AL LICEO CLASSICO DETTORI DI CAGLIARI
150 ANNI DOPO L’INTITOLAZIONE
Il 13 e il 14 maggio 2015, il liceo
classico Dettori di Cagliari ha
ricordato il 150° anniversario della
sua intitolazione a Giovanni Maria
Dettori. Il giorno 13, dopo i discorsi commemorativi del dirigente della Scuola Marcello Garbati
e del prof. Franco Masala presidente dell’associazione “Innovando Tradere” che riunisce ex
alunni, docenti e presidi dello
storico istituto, si è svolta in
collaborazione con il Conservatorio Pier Luigi da Palestrina, presso
l'Auditorium di piazza Ennio Porrino, una “Cerimonia spettacolo”
presentata da Cristiana Aime,
Giacomo Loi e Giacomo Pani.
Il 14, il liceo ha aperto al pubblico
per una serata di letture, teatro,
musica, conferenze e per la presentazione, da parte del prof.
Giorgio Pellegrini, del grafico
realizzato dall’artista Antonio
Porru sulla parete centrale
dell’andito di ingresso alla scuola.
E’ stato annunciato l'allestimento,
nei prossimi mesi, di una mostra
con foto e documenti dell’archivio
storico e la pubblicazione di uno
speciale Annuario del 150° per
tenere viva la memoria del Dettori
di ieri e di oggi.
Hanno portato il loro saluto, tra
gli altri numerosi partecipanti,
Pasquale Mistretta, Ettore Angioni, Giaime Marongiu, Gianni Runchina, Donatella Davini, Riccardo
Ghiani, Marco Antonio Pani, Patrizia Mureddu, Maria Crespellani,
Maddalena Sotgiu, Maria Eugenia
Marica, MariaGrazia Vescuso, Tito
Aresu, Marisa Vassena e Cristina
Pinna e gli ex-presidi Aldo Piras
e Pier Luigi Cossu.
GIOVANNI MARIA DETTORI TEOLOGO
Dettori! Chi era costui? Oggi l’interrogativo manzoniano induce
soltanto a ricordare lo storico
liceo classico cagliaritano o la
piazza e la via omonime nel quartiere della Marina. In realtà, Giovanni Maria Dettori fu rilevante
personalità dell’Ottocento italia-
no. Nato a Tempio Pausania nel
1773 da Antonio Piteu e Maria
Dettori, assunse il cognome dallo
zio materno, il sacerdote Pasquale
Dettori, parroco di Villasalto, che
lo sostenne negli studi a Sassari
e, poi, a Cagliari. Laureatosi in
Teologia nel 1796, ebbe incarichi
Foto di gruppo. I docenti al loro ultimo anno di insegnamento al
Dettori, nel 1996, prima di “andare in pensione”. Da sinistra: Padre
Alberto Fazzini, Gian Gavino Irde, Bonaventura Fadda, Luigi
Serra, Marisa Vassena, Maria Assunta Cardia, Anna Broccia,
Mons. Mosè Marcia e Graziella Giagoni.
all’Università fino alla prestigiosa
cattedra di Teologia Morale nel
1807. Nel 1814 fu chiamato
all’Università di Torino e proprio
qui, dove ebbe fama di liberale,
pubblicò l’opera maggiore, la
Theologiae moralis institutiones
(1824-28), che gli procurò
l‘ostilità dei Gesuiti tanto da essere destituito dall’insegnamento
nel 1829. Andò quindi in volontario esilio a Milano, soggiornandovi per oltre un anno, sostenuto
dall’amicizia di Alessandro Manzoni e Vincenzo Monti. Rientrato
a Torino nel 1830, visse appartato, circondato dal rispetto di numerosi ex allievi come Vincenzo
Gioberti, fino alla morte avvenuta
il 5 maggio 1836.
