4 ily a D s w e N ss l a i g g O 009 2 o n g 7 giu a c i n e dom co m n a o ress g n o c 40° di Aldo Pietro Maggioni di Leonardo Misuraca Simposio “Gli Studi Clinici dell’ANMCO”: un’altra occasione per diffondere la conoscenza innovativa prodotta dalla nostra attività di ricerca I Lo Studio DYDA L’obiettivo primario dello Studio era di definire la prevalenza della disfunzione ventricolare sinistra ➜ Segue a pag.2 Main Session “Lo Scompenso Cardiaco”: possiamo fare meglio? A i limiti della capienza la Sala Michelangelo, che ha ospitato la Main Session sullo Scompenso Cardiaco, moderata dal Dott. Giuseppe Cacciatore e dal Dott. Maurizio Porcu. Il Dott. di Daria Brogi ➜ Segue a pag.3 di Stefano Capobianco Simposio Congiunto ANMCO / ESC Linee Guida ESC: take home message Figura 1 Michele Senni ha inaugurato la Sessione con una complessa Relazione sull’insufficienza cardiaca acuta, sindrome che nel 10 - 20% dei casi si presenta come prima manifestazione di Scompenso (associata a Fibrillazione Atriale e a Sindrome Coronarica Acuta), nel rimanente 75 - 85% costituisce la riacutizzazione di un quadro cronico. Il Dott. Michele Senni ha posto l’accento sul fatto che, sebbene lo Scompenso acuto sia definito in maniera univoca, il quadro emodinamico è in real- ➜ Segue a pag.4 Dentro al Trial BEAUTIFUL: ovvero quando si cercano le Indie e si trovano le Americhe ➜ Segue a pag.3 Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 1.00 9.00 - 1 helangelo ic Sala M ssion e 0 S .0 9 in IC 2009 Ma 8.00 - helangelo tion UT n e ic v n M o C Sala ia ttia overs .30 Contr g della mala .00 - 10 elleschi n 9 C i T n e o r e r o un Sc nc Sala Br io rica co a n o r o : c s Simpo dite Infettiva r a c o i d l 0 n E .0 estiona 8.00 - 9 nelleschi spetti g a u r B a l l Sa ria o al T 0.30 Dentr 9.00 - 1 nardo o POISE Sala Le io rapia s po ma di te e im t S in i t 0 n .0 iaca me 8.00 - 9 nardo ggiorna izzazione card A o n ro Sala Le rio di resinc rto a a f in n i m l’ l e S 12.30 ento de o: 11.00 - helangelo Trattam opraslivellat ic s Sala M FIC con ST i aperte n o i t s Evento enti della e qu di I docum ione Italiana z 0 a r .0 e 9 d Fe io 8.00 logia irlanda Cardio Sala Gh rio e r a a Semin ione Polmon s n e t r e Ip l 2009 ci porta nuove conoscenze in ambiti clinici cardiovascolari diversi, dalla prevenzione, alle Sindromi Coronariche Acute, allo Scompenso Cardiaco. og Cardiol 14.00 12.30 - helangelo ic Sala M t: h g i l h g sso Hi Congre l i o t t u t inuti in 90 m s s e r g con o e r g Con di mento e l spedali p p O u i l S g e ia n D.N.Pn. perdere Da no le UTIC l e d n o enti • Conv LIGHT • HIGH Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 di Aldo Pietro Maggioni (sistolica e/o diastolica) in pazienti diabetici di tipo 2 che non presentano alla visita clinica di routine alcun segno/sintomo di malattia cardiovascolare. La necessità di conoscere quanti pazienti totalmente asintomatici hanno segni ecocardiografici di disfunzione ventricolare potrebbe consentire la pianificazione di strategie in grado di prevenire la comparsa di una sintomatologia clinica conclamata, situazione che peggiora, in maniera radicale, il decorso clinico di questi soggetti. Sono state raccolte informazioni, da parte di 37 centri diabetologici, in 970 pazienti diabetici di tipo 2, di cui 833 con ecocardiogramma disponibile. La disfunzione ventricolare sinistra è risultata valutabile in 751 pazienti: la prevalenza è risultata essere del 60%. Per i pazienti per i quali è valutabile con affidabilità la presenza di disfunzione sistolica (definita con FE ≤ 50% e/o MFS ≤15%) o diastolica (definita come deceleration time ≤ 140 or 1.5 < E/A < 0.75) la disfunzione sistolica è risultata essere del 21% mentre la disfunzione diastolica è risultata essere del 27%. Nel 12% dei pazienti era presente sia una disfunzione sistolica che diastolica (Figura 1). L’analisi multivariata, che ha tenuto in conto le variabili cliniche, bioumorali, elettrocardiografiche e terapeutiche ha consentito di fare emergere i predittori indipendenti di disfunzione ventricolare sinistra (età avanzata, HbA1c e trigliceridi elevati), sui quali bisognerà orientare gli sforzi di tipo preventivo, sia farmacologici che non farmacologici. Lo Studio, condotto in maniera del tutto indipendente da ANMCO e AMD, ha ricevuto un supporto economico da Sanofi - Aventis. Lo Studio CARDIO - SIS Non è ancora noto in letteratura un atteggiamento più aggressivo in termini di riduzione di pressione arteriosa sistolica si possa accompagnare a un miglioramento di end point fisiopatologici e clinici. Lo Studio CARDIO - SIS ha avuto l’obiettivo di confrontare in soggetti con pressione arteriosa sistolica non controllata (≥ 150mmHg) l’atteggiamento usuale suggerito dalle Linee Guida (una riduzione della pressione sistolica al di sotto di 140mmHg) con un atteggiamento più aggressivo (riduzione sotto i 130mmHg). L’end point primario dello Studio era la percentuale di soggetti con ipertrofia ventricolare sinistra, determinata elettrocardiograficamente, dopo due anni di follow - up. Nessun farmaco specifico veniva proposto dal protocollo di studio, ma, in maniera del tutto ➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA indipendente, i Cardiologi partecipanti potevano utilizzare, a loro giudizio, uno dei farmaci, appartenenti a tutte le classi dei farmaci antiipertensivi, che venivano forniti per condurre lo Studio. Lo Studio ha ricevuto un supporto economico da Boehringer - Ingelheim, Pfizer, Sanofi - Aventis, ed è stato condotto in maniera indipendente da AUCI e ANMCO. Sono stati randomizzati 1.111 pazienti da parte di 44 strutture cardiologiche italiane nell’arco di 24 mesi. L’adesione alla strategia raccomandata dal protocollo ha consentito di differenziare i due gruppi in termini di riduzione della pressione arteriosa. Questa riduzione è stata in grado di determinare una riduzione dell’ipertrofia ventricolare sinistra? Non lo sappiamo ancora, ma i risultati finali di questo Studio saranno presentati al prossimo Congresso Europeo di Cardiologia. Lo Studio CandHeart Lo scompenso cardiaco rimane, in ambito cardiovascolare, la patologia con maggiore impatto socio - sanitario. Anche se il trattamento, negli ultimi anni, si è arricchito di molti farmaci e device efficaci, la mortalità, la morbidità e la qualità di vita rimangono fortemente compromesse. Uno dei farmaci più studiati nello scompenso cardiaco è stato il candesartan all’interno del vasto programma di ricerca CHARM. Questo Studio ha evidenziato la capacità di questo farmaco di migliorare mortalità e morbidità di soggetti con scompenso cardiaco cronico, in particolare di quelli con funzione sistolica depressa. Non ci sono invece sufficienti conoscenze circa la capacità di candesartan di ridurre i livelli circolanti di BNP, che ricerche recenti identificano come il marker bioumorale più affidabile in termini sia diagnostici che prognostici. Lo Studio CandHeart, condotto da Takeda, con l’endorsement dell’ANMCO, ha avuto lo scopo di valutare se un trattamento per 3 mesi con candesartan (titolato fino a 32mg/die) era in grado di ridurre i livelli circolanti di BNP. Altri end point dello Studio erano la valutazione ecocardiografica della struttura e funzione del ventricolo sinistro e il profilo di safety. Sono stati inclusi nello Studio 514 pazienti da parte di 70 centri cardiologici. Anche se il BNP non è risultato essere significativamente diverso nei pazienti trattati per 3 mesi con candesartan rispetto ai controlli, lo Studio ha evidenziato una capacità del farmaco di migliorare significativamente la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, di ridurre i volumi atriali e ventri- colari sinistri. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza lo Studio CandHeart ha confermato quanto già conoscevamo, e che cioè questo tipo di farmaci è generalmente ben tollerato anche in soggetti fragili e poli - trattati come quelli con scompenso cardiaco. Lo Studio IN - ACS Outcome La tradizione dell’ANMCO nel condurre registri nell’ambito delle Sindromi Coronariche Acute (SCA) prosegue con il completamento dello Studio IN - ACS Outcome, supportato economicamente da Sanofi - Aventis e Bristol Meyer Squibb. L’idea molto ambiziosa è stata quella di raccogliere informazioni clinico - epidemiologiche di pazienti che consecutivamente per un anno venivano ricoverati nelle strutture partecipanti. La collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità ha consentito inoltre una verifica diretta sulle SDO della reale consecutività dell’arruolamento dei pazienti. Hanno partecipato allo Studio 38 centri, che hanno inserito nel registro 6045 pazienti dal dicembre 2005 al febbraio 2008. Il follow - up di un anno si è completato nel febbraio 2009. Il primo dato di rilievo che emerge dalla analisi dei dati è la conferma del fatto che la presentazione clinica senza sopraslivellamento del tratto ST è ormai la forma di SCA prevalente (59.3% versus il 40.7% degli STEMI). Il profilo di rischio delle NSTE SCA è risultato essere più elevato che non quello dei pazienti STEMI, anche se la prognosi dei soggetti con STEMI rimane maggiormente compromessa. Sinteticamente qualche dato relativo alla fase ospedaliera ed al follow - up: - la durata della degenza è analoga nelle due presentazioni cliniche (6 giorni di mediana di degenza complessiva, 3 giorni di degenza mediana in UTIC); - la mortalità intraospedaliera è risultata essere del 4.6% per gli STEMI/BBS e del 1.8% per le NSTE SCA, mentre a 30 giorni le mortalità totali erano complessi- Figura 2 vamente del 5.9% e del 3.0%; - i predittori più rilevanti di mortalità a 30 giorni per lo STEMI/ BBS sono risultati essere la classe Killip, la pressione arteriosa, una glicemia elevata (>126 mg/dl); - i predittori più rilevanti di mortalità a 30 giorni per le NSTE SCA sono risultati essere l’età, la pressione arteriosa, una glicemia elevata; - ad un anno di follow-up la mortalità della popolazione totale dello Studio era del 9.4%, 10.8% per gli STEMI/BBS e 8.4% delle NSTE SCA (Figura 2); - l’età, la classe Killip e la pressione arteriosa sono emersi come i predittori più rilevanti di mortalità a 1 anno; - le nuove modalità di definizione dell’IMA hanno fatto si che la diagnosi di angina instabile sia oggi minoritaria; - per quanto riguarda la terapia antiaggregante, che era un oggetto specifico di analisi del protocollo di studio: • la quasi totalità dei pazienti ha ricevuto un trattamento antiaggregante, aspirina in particolare; • la doppia antiaggregazione è stata sottoutilizzata sia negli STEMI che nelle SCA NST ed è stata fortemente influenzata dall’uso delle procedure invasive; • nel corso del follow - up si è assistito a una riduzione rilevante delle prescrizioni alla visita dei 6 mesi; • il relativo elevato uso della ticlopidina è rimasta una peculiarità tipica e unica del nostro paese nel panorama internazionale. Questo Studio pur nella sua difficoltà e impegno di esecuzione, ha confermato che la politica dei Registri e delle Survey, condotta in maniera indipendente dall’ANMCO per oltre 15 anni, continua a essere attuale e necessaria per produrre conoscenze epidemiologiche aggiornate, programmi di miglioramento della qualità delle cure, e per generare ipotesi di ricerca sui bisogni inevasi di popolazioni di pazienti della pratica clinica reale. ✔ di Leonardo Misuraca ➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA di Stefano Capobianco ➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA tà variegato, e ciò ha pesanti implicazioni prognostico - terapeutiche. Le strategie terapeutiche sono ancora in larga parte empiriche, basate su Consensus di esperti e dati osservazionali. Le evidenze a favore di farmaci ampiamente usati, quali inotropi e vasodilatatori, sono discordanti. La brillante Relazione del Dott. Andrea Di Lenarda pone l’inquietante quesito su come aggiungere nuova linfa vitale alla terapia dello Scompenso cronico, che è sostanzialmente ferma da qualche anno. Sarà difficile individuare e testare in tempi brevi nuove molecole, considerato anche il fatto che i dati su nuovi farmaci sono spesso contraddittori. Qualche perplessità suscita anche la terapia di resincronizzazione cardiaca, che ha spesso deluso le aspettative, soprattutto in termini di outcome clinici. D’altra parte, c’è ancora molto da fare nella gestione del paziente scompensato: organizzare adeguati follow - up, migliorare la compliance alla terapia, aumentare il livello di attenzione del paziente a semplici segni clinici (aumento di peso, peggioramento della dispnea), ottimizzare l’utilizzo dei farmaci di comprovata efficacia (su tutti i beta bloccanti). Il Dott. Gianfranco Misuraca ha quindi affrontato, con grande chiarezza espositiva, il complesso tema del peso delle comorbidità nel paziente con insufficienza cardiaca, iniziando con un forte “assioma”: il soggetto scompensato è per definizione un paziente con comorbidità. Anemia, insufficienza renale cronica, BPCO, diabete e, last but not least, deficit cognitivi peggiorano gravemente la prognosi, aumentano gli effetti collaterali dei farmaci cardioattivi, creano interazioni farmacologiche con conseguente sottoutilizzo della terapia antiscompenso. Un esempio paradigmatico è il basso uso di beta bloccanti nella BPCO, farmaci che trovano in effetti chiara controindicazione solo in caso di asma bronchiale. È drammatico come il SSN offra scarsa continuità assistenziale al paziente scompensato, soprattutto se si tiene conto che tale patologia è la prima causa di ospedalizzazione dopo il parto vaginale. I costi gravosi di nuovi ricoveri da riacutizzazione potrebbero essere abbattuti seguendo il paziente sul territorio. Infine, conclude il Dott. Gianfranco Misuraca, è basilare la comunicazione con il paziente dimesso: le spiegazioni circa l’uso dei farmaci, i possibili effetti collaterali e i sintomi d’allarme vanno elargiti generosamente. Completa e complessa la Relazione del Dott. Fabrizio Oliva, dal titolo “Scompenso Cardiaco refrattario: opzioni terapeutiche”, che si addentra nell’utilizzo dei dispositivi di assistenza ventricolare, degli inotropi, della terapia elettrica, cioè tutti quei presidi di sostegno a un paziente avanzato e “difficile”, la cui terapia è spesso solo palliativa. I dati, in questo ambito, sono sostanzialmente non - evidence based. A tal proposito è significativo ricordare che l’impianto di defibrillatore in pazienti in stage D non influenza la sopravvivenza, ma tutt’al più modifica la modalità di decesso. Il gold standard di pazienti così impegnati resta il trapianto cardiaco. La Sessione è giunta al termine con la Relazione sul “Coinvolgimento del territorio nel disease management”. Il Dott. Vincenzo Cirrincione ha giustamente sottolineato come il paziente scompensato deve essere seguito anche (e forse soprattutto) dopo la dimissione ospedaliera. A tal fine, sono necessari il dialogo costante tra Cardiologo e Medico di Medicina Generale e l’attuazione di una politica sanitaria territoriale che implementi, a livello locale, i programmi di diagnosi e cura delle malattie croniche. ✔ S ala gremita per questo “Focus On” di un’ora dedicato al Trial Beautiful, che riapre la discussione su un attraente quanto a volte trascurato