AL PORTALETTERE: in caso di mancato recapito inviare all’Ufficio Poste di Cesena-Centro per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tassa. NOTIZIARIO «AMICI DI BENEDETTA» Anno XXIX - n. 1 - Maggio 2014 Semestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. abbon. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB di Forlì - Aut. Trib. Forlì n. 18/86 Dir. Resp.: Gianfranco Amati - “Amici di Benedetta” Casella postale n. 62 - 47013 Dovadola (FC) - Amm.: Via Benedetta Bianchi Porro, 4 - Dovadola (FC) Tel. 0543 934676 - c.c.p. 1000159051 - Taxe perçue (tassa riscossa) - Stampa Stilgraf Cesena Angelo Ranzi – Benedetta 2 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 50 anni di luce a cura di GIANFRANCO AMATI I 50 anni dalla morte di Benedetta, avvenuta il 23 gennaio 1964, sono un’occasione di festa perché crediamo che la morte sia il giorno in cui Benedetta nasce alla vita eterna, a quella vita eterna, a cui si era preparata in modo intenso e generoso vivendo momenti di paradiso dentro di sé persino durante la sua odissea terrena. Quel paradiso interiore, che significa presenza di Dio nell’anima, è riuscita a comunicare a chi la incontrava, moltiplicando così il dono ricevuto dallo Spirito di Dio. Ecco perché il filo conduttore di tutte le iniziative è forse l’incontro con Benedetta, quasi un’offerta di gioia che siamo chiamati a scoprire nel nostro cuore. Dovadola, Forlì e Sirmione sono luoghi in cui si sono svolte le principali manifestazioni, ma attorno a Benedetta si sono accese tante altre piccole e grandi luci, proprio laddove in centri grandi e piccoli si sono incontrati e si incontrano molti gruppi di amici nella preghiera, nella meditazione, in manifestazioni piccole e grandi, sempre con la scopo di essere presenti al Signore e di regalare ad altri il dono ricevuto. Coglieremo soltanto alcuni frammenti di questo fiorire di iniziative, anche perché pensiamo che il cantiere sia sempre aperto, se consideriamo Benedetta un’amica meritevole di essere conosciuta meglio da noi e di essere fatta conoscere a nuovi amici. Il 25 gennaio 2014 a Dovadola Tra i numerosi fedeli presenti abbiamo notato le sorelle Emanuela e Carmen, i fratelli Gabriele e Corrado. Numerose anche le autorità, tra cui il sindaco di Dovadola Gabriele Zelli e altri sindaci del circondario, il Sindaco di Sirmione. Don Alfeo Costa ha salutato con molta cordialità Mons. Comastri ricordandone le numerose visite a Dovadola da quando era parroco fino ad ora che è cardinale ed auspicandone un prossimo ritorno a Dovadola, questa volta accompagnato da papa Francesco. L’assemblea ha accompagnato con un sorriso quest’uscita e poi ha ascoltato con attenzione il seguente telegramma del papa letto da Mons. Lino Pizzi: È notevole il fervore di iniziative convergenti a Dovadola e Forlì in gennaio ed anche nei mesi successivi. La scelta della Diocesi di concentrare tutta una serie di incontri di carattere pastorale a Dovadola, il calendario delle iniziative concordato dalla commissione istituita dal Vescovo Mons. Lino Pizzi e lo stile di aperta ed efficiente collaborazione tra Diocesi, Comune di Dovadola, Parrocchia, Associazione per Benedetta Bianchi Porro - onlus e Fondazione Benedetta Bianchi Porro, hanno consentito di concentrare molte iniziative in un paese, divenuto il centro di una festa per tutti i convenuti. Notevole risulta il coinvolgimento del paese e della Diocesi per l’attuazione delle iniziative previste per il 50º anniversario di Benedetta. La Messa alla Badia Il culmine delle manifestazioni è costituito indubbiamente dalla S. Messa del 25 gennaio, presieduta dal Cardinale Angelo Comastri e concelebrata con il Vescovo di Forlì-Bertinoro Lino Pizzi e con numerosi sacerdoti. Ricordiamo soltanto don Alfeo A S. Em. Rev.ma il sig. Cardinale Angelo Comastri Arciprete della basilica papale di San Pietro 00120 Città del Vaticano In occasione della celebrazione per il cinquantesimo anniversario della pia morte della Venerabile Benedetta Bianchi porro, al paese natale di Dovadola, il Sommo Pontefice Francesco rivolge il suo cordiale pensiero, formulando voti affinché il luminoso esempio della Serva di Dio susciti, specialmente nelle giovani generazioni, perduranti propositi di fedeltà a Cristo e di generoso impegno nella testimonianza dei perenni valori della fede cristiana. Sua Santità, mentre chiede preghiere per la sua persona e per il suo servizio alla chiesa, invoca la celeste protezione della Madre di Dio ed imparte di cuore a Vostra Eminenza, all’eccellentissimo Vescovo diocesano mons. Lino Pizzi, al reverendo Parroco, ai Sacerdoti, alle Autorità intervenute ed ai Fedeli della comunità parrocchiale l’implorata benedizione apostolica, propiziatrice di pace e di spirituale fervore. Dal Vaticano, 25 gennaio 2014 Dovadola (Villa Badia) – Con il card. Comastri e il vescovo Lino Pizzi il folto gruppo dei concelebranti Costa, parroco di Dovadola e vice postulatore della Causa di Beatificazione, il postulatore della Causa di beatificazione P. Guglielmo Camera, il parroco di Sirmione don Evelino Dal Bon, don Andrea Vena, parroco di Bibione, don Enrico Casadei Garofani, segretario della Commissione organizzatrice delle celebrazioni diocesane per il 50º della morte della Venerabile Benedetta Bianchi Porro. (Foto Cristiano Frasca) Arcivescovo Pietro Parolin Segretario di Stato di Sua Santità Introducendo il rito, il card. Comastri ha espresso tutta la sua emozione nel ritornare a Dovadola. Rivedeva nel ricordo le sue prime visite, quando arrivava con la sua mamma e la vedeva poi seduta accanto a mamma Elsa. Quest’emozione si è rinnovata nella toccante omelia che pubblichiamo in questo numero. Alla fine della S. Messa la consueta processione alla tomba di Benedetta ha concluso la celebrazione liturgica. Un bel sole ha l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 3 accolto i presenti ed ha anche riscaldato coloro che non avevano tradizionale pranzo, sempre apprezzato, alla “Rosa bianca” ha potuto trovare posto nella Chiesa di S. Andrea e che avevano se- consentito una positiva prosecuzione della giornata, allietata anguito il rito dal sagrato, anche in audio e video su uno schermo che da un bel sole. predisposto per la trasmissione del rito dall’emittente “TeleromaIl pomeriggio hanno avuto luogo al teatro comunale, dagna”. In tutti dominava però la gioia per essere qui giunti in oc- vanti a un numerosissimo pubblico, due proiezioni del film Oggi casione dei festeggiamenti della Venerabile Benedetta. grazie, alla presenza del regista Franco Palmieri. E poi, sul sagrato, la consueta mostra di libri, tenuta aperta in Anche il Museo della Fondazione, aperto in questi giorni di un gazebo davanti alla Badia, grazie alla festa, grazie alla disponibilità di personagenerosa collaborazione di alcune amiche le volontario, opportunamente preparato e amici, un ufficio delle Poste allestito dall’onnipresente Foscolo Lombardi, ha per l’occasione in un altro gazebo davanospitato numerosi visitatori e gruppi. ti alla Badia per la timbratura della posta E così nelle strade di Dovadola si incon lo speciale annullo postale disegnato crociavano persone note e meno note, del dall’amico Foscolo Lombardi. Questo paese e pellegrini, tutte in qualche modo hanno trovato i numerosi pellegrini arricoinvolte da eventi o iniziative riferite alvati in pullman da Milano, da Sirmione e la Venerabile. da Ostuni, e con altri mezzi da numerose Complessivamente si aveva l’impresaltre località romagnole e da altre regioni sione di essere in un “Benedetta Village”. del nord e centro Italia. Abbiamo visto È impossibile rendere la simpatica atmovolontari della protezione civile e scout sfera di quel giorno, animato dalla pre25 gennaio – Alla “Rosa Bianca” Lorenzo gestire un efficiente servizio d’ordine. Il porge al Cardinale una rosa bianca colta in giardino senza di molte persone. BADIA DI DOVADOLA - OMELIA DEL CARD. ANGELO COMASTRI 50º anniversario della santa morte di Benedetta Bianchi Porro (1964-2014) Giosuè Carducci (1835-1907) è stato certamente un valente poeta, tuttavia egli ha lanciato accuse ignobili e ingiuste nei confronti di Cristo e del cristianesimo. Nell’ode In una chiesa gotica appartenente alla raccolta “Odi barbare”, egli scrive parole velenose rivolgendosi direttamente a Cristo e dice così: «Cruciato martire, tu cruci gli uomini [...] Tu di tristezza l’aer contamini». Cioè: «O Cristo crocifisso, tu ora crocifiggi noi uomini […] e ci riempi l’anima con l’infezione della tristezza». La testimonianza di Benedetta Bianchi Porro smentisce clamorosamente la veemente accusa di Giosuè Carducci. Benedetta, infatti, è un canto di gioia, è un inno alla vita, è un “magnificat” intonato nello sfacelo del corpo devastato dalla malattia. Come è stato possibile? La spiegazione possibile è una sola: Cristo ha il potere di contagiare di gioia il cuore umano anche in mezzo alle prove più terribili. E questo è l’argomento più forte e più convincente della sua divinità: argomento più forte e più convincente anche del miracolo di una guarigione del corpo. Accostandoci a Benedetta, noi innanzi tutto afferriamo la distinzione fondamentale tra il piacere e la felicità: il piacere solletica soltanto la pelle e, pertanto, dura poco; la felicità, invece, entra nella profondità dell’anima e nessuno e niente possono rapirla dall’esterno. Giustamente Alessandro Manzoni, uomo di fede, ha fatto notare che il mondo può deridere questa gioia profonda, ma «rapir non può». Oggi, purtroppo, assistiamo ad una proliferazione ingannevole di piaceri, ma siamo in una terribile carestia di felicità. Madre Teresa di Calcutta un giorno acutamente osservò: «Oggi la segnaletica della felicità è tutta sbagliata. Le indicazioni che dà l’attuale società sono una colossale menzogna e creeranno un mondo di gente triste, scontenta e sola». Perché? Perché la felicità può darla soltanto Dio, in quanto Dio – secondo la felice espressione di F. Dovstoevskji – «Dio è l’esclusivo proprietario della gioia». Camminiamo, allora, per brevi momenti dentro la storia di Benedetta e cerchiamo di cogliere il messaggio che Dio oggi ci dà attraverso la vita di questa giovane cristiana. Un fatto subito impressiona. Mentre Benedetta avanza inesorabilmente nella malattia, all’improvviso c’è un giro di boa nella sua vita: cioè dalla sua anima cominciano ad uscire le note di un canto gioioso e umanamente inspiegabile. È decisivo capire che cosa abbia determinato questo salto, perché, anche per noi, sta qui il segreto della gioia che tutti cerchiamo e spesso non troviamo. Inizialmente Benedetta cammina nel buio: come tanti, come tutti. In questo ci è meravigliosamente “sorella” e la sentiamo tanto vicina alla fatica del nostro cammino di conversione. Il 9 luglio 1949, all’età di 13 anni, così scrive nel Diario: «Stamattina ho messo per la prima volta il busto: che pianto! Mi stringe forte forte sotto le ascelle. [...] Quanti sogni, quante lacrime, quanta nostalgia e malinconia [...] povera Benedetta». Passano gli anni e Benedetta entra sempre di più nel buio della prova. Il 26 gennaio 1953, all’età di 17 anni così scrive all’amica Anna: «Sono assetata di pace e desidero abbandonare le onde del mare per rifugiarmi nella quiete di un porto. Ma la mia barca è fragile, le mie vele sono squarciate dal fulmine, i remi spezzati, e la corrente mi trascina lontano. Mi sembra di essere in una palude infinita e monotona e di sprofondare lentamente, lentamente». La situazione di Benedetta poteva precipitare: così come accadde al celebre scrittore Cesare Pavese che, all’età di 41 anni, si suicidò nel 1950 in un albergo di Torino; così come accadde allo scrittore svedese Stig Dagerman, che, nel 1954, mentre era al culmine del successo si tolse la vita all’età di 31 anni; come accadde allo scrittore statunitense Ernest Hemingway che, nel 1961, si uccise con una fucilata tormentato dalla convinzione che tutto è “nulla”: tutto è “nada”. Benedetta, invece, approda nel regno della gioia. Che cosa è accaduto in Benedetta? Qual è il momento in cui Benedetta si diversifica da noi? Inizialmente ella colleziona una umiliazione dietro l’altra: però – ecco il punto decisivo – le umiliazioni non la rendono umiliata e ribelle, ma umile. E l’umiltà la rende vittoriosa. Infatti tra noi e Dio c’è soltanto la distanza di un muro: il muro dell’orgoglio! Se cade questo muro. Dio ci inonda di gioia; se resta questo muro, non può avvenire l’incontro tra noi e Dio, perché Dio è Continua a pag. 4 4 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Continua da pag. 3 l’infinitamente umile. Benedetta ha fatto cadere questo muro e in lei prodigiosamente è esplosa la gioia. Significativo è l’episodio dell’esame di anatomia nell’estate del 1955. Benedetta, a causa della malattia, non sente le domande del professore e rispettosamente chiede che le vengano proposte per iscritto. Il professore si rifiuta e la offende dicendo: «Non si è mai visto un medico sordo». E scaglia rabbiosamente il libretto universitario verso la porta. L’orgoglio di Benedetta è certamente ferito, ma vince l’umiltà. Ella chiede scusa e, mentre torna a casa, prega l’amica Anna di non dire niente alla mamma. L’umiltà apre alla carità il cuore di Benedetta: ella comincia a preoccuparsi degli altri e, vivendo la carità («abitando negli altri» come ella amava dire), si trova abbracciata da Dio e contagiata dalla sua infinita gioia. Il santo papa Giovanni XXIII un giorno disse al suo segretario: «Finché non avrai messo l’ orgoglio sotto i piedi, non sarai mai un uomo libero e felice». Benedetta ne è la prova lampante. Il 19 aprile 1958 così scrive all’amica Maria Grazia: «Per quello che riguarda lo spirito, sono serena, perfettamente, anzi sono molto di più: felice sono; non credere che io esageri». Alla mamma che è andata a Milano per un po’ di tempo, Benedetta così scrive il 20 febbraio 1961: «Cara Mamma, da quando so che c’è chi mi guarda lottare, cerco di farmi forte: com’è bello così, mamma! Io credo all’amore disceso dal cielo, a Gesù Cristo e alla sua croce gloriosa. Sì, io credo all’amore». Nel 1963, già cieca, detta alla mamma una meravigliosa lettera per aiutare un giovane disperato di nome Natalino. Ormai Benedetta è entrata totalmente nel regno dell’umiltà che fiorisce continuamente in carità. Benedetta non pensa più a sé e dice a Natalino: «Caro Natalino, prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza fino alla consumazione dei secoli». E la gioia del cuore di Benedetta contagia il cuore di Natalino e guarisce la sua disperazione. Egli, alla fine, scrive così a Benedetta: «Prima mi la- mentavo perché ogni rosa ha la sua spina, ora invece ringrazio il Signore perché ogni spina ha la sua rosa». Nel mese di maggio dello stesso anno, 1963, Benedetta detta una lettera per l’amica Anna, alla quale dieci anni prima aveva confidato la sua disperazione. Ora Benedetta è un’altra creatura e dice: «Cara Anna, io sono molto cambiata. Ora con me c’è Dio e sto bene. Come sto bene!». Il 24 maggio 1963 la mamma scrive a suor Alberta Simionato, già insegnante di Benedetta, e le confida: «Benedetta è serena nel Signore. Vive pregando, cantando, dettando lettere agli amici, vive in maniera più angelica che umana. Ringrazia ogni sera Dio per i mali che le ha dato. È felice di poter morire senza un peccato mortale, ma anche in questo caso dice di amare la vita con il suo sole, con i suoi fiori, con la sua pioggia. È di un’obbedienza e di una umiltà che sconcerta, che edifica. È forte, dolce, sicura. Dov’è passata, lascia un ricordo di sé che impressiona. Ma non vuole sentire dirlo, perché dice che le lodi sono solo tentazioni. Io non sono più addolorata per questo stato di salute di mia figlia. Ma la guardo umilmente, indegnamente come si guardano i santi in chiesa». Così facciamo anche noi. Invochiamo la mano di Dio perché faccia crollare il muro del nostro orgoglio: muro che continuamente ricostruiamo e continuamente dobbiamo demolire. Se crolla il muro dell’orgoglio, l’Amore di Dio ci inonda e la voce del nostro cuore può dire con Benedetta: «Che cosa meravigliosa è la vita! E la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio, per questo». E ognuno di noi così diventa davvero una segnaletica luminosa che indica la strada della felicità, che è ben diversa da quella delle discoteche e dei luoghi di divertimento. Benedetta, prega per noi! Prega e ricordaci che, come tu hai scritto, «nelle mani di Dio anche le cose più insignificanti possono diventare la nostra cometa». Dovadola, 25 gennaio 2014 Angelo Card. Comastri Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano Arciprete della Basilica papale di San Pietro GIOVANI A DOVADOLA CON BENEDETTA Il 12 aprile Dovadola si è riempita di giovani della Diocesi di Forlì-Bertinoro, accorsi per celebrare vicino a Benedetta l’annuale Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). La traccia dell’incontro è stata un tema forte, quello delle beatitudini, dal Vangelo di Matteo, con l’invito di papa Francesco a percorrere con Gesù la via dell’amore, una via impegnativa da percorrere per arrivare alla vera gioia. E Benedetta? Evocata dalle parole appassionate di sua sorella Emanuela, è risultata un esempio convincente di amore per Gesù, che ha donato la gioia a una creatura devastata dalla sofferenza e l’ha resa capace anche di trasmetterla a dei giovani. L’ascolto poi della lettera al giovane Natalino, preziosa sintesi della profonda spiritualità di Benedetta, è diventata così un manifesto della speranza per tutti. Benedetta allora, esempio incoraggiante, è stata in Badia di Dovadola – Giovani alla GMG (Foto Cristiano Frasca) qualche modo testimone delle consegna del “Credo” da parte del vescovo mons. Lino Pizzi a 50 sedicenni, impegnati a compiere un cammino di fede. E poi c’è stata festa. Era previsto l’arrivo di un certo numero di giovani, ne sono arrivati 480. E ci sono stati musica, polenta, e soprattutto un invito alla speranza per tutti. l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 5 A colloquio con il card. Comastri a cura di GIANFRANCO AMATI Dovadola. 