TERESA MARIA RAUZINO
Il Regio Liceo Lanza
Dalle Scuole Pie agli anni del Regime
EP
Edizioni PARNASO
Anni di Scuola
Collana editoriale
EP
Edizioni PARNASO
«... Solo i sognatori, che sognano da svegli,
sanno richiamare le ombre del passato e
intrecciare reti con cotone non ancora filato».
Isaac Bashevis Singer
Teresa Maria Rauzino
Il Regio Liceo Lanza
Dalle Scuole Pie agli anni del Regime
EP
Edizioni PARNASO
Si ringraziano
Gennaro Arbore, Renzo Arbore, Emilio Benvenuto, Liana Bertoldi Lenoci, Rocco Buo,
Antonio Capparelli, Michele Caracciolo, Lucia Carelli, Teresa Ceglie, la famiglia Colella, Oreste d’Andrea, Michele d’Arienzo, Maria Giovanna De Gregorio, Carmine de Leo,
Gustavo e Roberto de Meo, Barbara de Miro d’Ajeta, Domenico Di Conza, Matteo Di
Milo, Paolo de Caro, Carmelo Giulio Fuiano, Bianca Maria Granata, la famiglia Guerrieri, Costanzo Iorio, Giuseppe Laganella, Nicola Lenoci, Lucia Lopriore, Massimo Lucianetti, Luigi Pietro Marangelli, Silvia Marangelli, Maria Teresa Masullo, Gaetano Matrella, Giovanni Pascarelli, Mario Pellegrini, Antonio Pellegrino, Saverio Russo, Mario
Sarcinelli, Chiara Sepe de Francesco, Fede Severgnini, Maria Teresa Trifiletti, Gaetano
Spirito, Antonio Ventura, Wanda Vivoli; la direzione e il personale dell’Archivio di Stato
di Foggia, del Museo Civico, della Biblioteca Comunale “Ruggero Bonghi” di Lucera,
della Biblioteca Provinciale e dell’Archivio Storico Comunale di Foggia; Enzo Novembre e il personale del Consorzio General Service di Noci.
Si ringrazia Nazario Barone per il contributoVincenzo Lanza, scienziato e patriota e per
aver messo a disposizione il suo archivio e la sua collezione di cartoline d’epoca.
Impaginazione e progetto grafico
Silverio Silvestri
ISBN 88-901351-0-7
© 2004 by Teresa Maria Rauzino
Printed in Italy
71012 Rodi Garganico (Fg)
via Del Giudice 11
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Tutti i diritti riservati
Edizioni Parnaso
71100 Foggia, via Zuppetta 52
0881776177
[email protected]
Sommario
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Presentazione
Davide Leccese
13
Prefazione
Gli archivi scolastici fonte di ricerca
19
29
35
47
83
93
129
153
165
181
191
197
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239
251
257
265
271
277
285
Politiche scolastiche postunitarie
La didattica nell’Ordine classico
Le Scuole Pie
I primi passi del Liceo-ginnasio
I primi docenti
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
La “fabbrica” del consenso
Cahiers de dolèances
Il contrasto con l’Onb
Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia
La misoginia del preside Marchese
Piena adesione alle direttive del Regime
Il caso Marangelli
Venti di guerra
La Carta della Scuola
La cellula foggiana del Pls
La furia devastatrice della guerra
La purificazione dell’insegnamento
Le condizioni impossibili
Il ritorno al Palazzo degli Studi
Testimonianze
337
355
379
Appendice
Docenti e Presidi del “Lanza”
I palazzi degli studi
Vincenzo Lanza, scienziato e patriota
Nazario Barone
397
Bibliografia
Presentazione
Il percorso storico di un istituto scolastico coincide perfettamente con la storia
della comunità cittadina.
Potrà sembrare un’affermazione apodittica ma basti pensare a quanti giovani
sono stati accolti in una scuola – a seconda della sua vetustà – e ci si renderà
subito conto come il tessuto civile, sociale, economico, politico, culturale, religioso di una qualsiasi comunità sia intriso della presenza e del ruolo delle scuole.
La memoria privata e pubblica attraversa tempi e luoghi didattici e formativi
– nel bene e nel male – e solo quando si mette mano alla codificazione di tale
storia ci si accorge dello spessore di tale sedimentazione.
Teresa Maria Rauzino, ex allieva del Liceo Classico Statale “Vincenzo Lanza”
di Foggia, attingendo alla sua consolidata passione per la ricerca storica, ha ripercorso i documenti della sua ex scuola e ne ha tratto il convincimento che non
fosse giusto lasciare in silenzio fatti, pensieri, emozioni, sia pur a volte reinterpretate (o nascoste) sotto il velo della codificazione burocratica ed amministrativa.
Un cammino lungo – quello del Liceo “Lanza” – a volte tortuoso, “pieno di
vuoti documentali” eppure così appalesante la natura di questa magnifica comunità, vanto e gloria della Città e della provincia.
L’Autrice ha avviato il suo studio decriptando le relazioni ufficiali dei Presidi
dell’epoca al Ministero della Pubblica Istruzione; a mano a mano si è accorta che
queste relazioni – apparentemente dettate dalla ingessata burocrazia statalistica
dell’epoca – velavano una umanità densa, sottesa a tratti da contraddizioni, per
nulla in grado di annullare gli “intrighi” delle relazioni umane, nonostante la carta
intestata, la contrapposizione dei ruoli, la rigida etichetta delle stratificazioni sociali.
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Il Regio Liceo Lanza
La Rauzino, partendo dalla fondazione del Liceo “Vincenzo Lanza e dal suo
accidentato percorso istituzionale-amministrativo, traccia indirettamente la storia
di Foggia dalla metà dell’800 alla caduta del fascismo. Diventa, così, questa ricerca sulla scuola, un documento interessante e preciso sui cento anni che precedettero la fase democratico-repubblicana dei cosiddetti “giorni nostri”.
Un fatto è certo: la Città volle il “suo” Liceo, grazie all’accanita, competente
dedizione di alcuni suoi uomini illustri, in primis Lorenzo Scillitani.
Nata sul corpo di una precedente esperienza religiosa – affossata dal clima
anticlericale dei governi dell’epoca – a mano a mano l’esperienza è tornata a
nuova vita fino a giungere, esattamente centovent’anni fa, al riconoscimento
statale (dato di non poco conto, per quei tempi).
Una scuola nobile, all’inizio chiamata solo a formare le élites, attingendo ai
ceti benestanti; ma la rivincita della Storia sta proprio nella constatazione che
quasi subito anche i ceti meno abbienti aspirarono ad una formazione di qualità,
superiore, scardinando privilegi di casta, predestinazioni sociali.
I presidi: nel lavoro di Teresa Maria Rauzino sono il file rouge del “racconto”;
abbiamo detto che le loro relazioni annuali al Ministero occupano buona parte
della stesura del libro. Raccontano risultati, difficoltà, attese; lanciano messaggi,
avanzano richieste. La parte più interessante la si ritrova nelle relazioni didatticoprofessionali, nella descrizione del comportamento degli alunni e soprattutto dei
docenti. Fa specie leggere alcuni giudizi, sovente intrisi di “angolatura individualistica” che non sarebbero confacenti (e permessi) ad un dirigente dei nostri
tempi. A voler essere malevoli si può leggere – in questi giudizi – una sorta di
consolidato pregiudizio di maniera; a voler essere benevoli si può intravedere,
negli stessi giudizi, un ossequio alla mentalità dell’epoca e agli steccati di categoria, molto forti prima dei “nostri tempi”. Era la scuola della rigida distinzioneseparazione tra maschi e femmine, anche tra gli alunni.
Nello stesso tempo, dall’analisi storica della Rauzino, appare una figura di
Preside sempre teso al miglioramento della condizione della scuola, sempre preoccupato della piena efficienza, sempre presente sulle situazioni, fino al sacrificio della propria vita, come accadde al preside Guerrieri, durante la Seconda
Guerra Mondiale.
L’ossequio al “potere” è sviscerato dall’Autrice con dovizia di documentazione, soprattutto per quanto riguarda il periodo della dittatura fascista. Foggia – lo
hanno ben descritto gli storici – fu una città “allineata”, persino privilegiata dal
Regime; non mancò la voce del dissenso ma persino nomi autorevoli della cultura accettarono, anzi osannarono l’Era fascista e questi osanna risuonarono anche
nella scuola, come si leggerà nel libro della Rauzino.
Ma tra gli stessi banchi, nelle stesse aule si andava formando una coscienza
critica, libera, matura, grazie anche ad alcuni (pochi) docenti, che seppero con-
Presentazione
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servare autonomia di pensiero e coraggio delle proprie idee, tanto da pagare di
persona con emarginazione e punizioni.
La scuola e la Città: va innanzitutto sottolineato il valore “simbolico” del Palazzo degli Studi, voluto dal regime fascista con una solennità mastodontica, tale
da rappresentare la nobiltà della funzione scolastica. Ma tanto grande il monumento e tanto carenti gli strumenti didattici: i Presidi scrivono e chiedono banchi,
attrezzi, finanziamenti adeguati. Storia di ieri, storia di sempre.
Un’attenzione specifica è stata dedicata ai problemi della didattica, trattati
dalla Rauzino all’interno delle dinamiche organizzative della scuola e delle relazioni al Ministero sull’andamento della scuola. Era l’epoca della scuola selettiva,
del liceo classico come scuola chiamata a distinguersi dagli altri sistemi formativi, considerati inferiori o di minor spessore culturale. Il Ministero era attento ai
risultati e qualche volta è intervenuto chiedendo maggiore attenzione ai processi
formativi per migliori risultati scolastici.
In questo contesto i Presidi lamentano, a volte, scarsa attitudine professionale
in alcuni docenti, carenza di titoli adeguati, non rigorose competenze didattiche.
Ma, nonostante questi “limiti” (chissà quanto condizionati da ragioni esterne al
vero accertamento culturale e professionale), da quelle aule sono usciti fior di
cittadini, illustri professionisti, accreditate competenze, poi spese nella società.
Teresa Maria Rauzino ha tracciato una strada; coraggiosamente e con pazienza
ammirevole ha scelto il terreno ostico della storia minore, di quella mai scritta
dalle cronache solenni di tante glorie pubbliche. Chissà quanti monumenti dovrebbero cadere per vedere sorgere altre steli commemorative, se la Storia fosse
davvero “maestra di vita”, come tenta da sempre di essere, con la Storia, la scuola.
Prof. Davide Leccese
Dirigente scolastico
Liceo Classico “Vincenzo Lanza”
Foggia
Gli archivi scolastici fonte di ricerca
La ricognizione degli archivi scolastici rappresenta oggi una sorta di entusiasmante avventura: può portare alla scoperta di piccoli tesori o, come più spesso è
probabile, al deludente nulla.
In molte città d’Italia vi sono scuole che conservano il laboratorio scientifico
attrezzato con strumenti ottocenteschi, gabinetti di scienze naturali o biblioteche
storiche contenenti volumi antichi, frutto di donazioni di professori e filantropi.
Sono una memoria preziosa, talvolta tanto fragile da dare spunto alla creazione di
veri e propri musei virtuali, da visionare solo in Internet: fragili preziosità da
salvaguardare dal contatto diretto del pubblico.
A Foggia vi sono scuole come il Liceo Classico “Vincenzo Lanza” che sono
esse stesse dei pezzi di storia e di cultura cittadina, ma dove quasi tutto è andato
perduto. In seguito ai bombardamenti del 1943 molte “carte” furono bruciate: lo
attestano, nelle loro puntuali relazioni al Ministero, i Presidi dell’epoca.
Una triste sorte sembra incombere anche sulla documentazione più recente del
Liceo “Lanza”. Interi faldoni, contenenti l’Archivio Storico della scuola, sono
spariti nel nulla, dopo essere stati temporaneamente accantonati in qualche dismesso angolo dell’Aula Magna del Palazzo degli Studi.
È stato un vero peccato perdere, oltre alle antiche, anche queste più recenti
memorie! L’archivio scolastico, infatti, è una fonte di indubbio interesse per la
ricerca storica. Conserva le “carte” prodotte dalla vita istituzionale della scuola:
il protocollo, la parte amministrativa, i fascicoli degli alunni e degli insegnanti, i
registri, i verbali delle riunioni, le circolari. Esso – come tutti gli archivi statali
– appartiene al demanio indisponibile dello Stato, da sottoporre a procedure di
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Il Regio Liceo Lanza
selezione e scarto, autorizzate dal Provveditorato e dall’Archivio di Stato competenti. La normativa risiede nella legislazione archivistica e in alcune circolari
emanate dal Ministero dell’Istruzione.
Purtroppo, per esigenze di spazio, molta documentazione importante continua
ad essere distrutta. Il “macero” è una scelta di opportunità che si è verificata
anche a livello nazionale. Nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma vi sono dei
grandi vuoti documentali: colpiscono l’intera produzione delle Direzioni generali
dell’istruzione primaria ed elementare e dell’istruzione secondaria (soprattutto
quella classica) lungo l’arco cronologico che va dal 1910 agli anni Cinquanta. Ad
effettuare la segnalazione è stata la dottoressa Gigliola Fioravanti : «Del periodo
1910-1950 non esistono più fonti documentarie centrali, se non gli archivi del
Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e alcune serie dell’Istruzione Tecnica e dei convitti nazionali. Chi dovesse fare uno studio su questi anni, si dovrebbe rivolgere a fonti alternative». La Fioravanti ha attribuito il vuoto documentale
al precipitare della situazione italiana nell’autunno del 1943 (al tempo della Repubblica di Salò, fu ordinato lo spostamento dei documenti da Roma a Padova),
ma soprattutto alla discutibile scelta, fatta negli anni 1947-1948, di eliminare la
maggior parte dei materiali prodotti durante il Ventennio fascista. Questo inopinato scarto fu autorizzato dai più accreditati archivisti dell’epoca1.
Reperire fonti documentarie alternative è quindi diventato un compito imprescindibile per chi si occupa di storia della scuola. Scrive Francesca Klein, dell’Archivio di Stato di Firenze: «La ricerca, in particolare, negli archivi dei vari ordini
di istituti scolastici mostrava la presenza al loro interno di risorse informative
autonome, appetibili in quanto tali, dati gli interrogativi storiografici maturati nel
corso degli ultimi anni. Il problema di un allargamento di orizzonti, dalle carte del
Ministero per la Pubblica Istruzione conservate presso l’Archivio Centrale dello
Stato alla documentazione dislocata presso gli istituti periferici dell’amministraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
1
Cfr. ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (ACS), L’istruzione classica, a cura di G. BONETTA e G.
FIORAVANTI, Ministero per i Beni Culturali Ambientali, Roma 1995. A partire dal 1993 è stato effettuato un grande lavoro di riordinamento delle carte del Ministero per la Pubblica Istruzione conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato. Questo lavoro, grazie alla collaborazione tra archivisti
e storici, ha dato alla luce, oltre al testo precedentemente citato, ad altri quattro volumi della serie
intitolata “Fonti per la storia della scuola”: ACS, L’Istruzione normale dalla legge Casati all’età
giolittiana, a cura di C. COVATO e A.M. SORGE, Ministero per i Beni Culturali Ambientali, Roma
1994; Il Consiglio superiore della pubblica istruzione 1847-1928, a cura di G. CIAMPI e C. SANTANGELI, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Roma 1994, L’inchiesta Scialoja sulla istruzione
secondaria maschile e femminile (1872-1875), a cura di L. MONTEVECCHI e M. RAICICH, Ministero
per i Beni Culturali Ambientali, Roma 1995; L’istruzione universitaria (1859-1915), a cura di G.
FIORAVANTI, M. MORETTI, I. PORCIANI, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma 2000. In
corso di pubblicazione: L’istruzione agraria, Gli educandati femminili, L’istruzione elementare,
L’amministrazione centrale.
Gli archivi scolastici fonte di ricerca
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zione, si è quindi imposto all’attenzione generale, caricandosi di molteplici valenze culturali. Si trattava di verificare quale fosse, a livello locale, lo stato di salute
della memoria della scuola, se anche in periferia fossero rilevabili quella disattenzione o addirittura quei tentativi di rimozione osservati per la documentazione
degli istituti centrali della pubblica Istruzione»2.
È quello che abbiamo fatto noi. Numerose fonti sul Liceo “Lanza” analizzate
in questo volume si collocano infatti entro l’arco di tempo suddetto. I documenti
riferibili al periodo 1922-1946 non li abbiamo trovati nell’Archivio Storico della
scuola, che possiede soltanto i registri generali dei voti, bensì presso l’Archivio
di Stato di Foggia, durante una ricerca sul Ventennio fascista in Capitanata.
Nella nostra ricognizione siamo stati fortunati. Le fonti più interessanti sono
le relazioni che, a fine anno scolastico, i vari presidi inviarono al Ministero
dell’Istruzione e dell’Educazione Nazionale, corredate da allegati statistici. Sono
fonti “non seriali”: permettono di scoprire il segreto della effettiva scuola, di
“sorprenderla” nella sua reale vita. Ci ricordano le Cronache della scuola ispirate
dal grande pedagogista Giuseppe Lombardo Radice e introdotte con un’ordinanza
ministeriale del 1924 nel “Registro di classe” delle elementari. Erano un piccolo
spazio dove l’insegnante appuntava, giorno per giorno, i fatti salienti della vita
scolastica, le osservazioni sull’attività didattica e sui singoli allievi. Reperite in
qualche registro scampato alla triste sorte del macero, permettono oggi di «esaminare i documenti della scuola, freddi per solito, ma mai tanto da non tradire la
personalità del maestro»3.
Per ricostruire in un continuum la storia dell’Istituzione scolastica “Lanza”
dalle origini fino agli anni Cinquanta, abbiamo integrato le relazioni dei presidi
con altre fonti reperite presso l’Archivio Storico Comunale, il Museo Civico, la
Biblioteca Provinciale di Foggia e gli archivi privati, non trascurando le fonti
orali. Tutti questi documenti diventano esemplari nell’attestare le radici di una
comunità scolastica, la sua vera identità, i suoi percorsi, i suoi progetti, le sue
attività.
Recentemente in alcuni convegni è stata lanciata una sfida a tutte le scuole
italiane affinché si attivino per riappropriarsi della loro memoria documentaria
“dimenticata”. Il dibattito è stato intenso e vivace4. Durante gli incontri sono state
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
2
Gli archivi della scuola, a cura di F. KLEIN in www.istoreto.it.
G. LOMBARDO RADICE, Athena fanciulla, Firenze, 1928, pp. 36-37. Lombardo Radice scrisse i
programmi della scuola elementare del 1923. Il grande pedagogista fu uno dei principali collaboratori del filosofo Giovanni Gentile. Si distaccò dal fascismo nel 1925, dopo il delitto Matteotti.
4 La professoressa Maria Teresa Sega ha affermato che, finora, la comunità scolastica non ha affatto elaborato una sua memoria collettiva. L’idea che se ne ricava è quella di un vissuto scolastico
circoscritto al presente, senza alcun sguardo lungimirante verso il futuro: «La Scuola si è smemorata di se stessa, non si è pensata come produttrice e conservatrice di memoria, deposito di tracce
3
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Il Regio Liceo Lanza
prospettate le ampie opportunità formative e didattiche che un archivio scolastico,
adeguatamente inventariato e trattato, può assicurare a docenti e alunni, al pari di
una biblioteca o di uno strumentario scientifico.
Simonetta Soldani, docente di Storia contemporanea presso l’Università di
Firenze, ha sostenuto che la salvaguardia degli archivi scolastici è meglio perseguibile con la loro concentrazione negli Archivi di Stato. Francesca Klein ha
raccomandato invece «di non rescindere il legame che unisce gli archivi scolastici al complesso del patrimonio culturale dei singoli istituti, una risorsa da valorizzare per quanto possibile nel suo complesso e che sarebbe sconsigliabile sradicare, frammentare e disperdere».
La nuova normativa sull’autonomia ha recepito sostanzialmente la posizione
della Klein. Equiparando lo statuto giuridico delle scuole a quello degli enti pubblici, impone la conservazione degli archivi presso gli Istituti produttori, e non
più il versamento delle carte agli Archivi di Stato. La Circolare datata 22 luglio
1999, prot. N. 8901.29 raccomanda ai Dirigenti scolastici oculate procedure di
scarto: «Per quanto riguarda la tipologia di atti da selezionare, si raccomanda la
massima attenzione e cura nell’effettuare le scelte, tenendo presente il crescente
interesse che la documentazione delle scuole sta suscitando da parte di privati ed
istituzioni, a fronte di situazioni di effettiva precarietà nelle quali versa la documentazione stessa»5. Anche l’accesso agli studiosi dovrebbe essere facilitato.
Progetti, ricerche, corsi di formazione, convegni e sperimentazioni su questo
tema sono già stati avviati in diverse città. Anche a Foggia vedono impegnati
Istituti storici della Resistenza, scuole, enti pubblici e Archivio di Stato. L’intento
è di recuperare e catalogare materiale documentario – cartaceo, librario, oggettistico – relativo alla storia della scuola, anche negli aspetti di cultura materiale, per
una fruizione finalizzata sia alla ricerca storica e scientifica sia al laboratorio diqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
di se stessa, non si è pensata come produttrice e conservatrice di memoria, deposito di tracce di
persone che l’hanno abitata nel tempo. Non ha quasi mai elaborato una pratica della conservazione
oculata di ciò che andava via via producendo, una visione critica dei suoi cambiamenti e persistenze nel corso del tempo. Soltanto i singoli insegnanti hanno conservato una memoria privata, custodendo gelosamente quaderni, fotografie, scritture». [Cfr. M. T. SEGA, La scuola fa la storia. Gli
archivi scolastici per la ricerca e la didattica, Provincia di Venezia, città di Venezia, Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea, Nuova dimensione, 2001]
5 Si raccomanda la conservazione delle seguenti categorie di atti: registro di classe, registro dei
docenti, registro dei verbali dei consigli di classe e relativi al funzionamento degli organi collegiali
degli Istituti, registro dei decreti, registro dei diplomi; adozione dei libri di testo; organizzazione
della Biblioteca degli Istituti; programmazione ed attuazione di attività scolastiche anche esterne
(manifestazioni teatrali, gite, visite di studio ecc.); assistenza scolastica e patronato; campionatura
degli elaborati scolastici relativi al tema di italiano e alla materia specifica che connota l’istituto di
istruzione (artistico, tecnico, industriale, ragioneria ecc.) nella misura di una sezione ogni quinquennio; timbri suggelli, punzoni metallici (quelli forniti dalla Zecca); corsi di aggiornamento.
Gli archivi scolastici fonte di ricerca
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dattico. In Puglia, l’Istituto per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Educativa (Irre), sta portando
avanti un progetto sulla “Storia delle istituzioni scolastiche regionali” che prevede la ricognizione delle fonti d’archivio e la relativa inventariazione digitale.
Comincia ad essere incentivata, in molte scuole, la figura di insegnante-ricercatore-documentalista, in grado di compiere un’efficace mediazione tra ricerca e
didattica6. Nella progettazione di percorsi didattici, gli insegnanti stanno acquisendo competenze archivistiche finora non possedute.
In questo libro, che è la ricostruzione della storia del Liceo “Lanza” dalle origini al secondo dopoguerra, abbiamo delineato dei possibili percorsi per laboratori didattici basati sulla relazione tra memoria e storia, tra autobiografia dell’Istituto e storia dell’educazione nel contesto nazionale, evidenziando il cambiamento del ruolo e dell’immagine del preside (ora dirigente scolastico) nel corso del
tempo. I materiali documentari potrebbero essere utilizzati per ulteriori ricerche
tematiche: generazioni a scuola; l’educazione dei ragazzi e delle ragazze; la scuola in tempo di guerra. Anche l’archivio vivo della memoria apre interessanti
“piste” di lavoro, come si evince dalle testimonianze di ex allievi da noi raccolte.
Come quello del Liceo “Lanza”, tanti archivi scolastici attendono di essere
portati alla luce. Per una vera fruizione “allargata”.
Teresa Maria Rauzino
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
6
Nell’anno scolastico 2003-2004, un “Laboratorio di storia”, di durata biennale, è stato realizzato
dalla classe III E del Liceo classico “Lanza” di Foggia. Gli alunni hanno raccolto, studiato, catalogato tutti i documenti presenti nell’Archivio Storico della scuola (1868-1950). Il lavoro di ricerca è
stato coordinato dalla professoressa Angela Fiorella e da Maria Carolina Nardella, direttrice
dell’Archivio di Stato di Foggia ed esposto in mostra durante la Settimana Nazionale per la Cultura,
organizzata dall’Amministrazione Provinciale di Foggia. Un secondo progetto, dal titolo “Memoria
storica e memoria personale”, partendo da due personaggi della nostra terra – Liliana Rossi e Luigi
Pinto – ha inteso sensibilizzare i giovani studenti (VD, ID, VB, IIC) a ricostruire il contesto storico,
partendo dalle curiosità personali e dalle emozioni come veicolo per l’apprendimento. Il coordinamento del laboratorio è stato affidato alla professoressa Katia Ricci. Il terzo progetto dal titolo
“Archivi come fonte di ricerca”, di durata triennale, ha previsto un lavoro di gruppo della classe III
sez. A sul tema: “L’estate del 1943 a Foggia”. La ricerca è stata coordinata dalla professoressa Flora
D’Antonio.
Scolaresca di fine Ottocento. Al centro la maestra Rosa Contestabile. [Archivio de Plato Marangelli]
Politiche scolastiche postunitarie
Nel 1861, dopo la proclamazione del Regno d’Italia, il nuovo Stato ereditò
sistemi scolastici diversi tra loro. L’unificazione linguistica era un problema urgentissimo e non si “perse tempo” ad elaborare una legge sull’istruzione rispettosa delle varie peculiarità regionali: il funzionamento delle scuole fu regolato con
l’estensione a tutto il territorio nazionale della Legge Casati, emanata nel 1859
nel Regno di Sardegna, che resterà in vigore per oltre sessanta anni, fino alla riforma Gentile del 1923. Essa faceva tesoro delle esperienze scolastiche delle regioni culturalmente piú avanzate (Piemonte, Lombardia, Toscana), archetipi del
processo di formazione della moderna scuola laica. Ma la Legge Casati, nata
senza discussione parlamentare, ebbe come caratteristica fondamentale l’accentramento. Il Ministero tolse ogni margine di autonomia agli organi collegiali, sia
a livello nazionale (il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione) sia a livello
locale (il Consiglio provinciale scolastico).
La legge era caratterizzata da un forte dualismo. Prevedeva due indirizzi di
scuola secondaria: uno umanistico (liceo) mirato alla preparazione universitaria,
cui era affidato il compito di formare i ceti dirigenti; l’altro matematico-scientifico (sezione fisico-matematica dell’istituto tecnico) che doveva provvedere, invece, alla formazione dei quadri intermedi.
Francesco De Sanctis1, il primo ministro della Pubblica Istruzione del Regno
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
1
A Francesco De Sanctis successero, nell’ordine, i ministri Mancini, Matteucci, Amari, Natoli,
Berti, Correnti e Coppino.
20
Il Regio Liceo Lanza
Unito, ebbe a cuore la preparazione degli insegnanti che dovevano essere «capaci di un’azione educativa tendente a sollevare le plebi al rango di cittadini italiani»2. Il compito di creare una rete di scuole “per l’istruzione del popolo” fu affidato ai Comuni.
Cosa accadde a Foggia?
Lo storico Franco Mercurio, inquadrando nel contesto a ridosso dell’Unità
d’Italia la vicenda dell’Istituto Tecnico “Giannone”, ha sottolineato come essa sia
emblematica non soltanto della storia di una scuola tecnica, ma di tutta l’istruzione pubblica. Anche a Foggia si decise di privilegiare la scuola di tipo classico. Il
“Rosati”, primo esempio di scuola tecnica di Capitanata, richiesta in età borbonica da Francesco della Martora3 e presente al momento dell’Unità presso l’Orfanotrofio “Maria Cristina”, “morì” con la Destra storica. Come “morirono” le
cattedre universitarie istituite nei due anni immediatamente precedenti l’Unità4.
Dal marzo 1859, presso il Real Collegio degli Scolopi5, nell’antico convento di
San Gaetano, funzionavano quattro cattedre6: Chimica e storia naturale; Fisiologia ed anatomia; Diritto e procedura civile; Diritto e procedura penale. L’anno
accademico fu inaugurato il 23 luglio del 1859 nella chiesa delle Scuole Pie. Gli
alunni cantarono un inno appositamente composto dal maestro di musica Michele Gissi; padre Ambrogio Marcangelo7 lesse un forbito discorso. Il 28 luglio
Ferdinando Villani tenne la prima lezione, avente per argomento “il diritto di
punire”, davanti ad un folto pubblico di giovani e professori, riscuotendo molto
plauso. Con pari entusiasmo furono accolti il professor Della Martora, che iniziò
le sue lezioni il 5 agosto 1859, e l’avvocato Celentano qualche giorno dopo.
Ferdinando Villani ricorda che la cattedra di Chimica e storia non venne più
istituita, ma che una seconda concessione governativa del settembre 1859 accordò al Collegio altre tre cattedre universitarie: Medicina legale e Medicina pratica;
Patologia, chimica e ostetricia; Diritto romano e patrio. «Il Decurionato propose
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
2 A. ARCOMANO,
Istruzione e ministri, scuole e maestri nel I Decennio unitario, Fratelli Conte Editori, Napoli, 1983, p. 26.
3 Della Martora fu Segretario della Società Economica di Capitanata.
4 Note espresse durante la presentazione del volume L’ITC Pietro Giannone di Foggia e la sua
galleria d’arte, Ed. del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2002, testi di L. LOPRIORE, V. MARCHESIELLO, G. CRISTINO, a cura di A. Palomba. Cfr. T. RAUZINO, L’Istruzione postunitaria a Foggia.
Note a margine di Franco Mercurio, in www.capitanata.it.
5 Nel maggio 1846 il re di Napoli Ferdinando II, venuto a Foggia in occasione della fiera annuale,
promosse al grado di Real Collegio le scuole Pie dei Padri Scolopi.
6 Cfr. F. VILLANI, La nuova Arpi, la Terrazza editrice, Bologna, 1975. Ristampa anastatica del volume del 1876, p. 184.
7 Ivi, pp. 184-186. Padre Ambrogio Marcangelo di Troia, nel 1868 fu nominato, oltre che preside,
rettore del convitto “Lanza”. Rimase in carica per sei anni, fino al 1874.
Politiche scolastiche postunitarie
21
per l’insegnamento di queste discipline i dottori Domenico de Angeli e Giuseppe
Manolla e l’avvocato Michele Buontempo i quali, nominati con sovrano rescritto
nel gennaio 1860, si immisero tosto nello esercizio delle loro funzioni». Fra i
docenti c’era Vincenzo Nigri, che aveva superato un concorso per la cattedra di
Agricoltura, fondata a Foggia da tempo e tenuta dall’illustre Giuseppe Rosati e
poi da Bartolomeo Baculo. Nigri lesse la sua prolusione, con pubblico compiacimento, il 25 gennaio 1860. «Tali cattedre però andaron soppresse – conclude
Villani – per i nuovi ordinamenti universitari e per la nuova legge sulla Pubblica
Istruzione»8.
A Foggia, come in altre città d’Italia, decollò, a livello di scuole “mezzane”,
la scuola classica: l’élite al potere fu molto attenta ad aprire un istituto municipale che potesse dare decoro e prestigio alla città. Il sindaco Lorenzo Scillitani9,
rappresentante della Destra Storica, non volle più costringere i ragazzi ad andare
Lucera, a Bari, e ancora a Napoli, in convitto: decise che dovevano formarsi in
città e si adoperò molto per aprire il liceo classico. Scillitani partiva dal concetto
che, in una nazione civile, l’istruzione fosse un tema altamente strategico. L’alfabetizzazione era una premessa indispensabile per lo sviluppo e il progresso: «Il
popolo che ha le migliori scuole – soleva affermare – è il primo popolo ed il nostro se non l’è oggi, lo sarà domani». In questa sua “crociata” a favore dell’Istruzione pubblica coinvolse l’intera città.
Il prefetto Malusardi, il 2 marzo 1868, segnalò al Ministro della Pubblica
Istruzione10 il particolare impegno del Sindaco: «Il sottoscritto sente il dovere di
segnalare a codesto Ministero i grandi servizi che sta rendendo alla Pubblica
Istruzione il Signor Scillitani Cav.re Lorenzo Sindaco di Foggia. Nel periodo di
pochi mesi, sono state aperte, per cura di questo Municipio, come dai manifesti a
stampa che qui si alligano si scorge, due scuole serali femminili per adulte che
sono frequentatissime, quattro scuole femminili di grado inferiore nei Conservatorii di questa Città; ed ora il Liceo Ginnasiale Comunitativo sotto il nome Lanza,
per l’approvazione del quale il Sottoscritto si riserva di trasmettere tra non molto
i necessari documenti. Oltre a ciò, il cav. Scillitani presta la sua opera con raro
zelo come componente i Consigli Direttivi delle scuole Magistrali Maschile e
Femminile qui istituite, ed è assiduo alle tornate del Consiglio Provinciale Scolastico di cui fa parte qual deputato del Municipio. Per tale operosità, che il cav. re
Scillitani mostra nel promuovere la pubblica istruzione elementare non che la
secondaria classica e tecnica di questa città, merita una particolare distinzione da
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
8 Su
“Risorgimento dauno”, è riportata la data della soppressione di tali cattedre: 12 ottobre 1862.
G. MATRELLA, Uomini illustri della città di Foggia, Edizioni Risveglio, 2000, pp. 203-216.
10 Il Ministero allora aveva sede a Firenze, capitale del Regno d’Italia.
9
22
Il Regio Liceo Lanza
codesto Ministero, al cui giudizio chi scrive lascia la scelta della onorificenza
dovuta a sì benemerito cittadino»11.
La richiesta ebbe un riscontro favorevole: a Scillitani fu conferita una medaglia d’argento come benemerito della Pubblica istruzione. Scrive Villani: «Per
tale onorificenza vi fu atto solenne, onde il prefetto della provincia signor commendatore Antonio Malusardi facea consegna della detta medaglia nelle mani del
sindaco signor cavaliere Lorenzo Scillitani in forma pubblica nell’aula consiliare
di Palazzo di Città, innanzi a’ pubblici ufficiali e a’ professori di tutto il corpo
insegnante, intervenuti colà nel giorno 6 di Giugno 1869»12.
L’idea di Scillitani di aprire una scuola classica d’élite si sposò alla disponibilità verso i ceti più poveri: egli creò una biblioteca itinerante13 e aprì scuole serali per i braccianti14. Curò anche l’istituzione di asili infantili: era fermamente
convinto che occorresse intervenire fin dalla più tenera età per forgiare gli uomini e le donne del domani secondo principi di onestà, di moralità, di austerità e di
parsimonia. Quella del Sindaco di Foggia fu forse una visione paternalistica, filantropica, con una marcata divisione per classi e strati sociali. Ma ciò era nell’ordine di idee del “fare istruzione” a quel tempo: le finalità della scuola postunitaria
erano strettamente legate ad una costruzione della nazione in cui la priorità era la
formazione delle élites.
I programmi e le materie del liceo classico riflettevano i compiti affidati alla
scuola dalla Destra storica. Scrive Ricuperati: «L’insegnamento della storia aveva
una funzione apologetica della prospettiva nazionale. Al latino e al greco si dava
il compito di agire da filtri sociali. La filosofia doveva completare spiritualmente
questo processo di differenziazione, per cui le professioni liberali, e per lungo
tempo la stessa attività politica, si aprivano solo a chi fosse stato reso omogeneo
ai valori della classe dirigente da questo lungo e articolato processo di formazione»15.
Come vedremo analizzando i documenti, a Foggia la “crescita” della scuola
postunitaria fu un processo lento per la limitatezza delle risorse umane ed economiche. Ma, da parte di Scillitani, vi fu slancio e grande audacia nell’impegnare le
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
11 ARCHIVIO DI
STATO DI FOGGIA (ASFG), Amministrazione Comunale Foggia, busta 24-25, fascicolo 2/4.
12 La medaglia è conservata dal Municipio; ed è in quello archivio il processo verbale che registra
con lieta ricordanza un tale avvenimento. [Cfr. F. VILLANI, LA NUOVA ARPI, cit. p. 182]
13 Una parte di questa dotazione libraria è ancora oggi presente nella Biblioteca Provinciale di
Foggia.
14 Cfr. G. MATRELLA, Uomini illustri della città di Foggia, Edizioni Risveglio, 2000, pp. 203-216.
15 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, in Storia d’Italia, Torino, Einaudi, 1975, vol. V,
tomo 2, p. 1705.
Politiche scolastiche postunitarie
23
risorse del Comune nel settore della formazione. La Città investì molto in cultura.
Nel 1874 spendeva per le scuole elementari 25.622,06 lire: le scuole primarie
maschili e femminili, tra diurne, serali e festive erano trentanove. Sull’entità complessiva del finanziamento per la pubblica istruzione, Ferdinando Villani annota:
«Il Municipio di Foggia profonde circa centosessantasettemila lire all’anno delle
sue rendite a scopo di pubblica istruzione pel Liceo “Lanza” e pel Convitto, per
le classi tecniche, per le scuole elementari, per l’istituto delle civili fanciulle, per
gli asili d’infanzia e per le scuole magistrali». Lo stanziamento, compreso le
somme spese per la biblioteca comunale e popolare, arrivava alla cifra di
171.224,16 lire, assorbendo una parte cospicua del bilancio comunale.
Un elemento sottovalutato dalla Casati fu quello della diffusa carenza di personale docente. Per tutta l’Età della Destra, insegnarono i precari, spesso non
laureati e sforniti di “patente”, cioè dell’abilitazione. Questo problema incise
sulla qualità di tutte le scuole italiane di nuova istituzione. Le scuole periferiche
ebbero spesso personale improvvisato, autorizzato all’insegnamento attraverso
frequenti sanatorie ministeriali16. Accadde anche per il “Lanza”: i docenti reclutati, specie quelli di origine foggiana come Fuiani e Nigri (che pur godevano di
chiara fama), non avevano l’abilitazione richiesta per l’insegnamento. Si assiste
a defatiganti escamotages per non escluderli dall’incarico, contravvenendo agli
stessi bandi di concorso del Municipio di Foggia che prevedevano espressamente
i titoli di laurea e le fatidiche “patenti”.
La ragione di questa mancanza di insegnanti scaturiva dal meccanismo selettivo della scuola postunitaria: chi arrivava all’università non sceglieva facoltà
come lettere, filosofia o matematica, il cui unico sbocco era costituito dalla professione docente, ma corsi di laurea che promettevano carriere più remunerative.
Soltanto verso la fine dell’Ottocento, quando l’istruzione universitaria fu alla
portata della piccola borghesia, il numero dei laureati nelle facoltà umanistiche
aumentò.
È difficile identificare gli imput che portarono nella seconda metà dell’Ottocento all’aumento della scolarità a tutti i livelli. Ma è indubbio che la Legge
Coppino del 15 luglio 187717 la favorì, anche se l’obbligo scolastico, limitato al
corso elementare inferiore, durava soltanto tre anni. Inizialmente andò in vigore
soltanto nei comuni dove erano già presenti dei maestri: uno ogni mille persone
nei comuni con popolazione al disotto di cinquemila abitanti; uno ogni 1.200 se
la popolazione era compresa tra cinquemila e ventimila abitanti; uno ogni 1.500
abitanti nei comuni maggiori.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
16
G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, cit, p. 1705.
17 A. A. MOLA, Michele Coppino Scritti e Discorsi, Famija Albeisa, in www.michelecoppino.it.
24
Il Regio Liceo Lanza
La legge verrà quindi applicata gradualmente e la scolarizzazione si realizzerà
in modo diverso nelle varie aree del Paese, con il solito gap per le regioni meridionali. Le amministrazioni delle città meridionali non sempre furono in grado di
stanziare in bilancio le somme necessarie. La maggior parte dei Comuni dimostrò
indifferenza e anche contrarietà all’istituzione delle scuole elementari, ritenendola una necessità meno urgente rispetto ad altre più vistose della comunità.
Il ministro Coppino era consapevole dei limiti della sua legge. Nel suo intervento di presentazione del 9 e 10 marzo 1877 aveva sottolineato: «Le scuole
crescono e si perfezionano a misura che diventano più ricercate ed aumentano gli
scolari. Supponiamo una scuola vuota o quasi, e possiamo essere certi che non
migliorerà mai. Né per questo, è inutile di dirlo, io mi attendo da questa legge dei
miracoli. Essa si affaccia da sé in abito tanto modesto, da non mostrare pretensione nessuna a farne. Il fine suo non va oltre quello di affrettare poco, senza impeti, senza violenza, senza prescindere dalle condizioni di fatto, anzi prendendo da
esse la sua misura, il moto troppo lento che l’istruzione riceve per parte del paese,
aiutandosi questa a ricuperare un tempo trascorso pressoché indarno da noi, mentre l’adoperavano con vigile previdenza gli altri»18.
Approvata dalla Camera con 208 voti favorevoli e solo venti contrari, la Legge
Coppino sull’obbligo scolastico stabiliva sanzioni per gli inadempienti19. Prevedeva l’insegnamento delle prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino, la
lettura, la calligrafia, i rudimenti della lingua italiana, dell’aritmetica e del sistema
metrico decimale. Il corso era gratuito e aconfessionale20
Durante il suo mandato, Coppino farà redigere i regolamenti generali per l’inquadramento classico e tecnico, normale e magistrale; i regolamenti universitari;
la legge per le università minori e quella per gli edifici scolastici. Aumenterà il
“decimo” dei maestri, che vivevano in condizioni di estrema precarietà, in balìa
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
18 A. A.
MOLA, Michele Coppino Scritti e Discorsi, cit.
I genitori che violeranno la legge sull’obbligo scolastico dei propri figli «saranno ammoniti dal
sindaco ed eccitati a compierlo». Se non si presenteranno in municipio, o non giustificheranno
l’assenza dei figli dalla scuola, o non li riporteranno a scuola entro una settimana, non potranno
ottenere sussidi o stipendi sui bilanci dei Comuni, delle Province e dello Stato, eccezione fatta per
l’assistenza sanitaria, né potranno ottenere il porto d’armi. L’ammenda è di 50 centesimi, ma dopo
essere stata applicata inutilmente due volte potrà elevarsi a 3 lire, e da 3 a 6 fino al massimo di 10
lire, a seconda della continuata renitenza. «L’ammenda sarà inflitta tanto per la trascuranza
dell’iscrizione, quanto per le assenze abituali non giustificate. A questo scopo il maestro notificherà
al municipio, di mese in mese, gli assenti abituali. La mancanza si riterrà “abituale” quando le assenze non giustificate raggiungeranno un terzo delle lezioni nel mese. [Cfr. Legge Coppino approvata dal Senato del Regno nella seduta del 1 giugno 1877 e ripresentata alla Camera il 4 giugno]
20 Le nozioni dei “doveri dell’uomo e del cittadino” furono privilegiate rispetto all’insegnamento
religioso, che poteva essere impartito solo in orario extra-scolastico, previa richiesta dei genitori.
19
Politiche scolastiche postunitarie
25
degli umori di amministrazioni comunali non sempre “illuminate”.
Lo storico Giuseppe Ricuperati ha sottolineato come il bisogno di istruzione
sia un meccanismo complesso, legato alle relazioni esistenti fra cultura della famiglia, scolarizzazione di questa e identificazione di bisogni scolastici diffusi
nello strato sociale di appartenenza. Il sistema scolastico italiano favorì senza
dubbio i ceti medi, che sfruttarono la possibilità di migliorare il loro status tramite l’istruzione dei figli. Il liceo classico divenne la scuola più ambita e “sovraffollata”.
Nel caso di Foggia, dall’analisi della documentazione risulta che le iscrizioni
al “Lanza” aumentano di anno in anno, anche se la connotazione è esclusivamente maschile. Nell’anno scolastico 1875-1876 e in quelli successivi, gli alunni
provengono, oltre che dal Capoluogo, da tutti i paesi della provincia: Torremaggiore, San Severo, Cerignola, San Marco in Lamis, Deliceto, Ordona, Sannicandro, San Giovanni Rotondo, Troia, Sant’Agata di Puglia, Bovino, Volturara Appula, Sant’Angelo di Puglia, Rignano, Poggio Imperiale, Apricena, Castelluccio
dei Sauri, Manfredonia. Ci sono studenti che giungono da altre città d’Italia, precisamente da Minervino, Trani, Rapallo, Potenza, Napoli, Genova, Novara, Venezia, Trapani, Valdagno21. C’è un’unica sezione e le classi sono otto: vanno dalla
prima ginnasiale alla terza liceale. Soltanto nel 1890-1891 si ebbero tre sezioni di
prima ginnasiale, di cui una sezione C femminile composta da alunne provenienti dalla scuola elementare o paterna. Furono promosse in sedici, otto senza esami
e due con “menzione onorevole” in matematica, ma di queste ragazze soltanto
due frequentarono l’anno successivo la seconda classe ginnasiale22. Degne di
nota, in questi anni scolastici di fine Ottocento, sono quindi le prime licenze liceali conseguite dalle donne. Nel 1890-1891, le sorelle Ernestina e Teresina Bonfitto di San Marco in Lamis furono le prime appartenenti al gentil sesso che completarono gli studi presso il Liceo classico foggiano. La prima fu licenziata a
giugno con la media dell’otto, la seconda ad ottobre con la media del sette più23.
L’anno successivo, Emerita Gasparro, appena diciassettenne, con la media
dell’otto, conseguì la licenza con il miglior voto d’esame.
Qualche dato sulla qualità dell’insegnamento di fine Ottocento possiamo dedurlo scorrendo i nomi degli ex allievi. Fra questi Domenico Fioritto, nato a San
Nicandro Garganico nel 1872. Dopo la laurea in Giurisprudenza rivestirà importanti incarichi politici. Fondò le prime Leghe contadine e le prime Camere del
Lavoro, tra cui quella di Foggia. Fu segretario nazionale del Partito socialista dal
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
21
R. DE MEO, Nel primo centenario del Liceo-ginnasio “V. Lanza” di Foggia, IV, Dalla fondazione ad oggi, Foggia, 1975, p. 13.
22 Ivi, p. 14.
23 Ivi, p. 95.
26
Il Regio Liceo Lanza
1921 al 1923 e presidente dell’Opera Nazionale Maternità e della Provincia di
Foggia dal 1943 al 1945. Nel secondo dopoguerra, eletto in Parlamento, collaborò con Luigi Einaudi ai lavori dell’Assemblea Costituente.
Nel 1892-1893 venne licenziato, con la media dell’otto, Consalvo di Taranto.
Troviamo poi Romolo Caggese, che nell’anno 1899-1900 conseguì la “licenza
d’onore”24. Ebbe i seguenti voti nelle prove scritte25: italiano 9, latino 9, greco 8.
Nelle prove orali riportò: italiano 9, latino 9, greco 8, storia e geografia 9, filosofia 7, matematica 7, fisica 9, storia naturale 8. Caggese, grande medievista, con i
suoi studi farà luce su aspetti di vita cittadina toscana e del Mezzogiorno, dall’assetto politico-amministrativo all’economia, ai rapporti con il contado, allo sviluppo urbano. Roberto d’Angiò e i suoi tempi26, uno studio finora insuperato sul
Trecento meridionale, e La Grande Storia d’Italia, edita dalla Utet tra il 1937 e il
1938, portano la sua firma. La predilezione di Caggese per gli studi storici ed
economici ebbe premesse motivazionali nella “frequenza” al Liceo “Lanza”?
Sarebbe interessante saperlo. Bisognerebbe altresì approfondire il “ruolo nazionale”, politico e culturale, svolto dallo storico durante il Ventennio fascista27.
Al Liceo “Lanza”, nello stesso anno di Caggese, conseguì la licenza d’onore
Angelo Fraccacreta28. Riportò i seguenti voti: italiano 9, latino 9, greco 8, storia
e geografia 9, filosofia 9, matematica 7, fisica e chimica 8, storia naturale 8, condotta 9. Fraccacreta (1882-1951) era nato a San Severo da famiglia aperta alle
nuove istanze socio-culturali. Insigne economista, sensibile ai temi del movimenqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
24 Con
una media di voti elevata si era promossi con lo scrutinio senza sostenere gli esami.
DE MEO, cit., p. 95.
26 La casa editrice “Il Mulino” ha ripubblicato recentemente Roberto d’Angiò e i suoi tempi.
27 Cfr. Biblioteca Provinciale di Foggia (BPFG), fondi speciali, sezione Caggese (1882-1938): Ciò
che resta della Questione Meridionale (1933); La politica coloniale della Terza Italia, conferenze
sulla politica coloniale tenute al Circolo Filologico Milanese nel 1935; Gli emigranti e il dovere,
conferenza tenuta nell’Università di Napoli nel 1924; La missione storica della latinità; La Questione Meridionale e la pressione tributaria nell’ora presente, conferenza tenuta a Napoli l’11 giugno
1922 su invito dell’Ordine dei Dottori in Scienze economiche e sociali; Per il primo anniversario
dell’impero, conferenza tenuta nell’Aula Magna dell’Università di Milano il 9 maggio 1937. Il
Comune di Ascoli Satriano ha istituito una borsa di studio per l’autore del miglior saggio sull’opera meridionalista di Caggese.
28 AA.VV., Angelo Fraccacreta: l’uomo e l’opera, San Severo, 1988, pp.35-46. F. GIULIANI, Angelo Fraccacreta. Il dolore di una vita, Società di Storia Patria per la Puglia, 1999, p. 80. Il Fondo
Fraccacreta, conservato presso la Biblioteca comunale di San Severo, di straordinaria valenza bibliografico-culturale, è costituito da oltre 5.000 volumi e da un carteggio fra i vari membri della
famiglia e noti intellettuali, fra cui Benedetto Croce.
29 All’epoca, l’Ateneo non offriva molto. Nel gennaio 1944 il governo Badoglio istituì dei corsi di
laurea provvisori: Lettere, Filosofia, Chimica, Matematica, Fisica, Scienze naturali, Ingegneria,
Veterinaria e Pedagogia, ma il 13 maggio il ministro dell’Educazione Adolfo Omodeo li soppresse
25 R.
Politiche scolastiche postunitarie
27
to operaio, dal 1943 al 1946 sarà rettore dell’Università di Bari29.
Fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sulla rivista “Il Marzocco”
la critica verso i ginnasi comincia a farsi serrata: si afferma che la democrazia e
la scolarizzazione esasperata hanno messo definitivamente in crisi il senso
dell’istruzione classica, nella quale ormai “l’essenziale” è soltanto il titolo di
studio, spendibile sul mercato del lavoro. Ma il Liceo-ginnasio non può essere
aperto a tutti, «per la folla di mascalzoncelli che faranno ressa e si pigieranno
come aringhe mal salate sui banchi scolastici per stressare bene o male o più male
che bene un po’ di diploma, un po’ di licenza per concorrere agli impieghi pubblici ed ingrossare la già cospicua fascia di parassitismo, che è diventato l’ideale
più alto di questi anemici roditori che si affollano nelle scuole per poi affollarsi
nei dicasteri e negli uffici pubblici, dove avranno il diritto di non far nulla e di
mangiar qualcosa»30.
La scolarizzazione di massa è vista come un pericolo per la pace sociale. Opinione comune è che ci sia un forte squilibrio fra l’offerta di lavoro qualificato (che
non cresce) ed il numero di quelli che vi si preparano. Il pericolo paventato è il
malcontento che potrebbe nascere dalle aspettative deluse dei giovani studenti,
che già ingrossano le fila dei partiti considerati eversivi.
Ma la società italiana è cambiata. Grazie alla crescente urbanizzazione,
«mondi di cultura illetterata, con percentuali ancora vistose di analfabetismo,
erano continuamente sollecitati ad accettare l’istruzione, a sentirla come un’esigenza». La grande riforma scolastica dell’età giolittiana riguardò la statizzazione
della scuola elementare: con la Legge Daneo-Credaro, il bilancio dei comuni fu
alleggerito di questa spesa che, se era sopportabile per Torino e Milano, era pesante per le città meridionali31.
La scuola di massa è ormai diventata una realtà: si apre inarrestabile l’accesso
della donna all’università, anche se questo processo sarà sempre fortemente scoraggiato. Sarà un passo cruciale, volano al boom dell’istruzione nel Paese.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
“ristabilire la serietà degli studi”. Per protesta il rettore Fraccacreta rassegnò le proprie dimissioni
mentre i docenti bollarono come antidemocratico il provvedimento, adottato senza consultazione
delle autorità accademiche. Un fatto senza precedenti nella storia delle istituzioni universitarie. Il
15 maggio 1944, circa mille studenti presidiarono l’Ateneo, manifestando contro Omodeo. La protesta porterà al ritiro del provvedimento. L’Università di Bari, sotto la guida di Fraccacreta, darà
un’impronta decisiva all’opera di “ricostruzione” culturale ed educativa del Mezzogiorno. [Cfr. P.
CALVARIO e V. A. LEUZZI, L’Università di Bari. Nuove facoltà, lotte studentesche e politiche
dell’istruzione. 1943-1945, IRRSAE Puglia, Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e
dell’Italia contemporanea, Progedit, Bari 2001]
30 T. NEAL, Democrazia e latino, il Marzocco, 1898. Cfr. ACS, Fonti per la storia della scuola, III,
L’istruzione classica, 1860-1910, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, Roma 1995, p. 53.
31 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, cit., p. 1707
ROMOLO CAGGESE
Caggese nacque il 26 giugno 1881 ad
Ascoli Satriano. La sua formazione, dopo
gli studi ginnasiali nel seminario vescovile
di Ascoli, maturò al Liceo “Lanza” di Foggia, nel cui Convitto svolse a titolo gratuito
per due anni la funzione di istitutore.
A Firenze frequentò l’Istituto Superiore di
Studi Pratici. Caggese si fece subito notare,
pubblicando sulla Rivista delle Biblioteche
e degli Archivi un saggio “Su l’origine
della parte guelfa e le sue relazioni col Comune”. Si laureò il 21 ottobre del 1904:
relatore della sua tesi (Un Comune libero
alle porte di Firenze nel secolo XIII pubblicata nel 1905) fu lo storico Pasquale Villari.
Il 24 giugno 1907 divenne libero docente
in Storia Moderna all’Università di Pavia;
il 3 dicembre del 1908 passò all’Università
di Napoli. Tra il 1907 e il 1909 pubblicò
Classi e comuni rurali nel Medio Evo italiano e Foggia e la Capitanata. Profonda
fu la sua conoscenza degli archivi toscani.
Tra il 1910 e il 1921, su incarico del Comune di Firenze, diede alle stampe l’edizione
dei più antichi corpi normativi della Repubblica fiorentina: gli Statuti del Capitano del Popolo e del Podestà degli anni
1322-25, fonti di grande rilievo per la storia tra XIII e il XIV secolo, apogeo della
Firenze medievale. Nel 1929 collaborò alla
Cambridge Medieval History con il saggio
Italy 1313-1414. Nel 1933 su “Nuova Antologia” pubblicò Ciò che resta della questione meridionale.
Dal 1926 fu nominato ordinario di Storia
medievale e moderna presso la Facoltà di
Lettere dell’Università di Milano, città
nella quale morì il 5 luglio 1938.
In un recente convegno, il professor Raffaele Licinio, docente di Storia medievale
presso l’Università di Bari e Foggia, ha
affermato che Caggese non ebbe vita facile
ai suoi tempi. Esponente della cosiddetta
scuola economico-giuridica (Salvemini,
Villari, Arias), e palesemente influenzato
anche dal materialismo storico, fu «sempre
fuori dagli schemi, perché insofferente
verso i principi e le leggi universali; anche
quelli della lotta di classe». Il suo eclettismo gli valse il giudizio non entusiasta di
Gioacchino Volpe, che nel 1938, vergandone il necrologio, rilevava nei suoi scritti
«certa facilità e rapidità di lavoro […] certa
tendenza a troppo generalizzare». Oltre
agli studi sul periodo angioino, il lascito
più significativo di Caggese è rappresentato dalle intuizioni sulla nascita dei Comuni:
non quelli urbani, ma quelli di campagna.
«Caggese spezza l’identificazione fra il
comune e la città – ha affermato Licinio –
aprendo così un filone di ricerca fecondo
ancor oggi; anche se non tutti i medievisti
contemporanei sembrano essersene accorti…».
La didattica nell’Ordine classico
Nell’Italia appena unita, si farà a gara per esortare le nuove generazioni del
ceto medio a frequentare il liceo classico per integrarle ed assimilarle al “comune
senso ideologico”. Nel 1882 i ginnasi italiani sono complessivamente 728: solo
114 sono governativi, tutti gli altri sono vescovili, privati o comunali. La loro
distribuzione sul territorio nazionale non è uniforme. In Puglia ve ne sono soltanto tre, uno per ogni 530mila abitanti1. Complessivamente l’istruzione classica
serve un’utenza doppia dell’istruzione tecnica, situazione del tutto capovolta
nell’attuale sistema formativo italiano.
Di particolare interesse, rispetto alla didattica attuale, il raffronto comparativo
delle materie, dei programmi e delle metodologie del Liceo-ginnasio “Lanza”
postunitario. Colpisce un dato quantitativo, specie nelle tre classi del ginnasio
inferiore e nelle due classi del ginnasio superiore: l’esiguità del numero delle
materie di studio obbligatorie. Esse sono soltanto tre nel primo segmento (italiano, geografia e latino) e quattro nel secondo (italiano, storia, latino e greco).
Quattro sono le ore di lezione al giorno, per cinque giorni alla settimana; il giovedì è libero da impegni scolastici. Le materie di studio sono quindi poche e
poche le ore di insegnamento: nel ginnasio non vanno oltre quattro ore al giorno,
divise in due-tre lezioni, per un monte ore settimanale di venti ore. In prima liceale le ore salgono a venticinque. Le materie di studio sono latino e greco, letteraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
1
ACS, Fonti per la storia della scuola, III, L’istruzione classica 1860-1910, a cura di G. BONETTA
e G. FIORAVANTI, Ministero beni Culturali e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici
1995, Roma, p. 60.
30
Il Regio Liceo Lanza
tura italiana, matematica e storia. Nel quadro orario di tutte le classi del ginnasio,
inviato al Ministero nel 1868 dal preside Michelangelo d’Atri, manca l’insegnamento matematico-scientifico. Ai nostri giorni ciò è inconcepibile: persino nella
scuola materna si impartiscono nozioni di insiemistica, affinché anche i bambini
più piccoli acquisiscano i prerequisiti di matematica.
Poche discipline per un tempo scuola davvero esiguo, se pensiamo che attualmente nella scuola media, che corrisponde alla fascia scolare del ginnasio inferiore, le materie insegnate sono undici. E nel biennio sperimentale, corrispondente
al ginnasio superiore, sono ancora di più. Il monte ore odierno si dilata fino a
superare la soglia delle 30 ore settimanali.
Certo, nell’Istituto “Lanza” postunitario è previsto lo studio di materie facoltative, ma è una prerogativa che non privilegia gli alunni esterni, essendo riservato a quelli interni dimoranti nel Convitto. Non manca l’insegnamento della lingua
francese, della calligrafia e del ballo. L’insegnamento religioso è “commesso” ad
un direttore spirituale. In era di “virilizzazione” degli adolescenti, l’insegnamento
ginnico-militare è affidato ad istitutori speciali. Declamazione, disegno, scherma
e pianoforte sono materie facoltative: vengono insegnate su richiesta delle famiglie. Un optional che nessun convittore può però permettersi, per la spesa aggiuntiva che comporta: le rette pagate al Convitto “Lanza” corrispondono rigorosamente alla quota base.
Poche materie obbligatorie, quindi. Insegnate meglio delle tante impartite
oggi? Verrebbe da dubitarne. In fondo non si imparavano molte cose. Gli allievi
passavano molto tempo a eseguire esercizi scritti; “mandavano a memoria i luoghi eletti” di qualche autore classico, molti versi latini di Virgilio, interi canti
dell’Ariosto, del Tasso e le liriche del Canzoniere di Petrarca. Un “esercizio” oggi
considerato anacronistico e ormai bandito nelle scuole italiane di ogni ordine e
grado.
Nel 1868 “mandare a memoria” una lirica di un autore classico doveva servire
a fissare nella mente dei piccoli studenti un modello linguistico facilmente imitabile. Piuttosto che far studiare brani antologici di tanti autori, che potevano ingenerare “confusione” di stili, di temi e di percorsi, si preferì focalizzare “lo studio”
sull’opera di pochi autori esemplari.
Al “Lanza”, come in tutte le scuole postunitarie, è rigorosamente proibito
l’uso del dialetto. Naturalmente per alte finalità superiori, seguendo la nota affermazione di Massimo D’Azeglio secondo cui «fatta l’Italia, bisogna fare gli Italiani!». Le “prescrizioni” grammaticali assorbono quindi quasi tutto il tempo scuola:
i professori devono far dimenticare gli innumerevoli idiomi diversi “da campanile a campanile”, i soli parlati e compresi in un’Italia decisamente analfabeta.
L’ordine classico inaugurato dalla Legge Casati ha come modello di riferimento il sistema prussiano: i “giovanetti” vengono indottrinati in maniera piana e
La didattica nell’Ordine classico
31
semplice, seguendo i dettami del “senso comune”. Sono tenuti a osservare un
intransigente “regime comportamentale”, un codice disciplinare severo, ispirato
alla concezione militare della vita di gruppo. La mattina, nell’ora che precede “il
cominciamento delle lezioni”, gli alunni sono obbligati a trovarsi in punti prestabiliti dell’Istituto, per poi “ordinarsi militarmente” sotto il comando dei rispettivi
capisquadra che guidano il loro ordinato accesso alle classi.
“Stare in classe” significa assumere comportamenti fisici, adottare gestualità,
interagire con precise modalità verbali, per permettere l’ordinato svolgimento
delle lezioni ex cathedra: il professore è l’unico protagonista attivo dell’evento
didattico.
Se le punizioni disciplinari sono un deterrente intimidatorio, i premi distribuiti alla fine dell’anno (libri e medaglie d’oro e d’argento) gratificano lo studio
sistematico e la buona condotta degli alunni. “Menzioni onorevoli” premiano
l’alto rendimento scolastico. Una bella finalità illumina la dettatura dei temi settimanalmente assegnati agli alunni in prima ginnasiale: devono servire “all’educazione del cuore”. Oppure, nel corso liceale, a formare il futuro cittadino italiano. Tematiche valoriali e civiche, quindi. Tese a privilegiare i sentimenti. O
l’amor di Patria. Una finalità ormai dimenticata nella scuola italiana odierna, e
forse nel Paese, nonostante l’inno nazionale cantato nelle cerimonie ufficiali.
Oggi nella scuola media e nel biennio superiore, la didattica dell’italiano è
basata sull’insegnamento delle quattro abilità di base: ascoltare-parlare-leggere e
scrivere, sulla “riflessione linguistica” e sull’avvio all’educazione letteraria.
L’italiano scritto si basa sulla produzione di diverse tipologie testuali. Il tema non
rappresenta più l’esercitazione principale, se non esclusiva, citata da padre Marcangelo a commento dei programmi svolti nell’anno scolastico 1868-1869. Gli
obiettivi dell’educazione letteraria odierna si focalizzano su un’improbabile,
complessa operazione tecnicistica di analisi testuale che talvolta trova impreparati gli stessi docenti. Sono sparite le finalità “alte” dell’insegnamento perseguite
dagli insegnanti postunitari. Nel 1868, in tempi di anticlericalismo governativo
dichiarato, c’era anche chi, coraggiosamente, e quasi “ereticamente”, affermava
che “l’alto genio” degli scrittori italiani era originato dal cattolicesimo. E che la
Storia aveva uno svolgimento “guidato” dalla divina Provvidenza.
Nella scuola postunitaria l’educazione alla ragione, anzi dell’intelletto, è una
prerogativa riservata al liceo. Ecco perché la matematica, le scienze e il metodo
sperimentale vengono insegnati soltanto a partire dalla prima classe del corso
superiore. Padre Marcangelo e il Consiglio dei professori nell’anno scolastico
1868-1869 anticipano “sperimentalmente” in prima liceale lo studio della filosofia, avviato di norma in seconda, con studenti in grado di recepire meglio questo
“alto” insegnamento.
Una piccola notazione di padre Marcangelo sul metodo utilizzato dal professor
32
Il Regio Liceo Lanza
Paolo Tedeschi nella correzione dei temi, ci fa riflettere sulla funzione educativa
dell’errore, che non deve essere stigmatizzato semplicemente con un voto negativo, attribuito a un compito corretto a casa dal docente. Il professore dovrà correggere l’elaborato dell’alunno in sua presenza: soltanto così “il giovanetto” ne
trarrà giovamento, per emendare gli errori e raggiungere il successo formativo.
Onestamente ci pare che l’annotazione didattica assuma una valenza positiva che
andrebbe riproposta! Certo “i docenti s’impegnano a fornire agli alunni tutte le
indicazioni utili per la comprensione delle valutazioni espresse e dei giudizi didattici formalizzati ai fini degli scrutini intermedi e finali”, come recitano i Piani
dell’Offerta Formativa, ma è impensabile che qualcuno corregga in classe, seduta
stante, i compiti degli studenti. Al momento della consegna dell’elaborato corretto a casa dal docente, l’alunno visionerà rapidamente soltanto un segno, anzi un
numero: il suo voto. Sorvolerà con nonchalance sulle notazioni della matita bleu,
o rossa a lato dell’errore. Con buona pace del feedback!
Ciò che caratterizza la vita scolastica dei ginnasi e dei licei postunitari è una
serie continua di esami. Tutto l’evento educativo e formativo è finalizzato al loro
superamento. Con il rischio reale che uno studente «pronto d’ingegno e di memoria» riesca a preparare in tempo brevissimo la prova d’esame, rispetto a chi ha
seguito con solerzia le lezioni per l’intero anno. «Di quella rapida inverniciatura
che resta?» Si chiedeva Ferdinando Martini, invocando la valutazione senza
esame degli scolari che avevano assolto giorno dopo giorno i loro doveri scolastici. Nel 1893 Martini promulgherà il Regolamento istitutivo degli scrutini.
Qualche anno più tardi si tornerà “indietro”: nel 1900 il ministro Gallo, intraprendendo una sorta di crociata, ripristinerà l’obbligo dell’esame di licenza.
Gradualmente si affermerà una mentalità sempre più sensibile alle innovazioni didattiche. Il ministro Orlando raccomanda che il metodo d’insegnamento sia
“cooperativo”, vi debbono concorrere gli alunni, non meno del professore. L’insegnamento medio dovrà procedere con forme e metodi piani, quasi casalinghi.
Non dovrà assumere, a danno delle giovani intelligenze, il fare solenne e cattedratico appena tollerato nell’insegnamento superiore.
Sarà Benedetto Croce, ministro della Istruzione Pubblica dal giugno 1920 a
luglio del 1921, a focalizzare ciò che va modificato nella didattica liceale. In virtù
della constatazione ricorrente che «dopo aver consumato tanti anni nello studio
della lingua nazionale, non torna a ciascuno facile l’uso del favellare e dello scrivere corretto», consiglierà di dedicare più tempo a rafforzare questa abilità, anche
se a discapito delle altre discipline. Si insegnerà poco, ma bene: i docenti dovranno adoperarsi per rendere fruibili le varie discipline, facendo molti esercizi e interrogando spessissimo i loro studenti, che non devono essere messi in difficoltà.
Le proposte di Croce non passeranno, ma verranno riprese nel 1929 da Giovanni
Gentile. L’aspetto anti-scientistico della scuola italiana sarà suffragato da una
La didattica nell’Ordine classico
33
serie di atti ministeriali tesi alla salvaguardia dell’insegnamento classico. Poca
fortuna avranno le lingue straniere (a parte il tentativo del liceo moderno, abortito a due anni dall’istituzione). L’insegnamento che invece, pian piano andrà affermandosi sarà la filosofia, con un forte “suggello” idealistico: disciplina della
crescita spirituale, formativa, non informativa (Gentile)2.
In quegli anni, il numero degli iscritti aumenterà in modo abnorme; con la
scolarizzazione di massa si nota un’attenzione crescente verso il liceo classico. Il
“Lanza”, “ingessato” in poche aule insufficienti al bisogno, è costretto a rifiutare
le iscrizioni e ad operare una ferrea selezione: rimandati e bocciati superano i due
terzi degli iscritti.
Nel periodo 1923-1945 si nota una grande attenzione per le attività integrative
di educazione fisica volute dal Regime. Il Ministero chiede ai Presidi di incentivarle, come chiederà di illustrare con dovizia di particolari le esperienze di
scuola-lavoro e le novità metodologiche introdotte con Carta della Scuola di
Giuseppe Bottai. Cresce l’attenzione per le attività di laboratorio e l’uso dei sussidi didattici. Ma gli esigui stanziamenti ministeriali bastano solo a coprire i costi
di manutenzione di apparecchi vecchi e obsoleti. Gli acquisti vengono effettuati
direttamente dalla scuola, attingendo alla Cassa Scolastica.
L’introduzione dei laboratori artigiani interessa la scuola di ogni ordine e
grado degli anni Quaranta. Anche al Liceo i ragazzi e le ragazze vengono addestrati nei lavori di taglio e cucito, di falegnameria ed agricoli: contrariamente a
quanto avvenuto fino ad allora, la scuola d’élite, la scuola “della mente” dovrà
“abbassarsi” a divenire anche la scuola “del braccio”. I lavori manuali entrano
nella scuola, preludio alle varie educazioni di cui è costellata la scuola odierna.
Un’autovalutazione critica, ai limiti dell’autolesionismo, caratterizza la scuola
del Ventennio. Il preside Modugno, dopo aver fatto il quadro della “disastrata”
professionalità docente, osserva meravigliato che la comunità foggiana e provinciale ha invece un’ottima percezione della funzione docente e della scuola in
generale, compreso l’efficacia/efficienza degli uffici amministrativi e della Presidenza.
Attualmente c’è una netta inversione del credito goduto: è la società ad essere
ipercritica nei confronti della Scuola. Il lavoro scolastico viene sminuito dallo
scarso prestigio sociale goduto all’esterno, tanto da provocare frequenti crisi
d’identità e disorientamento anche negli elementi più dinamici e impegnati.
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2
Cfr. ACS, Fonti per la storia della scuola, III, L’istruzione classica 1860-1910, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, cit.
Le Scuole Pie
Prima del Concilio di Trento gli studi classici erano regolati dalla Ratio studiorum: la formazione culturale dei nobili e dei chierici era fondata sull’apprendimento del latino, unica lingua ammessa nelle aule scolastiche.
Alla fine del Cinquecento, Giuseppe Colasanzio diede una forte spinta al rinnovamento del metodo didattico1. Nel 1597 egli fondò a Roma le Scuole Pie, che
si posero su una linea profondamente diversa rispetto alle scuole gesuitiche. Era
prevista una divisione tra allievi destinati agli studi e al lavoro: a questi ultimi
veniva impartito un tipo di insegnamento più pratico che non comprendeva lo
studio del latino. Ai fanciulli venivano insegnati l’abaco e i rudimenti di grammatica, intercalandoli con le preghiere. La Congregazione dei Chierici Regolari
Poveri della Madre di Dio venne istituita nel 1621. I padri furono denominati
“Scolopi” proprio perché impegnati a insegnare nelle Scuole Pie. Dall’inizio
dell’Ottocento, essi gestirono in Capitanata due collegi, uno a Foggia e l’altro,
che era anche seminario, a Manfredonia. Le rendite del primo ammontavano a
circa 2.350 ducati, quelle del secondo a circa cinquecento2. Il Palazzo San Gaetano, sede del convento foggiano, era di proprietà del Municipio: “la fondiaria per
i beni stabili” era pagata dal Comune. Il Real Collegio delle Scuole Pie venne qui
istituito il 26 maggio 1804. Con l’atto di fondazione, gli Scolopi si impegnarono
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1
E. GARIN, L’Educazione in Europa (1400-1600). Problemi e programmi, Bari, Laterza, 1957, p.
215.
2 A. e G. CLEMENTE, La soppressione degli ordini monastici in Capitanata nel decennio francese
(1806-1815), Editrice Tipografica, Bari, 1993, p.125.
36
Il Regio Liceo Lanza
ad aprire in città quattro scuole, quante ve ne erano nel collegio di Napoli sito
sopra San Carlo le Mortelle: cioè una per l’intero corso di Filosofia e matematica,
l’altra di Retorica, la terza di Umanità e la quarta di Grammatica. Si concludeva
così un iter iniziato nel 1797. Dal 14 aprile al 26 giugno di quell’anno, l’intera
corte borbonica si era trasferita da Napoli a Foggia per presenziare alle nozze fra
il principe ereditario Francesco e l’arciduchessa Maria Clementina d’Austria: i
notabili della città avevano approfittato della presenza del re, per chiedergli di
istituire in Foggia un collegio gestito da religiosi che curasse l’istruzione dei loro
figli. Ferdinando IV riconobbe che mancava alla popolazione «una casa di pubblica educazione, onde la gioventù potesse essere istruita ne doveri cristiani e
sociali, e ne le utili cognizioni scientifiche»... Informato che «in città vi era un
monastero dei Padri Teatini del tutto inutile, il quale veniva governato da un solo
religioso, sovranamente, con R. Carta de’ 10 giugno dello stesso anno Millesettecentonovantasette ne ordinò l’abolizione, e dispose che la casa medesima e le di
lei rendite fussero utilmente impiegate nell’erezione delle pubbliche Scuole e di
un Collegio per l’istruzione della gioventù»3.
Il convento soppresso dei Teatini, ristrutturato, diventerà quindi la sede del
Real Collegio delle Scuole Pie, denominato Palazzo San Gaetano. (L’attuale sede
del Conservatorio musicale “Umberto Giordano” si trova esattamente su
quell’area).
Nel decennio francese gli Ordini religiosi possidenti furono soppressi e il loro
patrimonio incamerato nei beni del Regio Demanio. Agli Scolopi fu però consentito di continuare ad occuparsi dell’istruzione del ceto borghese della città. Gioachino Murat aveva infatti accolto una richiesta del Consiglio provinciale di Capitanata che nasceva da necessità locali: garantire, in assenza di scuole statali,
l’educazione della “gioventù studiosa”. Ecco perché, il 9 settembre 1809, l’intendente di Capitanata Turgis, dettando le istruzioni di Murat sulla chiusura dei
conventi ai sottointendenti, ai sindaci, ai giudici di pace e agli agenti dei demani,
raccomandò loro che, dopo aver redatto gli inventari del collegio delle Scuole Pie,
lasciassero il godimento dei beni ai religiosi «per non far arrestare la educazione
della gioventù».
Ma gli Scolopi di Foggia, insieme ai Fatebenefratelli, furono sospettati di una
grave mancanza: aver cercato di «defraudare gli interessi del fisco», falsando le
condizioni di affitto dei locali e dichiarando debiti inesistenti. Il direttore del demanio sollecitò Turgis ad accertare le irregolarità: qualora queste fossero state
provate, il convento doveva essere soppresso, i suoi superiori e procuratori privati di ogni diritto alla pensione e, in quanto «soggetti infedeli», sottoposti ai rigori
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3 ASFG,
Opere Pie, serie I, busta 17. Cfr. C. DE LEO, Cattedre accademiche ed universitarie a Foggia nei secoli XVIII e XIX, Foggia, 1991, pp. 55-56.
Le Scuole Pie
37
della legge. Nel convento di San Gaetano non si trovò «né denaro contante, né
veruna quantità di derrate», ma il 14 settembre 1809 la commissione, formata dal
sindaco Giuseppe de Luca, dai decurioni Domenico Mazza e Filippo Marasca e
dal verificatore Francesco Saliceti, ne decretò ugualmente la soppressione. I locali furono riconsegnati al Comune. Oltre alla chiesa, comprendevano tredici sottani al pianterreno, più undici stanze e due saloni per i convittori; al piano superiore, la cucina e quattro stanze che ospitavano le “quattro scuole”. Vi erano dieci
religiosi, nove sacerdoti e un laico. Tutti chiesero a Turgis di restare a Foggia4.
Dopo il Congresso di Vienna del 1815, i Padri rientrarono in possesso del
convento, riaprendo il Real Collegio delle Scuole Pie. Il governo borbonico preferì infatti continuare a concedere contributi agli ordini religiosi che si occupavano da anni dell’istruzione privata, piuttosto che accollarsi l’onere di istituire
scuole statali. Tra alterne vicende, gli Scolopi continuarono ad insegnare, assicurando l’istruzione non solo alla città di Foggia ma a tutta la Capitanata e meritandosi i positivi giudizi dei politici e degli amministratori del tempo. Il 12 maggio
1828 l’intendente Santangelo ne lodò l’operato in Consiglio provinciale: «In questa città non vi è chi non ammiri il Convitto che vi mantengono i PP. delle Scuole Pie. L’esemplarità del costume, la decenza, l’istruzione de’ Convittori, tutto
depone che sia questo uno de’ migliori stabilimenti che possa rinvenirsi per l’educazione de’ giovani»5.
Le Scuole Pie contribuirono a formare la coscienza risorgimentale degli allievi. Francesco Saverio Altamura6, illustre pittore foggiano, da annoverare tra i
grandi della Puglia ottocentesca, studiò presso gli Scolopi di Foggia. Altamura
prenderà ripetutamente parte alle lotte unitarie: nel 1848 a Napoli sulle barricate
di Santa Brigida si distinse tra i dimostranti7. Il pittore morirà a Napoli nel 1897.
Nel 1901 la città natale gli dedicherà un monumento e Carlo Villani lo ricorderà
così, nell’ultimo saluto: «È il nome di lui, già passato nel dominio della storia,
mentre va ad assidersi tra le più fulgide stelle dell’Olimpo dell’arte, resterà per
Foggia monumento colossale pari alle piramidi, resterà come suo vanto, suo or-
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
4 A.
e G. CLEMENTE, La soppressione degli ordini monastici..., cit. pp. 125-129.
Giornale dell’Intendenza di Capitanata, anno 1828, n. XII bis, p. 8; un altro giudizio positivo fu espresso dallo stesso Santangelo, nel 1829. Cfr. C. DE LEO, cit, p. 67.
6 Altamura prese parte più volte alle esposizioni artistiche di Parigi, Torino, Roma e Napoli, dove
la sua produzione fu sempre altamente apprezzata. Scrittore, oltre che artista, scrisse, tra il 1883 e
il 1895, le sue memorie. Il volume, intitolato Vita e Arte, pubblicato a Napoli nel 1896, rappresenta
la fonte storica principale sulla vita dell’artista, oltre che una cronaca di prima mano sulle vicende
artistiche e politiche del secondo Ottocento. [Cfr. S. D’ANDOLA, F. PICCA, L’uomo l’artista: un
profilo critico, in www.arteecarte.it]
7 G. PALADINO, Il 15 maggio..., cit., p. 527 e seguenti.
5 ASFG,
38
Il Regio Liceo Lanza
goglio, sua religione».
Subito dopo l’Unità, Vittorio Emanuele II, come già aveva fatto Gioachino
Murat, decretò la soppressione degli “stabilimenti” degli Ordini monastici e delle
Corporazioni regolari o secolari. La Destra storica, contraria ad ogni ingerenza
della Chiesa nei problemi dello Stato, sostenne il provvedimento. I beni furono
incamerati dallo Stato o venduti a ricchi proprietari terrieri. A norma del Decreto
del 17 febbraio 1861, anche a Foggia gli ordini religiosi furono soppressi: nel
1862 toccò ai frati Cappuccini e alle monache dell’Annunziata, nel 1863 ai frati
minori Osservanti, nel 1866 alle Clarisse. Si fece un’eccezione per le Suore di
Carità di San Vincenzo, per i missionari detti Lazzaristi, i FatebeneFratelli, i Camaldolesi e, appunto, i padri Scolopi, che continuarono quindi ad istruire la “gioventù studiosa” della città. Anche il Monastero del Salvatore (fondato nell’anno
1731 dall’illustre suora napoletana Maria Celeste Crostarosa), riconosciuto con
apposito decreto del 1862 appartenente all’Ordine salesiano, ebbe la libera amministrazione delle proprie rendite.
Francesco de Sanctis, primo ministro della Pubblica Istruzione del Regno
d’Italia, provvide ad inviare dei delegati straordinari nelle province dell’ex regno
di Napoli, al fine di conoscere la reale situazione delle scuole, quasi tutte private
e gestite da religiosi. Il provvedimento era la diretta conseguenza del Regio Decreto 25 agosto 1861 che aveva abolito l’autonomia amministrativa della Pubblica Istruzione a Napoli. I delegati inviati da De Sanctis erano: Antonio Racheli a
Bari, Domenico Carbone ad Aquila, Luigi Settembrini a Napoli, Liborio Manichini a Catanzaro, Antonio Pavato a Cosenza. La loro azione si focalizzò sulla “normalizzazione” degli istituti colà esistenti, nel senso voluto dalla Casati, emanata
nel 1959 nello Stato sabaudo ed estesa ora a tutto il Regno unito. La legge poneva a fondamento dell’istruzione il principio della concorrenza dell’insegnamento
privato con l’insegnamento pubblico. Prevedeva la stretta vigilanza dello Stato,
cui spettava l’accertamento dei requisiti di cultura, delle capacità professionali
del corpo docente, nonché dell’idoneità dei locali adibiti a scuole.
I presidi e i rettori dei licei ginnasi e dei convitti ed i vescovi che gestivano i
seminari delle ex province napoletane (a cui il governo borbonico non aveva mai
richiesto alcuna patente di idoneità degli insegnanti) dichiararono che non era
facile adeguarsi alle condizioni richieste dal nuovo governo, soprattutto per le
difficoltà che incontravano a reperire personale abilitato. Fecero notare che “la
legge non era affatto uguale” per tutti i cittadini del nuovo Regno. Nelle province
dell’Italia centrale e settentrionale, i seminari erano ancora sottoposti alla legislazione anteriore come se fossero istituti speciali: salvo i casi di igiene, di morale,
di ordine pubblico, il governo non vi esercitava alcuna ingerenza. I vescovi denunciarono l’iniquo trattamento con note di protesta inviate al governo: «Fateci
le stesse condizioni dei vescovi di Piemonte, di Lombardia, della Venezia, di
Le Scuole Pie
39
Toscana, dell’Emilia, della Sicilia: vigilate pure se nei nostri seminari le ragioni
della morale, della pubblica tranquillità, dell’igiene siano tutelate, ma non richiedete da noi quello che ci riesce impossibile di darvi, insegnanti, cioè, legalmente
abilitati, e che non richiedete ai vescovi di altre province, quando non vi domandano il privilegio del pareggiamento»8.
In una lettera del 23 maggio 1862 indirizzata al prefetto di Foggia, anche padre
Marcangelo, rettore del locale Collegio delle Scuole Pie, lamenta questa iniquità:
«Mentre altri collegi sono lasciati vivere in pace, e con norme e regolamenti particolari, quello posto in Foggia è oggetto di cure speciali, e di peculiar predilezione per la delegazione predetta. È per questo che il sottoscritto si rivolge a lei,
perché si compiaccia di interporsi in questa vertenza, e ricercare quali siano le
vere intenzioni della Regia Delegazione di Bari».
Della questione si era occupato il Consiglio comunale di Foggia. Con una
lettera del 23 aprile 1861, il sindaco Scillitani aveva sollecitato il prefetto ad intervenire in difesa del Collegio delle Scuole Pie, a interessarsi per la positiva risoluzione del caso, per procurare così un bene alla provincia: «Questa istituzione,
mirante a facilitare gli studi della gioventù di tutta quanta la provincia, ha dato
tali risultamenti da far compiacere a chi la impiantava, e che ne fruiva i vantaggi»9. Una petizione era già stata inviata al Re, ma senza alcun esito.
Tra gli Scolopi e il delegato del Ministero Antonio Racheli, di stanza a Bari,
c’erano dei forti contrasti10. Invitati da costui a conformarsi alle nuove leggi sulla
pubblica istruzione, a far “finalmente” conoscere il numero, le materie e l’andamento della loro scuola, oltre che a notificare il nome e i titoli degli insegnanti,
gli Scolopi gli avevano risposto, con «una lettera che sapeva di borbonico sin
nelle virgole», che le nuove leggi riguardavano solamente i nuovi Istituti, non
quelli eretti con decreto reale da gran tempo: le Scuole Pie non erano tenute a
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8
Cfr. ACS, L’istruzione classica, a cura di G. BONETTA e G. FIORAVANTI, Ministero per i Beni Culturali Ambientali, Roma, 1995, p. 347. La questione si agitò per qualche anno tra i vescovi delle
province ex napoletane e il Ministero. Il Consiglio superiore applicò ai seminari delle province
meridionali l’articolo 51 della legge 10 febbraio 1861, che trattava degli istituti dipendenti da corpi
o da persone rivestite della qualità di enti giuridici, non già l’art. 58, che si riferiva al privato insegnamento, per il quale la legge non imponeva l’obbligo di diploma per i docenti. La questione assunse le dimensioni di un tormentone tanto che il ministro Scialoja, il 17 febbraio 1873, in un’audizione al Senato, presentò un “Promemoria sulla situazione e i problemi insoluti riguardanti l’insegnamento secondario impartito nei seminari delle province meridionali”, chiedendo la risoluzione
della querelle: «Conviene farla finita con questa questione dei seminari napoletani, e con una risoluzione netta, precisa, comune a tutti!».
9 ASFG, Intendenza, Governo e Prefettura di Capitanata, Pubblica Istruzione, busta 81, Cfr. C. DE
LEO, Cattedre accademiche ed universitarie..., cit.
10 Ivi, pp. 71-89.
40
Il Regio Liceo Lanza
rispondere del loro operato alle autorità scolastiche, in quanto scuole private11.
Era seguito un fitto carteggio del rettore Marcangelo con le autorità provinciali e comunali, per rivendicare tale autonomia.
Il delegato Racheli aveva agito in seguito ad un esposto, presentato l’11 dicembre 1861 dal Preside del Regio Liceo di Lucera. Questi addebitava il calo di
iscrizioni, che c’era stato nella sua scuola, alla concorrenza sleale di «una ciurma
di insegnanti privati, senza patente e senza programmi, i quali con maligne insinuazioni discreditano lo Stabilimento per popolare le loro scuole private». Malgrado il divieto della legge, presso gli Scolopi funzionavano ancora le cattedre
universitarie soppresse e si facevano esami in ogni facoltà. «Questo è – aggiungeva il Preside di Lucera – un altro motivo della scarsezza degli accorrenti al
nostro Istituto. Abbiamo avuto il dispiacere di perdere alcuni esterni dopo entrati,
ed altri interni che dopo aver avanzata domanda per questo convitto e dopo essersi presentati al rettore del medesimo, certamente per insinuazione, ora sono
nell’Istituto di San Gaetano in Foggia. Mi consta pure che quei Padri fanno per
mezzo dei loro amici ed emissari ogni sforzo per allettare, sotto mille promesse
di progressi nell’istruzione, i padri di famiglia»12.
Facendo seguito all’esposto suddetto, il 28 dicembre 1861 Racheli aveva scritto al Ministro dell’Istruzione Pubblica, rilanciando contro i Padri Scolopi la pesante accusa riguardo agli esami universitari svolti “contro legge” a Palazzo San
Gaetano. Gli Scolopi di Foggia facevano concorrenza sleale a chi rispettava il
divieto: «La guerra che sorda sorda fanno al Liceo ginnasiale e al convitto di
Lucera è continua e delle più vili. Mentre che un articolo di legge abolisce le
scuole Universitarie, e n’erano pensionati i professori ufficiali, gli Scolopi durante i mesi di Settembre-Ottobre e del corrente Novembre tennero esami di facoltà.
I professori giubilati ne protestarono alla Delegazione, i Municipi di Lucera, di
Lecce e specialmente di Bari, ne mandarono formali querele, mi si parlò perfino
di portar la cosa in Parlamento»13.
Racheli, non credendo che i padri Scolopi fossero «capaci di tanta baldanza»,
aveva chiesto le dovute spiegazioni: «Risposero: sì certo aver fatti gli esami, ma
con mandare gli elaborati alla Università di Napoli, e di là esser venuti l’approvazione e i gradi». L’Università partenopea aveva vidimato le prove d’esame,
procedendo «come due, dieci anni sono, nulla bastanti le leggi pur pubblicate
sotto i suoi occhi».