Il 14 maggio 1865 gli fu intitolato
il Liceo classico di Cagliari con
una solenne cerimonia nella chiesa di S. Teresa attigua all’ex Casa
Professa dei Gesuiti, divenuta
Liceo classico con la Legge Casati
del 1859. La manifestazione fu
ampiamente riportata dal quotidiano “L’Avvisatore Sardo” che
pubblicò l’intervento del provveditore agli studi Agostino SannaPiga. Proprio nelle “Parole lette
[…]in occasione della solenne
inaugurazione del Liceo Dettori”
può scorgersi una vena polemica
per la scelta di scrivere «Liceo
Dettori nell’arco della porta maggiore dell’edifizio, un tempo abitato dai Gesuiti», considerato che
la Compagnia di Gesù aveva avversato le idee dello studioso. La
scelta non poteva essere più opportuna per ispirare «nello spirito
dei nostri giovani la memoria e
la nobile imitazione di colui che
perseguitato dai padri della famosa compagnia non venne mai
meno ai doveri di onesto cittadino
e di dotto professore».
Centocinquanta anni dopo è toccato al Liceo classico “Dettori”
di oggi, ormai trasferito da sessanta anni nella sede alle pendici
del monte Urpino, ricordare
l’illustre teologo con vari appuntamenti. La prima manifestazione
ha visto avvicendarsi ex alunni,
ex docenti, ex presidi attraverso
testimonianze, omaggi musicali,
note storiche che hanno fatto
rivivere la lunga storia dell’insigne
scuola cagliaritana, fucina di moltissimi studenti avviatisi poi in
tutti i campi delle professioni –
comprese quelle scientifiche malgrado il sentire comune - delle
arti e dello spettacolo.
Il 14 maggio 2015 il “Dettori” ha
Gramsci, ex-alunno del Dettori
aperto le porte per consentire ai
tanti “ex” di ritrovarsi rivivendo
i ricordi del passato tra le aule e
i corridoi del liceo, e di ascoltare
dagli studenti di oggi letture,
approfondimenti su temi di letteratura, storia e attualità, teatro e
presentazioni multimediali.
È impossibile, naturalmente, passare in rassegna tutti coloro che
hanno animato i 155 anni di vita
del Liceo: si rischierebbe di fare
una pura e semplice elencazione
di nomi, anche illustri, senza molto significato. Occorre non dimenticare infatti che per lunghissimo
tempo il liceo classico è stata
l’unica scuola che consentiva
l’accesso a tutte le facoltà universitarie e, di conseguenza, gran
parte della classe dirigente cagliaritana si è formata al “Dettori”.
Un fatto è certo: la sua storia si
intreccia di continuo con quella
della città alla quale l’istituto ha
fornito quadri che hanno raggiunto posizioni brillanti. Ciò che
mette in evidenza la validità di
una formazione di base che si è
adeguata ai tempi, pur conservando tutti i caratteri della tradizione.
Franco Masala
IL RITROVO dei sardi
Direttore responsabile CARMELO ALFONSO Direttore editoriale ALDO PIRAS
Periodico culturale registrato al Tribunale di Cagliari il 24.05.2004 col numero 19/04
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Anno X - Numero 162 - Luglio 2015
Periodico culturale a diffusione gratuita
ALLE ELEZIONI
GRANDE DISAFFEZIONE
DINASTIA DEI RACHEL
GIOVANNI ANTONIO LUIGI
GIANLUCA SCROCCU
GIUSEPPINA COSSU
Quale situazione politica emerge
dal voto delle regionali del 31
maggio? La prima è l’ennesimo
aumento della percentuale delle
astensioni, che oramai riguarda
metà dell’elettorato. La disaffezione dei cittadini sta raggiungendo picchi inediti nella storia
repubblicana, una tendenza preoccupante perché apre a scenari
dove tutto è possibile, anche in
relazione al non arrestarsi della
crisi economica.
Colpisce anche che siano proprio
le regioni ad essere segnate da
questa distanza dell’elettorato,
che evidentemente le concepisce
come fonti di sprechi e privilegi
ingiustificati. Lo stesso modello
di riforma elettorale appare oggi
da rivedere con urgenza; occorre
chiedersi se la logica del premio
di maggioranza assegnato a partiti che al massimo si aggirano
tra il 25-30% sia davvero la soluzione giusta. Un problema serio
per il Partito Democratico, uscito
ridimensionato da queste consultazioni che pure gli hanno assegnato cinque regioni su 7, ma
con le sconfitte clamorose in
Liguria e in Veneto, dopo le
aspettative di sottrarlo alla Lega
diffusesi a seguito dei risultati
delle europee del 2014.
