atiV ittegrop inioza e erepo MARIO mariotti ittmario OIRAM MARIO mariotti Vita progetti opere e azioni Vita progetti opere e azioni otarP - icceP igiuL aenaropmetnoc etra’l rep ortneC Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato MARIO mariotti Vita progetti opere e azioni Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato museo associato SOCI FOnDAtORI Comune di Prato; Unione Industriale Pratese; Cassa di risparmio di Prato Albini & Pitigliani Spa; Arci; Arpel-Manifattura Pellicce Artificiali Spa; Banca Mercantile, Firenze; Bartolomei & Manetti Spa; Consorzio Pratotrade; E.T.S. Spa; Fibretex Sas di O. de renzis Sonnino & C.; Galleria d’Arte Moderna Farsetti Snc; Galli Spa; Geas Assicurazioni Spa; Gommatex Jersey Spa; Imex Lane Spa; Lanificio Mario Bellucci Spa; Lanificio Cangioli di Carlo Cangioli & C. Sas; Lanificio Ciatti e Baroncelli Spa; Lanificio Martin Spa; Lanificio T.O. Nesi & Figli Spa; Lanificio dell’Olivo; Lavatura e Pettinatura Lane Spa; Lineapiù Spa; Mariplast Spa; Finanziaria Ernesto Breda, Milano; Mnemo Computers, Firenze; Monte dei Paschi di Siena; E. Pecci & C. Sas; Snia Fibre Spa; Tessilfibre Spa; Toscana Infissi Fabrizio Baldini; Stefano Balestri; Luigia Benelli; Loriano Bertini; Arnolfo Biagioli; Bruno Bigagli; Marco Bigagli; Gianna Briganti; Caroline Burton; Edo Cafissi; Luigia Canovai Sbraci; Pier Giuseppe Carini; Sergio Chiostri; Luciana Chiostri Corsi; Ornella Dolci Franchi; Elda Franchi Pecci; Mauro Giovannelli; Alessandro Gori; Claudio Gori; Giuliano Gori; Foresto Guarducci; Giannetto Guarducci; Nicoletta Kellner Ongaro Pecci; romano Lenzi, Antonio Lucchesi; Giuliano Magni; Franco Mantellassi; Massimo Marchi; Anna Marchi Mazzini; Fiorenzo Narducci; Alessandra Pandolfini Marchi; Piera Panzeri; Alberto Pecci; Elena Pecci Cangioli; Enrico Pecci; Giovanna Pecci; Laura Pecci; Adriana Pecci Querci; Margherita Pecci Querci; Piero Picchi; Enrica Pieri Querci; Anna Querci; Maurizio Querci; Sergio Querci; Tebaldo raffaelli; Anna rasponi Dalle Teste; Alberto risaliti; Giuseppe risaliti; Fosco rosi; Daniela Salvadori Guidi; roberto Sarti; riccardo Tempestini; Luciano Toti SOCI OnORARI Consiag Spa; Carlo Alberto Palli; Marco romagnoli; Paolo Targetti presidente Valdemaro Beccaglia Consiglio direttivo roberto Badiani, Elena Pecci Cangioli, Luca Tassi Collegio Sindaci revisori Luca Ciardi, Presidente, Stefano Barni, riccardo Narducci Volume realizzato in occasione del trasferimento dell’Archivio Mariotti al Centro per l’arte contemporanea Luigi pecci e della realizzazione della mostra MARIO MARIOttI Spazio progetti Centro per l’arte contemporanea Luigi pecci prato, 8 ottobre 2011 - 30 aprile 2012 progetto speciale promosso da Comitato scientifico Carlo Sisi, Presidente, Maria Grazia Messina, Giacinto Di Pietrantonio Direttore artistico Marco Bazzini Mostra e volume a cura di Stefano Pezzato Assistente Direttore artistico Spela zidar Con la collaborazione di Francesca Mariotti Area artistica Stefano Pezzato, responsabile d’area e conservatore roberto Fattori, Coordinamento Area artistica raffaele Di Vaia, Coordinamento mostre e collezione Antonio Bindi, Coordinamento allestimenti e manutenzione Donatella Sermattei, Segreteria e amministrazione Assistenza alla riorganizzazione dell’Archivio Mariotti Francesca Sanna ufficio stampa e comunicazione Silvia Bacci Ivan Aiazzi Ricerche d’archivio Filippo Gori Chiara Martini Campagna fotografica Carlo Fei testi in volume Stefano Pezzato testi di repertorio rosanna Chiessi, Corrado Costa Keith Ferrone, Franco Manescalchi Mario Mariotti, Lara-Vinca Masini Alessandro Piccioni, Francesco Vincitorio Fotografie d’archivio Archivio Mariotti, raffaello Bencini Maurizio Berlincioni, Alessandro Botticelli Carlo Cantini, Maurizio Conti Marco Dolfi, Serge Domingie Paolo Favi, Fulvio Ghini Claudio Greppi, Massimo Listri Francesca Lucchese, roberto Magris Tiziana Majoni, roberto Marchiori Silvia Marilli, riccardo Mazzei Gianni Melotti, Piero Novelli Cristina Ohlmer, E. Mennitti Paraito Lorenzo Pezzatini, Pascale Sambol Antonio Sferlazzo, Gianantonio Stefanon Gianni Ugolini, Margherita Verdi Relazioni esterne Sergio Fintoni Interventi conservativi rachel Morellet Direttore amministrativo Elisabetta Dimundo Coordinamento generale raffaele Di Vaia, roberto Fattori Area amministrativa Marco Bini, Coordinamento manutenzione e allestimenti Giacinto Bargiacchi, Amministrazione Carlo Chessari, Amministrazione Silvia Oltremari, Amministrazione Lucia zanardi, Segreteria generale Coordinamento allestimenti Antonio Bindi progetto grafico e impaginazione Fabiana Bonucci Studio, Firenze Lorenzo Ceccotti, postproduzione immagini Segreteria organizzativa Donatella Sermattei Impianti e stampa Tipografia Bandecchi e Vivaldi, Pontedera Area culturale, servizi al pubblico e al territorio Piero Cantini, responsabile d’area riccardo Farinelli, Coordinamento Area culturale Barbara Conti, Coordinamento Sezione didattica Anna Elisa Benedetti, Bibliotecaria CID Arti visive Erminia Lo Castro, Bibliotecaria CID Arti visive Emanuela Porta Casucci, Bibliotecaria CID Arti visive Luca Ficini, Accoglienza Giovanni Biancalani, ricezione e custodia Gionata Cati, ricezione e custodia roberto Innocenti, ricezione e custodia Simona Bilenchi, Segreteria e amministrazione Leri risaliti, Segreteria e amministrazione Crediti fotografici roberto Marchiori, copertina George O’Neill jr., pag. 398 Comunicazione Ivan Aiazzi, Silvia Bacci ufficio stampa Studio Pesci, Bologna un ringraziamento particolare a Angelo Formichella per la sua preziosa collaborazione Media partners © 2011 Archivio Mariotti Centro per l’arte contemporanea Luigi pecci ISBn 978-88-85191-38-9 Ogni esperienza linguistica o formale tende inevitabilmente ad essere superata, perché nell’arte non esiste un codice. Per quanto sia stata anticipatrice o eccentrica rispetto ai tempi e ai luoghi in cui è nata, prima o poi si trova parcheggiata in un’area di sosta, non sempre in attesa di soccorso quanto piuttosto di un indispensabile revisione. Non è certo mia intenzione reintrodurre il vecchio dibattito di cui Cesare Brandi fu uno dei protagonisti alla fine degli anni Quaranta, quando in un noto saggio teorizzò il passaggio da avanguardia ad accademia, anche se oggi le sue idee possono trovare nuova linfa sulla scena attuale senza doverle per forza considerarle divinatorie. Tuttavia non è argomento forzato introdurre anche nell’arte contemporanea il concetto di distanza temporale, ovvero lo scandire del tempo in cui tutto si consuma e ‘invecchia’, almeno che non ci sia qualcuno che si adoperi ad un suo mantenimento. Non sembri strano introdurre il concetto ‘di andare a ritroso nel tempo’ nella categoria del contemporaneo, perché essa oggi ha assunto confini temporali dilatati e non sempre coincidenti con il nostro presente, ma anche con un passato recente. Saltata la stretta sintonia con il presente, almeno che non si voglia considerarlo esteso agli ultimi cinquant’anni, occuparsi di contemporaneo significa anche preoccuparsi della sua conservazione: la più ‘classica’ delle attività di un museo. Dopo aver discusso tanto in questi ultimi quindici anni sulle molteplici identità e le diverse finalità che un museo d’arte contemporanea avrebbe dovuto assumere e praticare, si torna al punto di partenza: quello del custodire. Il museo pur occupandosi del presente torna ad essere nel tempo luogo della memoria. Questa non si mantiene o costruisce, perché ogni immagine del passato è frutto del tempo che rilegge, soltanto con le opere – segno e riflesso di un saper guardare il mondo al di fuori della cronaca – ma anche con tutti quei materiali effimeri che proprio per questa loro caratteristica di veloce o marginale contingenza con l’evento non sono mai stati considerati tanto fondamentali almeno sul momento. Per poi accorgersi a distanza che non ne possiamo fare a meno. Gli archivi oggi, per di più strutturati e collegati alla collezione di opere, sono una componente vitale per un museo, strumenti ideali per continuare a mantenerla viva anche dopo la scomparsa dei protagonisti. Come poter ricostruire un’installazione se non ci sono documenti attendibili che la testimoniano anche nelle sue diverse presentazioni? Come determinare una primogenitura, almeno in quella corsa all’originarietà che ha contrassegnato l’ultimo mezzo secolo? Oppure come ricostruire l’attività di un artista che per sua e nostra sfortuna, e non per demerito, non ha mai avuto la possibilità di mostrare se non interamente almeno esaustivamente il suo lavoro? Proprio com’è successo a Mario Mariotti. Per gli studiosi e anche per gli artisti un museo che possiede un archivio è un bene ancora più prezioso. E anche in questa disposizione il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci è stato un’eccezione nel panorama italiano perché da subito, ben prima della costruzione dell’edificio museo, ha dato origine al CID / Arti visive, investendo da subito, come scelta strategica per il proprio futuro, sulla raccolta e la disponibilità delle informazioni e della documentazione. Non sono pochi i fondi e gli archivi raccolti in questi anni che raccontano la storia internazionale e quella del proprio territorio. È compito di un museo avere uno sguardo duplice. È quindi con grande soddisfazione e un grazie sincero agli eredi per la loro disponibilità che il Centro Pecci accoglie l’archivio di questo “eccentrico” dell’arte italiana. Siamo convinti che anche attraverso la sua opera e le sue ‘carte’ si possano restituire le informazioni necessarie a ricostruire la memoria di quanto accaduto in Toscana e non solo negli ultimi decenni. Marco Bazzini Direttore artistico del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci Sommario 9 mario mariotti: vita, morte... e miracoli Stefano Pezzato 13 ESORDI FRA TEATRO E ARTE 31 illustrazione e grafica 49 50 57 anatomia del libro e design Libro circolare Mario Mariotti CONTENITORE CICLICO DI BENI DI CONSUMO Lara-Vinca Masini 77 93 azioni al servizio dell’arte UNO SCRITTO PER LE CARTE Corrado Costa 101 102 110 arte, teatro e politica Carola Mario Mariotti Teatro Mario Mariotti 119 121 137 viaggi intorno al libro IL CASTORO Alessandro Piccioni mario mariotti. Fuori testo Franco Manescalchi Dall’altra parte del libro Mario Mariotti veduta aerea Mario Mariotti 145 148 240 giochi di piazza DAMA DI BACCO Mario Mariotti PIAZZA DELLA PALLA Mario Mariotti LO SPETTACOLO DELL’ARTE Lara-Vinca Masini ANIMANI Mario Mariotti 251 253 256 270 inganni e allegorie UMANI Mario Mariotti INGANNI Mario Mariotti FIRE-NZE Mario Mariotti 287 290 presente e passato vivita Mario Mariotti 309 311 316 329 334 rivoluzioni e celebrazioni RIMANI Mario Mariotti ARNÒ 89 Mario Mariotti FALLO DI MANO Mario Mariotti POLITTICO DI SAN GIOVANNI Mario Mariotti 343 347 348 356 la morte in scena STILL LIFE Keith Ferrone GIULIANO Mario Mariotti QUELLA VOLTA CHE SONO MORTO Mario Mariotti 215 217 222 235 151 164 zona (una monografia) LABIRINTO-ORGANIGRAMMA Mario Mariotti 365 367 373 ultime rappresentazioni GIOCHI DI MANO Mario Mariotti Visitazione Mario Mariotti 169 174 178 182 186 valore e variazioni XX Mario Mariotti Profilo di imperatore Mario Mariotti EXTRUCTO Mario Mariotti Proiezioni Mario Mariotti 383 391 epilogo (l’incompiuto) Firenze, 31 marzo 1997 Lara-Vinca Masini 393 191 196 199 proiezioni immaginarie MEZZALUNA Mario Mariotti TRE DOMANDE A MARIO MARIOTTI Francesco Vincitorio CENA VERDE Rosanna Chiessi apparati vita di mario mariotti Mostre libri, pubblicità e premi progetti, opere e azioni documentate sulle tracce di mario mariotti 201 mario mariotti: vita, morte... e miracoli Stefano Pezzato 9 Di Mario Mariotti resta un vasto archivio di opere e oggetti, documenti e immagini originali, pubblicazioni e recensioni, reperti e memorie esaustivi di un’attività intensa quanto poliedrica, svolta prevalentemente a Firenze, che nel capoluogo toscano non ha trovato collocazione dopo la cessione della “bottega” di via Toscanella a Santo Spirito da parte dei suoi eredi, nel 2005. Riordinato da Francesca Mariotti, figlia dell’artista, l’archivio è stato trasferito al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato alla fine del 2010, che presenta ora una prima ampia ricognizione dei materiali raccolti attraverso una mostra retrospettiva. L’esposizione è la prima di Mariotti in un museo e costituiscono il riconoscimento (che egli stesso aveva beffardamente predetto) di una personalità artistica fra le più vivaci e straordinarie, aperta e fuori dagli schemi, degli ultimi decenni in Toscana. La scelta di esporre una consistente selezione di opere e materiali d’archivio nello spazio solitamente dedicato ai progetti d’artista indica la volontà di affermare che, nello spirito della sua brillante ricerca ideativa e creativa e nella costante azione di recupero e ricostruzione di sua figlia Francesca, il lavoro di Mariotti è vivo. Mario Mariotti è morto il 26 marzo 1997, a sessant’anni, quaranta dei quali spesi ad inventare immagini e proporre realizzazioni tese ad allargare i confini della pratica artistica, a reinterpretare e aggiornare le radici culturali di una città, Firenze, considerata per eccellenza “la città dell’arte”, di cui è stato insieme sincero promotore e sottile dissacratore, stimolando situazioni partecipate e progettando grandi eventi collettivi, “giocando” ininterrottamente con l’arte e con la vita, la propria e quella dei tanti con cui abitualmente collaborava. Autore magmatico, sperimentatore assiduo di linguaggi visivi (a partire dal disegno, sua vera passione e autentica matrice artistica fiorentina, passando per la scenografia e la grafica, la pubblicità e l’editoria, la proiezione fotografica, la pittura, la scultura, l’installazione, l’azione pubblica, l’intervento estemporaneo), è stato animatore instancabile di un intero quartiere, Santo Spirito a Firenze, di cui ha incarnato l’anima popolare e l’abilità artigianale, l’ironia corrosiva e l’indole alla sfida, l’identità poetica e l’identificazione quotidiana con l’arte, rappresentata nella forma scenica e nell’azione organizzata della festa di piazza. Quella volta che sono morto, non ricordo quando né dove né come, ma la sua causa risale al 21 settembre 1936. Quella volta che sono nato. Sarà il curatore della mia retrospettiva, con mano oculata, a definire i dati anagrafici e quanto resta di me. Mario Mariotti (Quella volta che sono morto, 1994) Rimangono memorabili le sue “imprese” spettacolari nello spazio urbano, in ambito pubblico o di vita quotidiana, ideate e organizzate personalmente e quindi condivise collettivamente: la proiezione del NO a caratteri cubitali sulla Cupola del Duomo di Firenze in occasione del referendum sul divorzio (maggio 1974); la simulazione del ritrovamento di un disegno di Leonardo in via Toscanella a Firenze e la successiva costruzione di un modello per il gioco/bicchierata della Dama di Bacco (1979) oggi conservato a Vinci; la proiezione di centinaia di progetti sulla facciata spoglia della chiesa di Santo Spirito (Piazza della Palla, estate 1980, in concomitanza con le celebrazioni medicee); la stesa dei 10 Panni di artisti contemporanei alle finestre di Santo Spirito sul tema allegorico del fuoco (Fire-nze, 21 settembre 1985); la rievocazione pirotecnica per il bicentenario della Rivoluzione francese sulle sponde dell’Arno (Arnò 89, 14 luglio 1989); la messinscena di proiezioni, interventi e performance al chiaro di luna a Casa Malaparte a Capri (Cena verde, 7 settembre 1990), nell’ambito di una serie di eventi Fluxus; l’esposizione “fluida” di frammenti d’arte contemporanea sull’Arno davanti agli Uffizi (Polittico di San Giovanni, 24 giugno 1991, nel giorno del santo patrono di Firenze); la “rappresentazione allegorica in forma di balletto dell’ultimo giorno di vita di Lorenzo” (Giuliano. Una morte fiorentina, 2224 giugno 1992, in occasione del V anniversario della morte del Magnifico; replicata al Joyce Theatre di New York nell’ottobre 1992 e nel contesto di “Fabbrica Europa” a Firenze nell’ottobre 1994); l’esposizione all’ex Stazione Leopolda di Firenze di una intera quadreria d’arte contemporanea messa letteralmente e simbolicamente Al muro! (ottobre 1995). Unanimemente Mariotti è considerato “il pittore delle mani”, trasformate in figure fantastiche di Animani (1980) e Umani (1982), riproposte in varianti continue fino a Giochi di mano (1992) e all’immagine simbolo Diladdarno (1994), diffuse in tutto il mondo attraverso fotografie, libri, pubblicità e video. Operando “sempre ai margini dello specifico artistico e delle istituzioni”, come ha sottolineato la critica Lara-Vinca Masini, Mariotti ha inoltre realizzato il Libro circolare (1968) conservato alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, considerato come “il libro assoluto, indefinibile e infinito... illeggibile e pur contenente, insieme, tutti i libri del mondo” (Masini), e un Teatro (1973-1984) tanto immaginario quanto reale di cui ha venduto virtualmente i posti al prezzo normalmente praticato da un vero teatro, il Comunale di Firenze. Ha composto le copertine per le fortunate collane Il Castoro di letteratura (1967-1984) e cinema (1974-1986); ha ideato manifesti e cataloghi d’arte fra cui quello della retrospettiva di Henry Moore al Forte Belvedere di Firenze (estate 1972); ha concepito le immagini guida, fra l’altro, per i convegni internazionali di critica d’arte svolti a Montecatini Terme (Critica 0, maggio 1978 e Critica 1984, maggio 1984), come pure il logo e la mostra d’apertura del ristorante italiano Mezzaluna a New York (1984) a cui hanno partecipato 77 artisti fiorentini invitati dallo stesso Mariotti. È stato quindi autore di mostre personali alla Galleria Schema di Firenze (1973 e 1978) in quegli anni punto d’incontro dell’arte concettuale e della ricerca performativa nazionale e internazionale, alla Galleria La Bertesca di Genova (1975) dove erano passate le prime mostre personali e collettive di Arte Povera, alla Galleria Primo Piano di Roma (1979) che proponeva gli sviluppi dell’arte concettuale e minimalista nazionale e internazionale, alla Galleria Vivita di Firenze (1986) allora tra le più attive sulla scena contemporanea regionale. Soprattutto è stato uno dei fondatori e animatori di Zona (1974-1984), il centro d’arte alternativo autogestito da un collettivo di artisti che per un decennio ha promosso e documentato le ricerche della neoavanguardia artistica fiorentina ponendola in contatto e a confronto con quelle coeve a livello nazionale e internazionale. Stefano Pezzato È il 25 giugno 1994. Io, Mario Mariotti, dopo aver riflettuto, faccio una proposizione: non sono mai stato invitato alla Biennale, alla Triennale e alla Quadriennale, né a Kassel né al Museo Pecci di Prato. Le mie opere non sono in nessun museo di arte contemporanea. Perciò, alle ore 12 di questo giorno, seppellirò nella corte della mia bottega di via Toscanella 7/R questi miei oggetti: una meridiana di marmo, un pisello e una mano di ottone ed un numero 8 di gesso. Cerca/trova. Forse qualcuno, fra qualche secolo, scaverà sotto questa terra e li troverà. Allora, probabilmente, saranno esposti in un museo. Mario Mariotti (Museo, 1994) ESORDI FRA TEATRO E ARTE 13 Gli esordi professionali di Mariotti, documentati nel suo archivio, avvengono tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta nell’ambito del teatro, con la realizzazione di scene e costumi per spettacoli di Brecht (Teste tonde e teste a punta, Galleria L’Indiano, Firenze 1958), di Proust (La Fuggitiva, Teatro di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia 1959), di Fabbri (L’inquisizione, Teatro di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia 1961), di Gogol (Il matrimonio, Teatro Stabile, Firenze 1962), di Goldoni (Il matrimonio per concorso, Teatro Stabile, Firenze 1962), in cui mette per la prima volta in mostra le sue doti di disegnatore fantasioso. Il contesto familiare e in certo senso tradizionale del teatro, il carattere pubblico, diffuso e condiviso di questi primi lavori per lo spettacolo avranno varia eco nella ricerca e nella poetica successiva dell’artista: nel rapporto analitico fra “valore estetico” e “valore d’uso” della cessione a pagamento di posti numerati e firmati dall’autore in Teatro (opera-manifesto proposta per un intero decennio, dal 1973 al 1984); nella relazione e reciprocità fra La Silfide, tecnicamente il primo balletto sulle punte nella storia del teatro, e i calchi dei passi della danzatrice (Italia Nativo, moglie di Mariotti e protagonista dello stesso balletto al Teatro della Pergola di Firenze) proposti nell’opera Carola in occasione della prima mostra personale realizzata dall’artista (Galleria Schema, Firenze 1973); ma soprattutto nell’identificazione di Piazza Santo Spirito come il luogo “dove la scena è in platea” (Piazza della Palla, 1980), nella consapevolezza che “è stata questa piazza il primo teatro che ho conosciuto”, fino a diventare la sede ideale per rinverdire la pratica rinascimentale, storicamente perfezionata a Firenze, delle “feste e rappresentazioni speciali”. “La magnificenza artistica che l’Italia del Rinascimento spiega in queste ultime come ha sottolineato Jackob Burckardt ne La civiltà del Rinascimento in Italia - non fu raggiunta che mediante quella stessa convivenza di tutte le classi, che costituisce anche la base fondamentale della società italiana. [...] qui furono portate ad un medesimo livello da una cultura e da un’arte, che erano il patrimonio di tutti”. All’inizio degli anni sessanta si presentano a Mariotti le prime occasioni di intervento pubblico, che gli consentono di confrontarsi tanto con la tradizione storica e la pittura fiorentina del Rinascimento, nel ritratto del condottiero Francesco Ferrucci (nato in via Santo Spirito e divenuto famoso per aver difeso strenuamente la Repubblica fiorentina durante l’assedio delle truppe imperiali di Carlo V nel 1529-1530), dipinto nel 1962 con la tecnica dell’affresco a tempera nel cortile della caserma Ferrucci in Piazza Santo Spirito, alla maniera degli uomini illustri di Andrea del Castagno, quanto con la tradizione teatrale e l’iconografia popolare della Commedia dell’Arte, nel bassorilievo in terracotta smaltata della maschera di Arlecchino realizzato nel 1965 nel ridotto del Teatro Metastasio di Prato. 14 Un uomo è un uomo, 1958. Documentazione fotografica della “mostra di scenografie per Bertold Brecht” Galleria L’Indiano, Firenze esordi fra teatro e arte illustrazione e grafica 31 Dalla fine degli anni cinquanta Mariotti inizia a svolgere attività di illustratore: per alcune guide alle città italiane curate da Maria Grazia Ciardi Duprè per conto dell’Associazione delle relazioni culturali italo-francesi di Firenze (1959); per la rivista politica “Classe operaia” pubblicata da Marsilio (1964-1967); per i settimanali “Viaggiare nel mondo” e “Le Ore” (1965) sui quali firma una striscia umoristica e liberatoria intitolata Il mondo di Matt. Parallelamente, con la realizzazione in forma vignettistica del manifesto del XIII Premio letterario Pozzale per la città di Empoli (1959), Mariotti comincia l’attività di grafico a cui si dedicherà quasi ininterrottamente fino al 1997. A quella prima esperienza seguiranno, dalla metà degli anni sessanta, le realizzazioni di copertine e illustrazioni per i maggiori editori fiorentini, Le Monnier, Sansoni, La Nuova Italia e l’avvio di una collaborazione con l’amministrazione comunale fiorentina che si ripeterà successivamente, in modo più o meno stabile, fino alla metà degli anni novanta. In particolare, le commissioni per pubblicazioni informative sul nuovo piano urbanistico (1965) e sul sistema viario di Firenze (1967) introducono Mariotti alla configurazione della città come mappa, che egli espliciterà successivamente come spazio scenico nella forma simbolica dell’ellisse (Firenze, 1985: “Piazza Santo Spirito sarà il fuoco fisso della rappresentazione allegorica, l’altro fuoco sarà dislocato in diversi spazi coordinati in una mappa urbana sullo stesso progetto”) e che indicherà come “modello particolare di un più vasto disegno” rivelatore della storia (Arnò 89, 1989: “La pianta di Firenze [...] evidenzia il disegno luminoso della ghigliottina”). Nel 1967, per la realizzazione dei manifesti per la messinscena de La Mandragola di Machiavelli al Forte Belvedere di Firenze e per la I Esposizione Internazionale delle Cerchia Urbane a Lucca, Mariotti produce dei modelli plastici in gesso che, riprodotti fotograficamente, diventano la base del suo “disegno” grafico. Questa tecnica di manipolazione e visualizzazione di modelli, sviluppata con lettering, immagini, mappe o piante, diventerà una costante nella sua produzione grafica (copertine della collana Il Castoro di letteratura, dal 1967 al 1984), nell’ideazione di progetti a scala urbana (Firenze, 1985; Arnò 89, 1989; Polittico di San Giovanni, 1991), nella concezione di opere come la serie di Hexagone, interpretazioni in forma di rilievo pittorico e di varie sagome plastiche della carta geografica della Francia (presentate all’Espace Mailly, Perpignan 1994). 32 La Beppa, s.d. (primi anni ‘60). Illustrazione per la trattoria, Firenze Stampa su carta illustrazione e grafica Illustrazione di copertina del volume Venise, 1959 Guide alle città italiane, serie a cura di Maria Grazia Ciardi Duprè 38 Grafica per I Esposizione internazionale delle cerchia urbane, Lucca 1967 Manifesto e cartolina promozionale dell’esposizione illustrazione e grafica Grafica per Città murate e sviluppo contemporaneo, Lucca 1968 Manifesto dell’esposizione 40 Grafica per Primo convegno per la diffusione della cultura musicale nella toscana, Livorno/Firenze 1969. Manifesto esordi fra teatro e arte illustrazione e grafica Grafica per la mostra Grafica europea oggi, Empoli 1970. Manifesto 41 42 Illustrazione per “Potere operaio”, 1969 Stampa su foglio della rivista n. 2 illustrazione e grafica Grafica per Geometria per la scuola media, Le Monnier, Firenze Copertina del volume 44 Grafica per “Il Ponte”, La Nuova Italia, Firenze 1970/1978. Copertine della rivista illustrazione e grafica 46 Campagna pubblicitaria per Panski. Pantaloni da sci, s.d. (primi anni ‘70). Prova grafica per il logo e manifesti illustrazione e grafica anatomia del libro e design 49 Tra la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta, in coincidenza con una fase di inevitabile coinvolgimento politico e collaborazioni come illustratore per il periodico “Potere operaio” (1969-1972) e per la rivista “Il Ponte” (dal 1970, proseguita saltuariamente fino al 1978), ma soprattutto sulla scia dell’esperienza professionale di grafico per l’editoria, Mariotti sviluppa un’attività di tipo sperimentale incentrata sull’analisi dell’oggetto culturale trasformato in prodotto di consumo e viceversa, nonché sulla rivelazione di relazioni funzionali “fra individuo e sistema” (Mariotti). Con il Libro circolare (1968, opera unica), definito dallo stesso Mariotti come una “riproduzione anatomica del libro reale” e visualizzato nella rotazione intorno ad un “indice” tanto letterale quanto ideale, egli riformula in un’unica sintesi utopica tutte le parti che compongono la sua realizzazione: l’alfabeto impresso sulla confezione artigianale, la legatura in forma di circolare, infinita perfezione, il contenuto della stampa che richiama Borges e l’unicità assoluta della sua Biblioteca. Lo stesso autore rinuncia quindi al proprio ruolo per sovvertire “l’ordine del potere” che lo considera un “addetto ai lavori”, giungendo a formulare una conseguente Proposta di scambio di competenze (Mariotti, 1969) fra l’artista e il critico. A tale riguardo Lara-Vinca Masini indica nel “pubblico, condizionante della mercificazione dei prodotti e insieme condizionato, il bersaglio dell’azione”, accostandola ad un’altra operazione di Mariotti sul “tema della visione spettacolo: scenografia egli chiama infatti la struttura di forma organica in legno e cartapesta con oblò in vetro, propiziatrice di comunicazioni rette guardare-vedere con dispersioni curve per l’applicarsi della percettività degli organi” (1969). Di poco successivi sono la produzione di Alfabeto e le edizioni di Antologia Personal e Logical Book (1969-70), che anticipano nella realizzazione di libri come supporti e contenitori di libri quanto Mariotti scriverà per la sua “poligrafia del libro” (fuori testo) nel 1975: “traccia di percorso nei materiali di un alfabeto non ancora organizzato in scrittura, il libro si riproduce sulla sua immagine e ne rappresenta una delle possibili trasformazioni”; ribadendo, nel segnalibro legenda a corredo del volume (fuori testo), che “libro e libreria sono gli equivalenti di scrittore e lettore”. Nei prodotti di design ideati insieme a suo fratello Marcello, Mariotti sovrappone alla funzionalità degli oggetti in plastica prodotti per Asea (Coldog, Dama, Piattomartini, Superpiatto, Triangoli, ecc.) la loro struttura ideativa, logica ed estetica, schematica e geometrica, per “affermare la necessità di una unità stilistica e culturale”, come sarà indicato su “Casabella” a proposito della successiva serie di oggetti in legno (Bicicletta, Cappelli, Libro, Valigia libreria, ecc.) intitolata Arti-giano e firmata a quattro mani con Marcello (1974). In questi lavori si fa evidente l’intenzione di liberare l’arte dal suo carattere esclusivo ed elusivo, riconducendola a pratiche artigianali che corrispondono al concetto vitale di riproduzione, “un modo di vivere al di là del revival” (“Casabella”, 392-393, 1974) ovvero, come scriverà Mariotti nel segnalibro di (fuori testo), “la ripetizione delle forme [che] è la genealogia della forma originaria”. 