiezioni a ciclo continuo del docu-film
Oggi grazie. Un giorno con Benedetta
Bianchi Porro
32 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77
Per conoscere Benedetta
Foto Amati
L’ annuncio è sostenuto soltanto con le offerte degli Amici.
Un grazie di cuore a tutti i benefattori che, con il loro aiuto e
la loro generosità, ci permettono di continuare la diffusione
del messaggio di Benedetta nel mondo.
I
M
P
O
R
T
A
N
T
E
Chi desidera partecipare al pranzo
di domenica 10 agosto 2014 alla “Rosa bianca”
è pregato di rivolgersi a “Amici di Benedetta”,
Casella Postale 62, 47013 Dovadola,
o di telefonare a Don Alfeo Costa,
parroco di Dovadola,
0543 934676: tel., fax e segreteria telefonica
entro il 5 agosto 2014.
Chi avesse bisogno di alloggiare presso la “Rosa Bianca”
è pregato di interpellare direttamente il gestore
Moreno Pretolani telefonando al n. 349 8601818.
In lingua straniera
«BEYOND SILENCE» («Oltre il Silenzio» in inglese) «Amici di Benedetta» Forlì
«MAS ALLA DEL SILENCIO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) «Amigos de Benedetta» Bilbao
«MAS ALLA DEL SILENCIO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) Ed.
Claretiana - Buenos Aires
«AU DELÀ DU SILENCE» («Oltre il Silenzio» in francese) Editions
de l’Escalade - Paris
«UBER DAS SCHWEIGEN HINAUS» («Oltre il Silenzio» in tedesco)
Freundeskreis «Benedetta» - Hamburg
«CUDO ZIVOTA» («Il Volto della Speranza» in croato) a cura di
Srecko Bezic - Split
«OBLICZE NADZIEI» («Il Volto della Speranza» in polacco) Romagrafik - Roma
«ALÉM DO SILÊNCIO» («Oltre il Silenzio» in portoghese) Ed. Loyola - San Paulo
«TRANS LA SILENTIO» («Oltre il Silenzio» in esperanto) Cesena - Fo
«DINCOLO DE TACERE» («Oltre il Silenzio» in rumeno) Chisinau,
Rep. Moldava
«SESSIZLIGIN IÇINDEN» («Oltre il Silenzio» in turco) Iskenderun
«TÙLA CSENDEN» («Oltre il Silenzio» in ungherese) Budapest, 1997
«OLTRE IL SILENZIO» in giapponese - Tokio
«OLTRE IL SILENZIO» in arabo - Beirut
«OLTRE IL SILENZIO» in ebraico
«OLTRE IL SILENZIO» in russo - Bologna
«OLTRE IL SILENZIO» in cinese - Taipei
«OLTRE IL SILENZIO» in maltese - La Valletta
«OLTRE IL SILENZIO» in slovacco - Trnava
«OLTRE IL SILENZIO» in swahili - Nairobi
«BENEDETTA» M.G. Dantoni, opuscoli in inglese, francese, spagnolo,
russo, tedesco, thailandese, ucraino, bulgaro
«BENEDETTA» opuscolo in indonesiano, a cura di Fr. Antonio Carigi
SIATE NELLA GIOIA - Diari, lettere, pensieri di Benedetta Bianchi Porro, a cura e con introduzione di David M. Turoldo - Cesena «Amici di Benedetta» - Villanova del Ghebbo (Ro) - pp. 255.
IL VOLTO DELLA SPERANZA - Note biografiche. Lettere di Benedetta
e lettere di amici a Benedetta. Testimonianze di amici che l’hanno
conosciuta, a cura di Anna Cappelli - Cesena - «Amici di Benedetta» pp. 480.
OLTRE IL SILENZIO - Note biografiche. Diari e lettere di Benedetta.
Lettere degli Amici a Benedetta. Testimonianze di chi l’ha conosciuta, a cura di Anna Cappelli - «Amici di Benedetta» - pp. 168.
TESTIMONE DI RESURREZIONE - Pensieri di Benedetta disposti seguendo il suo itinerario spirituale, a confronto con passi della Sacra Scrittura, presentazione di Enrico Galbiati - Cesena - «Amici di
Benedetta» - pp. 152.
PENSIERI 1961 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario Forlì - «Amici di Benedetta» - pp. 180.
PENSIERI 1962 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario Ravenna - «Amici di Benedetta» - pp. 200.