Insieme a questo dato, da segnalare i risultati della Lega di Salvini,
oramai di fatto leader in un centrodestra che assiste al progressivo
dissolvimento del berlusconismo,
e al consolidamento dei 5 stelle
dopo le difficoltà del primo periodo a Montecitorio e il risultato
deludente alle europee dell’anno
scorso. Questo consolida di fatto
un tripartitismo che allo stato
attuale appare sistemico a differenza del bipartitismo artificiale
che resta uno dei tratti essenziali
dell’Italicum.
Luigi Rachel (Cagliari 1879-1949).
discende da una famiglia di musicisti di origine francese il cui
nonno Giovanni (Parma 1812Cagliari 1891) a soli vent'anni
aveva vinto il posto di violoncello
di spalla nell'orchestra ducale.
Non si sa per quali ragioni (sentimentali o politiche), tra il 1833
ed il 1834, lasciò la sua città
natale e raggiunse prima Sassari
dove fu scritturato come primo
violoncello nel teatro civico, poi
nel 1835 si sistemò a Cagliari,
dove fu primo flauto nella Cappella e primo violoncello nell'orchestra civica; si sposò e diede
origine ai Rachel sardi, ancora
presenti nella società cagliaritana.
Luigi, uno dei figli di Antonio e
di Maria Teresa Lay Rodriguez,
dopo una prima formazione a
Cagliari di pianoforte e flauto,
armonia e contrappunto, musica
classica nazionale e direzione
orchestrale, a Roma completò i
suoi studi di armonia e contrappunto, composizione e pianoforte, estetica, filosofia e storia della
musica, strumentazione per banda e gli fu offerto il posto di
primo flauto nella celebre banda
del maestro Vessella e con i
maestri Zuccoli e Palombi.
Lasciati gli studi accettò, ancora
a Roma e poi all'estero, diverse
scritture per la direzione di spettacoli lirici e concerti.
Nel 1903, a ventiquattro anni, si
trasferì prima a Sfax e poi a Tunisi
per dirigere il teatro Municipale
che accoglieva gli spettacoli più
significativi della città, punto
d'incontro e di riferimento culturale delle comunità francese e
italiana, le più importanti della
città nel novecento.
Dalla Tunisia, dove iniziò la sua
più importante produzione, si
spostava per delle tournèe nei
paesi europei, ottenendo ovunque
ampi riconoscimenti.
Le straordinarie invenzioni del ventesimo secolo
hanno modificato non solo lo stile di vita e i
comportamenti collettivi, ma anche la pratica
stessa della guerra. È diventato più normale vedere
morire le persone e più difficile vederle nel momento in cui le si uccide. La Grande guerra ha
rappresentato un vero laboratorio dell’intera società
e ha anticipato elementi che hanno reso pensabili,
e di lì a poco realizzabili, i regimi totalitari europei.
La versione elettronica del giornale si trova all’indirizzo: ilritrovodeisardi.xoom.it.
Potete ricercarlo anche con Google digitando “ilritrovodeisardi”. Avrete l’ultima
edizione in formato leggibile, scaricabile e stampabile dal vostro computer,
tablet o telefono cellulare. Nel sito è disponibile anche l’archivio dei numeri
usciti nel corso dell’anno, oltre a collegamenti ad altre risorse informatiche.
LA BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI CAGLIARI
CENSIMENTO E TUTELA DEGLI ALBERI MONUMENTALI
MARIA GIUSEPPINA COSSU PINNA
GIORGIO CANNAS*
PARTE PRIMA. La Biblioteca Universitaria di Cagliari, come tutte
le biblioteche pubbliche statali,
fino al 1974 circa, faceva parte
del Ministero della Pubblica Istruzione che la considerava in subordine, rispetto alle Università
e alle scuole che impegnavano
la maggior parte delle risorse
finanziarie. Sotto il governo Moro
(1974-1976) fu istituito con D.L.
14.XII.1974 il Ministero per i Beni
e le Attività Culturali con Giovanni
Spadolini, repubblicano, uomo
di grande cultura. Questo nuovo
Ministero si formò raccogliendo
in buona parte le competenze e
le funzioni che erano del Ministero della Pubblica Istruzione,
ossia le antichità e le belle arti,
le accademie e le biblioteche, a
cui vennero aggiunti gli archivi
di stato e le soprintendenze archivistiche che fino ad allora
dipendevano dal Ministero degli
Interni e inoltre, la discoteca di
Stato, l'editoria libraria e la diffusione della cultura che, fino a
quel momento, erano di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Vorrei ripercorrere, per brevi linee,
la storia della Biblioteca Universitaria di Cagliari che affonda le
sue radici in tempi ben più lontani. Fu infatti inaugurata nel
periodo Sabaudo quando, in seguito al trattato di Londra del
1718 e delle convenzioni di Vienna dello stesso anno e di Palermo
del 1720, quando la Sardegna
passò alla casa Savoia, in cambio
della Sicilia che veniva ceduta
all'Austria.
