atiV
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inioza e erepo
MARIO mariotti
ittmario OIRAM
MARIO mariotti
Vita
progetti
opere e azioni
Vita progetti opere e azioni
otarP - icceP igiuL aenaropmetnoc etra’l rep ortneC
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato
MARIO mariotti
Vita
progetti
opere e azioni
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato
museo associato
SOCI FOnDAtORI
Comune di Prato; Unione Industriale Pratese;
Cassa di risparmio di Prato
Albini & Pitigliani Spa; Arci;
Arpel-Manifattura Pellicce Artificiali Spa;
Banca Mercantile, Firenze; Bartolomei & Manetti Spa;
Consorzio Pratotrade; E.T.S. Spa;
Fibretex Sas di O. de renzis Sonnino & C.;
Galleria d’Arte Moderna Farsetti Snc; Galli Spa;
Geas Assicurazioni Spa; Gommatex Jersey Spa;
Imex Lane Spa; Lanificio Mario Bellucci Spa;
Lanificio Cangioli di Carlo Cangioli & C. Sas;
Lanificio Ciatti e Baroncelli Spa; Lanificio Martin Spa;
Lanificio T.O. Nesi & Figli Spa; Lanificio dell’Olivo;
Lavatura e Pettinatura Lane Spa; Lineapiù Spa;
Mariplast Spa; Finanziaria Ernesto Breda, Milano;
Mnemo Computers, Firenze; Monte dei Paschi di Siena;
E. Pecci & C. Sas; Snia Fibre Spa; Tessilfibre Spa;
Toscana Infissi
Fabrizio Baldini; Stefano Balestri; Luigia Benelli;
Loriano Bertini; Arnolfo Biagioli; Bruno Bigagli;
Marco Bigagli; Gianna Briganti; Caroline Burton;
Edo Cafissi; Luigia Canovai Sbraci; Pier Giuseppe Carini;
Sergio Chiostri; Luciana Chiostri Corsi; Ornella Dolci Franchi;
Elda Franchi Pecci; Mauro Giovannelli; Alessandro Gori;
Claudio Gori; Giuliano Gori; Foresto Guarducci;
Giannetto Guarducci; Nicoletta Kellner Ongaro Pecci;
romano Lenzi, Antonio Lucchesi; Giuliano Magni;
Franco Mantellassi; Massimo Marchi;
Anna Marchi Mazzini; Fiorenzo Narducci;
Alessandra Pandolfini Marchi; Piera Panzeri; Alberto Pecci;
Elena Pecci Cangioli; Enrico Pecci; Giovanna Pecci;
Laura Pecci; Adriana Pecci Querci; Margherita Pecci Querci;
Piero Picchi; Enrica Pieri Querci; Anna Querci;
Maurizio Querci; Sergio Querci; Tebaldo raffaelli;
Anna rasponi Dalle Teste; Alberto risaliti; Giuseppe risaliti;
Fosco rosi; Daniela Salvadori Guidi; roberto Sarti;
riccardo Tempestini; Luciano Toti
SOCI OnORARI
Consiag Spa; Carlo Alberto Palli; Marco romagnoli;
Paolo Targetti
presidente
Valdemaro Beccaglia
Consiglio direttivo
roberto Badiani, Elena Pecci Cangioli, Luca Tassi
Collegio Sindaci revisori
Luca Ciardi, Presidente, Stefano Barni, riccardo Narducci
Volume realizzato in occasione del trasferimento dell’Archivio Mariotti
al Centro per l’arte contemporanea Luigi pecci e della realizzazione della mostra
MARIO MARIOttI
Spazio progetti
Centro per l’arte contemporanea Luigi pecci
prato, 8 ottobre 2011 - 30 aprile 2012
progetto speciale promosso da
Comitato scientifico
Carlo Sisi, Presidente, Maria Grazia Messina,
Giacinto Di Pietrantonio
Direttore artistico
Marco Bazzini
Mostra e volume a cura di
Stefano Pezzato
Assistente Direttore artistico
Spela zidar
Con la collaborazione di
Francesca Mariotti
Area artistica
Stefano Pezzato, responsabile d’area e conservatore
roberto Fattori, Coordinamento Area artistica
raffaele Di Vaia, Coordinamento mostre e collezione
Antonio Bindi, Coordinamento allestimenti e manutenzione
Donatella Sermattei, Segreteria e amministrazione
Assistenza alla riorganizzazione
dell’Archivio Mariotti
Francesca Sanna
ufficio stampa e comunicazione
Silvia Bacci
Ivan Aiazzi
Ricerche d’archivio
Filippo Gori
Chiara Martini
Campagna fotografica
Carlo Fei
testi in volume
Stefano Pezzato
testi di repertorio
rosanna Chiessi, Corrado Costa
Keith Ferrone, Franco Manescalchi
Mario Mariotti, Lara-Vinca Masini
Alessandro Piccioni, Francesco Vincitorio
Fotografie d’archivio
Archivio Mariotti, raffaello Bencini
Maurizio Berlincioni, Alessandro Botticelli
Carlo Cantini, Maurizio Conti
Marco Dolfi, Serge Domingie
Paolo Favi, Fulvio Ghini
Claudio Greppi, Massimo Listri
Francesca Lucchese, roberto Magris
Tiziana Majoni, roberto Marchiori
Silvia Marilli, riccardo Mazzei
Gianni Melotti, Piero Novelli
Cristina Ohlmer, E. Mennitti Paraito
Lorenzo Pezzatini, Pascale Sambol
Antonio Sferlazzo, Gianantonio Stefanon
Gianni Ugolini, Margherita Verdi
Relazioni esterne
Sergio Fintoni
Interventi conservativi
rachel Morellet
Direttore amministrativo
Elisabetta Dimundo
Coordinamento generale
raffaele Di Vaia, roberto Fattori
Area amministrativa
Marco Bini, Coordinamento manutenzione e allestimenti
Giacinto Bargiacchi, Amministrazione
Carlo Chessari, Amministrazione
Silvia Oltremari, Amministrazione
Lucia zanardi, Segreteria generale
Coordinamento allestimenti
Antonio Bindi
progetto grafico e impaginazione
Fabiana Bonucci Studio, Firenze
Lorenzo Ceccotti, postproduzione immagini
Segreteria organizzativa
Donatella Sermattei
Impianti e stampa
Tipografia Bandecchi e Vivaldi, Pontedera
Area culturale, servizi al pubblico e al territorio
Piero Cantini, responsabile d’area
riccardo Farinelli, Coordinamento Area culturale
Barbara Conti, Coordinamento Sezione didattica
Anna Elisa Benedetti, Bibliotecaria CID Arti visive
Erminia Lo Castro, Bibliotecaria CID Arti visive
Emanuela Porta Casucci, Bibliotecaria CID Arti visive
Luca Ficini, Accoglienza
Giovanni Biancalani, ricezione e custodia
Gionata Cati, ricezione e custodia
roberto Innocenti, ricezione e custodia
Simona Bilenchi, Segreteria e amministrazione
Leri risaliti, Segreteria e amministrazione
Crediti fotografici
roberto Marchiori, copertina
George O’Neill jr., pag. 398
Comunicazione
Ivan Aiazzi, Silvia Bacci
ufficio stampa
Studio Pesci, Bologna
un ringraziamento particolare a
Angelo Formichella
per la sua preziosa collaborazione
Media partners
© 2011
Archivio Mariotti
Centro per l’arte contemporanea Luigi pecci
ISBn 978-88-85191-38-9
Ogni esperienza linguistica o formale tende inevitabilmente ad essere superata, perché nell’arte non esiste
un codice. Per quanto sia stata anticipatrice o eccentrica rispetto ai tempi e ai luoghi in cui è nata,
prima o poi si trova parcheggiata in un’area di sosta, non sempre in attesa di soccorso quanto piuttosto
di un indispensabile revisione.
Non è certo mia intenzione reintrodurre il vecchio dibattito di cui Cesare Brandi fu uno dei protagonisti alla
fine degli anni Quaranta, quando in un noto saggio teorizzò il passaggio da avanguardia ad accademia, anche
se oggi le sue idee possono trovare nuova linfa sulla scena attuale senza doverle per forza considerarle
divinatorie. Tuttavia non è argomento forzato introdurre anche nell’arte contemporanea il concetto di distanza
temporale, ovvero lo scandire del tempo in cui tutto si consuma e ‘invecchia’, almeno che non ci sia qualcuno
che si adoperi ad un suo mantenimento. Non sembri strano introdurre il concetto ‘di andare a ritroso nel
tempo’ nella categoria del contemporaneo, perché essa oggi ha assunto confini temporali dilatati e non sempre
coincidenti con il nostro presente, ma anche con un passato recente.
Saltata la stretta sintonia con il presente, almeno che non si voglia considerarlo esteso agli ultimi
cinquant’anni, occuparsi di contemporaneo significa anche preoccuparsi della sua conservazione: la più
‘classica’ delle attività di un museo. Dopo aver discusso tanto in questi ultimi quindici anni sulle molteplici
identità e le diverse finalità che un museo d’arte contemporanea avrebbe dovuto assumere e praticare, si
torna al punto di partenza: quello del custodire. Il museo pur occupandosi del presente torna ad essere nel
tempo luogo della memoria. Questa non si mantiene o costruisce, perché ogni immagine del passato è frutto
del tempo che rilegge, soltanto con le opere – segno e riflesso di un saper guardare il mondo al di fuori della
cronaca – ma anche con tutti quei materiali effimeri che proprio per questa loro caratteristica di veloce o
marginale contingenza con l’evento non sono mai stati considerati tanto fondamentali almeno sul momento.
Per poi accorgersi a distanza che non ne possiamo fare a meno.
Gli archivi oggi, per di più strutturati e collegati alla collezione di opere, sono una componente vitale per
un museo, strumenti ideali per continuare a mantenerla viva anche dopo la scomparsa dei protagonisti.
Come poter ricostruire un’installazione se non ci sono documenti attendibili che la testimoniano anche
nelle sue diverse presentazioni? Come determinare una primogenitura, almeno in quella corsa all’originarietà
che ha contrassegnato l’ultimo mezzo secolo? Oppure come ricostruire l’attività di un artista che per sua e
nostra sfortuna, e non per demerito, non ha mai avuto la possibilità di mostrare se non interamente almeno
esaustivamente il suo lavoro? Proprio com’è successo a Mario Mariotti. Per gli studiosi e anche per gli artisti
un museo che possiede un archivio è un bene ancora più prezioso.
E anche in questa disposizione il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci è stato un’eccezione
nel panorama italiano perché da subito, ben prima della costruzione dell’edificio museo, ha dato origine
al CID / Arti visive, investendo da subito, come scelta strategica per il proprio futuro, sulla raccolta e la
disponibilità delle informazioni e della documentazione. Non sono pochi i fondi e gli archivi raccolti in questi
anni che raccontano la storia internazionale e quella del proprio territorio. È compito di un museo avere uno
sguardo duplice.
È quindi con grande soddisfazione e un grazie sincero agli eredi per la loro disponibilità che il Centro Pecci
accoglie l’archivio di questo “eccentrico” dell’arte italiana. Siamo convinti che anche attraverso la sua opera
e le sue ‘carte’ si possano restituire le informazioni necessarie a ricostruire la memoria di quanto accaduto
in Toscana e non solo negli ultimi decenni.
Marco Bazzini
Direttore artistico del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Sommario
9
mario mariotti:
vita, morte... e miracoli
Stefano Pezzato
13
ESORDI FRA TEATRO E ARTE
31
illustrazione e grafica
49
50
57
anatomia del libro e design
Libro circolare Mario Mariotti
CONTENITORE CICLICO
DI BENI DI CONSUMO Lara-Vinca Masini
77
93
azioni al servizio dell’arte
UNO SCRITTO PER LE CARTE Corrado Costa
101
102
110
arte, teatro e politica
Carola Mario Mariotti
Teatro Mario Mariotti
119
121
137
viaggi intorno al libro
IL CASTORO Alessandro Piccioni
mario mariotti. Fuori testo
Franco Manescalchi
Dall’altra parte del libro
Mario Mariotti
veduta aerea Mario Mariotti
145
148
240
giochi di piazza
DAMA DI BACCO Mario Mariotti
PIAZZA DELLA PALLA Mario Mariotti
LO SPETTACOLO DELL’ARTE
Lara-Vinca Masini
ANIMANI Mario Mariotti
251
253
256
270
inganni e allegorie
UMANI Mario Mariotti
INGANNI Mario Mariotti
FIRE-NZE Mario Mariotti
287
290
presente e passato
vivita Mario Mariotti
309
311
316
329
334
rivoluzioni e celebrazioni
RIMANI Mario Mariotti
ARNÒ 89 Mario Mariotti
FALLO DI MANO Mario Mariotti
POLITTICO DI SAN GIOVANNI
Mario Mariotti
343
347
348
356
la morte in scena
STILL LIFE Keith Ferrone
GIULIANO Mario Mariotti
QUELLA VOLTA CHE SONO MORTO
Mario Mariotti
215
217
222
235
151
164
zona (una monografia)
LABIRINTO-ORGANIGRAMMA
Mario Mariotti
365
367
373
ultime rappresentazioni
GIOCHI DI MANO Mario Mariotti
Visitazione Mario Mariotti
169
174
178
182
186
valore e variazioni
XX Mario Mariotti
Profilo di imperatore Mario Mariotti
EXTRUCTO Mario Mariotti
Proiezioni Mario Mariotti
383
391
epilogo (l’incompiuto)
Firenze, 31 marzo 1997
Lara-Vinca Masini
393
191
196
199
proiezioni immaginarie
MEZZALUNA Mario Mariotti
TRE DOMANDE
A MARIO MARIOTTI Francesco Vincitorio
CENA VERDE Rosanna Chiessi
apparati
vita di mario mariotti
Mostre
libri, pubblicità e premi
progetti, opere
e azioni documentate
sulle tracce di mario mariotti
201
mario mariotti: vita, morte... e miracoli
Stefano Pezzato
9
Di Mario Mariotti resta un vasto archivio di opere e oggetti,
documenti e immagini originali, pubblicazioni e recensioni, reperti
e memorie esaustivi di un’attività intensa quanto poliedrica,
svolta prevalentemente a Firenze, che nel capoluogo toscano non
ha trovato collocazione dopo la cessione della “bottega” di via
Toscanella a Santo Spirito da parte dei suoi eredi, nel 2005.
Riordinato da Francesca Mariotti, figlia dell’artista, l’archivio
è stato trasferito al Centro per l’arte contemporanea Luigi
Pecci di Prato alla fine del 2010, che presenta ora una prima
ampia ricognizione dei materiali raccolti attraverso una mostra
retrospettiva.
L’esposizione è la prima di Mariotti in un museo e costituiscono
il riconoscimento (che egli stesso aveva beffardamente predetto)
di una personalità artistica fra le più vivaci e straordinarie,
aperta e fuori dagli schemi, degli ultimi decenni in Toscana. La
scelta di esporre una consistente selezione di opere e materiali
d’archivio nello spazio solitamente dedicato ai progetti d’artista
indica la volontà di affermare che, nello spirito della sua brillante
ricerca ideativa e creativa e nella costante azione di recupero e
ricostruzione di sua figlia Francesca, il lavoro di Mariotti è vivo.
Mario Mariotti è morto il 26 marzo 1997, a sessant’anni, quaranta
dei quali spesi ad inventare immagini e proporre realizzazioni tese
ad allargare i confini della pratica artistica, a reinterpretare e
aggiornare le radici culturali di una città, Firenze, considerata
per eccellenza “la città dell’arte”, di cui è stato insieme sincero
promotore e sottile dissacratore, stimolando situazioni partecipate
e progettando grandi eventi collettivi, “giocando” ininterrottamente
con l’arte e con la vita, la propria e quella dei tanti con cui
abitualmente collaborava.
Autore magmatico, sperimentatore assiduo di linguaggi visivi
(a partire dal disegno, sua vera passione e autentica matrice
artistica fiorentina, passando per la scenografia e la grafica, la
pubblicità e l’editoria, la proiezione fotografica, la pittura,
la scultura, l’installazione, l’azione pubblica, l’intervento
estemporaneo), è stato animatore instancabile di un intero quartiere,
Santo Spirito a Firenze, di cui ha incarnato l’anima popolare e
l’abilità artigianale, l’ironia corrosiva e l’indole alla sfida,
l’identità poetica e l’identificazione quotidiana con l’arte,
rappresentata nella forma scenica e nell’azione organizzata della
festa di piazza.
Quella volta che sono morto, non ricordo quando
né dove né come, ma la sua causa risale
al 21 settembre 1936.
Quella volta che sono nato.
Sarà il curatore della mia retrospettiva, con mano oculata,
a definire i dati anagrafici e quanto resta di me.
Mario Mariotti (Quella volta che sono morto, 1994)
Rimangono memorabili le sue “imprese” spettacolari nello spazio
urbano, in ambito pubblico o di vita quotidiana, ideate e organizzate
personalmente e quindi condivise collettivamente: la proiezione
del NO a caratteri cubitali sulla Cupola del Duomo di Firenze in
occasione del referendum sul divorzio (maggio 1974); la simulazione
del ritrovamento di un disegno di Leonardo in via Toscanella
a Firenze e la successiva costruzione di un modello per il
gioco/bicchierata della Dama di Bacco (1979) oggi conservato
a Vinci; la proiezione di centinaia di progetti sulla facciata
spoglia della chiesa di Santo Spirito (Piazza della Palla, estate
1980, in concomitanza con le celebrazioni medicee); la stesa dei
10
Panni di artisti contemporanei alle finestre di Santo Spirito sul tema
allegorico del fuoco (Fire-nze, 21 settembre 1985); la rievocazione
pirotecnica per il bicentenario della Rivoluzione francese sulle
sponde dell’Arno (Arnò 89, 14 luglio 1989); la messinscena di
proiezioni, interventi e performance al chiaro di luna a Casa
Malaparte a Capri (Cena verde, 7 settembre 1990), nell’ambito di
una serie di eventi Fluxus; l’esposizione “fluida” di frammenti
d’arte contemporanea sull’Arno davanti agli Uffizi (Polittico di San
Giovanni, 24 giugno 1991, nel giorno del santo patrono di Firenze);
la “rappresentazione allegorica in forma di balletto dell’ultimo
giorno di vita di Lorenzo” (Giuliano. Una morte fiorentina, 2224 giugno 1992, in occasione del V anniversario della morte del
Magnifico; replicata al Joyce Theatre di New York nell’ottobre 1992
e nel contesto di “Fabbrica Europa” a Firenze nell’ottobre 1994);
l’esposizione all’ex Stazione Leopolda di Firenze di una intera
quadreria d’arte contemporanea messa letteralmente e simbolicamente
Al muro! (ottobre 1995).
Unanimemente Mariotti è considerato “il pittore delle mani”,
trasformate in figure fantastiche di Animani (1980) e Umani (1982),
riproposte in varianti continue fino a Giochi di mano (1992) e
all’immagine simbolo Diladdarno (1994), diffuse in tutto il mondo
attraverso fotografie, libri, pubblicità e video.
Operando “sempre ai margini dello specifico artistico e delle
istituzioni”, come ha sottolineato la critica Lara-Vinca Masini,
Mariotti ha inoltre realizzato il Libro circolare (1968) conservato
alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, considerato come
“il libro assoluto, indefinibile e infinito... illeggibile e pur
contenente, insieme, tutti i libri del mondo” (Masini), e un
Teatro (1973-1984) tanto immaginario quanto reale di cui ha venduto
virtualmente i posti al prezzo normalmente praticato da un vero
teatro, il Comunale di Firenze.
Ha composto le copertine per le fortunate collane Il Castoro di
letteratura (1967-1984) e cinema (1974-1986); ha ideato manifesti e
cataloghi d’arte fra cui quello della retrospettiva di Henry Moore
al Forte Belvedere di Firenze (estate 1972); ha concepito le immagini
guida, fra l’altro, per i convegni internazionali di critica d’arte
svolti a Montecatini Terme (Critica 0, maggio 1978 e Critica 1984,
maggio 1984), come pure il logo e la mostra d’apertura del ristorante
italiano Mezzaluna a New York (1984) a cui hanno partecipato 77
artisti fiorentini invitati dallo stesso Mariotti.
È stato quindi autore di mostre personali alla Galleria Schema di
Firenze (1973 e 1978) in quegli anni punto d’incontro dell’arte
concettuale e della ricerca performativa nazionale e internazionale,
alla Galleria La Bertesca di Genova (1975) dove erano passate le prime
mostre personali e collettive di Arte Povera, alla Galleria Primo
Piano di Roma (1979) che proponeva gli sviluppi dell’arte concettuale
e minimalista nazionale e internazionale, alla Galleria Vivita di
Firenze (1986) allora tra le più attive sulla scena contemporanea
regionale. Soprattutto è stato uno dei fondatori e animatori di Zona
(1974-1984), il centro d’arte alternativo autogestito da un collettivo
di artisti che per un decennio ha promosso e documentato le ricerche
della neoavanguardia artistica fiorentina ponendola in contatto e a
confronto con quelle coeve a livello nazionale e internazionale.
Stefano Pezzato
È il 25 giugno 1994. Io, Mario Mariotti, dopo aver
riflettuto, faccio una proposizione: non sono mai stato
invitato alla Biennale, alla Triennale e alla Quadriennale,
né a Kassel né al Museo Pecci di Prato. Le mie opere
non sono in nessun museo di arte contemporanea.
Perciò, alle ore 12 di questo giorno, seppellirò nella
corte della mia bottega di via Toscanella 7/R questi miei
oggetti: una meridiana di marmo, un pisello e una mano
di ottone ed un numero 8 di gesso.
Cerca/trova. Forse qualcuno, fra qualche secolo, scaverà
sotto questa terra e li troverà. Allora, probabilmente,
saranno esposti in un museo.
Mario Mariotti (Museo, 1994)
ESORDI FRA TEATRO E ARTE
13
Gli esordi professionali di Mariotti, documentati nel suo
archivio, avvengono tra la fine degli anni cinquanta e i primi
anni sessanta nell’ambito del teatro, con la realizzazione di
scene e costumi per spettacoli di Brecht (Teste tonde e teste a
punta, Galleria L’Indiano, Firenze 1958), di Proust (La Fuggitiva,
Teatro di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia 1959), di Fabbri
(L’inquisizione, Teatro di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia
1961), di Gogol (Il matrimonio, Teatro Stabile, Firenze 1962), di
Goldoni (Il matrimonio per concorso, Teatro Stabile, Firenze 1962),
in cui mette per la prima volta in mostra le sue doti di disegnatore
fantasioso.
Il contesto familiare e in certo senso tradizionale del teatro,
il carattere pubblico, diffuso e condiviso di questi primi lavori
per lo spettacolo avranno varia eco nella ricerca e nella poetica
successiva dell’artista: nel rapporto analitico fra “valore estetico”
e “valore d’uso” della cessione a pagamento di posti numerati e
firmati dall’autore in Teatro (opera-manifesto proposta per un intero
decennio, dal 1973 al 1984); nella relazione e reciprocità fra La
Silfide, tecnicamente il primo balletto sulle punte nella storia del
teatro, e i calchi dei passi della danzatrice (Italia Nativo, moglie
di Mariotti e protagonista dello stesso balletto al Teatro della
Pergola di Firenze) proposti nell’opera Carola in occasione della
prima mostra personale realizzata dall’artista (Galleria Schema,
Firenze 1973); ma soprattutto nell’identificazione di Piazza Santo
Spirito come il luogo “dove la scena è in platea” (Piazza della
Palla, 1980), nella consapevolezza che “è stata questa piazza il
primo teatro che ho conosciuto”, fino a diventare la sede ideale per
rinverdire la pratica rinascimentale, storicamente perfezionata a
Firenze, delle “feste e rappresentazioni speciali”. “La magnificenza
artistica che l’Italia del Rinascimento spiega in queste ultime come ha sottolineato Jackob Burckardt ne La civiltà del Rinascimento
in Italia - non fu raggiunta che mediante quella stessa convivenza
di tutte le classi, che costituisce anche la base fondamentale della
società italiana. [...] qui furono portate ad un medesimo livello da
una cultura e da un’arte, che erano il patrimonio di tutti”.
All’inizio degli anni sessanta si presentano a Mariotti le prime
occasioni di intervento pubblico, che gli consentono di confrontarsi
tanto con la tradizione storica e la pittura fiorentina del
Rinascimento, nel ritratto del condottiero Francesco Ferrucci (nato
in via Santo Spirito e divenuto famoso per aver difeso strenuamente
la Repubblica fiorentina durante l’assedio delle truppe imperiali di
Carlo V nel 1529-1530), dipinto nel 1962 con la tecnica dell’affresco
a tempera nel cortile della caserma Ferrucci in Piazza Santo Spirito,
alla maniera degli uomini illustri di Andrea del Castagno, quanto
con la tradizione teatrale e l’iconografia popolare della Commedia
dell’Arte, nel bassorilievo in terracotta smaltata della maschera
di Arlecchino realizzato nel 1965 nel ridotto del Teatro Metastasio
di Prato.
14
Un uomo è un uomo, 1958. Documentazione fotografica della “mostra di scenografie per Bertold Brecht”
Galleria L’Indiano, Firenze
esordi fra teatro e arte
illustrazione e grafica
31
Dalla fine degli anni cinquanta Mariotti inizia a svolgere attività
di illustratore: per alcune guide alle città italiane curate
da Maria Grazia Ciardi Duprè per conto dell’Associazione delle
relazioni culturali italo-francesi di Firenze (1959); per la rivista
politica “Classe operaia” pubblicata da Marsilio (1964-1967); per i
settimanali “Viaggiare nel mondo” e “Le Ore” (1965) sui quali firma
una striscia umoristica e liberatoria intitolata Il mondo di Matt.
Parallelamente, con la realizzazione in forma vignettistica del
manifesto del XIII Premio letterario Pozzale per la città di Empoli
(1959), Mariotti comincia l’attività di grafico a cui si dedicherà
quasi ininterrottamente fino al 1997. A quella prima esperienza
seguiranno, dalla metà degli anni sessanta, le realizzazioni di
copertine e illustrazioni per i maggiori editori fiorentini, Le
Monnier, Sansoni, La Nuova Italia e l’avvio di una collaborazione con
l’amministrazione comunale fiorentina che si ripeterà successivamente,
in modo più o meno stabile, fino alla metà degli anni novanta. In
particolare, le commissioni per pubblicazioni informative sul nuovo
piano urbanistico (1965) e sul sistema viario di Firenze (1967)
introducono Mariotti alla configurazione della città come mappa, che
egli espliciterà successivamente come spazio scenico nella forma
simbolica dell’ellisse (Firenze, 1985: “Piazza Santo Spirito sarà
il fuoco fisso della rappresentazione allegorica, l’altro fuoco sarà
dislocato in diversi spazi coordinati in una mappa urbana sullo
stesso progetto”) e che indicherà come “modello particolare di un più
vasto disegno” rivelatore della storia (Arnò 89, 1989: “La pianta di
Firenze [...] evidenzia il disegno luminoso della ghigliottina”).
Nel 1967, per la realizzazione dei manifesti per la messinscena de
La Mandragola di Machiavelli al Forte Belvedere di Firenze e per la
I Esposizione Internazionale delle Cerchia Urbane a Lucca, Mariotti
produce dei modelli plastici in gesso che, riprodotti fotograficamente,
diventano la base del suo “disegno” grafico. Questa tecnica di
manipolazione e visualizzazione di modelli, sviluppata con lettering,
immagini, mappe o piante, diventerà una costante nella sua produzione
grafica (copertine della collana Il Castoro di letteratura, dal 1967
al 1984), nell’ideazione di progetti a scala urbana (Firenze, 1985;
Arnò 89, 1989; Polittico di San Giovanni, 1991), nella concezione di
opere come la serie di Hexagone, interpretazioni in forma di rilievo
pittorico e di varie sagome plastiche della carta geografica della
Francia (presentate all’Espace Mailly, Perpignan 1994).
32
La Beppa, s.d. (primi anni ‘60). Illustrazione per la trattoria, Firenze
Stampa su carta
illustrazione e grafica
Illustrazione di copertina del volume Venise, 1959
Guide alle città italiane, serie a cura di Maria Grazia Ciardi Duprè
38
Grafica per I Esposizione internazionale delle cerchia urbane, Lucca 1967
Manifesto e cartolina promozionale dell’esposizione
illustrazione e grafica
Grafica per Città murate e sviluppo contemporaneo, Lucca 1968
Manifesto dell’esposizione
40
Grafica per Primo convegno per la diffusione della cultura musicale nella toscana, Livorno/Firenze 1969. Manifesto
esordi fra teatro e arte
illustrazione e grafica
Grafica per la mostra Grafica europea oggi, Empoli 1970. Manifesto
41
42
Illustrazione per “Potere operaio”, 1969
Stampa su foglio della rivista n. 2
illustrazione e grafica
Grafica per Geometria per la scuola media, Le Monnier, Firenze
Copertina del volume
44
Grafica per “Il Ponte”, La Nuova Italia, Firenze 1970/1978. Copertine della rivista
illustrazione e grafica
46
Campagna pubblicitaria per Panski. Pantaloni da sci, s.d. (primi anni ‘70). Prova grafica per il logo e manifesti
illustrazione e grafica
anatomia del libro e design
49
Tra la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta,
in coincidenza con una fase di inevitabile coinvolgimento politico
e collaborazioni come illustratore per il periodico “Potere
operaio” (1969-1972) e per la rivista “Il Ponte” (dal 1970,
proseguita saltuariamente fino al 1978), ma soprattutto sulla scia
dell’esperienza professionale di grafico per l’editoria, Mariotti
sviluppa un’attività di tipo sperimentale incentrata sull’analisi
dell’oggetto culturale trasformato in prodotto di consumo e
viceversa, nonché sulla rivelazione di relazioni funzionali
“fra individuo e sistema” (Mariotti).
Con il Libro circolare (1968, opera unica), definito dallo stesso
Mariotti come una “riproduzione anatomica del libro reale” e
visualizzato nella rotazione intorno ad un “indice” tanto letterale
quanto ideale, egli riformula in un’unica sintesi utopica tutte
le parti che compongono la sua realizzazione: l’alfabeto impresso
sulla confezione artigianale, la legatura in forma di circolare,
infinita perfezione, il contenuto della stampa che richiama Borges e
l’unicità assoluta della sua Biblioteca. Lo stesso autore rinuncia
quindi al proprio ruolo per sovvertire “l’ordine del potere” che
lo considera un “addetto ai lavori”, giungendo a formulare una
conseguente Proposta di scambio di competenze (Mariotti, 1969) fra
l’artista e il critico. A tale riguardo Lara-Vinca Masini indica
nel “pubblico, condizionante della mercificazione dei prodotti e
insieme condizionato, il bersaglio dell’azione”, accostandola ad
un’altra operazione di Mariotti sul “tema della visione spettacolo:
scenografia egli chiama infatti la struttura di forma organica in
legno e cartapesta con oblò in vetro, propiziatrice di comunicazioni
rette guardare-vedere con dispersioni curve per l’applicarsi della
percettività degli organi” (1969).
Di poco successivi sono la produzione di Alfabeto e le edizioni di
Antologia Personal e Logical Book (1969-70), che anticipano nella
realizzazione di libri come supporti e contenitori di libri quanto
Mariotti scriverà per la sua “poligrafia del libro” (fuori testo) nel
1975: “traccia di percorso nei materiali di un alfabeto non ancora
organizzato in scrittura, il libro si riproduce sulla sua immagine
e ne rappresenta una delle possibili trasformazioni”; ribadendo, nel
segnalibro legenda a corredo del volume (fuori testo), che “libro
e libreria sono gli equivalenti di scrittore e lettore”.
Nei prodotti di design ideati insieme a suo fratello Marcello,
Mariotti sovrappone alla funzionalità degli oggetti in plastica
prodotti per Asea (Coldog, Dama, Piattomartini, Superpiatto,
Triangoli, ecc.) la loro struttura ideativa, logica ed estetica,
schematica e geometrica, per “affermare la necessità di una unità
stilistica e culturale”, come sarà indicato su “Casabella” a
proposito della successiva serie di oggetti in legno (Bicicletta,
Cappelli, Libro, Valigia libreria, ecc.) intitolata Arti-giano e
firmata a quattro mani con Marcello (1974). In questi lavori si fa
evidente l’intenzione di liberare l’arte dal suo carattere esclusivo
ed elusivo, riconducendola a pratiche artigianali che corrispondono
al concetto vitale di riproduzione, “un modo di vivere al di là del
revival” (“Casabella”, 392-393, 1974) ovvero, come scriverà Mariotti
nel segnalibro di (fuori testo), “la ripetizione delle forme [che] è
la genealogia della forma originaria”.
50
51
anatomia del libro e design
Libro circolare, 1968. Documentazione fotografica dell’opera unica donata nel 1969 ed esposta in permanenza
alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Foto di Roberto Marchiori
Libro circolare
CONFEZIONE: una
LEGATURA: realizzata da Silvio Pruneti
pagine in sedicesimo
intonse in testa e raffilate al piede e sul davanti
stampa in offset
altezza 24 cm
larghezza 16,7 cm
raggio dello spazio interno 24 cm
COSTOLA: realizzata dalla ditta Zecchi
pelle a quattro nervature
altezza 24,7 cm
lunghezza 260 cm
IMPRESSIONI: realizzate dalla ditta Ignesti
stampigliate in oro
[Testo dattiloscritto. Archivio Mariotti]
52
Documentazione fotografica collegata alla realizzazione di Libro circolare, 1968
anatomia del libro e design
54
(fuori testo) di Mario Mariotti. Layout originali per le pagine del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
55
anatomia del libro e design
(fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
56
(fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
57
anatomia del libro e design
CONTENITORE CICLICO DI BENI DI CONSUMO
Lara-Vinca Masini
Mario Mariotti si muove nel
suo lavoro come in una veste
ormai stretta; la civiltà dei
“prodotti culturali” chiede,
appunto, soltanto prodotti,
merce confezionata, chiusa,
asettica, avvolta in cellophan,
e non idee, non avere proposte
e sollecitazioni. Il libro
è uno dei tanti prodotti da
supermercato; occorrono una forma
standard, delle copertine che
colpiscano l’occhio fino a un
punto preciso e non oltre; il
contenuto, il testo non conta
più che per il nome dell’autore
che porta; potrebbe anche non
esistere; qualche casa editrice
dovrebbe decidersi a vendere,
come prodotto finito, gli specimen
a pagine bianche - e se ne fanno
di bellissimi, regolarmente
rifiutati e modificati prima della
realizzazione definitiva -; ma
sarebbe, seppur piccola, una
idea; e oggi si ha paura delle
idee.
Esiste un ciclo preciso: la
merce-libro passa per fasi
successive, prestabilite: un
testo (di uno “specialista”,
un addetto ai lavori, uno
il cui nome basta per “far
cassetta”), una équipe di altri
specialisti, grafici, tipografi,
litografi, redattori, legatori,
confezionatori; e poi, ufficio
pubblicità, ufficio commerciale,
ufficio vendite, propoagandisti,
distributori, giù, giù fino al
libraio e all’edicolante; un giro
tanto più serrato quanto più
diramato e capillare.
E allora Mario Mariotti, per
suo conto, fa il suo tipo di
contestazione (contestazione
che è insieme idea e non
idea, proposta ed elusione di
proposta), in cui una sorta di
ironia dolce-amara, di ambiguità
lievemente equivoca, intrigano e
mettono in allarme (anche perché
si chiamano direttamente in
causa, appunto, gli “addetti ai
lavori”; non è fortuito neppure
il fatto che Mariotti chieda poi
a me, che quasi, in questo caso
mi vergogno di essere un “addetto
ai lavori”, di avvallare questi
suoi progetti per una rivista,
libera e spregiudicata quanto
si vuole, come Marcatré, ma
sempre strumento di mercificazione
culturale).
Mario Mariotti presenta così il
“libro”, il “libro assoluto”,
indefinito e infinito (la
circonferenza è una linea senza
punti di arresto, infinita nella
sua limitatezza conchiusa),
illegibile e pur contenente,
insieme, tutti i libri del mondo
passato, presente, futuro, tutti
i testi, con le loro traduzioni
in tutte le lingue - e in tutti
i segni -, tutte le pagine anche questa che sto scrivendo,
ovviamente -, tutte le lettere,
come la Biblioteca di Babele di
Borges.
“Letizia Alvarez Toledo” annota
Borges “ha osservato che la vasta
Biblioteca è inutile, a rigore,
basterebbe un solo volume, di
formato comune, stampato in
coprpo nove o in corpo dieci,
e composto di un numero infinito
di fogli infinitamente sottili.
(Cavalieri, al principio del
XVII secolo, affermò che ogni
corpo solido è la sovrapposizione
d’un numero infinito di piani).
Il maneggio di questo vademecum
non sarebbe comodo: ogni foglio
apparente si sdoppierebbe in
altri simili; l’inconcepibile
foglio centrale non avrebbe
rovescio”.
Il “libro” di Mario Mariotti
rappresenta a contestazione
assoluta del concetto di
“mercificazione della cultura”
e ne è, nello stesso tempo,
la codificazione, la sigla, il
simbolo; addirittura, nella
sua stessa dissacrazione, ne
58
è il monumento, quasi l’assunzione
del concetto in termini mistici
(e allo stesso momento, la sua
demistificazione).
È il “libro” e insieme la
“biblioteca”, coi suoi simboli, la
sua codificazione esatta (come la
Biblioteca circolare e raggiata del
British Museum di Londra).
Il “libro” di Mariotti sarà presentato
alla Biblioteca Nazionale di Firenze
insieme all’Uffiziolo Visconti e alla
Commedia di Foligno.
Sarà, questo, da considerarsi come
un raggiungimento o sarà un ennesimo
rischio? È ancora una manovra astuta
del “sistema” che ormai accetta
qualsiasi cosa, la ingloba e la
distrugge?
Mariotti ha progettato anche,
precedentemente, una biblioteca
casalinga, una serie di scaffalature
“per letture equivoche”, che afferrano
il libro e non lo restituiscono. Non
c’è dubbio che, una volta immesso nel
commercio, un mobile così non debba
circolare, per fare bella mostra di
sé nei salotti spreguidicati degli
intellettuali.
Anche questa esperienza fa parte di
tutta una serie di operazioni che
Mariotti sta programmando in questo
momento, perché pensa che si debbano
fare, e perché, al livello della
critica che egli affronta, il campo
si allarga a diversi settori; ormai,
come per ogni attività umana di
relazione anche (e forse soprattutto)
la cultura si organizza in base a un
centro di potere; anche l’addetto
ai lavori, inglobato nel sistema,
diventa uno strumento di potere:
proviamo a sovvertire, a scambiare
le competenze: si assumerà un critico
d’arte (X) la responsabilità di un
testo critico elaborato, in vece
sua, da un operatore artistico (Y)
fino a presentarlo, come proprio, al
suo editore? E l’operatore artistico
(Y) si assumerà la responsabilità
di firmare un’opera realizzata dal
critico (X) in sua vece, fino a
presentarla alla sua galleria? Di
Lara-Vinca Masini
questo tenore è il testo della
lettera che Mariotti intende
inviare. L’editore e la galelria
rappresentano, in questo caso, il
potere stabilito in quanto arbitri
della trasformazione del “lavoro”
(testo e opera) in “prodotto”, in
“merce”. Si può anche proporre,
come fa Mariottti, lo scambio di
competenze tra operatori artistici
di settori diversi; un pittore e un
grafico, per esempio, (magari, per
mantenere all’operazione il maggior
distacco possibile, commissionando le
copie reciproche a terzi). Il questo
caso sarà il pubblico, condizionante
della mercificazione dei prodotti e
insieme condizionato, il bersaglio
dell’azione.
L’altro settore che Mariotti affronta
investe, con implicazioni varie,
il tema della visione spettacolo:
“scenografia” egli chiama infatti
la struttura di forma organica in
legno e cartapesta con oblò in vetro,
“propiziatrice di comunicazioni rette
guardare-vedere con dispersioni curve
per l’applicarsi della percettività di
altri organi”.
Due personaggi si incontrano, divisi
da un leggero diaframma che segue la
linea dei due corpi affrontati e,
attraverso l’oblò in vetro, gli occhi
si guardano: l’evento può essere o
no previsto dai due protagonisti:
si possono verificare - o no - fatti
percettivi diversi dal “vedere”. In
uno schema di studio Mariotti scrive:
(Organi)
Funzione
occhio - guardare
orecchi - ascoltare
naso - annusare
tatto - toccare
(Attenzione)
Percezione
vedere
sentire
sentire
sentire
[l’attenzione va e viene, come un
organo che pulsa, come il cuore, i
polmoni, interrompendo con il suo
59
contenitore ciclico di beni di consumo
applicarsi la percezione di ciò che
fanno gli altri organi]”.
L’oggetto realizzato può anche
essere assunto nell’ambito della
“environmental-art”, proponendo
all’uomo un ambiente fruibile in modo
particolare, di solelcitazione e di
stimolo sensoriale, un ambiente in
chiave ironica, lievemente equivoca,
in cui un sottile, appena dichiarato
accento di contestazione investe,
semmai, un altro canale della
mercificazione culturale, quello dello
spettacolo commerciale, impostato
sull’erotismo, sul sesso, su quello
che Dorfles definisce il “porno-kitsch”.
L’ggetto eseguito a grandezza reale
sembra assumere, in questo caso,
carattere diverso dalle operazioni
precedenti di Mariotti; in realtà il
discorso è lo stesso, spostato nel
settore del teatro: il lavoro dello
scenografo, in certo senso, è simile
a quello del grafico: la richiesta
di prestazione è quasi la stessa: il
grafico viene chiamato al momento della
confezione del libro; lo scenografo
anche è chiamato a confezionare lo
spettacolo dal regista, anch’egli
già compromesso dalla richiesta,
non libero. Si riduce, dunque,
addirittura, quello dello scenografo,
ad una subcommissione.
Inoltre: il teatro moderno,
compreso il living theatre, tenta
di coinvolgere il pubblico nello
spettacolo, ma lo coinvolge a
distanza, ne fa uno strumento, una
cavia.
Con questo oggetto Mariotti intende
eliminare i passaggi di “commissione”:
eludere gli intermediari
“professionali” (pur mantenendo
rigorosamente l’esattezza tecnica ed
esecutiva del prodotto, progettato
ed eseguito da “addetti ai lavori”,
come il “libro”, d’altra parte) e
offrire allo spettatore lo stimolo
catalizzatore dell’incontro (la
“scenografia”) che gli permetta quella
“comunicazione” di cui il teatro è
solo una delle sintesi.
È bene chiarire che questo non intende
essere un risultato o un “deus ex
machina” del teatro attuale; indica
soprattutto la possibilità di un
atteggiamento che recuperi al teatro
- e non solo al teatro, ma a tutte
le attività che si usava definire, fino
a qulche tempo fa, “liberali” quella
condizione di libertà da tutto il
bagaglio delle regole, delle leggi,
delle sovrastrutture autoritarie e
intimidatorie che si sono accumulate
nel tempo.
A ridare all’uomo la facoltà
di ricreare la propria attività
speculativa (di fare arte, di fare
letteratura, di fare musica, di
fare teatro ecc.) non nel senso
dell’utilizzazione del “tempo libero”
da usare “consumando” il prodotto
dell’industria culturale (no, dunque,
all’artista stregone, ma no anche al
consumatore indiscriminato, di massa),
ma nell’esplicazione della propria,
riscoperta libertà.
[Testo pubblicato in “Marcatré”, nn. 50/55, febbraio/luglio 1969,
pp. 250-259. Archivio Mariotti]
60
Scenografia / Propiziatrice di comunicazioni rette guardare-vedere con dispersioni curve per l’applicarsi
della percettività degli organi, 1969. Documentazione fotografica (opera dispersa)
anatomia del libro e design
62
(fuori testo) di Mario Mariotti. Immagine per la seconda di copertina del volume “Il Castoro”
La Nuova Italia, Firenze 1975
63
anatomia del libro e design
Antologia Personal, 1969. Contenitore di libri, plastica
Edizione Asea studio, Firenze
Logical Book, 1968. Edizione Something Else, New York
Distribuzione Asea studio, Firenze
64
65
anatomia del libro e design
Edizioni di design per Asea studio, Firenze 1969 (con Marcello Mariotti). Oggetti in plastica
66
Piattomartini, 1969 (con Marcello Mariotti). Contenitori in plastica, gambe di metallo. Edizioni Asea studio, Firenze
anatomia del libro e design
68
69
anatomia del libro e design
Edizioni di design per Asea studio, Firenze 1969 (con Marcello Mariotti). Documentazione fotografica
70
Gioco su Escher, 1969. Edizione Asea studio, Firenze
71
anatomia del libro e design
Arti-Giano, 1974. Prova per il logo. Tempera su legno sagomato
72
73
anatomia del libro e design
Cappelli, modelli per la serie Arti-Giano, 1974 (con Marcello Mariotti). Legno di samba tornito a mano
Produzione Studio Castello, Milano / Realizzazione F.lli Bini, Firenze
74
Specchio Flash, modello per la serie Arti-Giano, 1974 (con Marcello Mariotti)
Legno di samba tornito a mano con specchio all’interno
Produzione Studio Castello, Milano / Realizzazione F.lli Bini, Firenze
anatomia del libro e design
Pinocchio Schiaccianoci, modello per la serie Arti-Giano, 1974
(con Marcello Mariotti). Legno di samba tornito a mano
Produzione Studio Castello, Milano / Realizzazione F.lli Bini, Firenze
azioni al servizio dell’arte
77
Nel 1969 Mariotti realizza la sua prima azione pubblica, Carta
bianca, nel centro abitato di Molin del Piano presso Pontassieve
(Firenze), coprendo la sede stradale con un lungo rotolo di carta
che viene colorato liberamente dai ragazzi della scuola media.
L’esperienza collettiva assume il carattere del vivace happening
urbano, scuotendo il paese dalla routine quotidiana in cui è immerso.
Nel 1972 Mariotti compie un’operazione analoga, Ostacolo, occludendo
l’uscita della platea del Teatro Metastasio di Prato con un grande
foglio di carta che funziona da controsipario posto fra il pubblico
dello spettacolo (Antigone di Sofocle) e il suo ritorno alla vita
reale, riuscendo a capovolge i ruoli degli spettatori in attori,
spinti in un gesto finale di teatrale ribellione e liberazione a
sfondare lo sbarramento e ad uscire di scena.
Nello stesso anno irrompe a Venezia, in occasione della Biennale,
fornendo ai passanti di Piazza San Marco delle retine adatte a
compiere una fantomatica caccia alle Farfalle (1972), per provare
a dare un senso poetico alla vita, a liberare la propria fantasia,
più che suggerire o mostrare le possibilità di fruizione dell’arte
contemporanea in laguna.
In questa direzione si può interpretare anche il coevo Segnale
stradale di lavori in corso, dove la figura umana intenta a scavare
è ritoccata in veste multicolore di Arlecchino, ribaltando l’idea di
eventuale pericolo in un sollecito invito al rischio.
All’inizio del 1972 espone per la prima volta in una galleria d’arte,
la Galleria di Porta Ticinese a Milano, insieme al poeta sperimentale
Corrado Costa, membro del Gruppo 63, un immaginario Dialogo numerico
a quattro mani, composto da una serie di numeri tridimensionali in
gesso (0234, 1345, 2456, ecc.) realizzati da Mariotti e disposti a
terra sopra fogli di carta con i numeri mancanti indicati come titoli
(uno, due, tre, ecc.) da Costa.
Il sodalizio con Costa, che durerà fino alla scomparsa di quest’ultimo
nel 1991, era iniziato qualche mese prima: il poeta reggiano
(introdotto a Mariotti da Maurizio Nannucci e Claudio Parmiggiani)
faceva da intermediario per la gallerista Rosanna Chiessi,
intenzionata a realizzare un “mazzo di carte” da briscola affidate
a quaranta artisti. Mariotti aderisce al progetto interpretando il
Fante di Coppe (1973), un autoritratto fotografico in posa da elegante
cameriere che porge una coppa di vino, sospeso sul simbolo matematico
di infinito.
Contestualmente si era già posto “al servizio” dell’arte come grafico,
realizzando i manifesti per le mostre personali di Maurizio Nannucci
alla Galleria Flori di Firenze (aprile 1972) e di Henry Moore al
Forte Belvedere di Firenze (maggio-settembre 1972), per la quale
compone graficamente anche il catalogo.
azioni al servizio dell’arte
79
Carta bianca, 1969. Documentazione fotografica dell’intervento/azione, Molin del Piano, Pontassieve (Firenze)
82
83
azioni al servizio dell’arte
Ostacolo, 1972. Documentazione fotografica dell’intervento/azione. Teatro Metastasio, Prato
azioni al servizio dell’arte
Farfalle, 1972. Documentazione fotografica dell’azione. Piazza San Marco, Venezia
85
86
Farfalle, 1972. Documentazione fotografica dell’azione. Piazza San Marco, Venezia
azioni al servizio dell’arte
90
(fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume
“Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
azioni al servizio dell’arte
Dialogo numerico, 1972 (con Corrado Costa)
Documentazione fotografica dell’installazione, Galleria di Porta Ticinese, Milano
92
(fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
Fante di Coppe, 1973. Carta da gioco. Edizioni Pari&Dispari, Reggio Emilia
93
azioni al servizio dell’arte
UNO SCRITTO PER LE CARTE
Corrado Costa
Fare la storia di questo mazzo
di carte è un po’ fare la
storia di un viaggio attraverso
l’Italia; alla ricerca di un
Fante, di un Cavallo, di una
Regina ecc.
Reggio Emilia, sabato sera,
1971; in un’osteria di campagna
si gioca a carte, si mangia, si
beve il litro intero e si parla
e così nasce anche un’idea: le
carte piacentine, quelle della
briscola, saranno interpretate
da 40 pittori ...
Comincia così la lunga impresa
di Rosanna Chiessi che a cavallo
di una Jeep rincorre, stana
i vari Parmiggiani, Carrino,
Marotta, Innocente ecc. per
proporre la sua idea.
Emilio Villa e Costa la aiutano
ad allacciare i primi contatti.
Riceve consensi quasi unanimi.
Dopo circa un mese cominciano
ad arrivare i primi bozzetti,
dopo sei mesi le carte sono 20.
Baruchello non si riesce a
trovare, ma alla fine anche lui
si trasforma in un 9 di spade;
Echaurren si imrovvisa intanto
7 di bastoni.
Roberto Crippa disegna un’aquila
volante; poco tempo dopo
precipita dall’aereo.
Fabro non manda nulla perché
non sa nemmeno giocare a carte,
mentre con Melotti qualunque
dialogo risulta impossibile se
non paradossale.
Milano, Roma, Venezia, Torino,
Firenze, Bologna, Reggio Emilia.
Arrivano i bozzetti di Cavaliere,
di Merz, di Gallina.
7 di denari, 2 di coppe, fante di
spade; ormai ci sono tutte, c’è
pure il retro (pardon il verso)
di Alviani e ci sono le fiches di
Bizzarri. Adesso comincia l’ardua
fatica della firma.
E si riparte, come daccapo.
Da Harloff, Restany, Gastini,
Nannucci, Spatola, Mariotti ecc.
Giusto alla vigilia della
Biennale di venezia, tutto è
pronto, tutto è firmato; non
rimane ora che risedersi a
tavolino e fare insieme una
partita a “carte”.
[Testo pubblicato in Rosanna Chiessi, Oltre
lo spettacolo, Adriano Parise Editore, Verona 1994, p.53.
Archivio Mariotti]
94
95
azioni al servizio dell’arte
Grafica per la mostra di Henry Moore. Forte Belvedere, Firenze 1972. Manifesti
arte, teatro e politica
101
Nel maggio 1973 tiene la sua prima esposizione personale alla
Galleria Schema di Firenze dove, da artista, “definisce la sua
presenza in una galleria d’arte con un percorso (Carola) rievocato
dalla danza”, a sua volta definita così all’interno del teatro, il
cui “materiale (rappresentazione) è dato dalla ripetizione a calco
dei passi formati sulla danzatrice e dal manifesto della mostra”.
Artista e danzatrice si ritrovano “in un rapporto unitario” che
(collegando i loro principali strumenti, le mani e i piedi) avvicina
temporaneamente le rispettive identità culturali e professionali ma
li priva di significato fuori dal loro contesto specifico. Il mese
successivo “il materiale (decorazione) dalla galleria d’arte viene
trasportato nelle vetrine di un negozio di abbigliamento”, Principe
a Firenze, dove “il criterio valutativo del sistema commerciale”
stabilisce una relazione con l’artista “in ragione della sua
definizione nel sistema del mercato dell’arte”.
È di questo stesso periodo la concezione della vendita immaginaria,
resa concreta, di posti numerati e firmati in Teatro (1973-1984) che
sposta la condizione dell’oggetto ceduto (una stampa con la pianta
del Teatro Comunale di Firenze su cui è indicato il posto assegnato
allo stesso prezzo del botteghino) dal contesto reale del teatro
a quello ideale dell’arte e, quindi, dall’identità di un “prodotto
culturale” come il teatro a quella di una cultura alternativa
rappresentata dalla sua immagine riprodotta.
La prima fase sperimentale dell’attività di Mariotti evolve con
un’azione insieme politica ed estetica in occasione del referendum
sul divorzio (che si svolge il 12 maggio 1974): la proiezione del
NO a caratteri cubitali sulla cupola del Duomo di Firenze, realizzata
la sera dell’8 maggio 1974 con la collaborazione di Roberto Fabbrizzi
e del fotografo Roberto Marchiori che, insieme ad un altro fotografo,
Gianni Melotti, opererà spesso a fianco di Mariotti.
Il NO è la prima di una serie di proiezioni urbane che faranno
assurgere Mariotti agli onori della cronaca.
Un precedente, in termini di contestazione delle regole stabilite
e di demistificazione dei monumenti fiorentini, può essere individuato
nella proiezione del gruppo di architettura radicale 9999 sul
Ponte Vecchio, la sera del 25 settembre 1968. I 9999 proponevano
un’immagine astratta, dinamica, per una fruizione aggiornata
del luogo/simbolo della città storica, immobile nella sua
autorappresentazione; quella di Mariotti impone, con la sua finalità
propagandistica specifica, la forza comunicativa della negazione
testuale, fissa e corrosiva, associata al luogo/simbolo del potere
contro cui si rivolge.
102
103
arte, teatro e politica
(fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
Carola
FIRENZE
MAGGIO 1973 (GALLERIA SCHEMA)
MARIO MARIOTTI, DEFINIBILE (artista) NELLA
STRUTTURA (galleria) CHE LO DEFINISCE
E ITALIA NATIVO, DEFINIBILE (artista) NELLA STRUTTURA
(teatro) CHE LA DEFINISCE
SI PRESENTANO COME VARIABILI DI ESPERIENZE
UMANE CHE, TEMPORANEAMENTE
RAVVICINATE IN UN RAPPORTO UNITARIO, ACQUISTANO
E PERDONO SIGNIFICATI PROPRI
E, NELLE RISPETTIVE REALTÀ, STABILISCONO UNA
IDENTITÀ DI CONDIZIONE QUALE
COSTANTE RECIPROCA FRA INDIVIDUO E SISTEMA.
MAGGIO 1973 (GALLERIA SCHEMA)
MARIO MARIOTTI DEFINISCE LA SUA PRESENZA IN UNA
GALLERIA D’ARTE
CON UN PERCORSO (CAROLA) RIEVOCATO DALLA
DANZA, DIRETTO A STABILIRE
UN RAPPORTO DI RELAZIONI concetto di istituzione (teatro) sistema di norme
concetto di presenza (italia nativo) condizione di coscienza
concetto di istituzione (galleria) sistema di norme
concetto di presenza (mario mariotti) condizione di
coscienza
IL MATERIALE (RAPPRESENTAZIONE) È DATO DALLA
RIPETIZIONE A CALCO
DEI PASSI FORMATI SULLA DANZATRICE E DAL
MANIFESTO DELLA MOSTRA.
GIUGNO 1973 (NEGOZIO PRINCIPE)
IL MATERIALE (DECORAZIONE) DALLA GALLERIA D’ARTE
VIENE TRASPORTATO
NELLE VETRINE DI UN NEGOZIO DI ABBIGLIAMENTO.
IL CRITERIO VALUTATIVO DEL SISTEMA COMMERCIALE
NELLO STABILIRE UNA
RELAZIONE CON LA PRESENZA DI MARIOTTI VIENE
STABILITO IN RAGIONE
DELLA SUA DEFINIZIONE NEL SISTEMA DEL MERCATO
DELL’ARTE concetto di istituzione (teatro) sistema di norme
concetto di presenza (italia nativo) condizione di coscienza
concetto di istituzione (negozio) sistema di norme
concetto di presenza (mario mariotti/galleria) condizione
di coscienza
[Dattiloscritti di Mario Mariotti per la mostra personale
Galleria Schema. Firenze 1973. Archivio Mariotti]
104
(fuori testo) di Mario Mariotti. Pagine del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
105
arte, teatro e politica
Carola, 1973. Manifesto con schema progettuale dell’installazione, Galleria Schema, Firenze
106
Carola, 1973. Documentazione fotografica dell’installazione, Galleria Schema, Firenze
arte, teatro e politica
110
111
arte, teatro e politica
Teatro, 1973-1984. Serigrafia su carta (posti numerati e firmati). Stampa su carta applicata su tela
Teatro
Il foglio serigrafato da Fabbrizzi dell’immagine fotografata
da una pianta esistente.
La posizione, il segno, è deciso da chi prende la serigrafia.
Il mio lavoro è il foglio con tutti i nomi. E solo a lavoro
finito teatro esaurito e soltanto questo foglio potrà essere
firmato da me.
Un teatro composto dal tempo di chi lo compone.
Il mio tempo composto da chi ha composto il mio.
[Manoscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti]
112
113
arte, teatro e politica
Teatro, 1973-1984. Documentazione fotografica del Teatro Comunale di Firenze e delle azioni di Mario Mariotti
114
115
arte, teatro e politica
NO, 1974 . Disegno progettuale e documentazione fotografica della proiezione sulla cupola del Duomo di Firenze
per il referendum sul divorzio. Progetto di Mario Mariotti, proiezione con Roberto Fabbrizzi e Roberto Marchiori
116
117
arte, teatro e politica
NO, 1974. Documentazione fotografica delle prove di proiezione per il referendum sul divorzio
viaggi intorno al libro
119
Nell’ambito della comunicazione visiva Mariotti prosegue la
produzione di copertine per le collane Il Castoro di letteratura
(1967-1984) e cinema (1974-1986), la cui consistenza e specificità
meriterebbero una trattazione a parte che potrà essere oggetto di un
futuro studio all’interno dell’archivio. Qui va ricordato il numero
speciale (fuori testo), realizzato nel 1975 per la stessa collana:
monografia autobiografica che raccoglie “reperti” del suo vissuto
“quotidiano” e rappresenta una summa del suo “iter operativo”,
includendo progetti realizzati fino ad allora (Libro circolare, Fante
di Coppe, Teatro, Carola, NO) e tracce di progetti coevi e successivi
(Valore aggiunto, Profilo di imperatore, Dall’altra parte del libro
fra gli altri). Il volume costituisce pure una riflessione sulla
nozione di libro, come dichiarato in apertura dove compare il Libro
circolare del 1968 riprodotto anche in copertina: “la riproduzione
reale del concetto letterario di libro originario è un libro”
(Mariotti). All’interno di (fuori testo), come ha notato Valeria
Ronzani nel catalogo della mostra di Mario Mariotti alla Biblioteca
nazionale centrale di Firenze dell’estate 1997, che documentava
i suoi Percorsi di ricerca fra grafica e libro d’artista, “si
riconoscono stimoli, fermenti, pensieri e icone che avevano ispirato
e ispireranno tutto il suo lavoro: la scrittura, la comunicazione,
la firma come identità, il linguaggio, il braille, il teatro, la
maschera, l’incontro fra culture diverse e tanto altro, fra cui,
immancabilmente, la Biblioteca”; inoltre “il tema del viaggio,
la specularità di culture parallele, di segni, icone e alfabeti”
(Ronzani) che ritorneranno nel volume Dall’altra parte del libro
(1982), composto come “un doppio percorso convergente di immagini
parallele”, riprese in Algeria e in Toscana, che presenta “l’idea
sintetica di un viaggio” (Mariotti).
Nel loro insieme le pubblicazioni di Libro circolare, (fuori testo)
e Dall’altra parte del libro delineano un percorso articolato, un
discorso reiterato intorno al libro, alla sua sperimentazione e
alla sua esperienza, come “se libro e viaggio coincidessero senza
concludersi in una immagine formale, rimanendo aperti e disponibili
per nuove avventure” (Mariotti, Dall’altra parte del libro, 1982).
Per lo sviluppo di questa ricerca ci sembra opportuno sottolineare la
comunanza di Mariotti con Corrado Costa, in quegli anni protagonista
della sperimentazione letteraria, nel cui ambito Mariotti pubblica
sulla rivista “Geiger” 4 (1970) il progetto verbovisivo Il mare è
inclinato, seguito da una fotografia che fissa “in immagine quanto la
scrittura lasciava all’immaginare” (Mariotti, 1983).
Di Costa Luciano Anceschi ha scritto: “uomo generoso, ironico,
di sottile intelligenza inventiva, egli sapeva trasformare ogni
occasione anche minima in una viva improvvisazione, non senza
meraviglia...”, ricordando “un viaggio memorabile tra continue
sorprese, fermate in luoghi che egli vivacemente inventava [...]
in una sua particolare ilarità che la passeggiata non sarebbe
terminata mai” (Anceschi, “Bollettario”, 5-6, 1991).
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“Il Castoro”, serie Letteratura, n. 1, La Nuova Italia, Firenze 1967. Bozzetto di copertina per il volume Carlo Cassola
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viaggi intorno al libro
IL CASTORO
Alessandro Piccioni
Il Castoro, monografie critiche
sui principali scrittori
contemporanei italiani e
stranieri, ospita - dal 1967 al
1984 - duecentoquattro titoli.
Tutte le copertine sono disegnate
da Mario Mariotti.
Il Castoro. Nessuno ricorda come è
venuto fuori questo titolo per la
collana di monografie critiche sui
maggiori scrittori contemporanei
italiani e stranieri che La Nuova
Italia vara, con la direzione di
Franco Mollia, alla fine degli
anni sessanta. Sarà, comunque,
una scelta felice. Ogni mese, per
più di quindici anni, Il Castoro
genererà un fascicoletto dallo
strano formato quadrato, sul
quale Mario Mariotti disegnerà
una copertina originale, diversa
er ogni titolo: una specie di
enciclopedia, destinata a un
pubblico non ben individuato,
quello che riempie le piazze di
voci, le scuole di proteste, le
librerie di clienti.
Il primo titolo è dedicato a
Cassola (1967), l’ultimo uscito nel 1986 - a Pascoli. Una
programmazione un po’ informale,
senza previsioni di uscita
secondo criteri cronologici.
Oggi Comisso, il mese prossimo
Steinbeck, poi Marinetti, poi
Kafka, e così via: un andare
su e giù - forse proprio come
il castoro - a mordere questa
o quella figura letteraria, per
cercare di capirne il senso,
il peso, lo spazio.
È una stagione felice per
l’editoria tascabile ed
economica: i Castori costano solo
750 lire, la richiesta è alta,
di alcuni titoli le ristampe si
sussegguono rapidamente. “Lettore
del Castoro”, così si legge nello
specimen di lancio, “è chiunque
voglia saper leggere la vita
dell’autore, i suoi valori, le
sue tecniche, le sue difficoltà, i
suoi orientamenti”. Ma, più tardi,
quando le tirature diminuiranno
e le ristampe si diraderanno, si
capirà che i lettori de Il Castoro
sono proprio quei giovani - e
non solo studenti - che urlano
e insolentiscono, ma leggono e
studiano, a modo loro, quello che
vogliono, senza costrizioni. E
non solo di politica, di libretti
rossi , di marxismo, ma anche di
letteratura, di arte, di teatro,
di cinema.
Così, nel 1974, mentre in bilico
su una scala rovista tra i Castori
nel magazzino romano de La Nuova
Italia, Fernando Di Giammatteo
immagina una collana analoga,
dedicata a narratori diversi,
quelli che più precisamente
connotano il ventesimo secolo,
i registi cinematografici. ma
parla ad alta voce e, sotto la
scala, Sergio Piccioni raccoglie
l’intuizione e immagina tanti
altri Castori, della musica,
dell’architettura, dello sport.
Nascerà, pochi mesi più tardi,
Il Castoro cinema, primo titolo
Anonioni di Giorgio Tinazzi. La
nuova collana supera rapidamente
le tirature della precedente ed
è la rima volta che, in Italia,
il discorso sul cinema si sposta
dall’aspetto dello spettacolo a
quello della cultura.
Mentre il primo Castoro si
esaurirà, il Castoro cinema
continuerà a proporre - con
le silhouettes speculari delle
copertine di Mario Mariotti figure note e meno note di registi
di tutti i paesi.
E resta il rammarico degli altri
Castori che potrebbero portare il
loro contributo all’informazione
e alla cultura e che invece forse per troppa prudenza - non
sono riusciti a nascere.
[Testo pubblicato in Alessandro Piccioni, a cura di,
Una casa editrice tra società, cultura e scuola. La
Nuova Italia 1926-1986, La Nuova Italia, Firenze 1986.