BENEDETTA BIANCHI PORRO - I suoi volti - Gli ambienti - I documenti, a
cura di P. Antonino Rosso - «Amici di Benedetta» 2006 - pp. 255.
VIVERE È BELLO - Appunti per una biografia di Benedetta
Bianchi Porro, di Emanuela Ghini, presentazione del Card. A. Ballestrero - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 200.
BENEDETTA - Sintesi biografica a cura di Maria G. Dantoni - Stilgraf Cesena - pp. 32.
BENEDETTA di Alma Marani - Stilgraf - Cesena - “Amici di Benedetta” pp. 48.
BENEDETTA BIANCHI PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf - Cesena,
2012 - pp. 30.
BENEDETTA BIANCHI PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf Cesena, 2014 - pp. 30 (in lingua inglese).
BENEDETTA BIANCHI PORRO di Andrea Vena. Biografia autorizzata Ed. S. Paolo - pp. 221.
SCRITTI COMPLETI di Benedetta Bianchi Porro, a cura di Andrea Vena Ed. San Paolo - pp. 815.
ABITARE NEGLI ALTRI - Testimonianze di uomini di oggi su Benedetta, lettere, discorsi, studi, meditazioni - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 416.
LA STORIA DI BENEDETTA - Narrata ai bambini, di Laura Vestrucci
con illustrazioni di Franco Vignazia - «Amici di Benedetta» - pp. 66.
DIO ESISTE ED È AMORE - Veglia di preghiera sulla vita di Benedetta di Angelo Comastri - «Amici di Benedetta» - pp. 33.
OGGI È LA MIA FESTA - Benedetta Bianchi Porro nel ricordo della madre, di
Carmela Gaini Rebora - Ed. Dehoniane - pp. 144 - Ristampato.
BENEDETTA BIANCHI PORRO - LETTERA VIVENTE - Scritti di
sacerdoti e di religiosi alla luce della parola di Benedetta - Cesena «Amici di Benedetta» - pp. 256.
BENEDETTA O LA PERCEZIONE DELLA GIOIA - Biografia di
Timoty Holme - Gabrielli Editore, Verona - pp. 230.
APPROCCIO TEOLOGICO AL MISTERO DI BENEDETTA BIANCHI
PORRO del Card. Giacomo Biffi - Cesena - «Amici di Benedetta».
BENEDETTA BIANCHI PORRO di Piero Lazzarin, Messaggero di
Sant’Antonio - Padova 2006 - pp. 221.
IL SANTO ROSARIO CON BENEDETTA a cura della Parrocchia di
Dovadola.
L’ANELLO NUZIALE - La spiritualità “sponsale” di Benedetta Bianchi
Porro, di E. Giuseppe Mori, Quinto Fabbri - Ed. Ave, Roma 2004 pp. 107.
CASSETTA REGISTRATA DELLE LETTERE DI BENEDETTA a cura
degli «Amici di Benedetta».
CARO LIBRO - Diario di Benedetta, illustrato con 40 tavole a colori dagli alunni di una IV elementare di Lugo (Ra) con presentazione di
Carlo Carretto e Vittorio Messori - pp. 48 formato 34x49 Ed. Morcelliana.
ERO DI SENTINELLA di Corrado Bianchi Porro. La lettera di Benedetta nascosta in un libro - Ed. S. Paolo.
QUALCHE COSA DI GRANDE di Walter Amaducci - Ed. Stilgraf,
Cesena 2009 - pp. 120.
FILMATO SU BENEDETTA (documentario) in videocassetta.
DVD BENEDETTA BIANCHI PORRO - Testimonianze (filmato in Dvd).
L’ANNUNCIO - semestrale a cura degli «Amici di Benedetta».
LETTERA A NATALINO di Benedetta Bianchi Porro. Illustrazioni di Roberta Bössmann Amati - Ed. Stilgraf Cesena - pp. 24.
BENEDETTA BIANCHI PORRO Un cammino di luce di Piersandro
Vanzan, Prefazione del Card. Angelo Comastri, Editrice Velar, Gorle (BG), 2011 - pp. 48.
QUADERNI DI BENEDETTA 1 - Benedetta Bianchi Porro. Il cammino
verso la luce, di don Divo Barsotti, Fondazione Benedetta Bianchi
Porro e Associazione per Benedetta Bianchi Porro, 2007 - pp. 46.
QUADERNI DI BENEDETTA 2 - Benedetta Bianchi Porro. Dio mi
ama, di Angelo Comastri, Fondazione Benedetta Bianchi Porro e
Associazione per Benedetta Bianchi Porro, 2008.
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