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11 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, Fascicolo Scuole Pie.
Intendenza, Governo e Prefettura di Capitanata, Pubblica Istruzione, busta 81. Cfr. C. DE
LEO, Cattedre accademiche..., cit.
13 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie.
12 ASFG,
Le Scuole Pie
41
Il delegato invita il Ministro a intervenire subito: «La E. V. può metter ordine
in questa Babilonia, per la quale quello che si ha di bene nelle provincie, si tiene
a gioco e si distrugge nella Capitale». Chiede istruzioni precise «su cosa fare con
gli Scolopi di Foggia, e con quelli di Francavilla riottosi del pari, e che dalla divisa dei loro alunni come dalle porte del loro Istituto, non han tolto ancora i gigli
borbonici». Mentre tutti gli altri istituti degli Scolopi, cercando di uniformarsi ai
programmi ministeriali, hanno fatto domanda di pareggiamento, i padri del San
Gaetano di Foggia si rifiutavano di farlo: «Gli Scolopi, benemeriti nell’Alta e
nella Media Italia, sono recalcitranti alle disposizioni nel Mezzogiorno, dopo che
il governo li ha privilegiati rispetto a tutti gli altri Ordini monastici»14.
Il problema era quindi politico. Racheli sospettava che gli Scolopi avessero
nostalgie borboniche: si spiega così il suo accanimento nel perseguirli sul piano
delle formalità burocratiche e sul rigido rispetto delle norme di legge. Egli, in una
lettera al prefetto, il 9 giugno 1861 aveva espresso le propria rigida posizione:
«La gioventù che interviene in codeste scuole perderà tempo e danaro, non avendo nessun valore legale gli studi fatti in Istituti che non sono conformi a’ Regi».
Fu inflessibile nel sollecitare alle autorità governative la richiesta di ulteriori informazioni sulle Scuole Pie.
Il governo si mosse con gradualità e moderazione, evitando di prendere provvedimenti drastici nei confronti di un Ordine che comunque assicurava l’istruzione in una città dove non esistevano scuole pubbliche. Ma bisognava verificare le
discipline comprese nei corsi di studio e i titoli dei docenti che insegnavano nelle
scuole dell’ex Regno di Napoli. Continuando il monitoraggio del sistema scolastico, nel 1863 il Ministro richiede informazioni sui licei e i ginnasi della Capitanata. Invia un modello conoscitivo, da compilare con i dati sugli esami finali relativi all’anno 1861-1862. Il prefetto Ferrara adempie a «tale Ministeriale ingiunzione» e trasmette il modulo al Preside del Reale Liceo ginnasio di Lucera. Invia
una copia anche all’Ispettore provinciale degli Studi, «con preghiera di compilarla anche per la scuola dei Padri Scolopi, comunque non pareggiata e riguardante
un corpo morale, procurandosi le ricercate notizie dal Municipio, o direttamente
dai Padri stessi, con la maggior sollecitudine possibile»15.
Il Ministero, il 2 dicembre 1864, inviò al prefetto una nota in cui precisava
che, riguardo ai titoli degli insegnanti appartenenti alle Corporazioni religiose
delle ex province napoletane, era da considerare titolo equipollente ad un diploma
abilitante l’esercizio continuato e lodevole di oltre dieci anni d’insegnamento
nelle scienze fisiche e matematiche, e nella letteratura latina e greca. I religiosi
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14 ASFG,
15
Ivi.
Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie.
42
Il Regio Liceo Lanza
che, con documenti autentici, provassero al Consiglio provinciale scolastico che
avevano insegnato lodevolmente per oltre dieci anni nei collegi tenuti dalle case
religiose, avrebbero potuto continuare a farlo. Tutti gli altri docenti, senza eccezione alcuna, dovevano sostenere gli esami abilitanti, a meno che, per opere
pubblicate, non fossero, a parere del Consiglio Superiore dell’Istruzione, dichiarati idonei all’insegnamento.
Il Ministero accordò ai Padri Scolopi sei mesi di tempo per presentarsi agli
esami che si sarebbero tenuti a Napoli e in altri luoghi da esso indicati. Passato
questo tempo, ai religiosi insegnanti i quali non si fossero muniti dei relativi diplomi, non sarebbe stato concesso in alcun modo, né per alcuna ragione, di continuare nell’insegnamento. Sarebbe stato compito del prefetto far rispettare la
legge, invitando i capi degli Stabilimenti d’istruzione, diretti dai religiosi di qualsivoglia Ordine, a presentare entro il mese di dicembre l’elenco dei libri utilizzati nell’insegnamento ed i programmi di studio, oltre ad un elenco degli insegnanti «con indicazione del tempo da che insegnano, dei loro titoli scientifici, indicando le materie che sono destinati ad insegnare».
La proroga era una misura “straordinaria”, dettata dalla presente condizione
«di esse Case religiose insegnanti» e non avrebbe potuto estendersi al futuro: i
religiosi dovevano uniformarsi alla legge come tutti gli altri cittadini.
Gli Scolopi continuarono a svolgere la loro attività di insegnamento, provvedendo nel frattempo a regolarizzare la loro posizione giuridica. L’Amministrazione comunale di Foggia, il 13 gennaio 1865, fece affiggere il solito manifesto per
annunciare l’apertura annuale della scuola: «Si fa noto a tutti i Cittadini, che
amano affidare i loro figli allo insegnamento de’ Padri delle Scuole Pie, che a
cominciare da Lunedì 16 corrente, le scuole, da que’ Padri tenute nel locale di S.
Gaetano, saranno aperte al pubblico»16.
Ma si trattava di una schiarita passeggera. Il consigliere Gabriele Valente,
rettore del Liceo di Lucera, incaricato di vagliare i titoli presentati dai docenti,
nella seduta del Consiglio provinciale scolastico del 2 febbraio 1865 comunicò
che non tutti gli Scolopi del San Gaetano avevano presentato i programmi e i
certificati dell’esercizio nell’insegnamento. Inoltre, gli attestati presentati dai
Padri suddetti erano stati rilasciati dal loro superiore, e solo in parte dall’autorità
municipale, per cui risultavano poco attendibili: «A voler prestar fede al molto
Reverendo Provinciale – precisa Valente – la discussione potrebbe chiudersi immediatamente: tutti i Padri Scolopi, ed in tutte quasi le branche, dovrebbero essere abilitati all’insegnamento. Ma il parere del padre provinciale (per altri titoli
degnissimo), nella presente contestazione è sospetto, perché interessato». Il suo
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16 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie.
Le Scuole Pie
43
giudizio, invece, deva fondarsi esclusivamente sugli atti autentici delle Giunte
municipali17.
Gli appunti di Valente non finiscono qui: «I programmi presentati dai Padri
paiono fatti sull’istesso stampo, e basta leggerne uno per venire a capo degli altri:
indicazioni di testi, divisione delle materie per classi; ecco tutto il contenuto».
Non erano quelli prescritti dal decreto del 29 Ottobre 1863, bensì quelli pubblicati nel 1861 per le ex province napoletane e ormai abrogati.
Nei programmi del Liceo non figura l’insegnamento di filosofia del diritto, in
quelli del Ginnasio mancano storia naturale, geometria e letteratura italiana. «Io
desidererei – prosegue Valente – che i Padri si rimettessero senza citarle alle indicazioni ministeriali, e che i loro Programmi fossero redatti colla guida del Regolamento del 12 Decembre 1851 che il codice Casati riporta a pag. 154 e seguenti. Ed i programmi didattici non devono essere l’indice di materie, ma un discorso
particolareggiato sul metodo».
Al termine del suo intervento, Valente – quasi a volersi scusare della “pignoleria” – fa un elogio degli Scolopi: «Debbo, infine, Onorevoli Presidente e Consiglieri, pria di lasciare questa relazione, fare una mia confessione. Parecchi
Padri, di cui è parola, son noti a me per le doti singolari che li adornano, ed io ne
pregio l’amicizia. Ho dovuto quindi penar non poco nello scrivere il presente
rapporto, ma ho dovuto, per la semplicissima ragione che la Legge è impersonale,
e vuole osservanza da tutti»18.
Si avvicinava l’apertura del nuovo anno scolastico. Il Regio Ispettore si rivolse al Ministero di Firenze: «Vari Padri delle scuole pie, dimoranti in questo capoluogo, fanno istanze presso questo ufficio perché si conceda loro il permesso di
riaprire i loro corsi d’insegnamento». Pur «facoltati ciascuno per una data materia
sia ginnasiale sia liceale, pure non possono nell’insieme coordinare le loro classi
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17 Gli attestati valutabili riguardano Ambrogio Marcangelo, Luigi Mariani, Giacomo Macchiaverna,
Raffaele Iannaccone, Eugenio de Sanctis, Francesco Paolo Noya, Francesco Saverio de Padova. Ad
esempio, Padre Marcangelo ha in lingua italiana e latina un esercizio di insegnamento dal 1862 al
1864 e «un possesso lodevole di anni nove cioè dal 1849 al 1853 e dal 1855 al 1858» in letteratura
greca, latina ed italiana; padre Mariani ha insegnato per quattordici anni italiano, latino, storia e
geografia; padre Iannaccone ha insegnato storia naturale e geometria elementare per quattro anni,
geografia per anni dodici, storia e lingua latina per nove anni, greco per sei anni, italiano per anni
cinque; padre de Sanctis ha un esercizio di cinque anni in letteratura italiana e latina, di otto anni in
latino, greco, ed italiano; di quattro anni in storia e geografia; padre Noya ha insegnato tredici anni
italiano e latino, otto anni greco e sei anni geografia e storia; padre Macchiaverna ha insegnato per
otto anni lingua italiana e per undici latino, greco e storia e geografia; padre de Padova ha dieci anni
d’insegnamento in fisica e matematica e sei in chimica. In appoggio, ha presentato alcune pubblicazioni. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24, fascicolo Scuole Pie]
18 Ivi.
44
Il Regio Liceo Lanza
da rispondere alla forma d’un istituto regolare». Mancando nel capoluogo le scuole secondarie «tanto reclamate dai padri di famiglia», l’Ispettore chiede al Ministro una proroga eccezionale: l’apertura delle scuole è alle porte e bisogna dare
una risposta alla cittadinanza. Ma il Ministero non è affatto indulgente: con una
nota del 26 Ottobre 1865, invita il presidente del Consiglio provinciale scolastico,
prefetto Scelsi, a non autorizzare l’apertura di scuole «rette da ordini religiosi».
Dovrà prima accertare che tutti gli insegnanti siano forniti di titoli legali. Scelsi è
pregato di usare la massima severità, poiché «il Ministero non può più permettere che in cosiffatte scuole non sieno osservate le prescrizioni che vigono per tutti
i cittadini del Regno»19.
Si apre una fase critica. Il Regio Ispettore informa il Sindaco di Foggia che il
termine ultimo per regolarizzare la posizione degli Scolopi è scaduto ormai da
tempo: «Il Ministero dell’Istruzione Pubblica ha fatto di tutto per mettere gl’insegnanti delle suddette corporazioni religiose nelle condizioni legali. Nonostante le
facilitazioni accordate, la maggior parte di essi non curò d’ottemperare alla legge.
Ora questi Padri non potranno più riaprire i loro convitti ordinati a ginnasii»20.
Era impensabile che una città come Foggia potesse restare priva di scuole secondarie. Una considerazione, questa, che spinse il Consiglio comunale ad una
forzatura: il 15 Novembre 1865, nonostante il divieto, deliberò la riapertura delle
Scuole Pie.
Ma il 24 Novembre il Ministro ribadì il suo no alla soluzione d’emergenza:
aveva già accordato troppe proroghe ai Padri Scolopi di Foggia, in attesa che si
munissero dei titoli legali per insegnare nel ginnasio della città: «Sono ormai due
anni che con continuati pretesti si protrae questa pratica, e non sono mai mancate
nuove scuse a’ Padri per sottrarsi alle disposizioni della Legge. Il Ministero à
messo innanzi a loro tutti i mezzi più acconci per legalizzare la loro posizione, sia
facendo riconoscere i loro titoli dal Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione,
sia aprendo due sessioni straordinarie di esami in Napoli, ed invitandoli a presentarvisi. Se non àn curato profittarne la colpa è loro, e questo non dà né ad essi né
ad altri il diritto di domandare eccezioni non consentite dal rispetto che si deve
alle Leggi, ed a’ regolamenti scolastici»21. Il Ministro si “rammaricò” che nella
vertenza si fosse intromesso il Comune di Foggia. Ribadì che le ripetute dispense
erano state concesse soltanto per riguardo ad esso, e perché non venisse a mancare “improvvisamente” l’istruzione secondaria in città. Il Ministero «non potrebbe
però ora sottostare ad una nuova pressione, ed anco dare facilitazioni che non
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
19ASFG,
20 Ivi.
21
Ivi.
Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie.
Le Scuole Pie
45
sarebbero appoggiate ad alcun cagionevole fondamento. Il Municipio di Foggia
conosceva le disposizioni ministeriali, avrebbe dovuto, fin dalla fine del passato
anno scolastico, assicurarsi che i P.P. Scolopi si erano muniti de’ titoli richiesti o
affidare il Ginnasio ad altre mani. Bene aveva fatto l’Ispettore ministeriale a riconoscerli inidonei a proseguire nell’insegnamento, e il Sindaco doveva ad attenersi alla nota del 26 Ottobre»22.
Soltanto i padri Scolopi che avevano regolarizzato la loro posizione furono
autorizzati ad insegnare. Il 1° Febbraio 1866, il Consiglio provinciale scolastico,
ascoltato il Regio Ispettore che riassunse tutta la questione e letto diligentemente
i titoli esibiti dai Padri delle Scuole Pie, nonché parecchi attestati di personaggi
distinti per “dottrina e per patrii sentimenti” che avvaloravano il loro operato,
visto che dai documenti esibiti risultava l’idoneità all’insegnamento delle materie
ginnasiali, deliberò che fossero autorizzati ad insegnare gli scolopi Luigi Mariani,
Giacomo Macchiaverna, Raffaele Iannacone, Eugenio de Sanctis e Francesco
Paolo Noya. La delibera fu firmata dal presidente del Consiglio provinciale scolastico di Capitanata, prefetto Scelsi, e dal regio ispettore Ferrara, che sollecitarono il Sindaco «a riprendere le pratiche per la istituzione di un ginnasio comunale,
a far sì che al più presto venisse aperto, secondando in tutto la legge ed i bisogni
della popolazione». La soppressione degli Scolopi era imminente e la città rischiava di rimanere senza gli istituti scolastici “cotanto necessari”.
Il 1866 fu l’anno cruciale per il passaggio al sistema di istruzione pubblica,
che culminò nel Consiglio comunale del 28 dicembre, convocato per «compiere
ogni estremo necessario per l’apertura del liceo ginnasiale in città». Il sindaco
Scillitani, in apertura di seduta, prese atto delle rinunce di Ambrogio Marcangelo
e di Vincenzo Caroli, rispettivamente direttore e censore23 dell’istituendo liceo,
nominati a ottobre. Il Consiglio decise di sostituire soltanto il direttore: venne
nominato il signor Capozzi. Si passò alla nomina dei docenti. Scillitani lesse il
rapporto della Commissione che aveva esaminato le domande degli aspiranti alle
varie cattedre, elencò i titoli presentati da ciascuno e ne valutò «la forza».
Furono proclamati “maestri” del Ginnasio: padre Vincenzo Caroli per la classe quinta; padre Eugenio de Sanctis per la quarta e Michelangelo Miscio per la
prima; Francesco Petti per l’aritmetica. All’unanimità, il Consiglio ritenne che
«per le piazze ginnasiali e quelle liceali rimaste scoverte» si sarebbe provveduto
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
22 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie.
Risultavano idonei padre Vincenzo Caroli delle Scuole Pie per la quinta ginnasiale; padre Eugenio de Sanctis per la seconda; Michelangelo Miscio per la prima; Francesco Petti per l’aritmetica;
Giuseppe Tenore per la calligrafia; Raffaele Rizzi per la lingua francese. Per la cattedra liceale di
letteratura italiana latina e greca, si era presentato solo G. Battista Pipalo, ma Commissione non ne
tenne conto in quanto sfornito di titoli. [Ivi]
23
con altro concorso. Le sede scolastica era già stata “fissata” precedentemente.
Visto che il locale dell’ex convento di San Domenico era occupato dai Reali Carabinieri e non poteva ottenersene con facilità lo sgombero per impiantarvi il liceo
ginnasiale, si ritenne opportuno continuare ad utilizzare il convento dei Padri
Scolopi, perché «proprietà del Municipio medesimo, di maniera chè potrebbe rimanervi istallato il liceo ginnasiale anche se l’Ordine fosse stato soppresso»24.
Anche dei corsi da avviare e delle materie di studio il Consiglio si era occupato in precedenza, convenendo che le classi liceali sarebbero state per il momento
“intempestive”. Era comunque intenzione del Municipio annettere al Ginnasio
una scuola liceale per l’insegnamento della letteratura latina, italiana e greca.
Il R.D. 3036 del 1866 aveva intanto stabilito che tutti i beni degli enti religiosi soppressi fossero devoluti al demanio dello Stato. Le Scuole Pie furono definitivamente chiuse. L’apertura del liceo municipale divenne un passo obbligato.
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24 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Scuole Pie.
I primi passi del Liceo-ginnasio
Il Liceo “Lanza” di Foggia viene istituito nel 1868, grazie all’impegno del sindaco Lorenzo Scillitani, rappresentante illuminato della Destra storica, che intende fornire alla città, insieme alle varie tipologie scolastiche, una scuola d’élite. Una scuola che segni la differenza, che avvii alla formazione universitaria,
che formi le cosiddette professionalità alte. Come abbiamo visto, un corso ginnasiale a Foggia esisteva già da tempo, nel Convento San Gaetano. Erano le cosiddette Scuole Pie, operanti già dal 1804 ad opera degli Scolopi. Questo ordine
religioso fu soppresso nel 1866, e Scillitani «per il bene della gioventù studiosa»
pensò di rimpiazzare la loro scuola con un liceo ginnasio municipale. Nel 1868
gli iscritti, tutti maschi, raggiunsero quota trentuno e formarono quattro classi. Il
preside Michelangelo d’Atri e i docenti di quel primo anno “sperimentale” si
preoccuparono di creare “le passerelle”, per permettere a chi provenisse da Istituti diversi, o da scuola paterna, e non aveva i necessari prerequisiti culturali, di
mettersi alla pari con gli altri studenti che avevano regolarmente seguito i corsi
ginnasiali dei Padri Scolopi. I docenti rinunciarono alle vacanze estive per preparare degnamente i ragazzi agli esami, visto che la scuola era iniziata a marzo,
ad anno scolastico inoltrato. Ma a “passare gli esami” furono soltanto in venti.
Non tutti frequentarono regolarmente le lezioni: a fine anno una classe risultò
senza studenti.
Fra le carte ottocentesche conservate nell’Archivio di Stato di Foggia, è conservato lo “storico” manifesto, datato 26 febbraio 1868, con cui il sindaco Scillitani comunica ai cittadini l’apertura del Liceo ginnasiale “Lanza”: «Il sottoscritto
48
Il Regio Liceo Lanza
si pregia di annunziare che il giorno 8 del prossimo marzo si farà in questo capoluogo di provincia l’apertura del Ginnasio nell’edifizio di ragione comunale a san
Gaetano; e che dal giorno seguente potranno gli alunni aspiranti presentar domanda di ammissione al Direttore dell’Istituto medesimo»1.
L’incipit del documento indica le finalità ideali sottese all’apertura di una
scuola d’élite a Foggia. L’Italia postunitaria chiede ai suoi figli «scienza e virtù».
Ogni città della Penisola ha esteso «la cultura alla studiosa gioventù», per istruirla ai «doveri d’integro uomo, e di utile ed onesto cittadino». Il Municipio di
Foggia non può essere da meno: «Premurosamente inchinevole a proteggere il
progresso degli studi, onde l’animo apprende generosità e gentilezza», offrirà ai
numerosi allievi dell’istruzione primaria l’opportunità di un graduato passaggio
alle scuole di ordine superiore, istituendo un liceo municipale, pareggiato ai licei
governativi, con annesso convitto. La scuola sarà titolata all’illustre cittadino
Vincenzo Lanza, «cui per siffatta guisa vuolsi tributare onore».
La mancanza di una sede idonea, e la “scarsezza” degli alunni non consentono
che si possa attuare subito «l’utile divisamento» dell’istituzione di un corso liceale completo. Ecco perché il Municipio si limita ad aprire al pubblico le cinque
classi ginnasiali e la prima liceale. Scillitani promette ai cittadini che non desisterà dal proposito di aggiungere le due classi richieste per il completamento del
corso liceale; e di aprire poi, se sarà possibile, il Convitto per novembre, «con
l’incominciamento cioè del nuovo anno scolastico». Il manifesto riporta, in calce,
le avvertenze per i giovani che aspirano all’iscrizione. Gli interessati dovranno
presentare la domanda per iscritto su carta bollata firmata dai genitori o da coloro
che ne fanno le veci, unendovi l’attestato di nascita debitamente autenticato; il
certificato di vaccinazione o di “sofferto vajuolo”; la fede di buona condotta; il
certificato sugli studi effettuati in altri Istituti di pubblica istruzione (per essere
dispensati dagli esami). La domanda dovrà indicare il nome, il cognome, la patria
del padre; il nome dell’alunno; il luogo della sua abitazione; il nome e il cognome
e la “qualità” di chi lo ospita, qualora l’alunno non conviva nella propria famiglia.
Seguiamo, dal succedersi delle varie delibere, le vicende relative al primo
periodo di funzionamento del Regio Liceo ginnasiale “Lanza”.
Il sindaco Scillitani, istruendo le pratiche per l’istituzione della scuola, il 21
maggio 1868 inoltra al Ministero la documentazione di competenza: la piantina2
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1
Il manifesto è firmato dal direttore del Liceo ginnasiale M. D’Atri e dal segretario comunale G.B.
Postiglione. Redatto dall’Amministrazione comunale della Città di Foggia, fu stampato nella Tipografia del Regio Ospizio Provinciale “Maria Cristina di Savoja” diretto da D. Treppa. [ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1]
2 La piantina è dell’ingegner Francesco Petti, insegnante di matematica del Liceo “Lanza”. [Ivi]
I primi passi del Liceo-ginnasio
49
[ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, autorizzazione
Ministero dei Beni Culturali, ASFG prot. n. 3715/X del 25 agosto 2003]
50
Il Regio Liceo Lanza
del locale e una breve relazione in cui si precisa che il regolamento adottato dal
Municipio di Foggia “per il governo” del liceo ginnasiale è quello del primo settembre 1865 numero 2498, in vigore in tutto il Regno d’Italia3. C’è anche il quadro orario settimanale delle lezioni, firmato dal preside Michelangelo d’Atri.
La trasmissione degli atti avviene con un certo ritardo e Scillitani si scusa di
ciò con il Ministro: «V. S. Ill.ma perdonerà il ritardo non volontario inframmesso
a rispondere alle due note del 30 Marzo e 6 Maggio n. 677 e 986, relative ai documenti richiesti». Lo informa che la cifra fissata nel bilancio comunale per il
funzionamento del Liceo è di lire 14.800. Poiché l’Istituto è stato aperto ad anno
scolastico inoltrato, il Consiglio comunale, nell’intento di rendere più proficuo il
corso, ha interpellato i genitori degli alunni per deliberare il prolungamento delle
lezioni anche durante le vacanze. L’assenso è stato unanime.
Nella sua relazione, il preside d’Atri fa presente al Ministero che la scuola è
ancora in una fase di rodaggio: «Le molte difficoltà che ordinariamente incontro
nel primo impianto di un Istituto, non potendosi prontamente eliminare, sogliono
produrre un considerevole ritardo al regolare avviamento dell’Istituto medesimo.
Ed infatti non pochi sono stati gli ostacoli, che hanno ritardato l’apertura di questo
nuovo Liceo-ginnasiale, avvenuta appunto quando l’anno scolastico erasi molto
inoltrato, e la gioventù studiosa trovavasi già impegnata ne’ corsi delle scuole
tecniche o scuole private. Non si è potuto scrivere al novello Istituto un numero
soddisfacente di alunni»4.
Poiché il Liceo-ginnasio è stato aperto con molto ritardo, sono stati ammessi
alunni di scuola paterna oppure non adeguatamente istruiti nelle scuole precedentemente frequentate. Carenti nella preparazione di base, questi studenti trarranno
dall’insegnamento in corso soltanto un vantaggio relativo: prepararsi per il regolare corso di studi che inizierà il ventuno di dicembre dell’anno successivo.
D’Atri sottolinea che i professori si sono impegnati a protrarre l’anno scolastico
fino alla fine di ottobre pur di chiudere i programmi governativi assegnati per
ciascuna classe, e procedere regolarmente, nella prima quindicina di novembre,
agli esami di promozione e di ammissione degli studenti.
I professori, riuniti in Consiglio, hanno discusso ed approvato i programmi
stilati da ognuno, come pure il «quadro della distribuzione delle ore e delle materie che si sono credute più adatte e più giovevoli per la preparazione degli alunni». Nel quadro orario manca la quinta ginnasiale: non si è formata per mancanza
di alunni. Il professore nominato in questa classe ha rimpiazzato quello della seconda ginnasiale, mancante nel «novello Istituto». Visto che anche per la prima
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3 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, delibera comunale del 27 maggio 1868.
4 Ivi.
I primi passi del Liceo-ginnasio
51
liceale mancava il docente di letteratura italiana, si è creduto ammissibile far insegnare due materie affini ad un unico professore. Il preside d’Atri sottolinea la
circostanza che, non essendo stato nominato il docente di letteratura greco-latina
del liceo, egli stesso, provvisoriamente, la sta insegnando. Non potendo assumerne la diretta responsabilità, «si è astenuto di emetterne un apposito programma».
Non ha tralasciato, comunque, di segnare nel quadro orario le ore stabilite per la
suddetta disciplina.
I programmi inviati al Ministero
Il 19 giugno 1868 i programmi vengono inviati al Ministero, che allora aveva
sede a Firenze «novella capitale» del Regno d’Italia.
In conformità alla richiesta del Ministro, il prefetto Nisio «pregiasi di trasmettergli i programmi trascritti dai singoli professori scelti dal Municipio per il Liceo
ginnasiale “Lanza”».
Per italiano, latino, greco e storia della quarta ginnasiale è il professor Eugenio
De Santis a redigerli. Il docente enuncia le finalità: l’insegnamento nel corso superiore del ginnasio deve contribuire a sviluppare le facoltà intellettive e va condotto, quindi, con la massima perspicacia ed avvedutezza possibile. È infatti in
questa fase iniziale che il “giovine intelletto” del discente comincia ad aver coscienza di sé, nel «desiderio di tutto comprendere nell’intima ragione». Il docente, per giungere a qualche pratico risultato, dopo aver «informato l’animo» ai
principi della metodica (metodologia), coordinerà l’insegnamento teorico a quello pratico. Quest’armonico “connubio” è da ricercare nelle opere immortali degli
scrittori classici. È dalla loro lettura che il professore trarrà le norme del comporre, nonché «le forme tutte che può prendere il pensiero attuato». Nel perseguire
l’insegnamento-apprendimento dell’idioma nazionale, che diventa un dovere patriottico sia per il docente che per «il giovine italiano discente», De Santis farà di
tutto affinché «si acquisti l’abito del ben parlare e scrivere, traendo le norme infallibili dell’analisi filologico-critica degli autori del Trecento, senza mai perder
d’occhio il parlare vivente della Toscana».
Riguardo alle lingue dotte, cioè al latino e al greco, «principal cura sarà il
continuo esercizio delle versioni per frasi». Soltanto così e non altrimenti egli
potrà raggiungere lo scopo desiderato. Proporrà «le pagine solenni di Cesare e
quelle patetiche di Virgilio, i cui contenuti svolgono ed affinano la virtù dell’intelletto e del cuore».
Se lo studio delle lingue classiche è necessario per sviluppare “l’arte della
parola”, lo studio della storia sarà finalizzato a comunicare il patrimonio delle
idee. Il docente mirerà a che lo studio «non sia sterile campo all’avidità giovani-
52
Il Regio Liceo Lanza
le». Di ogni evento indagherà le cause ed additerà le conseguenze «affinché il
giovine di breve ora si adusi a vedere nella storia non il capriccio del caso, ma lo
svolgimento logico di un’idea necessaria»5.
Per la prima liceale il programma di letteratura italiana e di storia viene enunciato dal professor Gaetano Postiglione. Essendo l’insegnamento «in sommo
grado istruttivo ed educativo», sarà sua cura «informarlo in guisa da ispirare ammirazione alla virtù, disprezzo ed aborrimento per la colpa».
Finalità morali, quindi, tese all’esaltazione delle “magnifiche sorti e progressive” del nuovo Stato unitario: «L’insegnamento della storia, educando la scolaresca all’adempimento del proprio dovere nazionale, farà loro rilevare sempre più
la santità del luogo, tempio augusto della Sapienza, ispirandosi a nobili sentimenti, che un dì formeranno la grandezza e la gloria della nostra Nazione». L’Italia,
infatti, è “un paese d’eccezione” che ha espresso dall’inizio dell’Ottocento grandi
uomini e letterati: «Durante la prima metà del presente secolo, poté gloriarsi di
possedere una schiera di uomini tali che ciascuno di essi sarebbe bastato ad illustrare una intiera nazione. Con Pellico, Giordani, Leopardi, Mariani e Manzoni
poté mostrare come essa abbia in sé alcuna cosa di proprio speciale, per cui le è
dato di grandeggiare più sempre».
Il professor Postiglione individua «le ragioni del genio italico» nella religione
cattolica, cui si sono ispirate la civiltà e la letteratura. Gli italiani che sono riusciti ad «emergere dalla volgare schiera» si sono ispirati ai valori religiosi: «Chi riesce ad armonizzarli, e con egual misura cavar vantaggio da ciascuno di essi,
colui ti riesce uomo per ogni riguardo compiuto». Il più grande desiderio del
docente Postiglione è che tali siano i giovani affidati alle sue cure. Il corso di
studio è iniziato troppo tardi e quasi alla fine dell’anno scolastico, ma egli si impegnerà al massimo («a tutt’uomo») per «dar loro una completa istruzione, pari
all’alto e nobilissimo scopo». Perché le sue parole non appaiano di «quelle che
mandano attorno i più, per adeguare i semplici», illustra il programma che svolgerà «per il bene dei giovani» che frequentano la prima classe del liceo. Poiché
l’insegnamento della letteratura italiana perfeziona la preparazione del ginnasio,
sarà doveroso «tenere le medesime vie», non stravolgendo la metodologia dei
docenti che lo hanno preceduto: «Adunque, nella lettura insieme, e con ordinate
e frequenti esercitazioni, si farà in modo di connaturare negli alunni il retto uso
della propria lingua, e l’abito di configurare il discorso secondo la diversa natura
del soggetto». I contenuti saranno selezionati nella Cronica di Dino Compagni, in
passi scelti delle Storie fiorentine del Machiavelli, nei canti dell’Ariosto, del
Tasso, nel Canzoniere del Petrarca. Non si ometterà nulla affinché «i giovani
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
5 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1.
I primi passi del Liceo-ginnasio
53
mandino a memoria i luoghi più eletti» spiegati a scuola. I temi saranno scelti in
modo che l’alunno «abbia a scrivere di cose a lui note». Gli esercizi saranno corretti con cura, esponendo i motivi della revisione: in tal modo si alimenterà tra
allievi e professore «quello scambio di affetti, che è vita della Scuola e sorgente
larghissima di profitto»6. A Postiglione è stata affidata anche la stesura dei programmi di storia civile e di geografia per la prima liceale. Si limita a “segnare le
tracce”: «Questo studio, supponendo nei giovani la cognizione dei fatti, si volge
ad indagare e definire le leggi che governano il mondo morale, e lo svolgimento
progressivo dell’umanità». Sarà compito del docente scegliere gli eventi che esercitarono maggiore efficacia sulle italiche sorti. Inizierà da Costantino il Grande,
abbracciando i fatti civili e politici che interessarono l’Europa fino alla seconda
metà del Quattrocento. Egli non trascurerà una generale rassegna degli Stati del
globo collegati con i fatti storici. Utilizzerà il manuale del Biscotti e l’Atlante
storico geografico dello Sprunes7.
A stilare, in data 22 maggio 1868, il programma per l’insegnamento delle
matematiche elementari in prima liceale è Francesco Petti. Il docente, che si firma
con la qualifica di ingegnere, prima di elencare i contenuti, fa un excursus sulle
cosiddette “scienze esatte”. Una storia contraddistinta da gravi ostacoli frapposti
alla ricerca: «La scienza della quantità stette, dopo Archimede, senza progresso
ed infeconda di applicazioni fino a che la geometria fu considerata di carattere
puramente intellettuale, escludendo qualunque investigazione la quale, o per l’impiego di modi meccanici o per relazioni che portano al mondo materiale, era
creduta poterne diminuire l’astratta dignità filosofica». Fu merito di Cartesio, di
Cavalieri, di Wallis e di altri “galantuomini”, se nel corso del Cinquecento la
“matematica pura” ebbe un certo impulso e furono scoperte molte “verità geometriche”: «Progredita quindi la scienza esatta sulla via tracciata da questi uomini di
prim’ordine e da altri luminari, come Newton e Leibnizio (sic), si giunse al calcolo infinitesimale, il quale con tanto successo fu applicato alla geometria ed a
tutte le scienze della natura. Con questo nuovo metodo si à il mezzo di risolvere
un gran numero di questioni non ancora immaginate. Finalmente la matematica
pura, da oggetto astratto, è diventata scienza pratica, vicina agli infiniti bisogni
intellettuali e materiali dell’uomo. Ha aperto il cammino a scoperte e applicazioni del tutto ignote per lo innanzi». L’insegnamento della disciplina sarà quindi
finalizzato non solo alla comprensione della matematica pura, ma ad aprire «un
vasto campo a nuove speculazioni scientifiche ed industriali». Seguendo le prescrizioni del “Regolamento geometrico” del 10 ottobre 1867, il professor Petti
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
6 ASFG,
7
Ivi.
Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1.
54
Il Regio Liceo Lanza
insegnerà gli elementi di Euclide, cominciando dal quinto ginnasio e proseguendo
nelle diverse classi liceali. Visto che gli studenti non hanno frequentato regolarmente le classi ginnasiali, per «far loro con tutto vigore studiare gli elementi del
chiaro Geometro della Scuola d’Alessandria», insegnerà il primo libro d’Euclide,
insieme al secondo e al terzo. Riguardo al programma di aritmetica ragionata ed
algebra, per la sua più facile e chiara percezione, insegnerà le proprietà dei numeri. Il professor Petti cita, a questo proposito, James Gregory, che aveva affermato:
Nec hanc scire possumus, nisi notitiam habeamus numerorum. La parte dell’aritmetica nella quale si compendiano tutte le sue teorie è quella riguardante “la teorica razioni e proporzioni”. Questa, anche se già svolta nel programma di algebra
e nel quinto libro d’Euclide, riuscirà «di grandissimo vantaggio essere compresa
nello studio dell’aritmetica»8.
Inoltrati i programmi al Ministero, nessuno si aspettava, in questo delicato
frangente, le dimissioni del Preside. Il sindaco Scillitani ne informa il prefetto
Scelsi, presidente del Consiglio provinciale scolastico, il 10 agosto 1868: «Porto
a conoscenza di V. S. le dimissioni rassegnatomi per motivi di cagionosa salute
dal Preside di questo Liceo ginnasiale, comunicando il nominativo del Signor
Michelangelo d’Atri. La prevengo pure aver pregato lo stesso a tener per poco
ulteriormente ancora la direzione dell’Istituto fino a quando non sarò in grado di
provvedere al rimpiazzo del posto»9. La sostituzione verrà effettuata il 2 settembre 186810. Il Sindaco comunica al Consiglio che, avendo rinunciato all’incarico
il preside d’Atri, «è necessario procedere prontamente al suo rimpiazzo, affinché
non venga a mancare l’individuo primo cui spetta ogni ingerenza e direzione
dell’oggetto di codesto interessante deliberato». Il Consiglio, «ritenuto che lo
Stabilimento in parola non può rimaner privo di siffatta individualità, e tanto più
è necessario devenirsi al rimpiazzo del Preside», conferisce la nomina a padre
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
8
Programma stilato il 12 maggio 1868. Lingua italiana. Parte precettiva: qualità generali del discorso, tropi e figure, loro ragioni, dei concetti e dell’eleganza, dell’armonia. Parte applicata: lettura filologica ed esame critico del Vasari e del Compagni, esercizio di composizione. Lingua latina.
Parte precettiva: svolgimento della sintassi; prosodia e metrica latina. Parte applicata: spiegazione
dei Commentari di Cesare, dell’Egloga V e del I libro dell’Eneide di Virgilio, versione dall’italiano
in latino. Lingua greca. Parte etimologica: sino ai verbi in omega. Parte applicata: analisi grammaticale; versione di brevi proposizioni di greco in italiano e viceversa. Storia: cenni sulla storia del
popolo ebreo nelle sue “commozioni” al Sarcaas, all’Egitto, alla Fenicia, all’Assiria, alla Persia;
storia greca dalle origini alle guerre mediche, “commozioni interne” e guerre del Peloponneso; la
Grecia e la Macedonia. [ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo
Liceo Lanza 2/1]
9 Ivi, delibera del 10-08-1868.
10 Ivi. Estratto della delibera del 2-09-1868, con undici votanti, del Consiglio comunale di Foggia
nella sessione straordinaria per seconda convocazione.
I primi passi del Liceo-ginnasio
55
[Consiglio scolastico provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, autorizzazione Ministero dei Beni Culturali, ASFG prot. n. 3715/X del 25-08-2003]
56
Il Regio Liceo Lanza
Ambrogio Marcangelo, ex rettore delle Scuole Pie.
Finalmente, dopo tanto impegno, il 10 novembre 1868, un manifesto del Municipio di Foggia annuncia l’apertura del Liceo-ginnasio “Lanza” per l’anno
scolastico 1868-186911.
Padre Marcangelo, il 15 Agosto 1869, dopo gli esami finali, informa il Presidente del Consiglio scolastico provinciale dell’andamento didattico-disciplinare
dell’Istituto. Poiché i locali non erano ancora pronti, l’anno scolastico era stato
avviato solo nel mese di dicembre: a novembre si impartirono poche lezioni di
lettere italiane (il docente ebbe l’incarico di insegnare anche storia, lettere latine
e greche e matematica); mancavano gli insegnanti di filosofia e di scienze naturali. Gli alunni iscritti nelle quattro classi del ginnasio erano quarantanove, al
liceo diciassette. Agli esami di ammissione si erano presentati dei candidati per
tutte le classi ginnasiali, salvo che per la quarta, che non venne aperta. «Di alunni liceali se n’ebbero solo per la prima e per la seconda classe». La loro preparazione iniziale lasciava alquanto a desiderare: «Non erano convenientemente preparati alle varie classi sia del ginnasio, che del liceo», ma il Consiglio dei professori, considerando i problemi di una scuola di nuova fondazione, decise di ammetterli comunque alla frequenza, sperando che essi potessero colmare le lacune.
Alla fine dell’anno, premiò la loro buona volontà, sperando «di riordinare per
meglio la classe nel vegnente anno scolastico».
Nel ginnasio la maggior parte degli alunni diede prova soddisfacente negli
esami di promozione. Nella prima e seconda ginnasiale furono quasi tutti promossi. In quinta soltanto un alunno venne “approvato” in tutte le materie; lo stesso
accadde in prima liceale; in seconda nessuno fu promosso. Un risultato spiegabile, secondo Marcangelo: «Riesce più facile l’erudir menti ancor tenere e vergini
da pregiudizi che giovani adulti, imbevuti di falsi principj e istruiti con cattivi
metodi, il che importa che si abbia prima a demolire il vecchio per ricostruire il
nuovo». I risultati migliori furono raggiunti nell’insegnamento del greco. All’inizio dell’anno i liceali ne erano quasi del tutto “digiuni”, ma si ebbe la soddisfazione di vederli quasi tutti far buona prova negli esami finali. Invece per il latino,
«del quale pur non erano essi interamente ignoranti», i risultati furono insoddisfacenti.
Marcangelo conclude così la sua relazione sull’andamento della scuola: «Da
quanto son venuto finora dicendo di questo Istituto, considerato nei suoi vari
elementi e in ciascuna sua parte, ragguaglio fatto di ogni cosa, parmi potersi concludere che non si debba rimanere scontenti del risultato ottenuto quest’anno, chi
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
11
ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1,
delibera del 10-08-1868.
I primi passi del Liceo-ginnasio
57
ben consideri le difficoltà, che sogliono accompagnar sempre ogni nuova intrapresa, che sorgono ad ogni piè sospinto ad incepparne il regolare andamento. Si
sa che i primi passi nella vita di qualsiasi istituzione sono sempre incerti. E che
la perfezione non si acquista che per gradi e dopo la faticosa esperienza di molti
anni. Non resta ora più che augurarsi che, adempiendo alle prescrizioni e alle
formalità volute dalla legge, si dia stabile assetto e si assicuri una durevole vita
all’Istituto, con il pareggiamento ai Regi, e che mercé le perseveranti cure del
personale dirigente ed insegnante, lo sperato concorso dei cittadini e in ispecialità delle famiglie degli alunni, e il securo patrocinio del Comune, esso voglia
sempre più prosperare ed avviarsi a quella perfezione che è meta ultima alle comuni aspirazioni. Con tale augurio mi piace dar termine a questa relazione»12.
Il Liceo-ginnasio “Lanza” diventerà scuola pareggiata ai Regi Licei, per quel
che riguarda gli studi e gli esami, soltanto con il decreto del 24 settembre 187513.
Fu nominato preside il professor Pasquale Fuiani. Erano trascorsi ben sei anni da
quando il sindaco Scillitani aveva annunciato alla cittadinanza la formale richiesta al Ministero.
Ma la difficile fase d’avvio non è affatto conclusa: occorrerà un altro decennio
perché la scuola diventi “regia” a tutti gli effetti di legge. Nella seduta del Consiglio comunale del 29 marzo 1884, il consigliere Vincenzo de Nittis, ex sindaco di
Foggia, relazionando sulla proposta di conversione del Liceo-ginnasio e Convitto
“Lanza” da comunale a governativo, «si fa a ricordare che il nostro Istituto
d’Istruzione secondaria tenuto originariamente dai Padri delle Scuole Pie, dopo la
costoro abolizione venne colla qualità di comunitativo assunto dal Municipio. Lo
si rese in seguito pareggiato a’ Regi per tutti gli effetti legali, però la costante
aspirazione è stata sempre che divenisse governativo, sia per alleggerire il Municipio della spesa, sia per il maggior lustro e la maggiore importanza della scuola».
Dall’excursus dell’avvocato de Nittis apprendiamo che il 17 maggio 1878,
un’istanza in tale direzione era stata approvata dal Consiglio comunale, con osservazioni della Prefettura contenute nella nota del 27 giugno 1878 e 27 novembre dello stesso anno: si richiedeva al Ministero di dichiarare “regio” il Liceoginnasiale e si formulava un eguale voto anche per il Convitto. Il Municipio offriva il concorso di seimila lire per l’uno e di diecimila per l’altro, oltre l’uso dei
fabbricati. Esso contava su circa cinquemila lire di tasse scolastiche pagate dagli
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
12
MUSEO CIVICO DI FOGGIA (MCFG), Fondo Manoscritti, fascicolo Liceo Lanza, relazione del
preside Marcangelo per l’anno 1868-69.
13 Cfr. F. VILLANI, La Nuova Arpi, La Terrazza Editrice, Bologna, 1975, ristampa anastatica del
1876, p. 184.
58
Il Regio Liceo Lanza
studenti e sul concorso della Provincia di 8.895 lire. Ma il 30 aprile 1879 il Prefetto comunicò al Sindaco la risposta negativa giunta da Roma: non si poteva
accogliere la richiesta. Era in preparazione una nuova legge sull’istruzione secondaria e non era possibile mutare lo stato delle cose, per non stabilire un precedente per eventuali richieste di altri Municipi. Il 1° giugno 1880, il 14 luglio 1882 e
nel novembre 1883 l’istanza veniva rinnovata, senza alcun esito. Incessanti pressioni furono fatte di persona dall’onorevole Sessa ai vari Ministri della Pubblica
Istruzione, agli onorevoli Pesche, de Santis e Borrelli nonché ai rispettivi segretari generali, in ispecie l’onorevole Costantini; ed ai capi di servizio del Ministero Castelli e Nisio. Si ottennero solo promesse o dinieghi. L’ostacolo era rappresentato dalla Legge-decreto 10 febbraio 1861, in base al quale il governo poteva
autorizzare un solo istituto secondario per provincia. E in Capitanata un Regio
Liceo-ginnasio già esisteva a Lucera. «Il Sindaco di Foggia non desistette, anzi
– continua de Nittis – à avuto cura di raccogliere notizie da parecchi municipi
circa i vincoli giuridici fra i loro istituti secondari ed il Governo. A noi ben può
servir di esempio la convenzione intervenuta tra il Governo e il Municipio di
Castrovillari in Calabria Citra».
Nella convenzione suddetta, il Governo si impegnava ad istituire un ginnasio,
mentre il Municipio forniva il locale ed il materiale scientifico necessario al
nuovo istituto, corrispondendo annualmente alla Regia Finanza la somma necessaria al pagamento degli stipendi del personale. Le tasse scolastiche versate dagli
alunni erano devolute allo Stato, come corrispettivo dell’onere che il Ministero
avrebbe affrontato per gli aumenti sessennali degli stipendi dovuti ai professori;
il Municipio si impegnava a contribuire, nel modo indicato dal Ministero delle
Finanze, ad ogni altra spesa che per il mantenimento del Ginnasio fosse disposta
per l’avvenire, eccetto quella necessaria al pagamento della pensione e degli assegni di aspettativa dovuti al direttore, ai professori ed al personale non docente,
che sarebbe rimasta a carico del Pubblico Erario.
Dopo la “narrativa” sulla questione, de Nittis pose al Consiglio comunale la
seguente domanda: «Dovendo il Comune nell’uno o nell’altro caso sopportare le
spese, è più vantaggioso che l’Istituto “Lanza” abbia la veste d’Istituto Regio, con
l’importanza, e vantaggi e privilegi corrispondenti, o rimanga pareggiato alle dipendenza del Municipio?» Si aprì il dibattito. Il consigliere Taralli intervenne a
sostegno della scuola governativa: «La difficoltà che si esperimenta ogni anno di
procurarsi i professori, la deplorevole necessità di avere sempre una o più cattedre
non coverte, e solo disimpegnata per mezzo d’incarichi, il fatto che ben spesso
bisogna contentarsi di professori esordienti, mentre dopo un periodo di tirocinio
così ci abbandonano per correre ai posti governativi, rende intollerabile l’attuale
stato di cose. [...] D’altronde diventando regio l’Istituto esso crescerà d’importanza, potrà esaminare alunni anche non delle proprie classi, e l’affluenza dei giova-
I primi passi del Liceo-ginnasio
59
ni contribuirà puranche ad alleviare la spesa gravitante sul Municipio». Si stimò
che, secondo le tabelle, la spesa d’un liceo ginnasiale di seconda classe, qual’era
ora il “Lanza”, ammontava a 29.150 lire e che la spesa per un istituto di prima
classe, come si voleva diventasse quello di Foggia, saliva a 35.190 lire. Il Consiglio convenne che la spesa maggiore sarebbe stata compensata «dalla entità dei
professori a covrire le cattedre e dalla importanza dell’Istituto».
Per conseguire subito l’intento, nominò una delegazione costituita dal consigliere de Nittis e dall’onorevole Sessa perché «s’interessassero a trattare e definire di persona ogni estremo al Ministero in Roma»14.
L’iniziativa del Comune di Foggia fu approvata con parole di incoraggiamento e di lode dal Consiglio scolastico provinciale. Anche il Prefetto volle personalmente cooperare alla buona riuscita delle trattative e si unì alla Commissione
«quando, ricomposto il Ministero dopo la crisi di governo, e divenuto Segretario
Generale della Pubblica Istruzione l’onorevole Martini, in dì 1° maggio fu stimato giunto il momento di assolvere l’incarico».
È sempre il consigliere Vincenzo de Nittis che relaziona in Consiglio comunale sull’esito della “spedizione” a Roma: «Al nuovo ministro della Pubblica Istruzione Coppino venne esposta la condizione di questo Capoluogo, che spende
circa la sesta parte del suo bilancio per la pubblica istruzione, mantenendo scuole
elementari al di là del numero voluto dalla legge, le scuole tecniche, il Liceoginnasio “Lanza”, un istituto per fanciulle, una scuola serale d’arti domestiche e
concorrendo nella spesa per le scuole magistrali maschili e femminili e per la
scuola professionale; senza che nessuno dei suoi stabilimenti avesse il carattere e
l’importanza di governativo; con danno evidente dei risultati stessi che sarebbe
giusto attendersi da sì lodevoli sforzi. Il Ministro si era congratulato per ciò che
la città di Foggia faceva a vantaggio della pubblica istruzione, e pregato di conferire il carattere di regio al Liceo-ginnasio”Lanza”, perché non continuasse il
Municipio a sopportarne la spesa, accolse benignamente l’istanza».
Nello schema di convenzione intervenuto con il Regno d’Italia, rappresentato
dal segretario generale all’Istruzione Ferdinando Martini, il Comune di Foggia si
impegnò a provvedere al fabbricato per l’Istituto, al materiale scientifico ed alle
spese per «opre di manutenzione ed accrescimento» dei gabinetti di fisica e storia
naturale; rinunciò a qualsiasi partecipazione ai proventi delle tasse d’iscrizione ed
esami che rappresentavano per l’Erario la copertura della spesa per gli aumenti
sessennali sugli stipendi che, insieme a quella delle funzioni e degli assegni di
aspettativa, sarebbe rimasta a carico del Governo. Dal canto suo il Ministero si
obbligò «a riconoscere, avere e mantenere finché saranno osservati i fatti e le
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
14 Archivio
Storico Comunale Foggia (ASCFG), Registro 1, Deliberazione Consiglio comunale del
17 marzo 1884.
60
Il Regio Liceo Lanza
condizioni soprascritte, il mentovato Liceo ginnasiale di Foggia in conto e qualità d’Istituto governativo, con tutti i vantaggi benefici e privilegi e stato degli
istituiti inerenti».
Con il ministro Coppino furono affrontati altri argomenti: l’istanza per rendere governativo anche il Convitto, la nomina del preside, del rettore del convitto e
del personale. Nel caso in cui il Municipio avesse optato per la nomina di un
preside-rettore, il Ministro chiese di essere preventivamente informato, per collaborare nella scelta di un «individuo atto a disimpegnare e l’una e l’altra funzione». La delegazione raccomandò che al momento delle nomine fosse riservato
“un occhio di riguardo” a tutto il personale già in servizio all’Istituto “Lanza”. Il
Ministro, non potendo assumere alcun obbligo in tal senso, si dichiarò disposto
ad usare verso di esso ogni possibile riguardo, ma era necessario che ciascun
aspirante all’incarico producesse i suoi titoli regolari, dichiarando di mettersi a
disposizione del Governo. La delegazione insistette perché venisse conferito al
Liceo-ginnasio “Lanza” il carattere di “regio” già dal successivo anno scolastico
1884-1885. Coppino, senza escludere tale possibilità, fece presente che il bilancio
dello Stato era già in fase di approvazione in Parlamento, e il suo Ministero non
avrebbe potuto ottenere per l’anno successivo i mezzi finanziari occorrenti.
Il resoconto dell’avvocato de Nittis sull’operato della delegazione fu approvata con voto unanime dal Consiglio comunale, che «facultò» il Sindaco a sottoscrivere la convenzione e a definire ogni altra pendenza affinché il Liceo fosse riconosciuto “governativo” subito, o, al più tardi, per l’anno 1885-1886.
Il Ministero, contrariamente alle previsioni del ministro Coppino, conferì il
carattere di Regio al Liceo “Lanza” già dall’anno 1884-1885. È sempre Vincenzo
de Nittis a commentare l’evento in Consiglio comunale: «Sembra che lo allontanamento da Roma dell’onorevole Coppino, col quale questi estremi sono stati
discussi, ed il desiderio al certo lodevolissimo, del Ministero, di appagare quanto
più presto si potesse le istanze del Municipio, elevando il grado dell’Istituto
“Lanza”, abbiano dato luogo alla disposizione inaspettata, ma pur sempre gradita,
secondo cui l’Istituto secondario classico di Foggia diviene Regio dall’anno scolastico in cui siamo per entrare. A fronte di tanto beneficio, definitivamente assicurato alla città nostra, non vale neppure la pena di notare che il vecchio corpo
insegnante si trova a possedere la ferma per l’anno prossimo»15.
Così non fu per il preside-rettore Fuiani, che aveva “traghettato” il Liceo per
un decennio: nonostante la proposta del Consiglio comunale, non fu riconfermato
per l’anno 1884-1885. Per reggere le sorti del neonata scuola governativa, il Ministero dell’Istruzione Pubblica nominò il professor Domenico Tamburrini.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
15 ASCFG,
Registro 1, Deliberazione Consiglio comunale del 24 maggio 1884.
I primi passi del Liceo-ginnasio
I PROGRAMMI DEL 1868
GINNASIO INFERIORE
I Classe
Con l’apertura del liceo pubblico, vengono
stilati i programmi di insegnamento da inviare al Ministero. Per la I ginnasiale sono
sottoscritti, in data 1 maggio 1868, dal professor Tommaso Carusi, che illustra così il
suo metodo: utilizzerà mezzi semplici ed
idonei allo scopo; la lezione sarà breve in
relazione alle «meccaniche fatiche» degli
alunni, razionale, facile, espositiva, graduata al crescente sviluppo della loro intelligenza. Attenendosi ai programmi governativi, adopererà i seguenti libri di testo:
Grammatica Latina di Schultz per la parte
etimologica; Grammatica Italiana del
Melga per rafforzare la parte etimologica e
per la coniugazione dei verbi irregolari; il
Compendio di storia sacra di Lomond da
tradurre in italiano; l’Antologia del Berrini
«per destare nei ragazzetti il bello delle
frasi latine»; l’Antologia in prosa del Fornaciari «per far apprendere le diverse locuzioni usate dei padri dell’itala favella nei
tempi in cui fiorirono le lettere», nonché
varie tipologie di semplici componimenti;
la Geografia del Sala per far studiare alcune nozioni cosmografiche, ed in particolare
«il nuovo Regno d’Italia fino alle ultime
annessioni».
Poiché è desiderio degli iscritti concludere
il corso in otto mesi, le lezioni si svolgeranno sia al mattino che al pomeriggio: la lezione antimeridiana comincerà con la «recitazione» dei precetti generali di grammatica latina spiegati il giorno precedente,
dopo si inviteranno gli alunni a riflettere
sulle regole eccezionali. Verranno esercitati nel compendio di Storia sacra, sulle
61
sentenze del Berrini in buon italiano, e poi
nella traduzione di qualche frase dall’italiano al latino, preceduta da analisi grammaticale. La lezione del pomeriggio si aprirà
con la correzione dei compiti d’italiano: «Il
professore segnalerà gli errori riscontrati
col vivo della voce, con crocette e lineette
sovra di essi tanto sul primo tracciato che
sul lavoro rifatto. Compiuto tal lavoro comincerà la conferenza dei pezzi italiani che
si contengono negli esempii del Bello Scrivere del Fornaciari, pezzi chiosati nel dì
precedente e sottoposti all’analisi grammaticale». Il docente farà osservare ai discenti
«come la grammatica sboccia dagli autori
della patria favella»: soltanto il continuo e
approfondito studio di essi può infatti portare alla conoscenza e al possesso delle
belle lettere. Utilizzando il metodo dialogico egli presenterà «le nozioni cosmografiche e tutti i fatti naturali, topografici, politici, fisici e morali che appartengono al
patrio suolo». Infine preparerà il successivo compito di italiano. Siccome è facoltà
del docente fissare il tema «tra quelli che
meglio possano far sorgere e germogliare
nei vergini cuori quei sentimenti che, svolti nel campo della realtà, altamente onorano la Patria e l’Umanità», il professor Carusi si augura «di riuscire tra i cancelli del
tempo precisato a soddisfare i giusti voti
della famiglia, i zelanti desideri delle autorità municipali promotrici del Ginnasio, ma
anche le sante aspirazioni del nostro Bel
paese».
II Classe
A stilare il programma della seconda ginnasiale per nove scolari è il professor Giuseppe Boali, il quale illustra i doveri del
maestro, nelle cui mani sono riposte «le
sorti avvenire» delle Nazioni. Egli darà
soprattutto esempio di scrupolosa moralità
di vita. «Nelle conferenze co’ suoi alunni
62
Il Regio Liceo Lanza
avrà cura di mostrarsi ordinato, decente,
civile nonché nelle parole, quanto in tutto il
comportarsi della persona. Dovrà essere
diligente, attivo, instancabile nel mantenere l’orario, la disciplina e la “pulitezza”
nella scuola, conciliando l’amore colla fermezza, il rispetto con la familiarità degli
alunni «affinché la classe riesca di modello
e l’opera sua torni proficua ai giovanetti».
Nell’insegnamento dell’italiano darà spazio alla sintassi: farà analizzare perciò le
proposizioni, «dirette o rovescie, reggenti o
infinitive o complementari, regolari o irregolari, indicanti quiete o moto, dipendenti
o coordinate». L’esame verterà su questo
programma. Riguardo agli autori latini, gli
alunni si eserciteranno nella traduzione di
una o due Vite di Cornelio Nepote e Favole
di Fedro, con avvertenze storico-morali e
civili. I componimenti di italiano e le versioni verteranno su narrazioni facili, piccole definizioni, lettere d’affetto, brevi versioni dall’italiano al latino e viceversa «da
praticarsi a scuola e a casa e da correggersi
giornalmente a scuola dal maestro». Il programma di geografia verterà sul mondo
conosciuto dagli antichi con qualche notizia di storia, nozioni generali dell’Asia
moderna, dell’Europa e dell’Africa, studio
di memoria e di pratica sul planisfero.
Il docente dovrà assolvere, a fine anno,
all’importante compito di educare «i giovani affidatigli con Religione di fiducia dalla
Patria, dalle famiglie, dal Municipio».
III Classe
Il programma è redatto il 16 maggio 1868
dal professor Giuseppe Prato, il quale «animato da tutta la buona volontà per la formazione dei suoi allievi tanto nell’intelletto, quanto nel cuore» porrà la massima attenzione per riuscire nell’impegno. Per il
latino utilizzerà la Grammatica di Schultz,
i Commentari di Cesare, ed i Fasti di Ovi-
dio. Farà conoscere la parte teorica della
lingua e quella pratica, non tralasciando
d’insegnare la sintassi «regolare e irregolare». Visto che fra gli autori classici in programma vi è un poeta, «sarà mestieri farne
rilevare le regole di prosodia». Farà tradurre agli allievi quasi tutto il primo libro del
De bello Gallico di Cesare, e circa otto
Elegie di Ovidio. Per l’italiano utilizzerà la
Grammatica del Melga, le Lettere di Annibal Caro, l’Osservatore del Gozzi. Quasi
giornalmente farà esercitare gli alunni su
temi «dati or nell’Italiano, or nel Latino, e
non di rado anche estemporaneamente»;
una volta a settimana essi risponderanno a
memoria su alcuni brani scelti dai classici
nelle due lingue. Infine con le Istituzioni
del Nola e con le corrispondenti Carte Geografiche farà conoscere agli studenti il
mondo nuovo, «avvezzandoli nel contempo ad ideali viaggi, che far si potrebbero
per quei luoghi».
[ASFG, Consiglio Provinciale Scolastico
1866-1902, busta 24-25, Fascicoli Liceo Lanza
I primi passi del Liceo-ginnasio
63
QUADRO ORARIO ANNO SCOLASTICO 1868
Quad
Giorno
I ginnasiale
II ginnasiale
Lunedì
Latino Grammatica e versione ore 2
Italiano-Grammatica ore 1
Geografia ore 1
Latino Grammatica e versione ore 2
Italiano-Grammatica ore 1
ed esercizi ore 1
Martedì
Latino Grammatica e versione ore 2
Italiano-Componimento, esercizi di memoria
ed analisi ore 2
Italiano-Grammatica e Componimento ore 1
Geografia ore 1
Latino-Spiegazione d’un Classico ed analisi ore 2
Mercoledì
Latino Grammatica e versione ore 2
Italiano-Grammatica ore 1
Geografia ore 1
Latino Grammatica e versione ore 2
Italiano-Grammatica ore 1
ed esercizi ore 1
Venerdì
Latino Grammatica e versione ore 2
Italiano-Componimento, esercizi di memoria ed
analisi ore 2
Italiano-Grammatica e Componimento ore 1
Geografia ore 1
Latino-Spiegazione d’un Classico ed analisi ore 2
Sabato
Latino Grammatica e versione ore 2
Italiano-Grammatica ore 1
Geografia ore 1
Latino Grammatica ed autore latino ore 2
Italiano-Grammatica ed esercizi ore 1
Geografia ore 1
Giorno
III ginnasiale
IV ginnasiale
I liceale
Lunedì
Latino-Cesare, Grammatica e
Prosodia ore 2
Italiano-caro. Grammatica e
Componimento ore 2
Latino ore 2
Italiano- ore 2
Latino e greco ore 1
Storia e Componimento ore 1 e 1/2
Letteratura italiana ore 1
Matematica ore 1 e 1/2
Martedì
Latino-Ovidio, Grammatica e
Componimento ore 2
Italiano-Gozzi e Grammatica ore 1
Geografia ore 1
Greco ore 2
Storia ore 2
Latino e Greco ore 1
Letteratura italiana ore 1
Storia ed esercizi di memoria ore 1 e 1/2
Matematica ore 1 e 1/2
Mercoledì
Latino-Recita d’un Classico,
traduzione ed analisi ore 2
Italiano-Recita d’un classico
ed analisi ore 1
Geografia ore 1
Latino ore 2
Italiano ore 2
Latino e Greco ore 1
Letteratura italiana e componimento ore 2
Storia ore 1 e 1/2
Storia ore 2
Greco ore 2
Latino e Greco ore 1
Letteratura italiana ore 1
Storia ed esercizi di memoria ore 1 e 1/2
Matematica ore 1 e 1/2
Latino ore 2
Italiano ore 1
Greco ore 1
Latino e Greco ore 1
Storia e Componimento ore 1 e 1/2
Letteratura italiana ore 1
Matematica ore 1 e 1/2
Venerdì
Sabato
Latino-Ovidio, Grammatica e
Componimento ore 2
Italiano-Gozzi e Grammatica ore 1
Geografia ore 1
[ASFG, Consiglio Provinciale Scolastico 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4]
64
Il Regio Liceo Lanza
RELAZIONE PRESIDE D’ATRI
1868, I° ANNO SPERIMENTALE
«Per gli ostacoli non lievi, che ritardarono
l’apertura di questo Liceo-ginnasiale Lanza,
fu necessità darsi principio al pubblico insegnamento verso il cader del Marzo di
questo anno 1868.
Ma qual profitto si poteva mai attendere
pel termine dell’anno scolastico da un Istituto di novello impianto aperto in mezzo al
corso?
Tutta la gioventù studiosa trovavasi allora
distribuita per le altre pubbliche e private
Scuole, et erasi di molto inoltrata ne’ suoi
scolastici esercizi. Quindi scarsissimo fu il
numero degli Alunni raccolti all’apertura di
questo nuovo Stabilimento scolastico, de’
quali appena trentuno furono tutti gli iscritti nelle Classi; e gli altri pochi, che non
potevano assistere a tutte le lezioni delle
scuole rispettive, furono riguardati come
semplici Uditori.
Per la qual cosa questo breve periodo di
tempo nell’insegnamento dovea ritenersi
come di base pel venturo anno scolastico, e
rendere gli Alunni bene informati del metodo e disciplina di queste pubbliche Scuole,
onde si rendessero più idonei per quelle
medesime classi, cui furono assegnati. Eppure, sia detto ad onore del vero, i Professori di questo nuovo Liceo-ginnasiale per
la enunciata difficoltà non si ristettero; ma
animati da vero affetto per la gioventù studiante furono di avviso di superare ogni
ostacolo, supplendo al manco del tempo
quello appunto del loro zelo, e delle raddoppiate fatiche.
E perché fossero riusciti nello intento, proposero il prolungamento del corso scolastico a tutt’Ottobre, augurandosi compiere
perfettamente il programma governativo, e
dare regolarmente al termine stabilito
un’esame di promozione alle classi superiori. E qui non posso lasciare sotto silenzio
l’efficace concorso dell’illustre Magistrato
di questa Città Signor Lorenzo Scillitani, il
quale, facendo buon viso a tal divisamento
proposto, ne promosse con tutt’i mezzi la
pronta attuazione.
L’effetto, a Dio mercé, non tardò a verificarsi, quale appunto si attendeva; e la presente relazione finale imparzialmente lo
conferma.
Pertanto se ostacoli pel suo impianto osservaronsi al di fuori, non altrimenti avveniva
nell’interno dell’Istituto, dovendosi lottare
con quegli elementi che ne impedivano
materialmente e momentaneamente il suo
regolare andamento.
E per fermo, oltre al breve periodo di
tempo di già indicato, è a notarsi in primo
luogo la difficoltà del locale, che richiedendo l’opera indispensabile degli artefici,
costoro non lieve disturbo arrecarono
nell’interno delle rispettive scuole, che a
mala pena furono terminate nella prima
quindicina di Aprile.
Inoltre gli utensili e gli arnesi occorrenti
furono tardi apprestati: e perché le carte
geografiche, che non erano reperibili in
città, non si potevano prontamente ottenere, gli stessi professori furono obbligati a
prestare le proprie carte per non più ritardare l’insegnamento della geografia.
A tutto ciò si aggiunse eziandio il ritardo
de’ libri di testo, i quali sì per la difficoltà
di potersi procurare in luoghi lontani, sì
perché taluni Alunni privi di mezzi non
potevano fornirsene, si ebbero con ritardo;
ed a spese poi de’ Professori furono somministrati agli Alunni indigenti.
Or bene tutti questi ostacoli mediante la
concordia del Preside e de’ Professori furono superati, coadiuvandosi questi a vicenda
ne’ Consigli Collegiali, e somministrando
ciascuno a sua volta que’ lumi, che per lo
I primi passi del Liceo-ginnasio
andamento regolare delle scuole addimandavansi. In effetti nelle ordinarie sessioni
tenute mensilmente dal Corpo Insegnante,
giusta il prescritto delle leggi scolastiche, si
riuscì soprattutto ad unificare i libri di
testo, che nelle prime classi inferiori del
Ginnasio occorrevano, avuto riguardo alla
unità delle materie che gradatamente si
svolgono in esse; e quel che più rileva, tutta
la cura fu rivolta all’unità di metodo nell’insegnamento per queste stesse classi, affinché gli alunni promossi alle classi superiori, senza durar molta fatica, ne potessero
facilmente raggiungere lo scopo. Oltre a
ciò non mancarono ancora delle sessioni
straordinarie per quelle cose che urgentemente reclamavano il voto del Consiglio,
onde a tempo opportuno si fosse provveduto a’ bisogni morali dell’Istituto, sia nel richiamare qualche negligente alla perfetta
osservanza dei suoi doveri scolastici, sia nel
mantenere mai sempre ferma la disciplina,
senza di che invano si può sperare alcun
felice risultato.
Dall’esposto finora è cosa molto agevole
passare a rassegna l’andamento tenuto nelle
singole scuole, le quali continuamente furono l’obietto di visite del Preside in tutto
il corso dell’insegnamento scolastico, corrispondendo in pari tempo a quello che gli
stessi professori nelle rispettive relazioni
finali gli parteciparono.
Le Classi adunque di questo Liceo Ginnasiale furono le seguenti:
I CLASSE LICEALE
Questa classe fu divisa in quattro distinte
Sezioni:
I di letteratura italiana,
II di storia e geografia,
III di Letteratura latina e greca;
65
IV di Matematica
I e II sezione
Letteratura italiana - Storia e Geografia.
Professore Postiglione Gaetano.
Il professore di Letteratura italiana per la
prima Classe liceale Signor Postiglione
Gaetano fu incaricato della supplenza alla
Storia e Geografia. Gli alunni che frequentarono queste due sezioni d’insegnamento
furono Caizzi Achille, Caso Giuseppe, ed
Olivieri Pasquale; come Uditori poi furono
Severo Michele, e Depino Gennaro.
Sull’andamento di queste due Sezioni riunite, innanzi tutto è a notarsi che gli Alunni
delle medesime ne riportarono positivi
vantaggi, quali furono osservati (come si
vedrà) nell’esame finale.
Ed in vero per ciò che riguarda il merito
d’insegnamento del precitato Professore,
esso fu semplice ed efficace, massime per
quella chiarezza ed unità sintetica nell’armonizzare cioè le varie branche del suo
insegnamento in guisa che le materie letterarie ed estetiche, coordinate con le storiche e geografiche, presentavano agli alunni
in un sol quadro tutto il prospetto della sua
ordinaria lezione, ed i giovani, senza durar
molta fatica, di leggieri si rendevano padroni della materia svolta dal Professore.
Le materie tutte designate nel suo programma, secondo le istruzioni governative, furono perfettamente esaurite nel corso
dell’anno scolastico.
In effetti, rimontando all’idea della letteratura italiana, ed all’origine della lingua
medesima, seppe egli coordinare queste
teorie con quelle della storia e della geografia in maniera che secolo per secolo ne addimostrò la grandezza ed il decadimento.
Nulla omise perché i giovani avessero
un’adeguata cognizione storica delle cose
che si osservarono in ogni età, cominciando dalla caduta dell’Impero di Occidente
insino alla discesa di Carlo VIII in Italia.
66
Il Regio Liceo Lanza
Da ultimo i temi per l’esercitazioni scritte
furono varii e di vario genere, scelti in
modo che gli Alunni ebbero a scrivere di
cose note e studiate nella scuola; ed il professore non trascurò di correggerne i difetti.
III sezione
Lettere latine e greche. Professore supplente d’Atri Michele.
Sebbene il nominato Signor d’Atri esercitasse la carica di preside del liceo, pure per
mancanza dell’ordinario Professore, non
volendo privare gli alunni di un tale insegnamento, gratuitamente ne assunse l’incarico.
Ed in quanto alla parte latina, tutta l’opera
sua si raccolse nella lettura de’ Classici
Autori, e precisamente di Tito Livio, Tacito, e Virgilio. Dando le opportune illustrazioni grammaticali, filologiche, storiche, e
letterarie con lo studio a memoria de’ luoghi più eletti.
Questo studio fu accompagnato da frequenti esercizi di composizioni latine, e di
versioni dal latino nell’italiano. E tanto la
lettura, quanto gli esercizi furono fatti con
le debite osservazioni così delle forme,
come delle idee, per modo che i giovani
non pure acquistarono una tal quale coltura; ma quel che maggiormente importa,
l’abito alla osservazione, e l’attitudine a
progredire.
Per le lettere greche poi attese primamente
alla pronunzia delle lettere tanto raccomandata da’ programmi governativi, non discostandosi da quella che si usa oggi da’ Greci;
e riuscì ad unificare nel metodo i suoi alunni molto dispari tra loro in questa parte.
Passò quindi ad una esatta ripetizione di
tutta la parte elementare della grammatica,
alla quale fece seguire la lettura dell’Anabasi di Senofonte con illustrazioni grammaticali, filologiche, e storiche.
Tutto con special cura de’ dialetti, degli
accenti, e della sintassi di concordanza e
de’ casi. E non mancò da ultimo esercitare
gli Alunni nella versione dal greco nell’italiano, e viceversa: i quali esercizi spesso
ri-petuti riuscirono utilissimi a’ suoi discenti.
IV sezione
Matematica. Professore Petti Francesco.
Le materie insegnate hanno seguito
quell’andamento che venne stabilito nel
programma dal Professore: esse furono divise in Geometria piana ne’ primi tre libri
di Euclide, in Aritmetica ragionata ed in
algebra. Nell’insegnamento della Geometria, il professore ha svolto le nozioni riguardanti il metodo di esaustione e quello
della riduzione all’assurdo.
Alle dimostrazioni indirette ha aggiunto
quelle dirette, seguendo l’opinione del
Vico, il quale nella dimostrazione del vero
ch’è positivo, non trovava conveniente il
metodo negativo, che procede per la via
dell’impossibilità e dell’assurdo.
Nell’Aritmetica ha insegnato la composizione del quadrato di un numero composto
di parti, e la radice quadrata de’ numeri,
unitamente alla composizione del cubo di
un numero composto, ed all’estrazione
della radice cubica con data approssimazione: ha trattato pure de’ numeri incommensurabili; ed oltrepassando anche il suo
compito ha svolto la teorica delle ragioni e
proporzioni, come accennava nel suo programma presentato nell’incominciamento
delle sue lezioni.
Nell’algebra finalmente ha istituito un parallelo fra le operazioni aritmetiche e le
corrispondenti algebriche, facendo con ciò
rilevare acconciamente quali sieno i vantaggi dell’algebra: ha svolto ancora le nozioni de’ numeri negativi in quanto all’origine ed al significato, così pe’ numeri
I primi passi del Liceo-ginnasio
astratti, come pe’ concreti; ed infine ha
completato questa parte di matematica con
la teorica delle quantità elevate a potenza
riguardate ne’ diversi casi di esponenti negativi e frazionari.
SCUOLE GINNASIALI
I classe
Alunni n. 16. Professore Carusi Tommaso
Parte italiana - Il professore, attenendosi
strettamente al Programma, ha svolto la
parte etimologica della grammatica; e con
la spiegazione de’ Fatti di Enea, e gli esempi tratti dal Fornaciari, ha dato a’ giovanetti l’agio di esercitarsi frequentemente nella
composizione italiana, attenendosi in questa parte a’ brevi racconti e favolette: oltre
a ciò ha procurato che gli Alunni mandassero a memoria i luoghi più eletti de’ buoni
Scrittori.
Parte latina - Sulle declinazioni e coniugazioni regolari, una co’ verbi esse e fio, ha
egli intrattenuto i suoi alunni, e mediante la
spiegazione dell’Epitomè della Storia sacra,
e di qualche sentenza tratta dal Berrini li ha
esercitati nelle concordanze, e nelle facili
versioni dall’italiano nel latino, e viceversa.
Per la geografia finalmente ha dato agli
Alunni le generali nozioni della geografia
astronomica, topica, e fisica; non che le
speciali nozioni geografiche dell’Italia.
II classe
Alunni n. 8. Professore Boali Giuseppe
Questo Professore, nominato per la quinta,
è stato adoperato per la seconda, sì perché
questa Classe per difettosi alunni non fu
aperta, sì perché vi mancava il Professore
ordinario della seconda Classe.
Per quello dunque che riguarda la parte
italiana egli, riepilogando la parte etimologica della grammatica, ha dato poi l’espo-
67
sizione completa della sintassi regolare,
non esclusa la parte irregolare nelle forme
più ristrette e proprie della lingua italiana:
ha spiegato le piccole novelle del Boccaccio; e con esempi tratti dal Fornaciari ha
esercitati gli Alunni nella composizione,
alternando con descrizioni e racconti i loro
componimenti. Dappiù ha esercitato la loro
memoria con de’ brani scelti di Classici
Autori.
Parte latina. Lo stesso metodo ha tenuto il
Professore nell’insegnamento del latino.
Egli invero, attenendosi strettamente al
programma, pose cura nella ripetizione
delle declinazioni e coniugazioni; passò
quindi a rassegna la parte regolare della
Sintassi; e per compimento del suo compito in ordine alla grammatica ne spiegò tutta
la parte irregolare, in guisa che su di essa
esercitò gli Alunni gradatamente alle versioni dall’italiano nel latino, adattando
sempre alla loro intelligenza de’ temi scelti
dalle Antologie; come anche alle versioni
dal latino nell’italiano dando loro a spiegare ed a recitare a memoria le Vite di Cornelio Nepote e le Favole del Fedro.
Finalmente insegnò la geografia dando agli
Alunni la conoscenza del continente antico
corredata ancora da speciali istruzioni.
III classe
Alunni n. 3. Professore Prati Giuseppe
Questa Classe (come si osserverà nel qui
annesso Programma degli Esami finali),
quantunque niuno esperimento abbia dato
in fine del corso scolastico per ragioni tutte
individuali degli alunni, de’ quali uno era
assente da Foggia, e gli altri due formalmente si negarono a dare gli esami, pure il
Professore nel corso dell’anno scolastico
non ha mancato di assiduità e di zelo per lo
adempimento de’ suoi doveri.
Difatti per ciò che riguarda la parte italiana egli ha insegnato la sintassi regolare ed
68
Il Regio Liceo Lanza
irregolare dando agli Alunni le regole per
imparare tutti quei modi di dire che sono
propri nei Classici Autori, non omettendo
anche il confronto delle forme prettamente
italiane con gl’idiotismi del dialetto: quindi
la derivazione de’ vocaboli, la natura de’
sinonimi con le loro differenze, e l’uso
particolare di alcuni verbi e particelle che si
osservano nel nostro idioma.
Due volte poi per settimana ha esercitato i
giovani nella composizione su temi tratti
per lo più dal Fornaciari, e tal volta su temi
scelti dagli alunni medesimi, sperando che
col mettere quasi a tortura il loro intelletto,
da se stessi formar potessero de’ bei concetti.
Parte latina. Non avendo trascurato la ripetizione delle declinazioni e coniugazioni
regolari ed irregolari, ha esercitato gli
Alunni nella Sintassi di concordanza e di
reggimento. Mediante lo studio della Prosodia mise i giovani alla portata di ben
scandire i versi, e render ragione della
quantità delle sillabe.
Per la versione dal latino nell’italiano ha
esercitato i giovani a tradurre il Cesare de
bello gallico e varie Elegie di Ovidio.
Per la versione poi dall’italiano nel latino, i
brani scelti dalle Antologie ne sono stati
per lo più i temi.
Non ha mancato eziandio tanto nel latino,
quanto nell’italiano, di esercitare la memoria de’ suoi allievi con brani tratti da appositi Autori.
In fine per ciò che riguarda la geografia
egli ha percorso tutto il nuovo Mondo, facendo rilevare le particolarità fisiche, politiche e morali, che meritavano maggiore
attenzione.
IV classe
Alunno 1. Professore De Santis Eugenio
Il programma didattico proposto dal professore fin dal principio del corso scolasti-
co non è stato intieramente svolto a motivo
della deficienza di alunni; perocché due
erano uditori, ed il terzo che frequentava la
Classe non gli permise di poterlo esaurire
per la continuata sua pigrizia. Per la qual
cosa il Professore ebbe a farne le sue doglianze in una straordinaria sessione del
consiglio Collegiale, chiedendo la espulsione dell’Alunno. Ma il Consiglio non
aderì alla proposta; ed invece fu di avviso
che si ritenesse l’Alunno, sperando che con
le reiterate ammonizioni si potesse in fine
dell’anno anche da lui ottenere un qualche
risultato.
Pria però di espletare questa parte che riguarda l’insegnamento dato agli Alunni è
mestieri notare che a taluni giovani, i quali
assistevano alle Scuole tecniche, e non potevano senza lor danno abbandonare un
corso di studi prossimo al suo termine, si
permise d’intervenire nella quarta classe
del ginnasio, ed in quella del Liceo (quali
classi difettavano di Alunni) affine di apparare quelle materie che esclusivamente nel
Liceo Ginnasiale s’insegnano; ed i medesimi, siccome si è detto di sopra, perché non
attesero a tutte le lezioni della propria classe, furono considerati piuttosto come uditori, che come Alunni dell’Istituto Lanza.
DISCIPLINA E CONDOTTA
DEGLI ALUNNI
La disciplina e la condotta degli Alunni
nelle scuole furono tali quali potevansi desiderare. Per altro nel cominciamento del
Corso scolastico il corpo insegnante ebbe a
trattare con giovanetti non educati alle osservanze di una regolare disciplina; ciò non
di meno le loro difettose consuetudini furono corrette dalla direzione, che cercò se
mai sempre prevenire i disordini in guisa
che la scolaresca non ha lasciato cosa veruna a desiderare per questa parte.
I primi passi del Liceo-ginnasio
Giova qui ancora ricordare il buon andamento dell’istruzione ed altre pratiche religiose prescritte ne’ dì festivi da regolamenti scolastici. Queste non sono state trascurate nel novello istituto, ed il preside in
mancanza di un Direttore Spirituale gratuitamente ne sostenne le veci.
Espletata così la parte dell’insegnamento e
della disciplina nelle Classi, è d’uopo narrare il compimento dell’opera qual è appunto l’Esame finale.
ESAME FINALE
Volgea quasi la seconda quindicina dello
scorso Settembre, ed i professori, dal termine all’insegnamento effettivo, incominciarono a preparare gli Alunni agli esami
finali pel prossimo Ottobre; quando
dall’Autorità Municipale venne notificato
che per la fine di Settembre dovevano chiudersi tutte le Cattedre dell’Istituto a riflesso
che il locale abbisognava di pronte e necessarie modificazioni.
Il Preside, convocato il consiglio de’ Professori, diede lettura della nota del Municipio; ed il Corpo insegnante fu d’avviso che
senza apporre difficoltà si fossero incominciati gli esami di promozione con tutte
quelle regole che sono prescritte nel Codice d’Istruzione.
Nel notificare al sindaco un tal divisamento
il Preside lo invitava in pari tempo a presiedere a questo finale esperimento.
E qui innanzi tutto mi sento nell’obbligo di
asserire coscienziosamente che i Professori, declinando a quello che la legge loro
concedeva negli esami di promozione, vollero essere severi e rigidi in questa parte.
Stabilirono preventivamente che i temi venissero dati da’ Professori estranei alle
Classi rispettive, affinché si allontanasse
persino l’idea di poter dare qualche imbeccata a’ propri Alunni, che anzi, per essere
69
coerenti al loro divisamento vollero che i
Professori assistenti agli esami in iscritto, e
che gli esaminanti negli orali, fossero Professori non appartenenti alla Classe propria.
Gli esami dunque in iscritto ebbero luogo
ne’ giorni 23, 24, 25 e 26 Settembre.
Gli orali poi ne’ giorni 28, e 29 dello stesso
mese si tennero pubblicamente con l’intervento dell’Autorità municipale in persona
dell’Assessore Signor Domenico Antonio
Cav. Berardi, il quale dal cominciamento
fino al termine di esso fu testimone sì della
severità de’ Professori esaminanti, che del
profitto degli alunni di questo Liceo ginnasiale.
Il qui annesso Prospetto de’ medesimi
esami finalmente farà vedere quanti punti
di approvazione si sieno riportati dagli
Alunni in ciascuna materia da loro studiata
nel corso di quest’anno scolastico».
Foggia, addì 14 ottobre 1868
Il preside
Michelangelo d’Atri
70
Il Regio Liceo Lanza
PROSPETTO ESAMI DI PROMOZIONE ANNO 1868
1a Classe Ginnasiale
Esami scritti
Esami orali
Prenome e nome
Comp.to
Versione
Versione
dell’alunno
italiano
dal latino
dall’italiano
Apicella Angelo
6/10
6/10
Leoncavallo Vincenzo
3//10
Mancini Camillo
Italiano
Latino
Geografia
6/10
8/10
8/10
6/10
4/10
4/10
5/10
6/10
6/10
6/10
3/10
4//10
6//10
6/10
5/10
Liberi Giuseppe
6/10
6/10
6/10
7/10
7/10
7/10
Tatillo Vincenzo
4//10
4/10
5/10
7/10
7/10
6/10
Cavallucci Raffaele
4//10
3/10
4//10
5/10
6/10
6/10
Clemente
7/10
4/10
4//10
5//10
5/10
4/10
Angiolillo Raffaele
6/10
7/10
6//10
6/10
7/10
5/10
Schinco Michele
5/10
5/10
6/10
7/10
8/10
6/10
2a Classe Ginnasiale
Esami scritti
Esami orali
Prenome e Nome
Comp.to
Versione
Versione
dell’alunno
italiano
dal latino
dall’italiano
Berardi Nicola
6/10
6/10
Buontempo Berardino
6/10
De Vito Battista
Italiano
Latino
Geografia
7/10
7/10
8/10
8/10
5/10
5/10
7/10
7/10
5//10
6/10
8/10
9/10
7/10
8/10
7/10
Furia Pasquale
6//10
6/10
6/10
6/10
6/10
7//10
Petti Alessandro
6/10
4//10
5/10
6/10
7/10
7/10
Petti Achille
7/10
6//10
9/10
7/10
7/10
8/10
De Dominicis Francesco
6/10
5/10
7/10
7/10
7/10
5//10
Cucci Enrico
6/10
5/10
6/10
6/10
6/10
6/10
I primi passi del Liceo-ginnasio
71
3a Classe Ginnasiale
Gli alunni di questa Classe non si presentano agli esami (*)
4a Classe Ginnasiale
Prenome
e nome
dell’alunno
Caizzi Francesco
Esami scritti
Esami orali
Compito
Versione
Versione
italiano
dal latino
dall’italiano
4/10
5/10
5/10
Greco Italiano
7/10
5/10
Latino
Greco
6/10
6/10
Storia
5/10
1a Classe Liceale
Prenome
e nome
dell’alunno
Esami scritti
Esami orali
Compito Compito Versione Matema- Lett.ra
Storia
Latino
Greco
Matema-
italiano
latino
greca
tica
italiana
tica
Caizzi Achille
9/10
8/10
9/10
9/10
8/10
8/10
7/10
8/10
7/10
Caio Giuseppe
7/10
8/10
7/10
9/10
8/10
8/10
6/10
7/10
8/10
* N. B. Non tutti gli Alunni inscritti nelle Classi di questo Liceo-ginnasiale si
sono presentati agli esami di promozione, perché non pi frequentavano la scuola; altri erano assenti da Foggia; ed altri finalmente si sono ricusati di esporsi a
detti esami.
Il Preside
Michelangelo d’Atri
[ASFG, Consiglio Provinciale Scolastico, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza]
72
Il Regio Liceo Lanza
RELAZIONE PRESIDE MARCANGELO ANNO 1868-1869
PRIMA GINNASIALE
La prima classe ginnasiale ebbe sedici
alunni, dei quali quindici frequentarono
fino al termine dell’anno e uno si ritirò nel
mese di giugno. L’insegnamento procedette con regolarità tanto da permettere lo
svolgimento integrale del programma approvato dal Consiglio scolastico provinciale. Gli alunni provenivano quasi tutti da
scuola paterna, ma risultarono ben preparati al livello della classe richiesta, e le difficoltà furono agevolmente superate grazie
alla “singolare diligenza” ed all’amore profusi nell’insegnamento dal professor Domenico Vascon, i cui sforzi furono coronati
alla fine dell’anno da soddisfacenti risultati. L’insegnamento dell’italiano «fu fatto
consistere meno nell’ingentilir le menti dei
giovanetti nelle minutissime regole grammaticali, che nel modo di costruire regolarmente il periodo, e nel continuo esercizio
di composizione, i cui temi, prima letti in
iscuola e fatti ben comprendere agli alunni,
furono scelti per servire altresì all’educazione del cuore».
Di latino si studiò la base etimologica e
poche regole di sintassi, che furono tutte
applicate nella traduzione di proposizioni
nelle due lingue, italiana e latino, a voce e
per iscritto.
La geografia fisica fu studiata con profitto,
«più ampio svolgimento ebbe la geografia
della Patria nostra, l’Italia». Lo studio, alternato con quello della storia degli antichi
popoli orientali, giovò come esercizio di
lingua e per abituare gli alunni alla riflessione. «In generale – conclude padre Marcangelo – non posso che dichiararmi assai
contento del profitto che ne cavarono gli
alunni».
SECONDA GINNASIALE
Quell’anno ebbe solo tredici iscritti, uno
dei quali abbandonò spontaneamente la
scuola. Il Preside non è soddisfatto: «Tutto
procedè con istento e lentamente, sicché
non è da meravigliarsi se negli esami finali
tutti gli alunni, salvo quell’uno, di cui è
fatta menzione, furono riprovati».
