TERESA MARIA RAUZINO Il Regio Liceo Lanza Dalle Scuole Pie agli anni del Regime EP Edizioni PARNASO Anni di Scuola Collana editoriale EP Edizioni PARNASO «... Solo i sognatori, che sognano da svegli, sanno richiamare le ombre del passato e intrecciare reti con cotone non ancora filato». Isaac Bashevis Singer Teresa Maria Rauzino Il Regio Liceo Lanza Dalle Scuole Pie agli anni del Regime EP Edizioni PARNASO Si ringraziano Gennaro Arbore, Renzo Arbore, Emilio Benvenuto, Liana Bertoldi Lenoci, Rocco Buo, Antonio Capparelli, Michele Caracciolo, Lucia Carelli, Teresa Ceglie, la famiglia Colella, Oreste d’Andrea, Michele d’Arienzo, Maria Giovanna De Gregorio, Carmine de Leo, Gustavo e Roberto de Meo, Barbara de Miro d’Ajeta, Domenico Di Conza, Matteo Di Milo, Paolo de Caro, Carmelo Giulio Fuiano, Bianca Maria Granata, la famiglia Guerrieri, Costanzo Iorio, Giuseppe Laganella, Nicola Lenoci, Lucia Lopriore, Massimo Lucianetti, Luigi Pietro Marangelli, Silvia Marangelli, Maria Teresa Masullo, Gaetano Matrella, Giovanni Pascarelli, Mario Pellegrini, Antonio Pellegrino, Saverio Russo, Mario Sarcinelli, Chiara Sepe de Francesco, Fede Severgnini, Maria Teresa Trifiletti, Gaetano Spirito, Antonio Ventura, Wanda Vivoli; la direzione e il personale dell’Archivio di Stato di Foggia, del Museo Civico, della Biblioteca Comunale “Ruggero Bonghi” di Lucera, della Biblioteca Provinciale e dell’Archivio Storico Comunale di Foggia; Enzo Novembre e il personale del Consorzio General Service di Noci. Si ringrazia Nazario Barone per il contributoVincenzo Lanza, scienziato e patriota e per aver messo a disposizione il suo archivio e la sua collezione di cartoline d’epoca. Impaginazione e progetto grafico Silverio Silvestri ISBN 88-901351-0-7 © 2004 by Teresa Maria Rauzino Printed in Italy 71012 Rodi Garganico (Fg) via Del Giudice 11 0884966280 [email protected] Tutti i diritti riservati Edizioni Parnaso 71100 Foggia, via Zuppetta 52 0881776177 [email protected] Sommario 9 Presentazione Davide Leccese 13 Prefazione Gli archivi scolastici fonte di ricerca 19 29 35 47 83 93 129 153 165 181 191 197 209 225 239 251 257 265 271 277 285 Politiche scolastiche postunitarie La didattica nell’Ordine classico Le Scuole Pie I primi passi del Liceo-ginnasio I primi docenti Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio La “fabbrica” del consenso Cahiers de dolèances Il contrasto con l’Onb Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia La misoginia del preside Marchese Piena adesione alle direttive del Regime Il caso Marangelli Venti di guerra La Carta della Scuola La cellula foggiana del Pls La furia devastatrice della guerra La purificazione dell’insegnamento Le condizioni impossibili Il ritorno al Palazzo degli Studi Testimonianze 337 355 379 Appendice Docenti e Presidi del “Lanza” I palazzi degli studi Vincenzo Lanza, scienziato e patriota Nazario Barone 397 Bibliografia Presentazione Il percorso storico di un istituto scolastico coincide perfettamente con la storia della comunità cittadina. Potrà sembrare un’affermazione apodittica ma basti pensare a quanti giovani sono stati accolti in una scuola – a seconda della sua vetustà – e ci si renderà subito conto come il tessuto civile, sociale, economico, politico, culturale, religioso di una qualsiasi comunità sia intriso della presenza e del ruolo delle scuole. La memoria privata e pubblica attraversa tempi e luoghi didattici e formativi – nel bene e nel male – e solo quando si mette mano alla codificazione di tale storia ci si accorge dello spessore di tale sedimentazione. Teresa Maria Rauzino, ex allieva del Liceo Classico Statale “Vincenzo Lanza” di Foggia, attingendo alla sua consolidata passione per la ricerca storica, ha ripercorso i documenti della sua ex scuola e ne ha tratto il convincimento che non fosse giusto lasciare in silenzio fatti, pensieri, emozioni, sia pur a volte reinterpretate (o nascoste) sotto il velo della codificazione burocratica ed amministrativa. Un cammino lungo – quello del Liceo “Lanza” – a volte tortuoso, “pieno di vuoti documentali” eppure così appalesante la natura di questa magnifica comunità, vanto e gloria della Città e della provincia. L’Autrice ha avviato il suo studio decriptando le relazioni ufficiali dei Presidi dell’epoca al Ministero della Pubblica Istruzione; a mano a mano si è accorta che queste relazioni – apparentemente dettate dalla ingessata burocrazia statalistica dell’epoca – velavano una umanità densa, sottesa a tratti da contraddizioni, per nulla in grado di annullare gli “intrighi” delle relazioni umane, nonostante la carta intestata, la contrapposizione dei ruoli, la rigida etichetta delle stratificazioni sociali. 10 Il Regio Liceo Lanza La Rauzino, partendo dalla fondazione del Liceo “Vincenzo Lanza e dal suo accidentato percorso istituzionale-amministrativo, traccia indirettamente la storia di Foggia dalla metà dell’800 alla caduta del fascismo. Diventa, così, questa ricerca sulla scuola, un documento interessante e preciso sui cento anni che precedettero la fase democratico-repubblicana dei cosiddetti “giorni nostri”. Un fatto è certo: la Città volle il “suo” Liceo, grazie all’accanita, competente dedizione di alcuni suoi uomini illustri, in primis Lorenzo Scillitani. Nata sul corpo di una precedente esperienza religiosa – affossata dal clima anticlericale dei governi dell’epoca – a mano a mano l’esperienza è tornata a nuova vita fino a giungere, esattamente centovent’anni fa, al riconoscimento statale (dato di non poco conto, per quei tempi). Una scuola nobile, all’inizio chiamata solo a formare le élites, attingendo ai ceti benestanti; ma la rivincita della Storia sta proprio nella constatazione che quasi subito anche i ceti meno abbienti aspirarono ad una formazione di qualità, superiore, scardinando privilegi di casta, predestinazioni sociali. I presidi: nel lavoro di Teresa Maria Rauzino sono il file rouge del “racconto”; abbiamo detto che le loro relazioni annuali al Ministero occupano buona parte della stesura del libro. Raccontano risultati, difficoltà, attese; lanciano messaggi, avanzano richieste. La parte più interessante la si ritrova nelle relazioni didatticoprofessionali, nella descrizione del comportamento degli alunni e soprattutto dei docenti. Fa specie leggere alcuni giudizi, sovente intrisi di “angolatura individualistica” che non sarebbero confacenti (e permessi) ad un dirigente dei nostri tempi. A voler essere malevoli si può leggere – in questi giudizi – una sorta di consolidato pregiudizio di maniera; a voler essere benevoli si può intravedere, negli stessi giudizi, un ossequio alla mentalità dell’epoca e agli steccati di categoria, molto forti prima dei “nostri tempi”. Era la scuola della rigida distinzioneseparazione tra maschi e femmine, anche tra gli alunni. Nello stesso tempo, dall’analisi storica della Rauzino, appare una figura di Preside sempre teso al miglioramento della condizione della scuola, sempre preoccupato della piena efficienza, sempre presente sulle situazioni, fino al sacrificio della propria vita, come accadde al preside Guerrieri, durante la Seconda Guerra Mondiale. L’ossequio al “potere” è sviscerato dall’Autrice con dovizia di documentazione, soprattutto per quanto riguarda il periodo della dittatura fascista. Foggia – lo hanno ben descritto gli storici – fu una città “allineata”, persino privilegiata dal Regime; non mancò la voce del dissenso ma persino nomi autorevoli della cultura accettarono, anzi osannarono l’Era fascista e questi osanna risuonarono anche nella scuola, come si leggerà nel libro della Rauzino. Ma tra gli stessi banchi, nelle stesse aule si andava formando una coscienza critica, libera, matura, grazie anche ad alcuni (pochi) docenti, che seppero con- Presentazione 11 servare autonomia di pensiero e coraggio delle proprie idee, tanto da pagare di persona con emarginazione e punizioni. La scuola e la Città: va innanzitutto sottolineato il valore “simbolico” del Palazzo degli Studi, voluto dal regime fascista con una solennità mastodontica, tale da rappresentare la nobiltà della funzione scolastica. Ma tanto grande il monumento e tanto carenti gli strumenti didattici: i Presidi scrivono e chiedono banchi, attrezzi, finanziamenti adeguati. Storia di ieri, storia di sempre. Un’attenzione specifica è stata dedicata ai problemi della didattica, trattati dalla Rauzino all’interno delle dinamiche organizzative della scuola e delle relazioni al Ministero sull’andamento della scuola. Era l’epoca della scuola selettiva, del liceo classico come scuola chiamata a distinguersi dagli altri sistemi formativi, considerati inferiori o di minor spessore culturale. Il Ministero era attento ai risultati e qualche volta è intervenuto chiedendo maggiore attenzione ai processi formativi per migliori risultati scolastici. In questo contesto i Presidi lamentano, a volte, scarsa attitudine professionale in alcuni docenti, carenza di titoli adeguati, non rigorose competenze didattiche. Ma, nonostante questi “limiti” (chissà quanto condizionati da ragioni esterne al vero accertamento culturale e professionale), da quelle aule sono usciti fior di cittadini, illustri professionisti, accreditate competenze, poi spese nella società. Teresa Maria Rauzino ha tracciato una strada; coraggiosamente e con pazienza ammirevole ha scelto il terreno ostico della storia minore, di quella mai scritta dalle cronache solenni di tante glorie pubbliche. Chissà quanti monumenti dovrebbero cadere per vedere sorgere altre steli commemorative, se la Storia fosse davvero “maestra di vita”, come tenta da sempre di essere, con la Storia, la scuola. Prof. Davide Leccese Dirigente scolastico Liceo Classico “Vincenzo Lanza” Foggia Gli archivi scolastici fonte di ricerca La ricognizione degli archivi scolastici rappresenta oggi una sorta di entusiasmante avventura: può portare alla scoperta di piccoli tesori o, come più spesso è probabile, al deludente nulla. In molte città d’Italia vi sono scuole che conservano il laboratorio scientifico attrezzato con strumenti ottocenteschi, gabinetti di scienze naturali o biblioteche storiche contenenti volumi antichi, frutto di donazioni di professori e filantropi. Sono una memoria preziosa, talvolta tanto fragile da dare spunto alla creazione di veri e propri musei virtuali, da visionare solo in Internet: fragili preziosità da salvaguardare dal contatto diretto del pubblico. A Foggia vi sono scuole come il Liceo Classico “Vincenzo Lanza” che sono esse stesse dei pezzi di storia e di cultura cittadina, ma dove quasi tutto è andato perduto. In seguito ai bombardamenti del 1943 molte “carte” furono bruciate: lo attestano, nelle loro puntuali relazioni al Ministero, i Presidi dell’epoca. Una triste sorte sembra incombere anche sulla documentazione più recente del Liceo “Lanza”. Interi faldoni, contenenti l’Archivio Storico della scuola, sono spariti nel nulla, dopo essere stati temporaneamente accantonati in qualche dismesso angolo dell’Aula Magna del Palazzo degli Studi. È stato un vero peccato perdere, oltre alle antiche, anche queste più recenti memorie! L’archivio scolastico, infatti, è una fonte di indubbio interesse per la ricerca storica. Conserva le “carte” prodotte dalla vita istituzionale della scuola: il protocollo, la parte amministrativa, i fascicoli degli alunni e degli insegnanti, i registri, i verbali delle riunioni, le circolari. Esso – come tutti gli archivi statali – appartiene al demanio indisponibile dello Stato, da sottoporre a procedure di 14 Il Regio Liceo Lanza selezione e scarto, autorizzate dal Provveditorato e dall’Archivio di Stato competenti. La normativa risiede nella legislazione archivistica e in alcune circolari emanate dal Ministero dell’Istruzione. Purtroppo, per esigenze di spazio, molta documentazione importante continua ad essere distrutta. Il “macero” è una scelta di opportunità che si è verificata anche a livello nazionale. Nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma vi sono dei grandi vuoti documentali: colpiscono l’intera produzione delle Direzioni generali dell’istruzione primaria ed elementare e dell’istruzione secondaria (soprattutto quella classica) lungo l’arco cronologico che va dal 1910 agli anni Cinquanta. Ad effettuare la segnalazione è stata la dottoressa Gigliola Fioravanti : «Del periodo 1910-1950 non esistono più fonti documentarie centrali, se non gli archivi del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e alcune serie dell’Istruzione Tecnica e dei convitti nazionali. Chi dovesse fare uno studio su questi anni, si dovrebbe rivolgere a fonti alternative». La Fioravanti ha attribuito il vuoto documentale al precipitare della situazione italiana nell’autunno del 1943 (al tempo della Repubblica di Salò, fu ordinato lo spostamento dei documenti da Roma a Padova), ma soprattutto alla discutibile scelta, fatta negli anni 1947-1948, di eliminare la maggior parte dei materiali prodotti durante il Ventennio fascista. Questo inopinato scarto fu autorizzato dai più accreditati archivisti dell’epoca1. Reperire fonti documentarie alternative è quindi diventato un compito imprescindibile per chi si occupa di storia della scuola. Scrive Francesca Klein, dell’Archivio di Stato di Firenze: «La ricerca, in particolare, negli archivi dei vari ordini di istituti scolastici mostrava la presenza al loro interno di risorse informative autonome, appetibili in quanto tali, dati gli interrogativi storiografici maturati nel corso degli ultimi anni. Il problema di un allargamento di orizzonti, dalle carte del Ministero per la Pubblica Istruzione conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato alla documentazione dislocata presso gli istituti periferici dell’amministraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 1 Cfr. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (ACS), L’istruzione classica, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, Ministero per i Beni Culturali Ambientali, Roma 1995. A partire dal 1993 è stato effettuato un grande lavoro di riordinamento delle carte del Ministero per la Pubblica Istruzione conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato. Questo lavoro, grazie alla collaborazione tra archivisti e storici, ha dato alla luce, oltre al testo precedentemente citato, ad altri quattro volumi della serie intitolata “Fonti per la storia della scuola”: ACS, L’Istruzione normale dalla legge Casati all’età giolittiana, a cura di C. COVATO e A.M. SORGE, Ministero per i Beni Culturali Ambientali, Roma 1994; Il Consiglio superiore della pubblica istruzione 1847-1928, a cura di G. CIAMPI e C. SANTANGELI, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Roma 1994, L’inchiesta Scialoja sulla istruzione secondaria maschile e femminile (1872-1875), a cura di L. MONTEVECCHI e M. RAICICH, Ministero per i Beni Culturali Ambientali, Roma 1995; L’istruzione universitaria (1859-1915), a cura di G. FIORAVANTI, M. MORETTI, I. PORCIANI, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma 2000. In corso di pubblicazione: L’istruzione agraria, Gli educandati femminili, L’istruzione elementare, L’amministrazione centrale. Gli archivi scolastici fonte di ricerca 15 zione, si è quindi imposto all’attenzione generale, caricandosi di molteplici valenze culturali. Si trattava di verificare quale fosse, a livello locale, lo stato di salute della memoria della scuola, se anche in periferia fossero rilevabili quella disattenzione o addirittura quei tentativi di rimozione osservati per la documentazione degli istituti centrali della pubblica Istruzione»2. È quello che abbiamo fatto noi. Numerose fonti sul Liceo “Lanza” analizzate in questo volume si collocano infatti entro l’arco di tempo suddetto. I documenti riferibili al periodo 1922-1946 non li abbiamo trovati nell’Archivio Storico della scuola, che possiede soltanto i registri generali dei voti, bensì presso l’Archivio di Stato di Foggia, durante una ricerca sul Ventennio fascista in Capitanata. Nella nostra ricognizione siamo stati fortunati. Le fonti più interessanti sono le relazioni che, a fine anno scolastico, i vari presidi inviarono al Ministero dell’Istruzione e dell’Educazione Nazionale, corredate da allegati statistici. Sono fonti “non seriali”: permettono di scoprire il segreto della effettiva scuola, di “sorprenderla” nella sua reale vita. Ci ricordano le Cronache della scuola ispirate dal grande pedagogista Giuseppe Lombardo Radice e introdotte con un’ordinanza ministeriale del 1924 nel “Registro di classe” delle elementari. Erano un piccolo spazio dove l’insegnante appuntava, giorno per giorno, i fatti salienti della vita scolastica, le osservazioni sull’attività didattica e sui singoli allievi. Reperite in qualche registro scampato alla triste sorte del macero, permettono oggi di «esaminare i documenti della scuola, freddi per solito, ma mai tanto da non tradire la personalità del maestro»3. Per ricostruire in un continuum la storia dell’Istituzione scolastica “Lanza” dalle origini fino agli anni Cinquanta, abbiamo integrato le relazioni dei presidi con altre fonti reperite presso l’Archivio Storico Comunale, il Museo Civico, la Biblioteca Provinciale di Foggia e gli archivi privati, non trascurando le fonti orali. Tutti questi documenti diventano esemplari nell’attestare le radici di una comunità scolastica, la sua vera identità, i suoi percorsi, i suoi progetti, le sue attività. Recentemente in alcuni convegni è stata lanciata una sfida a tutte le scuole italiane affinché si attivino per riappropriarsi della loro memoria documentaria “dimenticata”. Il dibattito è stato intenso e vivace4. Durante gli incontri sono state qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 2 Gli archivi della scuola, a cura di F. KLEIN in www.istoreto.it. G. LOMBARDO RADICE, Athena fanciulla, Firenze, 1928, pp. 36-37. Lombardo Radice scrisse i programmi della scuola elementare del 1923. Il grande pedagogista fu uno dei principali collaboratori del filosofo Giovanni Gentile. Si distaccò dal fascismo nel 1925, dopo il delitto Matteotti. 4 La professoressa Maria Teresa Sega ha affermato che, finora, la comunità scolastica non ha affatto elaborato una sua memoria collettiva. L’idea che se ne ricava è quella di un vissuto scolastico circoscritto al presente, senza alcun sguardo lungimirante verso il futuro: «La Scuola si è smemorata di se stessa, non si è pensata come produttrice e conservatrice di memoria, deposito di tracce 3 16 Il Regio Liceo Lanza prospettate le ampie opportunità formative e didattiche che un archivio scolastico, adeguatamente inventariato e trattato, può assicurare a docenti e alunni, al pari di una biblioteca o di uno strumentario scientifico. Simonetta Soldani, docente di Storia contemporanea presso l’Università di Firenze, ha sostenuto che la salvaguardia degli archivi scolastici è meglio perseguibile con la loro concentrazione negli Archivi di Stato. Francesca Klein ha raccomandato invece «di non rescindere il legame che unisce gli archivi scolastici al complesso del patrimonio culturale dei singoli istituti, una risorsa da valorizzare per quanto possibile nel suo complesso e che sarebbe sconsigliabile sradicare, frammentare e disperdere». La nuova normativa sull’autonomia ha recepito sostanzialmente la posizione della Klein. Equiparando lo statuto giuridico delle scuole a quello degli enti pubblici, impone la conservazione degli archivi presso gli Istituti produttori, e non più il versamento delle carte agli Archivi di Stato. La Circolare datata 22 luglio 1999, prot. N. 8901.29 raccomanda ai Dirigenti scolastici oculate procedure di scarto: «Per quanto riguarda la tipologia di atti da selezionare, si raccomanda la massima attenzione e cura nell’effettuare le scelte, tenendo presente il crescente interesse che la documentazione delle scuole sta suscitando da parte di privati ed istituzioni, a fronte di situazioni di effettiva precarietà nelle quali versa la documentazione stessa»5. Anche l’accesso agli studiosi dovrebbe essere facilitato. Progetti, ricerche, corsi di formazione, convegni e sperimentazioni su questo tema sono già stati avviati in diverse città. Anche a Foggia vedono impegnati Istituti storici della Resistenza, scuole, enti pubblici e Archivio di Stato. L’intento è di recuperare e catalogare materiale documentario – cartaceo, librario, oggettistico – relativo alla storia della scuola, anche negli aspetti di cultura materiale, per una fruizione finalizzata sia alla ricerca storica e scientifica sia al laboratorio diqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf di se stessa, non si è pensata come produttrice e conservatrice di memoria, deposito di tracce di persone che l’hanno abitata nel tempo. Non ha quasi mai elaborato una pratica della conservazione oculata di ciò che andava via via producendo, una visione critica dei suoi cambiamenti e persistenze nel corso del tempo. Soltanto i singoli insegnanti hanno conservato una memoria privata, custodendo gelosamente quaderni, fotografie, scritture». [Cfr. M. T. SEGA, La scuola fa la storia. Gli archivi scolastici per la ricerca e la didattica, Provincia di Venezia, città di Venezia, Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea, Nuova dimensione, 2001] 5 Si raccomanda la conservazione delle seguenti categorie di atti: registro di classe, registro dei docenti, registro dei verbali dei consigli di classe e relativi al funzionamento degli organi collegiali degli Istituti, registro dei decreti, registro dei diplomi; adozione dei libri di testo; organizzazione della Biblioteca degli Istituti; programmazione ed attuazione di attività scolastiche anche esterne (manifestazioni teatrali, gite, visite di studio ecc.); assistenza scolastica e patronato; campionatura degli elaborati scolastici relativi al tema di italiano e alla materia specifica che connota l’istituto di istruzione (artistico, tecnico, industriale, ragioneria ecc.) nella misura di una sezione ogni quinquennio; timbri suggelli, punzoni metallici (quelli forniti dalla Zecca); corsi di aggiornamento. Gli archivi scolastici fonte di ricerca 17 dattico. In Puglia, l’Istituto per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Educativa (Irre), sta portando avanti un progetto sulla “Storia delle istituzioni scolastiche regionali” che prevede la ricognizione delle fonti d’archivio e la relativa inventariazione digitale. Comincia ad essere incentivata, in molte scuole, la figura di insegnante-ricercatore-documentalista, in grado di compiere un’efficace mediazione tra ricerca e didattica6. Nella progettazione di percorsi didattici, gli insegnanti stanno acquisendo competenze archivistiche finora non possedute. In questo libro, che è la ricostruzione della storia del Liceo “Lanza” dalle origini al secondo dopoguerra, abbiamo delineato dei possibili percorsi per laboratori didattici basati sulla relazione tra memoria e storia, tra autobiografia dell’Istituto e storia dell’educazione nel contesto nazionale, evidenziando il cambiamento del ruolo e dell’immagine del preside (ora dirigente scolastico) nel corso del tempo. I materiali documentari potrebbero essere utilizzati per ulteriori ricerche tematiche: generazioni a scuola; l’educazione dei ragazzi e delle ragazze; la scuola in tempo di guerra. Anche l’archivio vivo della memoria apre interessanti “piste” di lavoro, come si evince dalle testimonianze di ex allievi da noi raccolte. Come quello del Liceo “Lanza”, tanti archivi scolastici attendono di essere portati alla luce. Per una vera fruizione “allargata”. Teresa Maria Rauzino qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 6 Nell’anno scolastico 2003-2004, un “Laboratorio di storia”, di durata biennale, è stato realizzato dalla classe III E del Liceo classico “Lanza” di Foggia. Gli alunni hanno raccolto, studiato, catalogato tutti i documenti presenti nell’Archivio Storico della scuola (1868-1950). Il lavoro di ricerca è stato coordinato dalla professoressa Angela Fiorella e da Maria Carolina Nardella, direttrice dell’Archivio di Stato di Foggia ed esposto in mostra durante la Settimana Nazionale per la Cultura, organizzata dall’Amministrazione Provinciale di Foggia. Un secondo progetto, dal titolo “Memoria storica e memoria personale”, partendo da due personaggi della nostra terra – Liliana Rossi e Luigi Pinto – ha inteso sensibilizzare i giovani studenti (VD, ID, VB, IIC) a ricostruire il contesto storico, partendo dalle curiosità personali e dalle emozioni come veicolo per l’apprendimento. Il coordinamento del laboratorio è stato affidato alla professoressa Katia Ricci. Il terzo progetto dal titolo “Archivi come fonte di ricerca”, di durata triennale, ha previsto un lavoro di gruppo della classe III sez. A sul tema: “L’estate del 1943 a Foggia”. La ricerca è stata coordinata dalla professoressa Flora D’Antonio. Scolaresca di fine Ottocento. Al centro la maestra Rosa Contestabile. [Archivio de Plato Marangelli] Politiche scolastiche postunitarie Nel 1861, dopo la proclamazione del Regno d’Italia, il nuovo Stato ereditò sistemi scolastici diversi tra loro. L’unificazione linguistica era un problema urgentissimo e non si “perse tempo” ad elaborare una legge sull’istruzione rispettosa delle varie peculiarità regionali: il funzionamento delle scuole fu regolato con l’estensione a tutto il territorio nazionale della Legge Casati, emanata nel 1859 nel Regno di Sardegna, che resterà in vigore per oltre sessanta anni, fino alla riforma Gentile del 1923. Essa faceva tesoro delle esperienze scolastiche delle regioni culturalmente piú avanzate (Piemonte, Lombardia, Toscana), archetipi del processo di formazione della moderna scuola laica. Ma la Legge Casati, nata senza discussione parlamentare, ebbe come caratteristica fondamentale l’accentramento. Il Ministero tolse ogni margine di autonomia agli organi collegiali, sia a livello nazionale (il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione) sia a livello locale (il Consiglio provinciale scolastico). La legge era caratterizzata da un forte dualismo. Prevedeva due indirizzi di scuola secondaria: uno umanistico (liceo) mirato alla preparazione universitaria, cui era affidato il compito di formare i ceti dirigenti; l’altro matematico-scientifico (sezione fisico-matematica dell’istituto tecnico) che doveva provvedere, invece, alla formazione dei quadri intermedi. Francesco De Sanctis1, il primo ministro della Pubblica Istruzione del Regno qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 1 A Francesco De Sanctis successero, nell’ordine, i ministri Mancini, Matteucci, Amari, Natoli, Berti, Correnti e Coppino. 20 Il Regio Liceo Lanza Unito, ebbe a cuore la preparazione degli insegnanti che dovevano essere «capaci di un’azione educativa tendente a sollevare le plebi al rango di cittadini italiani»2. Il compito di creare una rete di scuole “per l’istruzione del popolo” fu affidato ai Comuni. Cosa accadde a Foggia? Lo storico Franco Mercurio, inquadrando nel contesto a ridosso dell’Unità d’Italia la vicenda dell’Istituto Tecnico “Giannone”, ha sottolineato come essa sia emblematica non soltanto della storia di una scuola tecnica, ma di tutta l’istruzione pubblica. Anche a Foggia si decise di privilegiare la scuola di tipo classico. Il “Rosati”, primo esempio di scuola tecnica di Capitanata, richiesta in età borbonica da Francesco della Martora3 e presente al momento dell’Unità presso l’Orfanotrofio “Maria Cristina”, “morì” con la Destra storica. Come “morirono” le cattedre universitarie istituite nei due anni immediatamente precedenti l’Unità4. Dal marzo 1859, presso il Real Collegio degli Scolopi5, nell’antico convento di San Gaetano, funzionavano quattro cattedre6: Chimica e storia naturale; Fisiologia ed anatomia; Diritto e procedura civile; Diritto e procedura penale. L’anno accademico fu inaugurato il 23 luglio del 1859 nella chiesa delle Scuole Pie. Gli alunni cantarono un inno appositamente composto dal maestro di musica Michele Gissi; padre Ambrogio Marcangelo7 lesse un forbito discorso. Il 28 luglio Ferdinando Villani tenne la prima lezione, avente per argomento “il diritto di punire”, davanti ad un folto pubblico di giovani e professori, riscuotendo molto plauso. Con pari entusiasmo furono accolti il professor Della Martora, che iniziò le sue lezioni il 5 agosto 1859, e l’avvocato Celentano qualche giorno dopo. Ferdinando Villani ricorda che la cattedra di Chimica e storia non venne più istituita, ma che una seconda concessione governativa del settembre 1859 accordò al Collegio altre tre cattedre universitarie: Medicina legale e Medicina pratica; Patologia, chimica e ostetricia; Diritto romano e patrio. «Il Decurionato propose qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 2 A. ARCOMANO, Istruzione e ministri, scuole e maestri nel I Decennio unitario, Fratelli Conte Editori, Napoli, 1983, p. 26. 3 Della Martora fu Segretario della Società Economica di Capitanata. 4 Note espresse durante la presentazione del volume L’ITC Pietro Giannone di Foggia e la sua galleria d’arte, Ed. del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2002, testi di L. LOPRIORE, V. MARCHESIELLO, G. CRISTINO, a cura di A. Palomba. Cfr. T. RAUZINO, L’Istruzione postunitaria a Foggia. Note a margine di Franco Mercurio, in www.capitanata.it. 5 Nel maggio 1846 il re di Napoli Ferdinando II, venuto a Foggia in occasione della fiera annuale, promosse al grado di Real Collegio le scuole Pie dei Padri Scolopi. 6 Cfr. F. VILLANI, La nuova Arpi, la Terrazza editrice, Bologna, 1975. Ristampa anastatica del volume del 1876, p. 184. 7 Ivi, pp. 184-186. Padre Ambrogio Marcangelo di Troia, nel 1868 fu nominato, oltre che preside, rettore del convitto “Lanza”. Rimase in carica per sei anni, fino al 1874. Politiche scolastiche postunitarie 21 per l’insegnamento di queste discipline i dottori Domenico de Angeli e Giuseppe Manolla e l’avvocato Michele Buontempo i quali, nominati con sovrano rescritto nel gennaio 1860, si immisero tosto nello esercizio delle loro funzioni». Fra i docenti c’era Vincenzo Nigri, che aveva superato un concorso per la cattedra di Agricoltura, fondata a Foggia da tempo e tenuta dall’illustre Giuseppe Rosati e poi da Bartolomeo Baculo. Nigri lesse la sua prolusione, con pubblico compiacimento, il 25 gennaio 1860. «Tali cattedre però andaron soppresse – conclude Villani – per i nuovi ordinamenti universitari e per la nuova legge sulla Pubblica Istruzione»8. A Foggia, come in altre città d’Italia, decollò, a livello di scuole “mezzane”, la scuola classica: l’élite al potere fu molto attenta ad aprire un istituto municipale che potesse dare decoro e prestigio alla città. Il sindaco Lorenzo Scillitani9, rappresentante della Destra Storica, non volle più costringere i ragazzi ad andare Lucera, a Bari, e ancora a Napoli, in convitto: decise che dovevano formarsi in città e si adoperò molto per aprire il liceo classico. Scillitani partiva dal concetto che, in una nazione civile, l’istruzione fosse un tema altamente strategico. L’alfabetizzazione era una premessa indispensabile per lo sviluppo e il progresso: «Il popolo che ha le migliori scuole – soleva affermare – è il primo popolo ed il nostro se non l’è oggi, lo sarà domani». In questa sua “crociata” a favore dell’Istruzione pubblica coinvolse l’intera città. Il prefetto Malusardi, il 2 marzo 1868, segnalò al Ministro della Pubblica Istruzione10 il particolare impegno del Sindaco: «Il sottoscritto sente il dovere di segnalare a codesto Ministero i grandi servizi che sta rendendo alla Pubblica Istruzione il Signor Scillitani Cav.re Lorenzo Sindaco di Foggia. Nel periodo di pochi mesi, sono state aperte, per cura di questo Municipio, come dai manifesti a stampa che qui si alligano si scorge, due scuole serali femminili per adulte che sono frequentatissime, quattro scuole femminili di grado inferiore nei Conservatorii di questa Città; ed ora il Liceo Ginnasiale Comunitativo sotto il nome Lanza, per l’approvazione del quale il Sottoscritto si riserva di trasmettere tra non molto i necessari documenti. Oltre a ciò, il cav. Scillitani presta la sua opera con raro zelo come componente i Consigli Direttivi delle scuole Magistrali Maschile e Femminile qui istituite, ed è assiduo alle tornate del Consiglio Provinciale Scolastico di cui fa parte qual deputato del Municipio. Per tale operosità, che il cav. re Scillitani mostra nel promuovere la pubblica istruzione elementare non che la secondaria classica e tecnica di questa città, merita una particolare distinzione da qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 8 Su “Risorgimento dauno”, è riportata la data della soppressione di tali cattedre: 12 ottobre 1862. G. MATRELLA, Uomini illustri della città di Foggia, Edizioni Risveglio, 2000, pp. 203-216. 10 Il Ministero allora aveva sede a Firenze, capitale del Regno d’Italia. 9 22 Il Regio Liceo Lanza codesto Ministero, al cui giudizio chi scrive lascia la scelta della onorificenza dovuta a sì benemerito cittadino»11. La richiesta ebbe un riscontro favorevole: a Scillitani fu conferita una medaglia d’argento come benemerito della Pubblica istruzione. Scrive Villani: «Per tale onorificenza vi fu atto solenne, onde il prefetto della provincia signor commendatore Antonio Malusardi facea consegna della detta medaglia nelle mani del sindaco signor cavaliere Lorenzo Scillitani in forma pubblica nell’aula consiliare di Palazzo di Città, innanzi a’ pubblici ufficiali e a’ professori di tutto il corpo insegnante, intervenuti colà nel giorno 6 di Giugno 1869»12. L’idea di Scillitani di aprire una scuola classica d’élite si sposò alla disponibilità verso i ceti più poveri: egli creò una biblioteca itinerante13 e aprì scuole serali per i braccianti14. Curò anche l’istituzione di asili infantili: era fermamente convinto che occorresse intervenire fin dalla più tenera età per forgiare gli uomini e le donne del domani secondo principi di onestà, di moralità, di austerità e di parsimonia. Quella del Sindaco di Foggia fu forse una visione paternalistica, filantropica, con una marcata divisione per classi e strati sociali. Ma ciò era nell’ordine di idee del “fare istruzione” a quel tempo: le finalità della scuola postunitaria erano strettamente legate ad una costruzione della nazione in cui la priorità era la formazione delle élites. I programmi e le materie del liceo classico riflettevano i compiti affidati alla scuola dalla Destra storica. Scrive Ricuperati: «L’insegnamento della storia aveva una funzione apologetica della prospettiva nazionale. Al latino e al greco si dava il compito di agire da filtri sociali. La filosofia doveva completare spiritualmente questo processo di differenziazione, per cui le professioni liberali, e per lungo tempo la stessa attività politica, si aprivano solo a chi fosse stato reso omogeneo ai valori della classe dirigente da questo lungo e articolato processo di formazione»15. Come vedremo analizzando i documenti, a Foggia la “crescita” della scuola postunitaria fu un processo lento per la limitatezza delle risorse umane ed economiche. Ma, da parte di Scillitani, vi fu slancio e grande audacia nell’impegnare le qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 11 ARCHIVIO DI STATO DI FOGGIA (ASFG), Amministrazione Comunale Foggia, busta 24-25, fascicolo 2/4. 12 La medaglia è conservata dal Municipio; ed è in quello archivio il processo verbale che registra con lieta ricordanza un tale avvenimento. [Cfr. F. VILLANI, LA NUOVA ARPI, cit. p. 182] 13 Una parte di questa dotazione libraria è ancora oggi presente nella Biblioteca Provinciale di Foggia. 14 Cfr. G. MATRELLA, Uomini illustri della città di Foggia, Edizioni Risveglio, 2000, pp. 203-216. 15 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, in Storia d’Italia, Torino, Einaudi, 1975, vol. V, tomo 2, p. 1705. Politiche scolastiche postunitarie 23 risorse del Comune nel settore della formazione. La Città investì molto in cultura. Nel 1874 spendeva per le scuole elementari 25.622,06 lire: le scuole primarie maschili e femminili, tra diurne, serali e festive erano trentanove. Sull’entità complessiva del finanziamento per la pubblica istruzione, Ferdinando Villani annota: «Il Municipio di Foggia profonde circa centosessantasettemila lire all’anno delle sue rendite a scopo di pubblica istruzione pel Liceo “Lanza” e pel Convitto, per le classi tecniche, per le scuole elementari, per l’istituto delle civili fanciulle, per gli asili d’infanzia e per le scuole magistrali». Lo stanziamento, compreso le somme spese per la biblioteca comunale e popolare, arrivava alla cifra di 171.224,16 lire, assorbendo una parte cospicua del bilancio comunale. Un elemento sottovalutato dalla Casati fu quello della diffusa carenza di personale docente. Per tutta l’Età della Destra, insegnarono i precari, spesso non laureati e sforniti di “patente”, cioè dell’abilitazione. Questo problema incise sulla qualità di tutte le scuole italiane di nuova istituzione. Le scuole periferiche ebbero spesso personale improvvisato, autorizzato all’insegnamento attraverso frequenti sanatorie ministeriali16. Accadde anche per il “Lanza”: i docenti reclutati, specie quelli di origine foggiana come Fuiani e Nigri (che pur godevano di chiara fama), non avevano l’abilitazione richiesta per l’insegnamento. Si assiste a defatiganti escamotages per non escluderli dall’incarico, contravvenendo agli stessi bandi di concorso del Municipio di Foggia che prevedevano espressamente i titoli di laurea e le fatidiche “patenti”. La ragione di questa mancanza di insegnanti scaturiva dal meccanismo selettivo della scuola postunitaria: chi arrivava all’università non sceglieva facoltà come lettere, filosofia o matematica, il cui unico sbocco era costituito dalla professione docente, ma corsi di laurea che promettevano carriere più remunerative. Soltanto verso la fine dell’Ottocento, quando l’istruzione universitaria fu alla portata della piccola borghesia, il numero dei laureati nelle facoltà umanistiche aumentò. È difficile identificare gli imput che portarono nella seconda metà dell’Ottocento all’aumento della scolarità a tutti i livelli. Ma è indubbio che la Legge Coppino del 15 luglio 187717 la favorì, anche se l’obbligo scolastico, limitato al corso elementare inferiore, durava soltanto tre anni. Inizialmente andò in vigore soltanto nei comuni dove erano già presenti dei maestri: uno ogni mille persone nei comuni con popolazione al disotto di cinquemila abitanti; uno ogni 1.200 se la popolazione era compresa tra cinquemila e ventimila abitanti; uno ogni 1.500 abitanti nei comuni maggiori. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 16 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, cit, p. 1705. 17 A. A. MOLA, Michele Coppino Scritti e Discorsi, Famija Albeisa, in www.michelecoppino.it. 24 Il Regio Liceo Lanza La legge verrà quindi applicata gradualmente e la scolarizzazione si realizzerà in modo diverso nelle varie aree del Paese, con il solito gap per le regioni meridionali. Le amministrazioni delle città meridionali non sempre furono in grado di stanziare in bilancio le somme necessarie. La maggior parte dei Comuni dimostrò indifferenza e anche contrarietà all’istituzione delle scuole elementari, ritenendola una necessità meno urgente rispetto ad altre più vistose della comunità. Il ministro Coppino era consapevole dei limiti della sua legge. Nel suo intervento di presentazione del 9 e 10 marzo 1877 aveva sottolineato: «Le scuole crescono e si perfezionano a misura che diventano più ricercate ed aumentano gli scolari. Supponiamo una scuola vuota o quasi, e possiamo essere certi che non migliorerà mai. Né per questo, è inutile di dirlo, io mi attendo da questa legge dei miracoli. Essa si affaccia da sé in abito tanto modesto, da non mostrare pretensione nessuna a farne. Il fine suo non va oltre quello di affrettare poco, senza impeti, senza violenza, senza prescindere dalle condizioni di fatto, anzi prendendo da esse la sua misura, il moto troppo lento che l’istruzione riceve per parte del paese, aiutandosi questa a ricuperare un tempo trascorso pressoché indarno da noi, mentre l’adoperavano con vigile previdenza gli altri»18. Approvata dalla Camera con 208 voti favorevoli e solo venti contrari, la Legge Coppino sull’obbligo scolastico stabiliva sanzioni per gli inadempienti19. Prevedeva l’insegnamento delle prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino, la lettura, la calligrafia, i rudimenti della lingua italiana, dell’aritmetica e del sistema metrico decimale. Il corso era gratuito e aconfessionale20 Durante il suo mandato, Coppino farà redigere i regolamenti generali per l’inquadramento classico e tecnico, normale e magistrale; i regolamenti universitari; la legge per le università minori e quella per gli edifici scolastici. Aumenterà il “decimo” dei maestri, che vivevano in condizioni di estrema precarietà, in balìa qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 18 A. A. MOLA, Michele Coppino Scritti e Discorsi, cit. I genitori che violeranno la legge sull’obbligo scolastico dei propri figli «saranno ammoniti dal sindaco ed eccitati a compierlo». Se non si presenteranno in municipio, o non giustificheranno l’assenza dei figli dalla scuola, o non li riporteranno a scuola entro una settimana, non potranno ottenere sussidi o stipendi sui bilanci dei Comuni, delle Province e dello Stato, eccezione fatta per l’assistenza sanitaria, né potranno ottenere il porto d’armi. L’ammenda è di 50 centesimi, ma dopo essere stata applicata inutilmente due volte potrà elevarsi a 3 lire, e da 3 a 6 fino al massimo di 10 lire, a seconda della continuata renitenza. «L’ammenda sarà inflitta tanto per la trascuranza dell’iscrizione, quanto per le assenze abituali non giustificate. A questo scopo il maestro notificherà al municipio, di mese in mese, gli assenti abituali. La mancanza si riterrà “abituale” quando le assenze non giustificate raggiungeranno un terzo delle lezioni nel mese. [Cfr. Legge Coppino approvata dal Senato del Regno nella seduta del 1 giugno 1877 e ripresentata alla Camera il 4 giugno] 20 Le nozioni dei “doveri dell’uomo e del cittadino” furono privilegiate rispetto all’insegnamento religioso, che poteva essere impartito solo in orario extra-scolastico, previa richiesta dei genitori. 19 Politiche scolastiche postunitarie 25 degli umori di amministrazioni comunali non sempre “illuminate”. Lo storico Giuseppe Ricuperati ha sottolineato come il bisogno di istruzione sia un meccanismo complesso, legato alle relazioni esistenti fra cultura della famiglia, scolarizzazione di questa e identificazione di bisogni scolastici diffusi nello strato sociale di appartenenza. Il sistema scolastico italiano favorì senza dubbio i ceti medi, che sfruttarono la possibilità di migliorare il loro status tramite l’istruzione dei figli. Il liceo classico divenne la scuola più ambita e “sovraffollata”. Nel caso di Foggia, dall’analisi della documentazione risulta che le iscrizioni al “Lanza” aumentano di anno in anno, anche se la connotazione è esclusivamente maschile. Nell’anno scolastico 1875-1876 e in quelli successivi, gli alunni provengono, oltre che dal Capoluogo, da tutti i paesi della provincia: Torremaggiore, San Severo, Cerignola, San Marco in Lamis, Deliceto, Ordona, Sannicandro, San Giovanni Rotondo, Troia, Sant’Agata di Puglia, Bovino, Volturara Appula, Sant’Angelo di Puglia, Rignano, Poggio Imperiale, Apricena, Castelluccio dei Sauri, Manfredonia. Ci sono studenti che giungono da altre città d’Italia, precisamente da Minervino, Trani, Rapallo, Potenza, Napoli, Genova, Novara, Venezia, Trapani, Valdagno21. C’è un’unica sezione e le classi sono otto: vanno dalla prima ginnasiale alla terza liceale. Soltanto nel 1890-1891 si ebbero tre sezioni di prima ginnasiale, di cui una sezione C femminile composta da alunne provenienti dalla scuola elementare o paterna. Furono promosse in sedici, otto senza esami e due con “menzione onorevole” in matematica, ma di queste ragazze soltanto due frequentarono l’anno successivo la seconda classe ginnasiale22. Degne di nota, in questi anni scolastici di fine Ottocento, sono quindi le prime licenze liceali conseguite dalle donne. Nel 1890-1891, le sorelle Ernestina e Teresina Bonfitto di San Marco in Lamis furono le prime appartenenti al gentil sesso che completarono gli studi presso il Liceo classico foggiano. La prima fu licenziata a giugno con la media dell’otto, la seconda ad ottobre con la media del sette più23. L’anno successivo, Emerita Gasparro, appena diciassettenne, con la media dell’otto, conseguì la licenza con il miglior voto d’esame. Qualche dato sulla qualità dell’insegnamento di fine Ottocento possiamo dedurlo scorrendo i nomi degli ex allievi. Fra questi Domenico Fioritto, nato a San Nicandro Garganico nel 1872. Dopo la laurea in Giurisprudenza rivestirà importanti incarichi politici. Fondò le prime Leghe contadine e le prime Camere del Lavoro, tra cui quella di Foggia. Fu segretario nazionale del Partito socialista dal qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 21 R. DE MEO, Nel primo centenario del Liceo-ginnasio “V. Lanza” di Foggia, IV, Dalla fondazione ad oggi, Foggia, 1975, p. 13. 22 Ivi, p. 14. 23 Ivi, p. 95. 26 Il Regio Liceo Lanza 1921 al 1923 e presidente dell’Opera Nazionale Maternità e della Provincia di Foggia dal 1943 al 1945. Nel secondo dopoguerra, eletto in Parlamento, collaborò con Luigi Einaudi ai lavori dell’Assemblea Costituente. Nel 1892-1893 venne licenziato, con la media dell’otto, Consalvo di Taranto. Troviamo poi Romolo Caggese, che nell’anno 1899-1900 conseguì la “licenza d’onore”24. Ebbe i seguenti voti nelle prove scritte25: italiano 9, latino 9, greco 8. Nelle prove orali riportò: italiano 9, latino 9, greco 8, storia e geografia 9, filosofia 7, matematica 7, fisica 9, storia naturale 8. Caggese, grande medievista, con i suoi studi farà luce su aspetti di vita cittadina toscana e del Mezzogiorno, dall’assetto politico-amministrativo all’economia, ai rapporti con il contado, allo sviluppo urbano. Roberto d’Angiò e i suoi tempi26, uno studio finora insuperato sul Trecento meridionale, e La Grande Storia d’Italia, edita dalla Utet tra il 1937 e il 1938, portano la sua firma. La predilezione di Caggese per gli studi storici ed economici ebbe premesse motivazionali nella “frequenza” al Liceo “Lanza”? Sarebbe interessante saperlo. Bisognerebbe altresì approfondire il “ruolo nazionale”, politico e culturale, svolto dallo storico durante il Ventennio fascista27. Al Liceo “Lanza”, nello stesso anno di Caggese, conseguì la licenza d’onore Angelo Fraccacreta28. Riportò i seguenti voti: italiano 9, latino 9, greco 8, storia e geografia 9, filosofia 9, matematica 7, fisica e chimica 8, storia naturale 8, condotta 9. Fraccacreta (1882-1951) era nato a San Severo da famiglia aperta alle nuove istanze socio-culturali. Insigne economista, sensibile ai temi del movimenqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 24 Con una media di voti elevata si era promossi con lo scrutinio senza sostenere gli esami. DE MEO, cit., p. 95. 26 La casa editrice “Il Mulino” ha ripubblicato recentemente Roberto d’Angiò e i suoi tempi. 27 Cfr. Biblioteca Provinciale di Foggia (BPFG), fondi speciali, sezione Caggese (1882-1938): Ciò che resta della Questione Meridionale (1933); La politica coloniale della Terza Italia, conferenze sulla politica coloniale tenute al Circolo Filologico Milanese nel 1935; Gli emigranti e il dovere, conferenza tenuta nell’Università di Napoli nel 1924; La missione storica della latinità; La Questione Meridionale e la pressione tributaria nell’ora presente, conferenza tenuta a Napoli l’11 giugno 1922 su invito dell’Ordine dei Dottori in Scienze economiche e sociali; Per il primo anniversario dell’impero, conferenza tenuta nell’Aula Magna dell’Università di Milano il 9 maggio 1937. Il Comune di Ascoli Satriano ha istituito una borsa di studio per l’autore del miglior saggio sull’opera meridionalista di Caggese. 28 AA.VV., Angelo Fraccacreta: l’uomo e l’opera, San Severo, 1988, pp.35-46. F. GIULIANI, Angelo Fraccacreta. Il dolore di una vita, Società di Storia Patria per la Puglia, 1999, p. 80. Il Fondo Fraccacreta, conservato presso la Biblioteca comunale di San Severo, di straordinaria valenza bibliografico-culturale, è costituito da oltre 5.000 volumi e da un carteggio fra i vari membri della famiglia e noti intellettuali, fra cui Benedetto Croce. 29 All’epoca, l’Ateneo non offriva molto. Nel gennaio 1944 il governo Badoglio istituì dei corsi di laurea provvisori: Lettere, Filosofia, Chimica, Matematica, Fisica, Scienze naturali, Ingegneria, Veterinaria e Pedagogia, ma il 13 maggio il ministro dell’Educazione Adolfo Omodeo li soppresse 25 R. Politiche scolastiche postunitarie 27 to operaio, dal 1943 al 1946 sarà rettore dell’Università di Bari29. Fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sulla rivista “Il Marzocco” la critica verso i ginnasi comincia a farsi serrata: si afferma che la democrazia e la scolarizzazione esasperata hanno messo definitivamente in crisi il senso dell’istruzione classica, nella quale ormai “l’essenziale” è soltanto il titolo di studio, spendibile sul mercato del lavoro. Ma il Liceo-ginnasio non può essere aperto a tutti, «per la folla di mascalzoncelli che faranno ressa e si pigieranno come aringhe mal salate sui banchi scolastici per stressare bene o male o più male che bene un po’ di diploma, un po’ di licenza per concorrere agli impieghi pubblici ed ingrossare la già cospicua fascia di parassitismo, che è diventato l’ideale più alto di questi anemici roditori che si affollano nelle scuole per poi affollarsi nei dicasteri e negli uffici pubblici, dove avranno il diritto di non far nulla e di mangiar qualcosa»30. La scolarizzazione di massa è vista come un pericolo per la pace sociale. Opinione comune è che ci sia un forte squilibrio fra l’offerta di lavoro qualificato (che non cresce) ed il numero di quelli che vi si preparano. Il pericolo paventato è il malcontento che potrebbe nascere dalle aspettative deluse dei giovani studenti, che già ingrossano le fila dei partiti considerati eversivi. Ma la società italiana è cambiata. Grazie alla crescente urbanizzazione, «mondi di cultura illetterata, con percentuali ancora vistose di analfabetismo, erano continuamente sollecitati ad accettare l’istruzione, a sentirla come un’esigenza». La grande riforma scolastica dell’età giolittiana riguardò la statizzazione della scuola elementare: con la Legge Daneo-Credaro, il bilancio dei comuni fu alleggerito di questa spesa che, se era sopportabile per Torino e Milano, era pesante per le città meridionali31. La scuola di massa è ormai diventata una realtà: si apre inarrestabile l’accesso della donna all’università, anche se questo processo sarà sempre fortemente scoraggiato. Sarà un passo cruciale, volano al boom dell’istruzione nel Paese. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf “ristabilire la serietà degli studi”. Per protesta il rettore Fraccacreta rassegnò le proprie dimissioni mentre i docenti bollarono come antidemocratico il provvedimento, adottato senza consultazione delle autorità accademiche. Un fatto senza precedenti nella storia delle istituzioni universitarie. Il 15 maggio 1944, circa mille studenti presidiarono l’Ateneo, manifestando contro Omodeo. La protesta porterà al ritiro del provvedimento. L’Università di Bari, sotto la guida di Fraccacreta, darà un’impronta decisiva all’opera di “ricostruzione” culturale ed educativa del Mezzogiorno. [Cfr. P. CALVARIO e V. A. LEUZZI, L’Università di Bari. Nuove facoltà, lotte studentesche e politiche dell’istruzione. 1943-1945, IRRSAE Puglia, Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Progedit, Bari 2001] 30 T. NEAL, Democrazia e latino, il Marzocco, 1898. Cfr. ACS, Fonti per la storia della scuola, III, L’istruzione classica, 1860-1910, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, Roma 1995, p. 53. 31 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, cit., p. 1707 ROMOLO CAGGESE Caggese nacque il 26 giugno 1881 ad Ascoli Satriano. La sua formazione, dopo gli studi ginnasiali nel seminario vescovile di Ascoli, maturò al Liceo “Lanza” di Foggia, nel cui Convitto svolse a titolo gratuito per due anni la funzione di istitutore. A Firenze frequentò l’Istituto Superiore di Studi Pratici. Caggese si fece subito notare, pubblicando sulla Rivista delle Biblioteche e degli Archivi un saggio “Su l’origine della parte guelfa e le sue relazioni col Comune”. Si laureò il 21 ottobre del 1904: relatore della sua tesi (Un Comune libero alle porte di Firenze nel secolo XIII pubblicata nel 1905) fu lo storico Pasquale Villari. Il 24 giugno 1907 divenne libero docente in Storia Moderna all’Università di Pavia; il 3 dicembre del 1908 passò all’Università di Napoli. Tra il 1907 e il 1909 pubblicò Classi e comuni rurali nel Medio Evo italiano e Foggia e la Capitanata. Profonda fu la sua conoscenza degli archivi toscani. Tra il 1910 e il 1921, su incarico del Comune di Firenze, diede alle stampe l’edizione dei più antichi corpi normativi della Repubblica fiorentina: gli Statuti del Capitano del Popolo e del Podestà degli anni 1322-25, fonti di grande rilievo per la storia tra XIII e il XIV secolo, apogeo della Firenze medievale. Nel 1929 collaborò alla Cambridge Medieval History con il saggio Italy 1313-1414. Nel 1933 su “Nuova Antologia” pubblicò Ciò che resta della questione meridionale. Dal 1926 fu nominato ordinario di Storia medievale e moderna presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Milano, città nella quale morì il 5 luglio 1938. In un recente convegno, il professor Raffaele Licinio, docente di Storia medievale presso l’Università di Bari e Foggia, ha affermato che Caggese non ebbe vita facile ai suoi tempi. Esponente della cosiddetta scuola economico-giuridica (Salvemini, Villari, Arias), e palesemente influenzato anche dal materialismo storico, fu «sempre fuori dagli schemi, perché insofferente verso i principi e le leggi universali; anche quelli della lotta di classe». Il suo eclettismo gli valse il giudizio non entusiasta di Gioacchino Volpe, che nel 1938, vergandone il necrologio, rilevava nei suoi scritti «certa facilità e rapidità di lavoro […] certa tendenza a troppo generalizzare». Oltre agli studi sul periodo angioino, il lascito più significativo di Caggese è rappresentato dalle intuizioni sulla nascita dei Comuni: non quelli urbani, ma quelli di campagna. «Caggese spezza l’identificazione fra il comune e la città – ha affermato Licinio – aprendo così un filone di ricerca fecondo ancor oggi; anche se non tutti i medievisti contemporanei sembrano essersene accorti…». La didattica nell’Ordine classico Nell’Italia appena unita, si farà a gara per esortare le nuove generazioni del ceto medio a frequentare il liceo classico per integrarle ed assimilarle al “comune senso ideologico”. Nel 1882 i ginnasi italiani sono complessivamente 728: solo 114 sono governativi, tutti gli altri sono vescovili, privati o comunali. La loro distribuzione sul territorio nazionale non è uniforme. In Puglia ve ne sono soltanto tre, uno per ogni 530mila abitanti1. Complessivamente l’istruzione classica serve un’utenza doppia dell’istruzione tecnica, situazione del tutto capovolta nell’attuale sistema formativo italiano. Di particolare interesse, rispetto alla didattica attuale, il raffronto comparativo delle materie, dei programmi e delle metodologie del Liceo-ginnasio “Lanza” postunitario. Colpisce un dato quantitativo, specie nelle tre classi del ginnasio inferiore e nelle due classi del ginnasio superiore: l’esiguità del numero delle materie di studio obbligatorie. Esse sono soltanto tre nel primo segmento (italiano, geografia e latino) e quattro nel secondo (italiano, storia, latino e greco). Quattro sono le ore di lezione al giorno, per cinque giorni alla settimana; il giovedì è libero da impegni scolastici. Le materie di studio sono quindi poche e poche le ore di insegnamento: nel ginnasio non vanno oltre quattro ore al giorno, divise in due-tre lezioni, per un monte ore settimanale di venti ore. In prima liceale le ore salgono a venticinque. Le materie di studio sono latino e greco, letteraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 1 ACS, Fonti per la storia della scuola, III, L’istruzione classica 1860-1910, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, Ministero beni Culturali e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici 1995, Roma, p. 60. 30 Il Regio Liceo Lanza tura italiana, matematica e storia. Nel quadro orario di tutte le classi del ginnasio, inviato al Ministero nel 1868 dal preside Michelangelo d’Atri, manca l’insegnamento matematico-scientifico. Ai nostri giorni ciò è inconcepibile: persino nella scuola materna si impartiscono nozioni di insiemistica, affinché anche i bambini più piccoli acquisiscano i prerequisiti di matematica. Poche discipline per un tempo scuola davvero esiguo, se pensiamo che attualmente nella scuola media, che corrisponde alla fascia scolare del ginnasio inferiore, le materie insegnate sono undici. E nel biennio sperimentale, corrispondente al ginnasio superiore, sono ancora di più. Il monte ore odierno si dilata fino a superare la soglia delle 30 ore settimanali. Certo, nell’Istituto “Lanza” postunitario è previsto lo studio di materie facoltative, ma è una prerogativa che non privilegia gli alunni esterni, essendo riservato a quelli interni dimoranti nel Convitto. Non manca l’insegnamento della lingua francese, della calligrafia e del ballo. L’insegnamento religioso è “commesso” ad un direttore spirituale. In era di “virilizzazione” degli adolescenti, l’insegnamento ginnico-militare è affidato ad istitutori speciali. Declamazione, disegno, scherma e pianoforte sono materie facoltative: vengono insegnate su richiesta delle famiglie. Un optional che nessun convittore può però permettersi, per la spesa aggiuntiva che comporta: le rette pagate al Convitto “Lanza” corrispondono rigorosamente alla quota base. Poche materie obbligatorie, quindi. Insegnate meglio delle tante impartite oggi? Verrebbe da dubitarne. In fondo non si imparavano molte cose. Gli allievi passavano molto tempo a eseguire esercizi scritti; “mandavano a memoria i luoghi eletti” di qualche autore classico, molti versi latini di Virgilio, interi canti dell’Ariosto, del Tasso e le liriche del Canzoniere di Petrarca. Un “esercizio” oggi considerato anacronistico e ormai bandito nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Nel 1868 “mandare a memoria” una lirica di un autore classico doveva servire a fissare nella mente dei piccoli studenti un modello linguistico facilmente imitabile. Piuttosto che far studiare brani antologici di tanti autori, che potevano ingenerare “confusione” di stili, di temi e di percorsi, si preferì focalizzare “lo studio” sull’opera di pochi autori esemplari. Al “Lanza”, come in tutte le scuole postunitarie, è rigorosamente proibito l’uso del dialetto. Naturalmente per alte finalità superiori, seguendo la nota affermazione di Massimo D’Azeglio secondo cui «fatta l’Italia, bisogna fare gli Italiani!». Le “prescrizioni” grammaticali assorbono quindi quasi tutto il tempo scuola: i professori devono far dimenticare gli innumerevoli idiomi diversi “da campanile a campanile”, i soli parlati e compresi in un’Italia decisamente analfabeta. L’ordine classico inaugurato dalla Legge Casati ha come modello di riferimento il sistema prussiano: i “giovanetti” vengono indottrinati in maniera piana e La didattica nell’Ordine classico 31 semplice, seguendo i dettami del “senso comune”. Sono tenuti a osservare un intransigente “regime comportamentale”, un codice disciplinare severo, ispirato alla concezione militare della vita di gruppo. La mattina, nell’ora che precede “il cominciamento delle lezioni”, gli alunni sono obbligati a trovarsi in punti prestabiliti dell’Istituto, per poi “ordinarsi militarmente” sotto il comando dei rispettivi capisquadra che guidano il loro ordinato accesso alle classi. “Stare in classe” significa assumere comportamenti fisici, adottare gestualità, interagire con precise modalità verbali, per permettere l’ordinato svolgimento delle lezioni ex cathedra: il professore è l’unico protagonista attivo dell’evento didattico. Se le punizioni disciplinari sono un deterrente intimidatorio, i premi distribuiti alla fine dell’anno (libri e medaglie d’oro e d’argento) gratificano lo studio sistematico e la buona condotta degli alunni. “Menzioni onorevoli” premiano l’alto rendimento scolastico. Una bella finalità illumina la dettatura dei temi settimanalmente assegnati agli alunni in prima ginnasiale: devono servire “all’educazione del cuore”. Oppure, nel corso liceale, a formare il futuro cittadino italiano. Tematiche valoriali e civiche, quindi. Tese a privilegiare i sentimenti. O l’amor di Patria. Una finalità ormai dimenticata nella scuola italiana odierna, e forse nel Paese, nonostante l’inno nazionale cantato nelle cerimonie ufficiali. Oggi nella scuola media e nel biennio superiore, la didattica dell’italiano è basata sull’insegnamento delle quattro abilità di base: ascoltare-parlare-leggere e scrivere, sulla “riflessione linguistica” e sull’avvio all’educazione letteraria. L’italiano scritto si basa sulla produzione di diverse tipologie testuali. Il tema non rappresenta più l’esercitazione principale, se non esclusiva, citata da padre Marcangelo a commento dei programmi svolti nell’anno scolastico 1868-1869. Gli obiettivi dell’educazione letteraria odierna si focalizzano su un’improbabile, complessa operazione tecnicistica di analisi testuale che talvolta trova impreparati gli stessi docenti. Sono sparite le finalità “alte” dell’insegnamento perseguite dagli insegnanti postunitari. Nel 1868, in tempi di anticlericalismo governativo dichiarato, c’era anche chi, coraggiosamente, e quasi “ereticamente”, affermava che “l’alto genio” degli scrittori italiani era originato dal cattolicesimo. E che la Storia aveva uno svolgimento “guidato” dalla divina Provvidenza. Nella scuola postunitaria l’educazione alla ragione, anzi dell’intelletto, è una prerogativa riservata al liceo. Ecco perché la matematica, le scienze e il metodo sperimentale vengono insegnati soltanto a partire dalla prima classe del corso superiore. Padre Marcangelo e il Consiglio dei professori nell’anno scolastico 1868-1869 anticipano “sperimentalmente” in prima liceale lo studio della filosofia, avviato di norma in seconda, con studenti in grado di recepire meglio questo “alto” insegnamento. Una piccola notazione di padre Marcangelo sul metodo utilizzato dal professor 32 Il Regio Liceo Lanza Paolo Tedeschi nella correzione dei temi, ci fa riflettere sulla funzione educativa dell’errore, che non deve essere stigmatizzato semplicemente con un voto negativo, attribuito a un compito corretto a casa dal docente. Il professore dovrà correggere l’elaborato dell’alunno in sua presenza: soltanto così “il giovanetto” ne trarrà giovamento, per emendare gli errori e raggiungere il successo formativo. Onestamente ci pare che l’annotazione didattica assuma una valenza positiva che andrebbe riproposta! Certo “i docenti s’impegnano a fornire agli alunni tutte le indicazioni utili per la comprensione delle valutazioni espresse e dei giudizi didattici formalizzati ai fini degli scrutini intermedi e finali”, come recitano i Piani dell’Offerta Formativa, ma è impensabile che qualcuno corregga in classe, seduta stante, i compiti degli studenti. Al momento della consegna dell’elaborato corretto a casa dal docente, l’alunno visionerà rapidamente soltanto un segno, anzi un numero: il suo voto. Sorvolerà con nonchalance sulle notazioni della matita bleu, o rossa a lato dell’errore. Con buona pace del feedback! Ciò che caratterizza la vita scolastica dei ginnasi e dei licei postunitari è una serie continua di esami. Tutto l’evento educativo e formativo è finalizzato al loro superamento. Con il rischio reale che uno studente «pronto d’ingegno e di memoria» riesca a preparare in tempo brevissimo la prova d’esame, rispetto a chi ha seguito con solerzia le lezioni per l’intero anno. «Di quella rapida inverniciatura che resta?» Si chiedeva Ferdinando Martini, invocando la valutazione senza esame degli scolari che avevano assolto giorno dopo giorno i loro doveri scolastici. Nel 1893 Martini promulgherà il Regolamento istitutivo degli scrutini. Qualche anno più tardi si tornerà “indietro”: nel 1900 il ministro Gallo, intraprendendo una sorta di crociata, ripristinerà l’obbligo dell’esame di licenza. Gradualmente si affermerà una mentalità sempre più sensibile alle innovazioni didattiche. Il ministro Orlando raccomanda che il metodo d’insegnamento sia “cooperativo”, vi debbono concorrere gli alunni, non meno del professore. L’insegnamento medio dovrà procedere con forme e metodi piani, quasi casalinghi. Non dovrà assumere, a danno delle giovani intelligenze, il fare solenne e cattedratico appena tollerato nell’insegnamento superiore. Sarà Benedetto Croce, ministro della Istruzione Pubblica dal giugno 1920 a luglio del 1921, a focalizzare ciò che va modificato nella didattica liceale. In virtù della constatazione ricorrente che «dopo aver consumato tanti anni nello studio della lingua nazionale, non torna a ciascuno facile l’uso del favellare e dello scrivere corretto», consiglierà di dedicare più tempo a rafforzare questa abilità, anche se a discapito delle altre discipline. Si insegnerà poco, ma bene: i docenti dovranno adoperarsi per rendere fruibili le varie discipline, facendo molti esercizi e interrogando spessissimo i loro studenti, che non devono essere messi in difficoltà. Le proposte di Croce non passeranno, ma verranno riprese nel 1929 da Giovanni Gentile. L’aspetto anti-scientistico della scuola italiana sarà suffragato da una La didattica nell’Ordine classico 33 serie di atti ministeriali tesi alla salvaguardia dell’insegnamento classico. Poca fortuna avranno le lingue straniere (a parte il tentativo del liceo moderno, abortito a due anni dall’istituzione). L’insegnamento che invece, pian piano andrà affermandosi sarà la filosofia, con un forte “suggello” idealistico: disciplina della crescita spirituale, formativa, non informativa (Gentile)2. In quegli anni, il numero degli iscritti aumenterà in modo abnorme; con la scolarizzazione di massa si nota un’attenzione crescente verso il liceo classico. Il “Lanza”, “ingessato” in poche aule insufficienti al bisogno, è costretto a rifiutare le iscrizioni e ad operare una ferrea selezione: rimandati e bocciati superano i due terzi degli iscritti. Nel periodo 1923-1945 si nota una grande attenzione per le attività integrative di educazione fisica volute dal Regime. Il Ministero chiede ai Presidi di incentivarle, come chiederà di illustrare con dovizia di particolari le esperienze di scuola-lavoro e le novità metodologiche introdotte con Carta della Scuola di Giuseppe Bottai. Cresce l’attenzione per le attività di laboratorio e l’uso dei sussidi didattici. Ma gli esigui stanziamenti ministeriali bastano solo a coprire i costi di manutenzione di apparecchi vecchi e obsoleti. Gli acquisti vengono effettuati direttamente dalla scuola, attingendo alla Cassa Scolastica. L’introduzione dei laboratori artigiani interessa la scuola di ogni ordine e grado degli anni Quaranta. Anche al Liceo i ragazzi e le ragazze vengono addestrati nei lavori di taglio e cucito, di falegnameria ed agricoli: contrariamente a quanto avvenuto fino ad allora, la scuola d’élite, la scuola “della mente” dovrà “abbassarsi” a divenire anche la scuola “del braccio”. I lavori manuali entrano nella scuola, preludio alle varie educazioni di cui è costellata la scuola odierna. Un’autovalutazione critica, ai limiti dell’autolesionismo, caratterizza la scuola del Ventennio. Il preside Modugno, dopo aver fatto il quadro della “disastrata” professionalità docente, osserva meravigliato che la comunità foggiana e provinciale ha invece un’ottima percezione della funzione docente e della scuola in generale, compreso l’efficacia/efficienza degli uffici amministrativi e della Presidenza. Attualmente c’è una netta inversione del credito goduto: è la società ad essere ipercritica nei confronti della Scuola. Il lavoro scolastico viene sminuito dallo scarso prestigio sociale goduto all’esterno, tanto da provocare frequenti crisi d’identità e disorientamento anche negli elementi più dinamici e impegnati. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 2 Cfr. ACS, Fonti per la storia della scuola, III, L’istruzione classica 1860-1910, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, cit. Le Scuole Pie Prima del Concilio di Trento gli studi classici erano regolati dalla Ratio studiorum: la formazione culturale dei nobili e dei chierici era fondata sull’apprendimento del latino, unica lingua ammessa nelle aule scolastiche. Alla fine del Cinquecento, Giuseppe Colasanzio diede una forte spinta al rinnovamento del metodo didattico1. Nel 1597 egli fondò a Roma le Scuole Pie, che si posero su una linea profondamente diversa rispetto alle scuole gesuitiche. Era prevista una divisione tra allievi destinati agli studi e al lavoro: a questi ultimi veniva impartito un tipo di insegnamento più pratico che non comprendeva lo studio del latino. Ai fanciulli venivano insegnati l’abaco e i rudimenti di grammatica, intercalandoli con le preghiere. La Congregazione dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio venne istituita nel 1621. I padri furono denominati “Scolopi” proprio perché impegnati a insegnare nelle Scuole Pie. Dall’inizio dell’Ottocento, essi gestirono in Capitanata due collegi, uno a Foggia e l’altro, che era anche seminario, a Manfredonia. Le rendite del primo ammontavano a circa 2.350 ducati, quelle del secondo a circa cinquecento2. Il Palazzo San Gaetano, sede del convento foggiano, era di proprietà del Municipio: “la fondiaria per i beni stabili” era pagata dal Comune. Il Real Collegio delle Scuole Pie venne qui istituito il 26 maggio 1804. Con l’atto di fondazione, gli Scolopi si impegnarono qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 1 E. GARIN, L’Educazione in Europa (1400-1600). Problemi e programmi, Bari, Laterza, 1957, p. 215. 2 A. e G. CLEMENTE, La soppressione degli ordini monastici in Capitanata nel decennio francese (1806-1815), Editrice Tipografica, Bari, 1993, p.125. 36 Il Regio Liceo Lanza ad aprire in città quattro scuole, quante ve ne erano nel collegio di Napoli sito sopra San Carlo le Mortelle: cioè una per l’intero corso di Filosofia e matematica, l’altra di Retorica, la terza di Umanità e la quarta di Grammatica. Si concludeva così un iter iniziato nel 1797. Dal 14 aprile al 26 giugno di quell’anno, l’intera corte borbonica si era trasferita da Napoli a Foggia per presenziare alle nozze fra il principe ereditario Francesco e l’arciduchessa Maria Clementina d’Austria: i notabili della città avevano approfittato della presenza del re, per chiedergli di istituire in Foggia un collegio gestito da religiosi che curasse l’istruzione dei loro figli. Ferdinando IV riconobbe che mancava alla popolazione «una casa di pubblica educazione, onde la gioventù potesse essere istruita ne doveri cristiani e sociali, e ne le utili cognizioni scientifiche»... Informato che «in città vi era un monastero dei Padri Teatini del tutto inutile, il quale veniva governato da un solo religioso, sovranamente, con R. Carta de’ 10 giugno dello stesso anno Millesettecentonovantasette ne ordinò l’abolizione, e dispose che la casa medesima e le di lei rendite fussero utilmente impiegate nell’erezione delle pubbliche Scuole e di un Collegio per l’istruzione della gioventù»3. Il convento soppresso dei Teatini, ristrutturato, diventerà quindi la sede del Real Collegio delle Scuole Pie, denominato Palazzo San Gaetano. (L’attuale sede del Conservatorio musicale “Umberto Giordano” si trova esattamente su quell’area). Nel decennio francese gli Ordini religiosi possidenti furono soppressi e il loro patrimonio incamerato nei beni del Regio Demanio. Agli Scolopi fu però consentito di continuare ad occuparsi dell’istruzione del ceto borghese della città. Gioachino Murat aveva infatti accolto una richiesta del Consiglio provinciale di Capitanata che nasceva da necessità locali: garantire, in assenza di scuole statali, l’educazione della “gioventù studiosa”. Ecco perché, il 9 settembre 1809, l’intendente di Capitanata Turgis, dettando le istruzioni di Murat sulla chiusura dei conventi ai sottointendenti, ai sindaci, ai giudici di pace e agli agenti dei demani, raccomandò loro che, dopo aver redatto gli inventari del collegio delle Scuole Pie, lasciassero il godimento dei beni ai religiosi «per non far arrestare la educazione della gioventù». Ma gli Scolopi di Foggia, insieme ai Fatebenefratelli, furono sospettati di una grave mancanza: aver cercato di «defraudare gli interessi del fisco», falsando le condizioni di affitto dei locali e dichiarando debiti inesistenti. Il direttore del demanio sollecitò Turgis ad accertare le irregolarità: qualora queste fossero state provate, il convento doveva essere soppresso, i suoi superiori e procuratori privati di ogni diritto alla pensione e, in quanto «soggetti infedeli», sottoposti ai rigori qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 3 ASFG, Opere Pie, serie I, busta 17. Cfr. C. DE LEO, Cattedre accademiche ed universitarie a Foggia nei secoli XVIII e XIX, Foggia, 1991, pp. 55-56. Le Scuole Pie 37 della legge. Nel convento di San Gaetano non si trovò «né denaro contante, né veruna quantità di derrate», ma il 14 settembre 1809 la commissione, formata dal sindaco Giuseppe de Luca, dai decurioni Domenico Mazza e Filippo Marasca e dal verificatore Francesco Saliceti, ne decretò ugualmente la soppressione. I locali furono riconsegnati al Comune. Oltre alla chiesa, comprendevano tredici sottani al pianterreno, più undici stanze e due saloni per i convittori; al piano superiore, la cucina e quattro stanze che ospitavano le “quattro scuole”. Vi erano dieci religiosi, nove sacerdoti e un laico. Tutti chiesero a Turgis di restare a Foggia4. Dopo il Congresso di Vienna del 1815, i Padri rientrarono in possesso del convento, riaprendo il Real Collegio delle Scuole Pie. Il governo borbonico preferì infatti continuare a concedere contributi agli ordini religiosi che si occupavano da anni dell’istruzione privata, piuttosto che accollarsi l’onere di istituire scuole statali. Tra alterne vicende, gli Scolopi continuarono ad insegnare, assicurando l’istruzione non solo alla città di Foggia ma a tutta la Capitanata e meritandosi i positivi giudizi dei politici e degli amministratori del tempo. Il 12 maggio 1828 l’intendente Santangelo ne lodò l’operato in Consiglio provinciale: «In questa città non vi è chi non ammiri il Convitto che vi mantengono i PP. delle Scuole Pie. L’esemplarità del costume, la decenza, l’istruzione de’ Convittori, tutto depone che sia questo uno de’ migliori stabilimenti che possa rinvenirsi per l’educazione de’ giovani»5. Le Scuole Pie contribuirono a formare la coscienza risorgimentale degli allievi. Francesco Saverio Altamura6, illustre pittore foggiano, da annoverare tra i grandi della Puglia ottocentesca, studiò presso gli Scolopi di Foggia. Altamura prenderà ripetutamente parte alle lotte unitarie: nel 1848 a Napoli sulle barricate di Santa Brigida si distinse tra i dimostranti7. Il pittore morirà a Napoli nel 1897. Nel 1901 la città natale gli dedicherà un monumento e Carlo Villani lo ricorderà così, nell’ultimo saluto: «È il nome di lui, già passato nel dominio della storia, mentre va ad assidersi tra le più fulgide stelle dell’Olimpo dell’arte, resterà per Foggia monumento colossale pari alle piramidi, resterà come suo vanto, suo or- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 4 A. e G. CLEMENTE, La soppressione degli ordini monastici..., cit. pp. 125-129. Giornale dell’Intendenza di Capitanata, anno 1828, n. XII bis, p. 8; un altro giudizio positivo fu espresso dallo stesso Santangelo, nel 1829. Cfr. C. DE LEO, cit, p. 67. 6 Altamura prese parte più volte alle esposizioni artistiche di Parigi, Torino, Roma e Napoli, dove la sua produzione fu sempre altamente apprezzata. Scrittore, oltre che artista, scrisse, tra il 1883 e il 1895, le sue memorie. Il volume, intitolato Vita e Arte, pubblicato a Napoli nel 1896, rappresenta la fonte storica principale sulla vita dell’artista, oltre che una cronaca di prima mano sulle vicende artistiche e politiche del secondo Ottocento. [Cfr. S. D’ANDOLA, F. PICCA, L’uomo l’artista: un profilo critico, in www.arteecarte.it] 7 G. PALADINO, Il 15 maggio..., cit., p. 527 e seguenti. 5 ASFG, 38 Il Regio Liceo Lanza goglio, sua religione». Subito dopo l’Unità, Vittorio Emanuele II, come già aveva fatto Gioachino Murat, decretò la soppressione degli “stabilimenti” degli Ordini monastici e delle Corporazioni regolari o secolari. La Destra storica, contraria ad ogni ingerenza della Chiesa nei problemi dello Stato, sostenne il provvedimento. I beni furono incamerati dallo Stato o venduti a ricchi proprietari terrieri. A norma del Decreto del 17 febbraio 1861, anche a Foggia gli ordini religiosi furono soppressi: nel 1862 toccò ai frati Cappuccini e alle monache dell’Annunziata, nel 1863 ai frati minori Osservanti, nel 1866 alle Clarisse. Si fece un’eccezione per le Suore di Carità di San Vincenzo, per i missionari detti Lazzaristi, i FatebeneFratelli, i Camaldolesi e, appunto, i padri Scolopi, che continuarono quindi ad istruire la “gioventù studiosa” della città. Anche il Monastero del Salvatore (fondato nell’anno 1731 dall’illustre suora napoletana Maria Celeste Crostarosa), riconosciuto con apposito decreto del 1862 appartenente all’Ordine salesiano, ebbe la libera amministrazione delle proprie rendite. Francesco de Sanctis, primo ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia, provvide ad inviare dei delegati straordinari nelle province dell’ex regno di Napoli, al fine di conoscere la reale situazione delle scuole, quasi tutte private e gestite da religiosi. Il provvedimento era la diretta conseguenza del Regio Decreto 25 agosto 1861 che aveva abolito l’autonomia amministrativa della Pubblica Istruzione a Napoli. I delegati inviati da De Sanctis erano: Antonio Racheli a Bari, Domenico Carbone ad Aquila, Luigi Settembrini a Napoli, Liborio Manichini a Catanzaro, Antonio Pavato a Cosenza. La loro azione si focalizzò sulla “normalizzazione” degli istituti colà esistenti, nel senso voluto dalla Casati, emanata nel 1959 nello Stato sabaudo ed estesa ora a tutto il Regno unito. La legge poneva a fondamento dell’istruzione il principio della concorrenza dell’insegnamento privato con l’insegnamento pubblico. Prevedeva la stretta vigilanza dello Stato, cui spettava l’accertamento dei requisiti di cultura, delle capacità professionali del corpo docente, nonché dell’idoneità dei locali adibiti a scuole. I presidi e i rettori dei licei ginnasi e dei convitti ed i vescovi che gestivano i seminari delle ex province napoletane (a cui il governo borbonico non aveva mai richiesto alcuna patente di idoneità degli insegnanti) dichiararono che non era facile adeguarsi alle condizioni richieste dal nuovo governo, soprattutto per le difficoltà che incontravano a reperire personale abilitato. Fecero notare che “la legge non era affatto uguale” per tutti i cittadini del nuovo Regno. Nelle province dell’Italia centrale e settentrionale, i seminari erano ancora sottoposti alla legislazione anteriore come se fossero istituti speciali: salvo i casi di igiene, di morale, di ordine pubblico, il governo non vi esercitava alcuna ingerenza. I vescovi denunciarono l’iniquo trattamento con note di protesta inviate al governo: «Fateci le stesse condizioni dei vescovi di Piemonte, di Lombardia, della Venezia, di Le Scuole Pie 39 Toscana, dell’Emilia, della Sicilia: vigilate pure se nei nostri seminari le ragioni della morale, della pubblica tranquillità, dell’igiene siano tutelate, ma non richiedete da noi quello che ci riesce impossibile di darvi, insegnanti, cioè, legalmente abilitati, e che non richiedete ai vescovi di altre province, quando non vi domandano il privilegio del pareggiamento»8. In una lettera del 23 maggio 1862 indirizzata al prefetto di Foggia, anche padre Marcangelo, rettore del locale Collegio delle Scuole Pie, lamenta questa iniquità: «Mentre altri collegi sono lasciati vivere in pace, e con norme e regolamenti particolari, quello posto in Foggia è oggetto di cure speciali, e di peculiar predilezione per la delegazione predetta. È per questo che il sottoscritto si rivolge a lei, perché si compiaccia di interporsi in questa vertenza, e ricercare quali siano le vere intenzioni della Regia Delegazione di Bari». Della questione si era occupato il Consiglio comunale di Foggia. Con una lettera del 23 aprile 1861, il sindaco Scillitani aveva sollecitato il prefetto ad intervenire in difesa del Collegio delle Scuole Pie, a interessarsi per la positiva risoluzione del caso, per procurare così un bene alla provincia: «Questa istituzione, mirante a facilitare gli studi della gioventù di tutta quanta la provincia, ha dato tali risultamenti da far compiacere a chi la impiantava, e che ne fruiva i vantaggi»9. Una petizione era già stata inviata al Re, ma senza alcun esito. Tra gli Scolopi e il delegato del Ministero Antonio Racheli, di stanza a Bari, c’erano dei forti contrasti10. Invitati da costui a conformarsi alle nuove leggi sulla pubblica istruzione, a far “finalmente” conoscere il numero, le materie e l’andamento della loro scuola, oltre che a notificare il nome e i titoli degli insegnanti, gli Scolopi gli avevano risposto, con «una lettera che sapeva di borbonico sin nelle virgole», che le nuove leggi riguardavano solamente i nuovi Istituti, non quelli eretti con decreto reale da gran tempo: le Scuole Pie non erano tenute a qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 8 Cfr. ACS, L’istruzione classica, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, Ministero per i Beni Culturali Ambientali, Roma, 1995, p. 347. La questione si agitò per qualche anno tra i vescovi delle province ex napoletane e il Ministero. Il Consiglio superiore applicò ai seminari delle province meridionali l’articolo 51 della legge 10 febbraio 1861, che trattava degli istituti dipendenti da corpi o da persone rivestite della qualità di enti giuridici, non già l’art. 58, che si riferiva al privato insegnamento, per il quale la legge non imponeva l’obbligo di diploma per i docenti. La questione assunse le dimensioni di un tormentone tanto che il ministro Scialoja, il 17 febbraio 1873, in un’audizione al Senato, presentò un “Promemoria sulla situazione e i problemi insoluti riguardanti l’insegnamento secondario impartito nei seminari delle province meridionali”, chiedendo la risoluzione della querelle: «Conviene farla finita con questa questione dei seminari napoletani, e con una risoluzione netta, precisa, comune a tutti!». 9 ASFG, Intendenza, Governo e Prefettura di Capitanata, Pubblica Istruzione, busta 81, Cfr. C. DE LEO, Cattedre accademiche ed universitarie..., cit. 10 Ivi, pp. 71-89. 40 Il Regio Liceo Lanza rispondere del loro operato alle autorità scolastiche, in quanto scuole private11. Era seguito un fitto carteggio del rettore Marcangelo con le autorità provinciali e comunali, per rivendicare tale autonomia. Il delegato Racheli aveva agito in seguito ad un esposto, presentato l’11 dicembre 1861 dal Preside del Regio Liceo di Lucera. Questi addebitava il calo di iscrizioni, che c’era stato nella sua scuola, alla concorrenza sleale di «una ciurma di insegnanti privati, senza patente e senza programmi, i quali con maligne insinuazioni discreditano lo Stabilimento per popolare le loro scuole private». Malgrado il divieto della legge, presso gli Scolopi funzionavano ancora le cattedre universitarie soppresse e si facevano esami in ogni facoltà. «Questo è – aggiungeva il Preside di Lucera – un altro motivo della scarsezza degli accorrenti al nostro Istituto. Abbiamo avuto il dispiacere di perdere alcuni esterni dopo entrati, ed altri interni che dopo aver avanzata domanda per questo convitto e dopo essersi presentati al rettore del medesimo, certamente per insinuazione, ora sono nell’Istituto di San Gaetano in Foggia. Mi consta pure che quei Padri fanno per mezzo dei loro amici ed emissari ogni sforzo per allettare, sotto mille promesse di progressi nell’istruzione, i padri di famiglia»12. Facendo seguito all’esposto suddetto, il 28 dicembre 1861 Racheli aveva scritto al Ministro dell’Istruzione Pubblica, rilanciando contro i Padri Scolopi la pesante accusa riguardo agli esami universitari svolti “contro legge” a Palazzo San Gaetano. Gli Scolopi di Foggia facevano concorrenza sleale a chi rispettava il divieto: «La guerra che sorda sorda fanno al Liceo ginnasiale e al convitto di Lucera è continua e delle più vili. Mentre che un articolo di legge abolisce le scuole Universitarie, e n’erano pensionati i professori ufficiali, gli Scolopi durante i mesi di Settembre-Ottobre e del corrente Novembre tennero esami di facoltà. I professori giubilati ne protestarono alla Delegazione, i Municipi di Lucera, di Lecce e specialmente di Bari, ne mandarono formali querele, mi si parlò perfino di portar la cosa in Parlamento»13. Racheli, non credendo che i padri Scolopi fossero «capaci di tanta baldanza», aveva chiesto le dovute spiegazioni: «Risposero: sì certo aver fatti gli esami, ma con mandare gli elaborati alla Università di Napoli, e di là esser venuti l’approvazione e i gradi». L’Università partenopea aveva vidimato le prove d’esame, procedendo «come due, dieci anni sono, nulla bastanti le leggi pur pubblicate sotto i suoi occhi». qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 11 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, Fascicolo Scuole Pie. Intendenza, Governo e Prefettura di Capitanata, Pubblica Istruzione, busta 81. Cfr. C. DE LEO, Cattedre accademiche..., cit. 13 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie. 12 ASFG, Le Scuole Pie 41 Il delegato invita il Ministro a intervenire subito: «La E. V. può metter ordine in questa Babilonia, per la quale quello che si ha di bene nelle provincie, si tiene a gioco e si distrugge nella Capitale». Chiede istruzioni precise «su cosa fare con gli Scolopi di Foggia, e con quelli di Francavilla riottosi del pari, e che dalla divisa dei loro alunni come dalle porte del loro Istituto, non han tolto ancora i gigli borbonici». Mentre tutti gli altri istituti degli Scolopi, cercando di uniformarsi ai programmi ministeriali, hanno fatto domanda di pareggiamento, i padri del San Gaetano di Foggia si rifiutavano di farlo: «Gli Scolopi, benemeriti nell’Alta e nella Media Italia, sono recalcitranti alle disposizioni nel Mezzogiorno, dopo che il governo li ha privilegiati rispetto a tutti gli altri Ordini monastici»14. Il problema era quindi politico. Racheli sospettava che gli Scolopi avessero nostalgie borboniche: si spiega così il suo accanimento nel perseguirli sul piano delle formalità burocratiche e sul rigido rispetto delle norme di legge. Egli, in una lettera al prefetto, il 9 giugno 1861 aveva espresso le propria rigida posizione: «La gioventù che interviene in codeste scuole perderà tempo e danaro, non avendo nessun valore legale gli studi fatti in Istituti che non sono conformi a’ Regi». Fu inflessibile nel sollecitare alle autorità governative la richiesta di ulteriori informazioni sulle Scuole Pie. Il governo si mosse con gradualità e moderazione, evitando di prendere provvedimenti drastici nei confronti di un Ordine che comunque assicurava l’istruzione in una città dove non esistevano scuole pubbliche. Ma bisognava verificare le discipline comprese nei corsi di studio e i titoli dei docenti che insegnavano nelle scuole dell’ex Regno di Napoli. Continuando il monitoraggio del sistema scolastico, nel 1863 il Ministro richiede informazioni sui licei e i ginnasi della Capitanata. Invia un modello conoscitivo, da compilare con i dati sugli esami finali relativi all’anno 1861-1862. Il prefetto Ferrara adempie a «tale Ministeriale ingiunzione» e trasmette il modulo al Preside del Reale Liceo ginnasio di Lucera. Invia una copia anche all’Ispettore provinciale degli Studi, «con preghiera di compilarla anche per la scuola dei Padri Scolopi, comunque non pareggiata e riguardante un corpo morale, procurandosi le ricercate notizie dal Municipio, o direttamente dai Padri stessi, con la maggior sollecitudine possibile»15. Il Ministero, il 2 dicembre 1864, inviò al prefetto una nota in cui precisava che, riguardo ai titoli degli insegnanti appartenenti alle Corporazioni religiose delle ex province napoletane, era da considerare titolo equipollente ad un diploma abilitante l’esercizio continuato e lodevole di oltre dieci anni d’insegnamento nelle scienze fisiche e matematiche, e nella letteratura latina e greca. I religiosi qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 14 ASFG, 15 Ivi. Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie. 42 Il Regio Liceo Lanza che, con documenti autentici, provassero al Consiglio provinciale scolastico che avevano insegnato lodevolmente per oltre dieci anni nei collegi tenuti dalle case religiose, avrebbero potuto continuare a farlo. Tutti gli altri docenti, senza eccezione alcuna, dovevano sostenere gli esami abilitanti, a meno che, per opere pubblicate, non fossero, a parere del Consiglio Superiore dell’Istruzione, dichiarati idonei all’insegnamento. Il Ministero accordò ai Padri Scolopi sei mesi di tempo per presentarsi agli esami che si sarebbero tenuti a Napoli e in altri luoghi da esso indicati. Passato questo tempo, ai religiosi insegnanti i quali non si fossero muniti dei relativi diplomi, non sarebbe stato concesso in alcun modo, né per alcuna ragione, di continuare nell’insegnamento. Sarebbe stato compito del prefetto far rispettare la legge, invitando i capi degli Stabilimenti d’istruzione, diretti dai religiosi di qualsivoglia Ordine, a presentare entro il mese di dicembre l’elenco dei libri utilizzati nell’insegnamento ed i programmi di studio, oltre ad un elenco degli insegnanti «con indicazione del tempo da che insegnano, dei loro titoli scientifici, indicando le materie che sono destinati ad insegnare». La proroga era una misura “straordinaria”, dettata dalla presente condizione «di esse Case religiose insegnanti» e non avrebbe potuto estendersi al futuro: i religiosi dovevano uniformarsi alla legge come tutti gli altri cittadini. Gli Scolopi continuarono a svolgere la loro attività di insegnamento, provvedendo nel frattempo a regolarizzare la loro posizione giuridica. L’Amministrazione comunale di Foggia, il 13 gennaio 1865, fece affiggere il solito manifesto per annunciare l’apertura annuale della scuola: «Si fa noto a tutti i Cittadini, che amano affidare i loro figli allo insegnamento de’ Padri delle Scuole Pie, che a cominciare da Lunedì 16 corrente, le scuole, da que’ Padri tenute nel locale di S. Gaetano, saranno aperte al pubblico»16. Ma si trattava di una schiarita passeggera. Il consigliere Gabriele Valente, rettore del Liceo di Lucera, incaricato di vagliare i titoli presentati dai docenti, nella seduta del Consiglio provinciale scolastico del 2 febbraio 1865 comunicò che non tutti gli Scolopi del San Gaetano avevano presentato i programmi e i certificati dell’esercizio nell’insegnamento. Inoltre, gli attestati presentati dai Padri suddetti erano stati rilasciati dal loro superiore, e solo in parte dall’autorità municipale, per cui risultavano poco attendibili: «A voler prestar fede al molto Reverendo Provinciale – precisa Valente – la discussione potrebbe chiudersi immediatamente: tutti i Padri Scolopi, ed in tutte quasi le branche, dovrebbero essere abilitati all’insegnamento. Ma il parere del padre provinciale (per altri titoli degnissimo), nella presente contestazione è sospetto, perché interessato». Il suo qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 16 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie. Le Scuole Pie 43 giudizio, invece, deva fondarsi esclusivamente sugli atti autentici delle Giunte municipali17. Gli appunti di Valente non finiscono qui: «I programmi presentati dai Padri paiono fatti sull’istesso stampo, e basta leggerne uno per venire a capo degli altri: indicazioni di testi, divisione delle materie per classi; ecco tutto il contenuto». Non erano quelli prescritti dal decreto del 29 Ottobre 1863, bensì quelli pubblicati nel 1861 per le ex province napoletane e ormai abrogati. Nei programmi del Liceo non figura l’insegnamento di filosofia del diritto, in quelli del Ginnasio mancano storia naturale, geometria e letteratura italiana. «Io desidererei – prosegue Valente – che i Padri si rimettessero senza citarle alle indicazioni ministeriali, e che i loro Programmi fossero redatti colla guida del Regolamento del 12 Decembre 1851 che il codice Casati riporta a pag. 154 e seguenti. Ed i programmi didattici non devono essere l’indice di materie, ma un discorso particolareggiato sul metodo». Al termine del suo intervento, Valente – quasi a volersi scusare della “pignoleria” – fa un elogio degli Scolopi: «Debbo, infine, Onorevoli Presidente e Consiglieri, pria di lasciare questa relazione, fare una mia confessione. Parecchi Padri, di cui è parola, son noti a me per le doti singolari che li adornano, ed io ne pregio l’amicizia. Ho dovuto quindi penar non poco nello scrivere il presente rapporto, ma ho dovuto, per la semplicissima ragione che la Legge è impersonale, e vuole osservanza da tutti»18. Si avvicinava l’apertura del nuovo anno scolastico. Il Regio Ispettore si rivolse al Ministero di Firenze: «Vari Padri delle scuole pie, dimoranti in questo capoluogo, fanno istanze presso questo ufficio perché si conceda loro il permesso di riaprire i loro corsi d’insegnamento». Pur «facoltati ciascuno per una data materia sia ginnasiale sia liceale, pure non possono nell’insieme coordinare le loro classi qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 17 Gli attestati valutabili riguardano Ambrogio Marcangelo, Luigi Mariani, Giacomo Macchiaverna, Raffaele Iannaccone, Eugenio de Sanctis, Francesco Paolo Noya, Francesco Saverio de Padova. Ad esempio, Padre Marcangelo ha in lingua italiana e latina un esercizio di insegnamento dal 1862 al 1864 e «un possesso lodevole di anni nove cioè dal 1849 al 1853 e dal 1855 al 1858» in letteratura greca, latina ed italiana; padre Mariani ha insegnato per quattordici anni italiano, latino, storia e geografia; padre Iannaccone ha insegnato storia naturale e geometria elementare per quattro anni, geografia per anni dodici, storia e lingua latina per nove anni, greco per sei anni, italiano per anni cinque; padre de Sanctis ha un esercizio di cinque anni in letteratura italiana e latina, di otto anni in latino, greco, ed italiano; di quattro anni in storia e geografia; padre Noya ha insegnato tredici anni italiano e latino, otto anni greco e sei anni geografia e storia; padre Macchiaverna ha insegnato per otto anni lingua italiana e per undici latino, greco e storia e geografia; padre de Padova ha dieci anni d’insegnamento in fisica e matematica e sei in chimica. In appoggio, ha presentato alcune pubblicazioni. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24, fascicolo Scuole Pie] 18 Ivi. 44 Il Regio Liceo Lanza da rispondere alla forma d’un istituto regolare». Mancando nel capoluogo le scuole secondarie «tanto reclamate dai padri di famiglia», l’Ispettore chiede al Ministro una proroga eccezionale: l’apertura delle scuole è alle porte e bisogna dare una risposta alla cittadinanza. Ma il Ministero non è affatto indulgente: con una nota del 26 Ottobre 1865, invita il presidente del Consiglio provinciale scolastico, prefetto Scelsi, a non autorizzare l’apertura di scuole «rette da ordini religiosi». Dovrà prima accertare che tutti gli insegnanti siano forniti di titoli legali. Scelsi è pregato di usare la massima severità, poiché «il Ministero non può più permettere che in cosiffatte scuole non sieno osservate le prescrizioni che vigono per tutti i cittadini del Regno»19. Si apre una fase critica. Il Regio Ispettore informa il Sindaco di Foggia che il termine ultimo per regolarizzare la posizione degli Scolopi è scaduto ormai da tempo: «Il Ministero dell’Istruzione Pubblica ha fatto di tutto per mettere gl’insegnanti delle suddette corporazioni religiose nelle condizioni legali. Nonostante le facilitazioni accordate, la maggior parte di essi non curò d’ottemperare alla legge. Ora questi Padri non potranno più riaprire i loro convitti ordinati a ginnasii»20. Era impensabile che una città come Foggia potesse restare priva di scuole secondarie. Una considerazione, questa, che spinse il Consiglio comunale ad una forzatura: il 15 Novembre 1865, nonostante il divieto, deliberò la riapertura delle Scuole Pie. Ma il 24 Novembre il Ministro ribadì il suo no alla soluzione d’emergenza: aveva già accordato troppe proroghe ai Padri Scolopi di Foggia, in attesa che si munissero dei titoli legali per insegnare nel ginnasio della città: «Sono ormai due anni che con continuati pretesti si protrae questa pratica, e non sono mai mancate nuove scuse a’ Padri per sottrarsi alle disposizioni della Legge. Il Ministero à messo innanzi a loro tutti i mezzi più acconci per legalizzare la loro posizione, sia facendo riconoscere i loro titoli dal Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione, sia aprendo due sessioni straordinarie di esami in Napoli, ed invitandoli a presentarvisi. Se non àn curato profittarne la colpa è loro, e questo non dà né ad essi né ad altri il diritto di domandare eccezioni non consentite dal rispetto che si deve alle Leggi, ed a’ regolamenti scolastici»21. Il Ministro si “rammaricò” che nella vertenza si fosse intromesso il Comune di Foggia. Ribadì che le ripetute dispense erano state concesse soltanto per riguardo ad esso, e perché non venisse a mancare “improvvisamente” l’istruzione secondaria in città. Il Ministero «non potrebbe però ora sottostare ad una nuova pressione, ed anco dare facilitazioni che non qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 19ASFG, 20 Ivi. 21 Ivi. Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie. Le Scuole Pie 45 sarebbero appoggiate ad alcun cagionevole fondamento. Il Municipio di Foggia conosceva le disposizioni ministeriali, avrebbe dovuto, fin dalla fine del passato anno scolastico, assicurarsi che i P.P. Scolopi si erano muniti de’ titoli richiesti o affidare il Ginnasio ad altre mani. Bene aveva fatto l’Ispettore ministeriale a riconoscerli inidonei a proseguire nell’insegnamento, e il Sindaco doveva ad attenersi alla nota del 26 Ottobre»22. Soltanto i padri Scolopi che avevano regolarizzato la loro posizione furono autorizzati ad insegnare. Il 1° Febbraio 1866, il Consiglio provinciale scolastico, ascoltato il Regio Ispettore che riassunse tutta la questione e letto diligentemente i titoli esibiti dai Padri delle Scuole Pie, nonché parecchi attestati di personaggi distinti per “dottrina e per patrii sentimenti” che avvaloravano il loro operato, visto che dai documenti esibiti risultava l’idoneità all’insegnamento delle materie ginnasiali, deliberò che fossero autorizzati ad insegnare gli scolopi Luigi Mariani, Giacomo Macchiaverna, Raffaele Iannacone, Eugenio de Sanctis e Francesco Paolo Noya. La delibera fu firmata dal presidente del Consiglio provinciale scolastico di Capitanata, prefetto Scelsi, e dal regio ispettore Ferrara, che sollecitarono il Sindaco «a riprendere le pratiche per la istituzione di un ginnasio comunale, a far sì che al più presto venisse aperto, secondando in tutto la legge ed i bisogni della popolazione». La soppressione degli Scolopi era imminente e la città rischiava di rimanere senza gli istituti scolastici “cotanto necessari”. Il 1866 fu l’anno cruciale per il passaggio al sistema di istruzione pubblica, che culminò nel Consiglio comunale del 28 dicembre, convocato per «compiere ogni estremo necessario per l’apertura del liceo ginnasiale in città». Il sindaco Scillitani, in apertura di seduta, prese atto delle rinunce di Ambrogio Marcangelo e di Vincenzo Caroli, rispettivamente direttore e censore23 dell’istituendo liceo, nominati a ottobre. Il Consiglio decise di sostituire soltanto il direttore: venne nominato il signor Capozzi. Si passò alla nomina dei docenti. Scillitani lesse il rapporto della Commissione che aveva esaminato le domande degli aspiranti alle varie cattedre, elencò i titoli presentati da ciascuno e ne valutò «la forza». Furono proclamati “maestri” del Ginnasio: padre Vincenzo Caroli per la classe quinta; padre Eugenio de Sanctis per la quarta e Michelangelo Miscio per la prima; Francesco Petti per l’aritmetica. All’unanimità, il Consiglio ritenne che «per le piazze ginnasiali e quelle liceali rimaste scoverte» si sarebbe provveduto qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 22 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie. Risultavano idonei padre Vincenzo Caroli delle Scuole Pie per la quinta ginnasiale; padre Eugenio de Sanctis per la seconda; Michelangelo Miscio per la prima; Francesco Petti per l’aritmetica; Giuseppe Tenore per la calligrafia; Raffaele Rizzi per la lingua francese. Per la cattedra liceale di letteratura italiana latina e greca, si era presentato solo G. Battista Pipalo, ma Commissione non ne tenne conto in quanto sfornito di titoli. [Ivi] 23 con altro concorso. Le sede scolastica era già stata “fissata” precedentemente. Visto che il locale dell’ex convento di San Domenico era occupato dai Reali Carabinieri e non poteva ottenersene con facilità lo sgombero per impiantarvi il liceo ginnasiale, si ritenne opportuno continuare ad utilizzare il convento dei Padri Scolopi, perché «proprietà del Municipio medesimo, di maniera chè potrebbe rimanervi istallato il liceo ginnasiale anche se l’Ordine fosse stato soppresso»24. Anche dei corsi da avviare e delle materie di studio il Consiglio si era occupato in precedenza, convenendo che le classi liceali sarebbero state per il momento “intempestive”. Era comunque intenzione del Municipio annettere al Ginnasio una scuola liceale per l’insegnamento della letteratura latina, italiana e greca. Il R.D. 3036 del 1866 aveva intanto stabilito che tutti i beni degli enti religiosi soppressi fossero devoluti al demanio dello Stato. Le Scuole Pie furono definitivamente chiuse. L’apertura del liceo municipale divenne un passo obbligato. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 24 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie. I primi passi del Liceo-ginnasio Il Liceo “Lanza” di Foggia viene istituito nel 1868, grazie all’impegno del sindaco Lorenzo Scillitani, rappresentante illuminato della Destra storica, che intende fornire alla città, insieme alle varie tipologie scolastiche, una scuola d’élite. Una scuola che segni la differenza, che avvii alla formazione universitaria, che formi le cosiddette professionalità alte. Come abbiamo visto, un corso ginnasiale a Foggia esisteva già da tempo, nel Convento San Gaetano. Erano le cosiddette Scuole Pie, operanti già dal 1804 ad opera degli Scolopi. Questo ordine religioso fu soppresso nel 1866, e Scillitani «per il bene della gioventù studiosa» pensò di rimpiazzare la loro scuola con un liceo ginnasio municipale. Nel 1868 gli iscritti, tutti maschi, raggiunsero quota trentuno e formarono quattro classi. Il preside Michelangelo d’Atri e i docenti di quel primo anno “sperimentale” si preoccuparono di creare “le passerelle”, per permettere a chi provenisse da Istituti diversi, o da scuola paterna, e non aveva i necessari prerequisiti culturali, di mettersi alla pari con gli altri studenti che avevano regolarmente seguito i corsi ginnasiali dei Padri Scolopi. I docenti rinunciarono alle vacanze estive per preparare degnamente i ragazzi agli esami, visto che la scuola era iniziata a marzo, ad anno scolastico inoltrato. Ma a “passare gli esami” furono soltanto in venti. Non tutti frequentarono regolarmente le lezioni: a fine anno una classe risultò senza studenti. Fra le carte ottocentesche conservate nell’Archivio di Stato di Foggia, è conservato lo “storico” manifesto, datato 26 febbraio 1868, con cui il sindaco Scillitani comunica ai cittadini l’apertura del Liceo ginnasiale “Lanza”: «Il sottoscritto 48 Il Regio Liceo Lanza si pregia di annunziare che il giorno 8 del prossimo marzo si farà in questo capoluogo di provincia l’apertura del Ginnasio nell’edifizio di ragione comunale a san Gaetano; e che dal giorno seguente potranno gli alunni aspiranti presentar domanda di ammissione al Direttore dell’Istituto medesimo»1. L’incipit del documento indica le finalità ideali sottese all’apertura di una scuola d’élite a Foggia. L’Italia postunitaria chiede ai suoi figli «scienza e virtù». Ogni città della Penisola ha esteso «la cultura alla studiosa gioventù», per istruirla ai «doveri d’integro uomo, e di utile ed onesto cittadino». Il Municipio di Foggia non può essere da meno: «Premurosamente inchinevole a proteggere il progresso degli studi, onde l’animo apprende generosità e gentilezza», offrirà ai numerosi allievi dell’istruzione primaria l’opportunità di un graduato passaggio alle scuole di ordine superiore, istituendo un liceo municipale, pareggiato ai licei governativi, con annesso convitto. La scuola sarà titolata all’illustre cittadino Vincenzo Lanza, «cui per siffatta guisa vuolsi tributare onore». La mancanza di una sede idonea, e la “scarsezza” degli alunni non consentono che si possa attuare subito «l’utile divisamento» dell’istituzione di un corso liceale completo. Ecco perché il Municipio si limita ad aprire al pubblico le cinque classi ginnasiali e la prima liceale. Scillitani promette ai cittadini che non desisterà dal proposito di aggiungere le due classi richieste per il completamento del corso liceale; e di aprire poi, se sarà possibile, il Convitto per novembre, «con l’incominciamento cioè del nuovo anno scolastico». Il manifesto riporta, in calce, le avvertenze per i giovani che aspirano all’iscrizione. Gli interessati dovranno presentare la domanda per iscritto su carta bollata firmata dai genitori o da coloro che ne fanno le veci, unendovi l’attestato di nascita debitamente autenticato; il certificato di vaccinazione o di “sofferto vajuolo”; la fede di buona condotta; il certificato sugli studi effettuati in altri Istituti di pubblica istruzione (per essere dispensati dagli esami). La domanda dovrà indicare il nome, il cognome, la patria del padre; il nome dell’alunno; il luogo della sua abitazione; il nome e il cognome e la “qualità” di chi lo ospita, qualora l’alunno non conviva nella propria famiglia. Seguiamo, dal succedersi delle varie delibere, le vicende relative al primo periodo di funzionamento del Regio Liceo ginnasiale “Lanza”. Il sindaco Scillitani, istruendo le pratiche per l’istituzione della scuola, il 21 maggio 1868 inoltra al Ministero la documentazione di competenza: la piantina2 qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 1 Il manifesto è firmato dal direttore del Liceo ginnasiale M. D’Atri e dal segretario comunale G.B. Postiglione. Redatto dall’Amministrazione comunale della Città di Foggia, fu stampato nella Tipografia del Regio Ospizio Provinciale “Maria Cristina di Savoja” diretto da D. Treppa. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1] 2 La piantina è dell’ingegner Francesco Petti, insegnante di matematica del Liceo “Lanza”. [Ivi] I primi passi del Liceo-ginnasio 49 [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, autorizzazione Ministero dei Beni Culturali, ASFG prot. n. 3715/X del 25 agosto 2003] 50 Il Regio Liceo Lanza del locale e una breve relazione in cui si precisa che il regolamento adottato dal Municipio di Foggia “per il governo” del liceo ginnasiale è quello del primo settembre 1865 numero 2498, in vigore in tutto il Regno d’Italia3. C’è anche il quadro orario settimanale delle lezioni, firmato dal preside Michelangelo d’Atri. La trasmissione degli atti avviene con un certo ritardo e Scillitani si scusa di ciò con il Ministro: «V. S. Ill.ma perdonerà il ritardo non volontario inframmesso a rispondere alle due note del 30 Marzo e 6 Maggio n. 677 e 986, relative ai documenti richiesti». Lo informa che la cifra fissata nel bilancio comunale per il funzionamento del Liceo è di lire 14.800. Poiché l’Istituto è stato aperto ad anno scolastico inoltrato, il Consiglio comunale, nell’intento di rendere più proficuo il corso, ha interpellato i genitori degli alunni per deliberare il prolungamento delle lezioni anche durante le vacanze. L’assenso è stato unanime. Nella sua relazione, il preside d’Atri fa presente al Ministero che la scuola è ancora in una fase di rodaggio: «Le molte difficoltà che ordinariamente incontro nel primo impianto di un Istituto, non potendosi prontamente eliminare, sogliono produrre un considerevole ritardo al regolare avviamento dell’Istituto medesimo. Ed infatti non pochi sono stati gli ostacoli, che hanno ritardato l’apertura di questo nuovo Liceo-ginnasiale, avvenuta appunto quando l’anno scolastico erasi molto inoltrato, e la gioventù studiosa trovavasi già impegnata ne’ corsi delle scuole tecniche o scuole private. Non si è potuto scrivere al novello Istituto un numero soddisfacente di alunni»4. Poiché il Liceo-ginnasio è stato aperto con molto ritardo, sono stati ammessi alunni di scuola paterna oppure non adeguatamente istruiti nelle scuole precedentemente frequentate. Carenti nella preparazione di base, questi studenti trarranno dall’insegnamento in corso soltanto un vantaggio relativo: prepararsi per il regolare corso di studi che inizierà il ventuno di dicembre dell’anno successivo. D’Atri sottolinea che i professori si sono impegnati a protrarre l’anno scolastico fino alla fine di ottobre pur di chiudere i programmi governativi assegnati per ciascuna classe, e procedere regolarmente, nella prima quindicina di novembre, agli esami di promozione e di ammissione degli studenti. I professori, riuniti in Consiglio, hanno discusso ed approvato i programmi stilati da ognuno, come pure il «quadro della distribuzione delle ore e delle materie che si sono credute più adatte e più giovevoli per la preparazione degli alunni». Nel quadro orario manca la quinta ginnasiale: non si è formata per mancanza di alunni. Il professore nominato in questa classe ha rimpiazzato quello della seconda ginnasiale, mancante nel «novello Istituto». Visto che anche per la prima qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 3 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, delibera comunale del 27 maggio 1868. 