50 51 anatomia del libro e design Libro circolare, 1968. Documentazione fotografica dell’opera unica donata nel 1969 ed esposta in permanenza alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Foto di Roberto Marchiori Libro circolare CONFEZIONE: una LEGATURA: realizzata da Silvio Pruneti pagine in sedicesimo intonse in testa e raffilate al piede e sul davanti stampa in offset altezza 24 cm larghezza 16,7 cm raggio dello spazio interno 24 cm COSTOLA: realizzata dalla ditta Zecchi pelle a quattro nervature altezza 24,7 cm lunghezza 260 cm IMPRESSIONI: realizzate dalla ditta Ignesti stampigliate in oro [Testo dattiloscritto. Archivio Mariotti] 52 Documentazione fotografica collegata alla realizzazione di Libro circolare, 1968 anatomia del libro e design 54 (fuori testo) di Mario Mariotti. Layout originali per le pagine del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 55 anatomia del libro e design (fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 56 (fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 57 anatomia del libro e design CONTENITORE CICLICO DI BENI DI CONSUMO Lara-Vinca Masini Mario Mariotti si muove nel suo lavoro come in una veste ormai stretta; la civiltà dei “prodotti culturali” chiede, appunto, soltanto prodotti, merce confezionata, chiusa, asettica, avvolta in cellophan, e non idee, non avere proposte e sollecitazioni. Il libro è uno dei tanti prodotti da supermercato; occorrono una forma standard, delle copertine che colpiscano l’occhio fino a un punto preciso e non oltre; il contenuto, il testo non conta più che per il nome dell’autore che porta; potrebbe anche non esistere; qualche casa editrice dovrebbe decidersi a vendere, come prodotto finito, gli specimen a pagine bianche - e se ne fanno di bellissimi, regolarmente rifiutati e modificati prima della realizzazione definitiva -; ma sarebbe, seppur piccola, una idea; e oggi si ha paura delle idee. Esiste un ciclo preciso: la merce-libro passa per fasi successive, prestabilite: un testo (di uno “specialista”, un addetto ai lavori, uno il cui nome basta per “far cassetta”), una équipe di altri specialisti, grafici, tipografi, litografi, redattori, legatori, confezionatori; e poi, ufficio pubblicità, ufficio commerciale, ufficio vendite, propoagandisti, distributori, giù, giù fino al libraio e all’edicolante; un giro tanto più serrato quanto più diramato e capillare. E allora Mario Mariotti, per suo conto, fa il suo tipo di contestazione (contestazione che è insieme idea e non idea, proposta ed elusione di proposta), in cui una sorta di ironia dolce-amara, di ambiguità lievemente equivoca, intrigano e mettono in allarme (anche perché si chiamano direttamente in causa, appunto, gli “addetti ai lavori”; non è fortuito neppure il fatto che Mariotti chieda poi a me, che quasi, in questo caso mi vergogno di essere un “addetto ai lavori”, di avvallare questi suoi progetti per una rivista, libera e spregiudicata quanto si vuole, come Marcatré, ma sempre strumento di mercificazione culturale). Mario Mariotti presenta così il “libro”, il “libro assoluto”, indefinito e infinito (la circonferenza è una linea senza punti di arresto, infinita nella sua limitatezza conchiusa), illegibile e pur contenente, insieme, tutti i libri del mondo passato, presente, futuro, tutti i testi, con le loro traduzioni in tutte le lingue - e in tutti i segni -, tutte le pagine anche questa che sto scrivendo, ovviamente -, tutte le lettere, come la Biblioteca di Babele di Borges. “Letizia Alvarez Toledo” annota Borges “ha osservato che la vasta Biblioteca è inutile, a rigore, basterebbe un solo volume, di formato comune, stampato in coprpo nove o in corpo dieci, e composto di un numero infinito di fogli infinitamente sottili. (Cavalieri, al principio del XVII secolo, affermò che ogni corpo solido è la sovrapposizione d’un numero infinito di piani). Il maneggio di questo vademecum non sarebbe comodo: ogni foglio apparente si sdoppierebbe in altri simili; l’inconcepibile foglio centrale non avrebbe rovescio”. Il “libro” di Mario Mariotti rappresenta a contestazione assoluta del concetto di “mercificazione della cultura” e ne è, nello stesso tempo, la codificazione, la sigla, il simbolo; addirittura, nella sua stessa dissacrazione, ne 58 è il monumento, quasi l’assunzione del concetto in termini mistici (e allo stesso momento, la sua demistificazione). È il “libro” e insieme la “biblioteca”, coi suoi simboli, la sua codificazione esatta (come la Biblioteca circolare e raggiata del British Museum di Londra). Il “libro” di Mariotti sarà presentato alla Biblioteca Nazionale di Firenze insieme all’Uffiziolo Visconti e alla Commedia di Foligno. Sarà, questo, da considerarsi come un raggiungimento o sarà un ennesimo rischio? È ancora una manovra astuta del “sistema” che ormai accetta qualsiasi cosa, la ingloba e la distrugge? Mariotti ha progettato anche, precedentemente, una biblioteca casalinga, una serie di scaffalature “per letture equivoche”, che afferrano il libro e non lo restituiscono. Non c’è dubbio che, una volta immesso nel commercio, un mobile così non debba circolare, per fare bella mostra di sé nei salotti spreguidicati degli intellettuali. Anche questa esperienza fa parte di tutta una serie di operazioni che Mariotti sta programmando in questo momento, perché pensa che si debbano fare, e perché, al livello della critica che egli affronta, il campo si allarga a diversi settori; ormai, come per ogni attività umana di relazione anche (e forse soprattutto) la cultura si organizza in base a un centro di potere; anche l’addetto ai lavori, inglobato nel sistema, diventa uno strumento di potere: proviamo a sovvertire, a scambiare le competenze: si assumerà un critico d’arte (X) la responsabilità di un testo critico elaborato, in vece sua, da un operatore artistico (Y) fino a presentarlo, come proprio, al suo editore? E l’operatore artistico (Y) si assumerà la responsabilità di firmare un’opera realizzata dal critico (X) in sua vece, fino a presentarla alla sua galleria? Di Lara-Vinca Masini questo tenore è il testo della lettera che Mariotti intende inviare. L’editore e la galelria rappresentano, in questo caso, il potere stabilito in quanto arbitri della trasformazione del “lavoro” (testo e opera) in “prodotto”, in “merce”. Si può anche proporre, come fa Mariottti, lo scambio di competenze tra operatori artistici di settori diversi; un pittore e un grafico, per esempio, (magari, per mantenere all’operazione il maggior distacco possibile, commissionando le copie reciproche a terzi). Il questo caso sarà il pubblico, condizionante della mercificazione dei prodotti e insieme condizionato, il bersaglio dell’azione. L’altro settore che Mariotti affronta investe, con implicazioni varie, il tema della visione spettacolo: “scenografia” egli chiama infatti la struttura di forma organica in legno e cartapesta con oblò in vetro, “propiziatrice di comunicazioni rette guardare-vedere con dispersioni curve per l’applicarsi della percettività di altri organi”. Due personaggi si incontrano, divisi da un leggero diaframma che segue la linea dei due corpi affrontati e, attraverso l’oblò in vetro, gli occhi si guardano: l’evento può essere o no previsto dai due protagonisti: si possono verificare - o no - fatti percettivi diversi dal “vedere”. In uno schema di studio Mariotti scrive: (Organi) Funzione occhio - guardare orecchi - ascoltare naso - annusare tatto - toccare (Attenzione) Percezione vedere sentire sentire sentire [l’attenzione va e viene, come un organo che pulsa, come il cuore, i polmoni, interrompendo con il suo 59 contenitore ciclico di beni di consumo applicarsi la percezione di ciò che fanno gli altri organi]”. L’oggetto realizzato può anche essere assunto nell’ambito della “environmental-art”, proponendo all’uomo un ambiente fruibile in modo particolare, di solelcitazione e di stimolo sensoriale, un ambiente in chiave ironica, lievemente equivoca, in cui un sottile, appena dichiarato accento di contestazione investe, semmai, un altro canale della mercificazione culturale, quello dello spettacolo commerciale, impostato sull’erotismo, sul sesso, su quello che Dorfles definisce il “porno-kitsch”. L’ggetto eseguito a grandezza reale sembra assumere, in questo caso, carattere diverso dalle operazioni precedenti di Mariotti; in realtà il discorso è lo stesso, spostato nel settore del teatro: il lavoro dello scenografo, in certo senso, è simile a quello del grafico: la richiesta di prestazione è quasi la stessa: il grafico viene chiamato al momento della confezione del libro; lo scenografo anche è chiamato a confezionare lo spettacolo dal regista, anch’egli già compromesso dalla richiesta, non libero. Si riduce, dunque, addirittura, quello dello scenografo, ad una subcommissione. Inoltre: il teatro moderno, compreso il living theatre, tenta di coinvolgere il pubblico nello spettacolo, ma lo coinvolge a distanza, ne fa uno strumento, una cavia. Con questo oggetto Mariotti intende eliminare i passaggi di “commissione”: eludere gli intermediari “professionali” (pur mantenendo rigorosamente l’esattezza tecnica ed esecutiva del prodotto, progettato ed eseguito da “addetti ai lavori”, come il “libro”, d’altra parte) e offrire allo spettatore lo stimolo catalizzatore dell’incontro (la “scenografia”) che gli permetta quella “comunicazione” di cui il teatro è solo una delle sintesi. È bene chiarire che questo non intende essere un risultato o un “deus ex machina” del teatro attuale; indica soprattutto la possibilità di un atteggiamento che recuperi al teatro - e non solo al teatro, ma a tutte le attività che si usava definire, fino a qulche tempo fa, “liberali” quella condizione di libertà da tutto il bagaglio delle regole, delle leggi, delle sovrastrutture autoritarie e intimidatorie che si sono accumulate nel tempo. A ridare all’uomo la facoltà di ricreare la propria attività speculativa (di fare arte, di fare letteratura, di fare musica, di fare teatro ecc.) non nel senso dell’utilizzazione del “tempo libero” da usare “consumando” il prodotto dell’industria culturale (no, dunque, all’artista stregone, ma no anche al consumatore indiscriminato, di massa), ma nell’esplicazione della propria, riscoperta libertà. [Testo pubblicato in “Marcatré”, nn. 50/55, febbraio/luglio 1969, pp. 250-259. Archivio Mariotti] 60 Scenografia / Propiziatrice di comunicazioni rette guardare-vedere con dispersioni curve per l’applicarsi della percettività degli organi, 1969. Documentazione fotografica (opera dispersa) anatomia del libro e design 62 (fuori testo) di Mario Mariotti. Immagine per la seconda di copertina del volume “Il Castoro” La Nuova Italia, Firenze 1975 63 anatomia del libro e design Antologia Personal, 1969. Contenitore di libri, plastica Edizione Asea studio, Firenze Logical Book, 1968. Edizione Something Else, New York Distribuzione Asea studio, Firenze 64 65 anatomia del libro e design Edizioni di design per Asea studio, Firenze 1969 (con Marcello Mariotti). Oggetti in plastica 66 Piattomartini, 1969 (con Marcello Mariotti). Contenitori in plastica, gambe di metallo. Edizioni Asea studio, Firenze anatomia del libro e design 68 69 anatomia del libro e design Edizioni di design per Asea studio, Firenze 1969 (con Marcello Mariotti). Documentazione fotografica 70 Gioco su Escher, 1969. Edizione Asea studio, Firenze 71 anatomia del libro e design Arti-Giano, 1974. Prova per il logo. Tempera su legno sagomato 72 73 anatomia del libro e design Cappelli, modelli per la serie Arti-Giano, 1974 (con Marcello Mariotti). Legno di samba tornito a mano Produzione Studio Castello, Milano / Realizzazione F.lli Bini, Firenze 74 Specchio Flash, modello per la serie Arti-Giano, 1974 (con Marcello Mariotti) Legno di samba tornito a mano con specchio all’interno Produzione Studio Castello, Milano / Realizzazione F.lli Bini, Firenze anatomia del libro e design Pinocchio Schiaccianoci, modello per la serie Arti-Giano, 1974 (con Marcello Mariotti). Legno di samba tornito a mano Produzione Studio Castello, Milano / Realizzazione F.lli Bini, Firenze azioni al servizio dell’arte 77 Nel 1969 Mariotti realizza la sua prima azione pubblica, Carta bianca, nel centro abitato di Molin del Piano presso Pontassieve (Firenze), coprendo la sede stradale con un lungo rotolo di carta che viene colorato liberamente dai ragazzi della scuola media. L’esperienza collettiva assume il carattere del vivace happening urbano, scuotendo il paese dalla routine quotidiana in cui è immerso. Nel 1972 Mariotti compie un’operazione analoga, Ostacolo, occludendo l’uscita della platea del Teatro Metastasio di Prato con un grande foglio di carta che funziona da controsipario posto fra il pubblico dello spettacolo (Antigone di Sofocle) e il suo ritorno alla vita reale, riuscendo a capovolge i ruoli degli spettatori in attori, spinti in un gesto finale di teatrale ribellione e liberazione a sfondare lo sbarramento e ad uscire di scena. Nello stesso anno irrompe a Venezia, in occasione della Biennale, fornendo ai passanti di Piazza San Marco delle retine adatte a compiere una fantomatica caccia alle Farfalle (1972), per provare a dare un senso poetico alla vita, a liberare la propria fantasia, più che suggerire o mostrare le possibilità di fruizione dell’arte contemporanea in laguna. In questa direzione si può interpretare anche il coevo Segnale stradale di lavori in corso, dove la figura umana intenta a scavare è ritoccata in veste multicolore di Arlecchino, ribaltando l’idea di eventuale pericolo in un sollecito invito al rischio. All’inizio del 1972 espone per la prima volta in una galleria d’arte, la Galleria di Porta Ticinese a Milano, insieme al poeta sperimentale Corrado Costa, membro del Gruppo 63, un immaginario Dialogo numerico a quattro mani, composto da una serie di numeri tridimensionali in gesso (0234, 1345, 2456, ecc.) realizzati da Mariotti e disposti a terra sopra fogli di carta con i numeri mancanti indicati come titoli (uno, due, tre, ecc.) da Costa. Il sodalizio con Costa, che durerà fino alla scomparsa di quest’ultimo nel 1991, era iniziato qualche mese prima: il poeta reggiano (introdotto a Mariotti da Maurizio Nannucci e Claudio Parmiggiani) faceva da intermediario per la gallerista Rosanna Chiessi, intenzionata a realizzare un “mazzo di carte” da briscola affidate a quaranta artisti. Mariotti aderisce al progetto interpretando il Fante di Coppe (1973), un autoritratto fotografico in posa da elegante cameriere che porge una coppa di vino, sospeso sul simbolo matematico di infinito. Contestualmente si era già posto “al servizio” dell’arte come grafico, realizzando i manifesti per le mostre personali di Maurizio Nannucci alla Galleria Flori di Firenze (aprile 1972) e di Henry Moore al Forte Belvedere di Firenze (maggio-settembre 1972), per la quale compone graficamente anche il catalogo. azioni al servizio dell’arte 79 Carta bianca, 1969. Documentazione fotografica dell’intervento/azione, Molin del Piano, Pontassieve (Firenze) 82 83 azioni al servizio dell’arte Ostacolo, 1972. Documentazione fotografica dell’intervento/azione. Teatro Metastasio, Prato azioni al servizio dell’arte Farfalle, 1972. Documentazione fotografica dell’azione. Piazza San Marco, Venezia 85 86 Farfalle, 1972. Documentazione fotografica dell’azione. Piazza San Marco, Venezia azioni al servizio dell’arte 90 (fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 azioni al servizio dell’arte Dialogo numerico, 1972 (con Corrado Costa) Documentazione fotografica dell’installazione, Galleria di Porta Ticinese, Milano 92 (fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 Fante di Coppe, 1973. Carta da gioco. Edizioni Pari&Dispari, Reggio Emilia 93 azioni al servizio dell’arte UNO SCRITTO PER LE CARTE Corrado Costa Fare la storia di questo mazzo di carte è un po’ fare la storia di un viaggio attraverso l’Italia; alla ricerca di un Fante, di un Cavallo, di una Regina ecc. Reggio Emilia, sabato sera, 1971; in un’osteria di campagna si gioca a carte, si mangia, si beve il litro intero e si parla e così nasce anche un’idea: le carte piacentine, quelle della briscola, saranno interpretate da 40 pittori ... Comincia così la lunga impresa di Rosanna Chiessi che a cavallo di una Jeep rincorre, stana i vari Parmiggiani, Carrino, Marotta, Innocente ecc. per proporre la sua idea. Emilio Villa e Costa la aiutano ad allacciare i primi contatti. Riceve consensi quasi unanimi. Dopo circa un mese cominciano ad arrivare i primi bozzetti, dopo sei mesi le carte sono 20. Baruchello non si riesce a trovare, ma alla fine anche lui si trasforma in un 9 di spade; Echaurren si imrovvisa intanto 7 di bastoni. Roberto Crippa disegna un’aquila volante; poco tempo dopo precipita dall’aereo. Fabro non manda nulla perché non sa nemmeno giocare a carte, mentre con Melotti qualunque dialogo risulta impossibile se non paradossale. Milano, Roma, Venezia, Torino, Firenze, Bologna, Reggio Emilia. Arrivano i bozzetti di Cavaliere, di Merz, di Gallina. 7 di denari, 2 di coppe, fante di spade; ormai ci sono tutte, c’è pure il retro (pardon il verso) di Alviani e ci sono le fiches di Bizzarri. Adesso comincia l’ardua fatica della firma. E si riparte, come daccapo. Da Harloff, Restany, Gastini, Nannucci, Spatola, Mariotti ecc. Giusto alla vigilia della Biennale di venezia, tutto è pronto, tutto è firmato; non rimane ora che risedersi a tavolino e fare insieme una partita a “carte”. [Testo pubblicato in Rosanna Chiessi, Oltre lo spettacolo, Adriano Parise Editore, Verona 1994, p.53. Archivio Mariotti] 94 95 azioni al servizio dell’arte Grafica per la mostra di Henry Moore. Forte Belvedere, Firenze 1972. Manifesti arte, teatro e politica 101 Nel maggio 1973 tiene la sua prima esposizione personale alla Galleria Schema di Firenze dove, da artista, “definisce la sua presenza in una galleria d’arte con un percorso (Carola) rievocato dalla danza”, a sua volta definita così all’interno del teatro, il cui “materiale (rappresentazione) è dato dalla ripetizione a calco dei passi formati sulla danzatrice e dal manifesto della mostra”. Artista e danzatrice si ritrovano “in un rapporto unitario” che (collegando i loro principali strumenti, le mani e i piedi) avvicina temporaneamente le rispettive identità culturali e professionali ma li priva di significato fuori dal loro contesto specifico. Il mese successivo “il materiale (decorazione) dalla galleria d’arte viene trasportato nelle vetrine di un negozio di abbigliamento”, Principe a Firenze, dove “il criterio valutativo del sistema commerciale” stabilisce una relazione con l’artista “in ragione della sua definizione nel sistema del mercato dell’arte”. È di questo stesso periodo la concezione della vendita immaginaria, resa concreta, di posti numerati e firmati in Teatro (1973-1984) che sposta la condizione dell’oggetto ceduto (una stampa con la pianta del Teatro Comunale di Firenze su cui è indicato il posto assegnato allo stesso prezzo del botteghino) dal contesto reale del teatro a quello ideale dell’arte e, quindi, dall’identità di un “prodotto culturale” come il teatro a quella di una cultura alternativa rappresentata dalla sua immagine riprodotta. La prima fase sperimentale dell’attività di Mariotti evolve con un’azione insieme politica ed estetica in occasione del referendum sul divorzio (che si svolge il 12 maggio 1974): la proiezione del NO a caratteri cubitali sulla cupola del Duomo di Firenze, realizzata la sera dell’8 maggio 1974 con la collaborazione di Roberto Fabbrizzi e del fotografo Roberto Marchiori che, insieme ad un altro fotografo, Gianni Melotti, opererà spesso a fianco di Mariotti. Il NO è la prima di una serie di proiezioni urbane che faranno assurgere Mariotti agli onori della cronaca. Un precedente, in termini di contestazione delle regole stabilite e di demistificazione dei monumenti fiorentini, può essere individuato nella proiezione del gruppo di architettura radicale 9999 sul Ponte Vecchio, la sera del 25 settembre 1968. I 9999 proponevano un’immagine astratta, dinamica, per una fruizione aggiornata del luogo/simbolo della città storica, immobile nella sua autorappresentazione; quella di Mariotti impone, con la sua finalità propagandistica specifica, la forza comunicativa della negazione testuale, fissa e corrosiva, associata al luogo/simbolo del potere contro cui si rivolge. 102 103 arte, teatro e politica (fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 Carola FIRENZE MAGGIO 1973 (GALLERIA SCHEMA) MARIO MARIOTTI, DEFINIBILE (artista) NELLA STRUTTURA (galleria) CHE LO DEFINISCE E ITALIA NATIVO, DEFINIBILE (artista) NELLA STRUTTURA (teatro) CHE LA DEFINISCE SI PRESENTANO COME VARIABILI DI ESPERIENZE UMANE CHE, TEMPORANEAMENTE RAVVICINATE IN UN RAPPORTO UNITARIO, ACQUISTANO E PERDONO SIGNIFICATI PROPRI E, NELLE RISPETTIVE REALTÀ, STABILISCONO UNA IDENTITÀ DI CONDIZIONE QUALE COSTANTE RECIPROCA FRA INDIVIDUO E SISTEMA. MAGGIO 1973 (GALLERIA SCHEMA) MARIO MARIOTTI DEFINISCE LA SUA PRESENZA IN UNA GALLERIA D’ARTE CON UN PERCORSO (CAROLA) RIEVOCATO DALLA DANZA, DIRETTO A STABILIRE UN RAPPORTO DI RELAZIONI concetto di istituzione (teatro) sistema di norme concetto di presenza (italia nativo) condizione di coscienza concetto di istituzione (galleria) sistema di norme concetto di presenza (mario mariotti) condizione di coscienza IL MATERIALE (RAPPRESENTAZIONE) È DATO DALLA RIPETIZIONE A CALCO DEI PASSI FORMATI SULLA DANZATRICE E DAL MANIFESTO DELLA MOSTRA. GIUGNO 1973 (NEGOZIO PRINCIPE) IL MATERIALE (DECORAZIONE) DALLA GALLERIA D’ARTE VIENE TRASPORTATO NELLE VETRINE DI UN NEGOZIO DI ABBIGLIAMENTO. IL CRITERIO VALUTATIVO DEL SISTEMA COMMERCIALE NELLO STABILIRE UNA RELAZIONE CON LA PRESENZA DI MARIOTTI VIENE STABILITO IN RAGIONE DELLA SUA DEFINIZIONE NEL SISTEMA DEL MERCATO DELL’ARTE concetto di istituzione (teatro) sistema di norme concetto di presenza (italia nativo) condizione di coscienza concetto di istituzione (negozio) sistema di norme concetto di presenza (mario mariotti/galleria) condizione di coscienza [Dattiloscritti di Mario Mariotti per la mostra personale Galleria Schema. Firenze 1973. Archivio Mariotti] 104 (fuori testo) di Mario Mariotti. Pagine del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 105 arte, teatro e politica Carola, 1973. Manifesto con schema progettuale dell’installazione, Galleria Schema, Firenze 106 Carola, 1973. Documentazione fotografica dell’installazione, Galleria Schema, Firenze arte, teatro e politica 110 111 arte, teatro e politica Teatro, 1973-1984. Serigrafia su carta (posti numerati e firmati). Stampa su carta applicata su tela Teatro Il foglio serigrafato da Fabbrizzi dell’immagine fotografata da una pianta esistente. La posizione, il segno, è deciso da chi prende la serigrafia. Il mio lavoro è il foglio con tutti i nomi. E solo a lavoro finito teatro esaurito e soltanto questo foglio potrà essere firmato da me. Un teatro composto dal tempo di chi lo compone. Il mio tempo composto da chi ha composto il mio. [Manoscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti] 112 113 arte, teatro e politica Teatro, 1973-1984. Documentazione fotografica del Teatro Comunale di Firenze e delle azioni di Mario Mariotti 114 115 arte, teatro e politica NO, 1974 . Disegno progettuale e documentazione fotografica della proiezione sulla cupola del Duomo di Firenze per il referendum sul divorzio. Progetto di Mario Mariotti, proiezione con Roberto Fabbrizzi e Roberto Marchiori 116 117 arte, teatro e politica NO, 1974. Documentazione fotografica delle prove di proiezione per il referendum sul divorzio viaggi intorno al libro 119 Nell’ambito della comunicazione visiva Mariotti prosegue la produzione di copertine per le collane Il Castoro di letteratura (1967-1984) e cinema (1974-1986), la cui consistenza e specificità meriterebbero una trattazione a parte che potrà essere oggetto di un futuro studio all’interno dell’archivio. Qui va ricordato il numero speciale (fuori testo), realizzato nel 1975 per la stessa collana: monografia autobiografica che raccoglie “reperti” del suo vissuto “quotidiano” e rappresenta una summa del suo “iter operativo”, includendo progetti realizzati fino ad allora (Libro circolare, Fante di Coppe, Teatro, Carola, NO) e tracce di progetti coevi e successivi (Valore aggiunto, Profilo di imperatore, Dall’altra parte del libro fra gli altri). Il volume costituisce pure una riflessione sulla nozione di libro, come dichiarato in apertura dove compare il Libro circolare del 1968 riprodotto anche in copertina: “la riproduzione reale del concetto letterario di libro originario è un libro” (Mariotti). All’interno di (fuori testo), come ha notato Valeria Ronzani nel catalogo della mostra di Mario Mariotti alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze dell’estate 1997, che documentava i suoi Percorsi di ricerca fra grafica e libro d’artista, “si riconoscono stimoli, fermenti, pensieri e icone che avevano ispirato e ispireranno tutto il suo lavoro: la scrittura, la comunicazione, la firma come identità, il linguaggio, il braille, il teatro, la maschera, l’incontro fra culture diverse e tanto altro, fra cui, immancabilmente, la Biblioteca”; inoltre “il tema del viaggio, la specularità di culture parallele, di segni, icone e alfabeti” (Ronzani) che ritorneranno nel volume Dall’altra parte del libro (1982), composto come “un doppio percorso convergente di immagini parallele”, riprese in Algeria e in Toscana, che presenta “l’idea sintetica di un viaggio” (Mariotti). Nel loro insieme le pubblicazioni di Libro circolare, (fuori testo) e Dall’altra parte del libro delineano un percorso articolato, un discorso reiterato intorno al libro, alla sua sperimentazione e alla sua esperienza, come “se libro e viaggio coincidessero senza concludersi in una immagine formale, rimanendo aperti e disponibili per nuove avventure” (Mariotti, Dall’altra parte del libro, 1982). Per lo sviluppo di questa ricerca ci sembra opportuno sottolineare la comunanza di Mariotti con Corrado Costa, in quegli anni protagonista della sperimentazione letteraria, nel cui ambito Mariotti pubblica sulla rivista “Geiger” 4 (1970) il progetto verbovisivo Il mare è inclinato, seguito da una fotografia che fissa “in immagine quanto la scrittura lasciava all’immaginare” (Mariotti, 1983). Di Costa Luciano Anceschi ha scritto: “uomo generoso, ironico, di sottile intelligenza inventiva, egli sapeva trasformare ogni occasione anche minima in una viva improvvisazione, non senza meraviglia...”, ricordando “un viaggio memorabile tra continue sorprese, fermate in luoghi che egli vivacemente inventava [...] in una sua particolare ilarità che la passeggiata non sarebbe terminata mai” (Anceschi, “Bollettario”, 5-6, 1991). 