Si ringraziano:
Regione Emilia Romagna (Ente finanziatore)
Comune di Modena – Comune di Forlì – Provincia di Reggio Emilia (Enti
promotori)
Provincia di Modena
Comune di Carpi – Servizi sociali area anziani
Comune di Pavullo
Comune di Sassuolo – Servizio Assistenza Anziani
Comune di Vignola - CoISS (Consorzio Intercomunale Servizi Sociali)
Comuni del Distretto 7 di Castelfranco Emilia
Unione dei Comuni Modenesi dell’Area Nord – Servizio Assistenza Anziani
AUSL di Modena
CNA – Area politiche
ACLI Provinciale di Modena
Consulta Comunale per i cittadini stranieri ed apolidi residenti di Modena
Forum Terzo Settore – Provincia di Modena
UIL – Sede provinciale di Modena
CGIL – Camera del lavoro territoriale di Modena
CISL – Sede provinciale di Modena
Legacoop di Modena
Confcooperative di Modena
Cooperativa Sofia
1
La pubblicazione è stata redatta dal gruppo di lavoro per la progettazione e il
coordinamento del Progetto Madreperla: Daniela Piccinini (Project Leader),
Marinella Richeldi (Coordinatrice e Responsabile del progetto per la parte
formativa), Eros Rilievo (Progettista Responsabile di Area Sociale) per la parte 1,
Carlo Nicoli (Dirigente del SAA), SATA s.r.l. (Consulenti informatici) per la parte
2, Domenico Neto (Curatore Scientifico). Questo lavoro non sarebbe stato
possibile senza la partecipazione attiva di tutti gli operatori, operatrici, docenti
che hanno partecipato a diverso titolo a incontri e gruppi di lavoro, alle
partecipanti al percorso formativo di Tutor dell’assistenza familiare per il
contributo e la sperimentazione della “Scheda di valutazione delle competenze”,
a cui va il ringraziamento degli autori di questa pubblicazione.
Inoltre si ringrazia Elisabetta Di Pardo (Referente di merito del progetto del
Servizio Formazione Professionale della Regione Emilia Romagna) per avere
facilitato in diverse occasioni il nostro lavoro.
2
INDICE
Prefazione .......................................................................................................
pag.
5
Introduzione ....................................................................................................
pag.
9
pag.
pag.
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15
17
19
19
20
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22
22
23
24
25
25
30
PARTE PRIMA
1. Il progetto formativo
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
Inquadramento sociologico del fenomeno ..............................
Contesto istituzionale .................................................................
Sperimentazioni provinciali .......................................................
Riflessioni sul lavoro di cura ....................................................
Metodologia e Articolazione del Progetto Formativo ............
2. Il percorso formativo della “Tutor dell’assistenza familiare”
2.1 Chi è la “Tutor dell’assistenza familiare”? ..............................
2.2 Destinatari della formazione ......................................................
2.3 Obiettivi formativi ........................................................................
2.4 Struttura e durata del Corso ......................................................
2.5 Principali contenuti del Corso ...................................................
2.6 Articolazione didattica ...............................................................
2.7 Gradimento del corso .................................................................
3. Lo Strumento di valutazione delle competenze
............................................................3.1 Percorso di costruzione dello
strumento di valutazione delle competenze.............................. pag.
3.2 Guida all’utilizzo della
“Scheda per la valutazione delle competenze” ....................... pag.
31
33
4. Percorso formativo “Assistenti familiari”
....................................................................................................................
4.1 Le azioni di promozione del percorso formativo ......................
4.2 Chi sono le lavoratrici straniere ................................................
4.3 Il pacchetto formativo .................................................................
4.4 Il percorso formativo per le lavoratrici straniere .....................
4.5 Gli Obiettivi formativi ..................................................................
4.6 Competenze generali ..................................................................
4.7 Corso di “Avvicinamento alla lingua italiana” .......................
4.8 I contenuti del modulo “Orientamento al lavoro di cura” ......
4.9 Discussione finale .......................................................................
4.10 Le docenze e la metodologia didattica ....................................
4.11 I contenuti del modulo “Relazione e comunicazione” ..........
4.12 Un percorso di formazione per facilitare l’esperienza
di confronto ................................................................................
4.13 Formazione in situazione .........................................................
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
40
41
42
42
44
45
46
47
50
50
51
pag.
pag.
52
53
3
5. Accertamento delle competenze
5.1 Colloquio finale ............................................................................
5.2 Ipotesi di Modello ........................................................................
pag
pag.
54
55
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
57
57
59
60
61
Allegato ................................................................................................ pag.
63
Bibliografia breve ................................................................................ pag.
66
6. Considerazioni finali
6.1 Che tipo di formazione ................................................................
6.2 Il ruolo dei servizi nel mercato di cura domiciliare .................
6.3 Le famiglie ....................................................................................
6.4 Le sinergie ...................................................................................
6.5 I rapporti con i servizi e il Volontariato e l’Associazionismo .
PARTE SECONDA
1. La piattaforma software......................................................... pag.
69
2. Caratteristiche generali
2.1 Obiettivo ed ambito......................................................................
2.2 Scenari operativi .........................................................................
pag.
pag.
76
77
3. Presentazione dell’applicazione
3.1 Home page ....................................................................................
3.2 Albo lavoratori .............................................................................
3.3 Organizzazioni .............................................................................
3.4 Anagrafica Anziani ......................................................................
3.5 Incontro domanda/offerta ...........................................................
3.6 Contratti .......................................................................................
3.7 Aiuti economici assegnati alle famiglie ....................................
3.8 Finanziamenti ..............................................................................
3.9 Reportistica avanzata .................................................................
3.10 Esportazione in formato Microsoft Excel ...............................
pag. 82
pag. 84
pag. 90
pag. 92
pag. 93
pag. 95
pag. 97
pag. 99
pag. 103
pag. 104
4. Sperimentazione della piattaforma....................................... pag. 107
4.1 Comune di Modena .....................................................................
4.2 Comune di Forlì ...........................................................................
4.3 Distretto di Mirandola .................................................................
4.4 Distretto di Vignola .....................................................................
4
pag.
pag.
pag.
pag.
108
110
111
111
PREFAZIONE
Non badanti, ma assistenti familiari.
E
non è
soltanto
per utilizzare una parola che meglio
descrive
il
prezioso lavoro di cura che tante donne straniere (e qualche volta uomini)
svolgono in case italiane in cui vivono, a volte in grande solitudine, anziani
e disabili parzialmente o totalmente non autosufficienti…
La nuova parola è anche il segnale che le Istituzioni pubbliche hanno
preso consapevolezza del fenomeno.
Alcune Regioni (tra le prime, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia,
Piemonte, Liguria) hanno infatti definito formalmente (in norme o direttive)
la figura dell’ “Assistente familiare”
mansioni
e
corrispondenti
e individuato per essa specifiche
percorsi
formativi,
facendo
proprie
e
ulteriormente sviluppando precedenti esperienze di Comuni o associazioni
del terzo settore.
La presenza crescente di un lavoratore privato nel campo della cura della
persona
e la fragilità di entrambi i soggetti implicati (l’anziano e
l’immigrato) aveva già sollecitato a proporre iniziative finalizzate ad aiutare
un miglior incontro tra domanda e offerta; in particolare iniziative formative
delle più varie tipologie, ma anche specifici luoghi/uffici in cui raccogliere,
anche se in modo informale, sia le domande che le offerte di lavoro,
offrendo consulenza per un loro efficace incontro.
La dimensione e la complessità del fenomeno richiede tuttavia ulteriori
approfondimenti e più articolate scelte di politica sociale, che devono
saper intrecciare finalità e approcci propri delle politiche in favore delle
popolazione anziana a finalità e approcci propri delle politiche per
l’immigrazione, dirette alla tutela e alla integrazione sociale dei lavoratori
stranieri.
5
A queste preoccupazioni risponde il progetto Madreperla promosso nel
2002 dai Comuni di Forlì, Modena e dalla Provincia di Reggio Emilia (con
finanziamenti Fondo Sociale Europeo / Regione
Emilia-Romagna) che
prevede una molteplicità di azioni.
Si tratta di far emergere una realtà che tende infatti a rimanere ancora
oggi in gran parte sommersa (e non soltanto perché spesso si tratta di
lavoro nero), scarsamente visibile, soprattutto nei suoi aspetti ambivalenti
e
a
volte
contraddittori.
Il
fenomeno
delle
assistenti
familiari,
apparentemente contingente e quotidiano, è infatti strettamente collegato
e conseguente all’incrocio di due delle trasformazioni sociali più incisive
della società contemporanea, cioè, l’invecchiamento della popolazione e il
movimento migratorio. Esso mette in luce da un lato i nuovi bisogni che
emergono all’interno della famiglia (che preferiscono che l’anziano sia
assistito nella propria casa, piuttosto che in una struttura residenziale, più
costosa e spesso alienante), ma
solleva anche questioni decisive
riguardo la trasformazione del mercato del lavoro (soprattutto di quelle sue
parti in cui sono prevalentemente occupati cittadini stranieri) e delle norme
che lo regolano.
Per questo il progetto Madreperla oltre ad approfondire le trasformazioni
nelle scelte delle famiglie e le conseguenti ricadute sui modelli di cura del
sistema dei servizi alla persona (si stanno verificando diminuzioni delle
lunghezze delle liste di attesa per l’accesso alle strutture), ha attivato
alcune azioni specifiche per individuare modalità contrattuali che tengano
conto delle esigenze delle parti o individuare modalità di comunicazione
(sportelli, etc.) che consentano appunto un corretto incontro tra
domanda/offerta.
In questo libretto si da in specifico conto delle azioni formative attuate
all’interno del progetto Madreperla. Esse sono state rivolte alle
6
Assistenti familiari, ma anche agli operatori dei servizi
che con esse
potrebbero trovarsi ad interagire. I servizi tradizionali di assistenza
domiciliare (cioè le OSS che hanno conseguito il relativo attestato e che
svolgono prestazioni professionali), potrebbero infatti dover relazionarsi
con le “badanti” invece che con un familiare. Oppure potrebbero dover
sostenerne il lavoro, assumendo una funzione di tutoraggio.
La formazione è dunque finalizzata non soltanto a dare qualità a un
servizio privato, ma anche ad inserirlo nella rete regolamentata dei servizi
territoriali.
Investire gli operatori dei servizi domiciliari (Responsabili attività
assistenziale, Assistenti sociali, Infermieri professionali o altri Operatori
dei servizi di base) di funzioni di sostegno, consulenza, e coordinamento
delle lavoratrici straniere diviene una garanzia per le famiglie, spesso sole
nel cercare di risolvere problemi complessi (la fiducia nell’operatore che
vive costantemente a contatto con un familiare particolarmente in difficoltà
e la continuità dell’assistenza), ma anche per le persone straniere
costrette a vivere in case sconosciute con il rischio del rinnovarsi di forme
di sfruttamento ormai superate per quanto riguarda i lavoratori italiani.
