Istituto Nazionale di Economia Agraria
Gestione Commisariale
ex Agensud
atlante irrigazione
INDAGINE CONOSCITIVA PER L’UTILIZZAZIONE NATURALISTICA
DEGLI INVASI DEL MULARGIA A MONTE SU REI E
DEL FLUMENDOSA A NURAGHE ARRUBIU
Ente acque della Sardegna
Indagine conoscitiva per l’utilizzazione naturalistica degli invasi del
Mulargia a Monte Su Rei e del Flumendosa a Nuraghe Arrubiu
Gruppo di lavoro ENAS
Il gruppo di lavoro è costituito dal seguente elenco di funzionari e di tecnici ENAS:
1 geologo coordinatore del lavoro e con competenza relativa ai suoli, la suscettività d’uso e la pianificazione del territorio – Maria Antonietta Dessena
1 biologo con competenza sulla qualità delle acque – Paola Buscarinu
1 biologo a supporto della caratterizzazione ecologica dell’invaso – Tomasa Virdis
1 ingegnere idraulico con competenza sulla quantità delle acque – Paolo Botti
1 ingegnere ambientale per l’elaborazione dati idrologici – Giorgio Ortu
1 ingegnere edile dottorato e specializzato in lettura del paesaggio – Nicoletta Sale
1 ingegnere elettrico con competenza sulle stazioni di monitoraggio – Siro Pillosu
2 tecnici specializzati sulle misure e stazioni in campo idrologico – Giovanni Borghero e Sergio Zuddas
di consulenti esterni a contratto con l’ENAS:
1 ingegnere con competenza su data base e GIS – Ambiente – Simona Ortu
1 geologo con competenza su data base e GIS – Pianificazione, normativa – Ignazio Ghironi
1 biologo con competenza su fauna ornitologica e ittica – Maurizio Medda in collaborazione con Elisabetta Lecca,
Paolo Massidda e Salvatore Cara per la parte ittica
1 botanico con competenza su flora e vegetazione mediterranea – Micòl Vascellari
Coordinamento INEA
Pasquale Nino
Giacomo Romano
Giuseppina Costantini
Editing - Maria Antonietta Dessena e Nicoletta Sale
Le elaborazioni cartografiche e la loro redazione finale sono state curate dagli autori in collaborazione con Ignazio
Ghironi e Simona Ortu.
Le basi topografiche derivano da fonte I.G.M. in scala 1.25.000 su levate 1986/88.
I dati tematici e tabellari sono stati prodotti durante la stesura del lavoro.
il Presidente ENAS
prof. Sergio Vacca
il Direttore Generale
ing. Giorgio Sanna
il Direttore f.f. del Servizio Qualità Acqua Erogata
dott. geol. M. Antonietta Dessena
Prefazione
A seguito della contrazione delle aree umide, avvenuta particolarmente nei primi decenni del 1900, ma intrapresa con
significativi esempi già nella seconda metà del’ottocento, attraverso la bonifica di vaste aree paludose per far luogo a colture
agrarie ed all’allevamento del bestiame, si è ridotta considerevolmente la biodiversità e sono stati alterati gli equilibri naturali
sui quali si fonda la sopravvivenza di molte specie animali e di importanti comunità vegetali.
Convenzioni internazionali, tra le più famose quella di Ramsar, norme comunitarie, nazionali e regionali tendono oggi
a proteggere le aree umide superstiti attraverso azioni di salvaguardia e valorizzazione.
Sempre nel secolo XX sono stati, tuttavia, realizzati numerosissimi serbatoi artificiali per gli usi idroelettrico, irriguo,
potabile, industriale, che, pur in condizioni ambientali diverse da quelle, ad esempio, delle zone umide costiere, e spesso a
grandi distanze, restituiscono al territorio volumi idrici che possono in qualche modo mutuare, particolarmente nelle zone più
aride come il Meridione d’Italia, la diminuzione delle aree umide naturali.
L’INEA, nella sua azione costante di monitoraggio e valutazione del Comparto agricolo nazionale e del suo territorio – è
appena il caso di ricordare il recente censimento delle risorse di suolo irrigabile del territorio nazionale, realizzato con la finalità
di stimarne il potenziale economico attraverso la valutazione dell’attitudine alle produzioni irrigue e della compatibilità ambientale dell’uso intensivo dell’acqua in agricoltura - ha voluto attuare nelle Regioni dell’ex Obiettivo 1 un’attività conoscitiva
sugli invasi gestiti da diversi organismi tra i quali, in particolare, i Consorzi di Bonifica.
Gli invasi, oltre a rappresentare una parte significativa del residuo patrimonio di zone umide, costituiscono anche importanti attrattori per usi ricreativi e, conseguentemente, stimolo progressivo per attività economiche complementari che facciano
leva sull’interesse naturalistico dei siti.
L’obiettivo dell’azione svolta dall’INEA, con la collaborazione di numerosi Consorzi di Bonifica e, per la Sardegna,
dell’Ente Acque della Sardegna, è stato perciò quello di acquisire e divulgare le conoscenze sulle condizioni ecologiche degli
invasi e degli ambienti nei quali insistono, e di elaborare linee guida per la gestione sostenibile degli stessi invasi, anche in vista
dell’implementazione degli usi, oltre a quelli produttivi, naturalistici e ricreativi.
L’indagine multi ed interdisciplinare che ne è scaturita ha riguardato gli aspetti limnologici, ma anche riferiti ai paesaggi
nei quali gli invasi sono inseriti; le linee guida, in particolare, hanno studiato le interrelazioni tra le condizioni di esercizio e le
qualità ambientali: un aspetto tenuto particolarmente sotto controllo, per le implicazioni sulla sicurezza delle sponde, ma anche
di carattere paesaggistico, è stato quello delle oscillazioni stagionali del livello statico.
Questo volume è stato realizzato all’interno della Convenzione “Attività di assistenza tecnica e supporto agli enti concessionari nel settore dell’uso irriguo delle risorse idriche” dall’Ente Acque della Sardegna, nel quale, oltre all’analisi delle condizioni ambientali, lato sensu, e della valutazione delle interrelazioni con gli aspetti gestionali, compaiono contributi importanti
ai fini della pianificazione territoriale e paesaggistica, utili perciò anche come strumenti di gestione per gli Enti locali.
il Presidente dell’INEA
On. Lino Carlo Rava
In Sardegna, a causa conformazione morfologica e della sostanziale impermeabilità delle formazioni geologiche –
meno del 20% della superficie territoriale è infatti rappresentata da acquiferi significativi - e del regime idrologico, tipicamente
mediterraneo, caratterizzato da due brevi ma intense stagioni piovose (autunno e primavera) e da una lunga stagione secca,
le risorse idriche sono prevalentemente rappresentate dalle acque superficiali, invasate in oltre 50 laghi artificiali, realizzati
per la gran parte nell’ultimo cinquantennio del XX secolo, con importanti opere di sbarramento dei principali corsi d’acqua
dell’isola.
Di questi invasi, la cui capacità utile complessiva ammonta a circa 1.500,00 mmc, il 17% dei volumi invasati ha un uso
prevalente idroelettrico, il 37% è destinato all’uso irriguo, al potabile va il 33%, all’industriale il 4% e ad usi ambientali il 10%.
Sostanzialmente, circa l’80% dei fabbisogni della Sardegna è soddisfatto da risorse superficiali, stoccate in 32 invasi appartenenti al Sistema idrico multisettoriale regionale, gestito dall’Ente Acque della Sardegna.
La realizzazione di ogni invaso ha comportato significativi impatti nell’ambiente ma anche nel tessuto sociale ed economico: importanti aree agricole sono state sommerse, con la conseguenza di determinare la riduzione del reddito globale
delle comunità interessate, tuttavia, non compensato sia dall’ammontare delle indennità di esproprio delle aree, né dalle opere
compensative, sia dall’eventuale occupazione stabile di addetti alla gestione delle opere di ritenuta.
Col tempo, la nuova conformazione territoriale/paesaggistica delle aree di invaso, grazie anche all’accresciuta sensibilità nei confronti dell’ambiente da parte delle Comunità locali, che spesso hanno dedicato importanti risorse finanziarie al
miglioramento delle condizioni estetiche di aree perilacuali, ma anche grazie ad una domanda diversificata di turismo, più
attenta alle zone interne, in alternativa o in connessione con il turismo costiero, quella che a lungo è stata una penalizzazione
del territorio oggi sta manifestandosi come un’opportunità.
L’esempio dei principali laghi del Sistema idraulico del Flumendosa, il Medio Flumendosa, sbarrato in località Nuraghe
Arrubiu ed il Mulargia a Monti Su Rei, credo possa essere considerato un importante esempio di opportunità, ben compresa
dalle Amministrazioni locali e dalle forze economiche del territorio. In meno di un decennio di attività del Consorzio Turistico
dei laghi del Flumendosa si è assistito alla realizzazione di un sistema di recettività di ottimo livello, rivolto a utenze di capacità economica diversificata, sempre tuttavia con un ottimale rapporto qualità/prezzo dei servizi esitati; alla realizzazione di un
sistema di trasporto turistico collettivo nei due laghi ed allo svolgersi, nel corso dell’anno, di numerosissime iniziative sportive,
culturali, gastronomiche, e via elencando.
Il volume, redatto dai tecnici e dai ricercatori dell’Ente Acque della Sardegna, con l’importante collaborazione dei Consulenti dell’Ente, ma soprattutto degli Amministratori del territorio, ai quali tutti va il mio più vivo ringraziamento, unitamente
alla soddisfazione per la qualità del lavoro svolto, oltre ad una disamina delle condizioni ambientali degli invasi, all’analisi ed
alla valutazione del rapporto qualità delle risorse/territorio, fornisce al sistema della pianificazione regionale/provinciale/locale
strumenti indispensabili per la programmazione territoriale lato sensu.
ENAS - come detto in precedenza – gestisce, in quanto Ente strumentale della Regione Sardegna i 32 invasi del Sistema
idrico multisettoriale. Oltre al Sistema idraulico del Flumendosa, che alimenta un terzo delle attività economiche e circa la metà
della popolazione della Sardegna, importantissimi invasi, come l’Omodeo (l’invaso artificiale più grande d’Italia), il Liscia,
il Cedrino, e via elencando, presentano caratteristiche ambientali/paesaggistiche, culturali, archeologiche e monumentali, di
tradizioni, ecc. estremamente importanti, che costituiscono o possono attrattori di un turismo colto, o comunque interessato
alla conoscenza delle zone interne dell’isola. ENAS ha ritenuto, come politica aziendale, sostenuta ed incoraggiata dai Governi
regionali, di porsi come catalizzatore dei processi di sviluppo che comprendano la salvaguardia e la valorizzazione dei compendi lacustri, attivati o da attivarsi dagli Enti locali, contribuendo oltreché con l’apporto progettuale delle proprie strutture
tecniche anche con la messa a disposizione delle strutture industriali e tecnologiche di pertinenza delle dighe e delle centrali
ai fini turistici. L’obiettivo, in stretta comunanza con gli Enti locali, è quello di creare un unico sistema turistico dei laghi, che
abbia capacità di accoglienza estese a tutto l’arco dell’anno.
Per questo, l’opportunità creata dall’INEA, che ringrazio vivamente per lì occasione offerta, va certamente nella direzione di contribuire a creare un modello di governance dei serbatoi che, nella salvaguardia delle risorse idriche, permetta di
estendere ai territori di pertinenza i benefici economici di un uso sostenibile di iniziative turistiche, sportive, ecc., nei compendi lacustri artificiali.
il Presidente dell’ENAS
Prof. Sergio Vacca
CAPITOLO 1
ANALISI AMBIENTALE E CARTOGRAFIA TEMATICA
pag. 6
1.1 Inquadramento geografico dell’area (I. Ghironi)
pag. 8
1.2 Pregio e valore naturalistico dell’area: normativa (S. Ortu)
pag. 10
pag. 15
1.3 Rappresentazione tridimensionale del territorio: Pendenza, Esposizione, Altitudine (I. Ghironi, S. Ortu)
pag. 15
1.3.1 Modello di superficie
pag. 15
1.3.2 Modello altimetrico
pag. 15
1.3.3 Pendenze
pag. 15
1.3.4 Esposizione dei versanti
pag. 18
1.4 Lineamenti geologici (M.A. Dessena, I. Ghironi)
pag. 20
1.5 Lineamenti morfologici (I. Ghironi)
pag. 20
1.6 Uso del suolo (M.A. Dessena, M. Vascellari, Tomasa Virdis)
pag. 21
pag. 25
1.7 Unità di pedopaesaggio (M.A. Dessena)
pag. 25
pag. 30
1.8 La suscettività d’uso o valutazione attitudinale (M.A. Dessena)
pag. 31
1.2.1 Piano Paesaggistico Regionale
1.6.1 Metodologia
1.7.1 Lineamenti generali delle unità
1.8.1 Le tabelle di classificazione
CAPITOLO 2
MONITORAGGIO
pag. 34
2.1 Metodologia e studio della vegetazione (M. Vascellari)
pag. 34
2.1.1Copertura della vegetazione_Mulargia
2.1.2 Fisionomia e struttura della vegetazione_Mulargia
pag. 37
pag. 42
2.1.3 Qualità ambientale_Mulargia
pag. 44
2.1.4 Copertura della vegetazione_Flumendosa
pag. 47
2.1.5 Fisionomia e struttura della vegetazione _Flumendosa
pag. 52
2.1.6 Qualità ambientale_Flumendosa
pag. 54
2.2 Ornitologia (M. Medda)
pag. 58
2.3 Preindagine sul popolamento ittico dei laghi medio Flumendosa e Mulargia (E. Lecca, P. Massidda, S. Cara)
pag. 58
2.3.1 Introduzione
pag. 58
2.3.2 Discussione
pag. 58
2.3.3 Conclusioni
pag. 64
2.4 I dati di quantità e qualità delle acque
pag. 64
2.4.1 Idrometeorologia (S. Pillosu)
pag. 65
2.4.2 Quantità e qualità delle acque (P. Buscarinu)
pag. 76
2.5 Realizzazione del Sistema Informativo Geografico (S. Pillosu, I. Ghironi)
CAPITOLO 3
IPOTESI DI GESTIONE DELL’AREA DI STUDIO
pag. 76
3.1 Il Programma regionale di Sviluppo della Sardegna (PRS) (M. A. Dessena, N. Sale)
3.1.1 Prime iniziative turistiche (N. Sale)
pag. 77
pag. 78
3.2 L’esplorazione del paesaggio (N. Sale)
3.2.1 Carta della panoramicità (N. Sale)
pag. 80
pag. 88
3.2.1.1 Genesi
pag. 88
3.2.1.2 Analisi
pag. 88
pag. 88
3.3 Interventi possibili (N. Sale)
pag. 90
3.3 Scenari di sentieristica: temi naturalistico-biologici e antropologici (M. A. Dessena, N. Sale)
pag. 90
3.4 La carta della sentieristica. Un metodo di lavoro (M. A. Dessena, N. Sale)
pag. 93
3.5 Carta dell’ubicazione dei rilievi puntuali, delle caratteristiche ambientali e di dettaglio della vegetazione e
dell’avifauna (I. Ghironi, S. Ortu)
3.2.2 Carta degli accessi ai laghi ed alle aree panoramiche (N. Sale)
3.6 Carta degli scenari possibili (M. A. Dessena, I. Ghironi, S. Ortu)
BIBLIOGRAFIA
CAPITOLO 1
ANALISI AMBIENTALE E CARTOGRAFIA TEMATICA
1.1 Inquadramento geografico dell’area
L’area di studio interessata ricade all’interno del bacino idrografico del Flumendosa che occupa una parte cospicua del territorio sud orientale della Sardegna (si veda la figura 1.1). Il fiume ha una lunghezza di circa 125 Km ed il
suo bacino idrografico si estende su una superficie di circa 1870 Kmq. Il Flumendosa nasce dal versante orientale del
Gennargentu, tra Genna Combidarteri e Monte Pedulo e sfocia lungo la costa sud orientale, nei pressi di Porto Corallo.
Il fiume è convenzionalmente diviso in tre parti: l’Alto, il Medio ed il Basso Flumendosa. Parte del Medio e Basso sono
localizzati in Provincia di Cagliari.
I due laghi Mulargia, a Monte su Rei, e Flumendosa, a Nuraghe Arrubiu, sono localizzati nella parte mediana del
percorso del Fiume Flumendosa e dei suoi affluenti, appunto rio Mulargia.
I corsi d’acqua citati sono caratterizzati da una notevole pendenza degli alvei e da un abbondante trasporto solido
(vedi tav.2).
Il fiume procede in questo tratto finale secondo la direzione Ovest-Est seguendo un percorso condizionato dalla
cosiddetta faglia di Villasalto. In quest’ultimo tratto l’ampio alveo del fiume viene raggiunto dall’ultimo affluente, il
Flumini Uri.
Nei pressi della foce un cordone litorale lungo quasi sette chilometri racchiude un canale parallelo alla costa,
intersecato dalle vecchie foci del Flumendosa.
I comuni compresi nell’area e più prossimi ai laghi sono rappresentati da: Orroli (interamente inserito), Goni,
Nurri, Siurgus Donigala e Villanovatulo (quasi interamente inseriti), Escalaplano, Esterzili, Mandas e Sadali (al 50%) e
limitatamente Seulo e Serri sebbene in particolare Seulo abbia dimostrato grande interesse all’iniziativa (vedi tav.1).
Figura 1.1 - Inquadramento dell’area di studio
6
7
1.2 Pregio e valore naturalistico dell’area: normativa
Nel territorio in esame sono comprese delle aree tutelate da norme di legge nazionali e regionali per il loro particolare pregio e valore naturalistico oppure per la vulnerabilità che manifestano nei riguardi dell’attività antropica e dei
fenomeni naturali stessi.
I riferimenti normativi principali per la vincolistica in vigore sono (vedi tav. 3):
•Legge Quadro n°394, 6 Dicembre 1991 – ‘Aree Protette’ e Legge Regionale n°31, 7 Giugno 1989 – ‘Norme per
l’istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza
naturalistica e ambientale’.
I riferimenti nell’area esaminata sono la Riserva Naturale attorno al Lago Mulargia.
•Regio Decreto n°3267, 30 Dicembre 1923 – ‘Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e
di terreni montani’.
Individua le aree soggette a vincolo forestale.
•Legge Nazionale n°183, 18 Maggio 1989 – ‘Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del
suolo’.
Individua le aree soggette a vincolo idrogeologico.
•Decreto Legislativo n°431, 8 Agosto 1985 (Legge Galasso) – ‘Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di
particolare interesse ambientale’ aggiornato dal Decreto Legislativo n°42, 22 Gennaio 2004 (Codice Urbani) – ‘Codice
dei beni culturali e del paesaggio’.
Individua, tra le ‘Aree tutelate per legge’ (art.142):
- i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche
per i territori elevati sui laghi;
- i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli
argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
- le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello
del mare per la catena appenninica e per le isole;
- i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi.
•Decreto Ministeriale n°265, 16 Ottobre 2001 – ‘Istituzione del Parco Geominerario storico ed ambientale della
Sardegna’.
Il riferimento nell’area in questione è il Parco Geominerario del Sarrabus - Gerrei.
8
9
1.2.1Piano Paesaggistico Regionale
Il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) adottato dalla Giunta Regionale con la delibera n°36/7 del 05/09/2006, è
stato redatto in conformità con le direttive espresse dal Decreto Legislativo n°42/2004 – Codice dei beni culturali e del
paesaggio, dalla Convenzione Europea del Paesaggio e dal Protocollo MAP per le zone costiere.
Dopo l’annullamento degli strumenti di programmazione urbanistica territoriale e un periodo di vuoto legislativo
al quale la legge di tutela delle coste (L.R. n°8/2004 - Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la Pianificazione
Paesaggistica e la Tutela del Territorio Regionale) aveva posto termine, il PPR costituisce il quadro di riferimento e di
coordinamento per lo sviluppo sostenibile dell’intero territorio regionale, degli atti di programmazione e pianificazione
regionale, provinciale e locale.
La politica del territorio si dota di uno strumento che tutela i diritti dell’ambiente e che ricerca la qualità urbanistica e una compatibilità delle trasformazioni, tenendo conto anche della tutela della vegetazione, delle risorse idriche,
del suolo, dell’aria, dei beni storici e culturali.
Il piano paesaggistico regionale persegue il fine di preservare, tutelare, valorizzare e tramandare alle generazioni
future l’identità ambientale, storica, culturale e insediativa del territorio sardo; proteggere e tutelare il paesaggio culturale e naturale e la relativa biodiversità; assicurare la salvaguardia del territorio e promuoverne forme di sviluppo
sostenibile, al fine di conservarne e migliorarne le qualità.
L’obiettivo fondamentale del Piano è quello di mettere il Paesaggio a riferimento di una nuova idea di Sardegna,
di una nuova rinascita fondata sull’identità del territorio, in cui ambiente e storia costituiscono il punto di forza del
nuovo modello di sviluppo.
Coerentemente con questo presupposto, il PPR viene formulato sulla base di due orientamenti essenziali:
•identificare le grandi invarianti del paesaggio regionale, i luoghi sostanzialmente intatti dell’identità e della
lunga durata, naturale e storica, i valori irrinunciabili e non negoziabili sui quali fondare il progetto di qualità del territorio della Sardegna per il terzo millennio, costruendo un consenso diffuso sull’esigenza della salvaguardia, riassunta
dall’enunciato-base “non toccare il territorio intatto”;
•ricostruire, risanare i luoghi delle grandi e piccole trasformazioni in atto, recuperare il degrado che ne è conseguito sia per abbandono, sia per sovra utilizzo, con una costruzione partecipata del progetto per le nuove “regole”
dei paesaggi locali, in coerenza con quanto stabilisce la Convenzione Europea sul Paesaggio, che “[...] concerne sia i
paesaggi che possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e degradati”.