120 “Il Castoro”, serie Letteratura, n. 1, La Nuova Italia, Firenze 1967. Bozzetto di copertina per il volume Carlo Cassola 121 viaggi intorno al libro IL CASTORO Alessandro Piccioni Il Castoro, monografie critiche sui principali scrittori contemporanei italiani e stranieri, ospita - dal 1967 al 1984 - duecentoquattro titoli. Tutte le copertine sono disegnate da Mario Mariotti. Il Castoro. Nessuno ricorda come è venuto fuori questo titolo per la collana di monografie critiche sui maggiori scrittori contemporanei italiani e stranieri che La Nuova Italia vara, con la direzione di Franco Mollia, alla fine degli anni sessanta. Sarà, comunque, una scelta felice. Ogni mese, per più di quindici anni, Il Castoro genererà un fascicoletto dallo strano formato quadrato, sul quale Mario Mariotti disegnerà una copertina originale, diversa er ogni titolo: una specie di enciclopedia, destinata a un pubblico non ben individuato, quello che riempie le piazze di voci, le scuole di proteste, le librerie di clienti. Il primo titolo è dedicato a Cassola (1967), l’ultimo uscito nel 1986 - a Pascoli. Una programmazione un po’ informale, senza previsioni di uscita secondo criteri cronologici. Oggi Comisso, il mese prossimo Steinbeck, poi Marinetti, poi Kafka, e così via: un andare su e giù - forse proprio come il castoro - a mordere questa o quella figura letteraria, per cercare di capirne il senso, il peso, lo spazio. È una stagione felice per l’editoria tascabile ed economica: i Castori costano solo 750 lire, la richiesta è alta, di alcuni titoli le ristampe si sussegguono rapidamente. “Lettore del Castoro”, così si legge nello specimen di lancio, “è chiunque voglia saper leggere la vita dell’autore, i suoi valori, le sue tecniche, le sue difficoltà, i suoi orientamenti”. Ma, più tardi, quando le tirature diminuiranno e le ristampe si diraderanno, si capirà che i lettori de Il Castoro sono proprio quei giovani - e non solo studenti - che urlano e insolentiscono, ma leggono e studiano, a modo loro, quello che vogliono, senza costrizioni. E non solo di politica, di libretti rossi , di marxismo, ma anche di letteratura, di arte, di teatro, di cinema. Così, nel 1974, mentre in bilico su una scala rovista tra i Castori nel magazzino romano de La Nuova Italia, Fernando Di Giammatteo immagina una collana analoga, dedicata a narratori diversi, quelli che più precisamente connotano il ventesimo secolo, i registi cinematografici. ma parla ad alta voce e, sotto la scala, Sergio Piccioni raccoglie l’intuizione e immagina tanti altri Castori, della musica, dell’architettura, dello sport. Nascerà, pochi mesi più tardi, Il Castoro cinema, primo titolo Anonioni di Giorgio Tinazzi. La nuova collana supera rapidamente le tirature della precedente ed è la rima volta che, in Italia, il discorso sul cinema si sposta dall’aspetto dello spettacolo a quello della cultura. Mentre il primo Castoro si esaurirà, il Castoro cinema continuerà a proporre - con le silhouettes speculari delle copertine di Mario Mariotti figure note e meno note di registi di tutti i paesi. E resta il rammarico degli altri Castori che potrebbero portare il loro contributo all’informazione e alla cultura e che invece forse per troppa prudenza - non sono riusciti a nascere. [Testo pubblicato in Alessandro Piccioni, a cura di, Una casa editrice tra società, cultura e scuola. La Nuova Italia 1926-1986, La Nuova Italia, Firenze 1986. Archivio Mariotti] 122 123 viaggi intorno al libro “Il Castoro”, serie Letteratura, La Nuova Italia, Firenze 1967-1984. Copertine di volumi 124 125 viaggi intorno al libro “Il Castoro”, serie Letteratura, La Nuova Italia, Firenze 1967-1984. Copertine di volumi 126 127 viaggi intorno al libro “Il Castoro”, serie Letteratura, La Nuova Italia, Firenze. Bozzetti di copertina per i volumi su Kafka e Kavafis 128 “Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertine di volumi viaggi intorno al libro 130 131 viaggi intorno al libro “Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertina del volume Jacques Tati 132 133 viaggi intorno al libro “Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertine di volumi 134 135 viaggi intorno al libro “Il Castoro”, serie Cinema, La Nuova Italia, Firenze 1974-1986. Copertina del volume Georges Méliès 136 (fuori testo) di Mario Mariotti. Copertina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 137 viaggi intorno al libro mario mariotti. Fuori testo Franco Manescalchi Dopo aver realizzato decine di copertine per la collana del Castoro, ecco che Mariotti entra nella medesima con un “fuori testo” che rappresenta la testimonianza del suo laboratorio, del suo iter operativo. La prima sensazione che se ricava è senz’altro positiva per l’esegèsi interna al proprio lavoro, per la dimostrazione di una ricerca non affidata all’improvvisazione, ma al continuo calcolo della formalizzazione della fantasia nei cdici della grafica. E, diremmo, non si tratta di una fantasia ex imo, artistica in senso stretto, ma misurata in una verifica di segni, in un tessuto epistemologico denso di suggestioni per la sua tendenza all’analogia, alla metafora. Fuori testo entra così, a pieno diritto, nella collana, ci presenta un poeta tout court per l’inventività delle immagini e non rimane dunque che prendere atto dei diversi modi di canalizzazione che ha la poesia oggi, per realizzarsi. Poesia è intanto quell’identificazione del divenire della storia attraverso i suoi segni, la rivitalizzazione dei suoi segni con un’attenta opera di focalizzazione ora sul particolare ed ora sul “campo lungo” e con intervent grafici atti a semantizzare in senso creativo un tessuto linguistico altrimenti privo di dissonanze. La dissonanza, il segno che nega e rifonda, ci pare un secondo aspetto (ma egualmente primario) dell’operazione mariottiana: di fronte a segni d’uso corrente, cifrati in altro senso, si rimane all’inizio allarmati come di fronte - ci si scusi il doppio senso - ad una scrittura criptografica (e si vuole dire precisamente un’operazione grafica all’interno delle cose allo scopo di rovesciarle a guanto per significarle secondo il proprio linguaggio, secondo la struttura logica propria della “poesia”). In questo modo M. agisce sul reale, sui suoi codici architettonici e comportamentali ma distinguendosi, per l’acutezza delle scelte di laboratorio, dalla moda della poesia visuale dei nostri anni. Egli rimane - di fatto - un grafico, un designer, e ciò lo condiziona in parte positivamente, costringendolo a dosare i propri ingredienti, a scrivere secondo una dizione di massima funzionalità, secondo un’ipotesi che si pone, al fine, la pagina-oggetto, ovvero la paginasignificante rispetto a qualcosa che già esiste e che deve essere integrato, non imitato. M. non può insabbiarsi nell’operazione intellettuale de messaggio contro, ma deve risolvere la propria ricerca in un risultato per, ossia in una proposta. Egli supera così le secche della poesia visuale che rimane a mezza strada fra la poesia e l’opera figurativa. La marginazione “grafica” della sua ricerca offre la motivazione del messaggio e le decine di copertine per il Castoro risultano, con questa ottica, letture in chiave critico-poetica del contesto perché laddove esiste un universo linguistico che vada oltre la codificazione meramente tecnca, lì è possibile il salto di qualità, l’acquisizione della poesia. Sta appunto all’operatore culturale accostare i segni nel senso giusto per dare vita, come in questo caso, ad una “risposta” originale. [Testo pubblicato in “Il Ponte”, nn. 7/8, luglio-agosto 1976. Archivio Mariotti] 138 139 viaggi intorno al libro (fuori testo) di Mario Mariotti. Layout originali per pagine del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 144 (fuori testo) di Mario Mariotti. Pagina del volume “Il Castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 145 viaggi intorno al libro Documentazione fotografica della proiezione angolare su libro, 1978. Galleria Schema, Firenze Dall’altra parte del libro Il viaggio è il trasferimento in un altro paese, un’altra stanza o un’altra idea. O in un’oasi. Dove c’è un villaggio che finisce dove comincia il deserto. Immagini elementari, semplici e chiare come la memoria infantile, che rivelano l’altra forma e l’altro nome delle nostre immagini comuni. Figure originarie dalle quali derivano, per analogie dei tipi e associazioni di idee, tutte le forme che conosciamo e che possiamo immaginare. La forma di questo libro è la forma evidente di un libro. L’idea delle sue pagine, che si sfogliano in un doppio percorso convergente di immagini parallele, è l’idea sintetica di un viaggio. E sarebbe un vero piacere se libro e viaggio coincidessero senza concludersi in una immagine formale, rimanendo aperti e disponibili per nuove avventure. Ogni viaggio è diretto al punt di partenza, ed è fine a se stesso. Altri spostamenti, come percorrere un’autostrada con il fastidio della distanza dei due punti da superare con il minimo percorso e la massima velocità, dove lo spazio ed il tempo sono ostacoli che non hanno nome e sostanza di viaggio, sono da classificare con altre voci. Come trasloco, esodo, week-end, emigrazione, appuntamento, deportazione, fuga. [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Dall’altra parte del libro, La Nuova Italia, Firenze 1982. Archivio Mariotti] 146 147 viaggi intorno al libro Dall’altra parte del libro, La Nuova Italia, Firenze 1982. Copertine del volume 148 149 viaggi intorno al libro Il mare è inclinato, 1970. Progetto verbovisivo per la rivista “Geiger”, n. 4 Lettering su lucidi trasparenti veduta aerea Le due fotografie che ho esposto al Fotostudio non sono mie, ma di Gianni Melotti e Claudio Greppi. Ribaltando il procedimento che da una idea porta alla realizzazione di una delle molteplici forme che l’idea contiene, succede che, partendo da un’immagine formale così stabilita, si possa arrivare ad una variazione dell’idea stessa che la costituiva che poi sembra significare che, come un qualsiasi oggetto, anche un’idea è una proprietà trasferibile. La storia è questa. C’è un mio filmato, costituito da 1086 fotografie tratte dall’Archivio Alinari, che anima il tema della crocifissione nell’arte. Il suo titolo è (XX). Adesso c’è anche una fotografia di Gianni Melotti che, tenendo l’otturatore della sua macchina fotografica aperto sulla proiezione durante tutto il filmato, lo ha ricondotto ad un’unica fotografia. Il suo titolo è (XX). C’è una scritta, colta da certe discettazioni infantili sulla natura, che si legge: Il mare è inclinato. Adesso c’è anche una fotografia di Claudio Greppi che, addossato di sbieco l’emergente cono di Stromboli, ha fermato in immagine quanto la scrittura lasciava all’immaginare. Il suo titolo è Il mare è inclinato. Così mi ritrovo con due immagini così familiari che mi sembrano mie e non lo sono nel medesimo tempo. Quello che è certo è che, se sono anche mie, nello stesso modo il mio (XX) e il mio Il mare è inclinato adesso sono anche loro. E non mi dispiace. [Testo di Mario Mariotti pubblicato in Firenze: veduta aerea, catalogo della mostra. Fotostudio, Firenze 1983. Archivio Mariotti] Il mare è inclinato, 1983. Foto di Claudio Greppi Opera trasferita a Mario Mariotti zona (una monografia) 151 Durante gli anni settanta appare rilevante il sodalizio con Maurizio Nannucci, la cui ricerca sperimentale sulle strutture linguistiche e l’impiego di nuovi media approda ad “una visione allargata del fare arte”, sviluppando una fitta rete di relazioni interdisciplinari, attivando forme di aggregazione e diffusione per l’arte, privilegiando nei suoi lavori componenti di documentazione e di comunicazione (radioworks, videotape, film, multipli, libri d’artista). Nel 1974 Mariotti e Nannucci insieme a Paolo Masi e altri artisti promuovono l’attività di Zona, centro di informazione e, dal 1975, spazio espositivo e di documentazione autogestito, con sede in via San Niccolò a Firenze. Nell’archivio personale di Mariotti sono conservate varie tracce della sua collaborazione con Zona, incluse numerose fotografie. Il logo, che egli concepisce con un lettering asciutto a caratteri graziati, evidenzia la Z iniziale e la A finale corrispondenti all’ultima e alla prima lettera dell’alfabeto, accompagnato da un modello plastico a rilievo di stampo artigianale, datato 1974; lettering e modello sono incorniciati ai lati e nella parte superiore da una struttura analoga ad un simbolo matematico di matrice o di insieme, che nel modello assume le caratteristiche dell’architettura contenente una fuga prospettica rinascimentale. Il programma inaugurale di Zona, intitolato Per conoscenza, assume la forma di un cerchio diviso in tre spicchi regolari di 120°, corrispondenti a tre giorni dei mesi di maggio, giugno e luglio 1975, durante i quali si svolge il “calendario di documentazione sulla ricerca estetica di operatori attivi a Firenze che organizzano in autonomia comunicazioni / interventi / situazioni e stampati informativi (per conoscenza: nella prospettiva dell’uso individuale di ‘Zona’)”. Fra i partecipanti figurano: autori sperimentali come Lanfranco Baldi (insieme al critico Pierluigi Tazzi) e Andrea Granchi; artisti post-concettuali come Luciano Bartolini e Renato Ranaldi; l’artista verbo-visiva Ketty La Rocca; lo stesso Mariotti; il pittore analitico Paolo Masi; i fotografi Gianni Melotti e Verita Monselles; l’artista Alberto Moretti, animatore della Galleria Schema; i fratelli Massimo e Maurizio Nannucci; gli architetti radicali Adolfo Natalini (Superstudio), Gianni Pettena e UFO; il giovane videoartista Bill Viola. Nell’ottobre del 1975, nell’ambito di un Mercatino, “viene esposta la raccolta in volume dei fogli stampati a Zona in occasione di Per conoscenza”. Nei bozzetti per alcune cartoline collegate all’iniziativa, Mariotti ripropone le sue massime: “Arte, se capoverso, si scrive con la a maiuscola, ma se parliamo di arte, se ne parliamo, usiamo per questa la a minuscola (come per artigianato) / Artista in capoverso, quindi, a maiuscola, ma, continuando il discorso sull’artista, dunque, a minuscola come arte e artigiano e altro”. Nell’estate 1976 il Comune di Firenze organizza con la collaborazione di Zona l’esposizione Libro opera. Aspetti della sperimentazione a Firenze 1970/1976 alla Biblioteca Thouar. Vi compaiono pubblicazioni, documenti ed esemplari unici, fra gli altri, del centro di produzione video art/tapes/22; dei musicisti Giuseppe Chiari e Pietro Grossi; di Ketty La Rocca e dei poeti visivi Eugenio Miccini e Luciano Ori; 152 153 zona (una monografia) ZonA, 1974. Logo, modello plastico e disegno grafico. Riproduzioni fotografiche e mappa su cartoncino dei critici Lara-Vinca Masini e Fulvio Salvadori; del filosofo Ermanno Migliorini; degli artisti Alberto Moretti e Maurizio Nannucci; degli architetti radicali 9999, Gianni Pettena, Superstudio e UFO. Mariotti presenta l’edizione Logical Book del 1970 e il volume (fuori testo) del 1975. Nell’ottobre 1976 Zona pubblica una cartella di litografie, in edizione di 100 copie numerate e firmate da tredici artisti. Su un fondo neutro bianco Mariotti riproduce fotograficamente, con rilievo ombreggiato, una tavoletta di pietra i cui frammenti ricomposti, come in un reperto archeologico, formano l’iscrizione “proprietà privata” che assume sapore ironico oltreché valore politico. Un angolo mancante della tavoletta è completato con un frammento di carta sul quale è apposta la firma dell’autore. Fra maggio e settembre 1977 viene organizzato il ciclo di Monografie, suddiviso in ventisette eventi realizzati da artisti, architetti, critici, editori, musicisti, poeti e performers, documentati con sequenze fotografiche e testi in Cronache stampate nel 1979 su un doppio manifesto bianco e nero, che rappresentano “una immagine incompleta” del “sistema dell’arte” attraverso la “descrizione” dei suoi elementi costitutivi e la “composizione” parcellizzata del suo “organigramma”. Il programma redatto da Mariotti nel 1977 in forma di cartoline/invito e il manifesto riassuntivo stampato nel 1979 contengono enunciazioni sintetiche su ciò che identifica “l’arte”. Ancora una volta emergono una rivendicazione politica dell’autonomia dell’arte e un atteggiamento critico nei confronti del suo asservimento a forme di potere e di consumo: “L’arte è l’immaginazione del potere finché svolge funzioni di propaganda o conservazione dell’ordine stabilito o da stabilire. L’autonomia speculativa dell’arte equivale al furto nei grandi magazzini: preventivata nei passivi e, per quanto possibile, tollerata. L’autonomia dell’arte è affrancamento da funzioni servili e consumi volgari. Esperienza separata dalla condizione comune è ridotta a sistema specializzato che riproduce verticalmente il potere. Al vertice l’autore esemplare, alla base l’oscuro sostenitore. L’arte, formulazione sconfinante nel campo di altri specifici, è identificata da una propria metodologia e da una delega esclusiva: produrre creatività. Ogni elemento che oggettiva la proposizione dell’arte, compreso artista e telefono, è una monografia dell’arte” (Monografie. Cronache stampate, 1979). 155 zona (una monografia) ZonA, 1974-1984. Documentazione fotografica Per conoscenza, 1975. Cartolina invito e locandina 156 157 zona (una monografia) Mercatino di ZonA, 1975. Bozzetti grafici per cartoline zona (una monografia) ZonA, 1974-1984. Documentazione fotografica 159 160 Prae formance, 1975-76. Stampa su carta zona (una monografia) 161 Proprietà privata, 1976. Edizione firmata 162 163 zona (una monografia) Monografie, 1977. Cartoline programma 164 165 zona (una monografia) ZonA, 1974-1984. Documentazione fotografica LABIRINTO-ORGANIGRAMMA Non sono sicuro che esistano immagini originarie, o non conosco la loro definizione, ma ci sono delle figure in riferimento, costante con la mia esperienza. La prima volta ho incontrato il labirinto nel racconto scolastico del Minotauro, ed era una delle storie mitologiche che dimenticavo in classe. Il primo organigramma che ricordo è il disegno grafico che ne ho fatto per una industria farmaceutica e, consegnandolo al funzionario delle pubbliche relazioni, pensavo di lasciarlo con gli altri disegni dientro una porta della “normalità” che mi lasciavo alle spalle con tutta la “loro” organizzazione in funzioni e gerarchie. Non mi riguarda. Una volta, a Roma, e altre volte in molti altri posti, ad una rassegna informativa di artisti in qualche modo a me congeniali: il percorso espositivo è chiaramente un labirinto (tempo individuale tra la nascita e la morte nella ricerca del senso del proprio destino). La sincronia formale di autonomia soggettiva della immaginazione e il campo oggettivo delle sue variabili si risolvono nella chiarezza del simbolo assunto. Nel proseguire osservante il cammino, lentamente l’immagine del labirinto subisce una robusta metamorfosi e si traduce in ordinato organigramma. Ordine appunto, scrittura da leggere: selezione, esclusione, evidenza, funzione. L’artista, il “diverso”, ricondotto (perché non dovrebbe così essere) alla normalità come condizione di esistenza, dove la sua identità deve riconoscersi nelle strutture approntate per la sua definizione e che si riproducono sul modello strutturale delle istituzioni gerarchiche. Oltre al sistema dell’arte, degli elenchi (che passione), delle classificazioni, quotazioni e dei miraggi prospettici della storia o cronaca che sia, all’artista rimane comunque la possibilità di immaginare la sua essenza ed il suo destino con la consapevolezza di rappresentarlo. Ed è a questo furto sociale di attribuirsi il diritto all’autocoscienza, che ancora non è (sarà) condizione umana, a renderlo per il momento “diverso”. Ma non è per questo vittima di un sacrificio rituale, anche se non mancano per l’officio incenso e sacerdoti. Anche un analfabeta, nel mondo comunicante, è diverso. Ed anche un povero è diverso da un ricco ed un travestito diverso dal ministro dei beni culturali (non potrebbe neanche essere ministro). La “differenza” dell’artista non esclude, non potrebbe, gli altri “diversi” ma è all’intelligenza, al capitale, al potere politico che riferisce le sue immagini: solotanto loro sono i destinatari e tutto in codice: altrimenti si scende alla divulgazione. Sono di modeste origini, come si dice, eppure mi sono trovato a tavola ospite in case di ricchi progressisti ed illuminati e, non faccio dell’ironia, non ho mai avuto per compagno di mensa uno dei loro operai o contadini (o ci sono dei turni, e non ci incontriamo, o siamo considerati veramente diversi, “verso l’alto”, presumiamo). Portare gli operai in pullman a teatro è un atto di politica culturale, i politici li invitano anche a cena, meglio se in trattoria. A loro la ricerca interessa solo nella misura di allineamento, ma è più interessante qualcosa di quantitativo. «Capisci, il tuo lavoro è intellettuale, ma non organico»; «tu dici che in teatro così è una colonia, ma almeno ci sono le poltrone di velluto. Alla peggio si riposano»; «guarda che ti sbagli, a quelli lì o gli fai vedere fotografie di donne ignude o qualcosa che capiscono, che li riguarda, per esempio un affresco di uomini in lotta, che so, operai che lavorano...». Da domani al Teatro Comunale posti a prezzo unico, chi primo arriva va in platea, magari a dormire. Dopo domani niente più operai, da nessuna parte, neanche in fotografia (e guai a chi ne disegna uno e se non è ubblicitario organico). Le trasformazioni delle immagini e l’attribuzione del significato sono colloquio esclusivo tra i produttori di cultura e la classe egemone. Per la ricerca estetica si usano strumenti tecnici o perlomeno sempre più forte è il distacco dalle categorie intermedie di traduzione degli artigiani. La manualità viene immediatamente gratificata dai significati intellettuali formulati in un linguaggio distante ed incolmabile dalle quotidiane condizioni di esistenza collettiva, che viene a contatto con le sole riduzioni propagandistiche e pubblicitarie di persuasione al consumo dei beni materiali prodotti dall’industria e dai modelli sociali. Alla lentezza della sostituzione formale delle immagini per variazione si sono succeduti i tempi delle trasformazioni radicali ed incessanti destinati a confermare la frantumazione del tessuto sociale in proiezione discriminatoria. Per la massa umana, lasciato il vuoto delle immagini sostituite senza la sua partecipazione cosciente, sembra non sia rimasto che riferirsi (incoraggiata in questo da istituzioni interessate) alla ripetizione delle rappresentazioni retoriche ed alle riproduzioni tranquillizzanti pescate in una fraintesa memoria comune. L’immagine di un uomo che lavora è probabilmente precedente a quella di riconoscersi in labirinto e di organizzarsi per organigramma, ma è certo che ognuno si approprierà del proprio percorso e parteciperà alla trasformazione definitiva degli organigrammi. Anche se scoprire in queste figure la loro riconducibilità alla comune esperienza umana potrebbe privarci del diritto esclusivo della coltivazione della “differenza” e della stessa elezione ad “artisti delegati”. [Testo di Mario Mariotti pubblicato in “Foglio libero”, n.1, 1976, maggio-settembre, pp. 6-7. Archivio Mariotti] Pagine seguenti: Monografie: Cronache stampate, 1979. Manifesti valore e variazioni 169 In occasione di Monografie Mariotti propone a Zona, insieme all’amico collezionista Carlo Dani, un’analisi su la firma, il valore. Mentre continua a vendere i “suoi” posti in Teatro, numerati e firmati, sulla cartolina/annuncio di Monografie del settembre 1977 egli afferma: “Il mercato nell’arte, e altrove, è il presupporre valutabile l’offerta e conveniente l’acquisto. E stabilire una scala di valori corrispondente alle disponibilità mentali e materiali delle parti”. La rassegna si conclude alla fine del mese con Il mercato reciproco (mille/diecimila), cifre espresse in lire corrispondenti ai prezzi minimo e massimo dei pezzi esposti, come già avvenuto nel Mercatino dell’ottobre 1975. Lo stesso tema è presente anche in (fuori testo), dove la sua firma e quelle dei suoi familiari sono accostate ad un dito nell’atto di imprimere la propria forma di riconoscimento personale e, al pari delle firme, convenzionale: “come identità, è riproducibile e falsificabile” (Mariotti, 1975). In (fuori testo) compaiono le prime buste spedite da Mariotti per via aerea a indirizzi sconosciuti, quindi ritornati al mittente con i segni tangibili del viaggio compiuto. Nell’arco di due anni, dal 1974 al 1976, egli colleziona 153 aerogrammi, custoditi i sei volumi e presentati nel maggio 1978 alla Galleria Schema di Firenze con il titolo di Valore aggiunto: “Il desiderio del viaggio è il percorso della conoscenza che riceverà premio del suo valore. Il geografo arabo El-Bekri raccoglie in volume i racconti dei viaggiatori senza muoversi dal palazzo di Cordova. Gli aerogrammi sono tornati con i segni del viaggio trasferibili nella raccolta di un collezionista d’arte o di un filatelico. Specifici diversi si trovano concordi nella attribuzione di valore” (Mariotti, Galleria Schema, Firenze 1978). Nel 1976 raccoglie inoltre “1089 fotografie (33x33) tratte dall’archivio F.lli Alinari che rappresentano la Crocifissione, immagine costante dell’arte per secoli, attraverso diversi autori e culture dell’Occidente. Le fotografie sono state riportate ad un comune registro segnato dai chiodi delle mani. L’iconografia è stata ordinata cronologicamente per tipologia e filmata con la tecnica dell’animazione, che ne suggerisce la continuità nelle variazioni ed il movimento nel tempo. Quindi ancora una immagine del modello, trasferito da una storia sociale dell’Arte ad un’opera di arte popolare che l’autore firma sulla tela di proiezione”. Mariotti realizza in questo modo, ricordato nel catalogo della rassegna sul cinema d’artista Cine Qua Non del 1979, il suo primo video d’artista, (XX), anch’esso presentato in anteprima alla Galleria Schema di Firenze nel maggio 1978. Sul tema delle “variazioni” Mariotti si era cimentato in occasione della sua mostra personale alla Galleria La Bertesca di Genova, nel marzo 1975, presentando il lavoro Profilo di imperatore documentato in (fuori testo). Partendo dal profilo in pietra del banchiere mediceo Lorenzo Spinelli, immortalato in antico costume romano sul portale di famiglia nel chiostro di S. Croce a Firenze, passando per il suo calco in gesso conservato nella Gipsoteca di Porta Romana, sempre a Firenze, sotto la denominazione di Profilo di imperatore, Mariotti realizza cinque “variazioni”: di materiale (da gesso a maiolica), di età (con la cancellazione delle rughe), di epoca storica (con la cancellazione della corona e della toga), di fisionomia (con la modificazione del 170 valore e variazioni Organigramma, s.d. (primi anni ‘70). Serigrafia naso e del mento), di espressione (trasformata in sorriso). Al “tema della classicità” rappresentata nel profilo rinascimentale e nella riproduzione della Gipsoteca si aggiungono il “tema della artisticità”, nell’esposizione delle cinque maioliche insieme ai rispettivi calchi in gesso ai quali sono attribuiti legittimità e valore di originali, e lo stesso “tema della variazione”, con l’aggiunta dei nuovi calchi di Mariotti nella Gipsoteca accanto al calco originale. Le maioliche esposte a Genova sono successivamente collocate sulla facciata di un palazzo in via dell’Erta Canina a Firenze, di proprietà di Carlo Dani. Varie copie dei cinque calchi in gesso sono conservati nell’archivio dell’artista. Nella già citata esposizione alla Galleria Schema del maggio 1978, strutturata sul modello di Monografie in quattro serate successive dedicate ognuna ad un lavoro, oltre a Valore aggiunto e a (XX) Mariotti presenta due nuove opere: Extructo, serie di tre riproduzioni fotografiche che documentano “con la medesima fedele imparzialità” altrettante parti di decorazioni pittoriche sopra le quali sono riprodotti dei frammenti pittorici che ricostruiscono manualmente “estratti” delle decorazioni originarie rappresentate dalle fotografie, in una sovrapposizione successiva di “immagini generate da immagini precedenti, esposte alle corruzioni naturali ed alla memoria parziale degli artifici” (Mariotti, Galleria Schema, Firenze 1978); Breccia praticabile, intervento eseguito in collaborazione con l’architetto Claudio Greppi che traccia a parete la forma virtuale di una “breccia” circolare, riprodotta per l’occasione in un’edizione di 50 fogli Letraset (abitualmente utilizzati per il trasferimento dell’immagine grafica e progettuale) nei quali si esplicita come “il simbolo contiene la possibilità permanente della sua sostituzione [e] la dichiarazione del progetto ne riduce temporaneamente l’estensione mentre lo definisce in una forma apparentemente chiusa” (Mariotti, Galleria Schema, Firenze 1978). 174 175 valore e variazioni (XX), 1976. Film d’animazione, 35 mm, bianco/nero, muto. Produzione di Mario Mariotti e F.lli Alinari, Firenze (XX) L’ombra di un pittore si proietta sulla parete nella grotta delle Istituzioni: ne prende la forma e vi aderisce vagamente. Solo così l’ombra si rende visibile e, nella sua leggerezza, immagina che sia la grotta a muoversi nella sua immobile luce. Ed il pittore si riflette nelle liquide aureole della propria ombra. 1089 fotografie (33x33) tratte dall’archivio F.lli Alinari che rappresentano la Crocifissione, immagine costante dell’arte per secoli, attraverso diversi autori e culture dell’Occidente. Le fotografie sono state riportate ad un comune registro segnato dai chiodi delle mani. L’iconografia è stata ordinata cronologicamente per tipologia e filmata con la tecnica dell’animazione, che ne suggerisce la continuità nelle variazioni ed il movimento nel tempo. Quindi ancora una immagine del modello, trasferito da una storia sociale dell’Arte ad un’opera di arte popolare che l’autore firma sulla tela di proiezione. L’autore della foto riprodotta in catalogo Gianni Melotti che, lascando il diaframma della macchina aperto durante la proiezione del film, ha ricondotto le immagini in movimento, tratte dalle 1089 fotografie, ad una immagine complessiva. Una sola fotografia. [Testo di Mario Mariotti pubblicato nel catalogo Cine Qua Non, Vallecchi, Firenze 1979 e nel catalogo O sole mio, Künstlerhaus, Hamburg 1980. Archivio Mariotti] 176 (XX), 1976. Storyboard per il film valore e variazioni (XX), 1978. Foto unica di Gianni Melotti, opera trasferita a Mario Mariotti 178 179 valore e variazioni Profilo di imperatore, 1975. Calco in gesso, versione policroma Profilo di imperatore Il banchiere mediceo Lorenzo Spinelli si è fatto immortalare in un antico costume romano sul portale della famiglia eretto nel chiostro di S. Croce a Firenze. Nella Gipsoteca di Porta Romana a Firenze il calco in gesso della formella è catalogato al n°1326 e nominato “profilo di imperatore”. Mariotti ha fatto cinque versioni modificate di Spinelli in gesso. La prima variazione è il cambiamento del materiale. La seconda mostra un cambiamento di età. La terza mostra Spinelli in un’altra epoca, senza corona di alloro. La quarta è un cambiamento fisionomico e nella quinta c’è un cambiamento di espressone: Spinelli sorride. L’opera è visibile sulla facciata di un palazzo di via dell’Erta canina (a Firenze), in esposizione permanente fu acquistata dal proprietario del palazzo - Carlo Dani amico di Mario. GALLERIA LA BERTESCA, GENOVA, MARZO 1975 Cinque variazioni in maiolica derivate da un calco in gesso I) materia (da gesso a maiolica, cm 35x35) II) età (cancellazione delle rughe) III) epoca (cancellazione della corona e della toga) IV) fisionomia (modificazione del naso e del mento) V) espressione (modificazione in sorriso) _La formella in gesso, origine delle variazioni, si trova nella Gipsoteca Porta Romana a Firenze, misura cm 36x36, catalogata al n°1326 e nominata “profilo di imperatore” _Il calco è tratto dall’originale in pietra del portale della famiglia Spinelli nel chiostro di S. Croce a Firenze _Le maioliche vengono esposte nella Galleria genovese con i calchi formati dalle stesse _I nuovi calchi sono aggiunti nella Gipsoteca alla formella originale _Il banchiere mediceo Lorenzo Spinelli si è fatto rappresentare in veste di Imperatore romano (tema della classicità) _La Galleria d’Arte espone le variazioni e ne attesta il valore di originali, legittimandone il calco (tema della artisticità) _I calchi, derivati dal catalogato n°1326, si collocano come n°1326a, n°1326b, n°1326c, n°1326d, n°1326e (tema della variazione) [Dattiloscritti di Mario Mariotti per la mostra personale Galleria La Bertesca, Genova 1975. Archivio Mariotti] 186 valore e variazioni Breccia praticabile, 1978. Documentazione fotografica di un intervento in esterno Proiezioni Proiezioni, si accumulano nella galleria d’arte raccolte e separate nello spazio delle quattro pareti e nel tempo di quattro giorni. La loro provenienza è tra processo e memoria. Gli strumenti compositi della loro formalizzazione sono assunti in tipologie riferibili al sistema dell’arte. Proiezioni dell’arte. 8. Il simbolo contiene la possibilità permanente della sua sostituzione, Piramo e Tisbe sono divisi e uniti dal muro e dalla breccia che contiene. La dichiarazione del progetto ne riduce temporaneamente l’estensione mentre lo definisce in una forma apparentemente chiusa. [Breccia praticabile] 9. La riproduzione fotografica documenta con la medesima fedele imparzialità il supporto decorativo come l’Opera d’Arte che lo sovrasta. La riproduzione manuale ricostruisce il lavoro del lontano decoratore la cui sciolta e rapida maniera quantificante è qui diventata attento e faticoso confronto: quanto compone vuole essere ricomposto, anche i segni del tempo tessuti nell’immagine e nel suo passato indivisibile. Immagini generate da immagini precedenti, esposte alle corruzioni naturali ed alla memoria parziale degli artifici. [Extructo] 10. Il desiderio del viaggio è il percorso della conoscenza che riceverà premio del suo valore. Il geografo arabo El-Bekri raccoglie in volume i racconti dei viaggiatori senza muoversi dal palazzo di Cordova. Gli