4
ily
a
D
s
w
e
N
ss
l
a
i
g
g
O
009
2
o
n
g
7 giu
a
c
i
n
e
dom
co
m
n
a
o
ress
g
n
o
c
40°
di Aldo Pietro Maggioni
di Leonardo Misuraca
Simposio
“Gli Studi Clinici dell’ANMCO”:
un’altra occasione per
diffondere la conoscenza
innovativa prodotta dalla nostra
attività di ricerca
I
Lo Studio DYDA
L’obiettivo primario dello Studio
era di definire la prevalenza della
disfunzione ventricolare sinistra
➜ Segue a pag.2
Main Session
“Lo Scompenso
Cardiaco”:
possiamo fare
meglio?
A
i limiti della capienza la
Sala Michelangelo, che ha
ospitato la Main Session
sullo Scompenso Cardiaco, moderata dal Dott. Giuseppe Cacciatore
e dal Dott. Maurizio Porcu. Il Dott.
di Daria Brogi
➜ Segue a pag.3
di Stefano Capobianco
Simposio
Congiunto
ANMCO / ESC
Linee
Guida ESC:
take home
message
Figura 1
Michele Senni ha inaugurato la Sessione con una complessa Relazione
sull’insufficienza cardiaca acuta,
sindrome che nel 10 - 20% dei casi
si presenta come prima manifestazione di Scompenso (associata a
Fibrillazione Atriale e a Sindrome
Coronarica Acuta), nel rimanente
75 - 85% costituisce la riacutizzazione di un quadro cronico. Il Dott.
Michele Senni ha posto l’accento
sul fatto che, sebbene lo Scompenso
acuto sia definito in maniera univoca, il quadro emodinamico è in real-
➜ Segue a pag.4
Dentro al Trial
BEAUTIFUL: ovvero
quando si cercano
le Indie e si trovano
le Americhe
➜ Segue a pag.3
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
1.00
9.00 - 1 helangelo
ic
Sala M ssion
e
0
S
.0
9
in
IC 2009
Ma
8.00 - helangelo
tion UT
n
e
ic
v
n
M
o
C
Sala
ia
ttia
overs
.30
Contr g della mala
.00 - 10 elleschi
n
9
C
i
T
n
e
o
r
e
r
o
un
Sc
nc
Sala Br io
rica co
a
n
o
r
o
:
c
s
Simpo dite Infettiva
r
a
c
o
i
d
l
0
n
E
.0
estiona
8.00 - 9 nelleschi
spetti g
a
u
r
B
a
l
l
Sa
ria
o al T
0.30
Dentr
9.00 - 1 nardo
o
POISE
Sala Le io
rapia
s
po
ma di te
e
im
t
S
in
i
t
0
n
.0
iaca
me
8.00 - 9 nardo
ggiorna izzazione card
A
o
n
ro
Sala Le rio
di resinc
rto
a
a
f
in
n
i
m
l’
l
e
S
12.30
ento de
o:
11.00 - helangelo
Trattam opraslivellat
ic
s
Sala M FIC
con ST i aperte
n
o
i
t
s
Evento enti della
e
qu
di
I docum ione Italiana
z
0
a
r
.0
e
9
d
Fe
io
8.00 logia
irlanda
Cardio
Sala Gh rio
e
r
a
a
Semin ione Polmon
s
n
e
t
r
e
Ip
l 2009 ci porta nuove conoscenze in ambiti clinici cardiovascolari diversi, dalla prevenzione,
alle Sindromi Coronariche Acute,
allo Scompenso Cardiaco.
og
Cardiol
14.00
12.30 - helangelo
ic
Sala M t:
h
g
i
l
h
g
sso
Hi
Congre
l
i
o
t
t
u
t
inuti
in 90 m
s
s
e
r
g
con
o
e
r
g
Con
di
mento
e
l
spedali
p
p
O
u
i
l
S
g
e
ia n
D.N.Pn. perdere
Da no
le UTIC
l
e
d
n
o
enti
• Conv
LIGHT
• HIGH
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
di Aldo Pietro Maggioni
(sistolica e/o diastolica) in pazienti
diabetici di tipo 2 che non presentano alla visita clinica di routine
alcun segno/sintomo di malattia
cardiovascolare. La necessità di
conoscere quanti pazienti totalmente asintomatici hanno segni
ecocardiografici di disfunzione
ventricolare potrebbe consentire la
pianificazione di strategie in grado
di prevenire la comparsa di una sintomatologia clinica conclamata, situazione che peggiora, in maniera
radicale, il decorso clinico di questi
soggetti. Sono state raccolte informazioni, da parte di 37 centri diabetologici, in 970 pazienti diabetici
di tipo 2, di cui 833 con ecocardiogramma disponibile. La disfunzione ventricolare sinistra è risultata
valutabile in 751 pazienti: la prevalenza è risultata essere del 60%.
Per i pazienti per i quali è valutabile con affidabilità la presenza di
disfunzione sistolica (definita con
FE ≤ 50% e/o MFS ≤15%) o diastolica (definita come deceleration
time ≤ 140 or 1.5 < E/A < 0.75) la
disfunzione sistolica è risultata essere del 21% mentre la disfunzione
diastolica è risultata essere del 27%.
Nel 12% dei pazienti era presente
sia una disfunzione sistolica che
diastolica (Figura 1). L’analisi multivariata, che ha tenuto in conto le
variabili cliniche, bioumorali, elettrocardiografiche e terapeutiche ha
consentito di fare emergere i predittori indipendenti di disfunzione
ventricolare sinistra (età avanzata,
HbA1c e trigliceridi elevati), sui
quali bisognerà orientare gli sforzi
di tipo preventivo, sia farmacologici
che non farmacologici. Lo Studio,
condotto in maniera del tutto indipendente da ANMCO e AMD, ha
ricevuto un supporto economico
da Sanofi - Aventis.
Lo Studio CARDIO - SIS
Non è ancora noto in letteratura
un atteggiamento più aggressivo in
termini di riduzione di pressione
arteriosa sistolica si possa accompagnare a un miglioramento di
end point fisiopatologici e clinici.
Lo Studio CARDIO - SIS ha avuto
l’obiettivo di confrontare in soggetti con pressione arteriosa sistolica
non controllata (≥ 150mmHg)
l’atteggiamento usuale suggerito
dalle Linee Guida (una riduzione
della pressione sistolica al di sotto
di 140mmHg) con un atteggiamento più aggressivo (riduzione sotto i
130mmHg). L’end point primario
dello Studio era la percentuale di
soggetti con ipertrofia ventricolare
sinistra, determinata elettrocardiograficamente, dopo due anni di
follow - up. Nessun farmaco specifico veniva proposto dal protocollo
di studio, ma, in maniera del tutto
➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA
indipendente, i Cardiologi partecipanti potevano utilizzare, a loro
giudizio, uno dei farmaci, appartenenti a tutte le classi dei farmaci
antiipertensivi, che venivano forniti
per condurre lo Studio. Lo Studio
ha ricevuto un supporto economico da Boehringer - Ingelheim,
Pfizer, Sanofi - Aventis, ed è stato
condotto in maniera indipendente
da AUCI e ANMCO. Sono stati randomizzati 1.111 pazienti da parte di
44 strutture cardiologiche italiane
nell’arco di 24 mesi. L’adesione
alla strategia raccomandata dal
protocollo ha consentito di differenziare i due gruppi in termini di
riduzione della pressione arteriosa.
Questa riduzione è stata in grado
di determinare una riduzione dell’ipertrofia ventricolare sinistra?
Non lo sappiamo ancora, ma i risultati finali di questo Studio saranno
presentati al prossimo Congresso
Europeo di Cardiologia.
Lo Studio CandHeart
Lo scompenso cardiaco rimane,
in ambito cardiovascolare, la patologia con maggiore impatto socio
- sanitario. Anche se il trattamento,
negli ultimi anni, si è arricchito di
molti farmaci e device efficaci, la
mortalità, la morbidità e la qualità di vita rimangono fortemente
compromesse. Uno dei farmaci più
studiati nello scompenso cardiaco
è stato il candesartan all’interno
del vasto programma di ricerca
CHARM. Questo Studio ha evidenziato la capacità di questo farmaco
di migliorare mortalità e morbidità
di soggetti con scompenso cardiaco
cronico, in particolare di quelli con
funzione sistolica depressa. Non ci
sono invece sufficienti conoscenze
circa la capacità di candesartan di
ridurre i livelli circolanti di BNP,
che ricerche recenti identificano
come il marker bioumorale più affidabile in termini sia diagnostici che
prognostici. Lo Studio CandHeart,
condotto da Takeda, con l’endorsement dell’ANMCO, ha avuto lo
scopo di valutare se un trattamento
per 3 mesi con candesartan (titolato fino a 32mg/die) era in grado
di ridurre i livelli circolanti di BNP.