4 Ivi. I primi passi del Liceo-ginnasio 51 liceale mancava il docente di letteratura italiana, si è creduto ammissibile far insegnare due materie affini ad un unico professore. Il preside d’Atri sottolinea la circostanza che, non essendo stato nominato il docente di letteratura greco-latina del liceo, egli stesso, provvisoriamente, la sta insegnando. Non potendo assumerne la diretta responsabilità, «si è astenuto di emetterne un apposito programma». Non ha tralasciato, comunque, di segnare nel quadro orario le ore stabilite per la suddetta disciplina. I programmi inviati al Ministero Il 19 giugno 1868 i programmi vengono inviati al Ministero, che allora aveva sede a Firenze «novella capitale» del Regno d’Italia. In conformità alla richiesta del Ministro, il prefetto Nisio «pregiasi di trasmettergli i programmi trascritti dai singoli professori scelti dal Municipio per il Liceo ginnasiale “Lanza”». Per italiano, latino, greco e storia della quarta ginnasiale è il professor Eugenio De Santis a redigerli. Il docente enuncia le finalità: l’insegnamento nel corso superiore del ginnasio deve contribuire a sviluppare le facoltà intellettive e va condotto, quindi, con la massima perspicacia ed avvedutezza possibile. È infatti in questa fase iniziale che il “giovine intelletto” del discente comincia ad aver coscienza di sé, nel «desiderio di tutto comprendere nell’intima ragione». Il docente, per giungere a qualche pratico risultato, dopo aver «informato l’animo» ai principi della metodica (metodologia), coordinerà l’insegnamento teorico a quello pratico. Quest’armonico “connubio” è da ricercare nelle opere immortali degli scrittori classici. È dalla loro lettura che il professore trarrà le norme del comporre, nonché «le forme tutte che può prendere il pensiero attuato». Nel perseguire l’insegnamento-apprendimento dell’idioma nazionale, che diventa un dovere patriottico sia per il docente che per «il giovine italiano discente», De Santis farà di tutto affinché «si acquisti l’abito del ben parlare e scrivere, traendo le norme infallibili dell’analisi filologico-critica degli autori del Trecento, senza mai perder d’occhio il parlare vivente della Toscana». Riguardo alle lingue dotte, cioè al latino e al greco, «principal cura sarà il continuo esercizio delle versioni per frasi». Soltanto così e non altrimenti egli potrà raggiungere lo scopo desiderato. Proporrà «le pagine solenni di Cesare e quelle patetiche di Virgilio, i cui contenuti svolgono ed affinano la virtù dell’intelletto e del cuore». Se lo studio delle lingue classiche è necessario per sviluppare “l’arte della parola”, lo studio della storia sarà finalizzato a comunicare il patrimonio delle idee. Il docente mirerà a che lo studio «non sia sterile campo all’avidità giovani- 52 Il Regio Liceo Lanza le». Di ogni evento indagherà le cause ed additerà le conseguenze «affinché il giovine di breve ora si adusi a vedere nella storia non il capriccio del caso, ma lo svolgimento logico di un’idea necessaria»5. Per la prima liceale il programma di letteratura italiana e di storia viene enunciato dal professor Gaetano Postiglione. Essendo l’insegnamento «in sommo grado istruttivo ed educativo», sarà sua cura «informarlo in guisa da ispirare ammirazione alla virtù, disprezzo ed aborrimento per la colpa». Finalità morali, quindi, tese all’esaltazione delle “magnifiche sorti e progressive” del nuovo Stato unitario: «L’insegnamento della storia, educando la scolaresca all’adempimento del proprio dovere nazionale, farà loro rilevare sempre più la santità del luogo, tempio augusto della Sapienza, ispirandosi a nobili sentimenti, che un dì formeranno la grandezza e la gloria della nostra Nazione». L’Italia, infatti, è “un paese d’eccezione” che ha espresso dall’inizio dell’Ottocento grandi uomini e letterati: «Durante la prima metà del presente secolo, poté gloriarsi di possedere una schiera di uomini tali che ciascuno di essi sarebbe bastato ad illustrare una intiera nazione. Con Pellico, Giordani, Leopardi, Mariani e Manzoni poté mostrare come essa abbia in sé alcuna cosa di proprio speciale, per cui le è dato di grandeggiare più sempre». Il professor Postiglione individua «le ragioni del genio italico» nella religione cattolica, cui si sono ispirate la civiltà e la letteratura. Gli italiani che sono riusciti ad «emergere dalla volgare schiera» si sono ispirati ai valori religiosi: «Chi riesce ad armonizzarli, e con egual misura cavar vantaggio da ciascuno di essi, colui ti riesce uomo per ogni riguardo compiuto». Il più grande desiderio del docente Postiglione è che tali siano i giovani affidati alle sue cure. Il corso di studio è iniziato troppo tardi e quasi alla fine dell’anno scolastico, ma egli si impegnerà al massimo («a tutt’uomo») per «dar loro una completa istruzione, pari all’alto e nobilissimo scopo». Perché le sue parole non appaiano di «quelle che mandano attorno i più, per adeguare i semplici», illustra il programma che svolgerà «per il bene dei giovani» che frequentano la prima classe del liceo. Poiché l’insegnamento della letteratura italiana perfeziona la preparazione del ginnasio, sarà doveroso «tenere le medesime vie», non stravolgendo la metodologia dei docenti che lo hanno preceduto: «Adunque, nella lettura insieme, e con ordinate e frequenti esercitazioni, si farà in modo di connaturare negli alunni il retto uso della propria lingua, e l’abito di configurare il discorso secondo la diversa natura del soggetto». I contenuti saranno selezionati nella Cronica di Dino Compagni, in passi scelti delle Storie fiorentine del Machiavelli, nei canti dell’Ariosto, del Tasso, nel Canzoniere del Petrarca. Non si ometterà nulla affinché «i giovani qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 5 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1. I primi passi del Liceo-ginnasio 53 mandino a memoria i luoghi più eletti» spiegati a scuola. I temi saranno scelti in modo che l’alunno «abbia a scrivere di cose a lui note». Gli esercizi saranno corretti con cura, esponendo i motivi della revisione: in tal modo si alimenterà tra allievi e professore «quello scambio di affetti, che è vita della Scuola e sorgente larghissima di profitto»6. A Postiglione è stata affidata anche la stesura dei programmi di storia civile e di geografia per la prima liceale. Si limita a “segnare le tracce”: «Questo studio, supponendo nei giovani la cognizione dei fatti, si volge ad indagare e definire le leggi che governano il mondo morale, e lo svolgimento progressivo dell’umanità». Sarà compito del docente scegliere gli eventi che esercitarono maggiore efficacia sulle italiche sorti. Inizierà da Costantino il Grande, abbracciando i fatti civili e politici che interessarono l’Europa fino alla seconda metà del Quattrocento. Egli non trascurerà una generale rassegna degli Stati del globo collegati con i fatti storici. Utilizzerà il manuale del Biscotti e l’Atlante storico geografico dello Sprunes7. A stilare, in data 22 maggio 1868, il programma per l’insegnamento delle matematiche elementari in prima liceale è Francesco Petti. Il docente, che si firma con la qualifica di ingegnere, prima di elencare i contenuti, fa un excursus sulle cosiddette “scienze esatte”. Una storia contraddistinta da gravi ostacoli frapposti alla ricerca: «La scienza della quantità stette, dopo Archimede, senza progresso ed infeconda di applicazioni fino a che la geometria fu considerata di carattere puramente intellettuale, escludendo qualunque investigazione la quale, o per l’impiego di modi meccanici o per relazioni che portano al mondo materiale, era creduta poterne diminuire l’astratta dignità filosofica». Fu merito di Cartesio, di Cavalieri, di Wallis e di altri “galantuomini”, se nel corso del Cinquecento la “matematica pura” ebbe un certo impulso e furono scoperte molte “verità geometriche”: «Progredita quindi la scienza esatta sulla via tracciata da questi uomini di prim’ordine e da altri luminari, come Newton e Leibnizio (sic), si giunse al calcolo infinitesimale, il quale con tanto successo fu applicato alla geometria ed a tutte le scienze della natura. Con questo nuovo metodo si à il mezzo di risolvere un gran numero di questioni non ancora immaginate. Finalmente la matematica pura, da oggetto astratto, è diventata scienza pratica, vicina agli infiniti bisogni intellettuali e materiali dell’uomo. Ha aperto il cammino a scoperte e applicazioni del tutto ignote per lo innanzi». L’insegnamento della disciplina sarà quindi finalizzato non solo alla comprensione della matematica pura, ma ad aprire «un vasto campo a nuove speculazioni scientifiche ed industriali». Seguendo le prescrizioni del “Regolamento geometrico” del 10 ottobre 1867, il professor Petti qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 6 ASFG, 7 Ivi. Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1. 54 Il Regio Liceo Lanza insegnerà gli elementi di Euclide, cominciando dal quinto ginnasio e proseguendo nelle diverse classi liceali. Visto che gli studenti non hanno frequentato regolarmente le classi ginnasiali, per «far loro con tutto vigore studiare gli elementi del chiaro Geometro della Scuola d’Alessandria», insegnerà il primo libro d’Euclide, insieme al secondo e al terzo. Riguardo al programma di aritmetica ragionata ed algebra, per la sua più facile e chiara percezione, insegnerà le proprietà dei numeri. Il professor Petti cita, a questo proposito, James Gregory, che aveva affermato: Nec hanc scire possumus, nisi notitiam habeamus numerorum. La parte dell’aritmetica nella quale si compendiano tutte le sue teorie è quella riguardante “la teorica razioni e proporzioni”. Questa, anche se già svolta nel programma di algebra e nel quinto libro d’Euclide, riuscirà «di grandissimo vantaggio essere compresa nello studio dell’aritmetica»8. Inoltrati i programmi al Ministero, nessuno si aspettava, in questo delicato frangente, le dimissioni del Preside. Il sindaco Scillitani ne informa il prefetto Scelsi, presidente del Consiglio provinciale scolastico, il 10 agosto 1868: «Porto a conoscenza di V. S. le dimissioni rassegnatomi per motivi di cagionosa salute dal Preside di questo Liceo ginnasiale, comunicando il nominativo del Signor Michelangelo d’Atri. La prevengo pure aver pregato lo stesso a tener per poco ulteriormente ancora la direzione dell’Istituto fino a quando non sarò in grado di provvedere al rimpiazzo del posto»9. La sostituzione verrà effettuata il 2 settembre 186810. Il Sindaco comunica al Consiglio che, avendo rinunciato all’incarico il preside d’Atri, «è necessario procedere prontamente al suo rimpiazzo, affinché non venga a mancare l’individuo primo cui spetta ogni ingerenza e direzione dell’oggetto di codesto interessante deliberato». Il Consiglio, «ritenuto che lo Stabilimento in parola non può rimaner privo di siffatta individualità, e tanto più è necessario devenirsi al rimpiazzo del Preside», conferisce la nomina a padre qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 8 Programma stilato il 12 maggio 1868. Lingua italiana. Parte precettiva: qualità generali del discorso, tropi e figure, loro ragioni, dei concetti e dell’eleganza, dell’armonia. Parte applicata: lettura filologica ed esame critico del Vasari e del Compagni, esercizio di composizione. Lingua latina. Parte precettiva: svolgimento della sintassi; prosodia e metrica latina. Parte applicata: spiegazione dei Commentari di Cesare, dell’Egloga V e del I libro dell’Eneide di Virgilio, versione dall’italiano in latino. Lingua greca. Parte etimologica: sino ai verbi in omega. Parte applicata: analisi grammaticale; versione di brevi proposizioni di greco in italiano e viceversa. Storia: cenni sulla storia del popolo ebreo nelle sue “commozioni” al Sarcaas, all’Egitto, alla Fenicia, all’Assiria, alla Persia; storia greca dalle origini alle guerre mediche, “commozioni interne” e guerre del Peloponneso; la Grecia e la Macedonia. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1] 9 Ivi, delibera del 10-08-1868. 10 Ivi. Estratto della delibera del 2-09-1868, con undici votanti, del Consiglio comunale di Foggia nella sessione straordinaria per seconda convocazione. I primi passi del Liceo-ginnasio 55 [Consiglio scolastico provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, autorizzazione Ministero dei Beni Culturali, ASFG prot. n. 3715/X del 25-08-2003] 56 Il Regio Liceo Lanza Ambrogio Marcangelo, ex rettore delle Scuole Pie. Finalmente, dopo tanto impegno, il 10 novembre 1868, un manifesto del Municipio di Foggia annuncia l’apertura del Liceo-ginnasio “Lanza” per l’anno scolastico 1868-186911. Padre Marcangelo, il 15 Agosto 1869, dopo gli esami finali, informa il Presidente del Consiglio scolastico provinciale dell’andamento didattico-disciplinare dell’Istituto. Poiché i locali non erano ancora pronti, l’anno scolastico era stato avviato solo nel mese di dicembre: a novembre si impartirono poche lezioni di lettere italiane (il docente ebbe l’incarico di insegnare anche storia, lettere latine e greche e matematica); mancavano gli insegnanti di filosofia e di scienze naturali. Gli alunni iscritti nelle quattro classi del ginnasio erano quarantanove, al liceo diciassette. Agli esami di ammissione si erano presentati dei candidati per tutte le classi ginnasiali, salvo che per la quarta, che non venne aperta. «Di alunni liceali se n’ebbero solo per la prima e per la seconda classe». La loro preparazione iniziale lasciava alquanto a desiderare: «Non erano convenientemente preparati alle varie classi sia del ginnasio, che del liceo», ma il Consiglio dei professori, considerando i problemi di una scuola di nuova fondazione, decise di ammetterli comunque alla frequenza, sperando che essi potessero colmare le lacune. Alla fine dell’anno, premiò la loro buona volontà, sperando «di riordinare per meglio la classe nel vegnente anno scolastico». Nel ginnasio la maggior parte degli alunni diede prova soddisfacente negli esami di promozione. Nella prima e seconda ginnasiale furono quasi tutti promossi. In quinta soltanto un alunno venne “approvato” in tutte le materie; lo stesso accadde in prima liceale; in seconda nessuno fu promosso. Un risultato spiegabile, secondo Marcangelo: «Riesce più facile l’erudir menti ancor tenere e vergini da pregiudizi che giovani adulti, imbevuti di falsi principj e istruiti con cattivi metodi, il che importa che si abbia prima a demolire il vecchio per ricostruire il nuovo». I risultati migliori furono raggiunti nell’insegnamento del greco. All’inizio dell’anno i liceali ne erano quasi del tutto “digiuni”, ma si ebbe la soddisfazione di vederli quasi tutti far buona prova negli esami finali. Invece per il latino, «del quale pur non erano essi interamente ignoranti», i risultati furono insoddisfacenti. Marcangelo conclude così la sua relazione sull’andamento della scuola: «Da quanto son venuto finora dicendo di questo Istituto, considerato nei suoi vari elementi e in ciascuna sua parte, ragguaglio fatto di ogni cosa, parmi potersi concludere che non si debba rimanere scontenti del risultato ottenuto quest’anno, chi qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 11 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, delibera del 10-08-1868. I primi passi del Liceo-ginnasio 57 ben consideri le difficoltà, che sogliono accompagnar sempre ogni nuova intrapresa, che sorgono ad ogni piè sospinto ad incepparne il regolare andamento. Si sa che i primi passi nella vita di qualsiasi istituzione sono sempre incerti. E che la perfezione non si acquista che per gradi e dopo la faticosa esperienza di molti anni. Non resta ora più che augurarsi che, adempiendo alle prescrizioni e alle formalità volute dalla legge, si dia stabile assetto e si assicuri una durevole vita all’Istituto, con il pareggiamento ai Regi, e che mercé le perseveranti cure del personale dirigente ed insegnante, lo sperato concorso dei cittadini e in ispecialità delle famiglie degli alunni, e il securo patrocinio del Comune, esso voglia sempre più prosperare ed avviarsi a quella perfezione che è meta ultima alle comuni aspirazioni. Con tale augurio mi piace dar termine a questa relazione»12. Il Liceo-ginnasio “Lanza” diventerà scuola pareggiata ai Regi Licei, per quel che riguarda gli studi e gli esami, soltanto con il decreto del 24 settembre 187513. Fu nominato preside il professor Pasquale Fuiani. Erano trascorsi ben sei anni da quando il sindaco Scillitani aveva annunciato alla cittadinanza la formale richiesta al Ministero. Ma la difficile fase d’avvio non è affatto conclusa: occorrerà un altro decennio perché la scuola diventi “regia” a tutti gli effetti di legge. Nella seduta del Consiglio comunale del 29 marzo 1884, il consigliere Vincenzo de Nittis, ex sindaco di Foggia, relazionando sulla proposta di conversione del Liceo-ginnasio e Convitto “Lanza” da comunale a governativo, «si fa a ricordare che il nostro Istituto d’Istruzione secondaria tenuto originariamente dai Padri delle Scuole Pie, dopo la costoro abolizione venne colla qualità di comunitativo assunto dal Municipio. Lo si rese in seguito pareggiato a’ Regi per tutti gli effetti legali, però la costante aspirazione è stata sempre che divenisse governativo, sia per alleggerire il Municipio della spesa, sia per il maggior lustro e la maggiore importanza della scuola». Dall’excursus dell’avvocato de Nittis apprendiamo che il 17 maggio 1878, un’istanza in tale direzione era stata approvata dal Consiglio comunale, con osservazioni della Prefettura contenute nella nota del 27 giugno 1878 e 27 novembre dello stesso anno: si richiedeva al Ministero di dichiarare “regio” il Liceoginnasiale e si formulava un eguale voto anche per il Convitto. Il Municipio offriva il concorso di seimila lire per l’uno e di diecimila per l’altro, oltre l’uso dei fabbricati. Esso contava su circa cinquemila lire di tasse scolastiche pagate dagli qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 12 MUSEO CIVICO DI FOGGIA (MCFG), Fondo Manoscritti, fascicolo Liceo Lanza, relazione del preside Marcangelo per l’anno 1868-69. 13 Cfr. F. VILLANI, La Nuova Arpi, La Terrazza Editrice, Bologna, 1975, ristampa anastatica del 1876, p. 184. 58 Il Regio Liceo Lanza studenti e sul concorso della Provincia di 8.895 lire. Ma il 30 aprile 1879 il Prefetto comunicò al Sindaco la risposta negativa giunta da Roma: non si poteva accogliere la richiesta. Era in preparazione una nuova legge sull’istruzione secondaria e non era possibile mutare lo stato delle cose, per non stabilire un precedente per eventuali richieste di altri Municipi. Il 1° giugno 1880, il 14 luglio 1882 e nel novembre 1883 l’istanza veniva rinnovata, senza alcun esito. Incessanti pressioni furono fatte di persona dall’onorevole Sessa ai vari Ministri della Pubblica Istruzione, agli onorevoli Pesche, de Santis e Borrelli nonché ai rispettivi segretari generali, in ispecie l’onorevole Costantini; ed ai capi di servizio del Ministero Castelli e Nisio. Si ottennero solo promesse o dinieghi. L’ostacolo era rappresentato dalla Legge-decreto 10 febbraio 1861, in base al quale il governo poteva autorizzare un solo istituto secondario per provincia. E in Capitanata un Regio Liceo-ginnasio già esisteva a Lucera. «Il Sindaco di Foggia non desistette, anzi – continua de Nittis – à avuto cura di raccogliere notizie da parecchi municipi circa i vincoli giuridici fra i loro istituti secondari ed il Governo. A noi ben può servir di esempio la convenzione intervenuta tra il Governo e il Municipio di Castrovillari in Calabria Citra». Nella convenzione suddetta, il Governo si impegnava ad istituire un ginnasio, mentre il Municipio forniva il locale ed il materiale scientifico necessario al nuovo istituto, corrispondendo annualmente alla Regia Finanza la somma necessaria al pagamento degli stipendi del personale. Le tasse scolastiche versate dagli alunni erano devolute allo Stato, come corrispettivo dell’onere che il Ministero avrebbe affrontato per gli aumenti sessennali degli stipendi dovuti ai professori; il Municipio si impegnava a contribuire, nel modo indicato dal Ministero delle Finanze, ad ogni altra spesa che per il mantenimento del Ginnasio fosse disposta per l’avvenire, eccetto quella necessaria al pagamento della pensione e degli assegni di aspettativa dovuti al direttore, ai professori ed al personale non docente, che sarebbe rimasta a carico del Pubblico Erario. Dopo la “narrativa” sulla questione, de Nittis pose al Consiglio comunale la seguente domanda: «Dovendo il Comune nell’uno o nell’altro caso sopportare le spese, è più vantaggioso che l’Istituto “Lanza” abbia la veste d’Istituto Regio, con l’importanza, e vantaggi e privilegi corrispondenti, o rimanga pareggiato alle dipendenza del Municipio?» Si aprì il dibattito. Il consigliere Taralli intervenne a sostegno della scuola governativa: «La difficoltà che si esperimenta ogni anno di procurarsi i professori, la deplorevole necessità di avere sempre una o più cattedre non coverte, e solo disimpegnata per mezzo d’incarichi, il fatto che ben spesso bisogna contentarsi di professori esordienti, mentre dopo un periodo di tirocinio così ci abbandonano per correre ai posti governativi, rende intollerabile l’attuale stato di cose. [...] D’altronde diventando regio l’Istituto esso crescerà d’importanza, potrà esaminare alunni anche non delle proprie classi, e l’affluenza dei giova- I primi passi del Liceo-ginnasio 59 ni contribuirà puranche ad alleviare la spesa gravitante sul Municipio». Si stimò che, secondo le tabelle, la spesa d’un liceo ginnasiale di seconda classe, qual’era ora il “Lanza”, ammontava a 29.150 lire e che la spesa per un istituto di prima classe, come si voleva diventasse quello di Foggia, saliva a 35.190 lire. Il Consiglio convenne che la spesa maggiore sarebbe stata compensata «dalla entità dei professori a covrire le cattedre e dalla importanza dell’Istituto». Per conseguire subito l’intento, nominò una delegazione costituita dal consigliere de Nittis e dall’onorevole Sessa perché «s’interessassero a trattare e definire di persona ogni estremo al Ministero in Roma»14. L’iniziativa del Comune di Foggia fu approvata con parole di incoraggiamento e di lode dal Consiglio scolastico provinciale. Anche il Prefetto volle personalmente cooperare alla buona riuscita delle trattative e si unì alla Commissione «quando, ricomposto il Ministero dopo la crisi di governo, e divenuto Segretario Generale della Pubblica Istruzione l’onorevole Martini, in dì 1° maggio fu stimato giunto il momento di assolvere l’incarico». È sempre il consigliere Vincenzo de Nittis che relaziona in Consiglio comunale sull’esito della “spedizione” a Roma: «Al nuovo ministro della Pubblica Istruzione Coppino venne esposta la condizione di questo Capoluogo, che spende circa la sesta parte del suo bilancio per la pubblica istruzione, mantenendo scuole elementari al di là del numero voluto dalla legge, le scuole tecniche, il Liceoginnasio “Lanza”, un istituto per fanciulle, una scuola serale d’arti domestiche e concorrendo nella spesa per le scuole magistrali maschili e femminili e per la scuola professionale; senza che nessuno dei suoi stabilimenti avesse il carattere e l’importanza di governativo; con danno evidente dei risultati stessi che sarebbe giusto attendersi da sì lodevoli sforzi. Il Ministro si era congratulato per ciò che la città di Foggia faceva a vantaggio della pubblica istruzione, e pregato di conferire il carattere di regio al Liceo-ginnasio”Lanza”, perché non continuasse il Municipio a sopportarne la spesa, accolse benignamente l’istanza». Nello schema di convenzione intervenuto con il Regno d’Italia, rappresentato dal segretario generale all’Istruzione Ferdinando Martini, il Comune di Foggia si impegnò a provvedere al fabbricato per l’Istituto, al materiale scientifico ed alle spese per «opre di manutenzione ed accrescimento» dei gabinetti di fisica e storia naturale; rinunciò a qualsiasi partecipazione ai proventi delle tasse d’iscrizione ed esami che rappresentavano per l’Erario la copertura della spesa per gli aumenti sessennali sugli stipendi che, insieme a quella delle funzioni e degli assegni di aspettativa, sarebbe rimasta a carico del Governo. Dal canto suo il Ministero si obbligò «a riconoscere, avere e mantenere finché saranno osservati i fatti e le qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 14 Archivio Storico Comunale Foggia (ASCFG), Registro 1, Deliberazione Consiglio comunale del 17 marzo 1884. 60 Il Regio Liceo Lanza condizioni soprascritte, il mentovato Liceo ginnasiale di Foggia in conto e qualità d’Istituto governativo, con tutti i vantaggi benefici e privilegi e stato degli istituiti inerenti». Con il ministro Coppino furono affrontati altri argomenti: l’istanza per rendere governativo anche il Convitto, la nomina del preside, del rettore del convitto e del personale. Nel caso in cui il Municipio avesse optato per la nomina di un preside-rettore, il Ministro chiese di essere preventivamente informato, per collaborare nella scelta di un «individuo atto a disimpegnare e l’una e l’altra funzione». La delegazione raccomandò che al momento delle nomine fosse riservato “un occhio di riguardo” a tutto il personale già in servizio all’Istituto “Lanza”. Il Ministro, non potendo assumere alcun obbligo in tal senso, si dichiarò disposto ad usare verso di esso ogni possibile riguardo, ma era necessario che ciascun aspirante all’incarico producesse i suoi titoli regolari, dichiarando di mettersi a disposizione del Governo. La delegazione insistette perché venisse conferito al Liceo-ginnasio “Lanza” il carattere di “regio” già dal successivo anno scolastico 1884-1885. Coppino, senza escludere tale possibilità, fece presente che il bilancio dello Stato era già in fase di approvazione in Parlamento, e il suo Ministero non avrebbe potuto ottenere per l’anno successivo i mezzi finanziari occorrenti. Il resoconto dell’avvocato de Nittis sull’operato della delegazione fu approvata con voto unanime dal Consiglio comunale, che «facultò» il Sindaco a sottoscrivere la convenzione e a definire ogni altra pendenza affinché il Liceo fosse riconosciuto “governativo” subito, o, al più tardi, per l’anno 1885-1886. Il Ministero, contrariamente alle previsioni del ministro Coppino, conferì il carattere di Regio al Liceo “Lanza” già dall’anno 1884-1885. È sempre Vincenzo de Nittis a commentare l’evento in Consiglio comunale: «Sembra che lo allontanamento da Roma dell’onorevole Coppino, col quale questi estremi sono stati discussi, ed il desiderio al certo lodevolissimo, del Ministero, di appagare quanto più presto si potesse le istanze del Municipio, elevando il grado dell’Istituto “Lanza”, abbiano dato luogo alla disposizione inaspettata, ma pur sempre gradita, secondo cui l’Istituto secondario classico di Foggia diviene Regio dall’anno scolastico in cui siamo per entrare. A fronte di tanto beneficio, definitivamente assicurato alla città nostra, non vale neppure la pena di notare che il vecchio corpo insegnante si trova a possedere la ferma per l’anno prossimo»15. Così non fu per il preside-rettore Fuiani, che aveva “traghettato” il Liceo per un decennio: nonostante la proposta del Consiglio comunale, non fu riconfermato per l’anno 1884-1885. Per reggere le sorti del neonata scuola governativa, il Ministero dell’Istruzione Pubblica nominò il professor Domenico Tamburrini. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 15 ASCFG, Registro 1, Deliberazione Consiglio comunale del 24 maggio 1884. I primi passi del Liceo-ginnasio I PROGRAMMI DEL 1868 GINNASIO INFERIORE I Classe Con l’apertura del liceo pubblico, vengono stilati i programmi di insegnamento da inviare al Ministero. Per la I ginnasiale sono sottoscritti, in data 1 maggio 1868, dal professor Tommaso Carusi, che illustra così il suo metodo: utilizzerà mezzi semplici ed idonei allo scopo; la lezione sarà breve in relazione alle «meccaniche fatiche» degli alunni, razionale, facile, espositiva, graduata al crescente sviluppo della loro intelligenza. Attenendosi ai programmi governativi, adopererà i seguenti libri di testo: Grammatica Latina di Schultz per la parte etimologica; Grammatica Italiana del Melga per rafforzare la parte etimologica e per la coniugazione dei verbi irregolari; il Compendio di storia sacra di Lomond da tradurre in italiano; l’Antologia del Berrini «per destare nei ragazzetti il bello delle frasi latine»; l’Antologia in prosa del Fornaciari «per far apprendere le diverse locuzioni usate dei padri dell’itala favella nei tempi in cui fiorirono le lettere», nonché varie tipologie di semplici componimenti; la Geografia del Sala per far studiare alcune nozioni cosmografiche, ed in particolare «il nuovo Regno d’Italia fino alle ultime annessioni». Poiché è desiderio degli iscritti concludere il corso in otto mesi, le lezioni si svolgeranno sia al mattino che al pomeriggio: la lezione antimeridiana comincerà con la «recitazione» dei precetti generali di grammatica latina spiegati il giorno precedente, dopo si inviteranno gli alunni a riflettere sulle regole eccezionali. Verranno esercitati nel compendio di Storia sacra, sulle 61 sentenze del Berrini in buon italiano, e poi nella traduzione di qualche frase dall’italiano al latino, preceduta da analisi grammaticale. La lezione del pomeriggio si aprirà con la correzione dei compiti d’italiano: «Il professore segnalerà gli errori riscontrati col vivo della voce, con crocette e lineette sovra di essi tanto sul primo tracciato che sul lavoro rifatto. Compiuto tal lavoro comincerà la conferenza dei pezzi italiani che si contengono negli esempii del Bello Scrivere del Fornaciari, pezzi chiosati nel dì precedente e sottoposti all’analisi grammaticale». Il docente farà osservare ai discenti «come la grammatica sboccia dagli autori della patria favella»: soltanto il continuo e approfondito studio di essi può infatti portare alla conoscenza e al possesso delle belle lettere. Utilizzando il metodo dialogico egli presenterà «le nozioni cosmografiche e tutti i fatti naturali, topografici, politici, fisici e morali che appartengono al patrio suolo». Infine preparerà il successivo compito di italiano. Siccome è facoltà del docente fissare il tema «tra quelli che meglio possano far sorgere e germogliare nei vergini cuori quei sentimenti che, svolti nel campo della realtà, altamente onorano la Patria e l’Umanità», il professor Carusi si augura «di riuscire tra i cancelli del tempo precisato a soddisfare i giusti voti della famiglia, i zelanti desideri delle autorità municipali promotrici del Ginnasio, ma anche le sante aspirazioni del nostro Bel paese». II Classe A stilare il programma della seconda ginnasiale per nove scolari è il professor Giuseppe Boali, il quale illustra i doveri del maestro, nelle cui mani sono riposte «le sorti avvenire» delle Nazioni. Egli darà soprattutto esempio di scrupolosa moralità di vita. «Nelle conferenze co’ suoi alunni 62 Il Regio Liceo Lanza avrà cura di mostrarsi ordinato, decente, civile nonché nelle parole, quanto in tutto il comportarsi della persona. Dovrà essere diligente, attivo, instancabile nel mantenere l’orario, la disciplina e la “pulitezza” nella scuola, conciliando l’amore colla fermezza, il rispetto con la familiarità degli alunni «affinché la classe riesca di modello e l’opera sua torni proficua ai giovanetti». Nell’insegnamento dell’italiano darà spazio alla sintassi: farà analizzare perciò le proposizioni, «dirette o rovescie, reggenti o infinitive o complementari, regolari o irregolari, indicanti quiete o moto, dipendenti o coordinate». L’esame verterà su questo programma. Riguardo agli autori latini, gli alunni si eserciteranno nella traduzione di una o due Vite di Cornelio Nepote e Favole di Fedro, con avvertenze storico-morali e civili. I componimenti di italiano e le versioni verteranno su narrazioni facili, piccole definizioni, lettere d’affetto, brevi versioni dall’italiano al latino e viceversa «da praticarsi a scuola e a casa e da correggersi giornalmente a scuola dal maestro». Il programma di geografia verterà sul mondo conosciuto dagli antichi con qualche notizia di storia, nozioni generali dell’Asia moderna, dell’Europa e dell’Africa, studio di memoria e di pratica sul planisfero. Il docente dovrà assolvere, a fine anno, all’importante compito di educare «i giovani affidatigli con Religione di fiducia dalla Patria, dalle famiglie, dal Municipio». III Classe Il programma è redatto il 16 maggio 1868 dal professor Giuseppe Prato, il quale «animato da tutta la buona volontà per la formazione dei suoi allievi tanto nell’intelletto, quanto nel cuore» porrà la massima attenzione per riuscire nell’impegno. Per il latino utilizzerà la Grammatica di Schultz, i Commentari di Cesare, ed i Fasti di Ovi- dio. Farà conoscere la parte teorica della lingua e quella pratica, non tralasciando d’insegnare la sintassi «regolare e irregolare». Visto che fra gli autori classici in programma vi è un poeta, «sarà mestieri farne rilevare le regole di prosodia». Farà tradurre agli allievi quasi tutto il primo libro del De bello Gallico di Cesare, e circa otto Elegie di Ovidio. Per l’italiano utilizzerà la Grammatica del Melga, le Lettere di Annibal Caro, l’Osservatore del Gozzi. Quasi giornalmente farà esercitare gli alunni su temi «dati or nell’Italiano, or nel Latino, e non di rado anche estemporaneamente»; una volta a settimana essi risponderanno a memoria su alcuni brani scelti dai classici nelle due lingue. Infine con le Istituzioni del Nola e con le corrispondenti Carte Geografiche farà conoscere agli studenti il mondo nuovo, «avvezzandoli nel contempo ad ideali viaggi, che far si potrebbero per quei luoghi». [ASFG, Consiglio Provinciale Scolastico 1866-1902, busta 24-25, Fascicoli Liceo Lanza I primi passi del Liceo-ginnasio 63 QUADRO ORARIO ANNO SCOLASTICO 1868 Quad Giorno I ginnasiale II ginnasiale Lunedì Latino Grammatica e versione ore 2 Italiano-Grammatica ore 1 Geografia ore 1 Latino Grammatica e versione ore 2 Italiano-Grammatica ore 1 ed esercizi ore 1 Martedì Latino Grammatica e versione ore 2 Italiano-Componimento, esercizi di memoria ed analisi ore 2 Italiano-Grammatica e Componimento ore 1 Geografia ore 1 Latino-Spiegazione d’un Classico ed analisi ore 2 Mercoledì Latino Grammatica e versione ore 2 Italiano-Grammatica ore 1 Geografia ore 1 Latino Grammatica e versione ore 2 Italiano-Grammatica ore 1 ed esercizi ore 1 Venerdì Latino Grammatica e versione ore 2 Italiano-Componimento, esercizi di memoria ed analisi ore 2 Italiano-Grammatica e Componimento ore 1 Geografia ore 1 Latino-Spiegazione d’un Classico ed analisi ore 2 Sabato Latino Grammatica e versione ore 2 Italiano-Grammatica ore 1 Geografia ore 1 Latino Grammatica ed autore latino ore 2 Italiano-Grammatica ed esercizi ore 1 Geografia ore 1 Giorno III ginnasiale IV ginnasiale I liceale Lunedì Latino-Cesare, Grammatica e Prosodia ore 2 Italiano-caro. Grammatica e Componimento ore 2 Latino ore 2 Italiano- ore 2 Latino e greco ore 1 Storia e Componimento ore 1 e 1/2 Letteratura italiana ore 1 Matematica ore 1 e 1/2 Martedì Latino-Ovidio, Grammatica e Componimento ore 2 Italiano-Gozzi e Grammatica ore 1 Geografia ore 1 Greco ore 2 Storia ore 2 Latino e Greco ore 1 Letteratura italiana ore 1 Storia ed esercizi di memoria ore 1 e 1/2 Matematica ore 1 e 1/2 Mercoledì Latino-Recita d’un Classico, traduzione ed analisi ore 2 Italiano-Recita d’un classico ed analisi ore 1 Geografia ore 1 Latino ore 2 Italiano ore 2 Latino e Greco ore 1 Letteratura italiana e componimento ore 2 Storia ore 1 e 1/2 Storia ore 2 Greco ore 2 Latino e Greco ore 1 Letteratura italiana ore 1 Storia ed esercizi di memoria ore 1 e 1/2 Matematica ore 1 e 1/2 Latino ore 2 Italiano ore 1 Greco ore 1 Latino e Greco ore 1 Storia e Componimento ore 1 e 1/2 Letteratura italiana ore 1 Matematica ore 1 e 1/2 Venerdì Sabato Latino-Ovidio, Grammatica e Componimento ore 2 Italiano-Gozzi e Grammatica ore 1 Geografia ore 1 [ASFG, Consiglio Provinciale Scolastico 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4] 64 Il Regio Liceo Lanza RELAZIONE PRESIDE D’ATRI 1868, I° ANNO SPERIMENTALE «Per gli ostacoli non lievi, che ritardarono l’apertura di questo Liceo-ginnasiale Lanza, fu necessità darsi principio al pubblico insegnamento verso il cader del Marzo di questo anno 1868. Ma qual profitto si poteva mai attendere pel termine dell’anno scolastico da un Istituto di novello impianto aperto in mezzo al corso? Tutta la gioventù studiosa trovavasi allora distribuita per le altre pubbliche e private Scuole, et erasi di molto inoltrata ne’ suoi scolastici esercizi. Quindi scarsissimo fu il numero degli Alunni raccolti all’apertura di questo nuovo Stabilimento scolastico, de’ quali appena trentuno furono tutti gli iscritti nelle Classi; e gli altri pochi, che non potevano assistere a tutte le lezioni delle scuole rispettive, furono riguardati come semplici Uditori. Per la qual cosa questo breve periodo di tempo nell’insegnamento dovea ritenersi come di base pel venturo anno scolastico, e rendere gli Alunni bene informati del metodo e disciplina di queste pubbliche Scuole, onde si rendessero più idonei per quelle medesime classi, cui furono assegnati. Eppure, sia detto ad onore del vero, i Professori di questo nuovo Liceo-ginnasiale per la enunciata difficoltà non si ristettero; ma animati da vero affetto per la gioventù studiante furono di avviso di superare ogni ostacolo, supplendo al manco del tempo quello appunto del loro zelo, e delle raddoppiate fatiche. E perché fossero riusciti nello intento, proposero il prolungamento del corso scolastico a tutt’Ottobre, augurandosi compiere perfettamente il programma governativo, e dare regolarmente al termine stabilito un’esame di promozione alle classi superiori. E qui non posso lasciare sotto silenzio l’efficace concorso dell’illustre Magistrato di questa Città Signor Lorenzo Scillitani, il quale, facendo buon viso a tal divisamento proposto, ne promosse con tutt’i mezzi la pronta attuazione. L’effetto, a Dio mercé, non tardò a verificarsi, quale appunto si attendeva; e la presente relazione finale imparzialmente lo conferma. Pertanto se ostacoli pel suo impianto osservaronsi al di fuori, non altrimenti avveniva nell’interno dell’Istituto, dovendosi lottare con quegli elementi che ne impedivano materialmente e momentaneamente il suo regolare andamento. E per fermo, oltre al breve periodo di tempo di già indicato, è a notarsi in primo luogo la difficoltà del locale, che richiedendo l’opera indispensabile degli artefici, costoro non lieve disturbo arrecarono nell’interno delle rispettive scuole, che a mala pena furono terminate nella prima quindicina di Aprile. Inoltre gli utensili e gli arnesi occorrenti furono tardi apprestati: e perché le carte geografiche, che non erano reperibili in città, non si potevano prontamente ottenere, gli stessi professori furono obbligati a prestare le proprie carte per non più ritardare l’insegnamento della geografia. A tutto ciò si aggiunse eziandio il ritardo de’ libri di testo, i quali sì per la difficoltà di potersi procurare in luoghi lontani, sì perché taluni Alunni privi di mezzi non potevano fornirsene, si ebbero con ritardo; ed a spese poi de’ Professori furono somministrati agli Alunni indigenti. Or bene tutti questi ostacoli mediante la concordia del Preside e de’ Professori furono superati, coadiuvandosi questi a vicenda ne’ Consigli Collegiali, e somministrando ciascuno a sua volta que’ lumi, che per lo I primi passi del Liceo-ginnasio andamento regolare delle scuole addimandavansi. In effetti nelle ordinarie sessioni tenute mensilmente dal Corpo Insegnante, giusta il prescritto delle leggi scolastiche, si riuscì soprattutto ad unificare i libri di testo, che nelle prime classi inferiori del Ginnasio occorrevano, avuto riguardo alla unità delle materie che gradatamente si svolgono in esse; e quel che più rileva, tutta la cura fu rivolta all’unità di metodo nell’insegnamento per queste stesse classi, affinché gli alunni promossi alle classi superiori, senza durar molta fatica, ne potessero facilmente raggiungere lo scopo. Oltre a ciò non mancarono ancora delle sessioni straordinarie per quelle cose che urgentemente reclamavano il voto del Consiglio, onde a tempo opportuno si fosse provveduto a’ bisogni morali dell’Istituto, sia nel richiamare qualche negligente alla perfetta osservanza dei suoi doveri scolastici, sia nel mantenere mai sempre ferma la disciplina, senza di che invano si può sperare alcun felice risultato. Dall’esposto finora è cosa molto agevole passare a rassegna l’andamento tenuto nelle singole scuole, le quali continuamente furono l’obietto di visite del Preside in tutto il corso dell’insegnamento scolastico, corrispondendo in pari tempo a quello che gli stessi professori nelle rispettive relazioni finali gli parteciparono. Le Classi adunque di questo Liceo Ginnasiale furono le seguenti: I CLASSE LICEALE Questa classe fu divisa in quattro distinte Sezioni: I di letteratura italiana, II di storia e geografia, III di Letteratura latina e greca; 65 IV di Matematica I e II sezione Letteratura italiana - Storia e Geografia. Professore Postiglione Gaetano. Il professore di Letteratura italiana per la prima Classe liceale Signor Postiglione Gaetano fu incaricato della supplenza alla Storia e Geografia. Gli alunni che frequentarono queste due sezioni d’insegnamento furono Caizzi Achille, Caso Giuseppe, ed Olivieri Pasquale; come Uditori poi furono Severo Michele, e Depino Gennaro. Sull’andamento di queste due Sezioni riunite, innanzi tutto è a notarsi che gli Alunni delle medesime ne riportarono positivi vantaggi, quali furono osservati (come si vedrà) nell’esame finale. Ed in vero per ciò che riguarda il merito d’insegnamento del precitato Professore, esso fu semplice ed efficace, massime per quella chiarezza ed unità sintetica nell’armonizzare cioè le varie branche del suo insegnamento in guisa che le materie letterarie ed estetiche, coordinate con le storiche e geografiche, presentavano agli alunni in un sol quadro tutto il prospetto della sua ordinaria lezione, ed i giovani, senza durar molta fatica, di leggieri si rendevano padroni della materia svolta dal Professore. Le materie tutte designate nel suo programma, secondo le istruzioni governative, furono perfettamente esaurite nel corso dell’anno scolastico. In effetti, rimontando all’idea della letteratura italiana, ed all’origine della lingua medesima, seppe egli coordinare queste teorie con quelle della storia e della geografia in maniera che secolo per secolo ne addimostrò la grandezza ed il decadimento. Nulla omise perché i giovani avessero un’adeguata cognizione storica delle cose che si osservarono in ogni età, cominciando dalla caduta dell’Impero di Occidente insino alla discesa di Carlo VIII in Italia. 66 Il Regio Liceo Lanza Da ultimo i temi per l’esercitazioni scritte furono varii e di vario genere, scelti in modo che gli Alunni ebbero a scrivere di cose note e studiate nella scuola; ed il professore non trascurò di correggerne i difetti. III sezione Lettere latine e greche. Professore supplente d’Atri Michele. Sebbene il nominato Signor d’Atri esercitasse la carica di preside del liceo, pure per mancanza dell’ordinario Professore, non volendo privare gli alunni di un tale insegnamento, gratuitamente ne assunse l’incarico. Ed in quanto alla parte latina, tutta l’opera sua si raccolse nella lettura de’ Classici Autori, e precisamente di Tito Livio, Tacito, e Virgilio. Dando le opportune illustrazioni grammaticali, filologiche, storiche, e letterarie con lo studio a memoria de’ luoghi più eletti. Questo studio fu accompagnato da frequenti esercizi di composizioni latine, e di versioni dal latino nell’italiano. E tanto la lettura, quanto gli esercizi furono fatti con le debite osservazioni così delle forme, come delle idee, per modo che i giovani non pure acquistarono una tal quale coltura; ma quel che maggiormente importa, l’abito alla osservazione, e l’attitudine a progredire. Per le lettere greche poi attese primamente alla pronunzia delle lettere tanto raccomandata da’ programmi governativi, non discostandosi da quella che si usa oggi da’ Greci; e riuscì ad unificare nel metodo i suoi alunni molto dispari tra loro in questa parte. Passò quindi ad una esatta ripetizione di tutta la parte elementare della grammatica, alla quale fece seguire la lettura dell’Anabasi di Senofonte con illustrazioni grammaticali, filologiche, e storiche. Tutto con special cura de’ dialetti, degli accenti, e della sintassi di concordanza e de’ casi. E non mancò da ultimo esercitare gli Alunni nella versione dal greco nell’italiano, e viceversa: i quali esercizi spesso ri-petuti riuscirono utilissimi a’ suoi discenti. IV sezione Matematica. Professore Petti Francesco. Le materie insegnate hanno seguito quell’andamento che venne stabilito nel programma dal Professore: esse furono divise in Geometria piana ne’ primi tre libri di Euclide, in Aritmetica ragionata ed in algebra. Nell’insegnamento della Geometria, il professore ha svolto le nozioni riguardanti il metodo di esaustione e quello della riduzione all’assurdo. Alle dimostrazioni indirette ha aggiunto quelle dirette, seguendo l’opinione del Vico, il quale nella dimostrazione del vero ch’è positivo, non trovava conveniente il metodo negativo, che procede per la via dell’impossibilità e dell’assurdo. Nell’Aritmetica ha insegnato la composizione del quadrato di un numero composto di parti, e la radice quadrata de’ numeri, unitamente alla composizione del cubo di un numero composto, ed all’estrazione della radice cubica con data approssimazione: ha trattato pure de’ numeri incommensurabili; ed oltrepassando anche il suo compito ha svolto la teorica delle ragioni e proporzioni, come accennava nel suo programma presentato nell’incominciamento delle sue lezioni. Nell’algebra finalmente ha istituito un parallelo fra le operazioni aritmetiche e le corrispondenti algebriche, facendo con ciò rilevare acconciamente quali sieno i vantaggi dell’algebra: ha svolto ancora le nozioni de’ numeri negativi in quanto all’origine ed al significato, così pe’ numeri I primi passi del Liceo-ginnasio astratti, come pe’ concreti; ed infine ha completato questa parte di matematica con la teorica delle quantità elevate a potenza riguardate ne’ diversi casi di esponenti negativi e frazionari. SCUOLE GINNASIALI I classe Alunni n. 16. Professore Carusi Tommaso Parte italiana - Il professore, attenendosi strettamente al Programma, ha svolto la parte etimologica della grammatica; e con la spiegazione de’ Fatti di Enea, e gli esempi tratti dal Fornaciari, ha dato a’ giovanetti l’agio di esercitarsi frequentemente nella composizione italiana, attenendosi in questa parte a’ brevi racconti e favolette: oltre a ciò ha procurato che gli Alunni mandassero a memoria i luoghi più eletti de’ buoni Scrittori. Parte latina - Sulle declinazioni e coniugazioni regolari, una co’ verbi esse e fio, ha egli intrattenuto i suoi alunni, e mediante la spiegazione dell’Epitomè della Storia sacra, e di qualche sentenza tratta dal Berrini li ha esercitati nelle concordanze, e nelle facili versioni dall’italiano nel latino, e viceversa. Per la geografia finalmente ha dato agli Alunni le generali nozioni della geografia astronomica, topica, e fisica; non che le speciali nozioni geografiche dell’Italia. II classe Alunni n. 8. Professore Boali Giuseppe Questo Professore, nominato per la quinta, è stato adoperato per la seconda, sì perché questa Classe per difettosi alunni non fu aperta, sì perché vi mancava il Professore ordinario della seconda Classe. Per quello dunque che riguarda la parte italiana egli, riepilogando la parte etimologica della grammatica, ha dato poi l’espo- 67 sizione completa della sintassi regolare, non esclusa la parte irregolare nelle forme più ristrette e proprie della lingua italiana: ha spiegato le piccole novelle del Boccaccio; e con esempi tratti dal Fornaciari ha esercitati gli Alunni nella composizione, alternando con descrizioni e racconti i loro componimenti. Dappiù ha esercitato la loro memoria con de’ brani scelti di Classici Autori. Parte latina. Lo stesso metodo ha tenuto il Professore nell’insegnamento del latino. Egli invero, attenendosi strettamente al programma, pose cura nella ripetizione delle declinazioni e coniugazioni; passò quindi a rassegna la parte regolare della Sintassi; e per compimento del suo compito in ordine alla grammatica ne spiegò tutta la parte irregolare, in guisa che su di essa esercitò gli Alunni gradatamente alle versioni dall’italiano nel latino, adattando sempre alla loro intelligenza de’ temi scelti dalle Antologie; come anche alle versioni dal latino nell’italiano dando loro a spiegare ed a recitare a memoria le Vite di Cornelio Nepote e le Favole del Fedro. Finalmente insegnò la geografia dando agli Alunni la conoscenza del continente antico corredata ancora da speciali istruzioni. III classe Alunni n. 3. Professore Prati Giuseppe Questa Classe (come si osserverà nel qui annesso Programma degli Esami finali), quantunque niuno esperimento abbia dato in fine del corso scolastico per ragioni tutte individuali degli alunni, de’ quali uno era assente da Foggia, e gli altri due formalmente si negarono a dare gli esami, pure il Professore nel corso dell’anno scolastico non ha mancato di assiduità e di zelo per lo adempimento de’ suoi doveri. Difatti per ciò che riguarda la parte italiana egli ha insegnato la sintassi regolare ed 68 Il Regio Liceo Lanza irregolare dando agli Alunni le regole per imparare tutti quei modi di dire che sono propri nei Classici Autori, non omettendo anche il confronto delle forme prettamente italiane con gl’idiotismi del dialetto: quindi la derivazione de’ vocaboli, la natura de’ sinonimi con le loro differenze, e l’uso particolare di alcuni verbi e particelle che si osservano nel nostro idioma. Due volte poi per settimana ha esercitato i giovani nella composizione su temi tratti per lo più dal Fornaciari, e tal volta su temi scelti dagli alunni medesimi, sperando che col mettere quasi a tortura il loro intelletto, da se stessi formar potessero de’ bei concetti. Parte latina. Non avendo trascurato la ripetizione delle declinazioni e coniugazioni regolari ed irregolari, ha esercitato gli Alunni nella Sintassi di concordanza e di reggimento. Mediante lo studio della Prosodia mise i giovani alla portata di ben scandire i versi, e render ragione della quantità delle sillabe. Per la versione dal latino nell’italiano ha esercitato i giovani a tradurre il Cesare de bello gallico e varie Elegie di Ovidio. Per la versione poi dall’italiano nel latino, i brani scelti dalle Antologie ne sono stati per lo più i temi. Non ha mancato eziandio tanto nel latino, quanto nell’italiano, di esercitare la memoria de’ suoi allievi con brani tratti da appositi Autori. In fine per ciò che riguarda la geografia egli ha percorso tutto il nuovo Mondo, facendo rilevare le particolarità fisiche, politiche e morali, che meritavano maggiore attenzione. IV classe Alunno 1. Professore De Santis Eugenio Il programma didattico proposto dal professore fin dal principio del corso scolasti- co non è stato intieramente svolto a motivo della deficienza di alunni; perocché due erano uditori, ed il terzo che frequentava la Classe non gli permise di poterlo esaurire per la continuata sua pigrizia. Per la qual cosa il Professore ebbe a farne le sue doglianze in una straordinaria sessione del consiglio Collegiale, chiedendo la espulsione dell’Alunno. Ma il Consiglio non aderì alla proposta; ed invece fu di avviso che si ritenesse l’Alunno, sperando che con le reiterate ammonizioni si potesse in fine dell’anno anche da lui ottenere un qualche risultato. Pria però di espletare questa parte che riguarda l’insegnamento dato agli Alunni è mestieri notare che a taluni giovani, i quali assistevano alle Scuole tecniche, e non potevano senza lor danno abbandonare un corso di studi prossimo al suo termine, si permise d’intervenire nella quarta classe del ginnasio, ed in quella del Liceo (quali classi difettavano di Alunni) affine di apparare quelle materie che esclusivamente nel Liceo Ginnasiale s’insegnano; ed i medesimi, siccome si è detto di sopra, perché non attesero a tutte le lezioni della propria classe, furono considerati piuttosto come uditori, che come Alunni dell’Istituto Lanza. DISCIPLINA E CONDOTTA DEGLI ALUNNI La disciplina e la condotta degli Alunni nelle scuole furono tali quali potevansi desiderare. Per altro nel cominciamento del Corso scolastico il corpo insegnante ebbe a trattare con giovanetti non educati alle osservanze di una regolare disciplina; ciò non di meno le loro difettose consuetudini furono corrette dalla direzione, che cercò se mai sempre prevenire i disordini in guisa che la scolaresca non ha lasciato cosa veruna a desiderare per questa parte. I primi passi del Liceo-ginnasio Giova qui ancora ricordare il buon andamento dell’istruzione ed altre pratiche religiose prescritte ne’ dì festivi da regolamenti scolastici. Queste non sono state trascurate nel novello istituto, ed il preside in mancanza di un Direttore Spirituale gratuitamente ne sostenne le veci. Espletata così la parte dell’insegnamento e della disciplina nelle Classi, è d’uopo narrare il compimento dell’opera qual è appunto l’Esame finale. ESAME FINALE Volgea quasi la seconda quindicina dello scorso Settembre, ed i professori, dal termine all’insegnamento effettivo, incominciarono a preparare gli Alunni agli esami finali pel prossimo Ottobre; quando dall’Autorità Municipale venne notificato che per la fine di Settembre dovevano chiudersi tutte le Cattedre dell’Istituto a riflesso che il locale abbisognava di pronte e necessarie modificazioni. Il Preside, convocato il consiglio de’ Professori, diede lettura della nota del Municipio; ed il Corpo insegnante fu d’avviso che senza apporre difficoltà si fossero incominciati gli esami di promozione con tutte quelle regole che sono prescritte nel Codice d’Istruzione. Nel notificare al sindaco un tal divisamento il Preside lo invitava in pari tempo a presiedere a questo finale esperimento. E qui innanzi tutto mi sento nell’obbligo di asserire coscienziosamente che i Professori, declinando a quello che la legge loro concedeva negli esami di promozione, vollero essere severi e rigidi in questa parte. Stabilirono preventivamente che i temi venissero dati da’ Professori estranei alle Classi rispettive, affinché si allontanasse persino l’idea di poter dare qualche imbeccata a’ propri Alunni, che anzi, per essere 69 coerenti al loro divisamento vollero che i Professori assistenti agli esami in iscritto, e che gli esaminanti negli orali, fossero Professori non appartenenti alla Classe propria. Gli esami dunque in iscritto ebbero luogo ne’ giorni 23, 24, 25 e 26 Settembre. Gli orali poi ne’ giorni 28, e 29 dello stesso mese si tennero pubblicamente con l’intervento dell’Autorità municipale in persona dell’Assessore Signor Domenico Antonio Cav. Berardi, il quale dal cominciamento fino al termine di esso fu testimone sì della severità de’ Professori esaminanti, che del profitto degli alunni di questo Liceo ginnasiale. Il qui annesso Prospetto de’ medesimi esami finalmente farà vedere quanti punti di approvazione si sieno riportati dagli Alunni in ciascuna materia da loro studiata nel corso di quest’anno scolastico». Foggia, addì 14 ottobre 1868 Il preside Michelangelo d’Atri 70 Il Regio Liceo Lanza PROSPETTO ESAMI DI PROMOZIONE ANNO 1868 1a Classe Ginnasiale Esami scritti Esami orali Prenome e nome Comp.to Versione Versione dell’alunno italiano dal latino dall’italiano Apicella Angelo 6/10 6/10 Leoncavallo Vincenzo 3//10 Mancini Camillo Italiano Latino Geografia 6/10 8/10 8/10 6/10 4/10 4/10 5/10 6/10 6/10 6/10 3/10 4//10 6//10 6/10 5/10 Liberi Giuseppe 6/10 6/10 6/10 7/10 7/10 7/10 Tatillo Vincenzo 4//10 4/10 5/10 7/10 7/10 6/10 Cavallucci Raffaele 4//10 3/10 4//10 5/10 6/10 6/10 Clemente 7/10 4/10 4//10 5//10 5/10 4/10 Angiolillo Raffaele 6/10 7/10 6//10 6/10 7/10 5/10 Schinco Michele 5/10 5/10 6/10 7/10 8/10 6/10 2a Classe Ginnasiale Esami scritti Esami orali Prenome e Nome Comp.to Versione Versione dell’alunno italiano dal latino dall’italiano Berardi Nicola 6/10 6/10 Buontempo Berardino 6/10 De Vito Battista Italiano Latino Geografia 7/10 7/10 8/10 8/10 5/10 5/10 7/10 7/10 5//10 6/10 8/10 9/10 7/10 8/10 7/10 Furia Pasquale 6//10 6/10 6/10 6/10 6/10 7//10 Petti Alessandro 6/10 4//10 5/10 6/10 7/10 7/10 Petti Achille 7/10 6//10 9/10 7/10 7/10 8/10 De Dominicis Francesco 6/10 5/10 7/10 7/10 7/10 5//10 Cucci Enrico 6/10 5/10 6/10 6/10 6/10 6/10 I primi passi del Liceo-ginnasio 71 3a Classe Ginnasiale Gli alunni di questa Classe non si presentano agli esami (*) 4a Classe Ginnasiale Prenome e nome dell’alunno Caizzi Francesco Esami scritti Esami orali Compito Versione Versione italiano dal latino dall’italiano 4/10 5/10 5/10 Greco Italiano 7/10 5/10 Latino Greco 6/10 6/10 Storia 5/10 1a Classe Liceale Prenome e nome dell’alunno Esami scritti Esami orali Compito Compito Versione Matema- Lett.ra Storia Latino Greco Matema- italiano latino greca tica italiana tica Caizzi Achille 9/10 8/10 9/10 9/10 8/10 8/10 7/10 8/10 7/10 Caio Giuseppe 7/10 8/10 7/10 9/10 8/10 8/10 6/10 7/10 8/10 * N. B. Non tutti gli Alunni inscritti nelle Classi di questo Liceo-ginnasiale si sono presentati agli esami di promozione, perché non pi frequentavano la scuola; altri erano assenti da Foggia; ed altri finalmente si sono ricusati di esporsi a detti esami. Il Preside Michelangelo d’Atri [ASFG, Consiglio Provinciale Scolastico, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza] 72 Il Regio Liceo Lanza RELAZIONE PRESIDE MARCANGELO ANNO 1868-1869 PRIMA GINNASIALE La prima classe ginnasiale ebbe sedici alunni, dei quali quindici frequentarono fino al termine dell’anno e uno si ritirò nel mese di giugno. L’insegnamento procedette con regolarità tanto da permettere lo svolgimento integrale del programma approvato dal Consiglio scolastico provinciale. Gli alunni provenivano quasi tutti da scuola paterna, ma risultarono ben preparati al livello della classe richiesta, e le difficoltà furono agevolmente superate grazie alla “singolare diligenza” ed all’amore profusi nell’insegnamento dal professor Domenico Vascon, i cui sforzi furono coronati alla fine dell’anno da soddisfacenti risultati. L’insegnamento dell’italiano «fu fatto consistere meno nell’ingentilir le menti dei giovanetti nelle minutissime regole grammaticali, che nel modo di costruire regolarmente il periodo, e nel continuo esercizio di composizione, i cui temi, prima letti in iscuola e fatti ben comprendere agli alunni, furono scelti per servire altresì all’educazione del cuore». Di latino si studiò la base etimologica e poche regole di sintassi, che furono tutte applicate nella traduzione di proposizioni nelle due lingue, italiana e latino, a voce e per iscritto. La geografia fisica fu studiata con profitto, «più ampio svolgimento ebbe la geografia della Patria nostra, l’Italia». Lo studio, alternato con quello della storia degli antichi popoli orientali, giovò come esercizio di lingua e per abituare gli alunni alla riflessione. «In generale – conclude padre Marcangelo – non posso che dichiararmi assai contento del profitto che ne cavarono gli alunni». SECONDA GINNASIALE Quell’anno ebbe solo tredici iscritti, uno dei quali abbandonò spontaneamente la scuola. Il Preside non è soddisfatto: «Tutto procedè con istento e lentamente, sicché non è da meravigliarsi se negli esami finali tutti gli alunni, salvo quell’uno, di cui è fatta menzione, furono riprovati». In italiano il profitto degli alunni fu molto scarso e non rispondente agli standard minimi, anche se per cause oggettive. Il docente titolare è stato a lungo malato: «Febbri periodiche infierirono specialmente nei mesi invernali, che è pure il tempo del maggior fervore negli studi, e delle quali fu travagliato lo stesso professore Giuseppe Boali per tutto il mese di gennaio. Gli alunni non riuscirono a eliminare del tutto gli errori grammaticali, importati dalle classi precedenti, né formarsi un chiaro concetto ed esatto criterio del periodo che è il primo fondamento del retto scrivere». L’insegnamento della lingua latina consistette nelle solite versioni, nelle quali gli alunni non acquisirono quella speditezza e correttezza richieste in una classe «che è il vestibolo del Liceo». La parte precettiva, accompagnata dagli esercizi di composizione e di commento ai classici, fu svolta tutta, ma superficialmente, a sommi capi, come un indice delle materie in essa trattate. Il profitto fu scadente: vi erano alunni che non erano in grado di applicare le regole elementari, padroneggiate persino in prima ginnasiale. Per la lingua greca si dovette incominciare dall’alfabeto, e non si ebbe il tempo di chiudere il programma di quarta ginnasiale. Si arrivò alla coniugazione dei verbi in mi e si fecero parecchi esercizi di traduzione dallo Schultz. «Quel che si è detto delle lingue italiana e latina – prosegue Marcangelo – è da dire ancora della I primi passi del Liceo-ginnasio Storia e geografia. Poco gli alunni studiarono, poco profittarono, e le cognizioni acquistate furono sommarie, superficiali, ed anche mal certe». L’insegnamento della Matematica nella quarta classe andò «men male» di quello di lettere: «Il professore ne esaurì interamente il programma, e congiunse alla teorica numerosi e svariati esercizi, sebbene l’abituale negligenza degli alunni non avesse fatto cogliergli quel frutto che poteva aspettarsi dalle sue cure e dalla sua perizia in quella scienza». LICEO Furono aperte due sole classi, non essendosi presentati giovani per la terza liceale. Nella prima i dieci alunni iscritti, poco idonei, furono ammessi «sperando che la buona volontà degli alunni, quasi tutti maturi per età, e le potenti cure dei professori sopperissero alla loro mancanza di cognizioni». I risultati non corrisposero alle aspettative, qualche professore «non ritenne di acconciarsi allo stato nel quale trovavansi gli alunni, e scendere ad insegnare ciò che più propriamente era per le classi del Ginnasio, che a quelle del Liceo». Tre alunni, «vedendo di non poter continuare ad assistere con frutto alle lezioni» abbandonarono la scuola. Un altro si ritirò per prepararsi privatamente agli esami di licenza ginnasiale, sei rimasero fino al termine dell’anno. «Ma di costoro – conclude Marcangelo – diverso fu il grado e la qualità dell’istruzione che ricevettero; perocché vi fu chi profittò più in una materia o meno in un’altra. Il quale sconcio derivò dal non essere venuti tutti egualmente preparati nelle varie materie che s’insegnano nel Liceo sicché mentre alcuni profittarono molto nelle matematiche, rimasero assai indietro nelle lettere». Lettere italiane e storia 73 Gli alunni di prima liceale studiarono la storia della letteratura dalle origini fino al Trecento, quelli di seconda tutto il programma. Lo studio fu accompagnato da quello dei classici e dagli esercizi di componimento. La Divina Commedia fu esaminata più dal lato filologico, che dall’estetico. Marcangelo censura il professor Paolo Tedeschi per non aver effettuato in classe la revisione degli elaborati: «I temi dei componimenti furon dati uno alla settimana, ma le correzioni fatte dal professore a casa, e non sotto gli occhi degli alunni, non fecero cavarne a costoro il debito profitto». L’insegnamento della Storia non è stato pari all’altezza delle classi, e sarà necessario riprendere il programma, almeno per sommi capi, nel venturo anno scolastico. Lettere latine e greche Il preside Marcangelo vanta il metodo utilizzato per l’insegnamento del greco. Per gli alunni di prima liceale, quasi del tutto “digiuni” della disciplina, lo studio, a cominciare dall’alfabeto, fu così proficuo che alla fine dell’anno tutti erano in grado di tradurre l’Anabasi di Senofonte. Il fatto di essere «mezzanamente istruiti» nel latino non portò agli stessi positivi risultati. Per la superficiale cognizione e i cattivi metodi delle scuole precedenti, il programma andò molto a rilento. Per la letteratura, la riconosciuta bravura dell’egregio professore Mauro Terlizzi non poté esplicarsi al massimo: «Se la classe fosse stata più idonea e preparata – si rammarica Marcangelo – la valentia del professore sarebbe parsa appiena, e gli alunni avrebbero dato altra proua di sé negli esami finali». Quanto detto per la prima liceale, vale anche per la seconda. Per le stesse ragioni, il profitto, buono per il greco, fu mediocre per il latino. Filosofia 74 Il Regio Liceo Lanza Solitamente si proponeva l’insegnamento della filosofia nel secondo anno del liceo, ma in considerazione del fatto che «non è buono scompagnare lo studio delle lettere, che pur si incomincia nel primo anno, da quella della filosofia», il Consiglio dei professori giudicò opportuno «iniziare gli alunni della prima classe almeno nella cognizione elementari di logica», riservandosi una più ampia trattazione della materia nel secondo e terzo anno del corso liceale. Gli alunni studiarono la logica, ma più come propedeutica alla scienza, che come scienza in sé: «si volle apparecchiarli solamente alla forma regolare del ragionamento ed avvezzarli al linguaggio specifico». Il profitto fu soddisfacente. In seconda, la filosofia fu insegnata con più rigore scientifico e «con maggiore larghezza». Si spiegarono i teoremi essenziali riguardanti la natura e le varie facoltà dello spirito. Le questioni più ardue, le interpretazioni dei testi filosofici e l’esercizio delle dissertazioni furono riservate all’anno successivo. Il profitto in seconda liceale fu maggiore che nella prima: le menti degli alunni «erano più mature ed acconce a questo insegnamento». Matematica In prima liceale il programma fu svolto interamente. Scrive Marcangelo: «L’insegnamento dell’Aritmetica e dell’algebra fu dato con sufficiente ampiezza, ed abbondò di esercizi ed applicazioni; per la geometria si dovette recuperare prima il programma della quinta classe ginnasiale, essendo gli alunni venuti ignudi affatto di queste disciplina, e poi quello della prima liceale. La somma perizia e la paziente longanimità del professor Eugenio Brunetta colmò subito il vuoto, sicché tutto il programma di algebra e geometria fu compiuto verso la fine di Giugno, e si ebbe agio di ripetere le cose studiate per tutto il mese di luglio. Con ugual profitto gli alunni del secondo anno studiarono la matematica; quasi tutti, sebbene conoscessero molto imperfettamente l’algebra e la geometria, grazie alla cura e alla solerzia del professore, svolsero l’intero programma». Scienze naturali Il Consiglio dei professori deliberò che l’insegnamento delle scienze naturali fosse svolto con gradualità nei tre anni del Liceo. Agli alunni del primo anno furono spiegate lezioni di storia naturale, in particolare zoologia e botanica. La mineralogia fu riservata all’anno successivo. Gli alunni del secondo anno studiarono la fisica della generalità dei corpi, le forze, i moti, le leggi dell’attrazione universale, l’idrostatica e l’aerostatica. Il resto del programma e le nozioni di chimica furono riservate al terzo anno del liceo. Il profitto in entrambe le classi fu quasi discreto e per alcuni alunni della seconda classe anche lodevole. SCUOLE ELEMENTARI CONVITTO L’apertura del Collegio avvenne nella seconda metà di Novembre, erano iscritti solo sei alunni. Dopo un mese se ne contavano otto, poi dieci, e così gradatamente crebbero fino al numero di diciassette. Il loro grado di preparazione fu vario, com’era da aspettarsi. Due soli alunni furono ammessi al ginnasio, e propriamente alla seconda classe, gli altri quindici furono distribuiti nelle varie sezioni elementari. Agli esami finali si presentarono sei alunni della quarta classe, due della terza, due della seconda e della prima. Da principio ebbero un solo insegnante, ma visto il numero e le sezioni, si sentì la necessità di affidarne una parte ad un altro docente, il che accadde verso la fine del secondo trimestre. Le regole cui furono stabilmente soggetti i convittori, la continua vigilanza degli Isti- I primi passi del Liceo-ginnasio tutori e del Rettore, e «l’ordine così del corpo come della mente, che d’ordinario regna negl’istituti di cotal genere» non mancarono di produrre il loro effetto; ottima fu la prova negli esami, e tutti furono promossi alla classe superiore. Gli alunni della quarta ginnasio progredirono tanto negli studi, che «con poco sforzo e senza grave nocumento avrebbero potuto fare il passaggio alla seconda classe». Considerando le peculiari condizioni nelle quali era stato aperto l’Istituto, l’insegnamento fu efficace in quasi tutte le classi del ginnasio e del liceo, ad eccezione della quinta, della seconda ginnasio e per italiano e latino nel liceo. Marcangelo ritiene che la scuola abbia fatto tutto il possibile. Se da parte degli alunni vi fosse stata più diligenza e maggiore assiduità, e un più efficace concorso da parte delle famiglie, di «miglior risultamento sarebbero state coronate le continue fatiche del personale insegnante e dirigente». DISCIPLINA Della disciplina, Marcangelo è «mezzanamente soddisfatto». Egli fa i necessari distinguo sui vari professori che da principio non hanno «adusato» gli alunni alle regole. Questi, richiamati all’ordine ed all’osservanza delle norme, condizione indispensabile al progresso di ogni Istituto, grazie alle cure perseveranti dei loro superiori «incominciarono a poco a poco a piegarvisi, talché di rado si dové appresso ricorrere a provvedimenti di rigore. Solo a qualcuno del liceo, restio agli ammonimenti e riottoso per atti d’indisciplinatezza, commessi specialmente nella scuola di lettere Italiane, per minor male fu consigliato l’allontanamento dall’Istituto». Il Preside si lamenta dell’inerzia e dell’indifferenza delle famiglie, che non si sono preoccupate di 75 sorvegliare e curare l’applicazione e la disciplina dei loro figli. E conclude: «È questo un male che farà andare a voto in gran parte gli sforzi comuni, ed al quale non trovo modo come sia efficacemente rimediarsi». Nel Convitto la disciplina è stata accettabile, ma la mancanza del censore per sorvegliare continuamente gli alunni, ha fatto sì che essa non sia stata perfetta. Siccome a questa mancanza si ovvierà per l’anno successivo, «da questo lato il Convitto non lascerà più niente a desiderare». CONDIZIONI MATERIALI E MORALI Le condizioni logistiche sono abbastanza buone. Ampie e ben arieggiate le sale destinate al ginnasio e al liceo, fornite di sufficiente suppellettile scolastica, in buono stato. Senonché, dovendosi l’anno successivo aprire anche la quarta ginnasiale e aggiungere alle due classi liceali anche la terza, bisognerà pensare ad approntare altre aule: «Sonvi tre stanze che possono addirsi a quell’uso, ma è necessario che siano decentemente preparate e rese pronte alla dignità superiore dell’insegnamento. Vi à pure buone sale pe’ Gabinetti di fisica e di chimica. Solo è a desiderare, conclude padre Marcangelo, che il Consiglio Comunale al molto, che à fatto quest’anno per l’Istituto, aggiunga ancora quel poco che rimane tuttavia a fare. I due laboratori non hanno presentemente che poche macchine sufficienti al regolare proficuo ammaestramento di queste scienze». Le condizioni morali dell’Istituto possono desumersi da quanto è stato detto sullo stato delle classi. C’è ancora qualcosa che non va, «ma con poche modifiche sul personale insegnante, esse ne sarebbero assai vantaggiate ed innalzate». 76 Il Regio Liceo Lanza POESIE PATRIOTTICHE DEI PRIMI STUDENTI DEL “LANZA” Il preside Ambrogio Marcangelo insegnò ai suoi alunni a vivere in un mondo poetico, che riempiva l’anima, eccitava la fantasia, sosteneva le speranze giovanili. I sentimenti di libertà, di amor di patria, di generoso sacrificio, ispirati dagli autori classici, venivano interiorizzati in componimenti di soggetto “eroico” e memoriale, assegnati una o due volte alla settimana. Le poesie venivano lette in classe dagli studenti, in mezzo al silenzio dei compagni. Era il premio più ambito. Un manoscritto di Marcangelo, non datato, custodito nella Biblioteca provinciale di Foggia1, contiene le poesie di alcuni allievi del “Lanza”: Francesco Netti (Al maestro; Al padre e alla madre; La morte del fratellino; L’esule; Novella), di Filippo Susanna (Al maestro; Il mattino), di Bartolomeo de La Ville (Al maestro; All’Angelo custode; La speranza; La primavera; La villa; Il mattino; Il mio sopore; La poesia), di Simone Coppola (Al padre; La morte di un fratellino; All’Angelo custode; La rivoluzione lombarda del 48; Sulla morte di Carlalberto; La tomba di Giacomo Leopardi; La caducità delle umane cose), di Carlo Sangro (Alla madre; All’Angelo custode; Canzonetta popolare), di Gregorio Cantore (Alla madre; Una madre alla tomba di sua figlia), di Giuseppe Azzariti (Al maestro; All’Angelo custode), di Della Spina (All’Angelo custode; All’Italia), di Pasquale Bianchi (Per la morte del padre; La madre), di Carlo D’Agostino (Pensieri di pentimento; qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 BIBLIOTECA PROVINCIALE DI FOGGIA, A. MARAlcune poesie scritte dai miei allievi nel loro discepolato e da me corrette, in Fondo Manoscritti sec. XIX, n. 94. CANGELO, All’Angelo custode), di D’EpiRo (La pietà filiale), di Rodinò (Al padre), di Macri (Per la morte del padre), di Rodolfo Cardamoni (Per un saggio di dritto di natura). Ne abbiamo scelte tre, di argomento patriottico. La rivoluzione lombarda del ‘48 di Simone Coppola Ohimè! Tornava a fulgere Di libertà la luce, Nuova colonna ignivoma A questo popol duce: Ma quella fiamma vivida Rapidamente ascose: Ogni splendor depose, E ratto impallidì: Ahi serva, ahi serva Italia, O tal d’ogni dolore! Schiava vorrai nei secoli Gemer di Tal Signore? Vorrai di nuovo stringere I ceppi abbominati? E suggettarti ai fati Di chi t’oppresse un dì? O sciagurata! I barbari Passeggian la via stessa, E baldamente insultano Alla virtude oppressa: Ove un dì fu di gloria Seggio e di prodi solo, Or profanato è il suolo E trono ha lo stranier. Stretto fra i ceppi è il libero Remeggio del pensiero. Palmo di terra, o misera Non ti rimane intero: Eppure a tanta ingiuria Del tuo signor rapace Metter dèi l’alma in pace E innanzi a lui tacer. Taci: ma nel silenzio Tu lo disprezzi altera: Taci; ma sempre il barbaro Ti mira in lui severa: Pur nelle dure perdite I primi passi del Liceo-ginnasio Sei grande, Italia mia; Ridotta all’agonia Conservi il tuo decor. Chi al primo segno, nunzio Di morte all’oppressore, Primo levassi a insorgere Tremendo in suo furore, Stretto in più duri vincoli Giace in prigione avvinto: Ora il suo braccio è vinto, Ma non domato è il cor. Cui fu sorella infamia; Cui fu viltà compagna, Quei sotto l’ali accogliesi Dell’Aquila grifagna: E porteranno or premio, E canterà vittoria: Ma breve fia tal gloria, Breve fia tanto onor. Tigre che i figli teneri Perdé nel fido albergo Quale rabbiosa avventasi Dal rapitor al tergo; Tal degli oppressi il popolo Sciolto dal vil legame Diserterà l’infame Razza dei traditor. Ma tu del suolo Italico Ligia progenie e vile2, Che mai facesti? al barbaro Ti prosternasti umile? A chi col ferro ai gemiti Del miserel rispose? Chi ti violò le spose? Che i figli tuoi tradì? Ahimè! Quell’alba rorida Che surse sì ridente Imporporando (o unico Spettacol!) L’Oriente Dall’alte torri all’umile Del villanel tugurio, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 Variante: Ma tu, progenie Italia, Imbastardita e vile. 77 Non fu all’Italia augurio Di più sereno dì. Nembo surgela dall’ultima Aquilonar contrada, E per l’azzurro aereo Più e più s’apria la strada, Finché su i colli Italici Piombava furibondo, E nel giardin del mondo Pianto rapiva e fior Dalle squarciate nuvole O, deh si mostri il Sole! Surga di nuovo a splendere Su la Dedalea prole: Fiammeggerà più splendida Allor la nostra gloria: E tornerà vittoria, E tornerà valor. Su la morte di Carlalberto di Simone Coppola Se nave mai, che per l’equoreo campo Sovente in sé l’ira del cielo sentìo, Poi presso al porto tien securo scampo, S’innalza un inno; intenerito e fio Del navigante ove il conduce amore Sen vola il cor su l’ale del disìo; E di repente insolito furore Agita l’onda sì che vorticosa S’aggira in capo al meschinel che muore Rivolgendosi invan con la pietosa Mente alla cara figlia, ch’orfanella Si rimane e alla madre ed alla sposa; Tale addivenne a te, o Italia bella, che Donna di provincia, che reina Un dì già fosti, e or sei misera ancella. La corona dov’è, che la divina Fronte cingeati, e il vel bianco e la stola? Tutto ahi ti tolser! barbara rapina! Chi mi darà la voce e la parola A ritrarre il dolor che mi molesta Te d’ogni ben veggendo muta e sola? Piange natura inconsolata e mesta, E fan lugubre a lei tenor gli augelli; Ché sventura non fu mai come questa. 78 Il Regio Liceo Lanza O l’alme visioni! O i vaghi e belli Sogni della speranza, a cui non lenti Successer veri sì spietati e falli! Dolce a pensar! Le subalterne genti Dispiegavano l’Itala bandiera: Col guardo noi la seguivam fidenti. La gioja chi può dir quanta e qual era Di quei forti che in cor tanta favilla D’amor chiudeano, inestinguibil vena? La segue il Prode e tutto in sé sfavilla L’alma guerriera, e a lei più fausta sorte Prega dal Ciel che a tanto mal sortilla? E surge in suo valore, e la ritorta Rompe, e con fama eternamente chiara Né perigli curò, né curò morte. Felice! a cui non fu la sorte avara Di magnanimi spirti Per cui troppo a l’oppressor parve la pugna amara. Il Franco e l’Anglo ne tremar, che zeppo Ebbero a farci il cor con nobil dono. Securi d’ogni sbarro e d’ogni intoppo. Svegliossi al rimbombar di tanto tuono Il Gigante del Norte, e paventando Si volse intorno e traballò sul trono. L’altera Donna i perfidi incalzando, Col valor dei suoi figli iva più ancora; Ma tra le mani le si ruppe il brando. Fu allora (ahi duro a rammentar!) Che una pugna feral ne volse in basso: e la pressura della grave Aggravò nuovamente il popol basso: la legge sacra che m’impon natura ed ogni dritto dal crudel fu casso. Qual dopo notte tenebrosa e scura Lieto risorge l’Astro in Oriente, E la collina indora e la pianura; Una speme nell’ansia della mente Confortatrice tal nei petti sorse Che dir parea: ritornerai possente. Tre giorni soli, ahi! Non si stette in forse E il rumor della subita sconfitta. Veloce più che vento intorno corse. A ogni uom dispetta e sola e derelitta Piangi a ragion; ché quei che l’ha conquiso Alteramente a te le leggi or ditta. In questo suolo, ove brillò il sorriso Più bello di natura, in questa terra Immagin del Terrestre Paradiso, Con quell’aspetto che furor disserra Ei calcherà contaminato l’ossa Di tanti eroi che posano sotterra? Del sangue vostro colorata e rossa Fu questa Terra, o fortunati, e poi Immacolati accolsevi la fossa. Felice te, che dirti invitto or puoi, Indomato guerrier, che alfin fedel Pur giunto, sei dei tempestosi tuoi Viaggi, e in porto omai leghi le vele; Tu più non vedi qual crudo periglio Ne incalza e preme in questo mar crudele; Come suggetto dell’Italia il figlio La fronte inchina al vincitor superbo, E reverente fa la gamba e il ciglio. Tu non rimiri come duro e acerbo Sia l’offerir contro sua voglia al carco La propria spalla e non poter mai verbo Parlar securo di muoverti al varco Delle lugubre Acherontea riviera D’infamia o d’ira e di delitti scarco. Tuo esempio imiti l’infelice schiera Dei sventurati senza patria e tetto, la qual non vide ancor l’ultima sera. Te segua, e mostri allo stranier che in petto Spento non è per noi l’ardente foco, che tutti n’infiammò di santo affetto. Spento non è, benché si paja or fioco; Ma brillerà d’insolito furgore Ma raggerà di luce in ogni loco. Che quando ogni altro d’indarno a nobil core, Non si spaventa del guardar la morte, e intrepido qual visse e con onore Liberamente sa morir da forte. All’Italia di Della Spina Reposita est haec spes mea in sinu meo. Giobbe. I primi passi del Liceo-ginnasio Con flebil arpe il flebil canto mio Accompagnate, o vaghi giovanetti: Su l’Italia ch’or paga ingiusto fio Mandino fuora un carme i nostri petti: Come deserta e sola ahi la veggh’io Rappresentarsi ai figli suoi diletti! Deh! Chi le gote fra dolor cotanto Non bagnerà d’inconsolabil pianto? Fatta per duol negli occhi oscura e cava E data il crin dei venti alla balìa Un barbaro furor fa che sua schiava (Triste nella memoria!) Italia sia: A mitigar l’angoscia che l’aggrava Ogni voce o pensier atto non fia: Più non balena lei quel vago riso Ch’anco un marmo per mezzo avria diviso. O vista! Quella che sedea precinta Di bianche vesti un ricco trono un giorno, Or per lungo digiun da fame vinta Negro manto si gitta al corpo intorno: Infra catene vergognose avvinta, O a noi si celi o faccia il Sol ritorno, Battuta dal dolor giace sì inferma Che con dar volta il duol non è che scherma, A lei d’intorno giaccion sparse al suolo E infranta l’arme degli amati figli I quai di lei per la pietade a stuolo Corsero a morte o a trarla dai perigli; E miste ad esse son le membra, ahi duolo! Di quei cui giunser gl’inimici artigli, E che fur poscia a brano lacerati Quai nuovi Absirti e innanzi a lei gittati: Ella priva di schermo o contro il verno Che con piogge la fiacca e venti e neve, O dell’està contro il peggior governo D’ogni amarezza il colmo nappo beve: Rado sia i figli all’oppressor già scherno, Ell’apre il ciglio a fare il duol più lieve: Sui figli ch’altri in pianto si disfanno, Altri per riscattarla ogni opra dànno, E sia pur vero che dovrà su in Cielo Sì lieto Sole uscir dell’onde fuore? Tal speme dall’infanzia in petto io celo: Donna l’Italia sia del suo Signore: L’iri di pace al fin dirada il velo, Cui di tante tempeste alzò il furore, 79 Pace che in noi ferma starà dai giorni Che l’Italia il capo di corona adorni. Pel valor dei figliuoli un dì più adre Di pianto le sue gote non saranno, Allor che dalle fere estranie squadre (Soave ad immaginar!) la francheranno: Ed esta eccelsa sovra ogni altra madre Tutt’i popoli e regi ammireranno Del regal manto la persona ornata E con segno di gloria incoronata Di questa speme io vo’ educando in seno: Le sue luci allegrate un dì dal sole Mireran l’oppressor di rabbia pieno Languir dei mal sotto l’immensa mole: Ella voci di gaudio udrà non meno Che le meste del barbaro parole: Le note sue che dolci a noi sien porte Amare a lui saran più assai che morte. Mentre letizia avrai tra noi sua stanza, Mireran tutti sotto quai catene Nostra Italia gemé sì che la speranza Non fu che fine avrien l’aspre sue pene; E come con valor ch’ogni altro avanza Ricoverò sua possa ed ogni bene: Pure a tant’opra molti ira e dispetto, E pochi amore serberanno in petto Ma tu la bella prole, Italia mia, Rimirerai di ricche vesti ornata, Qual giulivo cantar per ogni via La madre dai figliuoi rivendicata, E qual nei templi in dolci melodie Al Ciel spiegando l’alma innamorata Festosi inni cantar dei Santi al Santo Che infin dagli occhi ci deterse il pianto. Qual musa a me darà voci e parole, Perché dipinga alle terrene menti Come trionferà l’alma tua prole Che te francò tra il gaudio delle genti? Oh se a mirar sì disiato Sole Da morte gli occhi miei non sieno spenti! Per ogni via cantando andere’io Ed ogni cor rispondrebbe al canto mio. 80 Il Regio Liceo Lanza LORENZO SCILLITANI Nato a Foggia il 28 novembre 1827, compì i primi studi presso i Padri Scolopi, nel Collegio di Maddaloni. A quindici anni si trasferì a Napoli, dove si dedicò agli studi umanistici sotto la guida dell’abate Antonio Mirabelli. Dopo gli studi superiori, viaggiò per le principali capitali d’Europa, curioso di conoscere le diverse realtà straniere. Tornato a Foggia, entrò in politica dopo la “gloriosa rivoluzione” del 1860 che portò all’unificazione dell’Italia. Maggiore della Guardia Nazionale, nel 1861 fu nominato Sindaco di Foggia. Avviò numerose iniziative destinate ad incidere sull’economia e sull’urbanistica della città: il risanamento delle borgate periferiche luride e fangose; la costruzione di strade lastricate con basole di pietra vulcanica; l’illuminazione stradale; l’ampliamento del Cimitero; il potenziamento delle strutture dell’Ospedale Civico, minacciato di chiusura dopo la soppressione delle corporazioni religiose. Oltre ad adoperarsi per il Liceo-ginnasio “Lanza”, amministrato dal Comune con l’annesso Convitto, Scillitani aprì scuole femminili di grado inferiore nei quattro Conservatori dell’Addolorata, della Maddalena, di S. Eligio e di S. Teresa. Fondò l’Istituto per Civili fanciulle. Istituì due scuole serali: una di disegno geometrico e un’altra di disegno applicato all’architettura civile oltre che di meccanica teorica ed applicata, con lezioni e prove pratiche trisettimanali. Non trascurò l’agricoltura, dotando l’Orto Agrario di Capitanata di una scuola di tecnica agraria. Fu un politico molto popolare ai suoi tempi. Nell’aprile del 1870 rappresentò il Collegio di Foggia al Parlamento italiano; nel 1872 fu eletto presidente dell’Amministrazione provinciale di Capitanata. Morì il 7 dicembre del 1880, a soli 53 anni, suscitando un grande cordoglio. Foggia lo ricorda oggi con una strada e per la Fondazione “Scillitani”. [Cfr. G. Matrella, cit.]. La Pia Opera “ Scillitani” e l’educazione della donna A suggello del suo alto senso di civismo e di filantropia, a cui improntò tutta la sua operosa esistenza, Lorenzo Scillitani destinò le sue sostanze alla fondazione di un istituto caritativo e di credito a favore delle classi bisognose della città. La Pia Opera “Scillitani” funzionerà nella bella sede prospiciente il lato orientale dei giardini pubblici, recando un notevole contributo all’assistenza minorile della Capitanata. La costruzione del fabbricato iniziò nell’aprile del 1887: «Si è già quasi alla distesa dei tegoli – annuncia ai commissari il segretario Antonio Granata – cosicché fra non guari potrà la nostra Foggia veder funzionare il più caro dei suoi istituti di beneficenza». L’Orfanatrofio femminile non avrà niente a che vedere con i Conservatori di Foggia dove «sono racchiuse donne involte in pregiudizi, ed occupate a far calze e pasta da mane a sera». «La città – prosegue Granata – ha gli Ospedali. Utili, santi istituti, e funzionano bene, ma... quivi sospiri, pianti ed alti guai! Ha l’Orfanotrofio maschile, il Monte di pietà, ma mentre non si può sconvenire dall’utilitá immensa di questi due istituti e dall’ottimo modo con cui vengono amministrati, non parmi d’altronde che essi, oltre ai sensi di pietà e di compassione, destino pur quelli di gioia e di ebbrezza». Chi varcherà la I primi passi del Liceo-ginnasio Lorenzo Scillitani in un quadro di Francesco Parisi. [Foggia, Pinacoteca Provinciale] 81 soglia dell’Orfanotrofio femminile “Scillitani” proverà invece un grande senso di gioia: «Oh! non mancherà, per fermo, tanta emozione a chi, entrandovi, ne consideri profondamente lo scopo. Non vi parlerò mica del lato umanitario. È sul fatto sociale che mi piglio la libertà di richiamare la vostra attenzione, come quello che formerà la potente attrattiva di quest’Istituto». Secondo Granata, una dei più importanti temi sociali d’attualità è l’educazione della donna. Questione importante davvero: «Il Pio Istituto Scillitani avverte il bisogno, molto vivo in un secolo in cui tutto progredisce, di educare la donna, e nel modo consigliato dalla civiltà presente». Granata cita le parole di una moderna scrittrice: «Abbiano le nazioni tutte le scuole che vorrete, esse saranno sempre insufficienti finché non diventerà scuola ogni famiglia, e maestra la donna!». L’Istituto di beneficenza formerà quindi «donne per la società moderna». L’emancipazione non sarà fine a se stessa, ma finalizzata a migliorare l’economia familiare: «Nella famiglia operaia si vive a stento se tutti i suoi membri non lavorano; ebbene questa donna sarà la donna tipo in campo domestico, sociale e persino in quello dell’economia nazionale». Il modello di sposa e di madre auspicato da Granata è quello di «una donna raggiante di felicità nella sua casa. Le siede accanto un uomo, ilare in volto, che benedice il giorno in cui pensò di farla sua. Un bambino le si avvinghia al collo, mentre ella gli indica un tavolino, su cui vi sono libri e quaderni, e gli ripete i nomi di Dio, dei suoi genitori, della patria. Nella casa c’è qualche macchina per cucire o poi lavori di maglia, tela, stoffa con disegni per ricami, un po’ insomma di ciò che è raccolto in una moderna manifat- tura diretta da una donna». L’educazione ricevuta «aiuterà le donne ad essere consapevoli, e persuase della santa missione che sono chiamate a compiere in quel santuario che si chiama famiglia». Ma le donne educate nel Pio Istituto “Scillitani” dovranno anche essere “donne pensanti”. Un’alta idea che Granata compendia in poche parole: «Michelangelo, rapito dalla bellezza della sua statua, le scagliò contro il martello, gridando: Parla! Scopo degli educatori sarà di formare una donna cui possa dirsi: Pensa!». [Discorso pronunziato da Antonio Granata, segretario della Fondazione Pia Scillitani, nell’adunanza della Commissione amministrativa del 4 ottobre 1888, Foggia, Tipografia Pistocchi, 1888, pp.1-15] I primi docenti Chi furono i primi docenti del “Lanza”? I Padri delle Scuole Pie, ma anche laici provenienti da tutta Italia. Non tutti erano forniti delle fatidiche patenti, cioè delle abilitazioni all’insegnamento. Scillitani, conoscendo la situazione delle scuole del Regno, prive di insegnanti abilitati, con il bando di concorso del 15 Novembre 1867, permise di accedere all’insegnamento non soltanto a chi presentasse attestati di «studi mezzani» o il diploma di laurea, ma anche a chi producesse titoli equipollenti, e altre “carte” per le quali il candidato «credeva per avventura d’essere eleggibile senza prova d’esami». Era richiesta «una narrazione ove il richiedente esponesse l’istruzione ricevuta, gli studi preferiti, gli incarichi espletati nel mondo dell’istruzione, e gli insegnamenti ai quali credeva di essere idoneo». Sentito il parere della Giunta esaminatrice dei titoli, era il Consiglio municipale che sceglieva “a voti segreti” il preside, i professori, gli istitutori. Fra i prescelti di valore vi fu il meteorologo Vincenzo Nigri, che era medico ma non era abilitato per insegnare fisica e storia naturale. «Il sindaco Lorenzo Scillitani e quel gruppo di risorgimentali che avevano voluto l’Unità, appena aprirono le scuole pubbliche a Foggia, si rivolsero all’Università di Napoli, per far venire dei docenti a insegnare. Si effettuò una scrematura del vecchio corpo docente, selezionando, tra giovani e meno giovani, coloro che guardavano positivamente all’Italia unita»1. Così ha affermato Franco Merqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 1 T. RAUZINO, L’Istruzione postunitaria. Note a margine di Franco Mercurio, in www.capitanata.it, agosto 2002. 84 Il Regio Liceo Lanza curio, direttore della Biblioteca provinciale di Foggia, parlando dei primi passi dell’istruzione postunitaria a Foggia. Il riscontro sulla documentazione del Liceo “Lanza” non ci autorizza ad avallare la prima ipotesi. Non furono soltanto i laureati all’Università di Napoli che risposero ai bandi di concorso del Municipio. Domiciliati a Napoli erano soltanto Gaetano Postiglione, originario di Foggia, legato da parentela al segretario comunale Gio. Battista Postiglione e Giovambattista Lupo, originario di Castrano, che pur avendo prodotto domanda, non verrà mai chiamato ad insegnare. I docenti del primo anno “sperimentale” provenivano da diverse regioni italiane: in quinta ginnasiale insegnò Giuseppe Boali di Reggio Emilia; in terza Giuseppe Prato, un ex carmelitano di Augusta in Sicilia, domiciliato a Foggia. Possiamo invece avallare la seconda ipotesi di Mercurio, quella relativa all’inquadramento “ideale” dei docenti. In data 21 dicembre 1867, il sindaco Scillitani scrive un’informativa al prefetto Malusardi, riferendo che la Commissione esaminatrice per il concorso alle cattedre ginnasiali dell’istituendo Liceo ha ricevuto parecchie domande di concorrenti forestieri ma, prima che il Consiglio proceda alla definitiva scelta, gli preme conoscere di ognuno la condotta morale e politica, «requisito questo, oltre al merito, che deve pur concorrere nella persona cui affidare la educazione della gioventù». Scillitani allega l’elenco dei candidati, chiedendogli di raccogliere, con la maggiore sollecitudine possibile, tutte «quelle informazioni che sono del caso». Il giorno dopo, il Prefetto scrive una riservata al suo collega di Napoli, con la preghiera di indagare e di informarlo sulla «condotta morale e politica dei signori Postiglione Gaetano e Lupo Giovambattista, i quali aspirano al posto di professori ginnasiali in questa città»2. L’Amministrazione comunale procede alla nomina dei primi docenti del “Lanza” nel gennaio 1868. La delibera viene votata dal Consiglio nella sessione straordinaria del giorno ventitré3. Il Sindaco presenta il rapporto della Commissione esaminatrice dei titoli. Dispone che il segretario Postiglione, parente di un professore aspirante alla nomina, si allontani dall’aula; il consigliere Del Bianco Lopez viene nominato segretario provvisorio. Il Consiglio, esaminato il prospetto dei concorrenti ritenuti idonei, dichiarandosi soddisfatto dell’operato dei delegati della Commissione «che ogni cura spesero per la buona riuscita di uno stabilimento, per quanto utile, altrettanto necessario», procede alle nomine. A raccogliere il maggior numero di voti “segreti” sono i candidati: Gaetano Postiglione per la prima liceale; Giuseppe Boali per la quinta ginnasiale; Giuseppe Prato per la terza ginnasiale; Bartolomeo Russiano per la seconda ginnasiale; Ferdinando qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 2 ASFG, 3 Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1. Ivi, Delibera del 23-01-1868. I primi docenti 85 Clementelli per la prima ginnasiale. Il Sindaco li “proclama” professori del Liceo ginnasiale da aprirsi in città. Lo stipendio sarà di lire 1.500 annue per ciascuno. I prescelti hanno fornito i seguenti titoli di idoneità: – Gaetano Postiglione. Decreto del 20 dicembre 1868 di nomina a professore della quarta ginnasiale nel Regio Ginnasio di Benevento; attestato di concorso sostenuto in filosofia, diritto e belle lettere; attestati vari per l’insegnamento di filosofia e diritto in diverse scuole. – Giuseppe Boali. Diploma di laurea giuridica; certificati d’insegnamento in vari istituti; molte poesie stampate. – Giuseppe Prato. Laurea in filosofia e teologia; attestati d’insegnamento in diversi istituti; scritti oratori, poetici, ecc. – Bartolomeo Russiano. Studente presso la Regia Università di Torino, con diploma d’insegnamento per le tre classi ginnasiali conseguito il 20 settembre 1867; certificato d’insegnamento in diversi istituti; vari scritti a stampa. – Ferdinando Clementelli. Decreto 19 ottobre 1865 di nomina a professore nel Liceo di Matera; attestati di studi praticati; certificati d’insegnamento in vari istituti; scritti a stampa. Russiano e Clementelli non prenderanno mai servizio al “Lanza”. Nella relazione di fine anno 1868, il preside d’Atri elenca infatti i seguenti professori: Tommaso Carusi per la prima ginnasiale; Giuseppe Boali per la seconda; Giuseppe Prato per la terza; Eugenio De Santis per la quarta. In prima liceale figurano avere insegnato Francesco Petti (matematica), Gaetano Postiglione (letteratura italiana, storia e geografia), lo stesso preside d’Atri (letteratura latina e greca). L’anno dopo, una delibera riguardante la nomina di alcuni docenti del “Lanza” fu invalidata dal Provveditorato centrale per l’Istruzione secondaria, «per mancanza di abilitazioni idonee». Il provvedimento riguardava cinque docenti. – Raffaele Rizzi. Non aveva titoli per l’insegnamento della lingua francese4. – Domenico Vascon. Aveva la patente di maestro tecnico di lingua, storia e geografia, e un attestato dell’esame di maturità, sostenuto con buon esito nel Ginnasio di Capo d’Istria. Ma non erano titoli sufficienti per l’insegnamento nelle tre classi inferiori del ginnasio. – Salvatore Valentini. Aveva documentato l’insegnamento effettuato per dieci anni nelle Scuole Pie, per due anni nella prima classe del Ginnasio di Trani, e la nomina di professore di storia e geografia in una scuola magistrale femminile, ma erano titoli insufficienti per l’abilitazione all’insegnamento. – Giuseppe Boali. Era dottore in legge, notaio, maestro elementare nel Collegio qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf 4 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4. 86 Il Regio Liceo Lanza nazionale di Reggio di Calabria, aveva insegnato nella prima classe del Ginnasio di Reggio, e nella prima, seconda e terza del Ginnasio di Brescello. Ma mancavano le attestazioni delle autorità scolastiche competenti da cui poter rilevare «la durata e il grado di bontà» degli insegnamenti prestati. – Vincenzo Nigri. È il caso più “eclatante”. Laureato in medicina, aveva sostenuto con buon esito l’esame di concorso per una cattedra di economia rurale, che aveva assunto nel 1859. Nel 1864 era stato nominato maestro di scienze naturali nella Scuola tecnica di Foggia. Ma tale insegnamento non aveva niente in comune con quello di cui Nigri ora era incaricato, ed era attestato soltanto dal Sindaco, il quale aveva dichiarato che il prefetto, intervenuto durante gli esami, aveva encomiato il suddetto professore. Questo “titolo” non era ritenuto valido per insegnare fisica e storia naturale in un liceo. La nomina dei docenti fu un problema ricorrente per l’Amministrazione comunale di Foggia, che ogni anno era tenuta ad effettuarla per tutte le scuole della città. Dalle delibere per gli incarichi al Liceo “Lanza” si evince che la decisione fu sempre molto sofferta, soprattutto per la nomina di quei docenti locali di valore che si voleva inserire nell’organico per dare il segno della “foggianità” dell’istituzione scolastica, ricorrendo anche a qualche “forzatura” della legge. Al Consiglio riunito il 4 settembre 1869, essendo di «indifferibile necessità» procedere alla nomina dei professori del Liceo ginnasiale e convitto “Lanza” per assicurare il corso di istruzione agli alunni iscritti, e per comunicare in tempo utile, ai professori dell’anno precedente la loro conferma o il loro esonero, Scillitani comunicò che: – il Consiglio direttivo, in tutte le sue riunioni, aveva fatto lodevole menzione del preside-rettore, del direttore spirituale, dei professori di letteratura latina e greca, di matematica, del maestro elementare della prima camerata nel convitto, dell’istitutore della prima camerata, dell’istitutore della seconda, dei maestri di calligrafia, di musica, di disegno, di ballo, di ginnastica, e del bidello; – eguale lodevole menzione lo stesso Consiglio direttivo aveva sempre fatto per i professori di filosofia, di fisica e storia naturale, per i professori di prima, seconda e terza ginnasiale e per il maestro di lingua francese. Purtroppo, i suddetti docenti, mancando dei titoli previsti, per disposizione del Ministero non potevano più continuare ad insegnare. Il Sindaco invitò quindi a votare le seguenti proposte: – confermare tutti i docenti per un altro anno: padre Marcangelo come presiderettore, con lo stipendio annuo di lire 2.400, oltre al vitto e all’abitazione; Luigi Barone, direttore spirituale, con l’assegno annuo di lire trecento; Mauro Terlizzi, professore di letteratura latina e greca, con lo stipendio annuo di lire I primi docenti 87 duemila; Eugenio Brunetta, professore di matematica, con lo stipendio annuo di lire duemila; Alfonso Aquilino, maestro elementare della prima camerata, con lo stipendio annuo di lire mille; Andrea Foleo, istitutore della prima camerata, con lo stipendio annuo di lire mille, oltre al vitto e all’abitazione «ove allo stesso piacesse di accettare»; Pietro Pascale, istitutore della seconda camerata, con l’annuo stipendio di lire seicento, oltre al vitto e all’abitazione; Giuseppe Tenore, maestro di calligrafia, con l’annuo stipendio di lire quattrocento; Luigi Nigri, maestro di musica, e Luigi Contagio, maestro di disegno, con mensile “a peso degli alunni”; Vincenzo Breazzano, maestro di ballo, con annuo stipendio di lire duecento; Raffaele Turchiarelli, maestro di ginnastica, senza alcuna retribuzione; de Maria, bidello, con un appannaggio annuo di lire seicento; – esonerare da ogni ulteriore incarico, per mancanza di titoli legali per l’insegnamento: Pasquale Fuiani, professore di filosofia; Vincenzo Nigri, professore di fisica e storia naturale; Salvatore Valentini, professore della terza ginnasiale; Giuseppe Boali, professore di seconda ginnasiale; il docente di prima ginnasiale Domenico Vascon; il maestro di lingua francese Raffaele Rizzi; – bandire un concorso per titoli per la nomina dei professori delle suddette cattedre e di un censore per il convitto. Bisognava altresì nominare un docente di quarta ginnasiale. Il Consiglio, in chiusura di seduta, dichiarò espressamente che «i professori e maestri elementari riconfermati o da nominarsi, che fossero dei sacerdoti, dovevano, su richiesta dell’Amministrazione comunale, prestarsi alla celebrazione dei vari riti in tutte le feste civili che qui avrebbero potuto aver luogo; e negandosi andranno soggetti alla pene della sospensione per il tempo che il sindaco crederà fissare». Un obbligo che ci fa riflettere sulla percezione da parte di Scillitani e del suo entourage di quella che un anno dopo, con la “Breccia di Porta Pia”, diventerà la “questione romana”. La Commissione preposta all’esame dei titoli tornò a dibattere sul non facile problema della nomina dei docenti non abilitati in una seduta del 7 ottobre 1869. Riguardo ai docenti liceali, formulò le seguenti proposte: – bandire un nuovo concorso per titoli per la nomina del professore di storia e geografia; – nominare professore di filosofia nel Liceo “Lanza” Pasquale Fuiani con la retribuzione annua di lire duemila; – nominare professore di scienze naturali Vincenzo Nigri con la retribuzione annua di lire 1.500. Ambedue le nomine dovevano però prevedere la clausola che i docenti «ove entro il mese di gennaio 1870 non concorrano per essere forniti di competente diploma, s’intenderanno esonerati, col solo decorrimento del termine, da ogni 88 Il Regio Liceo Lanza ulteriore esercizio nel posto loro conferito». Il tredici ottobre 1869, il Consiglio comunale si riunì in sessione straordinaria con il «principalissimo scopo» di nominare i professori mancanti nel Liceo ginnasiale e nelle scuole tecniche. Scillitani pose all’esame del Consiglio una questione pregiudiziale, che dopo aver “animato” una seria e lunga discussione, venne messa ai voti nei seguenti termini: «Il Consiglio può scegliere dei Professori privi di diploma, dopo aver bandito un concorso alle condizioni che si vedono scritte nei Manifesti?». La risposta, a maggioranza di quindici voti contro sette, fu affermativa. Assodato questo principio, si passò alle nomine. Ma la riconferma di Nigri, Fuiani e di altri docenti sprovvisti di “patente” fu ritenuta illegittima dal Consiglio provinciale scolastico al momento della ratifica. La decisione di ammettere dei professori sforniti di diploma fu ritenuta arbitraria: violava la legge in vigore e il bando di concorso pubblicato il 5 settembre 1869 dallo stesso Municipio. Tra l’altro, la Commissione esaminatrice che aveva proposto le nomine non era presieduta, come previsto dalla legge, dal Regio Provveditore agli Studi, e il Consiglio comunale non aveva classificato i candidati secondo il loro merito, né aveva esplicitato i criteri di valutazione: aveva proposto soltanto due, tre nominativi per ogni cattedra, «contentandosi di dire che le persone proposte erano o non erano fornite di titoli». La normativa era invece molto chiara: il diploma era una condizione indispensabile per la eleggibilità. Ma bisognò salvare il salvabile, cercando di ovviare all’eclatante gaffe formale. Si fece ricorso ai necessari “distinguo”. La condizione, posta alla nomina dei professori sforniti di “patente”, di provvedersene entro il 30 gennaio 1870, venne ritenuta valida per i docenti del Liceo ginnasiale, le cui sessioni ordinarie di esame per il conseguimento del diploma erano state sospese per l’anno in corso da un decreto del 12 luglio 1869. Non fu ammessa per i professori delle scuole tecniche, che, pur essendo stati due volte diffidati in tempo utile, non avevano voluto sottoporsi agli esami abilitanti che nel corso dell’anno si erano svolti in molte università del Regno. La nomina senza titolo poteva essere concessa soltanto a Salvatore Valentini e Vincenzo Nigri, i quali avevano al loro attivo il decennio di insegnamento previsto per accedere all’esame. Il Consiglio era invece deciso ad impedire la riconferma di Pasquale Fuiani. era senza titolo, aveva pochi anni di servizio e non poteva accedere al concorso riservato. Ma il vero motivo della mancata nomina probabilmente fu un altro: il candidato risultava di «condotta morale e politica non commendevole»5. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 5 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4. I primi docenti LA SCELTA DEI DOCENTI Il sette ottobre 1869, sopra una Sala della Casa comunale, si riunì la Commissione preposta all’esame dei titoli prodotti dai 287 docenti aspiranti ai posti vacanti nel Liceo e nelle Scuole tecniche di Foggia. Essa era presieduta dal sindaco cavalier Lorenzo Scillitani e composta da sette membri: il cavalier dottor Domenicantonio Berardi, il preside Ambrogio Marcangelo, il professor Giuseppe Villani, l’ingegnere Giacomo Recupito, gli avvocati Giuseppe Raho, Antonio de Maria e Giuseppe de Martino. Gli ultimi due avevano rimpiazzato i Signori Rapati e de Plato che avevano rinunciato all’incarico. Dopo breve discussione per stabilire i criteri di scelta fra le diverse candidature, Scillitani invitò padre Marcangelo a riferire sugli aspiranti alle cattedre di storia, filosofia e scienze naturali. Il Preside affermò che «fra i non pochi concorrenti per la storia, nessuno aveva esibito il diploma effettivo». Non se la sentiva quindi di segnalare alcun nominativo per coprire tale posto. Anche per la cattedra di filosofia si erano presentati parecchi candidati con titoli non legali: tra questi il professore Pasquale Fuiani di Foggia. Su questo aspirante, padre Marcangelo «avrebbe fissato la sua scelta». Per tre motivi: lo conosceva personalmente; l’anno precedente aveva dato buona prova di sé; con la prevista apertura dal 1870-1872 delle sessioni straordinarie d’esame per il diploma di abilitazione all’insegnamento, riservato ai professori sforniti di titoli, sarebbe stato uno dei primi docenti sprovvisti di patente a mettersi in regola. La sua sperimentata capacità didattica faceva ritenere certa la riuscita dell’esame. 89 Anche «riguardo alla cattedra di Scienze naturali, non solo per il liceo ma benanco per le scuole tecniche, fra i concorrenti si era trovato qualcuno abilitato soltanto per la fisica, e qualche altro, finalmente per la Chimica soltanto». Il professore Vincenzo Nigri, candidatosi a ricoprire quella cattedra, aveva gli stessi requisiti di Fuiani. Quindi, per le medesime considerazioni, il preside Marcangelo ne propose la nomina. Dopo ciò, il commissario Raho riferì sulle candidature a professore della classe superiore ginnasiale e per i tre docenti delle inferiori. Per la prima cattedra propose i nomi dei signori Alcioni Giovan Battista, Catalano Francesco, Piccininni Ermando, per le altre quelli di Zaccheria Severi, Antonio Zaccaria, Enrico Danesi, Salvatore Valentini. Quest’ultimo, sebbene sfornito di titolo legale, venne considerato nelle identiche condizioni di Fuiani e Nigri. L’avvocato Antonio de Maria segnalò per il posto di censore nel convitto i nominativi di Mario Gajani, Alberto Torrioni e Nicola Ortona. L’avvocato Giuseppe de Martino, per i due posti di istitutori e per quello di maestro elementare di grado inferiore, «mise in vista» fra i molti concorrenti i nomi di Iulio Carra, Saverio Cipollini Mariotti, Luigi Medici, Giovanni Guineani, Luigi Cippitelli e Giuseppe Cernuscoli. La Commissione, «dato uno sguardo accurato a tutte le ragioni che i singoli relatori ebbero nello escludere o posporre quelli fra i concorrenti diversi non messi in candidatura in base al comune criterio stabilito, espresse unanimemente il voto di stabilire le proposte come innanzi esposte». Un prospetto riassuntivo fu presentato al Consiglio municipale per le risoluzioni «che poi piacesse di prendere a tale Consesso». Non si omise di formulare un’ultima pro- 90 Il Regio Liceo Lanza posta: quella cioè «che se si rivolessero tenere in considerazione i già Insegnanti Liceali e Ginnasiali sforniti di titoli, gli stessi potrebbero essere riconfermati, a condizione che qualora pel mese di gennaio prossimo venturo non si munissero del Diploma La stazione meteorica di Vincenzo Nigri a Palazzo San Gaetano. regolare, resterebbero ipso facto esonerati dall’Uffizio». [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4] I primi docenti VINCENZO NIGRI Professore di fisica e scienze naturali, Vincenzo Nigri (1832-1916) fu maggiore medico della “Guardia Nobile”. Si distinse durante l’epidemia colerica che colpì la Puglia tra il 1864 e il 1867. Per questo motivo Vittorio Emanuele II, l’8 maggio 1864, lo insignì del titolo di Cavaliere dell’Ordine dei SS.mi Maurizio e Lazzaro. Membro della Società Sismologica dalla sua fondazione, Nigri studiò la meteorologia della Capitanata. Fin dal 1865 si fece promotore di ripetute istanze alle autorità locali e nazionali per impiantare un osservatorio meteorologico a Foggia. Nel 1866 la Prefettura approvò la proposta di allocarlo presso l’Orfanotrofio provinciale. I primi strumenti meteorologici furono forniti dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, ma le speranze iniziali di Nigri furono deluse. Egli non si scoraggiò. A dieci anni di distanza, nel 1875, stimolato da una visita in Capitanata di padre Francesco Denza, ripropose al Consiglio provinciale il suo progetto. Stavolta la proposta ebbe miglior fortuna: il primo dicembre 1876 iniziarono le regolari osservazioni presso la Specola meteorologico-sismica. L’Osservatorio fu impiantato sopra i locali del Liceo comunale, dove si elevava in passato il campanile della chiesa di San Gaetano. La stazione meteorologica era formata da tre locali sovrapposti con una terrazza superiore. Nella prima stanza, comunicante con i locali del Liceo, era collocato il tromometro normale costruito dalla Officina Galileo di Firenze e modificato per mano del Bertelli e del direttore dell’officina stessa. Lo strumento fu installato nei primi mesi del 1877 e le osservazioni iniziarono il primo aprile dello stesso anno. I 91 risultati furono pubblicati nel Bullettino Meteorologico di Moncalieri, nel Bullettino del Club Alpino Italiano e nel Bullettino del Vulcanismo Italiano. Nel secondo locale dell’Osservatorio erano ospitati l’archivio e la biblioteca. Vi erano collocati un orologio con il pendolo a compensazione a mercurio ed un sismografo a carte affumicate scorrevoli del Cecchi, costruito dall’Officina Galileo di Firenze. Il terzo locale era riservato alle osservazioni meteorologiche. In esso erano posti un barometro Fortin, un anemografo, il pluviometro. Sul lato nord-orientale della stanza era aperta la finestra meteorologica con uno psicrometro, un evaporimetro e due termografi, uno di massima ed uno di minima. Le osservazioni meteorologiche venivano effettuate tre volte al giorno. Una ventina di stazioni pluviometriche, ubicate in diverse località della Capitanata, facevano capo all’Istituto foggiano. Mensilmente veniva pubblicato, in collaborazione col Comitato Medico di Foggia, un Bollettino Demografico-Meteorico. Nel 1877 l’Osservatorio fu visitato dal noto astronomo Pietro Tacchini. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Lanza 2/4. Autorizzazione Ministero Beni Culturali prot. n. 3715/X del 25-08-2003] Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio Contemporaneamente all’apertura del Liceo ginnasiale, l’Amministrazione comunale è impegnata nelle pratiche per l’istituzione di un collegio che ospiti i futuri alunni del Liceo-ginnasio fin dalle scuole elementari. Il sindaco Scillitani, il 22 agosto 18681 «mette in vista, come un bisogno comunemente sentito, e richiesto dai cittadini, la istallazione d’un convitto nel Liceo Ginnasiale “Lanza”». Le motivazioni sono varie: «È indecoroso che Foggia vada esente da un convitto, essendo capoluogo della provincia». Esso è una necessità improrogabile, «dimostrata con esempio dei suoi cittadini, i quali non avendo stabilimento in Foggia, ove collocare i propri figliuoli, hanno dovuto inviarli altrove». Il giorno 25 settembre 1868, Scillitani, a nome dell’Amministrazione comunale, fa affiggere un manifesto in città ed in tutta la Capitanata. Annuncia con grande enfasi l’imminente apertura a Foggia di un convitto annesso al Liceo ginnasiale “Lanza”: «Nell’edifizio di S. Gaetano già Collegio de’ padri delle scuole Pie, si aprirà nel prossimo mese di Novembre un Convitto per comodità di quei padri di famiglia, che amano dare ai loro figliuoli una educazione compiuta. Il Convitto sarà messo in un assetto conveniente alla civiltà dei tempi e degno della città, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 Convennero a Palazzo di città il sindaco Scillitani ed i consiglieri Accettulli Luigi, Barisani Vincenzo, Di Mauro Giuseppe, Celentani Nicola, La Stella Francesco Paolo, Bianco Lopez Domenico, della Rocca Giuseppe, Romano Gennaro, D’Atri Francesco e Severo Francesco. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4, estratto delibera Consiglio comunale di Foggia del 22-08-1868] 94 Il Regio Liceo Lanza sotto i cui auspici esso si apre. Il Municipio non risparmierà cure né spese acciocché niente manchi al libero e pieno svolgimento delle facoltà fisiche, intellettuali e morali degli alunni, perché questi riescano poscia cittadini costumati, intelligenti, vigorosi. […] Il numeroso concorso degli alunni potrà poi dare a questo Istituto, che sorge ora con nuovi ordini ed auspici, tali grandiose proporzioni da emulare i più accreditati e fiorenti d’Italia»2. Nel manifesto sono elencati i requisiti di ammissione per l’aspirante convittore: età non superiore a undici anni; certificato medico attestante che ha già contratto il vaiolo oppure è stato vaccinato. Il medico del convitto dovrà attestare, dopo visita accurata, che l’alunno è di «sana complessione ed esente da malattia cronica o contagiosa». Oltre alle lezioni del ginnasio e del liceo comuni agli alunni esterni, per i convittori che non hanno raggiunto livelli culturali tali da permettere l’agevole accesso agli studi medio-superiori, è prevista la frequenza, a seconda del bisogno, di varie classi della scuola elementare e medio-inferiore. Il Liceo-ginnasio “Lanza” impartirà a proprie spese lezioni di lingua francese, di calligrafia, di ginnastica e di ballo. Saranno invece a carico delle famiglie alcune materie facoltative come declamazione, disegno, scherma e pianoforte, per le quali sarà stabilita dal rettore la «mensuale retribuzione». La retta annuale viene fissata in lire 480, da pagarsi per trimestri anticipati, «né s’intenderà punto sospesa o interrotta» per qualsiasi assenza. Il pagamento avverrà nel primo giorno dei mesi di novembre, di febbraio, di maggio e di agosto. Se l’alunno entrerà in convitto nel corso del trimestre, pagherà la parte della pensione corrispondente al periodo mancante al compimento di quel trimestre, più la retta del trimestre seguente. La metà del mese già iniziato si computerà per giorni quindici. È previsto un piccolo sconto per le famiglie che decidano di far studiare più di un figlio: se vi saranno tre fratelli “germani”, il terzo pagherà soltanto la metà della pensione; se ve ne saranno più di tre, l’ultimo godrà del beneficio del posto gratuito. La retta del convitto non è onnicomprensiva di alcuni “servizi obbligati”: per il lucido, l’inchiostro e il taglio dei capelli, ogni studente pagherà tre lire a trimestre; le tasse scolastiche e le lezioni facoltative saranno pagate in anticipo; per le spese urgenti e straordinarie ogni convittore dovrà depositare presso il rettore, o altra persona a ciò deputata, una cauzione di trenta lire, da reintegrare alla fine di ogni trimestre con il pagamento della pensione. I convittori indosseranno una “divisa uniforme”. Premesso che il termine significava (e significa) vestiti tutti allo stesso modo, per riconoscersi, ma anche qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4. Al documento è allegato il manifesto. Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 95 per non ostentare alcuna differenza sociale, la divisa è distinta in grande e piccola tenuta. L’uniforme da grande tenuta è composta da una giubba di panno grigio, foderata in nero nel corto gonnellino con colletto e paramani a punta di panno nero. Sugli avambracci, fregio di sottile laccio nero in seta; al petto cordoni con fiocchi in seta nera; per spalline, fregio di cordoncino in seta colore scarlatto; un paio di pantaloni di panno grigio; berretto con fascia di panno nero, sormontata da un filetto d’argento ondulato e con le due iniziali C. L. (Convitto Lanza) in rilievo. Per la divisa da “piccola tenuta”, è prevista una giubba come sopra, chiusa con bottoni d’ottone meno i fregi al petto, sugli avambracci e alle spalline; un paio di pantaloni uguali a quelli della “grande tenuta”. Il vitto ordinario consisterà in pane e frutta per la colazione; tre pietanze con pane, vino e frutta per il pranzo; pane e frutta per la merenda; un’insalata ed una pietanza con pane, vino e frutta per la cena. Nei giorni delle grandi solennità religiose e civili, al menu del pranzo verrà aggiunto un quarto piatto. Ogni studente dovrà portare una dotazione per la mensa: sei salviette; una posata intera d’argento, cioè cucchiaio, forchetta, coltello e cucchiaino; due bicchieri. Singolare è l’obbligo per il convittore di provvedere all’arredo del dormitorio o della camera. In particolare dovrà dotarsi di: – un crocefissetto e un quadrettino, secondo il modello prescritto; – un cassettoncino con armadietto da libri di noce, secondo il modello prescritto: altezza cm 75, lunghezza cm 69; – un tavolinetto di noce, lungo cm 70; – tre sedie color mogano; – un letto a spalline di ferro colorato in palissandro, con la tavola in verde; – due materassi di cm 180 per 90; – due guanciali e relativa biancheria da letto, oltre a una coltre “imbottita” per l’inverno; – un coltronino di panno verde, orlato di fettuccia gialla per ricoprire il letto; – una copertina di cotone per l’estate; – quattro paia di lenzuola; – quattro paia di federe; – un piccolo tappeto; – corredo per la toilette: una bacinella di ramecipro; sei asciugamani; due pettini, uno rado ed uno fitto; tre spazzole da abiti, da capelli, da calzatura; quant’altro occorra per l’igiene e la pulizia della persona; – effetti personali dell’alunno: otto camicie per il giorno; quattro camicie da notte; dodici paia di calze; sei fazzoletti da naso; due paia di stivaletti da passeggio; due paia di scarpe da casa; un paio di pantofole. Tutti gli arredi e la dotazione del corredo sopra elencati, siglati con le iniziali 96 Il Regio Liceo Lanza Piccola e grande tenuta dei convittori. [Archivio Barone] Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 97 del cognome e nome dell’alunno più il suo numero di matricola, dovranno essere consegnati a un addetto del convitto, per essere inventariati su un apposito registro. Se gli arredi indispensabilmente richiesti «dalla pulitezza, dal decoro e dalla istruzione degli alunni» non saranno forniti a tempo debito dalle famiglie, il rettore o chi ne fa le veci li fornirà d’ufficio. Le spese sostenute, segnate sul libretto dell’alunno, dovranno essere rimborsate dalla famiglia inadempiente entro il primo bimestre successivo. Il Convitto tra il 1869 e il 1872 Padre Marcangelo, durante il periodo del suo rettorato (1868-1873), invia al presidente del Consiglio scolastico provinciale ed al Sindaco di Foggia delle relazioni annuali per metterli al corrente dell’andamento didattico-disciplinare del Convitto annesso al Liceo-ginnasio “Lanza”. Emergono notizie interessanti sui convittori di Palazzo San Gaetano e sulla loro vita quotidiana. Scorrendo uno degli elenchi, si evincono i luoghi di provenienza degli alunni. Su settanta convittori, venticinque sono di Foggia, uno proviene dalla provincia di Bari (Canosa), quarantaquattro da vari paesi della Capitanata: tre da Vico Garganico, tre da Sant’Agata di Puglia, quattro da Torremaggiore, uno da Ordona, tre da Troia, uno da Poggio Imperiale, due da Manfredonia, dodici da San Marco in Lamis, quattro da San Severo, uno da San Giovanni Rotondo, due da Ortanova, due da Sannicandro Garganico, tre da Castelnuovo, uno da Bovino, uno da Rignano e uno da Cerignola3. Il Convitto serviva effettivamente tutta la provincia, come si era augurato Scillitani al momento dell’istituzione. Padre Marcangelo registra un continuo aumento dei convittori rispetto al primo anno di apertura: il collegio, che nel 1868-1969 contava solo diciassette alunni, triplica le presenze nell’anno 1869-1870, contenendone fino a cinquantadue, e nel primo mese dell’anno scolastico 1870-1871 ne numera ben ottantacinque. Il Preside-rettore dà merito al Municipio di Foggia di aver fatto fronte alle più urgenti necessità, ed invita la Provincia a fare la sua parte: «Sforzi straordinarj à fatto il Comune quest’anno, il quale à costruito tre nuove sale ed una camerata; ma ciò è ancora insufficiente al bisogno, per le necessità sempre crescenti de’ convittori. Si desidererebbe che anche la provincia concorresse all’ampliamento dell’edifizio, stante che è incautamente a tutte sole spese di questo Comune. L’incremento e il progresso dell’Istituto è decoro ed ornamento non solo della città di qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 3 MUSEO CIVICO DI FOGGIA (MCFG), Fondo Manoscritti, busta Liceo Lanza, fogli 12421-22. 98 Il Regio Liceo Lanza Foggia, in cui ha sede, ma altresì dell’intera provincia, per l’accorrere degli alunni così interni come esterni da tutti i Comuni, ed anche dalle province limitrofe. Il Consiglio Provinciale Scolastico, a cui sono tanto a cuore le sorti di essa, e tanto ne caldeggia il progresso scientifico, vorrà incoraggiare questo Istituto, col promuoverne il pareggiamento, e col praticare i suoi benevoli uffici presso i magistrati competenti, perché ajutino l’opra del Municipio e faccian sì che si abbia più a prosperare ed avviarsi al perfezionamento»4. Marcangelo si sofferma sull’urgente necessità dell’ampliamento del collegio: «Qual rimedio a tanta angustia di luogo?», proponendo tre soluzioni: 1) limitare il numero dei convittori a poco più di cinquanta, quanti ne possono contenere le camerate del piano superiore, riservandosi di ammettere altri alunni solo quando sarà ampliato l’edificio; 2) trasferire altrove il convitto; 3) allargarlo dalla parte delle fabbriche attigue al medesimo5. L’ ampliamento del collegio consentirebbe di aprire le scuole tecniche. Un’istituzione che andrebbe «a lustro, decoro a incremento del collegio stesso». Bisognerebbe provvedere all’illuminazione dell’Istituto, ma questo è un problema di cui si sta già occupando il Comune. Occorrerebbe altresì una più «copiosa provvigione di arredi scolastici». A tale riguardo, padre Marcangelo prega il presidente del Consiglio scolastico di stanziare un’apposita somma. Egli ritiene che, qualitativamente, nel 1869-1870 l’Istituto sia decisamente migliorato rispetto al primo anno di apertura. Gli alunni sono più preparati e un po’ più educati alla disciplina, «la quale andrà sempre più rassodata per l’avvenire, mercé la costante cooperazione e il mutuo accordo della Direzione e del corpo insegnante». La regolarità della frequenza purtroppo lascia a desiderare: «La Direzione non à potuto provvedere, come avrebbe voluto, non essendo state le sue premure secondate dal concorso delle rispettive famiglie. Bisognerà persuaderle dell’obbligo che ànno esse stesse di venir dal loro canto in aiuto alla direzione». Egli spera comunque di venire a capo del problema6. Marcangelo affronta il tema delle vacanze autunnali. Visto che «le frequenti uscite degli alunni sono controproducenti, nuocono non solamente alla disciplina, ma eziandio al profitto negli studi» e non è bene che essi trascorrino il lungo periodo delle vacanze interamente a casa, «con savio consiglio si volle che queste vacanze fossero passate in collegio, salvo pochi giorni di esse, tanto per ritemprare gli animi nelle dolcezze delle gioie domestiche». È tuttavia impensabile che gli alunni restino nella sede di Palazzo di San Gaetano, a Foggia. Occorrerà cercare qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 4 MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo 1870-1871, p.12330. p. 12377. 6 Ivi, p.12330. 5 Ivi, Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 99 una località più amena: «È mestieri trovare acciò un luogo fuori di essa, e più specialmente se fosse possibile in campagna». Ma dove trovare un edificio capace di contenere 120 persone, cioè gli studenti e tutto il personale del Convitto? «Alcuni comuni della provincia – informa padre Marcangelo – fecero a gara per offrirci ad uopo quel luogo, che essi potevano, così San Marco in Lamis ci offrì il suo convento di S. Matteo; Vico Garganico quello de’ Cappuccini, posto in sito ridente e di ottima aria. Si visitò pure il casino denominato “Colonna” situato in una piccola penisola in prossimità di Trani». Ma i “luoghi” proposti, pur graditi, non hanno risposto alle necessità: «Sia quale per poca convenienza di sito, quale insufficienza al luogo, o quale lontananza, niuno di essi fu creduto acconcio ad accogliere il Convitto per le vacanze, sicché converrebbe trovar uno fuori di questa Provincia, intorno alla cui convenienza poi deciderà il senno di V. S. Ill. ma»7. In una successiva relazione del 15 novembre 1872, Marcangelo fa presente un vistoso calo degli iscritti: «Il numero degli alunni interni ed esterni è alquanto scemato rispetto a quello dell’anno testé decorso. La qual cosa non è attribuibile alla mancanza di fiducia nel personale dirigente ed insegnante, o al poco profitto degli alunni: la ragione della diminuzione dei Convittori concerne principalmente dall’aumento della pensione che da lire 500 fu fatta salire d’un tratto a lire 600 e molte famiglie, che facevano sforzi straordinari e superiori al loro stato per mandare i loro figli in collegio con quella somma, si videro impotenti a tenerli con la pensione aumentata (questa fu la ragione principale che indusse i più a ritirare i loro figli dal Collegio. Altri poi furono mossi da ragioni meramente individuali, che non occorre qui rammentare). Dagli esterni poi la più parte per propria decisione, altri consigliati, abbandonarono il corso classico, al quale non si vedevano idonei o non sentivano inclinazione»8. Le ragioni del calo delle iscrizioni sono varie e Marcangelo vuole riferirne un’altra, appresa dai genitori che hanno ritirato i figli: «Molti sono usciti dal Collegio perché non ànno potuto giovarsi dell’istruzione tecnica, mancante in questo istituto». Tuttavia il numero de’ convittori, che l’anno successivo sarà intorno ai settanta, è proporzionato alla capienza del convitto, e gli alunni potranno essere comodamente alloggiati nelle camerate. È sperabile che l’insegnamento dia migliori e più copiosi frutti: «Gli esterni parimenti non saranno molti, il che giova assaissimo alla unità e compattezza delle classi, le quali si comporranno così dei soli alunni che potranno addirsi poi agli studi professionali e non vi sarà per conseguenza il grave sconcio di veder disertate le classi nel corso dell’anno da quelli qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 8 MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo 1870-1871, foglio 12387. Ivi, p. 12351. 100 Il Regio Liceo Lanza Alunni che hanno frequentato inutilmente le scuole ginnasiali». Padre Marcangelo evidenzia altri vantaggi derivanti dal minor numero di alunni: «Il ginnasio rimase depurato quasi del tutto di quegli elementi eterogenei, che facevano intoppo al regolare andamento delle classi. Per l’angustia di Palazzo San Gaetano questa diminuzione di alunni, specialmente interni, era divenuta una necessità». Finalmente sarà possibile riordinare gli “spazi” del Convitto: ridotto alle giuste proporzioni il numero dei convittori, quasi tutte le sale prima utilizzate come aule scolastiche, sgomberate, potranno ora tornare alla loro originaria destinazione. Infatti le classi elementari, un tempo “allogate” nelle sale speciali del convitto, sono già state quasi tutte raccolte nel piano superiore. Al piano inferiore è rimasta una sola squadra di convittori, che si unirà alle altre dal prossimo novembre9. Per il bene dell’Istituto, egli propone i seguenti interventi: – fornire alle aule scolastiche, ritornate all’antica vita, tutti gli arredi mancanti; – approntare un’infermeria ed una sala per le visite dei parenti degli alunni, e arredarle decentemente; – annettere al Ginnasio le scuole tecniche «principalmente perché il difetto di esse ha contribuito al calo degli iscritti», ma anche perché l’Amministrazione potrà risparmiare alcune migliaia di lire. Padre Marcangelo fa un bilancio positivo della sua scuola: «L’Istituto che ò l’onore di reggere, entra ormai nel quinto anno di sua vita. Molte cure si sono profuse per renderlo prosperoso e fiorente, ma molte ancora e forse maggiori se ne richieggono per assicurarne viemeglio le sorti avvenire. A tal uopo stimo cosa opportuna riandare à comunicarsi i progressi successivi di questo Collegio e toccar brevemente delle nuove esigenze, che ora sorgono pel novello assetto in cui esso va costituito. Giova anzitutto ricordare che i primordi di questo Liceo furono oltremodo favorevoli. Noi vedemmo per tre anni successivi crescere la sua buona fama, e conseguentemente il numero degli alunni, i quali accorrevano a questo collegio con la fiducia de’ padri di famiglia che i loro figli avrebbero ricevuto una educazione civile e morale ed un’ordinata istruzione. A tale fiducia pare che non siesi mai fallito, perciòcché malgrado i necessari mutamenti de’ Professori in ogni anno, la istruzione è stata sempre impressa e la disciplina regolarmente mantenuta. Ne è prova il risultato degli esami finali fatti con quel rigore, con cui è risaputo volersi essi fare in questo Istituto, risultato che ò l’onore di presentarle in un prospetto nell’Allegato A»10. Gli studenti del Liceo-ginnasio sono stati ben valutati dalle Commissioni qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 9 MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo 1870-1871, foglio 12385. foglio 12384. 10 IVI, Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 101 d’esame esterne, anche in Istituti «i quali, forse, sono gelosi di veder crescere il loro credito a scapito degli altri». Ad esempio, dei sei alunni di quinta ginnasiale ben cinque hanno conseguito la licenza in altre scuole, pur non avendo completato il corso ginnasiale e lo studio delle materie richieste per l’esame. Ciò è un indubbio segno di qualità: l’insegnamento era proceduto così regolarmente e «si era data tale maturità agli alunni che costoro con poco altro apparecchio privato si poterono rendere idonei a sostener gli esami». Durante l’anno, l’insegnamento elementare era stato ripartito in quattro classi e quello ginnasiale in cinque. Il Liceo ebbe due sole classi. Marcangelo evidenzia che un alunno della seconda classe, presentatosi agli esami di licenza liceale, ha terminato in soli quattro anni l’intero corso classico, cioè il ginnasiale e il liceale, provando «il bisogno che si à di riforme nella Istruzione suddetta, in virtù della quale (eliminando) molti degli anni che ora si danno all’insegnamento classico, molta noja possa risparmiarsi agli alunni condannati… e molte molestie altresì agl’Insegnanti, condannati anch’essi ad insegnare cose alle quali ripugnino le inclinazioni e le attitudini della mente dei loro allievi»11. Nel 1872, il Preside ribatte con una lunga e argomentata relazione alle critiche ricevute dal Consiglio provinciale scolastico12. Premette che la vigilanza esercitata sul Liceo “Lanza” costituisce una «guarentigia perché esso possa prosperare sempre più nelle sue sorti per ottenere i risultati attesi dal pubblico» e che le osservazioni e le proposte sull’indirizzo della Scuola e sulla disciplina del Convitto «saranno sempre accolte con quella deferenza e disposizione d’animo, quali si addicono alla gravità delle cose dalle quali si tratta e alla dignità di coloro che le trattano». Ma alcune osservazioni del Consiglio scolastico si fondano palesemente «sopra informazioni o poco genuine o esagerate». Sarà facile «indebolirne l’efficacia», con la franchezza e la dignità propria di chi ha sempre svolto con solerzia il proprio dovere: «Nella direzione dell’Istituto non si è trascurato e non si trascura nulla che valga a far progredire questa bella creazione del Municipio di Foggia». Marcangelo elenca una ad una le numerose critiche, rinviandole al mittente. – Il Preside avrebbe derogato al regolamento delle scuole secondarie classiche, in opposizione agli adempimenti del Municipio. L’osservazione non ha fondamento alcuno, «perché non si cita alcun fatto che prova ciò che si asserisce». Nei tre anni passati, il Preside non ricorda di es- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 11 MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo al Consiglio Provinciale Scolastico 1870-1871, foglio 12330. 12 Ivi, fogli 12374-12381. 102 – – – – Il Regio Liceo Lanza sersi «mai dipartito dal regolamento medesimo». A meno che non s’intenda contestare le ragionevoli varianti consentite dal Ministero: in una nota del regolamento, si precisa che «esso non deve essere come una lettera morta davanti al Preside e al Consiglio de’ Professori». Alcuni alunni sono stati ammessi alla prima ginnasiale e alle altre classi senza gli esami prescritti. «Ma dove poggia quest’altra accusa? – ribatte Marcangelo – Quale prova di fatto la conforta? È un’asserzione gratuita, di cui è facile sbrigarsi con una negazione spensierata e ricisa. La denuncia è tardiva e denota un animo maligno. Se qualcuno ha affermato queste cose noi rispondiamo che le stesse sono risibili, mancando di coraggio nell’avvertire il Superiore d’alcune volute irregolarità». Il Preside, pur invitato a farlo, non ha trasmesso i programmi didattici. «Chi ha mosso questa accusa – replica Marcangelo – difetta di memoria. I programmi furono regolarmente inviati nel primo anno al Consiglio Scolastico e da questo trasmessi al Ministero e approvati, come da comunicazione del Provveditore. Perché inviarli negli anni successivi se né le materie, né i programmi governativi erano cambiati? Sicché si mandavano i soli programmi de’ professori novelli, e di quelli che da un insegnamento passarono ad un altro, come avvenne del prof. Terlizzi e dei Professori Poli, Ferrara, Catapano, Danesi 1°, Danesi 2°, Leveri, Cucci, Depadime, Bertacagni e Accorsi». La trasmissione di questi documenti può essere constatata direttamente in Provveditorato. È stato modificato l’orario del Ginnasio, diminuendo le ore di latino nella prima e seconda classe. «Se l’orario si è modificato per la distribuzione delle materie – precisa Marcangelo – non si è scemato nulla del tempo che è assegnato a ciascun Professore nel proprio insegnamento. Solo si è creduto miglior consiglio di concedere maggior tempo all’insegnamento dell’Italiano in quelle classi nelle quali conveniva che gli alunni fossero meglio fondati nella cognizione della lingua nazionale». Una scelta opportuna, confermata dall’ultima circolare ministeriale del 20 Aprile, che ha proposto ai professori e ai direttori di privilegiare nelle prime classi del Ginnasio l’insegnamento dell’italiano, dimostrando quanto i docenti del “Lanza” siano stati lungimiranti ad apportare quelle innovazioni. Si è proceduto all’insegnamento “per materia e non per classi”, senza avvisare il Consiglio scolastico. «Questo fatto non lo neghiamo punto ma esso – spiega Marcangelo – non fu che un tentativo per esperimentare se da questa riforma potessero cavare i giovani maggior profitto». L’innovazione è stata deliberata dal Consiglio dei professori, come risulta dal verbale. Le critiche vorrebbero limitare la libertà Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio – – – – – – 103 di insegnamento, consentita invece dal Ministero: «Questi lascia giudiziosamente a’ Presidi a’ Professori la libertà de’ mezzi pratici pel conseguimento del maggior profitto de’ giovani». Sono stati ammessi al Liceo giovani sforniti di licenza ginnasiale. «L’accusa è prettamente falsa – ribatte Marcangelo – (a meno che) non s’intenda parlare dell’ammissione del primo anno. Nessuno, sfornito di licenza, ginnasiale è passato al Liceo negli anni successivi. Se vi è stato ammesso, lo è stato come Uditore, ai sensi di legge». La distribuzione delle materie nel Liceo non è conforme al regolamento. Si risponde: «Questa lieve discostanza dal regolamento era suggerita dalla necessità delle classi, le quali non erano ancora ne’ primi anni ben formate e sistemate. Ora, che può dirsi che il Liceo è regolarmente ordinato ed à preso un andamento normale, s’è richiamata la stretta osservanza delle leggi». Contro le prescrizioni del programma si è insegnato il Boccaccio nel Ginnasio superiore, ed è stata trattata troppo la precettistica. «Non neghiamo – spiega paziente il Preside – che sievi letto il Boccaccio, il che si fece perché i giovani, già maturi per quello studio, avessero agio d’avanzarvi sempre più nella cognizione della lingua italiana, il che è tutta dovizia nell’autore delle Novelle. Quanto alla parte precettistica poi non è vero che essa sia stata sovrabbondante, anzi abbiam sopra lamentato l’angustia de’ termini, tra quali è stato sempre ristretto tale insegnamento». Si è fatto festa nei giorni in cui il calendario scolastico prescriveva che si facesse lezione. «Che siesi fatta vacanza in alcuni giorni, che erano segnati come giorni di scuola nel calendario scolastico, non neghiamo punto, ma ciò si è fatto per i principij religiosi ed alcune inveterate usanze del paese... L’insegnamento non ne è punto scapitato, perché in compenso si è fatto scuola ne’ giorni segnati come vacanza nel medesimo calendario scolastico». Mancano, nella relazione del Preside, cenni sulla idoneità e sullo zelo dei docenti. Marcangelo risponde che non è tenuto a presentare alcuna relazione di questo tipo al Consiglio scolastico provinciale: «L’idoneità didattica dei professori è vagliata dal Municipio». Egli si chiede «quali frutti potrebbero aversi… di tutto questo al Consiglio Scolastico, quando interrogato il Provveditore dal Ministero intorno alla idoneità didattica di qualche Professore, risponda di non poterne giudicare, non avendo egli la facoltà di criticare le scuole liceali». Dalle note positive oppure dal licenziamento di alcuni professori, si deduce che il Preside «è rimasto contentissimo di alcuni professori, discretamente soddisfatto di alcuni altri, e niente affatto dei rimanenti». Risponde Marcangelo: «Che si voglia intendere con ciò e che si debba inferir- 104 – – – – Il Regio Liceo Lanza ne, la pochezza del mio ingegno non arriva a comprendere. È una semplice notizia storica, che si vuole dare o conclusione di qualche pensiero che non si vuole esprimere?». Non si possono mandar via dei professori sforniti di “patente” solo perché il Preside ha espresso un parere negativo. «Se è pericoloso un tal sistema, non è meno pericoloso presumere che i forniti di patente dovrebbero soggiacere». Marcangelo ritiene che gli appunti mossi a tal riguardo siano «lesivi del senno e della sua sincerità, qualità che si dovrebbe presumere in una persona, che viene scelta a un tale Ufficio da un Consiglio Municipale». Per tutelare gli interessi dei professori, il Consiglio scolastico ha proposto di far ispezionare l’Istituto da una Commissione di professori universitari, uscendo dalle sue competenze. Infatti «questa proposta riguarda esclusivamente il Comune, il quale vedrà se essa sia, o pur no, oziosa e quanto frutto possa aspettarsi da simiglianti ispezioni fatte a volo d’uccello». Si accusa il Preside di aver sacrificato la scuola per ingrandire il Convitto. «È facile rispondere a questo appunto – sottolinea Marcangelo – ché il Preside non si è servito dell’impelle intrare per ottenere il numero di alunni che si potesse maggiore e per vedere così messo il Convitto in larghe proporzioni. Gli alunni son corsi spontaneamente malgrado i suggerimenti di taluno, che li dissuadeva dall’entrare in questo Collegio. È stata una libera scelta dei genitori l’assicurare i loro figli in un Istituto, dove si tuteli la morale e si mostri zelo instancabile nell’educare la intelligenza de’ giovanetti. A tal desiderio non conveniva chiudere le porte; d’altronde la soddisfazione morale di vedere ingrandito un Istituto giovanissimo non dovrebbe essere solo del Preside, ma del Consiglio municipale, ma di tutta la cittadinanza di Foggia e della provincia, che vi ànno interesse e dello stesso Consiglio scolastico, il qual vede così prosperare le cose, che dipendono in alcun modo da’ suoi provvedimenti». Nell’Istituto “Lanza” mancano i sussidi didattici e i laboratori. Si risponde che «non è punto vero che manchino le carte murali, necessarie all’insegnamento della geografia, come non è vero che manchi un gabinetto per lo studio della storia naturale. Manca solo il gabinetto per lo studio della fisica, da sopperire con quello che vi à nelle Scuole Tecniche, istituto che appartiene parimenti al Comune». La “risoluzione”, presa all’inizio dell’anno dal Consiglio dei Professori di attenersi al regolamento governativo, è considerata la prova del fatto che esso finora non è stato rispettato. Marcangelo ribatte: «Non è stato mai nelle mie intenzioni di contrariar alle disposizioni governative, tanto più che essendo oramai il Liceo giunto a tal quale grado di maturità, non vi sarà più bisogno di discostarci per l’avvenire Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 105 da’ regolamenti». – Quantunque si riconosca il profitto dell’Istituto, dovuto alla preparazione della maggior parte dei professori, c’è da osservare che esso non è stato ottimale per la parte normativa, per l’ordine, per la disciplina. Risponde Marcangelo: «Se il Consiglio scolastico riconosce il valore speciale della maggior parte de’ professori, implicitamente à ritenuto quello che parea non voler innanzi ammettere: cioè la poca idoneità e la insufficienza di taluni altri, de’ quali appunto avrà forse potuto parlare il Preside». Marcangelo invia una relazione anche al Sindaco, con le proprie controdeduzioni alle osservazioni del Consiglio provinciale sull’andamento del Convitto13: – Il Preside ha espresso sul profitto degli alunni interni delle scuole elementari un giudizio poco attendibile. «Non sappiamo intendere – risponde Marcangelo – come differisca la relazione del profitto conseguito nelle scuole ginnasiali da quella sul profitto delle scuole elementari». – L’educazione morale, civile e fisica nel Convitto non si è realizzata pienamente, se si auspica un miglioramento per l’anno successivo. Risponde il Preside: «È il miglior desiderio che si possa esprimere e noi non lo dissimuliamo punto». – L’ordine, la disciplina e la pulizia lasciano molto a desiderare. Occorrerebbe un cortile, dove possa respirarsi un po’ d’aria libera e fare gli esercizi di ginnastica. Si ribatte: «A queste osservazioni non possiamo punto assentire, né lascia a desiderare nulla la nettezza, come può attestarsi da quelli che ànno visitato il Convitto tra quali il Presidente della Provincia il quale, se notò la strettezza del luogo e propose una riforma a’ lavatoj, non trovò nulla ad osservare». – Il censore non ha vigilato sull’igiene delle persone addette alla cucina. Marcangelo si adira: «E donde il Consiglio à attinto queste notizie peregrine? Sopra qual fondamento poggia la gratuita sua osservazione? Sarebbe poi più opportuno che il Consigliere, chiunque si fosse, si desse pensiero di note più serie e rilevanti». – Sono stati accordati permessi troppo frequenti per le uscite dei convittori, nocive alla disciplina, alla morale ed alla concentrazione nello studio. «Anche noi – concorda Marcangelo – siamo poco disposti a concedere uscite agli alunni, di guisa che nel nuovo Regolamento che si sta compilando saranno esse ancor più ristrette. Vorremmo che non ci appuntasse di soverchia larqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 13 MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo al Municipio 1870-1871, fogli 12382-12384. 106 Il Regio Liceo Lanza ghezza per le uscite dell’anno scorso le quali, per il gran numero degli alunni, sono parute frequenti. Nel fatto sono stati ristrette alle giuste proporzioni». Il preside Marcangelo pone fine «all’improba fatica di demolire l’edifizio delle accuse», ribadendo che le critiche del Consiglio scolastico, ma anche di altre persone competenti, se fatte con animo benevolo, non saranno mai rifiutate: «Siam certi che esse mireranno al migliore andamento e sviluppo d’un Istituto, che si è reso così importante nella Provincia». Auspicando che esso prosperi sempre più, promette che continuerà ad adoperarsi con zelo. Ma dovranno concorrere tutti, «ognuno per la sua parte e secondo le proprie forze»14. Il Palazzo Lanza L’angustia di Palazzo San Gaetano, lamentata da padre Marcangelo fin dai primi anni di vita dell’Istituto “Lanza”, con l’aumento degli studenti diventa un vero problema. L’Amministrazione comunale dell’epoca, sensibile ai problemi dell’Istruzione, avvia la pratica per un prestito di 491mila lire con la Cassa Depositi e Prestiti, per la costruzione di due nuovi fabbricati scolastici. Il 13 febbraio 1885, il Sindaco annuncia il buon esito della richiesta e invita il Consiglio «a voler designare i siti, ove detti fabbricati debbono sorgere». L’argomento sollecita un’ampia discussione. Si formulano due ipotesi: il Sindaco vorrebbe ubicare gli edifici «a lato destro ed à principio del Corso Giannone»; il consigliere Pepe invece, con varie riflessioni tecnico-economiche, dimostra come «la pianta proposta sia inopportuna». Corso Giannone è frequentatissimo da carrozze e da ogni sorta di veicoli «che fanno traffico con la stazione ferroviaria», e ciò sarebbe un notevole inconveniente per l’edificio che, destinato allo studio, richiede una zona dove regni la massima quiete e tranquillità: «L’importanza dello stesso, il suo tipo, e l’intento che vuolsi conseguire di dare noi separate entrate agli alunni e alle alunne dalle porte d’ingresso delle due facciate principali ed opposte del fabbricato, consigliano dover esso sorgere in un punto ove possa rimanere isolato ed aver innanzi ai due ingressi ampie piazze». Poiché questi vantaggi non si potrebbero conseguire lungo il viale della Ferrovia, Pepe propone di costruire la scuola nella nuova zona di espansione, al lato sud-est della città. Un sito adatto è quello posto al lato destro della Villa Comunale «e precisamente quello indicato come in una prima isola, ove si avrebbe un prospetto del fabbricato di fronte alla larga strada che fiancheggia la villa medesima e l’altra Villa, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 14 MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo, p. 12382. Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 107 corrispondente per la strada fiancheggiante la stessa e la piazza della Caserma nuova». La proposta del consigliere Pepe viene preferita all’unanimità. Il secondo fabbricato dovrebbe essere ubicato ad un polo opposto al primo. Dopo ampia discussione, constatata la difficoltà della scelta del sito, si decide di nominare un’apposita commissione che farà gli opportuni studi e riferirà, nel più breve tempo possibile, al Consiglio comunale15. Il primo edificio, costruito presso la Villa Comunale, verrà inaugurato prima del 1894 (l’Ateneo è riportato nell’opuscolo Foggia. Le Cento Città d’Italia de “Il Secolo”, edito in questa data). Progettato per ospitare le scuole elementari, divenne un vero e proprio “palazzo degli studi”, come è denominato in qualche cartolina d’epoca. Il pianterreno venne assegnato alla Scuola Tecnica, il primo piano al Liceo-ginnasio e al suo Convitto. Questo vivrà per alcuni anni vita prospera e rigogliosa, «con grande decoro della Città ed immenso vantaggio e sicurezza delle famiglie della Provincia e della città stessa». Lo statuto del 1896 Un nuovo statuto16 del Convitto venne approvato dal Comune il 16 Maggio 1896. Relatore fu l’assessore all’Istruzione Antonio Lo Re che, invitato dal sindaco Ernesto Cicella, iniziò il suo intervento parlando del periodo di crisi attraversato dal Collegio cittadino: «Mi gode l’animo esporre all’onorevole Consiglio il rialzamento delle sorti del Convitto Lanza, che quest’anno, dalla decadenza in cui era ridotto, già trovasi ad avere ventisette convittori; numero che con tutta certezza salirà il venturo anno a trenta. Senza iattanza, ciò devesi attribuire alle cure premurose dell’Amministrazione comunale, alla felice scelta del personale dirigente, allo sguardo benigno che vi rivolgono le autorità scolastiche. E sono dolente che a queste mie dichiarazioni non assista l’onorevole Sindaco Cav. Perrone, agli sforzi perseveranti del quale e non al mio debile lavoro, si deve gran parte di questo esito felice nella riorganizzazione del nostro benamato Convit- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 15 Archivio Storico Comunale di Foggia (ASCFG), Registro 1, Delibera n. 3 del 13 febbraio 1885, Designazione dei siti per i fabbricati scolastici. 16 ASFG, Amministrazione Provinciale di Capitanata 1860-1959, busta 538, fascicolo 13/9. 17 Cfr. F. VILLANI, La Nuova Arpi, Ed. La Terrazza, Bologna, 1975, ristampa anastatica del 1876, pag. 181. Nel 1874 il Comune spese per il Liceo e il Convitto (compreso lo stipendio dell’economo) la considerevole somma di 67.190, 25 lire. Una somma alta, più di un terzo dell’intero bilancio della Pubblica Istruzione che ascendeva a lire 171.224,20. Le somme stanziate per le altre scuole furono ben più modeste. Nel 1875 le spese furono presso a poco le stesse, a parte le entrate del convitto “Lanza” e dell’Istituto delle “Civili fanciulle”, poste a scomputo delle uscite. 108 Il Regio Liceo Lanza to»17. Nell’Istituto vi è ordine e disciplina; si è destata quella vita seria ed operosa «da tutti guardata con benevolenza». Ma per garantirne l’avvenire, occorrono provvide deliberazioni: in primis uno statuto, che sia il fondamento della sua vita. L’assessore Lo Re lo propone al Consiglio, rilevandone i criteri principali che ne informano il tessuto: «Si è avuto in mente di creare un Istituto autonomo, indipendente cioè dall’Amministrazione diretta del Comune, e da questo soltanto sussidiato, come dalla Provincia. Con questi sussidii, col casamento comunale e col prodotto proprio delle rette degli alunni, esso può subito diventare un ente a sé, e svolgere la propria vita prospera e sicura». Il Convitto è ormai una “famiglia” di cinquantasette persone, tra superiori ed alunni. Per lo stipendio degli addetti e il vitto generale occorrono ventinovemila lire «in cifra rotonda». Nel “disegno” dell’assessore Lo Re questa somma potrebbe essere raccolta così: lire venticinquemila dalle rette di cinquanta alunni «a sole lire 500 l’una, che è misura ben modesta»; lire ottomila da un sussidio provinciale; lire cinquemila per concorso comunale. In totale lire trentottomila, con un avanzo annuale di lire novemila che potrebbe servire ad «acquistare annua rendita del Debito Pubblico, al fine di creare col tempo i mezzi di propria sussistenza all’Istituto». «Ed in capo a dieci anni – prevede Lo Re – il Convitto avrà raggiunto tale sviluppo, preso tali proporzioni, che sulle rette del cresciuto numero d’alunni si potrà operare quel risparmio da costituire un patrimonio proprio con acquisto di rendita». Il 7 agosto 1896 il sindaco Salerni trasmette al Presidente della Provincia una copia dello Statuto, «affinché la onorevole Deputazione provinciale accetti di concorrere al mantenimento di questo Convitto, decoro per il Capoluogo». Egli richiama l’attenzione sull’articolo due, che prevede «una dotazione di lire ottomila concessa dalla Provincia e però dovrebbe stabilirsi continuativa nel bilancio». La gestione avrà la massima trasparenza: nel Consiglio direttivo entreranno i rappresentanti del Municipio e della Provincia; vi farà parte il rettore, che sarà sempre il preside pro tempore del Liceo, «garanzia pel profitto dei convittori – per lo più dedicati agli studi secondari classici – e questo anche per ovviare a quel perenne dissidio fra un preside ed un rettore». La chiusa del Sindaco è di captatio benevolentiae: «Io non saprei come più raccomandare a V. S. Ill.ma favorevoli provvedimenti per la vitalità d’un Istituto d’educazione che, costituito su solide basi nel capoluogo della Provincia, ai comuni tutti della stessa tornerà vantaggioso, perché posto nel centro naturale d’una vasta periferia, al quale centro convergono per infiniti affari i genitori degli alunni che possono raccogliervisi, e perciò visitarli e vigilarli di frequente, senza intraprendere viaggi speciali. Attenderò dalla S.V. una riga di ricezione, con un accenno lusinghiero sullo impegno che prenderà nel caldeggiare presso chi di diritto la mia preghiera. Gradisca la Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 109 stima». Ma il Consiglio provinciale di Capitanata non dimostrò per il Convitto “Lanza” alcuna premura: trattò l’argomento soltanto quattro anni dopo, nella seduta del 6 marzo 190018. Per l’occasione, con il presidente Basso intervennero il regio commissario Vassallo e i consiglieri Iamele, Palella, Piccinino, Russo, Missa, Ruggiero, Sinisi, Piccirella, Grassi, Pavoncelli, Tannora, Carelli, Dandolo, Sessa, Mastromatteo, Cimaglia, Perronti, de Luca e Amicarelli. Il consigliere Sessa precisò che il Convitto era «un istituto meramente comunale». Era vero che la Provincia lo aveva sussidiato con una sovvenzione annuale, ma era un contributo facoltativo senz’alcun obbligo di continuità, «revocabile a libito della Provincia che lo concedeva liberamente e volontariamente, non avendone alcun obbligo per legge o contratto». Era opportuno chiarire preliminarmente ciò, visto le insistenti pretese del Comune di Foggia che, vantando crediti immaginari, pretendeva il sussidio per il Convitto “Lanza” anche per quegli anni in cui il Consiglio ne aveva soppresso la partita dal bilancio. Si deliberò per l’anno 1900 il sussidio a favore del Convitto, ma «senza alcun vincolo di continuità». L’ampliamento del Palazzo Lanza L’importanza delle Scuole tecniche e ginnasiali e dell’annesso Convitto, testimoniata dall’aumento degli alunni, aveva già indotto l’Amministrazione comunale, il 22 gennaio 1908, a deliberare un ampliamento del Palazzo Lanza. Nel progetto «si trasse partito dal lato libero a sud del Cortile grande dell’edifizio affinché si riuscisse nello scopo di procurare nuovi locali». La costruzione del nuovo corpo di fabbrica avrebbe chiuso il suddetto lato del cortile, senza peggiorare le condizioni di vivibilità dell’edificio: il cortile, benché ridotto, aveva le considerevoli dimensioni di metri 53,75x26,00. Sarebbe stato ancora sufficientemente ampio, ben soleggiato e ventilato: i corpi di fabbrica, che lo delimitavano ad ogni lato, erano infatti piuttosto bassi. Le due facciate, sia quella sul prospetto sia l’altra nel cortile, riproducevano fedelmente l’architettura dell’edificio già esistente, parallelo al giardino pubblico e limitrofo a via Galliani19. Per rendere più funzionale il Palazzo, il preside Rozzolino aveva già chiesto e qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 18 ASFG, Amministrazione Provinciale di Capitanata, 1860-1959, busta 538, fascicolo 13/9. La relazione è firmata dall’ingegnere Municipale (firma illeggibile) e dall’ingegnere capo. [ASCFG, categoria 10, classe 7, busta 127, Edificio Lanza] 19 110 Il Regio Liceo Lanza ottenuto la realizzazione dell’impianto del gas. Un impianto motivato da esigenze didattiche, come ampiamente esposto in una lettera al Sindaco del 13 luglio 1907: «Come feci notare all’ill.mo signor Ingegnere Zicari, che venne insieme all’appaltatore della manutenzione dei locali ad ispezionare questo edifizio, è indispensabile che almeno cinque aule scolastiche siano illuminate a gas. Specialmente in tempi d’esame, quando debbono funzionare contemporaneamente e separatamente 5 sottocommissioni, sia per la revisione degli scritti, sia per gli esami orali, si è costretti a sospendere ogni lavoro alle ore venti e trenta al più tardi non essendo possibile continuare con la debole illuminazione di una lampada a petrolio, che se a stento basta per il tavolo de’ professori non illumina né il resto dell’aula, né la lavagna sulla quale devono sostare gli esaminandi. Ne viene perciò di conseguenza che, non potendosi cominciare le operazioni di esame nelle calde ore canicolari e dovendosi sospenderle sull’imbrunire, il tempo utile è limitatissimo, e si è quindi costretti ad impiegare il doppio dei giorni, con scapito e lagnanze dei professori e degli alunni, inconveniente che sarà di certo evitato quando si avranno aule bene illuminate, nelle quali si potrà prolungare il lavoro fino alle ventidue e trenta. Ne è a dire quanto tale necessità si risenta più nella sessione autunnale, quando cioè annotta prestissimo. Prego quindi V.S. Ill.ma di voler dare le opportune disposizioni, perché sia effettuato subito l’illuminazione a gas. Firmato: Il Capo d’Istituto Rozzolino». Il 9 novembre 1909, il Preside scrive ancora al Sindaco di Foggia per chiedergli di installare un orologio sul fronte del Palazzo Lanza: «Questo edifizio scolastico, quantunque sin dall’epoca in cui sorse sia stato fornito in sulla facciata del sito in cui collocarvi un orologio, attende invano ancora l’orologio stesso. Si fa notare a Vossignoria che il detto orologio gioverebbe non poco all’abbellimento del nostro più importante istituto scolastico, nello stesso tempo che servirebbe e agli alunni e al pubblico di un vasto rione sprovvisto affatto di orologi». Nel 1916, era in corso la prima guerra mondiale, il Governo requisì Palazzo Lanza per istituirvi un Ospedale Militare Succursale di Riserva, dipendente da quello di Ancona. Il direttore dell’Ospedale, l’8 luglio 1916, scrisse al Sindaco chiedendogli l’urgente sgombero dei locali: «Questa Direzione prega Codesto Ufficio di voler disporre per lo sgombro del locale nel R. Liceo Lanza dove è depositata la roba del Convitto, per poterlo adibire ad uso di ricovero del crescente numero di feriti. Si rimane in attesa di un cenno di assicurazione in proposito. Firmato tenente colonnello medico Fania». Il 9 luglio 1916, l’economo del Convitto scrisse anch’egli al Sindaco: «Mi premuro comunicare alla VS Ill.ma che ieri fui chiamato in Convitto dal signor De Maria, perché si voleva far sgomberare la stanza ov’è depositata tutta la roba di detto Convitto ed essendomi rifiutato, gli consigliai rivolgersi direttamente alla S.V. Ill.ma e mi soggiunse che ne avrebbe fatto scrivere direttamente dal colon- Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 111 nello Sig. Fania. Stimo pure necessario mettere a sua conoscenza che, all’epoca della consegna della robba (sic), feci mettere ed inchiodare alla porta della stanza quattro spranchette (sic) di ferro, che ieri non rinvenni; ne feci richiesta, ma nessuno mi seppe dir nulla. Aperta la porta, mi sembrò che tutto era a posto, però a maggior sicurezza interesso V.S. Ill.ma di far mettere un catenaccio, ond’evitare qualsiasi inconveniente. Con ossequio. Firmato Palatella». Lo sgombero venne effettuato il giorno successivo. L’inventario20 dei beni fu sottoscritto il 20 luglio 1916 dal consegnatario de Maria, che informò il Sindaco: «Mi pregio di partecipare a V.S. Ill.ma che ho preso in consegna gli oggetti sottoelencati di proprietà di questo Comune, assumendo obbligo di custodirli e di restituirli ad ogni richiesta della S.V., giusto nostro accordo verbale». Le scuole ospitate nel Palazzo Lanza erano state costrette a traslocare, per esigenze belliche, già dal 1915: la Scuola Tecnica passò al Convento del Salvatore; il Liceo-ginnasio al Palazzo Vescovile; per il Convitto non fu reperito un locale adatto e l’Amministrazione fu costretta a «smetterlo». Finita la guerra, mentre le due scuole ritornarono nei rispettivi locali del Palazzo, il Convitto restò fuori in quanto l’ala dell’edificio ad esso riservata fu occupata dalle scuole elementari che, essendo aumentato il numero degli alunni, avevano bisogno di altre aule nonostante si effettuassero i doppi turni. Si ipotizzò, quindi, il “sovralzamento” del secondo piano di Palazzo Lanza per adibirlo a Convitto, adducendo la sua elevata utilità sociale non solo per la città di Foggia, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 20 L’elenco comprende: ventuno testiere di lettini in ferro; due molle da lettino; tredici materassini di lana; sei materassini di vegetale; un materasso di lana da una piazza e mezzo; diciassette guanciali di lana; una coperta imbottita; due stiponi (armadi) dipinti avana; due cumò di cui uno con marmo; un pianoforte a verticale (cancellato); un etager (elegante mensola di noce) verniciato nero; quattro colonnette con marmo; ventidue tavole da letto; un tavolinetto ovale verniciato nero; due poltroncine tappezzate verde; un divano tappezzato verde; due tavoli, uno dei quali a due tiretti e una gamba mancante, per Istitutore; un “cumoncino” dipinto acero con due tiretti e con armadietto a vetri, di convittore; una lavagna con corrispondente piede; un attaccapanni; una cassa grande contenente disegni e non dipinta; una cassa piccola dipinta grigio con mascatura chiusa, da convittore; un grosso palo di legno colore avana; quattro cassette per pulire scarpe; una scala di legno; una bandiera di tela di percalle, con asta; un vaso da fiori con rispettivo vaso di porcellana; tre banchi da disegno con spalliere; nove quinte da teatro; tre scene da teatro con relative ossature; otto cavalletti; due ferri lunghi per tendine; due tavole lunghe per teatro; sei croci per armadio; cinque crocifissi in legno; due porta-bacile di ferro; un bacile di porcellana bianca; una sputaruola (sputacchiera) di porcellana (ferro smaltato); due lavapiedi di ferro smaltato; due vasi da notte di ferro smaltato con i coperchi corrispondenti; un catino di ferro smaltato, per acqua; due secchi di zinco; un coprivaso di legno; quattro lumi a petrolio bianchi, con rispettivi paralumi; un lume a petrolio di vetro bleu; due candelabri di metallo dorato; un lume a luce elettrica con statuetta di bronzo e paralume di vetro verde; quattro paralumi di stagno dipinti; un paralume di cristallo; quattro paralumi di vetro per pere elettriche; una damigiana da 50 litri; un cupolino da suggeritore per teatro. [Archivio Storico Comunale Foggia, categoria 10, classe 7, busta 127, Edificio Lanza] 112 Il Regio Liceo Lanza ma per tutta la Capitanata: «Se l’antica sede del Convitto è stata occupata, non è cessata, per una città così importante per scuole per posizione e per popolazione, il bisogno di avere un Convitto il quale dia alle famiglie quell’affidamento che può dare un Convitto che abbia vita prospera e una equilibrata Amministrazione. Per questo s’impone per la nostra Città avere un Convitto, perché altri non ve ne sono: e la città risente molto di questa mancanza e con essa le scuole, per quanto siano già molto popolose. Molti alunni forestieri sono costretti ad andare altrove per mancanza di alloggio, o non trovando condizioni soddisfacenti». L’Amministrazione comunale intende dare a questo problema, «che depone della civiltà di una città», una soluzione immediata e definitiva, ristabilendo il Convitto nello stesso Palazzo Lanza: sopraeleverà un secondo piano su quello già esistente. La statica dell’edificio non ne sarà compromessa, «perché esso hà spessore di muri e profondità di fondazioni che permettono la detta sopraelevazione: la quale si farà col demolire e ricostruire il tetto e i soffitti, con l’eseguire la costruzione dei muri perimetrali e divisori, solai, e tutto ciò che sarà necessario per la costruzione capace di rispondere allo scopo»21. Negli anni Trenta, l’Amministrazione podestarile, ritenendo necessaria ed urgente l’istituzione di un educandato maschile, del quale Foggia era priva da quando nel 1923 fu “dismesso” il convitto di Palazzo Lanza, scartata l’ipotesi di inglobarlo nel Palazzo degli Studi di Piacentini, ne commissionò il progetto allo stesso architetto. L’area individuata per la costruzione era compresa fra il Palazzo degli Studi e il Regio Istituto Industriale “Altamura”. Il progetto non verrà finanziato con il Programma del primo quinquennio dell’Amministrazione, che diede priorità alla soluzione di «problemi elementari della vita cittadina». In seguito non sarà più preso in considerazione22. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 21 ASCFG, categoria 10, classe 7, busta 127, Edificio Lanza, relazione dell’Ufficio Tecnico Comunale di Foggia del novembre 1921. 22 COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, pp. 124-125; immagine convitto di Piacentini p. 124. Marcello Piacentini. Prospetto del convitto. [COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, p. 124] Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 113 114 Il Regio Liceo Lanza STATUTO DEL CONVITTO (1869) Provincia di Capitanata. Circondario di Foggia. Amministrazione Comunale della Città di Foggia. Estratto del processo dei deliberamenti renduti con numero undeci votanti dal Consiglio Comunale di Foggia nella sessione straordinaria del tre Settembre 1869 per seconda convocazione. Indi allo invito inscritto spedito a domicilio a ciascun Consigliere per seconda convocazione di sessione straordinaria, consentita dalla Prefettura, giusta il verbale di ieri per non seguita riunione in numero legale in prima convocazione, sono oggi intervenuti in questa aula consiliare i Signori Scillitani Lorenzo, Sindaco presidente, ed i Consiglieri Berardi Domenicantonio, Accettulli Luigi, di Mauro Giuseppe, Celentani Nicola, de Nittis Giovanni, Della Rocca Giuseppe, Severo Francesco, Bianco Lopèz, Nannarone Michele, Nannarone Raffaele. Fatto lo appello nominale e constatato l’intervento, il Sig. Sindaco ne à preso atto, ed à dichiarato aperta la seduta. A far sì che il Convitto Comunale Lanza, già in via di positivo incremento, si abbia ogni possibile perfezionamento, il Sig. Sindaco à dichiarato avere fin da mesi or sono incaricato il Rettore a formulare un regolamento interno, il quale, compilato, venne sottoposto allo esame del Consiglio Direttivo, che lo ritenne. Ed occorrendo che venga ora sanzionato dal Consiglio Comunale, lo stesso Sig. Sindaco, richiamandolo dal Banco di presidenza, lo à sottoposto alla sua censura per gli analoghi provvedimenti di risulta. Ed il Consiglio accoglien- do di buon grado la proposta è passato allo esame di ciascun articolo degli articoli che lo compongono. Esaurita la discussione, il regolamento in parola andrebbe formulato nella seguente lizione: Regolamento del Convitto Lanza, annesso al Liceo Ginnasiale del medesimo nome in Foggia. 1. Il Convitto Lanza aperto nell’edifizio già Collegio delle Scuole Pie in Foggia già dal mese di novembre 1868 intende all’educazione fisica, intellettuale e morale de’ giovanetti perché questi riescano un giorno cittadini costumati, intelligenti e vigorosi. 2. Il Convitto è ordinato sulli basi dei Convitti nazionali e non lascia desiderar nulla di quanto è richiesto a far prosperare un Istituto di tal genere. Ogni compagnia à il suo dormitorio, la sua sala, da studio e da ricreazione, ed il suo lavatojo particolare, ciascuna di una sufficiente capacità, e tutte bene arieggiate. 3. Le domande per l’ammissione debbono essere indirizzate al Rettore, accompagnate: a) dalla fede di nascita, dalla quale apparisca, che l’alunno aspirante non abbia oltrepassata l’età di anni dieci. Il Consiglio di vigilanza però, quando lo chiegga il Rettore, può ordinarne l’ammissione anche quando l’alunno abbia oltrepassato l’età sopradetta; purché non sia maggiore degli anni 12; b) dal certificato di un medico come abbia egli sofferto il vajuolo, o subitane l’inoculazione. Il medico del Collegio osserverà se l’alunno sia di sana complessione, ed esente da malattia cronica o contagiosa. 4. Gli alunni nel loro ingresso al Collegio Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 5. 6. 7. 8. sono sottoposti ad un esame per l’accertamento degli studj fatti. Per quelli che non son trovati ancora idonei all’istruzione ginnasiale, v’ha una scuola preparatoria, divisa in due, o più sezioni, affidate ad uno, o più maestri, secondo che richiede il bisogno. Preparati che sieno convenientemente, passano alle lezioni del Ginnasio, e quindi del Liceo, comuni (e)ziandio agli alunni esterni, i quali sono disposti per modo che questa comunanza giovi alla reciproca emulazione degli uni e degli altri, ed al progresso negli studi. Oltre l’istruzione Ginnasiale, e Liceale, ànno, ancora a spese dell’Istituto, le lezioni di Lingua Francese, di Calligrafia, di Declamazione, di Ginnastica, di Ballo. A proprie spese poi possono prendere quelle di Pianoforte, di Scherma, di Disegno decorativo, di Paesaggio e di figura, nonché di Lingua Inglese e Tedesca, le quali due ultime sono date per ora praticamente al pubblico da due Professori dell’Istituto. I più meritevoli per bontà, diligenza e profitto negli studj sono sempre più incoraggiati con premi, sieno mensuali, sieno annuali. Nelle classi Liceali, ove si dà opera allo studio delle tre Letterature italiana, latina e greca, e delle Scienze, è bastante incitamento l’amor del bello e della pazienza, e il decoro ch’essi arrecano nella vita. Nelle altre classi si tiene sempre viva una nobile emulazione, che gli animi giovanili naturalmente cupidissimi di lode spinge a far le prove, che possono maggiori, del loro impegno per conseguirvi premj; sicché spesso v’ha più bisogno di freno che di sprone. Son lasciati mai riposar sicuri nella negligenza, perocché l’ordine stabilito è tale, che ad ogni momento ciascuno, pe’ il giro naturale delle cose 115 può trovarsi obbligato à dar conto del proprio studio ed a scapitare perciò nei meriti e nell’onore, se sia scoperto o poco attento, o men preparato. 9. I premj non consistano in aumento di pietanze, in insolita diminuizione di studio, in sonno prolungato o in altro che di simile, ma siano o libri desiderati, o nonché innocui, ma altresì utili; o visite straordinarie ai parenti, o testimonianze di lode, scritte o a voce al cospetto della propria classe, o di tutti, o del Consiglio di vigilanza; o infine, pubblicamente nella solennità della distribuzione de’ premj. 10. Rarissimo, e mansueto il castigo, e quasi sempre nell’onore. Le pene per le trasgressioni sono le seguenti: a) privazione di parte o dell’intera ricreazione con occupazione o senza di lavoro pertinente allo studio; b) posto separato dagli altri, ed in silenzio; c) privazione della passeggiata; d) privazione delle visite dei parenti; e) privazione delle visite ai genitori nei giorni stabiliti dal Regolamento; f) ammonizione del Rettore al cospetto della compagnia; g) ammonizione al cospetto di tutti i Convittori, con minaccia di espulsione; h) camera di riflessione, ove il Convittore vigilato al di fuori deve occuparsi in qualche lavoro; i) espulsione dal Convitto. 11. L’anno scolastico si chiude in fin di giugno con la prova degli Esaminandi, e con la solenne distribuzione dei premj, e si riapre il 1° settembre. 12. Negli Esami, spogli di ogni pompa di pubblicità e di apparecchi, gli alunni rendon conto di quanto studiarono nell’anno. 13. Chi avrà dato saggio di aver molto pro- 116 Il Regio Liceo Lanza fittato per tutto l’anno negli studj, secondo un criterio di una norma stabilita prima nel Consiglio de’ professori, riceverà un pubblico attestato di benemerito, ed un premio consistente in una medaglia d’oro o d’argento, secondo il grado del merito, ed in qualche libro. 14. Il trattamento ordinario consiste in una zuppa di latte e caffè per colazione; in tre pietanze con pane, vino e frutta nel pranzo; in pane e frutta per merenda; in una insalata ed una pietanza con pane, vino e frutta per la cena. 15. Si à per le malattie ordinarie un medico ed un chirurgo pagato dall’Istituto. Le medece (medicine) però e tutto ciò che suol somministrarsi a stato di medece, vanno a carico degli alunni. 16. Per gli ammalati si avranno tutte le cure possibili, da suprare persino quelle che i medesimi potrebbero avere nelle proprie famiglie. 17. La pensione annua è di L. 480, e si paga per trimestre anticipato, né s’intende punto sospesa ed interrotta per qualsiasi temporanea assenza dell’alunno dal Convitto. Il pagamento dei trimestri si fa nel 1° dei mesi di Novembre, di Febbraio, di Maggio e di Agosto. Se vi sono ad un tempo nel Convitto tre fratelli germani, il terzo paga la metà della pensione; se ve ne sono più di tre, l’ultimo gode il beneficio del posto gratuito. 18. Per somministrazione di carta ed inchiostro ogni alunno pagherà con la pensione trimestrale L. 3. 19. Se l’alunno entra nel corso del trimestre, pagherà la parte della pensione pel tempo che rimane al compimento di quel trimestre, più il trimestre seguente. Ogni metà del mese incominciato si computa per giorni quindici. 20. Chiunque intenda ritirare un alunno dal collegio dovrà darne l’avviso al Rettore tre mesi innanzi. Quando non proceda questo avviso, l’Amministrazione è nel dritto di richiedere il pagamento di un trimestre di pensione al giorno dell’uscita dell’alunno dal Collegio. 21. L’alunno poi che ne sia rimandato o per mancanza abituale allo studio, o per indisciplina, o per altra grave cagione, pagherà solamente il trimestre in corso. 22. Per le spese urgenti e straordinarie ogni Convittore manterrà sempre un deposito di L. 30, che sarà integrato alla fine di ogni trimestre col pagamento della pensione. 23. Ogni Convittore deve avere il corredo com’è descritto nella Tabella che fa seguito al presente regolamento. Questo corredo dovrà essere, quanto si può, segnato con le iniziali del cognome e nome dell’alunno, e col numero di matricola che sarà dato dall’accettazione. Il corredo sarà consegnato alla persona del Collegio a ciò deputata, la quale ne terrà nota in un registro particolare, e dovrà essere rifornito in ogni sua parte secondo che occorrerà. Quando gli arredi, indispensabilmente richiesti dalla pulitezza, dal decoro e dall’istruzione degli alunni, non saranno somministrati a tempo debito dai loro parenti, il Rettore, o chi ne fa le veci, li provvederà d’ufficio. Le spese per ciò erogate dovranno essere rimborsate col primo trimestre successivo. 24. I Convittori che ànno famiglia in Foggia possono essere visitati da’ Genitori, o Tutori, o da chi ne abbia dai medesimi speciale incarico, e dai loro più stretti parenti la domenica dalle 11 a.m. alle 12. Le visite in altri giorni e date saranno assolutamente vietate. Solo in caso di malattia possono i medesimi essere Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio visitati anche più volte al giorno et quelli poi che non ànno famiglia propria in Foggia si permette che siano visitati anche in giorni e date diverse da quelle determinate nel numero precedente, eccetto però il tempo che gli alunni sono in iscuola. A nessuno, che non sia addetto all’Istituto, è permesso senza licenza del Rettore uscire dalla sala di ricevimento e passeggiare nell’interno del Convitto. 25. Agli alunni che parimenti ànno famiglia in Foggia, si concede l’uscita per l’intera giornata nel Capo d’anno, e nei giorni onomastici e genetliaci de’ loro genitori, ed in qualche occasione straordinaria, ed alcun’altra volta in premio a coloro solamente che lo avranno meritato per profitto negli studi, e per la buona condotta. Pei forestieri queste uscite saranno concordate in altri giorni, a giudizio del Rettore. 26. I Convittori saranno condotti alle loro case dai propri genitori, o tutori, o da altro loro stretto parente, e ricondotti da’ medesimi al Collegio nell’ora determinata dal Rettore. A nessuno è permesso passare la notte fuori del Convitto. Chi rientrerà dopo l’ora indicata, sarà privato dell’uscita nel primo giorno, che gli toccherebbe, successivo alla mancanza, o punito con altro castigo maggiore. Chi poi non si ritirerà la sera in Convitto senza straordinario e giustificato motivo, ne sarà senz’altro licenziato. 27. Ai soli Convittori ammalati si permette di pernottare fuori del Collegio quando sarà giudicato dai medici esservi bisogno di mutamento di aria fuori di Foggia, e quando la malattia fosse pericolosa. 28. Il Rettore non assume veruna responsabilità per il tempo che gli alunni restano 117 fuori del Collegio, affidati alle rispettive famiglie. Per altro si riserva di punire anche le mancanze commesse durante questo tempo, quando sieno riconosciute provate e pubbliche, come sarebbe girar soli per la città, fumare... 29. A ravvivare negli alunni gli affetti di famiglia, e ritemprarne gli animi nelle gioje domestiche, ed a rinfrancarli delle fatiche scolastiche dell’anno, si concede loro di dimorare tra i 15 e i 20 giorni in seno alle rispettive famiglie nel tempo delle vacanze autunnali, avvertendo che debbono trovarsi pronti a rientrare in Convitto nel giorno designato dal Rettore. 30. È vietato espressamente di consegnare checchesia agli alunni senza licenza del Rettore. Si raccomanda specialmente di non somministrare loro danaro, del quale non possono avere pronto bisogno, e che deve al postullo essere depositato nelle mani o del Rettore, o del Censore, che lo passerà all’alunno a tempo e con misura. 31. Essendo principal cura dell’Amministrazione del Collegio fornire un vitto sano e sufficiente, si raccomanda alle famiglie di non mandar loro regali in cibario, che non possono produrre che danno alla disciplina ed alla sanità. I doni si facciano piuttosto in libri, ed altre cose, che possono servire alla istruzione, ed all’utile diletto. È vietato altresì far tener agli alunni orioli, catenelle d’oro o di argento, ed ogni altro arnese di valore. 32. Tutte le lettere che non portano sulla busta la firma, o l’indirizzo de’ genitori, o de’ tutori degli alunni, saranno aperte e lette dal Rettore. 33. Il Rettore prega i genitori, i tutori e gl’incaricati degli Alunni in generale, ad esporre a lui direttamente, e con 118 Il Regio Liceo Lanza franchezza, le proprie osservazioni, le proposte, i desiderj concernenti l’andamento economico, scolastico e disciplinare del Convitto, onde sia costituito quasi un consiglio di padri di famiglia in ajuto alla direzione, pel perfezionamento progressivo dell’Istituto medesimo. Addì 3 Settembre 1869. Approvato. Il Sindaco Scillitani. Il Consigliere anziano D. Berardi. E però il Sig. Sindaco à messo ai voti: Se ritenersi il regolamento interno pel Convitto Lanza composto di trentatré articoli, nel modo come sopra è trascritto. Eseguitasi la votazione per alzata e seduta, I CONVITTORI DEL 1872 (Cognome e nome, paternità, patria, osservazioni) 1. Anziani Antonio di Vincenzo, Santagata di Puglia 2. Arcaroli Michele di Domenico, Vico Garganico 3. De Angelis Michele di Giovanni, Torremaggiore 4. Barbato Nicola di Pasquale Antonio, Sant’Agata di Puglia 5. Berardi Enrico di (Pier) Luigi, Ordona 6. Buccino Tobia di Federico, Torremaggiore 7. Buonfiglio Giovanni di Francesco, Foggia 8. Buonfiglio Salvatore di Francesco, Foggia 9. De Biase Angelo di Alfonso, Troia lo stesso Signor Sindaco assistito dai Consiglieri della Rocca e Berardi ha rilevato essersi la proposta ritenuta alla unanimità con voti undeci, il perché ha proclamato approvato e sottoscritto. 4 Settembre 1869 Firmato Il Sindaco Scillitani. Il consigliere anziano D. Berardi. Il Segretario Comunale G. B. Postiglione. Addì, 19 Settembre 1869 in Foggia. Il presente verbale di deliberamento consiliare venne pubblicato all’albo pretorio di questo Comune il dì 5 corrente, senza che sia stata prodotta contra lo stesso alcuna opposizione. 10. Della Bella Ferdinando di Ambrogio, Vico Garganico 11. Della Bella Tommaso di Ambrogio, Vico Garganico 12. Del Buono Fabio di Claudio, Sant’Agata di Puglia 13. Caizzi Giovanni Giuseppe di Giovanni Giuseppe, Foggia 14. Cibelli Giuseppe di Giuseppe, Cerignola 15. Ciavarella Giuseppe di Michele, Foggia 16. Chiaromonte Alfonso di Nicola, Poggimperiale 17. Colaminè Vincenzo di Giuseppe, Foggia 18. Capparelli Francesco di Enrico, Manfredonia 19. La Capria Paolo di Angelo, Foggia 20. Fantetti Giuseppe di Matteo, Torremaggiore 21. Frattaroli Pasquale di Lorenzo, Manfredonia Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 22. Fares Nicola di Pellegrino, Foggia 23. Gabriele Antonio di Pietro, San Marco in Lamis 24. Giuliani Giovanni di Giuseppe, Sansevero 25. Giuliani Gennaro di Giuseppe, Sansevero 26. Giuliani Giuseppe di Orazio, Sansevero 27. Longo Michele di Giovanni, San Giovanni Rotondo 28. Lucatelli Tommaso fu Lorenzo, Foggia 29. Mazzei Potito di Vincenzo, Ortanova 30. Milena Gennaro di Costanzo, San Nicandro Garganico 31. Mari Mario di Giuseppe Foggia 32. Muscio Luigi di Tommaso, Foggia 33. Muscio Enrico di Tommaso, Foggia 34. Muscio Ernesto di Tommaso, Foggia 35. Muscio Luigi fu Saverio, Foggia 36. Della Martora Francesco di Luigi, Foggia 37. Di Nunzio Pasquale di Vito, Canosa 38. Paolucci Terenzio di Carlo, Castelnuovo 39. Paolucci Diodato di Carlo, Castelnuovo 40. Paolucci Filiberto di Carlo, Castelnuovo 41. Pacilli Michele di Giuseppe, Sannicandro 42. Parente Cesare di Ferdinando, Troia 43. Piccirilla Francesco Paolo di Luigi, San Marco in Lamis 44. Piccirilla Michele di Luigi, San Marco in Lamis 45. Piccirella Alfonso di Luigi, San Marco in Lamis 46. Del Pozzo Antonio di Pasquale, Foggia 47. De Paulis Carlo di Mattia, Bovino 48. Ricci Vincenzo di Luigi, Torremaggiore 49. Ricci Giulio di Pietro, Rignano G.co 50. Rispoli Luigi fu Donato, Foggia 119 51. Rosati Tommaso di Secondino, Troia 52. Russo Domenico di Ignazio, Foggia 53. Del Re Giuseppe di Leonardo, San Severo 54. Severo Raffaele di Pellegrino, Foggia 55. Serrilli Angelo fu Costantino, San Marco in Lamis 56. Serrilli Emanuele fu Costantino, San Marco in Lamis 57. Sibilla Attilio di Nicolò, San Marco in Lamis 58. Spagnoli Michele di Paolo, San Marco in Lamis 59. Spinelli Andrea fu Luigi, Ortanuova 60. La Stella Giuseppe di Raffaele, Foggia 61. Tardio Matteo di Giuseppe, San Marco in Lamis 62. Trifiletti Luigi di Antonio, Foggia 63. Trifiletti Antonio di Pellegrino, Foggia 64. Trifiletti Alessandro di Giuseppe, Foggia 65. Valentini Ettore di Vincenzo, Foggia 66. Vergani Tito di Giovanni, Foggia 67. Villani Giuliano di Giovanni, San Marco in Lamis 68. Villani Nicolò di Giovanni, San Marco in Lamis 69. Villani Angelo di Giovanni, San Marco in Lamis 70. Zammarano Adolfo di Gaetano, Foggia [MCFG, Fondo Manoscritti, busta Liceo Lanza, fogli 12421-12422] 120 Il Regio Liceo Lanza BILANCIO LICEO-GINNASIALE E CONVITTO (1° ANNO ) Preside-rettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.500,00 Direttore spirituale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300,00 Censore di disciplina/economo . . . . . . . . . . . . . 1.000,00 Liceo Professore di letteratura italiana. . . . . . . 2.000,00 allo stesso per storia e geografia . . . . . . . . . . . . . . 200,00 Professore di letteratura latina e greca. . . . . . . . 2.000,00 id. di matematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.000,00 Ginnasio id. di 5a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.800,00 id.di 4a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.800,00 id.di 3a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.500,00 id. di 2a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.500,00 id. di 1a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.500,00 Convitto Maestro elementare . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00 idem . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00 id. di lingua francese . . . . . . . . . . . . . . . . . 500,00 id. di calligrafia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00 id. ballo (col suonatore) . . . . . . . . . . . . . . . 500,00 id. ginnastica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Si avrà senza onorario giovine prodotto dal Municipio. id. scherma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . id. declamazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lezioni facoltative, od anco obbligatorie a spese dei Geid. disegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . nitori. id. musica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Istitutore (prefetto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00 idem . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00 Cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00 Sotto-cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . 300,00 Cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00 Sotto-cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . . 300,00 Infermiere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (L. 300 - farsene a meno) Portiere (pel convitto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300,00 Bidello (per le scuole) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 600,00 Cuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 480,00 Guatteri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300,00 Barbieri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200,00 Lavandaia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150,00 Medico-chirurgo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240,00 Spese di cancelleria al Rettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . id. per Premi scolastici . . . . . . . . . . . . . . . . 100,00 id. di culto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00 id. Fitto (a 20 alunni e 12 del personale . . . . . . . interno a L. 1,15 per giorni 360). . . . . . 13.248,00 Spese d’impianto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.000,00 id. casuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82,00 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Lire 45.000,00 } } [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Lanza] Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 121 RENDICONTO, INTROITI ED ESITI DEL CONVITTO Rendiconto degli introiti ed esiti attinenti all’Amministrazione di detti stabilimenti pel mese di gennaio, febbraio e marzo 1872. Gennaio 1. Esatti n. 45 trimestri di 125 L. 5.625 più tre trimestri di mezza pensione . . . . . 187,50 2. Al Fabbricatore Almerinto Fuiano come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . 29,50 3. Stampa di un bollettario . . . . . . . . . . . . . 14,50 4. Al Signor Paolo Leone per registri ed altri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15,000 5. Legatura del Bollettario. . . . . . . . . . . . . . 2.00 6. Al pittore Mariani per avere dipinto la stanza del vicerettore . . . . . . . . . . . . . . 18,00 7. Al maestro Michele Tonti come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . 35,00 8. Spugne per le camerate . . . . . . . . . . . . . . 5,15 9. Al falegname Serracchia per una scrivania di legno noce pel preside come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . 60,00 10. Alla Lavandaia per imbiancatura della lingerie de’ superiori e tovaglie del refettorio . . . . . . . . . . . . . . . 34,00 11. Per fosferi e lumini . . . . . . . . . . . . . . . . . 1,60 12. Al fabbricatore Fuiano come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . 30,00 13. Olio per convitto litri 19,50. . . . . . . . . . . 24,37 14. Scope arena ed altri . . . . . . . . . . . . . . . . . 4,21 15. Piatti dozzine 15 a L. 1,10. . . . . . . . . . . . 16,50 16. Zuppiere n. 35 a centesimi 40 l’una . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14,00 17. Per una cucchiara di ferro ed accomodi di caffettiera . . . . . . . . . . . . 1,45 18. Al coco pel vitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.552,32 Febbraio 1. Al Falegname Serracchia come da nota ridotta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46,50 2. Al Falegname la Torra pel cassettone del campanello ed altri accomodi come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . . 10,00 3. Al Fabbricatore Fuiano come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . . 50,00 4. Per accomodo del sedile nel cesso . . . . . . 3,00 5. Accomodi di una fornacetta . . . . . . . . . . . 1,90 6. Per due setacci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5,00 7. A Gennaro Doria per vari oggetti di cucina. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1,97 8. Olio per le camerate l. 16,50 . . . . . . . . . . . 25,22 9. Alla lavandaia per imbiancatura delle lingerie de’ superiori e tovaglie del refettorio . . . . . . . . . . . . . . . . 34,00 10. Petrolio litri 174 a 70 centesimi . . . . . . . . 121,80 11. Lumini e fosferi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1,40 13. Al coco pel vitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.225,41 Marzo 1. Alla lavandaia per imbiancatura delle lingerie de superiori e tovaglie del refettorio . . . . . . . . . . . . . . . . 122 Il Regio Liceo Lanza STATUTO DEL CONVITTO (1896) Seduta del Consiglio comunale nella consueta sala di adunanza del Palazzo di Città. Sono intervenuti il sindaco Cicella Avv. Ernesto, e 22 Consiglieri: De Benedictis Gaetano; Lo Re Antonio; De Biase Giovanni; Rispoli Gennaro; De Angelis Salvatore; Colaminè F. Paolo; del Pozzo Francesco; Accettulli F. Paolo; Priore F. Paolo; Prestini Pietro; Del Mare Vincenzo; Abruzzese Carmine; Parisi Michele; Arbore Gennaro; Zicari F. Paolo; Zicari Antonio; Salerni Edoardo; Pastore Pasquale; Mascibelli Panfilo; Mongelli Vincenzo; Tota Felice; Barone Michele. Il testo dello statuto licenziato consta di 22 articoli. Articolo 1°. Il Convitto comunale “Vincenzo Lanza” è governato dalle disposizioni del presente Statuto. Articolo 2°. Il patrimonio del Convitto è costituito dalla dotazione concessa dal Comune e dalle rette pagate dai Convittori. Articolo 3°. Al Convitto presiede un Consiglio di amministrazione composto dal Sindaco Presidente o in sua vece dall’Assessore alla Pubblica Istruzione, da un membro Consigliere e gl’inservienti del Convitto. Provvede alla gestione del patrimonio, prendendo in esame i bilanci preventivo e consuntivo, delibera sulle ammissioni dei Convittori dopo aver inteso il parere del Rettore, e decide sulle questioni disciplinari più gravi, le quali interessino la vita del Convitto. Articolo 7°. Il Rettore, sotto la sua responsabilità provvede nei casi disciplinari più urgenti da sé, salvo a domandare poi l’approvazione del Consiglio. Articolo 8°. Il Consiglio d’amministrazione terrà seduta, dietro invito del Presidente, una volta al mese, e discuterà il rendiconto consuntivo del mese precedente e quello preventivo del mese seguente. Per gravi motivi potrà riunirsi anche più di una volta al mese; e qualora tre membri ne facciano richiesta. Le adunanze sono valide, se vi assiste la metà dei membri più uno. Le deliberazioni si prendono a maggioranza di voti. Articolo 9°. Il Bilancio del Convitto verrà approvato dall’Amministrazione comunale. Articolo 10°. Sono ufficiali del Convitto: 1. Il Rettore che sarà sempre il Preside del Liceo. 2. Il Censore. 3. L’Economo. 4. Il Direttore spirituale. 5. Gl’Istitutori. Articolo 11°. A seconda dei bisogni potranno istituirsi corsi liberi mantenuti dal Convitto di scherma, ginnastica, ecc. Per lezioni di lingue straniere o di musica provvedono le famiglie. Articolo 12°. Gli stipendii degli ufficiali e degl’inservienti stabiliti dalla Tabella A, sono pagati dall’Economo, con buoni emessi dal Rettore, in dodici rate mensili equali posticipate. Il Censore e gl’Istitutori avranno diritto anche al vitto e all’alloggio in Convitto. Articolo 13°. Il Rettore pubblica a stampa ogni anno il rendiconto morale ed economico del Convitto a nome del Consiglio. Articolo 14°. L’Economo riscuoterà le dotazioni comunale e provinciale e le rette degli alunni in rate bimestrali anticipate Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio che terrà depositate a conto corrente presso un Istituto di credito di fiducia del Comune. Egli darà garanzia di sé con danaro contante, vincolato alla Banca d’Italia, o con cartelle del debito Pubblico per l’ammontare di cinquemila lire. Articolo 15°. Il Rettore verificherà ogni quindici giorni la cassa, nella quale non potrà mai esservi una somma superiore ai bisogni del mese in corso. Articolo 16°. La eccedenza verrà depositata alla Banca d’Italia con un libretto a conto corrente, intestato all’amministrazione del Convitto. Articolo 17°. Per lo svincolo della somma basterà la firma del Rettore con l’autorizzazione del Consiglio. Articolo 18°. Alla fine dell’anno i risparmi saranno devoluti per miglioramenti materiali del Convitto, o verranno convertiti in rendita del Debito Pubblico per costituire il patrimonio del Convitto. Articolo 19°. L’economo provvederà al buon andamento della dispensa e della cucina, curando la maggiore possibile economia, sotto la sorveglianza e gli ordini del Rettore. Articolo 20°. I Convittori pagheranno L. 500 annue per retta. Se vi saranno due fratelli convittori, il 2° pagherà un terzo di meno, se ve ne saranno tre, il 3° pagherà metà della retta, se quattro, uno verrà ammesso gratuitamente. Articolo 21°. Non saranno accettati altri giovani, se non quelli che frequentano regolarmente il Liceo, il Ginnasio, l’Istituto Tecnico, le Scuole Tecniche e le Scuole Elementari. Qualora il numero di queste ultime sia grande, si provvederà alla loro istruzione dentro il Convitto. Articolo 22°. Il Presente Statuto, approvato dal Consiglio comunale, andrà in vigo- 123 re coll’anno scolastico 1896-97. Tabella A Stipendii degli ufficiali del Convitto Comunale “Vincenzo Lanza”: – Rettore lire 1.800,00 senza vitto; – 1 Censore lire 1.200,00 con vitto; – 1 Economo lire 1.200,00 senza vitto; – 1 Direttore spirituale lire 300,00 senza vitto; – 4 Istitutori lire 2.400,00 con vitto; – 4 Inservienti lire 1.200,00 con vitto; Totale: lire 8.100,00. Letto, approvato e sottoscritto dalla Giunta municipale, all’uopo delegata, oggi 23 Maggio 1896. Il sindaco ff. E. Cicella. Gli Assessori. E. Salerni, P. Miscitelli, Lo Re. Il Vice Segretario Capo Mele. Per copia conforme all’originale redatto su carta da bollo di centesimi 50. Il Vice Segretario comunale Mele. Visto. Il Sindaco ff. E. Cicella. Pubblicata in conformità dell’articolo 113 della Legge comunale. Addì 24 Maggio 1896. Il Vice Segretario Mele. 124 Il Regio Liceo Lanza LE PERPLESSITÀ DEL RETTORE MELILLO SUL CONVITTO Illustre Signor Sindaco di Foggia. Onorato della fiducia di codesta Amministrazione, accettai la nomina a Rettore, sia pure in forma temporanea, nella speranza di poter fare un po’ di bene ai giovani e con la piena consapevolezza dei doveri e delle responsabilità inerenti alla carica. Alla distanza di quasi un mese dalla nomina, dopo aver vissuto in mezzo ai giovani, dopo aver assistito, quasi semplice spettatore, alle varie manifestazioni della vita del Convitto, sento il dovere di comunicare alla S.V., agli Assessori, le mie impressioni, di dire loro, apertamente e francamente, quale il Convitto è e quale dovrebbe essere, per il vero bene dei giovani e per il decoro della nostra città. E nel fare questo, non è nell’animo mio il pensiero di censurare l’opera degli altri, ma di giustificare soltanto l’opera mia, cui mi sono accinto con costanza. L’andamento di un convitto apparisce a prima vista, all’esterno, dalla esplicazione delle varie occupazioni della giornata. Vi sono le ore dello studio, che devono essere sacre: ogni alunno deve stare al posto che gli è assegnato e là attendere, in silenzio, a svolgere i suoi compiti di scuola, senza permettersi, alla più piccola occasione, di recarsi ora da un compagno ed ora da un altro, senza andare in giro per le diverse sale, in cerca di un libro o di un quaderno. Vi è l’ora del pranzo, ed ogni alunno deve, nel mangiare, osservare tutte quelle norme della buona creanza che devono essere connaturate nell’animo dei giovani che vivono in Convitto. Vi sono le ore di ricreazione, di passeggio, che debbono essere ore di civile conversazione e di sollievo, informate a tutte quelle gentilezze di modi e di tratti che sono in uso fra figli di galantuomini. E vi sono poi le ore del sonno, ore sane al riposo: in quelle ore il silenzio deve essere perfetto, né alcuno deve permettersi di disturbarlo. Queste diverse occupazioni della giornata devono i giovani, che vivono in un convitto, imparare a rispettare con ordine e disciplina. A cominciare dalla levata, la campanella non suona per tutti. V’è chi si leva sollecito, v’è chi si leva riluttante e solo dopo reiterate insistenze dei superiori e v’è chi si leva all’ultimo momento a forza… E rimproverati, vi dicono che da otto anni mai si sono levati, per privilegio, al suono della campanella. E quando si esce dai dormitori per andare negli studi o si esce dagli studi per andare a scuola o a refettorio o a passeggio, i corridoi risuonano delle più disparate grida, di fischi, di urla: non si sa che cosa sia il silenzio, che cosa sia andare in fila per due, ordinati e composti: ve li vedete disordinatamente scappare, fuggire, fare a gara a chi arriva più presto. E manca negli atti più comuni, nella conversazione, quel certo che di signorile che è proprio dei figli di gente perbene: vi è in tutto una volgarità che fa tanto male a chi ci capita in mezzo la prima volta. Persino nel mangiare, a tavola, ve li vedete, in buona parte, ed i più grandi, non so se ignari o negligenti soltanto delle norme più elementari che detta un libricino di pochi soldi. Vi è un regolamento, lo so; ma il regolamento è restato del tutto lettera morta; e ci vuole una mano ferma e costante che lo faccia osservare, richiamandolo a vita. Debbono i giovani acquistarlo per intero il senso dell’ordine e della disciplina; debbono sentire profondo il rispetto che ciascuno deve nutrire per la propria dignità, per la propria persona. Né quest’ordine e questa Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio disciplina nelle citate diverse occupazioni può ottenersi così di botto, in una volta. Togliere abusi, correggere cattive inveterate abitudini è difficile. Ci vuole tempo, innanzi tutto, ci vuole tatto, pazienza e poi forza e costanza. Le difficoltà, nel regime di un istituto specialmente, bisogna insensibilmente, gradatamente sgretolarle, una per una, e non affrontarle tutte in una volta. Né per ottenere questa disciplina basta la sola opera del Rettore. Sono necessarie al Rettore le braccia per ottenere buoni frutti. E le braccia del rettore sono gli altri superiori, specialmente gl’Istitutori. La disciplina è quasi tutta nelle loro mani. Sono essi in immediato contatto coi giovani, quelli che, primi, ne vedono ed osservano le tendenze e gl’istinti. Se gli istitutori, dimentichi dei propri doveri, scendono coi giovani loro affidati a facili transazioni e per una eccessiva familiarità perdono ogni prestigio, la disciplina è compromessa. Solo con l’aiuto degli altri superiori può il Rettore ottenere, in qualche modo, ordine e disciplina. E dico, in qualche modo, a ragion veduta, poiché al vero e completo ordine, alla esatta disciplina concorrono tanti altri coefficienti, non ultimo il locale. E il nostro locale, sorto per altri usi fuorché per quello di convitto, non risponde ai bisogni della disciplina. Mancano delle sale per trattenere i giovani nelle ore di ricreazione; sono malamente disposte le sale di studio; e le latrine, poche e malamente distribuite e malamente tenute, offrono seri inconvenienti che solo un’oculata vigilanza può attenuare. In tutti i modi però, poiché l’ottimo è nemico del bene, la disciplina e l’ordine bisognerà ristabilirli, quanto più è possibile; e a questo, fiducioso, io consacrerò tutte le mie forze. Ma quando si sarà riusciti ad avere quest’or- 125 dine e questa disciplina esterna, se si sarà fatto un gran passo verso il buon andamento del Convitto, non si sarà fatto però tutto. Si sarà fatta, per così dire, la parte negativa; e invece l’opera di un istituto di educazione deve essere positiva, diretta a formare l’animo, la coscienza, il carattere dei giovani. Il Convitto deve essere la continuazione della famiglia: l’opera della direzione di un Convitto deve essere eminentemente educativa. Come e quando la Direzione di un Convitto debba svolgere questa sua opera educativa, non è qui il caso di dire. È un’opera vasta e difficile che ha giustamente sempre preoccupato la mente dei reggitori di anime. Ne accenno solo le linee principali. Deve la direzione di un Istituto di educazione, completando l’opera della scuola, gettare nell’animo dei giovanetti i germi di una coscienza retta, formarvi un nucleo di convinzioni precise e dritte che sieno di guida nella vita, perché inizino la loro missione nella società con l’animo pieno delle più belle idealità, fiduciosi delle proprie virtù. A questo bisogna elevare i nostri giovani. Se in questa opera d’elevazione e di correzione, per il bene dei giovani e per l’onore della città, che è anche mia, la mia persona potrà essere utile, starò come soldato al suo posto e finché mi sorride la speranza di non spendere opera vana; ma se questa speranza, per fortuite circostanze, dovrà venirmi meno, cederò, volentieri e senza rancore alcuno, ad altri il posto. Il bene vero dei giovani e l’onore della città, sopra tutto. Foggia 26 dicembre 1914 Professor Michele Melillo [ASCFG, Categoria 9 Istruzione, busta 87, Con- 126 Il Regio Liceo Lanza Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio 127 Le domande di Matteo Luigi Guerrieri e Silvio Petrucci (pagina a lato) per essere nominati istitutori del Convitto “Lanza”. [ASCFG, cat. 9, busta 87] La “fabbrica” del consenso La riforma Gentile del 1923, nata nel clima di rinnovamento culturale e filosofico del primo Novecento, e considerata da Mussolini come “la più fascista delle riforme”, si contraddistinse per la globalità dell’intervento, che teneva conto delle istanze espresse durante l’età giolittiana. Gli sforzi maggiori furono dedicati al liceo classico. Gentile lo riportò al centro della scuola italiana, rendendolo severo, selettivo, aristocratico. Marcato fu il segno della cultura idealistica1. Fra gli interventi qualitativi vi furono gli abbinamenti di storia e filosofia e di fisica e matematica e l’abolizione dell’insegnamento di storia naturale, introdotta nei programmi del 1882 per una scelta positivistica. Il liceo classico era l’unica scuola che “apriva” tutte le facoltà universitarie. Gentile gli affiancò il liceo scientifico, cui furono affidati due compiti: formare la classe dirigente orientata verso le professioni tecnico-scientifiche; evitare l’affollamento del liceo classico. L’istituto tecnico fu lasciato fuori dalla riforma, restò di pertinenza del Ministero dell’Industria: gli iscritti potevano scegliere due corsi, uno di ragioneria e commercio, l’altro di agrimensura. «Un’altra innovazione – sottolinea Giuseppe Ricuperati – fu il liceo femminile, una scuola pensata per l’alta e media borghesia, che faceva proseguire gli studi alle proprie figlie fino all’età del matrimonio, per prepararle al compito importante, ma subalterno, di moglie e di signora. Con tale innovazione Gentile sperava di scaricare una parte qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, in Storia d’Italia, Einaudi, Torino, 1975, vol. V, tomo 2, p. 1713. 130 Il Regio Liceo Lanza delle ragazze che affollavano, inutilmente e quindi in modo didatticamente dannoso, liceo e scuole normali»2. Il tentativo non ebbe successo. Dopo la prima guerra mondiale, la componente femminile era diventata sempre più numerosa, sia fra gli alunni sia fra gli insegnanti. Ma le docenti erano ancora considerate delle “presenze pericolose” che potevano pregiudicare, con un abbigliamento provocante, la moralità degli studenti. Questa mentalità persiste tenacemente anche negli anni successivi. Nel 1927 il ministro dell’Istruzione Fedele invia ai Presidi di tutta Italia una circolare riservata “sulla tenuta delle insegnanti”: «Reputo sia opportuno consigliare alle insegnanti di ogni ordine di presentarsi agli alunni, nelle classi, vestite con quella dignitosa modestia che appar più degna del severo ufficio ad esse affidato. Credo anzi che sia conveniente che le insegnanti indossino nelle classi una lunga vestaglia, chiusa al collo ed ai polsi, come si richiede generalmente dalle Alunne dei nostri Istituti. Del resto non dubito che fuori e dentro della Scuola le insegnanti vorranno dare esempio di quella compostezza nel vestire che è conforme alla nobiltà della loro missione»3. Le alunne sono ancora inserite in classi miste, ma dopo il 1933 una disposizione ministeriale imporrà la costituzione di sezioni distinte per maschi e femmine, richiamando i Presidi a “prevenire i pericoli della coeducazione”. A livello burocratico-amministrativo, c’è un accentramento. I Provveditorati non sono piú organizzati a livello provinciale, ma regionale. Il preside assume gradualmente le caratteristiche di “capo d’istituto”. Mentre nella seconda metà dell’Ottocento la sua maggiore incombenza era la compilazione in bella grafia dei verbali, nell’età giolittiana egli diventa guida pedagogica, autorevole e paterna, coordinatore della didattica4. Con la riforma Gentile, si afferma la figura del presideduce5, con un forte potere: egli valuta, con le famigerate note di qualifica, le capacità didattiche degli insegnanti che gli sono direttamente soggetti. Il preside risponde soltanto ai propri superiori: il Collegio dei docenti, unico momento di gestione democratica della scuola, viene esautorato. Dal 19236 i presidi vengono scelti dal Ministero tra i professori laureati con almeno un quadriennio di anzianità come ordinari. Dalla scelta sono escluse le donne. I ruoli previsti sono due: il primo ruolo; il secondo ruolo, nel quale rienqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, in Storia d’Italia, Einaudi, Torino, 1975, vol. V, tomo 2, p. 1715. Cfr. http://www.liceotorricelli.it. 4 Ivi, p. 1713. 5 Il neologismo è stato coniato da SANTONI-RUGIU, Il professore nella scuola italiana, Firenze, 1968. 6 Cfr. R.D. 6 maggio 1923, n. 1054, Ordinamento della istruzione media e dei convitti nazionali. (Gazzetta Ufficiale del 2 giugno 1923, n. 129). 3 La fabbrica del consenso 131 trano i presidi di ginnasio isolato e di scuola complementare. I presidi dei licei ginnasi, degli istituti tecnici e degli istituti magistrali e di altri istituti, la cui popolazione scolastica supera il numero di 250 alunni, sono dispensati dall’insegnamento. Ma spesso, per mancanza di docenti, assolvono anche a questo compito, prestando in cattedra lo stesso orario d’obbligo di un professore. Ai presidi è vietato insegnare in altri istituti, impartire lezioni private ed esercitare qualsiasi professione libera. Tocca loro, oltre allo stipendio, una speciale indennità di carica, che varia a seconda delle dimensioni della scuola di servizio. Le supplenze e gli incarichi sono conferiti direttamente dal preside, che nella scelta tiene conto dell’eventuale servizio militare in reparti combattenti svolto dagli aspiranti professori, e dei loro risultati nei pubblici concorsi. In caso di contenzioso è ammesso il ricorso al Provveditore agli Studi, la cui decisione ha carattere definitivo. Il numero dei corsi completi e delle cattedre, e quindi dei posti di ruolo dei docenti, viene determinato per ogni biennio in base alle norme stabilite per ciascun tipo di istituto dal Ministro dell’Istruzione, d’accordo con quello delle Finanze. Nessuna classe può avere più di 35 alunni. Nella reale prassi scolastica, le deroghe sono però all’ordine del giorno, con classi sovraffollate, specie negli anni centrali del Ventennio. I Presidi sono costretti a rifiutare numerose iscrizioni, specie nelle prime classi, per “incapienza” delle aule, ma talvolta accolgono fino a cinquantuno studenti per classe. Accadde anche al “Lanza” di Foggia. L’Onb e la Gil Per integrare la sua mission educativa, il fascismo crea un’istituzione, l’Opera Nazionale Balilla (Onb7), con uno specifico compito: preparare i fascisti del domani. Il primo presidente è Renato Ricci. L’Opera comprende quattro organizzazioni, con tesserati dagli otto ai diciotto anni: balilla; avanguardisti; piccole italiane; giovani italiane. Dall’Avanguardia si passa ai Fasci giovanili, alla Milizia e al Partito. Ciò avviene mediante il rito della “Leva fascista” che si svolge in tutta Italia il 24 maggio, anniversario dell’entrata dell’Italia in guerra, «inizio del rinnovamento nazionale». Il Duce sceglie per il rito simbolico lo stesso giorno in cui «la Rivoluzione ebbe inizio». Le finalità dell’Onb sono varie: migliorare la preparazione degli insegnanti di educazione fisica (a tal fine vengono istituite l’Accademia Fascista di Roma e l’Accademia Fascista Femminile di Orvieto); fare propaganda tra le famiglie e tra qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 La Legge istitutiva dell’Opera Balilla è la n. 2247 del 3 aprile 1926. 132 Il Regio Liceo Lanza Visita dell’onorevole Ricci in Capitanata. [Archivio Masullo Fuiano] i giovani a favore della ginnastica e degli sport, in modo da creare un clima «che non sia ostile all’educazione fisica». L’attività delle bambine e delle ragazze iscritte è quella «che si addice alla loro età, al loro sesso, alle funzioni che devono esercitare nella società fascista». Esse seguono corsi di taglio e cucito, ricamo, igiene, pronto soccorso, puericultura, economia domestica, ginnastica ritmica, ma partecipano anche a gite ed escursioni. Ai ragazzi dell’Onb sono suggerite delle regole di bon ton da osservare nei confronti delle coetanee: i balilla e gli avanguardisti dovranno «guardare le loro camerate con massimo rispetto e dar prova di gentilezza e cavalleria» tutte le volte che nelle cerimonie e nelle manifestazioni si trovino a contatto con esse. Nel 1935 il Duce concede la tessera anche ai bimbi dai sei agli otto anni: sono denominati “figli della lupa”. La loro divisa riproduce la lupa capitolina che allatta Romolo e Remo. Una tessera speciale viene concessa ai neonati le cui famiglie ne facciano richiesta. Ma queste richieste sono “pilotate”: le puerpere e i loro mariti ricevono un biglietto di auguri prestampato: «L’Opera Balilla di... ha appreso con vivo piacere la nascita del bambino... venuta ad allietare la sua famiglia ed a portare il suo promettente sorriso nella gaia schiera dei ragazzi di Mussolini, e, certa di far cosa gradita, porge insieme agli auguri più sinceri la tessera di iscrizione all’Opera Balilla». In carattere molto più piccolo segue un “nota bene”: «Le SS.LL. vorranno versare la somma di lire 5, corrispondente al prezzo della tesse- [Archivio Carelli] [Archivio Di Milo] La fabbrica del consenso 135 ra, a mezzo dell’unito modulo di versamento in c.c. postale, alla tesoreria dell’Opera Balilla. In caso diverso la tessera sarà cortesemente restituita al Comitato provinciale dell’Opera Balilla in via...»8. Probabilmente, pochi genitori ebbero la possibilità di versare cinque lire per acquistare la tessera. Come non tutti poterono pagare le divise da marinaretti dei loro bambini. Ad esempio, in un paese povero come Peschici, i ragazzini vestiti di stracci, scalzi e con il volto segnato dagli stenti, erano uno spettacolo senz’altro più rispondente alla realtà rispetto alle parate in camicia nera del Sabato fascista. I genitori, che a malapena riuscivano a sfamare i numerosi figli e a vestirli, tramandandosi pochi capi di vestiario pieni di toppe e consumati da infiniti lavaggi, erano costretti a pagare “profumatamente” le divise volute dal Regime. Non sempre riuscirono ad onorare il loro debito. Illuminante, a questo proposito, è la vicenda del maestro Michele Lo Buono, presidente della locale Onb, che nel 1931 commissionò alla ditta Achille Vitale di Torino delle divise da marinaretti per i balilla e gli avanguardisti, per un importo abbastanza elevato: 1.432 lire. Dopo aver atteso inutilmente sei mesi il pagamento per la fornitura, l’11 gennaio 1932 il titolare della ditta scrisse al Commissario prefettizio di Peschici, minacciando di ricorrere, in caso di reiterata insolvenza, all’ufficiale giudiziario contro l’Onb e contro il firmatario dell’ordinazione. Il commissario Prencipe rispose così: «Sto dando tutto il mio appoggio ai responsabili dell’Onb, perché essi possano, a rate minime, esigere dalle famiglie dei balilla e avanguardisti l’importo della divisa fornita ai loro bambini. Lavoro difficilissimo, stante la grande miseria di questa popolazione, ma con un po’ di pazienza e costanza spero di raggiungere lo scopo. Vogliate quindi avere la bontà di attendere che questo periodo triste di crisi invernale passi e vedrete che qualcosa si potrà inviare, un po’ per volta, e fino al saldo completo del vostro avere. Prego altresì di non impegnare, come che sia, il vostro legale, che dal nulla ricaverebbe nulla, né potrebbe avere speranza di rivalersi sul presidente che ha consegnato le divise agli interessati, perché è un modesto maestro elementare». Dalle famiglie si riuscì a raccogliere soltanto 932 lire, che furono inviate alla ditta Vitale durante il 1932. Di più non si riuscì ad ottenere. Il debito venne definitivamente saldato soltanto cinque anni dopo, nel febbraio 1937, dal Comune di Peschici9. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 8 Cfr. G. VENÈ, Mille lire al mese. Vita quotidiana della famiglia nell’Italia fascista, Mondadori (Oscar), Milano, 1997. 9 ARCHIVIO COMUNALE PESCHICI ACP), Assistenza, carteggio Divise Marinaretti. La delibera così motivava la concessione di 500 lire: «Visto che le limitate possibilità finanziarie del comitato ONB non gli hanno mai consentito di saldare il vecchio debito né potranno farlo in avvenire, si ravvisa opportuno elargire un sussidio straordinario “una tantum” per saldare detta pendenza, tanto più che il fornitore Achille Vitale si é già rivolto al comitato provinciale 0.N.B., nonché a S.E. il prefet- 136 Il Regio Liceo Lanza Anche nel carteggio del Fascio di Combattimento di Rodi Garganico è segnalata la “sparizione” delle divise dell’organizzazione che, nonostante i forti solleciti, non verranno recuperate e non saranno rimborsate dalle famiglie10. Sempre a proposito delle divise dell’Onb, i Presidi del Liceo “Lanza” segnalano di aver usato i fondi della Cassa Scolastica per donare questi indumenti agli allievi provenienti da famiglie povere. E siamo in una scuola “blasonata”. Quale fu la reale portata della propagandata, capillare assistenza che l’Opera forniva agli organizzati? In ogni comune il Patronato Scolastico, alle dipendenze del Comitato dell’Onb, vi provvedeva secondo tre distinte modalità: assistenza scolastica11; prevenzione igienico-sanitaria; previdenza e assicurazione. Dalle delibere del Municipio di Peschici, si evince che spesso il Comune dovette supplire alla cronica mancanza di fondi di questa organizzazione creata dal Regime. Pagò altresì i fitti delle sedi del Partito nazionale fascista (Pnf) e della Milizia volontaria per la Sicurezza nazionale (Mvsn), costruì il Campo del Littorio, contribuì ad istituire colonie estive per i bambini poveri. Pagò anche i debiti dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (Onmi)12. Nel 1937 fu istituita la Gioventù Italiana del Littorio (Gil). Veniva così portato a termine il progetto di riunire tutti i gruppi giovanili in un’unica organizzazione alle dipendenze del Pnf. Avendo ereditato tutto l’apparato burocratico dall’Onb “perfettamente efficiente”, la Gil fu in grado di operare “in maniera completa”. I quadri vennero ampliati. A farvi parte entrarono i Fasci giovanili di Combattimento, in cui militavano i giovani tra i 17 e i 21 anni che presero il nome di “giovani fascisti”; le ragazze della stessa età vennero inquadrate con il nome di “giovani fasciste”. Per ospitare le attività delle varie organizzazioni giovanili e di partito, il Regime avviò un’imponente attività di edilizia pubblica. Gli edifici costruiti in tutta Italia (Casa Balilla, Casa della Giovane italiana, Casa del Fascio, Gil) rappresentano oggi il segno più importante lasciato dall’architettura “moderna” nel periodo compreso tra il 1931 e il 1938. La vicenda di queste opere di architettura, progetqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 10 ASFG, Fascio di Combattimento di Rodi Garganico, 1. La Cassa Mutua Assistenza era intitolata ad Arnaldo Mussolini, il fratello maggiore del Duce immaturamente scomparso. 12 ACP, Registro delibere comunali 1928-1940. Il 7 Marzo 1936, il Podestà, «visto che numerosi fornitori del Comune, da parecchi anni attendono il saldo della fornitura di latte e carne somministrati a povere madri dietro ordine dell’Onmi Provinciale, visto che l’Onmi locale non può pagare il debito, per la semplice ragione che non ha alcun fondo disponibile, non potendosi umanamente ammettere che i fornitori, in misere condizioni anch’essi, possano ulteriormente attendere, avendo già fin troppo atteso e sempre invano», deliberò il saldo del debito. Il Prefetto, nel restituire esecutiva la delibera, raccomandò vivamente al Podestà di iniziare subito le pratiche per il recupero della somma dall’Onmi provinciale. 11 La fabbrica del consenso 137 tate in così breve periodo, è ancor oggi poco conosciuta ed esplorata. Appare comunque esemplare, all’interno delle vicende del movimento “razionalista” italiano, per l’entità delle realizzazioni e delle tipologie funzionali adottate13. Il ruolo degli intellettuali durante il Ventennio Il fascismo è un oggetto ingombrante: più lo si studia, più c’è da scavare, documentare, comprendere. Nell’ambito del tema “Intellettuali e fascismo” uno degli storici che ha realizzato i contributi più seri e innovativi è Gabriele Turi, docente di Storia contemporanea all’Università di Firenze. Turi ha sempre sostenuto, persuasivamente, l’esistenza di una “cultura fascista” e ne ha illustrato, nelle sue numerose pubblicazioni, gli strumenti, i protagonisti, le strutture istituzionali legate allo Stato. Uno Stato che incomincia, per la prima volta nella storia d’Italia, a fare “politica della cultura”, e ad organizzare un piano di cooptazione degli intellettuali, rendendoli partecipi, subordinatamente, del progetto di edificazione della “nuova Italia”: l’Italia del Duce. Al di là del giustificazionismo facile, ma anche del moralismo – due forme sbagliate di approccio alla questione – Turi ci ha insegnato un metodo fondamentale: non nascondere nulla, per comprendere tutto. In questo nostro lavoro entriamo nelle aule di un liceo-ginnasio, ricostruendo tutto ciò che emerge dalle fonti per toccare con mano quale fu il ruolo della scuola e degli intellettuali foggiani nell’inquadramento della “gioventù studiosa”. Illusioni pedagogiche, cedimenti opportunistici, entusiasmi genuini, tiepide viltà, professionismo inteso asetticamente… furono le motivazioni dell’adesione degli uomini della scuola ai Fasci, alla cui ombra protettrice essi si collocarono, producendo tasselli significativi del mosaico culturale fra le due guerre, che non fu appannaggio dei soli oppositori. Il Liceo “Lanza” diventa quindi uno spaccato significativo di quel microcosmo che fu la cultura mediata nel Ventennio dai Presidi, dai docenti, ma anche dagli allievi che si fecero portavoce degli insegnamenti littori loro inculcati, sostenendoli a livello ideologico nelle loro prime pubblicazioni. Qualche anno dopo alcuni di essi seguiranno strade completamente diverse… Numerosi storici sono impegnati nell’analisi delle modalità, dei “meccanismi” con cui il fascismo utilizzò consapevolmente tutti i mezzi atti a convertire, conquistare e plasmare la coscienza morale ed il costume degli italiani. Notevole fu qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 13 R. SCHNABL, Gioventù Italiana del Littorio (Gil), in http://www.architetti.gorizia.it. A. GAUDIO, La storia della scuola italiana e delle sue riforme, in “ Nuova Secondaria”, Anno XVII, n. 8, 15 aprile 2000, pp. 55-58. 14 138 Il Regio Liceo Lanza lo sforzo compiuto per inquadrare e indottrinare la gioventù14. Per la “catechizzazione” collettiva si avvalse di un composito drappello di veri e propri attivisti culturali, presenti nelle diverse realtà del paese. Fu la Scuola il settore strategico in cui il Regime attuò alcuni dei suoi interventi più efficaci e duraturi15. Il Duce, forse perché anche lui era stato maestro elementare, affermò e sostenne l’autorevolezza dei docenti, la loro insostituibile funzione nell’Italia che il Littorio voleva trasformare a sua immagine. Secondo il suo pensiero, la scuola doveva uscire fuori dal limbo della apoliticità. Non doveva limitarsi a strappare all’analfabetismo le masse popolari italiane. Doveva assumersi l’arduo e delicato compito di forgiare la personalità dei giovani, inculcando il “nuovo spirito sociale”. Compito della scuola di ogni ordine e grado sarà quello di formare il “nuovo italiano”, fornendo il supporto culturale alle organizzazioni giovanili del Pnf. Nel marzo del 1935 venne introdotta una nuova materia obbligatoria: cultura e discipline militari. I docenti furono scelti dal Ministero tra gli ufficiali, in servizio o in congedo, sulla base di una lista compilata dal comando dei Fasci giovanili e dalla presidenza dell’Onb. Il ministro De Vecchi fece della struttura scolastica a vari livelli una metafora e un’anticipazione della struttura militare: «Se nell’istruzione di primo grado bisogna idealmente creare un buon caporale, in quella di secondo grado bisognerà idealmente, scientificamente, fare un buon sottufficiale. Non si deve aver paura che l’adolescente si annoi. La Chiesa sa far digerire con le sue lezioni di catechismo le dottrine più astruse»16. Bisognava solo imitarne il metodo. Sullo schema dei formulari del catechismo cattolico, una comunicazione semplice e autoritaria “indirizza” il consenso delle nuove generazioni verso le scelte del Regime. Nel 1941 il Pnf pubblica, per i tipi di Mondadori, il Primo Libro del fascista e il Secondo Libro del fascista. Due manuali destinati agli studenti, per “forgiare il loro carattere di uomini nuovi e di italiani di Mussolini”. Si vuole offrire ai giovani della Gil una semplice guida, «perché ogni italiano deve vivere consapevolmente nel tempo fascista, e l’ignoranza di tali basi è inammissibile». I qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 15 Per la politica scolastica del periodo fascista: M. Ostenc, La scuola italiana durante il fascismo, Laterza, Roma-Bari, 1980; J. Charnitzsky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del regime fascista (1922-1943), Firenze, La Nuova Italia, 1996. Un’antologia di documenti è in M. BellucciM. Ciliberto, La scuola e la pedagogia del fascismo, Torino, Loescher, 1978; A. Gaudio, Scuola, Chiesa e fascismo, Brescia, La Scuola, 1995, affronta il nodo dei rapporti tra Chiesa e fascismo nello specifico scolastico; C. Ghizzoni, Educazione e scuola all’indomani della Grande Guerra. Il contributo de La Civiltà Cattolica, Brescia, La Scuola, 1997. Riguardo al ruolo di Bottai, esiste un’ampia bibliografia, cfr., in particolare R. Gentili, Giuseppe Bottai e la riforma fascista della scuola, Firenze, La Nuova Italia, 1979. 