Una garanzia che può creare maggiore fiducia è certamente il sistema di
accreditamento del singolo lavoratore, che gli consente di iscriversi alle
liste di collocamento eventualmente predisposte negli appositi sportelli.
Per questo, uno specifico gruppo di lavoro (composto da alcuni
partecipanti ai corsi per Tutor dell’assistenza familiare) ha prodotto lo
strumento di valutazione delle competenze delle assistenti familiari che
consente appunto di “accreditarle”. Questo stesso strumento è poi stato
presentato e validato all’interno del corso per tutor.
7
La continuità assistenziale, inoltre, può essere meglio programmata,
proprio a seguito della miglior conoscenza del fenomeno migratorio e
soprattutto dei progetti immigratori (definitivi, temporanei, a periodi alterni),
diversi in relazione alle zone di provenienza e alle situazioni familiari. E
l’intero Progetto Madreperla ha contribuito a questa conoscenza.
Anche l’iniziativa formativa rivolta alle lavoratrici straniere ha ripercorso le
tematiche indicate dallo strumento di valutazione, collocandole tuttavia nel
più ampio panorama degli interventi offerti agli anziani non autosufficienti
o ai disabili. Il corso ha voluto cioè anche “orientare” rispetto all’ambito di
lavoro e perciò rispetto ai problemi degli assistiti, agli stili di vita delle
famiglie, alla cultura dei servizi e in particolare alla cultura della
“domiciliarità”. E ha anche offerto sostegno alle capacità di relazione di
questi nuovi operatori.
E’ stato un investimento formativo importante. Rivolgendosi in prevalenza
a lavoratrici immigrate che in molti casi posseggono un’alta scolarità, si è
infatti anche trasformato in un intervento di inclusione sociale. Un caso
emblematico di convergenza tra politiche per l’occupazione e politiche
sociali.
Prof.ssa Flavia Franzoni
8
INTRODUZIONE
COME NASCE IL PROGETTO
“Madreperla” nasce come proposta integrata con l’obiettivo di trovare
risposte adeguate nei confronti di un fenomeno relativamente nuovo in
ambito sociale: l’affermarsi della “badante” quale risorsa aggiuntiva alla
famiglia per la cura della popolazione anziana non istituzionalizzata.
Dalla fine degli anni 90 assistiamo all’incremento costante di queste
operatrici, per lo più straniere, che nel tempo ha modificato l’ambito
dell’intervento domiciliare; la rilevanza del fenomeno è tale per cui si è
ritenuto opportuno tentare di governarlo attraverso azioni in sinergia che
hanno coinvolto diversi protagonisti in un processo di collaborazione,
scambio di esperienze e sapere, voluto dalle Istituzioni locali ed elaborato,
sul piano progettuale, da Modena Formazione.
L’idea guida prende il via dalla sperimentazione esistente sul territorio
modenese (Progetto Serdom – Comune di Modena), dove già da alcuni
anni si è avviata una riflessione sul tema che ha suscitato interesse e
stimolato approfondimenti, con l’intento di costruire un piano più organico
e riproducibile, allargando considerevolmente il bacino di sperimentazione
per giungere ad un riconosciuto e riconoscibile format operativo in
materia.
Come evidenziato da studi e ricerche qualificate, il mercato dell’assistenza
privata in Italia si presenta frammentato e deregolato, situazione che
favorisce l’irregolarità e la precarietà, inoltre, trattandosi di servizi resi in
ambito domestico, risulta oltremodo complesso sostenerne la visibilità.
La risposta può
trovarsi nella costruzione di moduli di intervento
utilizzando misure che rendano meno conveniente, sia per le lavoratrici
9
che per i datori di lavoro, rivolgersi al mercato sommerso, garantendo al
tempo stesso uno standard qualitativo del servizio reso.
I TEMI GENERALI
Il finanziamento del Fondo Sociale Europeo, unitamente all’importante
contributo della Regione Emilia Romagna, ha permesso di affrontare la
sfida elaborando “Madreperla”, in cui formazione, accreditamento ed
informazione, costituiscono gli assi portanti di un intervento che ha
l’ambizione di incidere sia a livello delle politiche sociali che sulle politiche
del lavoro, dando impulso e strumenti a coloro che, aderendo al progetto,
ne costituiscono parte essenziale all’interno della “rete” dei partners.
Generare e rafforzare una rete che sostenga l’intero processo è elemento
fondamentale quando si opera in campo sociale, incentivare perciò le
relazioni e la collaborazione tra i differenti attori che, nell’ambito del
welfare territoriale, si occupano di politiche sociali e lavoro ha
rappresentato la base su cui sviluppare tutte le azioni previste dal
progetto, azioni che tendevano al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
1) Promuovere l’emersione del lavoro di cura domiciliare.
2) Qualificare il mercato del lavoro di cura domiciliare attraverso la
professionalizzazione delle lavoratrici che vi operano e perseguire la
sua regolamentazione.
3) Raccordare e presidiare il mercato del lavoro di cura privato come
risorsa di rete del welfare municipale.
4) Qualificare e rafforzare i servizi informativi, di consulenza e mediazione
rivolti alle lavoratrici ed alle famiglie che le impiegano.
5) Favorire l’integrazione sociale delle lavoratrici immigrate, soprattutto se
impegnate “giorno e notte”.
10
Fondamentale, nell’economia del progetto è risultata l’applicazione
software, specificamente elaborata per creare un sistema di supporto
all’erogazione dei servizi alla popolazione anziana della Regione Emilia
Romagna, fruibile
in diversi contesti applicativi, per l’incontro della
domanda e offerta dei servizi di cura da parte di soggetti privati accreditati.
A questo proposito il servizio “InformAnziani” del Comune di Modena ha
rappresentato il “caso studio” su cui basare la sperimentazione.
L'ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO
Il Progetto Madreperla si è rivolto ad un ampio bacino del territorio
regionale costituito dalla Provincia di Modena, dalla Provincia di Reggio
Emilia e dal Comune di Forlì.
Pur con ovvie differenziazioni questi territori presentano caratteristiche
omogenee sul versante demografico e sociale, che li hanno portati ad
evidenziare problemi comuni in contesti globalmente omogenei ai fini del
progetto, la cui attuazione ha previsto necessari margini di autonomia, tali
da consentire ai soggetti dei tre ambiti territoriali, una propria
sperimentazione nelle diverse realtà locali e nel rispetto delle loro
peculiarità, in modo da individuare modalità e prassi utili per definire un
modello trasferibile ed espandibile a livello regionale.
Si è quindi costituito, attorno all’idea, un gruppo di “Soggetti Promotori”
allo scopo di favorire le necessarie interazioni territoriali tra Enti Gestori
(Modena Formazione e IFOA) e Partners del Progetto mediante incontri
con tutti i referenti istituzionali sui contenuti del progetto, le finalità e gli
obiettivi, gli interventi concreti da attuare, la popolazione target alla quale
ci si rivolgeva, gli effetti attesi sul territorio di competenza.
Il concetto di partecipazione ha assunto, negli ultimi anni, il significato
positivo di contributo molteplice, stante a sottolineare che si è passati, per
11
ciò che riguarda i servizi alla persona, dall’utente fruitore passivo alla cocostruzione
degli
interventi
che
riguardano
i
cittadini,
questa
consapevolezza ha orientato la definizione degli strumenti per il governo
delle attività nello svolgersi del processo progettuale, col risultato
di
strutturare un ambito tecnico - operativo di confronto:
•
Il Coordinamento operativo, comprendente un rappresentante per
ogni soggetto promotore, un project leader per ogni realtà
territoriale, con il compito di:
o incentivare lo sviluppo delle azioni previste;
o fare partecipare tutti i soggetti utili alla definizione delle
azioni stesse;
o supportare l’attività di gestione e verifica del progetto.
•
Il Gruppo Territoriale Tematico (uno per territorio), costituito da
Project Leader, Coordinatore, Responsabili dei Servizi, Assistenti
Sociali, Responsabile Attività Assistenziali, Operatori Sanitari.
La sua funzione si è tradotta in:
o organizzare la raccolta sistematica di informazioni, materiali
operativi prodotti da esperienze formative già attivate, rivolte
a donne interessate al lavoro di cura;
o produrre un modello formativo innovativo specifico, rivolto a
nuove figure professionali con compiti di tutor a supporto del
lavoro di cura domiciliare e a sostegno delle responsabilità
familiari;
o selezionare i candidati e tutor per il corso sperimentale tra gli
operatori domiciliari in numero significativo per ogni Comune
Capo distretto;
12
o individuare i docenti di profilo adeguato sulla base delle
esperienze significative acquisite nell’ambito delle ricerche e
professionalità riguardanti il progetto;
o garantire l’ avvio della sperimentazione nei Comuni partners
del Progetto attraverso un percorso formativo per Assistenti
familiari, preceduto da specifiche azioni di coinvolgimento
delle famiglie e organizzato con modalità e tempi mirati alle
esigenze degli operatori e del lavoro di cura presso le
famiglie,
per
rimuovere
gli
ostacoli
ad
un’
effettiva
disponibilità alle attività formative.
Operativamente il progetto si è sviluppato attraverso tre fasi, ognuna delle
quali ha previsto al suo interno diverse “macroazioni” tese
a
concretizzarne gli obiettivi, in un arco temporale compreso tra gennaio
2003 e settembre 2004.
Alla luce di quanto effettivamente realizzato sorgono due considerazioni –
stimolo, utili per dare respiro e prospettive di continuità al processo
attivato:
•
Non è stata effettuata una vera e propria valutazione
d’impatto sugli esiti delle azioni, essendo la sperimentazione
conclusasi
a
ridosso
della
scadenza
prevista
e
dell’elaborazione del report finale, richiedendo invece tale
valutazione di tempi di sperimentazione più ampi ai fini
dell’acquisizione di dati sufficienti per sviluppare successive
programmazioni.
Sarà
necessario
affrontare
il
tema
da
parte
delle
Amministrazioni, tenendo anche in considerazione le attuali
dinamiche di riaffermazione del “sommerso” con la tendenza
13
al ritorno di forme di lavoro irregolare. Esiste inoltre un
effettivo rischio di favorire la categorizzazione delle assistenti
familiari operando la discriminazione tra accreditate e non, ai
fini dell’inserimento lavorativo presso le famiglie;
•
Altra questione aperta rimane l’utilizzo della “piattaforma
software” da parte dei Comuni, perché a fronte delle
modifiche introdotte dalla Legge Biagi, legata all’istituzione
delle Agenzie di intermediazione, è necessario per le
Amministrazioni Comunali sottoporsi all’iter autorizzativo da
parte della Regione, a differenza delle Province che godono
già di un riconoscimento formale.