aerogrammi sono tornati con i segni del viaggio trasferibili nella raccolta di un collezionista d’arte o di un filatelico. Specifici diversi si trovano concordi nella attribuzione di valore. [Valore aggiunto] 11. Il modello della crocifissione dell’uomo si è stabilito nel Crocifisso, l’immagine canonica è il corpo umano fissato nei chiodi. Il modello varia con la storia e la storia dell’arte. Gli archivi iconografici ne sono testimonianza. Quando la rappresentazione diventa ripetitiva non ha capacità o possibilità di variazioni e passa al repertorio della storia delle ripetizioni e della storia dell’arte di ripetere. [(XX)] [Testo di Mario Mariotti stampato su busta per la mostra personale, Galleria Schema, Firenze 1978. Archivio Mariotti] proiezioni immaginarie 191 La pratica della proiezione, inaugurata dal NO sulla cupola del Brunelleschi nel 1974 e sperimentata nell’articolata esposizione alla Galleria Schema del 1978 (il cui titolo riassuntivo è, appunto, Proiezioni), si sviluppa con decisione a partire dal progetto Luna nuova del 1976, in cui Mariotti immagina di proiettare il proprio profilo sulla luna piena e di ripetere poeticamente l’operazione “soltanto [con] le donne e gli uomini che si chiamano narciso, per riprodurre nel chiaro di luna la loro immagine sconosciuta e comune” (Luna nuova, 1976). Seguiranno da questo progetto, la realizzazione nello stesso anno di una serie di fotografie dell’ombra di Mariotti proiettata su diverse pareti (Autoritratti, 1976) e, l’anno successivo, di silhouettes di volti disegnati che emergono di profilo da falci di luna (Profili lunari, 1977). Analoghi Profili lunari ricompariranno dipinti a spruzzo su fondo nero nel Telo di Vivita (1983), realizzato per la collettiva Specchi e riflessioni alla Galleria Vivita di Firenze. Nel 1984 le falci di luna assumeranno invece le sembianze di due profili contrapposti disegnati come mani strette sulla doppia impugnatura di una Mezzaluna, rappresentazione grafica per l’omonimo ristorante newyorkese arredato dal designer Roberto Magris, membro di Supestudio, la cui inaugurazione sarà occasione di un doppio evento espositivo sul tema allegorico della “mezzaluna” organizzato da Mariotti a New York e a Zona. In occasione della Cena verde organizzata a Casa Malaparte a Capri (il 7 settembre 1990), parte di una serie di eventi a base gastronomica intitolati Il gusto del colore, che promuovono lo sconfinamento dell’azione creativa in ambito quotidiano (nello spirito di Fluxus), come ha ricordato la gallerista Rosanna Chiessi, “in una notte di luna piena [...] Mario dipinse 33 lune nere che espose sulla terrazza della casa con lo sfondo della ‘vela’. Poi proiettò immagini grottesche di Leonardo sulle rocce retrostanti la casa e oasi su di una grande luna finta”. Si tratta dei Profili leonardiani disegnati da Mariotti nel 1990 sulla scia dei precedenti Profili lunari e di immagini collegate al viaggio nel deserto algerino (riprodotto nel volume Dall’altra parte del libro) da cui Mariotti trarrà ispirazione per la composizione, con libri dall’aspetto di palme, di Oasis (1981): “il giardino di palme che finisce dove comincia il deserto. Immagini elementari, semplici e chiare come la memoria infantile, che rivelano l’altra forma e l’altro nome delle nostre immagini comuni. Figure originarie dalle quali derivano, per analogie dei tipi e associazioni di idee, tutte le forme che conosciamo e che possiamo immaginare” (Dall’altra parte del libro, 1982). Nella prosecuzione dell’evento di Capri, “Corrado Costa diede inizio alla sua performance poetica sulla grande scalinata giocando con i numeri che venivano poi ‘suonati’ da Andrea Mariotti [il figlio di Mario]. La serata di concluse sulla grande terrazza deve due ballerini [Keith Ferrone e Marga Nativo], giocando con la luna finta e la luna vera, danzarono sulle note del Nabucco di Giuseppe Verdi” (Chiessi). Altri tipi di proiezioni sono quelle collegate all’archivio Alinari di Firenze: (XX) del 1976, nel quale “il modello della crocifissione dell’uomo [...] varia con la storia e la storia dell’arte” (Mariotti, Galleria Schema, Firenze 1978), e Belvedere realizzato nel 1977, in concomitanza con l’esposizione Gli Alinari. Fotografi a Firenze 192 proiezioni immaginarie Autoritratto, 1976. Fotografia a colori 1852-1920 al Forte Belvedere di Firenze, proiettando sulla facciata dell’edificio numerose immagini dello storico archivio. Per questo evento vale la definizione di “repertorio della storia delle ripetizioni e della storia dell’arte di ripetere” utilizzata da Mariotti nella presentazione di (XX) alla Galleria Schema di Firenze nel 1978. Partendo proprio da ricerche sulle proiezioni, Mariotti svilupperà il successivo lavoro sulle “mani”, che trae ispirazione dai giochi di ombre; egli non le considera delle mere “illusioni”, ma forme fisiche come le ombre del proprio corpo negli Autoritratti, concrete come le mani che le producono. 194 Luna nuova, 1976. Progetto, dattiloscritto e disegno 195 proiezioni immaginarie Inganni, 1984. Fotografia a colori 196 197 proiezioni immaginarie Mezzaluna, 1984. Grafica per la copertina del volume Cartolina della mostra congiunta, Firenze e New York MEZZALUNA Introduzione alla oscillante fortuna di un arnese, prima consacrato dai sacerdoti al culto segreto di una Dea in Egitto, poi esportato dai portatori di sacre nicchie per le vaste borgate romane, e finalmente profanato da SettantaSette Fiorentini, per rivelare ai golosi il piacere mondano di un ristorante italiano a New York. Mezzaluna, coltello ricurvo dalla doppia impugnatura, è il nome dell’arnese. Luna, dei mille nomi di Iside, il nome della Dea. (Le nuvole si diradano e al calar della notte ed al sorgere della luna ecco che uno alla volta, sfilano, preludendo al corteo solenne, gruppi mascherati in magnifici abbigliamenti, secondo il voto e il gusto di ciascuno, a poco a poco, tra il festoso tumulto della solenne ricorrenza, si avvicinano alla spiaggia del mare. Vengono disposte colà, secondo il rito, le varie immagini della Dea. C’è anche una nave che all’intorno mostra una fascia variopinta di figurazioni, e la carena tutta quanta emette luminosi riflessi. Allora sia i fedeli che i profani, in folla compatta, fanno a gara ad ammucchiare setacci colmi di spezie e altre offerte del genere, e versano sulle onde, come libagione, una crema fatta col late e procurano, per onorare i santi appetiti di Iside Regina celeste e dei convitati terreni, che i cibi vengano conditi con una salsa verde, preparata ruotando la Mezzaluna la cui lamina incurvata è simulacro della Dea, e tritando tutto insieme, capperi spremuti all’aceto o peperoni, un’acciuga, poca cipolla e poschissimo aglio con l’aggiunta di una buona dose di prezzemolo, con qualche foglia di basilico e il tutto sciolto con olio fine e agro di limone). Questo battuto rituale e l’uso del lucente strumento è quanto lascia intendere la lettura di un manuale riposto in qualche cassetto di cucina e un manoscritto, scoperto nella Biblioteca di Montecassino prima dei bombardamenti alleati ed ora conservato a Firenze nel Catalogo Laurenziano 68,2.XI.F. E parando di cataloghi, neanche questo è trascurabile, anche se la sua essenza non è tanto educativa, quanto aperitiva o digestiva, secondo circostanza. Così che a queste modeste ed enciclopediche righe tipografiche fanno corona e seguito abbondanza di immagini dai colori mutevoli e varie forme. Mai vane. Il disco tondo e pieno brilla della luce riflessa nel tramonto che scende su una Zona di Firenze, situata tra il fiume Arno ed il Giardino di Boboli, terza Strada a destra per chi giunga dal Ponte Vecchio, dove si danno convegno in SettantaSette fra i molti artisti, alcuni architetti e fotografi, con l’aggiunta di qualche clandestino e senza mettere in conto i molti assenti. L’ingenua Dea e immacolata, attirata nella accogliente stanza di un piano molto terreno, in quel punto perde ogni sua rotonda perfezione. Manipolata dagli artifici, palpata, pittata, corrotta dall’arbitrio soggettivo di tante idee e d altrettanti appetiti. Le falci dei frammenti, poi imballati speditamente, sono arrivati al ristorante citato alla settima riga di questa introduzione. In pianta, tra il Fiume East ed il Parco Centrale, nella Terza Strada a destra venendo dal Ponte Triboro della città di Nuova York. Da osservare quanto sia ragionevole il nome di Mezzaluna. Ed altre considerazioni: nessuno dei nomi degli artisti comincia con la lettera A, neanche con la Z, mentre la maggior parte finisce con la lettera I. Alcune coppie di cognomi. Ogni opera è contenuta nello spazio di mezzo metro. Il fine gustifica i mezzi. Le donne sono inferiori per numero, come gli scultori, e viceversa. Ma è evidente che ogni sforzo analitico è troppo complesso e insufficiente a qualificare le immagini e la perizia degli artefici. Perciò è meglio incontrarci, quando qualcuno di noi capita al Mezzaluna, e parlare di tutto a voce, e con più comodo. Come quella volta che, in compagnia dell’amico Aldo Bozzi, dell’architetto Magris e di mio fratello Marcello, apparve la visione luminosa della mia Bianca Balia, che ondeggiando lunatica sopra i bicchieri di questo ottimo vino, augurava: salute. Mezzaluna, 1295 Third Ave. New York Design: Roberto Magris Consultant: Marcello Mariotti Architect-Builder: E. Edward Linenschmidt Logo: Mario Mariotti Zona Mezzaluna: progetto di Mario Mariotti [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Mezzaluna, catalogo della mostra realizzata per l’inaugurazione del Mezzaluna Restaurant di New York, Firenze 1984. Archivio Mariotti] 198 199 proiezioni immaginarie Mezzaluna, 1984. Tavola progettuale per il ristorante a New York e veduta dell’interno con l’esposizione a parete TRE DOMANDE A MARIO MARIOTTI Francesco Vincitorio Firenze. Mario Mariotti è il capodrappello di 77 artisti fiorentini che hanno invaso con i loro quadri un ristorante di New York. la cosa sta suscitando un certo clamore in USA. Gli chiediamo di che si stratta. L’iniziativa è illustrata in un volumetto, presentato la scorsa settimana in una libreria fiorentina. Quel ristorante newyorkese si chiama Mezzaluna, che come si sa è il nome di un arnese da cucina, ricurvo, a doppia impugnatura. Il proprietario, un italiano, mi ha chiesto, per così dire, di adornarlo. Allora ho invitato diversi “amici di percorso” a fare un quadro ispirandosi appunto alla “mezzaluna”. C’è chi ha evocato la celeste, egizia Iside e chi: capperi, prezzemolo e basilico triturati a regola d’arte. Che differenza c’è rispetto alle trattorie tappezzate di quadri di clienti... morosi? Perché tanto rumore? Beh!, a parte il tema, di differente c’è che io sono recidivo. Nell’80 feci qualcosa di analogo a Firenze. L’intitolai Piazza della Palla. Gioco, scena, proiezione. Richiesi dei progetti ad artisti e no per la facciata incompiuta di S. Spirito. Furono proiettati sulla facciata stessa della chiesa e adesso ornano il bar Ricchi. Questo coinvolgere parecchi artisti - vorrei ricordare anche l’iniziativa Monografie del ‘77 con gli amici di Zona - è un po’ il mio... pallino. Che significato hanno queste cose? Qualcuno dice che sono “arte concettuale”. Io so soltanto che m’interessano queste operazioni che riguardano “la società degli artisti”. Non solo pittori, ecc. Bensì anche designers, architetti, musicisti, poeti e gli stranieri che vivono qui, cioè gli “anglobéceri”. Mi piace creare queste occasioni d’incontro, queste catalizzazioni che facilitano la conoscenza della situazione fiorentina, così poco nota, così sfumata. Se, come sta avvenendo a New York, si riesce a farlo in modo leggero, culinario, tanto meglio. [Testo pubblicato in “L’Espresso”, Cultura, 10 febbraio 1985, p.81] 200 Balletto con la luna, 1990. Documentazione fotografica della performance Casa Malaparte, Capri Ballerina: Marga Nativo 201 proiezioni immaginarie CENA VERDE Rosanna Chiessi Casa Malaparte, Capri 1990 La cena fu pensata con l’artista Mario Mariotti. Insieme decidemmo che si doveva fare in una notte di luna piena e così andammo due volte a Capri, nei mesi precedenti l’evento, per studiare il percorso della luna in rapporto alla casa. Mario dipinse 33 lune nere che espose sulla terrazza della casa con lo sfondo della “vela”. Poi proiettò immagini grottesche di Leonardo sulle rocce retrostanti la casa e oasi su di una grande luna finta. Corrado Costa diede inizio alla sua performance poetica sulla grande scalinata giocando con i numeri che venivano poi “suonati” da Andrea Mariotti. La serata di concluse sulla grande terrazza deve due ballerini, giocando con la luna finta e la luna vera, danzarono sulle note del Nabucco di Giuseppe Verdi. Luigi, il titolare de “La canzone del mare” a Marina Piccola inviò cibo per via mare su di una barca al tramonto. Corrado intrattenne poi gli ospiti sino al mattino con le sue poesie. [Testo pubblicato in Rosanna Chiessi, In bicicletta sul mare. Tra Arte e Vita: una autobiografia, Adriano Parise Editore, Verona 1994, p. 135. Archivio Mariotti] 202 Mario Mariotti installa Dialogo numerico (con Corrado Costa) sulla scala di Casa Malaparte, Capri 1990 203 proiezioni immaginarie Mario Mariotti e Rosanna Chiessi sul tetto di Casa Malaparte, Capri 1990 204 Luna nera, 1990. Tempera su disco di compensato per Cena verde, Casa Malaparte, Capri 205 proiezioni immaginarie Casa Malaparte, 1992. Olio su tela Pesce Faraglione, 1990. Disegno su carta e un’edizione a stampa per Cena verde, Casa Malaparte, Capri proiezioni immaginarie Profili leonardiani, 1990. Disegni su vetro, diapositive. Proiezione per Cena verde, Casa Malaparte, Capri 207 giochi di piazza 215 Nel 1979 Mariotti simula pubblicamente il ritrovamento di un disegno inedito di Leonardo da Vinci, in un locale di via Toscanella a Firenze. Il disegno in realtà è opera dello stesso Mariotti, che prima inscena lo scherzo (anticipando la famosa “beffa” delle teste di Modigliani rinvenute a Livorno nel 1984) e quindi costruisce con gli artigiani di S. Spirito il modello reale del falso progetto riprodotto nel disegno: la Dama di Bacco, “marchingegno leonardesco” per un gioco che segue le regole della dama moderna sostituendo le abituali pedine con bicchieri di vino bianco e nero. Chi perde beve e il gioco è pensato per coinvolgere un pubblico numeroso, invitandolo a seguire le mosse e le bevute attraverso un sistema di specchi posto sopra alla scacchiera. Un sistema analogo è inserito anche in (fuori testo), dove compariono due pagine speculari con la mano nell’atto di scrivere su una scacchiera, associata al tema della duplicità e dell’ambiguità, “vero-falso”. Il gioco si svolge per la prima volta al Torneo della Fiera di Vinci nel 1979 e diventa il traino per la promozione enologica locale. Il modello è conservato al Museo Ideale Leonardo da Vinci. In questo periodo Mariotti accentua la dimensione partecipativa del proprio lavoro, sulla scia delle serate/evento organizzate a Zona, e soprattutto il suo carattere ludico, che assume una prima forma compiuta nell’invenzione e nel meccanismo della Dama di Bacco. Nel 1980 avvia il lavoro pittorico sulle mani (Animani), anticipato dal progetto di scenografia per lo spettacolo de Il Carnevale degli animali (1973) mai andato in scena, dove compare l’immagine di una mano dipinta da elefante proiettata sopra al palcoscenico, e dal progetto grafico per il manifesto della rassegna Firenze Cinema. Cinema for Unicef (1979), in cui cui compare un bambino con la mano dipinta da pulcino. Contestualmente progetta e organizza un articolato programma di eventi per il Comune di Firenze in Piazza S. Spirito. Per l’intera estate la piazza è “ribattezzata” Piazza della Palla, gioco verbale ispirato dalla presenza di “palle” sullo stemma dei Medici, di cui ricorrono le celebrazioni in città, e dal divieto storico al “giocho delle pallottole in tutta questa piazza” scolpitovi a parete nel 1639. L’iniziativa è suddivisa in diverse fasi: “gioco”, il cui simbolo è rappresentato dalla “palla”, con un invito alla cittadinanza a riappropriarsi del “campo” e intrattenervisi (nel catalogo pubblicato da Alinari nel 1981 Mariotti associa il “gioco” alla Dama di Bacco); “scena”, rappresentata dalla piazza come “luogo teatrale costante”, con un palco per spettacoli pubblici che riproduce lo stemma mediceo tagliato in due parti e collocato alle estremità della piazza (in catalogo la “scena” è accompagnata da riproduzioni del suo Teatro); “proiezioni”, incentrate sul “progetto di facciata, tema ereditario del non finito, [che] riflette le varie figure dell’immaginazione collettiva” (in catalogo sono riprodotte le centinaia di progetti pervenuti a Mariotti, proiettati sulla “facciata lunare della chiesa” e rimasti in esposizione permanente all’interno del Caffé Ricchi in Piazza S. Spirito). Con la sollecitazione collettiva a concepire un “progetto di facciata” e una “proiezione” pubblica delle proposte in scala e in tempo reale, Mariotti riflette sui temi della progettualità possibile a Firenze e della sua immagine contemporanea (tornati recentemente d’attualità 216 217 giochi di piazza Dama di Bacco, 1979. Disegno, inchiostro bruno e sanguigna. Progetto per la costruzione del gioco con la proposta di completare la facciata di S. Lorenzo). A tale riguardo egli ricorda che “gli ultimi Medici sparirono così alla svelta che non fecero in tempo a finire le facciate delle chiese. E i fiorentini, ancora pieni di superbia quanto di miseria, si buttarono con entusiasmo a progettar facciate (esercizio decoroso ed economico ad un tempo); non appena Firenze fu eletta a capitale dell’Italia Unita, subito i fiorentini tirarono in ballo dai loro concorsi di facciata i progetti vincenti da far pagare alla Nazione e, svelti svelti, ne riuscirono a tirar su due: S. Maria del Fiore e S. Croce. Fortunatamente la capitale passò a Roma, le altre facciate furono risparmiate e il mio progetto di S. Spirito salvo. Così nella notte la chiara superficie della chiesa è stata gioco e scena delle sue immagini possibili, proiezioni distanti anni luce dalle nostalgiche certezze dei restauratori [...]” (Mariotti, Piazza S. Spirito, 1981). Nei primi anni ottanta Mariotti è impegnato nella realizzazione dei suoi nuovi progetti con le “mani”, che lo condurranno nell’arco del decennio alla fama internazionale. Prosegue inoltre la produzione grafica e pubblicitaria. Nel 1981 il Comune di Sesto Fiorentino gli commissiona una campagna per la sensibilizzazione civica alla pulizia urbana, che egli trasforma in un gioco collettivo, la Caccia allo sporco (“aperta tutto l’anno”). L’immagine di una mano dipinta in forma di cane dalmata con una pallina di carta in bocca, raccolta fra le dita anulare e mignolo, suona metaforicamente la carica. Cestini, bidoni e automezzi per la raccolta dei rifiuti nel comprensorio comunale sono dipinti con macchie nere su fondo bianco, in modo da risultare facilmente riconoscibili e collegati all’immagine simbolo della campagna. DAMA DI BACCO Foglio (268x382 mm) “Trovato” da Mario Mariotti a Firenze nella bottega di un falegname di via Toscanella. Il disegno (inchiostro bruno e sanguigna) ha suggerito la costruzione del modello reale, realizzato dai Bini con altri artigiani, e la sua definitiva collocazione a Vinci per il gioco della DAMA DI BACCO [1979] A . Le regole generali sono quelle del gioco della dama moderna B. Le pedine sono rappresentate da 12 bicchieri di vino bianco e 12 bicchieri di vino rosso C. I giocatori si versano nei bicchieri di gara il vino (bianco o rosso secondo il sorteggio) delle rispettive Fattorie D. Il giocatore che perde la pedina dovrà bere il vino del proprio bicchiere eliminato E. Chi arriva a dama VINCI La Dama di Bacco. Marchingegno per un torneo di-vino Dama di Bacco, Torneo della Fiera di Vinci, luglio 1979: duello Ferracuti-Mariotti [Testi di Mario Mariotti pubblicati nella cartolina per la Fiera di Vinci, luglio 1979; e nella locandina per la commemorazione in Piazza della Passera, Firenze, 29 marzo 1999. Archivio Mariotti] 218 219 giochi di piazza Dama di Bacco, 1979. Documentazione fotografica del Torneo della Fiera, Vinci 220 Dama Boccaccio, s.d. (primi anni ‘80). Schemi progettuali del gioco 221 giochi di piazza Ombra su tela, 1979. Documentazione fotografica dell’installazione Galleria Primo Piano, Roma Dama Boccaccio, s.d. (primi anni ‘80). Scacchiera di marmo, pedine di legno dipinto 222 giochi di piazza Piazza Santo Spirito, F.lli Alinari, Firenze 1981. Copertina del volume PIAZZA DELLA PALLA Piazza della Palla, 1980. Manifesto degli eventi della distrazione o della complicità dei custodi (è stato il gesto sacrilego?), ho allungato una mano e pizzicato l’oggetto della venerazione che è schizzato come una girandola fra le gambe dei fedeli e, rotolandosi per il solletico come ogni palla provvista di un ombelico di traverso e di senso della festa, si è diretta con noi festanti verso Piazza S. Spirito che per l’occasione è stata prontamente ribattezzata “Piazza della Palla”. La palla, sfuggita con un inganno alla geometria dello stemma ed al composto equilibrio della storia, è rotolata nel campo della piazza a muovere il gioco. Scena Gioco Prima prima, quando le Palle di Porpora occuparono i confini celesti con la superba geometria delle astronavi, il leone custodito-custode del recinto murato della città di Firenze sospese il ruggito e restò di marmo. E le Palle invasero i palazzi e le chiese, le vele di seta e le balle di lana. Si impressero sullo scudo del soldato e del mercante, furono insegna di mestieri e dell’arte, sciolsero nodi e legarono anelli. “Palle! Palle!”, grida il popolo al loro passaggio e volgarmente confonde bestemmie e preghiere, poiché tutto viene dalle rotanti sfere che solamente a Giove rispondono del loro moto. L’ombelico del mondo, come si era stabilito per qualche stagione nel centro della Palla Vermiglia, così se ne mosse con il tempo scivolando verso posizioni più periferiche. A causa di questo storico movimento la Palla si è trovata con l’ombelico più esposto e, se toccata in una certa maniera, sente l’effetto del solletico. Ho avuto la parziale fortuna di trovarmi nei luoghi e fra la gente dove ancora si custodiscono le Rotonde Reliquie, visitate da folle incessanti di pellegrini. L’estate scorsa, approfittandomi Piazza S. Spirito è uno di quei teatri, ogni città ne ha uno, dove la scena è in platea: la palla riproduce la forma del mondo sul quale gioca e la scena rappresenta la piazza che la contiene. (Da bambino abitavo sopra la cartoleria al numero 13 e, oggi ne sono sicuro, è stata questa piazza il primo teatro che ho conosciuto). Piazza S. Spirito non è mai stata un “Teatro di Verzura” disegnato dai giardinieri del Re, anche perché la mattina ci lavorano gli ortolani con le loro quinte effimere di teneri finocchi e zucchini bitorzoluti, e ad annaffiare le siepi ci pensano i cani. Al centro la fontana piscia da tutti i buchi forse in omaggio ai giochi d’acqua di Bernardo delle Girandole che, proprio nella chiesa di S. Spirito, costruì una nuvola piena di musicisti che si schiantò durante le nozze di Virginia dei medici ammutolendo il coro: il Caccini, che approfittò dell’incidente per cantare il primo “a solo” della storia, da allora si chiamo “Felice Giorno”. Ancora oggi la facciata della chiesa guarda un poco di traverso la piazza ed il suo teatro ingannevole dove si recitano tutte le parti distribuite dalle compagnie che hanno repertori e nomi diversi: “Gli Immobili”, “I Gelosi”, “I Confidenti”, “I Fantastici”, “I Rozzi”, “Gli Intronati”, “Gli Ingannati”. Escluso un assessore, che fra l’altro oltre a scritturarmi come Bernardo aveva riscosso un certo successo personale nel ruolo di principe, tutte le parti restano confermate. Si replica. La scena del principe, oggi assessore alla cultura, anima la corte. Rappresentazioni variabili si specchiano nella piazza, luogo teatrale costante. 226 227 giochi di piazza Progetti di facciata, 1980. Bozzetti progettuali per la proiezione sulla facciata della chiesa di Santo Spirito, Firenze Proiezione Gli ultimi Medici sparirono così alla svelta che non fecero in tempo a finire le facciate delle chiese. E i fiorentini, ancora pieni di superbia quanto di miseria, si buttarono con entusiasmo a progettar facciate (esercizio decoroso ed economico ad un tempo); non appena Firenze fu eletta a capitale dell’Italia Unita, subito i fiorentini tirarono in ballo dai loro concorsi di facciata i progetti vincenti da far pagare alla Nazione e, svelti svelti, ne riuscirono a tirar su due: S. Maria del Fiore e S. Croce. Fortunatamente la capitale passò a Roma, le altre facciate furono risparmiate e il mio progetto di S. Spirito salvo. Così nella notte la chiara superficie della chiesa è stata gioco e scena delle sue immagini possibili, proiezioni distanti anni luce dalle nostalgiche certezze dei restauratori. Come in una commedia dell’arte lo scenario si è illuminato per una rappresentazione “all’improvviso”, dove ai concetti eruditi degli innamorati si succedono i lazzi ridicoli delle maschere. Adesso i comici si sono ritirati: la facciata è stata restituita alle proiezioni della luna (ma quando, io, riuscirò a proiettare sulla luna?) e la Piazza della Palla è tornata ad essere Piazza S. Spirito. Il progetto di facciata, tema ereditario del non finito, ha preso a modello S. Spirito. Nella notte, la facciata lunare della chiesa riflette le varie figure dell’immaginazione collettiva. Archivio Piazza della Palla è di nuovo Piazza S. Spirito ed ha preso forme diverse: le 128 pagine di [un] libro, le migliaia di Palle, un film di sei minuti e, in piazza, l’archivio dei progetti nella saletta da caffè del Bar Ricchi. Comune di Firenze - Firenze Estate 1980 Gioco, scena, proiezione di Mario Mariotti Piazza S. Spirito, 21 luglio - 8 settembre 1980 Hanno collaborato: Scenotek, Asea, Natali, Ceccherini Foto: Massimo Listri, Gianni Melotti, E. Mennitti Paraito [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Piazza S. Spirito, Edizioni Alinari, Firenze 1981. Archivio Mariotti] 228 229 giochi di piazza Progetti di facciata, 1980. Documentazione fotografica delle proiezioni sulla facciata della chiesa di Santo Spirito, Firenze 230 231 giochi di piazza Progetti di facciata, 1980. Documentazione fotografica delle proiezioni sulla facciata della chiesa di Santo Spirito, Firenze 240 241 giochi di piazza Animani, La Nuova Italia, Firenze 1980 ANIMANI Ci fu un momento in cui le figure quotidiane non furono più sufficienti ad esprimere il senso della realtà, che ormai si proiettava oltre la presenza fisica: così ebbe inizio la rappresentazione di immagini simboliche. La prima volta, sulla parete di una caverna, l’impronta di una mano. Oggi, nell’arte contemporanea, questo segno primario è ancora usato, per comunicare un’idea appena intesa e non ancora esaurita. Alla essenziale compiutezza dell’atto originario, che contiene infinite variazioni possibili, sono seguiti sistemi formali e tecniche sempre più complesse: il viaggio delle immagini che, come appendici fantastiche, staccatesi dal corpo, percorrono il tempo e lo spazio. Attraverso il teatro delle ombre ad oriente, i settecenteschi salotti e le fiere paesane dell’Europa del Settecento, passano davanti alle luci e agli specchi per entrare nelle macchine dell’industria foto-cinematografica prima, ed elettronica adesso, con la televisione. La nostra cultura, sempre più visiva, tende a far coincidere la produzione delle immagini con il vivere quotidiano, fino a confonderci. Ma la compagnia della nostra fedelissima ombra sembra ancora sufficiente a restituirci, con la complicità di una piccola luce, la nostra immaginazione, per ricondurci all’intatto stupore racchiuso nell’ambito della grotta: l’impronta di una mano, dalla quale non possiamo allontanarci. L’idea che l’autore di questo piccolo libro ha realizzato è, appunto, una delle variazioni sul tema: un battito delle infinite mani danzanti del Buddha, che si fissano, per un momento, nelle variopinte rappresentazioni di un bestiario facilmente riproducibile. Gli Animani, appunto. Il colore, sempre ad acqua per poterlo togliere con facilità, si stende sulle mani con un pennello o con del cotone o direttamente per immersione, secondo il tipo di disegno. Gli occhi si fermano con della colla. Sono perfetti gli occhi delle bambole, ma, quando questo non è possibile, si può ricorrere a palline, bottoni, dischetti, capocchie di spillo, caramelle, creta o pongo, e a quanto altro si presti all’effetto, non escludendo la possibilità di dipingerli direttamente sulla mano. Per fare spettacolo, va bene sia un normale teatro di burattini che il dietro di una poltrona. Non rimane che rimboccarsi le maniche e tuffarsi nel colore e nell’immaginazione per far nascere tanti nuovi Animani, quanti la gabbia di un libro non resca a contenere, che si muovano liberamente e che non siano mai in pericolo di estinzione. [Testi pubblicati in Mario Mariotti, Animani, La Nuova Italia, Firenze 1980. Archivio Mariotti] Umani, 1982. Fotografia a colori Inganni, 1984. Fotografia a colori 244 245 giochi di piazza Animani, 1980. Fotografie a colori inganni e allegorie 251 Nel 1982 Mariotti realizza la serie Umani, riducendo pittoricamente “nelle mani” la rappresentazione del corpo umano. Nell’occasione dichiara: “La mia esperienza di manomane suggerisce non esserci separazione fra la immagine proposta e il corpo che la produce. [...] Non è tutto così chiaro, come non è così oscura l’ombra di origine che appare come illusione di figure reali” (Mariotti, Umani, 1982). In questo modo egli attribuisce “forma” e “magia” alla capacità manuale di produrre immagini. Nel 1984 realizza il progetto Mezzaluna tra New York e Firenze, concludendo così la sua collaborazione con Zona, e la serie di Inganni, dipinti sulla propria faccia che svelano “l’effetto straordinario” di un’immagine che egli vede solamente riflessa, “esattamente contraria all’immagine vera che altri, e non io, vedono e riconoscono”. Nella stessa occasione confessa: “per simpatia, ho fatto visita ai piedi e ritoccato le mani che con Animani e Umani e Dall’altra parte del libro si compongono in un unico