16 La frase di De Vecchi è citata in www.geocities.com. La fabbrica del consenso 139 “libri del fascista” contengono «quanto è indispensabile conoscere sulla Rivoluzione, il Partito, il Regime, lo Stato mussoliniano, la razza e la Storia d’Italia». Vi sono riassunti in brevi capitoli, sotto forma di domande e risposte, gli aspetti morali, politici, sociali e organizzativi del fascismo ed è data notizia dei princìpi, istituti e ordinamenti su cui è basata l’Italia, “nella sua nuova grandezza”. La struttura catechistica, a domanda e risposta, trasporta sul piano politico lo stesso procedimento dell’insegnamento religioso. Alla domanda «Perché il Duce è il fondatore dell’Impero?», il giovane balilla risponde «Perché condusse e vinse, contro il divieto di una coalizione di cinquantadue Stati, la più grande guerra coloniale che la storia ricordi, che Egli intuì, volle e diresse per il prestigio, la grandezza, la vita della Patria fascista»17. Dall’analisi dei documenti dell’epoca, emerge come la Scuola diventi uno degli interlocutori privilegiati del Regime. Essa è mobilitata con continui appelli e circolari dal Ministero dell’Educazione Nazionale, che si rivolge ai Presidi sollecitandone l’impegno a favore delle iniziative e attività del Regime: per la “Battaglia del grano”, perché la Marcia su Roma sia commemorata ogni anno, perché si adoperino a convincere gli alunni a iscriversi all’Onb e a comprare i libri e le riviste fasciste, contribuendo alle sottoscrizioni indette dal Pnf. Gli insegnanti vengono, loro malgrado, coinvolti in questo capillare lavoro di indottrinamento. Sono investiti di una mission, di un ruolo delicato e oneroso nel processo di formazione: alfabetizzare e inculcare il “credo fascista” alle nuove generazioni. Ai docenti più preparati vengono affidati i compiti celebrativi in occasione di cerimonie legate all’epopea littoria e ai fasti imperiali. La Scuola diventa il canale di trasmissione della cultura nazional-religiosa del Regime: il culto dello Stato, la glorificazione della grande guerra, l’esaltazione della Patria. Tutto il patrimonio simbolico dell’ideologia fascista, con i suoi riti e le sue cerimonie, rientra nel corpus pedagogico di tutti i gradi dell’istruzione. In quel periodo, anche i Presidi e i docenti delle scuole di Foggia, chi più chi meno, diventano artefici consapevoli di quella “fabbrica del consenso” che il fascismo persegue in Capitanata, come in tutte le altre province italiane. Marcello Ariano ha recentemente documentato la vicenda di Giuseppe Luigi Crucinio18, un intellettuale che incarnò in modo perfetto il ruolo assegnato dal qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 17 Cfr. PNF, Il Libro del Fascista, Ed. Mondadori, Verona, 1942, p. 3. Crucinio nasce nel 1891 a San Nicandro Garganico. Dopo aver superato nel 1910 l’esame di ammissione al Regio Ginnasio “Vincenzo Lanza” di Foggia, frequenta la Scuola Normale, conseguendo nel 1913 l’abilitazione all’insegnamento elementare. È istitutore del Convitto “Lanza” nell’anno scolastico 1913-1914. Vincitore di concorso, presta servizio nel capoluogo dauno. Diventa Capo dell’Ufficio stampa e propaganda del Pnf e corrispondente di vari quotidiani locali, regionali e nazionali: “Fiammata”, “Il Popolo nuovo”, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “Il Popolo d’Italia”, “Il Corriere italiano”, “Regime fascista”, “L’Avvenire”. Cfr. M. ARIANO, Giuseppe Luigi 18 140 Il Regio Liceo Lanza regime fascista agli insegnanti, una categoria sociale e professionale cardine per produrre consenso e per allargare lo spazio del controllo politico e sociale del Regime. L’azione di questo maestro, che fu anche istitutore del Convitto “Lanza”, è emblematica di un certo modo di “fare propaganda” in un periodo storico in cui il governo esercitò, utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione, una forte presa sulla società. In particolare Crucinio svolse, con perfetta valenza, una funzione quasi “sacerdotale” in quella che Cannistraro ha definito la “fabbrica del consenso”. Fu un interprete della “cultualità” fascista, nel segno di Dio, Patria e Famiglia, leit motiv estremamente caro alla retorica di Regime dopo la firma dei Patti Lateranensi, che sanciranno l’allineamento dei cattolici ai miti ed agli ideali littori. Fin dai primi anni dell’avvento del Regime, Crucinio aveva fatto una precisa scelta di campo: non volle appartenere alla schiera degli ignavi che «vissero senza infamia e senza lode». È attratto dal fascismo perché vede in esso la categoria culturale capace di affermare la “dimensione spirituale” della politica19. Come altri intellettuali di Capitanata, da Alfredo e Silvio Petrucci a Giovanni Tancredi e Ester Lojodice, egli partecipò alla “scommessa generazionale” del fascismo di creare la “nuova Italia” fatta di idee, di credenze, e forse anche di accattivanti suggestioni. Come tanti intellettuali che si forgiarono in quegli anni, Crucinio estrinsecò la sua mission divulgativa del credo fascista fra l’opinione pubblica colta, scrivendo su testate nazionali e su giornali locali come “Il Popolo nuovo”. Un settimanale utilizzato, con il sostegno della migliore intellighentia di Capitanata, dal suo fondatore e direttore Gaetano Postiglione20 per coagulare e gestire il consenso dei lettori alla politica del Regime. La dirigenza del Partito fascista foggiano mostrò una forte disponibilità all’ascolto della voce degli ambienti moderati cattolici: questo interesse si manifestò nel grande spazio a Crucinio riservato sulle colonne del giornale. Con la morte di Postiglione, avvenuta nel dicembre 1935, a Foggia verrà a mancare un importante referente e mediatore politico; l’immediata chiusura del suo giornale priverà gli intellettuali di un importante strumento di intervento nella vita locale. Gli intellettuali, ma anche i numerosi tecnici che vi scrissero, avevano collaboraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp Corriere italiano”, “Regime fascista”, “L’Avvenire”. Cfr. M. ARIANO, Giuseppe Luigi Crucinio. Nel segno di Dio, Patria e famiglia, Edizioni del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2002. 19 La valorizzazione del ruolo dei Padri Giuseppini del Murialdo a Foggia; gli articoli dedicati ad altri ordini religiosi come le Suore Marcelline, attestano la funzione di raccordo svolta da Crucinio fra i settori del mondo cattolico foggiano e il fascismo locale. 20 Cfr. M. ARIANO, Gaetano Postiglione, Biografia di un modernizzatore, Ed. Il Rosone, Foggia, 2000. La fabbrica del consenso 141 to al processo di “modernizzazione” della provincia, aderendo in pieno al ruolo strategico che Mussolini aveva assegnato alla stampa: diventare la “forza viva” al servizio del fascismo. La potenza della parola Mussolini aveva confidato a Ludwig: «La potenza della parola ha un valore inestimabile per chi governa. Occorre solo variarla continuamente». E il fascismo usò le parole come strumenti atti a suscitare emozioni. L’arte della parola la conobbero e la utilizzarono consapevolmente gli organizzatori del consenso, calibrando il messaggio in modo diverso, a seconda dell’interlocutore da catechizzare. Illuminante, a questo proposito, il sottile “distinguo” tra conferenza e propaganda. Scrive Crucinio: «La conferenza è adatta alle menti colte; ma accanto ai ceti benestanti e professionali vivono gli operai, i contadini: gente di diversa cultura, verso cui la comunicazione va assolutamente mediata. Qui occorre la propaganda spicciola, metodica, continua, scevra di fronzoli, di fregi, occorre la parola buona, chiara, comprensibile, incitatrice. Non la cattedra, ma la lezione alla buona, che metta in condizione i lavoratori di poter comprendere e seguire il fascismo, in tutte le sue molteplici e dinamiche manifestazioni». Le masse vanno quindi integrate al Regime ponendosi al loro livello, ma le parole vanno sapientemente dosate in un climax che porti il destinatario del messaggio ad abbracciare fideisticamente il “credo fascista”. Interessante, per l’interpretazione critica degli scritti apologetici del Ventennio, è l’analisi lessicale effettuata da Marcello Ariano su un resoconto che Crucinio pubblicò su “Il Popolo Nuovo” del 28 ottobre 1934, anniversario della Marcia su Roma. Ariano fa notare che il periodare di Crucinio è dosato in un crescendo di aggettivi che da “sacro”, “epico”, “eroico”, “glorioso”, “indomito”, “fatidico”, “vibrante”, culminano in “supremo”. Per tornare, aggiungiamo noi, al punto di partenza con l’aggettivo “religioso”. Emergono i leit motiv cari al repertorio civile e valoriale del Littorio: l’identificazione della Patria con il fascismo; il tema della giovinezza; la glorificazione della vittoria; l’immancabile appello ai Caduti; il mito del Duce, esaltato dal potente e moderno strumento di penetrazione mediatica qual è la radio, che trasmette tutto il suo discorso21. Anche in alcuni testi ed opuscoli scritti in quel periodo da due ex allievi del “Lanza”, Silvio Petrucci e Carlo Gentile, e dal preside Antonio Regina, ritroviamo molti temi cari alla retorica fascista. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 21 Cfr. M. ARIANO, Giuseppe Crucinio, Edizioni del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2002, p. 142 Il Regio Liceo Lanza Nel settembre 1934, il giornalista Silvio Petrucci22 seguì il Duce durante la visita di cinque giorni in Puglia. La cronaca del viaggio fu pubblicata nel volume celebrativo delle realizzazioni del Regime In Puglia con Mussolini, edito nel 193623. Nel resoconto di Petrucci, Foggia, “cuore della Capitanata”, il giorno della visita del Duce si presentò «avvolta in una bruciante vampata di entusiasmo». Mussolini fu accolto da 150mila persone: «Formidabili correnti umane percorsero il Tavoliere, inondando i campi di grida gioiose e di una parola breve e folgorante: Duce!». La città “colma di grano” che custodiva nelle tipiche fosse, “piene di chicchi di oro”, il prezioso prodotto della terra, gli preparò un’accoglienza di schietto significato rurale: «Il Fascismo – precisa Petrucci – ha qui mobilitato masse di contadini, agricoltori che sono dediti alla vita dei campi, perché ha voluto salutare nel Duce il condottiero di quella battaglia del grano, che in questa terra ha trovato schiere di veliti». Il Regime aveva qui compiuto una radicale trasformazione sociale, riuscendo a conquistare in pieno le masse, mancanti di una tradizione associativa ed esposte agli abusi del “feudalesimo” padronale. Attraverso l’ordinamento corporativo, i contratti di lavoro e le provvidenze sociali, i lavoratori della Capitanata erano stati elevati allo stesso livello dei “camerati” delle province più progredite, di fronte ai quali in passato si erano trovati in condizioni d’umiliante inferiorità. Petrucci paragona Mussolini a un «prodigioso seminatore che, di tanto in tanto, si muove da Roma per recarsi nei luoghi in cui ha scagliato il seme con la mano, per ammirarne la prima fioritura o il novello frutto». Nel 1940 Carlo Gentile pubblicò La filosofia del fascismo, un saggio di sessantatré pagine edito dal Guf “Nigri” di Foggia, apponendo sotto la sua firma la dicitura “fascista universitario”24. Nella sua analisi, il fascismo rappresenta un qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 22 Silvio Petrucci nacque a Sannicandro Garganico il 13 luglio 1894. Fu allievo e istitutore del “Lanza”, licenziato nell’anno scolastico 1913-1914 con la media dell’otto. Laureatosi a Roma in Giurisprudenza, svolse la professione di avvocato sino al 1924, anno in cui entrò nella redazione romana de “Il Popolo d’Italia”. Nel 1939 fu nominato redattore capo de “Il Messaggero”, dove restò fino al 25 luglio 1948. Con il fratello Armando fu un importante organizzatore del “consenso” e della promozione turistica del Gargano: la Villa “Petrucci” di San Menaio, negli anni Trenta, fu ritrovo di feste e di comitive di giovani, nonché luogo di riunione per artisti e politici provenienti da tutte le parti d’Italia. Petrucci fu un giornalista d’assalto. Commentò duramente lo scioglimento del Pnf di due piccoli comuni garganici, Faeto e Lesina, in un articolo apparso su “Roma Fascista”. Il fondo venne ripubblicato dal “Foglietto”, giornale della Daunia, sul numero 29 del 28 luglio 1927, con il titolo Beghe e beghisti. Petrucci prospetta per i beghisti cronici, se continueranno a creare problemi «la comoda, vicinissima villeggiatura delle isole Tremiti». Morì a Roma il 17 febbraio 1971. 23 S. PETRUCCI, In Puglia con Mussolini, Società Editrice Novissima, Roma, 1936. 24 Gentile aveva soltanto vent’anni, si era diplomato due anni prima al Liceo “Lanza” con la media dell’otto e frequentava l’Università di Napoli. La fabbrica del consenso 143 importante fenomeno storico, una vera “rivoluzione”: le ripercussioni immediate si sono verificate in Italia dove è sorto, «ma molti aspetti hanno un significato universale: europeo e mondiale»25. Le dottrine del fascismo sono “dinamiche”: da un primo programma di rivendicazione, è passato ad uno più vasto di ricostruzione totalitaria della società italiana. È un sistema politico «cui incombe il grave ma glorioso ufficio di ammaestrare i popoli ad un ideale di vita più austeramente degno della storia e dell’avvenire»26. È un pensiero nuovo: mettendo in atto le aspirazioni di giustizia che partono dalle masse, «e purificando il popolo dalla letale esperienza delle ideologie estremiste»27, condurrà l’umanità su una via di pace e di benessere, che non sono una gratuita elargizione della Provvidenza, ma rappresentano mete da conquistare con la lotta e il sacrificio. Per Carlo Gentile, le dottrine fasciste sono una vera filosofia. Pur non avendo un netto carattere teoretico, esse rappresentano «una sintesi di idee originali e profonde, create dallo spirito di un Uomo in cui la riflessione e la meditazione non furono mai inferiori alla genialità: Mussolini»28. Il Capo del fascismo non è soltanto un semplice statista: «L’Uomo nel quale l’Italia di oggi vede il suo piú grande figlio ed il suo più intrepido condottiero, per la storia della sua fede, per l’apostolato politico, e per la meravigliosa originalità e potenza del genio creativo, è un vero pensatore»29. Lo stile conciso e vibrante di Mussolini esplica la sua massima potenza30 nella Dottrina del fascismo, elaborata nel 1932. Qui egli distrugge, in vista di principi nuovi e più puri, tutti gli ideali che imperavano in Italia subito dopo la prima guerra mondiale: la democrazia, il socialismo, il materialismo storico, il pacifismo, il liberalismo. Ideologie anacronistiche che hanno ormai esaurito la loro storica funzione politico-sociale31. Secondo Carlo Gentile la spiccata tendenza antidemocratica ed antiliberalistica del fascismo non è soltanto una reazione assolutistica, ma deriva da una profonda valutazione storica dell’Ottocento: «Fare del numero il fondamento dello Stato, cioè chiamare al governo le masse abuliche per innalzare al potere i demagoghi e gli arrivisti, non significa stabilire per il popolo un sano ordinamento di vita politica; e la storia lo ha dimostrato. Il dogma dell’uguaglianza, realizzato interamente nella vita pratica, condurrebbe alla formazione di un livellamento nel qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 25 C. GENTILE, La filosofia del fascismo, Guf “Nigri”, Ed. Cappetta, Foggia, 1940, p. 14. Ivi, p. 34. 27 Ivi, p. 32. 28 Ivi, p. 15. 29 Ivi, p. 32. 30 Ivi, p. 21. 31 Ivi, p. 32. 26 144 Il Regio Liceo Lanza quale cadrebbero, per poi estinguersi, le migliori forze spirituali della stirpe»32. Il fascismo è quindi «un verbo nuovo che non rinnega il passato, ma ne accoglie le tradizioni più vitali»: ha sostituito al criterio dell’uguaglianza quello della gerarchia e se ne serve per valorizzare le più salde e vitali energie dei cittadini. Demiurgo di questa filosofia è Mussolini. Anche il professor Antonio Regina, che diverrà preside del “Lanza” nel secondo dopoguerra, fu fedele “specchio” del suo tempo. Come tanti intellettuali del Ventennio, credette nel mito del Duce. Ammiratore dell’ars retorica del Capo del Governo, nel 1939, quand’era preside del Regio Liceo-ginnasio “Bonghi” di Lucera, pubblicò un saggio dal titolo Appunti per un discorso sul Duce oratore33 . L’analisi di Regina inizia con dei punti di domanda, seguiti da lapidarie risposte: «Sintetizzare l’arte oratoria del Duce, o il fascino di essa? – Impossibile. Carpirne il segreto e definirla? – due volte impossibile». Egli si sente incapace di «sintetizzare la molteplicità più florida, definire l’infinito», ma l’amore che nutre per Mussolini «lo incoraggia a fermare qualche idea su questo tema»34. Quali i punti di forza del Duce oratore? Regina li individua uno ad uno. – La parola del Duce è calda, nasce da una passione, più che dall’ars retorica. Egli «intuisce da solo, volta per volta, le vie e i modi dell’eloquenza sua, e sa che tutta la precettistica di questo mondo non scalda un periodo, non lo à mai scaldato»35. – Entra subito in tema: «Estratto, anche dalle più intricate questioni, il punto vitale, Mussolini entra in argomento con le prime battute, con le prime parole. Il soggetto prescelto è il Suo dio, che esige obbedienza al primo comandamento di ogni solida fede: non altro dio avanti di me»36. – Inventa, di volta in volta, nuove regole di comunicazione: «Il suo genio creatore si ride di tutti i precetti della retorica che può avere studiato o che non à studiato»37. – Suscita sorpresa e attenzione negli astanti: «Egli non prepara l’ascoltatore, né fa calcolo sui sottili accorgimenti del mestiere per esasperare con indugi la curiosità, nemmeno quella più legittima»38. – Non divaga. Il suo stile è vario e coinvolgente: «Ora pieno di foga ora di circospezione, ora fine ora rude. Rude specie nei trapassi dell’idea, a sbalzi, a qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 32 C. GENTILE, La filosofia del fascismo, Guf “Nigri”, Ed. Cappetta, Foggia, 1940, p. 32. REGINA, Discorsi, Molfetta, 1939, pp. 91-104. 34 Ivi, Estratto “Appunti per un discorso sul Duce oratore”, p. 1. 35 Ivi, p. 15. 36 Ivi, p. 4. 37 Ivi, p. 15. 38 Ivi, p. 4. 33 A. La fabbrica del consenso 145 sorpresa, tante volte annullati»39. Scintillante e disteso, ma anche convulso e ambiguo, rauco e triviale, schietto, squillante e poetico...40. – Dialoga con l’ascoltatore: «Egli sa incrociare direttamente il ferro con l’avversario, sa rispondere alle possibili obiezioni»41. – La sua parola crea l’evento: «Non sappiamo se sia più Lui che forgia con la parola gli eventi, o la parola che scaturisce dagli eventi»42. Regina paragona la parola di Mussolini a quella di santi, oratori, letterati e grandi uomini che hanno fatto la storia. Si lancia in un’ardita similitudine per “plasmare” il suo giudizio: «Se mi fosse permessa, in questo tema, una similitudine, il linguaggio del Duce lo accosterei al fiore dell’alpe, di quella grande e pura: sono in esso concentrati il colore e l’aroma dell’altezza, del pericolo, la solitudine e l’infinito, la potenza della pietra e il principato dell’aria: esso ha avuto per culla il lembo di un abisso, per nutrimento i succhi scarsi della roccia e quelli copiosi della rugiada, per carezza il turbine...». Questa ars retorica degli intellettuali del Liceo “Lanza”, ispirata al modello mussoliniano, è un lampante esempio di quel nuovo “linguaggio fascista” che Marcello Ariano analizza in una nota a margine della biografia su Crucinio: «Verso questo linguaggio – sottolinea – non ci si può porre con la mentalità ed i parametri lessicali odierni, né archiviarlo come d’epoca. Il linguaggio fascista ha tutti i crismi di un vero e proprio linguaggio: ha i suoi codici semantici, i suoi moduli espressivi, la riconoscibilità, la tradizione, il riferimento a comportamenti condivisi. Andrebbe studiato senza pregiudizi, nella sua globalità e inquadrandolo in una prospettiva storica»43. I presididuce La documentazione utilizzata per “ricostruire” la storia del Liceo “Lanza” dal 1923 al 1946 è costituita dalle relazioni inviate dai presidi al Ministero dell’Istruzione Pubblica e dell’Educazione Nazionale alla fine di ogni anno scolastico. Al di là della rigorosa funzione di controllo del governo centrale sulla scuola, queste fonti ci permettono di inquadrare, oltre alla personalità dei Presidi del Ventennio, le fasi cruciali della seconda guerra mondiale e la prima ricostruzione del dopoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 39 A. REGINA, Discorsi, Molfetta, 1939, Estratto “Appunti per un discorso sul Duce Oratore”, p. 5. 40 Ivi, pp. 7-8. Ivi, p. 9. 42 Ivi, p. 8 41 146 Il Regio Liceo Lanza guerra, eventi visti da un’angolazione davvero particolare. Le relazioni, non stereotipe, ci permettono di cogliere “dal vivo” la vita della scuola e dei singoli soggetti, il rapporto tra eventi politici e il loro riflesso nell’Ufficio di presidenza e nelle aule. Emergono “fotogrammi” utili per un’inedita storia di Foggia, note di costume sulla mentalità del tempo. Oltre ad evidenziare le difficoltà di gestione della scuola in periodi di pace e di guerra, i Presidi dell’epoca ci forniscono notizie sugli studenti e le loro famiglie, e soprattutto sulla classe docente, sottoposta a un controllo che oggi ci sembra davvero poco rispettoso della libertà di insegnamento e della privacy. Spesso le “vittime” sono quei docenti non allineati ai dettami della didattica tradizionale oppure riluttanti a lasciarsi trasportare dall’ondata ideologica imperante. Emblematica è la vicenda di Dante Severgnini, un professore proveniente dal Nord. Al “Lanza” avrà vita difficile per il suo carattere “ombroso”, pretesto di censura da parte del Preside del tempo. La didattica innovativa faceva presa sugli studenti: quello “strano” docente era riuscito, probabilmente, a penetrare nel loro mondo, facendoli entrare, grazie alle sue capacità di porgere la materia, nello specifico di questioni filosofiche forse prima mai comprese. I documenti relativi al Ventennio testimoniano il progressivo affermarsi del Regime, la pedagogia dell’Onb, tanto invasiva della vita scolastica da originare seri problemi e scontri tra il solerte presidente dell’organizzazione, l’ingegner Dario Lombardi, e alcuni Presidi del Liceo. Il susseguirsi delle ideologie dominanti si stratifica nelle decorazioni littorie esposte sulle pareti dei corridoi da un preside che morirà durante i bombardamenti angloamericani dell’estate del 1943 a due passi dal suo “campo di battaglia”: la scuola44. Drammatiche notizie su quei tragici giorni, e sul loro riflesso nelle aule del “Lanza”, sono fornite dal preside incaricato chiamato a sostituirlo. Il rapporto dei Presidi con il potere; l’allontanamento di insegnanti che derogano alle regole; la censura dei libri stranieri; la ricaduta delle leggi razziali del 1938 sulla scelta dei libri; l’insegnamento della cultura militare e dei lavori manuali di cucito, falegnameria ed agricoli, in seguito alle innovazioni della Carta della scuola di Bottai, sono elementi che rendono bene il senso dell’interesse di una ricerca tematica sulla scuola nel periodo fascista. Anche la storia del Palazzo degli Studi, testimonia, se opportunamente interrogata ed indagata, gli intenti delle persone che lo progettarono e il vissuto di coloro che vi si sono alternati nel tempo. L’edificio, progettato da Marcello Piacentini, noto architetto del Novecento, è emblematico dell’attenzione che Mussoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 44 Il quadro storiografico di quell’evento così tragico per la città è stato tratteggiato da Antonio Guerrieri, figlio del preside morto durante l’incursione aerea del luglio 1943. [Cfr. A. GUERRIERI, La città spezzata. Foggia quei giorni del ‘43, Edipuglia, Bari, 1996] La fabbrica del consenso 147 lini dedicò al Capoluogo di una provincia ad alta vocazione agricola, che rappresentava il “polso” del consenso al Regime in quella che era stata definita la “Puglia rossa”. La documentazione di prima mano ci ha permesso la ricostruzione di una tranche de vie, che illustra il “fare scuola” negli anni del Regime. La storia del Regio Liceo “Lanza”, diventa storia emblematica di una scuola, più o meno allineata alle direttive di un governo dittatoriale. Diventa storia di un gruppo significativo della classe dirigente italiana, i Presidi, in un periodo cruciale della storia nazionale, in cui la scuola è un binario privilegiato per veicolare una “missione forte”: forgiare il “nuovo italiano di Mussolini”. Riuscirono i presidi del “Lanza” in questa intrapresa? I docenti ubbidirono tutti alle direttive? Fecero del Liceo-ginnasio una “fabbrica del consenso” al fascismo? La storia del professor Oronzo Marangelli è significativa della sorte toccata a chi, in una posizione di “prestigio intellettuale” non volle avallare la pseudo pedagogia inneggiante al motto “libro e moschetto”. Non bastarono le sue pregevoli pubblicazioni, né i titoli culturali attestati dalla vincita di concorsi pubblici, a salvarlo “dall’attenzione” di due Presidi zelanti e di un ispettore ministeriale che trovò sul suo cammino: da Foggia venne trasferito con effetto immediato in una scuola di Benevento, “restituito” al grado inferiore. Per poter tornare in Puglia (a Conversano), Marangelli fu costretto a rifare il concorso pubblico per le scuole superiori. Risultando primo nella graduatoria nazionale, spiazzò chi, con note di censura risibili, lo aveva sottoposto ad una visita ispettiva “kafkiana”, determinandone l’allontanamento dal “Poerio”. La vicenda comportò un impoverimento culturale per la città di Foggia. Tra i “censurati” di questi anni troviamo delle personalità che segneranno la vita politico-culturale della Puglia nei decenni successivi: Michele Melillo, Gerardo de Caro e Vittorio de Miro d’Ajeta. L’esistenza di una cellula del Partito liberal democratico, facente capo a Francesco Perna ed Antonio Vivoli, è una spia del malessere che serpeggiava fra i docenti nel periodo in cui il Palazzo degli Studi di Foggia risulta ufficialmente schierato su posizioni «fascistissime». Il Pls di Tommaso Fiore, primo nucleo del futuro Partito d’azione, ebbe una “cellula” al “Lanza” e al “Poerio”. I docenti non si riunivano a scuola, ma nella Libreria Pilone, che negli anni Trenta era il ritrovo degli intellettuali foggiani. La febbrile opera di propaganda antifascista e i frequenti incontri politico-culturali del Pls determinarono il pronto intervento dell’Ovra. Nel corso delle indagini risultò che Tommaso Fiore intratteneva rapporti inerenti il movimento con Tristano Codignola, con Guido Calogero e Aldo Capitini. Tra i simpatizzanti del Pls figuravano anche Ernesto de Martino e Michele Cifarelli. Il 6 aprile 1943 furono arrestati Tommaso Fiore e i suoi figli Vit- 148 Il Regio Liceo Lanza tore e Graziano; perquisizioni furono effettuate presso la casa editrice Laterza. Da Foggia furono tradotti nelle carceri baresi i professori Bari Francesco Perna e Antonio Vivoli. In città si era costituito, in quegli anni, il gruppo della Fuci, frequentato anche da studenti liceali che facevano capo a Renato Luisi, insegnante di religione del “Lanza”. Don Luisi diverrà arcivescovo di Nicastro e di Bovino, quindi si recherà in Amazzonia, lasciando segni indelebili nella storia del cattolicesimo foggiano. La difesa della razza La normativa antiebraica nella scuola, decisa dal fascismo nel settembre 1938, precedette quella nazista, ed assunse un carattere totalitario. Il Regio Decreto Legge 5 settembre 1938 n. 1390, per la “Difesa della Razza nella scuola fascista”, imponeva che gli alunni di razza ebraica non potessero frequentare alcuna scuola statale, parastatale o legalmente riconosciuta di qualsiasi ordine e grado. Tutti gli insegnanti “di razza ebraica” furono sospesi dal servizio, compresi presidi, direttori didattici, personale di vigilanza; i provvedimenti di sospensione si estesero al personale docente universitario, a quello delle accademie, degli istituti e delle associazioni di scienze, lettere e arti45. Nell’elenco dei 171 insegnanti di ruolo di razza ebraica colpiti da tali provvedimenti in tutta Italia, pubblicato dal Ministero nel 1938, è incluso il nome di una docente del Regio Istituto Magistrale “Poerio”: Maddalena Pacifico. Oltre al suo, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 45 Docenti e studenti del Liceo classico “Manzoni” di Milano hanno verificato l’applicazione delle leggi razziali del 1938 nel loro Istituto. La ricerca “Oltre la memoria”, iniziata nel 2001, è tuttora in corso. La possibilità di accedere all’archivio della scuola ha consentito di realizzare il progetto. I materiali sono rielaborati in forma multimediale: l’ipertesto è postato sul sito web del Liceo. Il lavoro è dedicato a Regina Ganì, una delle studentesse “eliminate” dal preside Pochettino, e morta ad Auschwitz nel 1945. Tramite il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, gli studenti hanno contattato due ex allieve “epurate” ancora superstiti: Anna Marcella Falco, che nel 1937-1938 aveva frequentato la quinta C del Ginnasio, ed Emma Pontremoli, alunna della quinta D. Esse hanno raccontato la loro esperienza di studentesse “emarginate” dai compagni e “cacciate” dalla scuola pubblica nell’anno 1938-1939. La loro testimonianza, corredata di una nutrita documentazione fotografica, ha consentito di ricostruire molti aspetti della vita del “Manzoni” durante il Ventennio, quando la scuola era “fascistizzata”. Fu Giuseppe Pochettino, allora preside del Manzoni, ad epurare i 65 alunni ebrei, applicando le leggi “per la difesa della razza nella scuola fascista”. Nato nel 1880 a Castellazzo Bormida (Alessandria) e laureato in Lettere e Filosofia, nel 1908-1909 aveva insegnato nel Ginnasio inferiore “Lanza” di Foggia. Negli anni Trenta al “Lanza” risultano adottati due testi di storia di questo autore; un suo manuale di Elementi di Coltura fascista, edito dalla SEI era diffuso nelle scuole di tutta Italia. La fabbrica del consenso 149 nessun altro nome di insegnante delle scuole di Foggia figura in questo elenco. Nessun docente del “Lanza” venne quindi sospeso e dispensato dal servizio per le leggi razziali. Per quanto riguarda gli studenti espulsi, non è stato possibile rilevare il dato. Mancano nell’Archivio storico della scuola i verbali del Collegio dei docenti o del Consiglio di disciplina del 1938, atti che potrebbe illuminarci in proposito. Bisognerebbe esaminare i registri dei voti degli anni 1937-1938 e 1938-1939, prendendo nota dei nomi e dei dati degli studenti – paternità, cognome materno, possibile esonero dall’insegnamento della religione cattolica – che, indipendentemente dall’esito degli scrutini finali, non compaiono nei registri dell’anno successivo e non risultano trasferiti ad altre scuole. Ma il nuovo clima razziale si respira anche al “Lanza”. Tra i testi acquistati nell’anno 1938-1939 per la biblioteca dei professori, ve n’è uno legato all’attualità del momento storico: Gli ebrei in Italia di Samuele Schaert. Fra le riviste della sala professori spicca La Difesa della Razza46. Vengono sottoscritti alcuni abbonamenti “privati” a questa rivista. Nel 1939-1940 le scuole di Foggia sono decisamente avviate verso la “difesa della razza ariana”, come testimoniano due pubblicazioni acquisite quell’anno per la biblioteca del Liceo: Inchiesta sulla Razza di Paolo Orano; Razza e razzismo di Gino Sottochiesa. Il preside Guerrieri comunica allo “Spettabile Ministero” che sono stati acquistati dagli alunni – tramite l’Ufficio di presidenza – 69 copie del Primo Libro del Fascista e 200 copie del Secondo Libro del Fascista, in aggiunta alle 300 dell’anno precedente. Anche il preside Flaviano Pilla distribuisce un gran numero di questi volumi al Regio Istituto Magistrale “Poerio”. Presupponiamo, con cognizione di causa, che lo facessero anche i Presidi di tutte le scuole d’Italia. I libri del fascista hanno struttura catechistica, a domanda e risposta, e trattano soprattutto il tema della razza. La lettura di queste pagine è “illuminante”, più di tante parole, sulle nozioni di “pulizia etnica” inculcate dal Regime agli studenti dell’epoca. Oltre la memoria… qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 46 Il primo numero del quindicinale, diretto da Telesio Interlandi, e voluto da Mussolini come strumento di divulgazione e propaganda delle idee razziste, esce il 5 agosto 1938. La tiratura dei primi numeri è altissima: centocinquantamila copie. Il materiale iconografico insiste su illustrazioni di vari tipi di ebrei, di cui viene messa in rilievo la sgradevolezza fisica e morale. Il “logo” della rivista riproduce l’immagine di una spada che separa l’ariano dall’ebreo e dal nero. Nel numero del 20 settembre 1938, un’impronta digitale con la stella di Davide deturpa il volto “ariano” di una statua classica. L’idea che si vuole suggerire è che le “razze” ebraica e nera siano portatrici di corruzione fisica oltre che morale. 150 Il Regio Liceo Lanza La fabbrica del consenso Il decalogo delle giovani italiane. Pagina a fianco, giovane italiana. [Archivio Masullo Fuiano]. 151 Giovane fascista. [Archivio Masullo Fuiano] Cahiers de dolèances Già nel 1868 il sindaco Scillitani aveva inserito le difficoltà logistiche tra le cause che rendevano incerta la fase di avvio del Liceo classico foggiano. Alcuni decenni dopo, i Presidi che si avvicendano alla guida del “Lanza”, nelle loro annuali relazioni al Ministero, lamentano ancora la precarietà della sistemazione in edifici inadeguati, i ritardi, le lentezze, i rinvii degli atti amministrativi, la cronica insufficienza di risorse finanziarie “lesinate” dalle amministrazioni stesse. Non “plaudiranno” alla professionalità dei docenti e neppure alla motivazione degli studenti. Navigando in tanta precarietà, la Scuola riuscirà comunque ad assolvere i suoi compiti istituzionali. Grazie allo spirito di sacrificio e ai miracoli dei Presidi! Alla fine dell’anno scolastico 1923-1924, nella classica relazione al Ministero, Direzione generale Istruzione media, il professor Giuseppe Modugno riferisce sull’andamento didattico-disciplinare «dell’Istituto che si onora di presiedere»1. Illustra tutti i punti richiesti dall’articolo 12 del Regio Decreto n. 965 del 30 aprile 1924. Si sofferma sulla situazione logistica, rievocando «un po’ di storia abitativa» della scuola: «È necessario fermarsi quanto occorre, per lumeggiarla nelle sue vere ed obiettive proposizioni». Il Regio Liceo-ginnasio, con la scuola tecnica e con altre istituzioni locali, «era allogato nel cosiddetto “Palazzo Lanza”, dal qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni Capi Istituto 1937-1942, relazione a.s. 1923-1924 del preside Giuseppe Modugno redatta il 25 luglio 1924, di pagine 10; allegato estratto del 26-07-1924, di pagine 4. 154 Il Regio Liceo Lanza quale si dovette sgombrare, per ordine ministeriale comunicato dal Provveditore agli Studi di Foggia, per far posto agli uffici del Tribunale, trasferito con un recente decreto da Lucera a Foggia»2. Ciò avvenne negli ultimissimi giorni del mese di maggio del 1923. Dal Palazzo Lanza il Liceo-ginnasio passò nei locali del Seminario, «in via assolutamente provvisoria». Nella relazione finale dell’anno precedente, ed in ogni occasione che gli si era presentata, il Preside aveva sempre insistito sulla necessità che l’Istituto avesse una sua sede stabile. A tal fine gli era stato promesso, dopo la necessaria ristrutturazione, l’ex Convento della Maddalena. Ma qui cominciava «una storia dolorosa». Perché i locali fossero agibili per la fine di settembre, le riparazioni e gli adattamenti avrebbero dovuto eseguirsi durante le vacanze estive. Il periodo era indicato per le riparazioni di notevole entità da effettuarsi nell’edificio: la scuola era chiusa, e il caldo avrebbe prosciugato l’abbondante umidità dei nuovi tramezzi e degli intonaci freschi. Malgrado le ripetute insistenze del Preside e del Regio Provveditore agli Studi di Bari (e forse era anche intervenuto il Ministro), fino a settembre nulla fu fatto. Data l’assoluta urgenza della consegna della nuova sede, Modugno insistette perché fossero eseguiti, nel più breve tempo possibile, i lavori inderogabili. Il Comune di Foggia assicurando che, all’inizio del nuovo anno scolastico, il Regio Liceo-ginnasio avrebbe funzionato regolarmente nel fabbricato della Maddalena, suggerì di svolgere gli esami della sessione autunnale nei locali del Seminario. Ma soltanto il 12 ottobre 1923 gli operai cominciarono a farsi vedere nella sede da adattare. I lavori andarono avanti con «una lentezza esasperante, che scoraggiava ogni più paziente attesa». I mesi passavano. Il Preside scrisse più volte al Regio Commissario del Comune, ebbe con lui ripetuti colloqui sull’argomento, ci furono periodi di acceleramento e nuove soste, il termine dei lavori si allontanava sempre più. Vi furono “pronunciamenti” di scolari (puniti disciplinarmente), interventi di padri di famiglia, proteste della stampa locale. Ai primi di marzo, a causa di un piccolo incidente, ci si rese conto che era impossibile restare ancora nei locali del Seminario. Finalmente, rotto ogni indugio, si passò nella nuova sede della Maddalena a “lavori in corso”, dopo una «formale ed esplicita promessa» da parte del Comune: i lavori sarebbero stati completati con la massima sollecitudine, dando il minor fastidio possibile al regolare funzionamento della scuola. Ciò non accadde: gli operai «rimasero fra i piedi ancora per un paio di mesi, disturbando non poco e lavorando come a caso, finché smisero del tutto, senza avere esaurito le piccole cose che ancora rimanevano a fare». «Questa breve e poco confortante cronistoria – conclude Modugno – si fa nell’intento di spiegare qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 “Il Foglietto”, periodico lucerino, esce listato a lutto quando annuncia la soppressione del tribunale di Lucera e il trasferimento a Foggia. Cahiers de dolèances 155 la situazione attuale per quanto concerne i locali. L’edificio che ospita nel 1924 il Liceo-ginnasio è nel complesso adatto, bisogna ammetterlo, ma ha ancora bisogno di essere riparato e ristrutturato. Alcuni lavori, se non verranno eseguiti nell’estate oramai in corso, renderanno nell’inverno prossimo difficilissimo, e forse addirittura impossibile il funzionamento e la vita dell’Istituto». Il Preside elenca i lavori di urgenza assoluta (che indica sotto la lettera A) e quelli differibili ma non meno necessari (che indica sotto la lettera B). A) Lavori urgenti. – Infissi e vetrate. Servono per chiudere gli archi antistanti le aule scolastiche e gli uffici. «Senza tali invetriate – osserva il Preside – l’accesso alle aule e agli uffici rimane ad immediato contatto con l’aria aperta, ciò è evidentemente pericoloso per tutti, alunni e professori, e specialmente per tacere del sottoscritto, pel personale di segreteria e di servizio che è costretto a muoversi ad ogni momento». Oltre al pericolo per la salute, Modugno evidenzia «il disordine e lo scompiglio che avverrebbero in un’aula scolastica se ogni alunno, che dovesse uscire per un motivo qualunque (e si sa quanti alunni escono per recarsi alle “ritirate”) fosse costretto ad infilare il pastrano tutte le volte che deve uscire, e a cavarselo tutte le volte che rientra». – Impianto di riscaldamento. È necessario per tutte le aule scolastiche ed uffici, ma è «veramente urgente» per gli uffici. Infatti, mentre le prime, occupate solo per poche ore al giorno, ospitano un notevole numero di alunni e docenti che danno un certo calore all’ambiente, ciò non accade per gli uffici, occupati da singole persone e per intere giornate. In questi locali, l’impianto del gas già esiste; occorrono le stufe, le quali si potrebbero installare in brevissimo tempo. «Il sottoscritto – avverte il Preside – poiché ha innanzi alla mente la via crucis dell’anno scorso nei riguardi dell’Officina Gas, ne rileva la mancanza fin d’adesso, perché le stufe possono essere acquistate in tempo, e messe a posto prima dell’inizio dell’anno scolastico». Per le aule consiglia di sperimentare il riscaldamento a carbone. B) Lavori differibili ma non meno necessari. – Alloggio per il custode. La mancanza pomeridiana e notturna del sorvegliante, si ripercuote in negativo su molti aspetti della vita dell’Istituto: dall’igiene dei locali al recapito della corrispondenza. Telegrammi ed espressi arrivano con molto ritardo, fuori dall’orario scolastico. Anche la custodia delle suppellettili, e specialmente dei registri e degli atti d’ufficio, è una necessità. – Attacco dell’acqua del Sele. L’impianto è aleatorio: per molti giorni le “ritirate” sono rimaste senza acqua. – Soffitti nei corridoi. Sono necessari per l’estetica, ma soprattutto per l’igiene. Finché non saranno montate le vetrate negli archi e i soffitti nei corridoi, sarà impossibile avere un po’ di pulizia, nei corridoi come nelle aule e negli uffici. 156 Il Regio Liceo Lanza – Riparazioni ai tetti. Sono state eseguite imperfettamente: piove in molti luoghi, per esempio in presidenza e in segreteria. – Umidità causata dalle “ritirate”. Il gabinetto di fisica è danneggiato dall’umidità: «È un umido antico – precisa il Preside – proveniente dalla già malfatta conduttura d’acqua per le ritirate. Si sperava che, rifatta e migliorata tale conduttura, l’inconveniente cessasse. Invece si è aggravato». – Chiusura degli accessi dei locali da demolire. I muretti da demolire sono «comodi nascondigli che procurano ingrate sorprese di ogni genere». Ma per il preside Modugno queste sono questioni di dettaglio, il problema è un altro. Riguarda l’immagine dell’Istituto. L’edificio della Maddalena, che è a forma quadrangolare, ha soltanto tre parti a posto, utilizzabili e utilizzate; una quarta parte, cioè il lato di accesso, è puntellato per evitarne il crollo: «La vista esterna è desolante per l’occhio del passante. La facciata dell’Istituto ha l’aria di qualsiasi altra cosa, di carcere, di fortezza, tranne che di istituto di educazione e di istruzione. Questo lato dovrebbe essere interamente demolito e rifatto, sia per conferire decoro all’Istituto, sia per mettere a disposizione della scuola altri locali di cui essa ha bisogno»3. Modugno esprime perplessità sulla “celerità” dei lavori e non nasconde il suo scetticismo: «L’edificio non è di proprietà del Comune, bensì del Conservatorio Riuniti, per cui il Comune, se anche pensa di agire efficacemente e tempestivamente, non può non andare incontro a difficoltà di carattere procedurale». Ciò gli fa pensare che la facciata dell’Istituto non solo non sarà sistemata nell’estate in corso, ma per lungo tempo ancora. La sede della Maddalena presenta dei problemi “idrici” derivanti dalla presenza di una pompa di notevole portata, che trae l’acqua dalla sottostante falda freatica. Prima che l’acqua del Sele venisse convogliata a Foggia, la pompa alimentava una vicina fontanina, mentre ora «serve solo, e serve anche male alla distribuzione dell’acqua nella scuola». Quando l’acqua del Sele manca, gli abitanti del quartiere ricorrono alla pompa del Liceo, con «accorrere di donne di ogni età e colore da tutto il vicinato, per cui il personale di servizio è distratto dalle sue funzioni». È una servitù passiva che sarebbe bene che l’Istituto non avesse. I rimedi a tutti questi problemi – per il preside Modugno – sono semplici: sistemare il lato dismesso, ricavandone dei locali per i gabinetti scientifici, che potranno essere portati al piano superiore insieme all’alloggio per il custode; collegare la conduttura del Sele in modo che, quando l’acqua venga meno, il vicinato non ricorra a quella del Liceo. I tecnici dovrebbero cercare altre modalità per smaltire qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1923-1924 del preside Giuseppe Modugno redatta il 25 luglio 1924, pp. 3-5. Cahiers de dolèances 157 l’acqua sorgiva, causa di umidità dannosa per la salute. Conclude Modugno: «Qualche cosa è stata fatta, ma poco, e anche male. Finché per tali lavori si terrà conto solo delle esigenze degli operai e degli appaltatori, e non delle esigenze della scuola, le cose non potranno mai andar bene. Magari si spende, ma non si consegue l’intento». Il Preside si sofferma sull’arredo scolastico che lascia molto a desiderare, specialmente dopo i due recenti traslochi. Occorrono tende per le finestre; crocifissi in tutte le aule; persiane e camera oscura nel gabinetto di fisica (per gli esperimenti di ottica); due sedie a bracciuoli e una mezza dozzina di sedie, «possibilmente di Vienna», per l’ufficio di presidenza; urge pitturare banchi, tavoli, cattedre, armadi degli uffici e dell’archivio; mancano gli attaccapanni nelle aule, le serrature a quasi tutte le aule e il campanello elettrico. «Ovviamente – precisa Modugno – questi bisogni della scuola sono da molto tempo a conoscenza del Comune». Con una lunga digressione critica, introdotta da un «sia consentito al sottoscritto, a tale riguardo, qualche riflessione», precisa che i rapporti relazionali fra l’Istituto e il Comune sono certamente buoni, anzi molto amichevoli, ma ciò non assicura affatto il normale funzionamento della scuola: «Lasciando da parte le spese di carattere permanente e di un certo rilievo, per le quali deve pronunziarsi l’Amministrazione comunale, un gran disagio è causato dai vari passaggi burocratici per acquisti di materiale di consumo: qualunque piccola cosa occorra, spilli, gomma arabica, ceralacca, gesso, spago, e via di seguito, bisogna rivolgersi all’economo del Comune». Costui difetta di una dote essenziale, la disponibilità: «Or questo funzionario, naturalmente, ha molte cose da fare, e ora non è in ufficio, ora non ha tale oggetto che gli si domanda, ora non ha tale altro, e bisogna tornare una volta, due volte, tre volte; sì che tocca per ogni piccola cosa, mobilitare a volte per intere giornate un bidello, con grave danno del servizio»4. Medesimo inconveniente si manifesta per le ordinarie riparazioni, le quali «sono di comune buon senso, urgenti nella loro piccolezza, e appunto perché tali, trascurate». Il Comune dovrebbe anticipare una congrua somma al Capo d’Istituto «autorizzandolo a spendere quando il bisogno si presenta», con rendiconto da presentare a tempo debito. Ciò eliminerebbe tante perdite di tempo. Modugno fa il punto sulla dotazione scientifica. La strumentazione dei laboratori di fisica e storia naturale è piuttosto misera: «Il materiale non è abbondante né scelto; ha avuto molto a soffrire dai trasferimenti a cui è andato soggetto, specialmente perché eseguiti in gran fretta, e spesso da persone non pratiche. Allogato nei nuovi locali dell’Istituto solo grazie alla buona volontà e al buon volere qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1923-1924 del preside Giuseppe Modugno redatta il 25 luglio 1924, p. 7. 158 Il Regio Liceo Lanza dei rispettivi insegnanti e del macchinista, va prendendo il proprio posto e diventando servibile. Si utilizzerà quello che c’è, ma non si potranno colmare le lacune esistenti, e ripetutamente additate allo Spettabile Ministero». Il Preside lamenta, altresì, la quasi completa mancanza di carte murali storiche e geografiche, cui cercherà di ovviare appena avrà i fondi necessari. La dotazione della biblioteca dei professori non è molto ricca, ma è sufficiente. Specialmente nell’anno in corso, per rispondere alle esigenze della sopravvenuta Riforma Gentile, ha speso una notevolissima parte della somma a sua disposizione per comprare nuovi testi. Anche la biblioteca degli studenti, “piuttosto povera”, comincia a registrare un certo incremento. Sul piano finanziario, il Liceo “Lanza” attinge i fondi alla sua Cassa Scolastica, eretta ad ente morale dall’anno in corso. Il 26 luglio 19245, il capitale, in cifra tonda, è di lire 16 mila (circa 1.329 euro di oggi). Fanno parte del Consiglio d’amministrazione, oltre al Preside e a due insegnanti, il presidente del Tribunale, Danza, e il direttore del Banco di Napoli, Carnevale. Quell’anno si iscrissero nelle varie classi duecento alunni. Raggiunto il numero massimo consentito, le iscrizioni furono respinte: in prima ginnasio diciotto domande non furono accolte per “incapienza” della classe. Agli esami, un terzo degli studenti fu promosso a luglio, un terzo fu rimandato e promosso a ottobre, un terzo dovette ripetere l’anno. Troppe le assenze degli alunni e Modugno ne analizza alcune dinamiche “perverse”: «Debbo senz’altro dichiararmi malcontento. Quella delle assenze è una pianta veramente infesta, perché (incredibile, ma vero) gli alunni che si assentano trovano quasi sempre i genitori compiacenti che li giustificano. Peggio ancora, i genitori medesimi quando sono invitati ad accompagnare i figliuoli a scuola, si danno come l’aria di essere delle vittime, dolendosi di essere tolti alle loro ordinarie occupazioni. E di chi è la colpa? Non dei loro figliuoli bensì dei Professori, ovvero del Capo d’Istituto». In una nota indirizzata al preside Modugno il 9 giugno 19276, il Ministero si compiace che gli alunni del “Lanza” abbiano preso parte al viaggio-premio a Roma organizzato dalle scuole della Capitanata e confida «nell’opera assidua del Preside perché le sorti dell’Istituto abbiano a migliorare continuamente, provvedendosi tra l’altro, al più presto, ad una razionale sistemazione dei locali e ad un decoroso arredamento». Quanto al ritardo col quale giungono le risposte alle «urgenti richieste» fatte al Comune, l’inconveniente sarebbe certo eliminato se il Preside riuscisse a ottenere, al principio d’ogni anno, una somma adeguata per le minute spese, come avviene altrove. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 5 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1923-1924 del preside Giuseppe Modugno redatta il 25 luglio 1924, p. 10. 6 Ivi, nota Ministero Istruzione Pubblica del 9-06-1927. Cahiers de dolèances 159 Ma è l’edificio scolastico che costituisce, sempre e ancora, il problema principale. Nel 1928, niente si è ancora mosso, “si tira avanti” nella vecchia sistemazione. In una nota, il Ministero auspica che per il 1927-1928 le condizioni dei locali, in attesa della costruzione del Palazzo degli Studi, siano tali da assicurare una minima funzionalità. Con una successiva nota del 10 agosto 19297, il Ministro, associandosi all’augurio che il progetto del nuovo edificio si realizzi al più presto, chiede di essere informato dello «stato presente degli studi e delle trattative per il finanziamento e l’aggiudicazione dei lavori». Il Preside – secondo il Ministro – non ha fornito una visione completa dell’andamento dell’Istituto. Notizie più ampie sarebbero occorse circa lo stato dell’arredo scolastico. Quanto al materiale scientifico, per il quale Modugno ha insistito affinché la dotazione di 2.500 lire sia aumentata, la somma corrisposta al “Lanza” è uguale a quella assegnata a quasi tutte le altre scuole dello stesso ordine e grado. Un «punto importante ed anzi essenziale» per la vita dell’Istituto ha attirato l’attenzione del Ministro, che “bacchetta” Modugno sulle assenze, sempre numerose e non sempre giustificate degli alunni di ogni singola classe e quelle ancora più numerose degli alunni di terza classe liceale, che molto frequentemente si assentano per rimanere a casa a studiare: «Dispiace apprendere questo per un istituto governativo da un Preside che da vari anni lo dirige, e che, se nella esposizione del male di cui la scuola è afflitta si dimostra sincero, fa nel tempo stesso dubitare che egli si avvalga dei poteri conferitigli dalle disposizioni in vigore per reprimere l’abuso delle assenze ingiustificate ed eserciti il proprio prestigio sugli insegnanti, in modo da indurli ad apportare nella maniera di svolgere i propri programmi le modificazioni atte a legare meglio gli allievi alla Scuola»8. Modugno viene bruscamente invitato a non tralasciare, in futuro, di riferire sulle attività parascolastiche dell’Istituto e soprattutto sull’inquadramento degli alunni nelle organizzazioni giovanili fasciste. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., nota Ministero Educazione Nazionale dell’1-03-1928, pp. 2-3. 8 Ivi. Liceo “Lanza”, 26 giugno 1921. La terza ginnasio con il professor Manfredi De Cesare. [Archivio de Plato Marangelli] 160 Il Regio Liceo Lanza Liceo “Lanza”, 1923. Classe prima liceo. [Archivio de Plato Marangelli] Cahiers de dolèances 161 Liceo “Lanza”, 1924-1925. Classe quinta ginnasio. [Archivio de Plato Marangelli] 162 Il Regio Liceo Lanza Liceo “Lanza”, 1926. Ora di ginnastica della II liceale con la professoressa Maria de Rosa. [Archivio de Plato Marangelli] Cahiers de dolèances 163 Liceo “Lanza”, 1926-1927. Classe seconda liceale. [Archivio de Plato Marangelli] Il contrasto con l’Onb Le neonate organizzazioni fasciste affiancano la Scuola per “migliorare” e integrare la “formazione culturale e fisica” dei giovani. Ma non sempre l’operazione è indolore: spesso si verificano invadenze o eccessi che “accendono conflitti” come quelli che vedono contrapposti il preside Modugno e il responsabile della locale Onb, l’ingegner Lombardi1. È quest’ultimo ad “invadere il campo” quando polemizza sulle “bocciature facili” a danno degli alunni della quinta ginnasiale, appoggiando nelle sedi competenti le proteste delle famiglie contro un docente, accusato di sabotare il concorso DUX. Nell’anno 1930-31 IX2 le iscrizioni superano, sia pure di poco, il numero dell’anno precedente. Le domande vengono accolte tutte, per tutte le classi, tranne che per la prima ginnasio: è necessario ricorrere alla graduatoria, a norma delle disposizioni vigenti. Rimane tagliato fuori il gruppo dei ripetenti. Per parecchie classi già avviate, il Preside si giova, con prudenza e discrezione, della facoltà che hanno i capi d’istituto di superare il numero massimo di trentacinque studenti. Modugno non rinuncia all’annuale “lamento” per le risorse finanziarie insufficienti di cui dispone: «Non so come vadano le cose altrove; sta di fatto che qui, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 Dario Lombardi, funzionario dell’Unione Provinciale Agricoltori, fu segretario generale dell’Ente Fiera dal 1938 fino al 1942. 2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, di pagine 21, p. 4. 166 Il Regio Liceo Lanza fuori dalla dotazione ministeriale (e Dio ci liberi venga tolta!), non un’altra lira viene da qualsivoglia altra fonte e il poco danaro che invia lo Spettabile Ministero è in buona parte assorbito dalla manutenzione degli apparecchi esistenti e dal materiale da laboratorio, il quale per naturale deperimento ha bisogno di essere sostituito di volta in volta»3. Riguardo all’arredo scolastico, il Preside è abbastanza soddisfatto: «Senza alcuna esitanza si può senz’altro dire che esso è sufficiente. Il sottoscritto è già al decimo anno della sua presidenza nel Liceo di Foggia, ed ha lottato quotidianamente per migliorare l’arredamento, già scarso, disadatto, insufficiente. Ora le cose sono cambiate, e non vi sono da muovere lamenti. Si capisce che quando si dice arredamento sufficiente, non si vuole dire altro; soltanto sufficiente, e nulla di più». Per fortuna, le relazioni tra la Presidenza e il Comune sono «veramente buone, e addirittura ottime con l’Ufficio economato: qualunque cosa manchi, si domanda, e i provvedimenti non tardano a venire. Perché, quindi, guastare una situazione soddisfacente con richieste esorbitanti, e non di rado irragionevoli? Sarebbe proprio imperdonabile. Si è persino risolto il problema del riscaldamento nei giorni più rigidi dell’inverno, problema per lungo tempo dibattuto e discusso, e ora soltanto stabilmente definito»4. Interessante la sottile disquisizione di Modugno sull’arte della discrezione: «È una virtù così di ogni persona dabbene, come anche dei capi d’istituto che debbono guardarsi dall’apparire eccessivamente esigenti e, peggio ancora, fastidiosi». Il Preside illustra con orgoglio gli aspetti strettamente disciplinari del “Lanza”: «Per tradizione ormai decennale la disciplina, mi sia lecito dirlo, è tenuta con mano ferma; e ciò è risaputo così dalle autorità locali e in genere, come dalle famiglie degli allievi». Educazione fisica e intellettuale Relazionando sulle attività parascolastiche, Modugno sottolinea come gli allievi del Liceo-ginnasio rappresentino il «nucleo più cospicuo e disciplinato» delle organizzazioni giovanili del capoluogo. Tutti gli iscritti, nessuno escluso, sono “inquadrati”: «Provveduti delle rispettive divise, molti appartengono a corsi specializzati, ovvero sono graduati nelle milizie giovanili». Anche il personale dell’Istituto, in tutte le sue componenti, «assolve il proprio dovere» nelle organizzazioni del Regime. I giovani le frequentano volentieri, senza riluttanze, «le quali, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 4. 4 Ivi, p. 3. Il contrasto con l’Onb 167 quando vi sono, son dovute a motivi di indole economica, e non a mal volere o ad altro somigliante. Ma, anche qui bisogna avere il coraggio di toccare un tasto molto delicato: i rapporti fra l’Istituto e il Comitato provinciale dell’Onb». Preliminarmente, Modugno si sofferma su premesse di carattere generale, esaltanti il Regime, che ha dato, finalmente, il giusto peso allo sport: «È mia opinione (non posso né debbo dimenticare di avere appreso da Platone l’utilità e la necessità dell’educazione fisica della gioventù) che la legge sull’Onb è una delle più felici del Fascismo, forse la più felice addirittura: ciò ho sempre pensato e sempre detto, sia in privati colloqui, sia in pubbliche manifestazioni. Se cosa, al riguardo, ho avuto a lamentare, è questa, che la crisi economica che si attraversa, e le necessità del bilancio statale, impediscono allo Stato medesimo di finanziare l’Opera in maniera conveniente ed adeguata, perché possa essa dare tutti gli splendidi frutti di cui è capace. Premesso ciò, non ho bisogno di dire che ho sempre dato con vero grande entusiasmo l’opera mia ad una istituzione così benefica». «La vera difficoltà – prosegue Modugno – è delineare la giusta linea di confine tra l’azione dell’Opera Nazionale Balilla a favore dell’educazione fisica della gioventù, e l’azione della Scuola a favore dell’educazione intellettuale. Finché le due educazioni nei singoli istituti furono gestite dai presidi, essi erano responsabili della giusta proporzione della linea che è insieme di unione e di separazione fra i due campi. Accadeva spesso, per una ragione o per un’altra, che essi trascurassero l’educazione fisica. Qualche volta giungevano persino a dimenticarsene. Bene aveva fatto, quindi, il regime fascista, giustamente preoccupato della completa educazione della gioventù, ad ideare un’istituzione che avesse in cura particolare l’educazione fisica non soltanto degli allievi delle scuole, ma della gioventù in genere. [...] Poiché è ovvio che di quanto la scuola sopraffà l’ONB, di tanto l’educazione intellettuale sopraffà l’educazione fisica, e viceversa, di quanto l’ONB sopraffà la Scuola, di tanto l’educazione fisica sopraffà l’educazione intellettuale. Or così l’una come l’altra di queste due eventualità sono egualmente funeste all’educazione complessiva dei giovani i quali, se prevale l’educazione intellettuale a scapito dell’educazione fisica, vengono su fiacchi, lenti, pigri, se prevale l’educazione fisica a scapito dell’educazione intellettuale vengono su rozzi, boriosi, prepotenti; e non è a dire quanto questi mali nuocciano a tutti, e alla gioventù in maniera particolare, nell’età, cioè, in cui si forma il carattere e assumono la loro fisionomia gli uomini»5. Le due “azioni” educative, dunque, devono necessariamente avere il giusto equilibrio: «Solo così – prosegue Modugno – l’uno e l’altro possono conseguire qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 5 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 12. 168 Il Regio Liceo Lanza il maggior bene possibile e i buoni frutti. È, non me lo nascondo, cosa estremamente delicata ed anche estremamente difficile; ma anche assolutamente necessaria: per cui gli uomini preposti all’educazione dei giovani debbono almeno sforzarsi di conseguire tale equilibrio ad ogni costo, e quando essi non vi riescano, il Ministero dell’Educazione Nazionale, che vivifica e integra i due campi di attività, deve intervenire, adoperando, dove e come occorra, sproni o freni, perché chi va troppo lentamente acceleri la marcia, e chi corre troppo rallenti». In ogni provincia era stato creato un Comitato dell’Onb. Operando esso con la scuola nella formazione dei giovani, non erano da escludere “invasioni di campo”. Un pericolo reale avvertito da Modugno, secondo cui il dinamico presidente dell’organizzazione interferiva sulle questioni scolastiche del “Lanza” più di quanto gli fosse consentito dalla sua carica istituzionale: «Presidente del Comitato di Foggia è l’ing. Dario Lombardi, uomo (forse è più appropriato dire: giovine) pieno di energia e di entusiasmo, e anche pieno di volontà fattiva e operosa, si è senza dubbio proposto delle mete elevate e lontane, e tutto ciò, naturalmente, si dice di lui a titolo di lode. Ma ho paura che egli non si preoccupi minimamente dell’altro campo dell’attività giovanile, dell’attività, cioè, scolastica e culturale, per conseguire frutti vistosi nel campo dell’educazione fisica. [...] Non escludo la possibilità di ingannarmi. Comunque trovo che la troppo dinamica energia e attività del Presidente Lombardi finisca col recare non lieve turbamento al regolare e metodico andamento dell’Istituto». Il Preside ha maturato tale opinione nel contatto quotidiano della scuola con l’Onb; per l’anno scolastico corrente egli seguirà questo filone di attività con maggiore attenzione, «per contribuire al necessario riequilibrio, e per poter parlare specificatamente e particolareggiatamente di eventuali eccessi (questa parola è da interpretare in stretto senso etimologico) del presidente Lombardi qualora, in avvenire, veda minacciato a danno dell’educazione intellettuale e morale dei giovani, l’equilibrio educativo che lo Stato e il Regime intendono imprimere ai futuri difensori della Patria, nei cui animi si elaborano le linfe vitali che daranno origine alla grandezza e alla forza della nuova Italia»6. Per Modugno, i rapporti fra la sua scuola e il Comitato provinciale dell’Onb non sono, quindi, affatto pacifici, «una cosa antipatica certamente». Nell’estate precedente, Lombardi aveva inviato al Regio Provveditore agli Studi un esposto «straordinariamente aspro» circa l’operato di un docente del “Lanza” (il professor Oddo di lettere latine e greche) durante la prima sessione di esame di ammissione al Liceo, superato da un solo studente. Alla richiesta di chiarimenti da parte del qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, pp. 14-15. Il contrasto con l’Onb 169 Provveditore, il Preside aveva risposto in modo esauriente. Anche in questa relazione al Ministero è disposto a dare il «conto minuzioso ed esatto» dei provvedimenti adottati nel corso dell’esame incriminato. Espliciterà le ragioni vere che determinarono l’evento che il presidente Lombardi chiamò «disastro»: «Da quello che dirò – continua il Preside – risulterà evidente che quella diagnosi del presidente Lombardi è assolutamente, fondamentalmente sbagliata». Modugno avanza il sospetto che Lombardi si sia reso strumento dell’animosità di un gruppo di padri di famiglia contro il professore in questione, mettendo tale animosità sotto l’egida dell’Onb per darle maggiore probabilità di successo. Lombardi sosteneva che il professor Oddo, con le bocciature inflitte, aveva sabotato l’azione del Comitato Provinciale dell’Onb e in maniera particolare il concorso DUX. «Ma, Santo cielo! – esclama il preside – come possono persone intelligenti dire enormità così marchiane? In una provincia in cui gli Istituti di istruzione media si contano a decine, dove gli alunni sono migliaia, possibile mai che la partecipazione al concorso DUX debba essere compromesso da dieci bocciati di più o da dieci bocciati di meno? [...] Può il Presidente dell’Onb di Foggia, o di dovunque, giudicare di esami svolti in un istituto; della maggiore o minore larghezza di un insegnante negli esami medesimi; della condotta di un insegnante come insegnante, in quanto cioè svolge il suo programma così o così?». La sua risposta è inequivocabile: «Come cittadino, egli può avere tutte le idee che vuole; e se crede che qualche funzionario non cura gli interessi dello Stato come dovrebbe, può tentare ricorsi e denunzie: ma come cittadino, non come presidente del Comitato prov. dell’ONB perché, se no, la carica servirebbe all’individuo per finalità estranee alla carica stessa, e gli interessi pubblici e privati ne rimarrebbero stranamente, deplorevolmente e pericolosamente confusi»7. Il Preside, prima di chiudere il caso, per dovere di completa obiettività, aggiunge «una nota riservata di particolare gravità». Gli allievi della classe in questione, poco prima degli esami, consapevoli del pericolo cui andavano incontro, «erano corsi, a modo loro, ai ripari». Un nutrito gruppo «pensò di provvedere bene ai casi propri, andando a lezione privata da un insegnante (professor Mastelloni Ivo) il cui padre avrebbe dovuto necessariamente far parte della Commissione esaminatrice». Di sicuro «quelle lezioni private furono sollecitate al fine non soltanto di istruzione, ma di profitto pratico»8. Il pericolo era stato comunque scongiurato: «Gli esiti dell’esame erano stati disastrosi anche per gli studenti furbi». Se si fosse usata maggiore larghezza, si sarebbero commessi due errori: qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 16. 8 Ivi, p. 19. 170 Il Regio Liceo Lanza «Si sarebbe data la sensazione che l’insegnamento del professor De Paola fosse adeguato alla situazione e al bisogno, e si sarebbe altresì favorita la convinzione e la leggenda che, durante gli esami, avessero operato forze nascoste e misteriose, e niente affatto legittime e pulite». La considerazione finale sulla questio svela l’intenzionalità dell’esito negativo degli esami, “pilotati” in tal senso dal Preside: «Ad evitare entrambi questi due mali, gravi così l’uno come l’altro, le cose andarono come andarono, e non potevano andare diversamente per non pregiudicare la buona reputazione di cui godeva l’Istituto»9. La professionalità docente Il preside Modugno tocca quello che, a suo dire, è un tasto molto delicato «e non occorre poco coraggio per farlo»: la professionalità dei docenti. Ritiene opportuno fare dei pesanti rilievi, che hanno anche risvolti “politici”: «Vi sono fra gli insegnanti degli anziani che, alla fine come sono della loro carriera, tendono ad essere, per naturale forza di cose, come un peso morto nell’andamento dell’Istituto. Ed invece il regime fascista ha impresso agli Istituti di istruzione e di educazione un ritmo di vita ben diverso da quello che essi avevano prima della Marcia su Roma. In tale stato di cose, perché gli insegnanti possano far bene ed intero il loro dovere, debbono necessariamente essere, se non giovani, almeno in possesso di tutte le loro energie, cosa che non si può presumere in persone che abbiano varcato la sessantina, specialmente se nella vita hanno avuto rovesci più o meno gravi che abbiano impresso sui loro volti le stigmate del dolor»10. Su un organico di undici insegnanti figuranti nel ruolo del Liceo-ginnasio, ben tre si trovano in condizioni siffatte, pur ricoprendo posti di grande responsabilità: il professor Mastelloni, che insegna italiano nel Liceo (e latino in un’altra classe); il professor Gervasio, docente di matematica e fisica nel Liceo, e di matematica in tutto il Ginnasio; il professor De Paola, insegnante di materie letterarie in una classe del Ginnasio superiore. Le condizioni dei tre non sono uguali: variano per la diversa età, le diverse condizioni fisiche, il diverso stato d’animo, le diverse qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 9 Il Ministero, in una nota inviata al preside Modugno in risposta alla relazione finale 1932-33, stigmatizzò l’esito degli esami di maturità della sessione estiva: su trentasette candidati appena sette avevano conseguito la promozione. La Commissione aveva riscontrato gravi deficienze nella preparazione dei candidati in quasi tutte le discipline. Bisognava vigilare sulla qualità dell’insegnamento. Si faceva assegnamento sulla viva diligenza del Preside affinché i risultati dell’anno scolastico 1933-1934 fossero più confortanti. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., Nota Ministero Educazione Nazionale del 3-06-1934, p. 20] 10 Ivi, p. 3. Il contrasto con l’Onb 171 abitudini di vita. I rilievi sui docenti non finiscono qui. Nei discorsi del Preside trapelano segni di un radicato “misoginismo”: la presenza delle insegnanti è «una tara che aggrava il normale funzionamento dell’Istituto». Modugno premette di non essere prevenuto contro il gentil sesso: «Non sono affatto di quelli che ritengono le donne incapaci di tenere uffici propri di uomini, e specificamente disadatte ad insegnare. Ma alla donna in genere, e alla donna maritata in particolare, la natura ha assegnato delle funzioni importantissime e delicatissime, le quali, per forza di cose, non permettono deroghe, seppur lavorative. Senza tenere conto delle gravidanze, dei puerperi, degli allattamenti, è impensabile che una insegnante donna dedichi alla scuola il tempo, l’energia, la volontà, l’operosità che può dedicarle un uomo». È la concentrazione che manca: «Ogni donna che va a scuola ed ha lasciato bambini a casa è, si può dire, col corpo in iscuola e coll’anima a casa, per cui spesso si distrae, prende frequenti abbagli nei giudizi sugli allievi, non vede l’ora di scappare via. In tali condizioni nessuno dirà che l’insegnamento sia per riuscire pienamente efficace»11. Entrando nello specifico del Liceo “Lanza”, il Preside fa delle osservazioni sulle due donne che vi insegnano: una, la Carafa Cavallucci (insegnante di inglese), ha in pieno tutti «gli inconvenienti propri di una donna»; l’altra, la Samaia De Simone (insegnante di materie letterarie nel Ginnasio inferiore) li ha «soltanto in parte, sia perché, a causa dell’età, non giovane, pare non abbia più fasti di gravidanze e conseguenti malanni, sia perché ha un più elevato concetto della funzione dell’insegnante, e degli obblighi che derivano per chiunque abbia assunto un compito e un dovere sociale». Ma il panorama della “disastrata professionalità docente” delineato da Modugno è ancora incompleto. Il caso più eclatante è costituito dal professor Dante Severgnini: «Insegna storia, filosofia, ed economia politica nel Liceo. Non è di Foggia. Piovutoci a caso (in seguito alla soppressione del Regio Liceo di Tolmino), e preceduto da fama poco rassicurante, qui giunto si rivelò pienamente conforme ai connotati che in precedenza si erano avuti: un uomo senza zavorra e senza il più piccolo equilibrio mentale. Basti dire che, essendo egli nel triennio di prova, ed essendo vivamente malcontento della sede di Foggia, per non compromettere la sua sistemazione definitiva, con provvedimenti disciplinari più o meno gravi, tollerai che si isolasse in maniera assoluta rispetto agli altri Professori, vivendo da misantropo, senza mai scambiare una parola con alcuno! Naturalmente gli allievi si erano accorti di ciò e cercarono di montare le fobie dell’insegnante, speculandoci sopra per cavarne approvazioni e voti elevati. Sta in fatto che le qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 11 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, pp. 7-8. 172 Il Regio Liceo Lanza materie del Prof. Severgnini nessuno (o pochissimi) le studiava, e passarono quasi tutti, con grave danno del prestigio dell’insegnamento»12. Una sorte, quella di essere oggetto di nota di demerito, che quell’anno non toccò soltanto al professor Severgnini. Modugno non salva proprio nessuno dei suoi docenti, e prosegue in un soliloquio degno di un tribunale dell’Inquisizione: «Rimangono ancora cinque insegnanti (siamo già alla minoranza!). Sono, almeno questi, elementi scelti? Cosi fosse! Solo si può dire che sono il men peggio. Vi è qualche elemento che effettivamente si distingue per diligenza, attitudine e amore alla scuola, e se ne mettono in rilievo le buone qualità nelle note informative; ma nell’insieme, siamo a quella mediocrità che l’antico poeta chiamò aurea, ma che io mi ostino a ritenere ferrea o anche plumbea. [...] Con un corpo insegnante siffatto, con un simigliante materiale umano, non si possono certo attendere miracoli; tutt’altro. È abbastanza se si tira avanti alla meglio, senza scosse molto gravi o molto brusche». L’anomalia, la cosa curiosa, è che, malgrado tutto ciò, le autorità locali, provinciali, regionali, e la cittadinanza in genere, abbiano dell’andamento generale del “Lanza” un’opinione veramente lusinghiera: «Vi deve essere qualcosa di positivo che autorizza sì benevola opinione – osserva Modugno –. Fatto è che al disopra di qualsiasi considerazione di carattere didattico, in linea generale gli insegnanti tutti, nessuno escluso, hanno buona reputazione dal punto di vista morale. Essi possono anche sbagliare, ed anche non essere delle aquile; ma conoscono la via dritta, la via del dovere e quella battono». Ciò torna, naturalmente, ad onore dell’operato del Preside, che ha saputo imprimere al corpo docente delle abitudini morali corrette: «Non è estranea a ciò la circostanza, certo degna di rilievo, che l’Ufficio di presidenza è da lunghi anni nelle mani del medesimo capo: «Nessuno, si sa, deve lodare sé medesimo; ma non loda sé medesimo chi dichiara di interessarsi, pel buon andamento dell’Istituto, alla condotta morale degli insegnanti, dando consigli quando sia il caso, richiamando qualora occorra, vigilando sempre, non stancandosi mai di tale vigilanza, fatta con ogni obiettività e serenità, estesa a tutti e non escludente nessuno, con tatto e accorgimento, continua e uniforme; ciò ha finito col dare all’Istituto una fisionomia e un carattere che autorità e pubblico trovano di loro gradimento e di ciò non si può non essere lieti»13. Il preside Modugno aggiunge altre considerazioni sull’efficacia e sull’efficienza dell’Istituzione scolastica: «La parte amministrativa è curata con ogni meticolosità e il governo complessivo è tenuto con mano ferma ed energica. Il pubblico, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, pp. 8-9. 13 Ivi, p. 9. Il contrasto con l’Onb 173 che per tante ragioni ha bisogno di avere contatti numerosi con la Presidenza e la Segreteria, a vedere le pratiche evase con speditezza e sicurezza, si accorge subito che le cose vanno come debbono andare, e finisce col preferirlo ad altri istituti dove i ma e i se fanno perdere tempo e disorientano le famiglie. Ugualmente, gli allievi e le famiglie medesime non muovono lamenti per la rigidezza e durezza di trattamento, quando si accorgono che si tratta di criterio uniforme per tutti. I guai cominciano quando intervengono le eccezioni; e queste, invero, in questo Istituto sono molto scarse»14. Dura lex, sed lex. Uguale per tutti. Il Palazzo degli Studi Molto accorata è l’attenzione che Modugno dedica alla precaria situazione logistica del Regio Liceo “Lanza”. «Situazione che – tiene a precisare – è perfettamente nota al Ministero, attraverso le relazioni che l’Ufficio di presidenza invia puntualmente ogni anno. Da un pezzo si è in attesa (perché da un pezzo è stato promesso, e se ne fa sperare la realizzazione un giorno dopo l’altro) dell’imponente Palazzo degli Studi, che deve accogliere tutti gli istituti medi di Foggia; ma il Palazzo degli Studi non lo si vede ancora». Egli non vuole essere polemico verso le autorità locali, amministrative e politiche, che non fanno abbastanza per «affrettare il sorgere» nel più breve tempo possibile dell’edificio scolastico, togliendo gli istituti medi di Foggia dalle precarie condizioni nelle quali si trovano al presente. «No – precisa Modugno – si vuol solo dire che bisogna, purtroppo, avere pazienza. Le pratiche burocratiche (e non si dice ciò in senso di dileggio, tutt’altro) sono così lunghe che a volte esasperano addirittura. Specialmente chi – come i Capi di Istituto che da parecchi anni attendono – non pensa che a quella meta lontana, non guarda che a quel faro luminoso, che brilla ancora troppo piccino per far argomentare prossima la realizzazione del sogno». Con la relazione del 1930-1931 Modugno aggiorna il Ministero sullo status del progetto per la costruzione del Palazzo degli Studi: «Si è fatto un passo gigantesco verso l’esito finale: l’appalto dei lavori. La progettazione è stata affidata all’architetto Marcello Piacentini, ed è stato fissato il termine perentorio di trenta mesi per l’esecuzione dell’intera opera. Ma non sono tutte rose e fiori. Ci sono inghippi. Il diavolo ci caccia la coda, e si perde ancora tempo. L’asta ha tale esito qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 14 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 10. 174 Il Regio Liceo Lanza che le autorità locali, dopo lungo rifletterci sopra e lungo consultarsi, si vedono nella necessità di annullarla. Nuove pratiche e nuove lungherie; e altro tempo che passa. Da ultimo, l’edificio si dà a costruire a trattative private. Le autorità locali sono su questo punto tutte d’accordo; la pratica amministrativa e finanziaria è perfezionata fino nei più minuti particolari: non si attende che il cominciamento dell’opera15». La disoccupazione diffusa farà affrettare l’avvio dei lavori da parte delle autorità, ma la crisi economica è tale, e tale è l’imponenza del costruendo edificio (e l’imponenza materiale, naturalmente, è in ragione diretta dell’imponenza finanziaria), che l’eventualità di vedere sorgere sulla strada difficoltà di carattere economico è tutt’altro che improbabile. Previsioni non del tutto ottimistiche, quelle del preside Modugno, dettate dall’esperienza della vita, anche se è forte la sua fiducia nelle autorità cittadine: «Esse hanno preso a cuore questa pratica perché, bisogna pur dirlo, esse ci si dedicano con vero amore. Fra qualche anno, pertanto, è legittimo sperare che il Palazzo degli Studi, che farà rinascere gli istituti medi di Foggia, sarà inaugurato»16. Per il momento, il Liceo-ginnasio dovrà accontentarsi del locale dove è “allogato” da anni: l’ex convento della Maddalena ha ancora la facciata che è «un vero e proprio disastro». Le aule sono insufficienti, per l’anno scolastico 1932-1933 ci sarà l’istituzione di un corso parallelo di Ginnasio inferiore e il Comune dovrà cercare altri locali. In risposta, il Ministro dell’Educazione Nazionale comunica al Preside che «prende atto senza osservazioni dell’andamento del Liceo-ginnasio nel decorso anno scolastico 1931-1932 e fa assegnamento sull’azione vigile ed energica che egli vorrà esplicare perché i lavori per la costruzione del nuovo edificio scolastico procedano con la necessaria alacrità in modo di permettere che, nel breve tempo, esso funzioni degnamente e decorosamente nella sua nuova sede»17. Sul cantiere finalmente avviato, Modugno riferisce nella relazione del 1932-193318. Il Ministro risponde di aver appreso con soddisfazione che i lavori nel nuovo edificio sono in fase avanzata: è lecito sperare che molti inconvenienti, aventi riflessi sull’andamento didattico e disciplinare dell’Istituto, possano essere a breve eliminati. Rivolge al Preside una raccomandazione: «Voglia la S.V. ado- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 15 Secondo i termini del contratto, i lavori dovevano durare 36 mesi: dal 23 dicembre 1931 al 23 dicembre 1934. 16 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 2. 17 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., Nota Ministero Educazione Nazionale del 21-02-1933. 18 Ivi, Nota Ministero Educazione Nazionale del 3-06-1934. Il contrasto con l’Onb 175 perare le premure necessarie, con quel garbo che il caso richiede, presso la Amministrazione podestarile, perché anche l’arredamento venga rinnovato, sia pure gradualmente, in modo che il fabbricato possa rispondere appieno alle norme tecniche, didattiche e igieniche moderne e attuali». Il Ministro prende atto con compiacimento dello sviluppo di ottime iniziative parascolastiche ed educative in senso fascista. L’inaugurazione del nuovo edificio viene comunicata da Modugno nella relazione del 1934-1935. Il Ministro gli risponde: «La relazione finale che la S.V. ha inviato è motivo di compiacimento per la notizia che dà del passaggio dell’Istituto nel nuovo e decoroso Palazzo degli Studi. Non tralasci di vigilare affinché l’iniziato rinnovamento della suppellettile sia compiuto e soprattutto perché sia dato al Liceo un accesso indipendente»19. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 19 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., Nota Ministero Educazione Nazionale dell’11-03-1936. 176 [Archivio Severgnini] Il Regio Liceo Lanza Il contrasto con l’Onb DANTE SEVERGNINI La censura del preside Modugno sul professor Dante Severgnini aveva bisogno di un riscontro. Abbiamo quindi ricostruito la biografia del docente, intervistando il professor Maurizio Santini dell’Università di Milano e i suoi parenti, tra i quali la sorella novantenne Fede. Le informazioni raccolte delineano una figura di Severgnini molto diversa da quella presentata da Modugno: fu un docente molto amato dagli studenti milanesi e di cultura davvero “superiore”. Il Liceo scientifico “Galilei” di Caravaggio oggi lo ricorda con una borsa di studio a lui intitolata. Severgnini nacque a Costa Masnaga (Como) il 28 settembre 1898. Da bambino soggiornò spesso a Caravaggio (Bergamo), che gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Nella guerra del 1915-1918 fu sottotenente di fanteria e fu nominato Cavaliere di Vittorio Veneto. Vinse una borsa di studio alla Normale di Pisa e si laureò con il massimo dei voti. Ebbe come maestro di filosofia teoretica l’insigne professor Armando Carlini che l’onorò sempre del suo affetto e della sua amicizia e lo orientò verso lo spiritualismo teistico e la religiosità dell’arte. Severgnini svolse la sua attività culturale e didattica in diversi licei statali: a Tolmino, a Foggia, a Vigevano, a Belluno, a Varese, ma più a lungo a Milano nei licei “Parini”, “Leonardo da Vinci”, “Carducci”. Per molti anni fu libero docente di filosofia teoretica all’Università Statale di Milano. Dante Severgnini aveva esordito con una tesi di laurea su Plotino, al fascino del quale rimase lungamente fedele, sviluppandone le idee più moderne. Ma presto si 177 invogliò di S. Agostino pubblicando l’opera Interiorità dello Storicismo (Ed. Perrella, Roma, 1940) e più tardi S. Agostino nel quadro della Patristica (Ed. Perrella, Roma, 1948) per la Biblioteca italiana di filosofia. L’amore per le lettere e le arti lo portò ai problemi dell’estetica. Furono gli studi sul Vico a iniziarvelo, sebbene egli ne avesse già pregustato l’aura in Platone e nei suoi seguaci. Nacquero così le opere (edizioni SEI di Torino): Il serioso poema (1953) e come continuazione Nozze, Tribunali ed are (1956); più avanti L’inevitabile illusione (1960). L’estetica precede la logica poiché è dall’emozione che nasce il pensiero. Severgnini indagò sulle anticipazioni del Vico non senza elaborazioni originali. Applicò poi le sue teorie a un discorso sull’arte sempre più esplicito. Ne sono dimostrazione le opere Lirica e problematica (Accademia del Mediterraneo, Roma, 1996); Primato Dialettico dell’estetica (Accademia del Mediterraneo, Roma 1992); La Dialettica=Sintesi estetica (Accademia del Mediterraneo, Roma, 1994), Autonomia dell’estetica (Donizetti, Milano, 1997). Gli ultimi due volumi, più che compendio del pensiero dell’autore, sono brani esemplari dettati dall’esperienza nei quali si manifesta, fuori del gergo specifico, un più scoperto sentimento personale. Severgnini fu sincero indagatore della “bellezza” e del “bene” anche in senso puramente teorico. Amava le arti e i grandi poeti, di cui ripeteva a memoria, anche in latino, lunghi brani. Aveva un’alta sensibilità: era spesso disarmato di fronte alle ingiustizie del mondo. Deceduto il 7 settembre 1998 ad Appiano Gentile (Como), è sepolto nel Cimitero Monumentale di Milano. Dispose che i suoi risparmi fossero devoluti in borse di studio per alunni meritevoli del Liceo 178 Il Regio Liceo Lanza L’ONB E LA DÉBACLE DELLA V GINNASIALE Gli esami dell’anno scolastico 1930-1931 «non ebbero nulla di diverso rispetto agli anni precedenti. Ci fu continuità di indirizzo e rispetto delle buone norme consolidate da tempo». I cosiddetti «avventurieri», in cerca di diplomi facili, non ebbero vita facile al “Lanza”: «Chi va in cerca di un luogo per tentare la fortuna – puntualizza il preside Modugno – non viene a Foggia». C’era stata, durante gli esami, «uniformità di criteri nei giudizi, e niente sbalzi da Commissione a Commissione». Ciò aveva rassicurato le famiglie, le quali si fidavano dei professori. Unica eccezione, l’insuccesso degli allievi della quinta ginnasiale candidati agli esami di ammissione al Liceo: i loro risultati furono “disastrosi”. Nella sessione estiva fu promosso soltanto uno studente, cinque furono respinti, tutti gli altri rimandati alla sessione autunnale: «L’unico candidato ammesso – confida il Preside – non raggiunse il traguardo con le sue forze soltanto, ma ci fu bisogno di una certa condiscendenza per salvarlo. Se la Commissione esaminatrice non avesse sensibilmente attenuato i precisi risultati degli esperimenti così scritti che orali, i respinti sarebbero stati molti di più e molto meno, quindi, i rimandati a settembre». Il fatto suscitò forte turbamento e animosità nelle famiglie; espressione di questo stato d’animo fu il ricorso presentato dal presidente del Comitato provinciale dell’Onb, ingegner Dario Lombardi, che attribuì questo evento alla deliberata intenzione del professor Oddo di sabotare l’attività dell’Onb. Il preside Modugno escluse categoricamente tale ipotesi e scaricò le responsabilità sull’anziano professor De Paola, che nei due anni del Ginnasio supe- riore non aveva insegnato adeguatamente le materie letterarie. Nella sessione autunnale, le cose migliorarono: tutti gli studenti che ripararono le prove fallite a giugno furono promossi. Ma, a giudizio del preside Marchese, soltanto «una minima parte dei riprovati si diede veramente da fare nelle vacanze estive. Gli altri si salvarono soltanto perché aiutati dalla Commissione esaminatrice: «Considerando che la colpa non era tutta degli allievi, e che viceversa così gli allievi come le famiglie ne avrebbero avuto un danno molto grave, vista la vastità e la profondità del male, essa usò molta larghezza, nella speranza che gli studenti, messi sull’avviso, si preoccupassero di colmare, in avvenire, le loro gravi lacune». [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno trasmessa il 31-10-1931, pp. Il contrasto con l’Onb [Archivio Buo] 179 La III ginnasiale del 1935-1936. [Archivio Storico Liceo “Lanza”; foto donata da Ada Boemonte Zobel] Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia Al principio dell’anno scolastico 1935-1936, le iscrizioni al “Lanza” nella nuova sede del Palazzo degli Studi ebbero luogo regolarmente: tutte le domande furono accolte. La popolazione scolastica, che cresceva ogni anno, fu numerosa soprattutto nel Ginnasio inferiore: nella prima ginnasiale frequentarono 96 alunni, 51 nella sezione A e 45 nella sezione B1. Il preside Giuseppe Marchese, succeduto a Modugno, lamenta «l’onere di queste classi sovraffollate». La quantità eccessiva di studenti non è certo sinonimo di qualità, ma le esigenze dell’utenza non possono essere eluse: «Noi accettammo con spirito di buona volontà tutte le domande in soprannumero per non dare alle famiglie l’amarezza della repulsa, mettendole in condizione di ricercare in altri luoghi, con gravi sacrifici economici, l’iscrizione dei loro figliuoli»2. Anche per la prima liceale si è fatto “il sacrificio” di accogliere 47 domande, un numero superiore al consentito. L’istituzione del Regio Liceo nella vicina città di San Severo, con il conseguente esodo di un folto gruppo di giovani che solevano iscriversi a Foggia, aveva fatto sperare in una diminuzione di studenti. Così non fu. Il Liceo “Lanza” nel corso dell’anno intervenne, in forma ufficiale, a cortei, dimostrazioni, riviste, feste, gare, cerimonie ed esercizi indetti dalle autorità civili, militari e religiose della città. La prima e più “suggestiva” cerimonia si svolse qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, di pagine 20; statistiche allegate. 2 Ivi, p. 14. 182 Il Regio Liceo Lanza nei primi giorni di novembre: fu inaugurato l’anno scolastico. La prima parte del rito si svolse in Cattedrale. «S. E. il Vescovo Monsignor Farina – racconta il preside Marchese – dopo la benedizione impartita a tutti gli alunni, rivolse appassionate parole di conforto e di esortazione ad amare Dio, la Patria, il santo lavoro, concludendo con una fervida preghiera a Dio perché proteggesse i nostri soldati in Africa e facesse arridere alla nostra Italia, che portava la luce della civiltà tra le tenebre della barbarie, la vittoria così bene auspicata dal valore dei soldati e dalla concordia mirabile di tutti i cittadini, decisi a sopportare con forza romana i disagi delle sanzioni, imposte da tanti popoli associati ai nostri danni»3. Dopo il rito religioso, il Preside, gli studenti, le associazioni e le autorità intervenute, tutti inquadrati dagli ufficiali dell’Onb, svolsero il consueto “rito d’amore e di gratitudine” presso il monumento dei Caduti. Il professor Matteo Luigi Guerrieri, che era stato capitano di artiglieria e combattente durante la prima guerra mondiale, «rievocò, a rapide linee, le gesta della terribile guerra e i sacrifici compiuti con nobile disprezzo della morte spaventevole, accennando ai doveri di gratitudine verso i grandi benefattori, doveri che vanno espressi e realizzati nell’obbedienza assoluta ai comandamenti del Duce»4. Marchese riferisce che il discorso di Guerrieri rivolto ai giovani, in presenza delle autorità ed al cospetto del monumento ai Caduti, commosse profondamente tutti, tanto che S.E. il prefetto Vendittelli sentì il bisogno di ringraziare pubblicamente l’oratore «per aver sollevato col suo discorso un’onda di vivo e fervido entusiasmo nei cuori di tutti i presenti»5. Il Prefetto richiamò le necessità del presente e invitò gli alunni a svolgere, presso le loro famiglie, “propaganda di fede” negli alti destini della Patria, «per disporre gli spiriti di tutti a’ sensi di disciplina e di sacrifizi, siccome veniva richiesto dalla situazione politica e militare». Il Federale chiuse la cerimonia, ricordando le “bellissime” parole pronunziate da Mussolini in occasione della inaugurazione della città universitaria dell’Urbe. Terminò il suo intervento raccomandando a tutti di essere sempre fedeli al motto “Libro e moschetto”, e ordinando il saluto al Duce6. Il 3 novembre fu commemorato l’anniversario della Vittoria e contemporaneamente quello della Marcia su Roma. Altre celebrazioni si succedettero per tutto l’anno, ora per iniziativa della scuola, e del Centro di cultura, altra volta “per merito” dell’Onb e di qualche altro ente: sempre con l’intento «di integrare la qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 11. 4 Ivi, pp. 11-12. 5 Ivi, p. 12. 6 Ivi. Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia 183 cultura dei giovani ed elevare il tono morale e spirituale della loro educazione». In questa sua relazione al Ministero, Marchese lamenta che il nuovo Palazzo degli Studi, in autunno ed in inverno, non accoglie adeguatamente gli studenti che lo frequentano: non ha un atrio, né un rifugio per i giorni di pioggia, di neve e di vento: «I poveri figliuoli sono costretti, nell’attesa dell’ora di lezione, a disperdersi; a passeggiare, a tenersi lontano dall’edifizio»7. Il Preside muove degli appunti verso chi, istituzionalmente, è tenuto a provvedere alla manutenzione e alla sicurezza dell’edificio, ossia l’Amministrazione podestarile: «Siamo da un anno in questi nuovi locali, occupiamo il lato nord est del vasto Palazzo degli Studi e nonostante il lungo scorrere del tempo e le ripetute richieste non abbiamo ancora tutto a posto. L’impianto della luce non è ancora compiuto, manca l’apparecchio di suoneria e bisogna chiamare i bidelli a voce o col mezzo preadamitico del campanello portatile; non si è provveduto all’arredamento adeguato ai nuovi bisogni e che si armonizzi coi locali splendidi, sicché né la Presidenza né la sala dei Professori rispondono alle esigenze e al decoro dell’Istituto»8. Occorre provvedere, nei laboratori di cui si chiede il ripristino, anche alla messa a norma di sicurezza della derivazione dell’acqua, del gas, del tiraggio per le cappe volute dal regolamento, oltre a dotare queste aule speciali di banchi a gradinata, per assicurare la perfetta visione del materiale didattico e degli esperimenti. Tutto ciò è stato già richiesto e promesso ed il Preside non rinuncia alla speranza «che possa trovarsi rimedio a questo stato di cose, non certo desiderabile per l’ordine e per la disciplina»9. Altro «danno assai grave», è l’assenza di guardianìa, dovuta al fatto che l’abitazione del custode è lontana dai locali dell’Istituto, cosicché «la notte, molte ore della giornata, nei giorni di festa e nelle vacanze la vigilanza o manca o riesce difficile»10. La mancanza di un portiere fisso è causa di un grave inconveniente da non sottovalutare: «La posta urgente e i telegrammi sono spesso recapitati con molto indugio, perché i fattorini, trovato chiuso l’Istituto, se ne vanno per tornare o quando possono o quando a loro sembri opportuno»11. Marchese vorrebbe altresì, per il Liceo Classico di Foggia, una palestra simile a quella che ha visto a Bari nel Regio Liceo “Orazio Flacco”: «È un edifizio magnifico che ospita soltanto la scolaresca della scuola classica. Il piano sotterraneo è adibito a palestra e l’Educazione fisica viene impartita nei medesimi locali del qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 1. 8 Ivi, p. 4. 9 Ivi, p. 1. 10 Ivi, p. 4. 11 Ivi. 184 Il Regio Liceo Lanza Liceo. È facile dunque preparare l’orario ed alternare le ore di cultura spirituale con un’ora di esercitazione fisica, le ore di raccoglimento solenne e di grave tensione intellettuale con un’ora di movimento, necessario a ristorare le forze dello spirito»12. Invece, nel Palazzo degli Studi di Foggia, «non c’è nessuna traccia di Palestra. Quella maschile è collocata presso il campo sportivo, a rispettabile distanza dal Palazzo degli Studi, ed ivi devono recarsi tutti gli studenti delle scuole medie: una popolazione scolastica di tremila alunni». La stesura dell’orario13 diventa, per il Preside, un vero e proprio affare di Stato, nonostante le concessioni di ogni sorta, nonostante la sua prudenza e saggezza. Manca, nei nuovi locali del Palazzo degli Studi, un’aula per l’insegnamento della storia dell’arte e per le proiezioni dei quadri illustrativi, ma non per questo si rinuncia a tali attività. Per integrare i sussidi didattici, Marchese ha acquistato una “discreta” collezione di quadri d’arte: «Essi saranno collocati negli ampi corridoj, e serviranno altresì per ornare decorosamente la nuova sede. I padri di famiglia e coloro i quali visiteranno l’Istituto per ragioni d’ufficio, per informazioni o per altri motivi, nell’attesa avranno il conforto di consolare lo spirito con visioni di pura bellezza e con il sorriso dei nostri monumenti di arte»14. Il Ginnasio inferiore ebbe, fin dai primi giorni dell’anno scolastico 1935-1936, i propri insegnanti; non così il Ginnasio superiore, nel quale soltanto una cattedra su quattro era coperta da personale di ruolo, nonostante il grande impegno profuso dal Preside: «Non fu cosa facile provvedere all’insegnamento delle materie letterarie e dovetti andare con la lanterna di Diogene in cerca di supplenti, e provvidi come Dio volle, frazionando per alcune classi l’insegnamento»15. Ci furono rimpasti, spostamenti improvvisati ed imprevisti. Il Liceo aveva un solo insegnante di ruolo, il professor Guerrieri, ordinario di lettere latine e greche. «Stando così le cose – conclude Marchese – nessuna maraviglia se il risultato degli esami di maturità classica non è stato troppo felice. I miracoli si facevano quando Gesù viveva tra gli uomini di buona volontà ma, quando la luce manca, la notte è tempestosa e il buio profondo»16. Eppure egli aveva insistito presso il Ministero, affinché le cattedre vacanti fossero “coperte” da insegnanti di ruolo. Si era persino raccomandato: «Che io facessi pratiche e rivolgessi preghiere per mettere a posto le cose di questa scuola, sa bene mio figlio, consigliere presso codesto Ministero, al quale promisi un bel dono se riusciva a farmi mandare qualche insegnante di qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 4. 13 Ivi, p. 5. 14 Ivi, p. 17. 15 Ivi, p. 8. 16 Ivi, p. 9. Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia 185 ruolo, liberandomi così da un affanno indicibile. Ma non erano tempi da insistere su questi argomenti»17. Marchese ha cercato di «tamponare» le situazioni più critiche: molte volte, durante la sua presidenza, assunse volontariamente e senza alcun compenso l’insegnamento di alcune discipline, che non poteva affidare a «mestieranti ed avventurieri». «Queste cose – conclude con un’impennata di orgoglio – le dico col coraggio che viene dagli anni, dalla lunga esperienza del caldo amore di patria, ché io provengo dalla gloriosa scuola del Carducci, il quale ci ha educati al lavoro e a saper offrire alla patria tutte le migliori forze dell’animo e del corpo»18. Il Preside elenca le attività parascolastiche cui la sua scuola ha partecipato, tra cui la visione di spettacoli teatrali. A febbraio una compagnia di attori dilettanti, composta da studenti delle scuole medie di Capitanata, rappresentò Scampolo al Cinema Cicolella. A marzo una compagnia veneta recitò Il Bugiardo di Carlo Goldoni. Vi furono alcune audizioni musicali: un concerto pro Opera assistenziale e «la magnifica mattinata data dalla Sig.ra Maria Flori, brava violinista e impeccabile dicitrice di versi suoi e di poesia dei nostri migliori scrittori». In occasione della premiazione degli alunni distintisi nei corsi di religione, il vescovo di Cerignola, monsignor Consigliere, tenne una dotta conferenza su San Tommaso d’Aquino. Ad aprile gli studenti assistettero alla proiezione di filmati di propaganda patriottica e pro Campagna Antitubercolare, e ascoltarono al Teatro “Umberto Giordano” la «parola antisanzionista» della fiduciaria provinciale dei Fasci femminili, Bianca Giuliano (era la segretaria del “Lanza”). Tutte le classi erano iscritte alla «nobilissima istituzione» della Croce Rossa Italiana e tutti gli alunni, le alunne e gli insegnanti «si interessarono moltissimo per la propaganda e la vendita di oggettini e francobolli e per finanziare la sesta campagna di lotta contro la turbercolosi». Ma la massima benemerenza acquistata dal Liceo fu l’adesione alla “Campagna antisanzionista”: tra professori ed alunni nacque «una lodevole gara di offerte preziose, e fu donato alla patria oro ed argento ed altri metalli, offerta simbolica a significare la precisa decisione di noi tutti alla resistenza ad oltranza, fino alla felice conclusione della guerra in Africa»19. Il Regio Liceo-ginnasio consegnò al Comitato provinciale dell’Onb, che aveva preso l’iniziativa della raccolta, 585 grammi di oro, 6.361 di argento, 682 di ottone, 735 di rami, 1.670 di argentone, e 1.135 di metalli vari. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 17 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 10. 18 Ivi, p. 9. 19 Ivi, p. 13. 186 Il Regio Liceo Lanza L’affaire Bertola Il Palazzo degli Studi accoglie ben sei Istituti medi, circa tremila studenti di ogni età. La massa imponente di studenti, assemblati in un unico edificio della città, appare subito di difficile gestione. Un inconveniente rilevato più volte da Marchese è che «il bellissimo edificio, avendo grandi finestroni, è esposto ai rischi di ogni gesto vandalico cui crede abbandonarsi, nelle varie circostanze offerte da condizioni politiche e storiche, la gioventù spensierata e suggestionabile». Il Preside racconta un episodio a tal riguardo significativo: «Lo spettacolo di una marea o bufera invincibile venne dato nell’anno scolastico 1935-1936, durante il periodo glorioso della nostra impresa d’Africa»20. Gli eventi della conquista etiopica erano stati seguiti con grande partecipazione dalla popolazione studentesca, che in alcuni casi “debordò” dall’ufficialità delle manifestazioni per “fare vacanza”: «La lieta notizia della conquista di Adua, della presa di Macallè, della occupazione di Amba Alagi, la notizia di una superba manovra del generale Graziani, la rotta del Negus al lago Ascianghi furono tutte motivo, certo, di lodevole giovanile entusiasmo, ma anche pretesti per dimostrazioni imposte nell’ora di lezione e di santa fatica»21. Marchese, come tutti i suoi colleghi, non si era mai potuto opporre, ma aveva cercato in tutti i modi di governare con buonsenso queste “esuberanze”. Qualche volta, ordinando le file ed inquadrando i giovani, guidò egli stesso, in prima fila, la massa degli studenti, per far restare le loro “manifestazioni spontanee” nella piena legalità: «Dopo discorsi riassuntivi ed educativi – ricorda – sciogliemmo le squadre presso il monumento ai Caduti nella grande guerra. Talvolta, quando non si poté fare altrimenti, si diede ordine a qualche giovane professore dalla voce baritonale di scendere giù presso l’ingresso principale della scuola, dove era stipata la folla schiamazzante e, ripetuto il bollettino della vittoria o riferito qualche tratto di un annunzio importante, o ricordato un vigoroso accenno o qualche parola forte del nostro Duce, si fece sciogliere l’adunata tra le grida di acclamazione agli artefici della impresa prodigiosa»22. «L’ultimo giorno di aprile – racconta Marchese – era pervenuta in tutte le terre e città italiane la notizia lieta della fuga del Negus e della conquista di Sessabanech. La Segreteria Federale ordinò la sera di quel fausto giorno una solenne dimostrazione, che fu fatta coll’intervento dei gruppi rionali e di tutte le Organizzaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 20 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, pp. 1-2. 21 Ivi, p. 2. 22 Ivi. Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia 187 zioni giovanili». Il Liceo “Lanza” partecipò come capofila alla coreografica manifestazione che si snodò per le vie della città, nella piena ufficialità di un giubilo di Regime. La serata fu lieta e la dimostrazione riuscì solenne, «ma il giorno dopo, alle otto precise, la massa studentesca era pronta a ripetere ciò che non poteva riuscire né lodevole né educativo e fu decisamente proibito per il tempestivo intervento della questura e della forza pubblica»23. Quel primo maggio 1936, il preside Marchese «si oppose energicamente alla ingiustificata pretesa degli studenti di proseguire i festeggiamenti per la conquista etiopica». La goccia che fece traboccare il vaso fu l’invasione dei locali del Regio Istituto Magistrale “Poerio”: per festeggiare la vittoria di Sassabanech, lo studente del “Lanza” Vittorio Bertola pretese un giorno di vacanza, «ingiuriando professori ed alunni e mancando di rispetto alla Preside di quella scuola, degna di ogni venerazione perché madre e gentildonna»24. Agli occhi dello studente ella aveva commesso un imperdonabile errore: «Era riuscita a persuadere una folta rappresentanza di studenti a desistere dal proposito di perdere il tempo prezioso nell’ultimo istante dell’anno scolastico». Marchese aveva tentato di far ravvedere Bertola, invitandolo a chiedere alla Preside le debite scuse per le «insane minacce ed imposizioni fatte il primo maggio». Ma lui non lo aveva ascoltato, «non aveva compiuto mai tale elementare dovere, neppure l’ultimo giorno dell’anno scolastico aveva creduto di compiere questo doveroso atto di riparazione»25. Il responsabile dell’evento “riprovevole” fu bocciato. Apriti cielo!!! Tale provvedimento provocò il ricorso del padre dello studente. Il Ministro in persona revocò d’imperio il provvedimento, deplorando il deliberato del Consiglio di classe ed infliggendo una censura al preside Marchese, che in questa sua relazione di fine anno 1935-1936, rievocando l’episodio, «si permette» di esprimere al Ministro uno sfogo sconsolato: «Così, invece del premio per l’opera data con spirito di sacrificio mi è venuto, negli estremi istanti della vita scolastica, la punizione. Dopo quaranta anni di lodevole servizio, nel tredicesimo di presidenza, mentre speravo l’ultimo premio alla mia incessante fatica, mi giunse impensata ed improvvisa l’amara parola di un castigo, che non ho mai supposto di dover meritare». Dopo tanti anni di onorata carriera, Marchese non ritiene di meritare affatto quella censura, che gli ha procurato «uno dei più grandi dolori della sua vita». La bocciatura era stata inflitta allo studente Bertola in perfetta buona fede, senza lo scopo politico che gli si era voluto, ad ogni costo, attribuire: qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 23 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit. relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 6. 24 La preside del Regio Istituto Magistrale “Caolina Sossio Poerio” era la professoressa Maria Scitto Marchese. [Ivi] 25 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., p. 6. 188 Il Regio Liceo Lanza «Mi sia permesso giurare che non ho mai avuto in cuore un senso di irriverenza, non mi sono mai sognato di disobbedire al sacro imperio della legge»26. Le motivazioni per la bocciatura dell’alunno erano state varie: era recidivo; varie volte aveva preso l’iniziativa per dimostrazioni fuori tempo e luogo; durante l’anno scolastico aveva fatto numerose assenze ingiustificate. Per tutte queste ragioni, e non per altre, spiega Marchese, «il Consiglio di classe, visto il numero delle assenze ingiustificate, tenuto conto del contegno del tutto indisciplinato serbato nell’istituto e fuori dell’istituto, anche dopo il decreto di condono di S.E. il Ministro dell’Educazione Nazionale, persuaso che il Bertola serbò condotta scorretta fino all’ultimo giorno di scuola, e fino all’ultimo istante si dimostrò irriducibile ed ostinato, lo escluse dalla sessione estiva per il voto di condotta»27. La decisione era stata presa collegialmente: «Ammesso che fosse caduto in me, nel mio animo, il triste e forsennato pensiero di trasgredire il comandamento fattomi e di arrecar danno alla gioventù che io invece ho sempre adorato e dalla quale fra pochi mesi mi accommiaterò, augurando ogni bene per la suprema salute della patria, se avessi io osato di punire ingiustamente un nostro alunno e non fossi stato invece costretto a provvedere per ristorare la disciplina ed il buon andamento degli studi, avrebbe il Collegio di classe ad unanimità preso la deliberazione deplorata?»28. L’auspicio di Marchese è che il tempo faccia giustizia di quella che considera una vera e propria “ingiustizia” nei suoi confronti. È fiducioso nel Ministro dell’Educazione Nazionale, che terrà conto della sua onorata carriera per riabilitarlo: «Se negli estremi istanti della vita scolastica accettammo la punizione con spirito di perfetta ubbidienza e di pura umiltà, io non dispero che, prima di lasciar per sempre questa dolce consuetudine di vita, prima di rientrare nella solitaria e malinconica vita dell’onorato riposo, prima di raccogliermi nel santo pensiero della buona morte, il Superiore Ministero, in considerazione di quaranta anni di sincera passione, in considerazione delle tante offerte fatte generosamente alla scuola, come risulta dal mio stato di servizio e dalle mie relazioni degli anni precedenti, vorrà con atto di clemenza e di giustizia liberarmi da questa mortificazione e cancellare la macchia che turba fortemente l’anima mia»29. Il Preside assicura che, nonostante l’accaduto, nulla è cambiato nell’ordinaria gestione del Liceo: «L’incidente Bertola, se turbò e commosse profondamente l’animo mio, nessuna conseguenza portò per la disciplina interna di questa scuoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 26 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 7. 27 Ivi, p. 6. 28 Ivi, p. 7. 29 Ivi, p. 6 Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia 189 la». Certe dimostrazioni patriottiche dovute all’entusiasmo giovanile ed alla gioia delle vittorie in Africa, promosse dagli alunni di tutte le scuole medie di Foggia, avevano compromesso la buona disciplina, ma egli aveva preso accordi con gli altri Presidi per rendere ordinate ed educative le eventuali celebrazioni future. Il Regio Provveditore agli Studi di Bari era stato informato dell’accaduto, ed anche il Podestà fortemente sollecitato ad assegnare al Liceo-ginnasio l’ingresso principale del Palazzo degli Studi che, invece, per tutto l’anno scolastico fu tenuto ermeticamente chiuso, aggravando la situazione30. «Comunque – conclude Marchese – il cinque maggio la impresa d’Africa si concluse vittoriosamente, fu proclamato l’impero e l’anno scolastico terminò felicemente»31. Scrive ancora il Preside: «In questa città, capoluogo di provincia non mancarono mai le buone occasioni per integrare in maniera perfetta la cultura dei giovani. La scuola prende parte a tutte le manifestazioni della vita, e non resta come un tempo un campo chiuso, e solitario, ma è sempre presente e attiva tutte le volte che le gerarchie del governo e del Regime comunichino parole di elogio per i nostri grandi, o rivolgano saluti ed auguri ai partenti per i campi della gloria, o intonino inni e canti di preghiera o svolgano progressioni ed evoluzioni ginniche nelle palestre per le nuove fortune della nostra terra». La chiusa patriottica di Marchese è degna della migliore retorica littoria: «Noi Italiani dell’era di Mussolini non aspettiamo i giorni nefasti ma quando brilla il sole fulgente, riscaldati dal soffio potente di quei raggi, esprimiamo la nostra ferma fede, la nostra Costanza e la forte volontà con la propaganda gentile e la dichiarazione precisa che siamo pronti fino alla morte, preparati a vivere pericolosamente, a resistere strenuamente, ad offrire noi stessi e le cose nostre per la grandezza della patria e per la prosperità e la vita della Nazione»32. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 30 Marchese invoca l’applicazione dell’articolo 115 del R.D. 965 del 30 aprile 1924, il quale prescrive che «quando nello stesso edifizio siano allogati più istituti o altri uffici, ciascuno deve avere un ingresso proprio indipendente, in modo che la scuola non ne risenta alcun disturbo». 31 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 18. 32 Il Ministero fece propri i problemi segnalati da Marchese, come si evince dalla nota di risposta: «Esauriente in ciascuna sua parte è la relazione finale per il 1935-1936 presentata dalla S.V che ha voluto trasfondervi anche il proprio appassionato sentimento. «I rapporti tenuti con le famiglie degli alunni e con le autorità civili, politiche, religiose e militari – continua la nota – attestano l’impegno con cui la S.V. ha assolto tale compito e il Ministero si compiace della fervida attività della scuola svoltasi in piena armonia con la pulsante vita nazionale». [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., Nota Ministero Educazione Nazionale del 23 aprile 1937, pp. 1-2] La misoginia del preside Marchese Le tendenze misogine dei Presidi del Lanza trovano il loro riscontro “ideale” nell’intensa propaganda del Regime contro l’inserimento della donna nel mondo del lavoro e a favore «del suo ritorno al vero ed unico posto che la natura le ha assegnato: la casa». La natalità, sinonimo di potenza, poteva essere difesa solo a condizione di riportare la donna italiana all’interno della famiglia, escludendola dal lavoro fuori casa e sottomettendola di nuovo al marito. Ma il risultato fu fallimentare: il tasso demografico non aumentò, le donne non abbandonarono la scuola e i posti di lavoro che “avevano invaso”. Il 7 marzo 1938, il preside Matteo Luigi Guerrieri trasmise in Provveditorato la relazione finale per l’anno scolastico 1936-1937, redatta dal suo predecessore Giuseppe Marchese1. Una relazione un po’ fuori della norma questa ultima di Marchese, come dichiarato espressamente nell’incipit: «Nelle condizioni particolari in cui mi trovo, di Preside collocato a riposo, non posso né debbo fare questa volta una relazione lunga ed esauriente; non posso perché mi mancano molti dati ed elementi di giudizio e non ho la forza, per ovvie ragioni sentimentali, di ritornare nella sede della mia scuola che ho lasciato con stringimento profondo di cuore, dopo quaranta anni di lavoro disinteressato ed appassionato». Il Preside eviterà, quindi, di parlaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del preside Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI. 192 Il Regio Liceo Lanza re delle «deficienze degli insegnanti». Deliberatamente, eviterà di scendere nei dettagli: non farebbe opera giovevole. Ormai lontano dalla scuola, non vuole gettare l’ombra o il sospetto di durezza, che non ebbe mai: vuole, semmai, lasciare un buon ricordo di sé, in virtù di quell’«amore vivo che sente per tutta la famiglia scolastica». In ogni caso, farà pervenire al superiore Ministero qualche breve osservazione e considerazione di visione generale, frutto della lunga esperienza e dell’immenso amore che ha per la scuola, la più delicata e nobile tra le istituzioni della Patria2. Ma Marchese non smentisce il proprio stile neppure in questa relazione di commiato. Le sue critiche toccano i tre punti cardine dei cahiers de doléances del Liceo foggiano: i problemi logistici; i rapporti con la dirigenza dell’Onb; la misoginia. A suo dire, è stato fatto un notevole sforzo economico per costruire un edificio in grado di ospitare tutte le scuole della città, ma non è stato previsto, in fase di progettazione, una cosa ovvia e fondamentale: l’aumento della scolarità. «Il Comune non s’accorse che, negli anni in cui si andava costruendo l’immenso edificio, cresceva immensamente anche la popolazione scolastica degli Istituti medi cosicché, quando due anni or sono passammo al Palazzo degli Studi, i locali destinati a noi e anche quelli destinati a parecchi altri istituti non erano sufficienti». L’aver concentrato, in uno spazio ristretto della città, un potenziale umano difficile da gestire come tremila studenti, creava problemi di ordine pubblico: «Il Comune di Foggia avrà speso certamente una somma considerevole, nove o dieci milioni di lire, per costruire il Palazzo degli Studi: credette di risolvere una volta per sempre, e bene, il problema dei locali delle scuole medie, e non si avvide che, agglomerandosi in un solo locale e in un sol sito la immensa popolazione scolastica di sette Istituti, metteva a dura prova la disciplina, l’ordine, la tranquillità»3. Per il Liceo, già dai primi tempi del trasferimento nella nuova sede, era apparso chiaro che le aule assegnate erano poche. Si era ricorso a soluzioni improvvisate: nel 1937 le classi di nuova istituzione erano state sistemate «alla men peggio» nei laboratori di fisica e di scienze, rendendoli inutilizzabili. La presidenza era stata distaccata ed allontanata dalla segreteria e dall’archivio. Mancava un’aula per ospitare «le infinite ragazze» del classico; non c’era più la sala per i professori. A questi inconvenienti ormai c’era un solo rimedio: trasferire uno, o due Isti- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 ASFg, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del preside Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI, p. 1. 