In italiano il profitto degli alunni fu molto
scarso e non rispondente agli standard minimi, anche se per cause oggettive. Il docente titolare è stato a lungo malato: «Febbri periodiche infierirono specialmente nei
mesi invernali, che è pure il tempo del
maggior fervore negli studi, e delle quali fu
travagliato lo stesso professore Giuseppe
Boali per tutto il mese di gennaio. Gli alunni non riuscirono a eliminare del tutto gli
errori grammaticali, importati dalle classi
precedenti, né formarsi un chiaro concetto
ed esatto criterio del periodo che è il primo
fondamento del retto scrivere».
L’insegnamento della lingua latina consistette nelle solite versioni, nelle quali gli
alunni non acquisirono quella speditezza e
correttezza richieste in una classe «che è il
vestibolo del Liceo». La parte precettiva,
accompagnata dagli esercizi di composizione e di commento ai classici, fu svolta
tutta, ma superficialmente, a sommi capi,
come un indice delle materie in essa trattate. Il profitto fu scadente: vi erano alunni
che non erano in grado di applicare le regole elementari, padroneggiate persino in
prima ginnasiale. Per la lingua greca si
dovette incominciare dall’alfabeto, e non si
ebbe il tempo di chiudere il programma di
quarta ginnasiale. Si arrivò alla coniugazione dei verbi in mi e si fecero parecchi esercizi di traduzione dallo Schultz. «Quel che
si è detto delle lingue italiana e latina – prosegue Marcangelo – è da dire ancora della
I primi passi del Liceo-ginnasio
Storia e geografia. Poco gli alunni studiarono, poco profittarono, e le cognizioni
acquistate furono sommarie, superficiali,
ed anche mal certe». L’insegnamento della
Matematica nella quarta classe andò «men
male» di quello di lettere: «Il professore ne
esaurì interamente il programma, e congiunse alla teorica numerosi e svariati esercizi, sebbene l’abituale negligenza degli
alunni non avesse fatto cogliergli quel frutto che poteva aspettarsi dalle sue cure e
dalla sua perizia in quella scienza».
LICEO
Furono aperte due sole classi, non essendosi presentati giovani per la terza liceale.
Nella prima i dieci alunni iscritti, poco
idonei, furono ammessi «sperando che la
buona volontà degli alunni, quasi tutti maturi per età, e le potenti cure dei professori
sopperissero alla loro mancanza di cognizioni». I risultati non corrisposero alle
aspettative, qualche professore «non ritenne di acconciarsi allo stato nel quale trovavansi gli alunni, e scendere ad insegnare
ciò che più propriamente era per le classi
del Ginnasio, che a quelle del Liceo». Tre
alunni, «vedendo di non poter continuare
ad assistere con frutto alle lezioni» abbandonarono la scuola. Un altro si ritirò per
prepararsi privatamente agli esami di licenza ginnasiale, sei rimasero fino al termine
dell’anno. «Ma di costoro – conclude Marcangelo – diverso fu il grado e la qualità
dell’istruzione che ricevettero; perocché vi
fu chi profittò più in una materia o meno in
un’altra. Il quale sconcio derivò dal non
essere venuti tutti egualmente preparati
nelle varie materie che s’insegnano nel
Liceo sicché mentre alcuni profittarono
molto nelle matematiche, rimasero assai
indietro nelle lettere».
Lettere italiane e storia
73
Gli alunni di prima liceale studiarono la
storia della letteratura dalle origini fino al
Trecento, quelli di seconda tutto il programma. Lo studio fu accompagnato da
quello dei classici e dagli esercizi di componimento. La Divina Commedia fu esaminata più dal lato filologico, che dall’estetico. Marcangelo censura il professor Paolo
Tedeschi per non aver effettuato in classe la
revisione degli elaborati: «I temi dei componimenti furon dati uno alla settimana, ma
le correzioni fatte dal professore a casa, e
non sotto gli occhi degli alunni, non fecero
cavarne a costoro il debito profitto».
L’insegnamento della Storia non è stato
pari all’altezza delle classi, e sarà necessario riprendere il programma, almeno per
sommi capi, nel venturo anno scolastico.
Lettere latine e greche
Il preside Marcangelo vanta il metodo utilizzato per l’insegnamento del greco. Per
gli alunni di prima liceale, quasi del tutto
“digiuni” della disciplina, lo studio, a cominciare dall’alfabeto, fu così proficuo che
alla fine dell’anno tutti erano in grado di
tradurre l’Anabasi di Senofonte.
Il fatto di essere «mezzanamente istruiti»
nel latino non portò agli stessi positivi risultati. Per la superficiale cognizione e i
cattivi metodi delle scuole precedenti, il
programma andò molto a rilento. Per la
letteratura, la riconosciuta bravura
dell’egregio professore Mauro Terlizzi non
poté esplicarsi al massimo: «Se la classe
fosse stata più idonea e preparata – si rammarica Marcangelo – la valentia del professore sarebbe parsa appiena, e gli alunni
avrebbero dato altra proua di sé negli esami
finali».
Quanto detto per la prima liceale, vale
anche per la seconda. Per le stesse ragioni,
il profitto, buono per il greco, fu mediocre
per il latino.
Filosofia
74
Il Regio Liceo Lanza
Solitamente si proponeva l’insegnamento
della filosofia nel secondo anno del liceo,
ma in considerazione del fatto che «non è
buono scompagnare lo studio delle lettere,
che pur si incomincia nel primo anno, da
quella della filosofia», il Consiglio dei professori giudicò opportuno «iniziare gli
alunni della prima classe almeno nella cognizione elementari di logica», riservandosi una più ampia trattazione della materia
nel secondo e terzo anno del corso liceale.
Gli alunni studiarono la logica, ma più
come propedeutica alla scienza, che come
scienza in sé: «si volle apparecchiarli solamente alla forma regolare del ragionamento ed avvezzarli al linguaggio specifico». Il
profitto fu soddisfacente. In seconda, la filosofia fu insegnata con più rigore scientifico e «con maggiore larghezza». Si spiegarono i teoremi essenziali riguardanti la
natura e le varie facoltà dello spirito. Le
questioni più ardue, le interpretazioni dei
testi filosofici e l’esercizio delle dissertazioni furono riservate all’anno successivo.
Il profitto in seconda liceale fu maggiore
che nella prima: le menti degli alunni
«erano più mature ed acconce a questo insegnamento».
Matematica
In prima liceale il programma fu svolto interamente. Scrive Marcangelo: «L’insegnamento dell’Aritmetica e dell’algebra fu
dato con sufficiente ampiezza, ed abbondò
di esercizi ed applicazioni; per la geometria
si dovette recuperare prima il programma
della quinta classe ginnasiale, essendo gli
alunni venuti ignudi affatto di queste disciplina, e poi quello della prima liceale. La
somma perizia e la paziente longanimità
del professor Eugenio Brunetta colmò subito il vuoto, sicché tutto il programma di
algebra e geometria fu compiuto verso la
fine di Giugno, e si ebbe agio di ripetere le
cose studiate per tutto il mese di luglio.
Con ugual profitto gli alunni del secondo
anno studiarono la matematica; quasi tutti,
sebbene conoscessero molto imperfettamente l’algebra e la geometria, grazie alla
cura e alla solerzia del professore, svolsero
l’intero programma».
Scienze naturali
Il Consiglio dei professori deliberò che
l’insegnamento delle scienze naturali fosse
svolto con gradualità nei tre anni del Liceo.
Agli alunni del primo anno furono spiegate
lezioni di storia naturale, in particolare zoologia e botanica. La mineralogia fu riservata all’anno successivo. Gli alunni del
secondo anno studiarono la fisica della generalità dei corpi, le forze, i moti, le leggi
dell’attrazione universale, l’idrostatica e
l’aerostatica. Il resto del programma e le
nozioni di chimica furono riservate al terzo
anno del liceo. Il profitto in entrambe le
classi fu quasi discreto e per alcuni alunni
della seconda classe anche lodevole.
SCUOLE ELEMENTARI CONVITTO
L’apertura del Collegio avvenne nella seconda metà di Novembre, erano iscritti
solo sei alunni. Dopo un mese se ne contavano otto, poi dieci, e così gradatamente
crebbero fino al numero di diciassette. Il
loro grado di preparazione fu vario, com’era
da aspettarsi. Due soli alunni furono ammessi al ginnasio, e propriamente alla seconda classe, gli altri quindici furono distribuiti nelle varie sezioni elementari. Agli
esami finali si presentarono sei alunni della
quarta classe, due della terza, due della seconda e della prima. Da principio ebbero
un solo insegnante, ma visto il numero e le
sezioni, si sentì la necessità di affidarne
una parte ad un altro docente, il che accadde verso la fine del secondo trimestre. Le
regole cui furono stabilmente soggetti i
convittori, la continua vigilanza degli Isti-
I primi passi del Liceo-ginnasio
tutori e del Rettore, e «l’ordine così del
corpo come della mente, che d’ordinario
regna negl’istituti di cotal genere» non
mancarono di produrre il loro effetto; ottima fu la prova negli esami, e tutti furono
promossi alla classe superiore. Gli alunni
della quarta ginnasio progredirono tanto
negli studi, che «con poco sforzo e senza
grave nocumento avrebbero potuto fare il
passaggio alla seconda classe». Considerando le peculiari condizioni nelle quali era
stato aperto l’Istituto, l’insegnamento fu
efficace in quasi tutte le classi del ginnasio
e del liceo, ad eccezione della quinta, della
seconda ginnasio e per italiano e latino nel
liceo. Marcangelo ritiene che la scuola
abbia fatto tutto il possibile. Se da parte
degli alunni vi fosse stata più diligenza e
maggiore assiduità, e un più efficace concorso da parte delle famiglie, di «miglior
risultamento sarebbero state coronate le
continue fatiche del personale insegnante e
dirigente».
DISCIPLINA
Della disciplina, Marcangelo è «mezzanamente soddisfatto». Egli fa i necessari distinguo sui vari professori che da principio
non hanno «adusato» gli alunni alle regole.
Questi, richiamati all’ordine ed all’osservanza delle norme, condizione indispensabile al progresso di ogni Istituto, grazie alle
cure perseveranti dei loro superiori «incominciarono a poco a poco a piegarvisi, talché di rado si dové appresso ricorrere a
provvedimenti di rigore. Solo a qualcuno
del liceo, restio agli ammonimenti e riottoso per atti d’indisciplinatezza, commessi
specialmente nella scuola di lettere Italiane, per minor male fu consigliato l’allontanamento dall’Istituto». Il Preside si lamenta dell’inerzia e dell’indifferenza delle famiglie, che non si sono preoccupate di
75
sorvegliare e curare l’applicazione e la disciplina dei loro figli. E conclude: «È questo un male che farà andare a voto in gran
parte gli sforzi comuni, ed al quale non
trovo modo come sia efficacemente rimediarsi». Nel Convitto la disciplina è stata
accettabile, ma la mancanza del censore
per sorvegliare continuamente gli alunni,
ha fatto sì che essa non sia stata perfetta.
Siccome a questa mancanza si ovvierà per
l’anno successivo, «da questo lato il Convitto non lascerà più niente a desiderare».
CONDIZIONI MATERIALI E MORALI
Le condizioni logistiche sono abbastanza
buone. Ampie e ben arieggiate le sale destinate al ginnasio e al liceo, fornite di sufficiente suppellettile scolastica, in buono
stato. Senonché, dovendosi l’anno successivo aprire anche la quarta ginnasiale e aggiungere alle due classi liceali anche la
terza, bisognerà pensare ad approntare altre
aule: «Sonvi tre stanze che possono addirsi
a quell’uso, ma è necessario che siano decentemente preparate e rese pronte alla dignità superiore dell’insegnamento. Vi à
pure buone sale pe’ Gabinetti di fisica e di
chimica. Solo è a desiderare, conclude
padre Marcangelo, che il Consiglio Comunale al molto, che à fatto quest’anno per
l’Istituto, aggiunga ancora quel poco che
rimane tuttavia a fare. I due laboratori non
hanno presentemente che poche macchine
sufficienti al regolare proficuo ammaestramento di queste scienze».
Le condizioni morali dell’Istituto possono
desumersi da quanto è stato detto sullo
stato delle classi. C’è ancora qualcosa che
non va, «ma con poche modifiche sul personale insegnante, esse ne sarebbero assai
vantaggiate ed innalzate».
76
Il Regio Liceo Lanza
POESIE PATRIOTTICHE DEI PRIMI
STUDENTI DEL
“LANZA”
Il preside Ambrogio Marcangelo insegnò ai
suoi alunni a vivere in un mondo poetico,
che riempiva l’anima, eccitava la fantasia,
sosteneva le speranze giovanili. I sentimenti di libertà, di amor di patria, di generoso
sacrificio, ispirati dagli autori classici, venivano interiorizzati in componimenti di
soggetto “eroico” e memoriale, assegnati
una o due volte alla settimana. Le poesie
venivano lette in classe dagli studenti, in
mezzo al silenzio dei compagni. Era il premio più ambito.
Un manoscritto di Marcangelo, non datato,
custodito nella Biblioteca provinciale di
Foggia1, contiene le poesie di alcuni allievi
del “Lanza”: Francesco Netti (Al maestro;
Al padre e alla madre; La morte del fratellino; L’esule; Novella), di Filippo Susanna
(Al maestro; Il mattino), di Bartolomeo de
La Ville (Al maestro; All’Angelo custode;
La speranza; La primavera; La villa; Il
mattino; Il mio sopore; La poesia), di Simone Coppola (Al padre; La morte di un
fratellino; All’Angelo custode; La rivoluzione lombarda del 48; Sulla morte di
Carlalberto; La tomba di Giacomo Leopardi; La caducità delle umane cose), di Carlo
Sangro (Alla madre; All’Angelo custode;
Canzonetta popolare), di Gregorio Cantore
(Alla madre; Una madre alla tomba di sua
figlia), di Giuseppe Azzariti (Al maestro;
All’Angelo custode), di Della Spina (All’Angelo custode; All’Italia), di Pasquale Bianchi (Per la morte del padre; La madre), di
Carlo D’Agostino (Pensieri di pentimento;
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1
BIBLIOTECA PROVINCIALE DI FOGGIA, A. MARAlcune poesie scritte dai miei allievi
nel loro discepolato e da me corrette, in Fondo
Manoscritti sec. XIX, n. 94.
CANGELO,
All’Angelo custode), di D’EpiRo (La pietà
filiale), di Rodinò (Al padre), di Macri (Per
la morte del padre), di Rodolfo Cardamoni
(Per un saggio di dritto di natura). Ne abbiamo scelte tre, di argomento patriottico.
La rivoluzione lombarda del ‘48
di Simone Coppola
Ohimè! Tornava a fulgere
Di libertà la luce,
Nuova colonna ignivoma
A questo popol duce:
Ma quella fiamma vivida
Rapidamente ascose:
Ogni splendor depose,
E ratto impallidì:
Ahi serva, ahi serva Italia,
O tal d’ogni dolore!
Schiava vorrai nei secoli
Gemer di Tal Signore?
Vorrai di nuovo stringere
I ceppi abbominati?
E suggettarti ai fati
Di chi t’oppresse un dì?
O sciagurata! I barbari
Passeggian la via stessa,
E baldamente insultano
Alla virtude oppressa:
Ove un dì fu di gloria
Seggio e di prodi solo,
Or profanato è il suolo
E trono ha lo stranier.
Stretto fra i ceppi è il libero
Remeggio del pensiero.
Palmo di terra, o misera
Non ti rimane intero:
Eppure a tanta ingiuria
Del tuo signor rapace
Metter dèi l’alma in pace
E innanzi a lui tacer.
Taci: ma nel silenzio
Tu lo disprezzi altera:
Taci; ma sempre il barbaro
Ti mira in lui severa:
Pur nelle dure perdite
I primi passi del Liceo-ginnasio
Sei grande, Italia mia;
Ridotta all’agonia
Conservi il tuo decor.
Chi al primo segno, nunzio
Di morte all’oppressore,
Primo levassi a insorgere
Tremendo in suo furore,
Stretto in più duri vincoli
Giace in prigione avvinto:
Ora il suo braccio è vinto,
Ma non domato è il cor.
Cui fu sorella infamia;
Cui fu viltà compagna,
Quei sotto l’ali accogliesi
Dell’Aquila grifagna:
E porteranno or premio,
E canterà vittoria:
Ma breve fia tal gloria,
Breve fia tanto onor.
Tigre che i figli teneri
Perdé nel fido albergo
Quale rabbiosa avventasi
Dal rapitor al tergo;
Tal degli oppressi il popolo
Sciolto dal vil legame
Diserterà l’infame
Razza dei traditor.
Ma tu del suolo Italico
Ligia progenie e vile2,
Che mai facesti? al barbaro
Ti prosternasti umile?
A chi col ferro ai gemiti
Del miserel rispose?
Chi ti violò le spose?
Che i figli tuoi tradì?
Ahimè! Quell’alba rorida
Che surse sì ridente
Imporporando (o unico
Spettacol!)
L’Oriente
Dall’alte torri all’umile
Del villanel tugurio,
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 Variante: Ma tu, progenie Italia, Imbastardita e
vile.
77
Non fu all’Italia augurio
Di più sereno dì.
Nembo surgela dall’ultima
Aquilonar contrada,
E per l’azzurro aereo
Più e più s’apria la strada,
Finché su i colli Italici
Piombava furibondo,
E nel giardin del mondo
Pianto rapiva e fior
Dalle squarciate nuvole
O, deh si mostri il Sole!
Surga di nuovo a splendere
Su la Dedalea prole:
Fiammeggerà più splendida
Allor la nostra gloria:
E tornerà vittoria,
E tornerà valor.
Su la morte di Carlalberto
di Simone Coppola
Se nave mai, che per l’equoreo campo
Sovente in sé l’ira del cielo sentìo,
Poi presso al porto tien securo scampo,
S’innalza un inno; intenerito e fio
Del navigante ove il conduce amore
Sen vola il cor su l’ale del disìo;
E di repente insolito furore
Agita l’onda sì che vorticosa
S’aggira in capo al meschinel che muore
Rivolgendosi invan con la pietosa
Mente alla cara figlia, ch’orfanella
Si rimane e alla madre ed alla sposa;
Tale addivenne a te, o Italia bella,
che Donna di provincia, che reina
Un dì già fosti, e or sei misera ancella.
La corona dov’è, che la divina
Fronte cingeati, e il vel bianco e la stola?
Tutto ahi ti tolser! barbara rapina!
Chi mi darà la voce e la parola
A ritrarre il dolor che mi molesta
Te d’ogni ben veggendo muta e sola?
Piange natura inconsolata e mesta,
E fan lugubre a lei tenor gli augelli;
Ché sventura non fu mai come questa.
78
Il Regio Liceo Lanza
O l’alme visioni! O i vaghi e belli
Sogni della speranza, a cui non lenti
Successer veri sì spietati e falli!
Dolce a pensar! Le subalterne genti
Dispiegavano l’Itala bandiera:
Col guardo noi la seguivam fidenti.
La gioja chi può dir quanta e qual era
Di quei forti che in cor tanta favilla
D’amor chiudeano, inestinguibil vena?
La segue il Prode e tutto in sé sfavilla
L’alma guerriera, e a lei più fausta sorte
Prega dal Ciel che a tanto mal sortilla?
E surge in suo valore, e la ritorta
Rompe, e con fama eternamente chiara
Né perigli curò, né curò morte.
Felice! a cui non fu la sorte avara
Di magnanimi spirti
Per cui troppo
a l’oppressor parve la pugna amara.
Il Franco e l’Anglo ne tremar, che zeppo
Ebbero a farci il cor con nobil dono.
Securi d’ogni sbarro e d’ogni intoppo.
Svegliossi al rimbombar di tanto tuono
Il Gigante del Norte, e paventando
Si volse intorno e traballò sul trono.
L’altera Donna i perfidi incalzando,
Col valor dei suoi figli iva più ancora;
Ma tra le mani le si ruppe il brando.
Fu allora (ahi duro a rammentar!)
Che una pugna feral ne volse in basso:
e la pressura della grave
Aggravò nuovamente il popol basso:
la legge sacra che m’impon natura
ed ogni dritto dal crudel fu casso.
Qual dopo notte tenebrosa e scura
Lieto risorge l’Astro in Oriente,
E la collina indora e la pianura;
Una speme nell’ansia della mente
Confortatrice tal nei petti sorse
Che dir parea: ritornerai possente.
Tre giorni soli, ahi!
Non si stette in forse
E il rumor della subita sconfitta.
Veloce più che vento intorno corse.
A ogni uom dispetta e sola e derelitta
Piangi a ragion; ché quei che l’ha conquiso
Alteramente a te le leggi or ditta.
In questo suolo, ove brillò il sorriso
Più bello di natura, in questa terra
Immagin del Terrestre Paradiso,
Con quell’aspetto che furor disserra
Ei calcherà contaminato l’ossa
Di tanti eroi che posano sotterra?
Del sangue vostro colorata e rossa
Fu questa Terra, o fortunati, e
poi Immacolati accolsevi la fossa.
Felice te, che dirti invitto or puoi,
Indomato guerrier, che alfin fedel
Pur giunto, sei dei tempestosi tuoi
Viaggi, e in porto omai leghi le vele;
Tu più non vedi qual crudo periglio
Ne incalza e preme in questo mar crudele;
Come suggetto dell’Italia il figlio
La fronte inchina al vincitor superbo,
E reverente fa la gamba e il ciglio.
Tu non rimiri come duro e acerbo
Sia l’offerir contro sua voglia al carco
La propria spalla e non poter mai verbo
Parlar securo di muoverti al varco
Delle lugubre Acherontea riviera
D’infamia o d’ira e di delitti scarco.
Tuo esempio imiti l’infelice schiera
Dei sventurati senza patria e tetto,
la qual non vide ancor l’ultima sera.
Te segua, e mostri allo stranier che in petto
Spento non è per noi l’ardente foco, che
tutti n’infiammò di santo affetto.
Spento non è, benché si paja or fioco;
Ma brillerà d’insolito furgore
Ma raggerà di luce in ogni loco.
Che quando ogni altro d’indarno a nobil
core,
Non si spaventa del guardar la morte,
e intrepido qual visse e con onore
Liberamente sa morir da forte.
All’Italia
di Della Spina
Reposita est haec spes mea in sinu meo.
Giobbe.
I primi passi del Liceo-ginnasio
Con flebil arpe il flebil canto mio
Accompagnate, o vaghi giovanetti:
Su l’Italia ch’or paga ingiusto fio
Mandino fuora un carme i nostri petti:
Come deserta e sola ahi la veggh’io
Rappresentarsi ai figli suoi diletti!
Deh! Chi le gote fra dolor cotanto
Non bagnerà d’inconsolabil pianto?
Fatta per duol negli occhi oscura e cava
E data il crin dei venti alla balìa
Un barbaro furor fa che sua schiava
(Triste nella memoria!) Italia sia:
A mitigar l’angoscia che l’aggrava
Ogni voce o pensier atto non fia:
Più non balena lei quel vago riso
Ch’anco un marmo per mezzo avria diviso.
O vista! Quella che sedea precinta
Di bianche vesti un ricco trono un giorno,
Or per lungo digiun da fame vinta
Negro manto si gitta al corpo intorno:
Infra catene vergognose avvinta,
O a noi si celi o faccia il Sol ritorno,
Battuta dal dolor giace sì inferma
Che con dar volta il duol non è che scherma,
A lei d’intorno giaccion sparse al suolo
E infranta l’arme degli amati figli
I quai di lei per la pietade a stuolo
Corsero a morte o a trarla dai perigli;
E miste ad esse son le membra, ahi duolo!
Di quei cui giunser gl’inimici artigli,
E che fur poscia a brano lacerati
Quai nuovi Absirti e innanzi a lei gittati:
Ella priva di schermo o contro il verno
Che con piogge la fiacca e venti e neve,
O dell’està contro il peggior governo
D’ogni amarezza il colmo nappo beve:
Rado sia i figli all’oppressor già scherno,
Ell’apre il ciglio a fare il duol più lieve:
Sui figli ch’altri in pianto si disfanno,
Altri per riscattarla ogni opra dànno,
E sia pur vero che dovrà su in Cielo
Sì lieto Sole uscir dell’onde fuore?
Tal speme dall’infanzia in petto io celo:
Donna l’Italia sia del suo Signore:
L’iri di pace al fin dirada il velo,
Cui di tante tempeste alzò il furore,
79
Pace che in noi ferma starà dai giorni
Che l’Italia il capo di corona adorni.
Pel valor dei figliuoli un dì più adre
Di pianto le sue gote non saranno,
Allor che dalle fere estranie squadre
(Soave ad immaginar!) la francheranno:
Ed esta eccelsa sovra ogni altra madre
Tutt’i popoli e regi ammireranno
Del regal manto la persona ornata
E con segno di gloria incoronata
Di questa speme io vo’ educando in seno:
Le sue luci allegrate un dì dal sole
Mireran l’oppressor di rabbia pieno
Languir dei mal sotto l’immensa mole:
Ella voci di gaudio udrà non meno
Che le meste del barbaro parole:
Le note sue che dolci a noi sien porte
Amare a lui saran più assai che morte.
Mentre letizia avrai tra noi sua stanza,
Mireran tutti sotto quai catene
Nostra Italia gemé sì che la speranza
Non fu che fine avrien l’aspre sue pene;
E come con valor ch’ogni altro avanza
Ricoverò sua possa ed ogni bene:
Pure a tant’opra molti ira e dispetto,
E pochi amore serberanno in petto
Ma tu la bella prole, Italia mia,
Rimirerai di ricche vesti ornata,
Qual giulivo cantar per ogni via
La madre dai figliuoi rivendicata,
E qual nei templi in dolci melodie
Al Ciel spiegando l’alma innamorata
Festosi inni cantar dei Santi al Santo
Che infin dagli occhi ci deterse il pianto.
Qual musa a me darà voci e parole,
Perché dipinga alle terrene menti
Come trionferà l’alma tua prole
Che te francò tra il gaudio delle genti?
Oh se a mirar sì disiato Sole
Da morte gli occhi miei non sieno spenti!
Per ogni via cantando andere’io
Ed ogni cor rispondrebbe al canto mio.
80
Il Regio Liceo Lanza
LORENZO SCILLITANI
Nato a Foggia il 28 novembre 1827, compì
i primi studi presso i Padri Scolopi, nel
Collegio di Maddaloni. A quindici anni si
trasferì a Napoli, dove si dedicò agli studi
umanistici sotto la guida dell’abate Antonio Mirabelli. Dopo gli studi superiori,
viaggiò per le principali capitali d’Europa,
curioso di conoscere le diverse realtà straniere.
Tornato a Foggia, entrò in politica dopo la
“gloriosa rivoluzione” del 1860 che portò
all’unificazione dell’Italia. Maggiore della
Guardia Nazionale, nel 1861 fu nominato
Sindaco di Foggia. Avviò numerose iniziative destinate ad incidere sull’economia e
sull’urbanistica della città: il risanamento
delle borgate periferiche luride e fangose;
la costruzione di strade lastricate con basole di pietra vulcanica; l’illuminazione stradale; l’ampliamento del Cimitero; il potenziamento delle strutture dell’Ospedale Civico, minacciato di chiusura dopo la soppressione delle corporazioni religiose.
Oltre ad adoperarsi per il Liceo-ginnasio
“Lanza”, amministrato dal Comune con
l’annesso Convitto, Scillitani aprì scuole
femminili di grado inferiore nei quattro
Conservatori dell’Addolorata, della Maddalena, di S. Eligio e di S. Teresa. Fondò
l’Istituto per Civili fanciulle. Istituì due
scuole serali: una di disegno geometrico e
un’altra di disegno applicato all’architettura civile oltre che di meccanica teorica ed
applicata, con lezioni e prove pratiche trisettimanali. Non trascurò l’agricoltura, dotando l’Orto Agrario di Capitanata di una
scuola di tecnica agraria.
Fu un politico molto popolare ai suoi
tempi. Nell’aprile del 1870 rappresentò il
Collegio di Foggia al Parlamento italiano;
nel 1872 fu eletto presidente dell’Amministrazione provinciale di Capitanata. Morì il
7 dicembre del 1880, a soli 53 anni, suscitando un grande cordoglio. Foggia lo ricorda oggi con una strada e per la Fondazione
“Scillitani”.
[Cfr. G. Matrella, cit.].
La Pia Opera “ Scillitani” e l’educazione della donna
A suggello del suo alto senso di civismo e
di filantropia, a cui improntò tutta la sua
operosa esistenza, Lorenzo Scillitani destinò le sue sostanze alla fondazione di un
istituto caritativo e di credito a favore delle
classi bisognose della città. La Pia Opera
“Scillitani” funzionerà nella bella sede prospiciente il lato orientale dei giardini pubblici, recando un notevole contributo all’assistenza minorile della Capitanata. La costruzione del fabbricato iniziò nell’aprile
del 1887: «Si è già quasi alla distesa dei
tegoli – annuncia ai commissari il segretario Antonio Granata – cosicché fra non
guari potrà la nostra Foggia veder funzionare il più caro dei suoi istituti di beneficenza». L’Orfanatrofio femminile non avrà
niente a che vedere con i Conservatori di
Foggia dove «sono racchiuse donne involte
in pregiudizi, ed occupate a far calze e
pasta da mane a sera».
«La città – prosegue Granata – ha gli Ospedali. Utili, santi istituti, e funzionano bene,
ma... quivi sospiri, pianti ed alti guai! Ha
l’Orfanotrofio maschile, il Monte di pietà,
ma mentre non si può sconvenire dall’utilitá immensa di questi due istituti e dall’ottimo modo con cui vengono amministrati,
non parmi d’altronde che essi, oltre ai sensi
di pietà e di compassione, destino pur quelli di gioia e di ebbrezza». Chi varcherà la
I primi passi del Liceo-ginnasio
Lorenzo Scillitani in un quadro di Francesco Parisi. [Foggia, Pinacoteca Provinciale]
81
soglia dell’Orfanotrofio femminile
“Scillitani” proverà invece un grande
senso di gioia: «Oh! non mancherà, per
fermo, tanta emozione a chi, entrandovi, ne consideri profondamente lo
scopo. Non vi parlerò mica del lato
umanitario. È sul fatto sociale che mi
piglio la libertà di richiamare la vostra
attenzione, come quello che formerà la
potente attrattiva di quest’Istituto». Secondo Granata, una dei più importanti
temi sociali d’attualità è l’educazione
della donna. Questione importante davvero: «Il Pio Istituto Scillitani avverte il
bisogno, molto vivo in un secolo in cui
tutto progredisce, di educare la donna, e
nel modo consigliato dalla civiltà presente».
Granata cita le parole di una moderna
scrittrice: «Abbiano le nazioni tutte le
scuole che vorrete, esse saranno sempre
insufficienti finché non diventerà scuola ogni famiglia, e maestra la donna!».
L’Istituto di beneficenza formerà quindi
«donne per la società moderna». L’emancipazione non sarà fine a se stessa, ma finalizzata a migliorare l’economia familiare:
«Nella famiglia operaia si vive a stento se
tutti i suoi membri non lavorano; ebbene
questa donna sarà la donna tipo in campo
domestico, sociale e persino in quello
dell’economia nazionale». Il modello di
sposa e di madre auspicato da Granata è
quello di «una donna raggiante di felicità
nella sua casa. Le siede accanto un uomo,
ilare in volto, che benedice il giorno in cui
pensò di farla sua. Un bambino le si avvinghia al collo, mentre ella gli indica un tavolino, su cui vi sono libri e quaderni, e gli
ripete i nomi di Dio, dei suoi genitori, della
patria. Nella casa c’è qualche macchina per
cucire o poi lavori di maglia, tela, stoffa
con disegni per ricami, un po’ insomma di
ciò che è raccolto in una moderna manifat-
tura diretta da una donna».
L’educazione ricevuta «aiuterà le donne ad
essere consapevoli, e persuase della santa
missione che sono chiamate a compiere in
quel santuario che si chiama famiglia».
Ma le donne educate nel Pio Istituto “Scillitani” dovranno anche essere “donne pensanti”. Un’alta idea che Granata compendia
in poche parole: «Michelangelo, rapito
dalla bellezza della sua statua, le scagliò
contro il martello, gridando: Parla! Scopo
degli educatori sarà di formare una donna
cui possa dirsi: Pensa!».
[Discorso pronunziato da Antonio Granata, segretario della Fondazione Pia Scillitani,
nell’adunanza della Commissione amministrativa del 4 ottobre 1888, Foggia, Tipografia Pistocchi, 1888, pp.1-15]
I primi docenti
Chi furono i primi docenti del “Lanza”? I Padri delle Scuole Pie, ma anche laici
provenienti da tutta Italia. Non tutti erano forniti delle fatidiche patenti, cioè
delle abilitazioni all’insegnamento. Scillitani, conoscendo la situazione delle
scuole del Regno, prive di insegnanti abilitati, con il bando di concorso del 15
Novembre 1867, permise di accedere all’insegnamento non soltanto a chi presentasse attestati di «studi mezzani» o il diploma di laurea, ma anche a chi producesse titoli equipollenti, e altre “carte” per le quali il candidato «credeva per
avventura d’essere eleggibile senza prova d’esami». Era richiesta «una narrazione ove il richiedente esponesse l’istruzione ricevuta, gli studi preferiti, gli incarichi espletati nel mondo dell’istruzione, e gli insegnamenti ai quali credeva di
essere idoneo». Sentito il parere della Giunta esaminatrice dei titoli, era il Consiglio municipale che sceglieva “a voti segreti” il preside, i professori, gli istitutori. Fra i prescelti di valore vi fu il meteorologo Vincenzo Nigri, che era medico
ma non era abilitato per insegnare fisica e storia naturale.
«Il sindaco Lorenzo Scillitani e quel gruppo di risorgimentali che avevano
voluto l’Unità, appena aprirono le scuole pubbliche a Foggia, si rivolsero all’Università di Napoli, per far venire dei docenti a insegnare. Si effettuò una scrematura del vecchio corpo docente, selezionando, tra giovani e meno giovani, coloro
che guardavano positivamente all’Italia unita»1. Così ha affermato Franco Merqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
1
T. RAUZINO, L’Istruzione postunitaria. Note a margine di Franco Mercurio, in www.capitanata.it,
agosto 2002.
84
Il Regio Liceo Lanza
curio, direttore della Biblioteca provinciale di Foggia, parlando dei primi passi
dell’istruzione postunitaria a Foggia. Il riscontro sulla documentazione del Liceo
“Lanza” non ci autorizza ad avallare la prima ipotesi. Non furono soltanto i laureati all’Università di Napoli che risposero ai bandi di concorso del Municipio.
Domiciliati a Napoli erano soltanto Gaetano Postiglione, originario di Foggia,
legato da parentela al segretario comunale Gio. Battista Postiglione e Giovambattista Lupo, originario di Castrano, che pur avendo prodotto domanda, non verrà mai
chiamato ad insegnare. I docenti del primo anno “sperimentale” provenivano da
diverse regioni italiane: in quinta ginnasiale insegnò Giuseppe Boali di Reggio
Emilia; in terza Giuseppe Prato, un ex carmelitano di Augusta in Sicilia, domiciliato a Foggia.
Possiamo invece avallare la seconda ipotesi di Mercurio, quella relativa all’inquadramento “ideale” dei docenti. In data 21 dicembre 1867, il sindaco Scillitani
scrive un’informativa al prefetto Malusardi, riferendo che la Commissione esaminatrice per il concorso alle cattedre ginnasiali dell’istituendo Liceo ha ricevuto
parecchie domande di concorrenti forestieri ma, prima che il Consiglio proceda
alla definitiva scelta, gli preme conoscere di ognuno la condotta morale e politica,
«requisito questo, oltre al merito, che deve pur concorrere nella persona cui affidare la educazione della gioventù». Scillitani allega l’elenco dei candidati, chiedendogli di raccogliere, con la maggiore sollecitudine possibile, tutte «quelle informazioni che sono del caso». Il giorno dopo, il Prefetto scrive una riservata al
suo collega di Napoli, con la preghiera di indagare e di informarlo sulla «condotta morale e politica dei signori Postiglione Gaetano e Lupo Giovambattista, i
quali aspirano al posto di professori ginnasiali in questa città»2.
L’Amministrazione comunale procede alla nomina dei primi docenti del
“Lanza” nel gennaio 1868. La delibera viene votata dal Consiglio nella sessione
straordinaria del giorno ventitré3. Il Sindaco presenta il rapporto della Commissione esaminatrice dei titoli. Dispone che il segretario Postiglione, parente di un
professore aspirante alla nomina, si allontani dall’aula; il consigliere Del Bianco
Lopez viene nominato segretario provvisorio. Il Consiglio, esaminato il prospetto
dei concorrenti ritenuti idonei, dichiarandosi soddisfatto dell’operato dei delegati
della Commissione «che ogni cura spesero per la buona riuscita di uno stabilimento, per quanto utile, altrettanto necessario», procede alle nomine. A raccogliere il maggior numero di voti “segreti” sono i candidati: Gaetano Postiglione per
la prima liceale; Giuseppe Boali per la quinta ginnasiale; Giuseppe Prato per la
terza ginnasiale; Bartolomeo Russiano per la seconda ginnasiale; Ferdinando
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
2 ASFG,
3
Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1.
Ivi, Delibera del 23-01-1868.
I primi docenti
85
Clementelli per la prima ginnasiale. Il Sindaco li “proclama” professori del Liceo
ginnasiale da aprirsi in città. Lo stipendio sarà di lire 1.500 annue per ciascuno. I
prescelti hanno fornito i seguenti titoli di idoneità:
– Gaetano Postiglione. Decreto del 20 dicembre 1868 di nomina a professore
della quarta ginnasiale nel Regio Ginnasio di Benevento; attestato di concorso
sostenuto in filosofia, diritto e belle lettere; attestati vari per l’insegnamento di
filosofia e diritto in diverse scuole.
– Giuseppe Boali. Diploma di laurea giuridica; certificati d’insegnamento in
vari istituti; molte poesie stampate.
– Giuseppe Prato. Laurea in filosofia e teologia; attestati d’insegnamento in
diversi istituti; scritti oratori, poetici, ecc.
– Bartolomeo Russiano. Studente presso la Regia Università di Torino, con diploma d’insegnamento per le tre classi ginnasiali conseguito il 20 settembre
1867; certificato d’insegnamento in diversi istituti; vari scritti a stampa.
– Ferdinando Clementelli. Decreto 19 ottobre 1865 di nomina a professore nel
Liceo di Matera; attestati di studi praticati; certificati d’insegnamento in vari
istituti; scritti a stampa.
Russiano e Clementelli non prenderanno mai servizio al “Lanza”. Nella relazione di fine anno 1868, il preside d’Atri elenca infatti i seguenti professori:
Tommaso Carusi per la prima ginnasiale; Giuseppe Boali per la seconda; Giuseppe Prato per la terza; Eugenio De Santis per la quarta. In prima liceale figurano
avere insegnato Francesco Petti (matematica), Gaetano Postiglione (letteratura
italiana, storia e geografia), lo stesso preside d’Atri (letteratura latina e greca).
L’anno dopo, una delibera riguardante la nomina di alcuni docenti del “Lanza”
fu invalidata dal Provveditorato centrale per l’Istruzione secondaria, «per mancanza di abilitazioni idonee». Il provvedimento riguardava cinque docenti.
– Raffaele Rizzi. Non aveva titoli per l’insegnamento della lingua francese4.
– Domenico Vascon. Aveva la patente di maestro tecnico di lingua, storia e geografia, e un attestato dell’esame di maturità, sostenuto con buon esito nel
Ginnasio di Capo d’Istria. Ma non erano titoli sufficienti per l’insegnamento
nelle tre classi inferiori del ginnasio.
– Salvatore Valentini. Aveva documentato l’insegnamento effettuato per dieci
anni nelle Scuole Pie, per due anni nella prima classe del Ginnasio di Trani, e
la nomina di professore di storia e geografia in una scuola magistrale femminile, ma erano titoli insufficienti per l’abilitazione all’insegnamento.
– Giuseppe Boali. Era dottore in legge, notaio, maestro elementare nel Collegio
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgdfghgfhgfhgfhgfdhf
4 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4.
86
Il Regio Liceo Lanza
nazionale di Reggio di Calabria, aveva insegnato nella prima classe del Ginnasio di Reggio, e nella prima, seconda e terza del Ginnasio di Brescello. Ma
mancavano le attestazioni delle autorità scolastiche competenti da cui poter
rilevare «la durata e il grado di bontà» degli insegnamenti prestati.
– Vincenzo Nigri. È il caso più “eclatante”. Laureato in medicina, aveva sostenuto con buon esito l’esame di concorso per una cattedra di economia rurale,
che aveva assunto nel 1859. Nel 1864 era stato nominato maestro di scienze
naturali nella Scuola tecnica di Foggia. Ma tale insegnamento non aveva niente in comune con quello di cui Nigri ora era incaricato, ed era attestato soltanto dal Sindaco, il quale aveva dichiarato che il prefetto, intervenuto durante gli
esami, aveva encomiato il suddetto professore. Questo “titolo” non era ritenuto valido per insegnare fisica e storia naturale in un liceo.
La nomina dei docenti fu un problema ricorrente per l’Amministrazione comunale di Foggia, che ogni anno era tenuta ad effettuarla per tutte le scuole della
città. Dalle delibere per gli incarichi al Liceo “Lanza” si evince che la decisione
fu sempre molto sofferta, soprattutto per la nomina di quei docenti locali di valore che si voleva inserire nell’organico per dare il segno della “foggianità”
dell’istituzione scolastica, ricorrendo anche a qualche “forzatura” della legge.
Al Consiglio riunito il 4 settembre 1869, essendo di «indifferibile necessità»
procedere alla nomina dei professori del Liceo ginnasiale e convitto “Lanza” per
assicurare il corso di istruzione agli alunni iscritti, e per comunicare in tempo
utile, ai professori dell’anno precedente la loro conferma o il loro esonero, Scillitani comunicò che:
– il Consiglio direttivo, in tutte le sue riunioni, aveva fatto lodevole menzione
del preside-rettore, del direttore spirituale, dei professori di letteratura latina e
greca, di matematica, del maestro elementare della prima camerata nel convitto, dell’istitutore della prima camerata, dell’istitutore della seconda, dei maestri di calligrafia, di musica, di disegno, di ballo, di ginnastica, e del bidello;
– eguale lodevole menzione lo stesso Consiglio direttivo aveva sempre fatto per
i professori di filosofia, di fisica e storia naturale, per i professori di prima,
seconda e terza ginnasiale e per il maestro di lingua francese. Purtroppo, i
suddetti docenti, mancando dei titoli previsti, per disposizione del Ministero
non potevano più continuare ad insegnare.
Il Sindaco invitò quindi a votare le seguenti proposte:
– confermare tutti i docenti per un altro anno: padre Marcangelo come presiderettore, con lo stipendio annuo di lire 2.400, oltre al vitto e all’abitazione;
Luigi Barone, direttore spirituale, con l’assegno annuo di lire trecento; Mauro
Terlizzi, professore di letteratura latina e greca, con lo stipendio annuo di lire
I primi docenti
87
duemila; Eugenio Brunetta, professore di matematica, con lo stipendio annuo
di lire duemila; Alfonso Aquilino, maestro elementare della prima camerata,
con lo stipendio annuo di lire mille; Andrea Foleo, istitutore della prima camerata, con lo stipendio annuo di lire mille, oltre al vitto e all’abitazione «ove
allo stesso piacesse di accettare»; Pietro Pascale, istitutore della seconda camerata, con l’annuo stipendio di lire seicento, oltre al vitto e all’abitazione;
Giuseppe Tenore, maestro di calligrafia, con l’annuo stipendio di lire quattrocento; Luigi Nigri, maestro di musica, e Luigi Contagio, maestro di disegno,
con mensile “a peso degli alunni”; Vincenzo Breazzano, maestro di ballo, con
annuo stipendio di lire duecento; Raffaele Turchiarelli, maestro di ginnastica,
senza alcuna retribuzione; de Maria, bidello, con un appannaggio annuo di lire
seicento;
– esonerare da ogni ulteriore incarico, per mancanza di titoli legali per l’insegnamento: Pasquale Fuiani, professore di filosofia; Vincenzo Nigri, professore
di fisica e storia naturale; Salvatore Valentini, professore della terza ginnasiale; Giuseppe Boali, professore di seconda ginnasiale; il docente di prima ginnasiale Domenico Vascon; il maestro di lingua francese Raffaele Rizzi;
– bandire un concorso per titoli per la nomina dei professori delle suddette cattedre e di un censore per il convitto. Bisognava altresì nominare un docente di
quarta ginnasiale.
Il Consiglio, in chiusura di seduta, dichiarò espressamente che «i professori e
maestri elementari riconfermati o da nominarsi, che fossero dei sacerdoti, dovevano, su richiesta dell’Amministrazione comunale, prestarsi alla celebrazione dei
vari riti in tutte le feste civili che qui avrebbero potuto aver luogo; e negandosi
andranno soggetti alla pene della sospensione per il tempo che il sindaco crederà
fissare». Un obbligo che ci fa riflettere sulla percezione da parte di Scillitani e del
suo entourage di quella che un anno dopo, con la “Breccia di Porta Pia”, diventerà la “questione romana”.
La Commissione preposta all’esame dei titoli tornò a dibattere sul non facile
problema della nomina dei docenti non abilitati in una seduta del 7 ottobre 1869.
Riguardo ai docenti liceali, formulò le seguenti proposte:
– bandire un nuovo concorso per titoli per la nomina del professore di storia e
geografia;
– nominare professore di filosofia nel Liceo “Lanza” Pasquale Fuiani con la
retribuzione annua di lire duemila;
– nominare professore di scienze naturali Vincenzo Nigri con la retribuzione
annua di lire 1.500.
Ambedue le nomine dovevano però prevedere la clausola che i docenti «ove
entro il mese di gennaio 1870 non concorrano per essere forniti di competente
diploma, s’intenderanno esonerati, col solo decorrimento del termine, da ogni
88
Il Regio Liceo Lanza
ulteriore esercizio nel posto loro conferito».
Il tredici ottobre 1869, il Consiglio comunale si riunì in sessione straordinaria
con il «principalissimo scopo» di nominare i professori mancanti nel Liceo ginnasiale e nelle scuole tecniche. Scillitani pose all’esame del Consiglio una questione pregiudiziale, che dopo aver “animato” una seria e lunga discussione,
venne messa ai voti nei seguenti termini: «Il Consiglio può scegliere dei Professori privi di diploma, dopo aver bandito un concorso alle condizioni che si vedono scritte nei Manifesti?». La risposta, a maggioranza di quindici voti contro
sette, fu affermativa. Assodato questo principio, si passò alle nomine.
Ma la riconferma di Nigri, Fuiani e di altri docenti sprovvisti di “patente” fu
ritenuta illegittima dal Consiglio provinciale scolastico al momento della ratifica.
La decisione di ammettere dei professori sforniti di diploma fu ritenuta arbitraria:
violava la legge in vigore e il bando di concorso pubblicato il 5 settembre 1869
dallo stesso Municipio. Tra l’altro, la Commissione esaminatrice che aveva proposto le nomine non era presieduta, come previsto dalla legge, dal Regio Provveditore agli Studi, e il Consiglio comunale non aveva classificato i candidati secondo il loro merito, né aveva esplicitato i criteri di valutazione: aveva proposto
soltanto due, tre nominativi per ogni cattedra, «contentandosi di dire che le persone proposte erano o non erano fornite di titoli». La normativa era invece molto
chiara: il diploma era una condizione indispensabile per la eleggibilità.
Ma bisognò salvare il salvabile, cercando di ovviare all’eclatante gaffe formale. Si fece ricorso ai necessari “distinguo”. La condizione, posta alla nomina dei
professori sforniti di “patente”, di provvedersene entro il 30 gennaio 1870, venne
ritenuta valida per i docenti del Liceo ginnasiale, le cui sessioni ordinarie di
esame per il conseguimento del diploma erano state sospese per l’anno in corso
da un decreto del 12 luglio 1869. Non fu ammessa per i professori delle scuole
tecniche, che, pur essendo stati due volte diffidati in tempo utile, non avevano
voluto sottoporsi agli esami abilitanti che nel corso dell’anno si erano svolti in
molte università del Regno. La nomina senza titolo poteva essere concessa soltanto a Salvatore Valentini e Vincenzo Nigri, i quali avevano al loro attivo il decennio di insegnamento previsto per accedere all’esame. Il Consiglio era invece
deciso ad impedire la riconferma di Pasquale Fuiani. era senza titolo, aveva pochi
anni di servizio e non poteva accedere al concorso riservato. Ma il vero motivo
della mancata nomina probabilmente fu un altro: il candidato risultava di «condotta morale e politica non commendevole»5.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
5 ASFG,
Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4.
I primi docenti
LA SCELTA DEI DOCENTI
Il sette ottobre 1869, sopra una Sala della
Casa comunale, si riunì la Commissione
preposta all’esame dei titoli prodotti dai
287 docenti aspiranti ai posti vacanti nel
Liceo e nelle Scuole tecniche di Foggia.
Essa era presieduta dal sindaco cavalier
Lorenzo Scillitani e composta da sette
membri: il cavalier dottor Domenicantonio
Berardi, il preside Ambrogio Marcangelo,
il professor Giuseppe Villani, l’ingegnere
Giacomo Recupito, gli avvocati Giuseppe
Raho, Antonio de Maria e Giuseppe de
Martino. Gli ultimi due avevano rimpiazzato i Signori Rapati e de Plato che avevano
rinunciato all’incarico.
Dopo breve discussione per stabilire i criteri di scelta fra le diverse candidature, Scillitani invitò padre Marcangelo a riferire
sugli aspiranti alle cattedre di storia, filosofia e scienze naturali. Il Preside affermò
che «fra i non pochi concorrenti per la storia, nessuno aveva esibito il diploma effettivo». Non se la sentiva quindi di segnalare
alcun nominativo per coprire tale posto.
Anche per la cattedra di filosofia si erano
presentati parecchi candidati con titoli non
legali: tra questi il professore Pasquale Fuiani di Foggia. Su questo aspirante, padre
Marcangelo «avrebbe fissato la sua scelta».
Per tre motivi: lo conosceva personalmente; l’anno precedente aveva dato buona
prova di sé; con la prevista apertura dal
1870-1872 delle sessioni straordinarie
d’esame per il diploma di abilitazione
all’insegnamento, riservato ai professori
sforniti di titoli, sarebbe stato uno dei primi
docenti sprovvisti di patente a mettersi in
regola. La sua sperimentata capacità didattica faceva ritenere certa la riuscita dell’esame.
89
Anche «riguardo alla cattedra di Scienze
naturali, non solo per il liceo ma benanco
per le scuole tecniche, fra i concorrenti si
era trovato qualcuno abilitato soltanto per
la fisica, e qualche altro, finalmente per la
Chimica soltanto». Il professore Vincenzo
Nigri, candidatosi a ricoprire quella cattedra, aveva gli stessi requisiti di Fuiani.
Quindi, per le medesime considerazioni, il
preside Marcangelo ne propose la nomina.
Dopo ciò, il commissario Raho riferì sulle
candidature a professore della classe superiore ginnasiale e per i tre docenti delle inferiori. Per la prima cattedra propose i
nomi dei signori Alcioni Giovan Battista,
Catalano Francesco, Piccininni Ermando,
per le altre quelli di Zaccheria Severi, Antonio Zaccaria, Enrico Danesi, Salvatore
Valentini. Quest’ultimo, sebbene sfornito
di titolo legale, venne considerato nelle
identiche condizioni di Fuiani e Nigri.
L’avvocato Antonio de Maria segnalò per il
posto di censore nel convitto i nominativi
di Mario Gajani, Alberto Torrioni e Nicola
Ortona.
L’avvocato Giuseppe de Martino, per i due
posti di istitutori e per quello di maestro
elementare di grado inferiore, «mise in
vista» fra i molti concorrenti i nomi di Iulio
Carra, Saverio Cipollini Mariotti, Luigi
Medici, Giovanni Guineani, Luigi Cippitelli e Giuseppe Cernuscoli.
La Commissione, «dato uno sguardo accurato a tutte le ragioni che i singoli relatori
ebbero nello escludere o posporre quelli fra
i concorrenti diversi non messi in candidatura in base al comune criterio stabilito,
espresse unanimemente il voto di stabilire
le proposte come innanzi esposte».
Un prospetto riassuntivo fu presentato al
Consiglio municipale per le risoluzioni
«che poi piacesse di prendere a tale Consesso».
Non si omise di formulare un’ultima pro-
90
Il Regio Liceo Lanza
posta: quella cioè «che se si rivolessero tenere in considerazione i già Insegnanti Liceali e Ginnasiali sforniti di titoli, gli stessi
potrebbero essere riconfermati, a condizione che qualora pel mese di gennaio prossimo venturo non si munissero del Diploma
La stazione meteorica di
Vincenzo Nigri a Palazzo
San Gaetano.
regolare, resterebbero ipso facto esonerati
dall’Uffizio».
[ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale
1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza
2/4]
I primi docenti
VINCENZO NIGRI
Professore di fisica e scienze naturali, Vincenzo Nigri (1832-1916) fu maggiore medico della “Guardia Nobile”. Si distinse
durante l’epidemia colerica che colpì la
Puglia tra il 1864 e il 1867. Per questo motivo Vittorio Emanuele II, l’8 maggio 1864,
lo insignì del titolo di Cavaliere dell’Ordine dei SS.mi Maurizio e Lazzaro. Membro
della Società Sismologica dalla sua fondazione, Nigri studiò la meteorologia della
Capitanata. Fin dal 1865 si fece promotore
di ripetute istanze alle autorità locali e nazionali per impiantare un osservatorio meteorologico a Foggia. Nel 1866 la Prefettura approvò la proposta di allocarlo presso
l’Orfanotrofio provinciale. I primi strumenti meteorologici furono forniti dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, ma le speranze iniziali di Nigri furono deluse. Egli non si scoraggiò. A dieci
anni di distanza, nel 1875, stimolato da una
visita in Capitanata di padre Francesco
Denza, ripropose al Consiglio provinciale
il suo progetto. Stavolta la proposta ebbe
miglior fortuna: il primo dicembre 1876
iniziarono le regolari osservazioni presso la
Specola meteorologico-sismica.
L’Osservatorio fu impiantato sopra i locali
del Liceo comunale, dove si elevava in
passato il campanile della chiesa di San
Gaetano. La stazione meteorologica era
formata da tre locali sovrapposti con una
terrazza superiore. Nella prima stanza, comunicante con i locali del Liceo, era collocato il tromometro normale costruito dalla
Officina Galileo di Firenze e modificato
per mano del Bertelli e del direttore dell’officina stessa. Lo strumento fu installato nei
primi mesi del 1877 e le osservazioni iniziarono il primo aprile dello stesso anno. I
91
risultati furono pubblicati nel Bullettino
Meteorologico di Moncalieri, nel Bullettino del Club Alpino Italiano e nel Bullettino
del Vulcanismo Italiano. Nel secondo locale dell’Osservatorio erano ospitati l’archivio e la biblioteca. Vi erano collocati un
orologio con il pendolo a compensazione a
mercurio ed un sismografo a carte affumicate scorrevoli del Cecchi, costruito
dall’Officina Galileo di Firenze. Il terzo
locale era riservato alle osservazioni meteorologiche. In esso erano posti un barometro Fortin, un anemografo, il pluviometro.
Sul lato nord-orientale della stanza era
aperta la finestra meteorologica con uno
psicrometro, un evaporimetro e due termografi, uno di massima ed uno di minima. Le
osservazioni meteorologiche venivano effettuate tre volte al giorno. Una ventina di
stazioni pluviometriche, ubicate in diverse
località della Capitanata, facevano capo
all’Istituto foggiano. Mensilmente veniva
pubblicato, in collaborazione col Comitato
Medico di Foggia, un Bollettino Demografico-Meteorico. Nel 1877 l’Osservatorio fu
visitato dal noto astronomo Pietro Tacchini.
[ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Lanza 2/4. Autorizzazione Ministero Beni Culturali prot. n. 3715/X del 25-08-2003]
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
Contemporaneamente all’apertura del Liceo ginnasiale, l’Amministrazione comunale è impegnata nelle pratiche per l’istituzione di un collegio che ospiti i
futuri alunni del Liceo-ginnasio fin dalle scuole elementari. Il sindaco Scillitani,
il 22 agosto 18681 «mette in vista, come un bisogno comunemente sentito, e richiesto dai cittadini, la istallazione d’un convitto nel Liceo Ginnasiale “Lanza”».
Le motivazioni sono varie: «È indecoroso che Foggia vada esente da un convitto,
essendo capoluogo della provincia». Esso è una necessità improrogabile, «dimostrata con esempio dei suoi cittadini, i quali non avendo stabilimento in Foggia,
ove collocare i propri figliuoli, hanno dovuto inviarli altrove».
Il giorno 25 settembre 1868, Scillitani, a nome dell’Amministrazione comunale, fa affiggere un manifesto in città ed in tutta la Capitanata. Annuncia con grande enfasi l’imminente apertura a Foggia di un convitto annesso al Liceo ginnasiale “Lanza”: «Nell’edifizio di S. Gaetano già Collegio de’ padri delle scuole Pie,
si aprirà nel prossimo mese di Novembre un Convitto per comodità di quei padri
di famiglia, che amano dare ai loro figliuoli una educazione compiuta. Il Convitto sarà messo in un assetto conveniente alla civiltà dei tempi e degno della città,
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 Convennero a Palazzo di città il sindaco Scillitani ed i consiglieri Accettulli Luigi, Barisani Vincenzo, Di Mauro Giuseppe, Celentani Nicola, La Stella Francesco Paolo, Bianco Lopez Domenico,
della Rocca Giuseppe, Romano Gennaro, D’Atri Francesco e Severo Francesco. [ASFG, Consiglio
Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4, estratto delibera Consiglio comunale di Foggia del 22-08-1868]
94
Il Regio Liceo Lanza
sotto i cui auspici esso si apre. Il Municipio non risparmierà cure né spese acciocché niente manchi al libero e pieno svolgimento delle facoltà fisiche, intellettuali
e morali degli alunni, perché questi riescano poscia cittadini costumati, intelligenti, vigorosi. […] Il numeroso concorso degli alunni potrà poi dare a questo Istituto, che sorge ora con nuovi ordini ed auspici, tali grandiose proporzioni da emulare i più accreditati e fiorenti d’Italia»2.
Nel manifesto sono elencati i requisiti di ammissione per l’aspirante convittore: età non superiore a undici anni; certificato medico attestante che ha già contratto il vaiolo oppure è stato vaccinato. Il medico del convitto dovrà attestare,
dopo visita accurata, che l’alunno è di «sana complessione ed esente da malattia
cronica o contagiosa».
Oltre alle lezioni del ginnasio e del liceo comuni agli alunni esterni, per i convittori che non hanno raggiunto livelli culturali tali da permettere l’agevole accesso agli studi medio-superiori, è prevista la frequenza, a seconda del bisogno, di
varie classi della scuola elementare e medio-inferiore. Il Liceo-ginnasio “Lanza”
impartirà a proprie spese lezioni di lingua francese, di calligrafia, di ginnastica e
di ballo. Saranno invece a carico delle famiglie alcune materie facoltative come
declamazione, disegno, scherma e pianoforte, per le quali sarà stabilita dal rettore
la «mensuale retribuzione».
La retta annuale viene fissata in lire 480, da pagarsi per trimestri anticipati,
«né s’intenderà punto sospesa o interrotta» per qualsiasi assenza. Il pagamento
avverrà nel primo giorno dei mesi di novembre, di febbraio, di maggio e di agosto. Se l’alunno entrerà in convitto nel corso del trimestre, pagherà la parte della
pensione corrispondente al periodo mancante al compimento di quel trimestre,
più la retta del trimestre seguente. La metà del mese già iniziato si computerà per
giorni quindici. È previsto un piccolo sconto per le famiglie che decidano di far
studiare più di un figlio: se vi saranno tre fratelli “germani”, il terzo pagherà soltanto la metà della pensione; se ve ne saranno più di tre, l’ultimo godrà del beneficio del posto gratuito.
La retta del convitto non è onnicomprensiva di alcuni “servizi obbligati”: per
il lucido, l’inchiostro e il taglio dei capelli, ogni studente pagherà tre lire a trimestre; le tasse scolastiche e le lezioni facoltative saranno pagate in anticipo; per le
spese urgenti e straordinarie ogni convittore dovrà depositare presso il rettore, o
altra persona a ciò deputata, una cauzione di trenta lire, da reintegrare alla fine di
ogni trimestre con il pagamento della pensione.
I convittori indosseranno una “divisa uniforme”. Premesso che il termine significava (e significa) vestiti tutti allo stesso modo, per riconoscersi, ma anche
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/4. Al
documento è allegato il manifesto.
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
95
per non ostentare alcuna differenza sociale, la divisa è distinta in grande e piccola tenuta. L’uniforme da grande tenuta è composta da una giubba di panno grigio,
foderata in nero nel corto gonnellino con colletto e paramani a punta di panno
nero. Sugli avambracci, fregio di sottile laccio nero in seta; al petto cordoni con
fiocchi in seta nera; per spalline, fregio di cordoncino in seta colore scarlatto; un
paio di pantaloni di panno grigio; berretto con fascia di panno nero, sormontata
da un filetto d’argento ondulato e con le due iniziali C. L. (Convitto Lanza) in
rilievo.
Per la divisa da “piccola tenuta”, è prevista una giubba come sopra, chiusa con
bottoni d’ottone meno i fregi al petto, sugli avambracci e alle spalline; un paio di
pantaloni uguali a quelli della “grande tenuta”.
Il vitto ordinario consisterà in pane e frutta per la colazione; tre pietanze con
pane, vino e frutta per il pranzo; pane e frutta per la merenda; un’insalata ed una
pietanza con pane, vino e frutta per la cena. Nei giorni delle grandi solennità religiose e civili, al menu del pranzo verrà aggiunto un quarto piatto. Ogni studente
dovrà portare una dotazione per la mensa: sei salviette; una posata intera d’argento, cioè cucchiaio, forchetta, coltello e cucchiaino; due bicchieri.
Singolare è l’obbligo per il convittore di provvedere all’arredo del dormitorio
o della camera. In particolare dovrà dotarsi di:
– un crocefissetto e un quadrettino, secondo il modello prescritto;
– un cassettoncino con armadietto da libri di noce, secondo il modello prescritto:
altezza cm 75, lunghezza cm 69;
– un tavolinetto di noce, lungo cm 70;
– tre sedie color mogano;
– un letto a spalline di ferro colorato in palissandro, con la tavola in verde;
– due materassi di cm 180 per 90;
– due guanciali e relativa biancheria da letto, oltre a una coltre “imbottita” per
l’inverno;
– un coltronino di panno verde, orlato di fettuccia gialla per ricoprire il letto;
– una copertina di cotone per l’estate;
– quattro paia di lenzuola;
– quattro paia di federe;
– un piccolo tappeto;
– corredo per la toilette: una bacinella di ramecipro; sei asciugamani; due pettini, uno rado ed uno fitto; tre spazzole da abiti, da capelli, da calzatura;
quant’altro occorra per l’igiene e la pulizia della persona;
– effetti personali dell’alunno: otto camicie per il giorno; quattro camicie da
notte; dodici paia di calze; sei fazzoletti da naso; due paia di stivaletti da passeggio; due paia di scarpe da casa; un paio di pantofole.
Tutti gli arredi e la dotazione del corredo sopra elencati, siglati con le iniziali
96
Il Regio Liceo Lanza
Piccola e grande tenuta dei convittori. [Archivio Barone]
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
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del cognome e nome dell’alunno più il suo numero di matricola, dovranno essere
consegnati a un addetto del convitto, per essere inventariati su un apposito registro. Se gli arredi indispensabilmente richiesti «dalla pulitezza, dal decoro e dalla
istruzione degli alunni» non saranno forniti a tempo debito dalle famiglie, il rettore o chi ne fa le veci li fornirà d’ufficio. Le spese sostenute, segnate sul libretto
dell’alunno, dovranno essere rimborsate dalla famiglia inadempiente entro il
primo bimestre successivo.
Il Convitto tra il 1869 e il 1872
Padre Marcangelo, durante il periodo del suo rettorato (1868-1873), invia al
presidente del Consiglio scolastico provinciale ed al Sindaco di Foggia delle relazioni annuali per metterli al corrente dell’andamento didattico-disciplinare del
Convitto annesso al Liceo-ginnasio “Lanza”. Emergono notizie interessanti sui
convittori di Palazzo San Gaetano e sulla loro vita quotidiana. Scorrendo uno
degli elenchi, si evincono i luoghi di provenienza degli alunni. Su settanta convittori, venticinque sono di Foggia, uno proviene dalla provincia di Bari (Canosa),
quarantaquattro da vari paesi della Capitanata: tre da Vico Garganico, tre da
Sant’Agata di Puglia, quattro da Torremaggiore, uno da Ordona, tre da Troia, uno
da Poggio Imperiale, due da Manfredonia, dodici da San Marco in Lamis, quattro
da San Severo, uno da San Giovanni Rotondo, due da Ortanova, due da Sannicandro Garganico, tre da Castelnuovo, uno da Bovino, uno da Rignano e uno da
Cerignola3. Il Convitto serviva effettivamente tutta la provincia, come si era augurato Scillitani al momento dell’istituzione.
Padre Marcangelo registra un continuo aumento dei convittori rispetto al
primo anno di apertura: il collegio, che nel 1868-1969 contava solo diciassette
alunni, triplica le presenze nell’anno 1869-1870, contenendone fino a cinquantadue, e nel primo mese dell’anno scolastico 1870-1871 ne numera ben ottantacinque.
Il Preside-rettore dà merito al Municipio di Foggia di aver fatto fronte alle più
urgenti necessità, ed invita la Provincia a fare la sua parte: «Sforzi straordinarj à
fatto il Comune quest’anno, il quale à costruito tre nuove sale ed una camerata;
ma ciò è ancora insufficiente al bisogno, per le necessità sempre crescenti de’
convittori. Si desidererebbe che anche la provincia concorresse all’ampliamento
dell’edifizio, stante che è incautamente a tutte sole spese di questo Comune. L’incremento e il progresso dell’Istituto è decoro ed ornamento non solo della città di
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
3
MUSEO CIVICO DI FOGGIA (MCFG), Fondo Manoscritti, busta Liceo Lanza, fogli 12421-22.
98
Il Regio Liceo Lanza
Foggia, in cui ha sede, ma altresì dell’intera provincia, per l’accorrere degli alunni così interni come esterni da tutti i Comuni, ed anche dalle province limitrofe.
Il Consiglio Provinciale Scolastico, a cui sono tanto a cuore le sorti di essa, e tanto
ne caldeggia il progresso scientifico, vorrà incoraggiare questo Istituto, col promuoverne il pareggiamento, e col praticare i suoi benevoli uffici presso i magistrati competenti, perché ajutino l’opra del Municipio e faccian sì che si abbia più
a prosperare ed avviarsi al perfezionamento»4.
Marcangelo si sofferma sull’urgente necessità dell’ampliamento del collegio:
«Qual rimedio a tanta angustia di luogo?», proponendo tre soluzioni: 1) limitare
il numero dei convittori a poco più di cinquanta, quanti ne possono contenere le
camerate del piano superiore, riservandosi di ammettere altri alunni solo quando
sarà ampliato l’edificio; 2) trasferire altrove il convitto; 3) allargarlo dalla parte
delle fabbriche attigue al medesimo5.
L’ ampliamento del collegio consentirebbe di aprire le scuole tecniche. Un’istituzione che andrebbe «a lustro, decoro a incremento del collegio stesso».
Bisognerebbe provvedere all’illuminazione dell’Istituto, ma questo è un problema di cui si sta già occupando il Comune. Occorrerebbe altresì una più «copiosa provvigione di arredi scolastici». A tale riguardo, padre Marcangelo prega
il presidente del Consiglio scolastico di stanziare un’apposita somma.
Egli ritiene che, qualitativamente, nel 1869-1870 l’Istituto sia decisamente
migliorato rispetto al primo anno di apertura. Gli alunni sono più preparati e un
po’ più educati alla disciplina, «la quale andrà sempre più rassodata per l’avvenire, mercé la costante cooperazione e il mutuo accordo della Direzione e del corpo
insegnante». La regolarità della frequenza purtroppo lascia a desiderare: «La Direzione non à potuto provvedere, come avrebbe voluto, non essendo state le sue
premure secondate dal concorso delle rispettive famiglie. Bisognerà persuaderle
dell’obbligo che ànno esse stesse di venir dal loro canto in aiuto alla direzione».
Egli spera comunque di venire a capo del problema6.
Marcangelo affronta il tema delle vacanze autunnali. Visto che «le frequenti
uscite degli alunni sono controproducenti, nuocono non solamente alla disciplina,
ma eziandio al profitto negli studi» e non è bene che essi trascorrino il lungo
periodo delle vacanze interamente a casa, «con savio consiglio si volle che queste
vacanze fossero passate in collegio, salvo pochi giorni di esse, tanto per ritemprare gli animi nelle dolcezze delle gioie domestiche». È tuttavia impensabile che gli
alunni restino nella sede di Palazzo di San Gaetano, a Foggia. Occorrerà cercare
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4
MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo 1870-1871, p.12330.
p. 12377.
6 Ivi, p.12330.
5 Ivi,
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
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una località più amena: «È mestieri trovare acciò un luogo fuori di essa, e più
specialmente se fosse possibile in campagna». Ma dove trovare un edificio capace di contenere 120 persone, cioè gli studenti e tutto il personale del Convitto?
«Alcuni comuni della provincia – informa padre Marcangelo – fecero a gara per
offrirci ad uopo quel luogo, che essi potevano, così San Marco in Lamis ci offrì
il suo convento di S. Matteo; Vico Garganico quello de’ Cappuccini, posto in sito
ridente e di ottima aria. Si visitò pure il casino denominato “Colonna” situato in
una piccola penisola in prossimità di Trani». Ma i “luoghi” proposti, pur graditi,
non hanno risposto alle necessità: «Sia quale per poca convenienza di sito, quale
insufficienza al luogo, o quale lontananza, niuno di essi fu creduto acconcio ad
accogliere il Convitto per le vacanze, sicché converrebbe trovar uno fuori di questa Provincia, intorno alla cui convenienza poi deciderà il senno di V. S. Ill.
ma»7.
In una successiva relazione del 15 novembre 1872, Marcangelo fa presente un
vistoso calo degli iscritti: «Il numero degli alunni interni ed esterni è alquanto
scemato rispetto a quello dell’anno testé decorso. La qual cosa non è attribuibile
alla mancanza di fiducia nel personale dirigente ed insegnante, o al poco profitto
degli alunni: la ragione della diminuzione dei Convittori concerne principalmente
dall’aumento della pensione che da lire 500 fu fatta salire d’un tratto a lire 600 e
molte famiglie, che facevano sforzi straordinari e superiori al loro stato per mandare i loro figli in collegio con quella somma, si videro impotenti a tenerli con la
pensione aumentata (questa fu la ragione principale che indusse i più a ritirare i
loro figli dal Collegio. Altri poi furono mossi da ragioni meramente individuali,
che non occorre qui rammentare). Dagli esterni poi la più parte per propria decisione, altri consigliati, abbandonarono il corso classico, al quale non si vedevano
idonei o non sentivano inclinazione»8. Le ragioni del calo delle iscrizioni sono
varie e Marcangelo vuole riferirne un’altra, appresa dai genitori che hanno ritirato i figli: «Molti sono usciti dal Collegio perché non ànno potuto giovarsi
dell’istruzione tecnica, mancante in questo istituto».
Tuttavia il numero de’ convittori, che l’anno successivo sarà intorno ai settanta, è proporzionato alla capienza del convitto, e gli alunni potranno essere comodamente alloggiati nelle camerate. È sperabile che l’insegnamento dia migliori e
più copiosi frutti: «Gli esterni parimenti non saranno molti, il che giova assaissimo alla unità e compattezza delle classi, le quali si comporranno così dei soli
alunni che potranno addirsi poi agli studi professionali e non vi sarà per conseguenza il grave sconcio di veder disertate le classi nel corso dell’anno da quelli
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
7
8
MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo 1870-1871, foglio 12387.
Ivi, p. 12351.
100
Il Regio Liceo Lanza
Alunni che hanno frequentato inutilmente le scuole ginnasiali». Padre Marcangelo evidenzia altri vantaggi derivanti dal minor numero di alunni: «Il ginnasio rimase depurato quasi del tutto di quegli elementi eterogenei, che facevano intoppo
al regolare andamento delle classi. Per l’angustia di Palazzo San Gaetano questa
diminuzione di alunni, specialmente interni, era divenuta una necessità». Finalmente sarà possibile riordinare gli “spazi” del Convitto: ridotto alle giuste proporzioni il numero dei convittori, quasi tutte le sale prima utilizzate come aule scolastiche, sgomberate, potranno ora tornare alla loro originaria destinazione. Infatti le classi elementari, un tempo “allogate” nelle sale speciali del convitto, sono
già state quasi tutte raccolte nel piano superiore. Al piano inferiore è rimasta una
sola squadra di convittori, che si unirà alle altre dal prossimo novembre9.
Per il bene dell’Istituto, egli propone i seguenti interventi:
– fornire alle aule scolastiche, ritornate all’antica vita, tutti gli arredi mancanti;
– approntare un’infermeria ed una sala per le visite dei parenti degli alunni, e
arredarle decentemente;
– annettere al Ginnasio le scuole tecniche «principalmente perché il difetto di
esse ha contribuito al calo degli iscritti», ma anche perché l’Amministrazione
potrà risparmiare alcune migliaia di lire.
Padre Marcangelo fa un bilancio positivo della sua scuola: «L’Istituto che ò
l’onore di reggere, entra ormai nel quinto anno di sua vita. Molte cure si sono
profuse per renderlo prosperoso e fiorente, ma molte ancora e forse maggiori se
ne richieggono per assicurarne viemeglio le sorti avvenire. A tal uopo stimo cosa
opportuna riandare à comunicarsi i progressi successivi di questo Collegio e toccar brevemente delle nuove esigenze, che ora sorgono pel novello assetto in cui
esso va costituito. Giova anzitutto ricordare che i primordi di questo Liceo furono
oltremodo favorevoli. Noi vedemmo per tre anni successivi crescere la sua buona
fama, e conseguentemente il numero degli alunni, i quali accorrevano a questo
collegio con la fiducia de’ padri di famiglia che i loro figli avrebbero ricevuto una
educazione civile e morale ed un’ordinata istruzione. A tale fiducia pare che non
siesi mai fallito, perciòcché malgrado i necessari mutamenti de’ Professori in ogni
anno, la istruzione è stata sempre impressa e la disciplina regolarmente mantenuta. Ne è prova il risultato degli esami finali fatti con quel rigore, con cui è risaputo volersi essi fare in questo Istituto, risultato che ò l’onore di presentarle in un
prospetto nell’Allegato A»10.
Gli studenti del Liceo-ginnasio sono stati ben valutati dalle Commissioni
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9
MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo 1870-1871, foglio 12385.
foglio 12384.
10 IVI,
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
101
d’esame esterne, anche in Istituti «i quali, forse, sono gelosi di veder crescere il
loro credito a scapito degli altri». Ad esempio, dei sei alunni di quinta ginnasiale
ben cinque hanno conseguito la licenza in altre scuole, pur non avendo completato il corso ginnasiale e lo studio delle materie richieste per l’esame. Ciò è un indubbio segno di qualità: l’insegnamento era proceduto così regolarmente e «si era
data tale maturità agli alunni che costoro con poco altro apparecchio privato si
poterono rendere idonei a sostener gli esami».
Durante l’anno, l’insegnamento elementare era stato ripartito in quattro classi
e quello ginnasiale in cinque. Il Liceo ebbe due sole classi. Marcangelo evidenzia
che un alunno della seconda classe, presentatosi agli esami di licenza liceale, ha
terminato in soli quattro anni l’intero corso classico, cioè il ginnasiale e il liceale,
provando «il bisogno che si à di riforme nella Istruzione suddetta, in virtù della
quale (eliminando) molti degli anni che ora si danno all’insegnamento classico,
molta noja possa risparmiarsi agli alunni condannati… e molte molestie altresì
agl’Insegnanti, condannati anch’essi ad insegnare cose alle quali ripugnino le
inclinazioni e le attitudini della mente dei loro allievi»11.
Nel 1872, il Preside ribatte con una lunga e argomentata relazione alle critiche
ricevute dal Consiglio provinciale scolastico12. Premette che la vigilanza esercitata sul Liceo “Lanza” costituisce una «guarentigia perché esso possa prosperare
sempre più nelle sue sorti per ottenere i risultati attesi dal pubblico» e che le osservazioni e le proposte sull’indirizzo della Scuola e sulla disciplina del Convitto
«saranno sempre accolte con quella deferenza e disposizione d’animo, quali si
addicono alla gravità delle cose dalle quali si tratta e alla dignità di coloro che le
trattano». Ma alcune osservazioni del Consiglio scolastico si fondano palesemente «sopra informazioni o poco genuine o esagerate». Sarà facile «indebolirne
l’efficacia», con la franchezza e la dignità propria di chi ha sempre svolto con
solerzia il proprio dovere: «Nella direzione dell’Istituto non si è trascurato e non
si trascura nulla che valga a far progredire questa bella creazione del Municipio
di Foggia».
Marcangelo elenca una ad una le numerose critiche, rinviandole al mittente.
– Il Preside avrebbe derogato al regolamento delle scuole secondarie classiche,
in opposizione agli adempimenti del Municipio.
L’osservazione non ha fondamento alcuno, «perché non si cita alcun fatto che
prova ciò che si asserisce». Nei tre anni passati, il Preside non ricorda di es-
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
11
MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo al Consiglio Provinciale Scolastico 1870-1871, foglio 12330.
12 Ivi, fogli 12374-12381.
102
–
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–
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Il Regio Liceo Lanza
sersi «mai dipartito dal regolamento medesimo». A meno che non s’intenda
contestare le ragionevoli varianti consentite dal Ministero: in una nota del regolamento, si precisa che «esso non deve essere come una lettera morta davanti al Preside e al Consiglio de’ Professori».
Alcuni alunni sono stati ammessi alla prima ginnasiale e alle altre classi senza
gli esami prescritti.
«Ma dove poggia quest’altra accusa? – ribatte Marcangelo – Quale prova di
fatto la conforta? È un’asserzione gratuita, di cui è facile sbrigarsi con una
negazione spensierata e ricisa. La denuncia è tardiva e denota un animo maligno. Se qualcuno ha affermato queste cose noi rispondiamo che le stesse sono
risibili, mancando di coraggio nell’avvertire il Superiore d’alcune volute irregolarità».
Il Preside, pur invitato a farlo, non ha trasmesso i programmi didattici.
«Chi ha mosso questa accusa – replica Marcangelo – difetta di memoria. I
programmi furono regolarmente inviati nel primo anno al Consiglio Scolastico
e da questo trasmessi al Ministero e approvati, come da comunicazione del
Provveditore. Perché inviarli negli anni successivi se né le materie, né i programmi governativi erano cambiati? Sicché si mandavano i soli programmi
de’ professori novelli, e di quelli che da un insegnamento passarono ad un
altro, come avvenne del prof. Terlizzi e dei Professori Poli, Ferrara, Catapano,
Danesi 1°, Danesi 2°, Leveri, Cucci, Depadime, Bertacagni e Accorsi». La
trasmissione di questi documenti può essere constatata direttamente in Provveditorato.
È stato modificato l’orario del Ginnasio, diminuendo le ore di latino nella
prima e seconda classe.
«Se l’orario si è modificato per la distribuzione delle materie – precisa Marcangelo – non si è scemato nulla del tempo che è assegnato a ciascun Professore nel proprio insegnamento. Solo si è creduto miglior consiglio di concedere maggior tempo all’insegnamento dell’Italiano in quelle classi nelle quali
conveniva che gli alunni fossero meglio fondati nella cognizione della lingua
nazionale». Una scelta opportuna, confermata dall’ultima circolare ministeriale del 20 Aprile, che ha proposto ai professori e ai direttori di privilegiare nelle
prime classi del Ginnasio l’insegnamento dell’italiano, dimostrando quanto i
docenti del “Lanza” siano stati lungimiranti ad apportare quelle innovazioni.
Si è proceduto all’insegnamento “per materia e non per classi”, senza avvisare il Consiglio scolastico.
«Questo fatto non lo neghiamo punto ma esso – spiega Marcangelo – non fu
che un tentativo per esperimentare se da questa riforma potessero cavare i
giovani maggior profitto». L’innovazione è stata deliberata dal Consiglio dei
professori, come risulta dal verbale. Le critiche vorrebbero limitare la libertà
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
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103
di insegnamento, consentita invece dal Ministero: «Questi lascia giudiziosamente a’ Presidi a’ Professori la libertà de’ mezzi pratici pel conseguimento del
maggior profitto de’ giovani».
Sono stati ammessi al Liceo giovani sforniti di licenza ginnasiale.
«L’accusa è prettamente falsa – ribatte Marcangelo – (a meno che) non s’intenda parlare dell’ammissione del primo anno. Nessuno, sfornito di licenza,
ginnasiale è passato al Liceo negli anni successivi. Se vi è stato ammesso, lo
è stato come Uditore, ai sensi di legge».
La distribuzione delle materie nel Liceo non è conforme al regolamento.
Si risponde: «Questa lieve discostanza dal regolamento era suggerita dalla
necessità delle classi, le quali non erano ancora ne’ primi anni ben formate e
sistemate. Ora, che può dirsi che il Liceo è regolarmente ordinato ed à preso
un andamento normale, s’è richiamata la stretta osservanza delle leggi».
Contro le prescrizioni del programma si è insegnato il Boccaccio nel Ginnasio
superiore, ed è stata trattata troppo la precettistica.
«Non neghiamo – spiega paziente il Preside – che sievi letto il Boccaccio, il
che si fece perché i giovani, già maturi per quello studio, avessero agio
d’avanzarvi sempre più nella cognizione della lingua italiana, il che è tutta
dovizia nell’autore delle Novelle. Quanto alla parte precettistica poi non è
vero che essa sia stata sovrabbondante, anzi abbiam sopra lamentato l’angustia
de’ termini, tra quali è stato sempre ristretto tale insegnamento».
Si è fatto festa nei giorni in cui il calendario scolastico prescriveva che si facesse lezione.
«Che siesi fatta vacanza in alcuni giorni, che erano segnati come giorni di
scuola nel calendario scolastico, non neghiamo punto, ma ciò si è fatto per i
principij religiosi ed alcune inveterate usanze del paese... L’insegnamento non
ne è punto scapitato, perché in compenso si è fatto scuola ne’ giorni segnati
come vacanza nel medesimo calendario scolastico».
Mancano, nella relazione del Preside, cenni sulla idoneità e sullo zelo dei docenti.
Marcangelo risponde che non è tenuto a presentare alcuna relazione di questo
tipo al Consiglio scolastico provinciale: «L’idoneità didattica dei professori è
vagliata dal Municipio». Egli si chiede «quali frutti potrebbero aversi… di
tutto questo al Consiglio Scolastico, quando interrogato il Provveditore dal
Ministero intorno alla idoneità didattica di qualche Professore, risponda di non
poterne giudicare, non avendo egli la facoltà di criticare le scuole liceali».
Dalle note positive oppure dal licenziamento di alcuni professori, si deduce
che il Preside «è rimasto contentissimo di alcuni professori, discretamente
soddisfatto di alcuni altri, e niente affatto dei rimanenti».
Risponde Marcangelo: «Che si voglia intendere con ciò e che si debba inferir-
104
–
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Il Regio Liceo Lanza
ne, la pochezza del mio ingegno non arriva a comprendere. È una semplice
notizia storica, che si vuole dare o conclusione di qualche pensiero che non si
vuole esprimere?».
Non si possono mandar via dei professori sforniti di “patente” solo perché il
Preside ha espresso un parere negativo.
«Se è pericoloso un tal sistema, non è meno pericoloso presumere che i forniti di patente dovrebbero soggiacere». Marcangelo ritiene che gli appunti mossi
a tal riguardo siano «lesivi del senno e della sua sincerità, qualità che si dovrebbe presumere in una persona, che viene scelta a un tale Ufficio da un
Consiglio Municipale». Per tutelare gli interessi dei professori, il Consiglio
scolastico ha proposto di far ispezionare l’Istituto da una Commissione di
professori universitari, uscendo dalle sue competenze. Infatti «questa proposta
riguarda esclusivamente il Comune, il quale vedrà se essa sia, o pur no, oziosa
e quanto frutto possa aspettarsi da simiglianti ispezioni fatte a volo d’uccello».
Si accusa il Preside di aver sacrificato la scuola per ingrandire il Convitto.
«È facile rispondere a questo appunto – sottolinea Marcangelo – ché il Preside non si è servito dell’impelle intrare per ottenere il numero di alunni che si
potesse maggiore e per vedere così messo il Convitto in larghe proporzioni.
Gli alunni son corsi spontaneamente malgrado i suggerimenti di taluno, che li
dissuadeva dall’entrare in questo Collegio. È stata una libera scelta dei genitori l’assicurare i loro figli in un Istituto, dove si tuteli la morale e si mostri
zelo instancabile nell’educare la intelligenza de’ giovanetti. A tal desiderio non
conveniva chiudere le porte; d’altronde la soddisfazione morale di vedere ingrandito un Istituto giovanissimo non dovrebbe essere solo del Preside, ma del
Consiglio municipale, ma di tutta la cittadinanza di Foggia e della provincia,
che vi ànno interesse e dello stesso Consiglio scolastico, il qual vede così
prosperare le cose, che dipendono in alcun modo da’ suoi provvedimenti».
Nell’Istituto “Lanza” mancano i sussidi didattici e i laboratori.
Si risponde che «non è punto vero che manchino le carte murali, necessarie
all’insegnamento della geografia, come non è vero che manchi un gabinetto
per lo studio della storia naturale. Manca solo il gabinetto per lo studio della
fisica, da sopperire con quello che vi à nelle Scuole Tecniche, istituto che appartiene parimenti al Comune».
La “risoluzione”, presa all’inizio dell’anno dal Consiglio dei Professori di
attenersi al regolamento governativo, è considerata la prova del fatto che esso
finora non è stato rispettato.
Marcangelo ribatte: «Non è stato mai nelle mie intenzioni di contrariar alle
disposizioni governative, tanto più che essendo oramai il Liceo giunto a tal
quale grado di maturità, non vi sarà più bisogno di discostarci per l’avvenire
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
105
da’ regolamenti».
– Quantunque si riconosca il profitto dell’Istituto, dovuto alla preparazione
della maggior parte dei professori, c’è da osservare che esso non è stato ottimale per la parte normativa, per l’ordine, per la disciplina.
Risponde Marcangelo: «Se il Consiglio scolastico riconosce il valore speciale
della maggior parte de’ professori, implicitamente à ritenuto quello che parea
non voler innanzi ammettere: cioè la poca idoneità e la insufficienza di taluni
altri, de’ quali appunto avrà forse potuto parlare il Preside».
Marcangelo invia una relazione anche al Sindaco, con le proprie controdeduzioni alle osservazioni del Consiglio provinciale sull’andamento del Convitto13:
– Il Preside ha espresso sul profitto degli alunni interni delle scuole elementari
un giudizio poco attendibile.
«Non sappiamo intendere – risponde Marcangelo – come differisca la relazione del profitto conseguito nelle scuole ginnasiali da quella sul profitto delle
scuole elementari».
– L’educazione morale, civile e fisica nel Convitto non si è realizzata pienamente, se si auspica un miglioramento per l’anno successivo.
Risponde il Preside: «È il miglior desiderio che si possa esprimere e noi non
lo dissimuliamo punto».
– L’ordine, la disciplina e la pulizia lasciano molto a desiderare. Occorrerebbe
un cortile, dove possa respirarsi un po’ d’aria libera e fare gli esercizi di ginnastica.
Si ribatte: «A queste osservazioni non possiamo punto assentire, né lascia a
desiderare nulla la nettezza, come può attestarsi da quelli che ànno visitato il
Convitto tra quali il Presidente della Provincia il quale, se notò la strettezza del
luogo e propose una riforma a’ lavatoj, non trovò nulla ad osservare».
– Il censore non ha vigilato sull’igiene delle persone addette alla cucina.
Marcangelo si adira: «E donde il Consiglio à attinto queste notizie peregrine?