aspetto fisiopatologico: la modulazione della frequenza cardiaca come target terapeutico. È stata testata l’efficacia dell’Ivabradina in pazienti con coronaropatia aterosclerotica documentata e disfunzione ventricolare sinistra (FE<40%) rispetto a due endpoint. Il Primario, di tipo clinico, comprendeva morte cardiovascolare, ospedalizzazione per IMA o HF, e il secondario, di stampo fisiopatologico, che valutava tutti gli elementi che componevano l’endpoint primario nella popolazione generale (FC maggiore o uguale a 60 BPM) e in quei pazienti che avevano una frequenza cardiaca basale maggiore o uguale a 70 Bpm. Il farmaco si rivelava efficace nel ridurre la frequenza cardiaca media (Figura 1), ma nessun elemento dell’endpoint primario veniva raggiunto (Figura 2). Si rivelava invece efficace nel ridurre gli eventi d’ospedalizzazione per IMA e di necessità di rivascolarizzazione nel gruppo precostituito di pazienti con frequenza maggiore di 70 Bpm (Figura 3). Risultati alquanto deludenti, ma un trial, come precisa il Prof. Claudio Rapezzi, anche quando negativo ha sempre molto da insegnare. Ed è proprio il Professor Rapezzi a mostrare l‘aspetto “luminoso” di questo trial: il vantaggio, in termini prognostici e - udite! udite! - osservato proprio nel braccio Placebo (cosa centra allora la povera Ivabradina?), di quel sottogruppo di pazienti con frequenza cardiaca al di sotto del “Cut Off”di 70 Bpm (Figura 4). Pane al pane, vino al vino: in questi pazienti, coronaropatici e con disfunzione ventricolare paucisintomatica, abbiamo il dovere di abbassare la frequenza cardiaca, non importa come! Chi è, allora, il reale protagonista di questo trial? L’ivabradina o il parametro frequenza cardiaca? Una cosa è certa: lo Studio Beautiful, pur non volendo, conferisce alla frequenza cardiaca un “avanzamento di grado”: da semplice e noto descrittore di outcome, diventa un elemento su cui prendere decisioni, un vero e proprio bersaglio terapeutico, in quanto è solo l’abbassamento della stessa al di sotto di 70 Bpm a raggiungere gli endpoint clinici primari. L’Ivabradina raggiunge solo parte degli endpoint secondari: riduce il rischio di ospedalizzazione per IMA e la necessità di rivascolarizzazione, solo a patto che riesca a portare la frequenza cardiaca (ancora lei!) al di sotto di 70 Bpm. Ma, visto che questi pazienti al momento dell’arruolamento ricevevano tutti una terapia beta bloccante sottodosata, perché non raggiungere un più elevato grado di bradicardizzazione mediante l’utilizzo adeguato di tali presidi già validati? Perché cercare il “nuovo” quando usiamo male il “vecchio”? E poi, in fondo, anche Cristoforo Colombo, cercando ciò che si aspettava di trovare, finì per scovare ciò che nessuno aveva mai visto, ma che era là da sempre. ✔ Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 Dentro al Trial BEAUTIFUL: ovvero quando si cercano le Indie e si trovano le Americhe di Daria Brogi ➜ Segue DaLLA PRIMA PAGINA Simposio Congiunto ANMCO - ESC Linee Guida ESC: take home message Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 P osti in piedi in Sala Michelangelo nella speranza di uscire da qui con tutte le risposte alle nostre quotidiane incertezze ma con l’amara consapevolezza che purtroppo neanche le Linee Guida Europee riusciranno a contemplare tutte le problematiche uniche e peculiari del singolo paziente che ci apprestiamo a curare. “Portare la società a chi la fa”. Condividere, divulgare e implementare è lo spirito di questo Simposio fortemente voluto dalla Società Europea di Cardiologia di cui il Presidente, Prof. Roberto Ferrari, ha presentato le principali attività, risultati e - non ultime - iniziative umanitarie. Spazio logistico e temporale esiguo per poter affrontare gli argomenti più caldi della Cardiologia: embolia polmonare, infarto miocardico con ST sopraslivellato, insufficienza cardiaca e prevenzione cardiovascolare. Così relatori esperti e partecipanti attenti hanno affrontato nelle rela- zioni e nelle discussioni i punti più salienti fornendo utilissimi “take home message”. A livello europeo siamo stati sicuramente “ascoltati” per quanto riguarda la stesura delle recenti Linee Guida sull’embolia polmonare; come già commentato nel 2001 sull’Italian Heart Journal alla presentazione della precedente edizione, “la gravità dell’embolia polmonare deve essere valutata sulla base del rischio individuale di mortalità precoce piuttosto che sul coinvolgimento anatomico, la dimensione e la distribuzione degli emboli polmonari”. Sostituiti quindi i termini potenzialmente fuorvianti di embolia polmonare massiva, submassiva e non massiva con il livello stimato di rischio di mortalità precoce alto o non alto (cioè intermedio o basso sulla base di fattori biochimici o di imaging di disfunzione ventricolare destra o di danno miocardio). High touch, high tech devono trovare il giusto grado di convivenza come take home message di questa Sessione: ci vuole “high touch per formulare il sospetto clinico, per individuare i casi critici ed escludere altre diagnosi e per indirizzare la terapia adeguata; high tech per stratificare il rischio e per applicare la terapia più adeguata. Alcuni i punti di criticità affrontati nella relazione relativa all’infarto miocardio acuto; in primo luogo l’importanza della diagnosi precoce (chi deve leggere l’ECG?) e del garantire la più appropriata strategia di riperfusione per l’area geografica in cui ci troviamo ad operare a mezzo di una rete per l’infarto che deve essere istituzionalmente predefinita e codificata. Importante inoltre ottimizzare la terapia antitrombotica, garantire l’angiografia a chi non è stato sottoposto a PCI primaria e, non ultimo per importanza, implementare le strategie di prevenzione secondaria. Ampia la relazione sullo scompenso cardiaco con puntualizzazioni sulla forma diastolica e sull’utilizzo di indicatori prognostici quali gli indici di funzionalità renale, la natriemia, il movimento della troponina e il BNP; completa poi l’esposizione sul trattamento della forma cronica e acuta di una patologia così tanto complessa per il Cardiologo. Il Simposio si è quindi concluso con la presentazione delle ultime Linee Guida disponibili sul tema della prevenzione. Non è superfluo ricordare come le malattie cardiovascolari siano la principale causa di morte prematura in Europa, una importante causa di disabilità e che l’insorgenza di tali patologie sia fortemente correlata allo stile di vita ed a fattori di rischio modificabili sui quali dobbiamo necessariamente agire. Utile per i presenti la puntualizzazione sui fattori di rischio emergenti ed il messaggio conclusivo che da domani ci farà prestare più attenzione alle nostre pazienti poiché “le donne sono svantaggiate in tutte le fasi delle malattie cardiovascolari”! ✔ di Alessandra Mazzoni Seminario “L’arresto cardiaco extraospedaliero” U n tema caro a tutti coloro che si occupano dell’aria emergenza - urgenza è stato dibattuto in Sala Brunelleschi. Le tre relazioni che si sono susseguite hanno esposto gli aspetti scientifici e pratici della rianimazione cardiopolmonare che deve resuscitare la vittima di un arresto cardiocircolatorio occorso in un ambito extraospedaliero. La prima relazione ha visto impegnata la Dottoressa Serena Rakar nell’illustrare le attuali Linee - Guida ILCOR, in particolare la relatrice ha focalizzato le differenze tra le precedenti Linee - Guida del 2002 rispetto a quelle del 2005, fornendo una chiara anticipazione delle future che saranno in vigore dal 2010. In questo ampio scenario si conferma l’importanza del massaggio cardiaco esterno senza la ricerca del punto di repere