3 Ivi. La misoginia del preside Marchese 193 tuti dal Palazzo degli Studi in altre sedi. Il Ministero doveva intervenire direttamente per fare adottare i necessari provvedimenti al Podestà di Foggia4. Marchese polemizza sulla gestione della “magnifica e fascistissima” istituzione dell’Onb: «Mi pare che a Foggia la funzione dell’ONB oltrepassi i segni voluti dalla legge». Sempre colpa dell’onnipresente Dario Lombardi, che ne è il presidente: «Pur essendo un uomo fattivo, intelligente, dinamico e di passione infinita, per fare le cose in maniera perfetta è talvolta invadente. Toglie ai capi d’istituto la possibilità di svolgere bene il loro programma quotidiano di studi e di azione». Nulla da eccepire sui meriti di eccezionale organizzatore, sulle virtù direttive, sulle grandi benemerenze dell’ingegner Lombardi, ma – ribadisce il Preside – «i meriti suoi procurano travagli ed ansie a chi deve educare la mente dei giovani agli ardui studi, alle fatiche e alla palestra dell’intelletto»5. Marchese è convinto che le ultime innovazioni introdotte dalla «ferrea volontà ed onniveggente mente» del Duce e l’intervento del Segretario federale ridurranno od elimineranno l’eccessiva invadenza dell’Onb nella vita scolastica: la sua viva speranza è che, nella perfetta concordia e fusione degli animi e degli intenti, tutto possa procedere regolarmente per l’avvenire. Un inconveniente, invece, che difficilmente sarà eliminato o corretto è “l’invasione” della donna nell’insegnamento medio. Invasione crescente in un territorio solitamente marcato dai maschi. Anche Marchese ha la sua tesi contro le docenti, già osteggiate dal Preside che lo ha preceduto, e si avventura in una personale, contraddittoria argomentazione sulla “donna insegnante”: «La donna è nata per essere educatrice, ma a fare questo mestiere nella scuola anzi che nella casa, dovrebbe rinunciare al sacrosanto diritto di formarsi una famiglia, perché la donna maritata non può dare tutta l’attenzione e la passione richiesta alla scuola, la quale invece, per causa della donna insegnante, resta spesso in un certo stato di disordine e di abbandono»6. Le femmine hanno l’onere di badare ai figli: non possono perdere tempo a casa per preparare le lezioni o correggere i compiti, come i docenti maschi: «È risaputo che l’opera educativa di un insegnante coscienzioso non si esaurisce nella scuola, giacché occorre tempo ed agio per la quotidiana preparazione e per la correzione dei compiti e la preparazione degli esperimenti e degli esercizi; per questo dove troverà tempo e voglia la donna, che deve pur accudire ad una numerosa figliolanza?»7. La debolezza argomentativa del preside Marchese svela l’arcano della sua qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del preside Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI, p. 1. 5 Ivi, p. 2. 6 Ivi. 7 Ivi. 194 Il Regio Liceo Lanza La professoressa Michela Quitadamo. [Archivio Pascarelli] La misoginia del preside Marchese 195 misoginia. È l’intelligenza delle donne a fargli paura8: «Io sono per il ritorno della donna nella casa a fare quello che facevano le donne romane: sapranno forse anche meglio a suo tempo offrire i figli alla Patria, se non sono donne troppo intellettuali». A questo punto, egli abbandona l’argomentazione precedente, “annacquata” da riflessioni sul ruolo sociale della “madre di famiglia”, sui suoi compiti fondamentali ed esclusivi che la distolgono da altri impegni. Di slancio e senza mezzi termini, chiarisce che non fa alcuna differenza se la donna sia coniugata oppure nubile: «La donna nella scuola, se è mamma di famiglia pensa più ai figli e alla casa che alla scuola: se è ancora nubile, tormentata ed assillata dalla febbre che mette nel sangue la naturale disposizione a trovare marito, à poca voglia e scarsa passione per la scuola: riesce indubbiamente educatrice perfetta solo quando non sia agitata e tormentata da questo prepotente bisogno, ma le donne che non vogliono il marito, che non bramano la prole sono poche e non sono perfette, e, credo, neppure desiderate»9. Non si tratta di personali pregiudizi. Marchese fornisce prove oggettive dell’inadeguatezza delle insegnanti: «Io ho sperimentato ed imparato che le donne procurano alla scuola molti fastidi. E poi io dubito che la donna sia capace di educare la gioventù studiosa a forti sensi di virtù, che sia pronta a dare esempi di forza d’animo nelle gravi contingenze della vita ed abile a plasmare gli animi a virili propositi, se è proclive a tingersi le labbra, a guastarsi i capelli e, per la vanità, neppure la santa voce dell’ammonizione e del richiamo la distoglie dal tenace proposito di seguire le biasimevoli consuetudini della moda e del capriccio. Ed io purtroppo ho visto anche le donne maritate entrare nelle aule ad educare i giovani coi capelli ossigenati e con le labbra cariche di minio»10. La “filippica” di Marchese è davvero veemente, ma la chiusa della stessa lascia adito ad una lieve speranza nella “conversione” delle donne alla mission educativa voluta dal fascismo: «Sì, non poco la Patria da voi o, donne, aspetta, ma farete opera santa se cambierete costumi e pensiero. [...] Faccio voti che il signore ci dia luce intellettuale, buona volontà e aiuto costante per serbare puro ed incontaminato lo spirito dei nostri educatori, ferma la volontà di fare il bene come meglio si può, anche col sacrificio più duro, materiale e morale, per il bene e la reverenza che si deve alla gioventù, che è la speranza più vaga delle nostre anime e il tesoro più considerevole della Patria»11. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 8 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del preside Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI, p. 2. 9 Ivi. 10 Ivi. 11 Ivi, p. 3. Piena adesione alle direttive del Regime Nel 1937-38-XVI ci fu un “cambio della guardia” significativo alla presidenza del “Lanza”. A stilare la relazione finale al Ministero dell’Educazione Nazionale è il preside Matteo Luigi Guerrieri. Subentrò a Giuseppe Marchese, collocato a riposo dopo quaranta anni di onorata carriera, “macchiata” dalla censura da parte del Ministero per l’affaire Bertola. È un clima nuovo, con più attenzione ai punti di forza dell’Istituto, che Guerrieri lancia in una attivissima propaganda a favore del Regime. Gli annosi problemi che si trascinavano fin dall’istituzione del Liceo foggiano sembrano svaniti. Per l’arredo non si è badato a spese. I luminosi ambienti del “Lanza” sono ora impreziositi da «un tocco di verde»: un colore in linea con la connotazione “eroica” delle realizzazioni civili e militari del fascismo. La ricca “quadreria”, allestita l’anno precedente dal preside Marchese, fa bella mostra di sé negli ariosi corridoi, insieme alle epigrafi celebranti la conquista etiopica e “motti” del Duce. Nelle aule entrano i Fasci littori, le carte geografiche delle colonie italiane, gli altoparlanti per diffondere le trasmissioni dell’Eiar. Contraddicendo i proclami sulla grandezza dell’Impero, alcune iniziative a margine, riferite da Guerrieri, “svelano” lo stato reale delle condizioni in cui versa l’Italia fascista, colpita dalle sanzioni e costretta all’autarchia. Guerrieri mette in rilievo tutte le moderne innovazioni di cui la sua scuola è dotata. Il Regio Liceo-ginnasio “Vincenzo Lanza”, sito al primo piano dell’imponente Palazzo degli studi, ha finalmente una sede veramente degna, e questo “va ad onore” del Comune di Foggia: «La decenza e la luminosità delle aule, l’ampiezza dei corridoi, la modernità della suppellettile, la ricchezza degli impianti 198 Il Regio Liceo Lanza elettrici e il riscaldamento a termosifone fanno vivamente apprezzare il lodevole sforzo fatto dall’Amministrazione podestarile per la soluzione dell’importante problema edilizio degli istituti medi del capoluogo»1. Una soluzione definitiva è stata data al problema dell’attrezzatura radiofonica dell’Istituto: il 15 dicembre 1938, in occasione della visita del Segretario federale, sarà inaugurato l’impianto microradiofonico centralizzato, con un quadro manovratore della potenza di sessanta watt sufficiente per quaranta altoparlanti. È stato realizzato dalla ditta John Geloso di Milano, con l’istallazione di un altoparlante in ogni aula e altri ubicati nei corridoi e nella sala dei professori, in numero complessivo di venticinque2. Il preside Guerrieri rivendica, con orgoglio, la sua cura per dare al prestigioso Istituto un’immagine rispondente alle aspettative del fascismo: «I lunghi corridoi, già abbelliti dal mio predecessore con quadri riproducenti le principali opere del Regime, nonché i capolavori dei nostri più importanti artisti, si sono arricchiti di piante ornamentali e di una lapide di marmo a ricordo della fondazione dell’Impero. Le pareti si sono arricchite con alcuni motti del Duce sobriamente su di esse riprodotti, bene intonati al severo ambiente di lavoro, di disciplina, di patriottismo qual è la scuola»3. Affinché ogni studente abbia sempre presente i destini gloriosi dell’Italia, nel passato e presente imperiale, ogni aula è stata dotata di un Fascio littorio di gesso in tinta dorata e di una carta geografica su tela riproducente le colonie italiane: «Tali carte – spiega il Preside – sono state acquistate per le sedici aule scolastiche, perché gli alunni abbiano sempre davanti agli occhi la visione panoramica della nostra potenza coloniale»4. Nei corridoi della scuola, incorniciato in un elegante quadro, è stato esposto l’albo d’oro con tutti i nomi degli alunni che costituiscono la Guardia d’Onore per la custodia dei monumenti ai Caduti e dei parchi della Rimembranza. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, nota del preside M. L. Guerrieri al Provveditore agli Studi trasmessa il 13-03-1939, p. 1. 2 Ivi, relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 5. L’ingegnere italo-americano John Geloso, dopo i brillanti successi avuti negli Stati Uniti (iniziò a metà anni Venti ad effettuare i primi esperimenti di trasmissione di immagini TV), nel 1931 tornò in Italia e in quello stesso anno fondò la ditta a Milano in via Sebenico 7. La Geloso iniziò a costruire radioricevitori e amplificatori, affermandosi rapidamente sul mercato italiano: i prodotti erano di buona qualità ed a prezzi contenuti per non precluderne l’acquisto ai ceti meno abbienti. Produsse anche apparecchi per radioamatori, come i mitici G209R e G216. Negli anni Cinquanta, con l’inizio delle trasmissioni della RAI, fu all’avanguardia nella costruzione di apparecchi televisivi. Così i prodotti Geloso si diffusero nel mondo, dando prestigio all’Italia industriale. 3 Ivi, pp. 2-3. 4 Ivi, p. 5. Piena adesione alle direttive del Regime 199 Il Preside rimarca la circostanza che una «nuova e moderna suppellettile» ha sostituito la vecchia che in parte ancora arredava le aule e gli uffici. L’Amministrazione podestarile nulla ha risparmiato per il decoro dell’unico Istituto classico della città. L’arredo è sufficiente. Il preside Marchese aveva segnalato l’urgente necessità di una saletta d’attesa per il pubblico e per gli studenti pendolari, che avevano bisogno di un punto di appoggio nei tempi vuoti prima della partenza e dopo l’arrivo dei treni. Guerrieri risolve anche questo problema, destinando a tale uso la saletta di fronte all’ingresso secondario dell’Istituto. Tale ingresso sarà riservato al pubblico, mentre quello principale con «un atrio luminoso», rivestito di marmi e abbellito di eleganti pilastri, affidato alla stabile custodia di un portiere espressamente delegato dall’Amministrazione podestarile, è riservato agli alunni e ai docenti. Guerrieri risolve tanti piccoli problemi pregiudicanti la didattica: fa sì che gli insegnanti di storia dell’arte, di fisica e scienze naturali possano finalmente utilizzare gli apparecchi necessari per l’insegnamento delle loro materie e proiettare le diapositive intonse da anni; fa allestire una camera oscura per le proiezioni fisse, diascopiche ed episcopiche, adattando allo scopo l’aula attigua al gabinetto di fisica. Le lavagne mobili vengono sostituite con duplici lavagne murali fisse, che «presentano il vantaggio di essere in numero di due in ogni aula e di essere spostabili dall’alto in basso e viceversa, per mezzo di un apposito meccanismo». In realtà si rivelano meno pratiche di quelle mobili, «le quali possono sempre adattarsi sia alla visuale della scolaresca che a quella dell’insegnante, mentre la ubicazione parietale delle nuove lavagne obbliga l’insegnante a spostarsi dalla cattedra ogni volta che intende seguire, com’è suo dovere, ciò che l’alunno sta scrivendo alla lavagna»5. La Cassa Scolastica, a detta del Preside, funziona benissimo. Sorta nel 1922-1923, ha raggiunto una consistenza patrimoniale di circa 50mila lire6. Un deposito volontario libero è aperto presso la Banca d’ltalia. Dal consuntivo del 30 settembre 1938 si rilevano le seguenti spese: sussidi ad alunni poveri, acquisto di libri e divise; premi in danaro agli alunni vincitori del concorso sul Bimillenario di Augusto; acquisto della lapide commemorativa per la fondazione dell’Impero; rilegatura di libri; acquisto di materiale per il laboratorio di fisica; riparazione della radio; abbellimento dei locali; gite istruttive; riviste, giornali, libri, calendari, quadri, registri; concerti musicali. Con le 2.500 lire messe a disposizione dal Ministero, Guerrieri acquista i necessari sussidi didattici7, visto che quelli attualmente in dotazione della scuola qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 5 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 4-5. 6 Ivi, p. 19. 200 Il Regio Liceo Lanza sono pochi e in buona parte «obsoleti e deteriorati», come i modelli plastici di anatomia e di botanica. In migliori condizioni si trovano le biblioteche, sistemate nell’ampia sala dei professori, in scaffali uniformi e bene areati e con un discreto numero di libri e riviste8. Nella biblioteca degli alunni i volumi sono distribuiti su vari scaffali, corrispondenti alle varie classi del Ginnasio. Tale ripartizione non è stata ancora fatta per i volumi destinati agli studenti liceali. I professori Mastelloni e Marangelli, ai quali è stata rispettivamente affidata, nell’anno 1937-1938, la biblioteca degli alunni e quella dei professori, hanno quasi ultimato il riordino e la nuova catalogazione del materiale. Il Preside loda il loro impegno in quanto «essi hanno messo ogni cura perché le due benefiche istituzioni rispondano allo scopo»9. A fine anno, la biblioteca degli alunni conta: 1.569 testi di autori classici; 1.752 volumi; 215 opuscoli. I prestiti sono stati 865, effettuati in ore fisse, fuori dell’orario di scuola, dal bibliotecario professor Michele Mastelloni. La biblioteca dei professori, che al 30 giugno 1937 possedeva 2.722 volumi, un anno dopo ne conta 2.883. Durante l’anno furono prestati cinquantasei libri. Il Preside elenca tutte le iniziative10 messe in atto per migliorare l’offerta formativa del 1937-1938. Si è svolta una corrispondenza scolastica internazionale, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 6. 8 Al Liceo “Lanza” nell’anno scolastico 1937-1938, oltre ai testi classici pervennero le seguenti opere “contemporanee”: ABBOLITO, Ai soldati d’Italia; L’aviazione negli scritti e nella parola del Duce; A STARACE, La Marcia su Gondar; Scritti e discorsi del Duce,Voll. III, IV, V; A. STARACE, Scritti e discorsi A. Mussolini, Voll. III, IV, V; A. GIANNUZZI, Offesa aerea e mezzi di difesa e di protezione, copie 16; B. PEDROTTI, L’ultima spedizione del capitano Bottego; V. GRILLO, Da Predappio a Roma; Sommario cronologico, Bollettino Ministero Educazione Nazionale 1933-34; G. BORTONE, Il codice della cortesia e della grazia; LO PRESTI, Per la scuola e per la vita; A. SAMSEO, Panfili in crociera; Le biblioteche d’Italia fuori Roma; Compendio storico, 1937; G. GIFUNI, Lucera. Le riviste sono numerose, tutte a disposizione sui grandi tavoli della sala docenti. Il preside Guerrieri le elenca tutte: “Rassegna Italiana”; “Rivista delle colonie”; “Rivista della Real Società Geografica”; “Japigia”; “Universalità Fascista”; “Minerva”; “Giornale storico della letteratura italiana”; “Illustrazione Vaticana”; “Il mondo plastico”; “Annuali della Regia Scuola Superiore Normale di Pisa”; “Rassegna storica del Risorgimento”; “Bollettino di filologia classica”; “Quadrivio”; “Bollettino d’arte”; “Bibliografia Fascista”; “Giornale della Scuola Media”; “Il Balilla”; “L’Archivio di filosofia”; “La civiltà moderna”; “Rivista di filologia e di istruzione classica”; “Rivista di fisica matematica e scienze”; “Leonardo”; “Gerarchia”; “La Nuova Italia”; “Giornale critico della filosofia italiana”; “Il libro italiano”; “Rivista storica italiana”; “Archivio storico della Dalmazia”; “Scuola e cultura”; “La Civiltà Fascista”; “Nuova Antologia”; “Gli Annali del Fascismo”; “Bollettino delle pubblicazioni”; “Bollettino del Comune di Foggia”; “L’Azione Coloniale”; “Il Popolo d’Italia” (quotidiano); “L’Otto Settembre” (settimanale, foglio d’ordini della Federazione dei Fasci). [Ivi, pp. 8-11] 9 Ivi, p. 7. 10 Ivi, p. 16. Piena adesione alle direttive del Regime 201 cui hanno partecipato sei alunni e quattro alunne per il francese e cinque alunni e sei alunne per l’inglese. È stato attivato l’insegnamento della “cultura militare”. Gli studenti hanno visitato la caserma “Miale da Troia” e i capannoni di artiglieria “Zuretti” contenenti abbondante materiale bellico, illustrato ai giovani dal comandante del Distretto militare. Durante la visita al campo d’aviazione “Gino Lisa”, un ufficiale delegato dal Comando ha fatto «da sapiente guida» al gruppo scolastico. La Presidenza fece distribuire sedici copie del volume del generale Giannuzzi Savelli Offesa aerea. Mezzi di difesa e di protezione, a sussidio delle Norme per la protezione antiaerea contenute nell’opuscolo inviato dal Ministero: tali volumetti, insieme con la serie di quattro cartelloni murali per la propaganda antiaerea, affissi in ciascuna aula, furono di valido aiuto ai docenti. Quell’anno, in ottemperanza alle direttive del “superiore Ministero”, i docenti intensificarono la vigilanza sul consumo della carta da parte degli allievi, che eseguirono i lavori su di una pagina, anziché su di un foglio. Nei corridoi furono messi dei sacchi della Croce Rossa, nei quali fu depositata la carta inservibile. Furono celebrati «con austerità» l’anniversario della morte di Arnaldo Mussolini, la commemorazione di Gabriele d’Annunzio e quella di Guglielmo Marconi. Il titolare di fisica, professor Quatela, rievocò la figura di Marconi dopo aver effettuato esperimenti dimostrativi di elettromagnetismo e di radiotelegrafia. Il “Bimillenario di Augusto” fu celebrato con una visita guidata a Lucera. La Presidenza, previa autorizzazione del Ministero, organizzò una “gita” per visitare l’anfiteatro romano, di notevole importanza storica per le epigrafi incise sugli architravi di due portali, attestanti che la città fu una colonia di Augusto. I giovani furono guidati dal dottor Gifuni11, «noto bibliotecario e insigne studioso». Accompagnati dal Preside e dai professori Mastelloni e Quatela, gli studenti visitarono anche la sezione epigrafica del museo, la collezione vascolare, la sala della statuaria romana e la sezione preistorica e numismatica. I festeggiamenti “augustei” continuarono nella sede del “Lanza” con due lezioni sulla figura dell’imperatore romano, tenute agli studenti del Liceo e del Ginnasio superiore; con un qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 11 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 25-26. Giambattista Gifuni (1891-1977) fu direttore della Biblioteca Civica “Ruggero Bonghi” di Lucera. Con passione e competenza migliorò la fruibilità della biblioteca, contribuendo alla crescita culturale della città. Fu biografo di Salandra ed autore di una monografia su Lucera. Benedetto Croce, espresse il seguente giudizio su Gifuni: «Appartiene a quella eletta, ma purtroppo sempre più ristretta cerchia di appassionati ricercatori, senza di che la scienza non sarebbe». [Per un profilo di Gifuni Cfr. E. LAMARO, “Gifuni Giambattista”, in Dizionario biografico degli italiani Vol. 54, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2000, p. 642-644; F. BARBERI, Schede di un bibliotecario (1933-1975), Associazione italiana biblioteche, Roma, 1984, pp. 27, 43, 44, 76, 120] 202 Il Regio Liceo Lanza concorso a premi (quattro premi di 50 lire ciascuno) fra studenti del Liceo e del Ginnasio superiore su un tema riguardante il fondatore dell’Impero; con un concorso a premi (due premi di lire cinquanta ciascuno) fra studenti del Liceo sulla “efficace” lettura di brani di Virgilio, Orazio, Livio12. Il 22 dicembre 1937 gli studenti di seconda e terza liceale visitarono il Padiglione della Bonifica presso la Fiera Agricola, guidati da un delegato del Consorzio Generale di Bonifica del Tavoliere. Il 13 maggio 1938 visitarono il Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi, guidati dal direttore Rosso. Come attività parascolastica, fu tenuto soltanto qualche concerto musicale. Dopo il concerto numero tre del programma tipo (musica del Seicento) organizzato dal locale Liceo Musicale “Umberto Giordano”, con la distribuzione di fogli volanti contenenti il programma e poche notizie sulla vita e le opere degli autori, i trattenimenti musicali furono interrotti perché il Conservatorio non riuscì ad approntare gli altri concerti in programma per scarsezza di personale e di mezzi. La collaborazione con la Gil (Gioventù italiana del Littorio) fu ottima13. «Totalitario» il tesseramento degli studenti del “Lanza”, completato all’inizio dell’anno scolastico. Guerrieri, in qualità di presidente provinciale dell’Ufficio cultura, scrisse delle lezioni di cultura fascista che, dattilografate e inviate al Comando federale, furono lette in ogni Gil dei Fasci della provincia. «Opera preziosa e proficua» svolsero anche l’ispettrice federale della Gil, signorina Giuliano, segretaria del “Lanza”, nonché le professoresse Palazzo, vice ispettrice federale, e Visco, capomanipolo, i professori De Capua, ufficiale della Gil, e Testa, cappellano di Legione. L’Istituto partecipò a molte gare ed «ebbe l’onore» di riportare il primo premio negli agonali della cultura dell’anno XVI14. Per tale vittoria il segretario federale gli assegnò il gagliardetto di juvenile provinciale per l’anno 1938-XVI. Nel torneo di scherma, il “Lanza” si classificò secondo. Si iscrisse alla Federazione Italiana di Pallacanestro. Era socio temporaneo della Gil, e vari suoi insegnanti furono nominati dal Comando federale nelle giurie per gli agonali dell’anno XVI. Per questo il preside Guerrieri ricevette un elogio dal comandante federale La Cava: «È con vivo piacere che apprendo che codesto Istituto ha ottenuto un tesseramento totalitario per l’anno XVI. Apprezzo ed elogio l’opera che la S.V. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 26. 13 Ivi. 14 Negli agoni federali dell’anno XVI, si classificarono primi: la piccola italiana Caracciolo, l’avanguardista Fares, i balilla Notarangelo e Rossi, l’alunno Treggiari (spada) . Si classificarono ai primi posti anche la piccola italiana Rizzi e l’avanguardista Barbone. Ricevettero la croce al merito i balilla De Simone, Manuppelli, Sala, Lauriola, Arpaia, Miccolis, Causani, Ulivieri e Ciliberto. Piena adesione alle direttive del Regime 203 svolge continuamente a favore di questa organizzazione». Altre lodi pervennero al Preside dallo stesso gerarca, dopo che la Cassa Scolastica del Liceo elargì 500 lire per l’acquisto di tre divise della Gil e per la distribuzione di 123 copie del libro di Benito Mussolini Vita di Arnaldo: «Ho ricevuto la somma di lire 500 versate per l’acquisto di vestiario a favore di organizzati bisognosi. Esprimo la più sentita gratitudine dei giovanissimi di Capitanata per la tangibile prova di collaborazione offerta alla grande Famiglia. Con i miei personali ringraziamenti, Le esprimo il mio vivo compiacimento per la lodevole iniziativa attuata per onorare la memoria di Arnaldo Mussolini». Durante l’anno, Guerrieri e quattro docenti parteciparono al corso nazionale di educazione fisica per presidi ed insegnanti di scuola media. L’Istituto partecipò alla Dante Alighieri, centotrenta alunni furono iscritti alla Croce Rossa Giovanile, con sedici iscrizioni collettive e con quarantotto individuali, a titolo di premio; partecipò alla Lega Navale con otto abbonamenti premio e con un contributo collettivo; una ventina furono gli abbonamenti sottoscritti alla rivista “Balilla”, molto meno quelli ad ”Aquilone” e ad “Azione Coloniale”. Il “Lanza” diventò socio ordinario dell’Istituto Nazionale Fascista dell’Africa Orientale: «La lapide in marmo bianco, murata all’ingresso secondario dell’Istituto – informa Guerrieri – riproduce le parole del Duce sulla fondazione dell’Impero: Il popolo italiano ha creato col suo sangue l’Impero». Con essa il Liceoginnasio “si arricchì” di una decorazione muraria a carattere patriottico. Alla cerimonia per lo scoprimento, svoltasi «con eccezionale solennità», intervennero varie autorità politiche insieme al Regio Provveditore agli Studi. Le conferenze geografiche, “caldeggiate” dal Regime15, furono precedute da cinque lezioni di cultura coloniale, tenute dai docenti dell’Istituto. Argomenti trattati: La posizione dell’Italia Imperiale nel Mediterraneo; L’Etiopia; La Libia, bastione dell’Impero; Le isole dell’Egeo; Metodi di conquista coloniale. Guerrieri riferisce che «l’esposizione della materia, fatta dagli insegnanti col sussidio delle carte geografiche dell’Impero, rese assai efficace tale corso, che richiamò l’attenzione dei giovani su vari problemi di natura politico-economica legati in particolar modo alle colonie italiane». Nel corso di quell’anno, il “Lanza” partecipò con «vivo entusiasmo» a tutte le celebrazioni e cerimonie fasciste e patriottiche organizzate a Foggia. Spesso la celebrazione fu accompagnata non solo da «opportune parole», ma anche da distribuzioni di libri o di premi. In occasione della “V Giornata della madre del fanciullo”, la Presidenza raccolse molti giocattoli e ne fece dono al Patronato. In quell’occasione ci fu anche un’elargizione benefica con i fondi della Cassa Scoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 15 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 25-26. 204 Il Regio Liceo Lanza lastica. I passi salienti di alcuni discorsi del Duce, come quello pronunziato alla Camera dei deputati il 16 marzo 1938, furono debitamente illustrati agli studenti e fatti tradurre in latino. I docenti di lettere assegnarono temi sul significato della “energica” azione voluta dal Regime per rafforzare l’indipendenza economica. Le radiotrasmissioni dell’Eiar furono in buona parte «ascoltate con diletto» dai giovani, riuniti volta per volta nell’ampia sala dei professori, in grado di contenere oltre settecento allievi. Qualche audizione saltò per il cattivo funzionamento del vecchio apparecchio radio. Una larga rappresentanza di genitori di diversa condizione sociale, fu invitata a presenziare alle manifestazioni organizzate dalla scuola16. Il 15 giugno, in presenza del Provveditore agli Studi e delle famiglie, si svolse la cerimonia di chiusura dell’anno scolastico con la «solenne premiazione» degli alunni. In tale occasione furono distribuiti diplomi di merito17 a tredici alunni, libri di lettura, tessere gratuite della Dante e della Croce Rossa Giovanile, cartoline commemorative del Convegno di Peschiera. Seicento cartoline erano state già inviate «alla maestà del Re Imperatore». L’Istituto ebbe il suo gagliardetto, come prescritto dal Ministero, confezionato dall’Unione militare di Roma18. Nella prima seduta plenaria, il Collegio dei professori aveva fissato il numero di verifiche per ciascuna materia19. Guerrieri osserva che durante l’anno gli insegnanti non sempre sono riusciti a seguire gli studenti, né hanno avuto a disposizione il tempo necessario per constatarne il progresso20. Alcuni manuali in uso non hanno risposto allo scopo, «farraginosi com’erano, troppo schematici o troppo difficili»: sono stati “eliminati” con le nuove adozioni21. In varie classi il nuqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 16 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit, relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 18. 17 A proposito del merito Guerrieri sottolinea: «Poiché, in linea generale i voti che nell’Istituto si assegnano sono quelli che gli allievi meritano, non quelli cui consigliano considerazioni estranee al merito obiettivo e reale, le esenzioni delle tasse per merito sono state piuttosto scarse: trentuno esoneri e quarantanove semiesoneri». Pochissimi gli esoneri agli orfani di guerra e ai figli di mutilati e invalidi. Rilevanti quelli ottenuti da allievi appartenenti a famiglie numerose: centoventinove esoneri e venticinque semiesoneri. 18 Ivi, p. 5. 19 Per il Ginnasio inferiore: italiano (tre esercitazioni scritte trimestrali in classe e una ogni quindici giorni a casa); latino (come per italiano). Per la prima classe del Ginnasio, nel primo trimestre, né esercitazioni scritte né orali di latino. Per il Ginnasio superiore: italiano (due esercitazioni scritte trimestrali in classe e una ogni quindici giorni a casa); latino (come per italiano); greco (come per italiano). Nella quarta ginnasiale nessuna prova scritta di greco nel primo trimestre. Per il Ginnasio inferiore e superiore: lingue straniere (tre esercitazioni scritte trimestrali in classe e due al mese a casa). Per il Liceo: italiano (due esercitazioni scritte trimestrali in classe e una ogni quindici giorni a casa; latino e greco (come per italiano). [Ivi, p. 12] 20 Parlando delle varie materie di studio, il Preside afferma di aver evitato che lo studio del latino Piena adesione alle direttive del Regime 205 mero degli allievi è stato superiore a quaranta. Un numero che, a volte, è aumentato durante l’anno scolastico in seguito al trasferimento di alunni da altre sedi. La disciplina è stata comunque tenuta con fermezza. Limitate le assenze degli studenti: nell’ultimo trimestre, in terza liceale, «un energico richiamo alla disciplina ed alla osservanza del dovere, fatto durante il terzo trimestre direttamente dal Preside, impedì che gli studenti disertassero le aule negli ultimi giorni di scuola. Il Sig. Provveditore agli studi, che onorò di una sua ultima visita l’Istituto il giorno 15 giugno, poté constatare direttamente che soltanto qualcuno era assente, e per giustificato motivo»22. Solo un alunno fu rimandato a settembre in tutte le materie per un sei in condotta. Non mancarono occasioni «di serio pericolo» per la disciplina all’interno dell’Istituto, “felicemente rientrate” grazie all’intervento di Guerrieri: «La non sicura conoscenza delle discipline d’insegnamento o un certo rigore nella valutazione dei singoli allievi da parte di alcuni docenti inesperti avrebbero potuto far nascere incidenti degni di rilievo, se non vi fosse stata la oculata ed ininterrotta vigilanza di questa Presidenza». Per l’anno scolastico successivo è previsto un secondo corso completo con la istituenda terza B, ma il “Lanza” ha solo due professori di ruolo: la professoressa Chiara Sepe De Francesco, «valente ordinario di scienze naturali ma di salute malferma» […] ed il professor Francesco Quatela23, ordinario di matematica e fisica. Gli altri sono tutti supplenti: «Di conseguenza – fa notare Guerrieri – il lavoro che compie questa Presidenza per istradare e guidare il personale supplente, non sempre fornito delle qualità didattiche necessarie in ogni buon docente, è certamente non lieve, quando si pensi alle molte materie d’insegnamento ed alla delicata funzione didattica ed educativa di ciascun insegnante». Non manca di fare dei rilievi di carattere didattico che hanno avuto ripercussioni sull’andamento dell’Istituto. Come i Presidi che lo hanno preceduto, anch’egli è del parere che «la donna insegnante costituisce se non una tara, un problema»: «Vi sono nel qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp venisse avviato in prima ginnasiale fin dal primo trimestre: «Con opportuna opera di persuasione ho ottenuto che si avessero principalmente le basi in italiano e in analisi logica. Le prime nozioni di latino sono state impartite verso la fine del primo trimestre o agli inizi del secondo. È stato, così, facile a molti alunni il progredire rapidamente, padroni come erano dell’analisi logica e della grammatica italiana». [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-38 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 22-23] 21 Ivi, p. 17. 22 Ivi, p. 12. 23 Ivi, p. 14. Il Preside segnala che da parte del docente suddetto, dopo la chiusura dell’anno scolastico furono fatti, con tutta serietà, presso la famiglia di una licenzianda dal Liceo, di ottima condotta e di pregiate qualità intellettuali, dei passi miranti al matrimonio. La famiglia della giovane accettò di buon grado la richiesta, ma dopo non molto tempo, probabilmente per la notevole differenza di età esistente fra i due, la relazione finì. 206 Il Regio Liceo Lanza ginnasio inferiore e superiore fra gli insegnanti di ruolo di materie letterarie sette donne, e cioè le professoresse Marchione, Castellaro, Palazzo, Quitadamo, Visco, De Simone e Gramazio. È ovvio che la donna in genere e la maritata in particolare non possono dedicare alla scuola il tempo, l’energia, la volontà, l’operosità che può ad essa dedicare un uomo. A dire il vero, l’elevato concetto della funzione dell’insegnamento ha indotto le suddette insegnanti a fare del loro meglio sia per limitare il numero delle assenze, sia per dedicare alla scuola buona parte delle loro energie. Ciò nonostante non solo la disciplina, ma anche l’insegnamento ne hanno in qualche modo sofferto»24. Infine, Guerrieri annuncia l’imminente pubblicazione dell’Annuario dell’anno scolastico 1937-193825. Nella nota di risposta alla relazione di Guerrieri, il Ministro comunica di aver appreso con soddisfazione che è stata installata un’efficiente attrezzatura radiofonica, e che i rapporti con le famiglie degli alunni sono stati frequenti e cordiali. Per quanto riguarda i risultati degli esami di maturità, sono state invece riscontrate “alcune manchevolezze”, come una “sensibile deficienza” nel compendio del programma di italiano del terzo anno, specialmente per gli autori letti. Anche nella storia e filosofia, nella matematica e soprattutto nella fisica e nelle scienze naturali, non tutti i candidati hanno dimostrato di essersi preparati con metodo. Essi non hanno approfondito i concetti fondamentali, si sono limitati ad uno studio «piuttosto superficiale e mnemonico». Il Preside viene esortato a far sì che nelle prossime prove non abbiano a lamentarsi le stesse lacune26. Della suddetta comunicazione, Guerrieri invia al Provveditore agli Studi soltanto uno stralcio, citando la seguente “lode” del Ministero: «Si apprende con soddisfazione che l’istituto ha attivamente partecipato alle manifestazioni indette dalla Gil e che ha avuto anche l’onore di riportare il primo premio negli agonali provinciali della cultura dell’anno XVI»27. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 24 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-38 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 13. 25 Nell’Annuario sono inseriti i saggi: preside Guerrieri, Sulla origine della tragedia greca; professor Aragona, Sulla data di rappresentazione del Poliuto di Corneille e Di alcune parole latine, greche e barbare entrate nelle lingue romanze; professor Quatela, La Estensione di una dimostrazione del Burgatti nel problema del giroscopio pesante; professor Iorio, La primitiva forma di stipulatio, chiarita dall’uso della taglia foggiana; professor De Virgiliis, Saggi di traduzione. [Ivi, p. 17] 26 Ivi, nota Ministero Educazione Nazionale del 2-03-1939, pp. 1-2. 27 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., nota del preside M. L. Guerrieri al Provveditore Studenti e docenti del Liceo. Al centro, seduto, il preside Matteo Luigi Guerrieri. In basso. Guerrieri (seconda fila, quinto da sinistra) con studenti di terza liceale. [Archivio Guerrieri] Il caso Marangelli Guerrieri, nella relazione del 1937-1938 si era sbilanciato sulla condotta del personale docente: «Debbo dire, in buona coscienza, che per questo, nell’insieme posso essere soddisfatto. Dico nell’insieme». Didatticamente, non tutti i docenti risultano all’altezza: «Dei Professori di ruolo del ginnasio due, e cioè il Professor Iorio, di materie letterarie nel ginnasio superiore, e il Professor Testa, di materie letterarie nel ginnasio inferiore, hanno insegnato con zelo e con vero spirito di sacrificio, mentre un altro insegnante, cioè il Professor Marangelli, di materie letterarie nel ginnasio inferiore, ha lavorato poco e disordinatamente ed ha dimostrato, alle volte, di non sapere efficacemente mantenere la disciplina»1. Il Preside calca la mano su Marangelli affermando che ha fatto, d’altra parte, sorgere “qualche sospetto” sull’attività scolastica, contravvenendo alla normativa che vieta le lezioni private agli studenti dell’Istituto: «Da questa Presidenza sono stati raccolti elementi volta per volta segnalati al Regio Provveditore agli Studi, circa lezioni private impartite da prossimi suoi congiunti. Lo stesso insegnante fu avvertito a suo tempo e, col dovuto garbo, gli fu fatta presente la delicatezza della cosa». Guerrieri si perita di informare il Ministero che il professore ha appena vinto un concorso a cattedre di italiano e di latino ed è “attualmente destinato” al locale Regio Istituto Magistrale. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia; Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1937-1938 del preside Matteo Luigi Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 13. 210 Il Regio Liceo Lanza Il giudizio di Guerrieri su Marangelli appare palesemente contraddittorio. Lo stronca con una nota di demerito nella stessa relazione in cui, poche pagine prima, ne ha lodato l’impegno profuso nel riordino e nella catalogazione dei volumi delle biblioteche scolastiche2. Marangelli era entrato in ruolo al “Lanza” come ordinario del Ginnasio inferiore nel 1935-1936, dopo aver vinto il concorso per Italiano, latino, storia e geografia. Aveva superato l’anno di prova nell’anno 1934-1935, sotto la presidenza di Giuseppe Marchese, il quale per tre anni consecutivi si era limitato a dargli il giudizio di “sufficiente”, senza dedicargli note particolari, didattiche o personali nelle sue relazioni al Ministero. La segnalazione di Guerrieri al Ministero fu inviata alla fine di novembre del 1938: in tale data Marangelli non era più in servizio al “Lanza” ma all’attiguo Istituto Magistrale “Poerio”. Alcune ex alunne3 ricordano ancora quell’esperienza con “il giovane professore”: «Nei primi giorni di ottobre del 1938 esultammo alla notizia che ci era stato assegnato come insegnante di lettere il professor Oronzo Marangelli, noto in città come autore di numerose pubblicazioni di carattere storico e di articoli inclusi nella pagina letteraria del giornale “Il Popolo Nuovo”. Aveva fama di essere tra i più apprezzati storici a livello nazionale. Ma soprattutto erano apprezzate le qualità umane di cui avevamo sentito parlare da amici del Liceo classico “Vincenzo Lanza” che precedentemente lo avevano avuto come docente. Anche i nostri genitori ne parlavano con grande ammirazione e stima. Quando entrava in classe, era accolto da rispettoso silenzio per il fascino che emanava la sua colta e carismatica personalità; un silenzio pieno di attesa per l’inizio della lezione, che egli rendeva piacevole grazie ai continui riferimenti al presente e per le citazioni dotte e ricche di notizie, frutto di ricerche personali, connesse ai vari campi delle diverse discipline e non prive, all’occorrenza, di ironia e umorismo. Era molto colto, serio e gran lavoratore: non si assentava mai! Il metodo didattico era improntato al dialogo e, cosa per noi sorprendente, accettava il dissenso. Ci coinvolgeva, facendoci fare tesine che discutevamo in classe. Ci consentiva di avvicinarci alla cattedra e di questo menavamo vanto con i compagni delle altre classi, tenuti a doverosa distanza dai loro insegnanti. Non ci parlò mai del fascismo, né in positivo né in negativo. Sono passati oltre sessant’anni da quell’ottobre del 1938, ma ancora è vivo in noi il ricordo di una persona ricca di umanità e di cultura. Siamo orgogliosi di averlo avuto come insegnante. Sarebbe stato un ottimo docente ancora oggi: per noi, Oronzo qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 13. 3 Lucia Ciano, Olga Iarussi e Vittoria Tarquini: alunne di Marangelli al “Poerio” nel 1938-1939. Cfr. O. MARANGELLI, Scritti Scelti, Foggia, 2002. Il caso Marangelli 211 Marangelli è rimasto sempre il giovane professore che ci faceva studiare con piacere e con entusiasmo». Ma i metodi del professor Marangelli saranno oggetto di un’ispezione ministeriale, richiesta dal preside del “Poerio” don Flaviano Pilla. Scorrendo la sua relazione dell’anno 1938-1939 troviamo soltanto due brevi cenni sul grave episodio: «Dei pochi professori di ruolo uno, ordinario in prova di Latino e Storia, ha subito una ispezione ministeriale ed è stato restituito all’insegnamento inferiore e trasferito a Benevento: egli è il professor Marangelli Oronzo». E ancora: «L’insegnamento del Latino e della Storia nel corso C (è stato tenuto) dal professore di cui si è già parlato»4. Pochi cenni, quindi, su un caso che sconvolse la vita scolastica del “Poerio”. Le “motivazioni superiori” che spinsero il Preside a richiedere l’ispezione sono forse rilevabili nell’incipit della stessa relazione: «Anche in quest’anno scolastico – esordisce Pilla – l’attività da me svolta per sollevare sempre più le sorti del Regio Istituto Magistrale di Foggia verso quelle altezze segnate dal Regime è stata in special modo orientata verso il raggiungimento di una maggior disciplina nella scolaresca e nel corpo insegnante, di un maggior rendimento dell’una e dell’altro, di una maggior penetrazione dello spirito animatore del Fascismo e di una sempre più attiva collaborazione con le locali Gerarchie della Gioventù Italiana del Littorio». Il Preside del “Poerio” chiude la sua relazione con una frase significativa: «In quanto alla disciplina posso affermare che, tranne qualche piccolo incidente di trascurabile importanza, essa è stata perfetta sia per quel che riguarda gli insegnanti sia per quel che riguarda gli alunni»5. Quel piccolo incidente di percorso fu probabilmente “l’Operazione Marangelli”... Lette nel contesto della scuola del Ventennio, le segnalazioni di Guerrieri al Ministero e la richiesta di ispezione di Pilla, sembrano funzionali ad un unico scopo: mettere in cattiva luce un docente non allineato alle direttive del Regime. Reo di non parlare deliberatamente di fascismo durante le sue lezioni. Di evitare l’argomento. All’inizio dell’anno scolastico, nella prima riunione plenaria dei docenti, il preside Pilla aveva invitato tutto il corpo insegnante a mettersi a disposizione del Comando federale, per prestare la propria opera nelle organizzazioni giovanili e nella Milizia volontaria per la Sicurezza nazionale. Molti docenti furono impegnati e tra loro alcuni si distinsero per attività e zelo. I loro nomi vengono citati. Oronzo Marangelli non fa parte di questo gruppo. Ma un professore così colto, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Regio Istituto Poerio, relazione a.s 1938-1939 del preside Flaviano Pilla trasmessa il 10-12-1939, pp. 11-35. 5 Ivi. 212 Il Regio Liceo Lanza che faceva presa sugli studenti, non poteva impunemente sottrarsi “all’alto compito” che il fascismo volle affidare ai docenti: andava punito mettendone in discussione la deontologia professionale e la preparazione metodologico-didattica. Restituito al ruolo inferiore dopo l’ispezione ministeriale del maggio 1939, e trasferito da Foggia a Benevento, il 28 giugno 1941 Marangelli presentò un esposto al Ministero. Lo fece per via gerarchica, tramite il preside del Regio Istituto Magistrale “Guacci”, professor Pietro Mundo, il quale riferì al Ministro: «Il prof. Oronzo Marangelli, ordinario di materie letterarie al corso inferiore di questo R. Istituto Magistrale, asserisce che era ordinario in prova al corso superiore del R. Istituto Magistrale di Foggia, quale insegnante di latino e storia, perché vincitore del concorso di italiano latino e storia, dopo essere stato ordinario per tre anni di materie letterarie nel corso inferiore del R. Ginnasio di Foggia; che durante l’anno di prova nel R. Istituto Magistrale di Foggia sopra menzionato ha subito una ispezione; che nell’ottobre del 1939 fu, per effetto di tale ispezione, deferito al ruolo di provenienza e trasferito a Benevento presso questo R. Istituto Magistrale. Il prof. Marangelli afferma che nulla gli è stato contestato nei riguardi della didattica e della disciplina e che mai è stato invitato a presentare controdeduzioni a propria discolpa. L’interessato nota che seppure avesse lasciato a desiderare nella parte della didattica, essendo al primo anno di insegnamento nel corso superiore, poteva avere delle attenuanti e poteva subire, nel peggiore dei casi, il ritardo di un anno pel suo passaggio nel ruolo di ordinario. L’insegnante arriva anche a supporre che l’ispezione abbia potuto avere tanto dannoso effetto per lui per non essere l’ispezione rimasta soddisfatta della sua preparazione culturale. Ma tale ipotesi è da scartarsi perché la sua cultura è stata varie volte vagliata dalle commissioni esaminatrici dei vari concorsi da lui sostenuti e superati. Infatti il prof. Marangelli Oronzo si è abilitato all’insegnamento di lettere italiane e storia negli istituti medi superiori nel concorso bandito per sola abilitazione con D. 10 maggio 1930, Boll. 4 dic. 1939 n. 49 p. 3545; ha vinto il concorso per Italiano latino storia e geografia, bandito con D. 23 dic. 1932, Boll. 7 giug. 1934 n. 23 p. 1579; ha vinto il concorso di Lettere italiane latine e storia, bandito con D. 25 ott. 1937, Boll. 18 ag. 1938 n. 30 p. 2446; ha vinto il concorso di Italiano e storia negli istituti tecnici superiori, bandito con D. 27 ott. 1937, Boll. 18 ag. 1938 n. 23 p. 2489; pare superfluo notare il concorso vinto nel 1931 come direttore della Biblioteca di San Severo e le sue varie pubblicazioni: Breve storia di Conversano, Rivoluzione di Masaniello a Foggia, Umberto Fraccacreta poeta, Novelle di questi e d’altri tempi. Superfluo appare pure notare che prepara la pubblicazione: Le pergamene di San Severo edite ed inedite dal sec. XI al sec. XVI, e Preludio al trionfo, romanzo». Il preside Mundo ha preso a cuore il caso Marangelli. Non si limita a inoltrare delle semplici deduzioni, ma si impegna in una vera e propria difesa del profes- Il caso Marangelli 213 sore ingiustamente declassato e confinato dal Ministero a Benevento. Ne vanta la preparazione culturale e metodologico-didattica, oltre che lo spessore morale e umano: «Per disciplina, per cultura, per didattica il prof. Marangelli Oronzo è un insegnante a posto come pochi possono vantarsi di esserlo. Questa Presidenza non ha potuto ricostruire per mancanza di documenti tutto quanto il prof. Marangelli ha esposto. Però può affermare in piena coscienza che non ha avuto mai a richiamare il nominato professore sia per disciplina, sia per didattica, sia per cultura che ha ben mostrato durante gli esami di abilitazione della sessione testé terminata, a cui ha preso parte quale commissario di latino della seconda commissione». Non è solo il preside Mundo a pensarla in questo modo, ma anche i colleghi e gli studenti della scuola: «Candidati e colleghi di sottocommissione hanno trovato nel Marangelli cultura profonda e solida e spirito sereno ed equanime». Le sue competenze di biblioteconomia, che esulano dalle normali mansioni di docente, sono eccellenti: «Quale bibliotecario addetto alla biblioteca dei professori ha espletato il suo ufficio con competenza e con passione, riuscendo a riordinarla tutta ex novo, completando i relativi registri, schedari, targhette ecc.». Per Mundo il professor Marangelli è un ottimo collaboratore. Si mette sempre a disposizione dell’Istituto: mattina, pomeriggio e sera, trattenendosi nella biblioteca. Gode vasta simpatia e stima, sia come insegnante sia come educatore tra gli alunni, le famiglie, i colleghi. Conduce una vita decorosa e sobria, e dedica tutte le sue cure alla famiglia e tutto il suo affetto ai suoi quattro figli. Non merita di trovarsi in condizioni di inferiorità rispetto ai colleghi dell’Istituto e di altri Istituti. «L’auspicio è che, seppure abbia mancato, – conclude il Preside – la sua riabilitazione appare un atto di giustizia e di coscienza, quindi l’acclusa petizione redatta dall’interessato viene inviata con la speranza di vederla ben accolta dal Superiore Ministero»6. Ma la risposta del Ministero non fu quella auspicata. Il Regio Provveditore agli Studi di Benevento, che la ricevette per via gerarchica, la trasmise al preside Mundo il 31 ottobre 1941: «In relazione all’esposto che il prof. Marangelli Oronzo, ordinario di materie letterarie nel corso inferiore del Regio Istituto Magistrale di Benevento, ha prodotto allo scopo di ottenere il riesame della sua posizione e, possibilmente, la riassunzione nel ruolo A quale insegnante di italiano, latino e storia nel corso superiore degli Istituti Magistrali, il Ministero dell’Educazione Nazionale porta a conoscenza quanto segue: dall’ispezione didattica eseguita dall’ispettore centrale Marseglia, nel maggio 1939, risulta che il prof. Marangelli Oronzo, ordinario in prova di italiano, latino e storia nel corso superiore del Regio qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 ARCHIVIO STORICO ISTITUTO MAGISTRALE “Guacci” di Benevento, fascicolo Personale Docente. Il documento è stato fornito da Luigi Pietro Marangelli. 214 Il Regio Liceo Lanza Istituto Magistrale di Foggia, non possedeva affatto le doti culturali e didattiche richieste per una cattedra di materie letterarie in un istituto di secondo grado e perciò era inidoneo a continuare l’insegnamento in tale ordine di scuole. Molte altre manchevolezze, lesive del decoro e del prestigio di un insegnante, furono inoltre riscontrate dall’ispettore, ma di queste non è d’uopo qui far cenno, perché nessuna influenza ebbero sul provvedimento adottato nei confronti del prof. Marangelli. Poiché l’ispezione ebbe unicamente lo scopo di accertare le attitudini didattiche e la preparazione culturale del prof. Marangelli, che, quale insegnante di materie letterarie nel corso inferiore aveva riportato la qualifica di sufficiente per tre anni consecutivi, nessuna contestazione di addebiti gli doveva essere fatta in materia non disciplinare. Giudicato inidoneo, nell’unico anno di prova che l’art. 6 del R.D. 6 maggio 1923-I, n. 1054, gli consentiva, doveva essere senz’altro dispensato dall’insegnamento negli Istituti di 2° grado ed essere restituito al ruolo di provenienza nel quale aveva il grado di ordinario. A termini dello stesso R.D. 6 maggio 1923-I, n. 1054, non è consentito prorogare il periodo di prova, quando questa risulti sfavorevole, né è possibile una riassunzione nel ruolo per nuovo esperimento, ma si procede alla dispensa del servizio o alla restituzione al ruolo di provenienza a seconda che trattasi di straordinari o di ordinari in altro ruolo. Se successivamente il Prof. Marangelli, come risulta dalle relazioni vostre e del Preside del Regio Istituto Magistrale di Benevento, ha migliorato il suo insegnamento rivelando nel contempo la preparazione che prima, pur avendone il modo, non seppe dimostrare, non possono essere queste ragioni sufficienti a provocare la modifica del provvedimento di restituzione, essendo le disposizioni legislative cogenti ed inderogabili. Vogliate, pertanto, comunicare al Prof. Marangelli che il suo esposto non può essere accolto»7. La genericità della risposta del Ministero non dette a Marangelli possibilità alcuna di replica. Come del resto era già accaduto per l’ispezione secondo la quale «non possedeva affatto le doti culturali e didattiche richieste …». Eppure sul momento non aveva avuto contestazioni nel merito da parte dell’ispettore Marseglia. Una mancanza di contestazioni specifiche che viene giustificata dal Ministero con motivazioni poco convincenti. Il fatto stesso di precisare che non sono state “l altre manchevolezze riscontrate” a determinare il provvedimento adottato nei confronti del professor Marangelli, induce il dubbio che l’origine delle sue disavventure sia stato proprio quel defilarsi dall’impegno “dovuto” di organizzatore del consenso al Regime. Né si spiega il fondamento giuridico della “punizione” inflitta con il trasferimento d’ufficio. La sede naturale di “restituzione” al grado di provenienza era la scuola di precedente titolarità, ossia il corso qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 ARCHIVIO STORICO ISTITUTO MAGISTRALE “Guacci” di Benevento, cit. Il caso Marangelli 215 inferiore del Ginnasio “Lanza”. Benevento fu solo un umiliante “confino”. Confermato con il rigetto, da parte del Ministero dell’Educazione Nazionale, dell’istanza di riabilitazione avanzata dal preside Pietro Mundo a favore del professore di Conversano. Eppure Marangelli, pur di tornare a Foggia e riavvicinarsi alla sua famiglia, si era imposto di rientrare nei ranghi. Il preside Mundo nell’esposto inviato al Ministero lo sottolinea: «(Il prof. Marangelli) ha dato la sua collaborazione alla Gil sia quale addetto per conto del Comando federale all’inquadramento dei reparti Balilla, sia dando la sua opera per l’attività culturale del Sabato fascista». E in un altro passaggio dell’esposto: «Politicamente non c’è nulla da rimproverargli. Risulta iscritto al Pnf dal 1° gennaio 1922». Un’iscrizione “antemarcia” manifestamente falsa, che non risulta nei registri di quell’anno del Pnf di Conversano. A quel tempo Oronzo Marangelli era seminarista a Molfetta (lo fu dal 1920 fino al 1923), non poteva essere iscritto ad alcun partito e men che mai essere un fascista della “prima ora”. L’attestato fu “necessario” per ottenere un posto di lavoro. Marangelli, vincitore del concorso di direttore della Biblioteca “Minuziano” di San Severo, era stato costretto ad abbandonare l’incarico dopo appena un anno a causa della sua “indifferenza” al fascismo. Ad indispettire il podestà di San Severo Giovanni Colio fu l’articolo, pubblicato su “Il Popolo Nuovo” del 14 marzo 1932, in cui Marangelli parlava dell’importanza della realizzazione dell’Acquedotto pugliese per “l’arsa Puglia” senza darne merito al fascismo e non citando neppure Gaetano Postiglione, che ne era stato il principale promotore8. Perso il lavoro, Marangelli presentò domanda di supplenza per il 1932-1933 al Regio Liceo-ginnasio “Tondi”. Il Preside dell’Istituto richiese al Pnf di Bari informazioni sui precedenti politici dell’aspirante professore. Il Federale, a sua volta, chiese notizie a Simone Sisto, segretario politico del Fascio di Conversano che, per aiutare l’amico Oronzo, attestò un’iscrizione “antemarcia” mai avvenuta. La domanda di supplenza non ebbe comunque alcun esito: quell’anno Marangelli non insegnerà al “Tondi”. Vincitore del concorso a cattedre indetto nel dicembre 1932, assumerà servizio di ruolo, come si è detto, al Ginnasio inferiore del Liceo “Lanza” nell’anno scolastico 1934-1935. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 8 O. MARANGELLI, “La Capitanata nel concetto di un poeta: Umberto Fraccacreta”, in Scritti Scelti, a cura di Luigi Pietro Marangelli, Foggia, 2002, pp. 319-321. 216 Il Regio Liceo Lanza Oronzo Marangelli. [Archivio de Plato Marangelli] Il caso Marangelli ORONZO MARANGELLI Nacque a Conversano il 21 agosto 1902. Dopo gli studi in seminario, si laureò in Lettere all’Università di Firenze. Ebbe come maestri Luigi Schiaparelli, «paleografo invidiatoci dalla dotta Germania», e Carlo Battisti (docente di linguistica neolatina). Fu apprezzato da Paul F. Kher, massima autorità nel campo della diplomatica, che lo citò nelle sue opere; nell’Enciclopedia Italiana (Treccani) è segnalato tra gli storici che hanno contribuito alle ricerche sulla storia di San Severo. Trascrisse le pergamene dell’Archivio Capitolare della Cattedrale e quelle dell’Archivio di Stato di Napoli: voleva redigere un Codice diplomatico su San Severo. Nel 1932 si trovava in questa città perché aveva vinto il concorso di direttore presso la Biblioteca “Minuziano”. Fu costretto ad abbandonare l’incarico dopo appena un anno. Motivazione: la sua «indifferenza al fascismo», dimostrata non citando mai il Regime nei numerosi articoli sui vari giornali dell’epoca. A Foggia frequentava la Libreria Pilone ove negli anni Trenta si incontravano Nicola Beccia, Benedetto Biagi, Romolo Caggese (quando tornava ad Ascoli, suo paese natio), Leone Mucci, Gerardo De Caro, Giovanni Raho, tutti liberali, socialisti o popolari accomunati dalla “fronda” al fascismo. Marangelli insegnò al Liceo di Foggia dal 1934 fino al 1938; l’anno successivo passò all’Istituto Magistrale “Poerio”. Qui, nel 1939, subì un’ispezione didattica in seguito alla quale fu allontanato da Foggia e trasferito a Benevento. Nel 1942, classificatosi primo nel concorso nazionale a 26 cattedre di italiano e storia, scelse Bari e stabilì la residenza a Conversano, dove, dalla caduta del fascismo fino al 1954, svolse nelle fila del PCI 217 un’intensa attività politico-sociale, dedicandosi alla «difesa degli ultimi». Abbandonata l’attività politica per divergenze con i dirigenti stalinisti, tornò all’impegno culturale. Morì a Bari il 15 gennaio 1962. Tra gli scritti di Oronzo Marangelli, ricordiamo Storia di Conversano (1931); Relazione della ribellione di Sabato Pastore (1932); San Severo industre ed operosa, in “Ospitalità italiana” (1933); Novelle di questi e d’altri tempi (1941); saggi su Federico II, Pier delle Vigne, Giovanni da Procida, Alessandro Minuziano, Castrum Drion Ergitium Sanctus Severus, in “Samnium” (1941); Le pergamene di San Severo, in “Iapigia” (1942). Alcune opere sono state pubblicate postume, a cura del figlio Luigi Pietro: Storia di Conversano con 34 pergamene delle badesse, Foggia, 1999; Sogno di una società di eguali, Foggia, 2002; Scritti scelti a cent’anni dalla nascita, Foggia, 2002. Sogno di una società di eguali La cronaca dell’ispezione ministeriale cui fu sottoposto Oronzo Marangelli nel maggio del 1939 è minuziosamente descritta, con nomi e cognomi, nel suo libro Sogno di una società di eguali, romanzo storico ambientato a Conversano negli anni tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, dedicato ai conversanesi «mai domi dalle avversità dei tempi, sempre pronti ad affrontare nuove lotte per una società più giusta e più santa». Il romanzo ruota attorno al personaggio chiave Mario Altieri, ma l’ispezione «culturale» è autobiografica. È proprio Oronzo Marangelli il professore “visitato” dall’ispettore Marseglia durante l’attività didattica. Marangelli in questo brano assume il ruolo di voce narrante. Il suo giudizio sul livello culturale dell’ispettore Marseglia è chiaro: «Il pubblico, forse, 218 Il Regio Liceo Lanza desidera conoscere questo signore. L’ispettore Marseglia fu Professore che per aver fatto male l’insegnante fu nominato Preside; fece poi malissimo il Preside, e fu promosso ispettore; ora fa l’ispettore rigido perché spera di diventare Ministro. È mai possibile? chiederà qualcuno! È quello che ci domandiamo anche noi». E ancora: «A quanti abbiamo chiesto di lui, nessuno ci ha fornito una notizia; abbiamo consultato annuari di una diecina d’anni e non abbiamo rinvenuto traccia di lui. Questo articolo, ripubblicato nel nostro libro, lo amareggerà, ma la colpa non è nostra: la storia è storia e, in mancanza di altri elementi, non possiamo spendere una parola di chiosa, in difesa del Marseglia». Marangelli, alla fine del capitolo, fa un’amara considerazione sulla sorte che nella scuola fascista tocca ai “migliori”: «Noi non abbiamo bisogno di dire altro del giovane, tanto noto, e non solo a Conversano. Solamente notiamo: se si espellono alunni del livello di Altieri, di chi sta a scaldare i banchi che si dovrebbe fare?». L’ispezione “culturale” sul Manzoni [...]. «Gli alunni della terza liceale vogliono un gran bene al Professore di italiano, un giovane insegnante di soda cultura e di vasta preparazione. Avvertiti che un Ispettore avrebbe visitato la classe, accolsero con riluttanza il Marseglia, presentato con molta adulazione dal Preside. Il Marseglia, né alto, né basso, con discreta pancetta, non aveva riscosso la simpatia della scolaresca, così pronta a cogliere pregi e difetti di chi sale in cattedra. Imprescindibile dote di chi è preposto all’insegnamento è la modestia. Ma l’Ispettore non aveva virtù da far valere. Alla deferenza del Professore, egli ri- spose con esibito fastidio. Si vedeva bene che era deciso a colpire l’insegnante e gli alunni non tardarono a manifestare aperta disapprovazione. [...] – Cosa si faceva? – domandò l’Ispettore, sedendo su cattedra. – L’alunna Carla Astori spiegava la Pentecoste del Manzoni, assegnata per oggi – rispose il Professore, che non sapeva spiegarsi il sorriso beffardo del Marseglia. – Ah, La Pentecoste del Manzoni! – esclamò il Regio Ispettore, come per dire... – E voi vi sentite capace di spiegare quest’ode? Poi riprese: – Via, andiamo. Continuate. Vediamo un po’ cosa avete capito della... spiegazione del vostro insegnante. perché vedete, io sono qui per giudicare il vostro insegnante. Ah! una signorina a conferire, ma bene, meglio... E pareva volesse prendere un’altra via: scagliarsi contro le donne che frequentavano la scuola. La Astori iniziava: – Madre dei santi... – Ecco, Madre…– intervenne il Marseglia, distendendo le braccia in avanti e tirando, con gesto volgare, su le maniche della giacca che gli insaccavano perfino le dita. – Madre ha qui un significato intimo e particolare – riprese l’Astori, seccata dell’interruzione – significato che balza alla nostra mente. L’idea di genitrice, di creatrice, direi quasi l’idea della maternità… – Cosa dite, cosa dite, signorina? Dov’è il casto pudore alle donzelle in viso? Già, voi siete rosea per… – interruppe, ancora una volta, l’Ispettore, battendo il piede sulla pedana e la mano destra sul tavolo. – Non mi fate dire sciocchezze... Io credo che neanche l’arte di farvi belle conosciate voi studentesse di liceo! Figlia mia, il mestiere di rammendare le calze, almeno, lo imparereste meglio? – Signor Ispettore – rispose indignata l’Astori […]. Ma non volle più continuare Il caso Marangelli e ritornò al suo posto. – Non vi sentite in condizione di rispondere? Eh, lo dicevo io! Ma, santo Dio, potevate... – disse ridendo il Regio Ispettore. – Sentiamo un altro. Ecco, il primo in ordine alfabetico e vicino di casa dell’Astori: Altieri Mario. Mario Altieri incominciò: – Il Manzoni, in questa ode non riesce … – Come, non riesce! Ma stiamo scherzando? Voi osate dire che il Manzoni non riesce. Ma sapete chi è il Manzoni? Questo vi insegna il vostro Professore, che il Manzoni…? Gli alunni ammutolirono. Il Professore voleva intervenire, l’Altieri faceva segno di voler finire il periodo, ma l’Ispettore non permise: – Il Manzoni è il Manzoni! Questo bisogna sapere! La fede che lo anima si manifesta magistralmente in quest’ode. Dal preambolo solenne gli alunni si aspettavano un’interpretazione originale dell’ode o un bel saggio sulla fede del Manzoni. Smisero di mormorare e si fecero attenti. – Quanti invidiano al Manzoni questa ode! Non è questo indizio di grandezza? La fede è sincera profonda, e come tale, ci ha dato il capolavoro. Capolavoro a tutti noto, ammirato, lodato giustamente. Altieri non credeva alle sue orecchie, tanto gli pareva assurdo che un uomo con quella carica non sapesse formulare un concetto azzeccato su Alessandro Manzoni. I compagni, intanto, avevano ripreso a mormorare, a chiedersi: – A chi la sta a contare la storiella? Un altro pose una domanda imbarazzante: – Il Manzoni era austriaco o italiano? In quel tempo la Lombardia dipendeva dall’Austria ma l’Ispettore, senza scomporsi, proseguì per conto proprio: – Carducci, Leopardi, Foscolo, Monti, uomini senza fede, non potevano giudicare Manzoni perché non lo capivano, come il turco, l’india- 219 no, il giapponese non possono comprendere la sovrumana bellezza di quest’ode, che sta appunto nella religiosità dell’autore. Gli alunni come potevano non notare che egli girava e rigirava luoghi comuni? E mormoravano: – Il francese non è un’aquila, è un gallo! Ma l’Ispettore, sconclusionando concluse: – Dopo quello che ho detto, potete gustare l’ode del nostro grande poeta. Ora sentiamo. Avanti, coraggio! Altieri, con calma, prese a dire: – Voi avete chiarito quella che è proprio la debolezza del Manzoni, e di quest’ode in particolare. – Come, come? – Se vi è un limite in questa ode è l’esagerata religiosità del Manzoni. – Professore, siete voi a permettere questi madornali spropositi o siete voi a dirli? – Non sono io a dirli, né a permetterli. L’alunno esprime una sua opinione, e v’assicuro che, a condividere o meno le opinioni di Altieri, vale la pena ascoltarlo. Gli alunni non smettevano di mormorare e Marseglia, stizzito:– Questa è una classe indisciplinata! Voi siete debole, Professore. Voglio farvi vedere fin dove arriva la mia pazienza. Sentiamo, sentiamo che dice questo Altieri! E lo studente: – Manzoni è religioso, cattolico, e questo lo sapevamo. Ma prescindiamo dalla sua fede, a cui tenete tanto. Tiziano, Michelangelo, Leonardo, sono grandi, non per aver dipinto Madonne, alle quali hanno tolto ogni carattere di religiosità, ma per averle rivestite di un altro sentimento, il quale è superiore a qualsiasi conventicola religiosa. Vi siete forse inginocchiato, al cospetto di Dante, per aver egli descritto i tre regni meglio di qualsiasi predicatore, e non conosco un lettore della Divina Commedia che si sia convinto della reale esistenza dei tre regni ultraterreni. Quando abbiamo bisogno di rinsaldare la 220 Il Regio Liceo Lanza nostra fede, andiamo in chiesa, come dice don Rodrigo a Padre Cristofaro, e non in una pinacoteca; leggiamo San Tommaso e non Manzoni o Dante. L’Ispettore fremeva e si faceva rosso: – Voi non sapete quel che dite! E Altieri: – Non credo! Noi in classe analizziamo, gustiamo il poeta e trascuriamo il religioso. La nostra scuola è laica, e non gesuitica, perciò posso parlare come penso. Per entrare nelle scuole italiane, e nella stima e venerazione di tutti, occorre un solo passaporto al poeta: essere poeta. Noi chiediamo la grande, la vera poesia, la poesia che è patrimonio dell’umanità, che esprime i molti dolori e le poche gioie dell’uomo. Manzoni è grande in questa ode, perché è uomo. Egli soffre e piange alle ingiustizie della società di allora, per monito alle presenti e a quelle da venire, se la società non vorrà saperne di mutare forma e costituzione. Come della soggezione straniera nel Seicento, col romanzo, il Manzoni fece la condanna di ogni dispotismo, così delle sofferenze dell’umanità, all’affacciarsi del cristianesimo e al sorgere della chiesa, fa giustizia, appellandosi ad un sentimento che non è religioso, se non nella forma, mentre nella sostanza e nel contenuto è sommamente umano. [...] Il Regio Ispettore avrebbe dovuto congratularsi col giovane, che dimostrava una cultura e un gusto non comune, invece l’assalì: – Questo è sfacciato socialismo, e voi macchiate la fama di un così grande uomo con una simile infamia? Manzoni socialista? – Non sarebbe un male – rispose sicuro l’Altieri e continuò: – Ma io non ho detto questo. Ho detto solamente che Manzoni è uomo e come tale sente e canta l’umanità. I sentimenti umanitari non fanno il socialista, se non sono spinti alle giuste e neces- sarie conseguenze. Il Manzoni non trae conclusioni, che potrebbero sembrare eterodosse, addita solo il male. Gli altri penseranno a curarlo. L’Ispettore era sconcertato e si limitava ad offendere il giovane: – Voi dite delle madornalità! Bisognerebbe dimostrarlo. La scolaresca seguiva il dibattito, tacendo quando conferiva Altieri, mormorando di disapprovazione se l’Ispettore interrompeva con delle sciocchezze. Il Professore sembrava preoccupato delle conseguenze che potevano avere per lui l’ardire del giovane e l’approvazione chiassosa dei compagni; voleva imporre silenzio e riguardo all’Ispettore, ma questi, compromettendo tutto il suo prestigio, si arrabbiava, ma non si imponeva col suo sapere, col ribattere al giovane. [...] Il manzoniano Ispettore, indignato dalle ultime affermazioni del giovane, rivolgendosi al Professore disse: – Questo è il colmo, Professore! Mi meraviglio della sfrontatezza con la quale l’alunno fa asserzioni gratuite, e, peggio ancora, vedo che tutti sono del suo avviso. Non v’è colpa da parte vostra? Oh! Vedremo, vedremo. [...] E Altieri: – In classe voi fate aperta manifestazione di principi condannabili in nome dell’umanità stessa a cui voi vi appellate così indegnamente. [...] – Sia messo fuori l’alunno, Professore... sia messo fuori e impari...– urlò Marseglia. E Altieri: – Io vado fuori. Una cosa sola sapete far bene: avvalervi della vostra autorità. Vi avverto, però, che quanto è avvenuto oggi, in questa classe, sarà oggetto di un lungo articolo su un giornale. Il pubblico giudicherà... E Marseglia, stizzito: – Che pubblico e pubblico! Andate via e non minacciate di Il caso Marangelli appellarvi ad un giudice incompetente... E quali giudizi ha mai dato il pubblico? O la cosiddetta opinione pubblica? Quante belle cose tanto care ai socialisti! – Io non minaccio. Vado via, e sospendetemi pure dalle lezioni, se avete il coraggio di farlo! – Così dicendo Altieri uscì, lanciando uno sguardo sprezzante al Regio Ispettore. Il mormorio di disapprovazione della scolaresca fu ancora irrefrenabile: gli alunni ammiravano il compagno e compativano l’Ispettore, il quale non sapeva che dire. Non udiva quello che gli alunni dicevano, ma notava il chiasso, e se la pigliava con l’insegnante. L’alunno Altieri fu sospeso dalle lezioni sino a nuovo ordine, onde la protesta e lo sciopero compatto di tutta la scolaresca il giorno dopo. [O. Marangelli, Sogno di una società di eguali, Ed. del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2002, pp. 106-115] Il confino a Benevento. Testimonianza di Luigi Marangelli Ho amaramente rivissuto il triste e umiliante trasferimento di mio padre da Foggia a Benevento, con perdita della titolarità, procurato nel 1939 da un preside e da un ispettore poco noti per meriti culturali ma rigidi e zelanti tutori dell’osservanza degli obblighi del Regime. Mio padre si avviò al confino, trasferendosi a Benevento, assegnato alla Scuola Media annessa al Regio Istituto Magistrale “Guacci”, assoggettandosi ad un faticoso pendolarismo settimanale. Benevento, infatti, era una sede con la quale i collegamenti erano poco frequenti e disagevoli. La famiglia restò a Foggia. Motivo della “contestazione culturale” fu 221 la discussione sulla religiosità del Manzoni ne La Pentecoste e ne I Promessi Sposi di impronta «sfacciatamente socialista». Inoltre mio padre consentiva il dissenso degli alunni su temi letterari e non illustrava agli studenti i meriti del fascismo. Si difese ammettendo che non osannava il regime durante la lezione, tuttavia non lo criticava. Semplicemente non ne parlava. Scontata, ma imprevedibilmente dura la sentenza: restituito al ruolo di provenienza, allontanato dall’insegnamento a Foggia e trasferito a Benevento con decorrenza immediata. Era la sede ove erano mandati coloro che non erano allineati col regime: il confino. Pur sempre meglio della galera e dell’emarginazione sociale. Il regime preferiva mediocri docenti inneggianti al fascismo a quelli colti ma pericolosamente indifferenti. Ma gli alunni ed i genitori non accolsero di buon grado la perdita di un valido e colto docente, riconosciuto tale anche da illuminati dirigenti fascisti della città. Uno di questi, infatti, padre di un allievo, sorprendentemente, si offrì di accompagnarlo da Mussolini onde testimoniare la sua assoluta neutralità e sottolineare l’eccessivo e astioso zelo del Preside, poco gradito ai suoi stessi camerati. Mio padre rifiutò. Sabato 25 novembre 1939 alle ore dieci, da Foggia mia madre, piangendo, gli comunicò una triste notizia: il piccolo Marcello, di appena due anni, era morto per broncopolmonite. Mio padre lasciò la biblioteca disperato. Scrisse su un foglietto «Un’amara sventura mi ha colpito» e, dopo averlo riposto tra le prime pagine del romanzo Sogno di una società di eguali, prese il primo treno per Foggia per dare l’ultimo angosciato saluto al figlio che chiamava, vezzeggiandolo, il “miglior fiore del mio giardino”. Non farà mai più il nome del fi- 222 Il Regio Liceo Lanza glio prediletto così come del padre tanto amato. Fieri turbini di tempesta si addensavano sul mondo intero. [...] Lunedì 17 giugno 1940, giorno dell’ingresso a Parigi dei tedeschi, tornando a casa dopo l’uscita da scuola, vidi uno sparuto gruppo di giovani avanguardisti sfilare lungo il Viale XXIV Maggio: portavano sulle spalle una bara, recante la scritta “Francia”, inneggiando alla sua morte e sbeffeggiandola con parodie di canti funebri, tra l’indifferenza di frettolosi passanti presaghi della tragedia incombente. In questo clima dalle fosche tinte, ricordando la disponibilità del dirigente fascista, mia madre, scossa per la morte del figlio Marcello e incinta di Mario, a metà giugno del 1940 si fece accompagnare a Roma nonostante il parere contrario del consorte. Fu subito ricevuta da Mussolini che demandò la questione al ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai. Questi fece presente che la recente entrata in guerra poneva problemi ben più urgenti e gravi ma, calmate le acque, si sarebbe occupato della vicenda esageratamente montata dal Preside. Aggiunse: «Suo marito non trascuri di ricordare agli alunni i meriti del fascismo e, alla fine della Blitzkrleg (guerra lampo), sarà riabilitato; se poi non intende aspettare rifaccia il concorso». Nel 1942 giunse una comunicazione dal Ministero: mio padre aveva superato il concorso per l’insegnamento di italiano e storia classificandosi primo nella graduatoria nazionale. Era la degna risposta all’«ispezione culturale». Chiese ed ottenne la sede di Bari presso l’Istituto Tecnico “Araldo di Crollalanza” che alla caduta del fascismo assunse la denominazione “Cesare Vivante”. Poté così tornare a Conversano ove fissò la residenza. […] Il saggio di mio padre su Le pergamene di San Severo”, apparso su “Iapigia” nel 1942, in cui annunciava l’intenzione di dare alla luce un corpo diplomatico, era stato apprezzato da Paul F. Kehr* che lo citò nella sua monumentale Italia Pontificia. Fu l’ultimo suo lavoro: il Fascismo, allontanandolo da Foggia, gli aveva tarpato le ali. [O. MARANGELLI, Scritti scelti, a cura di Luigi Pietro Marangelli, Claudio Grenzi Editore, Foggia, 2002, pp. 21-22] qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp * Paul Kehr (1860-1944), storico tedesco, docente di storia medievale nelle Università di Marburgo e Gottinga, fu direttore dell’Istituto storico germanico di Roma dal 1903 al 1936. Acquistò notorietà in Italia sin dal 1896 con la raccolta dei documenti pontifici fino al 1198. Pubblicò l’Italia Pontificia, in otto volumi, nella grandiosa collezione dei Regesta pontificum romanorum, patrocinata dall’Accademia di Gottinga. Fu il promotore dello studio sui castelli svevi dell’Italia meridionale. Liceo “Lanza”. Al centro Oronzo Marangelli; il primo studente a sinistra in piedi è Carlo Gentile. [Archivio de Plato Marangelli] Il caso Marangelli 223 Spettatori al campo sportivo. Sopra. Rappresentativa del “Lanza” ai ludi juveniles 1939: Benvenuto, De Mauro, Ulivieri, Cammeo, V. Benvenuto, Gravina, Gustavo De Meo, Petrucci, Masullo. Venti di guerra Si intensifica la scolarizzazione di massa. E, parallelamente, si acuiscono le carenze strutturali del Palazzo degli Studi. Sono trascorsi soltanto pochi anni dall’inaugurazione dell’edificio che avrebbe dovuto risolvere ogni problema logistico degli istituti medi di Foggia. La guerra è imminente. Tutti fanno “quadrato” intorno alla Patria. «Compio il dovere – esordisce Guerrieri nella sua consueta relazione al Ministero – di segnalare la lentezza con cui l’Amministrazione Podestarile si rende conto di alcuni, urgenti bisogni dell’Istituto. […] Per tutto l’anno XVII le ripetute richieste dell’Ufficio di presidenza non hanno avuto quel sollecito espletamento che meritava il carattere urgente delle varie segnalazioni». È fiducioso che in futuro le cose vadano per il verso giusto: «All’inizio del corrente anno scolastico l’Amministrazione Comunale sembra meglio disposta a rendersi esatto conto delle necessità dell’Istituto, a iniziare dall’interessamento dimostrato dal Podestà, che ha voluto seguire personalmente le pratiche relative alle richieste»1. Le iscrizioni superano di quaranta unità quelle dell’anno precedente. Nessuna domanda è stata respinta. La popolazione scolastica è notevolmente aumentata e raggiunge quota 700 studenti. Il preside Guerrieri segnala che la sezione femmiqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1938-1939 del preside Matteo Luigi Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, di pagine 21, p. 2. 226 Il Regio Liceo Lanza nile, istituita nell’anno 1936-1937, è giunta nel 1939-1940 alla quarta classe. In previsione dell’istituzione, per l’anno scolastico 1940-1941, della classe quinta ginnasiale sezione C, nonché dell’aumento delle prime classi della scuola media, ha fatto presente varie volte all’Amministrazione podestarile di Foggia la necessità di avere altri locali per poter accogliere i nuovi iscritti2. Le aule sono insufficienti ai bisogni dell’Istituto, e le soluzioni approntate hanno impedito l’utilizzo delle aule speciali e dei laboratori: «A spogliatoio delle alunne è stata adibita una parte dell’aula magna, ancora incompleta e in via di sistemazione. Da essa, mediante un divisorio, si son ricavati due vani, che sono stati adoperati per l’uso di cui sopra. Al secondo piano dell’edificio, dal corridoio di accesso al palco della stessa aula magna, si son potute ottenere due aule, divise da un tramezzo di legno. Due classi del Liceo hanno trovato posto stabilmente nelle aule di fisica e scienze naturali»3. «Senza tale adattamento – spiega Guerrieri – le istituende due classi terza B liceale e quarta ginnasiale C non avrebbero potuto trovare posto nel Palazzo degli Studi. L’Amministrazione Podestarile, data la limitata capacità del suddetto palazzo, non ha saputo far di meglio ed ha approntato le due aule. Esse, però, sono piuttosto anguste e disadatte»4. A proposito dell’arredo, Guerrieri sottolinea che il Comune ha acquistato le suppellettili per le aule, per i gabinetti, per la segreteria, per la sala dei professori, per la presidenza, e bisogna dargliene merito. Due aule del Ginnasio inferiore si sono trovate all’inizio dell’anno scolastico senza arredo. Si è ovviato prelevando, quasi d’imperio, il mobilio della Scuola Elementare “Littorio”, temporaneamente chiusa per lavori in corso. Ma sedie e banchi, adatti per i piccoli scolari, si sono rivelati assolutamente inadatti per i “giovanetti” del ginnasio. Sono state montate le tendine ad alcune finestre sfornite di serrande, la cappa per il tiraggio del gas nell’aula di chimica, è stata fornita una macchina dattilografica a doppio carrello, ma occorre almeno un secondo armadio con cassetti per la conservazione dei registri. La sintesi conclusiva di Guerrieri è una e chiara: il Comune ha dato sì al Regio Liceo-ginnasio, come ad altri Istituti, una sede degna, con arredo che può reputarsi “realmente sufficiente e decoroso”5, ma tutto questo sforzo non è sufficiente alle necessità, c’è bisogno di nuovi locali. È tempo che qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 La popolazione scolastica del Ginnasio superiore e del Liceo “Lanza”, che nel 1938-1939 è di 700 nel 1939-1940 scende a 405 alunni, nel 1941-1942 a 436. Un calo causato dall’entrata in guerra e dalla chiamata alle armi degli studenti più grandi. 3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 1. 4 Ivi, p. 2. 5 Ivi. Venti di guerra 227 l’Amministrazione provinciale riconosca l’inderogabile necessità della costruzione di un nuovo edificio per gli Istituti Tecnici “Giannone” e “Crispi”, che sovraffollano il Palazzo degli Studi6. Un edificio per gli Istituti tecnici rappresenterebbe una soluzione definitiva, utile non solo al Liceo, alla ricerca spasmodica di aule, ma anche «per dare una possibilità di sviluppo alle altre istituzioni scolastiche medie, ospitate ora nel Palazzo degli Studi». Una richiesta prospettata, già da vari anni, dallo stesso Guerrieri e dai Presidi suoi predecessori al Ministero. La Cassa Scolastica del Liceo funziona con regolarità. Ha una consistenza patrimoniale di circa 50mila lire. Nel consuntivo del 30 settembre 1939 sono registrati l’acquisto di divise per gli “organizzati” di disagiata condizione economica; sussidi per tasse scolastiche; contributi alla Gil; visita guidata alla “Mostra del minerale e della Bonifica Integrale”; acquisto di un impianto centralizzato microradiofonico; iscrizione alla Gil (seconda annualità) e quota di partecipazione alla crociera annuale; contributo spese per i ludi juvenili; acquisto maglie e pallone occorrenti alla squadra di pallacanestro; acquisto di un labaro per avanguardisti e balilla. Il bilancio, a fine 1939, si chiude con un avanzo di 1.064,45 lire: 51.020,25 lire, rispetto alle 49.955,80 lire del 1938. Gestione oculata, considerando che è stata pagata l’ultima rata di dodicimila lire per l’acquisto dell’impianto centralizzato microradiofonico, installato l’anno precedente, che ha determinato, nel corso dell’anno, un leggero disavanzo7. Una particolare cura, rivolta all’organizzazione delle due biblioteche, si accompagnò a un corposo impegno finanziario per il loro arricchimento. Per la consultazione, nell’ampia sala dei professori, vi erano cinque tavoli con giornali e riviste. I libri erano ordinati in e scaffali in stile moderno. Per il prestito venivano usate delle pratiche schede su cui era illustrato anche il regolamento: la parte sinistra della scheda, staccata, prendeva il posto del libro nello scaffale. Il prestito avveniva in giorni determinati, in orario scolastico. I volumi della biblioteca degli alunni, acquistati quasi tutti con i fondi della Cassa, aumentarono di 98 titoli e raggiunsero il numero totale di 1683, mentre gli qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 Nell’edificio erano state previsti aule, gabinetti, laboratori, biblioteche ed ambienti vari sufficienti al numero degli alunni iscritti, calcolato in base media dell’ultimo quinquennio. [ASCFG, busta 754, relazione Ufficio Tecnico progetto costruzione Ateneo] 7 Dal consuntivo si possono rilevare spese per l’acquisto di indumenti e di libri a favore di organizzati di disagiata condizione economica e per la biblioteca degli studenti: premi in danaro per i partecipanti ai ludi provinciali della cultura; acquisto di un labaro per avanguardisti e balilla; tessere premio di iscrizione alla Dante Alighieri, Lega Navale, Croce Rossa Giovanile; pagamento delle quote d’iscrizione a socio temporaneo della Gil. L’Istituto ha contribuito con 400 lire alle spese della crociera per gli avanguardisti. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, pp. 11-12] 228 Il Regio Liceo Lanza opuscoli erano 350. Altri ventisette libri furono inventariati per la biblioteca dei professori: questa, che contava 2722 volumi nel 1937 e 2883 nel 1938, raggiunse quota 29348. Furono acquistati, fra gli altri, dei volumi legati all’attualità del momento storico: Schaert Samuele, Gli ebrei in Italia; Carli e D’Agostini, Incontro con Bottai; Bottai, Carta della Scuola; Monti, Gli Italiani e il canale di Suez; Colombo, Gli alberi del regno di Vittorio Emanuele II; Bortolotto, Dottrina del fascismo; idem, Storia del fascismo; Bondieli, Albania; I Consiglieri nazionali della Camera dei Fasci e delle Corporazioni; Fabietti, Marconi e la radio. Fra le riviste sono presenti: “Collana di studi coloniali”; “L’Istituto Coloniale fascista”-serie prima; “Annali del Fascismo”; “Rivista delle Colonie”; “Difesa della Razza”; “Azione Coloniale”. I volumi donati dal Ministero e inventariati sono trenta9. Oltre agli aggiornamenti sulla Riforma (Carta della Scuola di Bottai; La Carta della Scuola di Umberto Renda; La Scuola in linea di Mimmo Sterpa e Carta della Scuola illustrata da Presidi e Professori dell’Editrice Pinciana, La Scuola primaria fascista di Giuseppe Giovinazzo) ed al classico Rerum Italicarum scriptores di Muratori, spiccano i volumi I e II de Il Fascismo di Paolo Orano e quelli inneggianti alle “magnifiche sorti e progressive” dell’Italia imperiale (L’Italia fascista e l’Abissinia di Socrate Ciccarelli; Ecco l’Abissinia di A. E. Quattrini). Tra i libri acquistati figura Voli sulle Ambe di Bruno Mussolini. Un’Italia ormai pericolosamente arroccata sulla difesa della razza ariana, come testimoniano due pubblicazioni acquisite dalla scuola: Inchiesta sulla Razza di Paolo Orano; Razza e razzismo di Gino Sottochiesa. Oltre agli immancabili resoconti dei successi autarchici del Regime (La Rassegna guida centro meridionale delle attività del regime; L’autarchia nell’Italia fascista; Realizzazione del Fascismo di Umberto Renda) c’è un commento alla legislazione corporativa: La Carta del Lavoro di Celestino Arena. È palese la promozione delle riviste e dei libri di Regime: con i fondi della Cassa Scolastica vennero effettuati, a titolo di premio, 17 abbonamenti a “Passo Romano” e quattro a “Donna Fascista”. Grazie all’interessamento del Preside, 72 studenti si abbonarono a “Passo Romano”, undici a “Donna Fascista”, 53 a “Balilla”, quattro ad “Azione Coloniale” e dodici a “Tricolore”. «Sono stati acquistaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 8 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 5. 9 Tra le riviste sono elencate: “La Scuola Italiana”, “Tempo di Scuola”, “Giornale storico della letteratura Italiana”, “Il Libro Italiano”, “Il mondo classico”, “Bollettino della Reale Società Geografica Italiana”, “Logos”, “Nuova Antologia”, “Rivista delle Colonie”, “Azione Coloniale”, “Universalità fascista”. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 4] Venti di guerra 229 ti dagli alunni per il tramite di questo Ufficio di presidenza – rimarca Guerrieri – n. 69 copie del Primo Libro del Fascista e 200 copie del Secondo Libro del Fascista, in aggiunta alle 300 già acquistate l’anno precedente, e sono stati fatti 19 abbonamenti a “Il Popolo d’Italia”. Settimanalmente sono state acquistati dagli alunni 100 numeri di “Passo Romano” e 500 copie del numero unico “L’Istituto Fascista dell’Africa Italiana”. Hanno stipulato la Polizza della Gil venti alunni; ottantaquattro alunni hanno offerto giocattoli e capi di corredini ai bambini poveri in occasione del “Natale del Duce” e della “Befana fascista”, organizzata dalla Gil. In tale occasione, è stata fatta un’ennesima elargizione con i fondi della Cassa Scolastica »10. Traspare, da parte del Capo d’Istituto, un certo zelo nel riferire la sollecita esecuzione delle disposizioni belliche emanate dal governo: «Tutti gli allievi hanno seguito con vivo interesse l’insegnamento della protezione antiaerea. Il libro Mezzi aerei e mezzi di difesa e di protezione del generale Giannuzzi Savelli, distribuito in varie copie agli insegnanti, si è rivelato un efficace sussidio per meglio illustrare le norme contenute nell’opuscolo inviato dal Ministero». Il Preside illustra, come di consuetudine, la vita della sua scuola, fotografandone pregi e difetti: «Nell’anno scolastico decorso nulla è venuto a turbare il regolare andamento disciplinare dell’Istituto. Un solo alunno è stato rimandato a settembre in tutte le materie per il voto di condotta». Guerrieri non stima i precari: «Giovani non abilitati da me stesso scelti tra i pochi disponibili nel periodo in cui, dalla fiducia di codesto Ministero, fui chiamato a reggere, nel settembre-ottobre 1938 XVII, il Regio Provveditorato agli Studi di Foggia. Inesperti dell’insegnamento, di scarsa cultura, senza tatto, alle volte senza buon senso. L’insegnante di latino e greco prof. De Virgiliis Beniamino, uscito dall’università appena l’anno precedente, è stato incaricato del suddetto insegnamento nelle tre classi del liceo in quelle classi, cioè, alle quali io stesso, già ordinario di lettere classiche, con 19 anni di insegnamento di materie letterarie nel ginnasio e nel liceo, mi accosto tuttora con un sacro raccoglimento e con una adeguata preparazione. Il professor Rucci Francesco, supplente di matematica nel ginnasio, di carattere piuttosto irruente ed impulsivo in alcuni momenti avrebbe fatte nascere degli incidenti degni di rilievo se non vi fosse stata la oculata ed ininterrotta vigilanza di questa Presidenza»11. [...] Il professor Melillo Michele, ai primi anni di supplenza, non ha saputo mantenere con “polso fermo” la disciplina: qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 10 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 12 11 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 7. 230 Il Regio Liceo Lanza «Spesso ha usato con gli alunni eccessiva familiarità e dimestichezza, senza saper serbare quella dignitosa distanza che, pur nel trattamento paterno, deve essere conservata fra insegnanti ed alunni»12. Anche il giudizio sugli altri supplenti, che coprono quasi tutto l’organico del Liceo-ginnasio, non è tenero. Guerrieri ha controllato personalmente tutte le situazioni e ne ha debitamente informato il Provveditore agli Studi. Segnala un “caso” che ha visto protagonista un docente della scuola: «Durante le vacanze ho dovuto denunziare al Regio Provveditore agli Studi un incidente occorso al supplente di Storia e filosofia Prof. De Caro Gerardo. Egli la sera del 4 settembre nel cinema-teatro “Flagella” invece di occupare il posto indicato dal biglietto, si era fermato, per assistere allo spettacolo, nel corridoio della sala: ciò che è tassativamente vietato dal regolamento Prefettizio, che è affisso nei luoghi di pubblico spettacolo. Una maschera del teatro lo invitò ad occupare il suo posto. Il professore non volle aderire. Un agente di pubblica sicurezza di servizio, avvertito dalla maschera, dovette rinnovare l’invito per due volte prima di averne l’adesione. Successivamente il professore, visto l’agente, gli rivolse una espressione scorretta. Fu tradotto, perciò, in Questura, dove fu trattenuto per circa un giorno. Il professore dichiarò nell’ufficio della Regia Questura che ignorava l’esistenza del divieto e, per l’espressione scorretta, chiese ampie scuse all’agente che aveva fatto l’invito in adempimento del proprio dovere». Tale “incidente”, comprovato da un rapporto scritto della Questura sollecitato dal Preside, fu segnalato al Provveditore agli Studi. Le note di Guerrieri sul professore non sono affatto positive: «Laureato in legge, di una certa cultura generale, ma non specializzato nelle discipline storiche e filosofiche, né spiritualmente preparato alla delicata missione dell’insegnamento, con scarsa comunicativa, monotono e prolisso nell’esposizione». Gerardo de Caro non verrà riconfermato al “Lanza” per l’anno successivo. Una censura toccò anche al supplente Vittorio de Miro d’Ajeta, segnalato dal Preside al Regio Provveditorato agli Studi già dall’inizio dell’anno scolastico 1939-1940. Qual è la colpa attribuita al professore? L’abitudine a passar sopra a regolamenti e disposizioni sulle lezioni private. Guerrieri lamenta che, nonostante la sua attenta vigilanza, non è riuscito ad ottenere dal Regio Provveditore la dispensa del suddetto docente dal servizio, «in base alla proposta tempestivamente fatta a quell’ufficio sull’attività spiegata dal suddetto Insegnante anteriormente al suo insegnamento in questo Istituto». Del caso si è occupato l’ispettore centrale Gualtiero Gnierghi. Secondo Guerrieri, anche la professoressa di storia e filosofia Anna Beccia «è qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 6. Venti di guerra 231 incapace a destare negli alunni un certo interesse per le materie storiche e filosofiche, a causa del metodo pedante e dell’inefficace comunicativa»13. Ma anche i docenti più anziani, ormai demotivati, secondo il Preside non fanno bene il loro dovere: «Ad esempio, il professore di italiano in terza liceale Michele Mastelloni, pensionato, alquanto infiacchito dall’età, non ha saputo trovare tempo e modo per far leggere ai giovani i saggi più importanti degli scrittori contemporanei. [...] Il prof. Quatela Francesco, titolare di matematica e fisica, è di temperamento nervoso e malinconico»14. Sottolineando la carenza d’organico, il Capo d’Istituto ricorda al Ministero che il Liceo “Lanza”, pur con due corsi completi, nell’anno scolastico 1939-1940 ha avuto soltanto due insegnanti di ruolo: di scienze naturali e di matematica e fisica. Entrambi di malferma salute, si sono assentati per vari mesi, causando un inevitabile rallentamento nello svolgimento dei programmi; i supplenti e gli incaricati «hanno cercato di fare quanto la loro preparazione culturale e la pratica della scuola consentiva, ma non sempre hanno dimostrato di avere una sicura competenza»15. La segnalazione al Ministero, e le comunicazioni fatte anteriormente all’assegnazione delle cattedre ai vincitori degli ultimi concorsi, hanno sortito qualche effetto: «È con vivo piacere – continua Guerrieri – che questa Presidenza ha visto nel corso dell’anno assegnati al Liceo altri tre insegnanti di ruolo e cioè un titolare di italiano e di latino, uno di matematica e fisica e uno di storia e filosofia». La situazione del Ginnasio inferiore è migliore: ci sono sei insegnanti di ruolo in servizio. Il Ginnasio superiore invece, con due corsi completi e un terzo corso limitato alla sola quarta classe, ha soltanto tre docenti titolari, uno dei quali si è recentemente trasferito. Anche se non sono mancate occasioni tali da mettere in pericolo l’ordine delle classi, la disciplina è stata tenuta “rigidamente”. Le assenze sono state contenute, anche se nel periodo invernale, a causa di febbri influenzali, molti studenti sono stati bloccati a casa. Il controllo è stato effettuato direttamente dal Preside, ogni mattina, prima dell’inizio delle lezioni. Quell’anno chiesero di corrispondere con l’estero in lingua francese undici alunne e undici alunni. Dieci alunne e altrettanti alunni scelsero la lingua inglese. Però gli indirizzi giunsero soltanto verso la fine dell’anno scolastico e la corrispondenza si svolse a rilento. Un solo alunno corrispose in lingua francese, nove alunne e due alunni in inglese. Gli altri adoperarono la lingua italiana e inglese. I qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 13ASFg, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 8. 14 Ivi, p. 4 15 Ivi. 232 Il Regio Liceo Lanza giovani si scambiarono due lettere, una in italiano, l’altra in lingua straniera. Gli argomenti trattati furono: la vita dei corrispondenti, gli studi, gli sport preferiti, le occupazioni, gli svaghi prediletti16. Illustrando i criteri che hanno regolato la stesura dell’orario scolastico, Guerrieri rileva che la disposizione parallela delle lingue straniere ha reso possibile il passaggio degli allievi da un’aula all’altra durante quell’ora. Guerrieri osserva che l’insegnamento delle varie discipline sarebbe stato certamente più proficuo se le classi fossero state meno numerose: gli insegnanti, malgrado la loro buona volontà, non hanno potuto seguire convenientemente le scolaresche e controllare il profitto con verifiche frequenti. I programmi sono stati, comunque, sufficientemente e tempestivamente svolti: quasi tutti i docenti si sono attenuti alle indicazioni del Ministero17. Nella prima sessione degli esami di maturità del 1938-1939, i risultati lasciarono molto a desiderare: su trentanove alunni interni furono dichiarati maturi solo quattordici, sette furono respinti e diciotto rimandati alla sessione di settembre. Nella seconda sessione tutti i rimandati furono dichiarati maturi. Negli esami di idoneità, e per i candidati privatisti negli esami di ammissione, le rispettive commissioni esaminarono le singole situazioni con scrupolosa obiettività, ma anche con ragionevole benevolenza. Nonostante ciò – precisa Guerrieri – «si è dovuto tagliare non poco quando si è riconosciuto che l’approvazione sarebbe ridondata a danno, piuttosto che a vantaggio della futura carriera scolastica dei candidati»18. L’anno dopo, gli scrutini finali e gli esami, considerato il particolare momento prebellico, furono “più facili” del solito: «Gli scrutini del terzo trimestre – annota Guerrieri – sono stati fatti con un criterio di moderata benevolenza, principalmente in considerazione del momento politico e della anticipata chiusura dell’anno scolastico. Maggiore benevolenza è stata adoperata, in proporzione, verso i giovani delle classi del Liceo, per i quali la situazione politica del momento faceva prevedere eventuali chiamate alle armi»19. Nel 1941-1942 la valutazione fu effettuata con “oculata vigilanza”: «Vani furono i tentativi di coloro che volevano approfittare dell’ora presente di stretta emergenza bellica per carpire un titolo di studio»20. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 16 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, pp. 20-21. 17 Ivi, pp. 7. 18 Ivi, p. 11. 19 Ivi, relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, pp. 17-18. 20 vi, relazione a.s 1941-1942 del preside M. L. Guerrieri, p. 6. Venti di guerra 233 Il braccio per la Patria Il “Lanza” partecipò ai ludi della cultura e dello sport e fu dichiarato Juvenile provinciale per l’anno 1939-XVII. Commenta Guerrieri: «Ha, così, per due anni consecutivi riportato la vittoria. Furono ammessi a partecipare ai ludi Juvenili nazionali per la cultura tre allievi e per lo sport quindici allievi dell’Istituto. Ai partecipanti ai suddetti agoni, al loro ritorno da Roma, rivolsi parole di vivo compiacimento, alla presenza degli alunni schierati lungo i corridoi. In quell’occasione furono offerti anche dei fiori ai vincitori»21. I ludi della cultura si svolsero presso il “Lanza” con la fattiva collaborazione di vari insegnanti. Il segretario federale La Cava fece pervenire al Preside la seguente lettera: «Ti esprimo il mio ringraziamento per la tua collaborazione e per la cortese ospitalità offerta presso codesto Istituto in occasione dello svolgimento dei ludi della cultura dell’anno XVIII». La società Dante Alighieri conferì a Guerrieri un diploma di gratitudine per la collaborazione alle attività culturali. Ma anche la scuola ottenne alti meriti, ed il Preside lo sottolinea con orgoglio: «Questo Liceo-ginnasio, che ha partecipato ai ludi juvenili degli anni XVI e XVII ed è stato per due volte dichiarato “Juvenile provinciale della cultura”, è stato quest’anno classificato primo»22. L’Istituto era iscritto alla Federazione Italiana di Pallacanestro: la squadra, equipaggiata con maglie e con pallone della scuola, si fece onore durante il campionato studentesco. Al concorso “Benito Mussolini” parteciparono quattordici alunni. I giovani studenti acquistarono venti serie dei numeri de “Il Popolo d’Italia” del 21, 22, 23 e 24 marzo 1919, ripubblicati a Milano, e, tramite l’Ufficio di presidenza, 300 copie del Primo Libro del Fascista, che furono consegnate ai giovani il 15 dicembre in occasione della visita del segretario federale Antonio La Cava. In occasione del ventennale dei Fasci di Combattimento, sempre per interessamento della Presidenza, gli studenti avanguardisti e giovani fascisti acquistarono centosei copie del numero unico “Libro e Moschetto”. Salvatore Scillitani, segretario del Guf “Alfonso Nigri”, ringraziò così: «Acqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 21 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s. 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 17. 22 Ai Ludi dell’anno XVIII parteciparono 309 organizzati: 107 giovani fascisti, 30 giovani fasciste, 138 avanguardisti, 40 giovani italiane. Vinsero la giovane italiana Giovanna Scillitani, il giovane fascista Walter Poliseno (che presero parte ai ludi nazionali), il balilla Lorenzo Radatti. Nella fase nazionale, la Scillitani si classificò al 4° posto. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, pp. 12-14] 234 Il Regio Liceo Lanza cuso ricevuta per la vendita di centosei copie del numero speciale “Libro e Moschetto” agli alunni di codesto Istituto. Vi ringrazio per la collaborazione e la propaganda svolta presso la vostra fascistissima scuola»23. Il tesseramento per l’anno XVII fu “totalitario”24: in tutto 641 alunni, tra cui anche i non residenti a Foggia. All’Opera Nazionale Dopolavoro (Ond) si iscrissero diciotto insegnanti, dodici tramite la Presidenza e sei autonomamente. Furono sottoscritti degli abbonamenti alle riviste “Azione Coloniale”, “Difesa della Razza” e “Balilla”. Presso l’Istituto, autorizzato dal Regio Provveditore agli Studi, si svolse un corso di cultura fascista per graduate della Pubblica Istruzione ed ebbero luogo le prove scritte del corso di preparazione politica. Il Regio Provveditore agli studi di Foggia con la collaborazione del preside Rossi del Regio Istituto Industriale e del preside Guerrieri, l’11 febbraio organizzò un viaggio a Roma delle scuole di Capitanata per visitare la “Mostra autarchica del minerale e della Bonifica integrale”25. I partecipanti del Liceo furono 83, e cioè il Preside, tre professori, 63 alunni, 12 alunne, due famiglie di alunni e due bidelli. «S.E. il Ministro – ricorda Guerrieri – passò in rassegna la comitiva»26. Quell’anno le radiotrasmissioni dell’Eiar furono ascoltate “con diletto” nelle aule scolastiche grazie all’impianto microradiofonico centralizzato che regolava 25 altoparlanti. Inaugurato il 15 dicembre 1938 dal segretario federale La Cava, esso si rilevò di una “utilità incalcolabile”, evitando, tra l’altro, che circa 700 studenti si recassero in sala professori per le audizioni radiofoniche. L’apparecchio funzionò regolarmente, «dando ai giovani la possibilità di ascoltare tutti i radioconcerti e tutte le radiotrasmissioni del programma loro riservato dall’Eiar». Guerrieri informa il Ministero di un fatto che ritiene “molto significativo”: «Dopo una dimostrazione patriottica, n. 39 giovani della II e della III liceale, per dimostrare tangibilmente il loro sentimento di amor patrio, si sono messi a disposizione del Ministero della Guerra, pronti a offrire il loro braccio, in caso di necessità, per la difesa della patria». Il Preside cita con un certo compiacimento i telegrammi ricevuti. Il Ministro della Guerra si era così congratulato con la pre- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 23 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 18. 24 Ivi, relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 15. 25 La “Mostra Autarchica del Minerale italiano”, inaugurata a Roma nel novembre 1939, illustrava la produzione mineraria in Italia e nelle colonie. Rappresentò il culmine della politica espositiva del Regime finalizzata a propagandare l’autarchia. Sulla facciata del padiglione campeggiava una gigantesca aquila imperiale con le ali spiegate, con il motto “Mussolini ha sempre ragione”. 26 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 20. Venti di guerra 235 sidenza: «In relazione alla istanza con la quale studenti di codesto Liceo chiedono di essere arruolati in caso di emergenza fra i primi, si prega di voler comunicare agli interessati che è stata presa buona nota del loro desiderio e si prega di esprimere ad essi l’espressione del vivo compiacimento di questo Ministero». Anche il federale La Cava aveva inviato le sue felicitazioni a Guerrieri, chiedendo di estenderle ai coraggiosi studenti che si erano messi a disposizione della Patria, in vista della guerra imminente: «Ti prego di porgere il mio vivo compiacimento agli organizzati che con squisita sensibilità fascista e col consueto entusiasmo che sempre li anima e tanto li distingue, hanno chiesto l’onore di essere arruolati in caso di ostilità nelle Forze Armate, per recare alla patria il loro contributo di fede»27. «Fattiva e continua» fu la collaborazione del Liceo-ginnasio con la Gil. Oltre al «tesseramento totalitario» ci fu la completa “vestizione” degli organizzati, «come poté constatare de visu lo stesso Segretario federale nella sua visita all’Istituto». Guerrieri annota che la scuola ha contribuito, come ha sempre fatto nel passato, sia alla vestizione degli studenti iscritti sia all’organizzazione delle adunate e delle manifestazioni politico-culturali. Un esempio? Alla cerimonia inaugurale dell’anno scolastico è stata offerta in dono una divisa completa ad un avanguardista operaio, «allo scopo di mostrare tangibilmente il cameratismo esistente fra i componenti la famiglia della Gil»28. Durante le vacanze estive fu organizzato dalla Gil, nei locali del Liceo, un corso di ripetizione per gli alunni di disagiata condizione economica. La presidenza fu affidata al professor Michelangelo Testa, che impartì lezioni insieme al professor Nicola Russo e alle professoresse Anna Matera, Annita Fierro e Italia Di Taranto. Nel 1940 Guerrieri, vicepresidente di sezione dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista e capo servizio provinciale per la stampa, tenne per dodici sabati consecutivi delle “conversazioni” di cultura fascista, agli avanguardisti nella palestra maschile della Gil e alle giovani italiane nei locali del Liceo-ginnasio. Presso il Ritrovo dello Studente, il 20 aprile conferì su Il problema della razza e il 12 maggio sulla Carta della Scuola. Per tale collaborazione, il Segretario federale, con foglio n. 2380 del 25 aprile, gli inviò un telegramma: «Ti ringrazio vivamente per la tua cortese collaborazione prestata quale relatore delle 12 conversazioni di cultura fascista per l’anno XVIII agli avanguardisti e alle giovani italiane. Firmato: il Vice Comandante federale Alceo Gigli». Oltre al Preside, parecchi professori del “Lanza” ebbero incarichi di rilievo qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 27 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 15. 28 Ivi, pp. 11-12. 236 Il Regio Liceo Lanza nelle organizzazioni del Regime. Guerrieri loda la partecipazione della scuola alle celebrazioni, alle cerimonie e alle manifestazioni Gil, indicando i nomi e le funzioni del personale coinvolto. Alle organizzazioni del Pnf, oltre alla segretaria Bianca Giuliano, fiduciaria provinciale dei Fasci giovanili, collaborarono attivamente i docenti29: – Maria Palazzo, comandante dei reparti femminili presso il Comando federale della Gil; – Italia Di Taranto, addetta agli addestramenti delle piccole italiane; – Annita Fierro e Anna Sica, addette agli addestramenti delle piccole italiane e per la cultura al Guf; – Egeria Visco Ferrante, collaboratrice di Federazione, addetta all’Istituto fascista dell’Africa Italiana per i corsi di cultura coloniale; – Maria Gramazio, collaboratrice per la cultura e la propaganda presso il Gruppo rionale fascista “La Serpe”; – Emma La Medica, collaboratrice di Federazione; fiduciaria provinciale della sezione femminile del Guf, incaricata dei corsi di cultura per la preparazione dei “Littoriali femminili del lavoro”. L’insegnante partecipò alle gare nazionali che si svolsero dal 3 al 12 febbraio 1940 a Venezia; – Anna Maria Molinari, incaricata dello sport al Guf; – Michelangelo Testa, cappellano Legione avanguardisti; – Michele Melillo, addetto al Guf per la cultura e l’arte e la preparazione politica, tenne conversazioni di cultura fascista agli organizzati della Gil e ai lavoratori del commercio. Partecipò al Convegno Nazionale Interguf a Cosenza, relazionando sui Problemi dello Stato corporativo; – Francesco Quatela, consultore al Gruppo rionale fascista “Affatato”; – Michele Mastelloni, presidente Comitato provinciale della Dante Alighieri. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 29 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, pp. 12-15. Nell’anno 1938-1939 ai corsi provinciali di educazione fisica per dirigenti ed insegnanti parteciparono ventuno docenti ed il preside, che prese parte anche al Corso nazionale tenutosi nell’agosto del 1939. Ai Ludi provinciali per la cultura prestarono la loro collaborazione come commissari d’esame: Michele Melillo e Michelangelo Testa, nella prima Sottocommissione avanguardisti; Maria Gramazio, in quella per giovani italiane; Giovanni Iorio e Francesco Perna, nella prima Sottocommissione per giovani fascisti; Concetta Castellaro Ciccimarra, in quella per giovani fasciste. Per un corso gratuito di ripetizione per gli organizzati della Gil appartenenti a famiglie disagiate, ricevettero per iscritto i più vivi ringraziamenti del Comando federale: Michelangelo Testa (lettere nelle classi inferiori); Michele Mastelloni (italiano nel Liceo); Laura Rubini (francese); Beniamino De Virgiliis (latino e greco). [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939] Venti di guerra 237 Nell’Istituto fu dedicata un’ora settimanale all’illustrazione del Primo Libro del Fascista, in preparazione ai ludi juveniles della cultura dell’anno 1940 XVIII. Un’ora fu dedicata settimanalmente anche all’insegnamento della cultura fascista dagli insegnanti di materie letterarie del Ginnasio inferiore e del Ginnasio superiore, «nei giorni in cui non erano gravati da molte ore di lezione». Diciotto docenti si misero a disposizione del Comando federale della Gil per tenere delle “conversazioni” nei gruppi rionali. Le attività parascolastiche privilegiarono temi cari al Regime: un corso di cultura coloniale per gli alunni del Ginnasio superiore, conferenze per incarico della Società Dante Alighieri durante la “Giornata degli italiani nel Mondo”. Al corso di cultura coloniale furono tenute le seguenti lezioni: dal preside Guerrieri, Posizione dell’Italia nel Mediterraneo; dal professor de Miro d’Ajeta, La posizione e la risoluzione del problema coloniale italiano; dalla professoressa Sica, Importanza delle Colonie italiane e conquista delle prime colonie; dalla professoressa Visco Ferrante, Colonie italiane dell’Africa Orientale; dalla professoressa Gramazio, La Libia. Durante la “Giornata degli italiani nel Mondo”, per incarico della Società Dante Alighieri, tennero delle conferenze: Michele Melillo a Volturino; Nicola Russo a San Giovanni Rotondo; Vittorio de Miro d’Ajeta a Trinitapoli. Per incarico dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista, Guerrieri tenne «patriottiche» conferenze: ai fascisti del Gruppo “La Serpe” di Foggia, sul tema Il Mediterraneo (nei locali del Liceo); ai fascisti riuniti nel salone delle adunate della Federazione dei Fasci, sul tema Ragione mediterranea del nostro intervento in guerra; infine nella Casa del fascio di Troia, sul tema Missione imperiale dell’Italia. La docente di scienze naturali Chiara Sepe de Francesco, il 4 marzo parlò dell’importanza del bosco, in preparazione alla “Festa degli alberi” organizzata dal Comando federale della Gil. Lo fece via etere, per mezzo del nuovissimo apparecchio microradiofonico acquistato dalla scuola. Nella “Giornata del fiocco di lana” gli studenti offrirono ventiquattro chilogrammi di lana grezza. Confezionarono cinque pacchi per i combattenti con oggetti vari, del valore complessivo di 670 lire. In occasione della “VI Giornata della madre e del fanciullo”, organizzata dall’Ispettorato Femminile della Gil, 76 qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 30 Per l’acquisto dei labari federali per avanguardisti e balilla, l’Istituto offrì 100 lire. Per la crociera organizzata dalla Gil a Napoli, Caprera, Porto Mahon, Palermo, Napoli, si spesero 400 lire: vi partecipò a titolo di premio l’avanguardista Notarangelo Michele, vincitore dei ludi juvenili. Alla squadra meglio classificata nella gara provinciale di marcia per balilla moschettieri svoltasi il 22 gennaio, la scuola offrì una coppa d’argento. Per l’acquisto di vestiario a favore degli organizzati della Gil non abbienti, l’Istituto erogò mille lire. Furono acquistate divise per lire 207,50. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 17] studenti del “Lanza” raccolsero doni, giocattoli e capi di vestiario30. Il Comando federale ringraziò il Preside con una lettera a firma dell’ispettrice Bianca Giuliano: «Vi esprimo il mio compiacimento per il rilevante numero di balocchi e di capi di corredini raccolti fra gli organizzati e le organizzate della G.I.L., dagli alunni del vostro Istituto, e vi ringrazio della vostra appassionata collaborazione»31. In quell’occasione ci fu anche un’elargizione della Cassa Scolastica. All’Ufficio di presidenza pervenne un’altra lettera di ringraziamento della Giuliano: «A nome di tutti i componenti del Comitato di Patronato e delle numerose madri beneficiate dal vostro nobile pensiero di solidarietà, ringrazio vivamente per la generosa offerta in occasione della “VI Giornata della madre e del fanciullo”»32. Questa l’attività del “Lanza” dal 1939 al 1942, relazionata dal preside Guerrieri. I “venti di guerra” spiravano sempre più forti, e il prestigioso Istituto non poteva che esserne investito in pieno, anche nella preparazione morale dei futuri giovani combattenti. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 31 Ivi, 32 Ivi, pp. 14-15, protocollo n. 498 del 21 dicembre 1937 XVII citato dal preside M. L. Guerrieri. pp. 16-17. La Carta della Scuola La Carta della Scuola, varata nel 1939 dal ministro Giuseppe Bottai, voleva rispondere alle nuove esigenze del Regime: la «fascistizzazione» totale della società italiana. Modellata sulla Carta del Lavoro, prevedeva uno stretto rapporto delle istituzione scolastiche con gli organismi paramilitari di inquadramento della gioventù (Onb, Gil, Guf). Scoraggiava la donna ad avere ambizioni di lavoro e le indicava nei compiti familiari il suo vero dovere di fascista. La riforma Bottai reagiva al carattere astratto della pedagogia gentiliana: il lavoro e la scuola per la vita dovevano essere il punto di partenza per la nuova educazione. Vi si incontravano esigenze reali, trascurate dalla riforma Gentile, e volontà di coordinare il mondo della scuola con quello del lavoro. La scuola media sostituirà gradualmente il corso inferiore del ginnasio, soppresso dall’art. 23 della legge 1 luglio 1940, n. 8991. La scuola di avviamento professionale continuerà ad esistere, risultando ulteriormente emarginata nel suo carattere di scuola destinata ai figli del proletariato. La vera e propria “Scuola media unica” nascerà con la legge n. 1859 del 19621. Nell’anno scolastico 1941-1942, il preside incaricato Guerrieri riferì al Ministero (Direzione generale dell’Ordine medio) sull’andamento didattico e discipli- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 Cfr. L. AMBROSOLI, “La scuola secondaria”, in La Scuola italiana dall’Unità ai nostri giorni, a cura di Giacomo Cives, La Nuova Italia, Firenze, 1998, p. 133. 2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, 240 Il Regio Liceo Lanza nare della Regia Scuola Media annessa al Liceo-ginnasio2. Essa aveva soltanto un insegnante di ruolo, precisamente nella seconda A. Le classi erano cinque: due prime e tre seconde, ospitate non nelle aule, bensì nel corridoio A. Per rimarcare questa presenza agli occhi di tutti, tale corridoio fu tenuto nettamente distinto dagli altri. All’ingresso dell’Istituto, al termine della gradinata principale del Palazzo degli Studi, due targhe con la dicitura “Regia Scuola Media” e “Regio Liceo Ginnasio” resero visibile al pubblico la distinzione fra i due Istituti3. Sedi distinte ebbero altresì le due segreterie, con armadi e scaffali propri, e le presidenze. Guerrieri tenne apposite riunioni per aggiornare gli insegnanti sulla Carta della Scuola di Bottai, in particolare sui programmi, sui criteri di valutazione degli alunni e sull’importanza della biblioteca di classe nella scuola media. La compilazione delle “cronache” fu oggetto di «utili conversazioni»4. I docenti applicarono le nuove indicazioni didattiche. Oltre ad operare in «un clima intimo di fraternità», ognuno insegnò i contenuti della propria disciplina, ma con lo scopo precipuo di “studiare il discente”, il suo carattere, le sue inclinazioni5, la sua personalità. In aderenza allo spirito animatore della riforma, «il concetto del “profitto” nelle varie materie non fu che uno degli elementi di giudizio». Le osservazioni sistematiche, le annotazioni sul registro riguardanti le capacità intellettive, il grado di attenzione e le qualità morali, furono oggetto di valutazione6. Le cinque classi della Scuola Media, nonostante la sistemazione precaria, ebbero in dotazione, oltre alle carte geografiche ed al materiale per l’insegnamento del disegno, uno scaffaletto di legno per la bibliotechina di classe. Era costituita da volumi dati in consegna agli alunni stessi e da libri scelti nella biblioteca della scuola: «I libri erano rispondenti al grado di cultura, ai desideri qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp lazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1941-1942 Regia Scuola Media del preside Matteo Luigi Guerrieri. 3 Ivi, p. 1. 4 Ivi, p. 5. 5 Ivi, p. 4. 6 Nello scrutinio finale, fra i 58 studenti frequentanti le due classi prime, furono promossi alla classe seconda 46, dei quali cinque licenziati con ottimo, dieci con buono e diciotto con sufficiente. Ben dodici furono dichiarati insufficienti. Nella sessione di esami autunnale, undici alunni furono promossi con il giudizio di sufficienza; uno fu dichiarato insufficiente. Fra i 75 frequentanti le tre classi seconde, furono promossi alla classe terza soltanto 39 alunni: sei con il giudizio ottimo, quindici con buono e diciotto con sufficiente. Furono rimandati, perché insufficienti, 36 alunni. Di questi, nella sessione autunnale, 24 furono promossi con la classificazione di sufficiente; dieci furono confermati insufficienti; risultarono assenti due alunni. [Ivi, pag. 7] La Carta della Scuola 241 degli alunni e alle loro particolari capacità e tendenze. Durante l’anno, in ogni classe furono letti in media dai dodici ai quattordici volumi sotto la vigile guida degli insegnanti, che vagliarono l’apprendimento con opportune conversazioni e qualche volta con brevi relazioni su qualche figura o qualche avvenimento rimasti impressi nella mente dei piccoli lettori». I docenti evitarono di scegliere i testi segnalati come “non adatti” agli alunni dalla circolare Il libro nella Scuola. Non adottarono quelli pubblicati in pessime traduzioni oppure scritti da «autori stranieri aventi una sensibilità e una forma mentis diverse da quelle del popolo latino». Guerrieri evidenzia alcuni “punti fermi” seguiti dai docenti di lettere. La didattica dell’italiano scritto non si è basata su «astruse esercitazioni dialettiche», ma su contenuti reali, su esperienze da comunicare: «L’alunno scrisse soltanto quando aveva qualche cosa da dire»7. I docenti limitarono le correzioni per non inaridire “la sincerità” degli alunni. La consegna delle “cronache” fu una buona occasione per lezioni di grammatica; veniva effettuata una volta alla settimana. Il latino nella prima classe, iniziato soltanto nel terzo trimestre, venne insegnato fino alla quinta declinazione e ai tempi fondamentali dei verbi regolari. I rapporti scuola-famiglia furono frequenti. Al fine di un’efficace collaborazione educativa, i contatti erano tenuti attraverso il “diario scolastico di Stato”. Gli insegnanti diedero frequenti comunicazioni alle famiglie e queste volta per volta risposero, dichiarando di averne preso nota. Una volta a settimana, il giovedì alle dodici e trenta, tutti gli insegnanti, in presenza del Capo di Istituto, ebbero un colloquio con i genitori dei piccoli allievi. Una rappresentanza delle famiglie fu invitata alla solenne cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico e alla premiazione dei giovani in occasione della “Giornata della madre e del fanciullo”. Ai genitori intervenuti, gli insegnanti illustrarono i concetti fondamentali della nuova scuola media8. Le esperienze di lavoro, punto di forza della Carta della Scuola, vennero simulate attraverso esercitazioni pratiche, che si svolsero nel laboratorio per la lavorazione del filo di ferro e in quello di taglio e cucito. Seguendo un piano di lavoro programmato, gli alunni costruirono dei cestini, dei profili del Duce e delle figure geometriche, in particolare cubi e piramidi. Le alunne più grandicelle confezionarono farsetti e panciere di lana per i combattenti. Visite guidate furono effettuate alle officine dell’Istituto Industriale “Altamura”, ai laboratori della qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione Regia Scuola Media a.s 1941-1942 del preside M. L. Guerrieri, pp. 5-6. 8 Ivi, p. 3. 9 Ivi, p. 5. 242 Il Regio Liceo Lanza Scuola Tecnica Femminile e ai cantieri edili della ditta Persichetti9. Per interessamento dell’Ufficio di presidenza, un buon numero di alunni acquistò il Primo Libro del Fascista, il Secondo Libro del Fascista e si abbonò a “Passo Romano”. Per il volume di Mussolini Parlo con Bruno furono offerte 120,80 lire. Tredici chilogrammi di grano tenero vennero conferiti all’ammasso tramite la Federazione dei Fasci di Combattimento. La Scuola Media collaborò attivamente con la Gil. Gli insegnanti prestarono la loro attività presso i Gruppi rionali e presso il Comando federale, tennero conferenze per gli organizzati, controllarono la vestizione dei balilla e delle piccole italiane, svolsero un corso di cultura fascista nella sede dell’Istituto dal 21 aprile in poi, in orario extrascolastico, consentendo agli alunni di seguire i programmi delle radiotrasmissioni dell’Eiar per la Scuola10. Il tesseramento «fu totalitario». Nove alunni furono iscritti a titolo di premio all’Istituto Fascista dell’Africa italiana; 55 sottoscrissero dei buoni novennali del Tesoro al 5%, per una somma complessiva di 16.500 lire. Le adunate del Sabato fascista si svolsero sotto il controllo degli insegnanti, appositamente delegati dal Preside. Tutti erano soci dell’Istituto Nazionale di cultura Fascista e parteciparono a tutte le manifestazioni della vita nazionale. Nei ludi federali della cultura, la piccola italiana Leone Ada si classificò al primo posto. Mutande per i combattenti Gli esperimenti di scuola-lavoro furono attuati, a partire dall’anno 1939-1940, anche al Liceo-ginnasio. Guerrieri elenca le attività realizzate in sintonia con le finalità della riforma Bottai. Nelle esperienze si cimentarono tre squadre di alunni: diciotto alunni della classe prima A ginnasiale presso il Regio Istituto Industriale; tredici alunni della classe seconda liceale sezione B presso lo stesso Istituto; diciannove alunne della quinta ginnasiale A presso la Regia Scuola di Avviamento Professionale Femminile. Il “lavoro” fu guidato da istruttori pratici maschili e femminili, alla presenza di due insegnanti curriculari. Il tutto, fuori orario scolastico, nelle ore pomeridiane del mercoledì e del venerdì, dal 13 dicembre alla fine dell’anno scolastico. Le attività pratiche videro le ragazze impegnate in lavori di taglio e cucito di bianqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 10 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione Regia Scuola Media a.s 1941-1942 del preside M. L. Guerrieri, p. 8. 11Ivi, pp. 10-11. La Carta della Scuola 243 cheria e i ragazzi in lavori di falegnameria e in lavori agricoli11. Le studentesse svolsero esercitazioni su orli a sottopunto e a giorno, costura, cucitura a punto bucato, e su varie attaccature di merletti: a punto occhiello, a cordoncino, a punto bucato, a punto tortella. Impararono a fare l’occhiello, la maglietta e facili punti ornamentali (punto ombra e pallini); eseguirono applicazioni di cucito (confezione di sottoveste e mutande) e di taglio (studio della sezione del collo e del braccio). Confezionarono camicie da giorno, mutande e sottovesti per signora, ma anche indumenti per militari: ventidue mutande per un 244 Il Regio Liceo Lanza valore di 550,80 lire. La stoffa occorrente (trenta metri di ordito ritorto) fu acquistata con “punti staccati dalle tessere” per il vestiario, offerti volontariamente dagli alunni. Tutte brave, le corsiste? Non sempre, ma si trovò l’opportuno rimedio ad personam: «Da alcune alunne – afferma Guerrieri – nelle quali è stata riscontrata poca attitudine per le esercitazioni, sono stati fatti eseguire dei lavori di ricamo a colori con facili punti ornamentali»12. Le esercitazioni di tipo artigiano si svolsero nel laboratorio di falegnameria dell’Istituto. Gli studenti si cimentarono nel “maneggio” dei principali attrezzi per la lavorazione del legno, per effettuare la spianatura, la squadratura, la sgrossatura, l’innestatura. Si esercitarono ai tagli di sega e al collegamento di parti di legno di vario tipo. I lavori agricoli si svolsero sul terreno concesso dal Consorzio Viticoltori di Capitanata: «Sito nelle immediate vicinanze dell’Istituto, lungo il tratturo Foggia-Centrale elettrica sul tratto della nazionale Foggia-Cerignola, il campo aveva un’estensione di oltre 200 (sic) metri quadrati». Il raccolto, come avveniva per quello dei contadini e dei ricchi proprietari, fu conferito all’ammasso. I quantitativi furono, naturalmente, piuttosto esigui: grano, quintali 1,94; orzo, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 16. La Carta della Scuola 245 Kg 15; fave Kg 34. Nell’orto di guerra coltivato dagli alunni furono raccolti 81,500 Kg di fave tenere, 20 kg di cipolle e 10 Kg di broccoli: furono offerti all’ospedale “Saverio Altamura”. L’esperimento di applicazione «totalitaria» e le esercitazioni di lavoro diedero buoni risultati: «Il rendimento è stato soddisfacente – dichiara il Preside – assai vivo l’interessamento mostrato dai giovani, alcuni dei quali hanno tentato di ottenere da questa Presidenza il permesso di lavorare oltre le ore destinate alle esercitazioni. Con molto diletto e passione si sono esercitate le alunne, con pieno gradimento delle loro famiglie». È evidente, nella chiusa del Preside, la piena soddisfazione per il successo della sperimentazione: «L’entusiasmo dei giovani e degli insegnanti, che vedono l’alto valore educativo, umano e sociale del lavoro inserito organicamente nel vivo della Scuola, è segno sicuro della riuscita delle esercitazioni che verranno eseguite anche nel corrente anno scolastico, come nell’anno già decorso, per la formazione del carattere e per lo sviluppo dell’intelligenza dei giovani allievi di questo Istituto»13. Guerrieri illustra gli investimenti fatti e le collaborazioni attivate per svolgere al meglio le attività di scuola-lavoro: nei locali del Liceo “Lanza” sono stati impiantati un laboratorio di falegnameria ed uno di taglio e cucito sufficientemente attrezzati, nei quali avrebbero potuto esercitarsi a turno tutti gli alunni e tutte le alunne. Coglie l’occasione per informare il Ministero che la sezione Viticoltori del Consorzio Provinciale dell’Agricoltura di Foggia ha concesso la possibilità di utilizzare, a scopo didattico, un ettaro di terreno già arato e pronto per la semina, ubicato in prossimità del Liceo. Depositario delle materie prime, degli attrezzi e delle tute sarà il capo coltivatore, che ha stabile dimora nella casa colonica in muratura sita sullo stesso fondo. La direzione dei lavori sarà affidata ad un tecnico dell’Ispettorato Agrario di Capitanata. Il Preside informa il Ministero che, in attuazione della “Dichiarazione VII della Carta della Scuola”, ha tenuto personalmente, nella sala professori del Liceo, due conferenze sull’istruzione tecnica e sull’orientamento professionale. Conversazioni rivolte non agli studenti, bensì alle famiglie dei giovani del Liceo classico e dell’Istituto Tecnico Commerciale “Giannone”. Anche quell’anno i rapporti con le famiglie furono attivi e cordiali. Una volta a settimana (e precisamente il giovedì per le famiglie degli alunni del Ginnasio inferiore e il sabato per quelle del Ginnasio superiore e del Liceo) alle ore dodici e trenta tutti gli insegnanti, nessuno escluso, in presenza del Capo d’Istituto, ricevettero, nell’ampia sala dei professori, i rappresentanti delle famiglie. Il colloquio qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 13 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 17. 246 Il Regio Liceo Lanza settimanale risultò un efficace mezzo di affiatamento fra il personale insegnante e i genitori degli studenti14. Il Preside, dal canto suo, ricevette il pubblico tutti i giorni dalle ore dodici e trenta alle tredici e trenta, non mancando di interessarsi della posizione particolare di qualche alunno in seno alla propria famiglia. Diede anche «suggerimenti pratici sull’orientamento professionale dei giovani». La visita di Bottai Dopo l’avvio della Riforma promossa con la Carta della Scuola, Giuseppe Bottai effettuò un giro di ispezione nelle scuole d’Italia. Visitò il Liceo “Lanza” nel 1940. L’avvenimento è stato ricordato in ogni particolare dal preside Melillo. Nel resoconto de “La Gazzetta del Mezzogiorno” la giornata di Bottai nelle scuole foggiane si snoda in un clima di euforia generale: magnifico andamento degli Istituti, scolaresche schierate, onori in armi, acclamazioni al Duce... «in perfetta armonia con le direttive superiori». Era il 17 ottobre 194015, il professor Michele Melillo16 era al suo secondo anno di insegnamento. Il ricordo è nitido. Entrando a scuola vide il ministro Bottai nell’atrio con la divisa nera ma senza pompa alcuna: era accompagnato, senza alcuna formalità o solennità, da una o due persone ed era in giro per visitare le scuole rurali. Osservando i marmi lustri del Palazzo degli Studi, ebbe a dire: «I marmi vanno bene nei cimiteri. Bisogna costruire le scuole rurali!». Melillo corse ad avvertire i colleghi. Bottai era molto alla mano, girò per le aule e gli alunni gli si fecero attorno. I docenti furono incaricati dal Preside di porgli delle domande sulla Carta della Scuola e in particolare sulla Riforma della Scuola Media. Erano nella sala dei professori. L’aula visitata dal Ministro fu quella ad anfiteatro. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 14 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 8 15 Il ministro Bottai era al secondo viaggio in Puglia: era gi stato a Bari nel gennaio del 1939, per inaugurare la Mostra del lavoro compiuto in 15 anni dall’Ente Pugliese di Coltura (“La Gazzetta del Mezzogiorno” del 14 gennaio 1939) la cui opera era rivolta essenzialmente alla istituzione di scuole rurali. In Puglia e Lucania in 15 anni ne sono sorte 536 diurne e 5.309 serali. Nell’annuncio della Gazzetta si vede una foto del Duce che l’8 settembre 1935 visita la scuola sulla cui porta campeggia l’insegna con la scritta: ENTE PUGLIESE DI COLTURA Scuola rurale “Arnaldo Mussolini”. La cronaca delle due giornate riportata nei giorni successivi (17 e 18 gennaio 1939). probabile anche che Bottai abbia proseguito e fatto una visita alla Scuola rurale “Arnaldo Mussolini” nei pressi di Foggia. La cronaca della “Gazzetta” non reca traccia di ricevimenti della autorevole personalit da parte delle autorit della citt . 16 Cfr. Michele Melillo, in questo volume, I presidi del “Lanza”. La Carta della Scuola 247 La relazione stilata da Guerrieri per quell’anno scolastico manca in Archivio di Stato, ma sicuramente il Preside parlò diffusamente dell’evento: era troppo importante per non riferirne i minimi particolari17. Fu una visita ufficiale e pertanto ne abbiamo trovato traccia sui giornali. “La Gazzetta del Mezzogiorno” di venerdì 18 ottobre 1940, Anno XVIII, a pagina 2, nell’articolo Bottai e del Giudice a Foggia fa un circostanziato resoconto dell’ispezione alle scuole di Foggia effettuata dal Ministro dell’Educazione Nazionale. Bottai, proveniente da Brindisi, giunse in città la mattina del 17 ottobre: alla stazione ferroviaria fu ricevuto da Riccardo Del Giudice, sottosegretario di Stato all’Educazione Nazionale, dal Prefetto, dal Federale, dal Podestà e da molte altre autorità e gerarchie di Foggia e provincia. Nel piazzale della stazione erano schierati reparti armati della Gil e «una grande massa di fascisti e di cittadini» che, quando il Ministro apparve sul piazzale, «acclamarono lungamente ed entusiasticamente al Duce e alle fortune dell’Italia Fascista e imperiale». Dopo aver reso omaggio ai “caduti fascisti” ed ai Caduti della Grande Guerra, Bottai, accompagnato dalle autorità, effettuò il giro ispettivo nelle scuole, iniziando dagli Istituti situati nel Palazzo degli Studi. Visitò minutamente il Regio Liceoginnasio “Lanza”: il preside Guerrieri gli riferì sul «magnifico andamento» dell’Istituto. Alla Regia Scuola Professionale Femminile, di nuova istituzione, il Ministro fu ricevuto dalla direttrice Alesi Rubino. Ebbe modo di constatare come in questa scuola «la donna si trasformasse veramente nella massaia moderna, capace di creare nella famiglia il fortilizio, dove si prepara la prosperità e la gloria della Patria». Oltre alle aule scolastiche, visitò i laboratori di biancheria, sartoria e riqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 17 Bottai aveva fatto delle osservazioni sulla relazione inviata da Guerrieri un anno prima, non esaustiva nel resoconto sulla “rivoluzione” che la Carta della Scuola aveva prodotto nell’ordine classico, con la trasformazione delle tre classi del ginnasio inferiore in scuola media: «Questo Ministero ha esaminato la relazione finale da Voi presentata sul funzionamento della Regia Scuola Media e delle classi residue annesse, e ne prende atto. Dalle informazioni da Voi date tale funzionamento risulta nel complesso soddisfacente: maggiori dati, peraltro, si sarebbero desiderati sull’azione svolta dai singoli insegnanti in rapporto ai diversi insegnamenti, e sulle conclusioni, eventualmente sulle proposte, alle quali l’esperienza didattica del primo anno li ha portati. Così sarebbe stata opportuna una giustificazione analitica dell’azione da Voi svolta per assicurare il coordinamento dell’opera dei singoli, e per conseguire la necessaria collaborazione delle famiglie al compito educativo della scuola». Il Ministro aveva comunque “preso nota” della carenza dei locali denunciata dal preside Guerrieri e riguardante le aule occupate dalle classi residue; e lo incoraggiava a porsi il problema dei locali della Scuola media, in modo che si potesse trovare una soluzione soddisfacente con l’inizio dell’anno scolastico seguente. «In questo senso – concludeva la nota – ove troviate consenziente il Regio Provveditore, formulerete le proposte del caso all’Amministrazione comunale». [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., nota Ministero 248 Il Regio Liceo Lanza camo, di esercitazioni di cucina a quelli di preparazione della tavola, governo della casa, stiro, rammendo e rattoppo: la scuola apparve in tutta la sua «efficace» attività. Al Regio Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Giannone”, che contava oltre cinquanta anni di vita, si soffermò a visitare la ricca biblioteca, gli attrezzatissimi gabinetti di fisica, chimica, di scienze, di topografia e costruzioni, le luminose aule scolastiche. Il preside Collarile illustrò tutte le attività dell’Istituto che lo rendevano «centro propulsore di cultura letteraria, scientifica e professionale». L’Istituto Magistrale si presentò a Bottai «nella imponenza della sua scolaresca e nella perfezione della sua inquadratura didattica»: il preside Pilla gli mostrò ogni dettaglio. Il Regio Istituto Tecnico Commerciale ad indirizzo mercantile “Crispi” gli presentò «le mete raggiunte nel breve cammino della sua esistenza»: il preside Miccolis assicurò che il cammino successivo sarebbe stato percorso con eguale fede e con crescente entusiasmo seguendo il nuovo ordinamento voluto dalla Carta della Scuola. Visitando la Regia Scuola Secondaria di Avviamento Professionale a tipo commerciale “Rosati”, che vantava ottime tradizioni, il Ministro ebbe modo di constatarne la disciplina dell’ordinamento e la severità degli studi, in «perfetta armonia con le direttive superiori». Successivamente, sempre in compagnia del sottosegretario Del Giudice, e di tutte le altre autorità e gerarchie del seguito, visitò il Regio Istituto Tecnico Industriale “Altamura”. Fu ricevuto dal presidente del Consiglio di amministrazione, ingegner Quarato, dal preside Rossi e da tutto il corpo insegnante, «mentre gli rendevano gli onori gli avanguardisti in armi». I laboratori e le “sonanti officine”, le aule affollate e gli ampi cortili alberati, le varie istituzioni annesse all’Istituto Industriale, considerato fra i primi dell’Italia Meridionale, gli furono presentati nel loro sviluppo e nel loro stato di potenziamento. L’ospite si recò quindi all’edificio scolastico “Parisi” dove visitò le Scuole Elementari. L’ultima tappa fu la Casa della Gil. “La Gazzetta del Mezzogiorno” chiude la cronaca della visita affermando che dovunque «fu salutato ed accolto da entusiastiche dimostrazioni di fede e di amore all’indirizzo del Duce». Nel pomeriggio, al Teatro “Flagella” di Foggia, egli presenziò un raduno cui erano presenti il vescovo, gli insegnanti di ogni ordine e grado di Foggia e della provincia, i podestà, i segretari politici, i vice comandanti della Gil e tutte le autorità civili militari e politiche del capoluogo. Il prefetto pronunciò brevi parole, che suscitarono un’ondata di entusiasmo quando mise in rilievo «la nobile fatica» delle massaie rurali. Il Segretario federale salutò Bottai a nome del fascismo di Capitanata, rilevando che al raduno erano presenti i segretari politici dei Fasci della provincia, i dirigenti dei reparti maschili e femminili del Comando federale ed il vice comandante della Gil «a dimostrazione dell’intima connessione di compiti e di fede del Partito con la scuola». Il saluto La Carta della Scuola 249 del federale fu accolto «da una prolungata acclamazione al Duce». Un breve discorso pronunciò anche il Regio Provveditore agli Studi. «Salutato da una grandiosa ovazione al Fondatore dell’impero», il Ministro rivolse ai convenuti un discorso sui problemi della scuola locale: dall’edilizia scolastica ai problemi della scuola media in rapporto alla Carta della Scuola. Si soffermò sulla politicità della scuola e dell’educazione fascista. Il discorso, «assai importante per dichiarazioni fatte, fu continuamente interrotto da prolungati applausi, e da una delirante manifestazione di attaccamento al Duce». In serata, al Palazzo del Governo, presiedette una riunione su questioni di edilizia scolastica. Vi presero parte il Prefetto, il Federale, il Podestà di Foggia ed altri podestà della provincia, il Regio Provveditore agli Studi, l’ingegnere capo del Genio Civile e il Commissario straordinario dell’Amministrazione. Il giorno dopo, 18 ottobre 1940, Bottai e del Giudice, accompagnati dal prefetto, dal consigliere nazionale Caradonna, dal Federale, dal Podestà, dal Soprintendente ai monumenti e da altre autorità e gerarchie, visitarono il Museo delle Tradizioni Popolari di Capitanata, istituito in Foggia sin dal 28 ottobre 1930. Furono ricevuti dalla fiduciaria e direttrice, professoressa Ester Lojodice, che illustrò la caratteristica istituzione: Bottai, “compiaciuto”, fermò la sua attenzione su alcuni prodotti dell’artigianato locale ivi esposti. Gli ospiti visitarono anche il Museo Civico, dove il dottor Francesco Pedone, «appassionato cultore e profondo studioso», li guidò attraverso le belle sale. Il reparto archeologico presentava un’interessante raccolta di vasi antichi provenienti dagli scavi dell’antica Arpi, reperti unici della millenaria metropoli della Daunia. La sezione naturalistica del museo conteneva «una collezione zoologica di eccezionale importanza non solo per la ricchezza dei tipi, la scelta e la disposizione ma anche per i dati, e classifiche, e denominazioni fatte con criteri prettamente scientifici. Il considerevole materiale, che faceva bella mostra in sette scaffali ben ordinati, era frutto di diuturne osservazioni, di pazienti ricerche, effettuate per oltre un trentennio nella zona del Tavoliere dal dottor Pedone, “assai benemerito”, che lo aveva donato al Comune di Foggia». Bottai e Del Giudice, accompagnati dalle alte autorità, si recarono infine nell’elegante ed affollata sala del Liceo musicale “Umberto Giordano”, dove si svolse un concerto «intervallato da acclamazioni al fondatore dell’Impero». Gli insegnanti Luisa De Polis Di Martino, Rosati, Siniscalchi e Pirani eseguirono ed interpretarono «impareggiabilmente e con fine gusto» musiche di Respighi, Pizzetti, Rossini-Zanella, Rossini, Di Martino, Paganini, Schubert, Casella e Rossellini. Alla fine del concerto, il ministro Bottai si congratulò con il presidente del Conservatorio Alfonso Mandara-Trifiletti e con il direttore Di Martino. La cellula foggiana del Pls All’inizio degli anni Trenta, nella Libreria Pilone di Foggia si incontravano, tra gli altri, Nicola Beccia, Benedetto Biagi, Romolo Caggese, Leone Mucci, Gerardo De Caro, Giovanni Raho e Oronzo Marangelli. Tutti intellettuali accomunati da una posizione critica nei confronti del fascismo1. Nella Libreria si ritrovarono, dal 1941, alcuni docenti del “Lanza”: Francesco Perna, Alessandro Santoro, Arnaldo D’Oria2. Insieme al professor Antonio Vivoli3 costituirono il gruppetto di testa della cellula foggiana del PLS, il Partito Liberal Socialista fondato da Tommaso Fiore4, primo nucleo del futuro Partito d’Azione. Il 3 aprile 1942, l’ispettore di Pubblica sicurezza Giuseppe Console comunicò all’Ovra5, al qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 Secondo una testimonianza da noi raccolta, la Libreria Pilone era anche il ritrovo degli aderenti alla massoneria foggiana. 2 Nel rapporto Ovra il nome è riportato come Armando Doria. 3 Antonio Vivoli insegnerà al Liceo “Lanza” dall’anno scolastico 1944-1945. 4 «Dopo il 25 luglio 1943 Fiore rappresentò un punto di riferimento per la ripresa della vita politica, civile e culturale pugliese. In prima linea nella lotta per la libertà di stampa, contro i tentativi trasformistici messi in atto dalla monarchia e dal governo Badoglio per impedire ai partiti del Comitato di Liberazione Nazionale di svolgere un ruolo autonomo, Fiore divenne uno dei protagonisti di una vivace esperienza politica nel Partito d’Azione. Fu uno dei promotori del primo congresso dei Comitati di Liberazione Nazionale dell’Italia libera (Bari, gennaio 1944). Nominato Provveditore agli Studi di Bari nel 1944, si impegnò a fondo nel processo di rinnovamento e defascistizzazione della scuola e della società».[Cfr. V. A. LEUZZI, Tommaso Fiore, www.formichedipuglia.it] 5 Polizia politica del regime fascista. Istituita nel 1927 come Ispettorato speciale di polizia, fu utilizzata nella prevenzione e repressione dell’attività sovversiva, in particolare comunista. 252 Il Regio Liceo Lanza Ministero dell’Interno e al Capo della Polizia, che si era avuta notizia in via fiduciaria dell’esistenza di «un occulto movimento liberal-socialista, sorto tra elementi intellettuali in varie città d’Italia e facente capo, in Puglia, al professor Tommaso Fiore»6. Il gruppo aveva finalità antifasciste e si proponeva di lottare per il ripristino delle libertà. Tommaso Fiore manteneva rapporti con vari amici in Puglia, e in altri centri italiani, tramite dei fiduciari di zona, cui inviava istruzioni e materiale di propaganda. Furono intercettati dall’Ovra i seguenti opuscoli dattiloscritti: 1) Note sul concetto dello Stato; 2) Il liberal socialismo e l’ora presente; 3) Decalogo del Pls (Partito liberale socialista)7; 4) Lettera aperta del cittadino Settembrini; 5) Il fronte della libertà; 6) Lo stato secondo libertà; 7) Il liberalismo storico; 8) Testamento antifascista di Lauro De Bosis. Enunciavano principi etici, politici, e istituzionali sui quali basare l’ordinamento del nuovo Stato italiano8. A Foggia il fiduciario del nascente Pls era il professor Antonio Vivoli, a quel tempo docente di lettere latine al Regio Istituto Magistrale “Poerio”. Iscritto al PNF dal 1938, Vivoli aveva avuto qualche incarico di partito, tra cui quello di conferenziere presso il Gruppo Rionale Fascista “Falcone”. Svolgendo tale attività, aveva avuto delle divergenze con il comandante della Gil presso il gruppo “Affatato”, il quale pretendeva che egli trattasse, dinanzi ai giovani organizzati, temi sui quali non aveva avuto tempo di prepararsi. Anche Francesco Perna, docente di lettere nella Scuola Media annessa al Ginnasio “Lanza”, ebbe analoghi motivi di lagnanza verso alcuni gerarchi fascisti. «Di notori sentimenti antifascisti», nel maggio 1940 fu sottoposto a procedimento disciplinare dal Ministero dell’Educazione Nazionale, conclusosi con la sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio «per inopportuni accenni fatti in classe alla Germania d’altri tempi». Era stato denunciato da un suo alunno, figlio del vice Prefetto dell’epoca, per aver manifestato, durante le lezioni, sentimenti avversi alla Germania9. Nella lettera di discolpa inviata al Ministero, il professor Perna aveva confermato in linea di massima quanto gli era stato addebitato. Successivamente, dopo l’entraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (ACS), Ministero dell’Interno, Ovra III Zona, Riservata Bari 3 Aprile 1942 dell’ispettore generale di PS Giuseppe Consolo, cfr. R. COLAPIETRA, La Capitanata nel periodo fascista, doc. LXXXVIII, p. 464. 7 L’opuscolo conteneva spunti contro la monarchia. Vi erano riassunti i postulati programmatici del movimento per ristabilire un regime di libertà politica, culturale ed economica tutelata da un nuovo organismo, la Corte costituzionale, per l’attuazione del socialismo. Recentemente Nicola Colonna in Tommaso Fiore un meridionale in Europa, edito da Palomar, evidenziando il rapporto tra la proposta politica di Fiore e l’evoluzione del movimento socialista e comunista in Italia, negli anni cruciali che videro il crollo del fascismo e la nascita della Repubblica. 8 ACS, Ministero dell’Interno, cit. in R. COLAPIETRA, La Capitanata..., cit., pp. 464-467. 9 Il preside della Regia Scuola Media annessa al Liceo “Lanza” era Matteo Luigi Guerrieri. La cellula foggiana del Pls 253 ta in guerra dell’Italia, parlando nella Libreria Pilone al gruppo di amici che solitamente la frequentava, asserì che l’Italia non doveva associarsi con la Germania, dati i precedenti storici. Al momento dell’apertura delle ostilità fra la Germania e la Norvegia, manifestò i suoi sentimenti ostili verso i tedeschi, ai quali attribuiva un “basso grado di civiltà”10. Francesco Perna, quindi, fu un elemento centrale del movimento di Foggia: Aveva manifestato costantemente sentimenti antifascisti, criticando l’operato del Duce e la condotta della guerra sia con Pilone sia con le altre persone con cui si intratteneva a conversare dentro e fuori la Libreria. Esplicò azione di propaganda tra i suoi amici, ai quali dava in lettura gli opuscoli del Pls. Il collegamento era assicurato dai suoi fratelli residenti a Bari: Raffaele, docente di lettere latine e greche al Liceo-ginnasio “Orazio Flacco”, strettamente legato a Tommaso Fiore (era padrino di cresima del figlio Vittore) e Giuseppe, segretario comunale addetto alla Segreteria Generale del Comune di Bari. Tommaso Fiore affidò a Giuseppe Perna il compito di recapitare al fratello Francesco, perché ne curasse la diffusione tra i colleghi, tre dattiloscritti che risulteranno determinanti per il capo d’accusa dell’Ovra. Il primo opuscolo, Lettera aperta del cittadino Settembrini, di contenuto polemico, era la risposta al discorso tenuto a Praga dal capo dell’ufficio stampa del Reich, Dietrich. Vi si affermava che la rivoluzione nazional socialista, lungi dall’incrementare le libertà rispetto al liberalismo, non era altro che una manifestazione dell’ideologia di una razza superba e sopraffattrice, protesa alla conquista del dominio mondiale. Il secondo opuscolo, Il fronte della libertà, incitava tutti, qualunque fosse il loro orientamento politico-spirituale, a schierarsi su un fronte unico, per abbattere con ogni mezzo la tirannide fascista e restaurare in Italia le essenziali libertà. Il terzo opuscolo accennava all’impreparazione dell’esercito italiano e ai metodi brutali usati dai soldati tedeschi contro la popolazione greca11. Nel corso delle indagini risultò che, a livello nazionale, Tommaso Fiore intratteneva rapporti con Tristano Codignola e con i professori Guido Calogero e Aldo Capitini. Tra i simpatizzanti del movimento c’erano anche il professor Ernesto de Martino, docente di storia e filosofia nel Regio Liceo scientifico “Scacchi” di Bari e l’avvocato Michele Cifarelli. Il 6 aprile 1942, oltre all’arresto di Tommaso Fiore, dei figli Vittore e Graziano, furono effettuate perquisizioni alla casa editrice Laterza di Bari. Da Foggia furono tradotti nelle carceri di Bari i professori Francesco Perna e Antonio Vivo- qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 10 ACS, 11 cit., in R. COLAPIETRA, La Capitanata..., cit., pp. 487-488. Ivi, p. 482. 254 Il Regio Liceo Lanza li. Il rapporto finale dell’Ovra riassume così la storia della cellula antifascista foggiana: «Decisivi elementi probatori dell’attività di propaganda svolta dal professor Tommaso Fiore in Bari e Foggia emergevano dagli interrogatori del professor Antonio Vivoli, in un primo tempo fiduciario del movimento in quest’ultima città, del dottor Giuseppe Perna, segretario comunale addetto alla segreteria Generale del Municipio di Bari, non fermato per motivi di opportunità in relazione alla sua particolare posizione, e del fratello di costui professor Francesco, docente di lettere nella Regia Scuola Media di Foggia, celibe, allontanato dal PNF nel maggio 1940 per circostanze che si riferivano ai suoi sentimenti avversi alla Germania, fermato e tradotto nelle carceri di Bari. Dalle concordi dichiarazioni di costoro rimaneva stabilito che verso i primi di dicembre del 1941 il Fiore, dopo avere attratto nel movimento liberal socialista il dott. Giuseppe Perna, illustrandogliene le finalità antifasciste e la crescente diffusione in Bari ed in altri centri, lo pregò di fare analoga opera persuasiva presso il fratello Francesco in Foggia, incaricandolo dopo pochi giorni di recare allo stesso tre opuscoli dattiloscritti, uno dei quali con titolo Lettera aperta del cittadino Settembrini, altro presumibilmente con titolo Il fronte della Libertà e il terzo sotto forma di lettera, di contenuto denigratorio per il nostro esercito e per le truppe tedesche di occupazione in Grecia con spunti avversi all’Istituto Monarchico. Fu così che il Perna Francesco, accogliendo l’invito del Fiore, corrispondente al proposito di costui di costituire nuclei di aderenti nelle varie città pugliesi, si diede a svolgere attività di propaganda a scopo di proselitismo tra colleghi ed amici, dando in lettura qualche opuscolo al professor Vivoli, al professor Santoro Alessandro, già docente in materie letterarie nel Ginnasio di Foggia e ora richiamato alle armi col grado di sergente dei bersaglieri in Napoli, al ragionier Giuseppe Pilone con libreria in Piazza “Lanza” al civico 73 e presumibilmente anche al professor Armando Doria docente di Lettere nella Regia Scuola Media di Foggia, al dottor Francesco Paolo Pedone medico chirurgo, e a Ugo Sipari dottore in giurisprudenza, agricoltore, con il quale egli soleva intrattenersi la sera nei locali della libreria Pilone a commentare gli avvenimenti politici e militari del giorno, in senso avverso alle Potenze del Tripartito»12. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 12 ARCHIVIO CENTRALE ta..., cit., pp. 487-488. DELLO STATO, Ministero dell’Interno, cit., in R. COLAPIETRA, La Capitana- La cellula foggiana del Pls Antonio Vivoli. [Archivio Vivoli] 255 Giovanni Iorio. [Archivio Iorio] La furia devastatrice della guerra 257 La furia devastatrice della guerra L’estate del 1943 fu un’estate di sangue per la città di Foggia. La devastazione iniziò il 28 maggio con l’incursione di diciotto bombardieri provenienti dalla Libia con l’obiettivo di distruggere l’aeroporto “Gino Lisa”; altri bombardamenti il 30 e 31 maggio, il 20 giugno, il 15 luglio. Fino a quello terrificante del 22 luglio: 71 “fortezze volanti” decollate dall’Algeria colpirono il centro chimico militare, il comando tedesco, le caserme, la stazione ferroviaria, il deposito dell’Agip, numerosi palazzi civili. Migliaia di morti. Nuovo raid il 27 luglio, il 16 e il 19 agosto. Altre migliaia di morti. Il 25 agosto, 276 aerei ripresero i bombardamenti, così come il 9 e il 10 di settembre. I bombardieri angloamericani devastarono la città anche dopo il 3 settembre, data in cui l’Italia firmò l’armistizio, reso pubblico solo l’8 settembre. Solo il 29 settembre i tedeschi si ritirarono. II numero delle vittime che Foggia dovette contare in quella stagione, ancora oggi incerto e diversamente quantificato, fu comunque altissimo1. Anche il “Lanza” qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 Saverio Russo, docente di storia moderna dell’Università di Foggia, in un’intervista al “Corriere del Mezzogiorno” dal titolo Foggia fa i conti con la sua memoria, ha contestato sia i dati 1957 dell’Istat, che censirono settecento vittime, sia le ventimila censite dal Comune. Questo ultimo dato (citato nella motivazione del conferimento alla città della medaglia d’oro al valore civile, consegnata nel 1959 dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e dal presidente del Consiglio Antonio Segni) fu elaborato nel 1957. Il sindaco era Vittorio De Miro d’Ajeta. All’epoca la situazione sociale di Foggia era drammatica: c’erano famiglie che vivevano in vere e proprie grotte. Calcare la mano sul numero delle vittime poteva servire a far apparire più grave il bilancio dei danni ed ottenere maggiori aiuti finanziari. In realtà, i morti sarebbero stati sette-ottomila. Gli Alleati bombardarono gli aeroporti occupati dai tedeschi. Quelle basi andavano distrutte: vi partivano i raid 258 Il Regio Liceo Lanza visse drammaticamente le conseguenze della «furia devastatrice della guerra»: sotto i Propilei della Villa Comunale morì il preside Guerrieri. Il Palazzo degli Studi fu danneggiato e poi occupato. La relazione2 al Ministero per quell’anno drammatico venne stilata dal professor Giovanni Iorio. Il primo agosto 1943, il Regio Provveditore agli Studi lo aveva nominato preside incaricato del “Lanza” in sostituzione del titolare Matteo Luigi Guerrieri, “caduto” durante l’incursione aerea del 22 luglio3. Iorio premette che, nelle condizioni particolari in cui è venuto a trovarsi, non può né deve fare una relazione esauriente: «Non posso, perché mi mancano molti dati ed elementi di giudizio, a causa della perdita quasi totale degli atti d’ufficio, perdita causata da offese belliche; non debbo, perché l’attività scolastica dell’anno 1942-1943 è stata in massima parte assorbita dalla Gil». Il Liceo “Lanza” aveva ospitato, dall’inizio dell’anno scolastico fino al termine delle lezioni, la Regia Scuola Media denominata “Palazzo degli Studi”, di complessive diciannove classi. Poiché le aule disponibili nella sede liceale non erano sufficienti, alcune classi furono “allogate” presso l’Istituto Tecnico “Giannone” e presso l’Istituto Magistrale “Poerio”, sempre nel Palazzo degli Studi. La sede del “Lanza” era fornita del necessario arredo nuovo e moderno, che nel 1937-1938 aveva sostituito quello obsoleto, ma a causa dell’incursione aerea del 22 luglio 1943, per lo scoppio di bombe nel cortile ed in altri punti a breve distanza dall’edificio, tutti i vetri delle finestre vennero infranti e quasi tutti gli infissi furono scardinati. Il professor Iorio, dal 1° agosto 1943, data in cui venne nominato alla presidenza del “Lanza”, si mise immediatamente all’opera insieme al personale di segreteria e ausiliario per riordinare la scuola, riparando i gravi danni subiti. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp aerei contro le truppe alleate. A Foggia i tedeschi avevano accumulato in stazione treni carichi di munizioni e carburante. Gli attacchi alleati furono giustificati dalla necessità di distruggere anche questo pericoloso arsenale. Riteniamo che occorrerebbe fare definitiva chiarezza su quegli eventi drammatici. Lo chiede anche il Comitato commemorativo delle vittime civili delle incursioni aeree del 1943. [Cfr. L. MASULLO, Paesaggio Storico di Capitanata, l’estate del 1943 a Foggia, Grafiche Gercap, Foggia-Roma, 2003] 2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato Giovanni Iorio, di pagine 10 manoscritte. 3 Per iniziativa di un comitato cittadino, su una parete dell’Aula magna del Liceo-ginnasio “Lanza”, il 2 dicembre 1947 venne affissa una lapide commemorativa per ricordare il nome di un umanista ed educatore (Matteo Luigi Guerrieri), «alle aule della sua scuola, donde mosse gli ultimi passi il 22 luglio 1943, per consacrare col sangue sotto bombardamento areo, pochi metri lontano, ventiquattro anni di dedizione ai giovani e agli studi». [Cfr. A. GUERRIERI, La città spezzata, Foggia, 2002, p. 221] La furia devastatrice della guerra 259 Aveva ripristinato il normale funzionamento della segreteria e della presidenza, quando l’incursione aerea del 19 agosto 1943, «la più ruinosa effettuata su Foggia», lo sorprese intento al lavoro nell’ufficio di segreteria4. Quando l’allarme scattò, alle dodici e cinque minuti, Iorio insieme al personale in servizio fece appena in tempo, «a stento», a ripararsi nel vicino rifugio del palazzo dell’Opera Nazionale Combattenti. Questa ennesima incursione aerea apportò ulteriori gravissimi danni alla sede scolastica: un’aula e parte del gabinetto di scienze, centrate in pieno da una bomba, furono completamente distrutte; un’altra bomba, scoppiata a breve distanza dal Palazzo degli Studi, ne ostruì quasi completamente l’ingresso dalla Villa Comunale. Nella segreteria e nella presidenza era tutto sottosopra: carte e documenti in disordine, confusi fra le macerie. Nei corridoi, nelle aule, dovunque materiale di ogni specie “proiettato” dalla forza d’urto delle bombe. Tutto l’arredo fu danneggiato. Il personale in servizio cercò di salvare non solo la propria vita, ma anche le dotazioni più costose ed i documenti della scuola. Invano. Con un toccante racconto, il preside Iorio “rivive” quei momenti convulsi. La testimonianza è a tratti drammatica: «Riuscendomi impossibile da solo, nella morta città abbandonata da tutti i cittadini e da tutte le autorità italiane, procedere al recupero del materiale scientifico e scolastico dell’Istituto, ricorsi per aiuto all’Autorità comunale di Foggia, trasferitasi nella vicina Troia; e s’era disposto di trasportare in Troia quanto materiale scolastico fosse stato possibile con autocarri messi a disposizione dalla predetta autorità comunale, quando, sopraggiunto l’armistizio, l’8 settembre 1943, non fu più possibile attuare alcun recupero, poiché i Tedeschi si impadronirono di tutti i mezzi di trasporto, impedendo ogni traffico»5. Dopo l’armistizio, i locali dell’Istituto furono invasi e saccheggiati dalle truppe tedesche. Il Palazzo degli Studi subì ulteriori danni a causa delle mine che i nazisti fecero scoppiare, nella notte dal 26 al 27 settembre 1943, a poca distanza dall’edificio, per ostacolare l’entrata da via Bari degli Alleati a Foggia. Continua il preside Iorio: «Il giorno 25 settembre 1943, profittando della ritirata dei Tedeschi, da Troia, dove avevo trasferito l’Ufficio di presidenza e di segreteria, che vi funzionò dal primo al trenta settembre 1943, con mezzi di fortuna, insieme col bidello custode Tufo Orazio, incaricato segretario, raggiunsi Foggia; e riuscii di persona a portare via dalla Presidenza e dalla Segreteria dell’Istituto i registri d’iscrizione degli alunni, i registri di esami ed alcuni atti d’Ufficio e a qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato Giovanni Iorio, p. 2. 5 Ivi, p. 3. 260 Il Regio Liceo Lanza trasportarli con un carretto nel comune di Troia, salvando così la posizione scolastica di tutti gli alunni iscritti al Liceo “Vincenzo Lanza” e alla Regia Scuola Media “Palazzo degli Studi”. Dopo la liberazione di Foggia da parte degli Alleati, avvenuta il 27 settembre 1943, rientrai in Foggia, sempre insieme con il segretario incaricato Tufo Orazio e, trovata occupata dalle truppe Alleate la sede del Regio Liceo-ginnasio, trasferii l’ufficio di presidenza e segreteria in casa mia, Piazza Lanza 77 in Foggia, dove detto Ufficio incominciò a funzionare il primo ottobre 1943 e dove ha funzionato ininterrottamente e dove tuttora continua a funzionare. Nei locali dell’Istituto mi è stato possibile entrare, durante l’occupazione delle truppe Alleate, occupazione che continua tuttora, due volte, col permesso dell’A.M.G.O.T6, insieme col segretario Tufo e con i bidelli Marinaccio, Fuiano, Paolella e Scocca, e propriamente il 24 e il 30 ottobre 1943, e mi fu concesso di poter recuperare della cancelleria e dei registri in bianco». L’arredo scolastico del Regio Liceo-ginnasio “Lanza” e della Regia Scuola Media “Palazzo degli Studi” andò tutto perduto, come l’impianto microradiofonico Geloso installato cinque anni prima7. Tutta la dotazione dei gabinetti di fisica e scienze fu distrutta a causa dei bombardamenti aerei e dei saccheggi. Lo stesso accadde per l’arredo della sala dei professori, per i 5.305 volumi della biblioteca e i 40 scaffali su cui erano posti. Dall’8 settembre 1943 in poi furono bruciati o saccheggiati. In tutte le classi vi erano delle bibliotechine, che funzionavano fino al termine delle lezioni. Anche queste furono distrutte. Gli alunni iscritti al Ginnasio superiore e al Liceo, che nel 1941-1942 erano 436, nel 1942-1943 avevano raggiunto quota 521. Le classi del Liceo erano dieci (tre corsi completi, A, B e C più la classe collaterale prima D liceale), quelle del Ginnasio superiore sette (tre corsi completi, A, B e C più la classe collaterale quarta D). Nel caotico clima di guerra, durante l’anno scolastico 1942-1943, si erano svolte comunque esperienze di scuola-lavoro, con gli studenti organizzati in squadre8. Le esercitazioni furono di tipo artigiano (lavorazione del legno) e di qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 L’Amgot era l’organismo militare delle Nazioni Unite preposto all’amministrazione dei territori occupati dagli Alleati. In Italia venne istituito il 10 luglio 1943 nelle zone conquistate del Sud. Via via che le truppe alleate liberarono altri territori, l’Amgot divenne Amg (Governo militare alleato). Esso doveva garantire la sicurezza delle forze di occupazione e delle loro vie di comunicazione, farsi carico dell’aiuto alle popolazioni, avallare misure politico-amministrative utili al governo provvisorio e, infine, provvedere all’utilizzo delle risorse economiche delle zone presidiate. 7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato Giovanni Iorio, p. 4. 8 Furono organizzate esercitazioni di taglio e cucito di biancheria, con alunne di quarta e quinta A, e di prima, seconda e terza A liceale; di falegnameria, con alunni delle classi quarta B, quarta C, quarta D, quinta B e quinta C del ginnasio superiore; di lavoro agricolo, con alunni delle prima B, prima C, prima D, seconda B, terza B e terza C liceale. La furia devastatrice della guerra 261 tipo agricolo. Le prime si svolsero nel laboratorio di falegnameria dell’Istituto, le seconde nel terreno concesso in fitto e a mezzadria dal Consorzio Viticoltori di Capitanata9. La durata della lezione ridotta a tre quarti d’ora, il lungo periodo di vacanze invernali, i frequenti allarmi per incursioni aeree, non consentirono ai docenti di completare lo svolgimento dei programmi10. Furono tuttavia «frustrati i tentativi» di quei candidati che ritenevano di approfittare delle condizioni di stato di guerra «per carpire un titolo di studio». Particolare vigilanza fu usata per i candidati agli esami di ammissione al Liceo, per impedire che iniziassero tale corso elementi incapaci o insufficientemente preparati. Gli esami di maturità diedero i seguenti risultati: nello scrutinio finale dei sessantadue alunni interni, cinquanta furono dichiarati maturi, uno respinto, undici rimandati. Nella seconda sessione furono dichiarati maturi otto studenti, tre risultarono assenti. Essendo i locali del “Lanza” occupati dalle truppe alleate, gli esami di idoneità e promozione alle classi del Liceo e gli esami di maturità e di ammissione della sessione autunnale si svolsero, per disposizione del Provveditore agli Studi, dal 21 al 31 dicembre 1943 a Lucera, presso l’Istituto “San Leonardo”, e dal 31 gennaio al 7 febbraio 1944 a Foggia, nei locali dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, in piazza Federico II. Il preside incaricato Iorio chiude la sua relazione al Ministero con una sconsolata riflessione: «Dopo i bombardamenti avvenuti a Foggia, tutta l’attrezzatura dei laboratori dell’Istituto andò perduta, come furono perduti, perché distrutti o saccheggiati, le suppellettili scolastiche, gli impianti di qualsiasi specie, il materiale dei gabinetti di fisica e di scienze, la biblioteca della scuola. Questa relazione finale dell’anno scolastico 1942-43 purtroppo dovrebbe propriamente dirsi relazione della fine di un Istituto colpito dalla furia devastatrice della guerra»11. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 9 Nell’annata agraria 1942-43 furono conferiti all’ammasso i prodotti raccolti dagli studenti nel loro «piccolo campo»: 1,92 quintali di grano; 55 Kg di fave. Ivi, p. 6. 11 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato Giovanni Iorio, p. 10. 10 262 Il Regio Liceo Lanza ULTIME “ISTRUZIONI” DELLA PROFESSORESSA PALAZZO Il preside incaricato Iorio sottolinea come l’attività scolastica dell’anno 1942-1943 sia stata quasi completamente assorbita dalla Gil. Il 13 febbraio 1943, Alceo Gigli, vice comandante federale dell’organizzazione, aveva infatti raccomandato che le conversazioni di propaganda (ex cultura fascista) fossero tenute a ciclo continuativo e separatamente per gli avanguardisti, i giovani fascisti, le giovani italiane e le giovani fasciste. I Comandi Gil di Fascio e dei Gruppi rionali erano tenuti a inviare nella sede foggiana delle relazioni settimanali sugli incontri, con i dati relativi alla generalità dell’oratore ed al numero degli organizzati presenti, oltre il titolo della conversazione. I temi furono stabiliti dal Comando federale. L’ispettrice federale Maria Palazzo, docente di lettere della Scuola Media annessa al “Lanza”, aveva già provveduto, il giorno prima, ad inviare le sue “istruzioni” a tutte le ispettrici Gil della provincia. Ogni istruzione conteneva una scaletta di idee-chiave da sviluppare. Emergono, tra gli altri, i temi storici della “Vittoria mutilata”, dei diritti sul Mediterraneo e la polemica contro l’Inghilterra e la Francia ormai “da odiare per legge di guerra”. Schema di conversazione Fascismo e Italia sono una cosa sola. Illustrando la politica di restaurazione interna attuata dal regime nel campo politico, in quello militare, in quello demograficosociale, nel campo economico e produttivo, nel campo morale col problema religioso e con la elevazione spirituale del popolo, dimostrare come il Fascismo, creando lo stato unitario, abbia disciplinato e potenziato le forze vive della nazione per cui nelle premesse e nello svolgimento la Rivoluzione delle Camicie Nere comprende in sé il progresso della Nazione. Il clima eroico creato in Italia dal fascismo perché il popolo, compatto, fuso in un blocco solo, fosse pronto ad affrontare ogni prova per la grandezza della Patria nel mondo. L’Italia resa dal Fascismo indipendente in terra e in mare, liberata da ogni forma di servilismo verso le potenze plutocratiche, si afferma risolutamente come stato sovrano. Politica estera del fascismo. Necessità di rivedere i trattati firmati a Versaglia (sic) per modificare una pace ingiusta ed eliminare la causa prima di ogni discordia europea, origine dell’attuale conflitto. Il Mediterraneo e la sua importanza vitale per il territorio Nazionale e per i rapporti tra l’Italia e le sue colonie. Diritti millenari di Roma e quindi dell’Italia sul mare Mediterraneo. Carattere rivoluzionario dell’attuale guerra. Aspetto risolutivo del conflitto per le sorti dell’Europa. Il fascismo contro il bolscevismo. Le varie tappe di questa lotta: Marcia su Roma; guerra di Spagna; Marcia su Mosca. Il Fascismo vuole dare all’Europa un nuovo ordine politico basato sul diritto del lavoro e sulla giustizia distributiva delle ricchezze. Obbiettivi territoriali, politici e sociali che sono nelle giuste aspirazioni del popolo italiano e costituiscono i suoi inoppugnabili diritti. La pressione demografica e la necessità di completare il territorio nazionale con territorio coloniale perfettamente rispondente al progressivo aumento della popolazione. Necessità di riscattare i territori già italiani per civiltà e tradizione. Necessità di assicurare all’Italia scali marittimi sugli oceani. Aspirazione legittima La furia devastatrice della guerra al miglioramento economico e sociale del popolo a detrimento finalmente dei popoli fino ad oggi detentori della ricchezza mondiale. Funzione civilizzatrice dell’Italia e delle colonie. Odio al nemico per legge di guerra. Odio consapevole per contrasto di razza e di principi, di ideali e di mezzi e sistemi di vita. Odio ai distruttori delle città italiane, ai rinnegati delle convenzioni internazionali, agli aggressori degli ospedali e di tutti i posti di assistenza sanitaria. Odio al nemico per i suoi secolari soprusi. Dal Convegno di Plombiéres all’occupazione di Tunisi, dall’arbitrario possesso di Malta a Versaglia (sic), dalla Guerra d’Africa a oggi. Francia e Inghilterra hanno sempre tradito l’Italia, ostacolato il suo cammino, intralciato il suo progresso, impedito il suo potenziamento. Odio al nemico per i suoi sistemi di lotta, per l’inumano trattamento ai prigionieri di guerra e alle popolazioni civili. Considerare che il nemico odia l’Italia e per essa il Fascismo che gli ha impedito di valersi della nostra Patria per i propri fini come erano abituati a fare quando essa era politicamente debole e poteva essere sfruttata per dare ad altri civiltà e potenza. È dovere perciò di ogni italiano odiare il nemico e il suo nome; odiarlo con ogni forza tesa nel superamento degli ostacoli e nella certezza della vittoria. La nostra alleanza con la Germania. Comunità di obiettivi, unità di ideali, affinità di struttura politica e sociale, potenza progredente (sic) di razza, forza insita di espansione, disciplina di lavoro, civiltà di vita costituiscono base incrollabile di questa alleanza che darà all’Europa un nuovo indirizzo politico-economico di vita. Marciare con gli amici fino in fondo. Il valore del soldato italiano. I riferimenti alle guerre già combattute e superate valga- 263 no a dimostrare la tempra del soldato italiano in questa guerra, specie nelle ore più dure e nelle prove più rischiose, che si afferma nel modo più luminoso ed inequivocabile. Ricordare la difesa dell’Africa Orientale Italiana nonché la resistenza tenace del soldato italiano sotto tutti i climi e in tutte le terre. Fronte di guerre. Questa non è solo guerra di eserciti, ma di popolo ed ha quindi un carattere totalitario. Il cittadino, sia che vesta il grigioverde e diventi soldato, sia che resti al suo posto di lavoro, difende in ogni momento l’onore della Patria, e può con la sua disciplina e il suo eroismo sui campi di battaglia, col suo spirito di sacrificio e col suo lavoro in Patria determinare il buon esito della lotta. Le risorse economiche d’Europa sono quasi tutte in mano dell’Asse: risorse minerarie e industriali da cui consegue un aumento di potenza bellica; risorse agricole ed economiche tali da assicurare i mezzi di resistenza e di vita delle nostre nazioni in armi. Necessità di parte delle popolazioni civili di contribuire a rendere sempre più efficienti i mezzi di lotta e la resistenza interna (lotta agli sprechi, ricupero di residui, raccolta di rottami, ecc). Sicurezza di vittoria. Le alterne vicende della guerra ed il sacrificio di territori non potranno modificarne l’esito, perché la implacabile guerra sottomarina che i sommergibili del tripartito conducono su tutte le rotte del nemico, il valore della marina tutta degli eserciti e dell’eroica aviazione, sono garanzia di successo e certezza di vittoria. [ASFG, Fascio di combattimento di Rodi Gar- Due immagini della seconda B dell’anno scolastico 1942-1943. [Archivio Pellegrini] La purificazione dell’insegnamento 265 La purificazione dell’insegnamento Caduto il fascismo, sotto il controllo di una commissione del governo militare alleato, fu avviata la defascistizzazione dell’Istruzione. L’epurazione iniziò con la sospensione del personale che aveva ricoperto incarichi di rilievo nelle organizzazioni del Regime. Anche il “Lanza” ne fu investito in pieno, come tutte le scuole d’Italia. L’inverno 1943-1944 fu la stagione del ritorno alla normalità “possibile” tra le macerie lasciate da quella che il preside incaricato Iorio aveva definito “la furia devastatrice della guerra”. Il regio provveditore Franco de Joanna, “sfollato” a Lucera, il 21 gennaio 1944 inviò ai Capi d’Istituto e ai regi Direttori didattici della provincia una circolare con cui informava che, avendo l’Amgot dato l’autorizzazione alla riapertura delle scuole, tutti gli insegnanti erano tenuti a riprendere servizio immediatamente: «Contro gli inadempienti saranno adottati i provvedimenti relativi. I Capi d’Istituto e i RR. Direttori Didattici comunicheranno i nomi di coloro che entro il 30 gennaio non saranno rientrati nella loro sede scolastica»1. Il 9 febbraio 1944, dal “Lanza” si dà assicurazione al Provveditore «di aver diffidato gl’insegnanti a rientrare in sede entro il 30 gennaio». Si fa notare che i docenti Amelia Moretto Molinari, Maria Saitta La Regina, Maria De Paola, Sebaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117, Circolare del Regio Provveditore agli Studi del 21 gennaio 1944. 266 Il Regio Liceo Lanza stiano Fortuna e Ermellina Moro Bacchereti si trovano nelle terre non ancora liberate. La professoressa Giannina Longo Marchione sarà quanto prima in sede, appena le sarà rilasciato dall’Amgot regolare permesso di viaggio su un’auto per trasporti militari. La professoressa Chiara Sepe de Francesco si trova ancora sfollata a Campochiaro (Campobasso), dove non le è ancora pervenuta la comunicazione della scuola. Le medesime difficoltà di comunicazione si incontrano per avvertire le professoresse Paola Collarile e Ada Rondinone. L’informativa è firmata dal professor Gerardo de Caro: ha assunto pro tempore la presidenza del Liceo e della scuola media perché i presidi incaricati Giovanni Iorio e Michelangelo Testa sono stati sospesi dalle loro funzioni. Rientrano tra il personale che nel passato Regime ha ricoperto cariche di una certa rilevanza nella Gil. Nella Scuola è in atto «la purificazione dell’insegnamento da qualsiasi dottrina fascista e filogermanica», che avviene, è facile ipotizzare, tra malintesi, omissioni e diffidenze tra controllori e controllati. Appena un mese prima, in una comunicazione al Provveditore del 14 dicembre 1943, lo stesso Giovanni Iorio aveva dato assicurazione che nessuno fra il personale di ruolo del “Lanza” risultava aver avuto la qualifica di “squadrista”, “marcia su Roma”, “sciarpa littorio”2. Anche il professor Michelangelo Testa, nominato preside incaricato della Scuola Media “De Sanctis”, il 14 dicembre aveva escluso ogni coinvolgimento del personale, inviando il seguente comunicato al Provveditore agli Studi: «Dai documenti esistenti in quest’Ufficio di presidenza e dall’ultimo annuario risulta che nessuno del personale di ruolo di questa Regia Scuola Media ha la qualifica di squadrista, marcia su Roma, sciarpa littorio». Il 29 gennaio 1944, confermò il dato ma, poiché nel frattempo l’Amgot aveva incluso nell’elenco del personale da sospendere dal servizio anche tutti coloro che avevano ricoperto il ruolo di ispettore federale, pose il seguente quesito: «Sorge il dubbio circa la prof. Palazzo Maria, la quale ha ricoperto la carica di ispettrice federale della GIL. Quest’Ufficio però è d’avviso che il provvedimento non riguardi la Palazzo, dato che agli Insegnanti era fatto stretto obbligo di collaborare nella Gil, e che nel provvedimento stesso non si parla affatto della Gil. Si resta pertanto in attesa di istruzioni in merito»3. Il Governo militare alleato della Regione 4 Direzione dell’Educazione n. 2, qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 L’Ordine Regionale n. 1, sulla “defascistizzazione”, emesso il 10 Gennaio 1944, rimase in vigore conformemente alle disposizioni e modalità dell’ordine del 2 giugno 1944, emanato dal Quartiere Generale della Regione n. 3 del Governo Militare Alleato. L’ordine, firmato dal colonnello Charles Poletti, Commissario regionale, riguardava le epurazioni e punizioni di fascisti inseriti nell’Amministrazione statale e nelle società di capitali. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117] 3 Ivi. La purificazione dell’insegnamento 267 per ordine del Brigadier M. Carr e di Carleton W. Washburne, che firma il documento, aveva inviato ai Provveditori agli Studi, agli Ispettori scolastici e ai Presidi un allegato (individuato con lettera A) avente per oggetto: sospensioni di insegnanti che abbiano svolto attività fascista. In esso si precisava che, oltre al personale con qualifica di squadrista, marcia su Roma, sciarpa littorio, «erano da epurare coloro che avessero ricoperto le seguenti cariche politiche: segretario nel Pnf; membro del Direttorio Nazionale; segretario federale; membro del Direttorio federale; ispettore del partito; ispettore federale; segretario del Fascio (prima del 1943); membro dell’Ovra; ufficiale dell’Ufficio politico della CC.RR. e della P.S.; iscritto a squadrista e chiunque avesse avuto una posizione autorevole nella Gil, nei Gup, o nei Fasci femminili». Chi era stato membro di codeste organizzazioni doveva essere immediatamente sospeso dall’impiego. Se avesse continuato a lavorare, sarebbe andato incontro a severe penalità. Era però possibile presentare ricorso: «Qualunque insegnante che dichiari di non aver lavorato attivamente per il partito fascista, dovrà immediatamente rivolgersi al “Senior Civil Affaire Officer” per ottenere una Scheda personale che riempirà pienamente e che riporterà, nel corso di dieci giorni, allo SCAO per il Direttore dell’Educazione, con una lettera nella quale esponga le ragioni della sua protesta alla sospensione, aggiungendo documenti che supportino la sua richiesta per una speciale considerazione»4. La lista dei Capi d’Istituto, Ispettori scolastici e Direttori didattici, che per disposizione dell’Amgot non potevano più esercitare le loro funzioni, comunicata il 4 gennaio 1944 dalla Prefettura di Foggia al Provveditorato, e dal Ministero il 25 gennaio seguente, comprendeva, oltre al professor Giovanni Iorio, preside incaricato del Regio Liceo-ginnasio e della Regia Scuola Media “Palazzo degli Studi” di Foggia, i Presidi del Regio Istituto Magistrale “Poerio” e del Regio Istituto Tecnico Commerciale “Crispi” di Foggia; il Preside del Regio Istituto Tecnico Commerciale di Lucera; il Rettore del Regio Convitto Nazionale di Lucera; il Direttore incaricato della Regia Scuola di Avviamento Professionale di San Marco in Lamis; il Direttore della Regia Scuola Industriale di Lucera; i Dirigenti del Regio Corso Avviamento Professionale di Monte Sant’Angelo, di Serracapriola e di Vieste5. Il provveditore Franco de Joanna, il 30 gennaio 1944 trasmise all’Amgot di Torremaggiore le schede personali, in duplice copia, di quattro regi Direttori Didattici e Capi d’Istituto. Il 5 febbraio successivo, trasmise alla Scao Amgot, Sezione Educazione, di stanza a Torremaggiore, le schede dei presidi, direttori ed qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 4 ASFG, 5 Ivi. Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117. 268 Il Regio Liceo Lanza insegnanti sospesi. Nell’elenco figurano il professor Michelangelo Testa, preside incaricato della Regia Scuola Media “De Sanctis” di Foggia e la direttrice Egeria Visco Ferrante, ex docente del “Lanza”. Nella lista del personale amministrativo è compreso il nome della segretaria Bianca Giuliano6. L’inclusione nella lista B (insegnanti che non potevano esercitare le loro funzioni) diede luogo a sorprese e incredulità da parte degli interessati. Gli Ispettori stessi furono presi da molti dubbi e chiesero ai superiori e all’Amgot dei chiarimenti sui criteri da adottare per giudicare i singoli casi7. Nelle numerose istanze di “chiarimento” alle superiori autorità alleate e al Provveditore di Foggia di stanza a Lucera (alcune riportate in appendice a questo capitolo), si ha la misura del «consenso» effettivo dei docenti alla politica scolastica del Regime. La maggior parte di essi si difende adducendo le “circostanze ambientali” che determinarono il loro coinvolgimento nelle attività di inquadramento della “gioventù studiosa”8. Sulle epurazioni seguite all’8 settembre del 1943, si è ammesso da più parti che, a livello nazionale, questa operazione di resa dei conti, avviata dall’Amgot, dopo una prima fase di “caccia alle streghe”, venne condotta con la consueta flessibilità italiana. Gli Istituti del fascismo, connotati dal Regime, cambiarono solo il nome, diventando il “nuovo Stato”. L’Alto Commissariato venne eliminato e tutte le decisioni e i provvedimenti di epurazione a carico dei dipendenti in odore di fascismo passarono alla presidenza del Consiglio, che emanò una disposizione secondo la quale tutti i procedimenti di epurazione a carico di dipendenti dello Stato e degli Enti Pubblici potevano essere avviati soltanto su iniziativa dell’amministrazione di appartenenza. I direttori didattici e i Presidi avrebbero dovuto segnalare i dipendenti che erano stati “fascisti attivi”. Fu un non sense. Il processo di epurazione divenne via via sempre più blando. Con l’amnistia del giugno 1946 concessa da Togliatti, i processi si chiusero. Tutti tornarono ai propri posti di lavoro. Le carriere dei capi di istituti e degli insegnanti, come quelle di tutti i dirigenti statali e dagli impiegati, non subirono altre ripercussioni. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 ASFG, 7 Ivi. 8 Ivi. Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117. La purificazione dell’insegnamento LETTERE ALL’AMGOT Per le insegnanti della scuola pubblica, l’adesione alle organizzazioni di Regime spesso fu “quasi obbligata” in virtù dell’incarico istituzionale ricoperto. Non sempre, almeno a leggere le lettere delle “epurate”, gli ideali littori erano stati realmente condivisi. Era il viatico per tutte, se si voleva far carriera nella vita. AL SENIOR CIVIL AFFAIRS OFFICIER DELL’A.M.G. di LUCERA: Da informazioni assunte risulta che è stata inoltrata denunzia al Regio Provveditore agli Studi contro noi sottoscritte [...] perché non ci fosse conferito l’incarico presso queste scuole primarie e presso questo Regio Ginnasio. Non conosciamo l’autore della lettera di accusa; lettera trasmessa di sicuro al Regio Provveditore. Pare che la denunzia sia stata inoltrata dal Preside del Ginnasio, di sua iniziativa, o dietro pressioni vivaci del Presidente del locale Comitato di Liberazione Nazionale. Ci permettiamo far noto che tutti i componenti del Comitato, da noi interessati, sono rimasti sorpresi di tanto arbitrio, non avendo essi mai discusso né deliberato in seno al Comitato stesso, qualche cosa nociva ai nostri interessi. Ci pregiamo informare che siamo state segnalate a torto, non avendo mai rivestito cariche politiche, né siamo state filo-fasciste, come l’accusa dice. Siamo state solamente fasciste, come le altre ed accanto alle altre. Mentre la grande delle sorelle [...] si è tesserata al Fascio Femminile nel 1936, alla vigilia di sostenere gli esami di abilitazione magistrale, la seconda [...] nel 1938, un 269 mese prima di sostenere anch’essa gli esami di abilitazione, le due ultime [...], nate e cresciute nel ventennio del fascismo, hanno dovuto, come le altre, essere soggette al cessato partito totalitario, militando come gregarie nelle Piccole Italiane, nelle Giovani Italiane, Giovani Fasciste. Era il viatico per tutte, se si voleva studiare e fare carriera nella vita. Nessuna attività degna di rilievo è stata spiegata da noi nel cessato comando Gil, oltre quel tanto indispensabile per tacitare i superiori, i quali facevano continue pressioni sulle insegnanti, specie se incaricate. Ci pregiamo far notare ancora che se qualcuno, Preside del Regio Ginnasio Direttore Didattico o Presidente del Comitato di liberazione nazionale, ha tenuto a segnalare le nostre persone, lo ha fatto per livore personale, perché roso dalla gelosia di vedere quattro sorelle occupate, e non avendo a portata di mano prove tangibili che avessero potuto dimostrare pretesi demeriti di servizio, si è appigliato al fattore politico, sicuro di riuscire nell’intento. Le nostre note caratteristiche esistenti presso i vari Istituti scolastici sono eccellenti per capacità di insegnamento, moralità e serietà. Abbiamo insegnato negli anni scolastici 1941-42 e 1942-43. Il nostro genitore, padre di 12 figli, di cui 10 a suo totale carico, è un ex combattente della guerra mondiale 1915-18, decorato della croce al merito di guerra, mai tesserato al partito fascista ed amministratore e procuratore del Senatore Benedetto Croce, si logora la salute per assicurare alla sua famiglia un tenore di vita dignitoso, ma le condizioni di vita, oggi difficilissime specie per l’alimentazione, non consentono che il fardello domestico sia portato solamente dal capo di famig1ia. È indispensabile che tutti aiutino il padre, che ognuno col suo lavoro procuri il tanto necessario per tirare innanzi la famiglia assai numerosa. Esprimiamo ardente desiderio che tutto si metta in chiaro e, ponendo fede e speranza in questo, noi sottoscritte ci permettiamo di fare appello alla competenza di codesto Comando, affinché siano esperite indagini, sia ben considerato il danno morale e materiale perpetrato nei nostri riguardi e ci sia resa giustizia. Con infiniti ringraziamenti e scuse esterniamo la profonda imperitura gratitudine. 6 marzo 1944 Devotissime (seguono le firme di quattro insegnanti di Cerignola) A difendere i docenti “segnalati” scesero in campo anche i partiti antifascisti e qualche parroco dei piccoli paesi. Riportiamo la lettera dell’arciprete di Biccari. Innanzi tutto una premessa. La presente dichiarazione non pretende di essere una difesa dell’insegnante [...], per la semplicissima ragione, che dalla vita di Lui, come cittadino e maestro di scuola elementare, emana tale una somma esemplare di fatti, da farne una persona incensurabile e sempre di condotta rettilinea. Io, come cappellano della Gil e come insegnante di religione in queste scuole, ho avuto occasione molte volte di avvicinarlo, essendo egli fiduciario delle medesime e Vice Comandante della suddetta istituzione giovanile. Attraverso le frequenti conversazioni avute con lui mi sono formato la coscienza che Egli si iscrisse al Partito non perché vi fosse attratto dalla bontà e dalla bellezza del programma, ma perché costrettovi dalle intimidazioni e dalle fustigazioni morali a cui venne fatto segno prima dell’acquisto della tessera. La sua iscrizione al Fascio porta la data del 28 ottobre 1932. Si potrebbe per questo chiamarlo un ritardatario in confronto di tanti sbracati e scalmanati della famigerata prima ora. È vero che Egli come Vice Comandante della GIL si prodigò nel disimpegno della gravosa mansione affidatogli, ma non per ubbriacatura (sic) od euforia fascista, o in ossequio alla mistica assurda del regime; ma perché per temperamento estremamente ligio al dovere, avendo dovuto curvare le spalle, come Cristo, ad un onere impostogli, portò la croce, con l’occhio fisso ad una sola meta: il bene della Patria. Egli era in una grande, buona fede. Del partito non si è mai beneficiato ed in nessun modo. Ha lavorato per la scuola e nella scuola che disgraziatamente i vari Ministri avevano trasformato in una palestra che appiattiva le intelligenze con programmi che non si preoccupavano di altro che del Duce, di ginnastica e di canti guerrieri. Al suo attivo [...] ha molti anni d’insegnamento, nel quale, nonostante le pastoie e le ingiunzioni di superiori circolari, dirette alla distruzione del patrimonio spirituale ed etico della scuola italiana, egli, ogni volta che poteva, infondeva nell’animo dei piccoli, le idee madri della nostra pedagogia ed il vero amore dell’Italia. Di quanto ho dichiarato prendo in pieno la responsabilità. Biccari 21 marzo 1944 Firmato: Parroco Salvatore Monaco Le condizioni impossibili La caduta del fascismo “impone” repentine svolte democratiche. Il ministro dell’Educazione Nazionale Severi abroga la Carta della Scuola di Bottai. Viene abolito il libro di testo unico, con l’epurazione dei contenuti più caratterizzanti. Nel 1945 il pedagogista Washburne, in Italia con le truppe alleate, propone un programma improntato sulla pedagogia democratica ed antiautoritaria. Nella relazione finale allo «Spettabile Ministero», parlando delle “variazioni” nella scelta dei libri di testo per l’anno scolastico 1945-1946, il nuovo preside del “Lanza” Antonio Regina comunica: «Non (ne) è stata consentita alcuna dal momento attuale del mercato librario e dei trasporti. È stata cura dei docenti rimuovere dai loro programmi quelle parti – o dai libri di testo quelle pagine – non più rispondenti alle condizioni della Patria restituita a libertà». Il preside Regina, nella sua relazione del 1944-19451, comunica al Ministero che le attività didattiche sono state dirette ad un unico scopo: «Seppellire nel cuore e nella mente dei giovani un passato che, dove non è stato vergogna, è stato orgoglio, menzogna, rovina della nostra Patria, pel cui migliore destino sono andati perduti il sangue così generosamente sparso da migliaia di eroi purissimi, e il sacrificio molteplice, duro, quotidiano del nostro popolo». «Tutti, dal Preside agli insegnanti hanno cercato con suprema energia di risollevarne lo sguardo in qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina, di pagine 10 e allegati. 272 Il Regio Liceo Lanza alto, sopra tutto dopo la tremenda delusione patita, dopo le distruzioni immani subite. La scuola non si è limitata a fornire ai giovani il solo sapere. Il sapere fine a se stesso prepara gli spettatori, non gli attori della storia. Ed invece c’è estremo bisogno di rifare la storia italiana. Rinascere o sparire è la nostra alternativa, oggi»2. Quell’anno, al Regio Liceo-ginnasio “Lanza” si iscrissero 616 alunni, 125 in più dell’anno precedente. Nel corso dei mesi, 110 di essi abbandonarono la scuola, tre si trasferirono. A fine anno erano presenti soltanto 503 studenti3. Le attività didattiche si svolsero tra difficoltà logistiche enormi: i bombardamenti aerei, ma soprattutto le varie occupazioni militari4, eventi dei quali «non si può dire se più rovinosi per la Scuola quelli o queste», avevano costretto l’Istituto a lasciare i locali del Palazzo degli Studi ed a traslocare al numero 7 di via De Nittis, in uno stabile destinato ad abitazioni private. La sede era assolutamente inadeguata alle necessità ed alle molteplici funzioni da assolvere. Ospitò quattro scuole: oltre al “Lanza”, vi si alternavano tre scuole medie. I locali a disposizione erano nove stanze soltanto, più tre accessori adibiti a presidenze e segreterie. Due scuole medie erano dirette, “per fortuna”, da un unico preside. Una sistemazione decisamente precaria, che ridusse drasticamente il tempo a disposizione dei docenti per attuare «una didattica efficace». Le poche aule, pur essendo sfruttate al massimo, dalla mattina alla sera, consentirono per le singole classi dei turni estremamente ridotti. Nonostante tutti gli accorgimenti usati nell’articolazione dell’orario, furono soltanto nove le ore di lezione settimanali effettuate. La legge ne prescriveva il triplo. Commenta Regina: «L’impiego delle domeniche per i compiti scritti, per le interrogazioni incalzanti e improrogabili, i ritorni a scuola nei tardi pomeriggi, non hanno potuto alterare questo fatto fondamentale: sono state impartite lezioni per sole nove ore la settimana, laddove l’organico ne prescrive da 27 a 29. Meno del terzo, dunque. Senza parlare del mese e mezzo di vacanze invernali. Ecco perché la relazione finale del preside sarà, per forza di cose, brevissima per non ridursi a una perenne, noiosa deploraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina., p. 3. 3 Ivi, p. 8. 4 Edifici scolastici colpiti dai bombardamenti e occupati dalle truppe alleate: Palazzo degli Studi, corso Roma; Regio Istituto Industriale “Altamura”, via Volta; Edificio scolastico “Parisi”, via Pestalozzi. Edifici colpiti e occupati dagli sfollati: Regio Liceo Scientifico, corso Cairoli. Edifici scolastici colpiti: Regia Scuola Media via Mastrolilli; Plesso scolastico Palazzo Figliolia, via Del Colle; Plesso scolastico via Galiani. Edifici occupati dalle truppe alleate: Regia Scuola Media di piazza de Santis. Edifici occupati dagli sfollati: Edificio scolastico “De Amicis”, piazza Santa Chiara. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117, Documento non datato, risalente probabilmente a fine anno 1943-1944] Le condizioni impossibili 273 zione di condizioni immutabili al nostro volere, e di quel che si sarebbe dovuto fare e non fu fatto»5. Regina lamenta la ristrettezza di quasi tutte le aule del palazzo di via de Nittis, inidonee perché costruite per altra destinazione d’uso. È altresì preoccupato da problemi di sicurezza. Ad esempio, la statica della scalinata «è compromessa dalle oscillazioni impressele da migliaia di giovani succedentisi giornalmente sulle sue rampe, poiché tutto l’edificio è stato costruito in economia e pel traffico di poche persone». La polemica contro il Comune di Foggia è lapidaria, secca, esasperata, quasi sopra le righe, trattandosi di un documento ufficiale: «È mio dovere proclamare – denuncia amaramente Regina – che gli sforzi delle Autorità scolastiche, intesi a salvare la Scuola, sono stati frustrati dagli uomini preposti all’amministrazione della Città». Costoro, mentre si sono preoccupati di garantire condizioni di vita «se non decorose, certo possibili» ad altri uffici ed attività meno importanti, non hanno fatto niente per il Regio Liceo: «Questo Istituto à funzionato in modo impossibile. Quel poco, anzi pochissimo che la Scuola è riuscita ad ottenere, è stato strappato, per così dire, coi denti, e cioè con lotte asprissime». C’è carenza di igiene, anche se dovuta a cause di forza maggiore: nello stabile ci sono soltanto tre bagni, uno per i maschi, uno per le donne, ed uno per gli insegnanti. L’arredamento, comune ai quattro Istituti, consiste in banchi non del tutto idonei e in lavagne soltanto. Le sedie sono assolutamente insufficienti; può accomodarsi soltanto la metà degli alunni, che sono costretti anche a fare i turni. Regina tiene a precisare: «Se si è potuto ottenere una sedia per tutto l’Istituto da un amministratore che, non si può tacere, è padre di una mia alunna, e se tutti gl’insegnanti àn continuato quindi ad impartire lezioni in piedi sino al termine dell’anno (e non tutti son giovani di 25 anni), s’intenderà ove dovessero approdare quegli sforzi delle Autorità scolastiche per assicurare alla Scuola un minimo di vita decente». Il materiale di cancelleria non esiste: «Per uno stampato si è dovuto far ricorso al patrocinio di un partito politico, dopo settimane di vane, stanche umiliazioni». Il materiale didattico e scientifico è andato interamente perduto. In biblioteca ci sono due volumi soltanto, dono del Ministero. Nei laboratori undici apparecchi elettrici modestissimi, acquistati nell’anno in corso col fondo ministeriale di 5.300 lire che la scuola si è affrettata a spendere. Per ricostituire laboratori e biblioteche, il Preside ha chiesto un contributo direttamente agli studenti, cercando di non superare mai la cifra di venticinque qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 5 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina, pp. 1-2. 274 Il Regio Liceo Lanza lire a testa. Non ha costretto nessuno ad elargirla, lasciando all’iniziativa «il carattere d’una sentita spontaneità». Ha raccolto circa ventimila lire6. Un fondo esiguo. L’acquisto degli strumenti occorrenti verrà effettuato quando la somma raccolta sarà più congrua, ed i prezzi più convenienti. Bisognerà provvedere alla custodia del materiale, perché «nessuno, professori ed alunni, pur volendo, se l’è sentita di donare libri preziosi al Liceo: il locale non è sicuro, se addirittura ogni carta d’importanza dev’essere trattenuta nelle case dei singoli capi d’Istituto». Egli si riserva di ricorrere «al mecenatismo illuminato di qualche privato od Ente, per sollevare decisamente i gabinetti a quello stato di efficienza che non faccia andare dispersa larga parte dei frutti che la Scuola, quand’anche classica, s’aspetta dagl’insegnamenti scientifici»7. Alla mancanza dei libri, i docenti hanno supplito recandosi alla locale Biblioteca provinciale. Gli alunni si sono scambiati qualche volume di loro proprietà, sotto il controllo dei professori. Per l’anno in corso, la scuola non ha potuto effettuare abbonamenti ad alcuna rivista, a causa delle «condizioni irregolari» sia della stampa sia del recapito della stessa. Circa la didattica, Regina segnala che i docenti di lettere italiane nei corsi A, B, C e D hanno perseguito, chi più chi meno, a seconda delle personali capacità e del numero di ore a disposizione (nelle sezioni staccate quasi doppio della sede centrale) le seguenti finalità: valutare i singoli generi letterari e le teorie d’arte e gli uomini rappresentativi nel contesto delle condizioni politiche, sociali e morali del tempo e delle manifestazioni coeve d’arte (pittura, scultura, musica). I temi per i compiti scritti sono stati scelti «nel campo delle affermazioni immortali di bellezza e di verità, degli eroismi solatii della nostra gente, delle norme di vita che portarono alla libertà e all’unità del Risorgimento la nostra esistenza nazionale». Il programma, ovviamente, è stato svolto parzialmente, e per summa capita, e «questo va detto» per tutte le discipline. Gli insegnanti di lettere classiche «ànno cercato di portare nello studio degli autori latini buona parte di quella dovizia di riferimenti storici, di quella inserzione dell’opera d’arte nella vita, in tutti i piani della vita romana, osmosi di letteratura e di civiltà, le quali sono legate indissolubilmente a un insegnamento fecondo del latino8. Quanto al greco «se n’è rinfrescato, ove possibile, la conoscenza morfologica, labile di per sé nei giovani, soprattutto se non viene ribadita attraverso appropriati esercizi, anche all’improvviso; ci si è sforzati però di illuminarla nella superiore visione della magnificenza creatrice del genio greco, i cui canoni d’arte e doni di bellezza accrescono tuttora qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina, p. 2. 7 Ivi, p. 3. 8 Ivi, p. 4. Le condizioni impossibili 275 il mondo di valore»9. Il profitto è stato scarso: dal 1940 in poi lo studio delle due lingue classiche nella Scuola Media e nel Ginnasio superiore è stato insufficiente e le conseguenze si fanno sentire. Il programma grammaticale, svolto in maniera rapida o inadeguata, sarà oggetto l’anno venturo di trattazioni sistematiche e serie, anche a scapito dei classici poiché «non vale leggere una pagina d’un autore qualsiasi, quando non si abbia il possesso di tutti i mezzi per penetrarla e farla propria». Il programma di storia è stato svolto, pur in mancanza della necessaria visione d’insieme della materia rimasta sconnessa, con «quella fiamma di italianità almeno che l’importanza di essa ai fini dell’educazione del cittadino impone». Massimo rilievo è stato dato a quel «processo che a traverso tappe di sangue e di grandezza, portò la patria al Risorgimento». Si è dato spazio «a qualche nobile impresa degli Italiani sui campi di battaglia e al timone di stato di tutte le nazioni del mondo, all’opera di statisti, condottieri, e pure navigatori, esploratori, santi, finanzieri, artisti». Positivi i risultati raggiunti. Meno apprezzabili in filosofia: «La resistenza opposta dai giovani all’astrattezza della materia, in una età in cui le forze attive sono il sentimento e la fantasia, la novità assoluta di essa materia, una certa pesantezza, a volte nell’impartirla, non ànno permesso che contribuisse alla formazione dell’intelletto degli allievi nella misura attesa». Il programma di matematica è stato sviluppato nelle sue «parti essenzialissime con migliore frutto». Si è raccomandato l’aderenza stretta delle spiegazioni al testo, che «inchioda le nozioni di una tal disciplina nella mente degli scolari, sopprimendo la confusione e la dettatura degli appunti»10. Meno proficuo è riuscito l’insegnamento della fisica, per mancanza del laboratorio. Altrettanto dicasi per l’insegnamento delle scienze, nonostante la buona cultura del docente dei corsi A e B e la «singolare chiarificazione che a traverso la sua parola ànno acquistato i più astrusi e profondi argomenti»11. Nelle varie classi del Ginnasio superiore, lo svolgimento del programma di materie letterarie è stato “compromesso” dalla riduzione dell’orario: «Non c’è stata perizia od esperienza di docenti valsa a irrobustire gli alunni, nel campo del greco e del latino, pur se la storia e la geografia, e talvolta l’italiano, gli ànno ceduto parte o tutto il tempo loro assegnato». Il “metodo pratico” che deve invece affermarsi nell’insegnamento della lingua inglese e di quella francese, «à reso assai esperte le scolaresche. A fine anno molti alunni sono stati in grado di scambiare “quattro parole” con i militari inglesi e qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 9 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina, p. 8. 10 Ivi, p. 5. 11 Ivi, p. 6. francesi, e taluno d’impiegarsi anche al loro seguito, in qualità d’interprete». L’insegnamento della matematica «non è solo opera di bravura, ma più del procedere calmo e paziente. Solo a tal patto verrà coronato lo sforzo dell’insegnante per impartire, degli alunni per assimilare le nozioni matematiche». In ogni classe si è privilegiato il ricorso agli esercizi e i riferimenti alla realtà. Le lezioni di educazione fisica «sono riuscite poco feconde», per il ridottissimo numero di ore – appena una volta al mese – e per la soppressione di qualsiasi esercitazione pratica, a causa della mancanza di una palestra e di attrezzi ginnici. Un nuovo “ordinamento” è stato instaurato dal preside Regina, in questo suo primo anno di direzione della scuola, per frenare i ritardi e le assenze “abusive”: «Poiché le giustificazioni scritte risultano di regola poco attendibili, non si è permessa la riammissione in classe, senza che il padre, o chi per lui, dell’assente, avesse conferito col Preside. Nell’occasione, si è dimostrato a tutti il grave danno delle assenze non seriamente motivate, danno che incrina profitto e volontà negli studenti». Il Preside ha sorvegliato direttamente l’entrata in classe per individuare gli studenti ritardatari, ha seguito ogni giorno il rientro degli assenti. Per questo non si sono avute assenze ingiustificate e sono risultate limitate quelle giustificate, dovute tutte a impedimenti di salute o ad apprezzabili ragioni familiari. Tutti i genitori degli studenti sono stati invitati a conferire col Preside un mese prima degli scrutini trimestrali, e tutti sono ritornati a firmare la pagella. Nessun limite di orario è stato assegnato per tali comunicazioni: «Di mattino o di pomeriggio, tutte le ore sono state messe a disposizione delle famiglie che devono spesso cogliere quell’unica disponibile fra le tante dedicate alle loro occupazioni giornaliere. I genitori che non dimorano in Foggia sono stati informati direttamente, con appositi moduli, delle assenze e dei richiami e degli scrutini dei figliuoli». A parte gli inevitabili richiami agli alunni e le rare sospensioni di uno o due giorni di lezione, una sola punizione notevole, tre in condotta, è stata inflitta durante l’anno. Le assenze dei docenti, limitate allo stretto bisogno, sono state tutte supplite dal Preside e dai colleghi. Purtroppo, il profitto degli studenti è stato scarso o stentato. Per Regina, le cause superiori, le condizioni belliche e tutto «il complesso delle condizioni nelle quali la nazione si dibatte, hanno contribuito a determinare questa sostanziale mancanza di impegno, ma certo esso sarebbe stato più soddisfacente se la volontà degli alunni non fosse stata così sorda, l’impegno discontinuo, l’abitudine a indulgenze passate così supina»12. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina, pp. 6-7. Il ritorno al Palazzo degli Studi Nell’anno scolastico 1945-1946 si iscrissero al Regio Liceo ginnasio “Lanza” 627 alunni, undici in più dell’anno precedente. Abbandonarono la scuola 76 alunni; undici si trasferirono altrove. A fine anno erano presenti 540 studenti1. Fino al mese di marzo del 1946, il Liceo rimase nello stabile di via De Nittis. «Essendo questi locali delle abitazioni private, le condizioni di funzionamento della scuola – ribadisce il preside Regina, parafrasando le parole forti dell’anno precedente – sono impossibili e indecorose». Per fortuna, ai primi di aprile c’è stato il ritorno, dopo tre anni di assenza, al Palazzo degli Studi. Qui gli effetti della guerra sono tristemente visibili a tutti: l’edificio si presenta senza più vetri, trasformato caoticamente dalle varie occupazioni militari in essa succedutesi, con il corridoio centrale reso buio dalla soppressione di ampie vetrate, dalla muratura di bracci e passaggi. Ma almeno «è una sede spaziosa, pulita, costruita appositamente a scuola. Non c’è rimasta traccia alcuna dell’arredamento bello e ricco d’un tempo, e nemmeno di un pezzo di legno qualsiasi». Si continua a dividere il locale con un’altra scuola. Nonostante ciò, il ritorno al Palazzo degli Studi è salutato come il primo passo verso la ripresa della serietà degli studi: «Il cammino ch’è davanti sarà lungo e scabro – prevede Regina – ma si è ormai sulla buona strada». Non fu possibile “normalizzare” l’orario settimanale delle lezioni, fermo a diciotto ore a causa dei qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1945-1946 del preside Antonio Regina, di 14 pagine. 278 Il Regio Liceo Lanza doppi turni. Tempo decisamente insufficiente alle esigenze dei programmi e a «colmare le mutilazioni portate ad essi, sempre più gravi e allargantisi da un quinquennio». Un Comitato “Pro Scuola”, presieduto dal provveditore agli Studi de Joanna, cercò di fornire agli Istituti scolastici di Foggia l’arredo necessario. I fondi raccolti dotarono il “Lanza” di venti robusti banchi. La smobilitazione dei campi militari alleati, stanziati nella piana del Tavoliere, assicurò un certo numero di piccoli sgabelli in ferro. Essi, pur scomodi e rumorosi, erano sufficienti a far sedere finalmente tutti gli alunni, cosa che negli ultimi anni scolastici non era stato possibile assicurare: «Soltanto poco più d’un terzo degli studenti poteva assistere alle lezioni in posizione ideale. Gli altri erano costretti a stare in piedi». La cementite nera sopperì alla mancanza delle lavagne asportate. Il Comune fornì una sedia per aula agli insegnanti: finalmente pose fine ai «sacrifici indicibili» cui erano stati costretti per tre anni. Ai primi di settembre altri quindici banchi furono inviati dal Provveditorato. I trentacinque banchetti nuovi e una cinquantina di quelli vecchi, poco idonei e messi insieme con espedienti vari, e la disponibilità di altri quaranta banchi, appartenenti alla scuola media che si alternava negli stessi locali, permisero al “Lanza” di superare «la svolta paurosa a cui gli eventi bellici accanitisi su Foggia avevano portato tutta la sua vita». Un’affermazione di Regina dà il senso della precarietà degli uffici amministrativi: «Nemmeno i tavoli di lavoro del preside e del segretario ci appartenevano. Si è penato non poco perché essi ci venissero lasciati stabilmente». I registri, e le pratiche d’ogni specie, che per anni erano stati buttati qua e là, persino per terra, o che, per la necessaria salvaguardia, erano stati portati nelle abitazioni private del Preside e del personale dell’Istituto, furono riposti in due ampi armadi. Ciò fu possibile soltanto grazie a «uno spontaneo simpatico gesto degli studenti della terza classe liceale, che li donarono alla Scuola. Un terzo armadio fu costruito da un bidello del Liceo, con materiale pregiato, di provenienza alleata»2. Per tante altre piccole necessità, al disinteresse o al diniego degli Enti preposti si sostituì l’iniziativa privata. Racconta il Preside: «Così, per dirne una, non reggendo l’animo al sottoscritto che un Istituto di larga importanza non potesse all’occorrenza disporre di una macchina nuova da scrivere, l’à egli acquistata nuova tutta del suo, perché, pur rimanendo di sua esclusiva proprietà, servisse, alleviandogli il peso del lavoro, ai bisogni della Scuola». Il gabinetto di fisica era andato interamente perduto, così quello di scienze, e il laboratorio delle due discipline. La biblioteca dei professori, ricca di oltre seimila volumi, alcuni di gran pregio, non esisteva più. Come non esisteva più quelqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1945-1946 del preside Antonio Regina, pp. 1-2. TERESA MARIA RAUZINO Il ritorno al Palazzo degli Studi 297 la degli alunni. Per «rifondare» gabinetti e biblioteche, Regina continuò a raccogliere fondi, chiedendo un altro piccolo contributo agli studenti: la somma di circa ventimila lire, raccolta nell’anno scolastico precedente, raddoppiò. Si deliberò l’acquisto del “nucleo fondamentale” degli apparecchi per il laboratorio di fisica. Il fondo ministeriale di 8.800 lire fu utilizzato per acquistare un gruppo convertitore per gli esperimenti di elettricità. Ma nel Palazzo degli Studi mancava ancora la necessaria vigilanza. Per questo motivo, gli strumenti scientifici erano custoditi nell’abitazione privata dell’insegnante di fisica, che li portava a scuola quando servivano. I fondi raccolti furono altresì utilizzati «per l’acquisto dell’intero corpo degli scritti di Benedetto Croce, con cui non si potrebbe dar più degno inizio e sostanza alla ricostituzione della biblioteca»3. Alla fine dell’anno 1945-1946, essa contava soltanto quattro volumi, dono del Ministero, oltre ad un’annata delle riviste “La Nuova Antologia” e “Sapere”, donate dalle rispettive case editrici. La chiusa di Antonio Regina fa il punto sugli obiettivi raggiunti: «La scuola, non potendo essere avulsa dalla vita, ha cercato di formare nei giovani il carattere, il senso dell’onore, ne ha affinato la volontà, il coraggio, lo spirito d’iniziativa». Tutti, dal Preside all’ultimo docente dell’Istituto, hanno cercato di perseguire, «con grande forza ed energia», questa finalità, anche se il profitto degli studenti è stato, come l’anno precedente, scarso o stentato4. Un valido aiuto è stato prestato dagli insegnanti. Grazie al loro impegno, sono migliorate le condizioni didattico-disciplinari dell’Istituto, l’amorevole affiatamento fra docenti, e fra docenti e discenti5. Le sezioni staccate “fantasma” Nell’anno scolastico 1943-1944, il Regio Liceo “Lanza” di Foggia ha quattro sezioni staccate: a Monte Sant’Angelo c’è una sezione completa del Liceo-ginnasio con cinque classi; a Manfredonia una seconda liceale con tre classi; a Troia qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1945-1946 del preside Antonio Regina, p. 3. 4 Ivi, p. 6. 5 Salvo i dispensati, tutti gli iscritti hanno pagato le tasse, compresa quella di educazione fisica. Un’attenta revisione della posizione di ciascun alunno, ha portato al recupero di qualche rata non pagata negli anni precedenti. Dalla tassa d’esame risultano dispensati ventisette studenti appartenenti a famiglie numerose, due figli di italiani all’estero, uno d’invalido di guerra, due orfani di guerra. Le istanze di esonero, complete della prescritta documentazione, sono state sottoposte all’approvazione del Collegio dei professori o trasmesse, per il nulla osta, all’Intendenza di finan- 280 Il Regio Liceo Lanza una terza ginnasiale con due classi; a Sannicandro Garganico una quarta ginnasiale con due classi. Il livello qualitativo di queste succursali «lascia alquanto a desiderare». Si salva soltanto la sezione di Monte Sant’Angelo. Regina esprime il proprio parere «sfavorevole per Manfredonia, sfavorevolissimo per San Nicandro e Troia», stigmatizzando «la politica di apertura a tutti i costi, anche in mancanza di docenti idonei». La palese impreparazione di costoro crea nei discenti, inopinatamente loro affidati, dei vuoti culturali inammissibili, attestati dagli esiti “disastrosi” degli esami sia di ammissione che finali: «A me pare – osserva il Preside – che non si debba guardare soltanto agli interessi morali ed economici della gioventù studiosa, ma anche a quelli culturali; e che cioè, quando non si possano assicurare ad essa insegnanti che sappiano il minimo richiesto, non se ne debba permettere la rovina. I risultati colti negli esami di ammissione al Liceo dalle sezioni di Sannicandro e Troia sono apparsi quanto mai deplorevoli; e la consapevolezza degli alunni è stata tale che, dopo le prove d’inaudita larghezza fornite da una Commissione esaminatrice con l’ammettere cinque candidati alla seconda sessione, nessuno di essi si è presentato»6. Regina denuncia la «palese mistificazione» delle Amministrazioni podestarili, interessate ad ottenere l’apertura delle sezioni, a «dichiarare un numero di istanze d’iscrizione superiore a quei pochi alunni che in effetti le frequenteranno, senza parlare delle difficoltà o dell’impossibilità della loro sorveglianza, delle Presidenze affidate a persone del luogo ed inette, dei favoritismi e via di seguito». Nel successivo anno 1944-1945, le sezioni staccate del “Lanza” sono sei7: alle sedi già “funzionanti” si aggiungono Sant’Agata di Puglia, con due classi di quinta ginnasiale, e Bovino con una sesta ginnasiale. Il preside Regina ribadisce il proprio giudizio sulla loro qualità: favorevole soltanto per la sezione di Monte Sant’Angelo; sfavorevole per Manfredonia, sfavorevolissimo per tutte le altre. Tali sezioni staccate operano ai margini della legalità: «Non è possibile che, per alleviare la disoccupazione dei laureati, si debba accrescere il deficit del bilancio statale, consentendo a “paesucoli” che non se lo sarebbero mai sognato l’istituzione di una scuola media superiore, coronata da risultati come quelli dell’esame di ammissione al Liceo tenutosi solo nel capoluogo, i più deplorevoli a concepire». La polemica del Preside “soffia” su quella già accesa l’anno precedente. Regina smorza la sua “reprimenda” soltanto in considerazione delle «supreme esigenze della Patria», che non ammettono polemiche: «Non è ora mio compito insistere. È mio compito far tenere al Suo Ministero la promessa che Preside e qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 6 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina, p. 10. 7 Ivi, relazione a.s 1945-1946 del preside Antonio Regina, p. 11. Il ritorno al Palazzo degli Studi 281 Antonio Regina Professori gli rendono di perfezionare senza posa gli strumenti del loro lavoro, moltiplicare gli sforzi, ed agguerrire gli alunni per le affermazioni alle quali la Patria, stremata oggi di forze ma non di speranze, li chiama»8. L’appello finale è rivolto al Signore: «Dio renda utile tutto il male mandatoci per il bene della nostra Italia, che non abbiamo mai tanto amata come ora!»9. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 8 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1945-1946 del preside Antonio Regina, pp. 13-14. 9 Ivi, pp. 9-10. 282 Il Regio Liceo Lanza IL LICEO DI MONTE SANT’ANGELO Il Liceo-ginnasio di Monte Sant’Angelo fu aperto nel settembre 1943. Sarà il Governo alleato, autorizzando la riapertura delle scuole medie ed elementari della Capitanata, a disporre l’istituzione delle classi IV e V del Regio Ginnasio, nonché dell’intero corso del Regio Liceo Classico come sezione staccata del “Lanza” di Foggia. L’apertura di una scuola di tipo liceale era un’esigenza avvertita da tempo a Monte Sant’Angelo: l’Amministrazione podestarile aveva inoltrato al Ministero varie istanze, senza riscontro. Il 24 aprile 1943 il provveditore agli Studi De Ioanna comunicò al Comune che il Ministero aveva respinto la richiesta di apertura del Liceo scientifico sia perché vigeva il divieto di creare nuovi Istituti dell’Ordine classico, sia perché «l’istanza del podestà di Monte Sant’Angelo era stata redatta e presentata oltre il termine prescritto». Il 17 agosto 1944, il Comitato di Liberazione, sezione di Monte Sant’Angelo, si riunì nel Palazzo di Città sotto la presidenza del professore Raffaele Perna. Dopo ampia discussione sostenne la petizione dei padri di famiglia, rappresentanti tutte le classi sociali cittadine, che avevano chiesto la riapertura, anche per l’anno 1944-45, delle sezioni staccate del Liceo “Lanza” e dell’Istituto Magistrale di Foggia. Il 9 settembre 1944, il Comune prese in carico tutti gli oneri derivanti per legge. Il 19 luglio 1945, il commissario Riso presentò richiesta al Provveditorato affinché la Commissione per gli esami di maturità classica del Liceo “Lanza” si trasferisse a Monte Sant’Angelo. Il Comune si impegnò a mettere a disposizione un’automobile per il viaggio di andata e ritorno e a provvedere affinché tutti i componenti della Commissione trovassero vitto e alloggio decorosi. Il 13 settembre 1945 venne inviata in Provveditorato una richiesta delle famiglie tesa ad ottenere, anche per l’anno scolastico 1945-1946, la permanenza delle due sezioni staccate. Il 23 giugno 1947, il Consiglio comunale deliberò l’apposito stanziamento in bilancio, in via continuativa, di una somma per tutte le spese occorrenti al mantenimento e funzionamento del Liceo-ginnasio, chiedendo l’approvazione della delibera al Ministero degli Interni. Il Liceo classico divenne autonomo il 27 gennaio 1949. Il Ministero inviò al Provveditorato agli Studi di Foggia il seguente telegramma: «Sezione distaccata Montesantangelo con provvedimento ministeriale odierno est trasformato Liceo autonomo governativo». [M. D’ARIENZO, “Cinquant’anni del Liceo G. T. Giordani. Fra storia e cronaca”, in Cinquant’anni del Liceo Classico di Monte Sant’Angelo, Foggia, 2000] Il ritorno al Palazzo degli Studi 283 Alla fine della II guerra mondiale , durante la quale si ha un drastico calo di iscrizioni, la distribuzione numerica tra le diverse categorie è più omogenea. Si registra un’impennata dell’iscrizione di figli di commercianti: gli unici, forse, a beneficiare economicamente del conflitto e a compiere un “salto” di status sociale. Le donne iscritte, nel periodo considerato, sono meno della metà dei maschi. GLI ALUNNI DEL “LANZA” (1936-1945) Durante il periodo bellico, molti alunni del Liceo “Lanza” provengono da famiglie di impiegati pubblici. Vi è una solida rappresentanza di impiegati privati e agricoltori, mentre è trascurabile quella di industriali, operai e possidenti. ANNI 1936-1937 1937-1938 1938-1939 1941-1942 Figli di impiegati pubblici 41% 36% 40% 56% Figli di impiegati privati 15% 17% 16% 3% 17% Figli di professionisti 9% 10% 14% 9% 10% Figli di commercianti 10% 9% 9% 11% 21% Figli di industriali 2% 1% 1% 1% 5% Figli di agricoltori 15% 16% 10% 11% 16% Figli di operai 7% 9% 9% 5% 11% Figli di possidenti 1% 2% 1% 4% 7% Classi 13 16 18 15 29 Alunni 548 600 657 439 675 Maschi 70% 71% 67% 67% 64% Femmine 30% 29% 33% 33% 30% 1944-1945 13% 1945-1946 Gruppo del Liceo di Monte Sant’Angelo (in prima fila, quinto da sinistra, il noto studioso Giovanni Tancredi). [Tratta da Cinquant’anni del Liceo Classico di Monte Sant’Angelo, cit.] Testimonianze Terminata la ricerca e la stesura del libro, sembravano freddi i luoghi, lontani i docenti e gli studenti del Liceo-ginnasio “Lanza” descritti dai Presidi. Il loro punto di vista era parziale, soggettivo. Le scene ricostruite dai documenti erano come avvolte da una patina polverosa e da un senso di lontananza, che le relegavano fuori dai confini della contemporaneità. Mancava tra queste pagine qualcosa di vivo che le animasse: qualche testimonianza di coloro che fra quelle mura vissero, e quelle aule vivificarono con le loro voci, i loro volti, la loro presenza. La scuola non possiede alcun archivio fotografico, ma presidi e docenti, così intenti a far rispettare la disciplina, gli orari, i programmi, avranno pur dato spazio a qualche foto di gruppo... qualche solerte e intraprendente fotografo avrà pur chiesto il permesso per qualche flash alle classi! È stata Maria Teresa Masullo Fuiano, la prima a “passarci” le sue foto relative al Ventennio. Non è stata alunna del “Lanza”, ma conosce alcuni coetanei che hanno frequentato il Liceo-ginnasio e si è impegnata a contattarli. Ci sono così giunte le prime due fotografie “interessanti” dalla professoressa Maria Teresa Trifiletti, che ha frequentato il Liceo negli anni 1936-1943: la prima foto è della sua classe, una prima ginnasiale immortalata in un luogo del “Lanza” che il preside Guerrieri chiamava, usando un frasario rifinito, alla “confluenza dei corridoi”, ovvero lo spazio dove le scolaresche venivano “schierate” in occasione di eventi scolastici di rilievo; la seconda foto è della quarta ginnasiale di Carlo Forcella “ripresa” in biblioteca. Entrambe risalgono all’anno 1936-1937. Di qui la decisione di ricorrere agli archivi privati. Alla ricerca iconografica si è poi aggiunta la raccolta di testimonianze orali. Fondamentale per la scelta di un 286 Il Regio Liceo Lanza campione significativo da sondare per delineare un quadro esaustivo di quegli anni è stato l’aiuto di Silvia e Luigi Marangelli. Oltre a mettere a disposizione l’archivio di famiglia, i Marangelli hanno intervistato alcuni ex alunni e reperito molte fotografie di quegli anni. La ricerca è proseguita con la collaborazione di Lucia Lopriore e Bianca Rita Nobili, Gegè Telesforo e Myriam Benvenuto. Per altri importanti “contatti” è stato determinante l’uso della rete Internet. Si è concretizzato così questo capitolo che raccoglie le testimonianze degli ex alunni: Emilio Benvenuto, Gaetano Matrella, Oreste d’Andrea, Gustavo de Meo, Maria Teresa Trifiletti, Maria Giovanna de Gregorio, Lucia Carelli, Mario Pellegrini, Mario Sarcinelli, Gabriella La Cava, Bianca Maria Granata, Michele Caracciolo, Domenico Di Conza, Renzo Arbore, Antonio Pellegrino e Barbara de Miro d’Ajeta. Ricostruiscono uno spaccato significativo del Liceo-ginnasio dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, stavolta “dal punto di vista degli studenti” aprendo degli squarci interessanti sulla vita del “Lanza” nel secondo dopoguerra, ed illuminando le zone d’ombra del Ventennio. Un tassello del mosaico è stato fornito dalla professoressa Chiara Sepe de Francesco e dal preside Michele Melillo. Contattato pochi mesi prima della sua scomparsa, ci ha segnalato la notizia della visita di Bottai al Lanza, ma ha preferito non parlare dei primi anni passati al Liceo come docente. Ha voluto ricordare soltanto l’amicizia con i colleghi, “rimuovendo” le vicende spiacevoli di quel periodo. Ha però ribadito che l’impianto radiofonico Geloso, postato in tutte le aule, consentiva alla Presidenza non solo di impartire disposizioni attraverso gli altoparlanti, ma anche di ascoltare quanto veniva detto in ciascuna classe. Nelle aule del liceo aleggiava una certa diffidenza, che si rifletteva anche all’esterno. Il preside Pasquale Soccio raccontava, a tale proposito, un episodio che gli capitò nel 1939, al momento di scegliere la cattedra di insegnamento: «Indeciso tra Foggia e Lucera, mi recai per un consiglio dal Preside del Liceo “Lanza” di Foggia, mio amico e compaesano. Mi suggerì di non avere remore e di optare senz’altro per la sua scuola, perché era il liceo più attrezzato e all’avanguardia della provincia: «Vedi questo apparecchio? – mi disse – grazie ad esso riesco a comunicare con le singole aule e ad ascoltare ciò che avviene in ciascuna di esse». «A quel punto, – concludeva Soccio – non ebbi più dubbi: scelsi Lucera!». Oggi questa “leggenda” metropolitana creatasi intorno agli altoparlanti “spia” del Liceo “Lanza” può essere smentita. L’uso dell’impianto, ai fini dichiarati da Soccio, Melillo e da alcuni ex allievi del Liceo, non era tecnicamente possibile. Quel tipo di impianto diffondeva le voci da una postazione centrale (radio o microfono) agli altoparlanti collegati, ma non poteva in alcun modo ricevere dalla postazione principale (presidenza) le voci provenienti dalle aule: sarebbero stati necessari vari microfoni installati per ogni locale, un sistema miscelatore, un Testimonianze 287 amplificatore separato e un posto di ascolto acusticamente isolato. I microfoni dell’epoca non erano in grado di captare suoni decifrabili al di fuori di un angolo di circa 90 gradi, ed entro tale angolo ad una distanza superiore a 60-70 centimetri rispetto all’emittente sonora; inoltre non avevano dimensioni così ridotte da poter essere facilmente occultati. L’invenzione della “cimice” fu successiva. Il Palazzo degli Studi in una cartolina del 1941. [Archivio Barone] 288 Il Regio Liceo Lanza Chiara SEPE DE FRANCESCO Sepe è il cognome di suo marito. Il suo qual è? De Francesco. Tutti i conoscenti mi chiamano Livia, ma il mio primo nome è Chiara. Sappiamo di lei molte cose. Tanti alunni, che abbiamo incontrato, la ricordano con grande amore… Lo so, mi danno sempre dimostrazione di attaccamento. In particolare, Renzo Arbore ci ha raccomandato di portarle i suoi saluti. Grazie. È stato anche lui un mio alunno. Questo è uno studio basato sui documenti d’archivio, sulle relazioni che i Presidi del Regio Liceo Classico a fine anno inviavano al Ministero. Traspare una certa discriminazione... Parlavano di una massiccia presenza femminile nell’insegnamento e dicevano che sì le insegnanti potevano dar di più alla scuola, ma che essendo impegnate con i figli… Per me l’impegno familiare non intaccava affatto quello scolastico. Avevo un figlio invalido, ma una persona “a lui dedicata” lo seguiva sempre. Io ero libera di pensare alla scuola e di impegnarvi tutto il tempo necessario. Suo figlio era una persona solare… Attilio ci sapeva fare, parlava con tutti ed era ricercato da tutti. Venivano qui a chiamarlo, lo portavano con loro, era sempre in compagnia di coetanei, di amici, quindi non sentiva il suo stato, non gli pesava la sua condizione. Io certo non ero felice. Era sempre lui a darmi coraggio: «Mamma non ti rammaricare, io non mi sento inferiore a nessuno. Stai tranquilla, non essere così malinconica». Quando Lei approda al Liceo “Lanza” come docente, si respira un’aria di ossequio al regime fascista limitato alla sola formalità oppure, come afferma il preside Guerrieri, l’adesione è «piena e totalitaria»? Non c’era nessuna adesione assoluta. Personalmente non ho mai preso parte alle manifestazioni fasciste. In quel periodo c’erano delle insegnanti che avevano l’ardire di entrare in classe “con le labbra dipinte di minio”, racconta il preside Marchese. Erano delle coraggiose, viste con occhi moderni... Certo. Anch’io ho messo un po’ di rossetto alle labbra. Solo questo però, né cipria né altre cose... Un ricordo del preside Matteo Luigi Guerrieri. Fu un buon preside. Ebbe comprensione nei miei riguardi. Sapeva che qualche giorno potevo anche non andare a scuola, e non me ne faceva una colpa. Questo fatto però dava un po’ di fastidio agli altri. Io ero sempre in buoni rapporti con i Presidi e molte mie colleghe se ne facevano quasi un cruccio: dicevano che mi proteggevano. Lei recuperava il tempo perso… Prima delle lezioni solitamente ci si fermava sulla porta a chiacchierare. Io non l’ho mai fatto. Non ho mai perduto cinque minuti della mia lezione. E questo gli alunni lo notavano. Ho fatto sempre il mio dovere, e in condizioni non favorevoli. La segretaria Giuliano e la professoressa Palazzo ricoprivano l’incarico di ispettrice e vice ispettrice provinciale della Gil… Testimonianze Non ho un buon ricordo. Nelle relazioni facevano presente che io non partecipavo alle manifestazioni di Regime. Ho subito anche un’ispezione… Non so chi fu a richiederla… forse dei genitori. Ebbero l’ardire di inviare una cattiva relazione sul mio conto al Ministero. Per fortuna l’ispezione andò benissimo, mi fecero i complimenti, e il Preside me lo riferì. Nel panorama di discriminazione verso le donne insegnanti, lei spicca come un’eccezione. È l’unica donna su cui la relazione di Guerrieri è positiva. Una sua conferenza sull’importanza del bosco fu trasmessa dagli altoparlanti del Liceo “Lanza” a tutta la scuola… Non ricordo… Nel periodo della guerra il “Lanza” traslocò in Via De Nittis… Le difficoltà erano enormi poiché il Liceo aveva classi numerose e lo spazio era esiguo. 