Sopra qual fondamento poggia la gratuita sua osservazione? Sarebbe poi più
opportuno che il Consigliere, chiunque si fosse, si desse pensiero di note più
serie e rilevanti».
– Sono stati accordati permessi troppo frequenti per le uscite dei convittori,
nocive alla disciplina, alla morale ed alla concentrazione nello studio.
«Anche noi – concorda Marcangelo – siamo poco disposti a concedere uscite
agli alunni, di guisa che nel nuovo Regolamento che si sta compilando saranno esse ancor più ristrette. Vorremmo che non ci appuntasse di soverchia larqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
13 MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo al Municipio 1870-1871, fogli
12382-12384.
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Il Regio Liceo Lanza
ghezza per le uscite dell’anno scorso le quali, per il gran numero degli alunni,
sono parute frequenti. Nel fatto sono stati ristrette alle giuste proporzioni».
Il preside Marcangelo pone fine «all’improba fatica di demolire l’edifizio
delle accuse», ribadendo che le critiche del Consiglio scolastico, ma anche di altre
persone competenti, se fatte con animo benevolo, non saranno mai rifiutate:
«Siam certi che esse mireranno al migliore andamento e sviluppo d’un Istituto,
che si è reso così importante nella Provincia». Auspicando che esso prosperi sempre più, promette che continuerà ad adoperarsi con zelo. Ma dovranno concorrere
tutti, «ognuno per la sua parte e secondo le proprie forze»14.
Il Palazzo Lanza
L’angustia di Palazzo San Gaetano, lamentata da padre Marcangelo fin dai
primi anni di vita dell’Istituto “Lanza”, con l’aumento degli studenti diventa un
vero problema. L’Amministrazione comunale dell’epoca, sensibile ai problemi
dell’Istruzione, avvia la pratica per un prestito di 491mila lire con la Cassa Depositi e Prestiti, per la costruzione di due nuovi fabbricati scolastici.
Il 13 febbraio 1885, il Sindaco annuncia il buon esito della richiesta e invita il
Consiglio «a voler designare i siti, ove detti fabbricati debbono sorgere». L’argomento sollecita un’ampia discussione. Si formulano due ipotesi: il Sindaco vorrebbe ubicare gli edifici «a lato destro ed à principio del Corso Giannone»; il
consigliere Pepe invece, con varie riflessioni tecnico-economiche, dimostra come
«la pianta proposta sia inopportuna». Corso Giannone è frequentatissimo da carrozze e da ogni sorta di veicoli «che fanno traffico con la stazione ferroviaria», e
ciò sarebbe un notevole inconveniente per l’edificio che, destinato allo studio,
richiede una zona dove regni la massima quiete e tranquillità: «L’importanza
dello stesso, il suo tipo, e l’intento che vuolsi conseguire di dare noi separate
entrate agli alunni e alle alunne dalle porte d’ingresso delle due facciate principali ed opposte del fabbricato, consigliano dover esso sorgere in un punto ove possa
rimanere isolato ed aver innanzi ai due ingressi ampie piazze». Poiché questi
vantaggi non si potrebbero conseguire lungo il viale della Ferrovia, Pepe propone
di costruire la scuola nella nuova zona di espansione, al lato sud-est della città.
Un sito adatto è quello posto al lato destro della Villa Comunale «e precisamente
quello indicato come in una prima isola, ove si avrebbe un prospetto del fabbricato di fronte alla larga strada che fiancheggia la villa medesima e l’altra Villa,
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14
MCFG, Fondo Manoscritti, Liceo Lanza, relazione Marcangelo, p. 12382.
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
107
corrispondente per la strada fiancheggiante la stessa e la piazza della Caserma
nuova». La proposta del consigliere Pepe viene preferita all’unanimità.
Il secondo fabbricato dovrebbe essere ubicato ad un polo opposto al primo.
Dopo ampia discussione, constatata la difficoltà della scelta del sito, si decide di
nominare un’apposita commissione che farà gli opportuni studi e riferirà, nel più
breve tempo possibile, al Consiglio comunale15.
Il primo edificio, costruito presso la Villa Comunale, verrà inaugurato prima
del 1894 (l’Ateneo è riportato nell’opuscolo Foggia. Le Cento Città d’Italia de
“Il Secolo”, edito in questa data). Progettato per ospitare le scuole elementari,
divenne un vero e proprio “palazzo degli studi”, come è denominato in qualche
cartolina d’epoca. Il pianterreno venne assegnato alla Scuola Tecnica, il primo
piano al Liceo-ginnasio e al suo Convitto. Questo vivrà per alcuni anni vita prospera e rigogliosa, «con grande decoro della Città ed immenso vantaggio e sicurezza delle famiglie della Provincia e della città stessa».
Lo statuto del 1896
Un nuovo statuto16 del Convitto venne approvato dal Comune il 16 Maggio
1896. Relatore fu l’assessore all’Istruzione Antonio Lo Re che, invitato dal sindaco Ernesto Cicella, iniziò il suo intervento parlando del periodo di crisi attraversato dal Collegio cittadino: «Mi gode l’animo esporre all’onorevole Consiglio
il rialzamento delle sorti del Convitto Lanza, che quest’anno, dalla decadenza in
cui era ridotto, già trovasi ad avere ventisette convittori; numero che con tutta
certezza salirà il venturo anno a trenta. Senza iattanza, ciò devesi attribuire alle
cure premurose dell’Amministrazione comunale, alla felice scelta del personale
dirigente, allo sguardo benigno che vi rivolgono le autorità scolastiche. E sono
dolente che a queste mie dichiarazioni non assista l’onorevole Sindaco Cav. Perrone, agli sforzi perseveranti del quale e non al mio debile lavoro, si deve gran
parte di questo esito felice nella riorganizzazione del nostro benamato Convit-
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
15 Archivio Storico Comunale di Foggia (ASCFG), Registro 1, Delibera n. 3 del 13 febbraio 1885,
Designazione dei siti per i fabbricati scolastici.
16 ASFG, Amministrazione Provinciale di Capitanata 1860-1959, busta 538, fascicolo 13/9.
17 Cfr. F. VILLANI, La Nuova Arpi, Ed. La Terrazza, Bologna, 1975, ristampa anastatica del 1876,
pag. 181. Nel 1874 il Comune spese per il Liceo e il Convitto (compreso lo stipendio dell’economo)
la considerevole somma di 67.190, 25 lire. Una somma alta, più di un terzo dell’intero bilancio della
Pubblica Istruzione che ascendeva a lire 171.224,20. Le somme stanziate per le altre scuole furono
ben più modeste. Nel 1875 le spese furono presso a poco le stesse, a parte le entrate del convitto
“Lanza” e dell’Istituto delle “Civili fanciulle”, poste a scomputo delle uscite.
108
Il Regio Liceo Lanza
to»17.
Nell’Istituto vi è ordine e disciplina; si è destata quella vita seria ed operosa
«da tutti guardata con benevolenza». Ma per garantirne l’avvenire, occorrono
provvide deliberazioni: in primis uno statuto, che sia il fondamento della sua vita.
L’assessore Lo Re lo propone al Consiglio, rilevandone i criteri principali che ne
informano il tessuto: «Si è avuto in mente di creare un Istituto autonomo, indipendente cioè dall’Amministrazione diretta del Comune, e da questo soltanto
sussidiato, come dalla Provincia. Con questi sussidii, col casamento comunale e
col prodotto proprio delle rette degli alunni, esso può subito diventare un ente a
sé, e svolgere la propria vita prospera e sicura».
Il Convitto è ormai una “famiglia” di cinquantasette persone, tra superiori ed
alunni. Per lo stipendio degli addetti e il vitto generale occorrono ventinovemila
lire «in cifra rotonda». Nel “disegno” dell’assessore Lo Re questa somma potrebbe essere raccolta così: lire venticinquemila dalle rette di cinquanta alunni «a sole
lire 500 l’una, che è misura ben modesta»; lire ottomila da un sussidio provinciale; lire cinquemila per concorso comunale. In totale lire trentottomila, con un
avanzo annuale di lire novemila che potrebbe servire ad «acquistare annua rendita del Debito Pubblico, al fine di creare col tempo i mezzi di propria sussistenza
all’Istituto». «Ed in capo a dieci anni – prevede Lo Re – il Convitto avrà raggiunto tale sviluppo, preso tali proporzioni, che sulle rette del cresciuto numero
d’alunni si potrà operare quel risparmio da costituire un patrimonio proprio con
acquisto di rendita».
Il 7 agosto 1896 il sindaco Salerni trasmette al Presidente della Provincia una
copia dello Statuto, «affinché la onorevole Deputazione provinciale accetti di
concorrere al mantenimento di questo Convitto, decoro per il Capoluogo». Egli
richiama l’attenzione sull’articolo due, che prevede «una dotazione di lire ottomila concessa dalla Provincia e però dovrebbe stabilirsi continuativa nel bilancio».
La gestione avrà la massima trasparenza: nel Consiglio direttivo entreranno i
rappresentanti del Municipio e della Provincia; vi farà parte il rettore, che sarà
sempre il preside pro tempore del Liceo, «garanzia pel profitto dei convittori – per
lo più dedicati agli studi secondari classici – e questo anche per ovviare a quel
perenne dissidio fra un preside ed un rettore». La chiusa del Sindaco è di captatio
benevolentiae: «Io non saprei come più raccomandare a V. S. Ill.ma favorevoli
provvedimenti per la vitalità d’un Istituto d’educazione che, costituito su solide
basi nel capoluogo della Provincia, ai comuni tutti della stessa tornerà vantaggioso, perché posto nel centro naturale d’una vasta periferia, al quale centro convergono per infiniti affari i genitori degli alunni che possono raccogliervisi, e perciò
visitarli e vigilarli di frequente, senza intraprendere viaggi speciali. Attenderò
dalla S.V. una riga di ricezione, con un accenno lusinghiero sullo impegno che
prenderà nel caldeggiare presso chi di diritto la mia preghiera. Gradisca la
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
109
stima».
Ma il Consiglio provinciale di Capitanata non dimostrò per il Convitto
“Lanza” alcuna premura: trattò l’argomento soltanto quattro anni dopo, nella seduta del 6 marzo 190018. Per l’occasione, con il presidente Basso intervennero il
regio commissario Vassallo e i consiglieri Iamele, Palella, Piccinino, Russo,
Missa, Ruggiero, Sinisi, Piccirella, Grassi, Pavoncelli, Tannora, Carelli, Dandolo,
Sessa, Mastromatteo, Cimaglia, Perronti, de Luca e Amicarelli. Il consigliere
Sessa precisò che il Convitto era «un istituto meramente comunale». Era vero che
la Provincia lo aveva sussidiato con una sovvenzione annuale, ma era un contributo facoltativo senz’alcun obbligo di continuità, «revocabile a libito della Provincia che lo concedeva liberamente e volontariamente, non avendone alcun obbligo per legge o contratto». Era opportuno chiarire preliminarmente ciò, visto le
insistenti pretese del Comune di Foggia che, vantando crediti immaginari, pretendeva il sussidio per il Convitto “Lanza” anche per quegli anni in cui il Consiglio
ne aveva soppresso la partita dal bilancio.
Si deliberò per l’anno 1900 il sussidio a favore del Convitto, ma «senza alcun
vincolo di continuità».
L’ampliamento del Palazzo Lanza
L’importanza delle Scuole tecniche e ginnasiali e dell’annesso Convitto, testimoniata dall’aumento degli alunni, aveva già indotto l’Amministrazione comunale, il 22 gennaio 1908, a deliberare un ampliamento del Palazzo Lanza. Nel progetto «si trasse partito dal lato libero a sud del Cortile grande dell’edifizio affinché si riuscisse nello scopo di procurare nuovi locali».
La costruzione del nuovo corpo di fabbrica avrebbe chiuso il suddetto lato del
cortile, senza peggiorare le condizioni di vivibilità dell’edificio: il cortile, benché
ridotto, aveva le considerevoli dimensioni di metri 53,75x26,00. Sarebbe stato
ancora sufficientemente ampio, ben soleggiato e ventilato: i corpi di fabbrica, che
lo delimitavano ad ogni lato, erano infatti piuttosto bassi. Le due facciate, sia
quella sul prospetto sia l’altra nel cortile, riproducevano fedelmente l’architettura
dell’edificio già esistente, parallelo al giardino pubblico e limitrofo a via Galliani19.
Per rendere più funzionale il Palazzo, il preside Rozzolino aveva già chiesto e
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18 ASFG, Amministrazione
Provinciale di Capitanata, 1860-1959, busta 538, fascicolo 13/9.
La relazione è firmata dall’ingegnere Municipale (firma illeggibile) e dall’ingegnere capo.
[ASCFG, categoria 10, classe 7, busta 127, Edificio Lanza]
19
110
Il Regio Liceo Lanza
ottenuto la realizzazione dell’impianto del gas. Un impianto motivato da esigenze
didattiche, come ampiamente esposto in una lettera al Sindaco del 13 luglio 1907:
«Come feci notare all’ill.mo signor Ingegnere Zicari, che venne insieme all’appaltatore della manutenzione dei locali ad ispezionare questo edifizio, è indispensabile che almeno cinque aule scolastiche siano illuminate a gas. Specialmente in
tempi d’esame, quando debbono funzionare contemporaneamente e separatamente 5 sottocommissioni, sia per la revisione degli scritti, sia per gli esami orali, si
è costretti a sospendere ogni lavoro alle ore venti e trenta al più tardi non essendo
possibile continuare con la debole illuminazione di una lampada a petrolio, che
se a stento basta per il tavolo de’ professori non illumina né il resto dell’aula, né
la lavagna sulla quale devono sostare gli esaminandi. Ne viene perciò di conseguenza che, non potendosi cominciare le operazioni di esame nelle calde ore canicolari e dovendosi sospenderle sull’imbrunire, il tempo utile è limitatissimo, e
si è quindi costretti ad impiegare il doppio dei giorni, con scapito e lagnanze dei
professori e degli alunni, inconveniente che sarà di certo evitato quando si avranno aule bene illuminate, nelle quali si potrà prolungare il lavoro fino alle ventidue
e trenta. Ne è a dire quanto tale necessità si risenta più nella sessione autunnale,
quando cioè annotta prestissimo. Prego quindi V.S. Ill.ma di voler dare le opportune disposizioni, perché sia effettuato subito l’illuminazione a gas. Firmato: Il
Capo d’Istituto Rozzolino».
Il 9 novembre 1909, il Preside scrive ancora al Sindaco di Foggia per chiedergli di installare un orologio sul fronte del Palazzo Lanza: «Questo edifizio scolastico, quantunque sin dall’epoca in cui sorse sia stato fornito in sulla facciata del
sito in cui collocarvi un orologio, attende invano ancora l’orologio stesso. Si fa
notare a Vossignoria che il detto orologio gioverebbe non poco all’abbellimento
del nostro più importante istituto scolastico, nello stesso tempo che servirebbe e
agli alunni e al pubblico di un vasto rione sprovvisto affatto di orologi».
Nel 1916, era in corso la prima guerra mondiale, il Governo requisì Palazzo
Lanza per istituirvi un Ospedale Militare Succursale di Riserva, dipendente da
quello di Ancona. Il direttore dell’Ospedale, l’8 luglio 1916, scrisse al Sindaco
chiedendogli l’urgente sgombero dei locali: «Questa Direzione prega Codesto
Ufficio di voler disporre per lo sgombro del locale nel R. Liceo Lanza dove è
depositata la roba del Convitto, per poterlo adibire ad uso di ricovero del crescente numero di feriti. Si rimane in attesa di un cenno di assicurazione in proposito.
Firmato tenente colonnello medico Fania».
Il 9 luglio 1916, l’economo del Convitto scrisse anch’egli al Sindaco: «Mi
premuro comunicare alla VS Ill.ma che ieri fui chiamato in Convitto dal signor
De Maria, perché si voleva far sgomberare la stanza ov’è depositata tutta la roba
di detto Convitto ed essendomi rifiutato, gli consigliai rivolgersi direttamente alla
S.V. Ill.ma e mi soggiunse che ne avrebbe fatto scrivere direttamente dal colon-
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
111
nello Sig. Fania. Stimo pure necessario mettere a sua conoscenza che, all’epoca
della consegna della robba (sic), feci mettere ed inchiodare alla porta della stanza
quattro spranchette (sic) di ferro, che ieri non rinvenni; ne feci richiesta, ma nessuno mi seppe dir nulla. Aperta la porta, mi sembrò che tutto era a posto, però a
maggior sicurezza interesso V.S. Ill.ma di far mettere un catenaccio, ond’evitare
qualsiasi inconveniente. Con ossequio. Firmato Palatella».
Lo sgombero venne effettuato il giorno successivo. L’inventario20 dei beni fu
sottoscritto il 20 luglio 1916 dal consegnatario de Maria, che informò il Sindaco:
«Mi pregio di partecipare a V.S. Ill.ma che ho preso in consegna gli oggetti sottoelencati di proprietà di questo Comune, assumendo obbligo di custodirli e di
restituirli ad ogni richiesta della S.V., giusto nostro accordo verbale».
Le scuole ospitate nel Palazzo Lanza erano state costrette a traslocare, per
esigenze belliche, già dal 1915: la Scuola Tecnica passò al Convento del Salvatore; il Liceo-ginnasio al Palazzo Vescovile; per il Convitto non fu reperito un locale adatto e l’Amministrazione fu costretta a «smetterlo».
Finita la guerra, mentre le due scuole ritornarono nei rispettivi locali del Palazzo, il Convitto restò fuori in quanto l’ala dell’edificio ad esso riservata fu occupata dalle scuole elementari che, essendo aumentato il numero degli alunni,
avevano bisogno di altre aule nonostante si effettuassero i doppi turni. Si ipotizzò,
quindi, il “sovralzamento” del secondo piano di Palazzo Lanza per adibirlo a
Convitto, adducendo la sua elevata utilità sociale non solo per la città di Foggia,
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
20
L’elenco comprende: ventuno testiere di lettini in ferro; due molle da lettino; tredici materassini
di lana; sei materassini di vegetale; un materasso di lana da una piazza e mezzo; diciassette guanciali di lana; una coperta imbottita; due stiponi (armadi) dipinti avana; due cumò di cui uno con
marmo; un pianoforte a verticale (cancellato); un etager (elegante mensola di noce) verniciato nero;
quattro colonnette con marmo; ventidue tavole da letto; un tavolinetto ovale verniciato nero; due
poltroncine tappezzate verde; un divano tappezzato verde; due tavoli, uno dei quali a due tiretti e
una gamba mancante, per Istitutore; un “cumoncino” dipinto acero con due tiretti e con armadietto
a vetri, di convittore; una lavagna con corrispondente piede; un attaccapanni; una cassa grande
contenente disegni e non dipinta; una cassa piccola dipinta grigio con mascatura chiusa, da convittore; un grosso palo di legno colore avana; quattro cassette per pulire scarpe; una scala di legno; una
bandiera di tela di percalle, con asta; un vaso da fiori con rispettivo vaso di porcellana; tre banchi
da disegno con spalliere; nove quinte da teatro; tre scene da teatro con relative ossature; otto cavalletti; due ferri lunghi per tendine; due tavole lunghe per teatro; sei croci per armadio; cinque crocifissi in legno; due porta-bacile di ferro; un bacile di porcellana bianca; una sputaruola (sputacchiera) di porcellana (ferro smaltato); due lavapiedi di ferro smaltato; due vasi da notte di ferro smaltato con i coperchi corrispondenti; un catino di ferro smaltato, per acqua; due secchi di zinco; un
coprivaso di legno; quattro lumi a petrolio bianchi, con rispettivi paralumi; un lume a petrolio di
vetro bleu; due candelabri di metallo dorato; un lume a luce elettrica con statuetta di bronzo e paralume di vetro verde; quattro paralumi di stagno dipinti; un paralume di cristallo; quattro paralumi
di vetro per pere elettriche; una damigiana da 50 litri; un cupolino da suggeritore per teatro. [Archivio Storico Comunale Foggia, categoria 10, classe 7, busta 127, Edificio Lanza]
112
Il Regio Liceo Lanza
ma per tutta la Capitanata: «Se l’antica sede del Convitto è stata occupata, non è
cessata, per una città così importante per scuole per posizione e per popolazione,
il bisogno di avere un Convitto il quale dia alle famiglie quell’affidamento che
può dare un Convitto che abbia vita prospera e una equilibrata Amministrazione.
Per questo s’impone per la nostra Città avere un Convitto, perché altri non ve ne
sono: e la città risente molto di questa mancanza e con essa le scuole, per quanto
siano già molto popolose. Molti alunni forestieri sono costretti ad andare altrove
per mancanza di alloggio, o non trovando condizioni soddisfacenti».
L’Amministrazione comunale intende dare a questo problema, «che depone
della civiltà di una città», una soluzione immediata e definitiva, ristabilendo il
Convitto nello stesso Palazzo Lanza: sopraeleverà un secondo piano su quello già
esistente. La statica dell’edificio non ne sarà compromessa, «perché esso hà spessore di muri e profondità di fondazioni che permettono la detta sopraelevazione:
la quale si farà col demolire e ricostruire il tetto e i soffitti, con l’eseguire la costruzione dei muri perimetrali e divisori, solai, e tutto ciò che sarà necessario per
la costruzione capace di rispondere allo scopo»21.
Negli anni Trenta, l’Amministrazione podestarile, ritenendo necessaria ed urgente l’istituzione di un educandato maschile, del quale Foggia era priva da quando nel 1923 fu “dismesso” il convitto di Palazzo Lanza, scartata l’ipotesi di inglobarlo nel Palazzo degli Studi di Piacentini, ne commissionò il progetto allo stesso
architetto. L’area individuata per la costruzione era compresa fra il Palazzo degli
Studi e il Regio Istituto Industriale “Altamura”. Il progetto non verrà finanziato
con il Programma del primo quinquennio dell’Amministrazione, che diede priorità alla soluzione di «problemi elementari della vita cittadina». In seguito non
sarà più preso in considerazione22.
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21 ASCFG, categoria 10, classe 7, busta 127, Edificio Lanza, relazione dell’Ufficio Tecnico Comunale di Foggia del novembre 1921.
22 COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, pp.
124-125; immagine convitto di Piacentini p. 124.
Marcello Piacentini. Prospetto del convitto.
[COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, p. 124]
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
113
114
Il Regio Liceo Lanza
STATUTO DEL CONVITTO
(1869)
Provincia di Capitanata.
Circondario di Foggia.
Amministrazione Comunale della Città di
Foggia.
Estratto del processo dei deliberamenti
renduti con numero undeci votanti dal
Consiglio Comunale di Foggia nella sessione straordinaria del tre Settembre 1869
per seconda convocazione.
Indi allo invito inscritto spedito a domicilio
a ciascun Consigliere per seconda convocazione di sessione straordinaria, consentita dalla Prefettura, giusta il verbale di ieri
per non seguita riunione in numero legale
in prima convocazione, sono oggi intervenuti in questa aula consiliare i Signori
Scillitani Lorenzo, Sindaco presidente, ed i
Consiglieri Berardi Domenicantonio, Accettulli Luigi, di Mauro Giuseppe, Celentani Nicola, de Nittis Giovanni, Della Rocca
Giuseppe, Severo Francesco, Bianco
Lopèz, Nannarone Michele, Nannarone
Raffaele.
Fatto lo appello nominale e constatato l’intervento, il Sig. Sindaco ne à preso atto, ed
à dichiarato aperta la seduta.
A far sì che il Convitto Comunale Lanza,
già in via di positivo incremento, si abbia
ogni possibile perfezionamento, il Sig. Sindaco à dichiarato avere fin da mesi or sono
incaricato il Rettore a formulare un regolamento interno, il quale, compilato, venne
sottoposto allo esame del Consiglio Direttivo, che lo ritenne. Ed occorrendo che
venga ora sanzionato dal Consiglio Comunale, lo stesso Sig. Sindaco, richiamandolo
dal Banco di presidenza, lo à sottoposto
alla sua censura per gli analoghi provvedimenti di risulta. Ed il Consiglio accoglien-
do di buon grado la proposta è passato allo
esame di ciascun articolo degli articoli che
lo compongono.
Esaurita la discussione, il regolamento in
parola andrebbe formulato nella seguente
lizione:
Regolamento del Convitto Lanza, annesso
al Liceo Ginnasiale del medesimo nome in
Foggia.
1. Il Convitto Lanza aperto nell’edifizio
già Collegio delle Scuole Pie in Foggia
già dal mese di novembre 1868 intende
all’educazione fisica, intellettuale e
morale de’ giovanetti perché questi riescano un giorno cittadini costumati, intelligenti e vigorosi.
2. Il Convitto è ordinato sulli basi dei
Convitti nazionali e non lascia desiderar nulla di quanto è richiesto a far
prosperare un Istituto di tal genere.
Ogni compagnia à il suo dormitorio, la
sua sala, da studio e da ricreazione, ed
il suo lavatojo particolare, ciascuna di
una sufficiente capacità, e tutte bene
arieggiate.
3. Le domande per l’ammissione debbono
essere indirizzate al Rettore, accompagnate:
a) dalla fede di nascita, dalla quale apparisca, che l’alunno aspirante non
abbia oltrepassata l’età di anni dieci. Il
Consiglio di vigilanza però, quando lo
chiegga il Rettore, può ordinarne l’ammissione anche quando l’alunno abbia
oltrepassato l’età sopradetta; purché
non sia maggiore degli anni 12;
b) dal certificato di un medico come
abbia egli sofferto il vajuolo, o subitane
l’inoculazione. Il medico del Collegio
osserverà se l’alunno sia di sana complessione, ed esente da malattia cronica
o contagiosa.
4. Gli alunni nel loro ingresso al Collegio
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
5.
6.
7.
8.
sono sottoposti ad un esame per l’accertamento degli studj fatti.
Per quelli che non son trovati ancora
idonei all’istruzione ginnasiale, v’ha
una scuola preparatoria, divisa in due, o
più sezioni, affidate ad uno, o più maestri, secondo che richiede il bisogno.
Preparati che sieno convenientemente,
passano alle lezioni del Ginnasio, e
quindi del Liceo, comuni (e)ziandio
agli alunni esterni, i quali sono disposti
per modo che questa comunanza giovi
alla reciproca emulazione degli uni e
degli altri, ed al progresso negli studi.
Oltre l’istruzione Ginnasiale, e Liceale,
ànno, ancora a spese dell’Istituto, le lezioni di Lingua Francese, di Calligrafia,
di Declamazione, di Ginnastica, di
Ballo. A proprie spese poi possono
prendere quelle di Pianoforte, di Scherma, di Disegno decorativo, di Paesaggio e di figura, nonché di Lingua Inglese e Tedesca, le quali due ultime sono
date per ora praticamente al pubblico da
due Professori dell’Istituto.
I più meritevoli per bontà, diligenza e
profitto negli studj sono sempre più incoraggiati con premi, sieno mensuali,
sieno annuali. Nelle classi Liceali, ove
si dà opera allo studio delle tre Letterature italiana, latina e greca, e delle
Scienze, è bastante incitamento l’amor
del bello e della pazienza, e il decoro
ch’essi arrecano nella vita. Nelle altre
classi si tiene sempre viva una nobile
emulazione, che gli animi giovanili naturalmente cupidissimi di lode spinge a
far le prove, che possono maggiori, del
loro impegno per conseguirvi premj;
sicché spesso v’ha più bisogno di freno
che di sprone. Son lasciati mai riposar
sicuri nella negligenza, perocché l’ordine stabilito è tale, che ad ogni momento
ciascuno, pe’ il giro naturale delle cose
115
può trovarsi obbligato à dar conto del
proprio studio ed a scapitare perciò nei
meriti e nell’onore, se sia scoperto o
poco attento, o men preparato.
9. I premj non consistano in aumento di
pietanze, in insolita diminuizione di
studio, in sonno prolungato o in altro
che di simile, ma siano o libri desiderati, o nonché innocui, ma altresì utili; o
visite straordinarie ai parenti, o testimonianze di lode, scritte o a voce al cospetto della propria classe, o di tutti, o
del Consiglio di vigilanza; o infine,
pubblicamente nella solennità della distribuzione de’ premj.
10. Rarissimo, e mansueto il castigo, e
quasi sempre nell’onore. Le pene per le
trasgressioni sono le seguenti:
a) privazione di parte o dell’intera ricreazione con occupazione o senza di lavoro pertinente allo studio;
b) posto separato dagli altri, ed in silenzio;
c) privazione della passeggiata;
d) privazione delle visite dei parenti;
e) privazione delle visite ai genitori nei
giorni stabiliti dal Regolamento;
f) ammonizione del Rettore al cospetto
della compagnia;
g) ammonizione al cospetto di tutti i
Convittori, con minaccia di espulsione;
h) camera di riflessione, ove il Convittore vigilato al di fuori deve occuparsi
in qualche lavoro;
i) espulsione dal Convitto.
11. L’anno scolastico si chiude in fin di
giugno con la prova degli Esaminandi,
e con la solenne distribuzione dei premj,
e si riapre il 1° settembre.
12. Negli Esami, spogli di ogni pompa di
pubblicità e di apparecchi, gli alunni
rendon conto di quanto studiarono
nell’anno.
13. Chi avrà dato saggio di aver molto pro-
116
Il Regio Liceo Lanza
fittato per tutto l’anno negli studj, secondo un criterio di una norma stabilita
prima nel Consiglio de’ professori, riceverà un pubblico attestato di benemerito, ed un premio consistente in una
medaglia d’oro o d’argento, secondo il
grado del merito, ed in qualche libro.
14. Il trattamento ordinario consiste in una
zuppa di latte e caffè per colazione; in
tre pietanze con pane, vino e frutta nel
pranzo; in pane e frutta per merenda; in
una insalata ed una pietanza con pane,
vino e frutta per la cena.
15. Si à per le malattie ordinarie un medico
ed un chirurgo pagato dall’Istituto. Le
medece (medicine) però e tutto ciò che
suol somministrarsi a stato di medece,
vanno a carico degli alunni.
16. Per gli ammalati si avranno tutte le cure
possibili, da suprare persino quelle che
i medesimi potrebbero avere nelle proprie famiglie.
17. La pensione annua è di L. 480, e si paga
per trimestre anticipato, né s’intende
punto sospesa ed interrotta per qualsiasi
temporanea assenza dell’alunno dal
Convitto. Il pagamento dei trimestri si
fa nel 1° dei mesi di Novembre, di Febbraio, di Maggio e di Agosto. Se vi
sono ad un tempo nel Convitto tre fratelli germani, il terzo paga la metà della
pensione; se ve ne sono più di tre, l’ultimo gode il beneficio del posto gratuito.
18. Per somministrazione di carta ed inchiostro ogni alunno pagherà con la
pensione trimestrale L. 3.
19. Se l’alunno entra nel corso del trimestre, pagherà la parte della pensione pel
tempo che rimane al compimento di
quel trimestre, più il trimestre seguente.
Ogni metà del mese incominciato si
computa per giorni quindici.
20. Chiunque intenda ritirare un alunno dal
collegio dovrà darne l’avviso al Rettore
tre mesi innanzi. Quando non proceda
questo avviso, l’Amministrazione è nel
dritto di richiedere il pagamento di un
trimestre di pensione al giorno dell’uscita dell’alunno dal Collegio.
21. L’alunno poi che ne sia rimandato o per
mancanza abituale allo studio, o per
indisciplina, o per altra grave cagione,
pagherà solamente il trimestre in
corso.
22. Per le spese urgenti e straordinarie ogni
Convittore manterrà sempre un deposito di L. 30, che sarà integrato alla fine
di ogni trimestre col pagamento della
pensione.
23. Ogni Convittore deve avere il corredo
com’è descritto nella Tabella che fa seguito al presente regolamento. Questo
corredo dovrà essere, quanto si può,
segnato con le iniziali del cognome e
nome dell’alunno, e col numero di matricola che sarà dato dall’accettazione.
Il corredo sarà consegnato alla persona
del Collegio a ciò deputata, la quale ne
terrà nota in un registro particolare, e
dovrà essere rifornito in ogni sua parte
secondo che occorrerà. Quando gli arredi, indispensabilmente richiesti dalla
pulitezza, dal decoro e dall’istruzione
degli alunni, non saranno somministrati
a tempo debito dai loro parenti, il Rettore, o chi ne fa le veci, li provvederà
d’ufficio. Le spese per ciò erogate dovranno essere rimborsate col primo trimestre successivo.
24. I Convittori che ànno famiglia in Foggia possono essere visitati da’ Genitori,
o Tutori, o da chi ne abbia dai medesimi
speciale incarico, e dai loro più stretti
parenti la domenica dalle 11 a.m. alle
12. Le visite in altri giorni e date saranno assolutamente vietate. Solo in caso
di malattia possono i medesimi essere
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
visitati anche più volte al giorno et
quelli poi che non ànno famiglia propria in Foggia si permette che siano visitati anche in giorni e date diverse da
quelle determinate nel numero precedente, eccetto però il tempo che gli
alunni sono in iscuola. A nessuno, che
non sia addetto all’Istituto, è permesso
senza licenza del Rettore uscire dalla
sala di ricevimento e passeggiare
nell’interno del Convitto.
25. Agli alunni che parimenti ànno famiglia
in Foggia, si concede l’uscita per l’intera giornata nel Capo d’anno, e nei giorni onomastici e genetliaci de’ loro genitori, ed in qualche occasione straordinaria, ed alcun’altra volta in premio a coloro solamente che lo avranno meritato
per profitto negli studi, e per la buona
condotta. Pei forestieri queste uscite
saranno concordate in altri giorni, a
giudizio del Rettore.
26. I Convittori saranno condotti alle loro
case dai propri genitori, o tutori, o da
altro loro stretto parente, e ricondotti
da’ medesimi al Collegio nell’ora determinata dal Rettore. A nessuno è permesso passare la notte fuori del Convitto. Chi rientrerà dopo l’ora indicata,
sarà privato dell’uscita nel primo giorno, che gli toccherebbe, successivo alla
mancanza, o punito con altro castigo
maggiore. Chi poi non si ritirerà la sera
in Convitto senza straordinario e giustificato motivo, ne sarà senz’altro licenziato.
27. Ai soli Convittori ammalati si permette
di pernottare fuori del Collegio quando
sarà giudicato dai medici esservi bisogno di mutamento di aria fuori di Foggia, e quando la malattia fosse pericolosa.
28. Il Rettore non assume veruna responsabilità per il tempo che gli alunni restano
117
fuori del Collegio, affidati alle rispettive famiglie. Per altro si riserva di punire anche le mancanze commesse durante questo tempo, quando sieno riconosciute provate e pubbliche, come sarebbe girar soli per la città, fumare...
29. A ravvivare negli alunni gli affetti di
famiglia, e ritemprarne gli animi nelle
gioje domestiche, ed a rinfrancarli delle
fatiche scolastiche dell’anno, si concede loro di dimorare tra i 15 e i 20 giorni
in seno alle rispettive famiglie nel
tempo delle vacanze autunnali, avvertendo che debbono trovarsi pronti a rientrare in Convitto nel giorno designato dal
Rettore.
30. È vietato espressamente di consegnare
checchesia agli alunni senza licenza del
Rettore. Si raccomanda specialmente di
non somministrare loro danaro, del
quale non possono avere pronto bisogno, e che deve al postullo essere depositato nelle mani o del Rettore, o del
Censore, che lo passerà all’alunno a
tempo e con misura.
31. Essendo principal cura dell’Amministrazione del Collegio fornire un vitto
sano e sufficiente, si raccomanda alle
famiglie di non mandar loro regali in
cibario, che non possono produrre che
danno alla disciplina ed alla sanità. I
doni si facciano piuttosto in libri, ed
altre cose, che possono servire alla
istruzione, ed all’utile diletto. È vietato
altresì far tener agli alunni orioli, catenelle d’oro o di argento, ed ogni altro
arnese di valore.
32. Tutte le lettere che non portano sulla
busta la firma, o l’indirizzo de’ genitori,
o de’ tutori degli alunni, saranno aperte
e lette dal Rettore.
33. Il Rettore prega i genitori, i tutori e
gl’incaricati degli Alunni in generale,
ad esporre a lui direttamente, e con
118
Il Regio Liceo Lanza
franchezza, le proprie osservazioni, le
proposte, i desiderj concernenti l’andamento economico, scolastico e disciplinare del Convitto, onde sia costituito
quasi un consiglio di padri di famiglia
in ajuto alla direzione, pel perfezionamento progressivo dell’Istituto medesimo.
Addì 3 Settembre 1869.
Approvato. Il Sindaco Scillitani.
Il Consigliere anziano D. Berardi.
E però il Sig. Sindaco à messo ai voti: Se
ritenersi il regolamento interno pel Convitto Lanza composto di trentatré articoli, nel
modo come sopra è trascritto.
Eseguitasi la votazione per alzata e seduta,
I CONVITTORI DEL 1872
(Cognome e nome, paternità, patria, osservazioni)
1. Anziani Antonio di Vincenzo, Santagata di Puglia
2. Arcaroli Michele di Domenico, Vico
Garganico
3. De Angelis Michele di Giovanni, Torremaggiore
4. Barbato Nicola di Pasquale Antonio,
Sant’Agata di Puglia
5. Berardi Enrico di (Pier) Luigi, Ordona
6. Buccino Tobia di Federico, Torremaggiore
7. Buonfiglio Giovanni di Francesco,
Foggia
8. Buonfiglio Salvatore di Francesco,
Foggia
9. De Biase Angelo di Alfonso, Troia
lo stesso Signor Sindaco assistito dai Consiglieri della Rocca e Berardi ha rilevato
essersi la proposta ritenuta alla unanimità
con voti undeci, il perché ha proclamato
approvato e sottoscritto.
4 Settembre 1869
Firmato Il Sindaco Scillitani.
Il consigliere anziano D. Berardi. Il Segretario Comunale G. B. Postiglione.
Addì, 19 Settembre 1869 in Foggia.
Il presente verbale di deliberamento consiliare venne pubblicato all’albo pretorio di
questo Comune il dì 5 corrente, senza che
sia stata prodotta contra lo stesso alcuna
opposizione.
10. Della Bella Ferdinando di Ambrogio,
Vico Garganico
11. Della Bella Tommaso di Ambrogio,
Vico Garganico
12. Del Buono Fabio di Claudio,
Sant’Agata di Puglia
13. Caizzi Giovanni Giuseppe di Giovanni
Giuseppe, Foggia
14. Cibelli Giuseppe di Giuseppe, Cerignola
15. Ciavarella Giuseppe di Michele, Foggia
16. Chiaromonte Alfonso di Nicola, Poggimperiale
17. Colaminè Vincenzo di Giuseppe, Foggia
18. Capparelli Francesco di Enrico, Manfredonia
19. La Capria Paolo di Angelo, Foggia
20. Fantetti Giuseppe di Matteo, Torremaggiore
21. Frattaroli Pasquale di Lorenzo, Manfredonia
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
22. Fares Nicola di Pellegrino, Foggia
23. Gabriele Antonio di Pietro, San Marco
in Lamis
24. Giuliani Giovanni di Giuseppe, Sansevero
25. Giuliani Gennaro di Giuseppe, Sansevero
26. Giuliani Giuseppe di Orazio, Sansevero
27. Longo Michele di Giovanni, San Giovanni Rotondo
28. Lucatelli Tommaso fu Lorenzo, Foggia
29. Mazzei Potito di Vincenzo, Ortanova
30. Milena Gennaro di Costanzo, San Nicandro Garganico
31. Mari Mario di Giuseppe Foggia
32. Muscio Luigi di Tommaso, Foggia
33. Muscio Enrico di Tommaso, Foggia
34. Muscio Ernesto di Tommaso, Foggia
35. Muscio Luigi fu Saverio, Foggia
36. Della Martora Francesco di Luigi,
Foggia
37. Di Nunzio Pasquale di Vito, Canosa
38. Paolucci Terenzio di Carlo, Castelnuovo
39. Paolucci Diodato di Carlo, Castelnuovo
40. Paolucci Filiberto di Carlo, Castelnuovo
41. Pacilli Michele di Giuseppe, Sannicandro
42. Parente Cesare di Ferdinando, Troia
43. Piccirilla Francesco Paolo di Luigi,
San Marco in Lamis
44. Piccirilla Michele di Luigi, San Marco
in Lamis
45. Piccirella Alfonso di Luigi, San Marco
in Lamis
46. Del Pozzo Antonio di Pasquale, Foggia
47. De Paulis Carlo di Mattia, Bovino
48. Ricci Vincenzo di Luigi, Torremaggiore
49. Ricci Giulio di Pietro, Rignano G.co
50. Rispoli Luigi fu Donato, Foggia
119
51. Rosati Tommaso di Secondino, Troia
52. Russo Domenico di Ignazio, Foggia
53. Del Re Giuseppe di Leonardo, San Severo
54. Severo Raffaele di Pellegrino, Foggia
55. Serrilli Angelo fu Costantino, San
Marco in Lamis
56. Serrilli Emanuele fu Costantino, San
Marco in Lamis
57. Sibilla Attilio di Nicolò, San Marco in
Lamis
58. Spagnoli Michele di Paolo, San Marco
in Lamis
59. Spinelli Andrea fu Luigi, Ortanuova
60. La Stella Giuseppe di Raffaele, Foggia
61. Tardio Matteo di Giuseppe, San Marco
in Lamis
62. Trifiletti Luigi di Antonio, Foggia
63. Trifiletti Antonio di Pellegrino, Foggia
64. Trifiletti Alessandro di Giuseppe, Foggia
65. Valentini Ettore di Vincenzo, Foggia
66. Vergani Tito di Giovanni, Foggia
67. Villani Giuliano di Giovanni, San
Marco in Lamis
68. Villani Nicolò di Giovanni, San Marco
in Lamis
69. Villani Angelo di Giovanni, San Marco
in Lamis
70. Zammarano Adolfo di Gaetano, Foggia
[MCFG, Fondo Manoscritti, busta Liceo Lanza,
fogli 12421-12422]
120
Il Regio Liceo Lanza
BILANCIO LICEO-GINNASIALE E CONVITTO (1° ANNO )
Preside-rettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.500,00
Direttore spirituale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300,00
Censore di disciplina/economo . . . . . . . . . . . . . 1.000,00
Liceo
Professore di letteratura italiana. . . . . . . 2.000,00
allo stesso per storia e geografia . . . . . . . . . . . . . . 200,00
Professore di letteratura latina e greca. . . . . . . . 2.000,00
id.
di matematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.000,00
Ginnasio id. di 5a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.800,00
id.di 4a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.800,00
id.di 3a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.500,00
id. di 2a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.500,00
id. di 1a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.500,00
Convitto Maestro elementare . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00
idem . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00
id. di lingua francese . . . . . . . . . . . . . . . . . 500,00
id. di calligrafia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00
id. ballo (col suonatore) . . . . . . . . . . . . . . . 500,00
id. ginnastica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Si avrà senza onorario giovine prodotto dal Municipio.
id. scherma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
id. declamazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Lezioni facoltative, od anco
obbligatorie a spese dei Geid. disegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
nitori.
id. musica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Istitutore (prefetto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00
idem
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.000,00
Cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00
Sotto-cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . 300,00
Cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00
Sotto-cameriere (due camerate) . . . . . . . . . . . . . . . 300,00
Infermiere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (L. 300 - farsene a meno)
Portiere (pel convitto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300,00
Bidello (per le scuole) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 600,00
Cuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 480,00
Guatteri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300,00
Barbieri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200,00
Lavandaia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150,00
Medico-chirurgo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240,00
Spese di cancelleria al Rettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
id. per Premi scolastici . . . . . . . . . . . . . . . . 100,00
id. di culto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400,00
id. Fitto (a 20 alunni e 12 del personale . . . . . . .
interno a L. 1,15 per giorni 360). . . . . . 13.248,00
Spese d’impianto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.000,00
id. casuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82,00
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Lire 45.000,00
}
}
[ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale 1866-1902, busta 24-25, fascicolo Lanza]
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
121
RENDICONTO, INTROITI ED ESITI DEL CONVITTO
Rendiconto degli introiti ed esiti attinenti
all’Amministrazione di detti stabilimenti pel
mese di gennaio, febbraio e marzo 1872.
Gennaio
1. Esatti n. 45 trimestri di 125 L. 5.625
più tre trimestri di mezza pensione . . . . .
187,50
2. Al Fabbricatore Almerinto Fuiano
come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . .
29,50
3. Stampa di un bollettario . . . . . . . . . . . . .
14,50
4. Al Signor Paolo Leone per registri
ed altri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
15,000
5. Legatura del Bollettario. . . . . . . . . . . . . .
2.00
6. Al pittore Mariani per avere dipinto
la stanza del vicerettore . . . . . . . . . . . . . .
18,00
7. Al maestro Michele Tonti
come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . .
35,00
8. Spugne per le camerate . . . . . . . . . . . . . .
5,15
9. Al falegname Serracchia per una
scrivania di legno noce pel preside
come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . .
60,00
10. Alla Lavandaia per imbiancatura
della lingerie de’ superiori e
tovaglie del refettorio . . . . . . . . . . . . . . .
34,00
11. Per fosferi e lumini . . . . . . . . . . . . . . . . .
1,60
12. Al fabbricatore Fuiano
come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . .
30,00
13. Olio per convitto litri 19,50. . . . . . . . . . .
24,37
14. Scope arena ed altri . . . . . . . . . . . . . . . . .
4,21
15. Piatti dozzine 15 a L. 1,10. . . . . . . . . . . .
16,50
16. Zuppiere n. 35 a centesimi
40 l’una . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
14,00
17. Per una cucchiara di ferro
ed accomodi di caffettiera . . . . . . . . . . . .
1,45
18. Al coco pel vitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.552,32
Febbraio
1. Al Falegname Serracchia come da
nota ridotta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
46,50
2. Al Falegname la Torra pel cassettone
del campanello ed altri accomodi
come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . .
10,00
3. Al Fabbricatore Fuiano
come da nota ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . .
50,00
4. Per accomodo del sedile nel cesso . . . . . .
3,00
5. Accomodi di una fornacetta . . . . . . . . . . .
1,90
6. Per due setacci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5,00
7. A Gennaro Doria per vari oggetti
di cucina. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1,97
8. Olio per le camerate l. 16,50 . . . . . . . . . . .
25,22
9. Alla lavandaia per imbiancatura
delle lingerie de’ superiori e
tovaglie del refettorio . . . . . . . . . . . . . . . .
34,00
10. Petrolio litri 174 a 70 centesimi . . . . . . . .
121,80
11. Lumini e fosferi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1,40
13. Al coco pel vitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.225,41
Marzo
1. Alla lavandaia per imbiancatura
delle lingerie de superiori e
tovaglie del refettorio . . . . . . . . . . . . . . . .
122
Il Regio Liceo Lanza
STATUTO DEL CONVITTO
(1896)
Seduta del Consiglio comunale nella consueta sala di adunanza del Palazzo di Città.
Sono intervenuti il sindaco Cicella Avv.
Ernesto, e 22 Consiglieri: De Benedictis
Gaetano; Lo Re Antonio; De Biase Giovanni; Rispoli Gennaro; De Angelis Salvatore; Colaminè F. Paolo; del Pozzo Francesco; Accettulli F. Paolo; Priore F. Paolo;
Prestini Pietro; Del Mare Vincenzo; Abruzzese Carmine; Parisi Michele; Arbore Gennaro; Zicari F. Paolo; Zicari Antonio; Salerni Edoardo; Pastore Pasquale; Mascibelli Panfilo; Mongelli Vincenzo; Tota Felice;
Barone Michele.
Il testo dello statuto licenziato consta di 22
articoli.
Articolo 1°. Il Convitto comunale “Vincenzo Lanza” è governato dalle disposizioni del presente Statuto.
Articolo 2°. Il patrimonio del Convitto è
costituito dalla dotazione concessa dal
Comune e dalle rette pagate dai Convittori.
Articolo 3°. Al Convitto presiede un Consiglio di amministrazione composto dal
Sindaco Presidente o in sua vece dall’Assessore alla Pubblica Istruzione, da
un membro Consigliere e gl’inservienti
del Convitto. Provvede alla gestione del
patrimonio, prendendo in esame i bilanci preventivo e consuntivo, delibera
sulle ammissioni dei Convittori dopo
aver inteso il parere del Rettore, e decide sulle questioni disciplinari più gravi,
le quali interessino la vita del Convitto.
Articolo 7°. Il Rettore, sotto la sua responsabilità provvede nei casi disciplinari
più urgenti da sé, salvo a domandare
poi l’approvazione del Consiglio.
Articolo 8°. Il Consiglio d’amministrazione terrà seduta, dietro invito del
Presidente, una volta al mese, e discuterà il rendiconto consuntivo del mese
precedente e quello preventivo del mese
seguente.
Per gravi motivi potrà riunirsi anche più
di una volta al mese; e qualora tre membri ne facciano richiesta. Le adunanze
sono valide, se vi assiste la metà dei
membri più uno.
Le deliberazioni si prendono a maggioranza di voti.
Articolo 9°. Il Bilancio del Convitto verrà
approvato dall’Amministrazione comunale.
Articolo 10°. Sono ufficiali del Convitto:
1. Il Rettore che sarà sempre il Preside
del Liceo.
2. Il Censore.
3. L’Economo.
4. Il Direttore spirituale.
5. Gl’Istitutori.
Articolo 11°. A seconda dei bisogni potranno istituirsi corsi liberi mantenuti dal
Convitto di scherma, ginnastica, ecc.
Per lezioni di lingue straniere o di musica provvedono le famiglie.
Articolo 12°. Gli stipendii degli ufficiali e
degl’inservienti stabiliti dalla Tabella
A, sono pagati dall’Economo, con buoni
emessi dal Rettore, in dodici rate mensili equali posticipate. Il Censore e
gl’Istitutori avranno diritto anche al
vitto e all’alloggio in Convitto.
Articolo 13°. Il Rettore pubblica a stampa
ogni anno il rendiconto morale ed economico del Convitto a nome del Consiglio.
Articolo 14°. L’Economo riscuoterà le dotazioni comunale e provinciale e le rette
degli alunni in rate bimestrali anticipate
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
che terrà depositate a conto corrente
presso un Istituto di credito di fiducia
del Comune. Egli darà garanzia di sé
con danaro contante, vincolato alla
Banca d’Italia, o con cartelle del debito
Pubblico per l’ammontare di cinquemila lire.
Articolo 15°. Il Rettore verificherà ogni
quindici giorni la cassa, nella quale non
potrà mai esservi una somma superiore
ai bisogni del mese in corso.
Articolo 16°. La eccedenza verrà depositata alla Banca d’Italia con un libretto a
conto corrente, intestato all’amministrazione del Convitto.
Articolo 17°. Per lo svincolo della somma
basterà la firma del Rettore con l’autorizzazione del Consiglio.
Articolo 18°. Alla fine dell’anno i risparmi
saranno devoluti per miglioramenti materiali del Convitto, o verranno convertiti in rendita del Debito Pubblico per
costituire il patrimonio del Convitto.
Articolo 19°. L’economo provvederà al
buon andamento della dispensa e della
cucina, curando la maggiore possibile
economia, sotto la sorveglianza e gli
ordini del Rettore.
Articolo 20°. I Convittori pagheranno L.
500 annue per retta. Se vi saranno due
fratelli convittori, il 2° pagherà un terzo
di meno, se ve ne saranno tre, il 3° pagherà metà della retta, se quattro, uno
verrà ammesso gratuitamente.
Articolo 21°. Non saranno accettati altri
giovani, se non quelli che frequentano
regolarmente il Liceo, il Ginnasio,
l’Istituto Tecnico, le Scuole Tecniche e
le Scuole Elementari. Qualora il numero di queste ultime sia grande, si provvederà alla loro istruzione dentro il
Convitto.
Articolo 22°. Il Presente Statuto, approvato
dal Consiglio comunale, andrà in vigo-
123
re coll’anno scolastico 1896-97.
Tabella A
Stipendii degli ufficiali del Convitto Comunale “Vincenzo Lanza”:
– Rettore lire 1.800,00 senza vitto;
– 1 Censore lire 1.200,00 con vitto;
– 1 Economo lire 1.200,00 senza vitto;
– 1 Direttore spirituale lire 300,00 senza
vitto;
– 4 Istitutori lire 2.400,00 con vitto;
– 4 Inservienti lire 1.200,00 con vitto;
Totale: lire 8.100,00.
Letto, approvato e sottoscritto dalla Giunta
municipale, all’uopo delegata, oggi 23
Maggio 1896.
Il sindaco ff. E. Cicella.
Gli Assessori. E. Salerni, P. Miscitelli, Lo
Re.
Il Vice Segretario Capo Mele.
Per copia conforme all’originale redatto su
carta da bollo di centesimi 50.
Il Vice Segretario comunale Mele.
Visto. Il Sindaco ff. E. Cicella.
Pubblicata in conformità dell’articolo 113
della Legge comunale.
Addì 24 Maggio 1896.
Il Vice Segretario Mele.
124
Il Regio Liceo Lanza
LE PERPLESSITÀ DEL RETTORE MELILLO SUL CONVITTO
Illustre Signor Sindaco di Foggia.
Onorato della fiducia di codesta Amministrazione, accettai la nomina a Rettore, sia
pure in forma temporanea, nella speranza
di poter fare un po’ di bene ai giovani e con
la piena consapevolezza dei doveri e delle
responsabilità inerenti alla carica.
Alla distanza di quasi un mese dalla nomina, dopo aver vissuto in mezzo ai giovani,
dopo aver assistito, quasi semplice spettatore, alle varie manifestazioni della vita del
Convitto, sento il dovere di comunicare
alla S.V., agli Assessori, le mie impressioni, di dire loro, apertamente e francamente,
quale il Convitto è e quale dovrebbe essere,
per il vero bene dei giovani e per il decoro
della nostra città. E nel fare questo, non è
nell’animo mio il pensiero di censurare
l’opera degli altri, ma di giustificare soltanto l’opera mia, cui mi sono accinto con
costanza.
L’andamento di un convitto apparisce a
prima vista, all’esterno, dalla esplicazione
delle varie occupazioni della giornata.
Vi sono le ore dello studio, che devono essere sacre: ogni alunno deve stare al posto
che gli è assegnato e là attendere, in silenzio, a svolgere i suoi compiti di scuola,
senza permettersi, alla più piccola occasione, di recarsi ora da un compagno ed ora da
un altro, senza andare in giro per le diverse
sale, in cerca di un libro o di un quaderno.
Vi è l’ora del pranzo, ed ogni alunno deve,
nel mangiare, osservare tutte quelle norme
della buona creanza che devono essere
connaturate nell’animo dei giovani che vivono in Convitto.
Vi sono le ore di ricreazione, di passeggio,
che debbono essere ore di civile conversazione e di sollievo, informate a tutte quelle
gentilezze di modi e di tratti che sono in
uso fra figli di galantuomini. E vi sono poi
le ore del sonno, ore sane al riposo: in quelle ore il silenzio deve essere perfetto, né
alcuno deve permettersi di disturbarlo.
Queste diverse occupazioni della giornata
devono i giovani, che vivono in un convitto, imparare a rispettare con ordine e disciplina.
A cominciare dalla levata, la campanella
non suona per tutti. V’è chi si leva sollecito, v’è chi si leva riluttante e solo dopo
reiterate insistenze dei superiori e v’è chi si
leva all’ultimo momento a forza… E rimproverati, vi dicono che da otto anni mai si
sono levati, per privilegio, al suono della
campanella. E quando si esce dai dormitori
per andare negli studi o si esce dagli studi
per andare a scuola o a refettorio o a passeggio, i corridoi risuonano delle più disparate grida, di fischi, di urla: non si sa che
cosa sia il silenzio, che cosa sia andare in
fila per due, ordinati e composti: ve li vedete disordinatamente scappare, fuggire, fare
a gara a chi arriva più presto.
E manca negli atti più comuni, nella conversazione, quel certo che di signorile che
è proprio dei figli di gente perbene: vi è in
tutto una volgarità che fa tanto male a chi
ci capita in mezzo la prima volta. Persino
nel mangiare, a tavola, ve li vedete, in
buona parte, ed i più grandi, non so se ignari o negligenti soltanto delle norme più
elementari che detta un libricino di pochi
soldi.
Vi è un regolamento, lo so; ma il regolamento è restato del tutto lettera morta; e ci
vuole una mano ferma e costante che lo
faccia osservare, richiamandolo a vita.
Debbono i giovani acquistarlo per intero il
senso dell’ordine e della disciplina; debbono sentire profondo il rispetto che ciascuno
deve nutrire per la propria dignità, per la
propria persona. Né quest’ordine e questa
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
disciplina nelle citate diverse occupazioni
può ottenersi così di botto, in una volta.
Togliere abusi, correggere cattive inveterate abitudini è difficile. Ci vuole tempo, innanzi tutto, ci vuole tatto, pazienza e poi
forza e costanza. Le difficoltà, nel regime
di un istituto specialmente, bisogna insensibilmente, gradatamente sgretolarle, una
per una, e non affrontarle tutte in una
volta.
Né per ottenere questa disciplina basta la
sola opera del Rettore. Sono necessarie al
Rettore le braccia per ottenere buoni frutti.
E le braccia del rettore sono gli altri superiori, specialmente gl’Istitutori. La disciplina è quasi tutta nelle loro mani. Sono essi
in immediato contatto coi giovani, quelli
che, primi, ne vedono ed osservano le tendenze e gl’istinti. Se gli istitutori, dimentichi dei propri doveri, scendono coi giovani
loro affidati a facili transazioni e per una
eccessiva familiarità perdono ogni prestigio, la disciplina è compromessa.
Solo con l’aiuto degli altri superiori può il
Rettore ottenere, in qualche modo, ordine e
disciplina. E dico, in qualche modo, a ragion veduta, poiché al vero e completo ordine, alla esatta disciplina concorrono tanti
altri coefficienti, non ultimo il locale. E il
nostro locale, sorto per altri usi fuorché per
quello di convitto, non risponde ai bisogni
della disciplina. Mancano delle sale per
trattenere i giovani nelle ore di ricreazione;
sono malamente disposte le sale di studio;
e le latrine, poche e malamente distribuite e
malamente tenute, offrono seri inconvenienti che solo un’oculata vigilanza può
attenuare.
In tutti i modi però, poiché l’ottimo è nemico del bene, la disciplina e l’ordine bisognerà ristabilirli, quanto più è possibile; e a
questo, fiducioso, io consacrerò tutte le mie
forze.
Ma quando si sarà riusciti ad avere quest’or-
125
dine e questa disciplina esterna, se si sarà
fatto un gran passo verso il buon andamento del Convitto, non si sarà fatto però tutto.
Si sarà fatta, per così dire, la parte negativa;
e invece l’opera di un istituto di educazione
deve essere positiva, diretta a formare
l’animo, la coscienza, il carattere dei giovani.
Il Convitto deve essere la continuazione
della famiglia: l’opera della direzione di un
Convitto deve essere eminentemente educativa. Come e quando la Direzione di un
Convitto debba svolgere questa sua opera
educativa, non è qui il caso di dire. È
un’opera vasta e difficile che ha giustamente sempre preoccupato la mente dei reggitori di anime. Ne accenno solo le linee
principali. Deve la direzione di un Istituto
di educazione, completando l’opera della
scuola, gettare nell’animo dei giovanetti i
germi di una coscienza retta, formarvi un
nucleo di convinzioni precise e dritte che
sieno di guida nella vita, perché inizino la
loro missione nella società con l’animo
pieno delle più belle idealità, fiduciosi
delle proprie virtù.
A questo bisogna elevare i nostri giovani.
Se in questa opera d’elevazione e di correzione, per il bene dei giovani e per l’onore
della città, che è anche mia, la mia persona
potrà essere utile, starò come soldato al suo
posto e finché mi sorride la speranza di non
spendere opera vana; ma se questa speranza, per fortuite circostanze, dovrà venirmi
meno, cederò, volentieri e senza rancore
alcuno, ad altri il posto.
Il bene vero dei giovani e l’onore della
città, sopra tutto.
Foggia 26 dicembre 1914
Professor Michele Melillo
[ASCFG, Categoria 9 Istruzione, busta 87, Con-
126
Il Regio Liceo Lanza
Il Convitto annesso al Liceo-ginnasio
127
Le domande di Matteo Luigi Guerrieri e Silvio Petrucci (pagina a lato) per essere nominati
istitutori del Convitto “Lanza”. [ASCFG, cat. 9, busta 87]
La “fabbrica” del consenso
La riforma Gentile del 1923, nata nel clima di rinnovamento culturale e filosofico del primo Novecento, e considerata da Mussolini come “la più fascista
delle riforme”, si contraddistinse per la globalità dell’intervento, che teneva conto
delle istanze espresse durante l’età giolittiana. Gli sforzi maggiori furono dedicati al liceo classico. Gentile lo riportò al centro della scuola italiana, rendendolo
severo, selettivo, aristocratico. Marcato fu il segno della cultura idealistica1. Fra
gli interventi qualitativi vi furono gli abbinamenti di storia e filosofia e di fisica
e matematica e l’abolizione dell’insegnamento di storia naturale, introdotta nei
programmi del 1882 per una scelta positivistica.
Il liceo classico era l’unica scuola che “apriva” tutte le facoltà universitarie.
Gentile gli affiancò il liceo scientifico, cui furono affidati due compiti: formare la
classe dirigente orientata verso le professioni tecnico-scientifiche; evitare l’affollamento del liceo classico. L’istituto tecnico fu lasciato fuori dalla riforma, restò
di pertinenza del Ministero dell’Industria: gli iscritti potevano scegliere due corsi,
uno di ragioneria e commercio, l’altro di agrimensura. «Un’altra innovazione –
sottolinea Giuseppe Ricuperati – fu il liceo femminile, una scuola pensata per
l’alta e media borghesia, che faceva proseguire gli studi alle proprie figlie fino
all’età del matrimonio, per prepararle al compito importante, ma subalterno, di
moglie e di signora. Con tale innovazione Gentile sperava di scaricare una parte
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, in Storia d’Italia, Einaudi, Torino, 1975, vol. V, tomo
2, p. 1713.
130
Il Regio Liceo Lanza
delle ragazze che affollavano, inutilmente e quindi in modo didatticamente dannoso, liceo e scuole normali»2. Il tentativo non ebbe successo.
Dopo la prima guerra mondiale, la componente femminile era diventata sempre più numerosa, sia fra gli alunni sia fra gli insegnanti. Ma le docenti erano
ancora considerate delle “presenze pericolose” che potevano pregiudicare, con un
abbigliamento provocante, la moralità degli studenti. Questa mentalità persiste
tenacemente anche negli anni successivi. Nel 1927 il ministro dell’Istruzione
Fedele invia ai Presidi di tutta Italia una circolare riservata “sulla tenuta delle
insegnanti”: «Reputo sia opportuno consigliare alle insegnanti di ogni ordine di
presentarsi agli alunni, nelle classi, vestite con quella dignitosa modestia che
appar più degna del severo ufficio ad esse affidato. Credo anzi che sia conveniente che le insegnanti indossino nelle classi una lunga vestaglia, chiusa al collo ed
ai polsi, come si richiede generalmente dalle Alunne dei nostri Istituti. Del resto
non dubito che fuori e dentro della Scuola le insegnanti vorranno dare esempio di
quella compostezza nel vestire che è conforme alla nobiltà della loro missione»3.
Le alunne sono ancora inserite in classi miste, ma dopo il 1933 una disposizione
ministeriale imporrà la costituzione di sezioni distinte per maschi e femmine, richiamando i Presidi a “prevenire i pericoli della coeducazione”.
A livello burocratico-amministrativo, c’è un accentramento. I Provveditorati
non sono piú organizzati a livello provinciale, ma regionale. Il preside assume
gradualmente le caratteristiche di “capo d’istituto”. Mentre nella seconda metà
dell’Ottocento la sua maggiore incombenza era la compilazione in bella grafia dei
verbali, nell’età giolittiana egli diventa guida pedagogica, autorevole e paterna,
coordinatore della didattica4. Con la riforma Gentile, si afferma la figura del presideduce5, con un forte potere: egli valuta, con le famigerate note di qualifica, le
capacità didattiche degli insegnanti che gli sono direttamente soggetti. Il preside
risponde soltanto ai propri superiori: il Collegio dei docenti, unico momento di
gestione democratica della scuola, viene esautorato.
Dal 19236 i presidi vengono scelti dal Ministero tra i professori laureati con
almeno un quadriennio di anzianità come ordinari. Dalla scelta sono escluse le
donne. I ruoli previsti sono due: il primo ruolo; il secondo ruolo, nel quale rienqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 G. RICUPERATI, “La scuola nell’Italia Unita”, in Storia d’Italia, Einaudi, Torino, 1975, vol. V, tomo
2, p. 1715.
Cfr. http://www.liceotorricelli.it.
4 Ivi, p. 1713.
5 Il neologismo è stato coniato da SANTONI-RUGIU, Il professore nella scuola italiana, Firenze,
1968.
6 Cfr. R.D. 6 maggio 1923, n. 1054, Ordinamento della istruzione media e dei convitti nazionali.
(Gazzetta Ufficiale del 2 giugno 1923, n. 129).
3
La fabbrica del consenso
131
trano i presidi di ginnasio isolato e di scuola complementare. I presidi dei licei
ginnasi, degli istituti tecnici e degli istituti magistrali e di altri istituti, la cui popolazione scolastica supera il numero di 250 alunni, sono dispensati dall’insegnamento. Ma spesso, per mancanza di docenti, assolvono anche a questo compito,
prestando in cattedra lo stesso orario d’obbligo di un professore. Ai presidi è vietato insegnare in altri istituti, impartire lezioni private ed esercitare qualsiasi
professione libera. Tocca loro, oltre allo stipendio, una speciale indennità di carica, che varia a seconda delle dimensioni della scuola di servizio. Le supplenze e
gli incarichi sono conferiti direttamente dal preside, che nella scelta tiene conto
dell’eventuale servizio militare in reparti combattenti svolto dagli aspiranti professori, e dei loro risultati nei pubblici concorsi. In caso di contenzioso è ammesso il ricorso al Provveditore agli Studi, la cui decisione ha carattere definitivo. Il
numero dei corsi completi e delle cattedre, e quindi dei posti di ruolo dei docenti,
viene determinato per ogni biennio in base alle norme stabilite per ciascun tipo di
istituto dal Ministro dell’Istruzione, d’accordo con quello delle Finanze.
Nessuna classe può avere più di 35 alunni. Nella reale prassi scolastica, le
deroghe sono però all’ordine del giorno, con classi sovraffollate, specie negli anni
centrali del Ventennio. I Presidi sono costretti a rifiutare numerose iscrizioni,
specie nelle prime classi, per “incapienza” delle aule, ma talvolta accolgono fino
a cinquantuno studenti per classe. Accadde anche al “Lanza” di Foggia.
L’Onb e la Gil
Per integrare la sua mission educativa, il fascismo crea un’istituzione, l’Opera
Nazionale Balilla (Onb7), con uno specifico compito: preparare i fascisti del domani. Il primo presidente è Renato Ricci.
L’Opera comprende quattro organizzazioni, con tesserati dagli otto ai diciotto
anni: balilla; avanguardisti; piccole italiane; giovani italiane. Dall’Avanguardia si
passa ai Fasci giovanili, alla Milizia e al Partito. Ciò avviene mediante il rito della
“Leva fascista” che si svolge in tutta Italia il 24 maggio, anniversario dell’entrata
dell’Italia in guerra, «inizio del rinnovamento nazionale». Il Duce sceglie per il
rito simbolico lo stesso giorno in cui «la Rivoluzione ebbe inizio».
Le finalità dell’Onb sono varie: migliorare la preparazione degli insegnanti di
educazione fisica (a tal fine vengono istituite l’Accademia Fascista di Roma e
l’Accademia Fascista Femminile di Orvieto); fare propaganda tra le famiglie e tra
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
7
La Legge istitutiva dell’Opera Balilla è la n. 2247 del 3 aprile 1926.
132
Il Regio Liceo Lanza
Visita dell’onorevole Ricci in Capitanata. [Archivio Masullo Fuiano]
i giovani a favore della ginnastica e degli sport, in modo da creare un clima «che
non sia ostile all’educazione fisica». L’attività delle bambine e delle ragazze
iscritte è quella «che si addice alla loro età, al loro sesso, alle funzioni che devono esercitare nella società fascista». Esse seguono corsi di taglio e cucito, ricamo,
igiene, pronto soccorso, puericultura, economia domestica, ginnastica ritmica, ma
partecipano anche a gite ed escursioni.
Ai ragazzi dell’Onb sono suggerite delle regole di bon ton da osservare nei
confronti delle coetanee: i balilla e gli avanguardisti dovranno «guardare le loro
camerate con massimo rispetto e dar prova di gentilezza e cavalleria» tutte le
volte che nelle cerimonie e nelle manifestazioni si trovino a contatto con esse.
Nel 1935 il Duce concede la tessera anche ai bimbi dai sei agli otto anni: sono
denominati “figli della lupa”. La loro divisa riproduce la lupa capitolina che allatta Romolo e Remo. Una tessera speciale viene concessa ai neonati le cui famiglie ne facciano richiesta. Ma queste richieste sono “pilotate”: le puerpere e i loro
mariti ricevono un biglietto di auguri prestampato: «L’Opera Balilla di... ha appreso con vivo piacere la nascita del bambino... venuta ad allietare la sua famiglia
ed a portare il suo promettente sorriso nella gaia schiera dei ragazzi di Mussolini,
e, certa di far cosa gradita, porge insieme agli auguri più sinceri la tessera di iscrizione all’Opera Balilla». In carattere molto più piccolo segue un “nota bene”: «Le
SS.LL. vorranno versare la somma di lire 5, corrispondente al prezzo della tesse-
[Archivio Carelli]
[Archivio Di Milo]
La fabbrica del consenso
135
ra, a mezzo dell’unito modulo di versamento in c.c. postale, alla tesoreria
dell’Opera Balilla. In caso diverso la tessera sarà cortesemente restituita al Comitato provinciale dell’Opera Balilla in via...»8.
Probabilmente, pochi genitori ebbero la possibilità di versare cinque lire per
acquistare la tessera. Come non tutti poterono pagare le divise da marinaretti dei
loro bambini. Ad esempio, in un paese povero come Peschici, i ragazzini vestiti
di stracci, scalzi e con il volto segnato dagli stenti, erano uno spettacolo senz’altro
più rispondente alla realtà rispetto alle parate in camicia nera del Sabato fascista.
I genitori, che a malapena riuscivano a sfamare i numerosi figli e a vestirli, tramandandosi pochi capi di vestiario pieni di toppe e consumati da infiniti lavaggi,
erano costretti a pagare “profumatamente” le divise volute dal Regime. Non sempre riuscirono ad onorare il loro debito. Illuminante, a questo proposito, è la vicenda del maestro Michele Lo Buono, presidente della locale Onb, che nel 1931
commissionò alla ditta Achille Vitale di Torino delle divise da marinaretti per i
balilla e gli avanguardisti, per un importo abbastanza elevato: 1.432 lire. Dopo
aver atteso inutilmente sei mesi il pagamento per la fornitura, l’11 gennaio 1932
il titolare della ditta scrisse al Commissario prefettizio di Peschici, minacciando
di ricorrere, in caso di reiterata insolvenza, all’ufficiale giudiziario contro l’Onb
e contro il firmatario dell’ordinazione.
Il commissario Prencipe rispose così: «Sto dando tutto il mio appoggio ai responsabili dell’Onb, perché essi possano, a rate minime, esigere dalle famiglie dei
balilla e avanguardisti l’importo della divisa fornita ai loro bambini. Lavoro difficilissimo, stante la grande miseria di questa popolazione, ma con un po’ di pazienza e costanza spero di raggiungere lo scopo. Vogliate quindi avere la bontà di
attendere che questo periodo triste di crisi invernale passi e vedrete che qualcosa
si potrà inviare, un po’ per volta, e fino al saldo completo del vostro avere. Prego
altresì di non impegnare, come che sia, il vostro legale, che dal nulla ricaverebbe
nulla, né potrebbe avere speranza di rivalersi sul presidente che ha consegnato le
divise agli interessati, perché è un modesto maestro elementare». Dalle famiglie si
riuscì a raccogliere soltanto 932 lire, che furono inviate alla ditta Vitale durante il
1932. Di più non si riuscì ad ottenere. Il debito venne definitivamente saldato
soltanto cinque anni dopo, nel febbraio 1937, dal Comune di Peschici9.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
8
Cfr. G. VENÈ, Mille lire al mese. Vita quotidiana della famiglia nell’Italia fascista, Mondadori
(Oscar), Milano, 1997.
9 ARCHIVIO COMUNALE PESCHICI ACP), Assistenza, carteggio Divise Marinaretti. La delibera così
motivava la concessione di 500 lire: «Visto che le limitate possibilità finanziarie del comitato ONB
non gli hanno mai consentito di saldare il vecchio debito né potranno farlo in avvenire, si ravvisa
opportuno elargire un sussidio straordinario “una tantum” per saldare detta pendenza, tanto più che
il fornitore Achille Vitale si é già rivolto al comitato provinciale 0.N.B., nonché a S.E. il prefet-
136
Il Regio Liceo Lanza
Anche nel carteggio del Fascio di Combattimento di Rodi Garganico è segnalata la “sparizione” delle divise dell’organizzazione che, nonostante i forti solleciti, non verranno recuperate e non saranno rimborsate dalle famiglie10.
Sempre a proposito delle divise dell’Onb, i Presidi del Liceo “Lanza” segnalano di aver usato i fondi della Cassa Scolastica per donare questi indumenti agli
allievi provenienti da famiglie povere. E siamo in una scuola “blasonata”.
Quale fu la reale portata della propagandata, capillare assistenza che l’Opera
forniva agli organizzati? In ogni comune il Patronato Scolastico, alle dipendenze
del Comitato dell’Onb, vi provvedeva secondo tre distinte modalità: assistenza
scolastica11; prevenzione igienico-sanitaria; previdenza e assicurazione. Dalle delibere del Municipio di Peschici, si evince che spesso il Comune dovette supplire
alla cronica mancanza di fondi di questa organizzazione creata dal Regime. Pagò
altresì i fitti delle sedi del Partito nazionale fascista (Pnf) e della Milizia volontaria per la Sicurezza nazionale (Mvsn), costruì il Campo del Littorio, contribuì ad
istituire colonie estive per i bambini poveri. Pagò anche i debiti dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (Onmi)12.
Nel 1937 fu istituita la Gioventù Italiana del Littorio (Gil). Veniva così portato a termine il progetto di riunire tutti i gruppi giovanili in un’unica organizzazione alle dipendenze del Pnf. Avendo ereditato tutto l’apparato burocratico dall’Onb
“perfettamente efficiente”, la Gil fu in grado di operare “in maniera completa”. I
quadri vennero ampliati. A farvi parte entrarono i Fasci giovanili di Combattimento, in cui militavano i giovani tra i 17 e i 21 anni che presero il nome di “giovani
fascisti”; le ragazze della stessa età vennero inquadrate con il nome di “giovani
fasciste”.
Per ospitare le attività delle varie organizzazioni giovanili e di partito, il Regime avviò un’imponente attività di edilizia pubblica. Gli edifici costruiti in tutta
Italia (Casa Balilla, Casa della Giovane italiana, Casa del Fascio, Gil) rappresentano oggi il segno più importante lasciato dall’architettura “moderna” nel periodo
compreso tra il 1931 e il 1938. La vicenda di queste opere di architettura, progetqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
10 ASFG,
Fascio di Combattimento di Rodi Garganico, 1.
La Cassa Mutua Assistenza era intitolata ad Arnaldo Mussolini, il fratello maggiore del Duce
immaturamente scomparso.
12 ACP, Registro delibere comunali 1928-1940. Il 7 Marzo 1936, il Podestà, «visto che numerosi
fornitori del Comune, da parecchi anni attendono il saldo della fornitura di latte e carne somministrati a povere madri dietro ordine dell’Onmi Provinciale, visto che l’Onmi locale non può pagare
il debito, per la semplice ragione che non ha alcun fondo disponibile, non potendosi umanamente
ammettere che i fornitori, in misere condizioni anch’essi, possano ulteriormente attendere, avendo
già fin troppo atteso e sempre invano», deliberò il saldo del debito. Il Prefetto, nel restituire esecutiva la delibera, raccomandò vivamente al Podestà di iniziare subito le pratiche per il recupero della
somma dall’Onmi provinciale.
11
La fabbrica del consenso
137
tate in così breve periodo, è ancor oggi poco conosciuta ed esplorata. Appare
comunque esemplare, all’interno delle vicende del movimento “razionalista” italiano, per l’entità delle realizzazioni e delle tipologie funzionali adottate13.
Il ruolo degli intellettuali durante il Ventennio
Il fascismo è un oggetto ingombrante: più lo si studia, più c’è da scavare, documentare, comprendere. Nell’ambito del tema “Intellettuali e fascismo” uno degli
storici che ha realizzato i contributi più seri e innovativi è Gabriele Turi, docente di Storia contemporanea all’Università di Firenze. Turi ha sempre sostenuto,
persuasivamente, l’esistenza di una “cultura fascista” e ne ha illustrato, nelle sue
numerose pubblicazioni, gli strumenti, i protagonisti, le strutture istituzionali legate allo Stato. Uno Stato che incomincia, per la prima volta nella storia d’Italia,
a fare “politica della cultura”, e ad organizzare un piano di cooptazione degli
intellettuali, rendendoli partecipi, subordinatamente, del progetto di edificazione
della “nuova Italia”: l’Italia del Duce. Al di là del giustificazionismo facile, ma
anche del moralismo – due forme sbagliate di approccio alla questione – Turi ci
ha insegnato un metodo fondamentale: non nascondere nulla, per comprendere
tutto. In questo nostro lavoro entriamo nelle aule di un liceo-ginnasio, ricostruendo tutto ciò che emerge dalle fonti per toccare con mano quale fu il ruolo della
scuola e degli intellettuali foggiani nell’inquadramento della “gioventù studiosa”. Illusioni pedagogiche, cedimenti opportunistici, entusiasmi genuini, tiepide
viltà, professionismo inteso asetticamente… furono le motivazioni dell’adesione
degli uomini della scuola ai Fasci, alla cui ombra protettrice essi si collocarono,
producendo tasselli significativi del mosaico culturale fra le due guerre, che non
fu appannaggio dei soli oppositori. Il Liceo “Lanza” diventa quindi uno spaccato significativo di quel microcosmo che fu la cultura mediata nel Ventennio dai
Presidi, dai docenti, ma anche dagli allievi che si fecero portavoce degli insegnamenti littori loro inculcati, sostenendoli a livello ideologico nelle loro prime
pubblicazioni. Qualche anno dopo alcuni di essi seguiranno strade completamente diverse…
Numerosi storici sono impegnati nell’analisi delle modalità, dei “meccanismi”
con cui il fascismo utilizzò consapevolmente tutti i mezzi atti a convertire, conquistare e plasmare la coscienza morale ed il costume degli italiani. Notevole fu
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
13 R.
SCHNABL, Gioventù Italiana del Littorio (Gil), in http://www.architetti.gorizia.it.
A. GAUDIO, La storia della scuola italiana e delle sue riforme, in “ Nuova Secondaria”, Anno
XVII, n. 8, 15 aprile 2000, pp. 55-58.
14
138
Il Regio Liceo Lanza
lo sforzo compiuto per inquadrare e indottrinare la gioventù14. Per la “catechizzazione” collettiva si avvalse di un composito drappello di veri e propri attivisti
culturali, presenti nelle diverse realtà del paese.
Fu la Scuola il settore strategico in cui il Regime attuò alcuni dei suoi interventi più efficaci e duraturi15. Il Duce, forse perché anche lui era stato maestro
elementare, affermò e sostenne l’autorevolezza dei docenti, la loro insostituibile
funzione nell’Italia che il Littorio voleva trasformare a sua immagine. Secondo il
suo pensiero, la scuola doveva uscire fuori dal limbo della apoliticità. Non doveva limitarsi a strappare all’analfabetismo le masse popolari italiane. Doveva assumersi l’arduo e delicato compito di forgiare la personalità dei giovani, inculcando il “nuovo spirito sociale”. Compito della scuola di ogni ordine e grado sarà
quello di formare il “nuovo italiano”, fornendo il supporto culturale alle organizzazioni giovanili del Pnf.
Nel marzo del 1935 venne introdotta una nuova materia obbligatoria: cultura
e discipline militari. I docenti furono scelti dal Ministero tra gli ufficiali, in servizio o in congedo, sulla base di una lista compilata dal comando dei Fasci giovanili e dalla presidenza dell’Onb. Il ministro De Vecchi fece della struttura scolastica a vari livelli una metafora e un’anticipazione della struttura militare: «Se
nell’istruzione di primo grado bisogna idealmente creare un buon caporale, in
quella di secondo grado bisognerà idealmente, scientificamente, fare un buon
sottufficiale. Non si deve aver paura che l’adolescente si annoi. La Chiesa sa far
digerire con le sue lezioni di catechismo le dottrine più astruse»16.
Bisognava solo imitarne il metodo.
Sullo schema dei formulari del catechismo cattolico, una comunicazione semplice e autoritaria “indirizza” il consenso delle nuove generazioni verso le scelte
del Regime. Nel 1941 il Pnf pubblica, per i tipi di Mondadori, il Primo Libro del
fascista e il Secondo Libro del fascista. Due manuali destinati agli studenti, per
“forgiare il loro carattere di uomini nuovi e di italiani di Mussolini”. Si vuole
offrire ai giovani della Gil una semplice guida, «perché ogni italiano deve vivere
consapevolmente nel tempo fascista, e l’ignoranza di tali basi è inammissibile». I
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
15
Per la politica scolastica del periodo fascista: M. Ostenc, La scuola italiana durante il fascismo,
Laterza, Roma-Bari, 1980; J. Charnitzsky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del regime
fascista (1922-1943), Firenze, La Nuova Italia, 1996. Un’antologia di documenti è in M. BellucciM. Ciliberto, La scuola e la pedagogia del fascismo, Torino, Loescher, 1978; A. Gaudio, Scuola,
Chiesa e fascismo, Brescia, La Scuola, 1995, affronta il nodo dei rapporti tra Chiesa e fascismo
nello specifico scolastico; C. Ghizzoni, Educazione e scuola all’indomani della Grande Guerra. Il
contributo de La Civiltà Cattolica, Brescia, La Scuola, 1997. Riguardo al ruolo di Bottai, esiste
un’ampia bibliografia, cfr., in particolare R. Gentili, Giuseppe Bottai e la riforma fascista della
scuola, Firenze, La Nuova Italia, 1979.
16 La frase di De Vecchi è citata in www.geocities.com.
La fabbrica del consenso
139
“libri del fascista” contengono «quanto è indispensabile conoscere sulla Rivoluzione, il Partito, il Regime, lo Stato mussoliniano, la razza e la Storia d’Italia». Vi
sono riassunti in brevi capitoli, sotto forma di domande e risposte, gli aspetti
morali, politici, sociali e organizzativi del fascismo ed è data notizia dei princìpi,
istituti e ordinamenti su cui è basata l’Italia, “nella sua nuova grandezza”.
La struttura catechistica, a domanda e risposta, trasporta sul piano politico lo
stesso procedimento dell’insegnamento religioso. Alla domanda «Perché il Duce
è il fondatore dell’Impero?», il giovane balilla risponde «Perché condusse e vinse,
contro il divieto di una coalizione di cinquantadue Stati, la più grande guerra
coloniale che la storia ricordi, che Egli intuì, volle e diresse per il prestigio, la
grandezza, la vita della Patria fascista»17.
Dall’analisi dei documenti dell’epoca, emerge come la Scuola diventi uno
degli interlocutori privilegiati del Regime. Essa è mobilitata con continui appelli
e circolari dal Ministero dell’Educazione Nazionale, che si rivolge ai Presidi sollecitandone l’impegno a favore delle iniziative e attività del Regime: per la “Battaglia
del grano”, perché la Marcia su Roma sia commemorata ogni anno, perché si
adoperino a convincere gli alunni a iscriversi all’Onb e a comprare i libri e le riviste fasciste, contribuendo alle sottoscrizioni indette dal Pnf.
Gli insegnanti vengono, loro malgrado, coinvolti in questo capillare lavoro di
indottrinamento. Sono investiti di una mission, di un ruolo delicato e oneroso nel
processo di formazione: alfabetizzare e inculcare il “credo fascista” alle nuove generazioni. Ai docenti più preparati vengono affidati i compiti celebrativi in occasione di cerimonie legate all’epopea littoria e ai fasti imperiali. La Scuola diventa il canale di trasmissione della cultura nazional-religiosa del Regime: il culto
dello Stato, la glorificazione della grande guerra, l’esaltazione della Patria. Tutto
il patrimonio simbolico dell’ideologia fascista, con i suoi riti e le sue cerimonie,
rientra nel corpus pedagogico di tutti i gradi dell’istruzione. In quel periodo,
anche i Presidi e i docenti delle scuole di Foggia, chi più chi meno, diventano
artefici consapevoli di quella “fabbrica del consenso” che il fascismo persegue in
Capitanata, come in tutte le altre province italiane.
Marcello Ariano ha recentemente documentato la vicenda di Giuseppe Luigi
Crucinio18, un intellettuale che incarnò in modo perfetto il ruolo assegnato dal
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
17
Cfr. PNF, Il Libro del Fascista, Ed. Mondadori, Verona, 1942, p. 3.
Crucinio nasce nel 1891 a San Nicandro Garganico. Dopo aver superato nel 1910 l’esame di
ammissione al Regio Ginnasio “Vincenzo Lanza” di Foggia, frequenta la Scuola Normale, conseguendo nel 1913 l’abilitazione all’insegnamento elementare. È istitutore del Convitto “Lanza”
nell’anno scolastico 1913-1914. Vincitore di concorso, presta servizio nel capoluogo dauno. Diventa Capo dell’Ufficio stampa e propaganda del Pnf e corrispondente di vari quotidiani locali, regionali e nazionali: “Fiammata”, “Il Popolo nuovo”, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “Il Popolo
d’Italia”, “Il Corriere italiano”, “Regime fascista”, “L’Avvenire”. Cfr. M. ARIANO, Giuseppe Luigi
18
140
Il Regio Liceo Lanza
regime fascista agli insegnanti, una categoria sociale e professionale cardine per
produrre consenso e per allargare lo spazio del controllo politico e sociale del
Regime.
L’azione di questo maestro, che fu anche istitutore del Convitto “Lanza”, è
emblematica di un certo modo di “fare propaganda” in un periodo storico in cui
il governo esercitò, utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione, una forte presa
sulla società. In particolare Crucinio svolse, con perfetta valenza, una funzione
quasi “sacerdotale” in quella che Cannistraro ha definito la “fabbrica del consenso”. Fu un interprete della “cultualità” fascista, nel segno di Dio, Patria e Famiglia, leit motiv estremamente caro alla retorica di Regime dopo la firma dei Patti
Lateranensi, che sanciranno l’allineamento dei cattolici ai miti ed agli ideali littori. Fin dai primi anni dell’avvento del Regime, Crucinio aveva fatto una precisa
scelta di campo: non volle appartenere alla schiera degli ignavi che «vissero senza
infamia e senza lode». È attratto dal fascismo perché vede in esso la categoria
culturale capace di affermare la “dimensione spirituale” della politica19. Come
altri intellettuali di Capitanata, da Alfredo e Silvio Petrucci a Giovanni Tancredi
e Ester Lojodice, egli partecipò alla “scommessa generazionale” del fascismo di
creare la “nuova Italia” fatta di idee, di credenze, e forse anche di accattivanti
suggestioni.
Come tanti intellettuali che si forgiarono in quegli anni, Crucinio estrinsecò la
sua mission divulgativa del credo fascista fra l’opinione pubblica colta, scrivendo
su testate nazionali e su giornali locali come “Il Popolo nuovo”. Un settimanale
utilizzato, con il sostegno della migliore intellighentia di Capitanata, dal suo fondatore e direttore Gaetano Postiglione20 per coagulare e gestire il consenso dei
lettori alla politica del Regime.
La dirigenza del Partito fascista foggiano mostrò una forte disponibilità
all’ascolto della voce degli ambienti moderati cattolici: questo interesse si manifestò nel grande spazio a Crucinio riservato sulle colonne del giornale. Con la
morte di Postiglione, avvenuta nel dicembre 1935, a Foggia verrà a mancare un
importante referente e mediatore politico; l’immediata chiusura del suo giornale
priverà gli intellettuali di un importante strumento di intervento nella vita locale.