Altri end point dello Studio erano
la valutazione ecocardiografica
della struttura e funzione del ventricolo sinistro e il profilo di safety.
Sono stati inclusi nello Studio 514
pazienti da parte di 70 centri cardiologici. Anche se il BNP non è
risultato essere significativamente
diverso nei pazienti trattati per 3
mesi con candesartan rispetto ai
controlli, lo Studio ha evidenziato
una capacità del farmaco di migliorare significativamente la frazione
di eiezione del ventricolo sinistro,
di ridurre i volumi atriali e ventri-
colari sinistri. Per quanto riguarda
il profilo di sicurezza lo Studio
CandHeart ha confermato quanto
già conoscevamo, e che cioè questo
tipo di farmaci è generalmente ben
tollerato anche in soggetti fragili e
poli - trattati come quelli con scompenso cardiaco.
Lo Studio IN - ACS Outcome
La tradizione dell’ANMCO nel
condurre registri nell’ambito delle
Sindromi Coronariche Acute (SCA)
prosegue con il completamento
dello Studio IN - ACS Outcome,
supportato economicamente da
Sanofi - Aventis e Bristol Meyer
Squibb. L’idea molto ambiziosa è stata quella di raccogliere informazioni
clinico - epidemiologiche di pazienti
che consecutivamente per un anno
venivano ricoverati nelle strutture
partecipanti. La collaborazione con
l’Istituto Superiore di Sanità ha consentito inoltre una verifica diretta
sulle SDO della reale consecutività
dell’arruolamento dei pazienti. Hanno partecipato allo Studio 38 centri,
che hanno inserito nel registro 6045
pazienti dal dicembre 2005 al febbraio 2008. Il follow - up di un anno
si è completato nel febbraio 2009.
Il primo dato di rilievo che emerge
dalla analisi dei dati è la conferma
del fatto che la presentazione clinica
senza sopraslivellamento del tratto
ST è ormai la forma di SCA prevalente (59.3% versus il 40.7% degli STEMI). Il profilo di rischio delle NSTE
SCA è risultato essere più elevato
che non quello dei pazienti STEMI,
anche se la prognosi dei soggetti con
STEMI rimane maggiormente compromessa. Sinteticamente qualche
dato relativo alla fase ospedaliera ed
al follow - up:
- la durata della degenza è analoga
nelle due presentazioni cliniche
(6 giorni di mediana di degenza
complessiva, 3 giorni di degenza
mediana in UTIC);
- la mortalità intraospedaliera è
risultata essere del 4.6% per gli
STEMI/BBS e del 1.8% per le
NSTE SCA, mentre a 30 giorni le
mortalità totali erano complessi-
Figura 2
vamente del 5.9% e del 3.0%;
- i predittori più rilevanti di mortalità a 30 giorni per lo STEMI/
BBS sono risultati essere la classe
Killip, la pressione arteriosa, una
glicemia elevata (>126 mg/dl);
- i predittori più rilevanti di mortalità
a 30 giorni per le NSTE SCA sono
risultati essere l’età, la pressione
arteriosa, una glicemia elevata;
- ad un anno di follow-up la mortalità della popolazione totale
dello Studio era del 9.4%, 10.8%
per gli STEMI/BBS e 8.4% delle
NSTE SCA (Figura 2);
- l’età, la classe Killip e la pressione arteriosa sono emersi come i
predittori più rilevanti di mortalità a 1 anno;
- le nuove modalità di definizione
dell’IMA hanno fatto si che la
diagnosi di angina instabile sia
oggi minoritaria;
- per quanto riguarda la terapia
antiaggregante, che era un oggetto specifico di analisi del protocollo di studio:
• la quasi totalità dei pazienti ha
ricevuto un trattamento antiaggregante, aspirina in particolare;
• la doppia antiaggregazione è stata sottoutilizzata sia negli STEMI
che nelle SCA NST ed è stata
fortemente influenzata dall’uso
delle procedure invasive;
• nel corso del follow - up si è assistito a una riduzione rilevante delle
prescrizioni alla visita dei 6 mesi;
• il relativo elevato uso della ticlopidina è rimasta una peculiarità
tipica e unica del nostro paese
nel panorama internazionale.
Questo Studio pur nella sua difficoltà e impegno di esecuzione, ha confermato che la politica dei Registri
e delle Survey, condotta in maniera
indipendente dall’ANMCO per oltre 15 anni, continua a essere attuale e necessaria per produrre conoscenze epidemiologiche aggiornate,
programmi di miglioramento della
qualità delle cure, e per generare
ipotesi di ricerca sui bisogni inevasi
di popolazioni di pazienti della pratica clinica reale. ✔
di Leonardo Misuraca
➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA
di Stefano Capobianco
➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA
tà variegato, e ciò ha pesanti implicazioni prognostico - terapeutiche. Le strategie terapeutiche sono ancora in larga parte empiriche, basate su Consensus
di esperti e dati osservazionali. Le evidenze a favore di farmaci ampiamente
usati, quali inotropi e vasodilatatori, sono discordanti. La brillante Relazione
del Dott. Andrea Di Lenarda pone l’inquietante quesito su come aggiungere
nuova linfa vitale alla terapia dello Scompenso cronico, che è sostanzialmente ferma da qualche anno. Sarà difficile individuare e testare in tempi brevi
nuove molecole, considerato anche il fatto che i dati su nuovi farmaci sono
spesso contraddittori. Qualche perplessità suscita anche la terapia di resincronizzazione cardiaca, che ha spesso deluso le aspettative, soprattutto in termini
di outcome clinici. D’altra parte, c’è ancora molto da fare nella gestione del
paziente scompensato: organizzare adeguati follow - up, migliorare la compliance alla terapia, aumentare il livello di attenzione del paziente a semplici
segni clinici (aumento di peso, peggioramento della dispnea), ottimizzare
l’utilizzo dei farmaci di comprovata efficacia (su tutti i beta bloccanti). Il Dott.
Gianfranco Misuraca ha quindi affrontato, con grande chiarezza espositiva,
il complesso tema del peso delle comorbidità nel paziente con insufficienza
cardiaca, iniziando con un forte “assioma”: il soggetto scompensato è per definizione un paziente con comorbidità. Anemia, insufficienza renale cronica,
BPCO, diabete e, last but not least, deficit cognitivi peggiorano gravemente
la prognosi, aumentano gli effetti collaterali dei farmaci cardioattivi, creano
interazioni farmacologiche con conseguente sottoutilizzo della terapia antiscompenso. Un esempio paradigmatico è il basso uso di beta bloccanti nella
BPCO, farmaci che trovano in effetti chiara controindicazione solo in caso di
asma bronchiale. È drammatico come il SSN offra scarsa continuità assistenziale al paziente scompensato, soprattutto se si tiene conto che tale patologia
è la prima causa di ospedalizzazione dopo il parto vaginale. I costi gravosi
di nuovi ricoveri da riacutizzazione potrebbero essere abbattuti seguendo il
paziente sul territorio. Infine, conclude il Dott. Gianfranco Misuraca, è basilare la comunicazione con il paziente dimesso: le spiegazioni circa l’uso dei
farmaci, i possibili effetti collaterali e i sintomi d’allarme vanno elargiti generosamente. Completa e complessa la Relazione del Dott. Fabrizio Oliva, dal
titolo “Scompenso Cardiaco refrattario: opzioni terapeutiche”, che si addentra nell’utilizzo dei dispositivi di assistenza ventricolare, degli inotropi, della
terapia elettrica, cioè tutti quei presidi di sostegno a un paziente avanzato e
“difficile”, la cui terapia è spesso solo palliativa. I dati, in questo ambito, sono
sostanzialmente non - evidence based. A tal proposito è significativo ricordare che l’impianto di defibrillatore in pazienti in stage D non influenza la
sopravvivenza, ma tutt’al più modifica la modalità di decesso. Il gold standard
di pazienti così impegnati resta il trapianto cardiaco. La Sessione è giunta
al termine con la Relazione sul “Coinvolgimento del territorio nel disease
management”. Il Dott. Vincenzo Cirrincione ha giustamente sottolineato
come il paziente scompensato deve essere seguito anche (e forse soprattutto)
dopo la dimissione ospedaliera. A tal fine, sono necessari il dialogo costante
tra Cardiologo e Medico di Medicina Generale e l’attuazione di una politica
sanitaria territoriale che implementi, a livello locale, i programmi di diagnosi
e cura delle malattie croniche.