Archivio Mariotti]
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viaggi intorno al libro
“Il Castoro”, serie Letteratura, La Nuova Italia, Firenze 1967-1984. Copertine di volumi
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viaggi intorno al libro
“Il Castoro”, serie Letteratura, La Nuova Italia, Firenze 1967-1984. Copertine di volumi
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viaggi intorno al libro
“Il Castoro”, serie Letteratura, La Nuova Italia, Firenze. Bozzetti di copertina per i volumi su Kafka e Kavafis
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“Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertine di volumi
viaggi intorno al libro
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viaggi intorno al libro
“Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertina del volume Jacques Tati
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viaggi intorno al libro
“Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertine di volumi
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viaggi intorno al libro
“Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertina del volume Georges Méliès
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(fuori testo) di Mario Mariotti. Copertina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
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viaggi intorno al libro
mario mariotti. Fuori testo
Franco Manescalchi
Dopo aver realizzato decine
di copertine per la collana
del Castoro, ecco che Mariotti
entra nella medesima con un
“fuori testo” che rappresenta
la testimonianza del suo
laboratorio, del suo iter
operativo.
La prima sensazione che se
ricava è senz’altro positiva
per l’esegèsi interna al proprio
lavoro, per la dimostrazione
di una ricerca non affidata
all’improvvisazione, ma
al continuo calcolo della
formalizzazione della fantasia
nei cdici della grafica. E,
diremmo, non si tratta di una
fantasia ex imo, artistica in
senso stretto, ma misurata in
una verifica di segni, in un
tessuto epistemologico denso di
suggestioni per la sua tendenza
all’analogia, alla metafora.
Fuori testo entra così, a pieno
diritto, nella collana, ci
presenta un poeta tout court per
l’inventività delle immagini e
non rimane dunque che prendere
atto dei diversi modi di
canalizzazione che ha la poesia
oggi, per realizzarsi.
Poesia è intanto
quell’identificazione del divenire
della storia attraverso i suoi
segni, la rivitalizzazione
dei suoi segni con un’attenta
opera di focalizzazione ora sul
particolare ed ora sul “campo
lungo” e con intervent grafici
atti a semantizzare in senso
creativo un tessuto linguistico
altrimenti privo di dissonanze.
La dissonanza, il segno che nega
e rifonda, ci pare un secondo
aspetto (ma egualmente primario)
dell’operazione mariottiana: di
fronte a segni d’uso corrente,
cifrati in altro senso, si
rimane all’inizio allarmati
come di fronte - ci si scusi il
doppio senso - ad una scrittura
criptografica (e si vuole dire
precisamente un’operazione grafica
all’interno delle cose allo
scopo di rovesciarle a guanto per
significarle secondo il proprio
linguaggio, secondo la struttura
logica propria della “poesia”).
In questo modo M. agisce
sul reale, sui suoi codici
architettonici e comportamentali
ma distinguendosi, per l’acutezza
delle scelte di laboratorio,
dalla moda della poesia visuale
dei nostri anni. Egli rimane - di
fatto - un grafico, un designer,
e ciò lo condiziona in parte
positivamente, costringendolo a
dosare i propri ingredienti, a
scrivere secondo una dizione di
massima funzionalità, secondo
un’ipotesi che si pone, al fine, la
pagina-oggetto, ovvero la paginasignificante rispetto a qualcosa
che già esiste e che deve essere
integrato, non imitato.
M. non può insabbiarsi
nell’operazione intellettuale
de messaggio contro, ma deve
risolvere la propria ricerca
in un risultato per, ossia in
una proposta. Egli supera così
le secche della poesia visuale
che rimane a mezza strada fra
la poesia e l’opera figurativa.
La marginazione “grafica” della
sua ricerca offre la motivazione
del messaggio e le decine
di copertine per il Castoro
risultano, con questa ottica,
letture in chiave critico-poetica
del contesto perché laddove
esiste un universo linguistico
che vada oltre la codificazione
meramente tecnca,
lì è possibile il salto di
qualità, l’acquisizione della
poesia. Sta appunto all’operatore
culturale accostare i segni nel
senso giusto per dare vita, come
in questo caso, ad una “risposta”
originale.
[Testo pubblicato in “Il Ponte”, nn. 7/8,
luglio-agosto 1976. Archivio Mariotti]
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viaggi intorno al libro
(fuori testo) di Mario Mariotti. Layout originali per pagine del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
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(fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
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viaggi intorno al libro
Documentazione fotografica della proiezione angolare su libro, 1978. Galleria Schema, Firenze
Dall’altra parte del libro
Il viaggio è il trasferimento in un altro paese, un’altra
stanza o un’altra idea. O in un’oasi.
Dove c’è un villaggio che finisce dove comincia il deserto.
Immagini elementari, semplici e chiare come la memoria
infantile, che rivelano l’altra forma
e l’altro nome delle nostre immagini comuni.
Figure originarie dalle quali derivano, per analogie dei tipi
e associazioni di idee, tutte le forme che conosciamo e
che possiamo immaginare.
La forma di questo libro è la forma evidente di un libro.
L’idea delle sue pagine, che si sfogliano in un doppio
percorso convergente di immagini parallele,
è l’idea sintetica di un viaggio. E sarebbe un vero piacere
se libro e viaggio coincidessero senza
concludersi in una immagine formale, rimanendo aperti
e disponibili per nuove avventure.
Ogni viaggio è diretto al punt di partenza, ed è fine a se
stesso.
Altri spostamenti, come percorrere un’autostrada con
il fastidio della distanza dei due punti da superare con
il minimo percorso e la massima velocità, dove lo spazio
ed il tempo sono ostacoli che non hanno nome e sostanza
di viaggio, sono da classificare con altre voci. Come
trasloco, esodo, week-end, emigrazione, appuntamento,
deportazione, fuga.
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Dall’altra parte del libro,
La Nuova Italia, Firenze 1982. Archivio Mariotti]
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viaggi intorno al libro
Dall’altra parte del libro, La Nuova Italia, Firenze 1982. Copertine del volume
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viaggi intorno al libro
Il mare è inclinato, 1970. Progetto verbovisivo per la rivista “Geiger”, n. 4
Lettering su lucidi trasparenti
veduta aerea
Le due fotografie che ho esposto al Fotostudio non sono
mie, ma di Gianni Melotti e Claudio Greppi. Ribaltando il
procedimento che da una idea porta alla realizzazione di
una delle molteplici forme che l’idea contiene, succede
che, partendo da un’immagine formale così stabilita,
si possa arrivare ad una variazione dell’idea stessa
che la costituiva che poi sembra significare che, come
un qualsiasi oggetto, anche un’idea è una proprietà
trasferibile.
La storia è questa.
C’è un mio filmato, costituito da 1086 fotografie tratte
dall’Archivio Alinari, che anima il tema della crocifissione
nell’arte. Il suo titolo è (XX).
Adesso c’è anche una fotografia di Gianni Melotti che,
tenendo l’otturatore della sua macchina fotografica
aperto sulla proiezione durante tutto il filmato, lo ha
ricondotto ad un’unica fotografia.
Il suo titolo è (XX).
C’è una scritta, colta da certe discettazioni infantili sulla
natura, che si legge: Il mare è inclinato.
Adesso c’è anche una fotografia di Claudio Greppi che,
addossato di sbieco l’emergente cono di Stromboli,
ha fermato in immagine quanto la scrittura lasciava
all’immaginare.
Il suo titolo è Il mare è inclinato.
Così mi ritrovo con due immagini così familiari che mi
sembrano mie e non lo sono nel medesimo tempo.
Quello che è certo è che, se sono anche mie, nello stesso
modo il mio (XX) e il mio Il mare è inclinato adesso sono
anche loro.
E non mi dispiace.
[Testo di Mario Mariotti pubblicato in Firenze:
veduta aerea, catalogo della mostra. Fotostudio, Firenze 1983.
Archivio Mariotti]
Il mare è inclinato, 1983. Foto di Claudio Greppi
Opera trasferita a Mario Mariotti
zona (una monografia)
151
Durante gli anni settanta appare rilevante il sodalizio con
Maurizio Nannucci, la cui ricerca sperimentale sulle strutture
linguistiche e l’impiego di nuovi media approda ad “una visione
allargata del fare arte”, sviluppando una fitta rete di relazioni
interdisciplinari, attivando forme di aggregazione e diffusione per
l’arte, privilegiando nei suoi lavori componenti di documentazione
e di comunicazione (radioworks, videotape, film, multipli, libri
d’artista).
Nel 1974 Mariotti e Nannucci insieme a Paolo Masi e altri artisti
promuovono l’attività di Zona, centro di informazione e, dal 1975,
spazio espositivo e di documentazione autogestito, con sede in via
San Niccolò a Firenze.
Nell’archivio personale di Mariotti sono conservate varie tracce
della sua collaborazione con Zona, incluse numerose fotografie.
Il logo, che egli concepisce con un lettering asciutto a caratteri
graziati, evidenzia la Z iniziale e la A finale corrispondenti
all’ultima e alla prima lettera dell’alfabeto, accompagnato da
un modello plastico a rilievo di stampo artigianale, datato 1974;
lettering e modello sono incorniciati ai lati e nella parte superiore
da una struttura analoga ad un simbolo matematico di matrice o di
insieme, che nel modello assume le caratteristiche dell’architettura
contenente una fuga prospettica rinascimentale.
Il programma inaugurale di Zona, intitolato Per conoscenza, assume
la forma di un cerchio diviso in tre spicchi regolari di 120°,
corrispondenti a tre giorni dei mesi di maggio, giugno e luglio
1975, durante i quali si svolge il “calendario di documentazione
sulla ricerca estetica di operatori attivi a Firenze che organizzano
in autonomia comunicazioni / interventi / situazioni e stampati
informativi (per conoscenza: nella prospettiva dell’uso individuale
di ‘Zona’)”. Fra i partecipanti figurano: autori sperimentali come
Lanfranco Baldi (insieme al critico Pierluigi Tazzi) e Andrea Granchi;
artisti post-concettuali come Luciano Bartolini e Renato Ranaldi;
l’artista verbo-visiva Ketty La Rocca; lo stesso Mariotti; il pittore
analitico Paolo Masi; i fotografi Gianni Melotti e Verita Monselles;
l’artista Alberto Moretti, animatore della Galleria Schema; i fratelli
Massimo e Maurizio Nannucci; gli architetti radicali Adolfo Natalini
(Superstudio), Gianni Pettena e UFO; il giovane videoartista
Bill Viola.
Nell’ottobre del 1975, nell’ambito di un Mercatino, “viene esposta
la raccolta in volume dei fogli stampati a Zona in occasione
di Per conoscenza”. Nei bozzetti per alcune cartoline collegate
all’iniziativa, Mariotti ripropone le sue massime: “Arte, se
capoverso, si scrive con la a maiuscola, ma se parliamo di arte, se
ne parliamo, usiamo per questa la a minuscola (come per artigianato)
/ Artista in capoverso, quindi, a maiuscola, ma, continuando il
discorso sull’artista, dunque, a minuscola come arte e artigiano
e altro”.
Nell’estate 1976 il Comune di Firenze organizza con la collaborazione
di Zona l’esposizione Libro opera. Aspetti della sperimentazione a
Firenze 1970/1976 alla Biblioteca Thouar. Vi compaiono pubblicazioni,
documenti ed esemplari unici, fra gli altri, del centro di produzione
video art/tapes/22; dei musicisti Giuseppe Chiari e Pietro Grossi;
di Ketty La Rocca e dei poeti visivi Eugenio Miccini e Luciano Ori;
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zona (una monografia)
ZonA, 1974. Logo, modello plastico e disegno grafico. Riproduzioni fotografiche e mappa su cartoncino
dei critici Lara-Vinca Masini e Fulvio Salvadori; del filosofo Ermanno
Migliorini; degli artisti Alberto Moretti e Maurizio Nannucci; degli
architetti radicali 9999, Gianni Pettena, Superstudio e UFO. Mariotti
presenta l’edizione Logical Book del 1970 e il volume (fuori testo)
del 1975.
Nell’ottobre 1976 Zona pubblica una cartella di litografie, in
edizione di 100 copie numerate e firmate da tredici artisti. Su un
fondo neutro bianco Mariotti riproduce fotograficamente, con rilievo
ombreggiato, una tavoletta di pietra i cui frammenti ricomposti, come
in un reperto archeologico, formano l’iscrizione “proprietà privata”
che assume sapore ironico oltreché valore politico. Un angolo
mancante della tavoletta è completato con un frammento di carta
sul quale è apposta la firma dell’autore.
Fra maggio e settembre 1977 viene organizzato il ciclo di Monografie,
suddiviso in ventisette eventi realizzati da artisti, architetti,
critici, editori, musicisti, poeti e performers, documentati con
sequenze fotografiche e testi in Cronache stampate nel 1979 su un
doppio manifesto bianco e nero, che rappresentano “una immagine
incompleta” del “sistema dell’arte” attraverso la “descrizione”
dei suoi elementi costitutivi e la “composizione” parcellizzata
del suo “organigramma”. Il programma redatto da Mariotti nel 1977
in forma di cartoline/invito e il manifesto riassuntivo stampato
nel 1979 contengono enunciazioni sintetiche su ciò che identifica
“l’arte”. Ancora una volta emergono una rivendicazione politica
dell’autonomia dell’arte e un atteggiamento critico nei confronti
del suo asservimento a forme di potere e di consumo: “L’arte è
l’immaginazione del potere finché svolge funzioni di propaganda
o conservazione dell’ordine stabilito o da stabilire. L’autonomia
speculativa dell’arte equivale al furto nei grandi magazzini:
preventivata nei passivi e, per quanto possibile, tollerata.
L’autonomia dell’arte è affrancamento da funzioni servili e consumi
volgari. Esperienza separata dalla condizione comune è ridotta
a sistema specializzato che riproduce verticalmente il potere.
Al vertice l’autore esemplare, alla base l’oscuro sostenitore.
L’arte, formulazione sconfinante nel campo di altri specifici,
è identificata da una propria metodologia e da una delega esclusiva:
produrre creatività. Ogni elemento che oggettiva la proposizione
dell’arte, compreso artista e telefono, è una monografia dell’arte”
(Monografie. Cronache stampate, 1979).
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zona (una monografia)
ZonA, 1974-1984. Documentazione fotografica
Per conoscenza, 1975. Cartolina invito e locandina
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zona (una monografia)
Mercatino di ZonA, 1975. Bozzetti grafici per cartoline
zona (una monografia)
ZonA, 1974-1984. Documentazione fotografica
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Prae formance, 1975-76. Stampa su carta
zona (una monografia)
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Proprietà privata, 1976. Edizione firmata
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zona (una monografia)
Monografie, 1977. Cartoline programma
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zona (una monografia)
ZonA, 1974-1984. Documentazione fotografica
LABIRINTO-ORGANIGRAMMA
Non sono sicuro che esistano immagini originarie, o non
conosco la loro definizione, ma ci sono delle figure in
riferimento, costante con la mia esperienza.
La prima volta ho incontrato il labirinto nel racconto
scolastico del Minotauro, ed era una delle storie mitologiche
che dimenticavo in classe. Il primo organigramma che
ricordo è il disegno grafico che ne ho fatto per una industria
farmaceutica e, consegnandolo al funzionario delle pubbliche
relazioni, pensavo di lasciarlo con gli altri disegni dientro
una porta della “normalità” che mi lasciavo alle spalle con
tutta la “loro” organizzazione in funzioni e gerarchie. Non mi
riguarda. Una volta, a Roma, e altre volte in molti altri posti,
ad una rassegna informativa di artisti in qualche modo a me
congeniali: il percorso espositivo è chiaramente un labirinto
(tempo individuale tra la nascita e la morte nella ricerca del
senso del proprio destino). La sincronia formale di autonomia
soggettiva della immaginazione e il campo oggettivo delle
sue variabili si risolvono nella chiarezza del simbolo assunto.
Nel proseguire osservante il cammino, lentamente l’immagine
del labirinto subisce una robusta metamorfosi e si traduce
in ordinato organigramma. Ordine appunto, scrittura da
leggere: selezione, esclusione, evidenza, funzione. L’artista,
il “diverso”, ricondotto (perché non dovrebbe così essere)
alla normalità come condizione di esistenza, dove la sua
identità deve riconoscersi nelle strutture approntate per la sua
definizione e che si riproducono sul modello strutturale delle
istituzioni gerarchiche.
Oltre al sistema dell’arte, degli elenchi (che passione), delle
classificazioni, quotazioni e dei miraggi prospettici della
storia o cronaca che sia, all’artista rimane comunque la
possibilità di immaginare la sua essenza ed il suo destino
con la consapevolezza di rappresentarlo.
Ed è a questo furto sociale di attribuirsi il diritto
all’autocoscienza, che ancora non è (sarà) condizione umana,
a renderlo per il momento “diverso”. Ma non è per questo
vittima di un sacrificio rituale, anche se non mancano per
l’officio incenso e sacerdoti.
Anche un analfabeta, nel mondo comunicante, è diverso.
Ed anche un povero è diverso da un ricco ed un travestito
diverso dal ministro dei beni culturali (non potrebbe neanche
essere ministro). La “differenza” dell’artista non esclude, non
potrebbe, gli altri “diversi” ma è all’intelligenza, al capitale,
al potere politico che riferisce le sue immagini: solotanto
loro sono i destinatari e tutto in codice: altrimenti si scende
alla divulgazione.
Sono di modeste origini, come si dice, eppure mi sono
trovato a tavola ospite in case di ricchi progressisti ed
illuminati e, non faccio dell’ironia, non ho mai avuto per
compagno di mensa uno dei loro operai o contadini (o ci
sono dei turni, e non ci incontriamo, o siamo considerati
veramente diversi, “verso l’alto”, presumiamo). Portare gli
operai in pullman a teatro è un atto di politica culturale, i
politici li invitano anche a cena, meglio se in trattoria. A loro
la ricerca interessa solo nella misura di allineamento, ma è
più interessante qualcosa di quantitativo.
«Capisci, il tuo lavoro è intellettuale, ma non organico»; «tu
dici che in teatro così è una colonia, ma almeno ci sono le
poltrone di velluto. Alla peggio si riposano»; «guarda che ti
sbagli, a quelli lì o gli fai vedere fotografie di donne ignude
o qualcosa che capiscono, che li riguarda, per esempio un
affresco di uomini in lotta, che so, operai che lavorano...».
Da domani al Teatro Comunale posti a prezzo unico, chi
primo arriva va in platea, magari a dormire.
Dopo domani niente più operai, da nessuna parte, neanche
in fotografia (e guai a chi ne disegna uno e se non è
ubblicitario organico).
Le trasformazioni delle immagini e l’attribuzione del significato
sono colloquio esclusivo tra i produttori di cultura e la classe
egemone. Per la ricerca estetica si usano strumenti tecnici
o perlomeno sempre più forte è il distacco dalle categorie
intermedie di traduzione degli artigiani. La manualità viene
immediatamente gratificata dai significati intellettuali formulati
in un linguaggio distante ed incolmabile dalle quotidiane
condizioni di esistenza collettiva, che viene a contatto con le
sole riduzioni propagandistiche e pubblicitarie di persuasione al
consumo dei beni materiali prodotti dall’industria e dai modelli
sociali.
Alla lentezza della sostituzione formale delle immagini per
variazione si sono succeduti i tempi delle trasformazioni
radicali ed incessanti destinati a confermare la frantumazione
del tessuto sociale in proiezione discriminatoria. Per la massa
umana, lasciato il vuoto delle immagini sostituite senza la
sua partecipazione cosciente, sembra non sia rimasto che
riferirsi (incoraggiata in questo da istituzioni interessate) alla
ripetizione delle rappresentazioni retoriche ed alle riproduzioni
tranquillizzanti pescate in una fraintesa memoria comune.
L’immagine di un uomo che lavora è probabilmente
precedente a quella di riconoscersi in labirinto e di
organizzarsi per organigramma, ma è certo che ognuno
si approprierà del proprio percorso e parteciperà alla
trasformazione definitiva degli organigrammi.
Anche se scoprire in queste figure la loro riconducibilità
alla comune esperienza umana potrebbe privarci del diritto
esclusivo della coltivazione della “differenza” e della stessa
elezione ad “artisti delegati”.
[Testo di Mario Mariotti pubblicato in “Foglio libero”,
n.1, 1976, maggio-settembre, pp. 6-7. Archivio Mariotti]
Pagine seguenti: Monografie: Cronache stampate, 1979. Manifesti
valore e variazioni
169
In occasione di Monografie Mariotti propone a Zona, insieme all’amico
collezionista Carlo Dani, un’analisi su la firma, il valore. Mentre
continua a vendere i “suoi” posti in Teatro, numerati e firmati, sulla
cartolina/annuncio di Monografie del settembre 1977 egli afferma:
“Il mercato nell’arte, e altrove, è il presupporre valutabile
l’offerta e conveniente l’acquisto. E stabilire una scala di valori
corrispondente alle disponibilità mentali e materiali delle parti”.
La rassegna si conclude alla fine del mese con Il mercato reciproco
(mille/diecimila), cifre espresse in lire corrispondenti ai prezzi
minimo e massimo dei pezzi esposti, come già avvenuto nel Mercatino
dell’ottobre 1975.
Lo stesso tema è presente anche in (fuori testo), dove la sua firma
e quelle dei suoi familiari sono accostate ad un dito nell’atto
di imprimere la propria forma di riconoscimento personale e, al
pari delle firme, convenzionale: “come identità, è riproducibile e
falsificabile” (Mariotti, 1975).
In (fuori testo) compaiono le prime buste spedite da Mariotti per
via aerea a indirizzi sconosciuti, quindi ritornati al mittente con
i segni tangibili del viaggio compiuto. Nell’arco di due anni, dal
1974 al 1976, egli colleziona 153 aerogrammi, custoditi i sei volumi
e presentati nel maggio 1978 alla Galleria Schema di Firenze con il
titolo di Valore aggiunto: “Il desiderio del viaggio è il percorso
della conoscenza che riceverà premio del suo valore. Il geografo
arabo El-Bekri raccoglie in volume i racconti dei viaggiatori senza
muoversi dal palazzo di Cordova. Gli aerogrammi sono tornati con i
segni del viaggio trasferibili nella raccolta di un collezionista
d’arte o di un filatelico. Specifici diversi si trovano concordi nella
attribuzione di valore” (Mariotti, Galleria Schema, Firenze 1978).
Nel 1976 raccoglie inoltre “1089 fotografie (33x33) tratte
dall’archivio F.lli Alinari che rappresentano la Crocifissione,
immagine costante dell’arte per secoli, attraverso diversi autori
e culture dell’Occidente. Le fotografie sono state riportate ad un
comune registro segnato dai chiodi delle mani. L’iconografia è stata
ordinata cronologicamente per tipologia e filmata con la tecnica
dell’animazione, che ne suggerisce la continuità nelle variazioni
ed il movimento nel tempo. Quindi ancora una immagine del modello,
trasferito da una storia sociale dell’Arte ad un’opera di arte
popolare che l’autore firma sulla tela di proiezione”. Mariotti
realizza in questo modo, ricordato nel catalogo della rassegna sul
cinema d’artista Cine Qua Non del 1979, il suo primo video d’artista,
(XX), anch’esso presentato in anteprima alla Galleria Schema di
Firenze nel maggio 1978.
Sul tema delle “variazioni” Mariotti si era cimentato in occasione
della sua mostra personale alla Galleria La Bertesca di Genova, nel
marzo 1975, presentando il lavoro Profilo di imperatore documentato
in (fuori testo). Partendo dal profilo in pietra del banchiere mediceo
Lorenzo Spinelli, immortalato in antico costume romano sul portale di
famiglia nel chiostro di S. Croce a Firenze, passando per il suo calco
in gesso conservato nella Gipsoteca di Porta Romana, sempre a Firenze,
sotto la denominazione di Profilo di imperatore, Mariotti realizza
cinque “variazioni”: di materiale (da gesso a maiolica), di età (con
la cancellazione delle rughe), di epoca storica (con la cancellazione
della corona e della toga), di fisionomia (con la modificazione del
170
valore e variazioni
Organigramma, s.d. (primi anni ‘70). Serigrafia
naso e del mento), di espressione (trasformata in sorriso).
Al “tema della classicità” rappresentata nel profilo rinascimentale
e nella riproduzione della Gipsoteca si aggiungono il “tema della
artisticità”, nell’esposizione delle cinque maioliche insieme ai
rispettivi calchi in gesso ai quali sono attribuiti legittimità
e valore di originali, e lo stesso “tema della variazione”, con
l’aggiunta dei nuovi calchi di Mariotti nella Gipsoteca accanto al
calco originale. Le maioliche esposte a Genova sono successivamente
collocate sulla facciata di un palazzo in via dell’Erta Canina a
Firenze, di proprietà di Carlo Dani. Varie copie dei cinque calchi
in gesso sono conservati nell’archivio dell’artista.
Nella già citata esposizione alla Galleria Schema del maggio 1978,
strutturata sul modello di Monografie in quattro serate successive
dedicate ognuna ad un lavoro, oltre a Valore aggiunto e a (XX)
Mariotti presenta due nuove opere: Extructo, serie di tre riproduzioni
fotografiche che documentano “con la medesima fedele imparzialità”
altrettante parti di decorazioni pittoriche sopra le quali sono
riprodotti dei frammenti pittorici che ricostruiscono manualmente
“estratti” delle decorazioni originarie rappresentate dalle fotografie,
in una sovrapposizione successiva di “immagini generate da immagini
precedenti, esposte alle corruzioni naturali ed alla memoria parziale
degli artifici” (Mariotti, Galleria Schema, Firenze 1978); Breccia
praticabile, intervento eseguito in collaborazione con l’architetto
Claudio Greppi che traccia a parete la forma virtuale di una “breccia”
circolare, riprodotta per l’occasione in un’edizione di 50 fogli
Letraset (abitualmente utilizzati per il trasferimento dell’immagine
grafica e progettuale) nei quali si esplicita come “il simbolo contiene
la possibilità permanente della sua sostituzione [e] la dichiarazione
del progetto ne riduce temporaneamente l’estensione mentre lo definisce
in una forma apparentemente chiusa” (Mariotti, Galleria Schema,
Firenze 1978).
174
175
valore e variazioni
(XX), 1976. Film d’animazione, 35 mm, bianco/nero, muto. Produzione di Mario Mariotti e F.lli Alinari, Firenze
(XX)
L’ombra di un pittore si proietta sulla parete nella
grotta delle Istituzioni: ne prende la forma e vi aderisce
vagamente. Solo così l’ombra si rende visibile e, nella sua
leggerezza, immagina che sia la grotta a muoversi nella
sua immobile luce. Ed il pittore si riflette nelle liquide
aureole della propria ombra.
1089 fotografie (33x33) tratte dall’archivio F.lli Alinari
che rappresentano la Crocifissione, immagine costante
dell’arte per secoli, attraverso diversi autori e culture
dell’Occidente. Le fotografie sono state riportate ad un
comune registro segnato dai chiodi delle mani.
L’iconografia è stata ordinata cronologicamente per
tipologia e filmata con la tecnica dell’animazione, che ne
suggerisce la continuità nelle variazioni ed il movimento
nel tempo. Quindi ancora una immagine del modello,
trasferito da una storia sociale dell’Arte ad un’opera di
arte popolare che l’autore firma sulla tela di proiezione.
L’autore della foto riprodotta in catalogo Gianni Melotti
che, lascando il diaframma della macchina aperto durante
la proiezione del film, ha ricondotto le immagini in
movimento, tratte dalle 1089 fotografie, ad una immagine
complessiva. Una sola fotografia.
[Testo di Mario Mariotti pubblicato nel catalogo Cine Qua Non,
Vallecchi, Firenze 1979 e nel catalogo O sole mio, Künstlerhaus,
Hamburg 1980. Archivio Mariotti]
176
(XX), 1976. Storyboard per il film
valore e variazioni
(XX), 1978. Foto unica di Gianni Melotti, opera trasferita a Mario Mariotti
178
179
valore e variazioni
Profilo di imperatore, 1975. Calco in gesso, versione policroma
Profilo di imperatore
Il banchiere mediceo Lorenzo Spinelli si è fatto
immortalare in un antico costume romano sul portale
della famiglia eretto nel chiostro di S. Croce a Firenze.
Nella Gipsoteca di Porta Romana a Firenze il calco in
gesso della formella è catalogato al n°1326 e nominato
“profilo di imperatore”.
Mariotti ha fatto cinque versioni modificate di Spinelli
in gesso. La prima variazione è il cambiamento del
materiale. La seconda mostra un cambiamento di età.
La terza mostra Spinelli in un’altra epoca, senza corona
di alloro. La quarta è un cambiamento fisionomico e
nella quinta c’è un cambiamento di espressone: Spinelli
sorride.
L’opera è visibile sulla facciata di un palazzo di via
dell’Erta canina (a Firenze), in esposizione permanente
fu acquistata dal proprietario del palazzo - Carlo Dani amico di Mario.
GALLERIA LA BERTESCA, GENOVA, MARZO 1975
Cinque variazioni in maiolica derivate da un calco in gesso
I) materia (da gesso a maiolica, cm 35x35)
II) età (cancellazione delle rughe)
III) epoca (cancellazione della corona e della toga)
IV) fisionomia (modificazione del naso e del mento)
V) espressione (modificazione in sorriso)
_La formella in gesso, origine delle variazioni, si trova
nella Gipsoteca Porta Romana a Firenze, misura cm
36x36, catalogata al n°1326 e nominata “profilo di
imperatore”
_Il calco è tratto dall’originale in pietra del portale
della famiglia Spinelli nel chiostro di S. Croce a Firenze
_Le maioliche vengono esposte nella Galleria genovese
con i calchi formati dalle stesse
_I nuovi calchi sono aggiunti nella Gipsoteca alla formella
originale
_Il banchiere mediceo Lorenzo Spinelli si è fatto
rappresentare in veste di Imperatore romano (tema
della classicità)
_La Galleria d’Arte espone le variazioni e ne attesta
il valore di originali, legittimandone il calco (tema della
artisticità)
_I calchi, derivati dal catalogato n°1326, si collocano
come n°1326a, n°1326b, n°1326c, n°1326d, n°1326e
(tema della variazione)
[Dattiloscritti di Mario Mariotti per la mostra personale
Galleria La Bertesca, Genova 1975. Archivio Mariotti]
186
valore e variazioni
Breccia praticabile, 1978. Documentazione fotografica di un intervento in esterno
Proiezioni
Proiezioni, si accumulano nella galleria d’arte
raccolte e separate nello spazio delle quattro pareti
e nel tempo di quattro giorni. La loro provenienza è tra
processo e memoria. Gli strumenti compositi della
loro formalizzazione sono assunti in tipologie riferibili
al sistema dell’arte.
Proiezioni dell’arte.
8. Il simbolo contiene la possibilità permanente della
sua sostituzione, Piramo e Tisbe sono divisi e uniti
dal muro e dalla breccia che contiene. La dichiarazione
del progetto ne riduce temporaneamente l’estensione
mentre lo definisce in una forma apparentemente chiusa.
[Breccia praticabile]
9. La riproduzione fotografica documenta con la
medesima fedele imparzialità il supporto decorativo
come l’Opera d’Arte che lo sovrasta. La riproduzione
manuale ricostruisce il lavoro del lontano decoratore la
cui sciolta e rapida maniera quantificante è qui diventata
attento e faticoso confronto: quanto compone vuole
essere ricomposto, anche i segni del tempo tessuti
nell’immagine e nel suo passato indivisibile. Immagini
generate da immagini precedenti, esposte alle corruzioni
naturali ed alla memoria parziale degli artifici. [Extructo]
10. Il desiderio del viaggio è il percorso della conoscenza
che riceverà premio del suo valore. Il geografo arabo
El-Bekri raccoglie in volume i racconti dei viaggiatori
senza muoversi dal palazzo di Cordova. Gli aerogrammi
sono tornati con i segni del viaggio trasferibili nella
raccolta di un collezionista d’arte o di un filatelico.
Specifici diversi si trovano concordi nella attribuzione
di valore. [Valore aggiunto]
11. Il modello della crocifissione dell’uomo si è stabilito
nel Crocifisso, l’immagine canonica è il corpo umano
fissato nei chiodi. Il modello varia con la storia e la storia
dell’arte. Gli archivi iconografici ne sono testimonianza.