Gli intellettuali, ma anche i numerosi tecnici che vi scrissero, avevano collaboraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
Corriere italiano”, “Regime fascista”, “L’Avvenire”. Cfr. M. ARIANO, Giuseppe Luigi Crucinio. Nel
segno di Dio, Patria e famiglia, Edizioni del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2002.
19 La valorizzazione del ruolo dei Padri Giuseppini del Murialdo a Foggia; gli articoli dedicati ad
altri ordini religiosi come le Suore Marcelline, attestano la funzione di raccordo svolta da Crucinio
fra i settori del mondo cattolico foggiano e il fascismo locale.
20 Cfr. M. ARIANO, Gaetano Postiglione, Biografia di un modernizzatore, Ed. Il Rosone, Foggia,
2000.
La fabbrica del consenso
141
to al processo di “modernizzazione” della provincia, aderendo in pieno al ruolo
strategico che Mussolini aveva assegnato alla stampa: diventare la “forza viva” al
servizio del fascismo.
La potenza della parola
Mussolini aveva confidato a Ludwig: «La potenza della parola ha un valore
inestimabile per chi governa. Occorre solo variarla continuamente». E il fascismo
usò le parole come strumenti atti a suscitare emozioni.
L’arte della parola la conobbero e la utilizzarono consapevolmente gli organizzatori del consenso, calibrando il messaggio in modo diverso, a seconda dell’interlocutore da catechizzare. Illuminante, a questo proposito, il sottile “distinguo”
tra conferenza e propaganda. Scrive Crucinio: «La conferenza è adatta alle menti
colte; ma accanto ai ceti benestanti e professionali vivono gli operai, i contadini:
gente di diversa cultura, verso cui la comunicazione va assolutamente mediata.
Qui occorre la propaganda spicciola, metodica, continua, scevra di fronzoli, di
fregi, occorre la parola buona, chiara, comprensibile, incitatrice. Non la cattedra,
ma la lezione alla buona, che metta in condizione i lavoratori di poter comprendere e seguire il fascismo, in tutte le sue molteplici e dinamiche manifestazioni».
Le masse vanno quindi integrate al Regime ponendosi al loro livello, ma le
parole vanno sapientemente dosate in un climax che porti il destinatario del messaggio ad abbracciare fideisticamente il “credo fascista”.
Interessante, per l’interpretazione critica degli scritti apologetici del Ventennio, è l’analisi lessicale effettuata da Marcello Ariano su un resoconto che Crucinio pubblicò su “Il Popolo Nuovo” del 28 ottobre 1934, anniversario della Marcia
su Roma. Ariano fa notare che il periodare di Crucinio è dosato in un crescendo
di aggettivi che da “sacro”, “epico”, “eroico”, “glorioso”, “indomito”, “fatidico”,
“vibrante”, culminano in “supremo”. Per tornare, aggiungiamo noi, al punto di
partenza con l’aggettivo “religioso”. Emergono i leit motiv cari al repertorio civile e valoriale del Littorio: l’identificazione della Patria con il fascismo; il tema
della giovinezza; la glorificazione della vittoria; l’immancabile appello ai Caduti;
il mito del Duce, esaltato dal potente e moderno strumento di penetrazione mediatica qual è la radio, che trasmette tutto il suo discorso21.
Anche in alcuni testi ed opuscoli scritti in quel periodo da due ex allievi del
“Lanza”, Silvio Petrucci e Carlo Gentile, e dal preside Antonio Regina, ritroviamo molti temi cari alla retorica fascista.
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21
Cfr. M. ARIANO, Giuseppe Crucinio, Edizioni del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2002, p.
142
Il Regio Liceo Lanza
Nel settembre 1934, il giornalista Silvio Petrucci22 seguì il Duce durante la
visita di cinque giorni in Puglia. La cronaca del viaggio fu pubblicata nel volume
celebrativo delle realizzazioni del Regime In Puglia con Mussolini, edito nel
193623. Nel resoconto di Petrucci, Foggia, “cuore della Capitanata”, il giorno
della visita del Duce si presentò «avvolta in una bruciante vampata di entusiasmo». Mussolini fu accolto da 150mila persone: «Formidabili correnti umane
percorsero il Tavoliere, inondando i campi di grida gioiose e di una parola breve
e folgorante: Duce!». La città “colma di grano” che custodiva nelle tipiche fosse,
“piene di chicchi di oro”, il prezioso prodotto della terra, gli preparò un’accoglienza di schietto significato rurale: «Il Fascismo – precisa Petrucci – ha qui
mobilitato masse di contadini, agricoltori che sono dediti alla vita dei campi,
perché ha voluto salutare nel Duce il condottiero di quella battaglia del grano, che
in questa terra ha trovato schiere di veliti». Il Regime aveva qui compiuto una
radicale trasformazione sociale, riuscendo a conquistare in pieno le masse, mancanti di una tradizione associativa ed esposte agli abusi del “feudalesimo” padronale. Attraverso l’ordinamento corporativo, i contratti di lavoro e le provvidenze
sociali, i lavoratori della Capitanata erano stati elevati allo stesso livello dei “camerati” delle province più progredite, di fronte ai quali in passato si erano trovati in condizioni d’umiliante inferiorità.
Petrucci paragona Mussolini a un «prodigioso seminatore che, di tanto in
tanto, si muove da Roma per recarsi nei luoghi in cui ha scagliato il seme con la
mano, per ammirarne la prima fioritura o il novello frutto».
Nel 1940 Carlo Gentile pubblicò La filosofia del fascismo, un saggio di sessantatré pagine edito dal Guf “Nigri” di Foggia, apponendo sotto la sua firma la
dicitura “fascista universitario”24. Nella sua analisi, il fascismo rappresenta un
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
22
Silvio Petrucci nacque a Sannicandro Garganico il 13 luglio 1894. Fu allievo e istitutore del
“Lanza”, licenziato nell’anno scolastico 1913-1914 con la media dell’otto. Laureatosi a Roma in
Giurisprudenza, svolse la professione di avvocato sino al 1924, anno in cui entrò nella redazione
romana de “Il Popolo d’Italia”. Nel 1939 fu nominato redattore capo de “Il Messaggero”, dove restò
fino al 25 luglio 1948. Con il fratello Armando fu un importante organizzatore del “consenso” e
della promozione turistica del Gargano: la Villa “Petrucci” di San Menaio, negli anni Trenta, fu
ritrovo di feste e di comitive di giovani, nonché luogo di riunione per artisti e politici provenienti
da tutte le parti d’Italia. Petrucci fu un giornalista d’assalto. Commentò duramente lo scioglimento
del Pnf di due piccoli comuni garganici, Faeto e Lesina, in un articolo apparso su “Roma Fascista”.
Il fondo venne ripubblicato dal “Foglietto”, giornale della Daunia, sul numero 29 del 28 luglio
1927, con il titolo Beghe e beghisti. Petrucci prospetta per i beghisti cronici, se continueranno a
creare problemi «la comoda, vicinissima villeggiatura delle isole Tremiti». Morì a Roma il 17 febbraio 1971.
23 S. PETRUCCI, In Puglia con Mussolini, Società Editrice Novissima, Roma, 1936.
24 Gentile aveva soltanto vent’anni, si era diplomato due anni prima al Liceo “Lanza” con la media
dell’otto e frequentava l’Università di Napoli.
La fabbrica del consenso
143
importante fenomeno storico, una vera “rivoluzione”: le ripercussioni immediate
si sono verificate in Italia dove è sorto, «ma molti aspetti hanno un significato
universale: europeo e mondiale»25. Le dottrine del fascismo sono “dinamiche”: da
un primo programma di rivendicazione, è passato ad uno più vasto di ricostruzione totalitaria della società italiana. È un sistema politico «cui incombe il grave ma
glorioso ufficio di ammaestrare i popoli ad un ideale di vita più austeramente
degno della storia e dell’avvenire»26. È un pensiero nuovo: mettendo in atto le
aspirazioni di giustizia che partono dalle masse, «e purificando il popolo dalla
letale esperienza delle ideologie estremiste»27, condurrà l’umanità su una via di
pace e di benessere, che non sono una gratuita elargizione della Provvidenza, ma
rappresentano mete da conquistare con la lotta e il sacrificio.
Per Carlo Gentile, le dottrine fasciste sono una vera filosofia. Pur non avendo
un netto carattere teoretico, esse rappresentano «una sintesi di idee originali e
profonde, create dallo spirito di un Uomo in cui la riflessione e la meditazione
non furono mai inferiori alla genialità: Mussolini»28. Il Capo del fascismo non è
soltanto un semplice statista: «L’Uomo nel quale l’Italia di oggi vede il suo piú
grande figlio ed il suo più intrepido condottiero, per la storia della sua fede, per
l’apostolato politico, e per la meravigliosa originalità e potenza del genio creativo, è un vero pensatore»29. Lo stile conciso e vibrante di Mussolini esplica la sua
massima potenza30 nella Dottrina del fascismo, elaborata nel 1932. Qui egli distrugge, in vista di principi nuovi e più puri, tutti gli ideali che imperavano in
Italia subito dopo la prima guerra mondiale: la democrazia, il socialismo, il materialismo storico, il pacifismo, il liberalismo. Ideologie anacronistiche che hanno
ormai esaurito la loro storica funzione politico-sociale31.
Secondo Carlo Gentile la spiccata tendenza antidemocratica ed antiliberalistica del fascismo non è soltanto una reazione assolutistica, ma deriva da una profonda valutazione storica dell’Ottocento: «Fare del numero il fondamento dello
Stato, cioè chiamare al governo le masse abuliche per innalzare al potere i demagoghi e gli arrivisti, non significa stabilire per il popolo un sano ordinamento di
vita politica; e la storia lo ha dimostrato. Il dogma dell’uguaglianza, realizzato
interamente nella vita pratica, condurrebbe alla formazione di un livellamento nel
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
25
C. GENTILE, La filosofia del fascismo, Guf “Nigri”, Ed. Cappetta, Foggia, 1940, p. 14.
Ivi, p. 34.
27 Ivi, p. 32.
28 Ivi, p. 15.
29 Ivi, p. 32.
30 Ivi, p. 21.
31 Ivi, p. 32.
26
144
Il Regio Liceo Lanza
quale cadrebbero, per poi estinguersi, le migliori forze spirituali della stirpe»32. Il
fascismo è quindi «un verbo nuovo che non rinnega il passato, ma ne accoglie le
tradizioni più vitali»: ha sostituito al criterio dell’uguaglianza quello della gerarchia e se ne serve per valorizzare le più salde e vitali energie dei cittadini. Demiurgo di questa filosofia è Mussolini.
Anche il professor Antonio Regina, che diverrà preside del “Lanza” nel secondo dopoguerra, fu fedele “specchio” del suo tempo. Come tanti intellettuali del
Ventennio, credette nel mito del Duce. Ammiratore dell’ars retorica del Capo del
Governo, nel 1939, quand’era preside del Regio Liceo-ginnasio “Bonghi” di Lucera, pubblicò un saggio dal titolo Appunti per un discorso sul Duce oratore33 .
L’analisi di Regina inizia con dei punti di domanda, seguiti da lapidarie risposte:
«Sintetizzare l’arte oratoria del Duce, o il fascino di essa? – Impossibile. Carpirne
il segreto e definirla? – due volte impossibile». Egli si sente incapace di «sintetizzare la molteplicità più florida, definire l’infinito», ma l’amore che nutre per
Mussolini «lo incoraggia a fermare qualche idea su questo tema»34.
Quali i punti di forza del Duce oratore? Regina li individua uno ad uno.
– La parola del Duce è calda, nasce da una passione, più che dall’ars retorica.
Egli «intuisce da solo, volta per volta, le vie e i modi dell’eloquenza sua, e sa
che tutta la precettistica di questo mondo non scalda un periodo, non lo à mai
scaldato»35.
– Entra subito in tema: «Estratto, anche dalle più intricate questioni, il punto
vitale, Mussolini entra in argomento con le prime battute, con le prime parole.
Il soggetto prescelto è il Suo dio, che esige obbedienza al primo comandamento di ogni solida fede: non altro dio avanti di me»36.
– Inventa, di volta in volta, nuove regole di comunicazione: «Il suo genio creatore si ride di tutti i precetti della retorica che può avere studiato o che non à
studiato»37.
– Suscita sorpresa e attenzione negli astanti: «Egli non prepara l’ascoltatore, né
fa calcolo sui sottili accorgimenti del mestiere per esasperare con indugi la
curiosità, nemmeno quella più legittima»38.
– Non divaga. Il suo stile è vario e coinvolgente: «Ora pieno di foga ora di circospezione, ora fine ora rude. Rude specie nei trapassi dell’idea, a sbalzi, a
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
32 C.
GENTILE, La filosofia del fascismo, Guf “Nigri”, Ed. Cappetta, Foggia, 1940, p. 32.
REGINA, Discorsi, Molfetta, 1939, pp. 91-104.
34 Ivi, Estratto “Appunti per un discorso sul Duce oratore”, p. 1.
35 Ivi, p. 15.
36 Ivi, p. 4.
37 Ivi, p. 15.
38 Ivi, p. 4.
33 A.
La fabbrica del consenso
145
sorpresa, tante volte annullati»39. Scintillante e disteso, ma anche convulso e
ambiguo, rauco e triviale, schietto, squillante e poetico...40.
– Dialoga con l’ascoltatore: «Egli sa incrociare direttamente il ferro con l’avversario, sa rispondere alle possibili obiezioni»41.
– La sua parola crea l’evento: «Non sappiamo se sia più Lui che forgia con la
parola gli eventi, o la parola che scaturisce dagli eventi»42.
Regina paragona la parola di Mussolini a quella di santi, oratori, letterati e
grandi uomini che hanno fatto la storia. Si lancia in un’ardita similitudine per
“plasmare” il suo giudizio: «Se mi fosse permessa, in questo tema, una similitudine, il linguaggio del Duce lo accosterei al fiore dell’alpe, di quella grande e
pura: sono in esso concentrati il colore e l’aroma dell’altezza, del pericolo, la
solitudine e l’infinito, la potenza della pietra e il principato dell’aria: esso ha
avuto per culla il lembo di un abisso, per nutrimento i succhi scarsi della roccia e
quelli copiosi della rugiada, per carezza il turbine...».
Questa ars retorica degli intellettuali del Liceo “Lanza”, ispirata al modello
mussoliniano, è un lampante esempio di quel nuovo “linguaggio fascista” che
Marcello Ariano analizza in una nota a margine della biografia su Crucinio:
«Verso questo linguaggio – sottolinea – non ci si può porre con la mentalità ed i
parametri lessicali odierni, né archiviarlo come d’epoca. Il linguaggio fascista ha
tutti i crismi di un vero e proprio linguaggio: ha i suoi codici semantici, i suoi
moduli espressivi, la riconoscibilità, la tradizione, il riferimento a comportamenti condivisi. Andrebbe studiato senza pregiudizi, nella sua globalità e inquadrandolo in una prospettiva storica»43.
I presididuce
La documentazione utilizzata per “ricostruire” la storia del Liceo “Lanza” dal
1923 al 1946 è costituita dalle relazioni inviate dai presidi al Ministero dell’Istruzione Pubblica e dell’Educazione Nazionale alla fine di ogni anno scolastico. Al
di là della rigorosa funzione di controllo del governo centrale sulla scuola, queste
fonti ci permettono di inquadrare, oltre alla personalità dei Presidi del Ventennio,
le fasi cruciali della seconda guerra mondiale e la prima ricostruzione del dopoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
39
A. REGINA, Discorsi, Molfetta, 1939, Estratto “Appunti per un discorso sul Duce Oratore”, p.
5.
40
Ivi, pp. 7-8.
Ivi, p. 9.
42 Ivi, p. 8
41
146
Il Regio Liceo Lanza
guerra, eventi visti da un’angolazione davvero particolare. Le relazioni, non stereotipe, ci permettono di cogliere “dal vivo” la vita della scuola e dei singoli
soggetti, il rapporto tra eventi politici e il loro riflesso nell’Ufficio di presidenza
e nelle aule. Emergono “fotogrammi” utili per un’inedita storia di Foggia, note di
costume sulla mentalità del tempo. Oltre ad evidenziare le difficoltà di gestione
della scuola in periodi di pace e di guerra, i Presidi dell’epoca ci forniscono notizie sugli studenti e le loro famiglie, e soprattutto sulla classe docente, sottoposta
a un controllo che oggi ci sembra davvero poco rispettoso della libertà di insegnamento e della privacy.
Spesso le “vittime” sono quei docenti non allineati ai dettami della didattica
tradizionale oppure riluttanti a lasciarsi trasportare dall’ondata ideologica imperante. Emblematica è la vicenda di Dante Severgnini, un professore proveniente
dal Nord. Al “Lanza” avrà vita difficile per il suo carattere “ombroso”, pretesto di
censura da parte del Preside del tempo. La didattica innovativa faceva presa sugli
studenti: quello “strano” docente era riuscito, probabilmente, a penetrare nel loro
mondo, facendoli entrare, grazie alle sue capacità di porgere la materia, nello
specifico di questioni filosofiche forse prima mai comprese.
I documenti relativi al Ventennio testimoniano il progressivo affermarsi del
Regime, la pedagogia dell’Onb, tanto invasiva della vita scolastica da originare
seri problemi e scontri tra il solerte presidente dell’organizzazione, l’ingegner
Dario Lombardi, e alcuni Presidi del Liceo. Il susseguirsi delle ideologie dominanti si stratifica nelle decorazioni littorie esposte sulle pareti dei corridoi da un
preside che morirà durante i bombardamenti angloamericani dell’estate del 1943
a due passi dal suo “campo di battaglia”: la scuola44. Drammatiche notizie su quei
tragici giorni, e sul loro riflesso nelle aule del “Lanza”, sono fornite dal preside
incaricato chiamato a sostituirlo.
Il rapporto dei Presidi con il potere; l’allontanamento di insegnanti che derogano alle regole; la censura dei libri stranieri; la ricaduta delle leggi razziali del
1938 sulla scelta dei libri; l’insegnamento della cultura militare e dei lavori manuali di cucito, falegnameria ed agricoli, in seguito alle innovazioni della Carta
della scuola di Bottai, sono elementi che rendono bene il senso dell’interesse di
una ricerca tematica sulla scuola nel periodo fascista.
Anche la storia del Palazzo degli Studi, testimonia, se opportunamente interrogata ed indagata, gli intenti delle persone che lo progettarono e il vissuto di
coloro che vi si sono alternati nel tempo. L’edificio, progettato da Marcello Piacentini, noto architetto del Novecento, è emblematico dell’attenzione che Mussoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
44 Il quadro storiografico di quell’evento così tragico per la città è stato tratteggiato da Antonio
Guerrieri, figlio del preside morto durante l’incursione aerea del luglio 1943. [Cfr. A. GUERRIERI,
La città spezzata. Foggia quei giorni del ‘43, Edipuglia, Bari, 1996]
La fabbrica del consenso
147
lini dedicò al Capoluogo di una provincia ad alta vocazione agricola, che rappresentava il “polso” del consenso al Regime in quella che era stata definita la “Puglia rossa”.
La documentazione di prima mano ci ha permesso la ricostruzione di una
tranche de vie, che illustra il “fare scuola” negli anni del Regime. La storia del
Regio Liceo “Lanza”, diventa storia emblematica di una scuola, più o meno allineata alle direttive di un governo dittatoriale. Diventa storia di un gruppo significativo della classe dirigente italiana, i Presidi, in un periodo cruciale della storia
nazionale, in cui la scuola è un binario privilegiato per veicolare una “missione
forte”: forgiare il “nuovo italiano di Mussolini”.
Riuscirono i presidi del “Lanza” in questa intrapresa? I docenti ubbidirono
tutti alle direttive? Fecero del Liceo-ginnasio una “fabbrica del consenso” al fascismo?
La storia del professor Oronzo Marangelli è significativa della sorte toccata a
chi, in una posizione di “prestigio intellettuale” non volle avallare la pseudo pedagogia inneggiante al motto “libro e moschetto”. Non bastarono le sue pregevoli pubblicazioni, né i titoli culturali attestati dalla vincita di concorsi pubblici, a
salvarlo “dall’attenzione” di due Presidi zelanti e di un ispettore ministeriale che
trovò sul suo cammino: da Foggia venne trasferito con effetto immediato in una
scuola di Benevento, “restituito” al grado inferiore. Per poter tornare in Puglia (a
Conversano), Marangelli fu costretto a rifare il concorso pubblico per le scuole
superiori. Risultando primo nella graduatoria nazionale, spiazzò chi, con note di
censura risibili, lo aveva sottoposto ad una visita ispettiva “kafkiana”, determinandone l’allontanamento dal “Poerio”. La vicenda comportò un impoverimento
culturale per la città di Foggia.
Tra i “censurati” di questi anni troviamo delle personalità che segneranno la
vita politico-culturale della Puglia nei decenni successivi: Michele Melillo, Gerardo de Caro e Vittorio de Miro d’Ajeta.
L’esistenza di una cellula del Partito liberal democratico, facente capo a Francesco Perna ed Antonio Vivoli, è una spia del malessere che serpeggiava fra i
docenti nel periodo in cui il Palazzo degli Studi di Foggia risulta ufficialmente
schierato su posizioni «fascistissime». Il Pls di Tommaso Fiore, primo nucleo del
futuro Partito d’azione, ebbe una “cellula” al “Lanza” e al “Poerio”. I docenti non
si riunivano a scuola, ma nella Libreria Pilone, che negli anni Trenta era il ritrovo
degli intellettuali foggiani. La febbrile opera di propaganda antifascista e i frequenti incontri politico-culturali del Pls determinarono il pronto intervento
dell’Ovra. Nel corso delle indagini risultò che Tommaso Fiore intratteneva rapporti inerenti il movimento con Tristano Codignola, con Guido Calogero e Aldo
Capitini. Tra i simpatizzanti del Pls figuravano anche Ernesto de Martino e Michele Cifarelli. Il 6 aprile 1943 furono arrestati Tommaso Fiore e i suoi figli Vit-
148
Il Regio Liceo Lanza
tore e Graziano; perquisizioni furono effettuate presso la casa editrice Laterza. Da
Foggia furono tradotti nelle carceri baresi i professori Bari Francesco Perna e
Antonio Vivoli.
In città si era costituito, in quegli anni, il gruppo della Fuci, frequentato anche
da studenti liceali che facevano capo a Renato Luisi, insegnante di religione del
“Lanza”. Don Luisi diverrà arcivescovo di Nicastro e di Bovino, quindi si recherà in Amazzonia, lasciando segni indelebili nella storia del cattolicesimo foggiano.
La difesa della razza
La normativa antiebraica nella scuola, decisa dal fascismo nel settembre 1938,
precedette quella nazista, ed assunse un carattere totalitario. Il Regio Decreto
Legge 5 settembre 1938 n. 1390, per la “Difesa della Razza nella scuola fascista”,
imponeva che gli alunni di razza ebraica non potessero frequentare alcuna scuola
statale, parastatale o legalmente riconosciuta di qualsiasi ordine e grado. Tutti gli
insegnanti “di razza ebraica” furono sospesi dal servizio, compresi presidi, direttori didattici, personale di vigilanza; i provvedimenti di sospensione si estesero al
personale docente universitario, a quello delle accademie, degli istituti e delle
associazioni di scienze, lettere e arti45.
Nell’elenco dei 171 insegnanti di ruolo di razza ebraica colpiti da tali provvedimenti in tutta Italia, pubblicato dal Ministero nel 1938, è incluso il nome di una
docente del Regio Istituto Magistrale “Poerio”: Maddalena Pacifico. Oltre al suo,
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
45 Docenti
e studenti del Liceo classico “Manzoni” di Milano hanno verificato l’applicazione delle
leggi razziali del 1938 nel loro Istituto. La ricerca “Oltre la memoria”, iniziata nel 2001, è tuttora
in corso. La possibilità di accedere all’archivio della scuola ha consentito di realizzare il progetto.
I materiali sono rielaborati in forma multimediale: l’ipertesto è postato sul sito web del Liceo. Il
lavoro è dedicato a Regina Ganì, una delle studentesse “eliminate” dal preside Pochettino, e morta
ad Auschwitz nel 1945. Tramite il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano,
gli studenti hanno contattato due ex allieve “epurate” ancora superstiti: Anna Marcella Falco, che
nel 1937-1938 aveva frequentato la quinta C del Ginnasio, ed Emma Pontremoli, alunna della quinta D. Esse hanno raccontato la loro esperienza di studentesse “emarginate” dai compagni e “cacciate” dalla scuola pubblica nell’anno 1938-1939. La loro testimonianza, corredata di una nutrita documentazione fotografica, ha consentito di ricostruire molti aspetti della vita del “Manzoni” durante il Ventennio, quando la scuola era “fascistizzata”. Fu Giuseppe Pochettino, allora preside del
Manzoni, ad epurare i 65 alunni ebrei, applicando le leggi “per la difesa della razza nella scuola
fascista”. Nato nel 1880 a Castellazzo Bormida (Alessandria) e laureato in Lettere e Filosofia, nel
1908-1909 aveva insegnato nel Ginnasio inferiore “Lanza” di Foggia. Negli anni Trenta al “Lanza”
risultano adottati due testi di storia di questo autore; un suo manuale di Elementi di Coltura fascista,
edito dalla SEI era diffuso nelle scuole di tutta Italia.
La fabbrica del consenso
149
nessun altro nome di insegnante delle scuole di Foggia figura in questo elenco.
Nessun docente del “Lanza” venne quindi sospeso e dispensato dal servizio per
le leggi razziali. Per quanto riguarda gli studenti espulsi, non è stato possibile rilevare il dato. Mancano nell’Archivio storico della scuola i verbali del Collegio
dei docenti o del Consiglio di disciplina del 1938, atti che potrebbe illuminarci in
proposito. Bisognerebbe esaminare i registri dei voti degli anni 1937-1938 e
1938-1939, prendendo nota dei nomi e dei dati degli studenti – paternità, cognome materno, possibile esonero dall’insegnamento della religione cattolica – che,
indipendentemente dall’esito degli scrutini finali, non compaiono nei registri
dell’anno successivo e non risultano trasferiti ad altre scuole.
Ma il nuovo clima razziale si respira anche al “Lanza”. Tra i testi acquistati
nell’anno 1938-1939 per la biblioteca dei professori, ve n’è uno legato all’attualità del momento storico: Gli ebrei in Italia di Samuele Schaert. Fra le riviste della
sala professori spicca La Difesa della Razza46. Vengono sottoscritti alcuni abbonamenti “privati” a questa rivista.
Nel 1939-1940 le scuole di Foggia sono decisamente avviate verso la “difesa
della razza ariana”, come testimoniano due pubblicazioni acquisite quell’anno per
la biblioteca del Liceo: Inchiesta sulla Razza di Paolo Orano; Razza e razzismo
di Gino Sottochiesa. Il preside Guerrieri comunica allo “Spettabile Ministero”
che sono stati acquistati dagli alunni – tramite l’Ufficio di presidenza – 69 copie
del Primo Libro del Fascista e 200 copie del Secondo Libro del Fascista, in aggiunta alle 300 dell’anno precedente.
Anche il preside Flaviano Pilla distribuisce un gran numero di questi volumi
al Regio Istituto Magistrale “Poerio”. Presupponiamo, con cognizione di causa,
che lo facessero anche i Presidi di tutte le scuole d’Italia.
I libri del fascista hanno struttura catechistica, a domanda e risposta, e trattano
soprattutto il tema della razza. La lettura di queste pagine è “illuminante”, più di
tante parole, sulle nozioni di “pulizia etnica” inculcate dal Regime agli studenti
dell’epoca.
Oltre la memoria…
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46 Il primo numero del quindicinale, diretto da Telesio Interlandi, e voluto da Mussolini come strumento di divulgazione e propaganda delle idee razziste, esce il 5 agosto 1938. La tiratura dei primi
numeri è altissima: centocinquantamila copie. Il materiale iconografico insiste su illustrazioni di
vari tipi di ebrei, di cui viene messa in rilievo la sgradevolezza fisica e morale. Il “logo” della rivista riproduce l’immagine di una spada che separa l’ariano dall’ebreo e dal nero. Nel numero del 20
settembre 1938, un’impronta digitale con la stella di Davide deturpa il volto “ariano” di una statua
classica. L’idea che si vuole suggerire è che le “razze” ebraica e nera siano portatrici di corruzione
fisica oltre che morale.
150
Il Regio Liceo Lanza
La fabbrica del consenso
Il decalogo delle
giovani italiane.
Pagina a fianco,
giovane italiana.
[Archivio Masullo
Fuiano].
151
Giovane fascista. [Archivio Masullo Fuiano]
Cahiers de dolèances
Già nel 1868 il sindaco Scillitani aveva inserito le difficoltà logistiche tra le
cause che rendevano incerta la fase di avvio del Liceo classico foggiano. Alcuni
decenni dopo, i Presidi che si avvicendano alla guida del “Lanza”, nelle loro
annuali relazioni al Ministero, lamentano ancora la precarietà della sistemazione
in edifici inadeguati, i ritardi, le lentezze, i rinvii degli atti amministrativi, la
cronica insufficienza di risorse finanziarie “lesinate” dalle amministrazioni stesse. Non “plaudiranno” alla professionalità dei docenti e neppure alla motivazione degli studenti. Navigando in tanta precarietà, la Scuola riuscirà comunque ad
assolvere i suoi compiti istituzionali. Grazie allo spirito di sacrificio e ai miracoli dei Presidi!
Alla fine dell’anno scolastico 1923-1924, nella classica relazione al Ministero, Direzione generale Istruzione media, il professor Giuseppe Modugno riferisce
sull’andamento didattico-disciplinare «dell’Istituto che si onora di presiedere»1.
Illustra tutti i punti richiesti dall’articolo 12 del Regio Decreto n. 965 del 30 aprile 1924. Si sofferma sulla situazione logistica, rievocando «un po’ di storia abitativa» della scuola: «È necessario fermarsi quanto occorre, per lumeggiarla nelle
sue vere ed obiettive proposizioni». Il Regio Liceo-ginnasio, con la scuola tecnica e con altre istituzioni locali, «era allogato nel cosiddetto “Palazzo Lanza”, dal
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1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni Capi Istituto 1937-1942, relazione a.s. 1923-1924 del preside Giuseppe Modugno redatta
il 25 luglio 1924, di pagine 10; allegato estratto del 26-07-1924, di pagine 4.
154
Il Regio Liceo Lanza
quale si dovette sgombrare, per ordine ministeriale comunicato dal Provveditore
agli Studi di Foggia, per far posto agli uffici del Tribunale, trasferito con un recente decreto da Lucera a Foggia»2. Ciò avvenne negli ultimissimi giorni del
mese di maggio del 1923. Dal Palazzo Lanza il Liceo-ginnasio passò nei locali
del Seminario, «in via assolutamente provvisoria».
Nella relazione finale dell’anno precedente, ed in ogni occasione che gli si era
presentata, il Preside aveva sempre insistito sulla necessità che l’Istituto avesse
una sua sede stabile. A tal fine gli era stato promesso, dopo la necessaria ristrutturazione, l’ex Convento della Maddalena. Ma qui cominciava «una storia dolorosa». Perché i locali fossero agibili per la fine di settembre, le riparazioni e gli
adattamenti avrebbero dovuto eseguirsi durante le vacanze estive. Il periodo era
indicato per le riparazioni di notevole entità da effettuarsi nell’edificio: la scuola
era chiusa, e il caldo avrebbe prosciugato l’abbondante umidità dei nuovi tramezzi e degli intonaci freschi. Malgrado le ripetute insistenze del Preside e del Regio
Provveditore agli Studi di Bari (e forse era anche intervenuto il Ministro), fino a
settembre nulla fu fatto. Data l’assoluta urgenza della consegna della nuova sede,
Modugno insistette perché fossero eseguiti, nel più breve tempo possibile, i lavori inderogabili. Il Comune di Foggia assicurando che, all’inizio del nuovo anno
scolastico, il Regio Liceo-ginnasio avrebbe funzionato regolarmente nel fabbricato della Maddalena, suggerì di svolgere gli esami della sessione autunnale nei
locali del Seminario. Ma soltanto il 12 ottobre 1923 gli operai cominciarono a
farsi vedere nella sede da adattare. I lavori andarono avanti con «una lentezza
esasperante, che scoraggiava ogni più paziente attesa».
I mesi passavano. Il Preside scrisse più volte al Regio Commissario del Comune, ebbe con lui ripetuti colloqui sull’argomento, ci furono periodi di acceleramento e nuove soste, il termine dei lavori si allontanava sempre più. Vi furono
“pronunciamenti” di scolari (puniti disciplinarmente), interventi di padri di famiglia, proteste della stampa locale. Ai primi di marzo, a causa di un piccolo incidente, ci si rese conto che era impossibile restare ancora nei locali del Seminario.
Finalmente, rotto ogni indugio, si passò nella nuova sede della Maddalena a “lavori in corso”, dopo una «formale ed esplicita promessa» da parte del Comune: i
lavori sarebbero stati completati con la massima sollecitudine, dando il minor
fastidio possibile al regolare funzionamento della scuola.
Ciò non accadde: gli operai «rimasero fra i piedi ancora per un paio di mesi,
disturbando non poco e lavorando come a caso, finché smisero del tutto, senza
avere esaurito le piccole cose che ancora rimanevano a fare». «Questa breve e
poco confortante cronistoria – conclude Modugno – si fa nell’intento di spiegare
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2 “Il Foglietto”, periodico lucerino, esce listato a lutto quando annuncia la soppressione del tribunale di Lucera e il trasferimento a Foggia.
Cahiers de dolèances
155
la situazione attuale per quanto concerne i locali. L’edificio che ospita nel 1924 il
Liceo-ginnasio è nel complesso adatto, bisogna ammetterlo, ma ha ancora bisogno di essere riparato e ristrutturato. Alcuni lavori, se non verranno eseguiti
nell’estate oramai in corso, renderanno nell’inverno prossimo difficilissimo, e
forse addirittura impossibile il funzionamento e la vita dell’Istituto».
Il Preside elenca i lavori di urgenza assoluta (che indica sotto la lettera A) e
quelli differibili ma non meno necessari (che indica sotto la lettera B).
A) Lavori urgenti.
– Infissi e vetrate. Servono per chiudere gli archi antistanti le aule scolastiche e
gli uffici. «Senza tali invetriate – osserva il Preside – l’accesso alle aule e agli
uffici rimane ad immediato contatto con l’aria aperta, ciò è evidentemente
pericoloso per tutti, alunni e professori, e specialmente per tacere del sottoscritto, pel personale di segreteria e di servizio che è costretto a muoversi ad
ogni momento». Oltre al pericolo per la salute, Modugno evidenzia «il disordine e lo scompiglio che avverrebbero in un’aula scolastica se ogni alunno,
che dovesse uscire per un motivo qualunque (e si sa quanti alunni escono per
recarsi alle “ritirate”) fosse costretto ad infilare il pastrano tutte le volte che
deve uscire, e a cavarselo tutte le volte che rientra».
– Impianto di riscaldamento. È necessario per tutte le aule scolastiche ed uffici,
ma è «veramente urgente» per gli uffici. Infatti, mentre le prime, occupate solo
per poche ore al giorno, ospitano un notevole numero di alunni e docenti che
danno un certo calore all’ambiente, ciò non accade per gli uffici, occupati da
singole persone e per intere giornate. In questi locali, l’impianto del gas già
esiste; occorrono le stufe, le quali si potrebbero installare in brevissimo tempo.
«Il sottoscritto – avverte il Preside – poiché ha innanzi alla mente la via crucis
dell’anno scorso nei riguardi dell’Officina Gas, ne rileva la mancanza fin
d’adesso, perché le stufe possono essere acquistate in tempo, e messe a posto
prima dell’inizio dell’anno scolastico». Per le aule consiglia di sperimentare il
riscaldamento a carbone.
B) Lavori differibili ma non meno necessari.
– Alloggio per il custode. La mancanza pomeridiana e notturna del sorvegliante,
si ripercuote in negativo su molti aspetti della vita dell’Istituto: dall’igiene dei
locali al recapito della corrispondenza. Telegrammi ed espressi arrivano con
molto ritardo, fuori dall’orario scolastico. Anche la custodia delle suppellettili,
e specialmente dei registri e degli atti d’ufficio, è una necessità.
– Attacco dell’acqua del Sele. L’impianto è aleatorio: per molti giorni le “ritirate” sono rimaste senza acqua.
– Soffitti nei corridoi. Sono necessari per l’estetica, ma soprattutto per l’igiene.
Finché non saranno montate le vetrate negli archi e i soffitti nei corridoi, sarà
impossibile avere un po’ di pulizia, nei corridoi come nelle aule e negli uffici.
156
Il Regio Liceo Lanza
– Riparazioni ai tetti. Sono state eseguite imperfettamente: piove in molti luoghi, per esempio in presidenza e in segreteria.
– Umidità causata dalle “ritirate”. Il gabinetto di fisica è danneggiato dall’umidità: «È un umido antico – precisa il Preside – proveniente dalla già malfatta
conduttura d’acqua per le ritirate. Si sperava che, rifatta e migliorata tale conduttura, l’inconveniente cessasse. Invece si è aggravato».
– Chiusura degli accessi dei locali da demolire. I muretti da demolire sono «comodi nascondigli che procurano ingrate sorprese di ogni genere».
Ma per il preside Modugno queste sono questioni di dettaglio, il problema è
un altro. Riguarda l’immagine dell’Istituto. L’edificio della Maddalena, che è a
forma quadrangolare, ha soltanto tre parti a posto, utilizzabili e utilizzate; una
quarta parte, cioè il lato di accesso, è puntellato per evitarne il crollo: «La vista
esterna è desolante per l’occhio del passante. La facciata dell’Istituto ha l’aria di
qualsiasi altra cosa, di carcere, di fortezza, tranne che di istituto di educazione e
di istruzione. Questo lato dovrebbe essere interamente demolito e rifatto, sia per
conferire decoro all’Istituto, sia per mettere a disposizione della scuola altri locali di cui essa ha bisogno»3.
Modugno esprime perplessità sulla “celerità” dei lavori e non nasconde il suo
scetticismo: «L’edificio non è di proprietà del Comune, bensì del Conservatorio
Riuniti, per cui il Comune, se anche pensa di agire efficacemente e tempestivamente, non può non andare incontro a difficoltà di carattere procedurale». Ciò gli
fa pensare che la facciata dell’Istituto non solo non sarà sistemata nell’estate in
corso, ma per lungo tempo ancora.
La sede della Maddalena presenta dei problemi “idrici” derivanti dalla presenza di una pompa di notevole portata, che trae l’acqua dalla sottostante falda freatica. Prima che l’acqua del Sele venisse convogliata a Foggia, la pompa alimentava una vicina fontanina, mentre ora «serve solo, e serve anche male alla distribuzione dell’acqua nella scuola». Quando l’acqua del Sele manca, gli abitanti del
quartiere ricorrono alla pompa del Liceo, con «accorrere di donne di ogni età e
colore da tutto il vicinato, per cui il personale di servizio è distratto dalle sue
funzioni». È una servitù passiva che sarebbe bene che l’Istituto non avesse. I rimedi a tutti questi problemi – per il preside Modugno – sono semplici: sistemare
il lato dismesso, ricavandone dei locali per i gabinetti scientifici, che potranno
essere portati al piano superiore insieme all’alloggio per il custode; collegare la
conduttura del Sele in modo che, quando l’acqua venga meno, il vicinato non ricorra a quella del Liceo. I tecnici dovrebbero cercare altre modalità per smaltire
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3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1923-1924 del
preside Giuseppe Modugno redatta il 25 luglio 1924, pp. 3-5.
Cahiers de dolèances
157
l’acqua sorgiva, causa di umidità dannosa per la salute. Conclude Modugno:
«Qualche cosa è stata fatta, ma poco, e anche male. Finché per tali lavori si terrà
conto solo delle esigenze degli operai e degli appaltatori, e non delle esigenze
della scuola, le cose non potranno mai andar bene. Magari si spende, ma non si
consegue l’intento».
Il Preside si sofferma sull’arredo scolastico che lascia molto a desiderare, specialmente dopo i due recenti traslochi. Occorrono tende per le finestre; crocifissi
in tutte le aule; persiane e camera oscura nel gabinetto di fisica (per gli esperimenti di ottica); due sedie a bracciuoli e una mezza dozzina di sedie, «possibilmente di Vienna», per l’ufficio di presidenza; urge pitturare banchi, tavoli, cattedre, armadi degli uffici e dell’archivio; mancano gli attaccapanni nelle aule, le
serrature a quasi tutte le aule e il campanello elettrico. «Ovviamente – precisa
Modugno – questi bisogni della scuola sono da molto tempo a conoscenza del
Comune». Con una lunga digressione critica, introdotta da un «sia consentito al
sottoscritto, a tale riguardo, qualche riflessione», precisa che i rapporti relazionali fra l’Istituto e il Comune sono certamente buoni, anzi molto amichevoli, ma ciò
non assicura affatto il normale funzionamento della scuola: «Lasciando da parte
le spese di carattere permanente e di un certo rilievo, per le quali deve pronunziarsi l’Amministrazione comunale, un gran disagio è causato dai vari passaggi
burocratici per acquisti di materiale di consumo: qualunque piccola cosa occorra,
spilli, gomma arabica, ceralacca, gesso, spago, e via di seguito, bisogna rivolgersi all’economo del Comune». Costui difetta di una dote essenziale, la disponibilità: «Or questo funzionario, naturalmente, ha molte cose da fare, e ora non è in
ufficio, ora non ha tale oggetto che gli si domanda, ora non ha tale altro, e bisogna
tornare una volta, due volte, tre volte; sì che tocca per ogni piccola cosa, mobilitare a volte per intere giornate un bidello, con grave danno del servizio»4.
Medesimo inconveniente si manifesta per le ordinarie riparazioni, le quali
«sono di comune buon senso, urgenti nella loro piccolezza, e appunto perché tali,
trascurate». Il Comune dovrebbe anticipare una congrua somma al Capo d’Istituto «autorizzandolo a spendere quando il bisogno si presenta», con rendiconto da
presentare a tempo debito. Ciò eliminerebbe tante perdite di tempo.
Modugno fa il punto sulla dotazione scientifica. La strumentazione dei laboratori di fisica e storia naturale è piuttosto misera: «Il materiale non è abbondante
né scelto; ha avuto molto a soffrire dai trasferimenti a cui è andato soggetto, specialmente perché eseguiti in gran fretta, e spesso da persone non pratiche. Allogato nei nuovi locali dell’Istituto solo grazie alla buona volontà e al buon volere
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4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1923-1924 del
preside Giuseppe Modugno redatta il 25 luglio 1924, p. 7.
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Il Regio Liceo Lanza
dei rispettivi insegnanti e del macchinista, va prendendo il proprio posto e diventando servibile. Si utilizzerà quello che c’è, ma non si potranno colmare le lacune
esistenti, e ripetutamente additate allo Spettabile Ministero».
Il Preside lamenta, altresì, la quasi completa mancanza di carte murali storiche
e geografiche, cui cercherà di ovviare appena avrà i fondi necessari. La dotazione
della biblioteca dei professori non è molto ricca, ma è sufficiente. Specialmente
nell’anno in corso, per rispondere alle esigenze della sopravvenuta Riforma Gentile, ha speso una notevolissima parte della somma a sua disposizione per comprare nuovi testi. Anche la biblioteca degli studenti, “piuttosto povera”, comincia
a registrare un certo incremento.
Sul piano finanziario, il Liceo “Lanza” attinge i fondi alla sua Cassa Scolastica, eretta ad ente morale dall’anno in corso. Il 26 luglio 19245, il capitale, in cifra
tonda, è di lire 16 mila (circa 1.329 euro di oggi). Fanno parte del Consiglio
d’amministrazione, oltre al Preside e a due insegnanti, il presidente del Tribunale,
Danza, e il direttore del Banco di Napoli, Carnevale.
Quell’anno si iscrissero nelle varie classi duecento alunni. Raggiunto il numero massimo consentito, le iscrizioni furono respinte: in prima ginnasio diciotto
domande non furono accolte per “incapienza” della classe. Agli esami, un terzo
degli studenti fu promosso a luglio, un terzo fu rimandato e promosso a ottobre, un
terzo dovette ripetere l’anno. Troppe le assenze degli alunni e Modugno ne analizza alcune dinamiche “perverse”: «Debbo senz’altro dichiararmi malcontento.
Quella delle assenze è una pianta veramente infesta, perché (incredibile, ma vero)
gli alunni che si assentano trovano quasi sempre i genitori compiacenti che li
giustificano. Peggio ancora, i genitori medesimi quando sono invitati ad accompagnare i figliuoli a scuola, si danno come l’aria di essere delle vittime, dolendosi di essere tolti alle loro ordinarie occupazioni. E di chi è la colpa? Non dei loro
figliuoli bensì dei Professori, ovvero del Capo d’Istituto».
In una nota indirizzata al preside Modugno il 9 giugno 19276, il Ministero si
compiace che gli alunni del “Lanza” abbiano preso parte al viaggio-premio a
Roma organizzato dalle scuole della Capitanata e confida «nell’opera assidua del
Preside perché le sorti dell’Istituto abbiano a migliorare continuamente, provvedendosi tra l’altro, al più presto, ad una razionale sistemazione dei locali e ad un
decoroso arredamento». Quanto al ritardo col quale giungono le risposte alle
«urgenti richieste» fatte al Comune, l’inconveniente sarebbe certo eliminato se il
Preside riuscisse a ottenere, al principio d’ogni anno, una somma adeguata per le
minute spese, come avviene altrove.
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5 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1923-1924 del
preside Giuseppe Modugno redatta il 25 luglio 1924, p. 10.
6 Ivi, nota Ministero Istruzione Pubblica del 9-06-1927.
Cahiers de dolèances
159
Ma è l’edificio scolastico che costituisce, sempre e ancora, il problema principale. Nel 1928, niente si è ancora mosso, “si tira avanti” nella vecchia sistemazione. In una nota, il Ministero auspica che per il 1927-1928 le condizioni dei
locali, in attesa della costruzione del Palazzo degli Studi, siano tali da assicurare
una minima funzionalità. Con una successiva nota del 10 agosto 19297, il Ministro, associandosi all’augurio che il progetto del nuovo edificio si realizzi al più
presto, chiede di essere informato dello «stato presente degli studi e delle trattative per il finanziamento e l’aggiudicazione dei lavori».
Il Preside – secondo il Ministro – non ha fornito una visione completa dell’andamento dell’Istituto. Notizie più ampie sarebbero occorse circa lo stato dell’arredo scolastico. Quanto al materiale scientifico, per il quale Modugno ha insistito
affinché la dotazione di 2.500 lire sia aumentata, la somma corrisposta al “Lanza”
è uguale a quella assegnata a quasi tutte le altre scuole dello stesso ordine e
grado.
Un «punto importante ed anzi essenziale» per la vita dell’Istituto ha attirato
l’attenzione del Ministro, che “bacchetta” Modugno sulle assenze, sempre numerose e non sempre giustificate degli alunni di ogni singola classe e quelle ancora
più numerose degli alunni di terza classe liceale, che molto frequentemente si
assentano per rimanere a casa a studiare: «Dispiace apprendere questo per un
istituto governativo da un Preside che da vari anni lo dirige, e che, se nella esposizione del male di cui la scuola è afflitta si dimostra sincero, fa nel tempo stesso
dubitare che egli si avvalga dei poteri conferitigli dalle disposizioni in vigore per
reprimere l’abuso delle assenze ingiustificate ed eserciti il proprio prestigio sugli
insegnanti, in modo da indurli ad apportare nella maniera di svolgere i propri
programmi le modificazioni atte a legare meglio gli allievi alla Scuola»8.
Modugno viene bruscamente invitato a non tralasciare, in futuro, di riferire
sulle attività parascolastiche dell’Istituto e soprattutto sull’inquadramento degli
alunni nelle organizzazioni giovanili fasciste.
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7
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., nota Ministero Educazione Nazionale dell’1-03-1928, pp. 2-3.
8 Ivi.
Liceo “Lanza”, 26 giugno 1921. La terza ginnasio con il professor Manfredi De Cesare. [Archivio de Plato Marangelli]
160
Il Regio Liceo Lanza
Liceo “Lanza”, 1923. Classe prima liceo. [Archivio de Plato Marangelli]
Cahiers de dolèances
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Liceo “Lanza”, 1924-1925. Classe quinta ginnasio. [Archivio de Plato Marangelli]
162
Il Regio Liceo Lanza
Liceo “Lanza”, 1926. Ora di ginnastica della II liceale con la professoressa Maria de Rosa. [Archivio de Plato Marangelli]
Cahiers de dolèances
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Liceo “Lanza”, 1926-1927. Classe seconda liceale. [Archivio de Plato Marangelli]
Il contrasto con l’Onb
Le neonate organizzazioni fasciste affiancano la Scuola per “migliorare” e integrare la “formazione culturale e fisica” dei giovani. Ma non sempre l’operazione
è indolore: spesso si verificano invadenze o eccessi che “accendono conflitti”
come quelli che vedono contrapposti il preside Modugno e il responsabile della
locale Onb, l’ingegner Lombardi1. È quest’ultimo ad “invadere il campo” quando polemizza sulle “bocciature facili” a danno degli alunni della quinta ginnasiale, appoggiando nelle sedi competenti le proteste delle famiglie contro un docente, accusato di sabotare il concorso DUX.
Nell’anno 1930-31 IX2 le iscrizioni superano, sia pure di poco, il numero
dell’anno precedente. Le domande vengono accolte tutte, per tutte le classi, tranne che per la prima ginnasio: è necessario ricorrere alla graduatoria, a norma delle
disposizioni vigenti. Rimane tagliato fuori il gruppo dei ripetenti. Per parecchie
classi già avviate, il Preside si giova, con prudenza e discrezione, della facoltà che
hanno i capi d’istituto di superare il numero massimo di trentacinque studenti.
Modugno non rinuncia all’annuale “lamento” per le risorse finanziarie insufficienti di cui dispone: «Non so come vadano le cose altrove; sta di fatto che qui,
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1
Dario Lombardi, funzionario dell’Unione Provinciale Agricoltori, fu segretario generale dell’Ente
Fiera dal 1938 fino al 1942.
2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno
del 31-10-1931, di pagine 21, p. 4.
166
Il Regio Liceo Lanza
fuori dalla dotazione ministeriale (e Dio ci liberi venga tolta!), non un’altra lira
viene da qualsivoglia altra fonte e il poco danaro che invia lo Spettabile Ministero è in buona parte assorbito dalla manutenzione degli apparecchi esistenti e dal
materiale da laboratorio, il quale per naturale deperimento ha bisogno di essere
sostituito di volta in volta»3.
Riguardo all’arredo scolastico, il Preside è abbastanza soddisfatto: «Senza
alcuna esitanza si può senz’altro dire che esso è sufficiente. Il sottoscritto è già al
decimo anno della sua presidenza nel Liceo di Foggia, ed ha lottato quotidianamente per migliorare l’arredamento, già scarso, disadatto, insufficiente. Ora le
cose sono cambiate, e non vi sono da muovere lamenti. Si capisce che quando si
dice arredamento sufficiente, non si vuole dire altro; soltanto sufficiente, e nulla
di più». Per fortuna, le relazioni tra la Presidenza e il Comune sono «veramente
buone, e addirittura ottime con l’Ufficio economato: qualunque cosa manchi, si
domanda, e i provvedimenti non tardano a venire. Perché, quindi, guastare una
situazione soddisfacente con richieste esorbitanti, e non di rado irragionevoli?
Sarebbe proprio imperdonabile. Si è persino risolto il problema del riscaldamento
nei giorni più rigidi dell’inverno, problema per lungo tempo dibattuto e discusso,
e ora soltanto stabilmente definito»4.
Interessante la sottile disquisizione di Modugno sull’arte della discrezione: «È
una virtù così di ogni persona dabbene, come anche dei capi d’istituto che debbono guardarsi dall’apparire eccessivamente esigenti e, peggio ancora, fastidiosi».
Il Preside illustra con orgoglio gli aspetti strettamente disciplinari del “Lanza”:
«Per tradizione ormai decennale la disciplina, mi sia lecito dirlo, è tenuta con
mano ferma; e ciò è risaputo così dalle autorità locali e in genere, come dalle
famiglie degli allievi».
Educazione fisica e intellettuale
Relazionando sulle attività parascolastiche, Modugno sottolinea come gli allievi del Liceo-ginnasio rappresentino il «nucleo più cospicuo e disciplinato»
delle organizzazioni giovanili del capoluogo. Tutti gli iscritti, nessuno escluso,
sono “inquadrati”: «Provveduti delle rispettive divise, molti appartengono a corsi
specializzati, ovvero sono graduati nelle milizie giovanili». Anche il personale
dell’Istituto, in tutte le sue componenti, «assolve il proprio dovere» nelle organizzazioni del Regime. I giovani le frequentano volentieri, senza riluttanze, «le quali,
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3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 4.
4 Ivi, p. 3.
Il contrasto con l’Onb
167
quando vi sono, son dovute a motivi di indole economica, e non a mal volere o
ad altro somigliante. Ma, anche qui bisogna avere il coraggio di toccare un tasto
molto delicato: i rapporti fra l’Istituto e il Comitato provinciale dell’Onb».
Preliminarmente, Modugno si sofferma su premesse di carattere generale,
esaltanti il Regime, che ha dato, finalmente, il giusto peso allo sport: «È mia opinione (non posso né debbo dimenticare di avere appreso da Platone l’utilità e la
necessità dell’educazione fisica della gioventù) che la legge sull’Onb è una delle
più felici del Fascismo, forse la più felice addirittura: ciò ho sempre pensato e
sempre detto, sia in privati colloqui, sia in pubbliche manifestazioni. Se cosa, al
riguardo, ho avuto a lamentare, è questa, che la crisi economica che si attraversa,
e le necessità del bilancio statale, impediscono allo Stato medesimo di finanziare
l’Opera in maniera conveniente ed adeguata, perché possa essa dare tutti gli
splendidi frutti di cui è capace. Premesso ciò, non ho bisogno di dire che ho sempre dato con vero grande entusiasmo l’opera mia ad una istituzione così benefica».
«La vera difficoltà – prosegue Modugno – è delineare la giusta linea di confine tra l’azione dell’Opera Nazionale Balilla a favore dell’educazione fisica della
gioventù, e l’azione della Scuola a favore dell’educazione intellettuale. Finché le
due educazioni nei singoli istituti furono gestite dai presidi, essi erano responsabili della giusta proporzione della linea che è insieme di unione e di separazione
fra i due campi. Accadeva spesso, per una ragione o per un’altra, che essi trascurassero l’educazione fisica. Qualche volta giungevano persino a dimenticarsene.
Bene aveva fatto, quindi, il regime fascista, giustamente preoccupato della completa educazione della gioventù, ad ideare un’istituzione che avesse in cura particolare l’educazione fisica non soltanto degli allievi delle scuole, ma della gioventù in genere. [...] Poiché è ovvio che di quanto la scuola sopraffà l’ONB, di tanto
l’educazione intellettuale sopraffà l’educazione fisica, e viceversa, di quanto
l’ONB sopraffà la Scuola, di tanto l’educazione fisica sopraffà l’educazione intellettuale. Or così l’una come l’altra di queste due eventualità sono egualmente
funeste all’educazione complessiva dei giovani i quali, se prevale l’educazione
intellettuale a scapito dell’educazione fisica, vengono su fiacchi, lenti, pigri, se
prevale l’educazione fisica a scapito dell’educazione intellettuale vengono su
rozzi, boriosi, prepotenti; e non è a dire quanto questi mali nuocciano a tutti, e alla
gioventù in maniera particolare, nell’età, cioè, in cui si forma il carattere e assumono la loro fisionomia gli uomini»5.
Le due “azioni” educative, dunque, devono necessariamente avere il giusto
equilibrio: «Solo così – prosegue Modugno – l’uno e l’altro possono conseguire
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5 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 12.
168
Il Regio Liceo Lanza
il maggior bene possibile e i buoni frutti. È, non me lo nascondo, cosa estremamente delicata ed anche estremamente difficile; ma anche assolutamente necessaria: per cui gli uomini preposti all’educazione dei giovani debbono almeno sforzarsi di conseguire tale equilibrio ad ogni costo, e quando essi non vi riescano, il
Ministero dell’Educazione Nazionale, che vivifica e integra i due campi di attività, deve intervenire, adoperando, dove e come occorra, sproni o freni, perché chi
va troppo lentamente acceleri la marcia, e chi corre troppo rallenti».
In ogni provincia era stato creato un Comitato dell’Onb. Operando esso con la
scuola nella formazione dei giovani, non erano da escludere “invasioni di campo”.
Un pericolo reale avvertito da Modugno, secondo cui il dinamico presidente
dell’organizzazione interferiva sulle questioni scolastiche del “Lanza” più di
quanto gli fosse consentito dalla sua carica istituzionale: «Presidente del Comitato di Foggia è l’ing. Dario Lombardi, uomo (forse è più appropriato dire: giovine)
pieno di energia e di entusiasmo, e anche pieno di volontà fattiva e operosa, si è
senza dubbio proposto delle mete elevate e lontane, e tutto ciò, naturalmente, si
dice di lui a titolo di lode. Ma ho paura che egli non si preoccupi minimamente
dell’altro campo dell’attività giovanile, dell’attività, cioè, scolastica e culturale,
per conseguire frutti vistosi nel campo dell’educazione fisica. [...] Non escludo la
possibilità di ingannarmi. Comunque trovo che la troppo dinamica energia e attività del Presidente Lombardi finisca col recare non lieve turbamento al regolare
e metodico andamento dell’Istituto».
Il Preside ha maturato tale opinione nel contatto quotidiano della scuola con
l’Onb; per l’anno scolastico corrente egli seguirà questo filone di attività con
maggiore attenzione, «per contribuire al necessario riequilibrio, e per poter parlare specificatamente e particolareggiatamente di eventuali eccessi (questa parola è
da interpretare in stretto senso etimologico) del presidente Lombardi qualora, in
avvenire, veda minacciato a danno dell’educazione intellettuale e morale dei giovani, l’equilibrio educativo che lo Stato e il Regime intendono imprimere ai futuri difensori della Patria, nei cui animi si elaborano le linfe vitali che daranno
origine alla grandezza e alla forza della nuova Italia»6.
Per Modugno, i rapporti fra la sua scuola e il Comitato provinciale dell’Onb
non sono, quindi, affatto pacifici, «una cosa antipatica certamente». Nell’estate
precedente, Lombardi aveva inviato al Regio Provveditore agli Studi un esposto
«straordinariamente aspro» circa l’operato di un docente del “Lanza” (il professor
Oddo di lettere latine e greche) durante la prima sessione di esame di ammissione
al Liceo, superato da un solo studente. Alla richiesta di chiarimenti da parte del
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
6 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, pp. 14-15.
Il contrasto con l’Onb
169
Provveditore, il Preside aveva risposto in modo esauriente. Anche in questa relazione al Ministero è disposto a dare il «conto minuzioso ed esatto» dei provvedimenti adottati nel corso dell’esame incriminato. Espliciterà le ragioni vere che
determinarono l’evento che il presidente Lombardi chiamò «disastro»: «Da quello che dirò – continua il Preside – risulterà evidente che quella diagnosi del presidente Lombardi è assolutamente, fondamentalmente sbagliata».
Modugno avanza il sospetto che Lombardi si sia reso strumento dell’animosità di un gruppo di padri di famiglia contro il professore in questione, mettendo
tale animosità sotto l’egida dell’Onb per darle maggiore probabilità di successo.
Lombardi sosteneva che il professor Oddo, con le bocciature inflitte, aveva sabotato l’azione del Comitato Provinciale dell’Onb e in maniera particolare il concorso DUX. «Ma, Santo cielo! – esclama il preside – come possono persone intelligenti dire enormità così marchiane? In una provincia in cui gli Istituti di
istruzione media si contano a decine, dove gli alunni sono migliaia, possibile mai
che la partecipazione al concorso DUX debba essere compromesso da dieci bocciati di più o da dieci bocciati di meno? [...] Può il Presidente dell’Onb di Foggia,
o di dovunque, giudicare di esami svolti in un istituto; della maggiore o minore
larghezza di un insegnante negli esami medesimi; della condotta di un insegnante
come insegnante, in quanto cioè svolge il suo programma così o così?». La sua
risposta è inequivocabile: «Come cittadino, egli può avere tutte le idee che vuole;
e se crede che qualche funzionario non cura gli interessi dello Stato come dovrebbe, può tentare ricorsi e denunzie: ma come cittadino, non come presidente del
Comitato prov. dell’ONB perché, se no, la carica servirebbe all’individuo per finalità estranee alla carica stessa, e gli interessi pubblici e privati ne rimarrebbero
stranamente, deplorevolmente e pericolosamente confusi»7.
Il Preside, prima di chiudere il caso, per dovere di completa obiettività, aggiunge «una nota riservata di particolare gravità». Gli allievi della classe in questione, poco prima degli esami, consapevoli del pericolo cui andavano incontro,
«erano corsi, a modo loro, ai ripari». Un nutrito gruppo «pensò di provvedere
bene ai casi propri, andando a lezione privata da un insegnante (professor Mastelloni Ivo) il cui padre avrebbe dovuto necessariamente far parte della Commissione esaminatrice». Di sicuro «quelle lezioni private furono sollecitate al fine non
soltanto di istruzione, ma di profitto pratico»8. Il pericolo era stato comunque
scongiurato: «Gli esiti dell’esame erano stati disastrosi anche per gli studenti
furbi». Se si fosse usata maggiore larghezza, si sarebbero commessi due errori:
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7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 16.
8 Ivi, p. 19.
170
Il Regio Liceo Lanza
«Si sarebbe data la sensazione che l’insegnamento del professor De Paola fosse
adeguato alla situazione e al bisogno, e si sarebbe altresì favorita la convinzione
e la leggenda che, durante gli esami, avessero operato forze nascoste e misteriose,
e niente affatto legittime e pulite». La considerazione finale sulla questio svela
l’intenzionalità dell’esito negativo degli esami, “pilotati” in tal senso dal Preside:
«Ad evitare entrambi questi due mali, gravi così l’uno come l’altro, le cose andarono come andarono, e non potevano andare diversamente per non pregiudicare
la buona reputazione di cui godeva l’Istituto»9.
La professionalità docente
Il preside Modugno tocca quello che, a suo dire, è un tasto molto delicato «e
non occorre poco coraggio per farlo»: la professionalità dei docenti. Ritiene opportuno fare dei pesanti rilievi, che hanno anche risvolti “politici”: «Vi sono fra
gli insegnanti degli anziani che, alla fine come sono della loro carriera, tendono
ad essere, per naturale forza di cose, come un peso morto nell’andamento
dell’Istituto. Ed invece il regime fascista ha impresso agli Istituti di istruzione e
di educazione un ritmo di vita ben diverso da quello che essi avevano prima della
Marcia su Roma. In tale stato di cose, perché gli insegnanti possano far bene ed
intero il loro dovere, debbono necessariamente essere, se non giovani, almeno in
possesso di tutte le loro energie, cosa che non si può presumere in persone che
abbiano varcato la sessantina, specialmente se nella vita hanno avuto rovesci più
o meno gravi che abbiano impresso sui loro volti le stigmate del dolor»10.
Su un organico di undici insegnanti figuranti nel ruolo del Liceo-ginnasio, ben
tre si trovano in condizioni siffatte, pur ricoprendo posti di grande responsabilità:
il professor Mastelloni, che insegna italiano nel Liceo (e latino in un’altra classe);
il professor Gervasio, docente di matematica e fisica nel Liceo, e di matematica
in tutto il Ginnasio; il professor De Paola, insegnante di materie letterarie in una
classe del Ginnasio superiore. Le condizioni dei tre non sono uguali: variano per
la diversa età, le diverse condizioni fisiche, il diverso stato d’animo, le diverse
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
9
Il Ministero, in una nota inviata al preside Modugno in risposta alla relazione finale 1932-33,
stigmatizzò l’esito degli esami di maturità della sessione estiva: su trentasette candidati appena sette
avevano conseguito la promozione. La Commissione aveva riscontrato gravi deficienze nella preparazione dei candidati in quasi tutte le discipline. Bisognava vigilare sulla qualità dell’insegnamento. Si faceva assegnamento sulla viva diligenza del Preside affinché i risultati dell’anno scolastico
1933-1934 fossero più confortanti. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954,
cit., Nota Ministero Educazione Nazionale del 3-06-1934, p. 20]
10 Ivi, p. 3.
Il contrasto con l’Onb
171
abitudini di vita.
I rilievi sui docenti non finiscono qui. Nei discorsi del Preside trapelano segni
di un radicato “misoginismo”: la presenza delle insegnanti è «una tara che aggrava il normale funzionamento dell’Istituto». Modugno premette di non essere
prevenuto contro il gentil sesso: «Non sono affatto di quelli che ritengono le
donne incapaci di tenere uffici propri di uomini, e specificamente disadatte ad
insegnare. Ma alla donna in genere, e alla donna maritata in particolare, la natura
ha assegnato delle funzioni importantissime e delicatissime, le quali, per forza di
cose, non permettono deroghe, seppur lavorative. Senza tenere conto delle gravidanze, dei puerperi, degli allattamenti, è impensabile che una insegnante donna
dedichi alla scuola il tempo, l’energia, la volontà, l’operosità che può dedicarle
un uomo». È la concentrazione che manca: «Ogni donna che va a scuola ed ha
lasciato bambini a casa è, si può dire, col corpo in iscuola e coll’anima a casa, per
cui spesso si distrae, prende frequenti abbagli nei giudizi sugli allievi, non vede
l’ora di scappare via. In tali condizioni nessuno dirà che l’insegnamento sia per
riuscire pienamente efficace»11.
Entrando nello specifico del Liceo “Lanza”, il Preside fa delle osservazioni
sulle due donne che vi insegnano: una, la Carafa Cavallucci (insegnante di inglese), ha in pieno tutti «gli inconvenienti propri di una donna»; l’altra, la Samaia De
Simone (insegnante di materie letterarie nel Ginnasio inferiore) li ha «soltanto in
parte, sia perché, a causa dell’età, non giovane, pare non abbia più fasti di gravidanze e conseguenti malanni, sia perché ha un più elevato concetto della funzione
dell’insegnante, e degli obblighi che derivano per chiunque abbia assunto un
compito e un dovere sociale».
Ma il panorama della “disastrata professionalità docente” delineato da Modugno è ancora incompleto. Il caso più eclatante è costituito dal professor Dante
Severgnini: «Insegna storia, filosofia, ed economia politica nel Liceo. Non è di
Foggia. Piovutoci a caso (in seguito alla soppressione del Regio Liceo di Tolmino), e preceduto da fama poco rassicurante, qui giunto si rivelò pienamente conforme ai connotati che in precedenza si erano avuti: un uomo senza zavorra e
senza il più piccolo equilibrio mentale. Basti dire che, essendo egli nel triennio di
prova, ed essendo vivamente malcontento della sede di Foggia, per non compromettere la sua sistemazione definitiva, con provvedimenti disciplinari più o meno
gravi, tollerai che si isolasse in maniera assoluta rispetto agli altri Professori, vivendo da misantropo, senza mai scambiare una parola con alcuno! Naturalmente
gli allievi si erano accorti di ciò e cercarono di montare le fobie dell’insegnante,
speculandoci sopra per cavarne approvazioni e voti elevati. Sta in fatto che le
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
11
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, pp. 7-8.
172
Il Regio Liceo Lanza
materie del Prof. Severgnini nessuno (o pochissimi) le studiava, e passarono quasi
tutti, con grave danno del prestigio dell’insegnamento»12.
Una sorte, quella di essere oggetto di nota di demerito, che quell’anno non
toccò soltanto al professor Severgnini. Modugno non salva proprio nessuno dei
suoi docenti, e prosegue in un soliloquio degno di un tribunale dell’Inquisizione:
«Rimangono ancora cinque insegnanti (siamo già alla minoranza!). Sono, almeno
questi, elementi scelti? Cosi fosse! Solo si può dire che sono il men peggio. Vi è
qualche elemento che effettivamente si distingue per diligenza, attitudine e amore
alla scuola, e se ne mettono in rilievo le buone qualità nelle note informative; ma
nell’insieme, siamo a quella mediocrità che l’antico poeta chiamò aurea, ma che
io mi ostino a ritenere ferrea o anche plumbea. [...] Con un corpo insegnante siffatto, con un simigliante materiale umano, non si possono certo attendere miracoli; tutt’altro. È abbastanza se si tira avanti alla meglio, senza scosse molto gravi o
molto brusche».
L’anomalia, la cosa curiosa, è che, malgrado tutto ciò, le autorità locali, provinciali, regionali, e la cittadinanza in genere, abbiano dell’andamento generale
del “Lanza” un’opinione veramente lusinghiera: «Vi deve essere qualcosa di positivo che autorizza sì benevola opinione – osserva Modugno –. Fatto è che al
disopra di qualsiasi considerazione di carattere didattico, in linea generale gli
insegnanti tutti, nessuno escluso, hanno buona reputazione dal punto di vista morale. Essi possono anche sbagliare, ed anche non essere delle aquile; ma conoscono la via dritta, la via del dovere e quella battono».
Ciò torna, naturalmente, ad onore dell’operato del Preside, che ha saputo imprimere al corpo docente delle abitudini morali corrette: «Non è estranea a ciò la
circostanza, certo degna di rilievo, che l’Ufficio di presidenza è da lunghi anni
nelle mani del medesimo capo: «Nessuno, si sa, deve lodare sé medesimo; ma
non loda sé medesimo chi dichiara di interessarsi, pel buon andamento dell’Istituto, alla condotta morale degli insegnanti, dando consigli quando sia il caso, richiamando qualora occorra, vigilando sempre, non stancandosi mai di tale vigilanza, fatta con ogni obiettività e serenità, estesa a tutti e non escludente nessuno,
con tatto e accorgimento, continua e uniforme; ciò ha finito col dare all’Istituto
una fisionomia e un carattere che autorità e pubblico trovano di loro gradimento
e di ciò non si può non essere lieti»13.
Il preside Modugno aggiunge altre considerazioni sull’efficacia e sull’efficienza dell’Istituzione scolastica: «La parte amministrativa è curata con ogni meticolosità e il governo complessivo è tenuto con mano ferma ed energica. Il pubblico,
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12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, pp. 8-9.
13 Ivi, p. 9.
Il contrasto con l’Onb
173
che per tante ragioni ha bisogno di avere contatti numerosi con la Presidenza e la
Segreteria, a vedere le pratiche evase con speditezza e sicurezza, si accorge subito che le cose vanno come debbono andare, e finisce col preferirlo ad altri istituti dove i ma e i se fanno perdere tempo e disorientano le famiglie. Ugualmente,
gli allievi e le famiglie medesime non muovono lamenti per la rigidezza e durezza di trattamento, quando si accorgono che si tratta di criterio uniforme per tutti.
I guai cominciano quando intervengono le eccezioni; e queste, invero, in questo
Istituto sono molto scarse»14.
Dura lex, sed lex. Uguale per tutti.
Il Palazzo degli Studi
Molto accorata è l’attenzione che Modugno dedica alla precaria situazione
logistica del Regio Liceo “Lanza”. «Situazione che – tiene a precisare – è perfettamente nota al Ministero, attraverso le relazioni che l’Ufficio di presidenza invia
puntualmente ogni anno. Da un pezzo si è in attesa (perché da un pezzo è stato
promesso, e se ne fa sperare la realizzazione un giorno dopo l’altro) dell’imponente Palazzo degli Studi, che deve accogliere tutti gli istituti medi di Foggia; ma
il Palazzo degli Studi non lo si vede ancora».
Egli non vuole essere polemico verso le autorità locali, amministrative e politiche, che non fanno abbastanza per «affrettare il sorgere» nel più breve tempo
possibile dell’edificio scolastico, togliendo gli istituti medi di Foggia dalle precarie condizioni nelle quali si trovano al presente. «No – precisa Modugno – si vuol
solo dire che bisogna, purtroppo, avere pazienza. Le pratiche burocratiche (e non
si dice ciò in senso di dileggio, tutt’altro) sono così lunghe che a volte esasperano
addirittura. Specialmente chi – come i Capi di Istituto che da parecchi anni attendono – non pensa che a quella meta lontana, non guarda che a quel faro luminoso,
che brilla ancora troppo piccino per far argomentare prossima la realizzazione del
sogno».
Con la relazione del 1930-1931 Modugno aggiorna il Ministero sullo status
del progetto per la costruzione del Palazzo degli Studi: «Si è fatto un passo gigantesco verso l’esito finale: l’appalto dei lavori. La progettazione è stata affidata
all’architetto Marcello Piacentini, ed è stato fissato il termine perentorio di trenta
mesi per l’esecuzione dell’intera opera. Ma non sono tutte rose e fiori. Ci sono
inghippi. Il diavolo ci caccia la coda, e si perde ancora tempo. L’asta ha tale esito
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
14
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 10.
174
Il Regio Liceo Lanza
che le autorità locali, dopo lungo rifletterci sopra e lungo consultarsi, si vedono
nella necessità di annullarla. Nuove pratiche e nuove lungherie; e altro tempo che
passa. Da ultimo, l’edificio si dà a costruire a trattative private. Le autorità locali
sono su questo punto tutte d’accordo; la pratica amministrativa e finanziaria è
perfezionata fino nei più minuti particolari: non si attende che il cominciamento
dell’opera15».
La disoccupazione diffusa farà affrettare l’avvio dei lavori da parte delle autorità, ma la crisi economica è tale, e tale è l’imponenza del costruendo edificio (e
l’imponenza materiale, naturalmente, è in ragione diretta dell’imponenza finanziaria), che l’eventualità di vedere sorgere sulla strada difficoltà di carattere economico è tutt’altro che improbabile. Previsioni non del tutto ottimistiche, quelle
del preside Modugno, dettate dall’esperienza della vita, anche se è forte la sua
fiducia nelle autorità cittadine: «Esse hanno preso a cuore questa pratica perché,
bisogna pur dirlo, esse ci si dedicano con vero amore. Fra qualche anno, pertanto,
è legittimo sperare che il Palazzo degli Studi, che farà rinascere gli istituti medi
di Foggia, sarà inaugurato»16. Per il momento, il Liceo-ginnasio dovrà accontentarsi del locale dove è “allogato” da anni: l’ex convento della Maddalena ha ancora la facciata che è «un vero e proprio disastro». Le aule sono insufficienti, per
l’anno scolastico 1932-1933 ci sarà l’istituzione di un corso parallelo di Ginnasio
inferiore e il Comune dovrà cercare altri locali.
In risposta, il Ministro dell’Educazione Nazionale comunica al Preside che
«prende atto senza osservazioni dell’andamento del Liceo-ginnasio nel decorso
anno scolastico 1931-1932 e fa assegnamento sull’azione vigile ed energica che
egli vorrà esplicare perché i lavori per la costruzione del nuovo edificio scolastico
procedano con la necessaria alacrità in modo di permettere che, nel breve tempo,
esso funzioni degnamente e decorosamente nella sua nuova sede»17.
Sul cantiere finalmente avviato, Modugno riferisce nella relazione del
1932-193318. Il Ministro risponde di aver appreso con soddisfazione che i lavori
nel nuovo edificio sono in fase avanzata: è lecito sperare che molti inconvenienti,
aventi riflessi sull’andamento didattico e disciplinare dell’Istituto, possano essere
a breve eliminati. Rivolge al Preside una raccomandazione: «Voglia la S.V. ado-
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
15
Secondo i termini del contratto, i lavori dovevano durare 36 mesi: dal 23 dicembre 1931 al 23
dicembre 1934.
16 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1930-1931 del
preside Giuseppe Modugno del 31-10-1931, p. 2.
17 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., Nota Ministero Educazione
Nazionale del 21-02-1933.
18 Ivi, Nota Ministero Educazione Nazionale del 3-06-1934.
Il contrasto con l’Onb
175
perare le premure necessarie, con quel garbo che il caso richiede, presso la Amministrazione podestarile, perché anche l’arredamento venga rinnovato, sia pure
gradualmente, in modo che il fabbricato possa rispondere appieno alle norme
tecniche, didattiche e igieniche moderne e attuali». Il Ministro prende atto con
compiacimento dello sviluppo di ottime iniziative parascolastiche ed educative in
senso fascista.
L’inaugurazione del nuovo edificio viene comunicata da Modugno nella relazione del 1934-1935. Il Ministro gli risponde: «La relazione finale che la S.V. ha
inviato è motivo di compiacimento per la notizia che dà del passaggio dell’Istituto nel nuovo e decoroso Palazzo degli Studi. Non tralasci di vigilare affinché
l’iniziato rinnovamento della suppellettile sia compiuto e soprattutto perché sia
dato al Liceo un accesso indipendente»19.
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19 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., Nota Ministero Educazione
Nazionale dell’11-03-1936.
176
[Archivio Severgnini]
Il Regio Liceo Lanza
Il contrasto con l’Onb
DANTE SEVERGNINI
La censura del preside Modugno sul professor Dante Severgnini aveva bisogno di
un riscontro. Abbiamo quindi ricostruito la
biografia del docente, intervistando il professor Maurizio Santini dell’Università di
Milano e i suoi parenti, tra i quali la sorella novantenne Fede. Le informazioni raccolte delineano una figura di Severgnini
molto diversa da quella presentata da Modugno: fu un docente molto amato dagli
studenti milanesi e di cultura davvero “superiore”. Il Liceo scientifico “Galilei” di
Caravaggio oggi lo ricorda con una borsa
di studio a lui intitolata.
Severgnini nacque a Costa Masnaga
(Como) il 28 settembre 1898. Da bambino
soggiornò spesso a Caravaggio (Bergamo),
che gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Nella guerra del 1915-1918 fu sottotenente di fanteria e fu nominato Cavaliere di
Vittorio Veneto. Vinse una borsa di studio
alla Normale di Pisa e si laureò con il massimo dei voti. Ebbe come maestro di filosofia teoretica l’insigne professor Armando
Carlini che l’onorò sempre del suo affetto e
della sua amicizia e lo orientò verso lo
spiritualismo teistico e la religiosità dell’arte. Severgnini svolse la sua attività culturale e didattica in diversi licei statali: a Tolmino, a Foggia, a Vigevano, a Belluno, a
Varese, ma più a lungo a Milano nei licei
“Parini”, “Leonardo da Vinci”, “Carducci”.
Per molti anni fu libero docente di filosofia
teoretica all’Università Statale di Milano.
Dante Severgnini aveva esordito con una
tesi di laurea su Plotino, al fascino del
quale rimase lungamente fedele, sviluppandone le idee più moderne. Ma presto si
177
invogliò di S. Agostino pubblicando l’opera Interiorità dello Storicismo (Ed. Perrella, Roma, 1940) e più tardi S. Agostino nel
quadro della Patristica (Ed. Perrella,
Roma, 1948) per la Biblioteca italiana di
filosofia. L’amore per le lettere e le arti lo
portò ai problemi dell’estetica. Furono gli
studi sul Vico a iniziarvelo, sebbene egli ne
avesse già pregustato l’aura in Platone e
nei suoi seguaci. Nacquero così le opere
(edizioni SEI di Torino): Il serioso poema
(1953) e come continuazione Nozze, Tribunali ed are (1956); più avanti L’inevitabile
illusione (1960).
L’estetica precede la logica poiché è
dall’emozione che nasce il pensiero. Severgnini indagò sulle anticipazioni del Vico
non senza elaborazioni originali. Applicò
poi le sue teorie a un discorso sull’arte
sempre più esplicito. Ne sono dimostrazione le opere Lirica e problematica (Accademia del Mediterraneo, Roma, 1996); Primato Dialettico dell’estetica (Accademia
del Mediterraneo, Roma 1992); La
Dialettica=Sintesi estetica (Accademia del
Mediterraneo, Roma, 1994), Autonomia
dell’estetica (Donizetti, Milano, 1997). Gli
ultimi due volumi, più che compendio del
pensiero dell’autore, sono brani esemplari
dettati dall’esperienza nei quali si manifesta, fuori del gergo specifico, un più scoperto sentimento personale.
Severgnini fu sincero indagatore della
“bellezza” e del “bene” anche in senso puramente teorico. Amava le arti e i grandi
poeti, di cui ripeteva a memoria, anche in
latino, lunghi brani. Aveva un’alta sensibilità: era spesso disarmato di fronte alle ingiustizie del mondo.
Deceduto il 7 settembre 1998 ad Appiano
Gentile (Como), è sepolto nel Cimitero
Monumentale di Milano. Dispose che i
suoi risparmi fossero devoluti in borse di
studio per alunni meritevoli del Liceo
178
Il Regio Liceo Lanza
L’ONB E LA DÉBACLE DELLA
V GINNASIALE
Gli esami dell’anno scolastico 1930-1931
«non ebbero nulla di diverso rispetto agli
anni precedenti. Ci fu continuità di indirizzo e rispetto delle buone norme consolidate
da tempo». I cosiddetti «avventurieri», in
cerca di diplomi facili, non ebbero vita facile al “Lanza”: «Chi va in cerca di un
luogo per tentare la fortuna – puntualizza il
preside Modugno – non viene a Foggia».
C’era stata, durante gli esami, «uniformità
di criteri nei giudizi, e niente sbalzi da
Commissione a Commissione». Ciò aveva
rassicurato le famiglie, le quali si fidavano
dei professori. Unica eccezione, l’insuccesso degli allievi della quinta ginnasiale candidati agli esami di ammissione al Liceo: i
loro risultati furono “disastrosi”. Nella sessione estiva fu promosso soltanto uno studente, cinque furono respinti, tutti gli altri
rimandati alla sessione autunnale: «L’unico
candidato ammesso – confida il Preside –
non raggiunse il traguardo con le sue forze
soltanto, ma ci fu bisogno di una certa condiscendenza per salvarlo. Se la Commissione esaminatrice non avesse sensibilmente
attenuato i precisi risultati degli esperimenti così scritti che orali, i respinti sarebbero
stati molti di più e molto meno, quindi, i
rimandati a settembre».
Il fatto suscitò forte turbamento e animosità nelle famiglie; espressione di questo
stato d’animo fu il ricorso presentato dal
presidente del Comitato provinciale
dell’Onb, ingegner Dario Lombardi, che
attribuì questo evento alla deliberata intenzione del professor Oddo di sabotare l’attività dell’Onb. Il preside Modugno escluse
categoricamente tale ipotesi e scaricò le
responsabilità sull’anziano professor De
Paola, che nei due anni del Ginnasio supe-
riore non aveva insegnato adeguatamente
le materie letterarie.
Nella sessione autunnale, le cose migliorarono: tutti gli studenti che ripararono le
prove fallite a giugno furono promossi.
Ma, a giudizio del preside Marchese, soltanto «una minima parte dei riprovati si
diede veramente da fare nelle vacanze estive. Gli altri si salvarono soltanto perché
aiutati dalla Commissione esaminatrice:
«Considerando che la colpa non era tutta
degli allievi, e che viceversa così gli allievi
come le famiglie ne avrebbero avuto un
danno molto grave, vista la vastità e la profondità del male, essa usò molta larghezza,
nella speranza che gli studenti, messi
sull’avviso, si preoccupassero di colmare,
in avvenire, le loro gravi lacune».
[ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia,
cit., relazione a.s. 1930-1931 del preside Giuseppe Modugno trasmessa il 31-10-1931, pp.
Il contrasto con l’Onb
[Archivio Buo]
179
La III ginnasiale del 1935-1936. [Archivio Storico Liceo “Lanza”; foto donata da Ada Boemonte Zobel]
Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia
Al principio dell’anno scolastico 1935-1936, le iscrizioni al “Lanza” nella
nuova sede del Palazzo degli Studi ebbero luogo regolarmente: tutte le domande
furono accolte. La popolazione scolastica, che cresceva ogni anno, fu numerosa
soprattutto nel Ginnasio inferiore: nella prima ginnasiale frequentarono 96 alunni,
51 nella sezione A e 45 nella sezione B1. Il preside Giuseppe Marchese, succeduto a Modugno, lamenta «l’onere di queste classi sovraffollate». La quantità eccessiva di studenti non è certo sinonimo di qualità, ma le esigenze dell’utenza non
possono essere eluse: «Noi accettammo con spirito di buona volontà tutte le domande in soprannumero per non dare alle famiglie l’amarezza della repulsa,
mettendole in condizione di ricercare in altri luoghi, con gravi sacrifici economici, l’iscrizione dei loro figliuoli»2. Anche per la prima liceale si è fatto “il sacrificio” di accogliere 47 domande, un numero superiore al consentito.
L’istituzione del Regio Liceo nella vicina città di San Severo, con il conseguente esodo di un folto gruppo di giovani che solevano iscriversi a Foggia, aveva
fatto sperare in una diminuzione di studenti. Così non fu.
Il Liceo “Lanza” nel corso dell’anno intervenne, in forma ufficiale, a cortei,
dimostrazioni, riviste, feste, gare, cerimonie ed esercizi indetti dalle autorità civili, militari e religiose della città. La prima e più “suggestiva” cerimonia si svolse
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1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, Relazioni finali Capi d’Istituto
1937-1942, busta 110, fascicolo Liceo Lanza, relazione a.s. 1935-1936 del preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, di pagine 20; statistiche allegate.
2 Ivi, p. 14.
182
Il Regio Liceo Lanza
nei primi giorni di novembre: fu inaugurato l’anno scolastico. La prima parte del
rito si svolse in Cattedrale. «S. E. il Vescovo Monsignor Farina – racconta il
preside Marchese – dopo la benedizione impartita a tutti gli alunni, rivolse appassionate parole di conforto e di esortazione ad amare Dio, la Patria, il santo lavoro,
concludendo con una fervida preghiera a Dio perché proteggesse i nostri soldati
in Africa e facesse arridere alla nostra Italia, che portava la luce della civiltà tra
le tenebre della barbarie, la vittoria così bene auspicata dal valore dei soldati e
dalla concordia mirabile di tutti i cittadini, decisi a sopportare con forza romana
i disagi delle sanzioni, imposte da tanti popoli associati ai nostri danni»3.
Dopo il rito religioso, il Preside, gli studenti, le associazioni e le autorità intervenute, tutti inquadrati dagli ufficiali dell’Onb, svolsero il consueto “rito
d’amore e di gratitudine” presso il monumento dei Caduti. Il professor Matteo
Luigi Guerrieri, che era stato capitano di artiglieria e combattente durante la
prima guerra mondiale, «rievocò, a rapide linee, le gesta della terribile guerra e i
sacrifici compiuti con nobile disprezzo della morte spaventevole, accennando ai
doveri di gratitudine verso i grandi benefattori, doveri che vanno espressi e realizzati nell’obbedienza assoluta ai comandamenti del Duce»4.
Marchese riferisce che il discorso di Guerrieri rivolto ai giovani, in presenza
delle autorità ed al cospetto del monumento ai Caduti, commosse profondamente
tutti, tanto che S.E. il prefetto Vendittelli sentì il bisogno di ringraziare pubblicamente l’oratore «per aver sollevato col suo discorso un’onda di vivo e fervido
entusiasmo nei cuori di tutti i presenti»5.
Il Prefetto richiamò le necessità del presente e invitò gli alunni a svolgere,
presso le loro famiglie, “propaganda di fede” negli alti destini della Patria, «per
disporre gli spiriti di tutti a’ sensi di disciplina e di sacrifizi, siccome veniva richiesto dalla situazione politica e militare». Il Federale chiuse la cerimonia, ricordando le “bellissime” parole pronunziate da Mussolini in occasione della
inaugurazione della città universitaria dell’Urbe. Terminò il suo intervento raccomandando a tutti di essere sempre fedeli al motto “Libro e moschetto”, e ordinando il saluto al Duce6.
Il 3 novembre fu commemorato l’anniversario della Vittoria e contemporaneamente quello della Marcia su Roma. Altre celebrazioni si succedettero per tutto
l’anno, ora per iniziativa della scuola, e del Centro di cultura, altra volta “per
merito” dell’Onb e di qualche altro ente: sempre con l’intento «di integrare la
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3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 11.
4 Ivi, pp. 11-12.
5 Ivi, p. 12.
6 Ivi.
Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia
183
cultura dei giovani ed elevare il tono morale e spirituale della loro educazione».