La prima fase della formazione del PPR (Piano della Costa, già approvato) consiste nell’approvazione preliminare, da parte della Giunta regionale, di una serie di documenti i quali, pur essendo riferiti all’insieme del territorio
regionale, disciplinano i beni e i paesaggi interessanti la fascia costiera, ossia l’insieme dei territori che (per la loro
origine e conformazione, per le caratteristiche dei beni in essi presenti, per i processi storici che ne hanno caratterizzato
l’attuale assetto) hanno un rapporto privilegiato con il mare.
La fascia costiera, pur essendo composta da elementi appartenenti a diverse specifiche categorie di beni (le dune,
le falesie, gli stagni, i promontori ecc.) costituisce nel suo insieme una risorsa paesaggistica di rilevantissimo valore:
non solo per il pregio (a volte eccezionale) delle sue singole parti, ma per la superiore, eccezionale qualità che la loro
composizione determina.
La fase successiva consiste nel raggiungere lo stesso livello di approfondimento anche per le parti del territorio
regionale aventi minore attinenza con il mare (Piano delle zone interne, quasi concluso).
Poiché il PPR individua nel paesaggio il risultato della composizione di più aspetti, e identifica le sue qualità
nella sintesi tra elementi naturali e lasciti dell’azione antropica (preistorica, storica e attuale), è solo a fini strumentali
che, nella pratica pianificatoria, fa riferimento a diversi “sistemi” (ambientale, insediativo, storico-culturale, vedi tavv.
4, 5, 6).
E’ per questo motivo che la stessa ricognizione effettuata come base delle scelte del PPR si è articolata secondo
10
11
i tre assetti ambientale, storico-culturale, insediativo. Tre letture del territorio, per giungere alla individuazione degli
elementi che ne compongono l’identità. Tre settori di analisi finalizzati all’individuazione delle regole da porre perché
di ogni parte del territorio siano tutelati ed evidenziati i valori (e i disvalori), sotto il profilo di ciò che la natura (assetto
ambientale), la sedimentazione della storia e della cultura (assetto storico-culturale), l’organizzazione territoriale costruita dall’uomo (assetto insediativo) hanno conferito al processo di costruzione del paesaggio.
Ciascuno dei tre piani di lettura individua un numero discreto di “categorie di beni a confine certo”, cioè di tipologie di elementi del territorio, ai quali il PPR attribuisce l’appellativo di “beni paesaggistici” (art. 142 e 143 del D.L.
42/2004).
Dalla ricognizione e dall’individuazione delle caratteristiche dei beni nasce la definizione delle regole, suddivise
nei tre “capitoli” delle norme. Ciascuno di essi detta le attenzioni che si devono porre perché, in relazione ai beni appartenenti a ciascuna categoria, le caratteristiche positive del paesaggio vengano conservate, o ricostituite dove degradate,
o trasformate dove irrimediabilmente perdute.
Le tre letture hanno consentito di individuare e regolare i beni appartenenti a ciascuna delle categorie individuate.
Ma, nella concretezza del paesaggio, ogni elemento del territorio appartiene a un determinato contesto, e in quel contesto entra in una particolare relazione con beni appartenenti ad altre categorie.
Ecco perché, all’analisi del territorio finalizzata all’individuazione delle specifiche categorie di beni da tutelare
in ossequio alla legislazione nazionale di tutela, si è aggiunta un’analisi finalizzata invece a riconoscere le specificità
paesaggistiche dei singoli contesti.
Il territorio costiero è stato diviso in 27 Ambiti di paesaggio catalogati tra aree di interesse paesaggistico, compromesse o degradate, per ciascuno dei quali si è condotta una specifica analisi di contesto.
Per ciascun ambito il PPR prescrive specifici indirizzi volti a orientare la pianificazione sottordinata (in particolare quella comunale e intercomunale) al raggiungimento di determinati obiettivi e alla promozione di determinate azioni,
per il mantenimento delle caratteristiche principali, per lo sviluppo urbanistico ed edilizio, ma anche per il recupero e
la riqualificazione, specificati in una serie di schede tecniche costituenti parte integrante delle norme.
Così da una parte negli assetti storico-culturale e ambientale, oltre che in quello insediativo, sono stati messi in
evidenza elementi oggettivi, che richiedono da parte dei responsabili delle amministrazioni pubbliche e di tutti i cittadini una ponderata riflessione, che non può esaurirsi solamente nella considerazione delle esigenze odierne. Il paesaggio
come bene strategico di lunga durata è un dato di fatto che le comunità più attente e responsabili hanno messo al centro
dell’azione politica e sociale.
Dall’altra gli ambiti di paesaggio costituiscono in sostanza una importante cerniera tra la pianificazione paesaggistica e la pianificazione urbanistica: sono il testimone che la Regione affida agli enti locali perché proseguano, affinino,
completino l’opera di tutela e valorizzazione del paesaggio alla scala della loro competenza e della loro responsabilità.
12
13
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1.3 Rappresentazione tridimensionale del territorio: Pendenza, Esposizione, Altitudine
GIS.
che varia in modo continuo tra le celle. Dal punto di vista morfologico le pendenze dei versanti rivestono una notevole
importanza nel concorrere a determinare l’entità dei deflussi in particolar modo per quanto riguarda la loro velocità di
scorrimento. È ovvio sottolineare l’importanza che tale parametro può avere a livello di conoscenza territoriale al fine
della sua organizzazione e della individuazione a priori di livelli comparativi di rischio (che andranno evidentemente
rapportati al tipo ed alle modalità degli interventi che verranno attuati) (vedi tav. 8).
Tutti gli elaborati di base e tematici realizzati nel progetto sono stati elaborati ed implementati su piattaforma
Una parte importante ha riguardato l’elaborazione dei modelli digitali del terreno dai quali derivare in maniera
univoca ed oggettiva le carte della pendenza, dell’esposizione e dell’altitudine. A tal fine sono state integrate le curve di
livello esistenti e i punti quotati in formato vettoriale a partire dalle Carte Tecniche Regionali. L’integrazione è avvenuta
per fasi successive.
1.3.4 Esposizione dei versanti
L’esposizione dei versanti è ricavata in base alla posizione altimetrica di ogni cella rispetto a quelle circostanti,
ottenendo un valore angolare espresso in gradi rispetto alla direzione nord. Viene identificata la direzione, secondo la
massima pendenza, del massimo tasso di cambiamento del valore altimetrico di ogni cella rispetto a quelle vicine: ciò
equivale a dire che l’esposizione esprime la direzione della pendenza. Il valore risultante è una direzione angolare,
espressa in gradi (da 0 a 360 in senso orario) con valori continui. Può essere utilizzato come complemento necessario
per arrivare ad una settorializzazione microclimatica sufficientemente dettagliata ed attenta a quei fattori di insolazione,
di nebulosità, d’irradiazione fondamentali per la qualità delle colture. Ulteriore applicazione, sempre ai fini della definizione di spazi fisicamente omogenei per la coltivazione di essenze tipicamente collinari (e che quindi, per le necessità
ed i costi delle lavorazioni del suolo, devono essere ad alto valore aggiunto) può consistere nel rapportare l’esposizione
con la pendenza (vedi tav. 8).
La prima fase è consistita nella verifica della correttezza geometrica ed altimetrica delle isoipse e dei punti quotati già esistenti in formato vettoriale. La correttezza altimetrica delle curve è stata valutata visualizzando le stesse in 3D.
La seconda fase è consistita nella chiusura dei tratti di curva di livello mancanti (gaps), in modo da ottenere isoipse per
quanto possibile continue. Infine convertendo in formato shape, gli elementi vettoriali sono stati interpolati mediante
il software ArcGis 9.1 che ha permesso la realizzazione di un modello tridimensionale del terreno di estrema precisione
(TIN) con risoluzione al suolo di 10x10 m e un’accuratezza mai inferiore alla metà della corrispondente CTR, pari a 5
m.
Attraverso l’analisi del TIN si è arrivati all’estrapolazione dei vari raster del modello di superficie (HILLSHADE), del modello altimetrico (DEM), delle pendenze (SLOPE) e dell’esposizione dei versanti (ASPECT).
1.3.1 Modello di superficie
L’andamento del rilievo può essere reso evidente tramite la visualizzazione in hillshading, che consente la simulazione di un punto di luce che incide sulla superficie, facendo risaltare la tridimensionalità dell’informazione contenuta
nel grid. L’hillshade può essere visualizzato sia in modalità a due dimensioni, sia a tre dimensioni. In questa seconda
modalità vengono in parte occultate le forme, dal momento che viene ricostruita una visione reale del territorio, ma è
ulteriormente messo in risalto l’andamento del rilievo. L’utilizzo dell’hillshade consente di evidenziare le forme del rilievo in modo molto esplicito e chiaro, sottolineando le forme del territorio. Il modello di superficie costituisce il primo
punto di vista che è dato del territorio. Esprime la lettura della topografia, effettuata selezionando opportunamente le
prospettive e le modalità tecniche della rappresentazione (vedi tav. 7).
1.3.2 Modello altimetrico
Il modello altimetrico rispetto al precedente, dà un’importante informazione in più, in ambito morfoclimatico. Rapportando il modello altimetrico ai gradienti termometrici ricavabili dall’elaborazione dei parametri climatici e
dell’esposizione dei versanti (oggetto di una specifica cartografia, che sarà descritta qui di seguito), è possibile derivare
una carta termometrica, utilissima base per la conoscenza e l’approfondimento delle specifiche del territorio. È questo
un campo di conoscenza nel quale si è estremamente carenti e che necessita di grande sviluppo, soprattutto in un areale
nel quale prospera la vitivinicoltura, che si deve misurare con la concorrenza d’oltralpe, dove le analisi delle caratteristiche morfoclimatiche e pedoclimatiche del territorio sono la parte integrante della filiera agroalimentare e, punto
qualificante, garanzia della qualità (vedi tav. 7).
1.3.3 Pendenze
La modalità di analisi “cell by cell” utilizzata da Grid effettua il calcolo della pendenza per ogni cella rispetto
alle circostanti, individuando quella massima ed attribuendola come valore associato alla cella in esame. La pendenza
viene ricavata calcolando il cambiamento del valore altimetrico di ogni cella rispetto a quelle circostanti, e dividendolo
per l’ampiezza della singola cella; si ottiene in questo modo un valore di pendenza, esprimibile in percentuale o in gradi,
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1.4 Lineamenti geologici
L’assetto geologico e morfologico dell’area in studio è caratterizzata da una varia e complessa storia geologica
comprendente litologie appartenenti a tutte le ere geologiche, dal Paleozoico al Quaternario (vedi tav. 9).
Già durante il Paleozoico questo settore fu interessato dai due grandi eventi morfogenetici: il ciclo caledoniano
ed il ciclo ercinico che diedero origine ad affioramenti di rocce rappresentate da metavulcaniti e metasedimenti, marmi,
quarziti, ecc. Tali movimenti danno origine a spinte di compressione, faglie e pieghe, accompagnate da un dinamometamorfismo a carattere regionale. Al termine si forma una struttura a falde sovrapposte tettonicamente e accavallate
da Nord-Est verso Sud-Ovest, ognuna costituita da successioni anche molto differenti tra di loro.
Nel periodo post-ercinico iniziò lo smantellamento e la modellazione dei rilievi paleozoici e la contemporanea
deposizione, in ambiente continentale lacustre, di una successione sedimentaria associata a vulcaniti.
Il Mesozoico è stato caratterizzato da oscillazioni del livello marino sul penepiano ercinico. Ne sono testimoni
i conglomerati basali quarzosi accompagnati da marne ed argille (indicativi dell’inizio della trasgressione marina), cui
seguono i depositi calcareo - dolomitici (di ambiente marino più profondo) appartenenti sia al Trias che al Giurese.
Tale successione forma la serie dei cosiddetti “tacchi” o “tonneri”, isolati altopiani carbonatici limitati da pareti
spesso verticali, che caratterizzano il paesaggio nella fascia centro-meridionale del bacino.
Nel Cenozoico i movimenti tettonici legati all’orogenesi alpina ed alla rotazione della placca sardo-corsa determinano l’assetto attuale della regione; si susseguono fenomeni epirogenetici assai diversificati legati alla tettonica
disgiuntiva.
Il periodo di continentalità, iniziato alla fine del Mesozoico, viene interrotto dalla breve trasgressione marina eocenica: si ha la deposizione di coltri conglomeratico-arenacee e successivamente di bancate di calcari e calcari marnosi
affioranti soprattutto nell’Alto Gerrei con gradini morfologici.
Nell’Oligocene si verificò un ringiovanimento del rilievo, concomitante ad una forte erosione delle litologie affioranti e la rideposizione di sedimenti terrigeni in ambiente continentale dando origine a forme particolarmente dolci.
Nell’Oligocene, a causa dell’apertura della “fossa sarda”, si verifica il ringiovanimento del rilievo, fenomeno
che causa una forte erosione e la deposizione di un potente accumulo terrigeno: conglomerati, arenarie, argille e marne
(Formazione di Ussana),che si ritrova maggiormente in prossimità del Lago Flumendosa.
Successivamente all’apertura della “fossa sarda” si assiste, nel Miocene, ad una nuova ingressione marina che
porta alla sedimentazione di arenarie e conglomerati fluvio-deltizi e di varie litologie carbonatiche precedute, intercalate e ricoperte da prodotti vulcanici di varia composizione petrografica che costituiscono la formazione lavico-tufacea.
Le formazioni mioceniche hanno un’estensione limitata e si ritrovano nell’area di studio quasi esclusivamente
nel bacino del Lago di Mulargia.
Figura 1.2 - Colline sedimentarie mioceniche
Seguono conglomerati, sabbie, limi e basalti in espandimenti tabulari ascrivibili al Pliocene. Anche queste formazioni sono localizzate soprattutto nel bacino idrografico del lago Mulargia.
Nel Pliocene le effusioni basaltiche danno origine agli espandimenti sotto forma di plateaux rilevabili ad est degli
abitati di Nurri e Orroli.
Durante il Quaternario si verificano processi erosivi anche molto intensi che portano alla modellazione dei versanti, alla formazione dei detriti di falda a grossi blocchi derivanti dalle frane di crollo lungo i bordi degli espandimenti
basaltici e dei rilievi carbonatici, alla deposizione dei colluvi in corrispondenza degli impluvi e delle alluvioni lungo gli
alvei principali, alla formazione dei suoli.
Figura 1.3 - Fondovalle sui metasedimenti
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1.5 Lineamenti morfologici
La morfologia dell’area in studio rispecchia le complesse vicende geologiche succedutesi nel tempo; ogni periodo ha lasciato la sua traccia con morfologie caratteristiche.
Un elemento da tenere presente è l’origine assai remota di buona parte delle formazioni rocciose presenti che,
conseguentemente, sono state oggetto di una prolungata opera di alterazione, erosione e disgregazione che ne ha addolcito le forme e ha contribuito non poco ad attenuare i dislivelli altimetrici.
In particolare, dopo la peneplanazione ercinica, nel Mesozoico e in buona parte del Terziario, nel territorio si
sono avuti solo blandi movimenti oscillatori e dislocativi.
Con i movimenti legati alla neotettonica riprende massicciamente l’erosione dei rilievi.
Alle forme subpianeggianti cacuminali si contrappongono vallate piuttosto incise con versanti molto acclivi.
Figura 1.4 - Fratture sui metasedimenti
Lo stesso Flumendosa scorre in una profonda valle incassata di origine tettonica (canyon) conservando però
l’antico andamento meandriforme.
Rilievi montuosi e collinari si estendono nel territorio a formare unità ora intensamente modellate (come capita
talvolta nei graniti e generalmente negli scisti) ora con un’accidentalità più marcata (come nei porfiroidi e nei porfidi).
Per quanto riguarda le particolarità morfologiche dell’area in esame, spiccano per frequenza i rilievi tabulari. Essi
sono rappresentati dai “tacchi” carbonatici e dalle “giare” basaltiche. Meno frequenti sono i residui dell’Eocenico.
I primi non sono altro che i lembi residui di un’antica copertura calcareo-dolomitica mesozoica, le cui superfici
strutturali, ora spesso fortemente ondulate anche per l’intervento di processi carsici, sono caratterizzate, lungo i bordi,
da brusche rotture di pendio con scarpate rocciose più o meno alte. Il bordo di tali superfici tabulari in qualche caso è
lineare, in molti altri invece è sfrangiato per la presenza di profondi solchi.
Le estensioni di queste zone tabulari (che un tempo dovevano costituire una distesa continua) sono ora diversissime; gli esempi più eclatanti di queste forme sono costituiti, nell’area in studio, dal “Taccu di Sadali”, dal “Taccu di
Nurri”.
Figura 1.5 - Suoli sui detriti
Gli altopiani eocenici sono caratterizzati dalla presenza di coltri conglomeratiche che hanno livellato la sommità`
dei rilievi.
Un altro tipo di morfologia si riscontra in corrispondenza degli affioramenti miocenici (che sono costituiti da
litotipi facilmente erodibili sormontati da calcari più compatti). Il paesaggio in queste zone è caratterizzato per lo più
da dolci colline che si alternano ad ampie valli. Laddove la copertura calcarea non è stata distrutta e asportata completamente dall’erosione, il paesaggio presenta una successione di scarpate poco pronunciate costituite dalle testate dei
banchi calcarei.
1.6 Uso del suolo
L’area esaminata include al suo interno l’intero territorio dei Comuni di Escalaplano, Goni , Seulo, Sadali, Villanovatulo, Isili, Nurri, Serri, Orroli, Siurgus Donigala, Mandas, Silius, San Basilio, Seui, Esterzili.
L’analisi dell’uso del suolo viene effettuata partendo dalla la Carta di Uso del Suolo della Regione Autonoma
della Sardegna realizzata alla scala di 1:25.000 (CORINE) aggiornata per l’area in esame tramite la fotointerpretazione
di immagini IKONOS messe a disposizione dall’Assessorato agli EE.LL. della Regione Sardegna e rilievi a terra.
Questo tipo di morfologia si può incontrare nell’area in esame a Sud di Nurri e di Orroli, tra Siurgus-Donigala e
Mandas e a Nord-Est di Serri.
Attualmente i processi erosivi, legati fondamentalmente all’erosione idrica, continuano a svolgere un’azione di
modellamento sulle forme del paesaggio.
La carta dell’uso del suolo e della copertura vegetale consente di effettuare una ricostruzione del territorio sulla
base del suo utilizzo relativamente a differenti usi, da quello agricolo, silvo-pastorale, forestale, antropico ecc (vedi tav.
10).
La legenda utilizzata per l’identificazione delle varie classi deriva quindi dalla Legenda Corine Land Cover
opportunamente adeguata. All’interno di essa la codifica dei poligoni d’uso del suolo si articola secondo diversi livelli
di dettaglio, ognuno dei quali costituito da un certo numero di classi, identificate mediante un codice numerico (livello
3.3).
E’ facilmente osservabile come l’azione antropica, soprattutto nell’ultimo secolo, abbia notevolmente alterato il
paesaggio naturale, relegando spesso il bosco nelle aree più impervie e meno produttive. Inoltre non sempre l’uomo ha
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investito a colture agricole le aree più favorevoli e fertili, ma molto più spesso lo ha fatto sulle superfici inadatte a tale
uso (versanti con acclività elevate).
carta della copertura vegetale.
La macchia, tendendo a coprire interamente il suolo, riduce moltissimo la componente erbacea; ciò determina i
frequentissimi incendi cui è soggetta, per favorire sia il passaggio degli animali al pascolo, sia per avere una maggiore
produzione erbacea e sia per favorire l’emissione di nuovi polloni teneri delle specie legnose, dalla pronta ripresa vegetativa.
Questo comportamento, in certi casi indiscriminato, ha spesso rotto o modificato l’equilibrio suolo-pianta, portando talvolta alla scomparsa del suolo stesso e lasciando quindi via libera alla violenta azione demolitrice degli agenti
atmosferici.
Anche gli stessi interventi antropici, seppure volti al miglioramento delle condizioni del territorio nei confronti
dell’erosione (per esempio i rimboschimenti), ma condotti con una scarsa conoscenza dello stesso, hanno causato un
peggioramento delle condizioni iniziali. L’esempio più eclatante di quanto citato è comunque rappresentato dall’usuale
pratica dei pastori di incendiare le zone destinate a pascolo con lo scopo di migliorarle causando, invece, il degrado
totale del territorio.
La macchia, in tutti gli stadi, ha una funzione importantissima per la difesa dell’erosione e per favorire i processi
di formazione del suolo. Pertanto risulta importantissimo favorire il recupero naturale di queste aree secondo le essenze
prevalenti nell’area.
La descrizione dettagliata delle diverse tipologie così come la loro delimitazione in dettaglio è riportata nella
carta della copertura vegetale.
10) Bosco naturale
1.6.1 Metodologia
Il bosco naturale è costituito dalla vegetazione naturale fitta a prevalenza di leccio e/o sughera con una copertura
superiore al 60% ed un’altezza media superiore ai 6 metri.
Sono state distinte 29 classi di copertura ed uso del suolo comprese le zone umide, i bacini artificiali e le aree
urbane. Di seguito vengono descritte per categorie e nel grafico allegato le diverse percentuali delle aree occupate:
Le specie arboree principali sono leccio (Quercus ilex), roverella (Quercus pubescens e Q. congesta), sughera
(Quercus suber).
1) Colture arboree e ortive
Nel sottobosco, oltre alle specie vegetali che costituiscono la macchia, sono presenti il pungitopo (Ruscus aculeatus), asparago (Asparagus acutifolius), ciclamino (Cyclamen repandum), carici (Carex distachya).
Sono inclusi in questa categoria i frutteti, gli oliveti, i vigneti, i mandorleti e gli orti. Sono stati considerati anche
gli oliveti e i mandorleti ormai in stato di totale abbandono.
La descrizione dettagliata delle diverse tipologie così come la loro delimitazione in dettaglio è riportata nella
carta della copertura vegetale.
I vigneti nel bacino sono allevati prevalentemente “ad alberello”, mentre le forme “a spalliera” e “a tendone”
hanno un’estensione assolutamente marginale.
11) Rimboschimenti e aree a ricolonizzazione artificiale
L’uva prodotta è soprattutto destinata alla vinificazione; la produzione di uva da tavola è molto limitata. Negli
ultimi anni su disposizione della CEE sono stati eliminati molti vigneti per adeguare la produzione nazionale alla quota
assegnata all’Italia.
Questa classe comprende tutti i rimboschimenti, sia quelli di conifere che quelli di latifoglie. I rimboschimenti
di conifere riguardano soprattutto varie specie di Pinus e costituiscono la quasi totalità della superficie rimboschita. I
rimboschimenti misti e quelli di latifoglie sono molto meno estesi; quest’ultimi sono costituiti quasi esclusivamente da
Eucalyptus sp.pl.
4) Seminativi
In questa classe sono compresi i seminativi ed i sistemi particellari complessi, le aree agroforestali. e le aree a
prato pascolo. Alcune aree a pascolo successivamente al decespugliamento, subiscono un tipo di lavorazione assai simile a quello eseguito sulle aree destinate ai seminativi s.s. ed i relativi suoli sono spesso soggetti a fenomeni erosivi.
Poiché queste aree decespugliate interessano versanti spesso più ripidi, l’erosione può assumere proporzioni decisamente maggiori tanto da causare la formazione di profondi solchi di ruscellamento.
sce.
Le lavorazioni di impianto possono essere di vario tipo: a buche, a trincea di scavo e rinterro, a gradoni, a stri-
Il tipo più praticato nel bacino, soprattutto in passato, è quello a gradoni: consiste nell’apertura con mezzo meccanico di terrazzamenti di varia larghezza, (da 3 a 4 metri a seconda del mezzo meccanico impiegato) lungo le curve
di livello e con contropendenza a monte, per trattenere meglio le acque meteoriche ed evitare il ruscellamento e la
conseguente erosione sulle pendici.
5) Pascolo naturale
Il pascolo naturale nudo è caratterizzato dalla presenza esclusiva di essenze vegetali erbacee, mentre quello
cespugliato comprende sia essenze vegetali erbacee sia una copertura di piccoli arbusti non superiore al 60 %. I popolamenti erbacei sono variabilissimi come composizione floristica e tendono ad essere costituiti da specie annuali, nelle
aree più aride e calde, mentre nelle zone più fresche e più elevate in quota sono le specie perenni che si affermano in
percentuale maggiore.
Attualmente in Sardegna quest’ultima tecnica di preparazione del terreno viene gradualmente sostituita dalla
lavorazione “a buche”. Questa presenta il vantaggio di rispettare eventuali ceppaie o piante che si trovino lungo la linea
di la-voro e inoltre consente un “disturbo” dell’assetto morfologico notevolmente inferiore.
All’interno delle aree rimboschite si realizzano fasce di terreno nudo, chiamate “fasce frangifuoco”. Esse attraversano versanti spesso anche molto acclivi, per una larghezza sino ad alcune decine di metri, e hanno la funzione di
fermare o, al limite, rallentare l’avanzata di un incendio.
La descrizione dettagliata delle diverse tipologie così come la loro delimitazione in dettaglio è riportata nella
carta della copertura vegetale.
Su queste aree, essendo prive di vegetazione e avendo subito un profondo scasso del suolo, si innescano marcati
fenomeni di erosione lineare, che spesso si propagano anche alle zone sottostanti, soprattutto dove il rimboschimento
è recente o mal attecchito.
8) Macchia mediterranea, gariga, formazioni di ripa, aree a ricolonizzazione naturale
La copertura di essenze vegetali la cui altezza non supera i 2 metri costituisce la macchia bassa, mentre la copertura di essenze vegetali la cui altezza è compresa tra i 2 e i 6 metri costituisce la macchia alta.
12) Aree urbanizzate, agroresidenziali, servizi e reti di distribuzione, insediamenti industriali/artigianali, aree
ricreative
Con il termine macchia si intende quindi una formazione vegetale sempreverde di altezza inferiore ai 6 metri e
con copertura maggiore del 60%.
Comprendono tutte le aree soggette all’azione antropica.
La descrizione dettagliata delle diverse tipologie così come la loro delimitazione in dettaglio è riportata nella
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La tavola 11 comprende le aree modellate artificialmente ed in particolare l’ubicazione di cave, discariche, depuratori, scarichi ecc.
Figura 1.6 - Uso del suolo. Calcolo percentuale delle aree sul totale
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1.7 Unità di pedopaesaggio
Sui graniti le aree soggette ad intensa erosione, distinte da forme caratteristiche quali torrioni, inselberg, versanti
più o meno accidentati e disseminati di massi sferici anche di dimensioni metriche, presentano suoli fortemente erosi,
quali Entisuoli, prevalentemente litici. Dove si conserva la copertura boschiva originaria o la macchia mediterranea
più fitta, pur su acclività elevate, accanto alla roccia affiorante si osservano tasche, con suoli da poco a mediamente
profondi, con profilo A-C (Lithic e Typic Xerorthents) e profilo A-Bw-C (Typic, Lithic e Dystric Xerochrepts). Inoltre,
generalmente al di sopra degli 800 m, in condizioni quindi di clima relativamente umido, l’abbondanza di sostanza organica permette di classificare i suoli nel grande gruppo degli Xerumbrepts. Nelle aree ondulate o pianeggianti, in cui è
presente materiale d’accumulo colluviale o eluviale, i suoli si presentano da mediamente a molto profondi.
La Carta delle Unita’ di Pedopaesaggio (UP) esprime attraverso i termini convenzionali di classificazione, genesi, caratteristiche e comportamento dì ciascun suolo, il risultato di determinate condizioni ambientali che si sono
realizzate nel tempo.
Lo studio multidisciplinare dell’area supera in questa analisi la semplice descrizione dell’ambiente considerato
attraverso le sue singole componenti, mentre ne definisce l’aspetto di sintesi ricercando oltre alla caratterizzazione analitica anche le interrelazioni tra le varie componenti dell’ambiente, compreso l’uomo.
Il complesso permiano può essere grossolanamente diviso in due substrati litologici che hanno risposto differentemente alla pedogenesi. Un primo insieme è costituito dagli affioramenti di materiali più facilmente alterabili: conglomerati, arenarie e siltiti più o meno cementate, che determinano forme dolci con rilievi smussati e vallecole aperte. Sul
fondo di queste ultime, però, è evidente una reincisione lineare causata da una forte ripresa dei fenomeni erosivi dovuta
al pressochè totale denudamento dei versanti e delle valli in seguito ai ripetuti incendi estivi e alle lavorazioni a rittochino praticate per “migliorare i pascoli”. I suoli che si sono formati su queste superfici sono frequentemente troncati
e non è raro osservare l’affioramento degli orizzonti profondi (B e C) o della stessa roccia madre. I più diffusi sono gli
Entisuoli litici e tipici con spessori minimi. Alla base dei versanti, nelle valli e sotto radi lembi di cisto sono conservati
i Typic Xerochrepts a profilo A-Bw-C o A-Bw-R.
L’approccio viene definito olistico e le diverse unità individuate vengono definite come “configurazione ripetitiva (pattern) di forme di superficie terrestre legate tra loro geograficamente e geomorfologicamente”. Tale metodo risulta
di indubbia efficacia quando il lavoro deve offrire un valido contributo alla pianificazione e gestione del territorio fornendo un quadro sinottico delle varie componenti ambientali che grazie alle loro caratteristiche di ripetitività possiamo
riconoscere altrove, ma soprattutto possiamo utilizzare come base nella valutazione della suscettività d’uso dei suoli per
usi differenti; i dati presenti in legenda sono funzionali a queste scelte.
La definizione delle unità si basa prioritariamente sull’individuazione dei substrati litologici principali; questo
poiché la variabilità di composizione dei substrati viene ritenuta il parametro che maggiormente influenza i caratteri
chimici e fisici dei suoli. All’interno di ogni litologia si delineano le unità cartografiche di suolo, attraverso selezioni
successive che tengono conto delle forme di rilievo e della loro posizione nel paesaggio, dei processi erosivi e della loro
intensità, del drenaggio superficiale e sotterraneo e delle diverse tipologie d’utilizzazione del suolo.
Il secondo insieme è formato dagli estesi rilievi effusivi che occupano soprattutto la parte centrale del bacino in
esame. Sono costituiti sia da domi di rioliti e andesiti ipo-abissali, che emergono vistosamente dal complesso scistoso
basale, sia da espandimenti ignimbritici che formano elevati pianalti. Questi rilievi si presentano smussati nelle parti
sommitali, con forme abbastanza dolci, estesi affioramenti rocciosi e sottili coltri pedogenizzate parzialmente stabilizzate da cuscinetti erbosi e arbusti nani (ginepri, erica). Si possono osservare Lithic e Dystric Xerorthents a profilo A-C o
La carta delle UP dell’area in esame è stata estratta da quella realizzata per l’intero bacino idrografico a cui afferiscono i due laghi, ed integrata. Nominalmente figurano pertanto 49 unità anche se in realtà quelle presenti nel nostro
buffer sono pari a 38, alcune ben rappresentate altre un po’ meno. E’ stata comunque mantenuta la numerazione di cui
alla carta estesa per mantenere l’omogeneità del GIS dell’ENAS (vedi tav.12).
I suoli riportati in carta sono stati classificati secondo il sistema elaborato dal Servizio del Suolo degli Stati Uniti
(Soil Taxonomy, 1996); sono stati riconosciuti 5 Ordini e il livello tassonomico raggiunto è quello del sottogruppo.
Nella legenda è stata inserita anche la classificazione di suscettività d’uso dei suoli che verrà illustrata nel paragrafo successivo. A corredo dei paragrafi 1.7 e 1.8 verrà allegata la carta dei suoli e della suscettività d’uso.
1.7.1 Lineamenti generali delle unità
E’ da premettere che il territorio in studio presenta prevalentemente un regime di umidità xerico, cioè con sezioni del suolo asciutte per almeno 45 giorni consecutivi entro i primi quattro mesi successivi al solstizio d’estate, per
almeno 6 anni su 10. L’osservazione dei profili sui rilievi più elevati (per esempio Punta la Marmora) fa supporre che
in queste aree possa esservi un regime idrico differente dallo xerico, ma questa ipotesi non può essere provata per la
mancanza di stazioni di misura delle temperature e della piovosità. Anche in alcuni settori meridionali, dove prevale
l’agricoltura irrigua, p.e. in prossimità del paese di Orroli, il regime idrologico dei suoli fa pensare ad un ambiente più
umido (udico).
Figura 1.7 - Pascoli sul Paleozoico
Sul complesso metamorfico di base, costituente l’ossatura paleozoica dei rilievi, prevalgono “catene” con associazioni di Entisuoli, Inceptisuoli e Alfisuoli sviluppatisi rispettivamente sugli alti morfologici (dorsali e pianalti), sui
versanti e sui depositi di versante più stabili. In particolare, nei tratti più elevati e scoscesi si ritrovano Lithic e Typic
Xerochrepts e Lithic, Typic e Dystric Xerorthents o, al di sopra degli 800 m s.l.m., di Xerumbrepts (Lithic ed Entic)
sotto le coperture residuali di macchia o bosco fitto. Sui versanti prevalgono gli Inceptisuoli, ma con profili decisamente
più profondi (mediamente 50-100 cm) e più evoluti nei caratteri distintivi degli orizzonti, soprattutto del B cambico e
dell’orizzonte umbrico, ricco in sostanza organica. Sui depositi di versante stabilizzati del Plio-Pleistocene hanno avuto
modo di evolversi gli Alfisuoli, testimoni di climi diversi dall’attuale e ben conservati dalla macchia mediterranea.
Figura 1.8 - Seminativi
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A-R, con epipedon più o meno ricco in sostanza organica, spesso compattato dall’eccesso di pascolamento. Inoltre sono
presenti Entic, Lithic e Typic Xerumbrepts e Xerochrepts poco profondi (<60 cm) conservati soprattutto nelle piccole
conche di accumulo eluviale e/o colluviale. I versanti di questi rilievi, per contro, sono estremamente acclivi, con forme
accidentate, profondamente segnati da potenti canaloni, sul cui fondo si accumulano vere e proprie “pietraie” tuttora
attive. I suoli sono costituiti fondamentalmente da Inceptisuoli anche piuttosto profondi, ma spesso troncati.
condizioni normali sono infatti presenti suoli da mediamente a molto profondi, con profili A-C, A-Bw-C o A-Bw-R
(prevalenti Mollisuoli). Il sovrapascolamento ha portato anche in queste aree ad un impoverimento e ad un costipamento ormai irreversibile del suolo.
Alla base dei coni vulcanici dove la superficie presenta una leggera convessità, così come alla base delle scarpate
delle giare, si formano i Vertic e i Pachic Haploxerolls, suoli inspessiti dall’apporto per gravità di materiale detritico.
Il complesso basale mesozoico, sovrastato dalle potenti bancate carbonatiche dei “tacchi”, affiora discontinuamente sotto le scarpate di queste ultime. L’elevata erodibilità e alterabilità, soprattutto dei depositi più fini, la presenza
di lembi di macchia mediterranea di leccio, corbezzolo, erica, cisto e non ultimo il continuo apporto di detriti, ha permesso la formazione di suoli da poco a mediamente profondi, con profilo A-Bw-C, riconducibili ai sottogruppi Typic
Xerochrepts e Xerumbrepts. Dove i processi di erosione sono più intensi, per cause naturali o antropiche, si osservano
profili troncati poco profondi quali gli Entisuoli litici.
Le coltri detritiche quaternarie, depositatesi sulle superfici depresse dei fondovalle, possono presentare caratteri
prettamente colluviali, con rari apporti alluvionali, mentre lungo i corsi d’acqua principali esse sono fondamentalmente
costituite da potenti depositi alluvionali, spesso terrazzati. I suoli sono prevalentemente classificati come Entisuoli e
Inceptisuoli e, in subordine, sulle superfici più antiche, come Alfisuoli; spesso potenti oltre un metro, presentano fondamentalmente caratteri tipici. Quando la natura dei depositi colluviali è tale da fornire abbondanti prodotti argillosi, i
suoli, di colore bruno scuro, presentano caratteri vertici, con fessurazioni che si estendono anche in profondità (Vertic
Haploxerolls).
Anche i suoli sui depositi conglomeratici e arenacei eocenici, che si trovano sulle superfici stabili dei pianori e
nelle vallecole di accumulo nell’area meridionale del bacino, presentano profili più evoluti (Inceptisuoli). Sulle superfici più erose affiora la roccia madre o sono presenti suoli quali i Lithic Xerorthents, poveri di sostanza organica e con
elevata pietrosità.
Sulle alluvioni recenti abbiamo gli Xerofluvents tipici e i Fluventic Xerochrepts.
Dall’analisi incrociata delle diverse tematiche che compongono le unità in relazione agli aspetti storico-culturali
di gestione del territorio e per dare un senso a quali siano gli usi attuali e le potenzialità di questo territorio è necessario
fare alcune considerazioni.
Il paesaggio dei sedimenti carbonatici mesozoici è caratterizzato da forme prevalentemente tabulari (“tacchi”),
al cui interno si articolano a diverse quote forme rilevate in smantellamento e forme pianeggianti o depresse soggette
a prevalenti processi di accumulo. Su queste litologie carbonatiche è evidente la stretta correlazione suolo-copertura
vegetale. Il suolo ha subìto un rapido e progressivo assottigliamento, fino all’affioramento della roccia, sulle superfici
dove il bosco di leccio originario è ormai scomparso (per disboscamenti e/o per gli incendi) ed è stato sostituito dal
pascolo. Questo substrato, che aveva subìto una lenta e lunga pedogenesi in tempi passati (in condizioni di clima caldoumido), e con una fitta copertura boschiva, nelle condizioni attuali di profondo degrado potrà solo con estrema difficoltà
generare un nuovo suolo. Si possono distinguere, quindi, superfici in rilievo, dove affiora la roccia madre, e superfici
subpianeggianti dove il suolo relitto è conservato all’interno delle soluzioni di continuità più o meno ampie e profonde
della roccia.
Nel territorio sono presenti evidenti segni della presenza umana già dall’età prenuragica (cultura di Ozieri) a
quella romana. La maggiore criticità relativa al patrimonio archeologico è dovuta al generale stato di abbandono dei
siti dopo le fasi di scavo e documentazione a causa della difficoltà di accesso alle aree, alla carenza di servizi alla visita
connessi con efficaci gestione in rete.
Rispetto alla presenza umana prenuragica e nuragica nel territorio (nuraghi, domus de janas, menhirs ecc.), la
massima espansione si rileva in corrispondenza degli espandimenti basaltici e presumibilmentequesta si differenzia
come tipologia a seconda della posizione che occupa nel paesaggio.
In particolare le emergenze diffuse lungo i fianchi del lago medio Flumendosa avevano funzioni prevalenti di
avvistamento e difesa, quelli al centro dell’espandimento avevano caratteri sociali (villaggi, abitazioni, centri di raccolta ecc.) e così pure quelle diffuse nell’area valliva compresa tra gli espandimenti lavici e tutto il settore eocenico
costituito da depositi conglomeratici-arenacei ad ovest ed i rilievi paleozoici più aspri a sud e sud-ovest. Quest’ultima
area è sicuramente interessata dal contributo del dilavamento di elementi minerali utili dalle due tipologie litologiche
e pedologiche, che favoriscono la fertilità dei suoli e la presenza di sostanza organica, tanto che pur non avendo questi
suoli profondità elevata e con limitazioni dovute all’eccessiva presenza di scheletro ed al drenaggio, presentano una
discreta suscettività all’uso agricolo, ma anche forestale, culturale (emergenze storiche), turistico ricreativo.
I suoli sono a profilo A-C, poco profondi, classificabili come Entisuoli (sottogruppi litici), ma anche a profilo
A-Bw-C (Lithic Xerochrepts). Frequenti sono i suoli sepolti, localizzati in piccole tasche, che attestano un ambiente
pedoclimatico più caldo e più umido dell’attuale, testimoniato dalla presenza di argilla illuviale e di ossidi di Fe e di
Mn (Alfisuoli). In corrispondenza dei paesaggi caratterizzati tuttora dal bosco di leccio, pur diradato, o dalla macchia
mediterranea, i suoli si conservano più profondi, ricchi in sostanza organica distribuita in tutto il profilo (Mollisuoli).
Dove affiorano i sedimenti conglomeratici della Formazione di Ussana si osservano due paesaggi principali:
uno aspro e fortemente inciso con scarpate, coperto da macchia rada e talora da bosco fitto (Padenti Mannu), l’altra
piuttosto ondulata e dolce, principalmente adibita a seminativo. Le zone più alte dei rilievi sono estremamente erose
e, soprattutto dove sono arate, affiorano direttamente i conglomerati o qualche orizzonte C con accumulo di carbonati
(Ruptic-lithic Xerochrepts). In funzione della natura mineralogica sui versanti si trovano i Mollisuoli, su conglomeratici
carbonatici, e gli Alfisuoli dove la componente è silicatica.
In tali aree spesso l’eccessivo pascolamento e la distruzione degli antichi boschi di latifoglie già in epoca storica,
hanno provocato estesi fenomeni erosivi anche incanalati.
Laddove il bosco persiste si ritrovano anche accumuli detritici con grossi blocchi. Questo fa intendere che non
essendo terreno coltivabile è stato preservato.
Gli affioramenti dei depositi clastici e carbonatici miocenici sono limitati al settore sud-occidentale del bacino,
conformemente all’ingressione del mare cenozoico fino ai bordi della fossa campidanese. Infatti questi depositi mostrano caratteri tipicamente fluvio-deltizi o di mare poco profondo; ciò determina la presenza di una grande varietà
di litotipi sedimentari (arenarie, conglomerati, marne, calcari, argille) che determinano di conseguenza una estrema
frammentazione, sia areale che tipologica, delle associazioni pedologiche.
Altre aree dove è possibile rilevare emergenze nuragiche sono situate tra Nurri ed Isili lungo il percorso ferroviario (anche trenino verde) che rapprenda un tratto di interesse sia naturalistico che culturale ed agronomico. Qui i suoli
si sono sviluppato sui sedimenti miocenici e sulle vulcaniti, i cui contributi alimentano l’utilizzo agricolo.
Dove le pendenze sono più elevate e maggiore è la componente grossolana del detrito, prevale il bosco di latifoglie.
Si può comunque affermare che sui versanti più erosi, sottoposti a pascolo o a lavorazioni a rittochino, sono predominanti gli Entisuoli dei sottogruppi litici e tipici e gli Inceptisuoli troncati, poco profondi. Sui versanti meno acclivi
(<20 %) si sono sviluppati Inceptisuoli anche con accumuli di carbonati in profondità.
La funzione del nuraghe qui pare in parte di sorveglianza e in parte di vita sociale.
Nel tratto compreso tra Orroli ed il lato occidentale del lago Mulargia sono presenti emergenze archeologiche
diffuse su suoli più poveri compresi tra le metamorfiti ed il Permiano conglomeratico-arenaceo del Paleozoico.
Gli espandimenti lavici basaltici plio-quaternari che ricoprono i sedimenti terziari, si estendono su vaste superfici
costituendo tavolati subpianeggianti denominati “giare”. L’uso più diffuso è sicuramente il pascolo, sia naturale che
a seminativo, che sopportano notevoli carichi di bestiame grazie alla elevata fertilità dei suoli che vi si sviluppano. In
Si tratta di un’area oggi prevalentemente utilizzata a fini agro-pastorali, ma i resti della macchia a tratti ben con-
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servata con localmente specie arboree testimonia un territorio un tempo ben più colonizzato dalla vegetazione e dove
probabilmente ancora le emergenze avevano una tipologia mista a seconda della posizione morfologica.
Da segnalare presenze strategiche nella parte settentrionale dell’area su morfologie accidentate e profondamente
incise ma con punti di vista panoramici di rilievo. Qui i suoli hanno infatti debole spessore a tratti più profondi nelle
tasche di detrito con boschi e macchia e uso di tipo agro-pastorale.
Altre emergenze culturali di età prevalentemente romana si ritrovano nell’area di Mandas (strade e infrastrutture
varie), limitrofa all’area in studio, al limite con i sedimenti miocenici ed i rilievi del Paleozoico.