inganno” (Inganni, 1984). Quell’anno compie alcune azioni eclatanti contro l’incuria e il degrado del centro storico fiorentino: per protesta contro la collocazione di un cassonetto per l’immondizia nella strettoia di via Toscanella, all’angolo con Borgo S. Iacopo, utilizza una nicchia preesistente e vi inserisce una testa di donna in terracotta, modellata nell’atto teatrale di alzare il braccio e turarsi il naso con un ratto che le corre sull’avambraccio, una sorta di maschera caricaturale per un tabernacolo votivo tradizionale sarcasticamente dedicato alla Madonna del puzzo (1984; l’opera è permanente, il cassonetto originario è stato sostituito con uno più piccolo e spostato in un’altra parte della strada); per ribellione allo scempio provocato dalla maldestra collocazione di un segnale stradale e di un semaforo fra lo stemma mediceo e la fontana del Buontalenti in Borgo S. Iacopo, vi affigge un cartello esplicativo stampato in forma di anonima e pungente ‘pasquinata’: “Tu / che lo sguardo / a questa fonte poni / nota la differenza / fra le palle / e i coglioni” (Palle e coglioni, 1984; il cartello di Mariotti fu prontamente rimosso, il segnale stradale ed il semaforo sono stati successivamente allontanati dallo stemma e dalla fontana). Nell’immagine fantastica del Tappeto volante (1984), dipinto in due versioni nel linguaggio sintetico della computer grafica, con colori acrilici su grandi fogli di plastica a griglia metallica che esporrà alla Galleria Vivita di Firenze nel maggio-giugno 1986, traspare l’illusione di una via di fuga dalla realtà, l’allusione ad un improbabile cambio di rotta per Firenze, che egli tornerà a ripetere fino alla fine: “Firenze, è lei la responsabile, che ancora bambino mi ha iniziato alle pratiche dell’arte. Lei, per la quale l’arte è normale merce di scambio. [...] Così ogni opera, sia dei piccoli artisti che ostinatamente sopravvivono che dei grandi morti che ancora la mantengono, altro non è che un particolare compositivo della sua immagine vera: una allegoria della avarizia ammantata nel virtuoso panneggio dell’arte” (Mariotti, 1995). Nel 1985 concepisce e inscena un nuovo grande evento pubblico in città, il “disegno allegorico” di Fire-nze che brucia. La città è diventata mèta per turisti e Mariotti ravvisa in questo progetto come “una lingua inglese si introduce furtiva lungo le 252 253 inganni e allegorie Umani, La Nuova Italia, Firenze 1982 prime quattro lettere del nome” (Fire). Si tratta del prestesto per “una realizzazione tesa a ritrovarci nella forma ideale della città”, per stimolare un nuovo “senso della misura e buon rapporto fra causa ed effetto. Quindi repulsione per il pittoresco e per l’indifferenziato”. Nell’intento sociale dichiarato e nell’immagine cartografica proposta da Mariotti, Piazza S. Spirito è il “luogo esemplare di disputa per una ricerca di abitabilità che non può essere ulteriormente rinviata” (Mariotti, Fire-nze, 1985). Il progetto si sviluppa a partire da una “ellisse”, figura geometrica costruita intorno a due “fuochi”, da cui prende forma una pedana praticabile intorno alla fontana di Piazza S. Spirito, destinata ad “azioni e allestimenti a carattere estemporaneo”. In piazza sono invitati ad intervenire artisti e performer (“fuochi fatui”), artigiani e studenti dell’Accademia di Belle Arti (“apprendisti stregoni”), mentre i ponteggi montati a lato della chiesa sono utilizzati per proiezioni di film, video e documenti sullo stesso tema (“visione del fuoco”). Il fulcro dell’iniziativa è la memorabile stesa di Panni tematici alle finestre dei palazzi che si affacciano sulla piazza, alla cui realizzazione Mariotti invita centinaia di artisti, architetti, designer, grafici, musicisti. L’evento si svolge il 21 settembre e coincide con il compleanno di Mariotti, che conferma così il proprio ruolo atipico di “profeta in patria”. Umani, 1982. Fotografia a colori, utilizzata anche nel film Sole Mani, 1989 UMANI Umani e Animani hanno la stesa mamma: l’ombra. Umani e Animani sono le stesse mani: le mie. Lo stesso fotografo (Roberto Marchiori), la stessa casa (editrice). La differenza è nei verbi essere e avere. Animani è avere per le mani un estraneo di natura selvatica. Umani è essere ridotti nelle mani con tutto il corpo che ci è naturalmente domestico. Forma e carattere, ma forse magia e rappresentazione. Non è tutto così chiaro, come non è così oscura l’ombra di origine che appare come illusione di figure reali (ma non è poi vera la figura di chi si oppone alla luce per farsi ombra?). La mia esperienza di manomane suggerisce non esserci separazione fra la immagine proposta e il corpo che la produce. Piuttosto si tratta di una terza figura che (rafforzando e le proprietà della mano in sé e, nella esemplificazione formale, il carattere delle immagine rappresentata) ne assomma ed evidenzia le relazioni reciproche. Un raccomandamento: non fidarsi di tutte queste chiacchere per rinunciare colpevolmente ad una personale esperienza. Vale più provare a dipingersi temerariamente un dito che gingillarlo a sfogliere le pagine di tutti gli Animani e Umani messi insieme. [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Umani, La Nuova Italia, Firenze 1982. Archivio Mariotti] 256 257 inganni e allegorie Inganni, La Nuova Italia, Firenze 1984 Inganni, 1984. Fotografie a colori INGANNI Non conosco figura più ordinaria della mia faccia. Eppure la faccia che io mi guardo non è altro che l’effetto straordinario della sua immagine riflessa. Esattamente contraria all’immagine vera che altri, e non io, vedono e riconoscono. Tutto sembra tornare al suo posto quando l’immagine è foto-cine-grafica e corregge l’artificio con la fedele riproduzione. È a questo punto che, a dispetto dell’evidenza e onor del dubbio, ho giocato l’obiettività della macchina. Mi sono dipinto la faccia (contenitore di contenuti facciali) che, vanità scivolata dallo specchio e sfigurata dall’obliquità dei segni, da ordinaria quale era ha rivelato la sua natura straordinaria. Così, per simpatia, ho fatto visita ai piedi e ritoccato le mani che con Animani e Umani e Dall’altra parte del libro si compongono in un unico inganno. [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Inganni, La Nuova Italia, Firenze 1984. Archivio Mariotti] 258 259 inganni e allegorie Inganni, 1984. Fotografie a colori 260 261 inganni e allegorie Inganni, 1984. Fotografie a colori 270 inganni e allegorie Fire-nze, 1985. Manifesto degli eventi FIRE-NZE Crittografia di MRT MRA Il fuoco, contenuto nella parte occidentale del nome della città di Firenze, muove le varie figure (È un sogno della cenere?) - L’ellisse è la sua figura simbolica - L’allegoria è la sua forma di rappresentazione Elisse, disegno geometrico variabile nei due fuochi, è una proposizione: Il progetto, indicato nel nome di FIRENZE, avrà una sua realizzazione tesa a ritrovarci nella forma ideale della città: FIRENZE ha voluto, vorrebbe e dovrà dire disegno. Senso della misura e buon rapporto fra causa ed effetto. Quindi repulsione per il pittoresco e per l’indifferenziato. Asciutta ma non pastasciutta, ospitale ma non servile. E questo vale adesso per Piazza Santo Spirito, luogo esemplare di disputa per una ricerca di abitabilità che non può essere ulteriormente rinviata (con o senza il sostegno e la voglia della amministrazione pubblica finora latitante). Piazza Santo Spirito sarà il fuoco fisso della rappresentazione allegorica, l’altro fuoco sarà dislocato in diversi spazi coordinati in una mappa urbana sullo stesso progetto. Come premesso FIRENZE è il progetto di una rappresentazione allegorica. L’allegoria del fuoco esclude il fuoco come oggetto di rappresentazione fisica. Quindi, nel nome del fuoco, vietati gli incendi. (Ancora l’ottimismo per quanto riguarda la sorveglianza pubblica). Piazza Santo Spirito: la sua vocazione è di piazza popolare e fiorentina. Si spera che questo progetto sia una indicazione sulle prospettive dell’uso della piazza, che non faccia rimpiangere le bidonville festaiole ed indiscriminate che quasi sempre riducono i nostri misurati spazi, in civette spelacchiate e paesane che strizzano l’occhio ai pochi spiccioli del consumo di massa. Poco per le vocazioni servili molto, in futuro, per un uso quotidiano e civile e perciò modesto. PIAZZA SANTO SPIRITO Il sagrato della chiesa sarà isolato con l’allestimento di un tappeto di scodelle con la fiaccola, già in uso da parte del comune. La disposizione delle scodelle sarà proposta con un movimento coreografico creato da Torao Suzuki. (Questa sarà l’unica presenza di fuoco vero, sbarramento fisico fra la rappresentazione profana dell’allegoria ed il luogo sacro quotidianamente profanato dagli accampamenti suicidi). L’ELLISSE Un praticabile ellittico sarò costruito intorno alla fontana. Recinto scenico e confine entro il quale saranno proposte azioni e allestimenti a carattere estemporaneo. L’ellisse, secondo il realizzarsi del progetto, potrà essere destinato anche ad altri usi. APPRENDISTI STINTERVENTO DELLE ACCADEMIE EUROPEE Il centro della piazza è proposto come spazio d’intervento a gruppi di studenti dell’Accademia di Belle Arti (“apprendisti stregoni”) di varie città europee. PROIEZIONI (!) Lo spazio adiacente la chiesa diventa luogo deputato alla “visione” del fuoco, utilizzando, per l’installazione dei vari schermi, i ponteggi già montati per i lavori di restauro in corso della stessa chiesa. Il progetto comprende: proiezione di film “infuocati” (in cui sia presente il tema del fuoco), documenti storici, film e video sperimentali, proiezione di diapositive. “I FUOCHI FATUI” PERFORMANCES E INTERVENTI NELLA PIAZZA - Un fabbro-scultore modella con i propri strumenti una lastra di ferro come scudo spaziale per la città (Alberto Coppini) - Un fornello alchemico costruito da un’artista (Giuliana Pini) sul modello illustrato nel Polifilo da dove un poeta-mago trae un mazzo di Tarocchi con i quali legge il tipo di fuoco posseduto dai presenti (Corrado Costa) - Effetti devastanti del fuoco sui presenti (truccatura teatrale di Filistrucchi) - Il “bambino” che mitraglia la propria ombra - Mario Pachi distrugge monumenti storici puntando un semovente in varie direzioni e riportando gli effetti su una carta della città proiettata su schermo gigante - Laboratorio su macchinario per trattare a fuoco la carta oleata. La sonorizzazione degli eventi sarà realizzata in diretta e diffusa via radio, a cura di Controradio (evitando così uno dei più gravi fastidi che rendono insopportabili manifestazioni nella piazza a causa dell’uso dei diffusori musicali ad alta sonorizzazione). Il pubblico riceverà la colonna sonora attraverso le radioline personali ed al volume che preferisce. 272 273 inganni e allegorie Fire-nze, 1985. Logo dell’evento DUELLO D’ARTISTA Due artisti in contemporanea ogni sera con lo strumento elettronico disegnando con il grafic computer su due schermi in diretta. Il pubblico deciderà ogni volta il vincitore. L’INFERNO - STRUTTURE PERMANENTI - Allestimento permanente all’interno del chiostro della chiesa di Santo Spirito di uno spazio infernale le cui varie porte vengono progettate da gruppi di studenti di architettura All’Inferno sono proiettate immagini fiorentine dell’Inferno dantesco, contemporaneamente alla registrazione della lettura dell’Inferno - Esposizione permanente “in progress” di fotografia di A) professionisti e pubblicitari e B) artisti e sperimentali - Laboratorio “La Tinaia” di pittura dell’ospedale psichiatrico di Firenze. FUOCHI NELLA CITTÀ - Teatro Niccolini: cartellone del mese dedicato a spettacoli, performances e concerti sul tema del fuoco - Monte Morello/Vesuvio: fumata vulcanica e fuochi d’artificio napoletani - Libreria Seeber: rogo dei libri di troppo facile consumo - Caffè Voltaire: allestimento dello spazio e menù in rosso servito da camerieri vestiti di rosso - Studio Alchimia: esposizione design di fuoco - Firmamento: esposizioni e interventi in gallerie d’arte di Firenze (Schema, Villa Romana, Vivita, Bitterling...) - Allestimento vetrine di esercizi commerciali del centro storico - Serate FIRENZE nelle discoteche (Tenax, Manila). [Dattiloscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti] FIRE-NZE Prologo Un solo fiammifero accende tanto un moccolo che una foresta. (Prima del fuoco cìè la storia delle storie del fuoco. E ancora una storia dopo il fuoco). ... - Al fuoco, al fuoco - la voce diventa incendio. I piromani vanno in giro ad aizzare la gente: - Firenze brucia? era l’ora. - Si sente odore di rogo e qualcuno, di buona memoria, telefona ai pompieri. Ma piano piano, lasciandosi dietro pochi tizzoni sparsi, piano piano il fuoco si ritira e, come l’acqua delle alluvioni risucchiata nell’Arno, l’incendio delle parole si concentra nella piazza di S. Spirito. 1. Criptografia Il fuoco, contenuto nella parte occidentale del nome della città di Firenze, muove le varie figure. (È un sogno della cenere?) ... Così ancora si disputava sulla buona o sulla cattiva fortuna dei luoghi che hanno il nome illuminato dalla fama e celato dal mito. E se fosse preferibile perdere la memoria del nome e sopportare la fatele decadenza del luogo. O piuttosto cancellarne ogni forma e conservare soltanto l’epigrafe del suo nome. Intanto, una lingua inglese si introduce furtiva lungo le prime quattro lettere del nome e - My Good - esclama, ritirandosi, eccitata e rovente. 2. Allegoria Un tale sognò di introdursi nottetempo nei sotterranei della sua città. Strisciando lungo le pareti, e inciampando in sparse e scivolose feci maleodoranti che lo confondono, attraversa a tentoni due oscure camere. L’androne vuoto rimbomba nell’eco dei suoi passi che girano su se stessi, e già dispera di trovare una uscita, quando l’improvvisa visone della sua ombra lo destò. (Infatti, superando molte difficoltà, avrebbe acceso pubblicamente un fuoco. Perché questo genera le mobili ombre. Da solo, per otto volte, come ottagona è la Fonte Battesimale, otto sono le vele della Grande Cupola e otto le sponde della fontana nella piazza. Con il concorso di molti e nel tempo di una sola notte). ... Così mentre la Chimera viene issata su di un carro. la piena dei visitatori si riversa nella Capitale ramificandosi in rituali cortei che, incrociandosi e sciogliendosi dalle spire delle code altrui, seguono ordinati e febbrili la loro guida per non perdersi fra le corrotte geometrie della Grande Villa. Metropoli nana di una gigantesca mappa allegorica dove è facile confondere la misura ed il senso. Intanto che una chiassosa comitiva di scolari, a malapena contenuta dai feroci guardiani, veniva faticosamente incolonnata verso la Primavera, in una fumosa stanza si tiene consiglio su come trovare qualcosa di allegorico per la bassa stagione. inganni e allegorie 281 Fire-nze, 1985. Documentazione fotografica dell’evento 6. Panni Dentro-fuori, come i vetri delle finestre, i panni stesi stanno sospesi ad un filo. (Le piante catastali escono dal chiuso delle stanze, fuori, a prendere una boccata d’aria). ... Così, variamente illuminato dai differenti riverberi diceva il nonno, cambiando ancora una volta canale, e diceva bene - Ci sono tante figure in una lingua del fuoco, che non bastano i cento pennelli di cento pittori a consumarle. Dopo un anno lo trovarono morto. Seduto nella vecchia poltrona, con lo stesso vestito, davanti al solito televisore. Con il dito ancora schiacciato a cambiare programma. Come non doveva succedere, è successo. Alcuni Panni si sono liberati dal loro aereo guinzaglio e, alla maniera volgare biancheria, si sono involati. Qualcuni li avrà raccattati, io suppongo, ai quali vada l’augurio di avere così trovato la loro camicia di Nasso. Rimangono, insufficienti, le scuse e le immagini. 7. Compleanno Non è vero che nessuno è profeta in patria. Firenze è la torta dell’arte, gli artisti e sue candeline. Tanti auguri! (Oggi, 21 settembre, è il mio compleanno). ... Così, i grandi antenati lasciarono i fiorentini come unici eredi della Città dell’Arte. E i fiorentini, lusingati da tanta fortuna, ne approfittano per vivere di usura culturale e di rendita patrimoniale. Commerciano in amuleti e celebrano gli anniversari delle Grandi Firme, come fanno le chiese con i Santi Patroni: con un occhio al calendario ed uno al libro dei conti. All’ombra dei tripodi, dove bruciano i fuochi eterni dei Padri della Patria, si consumano le tremolanti fiammelle dei comuni mortali, che si accendono e si spengono come le lucciole sui campi. Senza elisi. 285 inganni e allegorie Fire-nze, 1985. Documentazione fotografica dell’evento 8. Trabiccolo Ottagono come la fonte, suo doppio, sull’acqua galleggia il fuoco. (È freddo il letto del fiume, perché non c’è un corpo che lo riscalda). ... Così, a lente bracciate l’ultimo nuotatore solca le fragranti acque del fiume e, guadagnata gocciolante la sponda, si alza sulle ginocchia per scomparire per sempre come una creatura marina da archiviare nei bestiari. A poco a poco l’acqua comincia a scurirsi, dentro, come l’argento sul fondo dello specchio. Il che migliora le immagini. Sulla superficie del fiume silenzioso si riflettono nitidi i ponti e i palazzi: con il tramonto il fotocolor raggiunge il più tenero orgasmo: click! Ma qualcosa ha frantumato le finestre e rotto le arcate del liquido specchio: schiamazzanti (queste urla e queste grida le riconosco), schizzandosi e inseguendosi e scomparendo sotto per riemergere subito in un altro punto e solelvando scroscianti colonne d’acqua: sono tornati i tuffatori. Stanno girando un film. Comune di Firenze Consiglio di Quartiere 3 In collaborazione con: Ostello si S. Monaca, Comitato spontaneo di S. Spirito, Società Canottieri di Firenze FIRE-NZE Disegno allegorico di Mario Mariotti Piazza S. Spirito, 21 settembre 1985 Allestimento: Deva Wolfram, Giampaolo Di Cocco Laboratorio: Edoardo Malagigi, Lucia Garbari Luci: Guido Baroni Costruzioni: Ditta Marchiani Fuochi: Ditta Soldi Organizzazione generale: Ciotti Bresciani Foto: Alibi, Raffaello Bencini, Marco Dolfi, Roberto Marchiori, Silvia Marilli, Antonio Sferlazzo, Francesca Lucchese, Gianni Ugolini, Margherita Verdi, Maurizio Conti, Elisabetta, Fulvio Ghini, Piero Novelli, Cristina Ohlmer, Pascale Sambol, Gianantonio Stefanon [Testo pubblicato in Mario Mariotti, FIRE-NZE, La Casa Usher, Firenze 1986. Archivio Mariotti] presente e passato 287 Mariotti è un assertore convinto dell’autentica “vocazione” di Firenze per l’arte e un fiero oppositore di quanti, in città, “ne approfittano per vivere di usura culturale e di rendita patrimoniale” (Mariotti, Fire-nze, 1985). Le sue “imprese” pubbliche (Dama di Bacco, Piazza della Palla, Fire-nze) sono il tentativo di recuperare un’operatività artistica ereditaria e di renderla democraticamente accessibile al maggior numero di persone. Egli si ritrova così, simultaneamente, a richiamare la storia dell’arte e ad affermare la qualità della produzione artistica attuale, a ricercare l’allargamento del consenso ed il riconoscimento economico per l’attività creativa del presente e a contrastare la diffusione commerciale del consumo culturale del passato. A questo apparente paradosso aveva già cercato di dare risposta: nel 1974 con una produzione di design che include l’antica pratica dell’Arti-giano, simbolicamente rappresentata da un Giano bifronte con i profili dei fratelli Mario e Marcello Mariotti; nel 1975 con il Profilo di imperatore, incentrato sui temi della classicità, dell’artisticità e della variazione; nel 1976 e 1977 con le proiezioni di immagini dell’Archivio Alinari in (XX) e in Belvedere, sui temi del modello e della ripetizione; nel 1978 con Extructo, sui temi della riproducibilità e dell’autenticità; nel 1979 con la Dama di Bacco, costruzione reale tratta da un falso Leonardo che estende su scala pubblica il tema del gioco popolare già sperimentato con il letterario Gioco di Ulisse (1969; “gioco dell’oca” sull’Odissea di Omero prodotto per le edizioni Calderini, Bologna). Dalla metà degli anni ottanta, in concomitanza con lo sviluppo dei suoi lavori sulle “mani”, Mariotti rivolge con decisione la propria ricerca artistica alla matrice fiorentina del disegno (“Fire-nze ha voluto, vorrebbe e dovrà dire disegno”) e all’unicità manuale della pittura e della scultura. Nel maggio 1986 tiene un’ampia personale alla Galleria Vivita di Firenze, che diventa l’occasione per presentare opere nuove e documentare la sua attività passata. Emblema della mostra è il Vaso François (1985), rielaborazione contemporanea del famoso cratere in terracotta a volute rinvenuto in una necropoli etrusca di Chiusi ed oggi conservato al Museo archeologico nazionale di Firenze, decorato da Mariotti con una raffigurazione mitologica attualizzata e popolare, l’amore fantastico quanto impossibile tra la ninfa Dafne e il burattino Pinocchio. La storia d’ispirazione letteraria della fatale attrazione/repulsione di Pinocchio e Dafne (1985-86) si sviluppa inoltre in una serie di quadri ad olio dipinti in forma anacronistica, postmoderna, frivola e talvolta volgare, in cui emergono un’accentuata componente ludica e liberatoria e uno stile grafico schematico e inespressivo. Nella stessa serie figurano anche sperimentazioni plastiche e citazioniste, a rilievo su polistitolo, a mosaico e su tondo. A queste si associano le creazioni di sculture/ oggetti come Artificio, albero d’ulivo reciso le cui foglie sono sostituite da riproduzioni in legno che ricordano l’esperienza genealogica di Arti-giano; Apelle figlio di Apollo, colonnina classicheggiante sormontata da un’irrisoria “palla di pelle di pollo” tratta dal popolare scioglilingua; San Sebastiano, rivisitazione iconografica del santo cristiano trasfigurato negli strumenti del suo martirio, la colonna trafitta da frecce. 288 289 presente e passato Vaso François, 1985 e Pinocchio e Dafne, 1985-86 (serie di dipinti). Veduta della mostra, Galleria Vivita, Firenze 1986 Fra le sculture compaiono poi le raffigurazioni simboliche modellate in creta di Adamo ed Eva, i leggendari progenitori di un’umanità corrotta e dissacrata, a cui aggiunge un androgino Madam I’madam. Nel Telo di Vivita (1983) ripropone un immaginifico insieme di Profili lunari dipinti a spruzzo su fondo nero, mentre nel Telo di Avignone (realizzato per la rassegna Le vivant et l’artificiel del 1985 nella città francese) presenta le impronte di mani in negativo realizzate con una tecnica analoga su fondo bianco, spingendo l’esecuzione pittorica alla rievocazione dei primordi della “rappresentazione di immagini simboliche”, già indicata all’inizio del lavoro sulle “mani” (Mariotti, Animani, 1980). L’attualità contemporanea appare invece in forma iconica ed ironica nella storica contrapposizione fra Stati Uniti e Unione Sovietica, riprodotta con l’antica tecnica a sbalzo su lastre metalliche nel cappello da cowboy (E viva il cappello stellare del west) e nel pugno alzato (E viva il grigio autentico dell’est). Riguardo all’interpretazione della sua ricerca artistica, nel catalogo di questa significativa mostra fiorentina, Mariotti formula un’amara “proposizione”: “Il mio lavoro è dedicato a quanti, e sono quasi troppi, che dell’arte non ne vogliono proprio sapere e in nessun modo la vogliono conoscere (che non passeranno in queste stanze e non si fermeranno su queste righe, se non per sbaglio) ma si contentano di considerarla, con istintiva diffidenza, una cosa semplicemente straordinaria” (Mariotti, Galleria Vivita, Firenze 1986). Per la mostra collettiva Dada/David al Loli’s Emporium di Firenze dell’anno successivo, concepisce una copia in gesso del capolavoro michelangiolesco (David, 1987) rivisitato in forma neodadaista, con un sasso che lo colpisce alla testa e lo fa grondare di sangue (seguendo alla lettera il proverbio: “chi la fa l’aspetti”). Nello stesso periodo interviene pittoricamente sulle riproduzioni di una monografia di Raffaello, che ricopre e mescola con le figure farsesche e deformanti di Pinocchio e Dafne. Lo stesso approccio, aggressivo e beffardo, è riproposto nelle caotiche composizioni di figure grottesche su fondo nero dipinte ad acrilico su due grandi tele plastificate, in occasione dell’esposizione International Mail-Art and Visual Poetry a Patrasso (1987). Ancora nel 1987, Mariotti realizza il logo e le decorazioni per il ristorante Mezzogiorno a New York, in cui riproduce l’immagine del coppiere (già utilizzata nel 1973 per l’autobiografico Fante di Coppe) ripresa dalla lunetta del Cristo davanti a Pilato dipinta da Pontormo nella Certosa del Galluzzo a Firenze: “figura quasi danzante, tornita dai misurati contrapposti, la sigla dell’eleganza civile pervasa di sprezzatura” (Cristina Acidini Luchinat, Da Pontormo & per Pontormo, 1996). 290 291 presente e passato Artificio, 1986 e San Sebastiano, 1986. Veduta della mostra, Galleria Vivita, Firenze 1986 VIVITA Spazio Queste varie figure non erano destinate a queste dodici stanze. Ma non ci sono arrivate da sole. E non lavoro per espormi a voi che frequentate questi spazi speciali. Ma vi frequento. Non mi affanno a difendere i confini dell’arte, come chi muore sulle sacre mura delle città sante assediate dagli infedeli. Ma mi trovo all’interno (cosa appendere, se non la corda, nella casa dell’impiccato?) Tempo Dove è il tempo di un’opera: nell’idea al nano secondo, nel lavoro giornaliero, nella sua materia eterna? o nel nano secondo dello sguardo dei visitatori? (Non mi lusingano i vostri sguardi, sapendo che è in codesti e non nelle diverse stanze il luogo reale dove le opere prendono veramente forma e sostanza). Mi sono messo dalla vostra parte. E, con distacco, guardo il mio punto di vista. Proposizione Il mio lavoro è dedicato a quanti, e sono quasi troppi, che dell’arte non ne vogliono proprio sapere e in nessun modo la vogliono conoscere (che non passeranno in queste stanze e non si fermeranno su queste righe, se non per sbaglio) ma si contentano di considerarla, con istintiva diffidenza, una cosa semplicemente straordinaria. Le stanze I Artificio / S.S. / Oasis / Cedro / Apelle figlio d’Apollo II Fotoincisione / Courtesy Shadow Gallery N.Y. / Gesso o stucco? / Dado bianco di Carrara / Passerina etrusca / Un’isola d’Elba-blu cielo di Londra / Fotografia III Manifesti IV Madam I’madam V Tappeto volante / T.V. / NO / Progetto di facciata / Belvedere / Teatro VI Libri VII Telo d’Avignone / Cervo nero / Telo di Vivita VIII E viva il grigio autentico dell’Est / E viva il cappello stellare del West IX Luce, radiosauro X Adamon XI-XII Pinocchio e Dafne [Testo pubblicato in Mario Mariotti, catalogo della mostra personale, Galleria Vivita, Firenze 1986. Archivio Mariotti] 292 Vaso François, 1985. Cratere in terracotta dipinta presente e passato Apelle figlio d’Apollo, 1986. Particolare della scultura rivoluzioni e celebrazioni 309 Nel 1988 Mariotti realizza la serie Rimani, che inaugura la sua collaborazione con la figlia Francesca nel lavoro sulle “mani”; nel titolo egli rivela, oltre al carattere di “ripetizione” che questo progetto comincia ad assumere, pur nelle numerose e brillanti variazioni, un certo senso di malinconia. Si susseguono quindi le produzioni grafiche, pubblicitarie e documentarie, sia a stampa che in video. Nel 1989 gli viene commissionato un progetto pubblico per celebrare a Firenze il bicentenario della Rivoluzione francese, Arnò 89, che egli introduce con il motto sarcastico e sconsolato: “le rivoluzioni passano / gli anniversari restano”. Per l’occasione concepisce un “disegno analogico” incentrato ancora sulla “mappa urbana” di Firenze, in cui evidenzia l’immagine della ghigliottina formata dalla diagonale della Pescaia di Santa Rosa, fra Piazza Ognissanti (dove ha sede l’Istituto di cultura francese) e Piazza Cestello in Oltrarno. Le due piazze contrapposte sulle rive dell’Arno sono interpretate rispettivamente come la “Piazza dei Signori” illuminata di blu, che ospita un raffinato “spettacolo del teatro di corte” (musica contemporanea, musica da camera, balletto), e come la “Piazza del Popolo” illuminata di rosso, dove è proposto un più prosaico e rumoroso spettacolo televisivo (Videomusic) con presentatori dal vivo, riflettendo la separazione apparentemente insanabile fra i concetti di cultura alta e bassa, di esclusività e diffusione. Al centro della Pescaia illuminata di bianco sono ancorate grandi “bottiglie di champagne” con i tappi a forma di vasi funerari (Canopi), utilizzati come elementi simbolici e per contenere fuochi d’artificio. A corredo dell’evento sono realizzati anche un “albero genealogico” con le derivazioni artistiche fiorentine (L’albero dei nomi) e un “albero della cuccagna” a cui sono appese le lettere del motto rivoluzionario “liberté, egalité, fraternité” (L’albero delle parole), mentre sul fiume viene liberata una muta imbarcazione artigianale (L’albero mezzaluna). Rievocando una parte del proprio repertorio (la mappa, le piazze, il teatro, la proiezione, i vasi, l’albero genealogico, la mezzaluna) Mariotti coinvolge la città in un grande progetto collettivo, ma questa volta mette in scena soprattutto se stesso: “Non è stata una festa / per il fantasma / della rivoluzione / ma solo l’occasione / per giocarsi la testa” (Mariotti, Arnò 89, 1990). Nel 1990 (è l’anno dei mondiali di calcio in Italia) realizza la serie intitolata Fallo di mano, in cui “la palla”, elemento a lui familiare, per un momento viene “sottratta alle bercianti folle oceaniche / ed al suo lussureggiante paradiso pedestre” e torna nelle “mani” allenate di Mariotti. Oltre alla produzione del catalogo di Arnò 89, durante l’anno egli è impegnato in altre produzioni grafiche e nella realizzazione l’articolato evento di Casa Malaparte a Capri (ricordato sopra nel capitolo “proiezioni immaginarie”). Nel 1991 concepisce il Polittico di San Giovanni, grande happening fluviale ironicamente “dedicato a pittori e canottieri” che si svolge sull’Arno, davanti agli Uffizi (dove ha sede la Società Canottieri Firenze), il 24 giugno in coincidenza con la celebrazione del santo patrono di Firenze. Il progetto, sviluppato nella successiva pubblicazione come un dialogo metaforico fra l’artista e San Giovanni, rappresenta l’ennesimo tentativo di confronto fra autori 310 311 rivoluzioni e celebrazioni Hanimations, Kane/Miller, Brooklyn, New York & La Jolla, California 1989 contemporanei, tornati per l’occasione a definirsi “pittori”, e grandi maestri esposti al museo, i defunti che la città usa come propria “merce di scambio”. Sarcastico e allusivo, Mariotti ricorda che “sono giorni e giorni e giorni che per le strade del paese passano le avanguardie”; e pertanto si chiede: “ma quando arriva l’Esercito?”