25 gennaio. Ore 10 e 20. Nel tinello della canonica salutiamo il cardinale Angelo Comastri. Lo salutiamo con deferenza e con la gioia di incontrare un amico da lunga data, sempre attento e sensibile alla spiritualità di Benedetta, e disponibile ad ascoltare chi cerca di farla conoscere. Benedetta è stata aiutata a trovare progressivamente la sua vocazione, anzi le sue vocazioni, nel rapporto con alcune persone come Nicoletta Padovani e mons. Elios Mori. Le vocazioni di Benedetta sono sbocciate in dialogo con degli amici. Con questa consapevolezza formuliamo la prima domanda. Gianfranco Facendo riferimento a “l’annuncio” e a tutti i nostri amici, come possiamo aiutare noi stessi e le persone che incontriamo a scoprire la propria vocazione anche nelle situazioni di difficoltà nella malattia o quando la vita colpisce in vario modo? Card. Comastri Certamente nel viaggio della vita non siamo soli. Le persone che noi incontriamo sono la segnaletica, sono la segnaletica giusta. Sicuramente le amicizie sono una grande benedizione, un grande dono di Dio. Quando incontriamo, faccio un esempio, persone come Madre Teresa, evidentemente ogni incontro ti dà impressione di varcare un confine, di entrare in un mondo del tutto sconosciuto che ci illumina il mondo precedente. Così è stato per Benedetta. Benedetta ha incontrato delle belle amicizie. Nell’incontro con esse si è maturata la sua anima, è maturato il suo rapporto con Dio, e questo è bello. Lo dobbiamo rivivere anche noi. Ognuno di noi è determinante per l’altro: non si va avanti da soli. Mons. Tonino Bello diceva: «Siamo angeli con un’ala sola». Per volare bisogna abbracciarsi ad un altro e con due ali si vola. Altrimenti non si può volare. Ecco il valore dell’amicizia. Il cardinale sviluppa ulteriormente il tema facendoci incontrare un altro amico. C. Ma c’è di più. Benedetta ha avuto un rapporto straordinario con il dolore. E il dolore è un incontro che prima o poi facciamo tutti. Nella Salve Regina, un po’ superficialmente, diciamo: «Salve Regina, madre di misericordia, a te ricorriamo noi esuli figli di Eva, a te so- spiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime». La vita è valle di lacrime per tutti noi, in un modo o nell’altro, ma lo è per tutti. Quello che è importante è incontrare il Consolatore, l’unico che ci può prendere per mano e può farci attraversare la valle del pianto, come la chiama un salmo, la valle del dolore, cantando. Questo lo può fare soltanto Dio. Fëdor Dostoevskij, che Benedetta amava molto e che leggeva molto volentieri, ha usato un’espressione straordinaria, ha detto: «Dio è l’esclusivo proprietario della gioia”. Benedetta, ne è la testimonianza. Ha attraversato la valle del pianto, potremmo dire, in una maniera unica perché la malattia che ha vissuto è veramente una malattia limitante, umiliante, eppure ha cantato. D’altra parte abbiamo gente che sta benissimo di salute ed è disperata. Chi fa la differenza nella vita è l’incontro con il Consolatore, l’incontro con Dio, l’incontro con lo Spirito di amore. E quello che mi ha impressionato sempre nella storia di Benedetta è questo fatto. G. Come è avvenuto questo incontro con Dio? C. Io credo che l’elemento determinante per Benedetta sia stato il fattore umiltà, perché il vero muro che ci separa da Dio è l’orgoglio; e generalmente le umiliazioni creano ribellione. In alcuni le umiliazioni creano umiltà. In Benedetta le umiliazioni hanno creato l’umiltà. L’umiltà l’ha buttata tra le braccia di Dio perché l’umile incontra Dio e, incontrando Dio, chiaramente incontra la gioia, che coincide con Dio, perché Dio è gioia, Dio è feli- cità, Dio è contentezza infinita. Dio è paradiso perché non “si va” in paradiso, ma “si diventa paradiso”, accogliendo Dio. Benedetta ne ha fatto l’esperienza. G. Ma come? C. L’umiltà, dicevo, l’ha buttata tra le braccia di Dio, ma in che modo? Vivendo la carità, dimenticando se stessa. Lei ha dato una definizione molto bella della carità: «La carità è abitare negli altri». Ricordo Madre Teresa di Calcutta che diceva sempre: «Oggi la segnaletica della felicità è tutta sbagliata». Aveva ragione. Ti dicono: «Divertiti, accumula soldi, cerca successo e diventi felice». Non è vero perché la gente piena di soldi non è felice, perché la gente, al culmine del successo, si suicida. Non è vero. La felicità si trova facendo del bene, uscendo da se stessi. È chiaro che, per far questo, ci vuole umiltà. L’umiltà è la premessa. L’orgoglioso è per sé. L’umiltà ha reso Benedetta aperta agli altri e, aprendosi agli altri nella carità, ha incontrato Dio perché, nel momento in cui ti doni, tu incontri Dio che è il dono, Dio è l’amore. E quindi, vivendo l’amore, tu fai l’esperienza di Dio che riempie di contentezza. E così, nel dolore, lei ha incontrato il Signore e questo incontro ha dato la festa alla sua vita. G. Anche la festa di oggi è occasione per parlare di questo incontro. C. Oggi è la festa della conversione di San Paolo. Faccio un confronto, lo dirò brevemente all’inizio della Messa. San Paolo come ha fatto l’esperienza di Dio? Diceva: io ero un violento, un bestemmiatore, un persecutore. Se ne va per la via di Damasco e c’è un’irruzione, come c’è stata nella vita di Benedetta. Non sappiamo il momento preciso, ma c’è stata, come c’è nella vita di tutti i santi, come dovrebbe esserci nella vita di tutti, perché Dio bussa alla porta di tutti. La “fotografia” più preziosa di Dio è questa: Ecco io sto alla porta e busso, alla porta, di tutti. Ebbene, cosa dice Gesù a San Paolo sulla porta di Damasco? «Saulo, perché mi perseguiti?». Forse Saulo, nel momento in cui incontra Gesù, poteva aspettarsi un rimprovero, un fulmine, una punizione. Ma cos’è questo Dio che si presenta dicendo: «Perché mi perseguiti?». È un Dio che domanda. Saulo giustamente è sconvolto, è spiazzato davanti a questa domanda di Gesù. Non poteva pensare che fosse Dio a fargli questa domanda: «Chi sei?»; risponde: «Sono Gesù che perseguiti». Ebbene, allora mi fai la domanda? Saulo capisce che Dio è amore. È in quel momento che lui ha l’intuizione. Ecco perché subito dopo domanda: «Signore, che vuoi che io faccia?». Saulo è cambiato, è un’altra persona. G. E Benedetta? C. Anche Benedetta ha avuto sicuramente un momento del genere. Non possiamo definire il giorno e l’ora in cui è avvenuto questo incontro, ma c’è stato sicuramente nella sua vita un giro di boa, un salto, perché c’è stato un momento in cui Benedetta vive la disperazione, lo sgomento. È spiazzata di fronte al dolore, come Continua a pag. 6 6 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Continua da pag. 5 lo siamo tutti, perché il dolore evidentemente non è fatto per noi, ma il dolore cambia quando ci consegniamo a qualcuno che è più forte del dolore, quando ci consegniamo a qualcuno che, nel dolore, ci mette un senso, un significato, trasformandolo in un amore più forte. «L’amore più forte è quello di chi ama fino a soffrire»: questa è la definizione di Madre Teresa di Calcutta. L’amore più forte è quello di colui che ama fino a soffrire ed è l’amore che ha vissuto Gesù. Quando, nel dolore, ci si mette l’amore, il dolore cambia perché entra Dio. E dove entra Dio si sente solo il profumo della Resurrezione, non si sente più il dolore. G. Qual è l’attualità di questo messaggio? Benedetta, in questo, è una testimonianza straordinaria, potrei dire attualissima perché questa è un’epoca in cui del dolore si ha una paura quasi patologica perché non c’è più senso, c’è vuoto. E il vuoto, chiaramente, è l’esperienza più triste, più drammatica della vita. E il dolore, chiaramente, dove c’è il vuoto, fa cascare tutto. Ecco perché Benedetta ha tanto da insegnare agli uomini di oggi, a questa generazione che non capisce il senso del dolore e non ha più in mano la chiave per uscire dal dolore. Una parola a tutti gli amici di Benedetta. Cosa può dirci? C. La cosa più semplice. Fate conoscere Benedetta. Fatela conoscere con molta delicatezza. Ho letto stanotte, stamane, alcune pagine del libro di Mons. Zarri. Mi è piaciuto molto perché fa parlare Benedetta. È lo stile di Oltre il silenzio, di altri libri su Benedetta. Facciamola parlare, facciamola raccontare la sua sofferenza, la sua lotta iniziale e il giro di boa che è avvenuto nella sua vita nel momento in cui l’umiltà l’ha messa in cammino verso la carità, perché Be- Il 23 gennaio 2014 a Dovadola Il giorno esatto dell’Anniversario ha avuto un carattere particolare a Dovadola, quasi segnato da un abbraccio della popolazione locale attorno a Benedetta, prima del massiccio afflusso di pellegrini da altre località, previsto nei giorni successivi. È stato, in certo modo, intonato dall’ora di Adorazione pomeridiana con il Rosario con Benedetta, trasmesso in diretta da Radio Maria, per merito dell’amico Daniele Siroli che ha organizzato per tempo il servizio radiofonico. In una veglia serale il raccoglimento è stato favorito dalla proiezione di una serie di immagini sulla vita di Benedetta, accompagnate da testi e pensieri. Questo lavoro di Chiara e Matteo Don Alfeo Costa nedetta ha avuto un’umiltà straordinaria. Io penso, quando lei si scopre sorda e avverte le prime umiliazioni, che poteva scattare in lei la ribellione. Immagino le interrogazioni che non sente, un esame in cui un professore getta il libretto alla porta e dice: «Non s’è mai visto un medico sordo...». Ebbene, in quel momento, Benedetta è diversa da noi perché l’umiliazione la rende umile. Generalmente l’umiliazione rende ribelli. L’umiliazione la rende umile e nell’umiltà sboccia la carità, sboccia il dono. Infatti, Benedetta è una creatura che ha sempre pensato agli altri. Pensiamo alla lettera a Natalino. Che ti importa di Natalino? Stai male tu, verrebbe da dire. No, perché Benedetta ha deciso di abitare negli altri e, abitando negli altri, fa l’esperienza di Dio. Questo è importante dirlo, perché è questo che la gente oggi non capisce e che tanti giovani oggi non capiscono. Discoteche, divertimenti ecc. A volte mi sento dire: «In questa città non ci sono tanti divertimenti, non è una città adatta per i giovani». Ma pensate che i divertimenti vi rendano felici? Vi state prendendo in giro, vi state ingannando. Bisogna dare la chiave di volta del mistero della vita. E questo è chiaro che Benedetta l’ha trovato. E in questo voi amici, facendo conoscere Benedetta, potete aiutare tantissimi giovani, ma anche tutti possiamo dire, a trovare la chiave della felicità, come l’ha trovata lei. G. Può dedicare un saluto agli amici? C. Vi ringrazio tanto perché quello che state facendo è molto bello. Benedetta ha avuto il senso altissimo dell’amicizia e voi avete il senso altissimo dell’amicizia con Benedetta. In qualche modo la ripagate e potete aiutare anche gli altri a vivere l’amicizia come l’ha vissuta lei, come il luogo dell’incontro con Dio negli altri. Ferlini, con i loro collaboratori, è stato seguito con commossa attenzione, in preparazione della S. Messa, che è stata il cuore della serata. Essa ha avuto un carattere particolare, solenne certo perché era il giorno dell’anniversario, ma insieme anche familiare. La chiesa era gremita di parrocchiani. Alcuni sacerdoti quest’anno celebravano, una loro speciale ricorrenza: 70 anni di Messa Mons. Enzo Donatini, 60 anni don Alfeo Costa, 50 anni don Oreste Ravaglioli. Don Alfeo Costa ricorda, con commozione, che per la prima volta presiedeva una celebrazione negli anniversari di Benedetta. L’omelia si è snodata sul filo dei ricordi. Il primo è legato a una frase trovata nel registro dei visitatori alla Badia: “Benedetta, mi piaci perché non sei nata santa”, a sottolineare che anche lei ha dovuto fare un suo percorso per diventare quella che tutti ammiriamo. Don Alfeo l’ha ricordato bene, non mancando, per altro, di sottolineare la bontà e la finezza dimostrate nelle sue terribili vicissitudini, come l’indulgenza verso chi la chiamava “zoppetta”, verso i chirurghi che avevano sbagliato delle operazioni e verso il professore che, indignato, scagliò lontano il libretto universitario di Benedetta. Anche lui era giustificato perché, non mettendo il voto, non l’aveva danneggiata. Don Alfeo ha rievocato poi l’arrivo a Dovadola, nel 1971, del famoso scienziato Enrico Medi, di cui ha citato una profetica frase che per molti si è realizzata: «Benedetta entra in punta di piedi nella tua vita e poi non ti lascia più». E poi il ricordo della fase diocesana del processo di beatificazione negli anni ’70, quando anche lui con il sacrestano furono ascoltati per verificare se non ci fossero stati atti di culto verso la allora Serva di Dio Benedetta Bianchi Porro. Ha poi ricordato la visita a Dovadola di ben 18 Cardinali. Si è soffermato in modo particolare sul card. Antonio Quarracino, che ebbe come Vescovo ausiliare un certo Jorge Bergoglio… Nel- l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 7 Badia di Dovadola – I coristi raccolti attorno all’altare. L’ultimo a destra è don Marino Tozzi, autore della Messa in onore di Benedetta. Il sesto da sinistra è don Oreste Ravaglioli, autore dell’artistica pergamena commemorativa (nella foto in basso a destra) (Foto Conficoni) l’omelia ha rivelato di aver mandato a papa Francesco una lettera il 24 agosto 2013, pensando che mons. Quarracino, così appassionato di Benedetta, dovrebbe aver parlato di lei anche al suo ausiliare… Dopo tutti questi Cardinali, avere a Dovadola un papa, sembrava a Don Alfeo una meta possibile e non solo un sogno. Ma vale sempre la regola: «Quando il Signore vorrà...». L’assemblea liturgica è stata arricchita da don Marino Tozzi, parroco di Terra del Sole, che ha regalato la prima esecuzione di una S. Messa in cinque lingue, da lui composta e dedicata a Benedetta. Il Kyrie è nel greco dei Vangeli, il Credo è in latino liturgico, il Gloria è in italiano, il Sanctus è in inglese, Holy, Holy Lord e l’Agnello di Dio, anzi il Cordero de Dios, è, in un ammiccante spagnolo, lingua molto diffusa e, guarda caso, lingua di papa Francesco. L’anniversario di Benedetta è stato anche l’occasione per coinvolgere vari cori della vallata per accompagnare con il canto proprio la nuova S. Messa a lei dedicata. Verso la fine della cerimonia ha portato il suo appassionato saluto P. Guglielmo Camera, molto impegnato, come postulatore, a seguire la causa di beatificazione di Benedetta. «Il mio servizio – ha detto – è presentare una figura, studiare le meraviglie di Dio in quest’anima. In Benedetta ho incontrato un’anima che ha fatto esperienza della presenza di Dio e che si è trovata a vivere con Gesù in un momento specialissimo, sulla croce». Chi ha seguito la veglia e la S. Messa ha vissuto un partecipato evento di pastorale d’insieme. Grazie a Benedetta e a tutti coloro che si sono incontrati, nel suo attualissimo ricordo, davanti all’altare del Signore. 8 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Benedetta al cinema Benedetta al cinema immagini tra la protagocon Oggi grazie. Un nista, i luoghi che visita, giorno con Benedetta e le parole di Benedetta, Bianchi Porro. sempre più presente. Salutiamo con favore Monica cerca una un film professionale stanza in paese, ma in dedicato a Benedetta, realtà cerca se stessa. E realizzato su iniziativa questa ricerca è aperta e della Diocesi di Forlìincuriosisce lo spettatoBertinoro nel contesto re che non sa cosa si delle celebrazioni per il possa aspettare nella cinquantesimo. prossima sequenza. È un “docufilm”, è L’esito della ricerca un’opera cinematografidella stanza, e contemca con una trama sosteporaneamente di se stesnuta da riferimenti tesa, da parte della protastuali e ambientali rifegonista, non riveliamo riti a Benedetta. ai lettori. Abbiamo usato di Raccogliamo invece proposito la parola alcune note di regia di “film”, è un cortomeFranco Palmieri, estertraggio di 33 minuti, nate alla “prima” del Il regista Franco Palmieri con protagonisti e collaboratori perché Franco Palmieri, film il 24 gennaio nella alla “prima” del docu-film Oggi grazie (Foto Alessandra Salieri) che lo ha sceneggiato e sala San Francesco di diretto, ha dato al suo lavoro un ritmo narrativo essenziale con Forlì, alla presenza, tra il folto pubblico, del cardinale Angelo Codue protagoniste: Monica, una ragazza bloccata a Dovadola per mastri e del Vescovo Lino Pizzi, e poi il 25 gennaio a Dovadola un guasto alla macchina, e Benedetta, gradatamente conosciuta alle successive proiezioni, ugualmente seguite da centinaia spettaattraverso vari indizi, sparsi nel luogo, e attraverso le sue parole, tori. ricavate dai suoi Scritti, misteriosamente e provvidenzialmente Palmieri ha meditato a lungo sui testi di Benedetta per un film donati a Monica. che doveva essere in qualche modo costruito attorno alle parole Essenzialità e ritmo narrativo agile e, nel contempo, meditativo di Benedetta. E così anche i luoghi, come di «un paese svuotato», sembrano caratterizzare il film. sembrano quasi lo sfondo della meditazione di Monica su BeneEssenzialità. La protagonista, l’attrice Ancilla Oggioni, gira in detta. un paese pressoché vuoto, prevalentemente dai colori tenui e sepIl film, pregevole nelle immagini e in alcune scene molto sugpiati. Manca totalmente la musica, che compare soltanto nell’ulti- gestive, recitato in modo misurato e partecipato da Ancilla Ogma scena e continua nei titoli di coda. gioni, offre sicuramente materiale per meditare su Benedetta nel I rumori ci sono per dare un minimo di concretezza di vita, ma luogo in cui è nata e che ora la ospita. sono ridotti, anch’essi, all’essenziale. C’è un continuo rimbalzo di G.A. NEL RICORDO DEI NOSTRI CARI Foto Amati l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 9 Pagine di diario a cura di ROBERTA BÖSSMANN 5 gennaio 2014. Nell’Oratorio di Sirmione Emanuela Bianchi Porro ha tenuto un incontro su Benedetta con una trentina di persone accompagnate dal dottor Giuliano Guerra, medico psicoterapeuta specializzato in psichiatria. *** 9 gennaio. Benedetta a 50 anni dalla morte. È questo il titolo dell’articolo pubblicato su “La Voce” che riportava il programma delle celebrazioni organizzate dalla Diocesi di Forlì per questo straordinario anniversario. Maria Neri, che ha firmato l’articolo, ha scritto che il 50º di Benedetta «si concretizzerà come una grande occasione per riflettere su fede, speranza e scienza ai confini della vita». Questo, grazie agli spazi orari dedicati alla riflessione sulla malattia, sulla sofferenza e sulla morte: temi che oggi si tendono ad evitare piuttosto che ad affrontare. Un altro articolo annunciava, nella stessa pagina, l’arrivo, per il 25 gennaio, del cardinale Comastri e la presentazione del libro su Benedetta del vescovo Vincenzo Zarri l’11 gennaio a Forlì. Lo stesso 9 gennaio, “Il Resto del Carlino” dedicava un’altra pagina a Benedetta con due articoli di Quinto Cappelli nei quali proponeva il programma del 50º e ricordava che il 25 gennaio ci sarebbe stato a Dovadola l’annullo postale di un francobollo, disegnato dall’artista Foscolo Lombardi. L’altro articolo accennava a un presunto “miracolo” avvenuto a Genova nel 1986, quando un giovane ebbe un gravissimo incidente stradale e, grazie alle preghiere a Benedetta, riuscì a guarire inspiegabilmente. Il caso è ora al