Qui la presenza romana era presumibilmente legata allo sfruttamento agricolo del territorio legato all’approvvigionamento di cibo per le truppe.
Chiese, capanne, necropoli sono infine localizzate prevalentemente in vicinanza dei centri urbani o nell’area
campestre limitrofa.
Tabella 1.1 - Legenda Carta dei Suoi del Territorio del
Sistema Idraulico Flumineddu-Flumendosa-Mulargia
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28
29
1.8 La suscettività d’uso o valutazione attitudinale
se di appartenenza dell’unità cartografica. Se ad esempio per una certa attitudine si prendono in considerazione 8 qualità
con valori S1, S1, S1, S1, S1, S1, S1, S2, S3, essendo il valore S3 il più basso, quella unità sarà inserita nella classe
di valutazione complessiva S3. Il risultato finale di tale confronto viene espresso in termini di suitability o attitudine,
dove per suitability si intende l’idoneità di un data porzione di territorio per uno specifico tipo d’uso. Tale suscettività
non può essere espressa in valore assoluto, ma come classe o grado di suitability. Le classi di suscettività sono 5, da S1
ad N2, e la loro suddivisione avviene secondo gradi di severità crescenti, o gradi di limitazione, rispetto all’uso, come
riportato nella tabella 1.2.
Come riportato nel paragrafo precedente per la definizione delle classi di suscettività d’uso dei suoli è stato utilizzato il metodo della Land Suitability Evaluation.
La Land Suitability Evaluation è una procedura di valutazione e classificazione territoriale, introdotta dalla FAO
alla fine degli anni settanta, che consiste nel determinare l’attitudine di un dato territorio ad uno specifico uso, ovvero
la sua suscettività.
Tabella 1.2 - Carta della copertura vegetale del lago Mulargia
La procedura si basa sui seguenti principi:
ORDINI
S
N
- l’attitudine del territorio deve riferirsi ad un uso specifico;
- la valutazione richiede una comparazione tra gli investimenti (inputs) necessari per i vari tipi d’uso del territorio
ed i prodotti ottenibili (outputs);
- la valutazione deve confrontare vari usi alternativi;
- l’attitudine deve tenere conto dei costi per evitare la degradazione del suolo;
CLASSI
S1
S2
S3
N1
N2
GRADO DI SUSCETTIVITA’
Altamente suscettivo
Moderatamente suscettivo
Scarsamente suscettivo
Attualmente non suscettivo
Permanentemente non suscettivo
Ordini
- la valutazione deve tenere conto delle condizioni fisiche, economiche e sociali;
S adatto (suitable): comprende i territori per i quali l’uso considerato produce dei benefici che giustificano gli
investimenti necessari, senza inaccettabili rischi per la conservazione delle risorse naturali.
- la valutazione richiede un approccio multidisciplinare.
N non adatto (not suitable): comprende i territori con qualità che precludono il tipo d’uso ipotizzato. La preclusione può essere causata da una impraticabilità tecnica dell’uso proposto o, più spesso, da fattori economici sfavorevoli.
Alla base del metodo è posto, dunque, il concetto di “uso sostenibile”, cioè di un uso in grado di essere praticato
per un periodo di tempo indefinito, senza provocare un deterioramento severo e/o permanente delle qualità del territorio.
Classi
Secondo la Land Suitability Evaluation le proprietà di un territorio influenzano in misura diretta il successo degli
usi che per tale territorio vengono programmati, dove per successo di un dato uso si deve intendere la realizzazione di
scelte compatibili nei confronti di tutte le componenti territoriali (fisiche, sociali ed economiche).
Riflettono il grado di attitudine di un territorio ad un uso specifico.
S1 (Highly Suitable): territori senza significative limitazioni per l’applicazione dell’uso proposto o con limitazioni di poca importanza che non riducano significativamente la produttività e i benefici, o non aumentino i costi previsti.
I benefici acquisiti con un determinato uso devono giustificare gli investimenti, senza rischi per le risorse.
Il primo elemento che entra in gioco nel processo di valutazione è l’unità geografica posta alla base della valutazione stessa; all’interno dell’entità spaziale totale devono, cioè, essere definite le unità territoriali che presentino il
più alto grado di omogeneità in risposta agli usi proposti. L’altro elemento centrale è rappresentato dall’individuazione
degli usi principali da proporre.
S2 (Moderately Suitable): territori moderatamente adatti per l’applicazione dell’uso proposto e tali comunque da
ridurre la produttività e i benefici, e da incrementare i costi entro limiti accettabili. Le limitazioni presenti saranno più
o meno corregibili.
Nell’area in progetto sono stati prescelti gli usi agricoli tra quelli già storicamente condotti nel territorio, gli usi
forestali, quelli rilevanti dal punto di vista naturalistico e forestale e quelli ad indirizzo turistico ricreativo.
S3 (Marginally Suitable): territori comunque adatti all’uso prescelto ma con severe limitazioni che le rendono
in qualche misura marginali a meno di investimenti che solo in parte potranno essere giustificafi (nell’ipotesi di una
agricoltura come investimento).
Una volta individuati gli usi, è necessario sapere cosa si domanda al territorio per soddisfare tali usi e cosa il territorio è in grado di offrire, ossia si devono definire i cosidetti “requisiti d’uso” e conoscere le “qualità o caratteristiche
del territorio”.
N1 (Currently not Suitable): territori con limitazioni superabili nel tempo, ma che non possono essere corrette
con le conoscenze attuali e con costi accettabili.
Dette caratteristiche comprendono sia le proprietà dei suoli sia caratteri geologici e morfologici dell’area. La
metodologia pone, quindi, a confronto le caratteristiche del territorio con le varie forme di utilizzazione individuate,
al fine di selezionare quelle ottimali per ciascuna area. Come si vedrà in seguito gli usi prescelti per la classificazione
rispecchiano anche le realtà locali. Spesso avviene anche che suoli scarsamente suscettibili per una qualche limitazione
(es. pietrosità) siano oggi già oggetto di miglioramento e potenziamento.
N2 (Permanently not Suitable): territori con limitazioni così severe da precludere qualsiasi possibilità d’uso.
L’attribuzione della classe di suscettività di una data unità territoriale per un dato uso avviene confrontando le
qualità del territorio prese in esame con i valori riportati nelle tabelle di classificazione (matching table). Questo va fatto
secondo il principio della “massima limitazione”, ossia, tra tutte le qualità considerate, quella che presenta il maggior
grado di severità decreta anche la classe di appartenenza dell’unità cartografica. Se ad esempio per una certa attitudine
si prendono in considerazione 8 qualità con valori S1, S1, S1, S1, S1, S1, S1, S2, S3, essendo il valore S3 il più basso,
quella unità sarà inserita nella classe di valutazione complessiva S3.
Il confronto tra le caratteristiche del territorio e le diverse forme d’uso avviene attraverso tabelle (Schemi di
classificazione per l’attitudine), note col nome di matching table (FAO, 1976; A. Aru, P. Baldaccini, 1981-2006), in cui
da un lato vengono elencate le caratteristiche misurate (tessitura, profondità del suolo (cm), profondità falda (cm), drenaggio del suolo, rischio di inondazione, pendenza %, pietrosità %, presenza orizzonti cementati) e dall’altro i requisiti
dell’uso fissati da precisi range di valori. L’attribuzione finale della classe va fatto secondo il principio della “massima
limitazione”, ossia, tra tutte le qualità considerate, quella che presenta il maggior grado di severità decreta anche la clas-
E’ ovvio che l’appartenenza o meno ad una classe non ne preclude l’utilizzo, fermo restando le considerazioni di
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Tabella 1.3 - Tabella di suscettività
carattere economico fatte precedentemente.
1.8.1 Le tabelle di classificazione
Utilizzando la metodologia avanti descritta, si è proceduto al confronto tra le richieste (requisiti d’uso) di ciascun
uso ed i caratteri e le qualità delle terre studiate.
Nella tabella di suscettività (1.3) che segue, sono esposti i risultati dell’attitudine di ciascuna unità territoriale
presente nel territorio.
Nel caso delle colture ad esempio il significato della maggiore o minore attitudine è legato in primo luogo alla
produttività, ossia alla percentuale di resa rispetto alla produttività standard di quella coltura; per cui:
S1 avrà una produttività >80%
S2
“
“
80-40%
S3
“
“
<40%;
quindi, ai costi che si rende eventualmente necessario sostenere per aumentare il livello produttivo, fermo restando che non deve essere pregiudicato il potenziale produttivo e ambientale.
Le classi inserite nella tabella di suscettività riferite all’uso agro-pastorale, forestale e agro-residenziale derivano
oltre che dai rilievi eseguiti durante la stesura del lavoro, anche dai risultati degli studi effettuati in passato nell’area da
Enas, Laore e loro collaboratori (ditta Hydroter).
Per quanto riguarda l’uso turistico-ricreativo riferito alle strutture temporanee, esso rispecchia le esigenze di
protezione ambientale e conservazione della naturalità.
In ambito naturalistico la suscettività d’uso riferita alla macchia e alla rinaturalizzazione di aree degradate (da
non intendersi come rimboschimenti) fa riferimento ai territori dove non sempre è possibile l’instaurarsi di vegetazione
arborea sia a causa di problemi morfologici che pedologici. In tali ambienti la macchia può costituire la protezione
ideale contro l’erosione del suolo e rifugio per l’avifauna.
Per ciò che riguarda l’utilizzo dello specchio lacustre, si rimanda ai successivi capitoli.
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32
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CAPITOLO 2
MONITORAGGIO
2.1 Metodologia e studio della vegetazione
2.1.1 Copertura della vegetazione_Mulargia
Indagine bibliografica sulla vegetazione autoctona dell’area di studio
La prima fase del lavoro è stata dedicata alla raccolta del materiale bibliografico dell’area di studio, comprendente il sistema lacustre del lago Mulargia ricadente nella zona centro-orientale della Sardegna (Trexenta, Gerrei, Sarcidano). Strumento di grande utilità ai fini dell’indagine sulla vegetazione autoctona è stato il Piano Forestale Ambientale
Regionale (PFAR), strumento di pianificazione redatto nel Gennaio 2007, che delinea gli strumenti di pianificazione
per la corretta gestione del territorio sardo al fine della tutela ambientale e dello sviluppo sostenibile dell’economia
rurale. Il Piano suddivide la Sardegna in 25 distretti zonali, in cui sono stati classificati, e riportati su cartografia tematica a scala 1:200.000, i lineamenti fisiografici, geologici, pedologici, le unità del paesaggio e le serie vegetazionali che
caratterizzano tali aree distrettuali.
Fotointerpretazione e restituzione cartografica
I differenti fototipi sono stati individuati nel corso del presente lavoro attraverso la tecnica della fotointerpretazione classica eseguita su immagini satellitari in RGB del satellite IKONOS con risoluzione di 80 cm al suolo relative
all’anno 2006. Mediante il software di gestione GIS, ArcGIS 9.1, sono stati sovrapposti all’interno del buffer di 2 km i
limiti dell’uso del suolo della Corine Land Use, successivamente adattati sulla base 1:10.000 che corrisponde alla scala
di rappresentazione del progetto. L’uso del suolo, infatti, costituisce utile base conoscitiva per discriminare la vegetazione, poiché consente una rapida individuazione iniziale delle macroclassi naturale, seminaturale ed artificiale.
La fotointerpretazione, unita poi alle necessarie verifiche in campo attraverso osservazioni dirette sulla vegetazione, ha permesso di individuare 14 classi di copertura vegetale per il lago Mulargia (Tav. 13). I rilievi di vegetazione
(Figg. 2.1 e 2.2) sono stati georeferenziati ed inseriti su base cartografica in cui sono contenuti e raffigurati tutti gli altri
geositi di indagine faunistica ed ambientale (Fig. 2.3). Per l’individuazione delle classi di copertura vegetale, è stata utilizzata la legenda proposta dalle linee guida della Regione Sardegna per l’adeguamento dei piani urbanistici comunali
al PPR e al PAI, che è diventata strumento utile ai Comuni isolani per poter pianificare gli interventi e le destinazioni
d’uso delle loro terre extraurbane. Essa comprende un sistema di categorie rappresentativo dei tipi più comuni di vegetazione regionale, classificati dal punto di vista fisionomico e in varia misura dall’uso antropico del territorio.
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Fig. 2.2 – Diagramma climatico.
Raffigurazione del diagramma climatico di Walter e Lieth riferito alla stazione termopluviometrica del centro abitato di Mandas ubicato a pochi km dall’invaso. Il diagramma sintetizza il regime climatico che influisce sulla distribuzione della vegetazione locale dal punto di vista strutturale e fitosociologico. Secondo
la classificazione bioclimatica di Emberger, prendendo come riferimento le stazioni di Mandas e Nurri, l’area del Mulargia ricade in un regime bioclimatico di tipo
Mediterraneo subumido che risulta correlato al climax dell’orizzonte mesofilo del bosco a Quercus ilex (leccio) in cui si inseriscono boschi semiaperti di Quercus
pubescens (roverella). Caratteristici stadi di degradazione dei boschi del cingolo a Q. ilex sono boschi più radi a Q. suber, macchie e pascoli terofitici. L’ambiente
tipico di diffusione nei differenti aspetti di degradazione o di evoluzione del bosco mesofilo del leccio è quello della montagna media e delle zone collinari tipicamente presenti intorno all’invaso.
Fig. 2.3 – Punti di osservazione della vegetazioneMulargia e Flumendosa.
Fig. 2.1 – Sequenza fotografica.
Rappresentazione dei punti di osservazione della vegetazione nell’intorno di 2 km del lago Mulargia e Flumendosa. Le osservazioni dirette della vegetazione hanno
permesso la validazione delle perimetrazioni eseguite sull’immagine attraverso le tecniche di fotinterpretazione classica.
Comparazione delle classi di copertura vegetale con la terminologia comunemente utilizzata per esprimere la caratteristiche fisionomiche e strutturali della vegetazione, completata da una sequenza fotografica rappresentativa dei tipi vegetazionali del paesaggio oggetto di studio.
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2.1.2 Fisionomia e struttura della vegetazione_ Mulargia
La carta. Il termine bosco, infatti, è una definizione generica utilizzata per indicare un tipo vegetale in cui le specie arboree dominano percentualmente sulle altre, ma non fornisce alcuna indicazione sulla valenza ecologica dell’ecotipo. La carta fisionomico strutturale (vedi Tav. 14) è derivata dalla carta della copertura vegetale, esplicitando per le
diverse classi di vegetazione l’informazione relativa alle specie dominanti ed alla fisiostruttura che queste assumono
all’interno del biotopo (vedi Tabb. 2.1 e 2.2). L’informazione è stata ricavata delle osservazioni dirette in campo insieme alla conoscenza della valenza ecologica delle fitocenosi rispetto alle condizioni edafiche, climatiche ed orografiche
delle aree colonizzate. La vegetazione all’interno dell’area di studio del Mulargia è fortemente influenzata da questi
fattori ed in particolare la distribuzione delle classi fitocociologiche all’interno della carta è strettamente correlata alle
due principali formazioni geologiche che sono:
La carta della copertura vegetale, pur fornendo indicazioni generali sulla fisionomia dei tipi vegetazionali e
sull’uso antropico del territorio, non specifica l’informazione dal punto di vista strutturale, nè fitosociologico. La classe
“lecceta con latifoglie sempreverdi”, non fornisce indicazioni riguardo alle fitocenosi dominanti ed al modo in cui queste si strutturano all’interno dell’associazione per formare i differenti tipi strutturali (es. mesobosco, macchia termofila,
ecc.). Lo schema riportato di seguito mostra i differenti aspetti che una foresta di leccio può assumere:
Fig. 2.4 - Schema di evoluzione lecceta:
1.Metamorfiti del Paleozoico su paesaggi alto collinari, che rappresentano i litotipi dominanti all’interno dell’area
e su cui si instaurano comunità della serie sarda calcifuga termo-mesomedierranea della sughera;
2.Calcari e marne del Miocene su paesaggi alto collinari e collinari, che si estendono limitatamente nella parte
nord-occidentale dell’area di studio e sono popolati dalle comunità riferibili alla serie calcicola termo-mesomediterranea del leccio.
Di seguito, a corredo del paragrafo verrà illustrato uno schema di carta della vegetazione (vedi Fig. 2.5 ed un
transetto tipo che spiega i rapporti tra suolo e vegetazione e la loro evoluzione dinamica (vedi Fig. 2.6)
37
38
39
Tab. 2.2 – Tabella riassuntiva dei tipi vegetazionali.
Fig. 2.5 – Carta della vegetazione potenziale.
Nella tabella riassuntiva dei tipi vegetazionali del lago Mulargia la vegetazione è descritta sinteticamente dal punto di vista fisionomico, strutturale, e fitosociologico. Per ogni classe di vegetazione è indicata l’estensione media percentuale della componente arborea, arbustiva ed erbacea e per ognuna di queste sono menzionate
le specie dominati che risultano comporre l’associazione o l’alleanza.
Raffigurazione dei limiti della vegetazione potenziale nell’intorno del lago Mulargia. La vegetazione potenziale esprime il massimo stadio di evoluzione a cui la
vegetazione locale potrebbe arrivare per quelle determinate condizioni climatiche, orografiche ed edafiche se non esistesse alcuna azione di disturbo antropico o
naturale. Si noti come i limiti delle serie di vegetazione sono influenzati dalla successione spaziale litologica. L’inquadramento sintassonomico raffigura schematicamente per ognuna delle serie potenziali principali, la suddivisione in livelli differenti secondo il livello gerarchico seguente:
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-
Classe: suffisso _“etea”
-
Ordine : suffisso _“etalia”
-
Alleanza : suffisso _“ion”
-
Associazione _“etum”
Fig. 2.6 –Transetto reale di vegetazione.
Raffigura la successione lineare dei tipi di vegetazione lungo il profilo 1,direzione A-B che mette in evidenzia
i cambiamenti dinamici legati alla morfologia del paesaggio, ai substrati pedologici e all’uso antropico.
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2.1.3 Qualità ambientale_Mulargia
La carta della qualità ambientale (vedi Tav. 15) esprime il grado di naturalità della vegetazione reale considerando
le classi di vegetazione non solo dal punto di vista evolutivo-fitosociologico, ma anche dal punto di vista paesaggistico.
L’accezione moderna di “paesaggio”, risultato dell’osservazione, non più solo oggettiva del territorio, ma soggettiva,
frutto dell’interazione percettiva delle matrici ambientali e dell’identificazione storica, antropolologica e sociologica
derivata dall’uso antropico del territorio, identifica il paesaggio come bene culturale. Lo studio della “natura” e del
“paesaggio”, diventano quindi fondamentali per procedere ad un’analisi corretta del territorio che ha come obiettivo
ultimo, proprio in questo studio, l’utilizzazione naturalistica degli invasi.
Le classi strutturali di vegetazione raffigurate nella carta fisionomico-strutturale sono state raggruppate in 5 classi
che esprimono livelli crescenti di qualità: bassa, medio-bassa, media, medio-elevata ed elevata. Il giudizio di qualità
è stato attribuito considerando certamente il grado di naturalità e densità di struttura della vegetazione, ma anche gli
elementi fenotipicamente caratterizzanti il paesaggio sardo. Per esempio la sughera (Quercus suber), ha una valenza
ecologica inferiore a quella del leccio (Quercus ilex), poiché è una specie che in Sardegna è stata introdotta artificialmente. Nonostante ciò, essa ha avuto ben presto rapida diffusione, a scapito dello stesso leccio, poiché è stata favorita
nel corso dei secoli dallo sfruttamento da parte dell’uomo, che ancora oggi la coltiva per la produzione di sughero e
per la sua peculiarità di aggregarsi in formazioni boschive aperte che consentono un rapido insediamento delle specie
da pascolo per il bestiame. Non solo, trattandosi di una specie dalle caratteristiche più termofile rispetto al leccio, la
sughera è stata avvantaggiata anche in natura, adattandosi meglio alle condizioni di clima caldo e arido dell’isola. Essa
è stata anche favorita dagli incendi, tradizionalmente innescati come pratica agricola per ricavare aree ad uso pascolo,
poiché, così come altre specie della flora mediterranea (es. cisto, ginestra, ecc.) è in grado di ricacciare rapidamente a
seguito del passaggio del fuoco. Così la sughera nel corso degli anni è diventata una specie vincente, caratterizzando
ampie zone di territorio sardo, in particolare quelle aperte e battute dal vento di maestrale, il quale ha modellato quasi
“contro natura” questi elementi del paesaggio, plasmandoli come musei viventi. Nei territori limitrofi al lago Mulargia,
sono le sugherete a caratterizzare il paesaggio. Si ritrovano numerose soprattutto attorno ai comuni dediti alle attività
agropastorali (Nurri, Orroli, ecc.), in pascoli o in formazioni aperte che in alcuni tratti si chiudono a formare boschi più
strutturati insieme al leccio ed alla roverella (Quercus pubescens). Quest’ultima, è presente nel piano collinare, soprattutto in agro di Orroli, con individui sparsi qui e là a caratterizzare il paesaggio. A differenza delle querce sempreverdi,
leccio e sughera, la caducifoglia roverella spicca nel paesaggio autunnale per la colorazione della sua chioma giallorossiccia. Considerando quindi la vegetazione come elemento naturale e storico del paesaggio, alle sugherete (siano
esse strutturate come mesoboschi o formazioni aperte), ed anche alle formazioni di macchia, è stato attribuito un giudizio qualitativo assoluto più elevato rispetto a quello di una scala gerarchica basata unicamente sul valore ecologicoevolutivo delle associazioni vegetali, essendo unità distintive del paesaggio mediterraneo sardo.