e minimizzando ogni possibile interruzione, anche a discapito delle insufflazioni che diverranno solo “passive” (12 - 15 l di O2/min in maschera): anche la strategia del singolo shock elettrico, erogato ogni due minuti di RCP (Rianimazione Cardio - Polmonare), in caso di ritmo defibrillabile (FV o TV senza polso) contribuisce a rendere più efficaci le compressioni che devono avere una frequenza di 100 al minuto e devono determinare uno Layout 1 23-04-2009 16:23 Pagina spostamento della gabbia toracica di 4 - 5 cm. Per quanto riguarda i farmaci l’Adrenalina, pur restando in classe indeterminata, deve essere somministrata il prima possibile ed alternata all’Amiodarone in caso di FV refrattaria. L’intubazione oro - tracheale viene invece riservata ad i ritmi non defibrillabili (asistolia o attività elettrica senza polso) o agli arresti prolungati. A seguire il Dottor Tommaso Pellis ha intrattenuto sul valore positivo dell’ipotermia moderata (32 - 34° C) che riesce a preservare le funzioni cerebrali diminuendo lo stress ossidativo e l’acidosi che sono alla base dell’apoptosi. Per il raggiungimento di questo obiettivo è possibile utilizzare diversi metodi: dagli impacchi ghiacciati, alle placche che in maniera automatizzata raffreddano il corpo del Paziente, dall’infusione di liquidi freddi (2 l in 30 min.), ai più moderni “Icy Catheters”. Infine il Dottor Maurizio Marzegalli ha evidenziato come la disfunzione miocardica post - arresto sia assimilabile ad un fenomeno di stunning temporaneo e reversibile, mantenendo sempre come punto cardine del problema l’inizio immediato di una buona e corretta RCP e la valutazione complessiva del Paziente in arresto che può presentare diverse patologie sotto1 ✔ stanti l’arresto stesso. Rivascolarizzazione miocardica: quale approccio per quale paziente N ell’interessante Simposio che si è tenuto in Sala Brunelleschi, i moderatori ed i vari relatori hanno affrontato un argomento in cui ci sono poche luci e ancora tante ombre. Il paziente diabetico, come ben noto, ha spesso una prognosi peggiore in termini di mortalità rispetto al non diabetico; ciò è spiegabile dalla presenza di malattia coronarica trivasale, comorbilità ed un alterato assetto trombogenico, generalmente più spiccato, e che si associa ad una minore sensibilità agli agenti antiaggreganti. Dai vari studi e metanalisi emerge che il BPAC si associa a migliori risultati, anche se questo può essere complicato da maggiore incidenza di stroke. I pazienti trattati con procedura percutanea, invece, ottengono migliori risultati se viene posizionato un DES piuttosto che un BMS, Le rivascolarizzazioni ripetute pesano molto sulla morbilità. Il paziente anziano, è sempre più presente nelle corsie dei nostri ospedali e, di solito, presenta un quadro generale più complesso, determinato dal suo stato funzionale e dalla presenza di comorbilità. Una valutazione accurata è indispensabile nella corretta gestione del paziente volta alla efficacia del trattamento e alla prevenzione delle complicanze. Queste ultime purtroppo sono molto frequenti e peggiorano decisamente la prognosi, basti pensare alla nefropatia da contrasto, alle complicanze vascolari e ai sanguinamenti maggiori. Nel paziente multivasale è meglio una rivascolarizzazione coronarica completa o il trattamento della sola lesione culprit? Questa è una difficile domanda anche perchè non esistono molti dati in letteratura. Meglio affrontare il problema suddividendo la popolazione nei diversi scenari di presentazione clinica: la malattia trivasale si trova nel 50% dei pazienti con angina stabile, nel 45% di quelli con SCA non ST elevate e nel 40 - 65% dei pazienti con STEMI. L’atteggiamento più corretto appare quello dettato da una corretta valutazione del paziente e dell’appropriatezza della rivascolarizzazione. Nell’angina stabile si preferisce trattare le lesioni che determinano ischemia, nelle SCA non ST elevate si tende a trattare il vaso culprit e, laddove possibile anche le lesioni su altri vasi; nello STEMI il consiglio delle Linee Guida, è di rivascolarizzare solo la “culprit” estendendo la rivascolarizzazione a tutti i vasi solo per pazienti in shock cardiogeno o con grave compromissione emodinamica. Alcuni studi evidenziano un beneficio dal trattamento plurivasale, gravato però da un aumento dei costi e dalla necessità di procedure ripetute. Il trattamento del TC resta ancora dibattuto, lo studio SYNTAX non ha dichiarato la superiorità del BPAC. In particolare bisogna porre attenzione sul rischio del paziente stimato da scores di rischio, e da questi dati si può dire che per pazienti a basso rischio con lesioni del TC non complicate la PCI con stent offre una buona alternativa al bypass aorto - coronarico. Il problema che rimane sono le procedure ripetute. ✔ Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 di Manuela Creaco di Rosa Pecoraro Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 Intervista al Dott. Giuseppe Di Pasquale, Presidente FIC D ott. Di Pasquale, in qualità di Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia, quali sono gli obiettivi finora raggiunti dalla Federazione e i progetti ancora da realizzare? Gli obiettivi della Federazione Italiana di Cardiologia comprendono gli obiettivi congiunti sanciti nello Statuto da ANMCO e SIC e sono i seguenti: - referenza unitaria nei confronti della Società Europea di Cardiologia; - referenza unitaria nei confronti delle Istituzioni; - coinvolgimento delle strutture ospedaliere nella formazione cardiologica. Per quanto riguarda i rapporti con la Società Scientifica di riferimento in ambito europeo, ovvero l’ESC, esistono al momento dei referenti unitari che rappresentano interlocutori di riferimento con la Società Europea di Cardiologia, con un referente unitario per ogni Working Group o Association. La volontà di rendere unitari i rapporti con le Istituzioni in ambito Nazionale è testimoniata dal Documento di Struttura e organizzazione funzionale della Cardiologia presente nel supplemento del numero del Giornale Italiano di Cardiologia presente nel nostro kit congressuale che, a differenza di quanto avvenuto nel 2003, ha visto per la sua stesura il coinvolgimento fin dall’inizio dell’intera comunità cardiologica nazionale (territorio, ospedalità privata accreditata e Società Cardiologiche di Settore). Un’esigenza fondamentale è rappresentata inoltre dalla necessità che ogni Regione abbia un referente unitario nei confronti degli Assessori regionali, rappre- sentati nella fattispecie dal Presidente Regionale di ANMCO e SIC, con l’eventuale coinvolgimento del delegato specifico (GISE, AIAC, ecc) per tematiche di interesse ultraspecialistico. Mentre i primi due obiettivi sono già in buona fase di realizzazione, un impegno ulteriore è necessario per la realizzazione del coinvolgimento delle strutture ospedaliere nella formazione specialistica. Quale ritiene sia attualmente il reale grado di integrazione tra le Società Scientifiche e le Istituzioni a livello nazionale e a livello regionale? Mentre a livello nazionale possiamo osservare un buon grado di integrazione, la situazione a livello regionale è ancora molto disomogenea, in quanto ancora troppo legata a rapporti di tipo personale, più che istituzionale e a differenti interessi locali tra Aziende Ospedaliere ed Università. È necessario pertanto un ulteriore processo di unificazione dei percorsi e delle relazioni con le Istituzioni. La necessità di unificazione in ambito societario richiama anche la necessità di unificazione clinica del Cardiologo che rischia altrimenti di veder frammentata in sub - specializzazioni la