vaglio delle autorità competenti. Anche “il momento”, il 9 gennaio, ha dedicato ampio spazio a Benedetta e al libro a lei dedicato da mons. Vincenzo Zarri, Un canto di lode al Signore. Gli articoli portano la firma di Giovanni Amati. *** 11 gennaio. È uscito un altro scritto di Quinto Cappelli su “Avvenire”, dal titolo Sulle orme di Benedetta Bianchi Porro, con le iniziative per il 50º sia in Romagna che a Sirmione. Sempre l’11 gennaio, a Forlì, al Centro Culturale San Francesco c’è stata la presentazione del volume di Monsignor Zarri Un canto di lode al Signore. Benedetta Bianchi Porro: un Vangelo della Croce, della Luce, della Gioia, a cura dell’Associazione per Benedetta Bianchi Porro onlus. *** 16 gennaio. Di Benedetta si è tornati a parlare su “il momento” nel contesto di un percorso di formazione dell’Azione Cattolica nel nome della Venerabile; sul “Corriere Cesenate” veniva presentata la concelebrazione eucaristica, presieduta dal cardinal Angelo Comastri; la presentazione del cortometraggio Oggi grazie. Un incontro con Benedetta sul filo dei diari e delle lettere; il collegamento con Radio Maria il 23 gennaio dalla Badia di Dovadola. Su “il momento” Giovanni Amati ha scritto un articolo sulla presentazione del libro di mons. Vincenzo Zarri, avvenuta a Forlì alla presenza delle autorità e di oltre duecento persone. *** 17 gennaio. C’è stata un’intervista a Emanuela Bianchi Porro a Teleromagna. *** 23 gennaio. Alla Badia di Dovadola un’ora di Adorazione Eucaristica, trasmessa da Radio Maria, una veglia di preghiera ed una concelebrazione di una S. Messa, presieduta da don Alfeo Costa, caratterizzano questo giorno anniversario del 50º della morte di Benedetta. Lo stesso giorno l’editoriale di Luciano Sedioli su “il momento” portava il titolo Etty e Benedetta. Le figure di Etty Hillesum e di Benedetta venivano accostate per la loro capacità di dire sì alla vita, capovolgendo il male in germe di bene. Un altro articolo, in prima pagina, di Giovanni Amati è intitolato Benedetta, santità tutta da scoprire. All’interno due pagine parlavano dell’arrivo del card. Comastri, e delle varie iniziative dedicate a Benedetta in questo 50º dalla sua salita al cielo. Un articolo era dedicato anche a questo nostro periodico “l’annuncio”. Sempre il 23 gennaio il “Giornale del Popolo” ha dedicato un’intera pagina a Benedetta e alla sua biografia. Su “Tracce” è apparso un articolo molto lungo di Paola Ronconi, dedicato a Benedetta, dal titolo Ci vuole umiltà per chiedere la Verità. A cinquant’anni dalla morte viene descritta la breve esistenza della Venerabile che è ancora oggi «un archivio di esperienze, dove è possibile fare continue scoperte», come scrive il cardinale Angelo Comastri nella prefazione alla sua biografia. In particolare vengono riportati brani che testimoniano l’amicizia di Benedetta con alcuni ragazzi di G.S. *** 24 gennaio. “La Voce” dava notizia del docufilm su Benedetta e della sua presentazione. *** 25 gennaio. Alle 11.00 alla Badia di Dovadola c’è stata la solenne concelebrazione eucaristica per il 50º della morte di Benedetta, presieduta dal card. Angelo Comastri. A parte troverete la sua omelia, una nostra intervista esclusiva e le notizie della giornata. Io, purtroppo, non ero presente per la solita influenza e neppure il gruppo delle Marche è riuscito a partire a causa della neve. Graziella mi ha tenuta informata sul tempo, ma alla fine ha dovuContinua a pag. 10 10 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Continua da pag. 9 to rinunciare alla partenza. Il gruppo di Ostuni e quello di Sirmione sono riusciti ad arrivare con grande gioia di tutti. Ma torno alla cronaca dei giornali. *** 26 gennaio. Il “Corriere di Forlì e Cesena” ha dedicato ampio spazio a Benedetta esempio di fede, a Dovadola in preghiera, al cortometraggio, al nuovo Postulatore padre Guglielmo Camera, fiducioso che la guarigione del 1986 possa essere lo spiraglio giusto per la causa di Beatificazione della nostra Benedetta. Lo stesso giorno anche “La Voce” dedicava un articolo in ricordo di Benedetta e sulla Messa celebrata dal cardinale Comastri. Quinto Cappelli, sempre il 16 gennaio, firmava l’articolo de “Il Resto del Carlino” su Benedetta. *** 26 gennaio. Trenta persone della parrocchia di San Michele inferiore e San Gimignano a Marano, accompagnate da don Massimo Ruggiano, hanno incontrato Emanuela Bianchi Porro per un momento di riflessione e di preghiera. Hanno anche visitato il Museo della Fondazione, con la guida di Foscolo Lombardi. *** 30 gennaio. “il momento” intitolava un articolo di Quinto Cappelli: Il parroco invita papa Francesco, che aveva inviato un telegramma in occasione del 50º di Benedetta, letto dal Vescovo Lino Pizzi. *** 2 febbraio. A Forlì c’è stata la grande festa della “Fiorita”. Cinquecento persone hanno assistito alla presentazione della figura di Benedetta che era molto devota alla Madonna del Fuoco. *** 6 febbraio. Su “il momento” è apparsa una lettera di Gabriele Zelli, sindaco di Dovadola, sul film dedicato a Benedetta, e visto da oltre 800 persone in occasione della presentazione. Sullo stesso settimanale, in altre pagine, due fotografie ricordavano la “Fiorita” dei bambini nel ricordo di Benedetta. Era presente Emanuela Bianchi Porro che aveva proposto ai piccoli la testimonianza della sorella Benedetta. *** 10 febbraio. Emanuela ha incontrato a Forlì 140 insegnanti nell’Aula magna dell’Istituto di Scienze Religiose. Lo stesso giorno Emanuela era presente in televisione nel programma La Romagna siamo noi per un’intervista su Benedetta, mentre il 13 febbraio ha presentato la figura di Benedetta a 30 universitari di Pesaro impegnati nel progetto SHEKINAH di pastorale giovanile. *** Il 13 febbraio “il momento” ospitava, invece un’intervista a padre Guglielmo Camera, postulatore di Benedetta. Egli pensa che, se tutto andrà bene, circa il presunto miracolo di Genova, Benedetta potrà essere dichiarata beata fra due anni. Accompagniamo, con la preghiera, questo iter, affinché la volontà del Signore possa essere compiuta. *** 18 febbraio. Un lungo articolo di Piero Ghetti, dedicato a Benedetta su “Romagna Corriere”, cita i diciotto cardinali che, negli anni, le hanno reso omaggio. *** 20 febbraio. “il momento” riportava le linee guida per il prossimo triennio dell’Azione Cattolica. La testimonianza di Benedetta sarà al centro dell’assemblea dell’Azione Cattolica. In altra pagina don Enrico Casadei parla del ciclo di incontri pubblici dedicati a Benedetta, organizzati dalla Consulta Diocesana per la Cultura. *** 28 febbraio. A Forlì, nella sala Santa Caterina, il dott. Pierluigi Moressa, psichiatra e psicanalista, ha tenuto una conferenza del ciclo Alla fine dei giorni: la mente dell’uomo di fronte al dolore e alla speranza. L’iniziativa, in ricordo di Benedetta, era il primo degli incontri organizzati dalla Consulta diocesana per la cultura. *** 8 marzo. A Sirmione c’è stato il consueto Concerto di Primavera, organizzato dall’Associazione degli Amici, dedicato a Benedetta, che quest’anno ha visto la partecipazione del Ned Ensemble e della grande ballerina Luciana Savignano. *** 13 marzo. “il momento” ha riportato le date degli incontri culturali dedicati a Benedetta e i nomi dei relatori. *** 14 marzo. Fa parte della stessa iniziativa anche l’incontro tenuto a Forlì dal prof. Adriano Fabris, dell’Università di Pisa, sul tema: Il grande silenzio: contro una cultura omertosa del dolore e della morte. *** 16 marzo. Don Alfeo Costa tiene alla Badia di Dovadola un ritiro ai diaconi su Benedetta. Emanuela incontra un gruppo di 80 persone di Castelfranco Emilia e Persiceto al Teatro comunale di Dovadola. Poi una S. Messa e una visita guidata da don Costa alla stanza di Benedetta concludono il pellegrinaggio. Il pomeriggio un gruppo di G.S. di Forlì assiste alla proiezione del docufilm Oggi grazie e poi partecipa alla S. Messa. *** 18 marzo. Vengono presentati a Portogruaro da Franco Palmieri e da don Andrea Vena rispettivamente il docufilm e il libro su Benedetta. *** 20 marzo. “il momento” ricordava il terzo incontro del ciclo che si sarebbe tenuto il 28 marzo a Dovadola sulle cure palliative e nell’accompagnamento del malato e dei familiari. *** 28 marzo. Un incontro a due voci si è svolto al Teatro Comunale di Dovadola tenuto dal dott. Marco Cesare Maltoni su Cure palliative: criteri ispiratori ed esperienze in atto, e dal prof. Luciano Sandrin su Accompagnare la speranza del malato e dei familiari. *** 30 marzo. Don Enzo Scaioli con un gruppo di bambini visita i luoghi di Benedetta e celebra la S. Messa alla Badia di Dovadola. *** 31 marzo. A Brescia Cena quaresimale al Refettorio del Convento di San Francesco con presentazione della figura di Benedetta da parte di Emanuela. *** 3 aprile. “il momento” riportava la notizia che il 9 aprile il Vescovo di Novara, mons. Giulio Franco Brambilla sarebbe intervenuto sul tema Il tempo della sofferenza: una sfida per lo spirito. L’iniziativa rientrava negli appuntamenti per il 50º della morte di Benedetta. Il ciclo degli incontri sarebbe terminato il 9 maggio con le testimonianze di Mario Melazzini, Liliana Cosi e Paola Cimatti su L’inguaribile voglia di vivere. l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 11 *** 5 aprile. Don Emanuele Lo Russo con un gruppo di bambini di Ca’ Ossi che si preparano alla I Comunione visita la Badia di Dovadola. *** 6 aprile. Un gruppo proveniente da Castelfranco Emilia visita la Badia. *** 11 aprile. Da Campiano di Ravenna un pullman di pellegrini arriva a Dovadola per la celebrazione di una liturgia penitenziale con 5 sacerdoti. *** 12 aprile. C’è stata la Giornata Diocesana dei Giovani alla Badia di Dovadola con la testimonianza di Manuela Bianchi Porro alla presenza del vescovo monsignor Lino Pizzi che ha consegnato a tutti i ragazzi “il credo”. Dopo la celebrazione della Badia una cena conviviale con musica ha concluso l’evento. *** 4 maggio. A Bordighera, in occasione della Giornata del Malato, incontro su Benedetta e presentazione del film Oggi grazie da parte di Emanuela. *** 5 maggio. Carissimi, questa volta, dalle nostre spigolature, abbiamo visto che la stampa ha fornito davvero tante notizie sulla nostra Benedetta. Era giusto dare spazio ai giornali che ci aiutano a farla conoscere. Il diario riprenderà come prima, quando ci sarà un po’ di calma. Per ora va benissimo così! Un abbraccio a tutti. NELLA FEDE LA GIOIA di don Andrea Vena L’intensa frequentazione degli scritti di Benedetta, coronata dalla pubblicazione di una biografia e dalla cura del corposo volume degli Scritti completi della Venerabile, ha consentito ora a don Andrea Vena di impostare e di sistemare con scelte precise una nuova antologia di testi di Benedetta nel recente volume da lui curato per le Edizioni Messaggero di Padova. Il suo approccio è chiaramente indicato nella sintetica biografia iniziale e nella brevissima presentazione degli scritti raccolti. Fa vedere infatti, e su questo insiste, nelle prime pagine, che Benedetta si rivela come “una di noi” e non come una santa da contemplare a distanza. Solo a un certo punto della sua vita, Benedetta volerà alto, quando dovrà affrontare una sofferenza sempre più intensa che le darà occasione di crescere in modo prodigioso nella fede e di ridonare agli altri con gioia questo dono ricevuto dal Signore. Questo “certo punto” induce don Vena a scrivere e a spiegare così le sue scelte: • negli Scritti datati fino al 1961 non si nota niente di particolare che possa far pensare a una vita intima di unione con Dio. • Dal 1961 invece Benedetta cambia completamente tono e sia il diario con le sue massime riportate, sia le lettere sono dei trattati di ascetica e di mistica nei quali rivela tutto il suo animo rivolto a Dio. La sua vita inchiodata al letto è diventata un’espressione di fede e di amore verso Dio (p. 21). Si comprende allora perché l’Autore orienti la sua attenzione proprio verso le grandi lettere del 1962 e del 1963 di Benedetta. • Non potevano mancare alcune lettere del 1960 di don Elios Mori e alcune dalla corrispondenza tra Nicoletta e Benedetta del medesimo anno. Don Mori e Nicoletta l’aiutano infatti a superare quel senso di indegnità e gli scrupoli interiori che viveva, facendole capire che l’affidamento al Signore, che dà forza e vita, è sostegno essenziale perché ella scopra e attui una vocazione di vita. E così Benedetta, rinfrancata, sboccia e fiorisce spiritualmente, come si può constatare meditando proprio le lettere del 1962 e 1963. L’agile volumetto può essere uno strumento utile per cogliere l’essenziale di Benedetta. Ci auguriamo che molte persone lo possano debitamente apprezzare. BENEDETTA BIANCHI PORRO, Nella fede la gioia. Testi scelti e presentati da ANDREA VENA, Edizioni Messaggero, Padova, 2014, pp. 134. 12 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Benedetta: un canto di lode A FORLÌ LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI MONS. VINCENZO ZARRI di ISIDE GIAMBI Sabato 11 gennaio 2014, alle ore 10,30, presso il centro culturale San Francesco di Forlì, è stato presentato Un canto di lode al Signore, l’ultimo libro sulla Venerabile Benedetta Bianchi Porro, scritto da mons. Vincenzo Zarri, vescovo emerito della Diocesi di Forlì-Cesena. In una sala gremita fino all’inverosimile, oltre all’Autore, sono intervenuti il vescovo mons. Lino Pizzi, il giornalista Alessandro Rondoni, mons. Quinto Fabbri parroco della Cattedrale, Emanuela Bianchi Porro sorella di Benedetta e Liliana Fabbri Selli presidente dell’associazione “Amici di Benedetta”. Fra le espressioni usate dai relatori per qualificare l’esperienza di Benedetta, le più frequenti sono state: vangelo della Croce, della Luce e della Gioia; cammino “passo a passo” verso Dio; avventura umana, colta nella semplice quotidianità ma guidata dallo Spirito Santo, che suggella l’opera del Padre e del Figlio; coraggio di credere a Gesù – via, verità e vita – testimoniato dalla variegata corrispondenza epistolare della Venerabile con persone di ogni età e luogo. Il canto di lode innalzato a Dio da parte di Benedetta, nel suo letto di dolore e di sofferenza, stupisce e sconvolge tutti coloro che ancora oggi si avvicinano alla sua spiritualità. Ci fa rammentare una massima di uno scrittore della cultura romana antica, Seneca, il quale sosteneva: «Non est magnum ingenium sine aliqua mistura dementiae», ossia: “Non esiste una Forlì – Una panoramica dei convenuti alla presentazione del volume di mons. Vincenzo Zarri spiccata intelligenza senza un pizzico di follia”. Tale massima è valida anche nel campo morale. E ci fa ricordare che San Paolo predicava ai Corinzi la follia di Dio come più saggia degli uomini: «Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1, 25). Questo agire di Dio si vede con stupore in Benedetta, una creatura sprizzante vita e simpatia, la quale “sotto l’azione forte e soave dello Spirito” abbraccia la sua croce e percorre un “fulgido itinerario spirituale”. «In un misterioso intreccio fra natura e grazia», sottolinea inoltre mons. Zarri nel corso del suo scritto, la Venerabile, umile e paziente (l’umiltà e la pazienza erano le virtù che più amava), «si è unita fiduciosamente a Cristo per collaborare con Cristo alla diffusione del Regno di Dio» nella sua breve ma intensissima esistenza. Sorprende nella Venerabile la sua profonda capacità di ascolto, perché – sosteneva – dobbiamo assolutamente dimenticarci, per condividere il dolore degli altri. «La potenza di numerose affermazioni nei suoi scritti, miti, delicati, coraggiosi, anche oggi, a distanza di mezzo secolo, fa sussultare», osserva mons. Zarri. (Foto Conficoni) l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 13 Sirmione Per il 50º anniversario dell’ascesa al cielo di Benedetta, il vescovo di Verona mons. Giuseppe Zenti ha presieduto il 23 gennaio 2014 alle ore 18, nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria della Neve a Sirmione, una solenne concelebrazione, cui hanno partecipato 16 sacerdoti. Al termine del rito si è svolta una suggestiva processione con le fiaccole fino alla stanza di Benedetta. Il ricordo commemorativo di Benedetta a Sirmione è però iniziato nei mesi precedenti in modo esemplare, su iniziativa del parroco don Evelino Del Bon che, ogni 23 del mese, ha promosso una riflessione su Benedetta basata sull’analisi di sue lettere. Ne proponiamo due all’attenzione dei nostri lettori. Meditazione di suor Maria Sponda delle Povere Serve della Divina Provvidenza NOVEMBRE 2013 Dalle lettere di BENEDETTA BIANCHI PORRO all’amica Nicoletta Non ho avuto modo di approfondire molto la vita di Benedetta, però posso dire di averla conosciuta ancora da giovane, nel mio paese: Bosco Chiesanuova, nelle adunanze di Azione Cattolica, tenute da un sacerdote di San Giovanni Calabria, e suo confessore, il quale ci parlava di questa giovane che viveva con generosità straordinaria la sua malattia, per l’esempio di umiltà e di accettazione del dolore che ella diffondeva attorno a sé. Una vita breve, vissuta intensamente, tanto da arrivare in poco tempo alla santità. E questo mi impressionava molto. Oggi, Solennità di Cristo, Re dell’universo, la figura di Benedetta è molto significativa ed è di grande aiuto per comprendere il mistero della vita e della sofferenza. Gesù è Re in modo inusuale, quasi incomprensibile alle nostre categorie. Dice infatti Lui stesso: «Chi vuol essere il primo sia l’ultimo di tutti e servo di tutti» e ancora: «Voi sapete che coloro che, sono considerati i capi delle nazioni, spadroneggiano su di esse; tra voi invece non deve essere così, ma chi di voi vuol essere il primo dovrà essere il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per dare la sua vita in riscatto per molti» (Mc 10). Gesù è re perché ci ha conquistato con la croce, per compiere fino in fondo la volontà del Padre e portarci la salvezza. Ogni discepolo di Cristo ci assomiglia in qualche cosa. Non è facile comprendere la sofferenza, così come l’ha saputa accogliere Benedetta, se non per un dono speciale di Dio e del Suo Spirito. Lei era una persona esuberante, amante della vita e delle cose belle: desiderava vivere in pienezza per aiutare gli altri. Desiderava essere medico per “aiutare chi soffre”. Ma non si è smentita, anzi... Ma allora qual è il segreto che ha portato questa figura alla santità? Nel meditare le sue lettere mi sono fatta anch’io questa domanda. Leggendo la sua biografia si tocca con mano il lavorio della Grazia che ha trovato in lei un cuore aperto e disponibile all’azione dello Spirito. Nelle lettere a Nicoletta ho trovato alcuni punti che mi sembrano emergere, anche se ce ne sarebbero molti altri da prendere in considerazione. 