✔
S
ala gremita per questo “Focus
On” di un’ora dedicato al
Trial Beautiful, che riapre la
discussione su un attraente quanto a
volte trascurato aspetto fisiopatologico: la modulazione della frequenza
cardiaca come target terapeutico. È
stata testata l’efficacia dell’Ivabradina
in pazienti con coronaropatia aterosclerotica documentata e disfunzione ventricolare sinistra (FE<40%)
rispetto a due endpoint. Il Primario,
di tipo clinico, comprendeva morte
cardiovascolare, ospedalizzazione per
IMA o HF, e il secondario, di stampo
fisiopatologico, che valutava tutti gli
elementi che componevano l’endpoint primario nella popolazione
generale (FC maggiore o uguale a
60 BPM) e in quei pazienti che avevano una frequenza cardiaca basale
maggiore o uguale a 70 Bpm. Il farmaco si rivelava efficace nel ridurre
la frequenza cardiaca media
(Figura 1), ma nessun elemento
dell’endpoint primario veniva
raggiunto (Figura 2). Si rivelava
invece efficace nel ridurre gli
eventi d’ospedalizzazione per
IMA e di necessità di rivascolarizzazione nel gruppo precostituito di pazienti con frequenza
maggiore di 70 Bpm (Figura 3).
Risultati alquanto deludenti, ma
un trial, come precisa il Prof.
Claudio Rapezzi, anche quando
negativo ha sempre molto da
insegnare. Ed è proprio il Professor Rapezzi a mostrare l‘aspetto “luminoso” di questo trial: il
vantaggio, in termini prognostici
e - udite! udite! - osservato proprio
nel braccio Placebo (cosa centra
allora la povera Ivabradina?),
di quel sottogruppo di pazienti
con frequenza cardiaca al di
sotto del “Cut Off”di 70 Bpm
(Figura 4). Pane al pane, vino
al vino: in questi pazienti, coronaropatici e con disfunzione
ventricolare paucisintomatica,
abbiamo il dovere di abbassare
la frequenza cardiaca, non
importa come! Chi è, allora,
il reale protagonista di questo
trial? L’ivabradina o il parametro
frequenza cardiaca? Una cosa
è certa: lo Studio Beautiful, pur
non volendo, conferisce alla frequenza cardiaca un “avanzamento di grado”: da semplice e noto
descrittore di outcome, diventa
un elemento su cui prendere
decisioni, un vero e proprio
bersaglio terapeutico, in quanto è
solo l’abbassamento della stessa al di
sotto di 70 Bpm a raggiungere gli endpoint clinici primari. L’Ivabradina
raggiunge solo parte degli endpoint
secondari: riduce il rischio di ospedalizzazione per IMA e la necessità di
rivascolarizzazione, solo a patto che
riesca a portare la frequenza cardiaca
(ancora lei!) al di sotto di 70 Bpm. Ma,
visto che questi pazienti al momento
dell’arruolamento ricevevano tutti
una terapia beta bloccante sottodosata, perché non raggiungere un più
elevato grado di bradicardizzazione
mediante l’utilizzo adeguato di tali
presidi già validati? Perché cercare il
“nuovo” quando usiamo male il “vecchio”? E poi, in fondo, anche Cristoforo Colombo, cercando ciò che si
aspettava di trovare, finì per scovare
ciò che nessuno aveva mai visto, ma
che era là da sempre.
✔
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
Dentro al Trial BEAUTIFUL:
ovvero quando si cercano le
Indie e si trovano le Americhe
di Daria Brogi
➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA
Simposio Congiunto ANMCO - ESC
Linee Guida ESC: take home message
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
P
osti in piedi in Sala Michelangelo nella speranza di
uscire da qui con tutte le
risposte alle nostre quotidiane
incertezze ma con l’amara consapevolezza che purtroppo neanche le
Linee Guida Europee riusciranno
a contemplare tutte le problematiche uniche e peculiari del singolo
paziente che ci apprestiamo a
curare. “Portare la società a chi
la fa”. Condividere, divulgare e
implementare è lo spirito di questo
Simposio fortemente voluto dalla
Società Europea di Cardiologia
di cui il Presidente, Prof. Roberto
Ferrari, ha presentato le principali
attività, risultati e - non ultime
- iniziative umanitarie. Spazio logistico e temporale esiguo per poter
affrontare gli argomenti più caldi
della Cardiologia: embolia polmonare, infarto miocardico con ST
sopraslivellato, insufficienza cardiaca e prevenzione cardiovascolare.
Così relatori esperti e partecipanti
attenti hanno affrontato nelle rela-
zioni e nelle discussioni i punti più
salienti fornendo utilissimi “take
home message”. A livello europeo
siamo stati sicuramente “ascoltati”
per quanto riguarda la stesura delle
recenti Linee Guida sull’embolia
polmonare; come già commentato
nel 2001 sull’Italian Heart Journal
alla presentazione della precedente
edizione, “la gravità dell’embolia
polmonare deve essere valutata
sulla base del rischio individuale
di mortalità precoce piuttosto che
sul coinvolgimento anatomico,
la dimensione e la distribuzione
degli emboli polmonari”. Sostituiti
quindi i termini potenzialmente
fuorvianti di embolia polmonare
massiva, submassiva e non massiva
con il livello stimato di rischio di
mortalità precoce alto o non alto
(cioè intermedio o basso sulla base
di fattori biochimici o di imaging
di disfunzione ventricolare destra
o di danno miocardio). High touch,
high tech devono trovare il giusto
grado di convivenza come take
home message di questa Sessione:
ci vuole “high touch per formulare
il sospetto clinico, per individuare
i casi critici ed escludere altre diagnosi e per indirizzare la terapia
adeguata; high tech per stratificare
il rischio e per applicare la terapia
più adeguata. Alcuni i punti di
criticità affrontati nella relazione
relativa all’infarto miocardio acuto;
in primo luogo l’importanza della
diagnosi precoce (chi deve leggere
l’ECG?) e del garantire la più appropriata strategia di riperfusione
per l’area geografica in cui ci troviamo ad operare a mezzo di una
rete per l’infarto che deve essere
istituzionalmente predefinita e
codificata. Importante inoltre ottimizzare la terapia antitrombotica,
garantire l’angiografia a chi non è
stato sottoposto a PCI primaria e,
non ultimo per importanza, implementare le strategie di prevenzione
secondaria. Ampia la relazione
sullo scompenso cardiaco con puntualizzazioni sulla forma diastolica
e sull’utilizzo di indicatori prognostici quali gli indici di funzionalità
renale, la natriemia, il movimento
della troponina e il BNP; completa
poi l’esposizione sul trattamento
della forma cronica e acuta di una
patologia così tanto complessa per
il Cardiologo. Il Simposio si è quindi concluso con la presentazione
delle ultime Linee Guida disponibili sul tema della prevenzione.