. Nonostante Firenze abbia avuto “più di un giovane amante: dal futurista all’astratto, passando dal poeta al musicista visivo al video artista, il concettuale lo stilista e architetto radicale”, pare che nessuno riesca a sciogliere il suo vincolo di “matrimonio” con il Rinascimento (Mariotti, Polittico di San Giovanni, 1993). Per questo egli prova un ultimo assalto, proprio nel cuore della città/museo, formulando un’invocazione e una rivendicazione con l’arma affilata del suo linguaggio sferzante: “Non c’è opera, il capolavoro basta solo ai tursti di passaggio, che non sia più che un frammento della opera vera: la città dell’arte. La sua composizione, per essere armonica e viva, ha bisogno di tutto e di tutti; del grande e del piccolo, del vecchio e del nuovo. Ha bisogno di essere conservata ma anzitutto come ogni polittico immaginata. [...] La pittura è morta. E noi, modestamente, vivi”. L’azione, nel tratto dell’Arno compreso fra la Pescaia di Santa Rosa e il Ponte alle Grazie e simboleggiato da un modello plastico a forma di pesce, prevede la distribuzione sul fiume di ottocento quadri di duecento pittori contemporanei, suddivisi in trittici, quadrittici e pentapolittici “predisposti all’incastro reciproco per concludersi in una immagine sola”. La composizione tuttavia non riesce e l’immagine finale del Polittico di San Giovanni assume le sembianze tragicomiche di un naufragio. L’artista è costretto ad accettare l’insuccesso: “dichiaro al cielo, al mondo e al fiume il mio fallimento”. E ad ammettere: “Il mio peccato, veniale, è immaginare quello che non vuole succedere [...] nonostante tutto, lo rifarei”. RIMANI Rimani è composto, oltre alle immagini, dal prefisso RI e dal sostantivo MANI. E già questo potrebbe bastare. Ma (per chi ama saperne di più) RI indica la ripetizione di un libro di origine, Animani, variato qui nel sostantivo e non nella sostanza. Si sono perse tre lettere ma in compenso si sono aggiunte due mani, quelle di mia figlia Francesca. Intanto, come conigli, gli Animani hanno figliato e si sono moltiplicati (nei titoli e nelle edizioni). Annidiati fra le pagine di tanti piccoli libri, hanno girato mezzo mondo. Alcuni per vanità si sono intrufolati nel mondo della televisione. Altri, più spregiudicati, mi sono scappati di mano per andare a vendere orologi giapponesi. Ma ancora fanno parte della famiglia anche se su qualcuno di loro non metterei la mano sul fuoco. Comunque i veri Animani si riconoscono subito: sono sempre accompagnati dalla propria ombra. A rivederci. [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Rimani, Fatatrac, Firenze 1988. Archivio Mariotti] 312 313 rivoluzioni e celebrazioni Rimani, 1988. Fotografie a colori 316 317 rivoluzioni e celebrazioni Arnò 89, 1989. Progetto, matite colorate su cartoncino arnÒ 89 diSeGno analoGico di Mario MarioTTi La pianta di Firenze rivela alcune connessioni indubitabili con la Rivoluzione Francese. Sulla mappa urbana viene messo in evidenza il tratto d’Arno compreso tra il Ponte alla Carraia ed il Ponte Vespucci. Il vasto rettangolo viene tagliato diagonalmente dalla Pescaia di Santa Rosa. Questa figura, contrassegnata da un filo continuo di lampadine, evidenzia il disegno luminoso della ghigliottina. Dai due lati maggiori degli opposti Lungarni si fronteggiano due piazze. A destra Ognissanti, con i grandi Alberghi, i Palazzi e l’elegante facciata del Buontalenti è chiaramente la Piazza dei Signori. A sinistra Cestello, con la caserma, il Seminario, le piccole case e la facciata grezza della Parrocchia di San Frediano è propriamente la Piazza del Popolo. In Piazza Ognissanti verrà eretto un teatrino di corte, dove danza e musica da camera intratterranno gli spettatori della scena colta. In Piazza Cestello si presenterà uno schermo, dove si trasmetterà in diretta un popolare programma di video musica. Agli estremi della Pescaia due azioni: a destra l’imbalsamazione del Cervo Reale, a sinistra la forgiatura dell’Elmo Frigio. In Arno, nel frattempo, esploderanno i tappi-teste di 24 bottiglioni di champagne. Al culmine della festa la Pescaia verrà incendiata dai fuochi artificiali in una cascata di rosso, azzurro e bianco incandescenti. Due alti bengala segneranno la mezzanotte e la conclusione del disegno di Mario Mariotti. Si passerà quindi a Piazza del Carmine dove si farà festa grande, musica e balli, per l’altra parte della notte. Ore 21,30 L’inizio della rappresentazione è data da un razzo che si leva dal centro dell’Arno. Da quel momento comincia l’illuminazione della mappa. LUCI 1 - Si accende la fila lineare delle lampadine bianche che segnano il perimetro compreso fra i due ponti e i lungarni e lungo la diagonale della Pescaia di Santa Rosa 2 - Si illumina di azzurro la Piazza Ognissanti. Riflettori azzurri sulle facciate degli alberghi, del palazzo dell’Istituto Francese e la facciata della chiesa del Buontalenti 3 - Si illumina di rosso la Piazza Cestello. Riflettori rossi sulle facciate del Seminario, della caserma, delle casine e della facciata della chiesa e cupola. SPETTACOLI 1 - Ognissanti Inizia lo spettacolo del teatro di corte. Il teatro ha un palcoscenico di 7 metri per 9 sormontato da un velario che è sorretto da quattro colonne di legno alte m. 4,50. Illuminazione diffusa e sonorizzazione nelle colonne. Il teatro rappresenta una grande alcova. Gli spettacoli saranno vari e di breve durata. Una sorta di varietà colto. Musica e balletto da camera. La platea ospiterà gli invitati d’onore. L’unica nobiltà contemporanea, la pazzia aristocratica degli artisti. Saranno gli artisti che lavorano sul palcoscenico ad estendere gli inviti ad i loro consanguinei: parenti o artisti. Sul fondale del teatro saranno esposte opere dei pittori in alternanza ai diversi spettacoli. Fra le ore 22,45 e 23,15 ci sarà un intervallo durante il quale sarà servito champagne agli artisti ospiti. [...] AZIONI 1 - Palco sull’estremo della Pescaia dalla parte Ognissanti. Un imbalsamatore vestirà di un mantello d’oro un grande Cervo Reale già modellato in materiale plastico lungo m. 3,50 e alto m. 2,50 circa (rappresentazione dell’aristocrazia) 2 - Palco all’estremo della Pescaia dalla parte Cestello. Un fabbro scultore forgerà con fuoco e martello un Elmo Frigio di ferro alto m. 2 circa (rappresentazione del popolo) 3 - Sopra la statua di Goldoni nella piazzetta omonima, un nobile-attore leggerà il Candide di Voltaire. SPETTACOLI 2 - Cestello Inizia la proiezione televisiva. Su un terrazzino che domina la piazza viene installato uno schermo gigante. Si trasmette in contemporanea un programma di Videomusic che passa sulla rete nazionale. Con riferimenti alla rappresentazione Arnò. Puntualizzata dai due presentatori di Videomusic che saranno presenti ai lati dello schermo televisivo gigante. (Fra gli alberi sarà allestito un banco per il taglio e la distribuzione di cocomero). FUOCHI Ore 21,30 In mezzo all’Arno, dall’arco centrale del Ponte alla Carraia al centro della Pescaia, saranno ancorate 24 bottiglie di champagne alte m. 2 con il tappo a forma di canopo. All’interno delle bottiglie saranno posti fuochi artificiali che esploderanno ad intervalli di cinque minuti. 318 319 rivoluzioni e celebrazioni Arnò 89, 1989. Modello in bronzo Ogni volta faranno saltare i tappi-teste mentre dalla bottiglia usciranno fuochi vermigli per circa 15 secondi. La ventiquattresima bottiglia si stapperà alle ore 23,45 incendiando la Pescaia. ARNÒ 89 mapparilievo di Mario Mariotti Ore 23,45 La Pescaia si incendia con una cascata di fuochi artificiali rossi, poi bianchi, poi rossi bianchi e azzurri. Fino a mezzanotte. A mezzanotte, dalle postazioni del Cervo Reale e dell’Elmo Frigio, si alzano due razzi che esplodono in cielo segnando la fine dell’evento. A quel punto tutto è concluso, il Cervo Reale prende posto sul palcoscenico del teatro di corte. L’Elmo Frigio viene posto sul terrazzino liberato da teleschermo. Rimangono le luci che disegnano la mappa con i colori e la forma di una bandiera francese a scala urbana. Per tutta la notte. “La gente è invitata a trasferirsi per la seconda parte della notte, fino all’alba, nella vicina Piazza del Carmine dove un altro evento l’attende: altri spettacoli e grande ballo popolare nella piazza”. LA MAPPA Il foglio della mappa precede la pagina dei libri di storia. Modello particolare di un più vasto disegno, sono da tenersi in gran conto le città concluse. E, fra queste, quelle attraversate da un fiume che, separando unisce le due parti rivali (così il Tevere, Tamigi, Danubio, Neva, Senna o l’Arno fanno la differenza). O i porti con una sola riva; così l’altra riva di Napoli è Atene, Marsiglia, Barcellona o New York. Le forme esemplari non esauriscono le variazioni possibili, ma le compongono. Questa mappa, nella composizione dei suoi frammenti, è presagio e memoria di questo giorno. [Dattiloscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti] le rivoluzioni passano / gli anniversari restano L’ALBERO DEI NOMI LARA VINCA MASINI compone il gioco arboreo delle derivazioni. I presenti contrari correggono, cancellando o aggiungendo altri nomi. La nobiltà è di molti generi e vari livelli. Nei paesi materialmente più poveri si tende ad esaltare la nobiltà dell’animo. La nobiltà è ereditaria, come la fame, e si trasmette per via vascolare o elettiva. La sua forma allegorica è l’albero genalogico, che in affari prende il nome di organigramma. Per eccellenza, il genere di nobiltà fiorentina è l’arte. Alberone fronzuto dove, su diversi rami, molti Roi Soleil hanno fatto il nido. Come nelle miglio casate. Una nomenclatura che va da ramo in ramo, come un merlo, saltando molti nomi con la parzialità di ogni storia. Fino al ramo dei vivi, i quali, se non altro, denunceranno gli omissis e i refusi. ALBERO DELLE PAROLE Cucco salì sull’albero della cuccagna. Il cucco arranca e scivola cucco-agguanta salsicce. Ma le salsicce toccano solo a qualcuno e la fame torna subito. Quando la frutta cresce alta troppo per la tua mano non annaffiare l’albero. Segalo. 320 321 rivoluzioni e celebrazioni Arnò 89, 1989. Documentazione fotografica dell’evento CANOPI BIFRONTE Quando la coppia scoppia si raccoppia due nemici si attaccano due amanti si separano segue la pace con gli amici nuovi nuovi nemici ed oscillanti amori su fluido letto a due piazze. CANOPI ABAT-JOUR L’arte come la testa è una parte dell’uomo molto esposta. Il maestro e il maldestro vanno in girotondo dopo il primo il secondo a misurarsi l’estro. Il sistema dell’arte almeno questa notte mettiamolo da parte. E all’aria aperta all’acqua ed alla luna ognuno sia solista in questo coro. Frammento di cornice senza capolavoro. 322 323 rivoluzioni e celebrazioni Arnò 89, 1989. Documentazione fotografica dell’evento PIAZZA CESTELLO del popolo Sulla sinistra del Falterona, alla destra da Bocca d’Arno. Sicuramente la Piazza del Popolo. La grezza facciata della chiesa è il limite invalicato dalle guide turistiche. Dirimpettai, il seminario dei preti e la caserma dei soldati, si concludono con il teatrino parrocchiale, coronato dal villaggio di casine di Borgo S. Frediano. Davanti agli alberghi danno una mano. E per ogni bisogno, girando a destra del lungarno Soderini, la Croce Rossa. In campo rosso. Luogo della condizione. VIDEOMUSICA / Piazza Cestello 21.30 - 23.30 teleschermo sintonizzato con VIDEOMUSIC / presentano RICK E CLIVE / collegamento in diretta FLASH PIAZZA OGNISSANTI dei signori Sulla destra per chi viene dal Ponte alla Carraia, alla sinistra arrivando dal Ponte Amerigo Vespucci. Certamente la Piazza dei Signori. La facciata della chiesa è decoro, due alberghi di lusso si fronteggiano accompagnati dal palazzo del Consolato e Istituto francese. In mezzo il bronzeo monumento mitologico. E per dessert, girato a sinistra sul lungarno Vespucci, l’Harry’s Bar. In campo azzurro. Luogo dell’istituzione. TEATRO MUSICA PIETRO GROSSI / GIUSEPPE CHIARI / PHILIP CORWER / TERRY FOX / OTTETTO A FIATI DI FIRENZE / FLORENCE DANCE THEATRE I posti in platea sono riservati agli ospiti degli artisti del palcoscenico. Esclusivamente ai loro amici e parenti. 324 325 rivoluzioni e celebrazioni Arnò 89, 1989. Documentazione fotografica dell’evento LA GHIGLIOTTINA Come i ponti scavalcano l’acqua in punta di piedi, per non compromettersi. Così la pescaia, indubbiamente segno rivelatore della mappa, si tuffa decisa nell’obliquo viaggio. L’eccentrico cartesiano e stella bipolare dei cartografi. Che concede e cancella il passo orizzontale alle due sponde. Che apre e sbarra il defluire verticale dell’acqua, e la spartisce in alta e bassa. E quando è grassa la confonde e precipita. E quando è magra distingue: colma l’acqua di monte, che si fa vasca e specchio alla Gran Villa. Lascia scorrere il resto nella valle, selvatico torrente, lontano dalle palle granducali. ALBERO MEZZALUNA Maiakovski Il mare retrocede il mare va a dormire comes suol dirsi l’incidente è chiuso la barca dell’amore si è spezzata contro la vita quotidiana abbiamo saldato i conti e non serve a nulla l’elenco dei dolori, guai e torti reciproci Non è stata una festa per il fantasma della rivoluzione ma solo l’occasione per giocarsi la testa. Contro la profezia della città uniforme nella media conforme che ghigliottina sia. Dai lumi di Parigi ai moccoli a Firenze Viva le differenze viva i punti di vista viva la geometria. Comune di Firenze / Provincia di Firenze / Regione Toscana / Azienda Autonoma di Turismo / Istituto Francese di Cultura Arnò 89 Firenze, venerdì 14 luglio 1989 ore 21-24 intorno alla pescaia di Santa Rosa Arnò alla sbarra 14 settembre 1989 Esposizione al Florence Dance Centre L’albero mazza luna è rimasto installato sulla riva di Oltrarno Foto: Serge Domingie, Paolo Favi, Lorenzo Pezzatini, Riccardo Mazzei, Roberto Magris, Carlo Cantini, Maurizio Berlincioni [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Arnò 89, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1990. Archivio Mariotti] 328 Fallo di mano, Fatatrac, Firenze 1990 329 rivoluzioni e celebrazioni Calcio di mano, UC Planning/Tokyo 1994 FALLO DI MANO In principio fu Adamo Primo giocatore e primo fallo Da espulsione. Naturalmente un fallo di mano. Da allora i falli non sono finiti Come infiniti sono i nomi Attribuiti agli arbitri Che stabiliscono il senso Dei due movimenti perpetui: Se è stata la palla ad andare sulla mano O piuttosto la mano a venire sulla palla. Ma, come ammoniscono i critici osservanti, La palla è rotonda E non è la luna. Per cui Quando mi è capitata a portata di mano L’ho sottratta alle bercianti folle oceaniche Ed al suo lussureggiante paradiso pedestre Per passarla alla mano (speculare all’immagine della mia) Di chi la fa scorrere fra le pagine di questo libello. Che è dedicato al fallo originale e alla sua divina punizione. [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Fallo di mano, Fatatrac, Firenze 1990. Archivio Mariotti] 330 331 rivoluzioni e celebrazioni Fallo di mano, 1990. Fotografie a colori 334 rivoluzioni e celebrazioni Polittico di San Giovanni, 1991. Manifesto dell’evento POLITTICO DI SAN GIOVANNI TROTZDEM DI MARIO MARIOTTI Ogni fatto ha un suo precedente. Molte cose succedono quando, magari, si pensava ad altro. Causa ed effetto sono conseguenti. Ma l’ordine può essere invertito. Una oulipista, una giornalista, un criptografo, un incontro in libreria, San Giovanni, un giorno, il fiume, possono essere l’occasione o il pretesto per un polittico. Al bordo della pescaia, un piede immerso nel fiume, lascia trasparire lunghi diti ossuti di seppia acquattata sul fondo melmoso. In posa eretta emerge con il sorgere del giorno. È intento ad alzare sopra la testa, segnata e asciutta, manciate d’acqua che scorrono filtrando tra i nodi delle nocchie. Accoccolati, a poca distanza, due ragazzini parlottano fra di loro sbirciandolo. Un piccione, piombato a sasso da qualche tetto, si arresta sospeso a mezza’aria, in planata. Nella prima luce di un ventiquattro giugno, quando ancora le cose hanno diverse dimensioni, si potrebbe anche essere nella quindicesima sala degli Uffizi. - Perché tu mi guardi. Che vuoi? - Sono qui per celebrare il tuo giorno. Santo Patrono. - Chiamami Giovanni. - Giovanni perché sei il patrono di questa città? - Il mio mestiere è battezzare le nascite. Come il pellicano va dove c’è il pesce così il Battista si trova nel luogo delle nascite. E questo è un orto. Ci cresce di tutto. - Specialmente l’ortica. - Tutta l’uva del mondo non basta a far buono il vino. Qui le colline sono panciute e fertili, ma da sole non partoriscono. Ci vuole chi, con scienza e pazienza, le governi. Poi si vendemmia. Se no, oltre al vino e l’uva, si perde anche il vitigno. Nonostante tutto le nascite ci sono. Il problema, semmai, è il tasso di mortalità infantile troppo alto. - Infatti, nasce poco e quel poco non cresce. - Non è compito mio. Benedico, non semino. Sono un santo, ma che non fa miracoli. - Ma i pittori? Quando arrivano i mei benefattori? Senza di loro il mondo non avrebbe immagine. E neanche io. Come avresti fatto, se no, a riconoscermi? - Forse, ora, sarai tu a non riconoscere loro. Ci sono stati molti cambiamenti. Il Santo Precursore alza l’indice secco, che avevo già visto trasparire dal cristallo di rocca del sacro astuccio custodito nel museo dell’Opera del Duomo. - Mi offendi: tu dimentichi che il rinnovamento è la mia incarnazione. La permanenza della pittura non è nella sua tecnica ma nella sua natura. La pittura, non è la qualità o lo stile o il soggetto dell’opera. La pittura, è un uomo che si mette a dipingere. Evocati, arrivano i pittori. Alte voci precedono, dalla sovrastante piazza di Cestello, il calare dei polittici. Accatastati sulla pescaia crescono in ordinati castelli. Da una parte si riflettono, ribaltando l’argine. Si allungano all’opposto in una geometria di ombre radenti che, quasi a fuggire il giorno per nostalgia della notte scivolano via curvandosi sul rocchio della diga. Ombre fatue, incessantemente trasfigurate dai nuovi carichi, si sommano alle mobili sagome dei portatori e si sottraggono al levarsi del sole. - Sono arrivati i pittori. È finito il silenzio. - Magari così fosse. - Così sia. Puntuali, uscite dalla caverna sottostante il cortile degli Uffizi, vengono le barche. Sono di vari colori e diverse forme. Le affilate prue avanzano, veloci bisturi incidono a strappi l’immobile superficie dell’acqua, mentre la spinta dei remi si lascia alle spalle duplici ingorghi che, allargandosi in cerchi concentrici, si sciolgono sulle opposte rive. Lussureggianti di incuria. I canottieri, con altergo vigore, giungono all’approdo facendo perno sulle pale per la virata. Il tempo di lanciare la cima, alla quale legare il polittico, pronti ad invertire la rotta. Trascinando la galleggiante preda, sfilano sotto le multiple arcate dei ponti, per ritrovarsi al punto di partenza. Il famoso recesso incorniciato da il venerabile Ponte Vecchio e il sacrario degli Uffizi, è presto invaso dalle inusitate forme dei polittici. Relitti abbandonati ai capricci dell’acqua, si respingono e attraggono secondo la corrente e la perizia dei compositori. La zattera dei naufraghi cresce e si distende ai piedi dell’Alta Pinacoteca, che li avvista e riflette. In contrappunto, si è cancellato l’ombroso geroglifico della 336 337 rivoluzioni e celebrazioni Polittico di San Giovanni, 1991. Progetto, matite colorate su cartoncino pescaia che, libera dalle tele, è tornata ad essere forma di se stessa. - Si accorgeranno di noi? - L’importante, è rimanere a galla. bastone è il padrone di tutti e due. Ad ogni modo, è da tenere a mente, che anche un povero pollo può sembrare feroce solo se ci si lascia mettere nel sacco. AVANGUARDIA Sono giorni e giorni e giorni che per le strade del paese passano le avanguardie. Una vecchina, il capino candido spunta tra i gerani, si affaccia da una finestra dell’ultimo piano. Grabatamente domanda: - Ma quando arriva l’Esercito? MATRIMONIO La città, per suo temperamento, è freddina ma non frigida. E, prima di sposarsi con il Rinascimento, di storie ne ha avute parecchie. Fra estruschi, romani, ed alti e bassi medioevi, se ne è persa la memoria. Tutte relazioni prematrimoniali, e più che lecite. Ma la signora, nonostante il vincolo e l’età, qualche avventura se la concede ancora. Con discrezione si è fatta più di un giovane amante: dal futurista all’astratto, passando dal poeta al musicista visivo al video artista, il concettuale lo stilista e architetto radicale e chi altro sia. Ma non ne tiene né conto né memoria e, ad evitare pettegolezzi, lascia intendere che non succede mai nulla. Una vera signora non si può compromettere per una sveltina. - È vero, sotto sotto, di cose ne succedono. - Di più di quanto sembri. Ma non basta. - Ci vuol qualcuno che la metta incinta. CAPOLAVORO Piumaccio d’Oro, in vero nome Emilio Malenotti, così detto per la sua abilità a lucidare con lo spirito, fu a suo tempo apprendista presso un maestro artigiano. Invaghitosi della figliola di costui, come era d’uso, gliela chiede. Il maestro mette una condizione: che prima gli facesse il ‘capolavoro’. Che per un artigiano vale la tesi di laurea. Si tratta dell’oggetto del suo ramo, un fabbro una cassaforte un falegname uno stipo, in miniatura con tutte le sue parti rese a regola d’arte. Piumaccio d’Oro, in un certo tempo lo fece con impegno e quindi lo mostrò al maestro. - Bene, hai passato la prova: la mia figliola è tua. - E io non la voglio più. Rispose l’apprendista. E invece prese il suo capolavoro ed aprì bottega per conto suo. CONTEMPORANEO Non abbiamo più niente in comune né carattere né amici né età né viaggi o avventure, né progetti né amori e nemmeno nemici comuni. Abitiamo una città che ciascuno vede diversamente. Solo una cosa di tutte la più forte ci lega; siamo contemporanei. ESPERIENZA I contadini, quando gli capita di avere per cane uno che ha la cattiva abitudine di mangiarsi le galline, si comportano nel seguente modo. Chiusono il cane in un sacco insieme alle galline. Poi prendono il sacco a bastonate. Così che il cane, dopo questa esperienza, quando vede una gallina se ne tiene alla larga. Convinto che siano state proprio le galline a bastonarlo. Perciò a volte i pittori pensano di essere stati maltrattati dai critici, perché non vedono che chi tiene in mano il POLITTICO Gli uomini, con le donne, sono polittici ambulanti che fanno scorrere la loro vita nel polittico delle città. E anche l’arte è un polittico, che dà forma e qualità al polittico urbano. Non c’è opera, il capolavoro basta solo ai tursti di passaggio, che non sia più che un frammento della opera vera: la città dell’arte. La sua composizione, per essere armonica e viva, ha bisogno di tutto e di tutti; del grande e del piccolo, del vecchio e del nuovo. Ha bisogno di essere conservata ma anzitutto come ogni polittico immaginata. UFFIZI I quadri dei pittori si distendono ai piedi della Quadreria, in bella vista. - La pittura è morta. - E noi, modestamente, vivi. TROTZDEM - L’uomo propone e Dio dispone - Non bestemmiare. E non cercare scuse. - E va bene: “DICHIARO AL CIELO, AL MONDO E AL FIUME IL MIO FALLIMENTO”. - Il polittico non si è concluso. Ma io, a onore tuo e del vero, ce l’ho messa tutta. E come me tutti quelli che lo volevano. Ma, probabilmente a ragione, si è imposta la forma dello sganasciamento reale su quella ideale di struttura. Il mio peccato, veniale, è immaginare quello che non vuole succedere. Ma a te le gravidanze isteriche, lo so, non interessano. - Recita la penitenza. - Trotzdem, nonostante tutto, lo rifarei. Otto lettere ha il nome Giovanni otto il Battista siccome otto sono le pareti della sua casa otto i bordi del fonte contenitore di un ottagono d’acqua modello originale proiettato nello spazio sale lungo otto nervi di marmo a dare forma alla cupola ed al resto. Quattro i tratti del fiume quattro i ponti Pagine successive: Polittico di San Giovanni, 1991 Documentazione fotografica dell’evento per due correnti e due rive fanno quattro e quatt’otto. 80x80 centimetri la misura dei quadri uniti secondo la loro struttura polittica ma separati in virtù dei diversi autori. Predisposti all’incastro reciproco per concludersi in una immagine sola: un polittico di 40x20 quadri e 32x16 metri. Così questo libro dei numeri dell’otto è fatto di otto fogli che sono piegati in otto. Otto moduli distinguono i polittici uno trittico, due quadrittici, cinque pentapolittici 64 trittici, per 192 quadri, (8x8) x 3 72 quadrittici, 288 quadri, (8x9) x 4 e 64 pentapolittici, di 320 quadri, (8x8) x 5 Per un totale di 200 polittici che sommate le parti danno cento volte 8 perché 200 sono i pittori ed 800 i quadri. Dedicato a pittori e canottieri la morte in scena 343 Nel 1991, lo scoppio della I Guerra del Golfo in Kuwait ispira all’artista la prima di una serie di immagini di “morte”, che si ripeteranno nella sua produzione successiva. I corpi umani ridotti a brandelli sono contenuti in una grande coppa di ferro battuto, “vaso allegorico” realizzato per lo spettacolo Still Life della Florence Dance Company, con cui egli collabora dal 1987 (la ballerina e coreografa Marga Nativo è cognata di Mariotti). L’immagine della vita umana incarnata dai ballerini si trasforma nell’interpretazione coreografica di una “natura morta”, rappresentata da Mariotti anche nel logo nero, che riproduce la sagoma della famosa Canestra di frutta dipinta da Caravaggio e conservata alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano. A questa segue nel 1992, sempre per la Florence Dance Company, la “rappresentazione allegorica in forma di balletto dell’ultimo giorno della vita di Lorenzo” Il Magnifico, di cui Firenze celebra l’anniversario. La rappresentazione, intitolata Giuliano. Una morte fiorentina, ricostruisce il momento ideale del ricongiungimento fra Lorenzo e il fratello scomparso proponendo “il gioco della memoria come emblematico della condizione umana” (Mariotti, Giuliano, 1992). Nell’occasione Mariotti ritorna alle origini della sua attività per il teatro e compone una scenografia con le quattro sagome delle sculture monumentali di Michelangelo nella Cappella medicea, a cui corrispondono “le fasi della vita interpretate dalle raffigurazioni coreografiche” (Aurora, infanzia/gioco; Giorno, giovinezza/amore; Crepuscolo, maturità/potere; Notte, morte/ memoria). Al fondo della scenografia si ergono i troni di Lorenzo, che veste di rosso, e di Giuliano, che veste di nero, mentre al centro si muove la figura dell’Androgino, “segno di collegamento fra le varie scene” che interpreta “la doppiezza della rappresentazione (classica e popolare, tragica e comica)”. La riduzione scenica si suddivide, come spesso avviene nelle azioni ideate da Mariotti, in parti rigorosamente calcolate: quattro frazioni di sei minuti, una per ciascuna allegoria, e un totale di ventiquattro minuti corrispondenti alle ore del giorno; ogni minuto è scandito “da un tocco” e “da un cambiamento coreografico” (la colonna sonora è di Andrea Mariotti, come nel caso del Balletto con la luna interpretato da Keith Ferrone e Marga Nativo a Capri). L’ossessiva scansione temporale si conclude con l’apertura progressiva del fondale e l’uscita finale dei danzatori dallo spazio rimasto vuoto. Lo spettacolo è replicato, con successo, nell’ottobre dello stesso anno al Joice Theatre di New York e ricostruito scenicamente per la prima edizione del Festival “Fabbrica Europa” all’ex Stazione Leopolda di Firenze nell’ottobre 1994. Ad esso è associata, nel 1992, anche un’azione di Mariotti sull’Arno, svolta al Central Park a New York, che funge da “prologo” pur annunciandosi come un tragico epilogo: nel Trionfo della Morte egli si cala dentro un’imbarcazione a remi, chiusa e nera come una bara, che scivola solitaria sull’acqua. Segue, nel 1994, l’autorappresentazione ironica di Quella volta che sono morto, presentata al Centro Di a Firenze: otto tavole con scrittura braille, che aveva già fatto la propria apparizione in (fuori testo), nelle quali cui Mariotti ricorda in modo fantasioso, apparentemente autodivertito e certamente esorcistico, sette episodi 344 345 la morte in scena Still Life, 1991. Logo in cui ha rischiato effettivamente di perire fra il 1973 e il 1993. L’ottava tavola, in realtà la prima della serie (da cui è tratta la citazione riportata in apertura di questa analisi del lavoro di Mariotti), ha la funzione di introdurre sia “i racconti” successivi sia “le immagini fotografiche” che li accompagnano, nel cui insieme, egli annuncia, “è contenuto il fantasma della mia morte [...] l’immagine che tu vedi, senza leggere e la scrittura che tu leggi, senza vedere” (Mariotti, Quella volta che sono morto, 1994). Nel 1995 espone allo spazio comunale del Parterre di Firenze una serie di cartoni dipinti sul tema metaforico delle Catene (1995), dove mescola l’amara visione già presente negli ultimi lavori, citazioni dell’arte del Novecento ed in particolare della Metafisica, una figurazione asciutta nel disegno e piatta nella stesura dei colori. Nell’ottobre 1995 promuove quindi l’esposizione collettiva di un’ingombrante “quadreria di arte contemporanea” all’ex Stazione Leopolda di Firenze. La mostra s’intitola simbolicamente Al muro! ed è accompagnata da un’ultimo, infuocato proclama di Mariotti, che si fa portavoce del malessere diffuso tra gli artisti attivi a Firenze nei confronti dei rappresentanti delle istituzioni politiche e culturali della città: “se leviamo il disturbo non fate gli ipocriti: non ci avete mai visti. E fate come sempre, non venite: forse non reggereste alla vista di tanti ex voti. No, non promettete più nulla, ormai è deciso. Noi togliamo il disturbo, ma almeno il muro lo scegliamo noi. Caricare! Puntare! Fuoco!” (Al