1) Accettazione della Croce. Scrive nell’ottobre del 1960: «Negli stati più civili le persone apprezzano le virtù cristiane, ma appena arriva Gesù Cristo, la sua croce, tutti si dileguano. Tutti tacciono». Nella sofferenza spesso si è soli, anche perché la può comprendere, a fondo, solo colui che ne è coinvolto. Quando si recò a Lourdes per chiedere la guarigione, scrisse: «Sono andata a chiedere la guarigione, ma il criterio di Dio supera il nostro ed Egli agisce sempre per il nostro bene». La volontà di Dio supera il nostro modo di giudicare la cose. Egli solo sa quale sia il nostro vero bene. Ma la croce pesa sulle nostre spalle e allora c’è solo la grazia del Signore che ci può aiutare. Nel 1962 scrive: «Mi sento sola, stanca, un po’avvilita senza molta pazienza. Il più doloroso è che non ho pace». Ma subito aggiunge: «Il Signore comandò ai venti e al mare. E si fece grande pace...». Paragona la sua vita al mare in burrasca. Pur nella sofferenza più profonda, trova nella Parola di Dio il suo conforto, la sua pace. 2) La volontà di Dio. Ecco come si esprime a questo riguardo. «Com’è bello vedere la fedeltà del Signore: è meraviglioso: come supera ogni ostacolo com’è tenera!». «Com’è vero che, nell’amore, si crede tutto possibile: “Amor omnia vincit”». Nell’amore tutto acquista dimensione più vera: in qualche modo si è sempre vincitori. Scrive ancora a questo proposito: «A Dio offro tutti i fiori del mondo che sono, sotto il suo sole sbocciati. Ripenso all’ultima ora e... se avrò paura, dirò senza vergogna: – ho paura, Signore, fortificami». Benedetta, anche davanti alla morte, trova la forza in Dio e non sì spaventa. E in altra occasione esclama: «Come amo il Signore! Lui, che veramente mi ha sempre custodita. E tutte la volte che l’ho invocato è accorso ad aiutarmi». Continua a pag. 14 14 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Continua da pag. 13 3) La preghiera. Benedetta ha sempre pregato: lo esprime in tanti modi ed è nelle preghiera che attinge forza e coraggio per andare avanti. Scrive: «Dio vuole che io speri sempre in Lui, anche contro le apparenze». E chiede preghiera all’amica: «Prega per me il 25 (maggio) Festa dell’Ausiliatrice». Ancora a Lourdes così si esprime: «Ho sofferto molto freddo immergendomi (nell’acqua) ma in fondo alla vasca c’era una statuetta della S. Vergine ad aiutarmi». Descrive ancora i differenti modi di pregare: «Prego al pomeriggio con il Salterio e con il messale; al mattino dico giaculatorie. Un tempo cercavo Dio, ma mi agitavo come in un vestito troppo stretto. Ora va liscio». E si ricorda la frase del salmo: «Se il Signore non fabbrica la casa, invano vi faticano i costruttori». E in altra occasione aggiunge: «È vero che la vita in sé e per sé mi sembra un miracolo e vorrei sempre poter innalzare un inno di lode a Chi me l’ha data; come vorrei farti capire quello che provo!». 4) L’amicizia. Per Benedetta l’amicizia è sacra: la coltiva, ne gioisce; fa parte del suo vivere e scrive: «Sì, Dio ci dà il suo pane spirituale attraverso gli altri: ho provato». E parlando della famiglia: «Soffriamo, ci vogliamo tutti bene. Che mistero è la croce! Sono lieta perché ora so che la volontà di Dio è spirito». Il soffrire, assieme agli altri, diventa dono, scambio reciproco, fonte di unità e amore e concludendo: «Nicoletta, come ti voglio bene per avermi dato il dono della fede!». Seppur sofferente è capace di incoraggiare gli altri nelle difficoltà: «Non temere, Nicoletta. Dio dà la ricompensa che meritiamo. Che importa la ricompensa dell’uomo? Lavoriamo per il suo Re- gno. Serenamente. Basta». Anche qui c’è l’allusione al Regno, al Regno che Gesù ha acquistato con la Croce: cosa potrà esserci di più grande e di più bello? Ricorda ancora un episodio dei Fioretti di san Francesco dove si racconta che due frati si sono incontrati e con un abbraccio, e senza parole, si sono compresi. Infine ricorda all’amica l’impegno a lavorare per il Regno: «Dobbiamo lavorare, noi che lo conosciamo, noi che non siamo mai soli». Conclude questa raccolta di lettere a Nicoletta, manifestando la preoccupazione per il suo stato di salute, ma la supera come si supera una tentazione, e riconosce che Dio ha fatto, in lei, grandi cose, così come era avvenuto con Maria, per essersi fidata di Dio. «Qualche volta, Nicoletta, mi rattristo perché mi pare che così nel mio stato, io non sia più utile a nessuno, allora vorrei che avvenisse “l’Incontro”. Ma forse, queste, sono tentazioni. Perché sai, Nicoletta, io più vado avanti, più ho la certezza che “grandi cose ha fatti in me Colui che è potente” e l’anima mia magnifica il Signore». Benedetta ha davvero aiutato tutti col suo esempio e col suo sacrificio. Anche se non ha potuto esercitare la professione di medico per “aiutare chi soffre” ha saputo trascinare tanti giovani a riflettere sul vero senso della vita. Oggi la consideriamo nella gloria, dove gioisce assieme al suo Signore. Concludo queste brevi riflessioni con una canzone, tolta dallo spiritual negro, che spesso canticchiava: «Una mattina luminosa e bella / deporrò il mio fardello / aprirò le ali, attraverso i cieli. / Potrete seppellirmi all’est, /potrete seppellirmi all’ovest, /ma io sentirò quella mattina / le sacre trombe suonare». Meditazione di suor Grazia Papola delle Orsoline di San Carlo DICEMBRE 2013 Dalle lettere di BENEDETTA BIANCHI PORRO a Franci Le lettere scritte all’amica Franci sono sei e datano dall’aprile 1963 al gennaio 1964. Il curatore della raccolta le definisce «fra le più drammatiche lettere scritte da Benedetta negli ultimi tempi. A lei infatti Benedetta manifesta i dubbi, le prove tormentose, le tentazioni che furono il calvario più vero, prima della illuminazione totale». In effetti, numerose espressioni alludono a questa situazione di angoscia, consegnata da immagini e parole non convenzionali che restituiscono una esperienza sfaccettata, pervasiva, fisica e intima di dolore. Benedetta scrive di boccheggiare, di sentirsi sbalestrata, senza sostegno, di brancolare nel buio, parla della speranza che sbiadisce, di un infinito senso di dolore e di angoscia, della notte buia dei suoi faticosi giorni, della tristezza della sordità, della più buia delle solitudini, di giorni tutti uguali, della paura di perdere Dio... Ma non si tratta solo di uno sfogo, né di un lamento esclusivo. Benedetta vive tutto questo non chiusa e ripiegata su se stessa, ma facendo diventare il buio lo spazio della ricerca, della invocazione, dell’incontro con il Signore tanto amato. Dalle sue parole noi percepiamo una mancanza profonda che si apre al desiderio della vita: «Ho bisogno di vivere, di sentire che Dio vive in me». È una vita che non può essere sostituita da qualcosa d’altro, che non si può ottenere da se stessi e che è chiesta a Dio. In fondo, in queste parole, ciò che Benedetta domanda è Dio stesso. Lei desidera udirlo, vederlo, sentirne la presenza: Lui solo Foto Amati può rispondere a questo appello che sale dal luogo in cui questa donna si scontra con le proprie debolezze, con la propria finitudine, con il male e, finalmente, con quella che a tratti le pare essere l’assenza di Dio: «E mi riscopro ancora così povera, così vuota, da non aver nient’altro da donargli che il mio silenzio. E taccio, quasi fossi sola in mezzo ai viventi e non sapessi più neppure dire: “Padre nostro che sei nei cieli, ascoltami”». Ciò che sostiene essenzialmente la sua richiesta è la fede in un Dio dal volto di Padre, che si è impegnato e si è legato all’uomo. Noi avvertiamo che Benedetta, lasciando questa testimonianza, ha vissuto e ha attraversato una prova, e proprio da questa condi- l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 15 Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. Che entrambi questi nuovi santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinché, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia. Che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama. Papa Francesco zione, in cui ha sperimentato la perdita della salute del corpo, lo scivolare inesorabile dei giorni, l’impotenza radicale, alza la sua voce. Può parlare perché le è successo qualcosa, che permette di poter parlare a tutti, ed è convinta che nel e dal dolore possa pregare sicura che ci sia un Dio a cui può rivolgersi, e nella certezza che questo Dio non può restare inerte ma interviene. Così, mentre esprime la mancanza e lo sgomento che la sua condizione provoca, Benedetta esprime anche la fiducia nell’Unico Signore che può salvare e insieme il desiderio di vivere e della presenza di Colui al quale rivolge la richiesta di salvezza. La testimonianza del suo vissuto e la preghiera che vi si intreccia appaiono la modalità credente attraverso cui Benedetta, che sperimenta su di sé le varie forme di fragilità, assume la vulnerabilità della sua condizione, per quanto essa possa essere percepita come mortale, e ripone la sua fiducia e la sua speranza in Dio. La risposta al male, infatti, non è teorica, ma è una nuova esperienza di Dio, di cui questa donna punteggia le sue lettere. Scrive infatti: «Ma Dio mi aiuterà, perché sa che io esisto»; e in un’altra lettera: «Dentro di me, ho sentito ancora la voce del Padre. Assetata sono corsa a farmi confortare. Era lui. L’ho risentito! L’ho ritrovato, Franci, che sollievo! Con Lui mi sento di poter camminare lontano, in capo al mondo se lui vorrà. Io non voglio pause; non desidero soste; ho ritrovato il Signore, ho risentito la sua voce, ed è stato dolcissimo il colloquio, così soave». E ancora: «Mi sono sciolta nella tenerezza, perché Lui mi teneva per mano». Allora, sì, queste lettere attestano i giorni tormentati, ma consegnano anche e inscindibilmente un percorso di speranza. La speranza non è, infatti, facile o ingenuo ottimismo, non è incapacità di riconoscere la faticosa realtà e la pesantezza del vivere, non è falsa rassegnazione davanti al presente in attesa di un futuro migliore; al contrario, è un atteggiamento del cuore, una virtù profondamente sapienziale, poiché vuol dire sapere e riconoscere dove o meglio in chi è piantata la nostra vita. L’unico evento che permette davvero di sperare è il fatto che Dio si è fat- to uomo in Gesù e che questa sua decisione è stata senza ripensamenti, senza dubbi, fino alla morte in croce e alla risurrezione. La speranza di Benedetta è un atteggiamento assolutamente attivo, è innanzitutto fede fiduciosa, resistenza e pazienza, non perché sostiene una stoica sopportazione delle avversità, ma perché alimenta il coraggio e consente di affrontare qualunque situazione nella certezza della benevolente dedizione di Dio alla causa degli uomini. La speranza è perciò il contrario della paura, che è figlia di quella disperazione che assale tutte le volte che si ripone l’attesa in se stessi o in ciò che si crede possa salvare la nostra fragile esistenza. La speranza di Benedetta è anche responsabilità e vigilanza: è la risposta che ci permette di anticipare, nelle azioni e nei gesti quotidiani, il senso ultimo e vero della vita e della storia che è dato, appunto, dalla fedeltà e dalla dedizione del Padre all’uomo manifestata in modo pieno in Gesù. Essa allora ci permette di vivere ogni evento, ogni relazione con una profonda apertura verso ciò che supera l’aspetto banale e comune delle cose, in un continuo esodo da noi stessi e in un reale affidamento a Colui che è oltre ciò che i nostri occhi possono vedere. Scrive Benedetta: «...il mio compito è di amare la sofferenza di tutti quelli che vivono o vengono attorno al mio letto e mi danno o mi domandano l’aiuto di una preghiera». E ancora: «E mi sono detta: ora che siamo in comunicazione con gli altri tutti, ora dobbiamo ascoltarli e dimenticarci. E se avrai per un istante paura, dirai senza vergogna: “Ho paura, e Dio ti fortificherà”». Per questo, la speranza di Benedetta è anche generosa disponibilità nei confronti del futuro, lontana da ogni previsione catastrofica, aliena dalla serpeggiante disillusione e dalla delusione che chiude il cuore: «Dio benedica tutti voi, fratelli miei, e vi conceda giornate laboriose di fede». Questo vuol dire che la speranza è continuo stupore che, consentendo di abbandonare i criteri e le misure usate rigidamente per fissare ciò che giusto e conveniente, fa accogliere Colui che viene e la modalità che ha scelto per venire. 16 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Eventi a Sirmione per Benedetta di MAURIZIO TOSCANO Nel suo intervento di presentazione allo spettacolo in omaggio a Benedetta andato in scena al PalaCreBerg di Sirmione lo scorso 8 marzo, la sorella Emanuela ha passato brevemente in rassegna alcune testimonianze di persone che hanno avuto occasione di conoscere la Venerabile nel 50º anniversario che ricorre quest’anno. Anniversario che vede coinvolti in modo entusiastico molti centri, in particolare quelli di Forlì e Dovadola, in Romagna, dove Benedetta nacque e mosse i primi passi, e Sirmione, cittadina turistica sul lago di Garda dove crebbe e morì. Emanuela ha parlato di un uomo che le ha fatto osservare che «con la sofferenza, le persone normalmente si chiudono in sé, o diventano scontrose, mentre Benedetta ci ha insegnato che anche nel dolore ci si può aprire al senso della vita». A questo punto, ha rivelato sempre Emanuela davanti ad una sala gremita in ogni ordine di posti, è stata effettuata una rapida ricerca di alcuni scritti che il suo “cuore aveva dimenticato”. E sono saltate fuori alcune lettere significative, scritte nel gennaio 1961 e tra maggio e settembre 1963, dalle quali, sono ancora parole di Emanuela, «sono emerse risposte all’in- Ned Ensemble quietudine dell’anima che noi stessi a volte, o spesso, ci provochiamo da soli o l’un l’altro». In parole povere, Benedetta ci ha amati fino alla fine e questo straordinario suo messaggio ce lo ricorda ogni volta che ci avviciniamo alla sua storia. Emanuela ha, quindi, concluso dando lettura di un messaggio che Umberto, amico di Benedetta, lasciò poco prima che lui morisse: «Cara Benedetta, io sono nato e rimarrò sempre una grossa testa di rapa. Però, quando sento la vicinanza di creature come te, vorrei essere capace di infinita dolcezza, per sciogliere il dolore che ti tormenta. Ma la rapa che c’è in me mi limita e mi blocca. Tuttavia, ti bacio le mani con tutta la possibile tenerezza di quanto hai sofferto in silenzio per te, per noi, per tutti». Dopo questo prologo assai toccante, si è alzato il sipario sullo spettacolo che, ancora una volta, ha richiamato al Palacongressi di Sirmione la folla delle grandi occasioni, al quale non hanno voluto mancare gli amici dell’associazione di Forlì e Dovadola, guidati dalla presidentessa Liliana Fabbri, accompagnata a sua volta da don Alfeo Costa e don Enrico Casadei (segretario del comitato della diocesi di Forlì-Bertinoro (Foto Conficoni) Luciana Savignano con il sindaco di Sirmione. per le celebrazioni del 50º). Presenti, inoltre, a Sirmione il parroco di Sirmione-centro mons. Evelino Dal Bon e quello di Colombare don Francesco, quindi il sindaco Alessandro Mattinzoli, il consigliere delegato della società Terme di Sirmione, Silvio Valtorta, ed altre autorità e sponsor. La serata ha visto l’esibizione dell’orchestra Ned Ensemble diretta dal maestro Andrea Mannucci con la direzione artistica di Franco Masseroni, impegnata nell’esecuzione di celebri brani tratti dalle colonne sonore di indimenticabili film. Ma il momento clou dello spettacolo è stato sicuramente il balletto Tango di luna che ha visto la partecipazione straordinaria della grande ballerina milanese Luciana Savignano, ètoile dal 1972 al Teatro alla Scala, e del suo partner Matteo Bittante, entrambi esibitisi a titolo gratuito, impegnati in Oblivion di Astor Piazzolla e Androgine del gruppo canadese Quartango, su coreografie di Susanna Beltrami. (Foto Conficoni) Ma il programma degli eventi messo in cantiere dagli Amici di Sirmione prevede un secondo appuntamento: una grande mostra espositiva di oltre venti maxi pannelli che ripercorrono la vita di Benedetta, nelle sale del prestigioso Palazzo Callas, concesso gratuitamente (al pari del PalaCreBerg) dall’amministrazione comunale di Sirmione. La mostra verrà aperta il 17 ottobre. In un’apposita sala, inoltre, verrà proiettato a ciclo continuo il docu-film Oggi grazie. Un giorno con Benedetta Bianchi Porro della durata di 30’ circa, firmato dal regista Franco Palmieri e realizzato a cura della diocesi di ForlìBertinoro. Anche l’ingresso alla mostra sarà gratuito e chiuderà i battenti il 2 novembre. Le manifestazioni di Sirmione hanno avuto una vasta risonanza sui mass media locali e nazionali. Anche Rai 3 si è occupata di Benedetta mandando in onda un accurato servizio lo scorso 28 marzo. l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 17 Da Ostuni... PER INCONTRARE BENEDETTA... E TANTI AMICI «Ogni ritorno non è mai uguale». Così ha dato inizio al suo saluto il Cardinale Angelo Comastri, nella celebrazione del 50° anniversario della morte di Benedetta Bianchi Porro, ricordando quanto aveva vissuto nei suoi passati “ritorni” alla Badia di Sant’Andrea. Così è stato per noi. Quante volte siamo andati a Dovadola, ma anche per noi questo ritorno è stato diverso. Superando varie difficoltà, siamo partiti perché non volevamo mancare ad un appuntamento così importante. Con noi avevamo anche, per la prima volta, i figli dello scultore Francesco Bagnulo che, all’inizio dei nostri incontri in Ostuni con la nostra cara Anna Cappelli, si era lasciato talmente toccare dalla storia di Benedetta, da dare vita a due Opere: Benedetta Bambina, posta ora nell’atrio della Scuola elementare di Dovadola, intitolata proprio a Benedetta, e la Madonna della Gioia che si può ammirare, nella sua bellezza ed eleganza, visitando il Museo che raccoglie scritti, oggetti e testimonianze di Benedetta e dei suoi Amici, tra cui i vari capi di fine ricamo donati dagli Amici di Ostuni. È stato bello per noi ritornare in quei luoghi e rivedere quelle opere. Il momento che abbiamo tuttavia vissuto con maggiore intensità, è stato proprio quello della Celebrazione. C’era ovunque un’aria di festa, un clima di grande ascolto che favoriva l’incontro anche tra chi non si era mai incontrato prima. Il sole che illuminava il cielo terso, dopo una giornata di temporale e di pioggia, sembrava partecipare alla nostra gioia, quasi “un dolce segno”, come il Cardinale l’ha definito. A sera, in albergo, abbiamo vissuto un momento di intensa e sincera comunicazione, godendo anche della presenza dei carissimi Gianfranco Amati e Gian Paolo Tonelli. Abbiamo ripercorso i punti