289 vano tutti delle loro classi, io no. Questo amore per l’insegnamento mi è nato frequentando le scuole medie superiori a Roma. Il professore di chimica era così bravo che molte alunne si innamorarono... della chimica. Anch’io devo la mia scelta a quel docente, da lui ho appreso il gusto di insegnarla. Gli alunni mi dicevano sempre: «Pensavamo che la chimica fosse difficile, tanto difficile, invece non è vero. Con lei è facile…». Io amavo gli alunni bravi. Gli alunni pigri, distaccati dalla scuola, non mi ispiravano molta simpatia. Ma questo non influiva affatto sul giudizio che davo loro. Posso dire di non aver fatto mai un’ingiustizia. Non so se i miei alunni se ne accorgevano… È d’obbligo chiederle un consiglio per vivere sereni nella scuola... Essere sempre giusti con tutti. Emilio BENVENUTO Come ha vissuto i rapporti con gli altri docenti, con le altre docenti… Per me la scuola era sacra. Però fuori non frequentavo nessuno, eccetto qualche collega, per esempio la Rondinone e Melillo. Rapporti comuni, niente di speciale… Nell’anno scolastico 1930-1931, all’età di dodici anni, sono approdato, venendo dal Regio Istituto Magistrale “Poerio” di Foggia, al Regio Liceo-ginnasio “Lanza” della stessa città per frequentarvi la seconda ginnasiale e poi vi ho proseguito gli studi ginnasiali fino all’anno scolastico 1933-1934 e quelli liceali fino al dicembre del 1935, quando, con altri due compagni di classe, mi ritirai dalla seconda liceale per poter partecipare, quale autodidatta nello stesso anno scolastico 1935-1936, agli esami di Stato presso il medesimo Liceo, conseguendo la maturità classica nella sessione autunnale. Com’era il suo “quotidiano” in classe? Ottimo. Con me gli alunni erano sempre alunni modello, e questo devo dirlo per onore della verità. I miei colleghi si lagna- Quando Lei approda al “Lanza”, si respira un’aria di ossequio al regime fascista limitato alla sola formalità oppure l’adesione è piena e totalitaria? Lei andò in Abruzzo nel periodo dello sfollamento. Come visse la presenza dei tedeschi? Non l’ho vissuta bene. Niente di particolare, ma erano troppo pieni di sé, troppo dispotici, troppo padroni della situazione e questo mi pesava… 290 Il Regio Liceo Lanza Senza far ricorso agli anni di ginnasio, attesa la mia età di allora (oggi ne ho ottantasei, di anni) e facendo invece appello ai miei ricordi di liceo, posso dire che nella nostra scuola, a differenza di tutti indistintamente gli altri istituti d’istruzione foggiani, l’allora coattivo ossequio al regime fascista era puramente formale. Ad eccezione degli insegnanti di educazione fisica, tutti provenienti dalle fila degli ufficiali della MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), pochissimi docenti erano animati da ardore fascista. Gli altri si limitavano a essere iscritti al Pnf, perché quella iscrizione era condizione “sine qua non” per poter insegnare in scuole statali. In quanto agli studenti, molti erano militanti di Azione cattolica e quelli erano tempi in cui, anche dopo il Concordato Lateranense, tra Pnf e Ac non correva certo buon sangue. Alcuni, in verità pochi, erano addirittura figli o nipoti di noti antifascisti. Tutti gli altri, ad eccezione di pochissimi figli di gerarchi, erano piuttosto agnostici. In nessun modo può parlarsi di un’adesione piena e totalitaria del corpo docente e della maggioranza degli studenti del Regio Liceo-ginnasio “Lanza” di Foggia al Regime. Si può anzi affermare – senza timore di smentite – che esso fu la fucina in cui fu forgiato il carattere di tutti quei giovani che costituirono poi, insieme ai loro ex docenti, i ceti dirigenti dei partiti antifascisti, detti “dell’arco costituzionale”, che fornirono alla cosiddetta “prima Repubblica” sottosegretari di Stato, deputati all’Assemblea Costituente, senatori e deputati al Parlamento, amministratori provinciali e comunali, alti burocrati e magistrati, notabili e militanti del Partito liberale italiano, del Partito repubblicano, della Democrazia cristiana, del Partito socialdemocratico, del Partito socialista, del Partito comunista. Scorrendo l’elenco dei nomi di tutti costo- ro, vi ritrovo gli ex docenti e studenti del Regio Liceo-ginnasio “Lanza” da me frequentato negli anni scolastici dal 1930-1931 al 1935-1936. Ricorda il preside Modugno? I miei ricordi del preside Modugno sono molto vaghi e imprecisi. Solo sui banchi dell’università, e ancor più negli anni successivi, ho potuto apprezzarne le doti di insigne grecista e di ottimo traduttore dei Dialoghi di Platone. E il preside Marchese? Ebbi occasione di rammentarne la figura, negli anni settanta, in un colloquio a Roma con il figlio Vittorio, direttore generale dell’Istruzione universitaria al Ministero della Pubblica Istruzione. Mi ritornarono in mente i ricordi che ne avevo di un uomo integerrimo, coltissimo, aperto al dialogo con gli studenti, ma nel contempo – e giustamente – severo. Non amava sentirsi dirigente scolastico, come oggi si suol dire. Si sentiva invece, come preside, parte viva del corpo docente, “primus inter pares”, e amava insegnare. Mai mancava di cogliere l’occasione dell’assenza di qualche professore per venire egli in classe a tenerci lezione, a interrogarci per accertarsi del nostro grado di apprendimento, per rispondere alle nostre domande e illuminarci, per ammonirci e indirizzarci sul retto cammino. È stato per tutti noi un vero Maestro, indimenticabile. Poi subentrò Guerrieri... Non l’ho avuto come preside, ma come professore di lettere latine e greche nella prima liceale e debbo riconoscere che in poco tempo ha saputo porre rimedio alle nostre carenze in quelle discipline. Era invece preside quando mi recai da lui per comunicargli la maturità da me conseguita Testimonianze e se ne dimostrò felice. Le sue idee non combaciavano, certo, con quelle di altri docenti e noi ne avevamo sentore, perché questi altri, invero, erano da noi ammirati e per essi nutrivamo simpatia. Ma aveva fermezza di idee, pur se non condivisibili, e per esse sacrificò la sua vita. 291 poco da divenire in seguito deputato all’Assemblea Costituente nei ranghi del Partito socialista, cui s’era affiliato clandestinamente in giovane età. A quali “eventi” la scuola era chiamata a partecipare attivamente? A tutte le manifestazioni indette in occasione di festività nazionali e pubbliche ricorrenze. Quanti erano cattolici praticanti erano in quelle occasioni, allorché coincidevano con domeniche o festività religiose, impediti nell’adempimento dei loro obblighi religiosi e a me personalmente, che ero tra quelli, ciò creava turbamento. Bianca Giuliano, segretaria del “Lanza”, e Maria Palazzo, docente di lettere, ricoprono in quegli anni incarichi di ispettrice provinciale della Gil e vice ispettrice... Ricordo entrambe, inseparabili. Dovettero pagare un duro scotto al crollo del Regime, durante l’occupazione anglo-americana di Foggia e l’adozione di misure sanzionatorie antifasciste. La segreteria della scuola, in particolare, aveva spesso a soffrire dei frequenti esoneri e impegni politici della Giuliano, alle cui carenze suppliva un bidello “factotum” d’antico stampo, tale Tufo. L’Onb, i ludi juveniles e le lezioni di mistica fascista... Sono stato iscritto – era un preciso obbligo di tutti noi studenti, dal quale non potevamo essere esentati – all’Onb, le cui esercitazioni ginniche e/o paramilitari eravamo tenuti a frequentare nel pomeriggio d’ogni sabato e spesso anche di domenica. Ciò fino all’istituzione della Gil, cui non mi iscrissi, perché, approfittando di una clausola dello statuto dei Guf, che consentiva l’iscrizione degli studenti di scuole preuniversitarie (i licei soltanto, allora), mi iscrissi al Guf “Vincenzo Nigri” di Foggia. Non ebbi pertanto modo, né volontà, di partecipare ad attività dei Fasci giovanili e ai ludi juveniles, preferendo del resto affiliarmi alla Fidal e praticare, insieme ad altri amici, con più seri intenti e risultati, l’atletica leggera, oltre che il rugby. Mi si chiede notizia delle lezioni di mistica fascista volute dal Regime. Erano saltuarie e, in quanto alla loro serietà, basti dire che chi le teneva, un ex studente di liceo, allora studente universitario, ci credeva tanto Quali docenti ricorda in particolare? Quanti ricordi: il canonico Testa, il professor Mastelloni, il professor Gervasio e tanti altri. Tra tutti, il professor Gerardo de Caro, che mi divenne poi amico carissimo e confratello, uomo d’alto sentire e di profonda dottrina, e il professor Oronzo Marangelli. (Col cognato di quest’ultimo, poi mio compagno di studi universitari, ero allora legato da amicizia, dovuta anche alla vicinanza delle nostre rispettive abitazioni). Lo ricordo soprattutto per la passione per gli studi storici, ai quali ci suggeriva di approdare. Dalla storia egli sapeva trarre ammaestramento – e impartircelo – per riannodare passati eventi a quelli cui assistevamo nei nostri anni giovanili, per inculcarci l’amore per la libertà, il rimpianto di passati tempi migliori e la speranza di migliori tempi futuri. Lo ammiravamo per la fermezza delle sue idee e per la sua capacità di comunicarcele. Per questo dovette pagare duramente, in quel tempo. Ma del de Caro e del Marangelli ricordo soprattutto che non ci erano soltanto mae- 292 Il Regio Liceo Lanza stri, erano compagni di studi, erano gli amici cui potevamo ricorrere per confidare i nostri problemi, le nostre giovanili incertezze, i nostri dispiaceri, i nostri proponimenti, per ricevere consiglio e aiuto. Come dimenticarli? Ci fu una manifestazione studentesca per la vittoria degli antifascisti a Guadalajara... Fu frutto di un equivoco. Eravamo giovanissimi e ogni occasione era buona per far festa e un po’ di baldoria. La propaganda fascista aveva diffuso la falsa notizia di una vittoria italiana a Guadalajara1 e la radio aveva nascosto che le Brigate Internazionali ci avevano colà impartito invece una sonora sconfitta. Gli studenti del “Lanza” colsero l’occasione per marinare la scuola, organizzando un’entusiastica manifestazione di piazza, cui parteciparono, per desiderio di far baldoria, anche coloro che non erano più studenti liceali, ma universitari, e col loro vecchio Liceo “Lanza” avevano conservato affettuosi legami. La repressione fu immediata e la manifestazione si concluse col nostro trasferimento in Questura e mal ci sarebbe incorso se l’equivoco non fosse stato chiarito al più presto per l’intervento sollecito e autorevole di alcuni fra i nostri genitori: due Magistrati (Mele e Mazza) e due Commissari di Pubblica sicurezza (Tateo e Cammeo). Ha ancora in mente i compagni di classe? qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 Durante la guerra civile spagnola, tra l’8 e il 25 marzo 1937, Guadalajara fu teatro di un’aspra battaglia tra le Brigate internazionali, in cui militavano numerosi antifascisti italiani, e le forze governative. La battaglia si concluse con il successo dei repubblicani e degli antifascisti: rinviò di molti mesi l’ingresso dei nazionalisti in Madrid. Fra tutti i miei compagni di Ginnasio-liceo, più che di classe, ricordo particolarmente, tra gli altri, con immutato affetto, il defunto mio cognato Vincenzo Del Pozzo, funzionario della C.C.I.A.A.; Gaetano De Bellis, direttore dell’Ufficio provinciale del Lavoro; Vincenzo Savino, cui la fortuna non arrise; Manlio Mazza, direttore del Consorzio di Bonifica della Capitanata; Aristide Guerrasio, caduto a Cefalonia; Vittorio Bertola; l’eroico aviatore Vito Petruzzelli; Matteo Sansone, lo “speziale” di Mattinata e insigne cultore di archeologia; i cugini Salcuni, Luigi Treggiari e Aurelio Andretta, valenti avvocati; Guido Caggiano; Gustavo Cammeo. La tarda età mi impedisce di citare altri, non meno cari e non meno meritevoli. Libreria Pilone: chi la frequentava? La Libreria Pilone, il cui titolare era un vecchio militante del Partito popolare, era divenuta, sita come era nel pieno centro cittadino (quasi di fronte al monumento a Vincenzo Lanza, moltissimi anni dopo trasferito per dar posto all’odierno monumento a Umberto Giordano), il luogo di ritrovo e di trattenimento dei professori e insegnanti foggiani. Non mancavano, però, elementi estranei alla scuola: tra essi, Antonio Matrella, ex popolare anch’egli, e Alfredo Scillitani, gerarca fascista sì, ma eternamente dissenziente (il che poi gli valse il proscioglimento, dopo la Liberazione, da parte della Commissione provinciale per il confino, cui era stato proposto, e innanzi alla quale io ebbi a difenderlo quale avvocato). Attirati proprio dalla presenza dei loro docenti, non mancavano di frequentarla anche alcuni studenti, tra i quali ricordo Pascarella, figlio di un noto socialista; Marinaccio, poi insigne medico-chirurgo e docente dell’Università di Bari; Baldacci, poi preside della Testimonianze Facoltà di Magistero della stessa Università, e alcuni altri. V’erano anche, fra i frequentatori, alcuni sacerdoti e religiosi, tra i quali ricordo monsignor Armando Fares, poi arcivescovo di Catanzaro; monsignor Renato Luisi, poi vescovo di Bovino e di Nicastro; i cappuccini padre Angelico da Sarno e padre Costantino da Fragneto, l’abate. Spesso i temi di conversazione sfociavano nella politica e ognuno, pur con molta prudenza, non mancava di esporre le proprie idee. Meno attenti erano, per il loro temperamento, Matrella e Scillitani, quasi sempre in contrasto. Lucia CARELLI Sono stata alunna del Ginnasio “Lanza” negli anni 1935-1940. La scuola allora era nuova, in Piazzale Italia; noi entravamo da via Volta. Il preside era Matteo Luigi Guerrieri; i miei insegnanti: la signorina Palazzo (lettere), la signora Matera Di Lauro (inglese), il professor Quatela (matematica), la signora Sepe (scienze), don Luisi (religione), la signora Specchio (educazione fisica). Qualche ricordo particolare degli insegnanti, qualche evento? Quatela era un po’ nevrastenico, batteva certi pugni sul tavolo! Ci faceva impaurire. Non ricordo altro... Qual era la caratteristica fondamentale dell’insegnamento in quegli anni? Era molto diverso da quello di adesso. In pratica, cosa succedeva in classe? Succedeva che eravamo disciplinatissimi. Al bagno ci accompagnavano i bidelli... Ricordo un bidello temuto da tutti, si chiamava Tufo. Pure i figli sono diventati bi- 293 delli. Erano persone buone di cuore. Al “Lanza” ci fu la visita del ministro Bottai. Che cosa ricorda dei giorni precedenti? Come si fa, quando arriva qualcuno? Si prepara l’atmosfera. Venne in classe? Sì, col Preside, che interrogò i migliori, naturalmente. C’erano ragazzi molto bravi. C’era per esempio Liliana Caracciolo e suo marito, che poi sono diventati insegnanti. Io mi contentavo del sei... non mi sono mai sforzata più di tanto. Qualche ricordo del preside Guerrieri? Era molto severo in Istituto e anche fuori. Se incontrava qualcuna di noi con il fidanzatino, ci rimproverava: «Invece di andare per il corso, perché non state a casa a studiare?». Impartiva gli ordini dall’altoparlante? No. Veniva direttamente in classe. Per interrogare o per dare una comunicazione. Ma gli altoparlanti quando venivano usati? Per qualche lezione particolare… non ricordo con esattezza. E il sabato? Si andava alla Gil in divisa di piccole italiane, più in là di giovani italiane. C’erano anche i balilla e gli avanguardisti. C’era partecipazione attiva? Sì, perché a quell’età ci piaceva il divertimento: non andavamo con lo spirito di fare la gara, andavamo per ritrovarci in allegria, era un’occasione di incontro. C’erano la professoressa Palazzo e la segretaria della scuola, Bianca Giuliano. Vi- 294 [Archivio Carelli] Il Regio Liceo Lanza Testimonianze gilavano su chi si assentava. Allora era una nota di demerito non partecipare alle manifestazioni del Sabato fascista. Anche mio padre fu costretto a fare ginnastica. Ho una sua fotografia con i colleghi, in pantaloncini corti, la maglietta bianca. Lui non voleva prendere la tessera. Diceva: «Che? Siamo italiani e basta. Cosa significa fascista, comunista?». Mio padre non si è mai interessato di politica: non gli piaceva. C’erano docenti che dissentivano? No, allora non si parlava di queste cose in classe. Si faceva lezione e basta. Oggi si parla di politica, i docenti discutono con i giovani, specialmente nelle classi superiori, ma allora no. Forse era proibito. Avete fatto qualche gita scolastica? No, allora non si usava. Ritiene che gli anni passati al ginnasio l’abbiano aiutata a scegliere il suo futuro? 295 Perché dovrei dire di no? Quegli anni mi sono stati utili. Allora si diceva che gli studi classici fossero i più formativi... Lei lasciò il “Lanza” e continuò a studiare musica. Poi è diventata insegnante di pianoforte… Ho insegnato musica nella scuola. Agli esami di abilitazione ho dovuto portare tante materie: storia della musica, direzione del coro, letture al pianoforte all’impronta, vita e opere dei musicisti. Lei ha avuto una mamma, come dire, molto “moderna”… Frequentò ragioneria, poi il magistrale (allora si chiamava Scuola Normale). Ho una foto della sua classe. Risale all’anno 1916, mia madre aveva diciotto anni (era nata nel 1898): è l’unica ragazza, tra diciotto compagni maschi. Lei avrebbe voluto continuare all’università, ma non poté andare a Napoli da sola, avrebbe dovuto accompagnarla sua sorella. Mio nonno non volle. 296 Il Regio Liceo Lanza Gaetano MATRELLA Il Liceo a quel tempo era nella sede della Maddalena. La mia aula era al piano terra. Il primo ginnasio lo frequentai lì, poi passammo al Palazzo degli Studi (avevo undici anni, nel 1935). Durante i tre anni del ginnasio inferiore il preside era Giuseppe Marchese, di San Severo. Ricordo un episodio: in quinta ginnasio sostituì un professore assente, e siccome tutti noi sapevamo che era un “tifoso”, un fanatico di Carducci, uno dei miei compagni, un certo Antonio Nazzaro, gli chiese: «È vero che Carducci era atèo?». Marchese lo cacciò dalla classe. Ma il vero “dittatore” era il vicepreside Matteo Luigi Guerrieri, oriundo di San Marco in Lamis. Impose che quando un alunno si assentava, per essere riammesso doveva essere accompagnato da un genitore. All’ingresso c’era il “pass” e siccome non volevamo far sapere ai nostri genitori che avevamo fatto festa, incominciammo a falsificare le firme. Guerrieri era un buon grecista. Ricordo che quando veniva nella mia classe interrogava sempre un alunno, Alfonso Bonanno, che lui chiamava Michelino: «Michelino, mi sai dire che significa tetragòno?». Faceva domande nozionistiche, ma bisognava saper scrivere bene l’alfabeto greco. Alcuni studenti, arrivati al liceo, non lo conoscevano ancora e lui si adirava. Ha conosciuto il professor Marangelli? Veniva spesso, Marangelli, a supplire nella mia classe i professori assenti. Nonostante fosse di Conversano, conosceva benissimo la storia di Foggia. Tra l’altro aveva scritto degli articoli su un episodio “eversivo” avvenuto a Foggia nel 1647: la rivolta di Sabato Pastore, che voleva riecheggiare la rivoluzione di Masaniello a Napoli. Al Liceo “Lanza” tutti sapevano che Marangelli non condivideva le idee di Guerrieri. Non c’era feeling. Marangelli era prudente, doveva lavorare, non poteva assumere atteggiamenti apertamente antifascisti. Era notorio che lo fosse, anche se scriveva su “Il Popolo Nuovo” che era il giornale di Gaetano Postiglione. Ha partecipato alle esercitazioni del Sabato fascista? Facevo parte della coorte tipo. Non è che fossi molto solerte. L’ultimo anno feci troppe assenze e mi espulsero: ero indegno. Non ho mai assistito alle lezioni di mistica fascista. Io ero uno spirito ribelle, non perché avessi una formazione politica antifascista: mi seccava tutta quella coreografia, quell’apparato, quel vestirmi in divisa con il cinturone. Eravamo in parecchi a seguire le lezioni di arma a tiro e di addestramento al combattimento. La lezione di arma a tiro era tenuta da un colonnello bravissimo, tale Rolando Mele. Noi la geometria la conoscevamo, quindi riuscivamo bene. Ricordo che ad addestrarci veniva anche “un pezzo d’uomo” di San Nicandro Garganico, maggiore dei granatieri. E noi, spiriti ribelli, lo prendevamo in giro. C’era l’ingegner Dario Lombardi, che aveva i gradi di seniore. Dirigente dell’Onb, era funzionario dell’Acquedotto Pugliese. Il maggiore della milizia era de Capraris, ma chi organizzava le manifestazioni erano i due fratelli Mazza. Il senso di queste parate era che si faceva festa a scuola. Gli slogan erano: Nizza, Savoia, Corsica fatal, Nizza, lembo di romanità. Ricordo un titolo dei temi che ci assegnavano: Apparirà sui colli di Roma il Fascio littorio… Era questa l’atmosfera. In un certo qual senso bisognava obbedire, ma non c’era affatto convinzione. Io non sono d’accordo con Renzo De Felice, quando Testimonianze sostiene che allora c’era il consenso. Quale consenso se non esisteva la libertà di parola? È vero che la scuola esercitava una certa influenza, ma restava epidermica, era “pelle pelle”. A casa mia, mio padre era antifascista, queste idee non penetravano. Anche al Liceo “Lanza” l’adesione non fu mai piena e totalitaria: ricordo che un professore, di nome Vincenzo Tangaro, venne cacciato perché era antifascista. Tangaro era un repubblicano storico, un massone. Per vivere fu costretto a dare lezioni private di latino e greco. Abitava all’ultimo piano di un palazzo in via Arpi, dirimpetto alla piazza con le fontanelle. Aveva una bella figlia che si chiamava Delia. Io andavo a ripetizione di latino ed ebbi modo di conoscerla. Ci parli dei ludi. Partecipammo ai ludi juveniles a Firenze: io correvo nella staffetta 4x100. Aldo Ulivieri, mio cugino, divenne campione di salto in lungo, si piazzò secondo a livello nazionale con 6,72 metri. Anche nella pallacanestro e nel rugby ci distinguemmo. La squadra non era formata soltanto dagli studenti del classico, si selezionavano atleti in tutti gli istituti superiori: ricordo, tra i partecipanti, Maurizio Mazza e Stilano, perito industriale al “Saverio Altamura”. Era un campione. C’era anche uno dei fratelli Cicolella, che giocava a rugby. Anche le atlete del settore femminile emergevano nelle gare. Il fascismo ha avuto, forse, solo il merito di valorizzare la pratica dello sport. Lei si iscrisse al Liceo scientifico... Dopo il ginnasio inferiore al “Lanza”, sostenni l’esame integrativo per il primo liceo scientifico. Mi diplomai nel 1941-1942. Ricordo il titolo del libro di filosofia di Lamanna: Il problema della 297 scienza nella storia del pensiero. Il mio professore di chimica si chiamava Carlo Palmeri, era di Messina, molto intelligente e bravo. Ci faceva fare molti esperimenti. Ci aveva spiegato che con la glicerina e l’acido nitrico si formava la nitroglicerina e un giorno che lui si assentò facemmo l’esperimento: la versammo su un tavolo di legno posto nel cortile della scuola, che si ridusse in mille pezzi. Il preside Collarile (era di Benevento) ci fece pagare, all’epoca, dieci lire ciascuno per risarcire il danno. Eravamo ospiti, nel Palazzo degli Studi, dell’Istituto Tecnico “Giannone”. Il mio Liceo, che poi diventerà il “Marconi”, allora era una scuola privata aperta dall’Amministrazione provinciale. Io sostenni l’esame di maturità scientifica, al Liceo “Gaetano Rummo” di Benevento, su tutte le materie, mentre i colleghi studenti del Liceo classico passarono senza esame, in base ai voti degli scrutini. Ricordo che superai sei prove scritte. Non ho mai studiato così tanto… Chi frequentava la Libreria Pilone? Mio padre raccontava che era frequentata dall’avvocato Figliolia, il quale ne era l’anima. Poi c’erano i professori Vivoli e D’Oria. Si disse che Vivoli era stato denunciato perché aveva sottolineato alcune frasi antifasciste sui libri di Benedetto Croce. Ricorda qualche professore? Don Renato Luisi. Fu nominato vescovo di Bovino e Nicastro. Nel 1959 andò missionario in Brasile dove fu colpito da una malattia tropicale. Ritiratosi a Foggia, morì all’Opera Pia “Barone”. Ricorda alunni eccellenti del Lanza? Mario Sarcinelli, che è stato ai vertici di 298 Il Regio Liceo Lanza Bankitalia e presidente della Banca Nazionale del Lavoro. Ricordo anche Vito de Filippis, che divenne primario degli Ospedali Riuniti di Foggia e capo dei primari del reparto endocrinologia del “Mauriziano” di Torino. Ci descrive la foto ricordo della classe? Siamo con la professoressa Michela Quitadamo, originaria di Monte Sant’Angelo, nipote di un grande studioso dell’Università di Napoli, monsignor Quitadamo. Tra gli alunni c’è Caterina Fares, molto brava. Sposò Michele Melillo. Vedo Carletto Raho, figlio del penalista Giovanni Raho. Anche lui avvocato civilista e penalista, e ottimo oratore. Oreste D’ANDREA Mi iscrissi al secondo ginnasio nell’anno scolastico 1936-1937, dopo il trasferimento della mia famiglia a Foggia. Il “Lanza” era già nel nuovo complesso del Palazzo degli Studi. Ho completato il corso ginnasiale e il successivo corso liceale nel 1943, poco prima dei massicci bombardamenti che da giugno all’agosto di quell’anno devastarono la città. Dopo il primo leggero bombardamento del campo di aviazione “Gino Lisa”, nel mese di maggio le scuole erano state chiuse. Non vi furono esami di licenza liceale e il diploma lo ottenemmo con scrutini interni. Ho vissuto il periodo da studente in maniera spensierata e felice, come tutti i ragazzi, almeno fino al 1942, anno in cui gli eventi bellici cominciarono a precipitare. La tensione salì fino all’epilogo tragico del 1943. Poi l’Università di Bari, la frequenza a dir poco rocambolesca per la precarietà o la mancanza di mezzi di trasporto. Non ricordo di indottrinamenti di mistica fascista. Le cognizioni sulle origini e sui principi di quel sistema politico ci venivano inculcati attraverso i libri scolastici, le manifestazioni ginnico-sportive, la partecipazione alle settimanali adunanze, dove si esaltavano la grandezza e la gloria del nostro popolo. Tutto organizzato dal governo, ma avallato e comunque garantito dalla monarchia. Più che alle manifestazioni scolastiche, noi ragazzi di allora eravamo chiamati a partecipare, come balilla prima e come avanguardisti poi, alle adunate del Sabato fascista, a marce ed attività ginnicosportive. Nell’ultimo periodo ci insegnavano caratteristiche e funzionamento del moschetto, del quale, senza aver sparato mai un sol colpo, conoscevamo bene i vari componenti: calcio-canna e otturatore. Del preside Marchese non ho un ricordo preciso, mentre del preside Guerrieri, che noi alunni chiamavamo con simpatia e familiarità soltanto Matteo Luigi, ho un ricordo chiaro e indimenticabile. La sua figura era burbera solo superficialmente. Fui addolorato per la sua tragica fine: mitragliato da aerei americani dinanzi al pronao della Villa Comunale durante il tragico bombardamento del 22 luglio 1943. Il professor Marangelli è stato il mio professore di lettere al Ginnasio superiore. Di lui non solo ho il ricordo fisico, per quel particolare viso scavato e lo sguardo penetrante, intelligente ma sornione. Ricordo anche un suo particolare metodo adottato per le interrogazioni: aveva nel tiretto una sacchetta di stoffa con dentro dei rotolini numerati, come quelli della tombola; la agitava con la mano destra ed estraeva poi un numerino, al quale era stato abbinato in precedenza il nome di un alunno. Era un momento di suspance per tutta la classe. Ma a distanza di tanto tempo, devo pensare che il professore Marangelli bleffasse, perché non a caso veniva puntualmente estrat- 1936-1937. La professoressa Quitadamo con i 38 alunni della II B . [Archivio Matrella] Prima fila, seduti a terra: Ciuffreda, Di Sibio, Maggi, Tonino De Vito, Sardone, Ermanno Lucianetti. Seconda fila, seduti sulle sedie: de Chiara, Palmisano (della Sartoria), Caterina Fares, X Y, professoressa Michela Quitadamo, Di Candia, Ciuffreda, Dora Gatta (soprano leggero che ha interpretato Mozart alla Scala di Milano). Terza fila, da sinistra: Aldo Cané, Carletto Raho, Di Falco, Trucci, Foglio, Nicola Martella, Di Tommaso, Malice, Michele Vaccaro (giudice), Giampietro, Scopece. Quarta fila, da sinistra: Mele, Franco Fischetti, Ricco, Diego Della Valle, Luigi Russo, Fulvio Rollo, Evangelisti, Gaetano Russo, Di Sibio, Gaetano Matrella. 300 Il Regio Liceo Lanza to proprio il nominativo dell’alunno che egli voleva interrogare. Comunque tutti eravamo costretti ad essere sempre preparati. Il ricordo si ammanta di dolcezza, ricordando che in quel periodo, certamente su sua segnalazione, mi venne conferito un diploma al merito scolastico che gelosamente conservo. Ricordo con molta simpatia e riconoscenza tanti altri miei professori: la professoressa Ciaccia, di storia e filosofia; la professoressa Sepe, di scienze; il professor Tancrida ed anche Don Renato Luisi, insegnante di religione, di cultura veramente superiore. Pur se mentalmente li ho presenti, mi sfuggono altri nomi. Di compagni di scuola ne ricordo tanti: Sergio Di Cosmo, Osvaldo Sebastiani, Mario Tagliaferri, Vito Franchini, Mario Mottola, Mario Martino, Nando Fragasso, Enrico Trifiletti, Vittorio Mucelli, Peppe Di Gaetano e ancora Paolo Pedarra di Cerignola. In classe, sulla parete alle spalle della cattedra, si trovava un altoparlante utilizzato per comunicazioni di carattere generale da parte della Presidenza. Ricordo che su uno di questi mettemmo un piccolo barattolo, oggetto di lanci di palline di carta con mollette tese tra l’indice e il pollice. Scherzi di giovanile esuberanza. Ricordo anche una visita guidata, con il preside Guerrieri, ad un orticello situato in prossimità dell’attuale incrocio tra Corso del Mezzogiorno e Viale Ofanto, dov’è ora la sede dell’Enel. In quel tempo oltre al Palazzo degli Studi in direzione di Bari non vi erano costruzioni, ma soltanto terreni agricoli e orticelli. Quivi trovammo un contadino intento ad arare il terreno con un mulo che chiamava Peppino. Il particolare che ci colpì e che provocò risate, sia pure trattenute, fu l’insistente domanda del Preside «Ma perché Peppino?» tesa a sapere perché il contadino chiamasse l’asino con quel nome. Eppure il perché era facilmente visibile ed evidente!!! Gustavo DE MEO Del Liceo “Lanza” sono passate generazioni di giovani di Foggia e provincia. Per anni, anche durante il fascismo, è stato un punto di riferimento culturale abbastanza autonomo dall’ambiente dell’epoca. Al Liceo mi sembra di essere arrivato nel 1936, proveniente dal Ginnasio di Macerata. La mia classe era costituita da una ventina di studenti, di cui sette ragazze. Il primo anno il preside era il professor Marchese, uno degli ultimi “discepoli” di Giosué Carducci. Nel secondo anno diventò preside il professor Matteo Luigi Guerrieri, deceduto durante i bombardamenti aerei di Foggia. Nello svolgimento dei ludi iuvenili il “Lanza” ha ottenuto sempre ottimi risultati, con parecchi vincitori nelle gare dei diversi settori. Ad un’edizione partecipai anch’io e, con una novella, vinsi il primo premio. Il mio esame di maturità è stato l’ultimo con la commissione esterna, perché poi, dopo la dichiarazione di guerra, le commissioni furono interne. Ricordo i professori Mastelloni, de Caro, Quatela e De Virgiliis, e la professoressa Sepe. Il professor de Caro fu deputato al Parlamento per due legislature. Anche io dopo la guerra sono stato eletto deputato dal 1948 al 1976. Diversi miei compagni di scuola hanno avuto grandi soddisfazioni nella vita sia come professionisti sia come pubblici amministratori. Maria Teresa TRIFILETTI Ho frequentato il “Lanza” dalla prima ginnasiale al terzo Liceo dal 1936-1937 al 1942-1943, “saltando” la seconda liceo. Una sorta di “sport” frequente tra noi ragazzi. Mi sono laureata in Storia e filosofia Testimonianze alla Cattolica di Milano: non fu come la sognavo... Non ho insegnato nelle scuole statali ma alla “Montessori”, che introdussi a Foggia nel 1966-1967. Oggi a Foggia ci sono due nidi “Montessori”, diciassette sezioni di scuola materna, una di scuola elementare, dieci-dodici di scuola media. La prima sede fu il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese: oggi le scuole sono statali, i nidi sono uno all’Acquedotto, presso lo “Scillitani”, ed un altro in via del Mare, presso il Circolo didattico “Manzoni”. Insieme a Maria Giovanna de Gregorio e Lidia Pepe, ho iniziato a scrivere la storia di questa esperienza che ormai ha compiuto trentotto anni. Ci può descrivere il clima del Liceo di quegli anni? Ho ancora dei ricordi vivi. Appena entrata in prima ginnasiale, ebbi la netta sensazione di essere entrata in una scuola seria, 301 importante. Ma era anche una scuola amena, simpatica. L’insegnante Giannina Marchione instaurò con noi un clima di grande amicizia. Noi studenti ce ne accorgemmo dopo, quando andò via. Aveva chiesto di insegnare in Africa, per motivi personali... Ricorda il preside Giuseppe Marchese? Fu il mio preside nel 1936-1937. Ricordo soltanto che aveva una bella chioma grigia. Era alto, un bell’uomo. E qualche professore? Ricordo il professor Iorio. Era un po’ noioso, monotono nella voce. Aveva un intercalare terribile, perché ripeteva sempre due o tre volte la stessa parola. E questo sempre, su tutte le cose, talvolta era affliggente. Mi interpellava con un triplice: «Trifilé, Trifiléé, Trifilééé!». Però era bravo nelle sue discipline: quello che ancora ricordo di la- Una terza liceo alla Villa Comunale. Da sinistra: Gustavo De Meo (1°); Iannibelli (5°); da destra: Aurelio Andretta (3°), Giuseppe Marciello (accovacciato). [Archivio de Meo] 302 Il Regio Liceo Lanza tino e greco lo devo a Iorio. Ricordo anche la professoressa Onorato, in quarta e quinta ginnasio. Brava. L’insegnante di Francese fu dapprima Aragona, poi ebbi la Molinari. Per la matematica c’era come docente la signorina Rondinone, preparatissima, meticolosa, pignola. Era la classica insegnante di matematica! Mi fece studiare tutto il programma daccapo perché io le dissi che volevo la media dell’otto: dovevo andare all’Università Cattolica. Lei osservò: «Ah, tu vorresti l’otto e queste regole non le sai?». Dovetti confessare che non le avevo mai studiate. E lei perentoria: «Sognatelo, l’otto!» Fu irremovibile, anche se eravamo amici di famiglia. Ed io dovetti riprendere a studiare la matematica dal programma del ginnasio. C’era un controllo stretto del preside sui docenti e sugli studenti? Certo. Ricordo che Guerrieri venne a fare un’ispezione in classe alla professoressa Molinari. Ricordo anche un episodio al Ginnasio, quand’ero più piccola. Stavo abbandonando la fila per ritornare indietro, perché avevo lasciato i guanti in classe, quando mi sentii apostrofare dal Preside: «Dove va?». Risposi: «Io ho rimasto i guanti in classe». Non l’avessi mai detto! Non mi perdonò il costrutto dialettale: «Come si dice?». Per dire, il Preside ci “perseguitava” in tutti i modi. Un giorno fece lavare la faccia a una compagna. Soltanto perché aveva un po’ di rossetto... Cosa ricorda delle attività di scuola lavoro? C’erano degli insegnanti specializzati. Noi ragazze confezionavamo le calze di lana e i guanti per i soldati. Io ho imparato a fare la calza allora. In tempo di guerra, mancava la lana e il cotone per confezionarle. Ricordo che nei le- gacci dei paracaduti americani c’erano dei cordoni di seta: aprendoli, venivano fuori i fili. Confezionai a mano dei calzettoni bianchi traforati: a Foggia non si trovavano più in commercio. Partecipavate al Sabato fascista? Moltissimo. Intanto eravamo obbligate a metterci la divisa. Cantavamo spesso, con la signora Consagro: Sole che sorgi libero e giocondo/ sul colle nostro i cavalli d’oro/ tu non vedrai nessuna cosa al mondo/ maggior di Roma. E poi Giovinezza, primavera di bellezza e Tunisi. Andavamo al convento di Santa Chiara vicino alla cattedrale, dove adesso c’è la scuola elementare. Ci riunivamo in quel cortile. Cosa ricorda dei Littoriali di cultura? Li chiamavano ludi juveniles. In un tema, non ricordo più testualmente cosa possa aver scritto, fu censurata una mia frase: avevo scritto qualcosa che riguardava una difesa della Chiesa. Una difesa “tranquilla”, io facevo solo il primo liceo. La Giuliano, la Palazzo sapevano tutto. Fui portata, come in tribunale, al cospetto del Federale La classe prima B ginnasiale 1936-1937 con la professoressa Giannina Marchione.Prima fila (in primo piano da sinistra): 1 non identificato, 2 Bisceglie, 3 non identificato, 4 Arpaia, 5 Cusmai, 5 d’Antuono, 6 Casiero, 7 Imperiale, 8 Cappetta, 9 non identificato; 10 Sagarriga, 11 Tramone. 3 studenti fuori fila: 1 Canè, 2 Bortone, 3 Miccolis. Seconda fila (affianco all’insegnante da sinistra): 1 Mele, 2 Fischetti, 3 Bassi, 4 Ippolito, 5 Caracciolo, 6 Spadaccino, 7 Trifiletti, professoressa Giannina Marchione, 8 Franchi, 9 Rolfi, 10 Paciello, 11 Scala, 12 Di Biase. Due più indietro: non identificati. [Archivio Trifiletti] Testimonianze Classe IV ginnasio del 1937. [Archivio Forcella] 305 306 Il Regio Liceo Lanza dell’epoca. Bell’impresa! La paura, lo spavento... Mi accompagnò don Mario Aquilino. Guardo questo episodio con gli occhi di oggi, ma credo che fossero scandalizzati di perseguitare una ragazza. Ricordo che Don Mario si nascose dietro una tenda, lì in prefettura. Il Federale cercò di aggirarmi, era tranquillo, non voleva spaventarmi. Sapeva che c’era don Mario, un prete un po’ particolare, battagliero. Fece così la difesa della Chiesa, del fascismo... Io lo ascoltavo. Lo guardai un momento, sulla giacca aveva appuntata una spilla: Dio stramaledica gli inglesi! Erano delle spille con degli slogan che allora si usavano, ma io osservai dispiaciuta: «Quella spilla, ma come si fa a metterla?». Dopo di che il Federale disse: «Basta, è inutile che continuiamo!». E mi rimandò a scuola. Come apparivano a voi ragazze la professoressa Palazzo e la segretaria Giuliano? Oltremisura severe, molto prese del loro ruolo di ispettrici e fiduciarie provinciali della Gil. Saprebbe inquadrare la figura del preside Guerrieri? Si potrebbe dire tutto il male possibile, ma non sarebbe onesto, nel senso che era estremamente “ligio” a quello che considerava un suo stretto dovere istituzionale. L’episodio più significativo riguardante Guerrieri risale alla fine dell’ultimo anno. Io presi la licenza liceale nel 1943. Non ci furono esami quell’anno, e noi ragazze pensammo di andare a salutare il Preside. Gli offrimmo delle rose gialle... Eravamo molto timide, un rapporto di timidezza assoluta: metteva tutti in soggezione. E il Preside cosa notò? Che mancavano gli studenti bocciati. Iniziò una reprimenda contro i professori: qualcuno aveva violato “il segreto dello scrutinio”! Noi ci restammo male. Voleva- mo farci piccole piccole e… sparire. Questa mentalità persecutoria era forse insita nei Presidi di quel periodo. Credo che Guerrieri agisse così per il desiderio che tutto funzionasse perfettamente, voleva che la scuola fosse seria. I professori lo vedevano come un preside-ispettore, che non dava confidenza a nessuno. Controllava anche l’insegnante di francese. Era una signora francese, la Molinari, proprio brava, bravissima, invece lui, un giorno entrò... con quell’entrare… e le fece un’ispezione memorabile, davanti alla classe allibita. Aveva “istituito” anche degli altoparlanti nelle classi, però non si sapeva che lui ascoltasse tutto ciò che avveniva nelle classi. Noi credevamo che servissero solo per diffondere i comunicati, invece no. Quando capitò qualcosa di grave fra il Preside e il professor Melillo, i suoi alunni ci raccontarono che questi aveva un continuo atteggiamento di rivolta, lanciava la Divina Commedia in alto, dialogando con l’altoparlante: «Il professor Melillo non ha bisogno di leggere sul libro, perché il professor Melillo la Divina Commedia la sa a memoria!». E lanciava il libro contro l’altoparlante. Non sopportava di sentirsi controllato. Non ricorda altro del Liceo? Il capo dei bidelli Tufo. Era un’istituzione, al “Lanza”. Una bella figura, sempre presente, stabile, un punto fermo, smussava tutti i nervosismi. Ricordo che aveva un occhio strabico. Era buono. Quando la campanella per qualsivoglia motivo non suonava, lui bussava alle porte delle classi, gridando: « Finis! Finis!». Come avete vissuto il periodo di guerra? Prima del bombardamento di Foggia del mese di maggio 1943, non avemmo mai la sensazione che la città potesse diventare un obiettivo militare. Del primo attacco aereo, Testimonianze ho questo ricordo: aiutavo la mamma a spolverare la camera da letto e tutto a un tratto, non so se suonò la sirena, sentii un rimbombo. Poi degli spari, dei colpi. Era la contraerea. Il 22 luglio 1943 eravamo nel rifugio sotto casa, quando si sentì gridare: «Hanno mitragliato in Villa!» Dopo arrivò la notizia: «Il Preside è morto in Villa». Guerrieri morì sotto i Propilei della Villa Comunale, lo ricorda ne La città spezzata il figlio Antonio. Va citato anche lui. La sua morte ha lasciato in tutti noi tanta tristezza... Maria Giovanna DE GREGORIO Maria Giovanna de Gregorio Schirone si iscrisse al corso A, in seconda ginnasio, dal novembre del 1938. Proveniva dalla prima ginnasio del “Tondi” di San Severo. Maturatasi nel 1945, ci racconta cosa avvenne dal 1943 al 1945, colmando un gap importante per il nostro sondaggio sul “clima” della scuola nella precaria sede di Via de Nittis e, soprattutto, sul mutato clima politico dopo la caduta del fascismo. La de Gregorio si è poi laureata in Lettere classiche, ha insegnato alla Scuola media “Bovio” e al Liceo scientifico “Marconi”. Oggi dedica tutto il suo tempo libero alla “Montessori”. Cosa ricorda del Liceo “Lanza”? Spesso ci riunivano “alla confluenza dei corridoi”. L’aula magna è sempre stata in perenne restauro, non è stata mai agibile. Allora dentro c’erano gli spogliatoi, gli attaccapanni. C’era una specie di enorme ballatoio, un atrio, non aveva neppure il pavimento: era lì che ci fermavamo prima di entrare in classe al suono della campanella. In fila. Inquadrati. Zitti. Divenuti un po’ più grandi sostavamo giù 307 nell’atrio, chiacchieravamo. C’era anche un’entrata dall’altro lato, che dava direttamente nel corridoio. Le aule erano scarne: la foto del re, di Mussolini, il crocifisso, qualche carta geografica e niente più. Ricorda qualche professore di allora? Ricordo il professor Quatela: era bravissimo, direi geniale. Un po’ nervoso. Era sprecato al ginnasio inferiore: le sue spiegazioni erano sempre “sublimi”, ma difficili da seguire da parte di ragazzini come noi. Quale manifestazione scolastica le è rimasta impressa? Durante il Sabato fascista si levavano grandi canti. La mia classe andava alla palestra Parisi, in via Matteotti. Il 24 maggio c’era il saggio ginnico. Ogni anno un’alacre preparazione: il Sabato fascista serviva anche a questo. Non era una giornata di vacanza, come comunemente si crede: la mattina andavamo a scuola, nel primo pomeriggio eravamo tutte in divisa di piccole italiane, di giovani italiane, con delle mantelle nere come sparvieri. I maschi portavano dei pantaloni alla zuava, bruttissimi. I balilla avevano il moschetto piccolo, gli avanguardisti dovevano fare le marce. Alle sfilate presiedevano la Palazzo e la Giuliano. Le vedevamo sempre in divisa, tutte bardate. Alle esercitazioni del Sabato c’erano “donne fasciste” che organizzavano i saggi ginnici. Anche l’ora di educazione fisica a scuola era impegnata per preparare l’evento. Poi bisognava fare le prove tutte insieme, perché non era impegnata soltanto una classe, lo erano tutte. Era una cosa piuttosto pesante, noiosa, perché non tutte avevamo la passione per il cosiddetto sport. A pensarci, facevamo cose oggi impensabili. Eravate insieme ai maschi? 308 Il Regio Liceo Lanza No, i gruppi maschili erano sempre rigorosamente separati da quelli femminili. A scuola invece per i cinque anni del Ginnasio fui in una classe mista, ed anche al Liceo. Dovevamo produrre tutto quello che ci serviva. Questo ci dicevano, per cui i ragazzi dovevano coltivare patate e verdure varie anche nei giardini pubblici della città. Ci parli di una lezione di mistica. Del Primo Libro del Fascista ricordo la prima domanda: “Che cos’è il Fascismo”? Ricordo i compiti assegnati alle gare dei Littoriali. In particolare una traccia: “Ho visto il Duce”! Punto esclamativo. Col senno di poi, mi chiedo: cosa avrò mai scritto? Un anno fummo scelte in tre: io per il Ginnasio inferiore, Maria Teresa Trifiletti per il Ginnasio superiore e Giovanna Scillitani per il Liceo. Tutte e tre seguimmo le lezioni di mistica fascista, per la successiva selezione, ma io a Roma non ci sono mai arrivata. Non ricordo chi fosse il professore che l’insegnava. Ricordo soltanto che le lezioni erano un assoluto vuoto di parole, di retorica. Guerrieri ci teneva molto ai littoriali. Proprio quella volta di “Ho visto il Duce”! era preoccupato, perché non mi aveva visto arrivare. A un certo punto, entrò in classe e mi puntò col dito: «Ah, ci sei!...». Cosa ricorda dei giorni bellici? All’una precisa c’era il giornale radio, poi il bollettino di guerra. Guerrieri, dall’altoparlante, ci annunciava che bisognava ascoltare “il comunicato”. Ma non seduti. Bisognava ascoltare “religiosamente in piedi”. Per tutto ciò che riteneva importante, il Preside interrompeva in qualsiasi momento le lezioni: e noi dovevamo ascoltare, sempre “religiosamente in piedi”, il Duce che parlava e i bollettini di guerra sempre più frequenti. Naturalmente noi avevamo sempre vinto le battaglie, le perdite non c’erano, eravamo coraggiosi, forti, gloriosi... Non avemmo mai la benché minima sensazione che l’Italia potesse perdere la guerra... Partecipaste tutti alla raccolta dei metalli? Sì, portando a scuola i rami, ossia i tegami che si tenevano appesi al muro delle cucine. «Bisognava depositarli – ordinava Guerrieri – nel punto di raccolta, alla confluenza dei corridoi». Gli studenti coltivavano l’orto di guerra?. Già, i famosi “orti di guerra”. Rientravano nel programma autarchico. Perfino le aiuole della Villa comunale divennero orti. L’Italia aveva conquistato l’Etiopia, ed era stata condannata dalla Società delle Nazioni. Avevamo avuto l’embargo, le sanzioni. Come veniva presentato il Duce nei libri di testo? Era “l’uomo della Provvidenza”. Quello che può tutto. Bravo in tutto: per la vittoriosa “Battaglia del grano”, per la conquista dell’impero d’Etiopia. Vincente in tutte queste imprese. Era il Duce. Le puntatine di retorica fascista bene o male venivano fuori anche dalle antologie. I brani erano scelti in modo tale che del fascismo si avesse un’idea buona. E noi credevamo che fosse così. Non è che poi avessimo grandi capacità critiche. Eravamo ancora ragazzini... Ricorda l’estate del 1943? Da casa mia vedevamo in lontananza l’aeroporto “Gino Lisa”. Di là sparava la contraerea. Ricordo che gridai a mio fratello, affacciato a guardare lo “spettacolo”: «Che Testimonianze fai sul balcone?». Lo tirai dentro appena in tempo. Si ricorda la sede in via de Nittis? Nell’anno scolastico 1943-1944 frequentavo il secondo liceo. Ci spostammo dal Palazzo degli Studi, che era stato occupato dagli inglesi, in via De Nittis. Era un palazzo sito in una traversa di corso Cairoli. La scuola cominciò a gennaio: andavamo un giorno sì, un giorno no, perché le aule erano poche. Per quelli che, come me, hanno avuto la sfortuna di frequentare gli anni del liceo durante la guerra, mancò il tempo materiale per assimilare i programmi. Per storia e filosofia, a un certo punto, avemmo come docente Gerardo de Caro. Bravo, idealista, fine, molto garbato. Un ottimo professore. Ma cosa poteva insegnare a dei ragazzi che andavano a scuola un giorno sì e un giorno no? È stato un corso disastrato, il mio, tranne il ginnasio e il primo liceo. Per l’italiano c’era il professor Melillo, per la storia e filosofia la Fierro. Melillo, che poi è diventato preside, era un po’ lunatico, ma conosceva bene la materia. Nelle ultime due classi di liceo eravamo in pochi: un gruppetto di ragazze ed uno di ragazzi. Ad un certo punto, venne da noi Vivoli, insegnava storia dell’arte. Lui, piccolino di statura, bistrattava i maschi. Fra i miei compagni c’erano dei ragazzoni alti, belli: ricordo Siani, Grimaldi. Era evidente che il professore doveva dimostrare che quelli erano belli, ma stupidi. Li punzecchiava con domande difficili, fino a quando i poveretti cadevano… Ma Vivoli era preparato? Si, a modo suo. Lei frequentò durante la presidenza di Regina. Come se lo ricorda? Era sempre molto cupo. L’aspetto fisico 309 forse lo condizionava. Era una persona colta, con personalità multiforme, ma non la metteva in luce. Era medico e poi si era laureato in lettere; suonava anche il violino. Abbiamo scoperto tutte queste sue qualità dopo, fuori dall’ambiente scolastico... Come si comportarono i docenti quando il fascismo declinò? I professori si defilarono proprio. Insegnavano la loro materia e basta. Io mi sono maturata nel 1945; il referendum, le elezioni sono venuti dopo. Vi era un’atmosfera di transizione, non si sapeva bene cosa sarebbe accaduto. Comunque loro non parlavano, non si pronunciavano. Non si parlò più né di fascismo, né di Fasci, né di Mussolini. Le notizie che arrivavano erano piuttosto frammentarie. Non è che arrivassero i giornali regolarmente, bisognava captare le notizie. E non tutti avevano la radio. Molti ce l’avevano prima, ma una volta sfollati, la radio sparì. È stato un periodo davvero buio… Gabriella LA CAVA Ho frequentato il “Lanza” in seconda liceo. C’era lo sfollamento, mio padre era ufficiale al distretto di San Severo, aveva avuto il trasferimento a Foggia... e io mi iscrissi qui. Mancavano i banchi e tutte le suppellettili, dovevo mettere tutto a terra: ero sconcertata perché a San Severo era tutto a posto. Avevo lasciato ottimi professori, tra cui Nino Casilio2 che mi insegnava greco. A Foggia non conoscevo nessuno. I miei docenti furono la signora Lamedica (latino e greco), Sepe (scienze), Vivoli (italiano), qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 Nino Casilio si diplomò al Liceo “Lanza”. Liceo “Lanza”, 1952-1953. Classe III B. [Archivio La Cava] Testimonianze Potenza (matematica), la signorina Cucci (storia dell’arte) e de Miro d’Ajeta (filosofia e storia). Tra tutti questi insegnanti era la professoressa Sepe quella che brillava di più... L’ho avuta sempre nel cuore e ne parlo spesso, rimembrando i tempi passati. Io la chiamavo l’insegnante triste: non sorrideva mai, però era di una disponibilità... di una vicinanza unica. Perché eravate così “buoni” con la Sepe? La sua lezione era sempre interessante. E gli alunni quando sono interessati sono sempre buoni, anche se sono discoli di natura. La professoressa Sepe aggiungeva tante notizie alla lezione che spiegava. Talvolta queste integrazioni potevano sfuggire... Una volta cominciò ad interrogare tutta la classe. Ricordo che la domanda era sui monsoni, i famosi venti. Chiama l’uno, chiama l’altro… nessuno ricordava l’argomento. Chiamò me: io mi alzai e le dissi tutto. Lei si adirò: «Finalmente, lo potevi dire anche prima!». Ma era contenta che tutto quello che spiegava fosse ricordato. Ricordo un altro episodio: per la preparazione agli esami di maturità, la professoressa ci dava appuntamento qui ai giardini, alle tre del pomeriggio. Io abitavo al Distretto, dovevo venirci a piedi perché le circolari non c’erano, a quel tempo. Venivamo qui, ci sedevamo sulle panchine e lei, in mezzo a noi, ci interrogava... una cosa splendida. Il ricordo è bellissimo, perciò ho voluto dirglielo personalmente. Con tutto il cuore. Mario PELLEGRINI Mi diplomai nel 1952, quindi ho iniziato il ginnasio nel 1947-1948. La prima media l’ho frequentata nel 1944 presso la “Carducci”, che allora era collegata al “Lanza” . Stavamo tutti quanti “appoggiati” in via 311 De Nittis, in un palazzo requisito per l’emergenza, che ospitava varie scuole. Ci può parlare della frequenza scolastica durante e appena dopo la fine dellaguerra? Frequentavamo solo tre ore al giorno, facevamo anche i turni pomeridiani, che iniziavano alle tredici. In seconda media ci trasferimmo all’edificio Parisi, dove non restammo tutto l’anno, perché passammo al Palazzo degli Studi. Quando transito per la strada che porta all’Istituto Industriale, guardo sempre la mia aula, con due grandi finestre. Era una bella aula grande, che ora è divisa in due. Non avevamo i banchi, sedevamo su delle cassette di ferro di colore verde: erano i contenitori delle bombe americane. Le cartelle e i libri li tenevamo sulle ginocchia. Non c’era neanche la cattedra, i professori fortunati avevano il banco. Cominciò ad andare meglio quando passammo al Liceo: c’erano i banchi per tutti. Nel Palazzo degli Studi si vedevano ancora i segni della guerra? L’edificio era abbastanza a posto, non c’erano stati danni notevoli. In classe si stava con i cappotti, senza il riscaldamento. Ma allora non lo avevamo nemmeno a casa nostra. Ricordo che nel 1950, ero in prima liceo, il preside Regina impose a tutti i maschi di andare a scuola con i pantaloni lunghi. Noi ragazzi portavamo i calzoncini anche d’inverno, e non avevamo neppure i calzettoni... Non bisogna dimenticare che la mia generazione viene fuori da una guerra: allora mancava il carbone per il fuoco, lo zucchero, l’olio, la cioccolata... E i libri vennero cambiati? Al Liceo ho studiato la storia sullo stesso testo che aveva usato mio fratello otto anni Le foto ricordo di Mario Pellegrini. Testimonianze prima: La storia di Pietro Silva. Non si parlò più di fascismo? Dal 1946 in poi non abbiamo mai studiato la storia del fascismo, siamo arrivati al massimo fino alla rivoluzione francese. Ha qualche ricordo delle lezioni di cultura fascista? Almeno per quanto ricordo io, in quarta elementare studiammo la mistica fascista. Ricordo la domanda: “Cosa significa Duce”? E la relativa risposta: “Deriva dal latino dux che significa condottiero”. Avevamo il sussidiario Libro e moschetto. Ma il sentimento nazionale che veniva fuori da quei libri era molto avvertito da tutti. Ho sempre pensato che l’Italia sia stata una nazione soltanto dal 1922 al 1945. Ha continuato a sentirsi tale per un’altra decina 313 d’anni, poi questo sentimento è sembrato venir meno. Adesso è in ripresa... Al “Lanza” si avvertiva questo senso di italianità? Certo, abbiamo fatto tante manifestazioni: per Trento e Trieste succedeva l’ira di Dio. Eravamo nei primi anni cinquanta, bisognava far tornare Trieste all’Italia, quando sembrava che dovesse passare addirittura alla Jugoslavia. Allora si manifestava non perché faceva freddo o dovevamo festeggiare il carnevale, ma per questi motivi. Non avevamo altre possibilità e, se ci permettevamo di fare sciopero, trovavamo il Preside che, fuori dal cancello, ci guardava con fiero cipiglio. Ci può descrivere le foto della sua classe? Queste tre fotografie della seconda C sono 314 Il Regio Liceo Lanza state scattate il 13 giugno 1951. Piazzale Italia allora era tutto aperto. Ricordo che quando frequentavo il quinto ginnasio c’erano solo le buche in cui vennero poi piantati i pini. Noi stiamo al primo pilastro dirimpetto al portone della scuola, sullo sfondo c’è il Tribunale che attualmente è la sede dell’Università. Il primo da sinistra è il professor Pio Leonida De Francesco, che insegnava italiano; il secondo, con gli occhiali, è il professor Carlo Gentile; la prima signora è la Cucci, che insegnava storia dell’arte; ci sono anche il professor Frisullo, che insegnava latino e greco; la professoressa di Storia dell’arte Frascolla e il professor de Pascale, che insegnava educazione fisica. In quest’altra foto sono presenti tutti i maschi con il professor de Francesco. In quest’altra la classe è intera, uomini e donne. La mia sezione era mista. Qual era il rapporto con le altre classi del Ginnasio e del Liceo? Tenga presente che all’epoca uno studente del terzo liceo non aveva alcun rapporto con quelli della classe immediatamente precedente, né di altre scuole. Il rapporto con gli alunni di una classe inferiore era impensabile: quelli erano ragazzini. Vi era un certo classismo intellettuale. Noi avevamo ammesso a far parte della nostra comitiva un ragazzo proveniente da una scuola professionale: fu un fatto eclatante... Il “Lanza” ha formato personalità di livello internazionale… Lo scopo della scuola gentiliana era di formare la classe dirigente. La tradizione era quella. Tanto per avere un’idea, voi avete sentito certamente parlare del dottor Sarcinelli. Eccolo nella foto. Mario era un ragazzo normalissimo come tutti quanti noi, ebbe una borsa di studio a Pavia e andò a studiare lì, si laureò in Economia, divenne vicedirettore della Banca d’Italia, direttore della Banca Nazionale del Lavoro, della Banca Europea. Era un ragazzo bravo. Noi eravamo un gruppo molto unito, soprattutto i maschi, e andavamo a scuola volentieri. Facevamo molte cose insieme. Di questi amici qualcuno è ancora a Foggia, altri non ci sono più... Le donne, eccole qui... Il suo preside è stato il professor Regina… Sì, quello che aspettava i ragazzi giù al portone. Si metteva all’inizio della scalinata, nell’atrio: aspettava che si formasse un piccolo gruppetto di appartenenti alla stessa sezione, dopodiché ci faceva salire. Il preside Regina conosceva tutti perché le medie dei voti veniva a dettarle in classe con i registroni, accompagnato dal bidello. Si sedeva e faceva i commenti. Era un tipo che ci teneva alla scuola, agli alunni. Si era laureato in Medicina e poi, non sentendosela di fare il medico, si era laureato in Lettere e faceva il preside. Solo questo sapevamo di lui, non altro. Le sue nozioni di medicina gli servivano per dire «Devi tornare in classe!» ai ragazzi che tentavano di svignarsela dicendo di sentirsi male. Fermo davanti alla presidenza, Regina aspettava che le classi uscissero nel massimo silenzio. C’era davvero tutto questo silenzio? Almeno ai miei tempi, i ragazzi andavano a scuola perché veniva loro insegnato che il loro dovere era quello. E quindi, come tutti i doveri, veniva assolto. In perfetto silenzio. Quale professore le è rimasto più impresso? Quando frequentai il primo liceo, per la prima volta venne ad insegnare a Foggia il Testimonianze professor Carlo Gentile. È stato lui che ha insegnato agli studenti del “Lanza” a ragionare. Suscitava in noi la logica: era questo il grande insegnamento che doveva dare un professore di filosofia a quel livello. Era il miglior esecutore di quella “filosofia dei licei” voluta dalla riforma Gentile. Io ho sempre sostenuto che non bisogna insegnare soltanto le varie materie, ma formare buoni cittadini ed eventualmente ottimi politici. Carlo Gentile è stato uno di questi ottimi maestri: ha insegnato ai ragazzi che cosa significava entrare nella vita, e svolgere bene questo “mestiere”. Carlo Gentile era un uomo particolare, che talvolta veniva a scuola con lo spazzolino da denti al posto della penna. Fantasioso: ogni tanto inventava delle locuzioni particolari, come l’ippocampelostelogantosauro, una specie di animale preistorico. Non ricorda altri docenti? Il mio professore di religione è stato don Renato Luisi. Simpatico. In quarta e quinta ginnasio ho avuto il professor Molinaro per le materie letterarie, la signorina Saponiero di francese, simpaticissima; per matematica un professore di cui non ricordo il nome, ma il rapporto con questa materia è stato sempre difficile. Poi avevamo il professor de Francesco, insegnava italiano. Quando arrivò il professor Frisullo, con delle nuove idee, incominciammo ad avere qualche difficoltà. Insegnava latino e greco, e ci fece fare le traduzioni su testi di scrittori dell’Ottocento. La difficoltà stava nel tradurre questi brani in forma latina. L’adattamento fu traumatico, almeno per i primi tempi, poi ci siamo adeguati. Del resto il nostro rapporto con la classe docente era improntato alla massima formalità: il contatto cessava nel momento stesso in cui le lezioni terminavano. Il professore diventava un essere astratto: aveva nome e cogno- 315 me però non sapevamo dove abitasse, se avesse famiglia. I professori non li vedevamo mai per strada, non sapevamo se avessero una vita propria. Non c’era, né ci poteva essere, alcun rapporto di confidenza. Nel rapporto fra l’alunno e il docente vi era la massima sudditanza intellettuale: il professore era il professore, il titolare della cultura che ci veniva propinata e noi… I docenti erano “considerati”? Da parte delle famiglie, c’era il massimo rispetto del professore, che svolgeva un suo compito e che quindi non poteva essere messo in discussione. Se un ragazzo a scuola prendeva tre, “aveva il resto” dal genitore, che non avrebbe mai accettato che la colpa potesse essere del docente. Avendo avuto dei figli a scuola, ed essendo stato anche presidente del Consiglio d’Istituto al Liceo “Lanza” al tempo del preside Luzzi, sono venuto a conoscenza delle contestazioni dei genitori sulla valutazione dei docenti. Negli anni ottanta-novanta ho scoperto anche i professori politicizzati. Una cosa impensabile ai miei tempi: soltanto a distanza di vent’anni da quando sono uscito dalla scuola, scoprii che Carlo Gentile era massone. Prima non avevo mai sospettato un fatto del genere. Per dirle qual era l’onestà intellettuale di quest’uomo, come di tutti i professori con cui abbiamo avuto a che fare. Mario SARCINELLI Ritornare con la mente agli anni in cui frequentai il Liceo-ginnasio “Vincenzo Lanza” a Foggia non è facile; dopo oltre mezzo secolo i ricordi si sono affievoliti, sovrapposti, addolciti… Correva l’anno scolastico 1947-1948 quando entrai per la prima volta nel severo e grigio Palazzo degli Studi per frequentare la IV Ginnasiale; in verità, la 316 Il Regio Liceo Lanza sorte non trattò bene la mia classe, la sezione C che vedeva insieme maschi e femmine: ci venne assegnata un’aula senza finestre, di forma irregolare, provvista di una sola lampada centrale non molto forte. Di cattedra per l’insegnante e di lavagna nemmeno a parlarne; un banco rivolto verso la scolaresca e un riquadro nero sulla parete ne facevano le veci. Da quell’anno inforcai gli occhiali che non ho più tolto. Eppure, non ricordo che ci si lamentasse molto. La ragione? Nel triennio delle medie inferiori avevo affrontato situazioni anche peggiori; in mancanza di banchi, gli scolari si sedevano su sgabelli di ferro che pare servissero alle forze alleate per il trasporto delle bombe. Durante i compiti in classe, ci s’inginocchiava sul pavimento per utilizzare lo sgabello come scomodo piano di scrittura; una volta durante una forte pioggia l’acqua invase l’aula e l’insegnante di lettere, con le lacrime agli occhi, ci ordinò di andare a casa. Furono anni duri per una città martoriata dai bombardamenti, con la stazione ferroviaria e tanta parte del patrimonio abitativo rasi al suolo, con molte famiglie, compresa la mia, alla ricerca di un’abitazione, con giovani e meno giovani a caccia di un lavoro o almeno di un pezzo di pane; fui spettatore una volta di un tentativo di assalto ad un camion che trasportava farina. Perciò, l’arrivo al Palazzo degli Studi, in un liceo classico che aveva una tradizione ed una dignità, mi parve un dono della sorte da non sottovalutare. Il Paese era alle prese con la ricostruzione materiale e ancor più con quella morale; una guerra era stata perduta, l’Istria e la Dalmazia erano passate alla Jugoslavia, Trieste sembrava destinata a rimanere un territorio libero, la forma repubblicana aveva sostituito quella monarchica e l’Italia diveniva marca di frontiera per effetto della cortina di ferro. Di tutto ciò non si discuteva minimamente in classe, ma nelle famiglie, anche operaie come la mia, i giornali venivano letti e commentati, la radio ascoltata. Può apparire strano che quegli avvenimenti non fossero oggetto di dibattito e di controversia all’interno della scuola; eppure a me sembra che fosse pienamente razionale rifondare la coscienza delle giovani generazioni in modo unitario, attingendo all’eredità greca e latina, a Dante e ai maggiori del Trecento, al Rinascimento e al Risorgimento. Non posso spiegare altrimenti perché lo studio della storia come della filosofia, della letteratura come dell’arte non si sia mai spinto negli anni tra il 1947-1948 e il 1951-1952, al di là, grosso modo, della prima guerra mondiale. Ciò che veniva dopo era troppo intriso di sangue, di odio politico, di rimpianto per ciò che l’Italia avrebbe potuto essere e non fu tra gli anni venti e gli anni quaranta, di amarezza per il male recato agli altri e per i torti da noi subiti, di vergogna per ciò cui io stesso dovetti assistere: i ragazzini che dopo l’arrivo degli Alleati vendevano sigarette, spesso rubate, ad ogni angolo di strada e le segnorine che facevano commercio di se stesse biascicando un improbabile inglese. All’imperativo di allevare le giovani generazioni nella consapevolezza che l’Italia aveva contribuito alla civiltà europea ed occidentale e nel rispetto delle altrui identità, tradizioni e convinzioni, il corpo docente del “Vincenzo Lanza” nel periodo in cui ne fui alunno rispose con impegno e anche competenza; fu pure abbastanza stabile. Soltanto il professor Carlo Gentile, titolare dell’insegnamento di storia e filosofia, si stagliava al di sopra della media per cultura, metodo didattico e capacità di dialogo con gli studenti; era versato negli studi esoterici. All’insegnamento delle lettere latine e gre- Testimonianze che provvide in prima liceale la professoressa Maria de Biase, sostituita nei due anni successivi dal professor Frisullo; fu costui preceduto da una fama di ottimo grecista, ma essendo di temperamento chiuso non riuscì a stabilire un rapporto vivo con la classe. Pio Leonida de Francesco ci insegnava italiano; dotato di una parola rotonda, ma lento nell’eloquio nelle ore tarde della mattinata poteva risultare anche un po’ soporifero; piena di sussiego era la professoressa di storia dell’arte, Cucci. Matematica e fisica erano affidate alla professoressa Savastio, che per il metodo didattico faceva rimpiangere colui che l’aveva preceduta nel Ginnasio. Ottimo l’insegnamento di chimica e scienze naturali impartito dalla professoressa Flaminio. Il rapporto col professore di educazione fisica era di grande cameratismo. I cittadini si formano non solo con lo studio delle lettere e delle scienze, ma anche con la disciplina. Di questa si riteneva gran sacerdote il professor Antonio Regina, preside del “Vincenzo Lanza”. Poco prima delle nove del mattino scendeva nell’atrio del Palazzo degli Studi accompagnato dal capo bidello che, consapevole della propria funzione di concelebrante, chiamava con voce stentorea le classi ad una ad una, si accertava che gli studenti non vociassero, che fossero (abbastanza) allineati e coperti e che non marcassero il passo! All’uscita, dinanzi alla porta della presidenza torreggiava ancora la figura del preside, i cui occhi cerulei e prominenti incutevano un metus ben più che riverenziale. Eravamo tutti terrorizzati da questa liturgia? Niente affatto; avevamo uno spirito di classe molto forte e se decidevamo di fare sciopero per la nave scuola Colombo, che in base al Trattato di pace doveva essere ceduta all’Unione Sovietica, o per il ritorno di Trieste all’Italia, l’assenza dalla 317 scuola era totale. In tutti e tre gli anni del Liceo, nello scrutinio del primo trimestre sulla pagella mia e dei miei compagni vi fu sempre un bel cinque in condotta; all’epoca, un voto del genere a conclusione di anno scolastico comportava automaticamente la bocciatura. In terza liceale, sentendo avvicinarsi la libertà, la combriccola di cui ero parte decise di preparare una sorta di numero unico di quattro pagine scritte a macchina dal titolo, se ricordo bene, Noi ciuchi: ragliamo quando ci pare. Fu una goliardica presa in giro di professori, preside, capo bidello, compagni e soprattutto compagne ormai in fiore; offrimmo una copia ciclostilata a molti destinatari dei nostri strali, chiedendo in cambio un obolo. Vi fu chi reagì con una risata, chi con un sorriso, chi con un po’ di stizza… Quando qualcuno ci avvertì che avevamo violato il combinato disposto di non si sa bene quali circolari ministeriali per non avere chiesto il permesso al preside, per avere mancato di riguardo ai professori e, forse, per avere attentato alla reputazione del “Vincenzo Lanza” un piccolo brivido scorse per la schiena della combriccola… Corremmo ai ripari consegnando una copia anche al preside, cui non chiedemmo quattrini, ma un giudizio sulla nostra irridente fatica! Non ci successe niente, anche grazie al nostro ottimo rapporto con gl’insegnanti e ai risultati ottenuti nei cinque anni dalla classe nel suo insieme, dai membri della combriccola e da me stesso. V’è una leggenda metropolitana secondo cui avrei preso dei dieci al liceo; in verità ho preso soltanto alcuni nove. Il dieci era precluso, almeno in italiano, da un criterio valutativo attribuito al preside Regina: «In italiano il dieci lo assegno a Dante Alighieri, il nove lo riservo a me stesso, per voi studenti c’è al massimo l’otto». Con l’esame di maturità sostenuto sul pro- 318 Il Regio Liceo Lanza gramma del triennio per tutte le materie, in un’estate torrida, si concluse la mia vita di liceale. Nell’autunno presi il treno Lecce-Milano per fruire di una borsa di studio al Collegio universitario “Fratelli Cairoli” di Pavia. E cominciò il processo di estraniazione dalla terra natia. Michele CARACCIOLO Ho frequentato il IV ginnasio nel 1951. Di quegli anni non ricordo quasi niente, come non ricordo la Scuola Media “Carducci”. Del Liceo rammento qualcosa. Ad esempio che per rispettare il massimo ordine, la classe si formava giù nell’atrio, non su. C’era il bidello che ci metteva tutti in fila classe per classe. Quindi salivamo nell’aula ed aspettavamo i professori, tutti in piedi. Ricordo che il preside Regina aveva l’abitudine di leggerci personalmente le pagelle: veniva in classe con un bel librone, e chiamava gli alunni uno ad uno. Così tutti sapevamo i voti degli altri. Si adirava se il voto dello scritto era superiore a quello dell’orale. Non ammetteva che un alunno potesse essere bravo allo scritto e non all’orale. Significava che non aveva studiato. C’è stato qualche evento particolare? Quand’ero ancora alla scuola media facevamo sciopero per Trento e Trieste, anche se non ce ne importava niente. Nel 1952 morì Benedetto Croce, ci fu una manifestazione. Nell’ultimo anno di liceo ci fu una fortissima nevicata. Era il 1956. Alla prima ora avevamo religione con don Renato Luisi. Faceva un freddo cane, ma eravamo tutti contenti, ci chiedevamo: «Chissà se il professore arriverà con tutta questa neve». Lo vedemmo arrivare in bicicletta, faticosamente. Tutti quanti gli andammo incon- tro: «Professore, ma con questo tempo… poteva farsi male». E lui : «Ho sfidato la tormenta per venire da voi…». Non scorderò mai quella… tormenta. Oggi, quando passo e vedo il muro del Palazzo degli Studi pieno di scritte, penso che non è più il Liceo di una volta. Chi erano i professori di quegli anni? Il professore di italiano era Vivoli, per latino e greco c’era Iorio; il professore di storia e filosofia era de Caro; storia dell’arte la insegnava la signorina Cucci; poi c’erano la Rondinone per matematica; la signora Sepe per chimica. La professoressa è tuttora vivente: ha centodue anni. Ricordo che professor Vivoli era molto severo. Quando un alunno si avvicinava alla cattedra per scusarsi perché non aveva studiato, lui diceva: «Sì, va bene», per poi interrogarlo puntualmente. Alla classica protesta dell’alunno: «Ma io sono venuto a scusarmi», ribatteva: «Certo. Tu non sei preparato per la lezione di oggi. Ma per il resto lo sei!». Il suo compagno di banco chi era? Mimmo di Conza. E gli altri compagni? Al primo banco c’erano Arbore e Altamura; poi Rondinone, il nipote della professoressa; quindi Breazzano, Carnevale, Nardella. Il più bravo della classe era Delli Carri: diventò primario all’ospedale di Lucera. Anche Bevilacqua divenne medico. C’era Ernesto Forgione. Alcuni non li ho visti più. Incontrai Breazzano molti anni dopo, ma non lo riconobbi. Eravamo all’ex Inail per fare le analisi, lui si avvicinò e mi chiese se fosse arrivato il dottore. Quando il dottore chiamò: «Breazzano!», pensai che forse si era avvicinato perché mi aveva riconosciuto. Ricordo un altro compagno, Testimonianze Pedone. La sua fissazione era di entrare in polizia e ci riuscì: divenne questore di Verona. Era una persona molto gioiosa. Ricordo che una volta, scendendo le scale, in fila, prese un uovo, l’aprì e l’uovo cadde nel collo della camicia del compagno che si trovava più giù. Successe il finimondo. Il professor Iorio ci fece tornare tutti indietro: voleva sapere chi era stato. Alle tre del pomeriggio stavamo ancora tutti lì, in castigo. Una volta, durante l’ora del professor Iorio, Pedone portò a scuola per colazione il primo piatto, il secondo piatto, la frutta, il vino. Si mise a mangiare, ma cadde la bottiglia e il vino si sparse per l’aula. Un odore tremendo. Il professor de Caro, che venne subito dopo, gridò: «Ma dove siamo? In una osteria?». Questo succedeva perché il professor Iorio negli ultimi tempi aveva perso la vista. Non so quanti anni avesse allora, ma era anziano. Naturalmente stando negli ultimi banchi, si poteva fare tutto quello che si voleva… A ripensarci ora, ne combinavamo di tutti i colori. Qualche altro episodio che riguarda il professor Iorio… Aveva alcune fissazioni. Qualunque cosa succedesse, dava la colpa sempre a D’Anza, un alunno che veniva da Sant’Agata di Puglia. Una volta questo ragazzo fece non so che cosa e Iorio giustamente lo riprese. Da quel momento, il poveretto ne passò di tutti i colori. Tutti potevano fare tutto, ma chi prendeva sempre la colpa di tutto era D’Anza; più di una volta, non sopportando questa persecuzione, si alzava in piedi e protestava: «Ma professore, cos’ho fatto io?». E Iorio: «E cosa dovevi fare? Uccidere?». Il professore veniva sempre con la stessa borsa, lo stesso cappottone, lo stesso cappello, aveva le ghette ai piedi e portava 319 sempre dei fogli di carta messi uno sull’altro che potevano avere una ventina d’anni. Vi segnava tutti i compiti che ci assegnava, le versioni dal latino dal greco... sempre le stesse praticamente. Le sembra che gli insegnamenti di quegli anni siano serviti? Per quanto mi riguarda, non credo. Ricordo che una professoressa molto brava era la signora Sepe: spiegava in maniera pacata, tranquilla, faceva capire bene le cose. Gli altri docenti erano bravi, senz’altro, ma l’insegnamento era standard. Non so, per esempio il professor Vivoli. Mia sorella, che era più grande di me, aveva preso appunti durante le sue lezioni. Quelle stesse parole le ripeteva alla mia classe, dopo cinque, sei anni. Le stesse parole. Gli altri miei compagni non sapevano rispondere, io che avevo gli appunti, ci riuscivo... Quindi, non c’era molto spirito di ricerca didattica. Era un insegnamento meccanico. Anche de Caro era a volte prolisso, passava dalla storia alla filosofia, dalla filosofia alla storia. Mi disorientava. Ricordo che era molto devoto di Padre Pio, con qualsiasi tempo, ogni mattina, prima di entrare a scuola, andava a messa a San Giovanni Rotondo. Ricorda qualche altro docente? C’era la Rondinone. Brava, molto brava, non perché io andassi bene in matematica, non per questo. Ricordo la signorina Cucci. Anche lei era preparata, ma la storia dell’arte a me non piaceva: quei quadri, quelle statue non mi dicevano proprio niente. Siccome non studiavo e inventavo al momento, la professoressa si adirava: non potevo prenderla in giro... Alla luce dell’esperienza, oggi rifarebbe la 320 Il Regio Liceo Lanza Il professor Antonio Vivoli con gruppi di studenti e con i colleghi. [Archivio Vivoli] Testimonianze 321 322 Il Regio Liceo Lanza stessa scelta di iscriversi al liceo classico? Se dovessi decidere adesso, non sceglierei più il liceo classico. Finita la scuola, praticamente non hai niente se non frequenti l’università. Se hai frequentato ragioneria diventi ragioniere, se hai fatto l’Industriale sai fare il perito, sai fare qualche cosa. Se hai frequentato il liceo classico sai solo chiacchierare e basta... Un suo compagno, Renzo Arbore, è diventato un artista, un personaggio illustre… Che dire? Arbore all’epoca frequentava anche il Conservatorio, suonava o il violino o la tromba. Ricordo che portava sempre un astuccio lungo. Il clarinetto credo sia venuto dopo. Finito il liceo, non ci siamo più visti. Arbore l’ascoltavo ad Alto gradimento e pensavo, sorpreso: «Ma questo Arbore è proprio il mio compagno di scuola?». A scuola non aveva quella verve che poi gli abbiamo scoperto in televisione e alla radio. Se Arbore in classe si fosse unito agli altri “creativi” di cui ho parlato prima, avremmo visto veramente delle cose assurde. Invece no. Non partecipava alle nostre attività, nel senso che quando mancava un professore e c’era un’ora buco, e noi andavamo a giocare a pallone, lui non veniva con noi. Frequentava gli amici suoi, gli amici della Taverna del Gufo. Quello che mi ha dato un po’ fastidio di Arbore è che all’inizio della carriera, siccome aveva fatto gli studi a Napoli, elogiava i napoletani. Solo dopo aver sentito qualche protesta, ha cominciato a parlare bene di Foggia. Comunque, se incontrate Arbore, salutatemelo. Ditegli che io sono rimasto strabiliato dalla comicità che ha saputo tirare fuori, insieme a Frassica e agli amici della combriccola di Indietro tutta. Domenico DI CONZA Per riandare ai tempi del glorioso “Vincenzo Lanza” dobbiamo risalire al periodo dal 1951 al 1956. Ho un bellissimo ricordo di quegli anni che ho trascorso serenamente. Quelli del liceo li ricordo meglio perché li ho vissuti più intensamente. Ricordo soprattutto il preside Regina, una personalità all’epoca: si faceva “sentire” sia per la severità che per la serietà e la professionalità. Posso dire che noi eravamo molto rispettosi e molto intimiditi dal suo essere, dal suo modo di porsi. Avevo una grandissima stima, ed era reciproca, per il professor Vivoli. Una carissima persona, con un’intelligenza vivissima ed un modo di insegnare molto valido. Ricordo che non ha mai ripreso nessuno. Noi stavamo attenti per tutta l’ora della sua lezione. Ricordo un particolare: una volta andai a scusarmi con lui, come si usava quando non si studiava il giorno prima e non si era preparati per l’interrogazione. Veramente, non l’avevo mai fatto prima. Per tutta risposta, lui mi chiamò quattordici volte di seguito... Ogni volta che veniva mi interrogava. Il professor Vivoli era di sinistra... Sapevamo che era di sinistra e che era ateo, però in classe non trasparivano queste sue tendenze, era molto professionale. Fu un docente importante per la sua formazione? Molto, molto importante. Mi è rimasto ancora oggi l’amore per la letteratura. Ricorda gli altri docenti? Per il latino e greco, ho avuto Iorio. Certamente era un professore che sapeva il fatto suo. Forse negli ultimi anni il rapporto non è stato ottimale: era abitudinario, un poco in là con gli anni e la classe se ne andava Testimonianze 323 La “squadra del cuore” del “Lanza” sotto le tribuna del Campo Scuola durante la partecipazione ai campionati studenteschi del 1955-1956. In prima fila da sinistra: Giuseppe Rondinone, Vincenzo Postiglione e Mimmo di Conza. [Archivio di Conza] 324 Il Regio Liceo Lanza un po’ per conto proprio. Una persona simpaticissima era il professor de Caro, di storia e filosofia. Ricordo che era molto elegante, raffinato… grande seguace di Padre Pio. Era innamorato della sua materia. Cominciava dal filosofo che in quel momento trattava e finiva ai nostri giorni, un excursus bellissimo, e direi, interessantissimo. Sapevamo che se cominciava a parlare avremmo evitato le interrogazioni… e lui cadeva spesso nella trappola. Un’altra docente che mi è rimasta impressa è la signora Sepe, che vive tuttora. Insegnava scienze in tutte le classi ed ha avuto così tutti gli alunni che sono passati al “Vincenzo Lanza”. Era una persona un poco distaccata, severa ma simpatica. Interrogava a due a due e così ognuno poteva portare il conto del proprio turno. Anche la signora Cucci, di storia dell’arte, era una professoressa simpaticissima. Insegnava in tutti e tre i corsi A, B e C, e all’epoca eravamo ferrati nella materia proprio perché lei sapeva imporsi e farci studiare. Recentemente ho saputo che sia la Sepe che la Cucci si ricordano ancora di un bel giovane alto che si chiamava Di Conza. Ciò mi ha fatto enorme piacere... Che dire dei suoi compagni di scuola? La mia classe non era molto studiosa. Ci impegnavamo per ottenere la sufficienza, senza approfondire. Ricordo Michele Caracciolo, il mio compagno di banco. Dietro di noi sedeva Renzo Arbore: durante le lezioni batteva continuamente il tempo del jazz con una matita. Era molto simpatico. Fra gli altri c’era il medico Gianni Pernice, e poi Giorgio Pedone, simpaticissimo, scherzoso. Studiò a Roma e divenne commissario di polizia: un carissimo amico che non è più tra noi. C’era Breazzano, una persona molto colta, un discolaccio tre- mendo. So che si è laureato in Lettere, che ha fatto il professore, ha insegnato in Sardegna. Dotato di un’intelligenza viva e di una cultura notevole, nella nostra classe era un’eccezione. Anch’egli non è più. Ricordo poi Rondinone, nipote della professoressa di matematica, e Nardella, un altro discolo. Si racconta un aneddoto su un piatto di pasta che girava tra i vari banchi nell’ora del professor Iorio. Se ne ricorda? No. Ricordo solo che Iorio usava farci leggere molto. A fine giornata non ci lasciava andare finché la lettura non era terminata. Allora cominciavamo a saltare le pagine... Se dovesse dare un giudizio sintetico sulla sua esperienza scolastica, che direbbe? È stata senz’altro positiva. Il liceo classico dovrebbe essere alla base della cultura di ogni professionista. In quanto a me, sono ancora in grado di declamare parecchi passi di Dante (merito del professor Vivoli). Di greco ricordo solo qualche etimologia, ma è da esso che discende tutta la nostra cultura, bisogna conoscerlo anche se si ha l’impressione che non serva a niente. Renzo ARBORE Ho frequentato anch’io, nei primi anni cinquanta, il Liceo-ginnasio “Lanza”. Ero nella sezione A, la cosiddetta sezione “in”, quella detta “dei figli di papà”. Ma non mi sembra che lo fossimo poi tanto. Avevamo, c’è da dire, pochi soldi in tasca, anche noi che eravamo figli di professionisti (quando gli chiedevo qualcosa, mio padre mi diceva: «I soldi in tasca li hanno soltanto i vagabondi e i delinquenti!»). Foggia negli anni Cinquanta rappresentava uno spaccato di Italia povera. E anche il Liceo era ancora tutto povero, a comincia- Testimonianze re dalla palestra. Chi bigiava la scuola andava a giocare nell’improvvisato campetto vicino al Deposito dei Cavalli Stalloni: il pallone era di pezza e la porta la delimitavamo con una pila di libri accatastati. Ma noi ci accontentavamo. Eravamo una generazione dai forti sentimenti: sentivamo gli odori, gustavamo i sapori, godevamo pienamente anche delle piccolissime, grandi cose della vita. A scuola studiavamo e basta. Pochi gli svaghi concessi. Ricordo che assistevamo a due spettacoli, durante l’anno scolastico: Il Golgota a Pasqua e una scontata commedia di Goldoni. Li apprezzavamo nella misura in cui ci regalavano due giorni di vacanza. Gli scambi di idee tra gli studenti avvenivano ai giardinetti di Piazzale Italia, di fronte al Palazzo degli Studi. Non c’era assembramento serale, ci sentivamo soltanto prima di entrare in classe ed all’uscita a fine giornata. Seppure di famiglia borghese, frequentavano il Liceo persone di altre culture che ci aprivano mondi diversi: c’erano tanti ragazzi che venivano da altri paesi della Capitanata e d’Italia, con il loro carico di esperienze e di vita. Tra i miei compagni di scuola ricordo Tonino Pandiscia, che arrivava da Lacedonia. Ricordo Accettullo di Orsara di Puglia, e tanti altri. Tra i miei compagni di banco Guglielmi, e soprattutto Antonio Morese che arrivava da un paese del Subappennino dauno (divenne poi noto come Toni Santagata). Al “Lanza” ho avuto un gruppo di professori davvero preparato e ben assortito. Il professore cui sono legato da un bellissimo ricordo è stato Giovanni Iorio, che mi insegnò latino e greco. Mentre l’idioma ellenico mi è passato subito di mente, come credo a tutti, il latino non è assolutamente dimenticato, per la saggezza e per la bellezza della lingua. Merito del professor Iorio. Era di sentimenti amabili. Ricordo in parti- 325 colare l’ultimo periodo in cui aveva perso la vista, mi parlò in latino per dirmi che era diventato cieco. Aveva un sentimento filiale nei confronti di noi ragazzi. Alcuni professori trattano oggi i loro studenti come amici, come prossimo. Lui ci trattava come figli. Nel personaggio del professor Aristogitone di Alto gradimento emergono solo alcuni tratti del professor Iorio: ad esempio la sua frase tipica: «Io li piglio e li sbatto fuori!». Ma la diceva con un tono burberobenefico. Il rispetto verso i nostri professori era molto forte. Tra i miei docenti ricordo anche Antonio Vivoli. Ci intimoriva molto, ma aveva un suo rigore e non ostentava la sua sapienza. Ci fece studiare su un bel testo di Natalino Sapegno. Era comunista. Un giorno ci disse questa cosa che, in un certo senso, ci sconvolse: fu nel 1953, quando morì Stalin. C’erano poi la professoressa Chiara Sepe, una grandissima signora, assolutamente imparziale, rigorosa; il professor Vittorio de Miro d’Ajeta, una persona di grandi capacità comunicative. Ricordo anche il professor Gerardo de Caro: aveva un eloquio dotto, alato, affascinante che prescindeva da quello un po’ approssimativo di noi ragazzi. Era una persona di grandissima cultura e intelligenza. Ricordo la sua conversione a Padre Pio. Il preside Antonio Regina era un personaggio straordinario, a suo modo anomalo. Aveva una mobilità degli occhi eccezionale, da vero attore. Regina veniva caricaturizzato spesso da noi studenti, specie per quel suo continuo intercalare in “unque”: lo infilava dappertutto. Io lo imitavo spesso. Ma Regina era molto rispettato da noi studenti. Quando si arrivò al terzo liceo eravamo in quaranta, un numero elevatissimo per una classe che, a detta dei professori, era terribile. Quell’anno a giugno furono promossi soltanto sei studenti su quaranta. Una vera e propria strage. L’ecatombe fu 326 Il Regio Liceo Lanza Il professor Giovanni Iorio in classe. [Archivio Lucianetti] Testimonianze determinata soprattutto dalla nostra condotta disciplinare, più che dal profitto di ognuno. In fondo studiavamo. Ma la classe si distingueva per le sue “imprese”: c’era chi veniva a scuola anche per divertirsi e fare casino, eravamo davvero scatenati. Io, rimandato a ottobre in cinque materie, non ce la feci a passare l’anno. Questa inattesa bocciatura per me fu un grande dolore. La presi malissimo. Quando andai a vedere i quadri, ero timoroso più degli anni passati: sapevo che quel verdetto avrebbe segnato il mio prossimo futuro: se andare a studiare a Napoli o tornare a studiare con quelli della classe inferiore. Quella bocciatura fu davvero uno choc violento per me, ma mi ha insegnato molto, nella vita. Quando qualche anno fa sono tornato al “Lanza”, in occasione di un incontro con gli studenti, sono stato accolto benissimo. Per me è stata quasi una revanche: ero tornato da vincitore! In fondo è al Liceo che ho accarezzato i miei primi, fantastici sogni di gloria: disegnavo formazioni di meravigliose orchestre jazz, completamente ignaro dei problemi delle discografie. Al Liceo è scoccata quella scintilla che mi ha reso consapevole del valore dell’artista. Fui sollecitato proprio da un tema del professor Vivoli: L’arte non è fuori dalla vita. È se stessa vita e consolatrice della vita. Tema difficile. Ricordo che dopo la dettatura della traccia ci fu un moto di stupore, in classe. Non era il solito tema. Esprimeva pienamente un concetto molto profondo. Il fatto stesso che dopo tanti anni io ricordi ancora il testo, significa che il tema mi aveva decisamente affascinato. Per me l’arte è superiore alle scienze, alla storia... considero l’arte come suprema. Essere un artista è una cosa bella. Mi piace essere definito artista, al di là di ogni gratificazione materiale. Per finire, ricordo un episodio che ancora mi fa sorridere. Si era am- 327 malato il professor Vivoli e arrivò una supplente di italiano. Inconsciamente ci provocò con un titolo di tema assurdo, in confronto a quello dato dal nostro professore nella prova precedente: Din don dan, le campane suonano a festa. È Pasqua di Resurrezione! Decisamente demenziale. Non capì, poverina, che per quanto sguarniti, eravamo a un livello decisamente superiore. Potete immaginare cosa successe in classe… Ma i ricordi più belli del Liceo sono le cose serene, gli amori iniziali… gli sguardi furtivi e teneri e, perché no? la paura. Serve a insegnarti la vita che, a sua volta, ti farà poi apprezzare il lavoro svolto a scuola. E tutte le piccole cose fatte in gioventù… Antonio PELLEGRINO Ho frequentato il Liceo-ginnasio “Lanza” nei primi anni Cinquanta, conseguendo la maturità classica nell’anno scolastico 1955. Ci può descrivere il clima di quegli anni? Foggia usciva dalla guerra, cominciava la ricostruzione, c’era un notevole grado di povertà. Questa povertà si rifletteva nella scuola, prestigiosa per il suo nome ma povera, con aule molto ridotte, il minimo di attrezzature. Abbiamo trascorso gli ultimi due anni del Liceo in un’aula ricavata nell’ultimo tratto del corridoio: un’aula arrangiata che bisognava attraversare per accedere a quella affianco. Questo per dire le ristrettezze dell’epoca. Una prerogativa che distingueva il “Lanza” dagli altri Istituti era che si facevano meno ore: si entrava alle nove del mattino, quando tutti gli altri studenti erano già in classe dalle otto e trenta. Ciò denotava che era una scuola d’élite, una scuola per signori, che potevano alzarsi più tardi di tutti gli 328 Il Regio Liceo Lanza altri ragazzi. Eravamo ancora sul piazzale quando gli altri studenti erano nelle aule. lo struscio sul corso. Ci incontravamo per strada. Quali erano i luoghi frequentati dai giovani? In realtà, non c’erano luoghi di ritrovo. Mi si dirà che questa è una prerogativa delle nostre contrade, del Meridione, dove le temperature sono tali che ci si può incontrare per strada in qualunque mese, in qualunque giorno dell’anno. A Foggia l’unico luogo di aggregazione era la Fuci, a Palazzo Vescovile, dove noi non eravamo ammessi in quanto giovani studenti liceali, ma ci intrufolavamo lo stesso. Il tutto però si risolveva in una partita a ping pong. Si può dire che fosse l’unico svago a quel tempo, almeno per una certa categoria di studenti. Facevamo, come tutti i foggiani, Ha mai frequentato la Taverna del Gufo? Non ne conoscevo neppure l’esistenza. La Taverna del Gufo era per iniziati, e comunque riservata, come il Circolo del tennis, alla classe sociale medio-alta: ma non tutti gli studenti che frequentavano il “Lanza” erano figli di papà. C’erano, certamente, ma la scuola si era aperta a tutta la società. Debbo dire, comunque, che una certa distinzione si avvertiva. I cosiddetti figli di papà facevano gruppo a sé e poi c’erano gli altri, i quali venivano accettati se potevano essere utili: se erano bravi, aiutavano a fare i compiti, a tradurre le versioni di latino e greco. Comunque era una distinzione che non pesava: non andare al circolo del ten- Il professor Vitale premia il secondo arrivato Fiore Iorio al campionato di atletica del 1950. [Archivio Iorio] Testimonianze nis non era poi un grosso sacrificio. Tutto sommato, era la scuola a tenerci tutti uniti. A scuola si praticava l’attività sportiva? Al massimo, nell’ora di ginnastica, si faceva un po’ di atletica, si giocava a pallone. Erano sport molto poveri: non c’erano attrezzature sportive, c’era un solo campo da tennis. Pur volendo, non tutti potevano partecipare e poi... al liceo bisognava studiare, non è che si potesse dedicare troppo tempo agli svaghi. Per quanto mi riguarda, mi piaceva la scherma, ma fu una passione che durò poco. A Foggia c’è stato sempre un certo amore per questa disciplina: ha generato, e continua ancora a generare, giovani campioni rispettati in Italia e nel mondo. Quali erano i rapporti con gli studenti che arrivavano dai paesi della provincia? Rappresentavano i “paria”, erano i più sacrificati. Era una scuola difficile, il classico “Lanza”, una scuola ritenuta d’eccellenza. In quarto ginnasio veniva effettuata una selezione crudele, che continuava con gli esami del quinto. Al primo liceo c’era l’ultima decimazione: la classe veniva ridotta del cinquanta per cento. Ma chi riusciva a superare questo terzo ostacolo arrivava alla maturità senza problemi. Ricorda i suoi docenti? Certo. Ricordo tutti i professori. Frequentavo la sezione C, la mitica III C enfatizzata da Luciano Emmer in un film che girò proprio quando noi frequentavamo il terzo liceo. E quindi ci sentivamo importanti. Che dire della qualità dell’insegnamento? Tante nozioni, ma mi sono state impartite anche tante lezioni di vita, anche se la mia classe in cinque anni cambiò tantissimi 329 docenti. Ciò non avveniva in tutte le sezioni, era il corso C quello più penalizzato. Si sono alternati cinque professori di italiano in cinque anni... una cosa che poi si fa sentire. Per latino e greco, cambiammo quattro professori in cinque anni. Alcuni egregi e bravissimi, soprattutto al V ginnasio. Per il greco ci fu una defaillance: mancò in prima liceo un insegnante che ci “ferrasse”. Comunque, tutto sommato, riuscivamo a mantenere il passo con le altre sezioni: la sezione C era ritenuta più vivace, per la presenza di docenti di prestigio come l’insegnante di storia e filosofia, il professor Gentile, e di altri professori. Abbiamo avuto per cinque anni soltanto la professoressa di matematica e fisica, la Savastio. Non si può dire che fosse un’insegnante perfetta, conosceva bene la sua materia però era un po’astiosa nei riguardi di ragazzi che a volte non avevano nessuna colpa. A quell’età si è vivaci, si fa qualche commento azzardato. Anche una risata veniva spesso interpretata male, come mancanza di rispetto, ma non era assolutamente così. Qual era la funzione del preside? Al “Lanza” c’era un preside che ha lasciato un grande segno: Antonio Regina. Guai se un alunno fosse stato estromesso dalla classe durante la lezione: veniva immediatamente sospeso e mandato a casa, senza remissione di peccato. Nessuno, che non si sentisse male veramente, poteva uscire in anticipo. Questa plausibile scusa per allontanarsi non veniva accettata senza verifica: il Preside misurava la temperatura con il termometro, e chi non aveva la febbre restava a scuola fino a che non fosse terminato l’orario scolastico. C’era un grande rigore disciplinare: si poteva essere bocciati per la condotta. Era un fatto acclarato. Solo quando si arrivava al secondo, terzo liceo 330 Il Regio Liceo Lanza c’era un “allentamento” sulla disciplina: lo stesso personale non docente diventava più amico dello studente, mentre negli anni precedenti era stato un censore. I bidelli erano coloro che facevano rispettare la disciplina insieme al Preside, ritenuto da tutti una persona integerrima, severa, anzi di una severità assoluta. Aveva un modo di dire particolare: il noto “unque”, con cui inframezzava con grande facilità il suo discorso. Ricordo che un mio compagno, Napolitano, lo sapeva imitare perfettamente quando faceva l’appello e lo chiamava “Napoli unque tan”. Per dire, allora ci si divertiva veramente con poco... Visto che ha avuto cinque professori di italiano, chi ricorda di più? Li ricordo tutti con grande affetto e con grande stima, al di là di qualche piccolo episodio scolastico non del tutto piacevole, ma che a posteriori viene ingentilito dal ricordo delle cose belle fatte insieme. Quello che forse ha cercato di darci qualcosa di più è stato il professor de Francesco. Ricorda qualche compagno di classe? I compagni di scuola li ricordo praticamente tutti, tranne alcuni “persi” lungo la strada al quarto, quinto ginnasio. Perduti perché bocciati. Il gruppo che è andato avanti ha preso strade diverse: c’è chi è diventato docente universitario, chi sacerdote. Colui col quale mi sono ritrovato più anni insieme è Panella, che oggi insegna alla facoltà di Architettura di Roma. Abbiamo frequentato insieme anche tutti gli anni della scuola elementare e media. Poi c’è Tropea, ingegnere capo al Genio Civile, così particolarmente versato nelle matematiche, nelle scienze; d’Anza, che è stato giudice al Tribunale di Foggia e alla Corte di Appello di Bari; ancora Serrilli, di Troia, che sta al “de Propaganda Fide”: dopo aver iniziato il corso di ingegneria, entrò in seminario. E poi tanti professori, avvocati, colleghi come il dottor Vassallo, che oggi fa il neurochirurgo a Trieste. Altri li ho perduti di vista perché vivono in altre città. Ma con molti di loro è tale l’amicizia e tale l’affiatamento che quando ci incontriamo è come se ci fossimo lasciati l’anno prima. La C era una sezione mista, con poche ragazze, soltanto cinque o sei. Alcune vivono fuori: la professoressa Telera a Manfredonia. Poi c’è la professoressa Siciliano. Credo tutte insegnanti di italiano, latino e greco. La nostra era una classe, come dire, affiatata, tranne qualche piccola eccezione, e si può dire che di veri “figli di papà” non ce ne fossero. Il gruppo era equilibrato nella sua eterogeneità: figli di operai, di impiegati, di qualche docente (c’era anche il figlio del professor Iorio). Ma tutti i ragazzi erano, oggi si direbbe, molto “democratici”. Nel nostro Liceo c’era qualche bella individualità. Io ricordo, anzi ricordiamo tutti con grande ammirazione, il dottor Mario Sarcinelli. È stato vice direttore della Banca d’Italia e direttore della Banca Nazionale del Lavoro: l’unico studente che a quell’epoca riuscì ad avere voti come il nove e il dieci. Voti che al Liceo classico “Lanza” erano davvero un’eccezione. Prendere otto era il non plus ultra: la maggior parte degli studenti che “andava bene” in quella scuola prendeva sette. Il dottor Sarcinelli prendeva dieci, era una mente straordinaria e tutti ammiravamo questo nostro compagno di scuola. Mai una manifestazione? Soltanto una all’anno: quella per Trieste. La manifestazione finiva con tutti gli studenti che andavano ad ascoltare due comizi: parlavano un rappresentante della Sinistra e uno della Destra. Il più delle volte, a fare i comizi erano Carmeno, che parlava Testimonianze per la Sinistra, e il professor Bucci, per la Destra. Allora gli studenti ideologicamente schierati erano pochi, si cercava di separare nettamente la scuola dalla politica, a meno che un orientamento molto deciso e preciso non venisse dalle proprie famiglie. Non dobbiamo dimenticare che la Democrazia cristiana in quegli anni aveva oltre la metà dei voti e quindi governava tutto, permeava qualunque cosa. A scuola era proibito parlare di politica. Chi permetteva un dialogo vero con gli studenti era il professor Carlo Gentile, ma anche con lui di tutto si parlava fuorché di politica. E poi c’erano tanti tabù. La nostra era una sezione mista, una cosa straordinaria per quell’epoca. Al Liceo “Lanza” non era permesso portare i pantaloncini neppure in quarta ginnasio, quando eravamo ancora degli sbarbatelli mingherlini. Io ero uno di quelli, tanto che qualcuno più anziano mi diceva: «No, no. La scuola media è più avanti!…». Non potevamo portare i calzoni corti, ma solo i pantaloni alla zuava. E le ragazze come si vestivano? Tutte con il grembiule, nel modo più categorico. C’erano precise regole da rispettare, se vogliamo con qualche ipocrisia... Non era ammesso alcun pensiero divergente? Veniva impedito il dibattito sotto tutte le forme. Ricordo che in terzo liceo venivano i rappresentanti delle varie armi a far propaganda. Il rappresentante dell’Accademia Aeronautica di Nisida venne a parlarci di quanto poteva essere bello iscriversi ad un’Accademia. Magnificò i corsi, cercando di rassicurare tutti noi sul fatto che gli aerei erano estremamente sicuri e via discorrendo. Io mi permisi di interloquire dicendo che lui ci spegneva gli entusiasmi, perché, diminuendo e facendo scomparire il mito 331 dell’aeroplano (volare era qualcosa di bello, ma anche rischioso, che richiedeva ardimento, coraggio, spirito di avventura), l’aveva trasformato in un tassì, ragion per cui andare con un tassì per aria e andare con un tassì per terra era la stessa cosa. Alla fine dell’incontro, fui chiamato in presidenza da Regina e redarguito fortemente perché mi ero permesso di contraddire l’interlocutore. Fu qualcosa di veramente terribile: in realtà io non avevo mancato di rispetto a nessuno. Sollecitato, avevo espresso un parere... Tra parentesi, nessuno della nostra classe quell’anno entrò in Accademia. L’insegnamento ricevuto al “Lanza” ha creato dei ponti verso l’esterno, verso altre culture, verso il nuovo? Non me ne sono accorto. Il vissuto scolastico non si è trasformato in qualcosa che ci ha indirizzato nelle scelte di vita. Ognuno di noi ha fatto delle scelte maturate altrove e, spesso, nel proprio intimo. Ho l’impressione che a scuola si ragionasse così: noi vi diamo questo bagaglio di nozioni, per il resto vedetevela da soli! La verità è che non si voleva accettare alcuna novità, in nessuna maniera. L’ultimo anno di corso organizzammo, per la prima volta al Liceo classico, una festa d’addio, una festa danzante. Non ci venne concesso il permesso, anzi, dirò che la festa in qualche maniera venne ostacolata, e non avemmo il piacere della presenza del Preside. Soltanto due o tre professori parteciparono alla manifestazione. Di coloro che ricoprivano cariche politiche non partecipò nessuno: ricordo che il professor de Miro, sdegnato, ci scacciò in malo modo quando andammo ad invitarlo. Noi la facemmo ugualmente quella festa di fine anno, tanto eravamo alla fine del corso, stavamo per uscire: fu un atto di forza, o quasi. 