Quando la rappresentazione diventa ripetitiva non ha
capacità o possibilità di variazioni e passa al repertorio
della storia delle ripetizioni e della storia dell’arte di
ripetere. [(XX)]
[Testo di Mario Mariotti stampato su busta per la mostra
personale, Galleria Schema, Firenze 1978. Archivio Mariotti]
proiezioni immaginarie
191
La pratica della proiezione, inaugurata dal NO sulla cupola del
Brunelleschi nel 1974 e sperimentata nell’articolata esposizione
alla Galleria Schema del 1978 (il cui titolo riassuntivo è, appunto,
Proiezioni), si sviluppa con decisione a partire dal progetto Luna
nuova del 1976, in cui Mariotti immagina di proiettare il proprio
profilo sulla luna piena e di ripetere poeticamente l’operazione
“soltanto [con] le donne e gli uomini che si chiamano narciso,
per riprodurre nel chiaro di luna la loro immagine sconosciuta
e comune” (Luna nuova, 1976). Seguiranno da questo progetto, la
realizzazione nello stesso anno di una serie di fotografie dell’ombra
di Mariotti proiettata su diverse pareti (Autoritratti, 1976) e,
l’anno successivo, di silhouettes di volti disegnati che emergono
di profilo da falci di luna (Profili lunari, 1977). Analoghi Profili
lunari ricompariranno dipinti a spruzzo su fondo nero nel Telo di
Vivita (1983), realizzato per la collettiva Specchi e riflessioni alla
Galleria Vivita di Firenze. Nel 1984 le falci di luna assumeranno
invece le sembianze di due profili contrapposti disegnati come mani
strette sulla doppia impugnatura di una Mezzaluna, rappresentazione
grafica per l’omonimo ristorante newyorkese arredato dal designer
Roberto Magris, membro di Supestudio, la cui inaugurazione sarà
occasione di un doppio evento espositivo sul tema allegorico della
“mezzaluna” organizzato da Mariotti a New York e a Zona.
In occasione della Cena verde organizzata a Casa Malaparte a
Capri (il 7 settembre 1990), parte di una serie di eventi a base
gastronomica intitolati Il gusto del colore, che promuovono lo
sconfinamento dell’azione creativa in ambito quotidiano (nello spirito
di Fluxus), come ha ricordato la gallerista Rosanna Chiessi, “in una
notte di luna piena [...] Mario dipinse 33 lune nere che espose sulla
terrazza della casa con lo sfondo della ‘vela’. Poi proiettò immagini
grottesche di Leonardo sulle rocce retrostanti la casa e oasi su di
una grande luna finta”. Si tratta dei Profili leonardiani disegnati
da Mariotti nel 1990 sulla scia dei precedenti Profili lunari e di
immagini collegate al viaggio nel deserto algerino (riprodotto nel
volume Dall’altra parte del libro) da cui Mariotti trarrà ispirazione
per la composizione, con libri dall’aspetto di palme, di Oasis
(1981): “il giardino di palme che finisce dove comincia il deserto.
Immagini elementari, semplici e chiare come la memoria infantile, che
rivelano l’altra forma e l’altro nome delle nostre immagini comuni.
Figure originarie dalle quali derivano, per analogie dei tipi e
associazioni di idee, tutte le forme che conosciamo e che possiamo
immaginare” (Dall’altra parte del libro, 1982).
Nella prosecuzione dell’evento di Capri, “Corrado Costa diede inizio
alla sua performance poetica sulla grande scalinata giocando con
i numeri che venivano poi ‘suonati’ da Andrea Mariotti [il figlio
di Mario]. La serata di concluse sulla grande terrazza deve due
ballerini [Keith Ferrone e Marga Nativo], giocando con la luna finta
e la luna vera, danzarono sulle note del Nabucco di Giuseppe Verdi”
(Chiessi).
Altri tipi di proiezioni sono quelle collegate all’archivio Alinari
di Firenze: (XX) del 1976, nel quale “il modello della crocifissione
dell’uomo [...] varia con la storia e la storia dell’arte” (Mariotti,
Galleria Schema, Firenze 1978), e Belvedere realizzato nel 1977,
in concomitanza con l’esposizione Gli Alinari. Fotografi a Firenze
192
proiezioni immaginarie
Autoritratto, 1976. Fotografia a colori
1852-1920 al Forte Belvedere di Firenze, proiettando sulla facciata
dell’edificio numerose immagini dello storico archivio. Per questo
evento vale la definizione di “repertorio della storia delle
ripetizioni e della storia dell’arte di ripetere” utilizzata da
Mariotti nella presentazione di (XX) alla Galleria Schema di Firenze
nel 1978.
Partendo proprio da ricerche sulle proiezioni, Mariotti svilupperà
il successivo lavoro sulle “mani”, che trae ispirazione dai giochi
di ombre; egli non le considera delle mere “illusioni”, ma forme
fisiche come le ombre del proprio corpo negli Autoritratti, concrete
come le mani che le producono.
194
Luna nuova, 1976. Progetto, dattiloscritto e disegno
195
proiezioni immaginarie
Inganni, 1984. Fotografia a colori
196
197
proiezioni immaginarie
Mezzaluna, 1984. Grafica per la copertina del volume
Cartolina della mostra congiunta, Firenze e New York
MEZZALUNA
Introduzione
alla oscillante fortuna di un arnese, prima consacrato
dai sacerdoti al culto segreto di una Dea in Egitto, poi
esportato dai portatori di sacre nicchie per le vaste
borgate romane, e finalmente profanato da SettantaSette
Fiorentini, per rivelare ai golosi il piacere mondano
di un ristorante italiano a New York.
Mezzaluna, coltello ricurvo dalla doppia impugnatura,
è il nome dell’arnese.
Luna, dei mille nomi di Iside, il nome della Dea.
(Le nuvole si diradano e al calar della notte ed al sorgere
della luna ecco che uno alla volta, sfilano, preludendo
al corteo solenne, gruppi mascherati in magnifici
abbigliamenti, secondo il voto e il gusto di ciascuno,
a poco a poco, tra il festoso tumulto della solenne
ricorrenza, si avvicinano alla spiaggia del mare. Vengono
disposte colà, secondo il rito, le varie immagini della Dea.
C’è anche una nave che all’intorno mostra una fascia
variopinta di figurazioni, e la carena tutta quanta emette
luminosi riflessi. Allora sia i fedeli che i profani, in folla
compatta, fanno a gara ad ammucchiare setacci colmi
di spezie e altre offerte del genere, e versano sulle onde,
come libagione, una crema fatta col late e procurano,
per onorare i santi appetiti di Iside Regina celeste e dei
convitati terreni, che i cibi vengano conditi con una salsa
verde, preparata ruotando la Mezzaluna la cui lamina
incurvata è simulacro della Dea, e tritando tutto insieme,
capperi spremuti all’aceto o peperoni, un’acciuga, poca
cipolla e poschissimo aglio con l’aggiunta di una buona
dose di prezzemolo, con qualche foglia di basilico e
il tutto sciolto con olio fine e agro di limone).
Questo battuto rituale e l’uso del lucente strumento
è quanto lascia intendere la lettura di un manuale
riposto in qualche cassetto di cucina e un manoscritto,
scoperto nella Biblioteca di Montecassino prima dei
bombardamenti alleati ed ora conservato a Firenze
nel Catalogo Laurenziano 68,2.XI.F.
E parando di cataloghi, neanche questo è trascurabile,
anche se la sua essenza non è tanto educativa, quanto
aperitiva o digestiva, secondo circostanza.
Così che a queste modeste ed enciclopediche righe
tipografiche fanno corona e seguito abbondanza di
immagini dai colori mutevoli e varie forme. Mai vane.
Il disco tondo e pieno brilla della luce riflessa nel
tramonto che scende su una Zona di Firenze, situata
tra il fiume Arno ed il Giardino di Boboli, terza Strada
a destra per chi giunga dal Ponte Vecchio, dove si
danno convegno in SettantaSette fra i molti artisti,
alcuni architetti e fotografi, con l’aggiunta di qualche
clandestino e senza mettere in conto i molti assenti.
L’ingenua Dea e immacolata, attirata nella accogliente
stanza di un piano molto terreno, in quel punto perde ogni
sua rotonda perfezione.
Manipolata dagli artifici, palpata, pittata, corrotta
dall’arbitrio soggettivo di tante idee e d altrettanti
appetiti.
Le falci dei frammenti, poi imballati speditamente, sono
arrivati al ristorante citato alla settima riga di questa
introduzione. In pianta, tra il Fiume East ed il Parco
Centrale, nella Terza Strada a destra venendo dal Ponte
Triboro della città di Nuova York.
Da osservare quanto sia ragionevole il nome
di Mezzaluna.
Ed altre considerazioni: nessuno dei nomi degli artisti
comincia con la lettera A, neanche con la Z, mentre
la maggior parte finisce con la lettera I. Alcune coppie
di cognomi. Ogni opera è contenuta nello spazio di mezzo
metro.
Il fine gustifica i mezzi. Le donne sono inferiori per
numero, come gli scultori, e viceversa. Ma è evidente che
ogni sforzo analitico è troppo complesso e insufficiente
a qualificare le immagini e la perizia degli artefici. Perciò
è meglio incontrarci, quando qualcuno di noi capita al
Mezzaluna, e parlare di tutto a voce, e con più comodo.
Come quella volta che, in compagnia dell’amico Aldo
Bozzi, dell’architetto Magris e di mio fratello Marcello,
apparve la visione luminosa della mia Bianca Balia, che
ondeggiando lunatica sopra i bicchieri di questo ottimo
vino, augurava: salute.
Mezzaluna, 1295 Third Ave. New York
Design: Roberto Magris
Consultant: Marcello Mariotti
Architect-Builder: E. Edward Linenschmidt
Logo: Mario Mariotti
Zona Mezzaluna: progetto di Mario Mariotti
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Mezzaluna, catalogo
della mostra realizzata per l’inaugurazione del Mezzaluna
Restaurant di New York, Firenze 1984. Archivio Mariotti]
198
199
proiezioni immaginarie
Mezzaluna, 1984. Tavola progettuale per il ristorante a New York e veduta dell’interno con l’esposizione a parete
TRE DOMANDE A MARIO MARIOTTI
Francesco Vincitorio
Firenze. Mario Mariotti è il
capodrappello di 77 artisti
fiorentini che hanno invaso con
i loro quadri un ristorante di
New York. la cosa sta suscitando
un certo clamore in USA. Gli
chiediamo di che si stratta.
L’iniziativa è illustrata in
un volumetto, presentato la
scorsa settimana in una libreria
fiorentina. Quel ristorante
newyorkese si chiama Mezzaluna,
che come si sa è il nome di
un arnese da cucina, ricurvo,
a doppia impugnatura. Il
proprietario, un italiano, mi
ha chiesto, per così dire, di
adornarlo. Allora ho invitato
diversi “amici di percorso”
a fare un quadro ispirandosi
appunto alla “mezzaluna”. C’è
chi ha evocato la celeste, egizia
Iside e chi: capperi, prezzemolo
e basilico triturati a regola
d’arte.
Che differenza c’è rispetto alle
trattorie tappezzate di quadri di
clienti... morosi? Perché tanto
rumore?
Beh!, a parte il tema, di
differente c’è che io sono
recidivo. Nell’80 feci qualcosa
di analogo a Firenze. L’intitolai
Piazza della Palla. Gioco, scena,
proiezione. Richiesi dei progetti
ad artisti e no per la facciata
incompiuta di S. Spirito. Furono
proiettati sulla facciata stessa
della chiesa e adesso ornano il
bar Ricchi. Questo coinvolgere
parecchi artisti - vorrei
ricordare anche l’iniziativa
Monografie del ‘77 con gli amici
di Zona - è un po’ il mio...
pallino.
Che significato hanno queste cose?
Qualcuno dice che sono “arte
concettuale”. Io so soltanto che
m’interessano queste operazioni
che riguardano “la società degli
artisti”. Non solo pittori,
ecc. Bensì anche designers,
architetti, musicisti, poeti e
gli stranieri che vivono qui,
cioè gli “anglobéceri”. Mi
piace creare queste occasioni
d’incontro, queste catalizzazioni
che facilitano la conoscenza
della situazione fiorentina, così
poco nota, così sfumata. Se,
come sta avvenendo a New York, si
riesce a farlo in modo leggero,
culinario, tanto meglio.
[Testo pubblicato in “L’Espresso”, Cultura,
10 febbraio 1985, p.81]
200
Balletto con la luna, 1990. Documentazione fotografica della performance Casa Malaparte, Capri
Ballerina: Marga Nativo
201
proiezioni immaginarie
CENA VERDE
Rosanna Chiessi
Casa Malaparte, Capri 1990
La cena fu pensata con l’artista
Mario Mariotti. Insieme decidemmo
che si doveva fare in una
notte di luna piena e così
andammo due volte a Capri, nei
mesi precedenti l’evento, per
studiare il percorso della luna
in rapporto alla casa. Mario
dipinse 33 lune nere che espose
sulla terrazza della casa con lo
sfondo della “vela”. Poi proiettò
immagini grottesche di Leonardo
sulle rocce retrostanti la casa e
oasi su di una grande luna finta.
Corrado Costa diede inizio alla
sua performance poetica sulla
grande scalinata giocando con i
numeri che venivano poi “suonati”
da Andrea Mariotti.
La serata di concluse sulla
grande terrazza deve due
ballerini, giocando con la
luna finta e la luna vera,
danzarono sulle note del Nabucco
di Giuseppe Verdi. Luigi, il
titolare de “La canzone del
mare” a Marina Piccola inviò cibo
per via mare su di una barca al
tramonto. Corrado intrattenne poi
gli ospiti sino al mattino con le
sue poesie.
[Testo pubblicato in Rosanna Chiessi, In bicicletta
sul mare. Tra Arte e Vita: una autobiografia, Adriano
Parise Editore, Verona 1994, p. 135. Archivio Mariotti]
202
Mario Mariotti installa Dialogo numerico (con Corrado Costa) sulla scala di Casa Malaparte, Capri 1990
203
proiezioni immaginarie
Mario Mariotti e Rosanna Chiessi sul tetto di Casa Malaparte, Capri 1990
204
Luna nera, 1990. Tempera su disco di compensato per Cena verde, Casa Malaparte, Capri
205
proiezioni immaginarie
Casa Malaparte, 1992. Olio su tela
Pesce Faraglione, 1990. Disegno su carta e un’edizione a stampa
per Cena verde, Casa Malaparte, Capri
proiezioni immaginarie
Profili leonardiani, 1990. Disegni su vetro, diapositive.
Proiezione per Cena verde, Casa Malaparte, Capri
207
giochi di piazza
215
Nel 1979 Mariotti simula pubblicamente il ritrovamento di un disegno
inedito di Leonardo da Vinci, in un locale di via Toscanella a
Firenze. Il disegno in realtà è opera dello stesso Mariotti, che
prima inscena lo scherzo (anticipando la famosa “beffa” delle teste
di Modigliani rinvenute a Livorno nel 1984) e quindi costruisce con
gli artigiani di S. Spirito il modello reale del falso progetto
riprodotto nel disegno: la Dama di Bacco, “marchingegno leonardesco”
per un gioco che segue le regole della dama moderna sostituendo le
abituali pedine con bicchieri di vino bianco e nero. Chi perde beve e
il gioco è pensato per coinvolgere un pubblico numeroso, invitandolo
a seguire le mosse e le bevute attraverso un sistema di specchi posto
sopra alla scacchiera. Un sistema analogo è inserito anche in (fuori
testo), dove compariono due pagine speculari con la mano nell’atto
di scrivere su una scacchiera, associata al tema della duplicità e
dell’ambiguità, “vero-falso”. Il gioco si svolge per la prima volta
al Torneo della Fiera di Vinci nel 1979 e diventa il traino per la
promozione enologica locale. Il modello è conservato al Museo Ideale
Leonardo da Vinci.
In questo periodo Mariotti accentua la dimensione partecipativa del
proprio lavoro, sulla scia delle serate/evento organizzate a Zona,
e soprattutto il suo carattere ludico, che assume una prima forma
compiuta nell’invenzione e nel meccanismo della Dama di Bacco.
Nel 1980 avvia il lavoro pittorico sulle mani (Animani), anticipato
dal progetto di scenografia per lo spettacolo de Il Carnevale degli
animali (1973) mai andato in scena, dove compare l’immagine di una
mano dipinta da elefante proiettata sopra al palcoscenico, e dal
progetto grafico per il manifesto della rassegna Firenze Cinema.
Cinema for Unicef (1979), in cui cui compare un bambino con la mano
dipinta da pulcino.
Contestualmente progetta e organizza un articolato programma di
eventi per il Comune di Firenze in Piazza S. Spirito. Per l’intera
estate la piazza è “ribattezzata” Piazza della Palla, gioco verbale
ispirato dalla presenza di “palle” sullo stemma dei Medici, di
cui ricorrono le celebrazioni in città, e dal divieto storico
al “giocho delle pallottole in tutta questa piazza” scolpitovi a
parete nel 1639. L’iniziativa è suddivisa in diverse fasi: “gioco”,
il cui simbolo è rappresentato dalla “palla”, con un invito alla
cittadinanza a riappropriarsi del “campo” e intrattenervisi (nel
catalogo pubblicato da Alinari nel 1981 Mariotti associa il “gioco”
alla Dama di Bacco); “scena”, rappresentata dalla piazza come
“luogo teatrale costante”, con un palco per spettacoli pubblici
che riproduce lo stemma mediceo tagliato in due parti e collocato
alle estremità della piazza (in catalogo la “scena” è accompagnata
da riproduzioni del suo Teatro); “proiezioni”, incentrate sul
“progetto di facciata, tema ereditario del non finito, [che] riflette
le varie figure dell’immaginazione collettiva” (in catalogo sono
riprodotte le centinaia di progetti pervenuti a Mariotti, proiettati
sulla “facciata lunare della chiesa” e rimasti in esposizione
permanente all’interno del Caffé Ricchi in Piazza S. Spirito). Con
la sollecitazione collettiva a concepire un “progetto di facciata” e
una “proiezione” pubblica delle proposte in scala e in tempo reale,
Mariotti riflette sui temi della progettualità possibile a Firenze e
della sua immagine contemporanea (tornati recentemente d’attualità
216
217
giochi di piazza
Dama di Bacco, 1979. Disegno, inchiostro bruno e sanguigna. Progetto per la costruzione del gioco
con la proposta di completare la facciata di S. Lorenzo). A tale
riguardo egli ricorda che “gli ultimi Medici sparirono così alla
svelta che non fecero in tempo a finire le facciate delle chiese. E i
fiorentini, ancora pieni di superbia quanto di miseria, si buttarono
con entusiasmo a progettar facciate (esercizio decoroso ed economico
ad un tempo); non appena Firenze fu eletta a capitale dell’Italia
Unita, subito i fiorentini tirarono in ballo dai loro concorsi di
facciata i progetti vincenti da far pagare alla Nazione e, svelti
svelti, ne riuscirono a tirar su due: S. Maria del Fiore e S. Croce.
Fortunatamente la capitale passò a Roma, le altre facciate furono
risparmiate e il mio progetto di S. Spirito salvo. Così nella notte
la chiara superficie della chiesa è stata gioco e scena delle sue
immagini possibili, proiezioni distanti anni luce dalle nostalgiche
certezze dei restauratori [...]” (Mariotti, Piazza S. Spirito, 1981).
Nei primi anni ottanta Mariotti è impegnato nella realizzazione dei
suoi nuovi progetti con le “mani”, che lo condurranno nell’arco del
decennio alla fama internazionale. Prosegue inoltre la produzione
grafica e pubblicitaria.
Nel 1981 il Comune di Sesto Fiorentino gli commissiona una campagna
per la sensibilizzazione civica alla pulizia urbana, che egli
trasforma in un gioco collettivo, la Caccia allo sporco (“aperta tutto
l’anno”). L’immagine di una mano dipinta in forma di cane dalmata con
una pallina di carta in bocca, raccolta fra le dita anulare e mignolo,
suona metaforicamente la carica. Cestini, bidoni e automezzi per la
raccolta dei rifiuti nel comprensorio comunale sono dipinti con macchie
nere su fondo bianco, in modo da risultare facilmente riconoscibili e
collegati all’immagine simbolo della campagna.
DAMA DI BACCO
Foglio (268x382 mm)
“Trovato” da Mario Mariotti a Firenze nella bottega
di un falegname di via Toscanella.
Il disegno (inchiostro bruno e sanguigna) ha suggerito
la costruzione del modello reale, realizzato dai Bini
con altri artigiani, e la sua definitiva collocazione a Vinci
per il gioco della DAMA DI BACCO [1979]
A . Le regole generali sono quelle del gioco della dama
moderna
B. Le pedine sono rappresentate da 12 bicchieri di vino
bianco e 12 bicchieri di vino rosso
C. I giocatori si versano nei bicchieri di gara il vino (bianco
o rosso secondo il sorteggio) delle rispettive Fattorie
D. Il giocatore che perde la pedina dovrà bere il vino del
proprio bicchiere eliminato
E. Chi arriva a dama VINCI
La Dama di Bacco. Marchingegno per un torneo di-vino
Dama di Bacco, Torneo della Fiera di Vinci, luglio 1979:
duello Ferracuti-Mariotti
[Testi di Mario Mariotti pubblicati nella cartolina
per la Fiera di Vinci, luglio 1979;
e nella locandina per la commemorazione in Piazza
della Passera, Firenze, 29 marzo 1999. Archivio Mariotti]
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giochi di piazza
Dama di Bacco, 1979. Documentazione fotografica del Torneo della Fiera, Vinci
220
Dama Boccaccio, s.d. (primi anni ‘80). Schemi progettuali del gioco
221
giochi di piazza
Ombra su tela, 1979. Documentazione fotografica dell’installazione
Galleria Primo Piano, Roma
Dama Boccaccio, s.d. (primi anni ‘80). Scacchiera di marmo, pedine di legno dipinto
222
giochi di piazza
Piazza Santo Spirito, F.lli Alinari, Firenze 1981. Copertina del volume
PIAZZA DELLA PALLA
Piazza della Palla, 1980. Manifesto degli eventi
della distrazione o della complicità dei custodi (è stato
il gesto sacrilego?), ho allungato una mano e pizzicato
l’oggetto della venerazione che è schizzato come una
girandola fra le gambe dei fedeli e, rotolandosi per
il solletico come ogni palla provvista di un ombelico
di traverso e di senso della festa, si è diretta con noi
festanti verso Piazza S. Spirito che per l’occasione è stata
prontamente ribattezzata “Piazza della Palla”.
La palla, sfuggita con un inganno alla geometria dello
stemma ed al composto equilibrio della storia, è rotolata
nel campo della piazza a muovere il gioco.
Scena
Gioco
Prima prima, quando le Palle di Porpora occuparono i
confini celesti con la superba geometria delle astronavi,
il leone custodito-custode del recinto murato della città
di Firenze sospese il ruggito e restò di marmo. E le Palle
invasero i palazzi e le chiese, le vele di seta e le balle
di lana.
Si impressero sullo scudo del soldato e del mercante,
furono insegna di mestieri e dell’arte, sciolsero nodi
e legarono anelli. “Palle! Palle!”, grida il popolo al loro
passaggio e volgarmente confonde bestemmie
e preghiere, poiché tutto viene dalle rotanti sfere che
solamente a Giove rispondono del loro moto. L’ombelico
del mondo, come si era stabilito
per qualche stagione nel centro della Palla Vermiglia,
così se ne mosse con il tempo scivolando verso posizioni
più periferiche.
A causa di questo storico movimento la Palla si è trovata
con l’ombelico più esposto e, se toccata in una certa
maniera, sente l’effetto del solletico. Ho avuto la parziale
fortuna di trovarmi nei luoghi e fra la gente dove ancora
si custodiscono le Rotonde Reliquie, visitate da folle
incessanti di pellegrini. L’estate scorsa, approfittandomi
Piazza S. Spirito è uno di quei teatri, ogni città ne ha
uno, dove la scena è in platea: la palla riproduce la
forma del mondo sul quale gioca e la scena rappresenta
la piazza che la contiene. (Da bambino abitavo sopra la
cartoleria al numero 13 e, oggi ne sono sicuro, è stata
questa piazza il primo teatro che ho conosciuto). Piazza
S. Spirito non è mai stata un “Teatro di Verzura”
disegnato dai giardinieri del Re, anche perché la mattina
ci lavorano gli ortolani con le loro quinte effimere di teneri
finocchi e zucchini bitorzoluti, e ad annaffiare le siepi
ci pensano i cani.
Al centro la fontana piscia da tutti i buchi forse in
omaggio ai giochi d’acqua di Bernardo delle Girandole
che, proprio nella chiesa di S. Spirito, costruì una nuvola
piena di musicisti che si schiantò durante le nozze di
Virginia dei medici ammutolendo il coro: il Caccini, che
approfittò dell’incidente per cantare il primo “a solo”
della storia, da allora si chiamo “Felice Giorno”.
Ancora oggi la facciata della chiesa guarda un poco
di traverso la piazza ed il suo teatro ingannevole dove
si recitano tutte le parti distribuite dalle compagnie che
hanno repertori e nomi diversi: “Gli Immobili”, “I Gelosi”,
“I Confidenti”, “I Fantastici”, “I Rozzi”, “Gli Intronati”,
“Gli Ingannati”. Escluso un assessore, che fra l’altro oltre
a scritturarmi come Bernardo aveva riscosso un certo
successo personale nel ruolo di principe, tutte le parti
restano confermate. Si replica.
La scena del principe, oggi assessore alla cultura, anima
la corte. Rappresentazioni variabili si specchiano nella
piazza, luogo teatrale costante.
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giochi di piazza
Progetti di facciata, 1980. Bozzetti progettuali per la proiezione sulla facciata della chiesa di Santo Spirito, Firenze
Proiezione
Gli ultimi Medici sparirono così alla svelta che non fecero
in tempo a finire le facciate delle chiese. E i fiorentini,
ancora pieni di superbia quanto di miseria, si buttarono
con entusiasmo a progettar facciate (esercizio decoroso
ed economico ad un tempo); non appena Firenze fu eletta
a capitale dell’Italia Unita, subito i fiorentini tirarono in
ballo dai loro concorsi di facciata i progetti vincenti da far
pagare alla Nazione e, svelti svelti, ne riuscirono a tirar
su due: S. Maria del Fiore e S. Croce. Fortunatamente
la capitale passò a Roma, le altre facciate furono
risparmiate e il mio progetto di S. Spirito salvo.
Così nella notte la chiara superficie della chiesa è stata
gioco e scena delle sue immagini possibili, proiezioni
distanti anni luce dalle nostalgiche certezze dei
restauratori. Come in una commedia dell’arte lo scenario
si è illuminato per una rappresentazione “all’improvviso”,
dove ai concetti eruditi degli innamorati si succedono
i lazzi ridicoli delle maschere. Adesso i comici si sono
ritirati: la facciata è stata restituita alle proiezioni della
luna (ma quando, io, riuscirò a proiettare sulla luna?) e la
Piazza della Palla è tornata ad essere Piazza S. Spirito.
Il progetto di facciata, tema ereditario del non finito, ha
preso a modello S. Spirito. Nella notte, la facciata lunare
della chiesa riflette le varie figure dell’immaginazione
collettiva.
Archivio
Piazza della Palla è di nuovo Piazza S. Spirito ed ha preso
forme diverse: le 128 pagine di [un] libro, le migliaia
di Palle, un film di sei minuti e, in piazza, l’archivio dei
progetti nella saletta da caffè del Bar Ricchi.
Comune di Firenze - Firenze Estate 1980
Gioco, scena, proiezione di Mario Mariotti
Piazza S. Spirito, 21 luglio - 8 settembre 1980
Hanno collaborato: Scenotek, Asea, Natali, Ceccherini
Foto: Massimo Listri, Gianni Melotti, E. Mennitti Paraito
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Piazza S. Spirito,
Edizioni Alinari, Firenze 1981. Archivio Mariotti]
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giochi di piazza
Progetti di facciata, 1980. Documentazione fotografica delle proiezioni sulla facciata della chiesa di Santo Spirito, Firenze
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giochi di piazza
Progetti di facciata, 1980. Documentazione fotografica delle proiezioni sulla facciata della chiesa di Santo Spirito, Firenze
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giochi di piazza
Animani, La Nuova Italia, Firenze 1980
ANIMANI
Ci fu un momento in cui le figure quotidiane non furono
più sufficienti ad esprimere il senso della realtà, che
ormai si proiettava oltre la presenza fisica: così ebbe
inizio la rappresentazione di immagini simboliche.
La prima volta, sulla parete di una caverna, l’impronta di
una mano. Oggi, nell’arte contemporanea, questo segno
primario è ancora usato, per comunicare un’idea appena
intesa e non ancora esaurita.
Alla essenziale compiutezza dell’atto originario, che
contiene infinite variazioni possibili, sono seguiti sistemi
formali e tecniche sempre più complesse: il viaggio delle
immagini che, come appendici fantastiche, staccatesi
dal corpo, percorrono il tempo e lo spazio. Attraverso
il teatro delle ombre ad oriente, i settecenteschi salotti
e le fiere paesane dell’Europa del Settecento, passano
davanti alle luci e agli specchi per entrare nelle macchine
dell’industria foto-cinematografica prima, ed elettronica
adesso, con la televisione.
La nostra cultura, sempre più visiva, tende a far
coincidere la produzione delle immagini con il vivere
quotidiano, fino a confonderci.
Ma la compagnia della nostra fedelissima ombra sembra
ancora sufficiente a restituirci, con la complicità di una
piccola luce, la nostra immaginazione, per ricondurci
all’intatto stupore racchiuso nell’ambito della grotta:
l’impronta di una mano, dalla quale non possiamo
allontanarci.
L’idea che l’autore di questo piccolo libro ha realizzato
è, appunto, una delle variazioni sul tema: un battito
delle infinite mani danzanti del Buddha, che si fissano,
per un momento, nelle variopinte rappresentazioni
di un bestiario facilmente riproducibile.
Gli Animani, appunto.
Il colore, sempre ad acqua per poterlo togliere con
facilità, si stende sulle mani con un pennello o con
del cotone o direttamente per immersione, secondo
il tipo di disegno.
Gli occhi si fermano con della colla. Sono perfetti gli
occhi delle bambole, ma, quando questo non è possibile,
si può ricorrere a palline, bottoni, dischetti, capocchie di
spillo, caramelle, creta o pongo, e a quanto altro si presti
all’effetto, non escludendo la possibilità di dipingerli
direttamente sulla mano.
Per fare spettacolo, va bene sia un normale teatro
di burattini che il dietro di una poltrona.
Non rimane che rimboccarsi le maniche e tuffarsi nel
colore e nell’immaginazione per far nascere tanti nuovi
Animani, quanti la gabbia di un libro non resca
a contenere, che si muovano liberamente e che non siano
mai in pericolo di estinzione.
[Testi pubblicati in Mario Mariotti, Animani,
La Nuova Italia, Firenze 1980. Archivio Mariotti]
Umani, 1982. Fotografia a colori
Inganni, 1984. Fotografia a colori
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giochi di piazza
Animani, 1980. Fotografie a colori
inganni e allegorie
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Nel 1982 Mariotti realizza la serie Umani, riducendo pittoricamente
“nelle mani” la rappresentazione del corpo umano. Nell’occasione
dichiara: “La mia esperienza di manomane suggerisce non esserci
separazione fra la immagine proposta e il corpo che la produce. [...]
Non è tutto così chiaro, come non è così oscura l’ombra di origine
che appare come illusione di figure reali” (Mariotti, Umani, 1982). In
questo modo egli attribuisce “forma” e “magia” alla capacità manuale
di produrre immagini.
Nel 1984 realizza il progetto Mezzaluna tra New York e Firenze,
concludendo così la sua collaborazione con Zona, e la serie di
Inganni, dipinti sulla propria faccia che svelano “l’effetto
straordinario” di un’immagine che egli vede solamente riflessa,
“esattamente contraria all’immagine vera che altri, e non io, vedono
e riconoscono”. Nella stessa occasione confessa: “per simpatia, ho
fatto visita ai piedi e ritoccato le mani che con Animani e Umani
e Dall’altra parte del libro si compongono in un unico inganno”
(Inganni, 1984).
Quell’anno compie alcune azioni eclatanti contro l’incuria e
il degrado del centro storico fiorentino: per protesta contro la
collocazione di un cassonetto per l’immondizia nella strettoia di
via Toscanella, all’angolo con Borgo S. Iacopo, utilizza una nicchia
preesistente e vi inserisce una testa di donna in terracotta,
modellata nell’atto teatrale di alzare il braccio e turarsi il naso
con un ratto che le corre sull’avambraccio, una sorta di maschera
caricaturale per un tabernacolo votivo tradizionale sarcasticamente
dedicato alla Madonna del puzzo (1984; l’opera è permanente, il
cassonetto originario è stato sostituito con uno più piccolo e
spostato in un’altra parte della strada); per ribellione allo scempio
provocato dalla maldestra collocazione di un segnale stradale e di
un semaforo fra lo stemma mediceo e la fontana del Buontalenti in
Borgo S. Iacopo, vi affigge un cartello esplicativo stampato in forma
di anonima e pungente ‘pasquinata’: “Tu / che lo sguardo / a questa
fonte poni / nota la differenza / fra le palle / e i coglioni” (Palle
e coglioni, 1984; il cartello di Mariotti fu prontamente rimosso, il
segnale stradale ed il semaforo sono stati successivamente allontanati
dallo stemma e dalla fontana).