salienti dell’Omelia e ci siamo soffermati su alcuni passaggi. Dovadola – Attorno a Benedetta bambina di Francesco Bagnulo famigliari del Maestro e gruppo di Ostuni «La vita di Benedetta è un canto di gioia, un magnificat intonato nello sfacelo del corpo devastato dalla malattia… perché Cristo ha il potere di contagiare di gioia il cuore umano anche in mezzo alle prove più terribili». E ancora: «Il momento decisivo per Benedetta? … le umiliazioni non la rendono umiliata e ribelle, ma umile. E l’umiltà la rende vittoriosa. Infatti tra noi e Dio c’è soltanto la distanza di un muro: il muro dell’orgoglio. Se cade questo muro Dio ci inonda di gioia. Benedetta ha fatto cadere questo muro e in lei prodigiosamente è esplosa la gioia». La nostra conversazione ci ha portato a riflettere sulla nostra vita, sul bisogno di essenzialità, di verità, di gioia e sul dono dell’amicizia che Benedetta ci fa ogni giorno riscoprire e vivere. Naturalmente, al ritorno, non potevamo tenere solo per noi una esperienza così bella e coinvolgente e, in due incontri diversi, abbiamo proiettato per tutti i nostri Amici, il documentario Oggi Grazie e il video della stessa Celebrazione che, con grande cortesia, Teleromagna ci aveva fatto pervenire. Ora continuiamo a camminare portati per mano dalla nostra cara Benedetta e facciamo in modo che il suo messaggio di vita inondi di luce e di bellezza ogni aspetto della vita umana nel nostro tempo. Teresa Legrottaglie per il Gruppo di Ostuni Da Pieve Torina NUNZIATINA, UN DONO PREZIOSO La nostra cara amica Nunziatina Fede per più di venti anni ha ospitato con amore ed entusiasmo il nostro gruppo di corsisti (movimento ecclesiale dei Cursillos di cristianità) di Pieve Torina, Pievebovigliana, Visso. Questo entusiasmo crebbe ancor più forte in noi dopo l’incontro con la nostra Venerabile Benedetta, grazie alla quale il gruppo si è consolidato dietro la sua guida ed il suo esempio, facendoci comprendere meglio il valore dell’amicizia fondata sull’amore di Cristo. Questi nostri incontri, insieme ai sacerdoti don Pietro Furiassi e don Italo Scoccia, che in questi anni ci hanno accompagnato e guidato nel nostro cammino di fede, hanno continuato fino a luglio del 2013, quando lei con grande sofferenza ci comunicò che, a causa della sua grave malattia, sentiva il bisogno di ritirarsi alla casa di riposo di Pieve Torina, la stessa “casa” che negli anni passati insieme ad altre volontarie aveva frequentato per portare preghiera, sollievo e quel sorriso indelebile sul suo volto a tutti i cari ospiti che nel tempo si alternavano là dentro fino alla conclusione della loro vita. Nella sua casa si respirava sempre un’atmosfera di gioia, allegria, accoglienza e generosità che si è concretizzata in belle iniziative come l’adozione di alcuni bimbi nel Perù, che abbiamo sostenuto nel loro percorso di studi ed il “letto in Uganda” che permette di aggiungere ogni anno un nuovo letto nell’ospedale del Lacor a ricordo di Bene- detta e dei coniugi Corti. Di Benedetta era così innamorata che aspettava sempre con gioia l’arrivo de “l’annuncio” e, anche quando non poté più partecipare ai nostri pellegrinaggi a Dovadola, era solita chiedere notizie della giornata vissuta vicino ai fratelli e agli amici di Benedetta. Sapendo dell’amore per Lei, i suoi nipoti Domenico e Tatiana proposero senza esitare che le offerte raccolte durante le esequie venissero donate per la nostra Venerabile e la sua causa. Ultimamente si rivolgeva a Benedetta con questa piccola giaculatoria “un ditino Benedetta, un ditino”, perché l’avesse sostenuta ed aiutata ad affrontare con dignità la sua malattia e, come Benedetta, aveva fatto della sua cameretta nella casa di riposo una meta di visite e di incontri di noi sue carissime amiche che ci alternavamo continuamente intorno al suo letto, dove attingevamo serenità e forza. Grazie Nunziatina, ci hai insegnato un po’ anche come morire. Ora, tu e Benedetta pregate tanto per noi. Arrivederci. Graziella Aquili con Federica Santini per il Gruppo Amici di Benedetta dell’Alto Maceratese 18 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Ricordo di Anna Cappelli di EMANUELA GHINI L’ultimo dei pochi anni scolastici nei quali insegnai storia della filosofia in licei e magistrali si svolse all’Istituto Magistrale di Forlì. In precedenza avevo insegnato a Bologna, ad eccezione di un anno a Cortona (Arezzo), in un istituto scelto per essere vicina, con un collega cortonese, al comune maestro umbro, il filosofo Teodorico Moretti-Costanzi. Ne ero stata discepola, ed ero assistente volontaria alla cattedra di filosofia teoretica che egli occupava nella Università di Bologna. L’incontro esistenziale con Cristo nel suo Vangelo, nella concretezza del suo mistero di morte e risurrezione, avvenuto poco dopo la nomina ad assistente straordinaria alla stessa cattedra, mi perciò il primo posto disponibile fuori dalla mia città. Mi trovai così a Forlì. Iniziai il mio lavoro, attenta a seguire la mia regola: nessun nuovo rapporto, massima sobrietà nelle relazioni con i colleghi, vita appartata, lontana da ogni mondanità. Anna Cappelli insegnava lettere nella mia stessa sezione. Immediatamente – aveva pochi anni più di me – cercò di avvicinarmi, ma con garbo evasivo mi rendevo irreperibile. Appresi dagli studenti che Anna li interpellava circa la laconica austerità dell’insegnante di filosofia. L’esito dell’indagine la sconcertò: era la più allegra e spiritosa dei loro prof! Anna non si perse d’animo, si mostrò subito tenace e volitiva: cominciò a cercare di catturarmi in ogni modo... Senza esito. Ma alla fine dell’anno scolastico il preside dell’Istituto chiese a tutti gli insegnanti giovani una lezione-conferenza, nella disciplina propria di ognuno, a tutte le ultime classi: erano centinaia di ragazzi. Scelsi come argomento un aspetto dell’esistenzialismo, non immaginando che in prima fila, davanti agli studenti, ci sarebbero stati tutti i colleghi, Anna Cappelli compresa. Trattai il mio tema. I miei ragazzi, veramente capaci e molto impegnati, abituati al nostro dialogo – alla maturità, quando mi ero già congedata dalla scuola, la media della classe in filosofia sarebbe stata otto e mezzo – manifestavano nei confronti dei compagni delle altre classi una comica sorta di fierezza nei miei confronti. In verità il nostro rapporto era magnifico e ricevevo da loro molto più di quanto cercassi di dare, liberando le loro potenzialità inespresse e aprendoli alla bellezza della vita anche nelle sue pagine aspre. Alla fine Anna mi si avvicinò quasi tremante e mi disse che in ogni modo doveva parlarmi. Il tono era perentorio e insieme supplice. Chiesi e ottenni una deroga alla mia regola. Ci incontrammo a casa sua. Mi raccontò la sua vita bella, gli affetti, i sogni. Era piena di un’energia segreta che pareva aspettare la dimensione nella quale orientarsi, il luogo dove espandersi. Sembrava in attesa. Mi chiedevo dove potesse approdare con le qualità di cui era ricca e l’ardore che l’abitava. Mi fece conoscere sua madre e i due fratelli. Sarebbero stati i miei unici amici a Forlì. Non le dissi l’orientamento della mia vita. Iniziò così il nostro rapporto. Sarebbe continuato per tutta la vita di Anna Cappelli. Anna Cappelli (Foto Caramia) orientò fin da subito alla vita monastica, o piuttosto mi mostrò che tutta la ricerca vissuta era finalizzata ad essa. Lasciata la collaborazione con il maestro che aveva il progetto di portarmi a quello che oggi è il dottorato di ricerca, iniziai a prepararmi all’ingresso al Carmelo, con l’aiuto e l’assidua frequentazione della nascente comunità monastica di don Giuseppe Dossetti. Desideravo stare fuori dalla famiglia, per lenire ai miei cari il dolore del distacco. Dovevo seguire una disciplina di vita suggerita dal sacerdote, in seguito vescovo, che mi guidava. Accolsi Anna era bella, innamorata della bellezza, profondamente buona. Mi raccontava che quando era piccola un anziano sacerdote della città le diceva: «Sei la bimba più buona di Forlì!». Qualche volta il suo entusiasmo e l’indole generosa l’inducevano a eccessi di benevolenza e perfino alla prodigalità. Anche nella valutazione delle persone poteva prendere abbagli. Era uno spirito grande e gentile, sempre disposto ad aiutare gli altri, a volte in modo eccessivo, incurante dei rischi che poteva correre. Era affamata di verità. Lamentava di essersi laureata, dopo che in lettere, in filosofia, in una Università allora carente di veri maestri. M’interrogava con grande interesse sui docenti di Bologna, sui nostri corsi rigorosi e ardui, ma capaci di dare un’autentica formazione umana. Apprendeva con rimpianto e quasi nostal- l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 19 nella gioia. Diari, lettere, pensieri di Benedetta Bianchi Porro (Milano, Corsia dei Servi, 1968) la folgorò. Sapere che Benedetta era nata a Dovadola (Forlì) e aveva abitato anche nella sua città l’intrigava: voleva e doveva conoscere tutto di lei. Entrò in questa avventura con tutta se stessa, con un entusiasmo commovente e un ardore contagioso. Aveva trovato il fine della sua vita buona: far conoscere Benedetta e il suo messaggio cristiano alla massima possibile ampiezza. Cominciò a organizzare celebrazioni, incontri, conferenze, a invitare a occuparsi di Benedetta giornalisti, scrittori, artisti, religiosi, vescovi, cardinali... Mi comunicava ogni incontro, scoperta. Nel 1974 diede vita alla “Associazione Amici di Benedetta”. Nel 1976 a “l’annuncio”, notiziario dedicato a Benedetta. Mi tormentò fino a costringermi a scrivere un breve ritratto di lei, semplici appunti. Pubblicato da Rizzoli (1984), Vivere è bello fu però l’inizio di una conoscenza maggiore di Benedetta e di innumerevoli pubblicazioni a suo riguardo. Mi chiese poi se una consorella miniaturista poteva fare un ritratto di Benedetta. Il risultato, davvero suggestivo, l’incantò. Il resto è storia di Anna e di Benedetta, di loro sole. gia, lamentando di aver studiato, secondo programmi poco esigenti, su sintesi o corsi monografici, che i nostri esami comportavano la lettura della Metafisica di Aristotele, delle tre Critiche di Kant, di Essere e tempo di Heidegger... In particolare l’affascinava il nostro studio dei Padri e dei dottori cristiani. Negli ultimi mesi di scuola – sapeva che costituivano per me la fine di un servizio – mi fu sempre vicinissima, con discrezione delicata. Mi guidava a conoscere le bellezze di Forlì. Le passeggiate e le visite erano lo sfondo di dialoghi sul pensiero umano, le sue domande e le possibili risposte, il Cristianesimo nei suoi grandi maestri, i grandi cercatori di Dio nelle religioni, nella letteratura, nell’arte... Alla chiusura delle scuole dissi ad Anna che pochi mesi dopo sarei entrata in monastero. Le chiesi il silenzio con tutti: ero molto insicura di riuscire a superare le difficoltà della vita carmelitana, all’epoca molto dura per la mia fragile costituzione fisica. Anna soffrì moltissimo a un annuncio che pure aveva in qualche misura previsto: non fu facile assicurarle una presenza diversa ma certa, che infatti si manterrà indefettibile lungo tutta la sua vita. Non ricordo il nostro addio, ma un anno dopo il mio ingresso in monastero Anna era tra i pochissimi amici presenti con i miei familiari alla mia vestizione. Pianse per tutta la durata della celebrazione. Ero sicura che avrebbe trovato presto la sua strada e glielo dissi. Avremmo camminato insieme nelle vie solo apparentemente diverse dove Dio ci chiamava. Dire l’amore, le premure, l’interessamento di Anna da quando fui in monastero è impossibile. La regola mi difendeva, per così dire, dagli eccessi della sua bontà, effusa però in lettere frequenti e in visite, anche con qualche sacerdote amico. Non rammento quando mi annunciò il suo incontro con il libro di Davide Maria Turoldo dedicato agli scritti di Benedetta. Siate Convegni, commemorazioni, acquisti di case per accoglienza di visitatori dei luoghi di Benedetta, moßstre, musei, filmati... Anna si spendeva in tante direzioni, infaticabile e gioiosa. Testarda in modo irriducibile, assolutista, il garbo e la grande dolcezza le conquistavano stima e affetto, facevano cadere resistenze che sembravano invincibili. L’ostinazione propria del suo carattere e la tenerezza verso tutti le causarono anche disavventure e danni, senza però annebbiare la sua mitezza serena. Amava i più piccoli, i poveri, i sofferenti. Benedetta è stata per lei via privilegiata al mistero cristiano. Ne conosceva a memoria quasi ogni parola, l’annunciava ovunque, osava interpellare chiunque pur di evangelizzare Benedetta. Spesso con disagi e sacrifici. Nativamente elegante, dimenticava se stessa per viaggiare carica di libri di Benedetta da donare. Li spediva personalmente, a decine di pacchi, in tutto il mondo. Ha seguito la traduzione di Oltre il silenzio, il libro di Benedetta da lei curato e più diffuso, in 23 lingue: anche in russo, giapponese, cinese, croato, arabo, ebraico, turco, thailandese, maltese, swahili, esperanto... Rispondeva a ogni lettera, e ne riceveva a fasci. Intelligentissima, Anna aveva un tratto ingenuo, non sprovveduto, che conquistava. Per questo non era difficile approfittare della sua disponibilità, e persone senza scrupoli l’hanno fatto. Ma tantissimi hanno ricevuto da lei, tramite Benedetta, il dono di una parola di speranza, di consolazione, di Vangelo. La frequentazione assidua degli scritti di Benedetta, l’ammirazione più che fraterna nutrita per lei l’hanno orientata a un amore sempre maggiore non solo della sua amata sorella, ma della parola di Dio che questa giovane martire cristiana ha vissuto e irradiato. Nell’ambito di una Chiesa domestica costituita da familiari e amici, generosi nella volontà di sostenerla e onesti nel riconoscere che ne erano sostenuti. Quando la grave malattia colpì Anna e la diagnosi fu subito allarmante, potei seguirla in ogni passaggio mediante il fratello e la cognata più vicini. Mi scriveva che stava bene, era sempre piena di iniziative. La serenità e la pace con le quali accolse il suo progressivo inarrestabile declinare sono state per i suoi innumerevoli amici, soprattutto per i fratelli e l’amatissima cognata Stefania, una forte e dolce testimonianza cristiana. 20 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Lettera a Benedetta 23-25 gennaio 2014 50° anniversario della tua “entrata nella vita” Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza, e benedirò il nome del Signore Carissima Benedetta, le parole del Salmo 115, che mi vengono spesso in mente quando voglio elevare un inno di lode a Dio, si adattano bene ad iniziare questa testimonianza che vorrei offrire su di te mentre chi ti ha conosciuto in vita e chi ti ha incontrato e amato dopo la tua entrata nella vita, si appresta a celebrare i 50 anni dal tuo incontro con il Signore. Mi unisco anch’io a questo canto di lode per ciò che tu sei stata e continui ad essere per chi ti ha conosciuto allora e per chi, come me, ti incontra oggi, 50 anni dopo. Se ricordi il mio rapporto con te era iniziato fra la fine del 1995 e il 1996, quando un autentico uomo di Dio, il Card. Angelo Comastri, parla di te in una serie di trasmissioni radiofoniche in onda su una radio Rai. Quelle meditazioni mi colpiscono, e decido di approfondire la tua conoscenza. L’occasione mi capita nel marzo 1996, quando un malessere di stagione – quanto mai benedetto in quel momento! – mi costringe, nella settimana dal 10 al 17 marzo, a casa, e chiedo perciò a mio padre di comprarmi un libro che parli di te, non avendo però indicazioni in merito. Senza saperlo mio papà mi porta a casa la migliore biografia allora in circolazione, in fondo alla quale trovo l’indirizzo di chi diffonde la conoscenza della tua figura. Dopo aver divorato quella biografia in quella settimana del marzo 1996, scrivo a questo indirizzo, chiedendo materiale che mi viene mandato subito, e così anche tu inizi ad abitare nella mia vita. Un incontro come quello con te non può rimanere nascosto, ed ecco che allora la meditazione delle tue lettere diventa diario quotidiano soprattutto nell’anniversario della tua morte, a partire dall’anno seguente. Ti ho letto, ti ho subito fatto entrare nella mia vita, ma mi mancava una cosa, il perfezionamento del nostro incontro attraverso una sosta orante nei due luoghi cardine della tua vita (nel frattempo conosco la tua carissima amica Maria Grazia). Nell’estate 2002, dopo che tu mi hai fatto il dono incredibile di Mariella di Merate, e dopo che ho sostato a Sirmione, luogo della tua sofferenza, ma anche luogo del tuo intenso cammino di fede riversato nelle lettere che da lì partivano, dirette all’universo che ti circondava e che ti ha accompagnato fino alla tua entrata nella vita, riesco ad approdare a Dovadola, nella settimana in cui fra l’altro ricorreva l’anniversario della tua nascita terrena. Nel 2003 incontro l’uomo di Dio che mi ha parlato di te, e inizia un rapporto che dura ancora oggi. Ripenso alla sosta a Sirmione, e a quella a Dovadola. Come dimenticare i momenti di preghiera nella tua stanza, stanza di dolore diventata, per chi la frequentò allora e per chi la visita ancora oggi, stanza di speranza, stanza di ascolto del tuo messaggio? Come dimenticare le soste, in quella calda settimana di agosto, alla tua tomba, dove, nei Rosari meditati, ascoltavo la tua parola, e invocavo, accompagnato da te, la Vergine Santa, quella Vergine che ti aveva fatto a Lourdes la grazia di capire – sembra un paradosso, in questa società dove regna, per usare parole di Papa Francesco, la cultura dello scarto – la ricchezza del tuo stato? Nel tempo sei così diventata e sei ancora oggi una delle presenze forti della mia vita spirituale, una sorta di maestra spirituale, che ancora oggi continua ad abitare nella mia vita. Signore, apri le mie labbra, e la mia bocca proclami la tua lode (Salmo 50) Sì, Benedetta, la mia bocca proclami la tua lode, per ciò che sei stata, per ciò che continui ad essere per chi ti ha incontrato e ti incontra. La mia bocca proclami la lode a Dio per le grandi cose che ha potuto operare in te, grazie alla tua disponibilità, magari sofferta, ma costante, a lasciarti lavorare da Lui come la creta che si lascia lavorare, modellare dal vasaio. La mia bocca proclama la lode a Dio anche per la Giornata di Grazia vissuta il 25 gennaio a Dovadola, dove non ero più tornato da quell’estate del 2002. Il 25 gennaio scorso, mi è stato dato di incontrarti di nuovo. Anche il ritardo con cui siamo giunti a Messa è stato provvidenziale, in qualche modo, perché, nell’ambito dei posti riservati che ci erano stati tenuti, io sono capitato vicinissimo a quella cattedra che oggi è la tua tomba come fino alla morte furono la poltrona e il letto. Ho potuto così osservare da vicino il momento finale della Messa, la preghiera prima silenziosa, in ginocchio, poi pubblica, recitata assieme all’assemblea, del Cardinale Comastri, il quale, nell’omelia, mi ha fatto rivivere l’emozione di quel primo incontro di diciotto anni fa, con quel suo modo appassionato di parlare di te. Non ho potuto salutarlo, come altre volte, ma questa emozione è la Grazia che mi porto da questa giornata. Ti ho poi incontrato personalmente, al termine del rito, sostando presso la tua tomba, ormai cattedra di speranza... come non rivivere la Grazia di quell’estate 2002, quando, con Anna Cappelli e gli ospiti allora presenti, recitavamo spesso il Rosario meditato con i tuoi pensieri. Ti ho incontrato, infine, nel cortometraggio visto nel rientro a Milano. Nella storia di quella donna, rimasta appiedata a Dovadola, proprio a Dovadola (non hai detto forse tu che per chi crede tutto è segno?) ho rivissuto la mia storia, l’emozione del primo incontro di diciotto anni fa, il lasciarsi interpellare dal tuo messaggio, il desiderio di incontrarti meglio e, dopo il nostro incontro, di comunicare la Grazia dell’incontro con te a tutti... Carissima Benedetta, grazie per essermi stata accanto in tutti questi anni. Davvero «il Signore ha legato le nostre vite per sempre con misteriosi, ineffabili legami d’amore [...]»1. Continua ad essermi, come anch’io ti sento, sorella in Cristo, guidandomi sulla strada che a Lui porta, quella strada dove trovo, come dicesti a Natalino, luce e verità. Continua a donare a me e a chi ti incontra la speranza, non quella che dona il mondo, ma quella che nasce dall’amicizia con Cristo. Veglia sul mio cammino, su quello delle persone a me care, e fa’ che sia rispondente alle attese di Dio. Ciao, Benedetta, tuo fratello in Cristo Marco Bollini Lettera a Don Gabriele del 28 agosto 1963, tratta da Il volto della speranza, p. 165. 