42
43
2.1.3 Copertura della vegetazione_Flumendosa
Indagine bibliografica sulla vegetazione autoctona dell’area di studio
La prima fase del lavoro è stata dedicata alla raccolta del materiale bibliografico dell’area di studio, comprendente il sistema lacustre del lago Flumendosa ricadente nella zona centro-orientale della Sardegna (Ogliastra, Sarcidano,
Bargagia di Seui e Sarrabus). Strumento di grande utilità ai fini dell’indagine sulla vegetazione autoctona è stato il
Piano Forestale Ambientale Regionale (PFAR), strumento di pianificazione redatto nel Gennaio 2007, che delinea gli
strumenti di pianificazione per la corretta gestione del territorio sardo al fine della tutela ambientale e dello sviluppo
sostenibile dell’economia rurale. Il Piano suddivide la Sardegna in 25 distretti zonali, in cui sono stati classificati e
riportati in cartografia tematica a scala 1:200.000, i lineamenti fisiografici, geologici, pedologici, le unità del paesaggio
e le serie vegetazionali che caratterizzano tali aree distrettuali.
Fotointerpretazione e restituzione cartografica
I differenti fototipi sono stati individuati nel corso del presente lavoro attraverso la tecnica della fotointerpretazione classica eseguita su immagini satellitari in RGB del satellite IKONOS con risoluzione di 80 cm al suolo datate
all’anno 2006. Mediante il software, ArcGIS 9.1, sono stati sovrapposti all’interno del buffer di 2 km i limiti dell’uso
del suolo della Corine Land Use, successivamente adattati sulla base 1:10.000 che corrisponde alla scala del progetto.
L’uso del suolo, infatti, costituisce utile base conoscitiva per discriminare la vegetazione, poiché consente una rapida
individuazione iniziale delle macroclassi naturale, seminaturale ed artificiale.
La fotointerpretazione, unita poi alle necessarie verifiche in campo attraverso osservazioni dirette sulla vegetazione, ha permesso di individuare 13 classi di copertura vegetale per il lago Flumendosa (vedi Tav. 16). I rilievi di
vegetazione (vedi Figg. 2.7 e 2.8) sono stati opportunamente georeferenziati ed inseriti su base cartografica in cui sono
contenuti e raffigurati tutti gli altri geositi di indagine faunistica e ambientale (vedi Fig. 9). Per l’individuazione delle
classi di copertura vegetale, è stata utilizzata la legenda proposta dalle linee guida della Regione Sardegna per l’adeguamento dei piani urbanistici comunali al PPR e al PAI, che è diventata strumento utile ai Comuni isolani per poter
pianificare gli interventi e le destinazioni d’uso delle loro terre extraurbane. Essa comprende un sistema di categorie
rappresentativo dei tipi più comuni di vegetazione regionale, classificati dal punto di vista fisionomico e in varia misura
dall’uso antropico del territorio.
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45
Comparazione delle classi di copertura vegetale con la terminologia comunemente utilizzata per esprimere la caratteristiche fisionomiche e strutturali della vegetazione, completata da una sequenza fotografica rappresentativa dei tipi vegetazionali del paesaggio oggetto di studio.
Fig. 2.8 – Diagramma climatico.
Raffigurazione del diagramma climatico di Walter e Lieth riferito alla stazione termopluviometrica del centro abitato di Nurri ubicato a pochi km dall’invaso. Il
diagramma sintetizza il regime climatico che influisce sulla distribuzione della vegetazione locale dal punto di vista strutturale e fitosociologico.
Le stazioni climatiche di Nurri, Villanovatulo, Mandas, Armungia ed Escalaplano, ubicate tutte all’interno del bacino idrografico del medio Flumendosa, sono classificate secondo Emberger come stazioni bioclimatiche a clima Mediterraneo subumido. Queste sono correlate al climax dell’orizzonte mesofilo del bosco a
Fig. 2.9 – Punti di osservazione della vegetazioneMulargia e Flumendosa.
Rappresentazione dei punti di osservazione della vegetazione nell’intorno di 2 km del lago Mulargia e Flumendosa. Le osservazioni dirette della vegetazione hanno
permesso la validazione delle perimetrazioni eseguite sull’immagine attraverso le tecniche di fotinterpretazione classica.
Fig. 2.7 – Sequenza fotografica.
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2.1.4 - Fisionomia e struttura della vegetazione _Flumendosa
Il termine bosco, infatti, è una definizione generica utilizzata per indicare una tipologia vegetale in cui le specie
arboree dominano percentualmente sulle altre, ma non fornisce alcuna indicazione sulla valenza ecologica dell’ecotipo.
La carta fisionomico strutturale è derivata dalla carta della copertura vegetale, esplicitando per le diverse classi di vegetazione l’informazione relativa alle specie dominanti ed alla fisiostruttura che queste assumono all’interno del biotopo.
L’informazione è stata ricavata delle osservazioni dirette in campo insieme alla conoscenza della valenza ecologica
(vedi Tabb. 2.3 e 2.4) delle fitocenosi rispetto alle condizioni edafiche, climatiche ed orografiche delle aree colonizzate.
La vegetazione all’interno dell’area di studio del Flumendosa è fortemente influenzata da questi fattori, ed in particolare
la distribuzione delle classi fitocociologiche all’interno della carta è strettamente correlata alle tre principali formazioni
geologiche che sono:
•Metasedimenti e metavulcaniti su paesaggi collinari e alto collinari, a tratti anche con aspre pendenze, rappresentano il tipo litologico dominante popolato dalle comunità riferibili alla serie termo-mesomediterranea del leccio;
•Espandimenti tabulari basaltici, che rappresentano i litotipi dominanti all’interno dell’area e su cui si instaurano
comunità della serie sarda calcifuga termo-mesomedierranea della sughera;
•Complesso sedimentario costituito da conglomerati, marne e argille, con calcari con estensione limitatamente
alla parte nord-occ. dell’area di studio, popolato dalle comunità riferibili alla serie termo-mesomediterranea del leccio.
La carta della copertura vegetale, pur fornendo indicazioni generali sulla fisionomia dei tipi vegetazionali e
sull’uso antropico del territorio, non specifica l’informazione dal punto di vista strutturale, nè fitosociologico. La classe
“lecceta con latifoglie sempreverdi”, non fornisce indicazioni riguardo alle fitocenosi dominanti ed al modo in cui queste si strutturano all’interno dell’associazione per formare i differenti tipi strutturali (es. mesobosco, macchia termofila,
ecc.). Lo schema riportato di seguito mostra i differenti aspetti che una foresta di leccio può assumere:
Fig. 2.10 - Schema di evoluzione lecceta:
Di seguito, a corredo del paragrafo verrà illustrato uno schema di carta della vegetazione potenziale (vedi Fig.
2.11) ed un transetto tipo che spiega i rapporti tra suolo e vegetazione e la loro evoluzione dinamica (vedi Fig. 2.12)
Tabella 2.4 – Tabella riassuntiva dei tipi vegetazionali.
Nella tabella riassuntiva dei tipi vegetazionali del lago Flumendosa la vegetazione è descritta sinteticamente dal punto di vista fisionomico, strutturale, e fitosociologico. Per ogni classe di vegetazione è indicata l’estensione media percentuale della componente arborea, arbustiva ed erbacea e per ognuna di queste sono Tabella
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48
49
Tabella 2.4 - Tabella riassuntiva dei tipi vegetazionali.
Fig. 2.11 – Carta della vegetazione potenziale.
Raffigurazione dei limiti della vegetazione potenziale nell’intorno del lago Flumendosa. La vegetazione potenziale esprime il massimo stadio di evoluzione a cui
la vegetazione locale potrebbe arrivare per quelle determinate condizioni climatiche, orografiche ed edafiche se non esistesse alcuna azione di disturbo naturale o
antropica. Si noti come i limiti delle serie di vegetazione sono influenzati dalla successione spaziale litologica. L’inquadramento sintassonomico raffigura schematicamente per ognuna delle serie potenziali principali, la suddivisione in livelli differenti secondo il livello gerarchico seguente:
Nella tabella riassuntiva dei tipi vegetazionali del lago Flumendosa la vegetazione è descritta sinteticamente dal punto di vista fisionomico, strutturale e fitosociologico. Per ogni classe di vegetazione è indicata l’estensione media percentuale della componente arborea, arbustiva ed erbacea e per ognuna di queste sono
menzionate le specie dominati che risultano comporre l’associazione o l’alleanza.
50
-
-
-
Classe: suffisso _“etea”
Ordine: suffisso _“etalia”
Alleanza: suffisso _“ion”
-
Associazione _“etum”
Fig. 2.12 – Transetto reale di vegetazione.
Transetto reale di vegetazione. Raffigura la successione lineare dei tipi di vegetazione lungo il profilo 1, direzione A-B, che mette in evidenzia i cambiamenti dinamici legati alla morfologia del paesaggio, ai substrati pedologici e all’uso antropico.
51
2.1.5 Qualità ambientale_Flumendosa
ma anche gli elementi fenotipicamente caratterizzanti il paesaggio sardo. Nel territorio del lago Flumendosa, a causa
della morfologia più aspra dei versanti attorno all’invaso e della vocazione agricola minore dei centri abitati limitrofi,
è meno frequente ritrovare la sughera su pascoli o in formazioni aperte. Essa piuttosto si ritrova sporadicamente all’interno di boschi di leccio ben strutturati in associazione con altre specie tipiche, quali l’olivastro, il ginepro oxicedro ed
il ginepro turbinato. Le zone di versante con scarsa pedogenesi, sono popolate da stadi evolutivi inferiori con una maggiore dominanza dell’olivastro e di altre specie arbustive della macchia. All’interno del buffer di indagine è presente
anche una vasto altopiano ventoso colonizzato da specie tipiche della gariga.
Così come per il lago Mulargia, anche per il Flumendosa è stato adottato lo stesso criterio di giudizio (vedi paragrafo 2.3).
Le classi strutturali di vegetazione raffigurate nella carta fisionomico-strutturale sono state raggruppate in 5 classi
che esprimono livelli crescenti di qualità: bassa, medio-bassa, media, medio-elevata ed elevata. Il giudizio di qualità
(vedi Tav. 18) è stato attribuito considerando certamente il grado di naturalità e densità di struttura della vegetazione,
52
53
2.3 Ornitologia
2.3.1 Indagine conoscitiva dell’avifauna
Il presente studio si espongono i risultati delle indagini avifaunistiche condotte nelle aree di studio dei laghi del
Flumendosa e del Mulargia; in particolare gli obiettivi della ricerca sono l’individuazione delle specie di uccelli presenti negli specchi d’acqua, uccelli acquatici, e nelle porzioni terrestri immediatamente circostanti i due bacini (uccelli
della macchia e dei boschi). Considerate le finalità complessive del Progetto Operativo, i rilievi sul campo sono mirati
anche all’accertamento di eventuali fattori di minaccia per la fauna e contemporaneamente all’individuazione di settori
potenzialmente idonei alla fruibilità turistica per l’osservazione degli uccelli.
Fig. 2.13 - Area di studio lago Flumendosa; in arancione è indicato
il buffer entro il quale sono stati individuati i punti di rilevamento
Nell’ambito delle due aree di studio sono state individuate, per ognuna di esse, due settori di indagine: a) le
superfici d’acqua, b) le aree contermini circostanti per una distanza di 500 metri dalla riva (buffer, vedi Figg. 2.13 e
2.14); per le specie acquatiche sono stati selezionati, preventivamente su cartografia IGM 1:25.000 e successivamente
sul campo, dei punti di vantaggio che consentissero di osservare agevolmente quanta più porzione possibile della superficie d’acqua ed individuare così le specie presenti. Dai punti di vantaggio le osservazioni (vedi Fig. 2.15) sono state
eseguite con binocoli Laica 10x42BA e con cannocchiale Swarovski 20-60x AT80; i tempi di osservazione sono stati in
ognuno dei punti pari a circa 30-40 minuti. I dati rilevati sono stati riportati in una scheda censimento precedentemente
predisposta (vedi allegato). L’elenco delle specie finora individuate, comprende quelle osservate direttamente sul campo in occasione della presente indagine e quelle desunte dalla consultazione bibliografica dei censimenti condotti negli
anni precedenti nell’ambito delle ricerche IWC (International Waterfowl Census) sull’avifauna acquatica migratoria.
Gli stessi punti di osservazione per il censimento dell’avifauna acquatica, sono stati impiegati anche nelle ricerche
dell’avifauna legata agli ambienti terrestri; in questo caso il censimento è stato eseguito oltre che con il metodo all’osservazione diretta delle specie, anche con il metodo dell’ascolto dei canti delle specie. Ad integrazione di quest’ultima
metodologia è stato adottato anche il metodo dei transetti lineari percorsi a piedi distribuiti sul territorio in maniera
casuale con il fine di verificare la presenza di specie nei diversi ambienti terrestri presenti nelle superfici limitrofe ai
laghi. I transetti, di varia lunghezza, sono stati eseguiti un’ora dopo l’alba in quanto periodo della giornata in cui le
specie di uccelli sono particolarmente attive nei canti. Le indagini svolte sinora si sono concentrate nei due” periodi
ornitologici”: a) INVERNO – dall’inizio di dicembre alla fine di febbraio, b) PASSO PRIMAVERILE – dall’inizio di
marzo a metà maggio.
Fig. 2.14 - Area di studio lago Mulargia; in arancione è indicato il
buffer entro il quale sono stati individuati i punti di rilevamento
Dopo le due prime sessioni di censimento sono state identificate 41 specie nel Lago del Flumendosa e 47 nel
Lago del Mulargia; la differenza dei due valori è poco marcata a causa della evidente vicinanza delle due aree di studio,
ma anche per la diffusione di ambienti simili nelle superfici presenti all’interno della aree buffer, sia per quanto riguarda
la diffusione di tipologie di ambienti naturali o seminaturali, sia per quanto riguarda le attività produttive umane riscontrate. A seguito delle analisi vegetazionali eseguite nell’ambito dello stesso progetto, è stato possibile accorpare alcune
diverse tipologie di ambienti vegetali identificate e definire dei macro-ambienti, denominati Habitat 1, 2, 3, 4 e 5, in
ognuno dei quali sono presenti certe specie di avifauna. È importante sottolineare che le specie non sono rigidamente
legate esclusivamente ad ogni Habitat corrispondente, infatti il presupposto della ripartizione non ha tenuto conto solo
delle generali esigenze ecologiche di ognuna delle specie e delle osservazioni effettuate sul campo, ma anche della
facilità e della frequenza con cui le specie possono essere osservate in considerazione delle finalità di valorizzazione
naturalistica degli invasi. La distribuzione delle specie sul territorio di indagine, unita alle attuali caratteristiche di accesso e percorribilità di sentieri e strade, ha permesso una prima individuazione di settori potenzialmente idonei alla
predisposizione di allestimenti finalizzati alla fruibilità dei due laghi.
FLUMENDOSA: Habitat 1 (ambienti costituiti prevalentemente da ampi spazi aperti destinati a pascolo, foragFig. 2.15- Esemplificazione delle due metodologie adottate per i
censimenti sul campo.
54
gere o incolti erbacei delimitati da siepi a macchia mediterranea) - specie presenti: Poiana, Gheppio, Pernice sarda,
Quaglia, Civetta, Rondine maggiore, Upupa, Rondine, Averla piccola, Corvo imperiale, Cornacchia grigia, Taccola,
Saltimpalo, Capinera, , Merlo, Strillozzo, Passera sarda, Frosone, Verdone, Verzellino, Fanello, Cardellino, Zigolo nero.
Habitat 2 (ambienti a macchia mediterranea con spazi aperti limitati e disomogenei)– specie presenti: Pernice sarda,
Tortora selvatica, Cuculo, Rondone maggiore, Upupa, Rondine, Rondine montana, Occhiocotto (scheda 1), Magnanina,
Pettirosso, Merlo, Tordo sassello, Fringuello, Zigolo nero. Habitat 3 (ambienti prevalentemente boschivi naturali, leccio
e/o sughera, ed artificiali, conifere) – specie presenti: Astore, Sparviere, Colombaccio, Cuculo, Picchio rosso maggiore
(vedi Fig. 2.16), Ghiandaia, Cinciallegra (vedi Fig. 2.17), Cinciarella, Fringuello. Habitat 4 (ambienti acquatici perenni
e zone umide limitrofe effimere)– specie presenti: Cormorano, Germano reale zampegialle. Habitat 5 (ambienti antropici) : ambienti in cui la presenza di attività umane limitano la presenza dell’avifauna.
MULARGIA: Habitat 1 (ambienti costituiti prevalentemente da ampi spazi aperti destinati a pascolo, foraggere o
incolti erbacei delimitati da siepi a macchia mediterranea) - specie presenti: Poiana, Gheppio, Falco pellegrino, Pernice
sarda, Occhione, Civetta, Allodola, Rondine montana, Averla capirossa, Averla piccola, Storno nero, Corvo imperiale,
Cornacchia grigia, Taccola, Saltimpalo, Capinera, Merlo, Codirosso spazzacamino, Ballerina bianca, Strillozzo, Passera sarda, Fanello, Verdone, Verzellino, Cardellino, Zigolo nero. Habitat 2 (ambienti a macchia mediterranea con spazi
aperti limitati e disomogenei) – specie presenti: Pernice sarda, Tortora selvatica, Cuculo, Scricciolo, Usignolo di fiume,
Capinera, Occhiocotto, Sterpazzola di Sardegna, Magnanina, Pettirosso, Merlo, Tordo bottaccio, Fringuello, Zigolo
nero. Habitat 3(ambienti prevalentemente boschivi naturali, leccio e/o sughera, ed artificiali, conifere) – specie presenti: Colombaccio, Cuculo, Picchio rosso maggiore, Cinciallegra, Cinciarella, Fringuello. Habitat 4 (ambienti acquatici
perenni e zone umide limitrofe effimere) – specie presenti: Svasso maggiore, Tuffetto, Cormorano, Alzavola, Germano
reale, Fischione, Gabbiano reale zampegialle. Habitat 5 (ambienti antropici): ambienti in cui la presenza di attività
umane limitano la presenza dell’avifauna.
Fig. 2.16 - Picchio
Fotografo: Danilo Lombardi
Fig. 2.17 - Cinciallegra
Fotografo: Walter Meloni
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Scheda 1 - Esempio di scheda di monitoraggio dell’avifauna
56
57
Sono stati raccolti i dati di pesca di due gare che si sono svolte nel lago Mulargia, a cui hanno preso parte complessivamente circa 20 pescatori.
In questo caso non esistono dubbi sulla presenza della specie nel corpo idrico sottoposto all’indagine. La presenza
sul campo dell’osservatore ha consentito di:
- individuare univocamente le specie
- verificare il rapporto di cattura tra più specie
- effettuare misurazioni e pesate per ricavare pesi medi e taglie massime di catture.
L’unica carenza di questa indagine è rappresentata dal fatto che si tratta di gare che devono svolgersi nel rispetto
del regolamento. Mancano quindi esemplari sotto taglia e soprattutto si ha una selezione, attuata attraverso la tecnica
di pesca e l’esca utilizzata, delle specie catturate. Questo mezzo quindi è utile se considerato come sistema di verifica
e utilizzato come complementare.
2.4 Preindagine sul popolamento ittico dei laghi medio Flumendosa e Mulargia
2.4.1 Introduzione
Il presente lavoro rappresenta, nell’ambito dei più ampi interventi concernenti la valorizzazione ambientale degli
invasi del Mulargia e medio Flumendosa, una prima indagine conoscitiva su gli aspetti relativi alla fauna ittica con
particolare riferimento alle specie di interesse per la pesca sportiva e /o professionale.
Non potendo condurre un’indagine con i metodi classici, che avrebbero previsto diversi campionamenti nel
corso dell’anno solare utilizzando reti con maglie di misure diverse posizionate a differenti profondità e con differenti
angolazioni rispetto alla linea di costa, si è ricorsi all’acquisizione di dati bibliografici e alle informazioni fornite dai
pescatori sportivi. Per quanto questo tipo di procedimento non possa dare un quadro esaustivo della fauna ittica, fornisce indicazioni certe sulla presenza delle specie catturate.
Finalità dello studio è confermare la presenza di specie storiche, rilevare l’eventuale presenza di specie alloctone,
fornire indicazioni per ogni specie sugli aspetti ittiologici generali, aspetti relativi alla pesca sportiva e suggerire elementi di gestione e tutela della risorsa ittica.
Tali informazioni potrebbero essere utilizzate, per esempio, dagli enti territoriali per la promozione di un turismo
alieutico, mediante la redazione di libretti informativi, la predisposizione di una cartellonistica da collocare in punti
strategici che riporti informazioni utili per la pesca sportiva, ma anche informazioni sui comportamenti e su le azioni
adeguate da mettere in atto al fine di salvaguardare l’ambiente e la risorsa ittica (pesca responsabile).
Interviste dirette
Sono state diverse le occasioni di incontro con i pescatori che si dedicano alla pesca sportiva e dilettantistica nei
due invasi. Particolarmente utili sono state le interviste effettuate al presidente di un associazione di pescatori sportivi
di Orroli che annovera una cinquantina di soci, e ad alcuni esperti pescatori sportivi di Sadali, tutti con notevoli conoscenze della pesca sportiva e delle specie pescate nei due invasi.
L’intervista diretta permette di raccogliere informazioni tanto più utili quanto più il pescatore è un abituale frequentatore dei luoghi dell’indagine. L’intervistato tende a riferire le sue catture più eclatanti e gli eventi che lo hanno
maggiormente colpito. L’intervista rivolta a pescatori che frequentano abitualmente i due laghi, consente di raccogliere
informazioni di carattere generale relative anche alle condizioni ambientali e ad eventi fuori norma. Si apprende così di
periodi siccitosi, di annate particolarmente pescose, della scomparsa di pesci un tempo abbondanti.
2.4.2 Discussione
L’indagine è stata condotta da febbraio a novembre 2008 utilizzando i dati estrapolati durante le seguenti fasi di
lavoro:
1) analisi della letteratura disponibile
2) indagine a mezzo questionario
3) controllo del pescato durante gare di pesca
4) interviste dirette
Analisi della letteratura disponibile
Si premette che in Sardegna forse a causa della mancanza di laghi naturali, ad esclusione del Baratz l’unico esistente, non vi è una tradizione di studi limnologici relativi a questi ambienti ed in particolare sono carenti le indagini
sulla fauna ittica.