Non è superfluo ricordare come
le malattie cardiovascolari siano la
principale causa di morte prematura in Europa, una importante causa
di disabilità e che l’insorgenza di
tali patologie sia fortemente correlata allo stile di vita ed a fattori di
rischio modificabili sui quali dobbiamo necessariamente agire. Utile
per i presenti la puntualizzazione
sui fattori di rischio emergenti ed
il messaggio conclusivo che da domani ci farà prestare più attenzione
alle nostre pazienti poiché “le donne sono svantaggiate in tutte le fasi
delle malattie cardiovascolari”! ✔
di Alessandra Mazzoni
Seminario
“L’arresto cardiaco
extraospedaliero”
U
n tema caro a tutti coloro
che si occupano dell’aria
emergenza - urgenza è
stato dibattuto in Sala Brunelleschi. Le tre relazioni che si sono
susseguite hanno esposto gli aspetti scientifici e pratici della rianimazione cardiopolmonare che deve
resuscitare la vittima di un arresto
cardiocircolatorio occorso in un
ambito extraospedaliero. La prima
relazione ha visto impegnata la
Dottoressa Serena Rakar nell’illustrare le attuali Linee - Guida
ILCOR, in particolare la relatrice
ha focalizzato le differenze tra le
precedenti Linee - Guida del 2002
rispetto a quelle del 2005, fornendo una chiara anticipazione delle
future che saranno in vigore dal
2010. In questo ampio scenario si
conferma l’importanza del massaggio cardiaco esterno senza la ricerca del punto di repere e minimizzando ogni possibile interruzione,
anche a discapito delle insufflazioni che diverranno solo “passive”
(12 - 15 l di O2/min in maschera):
anche la strategia del singolo
shock elettrico, erogato ogni due
minuti di RCP (Rianimazione
Cardio - Polmonare), in caso di
ritmo defibrillabile (FV o TV senza
polso) contribuisce a rendere più
efficaci le compressioni che devono avere una frequenza di 100 al
minuto e devono determinare uno
Layout 1 23-04-2009 16:23 Pagina
spostamento della gabbia toracica
di 4 - 5 cm. Per quanto riguarda i
farmaci l’Adrenalina, pur restando
in classe indeterminata, deve essere somministrata il prima possibile
ed alternata all’Amiodarone in
caso di FV refrattaria. L’intubazione oro - tracheale viene invece riservata ad i ritmi non defibrillabili
(asistolia o attività elettrica senza
polso) o agli arresti prolungati. A
seguire il Dottor Tommaso Pellis
ha intrattenuto sul valore positivo dell’ipotermia moderata (32
- 34° C) che riesce a preservare
le funzioni cerebrali diminuendo
lo stress ossidativo e l’acidosi che
sono alla base dell’apoptosi. Per il
raggiungimento di questo obiettivo è possibile utilizzare diversi
metodi: dagli impacchi ghiacciati,
alle placche che in maniera automatizzata raffreddano il corpo del
Paziente, dall’infusione di liquidi
freddi (2 l in 30 min.), ai più
moderni “Icy Catheters”. Infine
il Dottor Maurizio Marzegalli ha
evidenziato come la disfunzione
miocardica post - arresto sia assimilabile ad un fenomeno di stunning temporaneo e reversibile,
mantenendo sempre come punto
cardine del problema l’inizio immediato di una buona e corretta
RCP e la valutazione complessiva
del Paziente in arresto che può
presentare diverse patologie sotto1
✔
stanti l’arresto stesso.
Rivascolarizzazione miocardica:
quale approccio per quale paziente
N
ell’interessante Simposio che si è tenuto in Sala Brunelleschi, i
moderatori ed i vari relatori hanno affrontato un argomento in
cui ci sono poche luci e ancora tante ombre. Il paziente diabetico,
come ben noto, ha spesso una prognosi peggiore in termini di mortalità
rispetto al non diabetico; ciò è spiegabile dalla presenza di malattia coronarica trivasale, comorbilità ed un alterato assetto trombogenico, generalmente più spiccato, e che si associa ad una minore sensibilità agli agenti
antiaggreganti. Dai vari studi e metanalisi emerge che il BPAC si associa
a migliori risultati, anche se questo può essere complicato da maggiore
incidenza di stroke. I pazienti trattati con procedura percutanea, invece,
ottengono migliori risultati se viene posizionato un DES piuttosto che un
BMS, Le rivascolarizzazioni ripetute pesano molto sulla morbilità.
Il paziente anziano, è sempre più presente nelle corsie dei nostri ospedali
e, di solito, presenta un quadro generale più complesso, determinato dal
suo stato funzionale e dalla presenza di comorbilità. Una valutazione accurata è indispensabile nella corretta gestione del paziente volta alla efficacia del trattamento e alla prevenzione delle complicanze. Queste ultime
purtroppo sono molto frequenti e peggiorano decisamente la prognosi,
basti pensare alla nefropatia da contrasto, alle complicanze vascolari e ai
sanguinamenti maggiori.
Nel paziente multivasale è meglio una rivascolarizzazione coronarica completa o il trattamento della sola lesione culprit?
Questa è una difficile domanda anche perchè non esistono molti dati in
letteratura. Meglio affrontare il problema suddividendo la popolazione
nei diversi scenari di presentazione clinica: la malattia trivasale si trova nel
50% dei pazienti con angina stabile, nel 45% di quelli con SCA non ST
elevate e nel 40 - 65% dei pazienti con STEMI. L’atteggiamento più corretto appare quello dettato da una corretta valutazione del paziente e dell’appropriatezza della rivascolarizzazione. Nell’angina stabile si preferisce
trattare le lesioni che determinano ischemia, nelle SCA non ST elevate si
tende a trattare il vaso culprit e, laddove possibile anche le lesioni su altri
vasi; nello STEMI il consiglio delle Linee Guida, è di rivascolarizzare solo
la “culprit” estendendo la rivascolarizzazione a tutti i vasi solo per pazienti
in shock cardiogeno o con grave compromissione emodinamica. Alcuni
studi evidenziano un beneficio dal trattamento plurivasale, gravato però
da un aumento dei costi e dalla necessità di procedure ripetute.
Il trattamento del TC resta ancora dibattuto, lo studio SYNTAX non ha dichiarato la superiorità del BPAC. In particolare bisogna porre attenzione
sul rischio del paziente stimato da scores di rischio, e da questi dati si può
dire che per pazienti a basso rischio con lesioni del TC non complicate la
PCI con stent offre una buona alternativa al bypass aorto - coronarico. Il
problema che rimane sono le procedure ripetute.
✔
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
di Manuela Creaco
di Rosa Pecoraro
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
Intervista
al Dott. Giuseppe
Di Pasquale,
Presidente FIC
D
ott. Di Pasquale, in qualità di Presidente della
Federazione Italiana di
Cardiologia, quali sono gli obiettivi
finora raggiunti dalla Federazione e
i progetti ancora da realizzare?
Gli obiettivi della Federazione Italiana di Cardiologia comprendono
gli obiettivi congiunti sanciti nello
Statuto da ANMCO e SIC e sono i
seguenti:
- referenza unitaria nei confronti
della Società Europea di Cardiologia;
- referenza unitaria nei confronti
delle Istituzioni;
- coinvolgimento delle strutture
ospedaliere nella formazione cardiologica.
Per quanto riguarda i rapporti con
la Società Scientifica di riferimento
in ambito europeo, ovvero l’ESC,
esistono al momento dei referenti
unitari che rappresentano interlocutori di riferimento con la Società
Europea di Cardiologia, con un
referente unitario per ogni Working
Group o Association. La volontà di
rendere unitari i rapporti con le
Istituzioni in ambito Nazionale è testimoniata dal Documento di Struttura e organizzazione funzionale
della Cardiologia presente nel supplemento del numero del Giornale
Italiano di Cardiologia presente nel
nostro kit congressuale che, a differenza di quanto avvenuto nel 2003,
ha visto per la sua stesura il coinvolgimento fin dall’inizio dell’intera
comunità cardiologica nazionale
(territorio, ospedalità privata accreditata e Società Cardiologiche di
Settore). Un’esigenza fondamentale è rappresentata inoltre dalla
necessità che ogni Regione abbia
un referente unitario nei confronti
degli Assessori regionali, rappre-
sentati nella fattispecie dal Presidente Regionale di ANMCO e SIC,
con l’eventuale coinvolgimento del
delegato specifico (GISE, AIAC,
ecc) per tematiche di interesse ultraspecialistico. Mentre i primi due
obiettivi sono già in buona fase di
realizzazione, un impegno ulteriore è necessario per la realizzazione
del coinvolgimento delle strutture
ospedaliere nella formazione specialistica.
Quale ritiene sia attualmente il
reale grado di integrazione tra le
Società Scientifiche e le Istituzioni
a livello nazionale e a livello regionale?
Mentre a livello nazionale possiamo
osservare un buon grado di integrazione, la situazione a livello regionale è ancora molto disomogenea,
in quanto ancora troppo legata a
rapporti di tipo personale, più che
istituzionale e a differenti interessi
locali tra Aziende Ospedaliere ed
Università. È necessario pertanto
un ulteriore processo di unificazione dei percorsi e delle relazioni
con le Istituzioni.
La necessità di unificazione in ambito societario richiama anche la
necessità di unificazione clinica del
Cardiologo che rischia altrimenti
di veder frammentata in sub - specializzazioni la propria professionalità?