1 l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 21 Giovani verso Assisi Ciao a tutti! Sono da poco tornata dal 34° Convegno Nazionale “Giovani verso Assisi’’, dove, dal 30 ottobre al 3 novembre, l’affascinante città di San Francesco è stata casa e culla di giovani, pressappoco della mia età, provenienti da tutta Italia e che hanno riversato nelle strade medioevali della cittadina umbra forza, energia, curiosità, fede, vigore e novità. Assisi è stata nostra durante questi quattro giorni: con il nostro pass distintivo avevamo infatti accesso gratuito a tutte le strutture, dalla Basilica al bosco ad essa adiacente, mentre i turisti non potevano entrarvi. È stato un vero onore! Consiglio vivamente a tutti i giovani che mi leggeranno di fare questa esperienza forte, formativa e profondamente spirituale. La cosa che più delle altre voglio raccontarvi è avvenuta sabato 2 novembre. Dopo aver partecipato alla S. Messa, ognuno di noi aveva la preziosa possibilità di scegliere in che modo approfondire il tema centrale del convegno: la Perfetta Letizia. Erano stati predisposti sette gruppi presieduti da specialisti e religiosi in cui la gioia veniva accostata ad altre componenti della nostra quotidianità: la bellezza, il male, la morale cristiana, la sofferenza... Ed è proprio quest’ultima che ha saputo rapire la mia attenzione e mi ha fatto pensare alla nostra amica Benedetta. La gioia nella sofferenza, tema senz’altro superficialmente inflazionato ma mai abbastanza compreso e veramente accettato. Il mio gruppo, guidato da un frate dolce e da una piccola suora, si è recato nell’Istituto Serafico, appena fuori dalle mura di Assisi, visitato dal Papa stesso e dimora di molti disabili e malati. La sofferenza si percepiva a ogni respiro, a ogni sguardo, ma non era sola, qualcos’altro aleggiava in quelle stanze, qualcosa di colorato e di incomprensibilmente luminoso. Cominciava allora la nostra catechesi, con le testimonianze di ragazzi che avevano incontrato il dolore, e di altri che con il dolore stavano combattendo eroicamente con Gesù. Poi la suora ci ha aperto il suo cuore regalandoci la sua esperienza di 25 anni a servizio dei disabili: essere, fare, dare, sono state le parole che più ha usato, dicendo che, se vogliamo mantenere giovane il nostro cuore, non dobbiamo scappare dalla sofferenza, ma abbiamo il dovere di abbracciarla, come il lebbroso abbracciato e baciato da san Francesco, a cui il Signore rese dolcezza ciò che prima gli di SOFIA CARLONI appariva ripugnante. È infatti questa la chiave della felicità: non si può vivere, e quindi dirsi felici, se non si accettano i capisaldi del vivere stesso quali dolore, sofferenza e malattia. È sicuramente un cammino lungo e difficile, basti pensare che lo stesso Francesco lo trovò arduo, ma è forse l’unica porta per accedere alla perfetta letizia, soprattutto perché chi soffre è maestro di umanità che sa, come Benedetta, donare senza barriere l’unica cosa che gli resta: il cuore. Il frate ci ha poi ricordato cosa diceva Giovanni Paolo II in merito: noi siamo tra le piaghe di Gesù che hanno l’urgente bisogno di essere riconosciute. È lo stesso Gesù a farci capire ciò, nel passo dei discepoli di Emmaus, dove si fa riconoscere mostrando proprio le piaghe. La Sua presenza, che noi adoriamo nell’Eucarestia, vive nascosta nei disabili, nelle loro “piaghe’’ appunto, che hanno la necessità di essere ascoltate e amate da quelli che si dicono cristiani, ma non come riteniamo opportuno noi o in modo tale da essere ringraziati, ma come loro vogliono! Gesù era bellissimo e luminoso quando è risorto, e della passione non aveva più alcun segno, se non le piaghe stesse: ha voluto conservarle e portarle con sé in cielo come trofeo di vittoria sulla morte! Ma sono rimaste anche qui tra noi e l’umanità le rifiuta come fossero una vergogna. Se l’uomo le nega e fa di tutto per non vederle, amare, accettare e abbracciare il malato è un compito e un onore del cristiano! E anche qui Benedetta ci è maestra in quanto ha sofferto e offerto a Dio il dolore, fiera di condividere il trofeo, le piaghe con Gesù! E lei fu tanto amata e lo è ancora oggi. Molto ho imparato da questi giorni, e molto spero di riuscire a tradurre in pratica! Spero infine di non avervi annoiato, ma se così è stato... mi farò perdonare nel prossimo articolo! 22 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Riflessioni sulla santità di MARIA ROSA PUDDU Il 23 gennaio 2014 è stata una ricorrenza importante per Benedetta Bianchi Porro e per tutti coloro che sono stati e sono tuttora a lei legati nei modi più diversi: cinquant’anni dalla sua morte, dalla sua nascita ad una nuova vita (dei santi è questa la data che si festeggia), dalla sua ascesa al cielo, è comunque una data da ricordare perché indica, al di là di ogni metafora, la conclusione della sua vita. Il legame strano, casuale, intermittente che – più profondamente di quanto voglia ammettere – mi lega alle vicende e all’esempio di vita di Benedetta mi ha indotto a riflettere su alcuni temi essenziali della vita e della morte, che di essa è parte integrante, prima da sola come sincera confessione a me stessa, poi come bisogno e tentativo di comunicare con umiltà anche agli altri, agli amici di Benedetta, i miei pensieri anche se “eretici”. La conclusione della vita di ciascuno non va intesa – per i santi come per tutti noi uomini comuni – nel significato di fine della vita ma di acquisizione definitiva di senso di quella vita stessa, senso che non può più essere modificato dalla naturale dialettica dell’esistenza: non più azioni buone o cattive, non più conversioni, pentimenti, cadute, cedimenti, non più ideali da affermare o tradire, la vita di ciascuno diventa così immodificabile per sempre, cioè eterna. Si situa quindi in una dimensione altra e impensabile per noi che viviamo ancora nel tempo. Questa affermazione non vuole essere una negazione di una speranza, di una possibilità di continuare ad esistere oltre la morte, della resurrezione dei corpi di cui parla il simbolo di Nicea, ma semplicemente l’impossibilità di pensarla, il riconoscimento di un mistero. Ciò che diventa eterna, non più modificabile da nuovi pensieri, azioni, sentimenti, è la vita che è stata vissuta fino alla sua conclusione. Del resto l’estraneità rispetto ai viventi di chi ha provato l’esperienza della morte è un dato che accomuna i miti antichi e il Vangelo. In Euripide la moglie di Alcesti, che ha accettato di morire al posto del marito, riportata in vita da Eracle, è un simulacro che non abbraccia l’uomo per cui si è sacrificata né proferisce parola, nel Vangelo, Gesù risorto, manifestandosi alla Maddalena, le impone di non toccarlo. Il mistero non si esprime attraverso sensazioni o parole. La mia prima esperienza diretta della morte è stata quella, avvenuta in tarda età, di mio padre. Naturalmente ho avuto precedentemente altri lutti, parenti, amici, ma io non ero fisicamente presente. Ho provato in quell’occasione una strana sensazione che non so bene come poter definire anche se il termine che mi sembra più appropriato è quello di sollievo. Ho provato stupore, vergogna e quasi senso di colpa per questo strano sentimento. Solo successivamente sono arrivati il dolore, l’angoscia per la perdita, l’irreparabilità della mancanza, tutto quello insomma che uno si aspetta in una circostanza del genere. Tutto si è ripetuto, il senso di sollievo, pochi mesi dopo per la morte improvvisa di mio marito. Per anni sono stata turbata dal ricordo di queste due esperienze poi finalmente ho capito che il senso di sollievo era naturale e giusto perché non era altro che il riconoscimento dell’eternità di una vita che si era appena compiuta. La nascita al cielo che si dice di un santo è la nascita all’eternità di ciascuno di noi. Subito dopo la morte di ogni individuo a cui siamo stati legati, o anche no, nasce l’agiografia che in parte è mistificazione, anche se inconsapevole, ma nello stesso tempo è riconoscimento autentico di una persona che consiste nel dare significato ad atteggiamenti, parole, fatti a cui nel corso distratto dello scorrere della quotidianità non avevamo dato importanza. Soltanto nella distanza del ricordo essi acquistano un significato. In questo senso mi ha commosso la testimonianza della madre di Benedetta, raccolta da Carmela Gaini Rebora in Oggi è la mia festa, che riconosce la santità negli atteggiamenti, per tanti versi normali, della bambina intelligente, sensibile, riflessiva e un po’ chiusa che è stata da piccola sua figlia. Tutta la vita di Benedetta è ancora oggi motivo di riflessione e di speranza, quasi più rispetto a cinquant’anni fa, perché in questo nostro tempo siamo tutti più fragili e più disorientati. Come ha messo bene in evidenza G. Amati nell’articolo Benedetta: un messaggio di speranza per il nostro tempo sul primo numero del 2011 de “l’annuncio”, il significato più profondo della sua testimonianza è che della vita si deve cogliere sempre la sua bellezza e la sua utilità. Quanta noia, disperazione, senso di futilità, paura del futuro si manifestano nella società di oggi, “liquida” secondo la definizione di Z. Bauman; a quanta ricerca del superfluo, del nuovo a tutti i costi, del non necessario ci spinge la logica perversa dei mercati, mentre Benedetta ci richiama all’essenzialità di ciò che, in libertà sappiamo scegliere in quanto espressione di un valore. Un aspetto che mi ha particolarmente colpito è che già a quindici anni Benedetta era consapevole della necessità della solitudine, che oggi invece fa paura; oggi bisogna essere sempre “connessi”, parlare virtualmente con qualcuno, o meglio con più amici possibili, ma per dire cosa? Un suo tema svolto al liceo inizia con queste parole: «Io credo fermamente che le grandi anime nascano dalla solitudine». E prosegue affermando il valore della necessità della ricerca in solitudine sia per quanto riguarda le scoperte scientifiche, che la morale e Dio stesso. Solitudine che però non va intesa come negazione del rapporto con l’altro, ma al contrario come introspezione, ritorno a sé, che solo permette l’autenticità della comunicazione, intesa come disponibilità, accoglienza, capacità di diventare punto di riferimento e di conforto. Nei Pensieri del 29 luglio 1962 Benedetta scrive: «La carità è abitare negli altri». E commoventi sono i suoi sforzi per continuare la comunicazione e il colloquio anche quando il suo corpo la teneva prigioniera e soltanto la mediazione della madre le permetteva di aprirsi ancora al mondo. E la comunicazione continua anche dopo cinquant’anni dalla sua morte. Volutamente non ho parlato dell’aspetto più pregnante e determinante della sua vita che si incentra nell’accettazione totale del dolore fisico, della malattia, del limite e nel riconoscimento del suo mistero. Nella Bibbia Dio dice a Giobbe: «Dove eri tu quando io creavo il mondo?», rimproverandolo per la sua ricerca di una spiegazione razionale del problema del male. Dio appunto è alla radice del mistero. Ritengo infatti che Benedetta possa essere di esempio anche per chi non crede. Ma indubbiamente la sua tranquilla e nello stesso tempo eroica accettazione della propria malattia si fonda sul suo affidamento totale a Dio e ciò la pone su un piano diverso, su quello della santità, e di nuovo, almeno per me, si apre un altro mistero, per il rapporto che la santità ha con il sacro. l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 23 Non credo che il termine “santo” esista nella lingua greca se non nel significato di giusto, ma in diverse tradizioni religiose designa gli eletti da Dio o i modelli di virtù religiosa proposti come esempi per i fedeli. Il culto dei santi è un elemento dogmaticamente importante nel cattolicesimo, forse per un retaggio delle religioni politeistiche nella cui cultura si forma, comunque esprime il bisogno di trovare intermediari tra la finitezza dell’uomo e l’assoluta perfezione di Dio. Nel Nuovo Testamento e nella chiesa delle origini, santi sono tutti i fedeli che hanno risposto alla vocazione divina. Con le prime persecuzioni i martiri, in quanto testimoni esemplari, incominciano ad essere invocati, durante le cerimonie liturgiche, per ottenerne la protezione. Soltanto nel 993 si ebbe il primo processo di canonizzazione ad opera di papa Giovanni XV. Mi chiedo quando sia stato introdotto l’epiteto “Sua Santità” per riferirsi al pontefice in carica, ma comunque il termine indica tutto un processo di fissazione, di sclerotizzazione, di rendere cosa attraverso l’uso di un sostantivo, un vivere reale e concreto, un cercare di essere santo, compiendo azioni giuste, che indica un concetto dinamico e non uno status, che è vita e ricerca fatta di successi e insuccessi, di tradimenti e cadute. Non si è santi sempre, in ogni momento della vita, penso che l’esperienza del silenzio di Dio sia comune a molti, a tutti forse, sicuramente anche a Benedetta. Ognuno di noi può compiere azioni sante e forse lo fa, senza per questo diventare un santo. Mi si perdoni il laicissimo paragone con Freud ma mi serve per cercare di spiegare la dinamicità di un rapporto. Uno dei meriti dell’inventore della psicoanalisi è stato indubbiamente quello di riconoscere che tra il comportamento del malato di mente e quello della cosiddetta persona normale non c’è iato, frattura ma rapporto dinamico, diversità solo quantitativa e non qualitativa. L’opposizione tra le istanze consce e inconsce, il conflitto tra le forze della vita e del movimento e le forze dell’inerzia e della morte sono meccanismi identici nella costruzione della personalità sia del sano che del malato. Così tra il santo e l’uomo comune: ci sono ovviamente differenze ma anche rapporti. Il riconoscimento della santità di una persona dipende inoltre dalla fede che in essa hanno coloro che entrano in relazione con lei e dai comportamenti che da questa fede conseguono. Tutti i famigliari di Benedetta, in particolare la madre, gli amici che erano intorno al suo letto nell’ultimo periodo della sua vita, e poi quelli che non l’avevano conosciuta direttamente, gli artisti che l’hanno ritratta, che hanno curato la sua tomba, coloro che hanno scritto di lei, coloro che hanno iniziato e poi curato la pubblicazione de “l’annuncio”, hanno contribuito a definire la sua santità. Lo so che ancora Benedetta è solo Venerabile, che c’è tutta una burocratizzazione della santità, che in un certo senso è necessaria, ma che comunque rischia di trasformare ciò che è vita in qualche cosa di fisso e statico e quindi nella sua negazione. Dopo essere stata riconosciuta Venerabile, Benedetta potrà essere dichiarata Beata, dopo un miracolo, e sarà permesso un culto anche se in ambito limitato, poi la canonizzazione potrà conferirle il titolo di Santa e il culto sarà esteso alla chiesa universale con officiatura propria in un giorno determinato dell’anno liturgico. Per arrivare a questo occorre un secondo miracolo. Ma la santità di Benedetta già esiste e il miracolo consiste nel fatto che tante persone si riuniscano nel suo nome, trovino in lei un esempio, un elemento di conforto e di speranza, riconoscano l’eternità della sua vita, sappiano trasformare la propria, mettendosi in relazione tra di loro e con altre persone. E tra queste persone mi metto anche io, seppure da “eretica” che nello stesso tempo riafferma la sua fede. La bellezza è il riflesso del cielo. Benedetta Foto Amati 24 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 La mia vita accanto a Benedetta (parte X) di don ALFEO COSTA 1983. Il 29 maggio si fece la celebrazione di Benedetta. Era presente Mons Enrico Galbiati di Milano, celebre biblista, che aveva curato il libro Testimone di risurrezione, molto importante per l’approfondimento del pensiero di Benedetta, raffrontato con i relativi passi biblici. C’era anche padre Antonino Rosso cappuccino, il quale stava curando la documentazione critica della biografia di Benedetta, verificando di persona ogni passaggio con relativi documenti. ne. La sua devozione verso Benedetta era veramente immensa. Questo anno è stato caratterizzato dai lavori nella chiesa della Badia: dal mese di maggio si arrivò a Natale. Dapprima il tetto con impermeabilizzazione. A fine giugno, per un enorme temporale arrivò giù dal vialetto tanta acqua che, trovando impedito il deflusso dal materiale da lavoro, entrò nella Badia, se pur a porta chiusa. L’8 agosto si celebrò il 47° compleanno di Benedetta. A quella celebrazione erano presenti e animarono la Messa due gruppi di giovani (uno di venti e uno di diciotto) venuti per ritiro: uno da Taranto e sono stati alloggiati nella mansarda della nuova canonica, l’altro era a Marzano. Celebrò la