muro!, Fabbrica Europa, Firenze 1995) 346 Still Life, 1991.Vaso allegorico in ferro battuto e documentazione fotografica dello spettacolo, Florence Dance Company, Firenze 347 la morte in scena STILL LIFE. In ricordo di Mario Mariotti Keith Ferrone ... eravamo seduti davanti alla tv quando è scoppiata la notizia di un massiccio bombardamento su Bagdad che ha segnato l’inizio della guerra del Golfo. La nostra reazione di sorpresa e terrore quasi immediatamente scivolò verso un’introspezione personale con una valutazione dell’evento a livello umano, per essere poi tradotta in maniera astratta sul piano artistico e dunque in senso trasfigurato. Ci apparve la ‘coppa della vittoria’ che immortala uno scontro di dominio in un gesto di brindisi finale. Dentro la coppa che poteva contenere vino, abbiamo visto il sangue versato che poi ha preso forma di carne umana massacrata. Abbiamo visto quei corpi senza vita (otto per l’esattezza; un numero ‘magico’ che per Mario era sempre storicamente ricorrente ...) in un gigantesco vaso di ferro battuto, come un’enorme natura morta o ‘still life’. Nel disegno di Mario del soggetto appare l’arancia come simbolo della vita, la vanitas che sostituisce il teschio della morte nella pittura del Rinascimento. È così che è nata l’idea della performance di Still Life. Così, come tanti altri spettacoli, performance ed eventi che abbiamo fatto insieme a Mariotti. In effetti, ogni volta eravamo insieme, a tavola, a passeggiare, a lavorare; scorrevano enormi quantità di idee per poi trasformarsi in realtà di ‘opere teatrali’. Non sarebbe bastata una vita per realizzarle ... Mario continuamente metteva in discussione la vita, il destino e il nostro percorso all’interno di esso; una fonte sempre fresca e inesauribile per l’interpretazione della vita nell’arte. Mi sento fortunato per aver passato tanti di questi momenti con Mario, accanto al suo cuore che amava tutto, la sua mente che trasformava tutto in ragione essenziale, il suo cervello che sconfiggeva qualsiasi confine di incomprensione. Spero soltanto di poter dire davvero che ho imparato qualcosa dal maestro e come un buon allievo spero di continuare, per quanto riguarda il mio lavoro, anche nel suo nome. [...] [Dattiloscritto. Archivio Mariotti] 348 la morte in scena Giuliano. Una morte fiorentina, 1992. Manifesto dello spettacolo GIULIANO Rappresentazione allegorica in forma di balletto dell’ultimo giorno della vita di Lorenzo [Il Magnifico]. Lorenzo, nel segno della memoria, si ricongiunge al fratello Giuliano. Escludendo ogni ricostruzione filologica della storia del suo potere e fama, si propone il gioco della memoria come emblematico della condizione umana: Giuliano rappresenta la conclusione di una esperienza terrena, trascorsa in un perdiodo in cui l’uomo era posto al centro della visione (oltre o malgrado l’essere e l’avere) e periò patrimonio di ogni tempo e del nostro in particolare. Nella riduzione scenica il giorno, che già rappresenta una vita, è contratto nel tempo di 24 minuti. I ventiquattro minuti sono frazionati in 4 parti di sei minuti, rappresentati dalle figure scolpite da Michelangiolo per la sagrastia nuova di S. Lorenzo, dove i due magnifici sono sepolti con gli omonimi Duchi Lorenzo e Giuliano (ancora eco e memoria). Alle sagome monumentali corrispondono le fasi della vita interpretate dalle raffigurazioni coreografiche: L’Aurora, o tempo dell’infanzia caratterizzata dal gioco. Il Giorno, o tempo della giovinezza mossa dall’amore. Il Crepuscolo, o tempo della maturità segnata dal potere. La Notte, o tempo della morte che si conclude nel compimento della memoria. Indicazioni sceniche: La scena è composta dalle quattro sagome praticabili che riproducono il profilo delle sculture michelangiolesche. (Su ogni sagoma la figura di un danzatore nella stessa posa). Sul fondo si erige il duplice trono dei magnifici Lorenzo e Giuliano. (Le figure sagomate presentano i due danzatori antistanti: un Lorenzo vestito di rosso e un Giuliano nero). Al centro della scena una figura danzante rappresenta l’Androgino. Può essere intesa come Firenze o Arte o Vita. Oltre ad essere il segno di collegamento fra le varie scene rappresenta la doppiezza della rappresentazione (classica e popolare, tragica e comica). Queste tre figure sono sempre in scena. Le altre si muovono secondo la rappresentazione dei diversi momenti e trasformazioni. Il tempo viene scandito nella rigorosa ripartizione dei 24 minuti. Ogni minuto è segnato da un tocco sonoro, che fa parte della colonna sonora scritta appositamente per il balletto da Andrea Mariotti, e da un cambiamento coreografico. La luce sottolinea il cambio del tempo. Ogni sei minuti, in corrispondenza ai movimenti che si succedono nelle quattro figure allegoriche, cambia il colore. La luce principale è originata dalla sommità di un’asta, che gira imperniata dietro il trono, in senso orario. Altri effetti sono installati dietro le sagome. Il tutto è una macchina scenica autonoma, di facile e agile spostamento. Lo spettacolo è ideale sia per un teatro al chiuso che per uno spazio all’aperto. Negli ultimi 6 minuti si apre, in senso antiorario ad ala di pipistrello, un fondale. I danzatori si ritirano sullo scenario vuoto. [Dattiloscritto di Mario Mariotti. Archivio Mariotti] 350 la morte in scena Barca allegorica. Trionfo della morte, 1992. Documentazione fotografica dell’azione, fiume Arno, Firenze GIULIANO UNA MORTE FIORENTINA DI MARIO MARIOTTI Non è la prima volta che Mario Mariotti, approfittando di celebrazioni e centenari (che sembrano le uniche occasioni di svago che questa storica città sembra offrire all’attenzione dei suoi contemporanei) interviene nella città per dare forma alle più diverse proposizioni. Così nel 1980, occasione le grandi Mostre Medicee, fu la volta delle proiezioni sulla Chiesa di Santo Spirito (Progetti di Facciata). Ed ancora in Santo Spirito, 1985 anno degli Etruschi, Firenze (Fuoco o Cenere?). Nel 1989, Anniversario della Rivoluzione Francese, Arnò 89 (La pescaia ghigliottina divide Piazza Ognissanti da Piazza Cestello). 1991, 24 giugno, Polittico di San Giovanni (la pittura contemporanea galleggia sotto gli Uffizi). Questa volta l’occasione viene dal Centenario di Lorenzo. Ed è l’occasione per formulare attraverso il Magnifico, il Trionfo della Morte con il Trascorrere del Tempo. Tema rimosso ma quantomai contemporaneo. Giuliano, una morte fiorentina, è la morte di Lorenzo che si riflette nell’esperienza dell’uccisione del fratello, che poi doveva essere anche la sua morte. Uno slittamento nel tempo che passa fino al ricongiungimento di Lorenzo con Giuliano. La ricostruzione del ricordo è una contrazione dello spazio e del tempo in un percorso ideale e perciò comune a ciascun uomo, in qualsiasi luogo. Qui è, per esempio, Lorenzo e Firenze, oggi. Nella riproduzione scenica l’azione ripetuta in due parti simmetriche di 24 minuti ciascuna, rappresenta il tempo dell’ultimo giorno di Lorenzo. La luce scandisce i quattro momenti del giorno. Il disco del sole, che trascorre ed infine diventa luna, evoca la cupola della cappella dei Pazzi. Lo spazio è una composizione suggerita dalla Sacrestia Nuova di Michelangelo. Le figure allegoriche segnano il trascorrere di questo ultimo giorno fino all’appuntamento conclusivo di Lorenzo con Giuliano. AURORA, Primavera, Adolescenza (Gioco). GIORNO, Estate, Giovinezza (Amore). CREPUSCOLO, Autunno, Maturità (Potere). NOTTE, Inverno, Vecchiaia (Morte). La rappresentazione, analoga ai lavori precedenti dell’autore dove lo spazio è pubblico ed aperto, e diversi sono gli episodi che compongono l’evento, si avvale di una prima parte prevalentemente audiovisiva, dove ad un filmato di 24 minuti si accompagnano le proiezioni di 240 dipositive, disegnate da 60 bambini, 60 donne, 60 uomini, 60 pittori. La seconda parte con la compagnia del Florence Dance Theatre, prende decisamente la forma del balletto. Queste indicazioni, come per ogni altra opera visiva, non sono che indicazioni parzialmente significanti in quanto questo intervento teatrale non vuole essere una costruzione di significati ma una forma visiva evidente in sé. PROLOGO Barca allegorica - Trionfo della Morte Florence Dance Theatre in collaborazione con Comitato Nazionale per le Celebrazioni del V Centenario della Morte di Lorenzo Il Magnifico Associazione Teatrale Pistoiese Centro Regionale per la Danza Sotto Sopra Paralumi GIULIANO Una morte fiorentina di Mario Mariotti Coreografia: Keith Ferrone Progetto esecutivo: Mario Mariotti Musica originale: Andrea Mariotti Fotografia: Duilio Ringressi, Rainbow Films Luci: Lucilla Baroni Costruzioni: Laboratorio Teatrale Manzoni Pistoia Attrezzatura: Sotto Sopra Paralumi Sartoria: Mauro Agnolini Trucco: Istituto di Estetica Reali [Testo pubblicato nella brochure, a cura del Florence Dance Festival, Firenze 1992. Archivio Mariotti] 356 la morte in scena Quella volta che sono morto, 1994. Stampe fotografiche con rilievo braille QUELLA VOLTA CHE SONO MORTO Quella volta che sono morto, non ricordo quando né dove né come, ma la sua causa risale al 21 settembre 1936. Quella volta che sono nato. Sarà il curatore della mia retrospettiva, con mano oculata, a definire i dati anagrafici e quanto resta di me. Non trascurando, con le altre sette, questa ottava carta battesimale, perché tra queste immagini fotografiche che le precedono ed i successivi racconti che la descrivono è contenuto il fantasma della mia morte. Icona e grafia separate dalla diversa forma eppure unite dal medesimo evento, sono insieme testimoni e complici di questo artificio. Così convergono nello stesso foglio l’immagine che tu vedi, senza leggere e la scrittura che tu leggi, senza vedere. Quella volta che sono morto, il 19 febbraio 1973, ero giunto ad un’oasi di montagna. Superato il massiccio degli Aurés un caldo benefico saliva dal deserto. Scesi, a piedi mi inoltrai nel giardino di palme. Con gli occhi nella reflex a un tratto mi apparve una fanciulla velata che subito si solleva la bianca sottana mostrandomi il bruno dattero. Scattai, ma quando alzai lo sguardo all’obiettivo la dolce visione era svanita. Rapita dal verde. Non osai proseguire e ancora turbato risalii al villaggio. Attratto dal suono di un flauto entrai in una ombrosa taverna dove qualcuno mi volle offrire qualcosa che io bevvi e subito mi assalì un sonno profondo. Mi svegliai nell’accecante bagliore del deserto. Dai bagagli mancava solo il rullino della Pentax e la benzina del camper. Le impronte lasciate dal mio vagare nella sabbia sono state il mio ultimo effimero disegno. Quella volta che sono morto, il 26 ottobre 1978, uscito dall’auditorium fra Spring e Greene, mi fermai in un localino della zona. Seduto in un angolo solitario al lume di candela ero accompagnato da due pensieri: strana serata, sto mangiando una coscia di pollo io che preferisco il petto ed a sentire Phil Glass e Dickie Landry non c’era neanche un nero. Uscito fuori ne trovai subito uno. Cercando un taxi mi persi in strade sconosciute e sempre più deserte. Voltandomi mi resi conto che quel nero mi stava seguendo. Affrettai i passi cercando di stare al centro, sotto la luce dei radi lampioni. Mi fermai per accendere nervoso una sigaretta, ma non doveva essere il fumo a uccidermi. La lama entrò facilmente e senza dolore mentre il mio cappotto si accasciava sulla propria ombra. Piegandomi esalai l’ultimo respiro e su nell’aria fresca, in controluce, salì una nuvoletta azzurrognola gonfia di nicotina. Quella volta che sono morto, il 24 gennaio 1986, avevo lasciato la torre ottagonale di Heatrow sul volo BA0005. Quando inizia la discesa in avvicinamento verso Anchorage, sono incollato al finestrino ad inseguire con i miei rapidi fotogrammi lo splendente paesaggio glaciale, che scorreva lento ed immenso sotto di noi, in pieno sole. Ci sarebbe stato solo uno scalo tecnico. Neanche il tempo di lasciare l’aeroporto. Pensai, che peccato non potermi fermare più a lungo. Il mio desiderio fu esaudito. L’aereo precipitò nella foresta. Non ci furono superstiti e il mio corpo, non identificato, è ancora lì, sepolto in una fossa comune. 359 la morte in scena Quella volta che sono morto, 1994. Stampe fotografiche con rilievo braille Quella volta che sono morto, il 16 dicembre 1989, venivo dal Freie Theateranstalt Berlin dove, per 29.70 marchi, avevo assistito a “Ich bin’s nicht, Adolf Hitler ist es gewesen”. No avevo capito quasi nulla. Ma in complesso non c’era stato l’imbarazzo dell’applauso, perché gli attori sparirono all’improvviso di scena, lasciandoci soli. A meditare. Attraversando la Spandauer Damm vengo travolto da una Skoda che tentava disperatamente di sorpassare una Mercedes Benz. L’incauto pilota, sceso e guardatosi intorno fuggitivo, raccolse rapidamente me ed i suoi rottami sparsi sull’asfalto e ci caricò su quanto ancora restava della sua macchina. poi, fatta inversione di marcia, sgassò scoppiettando per Tiergarten. Quindi ad est verso il muro, che passò da qualche parte, portandomi a tramontare dove un tempo sorgeva il sol dell’avvenire. Quella volta che sono morto, il 14 febbraio 1991, dopo avere cenato al Lady Hamilton Hotel, scesi per la Prastagatan verso il porto. Nevicava forte. Procedevo a tentoni come affondato in un imballaggio di polistirolo espanso. Impastati di neve rari viandanti sbucavano dai muri, improvvisi come spettri, e subito sparivano nel nulla. Finché arrivo al biancore di uno slargo fresco e silenzioso. Qui, preso da un urgente bisogno, procedo per un breve tratto. Mentre già il mio dorato zampillo si curva nella sua calda parabola bucaneve, un violento brivido mi paralizza. Stavo sprofondando nelle gelide acque del molo. Così, come putto mingente di Pompei sepolto dalla cenere, mi inabissai. Nevicava forte. Presto la crosta nevosa si richiuse sopra di me che la lasciavo, immacolata, come la trovai. Quella volta che sono morto, il 19 giugno 1993, ero andato all’Edo-Tokyo Museum con un amico che poi, passando il Kokugikan Sumo Museum, mi accompagnò alla stazione di Rygoru. Qui la folla di scolari ci separò. Dietro a me, seguito dalla scolaresca festante, sale un gigantesco lottatore di Sumo che, rinculando, mi trascina schiacciandomi all’altra portiera. Ma il peggio viene quando, incitato dalla massa urlante, il colosso comincia a inchinarsi per firmare gli autografi. Ad ogni inchino i suoi possenti posteriori mi devastano, schiantando qualcosa. Finché, spappolato e frantumato, il mio corpo non perde spessore e scivola libero ed esanime sul pavimento. Alla successiva fermata di Rakurocho, nel delirio, vidi salire i piedi ossuti della morte che, avanzando fra le scarpe dei viaggiatori, veniva a prendermi. Quella volta che sono morto, il 23 orrobre 1993, dall’ospedale felefonarono per avvertire i mei familiari. Albeggiava e un infermiere aveva già alzato il paravento. Dopo aver staccato i cannelli, fasciò la mandibola alla testa e, composte le mani in grembo, mi abbassò pietosamente le palpebre. Eppure quando giunsero i miei cari, li sentii arrivare e fermarsi al lato del letto. Io, che non avevo più né mani né occhi, sentivo i loro sguardi e le loro carezze leggere. Ricacciai la commozione nel ricordo del disperato addio di un amore giovanile e di come, quando l’altoparlante annunciò che la partenza di lei avrebbe subito un’ora di ritardo, ci guardammo sgomenti e ormai estranei. Le parole erano già state spese tutte e versato fino all’ultima lacrima. Questa volta, per evitare ritardi, non mi mossi e me ne andai in santa pace. L’ammalato accanto, un ragusano che si era affacciato ai piedi del letto, sussurrò: minchia, pare che sorride. [Dattiloscritti di Mario Mariotti per l’opera esposta al Centro Di, Firenze 1994. Archivio Mariotti] ultime rappresentazioni 365 Mariotti porta a termine il lavoro sulle “mani” con la realizzazione di un’ultima serie intitolata Giochi di mano (1992, l’anno delle Olimpiadi a Barcellona) e la pubblicazione di un’edizione speciale in giapponese dedicata al Calcio di mano (1994). Realizza inoltre l’immagine/logo Diladdarno, sintetizzando graficamente il popolare paesaggio urbano dell’Oltrarno fiorentino in un poetico dipinto sul palmo della mano. Alla rassegna Erotica di Bologna presenta una serie di irridenti divagazioni intorno alle Variazioni sul pisello (1993), tema plastico ed insieme velatamente allusivo alla pratica infeconda della masturbazione. Ad esse può essere contrapposta l’immagine virtuale del Nudo di donna (fotografia del 1982, replicata in forma pittorica nel 1993); l’immagine è tratta dalla convergenza a Y di tre spigoli in una stanza che, sottolinea Mariotti, “non è oggettiva ma dipendente dalla capacità di immaginare quanto solitamente viene a celarsi fra pareti considerate distrattamente troppo domestiche” (Iride, Villa Romana, Firenze 1982). Nel giugno 1994 consegna all’immaginazione dei posteri e al giudizio della storia “una meridiana di marmo, un pisello e una mano di ottone ed un numero 8 di gesso”, seppelliti nel cortile della sua “bottega” in via Toscanella, in un’azione dimostrativa documentata nel video Museo (1994), in cui denuncia il disinteresse delle maggiori istituzioni artistiche contemporanee (Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma, Documenta di Kassel, a cui aggiunge il Museo Pecci di Prato!) ed il mancato inserimento delle sue “opere” in collezioni museali d’arte contemporanea. Si tratta di oggetti simbolici e forme ripetute nel corso della sua ricerca: la meridiana funge da quadrante per le Variazioni sul pisello, dove l’organo maschile diventa l’ago che proietta la propria ombra e, a sua volta, viene associato ad altre immagini e forme; la stessa mano è pubblicata in (fuori testo) e riproposta nel 1983 alla Galleria Vivita col titolo Dall’altra parte, e rappresenta il fulcro di gran parte del suo percorso creativo, da Arti-giano ai lavori sulle “mani”; “8” appare come simbolo d’infinito nel Fante di Coppe e poi come riferimento numerico nell’allegoria di Fire-nze e nel progetto del Polittico di San Giovanni. In realtà sono soprattutto indizi che invitano a svelare il rebus della creazione di Mariotti, che è insieme opera e vita. Nel 1994 tiene una mostra personale all’Espace Mailly di Perpignan, spazio culturale polifunzionale della città francese, per la quale compone la serie dei dodici dipinti intitolati Kit & Kat, stranianate continuazione della sua produzione pittorica postmoderna della seconda metà degli anni ottanta, sorta di via crucis in dodici stazioni caratterizzate dall’inserimento costante dell’omonima scatola di cibo per gatti, e la serie di mappe/rilievi Hexagone, che riproducono in forma pittorica e plastico-decorativa la sagoma esagonale della Francia. Nel 1995 è invitato alla rassegna Triebquelle, al Botanikum di Monaco di Baviera, dove espone una superflua Fontana piovana attraverso cui l’acqua sgocciola da una “mano” al “pisello” e un dissacrante Sankt Deusche Mark, che riproduce l’allusiva icona di un nuovo “santo”, il Marco tedesco. Sullo stesso tema aveva già realizzato un crocifisso in compensato, “sagoma” tratta da uno dei dipinti del Duecento 366 367 ultime rappresentazioni Giochi di mano, Fatatrac, Firenze 1992 toscano conosciuti in occasione della composizione del film (XX), sarcasticamente intitolato ICI (sigla dell’imposta comunale sugli immobili) mentre l’iscrizione latina sulla croce è trasformata in IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche). A questo proposito, si può ricordare che da oltre un decennio Mariotti ha preso l’abitudine di firmare le proprie opere con la sigla presente nel proprio codice fiscale: “MRT MRA”. Alla rassegna Passaggi a nord-ovest, organizzata a Biella nel 1996, installa davanti a una banca una copia della sua mano aperta, con una fessura/stimmata nel palmo a chiedere l’elemosina (Mecenate) e conficca nel marciapiede della stazione ferroviaria due impronte metalliche delle piante dei suoi piedi (Antipode). GIOCHI DI MANO Le mani, per natura loro, non sono molto sportive. Non stanno al gioco, o meglio, ci stanno a modo loro. Ne sanno qualcosa i piedi, che nelle gare sopportano il maggior peso e fatica. Va a finire che salgono sì sul podio, ma per rizzare più in alto le mani che si sbracciano per toccare con un dito il cielo e la gloria. Mentre i piedi, bassi bassi, umili e doloranti, se ne stanno nascosti nelle scarpe a gonfiare di dispetto, boccheggiando per riprendere fiato. E loro, fresche e giulive a raccattare allori, a stringere altre mani ancora calde di applausi, a sparpagliare autografi, ad arraffare mazzi di fiori, coppe, medaglie, pergamene e quanto capiti a portata di mano. Il gioco è tutto qui: “trovate un forte piedistallo, un minimo di acconto, e un buon fotografo ed io mi metto in posa”, dice la mano. [Testo pubblicato in Mario Mariotti, Giochi di mano, Fatatrac, Firenze 1992. Archivio Mariotti] 368 369 ultime rappresentazioni Giochi di mano, 1992. Fotografie a colori epilogo (l’incompiuto) 383 Rimangono nell’archivio alcuni progetti di Mariotti non realizzati. Nel 1992 egli s’inserisce prepotentemente nella diatriba sulla ripavimentazione di Piazza della Signoria, suggerendo al Comune di Firenze di invitare artisti da tutto il mondo e di assegnare “a ognuno di loro una pietra della piazza perché la trasformi a piacimento”. La piazza, che ha perso inesorabilmente il proprio aspetto originario, potrebbe “essere resa alla contemporaneità e sfuggire a quei canoni dell’estetica in cui ormai è ridotta l’arte a Firenze, una categoria che paralizza tutto”. Egli immagina in questo modo la possibilità di “rimettere in moto la macchina che dette vita alle città, che i principi inventavano nei momenti di stanchezza: la fabbrica - come la fabbrica del Duomo, per esempio che riporta la forza” (Mariotti, 1992). Nel 1995 propone allo stesso Comune un “progetto di arredo urbano” per Piazza della Passera (così viene definito nella dizione popolare, riportata su un’apposita targa in loco, uno slargo senza nome all’incrocio triangolare di tre viuzze nel quartiere di Santo Spirito), finalizzato “a recuperare la memoria degli allineamenti delle antiche proprietà Ridolfi i cui locali degenerati nell’uso e nella condizione (lupanari e gioco d’azzardo) furono demoliti alla fine dell’Ottocento”. L’ipotesi è di corredare tali allineamenti originali “attraverso un sistema di panchine di via tipiche del sistema architettonico fiorentino” per consentire di ricreare un luogo d’incontro e “favorire occasioni culturali di vario genere” (Mariotti, 1995). A questa proposta è collegato un progetto di “otto” iniziative da svolgere in altrettante finestre che si affacciano sulla piazza: “un quadro, una poesia, un suono, un racconto, una installazione, un matrimonio, la nascita di un bambino, un viaggio fotografico, un video, uno spogliarello”. Accompagnano il progetto una mappa a rilievo della piazza in terracotta e bronzo, analoga a quelle a suo tempo prodotte per Fire-nze (1985) e il Polittico di San Giovanni (1991), ed alcuni disegni che la riproducono in forma pubica al centro di un tronco femminile a forma di vaso. Contestualmente egli propone al Comune pure la donazione dell’intero corpus di “progetti di facciata” per la chiesa di Santo Spirito, con i quali ha realizzato le proiezioni di Piazza della Palla (1980). L’offerta prevede che questo “archivio” rimanga comunque all’interno del Caffè Ricchi a Santo Spirito, dove i progetti si trovano esposti in permanenza, ma che sia rinnovato ed arricchito di nuove proposte da proiettare annualmente. Per l’estate 1996 le proiezioni potrebbero concludere una settimana di eventi sul tema del “progetto per il silenzio urbano” (Mariotti), che dovrebbe includere anche un Festival annuale del cinema muto. Nello stesso 1996, in occasione della I Biennale della Moda di Firenze, Mariotti rivolge agli organizzatori della rassegna una proposta per Orsanmichele: “edificato dalla corporazione delle Arti per manifestare l’indivisibile rapporto fra arte ed economia, è il luogo deputato ad ospitare un evento che indica nella Moda l’erede naturale di una tradizione che nelle Arti trovò le ragioni della sua ricchezza, insieme mercantile e culturale”. Egli immagina di presentare, nei tabernacoli che si trovano temporaneamente vuoti per il restauro delle statue, “sei indossatori che vestono abiti contemporanei creati da grandi sarti (riferimenti alla tradizione). 384 385 epilogo (l’incompiuto) L’Arte della Moda, 1996. Tecnica mista e collage su carta. Progetto di performance per Orsanmichele, Firenze Sotto le nicchie potrebbero esserci i cantori delle Laudi, e anche musici (riferimenti alla tradizione)”. Si tratta di un’ultima proposta per rievocare e reinterpretare la storia fiorentina, attraverso cui giunge alla conclusione che, “delle Arti, L’Arte della Moda [che da il titolo alla Biennale] è forse l’unica che può unire l’operosità del territorio fiorentino con la sua visibilità culturale in una cultura economica internazionale” (Mariotti, 1996). Nell’estate 1996 inizia a scolpire un grosso blocco di marmo di Carrara, che ha fatto trasportare dalle cave Michelangelo nel giardino della sua “bottega” di via Toscanella (l’opera, non finita, è stata recentemente trasferita al Parco dei Renai di Signa, in provincia di Firenze). La figura che intende far emergere dal marmo è indicata in alcuni schizzi progettuali: si tratta di un nudo maschile inginocchiato, analogo all’inquietante Adamo in creta presentato alla Galleria Vivita nel 1986, con una mano su un ginocchio leggermente sollevato e l’altra che tiene una palla a terra; il corpo appare inciso con forme indicate in un disegno col termine di “bestiario”; sulla testa è suggerito il rilievo del “cervello”, mentre il braccio sollevato è associato al termine “logos”. Il discorso di Mariotti appare oscuro, il suo lavoro sul marmo rimarrà per sempre incompiuto, intrappolato come i famosi Prigioni fiorentini di Michelangelo nello sforzo di uscire dalla materia grezza. All’inizio del 1997 egli compone un ultimo, tragico manifesto per il Punto Giovani di Firenze, servizio informativo rivolto a ragazzi con “problemi in famiglia, di coppia, con la scuola”: la mano che tiene fra le dita una palla rossa assume l’aspetto sinistro di un cadavere su fondo nero, consumato nella materia e livido nei colori. In questo caso l’inquietudine liberatoria della scultura lascia il posto ad un’immagine angosciante di morte. Sebbene questa sia l’ultima prova di Mariotti, ci piace ricordarlo con un’altra immagine che egli ha lasciato nel suo archivio, intitolata significativamente Luce (inclusa fra le opere esposte alla Galleria Vivita di Firenze nel 1986). È “l’impronta di una mano” nera dipinta a spruzzo, che emerge come una fantomatica “ombra” da un fondo altrettanto cupo; essa tuttavia è aperta come nell’atto di mandarci un saluto, di volerci accompagnare, ricordandoci che “la compagnia della nostra fedelissima ombra sembra ancora sufficiente a restituirci, con la complicità di una piccola luce, la nostra immaginazione, per ricondurci all’intatto stupore racchiuso nell’ambito della grotta: l’impronta di una mano, dalla quale non possiamo allontanarci” (Mariotti, Animani, 1980). Un’altra mano aperta, quella luminosa su cui egli ha impresso in rosso il proprio nome e cognome speculari intorno alla grande “M” tracciata dalle linee del suo palmo, che rappresenta insieme il segno autografo e il simbolo del suo autore, il suo primo strumento e la sua principale forma di espressione, il suo gesto e la sua parola, ci fa da guida in questa azione di riscoperta del suo immaginario poetico, delle sue invenzioni e creazioni. Come nel gioco fantastico e stimolante del “cerca/trova”, suggerito dallo stesso Mariotti nella sua opera/testamento e nel video Museo che ne attesta il sotterramento, ideato per farla ritrovare da qualcuno “fra qualche secolo” e farla finalmente ricordare “in un museo”, la ricerca nel suo archivio non si può esaurire in una sola volta. A questa prima indagine e alla mostra retrospettiva che documentano, in generale e per la prima volta, il suo intero percorso operativo, potranno seguire in futuro altre esplorazioni, altri “scavi” per far emergere, dallo stesso archivio, e approfondire settori specifici o aspetti particolari della sua ricerca: la composizione grafica per le copertine di libri, incluse quelle delle collane Il Castoro; l’ideazione di immagini per la comunicazione, con decine di manifesti, locandine, cartoline; la pratica del disegno, confluita in numerosi quaderni e fogli pieni di schizzi, bozzetti, progetti... In conclusione, a corredo di questo primo studio generale all’interno del suo archivio, si propone uno speciale percorso “sulle tracce” di Mario Mariotti, alla scoperta della sua fervida attività creativa concepita principalmente a e per Firenze (estesa anche a Vinci, Signa, Prato), ma proiettata soprattutto oltre i limiti culturali e commerciali della retorica antiquaria e del consumo turistico locale. Essa ci permette di attribuirgli forse il ruolo di principale, vero “artista di Firenze” nella seconda metà del Novecento; quello che, probabilmente più di tutti, l’ha amata e rappresentata, ne ha rievocato la storia e ricodificato la topografia, cercando i collegamenti possibili fra il suo passato e la sua contemporaneità interpretata attraverso una costante azione immaginativa e produttiva, nel tentativo personale e collettivo di liberarla dalla tentazione diffusa di cullarsi sui propri allori e confondersi nel riflesso della propria immagine. 