Le attuali modifiche di progettazione in ambito sanitario presentano il
rischio di frammentare la Cardiologia. Per evitare ciò è fondamentale
aumentare il peso delle varie Società all’interno della Federazione,
integrandole sempre di più a livello
direttivo ed istituzionale, come è
stato fatto ad esempio per il Documento di Struttura e organizzazione funzionale della Cardiologia.
Cosa suggerirebbe ad un Cardiologo che si accinga ad intraprendere
la propria carriera professionale
nel contesto odierno?
Gli consiglierei di spendere i primi
anni della formazione clinica in
UTIC e di decidere di fare il Cardiologo, e non già l’Emodinamista,
l’Elettrofisiologo, ecc. È necessario
infatti essere prima formati come
clinici ed essere in grado di porre
le indicazioni corrette alle eventuali
procedure, evitando così il rischio
di divenire dei tecnici “esecutori”
di procedure indicate da altri, perdendo autorevolezza nella diagnosi
e nella gestione del paziente. Il Cardiologo odierno inoltre deve possedere anche una formazione di tipo
internistico, per poter gestire le
comorbidità (saper gestire la ventilazione, l’ultrafiltrazione, la terapia
del diabete, ecc.) senza essere un
mero “richiedente di consulenze”.
La preparazione clinica di base non
può poi prescindere ad esempio da
una corretta interpretazione dell’elettrocardiogramma. È per questo che abbiamo già organizzato in
alcune Regioni (Emilia Romagna,
Puglia e Sicilia) dei corsi di elettrocardiografia clinica rivolti a giovani
specialisti, provocatoriamente presentati come “nuova metodica in
Cardiologia” per rinnovare l’entusiasmo per una metodica tradizionale quanto indispensabile. Questo
tipo di formazione si rende ancor
più necessaria ad esempio nei casi
in cui vi sia separazione istituzionale dei Laboratori di Emodinamica
dai Dipartimenti con Cardiologia.
È inoltre necessario potenziare
la continuità assistenziale tra Cardiologia e territorio, superando il
concetto di UTIC come staccata dal
contesto territoriale e migliorando
l’interfaccia con i Medici di Medicina Generale, come già attuato in
alcune realtà locali.
Quali prevede possano essere le
prospettive future per l’attività
della Federazione Italiana di Cardiologia?
Al momento la volontà congiunta
di ANMCO e SIC non prevede ulteriore ampliamento degli obiettivi
citati in precedenza, tuttavia ritengo che nei progetti della Federazione sia fondamentale la necessità
di contestualizzare le Linee Guida
internazionali alle realtà locali. Se
da un lato la scelta di non formulare delle Linee Guida nazionali
ma di riferirci alle Linee Guida già
formulate dalla Società Europea di
Cardiologia consente una maggiore uniformità di trattamento, è peraltro necessario contestualizzarne
l’applicabilità nelle realtà locali con
particolari peculiarità organizzative. A questo proposito basti pensare ad esempio alla formulazione
di position paper sulla profilassi antibiotica dell’endocardite infettiva,
nuovo imaging coronarico, biopsia
endomiocardica e sulle sostituzioni
valvolari aortiche percutanee. Un
altro obiettivo futuro sarà la creazione di un’interfaccia unitaria nei
confronti dei mass media. Vi è infatti il rischio che le novità scientifiche comunicate direttamente agli
strumenti di informazione di massa
possano produrre messaggi fuorvianti alla popolazione. È pertanto
necessario presentarsi come portavoce unitario che possa ridurre
il rischio di diffusione di messaggi
misleading ai mezzi di informazione
e possa fornire un’interpretazione
equilibrata, corretta ed unitaria del✔
le informazioni scientifiche.
di Francesca Borsatto
Intervista
al Dott. Gianfranco
Sinagra
Q
uella che doveva essere
una semplice intervista
si è trasformata in un
piacevole incontro grazie alla
grande disponibilità e cortesia
del Prof. Gianfranco Sinagra che
ha risposto in maniera esauriente
e sintetica alle domande di una
giovane futura cardiologa.
Prof. Sinagra, dal suo punto di
vista, quali sono i risultati principali e le novità emerse dal Candheart, di cui è stato Chairman,
uno Studio che si proponeva di
valutare l’effetto del Candesartan
in pazienti con scompenso cardiaco cronico sui livelli plasmatici di
BNP? E quali sono gli effetti sugli
altri markers dosati, riconosciuti
come indici prognostici indipendenti?
Lo Studio ha confermato la relazione già nota fra i livelli di
BNP e la geometria e funzione
ventricolare sinistra. Il trattamento condotto per 12 settimane di
Candesartan, incrementato fino
al dosaggio di 32 mg al giorno,
in aggiunta alla terapia ottimale
dello scompenso così come raccomandato dalle Linee Guida, non
ha significativamente modificato
i livelli circolanti di BNP. Per
quanto riguarda gli altri marker
studiati, è emerso dallo Studio
un dato relativo ad una riduzione
significativa della concentrazione
di aldosterone che merita di essere rivalutato e meditato.
Quali meccanismi fisiopatologici pensa siano alla base di tali
risultati?
Per quanto riguarda la mancata
riduzione significativa del BNP è
possibile che in questa esperienza
del Candheart ci si sia confrontati con pazienti che avevano già
un completo e significativo antagonismo neuro - ormonale che
può aver condizionato i margini
ulteriori di una riduzione significativa del neurormone.
Quali sono le più immediate ripercussioni nella pratica clinica
dei risultati di questo Studio?
Emerge dallo Studio l’evidenza
che un antagonismo neuro - ormonale completo e globale, che
si è realizzato in oltre il 90% dei
pazienti randomizzati a Candesartan, ha ulteriormente contribuito
al miglioramento di funzione
ventricolare sinistra e riduzione
dei diametri ventricolari. Ciò
suggerisce che vi sono probabilmente, in sottogruppi selezionati
di pazienti, i margini per un’ottimizzazione terapeutica che possa
giovare in termini di funzione
ventricolare. Lo Studio ha infine
confermato che, pur in presenza
di pazienti per oltre il 90% ACE
- inibiti e beta - bloccati e per il
30% trattati con antialdosteronico, il profilo di sicurezza del Candesartan è stato molto buono; i
casi osservati di iperpotassiemia
e insufficienza renale acuta sono
stati globalmente 4. Altra immediata ripercussione dello Studio è
il convincimento che la comunità
scientifica dovrebbe far proprio
che i farmaci vanno utilizzati
in qualità e dosi adeguate, così
come suggerito dagli Studi clinici
controllati e dalle raccomandazioni e Linee Guida internazionali. Rispetto a questo obiettivo non
si deve mai sfuggire la necessità
di personalizzare: gestire pazienti
anziani e con multiple comorbilità vuol dire in genere gestire
pazienti non necessariamente arruolati nei grandi trial. In questo
Studio, si è dimostrato che pur
partendo da un profilo di comorbidità relativamente favorevole
(il 40% dei soggetti era ultrasettantenne) la triplice terapia con
ACE - inibitore, beta - bloccante e
sartano può essere ben tollerata.
Tutto queste considerazioni inducono il professionista ad una rivalutazione critica costante delle
proprie scelte cliniche.
Quali sono secondo lei i campi di
interesse in cui la ricerca cardiologica dovrà investire maggiormente nei prossimi anni?
Penso che nell’ambito dello
scompenso cardiaco la ricerca
debba andare verso un utilizzo al
meglio di ciò di cui disponiamo,
quindi qualità e dosi appropriate
di farmaci, e verso una implementazione delle modalità di gestione dei pazienti, tra cui anche
il controllo remoto e l’utilizzo di
tecnologie più o meno sofisticate
fornite dalla telemedicina. Infine mi pare che emerga sempre
importante la percezione che i
profili di espressione genica e le
caratterizzazioni genetiche dei
malati possono in qualche modo
identificare sottogruppi di soggetti che rispondono in maniera
specifica ad alcuni farmaci piuttosto che ad altri.
Grazie di nuovo per la disponibi✔
lità e la chiarezza…
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
Le novità
emerse
dallo Studio
CANDHEART
di Sergio Fasullo
Il paziente con
Scompenso Cardiaco
e Fibrillazione Atriale
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
I
eri alle 10.00 nella Sala Brunelleschi si è tenuta la Controversia
sempre attuale sull’argomento “Il paziente con Scompenso in Fibrillazione Atriale: controllo della frequenza o del ritmo”. La Sessione
è iniziata con la verifica sull’orientamento dei partecipanti sul tema.