propria professionalità? Le attuali modifiche di progettazione in ambito sanitario presentano il rischio di frammentare la Cardiologia. Per evitare ciò è fondamentale aumentare il peso delle varie Società all’interno della Federazione, integrandole sempre di più a livello direttivo ed istituzionale, come è stato fatto ad esempio per il Documento di Struttura e organizzazione funzionale della Cardiologia. Cosa suggerirebbe ad un Cardiologo che si accinga ad intraprendere la propria carriera professionale nel contesto odierno? Gli consiglierei di spendere i primi anni della formazione clinica in UTIC e di decidere di fare il Cardiologo, e non già l’Emodinamista, l’Elettrofisiologo, ecc. È necessario infatti essere prima formati come clinici ed essere in grado di porre le indicazioni corrette alle eventuali procedure, evitando così il rischio di divenire dei tecnici “esecutori” di procedure indicate da altri, perdendo autorevolezza nella diagnosi e nella gestione del paziente. Il Cardiologo odierno inoltre deve possedere anche una formazione di tipo internistico, per poter gestire le comorbidità (saper gestire la ventilazione, l’ultrafiltrazione, la terapia del diabete, ecc.) senza essere un mero “richiedente di consulenze”. La preparazione clinica di base non può poi prescindere ad esempio da una corretta interpretazione dell’elettrocardiogramma. È per questo che abbiamo già organizzato in alcune Regioni (Emilia Romagna, Puglia e Sicilia) dei corsi di elettrocardiografia clinica rivolti a giovani specialisti, provocatoriamente presentati come “nuova metodica in Cardiologia” per rinnovare l’entusiasmo per una metodica tradizionale quanto indispensabile. Questo tipo di formazione si rende ancor più necessaria ad esempio nei casi in cui vi sia separazione istituzionale dei Laboratori di Emodinamica dai Dipartimenti con Cardiologia. È inoltre necessario potenziare la continuità assistenziale tra Cardiologia e territorio, superando il concetto di UTIC come staccata dal contesto territoriale e migliorando l’interfaccia con i Medici di Medicina Generale, come già attuato in alcune realtà locali. Quali prevede possano essere le prospettive future per l’attività della Federazione Italiana di Cardiologia? Al momento la volontà congiunta di ANMCO e SIC non prevede ulteriore ampliamento degli obiettivi citati in precedenza, tuttavia ritengo che nei progetti della Federazione sia fondamentale la necessità di contestualizzare le Linee Guida internazionali alle realtà locali. Se da un lato la scelta di non formulare delle Linee Guida nazionali ma di riferirci alle Linee Guida già formulate dalla Società Europea di Cardiologia consente una maggiore uniformità di trattamento, è peraltro necessario contestualizzarne l’applicabilità nelle realtà locali con particolari peculiarità organizzative. A questo proposito basti pensare ad esempio alla formulazione di position paper sulla profilassi antibiotica dell’endocardite infettiva, nuovo imaging coronarico, biopsia endomiocardica e sulle sostituzioni valvolari aortiche percutanee. Un altro obiettivo futuro sarà la creazione di un’interfaccia unitaria nei confronti dei mass media. Vi è infatti il rischio che le novità scientifiche comunicate direttamente agli strumenti di informazione di massa possano produrre messaggi fuorvianti alla popolazione. È pertanto necessario presentarsi come portavoce unitario che possa ridurre il rischio di diffusione di messaggi misleading ai mezzi di informazione e possa fornire un’interpretazione equilibrata, corretta ed unitaria del✔ le informazioni scientifiche. di Francesca Borsatto Intervista al Dott. Gianfranco Sinagra Q uella che doveva essere una semplice intervista si è trasformata in un piacevole incontro grazie alla grande disponibilità e cortesia del Prof. Gianfranco Sinagra che ha risposto in maniera esauriente e sintetica alle domande di una giovane futura cardiologa. Prof. Sinagra, dal suo punto di vista, quali sono i risultati principali e le novità emerse dal Candheart, di cui è stato Chairman, uno Studio che si proponeva di valutare l’effetto del Candesartan in pazienti con scompenso cardiaco cronico sui livelli plasmatici di BNP? E quali sono gli effetti sugli altri markers dosati, riconosciuti come indici prognostici indipendenti? Lo Studio ha confermato la relazione già nota fra i livelli di BNP e la geometria e funzione ventricolare sinistra. Il trattamento condotto per 12 settimane di Candesartan, incrementato fino al dosaggio di 32 mg al giorno, in aggiunta alla terapia ottimale dello scompenso così come raccomandato dalle Linee Guida, non ha significativamente modificato i livelli circolanti di BNP. Per quanto riguarda gli altri marker studiati, è emerso dallo Studio un dato relativo ad una riduzione significativa della concentrazione di aldosterone che merita di essere rivalutato e meditato. Quali meccanismi fisiopatologici pensa siano alla base di tali risultati? Per quanto riguarda la mancata riduzione significativa del BNP è possibile che in questa esperienza del Candheart ci si sia confrontati con pazienti che avevano già un completo e significativo antagonismo neuro - ormonale che può aver condizionato i margini ulteriori di una riduzione significativa del neurormone. Quali sono le più immediate ripercussioni nella pratica clinica dei risultati di questo Studio? Emerge dallo Studio l’evidenza che un antagonismo neuro - ormonale completo e globale, che si è realizzato in oltre il 90% dei pazienti randomizzati a Candesartan, ha ulteriormente contribuito al miglioramento di funzione ventricolare sinistra e riduzione dei diametri ventricolari. Ciò suggerisce che vi sono probabilmente, in sottogruppi selezionati di pazienti, i margini per un’ottimizzazione terapeutica che possa giovare in termini di funzione ventricolare. Lo Studio ha infine confermato che, pur in presenza di pazienti per oltre il 90% ACE - inibiti e beta - bloccati e per il 30% trattati con antialdosteronico, il profilo di sicurezza del Candesartan è stato molto buono; i casi osservati di iperpotassiemia e insufficienza renale acuta sono stati globalmente 4. Altra immediata ripercussione dello Studio è il convincimento che la comunità scientifica dovrebbe far proprio che i farmaci vanno utilizzati in qualità e dosi adeguate, così come suggerito dagli Studi clinici controllati e dalle raccomandazioni e Linee Guida internazionali. Rispetto a questo obiettivo non si deve mai sfuggire la necessità di personalizzare: gestire pazienti anziani e con multiple comorbilità vuol dire in genere gestire pazienti non necessariamente arruolati nei grandi trial. In questo Studio, si è dimostrato che pur partendo da un profilo di comorbidità relativamente favorevole (il 40% dei soggetti era ultrasettantenne) la triplice terapia con ACE - inibitore, beta - bloccante e sartano può essere ben tollerata. Tutto queste considerazioni inducono il professionista ad una rivalutazione critica costante delle proprie scelte cliniche. Quali sono secondo lei i campi di interesse in cui la ricerca cardiologica dovrà investire maggiormente nei prossimi anni? Penso che nell’ambito dello scompenso cardiaco la ricerca debba andare verso un utilizzo al meglio di ciò di cui disponiamo, quindi qualità e dosi appropriate di farmaci, e verso una implementazione delle modalità di gestione dei pazienti, tra cui anche il controllo remoto e l’utilizzo di tecnologie più o meno sofisticate fornite dalla telemedicina. Infine mi pare che emerga sempre importante la percezione che i profili di espressione genica e le caratterizzazioni genetiche dei malati possono in qualche modo identificare