In questa sua relazione al Ministero, Marchese lamenta che il nuovo Palazzo
degli Studi, in autunno ed in inverno, non accoglie adeguatamente gli studenti che
lo frequentano: non ha un atrio, né un rifugio per i giorni di pioggia, di neve e di
vento: «I poveri figliuoli sono costretti, nell’attesa dell’ora di lezione, a disperdersi; a passeggiare, a tenersi lontano dall’edifizio»7.
Il Preside muove degli appunti verso chi, istituzionalmente, è tenuto a provvedere alla manutenzione e alla sicurezza dell’edificio, ossia l’Amministrazione
podestarile: «Siamo da un anno in questi nuovi locali, occupiamo il lato nord est
del vasto Palazzo degli Studi e nonostante il lungo scorrere del tempo e le ripetute richieste non abbiamo ancora tutto a posto. L’impianto della luce non è ancora
compiuto, manca l’apparecchio di suoneria e bisogna chiamare i bidelli a voce o
col mezzo preadamitico del campanello portatile; non si è provveduto all’arredamento adeguato ai nuovi bisogni e che si armonizzi coi locali splendidi, sicché né
la Presidenza né la sala dei Professori rispondono alle esigenze e al decoro
dell’Istituto»8. Occorre provvedere, nei laboratori di cui si chiede il ripristino,
anche alla messa a norma di sicurezza della derivazione dell’acqua, del gas, del
tiraggio per le cappe volute dal regolamento, oltre a dotare queste aule speciali di
banchi a gradinata, per assicurare la perfetta visione del materiale didattico e degli
esperimenti. Tutto ciò è stato già richiesto e promesso ed il Preside non rinuncia
alla speranza «che possa trovarsi rimedio a questo stato di cose, non certo desiderabile per l’ordine e per la disciplina»9.
Altro «danno assai grave», è l’assenza di guardianìa, dovuta al fatto che l’abitazione del custode è lontana dai locali dell’Istituto, cosicché «la notte, molte ore
della giornata, nei giorni di festa e nelle vacanze la vigilanza o manca o riesce
difficile»10. La mancanza di un portiere fisso è causa di un grave inconveniente
da non sottovalutare: «La posta urgente e i telegrammi sono spesso recapitati con
molto indugio, perché i fattorini, trovato chiuso l’Istituto, se ne vanno per tornare
o quando possono o quando a loro sembri opportuno»11.
Marchese vorrebbe altresì, per il Liceo Classico di Foggia, una palestra simile
a quella che ha visto a Bari nel Regio Liceo “Orazio Flacco”: «È un edifizio magnifico che ospita soltanto la scolaresca della scuola classica. Il piano sotterraneo
è adibito a palestra e l’Educazione fisica viene impartita nei medesimi locali del
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7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 1.
8 Ivi, p. 4.
9 Ivi, p. 1.
10 Ivi, p. 4.
11 Ivi.
184
Il Regio Liceo Lanza
Liceo. È facile dunque preparare l’orario ed alternare le ore di cultura spirituale
con un’ora di esercitazione fisica, le ore di raccoglimento solenne e di grave tensione intellettuale con un’ora di movimento, necessario a ristorare le forze dello
spirito»12. Invece, nel Palazzo degli Studi di Foggia, «non c’è nessuna traccia di
Palestra. Quella maschile è collocata presso il campo sportivo, a rispettabile distanza dal Palazzo degli Studi, ed ivi devono recarsi tutti gli studenti delle scuole
medie: una popolazione scolastica di tremila alunni». La stesura dell’orario13 diventa, per il Preside, un vero e proprio affare di Stato, nonostante le concessioni
di ogni sorta, nonostante la sua prudenza e saggezza.
Manca, nei nuovi locali del Palazzo degli Studi, un’aula per l’insegnamento
della storia dell’arte e per le proiezioni dei quadri illustrativi, ma non per questo
si rinuncia a tali attività. Per integrare i sussidi didattici, Marchese ha acquistato
una “discreta” collezione di quadri d’arte: «Essi saranno collocati negli ampi
corridoj, e serviranno altresì per ornare decorosamente la nuova sede. I padri di
famiglia e coloro i quali visiteranno l’Istituto per ragioni d’ufficio, per informazioni o per altri motivi, nell’attesa avranno il conforto di consolare lo spirito con
visioni di pura bellezza e con il sorriso dei nostri monumenti di arte»14.
Il Ginnasio inferiore ebbe, fin dai primi giorni dell’anno scolastico 1935-1936,
i propri insegnanti; non così il Ginnasio superiore, nel quale soltanto una cattedra
su quattro era coperta da personale di ruolo, nonostante il grande impegno profuso dal Preside: «Non fu cosa facile provvedere all’insegnamento delle materie
letterarie e dovetti andare con la lanterna di Diogene in cerca di supplenti, e provvidi come Dio volle, frazionando per alcune classi l’insegnamento»15. Ci furono
rimpasti, spostamenti improvvisati ed imprevisti. Il Liceo aveva un solo insegnante di ruolo, il professor Guerrieri, ordinario di lettere latine e greche. «Stando
così le cose – conclude Marchese – nessuna maraviglia se il risultato degli esami
di maturità classica non è stato troppo felice. I miracoli si facevano quando Gesù
viveva tra gli uomini di buona volontà ma, quando la luce manca, la notte è tempestosa e il buio profondo»16. Eppure egli aveva insistito presso il Ministero, affinché le cattedre vacanti fossero “coperte” da insegnanti di ruolo. Si era persino
raccomandato: «Che io facessi pratiche e rivolgessi preghiere per mettere a posto
le cose di questa scuola, sa bene mio figlio, consigliere presso codesto Ministero,
al quale promisi un bel dono se riusciva a farmi mandare qualche insegnante di
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12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 4.
13 Ivi, p. 5.
14 Ivi, p. 17.
15 Ivi, p. 8.
16 Ivi, p. 9.
Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia
185
ruolo, liberandomi così da un affanno indicibile. Ma non erano tempi da insistere
su questi argomenti»17.
Marchese ha cercato di «tamponare» le situazioni più critiche: molte volte,
durante la sua presidenza, assunse volontariamente e senza alcun compenso l’insegnamento di alcune discipline, che non poteva affidare a «mestieranti ed avventurieri». «Queste cose – conclude con un’impennata di orgoglio – le dico col coraggio che viene dagli anni, dalla lunga esperienza del caldo amore di patria, ché
io provengo dalla gloriosa scuola del Carducci, il quale ci ha educati al lavoro e
a saper offrire alla patria tutte le migliori forze dell’animo e del corpo»18.
Il Preside elenca le attività parascolastiche cui la sua scuola ha partecipato, tra
cui la visione di spettacoli teatrali. A febbraio una compagnia di attori dilettanti,
composta da studenti delle scuole medie di Capitanata, rappresentò Scampolo al
Cinema Cicolella. A marzo una compagnia veneta recitò Il Bugiardo di Carlo
Goldoni. Vi furono alcune audizioni musicali: un concerto pro Opera assistenziale e «la magnifica mattinata data dalla Sig.ra Maria Flori, brava violinista e impeccabile dicitrice di versi suoi e di poesia dei nostri migliori scrittori». In occasione della premiazione degli alunni distintisi nei corsi di religione, il vescovo di
Cerignola, monsignor Consigliere, tenne una dotta conferenza su San Tommaso
d’Aquino. Ad aprile gli studenti assistettero alla proiezione di filmati di propaganda patriottica e pro Campagna Antitubercolare, e ascoltarono al Teatro “Umberto Giordano” la «parola antisanzionista» della fiduciaria provinciale dei Fasci
femminili, Bianca Giuliano (era la segretaria del “Lanza”).
Tutte le classi erano iscritte alla «nobilissima istituzione» della Croce Rossa
Italiana e tutti gli alunni, le alunne e gli insegnanti «si interessarono moltissimo
per la propaganda e la vendita di oggettini e francobolli e per finanziare la sesta
campagna di lotta contro la turbercolosi». Ma la massima benemerenza acquistata dal Liceo fu l’adesione alla “Campagna antisanzionista”: tra professori ed
alunni nacque «una lodevole gara di offerte preziose, e fu donato alla patria oro
ed argento ed altri metalli, offerta simbolica a significare la precisa decisione di
noi tutti alla resistenza ad oltranza, fino alla felice conclusione della guerra in
Africa»19.
Il Regio Liceo-ginnasio consegnò al Comitato provinciale dell’Onb, che aveva
preso l’iniziativa della raccolta, 585 grammi di oro, 6.361 di argento, 682 di ottone, 735 di rami, 1.670 di argentone, e 1.135 di metalli vari.
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17 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 10.
18 Ivi, p. 9.
19 Ivi, p. 13.
186
Il Regio Liceo Lanza
L’affaire Bertola
Il Palazzo degli Studi accoglie ben sei Istituti medi, circa tremila studenti di
ogni età. La massa imponente di studenti, assemblati in un unico edificio della
città, appare subito di difficile gestione. Un inconveniente rilevato più volte da
Marchese è che «il bellissimo edificio, avendo grandi finestroni, è esposto ai rischi di ogni gesto vandalico cui crede abbandonarsi, nelle varie circostanze offerte da condizioni politiche e storiche, la gioventù spensierata e suggestionabile».
Il Preside racconta un episodio a tal riguardo significativo: «Lo spettacolo di
una marea o bufera invincibile venne dato nell’anno scolastico 1935-1936, durante il periodo glorioso della nostra impresa d’Africa»20. Gli eventi della conquista
etiopica erano stati seguiti con grande partecipazione dalla popolazione studentesca, che in alcuni casi “debordò” dall’ufficialità delle manifestazioni per “fare
vacanza”: «La lieta notizia della conquista di Adua, della presa di Macallè, della
occupazione di Amba Alagi, la notizia di una superba manovra del generale Graziani, la rotta del Negus al lago Ascianghi furono tutte motivo, certo, di lodevole
giovanile entusiasmo, ma anche pretesti per dimostrazioni imposte nell’ora di
lezione e di santa fatica»21.
Marchese, come tutti i suoi colleghi, non si era mai potuto opporre, ma aveva
cercato in tutti i modi di governare con buonsenso queste “esuberanze”. Qualche
volta, ordinando le file ed inquadrando i giovani, guidò egli stesso, in prima fila,
la massa degli studenti, per far restare le loro “manifestazioni spontanee” nella
piena legalità: «Dopo discorsi riassuntivi ed educativi – ricorda – sciogliemmo le
squadre presso il monumento ai Caduti nella grande guerra. Talvolta, quando non
si poté fare altrimenti, si diede ordine a qualche giovane professore dalla voce
baritonale di scendere giù presso l’ingresso principale della scuola, dove era stipata la folla schiamazzante e, ripetuto il bollettino della vittoria o riferito qualche
tratto di un annunzio importante, o ricordato un vigoroso accenno o qualche parola forte del nostro Duce, si fece sciogliere l’adunata tra le grida di acclamazione agli artefici della impresa prodigiosa»22.
«L’ultimo giorno di aprile – racconta Marchese – era pervenuta in tutte le terre
e città italiane la notizia lieta della fuga del Negus e della conquista di Sessabanech. La Segreteria Federale ordinò la sera di quel fausto giorno una solenne dimostrazione, che fu fatta coll’intervento dei gruppi rionali e di tutte le Organizzaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
20 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, pp. 1-2.
21 Ivi, p. 2.
22 Ivi.
Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia
187
zioni giovanili». Il Liceo “Lanza” partecipò come capofila alla coreografica manifestazione che si snodò per le vie della città, nella piena ufficialità di un giubilo
di Regime. La serata fu lieta e la dimostrazione riuscì solenne, «ma il giorno
dopo, alle otto precise, la massa studentesca era pronta a ripetere ciò che non
poteva riuscire né lodevole né educativo e fu decisamente proibito per il tempestivo intervento della questura e della forza pubblica»23.
Quel primo maggio 1936, il preside Marchese «si oppose energicamente alla
ingiustificata pretesa degli studenti di proseguire i festeggiamenti per la conquista
etiopica». La goccia che fece traboccare il vaso fu l’invasione dei locali del Regio
Istituto Magistrale “Poerio”: per festeggiare la vittoria di Sassabanech, lo studente del “Lanza” Vittorio Bertola pretese un giorno di vacanza, «ingiuriando professori ed alunni e mancando di rispetto alla Preside di quella scuola, degna di ogni
venerazione perché madre e gentildonna»24. Agli occhi dello studente ella aveva
commesso un imperdonabile errore: «Era riuscita a persuadere una folta rappresentanza di studenti a desistere dal proposito di perdere il tempo prezioso nell’ultimo istante dell’anno scolastico». Marchese aveva tentato di far ravvedere Bertola, invitandolo a chiedere alla Preside le debite scuse per le «insane minacce ed
imposizioni fatte il primo maggio». Ma lui non lo aveva ascoltato, «non aveva
compiuto mai tale elementare dovere, neppure l’ultimo giorno dell’anno scolastico aveva creduto di compiere questo doveroso atto di riparazione»25. Il responsabile dell’evento “riprovevole” fu bocciato.
Apriti cielo!!! Tale provvedimento provocò il ricorso del padre dello studente.
Il Ministro in persona revocò d’imperio il provvedimento, deplorando il deliberato del Consiglio di classe ed infliggendo una censura al preside Marchese, che in
questa sua relazione di fine anno 1935-1936, rievocando l’episodio, «si permette»
di esprimere al Ministro uno sfogo sconsolato: «Così, invece del premio per
l’opera data con spirito di sacrificio mi è venuto, negli estremi istanti della vita
scolastica, la punizione. Dopo quaranta anni di lodevole servizio, nel tredicesimo
di presidenza, mentre speravo l’ultimo premio alla mia incessante fatica, mi giunse impensata ed improvvisa l’amara parola di un castigo, che non ho mai supposto
di dover meritare». Dopo tanti anni di onorata carriera, Marchese non ritiene di
meritare affatto quella censura, che gli ha procurato «uno dei più grandi dolori
della sua vita». La bocciatura era stata inflitta allo studente Bertola in perfetta
buona fede, senza lo scopo politico che gli si era voluto, ad ogni costo, attribuire:
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23
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit. relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 6.
24 La preside del Regio Istituto Magistrale “Caolina Sossio Poerio” era la professoressa Maria
Scitto Marchese. [Ivi]
25 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., p. 6.
188
Il Regio Liceo Lanza
«Mi sia permesso giurare che non ho mai avuto in cuore un senso di irriverenza,
non mi sono mai sognato di disobbedire al sacro imperio della legge»26. Le motivazioni per la bocciatura dell’alunno erano state varie: era recidivo; varie volte
aveva preso l’iniziativa per dimostrazioni fuori tempo e luogo; durante l’anno
scolastico aveva fatto numerose assenze ingiustificate. Per tutte queste ragioni, e
non per altre, spiega Marchese, «il Consiglio di classe, visto il numero delle assenze ingiustificate, tenuto conto del contegno del tutto indisciplinato serbato
nell’istituto e fuori dell’istituto, anche dopo il decreto di condono di S.E. il Ministro dell’Educazione Nazionale, persuaso che il Bertola serbò condotta scorretta
fino all’ultimo giorno di scuola, e fino all’ultimo istante si dimostrò irriducibile
ed ostinato, lo escluse dalla sessione estiva per il voto di condotta»27. La decisione era stata presa collegialmente: «Ammesso che fosse caduto in me, nel mio
animo, il triste e forsennato pensiero di trasgredire il comandamento fattomi e di
arrecar danno alla gioventù che io invece ho sempre adorato e dalla quale fra
pochi mesi mi accommiaterò, augurando ogni bene per la suprema salute della
patria, se avessi io osato di punire ingiustamente un nostro alunno e non fossi
stato invece costretto a provvedere per ristorare la disciplina ed il buon andamento degli studi, avrebbe il Collegio di classe ad unanimità preso la deliberazione
deplorata?»28.
L’auspicio di Marchese è che il tempo faccia giustizia di quella che considera
una vera e propria “ingiustizia” nei suoi confronti. È fiducioso nel Ministro
dell’Educazione Nazionale, che terrà conto della sua onorata carriera per riabilitarlo: «Se negli estremi istanti della vita scolastica accettammo la punizione con
spirito di perfetta ubbidienza e di pura umiltà, io non dispero che, prima di lasciar
per sempre questa dolce consuetudine di vita, prima di rientrare nella solitaria e
malinconica vita dell’onorato riposo, prima di raccogliermi nel santo pensiero
della buona morte, il Superiore Ministero, in considerazione di quaranta anni di
sincera passione, in considerazione delle tante offerte fatte generosamente alla
scuola, come risulta dal mio stato di servizio e dalle mie relazioni degli anni precedenti, vorrà con atto di clemenza e di giustizia liberarmi da questa mortificazione e cancellare la macchia che turba fortemente l’anima mia»29.
Il Preside assicura che, nonostante l’accaduto, nulla è cambiato nell’ordinaria
gestione del Liceo: «L’incidente Bertola, se turbò e commosse profondamente
l’animo mio, nessuna conseguenza portò per la disciplina interna di questa scuoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
26 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 7.
27 Ivi, p. 6.
28 Ivi, p. 7.
29 Ivi, p. 6
Le manifestazioni per la guerra d’Etiopia
189
la». Certe dimostrazioni patriottiche dovute all’entusiasmo giovanile ed alla gioia
delle vittorie in Africa, promosse dagli alunni di tutte le scuole medie di Foggia,
avevano compromesso la buona disciplina, ma egli aveva preso accordi con gli
altri Presidi per rendere ordinate ed educative le eventuali celebrazioni future. Il
Regio Provveditore agli Studi di Bari era stato informato dell’accaduto, ed anche
il Podestà fortemente sollecitato ad assegnare al Liceo-ginnasio l’ingresso principale del Palazzo degli Studi che, invece, per tutto l’anno scolastico fu tenuto ermeticamente chiuso, aggravando la situazione30. «Comunque – conclude Marchese – il cinque maggio la impresa d’Africa si concluse vittoriosamente, fu proclamato l’impero e l’anno scolastico terminò felicemente»31.
Scrive ancora il Preside: «In questa città, capoluogo di provincia non mancarono mai le buone occasioni per integrare in maniera perfetta la cultura dei giovani. La scuola prende parte a tutte le manifestazioni della vita, e non resta come
un tempo un campo chiuso, e solitario, ma è sempre presente e attiva tutte le volte
che le gerarchie del governo e del Regime comunichino parole di elogio per i
nostri grandi, o rivolgano saluti ed auguri ai partenti per i campi della gloria, o
intonino inni e canti di preghiera o svolgano progressioni ed evoluzioni ginniche
nelle palestre per le nuove fortune della nostra terra». La chiusa patriottica di
Marchese è degna della migliore retorica littoria: «Noi Italiani dell’era di Mussolini non aspettiamo i giorni nefasti ma quando brilla il sole fulgente, riscaldati dal
soffio potente di quei raggi, esprimiamo la nostra ferma fede, la nostra Costanza
e la forte volontà con la propaganda gentile e la dichiarazione precisa che siamo
pronti fino alla morte, preparati a vivere pericolosamente, a resistere strenuamente, ad offrire noi stessi e le cose nostre per la grandezza della patria e per la prosperità e la vita della Nazione»32.
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30 Marchese invoca l’applicazione dell’articolo 115 del R.D. 965 del 30 aprile 1924, il quale prescrive che «quando nello stesso edifizio siano allogati più istituti o altri uffici, ciascuno deve avere
un ingresso proprio indipendente, in modo che la scuola non ne risenta alcun disturbo».
31 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s. 1935-1936 del
preside Giuseppe Marchese trasmessa il 29-11-1936, p. 18.
32 Il Ministero fece propri i problemi segnalati da Marchese, come si evince dalla nota di risposta:
«Esauriente in ciascuna sua parte è la relazione finale per il 1935-1936 presentata dalla S.V che ha
voluto trasfondervi anche il proprio appassionato sentimento. «I rapporti tenuti con le famiglie degli
alunni e con le autorità civili, politiche, religiose e militari – continua la nota – attestano l’impegno
con cui la S.V. ha assolto tale compito e il Ministero si compiace della fervida attività della scuola
svoltasi in piena armonia con la pulsante vita nazionale». [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., Nota Ministero Educazione Nazionale del 23 aprile 1937, pp. 1-2]
La misoginia del preside Marchese
Le tendenze misogine dei Presidi del Lanza trovano il loro riscontro “ideale”
nell’intensa propaganda del Regime contro l’inserimento della donna nel mondo
del lavoro e a favore «del suo ritorno al vero ed unico posto che la natura le ha
assegnato: la casa». La natalità, sinonimo di potenza, poteva essere difesa solo
a condizione di riportare la donna italiana all’interno della famiglia, escludendola dal lavoro fuori casa e sottomettendola di nuovo al marito. Ma il risultato
fu fallimentare: il tasso demografico non aumentò, le donne non abbandonarono
la scuola e i posti di lavoro che “avevano invaso”.
Il 7 marzo 1938, il preside Matteo Luigi Guerrieri trasmise in Provveditorato
la relazione finale per l’anno scolastico 1936-1937, redatta dal suo predecessore
Giuseppe Marchese1.
Una relazione un po’ fuori della norma questa ultima di Marchese, come dichiarato espressamente nell’incipit: «Nelle condizioni particolari in cui mi trovo,
di Preside collocato a riposo, non posso né debbo fare questa volta una relazione
lunga ed esauriente; non posso perché mi mancano molti dati ed elementi di giudizio e non ho la forza, per ovvie ragioni sentimentali, di ritornare nella sede della
mia scuola che ho lasciato con stringimento profondo di cuore, dopo quaranta
anni di lavoro disinteressato ed appassionato». Il Preside eviterà, quindi, di parlaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del preside
Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI.
192
Il Regio Liceo Lanza
re delle «deficienze degli insegnanti». Deliberatamente, eviterà di scendere nei
dettagli: non farebbe opera giovevole. Ormai lontano dalla scuola, non vuole
gettare l’ombra o il sospetto di durezza, che non ebbe mai: vuole, semmai, lasciare un buon ricordo di sé, in virtù di quell’«amore vivo che sente per tutta la famiglia scolastica». In ogni caso, farà pervenire al superiore Ministero qualche
breve osservazione e considerazione di visione generale, frutto della lunga esperienza e dell’immenso amore che ha per la scuola, la più delicata e nobile tra le
istituzioni della Patria2.
Ma Marchese non smentisce il proprio stile neppure in questa relazione di
commiato. Le sue critiche toccano i tre punti cardine dei cahiers de doléances del
Liceo foggiano: i problemi logistici; i rapporti con la dirigenza dell’Onb; la misoginia.
A suo dire, è stato fatto un notevole sforzo economico per costruire un edificio
in grado di ospitare tutte le scuole della città, ma non è stato previsto, in fase di
progettazione, una cosa ovvia e fondamentale: l’aumento della scolarità. «Il Comune non s’accorse che, negli anni in cui si andava costruendo l’immenso edificio, cresceva immensamente anche la popolazione scolastica degli Istituti medi
cosicché, quando due anni or sono passammo al Palazzo degli Studi, i locali
destinati a noi e anche quelli destinati a parecchi altri istituti non erano sufficienti». L’aver concentrato, in uno spazio ristretto della città, un potenziale umano
difficile da gestire come tremila studenti, creava problemi di ordine pubblico: «Il
Comune di Foggia avrà speso certamente una somma considerevole, nove o dieci
milioni di lire, per costruire il Palazzo degli Studi: credette di risolvere una volta
per sempre, e bene, il problema dei locali delle scuole medie, e non si avvide che,
agglomerandosi in un solo locale e in un sol sito la immensa popolazione scolastica di sette Istituti, metteva a dura prova la disciplina, l’ordine, la tranquillità»3.
Per il Liceo, già dai primi tempi del trasferimento nella nuova sede, era apparso chiaro che le aule assegnate erano poche. Si era ricorso a soluzioni improvvisate: nel 1937 le classi di nuova istituzione erano state sistemate «alla men peggio» nei laboratori di fisica e di scienze, rendendoli inutilizzabili. La presidenza
era stata distaccata ed allontanata dalla segreteria e dall’archivio. Mancava
un’aula per ospitare «le infinite ragazze» del classico; non c’era più la sala per i
professori.
A questi inconvenienti ormai c’era un solo rimedio: trasferire uno, o due Isti-
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2 ASFg, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del
preside Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI, p. 1.
3 Ivi.
La misoginia del preside Marchese
193
tuti dal Palazzo degli Studi in altre sedi. Il Ministero doveva intervenire direttamente per fare adottare i necessari provvedimenti al Podestà di Foggia4.
Marchese polemizza sulla gestione della “magnifica e fascistissima” istituzione dell’Onb: «Mi pare che a Foggia la funzione dell’ONB oltrepassi i segni voluti dalla legge». Sempre colpa dell’onnipresente Dario Lombardi, che ne è il
presidente: «Pur essendo un uomo fattivo, intelligente, dinamico e di passione
infinita, per fare le cose in maniera perfetta è talvolta invadente. Toglie ai capi
d’istituto la possibilità di svolgere bene il loro programma quotidiano di studi e
di azione». Nulla da eccepire sui meriti di eccezionale organizzatore, sulle virtù
direttive, sulle grandi benemerenze dell’ingegner Lombardi, ma – ribadisce il
Preside – «i meriti suoi procurano travagli ed ansie a chi deve educare la mente
dei giovani agli ardui studi, alle fatiche e alla palestra dell’intelletto»5. Marchese
è convinto che le ultime innovazioni introdotte dalla «ferrea volontà ed onniveggente mente» del Duce e l’intervento del Segretario federale ridurranno od elimineranno l’eccessiva invadenza dell’Onb nella vita scolastica: la sua viva speranza è che, nella perfetta concordia e fusione degli animi e degli intenti, tutto possa
procedere regolarmente per l’avvenire.
Un inconveniente, invece, che difficilmente sarà eliminato o corretto è “l’invasione” della donna nell’insegnamento medio. Invasione crescente in un territorio solitamente marcato dai maschi. Anche Marchese ha la sua tesi contro le docenti, già osteggiate dal Preside che lo ha preceduto, e si avventura in una personale, contraddittoria argomentazione sulla “donna insegnante”: «La donna è nata
per essere educatrice, ma a fare questo mestiere nella scuola anzi che nella casa,
dovrebbe rinunciare al sacrosanto diritto di formarsi una famiglia, perché la
donna maritata non può dare tutta l’attenzione e la passione richiesta alla scuola,
la quale invece, per causa della donna insegnante, resta spesso in un certo stato
di disordine e di abbandono»6. Le femmine hanno l’onere di badare ai figli: non
possono perdere tempo a casa per preparare le lezioni o correggere i compiti,
come i docenti maschi: «È risaputo che l’opera educativa di un insegnante coscienzioso non si esaurisce nella scuola, giacché occorre tempo ed agio per la
quotidiana preparazione e per la correzione dei compiti e la preparazione degli
esperimenti e degli esercizi; per questo dove troverà tempo e voglia la donna, che
deve pur accudire ad una numerosa figliolanza?»7.
La debolezza argomentativa del preside Marchese svela l’arcano della sua
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4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del
preside Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI, p. 1.
5 Ivi, p. 2.
6 Ivi.
7 Ivi.
194
Il Regio Liceo Lanza
La professoressa Michela Quitadamo. [Archivio Pascarelli]
La misoginia del preside Marchese
195
misoginia. È l’intelligenza delle donne a fargli paura8: «Io sono per il ritorno
della donna nella casa a fare quello che facevano le donne romane: sapranno
forse anche meglio a suo tempo offrire i figli alla Patria, se non sono donne troppo intellettuali». A questo punto, egli abbandona l’argomentazione precedente,
“annacquata” da riflessioni sul ruolo sociale della “madre di famiglia”, sui suoi
compiti fondamentali ed esclusivi che la distolgono da altri impegni. Di slancio
e senza mezzi termini, chiarisce che non fa alcuna differenza se la donna sia coniugata oppure nubile: «La donna nella scuola, se è mamma di famiglia pensa più
ai figli e alla casa che alla scuola: se è ancora nubile, tormentata ed assillata dalla
febbre che mette nel sangue la naturale disposizione a trovare marito, à poca
voglia e scarsa passione per la scuola: riesce indubbiamente educatrice perfetta
solo quando non sia agitata e tormentata da questo prepotente bisogno, ma le
donne che non vogliono il marito, che non bramano la prole sono poche e non
sono perfette, e, credo, neppure desiderate»9. Non si tratta di personali pregiudizi.
Marchese fornisce prove oggettive dell’inadeguatezza delle insegnanti: «Io ho
sperimentato ed imparato che le donne procurano alla scuola molti fastidi. E poi
io dubito che la donna sia capace di educare la gioventù studiosa a forti sensi di
virtù, che sia pronta a dare esempi di forza d’animo nelle gravi contingenze della
vita ed abile a plasmare gli animi a virili propositi, se è proclive a tingersi le
labbra, a guastarsi i capelli e, per la vanità, neppure la santa voce dell’ammonizione e del richiamo la distoglie dal tenace proposito di seguire le biasimevoli
consuetudini della moda e del capriccio. Ed io purtroppo ho visto anche le donne
maritate entrare nelle aule ad educare i giovani coi capelli ossigenati e con le
labbra cariche di minio»10. La “filippica” di Marchese è davvero veemente, ma
la chiusa della stessa lascia adito ad una lieve speranza nella “conversione” delle
donne alla mission educativa voluta dal fascismo: «Sì, non poco la Patria da voi
o, donne, aspetta, ma farete opera santa se cambierete costumi e pensiero. [...]
Faccio voti che il signore ci dia luce intellettuale, buona volontà e aiuto costante
per serbare puro ed incontaminato lo spirito dei nostri educatori, ferma la volontà di fare il bene come meglio si può, anche col sacrificio più duro, materiale e
morale, per il bene e la reverenza che si deve alla gioventù, che è la speranza più
vaga delle nostre anime e il tesoro più considerevole della Patria»11.
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8 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione dell’anno scolastico 1936-1937 del
preside Giuseppe Marchese datata dicembre 1937 XVI, p. 2.
9 Ivi.
10 Ivi.
11 Ivi, p. 3.
Piena adesione alle direttive del Regime
Nel 1937-38-XVI ci fu un “cambio della guardia” significativo alla presidenza
del “Lanza”. A stilare la relazione finale al Ministero dell’Educazione Nazionale
è il preside Matteo Luigi Guerrieri. Subentrò a Giuseppe Marchese, collocato a
riposo dopo quaranta anni di onorata carriera, “macchiata” dalla censura da
parte del Ministero per l’affaire Bertola. È un clima nuovo, con più attenzione ai
punti di forza dell’Istituto, che Guerrieri lancia in una attivissima propaganda a
favore del Regime. Gli annosi problemi che si trascinavano fin dall’istituzione del
Liceo foggiano sembrano svaniti. Per l’arredo non si è badato a spese. I luminosi ambienti del “Lanza” sono ora impreziositi da «un tocco di verde»: un colore
in linea con la connotazione “eroica” delle realizzazioni civili e militari del fascismo. La ricca “quadreria”, allestita l’anno precedente dal preside Marchese,
fa bella mostra di sé negli ariosi corridoi, insieme alle epigrafi celebranti la
conquista etiopica e “motti” del Duce. Nelle aule entrano i Fasci littori, le carte
geografiche delle colonie italiane, gli altoparlanti per diffondere le trasmissioni
dell’Eiar. Contraddicendo i proclami sulla grandezza dell’Impero, alcune iniziative a margine, riferite da Guerrieri, “svelano” lo stato reale delle condizioni in
cui versa l’Italia fascista, colpita dalle sanzioni e costretta all’autarchia.
Guerrieri mette in rilievo tutte le moderne innovazioni di cui la sua scuola è
dotata. Il Regio Liceo-ginnasio “Vincenzo Lanza”, sito al primo piano dell’imponente Palazzo degli studi, ha finalmente una sede veramente degna, e questo “va
ad onore” del Comune di Foggia: «La decenza e la luminosità delle aule, l’ampiezza dei corridoi, la modernità della suppellettile, la ricchezza degli impianti
198
Il Regio Liceo Lanza
elettrici e il riscaldamento a termosifone fanno vivamente apprezzare il lodevole
sforzo fatto dall’Amministrazione podestarile per la soluzione dell’importante
problema edilizio degli istituti medi del capoluogo»1. Una soluzione definitiva è
stata data al problema dell’attrezzatura radiofonica dell’Istituto: il 15 dicembre
1938, in occasione della visita del Segretario federale, sarà inaugurato l’impianto
microradiofonico centralizzato, con un quadro manovratore della potenza di sessanta watt sufficiente per quaranta altoparlanti. È stato realizzato dalla ditta John
Geloso di Milano, con l’istallazione di un altoparlante in ogni aula e altri ubicati
nei corridoi e nella sala dei professori, in numero complessivo di venticinque2.
Il preside Guerrieri rivendica, con orgoglio, la sua cura per dare al prestigioso
Istituto un’immagine rispondente alle aspettative del fascismo: «I lunghi corridoi,
già abbelliti dal mio predecessore con quadri riproducenti le principali opere del
Regime, nonché i capolavori dei nostri più importanti artisti, si sono arricchiti di
piante ornamentali e di una lapide di marmo a ricordo della fondazione dell’Impero. Le pareti si sono arricchite con alcuni motti del Duce sobriamente su di esse
riprodotti, bene intonati al severo ambiente di lavoro, di disciplina, di patriottismo
qual è la scuola»3.
Affinché ogni studente abbia sempre presente i destini gloriosi dell’Italia, nel
passato e presente imperiale, ogni aula è stata dotata di un Fascio littorio di gesso
in tinta dorata e di una carta geografica su tela riproducente le colonie italiane:
«Tali carte – spiega il Preside – sono state acquistate per le sedici aule scolastiche,
perché gli alunni abbiano sempre davanti agli occhi la visione panoramica della
nostra potenza coloniale»4.
Nei corridoi della scuola, incorniciato in un elegante quadro, è stato esposto
l’albo d’oro con tutti i nomi degli alunni che costituiscono la Guardia d’Onore per
la custodia dei monumenti ai Caduti e dei parchi della Rimembranza.
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1
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, nota del preside M. L. Guerrieri al Provveditore agli
Studi trasmessa il 13-03-1939, p. 1.
2 Ivi, relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 5. L’ingegnere italo-americano John Geloso, dopo i brillanti successi avuti negli Stati Uniti (iniziò a metà anni
Venti ad effettuare i primi esperimenti di trasmissione di immagini TV), nel 1931 tornò in Italia e
in quello stesso anno fondò la ditta a Milano in via Sebenico 7. La Geloso iniziò a costruire radioricevitori e amplificatori, affermandosi rapidamente sul mercato italiano: i prodotti erano di buona
qualità ed a prezzi contenuti per non precluderne l’acquisto ai ceti meno abbienti. Produsse anche
apparecchi per radioamatori, come i mitici G209R e G216. Negli anni Cinquanta, con l’inizio delle
trasmissioni della RAI, fu all’avanguardia nella costruzione di apparecchi televisivi. Così i prodotti Geloso si diffusero nel mondo, dando prestigio all’Italia industriale.
3 Ivi, pp. 2-3.
4 Ivi, p. 5.
Piena adesione alle direttive del Regime
199
Il Preside rimarca la circostanza che una «nuova e moderna suppellettile» ha
sostituito la vecchia che in parte ancora arredava le aule e gli uffici. L’Amministrazione podestarile nulla ha risparmiato per il decoro dell’unico Istituto classico
della città. L’arredo è sufficiente.
Il preside Marchese aveva segnalato l’urgente necessità di una saletta d’attesa
per il pubblico e per gli studenti pendolari, che avevano bisogno di un punto di
appoggio nei tempi vuoti prima della partenza e dopo l’arrivo dei treni. Guerrieri
risolve anche questo problema, destinando a tale uso la saletta di fronte all’ingresso secondario dell’Istituto. Tale ingresso sarà riservato al pubblico, mentre quello
principale con «un atrio luminoso», rivestito di marmi e abbellito di eleganti pilastri, affidato alla stabile custodia di un portiere espressamente delegato dall’Amministrazione podestarile, è riservato agli alunni e ai docenti.
Guerrieri risolve tanti piccoli problemi pregiudicanti la didattica: fa sì che gli
insegnanti di storia dell’arte, di fisica e scienze naturali possano finalmente utilizzare gli apparecchi necessari per l’insegnamento delle loro materie e proiettare
le diapositive intonse da anni; fa allestire una camera oscura per le proiezioni
fisse, diascopiche ed episcopiche, adattando allo scopo l’aula attigua al gabinetto
di fisica. Le lavagne mobili vengono sostituite con duplici lavagne murali fisse,
che «presentano il vantaggio di essere in numero di due in ogni aula e di essere
spostabili dall’alto in basso e viceversa, per mezzo di un apposito meccanismo».
In realtà si rivelano meno pratiche di quelle mobili, «le quali possono sempre
adattarsi sia alla visuale della scolaresca che a quella dell’insegnante, mentre la
ubicazione parietale delle nuove lavagne obbliga l’insegnante a spostarsi dalla
cattedra ogni volta che intende seguire, com’è suo dovere, ciò che l’alunno sta
scrivendo alla lavagna»5.
La Cassa Scolastica, a detta del Preside, funziona benissimo. Sorta nel
1922-1923, ha raggiunto una consistenza patrimoniale di circa 50mila lire6. Un
deposito volontario libero è aperto presso la Banca d’ltalia. Dal consuntivo del 30
settembre 1938 si rilevano le seguenti spese: sussidi ad alunni poveri, acquisto di
libri e divise; premi in danaro agli alunni vincitori del concorso sul Bimillenario
di Augusto; acquisto della lapide commemorativa per la fondazione dell’Impero;
rilegatura di libri; acquisto di materiale per il laboratorio di fisica; riparazione
della radio; abbellimento dei locali; gite istruttive; riviste, giornali, libri, calendari, quadri, registri; concerti musicali.
Con le 2.500 lire messe a disposizione dal Ministero, Guerrieri acquista i necessari sussidi didattici7, visto che quelli attualmente in dotazione della scuola
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5 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 4-5.
6 Ivi, p. 19.
200
Il Regio Liceo Lanza
sono pochi e in buona parte «obsoleti e deteriorati», come i modelli plastici di
anatomia e di botanica. In migliori condizioni si trovano le biblioteche, sistemate
nell’ampia sala dei professori, in scaffali uniformi e bene areati e con un discreto
numero di libri e riviste8. Nella biblioteca degli alunni i volumi sono distribuiti su
vari scaffali, corrispondenti alle varie classi del Ginnasio. Tale ripartizione non è
stata ancora fatta per i volumi destinati agli studenti liceali. I professori Mastelloni e Marangelli, ai quali è stata rispettivamente affidata, nell’anno 1937-1938,
la biblioteca degli alunni e quella dei professori, hanno quasi ultimato il riordino
e la nuova catalogazione del materiale. Il Preside loda il loro impegno in quanto
«essi hanno messo ogni cura perché le due benefiche istituzioni rispondano allo
scopo»9. A fine anno, la biblioteca degli alunni conta: 1.569 testi di autori classici; 1.752 volumi; 215 opuscoli. I prestiti sono stati 865, effettuati in ore fisse,
fuori dell’orario di scuola, dal bibliotecario professor Michele Mastelloni. La biblioteca dei professori, che al 30 giugno 1937 possedeva 2.722 volumi, un anno
dopo ne conta 2.883. Durante l’anno furono prestati cinquantasei libri.
Il Preside elenca tutte le iniziative10 messe in atto per migliorare l’offerta formativa del 1937-1938. Si è svolta una corrispondenza scolastica internazionale,
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7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 6.
8 Al Liceo “Lanza” nell’anno scolastico 1937-1938, oltre ai testi classici pervennero le seguenti
opere “contemporanee”: ABBOLITO, Ai soldati d’Italia; L’aviazione negli scritti e nella parola del
Duce; A STARACE, La Marcia su Gondar; Scritti e discorsi del Duce,Voll. III, IV, V; A. STARACE,
Scritti e discorsi A. Mussolini, Voll. III, IV, V; A. GIANNUZZI, Offesa aerea e mezzi di difesa e di
protezione, copie 16; B. PEDROTTI, L’ultima spedizione del capitano Bottego; V. GRILLO, Da Predappio a Roma; Sommario cronologico, Bollettino Ministero Educazione Nazionale 1933-34; G.
BORTONE, Il codice della cortesia e della grazia; LO PRESTI, Per la scuola e per la vita; A. SAMSEO,
Panfili in crociera; Le biblioteche d’Italia fuori Roma; Compendio storico, 1937; G. GIFUNI, Lucera. Le riviste sono numerose, tutte a disposizione sui grandi tavoli della sala docenti. Il preside
Guerrieri le elenca tutte: “Rassegna Italiana”; “Rivista delle colonie”; “Rivista della Real Società
Geografica”; “Japigia”; “Universalità Fascista”; “Minerva”; “Giornale storico della letteratura italiana”; “Illustrazione Vaticana”; “Il mondo plastico”; “Annuali della Regia Scuola Superiore Normale di Pisa”; “Rassegna storica del Risorgimento”; “Bollettino di filologia classica”; “Quadrivio”;
“Bollettino d’arte”; “Bibliografia Fascista”; “Giornale della Scuola Media”; “Il Balilla”; “L’Archivio di filosofia”; “La civiltà moderna”; “Rivista di filologia e di istruzione classica”; “Rivista di
fisica matematica e scienze”; “Leonardo”; “Gerarchia”; “La Nuova Italia”; “Giornale critico della
filosofia italiana”; “Il libro italiano”; “Rivista storica italiana”; “Archivio storico della Dalmazia”;
“Scuola e cultura”; “La Civiltà Fascista”; “Nuova Antologia”; “Gli Annali del Fascismo”; “Bollettino delle pubblicazioni”; “Bollettino del Comune di Foggia”; “L’Azione Coloniale”; “Il Popolo
d’Italia” (quotidiano); “L’Otto Settembre” (settimanale, foglio d’ordini della Federazione dei
Fasci). [Ivi, pp. 8-11]
9 Ivi, p. 7.
10 Ivi, p. 16.
Piena adesione alle direttive del Regime
201
cui hanno partecipato sei alunni e quattro alunne per il francese e cinque alunni e
sei alunne per l’inglese. È stato attivato l’insegnamento della “cultura militare”.
Gli studenti hanno visitato la caserma “Miale da Troia” e i capannoni di artiglieria
“Zuretti” contenenti abbondante materiale bellico, illustrato ai giovani dal comandante del Distretto militare. Durante la visita al campo d’aviazione “Gino
Lisa”, un ufficiale delegato dal Comando ha fatto «da sapiente guida» al gruppo
scolastico.
La Presidenza fece distribuire sedici copie del volume del generale Giannuzzi
Savelli Offesa aerea. Mezzi di difesa e di protezione, a sussidio delle Norme per
la protezione antiaerea contenute nell’opuscolo inviato dal Ministero: tali volumetti, insieme con la serie di quattro cartelloni murali per la propaganda antiaerea, affissi in ciascuna aula, furono di valido aiuto ai docenti.
Quell’anno, in ottemperanza alle direttive del “superiore Ministero”, i docenti
intensificarono la vigilanza sul consumo della carta da parte degli allievi, che
eseguirono i lavori su di una pagina, anziché su di un foglio. Nei corridoi furono
messi dei sacchi della Croce Rossa, nei quali fu depositata la carta inservibile.
Furono celebrati «con austerità» l’anniversario della morte di Arnaldo Mussolini, la commemorazione di Gabriele d’Annunzio e quella di Guglielmo Marconi.
Il titolare di fisica, professor Quatela, rievocò la figura di Marconi dopo aver effettuato esperimenti dimostrativi di elettromagnetismo e di radiotelegrafia.
Il “Bimillenario di Augusto” fu celebrato con una visita guidata a Lucera. La
Presidenza, previa autorizzazione del Ministero, organizzò una “gita” per visitare
l’anfiteatro romano, di notevole importanza storica per le epigrafi incise sugli
architravi di due portali, attestanti che la città fu una colonia di Augusto. I giovani furono guidati dal dottor Gifuni11, «noto bibliotecario e insigne studioso».
Accompagnati dal Preside e dai professori Mastelloni e Quatela, gli studenti visitarono anche la sezione epigrafica del museo, la collezione vascolare, la sala della
statuaria romana e la sezione preistorica e numismatica. I festeggiamenti “augustei” continuarono nella sede del “Lanza” con due lezioni sulla figura dell’imperatore romano, tenute agli studenti del Liceo e del Ginnasio superiore; con un
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11 ASFG,
Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 25-26. Giambattista Gifuni (1891-1977) fu direttore della Biblioteca Civica “Ruggero Bonghi” di Lucera. Con passione e competenza migliorò la fruibilità della
biblioteca, contribuendo alla crescita culturale della città. Fu biografo di Salandra ed autore di una
monografia su Lucera. Benedetto Croce, espresse il seguente giudizio su Gifuni: «Appartiene a
quella eletta, ma purtroppo sempre più ristretta cerchia di appassionati ricercatori, senza di che la
scienza non sarebbe». [Per un profilo di Gifuni Cfr. E. LAMARO, “Gifuni Giambattista”, in Dizionario biografico degli italiani Vol. 54, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2000, p. 642-644; F.
BARBERI, Schede di un bibliotecario (1933-1975), Associazione italiana biblioteche, Roma, 1984,
pp. 27, 43, 44, 76, 120]
202
Il Regio Liceo Lanza
concorso a premi (quattro premi di 50 lire ciascuno) fra studenti del Liceo e del
Ginnasio superiore su un tema riguardante il fondatore dell’Impero; con un concorso a premi (due premi di lire cinquanta ciascuno) fra studenti del Liceo sulla
“efficace” lettura di brani di Virgilio, Orazio, Livio12.
Il 22 dicembre 1937 gli studenti di seconda e terza liceale visitarono il Padiglione della Bonifica presso la Fiera Agricola, guidati da un delegato del Consorzio Generale di Bonifica del Tavoliere. Il 13 maggio 1938 visitarono il Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi, guidati dal direttore Rosso.
Come attività parascolastica, fu tenuto soltanto qualche concerto musicale.
Dopo il concerto numero tre del programma tipo (musica del Seicento) organizzato dal locale Liceo Musicale “Umberto Giordano”, con la distribuzione di fogli
volanti contenenti il programma e poche notizie sulla vita e le opere degli autori,
i trattenimenti musicali furono interrotti perché il Conservatorio non riuscì ad
approntare gli altri concerti in programma per scarsezza di personale e di mezzi.
La collaborazione con la Gil (Gioventù italiana del Littorio) fu ottima13. «Totalitario» il tesseramento degli studenti del “Lanza”, completato all’inizio dell’anno scolastico. Guerrieri, in qualità di presidente provinciale dell’Ufficio cultura,
scrisse delle lezioni di cultura fascista che, dattilografate e inviate al Comando
federale, furono lette in ogni Gil dei Fasci della provincia.
«Opera preziosa e proficua» svolsero anche l’ispettrice federale della Gil, signorina Giuliano, segretaria del “Lanza”, nonché le professoresse Palazzo, vice
ispettrice federale, e Visco, capomanipolo, i professori De Capua, ufficiale della
Gil, e Testa, cappellano di Legione.
L’Istituto partecipò a molte gare ed «ebbe l’onore» di riportare il primo premio
negli agonali della cultura dell’anno XVI14. Per tale vittoria il segretario federale
gli assegnò il gagliardetto di juvenile provinciale per l’anno 1938-XVI. Nel torneo di scherma, il “Lanza” si classificò secondo. Si iscrisse alla Federazione Italiana di Pallacanestro. Era socio temporaneo della Gil, e vari suoi insegnanti furono nominati dal Comando federale nelle giurie per gli agonali dell’anno XVI.
Per questo il preside Guerrieri ricevette un elogio dal comandante federale La
Cava: «È con vivo piacere che apprendo che codesto Istituto ha ottenuto un tesseramento totalitario per l’anno XVI. Apprezzo ed elogio l’opera che la S.V.
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12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 26.
13 Ivi.
14 Negli agoni federali dell’anno XVI, si classificarono primi: la piccola italiana Caracciolo, l’avanguardista Fares, i balilla Notarangelo e Rossi, l’alunno Treggiari (spada) . Si classificarono ai primi
posti anche la piccola italiana Rizzi e l’avanguardista Barbone. Ricevettero la croce al merito i
balilla De Simone, Manuppelli, Sala, Lauriola, Arpaia, Miccolis, Causani, Ulivieri e Ciliberto.
Piena adesione alle direttive del Regime
203
svolge continuamente a favore di questa organizzazione». Altre lodi pervennero
al Preside dallo stesso gerarca, dopo che la Cassa Scolastica del Liceo elargì 500
lire per l’acquisto di tre divise della Gil e per la distribuzione di 123 copie del
libro di Benito Mussolini Vita di Arnaldo: «Ho ricevuto la somma di lire 500
versate per l’acquisto di vestiario a favore di organizzati bisognosi. Esprimo la
più sentita gratitudine dei giovanissimi di Capitanata per la tangibile prova di
collaborazione offerta alla grande Famiglia. Con i miei personali ringraziamenti,
Le esprimo il mio vivo compiacimento per la lodevole iniziativa attuata per onorare la memoria di Arnaldo Mussolini».
Durante l’anno, Guerrieri e quattro docenti parteciparono al corso nazionale di
educazione fisica per presidi ed insegnanti di scuola media.
L’Istituto partecipò alla Dante Alighieri, centotrenta alunni furono iscritti alla
Croce Rossa Giovanile, con sedici iscrizioni collettive e con quarantotto individuali, a titolo di premio; partecipò alla Lega Navale con otto abbonamenti premio
e con un contributo collettivo; una ventina furono gli abbonamenti sottoscritti alla
rivista “Balilla”, molto meno quelli ad ”Aquilone” e ad “Azione Coloniale”.
Il “Lanza” diventò socio ordinario dell’Istituto Nazionale Fascista dell’Africa
Orientale: «La lapide in marmo bianco, murata all’ingresso secondario dell’Istituto – informa Guerrieri – riproduce le parole del Duce sulla fondazione dell’Impero: Il popolo italiano ha creato col suo sangue l’Impero». Con essa il Liceoginnasio “si arricchì” di una decorazione muraria a carattere patriottico. Alla cerimonia per lo scoprimento, svoltasi «con eccezionale solennità», intervennero
varie autorità politiche insieme al Regio Provveditore agli Studi.
Le conferenze geografiche, “caldeggiate” dal Regime15, furono precedute da
cinque lezioni di cultura coloniale, tenute dai docenti dell’Istituto. Argomenti
trattati: La posizione dell’Italia Imperiale nel Mediterraneo; L’Etiopia; La Libia,
bastione dell’Impero; Le isole dell’Egeo; Metodi di conquista coloniale. Guerrieri riferisce che «l’esposizione della materia, fatta dagli insegnanti col sussidio
delle carte geografiche dell’Impero, rese assai efficace tale corso, che richiamò
l’attenzione dei giovani su vari problemi di natura politico-economica legati in
particolar modo alle colonie italiane».
Nel corso di quell’anno, il “Lanza” partecipò con «vivo entusiasmo» a tutte le
celebrazioni e cerimonie fasciste e patriottiche organizzate a Foggia. Spesso la
celebrazione fu accompagnata non solo da «opportune parole», ma anche da distribuzioni di libri o di premi. In occasione della “V Giornata della madre del
fanciullo”, la Presidenza raccolse molti giocattoli e ne fece dono al Patronato. In
quell’occasione ci fu anche un’elargizione benefica con i fondi della Cassa Scoqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
15 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 25-26.
204
Il Regio Liceo Lanza
lastica. I passi salienti di alcuni discorsi del Duce, come quello pronunziato alla
Camera dei deputati il 16 marzo 1938, furono debitamente illustrati agli studenti
e fatti tradurre in latino. I docenti di lettere assegnarono temi sul significato della
“energica” azione voluta dal Regime per rafforzare l’indipendenza economica.
Le radiotrasmissioni dell’Eiar furono in buona parte «ascoltate con diletto» dai
giovani, riuniti volta per volta nell’ampia sala dei professori, in grado di contenere oltre settecento allievi. Qualche audizione saltò per il cattivo funzionamento
del vecchio apparecchio radio.
Una larga rappresentanza di genitori di diversa condizione sociale, fu invitata
a presenziare alle manifestazioni organizzate dalla scuola16. Il 15 giugno, in presenza del Provveditore agli Studi e delle famiglie, si svolse la cerimonia di chiusura dell’anno scolastico con la «solenne premiazione» degli alunni. In tale occasione furono distribuiti diplomi di merito17 a tredici alunni, libri di lettura, tessere
gratuite della Dante e della Croce Rossa Giovanile, cartoline commemorative del
Convegno di Peschiera. Seicento cartoline erano state già inviate «alla maestà del
Re Imperatore». L’Istituto ebbe il suo gagliardetto, come prescritto dal Ministero,
confezionato dall’Unione militare di Roma18.
Nella prima seduta plenaria, il Collegio dei professori aveva fissato il numero
di verifiche per ciascuna materia19. Guerrieri osserva che durante l’anno gli insegnanti non sempre sono riusciti a seguire gli studenti, né hanno avuto a disposizione il tempo necessario per constatarne il progresso20. Alcuni manuali in uso
non hanno risposto allo scopo, «farraginosi com’erano, troppo schematici o troppo difficili»: sono stati “eliminati” con le nuove adozioni21. In varie classi il nuqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
16 ASFG,
Provveditorato agli Studi di Foggia, cit, relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 18.
17 A proposito del merito Guerrieri sottolinea: «Poiché, in linea generale i voti che nell’Istituto si
assegnano sono quelli che gli allievi meritano, non quelli cui consigliano considerazioni estranee al
merito obiettivo e reale, le esenzioni delle tasse per merito sono state piuttosto scarse: trentuno
esoneri e quarantanove semiesoneri». Pochissimi gli esoneri agli orfani di guerra e ai figli di mutilati e invalidi. Rilevanti quelli ottenuti da allievi appartenenti a famiglie numerose: centoventinove
esoneri e venticinque semiesoneri.
18 Ivi, p. 5.
19 Per il Ginnasio inferiore: italiano (tre esercitazioni scritte trimestrali in classe e una ogni quindici giorni a casa); latino (come per italiano). Per la prima classe del Ginnasio, nel primo trimestre,
né esercitazioni scritte né orali di latino. Per il Ginnasio superiore: italiano (due esercitazioni scritte trimestrali in classe e una ogni quindici giorni a casa); latino (come per italiano); greco (come per
italiano). Nella quarta ginnasiale nessuna prova scritta di greco nel primo trimestre. Per il Ginnasio
inferiore e superiore: lingue straniere (tre esercitazioni scritte trimestrali in classe e due al mese a
casa). Per il Liceo: italiano (due esercitazioni scritte trimestrali in classe e una ogni quindici giorni
a casa; latino e greco (come per italiano). [Ivi, p. 12]
20 Parlando delle varie materie di studio, il Preside afferma di aver evitato che lo studio del latino
Piena adesione alle direttive del Regime
205
mero degli allievi è stato superiore a quaranta. Un numero che, a volte, è aumentato durante l’anno scolastico in seguito al trasferimento di alunni da altre sedi.
La disciplina è stata comunque tenuta con fermezza. Limitate le assenze degli
studenti: nell’ultimo trimestre, in terza liceale, «un energico richiamo alla disciplina ed alla osservanza del dovere, fatto durante il terzo trimestre direttamente
dal Preside, impedì che gli studenti disertassero le aule negli ultimi giorni di
scuola. Il Sig. Provveditore agli studi, che onorò di una sua ultima visita l’Istituto
il giorno 15 giugno, poté constatare direttamente che soltanto qualcuno era assente, e per giustificato motivo»22. Solo un alunno fu rimandato a settembre in tutte
le materie per un sei in condotta. Non mancarono occasioni «di serio pericolo»
per la disciplina all’interno dell’Istituto, “felicemente rientrate” grazie all’intervento di Guerrieri: «La non sicura conoscenza delle discipline d’insegnamento o
un certo rigore nella valutazione dei singoli allievi da parte di alcuni docenti inesperti avrebbero potuto far nascere incidenti degni di rilievo, se non vi fosse stata
la oculata ed ininterrotta vigilanza di questa Presidenza».
Per l’anno scolastico successivo è previsto un secondo corso completo con la
istituenda terza B, ma il “Lanza” ha solo due professori di ruolo: la professoressa
Chiara Sepe De Francesco, «valente ordinario di scienze naturali ma di salute
malferma» […] ed il professor Francesco Quatela23, ordinario di matematica e
fisica. Gli altri sono tutti supplenti: «Di conseguenza – fa notare Guerrieri – il
lavoro che compie questa Presidenza per istradare e guidare il personale supplente, non sempre fornito delle qualità didattiche necessarie in ogni buon docente, è
certamente non lieve, quando si pensi alle molte materie d’insegnamento ed alla
delicata funzione didattica ed educativa di ciascun insegnante». Non manca di
fare dei rilievi di carattere didattico che hanno avuto ripercussioni sull’andamento dell’Istituto. Come i Presidi che lo hanno preceduto, anch’egli è del parere che
«la donna insegnante costituisce se non una tara, un problema»: «Vi sono nel
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
venisse avviato in prima ginnasiale fin dal primo trimestre: «Con opportuna opera di persuasione
ho ottenuto che si avessero principalmente le basi in italiano e in analisi logica. Le prime nozioni
di latino sono state impartite verso la fine del primo trimestre o agli inizi del secondo. È stato, così,
facile a molti alunni il progredire rapidamente, padroni come erano dell’analisi logica e della grammatica italiana». [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-38 del preside
M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, pp. 22-23]
21 Ivi, p. 17.
22 Ivi, p. 12.
23 Ivi, p. 14. Il Preside segnala che da parte del docente suddetto, dopo la chiusura dell’anno scolastico furono fatti, con tutta serietà, presso la famiglia di una licenzianda dal Liceo, di ottima condotta e di pregiate qualità intellettuali, dei passi miranti al matrimonio. La famiglia della giovane
accettò di buon grado la richiesta, ma dopo non molto tempo, probabilmente per la notevole differenza di età esistente fra i due, la relazione finì.
206
Il Regio Liceo Lanza
ginnasio inferiore e superiore fra gli insegnanti di ruolo di materie letterarie sette
donne, e cioè le professoresse Marchione, Castellaro, Palazzo, Quitadamo, Visco,
De Simone e Gramazio. È ovvio che la donna in genere e la maritata in particolare non possono dedicare alla scuola il tempo, l’energia, la volontà, l’operosità
che può ad essa dedicare un uomo. A dire il vero, l’elevato concetto della funzione dell’insegnamento ha indotto le suddette insegnanti a fare del loro meglio sia
per limitare il numero delle assenze, sia per dedicare alla scuola buona parte delle
loro energie. Ciò nonostante non solo la disciplina, ma anche l’insegnamento ne
hanno in qualche modo sofferto»24.
Infine, Guerrieri annuncia l’imminente pubblicazione dell’Annuario dell’anno
scolastico 1937-193825.
Nella nota di risposta alla relazione di Guerrieri, il Ministro comunica di aver
appreso con soddisfazione che è stata installata un’efficiente attrezzatura radiofonica, e che i rapporti con le famiglie degli alunni sono stati frequenti e cordiali.
Per quanto riguarda i risultati degli esami di maturità, sono state invece riscontrate “alcune manchevolezze”, come una “sensibile deficienza” nel compendio del
programma di italiano del terzo anno, specialmente per gli autori letti.
Anche nella storia e filosofia, nella matematica e soprattutto nella fisica e nelle
scienze naturali, non tutti i candidati hanno dimostrato di essersi preparati con
metodo. Essi non hanno approfondito i concetti fondamentali, si sono limitati ad
uno studio «piuttosto superficiale e mnemonico». Il Preside viene esortato a far sì
che nelle prossime prove non abbiano a lamentarsi le stesse lacune26.
Della suddetta comunicazione, Guerrieri invia al Provveditore agli Studi soltanto uno stralcio, citando la seguente “lode” del Ministero: «Si apprende con
soddisfazione che l’istituto ha attivamente partecipato alle manifestazioni indette
dalla Gil e che ha avuto anche l’onore di riportare il primo premio negli agonali
provinciali della cultura dell’anno XVI»27.
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24 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-38 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 13.
25 Nell’Annuario sono inseriti i saggi: preside Guerrieri, Sulla origine della tragedia greca; professor Aragona, Sulla data di rappresentazione del Poliuto di Corneille e Di alcune parole latine,
greche e barbare entrate nelle lingue romanze; professor Quatela, La Estensione di una dimostrazione del Burgatti nel problema del giroscopio pesante; professor Iorio, La primitiva forma di stipulatio, chiarita dall’uso della taglia foggiana; professor De Virgiliis, Saggi di traduzione. [Ivi, p.
17]
26 Ivi, nota Ministero Educazione Nazionale del 2-03-1939, pp. 1-2.
27 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., nota del preside M. L. Guerrieri al Provveditore
Studenti e docenti del Liceo. Al centro, seduto, il preside Matteo Luigi Guerrieri.
In basso. Guerrieri (seconda fila, quinto da sinistra) con studenti di terza liceale.
[Archivio Guerrieri]
Il caso Marangelli
Guerrieri, nella relazione del 1937-1938 si era sbilanciato sulla condotta del
personale docente: «Debbo dire, in buona coscienza, che per questo, nell’insieme
posso essere soddisfatto. Dico nell’insieme». Didatticamente, non tutti i docenti
risultano all’altezza: «Dei Professori di ruolo del ginnasio due, e cioè il Professor
Iorio, di materie letterarie nel ginnasio superiore, e il Professor Testa, di materie
letterarie nel ginnasio inferiore, hanno insegnato con zelo e con vero spirito di
sacrificio, mentre un altro insegnante, cioè il Professor Marangelli, di materie
letterarie nel ginnasio inferiore, ha lavorato poco e disordinatamente ed ha dimostrato, alle volte, di non sapere efficacemente mantenere la disciplina»1.
Il Preside calca la mano su Marangelli affermando che ha fatto, d’altra parte,
sorgere “qualche sospetto” sull’attività scolastica, contravvenendo alla normativa
che vieta le lezioni private agli studenti dell’Istituto: «Da questa Presidenza sono
stati raccolti elementi volta per volta segnalati al Regio Provveditore agli Studi,
circa lezioni private impartite da prossimi suoi congiunti. Lo stesso insegnante fu
avvertito a suo tempo e, col dovuto garbo, gli fu fatta presente la delicatezza della
cosa».
Guerrieri si perita di informare il Ministero che il professore ha appena vinto
un concorso a cattedre di italiano e di latino ed è “attualmente destinato” al locale Regio Istituto Magistrale.
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1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia; Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1937-1938 del preside Matteo Luigi Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 13.
210
Il Regio Liceo Lanza
Il giudizio di Guerrieri su Marangelli appare palesemente contraddittorio. Lo
stronca con una nota di demerito nella stessa relazione in cui, poche pagine
prima, ne ha lodato l’impegno profuso nel riordino e nella catalogazione dei volumi delle biblioteche scolastiche2.
Marangelli era entrato in ruolo al “Lanza” come ordinario del Ginnasio inferiore nel 1935-1936, dopo aver vinto il concorso per Italiano, latino, storia e geografia. Aveva superato l’anno di prova nell’anno 1934-1935, sotto la presidenza
di Giuseppe Marchese, il quale per tre anni consecutivi si era limitato a dargli il
giudizio di “sufficiente”, senza dedicargli note particolari, didattiche o personali
nelle sue relazioni al Ministero.
La segnalazione di Guerrieri al Ministero fu inviata alla fine di novembre del
1938: in tale data Marangelli non era più in servizio al “Lanza” ma all’attiguo
Istituto Magistrale “Poerio”. Alcune ex alunne3 ricordano ancora quell’esperienza con “il giovane professore”: «Nei primi giorni di ottobre del 1938 esultammo
alla notizia che ci era stato assegnato come insegnante di lettere il professor
Oronzo Marangelli, noto in città come autore di numerose pubblicazioni di carattere storico e di articoli inclusi nella pagina letteraria del giornale “Il Popolo
Nuovo”. Aveva fama di essere tra i più apprezzati storici a livello nazionale. Ma
soprattutto erano apprezzate le qualità umane di cui avevamo sentito parlare da
amici del Liceo classico “Vincenzo Lanza” che precedentemente lo avevano
avuto come docente. Anche i nostri genitori ne parlavano con grande ammirazione e stima. Quando entrava in classe, era accolto da rispettoso silenzio per il fascino che emanava la sua colta e carismatica personalità; un silenzio pieno di
attesa per l’inizio della lezione, che egli rendeva piacevole grazie ai continui riferimenti al presente e per le citazioni dotte e ricche di notizie, frutto di ricerche
personali, connesse ai vari campi delle diverse discipline e non prive, all’occorrenza, di ironia e umorismo. Era molto colto, serio e gran lavoratore: non si assentava mai! Il metodo didattico era improntato al dialogo e, cosa per noi sorprendente, accettava il dissenso. Ci coinvolgeva, facendoci fare tesine che discutevamo in classe. Ci consentiva di avvicinarci alla cattedra e di questo menavamo
vanto con i compagni delle altre classi, tenuti a doverosa distanza dai loro insegnanti. Non ci parlò mai del fascismo, né in positivo né in negativo. Sono passati oltre sessant’anni da quell’ottobre del 1938, ma ancora è vivo in noi il ricordo
di una persona ricca di umanità e di cultura. Siamo orgogliosi di averlo avuto
come insegnante. Sarebbe stato un ottimo docente ancora oggi: per noi, Oronzo
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1937-1938 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30-11-1938, p. 13.
3 Lucia Ciano, Olga Iarussi e Vittoria Tarquini: alunne di Marangelli al “Poerio” nel 1938-1939. Cfr.
O. MARANGELLI, Scritti Scelti, Foggia, 2002.
Il caso Marangelli
211
Marangelli è rimasto sempre il giovane professore che ci faceva studiare con
piacere e con entusiasmo».
Ma i metodi del professor Marangelli saranno oggetto di un’ispezione ministeriale, richiesta dal preside del “Poerio” don Flaviano Pilla. Scorrendo la sua
relazione dell’anno 1938-1939 troviamo soltanto due brevi cenni sul grave episodio: «Dei pochi professori di ruolo uno, ordinario in prova di Latino e Storia, ha
subito una ispezione ministeriale ed è stato restituito all’insegnamento inferiore e
trasferito a Benevento: egli è il professor Marangelli Oronzo». E ancora: «L’insegnamento del Latino e della Storia nel corso C (è stato tenuto) dal professore di
cui si è già parlato»4. Pochi cenni, quindi, su un caso che sconvolse la vita scolastica del “Poerio”.
Le “motivazioni superiori” che spinsero il Preside a richiedere l’ispezione
sono forse rilevabili nell’incipit della stessa relazione: «Anche in quest’anno scolastico – esordisce Pilla – l’attività da me svolta per sollevare sempre più le sorti
del Regio Istituto Magistrale di Foggia verso quelle altezze segnate dal Regime è
stata in special modo orientata verso il raggiungimento di una maggior disciplina
nella scolaresca e nel corpo insegnante, di un maggior rendimento dell’una e
dell’altro, di una maggior penetrazione dello spirito animatore del Fascismo e di
una sempre più attiva collaborazione con le locali Gerarchie della Gioventù Italiana del Littorio». Il Preside del “Poerio” chiude la sua relazione con una frase
significativa: «In quanto alla disciplina posso affermare che, tranne qualche piccolo incidente di trascurabile importanza, essa è stata perfetta sia per quel che
riguarda gli insegnanti sia per quel che riguarda gli alunni»5.
Quel piccolo incidente di percorso fu probabilmente “l’Operazione Marangelli”...
Lette nel contesto della scuola del Ventennio, le segnalazioni di Guerrieri al
Ministero e la richiesta di ispezione di Pilla, sembrano funzionali ad un unico
scopo: mettere in cattiva luce un docente non allineato alle direttive del Regime.
Reo di non parlare deliberatamente di fascismo durante le sue lezioni. Di evitare
l’argomento.
All’inizio dell’anno scolastico, nella prima riunione plenaria dei docenti, il
preside Pilla aveva invitato tutto il corpo insegnante a mettersi a disposizione del
Comando federale, per prestare la propria opera nelle organizzazioni giovanili e
nella Milizia volontaria per la Sicurezza nazionale. Molti docenti furono impegnati e tra loro alcuni si distinsero per attività e zelo. I loro nomi vengono citati.
Oronzo Marangelli non fa parte di questo gruppo. Ma un professore così colto,
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Regio Istituto
Poerio, relazione a.s 1938-1939 del preside Flaviano Pilla trasmessa il 10-12-1939, pp. 11-35.
5 Ivi.
212
Il Regio Liceo Lanza
che faceva presa sugli studenti, non poteva impunemente sottrarsi “all’alto compito” che il fascismo volle affidare ai docenti: andava punito mettendone in discussione la deontologia professionale e la preparazione metodologico-didattica.
Restituito al ruolo inferiore dopo l’ispezione ministeriale del maggio 1939, e
trasferito da Foggia a Benevento, il 28 giugno 1941 Marangelli presentò un esposto al Ministero. Lo fece per via gerarchica, tramite il preside del Regio Istituto
Magistrale “Guacci”, professor Pietro Mundo, il quale riferì al Ministro: «Il prof.
Oronzo Marangelli, ordinario di materie letterarie al corso inferiore di questo R.
Istituto Magistrale, asserisce che era ordinario in prova al corso superiore del R.
Istituto Magistrale di Foggia, quale insegnante di latino e storia, perché vincitore
del concorso di italiano latino e storia, dopo essere stato ordinario per tre anni di
materie letterarie nel corso inferiore del R. Ginnasio di Foggia; che durante l’anno di prova nel R. Istituto Magistrale di Foggia sopra menzionato ha subito una
ispezione; che nell’ottobre del 1939 fu, per effetto di tale ispezione, deferito al
ruolo di provenienza e trasferito a Benevento presso questo R. Istituto Magistrale.
Il prof. Marangelli afferma che nulla gli è stato contestato nei riguardi della didattica e della disciplina e che mai è stato invitato a presentare controdeduzioni a
propria discolpa. L’interessato nota che seppure avesse lasciato a desiderare nella
parte della didattica, essendo al primo anno di insegnamento nel corso superiore,
poteva avere delle attenuanti e poteva subire, nel peggiore dei casi, il ritardo di
un anno pel suo passaggio nel ruolo di ordinario. L’insegnante arriva anche a
supporre che l’ispezione abbia potuto avere tanto dannoso effetto per lui per non
essere l’ispezione rimasta soddisfatta della sua preparazione culturale. Ma tale
ipotesi è da scartarsi perché la sua cultura è stata varie volte vagliata dalle commissioni esaminatrici dei vari concorsi da lui sostenuti e superati. Infatti il prof.
Marangelli Oronzo si è abilitato all’insegnamento di lettere italiane e storia negli
istituti medi superiori nel concorso bandito per sola abilitazione con D. 10 maggio
1930, Boll. 4 dic. 1939 n. 49 p. 3545; ha vinto il concorso per Italiano latino storia e geografia, bandito con D. 23 dic. 1932, Boll. 7 giug. 1934 n. 23 p. 1579; ha
vinto il concorso di Lettere italiane latine e storia, bandito con D. 25 ott. 1937,
Boll. 18 ag. 1938 n. 30 p. 2446; ha vinto il concorso di Italiano e storia negli
istituti tecnici superiori, bandito con D. 27 ott. 1937, Boll. 18 ag. 1938 n. 23 p.
2489; pare superfluo notare il concorso vinto nel 1931 come direttore della Biblioteca di San Severo e le sue varie pubblicazioni: Breve storia di Conversano,
Rivoluzione di Masaniello a Foggia, Umberto Fraccacreta poeta, Novelle di
questi e d’altri tempi. Superfluo appare pure notare che prepara la pubblicazione:
Le pergamene di San Severo edite ed inedite dal sec. XI al sec. XVI, e Preludio al
trionfo, romanzo».
Il preside Mundo ha preso a cuore il caso Marangelli. Non si limita a inoltrare
delle semplici deduzioni, ma si impegna in una vera e propria difesa del profes-
Il caso Marangelli
213
sore ingiustamente declassato e confinato dal Ministero a Benevento. Ne vanta la
preparazione culturale e metodologico-didattica, oltre che lo spessore morale e
umano: «Per disciplina, per cultura, per didattica il prof. Marangelli Oronzo è un
insegnante a posto come pochi possono vantarsi di esserlo. Questa Presidenza non
ha potuto ricostruire per mancanza di documenti tutto quanto il prof. Marangelli
ha esposto. Però può affermare in piena coscienza che non ha avuto mai a richiamare il nominato professore sia per disciplina, sia per didattica, sia per cultura che
ha ben mostrato durante gli esami di abilitazione della sessione testé terminata, a
cui ha preso parte quale commissario di latino della seconda commissione».
Non è solo il preside Mundo a pensarla in questo modo, ma anche i colleghi e
gli studenti della scuola: «Candidati e colleghi di sottocommissione hanno trovato nel Marangelli cultura profonda e solida e spirito sereno ed equanime».
Le sue competenze di biblioteconomia, che esulano dalle normali mansioni di
docente, sono eccellenti: «Quale bibliotecario addetto alla biblioteca dei professori ha espletato il suo ufficio con competenza e con passione, riuscendo a riordinarla tutta ex novo, completando i relativi registri, schedari, targhette ecc.».
Per Mundo il professor Marangelli è un ottimo collaboratore. Si mette sempre
a disposizione dell’Istituto: mattina, pomeriggio e sera, trattenendosi nella biblioteca. Gode vasta simpatia e stima, sia come insegnante sia come educatore tra gli
alunni, le famiglie, i colleghi. Conduce una vita decorosa e sobria, e dedica tutte
le sue cure alla famiglia e tutto il suo affetto ai suoi quattro figli. Non merita di
trovarsi in condizioni di inferiorità rispetto ai colleghi dell’Istituto e di altri Istituti. «L’auspicio è che, seppure abbia mancato, – conclude il Preside – la sua riabilitazione appare un atto di giustizia e di coscienza, quindi l’acclusa petizione
redatta dall’interessato viene inviata con la speranza di vederla ben accolta dal
Superiore Ministero»6.
Ma la risposta del Ministero non fu quella auspicata. Il Regio Provveditore
agli Studi di Benevento, che la ricevette per via gerarchica, la trasmise al preside
Mundo il 31 ottobre 1941: «In relazione all’esposto che il prof. Marangelli Oronzo, ordinario di materie letterarie nel corso inferiore del Regio Istituto Magistrale
di Benevento, ha prodotto allo scopo di ottenere il riesame della sua posizione e,
possibilmente, la riassunzione nel ruolo A quale insegnante di italiano, latino e
storia nel corso superiore degli Istituti Magistrali, il Ministero dell’Educazione
Nazionale porta a conoscenza quanto segue: dall’ispezione didattica eseguita
dall’ispettore centrale Marseglia, nel maggio 1939, risulta che il prof. Marangelli
Oronzo, ordinario in prova di italiano, latino e storia nel corso superiore del Regio
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
6 ARCHIVIO STORICO ISTITUTO MAGISTRALE “Guacci” di Benevento, fascicolo Personale Docente. Il
documento è stato fornito da Luigi Pietro Marangelli.
214
Il Regio Liceo Lanza
Istituto Magistrale di Foggia, non possedeva affatto le doti culturali e didattiche
richieste per una cattedra di materie letterarie in un istituto di secondo grado e
perciò era inidoneo a continuare l’insegnamento in tale ordine di scuole. Molte
altre manchevolezze, lesive del decoro e del prestigio di un insegnante, furono
inoltre riscontrate dall’ispettore, ma di queste non è d’uopo qui far cenno, perché
nessuna influenza ebbero sul provvedimento adottato nei confronti del prof. Marangelli. Poiché l’ispezione ebbe unicamente lo scopo di accertare le attitudini
didattiche e la preparazione culturale del prof. Marangelli, che, quale insegnante
di materie letterarie nel corso inferiore aveva riportato la qualifica di sufficiente
per tre anni consecutivi, nessuna contestazione di addebiti gli doveva essere fatta
in materia non disciplinare. Giudicato inidoneo, nell’unico anno di prova che
l’art. 6 del R.D. 6 maggio 1923-I, n. 1054, gli consentiva, doveva essere senz’altro dispensato dall’insegnamento negli Istituti di 2° grado ed essere restituito al
ruolo di provenienza nel quale aveva il grado di ordinario. A termini dello stesso
R.D. 6 maggio 1923-I, n. 1054, non è consentito prorogare il periodo di prova,
quando questa risulti sfavorevole, né è possibile una riassunzione nel ruolo per
nuovo esperimento, ma si procede alla dispensa del servizio o alla restituzione al
ruolo di provenienza a seconda che trattasi di straordinari o di ordinari in altro
ruolo. Se successivamente il Prof. Marangelli, come risulta dalle relazioni vostre
e del Preside del Regio Istituto Magistrale di Benevento, ha migliorato il suo insegnamento rivelando nel contempo la preparazione che prima, pur avendone il
modo, non seppe dimostrare, non possono essere queste ragioni sufficienti a provocare la modifica del provvedimento di restituzione, essendo le disposizioni legislative cogenti ed inderogabili. Vogliate, pertanto, comunicare al Prof. Marangelli che il suo esposto non può essere accolto»7.
La genericità della risposta del Ministero non dette a Marangelli possibilità
alcuna di replica. Come del resto era già accaduto per l’ispezione secondo la
quale «non possedeva affatto le doti culturali e didattiche richieste …». Eppure
sul momento non aveva avuto contestazioni nel merito da parte dell’ispettore
Marseglia. Una mancanza di contestazioni specifiche che viene giustificata dal
Ministero con motivazioni poco convincenti. Il fatto stesso di precisare che non
sono state “l altre manchevolezze riscontrate” a determinare il provvedimento
adottato nei confronti del professor Marangelli, induce il dubbio che l’origine
delle sue disavventure sia stato proprio quel defilarsi dall’impegno “dovuto” di
organizzatore del consenso al Regime. Né si spiega il fondamento giuridico della
“punizione” inflitta con il trasferimento d’ufficio. La sede naturale di “restituzione” al grado di provenienza era la scuola di precedente titolarità, ossia il corso
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
7 ARCHIVIO
STORICO ISTITUTO MAGISTRALE “Guacci” di Benevento, cit.
Il caso Marangelli
215
inferiore del Ginnasio “Lanza”. Benevento fu solo un umiliante “confino”. Confermato con il rigetto, da parte del Ministero dell’Educazione Nazionale,
dell’istanza di riabilitazione avanzata dal preside Pietro Mundo a favore del professore di Conversano.
Eppure Marangelli, pur di tornare a Foggia e riavvicinarsi alla sua famiglia, si
era imposto di rientrare nei ranghi. Il preside Mundo nell’esposto inviato al Ministero lo sottolinea: «(Il prof. Marangelli) ha dato la sua collaborazione alla Gil
sia quale addetto per conto del Comando federale all’inquadramento dei reparti
Balilla, sia dando la sua opera per l’attività culturale del Sabato fascista». E in un
altro passaggio dell’esposto: «Politicamente non c’è nulla da rimproverargli. Risulta iscritto al Pnf dal 1° gennaio 1922».
Un’iscrizione “antemarcia” manifestamente falsa, che non risulta nei registri
di quell’anno del Pnf di Conversano. A quel tempo Oronzo Marangelli era seminarista a Molfetta (lo fu dal 1920 fino al 1923), non poteva essere iscritto ad alcun
partito e men che mai essere un fascista della “prima ora”.
L’attestato fu “necessario” per ottenere un posto di lavoro. Marangelli, vincitore del concorso di direttore della Biblioteca “Minuziano” di San Severo, era
stato costretto ad abbandonare l’incarico dopo appena un anno a causa della sua
“indifferenza” al fascismo. Ad indispettire il podestà di San Severo Giovanni
Colio fu l’articolo, pubblicato su “Il Popolo Nuovo” del 14 marzo 1932, in cui
Marangelli parlava dell’importanza della realizzazione dell’Acquedotto pugliese
per “l’arsa Puglia” senza darne merito al fascismo e non citando neppure Gaetano
Postiglione, che ne era stato il principale promotore8.
Perso il lavoro, Marangelli presentò domanda di supplenza per il 1932-1933
al Regio Liceo-ginnasio “Tondi”. Il Preside dell’Istituto richiese al Pnf di Bari
informazioni sui precedenti politici dell’aspirante professore. Il Federale, a sua
volta, chiese notizie a Simone Sisto, segretario politico del Fascio di Conversano
che, per aiutare l’amico Oronzo, attestò un’iscrizione “antemarcia” mai avvenuta.
La domanda di supplenza non ebbe comunque alcun esito: quell’anno Marangelli non insegnerà al “Tondi”. Vincitore del concorso a cattedre indetto nel dicembre 1932, assumerà servizio di ruolo, come si è detto, al Ginnasio inferiore
del Liceo “Lanza” nell’anno scolastico 1934-1935.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
8
O. MARANGELLI, “La Capitanata nel concetto di un poeta: Umberto Fraccacreta”, in Scritti Scelti,
a cura di Luigi Pietro Marangelli, Foggia, 2002, pp. 319-321.
216
Il Regio Liceo Lanza
Oronzo Marangelli. [Archivio de Plato Marangelli]
Il caso Marangelli
ORONZO MARANGELLI
Nacque a Conversano il 21 agosto 1902.
Dopo gli studi in seminario, si laureò in
Lettere all’Università di Firenze. Ebbe
come maestri Luigi Schiaparelli, «paleografo invidiatoci dalla dotta Germania», e
Carlo Battisti (docente di linguistica neolatina). Fu apprezzato da Paul F. Kher,
massima autorità nel campo della diplomatica, che lo citò nelle sue opere; nell’Enciclopedia Italiana (Treccani) è segnalato tra
gli storici che hanno contribuito alle ricerche sulla storia di San Severo. Trascrisse le
pergamene dell’Archivio Capitolare della
Cattedrale e quelle dell’Archivio di Stato
di Napoli: voleva redigere un Codice diplomatico su San Severo. Nel 1932 si trovava
in questa città perché aveva vinto il concorso di direttore presso la Biblioteca “Minuziano”. Fu costretto ad abbandonare l’incarico dopo appena un anno. Motivazione: la
sua «indifferenza al fascismo», dimostrata
non citando mai il Regime nei numerosi
articoli sui vari giornali dell’epoca. A Foggia frequentava la Libreria Pilone ove negli
anni Trenta si incontravano Nicola Beccia,
Benedetto Biagi, Romolo Caggese (quando
tornava ad Ascoli, suo paese natio), Leone
Mucci, Gerardo De Caro, Giovanni Raho,
tutti liberali, socialisti o popolari accomunati dalla “fronda” al fascismo. Marangelli
insegnò al Liceo di Foggia dal 1934 fino al
1938; l’anno successivo passò all’Istituto
Magistrale “Poerio”. Qui, nel 1939, subì
un’ispezione didattica in seguito alla quale
fu allontanato da Foggia e trasferito a Benevento. Nel 1942, classificatosi primo nel
concorso nazionale a 26 cattedre di italiano
e storia, scelse Bari e stabilì la residenza a
Conversano, dove, dalla caduta del fascismo fino al 1954, svolse nelle fila del PCI
217
un’intensa attività politico-sociale, dedicandosi alla «difesa degli ultimi». Abbandonata l’attività politica per divergenze con
i dirigenti stalinisti, tornò all’impegno culturale. Morì a Bari il 15 gennaio 1962.
Tra gli scritti di Oronzo Marangelli, ricordiamo Storia di Conversano (1931); Relazione della ribellione di Sabato Pastore
(1932); San Severo industre ed operosa, in
“Ospitalità italiana” (1933); Novelle di
questi e d’altri tempi (1941); saggi su Federico II, Pier delle Vigne, Giovanni da
Procida, Alessandro Minuziano, Castrum
Drion Ergitium Sanctus Severus, in “Samnium” (1941); Le pergamene di San Severo, in “Iapigia” (1942). Alcune opere sono
state pubblicate postume, a cura del figlio
Luigi Pietro: Storia di Conversano con 34
pergamene delle badesse, Foggia, 1999;
Sogno di una società di eguali, Foggia,
2002; Scritti scelti a cent’anni dalla nascita, Foggia, 2002.
Sogno di una società di eguali
La cronaca dell’ispezione ministeriale cui
fu sottoposto Oronzo Marangelli nel maggio del 1939 è minuziosamente descritta,
con nomi e cognomi, nel suo libro Sogno di
una società di eguali, romanzo storico ambientato a Conversano negli anni tra la fine
dell’Ottocento e gli inizi del Novecento,
dedicato ai conversanesi «mai domi dalle
avversità dei tempi, sempre pronti ad affrontare nuove lotte per una società più
giusta e più santa». Il romanzo ruota attorno al personaggio chiave Mario Altieri, ma
l’ispezione «culturale» è autobiografica. È
proprio Oronzo Marangelli il professore
“visitato” dall’ispettore Marseglia durante
l’attività didattica. Marangelli in questo
brano assume il ruolo di voce narrante. Il
suo giudizio sul livello culturale dell’ispettore Marseglia è chiaro: «Il pubblico, forse,
218
Il Regio Liceo Lanza
desidera conoscere questo signore. L’ispettore Marseglia fu Professore che per aver
fatto male l’insegnante fu nominato Preside; fece poi malissimo il Preside, e fu promosso ispettore; ora fa l’ispettore rigido
perché spera di diventare Ministro. È mai
possibile? chiederà qualcuno! È quello che
ci domandiamo anche noi». E ancora: «A
quanti abbiamo chiesto di lui, nessuno ci ha
fornito una notizia; abbiamo consultato
annuari di una diecina d’anni e non abbiamo rinvenuto traccia di lui. Questo articolo, ripubblicato nel nostro libro, lo amareggerà, ma la colpa non è nostra: la storia è
storia e, in mancanza di altri elementi, non
possiamo spendere una parola di chiosa, in
difesa del Marseglia».
Marangelli, alla fine del capitolo, fa
un’amara considerazione sulla sorte che
nella scuola fascista tocca ai “migliori”:
«Noi non abbiamo bisogno di dire altro del
giovane, tanto noto, e non solo a Conversano. Solamente notiamo: se si espellono
alunni del livello di Altieri, di chi sta a
scaldare i banchi che si dovrebbe fare?».
L’ispezione “culturale” sul Manzoni
[...].
«Gli alunni della terza liceale vogliono un
gran bene al Professore di italiano, un giovane insegnante di soda cultura e di vasta
preparazione. Avvertiti che un Ispettore
avrebbe visitato la classe, accolsero con
riluttanza il Marseglia, presentato con
molta adulazione dal Preside. Il Marseglia,
né alto, né basso, con discreta pancetta, non
aveva riscosso la simpatia della scolaresca,
così pronta a cogliere pregi e difetti di chi
sale in cattedra. Imprescindibile dote di chi
è preposto all’insegnamento è la modestia.
Ma l’Ispettore non aveva virtù da far valere. Alla deferenza del Professore, egli ri-
spose con esibito fastidio. Si vedeva bene
che era deciso a colpire l’insegnante e gli
alunni non tardarono a manifestare aperta
disapprovazione.
[...]
– Cosa si faceva? – domandò l’Ispettore,
sedendo su cattedra.
– L’alunna Carla Astori spiegava la Pentecoste del Manzoni, assegnata per oggi –
rispose il Professore, che non sapeva spiegarsi il sorriso beffardo del Marseglia.
– Ah, La Pentecoste del Manzoni! – esclamò il Regio Ispettore, come per dire... – E
voi vi sentite capace di spiegare quest’ode?
Poi riprese: – Via, andiamo. Continuate.
Vediamo un po’ cosa avete capito della...
spiegazione del vostro insegnante. perché
vedete, io sono qui per giudicare il vostro
insegnante. Ah! una signorina a conferire,
ma bene, meglio... E pareva volesse prendere un’altra via: scagliarsi contro le donne
che frequentavano la scuola.
La Astori iniziava: – Madre dei santi...
– Ecco, Madre…– intervenne il Marseglia,
distendendo le braccia in avanti e tirando,
con gesto volgare, su le maniche della giacca che gli insaccavano perfino le dita.