332 Il Regio Liceo Lanza Iniziative di questo tipo non credo che siano state ripetute. Era sconveniente una festa a quei tempi? Può darsi. A quei tempi non c’era confidenza tra alunni e docenti. Non c’era un colloquio franco, diretto, immediato. Ma il problema esisteva: di lì a qualche mese noi saremmo usciti dalla scuola, non più soggetti a quella disciplina e alla severa distinzione dei ruoli. Si ricorda qualche gita? All’epoca non erano proprio concepite. La nostra unica gita fu una semplice passeggiata: partimmo dalla scuola e raggiungemmo il Campo Fiera, a un chilometro di distanza. E presto ritornammo a scuola. E che faceste al Campo Fiera? Qualche calcio ad una palla e niente più. Questa fu la gita: né di cultura né di svago. C’era, da parte dei professori, il terrore che ci potessimo fare male. Io mi ero infortunato facendo il salto in alto. Era in palio un attestato sportivo, che ci spronava a cercare la migliore performance possibile: dovevamo superare una certa altezza ed io, per cercare di migliorare, cambiai stile e mi fratturai il braccio. Partecipai all’esame di stato con un braccio ingessato. Ricorda gli esami di maturità? Erano complessi e difficili. Intanto, perché portavamo il programma di tutte le materie. C’erano quattro prove scritte: italiano, italiano-latino, latino-italiano, greco. Ci impegnammo tantissimo: gran parte dell’estate se ne andò con gli esami di stato. Erano molto temuti, comunque la nostra incoscienza giovanile ci portò ad affrontarli senza grandi ansie. In realtà, io fui rimandato in filosofia, una cosa oggi inconcepibile perché se uno è maturo è maturo. I docenti pretendevano che fossimo preparati in tutte le materie e la mia docente di filosofia, una professoressa napoletana, giudicò la mia preparazione troppo mnemonica. Certo poteva anche essere vero, visto che la filosofia non è mai stata all’apice dei miei pensieri e dei miei interessi. Le dissi: «Ma se mi boccia, mi dovrà bocciare anche a settembre. Come farò a recuperare?». Con il professore di storia e filosofia Carlo Gentile, si discuteva molto, negli anni precedenti: era l’unica nostra scuola di vita al Liceo “Lanza”. Forse si studiava un po’ meno, ma si veniva valutati per quello che si era capace di dare, di affrontare e di risolvere nei discorsi e nei ragionamenti. Gentile interpretava la filosofia come qualche cosa che ci doveva aiutare a capire. Non dovevamo sapere per benino il pensiero di Kant, perché con il pensiero di Kant o senza si poteva sopravvivere lo stesso: per Gentile importante era il metodo. E ci dette un ottimo metodo. Ma ci fruttò la bocciatura in filosofia... Nei primi anni dopo la guerra, si avvertiva l’orientamento politico degli insegnanti? Al Liceo la politica era completamente bandita: noi l’abbiamo scoperta dopo. Il “Lanza” quindi non ha inciso nella sua scelta di impegnarsi in politica? No. Intanto perché in politica io mi sono impegnato molto tardi. La mia vita è stata un po’ particolare, è come se avessi vissuto tutti gli eventi importanti in differita: ero troppo giovane o troppo adulto. Nell’infanzia ho visto la guerra con gli occhi di un bambino di cinque sei anni; la politica che nasceva tumultuosa l’ho vista sempre con gli occhi di un fanciullo. Furono molto importanti, me ne accorsi dopo, quei cartoncini che venivano distribuiti ai comizi Testimonianze del 1946 e del 1948. Il Partito comunista distribuiva immaginette, sul retro delle quali si raccontava di personaggi come Salvatore Giuliano: erano lezioni di storia contemporanea. Mi piaceva ascoltare i comizi, soprattutto quando c’erano oratori bravi, ma ero sempre molto piccolo, avevo dieci, undici anni. Poi venne una specie di ovattamento. L’unico posto di ritrovo per i bambini fu l’oratorio della parrocchia. L’interesse politico scemò. Io non ho vissuto neppure il sessantotto. Non sono stato un “figlio dei fiori”. Nel 1964 tornai a Foggia, dove ho mantenuto il contatto con l’università. L’impegno politico è venuto dopo. Giunge un momento nel quale non si può restare chiusi in un determinato ambiente, ma si deve uscire e porsi in prima fila. Barbara DE MIRO D’AJETA Frequentai il Liceo “Lanza” dal 1960 al 1964 e ne conservo un ricordo sapido e nitido. Erano i tempi del preside Regina, che vigilava con rigore sull’ingresso di noi studenti: io, insonne cronica, spesso mi addormentavo all’alba e mi era molto difficile arrivare a scuola in orario al mattino. All’inizio subivo i puntuali rimproveri del preside, ma alla fine lui si era rassegnato ai miei ritardi e non mi diceva più nulla, limitandosi a segnalare con un cenno del capo che potevo entrare in classe. Dopo un ginnasio in cui, assorbita dal latino e dal greco, rischiai in quarta di essere rimandata in matematica, ebbi accesso al corso B del Liceo, dove insegnavano docenti della caratura di Maria Onorato, della Gentile Lapalorcia, della Sepe, che per prima ci parlò di politica in classe, accennando al caso Mattei. Negli anni precedenti al mio ingresso al ginnasio io, mio padre, mia madre e mia 333 sorella ci recavamo puntualmente a fare gli auguri al preside Regina per sant’Antonio. A casa del Preside si riunivano per l’occasione vari docenti, colleghi di mio padre, che vi insegnava storia e filosofia. Si mostravano affettuosi con me e mia sorella, ancora bambine ed era come se aspettassero con ansia di diventare nostri insegnanti. Ricordo il sapore dell’ottimo gelato, che in quella ricorrenza era di prammatica. Nei primi anni sessanta insegnavano al Liceo anche Vivoli, de Caro, Carlo Gentile, che aveva curato la prefazione del mio primo volume di versi, edito alle soglie dell’adolescenza. Conobbi molti di questi docenti, perché amici di mio padre. Questi, scherzando, era solito dire che io attuavo, sul piano ideologico, un sincretismo singolare, avendo conquistato la massoneria, nella persona di Carlo Gentile, il cattolicesimo, nella persona di Gerardo de Caro e il marxismo, nella persona di Sabino Vania, docente di francese nel ginnasio e uomo politico in vista di Foggia. Ricordo il bidello Scocca, così serio e imponente che sembrava fare le veci del preside, e altre bidelle che piansero, abbracciate a me, con la segretaria e la professoressa Onorato, quando mi congedai dal Liceo, dopo la maturità. Invidiavo gli allievi e le allieve del corso C, che, appartenendo all’unica classe mista del Liceo, apparivano molto più lieti di noi del corso B e, godendo di docenti più spigliati e aperti, come la Pennacchio, Carlo Gentile e l’austero filologo Paoletta, avevano come una marcia in più. Di due delle mie compagne di classe, Lucia De Angelis e Rosalia Diviccaro, so con certezza che sono morte giovani in incidenti stradali. Ne soffrii molto. Queste morti premature fanno contrasto in un modo bruciante con la spensieratezza, i sogni, le illusioni di quegli anni, il caro Leopardi, il veemente Lucrezio, il dolcissi- 334 Il Regio Liceo Lanza RITROVARSI 50 ANNI DOPO «La lunga storia del Liceo Classico è soprattutto la storia dei suoi ex allievi; giovani che, passando tra i banchi e le aule di questa storica scuola, hanno successivamente costruito il loro futuro umano e professionale. A tutti gli ex allievi chiediamo di farsi sentire, di darci notizie della loro vita e di farsi... ricordare. Abbiamo tanti progetti da condividere con loro». L’invito, rivolto dal dirigente scolastico Davide Leccese a tutti coloro che hanno frequentato il Liceo “Lanza”, è stato accolto da un’intera classe. Il 6 dicembre la III B del 1952-1953, a cinquanta anni dal conseguimento della maturità, si è ritrovata ed ha incontrato qualche docente dell’epoca. L’incontro è stato organizzato dalla professoressa Bianca Maria Granata. Delle trentuno “maturate” della terza B oggi sono rimaste in ventotto. Sono sparse in tutta Italia: due a Milano, cinque a Roma, tre a Bari, una a Taranto, diciassette sono a Foggia. Venti si sono presentate al rendez vous dove hanno incontrato tre docenti della loro classe: la professoressa di scienze Chiara Sepe de Francesco, ultracentenaria; la professoressa di storia dell’arte Lina Cucci, il professore di lettere Carmine Gargiulo. Un poster, ricavato da una delle due fotografie di gruppo del lontano 1952-1953 custodite dall’ex allieva Caterina Molinaro, è stato posto nel corridoio del “Lanza”. Gli studenti di oggi hanno festeggiato le “vecchie leve”, recitando brani scelti ed eseguendo pezzi musicali al violino. RaiUno ha trasmesso momenti di questo “Giorno speciale” ne La vita in diretta. «Rivedersi e risentirsi dopo cinquant’anni – racconta la professoressa Maria Bianca Granata – ha annullato il passato, divenuto ormai un album da sfogliare nei momenti di solitudine. Ricongiungere tante compagne, riallacciare i rapporti con i nostri docenti come se non ci fossimo mai lasciati, è stato un fatto emozionante. Ha dato a tutti noi delle bellissime sensazioni, che abbiamo comunicato alle nuove leve del Liceo. Il mio ricordo è ancora vivo. C’era un rispetto enorme. Eravamo silenziose, studiose, disciplinate. Ricordo che un giorno fui messa fuori dall’aula perché ero senza il collettino bianco. Il preside Regina non voleva che i professori anticipassero i risultati degli scrutini agli studenti. Era molto severo. Ma, se fosse vissuto in quest’epoca, non so proprio come se la sarebbe cavata…». Registro della terza B 1952-1953 Ambrosio Maria, Asdrubali Claudia, Bellusci Maria Elena, Campagna Michelina Maria, Cappiello Elsa, Cappiello Irma, Caracciolo Giuliana, Ciliberto Filomena, Colacicco Maria, Colavita Luciana, Corazza Rosetta, De Meo Maria, Di Biase Costanza, Di Conza Maria Rosaria, Farina Margherita, Franchini Anna Giovannina, Franchini Maria Vincenza, Gentile Lucia, Granata Bianca Maria, Ligrani Lucia, Marasco Livia, Mari Giovanna, Molinaro Caterina, Paradiso Francesca, Pedone Anna Giovanna, Pepe Rosa, Rendinella Maruska, Ricci Concetta, Schinaia Testimonianze 335 Foggia, 6 dicembre 2003. Venti ex alunne della terza B si sono ritrovate dopo mezzo secolo per festeggiare il cinquantesimo della maturità. Hanno partecipato anche due loro insegnanti: Lina Cucci, anni 87; Carmine Gargiulo, 83 anni. In alto. Chiara Sepe de Francesco (102 anni), insegnante di scienze del “Lanza” fin dagli anni trenta, con l’ex allieva Bianca Maria Granata. La terza B nei primi anni Cinquanta. Docenti e Presidi del “Lanza” Organico pesonale docente (1936-1942) ed alcune biografie Anno scolastico 1936-1937 Ciccimarra Concetta, de Caro Gerardo, de Francesco Chiara, de Lauro Anna, de Simone Dora, Di Maggio Luigi, Gramazio Maria, Guerrieri Matteo Luigi, Iorio Giovanni, Marangelli Oronzo, Marchione Giannina, Mastelloni Michele, Palazzo Maria, Pesce Bartolomeo, Quatela Francesco, Quitadamo Michelina, Testa Michelangelo. Anno scolastico1937-1938 Aragona Mario, Castellari Ciccimarra Concetta, Ciliberti Onorato Maria, de Caro Gerardo, de Francesco Chiara, de Lauro Anna, de Simone Dora, de Virgiliis Beniamino, Gramazio Maria (greco II liceo), Guerrieri Matteo Luigi (latino e greco III liceo), Iorio Giovanni, Lauriola Biase, Marangelli Oronzo, Marchione Giannina, Mastelloni Michele, Palazzo Maria, Quatela Francesco, Quitadamo Michelina, Rossi Giuseppe, Testa Michelangelo, Visco Ferrante Egeria. Anno scolastico 1938-1939 Aquilino Mario, Beccia Anna, Castellano Ciccimarra, Ciliberto Onorato Maria, de Capua Carmine (Cultura Militare V A e V B ginnasio), de Caro Gerardo, de Francesco Chiara, de Lauro Anna, de Simone Dora, de Virgiliis Beniamino, Di Maggio Luigi, Galluzzo Domenico, Gramazio Maria, Guerrieri Matteo Luigi 338 Il Regio Liceo Lanza. Appendice (Preside, insegna italiano e latino nella classe II B liceo), Iorio Giovanni, Luisi Renato, Marchione Giannina, Mastelloni Michele, Mele Lino (insegna Cultura Militare al Liceo), Melillo Michele, Moretti Amelia, Palazzo Maria, Perna Francesco, Quatela Francesco, Quitadamo Michela, Rubini Laura, Rucci Francesco, Sica Anna, Testa Michelangelo, Visco Ferrante Egeria. Anno scolastico 1939-40 Anzano Vincenzo (puericultura nelle classi II e III A del liceo), Balbi Aniello, Brandolini Ester; Ciaccia M. Giuseppe, Ciliberto Onorato Maria, de Miro Vittorio, de Simone Dora, Di Taranto Italia, Donatelli Dino, Fierro Annita, Galluzzo Domenico, Gramazio Maria, Guerrieri Matteo Luigi (preside, insegna greco in I liceo, latino in II e III liceo del corso B), Guidilli Emilio (puericultura in VA), Iorio Giovanni, La Medica Emma, Luisi Renato, Mastelloni Michele, Matera de Lauro Anna, Mele Lino, Melillo Michele, Molinari Moretto Amelia, Palazzo Maria, Pascarelli Quitadamo Michela, Perna Francesco, Quatela Francesco, Rosiello Antonio, Russo Nicola, Salcuni Maria, Sepe de Francesco Chiara, Strollo Elio, Testa Michelangelo, Venga de Baggio Desdemona, Visco Ferrante Egeria. Anno scolastico 1941-42 Checchia Claudio, Ciaccia Giuseppina, Ciliberto Onorato Maria, Collarile Paolina, Cucci Lorenzo, de Filippis Chillemi Amelia, de Girolamo Lucia, de Virgiliis La Medica Emma, Donatelli Dino, D’Oria Arnaldo, Fierro Annita, Gentile Carmela, Ghionda Maria Stella, Grillo Giuseppe, Iorio Giovanni, Luisi Renato, Matera de Lauro Anna, Mele Lino, Melillo Michele, Molinari Moretto Amelia, Pietroniro Amato, Quatela Francesco, Roberti Alma, Russo Guerrieri Olimpia, Salcuni Pasquale, Saponiero Filomena, Sepe De Francesco Chiara, Testa Michelangelo, Tranchida Giuseppe. Docenti e Presidi del Lanza Don Renato LUISI Renato Luisi nacque a Castelluccio Valmaggiore il 31 ottobre del 1903, nono degli 11 figli di Pasquale Luisi e Clorinda Barile, insegnanti elementari. Il vescovo di Foggia lo inviò a Salerno a frequentare la V ginnasiale; completò il liceo classico e gli studi teologici presso il Seminario Regionale di Posillipo, a Napoli, cui era affiancata la Facoltà Teologica dei Gesuiti. Fu stimato e apprezzato dai superiori. Il 10 agosto 1927 fu ordinato sacerdote da monsignor Farina che gli affidò l’incarico di riorganizzare e rivitalizzare il seminario di Troia. Dal 1933 a Foggia don Luisi animò il circolo cattolico “Manzoni”: l’associazione, che per 25 anni aveva tenuto viva l’anima del cattolicesimo foggiano, cessò di esistere nel 1935. Don Luisi curò quindi l’organizzazione della nascente Fuci, di cui fu nominato assistente nel 1935. Durante la seconda guerra mondiale, la sede della Fuci divenne un punto di riferimento per tutta la società foggiana: supplì alla mancanza di circoli e di sale di riunione (tutti i locali pubblici, cinema, teatri, erano stati requisiti dalle truppe alleate che per quasi tre anni occuparono la città). I giovani universitari cominciarono a dibattere sui concetti di libertà e democrazia. La Fuci recepì queste istanze, indirizzandole verso gli ideali cristiani, e dando contenuto spirituale a quella ispirazione vaga ed incerta che gli studenti avvertivano, dopo le tristi esperienze di guerra. Nello stuolo dei fucini si distinsero Michele e Maria Vaccaro, Carlo e Maria Teresa Forcella, Vito De Filippis, Gaetano Caricato, Dino Fiore, Felice Minichetti, Tullio Fares, Pasquale D’Angelo, Franco Galasso, Tanino Sdanga, Ciro Pagliara, Silvio Nobili, Pompeo Balta, Gerardino Cela, Giuseppe Marciello, Berardino 339 Tizzanì, Franco Quarta, Salvatore Casiello, Aurelio Aldini, Pasquale Occhionero, Tonietto Matrella, Sandro Palumbo, Pasquale ed Aldo De Troia, Mario Fasano, Ciccio Valenza e Luigi Fatigato. Molti di essi avevano frequentato il Liceo-ginnasio “Lanza”. Come vicario generale della Diocesi (1943 1948), Don Luisi avallò una serie di proposte di alto respiro. Numerose iniziative furono proposte alla Città, da quelle religiose a quelle ricreative (partite di calcio, gite turistiche, ritiri spirituali, rappresentazioni teatrali) a quelle culturali, letterarie, scientifiche, ai dibattiti politici incentrati sullo studio dell’Umanesimo Integrale di Jacques Maritain, di Peguy, del personalismo comunitario di Mounier e dei classici della sociologia cristiana. La Fuci di Foggia promosse il confronto ed il dibattito, un clima di tolleranza e di liberalità, e fu quasi un’eccezione in un momento di accese polemiche ed aspre lotte politiche. Ciò fu merito di Don Luisi. Dotato di una personalità carismatica, alla solida dottrina teologica unì un’indiscussa cultura. Nel febbraio del 1958 realizzò un sogno concepito tra le rovine del dopoguerra: aprì a Siponto “La Stella Maris”, una colonia permanente per i figli dei braccianti. Solcò l’Atlantico varie volte, alla ricerca dei fondi necessari. Di ritorno da questi frequenti viaggi, trasmetteva agli amici foggiani i ricordi e gli apprezzamenti degli americani per alcuni grandi interpreti della musica italiana: da Caruso a Gigli, da Verdi a Giordano a Puccini, da Toscanini ad Arturo Benedetto Michelangeli. Affermava, con un pizzico di ironia, che «il messaggio in lingua italiana che più entusiasmava gli americani era il linguaggio universale della nostra musica». Fu nominato vescovo della diocesi di Bovino da Giovanni XXIII. Rimase titolare per 340 Il Regio Liceo Lanza. Appendice soli tre anni, lasciando dietro di sé una grande ereditá spirituale. A Bovino acquistò l’antico castello ducale dei Guevara, destinandolo ad attivitá pastorali e scolastiche. Ma anche nella Diocesi di Nicastro don Renato Luisi si rese promotore di iniziative singolari: la “scuola rom” fu la prima in Italia. La televisione nazionale trasmise la cerimonia di inaugurazione. In questo quadro di sogni coltivati e realizzati, va inserita la rinuncia alla sede vescovile di Nicastro per recarsi in missione in Brasile, in una delle zone più disagiate: l’Amazzonia. Don Luisi, all’età di 65 anni, nella missione “Candido Mendes” realizzò un asilo per 250 bambini dedicato alla Madonna dei Sette Veli: un’opera monumentale, inaugurata nel 1970, frutto della generosità del gruppo di “Amici del Brasile”. La sua vita missionaria fu interrotta da una rara malattia tropicale che lo costrinse a rientrare in Italia. Don Luisi attribuì una straordinaria importanza alla stampa, ed in generale alla diffusione delle informazioni: nel 1944-1945 promosse il periodico cattolico “Il Popolo Dauno”, “Il Progresso Dauno”, “Orizzonti Nicastresi”, ed infine “Risveglio” e “Nuovo Risveglio”, un periodico diretto da Gaetano Matrella dal 1975 al 1989. Intrecciò rapporti con uomini illustri del suo tempo: da Monsignor Montini (futuro Paolo VI), ad Aldo Moro, che conobbe nella Fuci di Bari. L’amicizia con il cardinale Dom Helder Camera, vescovo di Recife (che denunciò il problema drammatico della miseria in Brasile affermando: «La miseria è un insulto a Dio»), era fondata su una condivisione coraggiosa e profonda di ardite posizioni sociali. [MATRELLA G., “Chiesa e società nel Novecento”, in Presenza cattolica in Capitanata, a cura di V. ROBLES, Atti Giornate di studio 31 marzo-1° aprile 2003, Claudio Grenzi Editore, Foggia, 2004.] Gerardo DE CARO A partire dagli anni Cinquanta molti personaggi noti iniziano a confessare pubblicamente la loro devozione per Padre Pio. Tra i primi politici a pronunciarsi in suo favore ci fu Gerardo de Caro. Aveva conosciuto Padre Pio, per caso, nel 1944, quando era docente del Liceo “Lanza” di Foggia. De Caro, esponente di spicco della Democrazia Cristiana degli anni Cinquanta, eletto deputato, fece parte dell’Assemblea Costituente. Insieme all’onorevole Vito Galati, lottò per cercare di salvare l’Italia rurale dall’industrializzazione selvaggia, sostenendo una riforma agraria che non penalizzasse troppo il lavoro dei campi e la classe contadina. I due deputati Dc divennero figli spirituali di Padre Pio: da lui ricevettero consigli per migliorare il loro impegno politico. Al frate, già da allora in odore di santità, stavano a cuore le classi più deboli, i contadini e gli agricoltori, la vecchia e cara Italia rurale da cui egli stesso proveniva. Considerava i contadini una “progenie” da difendere a tutti i costi, ritenendo che l’unica vera potenziale ricchezza economica per tutta la Nazione fosse il settore primario. Agli inizi degli anni Cinquanta, Gerardo de Caro scriveva nel suo diario: «Il Padre ha firmato per la terza volta, in modo chiaro ed inequivocabile, il mio compito: devo attendere alla riforma agraria! Il Padre ha pregato per l’interpellanza parlamentare... (Quando tu parlerai, parlerà lo Spirito Santo!) ». I punti cardine della bozza de Caro-Galati, che avrebbe dovuto ispirare la nuova riforma agraria, erano i seguenti: 1. La terra è del proprietario e il suo diritto non va mai cancellato; Docenti e Presidi del Lanza 2. Vi sono però dei casi in cui il proprietario vien meno ai suoi doveri, il primo dei quali è quello della miglior produzione a vantaggio di tutta la collettività; 3. Quando il proprietario non conduce la sua terra com’è suo dovere, interviene lo Stato, non gliela sottrae come proprietà, ma la dà in coltivazione al contadino, il quale la coltiva e dà al pro- Gerardo de Caro 341 prietario tanto quanto egli ricava già dalla terra, e lo dà in natura. Così viene aumentata la produzione e lo Stato non si grava di funzioni e di pesi finanziari che non sono i suoi, ma rispetta il principio di proprietà ed aumenta la produzione per il “bene comune”. 4. Il proprietario può vendere la terra, tenendo conto dei miglioramenti apportati dal contadino. Può vendere i suoi di- 342 Il Regio Liceo Lanza. Appendice ritti, considerando la terra allo stato in cui era al momento dell’entrata del contadino per la coltivazione. La difesa dell’agricoltura ad oltranza da parte dei due esponenti di spicco della Democrazia Cristiana dette molto fastidio, e non soltanto alle alte sfere vaticane. Nasceva dalla base, dall’interno dei quadri meridionali, per contrastare ciò che era la linea decisa dalla direzione centrale della Dc. De Caro scriveva ancora nel suo diario: «La sete di Potere sta snaturando ogni principio cristiano... E’ indubbio che la nostra azione e il pensiero di Padre Pio sulla giustizia sociale, per i diritti dei più deboli, dei contadini e per tutta la questione agraria, turba, e non poco, le decisioni già prese dal Partito... siamo soli, cosa potremmo mai fare? Saremo schiacciati...». Alludeva alla decisione della Dc di appoggiare uno sviluppo più forte per favorire l’industrializzazione del Meridione, un’industrializzazione che, di fatto, penalizzò la classe contadina e agraria. L’onorevole de Caro nel 1953 fu estromesso dal partito per non essersi allineato alle scelte politiche nazionali. Fondò, con il giornalista Vittorio Colabella, il Partito cristiano militante, che fu sconfitto dall’imponente macchina elettorale della Dc. Identica sorte toccò a Vito Galati. La strategia dell’industrializzazione “forzata” della Capitanata troverà la sua ufficializzazione negli anni Sessanta-settanta con epicentro industriale in Manfredonia (Enichem) e turistico sul Gargano, ad opera delle Partecipazioni statali allora imperanti nella strategia del Governo. Artefice di tale processo fu il deputato della Dc Vincenzo Russo, mentre il contemporaneo onorevole De Leonardis fu il portavoce delle istanze dell’agricoltura, prevalentemente dalla parte dei proprietari terrieri. [Cfr. A. BRUZZI, Due deputati per il frate. http:// art.supereva.it] Carlo GENTILE Nato a Foggia nel 1920, frequentò la prima ginnasiale al “Lanza” nel 1930-1931. Conseguì la maturità con la brillante media dell’otto, nell’anno scolastico 1937-1938. Nel 1949-1950 lo troviamo tra i docenti e nel 1974-1975 nel consiglio di presidenza del Liceo foggiano. Si era laureato in filosofia a Napoli alla scuola di Antonio Aliotta. Il fascismo doveva aver suscitato in lui qualche entusiasmo. Nel 1940 aveva pubblicato un opuscolo, La filosofia del fascismo, Guf, Foggia 1940, in cui si soffermava sul «valore trascendente ed eterno» del fascismo: valore eterno che qualche anno di storia avrebbe spazzato via. Nel 1945 fu affiliato alla Loggia «Pietro Giannone», avviando un percorso che lo porterà ai vertici del Grande Oriente d’Italia: dal 1967 al 1970 sarà Gran Sorvegliante, dal 1973 al 1976 Grande Oratore, dal 1976 al 1978 Gran Maestro Aggiunto. Studioso, saggista, bibliofilo, dalla pubblicazione delle sue opere partì la scalata dell’editrice foggiana Bastogi, che individuò nell’esoterismo massonico un punto fermo per la propria attività. Dopo la sua morte, i familiari hanno donato i suoi libri e i manoscritti alla Biblioteca provinciale, che ha creato il Fondo Gentile. Il Fondo Capitini, presso l’Archivio di Stato di Perugia, contiene dieci scritti di Gentile, tra lettere, cartoline postali, biglietti da visita. Le lettere a Capitini partono dal 1951, ma l’incontro tra i due intellettuali risale a qualche anno prima. Carlo Gentile, valdese, fu tra i relatori del terzo Congresso Nazionale per la Riforma Religiosa, tenutosi a Roma nell’ottobre del Docenti e Presidi del Lanza 1950. Il suo contributo, pubblicato in opuscolo dallo Studium Fridericianum, era centrato sul tema della preghiera. Gentile ebbe il compito di diffondere le proposte ed i materiali del Movimento in Capitanata. In un biglietto, senza data ma probabilmente del 1951, lamenta l’impossibilità di muoversi perché impegnato negli esami e chiede a Capitini di inviare stampati e manifesti al professor Carlo Palmeri ed alla Società Dauna di Cultura. Questa, creata nel 1947 da Mario Simone, doveva essere il centro diffusore del Movimento tra gli intellettuali di Capitanata. Le opere principali di Carlo Gentile, tutte pubblicate dalla casa editrice Bastogi di 343 Foggia, sono: Alla ricerca di Hiram. I tre gradi della Libera Muratoria; L’altro D’Annunzio; Saggi massonici di poesia. Giovanni Pascoli; Il mistero di Cagliostro e il sistema egiziano; Giuseppe Garibaldi. È evidente l’influenza di Capitini (fondatore della Società Vegetariana Italiana) sulla scelta vegetariana di Gentile, una delle tante vie per attuare la non violenza e per muoversi verso una nuova realtà, teorizzata come “compresenza”. [A. VIGILANTE, Due intellettuali per la riforma religiosa, Aldo Capitini e Carlo Gentile, in “Carte di Puglia”, Ed. Il Rosone, Anno III, n.1, 2001; a cura di G. CRISTINO, Il magistero di 344 Il Regio Liceo Lanza. Appendice I Presidi dall’istituzione ad oggi ed alcune biografie Michelangelo d’Atri, 1867-1868 Ulrico Martinelli, 1914-1915 Ambrogio Marcangelo, 1868-1875 Carlo Salsotto, 1915-1917 Pasquale Fuiani, 1875-1884 Ulrico Menicoff, 1917-1921 Domenico Tamburrini, 1884-1887 Francesco Fava, 1921-1922 Stefano Basso, 1887-1888 Giuseppe Modugno, 1922-1932 Pietro del Zotto, 1888-1890 Giuseppe Marchese, 1932-1937 Pietro Lucattelli, 1890-1891 (f.f. p.) Matteo Luigi Guerrieri, 1937-1943 Enrico Romano, 1891-1894 Giovanni Iorio, 1943-1944 (f.f.p.) Gian Domenico Belletti, 1894-1895 Antonio Regina, 1944-1967 Carlo Canilli, 1895-1896 Michele Melillo, 1967-1975 Giuseppe Morello, 1896-1897 Matteo Lamedica, 1975-1976 Gabriele Ayroldi, 1897-1905 Vittorio De Miro d’Ajeta, 1976-1982 Francesco Muciaccia, 1905-1906 (ffp) Giovanni Luzzi, 1982-1990 Gerolamo Rozzolino, 1906-1912 Maria Antonietta Liguori, 1990-2000 Antonio Messeri, 1912-1914 Davide Antonio Leccese, dal 2000 Ambrogio MARCANGELO Nativo di Troia, già rettore delle Scuole Pie di Foggia, una delle più insigni case degli Scolopi in Puglia, nel 1868 fu nominato, oltre che preside, rettore del convitto “Lanza”. Rimase in carica per sei anni fino al 1874. Il Villani, su La Capitanata, numero 3 anno X del 16 gennaio 1876, gli dedicò il seguente necrologio1: «Ho ricordato pur dianzi Ambrogio Marcangelo, e ripeto con tenerezza il suo nome. Egli non era foggiano, ma predilesse Foggia non meno della patria sua. Nacque in Troia, e fu uomo di vita intemerata e di profondo sapere. Foggia lo guardò con sorriso ed in Novembre 1868 lo istallò preside del Liceo “Lanza”, di cui resse la disciplina per ben sei anni. Un morbo ferale lo trascinò al sepolcro nel meglio della vita ond’egli, rassegnato alla prova estrema della sua dipartita, lasciò fra noi la memoria imperitura delle rare virtù che possedeva. Morì in Napoli nel dì 8 di gennaio 1876». autom. [Cfr. F. Villani, La nuova Arpi, cit, nota pag.186] Pasquale FUIANI Il canonico Fuiani fu insegnante del Liceo fin dai primi anni dell’apertura e preside dal 1875 al 1884, un periodo in cui la Docenti e Presidi del Lanza scuola era pareggiata ai Regi Licei. Alla sua morte il Comune di Foggia gli tributò pubbliche onoranze. Dal Registro delle delibere riportiamo il testo integrale della commemorazione avvenuta durante il Consiglio comunale del 26 settembre 1899. Indi [il Sindaco] richiamata dal Banco di presidenza ove vi era depositata giusta la relativa pratica, invita il consigliere professor Lo Campo a discutere la sua proposta fatta segnare all’ordine del giorno, relativa alle onoranze da tributarsi alla memoria del chiarissimo Prof. Pasquale Fuiani. Il Consigliere Lo Campo dice: «Troppo recente è il lutto toccatoci per la morte dell’egregio prof. Fuiani e troppo chiaro il nome che Egli ci ha lasciato, perché io possa enumerarne i meriti, che gli danno dritto alla pubblica benemerenza. È di un popolo civile onorare coloro che si sono distinti tanto nel campo del pensiero che in quello dell’azione, ed il nostro Fuiani di certo è tra i primi. Io non voglio mostrare l’acutezza e la versatilità del suo ingegno, né la sua parola facile colorita, smagliante, né il suo patriottismo in tempi difficili, ma solo mi basta richiamare l’attenzione degli onorevoli colleghi del Consiglio su questo, cioè che il più grande ideale che egli abbia vagheggiato fu quello del benessere di Foggia, pel cui incremento intellettuale, civile e morale spese oltre mezzo secolo di vita, scrivendo e parlando in una forma meravigliosa. Propongo innanzi tutto che la Strada S. Agostino ov’é sita la casa da lui abitata prenda la denominazione di via Pasquale Fuiani: che con una lapide si tramandi ai posteri il suo nome; e che le sue spoglie mortali siano da Roma qui portate a spese dell’erario comunale, qualora le condizioni familiari lo permettano e che infine si accetti e si ponga in Biblioteca un ritratto ad olio dell’illustre estinto che offre uno dei 345 suoi discepoli più affezionati, il reverendo arciprete D. Raffaele Pagliara». Il Prof. Buontempo si associa di buon grado alla proposta, e come alunno, sebbene per breve tempo, del compianto ottimo professore, e perché, trovandosi a reggere da oltre un biennio l’Ufficio della Istruzione, quale assessore, ha potuto avere agio e modo di conoscere a fondo ed apprezzare l’opera illuminata spesa dal Fuiani nei tempi passati, allorquando era a capo del nostro Istituto classico. Fa proposta però che venga nominata una commissione la quale determini le onoranze a tributarsi. L’assessore avv. della Sona dice: «Ultimo per merito della numerosa schiera dei discepoli di Pasquale Fuiani, ma non secondo ad alcuno nel tributare venerazione ed omaggio alla memoria carissima dell’insigne maestro, io mi associo con tutta l’anima alla proposta di onori fatta dai colleghi Lo Campo e Buontempo e ritengo che questo consesso, accogliendo, sarà per fare opera altamente civile, come quella che onora il nome di un illustre concittadino, il quale tanto bene merita della pratica sua come maestro e come scienziato». Il Sindaco aggiunge che egli è uno dei più forti ammiratori dell’ingegno poderoso e del sapere del Fuiani, oltre che legato allo stesso da interesse e da rapporti di antica amicizia e si onora di dichiarare che Foggia, per mezzo della sua unica rappresentanza sente imperioso il dovere di ricordare i suoi figli più eletti, fra i quali splendeva la figura di Pasquale Fuiani, la cui memoria conferisce decoro e lustro alla città nostra, e va tramandata nel marmo alle venture generazioni. Dichiara che non ritiene opportuna la nomina della commissione potendo ogni ritardo nel deliberare suonare offesa alla memoria dell’estinto. Gli dispiace però di dovere restringere le proposte delle onoranze a tributarsi alla apposizione 346 Il Regio Liceo Lanza. Appendice di un ricordo marmoreo o alla denominazione di via “Pasquale Fuiani” alla via attualmente chiamata “S. Agostino”. Ogni altra spesa, e in ispecie quella pel trasporto da Roma della salma comeché spesa puramente facoltativa, troverebbe difficoltà presso la superiore autorità. [ASCFG, Registro 2 Deliberazioni Consiglio Comunale, Delibera del 15 del 26 Settembre 1899] Carlo CANILLI Fu il primo preside del Liceo “Berchet” nell’anno 1911-1912, quando venne istituito a Milano un quarto Regio Liceo-ginnasio. Erano gli anni del grande sviluppo della borghesia e l’aumentata scolarizzazione rendeva insufficienti i tre licei classici esistenti in città (il “Beccaria”, fondato nel 1810; il “Parini”, nel 1842; il “Manzoni”, nel 1884). “Il Secolo” del 13 novembre 1911, riportando la cronaca dell’inaugurazione del nuovo Palazzo degli studi in via Commenda, cita il preside Carlo Canilli: «Stamane, l’on. Credaro ha inaugurato il nuovo Palazzo degli studi in via Commenda, sede del “Berchet”. Ad onta del tempo pessimo, si è raccolta parecchia gente ad aspettare l’arrivo del Ministro, che arrivò in automobile alle ore 9 precise, accompagnato dalle varie autorità. Dopo essersi un poco soffermato nel magnifico atrio del nuovo palazzo, si recò nella sala della presidenza dove fu ricevuto dal preside prof. cav. Canilli. Indi il Ministro, dopo visitata la segreteria, passò nel Liceo e qui classe per classe visitò tutte le aule, congratulandosi con l’architetto per la magnificenza delle sale. S’intrattenne a parlare con gli insegnanti ed interrogò anche parecchi studenti, compiacendosi poi con il preside Canilli per la disciplina della studentesca e per l’ordine delle aule scolastiche. Passò poi nella sala di riunione dei professori, si fermò nell’ampia biblioteca, nel gabinetto di fisica e di chimica. Indi si recò al Ginnasio dove ripeté le stesse visite, fatto segno alla viva simpatia degli studenti che ovunque salutarono con entusiasmo il Ministro». Il preside Canilli viene citato nella prima pagina del registro dei verbali (24 ottobre 1911) del Liceo appena istituito: «Questa mattina, 24 ott. alle ore 9, il Signor Preside (Prof. Carlo Canilli) ha convocato nel nuovo locale gl’insegnanti, che, su proposta del collegio dei Presidi già comunicata al Ministero, dovranno costituire il primo nucleo del personale del nuovo Istituto. Il programma di governo del Sig. Preside si compendia in queste parole molto semplici, molto chiare, molto significative: Eguaglianza di diritti e di lavoro per tutti. Canilli tornò alla dirigenza del “Berchet” nell’anno scolastico 1922-1923. [Cfr. L. CARDARELLI, I. CHECCACCI, G. FEDELI e M. GARELLI, sezione storia sito Liceo Berchet: www.liceoberchet.it] Antonio MESSERI Fu uno stimato studioso dell’opera di Giosuè Carducci. Trovò un carteggio inedito del poeta (18 lettere alla contessa Silvia Pisolini) e lo pubblicò con ZanichelliCappelli, Coeditori, nel 1907. Il carteggio riporta una sua lunga prefazione dal titolo Carducci e la Romagna. Messeri era stato docente di storia del Liceo “Torricelli” di Faenza. Durante gli esami di Stato fu protagonista di un singolare episodio “rispolverato” dagli attuali studenti del Liceo, autori di una pagina amarcord sul sito web dell’Istituto: «Un singolare episodio si verificò durante gli esami di licenza del 1912. Docenti e Presidi del Lanza La normativa prevedeva che i diversi argomenti che costituiscono il programma di esame fossero numerati e la sorte decidesse su quali di essi i candidati sarebbero stati esaminati. Ma il giorno degli orali delle materie scientifiche, il professor Messeri, facendo la rituale verifica, ebbe con sorpresa a constatare la mancanza di una pallina, precisamente quella recante il numero due. Messeri era sicuro che il controllo fatto al termine degli esami precedenti (due giorni prima) avesse avuto esito regolare. Da allora il sacchetto delle palline era stato custodito nella segreteria, chiusa a chiave. Si ripeté la verifica, si cercò dappertutto, ma la pallina mancava. Si provvide allora a prepararne un’altra, col numero due e la firma del Messeri, (quella scomparsa era stata siglata dal preside). Iniziarono gli esami. Quelli del primo candidato si svolsero senza sorprese. Toccò poi ad un sacerdote di circa trenta anni, che affrontò gli esami di scienze e fisica. Quando si passò ad estrarre il numero per l’esame di Matematica, il professor Messeri non seppe trattenere un moto di stupore: era stato estratto il numero due con la firma del preside Antonibon. Di fronte alle rimostranze di Messeri, il sacerdote fu colto da un tremito convulso e si accasciò sul tavolo. Gli esami furono sospesi. Il giallo fu subito risolto. Il giorno prima, il sacerdote, col pretesto di controllare i programmi, era stato introdotto in segreteria dal bidello, che si era poi allontanato lasciandolo solo per qualche istante. Il candidato aveva approfittato dell’occasione per sfilare la pallina dal sacchetto e utilizzarla durante la prova di matematica, materia in cui, per sua stessa ammissione, si sentiva impreparato su quasi per tutto il programma, eccezion fatta per il teorema di Talete (che costituiva l’argomento numero due). A rendere delicato il caso c’era il precedente che Messeri soleva 347 assumere atteggiamenti apertamente anticlericali: era stato qualche anno prima al centro di una polemica col settimanale diocesano Il Piccolo e rischiava di apparire prevenuto nei confronti del candidato. Non ci furono denunce. Il sacerdote fu interrogato in matematica su altri argomenti. Alla fine, fu rimandato ad ottobre in matematica e fisica e superò l’esame nella seconda sessione. Per il racconto completo della vicenda che vide protagonista il professor Messeri, gli studenti del “Torricelli”, rimandano a BERTONI, La pallina scomparsa, in “I quaderni delle prolusioni”, VI, anno scolastico 1968-69, Faenza, Lega, 1970, pp. 79-83. Nel sito web, gli studenti hanno inserito le immagini dell’urna, della “pallina” protagonista della storia e una “vignetta” sul professor Messeri, tratta da Lo studente (Giornale settimanale studentesco, Anno I n. 4, Faenza, 22 gennaio 1911, p. 2), con la seguente didascalia: È questo il nostro professor di storia / per più ragioni degno di memoria / che più di un libro e di una conferenza / ha fatto nella storia di Faenza. [Cfr.: www.liceotorricelli.it] Ulrico MARTINELLI Nacque a Bormio (So) il 30 maggio 1874 e morì a Varese il 24 aprile 1945. Studiò al Liceo-ginnasio “Piazzi” di Sondrio, all’Università di Bologna (allievo del Carducci) e all’Università di Pavia, ove si laureò in Lettere. Insegnò storia e geografia nei licei di Città di Castello, Oristano e Sondrio e fu preside in diverse città, fra cui Foggia. Nel 1915 fondò l’Istituto Tecnico di Sanremo. Il primo Consiglio Direttivo della Società Storica Valtellinese, eletto nella seduta del 10 settembre 1921, lo vide tra i suoi componenti. Nel 1926 Martinelli 348 Il Regio Liceo Lanza. Appendice fu preside a Varese. Assunse anche la carica di direttore del Museo Storico del Risorgimento. Numerose le sue pubblicazioni di carattere storico, fra le quali ricordiamo: L’Italia dal 1805 al 1848 – sommario storico, premio della Lettura nel 1902; La campagna del marchese di Coeuvres 1624-1627; La guerra a tremila metri. Dallo Stelvio al Gavia, in collaborazione con Luciano Viazzi. Il saggio fu pubblicato per la prima volta nel 1928, in appendice all’Annuario del Regio Istituto Tecnico “Francesco Daverio” di Varese, curato dello stesso preside Martinelli. Nel 1996 è stato ristampato dalla casa editrice Nordpress. Come si legge sul quarto di copertina, «è il riconoscimento concesso ad una pubblicazione ormai scomparsa, stesa da un uomo, Martinelli, che non fu protagonista di quelle ardite battaglie d’alta quota, ma visse in Bormio quell’esperienza di guerra. Martinelli si basa su un diario del cittadino bormiese Francesco Peloni che, per tutta la durata della guerra, raccolse le notizie che raggiungevano l’abitato, come pure registrò le impressioni prodotte dalla guerra e lo stato d’animo della popolazione in un quadro composto e prossimo ad una straordinaria obiettività». Nel 1935 Martinelli pubblicò, a Varese, La guerra per la Valtellina nel secolo XVII. Scrisse anche un’apprezzata Guida di Bormio. Antonio REGINA «Ogni nascita ha per complemento indispensabile una morte infinita. Per ogni fiore che si coglie, decine di germogli in boccio vengono condannati a morte, dalle nostre mani inconsapevoli. Così Antonio Regina scelse una parte di se stesso per la parte da vivere nei termini delle esperienze visibili, della oggettivazione sociale. Ma conservò i ricordi delle altre vite non vissute e forse ancora da vivere; e andò esponendo quelle eredità subconsce nei suoi libri, discutendo di critica letteraria e musicale con se stesso e con un pubblico lontano e invisibile. Scrisse sulla Scapigliatura di Arrigo Boito, sulla poetica popolare del Parzanese, sulla classicità aristocratica di Foscolo e specialmente su Dante». Medico, musicista e letterato, il Preside Antonio Regina si mimetizzò nella sua maschera di travet, anche se di alto profilo. Il Liceo “Lanza” si identificò nella sua figura dall’anno scolastico 1944-1945 fino al 1966-1967. Nato a Giovinazzo il 5 maggio 1899, nel 1928 si era laureato in Lettere presso l’Università di Napoli. Vinse il concorso per l’insegnamento dell’italiano, del latino e della storia nei licei; lavorò a Benevento, ad Ariano Irpino (dov’è sepolto), a Molfetta. Fu nominato preside nel 1939 ed assegnato al Liceo classico “Bonghi” di Lucera. Passò a quello di Barletta nel 1942. Nel 1944 giunse a Foggia. Il Palazzo degli Studi aveva subito danni bellici e le finestre, invece dei vetri, avevano tela catramata e tavole di abete inchiodate. Cominciarono gli accomodi e le ripuliture. Si racconta che un professore, assegnato al Liceo di Foggia nel 1949, si sentì raccomandare da un bidello: «Tenga presente che il Preside è mattiniero». Il professore si presentò alle otto del mattino, pensando di essere in anticipo. In una stanza, ricavata da tramezzi e finestroni tappati, Antonio Regina – che allora non risiedeva a Foggia e viaggiava tutti i giorni della settimana – era già al lavoro, da più di un’ora. Si lavorava ancora in mezzo ai calcinacci, alle cataste di legna e mattoni e alle correnti d’aria. Il Preside dovette rifare tutto. Dopo venticinque anni di quella ricostruzione avventurosa, paziente e condotta con tenacia nella modestia del silenzio, il Ministero Docenti e Presidi del Lanza Antonio Regina con gli studenti e durante una conferenza. 349 350 Il Regio Liceo Lanza. Appendice della Pubblica Istruzione gli conferì la medaglia d’oro di benemerenza per merito distinto. Il giornalista Antonio Pandiscia, ex allievo del “Lanza”, scrisse un necrologio sul preside Regina, che riportiamo nei passi salienti: «È morto alla vigilia della apertura dei battenti della sua scuola, quegli enormi cancelli in ferro che noi odiavamo, perché ci davano l’impressione di una prigione! Ma lui, il preside Antonio Regina, vedeva in quei neri cancelli la sicurezza del suo Liceo-Ginnasio, a mo’ di scrigno per tutto lo sciame di alunni che ogni giorno saliva le bianche scale della Scuola. Lo ricordo così, io, il preside Regina; gli occhi verdi sempre in continuo movimento, roteanti su se stessi, la testa un po’ china sull’omero sinistro, le mani che battevano con decisione ad ogni passaggio di classe. Eh, sì, con il Preside Regina ogni classe doveva inquadrarsi dinanzi a lui, prima di entrare in aula; lo si vedeva apparire dalla presidenza, ed i suoi occhi osservavano tutto e tutti: ogni cosa al posto giusto. E così, pur nella apparente severità, che non ammetteva compromessi, era intimamente buono, trovando nella cultura la dolcezza necessaria per tutti quelli che della cultura dovevano essere i futuri alfieri. Lo ricordo così, il caro Preside Regina, affabile nei momenti in cui chiedevamo giustizia, quella vera, severo quando volevamo fare i furbi. Tutto era ordine, tutto era serio: ma non era una scuola pesante il Liceo Ginnasio “Vincenzo Lanza” perché nell’amore della cultura, nello sprone delle nuove conquiste della mente, si trovava la gioia di vivere. E le immancabili marachelle costituivano una nota allegra della vita di tutti i giorni, anche se i colpevoli erano duramente puniti». La chiusa di Pandiscia è commovente: «Permetti, caro Preside che ti chieda scusa, anche a nome dei tuoi “terribili” alunni, dei risolini ad ogni tuo “unque” che costellava a mo’ di vezzo ogni tuo dire, e che per noi era l’unica rivincita alle tue continue sferzate al nostro cammino di “poveri studenti”, alle prese con la difficile arte del sapere!». [Cfr. ARCHIVIO DEL LICEO GINNASIO STATALE “LANZA” FOGGIA, Memoria di Antonio Regina. Preside dal ‘44 al ‘67, Palazzo degli Studi, MCMLXX, n. 1, pp. 4-6; pp. 45-46] Michele MELILLO Nato a Volturino il 20 novembre 1915, è morto nel 2004 a Siponto. Si laureò a Pisa nel 1938 con Clemente Merlo. Conseguita la libera docenza nel 1955, la esercitò nella Facoltà di Lettere dell’Università di Roma e presso la cattedra di dialettologia italiana dell’Università di Bari fino al 1991. Insegnò italiano e latino al Liceo “Lanza” dal 1939 al 1946, e dal 1946 al 1965 in vari licei di Roma. Fu preside del “Lanza” dal 1966 al 1975. Non si discostò mai dal suo interesse per la disciplina preferita: la dialettologia italiana. La varietà delle sedi e degli impegni assolti furono occasioni di incontri e contatti con istituti, biblioteche e studiosi, determinanti per il prosieguo dei suoi studi. Collaborò con ricercatori di diversa provenienza alla redazione dell’Atlante Linguistico Italiano. L’opera, diretta da Aron Benvenuto Terracini, intendeva registrare le condizioni linguistiche di un migliaio di comuni distribuiti su tutto il territorio nazionale. Melillo collaborò anche alla sperimentazione di un Archivio sonoro delle parlate italiane, promosso da Antonino Pagliaro e da Anna Barone, poi divenuto Archivio etnolinguistico musicale (Discoteca di Stato). È in questo ambito il volume I dialetti di Puglia, pubblicato nel 1970. Partecipò alla Docenti e Presidi del Lanza redazione della Carta dei Dialetti Italiani ideata da Oronzo Parlangeli. In seguito, confortato dalla fiducia dei suoi collaboratori diretti, Melillo preferì «aversi fatta parte per se stesso», addossandosi la responsabilità della programmazione e dell’esecuzione delle sue ricerche linguistiche. Di qui il proposito di definire la peculiarità delle parlate delle singole aree culturali attraverso l’esame di un unico testo. Redasse il Nuovo Atlante Fonetico Pugliese. Una fatica durata venti anni, dal 1970 al 1990, per sviluppare in 14 volumi le versioni dialettali della Parabola del figliuol prodigo, nella “parlata” di ben ottantadue comuni pugliesi. Metodologia seguita dai ricercatori che hanno redatto i Saggi di Atlanti Fonetici, per la regione lucana, l’area campano-molisana e il Lazio. Melillo promosse l’istituzione del “Centro Residenziale di Studi Pugliesi”, che ha indagato le condizioni linguistiche regionali. Altre sue realizzazioni sono: la Biblioteca Specialistica, con circa 20.000 volumi; il Museo Etnografico Sipontino, con 3.000 pezzi; la rivista “Lingua e Storia in Puglia” (fu redattore e direttore), di cui si contano ben 44 “quaderni”; le “Settimane Sipontine”, con relazioni su temi di ordine storicolinguistico; una guida per la ricerca e la consultazione del materiale disponibile. Una vasta produzione saggistica vide Melillo impegnato a tutto campo, con interventi su riviste specializzate e monografie. [Cfr. Michele Melillo, www.pontaniana.uni-na. it/] Vittorio DE MIRO D’AJETA Fu sindaco di Foggia dal 1956 al 1961. La rilevazione dei dati inerenti la popolazione nel periodo bellico fu effettuata dal Comune nel 1957, su sua proposta. Presidente 351 della Croce Rossa di Foggia dal 1946 al 1956, divenne Commissario straordinario della stessa negli anni ‘70. Fu anche presidente del Rotary Club dal ‘75 al ‘77. Pubblicò Il dramma del pensiero nella filosofia di Enrico Bergson, Napoli, 1963, e Intuizioni pedagogiche rosminiane, NapoliFoggia-Bari, 1969. La figlia Barbara lo ricorda così: «Fu oratore squisito (non gli sfuggiva un anacoluto), come se la vocazione all’insegnamento e alla divulgazione della cultura sovrastasse ogni suo interesse. Non v’era tema che in breve tempo non potesse trattare con ricchezza di argomenti e con la vena di ironia e di umorismo che caratterizzava le sue prolusioni. Aveva fortissimo il senso della paternità, che spiritualmente estendeva a tutti i giovani da lui conosciuti. Si narrano aneddoti legati alla sua generosità: per esempio, una volta che, essendo lui sindaco, i braccianti agricoli in rivolta andarono a reclamare armati sotto il Municipio perché non ricevevano il salario dai proprietari terrieri, non solo li accolse a braccia aperte ma diede loro la paga di tasca sua. Si ricorda un altro episodio: era sfollato con la famiglia a Novara e a Vanzone San Carlo (oggi provincia di Verbania) e fuggendo lontano dai bombardamenti di Foggia, non aveva portato con sé alcuna documentazione attestante la sua qualifica di professore. Una mattina, uscito di casa con l’umile intenzione di prestare la sua opera come elettricista, fece un tentativo di insegnare in un liceo, presentandosi ad un preside di Novara e spiegandogli quale fosse la sua situazione. Il preside gli credette sulla parola e Vittorio de Miro d’Ajeta insegnò storia e filosofia in quel Liceo». Scrive di lui Franco Galasso: «Conobbi Vittorio De Miro d’Ajeta nell’immediato dopoguerra, quando fu mio docente di sto- 352 Il Regio Liceo Lanza. Appendice Vittorio de Miro d’Ajeta con monsignor Carta. [Archivio de Miro d’Ajeta] ria e filosofia al Liceo scientifico di Foggia. La sede di questa scuola era in un vecchio palazzo di via Cairoli, il palazzo Zicari, che ora ha dato posto, nel disordinato delirio edilizio della città, ad una orrenda costruzione ad otto piani. Erano i primi passi di un Liceo che ebbe il riconoscimento di “Regio” durante la guerra e che vantava docenti di alto livello [...]. Al professor Nobili seguì il professor de Miro, che si presentò a noi con il suo aspetto di gentiluomo, circondato dall’alone di nobiltà che proveniva non solo dal suo casato, ma soprattutto dai suoi modi e dal suo tratto. Elegante e ricercato nel vestire, con una collezione di cravatte che ai primi incontri mi colpirono per la loro varietà e fantasia di colori, parlava con il suo strascicato, attraente, inconfondibile accento napoletano, muovendo appena, con un contenuto e raffinato gesticolare, le mani gentili e ben curate. Le sue lezioni erano per noi un in- canto di oratoria e di profondità di argomenti: posso dire che egli ci guidò alla scoperta di un mondo spesso negletto, ma pure così pieno di suggestioni e di scoperte e che cerca di spiegare l’insondabile pensiero e la sfuggente realtà. [...]. Diverse generazioni di giovani ebbero la fortuna di essere suoi allievi. Divenne Preside dell’Istituto Magistrale “Poerio” di Foggia, e concluse la sua carriera scolastica con la prestigiosa presidenza del Liceo classico “Vincenzo Lanza” di Foggia. Appartenne anche al Sovrano Ordine Militare di Malta. Ho lasciato per ultimo di ricordare la sua Presidenza del Rotary di Foggia perché mi pare sia stato il riconoscimento da lui più ambito per le sue qualità e per le sue attività: de Miro rotariano fu uno dei più autorevoli protagonisti della vita del Club. La sua cultura vasta ed eclettica, la sua oratoria affascinante, il suo raffinato modo di affrontare argomenti anche di particolare Docenti e Presidi del Lanza 353 DAVIDE ANTONIO LECCESE È l’attuale Dirigente scolastico del Liceo Classico “Vincenzo Lanza”, dove ha avuto la sua prima nomina come docente. Dopo la laurea in Filosofia presso l’Università degli Studi di Bari, si è sempre distinto nel campo dell’innovazione metodologico-didattica. È approdato al “Lanza” dopo un lungo iter che lo ha visto alla direzione di Istituti scolastici in varie regioni italiane, dalla Sardegna (Liceo classico “Mameli” di Lanusei in provincia di Nuoro), al Salento (Istituto Magistrale “Astore” di Casarano di Lecce), all’Abruzzo (Liceo scientifico “Luca da Penne” in provincia di Pescara) fino al rientro in provincia di Foggia, prima all’Istituto Magistrale “Roncalli” di Manfredonia, poi all’Istituto Magistrale sperimentale “Poerio” del Capoluogo. Esperto di comunicazione, insegna “Tecniche di valutazione dei comportamenti linguistici” nella Ssis (Scuola di specializzazione all’insegnamento secondario). Ha svolto intensa attività politica, come assessore alla Pubblica Istruzione e cultura del Comune di Foggia. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti, collabora su temi di cultura e problematica scolastica con emittenti televisive locali oltreché con riviste, quotidiani e siti telematici. Ricordiamo il particolare impegno per www.edscuola.it. La sua rubrica Esami di Stato è il punto di forza del prestigioso portale di Dario Cillo, sponsorizzato dalla Rcs Scuola (Rizzoli Corriere della Sera). Questo curriculum “alternativo” di Davide Leccese, così variegato di competenze, non è passato inosservato ai Ministri dell’Istruzione: dal 1989 fa parte di Commissioni ministeriali per la Riforma della scuola e per la forma zione del personale docente. Ultimamente è stato chiamato a far parte del “Gruppo dei 250 Saggi per la Riforma della Scuola” e della “Commissione per la Riforma dei programmi del liceo delle scienze umane”. È autore di raffinate sillogi poetiche, racconti e saggi critici. Tra le sue pubblicazioni: Prospettive di una nuova estetica in una società a tecnologia avanzata in “Annuario del Liceo Classico V. Lanza”, Foggia, 1972; Io ho il fiume, Foggia, 1979; È probabile, anzi certo, Foggia, 1982; “Racconti” in La penna e il sogno. Nuovi narratori di Puglia, Bari, 1986; Minime di vita, Foggia, 1988; La pagina del Lunedì, Penne (PE), 1989; Il seme delle radici, Sora (FR), 1990; Cronacastiosa, Foggia, 1991; Ti do per scontato amore, Foggia, 2002. I palazzi degli studi Porta Arpana. 356 Il Regio Liceo Lanza. Appendice I palazzi degli studi 357 PALAZZO SAN GAETANO Palazzo San Gaetano (a sinistra della piazza). Il Real Collegio delle Scuole Pie vi si insediò il 26 maggio 1804; in precedenza l’edificio era occupato dai Padri Teatini. Pagina a fianco. Pianta dell’edificio. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, autorizzazione Ministero Beni Culturali, ASFG prot. n. 3715/X del 25-08-2003] 358 Il Regio Liceo Lanza. Appendice [Archivio Barone] PALAZZO LANZA L’edificio scolastico “Palazzo Lanza” fu inaugurato prima del 1894 (la grafica dell’Ateneo è riportata in “Cento Città d’Italia”, nel numero dedicato a Foggia pubblicato in questa data). Costruito per ospitare le scuole elementari, divenne un vero e proprio “palazzo degli studi”, come è denominato in qualche cartolina d’epoca. Il pianterreno fu occupato dalla Scuola Tecnica, ed il primo piano venne assegnato al Regio Liceo-ginnasio “Lanza” e al suo Convitto. I palazzi degli studi 359 [Archivio Barone] Palazzo Lanza in una cartolina del 1920. L’ingresso del Liceo, protetto da una robusta cancellata, è “piantonato” dall’attento custode. Ai lati notiamo i lampioni a gas, nonostante la città sia già fornita di energia elettrica, come si evince dalla presenza di cavi aerei. Nel 1915 fu adibito ad ospedale militare: durante la guerra del 1915-1918, Foggia, benché lontanissima dal fronte, fu sede di reparti e installazioni militari. La sua base aerea, dove si addestravano al volo i piloti degli aerei da bombardamento “Caproni”, era frequentata anche da piloti stranieri. Tra gli americani vi era Fiorello La Guardia, il futuro Sindaco di New York, di origine pugliese. Nel 1923 il Palazzo Lanza fu destinato a Palazzo di Giustizia. 360 Il Regio Liceo Lanza. Appendice PALAZZO LANZA [Cfr. Foggia, Cento città d’Italia, Milano, 1894] I palazzi degli studi 361 [Archivio Barone] PALAZZO VESCOVILE L’edificio di via Oberdan, ex Convento di S. Domenico, fu sede del Liceo “Lanza” durante la prima guerra mondiale e nel 1923. Oggi è sede dell’Arcivescovado, della Biblioteca diocesana e dell’Istituto di Scienze religiose. È una delle più antiche costruzioni foggiane, sorta al margine della “città sveva” a partire dalla seconda metà del XIII secolo. Esternamente non presenta elementi caratteristici, tranne il portale. L’ingresso dà su un lungo portica- to, con uno scalone a destra, il cortile a sinistra e una scalinata frontale. I Domenicani furono espulsi nel 1808 e il Convento venne adibito ad abitazione per gli ufficiali del Presidio militare. Tornato in mano ecclesiastica, fu adibito a Seminario Diocesano. [Cfr. G. CRISTINO, Foggia in mostra, Un percor- 362 Il Regio Liceo Lanza. Appendice I palazzi degli studi 363 Piano della Croce con il Convento della Maddalena nell’Ottocento (disegno di H. Clerget). [In C. DE LEO, Storia e costume nelle stampe d’epoca. Foggia-1, Foggia, 2001] EX CONVENTO DELLA MADDALENA Nel 1723 Monsignor Cavalieri, a proprie spese comprò alcune case al Piano delle Fosse e le fece demolire per erigere un palazzo con annessa una chiesa sotto il titolo di Santa Maria Maddalena. L’edificio, a forma quadrata, era costituito da due piani, con un grande cortile. Al piano inferiore vi erano undici locali e due grotte per uso del Conservatorio, vi erano inoltre sei fondachi dati in fitto ai poveri. Fu anche detto Conservatorio delle “Pentite” e, quando queste ultime non vi furono più ospitate, fu trasformato in ricovero per donne oneste, e gestito da monache del Terz’Ordine Francescano. L’Istituto rimase sotto l’amministrazione di un Padre Spirituale fino al 1862, quando una legge sottrasse le corporazioni laicali all’autorità ecclesiastica. Nel 1915 fu aggregato ai Conservatori Riuniti di Foggia. Dall’anno scolastico 1923-1924, parzialmente ristrutturato, ospitò il Liceo “Lanza” fino al 1935-1936, anno del passaggio al Palazzo degli Studi. L’ex convento della Maddalena, con l’annessa chiesa, durante gli eventi bellici nel 1943, rimase gravemente danneggiato dai bombardamenti. Non fu più ricostruito. [Cfr. L. LOPRIORE, Le neviere in Capitanata, Ed. del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2003, 364 Il Regio Liceo Lanza. Appendice PALAZZO DEGLI STUDI Il Comune di Foggia, in occasione del decennale della Marcia su Roma, pubblicò Cinque anni di amministrazione fascista 1927-V-1931-IX. Come afferma in premessa Alberto Perrone, il volume intende «illustrare i risultati raggiunti», fornendo nel contempo «la visione futura» della città, con i suoi bisogni, le sue aspirazioni, le sue possibilità. «Foggia, tanto ingiustamente giudicata nel passato, è tutta un cantiere di opere e di vita, non solo opere rispondenti ai bisogni elementari del vivere civile, o che recheranno un notevole apporto alla ricchezza nazionale, come la Bonifica del Tavoliere, ma anche opere di cultura, di decoro, di bellezza. Una di queste è senz’altro il Palazzo degli Studi, che S.E. il capo del Governo volle non fastoso, ma bello. Esso va sorgendo su una vasta zona di terreno prospiciente alla Piazza XXVIII Ottobre, dove si svilupperà la facciata principale dell’edificio». Il Palazzo degli Studi sorgerà su un’area di oltre 10.000 metri quadrati, 5.800 dei quali saranno occupati dall’edificio e 4.200 dai cortili. Centocinquanta i vani complessivi distribuiti sui piani, oltre al grande atrio, ai vani delle scale, ai disimpegni e agli accessori. Ogni plesso sarà provvisto di biblioteche per i professori e per gli alunni, di sale di ginnastica e di ricreazione, di adeguati spogliatoi e bagni. Per ognuno dei diversi Istituti è prevista una sala per riunioni. Una grandiosa Aula Massima», ampia 416 metri quadrati e alta nove metri, sul fronte del Palazzo, in Piazza XXVIII Ottobre, adeguatamente decorata, oltre che per le riunioni generali scolastiche, sarà impiegata per le più importanti manifestazioni culturali della città. Nello scantinato saranno ri- cavati alloggi per i custodi, vani per i depositi e per i servizi di riscaldamento. I primi due piani dell’edificio saranno la sede dell’Istituto Magistrale, della Scuola di avviamento, del Ginnasio e del Liceo classico, del Liceo Scientifico e dell’Istituto Commerciale. All’Istituto Tecnico sarà riservato il terzo piano, che estendendosi su un perimetro più limitato, lascerà scoperte grandi terrazze «di ottimo effetto estetico ed evidente utilità pratica»1. La relazione di Piacentini 2 Scrive Marcello Piacentini, l’architetto responsabile del progetto esecutivo3: «Al problema della distribuzione generale degli Istituti si presentavano due soluzioni: l’una di collocare i vari istituti in lunghezza, l’uno accanto all’altro (come in tanti edifici per così dire addossati); la seconda di svilupparli invece in altezza in modo che ogni istituto potesse svilupparsi completamente in un piano od in una porzione di piano. L’architetto ha seguito piuttosto questa seconda soluzione come quella che, pur acconsentendo una completa autonomia per ogni scuola, ha permesso una notevole economia nella costruzione, una grande praticità della distribuzione delle aule (e quindi nella sorveglianza diretta del funzionamento scolastico), un risparmio grandissimo negli impianti sanitari distribuiti in colonna e nel numero delle scale, ed infine un maggiore equilibro architettonico nelle masse. Inoltre l’orientamento generale dell’area a disposizione con uno dei lati maggiori esposto a Nord favoriva appunto una distribuzione lineare delle aule a sud riservando invece agli altri ambienti l’orientamento verso tramontana. L’edificio risulta quindi schematicamente così composto: un corpo di fabbrica contenente gli ambienti di rappresentanza (aula I palazzi degli studi massima, Grande vestibolo, biblioteca, ecc.) su piazza Miale; due lunghi bracci di aule a corpo di fabbrica doppio, l’uno nella Via dell’Istituto Industriale, l’altro nella Via di Cerignola; due bracci minori trasversali l’uno sul Corso Roma l’altro interno, racchiudenti il grandissimo cortile semicircolare. Oltre al grande Vestibolo che con le sue doppie scale di accesso all’aula massima e a tutti i piani compreso l’ultimo nel quale trovasi l’Istituto Tecnico, altre grandi scale sono distribuite sul fronte della Via dell’Istituto Industriale, su quello del Corso Roma e su quello della via di Cerignola ed assicurano comodissimi ed esuberanti accessi alle varie scuole. Al grande cortile d’onore si accede direttamente dal vestibolo principale del quale costituisce ricca e solenne visuale di sfondo; e dal cortile d’onore un largo passaggio qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 1 COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, pp. 26-30. 2 ASCFG, cat. 10, Palazzo degli Studi, busta 127, relazione Piacentini. 3 Un progetto iniziale, redatto nel 1927 dall’Ufficio Tecnico del Comune di Foggia, prevedeva quattro piani fuoriterra: un pianterreno rialzato e tre piani superiori. L’area occupata era di m 90 x 64 = 5.760 mq: 4953,60 mq coperti e 806,40 lasciati a cortili e giardino. Il primo piano era riservato al Ginnasio, Liceo classico, Liceo scientifico e Scuola Commerciale; il secondo all’Istituto Tecnico, il terzo al Convitto per cento convittori. In totale 226 vani, tra grandi e piccoli. Il costo complessivo dell’opera ammontava a 7.800.000 lire, di cui lire 7.000.000 per i lavori a base d’asta e 800.000 a disposizione per acquisto del suolo, per sistemazione dei marciapiedi e strade intorno all’edificio, dei cortili e del giardino, e per lavori imprevisti. [ASCFG, cit., busta 754, relazione Ufficio Tecnico Progetto Costruzione Ateneo, relazione del 10 marzo 1927] 365 aperto ed assiale porta al cortile aperto a forma di U che, piantato a giardino, si presta a contenere prati e campi per la ginnastica e per il giardino d’infanzia. In generale tutte le aule sono orientate per la massima parte a Mezzogiorno-levanteponente: solo le sale per il disegno prospettano a Nord come di regola. Ogni istituto è dotato, oltre che di un numero sufficiente di aule (talvolta, come per il Liceo classico, le aule, in previsione di uno maggiore sviluppo scolastico sono leggermente eccedenti), di tutti quegli ambienti non solo indispensabili ma anche utili ad aggiungere dignità di vita scolastica e modernità di concetti. Così ogni scuola possiede locali per biblioteca e per la riunione degli alunni, aule e gabinetti scientifici, salette per i professori, la segreteria, l’archivio, la direzione. Le colonne delle latrine sono state collocate negli incroci dei vari corpi di fabbrica nei punti cioè di più facile e diretto accesso e sorveglianza. L’ampiezza dei corridoi è tale da consentire, oltre che il facile deflusso degli scolari, anche la distribuzione degli attaccapanni e quella delle vetrine contenenti il materiale didattico il quale verrà a trovarsi così sempre a immediata visione degli alunni come vogliono le più moderne regole in proposito. Ogni istituto possiede una aula (una sala) di maggiori dimensioni che potrà servire da Aula magna: e si noti inoltre che ogni istituto può avere facile e diretto accesso all’aula massima in caso di grandi cerimonie. L’aula massima poi, vastissima sala che occupa con la sua altezza di due interi piani e che è provvista di balconata, costituisce, con le biblioteche affiancate un complesso ambientale che all’occorrenza può benissimo funzionare isolato dal resto dell’edificio senza intralciare minimamente il fun- 366 Il Regio Liceo Lanza. Appendice zionamento regolare delle varie scuole. Architettonicamente l’edificio presenta massima solennità e tono di grandiosità soprattutto nel prospetto sulla piazza Miale in corrispondenza appunto dell’aula massima, i lunghi finestroni della quale sono accentuati dalle pilastrate che salgono fino al cornicione sul quale si eleva un attico. Ai lati di questo prospetto i corpi di fabbrica sulla Via dell’Istituto Industriale e sul corso Roma assumono un tono minore ma sempre dignitoso e raccolto; mentre poi lungo la via di Cerignola e nei prospetti interni l’architettura delle aule con le caratteristiche triplici finestre porta a smorzare ancor più il tono solenne per raggiungere invece l’effetto della semplicità che dà gioia e gaiezza ed invita ad un lieto lavoro. Il lunghissimo prospetto sulla Via di Cerignola è stato risolto con un digradare continuo delle masse, interrotto dalla grande torre, che mentre arricchisce la semplicità contribuisce a dare carattere all’edificio e alla strada. Semplicissima in generale la parte decorativa, fusa sempre con la funzione statica e costruttiva dei materiali e mai arbitraria. Pietre e tufi locali, intonaci grezzi, qualche scultura nei punti più salienti. Sforzo costante dell’architetto è stato quello di mostrare al di fuori quello che è l’edificio al di dentro, in modo che la destinazione della fabbrica sia intuitiva ed evidente non solo, ma anzi acquisti carattere e si valorizzi per virtù della propria stessa chiarezza». I palazzi degli studi MARCELLO PIACENTINI Piacentini (Roma 1881-1960) fu il più grande architetto del Ventennio. Personificò la contraddittorietà dell’architettura italiana del Novecento: le sue alterne fortune critiche ne furono la testimonianza più evidente. Unì, in un’impostazione eclettica, la rivisitazione degli elementi architettonici classici (archi, pilastri e colonne) a una genuina attenzione per il modernismo europeo. Massimo esponente del “monumentalismo” italiano, realizzò negli anni Trenta e Quaranta importanti opere pubbliche, commissionate direttamente dal Regime. Dal 1938 al 1942, Piacentini fu commissario generale per la progettazione dell’E42 a Roma. Nel 1941, nel piano di risistemazione che prevedeva la creazione di via della Conciliazione a Roma, diede inizio alla demolizione dell’antico quartiere noto come “Spina dei Borghi”, di fronte a piazza San Pietro. Su Piacentini la critica ha detto di tutto: molti giudizi sono datati (come la caricatura di Mino Maccari) o legati all’estrema politicizzazione del dibattito critico che ha contraddistinto fino a qualche anno fa tutto ciò che era legato al Ventennio fascista. A note stroncanti come «vissuto intorno al 1933 e morto nel 1890» del critico d’arte Renato Birilli o «lo sventratore» dell’urbanista Antonio Cederna, lo storico Mario Lupano ha contrapposto di recente la definizione di «artista costruttore della città». Indubbiamente Piacentini ha legato il suo nome alle più grandi trasformazioni urbanistiche di Roma nel corso del Novecento: Piano Regolatore (1931); Città Universitaria (1932-1935); via della Conciliazione (1936-1950); L’EUR e l’E42 (1942). Modernizzò i più importanti centri urbani ita- 367 liani; oltre alle opere romane, piazza Dante a Genova, via Roma a Torino, piazza della Vittoria a Brescia. Stefano Casciani ha affermato che di Piacentini resta insuperata l’abilità di mediatore tra politica, cultura e azione progettuale. La sua “opera costruita” è enorme, incomparabile. Non esiste un altro architetto italiano che nel Novecento abbia lasciato una così forte impronta di sé. La testimonianza più significativa resta il Palazzo di Giustizia di Milano. Piacentini lo concepì come «il più grande palazzo tra quelli costruiti dal Regime». A Foggia la sua “impronta” prestigiosa è nel monumentale Palazzo degli Studi. [Cfr. S. CASCIANI, L’architettura presa per mano, Idea Books, Milano, 1992] Prospetto di Piacentini. IL PALAZZO DEGLI STUDI 368 Il Regio Liceo Lanza. Appendice PALAZZO DEGLI STUDI La costruzione, pur ispirandosi alle moderne tendenze della tecnica costruttiva pura, «risente nobilmente di quelle superiori esigenze architettonico-decorative, derivato fulgido e immutabile della grande tradizione italiana». L’aspetto architettonico dell’edificio è intonato alla massima semplicità di linee. Esso trae i suoi maggiori effetti dal movimento delle masse e dei corpi di fabbrica. Nella facciata principale alcuni elementi architettonici verticali conferiscono alla parte principale dell’edificio «una nota di alta e geniale bellezza, uno speciale carattere di austerità». Piacentini ha saputo adattare con «profonda genialità» il progetto alle caratteristiche del suolo, traendo dalle irregolarità di questo lo spunto per la migliore distribuzione dei corpi di fabbrica. Una «felice disposizione di pianta» ha evitato corpi di fabbrica tripli, per illuminare perfettamente tutti i corridoi. L’ampio cortile d’onore, semicircolare, ed un cortile aperto con un «ridente giardino» consentono la soddisfacente distribuzione delle aule e la ventilazione di tutti i locali, mentre per l’entrata e l’uscita degli alunni sono previste varie scale, una per ogni Istituto. [Cfr. COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, p. 370 Il Regio Liceo Lanza. Appendice Palazzo degli Studi, prospetto facciata principale. Nel riquadro, il Palazzo di Giustizia di Milano. L’imponenza della facciata, associata ad un ingresso altrettanto monumentale, è la prima analogia fra il Palazzo degli Studi di Foggia e quello degli Uffici Giudiziari di Milano. Elementi comuni, una tautologia di fatto, visto che l’autore è sempre Marcello Piacentini: grandi aperture a sviluppo verticale sono costanti in quasi ogni suo intervento architettonico destinato ad edificio pubblico. Così anche il Rettorato della Città Universitaria di Roma ha un ingresso sviluppato in verticale, quasi a coprire due piani dello stesso edificio. Si tratta di una reinterpretazione moderna di quel gigantismo palladiano che segnò il fare architettu- ra in Italia per alcuni secoli prima del Novecento. Questo tipo d’impostazione (facciata e ingresso monumentale, il portico che segue), nel Palazzo degli Studi mitiga il forte impatto di chi entra. Pilastri, coperture in calcestruzzo armato, ampi lucernari “assolutamente moderni” attenuano il tono monumentale del complesso, creando spazi insolitamente proporzionati. L’impronta funzionalista si rivela negli interni: lo studio delle luci, i serramenti, i marmi compongono una grande ambientazione astratta. Gianfranco Piemontese Cortile d’onore e veduta da via Cerignola. [Comune di Foggia, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932] PALAZZO DEGLI STUDI 372 Il Regio Liceo Lanza. Appendice inL’Impresa Provera, Carrassi & C. Il progetto di Piacentini venne approvato con decreto ministeriale del 19 maggio 1930 n. 2741 ed in base ad esso il Comune di Foggia fu autorizzato a contrarre un mutuo di 8.400.000 lire presso la Cassa Depositi e Prestiti 4. I lavori vennero appaltati all’Impresa Provera, Carrassi & C. con contratto del 17 settembre 1931 reso esecutivo dalla Regia Prefettura di Foggia per l’importo di lire 4.718.670, al netto del ribasso d’asta del 21%, elevato a lire 6.668.066,94 in seguito a perizie suppletive e a varianti approvate. L’Impresa iniziò i lavori il 23 dicembre 1931. Secondo i termini del contratto doveva ultimarli in 36 mesi, il 23 dicembre 1934. Invece furono consegnati il 30 agosto 1935. A giudizio della Ditta Provera, Carrassi & C. l’organizzazione e l’efficienza del cantiere erano tali che l’opera poteva essere ultimata in un tempo minore: il ritardo superiore ai 250 giorni dipese dal Comune. Iniziate le demolizioni il 23 dicembre 1931 e avviati gli scavi il 1° febbraio 1932, dopo due settimane l’Impresa fu costretta a sospendere i lavori, in attesa delle varianti al progetto dell’architetto Piacentini. In data 8 marzo 1932, visto che la ripresa dei lavori si faceva attendere, la Ditta fece presente i possibili danni per gli scavi eseguiti e non colmati che, a causa delle sistenti piogge, stavano franando. I lavori vennero ripresi dopo 98 giorni, il 23 maggio, con la consegna all’Impresa di una nuova pianta, limitata al solo pianterreno. Non essendo state concordate tra Amministrazioni e i capi dei diversi Istituti scolastici le piante dell’edificio, il 23 settembre 1932 le fondazioni non erano state ancora ultimate. Nuova sospensione, dal 17 novembre 1932 al 24 febbraio successivo, per studiare la variante alla zona verso Corso Roma. Disposizioni sulla parte architettonica in pietra da taglio che interferiva con le strutture murarie, richieste dalla Ditta fin dal settembre 1932, furono date solo il 9 giugno 1934. Il Palazzo fu inaugurato senza le decorazioni all’Aula Massima, previste dall’architetto Piacentini con un apposito studio presentato al Comune nel gennaio 1934. A fine luglio 1935, ritenuto il costo troppo elevato, la Direzione aveva comunicato all’Impresa che tali lavori erano stati sospesi a tempo indeterminato. L’Impresa, che fin da febbraio 1934 aveva approntato i ponteggi rimasti poi inutilizzati, chiese il risarcimento delle spese sostenute5.Per i danni conseguenti ai ritardi dei lavori, l’Impresa chiese al Comune di Foggia un rimborso di 360.694,39 lire6. Nel certificato di collaudo rilasciato il 9 agosto 1937, il costo netto dell’opera fu di lire 6.704.121,377. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 4 Nel progetto dell’Ufficio Tecnico del 1927 il costo previsto per l’opera ammontava a 7.800.000 lire: 7.000.000 per i lavori a base d’asta; 800.000 per somme a disposizione dell’Amministrazione per acquisto del suolo, per sistemazione dei marciapiedi e strade tutt’intorno all’edificio, dei cortili e del giardino, e per lavori imprevisti. [ASCFG, cat. 10, cit., busta 754, relazione Ufficio Tecnico Progetto costruzione Ateneo] qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 5 ASCFG, cat. 10, cit., busta 115, 1, fasc. 71, Collegio Arbitrale vertenza fra Impresa Provera, Carrassi & C. e Comune di Foggia, pp. 23-25. 6 ASCFG, cat. 10, cit., busta 115. 7 ASCFG, busta 754. I palazzi degli studi Le lesioni e i rischi statici Pochissimi anni dopo l’ultimazione dell’edificio del Palazzo degli Studi, si ravvisò la necessità di «lavori necessari ed urgenti per la sua conservazione e per la pubblica incolumità»; si parlò di chiusura delle aule del 3° piano per «caduta di sezioni d’intonaco dai soffitti... e infiltrazioni d’acqua dal terrazzo». Furono eseguite indagini idrogeologiche, scavi in prossimità delle fondazioni e nel cortile, puntellamenti degli architravi di finestre e porte. Eppure nelle sue relazioni di quegli anni, Guerrieri non fa alcun cenno ai gravi problemi statici del fabbricato: è difficile ipotizzare che essi non abbiano condizionato le normali attività scolastiche e che il Preside non fosse a conoscenza del problema. Nell’inverno del 1939, al Comune di Foggia venne segnalato che sul terrazzo di copertura del Palazzo degli Studi erano presenti delle incrinature che provocavano stillicidio di pluviali all’interno delle aule. Durante gli accertamenti venne fatto presente che da tempo erano comparse anche «lesioni interessanti tutte le strutture murarie del fabbricato». Venne avvertita la Prefettura che interessò il Genio Civile. Dalle ispezioni eseguite dall’Ispettore Superiore del Servizio Tecnico Centrale del Ministero dei Lavori pubblici, dal tecnico del Genio Civile su mandato dello stesso Ministero e dal tecnico comunale, risultò che il fabbricato presentava numerose lesioni nei muri portanti perimetrali ed intermedi, nei solai, nei soffitti e nelle piattabande di porte e finestre. Le lesioni dei muri, in maggioranza verticali, interessavano l’intero spessore delle murature: alcune erano di lieve entità, altre più accentuate, ma tali da non superare, al momento, i cinque millimetri. Le lesioni dei solai e dei soffitti 373 erano, in gran parte, parallele ai travetti in cemento armato e interessavano tutto lo spessore del muro. Con Prefettizia 4692/ Gab. del 21 novembre 1940-XIX si comunicò che il Ministero dei Lavori Pubblici, dopo aver preso in esame la relazione sull’esito delle indagini compiute, aveva richiamato l’attenzione del Comune di Foggia sui provvedimenti urgenti di carattere immediato da adottare; il Genio Civile con nota n. 162/p.r dell’8 dicembre 1940-XIX, in ottemperanza alle superiori disposizioni, sollecitò il Comune a dare immediata esecuzione ai lavori di consolidamento: rivestivano carattere di assoluta urgenza. La spesa complessiva fu stimata in 1.680.000 lire così suddivisa: a) lire 130.000 per l’informatura dei vani esterni delle finestre e puntellatura degli architravi e delle piattaforme lesionate; b) lire 1.100.000 per la scomposizione dei pavimenti e scavo a sezione obbligata con la relativa informatura per mettere allo scoperto il calcestruzzo di fondazione, onde procedere alle iniezioni di cemento tipo 500 e successivo rinterro e rifacimento della pavimentazione, ecc. nonché per la risarcitura delle lesioni con rifacimento di sezioni di muratura, intonaci e ripresa di sezioni di attintatura; c) lire 450.000 per il rifacimento dell’intero terrazzo di copertura, con la scomposizione di campigiane e del sottostante manto di asfalto e massetto. Per portare le giuste pendenze e non gravare eccessivamente sul fabbricato, il nuovo sottofondo sarà in granulato di pomice. Sul nuovo manto asfaltino sarà effettuata la nuova pavimentazione di mattonelle di cemento. Per il perito incaricato delle indagini, l’ingegner Ungaro Celentano, le lesioni erano dovute alle fondazioni realizzate dalla Ditta in modo non conforme alle prescrizioni: il calcestruzzo messo allo scoperto nei vari 374 Il Regio Liceo Lanza. Appendice PALAZZO DEGLI STUDI Palazzo degli Studi, 23-11-1941. Puntellamento architravi delle finestre e cantiere. [ASCFG, cit., busta 115, fascicolo 2] I palazzi degli studi saggi di scavo si presentava infatti «povero di malta, di facile sgretolamento e con materiale non contrattuale». L’impresa Provera, Carrassi & C. presentò la memoria difensiva allegando una relazione del professor Attilio Arcangeli, ordinario di Scienza delle Costruzioni presso l’Università di Firenze. Questi sostenne che le lesioni erano state provocate da movimenti generali di lieve ampiezza, interessanti tutto il complesso del fabbricato e determinati da un “molleggiamento” dell’edificio sulla sua coltre d’appoggio in conseguenza di variazioni del livello della falda freatica. L’edificio aveva subito altresì effetti termici: lo provava la presenza della maggior parte delle lesioni all’ultimo piano, maggiormente esposto alle variazioni della temperatura. C’erano stati assestamenti delle strutture murarie, realizzate in fretta, senza dar loro il tempo di assestarsi e consolidarsi convenientemente prima di ricevere carichi ulteriori (fenomeno ormai frequente nelle costruzioni pubbliche, dato il breve termine che i capitolati stabilivano per l’esecuzione dei lavori). L’Impresa costruttrice, difesa dall’avvocato Figliolia, fece notare che il collaudo aveva verificato che il calcestruzzo di fondazione risultava costituito come prescritto dal Capitolato: la malta di calce e pozzolana aveva fatto sufficiente presa. Nessuna indagine seria era stata compiuta da parte del Comune di Foggia per accertare la precisa natura stratigrafica del suolo su cui posava l’edificio e il regime idrico della falda freatica sotterranea; l’indagine compiuta dal perito ingegner Ungaro Celentano sui fabbricati viciniori, quali il Palazzo di Giustizia e la Caserma Miale, era da considerarsi del tutto inutile. I suddetti fabbricati non potevano servire come termine di confronto con il Palazzo degli Studi, poiché fondati ad altezze diverse del medesi- 375 mo, e perché di costruzione meno prossima alle variazioni dei livelli idrici; altri fabbricati della zona, sui quali il perito non aveva ritenuto di rivolgere la sua attenzione, risultavano invece lesionati, quali la Banca d’Italia, il Banco di Napoli, il Palazzo degli Uffici statali (Registro), l’Istituto Industriale “Altamura”, la Casa della Gil, il palazzo del Podestà. Da parte dell’Impresa si insinuò che la perizia Ungaro Celentani, che addebitava ad essa tutte le responsabilità delle lesioni del Palazzo degli Studi, era condizionata da “un fenomeno suggestivo e preconcettuale”. Il Comune ribatté che troppi sarebbero stati i tecnici da “suggestionare”, e liquidò la questione «perché l’attardarsi nel discuterla era… poco serio sia per chi aveva lanciato una così barbina ipotesi sia per chi avrebbe dovuto confutarla». [ASCFG, cat. 10, busta 115, fascicolo 2, Controdeduzioni Regio Tribunale di Foggia comparsa conclusionale per l’impresa Provera, Carrassi & C., avvocati Ambrosio e Figliolia, contro il Comune di Foggia, avvocato Lo Re, Foggia, 10 agosto 1942-XX] PALAZZO DI VIA DE NITTIS [Archivio Barone] PALAZZO DEGLI STUDI Dopo l’occupazione del Palazzo degli Studi da parte degli Alleati, il “Lanza” fu ospitato in un palazzo di civile abitazione, al numero 7 di via de Nittis (pagina a fianco). Una soluzione d’emergenza che durò fino a marzo del 1946. Litografia. [S. DE RENZI, Elogio Storico di Vincenzio Lanza, Napoli, Stabilimento tipografico di G. Nobile, 1869] Vincenzo Lanza, scienziato e patriota Nazario Barone* Vincenzo Lanza/ di parenti umilissimi/ per la sola forza d’ingegno e di studi/ si elevò a nosologo e clinico/ non più agguagliato/ Presidente alla sua facoltà/ nel Congresso scientifico del 1845/ e deputato al Parlamento del 1848/ esulò condannato nel capo/ con indegnazione unica/ dell’universale. Così, nel più pretto stile ottocentesco, recitava l’iscrizione, apposta sul basamento della statua che il Comune di Foggia eresse allo scienziato e che campeggiava nell’omonima piazza, ora intitolata ad Umberto Giordano, sino alla fine degli anni Venti quando fu spostata nella Villa comunale per far posto al monumento ai caduti della Grande Guerra1. Vincenzo Lanza, anzi “Vincenzio” come preferiva farsi chiamare, nacque a qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp * Nazario Barone (Apricena 1949), studioso di storia militare risorgimentale, ha contribuito alla realizzazione del Museo del Risorgimento di Villafranca di Verona, inaugurato nel 1989, del quale è il responsabile storico. Per quest’opera è stato elogiato dal senatore Giovanni Spadolini, in visita al museo l’8 dicembre 1989. Nel 1998 ha curato, per conto del Comune di Sommacampagna (Vr), le manifestazioni per il 150° anniversario del 1848. Autore di numerosi articoli e saggi, è coautore dei seguenti volumi: Le Stampe del Museo del Risorgimento di Villafranca, 1986; Il Risorgimento a Villafranca, vita quotidiana e fatti d’arme, 1988; Luigi Prina e i volontari di Villafranca nelle campagne per l’Indipendenza e l’Unità d’Italia, 1848-1866, 1989; Il tricolore da Arcole all’Unità, 1999; “La vita e i tempi di Francesco Pinto”, in AA.VV., Ischitella e il Varano, a cura di T. M. RAUZINO e G. LAGANELLA, Ed. Cannarsa, Vasto, 2003. È direttore amministrativo dell’Istituto Comprensivo “Cavalchini-Moro” di Villafranca di Verona. 1 Il monumento ai Caduti, opera dello scultore Amleto Castaldi, fu inaugurato il 4 giugno 1928 alla presenza di re Vittorio Emanuele III. Alla fine degli anni Cinquanta fu spostato di fronte alla caserma “Miale da Troia”, adiacente al Palazzo degli Studi. 380 Il Regio Liceo Lanza. Appendice Foggia il 7 maggio 1784 da Filippo e da Rachele Fiore, originari di Roseto Valfortore, trasferitisi nella “futura” capitale della Capitanata perché al servizio della ricca famiglia Saggese. Compì il corso d’istruzione elementare e gli studi di filologia, filosofia e matematica nel seminario di Ariano. Nel 1800 si trasferì a Napoli e si dedicò, contro il desiderio del padre che lo voleva avvocato, agli studi di Medicina. Per forza di ingegno e di studi si distinse come eminente clinico tanto da far «... risorgere quella scuola rinnovandola con metodi sperimentali»2. A Napoli sotto la guida di valenti professori terminava il corso di Medicina e, grazie all’interessamento di un suo insegnante, il professor Cotugno, pubblicò a soli 24 anni la sua prima opera di fisiologia. In essa Lanza dimostrò come la «scienza della vita deve essere composta non solo da quella del dinamismo, ma della composizione chimica e della organizzazione dei viventi»3. Nel 1814 e 1815 fu eletto professore aggiunto nella Clinica medica dell’Ospedale napoletano degli Incurabili, attivata come cattedra dell’Università di Napoli. Nel 1815 fu nominato direttore, sempre di Clinica medica, nell’Ospedale della Pace con il grado degli altri direttori della medesima Università. Per oltre venti anni, dal 1808 al 1831, si dedicò agli studi clinici «…consacrandosi sempre al progresso delle scienze, al benessere dell’umanità, alla istruzione della gioventù studiosa» e pubblicò le seguenti opere: Lezioni di Clinica medica (1809); L’istituzione di Clinica (1811); Gli aforismi di Clinica (1814); Sulla natura dell’infezione e della febbre (1821) e il Giornale del Tifo petecchiale4. Nel 1831 fu nominato professore titolare della seconda cattedra di Medicina pratica dell’Università e, nell’assumere l’incarico, dichiarò che si sarebbe tenuto sempre lontano da ogni empirismo e «... da questa che chiameremo sua professione di fede mai il Lanza si discostò»5. Durante l’epidemia di colera del 1836-1837, fece parte di varie commissioni che studiarono provvedimenti curativi e preventivi. Cessata l’epidemia che tanti lutti causò nel regno6, il Lanza tornò ai suoi studi prediletti e pubblicò il suo più importante lavoro: Nosologia positiva, opera in cinque volumi che qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 2 AA.VV. Foggia, in “Le cento città d’Italia”, supplemento mensile illustrato de “Il Secolo”, dispen- sa 85, Milano, 1894, p. 6. G. GIUCCI, Notizie biografiche degli scienziati italiani formanti parte del VII congresso in Napoli, Tip. Lebon, Napoli, 1845, p. 89. Anche in quest’opera il Lanza è riportato con il nome di Vincenzio. 4 G. GIUCCI, Notizie, op. cit., p. 89. 5 Ivi, p. 90. 6 Il colera in Italia entrò per la prima volta dal Gargano. Fu importato nel settembre 1836 da un pescatore di Rodi reduce dall’Oriente. Il suo cadavere, non conoscendosi il male, fu sezionato e il medico settore, Domenico Angelicchio, ne fu contagiato. L’epidemia colerica del 1836-1837, nella sola provincia di Foggia, causò 11.158 morti su circa 27mila casi. [Cfr. M. VOCINO, Lo sperone d’Italia, Ed. Scotti, Roma, 1914, pag. 137] 3 Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 381 vide la luce tra il 1841 e il 1845, accolta con estremo interesse nel mondo medico di allora, perché diretta a sottrarre l’arte curativa dal dominio degli ipotetici e degli empirici, come ampiamente registrò la stampa dell’epoca. Non partecipò, per l’esteso esercizio della sua professione, ai congressi scientifici tenutisi in quegli anni in Italia7, mentre nell’autunno 1845 fu eletto presidente della sezione di Medicina. Fu socio ordinario di numerose accademie e componente della Commissione medica nazionale e dell’Istituto vaccinico. La sua provenienza sociale, era figlio di due umili servitori, e lo stare a continuo contatto con le umane sofferenze, maturarono in lui una coscienza politica sinceramente liberale, che non esitò ad esplicare in occasione dei rivolgimenti politici e sociali del 1848. Quell’anno tutta la penisola era in fermento e i vari sovrani furono costretti a concedere carte costituzionali8, cioè una serie di autolimitazioni del loro potere nei confronti dei sudditi. Il 18 aprile si tennero in tutto il Regno delle Due Sicilie le votazioni per eleggere i deputati al parlamento nazionale e l’insigne medico non ebbe difficoltà ad essere eletto a Napoli, da anni sua città di adozione9. Fu nominato, inoltre, vice presidente della Camera dei deputati. Nei primi giorni di maggio del 1848, i deputati napoletani erano alle prese con la formula del giuramento relativa al loro mandato parlamentare. Tra loro c’era chi non voleva giurare fedeltà al re, altri che deploravano l’accenno alla religione cattolica come unica dello Stato, mentre la parte più radicale voleva addirittura che l’assemblea si trasformasse in Costituente e potesse, in pratica, cambiare anche la forma di governo da monarchica a repubblicana. Questo non poteva certo trovare d’accordo il re, che aveva “concesso” la Costituzione ed assisteva agli avvenimenti anche con l’intenzione di rinunciare il meno possibile alle prerogative sovrane. Nelle funzioni di vice presidente dell’assemblea, il Lanza più volte affermò che «... il re è una sola persona; ma noialtri, benché non siamo che cento, siamo qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 7 Nella prima metà del secolo XIX si tennero in varie città italiane importanti congressi scientifici; il primo si tenne a Torino nel 1839. [Cfr. P. De Luca, I Liberatori, Bergamo, 1909, p. 42] 8 La Costituzione è la legge primaria dello Stato dalla quale tutte le altre leggi e i regolamenti traggono ispirazione. La prima fu promulgata in Italia da Ferdinando II, re del Regno delle Due Sicilie il 10 febbraio 1848. In essa erano sanciti alcuni importanti principi quali: la formulazione delle leggi da parte di una camera elettiva, libertà di stampa, di associazione, inviolabilità di domicilio, diritto di proprietà, uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ecc. La Costituzione napoletana fu redatta in 89 articoli dal ministro dell’Interno Francesco Paolo Bozzelli, nativo di Manfredonia, che l’aveva elaborata su quella francese del 1830 e su quella belga del 1831. 9 Per la Capitanata i votanti furono 5.254 e risultarono eletti: Luigi Zuppetta di Castelnuovo; Ferdinando De Luca di Serracapriola; Saverio Barbarisi di Foggia; l’arcidiacono Nicola Mantuano di Monte Sant’Angelo; Gaetano De Peppo di Lucera; Giuseppe Libetta di Peschici; Giuseppe Tortora di Cerignola e Giuseppe Ricciardi di Napoli. [Cfr. M. VITERBO, Il sud e l’Unità, Ed. Laterza, Bari, 1966, p. 240] 382 Il Regio Liceo Lanza. Appendice sette milioni, perché rappresentiamo il Paese intero»10. Fu soprattutto la redazione di un manifesto di ringraziamento rivolto alla Guardia nazionale, notoriamente contro i progetti del sovrano, per il contegno osservato in quei giorni, che lo fecero ritenere uno dei maggiori responsabili dei tumulti scoppiati e, pertanto, costretto a nascondersi. I successivi e tragici fatti del 15 maggio 184811 misero fine alle discussioni e soprattutto alla litigiosità dei parlamentari stessi che non seppero capire i tempi, non ancora maturi per scelte così radicali. Quel giorno la «... libertà fu strozzata e i Borbone si preclusero l’avvenire per sempre»12. Dopo i fatti del 15 maggio Ferdinando II non revocò la Costituzione; chiuse invece il Parlamento, con il pretesto che si era macchiato di “usurpazione di poteri”, anche se con un atto di perdono liberò i circa seicento arrestati di quei giorni. Fece convocare nuovi collegi elettorali e il 15 giugno si tennero nuove votazioni nelle quali furono praticamente rieletti tutti i deputati del 18 aprile. Ma il re delle Due Sicilie osteggiò e avvilì nelle sue funzioni questo nuovo Parlamento che, con decreto del 12 marzo 1849, fu definitivamente sciolto. Quando le rivoluzioni europee fallirono, e in Italia i piemontesi furono sconfitti dagli austriaci, Ferdinando II mostrò il suo vero, reazionario e vendicativo volto. Violente persecuzioni si abbatterono sui liberali in ogni parte del regno. Le liste degli “attendibili in politica” si allungarono con nominativi di persone che, lungi dall’avere intrapreso la benché minima azione rivoluzionaria, avevano semplicemente “gioito” all’annuncio della concessione della Costituzione o avevano fatto parte della Guardia nazionale13. Irrimediabilmente compromesso, il Lanza abbandonò Napoli per evitare l’arresto. Nel settembre del 1849, insieme al figlio ed altri profughi, a bordo di una nave da guerra francese approdò a Civitavecchia e col piroscafo Ville de Marseille14 si recò a Genova nell’ospitale regno sardo che si avviava a diventare, anche grazie all’intuito politico del Cavour, lo Stato guida per l’unificazione italiana. Qui Vittorio Emanuele II non aveva abolito, diversamente da tutti gli altri sovrani qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 10 G. PALADINO, Il 15 maggio del 1848 in Napoli, Ed. Dante Alighieri, Albrighi, Segati & C., p. 232. 11 Nei sanguinosi scontri tra la truppa e i dimostranti si ebbero a Napoli 145 morti e circa 300 feriti. Sulle barricate di Santa Brigida si distinse, tra i dimostranti, il pittore foggiano Saverio Altamura. [Cfr. G. PALADINO, Il 15 maggio ..., op. cit., p. 527 e seguenti] 12 O. CONTI, Sul moto rivoluzionario napoletano del 15 maggio 1848, in “Rassegna Storica del Risorgimento”, Roma, aprile-giugno 1926, fascicolo II, p. 357. Il parlamentari piemontesi, ad esempio, mai pensarono di cambiare la forma monarchica del loro governo. 13 AA.VV., Il 1848 in Puglia, aspetti politici e sociali, a cura dell’Archivio di Stato di Foggia, Foggia, 1984, pag. 26. Nella provincia di Foggia gli attendibili in politica furono 1301. [Cfr. T. PEDIO, Il 1848 in Capitanata, Società Dauna di cultura, Foggia, 1981, p. 5] Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 383 della Penisola, la Costituzione e il regime parlamentare concessi nel 1848. Intanto nel reame borbonico imperversava la più cupa reazione e bastava un nonnulla per essere arrestati dalla polizia. Le Gran Corti Criminali in tutto il regno imbastirono migliaia di processi a carico dei liberali o presunti tali15. Quella sedente in Napoli, abilitata a giudicare i fatti del 15 maggio, con decisione del 7 giugno e 16 luglio 1851 «... ordinò un supplemento d’istruzione e il procedimento in contumacia contro gli accusati fuggiti [...] e il 20 agosto 1853 pronunziò la condanna a morte per 22 di essi, tra i quali il Lanza»16. A Genova egli rimase in esilio diversi anni, esercitando la professione medica e segnalandosi nella cura degli infermi specialmente durante l’epidemia colerica del 1854-1855. A nulla valsero le suppliche della moglie Clelia e dei sei figli, rimasti a Napoli, dirette al re per un atto di clemenza. Solo nel 1856 Ferdinando II, con delibera del Consiglio di Stato del 30 luglio, gli concesse la grazia e il permesso di tornare nella capitale del regno dove don Vincenzio continuò a lavorare, nonostante avesse superato i settant’anni, circondato dall’incondizionata stima dei colleghi. Nel gennaio del 1859 Ferdinando II, re del Regno delle Due Sicilie, fu colpito da un’infezione purulenta che divenne sempre più grave nei mesi successivi. Al suo capezzale furono chiamati i migliori medici e chirurghi del reame, ma la situazione appariva disperata. Per quegli strani scherzi del destino, il carnefice era nella condizione di aver bisogno dei consigli della vittima.. Il Lanza, tornato tre anni prima dall’esilio genovese, fu chiamato per un consulto. A corte non lo volevano, in quanto noto per le sue idee liberali, ma la sua fama e la difficoltà del momento imposero quella “dolorosa” scelta. Fu deciso, per evitare malintesi, che il medico foggiano, senza visitare l’infermo, avrebbe manifestato il proprio parere su una relazione scritta dal medico di corte dottor Pietro Ramaglia. «Il Lanza mal patì il capriccioso divieto e, vivace e franco com’era, non celò il suo malcontento, suggerendo che non era il caso di farlo andare fino a Caserta, anche da Napoli avrebbe potuto leggere una relazione e dare il suo parere. Andò a Caserta e, udita la relazione, borbottò: “Ferdinando II morirà dopo aver contemplato il suo cadavere; non c’è più rimedio; la fitiriasi si svilupperà subito, in seguito alla piemia. Io ebbi da lui un passaporto e sono tornato ma con quello rilasciatogli non vi è più speranza di ritorno”»17 . qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 15 I capi d’accusa erano i seguenti: discorsi atti a spargere il malcontento contro il re; riunioni illecite col vincolo di segreto; cospirazione ad oggetto di distruggere o cambiare il governo, ecc. In Capitanata, accanto a questi reati di natura politica, se ne ravvisano altri relativi ad usurpazioni di terre demaniali da parte dei contadini. [Cfr. Il 1848 in Puglia, op. cit. p. 26] 16 M. ROSI, L’Italia odierna, U.T.E., Torino, 1923, vol. II, tomo I, p. 752. 384 Il Regio Liceo Lanza. Appendice Questo, forse, fu uno degli ultimi suoi consulti. Il 3 aprile 1860, colpito da apoplessia, Vincenzo Lanza si spense nella sua casa di via Toledo. Il ricordo della città Come si presentava la “capitale” della Capitanata, nei primi anni dell’Unità nazionale che videro la nascita del Liceo “Lanza”? Foggia, per la sua posizione geografica, era esclusa dal flusso turistico di quegli anni, concentrato sull’asse Firenze-Roma-Napoli-Pompei e Venezia, città ricche di arte e di storia che attiravano i pochi viaggiatori, soprattutto stranieri, entusiasti del clima e delle bellezze d’Italia. Essa era esclusa anche dalle rare guide stampate per agevolare i turisti nei loro avventurosi viaggi. Qualche descrizione della città dauna, anche se fugace e superficiale, esiste grazie ai militari settentrionali, inviati nelle province dell’ex Regno delle Due Sicilie per combattere contro i briganti. Uno di questi, il marchigiano Temistocle Mariotti, sottotenente nel 55° Reggimento di fanteria della Brigata “Marche”, spedito in fretta e furia nel giugno 1862 da Firenze ad Ancona, e per nave a Manfredonia, così molti anni dopo la ricordava: «Noi giungevamo colà quasi completamente digiuni di tutto: del clima, della particolare configurazione e struttura del suolo, della natura, dell’indole, dei costumi, del grado di civiltà degli abitanti. Dato lo stato d’isolamento e di abbandono e di quasi barbarie, in cui quelle popolazioni erano state sino ad allora tenute dai passati governi, [...] Foggia, quando vi entrammo noi nel 1862, contava poco al di sotto di 40 mila abitanti; e la prima impressione che ne avemmo, guardata esteriormente, non fu affatto sgradevole; con strade, in genere, spaziose, aspetto architettonico abbastanza soddisfacente, teatro di bella forma artistica, un cospicuo tempio antico, pubblico passeggio con fontane, colonne, aiuole, ecc. e una storia ragguardevole della città; nelle vie e nelle piazze principali una certa pulitezza. Però non era facile trovarvi un albergo, dove si potesse ottenere un solo letto in una camera, la quale invece ne aveva altri tre o quattro, affittabili contemporaneamente ad altrettanti ospiti sconosciuti tra loro. Né migliore era il servizio di trattoria; bisognava contentarsi di qualche osteria primitiva e far tacere ogni gusto non già raffinato, ma un po’ meno grossolano. Non fu che verso i primi del 1865 che venne a Foggia un industriale, dal nome di origine francese, ad aprire al pubblico un restaurant “veramente civile”, che nei primi tempi fece ottimi affari. Del resto, tutto l’infinito numero di tecnici, di appaltatori e di cottimisti e operai, nella massima parte lombardo-veneti e piemontesi, che in quei giorni invasero la provincia per le costruzioni ferroviarie, si facevano inviare qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 17 R. DE CESARE, La fine di un regno, Longanesi & C., Milano, 1969, p. 503. Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 385 dall’alta Italia gran parte dei commestibili loro occorrenti. [...] Essendo nella stagione estiva, caratteristica ci parve un’abitudine osservata in Foggia e da per tutto, di poi, quella, cioè, di non veder più anima viva dal mezzogiorno alle sedici: tutte le porte e le finestre delle case private, degli alberghi, delle botteghe, degli uffici pubblici chiuse ermeticamente; il silenzio è profondo e la città si giudicherebbe morta o disabitata»18. Oltre che dai “forestieri” di quegli anni, Foggia è descritta anche da uno studioso locale, Carlo Villani. Siamo nel periodo successivo all’ottobre 1866, era sindaco Lorenzo Scillitani: «Foggia poteva dirsi a quell’epoca, senza far dell’iperbole, un polipo di straducole malsane, dove il sudiciume materiale gareggiava fors’anche col sudiciume morale, che ivi trovava il suo ambiente; un ammasso di bruttezze risiedeva nel cuore della città: era come un pugno di fango gettato su una bianca mensa [...]. Un nuovo aspetto assunsero le strade per una pavimentazione più completa e razionale, qui mediante lastre vulcaniche, là con pietra bianca e acciottolato. Fu allora che si vide, fra l’altro, prolungato sino alla villa il lastricamento della sua maggiore strada, detta allora stradone S. Antonio abate, ed oggi corso Vittorio Emanuele [...]. Fu allora del pari che il largo Gesù e Maria ove il sole, senza pietà, saettava nell’estate quanti erano costretti a passarvi, si rivestì di alberatura su doppi filari [...]. Per questo sindaco impareggiabile, che voleva a tutti i costi la sua città esteticamente bella, il Municipio offrì gratuiti, il 15 settembre 1869, molti suoli edificatori ad uso di nuove case, [...] cedeva (inoltre) l’elegante salone, coi locali adiacenti, sito sul porticato del Teatro, ad uno scelto e forte nucleo di gentiluomini foggiani per installarvi il Circolo Dauno, [...] volle che, in un pianterreno sottostante all’ospedale di San Giovanni di Dio, si istituisse una sala con venti letti destinati ai poveri che quotidianamente avrebbero ottenuto cibi e vestimento. E quando l’11 novembre 1869 nacque il Principe di Napoli19, disponeva di fondarsi un ricovero per le fanciulle abbandonate, battezzandolo dal nome di Regina Margherita [...]. Antesignano di ogni bella iniziativa, il 16 maggio 1868 organizzava un’esposizione ippica importantissima presso il parco comunale, richiamando in Foggia una folla di forestieri allietati anche da due corse di cavalli. [...] Ecco finalmente alimentare il sentimento patriottico, consacrando alla memoria di Vincenzo Lanza, il nosologo e clinico italiano rispettabile e rispettato, l’esule insigne, peregrina e fulgida gloria della nostra terra, uno splendido monumento in marmo in mezzo ad una delle piazze cittadine, che perennemente lo additi al culto delle future generazioni»20. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 18 T. MARIOTTI, Una pagina del brigantaggio in Capitanata, Ed. Voghera, Roma, 1914, p. 125. Futuro re d’Italia con il nome di Vittorio Emanuele III (1869-1947) regnò dalla morte di Umberto I, avvenuta il 29 luglio 1900, fino al maggio del 1946 quando abdicò a favore del figlio Umberto II. 19 386 Il Regio Liceo Lanza. Appendice La decisione del Consiglio comunale che, con voto unanime, deliberò di dedicare al Lanza una piazza e un monumento marmoreo ebbe risonanza oltre i confini locali. Il giornale napoletano “Il Pungolo” così commentava: «Il Municipio di Foggia con lodevole intendimento deliberava innalzare un monumento all’Ill. medico Vincenzo Lanza, in una delle principali piazze di questa città. Affidava il concetto e l’esecuzione del lavoro al giovane artista Beniamino Calì. Noi abbiamo avuto agio di ammirare tale opera, che fa onore al giovane scultore. La statua è alta circa 3 metri. Nulla in essa è trascurato e nel vederla ognuno dovrà dire che il Calì è uno degli artisti che fa onore al paese. D’intorno al piedistallo si vedono quattro trofei simboleggianti la filosofia, la medicina, la politica, la beneficienza»21. Per la collocazione della statua del Lanza, il nome e la fama del personaggio imponevano la scelta di un luogo centrale, non relegato nei nuovi quartieri che si andavano erigendo lontano dal centro storico. Si scelse la piazza (ora intitolata ad Umberto Giordano) antistante l’Orfanotrofio provinciale “Maria Cristina di Savoia”22 e la chiesa di Gesù e Maria, che si raccordava con piazza Cavour, “una delle più belle della nuova Italia”23. Nel 1871, la dignitosa statua24 in marmo venne lì collocata. Vi rimase fino alla fine degli anni Venti, quando, per far posto al monumento ai Caduti della Grande guerra, fu spostata nella Villa Comunale. Piazza “Lanza” fu intitolata al musicista e compositore Umberto Giordano. Questo percorso è visualizzato dalle numerose cartoline illustrate che, ideate alla fine dell’Ottocento per propagandare all’esterno l’immagine di città e paesi, sono oggi una preziosa fonte di documentazione dei cambiamenti dell’assetto urbano, avvenuti nel corso del Novecento anche a Foggia. qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp 20 C. VILLANI, Risorgimento Dauno. Cronistoria di Foggia 1848-1870, Studio Ed. Dauno, Foggia, 1960, p. 197. 21 M. PAPA, Valori e progressi economici della Capitanata (1866-1936), Tip. Fiammata, Foggia,1936, p. 59. 22 L’Orfanotrofio, la cui costruzione terminò nel 1845, serviva per “ricoverare ed educare all’artigianato i minori abbandonati della provincia”. Fu intitolato alla regina Maria Cristina di Savoia (1812-1836), moglie di re Ferdinando II, morta dando alla luce Francesco, ultimo re di Napoli. 23 AA.VV., Foggia, “Le cento città d’Italia”, supplemento mensile illustrato de “Il Secolo”, dispensa 85, p. 3, Milano, 1894. 24 M. VOCINO, Le cento città d’Italia illustrate, Ed. Sonzogno, Milano, s.d. ma 1925, fasc. 87 pag. 4. Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 387 [Archivio Barone] 388 Il Regio Liceo Lanza. Appendice [Archivio Barone] FOGGIA. MONUMENTO A VINCENZO LANZA Cartolina stampata dalla cartoleria V. Mancini di Foggia. Il formato, usuale del tempo, è 9x14 cm; la scritta è di colore scarlatto. Viaggiata da Foggia a Castellammare Adriatico il 30 agosto 1900, è affrancata con 2 centesimi di lira. La statua dello scienziato è contornata da una cancellata con quattro trofei d’ispirazione egizia simboleggianti la filosofia, la medicina, la politica e la beneficienza. Sulla destra, Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 389 [Archivio Barone] FOGGIA. PIAZZA LANZA Cartolina stampata da Lorenzo Bucci di Foggia. Il formato è 9x14 cm, la scritta in carattere gotico. Viaggiata da Foggia a Firenze il 31 dicembre 1901, è affrancata con 2 centesimi di lira. Sono ancora presenti le figure mitologiche destinate ad essere rimosse qualche tempo dopo. La cartolina è “animata” da due personaggi: un operaio, forse il giardiniere comunale, in maniche di camicia, e un graduato del Corpo delle Guardie di Città, antenato dell’odierna Polizia di Stato. Sulla destra si intravede la chiesa di Santa Maria della 390 Il Regio Liceo Lanza. Appendice [Archivio Barone] FOGGIA. PIAZZA VINCENZO LANZA La cartolina dell’editore Mancini è realizzata nel formato 9x14 cm. Viaggiata il 1° agosto 1905 da Foggia a Castelbelforte (Mn), è affrancata con 2 centesimi di lira. La panoramica, ripresa dall’Orfanotrofio “Maria Cristina” mostra una Foggia tranquilla, ordinata, con il traffico limitato a qualche carrozza e i grandi marciapiedi con i lampioni a gas. Lo spazio del giardino, quasi a confermare la preziosità della statua, è pro- Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 391 [Archivio Barone] FOGGIA. MONUMENTO A VINCENZO LANZA La cartolina di editore ignoto è realizzata nel formato 9x14 cm. Viaggiata il 3 giugno 1907 da Foggia a Forlì, è affrancata con 5 centesimi di lira. La statua è contornata ancora da una candida cancellata mentre i trofei mitologici sono stati rimossi. Alle sue spalle l’Orfanotrofio provinciale intitolato a Maria Cristina di Savoia (1812-1836), regina delle Due Sicilie e moglie di Ferdinando II. L’Orfanotrofio, ultimato nel giugno1845, prima ancora di essere occupato fu dichiarato inagibile e divenne, negli anni, un notevole peso economico per la Provincia. Fu demo- 392 Il Regio Liceo Lanza. Appendice [Archivio Barone] FOGGIA. MONUMENTO A VINCENZO LANZA Edita da Urbano Savino nel formato 9x14 cm, la cartolina è viaggiata da Foggia a Modena il 24 gennaio 1915. Riporta i saluti di un soldato del 137° fanteria di stanza nella città dauna. L’affrancatura è aumentata a 10 centesimi di lira. L’immagine, in cromolitografia, oltre ad evidenziare il colore bianco del monumento, il verde del giardino e l’imbocco di via Della Rocca, mostra una parte della settecentesca Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 393 [Archivio Barone] FOGGIA. MONUMENTO AI CADUTI E PALAZZO DEGLI UFFICI STATALI Cartolina edita dallo stabilimento grafico Cesare Capello di Milano, nel formato “Imperiale” di cm 10,5x14,9. Viaggiata da Foggia a Borgomanero (No) il 22 dicembre 1942, è affrancata con 30 centesimi di lira. Durante il periodo fascista, Foggia fu “ammodernata” e sorsero importanti edifici progettati da insigni architetti come Marcello Piacentini, Concezio Petrucci e Armando Brasini. Ricordiamo il Palazzo degli Studi, il Palazzo degli Uffici Statali, il Palazzo dell’Acquedotto, il Palazzo della Bonifica, quello del Comune. Anche piazza Lanza subì delle modifiche. La statua dello scienziato fu spostata nella Villa comunale e al suo posto fu sistemato il monumento ai Caduti della Grande guerra. L’antica chiesa di Santa Maria della Neve e l’Orfanotrofio provinciale furono demoliti, lasciando il posto a moderne costruzioni. Dedicata la piazza ad Umberto Giordano, a Vincenzo Lanza rimase intitola- 394 Il Regio Liceo Lanza. Appendice [Archivio Barone] FOGGIA. MONUMENTO AI CADUTI Cartolina edita dalla Poligrafica Sammarinese, nel formato 10x14,6 cm. È viaggiata da Foggia a Roma, con l’affrancatura di 15 lire, il 3 febbraio 1959. Il monumento ai Caduti della Grande Guerra, opera dello scultore Amleto Castaldi, fu inaugurato il 4 giugno 1928, alla presenza di re Vittorio Emanuele III. Alla fine degli anni Cinquanta esso venne spostato di fronte alla caserma “Miale da Troia” che in quegli anni ospitava reparti di Guardie di Pubblica Sicurezza (divenute Polizia di Stato qualche de- Vincenzo Lanza, scienziato e patriota 395 [Archivio Barone] FOGGIA. MONUMENTO A UMBERTO GIORDANO Edita dalla S.A.F, è stampata dalla Fotocelere di Torino, nel formato 10x14,6 cm. È viaggiata da Foggia all’aeroporto di Piacenza San Damiano il 15.6.1964, con l’affrancatura di 15 lire. La cartolina riporta indicato anche il prezzo di vendita: 35 lire. Spostato il monumento ai Caduti, piazza Lanza venne intitolata ad Umberto Giordano (1867-1948) e destinata ad ospitare l’omonimo Parco Giordaniano. Al centro, il monumento in bronzo dell’insigne musicista e compositore foggiano è circondato da sette sculture, pure in bronzo, che rappresentano le sue maggiori realizzazioni liriche: Andrea Chénier, Fedora, Il Re, Marcella, La Cena delle beffe, Siberia, Mese Mariano. Le statue [Archivio Barone] FOGGIA. VILLA COMUNALE È una cartolina dei giorni nostri, a colori e con la scritta “Villa Comunale” ripetuta in tre lingue. Edita da Martincari di Corato (Ba) è stampata dalla Plurigraf di Terni. A differenza delle precedenti di un secolo prima, essa non riporta, neanche sul retro, il nome di Vincenzo Lanza. Vorremmo credere a una svista dell’editore. Ma le condizioni di degrado della statua, con il volto corroso e un braccio mancante, denotano lo scarso interesse della comunità cittadina per la storia e per quanti, nel passato, hanno saputo lasciare tracce di grandezza. Il dirigente del Liceo Classico “Lanza” ha sollecitato il Sindaco di Foggia e il Presidente dell’Amministrazione provinciale a provvedere al re- Bibliografia FONTI DOCUMENTARIE ARCHIVIO DI STATO DI FOGGIA (ASFG) – Amministrazione Provinciale di Capitanata 1860-1959, Busta 538. – Consiglio Scolastico Provinciale, Busta 24-25. – Fascio di Combattimento di Rodi Garganico, 1. – Giornale dell’Intendenza di Capitanata, anno 1828, n. XII bis. – Provveditorato agli Studi di Foggia: Atti 1936-1954, Buste 110, 117. ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI FOGGIA (ASCFG) – Registri delibere Consiglio comunale, numeri 1-9. – Categoria 10, Classe 7, Buste 107, 111, 115, 127, 188, 189, 195, 754. – Categoria 9, Istruzione, Buste 87, 88, 89. ARCHIVIO STORICO LICEO LANZA DI FOGGIA, Registro generale dei voti 1899-1900. ARCHIVIO COMUNALE DI PESCHICI, Assistenza, carteggio Divise Marinaretti. BIBLIOTECA PROVINCIALE DI FOGGIa, Fondo Manoscritti, Poesie allievi Marcangelo. 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Dopo la soppressione delle Scuole Pie, il sindaco di Foggia Lorenzo Scillitani vuole fornire alla citt , al pari delle altre province dell Italia Unita, una scuola di qualit . Una scuola che segni la differenza, che avvii alla formazione universitaria, alle professionalit alte, che formi la nuova classe dirigente. Il Liceo viene titolato a Vincenzo Lanza, un noto medico foggiano che si era distinto nei moti risorgimentali. Il cammino del Lanza diventa sempre pi incidente in epoca fascista. I vari cambiamenti di sede segnano le vicende di un intera citt . Il Palazzo degli Studi, progettato e realizzato negli anni Trenta da uno dei pi importanti architetti del Novecento, Marcello Piacentini, attesta l importanza che venne data alla scuola, chiamata a formare l italiano nuovo di Mussolini. Per non rischiare l agiografia o l ideologismo su eventi che hanno segnato la storia italiana e mondiale, la vicenda del Lanza stata sondata ed approfondita in un lavoro storiografico che fa soprattutto parlare i documenti di archivio e le fonti orali, che aprono uno spaccato interessante sul ruolo dei presidi in quella che Cannistraro defin la fabbrica del consenso . Il controllo degli apparati educativi fu la via privilegiata dal governo: questa ricerca ha verificato in che modo esso si concretizz e si esplic . La storia del Lanza diventa emblematica del disegno totalizzante perseguito dal Regime nell inquadramento della giovent studiosa italiana. Cartolina in copertina. Foggia - Piazza XXVIII Ottobre - Palazzo degli Studi. [Archivio Barone] Teresa Maria Rauzino (Peschici nel 1955), laureata in Lettere moderne presso l Universit degli Studi di Firenze, con la tesi La Provincia di Foggia durante il regime fascista (1926-1937), curata dal professor Rosario Villari. Ha avuto come docenti Ernesto Ragionieri, Lanfranco Caretti e Gabriele Turi. Dal 1997, anno dell istituzione del Centro Studi Giuseppe Martella , in qualit di presidente dell associazione, sta sensibilizzando l opinione pubblica al recupero dell antica abbazia di K lena, importante testimonianza della cultura della Capitanata e del Sud Italia,da anni abbandonata al degrado e all indifferenza. Ha curato diverse pubblicazioni: Chiesa e religiosit popolare a Peschici (Vieste 1999), con la professoressa Liana Bertoldi Lenoci; Adottiamo i centri storici del Gargano Nord (Rodi 1999); Sangillo Opere. Spazi densi alla moviola dell anima (Foggia 2000), Ischitella e il Varano, con Giuseppe Laganella (Vasto 2003). Ø coautrice del volume Salviamo K lena. Un agonia di pietra a cura della professoressa Liana Bertoldi Lenoci (Foggia, 2003). docente di Lettere presso l Istituto di Istruzione Superiore Mauro del Giudice di di Rodi Garganico. ISBN88-901351-0-7 euro 20,00 i.i.