sottogruppi di soggetti che rispondono in maniera specifica ad alcuni farmaci piuttosto che ad altri. Grazie di nuovo per la disponibi✔ lità e la chiarezza… Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 Le novità emerse dallo Studio CANDHEART di Sergio Fasullo Il paziente con Scompenso Cardiaco e Fibrillazione Atriale Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 I eri alle 10.00 nella Sala Brunelleschi si è tenuta la Controversia sempre attuale sull’argomento “Il paziente con Scompenso in Fibrillazione Atriale: controllo della frequenza o del ritmo”. La Sessione è iniziata con la verifica sull’orientamento dei partecipanti sul tema. L’auditorio si è espresso favorevolmente sulla strategia del controllo della frequenza. Lo stesso verdetto si è avuto alla fine della Sessione. Questo a significare che il propendere verso la strategia controllo frequenza non è una resa ma una scelta accettabile supportata da tanti dati clinici. La presentazione dell’incontro ha avuto come Moderatori il Dott. Francesco Clemenza e il Dott. Giuseppe Vergara che hanno vivacizzato la Controversia sul tema. Il Prof. Luigi Padeletti ha relazionato, in maniera divertente ma nel contempo incisiva e ben strutturata, sul controllo della frequenza nei pazienti con Scompenso in Fibrillazione Atriale. Nelle sue parole ha diverse volte precisato come non solo le due entità patologiche sono le nuove epidemie del millennio (citando Braunwald) ma che l’interazione delle due condizioni crea un circolo vizioso: congestive heart failure promoting the development of atrial fibrillation and vice versa (CHF promotes AF and AF worsens CHF). Quindi quando il gruppo dei pazienti con Scompenso Cardiaco sviluppa la Fibrillazione, la prognosi cambia notevolmente in peggio (questo ci dicono gli Studi e i Registri). In aiuto ultimamente è uscito lo studio AFFIRM che ha sancito che le due strategie terapeutiche (controllo della frequenza o del ritmo) hanno equivalent outcomes. L’altra Relazione del Dott. Claudio Pandozi ha focalizzato l’attenzione sui nuovi approcci terapeutici invasivi (come l’ablazione transcatere con isolamento delle vene polmonari) nel trattare i pazienti con fibrillazione atriale e scompenso con l’obiettivo di ripristinare il ritmo sinusale. Ha ribadito con l’ausilio esperienze di alcuni centri che il controllo del ritmo sinusale (soprattutto in quei pazienti dove sono insorti effetti collaterali da farmaci antiaritmici: anche l’amiodarone not an innocent drug!) è superiore al controllo della frequenza nei termini di riduzione dei sintomi, di aumento della funzione cardiaca e della tolleranza allo sforzo. Si è visto che in una successiva analisi dello studio AFFIRM la presenza del ritmo sinusale era associata a significativa riduzione del rischio di mortalità, mentre l’uso di antiaritmici aveva un effetto opposto. Nei pazienti con sola fibrillazione atriale o scompenso lo sviluppo della seconda condizione influenza in maniera peggiorativa la prognosi, per tale motivo ci si orienta verso un approccio più aggressivo in popolazione. Però in atto non ci sono studi randomizzati sull’argomento “ablazione nei pazienti con scompenso e fibrillazione”. Concludo questo articoletto con la citazione del Prof. Padaletti: Il Buonsenso, che già fu capo - scuola,ora in parecchie scuole è morto affatto; la Scienza, sua diletta figliola l’uccise per veder com’era fatto. (Giuseppe Giusti) ✔ 5 Terenzio e r a v o r t oi u p o l o er m u n o E N m I i L s s N o Il pr solo O i ponibil dis Eventi on line di Sebastiano Verdoliva Paziente in doppia antiaggregazione: il difficile compito della gestione clinica e chirurgica no all’interferenza farmacologica dell’associazione tra Clopidogrel e PP I che tanto sta appassionando e angosciando i clinici. Attraverso un breve excursus di lavori recentissimi è stata più volte ribadita che ad oggi la gastroprotezione in pazienti che assumono clopidogrel deve essere effettuata con gli Anti H2. Di notevole difficoltà è l’approccio del paziente in duplice antiaggregazione alla chirurgia. Il Dott. Alessandro Pani ha affrontato la problematica della chirurgia non cardiaca ed ha trasmesso come messaggio principale che il timing chirurgico è fondamentale negli interventi differibili, come dimostrato dall’alta mortalità per interventi eseguiti nelle fasi precoci ad un evento cardiaco. Inoltre ha sottolineato la necessità di sospendere il clopidogrel dato l’elevato rischio emorragico a cui si espone il paziente, tenendo in considerazione che negli intervanti di chirurgia non elettivi ma comunque differibili bisogna valutare caso per caso il rischio emorragico e quello trombotico. Da precisare tuttavia che l’aumento del rischio emorragi- Maurits Cornelis Escher, Relatività, 1953 co perioperatorio non si traduce in un aumento di mortalità chirurgica, eccetto nella neuro chirurgia in cui in alcuni sottogruppi di interventi si impone anche la sospensione dell’ASA. L’attenzione si è, infine, spostata sulla chirurgia cardiaca affrontata con chiarezza dal Dott. Luigi Piazza il quale partendo dalle Linee Guida della Società Europea di Cardiochirurgia ha evidenziato la necessità anche per la chirurgia cardiaca di sospendere il Clopidogrel da 5 - 7 giorni prima dell’intervento, con un rischio accettabile di IMA (circa 1%). Infine un ultimo accenno del Dott. Piazza alla chirurgia cardiaca urgente in cui ha descritto una serie di consigli che prevedono l’uso di tecniche off - pump, un’accurata emostasi, l’uso di acido Tranexamico e l’ottimizzazione della funzione piastrinica con trasfusione di piastrine. A chiudere la Sessione, un acceso dibattito che ha evidenziato le poche certezze nella gestione del paziente in doppia antiaggregazione, in cui emerge la necessità di un trattamento individualizzato. ✔ Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 N ella Sala Michelangelo si è tenuto il tanto atteso Seminario sulla gestione clinica del paziente in doppia antiaggregazione che ha visto come moderatori il Dott. Alfredo Marchese e il Dott. Giovanni Maria Santoro. È stato molto interessante, vissuto con molta partecipazione ed attenzione data la spinosa problematica discussa. La Sessione si è aperta con l’intervento del Dott. Andrea Rubboli che ha cercato di mettere a disposizione la sua esperienza clinica e scientifica al servizio della platea discutendo le ultime novità in tema di duplice antiaggregazione in pazienti con TAO. Ha chiarito innanzitutto che il rischio di emorragie maggiori di questi pazienti appare non significativo per trattamenti a breve termine (30 giorni); di qui si incoraggia i Cardiologi interventisti all’utilizzo BMS. Il profilo di rischio emorragico appare notevolmente influenzato dal target di INR, come dimostrato in diversi studi da lui citati, per cui ha sottolineato la necessità di mantenere un target di INR ai limiti bassi del range. Infine un accen- Session 2009 1. Main NTION UTIC ella CONVE eening d TC” r c S “ ia n coro rovers 2. Cont ia coronarica co malatt OISE l Trial P a o r t n 3. De di Cinzia Procaccini Stenosi Aortica nell’anziano: le opzioni terapeutiche nel 2009 Congress news daily domenica 7 giugno 2009 ➜ LEGGI ON LINE www.anmco.it/congressToday2009 “ 10 Scelte condivise sempre”. È questo il messaggio scaturito dal Seminario sulle più moderne possibilità di sostituzione valvolare aortica per i pazienti ultraottantenni, argomento che suscita non di rado polemiche e contrapposizioni tra i Cardiologi interventisti entusiasti sostenitori delle metodiche di impianto percutaneo di protesi valvolari, ed i cardiochirurghi dall’atteggiamento più conservativo legati alla