390 Luce, 1986. Tavola dipinta a spruzzo e rilievo braille 391 epilogo (l’incompiuto) Firenze, 31 marzo 1997 Lara-Vinca Masini Con la morte di Mario Mariotti, calataci addosso come un fulmine, non solo la sua famiglia e i suoi tantissimi amici (artisti, artigiani, architetti, la “gente” di Santo Spirito) perdono un grande, insostituibile, generoso punto di riferimento, ma è la città intera, che egli ha amato di un amore fortemente critico, che verrà a mancare di uno dei pochissimi artisti (forse il solo?) che sono riusciti, operando in Firenze e “usandone” le istituzioni, a veicolarne il nome, all’insegna dell’arte contemporanea, in tutto il mondo. Ciò che non è davvero poco; dal momento che molti artisti fiorentini si inseriscono agevolmente nel sistema internazionale dell’arte, ma lavorando, per lo più, fuori da questa città, e soprattutto al di fuori delle sue istituzioni, ormai, per antonomasia, retrive e, oserei dire, “ostili”, nei confronti dell’arte contemporanea (Firenze, città d’arte?). Anche se, come si è ripetuto spesso (e mi limito agli ultimi trent’anni) è a Firenze che si è realizzato il fenomeno della “radical architecture”, è a Firenze che hanno operato e operano personaggi come Pietro Grossi (musica elettronica, programmata); come Giuseppe Chiari, artista esponente di Fluxus; come Sylvano Bussotti, Albert Mayr, Giancarlo Cardini... È a Firenze che sono sorti centri come “Proposte”, “Zona”, il gruppo 70 (arte tecnologica e poesia visiva), galleria Schema... E Mario Mariotti si è sempre mosso in questo contesto con l’agilità e la freschezza di una creatività inesauribile, con un’ironia sottile degna della migliore tradizione fiorentina (ma di una fiorentinità antica, simile a quella del giovane, atletico Cavalcanti della novella del Boccaccio, che con un salto e una battuta sarcastica si liberava di noiosi seccatori lasciandoli tra le arche di Santa Maria Novella). Mario Mariotti ha sempre lavorato ai margini dello specifico artistico e delle istituzioni, delle quali, si è detto, si è servito, nel processo di continua demistificazione e di coinvolgimento, in una progressiva, lucida forza corrosiva. Perciò egli ha sempre operato anche una sorta di recupero mentale della manualità artigiana e della progettualità, che ha legato, spesso, al contesto degli antichi quartieri della città, in particolare di Santo Spirito, il suo quartiere, dove ancora funzionano vecchie botteghe artigiane, che egli coinvolgeva in azioni promozionali, dilatandole, in un continuo gioco allusivo, a dimensioni internazionali. E chi non ricorda tra le tante, vitalissime operazioni, coinvolgenti artisti, artigiani, intellettuali, ragazzi... italiani e stranieri, Piazza della Palla, durante la quale proiettava i tanti progetti di facciata sulla facciata nuda di Santo Spirito, del 1980; o il progetto Firenze; o Arnò, sul tema della Rivoluzione francese; o il Polittico di San Giovanni (1991); o l’occupazione della Stazione Leopolda; tutte coinvolgenti la città e le istituzioni, che accettavano il coinvolgimento dissacrante in cambio della restituzione di una “produttiva” spettacolarità. E tra le azioni e i lavori personali si pensi al “No” proiettato sulla Cupola per il referendum sul divorzio; al Libro circolare ora alla Biblioteca Nazionale. E ancora alle azioni implicanti ironicamente e icasticamente il proprio corpo come Ani-mani (1980), Umani (1982), tradotti, poi, in gustosissime pubblicazioni. Una vita, quella di Mario Mariotti, travasata, tutta, in continua, armoniosa, generosa, giocosa creatività. Una vita la cui caustica, intensa, straordinaria umanità mancherà tanto, a tutti noi. [Copia del dattiloscritto. Archivio Mariotti] 392 393 apparati VITA DI MARIO MARIOTTI Nasce il 21 settembre 1936 a Montespertoli (Firenze), paese natale dei genitori che risiedono a Firenze. Cresce nel quartiere di S. Spirito a Firenze. Studia al Liceo Artistico di Firenze, dove s’iscrive anche suo fratello Marcello, nato nel 1938. Studia all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove di diploma nel 1962. Nel 1958 inizia l’attività di scenografo teatrale e di illustratore. Nel 1962 realizza la sua prima opera permanente, un affresco nella Caserma Ferrucci in piazza S. Spirito a Firenze. Prende “bottega” in Via Toscanella, nel quartiere di S. Spirito. Nel 1963 sposa Italia Nativo, ballerina al Teatro Comunale di Firenze. Nasce suo figlio Andrea. Nel 1965 inizia l’attività di grafico per l’editoria. Nel 1967 realizza la prima copertina per la collana “Il castoro”. Nel 1968 realizza la sua prima opera in forma di libro, che donerà l’anno successivo alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Nel 1969 inizia l’attività di designer, insieme a suo fratello Marcello. Nello stesso anno compie la sua prima “azione” collettiva in uno spazio urbano, a Molin del Piano (Firenze). Nasce sua figlia Francesca. Nel 1972 tiene la sua prima mostra in una galleria d’arte, insieme a Corrado Costa, a Milano. Nel 1973 realizza la sua prima opera in forma di scultura e la sua prima edizione d’arte. Nel 1974 partecipa alla fondazione del collettivo ZonA a Firenze. Nello stesso anno realizza il suo primo intervento ambientale di proiezione. Nel 1975 pubblica la sua prima monografia autobiografica. Nel 1976 realizza il suo primo film d’artista, coprodotto dall’archivio F.lli Alinari di Firenze. Nel 1979 inizia il lavoro pittorico sulle “mani” e realizza il suo primo “gioco” di piazza. Nel 1980 organizza per il Comune di Firenze un’estate di eventi in Piazza S. Spirito, in parallelo alle celebrazioni medicee. Nel 1981 forma un archivio di progetti collettivi per la facciata della chiesa di S. Spirito a Firenze. Nel 1984 realizza un’esposizione collettiva per l’inaugurazione di un ristorante a New York. Nel 1985 realizza per il Comune di Firenze un grande evento collettivo su Firenze che brucia. Nel 1986 tiene a Firenze la sua prima mostra antologica. Nel 1987 inizia a collaborare con la Florence Dance Company. Nel 1989 realizza un grande evento collettivo sulle rive dell’Arno, con l’Istituto francese di cultura di Firenze, per celebrare il bicentenario della Rivoluzione francese. Nel 1991 realizza un grande evento collettivo di pittura sull’Arno con la Società Canottieri Firenze. Nel 1995 realizza un’esposizione collettiva di artisti all’ex Stazione Leopolda di Firenze. Nel 1996 inizia la realizzazione della sua ultima scultura, che resterà incompiuta. Nel 1997 realizza il suo ultimo progetto grafico per il Comune di Firenze. Muore il 29 marzo 1997 a Firenze. MOSTRE Personali 1973 Galleria Schema, Firenze. Manifesto (Carola) 1975 Galleria La Bertesca, Genova. Cartolina (Profilo d’imperatore) 1978 Galleria Schema, Firenze. Cartoline (Proiezioni) 1979 Galleria Primo Piano, Roma. Cartolina (Ombra su tela) 1981 Galerie Dioptre, Genève. Catalogo (Varie figure) 1986 Galleria Vivita, Firenze. Catalogo e cartolina (mostra antologica) 1989 C&A Gallery, New York. Cartolina (Mixed Media) 1992 C&A Gallery, New York. Opuscolo, locandina e cartolina (Giuliano) 1994 Centro Di, Firenze. Cartolina (Quella volta che sono morto) Espace Mailly, Perpignan. Manifesto e cartolina (Hexagone, Kit&Kat, Animani handcetera…) Collettive 1972 Dialogo numerico, Galleria di Porta Ticinese, Milano (con Corrado Costa) 1973 Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, Palazzo Cavalieri del Taua, Altopascio (Lucca) 1974 Arti-Giano, Galleria Domus, Milano (con Marcello Mariotti) 1976 Artecronaca, Castello dei Conti Guidi, Vinci. Catalogo 1977 Monografie, ZonA, Firenze (con Carlo Dani) 1978 La spirale di nuovi strumenti, Palazzo Strozzi, Firenze. Catalogo Cinema d’artista e cinema sperimentale in Italia 1969/1978, Palais Chaillot, Centre Pompidou, Paris. Catalogo Installazione/esposizione, Pari&Dispari, Reggio Emilia 1979 Cine qua non, Cappella di Santa Apollonia, Firenze. Catalogo 1980 O sole mio, Kunstlerhaus, Hamburg. Catalogo Cineteca, Milano Cinema d’artista, Philadelphia Museum of Art, Philadelphia. Catalogo 394 395 apparati libri, pubblicità e premi 1981 Cambridge animation festival, Cambridge Mostra del libro d’artista. Firenze libro ‘81, Fortezza da Basso, Firenze Cent livres d’artiste italiens, Biblioteque National, Paris 1982 La territorialità dell’arte, Capo d’Orlando (Palermo). Catalogo Iride, Villa Romana, Firenze. Catalogo 1983 Specchi e riflessioni, Galleria Vivita, Firenze. Catalogo Im Theatre, Büro Berlin, Berlin Veduta Aerea, Palagio di Parte Guelfa, Firenze. Catalogo MelArt, Galleria Aglaia, Firenze Inspiration Italy, Lazarus, Columbus Ohio 1984 Mezzaluna, Mezzaluna Restaurant, New York e ZonA, Firenze. Catalogo 1985 Le vivant e l’artificiel, Hospice Saint Louis, Festival d’Avignon. Catalogo Cinema d’artista, Centre Pompidou, Paris 1986 I segni di Firenze. Arte in vetrina, Centro commerciale S. Pier Maggiore, Firenze. Catalogo Italy Now, Liberty, London Arteoggi/Artoday, Casa di Masaccio, San Giovanni Valdarno. Catalogo Artoday/Arteoggi, Marylan Institute, Baltimore. Catalogo Intermezzo, Florence Dance Center, Firenze. Catalogo International mail art and poetry exhibition, Eros, Patrasso. Catalogo Made in Florence/Dada David, Loli’s Emporium, Firenze 1988 De rerum natura, Galleria Aglaia, Firenze 1989 I giardini della chimera, Quartiere 9, Firenze. Catalogo Far libro. Libro e pagine d’artista in Italia, Forte di Belvedere, Firenze. Catalogo L’artista e il libro, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze. Catalogo Dada David. Ricognizione per un improbabile identikit, Barberino Val d’Elsa Arnò alla sbarra, Etoile Toy, Florence Dance Center, Firenze 1990 Estecne, Palau Scala, Valencia Creatività come lavoro. Illustrazione e visual design a Firenze 1979/1990, Fortezza da Basso, Firenze. Catalogo Progetto di strumento musicale, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia. Catalogo 1991 Brechtzentrum, Berlin Il cibo nell’arte, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia. Catalogo Catalogo Armonia. Progetto toscano per la casa, Fortezza da Basso, Firenze. Catalogo NIKE, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia Film 80. Il cinema d’artista in Italia, Palazzo delle Esposizioni, Roma 1992 MelArt, Galleria Aglaia, Firenze. Catalogo e manifesto Archivio della percezione: il senso del suono, Epo-Ex Giardini della Rocca Roveresca, Senigallia Dolce Vita, Firenze Tocco d’artista, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia. Catalogo 1993 Guardare a fiuto, Circolo culturale Il Gabbiano, La Spezia. Catalogo Fotografi italiani. Diario immaginario di Lanfranco Colombo, Galleria d’arte moderna e contemporanea, Bergamo. Catalogo Erotica ‘93, Palazzo dei Congressi, Bologna. Catalogo Scarperentola, Idea Book, Milano. Catalogo 1994 Marinetti e il Futurismo a Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze. Catalogo Alphabetica, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze. Catalogo Camera d’artista. Film degli anni settanta in Toscana, Quartiere 2, Firenze. Catalogo Cinderella’s Revenge, Smith’s Gallery, Coven Garden London / Cristinerose Gallery, New York Eros, Club l’Indiano, Firenze 1995 Cinema to grafica, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze. Catalogo Isole Felici. Romanzo per sei, Distretto Militare di Santo Spirito, Firenze Il ritorno, Saci, Firenze Triebquelle, Botanikum, München. Catalogo Al Muro! Particolari di un esecuzione di massa, Fabbrica Europa, Ex Stazione Leopolda, Firenze. Opuscolo Mulax dedica Murlo, Museo Etrusco, Murlo (Siena). Catalogo 1996 Immagini della fata, Biblioteca Thouar, Firenze La materia plasmata, Fortezza da Basso, Firenze. Catalogo Pari & Dispari. 16 artisti per Rosanna Chiessi, Teatro Studio, ScandicciPassaggi a Nord-Ovest, Quartiere San Paolo, Biella. Catalogo 1997 Lo straniero vede solo ciò che sa, Piazza Matteotti, Montelupo Fiorentino (Firenze). Catalogo PROGETTI, OPERE E AZIONI DOCUMENTATE Libri di Mario Mariotti (fuori testo), “Il castoro”, La Nuova Italia, Firenze 1975 Piazza della palla. Gioco, scena, proiezione, catalogo degli eventi, Firenze 21 luglio - 8 settembre 1980, Alinari, Firenze 1981 Animani, La Nuova Italia, Firenze 1980 Umani, La Nuova Italia, Firenze 1982 Dall’altra parte del libro, La Nuova Italia, Firenze 1982 Inganni, La Nuova Italia, Firenze 1984 Mezzaluna, Mezzaluna, New York 1984 Fire-nze, catalogo dell’evento, Firenze 21 settembre 1985, La Casa Usher, Firenze 1986 Rimani, Fatatrac, Firenze 1988 Fallo di mano, Fatatrac, Firenze 1990 Arnò ’89, catalogo dell’evento, Firenze 14 luglio 1989, La Nuova Italia, Firenze 1990. Giochi di mano, Fatatrac, Firenze 1992 Polittico di San Giovanni, catalogo dell’evento, Firenze, 24 giugno 1991, Artificio, Firenze 1993 Calcio di mano, UC Planning, Tokyo 1994 1958 Un uomo è un uomo, scenografia per Bertold Brecht, Galleria L’Indiano, Firenze Volumi monografici Mario Mariotti, catalogo della mostra, Galleria Vivita, Firenze 15 maggio - 14 giugno 1986, Galleria Vivita, Firenze 1986 Ronzani V., a cura di, Mario Mariotti alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Percorsi di ricerca fra grafica e libro d’artista, catalogo della mostra, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze 10 giugno - 10 luglio 1997, Centro Di, Firenze 1997 Manuale Mariotti. Handcetera. Animani, catalogo della mostra, Casina di Raffaello - Villa Boghese, Roma 3 aprile - 29 giugno 2008, Corraini, Mantova 2008 Animani. Le mani dipinte di Mario Mariotti, catalogo della mostra, Istituto degli Innocenti, Firenze 29 novembre 2009 - 11 aprile 2010, Nardini Editore, Firenze 2009 1965 Arlecchino, bassorilievo in terracotta smaltata, opera permanente, Teatro Metastasio, Prato Il mondo di Matt, illustrazioni varie Campagne pubblicitarie VHS International, Agenzia Zinc, Tokyo 1984 Mitsubishi Electric, Agenzia Dentsu, Tokyo 1986 Citizen Watch Nobilia, Agenzia SSC & B, New York 1987 Hanimals, Upper & Lowercase, New York 1987 The Illustrated Guide to Animals, Agenzia Dentsu, Tokyo 1987 JVC Italia, Agenzia HDM WE, Milano 1988 Lotteria svedese, Observera, Stockholm 1990 3M Sumitomo, Agenzia Dentsu, Tokyo 1993 Da cosa nasce cosa, Favardi calze, Firenze 1993 Sincronizzatevi, Galanti orologi, Milano 1994 Punto Giovani, Comune di Firenze, Firenze 1996 Il Cambialeonte, Giunti replastic, Firenze 1997 Premi Premio grafico per l’infanzia, Fiera internazionale del libro per ragazzi, Bologna 1981 (Animani) Premio grafico critici in erba, Fiera internazionale del libro per ragazzi, Bologna 1982 (Umani) Premio speciale di letteratura per l’infanzia, Ferrara 1984 (Inganni) Diploma d’onor, Biennal international d’illustració, Barcelona 1984 (Umani) 66th Winner Gold Award, Art Director’s Club, New York 1987 (Hanimals) Vincitore del Grand Prix, Cannes 1987 (The Illustrated Guide to Hanimals) Vincitore del Tucano d’Oro, Rio de Janeiro, Brasile 1990 (Sole Mani) Word’s Best Radio & Television Advertising, New York 1993 (3M Sumitomo) Gold Award, Worldfest, Houston 1994 (3M Sumitomo) Excellence in Advertising, 35th Clio Awards, New York 1994 (3M Sumitomo) Winner London International Advertising Award, London 1995 (3M Sumitomo) 1959 Scenografia per lo spettacolo di Marcel Proust, La Fuggitiva, Teatro di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia 1961 Scenografia per lo spettacolo di Diego Fabbri, L’inquisizione, Teatro di Pontedera e Teatro La Fenice, Venezia 1962 Francesco Ferrucci, affresco, opera permanente, Caserma Ferrucci, Firenze (restaurato nel 1995) Scenografia e costumi per lo spettacolo di Nikolaj Gogol, Il matrimonio, Teatro Stabile, Firenze Scenografia e costumi per lo spettacolo di Carlo Goldoni, Il matrimonio per concorso, Teatro Stabile, Firenze 1967 Pannelli dipinti, scuola materna, Paperino (Prato) 1968 Libro Circolare, opera unica, donata nel 1969 alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Logical Book, edizione Something Else, New York; distribuzione Asea studio, Firenze 1969 Carta bianca, intervento/azione collettiva, Molin del Piano, Pontassieve (Firenze) Edizioni di design per Asea studio, Firenze, oggetti in plastica (con Marcello Mariotti) Gioco su Escher, edizione Asea studio, Firenze Gioco di Ulisse, edizione Calderini, Bologna Scenografia / Propiziatrice di comunicazioni rette guardare-vedere con dispersioni curve per l’applicarsi della percettività degli organi, installazione praticabile (opera dispersa) 1970 Il mare è inclinato, progetto verbovisivo per “Geiger” 4, lettering su lucidi trasparenti Segnale, cartello stradale rielaborato, smalto su metallo, serie non numerata 1971 Opera di elevazione, fotografia b/n 1972 Dialogo numerico, installazione, Galleria di Porta Ticinese, Milano (con Corrado Costa) Farfalle, azione, Piazza San Marco, Venezia La mia famiglia, acquaforte, tiratura di 116 esemplari Letto modello Pakistan, bambole Barbie e Big Jim in cilindri di plexiglass Ostacolo, intervento/azione collettiva, Teatro Metastasio, Prato 396 1973 Carola, manifesto e installazione, Galleria Schema, Firenze e Negozio Principe, Firenze Fante di Coppe, carta da gioco, per una cartella di 44 litografie, tiratura di 150 esemplari, edizione Pari&Dispari, Reggio Emilia Il Carnevale degli animali, progetto di scenografia, Teatro Comunale di Firenze (spettacolo mai andato in scena) Teatro, scrittura su stampa, carta applicata su tela, opera unica; serigrafia su carta, posti numerati e firmati, tiratura di 1803 esemplari collegati all’azione (1973-1984) 1974 Arti-Giano (con Marcello Mariotti), modelli in legno di samba torniti a mano, produzione Studio Castello, Milano; realizzazione F.lli Bini, Firenze NO, proiezione sulla cupola del Duomo; progetto di Mario Mariotti, realizzazione con Roberto Fabbrizzi e Roberto Marchiori Organigramma, firme di familiari, serigrafia Tomo I, multiplo in 26 esemplari, distribuzione Centro Di, Firenze Valore aggiunto, 6 volumi rilegati, raccolta di 153 aerogrammi rispediti al mittente (1974-1976) ZonA, logo, modelli in cemento e in gesso 1975 Prae formance, azione, impronta di lapide formata ed esposta pubblicamente a ZonA, Firenze Profilo di imperatore, cinque variazioni in maiolica derivate da un calco in gesso, cinque calchi in gesso, variazioni dall’originale, serie non numerata Stilo, punte di frecce e punte di pennini, composizione in cornice 1976 Autoritratto, fotografia b/n e colori, varie versioni Luna nuova, progetto, dattiloscritto e disegno su carta Proprietà privata, edizione numerata e firmata, tiratura di 100 esemplari, ZonA, Firenze (XX), film d’animazione, 35 mm, bianco/nero, muto, co-prodotto con F.lli Alinari, Firenze 1977 Belvedere, proiezione per l’esposizione Gli Alinari. Fotografi a Firenze 1852-1920, Forte Belvedere, Firenze; serigrafia bifacciale Monografie, azioni/eventi, ZonA, Firenze Profili lunari, ritratti, silhouettes e falci di luna, materiali vari 1978 Breccia praticabile, intervento a parete di Claudio Greppi, Galleria Schema, Firenze; edizione su carta, Galleria Schema, Firenze Extructo, riproduzioni fotografiche di particolari decorativi applicati su pannelli di legno, un particolare su ognuno ricostruito manualmente con la pittura, 3 elementi; fotografie di Roberto Marchiori, interventi pittorici di Mario Bini (XX), fotografia b/n di Gianni Melotti, scattata durante la proiezione del film, opera trasferita a Mario Mariotti 1979 Ombra su tela, tela dipinta Dama di Bacco, disegno, inchiostro bruno e sanguigna, progetto per la costruzione del gioco; modello reale del gioco, opera permanente, Museo Ideale Leonardo da Vinci, Vinci (Firenze); azione, Torneo della Fiera, Vinci 397 apparati Fotoincisione, stampe fotografiche con strappo, applicate su cartoncino Monografie: Cronache stampate, stampa su carta, doppio manifesto, edizione ZonA, Firenze 1980 Animani, pittura sulle mani, fotografie a colori Dama Boccaccio, scacchiera di marmo, pedine di legno dipinto (datazione incerta) Molly cara, azione promozionale per lo spettacolo, Rondò di Bacco, Palazzo Pitti, Firenze Piazza della Palla. Gioco, scena, proiezione, interventi/azioni collettive, Piazza Santo Spirito, Firenze 1981 Caccia allo sporco, intervento/azione collettiva, Sesto Fiorentino (Firenze) Oasis, 7 libri di carta e filo vegetale S. Spirito (Piazza della Palla), film 16 mm, colore, sonoro, realizzazione di Massimo Beccattini, fotodocumentazione di Massimo Listri Varie figure, olio su tela 1982 Cola Pesce, intervento in situ su uno scoglio, Capo d’Orlando (Palermo) Nudo di donna, fotografia b/n Progetto per la Torre di Pisa, disegni acquerellati, 20 esemplari realizzati per la trasmissione di RAI2 Il Pomeriggio Umani, pittura sulle mani, fotografie a colori 1983 Dall’altra parte, manina d’ottone Il mare è inclinato, fotografia b/n di Claudio Greppi, opera trasferita a Mario Mariotti Telo di Vivita, tela dipinta a spruzzo, prolifi di luna Teatro Adua, installazione in situ, Teatro Adua, Torino 1984 Inganni, pittura sulle mani, fotografie a colori Madonna del puzzo, scultura in terracotta, opera permanente, via Toscanella, Firenze Mezzaluna, logo e progetto espositivo collettivo, Mezzaluna Restaurant, New York Palle e coglioni, intervento dimostrativo con cartello di protesta, Borgo S. Iacopo, Firenze Tappeto volante, acrilici su telo di plastica a rete metallica, 2 versioni 1985 Courtesy Shadow Gallery N.Y., 2 sculture in legno e una in creta rivestita di tela Dama di Bacco, azione, Piazza Pitti, Firenze Ex Libris, tempera su tavola, progetto per Ottenhauser Verlag Fire-nze. Criptografia, allegoria, orto, ellisse, totem, panni, compleanno, trabiccolo, interventi/azioni collettive, Piazza Santo Spirito e fiume Arno, Firenze Pinocchio e Dafne, serie di dipinti, tecnica mista Telo di Avignone, tela dipinta a spruzzo, impronte di mani Vaso François, cratere in terracotta dipinta 1986 Adamo, scultura in creta Adamon, Madam I’madam, scultura in creta, plastilina e gesso Apelle figlio d’Apollo, colonna/scultura, tecnica mista Artificio, albero d’ulivo reciso, foglie in legno d’ulivo, base di legno Blu cielo di Londra, modello in gesso policromo Cervo nero, scultura, tecnica mista Contesa per la supremazia del gesso da formare e lo stucco da vetraio, 2 formelle modellate in un’unica cornice Dado bianco di Carrara, scultura di marmo E viva il cappello stellare del west, altorilievo a sbalzo su lastra di metallo E viva il grigio autentico dell’est, altorilievo a sbalzo su lastra di metallo Eva, scultura in creta Hanimals, film Beta, colore, sonoro, Dentsu, Tokyo Luce, tavola dipinta a spruzzo e rilievo braille Passerina etrusca, scultura in creta Pinocchio e Dafne, acrilici su telo di plastica Pinocchio e Dafne, interventi pittorici su tavole del volume monografico, Raffaello San Sebastiano, colonna e frecce, legno policromo Sguardo triangolare di Dio, scultura in creta Un’isola d’Elba, scultura in gesso dipinto 1987 David, scultura souvenir rielaborata, tecnica mista Mezzogiorno, logo per Mezzogiorno Restaurant, New York (da Pontormo) Pinocchio e Dafne, acrilici su telo di plastica 1988 Rimani, pittura sulle mani, fotografie a colori Video Golem, film Beta, colore, sonoro, musica di Andrea Mariotti, produzione Videomusic, Firenze 1989 Berliner Ensamble, unghia e frammento del muro di Berlino su tela Mixed Media, pittura sulla mano, fotografia a colori Sole Mani, film Beta, colore, sonoro, musica di Andrea Mariotti, produzione Infafilm, München Arnò ‘89. Mappa, albero dei nomi, albero delle parole, canopi bifronte, canopi abat-jour, Piazza Cestello, Piazza Ognissanti, ghigliottina, albero mezzaluna, interventi/azioni collettive, Piazza Ognissanti, Piazza Cestello e fiume Arno, Firenze Arnò ‘89, film Beta, colore, sonoro, musica di Andrea Mariotti, realizzazione Flash, Firenze 1990 Cena verde, interventi/azioni collettive, Casa Malaparte, Capri Fallo di mano, pittura sulle mani, fotografie a colori Geograffita, libro d’artista, opera unica Luna nera, tempera su disco di compensato, serie non numerata Mezzaluna, interventi in situ, Mezzaluna Restaurant, Corona del Mar e Beverly Hills, California Panorama, tecnica mista su tavola e su lavagna, 2 versioni Pesce Faraglione, disegno su carta; edizione non numerata Profili leonardiani, disegni su vetro, diapositive per proiezioni 1991 Carnevale degli animali, film Beta, colore, sonoro, musica di Andrea Mariotti, produzione Infafilm, München Nike, serie cartoncini e dita in creta Polittico di San Giovanni, intervento/azione collettiva, fiume Arno, Firenze Still Life. Vaso allegorico, ferro battuto, per lo spettacolo della Florence Dance Company, Firenze Tomba per Rina Nieri Natali, modello in creta 1992 Barca allegorica. Trionfo della morte, azione, fiume Arno, Firenze e Central Park, New York Casa Malaparte, olio su tela Giochi di mano, pittura sulle mani, fotografie a colori Giuliano. Una morte fiorentina, progetto di spettacolo, Florence Dance Company, Firenze e Joyce Theatre, New York Giuliano. Una morte fiorentina, film 16 mm, b/n, sonoro, musica di Andrea Mariotti, co-prodotto con Florence Dance Theatre, Firenze 1993 Nudo di donna, tempera e collage su tela Variazioni sul pisello, tecnica mista, serie di sculture Vasi comunicanti, vasi d’argento, edizione Pampaloni, Firenze 1994 Diladdarno, logo, pittura sulla mano Hexagone, mappe rilievo di bronzo e serie di dipinti, tempera su tavola Giuliano. Una morte fiorentina, progetto di spettacolo, Fabbrica Europa, Ex Stazione Leopolda, Firenze Kit & Kat, serie di dipinti, tecnica mista su cartone Museo, azione, via Toscanella, Firenze; video, colore, sonoro Quella volta che sono morto, stampe fotografiche con rilievo braille, 8 elementi, opera unica 1995 Al muro!, installazione/azione collettiva, Fabbrica Europa, Ex Stazione Leopolda, Firenze Catene, serie di dipinti, tecnica mista su cartone Fontana piovana, installazione, Botanikum, München ICI, tempera su legno sagomato (datazione incerta) St. Deutsche Mark, installazione e azione, Botanikum, München; tempera su tela 1996 Antipode, rilievo in bronzo, installazione in situ, Stazione ferroviaria, Biella L’Arte della Moda, tecnica mista e collage su carta, progetto di performance per Orsanmichele, Firenze (non realizzato) Cartoni, installazione, tecnica mista, L’Artiere, Firenze Mecenate, mano in bronzo, installazione in situ, Biella; calco in creta Otto finestre alle otto, progetto per Piazza della Passera, Firenze (non realizzato) Sale e pepe, argento, edizione Pampaloni, Firenze Senza titolo (Adamo), marmo sbozzato, opera incompiuta 399 SULLE TRACCE DI MARIO MARIOTTI Firenze “È lei la responsabile, che ancora bambino mi ha iniziato alle pratiche dell’arte.” Piazza Santo Spirito “(Da bambino abitavo sopra la cartoleria al numero 13 e, ne sono sicuro, è stata questa piazza il primo teatro che ho conosciuto). Piazza S. Spirito non è mai stata un “Teatro di Verzura” disegnato dai giardinieri del Re, anche perché la mattina ci lavorano gli ortolani con le loro quinte effimere di teneri finocchi e zucchini bitorzoluti, e ad annaffiare le siepi ci pensano i cani. Ancora oggi la facciata della chiesa guarda un poco di traverso la piazza ed il suo teatro ingannevole...” Francesco Ferrucci, 1962 Affresco realizzato nel cortile della caserma Ferrucci, Piazza S. Spirito Piazza della Palla, 1980 Archivio dei Progetti di facciata proiettati sulla chiesa di S. Spirito, esposti in permanenza all’interno del Caffè Ricchi, Piazza S. Spirito “Il progetto di facciata, tema ereditario del non finito, ha preso a modello S. Spirito. Nella notte, la facciata lunare della chiesa riflette le varie figure dell’immaginazione collettiva.” Piazza della Passera Mariotti proponeva di trasformare la piazza in un luogo d’incontro recuperando la memoria degli allineamenti delle antiche proprietà Ridolfi, i cui locali degenerati nell’uso e nella condizione (lupanari e gioco d’azzardo) furono demoliti alla fine dell’800, dando vita sulle tracce degli originali allineamenti a un sistema di “panchine di via” tipiche del sistema architettonico fiorentino.” Via Toscanella La bottega di Mariotti si trovava in via Toscanella 7R Cerca/trova, 1994 Nel cortile della sua bottega Mariotti ha seppellito alcuni oggetti/simbolo: “una meridiana di marmo, un pisello e una mano di ottone ed un numero 8 di gesso. Forse qualcuno, fra qualche secolo, scaverà sotto questa terra e li troverà. Allora, probabilmente, saranno esposti in un museo.” Madonna del puzzo, 1984 Scultura di terracotta collocata in permanenza all’interno di una nicchia, in via Toscanella all’angolo di Borgo S. Jacopo Via San Niccolò ZonA, 1974-1984 La sede del collettivo di artisti, di cui Mariotti fu uno dei fondatori, si trovava in via S. Niccolò 119R Via Erta Canina, 36 Profilo di imperatore, 1975 Cinque variazioni in maiolica derivate da un calco in gesso, opera collocata in permanenza sulla facciata di un palazzo. Collezione privata Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Libro circolare, 1968 “La riproduzione reale del concetto letterario di libro è un libro. La sua collocazione è nella biblioteca.” Opera unica donata ed esposta in permanenza alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Piazza Cavalleggeri 1 Teatro Comunale del Maggio Musicale Fiorentino Teatro, 1973-84 Posti segnati e numerati, venduti da Mariotti su un’immagine della pianta esistente. “Un teatro composto dal tempo di chi lo compone.” Teatro Comunale, Corso Italia 16. Italia Nativo, moglie di Mariotti, era ballerina al Teatro Comunale; ai suoi passi di danza Mariotti dedicò l’opera Carola esposta nella sua prima mostra personale, tenuta alla Galleria Schema Firenze nel maggio 1973 Signa (Firenze) Parco dei Renai Adamo, 1997 L’ultima opera, un grande marmo sbozzato lasciato incompiuto nel cortile di via Toscanella a Firenze, ricollocato al Parco dei Renai, lotto 1 Vinci (Firenze) Museo Ideale Leonardo da Vinci Dama di Bacco, 1979 Modello reale per il gioco ideato da Mariotti simulando il ritrovamento di un foglio (268x382 mm) di Leonardo in via Toscanella a Firenze. Opera in permanenza al Museo Ideale Leonardo da Vinci Prato Teatro Metastasio Arlecchino, 1965 Bassorilievo in terracotta smaltata, collocata in permanenza nel ballatoio del foyer del Teatro Metastasio Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci Archivio Mariotti, 1958-1997 Trasferito al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato nel novembre 2010 Qui le opere e i progetti di Mariotti sono in mostra, per la prima volta in un museo, dall’8 ottobre 2011 al 30 aprile 2012 Finito di stampare nel mese di ottobre 2011 da Bandecchi&Vivaldi, Pontedera per conto di Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato atiV ittegrop inioza e erepo MARIO mariotti ittmario OIRAM MARIO mariotti Vita progetti opere e azioni Vita progetti opere e azioni otarP - icceP igiuL aenaropmetnoc etra’l rep ortneC Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato