P R I M O P I A N O PROFESSIONE Comunicare le medicine non convenzionali è compito di professionisti seri e aggiornati, ognuno nel proprio ambito: medici, farmacisti, giornalisti. Una filiera di qualità a tutela del cittadino DI GIUSEPPE TANDOI S econdo un sondaggio Eurispes del 2010 sono 11 milioni gli italiani che, più o meno regolarmente, fanno ricorso alle Medicine non convenzionali (Mnc). Di essi circa un terzo fa uso di prodotti omeopatici. Le Mnc sono state ormai da anni “sdoganate” dagli Ordini dei medici: tali cure (omeopatia, fitoterapia, agopuntura…) hanno piena legittimità ma non possono prescindere dalla figura del medico e “atto medico” è quello che a esse presiede. Lo ricordano - mettendo in guardia dai ciarlatani che non mancano mai, in qualsiasi settore - i membri della Federazione italiana associazioni e medici omeopati (Fiamo), che ha organizzato un seminario a Milano. A PICCOLI PASSI È una battaglia culturale quella che si propone di fare la Fiamo, prima di tutto contro la disinformazione. «A dire il vero le cose stanno un po’ migliorando», precisa Antonella Ronchi, presidente della Federazione, «anche se il cittadino tende ancora a confondere l’omeopatia con la medicina naturale tout court. Per non parlare di certe semplificazioni della stampa, quando addebita alle cure omeopatiche le vicissitudini di pazienti la cui salute è peggiorata per motivi completamente diversi». Casi sempre più rari, per fortuna, mentre sono sempre più numerosi i cittadini che cercano un’alternativa farmacologica meno tossica. Certo il panorama nazionale non è un granché, visto che dal 1995 non si posso- 38 puntoeffe no immettere sul mercato nuovi medicali omeopatici e che la disciplina non gode di grandi simpatie nell’establishment scientifico, tra luminari scettici e ministri, nel migliore dei casi, agnostici. Rimane il fatto che l’omeopatia è ormai uscita dal limbo in cui è stata relegata per anni: ha già due secoli di vita e l’Organizzazione mondiale della sanità l’ha classificata come “medicina tradizionale europea”, conferendole un definitivo sigillo di garanzia. «Ancora oggi», spiega Ronchi, «l’omeopatia non è quasi mai una scelta di primo livello, ci si arriva quasi come a un’ultima spiaggia, mentre dovrebbe essere il contrario. Tanto più che studi realizzati in Olanda e Svizzera hanno dimostrato che curarsi con l’omeopatia è fonte di risparmio anche per il sistema sanitario». Un tasto delicato, quello dei rapporti con l’Ssn. Una sanità fortemente regionalizzata come la nostra non può che manifestare, e manifesta, notevoli scompensi in fatto di assistenza. Figuriamoci quando si parla di medicine “alternative”. Esistono - soprattutto in Toscana - esempi di strutture pubbliche che hanno deciso di ampliare l’offerta terapeutica alle Mnc, non gravando per questo sulle casse regionali ma chiedendo un contributo ai cittadini. Piccole oasi virtuose possibili soltanto dove i conti sono a posto e la mentalità aperta al nuovo. Allargando lo sguardo, un panorama, a tratti desolante, di Regioni sottoposte a piani di rientro, perennemente in ritardo con i pagamenti e alle prese con un’applicazione sui generis, perché non sostenuta da risorse adeguate, dei Livelli essenziali di assistenza. E allora bisogna accontentarsi. Omeopatia, P R I M O P I A N O NON BASTA PRESCRIVERE «Quando una donna viene nel mio studio di ginecologa», racconta Giuliana Stolfi, membro della Fiamo, «inizia un processo di graduale presa di consapevolezza. E così la mia paziente viene a sapere che per patologie ricorrenti come l’amenorrea, l’assenza di mestruazioni, il rimedio omeopatico è risolutivo laddove il farmaco di sintesi fallisce. Capita allora che alcune pazienti “convertitesi” all’omeopatia mi portino successivamente mariti o figli da curare». A proposito di bambini, il 52 per cento dei bambini italiani assume almeno un antibiotico nel corso dell’anno, contro il 14 