Nell’immagine fantastica del Tappeto volante (1984), dipinto in due
versioni nel linguaggio sintetico della computer grafica, con colori
acrilici su grandi fogli di plastica a griglia metallica che esporrà
alla Galleria Vivita di Firenze nel maggio-giugno 1986, traspare
l’illusione di una via di fuga dalla realtà, l’allusione ad un
improbabile cambio di rotta per Firenze, che egli tornerà a ripetere
fino alla fine: “Firenze, è lei la responsabile, che ancora bambino
mi ha iniziato alle pratiche dell’arte. Lei, per la quale l’arte è
normale merce di scambio. [...] Così ogni opera, sia dei piccoli
artisti che ostinatamente sopravvivono che dei grandi morti che ancora
la mantengono, altro non è che un particolare compositivo della sua
immagine vera: una allegoria della avarizia ammantata nel virtuoso
panneggio dell’arte” (Mariotti, 1995).
Nel 1985 concepisce e inscena un nuovo grande evento pubblico
in città, il “disegno allegorico” di Fire-nze che brucia. La
città è diventata mèta per turisti e Mariotti ravvisa in questo
progetto come “una lingua inglese si introduce furtiva lungo le
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inganni e allegorie
Umani, La Nuova Italia, Firenze 1982
prime quattro lettere del nome” (Fire). Si tratta del prestesto
per “una realizzazione tesa a ritrovarci nella forma ideale della
città”, per stimolare un nuovo “senso della misura e buon rapporto
fra causa ed effetto. Quindi repulsione per il pittoresco e per
l’indifferenziato”. Nell’intento sociale dichiarato e nell’immagine
cartografica proposta da Mariotti, Piazza S. Spirito è il “luogo
esemplare di disputa per una ricerca di abitabilità che non può
essere ulteriormente rinviata” (Mariotti, Fire-nze, 1985).
Il progetto si sviluppa a partire da una “ellisse”, figura geometrica
costruita intorno a due “fuochi”, da cui prende forma una pedana
praticabile intorno alla fontana di Piazza S. Spirito, destinata
ad “azioni e allestimenti a carattere estemporaneo”. In piazza
sono invitati ad intervenire artisti e performer (“fuochi fatui”),
artigiani e studenti dell’Accademia di Belle Arti (“apprendisti
stregoni”), mentre i ponteggi montati a lato della chiesa sono
utilizzati per proiezioni di film, video e documenti sullo stesso tema
(“visione del fuoco”). Il fulcro dell’iniziativa è la memorabile stesa
di Panni tematici alle finestre dei palazzi che si affacciano sulla
piazza, alla cui realizzazione Mariotti invita centinaia di artisti,
architetti, designer, grafici, musicisti. L’evento si svolge il 21
settembre e coincide con il compleanno di Mariotti, che conferma così
il proprio ruolo atipico di “profeta in patria”.
Umani, 1982. Fotografia a colori, utilizzata anche nel film Sole Mani, 1989
UMANI
Umani e Animani hanno la stesa mamma: l’ombra.
Umani e Animani sono le stesse mani: le mie.
Lo stesso fotografo (Roberto Marchiori), la stessa casa
(editrice).
La differenza è nei verbi essere e avere.
Animani è avere per le mani un estraneo di natura
selvatica.
Umani è essere ridotti nelle mani con tutto il corpo che
ci è naturalmente domestico.
Forma e carattere, ma forse magia e rappresentazione.
Non è tutto così chiaro, come non è così oscura l’ombra
di origine che appare come illusione di figure reali (ma
non è poi vera la figura di chi si oppone alla luce per farsi
ombra?).
La mia esperienza di manomane suggerisce non esserci
separazione fra la immagine proposta e il corpo che la
produce.
Piuttosto si tratta di una terza figura che (rafforzando
e le proprietà della mano in sé e, nella esemplificazione
formale, il carattere delle immagine rappresentata)
ne assomma ed evidenzia le relazioni reciproche.
Un raccomandamento: non fidarsi di tutte queste
chiacchere per rinunciare colpevolmente ad una
personale esperienza.
Vale più provare a dipingersi temerariamente un dito che
gingillarlo a sfogliere le pagine di tutti gli Animani
e Umani messi insieme.
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Umani,
La Nuova Italia, Firenze 1982. Archivio Mariotti]
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inganni e allegorie
Inganni, La Nuova Italia, Firenze 1984
Inganni, 1984. Fotografie a colori
INGANNI
Non conosco figura più ordinaria della mia faccia.
Eppure la faccia che io mi guardo non è altro che
l’effetto straordinario della sua immagine riflessa.
Esattamente contraria all’immagine vera che altri,
e non io, vedono
e riconoscono.
Tutto sembra tornare al suo posto quando
l’immagine è foto-cine-grafica e corregge l’artificio
con la fedele riproduzione.
È a questo punto che, a dispetto dell’evidenza
e onor
del dubbio, ho giocato l’obiettività della macchina.
Mi sono dipinto la faccia (contenitore di contenuti
facciali) che, vanità scivolata dallo specchio e
sfigurata dall’obliquità dei segni, da ordinaria quale
era ha rivelato la sua natura straordinaria.
Così, per simpatia, ho fatto visita ai piedi e ritoccato
le mani che con Animani e Umani e Dall’altra parte
del libro si compongono in un unico inganno.
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Inganni,
La Nuova Italia, Firenze 1984. Archivio Mariotti]
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inganni e allegorie
Inganni, 1984. Fotografie a colori
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inganni e allegorie
Inganni, 1984. Fotografie a colori
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inganni e allegorie
Fire-nze, 1985. Manifesto degli eventi
FIRE-NZE
Crittografia di MRT MRA
Il fuoco, contenuto nella parte occidentale del nome
della città di Firenze, muove le varie figure
(È un sogno della cenere?)
- L’ellisse è la sua figura simbolica
- L’allegoria è la sua forma di rappresentazione
Elisse, disegno geometrico variabile nei due fuochi,
è una proposizione:
Il progetto, indicato nel nome di FIRENZE, avrà una sua
realizzazione tesa a ritrovarci nella forma ideale della
città: FIRENZE ha voluto, vorrebbe e dovrà dire disegno.
Senso della misura e buon rapporto fra causa ed effetto.
Quindi repulsione per il pittoresco e per l’indifferenziato.
Asciutta ma non pastasciutta, ospitale ma non servile.
E questo vale adesso per Piazza Santo Spirito, luogo
esemplare di disputa per una ricerca di abitabilità che
non può essere ulteriormente rinviata (con o senza
il sostegno e la voglia della amministrazione pubblica
finora latitante).
Piazza Santo Spirito sarà il fuoco fisso della
rappresentazione allegorica, l’altro fuoco sarà dislocato
in diversi spazi coordinati in una mappa urbana sullo
stesso progetto.
Come premesso FIRENZE è il progetto di una
rappresentazione allegorica.
L’allegoria del fuoco esclude il fuoco come oggetto
di rappresentazione fisica.
Quindi, nel nome del fuoco, vietati gli incendi.
(Ancora l’ottimismo per quanto riguarda la sorveglianza
pubblica).
Piazza Santo Spirito: la sua vocazione è di piazza
popolare e fiorentina.
Si spera che questo progetto sia una indicazione
sulle prospettive dell’uso della piazza, che non faccia
rimpiangere le bidonville festaiole ed indiscriminate
che quasi sempre riducono i nostri misurati spazi,
in civette spelacchiate e paesane che strizzano l’occhio
ai pochi spiccioli del consumo di massa.
Poco per le vocazioni servili molto, in futuro, per un
uso quotidiano e civile e perciò modesto.
PIAZZA SANTO SPIRITO
Il sagrato della chiesa sarà isolato con l’allestimento
di un tappeto di scodelle con la fiaccola, già in uso
da parte del comune.
La disposizione delle scodelle sarà proposta con
un movimento coreografico creato da Torao Suzuki.
(Questa sarà l’unica presenza di fuoco vero,
sbarramento fisico fra la rappresentazione profana
dell’allegoria ed il luogo sacro quotidianamente profanato
dagli accampamenti suicidi).
L’ELLISSE
Un praticabile ellittico sarò costruito intorno alla fontana.
Recinto scenico e confine entro il quale saranno proposte
azioni e allestimenti a carattere estemporaneo.
L’ellisse, secondo il realizzarsi del progetto, potrà essere
destinato anche ad altri usi.
APPRENDISTI STINTERVENTO
DELLE ACCADEMIE EUROPEE
Il centro della piazza è proposto come spazio
d’intervento a gruppi di studenti dell’Accademia di Belle
Arti (“apprendisti stregoni”) di varie città europee.
PROIEZIONI (!)
Lo spazio adiacente la chiesa diventa luogo deputato alla
“visione” del fuoco, utilizzando, per l’installazione dei vari
schermi, i ponteggi già montati per i lavori di restauro
in corso della stessa chiesa.
Il progetto comprende: proiezione di film “infuocati”
(in cui sia presente il tema del fuoco), documenti storici,
film e video sperimentali, proiezione di diapositive.
“I FUOCHI FATUI”
PERFORMANCES E INTERVENTI NELLA PIAZZA
- Un fabbro-scultore modella con i propri strumenti
una lastra di ferro come scudo spaziale per la città
(Alberto Coppini)
- Un fornello alchemico costruito da un’artista
(Giuliana Pini) sul modello illustrato nel Polifilo da dove
un poeta-mago trae un mazzo di Tarocchi con i quali legge
il tipo di fuoco posseduto dai presenti (Corrado Costa)
- Effetti devastanti del fuoco sui presenti (truccatura
teatrale di Filistrucchi)
- Il “bambino” che mitraglia la propria ombra
- Mario Pachi distrugge monumenti storici puntando
un semovente in varie direzioni e riportando gli effetti
su una carta della città proiettata su schermo gigante
- Laboratorio su macchinario per trattare a fuoco
la carta oleata.
La sonorizzazione degli eventi sarà realizzata in diretta
e diffusa via radio, a cura di Controradio (evitando
così uno dei più gravi fastidi che rendono insopportabili
manifestazioni nella piazza a causa dell’uso dei diffusori
musicali ad alta sonorizzazione).
Il pubblico riceverà la colonna sonora attraverso
le radioline personali ed al volume che preferisce.
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inganni e allegorie
Fire-nze, 1985. Logo dell’evento
DUELLO D’ARTISTA
Due artisti in contemporanea ogni sera con lo strumento
elettronico disegnando con il grafic computer su due
schermi in diretta. Il pubblico deciderà ogni volta
il vincitore.
L’INFERNO - STRUTTURE PERMANENTI
- Allestimento permanente all’interno del chiostro
della chiesa di Santo Spirito di uno spazio infernale
le cui varie porte vengono progettate da gruppi
di studenti di architettura
All’Inferno sono proiettate immagini fiorentine
dell’Inferno dantesco, contemporaneamente alla
registrazione della lettura dell’Inferno
- Esposizione permanente “in progress” di fotografia di
A) professionisti e pubblicitari e B) artisti e sperimentali
- Laboratorio “La Tinaia” di pittura dell’ospedale
psichiatrico di Firenze.
FUOCHI NELLA CITTÀ
- Teatro Niccolini: cartellone del mese dedicato a
spettacoli, performances e concerti sul tema del fuoco
- Monte Morello/Vesuvio: fumata vulcanica e fuochi
d’artificio napoletani
- Libreria Seeber: rogo dei libri di troppo facile consumo
- Caffè Voltaire: allestimento dello spazio e menù in rosso
servito da camerieri vestiti di rosso
- Studio Alchimia: esposizione design di fuoco
- Firmamento: esposizioni e interventi in gallerie d’arte
di Firenze (Schema, Villa Romana, Vivita, Bitterling...)
- Allestimento vetrine di esercizi commerciali
del centro storico
- Serate FIRENZE nelle discoteche (Tenax, Manila).
[Dattiloscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti]
FIRE-NZE
Prologo
Un solo fiammifero accende tanto un moccolo che una foresta.
(Prima del fuoco cìè la storia delle storie del fuoco.
E ancora una storia dopo il fuoco).
... - Al fuoco, al fuoco - la voce diventa incendio. I piromani
vanno in giro ad aizzare la gente: - Firenze brucia? era l’ora.
- Si sente odore di rogo e qualcuno, di buona memoria,
telefona ai pompieri. Ma piano piano, lasciandosi dietro
pochi tizzoni sparsi, piano piano il fuoco si ritira e, come
l’acqua delle alluvioni risucchiata nell’Arno, l’incendio
delle parole si concentra nella piazza di S. Spirito.
1. Criptografia
Il fuoco, contenuto nella parte occidentale del nome
della città di Firenze, muove le varie figure.
(È un sogno della cenere?)
... Così ancora si disputava sulla buona o sulla cattiva
fortuna dei luoghi che hanno il nome illuminato dalla
fama e celato dal mito. E se fosse preferibile perdere
la memoria del nome e sopportare la fatele decadenza
del luogo. O piuttosto cancellarne ogni forma
e conservare soltanto l’epigrafe del suo nome.
Intanto, una lingua inglese si introduce furtiva lungo le
prime quattro lettere del nome e - My Good - esclama,
ritirandosi, eccitata e rovente.
2. Allegoria
Un tale sognò di introdursi nottetempo nei sotterranei della
sua città. Strisciando lungo le pareti, e inciampando in sparse
e scivolose feci maleodoranti che lo confondono, attraversa
a tentoni due oscure camere. L’androne vuoto rimbomba
nell’eco dei suoi passi che girano su se stessi, e già dispera
di trovare una uscita, quando l’improvvisa visone della sua
ombra lo destò. (Infatti, superando molte difficoltà, avrebbe
acceso pubblicamente un fuoco. Perché questo genera le
mobili ombre. Da solo, per otto volte, come ottagona è la
Fonte Battesimale, otto sono le vele della Grande Cupola e
otto le sponde della fontana nella piazza. Con il concorso di
molti e nel tempo di una sola notte).
... Così mentre la Chimera viene issata su di un carro. la
piena dei visitatori si riversa nella Capitale ramificandosi
in rituali cortei che, incrociandosi e sciogliendosi dalle spire
delle code altrui, seguono ordinati e febbrili la loro guida per
non perdersi fra le corrotte geometrie della Grande Villa.
Metropoli nana di una gigantesca mappa allegorica dove
è facile confondere la misura ed il senso. Intanto che una
chiassosa comitiva di scolari, a malapena contenuta dai
feroci guardiani, veniva faticosamente incolonnata verso la
Primavera, in una fumosa stanza si tiene consiglio su come
trovare qualcosa di allegorico per la bassa stagione.
inganni e allegorie
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Fire-nze, 1985. Documentazione fotografica dell’evento
6. Panni
Dentro-fuori, come i vetri delle finestre, i panni stesi
stanno sospesi ad un filo.
(Le piante catastali escono dal chiuso delle stanze,
fuori, a prendere una boccata d’aria).
... Così, variamente illuminato dai differenti riverberi
diceva il nonno, cambiando ancora una volta canale,
e diceva bene
- Ci sono tante figure in una lingua del fuoco, che non
bastano i cento pennelli di cento pittori a consumarle.
Dopo un anno lo trovarono morto. Seduto nella vecchia
poltrona, con lo stesso vestito, davanti al solito
televisore. Con il dito ancora schiacciato a cambiare
programma.
Come non doveva succedere, è successo. Alcuni Panni
si sono liberati dal loro aereo guinzaglio e, alla maniera
volgare biancheria, si sono involati.
Qualcuni li avrà raccattati, io suppongo, ai quali vada
l’augurio di avere così trovato la loro camicia di Nasso.
Rimangono, insufficienti, le scuse e le immagini.
7. Compleanno
Non è vero che nessuno è profeta in patria. Firenze è la
torta dell’arte, gli artisti e sue candeline. Tanti auguri!
(Oggi, 21 settembre, è il mio compleanno).
... Così, i grandi antenati lasciarono i fiorentini come unici
eredi della Città dell’Arte. E i fiorentini, lusingati da tanta
fortuna, ne approfittano per vivere di usura culturale e di
rendita patrimoniale. Commerciano in amuleti e celebrano
gli anniversari delle Grandi Firme, come fanno le chiese con
i Santi Patroni: con un occhio al calendario ed uno al libro
dei conti.
All’ombra dei tripodi, dove bruciano i fuochi eterni dei
Padri della Patria, si consumano le tremolanti fiammelle
dei comuni mortali, che si accendono e si spengono come
le lucciole sui campi. Senza elisi.
285
inganni e allegorie
Fire-nze, 1985. Documentazione fotografica dell’evento
8. Trabiccolo
Ottagono come la fonte, suo doppio, sull’acqua galleggia
il fuoco.
(È freddo il letto del fiume, perché non c’è un corpo che
lo riscalda).
... Così, a lente bracciate l’ultimo nuotatore solca le
fragranti acque del fiume e, guadagnata gocciolante la
sponda, si alza sulle ginocchia per scomparire per sempre
come una creatura marina da archiviare nei bestiari.
A poco a poco l’acqua comincia a scurirsi, dentro, come
l’argento sul fondo dello specchio. Il che migliora le
immagini. Sulla superficie del fiume silenzioso si riflettono
nitidi i ponti e i palazzi: con il tramonto il fotocolor
raggiunge il più tenero orgasmo: click!
Ma qualcosa ha frantumato le finestre e rotto le arcate
del liquido specchio: schiamazzanti (queste urla e
queste grida le riconosco), schizzandosi e inseguendosi
e scomparendo sotto per riemergere subito in un altro
punto e solelvando scroscianti colonne d’acqua: sono
tornati i tuffatori. Stanno girando un film.
Comune di Firenze
Consiglio di Quartiere 3
In collaborazione con:
Ostello si S. Monaca, Comitato spontaneo di S. Spirito, Società
Canottieri di Firenze
FIRE-NZE
Disegno allegorico di Mario Mariotti
Piazza S. Spirito, 21 settembre 1985
Allestimento: Deva Wolfram, Giampaolo Di Cocco
Laboratorio: Edoardo Malagigi, Lucia Garbari
Luci: Guido Baroni
Costruzioni: Ditta Marchiani
Fuochi: Ditta Soldi
Organizzazione generale: Ciotti Bresciani
Foto: Alibi, Raffaello Bencini, Marco Dolfi, Roberto Marchiori,
Silvia Marilli, Antonio Sferlazzo, Francesca Lucchese,
Gianni Ugolini, Margherita Verdi, Maurizio Conti, Elisabetta,
Fulvio Ghini, Piero Novelli, Cristina Ohlmer, Pascale Sambol,
Gianantonio Stefanon
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, FIRE-NZE, La Casa Usher,
Firenze 1986. Archivio Mariotti]
presente e passato
287
Mariotti è un assertore convinto dell’autentica “vocazione” di
Firenze per l’arte e un fiero oppositore di quanti, in città, “ne
approfittano per vivere di usura culturale e di rendita patrimoniale”
(Mariotti, Fire-nze, 1985). Le sue “imprese” pubbliche (Dama di
Bacco, Piazza della Palla, Fire-nze) sono il tentativo di recuperare
un’operatività artistica ereditaria e di renderla democraticamente
accessibile al maggior numero di persone. Egli si ritrova così,
simultaneamente, a richiamare la storia dell’arte e ad affermare
la qualità della produzione artistica attuale, a ricercare
l’allargamento del consenso ed il riconoscimento economico per
l’attività creativa del presente e a contrastare la diffusione
commerciale del consumo culturale del passato.
A questo apparente paradosso aveva già cercato di dare risposta:
nel 1974 con una produzione di design che include l’antica pratica
dell’Arti-giano, simbolicamente rappresentata da un Giano bifronte
con i profili dei fratelli Mario e Marcello Mariotti; nel 1975 con
il Profilo di imperatore, incentrato sui temi della classicità,
dell’artisticità e della variazione; nel 1976 e 1977 con le
proiezioni di immagini dell’Archivio Alinari in (XX) e in Belvedere,
sui temi del modello e della ripetizione; nel 1978 con Extructo, sui
temi della riproducibilità e dell’autenticità; nel 1979 con la Dama
di Bacco, costruzione reale tratta da un falso Leonardo che estende
su scala pubblica il tema del gioco popolare già sperimentato con
il letterario Gioco di Ulisse (1969; “gioco dell’oca” sull’Odissea
di Omero prodotto per le edizioni Calderini, Bologna).
Dalla metà degli anni ottanta, in concomitanza con lo sviluppo dei
suoi lavori sulle “mani”, Mariotti rivolge con decisione la propria
ricerca artistica alla matrice fiorentina del disegno (“Fire-nze ha
voluto, vorrebbe e dovrà dire disegno”) e all’unicità manuale della
pittura e della scultura.
Nel maggio 1986 tiene un’ampia personale alla Galleria Vivita di
Firenze, che diventa l’occasione per presentare opere nuove e
documentare la sua attività passata. Emblema della mostra è il Vaso
François (1985), rielaborazione contemporanea del famoso cratere
in terracotta a volute rinvenuto in una necropoli etrusca di Chiusi
ed oggi conservato al Museo archeologico nazionale di Firenze,
decorato da Mariotti con una raffigurazione mitologica attualizzata
e popolare, l’amore fantastico quanto impossibile tra la ninfa
Dafne e il burattino Pinocchio. La storia d’ispirazione letteraria
della fatale attrazione/repulsione di Pinocchio e Dafne (1985-86)
si sviluppa inoltre in una serie di quadri ad olio dipinti in forma
anacronistica, postmoderna, frivola e talvolta volgare, in cui
emergono un’accentuata componente ludica e liberatoria e uno stile
grafico schematico e inespressivo. Nella stessa serie figurano anche
sperimentazioni plastiche e citazioniste, a rilievo su polistitolo, a
mosaico e su tondo. A queste si associano le creazioni di sculture/
oggetti come Artificio, albero d’ulivo reciso le cui foglie sono
sostituite da riproduzioni in legno che ricordano l’esperienza
genealogica di Arti-giano; Apelle figlio di Apollo, colonnina
classicheggiante sormontata da un’irrisoria “palla di pelle di pollo”
tratta dal popolare scioglilingua; San Sebastiano, rivisitazione
iconografica del santo cristiano trasfigurato negli strumenti del suo
martirio, la colonna trafitta da frecce.
288
289
presente e passato
Vaso François, 1985 e Pinocchio e Dafne, 1985-86 (serie di dipinti). Veduta della mostra, Galleria Vivita, Firenze 1986
Fra le sculture compaiono poi le raffigurazioni simboliche modellate
in creta di Adamo ed Eva, i leggendari progenitori di un’umanità
corrotta e dissacrata, a cui aggiunge un androgino Madam I’madam.
Nel Telo di Vivita (1983) ripropone un immaginifico insieme di Profili
lunari dipinti a spruzzo su fondo nero, mentre nel Telo di Avignone
(realizzato per la rassegna Le vivant et l’artificiel del 1985 nella
città francese) presenta le impronte di mani in negativo realizzate
con una tecnica analoga su fondo bianco, spingendo l’esecuzione
pittorica alla rievocazione dei primordi della “rappresentazione di
immagini simboliche”, già indicata all’inizio del lavoro sulle “mani”
(Mariotti, Animani, 1980). L’attualità contemporanea appare invece
in forma iconica ed ironica nella storica contrapposizione fra Stati
Uniti e Unione Sovietica, riprodotta con l’antica tecnica a sbalzo su
lastre metalliche nel cappello da cowboy (E viva il cappello stellare
del west) e nel pugno alzato (E viva il grigio autentico dell’est).
Riguardo all’interpretazione della sua ricerca artistica, nel
catalogo di questa significativa mostra fiorentina, Mariotti formula
un’amara “proposizione”: “Il mio lavoro è dedicato a quanti, e
sono quasi troppi, che dell’arte non ne vogliono proprio sapere e
in nessun modo la vogliono conoscere (che non passeranno in queste
stanze e non si fermeranno su queste righe, se non per sbaglio) ma
si contentano di considerarla, con istintiva diffidenza, una cosa
semplicemente straordinaria” (Mariotti, Galleria Vivita, Firenze
1986).
Per la mostra collettiva Dada/David al Loli’s Emporium di Firenze
dell’anno successivo, concepisce una copia in gesso del capolavoro
michelangiolesco (David, 1987) rivisitato in forma neodadaista,
con un sasso che lo colpisce alla testa e lo fa grondare di sangue
(seguendo alla lettera il proverbio: “chi la fa l’aspetti”).
Nello stesso periodo interviene pittoricamente sulle riproduzioni
di una monografia di Raffaello, che ricopre e mescola con le figure
farsesche e deformanti di Pinocchio e Dafne. Lo stesso approccio,
aggressivo e beffardo, è riproposto nelle caotiche composizioni di
figure grottesche su fondo nero dipinte ad acrilico su due grandi tele
plastificate, in occasione dell’esposizione International Mail-Art
and Visual Poetry a Patrasso (1987).
Ancora nel 1987, Mariotti realizza il logo e le decorazioni per
il ristorante Mezzogiorno a New York, in cui riproduce l’immagine
del coppiere (già utilizzata nel 1973 per l’autobiografico Fante
di Coppe) ripresa dalla lunetta del Cristo davanti a Pilato dipinta
da Pontormo nella Certosa del Galluzzo a Firenze: “figura quasi
danzante, tornita dai misurati contrapposti, la sigla dell’eleganza
civile pervasa di sprezzatura” (Cristina Acidini Luchinat,
Da Pontormo & per Pontormo, 1996).
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291
presente e passato
Artificio, 1986 e San Sebastiano, 1986. Veduta della mostra, Galleria Vivita, Firenze 1986
VIVITA
Spazio
Queste varie figure non erano destinate a queste dodici
stanze. Ma non ci sono arrivate da sole.
E non lavoro per espormi a voi che frequentate questi
spazi speciali.
Ma vi frequento.
Non mi affanno a difendere i confini dell’arte, come chi
muore sulle sacre mura delle città sante assediate dagli
infedeli. Ma mi trovo all’interno (cosa appendere, se non
la corda, nella casa dell’impiccato?)
Tempo
Dove è il tempo di un’opera: nell’idea al nano secondo,
nel lavoro giornaliero, nella sua materia eterna? o nel
nano secondo dello sguardo dei visitatori?
(Non mi lusingano i vostri sguardi, sapendo che è in
codesti e non nelle diverse stanze il luogo reale dove le
opere prendono veramente forma e sostanza).
Mi sono messo dalla vostra parte. E, con distacco, guardo
il mio punto di vista.
Proposizione
Il mio lavoro è dedicato a quanti, e sono quasi troppi, che
dell’arte non ne vogliono proprio sapere e in nessun modo
la vogliono conoscere (che non passeranno in queste
stanze e non si fermeranno su queste righe, se non per
sbaglio) ma si contentano di considerarla, con istintiva
diffidenza, una cosa semplicemente straordinaria.
Le stanze
I
Artificio / S.S. / Oasis / Cedro / Apelle figlio d’Apollo
II
Fotoincisione / Courtesy Shadow Gallery N.Y. / Gesso o
stucco? / Dado bianco di Carrara / Passerina etrusca /
Un’isola d’Elba-blu cielo di Londra / Fotografia
III
Manifesti
IV
Madam I’madam
V
Tappeto volante / T.V. / NO / Progetto di facciata /
Belvedere / Teatro
VI
Libri
VII
Telo d’Avignone / Cervo nero / Telo di Vivita
VIII
E viva il grigio autentico dell’Est / E viva il cappello
stellare del West
IX
Luce, radiosauro
X
Adamon
XI-XII
Pinocchio e Dafne
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, catalogo della mostra
personale, Galleria Vivita, Firenze 1986. Archivio Mariotti]
292
Vaso François, 1985. Cratere in terracotta dipinta
presente e passato
Apelle figlio d’Apollo, 1986. Particolare della scultura
rivoluzioni e celebrazioni
309
Nel 1988 Mariotti realizza la serie Rimani, che inaugura la sua
collaborazione con la figlia Francesca nel lavoro sulle “mani”; nel
titolo egli rivela, oltre al carattere di “ripetizione” che questo
progetto comincia ad assumere, pur nelle numerose e brillanti
variazioni, un certo senso di malinconia. Si susseguono quindi le
produzioni grafiche, pubblicitarie e documentarie, sia a stampa che
in video.
Nel 1989 gli viene commissionato un progetto pubblico per celebrare
a Firenze il bicentenario della Rivoluzione francese, Arnò 89, che
egli introduce con il motto sarcastico e sconsolato: “le rivoluzioni
passano / gli anniversari restano”. Per l’occasione concepisce
un “disegno analogico” incentrato ancora sulla “mappa urbana” di
Firenze, in cui evidenzia l’immagine della ghigliottina formata
dalla diagonale della Pescaia di Santa Rosa, fra Piazza Ognissanti
(dove ha sede l’Istituto di cultura francese) e Piazza Cestello
in Oltrarno. Le due piazze contrapposte sulle rive dell’Arno sono
interpretate rispettivamente come la “Piazza dei Signori” illuminata
di blu, che ospita un raffinato “spettacolo del teatro di corte”
(musica contemporanea, musica da camera, balletto), e come la “Piazza
del Popolo” illuminata di rosso, dove è proposto un più prosaico
e rumoroso spettacolo televisivo (Videomusic) con presentatori
dal vivo, riflettendo la separazione apparentemente insanabile fra
i concetti di cultura alta e bassa, di esclusività e diffusione.
Al centro della Pescaia illuminata di bianco sono ancorate grandi
“bottiglie di champagne” con i tappi a forma di vasi funerari
(Canopi), utilizzati come elementi simbolici e per contenere fuochi
d’artificio. A corredo dell’evento sono realizzati anche un “albero
genealogico” con le derivazioni artistiche fiorentine (L’albero dei
nomi) e un “albero della cuccagna” a cui sono appese le lettere
del motto rivoluzionario “liberté, egalité, fraternité” (L’albero
delle parole), mentre sul fiume viene liberata una muta imbarcazione
artigianale (L’albero mezzaluna). Rievocando una parte del proprio
repertorio (la mappa, le piazze, il teatro, la proiezione, i vasi,
l’albero genealogico, la mezzaluna) Mariotti coinvolge la città
in un grande progetto collettivo, ma questa volta mette in scena
soprattutto se stesso: “Non è stata una festa / per il fantasma /
della rivoluzione / ma solo l’occasione / per giocarsi la testa”
(Mariotti, Arnò 89, 1990).
Nel 1990 (è l’anno dei mondiali di calcio in Italia) realizza la
serie intitolata Fallo di mano, in cui “la palla”, elemento a lui
familiare, per un momento viene “sottratta alle bercianti folle
oceaniche / ed al suo lussureggiante paradiso pedestre” e torna nelle
“mani” allenate di Mariotti. Oltre alla produzione del catalogo di
Arnò 89, durante l’anno egli è impegnato in altre produzioni grafiche
e nella realizzazione l’articolato evento di Casa Malaparte a Capri
(ricordato sopra nel capitolo “proiezioni immaginarie”).
Nel 1991 concepisce il Polittico di San Giovanni, grande happening
fluviale ironicamente “dedicato a pittori e canottieri” che si svolge
sull’Arno, davanti agli Uffizi (dove ha sede la Società Canottieri
Firenze), il 24 giugno in coincidenza con la celebrazione del
santo patrono di Firenze. Il progetto, sviluppato nella successiva
pubblicazione come un dialogo metaforico fra l’artista e San
Giovanni, rappresenta l’ennesimo tentativo di confronto fra autori
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311
rivoluzioni e celebrazioni
Hanimations, Kane/Miller, Brooklyn, New York & La Jolla, California 1989
contemporanei, tornati per l’occasione a definirsi “pittori”, e grandi
maestri esposti al museo, i defunti che la città usa come propria
“merce di scambio”. Sarcastico e allusivo, Mariotti ricorda che “sono
giorni e giorni e giorni che per le strade del paese passano
le avanguardie”; e pertanto si chiede: “ma quando arriva
l’Esercito?”. Nonostante Firenze abbia avuto “più di un giovane
amante: dal futurista all’astratto, passando dal poeta al musicista
visivo al video artista, il concettuale lo stilista e architetto
radicale”, pare che nessuno riesca a sciogliere il suo vincolo
di “matrimonio” con il Rinascimento (Mariotti, Polittico di San
Giovanni, 1993). Per questo egli prova un ultimo assalto, proprio
nel cuore della città/museo, formulando un’invocazione e una
rivendicazione con l’arma affilata del suo linguaggio sferzante: “Non
c’è opera, il capolavoro basta solo ai tursti di passaggio, che non
sia più che un frammento della opera vera: la città dell’arte. La sua
composizione, per essere armonica e viva, ha bisogno di tutto e di
tutti; del grande e del piccolo, del vecchio e del nuovo. Ha bisogno
di essere conservata ma anzitutto come ogni polittico immaginata.
[...] La pittura è morta. E noi, modestamente, vivi”.