tradizionale e ben consolidata tecnica di sostituzione valvolare chirurgica tradizionale. Ad introdurre l’argomento è il Dott. A. B. Ramondo Direttore del Reparto di Cardiologia dell’Ospedale di Padova, unico centro in Italia insieme con quello di Catania ad effettuare questo innovativo tipo di intervento, con un’esauriente descrizione del tipo di valvole e delle modalità di impianto attualmente utilizzate, delle indicazioni alla procedura e dei principali studi attualmente disponibili in letteratura sull’argomento. Le valvole per impianto percutaneo sono di due tipi: la Core - Valve in pericardio porcino, autoespandibile e la Edwards non autoespandibile, in pericardio bovino. Due le modalità di accesso possibili: 1) mediante approccio transfemorale, 2) mediante approccio transapicale attraverso il tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Controindicazioni alla metodica sono tutte le situazioni che impediscono in un caso l’accesso all’arteria femorale (calcificazioni, tortuosità dell’asse iliaco - femorale, by - pass iliaco - femorale, aorta a porcellana, presenza di stenosi o calcificazioni dell’aorta) e al tratto di efflusso del ventricolo sinistro nell’altro (aneurisma ventricolare, calcificazioni pericardiche, pregressa aneurismectomia ventricolare). La mortalità di questo tipo di intervento risulta del 2.5% a 24 ore e del 10% ad un mese con una sopravvivenza dell’82%. Attualmente vengono indirizzati a questo tipo di intervento i pazienti riconosciuti come non candidabili, per l’elevato profilo di rischio, all’intervento di sostituzione valvolare e che rappresentano circa il 30% dei pazienti con stenosi aortica severa. Ma siamo sicuri che i pazienti che attualmente non vengono inviati ad interventi di sostituzione valvolare chirurgica siano da considerare effettivamente ad alto rischio? In altre parole, abbiamo a disposizione dei criteri di valutazione affidabili nella selezione dei pazienti da sottoporre ad intervento cardiochirurgico? A sollevare il dubbio è il Dott. Cassese del Dipartimento di Cardiochirurgia dell’Ospedale S. Anna di Catanzaro che sottolinea come la capacità predittiva degli score utilizzati per il calcolo del rischio cardiochi- rurgico (Euro - score ed STS) sia ridotta, come emerge da un lavoro pubblicato sul Jounal of thoracic and cardiovascular surgery del 2008 che mostra come la mortalità in 1.500 pazienti ad alto rischio sottoposti a sostituzione valvolare aortica dal 1996 al 2006 sia stata del 7% a fronte di una mortalità prevista dall’Euroscore del 17%. Una delle ragioni di questa discrepanza risiede nel fatto che gli score di rischio sono elaborati sulla base di modelli matematici che permettono di dare delle valutazioni standardizzate ma non individualizzate. Per di più non tutte le variabili che contribuiscono a definire lo stato di salute generale del paziente ed a fornire ulteriori indicazioni sull’opportunità di un intervento chirurgico, vengono prese in considerazione dagli score; è il caso del deterioramento cognitivo, della storia familiare di longevità o del livello di attività fisica. D’altra parte, continua il Dott. Cassese negli ultimi anni la tecnica chirurgica tradizionale ha elaborato strategie peri - operatorie quali l’estubazione e la mobilizzazione precoci dopo l’intervento, la riduzione dell’uso di antibiotici nefrotossici, la rimozione rapida di cateteri venosi centrali, che hanno consentito di ridurre fino a dimezzare la mortalità postoperatoria come dimostra il database nazionale dell’STS. Tenendo conto di questi risultati, si è visto come circa il 20% dei pazienti sottoposti ad impianto percutaneo, sarebbero in realtà candidabili alla sostituzione valvolare, soprattutto in considerazione del fatto che non esistono ancora dati sull’andamento a lungo termine dei pazienti trattati per via percutanea. Due per tanto gli atteggiamenti prevalenti nei confronti delle nuove metodiche di trattamento della stenosi aortica nell’anziano: da un lato l’entusiasmo verso la sperimentazione ed il potenziamento delle nuove proposte terapeutiche e dall’altro l’intento più conservativo di continuare sulla strada sicura di metodiche di comprovata affidabilità. In questo contesto si inserisce l’appello al buon senso clinico del Dott. Vitali Direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia del gruppo Humanitas di Milano, che nel suo intervento invita a non considerare la sostituzione percutanea come competitiva rispetto alla cardiochirurgia, ma come un’opportunità in più nel trattamento della stenosi aortica da applicare ai pazienti che maggiormente possono giovarsene, con condivisione delle indicazioni e delle scelte da parte di tutti i professionisti che intervengono nella gestione del paziente anziano con poli - patologia: dal Cardiologo al cardiochirurgo, dall’anestesista al geriatra ✔ al medico di famiglia. di Rosa Pecoraro L a stesura del Documento congiunto ANMCO - SIMEU ha confermato ancora una volta la necessità di una stretta collaborazione tra Cardiologo e Medico di Pronto Soccorso nella gestione del paziente con dolore toracico. Questo sintomo (ricordiamo, non è una diagnosi) rappresenta la causa di accesso in Pronto Soccorso nel 5 - 9% dei casi. Tra questi pazienti in uno solo su cinque verrà confermata la presenza di una SCA. Ricordiamoci che la stratificazione del rischio nei pazienti con dolore toracico in PS in assenza di un ECG diagnostico rimane una scienza inesatta. Il clinico deve utilizzare gli elementi anamnestici per guidare la propria diagnosi, ma nessuno di essi rappresenta un indicatore di diagnosi certa. L’elettrocardiogramma è stato enfatizzato come il primo, semplice, rapido (deve essere eseguito < 10 min dall’accesso in PS) esame strumentale che, in caso di positività, può influenzare molto rapidamente la strategia terapeutica e la progonosi. È tuttavia indispensabile che il medico che interpreta l’ECG possa coglierne immediatamente le variazioni significative. Altro protagonista quotidiano della valutazione del dolore toracico è rappresentato dalla troponina, che va considerata come indice di danno miocardico (anche in assenza di altri chiari segni di ischemia) e quindi di rischio correlato alla prognosi. È indispensabile un dosaggio precoce (entro 1 ora dall’ingresso in PS) ed accurato ma soprattutto enfatizzato non solo nel suo valore assoluto, ma quanto nella cinetica del suo movimento. Da non dimenticare il potenziale ruolo del D - Dimero, unicamente per il suo potere predittivo negativo nei casi di sospetta embolia polmonare e sindrome aortica acuta. La strategia di stratificazione del rischio dei pazienti con sospetta sindrome coronarica acuta deve prevedere percorsi differenziati, non dimenticando che anche pazienti definiti a basso rischio presentano comunque una percentuale di reospedalizzazione, quindi “low-risk” is not no risk. Nel percorso proposto una valutazione clinica appropriata in pazienti con ECG e TnI negativi consentirebbe la selezione di pazienti a rischio molto basso, eleggibili ad una dimissione precoce e sicura in 6 h, mentre gli altri andrebbero avviati ad un percorso di valutazione che porti alla diagnosi di SCA/non SCA entro 24 ore. La scelta della strategia conservativa vs invasiva non può prescindere dalla considerazione che spesso questi pazienti vengono inizialmente gestiti in Pronto Soccorso ed è quindi necessario stabilire una stretta condivisione dei percorsi al fine di creare una rete efficace.24X17:GUERBET L’ausilio di strumenti diagnostici come l’ecocardiografia GUERBETveramente istituzionale BLU 17X24 28-05-2009 9:34 Pagina 1 non deve prescindere dalle specificità