La Regione Sardegna è inoltre in notevole ritardo rispetto ad altre regioni, per quanto riguarda l’adozione di strumenti conoscitivi e legislativi necessari ad una corretta gestione delle risorse ittiche e della pesca nelle acque interne.
2.4.3 Conclusioni
Analisi bibliografica
La bibliografia disponibile, come detto, è piuttosto scarsa e non recente. I lavori di maggiore spessore che abbiamo
consultato (riportati in bibliografia) risultano essere carenti proprio nella parte che riguarda i popolamenti ittici dei laghi
artificiali.
Le prime informazioni sulla fauna ittica delle acque interne della Sardegna risalgono agli studi del Cetti (1700) e del
Vinciguerra (1895). La prima relazione organica sulla distribuzione della ittiofauna dulciacquicola della Sardegna è da
attribuirsi a Cottiglia (1968) nella quale si analizzano tutti i bacini idrografici compresi gli invasi artificiali.
Si devono inoltre agli studi dello Spano (1956) e Cottiglia (1968) le poche analisi sulla pesca professionale e sulle
produzioni ittiche nelle acque lacustri della Sardegna. Lo Spano riporta di produzioni annue di pesci d’acqua dolce di
14.836 q/anno di cui l’87,8 % proveniente dalla pesca nei laghi. Le specie maggiormente pescate erano carpe (80 %) seguite da persici, tinche e anguille. La pesca nelle acque dolci era praticata in Sardegna da 431 pescatori (media triennio
1951-53). Attualmente in Sardegna la pesca professionale in acque dolci è praticata da pochi pescatori con produzioni
molto basse di circa 355 q/anno (dati ISTAT 2001).
Secondo i lavori più recenti (Massidda et al., 1996; Zanetti et al., 2007; Massidda et al., 2008) attualmente in Sardegna
sono presenti 19 specie ittiche dulciacquicole di cui solo 7 autoctone: alosa (Alosa fallax), anguilla (Anguilla anguilla),
latterino (Atherina boyeri), spinarello (Gasterosteus aculeatus), lampreda di mare (Petromyzon marinus), cagnetta (Salaria fluviatilis), trota macrostigma (Salmo trutta macrostigma).
Le rimanenti specie sono state in parte introdotte a scopo sperimentale e in parte sono pervenute tramite pescatori sportivi: alborella (Alburnus alburnus), carassio dorato (Carassius auratus), cobite comune (Cobitis taenia), carpa (Cyprinus
carpio), gambusia (Gambusia holbrooki), pesce gatto (Ictalurus melas), persico reale (Perca fluviatilis) persico trota
(Micropterus salmoides), trota iridea (Oncorhyncus mykiss), tinca (Tinca tinca), trota fario (Salmo trutta trutta), scardola (Scardinius erythrophthalmus).
L’alosa, la lampreda di mare, il cobite e la trota macrostigma sono specie d’interesse comunitario elencate nell’Allegato
II della Direttiva Habitat 92/43/CEE, la cagnetta è invece protetta secondo la Convenzione di Berna.
Indagine a mezzo questionario
Sono stati redatti due questionari (uno per ogni invaso), da far compilare ai pescatori sportivi e in cui raccogliere i
dati di pesca relativi ai mesi da maggio ad ottobre 2008. Per ogni mese si chiedeva di indicare: le tecniche di pesca, le
specie pescate e il numero di esemplari per specie, il numero di ore e giornate di pesca nel mese (vedi Allegato 1).
Si tratta di un tipo di indagine abbastanza utilizzato, almeno nelle fasi iniziali di uno studio ittiologico che serve per
indirizzare il ricercatore nella messa a punto delle indagini successive. Il difetto maggiore di questo sistema di indagine
non risiede nella poca attendibilità dei dati riportati (si tratta di schede anonime) ma piuttosto nell’incostanza del pescatore nel registrare (specie per lunghi periodi) tutte le catture effettuate. Tuttavia i dati riportati anche se percentualmente
inferiori all’attesa possono essere considerati (per esperienze pregresse) sufficientemente attendibili. Il questionario
consente anche una fonte di verifica attraverso l’incrocio dei dati relativi alla tecnica di pesca e al periodo di pesca con
le catture indicate. E’ da richiamare qui l’osservazione che fluttuazioni delle popolazioni ittiche, dipendenti da vari
fattori, sono naturali e che quindi ogni indagine è soggetta ad un margine di incertezza.
Controllo del pescato durante gare di pesca
58
Per il bacino idrografico del Flumendosa gli studi riguardano sopratutto l’asta principale e i suoi affluenti (Massidda
et al., 1993; Cau, 1996; Zanetti et al, 2007). Gli unici dati relativi agli invasi oggetto del presente studio sono quelli
riportati nel già citato lavoro di Cottiglia (1968).
Considerato che i laghi sottoposti ad indagine sono artificiali e relativamente recenti, si considera che la fauna ittica in
essi presente non può che derivare dalle popolazioni presenti nel bacino prima della costruzione dello sbarramento. In
particolare dovrebbero essere presenti le stesse specie del corpo idrico affluente oltre che quelle introdotte secondariamente:
a) si cita per esempio la presenza di alose che in risalita sono rimaste bloccate sul corso superiore del fiume Flumendosa
e poi intrappolate nel lago medio Flumendosa dalla nuova diga, dando origine a delle popolazioni stanziali nella forma
definita “agone” con presenza di alcuni caratteri modificati. Evento riscontrato anche sul Tirso (Cottiglia, 1969).
b) azione di semina a scopo di impesciamento di anguilla, trota fario, trota iridea, persico trota. Sono state immesse
per la pesca sportiva ad opera sia della Regione Sardegna in modo sistematico, sia, saltuariamente da società di pesca
sportiva, per lo più con taglie “pronta pesca”.
c) l’introduzione di specie come il latterino come specie foraggio per pesci di pregio come il persico trota e persico reale. Autoctona in Sardegna, è stata immessa a tale scopo da Cottiglia (1968) nei laghi Mulargia e medio Flumendosa.
d) introduzione di specie attraverso la pratica della pesca con il “vivo”. Si tratta di un sistema che usa per esca piccoli
pesciolini di scarso valore utilizzati per la cattura di pesci predatori. Attraverso questa pratica sono stati introdotti in
diversi bacini sardi il cobite, il carassio, la scardola.
Si deve considerare che non in tutti i bacini artificiali le specie immesse hanno poi mostrato i risultati attesi in quanto
le condizioni ambientali non sempre sono adatte al loro sviluppo, come nel caso delle popolazioni di trota iridea che
tendono a diradarsi se non sostenute da continue immissioni in quanto tale specie non è probabilmente in grado di
riprodursi naturalmente nelle acque sarde (Cau, 1996). Nel caso invece della Salmo (trutta) fario solo recentemente la
pratica di impesciamento è stata abbandonata (per via dei problemi di competizione ed ibridazione con Salmo trutta
macrostigma) e si è passati all’immissione di trote iridee o trote fario sterili (Massidda, 1995; Massidda et al.,1996).
Nel quadro riassuntivo successivo è elencato lo spettro delle specie ittiche rilevate nel bacino idrografico del Flumendosa da Cau (1996) e Zanetti (2007) esclusivamente per le stazioni a monte degli invasi del Mulargia e del Medio Flumendosa. I dati di Cottiglia (1968) includono anche le stazioni poste all’interno dei due invasi.
Tabella 2: Catture relative al periodo maggio-ottobre
Tabella 1: Specie ittiche rilevate da alcuni autori in stagioni poste a monte degli invesi. Solo i
dati di Cottiglia sono anche relativi a stazioni poste negli invasi.
Indagine ittiologica
Questionario
Il risultato dei dati raccolti con i questionari vengono riportati nelle tabelle e grafici che seguono. Nelle tabelle non
vengono citate specie quali Cobitis taenia, Salaria fluviatilis, in quanto specie “minori” che sfuggono, come previsto,
all’interesse del pescatore sportivo e che non vengono quindi insidiate.
Come si osserva anche dai grafici seguenti, nel lago medio Flumendosa la specie maggiormente pescata è stata il
persico trota (33 %) con un numero massimo di individui catturato nel mese di luglio (ind. 383), segue il persico reale
(20 %) e la carpa (17,6 %), catturate in maggiori quantità, rispettivamente, nel mese di luglio (ind. 203) e a settembre
(ind. 179). Ben rappresentate anche la trota fario e la trota iridea pescate principalmente nel periodo maggio-luglio con
valori massimi mensili, rispettivamente, di 110 e 120 individui. Scarse le catture di tinca, alosa e trota macrostigma. La
resa giornaliera maggiore si è verificata nel mese di maggio con 12,8 ind/giorno.
Anche nel lago Mulargia la specie più pescata è stata il persico trota (46,1%) con un numero massimo nel mese di
luglio (ind. 247), segue il persico reale (29,6 %) e la carpa (18,6 %) catturate maggiormente, rispettivamente, a luglio
(ind. 174) e ad agosto (ind. 135). Poco rappresentate la trota fario, con un numero massimo ad agosto (ind. 30), e la trota
iridea catturata solo a maggio (ind. 10). Scarse le catture di tinca e anguilla. La resa giornaliera maggiore si è verificata
nel mese di agosto con 15,4 ind/giorno.
59
Controllo pescato
Per quanto riguarda l’indagine sul campo è stata colta l’occasione rappresentata da due manifestazioni di pesca
sportiva organizzata nel lago Mulargia nei mesi di giugno e luglio. Il tema della prima gara era “pesca al persico trota
e al persico reale” con la tecnica dello spinning. Il risultato delle catture, da noi verificate, escludeva per regolamento,
gli individui di misura inferiore ai 20 cm.
Le prede sono risultate complessivamente 23, costituite dalle specie persico trota, persico reale e carpa. La cattura
delle carpe deve ritenersi occasionale considerato che la pesca si svolgeva con tecniche più adatte ad insidiare i predatori quali il cucchiaino rotante ed esche al silicone.
Come si evince dalla tabella risulta che il rapporto tra i persici catturati in termini di numero di individui è di 57,14
% del persico reale rispetto al 42,85 % del persico trota.
Il dato da evidenziare riguarda la buona presenza di persico reale, ma con una taglia media da ritenersi piuttosto
bassa, se si considera che questo pesce può raggiungere e superare i 30 cm di lunghezza totale e 400 g di peso. Anche
il persico trota si presenta fortemente sotto misura in quanto può raggiungere gli 80 cm di lunghezza totale e un peso
sino ai 7 kg.
I dati relativi alla seconda gara di pesca sportiva sul tema “pesca alla carpa” hanno fatto registrare la cattura di 36
carpe con un peso totale di 30,1 kg. Il peso massimo registrato è stato di 3 kg.
Interviste dirette
Le interviste confermano in buona parte quanto rilevato nelle fasi precedenti con alcuni scostamenti dovuti alla
predilezione dei pescatori per questa o quella specie.
Figura 1. Composizione percentuale del pescato relativo al periodo maggioottobre.
Figura 2. Catture giornaliere relative al periodo maggio-ottobre.
Figura 3. Campo di gara di pesca sportiva nel lago Mulargia
60
Perca fluviatilis (persico reale)
In Sardegna dal 1926 è una specie di interesse commerciale oggetto di pesca sia professionale che sportiva. Anche
in Sardegna veniva praticata una pesca economica al persico (lago Omodeo) che interessava negli anni‘50 diverse
barche (Spano, 1956). Ha carni solide e viene per lo più consumato in filetti molto saporiti. Si riproduce tra maggio e
giugno deponendo nastri gelatinosi di uova (sino a 150.000 per kg di peso) sulla vegetazione sommersa. Predatore di
piccoli pesci è a sua volta predato dal persico trota, ma il problema principale nei due laghi è da identificarsi nella mancanza di aree di riproduzione. La vegetazione rivierasca è molto scarsa a causa delle continue oscillazioni del livello
delle acque. Costituirebbe un pericolo anche la navigazione a motore per le onde e le correnti create dalle imbarcazioni
che possono provocare il distacco e la dispersione dei nastri delle uova. Per l’interesse commerciale si studiano nella
penisola impianti per la riproduzione artificiale e il ripopolamento. Assai apprezzato dal pescatore sportivo per la sua
combattività viene generalmente insidiato con il cucchiaino rotante. La sua pesca è vietata dal 1° aprile al 31 maggio,
la lunghezza minima di cattura è di 20 cm.
Cyprinus carpio (carpa)
Introdotta in Sardegna nel 1920-21, viene riportata prevalentemente per i bacini idrografici del versante occidentale
dell’isola (Zanetti et al., 2007). Ciprinide d’acqua calma è oggetto di pesca particolare “carpfishing” che nella penisola
viene per lo più praticata in laghetti a pagamento. Non troppo apprezzata dalla maggior parte della popolazione sarda
ha però carni ottime. Pescata in acque meso o eutrofiche la carpa presenta nelle carni uno sgradevole sapore di fango
(riportato specialmente per gli esemplari pescati nel Mulargia), che tuttavia scompare con qualche giorno di stabulazione in acque limpide. Si riproduce tra maggio e giugno deponendo le uova adesive sulla vegetazione acquatica. E’
specie rustica resistente a cali dei valori di ossigeno e a temperature sino a 25 °C. In Sardegna è ancora possibile rinvenire popolazioni selvatiche che richiamano numerosi pescatori dalla penisola. Si cattura con la pratica della pesca “
a fondo “ utilizzando come esche sia vermi che prodotti vegetali (mais, frutta) o miscele confezionate in polpette. E’ in
acquicoltura tra le specie più allevate con una pratica vecchia di secoli. In alcuni bacini della Sardegna corre il rischio
di ibridarsi con il carassio. La pesca è vietata dal 1° aprile al 31 maggio, mentre la taglia minima di cattura è di 30 cm.
Figura 4. Esemplare di Microplerus salmoides (persico trota) pescato
nel lago Mulargia.
Le specie ittiche di interesse per la pesca sportiva
Prima di affrontare la discussione è opportuno qualche richiamo sulle tecniche di pesca e sulle esche utilizzate. Le
tecniche di pesca sono fondamentalmente quattro, ognuna delle quali si presta a variazioni che vengono di volta in volta
adottate dal pescatore in base a luoghi, stagioni e condizioni ambientali. Queste variazioni che riguardano anche il tipo
di canna, l’azione di pesca, l’esca da usare, determinano un ventaglio numerosissimo di varianti riconducibili però a
quattro sistemi principali: pesca a fondo, pesca con galleggiante, pesca con esca rotante o spinning, pesca a mosca.
Una menzione a parte meritano le esche utilizzate. In questo caso l’elenco è quasi infinito. Ci limiteremo a ricordare
che sono comunque riconducibili ai due grandi gruppi delle esche artificiali e delle esche vive.
Nelle schede dedicate ad ogni specie saranno indicati i periodi di cattura e alcune considerazioni circa l’habitat più
idoneo e il periodo riproduttivo. Osservazioni necessarie per comprendere come azioni di cattura possano dare risultati
anche molto diversi a seconda della stagione e delle aree di pesca.
Alosa fallax (Alosa o cheppia)
Specie autoctona, migratrice anadroma, è rimasta segregata dalla costruzione delle dighe che ne impediscono la
discesa a mare. Vive genericamente in branchi e occupa la parte centrale e profonda del lago. Nel periodo riproduttivo
(maggio) risale il corso dell’affluente per la deposizione. La pesca si pratica per lo più con la mosca artificiale semisommersa. Specie edule e molto gradita da chi pratica la pesca a mosca. Risulta abbondante in entrambi i bacini dove è
pescata anche con le reti in quantità notevoli. Non è molto gradita al mercato. Prevale l’interesse alieutico. La sua pesca
è vietata dal 1° aprile al 30 maggio mentre la taglia minima consentita è di 25 cm.
Micropterus salmoides (persico trota)
Predatore alloctono, è stato immesso sperimentalmente in alcuni laghetti della provincia di Cagliari nel 1962 poi
successivamente si è espanso occupando diversi bacini. Negli anni 1965 e 1966 è stato introdotto da Cottiglia nel lago
Mulargia. E’ preda ambitissima dal pescatore sportivo per le sue caratteristiche di pesce combattivo. Normalmente
viene insidiato con cucchiaino rotante. La cattura di esemplari di taglia (sempre più rari) soddisfa il pescatore che
spesso lo slama e rimette in acqua (pesca no kill). Grande carnivoro si ciba anche di giovani della stessa specie. Preda
anche persici reali e piccole carpe e viene considerato da alcuni un equilibratore della fauna ciprinicola (Turin, 1992).
La possibilità di cattura richiama nei laghi numerosi pescatori. Da alcune foto che abbiamo potuto vedere sembra che
recentemente sia stata introdotta una specie simile (dalla livrea forse Micropterus floridanus) ancora più aggressivo che
dovrebbe essere tenuto sotto controllo per i danni che potrebbe causare a carico delle trote, persici reali e carpe. La sua
pesca è vietata dal 1° aprile al 31 maggio, la misura minima è di 20 cm.
Figura 5. Esemplare di Cyprinus carpio (carpa) pescato nel lago Mulargia.
61
toi di bacino per la produzione di avannotti. Sono in corso azioni di intervento con lo scopo di isolare e caratterizzare
riproduttori autoctoni da cui, attraverso la pratica della riproduzione indotta, ricavare avannotti con i quali attivare pratiche di ripopolamento. Questa trota, infatti resistente alle alte temperature e ai lunghi periodi siccitosi è la più idonea
al ripopolamento dei torrenti sardi. Ne è vietata la pesca e la commercializzazione.
Tinca tinca (tinca)
Introdotta dal Mola nel 1906 ha avuto in Sardegna una rapida diffusione. Ciprinide limnofilo, ama acque calde e
viene normalmente rinvenuta nei tratti “bassi” dei fiumi e dei torrenti. Si riproduce da maggio a luglio. Onnivora, si
nutre di alghe, piccoli insetti, piante acquatiche e detriti del fondo. Sopporta bassi tenori di ossigeno e contribuisce
alla riduzione delle masse organiche dei fondi melmosi. Poco apprezzata in Sardegna, è invece presente nei mercati
ittici dell’Italia peninsulare dove è oggetto di pesca sia sportiva sia commerciale con reti da posta. Viene insidiata dai
pescatori sportivi con la tecnica a fondo. E’vietata la pesca dal 1° aprile al 30 giugno mentre la taglia minima di cattura
è di 20 cm.
Anguilla anguilla (anguilla)
Specie autoctona è in forte regressione in tutti i bacini sardi a causa delle numerose barriere, traverse e dighe che,
sprovviste di scale di rimonta ne impediscono la migrazione trofica. E’ una specie carnivora voracissima attiva specialmente di notte. Viene insidiata con varie tecniche di pesca dal bilancino alle esche naturali. La taglia minima consentita
è di 28 cm.
Figura 6. Esemplare di Perca Fluviatilis (persico reale) pescato nel
lago Mulargia.
Conclusioni ed indicazioni gestionali
Salmo (trutta) trutta (trota fario)
Introdotta in Sardegna nei primi anni del 1900, è presente in diversi bacini sardi a seguito di ripetute immissioni
effettuate a scopo di “ripopolamento” da parte dell’amministrazione regionale e di società di pesca sportiva. Il pericolo
rappresentato dall’ibridazione con la forma autoctona Salmo (trutta) macrostigma in via di estinzione ha indotto la regione Sardegna a cessare la pratica e a vietare ulteriori immissioni. Si trova ancora tuttavia in numerosi torrenti e laghi
spesso nella forma ibridata. In periodi particolarmente siccitosi, le alte temperature e la crisi di ossigeno rappresentano
i motivi della sua rarefazione. Può essere sostituita senza pericoli, dalla forma triploide (sterile) nelle zone dove per
tradizione esiste una forte pressione da parte dei pescatori sportivi che non vogliono rinunciare alla loro tradizionale
attività di pesca. Preda ambita ha carni ottime e rappresenta un sicuro richiamo anche per pescatori dilettanti. Viene
pescata usando per esca sia un cucchiaino rotante, che il verme che la mosca finta. La pesca è vietata dal 30 ottobre al
31 gennaio, mentre la taglia minima di cattura è di 20 cm.
La lettura, l’elaborazione e il confronto dei dati permettono di esporre un quadro che riteniamo sufficiente, con
buona approssimazione, alla descrizione dello stato della popolazione ittica dei laghi indagati.
Rimane da ribadire che un indagine ittiologica portata secondo i metodi della limnologia classica e della limnoecologia (Lampert et al., 2007) risulta essenziale ai fini di proporre interventi di gestione e di controllo dei due bacini in
oggetto.
Nel quadro riassuntivo successivo vengono elencate le specie ittiche di importanza sportiva e professionale rilevate
negli invasi del medio Flumendosa e Mulargia.
Si conferma la presenza delle specie di maggiore interesse per la pesca riportate da Cottiglia (1968) per i due laghi
e da Cau (1996) e Zanetti (2007) per i loro affluenti quali alosa, anguilla, trota iridea, trota fario e tinca.
Oncorhynchus mykiss (trota iridea)
Introdotta in Sardegna a scopo sperimentale negli anni 1895/96 è originaria del nord America. E’ una specie di taglia medio grande che male si adatta ai torrenti sardi. Non si riproduce nelle nostre acque e la sua presenza è funzione
delle immissioni praticate. La specie è allevata in Italia sia a scopo commerciale che di pesca sportiva. In acque non
troppo fredde e ben ossigenate può raggiungere dimensioni notevoli (in letteratura sino a 8 kg). Ha carni ottime che
per l’alimentazione a base di crostacei (gamberetti) ricchi di carotenoidi, si presentano leggermente rosate. Per la sua
rapida crescita è la trota più allevata in Italia e in Sardegna viene allevata in gabbie galleggianti nell’invaso dell’Alto
Flumendosa. Nonostante non si riproduca in Sardegna, è vietata la pesca dal 30 ottobre al 28 febbraio e la taglia minima
è di 20 cm.