L’azione, nel tratto dell’Arno compreso fra la Pescaia di Santa Rosa
e il Ponte alle Grazie e simboleggiato da un modello plastico a forma
di pesce, prevede la distribuzione sul fiume di ottocento quadri di
duecento pittori contemporanei, suddivisi in trittici, quadrittici e
pentapolittici “predisposti all’incastro reciproco per concludersi in
una immagine sola”. La composizione tuttavia non riesce e l’immagine
finale del Polittico di San Giovanni assume le sembianze tragicomiche
di un naufragio. L’artista è costretto ad accettare l’insuccesso:
“dichiaro al cielo, al mondo e al fiume il mio fallimento”. E ad
ammettere: “Il mio peccato, veniale, è immaginare quello che non
vuole succedere [...] nonostante tutto, lo rifarei”.
RIMANI
Rimani è composto, oltre alle immagini,
dal prefisso RI e dal sostantivo MANI.
E già questo potrebbe bastare.
Ma (per chi ama saperne di più) RI indica la
ripetizione di un libro di origine, Animani, variato
qui nel sostantivo e non nella sostanza. Si sono
perse tre lettere ma in compenso si sono aggiunte
due mani, quelle di mia figlia Francesca.
Intanto, come conigli, gli Animani hanno figliato
e si sono moltiplicati (nei titoli e nelle edizioni).
Annidiati fra le pagine di tanti piccoli libri, hanno
girato mezzo mondo. Alcuni per vanità si sono
intrufolati nel mondo della televisione.
Altri, più spregiudicati, mi sono scappati di mano
per andare a vendere orologi giapponesi.
Ma ancora fanno parte della famiglia anche se
su qualcuno di loro non metterei la mano sul fuoco.
Comunque i veri Animani si riconoscono subito:
sono sempre accompagnati dalla propria ombra.
A rivederci.
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Rimani,
Fatatrac, Firenze 1988. Archivio Mariotti]
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rivoluzioni e celebrazioni
Rimani, 1988. Fotografie a colori
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rivoluzioni e celebrazioni
Arnò 89, 1989. Progetto, matite colorate su cartoncino
arnÒ 89
diSeGno analoGico di Mario MarioTTi
La pianta di Firenze rivela alcune connessioni indubitabili
con la Rivoluzione Francese. Sulla mappa urbana viene
messo in evidenza il tratto d’Arno compreso tra il Ponte
alla Carraia ed il Ponte Vespucci. Il vasto rettangolo viene
tagliato diagonalmente dalla Pescaia di Santa Rosa.
Questa figura, contrassegnata da un filo continuo
di lampadine, evidenzia il disegno luminoso della
ghigliottina.
Dai due lati maggiori degli opposti Lungarni si
fronteggiano due piazze.
A destra Ognissanti, con i grandi Alberghi, i Palazzi e
l’elegante facciata del Buontalenti è chiaramente la
Piazza dei Signori. A sinistra Cestello, con la caserma,
il Seminario, le piccole case e la facciata grezza della
Parrocchia di San Frediano è propriamente la Piazza del
Popolo.
In Piazza Ognissanti verrà eretto un teatrino di corte, dove
danza e musica da camera intratterranno gli spettatori
della scena colta.
In Piazza Cestello si presenterà uno schermo, dove si
trasmetterà in diretta un popolare programma di video
musica.
Agli estremi della Pescaia due azioni: a destra
l’imbalsamazione del Cervo Reale, a sinistra la forgiatura
dell’Elmo Frigio.
In Arno, nel frattempo, esploderanno i tappi-teste di
24 bottiglioni di champagne. Al culmine della festa la
Pescaia verrà incendiata dai fuochi artificiali in una
cascata di rosso, azzurro e bianco incandescenti. Due alti
bengala segneranno la mezzanotte e la conclusione del
disegno di Mario Mariotti.
Si passerà quindi a Piazza del Carmine dove si farà festa
grande, musica e balli, per l’altra parte della notte.
Ore 21,30
L’inizio della rappresentazione è data da un razzo che si
leva dal centro dell’Arno.
Da quel momento comincia l’illuminazione della mappa.
LUCI
1 - Si accende la fila lineare delle lampadine bianche che
segnano il perimetro compreso fra i due ponti e i lungarni
e lungo la diagonale della Pescaia di Santa Rosa
2 - Si illumina di azzurro la Piazza Ognissanti. Riflettori
azzurri sulle facciate degli alberghi, del palazzo
dell’Istituto Francese e la facciata della chiesa del
Buontalenti
3 - Si illumina di rosso la Piazza Cestello. Riflettori rossi
sulle facciate del Seminario, della caserma, delle casine
e della facciata della chiesa e cupola.
SPETTACOLI
1 - Ognissanti
Inizia lo spettacolo del teatro di corte. Il teatro ha un
palcoscenico di 7 metri per 9 sormontato da un velario
che è sorretto da quattro colonne di legno alte m. 4,50.
Illuminazione diffusa e sonorizzazione nelle colonne.
Il teatro rappresenta una grande alcova. Gli spettacoli
saranno vari e di breve durata. Una sorta di varietà
colto. Musica e balletto da camera. La platea ospiterà
gli invitati d’onore. L’unica nobiltà contemporanea, la
pazzia aristocratica degli artisti. Saranno gli artisti che
lavorano sul palcoscenico ad estendere gli inviti ad i loro
consanguinei: parenti o artisti. Sul fondale del teatro
saranno esposte opere dei pittori in alternanza ai diversi
spettacoli.
Fra le ore 22,45 e 23,15 ci sarà un intervallo durante il
quale sarà servito champagne agli artisti ospiti. [...]
AZIONI
1 - Palco sull’estremo della Pescaia dalla parte
Ognissanti. Un imbalsamatore vestirà di un mantello d’oro
un grande Cervo Reale già modellato in materiale plastico
lungo m. 3,50 e alto m. 2,50 circa (rappresentazione
dell’aristocrazia)
2 - Palco all’estremo della Pescaia dalla parte Cestello.
Un fabbro scultore forgerà con fuoco e martello un
Elmo Frigio di ferro alto m. 2 circa (rappresentazione del
popolo)
3 - Sopra la statua di Goldoni nella piazzetta omonima, un
nobile-attore leggerà il Candide di Voltaire.
SPETTACOLI
2 - Cestello
Inizia la proiezione televisiva. Su un terrazzino che
domina la piazza viene installato uno schermo gigante. Si
trasmette in contemporanea un programma di Videomusic
che passa sulla rete nazionale. Con riferimenti alla
rappresentazione Arnò. Puntualizzata dai due presentatori
di Videomusic che saranno presenti ai lati dello schermo
televisivo gigante. (Fra gli alberi sarà allestito un banco
per il taglio e la distribuzione di cocomero).
FUOCHI
Ore 21,30
In mezzo all’Arno, dall’arco centrale del Ponte alla
Carraia al centro della Pescaia, saranno ancorate 24
bottiglie di champagne alte m. 2 con il tappo a forma di
canopo. All’interno delle bottiglie saranno posti fuochi
artificiali che esploderanno ad intervalli di cinque minuti.
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rivoluzioni e celebrazioni
Arnò 89, 1989. Modello in bronzo
Ogni volta faranno saltare i tappi-teste mentre dalla
bottiglia usciranno fuochi vermigli per circa 15 secondi.
La ventiquattresima bottiglia si stapperà alle ore 23,45
incendiando la Pescaia.
ARNÒ 89
mapparilievo di Mario Mariotti
Ore 23,45
La Pescaia si incendia con una cascata di fuochi artificiali
rossi, poi bianchi, poi rossi bianchi e azzurri. Fino a
mezzanotte. A mezzanotte, dalle postazioni del Cervo
Reale e dell’Elmo Frigio, si alzano due razzi che esplodono
in cielo segnando la fine dell’evento. A quel punto tutto
è concluso, il Cervo Reale prende posto sul palcoscenico
del teatro di corte. L’Elmo Frigio viene posto sul terrazzino
liberato da teleschermo. Rimangono le luci che disegnano
la mappa con i colori e la forma di una bandiera francese
a scala urbana. Per tutta la notte.
“La gente è invitata a trasferirsi per la seconda parte
della notte, fino all’alba, nella vicina Piazza del Carmine
dove un altro evento l’attende: altri spettacoli e grande
ballo popolare nella piazza”.
LA MAPPA
Il foglio della mappa precede la pagina dei libri di storia.
Modello particolare di un più vasto disegno, sono da
tenersi in gran conto le città concluse.
E, fra queste, quelle attraversate da un fiume che,
separando unisce le due parti rivali (così il Tevere, Tamigi,
Danubio, Neva, Senna o l’Arno fanno la differenza).
O i porti con una sola riva; così l’altra riva di Napoli
è Atene, Marsiglia, Barcellona o New York.
Le forme esemplari non esauriscono le variazioni
possibili, ma le compongono.
Questa mappa, nella composizione dei suoi frammenti,
è presagio e memoria di questo giorno.
[Dattiloscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti]
le rivoluzioni passano / gli anniversari restano
L’ALBERO DEI NOMI
LARA VINCA MASINI compone il gioco arboreo delle
derivazioni. I presenti contrari correggono, cancellando
o aggiungendo altri nomi.
La nobiltà è di molti generi e vari livelli. Nei paesi
materialmente più poveri si tende ad esaltare la nobiltà
dell’animo. La nobiltà è ereditaria, come la fame, e si
trasmette per via vascolare o elettiva. La sua forma
allegorica è l’albero genalogico, che in affari prende
il nome di organigramma.
Per eccellenza, il genere di nobiltà fiorentina è l’arte.
Alberone fronzuto dove, su diversi rami, molti Roi Soleil
hanno fatto il nido. Come nelle miglio casate. Una
nomenclatura che va da ramo in ramo, come un merlo,
saltando molti nomi con la parzialità di ogni storia.
Fino al ramo dei vivi, i quali, se non altro, denunceranno
gli omissis e i refusi.
ALBERO DELLE PAROLE
Cucco
salì sull’albero
della cuccagna.
Il cucco arranca e scivola
cucco-agguanta salsicce.
Ma le salsicce
toccano solo a qualcuno
e la fame torna subito.
Quando
la frutta cresce
alta
troppo per la tua mano
non annaffiare l’albero.
Segalo.
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rivoluzioni e celebrazioni
Arnò 89, 1989. Documentazione fotografica dell’evento
CANOPI BIFRONTE
Quando la coppia scoppia
si raccoppia
due nemici si attaccano
due amanti si separano
segue la pace
con gli amici nuovi
nuovi nemici
ed oscillanti amori
su fluido letto
a due piazze.
CANOPI ABAT-JOUR
L’arte
come la testa
è una parte dell’uomo
molto esposta.
Il maestro e il maldestro
vanno in girotondo
dopo il primo il secondo
a misurarsi l’estro.
Il sistema dell’arte
almeno questa notte
mettiamolo da parte.
E all’aria aperta
all’acqua ed alla luna
ognuno sia solista
in questo coro.
Frammento di cornice
senza capolavoro.
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rivoluzioni e celebrazioni
Arnò 89, 1989. Documentazione fotografica dell’evento
PIAZZA CESTELLO
del popolo
Sulla sinistra del Falterona, alla destra da Bocca d’Arno.
Sicuramente la Piazza del Popolo.
La grezza facciata della chiesa è il limite invalicato dalle guide
turistiche. Dirimpettai, il seminario dei preti e la caserma dei
soldati, si concludono con il teatrino parrocchiale, coronato dal
villaggio di casine di Borgo S. Frediano.
Davanti agli alberghi danno una mano.
E per ogni bisogno, girando a destra del lungarno
Soderini, la Croce Rossa. In campo rosso.
Luogo della condizione.
VIDEOMUSICA / Piazza Cestello 21.30 - 23.30
teleschermo sintonizzato con VIDEOMUSIC / presentano
RICK E CLIVE / collegamento in diretta FLASH
PIAZZA OGNISSANTI
dei signori
Sulla destra per chi viene dal Ponte alla Carraia, alla
sinistra arrivando dal Ponte Amerigo Vespucci.
Certamente la Piazza dei Signori.
La facciata della chiesa è decoro, due alberghi di lusso
si fronteggiano accompagnati dal palazzo del Consolato
e Istituto francese. In mezzo il bronzeo monumento
mitologico. E per dessert, girato a sinistra sul lungarno
Vespucci, l’Harry’s Bar.
In campo azzurro.
Luogo dell’istituzione.
TEATRO MUSICA
PIETRO GROSSI / GIUSEPPE CHIARI / PHILIP CORWER /
TERRY FOX / OTTETTO A FIATI DI FIRENZE / FLORENCE
DANCE THEATRE
I posti in platea sono riservati agli ospiti degli artisti del
palcoscenico. Esclusivamente ai loro amici e parenti.
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rivoluzioni e celebrazioni
Arnò 89, 1989. Documentazione fotografica dell’evento
LA GHIGLIOTTINA
Come i ponti scavalcano l’acqua in punta di piedi, per non
compromettersi.
Così la pescaia, indubbiamente segno rivelatore della
mappa, si tuffa decisa nell’obliquo viaggio.
L’eccentrico cartesiano e stella bipolare dei cartografi.
Che concede e cancella il passo orizzontale alle due
sponde.
Che apre e sbarra il defluire verticale dell’acqua, e la
spartisce in alta e bassa.
E quando è grassa la confonde e precipita.
E quando è magra distingue: colma l’acqua di monte, che
si fa vasca e specchio alla Gran Villa.
Lascia scorrere il resto nella valle, selvatico torrente,
lontano dalle palle granducali.
ALBERO MEZZALUNA
Maiakovski
Il mare retrocede
il mare va a dormire
comes suol dirsi l’incidente è chiuso
la barca dell’amore si è spezzata
contro la vita quotidiana
abbiamo saldato i conti
e non serve a nulla l’elenco
dei dolori, guai e torti reciproci
Non è stata una festa
per il fantasma
della rivoluzione
ma solo l’occasione
per giocarsi la testa.
Contro la profezia
della città uniforme
nella media conforme
che ghigliottina sia.
Dai lumi di Parigi
ai moccoli a Firenze
Viva le differenze
viva i punti di vista
viva la geometria.
Comune di Firenze / Provincia di Firenze / Regione Toscana /
Azienda Autonoma di Turismo / Istituto Francese di Cultura
Arnò 89
Firenze, venerdì 14 luglio 1989
ore 21-24 intorno alla pescaia di Santa Rosa
Arnò alla sbarra
14 settembre 1989
Esposizione al Florence Dance Centre
L’albero mazza luna è rimasto installato sulla riva di Oltrarno
Foto: Serge Domingie, Paolo Favi, Lorenzo Pezzatini, Riccardo
Mazzei, Roberto Magris, Carlo Cantini, Maurizio Berlincioni
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Arnò 89, La Nuova Italia,
Scandicci (Firenze) 1990. Archivio Mariotti]
328
Fallo di mano, Fatatrac, Firenze 1990
329
rivoluzioni e celebrazioni
Calcio di mano, UC Planning/Tokyo 1994
FALLO DI MANO
In principio fu Adamo
Primo giocatore e primo fallo
Da espulsione.
Naturalmente un fallo di mano.
Da allora i falli non sono finiti
Come infiniti sono i nomi
Attribuiti agli arbitri
Che stabiliscono il senso
Dei due movimenti perpetui:
Se è stata la palla ad andare sulla mano
O piuttosto la mano a venire sulla palla.
Ma, come ammoniscono i critici osservanti,
La palla è rotonda
E non è la luna.
Per cui
Quando mi è capitata a portata di mano
L’ho sottratta alle bercianti folle oceaniche
Ed al suo lussureggiante paradiso pedestre
Per passarla alla mano
(speculare all’immagine della mia)
Di chi la fa scorrere fra le pagine di questo libello.
Che è dedicato al fallo originale
e alla sua divina punizione.
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Fallo di mano,
Fatatrac, Firenze 1990. Archivio Mariotti]
330
331
rivoluzioni e celebrazioni
Fallo di mano, 1990. Fotografie a colori
334
rivoluzioni e celebrazioni
Polittico di San Giovanni, 1991. Manifesto dell’evento
POLITTICO DI SAN GIOVANNI
TROTZDEM DI MARIO MARIOTTI
Ogni fatto ha un suo precedente.
Molte cose succedono quando, magari, si pensava
ad altro.
Causa ed effetto sono conseguenti.
Ma l’ordine può essere invertito.
Una oulipista, una giornalista, un criptografo, un incontro
in libreria, San Giovanni, un giorno, il fiume, possono
essere l’occasione o il pretesto per un polittico.
Al bordo della pescaia, un piede immerso nel fiume,
lascia trasparire lunghi diti ossuti di seppia acquattata
sul fondo melmoso.
In posa eretta emerge con il sorgere del giorno.
È intento ad alzare sopra la testa, segnata e asciutta,
manciate d’acqua che scorrono filtrando tra i nodi
delle nocchie.
Accoccolati, a poca distanza, due ragazzini parlottano
fra di loro sbirciandolo.
Un piccione, piombato a sasso da qualche tetto, si arresta
sospeso a mezza’aria, in planata.
Nella prima luce di un ventiquattro giugno, quando ancora
le cose hanno diverse dimensioni, si potrebbe anche
essere nella quindicesima sala degli Uffizi.
- Perché tu mi guardi. Che vuoi?
- Sono qui per celebrare il tuo giorno. Santo Patrono.
- Chiamami Giovanni.
- Giovanni perché sei il patrono di questa città?
- Il mio mestiere è battezzare le nascite.
Come il pellicano va dove c’è il pesce così il Battista
si trova nel luogo delle nascite.
E questo è un orto.
Ci cresce di tutto.
- Specialmente l’ortica.
- Tutta l’uva del mondo non basta a far buono il vino.
Qui le colline sono panciute e fertili, ma da sole
non partoriscono.
Ci vuole chi, con scienza e pazienza, le governi.
Poi si vendemmia.
Se no, oltre al vino e l’uva, si perde anche il vitigno.
Nonostante tutto le nascite ci sono.
Il problema, semmai, è il tasso di mortalità infantile
troppo alto.
- Infatti, nasce poco e quel poco non cresce.
- Non è compito mio.
Benedico, non semino.
Sono un santo, ma che non fa miracoli.
- Ma i pittori? Quando arrivano i mei benefattori?
Senza di loro il mondo non avrebbe immagine. E neanche io.
Come avresti fatto, se no, a riconoscermi?
- Forse, ora, sarai tu a non riconoscere loro.
Ci sono stati molti cambiamenti.
Il Santo Precursore alza l’indice secco, che avevo già
visto trasparire dal cristallo di rocca del sacro astuccio
custodito nel museo dell’Opera del Duomo.
- Mi offendi: tu dimentichi che il rinnovamento è la mia
incarnazione.
La permanenza della pittura non è nella sua tecnica ma
nella sua natura. La pittura, non è la qualità o lo stile o
il soggetto dell’opera. La pittura, è un uomo che si mette
a dipingere.
Evocati, arrivano i pittori.
Alte voci precedono, dalla sovrastante piazza di Cestello,
il calare dei polittici.
Accatastati sulla pescaia crescono in ordinati castelli.
Da una parte si riflettono, ribaltando l’argine. Si allungano
all’opposto in una geometria di ombre radenti che, quasi
a fuggire il giorno per nostalgia della notte scivolano via
curvandosi sul rocchio della diga.
Ombre fatue, incessantemente trasfigurate dai nuovi
carichi, si sommano alle mobili sagome dei portatori e si
sottraggono al levarsi del sole.
- Sono arrivati i pittori. È finito il silenzio.
- Magari così fosse.
- Così sia.
Puntuali, uscite dalla caverna sottostante il cortile degli
Uffizi, vengono le barche.
Sono di vari colori e diverse forme.
Le affilate prue avanzano, veloci bisturi incidono a strappi
l’immobile superficie dell’acqua, mentre la spinta dei remi
si lascia alle spalle duplici ingorghi che, allargandosi
in cerchi concentrici, si sciolgono sulle opposte rive.
Lussureggianti di incuria.
I canottieri, con altergo vigore, giungono all’approdo
facendo perno sulle pale per la virata. Il tempo di lanciare
la cima, alla quale legare il polittico, pronti ad invertire
la rotta. Trascinando la galleggiante preda, sfilano sotto
le multiple arcate dei ponti, per ritrovarsi al punto di
partenza. Il famoso recesso incorniciato da il venerabile
Ponte Vecchio e il sacrario degli Uffizi, è presto invaso
dalle inusitate forme dei polittici.
Relitti abbandonati ai capricci dell’acqua, si respingono e
attraggono secondo la corrente e la perizia dei compositori.
La zattera dei naufraghi cresce e si distende ai
piedi dell’Alta Pinacoteca, che li avvista e riflette. In
contrappunto, si è cancellato l’ombroso geroglifico della
336
337
rivoluzioni e celebrazioni
Polittico di San Giovanni, 1991. Progetto, matite colorate su cartoncino
pescaia che, libera dalle tele, è tornata ad essere forma
di se stessa.
- Si accorgeranno di noi?
- L’importante, è rimanere a galla.
bastone è il padrone di tutti e due.
Ad ogni modo, è da tenere a mente, che anche un povero
pollo può sembrare feroce solo se ci si lascia mettere
nel sacco.
AVANGUARDIA
Sono giorni e giorni e giorni che per le strade del paese
passano le avanguardie.
Una vecchina, il capino candido spunta tra i gerani, si
affaccia da una finestra dell’ultimo piano.
Grabatamente domanda:
- Ma quando arriva l’Esercito?
MATRIMONIO
La città, per suo temperamento, è freddina ma non frigida.
E, prima di sposarsi con il Rinascimento, di storie ne ha
avute parecchie.
Fra estruschi, romani, ed alti e bassi medioevi, se ne è
persa la memoria.
Tutte relazioni prematrimoniali, e più che lecite.
Ma la signora, nonostante il vincolo e l’età, qualche
avventura se la concede ancora.
Con discrezione si è fatta più di un giovane amante:
dal futurista all’astratto, passando dal poeta al musicista
visivo al video artista, il concettuale lo stilista e architetto
radicale e chi altro sia.
Ma non ne tiene né conto né memoria e, ad evitare
pettegolezzi, lascia intendere che non succede mai nulla.
Una vera signora non si può compromettere per una sveltina.
- È vero, sotto sotto, di cose ne succedono.
- Di più di quanto sembri. Ma non basta.
- Ci vuol qualcuno che la metta incinta.
CAPOLAVORO
Piumaccio d’Oro, in vero nome Emilio Malenotti, così
detto per la sua abilità a lucidare con lo spirito, fu a suo
tempo apprendista presso un maestro artigiano.
Invaghitosi della figliola di costui, come era d’uso, gliela
chiede.
Il maestro mette una condizione: che prima gli facesse il
‘capolavoro’.
Che per un artigiano vale la tesi di laurea.
Si tratta dell’oggetto del suo ramo, un fabbro una
cassaforte un falegname uno stipo, in miniatura con tutte
le sue parti rese a regola d’arte.
Piumaccio d’Oro, in un certo tempo lo fece con impegno e
quindi lo mostrò al maestro.
- Bene, hai passato la prova: la mia figliola è tua.
- E io non la voglio più. Rispose l’apprendista.
E invece prese il suo capolavoro ed aprì bottega per conto suo.
CONTEMPORANEO
Non abbiamo più niente in comune
né carattere né amici né età
né viaggi o avventure, né progetti né amori
e nemmeno nemici comuni.
Abitiamo una città che ciascuno vede diversamente.
Solo una cosa
di tutte la più forte ci lega;
siamo contemporanei.
ESPERIENZA
I contadini, quando gli capita di avere per cane uno
che ha la cattiva abitudine di mangiarsi le galline, si
comportano nel seguente modo.
Chiusono il cane in un sacco insieme alle galline.
Poi prendono il sacco a bastonate.
Così che il cane, dopo questa esperienza, quando vede
una gallina se ne tiene alla larga. Convinto che siano
state proprio le galline a bastonarlo.
Perciò a volte i pittori pensano di essere stati maltrattati
dai critici, perché non vedono che chi tiene in mano il
POLITTICO
Gli uomini, con le donne, sono polittici ambulanti che
fanno scorrere la loro vita nel polittico delle città.
E anche l’arte è un polittico, che dà forma e qualità al
polittico urbano.
Non c’è opera, il capolavoro basta solo ai tursti di passaggio,
che non sia più che un frammento della opera vera:
la città dell’arte.
La sua composizione, per essere armonica e viva, ha
bisogno di tutto e di tutti; del grande e del piccolo, del
vecchio e del nuovo.
Ha bisogno di essere conservata ma anzitutto come ogni
polittico immaginata.
UFFIZI
I quadri dei pittori
si distendono ai piedi della Quadreria,
in bella vista.
- La pittura è morta.
- E noi, modestamente, vivi.
TROTZDEM
- L’uomo propone e Dio dispone
- Non bestemmiare. E non cercare scuse.
- E va bene:
“DICHIARO AL CIELO, AL MONDO E AL FIUME IL MIO
FALLIMENTO”.
- Il polittico non si è concluso.
Ma io, a onore tuo e del vero, ce l’ho messa tutta.
E come me tutti quelli che lo volevano.
Ma, probabilmente a ragione, si è imposta la forma dello
sganasciamento reale su quella ideale di struttura.
Il mio peccato, veniale, è immaginare quello che non
vuole succedere.
Ma a te le gravidanze isteriche, lo so, non interessano.
- Recita la penitenza.
- Trotzdem, nonostante tutto, lo rifarei.
Otto lettere ha il nome Giovanni
otto il Battista
siccome otto sono le pareti della sua casa
otto i bordi del fonte
contenitore di un ottagono d’acqua
modello originale proiettato nello spazio
sale lungo otto nervi di marmo
a dare forma alla cupola ed al resto.
Quattro i tratti del fiume
quattro i ponti
Pagine successive: Polittico di San Giovanni, 1991
Documentazione fotografica dell’evento
per due correnti e due rive
fanno quattro e quatt’otto.
80x80 centimetri la misura dei quadri
uniti secondo la loro struttura polittica
ma separati in virtù dei diversi autori.
Predisposti all’incastro reciproco
per concludersi in una immagine sola:
un polittico di 40x20 quadri e 32x16 metri.
Così questo libro dei numeri dell’otto
è fatto di otto fogli che sono piegati in otto.
Otto moduli distinguono i polittici
uno trittico, due quadrittici, cinque pentapolittici
64 trittici, per 192 quadri, (8x8) x 3
72 quadrittici, 288 quadri, (8x9) x 4
e 64 pentapolittici, di 320 quadri, (8x8) x 5
Per un totale di 200 polittici
che sommate le parti danno cento volte 8
perché 200 sono i pittori ed 800 i quadri.
Dedicato a pittori e canottieri
la morte in scena
343
Nel 1991, lo scoppio della I Guerra del Golfo in Kuwait ispira
all’artista la prima di una serie di immagini di “morte”, che si
ripeteranno nella sua produzione successiva. I corpi umani ridotti a
brandelli sono contenuti in una grande coppa di ferro battuto, “vaso
allegorico” realizzato per lo spettacolo Still Life della Florence
Dance Company, con cui egli collabora dal 1987 (la ballerina e
coreografa Marga Nativo è cognata di Mariotti). L’immagine della
vita umana incarnata dai ballerini si trasforma nell’interpretazione
coreografica di una “natura morta”, rappresentata da Mariotti anche
nel logo nero, che riproduce la sagoma della famosa Canestra di
frutta dipinta da Caravaggio e conservata alla Pinacoteca Ambrosiana
di Milano.
A questa segue nel 1992, sempre per la Florence Dance Company,
la “rappresentazione allegorica in forma di balletto dell’ultimo
giorno della vita di Lorenzo” Il Magnifico, di cui Firenze celebra
l’anniversario. La rappresentazione, intitolata Giuliano. Una morte
fiorentina, ricostruisce il momento ideale del ricongiungimento fra
Lorenzo e il fratello scomparso proponendo “il gioco della memoria
come emblematico della condizione umana” (Mariotti, Giuliano,
1992). Nell’occasione Mariotti ritorna alle origini della sua
attività per il teatro e compone una scenografia con le quattro
sagome delle sculture monumentali di Michelangelo nella Cappella
medicea, a cui corrispondono “le fasi della vita interpretate
dalle raffigurazioni coreografiche” (Aurora, infanzia/gioco; Giorno,
giovinezza/amore; Crepuscolo, maturità/potere; Notte, morte/
memoria). Al fondo della scenografia si ergono i troni di Lorenzo,
che veste di rosso, e di Giuliano, che veste di nero, mentre al
centro si muove la figura dell’Androgino, “segno di collegamento fra
le varie scene” che interpreta “la doppiezza della rappresentazione
(classica e popolare, tragica e comica)”. La riduzione scenica si
suddivide, come spesso avviene nelle azioni ideate da Mariotti,
in parti rigorosamente calcolate: quattro frazioni di sei minuti,
una per ciascuna allegoria, e un totale di ventiquattro minuti
corrispondenti alle ore del giorno; ogni minuto è scandito “da un
tocco” e “da un cambiamento coreografico” (la colonna sonora è di
Andrea Mariotti, come nel caso del Balletto con la luna interpretato
da Keith Ferrone e Marga Nativo a Capri). L’ossessiva scansione
temporale si conclude con l’apertura progressiva del fondale e
l’uscita finale dei danzatori dallo spazio rimasto vuoto.
Lo spettacolo è replicato, con successo, nell’ottobre dello stesso
anno al Joice Theatre di New York e ricostruito scenicamente per
la prima edizione del Festival “Fabbrica Europa” all’ex Stazione
Leopolda di Firenze nell’ottobre 1994. Ad esso è associata, nel
1992, anche un’azione di Mariotti sull’Arno, svolta al Central Park
a New York, che funge da “prologo” pur annunciandosi come un tragico
epilogo: nel Trionfo della Morte egli si cala dentro un’imbarcazione
a remi, chiusa e nera come una bara, che scivola solitaria
sull’acqua.
Segue, nel 1994, l’autorappresentazione ironica di Quella volta
che sono morto, presentata al Centro Di a Firenze: otto tavole con
scrittura braille, che aveva già fatto la propria apparizione in
(fuori testo), nelle quali cui Mariotti ricorda in modo fantasioso,
apparentemente autodivertito e certamente esorcistico, sette episodi
344
345
la morte in scena
Still Life, 1991. Logo
in cui ha rischiato effettivamente di perire fra il 1973 e il 1993.
L’ottava tavola, in realtà la prima della serie (da cui è tratta
la citazione riportata in apertura di questa analisi del lavoro di
Mariotti), ha la funzione di introdurre sia “i racconti” successivi
sia “le immagini fotografiche” che li accompagnano, nel cui insieme,
egli annuncia, “è contenuto il fantasma della mia morte [...]
l’immagine che tu vedi, senza leggere e la scrittura che tu leggi,
senza vedere” (Mariotti, Quella volta che sono morto, 1994).
Nel 1995 espone allo spazio comunale del Parterre di Firenze una
serie di cartoni dipinti sul tema metaforico delle Catene (1995),
dove mescola l’amara visione già presente negli ultimi lavori,
citazioni dell’arte del Novecento ed in particolare della Metafisica,
una figurazione asciutta nel disegno e piatta nella stesura dei
colori. Nell’ottobre 1995 promuove quindi l’esposizione collettiva
di un’ingombrante “quadreria di arte contemporanea” all’ex Stazione
Leopolda di Firenze. La mostra s’intitola simbolicamente Al muro! ed
è accompagnata da un’ultimo, infuocato proclama di Mariotti, che si
fa portavoce del malessere diffuso tra gli artisti attivi a Firenze
nei confronti dei rappresentanti delle istituzioni politiche e
culturali della città: “se leviamo il disturbo non fate gli ipocriti:
non ci avete mai visti. E fate come sempre, non venite: forse non
reggereste alla vista di tanti ex voti. No, non promettete più
nulla, ormai è deciso. Noi togliamo il disturbo, ma almeno il muro lo
scegliamo noi. Caricare! Puntare! Fuoco!” (Al muro!, Fabbrica Europa,
Firenze 1995)
346
Still Life, 1991.Vaso allegorico in ferro battuto e documentazione fotografica dello spettacolo, Florence Dance Company, Firenze
347
la morte in scena
STILL LIFE. In ricordo di Mario Mariotti
Keith Ferrone
... eravamo seduti davanti alla
tv quando è scoppiata la notizia
di un massiccio bombardamento su
Bagdad che ha segnato l’inizio
della guerra del Golfo. La nostra
reazione di sorpresa e terrore quasi immediatamente scivolò
verso un’introspezione personale
con una valutazione dell’evento
a livello umano, per essere poi
tradotta in maniera astratta sul
piano artistico e dunque in senso
trasfigurato. Ci apparve la ‘coppa
della vittoria’ che immortala uno
scontro di dominio in un gesto di
brindisi finale. Dentro la coppa che poteva contenere vino,
abbiamo visto il sangue versato
che poi ha preso forma di carne
umana massacrata. Abbiamo visto
quei corpi senza vita (otto per
l’esattezza; un numero ‘magico’
che per Mario era sempre storicamente ricorrente ...) in un
gigantesco vaso di ferro battuto, come un’enorme natura morta
o ‘still life’. Nel disegno di
Mario del soggetto appare l’arancia come simbolo della vita, la
vanitas che sostituisce il teschio della morte nella pittura
del Rinascimento.