SantaMessa don Franco Montenegro del gruppo di Taranto. Questi ora è arcivescovo di Agrigento. Il 24 agosto venne da Benedetta Mons. Antonio Quarracino, vescovo di Avellaneda in Argentina, presidente del CELAM. Una curiosità: prima di celebrare mi chiese: «Se la sente di ascoltare i peccati di un vescovo?». A parte il disagio di sentirmi dare del lei, rimasi senz’altro colpito da questa frase; questo non mi era mai capitato. Poi pensai: Gesù ci ha detto che siamo pescatori di uomini; un pesce così grosso però non l’ho mai pescato. Mi dissi anche: i peccati di un vescovo saranno senz’altro più interessanti. Scherzi a parte, ascoltai davvero con molta emozione quella confessio- L’acqua e il fango arrivarono a metà chiesa. Fortuna volle che si fosse presenti, io e l’arch. Giannelli, così ci mettemmo subito all’opera per rimediare. Nell’autunno si passò ai lavori interni. Infatti il restauro del campanile venne accantonato per scarsità di fondi; solo per posizionare l’armatura bisognava sostenere una grossa spesa, perciò si passò ai lavori interni cominciando con il togliere l’intonaco dal muro del campanile che rientra nella chiesa: si voleva lasciare il sasso a vista, ma poi non tutto era degno. Ma intanto ne venne un tal polverone da… annebbiare tutto. A quel punto decidemmo di chiudere la chiesa al culto. Impalcature interne per la tinteggiatura, ma prima di eseguirla (su consiglio della Soprintendenza di Ravenna) si fecero dei sondaggi per sapere se vi fossero pitture a muro, e ne vennero fuori davvero. Intanto, dal mese di maggio, il servizio religioso venne trasferito tutto all’Annunziata. Quei lavori furono molto caldeggiati anche da Anna Cappelli, la quale contribuì con alcuni milioni (così si parlava allora). La notte di Natale si tornò a far funzionare la Badia che risultò veramente rinnovata. Ma l’anno ’83 ha segnato una acutizzazione nei malanni dei miei genitori. Il martedì di Pasqua, di rientro dalla processione dell’uovo all’Annunziata, portai subito mia madre in ospedale a Dovadola (allora era ancora in funzione il piccolo ospedale che risolveva molta assistenza in tutta la valle, ma anche altrove per la specializzazione chirurgica vascolare del dott. Giorgio Giorgi). Ma pochi giorni dopo il ricovero riscontrarono un sospetto ictus cerebrale e in gravissime condizioni fu trasferita al “Pierantoni” di Forlì. Venne dimessa il sabato 4 di giugno e 24 ore dopo, con febbre oltre 39° la ricoverammo di nuovo d’urgenza e venne sistemata nello stesso letto (si potrebbe dire ancora caldo). Il 6 giugno mio padre ebbe un inconveniente circolatorio, ma senza ricovero. Al 25 giugno dimissione di mia madre, ma all’indomani ancora febbre… e il 2 luglio la ricoverammo stavolta in pneumologia. Il 14 luglio nello stesso reparto ricoverammo anche mio padre. Un susseguirsi di consulti, viaggi, assistenze diurne e notturne… Poi le dimissioni: il 25 luglio mio padre, il 27 mia madre; ma la febbre era sempre angosciosa. Provvedemmo (assieme a mio fratello e a mia sorella) all’assistenza a casa. In un primo momento mia sorella trovò una ragazza straniera, ma era clandestina e, quando le chiesi i dati da comunicare ai carabinieri, il giorno dopo sparì. Non ne accettai un’altra, anche regolare, perché (da episodi sentiti) non volevo trovarmi in situazioni incresciose. Invece risolvemmo con alcune nonne nostrane: tre donne di Dovadola riempivano la giornata. Un altro ricovero urgente di mio padre. Era la prima domenica di settembre, quando nella parrocchia di nostra origine (Santa Marina), si faceva la festa della Madonna. Mio padre ne era stato per tanti anni il priore; ma quella volta non poté neppure andarvi. Fu preso da una angoscia così grande che gli causò un collasso vero e proprio da doverlo ricoverare. Ma la cosa che più mi fece riflettere fu il momento dello svenimento. Eravamo tutti (con i miei fratelli e nipoti) nel terrazzo e in quel frangente mia madre disse: «Lasciatelo morire in pace! perché non si può morire in pace?». Dopo una ventina di giorni venne dimesso. Le cose in famiglia andavano così… il disagio reale me lo sentivo mio e vi facevo fronte con la più possibile naturalezza, l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 25 come dovesse durare sempre. Ed ero naturalmente contento di avere i miei con me e di poterli assistere. Alla sera, quando la donna se ne andava, io stesso provvedevo a mettere a letto mia madre, accudendola con premura, finché il 14 novembre venne la nottata grave. Sentii mia madre lamentarsi a lungo. Andai da lei, cercai di capire cosa fosse, ma non ci riuscii. Stetti con lei finché venne il mattino e chiamai il medico, il quale ordinò il ricovero ospedaliero. Solo dopo una settimana trovarono che aveva due fratture (femore e spalla). Fratture spontanee: infatti non si era mossa da letto. Soffrii molto in quella circostanza per quell’insieme di Mi è subito venuto in mente questo pensiero di Benedetta mentre parlavo con una mia amica. cose! A casa mio padre era da assistere. Il 22 dicembre mia madre venne dimessa, la portammo a casa nella situazione in cui era, pensando: almeno facciamo Natale assieme. Ma anche quella notte fu terribile: fortuna che era con me mia sorella. Durante la notte dovemmo cambiare il letto cinque volte. All’indomani noi due ci interrogammo seriamente sulla nostra situazione. Era inverno, quindi c’erano difficoltà ad asciugare la biancheria e inoltre la provvista di una casa non è poi tanta! Potevamo azzardare a dire di non riuscire a sostenere un tale andamento? Chiamai il medico mio amico e con lui discutemmo la stessa cosa, ed egli saggia- mente disse: «Portiamoli tutti e due nella Casa di Riposo, in un’unica stanza, provvedo io.». Con l’amaro in cuore accettammo questo programma. Prima di mezzogiorno del 23 dicembre venne l’ambulanza e trasferirono i miei genitori. Io ero sull’ingresso di casa quando passarono con le due barelle: mi venne di salutarli vivi, perché sentivo che non sarebbero più tornati. Nella mia agenda c’è una annotazione: la giornata più nera della mia vita. Curai personalmente la sistemazione nel Ricovero e ogni giorno vi passavo più tempo possibile. Quasi non si resero conto di non essere a casa; solo una volta mio padre mi chiese: «Dove sia- mo? non siamo a casa!». A questo stato d’animo si aggiunse un’altra cosa. Don Luigi Superga, missionario viaggiatore, che stava nella mansarda, aveva deciso di andare in Venezuela. Quella mattina del 23, mentre si era in quel trambusto della decisione, io gli dissi: «Vuol proprio andare via?». La situazione mia e della parrocchia nei giorni di Natale non lo commossero affatto! Fu un Natale amaro dentro di me. Una sera, rientrando a piedi dal paese, arrivato sotto casa vidi le finestre spente: non c’era nessuno. Quella volta mi accorsi che non mi era mai capitato di andare a casa senza che ci fosse qualcuno. (Continua) LE DOMANDE DI NINA Mi raccontava che la nipotina Nina, di sei anni, durante una gita in montagna, a Solda, a oltre 2000 metri di altezza, guardando estasiata il paesaggio che la circondava, aveva esclamato: «Ma nonna, chi ha fatto tutto questo?». «Dio!» le ha detto la nonna. La piccola di rimando: «E noi cosa facciamo per ringraziarlo?». di Roberta Bössmann ringraziare e di fare qualcosa a nostra volta per chi ci ha dato “tutto questo”. Benedetta, creatura malata nel corpo, ma non nello spirito, ci ha lasciato un pensiero meraviglioso: «Tu riempi l’universo e tutto grida le tue meraviglie». Sì, è questa sua capacità di vedere ogni cosa come una meraviglia di Dio che la rende così speciale ai nostri occhi, così capace di insegnarci la strada verso Dio e verso i fratelli. Se ci rendessimo conto, come lei afferma, che ovunque ci sono i segni della Possiamo immaginare l’imbarazzo delpresenza di Dio e che ogni cosa, ogni la nonna per questa uscita. Ha farfupersona ci portano a Lui, davvero il gliato qualcosa sulla preghiera, ma mondo che ci circonda sarebbe trasfiforse non era neppure sicura di quello gurato. Forse dovremmo proprio chieche stava dicendo. Infatti mi ha racdere questo nella preghiera, di saper contato questo episodio alla prima ocNina guardare le persone che conosciamo, casione, quasi per sapere da me come avrebbe dovuto rispondere alla bambiquelle che incontreremo, i luoghi che na. La mia amica è una persona generosa e di buon senso frequentiamo, con gli occhi di Dio. e avrà certamente trovato le parole giuste per non mortifiSolo così scopriremmo quanta gioia c’è in Lui quando faticare la nipotina. cosamente ci accogliamo l’uno con l’altro, quando svogliaUna domanda così avrebbe messo tuttavia in difficoltà tamente facciamo ciò che dobbiamo, quando, magari sbadichiunque di noi. Sì, perché, al contrario di Nina, non sap- gliando, ci ricordiamo di Lui nella preghiera. Penso che, se piamo più meravigliarci di niente, diamo tutto come ovvio e ci provassimo, tutto diventerebbe diverso, pur restando semscontato. Soprattutto non ci poniamo affatto il problema di pre lo stesso, perché a cambiare saremmo noi. 26 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Benedetta in Internet • Troviamo sul sito della Diocesi di Forlì-Bertinoro una ricca documentazione su Benedetta, con riferimento al 50º anniversario della morte. Basta aprire il seguente collegamento: h t t p : / / w w w. d i o c e s i f o r l i . i t / hcCartella/id/182 per vedere sei finestre illustrative su Benedetta e sulle iniziative, corredate anche di documentazione fotografica, per il 50º della morte. Riteniamo molto utile per nostri internauti la consultazione di queste pagine. • Di Marco Bollini, che ringraziamo, un articolo informativo su Benedetta e sui prossimi eventi per ricordarla è stato pubblicato il 6 gennaio 2014 sul sito Vatican Insider de “La Stampa” di Torino. Vi si può accedere attivando il seguente collegamento: http://vaticaninsider.lastampa.it/documenti/dettaglio-articolo/articolo/bianchi-porro-bianchi-porro-bianchi-porro31072/#. • Sul TGR RAI della Lombardia delle ore 14 del 28 marzo 2014 troviamo un servizio dedicato a Benedetta, con una breve intervista alla sorella Emanuela, sempre molto attiva mediaticamente, e con la notizia della realizzazione del cortometraggio “Oggi grazie”, realizzato nell’ambito delle celebrazioni per il 50º. Per vedere il servizio basta collegarsi a: a cura di Gianfranco A. http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem4 0 7 8 8 f c 1 - 7 7 5 a - 4 9 6 6 - 8 8 11 9e2a66f8ee93-tgr.html#p=0/. • Il breve profilo biografico di Benedetta, redatto da don Walter Amaducci e pubblicato dalla Stilgraf di Cesena nel 2012, sta avendo un notevole successo. Può essere consultato al seguente indirizzo: http://www.amicidibenedetta.altervista.org/index.php?nav= Biografia.2P10/. Speriamo che sia direttamente consultabile in rete anche la traduzione in inglese del volumetto, appena pubblicata dalla medesima editrice. Ne riportiamo la copertina. • Angela Bevacqua Schneider, si occupa da tempo di Benedetta e di altre figure significative per l’emittente radiofonica di Varese “Radio Missione Francescana” (www.rmf.it). Nella trasmissione Una rosa bianca d’inverno propone in modo radiofonicamente molto efficace una nostra intervista a Maria Grazia, amica di Benedetta, pubblicata su “l’annuncio” del dicembre 2011. La trasmissione può essere ascoltata, aprendo il seguente collegamento, http://www.rmf.it/programmi/angela.htm che apre la lista delle trasmissioni curate da Angela Bevacqua. Basta poi scegliere quella del 22 gennaio e “cliccare” su “registrazione” e ascoltare. Ringraziamo Angela Bevacqua Schneider anche per un altro suo “speciale” realizzato in concomitanza delle celebrazioni per il 50º. Speriamo che gli internauti possano sentire presto la trasmissione dall’archivio di Radio Missione francescana. • Seguite anche il nostro sito www.benedetta.it. Dopo il lavoro di aggiornamento e di restauro compiuto dalla nostra “webmaster” – si chiama così chi provvede alla gestione della nostra pagina web – presto tutti lo potranno vedere ancora più bello e con ulteriori innovazioni anche sul piano linguistico. Ricordiamo P. FRans van deR Lugt, un gesuita olandese, assassinato il 7 aprile 2014 a 75 anni, dopo cinquant’anni passati in siria, uomo di pace e di amore sincero e disinteressato verso musulmani e cristiani. viveva a Homs, città assediata e bombardata. La gente moriva letteralmente di fame. Perché è rimasto in siria, condividendo la vita e la fame di un popolo esausto? Così ha risposto in una intervista, fatta durante gli scontri: «Il popolo siriano mi ha dato tanto, tante gentilezze, tanta ispirazione, tutto quello che hanno. se il popolo siriano soffre, voglio condividere le sofferenze. voglio rimanere con tutti loro». P. van der Lugt ha mostrato con il martirio cosa significhi la carità, quell’“abitare negli altri”, che Benedetta ci insegna. (L’intervista è su Youtube: http://youtu.be/ot4fjcdnc_Q). l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 27 La mano e la rosa di LUIGI RICEPUTI La mano e la rosa: due minimi termini a cui si può ridurre, in un certo senso, la vita di Benedetta. Due episodi salienti di essa, di diversa realtà e tradizione. L’uno costituito da quello strumento umano inusuale di transcrittura – quasi metafisica della scrittura – che è la mano, di comunicazione eccezionale – di comunione – con gli altri, convenuti nella stanza-cenacolo. La mano terminale di una mente tutta orientata a Dio e compenetrata di Cristo: unica porta d’accesso nel corpo murato di quell’anima prigioniera, caduta nelle mani del Dio vivente, sprigionante – sprizzante dai pori del suo spirito – una energia soprannaturale dispensata a piena mano agli astanti in quella mitica, mistica stanza! L’altro episodio – che rappresenta l’epilogo di quel dramma sacro od oratorio che fu la vita così breve ed intensa di Benedetta –, quello della rosa: una di quelle leggende che si leggono nelle vite dei santi e ne formano l’aura, l’alone popolare. La rosa bianca che fiorisce all’alba nel cuore dell’inverno al sole dell’Eterno (come i danteschi fioretti che «dal notturno gelo chinati e chiusi / poi che il sol li imbianca / si drizzan tutti aperti in loro stelo») a un trillo di passero, eco dell’ultimo squillo di voce di Benedetta distesa nella croce gloriosa del suo letto di agonia, in limine mortis… Due episodi sublimi nella loro semplicità, che colpirono la mia immaginazione, al pari di quella di tanti altri semplici devoti come me di Benedetta, appena venuto a conoscenza di essi non so se attraverso direttamente i suoi scritti (e quelli su di lei) o tramite la narrazione orale, la trasmissione di quelle notizie da parte di qualche particolarmente fervido devoto. Ho rintracciato proprio in questi giorni di apertura del 50° anniversario della sua morte (non morte, ma entrata nella Vita, per parafrasare le sue stesse parole) due piccoli abbozzi poetici risalenti all’aprile del 1988, sulla “mano” e sulla “rosa” di Benedetta: quest’ultimo rimaneggiato in occasione di una mia visita a Dovadola per il festeggiamento di quell’evento. (Sulla “Rosa bianca” in passato avevo scritto delle “variazioni” gentilmente ospitate nel giornale “l’annuncio” del gennaio 2008). Mi permetto di proporre anche un appunto di viaggio poetico del 27 ottobre 1988, Verso Firenze, con sosta solitaria nell’Abbazia di Sant’Andrea, rintracciato proprio mentre vi sto inviando le due sunnominate poesie: A Dovadola devio verso l’Abbazia di S. Andrea al sarcofago di Benedetta. Il miracolo è già nel loggiato fiorito di una vite sanguinante rossa come l’aurora sacra ferita del giorno. Nella cappella la santa avvolta in bronzea cappa – saio e manto regale – dorme distesa come in un letto nuziale. Poggiano i piedi sulla rupe di una tartaruga, simbolo di eterno. Ma ecco questi miei due piccoli testi, frutto dunque e omaggio insieme della mia devozione alla santa. LA MANO Benedetta, la tua mano… La tua mano benedetta non per scrivere, ma per essere scritta: manuale del tuo perfetto amore. LA ROSA Tutto è segno. Tutto è grazia. Ogni cosa è illuminata: bianca celestiale come la rosa fiorita sul limitare della vita della santa. 