I Savoia avevano trovato l'Isola
in condizioni precarie e così pure
la struttura universitaria che, sulla
carta, risaliva agli inizi del XVII
secolo (Bolla Pontificia di Paolo
V del 12 febbraio 1606) ma, che
per varie questioni finanziarie fu
costituita solo il 31 ottobre 1620
da Filippo III con diploma reale,
con "facoltà di studiare lettere
latine, greche ed ebraiche, arti
liberali, leggi", a somiglianza di
quanto avveniva nelle Università
spagnole.
La sua prima sede fu tra le attuali
vie La Marmora e Canelles, grazie
all'interessamento di Giovanni
Dexart all'epoca Consigliere capo
del Comune di Cagliari (oggi sindaco), avvocato dello Stamento
militare del Parlamento statale e
ad interventi finanziari del mecenate cagliaritano don Antonio
Brondo (1569-1625) e di Monserrato Rossellò, 1604, nell'area
dove poi fu costruito il palazzo
Sanjust e, nel tempo, si erano
avvicendati diversi edifici pubblici
destinati a servizi ed istituzioni,
tra cui un convento benedettino,
la prima università cagliaritana,
un teatro, una caserma e scuderia
militare, i cui ricordi sono stati
messi in ombra dal prestigioso
nome della famiglia Sanjust che
vi costruì il suo bel palazzo, oggi
sede della massoneria (G.O.I.)
L'01.02.1626 furono firmate le
costituzioni che consentivano
l'inizio ufficiale dell'attività universitaria con docenti laici o appartenenti al clero regolare (domenicani, francescani e gesuiti)
e fu dotata di uno stemma con
l'immagine della Vergine Immacolata in alto al centro e ai due
lati le insegne del regno di Sardegna da una parte e quello della
città di Cagliari dall'altra, più giù
la tiara papale, la croce primaziale
ed il pastorale dei tre santi patroni
dell'Ateneo: Sant’Ilario Papa, San
Lucifero e Sant'Eusebio.
All'iniziale entusiasmo, andò sostituendosi la delusione e la crisi:
prime difficoltà economiche, pestilenze (anni 1652-1657), carestie
(anni 1681, 1690, 1696), l'inurbamento degli studenti dai paesi
dell'interno e un provvedimento
di Carlo II del 1682 che stabilì
d'incamerare le rendite delle varie
università, tra cui quelle spettanti
a Cagliari. La vita dell'ateneo
quindi proseguiva a stento e, per
vedere una vera ripresa, bisognerà
giungere alla seconda metà del
secolo successivo, al termine di
sconvolgimenti politici e culturali.
I Savoia, quindi, trovarono l'Isola
in condizioni precarie e così pure
la struttura universitaria che, con
Carlo Emanuele III, salito al trono
di Sardegna nel 1730, estese i
confini del regno, abbellì le città,
riordinò le leggi, le finanze e
diede nuovo impulso agli studi
e, con la collaborazione del ministro Conte Gian Battista Bogino,
scelse la nuova sede, promosse
nuove istituzioni e dotò l'Università di una Biblioteca pubblica,
ormai diventata necessaria per gli
studi stessi.
Nel 1755 fu approvato il progetto
per la restaurazione degli studi
universitari, studiato nella sua
totalità da una commissione di
cui facevano parte l'Arcivescovo,
funzionari regi e l'architetto piemontese Giovanni Belgrano di
Farmolasco che diresse la costruzione del palazzo che ne porta il
nome, sito sul bastione del Balice.