L’auditorio si è espresso favorevolmente sulla strategia del controllo della
frequenza. Lo stesso verdetto si è avuto alla fine della Sessione. Questo a
significare che il propendere verso la strategia controllo frequenza non
è una resa ma una scelta accettabile supportata da tanti dati clinici. La
presentazione dell’incontro ha avuto come Moderatori il Dott. Francesco
Clemenza e il Dott. Giuseppe Vergara che hanno vivacizzato la Controversia sul tema. Il Prof. Luigi Padeletti ha relazionato, in maniera divertente
ma nel contempo incisiva e ben strutturata, sul controllo della frequenza
nei pazienti con Scompenso in Fibrillazione Atriale. Nelle sue parole ha
diverse volte precisato come non solo le due entità patologiche sono le
nuove epidemie del millennio (citando Braunwald) ma che l’interazione
delle due condizioni crea un circolo vizioso: congestive heart failure promoting the development of atrial fibrillation and vice versa (CHF promotes AF and
AF worsens CHF). Quindi quando il gruppo dei pazienti con Scompenso
Cardiaco sviluppa la Fibrillazione, la prognosi cambia notevolmente in
peggio (questo ci dicono gli Studi e i Registri). In aiuto ultimamente è
uscito lo studio AFFIRM che ha sancito che le due strategie terapeutiche
(controllo della frequenza o del ritmo) hanno equivalent outcomes. L’altra
Relazione del Dott. Claudio Pandozi ha focalizzato l’attenzione sui nuovi
approcci terapeutici invasivi (come l’ablazione transcatere con isolamento delle vene polmonari) nel trattare i pazienti con fibrillazione atriale
e scompenso con l’obiettivo di ripristinare il ritmo sinusale. Ha ribadito
con l’ausilio esperienze di alcuni centri che il controllo del ritmo sinusale
(soprattutto in quei pazienti dove sono insorti effetti collaterali da farmaci
antiaritmici: anche l’amiodarone not an innocent drug!) è superiore al controllo della frequenza nei termini di riduzione dei sintomi, di aumento
della funzione cardiaca e della tolleranza allo sforzo. Si è visto che in una
successiva analisi dello studio AFFIRM la presenza del ritmo sinusale era
associata a significativa riduzione del rischio di mortalità, mentre l’uso di
antiaritmici aveva un effetto opposto. Nei pazienti con sola fibrillazione
atriale o scompenso lo sviluppo della seconda condizione influenza in
maniera peggiorativa la prognosi, per tale motivo ci si orienta verso un approccio più aggressivo in popolazione. Però in atto non ci sono studi randomizzati sull’argomento “ablazione nei pazienti con scompenso e fibrillazione”. Concludo questo articoletto con la citazione del Prof. Padaletti:
Il Buonsenso, che già fu capo - scuola,ora in parecchie scuole è morto affatto;
la Scienza, sua diletta figliola l’uccise per veder com’era fatto.
(Giuseppe Giusti)
✔
5
Terenzio
e
r
a
v
o
r
t
oi
u
p
o
l
o
er
m
u
n
o
E
N
m
I
i
L
s
s
N
o
Il pr
solo O
i
ponibil
dis
Eventi
on line
di Sebastiano Verdoliva
Paziente in doppia antiaggregazione:
il difficile compito della gestione
clinica e chirurgica
no all’interferenza farmacologica
dell’associazione tra Clopidogrel e
PP I che tanto sta appassionando e
angosciando i clinici. Attraverso un
breve excursus di lavori recentissimi
è stata più volte ribadita che ad oggi
la gastroprotezione in pazienti che
assumono clopidogrel deve essere
effettuata con gli Anti H2. Di notevole difficoltà è l’approccio del paziente in duplice antiaggregazione
alla chirurgia. Il Dott. Alessandro
Pani ha affrontato la problematica
della chirurgia non cardiaca ed ha
trasmesso come messaggio principale che il timing chirurgico è fondamentale negli interventi differibili,
come dimostrato dall’alta mortalità
per interventi eseguiti nelle fasi
precoci ad un evento cardiaco.
Inoltre ha sottolineato la necessità
di sospendere il clopidogrel dato
l’elevato rischio emorragico a cui si
espone il paziente, tenendo in considerazione che negli intervanti di
chirurgia non elettivi ma comunque
differibili bisogna valutare caso per
caso il rischio emorragico e quello
trombotico. Da precisare tuttavia
che l’aumento del rischio emorragi-
Maurits Cornelis Escher, Relatività, 1953
co perioperatorio non si traduce in
un aumento di mortalità chirurgica,
eccetto nella neuro chirurgia in cui
in alcuni sottogruppi di interventi
si impone anche la sospensione dell’ASA. L’attenzione si è, infine, spostata sulla chirurgia cardiaca affrontata con chiarezza dal Dott. Luigi
Piazza il quale partendo dalle Linee
Guida della Società Europea di Cardiochirurgia ha evidenziato la necessità anche per la chirurgia cardiaca
di sospendere il Clopidogrel da 5
- 7 giorni prima dell’intervento, con
un rischio accettabile di IMA (circa
1%). Infine un ultimo accenno del
Dott. Piazza alla chirurgia cardiaca
urgente in cui ha descritto una serie
di consigli che prevedono l’uso di
tecniche off - pump, un’accurata
emostasi, l’uso di acido Tranexamico e l’ottimizzazione della funzione
piastrinica con trasfusione di piastrine. A chiudere la Sessione, un
acceso dibattito che ha evidenziato
le poche certezze nella gestione del
paziente in doppia antiaggregazione, in cui emerge la necessità di un
trattamento individualizzato.
✔
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
N
ella Sala Michelangelo si è
tenuto il tanto atteso Seminario sulla gestione clinica
del paziente in doppia antiaggregazione che ha visto come moderatori
il Dott. Alfredo Marchese e il Dott.
Giovanni Maria Santoro. È stato
molto interessante, vissuto con molta partecipazione ed attenzione data
la spinosa problematica discussa. La
Sessione si è aperta con l’intervento
del Dott. Andrea Rubboli che ha
cercato di mettere a disposizione la
sua esperienza clinica e scientifica
al servizio della platea discutendo
le ultime novità in tema di duplice
antiaggregazione in pazienti con
TAO. Ha chiarito innanzitutto che
il rischio di emorragie maggiori di
questi pazienti appare non significativo per trattamenti a breve termine
(30 giorni); di qui si incoraggia i
Cardiologi interventisti all’utilizzo
BMS. Il profilo di rischio emorragico appare notevolmente influenzato
dal target di INR, come dimostrato
in diversi studi da lui citati, per
cui ha sottolineato la necessità di
mantenere un target di INR ai limiti
bassi del range. Infine un accen-
Session
2009
1. Main NTION UTIC
ella
CONVE
eening d TC”
r
c
S
“
ia
n coro
rovers
2. Cont ia coronarica co
malatt
OISE
l Trial P
a
o
r
t
n
3. De
di Cinzia Procaccini
Stenosi Aortica nell’anziano:
le opzioni terapeutiche nel 2009
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
“
10
Scelte condivise sempre”. È
questo il messaggio scaturito dal Seminario sulle più
moderne possibilità di sostituzione valvolare aortica per i pazienti
ultraottantenni, argomento che
suscita non di rado polemiche e
contrapposizioni tra i Cardiologi
interventisti entusiasti sostenitori delle metodiche di impianto
percutaneo di protesi valvolari,
ed i cardiochirurghi dall’atteggiamento più conservativo legati
alla tradizionale e ben consolidata
tecnica di sostituzione valvolare
chirurgica tradizionale. Ad introdurre l’argomento è il Dott. A. B.
Ramondo Direttore del Reparto
di Cardiologia dell’Ospedale di
Padova, unico centro in Italia
insieme con quello di Catania ad
effettuare questo innovativo tipo
di intervento, con un’esauriente
descrizione del tipo di valvole e
delle modalità di impianto attualmente utilizzate, delle indicazioni
alla procedura e dei principali
studi attualmente disponibili in
letteratura sull’argomento. Le
valvole per impianto percutaneo
sono di due tipi: la Core - Valve in
pericardio porcino, autoespandibile e la Edwards non autoespandibile, in pericardio bovino. Due
le modalità di accesso possibili:
1) mediante approccio transfemorale, 2) mediante approccio
transapicale attraverso il tratto di
efflusso del ventricolo sinistro.