28 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Grazie Benedetta! Cari amici di Benedetta, ra io non vedo nulla di strano, qui non c’è aritmia». Ed io continuavo a pregare Benedetta: «Benedetta fa’ che il medico veda bene!». E lui continuava dire che non c’era niente, che era tutto a posto. mi chiamo Laura, sono di Forlì, abito a Trier in Germania. Siamo usciti dicendo: «Dio sia lodato!». Ed il medico si è unito a noi. Vi scrivo per darvi la mia testimonianza su Benedetta! Ho avuto altre difficoltà nel prosieguo della gravidanza, ma una alla volta si sono dissolte e Giovannino è nato con parto naturale alla scadenza. Da Treviri (Germania) Trier, 7 novembre 2013 La conosco da tanti anni; da quando all’università lessi, da qualche parte, la sua lettera a Natalino. Mi colpì tanto che la ritagliai e la portai a casa e da allora si può dire che Benedetta sia entrata in casa nostra. L’ho sempre invocata in tante situazioni per me e per altri, ma in particolare ho invocato il suo aiuto durante l’estate del 2012. Ero incinta del mio terzo figlio, Giovanni. Al quinto mese di gravidanza la mia ginecologa ha sospettato un’aritmia cardiaca del bambino. Mi ha voluto visitare nuovamente dopo due settimane, due lunghe settimane! Mio marito ed io abbiamo pregato, insieme ai bambini e spesso ho invocato Benedetta. Erano i giorni a cavallo di Ferragosto. Ho dedicato le messe dell’Assunta alle mie intenzioni. In ospedale, alla prima visita fatta al neonato proprio per valutare l’attività cardiaca del bambino, è stato detto: «Meglio non potrebbe essere!». Giovanni a 10 mesi sta benissimo, come i suoi fratelli, e ride sempre. Benedetta ha pregato la Madonna per noi ed io la ringrazio tanto tanto, e ancora tanto. Grazie Signore, che concedi a Benedetta di intercedere per noi! Grazie che ce l’hai data e per suo tramite ci riempie di grazie! Vi abbraccio tutti e vi ringrazio tanto per il lavoro che fate. Laura Giannelli Dopo due settimane il sospetto di aritmia c’era ancora e mi hanno mandato da un superspecialista. Abbiamo avuto l’appuntamento il giorno stesso. Io pregavo Benedetta ogni minuto di intercedere per noi. Ultime notizie sulla causa di Beatificazione di Benedetta Quando il medico faceva l’ecografia, dicevo a Benedetta: «Fa’ che il medico veda bene, attira il suo sguardo là dove ci fosse qualcosa che non va», ma il medico mi diceva: «Signo- Molti lettori ci chiedono a che punto sia la situazione sul riconoscimento del presunto miracolo, avvenuto a Genova il 3 settembre 1986, con l’improvvisa guarigione di un ragazzo. Il padre Postulatore P. Guglielmo Camera ci informa gentilmente che il Tribunale diocesano della Curia di Genova ha completato l’esame di competenza sulla presunta guarigione miracolosa di un ragazzo, ascoltando 6 medici ed i testimoni della guarigione. Il P. Postulatore ha portato il 17 marzo 2014 la documentazione alla Congregazione vaticana competente perché vengano predisposti gli atti necessari per i relatori e poi per l’esame della Consulta dei medici e del Congresso dei teologi, prima dell’approdo all’Ordinaria della Congregazione, formata da cardinali e vescovi, per preparare il parere da sottoporre al Papa. Su questa base il Papa deciderà. Il complicato iter viene seguito con competenza e passione dal P. Postulatore e va accompagnato anche dalla nostra preghiera. Importante è anche la segnalazione di nuove grazie ottenute con l’intercessione di Benedetta. Le testimonianze relative vanno inviate a: Preghiera per la glorificazione di Benedetta Bianchi Porro Padre nostro, noi ti ringraziamo per averci donato in Benedetta una cara sorella. Attraverso la gioia e il dolore di cui hai riempito la sua breve giornata terrena, Tu l’hai plasmata quale immagine viva del tuo Figlio. Con Benedetta al nostro fianco ti chiediamo, Padre, di poterci sentire più vicini a te e ai fratelli, nell’amore, nel dolore e nella speranza. In una accettazione piena e incondizionata del tuo disegno. Fa’ che la sua testimonianza così radicale della potenza salvifica della croce c’insegni che il dolore è grazia e che la tua volontà è gioia. Concedi, o Padre, la luce del tuo Spirito alla Chiesa, affinché possa riconoscere Benedetta fra i testimoni esemplari del tuo amore. Questa grazia ...... che per sua intercessione umilmente ti chiedo, possa contribuire alla glorificazione della tua serva Benedetta. Amen. con approvazione ecclesiastica Postulatore della Causa di Beatificazione P. GUGLIELMO CAMERA Missionari Saveriani - Via Angaia, 7 - 48125 S. Pietro in Vincoli (RA) Tel. 0544 551009 - Cell. 333 2902646 E-mail: [email protected] Vice Postulatore della Causa di Beatificazione Don ALFEO COSTA Via Benedetta Bianchi Porro, 6 - 47013 DOVADOLA (FC) Tel. - Fax - Segreteria tel. 0543 934676 - E-mail: [email protected] l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 29 Testimonianze La signora Margherita Leoni Sozzi ha trovato, tra i libri della madre defunta, una sua testimonianza su Benedetta. La pubblichiamo volentieri. Con esattezza non ricordo la data [era tra aprile del 1944 ed i primi di gennaio del 1945; N.d.R.], era il periodo dell’ultima guerra, giorni tristi e pieni di paura. Abitavo alla Fratta Terme, sotto la parrocchia di Santa Maria delle Grazie, Casticciano, diocesi di Bertinoro. Ero una giovane di Azione Cattolica e cercavo di essere assidua nella mia parrocchia che tanto amavo. La liturgia eucaristica e la devozione alla Madonna per la recita del Santo Rosario mi facevano crescere nella fede cristiana. Scoprivo, giorno dopo giorno, ciò che il Signore voleva da me. La guerra mi lasciava nel lutto, nella privazione, nella sofferenza fisica. Tutto questo però non mi separava dall’amore che il Signore mi faceva sentire e mi donava quella forza spirituale per dedicarmi al servizio di chi aveva bisogno. Amavo molto i bimbi e mi fu dato il compito di preparare un gruppo alla prima Comunione. A quei tempi il catechismo si svolgeva tutti i giorni per qualche mese, perciò ogni giorno percorrevo quella lunga strada ripida, ma con tanta gioia nel cuore perché sapevo che mi accompagnava quella brava catechista che era la Madonna. I bimbi mi attendevano davanti alla chiesa con il loro saluto festoso. Entravamo non in sala, ma in chiesa, facevano un saluto a Gesù e a Maria Santissima e poi e incominciavo la lezione. Qui mi affiora alla mente il ricordo più bello. In quel periodo, in una casa vicino alla chiesa, era ospitata, come sfollata a causa dei bombardamenti, la signora Bianchi Porro con la piccola Benedetta. Perciò, ogni giorno, mentre parlavo al mio gruppo in chiesa, venivo interrotta dal cigolio della porta che si apriva con delicatezza, facendomi scorgere la piccola Benedetta che, accompagnata dalla mamma, veniva a far visita a Gesù. Io non avevo rapporti di conoscenza [con lei], ma l’accoglievo con un sorriso di saluto ed ella si sedeva dietro a un gruppo di bimbi. Io non ero una gran catechista, ma cercavo di parlare e trasmettere ai bimbi non quello che sapevo, ma bensì quello che Gesù faceva sentire in me. Benedetta ascoltava con attenzione ed io notavo nel suo viso così dolce un qualcosa che allora non potevo capire. Solo oggi comprendo che l’opera di Dio già allora stava tracciando il Suo disegno su di Lei. Quel piccolo fiore cresciuto e consumato nella sofferenza totale per la conversione di tante anime ora risplenda nella Chiesa come vera testimonianza. Ricordando la mia preghiera, lascio questa semplice testimonianza di catechista. Maria Ersilia Naldi Leoni 8 gennaio 2014 Benedetta, insieme ad Anna, è sempre nel mio cuore. Etta Leonardi Foto Amati Incontriamo telefonicamente una persona molto giovane spiritualmente, che vive a Milano. Ci facciamo raccontare da Giuliana Ravizza come ha conosciuto Benedetta nel 1963 a Lourdes. Ci dice: «Mio zio Antonio Sessa mi aveva parlato della presenza di una giovane molto malata. Desiderai allora vederla. La vidi. Non potendo parlare con lei, rimasi un po’ bloccata. Forse le ho fatto una carezza e l’ho salutata tramite la mamma. Poi con la mamma abbiamo proseguito dopo la conoscenza, un po’ per Benedetta, e poi lei faceva parte dell’Oftal e allora in qualche occasione ci si vedeva. Ho notato che lei voleva molto bene alla figlia, ma era anche riservata, nel senso che non aveva l’aria che ci tenesse a che Benedetta a tutti i costi diventasse santa. In seguito, quando Carmen Bianchi Porro [sorella più piccola] è cominciata a venire, abbiamo fatto amicizia. Essendo talvolta in servizio insieme, ci siamo conosciute bene. Dopo un po’ di anni ho conosciuto anche Carlo Spinelli. Ho conosciuto Emanuela soltanto di sfuggita, in occasione di stages». Benedetta è rimasta nel cuore di Giuliana. Per questo, accompagnata dal suo ricordo, ha letto via via i libri che uscivano e così si è ancora interessata a quella ragazza morta in così giovane età. Non c’è perciò da stupirsi per quel che ora aggiunge: «Ho pregato molto Benedetta quando nel 1965 ho dovuto fare un’operazione agli occhi. Ero giovane, allora avevo 39 anni. Avevo le due cataratte. E le operazioni erano allora più complicate. Allora bisognava stare a letto per una settimana. Così mi hanno operato prima un occhio, poi l’altro. Purtroppo ho avuto anche una piccola lesione alla retina dopo queste due operazioni. E così in cinque mesi ho fatto tre operazioni agli occhi. Ho pregato molte Benedetta. Lei sapeva cosa volesse dire non avere la vista e la pregavo di darmi una Continua a pag. 30 30 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Testimonianze Continua da pag. 29 mano. Direi che in quel momento me l’ha data. Adesso sono un po’ malmessa di occhi perché ho subito un po’ le conseguenze di quegli interventi. Però allora mi ha dato veramente una bella mano». Giuliana, è riuscita a venire una sola volta a Dovadola sulla tomba Benedetta. E così ha salutato la sua antica conoscenza che ancora oggi le sembra significativa. Giuliana Ravizza, decisamente una giovane, ha ancora nel cuore Benedetta. 23 dicembre 2013 A tutti voi che parteciperete a questa importante “commemorazione” auguro che la sua GIOIA e la sua PACE pervadano tutti i vs. cuori (come certo LEI desidera...) e che possiate essere esauditi anche nel vs. legittimo desiderio di vederla presto elevata .. agli “onori degli altari”! Per me (francamente) Lei di miracoli ne ha già fatto “sbocciare” talmente tanti nei cuori... (anche se silenziosamente), che un ulteriore riconoscimento ufficiale è del tutto secondario. LEI è una “prediletta”... del Signore già da più di 50 anni! Angela Bevacqua Danilo Marenco ci manda la seguente testimonianza per conto di sua zia Giuseppina Rocca di Mondovì: 23 marzo 2014 Per la beatificazione di Benedetta Bianchi Porro desidero fare avere la mia testimonianza dell’aiuto avuto da Benedetta quando sono divenuta sorda nel 1978 dopo una malattia e una cura sbagliata; in sei mesi ho perso l’udito. Avevo 49 anni e avevo da poco perso la mia mamma. Mi trovavo sola ad affrontare la mia situazione. Mi dicevo pure io che non si può vivere essendo sordi. La mia cara amica mi aveva fatto avere il libro Oltre il silenzio con il diario e le lettere di Benedetta. Leggere il suo diario, che parlava della sua sofferenza incompresa, ma soprattutto della sua accettazione, ha dato a me la forza di accettarla. Anche quando sono triste, nel mio grande silenzio, mi rivolgo a lei pregandola di aiutarmi ad andare avanti e ripeto con lei il canto negr: «una mattina luminosa e bella deporrò il mio fardello, ma quella mattina udrò le sacre trombe suonare». Quando sono arrivata a 80 anni con problemi di deambulazione, con tanta pena nel cuore ho dovuto lasciare la mia casa. Attualmente mi trovo al pensionato delle Suore Teresiane di Mondovì Piazza. Ricordandola nella preghiera cordiali saluti. Giuseppina Rocca Profumo di viole Profumo di viole ricordo di te candido silenzio sulla nostra bocca e silenzio e silenzio Benedetta, vuoi pensarci tu? Sai che amare l’amico è dolcissimo soave lillà. Benedetta, vuoi pensarci tu? Trasforma le mie lacrime in acqua di primavera, il suo ricordo in fiore di giglio. Benedetta, illumina questi tramonti di dolore. Giuliana Pecolatto l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 ■ 31 Prossimi appuntamenti DOVADOLA – ABBAZIA DI S. ANDREA DOMENICA 10 AGOSTO 2014 ore 10,30 per il 78º anniversario della nascita di BENEDETTA Solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da S. E. Mons. ANDREA TURAZZI Vescovo di San Marino-Montefeltro con la partecipazione dell’Ordinario S. E. Mons. LINO PIZZI Vescovo di Forlì-Bertinoro ore 12,30: pranzo insieme nella casa di accoglienza “Rosa bianca” di Dovadola Venerdì 8 agosto 2014 S. Messa alle ore 18,30, anniversario della nascita di Benedetta celebrata da P. Paolo Castaldo o.f.m. Sabato 9 agosto 2014 S. Messa alle ore 18,30 alla Badia di Dovadola in suffragio dell’indimenticabile ANNA CAPPELLI nel 9º anniversario della sua nascita al cielo. A Venerdì 8 agosto 2014, alle ore 18 nella Chiesa di Santa Maria della Neve, nel centro storico di Sirmione, verrà celebrata una S. Messa nell’anniversario della nascita della Venerabile Benedetta Bianchi Porro. S I R M I O N E Palazzo Callas dal 17 ottobre al 2 novembre 2014: • Mostra di 20 pannelli sulla vita di Benedetta • Proiezioni a ciclo continuo del docu-film Oggi grazie. Un giorno con Benedetta Bianchi Porro 32 ■ l’annuncio (XXIX) maggio 2014 – n. 77 Per conoscere Benedetta Foto Amati L’ annuncio è sostenuto soltanto con le offerte degli Amici. Un grazie di cuore a tutti i benefattori che, con il loro aiuto e la loro generosità, ci permettono di continuare la diffusione del messaggio di Benedetta nel mondo. I M P O R T A N T E Chi desidera partecipare al pranzo di domenica 10 agosto 2014 alla “Rosa bianca” è pregato di rivolgersi a “Amici di Benedetta”, Casella Postale 62, 47013 Dovadola, o di telefonare a Don Alfeo Costa, parroco di Dovadola, 0543 934676: tel., fax e segreteria telefonica entro il 5 agosto 2014. Chi avesse bisogno di alloggiare presso la “Rosa Bianca” è pregato di interpellare direttamente il gestore Moreno Pretolani telefonando al n. 349 8601818. In lingua straniera «BEYOND SILENCE» («Oltre il Silenzio» in inglese) «Amici di Benedetta» Forlì «MAS ALLA DEL SILENCIO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) «Amigos de Benedetta» Bilbao «MAS ALLA DEL SILENCIO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) Ed. Claretiana - Buenos Aires «AU DELÀ DU SILENCE» («Oltre il Silenzio» in francese) Editions de l’Escalade - Paris «UBER DAS SCHWEIGEN HINAUS» («Oltre il Silenzio» in tedesco) Freundeskreis «Benedetta» - Hamburg «CUDO ZIVOTA» («Il Volto della Speranza» in croato) a cura di Srecko Bezic - Split «OBLICZE NADZIEI» («Il Volto della Speranza» in polacco) Romagrafik - Roma «ALÉM DO SILÊNCIO» («Oltre il Silenzio» in portoghese) Ed. Loyola - San Paulo «TRANS LA SILENTIO» («Oltre il Silenzio» in esperanto) Cesena - Fo «DINCOLO DE TACERE» («Oltre il Silenzio» in rumeno) Chisinau, Rep. Moldava «SESSIZLIGIN IÇINDEN» («Oltre il Silenzio» in turco) Iskenderun «TÙLA CSENDEN» («Oltre il Silenzio» in ungherese) Budapest, 1997 «OLTRE IL SILENZIO» in giapponese - Tokio «OLTRE IL SILENZIO» in arabo - Beirut «OLTRE IL SILENZIO» in ebraico «OLTRE IL SILENZIO» in russo - Bologna «OLTRE IL SILENZIO» in cinese - Taipei «OLTRE IL SILENZIO» in maltese - La Valletta «OLTRE IL SILENZIO» in slovacco - Trnava «OLTRE IL SILENZIO» in swahili - Nairobi «BENEDETTA» M.G. Dantoni, opuscoli in inglese, francese, spagnolo, russo, tedesco, thailandese, ucraino, bulgaro «BENEDETTA» opuscolo in indonesiano, a cura di Fr. Antonio Carigi SIATE NELLA GIOIA - Diari, lettere, pensieri di Benedetta Bianchi Porro, a cura e con introduzione di David M. Turoldo - Cesena «Amici di Benedetta» - Villanova del Ghebbo (Ro) - pp. 255. IL VOLTO DELLA SPERANZA - Note biografiche. Lettere di Benedetta e lettere di amici a Benedetta. Testimonianze di amici che l’hanno conosciuta, a cura di Anna Cappelli - Cesena - «Amici di Benedetta» pp. 480. OLTRE IL SILENZIO - Note biografiche. Diari e lettere di Benedetta. Lettere degli Amici a Benedetta. Testimonianze di chi l’ha conosciuta, a cura di Anna Cappelli - «Amici di Benedetta» - pp. 168. TESTIMONE DI RESURREZIONE - Pensieri di Benedetta disposti seguendo il suo itinerario spirituale, a confronto con passi della Sacra Scrittura, presentazione di Enrico Galbiati - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 152. PENSIERI 1961 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario Forlì - «Amici di Benedetta» - pp. 180. PENSIERI 1962 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario Ravenna - «Amici di Benedetta» - pp. 200. BENEDETTA BIANCHI PORRO - I suoi volti - Gli ambienti - I documenti, a cura di P. Antonino Rosso - «Amici di Benedetta» 2006 - pp. 255. VIVERE È BELLO - Appunti per una biografia di Benedetta Bianchi Porro, di Emanuela Ghini, presentazione del Card. A. Ballestrero - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 200. BENEDETTA - Sintesi biografica a cura di Maria G. Dantoni - Stilgraf Cesena - pp. 32. BENEDETTA di Alma Marani - Stilgraf - Cesena - “Amici di Benedetta” pp. 48. BENEDETTA BIANCHI PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf - Cesena, 2012 - pp. 30. BENEDETTA BIANCHI PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf Cesena, 2014 - pp. 30 (in lingua inglese). BENEDETTA BIANCHI PORRO di Andrea Vena. Biografia autorizzata Ed. S. Paolo - pp. 221. SCRITTI COMPLETI di Benedetta Bianchi Porro, a cura di Andrea Vena Ed. San Paolo - pp. 815. ABITARE NEGLI ALTRI - Testimonianze di uomini di oggi su Benedetta, lettere, discorsi, studi, meditazioni - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 416. LA STORIA DI BENEDETTA - Narrata ai bambini, di Laura Vestrucci con illustrazioni di Franco Vignazia - «Amici di Benedetta» - pp. 66. DIO ESISTE ED È AMORE - Veglia di preghiera sulla vita di Benedetta di Angelo Comastri - «Amici di Benedetta» - pp. 33. OGGI È LA MIA FESTA - Benedetta Bianchi Porro nel ricordo della madre, di Carmela Gaini Rebora - Ed. Dehoniane - pp. 144 - Ristampato. BENEDETTA BIANCHI PORRO - LETTERA VIVENTE - Scritti di sacerdoti e di religiosi alla luce della parola di Benedetta - Cesena «Amici di Benedetta» - pp. 256. BENEDETTA O LA PERCEZIONE DELLA GIOIA - Biografia di Timoty Holme - Gabrielli Editore, Verona - pp. 230. APPROCCIO TEOLOGICO AL MISTERO DI BENEDETTA BIANCHI PORRO del Card. Giacomo Biffi - Cesena - «Amici di Benedetta». BENEDETTA BIANCHI PORRO di Piero Lazzarin, Messaggero di Sant’Antonio - Padova 2006 - pp. 221. IL SANTO ROSARIO CON BENEDETTA a cura della Parrocchia di Dovadola. L’ANELLO NUZIALE - La spiritualità “sponsale” di Benedetta Bianchi Porro, di E. Giuseppe Mori, Quinto Fabbri - Ed. Ave, Roma 2004 pp. 107. CASSETTA REGISTRATA DELLE LETTERE DI BENEDETTA a cura degli «Amici di Benedetta». CARO LIBRO - Diario di Benedetta, illustrato con 40 tavole a colori dagli alunni di una IV elementare di Lugo (Ra) con presentazione di Carlo Carretto e Vittorio Messori - pp. 48 formato 34x49 Ed. Morcelliana. ERO DI SENTINELLA di Corrado Bianchi Porro. La lettera di Benedetta nascosta in un libro - Ed. S. Paolo. QUALCHE COSA DI GRANDE di Walter Amaducci - Ed. Stilgraf, Cesena 2009 - pp. 120. FILMATO SU BENEDETTA (documentario) in videocassetta. DVD BENEDETTA BIANCHI PORRO - Testimonianze (filmato in Dvd). L’ANNUNCIO - semestrale a cura degli «Amici di Benedetta». LETTERA A NATALINO di Benedetta Bianchi Porro. Illustrazioni di Roberta Bössmann Amati - Ed. Stilgraf Cesena - pp. 24. BENEDETTA BIANCHI PORRO Un cammino di luce di Piersandro Vanzan, Prefazione del Card. Angelo Comastri, Editrice Velar, Gorle (BG), 2011 - pp. 48. QUADERNI DI BENEDETTA 1 - Benedetta Bianchi Porro. Il cammino verso la luce, di don Divo Barsotti, Fondazione Benedetta Bianchi Porro e Associazione per Benedetta Bianchi Porro, 2007 - pp. 46. QUADERNI DI BENEDETTA 2 - Benedetta Bianchi Porro. Dio mi ama, di Angelo Comastri, Fondazione Benedetta Bianchi Porro e Associazione per Benedetta Bianchi Porro, 2008. Postulatore della Causa di Beatificazione Padre GUGLIELMO CAMERA Missionari Saveriani - Via Angaia, 7 - 48125 S. Pietro in Vincoli (RA) tel. 0544 551009 - cell. 333 2902646 - e-mail [email protected] Vice Postulatore della Causa di Beatificazione Don ALFEO COSTA Via Benedetta Bianchi Porro, 6 - 47013 Dovadola (FC) tel. e fax e segreteria 0543 934676 - e-mail [email protected] Per comunicare con noi, per richiedere libri o altro materiale potete rivolgervi a: AMICI DI BENEDETTA Casella postale 62 - 47013 Dovadola (FC) - Tel. 0543 934676 E-mail: [email protected] oppure [email protected] – http: //www.benedetta.it c/c postale 1000159051 (Codice IBAN IT 88 Y 07601 13200 001000159051) intestato a Fondazione Benedetta Bianchi Porro Forlì D. Lgs 196/03 “Codice in materia di protezione dei dati personali” - Il suo indirizzo fa parte dell’archivio de “l’annuncio”. In virtù di questo, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal D.Lgs 196/03 “Codice in materia di protezione dei dati personali” lei ha l’opportunità di ricevere la nostra rivista. 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