di competenze, al fine di evitare il rischio www.guerbet.com di errori diagnostici, oltre che problematiche medico - legali. Il ruolo emergente di TC e RMN risulta senz’altro entusiasmante in alcune esperienze specifiche, ma non pare ancora applicabile diffusamente nella strategia della gestione del dolore toracico. Peraltro interessante è stata l’esperienza relativa alla RMN in pazienti con infarto a coronarie sane nell’individuare specifici pattern di distribuzione endo/epicardica per differenziare l’origine ischemica da quella infiammatoria, consentendo così di individuare e stratificare i pazienti che possono beneficiare di ulteriori indagini invasive. L’osservazione breve intensiva (OBI) in PS sembra oggi lo strumento più adeguato per gestire i pazienti a basso rischio. In quest’ottica le Chest Pain Unit vanno quindi considerate come area funzionale più che strutturale, contestualizzandone la strutturazione “fisica” in base alla realtà locale (dimensione dell’ospedale, numero posti letto e risorse umane) per poterne così ottimizzare il rapporto costo - beneficio, altrimenti non favorevole. A questo proposito la Dott.ssa A. M. Ferrari ha riportato la stima di come si necessiti una OBI ogni 4.000 accessi. Gli strumenti possono essere quindi differenti a seconda delle possibilità ma tutti sottendono la stessa filosofia assistenziale: il rigore operativo e la condivisione dei percorsi diagnostici. ✔ Guerbet fa parte di un gruppo internazionale che produce in diversi paesi e commercializza prodotti chimico-farmaceutici e dispositivi biomedicali in tutto il mondo. Sin dal 1901, quando Marcel Guerbet realizzò Lipiodol (il primo prodotto radio-opaco di sintesi), Guerbet è all'avanguardia nel settore della ricerca e dello sviluppo. Il gruppo Guerbet collabora con i più importanti istituti di ricerca e centri universitari nel mondo, studiando nuovi prodotti contrastografici per la diagnostica per immagini e per le metodiche interventistiche. La filiale italiana, in particolare, dispone di un'ampia gamma di agenti di contrasto iodati per le metodiche diagnostiche che fanno uso di raggi X e di agenti di contrasto paramagnetici e superparamagnetici per la diagnostica tramite risonanza magnetica. 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Matta e M. Chiatto 8 Evento Fondazione “per il Tuo cuore” - HCF N ella affollata Sala Angelico si è svolto l’evento della Fondazione “per il Tuo cuore” - HCF in cui sono state presentate le bozze preliminari dei primi progetti 8 GISSI OUTLIERS, illustrati dal Prof. Attilio Maseri al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 13 febbraio 2009, in occasione della Cerimonia svoltasi al Quirinale, in concomitanza con l’avvio della Settimana “per il Tuo cuore” finalizzata alla raccolta di fondi da destinare al finanziamento di questi progetti di ricerca. Dopo l’introduzione del Dott. Salvatore Pirelli, il Dott. Francesco Orso ha illustrato il progetto sul rimodellamento ventricolare post IMA per valutare quali siano le caratteristiche anamnestiche, cliniche, biumorali, morfostrutturali, anatomopatologiche, genetiche delle diverse evoluzioni nel follow - up per cui, procedendo da quadri di partenza sovrapponibili alla valutazione clinica e strumentale tradizionale, possono determinarsi diverse evoluzioni rappresentate da: stabilizzazione di un quadro di disfunzione moderata del ventricolo sinistro, progressivo ANMCO Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri Via La Marmora, 36 - 50121 Firenze Tel. 055 51011 - Fax 055 5101350 E-mail: [email protected] www.anmco.it 9 miglioramento fino alla normalizzazione della funzione ventricolare o al contrario progressione verso la disfunzione ventricolare sinistra severa. Allo studio saranno interessati circa 30 centri. Il Dott. Ammirati ha presentato il progetto sui meccanismi scatenanti dello STEMI il cui obiettivo è cercare di individuare i meccanismi di instabilità e ritorno alla stabilità coronarica attraverso lo studio di casi omogenei e paradigmatici (index cases). Il Dott. Marco Magnoni ha presentato il progetto su “Fattori di rischio e aterosclerosi coronarica” il cui scopo è quello di generare ipotesi in merito ai fattori protettivi e di suscettibilità individuali nei confronti dell’aterosclerosi coronarica stessa. Il Dott. Michele Senni, infine, ha presentato il progetto scompenso acuto idiopatico finalizzato a individuare le cause scatenanti di questi eventi. Innovativo e stimolante è stato l’annuncio da parte della Dott.ssa Alessandra Chinaglia di una Sezione all’interno del Sito WEB ANMCO per la discussione di Casi Clinici inusuali e l’incoraggiamento ai Cardiologi presenti a collegarsi al Sito e a implementare la discussione interattiva. Il Sito diventerà perciò uno strumento formativo, uno strumento di aiuto clinico (è prevista anche la discussione con esperti) e uno strumento di ricerca. La seconda parte dell’evento è stata introdotta dalla relazione del Dott. Pier Luigi Temporelli che ha parlato del “Progetto scuola” finalizzato a diffondere tra gli alunni e attraverso di loro nozioni di educazione sanitaria per l’adozione di corretti stili di vita. Il Dott. Roberto Ricci ha poi illustrato l’opuscolo “Manteniamo giovane il tuo cuore” destinato ai cardiopatici di età intermedia e avanzata. L’opuscolo, suddiviso in tre parti, fornisce tra l’altro consigli per una corretta alimentazione e sull’utilità dell’attività fisica anche negli anziani. Il Dott. Giuseppe Fradella ha invece illustrato come implementare la cascata formativa degli RCP e ha delineato un bilancio di otto anni di attività dal 2001 con un progressivo aumento dei corsi BLS - D, iniziati in HCF con il compianto Dott. Franco Valagussa, e il riconoscimento di questo tipo di formazione anche da parte delle Associazioni americane. Il Dott. Gian Luigi Nicolosi ha parlato dell’HCF come di uno strumento strategico utile nel settore della ricerca, nelle Società Scientifiche, ma soprattutto nel settore educazionale. Ha invogliato i Cardiologi a collaborare con gli Amici del Cuore, Associazione presente da tempo nelle scuole e nella Società con attività che coinvolgono laici, MMG e volontari. Il Presidente di CONACuore, Dott. Giovanni Spinella, ha rimarcato la collaborazione con HCF ed ha ricordato le attività svolte negli ultimi anni, in particolare “l’anno del cuore” nel 2004, “le città del cuore”, e il regalo di due defibrillatori alla Polizia di Modena. L’evento si è concluso con gli interventi dei Dottori Francesco Chiarella e Marino Scherillo. Il primo ha voluto rafforzare l’invito ad impegnarsi sui progetti di ricerca presentati e ha sollecitato i presenti ad a lavorare sin da ora per la riuscita della “Settimana del cuore” nel 2010. Il Dott. Scherillo, infine, ha sottolineato come accanto ai GISSI Outliers ci sia la necessità di lavorare su progetti più tradizionali come il BLITZ 4 Qualità. ✔ Congress News Daily 2009 Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali” Comitato di Redazione 2009 Cardiologia negli Ospedali Editor Mario Chiatto Co - Editor Domenico Gabrielli Comitato di Redazione Francesco Maria Bovenzi Pasquale Caldarola Massimo Uguccioni Direttore Responsabile Gennaro Santoro Redazione Simonetta Ricci Luana Di Fabrizio E-mail: [email protected] Progetto Grafico e Impaginazione Studio Mirannalti Francesca Borsatto - Treviso Daria Brogi - Lucca Stefano Capobianco - Benevento Manuela Creaco - Sciacca (AG) Sergio Fasullo - Palermo Alessandra Mazzoni - Lucca Leonardo Misuraca - Pisa Rosa Pecoraro - Pordenone Vincenza Procaccini - Benevento Nino Verdoliva - Benevento Stampa Tipografia Il Bandino - Firenze