Con Pregone del 16 agosto 1764
furono pubblicate le nuove costituzioni dell'Università; con Regio
Decreto del 9.12.1769 nel Palazzo
Belgrano fu stabilita la sede della
Stamperia reale di Cagliari con
Bonaventura Porro primo direttore
e la Biblioteca Universitaria con
la sua splendida Sala Settecentesca, ricca di stucchi dorati che,
negli anni '60 del '900 si è estesa
al primo piano dei locali dove ha
avuto la sua sede dal 1778 al
1959 il Seminario Tridentino,
costruito dalle fondamenta dall'
allora arcivescovo di Cagliari Agostino Delbecchi di Oneglia, già
preposto delle Scuole Pie, nel
1776, in ottemperanza a quanto
prescriveva il Concilio di Trento.
Con atto di vendita del 4.10.1955
il Palazzo Belgrano passò all'Università che ne cedette una parte
alla Biblioteca Universitaria, carente di locali.
L'idea della Biblioteca si deve
quindi a Carlo Emanuele III ed al
suo ministro Giambattista Bogino,
ma, come si può leggere nell'iscrizione che sta sopra la porta
d'accesso alla Sala Settecentesca,
fu Vittorio Amedeo III che l'aprì
nel 1785 ma, in realtà, per cominciare a funzionare solo il 10
ottobre 1792 con un patrimonio
bibliografico irrilevante: circa
8.000 volumi tra i libri donati dal
sovrano, le opere pubblicate in
loco ed altre pervenute dalla
Stamperia reale di Cagliari e da
quella di Torino, le copie dei lavori
di tutti i docenti delle Università
di Cagliari e alcune di quella di
Torino ed una somma per
l'acquisto di altre pubblicazioni.
Con la soppressione degli ordini
religiosi del 1773 e con dispaccio
del 12.2.1779 il Re, sollecitato
dall'allora Magistrato sopra gli
studi (supplica del 4.9.1778), la
Biblioteca Universitaria aveva incamerato il patrimonio bibliografico dei collegi gesuitici di San
Michele, Santa Teresa e Santa
Croce e, con questo confluiva alla
Biblioteca Universitaria di Cagliari
l'imponente fondo librario di
Monserrato Rossellò, uomo di
grande cultura, di origine majorchina vissuto a cavallo tra il XVI
e il XVII secolo (morì nel 1613) e
che si era già impegnato anche
con le sue risorse finanziarie per
la fondazione dell'Università di
Cagliari. La sua biblioteca, che
fin dal 1594 aveva legato interamente al collegio gesuitico di
Santa Croce, sorta ed accresciuta
quando l'Isola sottostava alla
monarchia iberica, ancora oggi
costituisce la più importante accessione per quanto riguarda il
materiale manoscritto cartaceo e
membranaceo, opere scientifiche
e letterarie stampate negli anni
tra il secolo XV e prima della
soppressione della Compagnia di
Gesù.
Nell'Ottocento, grazie alla munificenza del Re Carlo Felice, la
biblioteca potè acquisire la collezione degli Atti dell'Accademia
di Francia fino al 1778 e quelli
di Berlino per gli anni 1778-1800.
La crescita del patrimonio bibliografico che solo dopo l'intervento
del Baylle, direttore dell'Istituto
dal 1827 al 1840, potè contare
finalmente sulle rendite dei legati
provenienti dalle librerie gesuitiche
e solo dal 1848 beneficiare di
una dotazione fissa sul bilancio
statale, ha attraversato periodi
difficili ma, grazie al legame che
si era creato tra la Biblioteca e
gli ambienti culturali dell'Isola,
l'Isituto cagliaritano si era evoluto,
ovviando e colmando quelle lacune che si erano formate per
l'eseguità delle risorse finanziarie.
Dopo il primo nucleo di volumi
donati dal sovrano e dal Bogino
ed a quello in seguito all'incameramento delle biblioteche gesuitiche, nel 1843 pervenne alla
Biblioteca, per testamento, la
collezione di Ludovico e Faustino
Baylle, ricca di 5.000 documenti
tra manoscritti, documenti originali o in copia, (segue in terza)
Con decreto del 23/10/2014 il
Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali (Mipaaf), di
concerto con quelli dei beni culturali e dell’ambiente, ha definito
i principi e i criteri direttivi per il
censimento degli alberi monumentali, interessati anche da procedure di verifica dell’interesse
culturale e da attività di salvaguardia e tutela. Il suddetto decreto recepisce quanto contenuto
nella Legge n. 10 del 14/01/2013
(Norme per lo sviluppo degli spazi
verdi urbani) e nel D.L. n. 63 del
26/03/2008, in materia di censimento e tutela del verde monumentale.