– Madre ha qui un significato intimo e particolare – riprese l’Astori, seccata dell’interruzione – significato che balza alla nostra mente. L’idea di genitrice, di creatrice,
direi quasi l’idea della maternità…
– Cosa dite, cosa dite, signorina? Dov’è il
casto pudore alle donzelle in viso? Già, voi
siete rosea per… – interruppe, ancora una
volta, l’Ispettore, battendo il piede sulla
pedana e la mano destra sul tavolo. – Non
mi fate dire sciocchezze... Io credo che neanche l’arte di farvi belle conosciate voi
studentesse di liceo! Figlia mia, il mestiere
di rammendare le calze, almeno, lo imparereste meglio?
– Signor Ispettore – rispose indignata
l’Astori […]. Ma non volle più continuare
Il caso Marangelli
e ritornò al suo posto.
– Non vi sentite in condizione di rispondere? Eh, lo dicevo io! Ma, santo Dio, potevate... – disse ridendo il Regio Ispettore. –
Sentiamo un altro. Ecco, il primo in ordine
alfabetico e vicino di casa dell’Astori: Altieri Mario.
Mario Altieri incominciò: – Il Manzoni, in
questa ode non riesce …
– Come, non riesce! Ma stiamo scherzando? Voi osate dire che il Manzoni non riesce. Ma sapete chi è il Manzoni? Questo vi
insegna il vostro Professore, che il Manzoni…?
Gli alunni ammutolirono. Il Professore voleva intervenire, l’Altieri faceva segno di
voler finire il periodo, ma l’Ispettore non
permise: – Il Manzoni è il Manzoni! Questo
bisogna sapere! La fede che lo anima si
manifesta magistralmente in quest’ode.
Dal preambolo solenne gli alunni si aspettavano un’interpretazione originale dell’ode
o un bel saggio sulla fede del Manzoni.
Smisero di mormorare e si fecero attenti.
– Quanti invidiano al Manzoni questa ode!
Non è questo indizio di grandezza? La fede
è sincera profonda, e come tale, ci ha dato
il capolavoro. Capolavoro a tutti noto, ammirato, lodato giustamente.
Altieri non credeva alle sue orecchie, tanto
gli pareva assurdo che un uomo con quella
carica non sapesse formulare un concetto
azzeccato su Alessandro Manzoni.
I compagni, intanto, avevano ripreso a
mormorare, a chiedersi: – A chi la sta a
contare la storiella?
Un altro pose una domanda imbarazzante:
– Il Manzoni era austriaco o italiano?
In quel tempo la Lombardia dipendeva
dall’Austria ma l’Ispettore, senza scomporsi, proseguì per conto proprio: – Carducci,
Leopardi, Foscolo, Monti, uomini senza
fede, non potevano giudicare Manzoni perché non lo capivano, come il turco, l’india-
219
no, il giapponese non possono comprendere la sovrumana bellezza di quest’ode, che
sta appunto nella religiosità dell’autore.
Gli alunni come potevano non notare che
egli girava e rigirava luoghi comuni? E
mormoravano: – Il francese non è un’aquila, è un gallo!
Ma l’Ispettore, sconclusionando concluse:
– Dopo quello che ho detto, potete gustare
l’ode del nostro grande poeta. Ora sentiamo. Avanti, coraggio!
Altieri, con calma, prese a dire: – Voi avete
chiarito quella che è proprio la debolezza
del Manzoni, e di quest’ode in particolare.
– Come, come?
– Se vi è un limite in questa ode è l’esagerata religiosità del Manzoni.
– Professore, siete voi a permettere questi
madornali spropositi o siete voi a dirli?
– Non sono io a dirli, né a permetterli.
L’alunno esprime una sua opinione, e v’assicuro che, a condividere o meno le opinioni di Altieri, vale la pena ascoltarlo.
Gli alunni non smettevano di mormorare e
Marseglia, stizzito:– Questa è una classe
indisciplinata! Voi siete debole, Professore.
Voglio farvi vedere fin dove arriva la mia
pazienza. Sentiamo, sentiamo che dice questo Altieri!
E lo studente: – Manzoni è religioso, cattolico, e questo lo sapevamo. Ma prescindiamo dalla sua fede, a cui tenete tanto. Tiziano, Michelangelo, Leonardo, sono grandi,
non per aver dipinto Madonne, alle quali
hanno tolto ogni carattere di religiosità,
ma per averle rivestite di un altro sentimento, il quale è superiore a qualsiasi
conventicola religiosa. Vi siete forse inginocchiato, al cospetto di Dante, per aver
egli descritto i tre regni meglio di qualsiasi
predicatore, e non conosco un lettore della
Divina Commedia che si sia convinto della
reale esistenza dei tre regni ultraterreni.
Quando abbiamo bisogno di rinsaldare la
220
Il Regio Liceo Lanza
nostra fede, andiamo in chiesa, come dice
don Rodrigo a Padre Cristofaro, e non in
una pinacoteca; leggiamo San Tommaso e
non Manzoni o Dante.
L’Ispettore fremeva e si faceva rosso: – Voi
non sapete quel che dite!
E Altieri: – Non credo! Noi in classe analizziamo, gustiamo il poeta e trascuriamo il
religioso. La nostra scuola è laica, e non
gesuitica, perciò posso parlare come penso.
Per entrare nelle scuole italiane, e nella
stima e venerazione di tutti, occorre un
solo passaporto al poeta: essere poeta. Noi
chiediamo la grande, la vera poesia, la
poesia che è patrimonio dell’umanità, che
esprime i molti dolori e le poche gioie
dell’uomo. Manzoni è grande in questa
ode, perché è uomo. Egli soffre e piange
alle ingiustizie della società di allora, per
monito alle presenti e a quelle da venire, se
la società non vorrà saperne di mutare
forma e costituzione. Come della soggezione straniera nel Seicento, col romanzo, il
Manzoni fece la condanna di ogni dispotismo, così delle sofferenze dell’umanità,
all’affacciarsi del cristianesimo e al sorgere della chiesa, fa giustizia, appellandosi
ad un sentimento che non è religioso, se
non nella forma, mentre nella sostanza e
nel contenuto è sommamente umano.
[...]
Il Regio Ispettore avrebbe dovuto congratularsi col giovane, che dimostrava una
cultura e un gusto non comune, invece l’assalì: – Questo è sfacciato socialismo, e voi
macchiate la fama di un così grande uomo
con una simile infamia? Manzoni socialista?
– Non sarebbe un male – rispose sicuro
l’Altieri e continuò: – Ma io non ho detto
questo. Ho detto solamente che Manzoni è
uomo e come tale sente e canta l’umanità.
I sentimenti umanitari non fanno il socialista, se non sono spinti alle giuste e neces-
sarie conseguenze. Il Manzoni non trae
conclusioni, che potrebbero sembrare eterodosse, addita solo il male. Gli altri penseranno a curarlo.
L’Ispettore era sconcertato e si limitava ad
offendere il giovane: – Voi dite delle madornalità! Bisognerebbe dimostrarlo.
La scolaresca seguiva il dibattito, tacendo
quando conferiva Altieri, mormorando di
disapprovazione se l’Ispettore interrompeva con delle sciocchezze. Il Professore
sembrava preoccupato delle conseguenze
che potevano avere per lui l’ardire del giovane e l’approvazione chiassosa dei compagni; voleva imporre silenzio e riguardo
all’Ispettore, ma questi, compromettendo
tutto il suo prestigio, si arrabbiava, ma non
si imponeva col suo sapere, col ribattere al
giovane.
[...]
Il manzoniano Ispettore, indignato dalle
ultime affermazioni del giovane, rivolgendosi al Professore disse: – Questo è il
colmo, Professore! Mi meraviglio della
sfrontatezza con la quale l’alunno fa asserzioni gratuite, e, peggio ancora, vedo che
tutti sono del suo avviso. Non v’è colpa da
parte vostra? Oh! Vedremo, vedremo.
[...]
E Altieri: – In classe voi fate aperta manifestazione di principi condannabili in nome
dell’umanità stessa a cui voi vi appellate
così indegnamente.
[...]
– Sia messo fuori l’alunno, Professore... sia
messo fuori e impari...– urlò Marseglia.
E Altieri: – Io vado fuori. Una cosa sola
sapete far bene: avvalervi della vostra autorità. Vi avverto, però, che quanto è avvenuto oggi, in questa classe, sarà oggetto di
un lungo articolo su un giornale. Il pubblico giudicherà...
E Marseglia, stizzito: – Che pubblico e
pubblico! Andate via e non minacciate di
Il caso Marangelli
appellarvi ad un giudice incompetente... E
quali giudizi ha mai dato il pubblico? O la
cosiddetta opinione pubblica? Quante belle
cose tanto care ai socialisti!
– Io non minaccio. Vado via, e sospendetemi pure dalle lezioni, se avete il coraggio
di farlo! – Così dicendo Altieri uscì, lanciando uno sguardo sprezzante al Regio
Ispettore.
Il mormorio di disapprovazione della scolaresca fu ancora irrefrenabile: gli alunni
ammiravano il compagno e compativano
l’Ispettore, il quale non sapeva che dire.
Non udiva quello che gli alunni dicevano,
ma notava il chiasso, e se la pigliava con
l’insegnante.
L’alunno Altieri fu sospeso dalle lezioni
sino a nuovo ordine, onde la protesta e lo
sciopero compatto di tutta la scolaresca il
giorno dopo.
[O. Marangelli, Sogno di una società di eguali, Ed. del Rosone “Franco Marasca”, Foggia,
2002, pp. 106-115]
Il confino a Benevento.
Testimonianza di Luigi Marangelli
Ho amaramente rivissuto il triste e umiliante trasferimento di mio padre da Foggia a
Benevento, con perdita della titolarità, procurato nel 1939 da un preside e da un ispettore poco noti per meriti culturali ma rigidi
e zelanti tutori dell’osservanza degli obblighi del Regime.
Mio padre si avviò al confino, trasferendosi a Benevento, assegnato alla Scuola
Media annessa al Regio Istituto Magistrale
“Guacci”, assoggettandosi ad un faticoso
pendolarismo settimanale. Benevento, infatti, era una sede con la quale i collegamenti erano poco frequenti e disagevoli. La
famiglia restò a Foggia.
Motivo della “contestazione culturale” fu
221
la discussione sulla religiosità del Manzoni
ne La Pentecoste e ne I Promessi Sposi di
impronta «sfacciatamente socialista». Inoltre mio padre consentiva il dissenso degli
alunni su temi letterari e non illustrava agli
studenti i meriti del fascismo. Si difese
ammettendo che non osannava il regime
durante la lezione, tuttavia non lo criticava.
Semplicemente non ne parlava.
Scontata, ma imprevedibilmente dura la
sentenza: restituito al ruolo di provenienza,
allontanato dall’insegnamento a Foggia e
trasferito a Benevento con decorrenza immediata. Era la sede ove erano mandati
coloro che non erano allineati col regime: il
confino. Pur sempre meglio della galera e
dell’emarginazione sociale.
Il regime preferiva mediocri docenti inneggianti al fascismo a quelli colti ma pericolosamente indifferenti. Ma gli alunni ed i
genitori non accolsero di buon grado la
perdita di un valido e colto docente, riconosciuto tale anche da illuminati dirigenti fascisti della città. Uno di questi, infatti,
padre di un allievo, sorprendentemente, si
offrì di accompagnarlo da Mussolini onde
testimoniare la sua assoluta neutralità e
sottolineare l’eccessivo e astioso zelo del
Preside, poco gradito ai suoi stessi camerati.
Mio padre rifiutò.
Sabato 25 novembre 1939 alle ore dieci, da
Foggia mia madre, piangendo, gli comunicò una triste notizia: il piccolo Marcello, di
appena due anni, era morto per broncopolmonite. Mio padre lasciò la biblioteca disperato. Scrisse su un foglietto «Un’amara
sventura mi ha colpito» e, dopo averlo riposto tra le prime pagine del romanzo
Sogno di una società di eguali, prese il
primo treno per Foggia per dare l’ultimo
angosciato saluto al figlio che chiamava,
vezzeggiandolo, il “miglior fiore del mio
giardino”. Non farà mai più il nome del fi-
222
Il Regio Liceo Lanza
glio prediletto così come del padre tanto
amato.
Fieri turbini di tempesta si addensavano sul
mondo intero.
[...] Lunedì 17 giugno 1940, giorno dell’ingresso a Parigi dei tedeschi, tornando a
casa dopo l’uscita da scuola, vidi uno sparuto gruppo di giovani avanguardisti sfilare
lungo il Viale XXIV Maggio: portavano
sulle spalle una bara, recante la scritta
“Francia”, inneggiando alla sua morte e
sbeffeggiandola con parodie di canti funebri, tra l’indifferenza di frettolosi passanti
presaghi della tragedia incombente. In questo clima dalle fosche tinte, ricordando la
disponibilità del dirigente fascista, mia
madre, scossa per la morte del figlio Marcello e incinta di Mario, a metà giugno del
1940 si fece accompagnare a Roma nonostante il parere contrario del consorte. Fu
subito ricevuta da Mussolini che demandò
la questione al ministro dell’Educazione
Nazionale Giuseppe Bottai. Questi fece
presente che la recente entrata in guerra
poneva problemi ben più urgenti e gravi
ma, calmate le acque, si sarebbe occupato
della vicenda esageratamente montata dal
Preside. Aggiunse: «Suo marito non trascuri di ricordare agli alunni i meriti del fascismo e, alla fine della Blitzkrleg (guerra
lampo), sarà riabilitato; se poi non intende
aspettare rifaccia il concorso».
Nel 1942 giunse una comunicazione dal
Ministero: mio padre aveva superato il
concorso per l’insegnamento di italiano e
storia classificandosi primo nella graduatoria nazionale. Era la degna risposta
all’«ispezione culturale». Chiese ed ottenne la sede di Bari presso l’Istituto Tecnico
“Araldo di Crollalanza” che alla caduta del
fascismo assunse la denominazione “Cesare Vivante”.
Poté così tornare a Conversano ove fissò la
residenza. […]
Il saggio di mio padre su Le pergamene di
San Severo”, apparso su “Iapigia” nel 1942,
in cui annunciava l’intenzione di dare alla
luce un corpo diplomatico, era stato apprezzato da Paul F. Kehr* che lo citò nella
sua monumentale Italia Pontificia. Fu l’ultimo suo lavoro: il Fascismo, allontanandolo da Foggia, gli aveva tarpato le ali.
[O. MARANGELLI, Scritti scelti, a cura di Luigi
Pietro Marangelli, Claudio Grenzi Editore, Foggia, 2002, pp. 21-22]
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
*
Paul Kehr (1860-1944), storico tedesco, docente di storia medievale nelle Università di
Marburgo e Gottinga, fu direttore dell’Istituto
storico germanico di Roma dal 1903 al 1936.
Acquistò notorietà in Italia sin dal 1896 con la
raccolta dei documenti pontifici fino al 1198.
Pubblicò l’Italia Pontificia, in otto volumi, nella
grandiosa collezione dei Regesta pontificum
romanorum, patrocinata dall’Accademia di Gottinga. Fu il promotore dello studio sui castelli
svevi dell’Italia meridionale.
Liceo “Lanza”. Al centro Oronzo Marangelli; il primo studente a sinistra in piedi è Carlo Gentile. [Archivio de Plato Marangelli]
Il caso Marangelli
223
Spettatori al campo sportivo.
Sopra. Rappresentativa del “Lanza” ai ludi juveniles 1939: Benvenuto, De Mauro, Ulivieri,
Cammeo, V. Benvenuto, Gravina, Gustavo De Meo, Petrucci, Masullo.
Venti di guerra
Si intensifica la scolarizzazione di massa. E, parallelamente, si acuiscono le carenze strutturali del Palazzo degli Studi. Sono trascorsi soltanto pochi anni
dall’inaugurazione dell’edificio che avrebbe dovuto risolvere ogni problema logistico degli istituti medi di Foggia. La guerra è imminente. Tutti fanno “quadrato” intorno alla Patria.
«Compio il dovere – esordisce Guerrieri nella sua consueta relazione al Ministero – di segnalare la lentezza con cui l’Amministrazione Podestarile si rende
conto di alcuni, urgenti bisogni dell’Istituto. […] Per tutto l’anno XVII le ripetute richieste dell’Ufficio di presidenza non hanno avuto quel sollecito espletamento che meritava il carattere urgente delle varie segnalazioni».
È fiducioso che in futuro le cose vadano per il verso giusto: «All’inizio del
corrente anno scolastico l’Amministrazione Comunale sembra meglio disposta a
rendersi esatto conto delle necessità dell’Istituto, a iniziare dall’interessamento
dimostrato dal Podestà, che ha voluto seguire personalmente le pratiche relative
alle richieste»1.
Le iscrizioni superano di quaranta unità quelle dell’anno precedente. Nessuna
domanda è stata respinta. La popolazione scolastica è notevolmente aumentata e
raggiunge quota 700 studenti. Il preside Guerrieri segnala che la sezione femmiqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1938-1939 del preside Matteo Luigi Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, di pagine 21, p. 2.
226
Il Regio Liceo Lanza
nile, istituita nell’anno 1936-1937, è giunta nel 1939-1940 alla quarta classe. In
previsione dell’istituzione, per l’anno scolastico 1940-1941, della classe quinta
ginnasiale sezione C, nonché dell’aumento delle prime classi della scuola media,
ha fatto presente varie volte all’Amministrazione podestarile di Foggia la necessità di avere altri locali per poter accogliere i nuovi iscritti2.
Le aule sono insufficienti ai bisogni dell’Istituto, e le soluzioni approntate
hanno impedito l’utilizzo delle aule speciali e dei laboratori: «A spogliatoio delle
alunne è stata adibita una parte dell’aula magna, ancora incompleta e in via di
sistemazione. Da essa, mediante un divisorio, si son ricavati due vani, che sono
stati adoperati per l’uso di cui sopra. Al secondo piano dell’edificio, dal corridoio di accesso al palco della stessa aula magna, si son potute ottenere due aule,
divise da un tramezzo di legno. Due classi del Liceo hanno trovato posto stabilmente nelle aule di fisica e scienze naturali»3. «Senza tale adattamento – spiega
Guerrieri – le istituende due classi terza B liceale e quarta ginnasiale C non
avrebbero potuto trovare posto nel Palazzo degli Studi. L’Amministrazione Podestarile, data la limitata capacità del suddetto palazzo, non ha saputo far di
meglio ed ha approntato le due aule. Esse, però, sono piuttosto anguste e disadatte»4.
A proposito dell’arredo, Guerrieri sottolinea che il Comune ha acquistato le
suppellettili per le aule, per i gabinetti, per la segreteria, per la sala dei professori, per la presidenza, e bisogna dargliene merito. Due aule del Ginnasio inferiore
si sono trovate all’inizio dell’anno scolastico senza arredo. Si è ovviato prelevando, quasi d’imperio, il mobilio della Scuola Elementare “Littorio”, temporaneamente chiusa per lavori in corso. Ma sedie e banchi, adatti per i piccoli scolari, si
sono rivelati assolutamente inadatti per i “giovanetti” del ginnasio.
Sono state montate le tendine ad alcune finestre sfornite di serrande, la cappa
per il tiraggio del gas nell’aula di chimica, è stata fornita una macchina dattilografica a doppio carrello, ma occorre almeno un secondo armadio con cassetti per
la conservazione dei registri. La sintesi conclusiva di Guerrieri è una e chiara: il
Comune ha dato sì al Regio Liceo-ginnasio, come ad altri Istituti, una sede degna,
con arredo che può reputarsi “realmente sufficiente e decoroso”5, ma tutto questo
sforzo non è sufficiente alle necessità, c’è bisogno di nuovi locali. È tempo che
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 La
popolazione scolastica del Ginnasio superiore e del Liceo “Lanza”, che nel 1938-1939 è di 700
nel 1939-1940 scende a 405 alunni, nel 1941-1942 a 436. Un calo causato dall’entrata in guerra e
dalla chiamata alle armi degli studenti più grandi.
3 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 1.
4 Ivi, p. 2.
5 Ivi.
Venti di guerra
227
l’Amministrazione provinciale riconosca l’inderogabile necessità della costruzione di un nuovo edificio per gli Istituti Tecnici “Giannone” e “Crispi”, che sovraffollano il Palazzo degli Studi6. Un edificio per gli Istituti tecnici rappresenterebbe
una soluzione definitiva, utile non solo al Liceo, alla ricerca spasmodica di aule,
ma anche «per dare una possibilità di sviluppo alle altre istituzioni scolastiche
medie, ospitate ora nel Palazzo degli Studi». Una richiesta prospettata, già da vari
anni, dallo stesso Guerrieri e dai Presidi suoi predecessori al Ministero.
La Cassa Scolastica del Liceo funziona con regolarità. Ha una consistenza
patrimoniale di circa 50mila lire. Nel consuntivo del 30 settembre 1939 sono registrati l’acquisto di divise per gli “organizzati” di disagiata condizione economica; sussidi per tasse scolastiche; contributi alla Gil; visita guidata alla “Mostra del
minerale e della Bonifica Integrale”; acquisto di un impianto centralizzato microradiofonico; iscrizione alla Gil (seconda annualità) e quota di partecipazione alla
crociera annuale; contributo spese per i ludi juvenili; acquisto maglie e pallone
occorrenti alla squadra di pallacanestro; acquisto di un labaro per avanguardisti e
balilla. Il bilancio, a fine 1939, si chiude con un avanzo di 1.064,45 lire: 51.020,25
lire, rispetto alle 49.955,80 lire del 1938. Gestione oculata, considerando che è
stata pagata l’ultima rata di dodicimila lire per l’acquisto dell’impianto centralizzato microradiofonico, installato l’anno precedente, che ha determinato, nel corso
dell’anno, un leggero disavanzo7.
Una particolare cura, rivolta all’organizzazione delle due biblioteche, si accompagnò a un corposo impegno finanziario per il loro arricchimento. Per la
consultazione, nell’ampia sala dei professori, vi erano cinque tavoli con giornali
e riviste. I libri erano ordinati in e scaffali in stile moderno. Per il prestito venivano usate delle pratiche schede su cui era illustrato anche il regolamento: la parte
sinistra della scheda, staccata, prendeva il posto del libro nello scaffale. Il prestito avveniva in giorni determinati, in orario scolastico.
I volumi della biblioteca degli alunni, acquistati quasi tutti con i fondi della
Cassa, aumentarono di 98 titoli e raggiunsero il numero totale di 1683, mentre gli
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6 Nell’edificio
erano state previsti aule, gabinetti, laboratori, biblioteche ed ambienti vari sufficienti al numero degli alunni iscritti, calcolato in base media dell’ultimo quinquennio. [ASCFG, busta
754, relazione Ufficio Tecnico progetto costruzione Ateneo]
7 Dal consuntivo si possono rilevare spese per l’acquisto di indumenti e di libri a favore di organizzati di disagiata condizione economica e per la biblioteca degli studenti: premi in danaro per i
partecipanti ai ludi provinciali della cultura; acquisto di un labaro per avanguardisti e balilla; tessere premio di iscrizione alla Dante Alighieri, Lega Navale, Croce Rossa Giovanile; pagamento delle
quote d’iscrizione a socio temporaneo della Gil. L’Istituto ha contribuito con 400 lire alle spese
della crociera per gli avanguardisti. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s
1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, pp. 11-12]
228
Il Regio Liceo Lanza
opuscoli erano 350. Altri ventisette libri furono inventariati per la biblioteca dei
professori: questa, che contava 2722 volumi nel 1937 e 2883 nel 1938, raggiunse
quota 29348. Furono acquistati, fra gli altri, dei volumi legati all’attualità del momento storico: Schaert Samuele, Gli ebrei in Italia; Carli e D’Agostini, Incontro
con Bottai; Bottai, Carta della Scuola; Monti, Gli Italiani e il canale di Suez;
Colombo, Gli alberi del regno di Vittorio Emanuele II; Bortolotto, Dottrina del
fascismo; idem, Storia del fascismo; Bondieli, Albania; I Consiglieri nazionali
della Camera dei Fasci e delle Corporazioni; Fabietti, Marconi e la radio.
Fra le riviste sono presenti: “Collana di studi coloniali”; “L’Istituto Coloniale
fascista”-serie prima; “Annali del Fascismo”; “Rivista delle Colonie”; “Difesa
della Razza”; “Azione Coloniale”.
I volumi donati dal Ministero e inventariati sono trenta9. Oltre agli aggiornamenti sulla Riforma (Carta della Scuola di Bottai; La Carta della Scuola di
Umberto Renda; La Scuola in linea di Mimmo Sterpa e Carta della Scuola illustrata da Presidi e Professori dell’Editrice Pinciana, La Scuola primaria fascista
di Giuseppe Giovinazzo) ed al classico Rerum Italicarum scriptores di Muratori,
spiccano i volumi I e II de Il Fascismo di Paolo Orano e quelli inneggianti alle
“magnifiche sorti e progressive” dell’Italia imperiale (L’Italia fascista e l’Abissinia di Socrate Ciccarelli; Ecco l’Abissinia di A. E. Quattrini).
Tra i libri acquistati figura Voli sulle Ambe di Bruno Mussolini.
Un’Italia ormai pericolosamente arroccata sulla difesa della razza ariana,
come testimoniano due pubblicazioni acquisite dalla scuola: Inchiesta sulla Razza
di Paolo Orano; Razza e razzismo di Gino Sottochiesa. Oltre agli immancabili
resoconti dei successi autarchici del Regime (La Rassegna guida centro meridionale delle attività del regime; L’autarchia nell’Italia fascista; Realizzazione del
Fascismo di Umberto Renda) c’è un commento alla legislazione corporativa: La
Carta del Lavoro di Celestino Arena.
È palese la promozione delle riviste e dei libri di Regime: con i fondi della
Cassa Scolastica vennero effettuati, a titolo di premio, 17 abbonamenti a “Passo
Romano” e quattro a “Donna Fascista”. Grazie all’interessamento del Preside, 72
studenti si abbonarono a “Passo Romano”, undici a “Donna Fascista”, 53 a “Balilla”, quattro ad “Azione Coloniale” e dodici a “Tricolore”. «Sono stati acquistaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
8 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 5.
9 Tra le riviste sono elencate: “La Scuola Italiana”, “Tempo di Scuola”, “Giornale storico della
letteratura Italiana”, “Il Libro Italiano”, “Il mondo classico”, “Bollettino della Reale Società Geografica Italiana”, “Logos”, “Nuova Antologia”, “Rivista delle Colonie”, “Azione Coloniale”, “Universalità fascista”. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del
preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 4]
Venti di guerra
229
ti dagli alunni per il tramite di questo Ufficio di presidenza – rimarca Guerrieri
– n. 69 copie del Primo Libro del Fascista e 200 copie del Secondo Libro del
Fascista, in aggiunta alle 300 già acquistate l’anno precedente, e sono stati fatti
19 abbonamenti a “Il Popolo d’Italia”. Settimanalmente sono state acquistati
dagli alunni 100 numeri di “Passo Romano” e 500 copie del numero unico “L’Istituto Fascista dell’Africa Italiana”. Hanno stipulato la Polizza della Gil venti
alunni; ottantaquattro alunni hanno offerto giocattoli e capi di corredini ai bambini poveri in occasione del “Natale del Duce” e della “Befana fascista”, organizzata dalla Gil. In tale occasione, è stata fatta un’ennesima elargizione con i fondi
della Cassa Scolastica »10.
Traspare, da parte del Capo d’Istituto, un certo zelo nel riferire la sollecita
esecuzione delle disposizioni belliche emanate dal governo: «Tutti gli allievi
hanno seguito con vivo interesse l’insegnamento della protezione antiaerea. Il
libro Mezzi aerei e mezzi di difesa e di protezione del generale Giannuzzi Savelli,
distribuito in varie copie agli insegnanti, si è rivelato un efficace sussidio per
meglio illustrare le norme contenute nell’opuscolo inviato dal Ministero».
Il Preside illustra, come di consuetudine, la vita della sua scuola, fotografandone pregi e difetti: «Nell’anno scolastico decorso nulla è venuto a turbare il regolare andamento disciplinare dell’Istituto. Un solo alunno è stato rimandato a
settembre in tutte le materie per il voto di condotta».
Guerrieri non stima i precari: «Giovani non abilitati da me stesso scelti tra i
pochi disponibili nel periodo in cui, dalla fiducia di codesto Ministero, fui chiamato a reggere, nel settembre-ottobre 1938 XVII, il Regio Provveditorato agli
Studi di Foggia. Inesperti dell’insegnamento, di scarsa cultura, senza tatto, alle
volte senza buon senso. L’insegnante di latino e greco prof. De Virgiliis Beniamino, uscito dall’università appena l’anno precedente, è stato incaricato del suddetto insegnamento nelle tre classi del liceo in quelle classi, cioè, alle quali io stesso,
già ordinario di lettere classiche, con 19 anni di insegnamento di materie letterarie
nel ginnasio e nel liceo, mi accosto tuttora con un sacro raccoglimento e con una
adeguata preparazione. Il professor Rucci Francesco, supplente di matematica nel
ginnasio, di carattere piuttosto irruente ed impulsivo in alcuni momenti avrebbe
fatte nascere degli incidenti degni di rilievo se non vi fosse stata la oculata ed
ininterrotta vigilanza di questa Presidenza»11. [...] Il professor Melillo Michele, ai
primi anni di supplenza, non ha saputo mantenere con “polso fermo” la disciplina:
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10 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 12
11 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 7.
230
Il Regio Liceo Lanza
«Spesso ha usato con gli alunni eccessiva familiarità e dimestichezza, senza saper
serbare quella dignitosa distanza che, pur nel trattamento paterno, deve essere
conservata fra insegnanti ed alunni»12.
Anche il giudizio sugli altri supplenti, che coprono quasi tutto l’organico del
Liceo-ginnasio, non è tenero. Guerrieri ha controllato personalmente tutte le situazioni e ne ha debitamente informato il Provveditore agli Studi. Segnala un
“caso” che ha visto protagonista un docente della scuola: «Durante le vacanze ho
dovuto denunziare al Regio Provveditore agli Studi un incidente occorso al supplente di Storia e filosofia Prof. De Caro Gerardo. Egli la sera del 4 settembre nel
cinema-teatro “Flagella” invece di occupare il posto indicato dal biglietto, si era
fermato, per assistere allo spettacolo, nel corridoio della sala: ciò che è tassativamente vietato dal regolamento Prefettizio, che è affisso nei luoghi di pubblico
spettacolo. Una maschera del teatro lo invitò ad occupare il suo posto. Il professore non volle aderire. Un agente di pubblica sicurezza di servizio, avvertito dalla
maschera, dovette rinnovare l’invito per due volte prima di averne l’adesione.
Successivamente il professore, visto l’agente, gli rivolse una espressione scorretta. Fu tradotto, perciò, in Questura, dove fu trattenuto per circa un giorno. Il
professore dichiarò nell’ufficio della Regia Questura che ignorava l’esistenza del
divieto e, per l’espressione scorretta, chiese ampie scuse all’agente che aveva
fatto l’invito in adempimento del proprio dovere». Tale “incidente”, comprovato
da un rapporto scritto della Questura sollecitato dal Preside, fu segnalato al Provveditore agli Studi.
Le note di Guerrieri sul professore non sono affatto positive: «Laureato in
legge, di una certa cultura generale, ma non specializzato nelle discipline storiche
e filosofiche, né spiritualmente preparato alla delicata missione dell’insegnamento, con scarsa comunicativa, monotono e prolisso nell’esposizione».
Gerardo de Caro non verrà riconfermato al “Lanza” per l’anno successivo.
Una censura toccò anche al supplente Vittorio de Miro d’Ajeta, segnalato dal
Preside al Regio Provveditorato agli Studi già dall’inizio dell’anno scolastico
1939-1940. Qual è la colpa attribuita al professore? L’abitudine a passar sopra a
regolamenti e disposizioni sulle lezioni private. Guerrieri lamenta che, nonostante la sua attenta vigilanza, non è riuscito ad ottenere dal Regio Provveditore la
dispensa del suddetto docente dal servizio, «in base alla proposta tempestivamente fatta a quell’ufficio sull’attività spiegata dal suddetto Insegnante anteriormente
al suo insegnamento in questo Istituto». Del caso si è occupato l’ispettore centrale Gualtiero Gnierghi.
Secondo Guerrieri, anche la professoressa di storia e filosofia Anna Beccia «è
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12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 6.
Venti di guerra
231
incapace a destare negli alunni un certo interesse per le materie storiche e filosofiche, a causa del metodo pedante e dell’inefficace comunicativa»13.
Ma anche i docenti più anziani, ormai demotivati, secondo il Preside non
fanno bene il loro dovere: «Ad esempio, il professore di italiano in terza liceale
Michele Mastelloni, pensionato, alquanto infiacchito dall’età, non ha saputo trovare tempo e modo per far leggere ai giovani i saggi più importanti degli scrittori contemporanei. [...] Il prof. Quatela Francesco, titolare di matematica e fisica,
è di temperamento nervoso e malinconico»14.
Sottolineando la carenza d’organico, il Capo d’Istituto ricorda al Ministero che
il Liceo “Lanza”, pur con due corsi completi, nell’anno scolastico 1939-1940 ha
avuto soltanto due insegnanti di ruolo: di scienze naturali e di matematica e fisica.
Entrambi di malferma salute, si sono assentati per vari mesi, causando un inevitabile rallentamento nello svolgimento dei programmi; i supplenti e gli incaricati
«hanno cercato di fare quanto la loro preparazione culturale e la pratica della
scuola consentiva, ma non sempre hanno dimostrato di avere una sicura competenza»15.
La segnalazione al Ministero, e le comunicazioni fatte anteriormente all’assegnazione delle cattedre ai vincitori degli ultimi concorsi, hanno sortito qualche
effetto: «È con vivo piacere – continua Guerrieri – che questa Presidenza ha visto
nel corso dell’anno assegnati al Liceo altri tre insegnanti di ruolo e cioè un titolare di italiano e di latino, uno di matematica e fisica e uno di storia e filosofia».
La situazione del Ginnasio inferiore è migliore: ci sono sei insegnanti di ruolo in
servizio. Il Ginnasio superiore invece, con due corsi completi e un terzo corso
limitato alla sola quarta classe, ha soltanto tre docenti titolari, uno dei quali si è
recentemente trasferito.
Anche se non sono mancate occasioni tali da mettere in pericolo l’ordine delle
classi, la disciplina è stata tenuta “rigidamente”. Le assenze sono state contenute,
anche se nel periodo invernale, a causa di febbri influenzali, molti studenti sono
stati bloccati a casa. Il controllo è stato effettuato direttamente dal Preside, ogni
mattina, prima dell’inizio delle lezioni.
Quell’anno chiesero di corrispondere con l’estero in lingua francese undici
alunne e undici alunni. Dieci alunne e altrettanti alunni scelsero la lingua inglese.
Però gli indirizzi giunsero soltanto verso la fine dell’anno scolastico e la corrispondenza si svolse a rilento. Un solo alunno corrispose in lingua francese, nove
alunne e due alunni in inglese. Gli altri adoperarono la lingua italiana e inglese. I
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13ASFg, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 8.
14 Ivi, p. 4
15 Ivi.
232
Il Regio Liceo Lanza
giovani si scambiarono due lettere, una in italiano, l’altra in lingua straniera. Gli
argomenti trattati furono: la vita dei corrispondenti, gli studi, gli sport preferiti, le
occupazioni, gli svaghi prediletti16.
Illustrando i criteri che hanno regolato la stesura dell’orario scolastico, Guerrieri rileva che la disposizione parallela delle lingue straniere ha reso possibile il
passaggio degli allievi da un’aula all’altra durante quell’ora. Guerrieri osserva
che l’insegnamento delle varie discipline sarebbe stato certamente più proficuo se
le classi fossero state meno numerose: gli insegnanti, malgrado la loro buona
volontà, non hanno potuto seguire convenientemente le scolaresche e controllare
il profitto con verifiche frequenti. I programmi sono stati, comunque, sufficientemente e tempestivamente svolti: quasi tutti i docenti si sono attenuti alle indicazioni del Ministero17.
Nella prima sessione degli esami di maturità del 1938-1939, i risultati lasciarono molto a desiderare: su trentanove alunni interni furono dichiarati maturi solo
quattordici, sette furono respinti e diciotto rimandati alla sessione di settembre.
Nella seconda sessione tutti i rimandati furono dichiarati maturi. Negli esami di
idoneità, e per i candidati privatisti negli esami di ammissione, le rispettive commissioni esaminarono le singole situazioni con scrupolosa obiettività, ma anche
con ragionevole benevolenza. Nonostante ciò – precisa Guerrieri – «si è dovuto
tagliare non poco quando si è riconosciuto che l’approvazione sarebbe ridondata
a danno, piuttosto che a vantaggio della futura carriera scolastica dei candidati»18.
L’anno dopo, gli scrutini finali e gli esami, considerato il particolare momento
prebellico, furono “più facili” del solito: «Gli scrutini del terzo trimestre – annota Guerrieri – sono stati fatti con un criterio di moderata benevolenza, principalmente in considerazione del momento politico e della anticipata chiusura dell’anno scolastico. Maggiore benevolenza è stata adoperata, in proporzione, verso i
giovani delle classi del Liceo, per i quali la situazione politica del momento faceva prevedere eventuali chiamate alle armi»19.
Nel 1941-1942 la valutazione fu effettuata con “oculata vigilanza”: «Vani furono i tentativi di coloro che volevano approfittare dell’ora presente di stretta
emergenza bellica per carpire un titolo di studio»20.
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16 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, pp. 20-21.
17 Ivi, pp. 7.
18 Ivi, p. 11.
19 Ivi, relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, pp.
17-18.
20 vi, relazione a.s 1941-1942 del preside M. L. Guerrieri, p. 6.
Venti di guerra
233
Il braccio per la Patria
Il “Lanza” partecipò ai ludi della cultura e dello sport e fu dichiarato Juvenile
provinciale per l’anno 1939-XVII. Commenta Guerrieri: «Ha, così, per due anni
consecutivi riportato la vittoria. Furono ammessi a partecipare ai ludi Juvenili
nazionali per la cultura tre allievi e per lo sport quindici allievi dell’Istituto. Ai
partecipanti ai suddetti agoni, al loro ritorno da Roma, rivolsi parole di vivo compiacimento, alla presenza degli alunni schierati lungo i corridoi. In quell’occasione furono offerti anche dei fiori ai vincitori»21.
I ludi della cultura si svolsero presso il “Lanza” con la fattiva collaborazione
di vari insegnanti. Il segretario federale La Cava fece pervenire al Preside la seguente lettera: «Ti esprimo il mio ringraziamento per la tua collaborazione e per
la cortese ospitalità offerta presso codesto Istituto in occasione dello svolgimento
dei ludi della cultura dell’anno XVIII».
La società Dante Alighieri conferì a Guerrieri un diploma di gratitudine per la
collaborazione alle attività culturali. Ma anche la scuola ottenne alti meriti, ed il
Preside lo sottolinea con orgoglio: «Questo Liceo-ginnasio, che ha partecipato ai
ludi juvenili degli anni XVI e XVII ed è stato per due volte dichiarato “Juvenile
provinciale della cultura”, è stato quest’anno classificato primo»22.
L’Istituto era iscritto alla Federazione Italiana di Pallacanestro: la squadra,
equipaggiata con maglie e con pallone della scuola, si fece onore durante il campionato studentesco.
Al concorso “Benito Mussolini” parteciparono quattordici alunni.
I giovani studenti acquistarono venti serie dei numeri de “Il Popolo d’Italia”
del 21, 22, 23 e 24 marzo 1919, ripubblicati a Milano, e, tramite l’Ufficio di presidenza, 300 copie del Primo Libro del Fascista, che furono consegnate ai giovani il 15 dicembre in occasione della visita del segretario federale Antonio La
Cava. In occasione del ventennale dei Fasci di Combattimento, sempre per interessamento della Presidenza, gli studenti avanguardisti e giovani fascisti acquistarono centosei copie del numero unico “Libro e Moschetto”.
Salvatore Scillitani, segretario del Guf “Alfonso Nigri”, ringraziò così: «Acqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
21
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s. 1938-1939 del preside M. L.
Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 17.
22 Ai Ludi dell’anno XVIII parteciparono 309 organizzati: 107 giovani fascisti, 30 giovani fasciste,
138 avanguardisti, 40 giovani italiane. Vinsero la giovane italiana Giovanna Scillitani, il giovane
fascista Walter Poliseno (che presero parte ai ludi nazionali), il balilla Lorenzo Radatti. Nella fase
nazionale, la Scillitani si classificò al 4° posto. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit.,
relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, pp. 12-14]
234
Il Regio Liceo Lanza
cuso ricevuta per la vendita di centosei copie del numero speciale “Libro e Moschetto” agli alunni di codesto Istituto. Vi ringrazio per la collaborazione e la
propaganda svolta presso la vostra fascistissima scuola»23.
Il tesseramento per l’anno XVII fu “totalitario”24: in tutto 641 alunni, tra cui
anche i non residenti a Foggia. All’Opera Nazionale Dopolavoro (Ond) si iscrissero diciotto insegnanti, dodici tramite la Presidenza e sei autonomamente. Furono sottoscritti degli abbonamenti alle riviste “Azione Coloniale”, “Difesa della
Razza” e “Balilla”. Presso l’Istituto, autorizzato dal Regio Provveditore agli
Studi, si svolse un corso di cultura fascista per graduate della Pubblica Istruzione
ed ebbero luogo le prove scritte del corso di preparazione politica.
Il Regio Provveditore agli studi di Foggia con la collaborazione del preside
Rossi del Regio Istituto Industriale e del preside Guerrieri, l’11 febbraio organizzò un viaggio a Roma delle scuole di Capitanata per visitare la “Mostra autarchica del minerale e della Bonifica integrale”25. I partecipanti del Liceo furono 83, e
cioè il Preside, tre professori, 63 alunni, 12 alunne, due famiglie di alunni e due
bidelli. «S.E. il Ministro – ricorda Guerrieri – passò in rassegna la comitiva»26.
Quell’anno le radiotrasmissioni dell’Eiar furono ascoltate “con diletto” nelle
aule scolastiche grazie all’impianto microradiofonico centralizzato che regolava
25 altoparlanti. Inaugurato il 15 dicembre 1938 dal segretario federale La Cava,
esso si rilevò di una “utilità incalcolabile”, evitando, tra l’altro, che circa 700
studenti si recassero in sala professori per le audizioni radiofoniche. L’apparecchio funzionò regolarmente, «dando ai giovani la possibilità di ascoltare tutti i
radioconcerti e tutte le radiotrasmissioni del programma loro riservato
dall’Eiar».
Guerrieri informa il Ministero di un fatto che ritiene “molto significativo”:
«Dopo una dimostrazione patriottica, n. 39 giovani della II e della III liceale, per
dimostrare tangibilmente il loro sentimento di amor patrio, si sono messi a disposizione del Ministero della Guerra, pronti a offrire il loro braccio, in caso di necessità, per la difesa della patria». Il Preside cita con un certo compiacimento i
telegrammi ricevuti. Il Ministro della Guerra si era così congratulato con la pre-
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23 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 18.
24 Ivi, relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 15.
25 La “Mostra Autarchica del Minerale italiano”, inaugurata a Roma nel novembre 1939, illustrava
la produzione mineraria in Italia e nelle colonie. Rappresentò il culmine della politica espositiva del
Regime finalizzata a propagandare l’autarchia. Sulla facciata del padiglione campeggiava una gigantesca aquila imperiale con le ali spiegate, con il motto “Mussolini ha sempre ragione”.
26 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 20.
Venti di guerra
235
sidenza: «In relazione alla istanza con la quale studenti di codesto Liceo chiedono
di essere arruolati in caso di emergenza fra i primi, si prega di voler comunicare
agli interessati che è stata presa buona nota del loro desiderio e si prega di esprimere ad essi l’espressione del vivo compiacimento di questo Ministero».
Anche il federale La Cava aveva inviato le sue felicitazioni a Guerrieri, chiedendo di estenderle ai coraggiosi studenti che si erano messi a disposizione della
Patria, in vista della guerra imminente: «Ti prego di porgere il mio vivo compiacimento agli organizzati che con squisita sensibilità fascista e col consueto entusiasmo che sempre li anima e tanto li distingue, hanno chiesto l’onore di essere
arruolati in caso di ostilità nelle Forze Armate, per recare alla patria il loro contributo di fede»27.
«Fattiva e continua» fu la collaborazione del Liceo-ginnasio con la Gil. Oltre
al «tesseramento totalitario» ci fu la completa “vestizione” degli organizzati,
«come poté constatare de visu lo stesso Segretario federale nella sua visita
all’Istituto». Guerrieri annota che la scuola ha contribuito, come ha sempre fatto
nel passato, sia alla vestizione degli studenti iscritti sia all’organizzazione delle
adunate e delle manifestazioni politico-culturali. Un esempio? Alla cerimonia
inaugurale dell’anno scolastico è stata offerta in dono una divisa completa ad un
avanguardista operaio, «allo scopo di mostrare tangibilmente il cameratismo esistente fra i componenti la famiglia della Gil»28. Durante le vacanze estive fu organizzato dalla Gil, nei locali del Liceo, un corso di ripetizione per gli alunni di
disagiata condizione economica. La presidenza fu affidata al professor Michelangelo Testa, che impartì lezioni insieme al professor Nicola Russo e alle professoresse Anna Matera, Annita Fierro e Italia Di Taranto.
Nel 1940 Guerrieri, vicepresidente di sezione dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista e capo servizio provinciale per la stampa, tenne per dodici sabati
consecutivi delle “conversazioni” di cultura fascista, agli avanguardisti nella palestra maschile della Gil e alle giovani italiane nei locali del Liceo-ginnasio.
Presso il Ritrovo dello Studente, il 20 aprile conferì su Il problema della razza e
il 12 maggio sulla Carta della Scuola. Per tale collaborazione, il Segretario federale, con foglio n. 2380 del 25 aprile, gli inviò un telegramma: «Ti ringrazio vivamente per la tua cortese collaborazione prestata quale relatore delle 12 conversazioni di cultura fascista per l’anno XVIII agli avanguardisti e alle giovani italiane. Firmato: il Vice Comandante federale Alceo Gigli».
Oltre al Preside, parecchi professori del “Lanza” ebbero incarichi di rilievo
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27
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri
trasmessa il 1° novembre 1940, p. 15.
28 Ivi, pp. 11-12.
236
Il Regio Liceo Lanza
nelle organizzazioni del Regime. Guerrieri loda la partecipazione della scuola alle
celebrazioni, alle cerimonie e alle manifestazioni Gil, indicando i nomi e le funzioni del personale coinvolto. Alle organizzazioni del Pnf, oltre alla segretaria
Bianca Giuliano, fiduciaria provinciale dei Fasci giovanili, collaborarono attivamente i docenti29:
– Maria Palazzo, comandante dei reparti femminili presso il Comando federale
della Gil;
– Italia Di Taranto, addetta agli addestramenti delle piccole italiane;
– Annita Fierro e Anna Sica, addette agli addestramenti delle piccole italiane e
per la cultura al Guf;
– Egeria Visco Ferrante, collaboratrice di Federazione, addetta all’Istituto fascista dell’Africa Italiana per i corsi di cultura coloniale;
– Maria Gramazio, collaboratrice per la cultura e la propaganda presso il Gruppo rionale fascista “La Serpe”;
– Emma La Medica, collaboratrice di Federazione; fiduciaria provinciale della
sezione femminile del Guf, incaricata dei corsi di cultura per la preparazione
dei “Littoriali femminili del lavoro”. L’insegnante partecipò alle gare nazionali che si svolsero dal 3 al 12 febbraio 1940 a Venezia;
– Anna Maria Molinari, incaricata dello sport al Guf;
– Michelangelo Testa, cappellano Legione avanguardisti;
– Michele Melillo, addetto al Guf per la cultura e l’arte e la preparazione politica, tenne conversazioni di cultura fascista agli organizzati della Gil e ai lavoratori del commercio. Partecipò al Convegno Nazionale Interguf a Cosenza,
relazionando sui Problemi dello Stato corporativo;
– Francesco Quatela, consultore al Gruppo rionale fascista “Affatato”;
– Michele Mastelloni, presidente Comitato provinciale della Dante Alighieri.
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29 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, pp. 12-15. Nell’anno 1938-1939 ai corsi provinciali di educazione fisica per dirigenti ed insegnanti parteciparono ventuno docenti ed il preside, che prese parte
anche al Corso nazionale tenutosi nell’agosto del 1939. Ai Ludi provinciali per la cultura prestarono la loro collaborazione come commissari d’esame: Michele Melillo e Michelangelo Testa, nella
prima Sottocommissione avanguardisti; Maria Gramazio, in quella per giovani italiane; Giovanni
Iorio e Francesco Perna, nella prima Sottocommissione per giovani fascisti; Concetta Castellaro
Ciccimarra, in quella per giovani fasciste. Per un corso gratuito di ripetizione per gli organizzati
della Gil appartenenti a famiglie disagiate, ricevettero per iscritto i più vivi ringraziamenti del Comando federale: Michelangelo Testa (lettere nelle classi inferiori); Michele Mastelloni (italiano nel
Liceo); Laura Rubini (francese); Beniamino De Virgiliis (latino e greco). [ASFG, Provveditorato
agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939]
Venti di guerra
237
Nell’Istituto fu dedicata un’ora settimanale all’illustrazione del Primo Libro
del Fascista, in preparazione ai ludi juveniles della cultura dell’anno 1940 XVIII.
Un’ora fu dedicata settimanalmente anche all’insegnamento della cultura fascista
dagli insegnanti di materie letterarie del Ginnasio inferiore e del Ginnasio superiore, «nei giorni in cui non erano gravati da molte ore di lezione». Diciotto docenti si misero a disposizione del Comando federale della Gil per tenere delle
“conversazioni” nei gruppi rionali.
Le attività parascolastiche privilegiarono temi cari al Regime: un corso di
cultura coloniale per gli alunni del Ginnasio superiore, conferenze per incarico
della Società Dante Alighieri durante la “Giornata degli italiani nel Mondo”. Al
corso di cultura coloniale furono tenute le seguenti lezioni: dal preside Guerrieri,
Posizione dell’Italia nel Mediterraneo; dal professor de Miro d’Ajeta, La posizione e la risoluzione del problema coloniale italiano; dalla professoressa Sica, Importanza delle Colonie italiane e conquista delle prime colonie; dalla professoressa Visco Ferrante, Colonie italiane dell’Africa Orientale; dalla professoressa
Gramazio, La Libia.
Durante la “Giornata degli italiani nel Mondo”, per incarico della Società
Dante Alighieri, tennero delle conferenze: Michele Melillo a Volturino; Nicola
Russo a San Giovanni Rotondo; Vittorio de Miro d’Ajeta a Trinitapoli. Per incarico dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista, Guerrieri tenne «patriottiche»
conferenze: ai fascisti del Gruppo “La Serpe” di Foggia, sul tema Il Mediterraneo
(nei locali del Liceo); ai fascisti riuniti nel salone delle adunate della Federazione
dei Fasci, sul tema Ragione mediterranea del nostro intervento in guerra; infine
nella Casa del fascio di Troia, sul tema Missione imperiale dell’Italia. La docente di scienze naturali Chiara Sepe de Francesco, il 4 marzo parlò dell’importanza
del bosco, in preparazione alla “Festa degli alberi” organizzata dal Comando federale della Gil. Lo fece via etere, per mezzo del nuovissimo apparecchio microradiofonico acquistato dalla scuola.
Nella “Giornata del fiocco di lana” gli studenti offrirono ventiquattro chilogrammi di lana grezza. Confezionarono cinque pacchi per i combattenti con oggetti vari, del valore complessivo di 670 lire. In occasione della “VI Giornata
della madre e del fanciullo”, organizzata dall’Ispettorato Femminile della Gil, 76
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30 Per
l’acquisto dei labari federali per avanguardisti e balilla, l’Istituto offrì 100 lire. Per la crociera organizzata dalla Gil a Napoli, Caprera, Porto Mahon, Palermo, Napoli, si spesero 400 lire: vi
partecipò a titolo di premio l’avanguardista Notarangelo Michele, vincitore dei ludi juvenili. Alla
squadra meglio classificata nella gara provinciale di marcia per balilla moschettieri svoltasi il 22
gennaio, la scuola offrì una coppa d’argento. Per l’acquisto di vestiario a favore degli organizzati
della Gil non abbienti, l’Istituto erogò mille lire. Furono acquistate divise per lire 207,50. [ASFG,
Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 17]
studenti del “Lanza” raccolsero doni, giocattoli e capi di vestiario30. Il Comando
federale ringraziò il Preside con una lettera a firma dell’ispettrice Bianca Giuliano: «Vi esprimo il mio compiacimento per il rilevante numero di balocchi e di
capi di corredini raccolti fra gli organizzati e le organizzate della G.I.L., dagli
alunni del vostro Istituto, e vi ringrazio della vostra appassionata collaborazione»31. In quell’occasione ci fu anche un’elargizione della Cassa Scolastica.
All’Ufficio di presidenza pervenne un’altra lettera di ringraziamento della Giuliano: «A nome di tutti i componenti del Comitato di Patronato e delle numerose
madri beneficiate dal vostro nobile pensiero di solidarietà, ringrazio vivamente
per la generosa offerta in occasione della “VI Giornata della madre e del fanciullo”»32.
Questa l’attività del “Lanza” dal 1939 al 1942, relazionata dal preside Guerrieri. I “venti di guerra” spiravano sempre più forti, e il prestigioso Istituto non
poteva che esserne investito in pieno, anche nella preparazione morale dei futuri
giovani combattenti.
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31 Ivi,
32 Ivi,
pp. 14-15, protocollo n. 498 del 21 dicembre 1937 XVII citato dal preside M. L. Guerrieri.
pp. 16-17.
La Carta della Scuola
La Carta della Scuola, varata nel 1939 dal ministro Giuseppe Bottai, voleva rispondere alle nuove esigenze del Regime: la «fascistizzazione» totale della società italiana. Modellata sulla Carta del Lavoro, prevedeva uno stretto rapporto
delle istituzione scolastiche con gli organismi paramilitari di inquadramento
della gioventù (Onb, Gil, Guf). Scoraggiava la donna ad avere ambizioni di lavoro e le indicava nei compiti familiari il suo vero dovere di fascista. La riforma
Bottai reagiva al carattere astratto della pedagogia gentiliana: il lavoro e la
scuola per la vita dovevano essere il punto di partenza per la nuova educazione.
Vi si incontravano esigenze reali, trascurate dalla riforma Gentile, e volontà di
coordinare il mondo della scuola con quello del lavoro. La scuola media sostituirà gradualmente il corso inferiore del ginnasio, soppresso dall’art. 23 della
legge 1 luglio 1940, n. 8991. La scuola di avviamento professionale continuerà
ad esistere, risultando ulteriormente emarginata nel suo carattere di scuola destinata ai figli del proletariato. La vera e propria “Scuola media unica” nascerà
con la legge n. 1859 del 19621.
Nell’anno scolastico 1941-1942, il preside incaricato Guerrieri riferì al Ministero (Direzione generale dell’Ordine medio) sull’andamento didattico e discipli-
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1
Cfr. L. AMBROSOLI, “La scuola secondaria”, in La Scuola italiana dall’Unità ai nostri giorni, a
cura di Giacomo Cives, La Nuova Italia, Firenze, 1998, p. 133.
2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
240
Il Regio Liceo Lanza
nare della Regia Scuola Media annessa al Liceo-ginnasio2. Essa aveva soltanto
un insegnante di ruolo, precisamente nella seconda A. Le classi erano cinque: due
prime e tre seconde, ospitate non nelle aule, bensì nel corridoio A. Per rimarcare
questa presenza agli occhi di tutti, tale corridoio fu tenuto nettamente distinto
dagli altri. All’ingresso dell’Istituto, al termine della gradinata principale del
Palazzo degli Studi, due targhe con la dicitura “Regia Scuola Media” e “Regio
Liceo Ginnasio” resero visibile al pubblico la distinzione fra i due Istituti3. Sedi
distinte ebbero altresì le due segreterie, con armadi e scaffali propri, e le presidenze.
Guerrieri tenne apposite riunioni per aggiornare gli insegnanti sulla Carta
della Scuola di Bottai, in particolare sui programmi, sui criteri di valutazione
degli alunni e sull’importanza della biblioteca di classe nella scuola media. La
compilazione delle “cronache” fu oggetto di «utili conversazioni»4. I docenti
applicarono le nuove indicazioni didattiche.
Oltre ad operare in «un clima intimo di fraternità», ognuno insegnò i contenuti della propria disciplina, ma con lo scopo precipuo di “studiare il discente”, il
suo carattere, le sue inclinazioni5, la sua personalità. In aderenza allo spirito animatore della riforma, «il concetto del “profitto” nelle varie materie non fu che
uno degli elementi di giudizio». Le osservazioni sistematiche, le annotazioni sul
registro riguardanti le capacità intellettive, il grado di attenzione e le qualità morali, furono oggetto di valutazione6.
Le cinque classi della Scuola Media, nonostante la sistemazione precaria,
ebbero in dotazione, oltre alle carte geografiche ed al materiale per l’insegnamento del disegno, uno scaffaletto di legno per la bibliotechina di classe. Era
costituita da volumi dati in consegna agli alunni stessi e da libri scelti nella biblioteca della scuola: «I libri erano rispondenti al grado di cultura, ai desideri
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lazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1941-1942 Regia Scuola Media del preside
Matteo Luigi Guerrieri.
3 Ivi, p. 1.
4 Ivi, p. 5.
5 Ivi, p. 4.
6 Nello scrutinio finale, fra i 58 studenti frequentanti le due classi prime, furono promossi alla classe seconda 46, dei quali cinque licenziati con ottimo, dieci con buono e diciotto con sufficiente. Ben
dodici furono dichiarati insufficienti. Nella sessione di esami autunnale, undici alunni furono promossi con il giudizio di sufficienza; uno fu dichiarato insufficiente. Fra i 75 frequentanti le tre
classi seconde, furono promossi alla classe terza soltanto 39 alunni: sei con il giudizio ottimo, quindici con buono e diciotto con sufficiente. Furono rimandati, perché insufficienti, 36 alunni. Di
questi, nella sessione autunnale, 24 furono promossi con la classificazione di sufficiente; dieci furono confermati insufficienti; risultarono assenti due alunni. [Ivi, pag. 7]
La Carta della Scuola
241
degli alunni e alle loro particolari capacità e tendenze.
Durante l’anno, in ogni classe furono letti in media dai dodici ai quattordici
volumi sotto la vigile guida degli insegnanti, che vagliarono l’apprendimento con
opportune conversazioni e qualche volta con brevi relazioni su qualche figura o
qualche avvenimento rimasti impressi nella mente dei piccoli lettori». I docenti
evitarono di scegliere i testi segnalati come “non adatti” agli alunni dalla circolare Il libro nella Scuola. Non adottarono quelli pubblicati in pessime traduzioni
oppure scritti da «autori stranieri aventi una sensibilità e una forma mentis diverse da quelle del popolo latino».
Guerrieri evidenzia alcuni “punti fermi” seguiti dai docenti di lettere. La didattica dell’italiano scritto non si è basata su «astruse esercitazioni dialettiche»,
ma su contenuti reali, su esperienze da comunicare: «L’alunno scrisse soltanto
quando aveva qualche cosa da dire»7. I docenti limitarono le correzioni per non
inaridire “la sincerità” degli alunni. La consegna delle “cronache” fu una buona
occasione per lezioni di grammatica; veniva effettuata una volta alla settimana. Il
latino nella prima classe, iniziato soltanto nel terzo trimestre, venne insegnato
fino alla quinta declinazione e ai tempi fondamentali dei verbi regolari.
I rapporti scuola-famiglia furono frequenti. Al fine di un’efficace collaborazione educativa, i contatti erano tenuti attraverso il “diario scolastico di Stato”.
Gli insegnanti diedero frequenti comunicazioni alle famiglie e queste volta per
volta risposero, dichiarando di averne preso nota. Una volta a settimana, il giovedì alle dodici e trenta, tutti gli insegnanti, in presenza del Capo di Istituto, ebbero
un colloquio con i genitori dei piccoli allievi.
Una rappresentanza delle famiglie fu invitata alla solenne cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico e alla premiazione dei giovani in occasione della
“Giornata della madre e del fanciullo”. Ai genitori intervenuti, gli insegnanti illustrarono i concetti fondamentali della nuova scuola media8.
Le esperienze di lavoro, punto di forza della Carta della Scuola, vennero simulate attraverso esercitazioni pratiche, che si svolsero nel laboratorio per la lavorazione del filo di ferro e in quello di taglio e cucito. Seguendo un piano di
lavoro programmato, gli alunni costruirono dei cestini, dei profili del Duce e delle
figure geometriche, in particolare cubi e piramidi. Le alunne più grandicelle confezionarono farsetti e panciere di lana per i combattenti. Visite guidate furono
effettuate alle officine dell’Istituto Industriale “Altamura”, ai laboratori della
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7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione Regia Scuola Media a.s 1941-1942 del
preside M. L. Guerrieri, pp. 5-6.
8 Ivi, p. 3.
9 Ivi, p. 5.
242
Il Regio Liceo Lanza
Scuola Tecnica Femminile e ai cantieri edili della ditta Persichetti9.
Per interessamento dell’Ufficio di presidenza, un buon numero di alunni acquistò il Primo Libro del Fascista, il Secondo Libro del Fascista e si abbonò a
“Passo Romano”. Per il volume di Mussolini Parlo con Bruno furono offerte
120,80 lire. Tredici chilogrammi di grano tenero vennero conferiti all’ammasso
tramite la Federazione dei Fasci di Combattimento.
La Scuola Media collaborò attivamente con la Gil. Gli insegnanti prestarono
la loro attività presso i Gruppi rionali e presso il Comando federale, tennero conferenze per gli organizzati, controllarono la vestizione dei balilla e delle piccole
italiane, svolsero un corso di cultura fascista nella sede dell’Istituto dal 21 aprile
in poi, in orario extrascolastico, consentendo agli alunni di seguire i programmi
delle radiotrasmissioni dell’Eiar per la Scuola10. Il tesseramento «fu totalitario».
Nove alunni furono iscritti a titolo di premio all’Istituto Fascista dell’Africa italiana; 55 sottoscrissero dei buoni novennali del Tesoro al 5%, per una somma
complessiva di 16.500 lire. Le adunate del Sabato fascista si svolsero sotto il
controllo degli insegnanti, appositamente delegati dal Preside. Tutti erano soci
dell’Istituto Nazionale di cultura Fascista e parteciparono a tutte le manifestazioni della vita nazionale. Nei ludi federali della cultura, la piccola italiana Leone
Ada si classificò al primo posto.
Mutande per i combattenti
Gli esperimenti di scuola-lavoro furono attuati, a partire dall’anno 1939-1940,
anche al Liceo-ginnasio. Guerrieri elenca le attività realizzate in sintonia con le
finalità della riforma Bottai.
Nelle esperienze si cimentarono tre squadre di alunni: diciotto alunni della
classe prima A ginnasiale presso il Regio Istituto Industriale; tredici alunni della
classe seconda liceale sezione B presso lo stesso Istituto; diciannove alunne della
quinta ginnasiale A presso la Regia Scuola di Avviamento Professionale Femminile. Il “lavoro” fu guidato da istruttori pratici maschili e femminili, alla presenza
di due insegnanti curriculari. Il tutto, fuori orario scolastico, nelle ore pomeridiane del mercoledì e del venerdì, dal 13 dicembre alla fine dell’anno scolastico. Le
attività pratiche videro le ragazze impegnate in lavori di taglio e cucito di bianqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
10 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione Regia Scuola Media a.s 1941-1942 del
preside M. L. Guerrieri, p. 8.
11Ivi, pp. 10-11.
La Carta della Scuola
243
cheria e i ragazzi in lavori di falegnameria e in lavori agricoli11.
Le studentesse svolsero esercitazioni su orli a sottopunto e a giorno, costura,
cucitura a punto bucato, e su varie attaccature di merletti: a punto occhiello, a
cordoncino, a punto bucato, a punto tortella. Impararono a fare l’occhiello, la
maglietta e facili punti ornamentali (punto ombra e pallini); eseguirono applicazioni di cucito (confezione di sottoveste e mutande) e di taglio (studio della sezione del collo e del braccio). Confezionarono camicie da giorno, mutande e
sottovesti per signora, ma anche indumenti per militari: ventidue mutande per un
244
Il Regio Liceo Lanza
valore di 550,80 lire. La stoffa occorrente (trenta metri di ordito ritorto) fu acquistata con “punti staccati dalle tessere” per il vestiario, offerti volontariamente
dagli alunni. Tutte brave, le corsiste? Non sempre, ma si trovò l’opportuno rimedio ad personam: «Da alcune alunne – afferma Guerrieri – nelle quali è stata riscontrata poca attitudine per le esercitazioni, sono stati fatti eseguire dei lavori di
ricamo a colori con facili punti ornamentali»12.
Le esercitazioni di tipo artigiano si svolsero nel laboratorio di falegnameria
dell’Istituto. Gli studenti si cimentarono nel “maneggio” dei principali attrezzi
per la lavorazione del legno, per effettuare la spianatura, la squadratura, la sgrossatura, l’innestatura. Si esercitarono ai tagli di sega e al collegamento di parti di
legno di vario tipo. I lavori agricoli si svolsero sul terreno concesso dal Consorzio
Viticoltori di Capitanata: «Sito nelle immediate vicinanze dell’Istituto, lungo il
tratturo Foggia-Centrale elettrica sul tratto della nazionale Foggia-Cerignola, il
campo aveva un’estensione di oltre 200 (sic) metri quadrati». Il raccolto, come
avveniva per quello dei contadini e dei ricchi proprietari, fu conferito all’ammasso. I quantitativi furono, naturalmente, piuttosto esigui: grano, quintali 1,94; orzo,
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12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 16.
La Carta della Scuola
245
Kg 15; fave Kg 34. Nell’orto di guerra coltivato dagli alunni furono raccolti
81,500 Kg di fave tenere, 20 kg di cipolle e 10 Kg di broccoli: furono offerti
all’ospedale “Saverio Altamura”. L’esperimento di applicazione «totalitaria» e le
esercitazioni di lavoro diedero buoni risultati: «Il rendimento è stato soddisfacente – dichiara il Preside – assai vivo l’interessamento mostrato dai giovani, alcuni
dei quali hanno tentato di ottenere da questa Presidenza il permesso di lavorare
oltre le ore destinate alle esercitazioni. Con molto diletto e passione si sono esercitate le alunne, con pieno gradimento delle loro famiglie».
È evidente, nella chiusa del Preside, la piena soddisfazione per il successo
della sperimentazione: «L’entusiasmo dei giovani e degli insegnanti, che vedono
l’alto valore educativo, umano e sociale del lavoro inserito organicamente nel
vivo della Scuola, è segno sicuro della riuscita delle esercitazioni che verranno
eseguite anche nel corrente anno scolastico, come nell’anno già decorso, per la
formazione del carattere e per lo sviluppo dell’intelligenza dei giovani allievi di
questo Istituto»13.
Guerrieri illustra gli investimenti fatti e le collaborazioni attivate per svolgere
al meglio le attività di scuola-lavoro: nei locali del Liceo “Lanza” sono stati impiantati un laboratorio di falegnameria ed uno di taglio e cucito sufficientemente
attrezzati, nei quali avrebbero potuto esercitarsi a turno tutti gli alunni e tutte le
alunne. Coglie l’occasione per informare il Ministero che la sezione Viticoltori
del Consorzio Provinciale dell’Agricoltura di Foggia ha concesso la possibilità di
utilizzare, a scopo didattico, un ettaro di terreno già arato e pronto per la semina,
ubicato in prossimità del Liceo. Depositario delle materie prime, degli attrezzi e
delle tute sarà il capo coltivatore, che ha stabile dimora nella casa colonica in
muratura sita sullo stesso fondo. La direzione dei lavori sarà affidata ad un tecnico dell’Ispettorato Agrario di Capitanata.
Il Preside informa il Ministero che, in attuazione della “Dichiarazione VII
della Carta della Scuola”, ha tenuto personalmente, nella sala professori del
Liceo, due conferenze sull’istruzione tecnica e sull’orientamento professionale.
Conversazioni rivolte non agli studenti, bensì alle famiglie dei giovani del Liceo
classico e dell’Istituto Tecnico Commerciale “Giannone”.
Anche quell’anno i rapporti con le famiglie furono attivi e cordiali. Una volta
a settimana (e precisamente il giovedì per le famiglie degli alunni del Ginnasio
inferiore e il sabato per quelle del Ginnasio superiore e del Liceo) alle ore dodici
e trenta tutti gli insegnanti, nessuno escluso, in presenza del Capo d’Istituto, ricevettero, nell’ampia sala dei professori, i rappresentanti delle famiglie. Il colloquio
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13 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1939-1940 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 1° novembre 1940, p. 17.
246
Il Regio Liceo Lanza
settimanale risultò un efficace mezzo di affiatamento fra il personale insegnante
e i genitori degli studenti14. Il Preside, dal canto suo, ricevette il pubblico tutti i
giorni dalle ore dodici e trenta alle tredici e trenta, non mancando di interessarsi
della posizione particolare di qualche alunno in seno alla propria famiglia. Diede
anche «suggerimenti pratici sull’orientamento professionale dei giovani».
La visita di Bottai
Dopo l’avvio della Riforma promossa con la Carta della Scuola, Giuseppe Bottai
effettuò un giro di ispezione nelle scuole d’Italia. Visitò il Liceo “Lanza” nel
1940. L’avvenimento è stato ricordato in ogni particolare dal preside Melillo. Nel
resoconto de “La Gazzetta del Mezzogiorno” la giornata di Bottai nelle scuole
foggiane si snoda in un clima di euforia generale: magnifico andamento degli
Istituti, scolaresche schierate, onori in armi, acclamazioni al Duce... «in perfetta
armonia con le direttive superiori».
Era il 17 ottobre 194015, il professor Michele Melillo16 era al suo secondo anno
di insegnamento. Il ricordo è nitido. Entrando a scuola vide il ministro Bottai
nell’atrio con la divisa nera ma senza pompa alcuna: era accompagnato, senza
alcuna formalità o solennità, da una o due persone ed era in giro per visitare le
scuole rurali. Osservando i marmi lustri del Palazzo degli Studi, ebbe a dire: «I
marmi vanno bene nei cimiteri. Bisogna costruire le scuole rurali!». Melillo corse
ad avvertire i colleghi. Bottai era molto alla mano, girò per le aule e gli alunni gli
si fecero attorno. I docenti furono incaricati dal Preside di porgli delle domande
sulla Carta della Scuola e in particolare sulla Riforma della Scuola Media. Erano
nella sala dei professori. L’aula visitata dal Ministro fu quella ad anfiteatro.
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14 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1938-1939 del preside M. L. Guerrieri trasmessa il 30 novembre 1939, p. 8
15 Il ministro Bottai era al secondo viaggio in Puglia: era gi stato a Bari nel gennaio del 1939, per
inaugurare la Mostra del lavoro compiuto in 15 anni dall’Ente Pugliese di Coltura (“La Gazzetta del
Mezzogiorno” del 14 gennaio 1939) la cui opera era rivolta essenzialmente alla istituzione di scuole rurali. In Puglia e Lucania in 15 anni ne sono sorte 536 diurne e 5.309 serali. Nell’annuncio della
Gazzetta si vede una foto del Duce che l’8 settembre 1935 visita la scuola sulla cui porta campeggia
l’insegna con la scritta: ENTE PUGLIESE DI COLTURA Scuola rurale “Arnaldo Mussolini”. La
cronaca delle due giornate riportata nei giorni successivi (17 e 18 gennaio 1939). probabile
anche che Bottai abbia proseguito e fatto una visita alla Scuola rurale “Arnaldo Mussolini” nei
pressi di Foggia. La cronaca della “Gazzetta” non reca traccia di ricevimenti della autorevole
personalit da parte delle autorit della citt .
16 Cfr. Michele Melillo, in questo volume, I presidi del “Lanza”.
La Carta della Scuola
247
La relazione stilata da Guerrieri per quell’anno scolastico manca in Archivio
di Stato, ma sicuramente il Preside parlò diffusamente dell’evento: era troppo
importante per non riferirne i minimi particolari17.
Fu una visita ufficiale e pertanto ne abbiamo trovato traccia sui giornali. “La
Gazzetta del Mezzogiorno” di venerdì 18 ottobre 1940, Anno XVIII, a pagina 2,
nell’articolo Bottai e del Giudice a Foggia fa un circostanziato resoconto
dell’ispezione alle scuole di Foggia effettuata dal Ministro dell’Educazione Nazionale.
Bottai, proveniente da Brindisi, giunse in città la mattina del 17 ottobre: alla
stazione ferroviaria fu ricevuto da Riccardo Del Giudice, sottosegretario di Stato
all’Educazione Nazionale, dal Prefetto, dal Federale, dal Podestà e da molte altre
autorità e gerarchie di Foggia e provincia. Nel piazzale della stazione erano schierati reparti armati della Gil e «una grande massa di fascisti e di cittadini» che,
quando il Ministro apparve sul piazzale, «acclamarono lungamente ed entusiasticamente al Duce e alle fortune dell’Italia Fascista e imperiale».
Dopo aver reso omaggio ai “caduti fascisti” ed ai Caduti della Grande Guerra,
Bottai, accompagnato dalle autorità, effettuò il giro ispettivo nelle scuole, iniziando dagli Istituti situati nel Palazzo degli Studi. Visitò minutamente il Regio Liceoginnasio “Lanza”: il preside Guerrieri gli riferì sul «magnifico andamento»
dell’Istituto.
Alla Regia Scuola Professionale Femminile, di nuova istituzione, il Ministro
fu ricevuto dalla direttrice Alesi Rubino. Ebbe modo di constatare come in questa
scuola «la donna si trasformasse veramente nella massaia moderna, capace di
creare nella famiglia il fortilizio, dove si prepara la prosperità e la gloria della
Patria». Oltre alle aule scolastiche, visitò i laboratori di biancheria, sartoria e riqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
17 Bottai aveva fatto delle osservazioni sulla relazione inviata da Guerrieri un anno prima, non
esaustiva nel resoconto sulla “rivoluzione” che la Carta della Scuola aveva prodotto nell’ordine
classico, con la trasformazione delle tre classi del ginnasio inferiore in scuola media: «Questo Ministero ha esaminato la relazione finale da Voi presentata sul funzionamento della Regia Scuola
Media e delle classi residue annesse, e ne prende atto. Dalle informazioni da Voi date tale funzionamento risulta nel complesso soddisfacente: maggiori dati, peraltro, si sarebbero desiderati
sull’azione svolta dai singoli insegnanti in rapporto ai diversi insegnamenti, e sulle conclusioni,
eventualmente sulle proposte, alle quali l’esperienza didattica del primo anno li ha portati. Così
sarebbe stata opportuna una giustificazione analitica dell’azione da Voi svolta per assicurare il coordinamento dell’opera dei singoli, e per conseguire la necessaria collaborazione delle famiglie al
compito educativo della scuola». Il Ministro aveva comunque “preso nota” della carenza dei locali
denunciata dal preside Guerrieri e riguardante le aule occupate dalle classi residue; e lo incoraggiava a porsi il problema dei locali della Scuola media, in modo che si potesse trovare una soluzione
soddisfacente con l’inizio dell’anno scolastico seguente. «In questo senso – concludeva la nota –
ove troviate consenziente il Regio Provveditore, formulerete le proposte del caso all’Amministrazione comunale». [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., nota Ministero
248
Il Regio Liceo Lanza
camo, di esercitazioni di cucina a quelli di preparazione della tavola, governo
della casa, stiro, rammendo e rattoppo: la scuola apparve in tutta la sua «efficace»
attività. Al Regio Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Giannone”, che
contava oltre cinquanta anni di vita, si soffermò a visitare la ricca biblioteca, gli
attrezzatissimi gabinetti di fisica, chimica, di scienze, di topografia e costruzioni,
le luminose aule scolastiche. Il preside Collarile illustrò tutte le attività dell’Istituto che lo rendevano «centro propulsore di cultura letteraria, scientifica e professionale».
L’Istituto Magistrale si presentò a Bottai «nella imponenza della sua scolaresca e nella perfezione della sua inquadratura didattica»: il preside Pilla gli mostrò
ogni dettaglio. Il Regio Istituto Tecnico Commerciale ad indirizzo mercantile
“Crispi” gli presentò «le mete raggiunte nel breve cammino della sua esistenza»:
il preside Miccolis assicurò che il cammino successivo sarebbe stato percorso con
eguale fede e con crescente entusiasmo seguendo il nuovo ordinamento voluto
dalla Carta della Scuola. Visitando la Regia Scuola Secondaria di Avviamento
Professionale a tipo commerciale “Rosati”, che vantava ottime tradizioni, il Ministro ebbe modo di constatarne la disciplina dell’ordinamento e la severità degli
studi, in «perfetta armonia con le direttive superiori».
Successivamente, sempre in compagnia del sottosegretario Del Giudice, e di
tutte le altre autorità e gerarchie del seguito, visitò il Regio Istituto Tecnico Industriale “Altamura”. Fu ricevuto dal presidente del Consiglio di amministrazione,
ingegner Quarato, dal preside Rossi e da tutto il corpo insegnante, «mentre gli
rendevano gli onori gli avanguardisti in armi». I laboratori e le “sonanti officine”,
le aule affollate e gli ampi cortili alberati, le varie istituzioni annesse all’Istituto
Industriale, considerato fra i primi dell’Italia Meridionale, gli furono presentati
nel loro sviluppo e nel loro stato di potenziamento.
L’ospite si recò quindi all’edificio scolastico “Parisi” dove visitò le Scuole
Elementari. L’ultima tappa fu la Casa della Gil.
“La Gazzetta del Mezzogiorno” chiude la cronaca della visita affermando che
dovunque «fu salutato ed accolto da entusiastiche dimostrazioni di fede e di
amore all’indirizzo del Duce». Nel pomeriggio, al Teatro “Flagella” di Foggia,
egli presenziò un raduno cui erano presenti il vescovo, gli insegnanti di ogni ordine e grado di Foggia e della provincia, i podestà, i segretari politici, i vice comandanti della Gil e tutte le autorità civili militari e politiche del capoluogo. Il
prefetto pronunciò brevi parole, che suscitarono un’ondata di entusiasmo quando
mise in rilievo «la nobile fatica» delle massaie rurali. Il Segretario federale salutò
Bottai a nome del fascismo di Capitanata, rilevando che al raduno erano presenti
i segretari politici dei Fasci della provincia, i dirigenti dei reparti maschili e femminili del Comando federale ed il vice comandante della Gil «a dimostrazione
dell’intima connessione di compiti e di fede del Partito con la scuola». Il saluto
La Carta della Scuola
249
del federale fu accolto «da una prolungata acclamazione al Duce». Un breve discorso pronunciò anche il Regio Provveditore agli Studi. «Salutato da una grandiosa ovazione al Fondatore dell’impero», il Ministro rivolse ai convenuti un discorso sui problemi della scuola locale: dall’edilizia scolastica ai problemi della
scuola media in rapporto alla Carta della Scuola. Si soffermò sulla politicità della
scuola e dell’educazione fascista. Il discorso, «assai importante per dichiarazioni
fatte, fu continuamente interrotto da prolungati applausi, e da una delirante manifestazione di attaccamento al Duce». In serata, al Palazzo del Governo, presiedette una riunione su questioni di edilizia scolastica. Vi presero parte il Prefetto, il
Federale, il Podestà di Foggia ed altri podestà della provincia, il Regio Provveditore agli Studi, l’ingegnere capo del Genio Civile e il Commissario straordinario
dell’Amministrazione.
Il giorno dopo, 18 ottobre 1940, Bottai e del Giudice, accompagnati dal prefetto, dal consigliere nazionale Caradonna, dal Federale, dal Podestà, dal Soprintendente ai monumenti e da altre autorità e gerarchie, visitarono il Museo delle
Tradizioni Popolari di Capitanata, istituito in Foggia sin dal 28 ottobre 1930.
Furono ricevuti dalla fiduciaria e direttrice, professoressa Ester Lojodice, che illustrò la caratteristica istituzione: Bottai, “compiaciuto”, fermò la sua attenzione
su alcuni prodotti dell’artigianato locale ivi esposti.
Gli ospiti visitarono anche il Museo Civico, dove il dottor Francesco Pedone,
«appassionato cultore e profondo studioso», li guidò attraverso le belle sale. Il
reparto archeologico presentava un’interessante raccolta di vasi antichi provenienti dagli scavi dell’antica Arpi, reperti unici della millenaria metropoli della
Daunia. La sezione naturalistica del museo conteneva «una collezione zoologica
di eccezionale importanza non solo per la ricchezza dei tipi, la scelta e la disposizione ma anche per i dati, e classifiche, e denominazioni fatte con criteri prettamente scientifici. Il considerevole materiale, che faceva bella mostra in sette
scaffali ben ordinati, era frutto di diuturne osservazioni, di pazienti ricerche, effettuate per oltre un trentennio nella zona del Tavoliere dal dottor Pedone, “assai
benemerito”, che lo aveva donato al Comune di Foggia».
Bottai e Del Giudice, accompagnati dalle alte autorità, si recarono infine
nell’elegante ed affollata sala del Liceo musicale “Umberto Giordano”, dove si
svolse un concerto «intervallato da acclamazioni al fondatore dell’Impero». Gli
insegnanti Luisa De Polis Di Martino, Rosati, Siniscalchi e Pirani eseguirono ed
interpretarono «impareggiabilmente e con fine gusto» musiche di Respighi, Pizzetti, Rossini-Zanella, Rossini, Di Martino, Paganini, Schubert, Casella e Rossellini. Alla fine del concerto, il ministro Bottai si congratulò con il presidente del
Conservatorio Alfonso Mandara-Trifiletti e con il direttore Di Martino.
La cellula foggiana del Pls
All’inizio degli anni Trenta, nella Libreria Pilone di Foggia si incontravano,
tra gli altri, Nicola Beccia, Benedetto Biagi, Romolo Caggese, Leone Mucci,
Gerardo De Caro, Giovanni Raho e Oronzo Marangelli. Tutti intellettuali accomunati da una posizione critica nei confronti del fascismo1. Nella Libreria si ritrovarono, dal 1941, alcuni docenti del “Lanza”: Francesco Perna, Alessandro
Santoro, Arnaldo D’Oria2. Insieme al professor Antonio Vivoli3 costituirono il
gruppetto di testa della cellula foggiana del PLS, il Partito Liberal Socialista fondato da Tommaso Fiore4, primo nucleo del futuro Partito d’Azione. Il 3 aprile
1942, l’ispettore di Pubblica sicurezza Giuseppe Console comunicò all’Ovra5, al
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 Secondo una testimonianza da noi raccolta, la Libreria Pilone era anche il ritrovo degli aderenti
alla massoneria foggiana.
2 Nel rapporto Ovra il nome è riportato come Armando Doria.
3 Antonio Vivoli insegnerà al Liceo “Lanza” dall’anno scolastico 1944-1945.
4 «Dopo il 25 luglio 1943 Fiore rappresentò un punto di riferimento per la ripresa della vita politica,
civile e culturale pugliese. In prima linea nella lotta per la libertà di stampa, contro i tentativi trasformistici messi in atto dalla monarchia e dal governo Badoglio per impedire ai partiti del Comitato di Liberazione Nazionale di svolgere un ruolo autonomo, Fiore divenne uno dei protagonisti di
una vivace esperienza politica nel Partito d’Azione. Fu uno dei promotori del primo congresso dei
Comitati di Liberazione Nazionale dell’Italia libera (Bari, gennaio 1944). Nominato Provveditore
agli Studi di Bari nel 1944, si impegnò a fondo nel processo di rinnovamento e defascistizzazione
della scuola e della società».[Cfr. V. A. LEUZZI, Tommaso Fiore, www.formichedipuglia.it]
5 Polizia politica del regime fascista. Istituita nel 1927 come Ispettorato speciale di polizia, fu utilizzata nella prevenzione e repressione dell’attività sovversiva, in particolare comunista.
252
Il Regio Liceo Lanza
Ministero dell’Interno e al Capo della Polizia, che si era avuta notizia in via fiduciaria dell’esistenza di «un occulto movimento liberal-socialista, sorto tra
elementi intellettuali in varie città d’Italia e facente capo, in Puglia, al professor
Tommaso Fiore»6. Il gruppo aveva finalità antifasciste e si proponeva di lottare
per il ripristino delle libertà. Tommaso Fiore manteneva rapporti con vari amici
in Puglia, e in altri centri italiani, tramite dei fiduciari di zona, cui inviava istruzioni e materiale di propaganda. Furono intercettati dall’Ovra i seguenti opuscoli dattiloscritti: 1) Note sul concetto dello Stato; 2) Il liberal socialismo e l’ora
presente; 3) Decalogo del Pls (Partito liberale socialista)7; 4) Lettera aperta del
cittadino Settembrini; 5) Il fronte della libertà; 6) Lo stato secondo libertà; 7) Il
liberalismo storico; 8) Testamento antifascista di Lauro De Bosis. Enunciavano
principi etici, politici, e istituzionali sui quali basare l’ordinamento del nuovo
Stato italiano8.
A Foggia il fiduciario del nascente Pls era il professor Antonio Vivoli, a quel
tempo docente di lettere latine al Regio Istituto Magistrale “Poerio”. Iscritto al
PNF dal 1938, Vivoli aveva avuto qualche incarico di partito, tra cui quello di
conferenziere presso il Gruppo Rionale Fascista “Falcone”. Svolgendo tale attività, aveva avuto delle divergenze con il comandante della Gil presso il gruppo
“Affatato”, il quale pretendeva che egli trattasse, dinanzi ai giovani organizzati,
temi sui quali non aveva avuto tempo di prepararsi. Anche Francesco Perna, docente di lettere nella Scuola Media annessa al Ginnasio “Lanza”, ebbe analoghi
motivi di lagnanza verso alcuni gerarchi fascisti. «Di notori sentimenti antifascisti», nel maggio 1940 fu sottoposto a procedimento disciplinare dal Ministero
dell’Educazione Nazionale, conclusosi con la sospensione dall’insegnamento e
dallo stipendio «per inopportuni accenni fatti in classe alla Germania d’altri
tempi». Era stato denunciato da un suo alunno, figlio del vice Prefetto dell’epoca,
per aver manifestato, durante le lezioni, sentimenti avversi alla Germania9. Nella
lettera di discolpa inviata al Ministero, il professor Perna aveva confermato in
linea di massima quanto gli era stato addebitato. Successivamente, dopo l’entraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
6 ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (ACS), Ministero dell’Interno, Ovra III Zona, Riservata Bari 3
Aprile 1942 dell’ispettore generale di PS Giuseppe Consolo, cfr. R. COLAPIETRA, La Capitanata nel
periodo fascista, doc. LXXXVIII, p. 464.
7 L’opuscolo conteneva spunti contro la monarchia. Vi erano riassunti i postulati programmatici del
movimento per ristabilire un regime di libertà politica, culturale ed economica tutelata da un nuovo
organismo, la Corte costituzionale, per l’attuazione del socialismo. Recentemente Nicola Colonna
in Tommaso Fiore un meridionale in Europa, edito da Palomar, evidenziando il rapporto tra la
proposta politica di Fiore e l’evoluzione del movimento socialista e comunista in Italia, negli anni
cruciali che videro il crollo del fascismo e la nascita della Repubblica.
8 ACS, Ministero dell’Interno, cit. in R. COLAPIETRA, La Capitanata..., cit., pp. 464-467.
9 Il preside della Regia Scuola Media annessa al Liceo “Lanza” era Matteo Luigi Guerrieri.
La cellula foggiana del Pls
253
ta in guerra dell’Italia, parlando nella Libreria Pilone al gruppo di amici che solitamente la frequentava, asserì che l’Italia non doveva associarsi con la Germania,
dati i precedenti storici. Al momento dell’apertura delle ostilità fra la Germania e
la Norvegia, manifestò i suoi sentimenti ostili verso i tedeschi, ai quali attribuiva
un “basso grado di civiltà”10.