È così che è nata l’idea della
performance di Still Life. Così,
come
tanti altri spettacoli, performance ed eventi che abbiamo fatto
insieme a Mariotti. In effetti,
ogni volta eravamo insieme, a
tavola, a passeggiare, a lavorare; scorrevano enormi quantità
di idee per poi trasformarsi in
realtà di ‘opere teatrali’. Non
sarebbe bastata una vita per realizzarle ...
Mario continuamente metteva in
discussione la vita, il destino e
il nostro percorso all’interno di
esso; una fonte sempre fresca e
inesauribile per l’interpretazione della vita nell’arte.
Mi sento fortunato per aver
passato tanti di questi momenti
con Mario, accanto al suo cuore che amava tutto, la sua mente
che trasformava tutto in ragione
essenziale, il suo cervello che
sconfiggeva qualsiasi confine di
incomprensione. Spero soltanto di
poter dire davvero che ho imparato qualcosa dal maestro e come un
buon allievo spero di continuare,
per quanto riguarda il mio lavoro, anche nel suo nome.
[...]
[Dattiloscritto. Archivio Mariotti]
348
la morte in scena
Giuliano. Una morte fiorentina, 1992. Manifesto dello spettacolo
GIULIANO
Rappresentazione allegorica in forma di balletto
dell’ultimo giorno della vita di Lorenzo [Il Magnifico].
Lorenzo, nel segno della memoria, si ricongiunge al
fratello Giuliano. Escludendo ogni ricostruzione filologica
della storia del suo potere e fama, si propone il gioco
della memoria come emblematico della condizione
umana: Giuliano rappresenta la conclusione di una
esperienza terrena, trascorsa in un perdiodo in cui l’uomo
era posto al centro della visione (oltre o malgrado l’essere
e l’avere) e periò patrimonio di ogni tempo e del nostro
in particolare.
Nella riduzione scenica il giorno, che già rappresenta
una vita, è contratto nel tempo di 24 minuti. I
ventiquattro minuti sono frazionati in 4 parti di sei minuti,
rappresentati dalle figure scolpite da Michelangiolo per
la sagrastia nuova di S. Lorenzo, dove i due magnifici
sono sepolti con gli omonimi Duchi Lorenzo e Giuliano
(ancora eco e memoria).
Alle sagome monumentali corrispondono le fasi della
vita interpretate dalle raffigurazioni coreografiche:
L’Aurora, o tempo dell’infanzia caratterizzata dal gioco.
Il Giorno, o tempo della giovinezza mossa dall’amore.
Il Crepuscolo, o tempo della maturità segnata dal potere.
La Notte, o tempo della morte che si conclude nel
compimento della memoria.
Indicazioni sceniche:
La scena è composta dalle quattro sagome praticabili
che riproducono il profilo delle sculture
michelangiolesche. (Su ogni sagoma la figura di
un danzatore nella stessa posa). Sul fondo si erige
il duplice trono dei magnifici Lorenzo e Giuliano.
(Le figure sagomate presentano i due danzatori
antistanti: un Lorenzo vestito di rosso e un Giuliano nero).
Al centro della scena una figura danzante rappresenta
l’Androgino. Può essere intesa come Firenze o Arte o
Vita. Oltre ad essere il segno di collegamento fra le varie
scene rappresenta la doppiezza della rappresentazione
(classica e popolare, tragica e comica). Queste tre figure
sono sempre in scena. Le altre si muovono secondo la
rappresentazione dei diversi momenti e trasformazioni.
Il tempo viene scandito nella rigorosa ripartizione dei
24 minuti. Ogni minuto è segnato da un tocco sonoro,
che fa parte della colonna sonora scritta appositamente
per il balletto da Andrea Mariotti, e da un cambiamento
coreografico.
La luce sottolinea il cambio del tempo. Ogni sei minuti,
in corrispondenza ai movimenti che si succedono nelle
quattro figure allegoriche, cambia il colore. La luce
principale è originata dalla sommità di un’asta, che gira
imperniata dietro il trono, in senso orario. Altri effetti
sono installati dietro le sagome. Il tutto è una macchina
scenica autonoma, di facile e agile spostamento.
Lo spettacolo è ideale sia per un teatro al chiuso che
per uno spazio all’aperto.
Negli ultimi 6 minuti si apre, in senso antiorario ad ala
di pipistrello, un fondale. I danzatori si ritirano sullo
scenario vuoto.
[Dattiloscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti]
350
la morte in scena
Barca allegorica. Trionfo della morte, 1992. Documentazione fotografica dell’azione, fiume Arno, Firenze
GIULIANO
UNA MORTE FIORENTINA DI MARIO MARIOTTI
Non è la prima volta che Mario Mariotti, approfittando
di celebrazioni e centenari (che sembrano le uniche
occasioni di svago che questa storica città sembra offrire
all’attenzione dei suoi contemporanei) interviene nella
città per dare forma alle più diverse proposizioni.
Così nel 1980, occasione le grandi Mostre Medicee,
fu la volta delle proiezioni sulla Chiesa di Santo Spirito
(Progetti di Facciata). Ed ancora in Santo Spirito, 1985
anno degli Etruschi, Firenze (Fuoco o Cenere?).
Nel 1989, Anniversario della Rivoluzione Francese,
Arnò 89 (La pescaia ghigliottina divide Piazza Ognissanti
da Piazza Cestello). 1991, 24 giugno, Polittico di San
Giovanni (la pittura contemporanea galleggia sotto
gli Uffizi). Questa volta l’occasione viene dal Centenario
di Lorenzo. Ed è l’occasione per formulare attraverso
il Magnifico, il Trionfo della Morte con il Trascorrere
del Tempo.
Tema rimosso ma quantomai contemporaneo.
Giuliano, una morte fiorentina, è la morte di Lorenzo
che si riflette nell’esperienza dell’uccisione del fratello,
che poi doveva essere anche la sua morte. Uno
slittamento nel tempo che passa fino al ricongiungimento
di Lorenzo con Giuliano.
La ricostruzione del ricordo è una contrazione dello spazio
e del tempo in un percorso ideale e perciò comune
a ciascun uomo, in qualsiasi luogo.
Qui è, per esempio, Lorenzo e Firenze, oggi.
Nella riproduzione scenica l’azione ripetuta in due parti
simmetriche di 24 minuti ciascuna, rappresenta il tempo
dell’ultimo giorno di Lorenzo. La luce scandisce i quattro
momenti del giorno. Il disco del sole, che trascorre
ed infine diventa luna, evoca la cupola della cappella
dei Pazzi.
Lo spazio è una composizione suggerita dalla Sacrestia
Nuova di Michelangelo.
Le figure allegoriche segnano il trascorrere di questo
ultimo giorno fino all’appuntamento conclusivo
di Lorenzo con Giuliano.
AURORA, Primavera, Adolescenza (Gioco).
GIORNO, Estate, Giovinezza (Amore).
CREPUSCOLO, Autunno, Maturità (Potere).
NOTTE, Inverno, Vecchiaia (Morte).
La rappresentazione, analoga ai lavori precedenti
dell’autore dove lo spazio è pubblico ed aperto, e diversi
sono gli episodi che compongono l’evento, si avvale di
una prima parte prevalentemente audiovisiva, dove ad un
filmato di 24 minuti si accompagnano le proiezioni di 240
dipositive, disegnate da 60 bambini, 60 donne, 60 uomini,
60 pittori.
La seconda parte con la compagnia del Florence Dance
Theatre, prende decisamente la forma del balletto.
Queste indicazioni, come per ogni altra opera visiva,
non sono che indicazioni parzialmente significanti
in quanto questo intervento teatrale non vuole essere
una costruzione di significati ma una forma visiva
evidente in sé.
PROLOGO
Barca allegorica - Trionfo della Morte
Florence Dance Theatre
in collaborazione con
Comitato Nazionale per le Celebrazioni del V Centenario della
Morte di Lorenzo Il Magnifico
Associazione Teatrale Pistoiese
Centro Regionale per la Danza
Sotto Sopra Paralumi
GIULIANO
Una morte fiorentina di Mario Mariotti
Coreografia: Keith Ferrone
Progetto esecutivo: Mario Mariotti
Musica originale: Andrea Mariotti
Fotografia: Duilio Ringressi, Rainbow Films
Luci: Lucilla Baroni
Costruzioni: Laboratorio Teatrale Manzoni Pistoia
Attrezzatura: Sotto Sopra Paralumi
Sartoria: Mauro Agnolini
Trucco: Istituto di Estetica Reali
[Testo pubblicato nella brochure, a cura del Florence Dance
Festival, Firenze 1992. Archivio Mariotti]
356
la morte in scena
Quella volta che sono morto, 1994. Stampe fotografiche con rilievo braille
QUELLA VOLTA CHE SONO MORTO
Quella volta che sono morto, non ricordo quando né dove
né come, ma la sua causa risale al 21 settembre 1936.
Quella volta che sono nato.
Sarà il curatore della mia retrospettiva, con mano
oculata, a definire i dati anagrafici e quanto resta di me.
Non trascurando, con le altre sette, questa ottava carta
battesimale, perché tra queste immagini fotografiche
che le precedono ed i successivi racconti che la
descrivono è contenuto il fantasma della mia morte.
Icona e grafia separate dalla diversa forma eppure unite
dal medesimo evento, sono insieme testimoni e complici
di questo artificio. Così convergono nello stesso foglio
l’immagine che tu vedi, senza leggere e la scrittura
che tu leggi, senza vedere.
Quella volta che sono morto, il 19 febbraio 1973, ero
giunto ad un’oasi di montagna. Superato il massiccio degli
Aurés un caldo benefico saliva dal deserto. Scesi, a piedi
mi inoltrai nel giardino di palme. Con gli occhi nella reflex
a un tratto mi apparve una fanciulla velata che subito si
solleva la bianca sottana mostrandomi il bruno dattero.
Scattai, ma quando alzai lo sguardo all’obiettivo la dolce
visione era svanita. Rapita dal verde. Non osai proseguire
e ancora turbato risalii al villaggio. Attratto dal suono di
un flauto entrai in una ombrosa taverna dove qualcuno mi
volle offrire qualcosa che io bevvi e subito mi assalì un
sonno profondo. Mi svegliai nell’accecante bagliore del
deserto. Dai bagagli mancava solo il rullino della Pentax e
la benzina del camper. Le impronte lasciate dal mio vagare
nella sabbia sono state il mio ultimo effimero disegno.
Quella volta che sono morto, il 26 ottobre 1978,
uscito dall’auditorium fra Spring e Greene, mi fermai
in un localino della zona. Seduto in un angolo solitario
al lume di candela ero accompagnato da due pensieri:
strana serata, sto mangiando una coscia di pollo io che
preferisco il petto ed a sentire Phil Glass e Dickie Landry
non c’era neanche un nero. Uscito fuori ne trovai subito
uno. Cercando un taxi mi persi in strade sconosciute e
sempre più deserte. Voltandomi mi resi conto che quel
nero mi stava seguendo. Affrettai i passi cercando di
stare al centro, sotto la luce dei radi lampioni. Mi fermai
per accendere nervoso una sigaretta, ma non doveva
essere il fumo a uccidermi. La lama entrò facilmente
e senza dolore mentre il mio cappotto si accasciava
sulla propria ombra. Piegandomi esalai l’ultimo respiro
e su nell’aria fresca, in controluce, salì una nuvoletta
azzurrognola gonfia di nicotina.
Quella volta che sono morto, il 24 gennaio 1986,
avevo lasciato la torre ottagonale di Heatrow sul volo
BA0005. Quando inizia la discesa in avvicinamento verso
Anchorage, sono incollato al finestrino ad inseguire con
i miei rapidi fotogrammi lo splendente paesaggio glaciale,
che scorreva lento ed immenso sotto di noi, in pieno sole.
Ci sarebbe stato solo uno scalo tecnico. Neanche il tempo
di lasciare l’aeroporto.
Pensai, che peccato non potermi fermare più a lungo.
Il mio desiderio fu esaudito. L’aereo precipitò nella
foresta. Non ci furono superstiti e il mio corpo, non
identificato, è ancora lì, sepolto in una fossa comune.
359
la morte in scena
Quella volta che sono morto, 1994. Stampe fotografiche con rilievo braille
Quella volta che sono morto, il 16 dicembre 1989,
venivo dal Freie Theateranstalt Berlin dove, per 29.70
marchi, avevo assistito a “Ich bin’s nicht, Adolf Hitler
ist es gewesen”. No avevo capito quasi nulla. Ma in
complesso non c’era stato l’imbarazzo dell’applauso,
perché gli attori sparirono all’improvviso di scena,
lasciandoci soli. A meditare. Attraversando la
Spandauer Damm vengo travolto da una Skoda che
tentava disperatamente di sorpassare una Mercedes
Benz. L’incauto pilota, sceso e guardatosi intorno
fuggitivo, raccolse rapidamente me ed i suoi rottami
sparsi sull’asfalto e ci caricò su quanto ancora restava
della sua macchina. poi, fatta inversione di marcia,
sgassò scoppiettando per Tiergarten. Quindi ad est
verso il muro, che passò da qualche parte, portandomi a
tramontare dove un tempo sorgeva il sol dell’avvenire.
Quella volta che sono morto, il 14 febbraio 1991, dopo
avere cenato al Lady Hamilton Hotel, scesi per la
Prastagatan verso il porto. Nevicava forte. Procedevo a
tentoni come affondato in un imballaggio di polistirolo
espanso. Impastati di neve rari viandanti sbucavano dai
muri, improvvisi come spettri, e subito sparivano nel
nulla. Finché arrivo al biancore di uno slargo fresco e
silenzioso. Qui, preso da un urgente bisogno, procedo
per un breve tratto. Mentre già il mio dorato zampillo
si curva nella sua calda parabola bucaneve, un violento
brivido mi paralizza. Stavo sprofondando nelle gelide
acque del molo. Così, come putto mingente di Pompei
sepolto dalla cenere, mi inabissai. Nevicava forte.
Presto la crosta nevosa si richiuse sopra di me che la
lasciavo, immacolata, come la trovai.
Quella volta che sono morto, il 19 giugno 1993, ero
andato all’Edo-Tokyo Museum con un amico che poi,
passando il Kokugikan Sumo Museum, mi accompagnò
alla stazione di Rygoru. Qui la folla di scolari ci separò.
Dietro a me, seguito dalla scolaresca festante, sale
un gigantesco lottatore di Sumo che, rinculando, mi
trascina schiacciandomi all’altra portiera. Ma il peggio
viene quando, incitato dalla massa urlante, il colosso
comincia a inchinarsi per firmare gli autografi. Ad
ogni inchino i suoi possenti posteriori mi devastano,
schiantando qualcosa. Finché, spappolato e frantumato,
il mio corpo non perde spessore e scivola libero ed
esanime sul pavimento.
Alla successiva fermata di Rakurocho, nel delirio, vidi
salire i piedi ossuti della morte che, avanzando fra le
scarpe dei viaggiatori, veniva a prendermi.
Quella volta che sono morto, il 23 orrobre 1993,
dall’ospedale felefonarono per avvertire i mei
familiari. Albeggiava e un infermiere aveva già alzato
il paravento. Dopo aver staccato i cannelli, fasciò la
mandibola alla testa e, composte le mani in grembo,
mi abbassò pietosamente le palpebre. Eppure quando
giunsero i miei cari, li sentii arrivare e fermarsi al lato
del letto. Io, che non avevo più né mani né occhi, sentivo
i loro sguardi e le loro carezze leggere. Ricacciai la
commozione nel ricordo del disperato addio di un amore
giovanile e di come, quando l’altoparlante annunciò
che la partenza di lei avrebbe subito un’ora di ritardo, ci
guardammo sgomenti e ormai estranei. Le parole erano
già state spese tutte e versato fino all’ultima lacrima.
Questa volta, per evitare ritardi, non mi mossi e me ne
andai in santa pace. L’ammalato accanto, un ragusano
che si era affacciato ai piedi del letto, sussurrò: minchia,
pare che sorride.
[Dattiloscritti di Mario Mariotti per l’opera esposta
al Centro Di, Firenze 1994. Archivio Mariotti]
ultime rappresentazioni
365
Mariotti porta a termine il lavoro sulle “mani” con la realizzazione
di un’ultima serie intitolata Giochi di mano (1992, l’anno delle
Olimpiadi a Barcellona) e la pubblicazione di un’edizione speciale
in giapponese dedicata al Calcio di mano (1994). Realizza inoltre
l’immagine/logo Diladdarno, sintetizzando graficamente il popolare
paesaggio urbano dell’Oltrarno fiorentino in un poetico dipinto sul
palmo della mano.
Alla rassegna Erotica di Bologna presenta una serie di irridenti
divagazioni intorno alle Variazioni sul pisello (1993), tema
plastico ed insieme velatamente allusivo alla pratica infeconda
della masturbazione. Ad esse può essere contrapposta l’immagine
virtuale del Nudo di donna (fotografia del 1982, replicata in forma
pittorica nel 1993); l’immagine è tratta dalla convergenza a Y di
tre spigoli in una stanza che, sottolinea Mariotti, “non è oggettiva
ma dipendente dalla capacità di immaginare quanto solitamente viene
a celarsi fra pareti considerate distrattamente troppo domestiche”
(Iride, Villa Romana, Firenze 1982).
Nel giugno 1994 consegna all’immaginazione dei posteri e al giudizio
della storia “una meridiana di marmo, un pisello e una mano di
ottone ed un numero 8 di gesso”, seppelliti nel cortile della sua
“bottega” in via Toscanella, in un’azione dimostrativa documentata
nel video Museo (1994), in cui denuncia il disinteresse delle
maggiori istituzioni artistiche contemporanee (Biennale di Venezia,
Triennale di Milano, Quadriennale di Roma, Documenta di Kassel, a cui
aggiunge il Museo Pecci di Prato!) ed il mancato inserimento delle
sue “opere” in collezioni museali d’arte contemporanea. Si tratta
di oggetti simbolici e forme ripetute nel corso della sua ricerca:
la meridiana funge da quadrante per le Variazioni sul pisello, dove
l’organo maschile diventa l’ago che proietta la propria ombra e, a
sua volta, viene associato ad altre immagini e forme; la stessa mano
è pubblicata in (fuori testo) e riproposta nel 1983 alla Galleria
Vivita col titolo Dall’altra parte, e rappresenta il fulcro di gran
parte del suo percorso creativo, da Arti-giano ai lavori sulle
“mani”; “8” appare come simbolo d’infinito nel Fante di Coppe e poi
come riferimento numerico nell’allegoria di Fire-nze e nel progetto
del Polittico di San Giovanni. In realtà sono soprattutto indizi
che invitano a svelare il rebus della creazione di Mariotti, che è
insieme opera e vita.
Nel 1994 tiene una mostra personale all’Espace Mailly di Perpignan,
spazio culturale polifunzionale della città francese, per la quale
compone la serie dei dodici dipinti intitolati Kit & Kat, stranianate
continuazione della sua produzione pittorica postmoderna della
seconda metà degli anni ottanta, sorta di via crucis in dodici
stazioni caratterizzate dall’inserimento costante dell’omonima
scatola di cibo per gatti, e la serie di mappe/rilievi Hexagone,
che riproducono in forma pittorica e plastico-decorativa la sagoma
esagonale della Francia.
Nel 1995 è invitato alla rassegna Triebquelle, al Botanikum di Monaco
di Baviera, dove espone una superflua Fontana piovana attraverso cui
l’acqua sgocciola da una “mano” al “pisello” e un dissacrante Sankt
Deusche Mark, che riproduce l’allusiva icona di un nuovo “santo”,
il Marco tedesco. Sullo stesso tema aveva già realizzato un crocifisso
in compensato, “sagoma” tratta da uno dei dipinti del Duecento
366
367
ultime rappresentazioni
Giochi di mano, Fatatrac, Firenze 1992
toscano conosciuti in occasione della composizione del film (XX),
sarcasticamente intitolato ICI (sigla dell’imposta comunale sugli
immobili) mentre l’iscrizione latina sulla croce è trasformata in
IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche). A questo proposito,
si può ricordare che da oltre un decennio Mariotti ha preso
l’abitudine di firmare le proprie opere con la sigla presente
nel proprio codice fiscale: “MRT MRA”. Alla rassegna Passaggi a
nord-ovest, organizzata a Biella nel 1996, installa davanti a una
banca una copia della sua mano aperta, con una fessura/stimmata nel
palmo a chiedere l’elemosina (Mecenate) e conficca nel marciapiede
della stazione ferroviaria due impronte metalliche delle piante dei
suoi piedi (Antipode).
GIOCHI DI MANO
Le mani, per natura loro, non sono molto sportive.
Non stanno al gioco, o meglio, ci stanno a modo loro.
Ne sanno qualcosa i piedi, che nelle gare sopportano
il maggior peso e fatica. Va a finire che salgono sì sul
podio, ma per rizzare più in alto le mani che si sbracciano
per toccare con un dito il cielo e la gloria. Mentre i piedi,
bassi bassi, umili e doloranti, se ne stanno nascosti
nelle scarpe a gonfiare di dispetto, boccheggiando per
riprendere fiato. E loro, fresche e giulive a raccattare
allori, a stringere altre mani ancora calde di applausi,
a sparpagliare autografi, ad arraffare mazzi di fiori, coppe,
medaglie, pergamene e quanto capiti a portata di mano.
Il gioco è tutto qui: “trovate un forte piedistallo, un
minimo di acconto, e un buon fotografo ed io mi metto
in posa”, dice la mano.
[Testo pubblicato in Mario Mariotti, Giochi di mano,
Fatatrac, Firenze 1992. Archivio Mariotti]
368
369
ultime rappresentazioni
Giochi di mano, 1992. Fotografie a colori
epilogo (l’incompiuto)
383
Rimangono nell’archivio alcuni progetti di Mariotti non realizzati.
Nel 1992 egli s’inserisce prepotentemente nella diatriba sulla
ripavimentazione di Piazza della Signoria, suggerendo al Comune
di Firenze di invitare artisti da tutto il mondo e di assegnare
“a ognuno di loro una pietra della piazza perché la trasformi a
piacimento”. La piazza, che ha perso inesorabilmente il proprio
aspetto originario, potrebbe “essere resa alla contemporaneità e
sfuggire a quei canoni dell’estetica in cui ormai è ridotta l’arte
a Firenze, una categoria che paralizza tutto”. Egli immagina
in questo modo la possibilità di “rimettere in moto la macchina che
dette vita alle città, che i principi inventavano nei momenti di
stanchezza: la fabbrica - come la fabbrica del Duomo, per esempio che riporta la forza” (Mariotti, 1992).
Nel 1995 propone allo stesso Comune un “progetto di arredo urbano”
per Piazza della Passera (così viene definito nella dizione popolare,
riportata su un’apposita targa in loco, uno slargo senza nome
all’incrocio triangolare di tre viuzze nel quartiere di Santo
Spirito), finalizzato “a recuperare la memoria degli allineamenti
delle antiche proprietà Ridolfi i cui locali degenerati nell’uso e
nella condizione (lupanari e gioco d’azzardo) furono demoliti alla
fine dell’Ottocento”. L’ipotesi è di corredare tali allineamenti
originali “attraverso un sistema di panchine di via tipiche del
sistema architettonico fiorentino” per consentire di ricreare un
luogo d’incontro e “favorire occasioni culturali di vario genere”
(Mariotti, 1995). A questa proposta è collegato un progetto di “otto”
iniziative da svolgere in altrettante finestre che si affacciano
sulla piazza: “un quadro, una poesia, un suono, un racconto, una
installazione, un matrimonio, la nascita di un bambino, un viaggio
fotografico, un video, uno spogliarello”. Accompagnano il progetto
una mappa a rilievo della piazza in terracotta e bronzo, analoga a
quelle a suo tempo prodotte per Fire-nze (1985) e il Polittico di San
Giovanni (1991), ed alcuni disegni che la riproducono in forma pubica
al centro di un tronco femminile a forma di vaso. Contestualmente
egli propone al Comune pure la donazione dell’intero corpus di
“progetti di facciata” per la chiesa di Santo Spirito, con i quali
ha realizzato le proiezioni di Piazza della Palla (1980). L’offerta
prevede che questo “archivio” rimanga comunque all’interno del
Caffè Ricchi a Santo Spirito, dove i progetti si trovano esposti in
permanenza, ma che sia rinnovato ed arricchito di nuove proposte da
proiettare annualmente. Per l’estate 1996 le proiezioni potrebbero
concludere una settimana di eventi sul tema del “progetto per il
silenzio urbano” (Mariotti), che dovrebbe includere anche un Festival
annuale del cinema muto.
Nello stesso 1996, in occasione della I Biennale della Moda di
Firenze, Mariotti rivolge agli organizzatori della rassegna una
proposta per Orsanmichele: “edificato dalla corporazione delle Arti
per manifestare l’indivisibile rapporto fra arte ed economia, è il
luogo deputato ad ospitare un evento che indica nella Moda l’erede
naturale di una tradizione che nelle Arti trovò le ragioni della
sua ricchezza, insieme mercantile e culturale”. Egli immagina di
presentare, nei tabernacoli che si trovano temporaneamente vuoti
per il restauro delle statue, “sei indossatori che vestono abiti
contemporanei creati da grandi sarti (riferimenti alla tradizione).
384
385
epilogo (l’incompiuto)
L’Arte della Moda, 1996. Tecnica mista e collage su carta. Progetto di performance per Orsanmichele, Firenze
Sotto le nicchie potrebbero esserci i cantori delle Laudi, e anche
musici (riferimenti alla tradizione)”. Si tratta di un’ultima
proposta per rievocare e reinterpretare la storia fiorentina,
attraverso cui giunge alla conclusione che, “delle Arti, L’Arte della
Moda [che da il titolo alla Biennale] è forse l’unica che può unire
l’operosità del territorio fiorentino con la sua visibilità culturale
in una cultura economica internazionale” (Mariotti, 1996).
Nell’estate 1996 inizia a scolpire un grosso blocco di marmo di
Carrara, che ha fatto trasportare dalle cave Michelangelo nel
giardino della sua “bottega” di via Toscanella (l’opera, non finita,
è stata recentemente trasferita al Parco dei Renai di Signa, in
provincia di Firenze). La figura che intende far emergere dal marmo è
indicata in alcuni schizzi progettuali: si tratta di un nudo maschile
inginocchiato, analogo all’inquietante Adamo in creta presentato alla
Galleria Vivita nel 1986, con una mano su un ginocchio leggermente
sollevato e l’altra che tiene una palla a terra; il corpo appare
inciso con forme indicate in un disegno col termine di “bestiario”;
sulla testa è suggerito il rilievo del “cervello”, mentre il braccio
sollevato è associato al termine “logos”. Il discorso di Mariotti
appare oscuro, il suo lavoro sul marmo rimarrà per sempre incompiuto,
intrappolato come i famosi Prigioni fiorentini di Michelangelo nello
sforzo di uscire dalla materia grezza.
All’inizio del 1997 egli compone un ultimo, tragico manifesto per il
Punto Giovani di Firenze, servizio informativo rivolto a ragazzi con
“problemi in famiglia, di coppia, con la scuola”: la mano che tiene
fra le dita una palla rossa assume l’aspetto sinistro di un cadavere
su fondo nero, consumato nella materia e livido nei colori. In questo
caso l’inquietudine liberatoria della scultura lascia il posto ad
un’immagine angosciante di morte.
Sebbene questa sia l’ultima prova di Mariotti, ci piace ricordarlo
con un’altra immagine che egli ha lasciato nel suo archivio,
intitolata significativamente Luce (inclusa fra le opere esposte alla
Galleria Vivita di Firenze nel 1986). È “l’impronta di una mano”
nera dipinta a spruzzo, che emerge come una fantomatica “ombra” da
un fondo altrettanto cupo; essa tuttavia è aperta come nell’atto di
mandarci un saluto, di volerci accompagnare, ricordandoci che “la
compagnia della nostra fedelissima ombra sembra ancora sufficiente a
restituirci, con la complicità di una piccola luce,
la nostra immaginazione, per ricondurci all’intatto stupore racchiuso
nell’ambito della grotta: l’impronta di una mano, dalla quale non
possiamo allontanarci” (Mariotti, Animani, 1980).
Un’altra mano aperta, quella luminosa su cui egli ha impresso in
rosso il proprio nome e cognome speculari intorno alla grande “M”
tracciata dalle linee del suo palmo, che rappresenta insieme il segno
autografo e il simbolo del suo autore, il suo primo strumento e la
sua principale forma di espressione, il suo gesto e la sua parola,
ci fa da guida in questa azione di riscoperta del suo immaginario
poetico, delle sue invenzioni e creazioni. Come nel gioco fantastico
e stimolante del “cerca/trova”, suggerito dallo stesso Mariotti
nella sua opera/testamento e nel video Museo che ne attesta il
sotterramento, ideato per farla ritrovare da qualcuno “fra qualche
secolo” e farla finalmente ricordare “in un museo”, la ricerca nel suo
archivio non si può esaurire in una sola volta.
A questa prima indagine e alla mostra retrospettiva che documentano,
in generale e per la prima volta, il suo intero percorso operativo,
potranno seguire in futuro altre esplorazioni, altri “scavi”
per far emergere, dallo stesso archivio, e approfondire settori
specifici o aspetti particolari della sua ricerca: la composizione
grafica per le copertine di libri, incluse quelle delle collane Il
Castoro; l’ideazione di immagini per la comunicazione, con decine di
manifesti, locandine, cartoline; la pratica del disegno, confluita in
numerosi quaderni e fogli pieni di schizzi, bozzetti, progetti...
In conclusione, a corredo di questo primo studio generale all’interno
del suo archivio, si propone uno speciale percorso “sulle tracce”
di Mario Mariotti, alla scoperta della sua fervida attività creativa
concepita principalmente a e per Firenze (estesa anche a Vinci,
Signa, Prato), ma proiettata soprattutto oltre i limiti culturali e
commerciali della retorica antiquaria e del consumo turistico locale.
Essa ci permette di attribuirgli forse il ruolo di principale,
vero “artista di Firenze” nella seconda metà del Novecento; quello
che, probabilmente più di tutti, l’ha amata e rappresentata, ne
ha rievocato la storia e ricodificato la topografia, cercando i
collegamenti possibili fra il suo passato e la sua contemporaneità
interpretata attraverso una costante azione immaginativa e
produttiva, nel tentativo personale e collettivo di liberarla dalla
tentazione diffusa di cullarsi sui propri allori e confondersi nel
riflesso della propria immagine.
390
Luce, 1986. Tavola dipinta a spruzzo e rilievo braille
391
epilogo (l’incompiuto)
Firenze, 31 marzo 1997
Lara-Vinca Masini
Con la morte di Mario Mariotti,
calataci addosso come un fulmine,
non solo la sua famiglia e i
suoi tantissimi amici (artisti,
artigiani, architetti, la “gente”
di Santo Spirito) perdono un grande,
insostituibile, generoso punto di
riferimento, ma è la città intera, che
egli ha amato di un amore fortemente
critico, che verrà a mancare di uno
dei pochissimi artisti (forse il
solo?) che sono riusciti, operando in
Firenze e “usandone” le istituzioni,
a veicolarne il nome, all’insegna
dell’arte contemporanea, in tutto il
mondo. Ciò che non è davvero poco; dal
momento che molti artisti fiorentini
si inseriscono agevolmente nel
sistema internazionale dell’arte,
ma lavorando, per lo più, fuori da
questa città, e soprattutto al di
fuori delle sue istituzioni, ormai,
per antonomasia, retrive e, oserei
dire, “ostili”, nei confronti
dell’arte contemporanea (Firenze,
città d’arte?). Anche se, come
si è ripetuto spesso (e mi limito
agli ultimi trent’anni) è a Firenze
che si è realizzato il fenomeno
della “radical architecture”, è a
Firenze che hanno operato e operano
personaggi come Pietro Grossi
(musica elettronica, programmata);
come Giuseppe Chiari, artista
esponente di Fluxus; come Sylvano
Bussotti, Albert Mayr, Giancarlo
Cardini... È a Firenze che sono sorti
centri come “Proposte”, “Zona”,
il gruppo 70 (arte tecnologica e
poesia visiva), galleria Schema...
E Mario Mariotti si è sempre mosso
in questo contesto con l’agilità
e la freschezza di una creatività
inesauribile, con un’ironia sottile
degna della migliore tradizione
fiorentina (ma di una fiorentinità
antica, simile a quella del giovane,
atletico Cavalcanti della novella
del Boccaccio, che con un salto e una
battuta sarcastica si liberava di
noiosi seccatori lasciandoli tra le
arche di Santa Maria Novella).
Mario Mariotti ha sempre lavorato ai
margini dello specifico artistico e
delle istituzioni, delle quali, si
è detto, si è servito, nel processo
di continua demistificazione e di
coinvolgimento, in una progressiva,
lucida forza corrosiva.