Controindicazioni alla metodica
sono tutte le situazioni che impediscono in un caso l’accesso
all’arteria femorale (calcificazioni, tortuosità dell’asse iliaco - femorale, by - pass iliaco - femorale,
aorta a porcellana, presenza di
stenosi o calcificazioni dell’aorta)
e al tratto di efflusso del ventricolo sinistro nell’altro (aneurisma
ventricolare, calcificazioni pericardiche, pregressa aneurismectomia ventricolare). La mortalità di
questo tipo di intervento risulta
del 2.5% a 24 ore e del 10% ad
un mese con una sopravvivenza
dell’82%.
Attualmente vengono indirizzati a questo tipo di intervento i
pazienti riconosciuti come non
candidabili, per l’elevato profilo
di rischio, all’intervento di sostituzione valvolare e che rappresentano circa il 30% dei pazienti
con stenosi aortica severa. Ma
siamo sicuri che i pazienti che attualmente non vengono inviati ad
interventi di sostituzione valvolare
chirurgica siano da considerare
effettivamente ad alto rischio? In
altre parole, abbiamo a disposizione dei criteri di valutazione
affidabili nella selezione dei pazienti da sottoporre ad intervento
cardiochirurgico? A sollevare
il dubbio è il Dott. Cassese del
Dipartimento di Cardiochirurgia
dell’Ospedale S. Anna di Catanzaro che sottolinea come la capacità
predittiva degli score utilizzati per
il calcolo del rischio cardiochi-
rurgico (Euro - score ed STS) sia
ridotta, come emerge da un lavoro pubblicato sul Jounal of thoracic
and cardiovascular surgery del 2008
che mostra come la mortalità
in 1.500 pazienti ad alto rischio
sottoposti a sostituzione valvolare
aortica dal 1996 al 2006 sia stata
del 7% a fronte di una mortalità
prevista dall’Euroscore del 17%.
Una delle ragioni di questa discrepanza risiede nel fatto che
gli score di rischio sono elaborati
sulla base di modelli matematici
che permettono di dare delle valutazioni standardizzate ma non
individualizzate. Per di più non
tutte le variabili che contribuiscono a definire lo stato di salute
generale del paziente ed a fornire
ulteriori indicazioni sull’opportunità di un intervento chirurgico,
vengono prese in considerazione
dagli score; è il caso del deterioramento cognitivo, della storia
familiare di longevità o del livello
di attività fisica. D’altra parte,
continua il Dott. Cassese negli
ultimi anni la tecnica chirurgica
tradizionale ha elaborato strategie
peri - operatorie quali l’estubazione e la mobilizzazione precoci
dopo l’intervento, la riduzione
dell’uso di antibiotici nefrotossici,
la rimozione rapida di cateteri venosi centrali, che hanno consentito di ridurre fino a dimezzare
la mortalità postoperatoria come
dimostra il database nazionale
dell’STS. Tenendo conto di questi
risultati, si è visto come circa il
20% dei pazienti sottoposti ad impianto percutaneo, sarebbero in
realtà candidabili alla sostituzione
valvolare, soprattutto in considerazione del fatto che non esistono
ancora dati sull’andamento a
lungo termine dei pazienti trattati
per via percutanea.
Due per tanto gli atteggiamenti
prevalenti nei confronti delle
nuove metodiche di trattamento
della stenosi aortica nell’anziano:
da un lato l’entusiasmo verso
la sperimentazione ed il potenziamento delle nuove proposte
terapeutiche e dall’altro l’intento
più conservativo di continuare
sulla strada sicura di metodiche di
comprovata affidabilità. In questo
contesto si inserisce l’appello al
buon senso clinico del Dott. Vitali
Direttore del Dipartimento di
Cardiochirurgia del gruppo Humanitas di Milano, che nel suo intervento invita a non considerare
la sostituzione percutanea come
competitiva rispetto alla cardiochirurgia, ma come un’opportunità in più nel trattamento della
stenosi aortica da applicare ai
pazienti che maggiormente possono giovarsene, con condivisione
delle indicazioni e delle scelte da
parte di tutti i professionisti che
intervengono nella gestione del
paziente anziano con poli - patologia: dal Cardiologo al cardiochirurgo, dall’anestesista al geriatra
✔
al medico di famiglia.
di Rosa Pecoraro
L
a stesura del Documento congiunto ANMCO - SIMEU ha confermato
ancora una volta la necessità di una stretta collaborazione tra Cardiologo e Medico di Pronto Soccorso nella gestione del paziente con dolore
toracico. Questo sintomo (ricordiamo, non è una diagnosi) rappresenta la causa
di accesso in Pronto Soccorso nel 5 - 9% dei casi. Tra questi pazienti in uno solo
su cinque verrà confermata la presenza di una SCA. Ricordiamoci che la stratificazione del rischio nei pazienti con dolore toracico in PS in assenza di un ECG
diagnostico rimane una scienza inesatta. Il clinico deve utilizzare gli elementi
anamnestici per guidare la propria diagnosi, ma nessuno di essi rappresenta un
indicatore di diagnosi certa. L’elettrocardiogramma è stato enfatizzato come il
primo, semplice, rapido (deve essere eseguito < 10 min dall’accesso in PS) esame strumentale che, in caso di positività, può influenzare molto rapidamente
la strategia terapeutica e la progonosi. È tuttavia indispensabile che il medico
che interpreta l’ECG possa coglierne immediatamente le variazioni significative. Altro protagonista quotidiano della valutazione del dolore toracico è
rappresentato dalla troponina, che va considerata come indice di danno miocardico (anche in assenza di altri chiari segni di ischemia) e quindi di rischio
correlato alla prognosi. È indispensabile un dosaggio precoce (entro 1 ora dall’ingresso in PS) ed accurato ma soprattutto enfatizzato non solo nel suo valore
assoluto, ma quanto nella cinetica del suo movimento. Da non dimenticare il
potenziale ruolo del D - Dimero, unicamente per il suo potere predittivo negativo nei casi di sospetta embolia polmonare e sindrome aortica acuta. La strategia di stratificazione del rischio dei pazienti con sospetta sindrome coronarica
acuta deve prevedere percorsi differenziati, non dimenticando che anche
pazienti definiti a basso rischio presentano comunque una percentuale di reospedalizzazione, quindi “low-risk” is not no risk. Nel percorso proposto una valutazione clinica appropriata in pazienti con ECG e TnI negativi consentirebbe la
selezione di pazienti a rischio molto basso, eleggibili ad una dimissione precoce
e sicura in 6 h, mentre gli altri andrebbero avviati ad un percorso di valutazione
che porti alla diagnosi di SCA/non SCA entro 24 ore. La scelta della strategia
conservativa vs invasiva non può prescindere dalla considerazione che spesso
questi pazienti vengono inizialmente gestiti in Pronto Soccorso ed è quindi necessario stabilire una stretta condivisione dei percorsi al fine di creare una rete
efficace.24X17:GUERBET
L’ausilio di strumenti
diagnostici
come l’ecocardiografia
GUERBETveramente
istituzionale
BLU 17X24
28-05-2009
9:34 Pagina 1
non deve prescindere dalle specificità di competenze, al fine di evitare il rischio
www.guerbet.com
di errori diagnostici, oltre che problematiche medico - legali. Il ruolo emergente di TC e RMN risulta senz’altro entusiasmante in alcune esperienze specifiche, ma non pare ancora applicabile diffusamente nella strategia della gestione
del dolore toracico. Peraltro interessante è stata l’esperienza relativa alla RMN
in pazienti con infarto a coronarie sane nell’individuare specifici pattern di
distribuzione endo/epicardica per differenziare
l’origine ischemica da
quella infiammatoria,
consentendo così di
individuare e stratificare
i pazienti che possono
beneficiare di ulteriori
indagini invasive. L’osservazione breve intensiva (OBI) in PS sembra
oggi lo strumento più
adeguato per gestire i
pazienti a basso rischio.