E’ da ricordare che il Decreto
Legislativo 22 gennaio 2004 n.
42 Codice dei beni culturali e del
paesaggio, noto anche come Codice Urbani, al capo II (Individuazione dei beni paesaggistici) e
all’art. 136 indicava come beni
ed aree di notevole interesse pubblico: cose immobili contraddistinte da eccezionali valenze estetiche o da singolarità geologica,
oltre a ville, parchi, giardini e
luoghi dai quali si possono godere
bellezze panoramiche.
Nessuna menzione era quindi
presente relativamente agli alberi
monumentali e al riconoscimento
del loro eventuale status di beni
paesaggistici. Questa situazione
veniva modificata attraverso il
D.Lgs n. 63 del 26 marzo 2008;
Ulteriori disposizioni integrative
e correttive del decreto legislativo
22 gennaio 2004 n. 42, in relazione al paesaggio, nel quale, tra
le modifiche alla parte terza, articolo 136, si evidenzia che tra i
beni di notevole interesse pubblico possono rientrare non solo le
cose immobili contraddistinte
dalla “singolarità geologica”, ma
anche quelle che hanno cospicui
caratteri di memoria storica, ivi
compresi gli alberi monumentali.
Grazie a questo decreto legislativo,
il suddetto Codice dei beni Culturali e del paesaggio è stato
quindi modificato e integrato,
inserendo anche gli alberi monumentali tra i beni suscettibili di
verifica, dichiarazione di interesse
culturale e attività di tutela, salvaguardia e valorizzazione.
Prendendo le mosse da questi
spunti, il decreto Mipaaf del
23/10/2014 definisce le procedure
operative attraverso le quali individuare, rilevare, censire ed even-
tualmente sottoporre alle suddette
misure di tutela, gli esemplari di
maggiore interesse dal punto di
vista naturalistico, paesaggistico
e storico. Nel dettaglio, si attribuisce ai comuni, coordinati dalle
regioni, il compito di effettuare
le attività di censimento, mentre
rimane in capo alle regioni la
redazione degli elenchi di alberi
monumentali. La Regione Sardegna, peraltro, aveva già prodotto
un primo elenco negli anni passati, comprendente, tra gli altri,
gli olivastri e olivi secolari di Santa
Maria Navarrese, Luras, S’Ortu
Mannu di Villamassargia e San
Sisinnio di Villacidro, alberi secolari delle tenute di Badde Salighes,
a Bolotana, e del Parco e Giardino
Aymerich a Laconi ed esemplari
del verde urbano, come i Ficus
retusa e magnolioides e la Araucaria excelsa ubicate nei quartieri
cagliaritani della Marina e di Villanova.
Il decreto chiarisce che potranno
considerarsi alberi monumentali
gli esemplari ad alto fusto, sia
isolati che costituenti boschi o
foreste naturali e artificiali, che
si distinguano per dimensioni,
longevità, peculiarità botaniche
e naturalistiche o che abbiano
rilevanza dal punto di vista storico
e culturale, per il loro legame con
i luoghi o con le tradizioni locali.
Per quanto riguarda le dimensioni,
verranno prese in esame particolarmente la circonferenza del
tronco, l’altezza dendrometrica
e l’ampiezza e proiezione della
chioma. Saranno compresi altresì
gli alberi costituenti filari e alberate, all’interno di centri urbani,
che abbiano rilevanza paesaggistica e quelli facenti parte di aree
a verde di complessi architettonici
di comprovata importanza culturale, quali ville, monasteri e orti
botanici.
Gli esemplari presi in esame potranno appartenere tanto a specie
autoctone, quanto a specie introdotte dall’uomo; grande attenzione dovrà essere prestata anche
al contesto ambientale, storico e
paesaggistico su cui l’albero insiste. Allo scopo di individuare e
censire gli alberi monumentali
l’art. 6 del decreto ministeriale in
oggetto prevede la compilazione
di una scheda identificativa, da
utilizzarsi nel rilievo di campagna.