Anche per le considerazioni appena espresse è necessario
proseguire sul percorso tracciato da “Madreperla”, valorizzando il
confronto apertosi tra Istituzioni e Privato sociale, nel tentativo di
trasformare le sperimentazioni in azioni positive.
14
Parte I
1. Il progetto formativo
1.1 Inquadramento sociologico del fenomeno
Diversi fattori stanno incidendo sulle modifiche del sistema di Welfare
domiciliare
per gli anziani e sull’incremento dei flussi migratori, in
particolare quella femminile che ci limitiamo semplicemente a sintetizzare,
in quanto diversi Autori e ricerche, anche in corso di realizzazione di
questo
Progetto e a testimonianza dell’elevato interesse, hanno
analizzato il fenomeno “Anziani/Badanti”
E’ consolidato che l’aumento
degli anziani
e delle attese di vita
determinano una richiesta di maggiori e continue cure a favore di quegli
anziani fragili, non autosufficienti, per la maggior parte affetti da demenze
o Malattia d’Alzheimer, il cui rischio di non autosufficienza è strettamente
correlato all’aumentare dell’età.
Le profonde modifiche della struttura familiare e sociale, da famiglia
allargata a famiglia nucleare, l’abbandono da parte delle donne italiane del
lavoro di cura che richiede sempre più tempo e investe l’intera giornata notte compresa – è inconciliabile con le scelte di vita e di
un lavoro
retribuito fuori dalla famiglia.
Questa cornice rappresenta un’opportunità per le donne immigrate di
accedere ad un lavoro ed ad un’ abitazione attraverso l’ inserimento in un
nucleo familiare. L’attività di lavoro di cura si inserisce in un contesto
culturale che delimita in una rigida connotazione di genere questo tipo di
occupazione, considerata esclusivamente femminile, per la quale si ritiene
erroneamente che non siano necessarie particolari competenze.
Questo modo di pensare rappresenta un’opinione diffusa delle famiglie e
delle lavoratrici straniere per le quali “basta saperci fare”.
15
La scelta di assumere un’assistente familiare
rappresenta reciproci
vantaggi sia per le famiglie che per le assistenti: costi ridotti per la famiglia
in quanto il permanere a casa dell’anziano risulta meno oneroso rispetto
ai costi dell’inserimento in una struttura residenziale, possibilità di
risparmio per la lavoratrice che, usufruendo di vitto e alloggio può
garantire, con il suo stipendio, il mantenimento della famiglia nel suo
paese d’origine.
Questo tipo di soluzione risponde a molteplici esigenze:
•
Consente all’anziano di rimanere al proprio domicilio tra le proprie
cose e gli affetti costruiti nell’arco di una vita, evitando il trauma
dell’ingresso in una struttura che per quanto possa essere flessibile
necessita di forti adattamenti. Si tratta pur sempre di condividere
spazi di vita con compagni che non sono stati scelti.
•
Di trovare una facile ed immediata risposta ad un bisogno di cura
che prevede un impegno orario giornaliero sulle 24 ore.
•
Non da ultimo la sostenibilità dei costi per gli enti pubblici, sempre
più carenti di risorse dedicate all’interno dei propri bilanci.
La marginalità con cui da sempre viene considerato il lavoro di cura, in
quanto non produttore di reddito, rimane un dato fortemente negativo sul
quale occorrerebbe aprire un dibattito culturale.
Esiste un welfare che comincia a delinearsi con caratteristiche più visibili
per le dimensioni che ha assunto (la legge Bossi-Fini ha necessariamente
fatto uscire dalla clandestinità migliaia di badanti), ma permane comunque
il forte rischio di continuare ad alimentare un mercato sommerso che può
riconsegnare alla clandestinità le lavoratrici, senza garantire diritti di
cittadinanza e tutela sul lavoro, incentivando un mercato regolato da
organizzazioni criminali
assistenti.
16
che non tutela le famiglie che assumono le
Si sta operando invece per l’affermazione di un mercato del lavoro di cura
che è destinato a incidere e a
produrre significativi cambiamenti
nell’Assistenza domiciliare intesa come servizio pubblico. In quest’ottica il
pubblico è chiamato
a svolgere e sviluppare azioni di sostegno,
regolazione e tutela delle famiglie e dei diritti di cittadinanza delle
“Badanti” che occupano un vuoto nella risposta assistenziale.
Sempre più importante diventa confrontarsi con questo fenomeno,
governando i processi di inserimento nelle famiglie delle lavoratrici e
sostenendo le Assistenti in percorsi di formazione che diano competenze
e valore a questa importante attività di cura.
Si può affermare che di fatto si sta delineando un nuovo modello di
welfare domiciliare che si affianca al tradizionale modello dei servizi
conosciuti nella nostra Regione che può vedere presenti, ma non
necessariamente: la famiglia, la “badante”, gli stessi operatori dei servizi
sia sociale che sanitario o entrambi.
Un welfare pubblico che abbia come riferimento i diritti di cittadinanza per
tutti e di qualità della vita e dei servizi, nell’esplicazione del proprio ruolo
di governo deve poter presidiare, monitorare e sostenere la domiciliarità,
che per la gravità e la difficoltà delle situazioni che si presentano si fa
sempre più pesante e non può essere lasciata solo a logiche di mercato.
1.2 Contesto istituzionale
•
Il Progetto Madreperla si inserisce in un contesto istituzionale
più ampio che evidenzia una particolare attenzione della
Regione Emilia Romagna, tramite gli Assessorati alle Politiche
Sociali e alla Formazione Professionale sul tema del lavoro di
cura, che ha emanato delibere e promosso iniziative orientate
a
sviluppare
nuove
progettualità
per
il
sostegno
della
17
domiciliarità a favore delle persone anziane mediante azioni
rivolte alle lavoratrici
straniere
(cosiddette “badanti”),
impegnate nel lavoro di cura all’interno delle famiglie:
•
Legge regionale n.2/2003 “Norme per la promozione della
cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali”.
•
Delibera di G.R. n° 2395 del 9/12/2002 “art.41 l.r. 2/85 – Progetto
d’iniziativa regionale area anziani e disabili – assegnazione e
concessione di contributi ai Comuni Sede di Distretto per la
qualificazione del lavoro di cura a domicilio.
Articolato per
obiettivi: di formazione linguistica, qualificazione del lavoro a
domicilio, identificazione a livello distrettuale tra i servizi esistenti
di un punto di raccolta e orientamento per garantire consulenza
alle famiglie e alle assistenti familiari, avvio di esperienze di
sostegno individuale e di piccoli gruppi di lavoratori a domicilio,
anche in collegamento con i servizi della rete.
•
Proposta del “Piano di azione a favore degli anziani della Regione
Emilia-Romagna”, documento a forte valenza culturale che
rappresenta linee generali d’indirizzo per la promozione d’ interventi
innovativi ed integrati per gli anziani in un’ottica di superamento
delle politiche settoriali da recepirsi con successivi atti.
•
Delibera G.R. n° 2003/924 del 26/5/2003 – Percorso Formativo
a sostegno della qualificazione dell’assistenza familiare privata a
domicilio.
•
Realizzazione di n° 6 opuscoli informativi per Assistenti familiari
straniere, i cui contenuti si riferiscono al lavoro di cura degli
anziani che riguardano i seguenti ambiti: l’orientamento nei
servizi, la relazione, l’alimentazione, l’igiene, la mobilizzazione,
18
la demenza.
Gli opuscoli tradotti in diverse lingue, hanno
l’obiettivo di orientare la lavoratrice sul lavoro di cura nel
contesto socio-culturale della Regione, rappresentano un’azione
complementare e a supporto di altre iniziative di tipo formativo
1.3
Sperimentazioni provinciali
In ambito locale sono state promosse attività di sostegno professionale, da
parte del Comune di Modena come sviluppo del Progetto SERDOM
(Acronimo di Servizi Domiciliari), indirizzata a quelle lavoratrici straniere
occupate in regola presso famiglie che percepiscono un contributo erogato
dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Una delle caratteristiche
del progetto Serdom prevede che all’atto della sottoscrizione del contratto
che elargisce il contributo la famiglia si impegni ad assicurare permessi
retribuiti alla lavoratrice da utilizzarsi per azioni formative organizzate dal
Settore Sanità e Servizi sociali – Servizio Assistenza Anziani.
Collegata
all’esperienza
di
Serdom
si
è
sviluppata
un’ulteriore
sperimentazione da parte dell’Ente formativo – Modena Formazione, per
l’accertamento di competenze (cfr. allegato 1).
Altra esperienza ha riguardato il Comune di Carpi, Settore Servizi Sociali –
Servizio Anziani, che ha condotto una sperimentazione di attività formativa
linguistica a favore di lavoratrici
straniere al domicilio dell’anziano,
sviluppata a cura della Responsabile delle attività assistenziali e di una
Operatrice addetta all’assistenza di base (RAA e AdB), finalizzata al
sostegno di azioni assistenziali e tutelari.
1.4 Riflessioni sul lavoro di cura
Il lavoro di cura di cui parliamo ha caratteristiche proprie che differiscono
dall’attività di collaboratrice domestica (Colf) ed è considerato lavoro a
19
tutti gli effetti in quanto viene svolto, dietro compenso, da un soggetto
esterno alla famiglia e in assenza di rapporti parentali o affettivi. Investe
la cura personale totale
dell’anziano/a, nell’aiuto delle attività di vita
quotidiana, cura della casa, cura dei rapporti e delle relazioni in senso
lato, non si risolve con il semplice “badare e sorvegliare” di memoria
storica, per evitare situazioni di mero pericolo, ma racchiude in sé capacità
relazionali, di comunicazione e di condivisione, con la persona assistita,
dello spazio e del tempo, in quanto svolto in regime di convivenza.
Si tratta di una “presa in carico” che si compone non solo di capacità
professionali, il sapere eseguire correttamente una funzione, es. la
mobilizzazione, ma il “sentirsi in empatia”, il prendersi cura della categoria
sociale più debole: gli anziani. È un lavoro portatore di un sapere di
grande valore e proprio per questo deve essere riconosciuto, reso visibile
e valorizzato da tutte le componenti sociali: le istituzioni, i servizi, le
famiglie, le badanti stesse.
1.5 Metodologia e Articolazione del Progetto Formativo
Il Progetto formativo è inserito nella fase 2 del Progetto Madreperla
“Qualificazione e formazione
del lavoro di cura” e rappresenta
un’opportunità innovativa, di riflessione e ripensamento anche del Welfare
istituzionale, in particolare di quella parte che riguarda i servizi domiciliari
socio-sanitari a favore degli anziani.
Il
Progetto formativo può definirsi complesso e ambizioso in quanto
rivolge la propria attenzione a molteplici soggetti, si articola in percorsi
diversi ampiamente condivisi da tutti i Partners che hanno preso parte a
Madreperla.
Il Gruppo di lavoro formazione, costituito da diverse professionalità
rappresentative della formazione, dei servizi sociali, dei servizi sanitari
20
(Project Leader, Coordinatori,
Progettisti, Responsabile Servizio
Assistenza Anziani, Responsabile Servizio infermieristico,
Assistente
sociale, Responsabile delle attività assistenziali), si è articolato in 4 sotto
gruppi di lavoro con l’obiettivo di elaborare proposte e indicazioni per i
moduli formativi:
1. Formazione per “Tutor dell’Assistenza familiare”.
2. Elaborazione di uno strumento per la valutazione delle competenze
al domicilio da sperimentarsi a cura degli operatori dei servizi.
3. Formazione
“Assistenti
familiari”
indirizzata
alle
lavoratrici
straniere.
4. Percorsi
di
accertamento
delle
competenze
ai
fini
dell’accreditamento nei singoli territori che hanno aderito al progetto
tramite l’iscrizione ad una banca dati per favorire l’incontro
domanda offerta.
I risultati dei gruppi di lavoro si sono tradotti in azioni concrete sviluppate nei
percorsi formativi e di elaborazione di strumenti, attivati nei diversi contesti
territoriali, con la caratteristica di essere strettamente connessi e
interdipendenti con una sperimentazione diretta delle funzioni di “Tutor” da
parte delle operatrici dei servizi che hanno frequentato il corso (Vedi Tav. 1)
Tavola 1
Percorso Formativo
Badanti
Tutor
Accertamento
competenze
21
2. Il percorso formativo della “Tutor dell’assistenza
familiare”
2. 1 Chi è la “Tutor dell’assistenza familiare”?
La “Tutor dell’Assistenza familiare” non vuole essere un nuovo profilo
professionale ma un insieme di competenze nuove da sviluppare in capo
alle operatrici che già sono impegnate nei servizi sociale e\o sanitari, può
rappresentare un’opportunità culturale e innovativa da promuovere
all’interno dei welfare locali.
Le riflessioni formulate all’interno del gruppo di lavoro partono dalle
considerazioni
dei diversi territori provinciali, dalle difficoltà dei Servizi
domiciliari a rispondere ai bisogni di cura espressi dalle famiglie, che
sempre di più si traducono in bisogni assistenziali
continuativi che
investono l’intera giornata: la presenza sempre più massiccia di lavoratrici
straniere e le considerazioni già espresse, riteniamo siano presupposti
sufficienti per la sperimentazione di un percorso formativo
per Tutor
dell’assistenza familiare.
La Tutor è un’esperta dell’assistenza domiciliare a cui è richiesto di
rapportarsi con persone e contesti familiari che possono presentare
caratteristiche molto diverse tra di loro, il suo ruolo è finalizzato
all’esigenza del “prendersi cura di chi cura “ e più in generale la presa in
carico della situazione in senso ampio: anziano, famiglia, assistente
familiare.
2.2 Destinatari della formazione
Il percorso formativo “Tutor dell’Assistenza familiare” è stato rivolto a
quegli operatori che intervengono con funzioni di coordinamento
dell’assistenza domiciliare è stato pensato per: Responsabili Attività
22
Assistenziali (RAA), Assistenti Sociali (AS), Infermieri Professionali
impegnati nell’assistenza infermieristica al domicilio (IP) e Operatori
Sociali dei servizi (AdB, OTA, OSS), appartenenti ai Servizi
sociali di
base, ai Servizi Assistenza Anziani, ai Servizi Infermieristici .
E’ stato rivolto a 25 operatrici individuate dai diversi Referenti del Progetto
Madreperla, come potenziali leve di innovazione per la sperimentazione di
nuove modalità d’intervento all’interno dei servizi domiciliari.
Hanno partecipato operatrici del: Comune di Modena, Comune di Forlì,
Comune di Carpi, Comune di Castelfranco – Distretto socio-sanitario,
Distretto di Mirandola – Unione dei Comuni dell’Area Nord,SAA Distretto di
Sassuolo, Distretto di Vignola – Consorzio Intercomunale Servizi sociali
(CoISS)
2.3 Obiettivi formativi
Formare un gruppo di operatrici che sia in grado di:
•
fornire un’attività di consulenza, sostegno tecnico-professionale in
situazione attraverso attività mirate e personalizzate che tengano
conto del contesto familiare e delle competenze possedute dalle
lavoratrici;
•
riconoscere
le differenze, caratteristiche, peculiarità di cui le
persone sono portatrici;
•
acquisire conoscenze
per mettersi in relazione con persone
provenienti da culture diverse;
•
fornire un’attività di:
-
supervisione tecnico/professionale con riferimento all’attività
assistenziale e tutelare con riferimento alla quotidianità (cura
della persona e della casa);
23
-
di
valutazione e progettazione dell’intervento assistenziale
familiare assieme alle famiglie, alle lavoratrici e agli operatori
dei servizi;
-
di sostegno formativo al domicilio;
-
di orientamento e sostegno alla famiglia e alla lavoratrice;
•
gestire possibili conflitti e incomprensioni;
•
sviluppare un’attività
di accompagnamento e informazione sui
servizi e le opportunità presenti sul territorio al fine di favorire un
processo d’integrazione.
La Tutor, in sintesi rappresenta un punto di riferimento qualificato per la
famiglia e la lavoratrice, in grado di rapportarsi con persone e contesti
familiari che possono presentare caratteristiche molto diverse tra di loro.
Rappresenta il collegamento con la rete dei servizi sociali e/o sanitari, è
la “facilitatrice“ della situazione: famiglia, lavoratrice, territorio, servizi . E’
un ‘operatrice in grado di riconoscere, comprendere interpretare le
difficoltà e le differenze per intervenire direttamente o attivare i Servizi o
l’Assistente sociale qualora si verifichino situazioni o problematiche non di
propria competenza, secondo modalità e criteri da definirsi all’interno della
rete.
2.4 Struttura e durata del Corso
Il corso si è strutturato su 7 incontri della durata di 7 ore e 7,30 per un
totale di 50 ore con un momento di follow up per la verifica:
•
della sperimentazione dello “strumento di valutazione delle
competenze professionali al domicilio”;
24
•
dell’esperienza sviluppata nei diversi contesti territoriali;
•
per una prima riflessione e rielaborazione dei risultati;
•
per una più puntuale messa a punto dei contenuti da sviluppare e
di perfezionamento dello strumento di valutazione e più in generale
delle azioni collegate alle funzioni di “Tutorship”.
2.5 Principali contenuti del Corso
•
Inquadramento del fenomeno: welfare della Regione EmiliaRomagna, famiglie e lavoratrici straniere.
•
La relazione d’aiuto: le competenze dell’Assistente familiare.
•
Il lavoro all’interno della famiglia: la comunicazione/relazione in
situazione di convivenza.
•
I diversi contesti culturali: paesi di provenienza, lingue, religione,
abitudini alimentari.
•
Il ruolo e le competenze della Tutor.
•
Analisi dello strumento di valutazione.
2.6 Articolazione didattica
Prima giornata
Obiettivi
•
Far
conoscere
il
Progetto
Madreperla,
in
particolare
la
sperimentazione del Progetto formativo nel suo complesso.
•
Fornire elementi conoscitivi del contesto di riferimento, in termini di
politiche sociali, in particolare le politiche per gli anziani in rapporto
al fenomeno migratorio.
Contenuti
•
Il Progetto Madreperla e il ruolo del “Tutor dell’Assistenza familiare”.
•
Il welfare municipale e comunitario alla luce della legge regionale n°
2/2003 “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
25
•
Gli enti locali, il privato sociale e auto – organizzazione delle
famiglie: una nuova interpretazione della sussidiarietà orizzontale.
Seconda giornata
Obiettivi
•
Descrivere la rete complessa dei servizi/interventi in risposta ai
bisogni in trasformazione degli anziani.
•
Proporre riflessioni sul come e dove si collocano
le assistenti
familiari (badanti) nella rete.
•
Fornire elementi per contestualizzare la realtà delle assistenti
familiari e dei modelli relazionali attivati dalle famiglie.
•
Fornire elementi e strumenti di base per l’osservazione della
dimensione umana della cura.
Contenuti
•
La nuova domanda di domiciliarità.
•
L’assistenza domiciliare nella rete dei servizi per l’anziano (il
rapporto operatori assistenti familiari).
•
Il sostegno all’auto organizzazione della famiglie.
•
Assistenza domiciliare e donne straniere: l’impatto sulle famiglie
dell’anziano.
•
Bisogni di cura e bisogni relazionali: la famiglia
e l’assistenza
domiciliare.
•
Capacità d’ascolto e di empatia nella relazione con la famiglia.
•
La famiglia e l’anziano: implicazioni psicologiche e dinamiche
relazionali.
26
Terza giornata
Obiettivi
•
Aiutare le assistenti familiari ad esporre i problemi
all’esercizio
connessi
del ruolo, a prenderne consapevolezza e porli con
chiarezza.
•
Sostenere le assistenti nel riflettere sulle esperienze passate
al
fine di individuare le proprie capacità e potenzialità e far leva su di
esse per affrontare i problemi connessi al ruolo.
•
Aiutare le assistenti familiari a valorizzare
ed accrescere le
competenze possedute mediante il modello esperienziale.
•
Suggerire alle assistenti modalità con cui sviluppare le proprie
competenze e acquisirne nuove in forma individualizzata.
Contenuti
•
Modelli concettuali ed operativi a sostegno dell’attività della Tutor.
•
Riconoscere e valorizzare le competenze.
•
La formazione in situazione, l’apprendimento esperienziale.
Quarta giornata
Obiettivi
•
Riconoscere l’altro come altro da sé.
•
Riconoscere il proprio sistema di valori per metterlo in relazione
con altri sistemi di valori.
•
Individuare i personali pregiudizi.
•
Riconoscere quanto e quando necessiti un intervento a supporto
delle badanti che si trovano a vivere in una situazione di forzato
distacco dai propri affetti.
27
Contenuti
•
Cenni sui diversi paesi e culture di provenienza delle donne
immigrate.
•
I diversi sistemi di relazione familiare , il rapporto con il corpo, la
visione della malattia, vecchiaia, morte.
•
Il pregiudizio, pregiudizio e interpretazione dei comportamenti
dell’altro.
•
Accompagnamento e adattamento a nuovi equilibri, ascolto,
empatia, valorizzazione delle competenze di genere.
Presentazione dello “Strumento per la valutazione delle competenze”
Il gruppo di lavoro presenta lo “Strumento per la valutazione delle
competenze” da adottare al domicilio per una più ampia discussione e
condivisione.
Con la presentazione si chiude la prima parte del corso per una pausa di
riflessione durante la quale le operatrici sperimentano lo strumento di
valutazione e altre azioni connesse alle funzioni da Tutor, in accordo con i
diversi Partners del Progetto, presso quelle famiglie che si sono rese
disponibili a colloqui e a favorire occasioni di formazione per le assistenti
familiari regolarmente assunte.