Salmo (trutta) macrostigma (trota macrostigma)
Specie autoctona sarda era un tempo presente in tutte le acque della Sardegna. Sovra pesca, inquinamento e competizione con la trota fario ne hanno ridotto sempre di più le popolazioni (Massidda,1995). Zanetti (2007) ha rilevato,
mediante analisi genetica, che la maggior parte delle popolazioni rinvenute nel bacino idrografico del Flumendosa è
ibridata con la trota fario. Rappresenta un endemismo tra i più caratterizzanti della fauna sarda, meritevole di azioni di
recupero, attuabili sia attraverso interventi di maggior protezione e controllo che attraverso la realizzazione di incuba-
62
L’alosa, difficilmente insidiata dai pescatori sportivi, viene pescata abbondantemente con le reti in entrambi i bacini.
La presenza dell’anguilla in entrambi gli invasi è confermata dagli intervistati che segnalano sporadiche catture di
individui di grossa taglia.
Si conferma la presenza della trota macrostigma solo nel lago Medio Flumendosa, la sua cattura (e rilascio) è tuttavia molto rara.
A queste specie si devono aggiungere quelle da noi rilevate quali il persico trota, il persico reale e la carpa le cui
popolazioni in entrambi i bacini appaiono essere percentualmente più consistenti rispetto alle altre specie. In particolare
sembrerebbe che la carpa sia la specie più rappresentata sebbene i dati del questionario mostrino il contrario. L’alto
valore delle catture di persico trota e persico reale è funzione dell’attenzione che i pescatori sportivi riservano a queste
specie per la loro combattività o per la bontà delle carni rispetto ad una preda meno apprezzata come la carpa.
La popolazione del persico trota risulta in sofferenza nei due laghi artificiali probabilmente a causa della mancanza
di prede foraggio come il latterino, un tempo presente massivamente e ora in forte contrazione o assente probabilmente
a causa di eventi di degrado della qualità delle acque in quanto specie particolarmente sensibile alla carenza di ossigeno
e alla presenza anche in minime quantità di soluti tossici (Massidda et al, 2008).
La presenza di specie “minori” (latterino, cobite comune, gambusia, spinarello, cagnetta) non può essere confermata in quanto sfuggono all’attenzione del pescatore sportivo.
Non ci sono segnalazioni sull’eventuale presenza di specie segnalate in altri bacini della Sardegna quali il carassio,
il pesce gatto, la scardola e il persico sole.
I maggiori pericoli individuati che minacciano l’ittiofauna dei due bacini sono di seguito elencati:
1) l’introduzione di specie alloctone in grado di mettere in pericolo le delicate reti trofiche dei laghi
2) la mancata programmazione d’intervento rivolta alle specie di pregio quali persico reale e persico trota
3) la mancanza di regole circa gli usi multipli compatibili
Il primo provvedimento per poter attuare un corretto piano di gestione riguarda la messa in atto di indagini idrobiologiche necessarie a ristabilire un corretto rapporto tra le varie specie che popolano i laghi, attraverso lo studio delle
componenti della catena trofica (plantoniche, bentoniche e ittiche) e delle caratteristiche fisico-chimiche.
Un secondo provvedimento dovrebbe prevedere l’istituzione di un regolamento di pesca nel lago e un sistema attento di controllo, anche attraverso concessioni di pesca che vincolino il concessionario al rispetto delle norme. Riservare
alcune zone rivierasche alla libera pesca sportiva. Attuare un regolamento di pesca che vieti l’uso del “vivo” come esca,
se non praticato con specie già presenti nel lago.
Sostenere o incrementare le popolazioni di specie a maggior rischio o pregio come la trota macrostigma, il persico
reale e il persico trota, attuando sistemi quali l’individuazione e la protezione delle zone di frega, l’istituzione di aree
di deposizione artificiali, la realizzazione di incubatoi di bacino dove effettuare riproduzioni indotte per attuare azioni
di ripopolamento controllato.
Valutare ed armonizzare gli usi compatibili quali la balneazione e la navigazione che andrebbe regolamentata con
l’indicazione delle rotte e l’esclusione di imbarcazioni con motore fuori bordo, e ancora consentire l’uso della barca a
remi per la pesca a fondo.
Allo stato attuale, per la valorizzazione dei due laghi mancano anche infrastrutture generali quali sentieri d’accesso,
cartellonistica, punti di ristoro.
I due laghi rappresentano, oltre che un valore ambientale da salvaguardare una reale opportunità di promozione sia
per il turismo interno che per quello nazionale e internazionale oggi quasi totalmente indirizzato verso le aree costiere.
Flora, avifauna, fauna ittica, aspetti paesaggistici sono beni che vanno tutelati e valorizzati per la capacità di innescare un ciclo virtuoso che vedrebbe coinvolte diverse competenze riconducibili ad attività di impresa (ittiturismo e
pescaturismo), di gestione e di controllo traducibili in occasioni di lavoro a sostegno dei territori rivieraschi.
Considerato inoltre che per la crisi generale della pesca, l’Italia importa filetti di persico africano (Lates niloticus)
dal lago Vittoria e filetti di pangasio (Pangasius hypophthalmus) dal fiume Mekong (Ismea, 2007), sarebbe forse opportuno riconsiderare l’importanza economica di specie presenti nei laghi sardi quali carpa, persico trota e persico reale
attualmente poco valutati.
63
2.5 I dati di quantità e qualità delle acque
Graf. 2.2
2.5.1 Idrometeorologia
Elaborazione dati - LAGO DEL MULARGIA (vedi Graff. 2.1-2.15)
Nell’anno 2006 la pioggia registrata in corrispondenza del lago del Mulargia è stata di 564,6 mm, i giorni piovosi
56. Il mese più piovoso è stato Dicembre con 174,8 mm, mentre non ha piovuto durante Maggio. La temperatura media
nel corso dell’anno è stata di 15,9 °C e il mese mediamente più caldo è stato Luglio (25 °C). Il mese mediamente più
freddo è stato Gennaio (6,6 °C). Il vento sfilato complessivamente nel corso dell’anno 2006 è stato di 90015 km, con
un picco nel mese di Agosto (12245 km) e un minimo nel mese di Dicembre (4478 km). Il vento ha soffiato prevalentemente da Ovest. La radiazione solare totale registrata è stata di 1645,3 KWh/mq; il mese più soleggiato è stato Maggio
(224,59 KWh/mq) mentre il valore minimo è stato registrato in corrispondenza del mese di Dicembre (47,45 KWh/mq).
L’evaporazione totale annua 2006 è stata di 1436,9 mm con un valore massimo registrato nel mese di Agosto (245,5
mm) e minimo nel mese di Dicembre (17,3 mm).Nell’anno 2007 il mese più piovoso è stato Aprile (82,2 mm) i meno
piovosi Luglio e Agosto (1 mm ciascuno) per un totale di 342,4 mm e 62 giorni piovosi. La temperatura media nel corso
dell’anno è stata di uguale a quella dell’anno precedente (15,9 °C) e il mese mediamente più caldo è stato Agosto (24,3
°C). Il mese mediamente più freddo è stato Dicembre (8,6 °C). Il vento sfilato complessivamente nel corso dell’anno
2007 è stato di 97950 km, con un picco nel mese di Luglio (10934 km) e un minimo nel mese di Ottobre (4842 km). Il
vento ha soffiato prevalentemente da Ovest. La radiazione solare totale registrata è stata di 1605,5 KWh/mq; il mese
più soleggiato è stato Luglio (245,86 KWh/mq) mentre il valore minimo è stato registrato in corrispondenza del mese di
Dicembre (44,32 KWh/mq). L’evaporazione totale annua 2007 è stata di 1505,1 mm con un valore massimo registrato
nel mese di Luglio (273 mm) e minimo nel mese di Gennaio (28,9 mm). Per l’anno 2008 sono stati elaborati i dati relativi all’umidità % media fino al mese di Maggio. Il mese mediamente più umido è stato Gennaio, con il 83,6%; il mese
meno umido Maggio con il 68,2%.
Graf. 2.3
Graf. 2.1
Graf. 2.4
64
Graf. 2.5
Graf. 2.8
Graf. 2.6
Graf. 2.9
Graf. 2.7
Graf. 2.10
65
Graf. 2.14
Graf. 2.11
Graf. 2.12
Graf. 2.15
Graf. 2.13
66
Graf. 2.17
Elaborazione dati - LAGO DEL MEDIO FLUMENDOSA (vedi Graff. 2.16-2.23)
I dati riguardanti il lago del Flumendosa sono disponibili a partire dal 2007. Considerando tale periodo, la pioggia totale registrata è stata 432,6 mm, i giorni piovosi 45. Il mese più piovoso è stato Aprile (97,6 mm) il meno piovoso
Agosto (0,4 mm. La temperatura media nel corso dell’anno è stata di 16,6 °C e il mese mediamente più caldo è stato
Agosto (25,2 °C). Il mese mediamente più freddo è stato Gennaio (5,7 °C). Il vento sfilato complessivamente nel corso
dell’anno 2007 è stato di 45299 km, con un picco nel mese di Dicembre (4950 km) e un minimo nel mese di Gennaio
(2733 km). Il vento ha soffiato prevalentemente da Nord - Est. La radiazione solare totale registrata è stata di 1461,3
KWh/mq; il mese più soleggiato è stato Luglio (224 KWh/mq) mentre il valore minimo è stato registrato in corrispondenza del mese di Gennaio (34,9 KWh/mq). L’evaporimetro installato presso il lago del Flumendosa è stato operativo
a partire dal Febbraio 2007; considerando il periodo Febbraio-Dicembre 2007, L’evaporazione totale è stata di 1327,7
mm con un valore massimo registrato nel mese di Luglio (260 mm) e minimo nel mese di Febbraio (34 mm).
Per l’anno 2008 sono stati elaborati i dati relativi all’umidità % media fino al mese di Maggio. Il mese mediamente più umido è stato Gennaio, con il 79,6 %; il mese meno umido Maggio con il 66,2%.
Graf. 2.18
Graf. 2.19
Graf. 2.16
67
Graf. 2.23
Graf. 2.20
Graf. 2.21
Graf. 2.22
68
Graf. 2.24
Elaborazione dati - DEFLUSSI SUL RIO MULARGIA (vedi Graff. 2.24-2.25; Tab. 2.6)
L’andamento qualitativo delle portate sul Rio Mulargia nel 2006 segue abbastanza fedelmente quello delle pioggie, con eccezione dei mesi di Aprile e Luglio. Il deflusso totale nel 2006 è stato di 7.539.768 mc, con un picco nel
mese di Dicembre (2.404.731 mc) e un minimo a Giugno (5495 mc). Anche l’andamento del 2007 ha seguito qualitativamente quello delle pioggie con eccezione degli ultimi mesi dell’anno; il deflusso totale è stato di 8.507.567 mc, con
un picco nel mese di Aprile (2.087.851 mc) e un minimo a Dicembre (112.919 mc).
Graf. 2.25
tab. 2.6
69
2.5.2 Quantità e qualità delle acque
Per necessità di rappresentazione dei dati, le caratteristiche morfometriche, i parametri analizzati ed i risultati delle
elaborazioni vengono presentati in forma di scheda (schede 2 - 6).
Scheda 2
70
Scheda 3
71
Scheda 4
72
Scheda 5
73
Scheda 6
74
2.7 Realizzazione del Sistema Informativo Geografico (GIS)
I dati raccolti durante la realizzazione del progetto sono stati inseriti in un sistema informativo geografico (GIS)
su piattaforma ArcGis 9.1.
La base cartografica è costituita dalla CTR con scala 1:10.000, il sistema di coordinate scelto è il Gauss BoagaOvest (Roma 1940). E’ stata individuata un’area di interesse costituita da un buffer di 5 Km a partire dal contorno dei
laghi del Mulargia e del Medio Flumendosa, suddivisa secondo i limiti comunali. Sono stati inseriti i punti campionati
con GPS durante i sopralluoghi e a ciascuno di essi è stata associata una immagine significativa mediante un hyperlink.
Al punto corrispondente alla sezione di misura delle portate del Rio Mulargia, in località Conche Arrundini (vedi Fig.
2.20), sono stati associati negli attributi i valori di portata e di deflusso orario relativi agli anni idrologici 2005-2006,
2006-2007. La scala delle portate utilizzata viene costantemente aggiornata tramite una campagna di misure di portata
realizzate mediante sensori a effetto doppler (vedi Fig. 2.17). Ai punti corrispondenti alle stazioni meteorologiche sono
stati associati mediante hyperlink, fogli di calcolo (vedi Fig. 2.18) contenenti dati giornalieri riguardanti vento sfilato,
temperatura (massima, minima e media giornaliera), radiazione solare (totale giornaliera), pioggia e evaporazione
totale mensile. Per la realizzazione del layer relativo all’uso del suolo è stata utilizzata la Corine Landcover 1:25.000
con l’ausilio, per l’aggiornamento e i dettagli, delle foto satellitari ad alta risoluzione IKONOS. La CTR 1:10.000 è
stata inoltre utilizzata per la realizzazione di un DEM (digital elevation model) e successivamente di uno slope- layer.
I rilievi sul campo hanno consentito la realizzazione e la successiva implementazione di un layer relativo al profilo del
suolo e alla copertura vegetale.
Fig. 2.20 - Stazione automatica di monitoraggio qualità e quantità acque.
Fig. 2.19 - Schermatura GIS con i link ai dati di deflusso.
Fig. 2.18 - Misura di portata con sensore a effetto doppler.
75
CAPITOLO 3
- Piano regionale dei rifiuti;
IPOTESI DI GESTIONE DELL’AREA DI STUDIO
- Piano paesaggistico regionale (PPR).
Si tratta di una strategia complessa e articolata che, attraverso la sostenibilità ambientale, persegue un modello
di sviluppo fondato sulla salvaguardia dell’ambiente, su un governo del territorio equilibrato e sulla qualità ambientale
e urbana.
3.1 Il Programma Regionale di Sviluppo della Regione Sardegna (PRS)
Il PRS 2007–2009 delinea un nuovo modello di sviluppo fondato sulla valorizzazione economica, in un quadro
di sostenibilità ambientale, delle specificità regionali (naturalistiche, culturali, identitarie, agroalimentari, artistiche,
artigianali), sull’impulso alla crescita delle competenze, sugli investimenti nella ricerca e nella creatività, sull’incremento della competitività dei sistemi e delle attività produttive locali, sul potenziamento delle infrastrutture e delle reti
di servizio, nonché su azioni orientate a rafforzare la coesione sociale.
Gli obiettivi
Gli obiettivi attraverso cui la Regione intende realizzare la strategia 3 sono:
a) la tutela e valorizzazione ambientale: sostenibilità ambientale, difesa del suolo, gestione dei rifiuti, parchi e
rete ecologica regionale;
Il disegno complessivo si articola nelle seguenti sette strategie:
b) il governo del territorio: attuare un modello di sviluppo che valorizzi le componenti fisiche, ambientali e umane dell’intero contesto regionale, orientato alla salvaguardia ambientale, paesaggistica e identitaria della Sardegna.
1) Autogoverno e riforma della regione;
2) Identità e cultura;
c) città e centri urbani: migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane e aumentare l’attrattività
delle città sarde creando un ambiente favorevole allo sviluppo turistico, alla crescita delle Università, all’innovazione.
3) Ambiente e territorio;
4) Conoscenza;
5) Sistemi produttivi e politiche del lavoro;
6) Infrastrutture e reti di servizio;
Tabella 3.1. - Le priorità e gli obiettivi del QSN. La strategia 3 del PRS concorre alla realizzazione delle
priorità 3, 5 e 8 del QSN.
7) Solidarietà e coesione sociale.
Ciascuna strategia illustra i propri obiettivi e, ove possibile, la fonte e l’importo esatti delle risorse stanziate per
il loro raggiungimento. Parte integrante delle strategie è costituita dalla loro coerenza con i principali strumenti di programmazione settoriale, specie in materia di ambiente e governo del territorio, dei quali la Regione Sardegna ha provveduto a dotarsi o che intende adottare nel più breve tempo possibile.” (Fonte Sito Ufficiale della Regione Sardegna,
2009 – www.regionesardegna.it).
In tale ambito possiamo leggere una generale sensibilità e perseguimento dell’intento di crescita sostenibile ed in
particolare valorizzazione anche a fini turistici dei beni ambientali e culturali locali.
Il presente studio può trovare spazio in fase esecutiva tra gli obiettivi della Strategia 3 priorità 3 e 5 e nella strategia 5 priorità 7 che di seguito vengono presentate così come illustrate nel PRS del sito regionale.
Tabella 3.2 - Priorità 5. Valorizzazione delle risorse naturali e culturali per l’attrattività e lo sviluppo
3.1.1 Strategia 3. Ambiente e territorio
La strategia
La strategia 3 considera la sostenibilità ambientale quale criterio guida della politica di governo del territorio.
Per questo la Regione deve disporre degli strumenti conoscitivi, normativi e di pianificazione in grado di incidere sui
comportamenti delle imprese, delle amministrazioni e dei cittadini. I principali atti di pianificazione più adottati sono:
- Piano di assetto idrogeologico (PAI);
- Piano di tutela delle acque;
- Piano forestale ambientale regionale (PFAR);
76
3.1.2 Strategia 5. Sistemi produttivi e politiche del lavoro
3.2 Prime iniziative turistiche
La strategia
I territori analizzati, proprio per la ricchezza e le potenzialità dei loro paesaggi, sono già oggetto di diverse proposte per attività turistico-ricreative promosse da privati ed enti locali, in modo da incentivare la conoscenza di questi
luoghi e la loro fruizione.
La strategia 5 può definirsi come la strategia unitaria per lo sviluppo competitivo dell’economia regionale. E’un
modello di sviluppo coerente con le vocazioni territoriali e ambientali della Sardegna e fondato sulla convenienza
all’insediamento produttivo e sulla pratica competitiva d’impresa. Questo processo è accompagnato dagli interventi di
politica attiva del lavoro volti a favorire una piena e migliore occupazione.
È possibile già da diversi anni, infatti, scegliere dei percorsi alternativi di esplorazione facendo trekking, corsa
o mountain bike, in modo da raggiungere i siti archeologici vicini, come i nuraghe Su Nuraxi a Barumini e Arrubiu ad
Orroli o il Parco di Pranu Muttedu a Goni attraversando paesaggi di particolare bellezza e soliti in Sardegna solo in
alcune aree lontane dalle coste e rese caratteristiche dalla presenza dei laghi.
Gli obiettivi
Gli obiettivi della strategia 5 si riferiscono ai principali settori produttivi dell’economia isolana, nonché all’internazionalizzazione del sistema produttivo e alle politiche attive del lavoro:
Tra le diverse iniziative già in atto è da segnalare la volontà di rendere navigabili i laghi artificiali Flumendosa
e Mulargia, attualmente concretizzata con l’uso di due traghetti gestiti dalla Società Navigazione dei Laghi Srl, nata
nel 1997. I due traghetti con le ruote a pala, realizzati a Porto Torres e somiglianti a quelli che un tempo correvano sul
Missisippi, hanno posti per più di 170 persone e viaggiano tutto l’anno con una pausa fra febbraio e marzo, periodo in
cui è prevista la piena dei bacini. Il traghetto che corre sul lago Mulargia parte da Siurgus Donigala ed il tragitto dura
meno di un ora. Le partenze per il tragitto sul lago Flumendosa sono dal molo della struttura Istellas a Nurri ed il percorso dura due ore.
a) industria: favorire la crescita della competitività delle imprese attraverso servizi di qualità, infrastrutture,
innovazione, maggiore efficienza della burocrazia e del sistema degli incentivi;
b) agricoltura e sviluppo rurale: favorire un sistema agricolo forte, autonomo, competitivo e differenziato, che
valorizzi le diversità della Sardegna;
c) pesca: stimolare la crescita del settore sotto il profilo economico, sociale e ambientale e di migliori possibilità occupazionali;
In un prossimo futuro l’Ente acque della Sardegna, in concertazione con gli enti locali, ha in programmazione di
intensificare l’uso ludico dei laghi per rafforzare e gestire le attività turistico-ricettive delle zone interne della Sardegna.
Anche le sponde dei laghi sono oggetto di interventi di sistemazione e completamento con alcune strutture ricettive e la
realizzazione di accessi dall’acqua e da terra.
d) turismo: massimizzare i vantaggi economici del turismo nel rispetto della sostenibilità ambientale;
ne;
e) commercio: rivitalizzare le attività commerciali nel tessuto urbano, migliorando la loro capacità di attrazio-
Figura 1- Esempio di cartellonistica turistica esistente nel territorio
f) internazionalizzazione del sistema produttivo: migliorare la propensione all’esportazione e la capacità di
attrazione dall’esterno di investimenti, idee e capacità imprenditoriali;
g) politiche attive del lavoro: portare il tasso di occupazione in linea con la media italiana, creando nuovi e
migliori posti di lavoro e conservando quelli esistenti.
Le priorità e gli obiettivi del QSN. La strategia 5 del PRS concorre principalmente alla realizzazione delle
priorità 5, 7 e 9 del QSN.
Tabella 3- Priorità 7. Competitività dei sistemi produttivi e occupazione
77
3.3 L’esplorazione del paesaggio
cettivo del paesaggio e utilizzare questo come parametro e guida per definire dei possibili interventi utili per una fruizione e conoscenza delle sue peculiarità. Inoltre, non si ritiene che il lavoro illustrato sia esaustivo e completo in ogni
sua parte, bensì la interpretiamo come una occasione per studiare un territorio avente grandi possibilità di sviluppo in
collaborazione con gli enti locali in modo da innescare un processo di sviluppo sostenibile.
3.3.1 Analisi fenomenico percettiva
Molto spesso si usano i termini paesaggio, ambiente e territorio per descrivere, studiare o semplicemente parlare della
stessa realtà, come fossero dei sinonimi.
3.3.2 Carta della panoramicità
La confusione si rende più evidente quando associamo a questi termini degli aggettivi come “naturale” o “costruito”.
3.3.2.1 Genesi
Il paesaggio è un insieme complesso di più elementi fra loro collegati composto di alberi, di case, di rocce e di
campi, di acque e di economie, di uomini, di culture, di azioni, di cause ed effetti, di relazioni, eventi e processi storici
e le relazioni che lo compongono sono dinamiche in continua evoluzione (Albrecht e Benevolo, 1994).