per cento di quelli inglesi. Un ambito, quello pediatrico, nel quale il ruolo del medico omeopata, più attento al dialogo con genitori e figli, può risultare efficace nell’evitare l’abuso di farmaci non necessari se non proprio sbagliati. Come gli antibiotici prescritti per combattere i virus. Non che l’omeopatia sia immune dalle inappropriatezze. «A prescrivere sono circa 30.000 medici ma quelli davvero specializzati sono poche centinaia», sottolinea Giuseppe Fragone, consigliere Fiamo. «Ogni medico ha facoltà di scegliere tra tutti i medicinali in commercio ma se prescrive un rimedio omeopatico non è detto che lo faccia a ragion veduta. Per questo il Registro dei medici omepati (vedi box in alto) rappresenta uno strumento di garanzia per i cittadini che vogliano per la prima volta accedere a questo tipo di cure con la certezza di rivolgersi a professionisti seri. Certo quello di “libertà di cura” è un bel principio, ma poi bisogna fare i conti con un mercato dei farmaci omeopatici che, in Italia, è fermo a quasi vent’anni fa, con la conseguenza che anche il medico preparato a volte non sa cosa prescrivere e magari deve chiedere i medicinali all’estero». Un altro concetto chiave, quello di integrazione. Integrare le medicina non convenzionale con quella convenziona- P R O F E S S I O N E I vent’anni di Fiamo Per la verità la Federazione italiana associazioni e medici omeopati va per i ventidue, visto che è nata nel maggio del 1990. Lo scopo era quello di creare un organismo di rappresentanza davvero indipendente dalle aziende, che riunisse le numerose associazioni omeopatiche già presenti sul territorio. Attualmente della Fiamo fanno parte circa 450 soci, compresi alcuni farmacisti; vi aderiscono anche 14 scuole di omeopatia dagli elevati standard qualitativi. Accreditata presso il ministero della Salute come provider Ecm, la Fiamo fa parte della Liga medicorum homoeopathica internationalis, che, fondata nel 1925, è la più antica associazione omeopatica internazionale. Sul sito www.fiamo.it è consultabile il Registro dei medici omeopati, promosso dalla Federazione insieme alla Società italiana di medicina omeopatica (Simo). Possono iscriversi al Registro esclusivamente i medici che hanno già svolto pratica clinica in medicina omeopatica dopo il corso di formazione. Da sinistra: Antonella Ronchi, Giuliana Stolfi e Giuseppe Fragone le è un punto di arrivo che, oltre a richiedere tempo e risorse, presuppone una capacità di ascolto da parte dalle istituzioni. Non brillava in questa attitudine il precedente ministro della Salute Fazio, ma ora si ricomincia da capo. «Come presidente del Comitato permanente di consenso e coordinamento per le medicine non convenzionali in Italia», annucia Ronchi, «ho chiesto un incontro con il ministro Balduzzi proprio per parlare di integrazione». E chissà che il progetto di una legge quadro sulle Mnc, naufragato ai tempi dell’ultimo governo Prodi, non possa riprendere consistenza. IN FARMACIA «Il farmacista è una figura molto importante nella pratica dell’omeopatia. Il suo ruolo consiste nell’informare il pa- ziente, consigliare i comportamenti, affrontare i casi semplici, inviare al medico i casi complessi e i non responders anche apparentemente semplici, rafforzare il messaggio terapeutico del medico». Così recita un opuscolo della Fiamo sui cardini del “pensiero” omeopatico. In realtà, inutile negarlo, c’è ancora un deficit culturale nella categoria. Sono pochi i farmacisti iscritti alla Fiamo, pochi quelli che seguono corsi di specializzazione. Bisogna ancora lavorarci sopra, insomma, considerando che, se continueranno i trend attuali, la presenza del “non convenzionale” in farmacia andrà sempre più espandendosi. Ultimo capitolo, i prezzi. Non è vero, secondo Ronchi, che in Italia siano più cari che all’estero. In ogni caso, prima di spendere, bisogna essere ben consigliati. istruzioni per l’uso puntoeffe 39