Nella seconda parte del corso accogliendo le richieste delle corsiste si
sviluppano i seguenti approfondimenti:
•
lettura delle competenze in situazione;
•
favorire l’apprendimento di un adulto all’interno del contesto
familiare,
•
guidare il confronto sulla sperimentazione in atto con particolare
riferimento allo strumento di analisi delle competenze tecniche.
28
Quinta giornata
Obiettivi
•
Gestire una riflessione sull’esperienza realizzata dall’Assistente
familiare.
•
Predisporre
una
griglia
per
la
concettualizzazione
-
sistematizzazione dell’esperienza.
•
Facilitare l’apprendimento dell’adulto.
Contenuti
•
Insegnare in situazione: l’apprendimento esperienziale (modello
Kolb).
•
Dalla
valorizzazione
dell’esperienza
concreta,
alla
sistematizzazione dei concetti, all’ipotesi di miglioramento del
proprio intervento.
Sesta giornata
Obiettivi
•
Possedere capacità e strumenti per l’analisi e la valutazione delle
competenze: diagnosticare il contesto, il bisogno del cliente.
•
Stabilire una comunicazione empatica e individuare le risposte più
adeguate.
Contenuti
•
L’ascolto e la comunicazione: come porsi in ascolto e sintonizzarsi
sulla situazione per cogliere il problema (diagnosticare).
•
La comunicazione senza pregiudizi/preconcetti per creare un clima
sereno.
•
La relazione. Il superamento dei conflitti: valutare l’agito.
•
Il “Metodo dell’acquario”: simulazione per la valutazione delle
competenze agite.
29
Settima giornata - Conclusione del corso
L’ultima giornata è stata utilizzata per un confronto
guidato per la
rielaborazione di tutto il percorso formativo, delle diverse sperimentazioni
sul ruolo “Tutor dell’assistenza familiare” nei diversi territori e per la
versione definitiva dello “Strumento di valutazione delle competenze”
2.7 Gradimento del corso
Il corso si è caratterizzato per l’elevata motivazione e interesse dimostrati
dalle partecipanti in particolare ha rappresentato occasioni di:
•
riflessione sul tema dell’assistenza agli anziani e dell’immigrazione
femminile finalizzata al lavoro di cura;
•
confrontare esperienze territoriali diverse;
•
sviluppare contatti per uno scambio di idee, documenti, protocolli.
I risultati sono peraltro confermati anche dal questionario di gradimento
che è stato somministrato al termine del percorso formativo (Tav. n° 2).
Tavola 2
GRADIMENTO GENERALE
Corso Tutor Prima parte
1. soddisfazione complessiva
2. Si aspettava un corso diverso?
3. competenza dei docenti?
4. organizzazione complessiva
5. corso troppo lungo?
6. articolazione attività giusta nel tempo….
7. scelta argomenti proposti nelle lezioni
1
30
1,5
2
2,5
3
3,5
4
4,5
5
5,5
Il corso è stato realmente apprezzato dai partecipanti: la soddisfazione
complessiva sul corso espressa dalle partecipanti è molto alta.
A far raggiungere questo risultato hanno avuto sicura influenza:
•
la qualità dei docenti
•
la scelta degli argomenti
•
l’organizzazione complessiva del corso
La sperimentazione è stata efficace, sono state messe in campo, discusse
e condivise modalità ed obiettivi di lavoro,
si sono acquisite nuove
informazioni su bisogni formativi, su aspetti organizzativi dei servizi, su
strumenti di lavoro che potranno essere utili in prospettiva per proporre
attività formative di durata maggiore.
3. Lo Strumento di valutazione delle competenze
3.1 Percorso di costruzione dello strumento di valutazione delle
competenze
Dall’esperienza effettuata con la partecipazione al corso “Tutor
dell’assistenza familiare”, alcune operatrici dei servizi socio-sanitari hanno
tratto un documento idoneo alla
“Valutazione delle competenze
dell’Assistente familiare al domicilio”.
La raccolta delle informazioni, guidata da questo strumento, ha tenuto
conto delle aree di competenza che sono coincidenti con i “Prodotti
Serdom” e le Unità Formative Capitalizzabili (UFC):
•
Mobilizzazione dell’anziano
•
Igiene personale dell’anziano
•
Preparazione ed assunzione dei cibi
•
Igiene degli ambienti
31
•
Emergenza sanitaria
•
Relazione
Nell’analisi fatta dal gruppo di lavoro è risultato infatti evidente che la
valutazione sulle competenze dell’assistente familiare, deve essere fatta
su azioni e non solo su risultati: si deve vedere “all’opera” l’assistente, non
ci si può basare solo sul racconto.
La decisione è stata dettata dal fatto che, a volte, non avendo sufficienti
informazioni riguardo alle abitudini ed alla storia di quel nucleo familiare,
si può rischiare
di fare valutazioni superficiali o errate (p.e. una casa
trovata in disordine chi ci dice che in precedenza non fosse molto peggio?).
L’obiettivo dello strumento è finalizzato a documentare da parte
dell’Operatrice Tutor l’attività che viene svolta al domicilio dall’Assistente
familiare per poi suggerire eventuali percorsi formativi in situazione o
presso i Centri di Formazione.
Se si pensa ad un welfare municipale sempre più integrato, pertinente e
capace,
gli operatori che si recano a casa dell’utente (Infermiere
Professionale del Servizio Assistenza Domiciliare Infermieristica, Addetto
all’Assistenza di Base o Operatore Socio Sanitario
del Servizio di
Assistenza Domiciliare, Infermiere Professionale dell’Unità di Valutazione
Geriatrica, Responsabile Attività Assistenziale…..) potranno usare questa
modulistica per analizzare le competenze ed eventualmente supportare le
Assistenti nell’attività di cura quotidiana.
32
3.2 Guida all’utilizzo della “Scheda per la valutazione delle
competenze”
Durante il primo colloquio, che deve essere condotto in modo discorsivo,
potrà essere utile usare lo strumento come traccia sulla base della quale
si possano poi valutare le competenze sopracitate .
Sarà necessario allora annotare sullo strumento anche informazioni
diverse che possono essere notate durante la conversazione.
La scheda è composta da sei pagine, una per ogni area di competenza.
(Vedi Tav. 3) Ogni pagina è suddivisa in tre colonne :
•
La prima colonna segnala l’argomento sul quale verrà fatta la
valutazione e la legenda che aiuta il valutatore nella compilazione della
scheda.
•
La seconda segnala gli indicatori.
•
La terza segnala i due giudizi (adeguata e con supporto formativo) con
i quali si valuteranno le competenze . Come si può notare non ci sono
giudizi chiaramente negativi ma la non capacità viene supportata da
suggerimenti.
Ogni pagina prevede un numero uguale di indicatori (5) che hanno lo
stesso valore/peso nella valutazione.
Non essendo sempre possibile recarsi a casa dell’anziano in orari adatti
per poter vedere “in azione” l’assistente, o non manifestandosi l’esigenza
da valutare nel momento dell’osservazione, che escludono di fatto alcune
aree di competenza, per alcuni indicatori è stata prevista la descrizione
dell’azione richiesta.
Se non sarà inoltre possibile compilare tutte e sei le aree di competenza,
sarà quindi sufficiente compilarne quattro, tenendo come prioritaria quella
relativa alla “Relazione” con l’aggiunta di altre tre.
33
Si è pensato di attribuire per ogni indicatore un punteggio pari a 1 se
“Adeguata” e pari a 0 se necessita di “supporto formativo”.
34
35
36
37
38
39
4. Percorso formativo “Assistenti familiari” rivolto a
lavoratrici straniere
4.1
Le azioni di promozione del percorso formativo
Durante il confronto con i diversi partners in merito a questa azione
occorre ricordare che l’Assessorato alla Formazione professionale
della RER emanava la Delibera G.R. n° 2003/924 del 26/5/2003 –
Percorso Formativo a sostegno della qualificazione dell’assistenza
familiare privata a domicilio - iniziativa assolutamente in linea con le
riflessioni e i contenuti sviluppati nel sottogruppo di lavoro; ovviamente
per quanto concerne la sperimentazione di Madreperla il percorso
formativo si è articolato su una o due Unità Formative Capitalizzabili,
del più lungo iter previsto in delibera, in quanto l’obiettivo prioritario è
stato quello di stabilire con le famiglie e le lavoratrici un primo
approccio.
Le azioni di divulgazione, informazione, contatti con le famiglie e la
badanti hanno richiesto un notevole impegno, si è trattato di
promuovere culturalmente il progetto al fine di sviluppare la qualità del
lavoro di cura al domicilio, di cominciare a creare percorsi
d’integrazione per le lavoratrici straniere e di sperimentare forme di
sostegno e consulenza alle scelte delle famiglie che hanno stipulato
contratti di lavoro con lavoratrici straniere.
Ogni singolo territorio ha promosso il progetto secondo l’adozione di
una o più delle modalità che seguono:
•
Promozione del progetto all’interno dei singoli servizi: Servizio
sociale, Servizio Assistenza Anziani.
•
Pubblicità sulla stampa e/o il giornalino locale con articoli sulle
lavoratrici straniere volti a sensiblizzare l’opinione pubblica sul
valore del lavoro di cura.
40
•
Promozione dell’opportunità del percorso formativo inviata, tramite
lettera, alle famiglie che hanno all’interno del loro nucleo persone
anziane desunte dagli elenchi già in possesso dei servizi.
•
Promozione dell’opportunità del percorso formativo inviata alle
lavoratrici straniere conosciute.
•
Distribuzione presso: i servizi, circoli anziani, farmacie, studi medici
circoli anziani di volantini indirizzati alle lavoratrici straniere con le
proposte formative tradotti nelle diverse lingue.
•
Promozione diretta del progetto a cura delle operatrici frequentanti
il corso “Tutor” che hanno coinvolto le famiglie che al loro interno
hanno una lavoratrice straniera impegnata nell’assistenza di un/a
anziano/a, presso quelle famiglie conosciute secondo le modalità
che ciascun servizio ha ritenuto di adottare.
•
Passa parola all’interno della rete informale delle lavoratrici
straniere fatta delle amiche e delle conoscenti nei luoghi di ritrovo.