L’art. 3 specifica che il censimento
sarà realizzato dai comuni stessi,
sia mediante rilevazione diretta
e schedatura del patrimonio vegetale, sia a seguito del recepimento di segnalazioni da parte
della cittadinanza, di associazioni,
enti territoriali o statali come il
Corpo forestale dello Stato e gli
uffici periferici del Ministero dei
beni e delle attività culturali e del
turismo (MiBACT). A seguito del
censimento e della schedatura,
dopo che saranno stati prodotti
e pubblicati gli elenchi degli alberi
monumentali (da tenere in continuo aggiornamento), si potranno
applicare le specifiche misure di
tutela previste dall’art. 9 del decreto. Particolarmente, si prescrive
che l’abbattimento e le modifiche
della chioma e dell’apparato radicale avvengano dietro specifica
autorizzazione comunale e solo
per casi motivati e improcrastinabili per i quali è accertata
l’impossibilità di adottare soluzioni
alternative, previo parere vincolante del Corpo forestale dello
Stato.
Per quanto riguarda gli alberi che
siano stati sottoposti al provvedimento di dichiarazione di notevole
interesse pubblico da parte dei
competenti uffici del MiBACT, ai
sensi dell’art. 136, comma 1, lettera a) del Decreto Legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 e successive
modifiche e integrazioni, o quelli
per i quali, ai sensi dell’art. 139,
comma 2 del medesimo decreto,
non sia ancora stato emanato il
provvedimento ma sia stata già
pubblicata la proposta di dichiarazione di interesse, gli interventi
potranno effettuarsi solo previo
rilascio di specifica autorizzazione
paesaggistica ex art. 146 del suddetto D.Lgs 42/2004. Si avviano
quindi, grazie a queste norme,
attività sistematiche di conoscenza e salvaguardia del nostro patrimonio arboreo di interesse paesaggistico e storico, che fanno
ben sperare per una più attenta
gestione delle aree a verde, sia in
ambito urbano che extraurbano.
Si prevede inoltre una fattiva
collaborazione tra uffici ed enti
pubblici che dovranno farsi carico
delle procedure di censimento e
tutela, non disgiunta dalla eventuale partecipazione della cittadinanza e di istituti scolastici, che
potranno rendersi disponibili per
l’attività di segnalazione finalizzata alla rilevazione specialistica
e alla schedatura degli elementi
arborei.
*Soprintendenza Beni Artistici e
Paesaggistici di Cagliari e Oristano.
LA BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI CAGLIARI
opere edite o inedite di scrittori
sardi o di autori stranieri relativi
all'Isola, corrispondenza con i
maggiori esponenti della cultura
che il cagliaritano Ludovico Baylle
(1764-1839), durante la sua vita
di giureconsulto, addetto al Ministero della Legazione Storica di
Firenze, Console Generale di Spagna e Lucca, ebbe con insigni
studiosi di molte parti d'Italia
come Genova e Roma e potè reperire presso gli antiquari volumi
introvabili, che gli sarebbero stati
utili per scrivere e pubblicare una
storia sacra e profana della Sardegna e continuare così le opere
dello storico Gianfrancesco Fara
(Sassari 1543-Bosa 1591) De rebus
Sardois e il De Chorographia Sardiniae pervenute in biblioteca
universitaria tramite la collezione
Rossellò e quelle successive scritte
dallo storico conventuale Antonio
Felice Mattei, vissuto nel XVIII,
nel periodo sabaudo del Regno
di Sardegna, Sardinia sacra seu
de episcopis sardis historia, Roma
segue dalla seconda
1758 ed Eclesiae pisanae historia,
Lucca 1768-1772.
Con la collezione Baylle pervenivano circa 75 manoscritti, 70
edizioni del '500 di cui 30 stampate in Sardegna, 617 volumi e
3.900 tra opuscoli, poesie
d'occasione, iscrizioni, arringhe
e 145 lettere.
Tra i manoscritti pervenuti dal
Baylle esiste il famoso sinodo di
Santa Giusta del sec. XIII, un
codice membranaceo molto bello,
unico esemplare finora conosciuto
proveniente dallo scriptorium della
chiesa di Santa Maria di Cluso.
Si tratta di un codice miscellaneo
che racchiude diversi documenti
ecclesistici come inni liturgici,
omelie, annotazioni teologiche
pastorali e l'inventario dei beni
delle chiese di Santa Gilla o Santa
Igia, San Pietro e Santa Maria di
Cluso, la Cattedrale di Cagliari
per buona parte del sec. XIII.
Fine prima parte. La seconda al
numero 163 (luglio2-2015).
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