Il territorio in esame, in prima analisi, è stato attraversato, percorso e fotografato per capire le sue peculiarità e le possibilità, palesi e nascoste, di una possibile evoluzione di questo paesaggio in relazione ad uno sviluppo della fruizione
Esistono due correnti distinte che considerano e studiano il paesaggio in modo totalmente diverso: la corrente
scientifica, che risale alla nascita e all’evoluzione delle scienze naturali e la corrente fenomenico-percettiva, che deriva
dalla concezione estetica. […] Per comprendere e studiare il paesaggio, e ancor più per poter consapevolmente intervenire su di esso per modificarlo o per programmarne le sorti, dobbiamo possederne un’esauriente definizione scientifica.
Ma affianco all’accezione scientifica (o ecologica) deve esserci quella fenomenica (o estetico-percettiva); sono dunque
aspetti complementari di un processo conoscitivo pertanto non debbono essere contrapposte, ma congiunte (Romani,
1994).
Il paesaggio è un sistema complesso, possiamo considerarlo come un organismo con proprietà sia concettuali
che fisiche; l’insieme dei processi di sviluppo di tale organismo – secondo Almo Farina, novità, opportunità ed eventi
– permette di ottenere nuove configurazioni che sono però difficili da prevedere.
Qualunque azione compiuta su un sistema presuppone una sua reazione; risulta fondamentale, comunque, compiere il primo passo verso una conoscenza di un contesto ancor prima di ipotizzare interventi su di esso, in modo da
concepire azioni sostenibili con le caratteristiche del paesaggio capaci di restituire possibili scenari di sviluppo.
La definizione di paesaggio dipende dalla cultura di un popolo e dal rapporto che si instaura tra uomo e contesto; la sua immagine testimonia la capacità di trasformare l’ambiente in base alle esigenze di una determinata società
(Dubbini, 1994).
Il paesaggio per essere compreso deve essere accompagnato anche da una azione percettiva dell’uomo. La percezione umana (e quella visiva in particolar modo) nel caso del paesaggio è fortemente legata alla capacità di lettura e
comprensione dei segni che lo compongono. La capacità è funzione della cultura di chi osserva la realtà e la tramuta
in paesaggio immaginato; l’osservatore stesso appartiene ad un determinato tempo, ad un mondo di conoscenza – che
riflette la cultura del periodo in cui vive ed anche quella individuale, arricchita da esperienze/scelte personali - che
cambia nei secoli con lo sviluppo degli apporti scientifici e delle nuove tecnologie. Per queste ragioni interpretiamo la
conoscenza e la rappresentazione del paesaggio come azioni soggettive.
Questo processo nelle diverse epoche storiche ha coinvolto anche le arti, o meglio, le arti sono parte di questo
processo molto complesso.
Dapprima la pittura, seguita dalla fotografia e in seguito dalla scultura, sono degli strumenti che l’uomo ha usato
per descrivere – talvolta in modo narrativo - la struttura del paesaggio; le motivazioni sono molteplici: controllo del territorio (soprattutto in periodi di guerra), rappresentazione di architetture immerse in un ambiente naturale, la nostalgia
per una certa forma di paesaggio distante dalla città.
Alla fine del Settecento, nasce la parola panorama per indicare uno scorcio di territorio che si abbraccia con lo
sguardo. Il ‘panorama’ era, in origine, una grande tela dipinta, disposta a trecentosessanta gradi intorno a uno spettatore
che la osservava da un punto centrale prestabilito, esposta in un edificio circolare spesso appositamente costruito, ed
esibita a orari, come fosse uno spettacolo teatrale (D’Angelo, 2004).
Fig. 3.1 - Sistema dei punti panoramici
Fig. 3.2 - Sistema dei panorami
Localizzazione dei punti (in rosso), sovrapposta ai sistemi idrico e infrastruttu- Localizzazione dei luoghi che si possono osservare dai punti panoramici indivirale principali
duati, sovrapposta ai sistemi idrico e infrastrutturale principali
Ricalcando le orme dei primi viaggiatori e geografi del’700, si è deciso di analizzare l’aspetto fenomenico per-
78
79
e ricezione turistica.
Analizzando la morfologia del territorio e le fotografie scattate durante la fase di monitoraggio, si sono individuati dei
luoghi che per altimetria risultano predominanti rispetto al contesto. Alcuni dei punti di monitoraggio dell’area sono,
dunque, di notevole panoramicità. I punti sono stati identificati con un codice alfanumerico del tipo I_01, identico al
codice di riferimento delle schede di monitoraggio; questo sistema puntuale è stato rappresentato nella tavola 20 a cui è
stato allegato un rilievo fotografico ed una tabella (tab. 3.1), che riassume ed esplicita il rapporto tra i punti panoramici,
le fotografie, in quale territorio comunale ricadono i punti di scatto e le aree incorniciate nelle foto, se tali aree ricadono
in zona vincolata e se sono caratterizzate dalla presenza di interventi anropici importanti.
La carta della panoramicità, attraverso i coni visivi, identifica le aree osservabili dai punti panoramici; le gradazioni di
grigio indicano la capacità di visibilità di una determinata porzione di territorio. Nello specifico, le aree colorate con un
grigio scuro (dato dalla sovrapposizione di diversi coni visivi) individuano le aree maggiormente visibili da siti lontani;
quelle con gradazioni sempre più chiare indicano aree meno osservabili. Nella legenda relativa alla tavola sono state
indicate le gradazioni di grigio delle aree osservabili dai punti ed il corrispondente numero di luoghi panoramici da cui
esse si osservano.
3.3.2.2 Analisi
Questa analisi, sovrapposta alle carte tematiche prodotte, conferisce valore aggiunto da una parte, al sistema puntuale dei siti panoramici e, in alcuni casi, le aree osservate sono caratterizzate da elementi importanti di paesaggio e
meritevoli di nuovi interventi (vedi fig. 3.1); dall’altra, al sistema delle aree osservate, che possono essere riqualificate
tenendo conto della loro capacità di essere osservate da diversi punti distanti (vedi fig. 3.2).
I punti panoramici individuati risultano in numero pari a 21 in tutto il territorio analizzato, di cui 18 coincidono con
i punti di monitoraggio. Nella tabella n 3.1 sono stati riportate riportati i seguenti campi: i punti panoramici coincidenti
con quelli di monitoraggio, la capacità di ciascun punto di essere panoramico (fatta per comparazione tra i diversi siti),
il territorio comunale in cui ricadono sia i punti che le aree coinvolte dai coni visivi e i dati ritenuti importanti per una
maggior comprensione del materiale fotografico (che riguarda sia il sistema puntuale che il sistema areale) attraverso la
sovrapposizione con alcuni elaborati cartografici di base (vedi figg. 3.3 e 3.4).
Fig. 3.3 - Sovrapposizione dei coni visivi alla carta dei Fig. 3.4 - Sovrapposizione dei coni visivi alla carta delvincoli.
le aree modellate artificialmente.
I Comuni interessati da questa analisi sono la maggior parte di quelli ricadenti nell’area di studio, eccezione fatta
per quelli più limitrofi che si trovano parzialmente interni a tali confini.
I due laghi, sottoposti a questa analisi, presentano un comportamento differente; la loro diversità nasce dal fatto che
si sviluppano su territori morfologicamente molto diversi, nello specifico: il lago Mulargia occupa ed è accolto da un
territorio pressoché collinare, dunque risulta facilmente visibile da diversi punti dislocati in tutta l’area che circonda
lo specchio d’acqua ed i coni individuati sono molto ampi ed abbracciano estensioni importanti di territorio; il lago
Flumendosa invece risulta inserito tra due emergenze collinari e montuosa e presenta una forma più allungata, dunque
occupa l’area in modo diverso rispetto al Mulargia e ed i coni individuati sono meno aperti, garantendo una minore
visibilità.
Per ciascun punto si sono scelte un massimo di tre fotografie, di cui una panoramica, che sono state elaborate in
modo da evidenziare gli elementi caratterizzanti il paesaggio e trovare risconto con le carte tematiche di base utilizzate.
Nel materiale fotografico in rosso si sono individuati i segni antropici e naturali su cui eventualmente intervenire con
una riqualificazione o ritenuti elementi importanti per nuove ipotesi di intervento.
80
Tabella 3.4 - Schedatura dei punti panoramici e del sistema delle aree osservabili da essi
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I_08
F57_58
F59
F60
I_12
F61_62
F63
F64
I_15
F65_66
F67
Nurri
82
F68
I_16
F3
F1_F2
F4
Nurri
I_16bis
F7
F5_F6
F4
Esterzili
I_44
F7_8
83
Esterzili
I_23
F9_10
F11
F12
Siurgus Donigala
I_24
F13_14
F15
F16
I_30
F17_18
F19
84
F20
I_34
F23
F24
F21_F22
F28
F25_F26
F32
F29_30
I_36
F27
I_40
F31
85
I_45
F33_34
F35
F36
I_47
F37_38
F39
I_13
F41_42
86
F40
I_04
F47
F48
F45_F46
F52
F49_50
F56
F53_54
I_05
F51
I_07
F55
87
3.3.3 Carta degli accessi ai laghi ed alle aree panoramiche
Un’adeguata analisi del territorio, con l’obiettivo di incentivare la fruizione turistica e innescare nuove attività
orientate ad uno sviluppo economico e sociale innovativo, ha bisogno di individuare non solo dei percorsi di fruizione
possibili e l’esistenza di strutture ricettive ma anche identificare delle aree di accesso ai laghi ed ai punti panoramici.
Sadali
Lo studio propone una analisi della morfologia del territorio attorno agli specchi d’acqua per una possibile futura
realizzazione di nuovi accessi da aggiungere a quelli esistenti con ingressi per natanti o per sport acquatici di vario
tipo.
Villanovatulo
La maggior parte degli accessi esistenti coincidono con le strutture delle dighe dei due laghi o con ingressi utilizzati per fare dei campionamenti delle acque (vedi Tav. 21). È stata determinante la stesura della carta delle pendenze, e
l’analisi delle altimetrie (usata come sfondo nella carta della panoramicità) per capire quali parti del territorio fossero
più accessibili all’uomo e segnalare i punti di notevole panoramicità. Analizzando la carta, sono stati indicati i punti
panoramici, la viabilità principale, gli approdi e gli accessi, mentre i segni lineari sui versanti individuano aree con
pendenza importante che rendono difficile approdare o accedere alla sponda dei laghi.
Esterzili
Nel complesso, la conformazione morfologica del terreno consente una accessibilità notevole in entrambi i laghi
e la possibilità di incrementare il numero di approdi.
Alcuni di questi nodi potrebbero diventare dei poli attrattori per il turismo e, potenziandoli, aumenterebbe la
possibilità di fruizione turistica e garantendo un positivo riscontro economico per le popolazioni che abitano questi
luoghi.
Nurri
Orroli
3.4 Interventi possibili
Riprendendo l’etimologia del termine paesaggio, esso, a differenza dei termini “territorio” e “ambiente”, presuppone lo sguardo umano per essere definito. Partendo da tale considerazione, anche per quanto riguarda i paesaggi dell’acqua analizzati in questo lavoro, si possono individuare due tipologie di intervento legate all’azione dell’”osservare” e
dell’”essere osservati”: la prima coinvolge il sistema puntuale dei siti panoramici, la seconda riguarda il sistema areale
dei territori osservabili da punti lontani.
Diga lago Flumendosa
Ipotizzando possibili interventi in modo da gestire ed incentivare il flusso turistico di queste aree interne della Sardegna e coinvolgere in attività ricettive la popolazione dei centri abitati vicini, i siti panoramici individuati nel sistema
puntuale (vedi fig. 3.1) - molti dei quali prossimi ad infrastrutture viarie - potrebbero potenzialmente ospitare delle aree
di sosta in cui inserire strutture ricettive o semplicemente allestire lo spazio con sedute per ammirare il panorama. Con
pochi interventi si potrebbe garantire una fruizione del territorio in sicurezza prevedendo, ad esempio, un rallentamento
della velocità delle automobili di passaggio in prossimità di tali siti panoramici e un orientamento dell’attenzione degli
utilizzatori di queste infrastrutture - abitanti, turisti, parsone di passaggio - verso il panorama che è possibile scorgere.
Molte aree individuate risultano, infatti, dei “residui spaziali” talvolta di dimensioni - che renderebbero possibili progetti, temporanei o permanenti, anche più importanti in cui inserire dei poli attrattori contenenti diverse funzioni - e
localizzati lateralmente a sistemi viari principali ed attualmente anche la semplice sosta risulta poco sicura. Ogni punto
può essere caratterizzato da elementi presenti nel sito e da elementi che appartengono al panorama che si può ammirare
da quel punto.
Escalaplano
Diga lago Mulargia
Siurgus Donigale
L’obbiettivo di questi interventi è incentivare la conoscenza e la sensibilizzazione verso i paesaggi interni - in particolare i paesaggi dell’acqua del Flumendosa e del Mulargia - prima di tutti degli abitanti e di chi utilizza le infrastrutture
di collegamento tra i diversi centri abitati talvolta incurante delle aree che sta attraversando e che conducono da un
paese all’altro. Questo potrebbe essere un modo per esplicitare le potenzialità, anche panoramiche, di questo territorio
e alimentare una attività turistica già esistente con ancora ampi margini di incremento e valorizzazione.
Goni
Fig. 3.4 - Localizzazione delle dighe
Individuazione delle dighe, di proprietà dell’ENAS, sovrapposta ai sistemi idrico e infrastrutturale principali
88
89
3.3 Scenari di sentieristica: temi naturalistico-biologici e antropologici
3.4 La carta della sentieristica. Un metodo di lavoro
L’iniziativa promossa dal Ministero delle Politiche Agricole, Agrarie e Forestali (MIFAP) tramite l’INEA si
integra con quanto previsto nella Programmazione regionale in quanto nel P.O.R.2000-2006 della Regione Sardegna
è stata prevista la Misura 4.14 che ha come obiettivo prioritario il consolidamento e la qualificazione degli attrattori di
carattere archeologico, architettonico, storico-artistico, paesaggistico e naturalistico delle aree rurali della Sardegna ed
in particolare l’Azione “b” “Valorizzazione ecologico sociale del patrimonio naturalistico e rurale” prevede interventi
diretti al ripristino della sentieristica rurale, finalizzati ad assicurare la massima fruizione ecologico sociale del patrimonio naturalistico.
Come prima ipotesi di carta della sentieristica locale si è seguito un percorso che partendo dagli elementi del paesaggio sia naturale che antropico disponibili e oggettivi, dagli strumenti di pianificazione vigenti a carattere regionale
e locale e da quanto già esistente a livello turistico-ricreativo e della tradizione dei luoghi ha cercato di sviluppare una
rete “flessibile” che potrà essere migliorata nel tempo grazie ai contributi che le comunità locali potranno offrire sia in
fase pianificatoria che di gestione operativa dei territori.
La prima fase ha riguardato il riporto sul buffer di studio (vedi Tav. 1) dei dati riguardanti:
La Giunta regionale ha recentemente approvato il programma di intervento per l’attuazione della misura dell’asse presentato dall’Ente Foreste della Sardegna in qualità di soggetto attuatore sulla base degli indirizzi dati dalla stessa
Giunta Regionale con la delibera di Giunta regionale n. 30/20 del 02/08/2007.
PPR Piano Paesistico Regionale, riferendoci all’assetto storico-culturale, ambientale e insediativo. I simboli
presenti nel PPR relativamente a: alberghi, allèe cuverte, architettonico, caserma forestale, chiesa, circolo-megalitico,
convento, domus de janas, menhir, monte granitico, necropoli, nuraghe, palazzo, porto-turistico, strada, tempio, tomba,
tomba dei giganti sono stati utilizzati anche per questa carta per rendere compatibili le informazioni;
Prendendo spunto da quanto esposto della programmazione regionale e vista l’opportunità offerta dal progetto
con l’INEA, oltre a fornire l’analisi delle componenti ambientali e delle linee di gestione delle aree interessate dai laghi,
e considerata la mole di dati e la ricchezza delle informazioni disponibili sul territorio, si è pensato di creare una carta
di sintesi a carattere locale sulla promozione di percorsi di vario interesse dal naturalistico, all’archeologico, al paesaggistico, misto ecc. da correlare alla destinazione d’uso sostenibile e nel rispetto delle peculiarità del territorio. La carta è
stata anche occasione di scambio di informazioni e di idee con le Municipalità locali che hanno aderito in maniera partecipata all’iniziativa con il duplice vantaggio di creare un documento utile sia a fini divulgativi che di pianificazione.
Piani urbanistici e piani di fabbricazione comunali. La cartografia resa disponibile dai comuni ha permesso
l’estrapolazione di quei dati puntuali e areali necessari per verificare le peculiarità a livello comunale, e le aree destinate
in particolare agli usi turistici (F), di verde pubblico e di salvaguardia ambientale (H);
Estrazione dalla carta di uso del suolo di tutte le aree relative al tessuto urbano, agroresidenziale, forestale e
comunque coperto da vegetazione naturale, colturale intensivo e semi-intensivo con vigneti e oliveti anche associati.
In questo modo si sono potute evidenziare le aree di maggior pregio da un punto di vista naturalistico, della tradizione
colturale delle colture di pregio a cui si collegano le cantine sociali, l’olivicoltura, le feste, i percorsi enogastronomici
ecc;
L’approccio al lavoro è inoltre strettamente correlato a quanto emerso nel dibattito internazionale con la grande svolta della Convenzione Europea del Paesaggio, documento adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e
dell’Ambiente del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000 e firmata da ventisette Stati della Comunità Europea e ratificata
da dieci Stati.
Riporto dei saperi e tradizioni locali (feste, sagre, percorsi enogastronomici ecc.) ed emergenze culturali;
Estrazione dalla carta di uso del suolo di tutte le aree relative al sistema culturale a seminativi prevalenti, aree
estrattive, cantieri e realtà agro-pastorali. Tali informazioni oltre ad essere utili nella caratterizzazione del paesaggio
antropico, possono fornire utili indirizzi verso tutto ciò che non è strettamente ambientale ma piuttosto il risultato delle
azioni dell’uomo nel territorio e come tali hanno la loro importantissima valenza;
Si applica all’intero territorio degli Stati firmatari (articolo 2) e ha l’obiettivo di promuovere presso le autorità
pubbliche l’adozione di politiche di salvaguardia, di gestione e di pianificazione dei aesaggi e di organizzare la cooperazione europea nelle politiche di settore.
Tra le nuove definizioni di paesaggio è importante sottolineare quella di “Paesaggio” che designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o
umani e dalle loro interrelazioni. Applica, inoltre, a tale paesaggio l’impegno di “consacrarlo giuridicamente come bene
comune, fondamento dell’identità culturale e locale delle popolazioni, componente essenziale della qualità della vita e
espressione della ricchezza e della diversità del patrimonio culturale, ecologico, sociale ed economico”.
Estrazione dal CTR 1:10.000 della viabilità suddivisa per reti asfaltate, non asfaltate e sentieristica;
Sovrapposizione tra la viabilità di cui sopra e le carte precedentemente prodotte per arrivare a definire dei percorsi e dei punti panoramici che tengano conto delle peculiarità specifiche o combinate;
Confronto con la carta della suscettività d’uso dei suoli e con la carta dei campi visivi che esplicitano le relazioni
percettive;
Confronto con le schede realizzate in campo sia a carattere generale che puntuale su fauna e vegetazione.
Si parla quindi di un’entità dove una determinata comunità possa rispecchiarsi e riconoscersi, che sia il risultato
dei meccanismi comunicativi e delle stesse contraddizioni sociali che ospita, che, in definitiva, possa aiutare a ridare
identità ad un determinato luogo e ad una determinata comunità.
La carta di sintesi risultante oltre ad offrire una panoramica di tutto ciò, per quanto possibile riportare, che rappresenta una risorsa per il territorio, sia esso naturalistico, archeologico o piuttosto culturale ed economico, sviluppa
una serie di percorsi che interessando trasversalmente tutte le tematiche fungono sia da conoscenza del territorio che
da volano di sviluppo.
È questo il sistema più idoneo affinché le varie comunità locali possano, finalmente, cessare di subire i loro paesaggi e diventare, invece, promotrici fondamentali e uniche responsabili delle trasformazioni del loro stesso territorio,
giungendo, dunque, alla pratica di una “pianificazione per un’azione collettiva di supporto ai territori, in contrasto con
una linea di incentivi individuali e automatici che la esclude”.
Il metodo non vuol essere ne sufficiente, né esaustivo, ma considerata la sua genesi che nasce da una partecipazione sentita e voluta dalle Comunità locali ha sicuramente raggiunto l’obiettivo di condivisione e transdisciplinarietà
di analisi del territorio e può essere riproposto su territori limitrofi o esterni al territorio più strettamente regionale.
Solo in questo modo le trasformazioni paesaggistiche non saranno più solo subite dalle popolazioni direttamente
interessate ma scelte, guidate e poi anche attivamente gestite da loro.
90
91
92
3.5 Carta dell’ubicazione dei rilievi puntuali delle caratteristiche ambientali e di dettaglio della vegetazione e
dell’avifauna.
Il lavoro di lettura e analisi dell’area oggetto di studio ha compreso una fase importante di indagine e di rilevamento in campo, che ha occupato uno spazio temporale di diversi mesi. Tali azioni, come da programma operativo,
verranno ripetute in periodi diversi dell’anno per registrare cambiamenti dell’ambiente e del paesaggio.
I momenti di rilievo delle caratteristiche ambientali e di paesaggio sono stati identificati attraverso un codice
alfanumerico (ad esempio I01), usato per individuare la relativa scheda di monitoraggio - lo schema delle schede è
riportato nelle pagine precedenti - in cui sono state inserite le proprietà dell’area in cui giace il punto, comprese le coordinate spaziali, l’inquadramento idrologico e territoriale, la vincolistica, gli aspetti dell’ambiente e del paesaggio fino
ad arrivare ad una valutazione qualitativa delle peculiarità dell’area.
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94
95
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