4.2 Chi sono le lavoratrici straniere
Le lavoratrici straniere, impegnate nel lavoro di cura incontrate durante il
progetto sono in larga parte provenienti dai paesi dell’Est europeo
(fenomeno resosi particolarmente evidente negli ultimi due / tre anni), i
rapporti e i colloqui intercorsi confermano i risultati che diverse ricerche
hanno evidenziato:
•
che si tratta di un lavoro transitorio;
•
che non esprimono una particolare vocazione a svolgere il lavoro di
cura, ma è il risultato di scelte effettuate per necessità, carenza di
lavoro, sostentamento della famiglia;
•
che hanno livelli di scolarizzazione mediamente alti in tutti gli ambiti
compreso quello sanitario;
41
•
che vivono un una condizione di forte isolamento, solitudine e che
trattasi di lavoro molto faticoso sul piano emotivo-relazionale;
Pur essendo portatrici di un sapere di genere ed avere anche notevoli
esperienze di vita, il lavoro di cura svolto al domicilio dell’assistito/a in
“regime di convivenza”, proprio in quanto tale, necessita di sostegni per
quanto riguarda la concezione dell’anziano, le relazioni con la famiglia, gli
stili di cura, le abitudini alimentari, le principali malattie, in particolare la
malattia d’Alzheimer pressoché sconosciuta tra tutte le lavoratrici (quasi
tutte riferiscono che le attese di
vita degli anziani sono largamente
inferiori a quelle della nostra regione)
4.3 Il pacchetto formativo
•
Corso di “Avvicinamento della lingua italiana orientata al lavoro di
cura” durata 20 ore.
•
Modulo propedeutico di orientamento al lavoro di cura di 15 ore.
•
Modulo sulla comunicazione e relazione di 15 ore.
•
Formazione in situazione 5 ore.
4.4 Il percorso formativo per le lavoratrici straniere
Come citato all’inizio al punto 4.1, l’obiettivo prioritario è stato quello di
sviluppare un approccio con le lavoratrici e le famiglie, pertanto la
proposta formativa è stata rivolta a donne straniere già impegnate nel
lavoro di cura ed ha riguardato un numero limitato di ore, in quanto il
fattore tempo si è rivelato assai problematico per entrambe. Sia per le
famiglie,
che hanno evidenziato difficoltà per quanto concerne le
sostituzioni (è emerso chiaramente che molte lavoratrici sono impegnate
anche durante i riposi) sia per le lavoratrici le quali hanno dovuto in molti
42
casi conquistare la partecipazione al corso convincendo
le famiglie
presso le quali sono impiegate.
L’organizzazione è stata costruita prioritariamente sulla base delle
esigenze “delle famiglie” e nei giorni di riposo delle lavoratrici, nonostante
il contratto da Colf preveda espressamente permessi retribuiti per la
partecipazione ad attività formative. Il corso di lingua in molti territori è
stato proposto anche di sabato e domenica proprio per favorire la
massima partecipazione. Gli altri moduli corrispondenti alle UFC 01 e UFC
06 si sono svolti mediamente il mercoledì pomeriggio, giorno solitamente
di riposo. Le indicazioni iniziali, ad eccezione del corso di lingua,
prevedevano incontri di tre ore ciascuno, in realtà l’articolazione oraria si è
sviluppata in modo flessibile in ogni territorio sulla base delle richieste
formulate dalle lavoratrici stesse, quindi concentrando gli interventi in 4 /5
ore. La scelta di concentrare le ore è stata determinata dalla facilità di
raggiungere con i mezzi pubblici i diversi territori presso i quali sono stati
organizzati i corsi.
Sono state ripetute ben otto edizioni del percorso formativo che hanno
compreso in tutti i territori il Corso della lingua
e il Modulo
dell’orientamento al lavoro di cura.
Le realtà di Modena e Carpi hanno aggiunto anche il
comunicazione e relazione. (Vedi Tav. 4)
Modulo della
La proposta formativa si è
caratterizzata per l’elevata flessibilità considerata l’articolazione per
moduli, ha tenuto conto delle concrete possibilità di frequenza delle
lavoratrici, associando ma non necessariamente, anche la “formazione in
situazione” presso il domicilio dell’assistito/a. L’attività formativa d’aula
prevedeva da un minimo di 15 ad un massimo di 50 ore, secondo le
diverse possibilità di combinazione dei percorsi, a cui in alcuni casi si è
aggiunta la sperimentazione della formazione in situazione.
43
4.5 Gli Obiettivi formativi:
•
Fornire elementi per la conoscenza della lingua italiana e delle
parole chiave relative alla cura e all’assistenza dell’anziano/a.
•
Orientare un gruppo di assistenti familiari straniere nel lavoro di
cura
44
all’interno
della
famiglia
sviluppando
il
concetto
di
responsabilità, di etica, il rapporto con la famiglia, orientamento dei
principali servizi.
•
Sviluppare un processo di relazione e comunicazione all’interno e
all’esterno del contesto
familiare nel quale si trova inserita la
lavoratrice straniera.
•
Sviluppare la capacità di comprensione dei bisogni di relazione
dell’anziano e delle famiglie.
•
Sperimentare un’attività di sostegno professionale attraverso la
personalizzazione
dell’intervento
formativo
da
sviluppare
al
domicilio dell’assistito/a a cura della “Tutor”.
4.6 Competenze generali
•
Sviluppare un approccio della lingua italiana finalizzata al lavoro di
cura.
•
Sapersi orientare nel contesto sociale, sanitario, culturale e
ricreativo di appartenenza dell’anziano/a.
•
Essere in grado d’intervenire in relazione alle diverse situazioni:
emergenza, quotidianità.
•
Favorire la capacità di osservazione e di ascolto con riferimento al
contesto sociale in cui l’anziano vive, in relazione a quelle che sono
le sue abitudini di vita e i bisogni che esprime.
•
Utilizzare strategie di comunicazione e messaggi differenziati in
relazione al contesto e agli scopi che si vuole perseguire.
•
Interpretare correttamente e valutare gli effetti della comunicazione
nei confronti dell’anziano/a o degli altri interlocutori.
45
4.7 Corso di “Avvicinamento alla lingua italiana” orientata al lavoro
di cura
Il corso sulla lingua italiana si è sviluppato in stretta collaborazione con i
docenti impegnati presso la scuola “Centro territoriale permanente per la
formazione degli adulti” di Modena da anni impegnato a fornire risposte ai
bisogni formativi degli stranieri al fine di far acquisire i primi elementi della
lingua italiana.
In diversi incontri con i docenti e operatori dei servizi socio-sanitari si è
attivato un confronto sul piano tecnico per fornire una proposta formativa
che fosse in grado di coniugare l’insegnamento della lingua italiana agli
aspetti
professionali,
in
particolare
con
il
lavoro
di
cura.
La
sperimentazione ha consentito l’elaborazione e progettazione di materiali
didattici che oltre a consentire l’avvicinamento alla lingua prevedessero
l’inserimento di un linguaggio tecnico e un approccio più vicino al tipo di
attività svolta.
I materiali prodotti hanno riguardato due livelli di apprendimento il livello
medio-basso e livello medio–alto, strutturati per unità didattiche:
•
Unità 1 - La relazione
•
Unità 2 - L’alimentazione
•
Unità 3 - La salute
•
Unità 4 – L’igiene
•
Unità 5 – Il tempo libero
I materiali hanno costituito per tutti i docenti una preziosa traccia di lavoro
integrata volta per volta ed adattata secondo le esigenze dei singoli gruppi
di lavoratrici, con l’attenzione di sottolineare sempre alcuni concetti chiave
quali: malattia, non autosufficienza, cura, responsabilità, rispetto, che sono
strettamente connessi all’attività svolta.
46
L’inizio del corso è stato preceduto dalla somministrazione di un
test
appositamente preparato per la verifica della conoscenza della lingua
italiana, al fine di preparare più puntualmente gli interventi.
L’insegnamento della lingua è stato riconosciuto dalle lavoratrici come una
priorità, alla base del processo d’integrazione sociale e lavorativo, per lo
sviluppo di percorsi individuali di crescita professionale personale nonché
per l’esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole.
4.8 I contenuti del modulo “Orientamento al lavoro di cura”
1. L’etica della cura
•
Introduzione in termini generali dei concetti di relazione,
responsabilità.
•
Affrontare i termini generali l’invecchiamento, l’anziano non
autosufficiente.
•
Rispetto dell’anziano e delle abitudini di vita.
•
Diritti, doveri, la riservatezza, il saper chiedere.
•
Saper cogliere i bisogni, individuare le priorità.
•
Saper cogliere il bisogno di socializzazione.
•
Il rapporto con la famiglia.
•
Come gestire una situazione d’emergenza: individuare i
riferimenti giusti.
2. Descrizione dei servizi e delle principali funzioni svolte
•
Il Medico di medicina generale.
•
L’ospedale.
•
Servizi sociali.
•
Servizi informativi.
•
Centri di socializzazione.
47
3. Visite guidate, per piccoli gruppi di lavoratrici ai servizi: casa protetta,
centro diurno,
centri di socializzazione, con l’obiettivo di far conoscere
alcuni servizi rivolti agli
anziani, la cultura dell’assistenza, le modalità
della cura, le attività di animazione. Per favorire successivamente il
confronto e la discussione in aula è stata
proposta una scheda di
osservazione contenenti alcune domande di verifica (Tav.5)
48
Tavola 5
Visita Guidata : scheda di Osservazione
1. Il Servizio che hai visitato è
………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
2. Quale è lo scopo del servizio?
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
3. Osserva e descrivi gli ambienti : le dimensioni, le stanze, gli arredi, la luminosità. Ti
sembrano accoglienti, oppure spogli, freddi?
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
4. Come descriveresti gli anziani presenti (molto bisognosi di aiuto, capaci di svolgere
attività
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
5. Quante persone accoglie?
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
6. Chi ci lavora ?
………………………………………………………………………………………………………
……………………………………….………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
7. Quali mansioni svolgono gli operatori?
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
8. Esprimi le tue opinioni personali circa quello che hai visto
……………………………………………………………………………………...........................
..............................................................................................................................................
..............................................................................................................................................
..............................................................................................................................................
........................................................................................................
49
4.9 Discussione finale
Confronto, verifica sul percorso svolto con esercitazione guidata con
l’obiettivo di definire più chiaramente cosa è possibile fare all’interno di un
nucleo familiare, cosa non si può fare, quali vincoli, quali opportunità si
possono sviluppare.
4.10 Le docenze e la metodologia didattica
Le docenze del modulo Orientamento al lavoro di cura si sono svolte
utilizzando prioritariamente le operatrici dei servizi dei territori di
appartenenza che hanno frequentato il corso da “Tutor”; questa scelta è
stata determinata dal fatto di cominciare a creare un punto di riferimento
per le lavoratrici e a sviluppare consapevolezza di ruolo da parte delle
“Tutor”.
Si è cercato di utilizzare un approccio interattivo, per favorire percorsi di
autoriflessione, confronto, aiuto reciproco attraverso forme di peer
education, al fine di favorire un’esperienza di formazione di gruppo,
utilizzando come risorsa anche la disomogeneità dei percorsi d’istruzione
o professionali, come anche le diverse età, attivando quindi modalità
didattiche basate sull’apprendimento cooperativo. Di grande aiuto al
percorso formativo è stata la presenza dell’operatrice che ha frequentato il
corso “Tutor dell’assistenza” che in molti casi ha svolto un ruolo di
coordinamento del gruppo, di facilitatrice, mediatrice, interprete dei bisogni
espressi dalle lavoratrici che per la prima volta si sono confrontate fuori
dai contesti familiari su temi e problemi comuni.
50
4.11 I contenuti del modulo “Relazione e comunicazione”
•
Principi di comunicazione come processo sociale: la comunicazione
verbale e non verbale.
•
I bisogni assistenziali, di cura, relazionali dell’anziano e della
famiglia in un rapporto di assistenza domiciliare privata.
•
Come organizzare la comunicazione in rapporto al contesto di
riferimento , agli obiettivi, alle caratteristiche dell’anziano/a e degli
alteri interlocutori: familiari, persona di riferimento, servizi, medico
ecc.
•
La gestione delle emozioni, mediazione di situazioni problematiche.
•
Come ascoltare i bisogni dell’anziano/a.
•
Tecniche per rassicurare, confortare e sviluppare la collaborazione
dell’anziano/a.
Le ragioni di un percorso formativo centrato sulla relazione e sulla
comunicazione nascono anche dall’esigenza delle lavoratrici stesse di
apprendere conoscenze e competenze utili per riuscire ad interagire con
l’anziano e con la famiglia, ma rappresentano anche un’opportunità di
comprendere i propri bisogni.
Costruire una relazione “sana” con l’anziano ed una comunicazione
efficace con la famiglia, significa per l’Assistente familiare superare le
difficoltà che si possono incontrare durante il periodo di convivenza in
famiglia.
51
4.12 Un percorso di formazione per facilitare l’esperienza di
confronto
Un elemento importante che differenzia il lavoro dell’assistente familiare
straniera dagli assistenti familiari che non vivono a casa dell’assistito è la
sua continua esposizione, 24 ore su 24 alle richieste dell’anziano e a volte
della famiglia, senza che vi sia la possibilità di ritagliarsi uno spazio
proprio, senza potere prendere le distanze sia emotive che fisiche da una
relazione continua e spesso molto coinvolgente con l’assistito. Per gli
operatori che non vivono in casa dell’anziano l’incontro, la relazione
d’aiuto con l’altro è circoscritta ad un orario, ad uno spazio ben delimitato,
ad un tempo definito.
La lavoratrice straniera, invece, si trova in prima linea nell’affrontare
l’irrompere delle richieste “operative” ed emotive che gli anziani
manifestano, in un tempo dilatato dove la richiesta d’aiuto non è filtrata da
un orario determinato. Sebbene questi siano aspetti che accomunano la
maggior parte delle assistenti familiari, non esistono però molte occasioni
e spazi dove potersi confrontare per parlarne.
Per questo motivo il corso è stata anche un’occasione di confronto ed
un’importante opportunità per confrontarsi circa le problematiche che si
vivono e per uscire da un isolamento che spesso acuisce le difficoltà che
si incontrano quotidianamente.
Nel corso è stata adottata una metodologia attiva che ha coinvolto i
partecipanti in esercitazioni di gruppo, simulazioni, role playing.
Il gruppo e il confronto hanno favorito lo scambio e permesso di delineare
alcune criticità che sono state poi discusse anche al fine di trovare, in
alcuni casi, strumenti e modalità per farvi fronte. Si è trattata quindi anche
di un occasione per “scoprire” come le proprie difficoltà sono spesso le
52
difficoltà di molte donne straniere che si trovano a svolgere questo lavoro.
Il gruppo in formazione è stato quindi un importante strumento di lavoro
poiché grazie all’esperienza del confronto, allo scambio di idee,
all’integrazione dei diversi punti di vista si è potuta raggiungere in alcuni
casi una maggiore consapevolezza circa il proprio ruolo professionale ed
apprendere quelle conoscenze utili allo svolgimento della propria attività
lavorativa in modo più sereno e con maggiori competenze.
4.13
Formazione in situazione
Alle famiglie e alle lavoratrici coinvolte nel Progetto è stata proposta la
“Formazione in situazione” della durata di cinque ore. Questa attività è
stata rivolta sia alle lavoratrici presenti nel percorso formativo che alle
lavoratrici impossibilitate a partecipare, perché impiegate presso famiglie
con particolari problemi quali ad esempio carenza di figure parentali o altri
riferimenti.
L’esperienza formativa al domicilio dell’anziano/a è stata condotta dalla
“Tutor dell’assistenza familiare” presente nei vari contesti territoriali,
l’attività di sostegno al domicilio è stata preceduta da colloquio tra famiglia
e lavoratrice per individuare le aree critiche sotto l’aspetto assistenziale in
senso
stretto
quali
l’alzata
mattutina,
le
corrette
manovre
di
mobilizzazione, l’alimentazione, supporto sugli aspetti connessi alle
problematiche della demenza ecc.
Per la preparazione dell’intervento di sostegno professionale la Tutor
dell’assistenza familiare si avvale della “Scheda di valutazione delle
competenze” quale linea guida per una valutazione in situazione delle
capacità
espresse
dalla
lavoratrice
ai
fini
di
procedere
ad
un
affiancamento ed eventualmente suggerire ipotesi operative.
53
5. Accertamento delle competenze
5.1 Colloquio finale
Al termine dei moduli sull’orientamento al lavoro di cura e del modulo sulla
relazione e comunicazione , che si riferiscono alle UFC 01 e UFC 06, si è
svolto un colloquio finale con le lavoratrici straniere al fine di accertare le
competenze relativamente al percorso effettuato (il modulo sulla
comunicazione e la relazione si è svolto solamente a Modena e Carpi).
L’accertamento delle competenze
si è verificato a cura di una
commissione formata da un esperto nei servizi socio-sanitari e da un
coordinatore dell’Ente di formazione esperto nell’area dei servizi sociosanitari.
I colloqui si sono sviluppati sulla base di una serie di domande impostate
sulla base dei contenuti illustrati nei diversi percorsi formativi (Tav. 5),
risultato di un confronto tra i diversi partners.
Tavola 6
Esempi di domande proposte alle corsiste per l’accertamento delle competenze
1. Quali informazioni sono necessarie per iniziare correttamente un nuovo rapporto
di lavoro di cura con un anziano/a e la sua famiglia?
2. Quando l’anziano/a sta male ( è caduto, ha grosse difficoltà a respirare, è
aggressivo …) come ci si comporta e chi deve essere chiamato?
3. L’anziano/a ha una grave malattia: la demenza, è spesso aggressivo e non
collabora, come ci si comporta?
4. Le condizioni dell’anziano si aggravano non riesce più ad alzarsi dal letto anche
con il suo aiuto, la famiglia a chi si deve rivolgere per avere un aiuto?
5. Come si organizza la somministrazione delle medicine?
6. Le medicine stanno per terminare come ci si comporta?
7. Come organizzare la giornata con l’anziano e come trascorrere il tempo?
54
8. Qual è l’alimentazione in uso in questa regione?
9. Qual è l’alimentazione più corretta per un anziano/a con problemi di diabete?
10. Per eseguire o aiutare un anziano/a nella pulizia/igiene quotidiana come si
comporta e cosa prepara?
11. Per prevenire le piaghe da decubito, in un anziano allettato o spesso seduto che
cosa bisogna fare?
12. Quali sono i principali servizi per gli anziani che ha conosciuto durante il corso?
13. Descriva il servizio visitato e quali attività vengono svolte.
5.2 Ipotesi di Modello
L’obiettivo che si intende perseguire attraverso i percorsi formativi e
l’accertamento delle competenze
è quello di sviluppare un modello di
accreditamento che consenta di qualificare l’incontro tra domanda e
offerta di lavoro di cura a domicilio, al fine d’incentivare, regolare,
monitorare da parte dell’ente pubblico il mercato della cura e
dell’assistenza in un’ottica di sostegno alle
famiglie e alle lavoratrici,
creando dei percorsi trasparenti che non siano oggetto di sfruttamenti di
varia natura.
L’accreditamento, qualora la lavoratrice possegga i requisiti minimi previsti
dal sistema ad esempio:
•
il possesso delle competenze minime (accertamento realizzato,
per ora, da Modena Formazione su incarico della Provincia,
attraverso un’attività strutturata);
•
competenze acquisite a seguito di percorsi formativi già sviluppati;
•
percorsi di formazione;
avviene mediante l’iscrizione in un elenco gestito da quei soggetti che
secondo la normativa saranno autorizzati a favorire l’incontro tra
domanda e offerta, al quale potranno rivolgersi sia le famiglie che le
badanti.
55
Altro obiettivo che il Progetto si è proposto con l’accertamento delle
competenze sperimentato con i colloqui finali al termine dei diversi
moduli è il riconoscimento delle UFC. 01 e UFC. 06 ai fini del Percorso
Formativo a sostegno della qualificazione dell’assistenza familiare
privata a domicilio Delibera G.R. n° 2003/924 del 26/5/2003 delle UFC.
01 e UFC. 06 (Tav. n. 7)
Tavola 7
Ipotesi modello
Lingua - 20 ore
Orientamento - 15 ore
Ente di formazione
Accreditato
Accertamento competenze
Relazione - 15 ore
……..….
…………
“Analisi
competenze”
in situazione
a cura della Tutor
56
= 120 ore
ASSISTENTE
FAMILIARE
6. Considerazioni finali
6.1 Che tipo di formazione
Quali investimenti è opportuno fare considerando che il lavoro di cura è
considerato dalla grande maggioranza delle lavoratrici un lavoro di
passaggio frutto di scelte condizionate dalla necessità di forme di
sostentamento o di miglioramento delle proprie condizioni di vita.
La
formazione
per
indipendentemente
le
lavoratrici
se
è
comunque
continueranno
a
un
valore
in
sé,
svolgere
attività
di
tipo
assistenziale anche più strutturate presso servizi, può considerarsi un
investimento ai fini di un percorso d’integrazione nel caso di scelta di
rimanere a vivere in Italia.
Nell’immediato si può pensare a brevi percorsi formativi, fortemente
centrati sulle necessità di cura dell’anziano, partendo anche dall’
esperienza personale, individuando le aree critiche attraverso colloqui di
approfondimento
e attraverso l’utilizzo dello strumento di valutazione
come guida per l’operatore, prevedere interventi molto concreti e flessibili:
la formazione deve essere realmente utile alle lavoratrici, il rischio è che
venga percepita come una perdita di tempo o che ne sottragga ad altri
lavori svolti nel tempo libero.
Flessibilità anche nella progettazione e nella ridefinizione degli obiettivi,
considerato che si tratta delle prime sperimentazioni e non si conoscono
ancora sufficientemente tutti gli aspetti di questo fenomeno
6.2 Il ruolo dei servizi nel mercato di cura domiciliare
Pur essendoci nella nostra Regione un welfare molto presente e attento,
con servizi articolati e ricchi di proposte,
la presenza massiccia di
lavoratrici straniere impegnate nel lavoro di cura pone seri interrogativi al
57
pubblico e alle politiche da perseguire. In diverse normative e documenti
della RER si afferma il tema della domiciliarità e delle responsabilità
familiari
ad esempio il “Piano di azione a favore degli anziani della
Regione Emilia-Romagna” dicembre 2002 e la Legge regionale n.2/2003
“ Norme per promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione
del sistema integrato di interventi e servizi sociali” definiscono una serie di
obiettivi strategici per un approccio integrato che affronti i problemi del
welfare , dell’abitare , del vivere, delle cure, dei servizi nel rispetto delle
scelte individuali.
In particolare il Piano d’azione fa esplicito riferimento a :
•
Garantire un adeguato sistema di cure per la non autosufficienza
(long term care) come diritto di cittadinanza.
•
Sostenere il lavoro di cura dei familiari e la rete di solidarietà di
vicinato.
•
Assicurare la disponibilità di nuove professionalità utili per far
fronte alle nuove e diverse esigenze della popolazione anziana e
dei servizi ad essa rivolti”.
Alla luce di quanto sopra e dell’esperienza si qui condotta ci si interroga
sul ruolo dei servizi in particolare del
SAD (Servizio assistenza
domiciliare) e dell’ADI (assistenza domiciliare infermieristica) considerata
la segmentazione del lavoro di cura che negli ultimi anni ha visto crescere
enormemente l’offerta privata di cura attraverso le scelte delle famiglie. I
SAD potrebbero sviluppare attività di “tutoring“ a sostegno delle famiglie
e delle lavoratrici straniere capitalizzando le professionalità di tutti quegli
operatori
che
Responsabili
intervengono
delle
attività
nel
processo
assistenziali,
di
cura
Operatrici
al
domicilio:
socio-sanitarie,
Infermiere professionali attraverso l’acquisizione di nuove competenze
come previsto nella sperimentazione per le “Tutor dell’Assistenza
58
familiare”. In sintesi, l’obiettivo che ci si potrebbe porre è di sostenere le
famiglie nelle loro scelte (utilizzare la lavoratrice straniera), intervenendo
nel momento del bisogno per quanto riguarda le sostituzioni,
il coor-
dinamento tra diverse opzioni di servizi, formazione in situazione, ecc.
6.3 Le famiglie
Dalla sperimentazione emergono chiaramente una serie di difficoltà in
relazione al rapporto di lavoro con le lavoratrici, le famiglie assumono il
ruolo di datori di lavoro senza essere preparati a gestire il rapporto che ne
deriva, dai problemi più burocratici, a quelli da affrontare per le sostituzioni
quando la lavoratrice si assenta a vario titolo: dai semplici permessi, alla
malattia, alle ferie ecc. Partendo da queste riflessioni ci si chiede come
costruire un rapporto di fiducia e far sì che le proposte di formazione
vengano percepite come un
valore per l’anziano/a di cui ci si deve
prendere cura e per la famiglia. La costruzione di un rapporto con la
famiglia è determinante affinché possano esserci aperture sul tema della
formazione che da sola non è sufficiente , ma va inserita in un contesto
più ampio e supportata da azioni diverse quali ad esempio:
•
Sostegno da parte della “Tutor dell’assistenza familiare”.
•
Individuazione di forme di forme di sostegno alla famiglia per le
sostituzioni della lavoratrice.
•
Flessibilità
dei
servizi
per
accoglienze
brevi
dell’anziano:
residenziali o semiresidenziali.
•
Sostegno alla gestione del contratto di lavoro.
•
Corretti messaggi informativi sul lavoro di cura delle lavoratrici e
sui loro diritti.
59
Solo se si riesce a proporre e connettere le diverse azioni nei confronti
delle famiglie anche il tema della formazione può essere considerato un
sostegno alla domiciliarità purchè avvenga a “costi sostenibili”, altrimenti i
rischi sono quelli di considerare la formazione come una interferenza e
onere aggiuntivo rispetto a quelle che sono le libere scelte della famiglia.
6.4 Le sinergie
Il Progetto ha permesso all’interno della rete dei Partners istituzionali un
ampio confronto per la condivisione e messa a punto del
pacchetto
formativo, il dibattito ha investito il tema delle politiche sociali ed eventuali
sviluppi d’intervento dei servizi in particolare dell’assistenza domiciliare,
sul ruolo della “Tutor dell’assistenza familiare”, in una evoluzione dei
servizi, più impegnati in attività di sostegno e consulenza con attività di
accompagnamento alla cura e all’assistenza (Tutoring).
La contemporaneità tra il Progetto Madreperla e altre iniziative della RER
Assessorato alle politiche sociali che, nell’ambito del Programma attuativo
locale di iniziativa regionale dell’Area anziani (ex art. 41) ha finanziato
progetti attuativi indirizzati ai Comuni Capi distretto per la realizzazione di:
•
attività formative rivolte a lavoratrici straniere,
per sviluppare
idonee capacità comunicative al fine d’instaurare una buona
relazione con l’anziano o disabile e la capacità di orientarsi nel
contesto sociale;
•
apertura di punti d’informazione per le famiglie che assistono un
anziano o disabile per garantire una consulenza sui principali
problemi assistenziali, valorizzando le competenze esistenti nei
servizi territoriali;
60
•
avvio di esperienze di sostegno individuale e di piccoli gruppi di
lavoratrici a domicilio, anche in collegamento con gli altri servizi
della rete;
si sono fortemente saldate con la sperimentazione del Progetto
Madreperla, avvalendosi dello stesso modello formativo ed utilizzando
come materiale didattico gli opuscoli Regionali: relazione, igiene,
mobilizzazione, alimentazione, demenza, orientarsi nei servizi, realizzati a
cura dell’Assessorato alle politiche sociali.
6.5 I rapporti con i servizi e il Volontariato e l’Associazionismo
Il progetto evidenzia quanto sia importante sviluppare e perfezionare il
network della cura con una spiccata attenzione a tutti i soggetti che
intervengono nel processo di sostegno alla domiciliarità, in particolare si
intende fare riferimento al:
•
Servizio Assistenza Anziani quale soggetto che cura l’integrazione
socio-sanitaria, attento ai mutamenti e promotore d’interventi mirati
a sostegno della domiciliarità.
•
Medico di famiglia, quale interlocutore privilegiato del nucleo
familiare sulla base del rapporto fiduciario che si instaura, è in
grado di cogliere i bisogni e di promuovere, stimolare, suggerire
interventi ai servizi.
•
Servizio sociale tramite l’Assistenza domiciliare.
•
Servizio infermieristico, tramite l’Assistenza domiciliare integrata.
•
Volontariato e Associazionismo quali soggetti impegnati sul
territorio a supporto, sempre più frequentemente, delle cure
prestate in ambito domiciliare ad integrazione del Welfare di rete.
61
Strategico si rivela connettere le reti in un’ottica di Welfare di
comunità e in carenza di risorse, le famiglie chiedono sostegni e aiuti
concreti ai loro bisogni di cura anche per continuare a reggere il peso
e i costi della cura.
62
Allegato
L’accertamento delle competenze
Modena Formazione ha già sperimentato, su richiesta del
POLITICHE DEL LAVORO
SERVIZIO
della Provincia di Modena un’attività di accertamento
delle competenze di persone che si proponevano come assistenti
famigliari private a domicilio e sta realizzando un progetto approvato
dall’Assessorato alla Formazione della Provincia (delibera 55 del 10/2/04)
e cofinanziato dal FSE per la messa a punto di strumenti e metodi per
attuare un’efficace azione in questa area.
Il progetto si propone di intervenire per:
1. contribuire a costruire un sistema articolato di governo del rapporto
domanda-offerta del lavoro assistenziale, fornendo un metodo e
strumenti per la valutazione delle competenze delle assistenti (per un
possibile accreditamento);
2. analizzare e valorizzare le esperienze anche di istruzione e di lavoro
possedute da queste persone nell’ottica del riconoscimento di
competenze e/o di crediti formativi seguendo le indicazioni regionali
(in particolare quanto indicato nella delibera 924/2003 di istituzione del
Percorso formativo a sostegno della qualificazione dell’assistenza
famigliare a domicilio) ed europee;
3. accompagnare
le
assistenti
nel
processo
di
acquisizione
di
consapevolezza sul valore professionale del lavoro di cura in cui
vengono utilizzati skills pregiati come: l’empatia, la capacità di mettersi
in relazione con l’altro e di comunicare, l’adattabilità, l’iniziativa, la
costanza nella routine, la rapidità decisionale negli imprevisti, la
capacità di mediare i conflitti, di stimolare fiducia, di gestire il doppio
63
impegno verso il cliente (anziano) e verso il datore di lavoro (parente).
4. supportare l’acquisizione di capacità chiave che possono favorire un
corretto approccio con il lavoro assistenziale di cura delle persone non
autosufficienti (anziani principalmente).
Il progetto è costruito su due aspetti fondamentali:
1. la valutazione delle competenze possedute dai partecipanti derivanti
sia da esperienze di lavoro che, soprattutto visto che è rivolto
principalmente a stranieri, da percorsi di istruzione per:
•
individuare possibili competenze che possano caratterizzarsi come
credito per la partecipazione a corsi di formazione nell’area
assistenziale;
•
l’iscrizione (accreditamento) in eventuali servizi (come il SERDOM
del comune di Modena) di raccordo domanda/offerta di lavoro
nell’ambito dell’assistenza domiciliare privata a domicilio;
2. l’orientamento come:
•
sviluppo della consapevolezza e valorizzazione da parte della
persona sui propri processi di apprendimento e di acquisizione
delle competenze;
•
facilitazione e sostegno alla costruzione di un proprio progetto di
sviluppo.
La valutazione delle competenze dei partecipanti è strutturata su:
1. la somministrazione di un questionario costruito ad hoc per l’analisi del
curriculum;
•
l’analisi delle esperienze lavorative
•
l’analisi dei percorsi di istruzione e formazione sostenuti anche
all’estero;
64
2. l’accertamento
delle
competenze
linguistiche,
attraverso
la
somministrazione di un test specifico costruito con la collaborazione
del CTP (Centro Territoriale Permanente) per l’educazione degli adulti
di Modena;
3. l’accertamento delle competenze tecnico-professionali riconoscibili nel
lavoro di cura attraverso un colloquio strutturato e una simulazione di
un’attività di assistenza con esperti.
65
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Prospettive Sociali e Sanitarie. N. 8
Per un’ampia consultazione dei documenti e delle normative si suggerisce la
navigazione nel sito www.emiliaromagnasociale.it della Regione Emilia-Romagna –
Assessorato alle Politiche sociali, Immigrazione, Progetto giovani, Cooperazione
internazionale.
67
68
Scarica

Si ringraziano: Regione Emilia Romagna (Ente finanziatore