In quest’ottica le Chest
Pain Unit vanno quindi
considerate come area
funzionale più che strutturale, contestualizzandone la strutturazione
“fisica” in base alla realtà
locale (dimensione dell’ospedale, numero posti
letto e risorse umane)
per poterne così ottimizzare il rapporto costo - beneficio, altrimenti non favorevole. A questo proposito
la Dott.ssa A. M. Ferrari ha riportato la stima di come si necessiti una OBI ogni
4.000 accessi. Gli strumenti possono essere quindi differenti a seconda delle
possibilità ma tutti sottendono la stessa filosofia assistenziale: il rigore operativo
e la condivisione dei percorsi diagnostici.
✔
Guerbet fa parte di un gruppo internazionale che produce in diversi paesi e commercializza prodotti
chimico-farmaceutici e dispositivi
biomedicali in tutto il mondo. Sin
dal 1901, quando Marcel Guerbet
realizzò Lipiodol (il primo prodotto
radio-opaco di sintesi), Guerbet è
all'avanguardia nel settore della ricerca e dello sviluppo. Il gruppo
Guerbet collabora con i più importanti istituti di ricerca e centri universitari nel mondo, studiando nuovi prodotti contrastografici per la
diagnostica per immagini e per le
metodiche interventistiche. La filiale
italiana, in particolare, dispone di
un'ampia gamma di agenti di contrasto iodati per le metodiche diagnostiche che fanno uso di raggi X
e di agenti di contrasto paramagnetici e superparamagnetici per
la diagnostica tramite risonanza
magnetica. È recentissimo inoltre il
lancio di un innovativo iniettore automatico per la diagnostica TC,
che si caratterizza per la possibilità di iniettare sia mezzo di contrasto che soluzione fisiologica, senza
utilizzare le tradizionali siringhe
monouso, bensì un nuovo tipo di
dispositivo di iniezione al tempo
stesso ecocompatibile ed economico (SoftBags).
Per informazioni al riguardo potete
chiamare il numero o scrivere a:
Guerbet S.p.A.
Viale Brigata Bisagno 2/18
16129 Genova
Telefono 010 572341
Fax 010 5957872
www.guerbet.com
[email protected]
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
Tutti per un dolore toracico... un dolore toracico per tutti
11
tà
e qualiure
delle c
9
0
0
2
o
n
giug
7
l
e
d
le
b
a
T
e
Tim
9
no 200
7 Giug
ABLE
TIME T o 2009
n
Giug
a,
Ricerc one
zi
innovaalità
e qu ure
delle c
4
7
ca,
zione
alità
cure
Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009
40° congresso anmco
di M. Matta e M. Chiatto
8
Evento Fondazione “per il Tuo cuore” - HCF
N
ella affollata Sala Angelico si
è svolto l’evento della Fondazione “per il Tuo cuore”
- HCF in cui sono state presentate le
bozze preliminari
dei primi progetti
8
GISSI OUTLIERS, illustrati dal Prof.
Attilio Maseri al Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano il
13 febbraio 2009, in occasione della
Cerimonia svoltasi al Quirinale, in
concomitanza con l’avvio della Settimana “per il Tuo cuore” finalizzata
alla raccolta di fondi da destinare
al finanziamento di questi progetti
di ricerca. Dopo l’introduzione del
Dott. Salvatore Pirelli, il Dott. Francesco Orso ha illustrato il progetto
sul rimodellamento ventricolare
post IMA per valutare quali siano
le caratteristiche anamnestiche, cliniche, biumorali, morfostrutturali,
anatomopatologiche, genetiche delle
diverse evoluzioni nel follow - up per
cui, procedendo da quadri di partenza sovrapponibili alla valutazione clinica e strumentale tradizionale, possono determinarsi diverse evoluzioni
rappresentate da: stabilizzazione di
un quadro di disfunzione moderata
del ventricolo sinistro, progressivo
ANMCO
Associazione Nazionale
Medici Cardiologi Ospedalieri
Via La Marmora, 36 - 50121 Firenze
Tel. 055 51011 - Fax 055 5101350
E-mail: [email protected]
www.anmco.it
9
miglioramento fino alla normalizzazione della funzione ventricolare o
al contrario progressione verso la disfunzione ventricolare sinistra severa.
Allo studio saranno interessati circa
30 centri. Il Dott. Ammirati ha presentato il progetto sui meccanismi
scatenanti dello STEMI il cui obiettivo è cercare di individuare i meccanismi di instabilità e ritorno alla stabilità coronarica attraverso lo studio
di casi omogenei e paradigmatici (index cases). Il Dott. Marco Magnoni
ha presentato il progetto su “Fattori
di rischio e aterosclerosi coronarica”
il cui scopo è quello di generare ipotesi in merito ai fattori protettivi e di
suscettibilità individuali nei confronti
dell’aterosclerosi coronarica stessa. Il
Dott. Michele Senni, infine, ha presentato il progetto scompenso acuto
idiopatico finalizzato a individuare le
cause scatenanti di questi eventi. Innovativo e stimolante è stato l’annuncio da parte della Dott.ssa Alessandra
Chinaglia di una Sezione all’interno
del Sito WEB ANMCO per la discussione di Casi Clinici inusuali e l’incoraggiamento ai Cardiologi presenti a
collegarsi al Sito e a implementare la
discussione interattiva. Il Sito diventerà perciò uno strumento formativo,
uno strumento di aiuto clinico (è
prevista anche la discussione con
esperti) e uno strumento di ricerca.
La seconda parte dell’evento è stata
introdotta dalla relazione del Dott.
Pier Luigi Temporelli che ha parlato
del “Progetto scuola” finalizzato a diffondere tra gli alunni e attraverso di
loro nozioni di educazione sanitaria
per l’adozione di corretti stili di vita.
Il Dott. Roberto Ricci ha poi illustrato l’opuscolo “Manteniamo giovane
il tuo cuore” destinato ai cardiopatici
di età intermedia e avanzata. L’opuscolo, suddiviso in tre parti, fornisce
tra l’altro consigli per una corretta
alimentazione e sull’utilità dell’attività fisica anche negli anziani. Il Dott.
Giuseppe Fradella ha invece illustrato come implementare la cascata
formativa degli RCP e ha delineato
un bilancio di otto anni di attività dal
2001 con un progressivo aumento
dei corsi BLS - D, iniziati in HCF con
il compianto Dott. Franco Valagussa,
e il riconoscimento di questo tipo
di formazione anche da parte delle
Associazioni americane. Il Dott. Gian
Luigi Nicolosi ha parlato dell’HCF
come di uno strumento strategico
utile nel settore della ricerca, nelle
Società Scientifiche, ma soprattutto
nel settore educazionale. Ha invogliato i Cardiologi a collaborare con gli
Amici del Cuore, Associazione presente da tempo nelle scuole e nella
Società con attività che coinvolgono
laici, MMG e volontari. Il Presidente
di CONACuore, Dott. Giovanni
Spinella, ha rimarcato la collaborazione con HCF ed ha ricordato le
attività svolte negli ultimi anni, in
particolare “l’anno del cuore” nel
2004, “le città del cuore”, e il regalo
di due defibrillatori alla Polizia di
Modena. L’evento si è concluso con
gli interventi dei Dottori Francesco
Chiarella e Marino Scherillo. Il primo ha voluto rafforzare l’invito ad
impegnarsi sui progetti di ricerca
presentati e ha sollecitato i presenti
ad a lavorare sin da ora per la riuscita della “Settimana del cuore” nel
2010. Il Dott. Scherillo, infine, ha
sottolineato come accanto ai GISSI
Outliers ci sia la necessità di lavorare
su progetti più tradizionali come il
BLITZ 4 Qualità.
✔
Congress News Daily 2009
Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali”
Comitato di Redazione 2009
Cardiologia negli Ospedali
Editor
Mario Chiatto
Co - Editor
Domenico Gabrielli
Comitato di Redazione
Francesco Maria Bovenzi
Pasquale Caldarola
Massimo Uguccioni
Direttore Responsabile
Gennaro Santoro
Redazione
Simonetta Ricci
Luana Di Fabrizio
E-mail: [email protected]
Progetto Grafico e Impaginazione
Studio Mirannalti
Francesca Borsatto - Treviso
Daria Brogi - Lucca
Stefano Capobianco - Benevento
Manuela Creaco - Sciacca (AG)
Sergio Fasullo - Palermo
Alessandra Mazzoni - Lucca
Leonardo Misuraca - Pisa
Rosa Pecoraro - Pordenone
Vincenza Procaccini - Benevento
Nino Verdoliva - Benevento
Stampa
Tipografia Il Bandino - Firenze
Scarica

7 Giugno 2009