Perciò egli ha sempre operato
anche una sorta di recupero mentale
della manualità artigiana e della
progettualità, che ha legato, spesso,
al contesto degli antichi quartieri
della città, in particolare di Santo
Spirito, il suo quartiere, dove
ancora funzionano vecchie botteghe
artigiane, che egli coinvolgeva in
azioni promozionali, dilatandole,
in un continuo gioco allusivo, a
dimensioni internazionali.
E chi non ricorda tra le tante,
vitalissime operazioni, coinvolgenti
artisti, artigiani, intellettuali,
ragazzi... italiani e stranieri,
Piazza della Palla, durante la
quale proiettava i tanti progetti
di facciata sulla facciata nuda
di Santo Spirito, del 1980; o il
progetto Firenze; o Arnò, sul tema
della Rivoluzione francese; o il
Polittico di San Giovanni (1991);
o l’occupazione della Stazione
Leopolda; tutte coinvolgenti la città
e le istituzioni, che accettavano
il coinvolgimento dissacrante in
cambio della restituzione di una
“produttiva” spettacolarità.
E tra le azioni e i lavori personali
si pensi al “No” proiettato sulla
Cupola per il referendum sul
divorzio; al Libro circolare ora
alla Biblioteca Nazionale. E ancora
alle azioni implicanti ironicamente
e icasticamente il proprio corpo
come Ani-mani (1980), Umani (1982),
tradotti, poi, in gustosissime
pubblicazioni.
Una vita, quella di Mario Mariotti,
travasata, tutta, in continua,
armoniosa, generosa, giocosa
creatività. Una vita la cui caustica,
intensa, straordinaria umanità
mancherà tanto, a tutti noi.
[Copia del dattiloscritto. Archivio Mariotti]
392
393
apparati
VITA DI MARIO MARIOTTI
Nasce il 21 settembre 1936 a Montespertoli (Firenze), paese natale
dei genitori che risiedono a Firenze.
Cresce nel quartiere di S. Spirito a Firenze.
Studia al Liceo Artistico di Firenze, dove s’iscrive anche suo fratello
Marcello, nato nel 1938.
Studia all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove di diploma
nel 1962.
Nel 1958 inizia l’attività di scenografo teatrale e di illustratore.
Nel 1962 realizza la sua prima opera permanente, un affresco
nella Caserma Ferrucci in piazza S. Spirito a Firenze.
Prende “bottega” in Via Toscanella, nel quartiere di S. Spirito.
Nel 1963 sposa Italia Nativo, ballerina al Teatro Comunale di Firenze.
Nasce suo figlio Andrea.
Nel 1965 inizia l’attività di grafico per l’editoria.
Nel 1967 realizza la prima copertina per la collana “Il castoro”.
Nel 1968 realizza la sua prima opera in forma di libro, che donerà
l’anno successivo alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Nel 1969 inizia l’attività di designer, insieme a suo fratello Marcello.
Nello stesso anno compie la sua prima “azione” collettiva in uno
spazio urbano, a Molin del Piano (Firenze).
Nasce sua figlia Francesca.
Nel 1972 tiene la sua prima mostra in una galleria d’arte, insieme
a Corrado Costa, a Milano.
Nel 1973 realizza la sua prima opera in forma di scultura e la sua
prima edizione d’arte.
Nel 1974 partecipa alla fondazione del collettivo ZonA a Firenze.
Nello stesso anno realizza il suo primo intervento ambientale di
proiezione.
Nel 1975 pubblica la sua prima monografia autobiografica.
Nel 1976 realizza il suo primo film d’artista, coprodotto dall’archivio
F.lli Alinari di Firenze.
Nel 1979 inizia il lavoro pittorico sulle “mani” e realizza il suo primo
“gioco” di piazza.
Nel 1980 organizza per il Comune di Firenze un’estate di eventi
in Piazza S. Spirito, in parallelo alle celebrazioni medicee.
Nel 1981 forma un archivio di progetti collettivi per la facciata
della chiesa di S. Spirito a Firenze.
Nel 1984 realizza un’esposizione collettiva per l’inaugurazione
di un ristorante a New York.
Nel 1985 realizza per il Comune di Firenze un grande evento collettivo
su Firenze che brucia.
Nel 1986 tiene a Firenze la sua prima mostra antologica.
Nel 1987 inizia a collaborare con la Florence Dance Company.
Nel 1989 realizza un grande evento collettivo sulle rive dell’Arno,
con l’Istituto francese di cultura di Firenze, per celebrare
il bicentenario della Rivoluzione francese.
Nel 1991 realizza un grande evento collettivo di pittura sull’Arno
con la Società Canottieri Firenze.
Nel 1995 realizza un’esposizione collettiva di artisti all’ex Stazione
Leopolda di Firenze.
Nel 1996 inizia la realizzazione della sua ultima scultura, che resterà
incompiuta.
Nel 1997 realizza il suo ultimo progetto grafico per il Comune
di Firenze.
Muore il 29 marzo 1997 a Firenze.
MOSTRE
Personali
1973
Galleria Schema, Firenze. Manifesto (Carola)
1975
Galleria La Bertesca, Genova. Cartolina (Profilo d’imperatore)
1978
Galleria Schema, Firenze. Cartoline (Proiezioni)
1979
Galleria Primo Piano, Roma. Cartolina (Ombra su tela)
1981
Galerie Dioptre, Genève. Catalogo (Varie figure)
1986
Galleria Vivita, Firenze. Catalogo e cartolina (mostra antologica)
1989
C&A Gallery, New York. Cartolina (Mixed Media)
1992
C&A Gallery, New York. Opuscolo, locandina e cartolina (Giuliano)
1994
Centro Di, Firenze. Cartolina (Quella volta che sono morto)
Espace Mailly, Perpignan. Manifesto e cartolina (Hexagone, Kit&Kat,
Animani handcetera…)
Collettive
1972
Dialogo numerico, Galleria di Porta Ticinese, Milano (con Corrado Costa)
1973
Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, Palazzo Cavalieri
del Taua, Altopascio (Lucca)
1974
Arti-Giano, Galleria Domus, Milano (con Marcello Mariotti)
1976
Artecronaca, Castello dei Conti Guidi, Vinci. Catalogo
1977
Monografie, ZonA, Firenze (con Carlo Dani)
1978
La spirale di nuovi strumenti, Palazzo Strozzi, Firenze. Catalogo
Cinema d’artista e cinema sperimentale in Italia 1969/1978, Palais
Chaillot, Centre Pompidou, Paris. Catalogo
Installazione/esposizione, Pari&Dispari, Reggio Emilia
1979
Cine qua non, Cappella di Santa Apollonia, Firenze. Catalogo
1980
O sole mio, Kunstlerhaus, Hamburg. Catalogo
Cineteca, Milano
Cinema d’artista, Philadelphia Museum of Art, Philadelphia. Catalogo
394
395
apparati
libri, pubblicità e premi
1981
Cambridge animation festival, Cambridge
Mostra del libro d’artista. Firenze libro ‘81, Fortezza da Basso, Firenze
Cent livres d’artiste italiens, Biblioteque National, Paris
1982
La territorialità dell’arte, Capo d’Orlando (Palermo). Catalogo
Iride, Villa Romana, Firenze. Catalogo
1983
Specchi e riflessioni, Galleria Vivita, Firenze. Catalogo
Im Theatre, Büro Berlin, Berlin
Veduta Aerea, Palagio di Parte Guelfa, Firenze. Catalogo
MelArt, Galleria Aglaia, Firenze
Inspiration Italy, Lazarus, Columbus Ohio
1984
Mezzaluna, Mezzaluna Restaurant, New York e ZonA, Firenze.
Catalogo
1985
Le vivant e l’artificiel, Hospice Saint Louis, Festival d’Avignon.
Catalogo
Cinema d’artista, Centre Pompidou, Paris
1986
I segni di Firenze. Arte in vetrina, Centro commerciale S. Pier
Maggiore, Firenze. Catalogo
Italy Now, Liberty, London
Arteoggi/Artoday, Casa di Masaccio, San Giovanni Valdarno. Catalogo
Artoday/Arteoggi, Marylan Institute, Baltimore. Catalogo
Intermezzo, Florence Dance Center, Firenze. Catalogo
International mail art and poetry exhibition, Eros, Patrasso. Catalogo
Made in Florence/Dada David, Loli’s Emporium, Firenze
1988
De rerum natura, Galleria Aglaia, Firenze
1989
I giardini della chimera, Quartiere 9, Firenze. Catalogo
Far libro. Libro e pagine d’artista in Italia, Forte di Belvedere,
Firenze. Catalogo
L’artista e il libro, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze. Catalogo
Dada David. Ricognizione per un improbabile identikit, Barberino
Val d’Elsa
Arnò alla sbarra, Etoile Toy, Florence Dance Center, Firenze
1990
Estecne, Palau Scala, Valencia
Creatività come lavoro. Illustrazione e visual design a Firenze
1979/1990, Fortezza da Basso, Firenze. Catalogo
Progetto di strumento musicale, Circolo culturale Il Gabbiano,
La Spezia. Catalogo
1991
Brechtzentrum, Berlin
Il cibo nell’arte, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia. Catalogo
Catalogo Armonia. Progetto toscano per la casa, Fortezza da Basso,
Firenze. Catalogo
NIKE, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia
Film 80. Il cinema d’artista in Italia, Palazzo delle Esposizioni, Roma
1992
MelArt, Galleria Aglaia, Firenze. Catalogo e manifesto
Archivio della percezione: il senso del suono, Epo-Ex Giardini
della Rocca Roveresca, Senigallia
Dolce Vita, Firenze
Tocco d’artista, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia. Catalogo
1993
Guardare a fiuto, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia. Catalogo
Fotografi italiani. Diario immaginario di Lanfranco Colombo,
Galleria d’arte moderna e contemporanea, Bergamo. Catalogo
Erotica ‘93, Palazzo dei Congressi, Bologna. Catalogo
Scarperentola, Idea Book, Milano. Catalogo
1994
Marinetti e il Futurismo a Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale,
Firenze. Catalogo
Alphabetica, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze. Catalogo
Camera d’artista. Film degli anni settanta in Toscana, Quartiere 2,
Firenze. Catalogo
Cinderella’s Revenge, Smith’s Gallery, Coven Garden
London / Cristinerose Gallery, New York
Eros, Club l’Indiano, Firenze
1995
Cinema to grafica, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze. Catalogo
Isole Felici. Romanzo per sei, Distretto Militare di Santo Spirito,
Firenze
Il ritorno, Saci, Firenze
Triebquelle, Botanikum, München. Catalogo
Al Muro! Particolari di un esecuzione di massa, Fabbrica Europa,
Ex Stazione Leopolda, Firenze. Opuscolo
Mulax dedica Murlo, Museo Etrusco, Murlo (Siena). Catalogo
1996
Immagini della fata, Biblioteca Thouar, Firenze
La materia plasmata, Fortezza da Basso, Firenze. Catalogo
Pari & Dispari. 16 artisti per Rosanna Chiessi, Teatro Studio,
ScandicciPassaggi a Nord-Ovest, Quartiere San Paolo, Biella. Catalogo
1997
Lo straniero vede solo ciò che sa, Piazza Matteotti, Montelupo
Fiorentino (Firenze). Catalogo
PROGETTI, OPERE E AZIONI DOCUMENTATE
Libri di Mario Mariotti
(fuori testo), “Il castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975
Piazza della palla. Gioco, scena, proiezione, catalogo degli eventi,
Firenze 21 luglio - 8 settembre 1980, Alinari, Firenze 1981
Animani, La Nuova Italia, Firenze 1980
Umani, La Nuova Italia, Firenze 1982
Dall’altra parte del libro, La Nuova Italia, Firenze 1982
Inganni, La Nuova Italia, Firenze 1984
Mezzaluna, Mezzaluna, New York 1984
Fire-nze, catalogo dell’evento, Firenze 21 settembre 1985, La Casa
Usher, Firenze 1986
Rimani, Fatatrac, Firenze 1988
Fallo di mano, Fatatrac, Firenze 1990
Arnò ’89, catalogo dell’evento, Firenze 14 luglio 1989, La Nuova Italia,
Firenze 1990.
Giochi di mano, Fatatrac, Firenze 1992
Polittico di San Giovanni, catalogo dell’evento, Firenze, 24 giugno
1991, Artificio, Firenze 1993
Calcio di mano, UC Planning, Tokyo 1994
1958
Un uomo è un uomo, scenografia per Bertold Brecht, Galleria
L’Indiano, Firenze
Volumi monografici
Mario Mariotti, catalogo della mostra, Galleria Vivita, Firenze 15
maggio - 14 giugno 1986, Galleria Vivita, Firenze 1986
Ronzani V., a cura di, Mario Mariotti alla Biblioteca Nazionale Centrale
di Firenze. Percorsi di ricerca fra grafica e libro d’artista, catalogo della
mostra, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze 10 giugno - 10 luglio
1997, Centro Di, Firenze 1997
Manuale Mariotti. Handcetera. Animani, catalogo della mostra,
Casina di Raffaello - Villa Boghese, Roma 3 aprile - 29 giugno 2008,
Corraini, Mantova 2008
Animani. Le mani dipinte di Mario Mariotti, catalogo della mostra,
Istituto degli Innocenti, Firenze 29 novembre 2009 - 11 aprile 2010,
Nardini Editore, Firenze 2009
1965
Arlecchino, bassorilievo in terracotta smaltata, opera permanente,
Teatro Metastasio, Prato
Il mondo di Matt, illustrazioni varie
Campagne pubblicitarie
VHS International, Agenzia Zinc, Tokyo 1984
Mitsubishi Electric, Agenzia Dentsu, Tokyo 1986
Citizen Watch Nobilia, Agenzia SSC & B, New York 1987
Hanimals, Upper & Lowercase, New York 1987
The Illustrated Guide to Animals, Agenzia Dentsu, Tokyo 1987
JVC Italia, Agenzia HDM WE, Milano 1988
Lotteria svedese, Observera, Stockholm 1990
3M Sumitomo, Agenzia Dentsu, Tokyo 1993
Da cosa nasce cosa, Favardi calze, Firenze 1993
Sincronizzatevi, Galanti orologi, Milano 1994
Punto Giovani, Comune di Firenze, Firenze 1996
Il Cambialeonte, Giunti replastic, Firenze 1997
Premi
Premio grafico per l’infanzia, Fiera internazionale del libro per ragazzi,
Bologna 1981 (Animani)
Premio grafico critici in erba, Fiera internazionale del libro per ragazzi,
Bologna 1982 (Umani)
Premio speciale di letteratura per l’infanzia, Ferrara 1984 (Inganni)
Diploma d’onor, Biennal international d’illustració, Barcelona 1984 (Umani)
66th Winner Gold Award, Art Director’s Club, New York 1987 (Hanimals)
Vincitore del Grand Prix, Cannes 1987 (The Illustrated Guide to Hanimals)
Vincitore del Tucano d’Oro, Rio de Janeiro, Brasile 1990 (Sole Mani)
Word’s Best Radio & Television Advertising, New York 1993 (3M Sumitomo)
Gold Award, Worldfest, Houston 1994 (3M Sumitomo)
Excellence in Advertising, 35th Clio Awards, New York 1994 (3M Sumitomo)
Winner London International Advertising Award, London 1995 (3M Sumitomo)
1959
Scenografia per lo spettacolo di Marcel Proust, La Fuggitiva, Teatro
di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia
1961
Scenografia per lo spettacolo di Diego Fabbri, L’inquisizione, Teatro
di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia
1962
Francesco Ferrucci, affresco, opera permanente, Caserma Ferrucci,
Firenze (restaurato nel 1995)
Scenografia e costumi per lo spettacolo di Nikolaj Gogol,
Il matrimonio, Teatro Stabile, Firenze
Scenografia e costumi per lo spettacolo di Carlo Goldoni, Il matrimonio
per concorso, Teatro Stabile, Firenze
1967
Pannelli dipinti, scuola materna, Paperino (Prato)
1968
Libro Circolare, opera unica, donata nel 1969 alla Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze
Logical Book, edizione Something Else, New York; distribuzione
Asea studio, Firenze
1969
Carta bianca, intervento/azione collettiva, Molin del Piano,
Pontassieve (Firenze)
Edizioni di design per Asea studio, Firenze, oggetti in plastica
(con Marcello Mariotti)
Gioco su Escher, edizione Asea studio, Firenze
Gioco di Ulisse, edizione Calderini, Bologna
Scenografia / Propiziatrice di comunicazioni rette guardare-vedere
con dispersioni curve per l’applicarsi della percettività degli organi,
installazione praticabile (opera dispersa)
1970
Il mare è inclinato, progetto verbovisivo per “Geiger” 4, lettering
su lucidi trasparenti
Segnale, cartello stradale rielaborato, smalto su metallo, serie
non numerata
1971
Opera di elevazione, fotografia b/n
1972
Dialogo numerico, installazione, Galleria di Porta Ticinese, Milano
(con Corrado Costa)
Farfalle, azione, Piazza San Marco, Venezia
La mia famiglia, acquaforte, tiratura di 116 esemplari
Letto modello Pakistan, bambole Barbie e Big Jim in cilindri di plexiglass
Ostacolo, intervento/azione collettiva, Teatro Metastasio, Prato
396
1973
Carola, manifesto e installazione, Galleria Schema, Firenze e Negozio
Principe, Firenze
Fante di Coppe, carta da gioco, per una cartella di 44 litografie,
tiratura di 150 esemplari, edizione Pari&Dispari, Reggio Emilia
Il Carnevale degli animali, progetto di scenografia, Teatro Comunale
di Firenze (spettacolo mai andato in scena)
Teatro, scrittura su stampa, carta applicata su tela, opera unica;
serigrafia su carta, posti numerati e firmati, tiratura di 1803 esemplari
collegati all’azione (1973-1984)
1974
Arti-Giano (con Marcello Mariotti), modelli in legno di samba torniti
a mano, produzione Studio Castello, Milano; realizzazione F.lli Bini,
Firenze
NO, proiezione sulla cupola del Duomo; progetto di Mario Mariotti,
realizzazione con Roberto Fabbrizzi e Roberto Marchiori
Organigramma, firme di familiari, serigrafia
Tomo I, multiplo in 26 esemplari, distribuzione Centro Di, Firenze
Valore aggiunto, 6 volumi rilegati, raccolta di 153 aerogrammi
rispediti al mittente (1974-1976)
ZonA, logo, modelli in cemento e in gesso
1975
Prae formance, azione, impronta di lapide formata ed esposta
pubblicamente a ZonA, Firenze
Profilo di imperatore, cinque variazioni in maiolica derivate da un
calco in gesso, cinque calchi in gesso, variazioni dall’originale, serie
non numerata
Stilo, punte di frecce e punte di pennini, composizione in cornice
1976
Autoritratto, fotografia b/n e colori, varie versioni
Luna nuova, progetto, dattiloscritto e disegno su carta
Proprietà privata, edizione numerata e firmata, tiratura di 100
esemplari, ZonA, Firenze
(XX), film d’animazione, 35 mm, bianco/nero, muto, co-prodotto
con F.lli Alinari, Firenze
1977
Belvedere, proiezione per l’esposizione Gli Alinari. Fotografi a
Firenze 1852-1920, Forte Belvedere, Firenze; serigrafia bifacciale
Monografie, azioni/eventi, ZonA, Firenze
Profili lunari, ritratti, silhouettes e falci di luna, materiali vari
1978
Breccia praticabile, intervento a parete di Claudio Greppi, Galleria
Schema, Firenze; edizione su carta, Galleria Schema, Firenze
Extructo, riproduzioni fotografiche di particolari decorativi applicati
su pannelli di legno, un particolare su ognuno ricostruito manualmente
con la pittura, 3 elementi; fotografie di Roberto Marchiori, interventi
pittorici di Mario Bini
(XX), fotografia b/n di Gianni Melotti, scattata durante la proiezione
del film, opera trasferita a Mario Mariotti
1979
Ombra su tela, tela dipinta
Dama di Bacco, disegno, inchiostro bruno e sanguigna, progetto
per la costruzione del gioco; modello reale del gioco, opera
permanente, Museo Ideale Leonardo da Vinci, Vinci (Firenze); azione,
Torneo della Fiera, Vinci
397
apparati
Fotoincisione, stampe fotografiche con strappo, applicate
su cartoncino
Monografie: Cronache stampate, stampa su carta, doppio manifesto,
edizione ZonA, Firenze
1980
Animani, pittura sulle mani, fotografie a colori
Dama Boccaccio, scacchiera di marmo, pedine di legno dipinto
(datazione incerta)
Molly cara, azione promozionale per lo spettacolo, Rondò di Bacco,
Palazzo Pitti, Firenze
Piazza della Palla. Gioco, scena, proiezione, interventi/azioni
collettive, Piazza Santo Spirito, Firenze
1981
Caccia allo sporco, intervento/azione collettiva, Sesto Fiorentino
(Firenze)
Oasis, 7 libri di carta e filo vegetale
S. Spirito (Piazza della Palla), film 16 mm, colore, sonoro, realizzazione
di Massimo Beccattini, fotodocumentazione di Massimo Listri
Varie figure, olio su tela
1982
Cola Pesce, intervento in situ su uno scoglio, Capo d’Orlando (Palermo)
Nudo di donna, fotografia b/n
Progetto per la Torre di Pisa, disegni acquerellati, 20 esemplari
realizzati per la trasmissione di RAI2 Il Pomeriggio
Umani, pittura sulle mani, fotografie a colori
1983
Dall’altra parte, manina d’ottone
Il mare è inclinato, fotografia b/n di Claudio Greppi, opera trasferita
a Mario Mariotti
Telo di Vivita, tela dipinta a spruzzo, prolifi di luna
Teatro Adua, installazione in situ, Teatro Adua, Torino
1984
Inganni, pittura sulle mani, fotografie a colori
Madonna del puzzo, scultura in terracotta, opera permanente,
via Toscanella, Firenze
Mezzaluna, logo e progetto espositivo collettivo, Mezzaluna
Restaurant, New York
Palle e coglioni, intervento dimostrativo con cartello di protesta,
Borgo S. Iacopo, Firenze
Tappeto volante, acrilici su telo di plastica a rete metallica, 2 versioni
1985
Courtesy Shadow Gallery N.Y., 2 sculture in legno e una in creta
rivestita di tela
Dama di Bacco, azione, Piazza Pitti, Firenze
Ex Libris, tempera su tavola, progetto per Ottenhauser Verlag
Fire-nze. Criptografia, allegoria, orto, ellisse, totem, panni,
compleanno, trabiccolo, interventi/azioni collettive, Piazza Santo
Spirito e fiume Arno, Firenze
Pinocchio e Dafne, serie di dipinti, tecnica mista
Telo di Avignone, tela dipinta a spruzzo, impronte di mani
Vaso François, cratere in terracotta dipinta
1986
Adamo, scultura in creta
Adamon, Madam I’madam, scultura in creta, plastilina e gesso
Apelle figlio d’Apollo, colonna/scultura, tecnica mista
Artificio, albero d’ulivo reciso, foglie in legno d’ulivo, base di legno
Blu cielo di Londra, modello in gesso policromo
Cervo nero, scultura, tecnica mista
Contesa per la supremazia del gesso da formare e lo stucco da
vetraio, 2 formelle modellate in un’unica cornice
Dado bianco di Carrara, scultura di marmo
E viva il cappello stellare del west, altorilievo a sbalzo su lastra
di metallo
E viva il grigio autentico dell’est, altorilievo a sbalzo su lastra
di metallo
Eva, scultura in creta
Hanimals, film Beta, colore, sonoro, Dentsu, Tokyo
Luce, tavola dipinta a spruzzo e rilievo braille
Passerina etrusca, scultura in creta
Pinocchio e Dafne, acrilici su telo di plastica
Pinocchio e Dafne, interventi pittorici su tavole del volume
monografico, Raffaello
San Sebastiano, colonna e frecce, legno policromo
Sguardo triangolare di Dio, scultura in creta
Un’isola d’Elba, scultura in gesso dipinto
1987
David, scultura souvenir rielaborata, tecnica mista
Mezzogiorno, logo per Mezzogiorno Restaurant, New York (da Pontormo)
Pinocchio e Dafne, acrilici su telo di plastica
1988
Rimani, pittura sulle mani, fotografie a colori
Video Golem, film Beta, colore, sonoro, musica di Andrea Mariotti,
produzione Videomusic, Firenze
1989
Berliner Ensamble, unghia e frammento del muro di Berlino su tela
Mixed Media, pittura sulla mano, fotografia a colori
Sole Mani, film Beta, colore, sonoro, musica di Andrea Mariotti,
produzione Infafilm, München
Arnò ‘89. Mappa, albero dei nomi, albero delle parole,
canopi bifronte, canopi abat-jour, Piazza Cestello, Piazza Ognissanti,
ghigliottina, albero mezzaluna, interventi/azioni collettive,
Piazza Ognissanti, Piazza Cestello e fiume Arno, Firenze
Arnò ‘89, film Beta, colore, sonoro, musica di Andrea Mariotti,
realizzazione Flash, Firenze
1990
Cena verde, interventi/azioni collettive, Casa Malaparte, Capri
Fallo di mano, pittura sulle mani, fotografie a colori
Geograffita, libro d’artista, opera unica
Luna nera, tempera su disco di compensato, serie non numerata
Mezzaluna, interventi in situ, Mezzaluna Restaurant, Corona del Mar
e Beverly Hills, California
Panorama, tecnica mista su tavola e su lavagna, 2 versioni
Pesce Faraglione, disegno su carta; edizione non numerata
Profili leonardiani, disegni su vetro, diapositive per proiezioni
1991
Carnevale degli animali, film Beta, colore, sonoro,
musica di Andrea Mariotti, produzione Infafilm, München
Nike, serie cartoncini e dita in creta
Polittico di San Giovanni, intervento/azione collettiva, fiume Arno,
Firenze
Still Life. Vaso allegorico, ferro battuto, per lo spettacolo
della Florence Dance Company, Firenze
Tomba per Rina Nieri Natali, modello in creta
1992
Barca allegorica. Trionfo della morte, azione, fiume Arno, Firenze
e Central Park, New York
Casa Malaparte, olio su tela
Giochi di mano, pittura sulle mani, fotografie a colori
Giuliano. Una morte fiorentina, progetto di spettacolo, Florence
Dance Company, Firenze e Joyce Theatre, New York
Giuliano. Una morte fiorentina, film 16 mm, b/n, sonoro, musica
di Andrea Mariotti, co-prodotto con Florence Dance Theatre, Firenze
1993
Nudo di donna, tempera e collage su tela
Variazioni sul pisello, tecnica mista, serie di sculture
Vasi comunicanti, vasi d’argento, edizione Pampaloni, Firenze
1994
Diladdarno, logo, pittura sulla mano
Hexagone, mappe rilievo di bronzo e serie di dipinti, tempera su tavola
Giuliano. Una morte fiorentina, progetto di spettacolo, Fabbrica
Europa, Ex Stazione Leopolda, Firenze
Kit & Kat, serie di dipinti, tecnica mista su cartone
Museo, azione, via Toscanella, Firenze; video, colore, sonoro
Quella volta che sono morto, stampe fotografiche con rilievo braille,
8 elementi, opera unica
1995
Al muro!, installazione/azione collettiva, Fabbrica Europa,
Ex Stazione Leopolda, Firenze
Catene, serie di dipinti, tecnica mista su cartone
Fontana piovana, installazione, Botanikum, München
ICI, tempera su legno sagomato (datazione incerta)
St. Deutsche Mark, installazione e azione, Botanikum, München;
tempera su tela
1996
Antipode, rilievo in bronzo, installazione in situ, Stazione ferroviaria,
Biella
L’Arte della Moda, tecnica mista e collage su carta, progetto
di performance per Orsanmichele, Firenze (non realizzato)
Cartoni, installazione, tecnica mista, L’Artiere, Firenze
Mecenate, mano in bronzo, installazione in situ, Biella; calco in creta
Otto finestre alle otto, progetto per Piazza della Passera, Firenze
(non realizzato)
Sale e pepe, argento, edizione Pampaloni, Firenze
Senza titolo (Adamo), marmo sbozzato, opera incompiuta
399
SULLE TRACCE DI MARIO MARIOTTI
Firenze
“È lei la responsabile, che ancora bambino mi ha iniziato
alle pratiche dell’arte.”
Piazza Santo Spirito
“(Da bambino abitavo sopra la cartoleria al numero 13 e, ne sono
sicuro, è stata questa piazza il primo teatro che ho conosciuto).
Piazza S. Spirito non è mai stata un “Teatro di Verzura” disegnato
dai giardinieri del Re, anche perché la mattina ci lavorano gli ortolani
con le loro quinte effimere di teneri finocchi e zucchini bitorzoluti,
e ad annaffiare le siepi ci pensano i cani.
Ancora oggi la facciata della chiesa guarda un poco di traverso
la piazza ed il suo teatro ingannevole...”
Francesco Ferrucci, 1962
Affresco realizzato nel cortile della caserma Ferrucci,
Piazza S. Spirito
Piazza della Palla, 1980
Archivio dei Progetti di facciata proiettati sulla chiesa di S. Spirito,
esposti in permanenza all’interno del Caffè Ricchi, Piazza S. Spirito
“Il progetto di facciata, tema ereditario del non finito, ha preso
a modello S. Spirito. Nella notte, la facciata lunare della chiesa
riflette le varie figure dell’immaginazione collettiva.”
Piazza della Passera
Mariotti proponeva di trasformare la piazza in un luogo d’incontro
recuperando la memoria degli allineamenti delle antiche
proprietà Ridolfi, i cui locali degenerati nell’uso e nella condizione
(lupanari e gioco d’azzardo) furono demoliti alla fine dell’800,
dando vita sulle tracce degli originali allineamenti a un sistema
di “panchine di via” tipiche del sistema architettonico fiorentino.”
Via Toscanella
La bottega di Mariotti si trovava in via Toscanella 7R
Cerca/trova, 1994
Nel cortile della sua bottega Mariotti ha seppellito alcuni
oggetti/simbolo: “una meridiana di marmo, un pisello e una mano
di ottone ed un numero 8 di gesso.
Forse qualcuno, fra qualche secolo, scaverà sotto questa terra
e li troverà. Allora, probabilmente, saranno esposti in un museo.”
Madonna del puzzo, 1984
Scultura di terracotta collocata in permanenza all’interno
di una nicchia, in via Toscanella all’angolo di Borgo S. Jacopo
Via San Niccolò
ZonA, 1974-1984
La sede del collettivo di artisti, di cui Mariotti fu uno dei fondatori,
si trovava in via S. Niccolò 119R
Via Erta Canina, 36
Profilo di imperatore, 1975
Cinque variazioni in maiolica derivate da un calco in gesso,
opera collocata in permanenza sulla facciata di un palazzo.
Collezione privata
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
Libro circolare, 1968
“La riproduzione reale del concetto letterario
di libro è un libro. La sua collocazione è nella biblioteca.”
Opera unica donata ed esposta in permanenza alla Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze, Piazza Cavalleggeri 1
Teatro Comunale del Maggio Musicale Fiorentino
Teatro, 1973-84
Posti segnati e numerati, venduti da Mariotti su un’immagine
della pianta esistente.
“Un teatro composto dal tempo di chi lo compone.”
Teatro Comunale, Corso Italia 16.
Italia Nativo, moglie di Mariotti, era ballerina al Teatro Comunale;
ai suoi passi di danza Mariotti dedicò l’opera Carola esposta
nella sua prima mostra personale, tenuta alla Galleria Schema
Firenze nel maggio 1973
Signa (Firenze)
Parco dei Renai
Adamo, 1997
L’ultima opera, un grande marmo sbozzato lasciato
incompiuto nel cortile di via Toscanella a Firenze, ricollocato
al Parco dei Renai, lotto 1
Vinci (Firenze)
Museo Ideale Leonardo da Vinci
Dama di Bacco, 1979
Modello reale per il gioco ideato da Mariotti simulando
il ritrovamento di un foglio (268x382 mm)
di Leonardo in via Toscanella a Firenze. Opera in permanenza
al Museo Ideale Leonardo da Vinci
Prato
Teatro Metastasio
Arlecchino, 1965
Bassorilievo in terracotta smaltata, collocata in permanenza
nel ballatoio del foyer del Teatro Metastasio
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Archivio Mariotti, 1958-1997
Trasferito al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
di Prato nel novembre 2010
Qui le opere e i progetti di Mariotti sono in mostra, per la prima
volta in un museo, dall’8 ottobre 2011 al 30 aprile 2012
Finito di stampare nel mese di ottobre 2011 da Bandecchi&Vivaldi, Pontedera per conto di
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato
atiV
ittegrop
inioza e erepo
MARIO mariotti
ittmario OIRAM
MARIO mariotti
Vita
progetti
opere e azioni
Vita progetti opere e azioni
otarP - icceP igiuL aenaropmetnoc etra’l rep ortneC
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato
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