Francesco Perna, quindi, fu un elemento centrale del movimento di Foggia:
Aveva manifestato costantemente sentimenti antifascisti, criticando l’operato del
Duce e la condotta della guerra sia con Pilone sia con le altre persone con cui si
intratteneva a conversare dentro e fuori la Libreria. Esplicò azione di propaganda
tra i suoi amici, ai quali dava in lettura gli opuscoli del Pls. Il collegamento era
assicurato dai suoi fratelli residenti a Bari: Raffaele, docente di lettere latine e
greche al Liceo-ginnasio “Orazio Flacco”, strettamente legato a Tommaso Fiore
(era padrino di cresima del figlio Vittore) e Giuseppe, segretario comunale addetto alla Segreteria Generale del Comune di Bari. Tommaso Fiore affidò a Giuseppe Perna il compito di recapitare al fratello Francesco, perché ne curasse la diffusione tra i colleghi, tre dattiloscritti che risulteranno determinanti per il capo
d’accusa dell’Ovra. Il primo opuscolo, Lettera aperta del cittadino Settembrini,
di contenuto polemico, era la risposta al discorso tenuto a Praga dal capo dell’ufficio stampa del Reich, Dietrich. Vi si affermava che la rivoluzione nazional socialista, lungi dall’incrementare le libertà rispetto al liberalismo, non era altro che
una manifestazione dell’ideologia di una razza superba e sopraffattrice, protesa
alla conquista del dominio mondiale. Il secondo opuscolo, Il fronte della libertà,
incitava tutti, qualunque fosse il loro orientamento politico-spirituale, a schierarsi
su un fronte unico, per abbattere con ogni mezzo la tirannide fascista e restaurare
in Italia le essenziali libertà. Il terzo opuscolo accennava all’impreparazione
dell’esercito italiano e ai metodi brutali usati dai soldati tedeschi contro la popolazione greca11.
Nel corso delle indagini risultò che, a livello nazionale, Tommaso Fiore intratteneva rapporti con Tristano Codignola e con i professori Guido Calogero e Aldo
Capitini. Tra i simpatizzanti del movimento c’erano anche il professor Ernesto de
Martino, docente di storia e filosofia nel Regio Liceo scientifico “Scacchi” di Bari
e l’avvocato Michele Cifarelli.
Il 6 aprile 1942, oltre all’arresto di Tommaso Fiore, dei figli Vittore e Graziano, furono effettuate perquisizioni alla casa editrice Laterza di Bari. Da Foggia
furono tradotti nelle carceri di Bari i professori Francesco Perna e Antonio Vivo-
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
10 ACS,
11
cit., in R. COLAPIETRA, La Capitanata..., cit., pp. 487-488.
Ivi, p. 482.
254
Il Regio Liceo Lanza
li.
Il rapporto finale dell’Ovra riassume così la storia della cellula antifascista
foggiana: «Decisivi elementi probatori dell’attività di propaganda svolta dal professor Tommaso Fiore in Bari e Foggia emergevano dagli interrogatori del professor Antonio Vivoli, in un primo tempo fiduciario del movimento in quest’ultima città, del dottor Giuseppe Perna, segretario comunale addetto alla segreteria
Generale del Municipio di Bari, non fermato per motivi di opportunità in relazione alla sua particolare posizione, e del fratello di costui professor Francesco,
docente di lettere nella Regia Scuola Media di Foggia, celibe, allontanato dal
PNF nel maggio 1940 per circostanze che si riferivano ai suoi sentimenti avversi
alla Germania, fermato e tradotto nelle carceri di Bari. Dalle concordi dichiarazioni di costoro rimaneva stabilito che verso i primi di dicembre del 1941 il Fiore,
dopo avere attratto nel movimento liberal socialista il dott. Giuseppe Perna, illustrandogliene le finalità antifasciste e la crescente diffusione in Bari ed in altri
centri, lo pregò di fare analoga opera persuasiva presso il fratello Francesco in
Foggia, incaricandolo dopo pochi giorni di recare allo stesso tre opuscoli dattiloscritti, uno dei quali con titolo Lettera aperta del cittadino Settembrini, altro
presumibilmente con titolo Il fronte della Libertà e il terzo sotto forma di lettera,
di contenuto denigratorio per il nostro esercito e per le truppe tedesche di occupazione in Grecia con spunti avversi all’Istituto Monarchico. Fu così che il Perna
Francesco, accogliendo l’invito del Fiore, corrispondente al proposito di costui di
costituire nuclei di aderenti nelle varie città pugliesi, si diede a svolgere attività
di propaganda a scopo di proselitismo tra colleghi ed amici, dando in lettura
qualche opuscolo al professor Vivoli, al professor Santoro Alessandro, già docente in materie letterarie nel Ginnasio di Foggia e ora richiamato alle armi col grado
di sergente dei bersaglieri in Napoli, al ragionier Giuseppe Pilone con libreria in
Piazza “Lanza” al civico 73 e presumibilmente anche al professor Armando
Doria docente di Lettere nella Regia Scuola Media di Foggia, al dottor Francesco
Paolo Pedone medico chirurgo, e a Ugo Sipari dottore in giurisprudenza, agricoltore, con il quale egli soleva intrattenersi la sera nei locali della libreria Pilone a
commentare gli avvenimenti politici e militari del giorno, in senso avverso alle
Potenze del Tripartito»12.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
12
ARCHIVIO CENTRALE
ta..., cit., pp. 487-488.
DELLO
STATO, Ministero dell’Interno, cit., in R. COLAPIETRA, La Capitana-
La cellula foggiana del Pls
Antonio Vivoli. [Archivio Vivoli]
255
Giovanni Iorio. [Archivio Iorio]
La furia devastatrice della guerra
257
La furia devastatrice della guerra
L’estate del 1943 fu un’estate di sangue per la città di Foggia. La devastazione
iniziò il 28 maggio con l’incursione di diciotto bombardieri provenienti dalla
Libia con l’obiettivo di distruggere l’aeroporto “Gino Lisa”; altri bombardamenti il 30 e 31 maggio, il 20 giugno, il 15 luglio. Fino a quello terrificante del
22 luglio: 71 “fortezze volanti” decollate dall’Algeria colpirono il centro chimico
militare, il comando tedesco, le caserme, la stazione ferroviaria, il deposito
dell’Agip, numerosi palazzi civili. Migliaia di morti. Nuovo raid il 27 luglio, il 16
e il 19 agosto. Altre migliaia di morti. Il 25 agosto, 276 aerei ripresero i bombardamenti, così come il 9 e il 10 di settembre. I bombardieri angloamericani devastarono la città anche dopo il 3 settembre, data in cui l’Italia firmò l’armistizio,
reso pubblico solo l’8 settembre. Solo il 29 settembre i tedeschi si ritirarono. II
numero delle vittime che Foggia dovette contare in quella stagione, ancora oggi
incerto e diversamente quantificato, fu comunque altissimo1. Anche il “Lanza”
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1 Saverio
Russo, docente di storia moderna dell’Università di Foggia, in un’intervista al “Corriere
del Mezzogiorno” dal titolo Foggia fa i conti con la sua memoria, ha contestato sia i dati 1957
dell’Istat, che censirono settecento vittime, sia le ventimila censite dal Comune. Questo ultimo dato
(citato nella motivazione del conferimento alla città della medaglia d’oro al valore civile, consegnata nel 1959 dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e dal presidente del Consiglio Antonio Segni) fu elaborato nel 1957. Il sindaco era Vittorio De Miro d’Ajeta. All’epoca la situazione
sociale di Foggia era drammatica: c’erano famiglie che vivevano in vere e proprie grotte. Calcare
la mano sul numero delle vittime poteva servire a far apparire più grave il bilancio dei danni ed
ottenere maggiori aiuti finanziari. In realtà, i morti sarebbero stati sette-ottomila. Gli Alleati
bombardarono gli aeroporti occupati dai tedeschi. Quelle basi andavano distrutte: vi partivano i raid
258
Il Regio Liceo Lanza
visse drammaticamente le conseguenze della «furia devastatrice della guerra»:
sotto i Propilei della Villa Comunale morì il preside Guerrieri. Il Palazzo degli
Studi fu danneggiato e poi occupato.
La relazione2 al Ministero per quell’anno drammatico venne stilata dal professor Giovanni Iorio. Il primo agosto 1943, il Regio Provveditore agli Studi lo
aveva nominato preside incaricato del “Lanza” in sostituzione del titolare Matteo
Luigi Guerrieri, “caduto” durante l’incursione aerea del 22 luglio3.
Iorio premette che, nelle condizioni particolari in cui è venuto a trovarsi, non
può né deve fare una relazione esauriente: «Non posso, perché mi mancano molti
dati ed elementi di giudizio, a causa della perdita quasi totale degli atti d’ufficio,
perdita causata da offese belliche; non debbo, perché l’attività scolastica dell’anno 1942-1943 è stata in massima parte assorbita dalla Gil».
Il Liceo “Lanza” aveva ospitato, dall’inizio dell’anno scolastico fino al termine delle lezioni, la Regia Scuola Media denominata “Palazzo degli Studi”, di
complessive diciannove classi. Poiché le aule disponibili nella sede liceale non
erano sufficienti, alcune classi furono “allogate” presso l’Istituto Tecnico “Giannone” e presso l’Istituto Magistrale “Poerio”, sempre nel Palazzo degli Studi. La
sede del “Lanza” era fornita del necessario arredo nuovo e moderno, che nel
1937-1938 aveva sostituito quello obsoleto, ma a causa dell’incursione aerea del
22 luglio 1943, per lo scoppio di bombe nel cortile ed in altri punti a breve distanza dall’edificio, tutti i vetri delle finestre vennero infranti e quasi tutti gli infissi
furono scardinati.
Il professor Iorio, dal 1° agosto 1943, data in cui venne nominato alla presidenza del “Lanza”, si mise immediatamente all’opera insieme al personale di
segreteria e ausiliario per riordinare la scuola, riparando i gravi danni subiti.
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aerei contro le truppe alleate. A Foggia i tedeschi avevano accumulato in stazione treni carichi di
munizioni e carburante. Gli attacchi alleati furono giustificati dalla necessità di distruggere anche
questo pericoloso arsenale. Riteniamo che occorrerebbe fare definitiva chiarezza su quegli eventi
drammatici. Lo chiede anche il Comitato commemorativo delle vittime civili delle incursioni aeree
del 1943. [Cfr. L. MASULLO, Paesaggio Storico di Capitanata, l’estate del 1943 a Foggia, Grafiche
Gercap, Foggia-Roma, 2003]
2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato Giovanni
Iorio, di pagine 10 manoscritte.
3 Per iniziativa di un comitato cittadino, su una parete dell’Aula magna del Liceo-ginnasio “Lanza”,
il 2 dicembre 1947 venne affissa una lapide commemorativa per ricordare il nome di un umanista
ed educatore (Matteo Luigi Guerrieri), «alle aule della sua scuola, donde mosse gli ultimi passi il
22 luglio 1943, per consacrare col sangue sotto bombardamento areo, pochi metri lontano, ventiquattro anni di dedizione ai giovani e agli studi». [Cfr. A. GUERRIERI, La città spezzata, Foggia,
2002, p. 221]
La furia devastatrice della guerra
259
Aveva ripristinato il normale funzionamento della segreteria e della presidenza,
quando l’incursione aerea del 19 agosto 1943, «la più ruinosa effettuata su Foggia», lo sorprese intento al lavoro nell’ufficio di segreteria4. Quando l’allarme
scattò, alle dodici e cinque minuti, Iorio insieme al personale in servizio fece
appena in tempo, «a stento», a ripararsi nel vicino rifugio del palazzo dell’Opera
Nazionale Combattenti.
Questa ennesima incursione aerea apportò ulteriori gravissimi danni alla sede
scolastica: un’aula e parte del gabinetto di scienze, centrate in pieno da una
bomba, furono completamente distrutte; un’altra bomba, scoppiata a breve distanza dal Palazzo degli Studi, ne ostruì quasi completamente l’ingresso dalla Villa
Comunale. Nella segreteria e nella presidenza era tutto sottosopra: carte e documenti in disordine, confusi fra le macerie. Nei corridoi, nelle aule, dovunque
materiale di ogni specie “proiettato” dalla forza d’urto delle bombe. Tutto l’arredo fu danneggiato. Il personale in servizio cercò di salvare non solo la propria
vita, ma anche le dotazioni più costose ed i documenti della scuola. Invano.
Con un toccante racconto, il preside Iorio “rivive” quei momenti convulsi. La
testimonianza è a tratti drammatica: «Riuscendomi impossibile da solo, nella
morta città abbandonata da tutti i cittadini e da tutte le autorità italiane, procedere
al recupero del materiale scientifico e scolastico dell’Istituto, ricorsi per aiuto
all’Autorità comunale di Foggia, trasferitasi nella vicina Troia; e s’era disposto di
trasportare in Troia quanto materiale scolastico fosse stato possibile con autocarri messi a disposizione dalla predetta autorità comunale, quando, sopraggiunto
l’armistizio, l’8 settembre 1943, non fu più possibile attuare alcun recupero, poiché i Tedeschi si impadronirono di tutti i mezzi di trasporto, impedendo ogni
traffico»5.
Dopo l’armistizio, i locali dell’Istituto furono invasi e saccheggiati dalle truppe tedesche. Il Palazzo degli Studi subì ulteriori danni a causa delle mine che i
nazisti fecero scoppiare, nella notte dal 26 al 27 settembre 1943, a poca distanza
dall’edificio, per ostacolare l’entrata da via Bari degli Alleati a Foggia.
Continua il preside Iorio: «Il giorno 25 settembre 1943, profittando della ritirata dei Tedeschi, da Troia, dove avevo trasferito l’Ufficio di presidenza e di segreteria, che vi funzionò dal primo al trenta settembre 1943, con mezzi di fortuna,
insieme col bidello custode Tufo Orazio, incaricato segretario, raggiunsi Foggia;
e riuscii di persona a portare via dalla Presidenza e dalla Segreteria dell’Istituto i
registri d’iscrizione degli alunni, i registri di esami ed alcuni atti d’Ufficio e a
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
4 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato
Giovanni Iorio, p. 2.
5 Ivi, p. 3.
260
Il Regio Liceo Lanza
trasportarli con un carretto nel comune di Troia, salvando così la posizione scolastica di tutti gli alunni iscritti al Liceo “Vincenzo Lanza” e alla Regia Scuola
Media “Palazzo degli Studi”. Dopo la liberazione di Foggia da parte degli Alleati, avvenuta il 27 settembre 1943, rientrai in Foggia, sempre insieme con il segretario incaricato Tufo Orazio e, trovata occupata dalle truppe Alleate la sede del
Regio Liceo-ginnasio, trasferii l’ufficio di presidenza e segreteria in casa mia,
Piazza Lanza 77 in Foggia, dove detto Ufficio incominciò a funzionare il primo
ottobre 1943 e dove ha funzionato ininterrottamente e dove tuttora continua a
funzionare. Nei locali dell’Istituto mi è stato possibile entrare, durante l’occupazione delle truppe Alleate, occupazione che continua tuttora, due volte, col permesso dell’A.M.G.O.T6, insieme col segretario Tufo e con i bidelli Marinaccio,
Fuiano, Paolella e Scocca, e propriamente il 24 e il 30 ottobre 1943, e mi fu concesso di poter recuperare della cancelleria e dei registri in bianco».
L’arredo scolastico del Regio Liceo-ginnasio “Lanza” e della Regia Scuola
Media “Palazzo degli Studi” andò tutto perduto, come l’impianto microradiofonico Geloso installato cinque anni prima7. Tutta la dotazione dei gabinetti di fisica e scienze fu distrutta a causa dei bombardamenti aerei e dei saccheggi. Lo
stesso accadde per l’arredo della sala dei professori, per i 5.305 volumi della biblioteca e i 40 scaffali su cui erano posti. Dall’8 settembre 1943 in poi furono
bruciati o saccheggiati. In tutte le classi vi erano delle bibliotechine, che funzionavano fino al termine delle lezioni. Anche queste furono distrutte.
Gli alunni iscritti al Ginnasio superiore e al Liceo, che nel 1941-1942 erano
436, nel 1942-1943 avevano raggiunto quota 521. Le classi del Liceo erano dieci
(tre corsi completi, A, B e C più la classe collaterale prima D liceale), quelle del
Ginnasio superiore sette (tre corsi completi, A, B e C più la classe collaterale
quarta D). Nel caotico clima di guerra, durante l’anno scolastico 1942-1943, si
erano svolte comunque esperienze di scuola-lavoro, con gli studenti organizzati
in squadre8. Le esercitazioni furono di tipo artigiano (lavorazione del legno) e di
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
6 L’Amgot era l’organismo militare delle Nazioni Unite preposto all’amministrazione dei territori
occupati dagli Alleati. In Italia venne istituito il 10 luglio 1943 nelle zone conquistate del Sud. Via
via che le truppe alleate liberarono altri territori, l’Amgot divenne Amg (Governo militare alleato).
Esso doveva garantire la sicurezza delle forze di occupazione e delle loro vie di comunicazione,
farsi carico dell’aiuto alle popolazioni, avallare misure politico-amministrative utili al governo
provvisorio e, infine, provvedere all’utilizzo delle risorse economiche delle zone presidiate.
7 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato
Giovanni Iorio, p. 4.
8 Furono organizzate esercitazioni di taglio e cucito di biancheria, con alunne di quarta e quinta A,
e di prima, seconda e terza A liceale; di falegnameria, con alunni delle classi quarta B, quarta C,
quarta D, quinta B e quinta C del ginnasio superiore; di lavoro agricolo, con alunni delle prima B,
prima C, prima D, seconda B, terza B e terza C liceale.
La furia devastatrice della guerra
261
tipo agricolo. Le prime si svolsero nel laboratorio di falegnameria dell’Istituto, le
seconde nel terreno concesso in fitto e a mezzadria dal Consorzio Viticoltori di
Capitanata9. La durata della lezione ridotta a tre quarti d’ora, il lungo periodo di
vacanze invernali, i frequenti allarmi per incursioni aeree, non consentirono ai
docenti di completare lo svolgimento dei programmi10. Furono tuttavia «frustrati
i tentativi» di quei candidati che ritenevano di approfittare delle condizioni di
stato di guerra «per carpire un titolo di studio». Particolare vigilanza fu usata per
i candidati agli esami di ammissione al Liceo, per impedire che iniziassero tale
corso elementi incapaci o insufficientemente preparati.
Gli esami di maturità diedero i seguenti risultati: nello scrutinio finale dei
sessantadue alunni interni, cinquanta furono dichiarati maturi, uno respinto, undici rimandati. Nella seconda sessione furono dichiarati maturi otto studenti, tre
risultarono assenti. Essendo i locali del “Lanza” occupati dalle truppe alleate, gli
esami di idoneità e promozione alle classi del Liceo e gli esami di maturità e di
ammissione della sessione autunnale si svolsero, per disposizione del Provveditore agli Studi, dal 21 al 31 dicembre 1943 a Lucera, presso l’Istituto “San Leonardo”, e dal 31 gennaio al 7 febbraio 1944 a Foggia, nei locali dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, in piazza Federico II.
Il preside incaricato Iorio chiude la sua relazione al Ministero con una sconsolata riflessione: «Dopo i bombardamenti avvenuti a Foggia, tutta l’attrezzatura
dei laboratori dell’Istituto andò perduta, come furono perduti, perché distrutti o
saccheggiati, le suppellettili scolastiche, gli impianti di qualsiasi specie, il materiale dei gabinetti di fisica e di scienze, la biblioteca della scuola. Questa relazione finale dell’anno scolastico 1942-43 purtroppo dovrebbe propriamente dirsi
relazione della fine di un Istituto colpito dalla furia devastatrice della guerra»11.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
9 Nell’annata agraria 1942-43 furono conferiti all’ammasso i prodotti raccolti dagli studenti nel loro
«piccolo campo»: 1,92 quintali di grano; 55 Kg di fave.
Ivi, p. 6.
11 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, cit., relazione a.s 1942-1943 del preside incaricato
Giovanni Iorio, p. 10.
10
262
Il Regio Liceo Lanza
ULTIME “ISTRUZIONI” DELLA
PROFESSORESSA PALAZZO
Il preside incaricato Iorio sottolinea come
l’attività scolastica dell’anno 1942-1943
sia stata quasi completamente assorbita
dalla Gil. Il 13 febbraio 1943, Alceo Gigli,
vice comandante federale dell’organizzazione, aveva infatti raccomandato che le
conversazioni di propaganda (ex cultura
fascista) fossero tenute a ciclo continuativo
e separatamente per gli avanguardisti, i
giovani fascisti, le giovani italiane e le
giovani fasciste. I Comandi Gil di Fascio e
dei Gruppi rionali erano tenuti a inviare
nella sede foggiana delle relazioni settimanali sugli incontri, con i dati relativi alla
generalità dell’oratore ed al numero degli
organizzati presenti, oltre il titolo della
conversazione. I temi furono stabiliti dal
Comando federale. L’ispettrice federale
Maria Palazzo, docente di lettere della
Scuola Media annessa al “Lanza”, aveva
già provveduto, il giorno prima, ad inviare
le sue “istruzioni” a tutte le ispettrici Gil
della provincia. Ogni istruzione conteneva
una scaletta di idee-chiave da sviluppare.
Emergono, tra gli altri, i temi storici della
“Vittoria mutilata”, dei diritti sul Mediterraneo e la polemica contro l’Inghilterra e
la Francia ormai “da odiare per legge di
guerra”.
Schema di conversazione
Fascismo e Italia sono una cosa sola.
Illustrando la politica di restaurazione interna attuata dal regime nel campo politico,
in quello militare, in quello demograficosociale, nel campo economico e produttivo,
nel campo morale col problema religioso e
con la elevazione spirituale del popolo, dimostrare come il Fascismo, creando lo
stato unitario, abbia disciplinato e potenziato le forze vive della nazione per cui
nelle premesse e nello svolgimento la Rivoluzione delle Camicie Nere comprende
in sé il progresso della Nazione.
Il clima eroico creato in Italia dal fascismo
perché il popolo, compatto, fuso in un
blocco solo, fosse pronto ad affrontare ogni
prova per la grandezza della Patria nel
mondo. L’Italia resa dal Fascismo indipendente in terra e in mare, liberata da ogni
forma di servilismo verso le potenze plutocratiche, si afferma risolutamente come
stato sovrano.
Politica estera del fascismo. Necessità di
rivedere i trattati firmati a Versaglia (sic)
per modificare una pace ingiusta ed eliminare la causa prima di ogni discordia europea, origine dell’attuale conflitto.
Il Mediterraneo e la sua importanza vitale
per il territorio Nazionale e per i rapporti
tra l’Italia e le sue colonie. Diritti millenari
di Roma e quindi dell’Italia sul mare Mediterraneo.
Carattere rivoluzionario dell’attuale guerra. Aspetto risolutivo del conflitto per le
sorti dell’Europa. Il fascismo contro il bolscevismo. Le varie tappe di questa lotta:
Marcia su Roma; guerra di Spagna; Marcia
su Mosca. Il Fascismo vuole dare all’Europa un nuovo ordine politico basato sul diritto del lavoro e sulla giustizia distributiva
delle ricchezze.
Obbiettivi territoriali, politici e sociali che
sono nelle giuste aspirazioni del popolo
italiano e costituiscono i suoi inoppugnabili diritti. La pressione demografica e la necessità di completare il territorio nazionale
con territorio coloniale perfettamente rispondente al progressivo aumento della
popolazione. Necessità di riscattare i territori già italiani per civiltà e tradizione.
Necessità di assicurare all’Italia scali marittimi sugli oceani. Aspirazione legittima
La furia devastatrice della guerra
al miglioramento economico e sociale del
popolo a detrimento finalmente dei popoli
fino ad oggi detentori della ricchezza mondiale. Funzione civilizzatrice dell’Italia e
delle colonie.
Odio al nemico per legge di guerra. Odio
consapevole per contrasto di razza e di
principi, di ideali e di mezzi e sistemi di
vita. Odio ai distruttori delle città italiane,
ai rinnegati delle convenzioni internazionali, agli aggressori degli ospedali e di tutti i
posti di assistenza sanitaria.
Odio al nemico per i suoi secolari soprusi.
Dal Convegno di Plombiéres all’occupazione di Tunisi, dall’arbitrario possesso di
Malta a Versaglia (sic), dalla Guerra d’Africa a oggi. Francia e Inghilterra hanno sempre tradito l’Italia, ostacolato il suo cammino, intralciato il suo progresso, impedito il
suo potenziamento.
Odio al nemico per i suoi sistemi di lotta,
per l’inumano trattamento ai prigionieri di
guerra e alle popolazioni civili. Considerare che il nemico odia l’Italia e per essa il
Fascismo che gli ha impedito di valersi
della nostra Patria per i propri fini come
erano abituati a fare quando essa era politicamente debole e poteva essere sfruttata
per dare ad altri civiltà e potenza. È dovere
perciò di ogni italiano odiare il nemico e il
suo nome; odiarlo con ogni forza tesa nel
superamento degli ostacoli e nella certezza
della vittoria.
La nostra alleanza con la Germania. Comunità di obiettivi, unità di ideali, affinità
di struttura politica e sociale, potenza progredente (sic) di razza, forza insita di
espansione, disciplina di lavoro, civiltà di
vita costituiscono base incrollabile di questa alleanza che darà all’Europa un nuovo
indirizzo politico-economico di vita. Marciare con gli amici fino in fondo.
Il valore del soldato italiano. I riferimenti
alle guerre già combattute e superate valga-
263
no a dimostrare la tempra del soldato italiano in questa guerra, specie nelle ore più
dure e nelle prove più rischiose, che si afferma nel modo più luminoso ed inequivocabile. Ricordare la difesa dell’Africa
Orientale Italiana nonché la resistenza tenace del soldato italiano sotto tutti i climi e
in tutte le terre.
Fronte di guerre. Questa non è solo guerra
di eserciti, ma di popolo ed ha quindi un
carattere totalitario. Il cittadino, sia che
vesta il grigioverde e diventi soldato, sia
che resti al suo posto di lavoro, difende in
ogni momento l’onore della Patria, e può
con la sua disciplina e il suo eroismo sui
campi di battaglia, col suo spirito di sacrificio e col suo lavoro in Patria determinare
il buon esito della lotta.
Le risorse economiche d’Europa sono
quasi tutte in mano dell’Asse: risorse minerarie e industriali da cui consegue un aumento di potenza bellica; risorse agricole
ed economiche tali da assicurare i mezzi di
resistenza e di vita delle nostre nazioni in
armi.
Necessità di parte delle popolazioni civili
di contribuire a rendere sempre più efficienti i mezzi di lotta e la resistenza interna
(lotta agli sprechi, ricupero di residui, raccolta di rottami, ecc).
Sicurezza di vittoria. Le alterne vicende
della guerra ed il sacrificio di territori non
potranno modificarne l’esito, perché la implacabile guerra sottomarina che i sommergibili del tripartito conducono su tutte le
rotte del nemico, il valore della marina
tutta degli eserciti e dell’eroica aviazione,
sono garanzia di successo e certezza di
vittoria.
[ASFG, Fascio di combattimento di Rodi Gar-
Due immagini della seconda B dell’anno scolastico 1942-1943. [Archivio Pellegrini]
La purificazione dell’insegnamento
265
La purificazione dell’insegnamento
Caduto il fascismo, sotto il controllo di una commissione del governo militare
alleato, fu avviata la defascistizzazione dell’Istruzione. L’epurazione iniziò con la
sospensione del personale che aveva ricoperto incarichi di rilievo nelle organizzazioni del Regime. Anche il “Lanza” ne fu investito in pieno, come tutte le scuole d’Italia.
L’inverno 1943-1944 fu la stagione del ritorno alla normalità “possibile” tra le
macerie lasciate da quella che il preside incaricato Iorio aveva definito “la furia
devastatrice della guerra”.
Il regio provveditore Franco de Joanna, “sfollato” a Lucera, il 21 gennaio 1944
inviò ai Capi d’Istituto e ai regi Direttori didattici della provincia una circolare
con cui informava che, avendo l’Amgot dato l’autorizzazione alla riapertura delle
scuole, tutti gli insegnanti erano tenuti a riprendere servizio immediatamente:
«Contro gli inadempienti saranno adottati i provvedimenti relativi. I Capi d’Istituto e i RR. Direttori Didattici comunicheranno i nomi di coloro che entro il 30
gennaio non saranno rientrati nella loro sede scolastica»1.
Il 9 febbraio 1944, dal “Lanza” si dà assicurazione al Provveditore «di aver
diffidato gl’insegnanti a rientrare in sede entro il 30 gennaio». Si fa notare che i
docenti Amelia Moretto Molinari, Maria Saitta La Regina, Maria De Paola, Sebaqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117, Circolare del Regio Provveditore agli Studi del 21 gennaio 1944.
266
Il Regio Liceo Lanza
stiano Fortuna e Ermellina Moro Bacchereti si trovano nelle terre non ancora liberate. La professoressa Giannina Longo Marchione sarà quanto prima in sede,
appena le sarà rilasciato dall’Amgot regolare permesso di viaggio su un’auto per
trasporti militari. La professoressa Chiara Sepe de Francesco si trova ancora sfollata a Campochiaro (Campobasso), dove non le è ancora pervenuta la comunicazione della scuola. Le medesime difficoltà di comunicazione si incontrano per
avvertire le professoresse Paola Collarile e Ada Rondinone.
L’informativa è firmata dal professor Gerardo de Caro: ha assunto pro tempore la presidenza del Liceo e della scuola media perché i presidi incaricati Giovanni Iorio e Michelangelo Testa sono stati sospesi dalle loro funzioni. Rientrano tra
il personale che nel passato Regime ha ricoperto cariche di una certa rilevanza
nella Gil. Nella Scuola è in atto «la purificazione dell’insegnamento da qualsiasi
dottrina fascista e filogermanica», che avviene, è facile ipotizzare, tra malintesi,
omissioni e diffidenze tra controllori e controllati.
Appena un mese prima, in una comunicazione al Provveditore del 14 dicembre 1943, lo stesso Giovanni Iorio aveva dato assicurazione che nessuno fra il
personale di ruolo del “Lanza” risultava aver avuto la qualifica di “squadrista”,
“marcia su Roma”, “sciarpa littorio”2. Anche il professor Michelangelo Testa,
nominato preside incaricato della Scuola Media “De Sanctis”, il 14 dicembre
aveva escluso ogni coinvolgimento del personale, inviando il seguente comunicato al Provveditore agli Studi: «Dai documenti esistenti in quest’Ufficio di presidenza e dall’ultimo annuario risulta che nessuno del personale di ruolo di questa
Regia Scuola Media ha la qualifica di squadrista, marcia su Roma, sciarpa littorio». Il 29 gennaio 1944, confermò il dato ma, poiché nel frattempo l’Amgot
aveva incluso nell’elenco del personale da sospendere dal servizio anche tutti
coloro che avevano ricoperto il ruolo di ispettore federale, pose il seguente quesito: «Sorge il dubbio circa la prof. Palazzo Maria, la quale ha ricoperto la carica
di ispettrice federale della GIL. Quest’Ufficio però è d’avviso che il provvedimento non riguardi la Palazzo, dato che agli Insegnanti era fatto stretto obbligo di
collaborare nella Gil, e che nel provvedimento stesso non si parla affatto della Gil.
Si resta pertanto in attesa di istruzioni in merito»3.
Il Governo militare alleato della Regione 4 Direzione dell’Educazione n. 2,
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 L’Ordine Regionale n. 1, sulla “defascistizzazione”, emesso il 10 Gennaio 1944, rimase in vigore
conformemente alle disposizioni e modalità dell’ordine del 2 giugno 1944, emanato dal Quartiere
Generale della Regione n. 3 del Governo Militare Alleato. L’ordine, firmato dal colonnello Charles
Poletti, Commissario regionale, riguardava le epurazioni e punizioni di fascisti inseriti nell’Amministrazione statale e nelle società di capitali. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti
1936-1954, busta 117]
3 Ivi.
La purificazione dell’insegnamento
267
per ordine del Brigadier M. Carr e di Carleton W. Washburne, che firma il documento, aveva inviato ai Provveditori agli Studi, agli Ispettori scolastici e ai Presidi un allegato (individuato con lettera A) avente per oggetto: sospensioni di insegnanti che abbiano svolto attività fascista. In esso si precisava che, oltre al personale con qualifica di squadrista, marcia su Roma, sciarpa littorio, «erano da
epurare coloro che avessero ricoperto le seguenti cariche politiche: segretario nel
Pnf; membro del Direttorio Nazionale; segretario federale; membro del Direttorio
federale; ispettore del partito; ispettore federale; segretario del Fascio (prima del
1943); membro dell’Ovra; ufficiale dell’Ufficio politico della CC.RR. e della
P.S.; iscritto a squadrista e chiunque avesse avuto una posizione autorevole nella
Gil, nei Gup, o nei Fasci femminili».
Chi era stato membro di codeste organizzazioni doveva essere immediatamente sospeso dall’impiego. Se avesse continuato a lavorare, sarebbe andato incontro
a severe penalità. Era però possibile presentare ricorso: «Qualunque insegnante
che dichiari di non aver lavorato attivamente per il partito fascista, dovrà immediatamente rivolgersi al “Senior Civil Affaire Officer” per ottenere una Scheda
personale che riempirà pienamente e che riporterà, nel corso di dieci giorni, allo
SCAO per il Direttore dell’Educazione, con una lettera nella quale esponga le
ragioni della sua protesta alla sospensione, aggiungendo documenti che supportino la sua richiesta per una speciale considerazione»4.
La lista dei Capi d’Istituto, Ispettori scolastici e Direttori didattici, che per
disposizione dell’Amgot non potevano più esercitare le loro funzioni, comunicata il 4 gennaio 1944 dalla Prefettura di Foggia al Provveditorato, e dal Ministero
il 25 gennaio seguente, comprendeva, oltre al professor Giovanni Iorio, preside
incaricato del Regio Liceo-ginnasio e della Regia Scuola Media “Palazzo degli
Studi” di Foggia, i Presidi del Regio Istituto Magistrale “Poerio” e del Regio
Istituto Tecnico Commerciale “Crispi” di Foggia; il Preside del Regio Istituto
Tecnico Commerciale di Lucera; il Rettore del Regio Convitto Nazionale di Lucera; il Direttore incaricato della Regia Scuola di Avviamento Professionale di
San Marco in Lamis; il Direttore della Regia Scuola Industriale di Lucera; i Dirigenti del Regio Corso Avviamento Professionale di Monte Sant’Angelo, di Serracapriola e di Vieste5.
Il provveditore Franco de Joanna, il 30 gennaio 1944 trasmise all’Amgot di
Torremaggiore le schede personali, in duplice copia, di quattro regi Direttori Didattici e Capi d’Istituto. Il 5 febbraio successivo, trasmise alla Scao Amgot, Sezione Educazione, di stanza a Torremaggiore, le schede dei presidi, direttori ed
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
4 ASFG,
5
Ivi.
Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117.
268
Il Regio Liceo Lanza
insegnanti sospesi. Nell’elenco figurano il professor Michelangelo Testa, preside
incaricato della Regia Scuola Media “De Sanctis” di Foggia e la direttrice Egeria
Visco Ferrante, ex docente del “Lanza”. Nella lista del personale amministrativo
è compreso il nome della segretaria Bianca Giuliano6.
L’inclusione nella lista B (insegnanti che non potevano esercitare le loro funzioni) diede luogo a sorprese e incredulità da parte degli interessati. Gli Ispettori
stessi furono presi da molti dubbi e chiesero ai superiori e all’Amgot dei chiarimenti sui criteri da adottare per giudicare i singoli casi7. Nelle numerose istanze
di “chiarimento” alle superiori autorità alleate e al Provveditore di Foggia di stanza a Lucera (alcune riportate in appendice a questo capitolo), si ha la misura del
«consenso» effettivo dei docenti alla politica scolastica del Regime. La maggior
parte di essi si difende adducendo le “circostanze ambientali” che determinarono
il loro coinvolgimento nelle attività di inquadramento della “gioventù studiosa”8.
Sulle epurazioni seguite all’8 settembre del 1943, si è ammesso da più parti
che, a livello nazionale, questa operazione di resa dei conti, avviata dall’Amgot,
dopo una prima fase di “caccia alle streghe”, venne condotta con la consueta
flessibilità italiana. Gli Istituti del fascismo, connotati dal Regime, cambiarono
solo il nome, diventando il “nuovo Stato”. L’Alto Commissariato venne eliminato e tutte le decisioni e i provvedimenti di epurazione a carico dei dipendenti in
odore di fascismo passarono alla presidenza del Consiglio, che emanò una disposizione secondo la quale tutti i procedimenti di epurazione a carico di dipendenti
dello Stato e degli Enti Pubblici potevano essere avviati soltanto su iniziativa
dell’amministrazione di appartenenza. I direttori didattici e i Presidi avrebbero
dovuto segnalare i dipendenti che erano stati “fascisti attivi”. Fu un non sense. Il
processo di epurazione divenne via via sempre più blando. Con l’amnistia del
giugno 1946 concessa da Togliatti, i processi si chiusero. Tutti tornarono ai propri
posti di lavoro. Le carriere dei capi di istituti e degli insegnanti, come quelle di
tutti i dirigenti statali e dagli impiegati, non subirono altre ripercussioni.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
6 ASFG,
7
Ivi.
8 Ivi.
Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117.
La purificazione dell’insegnamento
LETTERE ALL’AMGOT
Per le insegnanti della scuola pubblica,
l’adesione alle organizzazioni di Regime
spesso fu “quasi obbligata” in virtù dell’incarico istituzionale ricoperto. Non sempre,
almeno a leggere le lettere delle “epurate”, gli ideali littori erano stati realmente
condivisi. Era il viatico per tutte, se si voleva far carriera nella vita.
AL SENIOR CIVIL AFFAIRS OFFICIER DELL’A.M.G. di LUCERA:
Da informazioni assunte risulta che è stata
inoltrata denunzia al Regio Provveditore
agli Studi contro noi sottoscritte [...] perché
non ci fosse conferito l’incarico presso
queste scuole primarie e presso questo
Regio Ginnasio.
Non conosciamo l’autore della lettera di
accusa; lettera trasmessa di sicuro al Regio
Provveditore. Pare che la denunzia sia stata
inoltrata dal Preside del Ginnasio, di sua
iniziativa, o dietro pressioni vivaci del Presidente del locale Comitato di Liberazione
Nazionale.
Ci permettiamo far noto che tutti i componenti del Comitato, da noi interessati, sono
rimasti sorpresi di tanto arbitrio, non avendo essi mai discusso né deliberato in seno
al Comitato stesso, qualche cosa nociva ai
nostri interessi.
Ci pregiamo informare che siamo state segnalate a torto, non avendo mai rivestito
cariche politiche, né siamo state filo-fasciste, come l’accusa dice.
Siamo state solamente fasciste, come le
altre ed accanto alle altre.
Mentre la grande delle sorelle [...] si è tesserata al Fascio Femminile nel 1936, alla
vigilia di sostenere gli esami di abilitazione
magistrale, la seconda [...] nel 1938, un
269
mese prima di sostenere anch’essa gli
esami di abilitazione, le due ultime [...],
nate e cresciute nel ventennio del fascismo,
hanno dovuto, come le altre, essere soggette al cessato partito totalitario, militando
come gregarie nelle Piccole Italiane, nelle
Giovani Italiane, Giovani Fasciste.
Era il viatico per tutte, se si voleva studiare
e fare carriera nella vita.
Nessuna attività degna di rilievo è stata
spiegata da noi nel cessato comando Gil,
oltre quel tanto indispensabile per tacitare i
superiori, i quali facevano continue pressioni sulle insegnanti, specie se incaricate.
Ci pregiamo far notare ancora che se qualcuno, Preside del Regio Ginnasio Direttore
Didattico o Presidente del Comitato di liberazione nazionale, ha tenuto a segnalare le
nostre persone, lo ha fatto per livore personale, perché roso dalla gelosia di vedere
quattro sorelle occupate, e non avendo a
portata di mano prove tangibili che avessero potuto dimostrare pretesi demeriti di
servizio, si è appigliato al fattore politico,
sicuro di riuscire nell’intento. Le nostre
note caratteristiche esistenti presso i vari
Istituti scolastici sono eccellenti per capacità di insegnamento, moralità e serietà.
Abbiamo insegnato negli anni scolastici
1941-42 e 1942-43.
Il nostro genitore, padre di 12 figli, di cui
10 a suo totale carico, è un ex combattente
della guerra mondiale 1915-18, decorato
della croce al merito di guerra, mai tesserato al partito fascista ed amministratore e
procuratore del Senatore Benedetto Croce,
si logora la salute per assicurare alla sua
famiglia un tenore di vita dignitoso, ma le
condizioni di vita, oggi difficilissime specie per l’alimentazione, non consentono
che il fardello domestico sia portato solamente dal capo di famig1ia. È indispensabile che tutti aiutino il padre, che ognuno
col suo lavoro procuri il tanto necessario
per tirare innanzi la famiglia assai numerosa.
Esprimiamo ardente desiderio che tutto si
metta in chiaro e, ponendo fede e speranza
in questo, noi sottoscritte ci permettiamo di
fare appello alla competenza di codesto
Comando, affinché siano esperite indagini,
sia ben considerato il danno morale e materiale perpetrato nei nostri riguardi e ci sia
resa giustizia.
Con infiniti ringraziamenti e scuse esterniamo la profonda imperitura gratitudine.
6 marzo 1944
Devotissime (seguono le firme di quattro
insegnanti di Cerignola)
A difendere i docenti “segnalati” scesero
in campo anche i partiti antifascisti e qualche parroco dei piccoli paesi. Riportiamo
la lettera dell’arciprete di Biccari.
Innanzi tutto una premessa.
La presente dichiarazione non pretende di
essere una difesa dell’insegnante [...], per
la semplicissima ragione, che dalla vita di
Lui, come cittadino e maestro di scuola
elementare, emana tale una somma esemplare di fatti, da farne una persona incensurabile e sempre di condotta rettilinea.
Io, come cappellano della Gil e come insegnante di religione in queste scuole, ho
avuto occasione molte volte di avvicinarlo,
essendo egli fiduciario delle medesime e
Vice Comandante della suddetta istituzione
giovanile.
Attraverso le frequenti conversazioni avute
con lui mi sono formato la coscienza che
Egli si iscrisse al Partito non perché vi
fosse attratto dalla bontà e dalla bellezza
del programma, ma perché costrettovi dalle
intimidazioni e dalle fustigazioni morali a
cui venne fatto segno prima dell’acquisto
della tessera.
La sua iscrizione al Fascio porta la data del
28 ottobre 1932.
Si potrebbe per questo chiamarlo un ritardatario in confronto di tanti sbracati e scalmanati della famigerata prima ora.
È vero che Egli come Vice Comandante
della GIL si prodigò nel disimpegno della
gravosa mansione affidatogli, ma non per
ubbriacatura (sic) od euforia fascista, o in
ossequio alla mistica assurda del regime;
ma perché per temperamento estremamente ligio al dovere, avendo dovuto curvare le
spalle, come Cristo, ad un onere impostogli, portò la croce, con l’occhio fisso ad una
sola meta: il bene della Patria. Egli era in
una grande, buona fede.
Del partito non si è mai beneficiato ed in
nessun modo.
Ha lavorato per la scuola e nella scuola che
disgraziatamente i vari Ministri avevano
trasformato in una palestra che appiattiva
le intelligenze con programmi che non si
preoccupavano di altro che del Duce, di
ginnastica e di canti guerrieri.
Al suo attivo [...] ha molti anni d’insegnamento, nel quale, nonostante le pastoie e le
ingiunzioni di superiori circolari, dirette
alla distruzione del patrimonio spirituale ed
etico della scuola italiana, egli, ogni volta
che poteva, infondeva nell’animo dei piccoli, le idee madri della nostra pedagogia
ed il vero amore dell’Italia.
Di quanto ho dichiarato prendo in pieno la
responsabilità.
Biccari 21 marzo 1944
Firmato: Parroco Salvatore Monaco
Le condizioni impossibili
La caduta del fascismo “impone” repentine svolte democratiche. Il ministro
dell’Educazione Nazionale Severi abroga la Carta della Scuola di Bottai. Viene
abolito il libro di testo unico, con l’epurazione dei contenuti più caratterizzanti.
Nel 1945 il pedagogista Washburne, in Italia con le truppe alleate, propone un
programma improntato sulla pedagogia democratica ed antiautoritaria. Nella
relazione finale allo «Spettabile Ministero», parlando delle “variazioni” nella
scelta dei libri di testo per l’anno scolastico 1945-1946, il nuovo preside del
“Lanza” Antonio Regina comunica: «Non (ne) è stata consentita alcuna dal momento attuale del mercato librario e dei trasporti. È stata cura dei docenti rimuovere dai loro programmi quelle parti – o dai libri di testo quelle pagine – non più
rispondenti alle condizioni della Patria restituita a libertà».
Il preside Regina, nella sua relazione del 1944-19451, comunica al Ministero
che le attività didattiche sono state dirette ad un unico scopo: «Seppellire nel
cuore e nella mente dei giovani un passato che, dove non è stato vergogna, è stato
orgoglio, menzogna, rovina della nostra Patria, pel cui migliore destino sono andati perduti il sangue così generosamente sparso da migliaia di eroi purissimi, e
il sacrificio molteplice, duro, quotidiano del nostro popolo». «Tutti, dal Preside
agli insegnanti hanno cercato con suprema energia di risollevarne lo sguardo in
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 110, fascicolo Liceo Lanza,
Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1944-1945 del preside Antonio Regina, di
pagine 10 e allegati.
272
Il Regio Liceo Lanza
alto, sopra tutto dopo la tremenda delusione patita, dopo le distruzioni immani
subite. La scuola non si è limitata a fornire ai giovani il solo sapere. Il sapere fine
a se stesso prepara gli spettatori, non gli attori della storia. Ed invece c’è estremo
bisogno di rifare la storia italiana. Rinascere o sparire è la nostra alternativa,
oggi»2.
Quell’anno, al Regio Liceo-ginnasio “Lanza” si iscrissero 616 alunni, 125 in
più dell’anno precedente. Nel corso dei mesi, 110 di essi abbandonarono la scuola, tre si trasferirono. A fine anno erano presenti soltanto 503 studenti3. Le attività didattiche si svolsero tra difficoltà logistiche enormi: i bombardamenti aerei,
ma soprattutto le varie occupazioni militari4, eventi dei quali «non si può dire se
più rovinosi per la Scuola quelli o queste», avevano costretto l’Istituto a lasciare
i locali del Palazzo degli Studi ed a traslocare al numero 7 di via De Nittis, in uno
stabile destinato ad abitazioni private. La sede era assolutamente inadeguata alle
necessità ed alle molteplici funzioni da assolvere. Ospitò quattro scuole: oltre al
“Lanza”, vi si alternavano tre scuole medie. I locali a disposizione erano nove
stanze soltanto, più tre accessori adibiti a presidenze e segreterie. Due scuole
medie erano dirette, “per fortuna”, da un unico preside.
Una sistemazione decisamente precaria, che ridusse drasticamente il tempo a
disposizione dei docenti per attuare «una didattica efficace». Le poche aule, pur
essendo sfruttate al massimo, dalla mattina alla sera, consentirono per le singole
classi dei turni estremamente ridotti. Nonostante tutti gli accorgimenti usati
nell’articolazione dell’orario, furono soltanto nove le ore di lezione settimanali
effettuate. La legge ne prescriveva il triplo. Commenta Regina: «L’impiego delle
domeniche per i compiti scritti, per le interrogazioni incalzanti e improrogabili, i
ritorni a scuola nei tardi pomeriggi, non hanno potuto alterare questo fatto fondamentale: sono state impartite lezioni per sole nove ore la settimana, laddove
l’organico ne prescrive da 27 a 29. Meno del terzo, dunque. Senza parlare del
mese e mezzo di vacanze invernali. Ecco perché la relazione finale del preside
sarà, per forza di cose, brevissima per non ridursi a una perenne, noiosa deploraqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del
preside Antonio Regina., p. 3.
3 Ivi, p. 8.
4 Edifici scolastici colpiti dai bombardamenti e occupati dalle truppe alleate: Palazzo degli Studi,
corso Roma; Regio Istituto Industriale “Altamura”, via Volta; Edificio scolastico “Parisi”, via Pestalozzi. Edifici colpiti e occupati dagli sfollati: Regio Liceo Scientifico, corso Cairoli. Edifici
scolastici colpiti: Regia Scuola Media via Mastrolilli; Plesso scolastico Palazzo Figliolia, via Del
Colle; Plesso scolastico via Galiani. Edifici occupati dalle truppe alleate: Regia Scuola Media di
piazza de Santis. Edifici occupati dagli sfollati: Edificio scolastico “De Amicis”, piazza Santa Chiara. [ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, busta 117, Documento non datato,
risalente probabilmente a fine anno 1943-1944]
Le condizioni impossibili
273
zione di condizioni immutabili al nostro volere, e di quel che si sarebbe dovuto
fare e non fu fatto»5.
Regina lamenta la ristrettezza di quasi tutte le aule del palazzo di via de Nittis,
inidonee perché costruite per altra destinazione d’uso. È altresì preoccupato da
problemi di sicurezza. Ad esempio, la statica della scalinata «è compromessa
dalle oscillazioni impressele da migliaia di giovani succedentisi giornalmente
sulle sue rampe, poiché tutto l’edificio è stato costruito in economia e pel traffico
di poche persone».
La polemica contro il Comune di Foggia è lapidaria, secca, esasperata, quasi
sopra le righe, trattandosi di un documento ufficiale: «È mio dovere proclamare
– denuncia amaramente Regina – che gli sforzi delle Autorità scolastiche, intesi a
salvare la Scuola, sono stati frustrati dagli uomini preposti all’amministrazione
della Città». Costoro, mentre si sono preoccupati di garantire condizioni di vita
«se non decorose, certo possibili» ad altri uffici ed attività meno importanti, non
hanno fatto niente per il Regio Liceo: «Questo Istituto à funzionato in modo impossibile. Quel poco, anzi pochissimo che la Scuola è riuscita ad ottenere, è stato
strappato, per così dire, coi denti, e cioè con lotte asprissime».
C’è carenza di igiene, anche se dovuta a cause di forza maggiore: nello stabile ci sono soltanto tre bagni, uno per i maschi, uno per le donne, ed uno per gli
insegnanti.
L’arredamento, comune ai quattro Istituti, consiste in banchi non del tutto
idonei e in lavagne soltanto. Le sedie sono assolutamente insufficienti; può accomodarsi soltanto la metà degli alunni, che sono costretti anche a fare i turni. Regina tiene a precisare: «Se si è potuto ottenere una sedia per tutto l’Istituto da un
amministratore che, non si può tacere, è padre di una mia alunna, e se tutti gl’insegnanti àn continuato quindi ad impartire lezioni in piedi sino al termine dell’anno (e non tutti son giovani di 25 anni), s’intenderà ove dovessero approdare
quegli sforzi delle Autorità scolastiche per assicurare alla Scuola un minimo di
vita decente». Il materiale di cancelleria non esiste: «Per uno stampato si è dovuto far ricorso al patrocinio di un partito politico, dopo settimane di vane, stanche
umiliazioni». Il materiale didattico e scientifico è andato interamente perduto. In
biblioteca ci sono due volumi soltanto, dono del Ministero. Nei laboratori undici
apparecchi elettrici modestissimi, acquistati nell’anno in corso col fondo ministeriale di 5.300 lire che la scuola si è affrettata a spendere.
Per ricostituire laboratori e biblioteche, il Preside ha chiesto un contributo
direttamente agli studenti, cercando di non superare mai la cifra di venticinque
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
5
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del
preside Antonio Regina, pp. 1-2.
274
Il Regio Liceo Lanza
lire a testa. Non ha costretto nessuno ad elargirla, lasciando all’iniziativa «il carattere d’una sentita spontaneità». Ha raccolto circa ventimila lire6. Un fondo
esiguo. L’acquisto degli strumenti occorrenti verrà effettuato quando la somma
raccolta sarà più congrua, ed i prezzi più convenienti. Bisognerà provvedere alla
custodia del materiale, perché «nessuno, professori ed alunni, pur volendo, se l’è
sentita di donare libri preziosi al Liceo: il locale non è sicuro, se addirittura ogni
carta d’importanza dev’essere trattenuta nelle case dei singoli capi d’Istituto».
Egli si riserva di ricorrere «al mecenatismo illuminato di qualche privato od Ente,
per sollevare decisamente i gabinetti a quello stato di efficienza che non faccia
andare dispersa larga parte dei frutti che la Scuola, quand’anche classica, s’aspetta dagl’insegnamenti scientifici»7.
Alla mancanza dei libri, i docenti hanno supplito recandosi alla locale Biblioteca provinciale. Gli alunni si sono scambiati qualche volume di loro proprietà,
sotto il controllo dei professori. Per l’anno in corso, la scuola non ha potuto effettuare abbonamenti ad alcuna rivista, a causa delle «condizioni irregolari» sia della
stampa sia del recapito della stessa.
Circa la didattica, Regina segnala che i docenti di lettere italiane nei corsi A,
B, C e D hanno perseguito, chi più chi meno, a seconda delle personali capacità
e del numero di ore a disposizione (nelle sezioni staccate quasi doppio della sede
centrale) le seguenti finalità: valutare i singoli generi letterari e le teorie d’arte e
gli uomini rappresentativi nel contesto delle condizioni politiche, sociali e morali del tempo e delle manifestazioni coeve d’arte (pittura, scultura, musica). I temi
per i compiti scritti sono stati scelti «nel campo delle affermazioni immortali di
bellezza e di verità, degli eroismi solatii della nostra gente, delle norme di vita che
portarono alla libertà e all’unità del Risorgimento la nostra esistenza nazionale».
Il programma, ovviamente, è stato svolto parzialmente, e per summa capita, e
«questo va detto» per tutte le discipline. Gli insegnanti di lettere classiche «ànno
cercato di portare nello studio degli autori latini buona parte di quella dovizia di
riferimenti storici, di quella inserzione dell’opera d’arte nella vita, in tutti i piani
della vita romana, osmosi di letteratura e di civiltà, le quali sono legate indissolubilmente a un insegnamento fecondo del latino8. Quanto al greco «se n’è rinfrescato, ove possibile, la conoscenza morfologica, labile di per sé nei giovani, soprattutto se non viene ribadita attraverso appropriati esercizi, anche all’improvviso; ci si è sforzati però di illuminarla nella superiore visione della magnificenza
creatrice del genio greco, i cui canoni d’arte e doni di bellezza accrescono tuttora
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
6 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del
preside Antonio Regina, p. 2.
7 Ivi, p. 3.
8 Ivi, p. 4.
Le condizioni impossibili
275
il mondo di valore»9.
Il profitto è stato scarso: dal 1940 in poi lo studio delle due lingue classiche
nella Scuola Media e nel Ginnasio superiore è stato insufficiente e le conseguenze si fanno sentire. Il programma grammaticale, svolto in maniera rapida o inadeguata, sarà oggetto l’anno venturo di trattazioni sistematiche e serie, anche a
scapito dei classici poiché «non vale leggere una pagina d’un autore qualsiasi,
quando non si abbia il possesso di tutti i mezzi per penetrarla e farla propria».
Il programma di storia è stato svolto, pur in mancanza della necessaria visione
d’insieme della materia rimasta sconnessa, con «quella fiamma di italianità almeno che l’importanza di essa ai fini dell’educazione del cittadino impone». Massimo rilievo è stato dato a quel «processo che a traverso tappe di sangue e di grandezza, portò la patria al Risorgimento». Si è dato spazio «a qualche nobile impresa degli Italiani sui campi di battaglia e al timone di stato di tutte le nazioni del
mondo, all’opera di statisti, condottieri, e pure navigatori, esploratori, santi, finanzieri, artisti». Positivi i risultati raggiunti. Meno apprezzabili in filosofia: «La
resistenza opposta dai giovani all’astrattezza della materia, in una età in cui le
forze attive sono il sentimento e la fantasia, la novità assoluta di essa materia, una
certa pesantezza, a volte nell’impartirla, non ànno permesso che contribuisse alla
formazione dell’intelletto degli allievi nella misura attesa».
Il programma di matematica è stato sviluppato nelle sue «parti essenzialissime
con migliore frutto». Si è raccomandato l’aderenza stretta delle spiegazioni al
testo, che «inchioda le nozioni di una tal disciplina nella mente degli scolari,
sopprimendo la confusione e la dettatura degli appunti»10. Meno proficuo è riuscito l’insegnamento della fisica, per mancanza del laboratorio. Altrettanto dicasi
per l’insegnamento delle scienze, nonostante la buona cultura del docente dei
corsi A e B e la «singolare chiarificazione che a traverso la sua parola ànno acquistato i più astrusi e profondi argomenti»11.
Nelle varie classi del Ginnasio superiore, lo svolgimento del programma di
materie letterarie è stato “compromesso” dalla riduzione dell’orario: «Non c’è
stata perizia od esperienza di docenti valsa a irrobustire gli alunni, nel campo del
greco e del latino, pur se la storia e la geografia, e talvolta l’italiano, gli ànno
ceduto parte o tutto il tempo loro assegnato».
Il “metodo pratico” che deve invece affermarsi nell’insegnamento della lingua
inglese e di quella francese, «à reso assai esperte le scolaresche. A fine anno molti
alunni sono stati in grado di scambiare “quattro parole” con i militari inglesi e
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
9 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del
preside Antonio Regina, p. 8.
10 Ivi, p. 5.
11 Ivi, p. 6.
francesi, e taluno d’impiegarsi anche al loro seguito, in qualità d’interprete».
L’insegnamento della matematica «non è solo opera di bravura, ma più del
procedere calmo e paziente. Solo a tal patto verrà coronato lo sforzo dell’insegnante per impartire, degli alunni per assimilare le nozioni matematiche». In ogni
classe si è privilegiato il ricorso agli esercizi e i riferimenti alla realtà.
Le lezioni di educazione fisica «sono riuscite poco feconde», per il ridottissimo numero di ore – appena una volta al mese – e per la soppressione di qualsiasi
esercitazione pratica, a causa della mancanza di una palestra e di attrezzi ginnici.
Un nuovo “ordinamento” è stato instaurato dal preside Regina, in questo suo
primo anno di direzione della scuola, per frenare i ritardi e le assenze “abusive”:
«Poiché le giustificazioni scritte risultano di regola poco attendibili, non si è permessa la riammissione in classe, senza che il padre, o chi per lui, dell’assente,
avesse conferito col Preside. Nell’occasione, si è dimostrato a tutti il grave danno
delle assenze non seriamente motivate, danno che incrina profitto e volontà negli
studenti». Il Preside ha sorvegliato direttamente l’entrata in classe per individuare gli studenti ritardatari, ha seguito ogni giorno il rientro degli assenti. Per questo
non si sono avute assenze ingiustificate e sono risultate limitate quelle giustificate, dovute tutte a impedimenti di salute o ad apprezzabili ragioni familiari. Tutti i
genitori degli studenti sono stati invitati a conferire col Preside un mese prima
degli scrutini trimestrali, e tutti sono ritornati a firmare la pagella. Nessun limite
di orario è stato assegnato per tali comunicazioni: «Di mattino o di pomeriggio,
tutte le ore sono state messe a disposizione delle famiglie che devono spesso cogliere quell’unica disponibile fra le tante dedicate alle loro occupazioni giornaliere. I genitori che non dimorano in Foggia sono stati informati direttamente, con
appositi moduli, delle assenze e dei richiami e degli scrutini dei figliuoli».
A parte gli inevitabili richiami agli alunni e le rare sospensioni di uno o due
giorni di lezione, una sola punizione notevole, tre in condotta, è stata inflitta durante l’anno. Le assenze dei docenti, limitate allo stretto bisogno, sono state tutte
supplite dal Preside e dai colleghi. Purtroppo, il profitto degli studenti è stato
scarso o stentato. Per Regina, le cause superiori, le condizioni belliche e tutto «il
complesso delle condizioni nelle quali la nazione si dibatte, hanno contribuito a
determinare questa sostanziale mancanza di impegno, ma certo esso sarebbe stato
più soddisfacente se la volontà degli alunni non fosse stata così sorda, l’impegno
discontinuo, l’abitudine a indulgenze passate così supina»12.
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12 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del
preside Antonio Regina, pp. 6-7.
Il ritorno al Palazzo degli Studi
Nell’anno scolastico 1945-1946 si iscrissero al Regio Liceo ginnasio “Lanza”
627 alunni, undici in più dell’anno precedente. Abbandonarono la scuola 76 alunni; undici si trasferirono altrove. A fine anno erano presenti 540 studenti1.
Fino al mese di marzo del 1946, il Liceo rimase nello stabile di via De Nittis.
«Essendo questi locali delle abitazioni private, le condizioni di funzionamento
della scuola – ribadisce il preside Regina, parafrasando le parole forti dell’anno
precedente – sono impossibili e indecorose». Per fortuna, ai primi di aprile c’è
stato il ritorno, dopo tre anni di assenza, al Palazzo degli Studi. Qui gli effetti
della guerra sono tristemente visibili a tutti: l’edificio si presenta senza più vetri,
trasformato caoticamente dalle varie occupazioni militari in essa succedutesi, con
il corridoio centrale reso buio dalla soppressione di ampie vetrate, dalla muratura
di bracci e passaggi. Ma almeno «è una sede spaziosa, pulita, costruita appositamente a scuola. Non c’è rimasta traccia alcuna dell’arredamento bello e ricco
d’un tempo, e nemmeno di un pezzo di legno qualsiasi». Si continua a dividere il
locale con un’altra scuola.
Nonostante ciò, il ritorno al Palazzo degli Studi è salutato come il primo passo
verso la ripresa della serietà degli studi: «Il cammino ch’è davanti sarà lungo e
scabro – prevede Regina – ma si è ormai sulla buona strada». Non fu possibile
“normalizzare” l’orario settimanale delle lezioni, fermo a diciotto ore a causa dei
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, fascicolo Liceo Lanza, Relazioni finali Capi d’Istituto 1937-1942, relazione a.s 1945-1946 del preside Antonio Regina, di 14 pagine.
278
Il Regio Liceo Lanza
doppi turni. Tempo decisamente insufficiente alle esigenze dei programmi e a
«colmare le mutilazioni portate ad essi, sempre più gravi e allargantisi da un
quinquennio».
Un Comitato “Pro Scuola”, presieduto dal provveditore agli Studi de Joanna,
cercò di fornire agli Istituti scolastici di Foggia l’arredo necessario. I fondi raccolti dotarono il “Lanza” di venti robusti banchi. La smobilitazione dei campi
militari alleati, stanziati nella piana del Tavoliere, assicurò un certo numero di
piccoli sgabelli in ferro. Essi, pur scomodi e rumorosi, erano sufficienti a far sedere finalmente tutti gli alunni, cosa che negli ultimi anni scolastici non era stato
possibile assicurare: «Soltanto poco più d’un terzo degli studenti poteva assistere
alle lezioni in posizione ideale. Gli altri erano costretti a stare in piedi». La cementite nera sopperì alla mancanza delle lavagne asportate. Il Comune fornì una
sedia per aula agli insegnanti: finalmente pose fine ai «sacrifici indicibili» cui
erano stati costretti per tre anni. Ai primi di settembre altri quindici banchi furono
inviati dal Provveditorato. I trentacinque banchetti nuovi e una cinquantina di
quelli vecchi, poco idonei e messi insieme con espedienti vari, e la disponibilità
di altri quaranta banchi, appartenenti alla scuola media che si alternava negli
stessi locali, permisero al “Lanza” di superare «la svolta paurosa a cui gli eventi
bellici accanitisi su Foggia avevano portato tutta la sua vita».
Un’affermazione di Regina dà il senso della precarietà degli uffici amministrativi: «Nemmeno i tavoli di lavoro del preside e del segretario ci appartenevano.
Si è penato non poco perché essi ci venissero lasciati stabilmente». I registri, e le
pratiche d’ogni specie, che per anni erano stati buttati qua e là, persino per terra,
o che, per la necessaria salvaguardia, erano stati portati nelle abitazioni private
del Preside e del personale dell’Istituto, furono riposti in due ampi armadi. Ciò fu
possibile soltanto grazie a «uno spontaneo simpatico gesto degli studenti della
terza classe liceale, che li donarono alla Scuola. Un terzo armadio fu costruito da
un bidello del Liceo, con materiale pregiato, di provenienza alleata»2.
Per tante altre piccole necessità, al disinteresse o al diniego degli Enti preposti
si sostituì l’iniziativa privata. Racconta il Preside: «Così, per dirne una, non reggendo l’animo al sottoscritto che un Istituto di larga importanza non potesse
all’occorrenza disporre di una macchina nuova da scrivere, l’à egli acquistata
nuova tutta del suo, perché, pur rimanendo di sua esclusiva proprietà, servisse,
alleviandogli il peso del lavoro, ai bisogni della Scuola».
Il gabinetto di fisica era andato interamente perduto, così quello di scienze, e
il laboratorio delle due discipline. La biblioteca dei professori, ricca di oltre seimila volumi, alcuni di gran pregio, non esisteva più. Come non esisteva più quelqqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1945-1946 del
preside Antonio Regina, pp. 1-2.
TERESA MARIA RAUZINO
Il ritorno al Palazzo degli Studi
297
la degli alunni. Per «rifondare» gabinetti e biblioteche, Regina continuò a raccogliere fondi, chiedendo un altro piccolo contributo agli studenti: la somma di
circa ventimila lire, raccolta nell’anno scolastico precedente, raddoppiò.
Si deliberò l’acquisto del “nucleo fondamentale” degli apparecchi per il laboratorio di fisica. Il fondo ministeriale di 8.800 lire fu utilizzato per acquistare un
gruppo convertitore per gli esperimenti di elettricità. Ma nel Palazzo degli Studi
mancava ancora la necessaria vigilanza. Per questo motivo, gli strumenti scientifici erano custoditi nell’abitazione privata dell’insegnante di fisica, che li portava
a scuola quando servivano.
I fondi raccolti furono altresì utilizzati «per l’acquisto dell’intero corpo degli
scritti di Benedetto Croce, con cui non si potrebbe dar più degno inizio e sostanza alla ricostituzione della biblioteca»3. Alla fine dell’anno 1945-1946, essa
contava soltanto quattro volumi, dono del Ministero, oltre ad un’annata delle riviste “La Nuova Antologia” e “Sapere”, donate dalle rispettive case editrici.
La chiusa di Antonio Regina fa il punto sugli obiettivi raggiunti: «La scuola,
non potendo essere avulsa dalla vita, ha cercato di formare nei giovani il carattere, il senso dell’onore, ne ha affinato la volontà, il coraggio, lo spirito d’iniziativa». Tutti, dal Preside all’ultimo docente dell’Istituto, hanno cercato di perseguire, «con grande forza ed energia», questa finalità, anche se il profitto degli studenti è stato, come l’anno precedente, scarso o stentato4. Un valido aiuto è stato
prestato dagli insegnanti. Grazie al loro impegno, sono migliorate le condizioni
didattico-disciplinari dell’Istituto, l’amorevole affiatamento fra docenti, e fra
docenti e discenti5.
Le sezioni staccate “fantasma”
Nell’anno scolastico 1943-1944, il Regio Liceo “Lanza” di Foggia ha quattro
sezioni staccate: a Monte Sant’Angelo c’è una sezione completa del Liceo-ginnasio con cinque classi; a Manfredonia una seconda liceale con tre classi; a Troia
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
3
ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1945-1946 del
preside Antonio Regina, p. 3.
4 Ivi, p. 6.
5 Salvo i dispensati, tutti gli iscritti hanno pagato le tasse, compresa quella di educazione fisica.
Un’attenta revisione della posizione di ciascun alunno, ha portato al recupero di qualche rata non
pagata negli anni precedenti. Dalla tassa d’esame risultano dispensati ventisette studenti appartenenti a famiglie numerose, due figli di italiani all’estero, uno d’invalido di guerra, due orfani di
guerra. Le istanze di esonero, complete della prescritta documentazione, sono state sottoposte
all’approvazione del Collegio dei professori o trasmesse, per il nulla osta, all’Intendenza di finan-
280
Il Regio Liceo Lanza
una terza ginnasiale con due classi; a Sannicandro Garganico una quarta ginnasiale con due classi. Il livello qualitativo di queste succursali «lascia alquanto a
desiderare». Si salva soltanto la sezione di Monte Sant’Angelo.
Regina esprime il proprio parere «sfavorevole per Manfredonia, sfavorevolissimo per San Nicandro e Troia», stigmatizzando «la politica di apertura a tutti i
costi, anche in mancanza di docenti idonei». La palese impreparazione di costoro
crea nei discenti, inopinatamente loro affidati, dei vuoti culturali inammissibili,
attestati dagli esiti “disastrosi” degli esami sia di ammissione che finali: «A me
pare – osserva il Preside – che non si debba guardare soltanto agli interessi morali ed economici della gioventù studiosa, ma anche a quelli culturali; e che cioè,
quando non si possano assicurare ad essa insegnanti che sappiano il minimo richiesto, non se ne debba permettere la rovina. I risultati colti negli esami di ammissione al Liceo dalle sezioni di Sannicandro e Troia sono apparsi quanto mai
deplorevoli; e la consapevolezza degli alunni è stata tale che, dopo le prove
d’inaudita larghezza fornite da una Commissione esaminatrice con l’ammettere
cinque candidati alla seconda sessione, nessuno di essi si è presentato»6. Regina
denuncia la «palese mistificazione» delle Amministrazioni podestarili, interessate
ad ottenere l’apertura delle sezioni, a «dichiarare un numero di istanze d’iscrizione superiore a quei pochi alunni che in effetti le frequenteranno, senza parlare
delle difficoltà o dell’impossibilità della loro sorveglianza, delle Presidenze affidate a persone del luogo ed inette, dei favoritismi e via di seguito».
Nel successivo anno 1944-1945, le sezioni staccate del “Lanza” sono sei7: alle
sedi già “funzionanti” si aggiungono Sant’Agata di Puglia, con due classi di quinta ginnasiale, e Bovino con una sesta ginnasiale. Il preside Regina ribadisce il
proprio giudizio sulla loro qualità: favorevole soltanto per la sezione di Monte
Sant’Angelo; sfavorevole per Manfredonia, sfavorevolissimo per tutte le altre.
Tali sezioni staccate operano ai margini della legalità: «Non è possibile che, per
alleviare la disoccupazione dei laureati, si debba accrescere il deficit del bilancio
statale, consentendo a “paesucoli” che non se lo sarebbero mai sognato l’istituzione di una scuola media superiore, coronata da risultati come quelli dell’esame
di ammissione al Liceo tenutosi solo nel capoluogo, i più deplorevoli a concepire». La polemica del Preside “soffia” su quella già accesa l’anno precedente.
Regina smorza la sua “reprimenda” soltanto in considerazione delle «supreme
esigenze della Patria», che non ammettono polemiche: «Non è ora mio compito
insistere. È mio compito far tenere al Suo Ministero la promessa che Preside e
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
6 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1944-1945 del
preside Antonio Regina, p. 10.
7 Ivi, relazione a.s 1945-1946 del preside Antonio Regina, p. 11.
Il ritorno al Palazzo degli Studi
281
Antonio
Regina
Professori gli rendono di perfezionare senza posa gli strumenti del loro lavoro,
moltiplicare gli sforzi, ed agguerrire gli alunni per le affermazioni alle quali la
Patria, stremata oggi di forze ma non di speranze, li chiama»8.
L’appello finale è rivolto al Signore: «Dio renda utile tutto il male mandatoci
per il bene della nostra Italia, che non abbiamo mai tanto amata come ora!»9.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
8 ASFG, Provveditorato agli Studi di Foggia, Atti 1936-1954, cit., relazione a.s 1945-1946 del
preside Antonio Regina, pp. 13-14.
9 Ivi, pp. 9-10.
282
Il Regio Liceo Lanza
IL LICEO DI MONTE SANT’ANGELO
Il Liceo-ginnasio di Monte Sant’Angelo fu
aperto nel settembre 1943. Sarà il Governo
alleato, autorizzando la riapertura delle
scuole medie ed elementari della Capitanata, a disporre l’istituzione delle classi IV e
V del Regio Ginnasio, nonché dell’intero
corso del Regio Liceo Classico come sezione staccata del “Lanza” di Foggia.
L’apertura di una scuola di tipo liceale era
un’esigenza avvertita da tempo a Monte
Sant’Angelo: l’Amministrazione podestarile aveva inoltrato al Ministero varie istanze, senza riscontro. Il 24 aprile 1943 il
provveditore agli Studi De Ioanna comunicò al Comune che il Ministero aveva respinto la richiesta di apertura del Liceo
scientifico sia perché vigeva il divieto di
creare nuovi Istituti dell’Ordine classico,
sia perché «l’istanza del podestà di Monte
Sant’Angelo era stata redatta e presentata
oltre il termine prescritto».
Il 17 agosto 1944, il Comitato di Liberazione, sezione di Monte Sant’Angelo, si riunì
nel Palazzo di Città sotto la presidenza del
professore Raffaele Perna. Dopo ampia discussione sostenne la petizione dei padri di
famiglia, rappresentanti tutte le classi sociali cittadine, che avevano chiesto la riapertura, anche per l’anno 1944-45, delle
sezioni staccate del Liceo “Lanza” e
dell’Istituto Magistrale di Foggia.
Il 9 settembre 1944, il Comune prese in
carico tutti gli oneri derivanti per legge. Il
19 luglio 1945, il commissario Riso presentò richiesta al Provveditorato affinché la
Commissione per gli esami di maturità
classica del Liceo “Lanza” si trasferisse a
Monte Sant’Angelo. Il Comune si impegnò
a mettere a disposizione un’automobile per
il viaggio di andata e ritorno e a provvedere
affinché tutti i componenti della Commissione trovassero vitto e alloggio decorosi.
Il 13 settembre 1945 venne inviata in Provveditorato una richiesta delle famiglie tesa
ad ottenere, anche per l’anno scolastico
1945-1946, la permanenza delle due sezioni staccate.
Il 23 giugno 1947, il Consiglio comunale
deliberò l’apposito stanziamento in bilancio, in via continuativa, di una somma per
tutte le spese occorrenti al mantenimento e
funzionamento del Liceo-ginnasio, chiedendo l’approvazione della delibera al Ministero degli Interni.
Il Liceo classico divenne autonomo il 27
gennaio 1949. Il Ministero inviò al Provveditorato agli Studi di Foggia il seguente
telegramma: «Sezione distaccata Montesantangelo con provvedimento ministeriale
odierno est trasformato Liceo autonomo
governativo».
[M. D’ARIENZO, “Cinquant’anni del Liceo G. T.
Giordani. Fra storia e cronaca”, in Cinquant’anni del Liceo Classico di Monte Sant’Angelo,
Foggia, 2000]
Il ritorno al Palazzo degli Studi
283
Alla fine della II guerra mondiale , durante
la quale si ha un drastico calo di iscrizioni,
la distribuzione numerica tra le diverse
categorie è più omogenea. Si registra
un’impennata dell’iscrizione di figli di
commercianti: gli unici, forse, a beneficiare economicamente del conflitto e a compiere un “salto” di status sociale. Le donne
iscritte, nel periodo considerato, sono
meno della metà dei maschi.
GLI ALUNNI DEL “LANZA”
(1936-1945)
Durante il periodo bellico, molti alunni del
Liceo “Lanza” provengono da famiglie di
impiegati pubblici. Vi è una solida rappresentanza di impiegati privati e agricoltori,
mentre è trascurabile quella di industriali,
operai e possidenti.
ANNI
1936-1937
1937-1938
1938-1939
1941-1942
Figli di impiegati pubblici
41%
36%
40%
56%
Figli di impiegati privati
15%
17%
16%
3%
17%
Figli di professionisti
9%
10%
14%
9%
10%
Figli di commercianti
10%
9%
9%
11%
21%
Figli di industriali
2%
1%
1%
1%
5%
Figli di agricoltori
15%
16%
10%
11%
16%
Figli di operai
7%
9%
9%
5%
11%
Figli di possidenti
1%
2%
1%
4%
7%
Classi
13
16
18
15
29
Alunni
548
600
657
439
675
Maschi
70%
71%
67%
67%
64%
Femmine
30%
29%
33%
33%
30%
1944-1945
13%
1945-1946 Gruppo del Liceo di Monte Sant’Angelo (in prima fila, quinto da sinistra, il noto studioso Giovanni Tancredi).
[Tratta da Cinquant’anni del Liceo Classico di Monte Sant’Angelo, cit.]
Testimonianze
Terminata la ricerca e la stesura del libro, sembravano freddi i luoghi, lontani
i docenti e gli studenti del Liceo-ginnasio “Lanza” descritti dai Presidi. Il loro
punto di vista era parziale, soggettivo. Le scene ricostruite dai documenti erano
come avvolte da una patina polverosa e da un senso di lontananza, che le relegavano fuori dai confini della contemporaneità. Mancava tra queste pagine qualcosa di vivo che le animasse: qualche testimonianza di coloro che fra quelle mura
vissero, e quelle aule vivificarono con le loro voci, i loro volti, la loro presenza.
La scuola non possiede alcun archivio fotografico, ma presidi e docenti, così
intenti a far rispettare la disciplina, gli orari, i programmi, avranno pur dato spazio
a qualche foto di gruppo... qualche solerte e intraprendente fotografo avrà pur
chiesto il permesso per qualche flash alle classi!
È stata Maria Teresa Masullo Fuiano, la prima a “passarci” le sue foto relative
al Ventennio. Non è stata alunna del “Lanza”, ma conosce alcuni coetanei che
hanno frequentato il Liceo-ginnasio e si è impegnata a contattarli. Ci sono così
giunte le prime due fotografie “interessanti” dalla professoressa Maria Teresa
Trifiletti, che ha frequentato il Liceo negli anni 1936-1943: la prima foto è della
sua classe, una prima ginnasiale immortalata in un luogo del “Lanza” che il preside Guerrieri chiamava, usando un frasario rifinito, alla “confluenza dei corridoi”, ovvero lo spazio dove le scolaresche venivano “schierate” in occasione di
eventi scolastici di rilievo; la seconda foto è della quarta ginnasiale di Carlo Forcella “ripresa” in biblioteca. Entrambe risalgono all’anno 1936-1937.
Di qui la decisione di ricorrere agli archivi privati. Alla ricerca iconografica si
è poi aggiunta la raccolta di testimonianze orali. Fondamentale per la scelta di un
286
Il Regio Liceo Lanza
campione significativo da sondare per delineare un quadro esaustivo di quegli
anni è stato l’aiuto di Silvia e Luigi Marangelli. Oltre a mettere a disposizione
l’archivio di famiglia, i Marangelli hanno intervistato alcuni ex alunni e reperito
molte fotografie di quegli anni. La ricerca è proseguita con la collaborazione di
Lucia Lopriore e Bianca Rita Nobili, Gegè Telesforo e Myriam Benvenuto.
Per altri importanti “contatti” è stato determinante l’uso della rete Internet.
Si è concretizzato così questo capitolo che raccoglie le testimonianze degli ex
alunni: Emilio Benvenuto, Gaetano Matrella, Oreste d’Andrea, Gustavo de Meo,
Maria Teresa Trifiletti, Maria Giovanna de Gregorio, Lucia Carelli, Mario Pellegrini, Mario Sarcinelli, Gabriella La Cava, Bianca Maria Granata, Michele Caracciolo, Domenico Di Conza, Renzo Arbore, Antonio Pellegrino e Barbara de Miro
d’Ajeta. Ricostruiscono uno spaccato significativo del Liceo-ginnasio dagli anni
Trenta agli anni Cinquanta, stavolta “dal punto di vista degli studenti” aprendo
degli squarci interessanti sulla vita del “Lanza” nel secondo dopoguerra, ed illuminando le zone d’ombra del Ventennio.
Un tassello del mosaico è stato fornito dalla professoressa Chiara Sepe de
Francesco e dal preside Michele Melillo. Contattato pochi mesi prima della sua
scomparsa, ci ha segnalato la notizia della visita di Bottai al Lanza, ma ha preferito non parlare dei primi anni passati al Liceo come docente. Ha voluto ricordare soltanto l’amicizia con i colleghi, “rimuovendo” le vicende spiacevoli di quel
periodo. Ha però ribadito che l’impianto radiofonico Geloso, postato in tutte le
aule, consentiva alla Presidenza non solo di impartire disposizioni attraverso gli
altoparlanti, ma anche di ascoltare quanto veniva detto in ciascuna classe.
Nelle aule del liceo aleggiava una certa diffidenza, che si rifletteva anche
all’esterno. Il preside Pasquale Soccio raccontava, a tale proposito, un episodio
che gli capitò nel 1939, al momento di scegliere la cattedra di insegnamento:
«Indeciso tra Foggia e Lucera, mi recai per un consiglio dal Preside del Liceo
“Lanza” di Foggia, mio amico e compaesano. Mi suggerì di non avere remore e
di optare senz’altro per la sua scuola, perché era il liceo più attrezzato e all’avanguardia della provincia: «Vedi questo apparecchio? – mi disse – grazie ad esso
riesco a comunicare con le singole aule e ad ascoltare ciò che avviene in ciascuna
di esse». «A quel punto, – concludeva Soccio – non ebbi più dubbi: scelsi Lucera!».
Oggi questa “leggenda” metropolitana creatasi intorno agli altoparlanti “spia”
del Liceo “Lanza” può essere smentita. L’uso dell’impianto, ai fini dichiarati da
Soccio, Melillo e da alcuni ex allievi del Liceo, non era tecnicamente possibile.
Quel tipo di impianto diffondeva le voci da una postazione centrale (radio o microfono) agli altoparlanti collegati, ma non poteva in alcun modo ricevere dalla
postazione principale (presidenza) le voci provenienti dalle aule: sarebbero stati
necessari vari microfoni installati per ogni locale, un sistema miscelatore, un
Testimonianze
287
amplificatore separato e un posto di ascolto acusticamente isolato.
I microfoni dell’epoca non erano in grado di captare suoni decifrabili al di
fuori di un angolo di circa 90 gradi, ed entro tale angolo ad una distanza superiore a 60-70 centimetri rispetto all’emittente sonora; inoltre non avevano dimensioni così ridotte da poter essere facilmente occultati. L’invenzione della “cimice”
fu successiva.
Il Palazzo degli Studi in una cartolina del 1941. [Archivio Barone]
288
Il Regio Liceo Lanza
Chiara SEPE DE FRANCESCO
Sepe è il cognome di suo marito. Il suo
qual è?
De Francesco. Tutti i conoscenti mi chiamano Livia, ma il mio primo nome è Chiara.
Sappiamo di lei molte cose. Tanti alunni,
che abbiamo incontrato, la ricordano con
grande amore…
Lo so, mi danno sempre dimostrazione di
attaccamento.
In particolare, Renzo Arbore ci ha raccomandato di portarle i suoi saluti.
Grazie. È stato anche lui un mio alunno.
Questo è uno studio basato sui documenti
d’archivio, sulle relazioni che i Presidi del
Regio Liceo Classico a fine anno inviavano
al Ministero. Traspare una certa discriminazione... Parlavano di una massiccia presenza femminile nell’insegnamento e dicevano che sì le insegnanti potevano dar di
più alla scuola, ma che essendo impegnate
con i figli…
Per me l’impegno familiare non intaccava
affatto quello scolastico. Avevo un figlio
invalido, ma una persona “a lui dedicata”
lo seguiva sempre. Io ero libera di pensare
alla scuola e di impegnarvi tutto il tempo
necessario.
Suo figlio era una persona solare…
Attilio ci sapeva fare, parlava con tutti ed
era ricercato da tutti. Venivano qui a chiamarlo, lo portavano con loro, era sempre in
compagnia di coetanei, di amici, quindi
non sentiva il suo stato, non gli pesava la
sua condizione. Io certo non ero felice. Era
sempre lui a darmi coraggio: «Mamma non
ti rammaricare, io non mi sento inferiore a
nessuno. Stai tranquilla, non essere così
malinconica».
Quando Lei approda al Liceo “Lanza”
come docente, si respira un’aria di ossequio al regime fascista limitato alla sola
formalità oppure, come afferma il preside
Guerrieri, l’adesione è «piena e totalitaria»?
Non c’era nessuna adesione assoluta. Personalmente non ho mai preso parte alle
manifestazioni fasciste.
In quel periodo c’erano delle insegnanti
che avevano l’ardire di entrare in classe
“con le labbra dipinte di minio”, racconta
il preside Marchese. Erano delle coraggiose, viste con occhi moderni...
Certo. Anch’io ho messo un po’ di rossetto
alle labbra. Solo questo però, né cipria né
altre cose...
Un ricordo del preside Matteo Luigi Guerrieri.
Fu un buon preside. Ebbe comprensione
nei miei riguardi. Sapeva che qualche giorno potevo anche non andare a scuola, e non
me ne faceva una colpa. Questo fatto però
dava un po’ di fastidio agli altri. Io ero
sempre in buoni rapporti con i Presidi e
molte mie colleghe se ne facevano quasi un
cruccio: dicevano che mi proteggevano.
Lei recuperava il tempo perso…
Prima delle lezioni solitamente ci si fermava sulla porta a chiacchierare. Io non l’ho
mai fatto. Non ho mai perduto cinque minuti della mia lezione. E questo gli alunni
lo notavano. Ho fatto sempre il mio dovere,
e in condizioni non favorevoli.
La segretaria Giuliano e la professoressa
Palazzo ricoprivano l’incarico di ispettrice
e vice ispettrice provinciale della Gil…
Testimonianze
Non ho un buon ricordo. Nelle relazioni
facevano presente che io non partecipavo
alle manifestazioni di Regime.
Ho subito anche un’ispezione… Non so chi
fu a richiederla… forse dei genitori. Ebbero l’ardire di inviare una cattiva relazione
sul mio conto al Ministero. Per fortuna
l’ispezione andò benissimo, mi fecero i
complimenti, e il Preside me lo riferì.
Nel panorama di discriminazione verso le
donne insegnanti, lei spicca come un’eccezione. È l’unica donna su cui la relazione
di Guerrieri è positiva. Una sua conferenza sull’importanza del bosco fu trasmessa
dagli altoparlanti del Liceo “Lanza” a
tutta la scuola…
Non ricordo…
Nel periodo della guerra il “Lanza” traslocò in Via De Nittis…
Le difficoltà erano enormi poiché il Liceo
aveva classi numerose e lo spazio era esiguo.
289
vano tutti delle loro classi, io no. Questo
amore per l’insegnamento mi è nato frequentando le scuole medie superiori a
Roma. Il professore di chimica era così
bravo che molte alunne si innamorarono...
della chimica. Anch’io devo la mia scelta a
quel docente, da lui ho appreso il gusto di
insegnarla. Gli alunni mi dicevano sempre:
«Pensavamo che la chimica fosse difficile,
tanto difficile, invece non è vero. Con lei è
facile…».
Io amavo gli alunni bravi. Gli alunni pigri,
distaccati dalla scuola, non mi ispiravano
molta simpatia. Ma questo non influiva affatto sul giudizio che davo loro. Posso dire
di non aver fatto mai un’ingiustizia. Non so
se i miei alunni se ne accorgevano…
È d’obbligo chiederle un consiglio per vivere sereni nella scuola...
Essere sempre giusti con tutti.
Emilio BENVENUTO
Come ha vissuto i rapporti con gli altri
docenti, con le altre docenti…
Per me la scuola era sacra. Però fuori non
frequentavo nessuno, eccetto qualche collega, per esempio la Rondinone e Melillo.
Rapporti comuni, niente di speciale…
Nell’anno scolastico 1930-1931, all’età di
dodici anni, sono approdato, venendo dal
Regio Istituto Magistrale “Poerio” di Foggia, al Regio Liceo-ginnasio “Lanza” della
stessa città per frequentarvi la seconda ginnasiale e poi vi ho proseguito gli studi
ginnasiali fino all’anno scolastico
1933-1934 e quelli liceali fino al dicembre
del 1935, quando, con altri due compagni
di classe, mi ritirai dalla seconda liceale per
poter partecipare, quale autodidatta nello
stesso anno scolastico 1935-1936, agli
esami di Stato presso il medesimo Liceo,
conseguendo la maturità classica nella sessione autunnale.
Com’era il suo “quotidiano” in classe?
Ottimo. Con me gli alunni erano sempre
alunni modello, e questo devo dirlo per
onore della verità. I miei colleghi si lagna-
Quando Lei approda al “Lanza”, si respira
un’aria di ossequio al regime fascista limitato alla sola formalità oppure l’adesione è
piena e totalitaria?
Lei andò in Abruzzo nel periodo dello sfollamento. Come visse la presenza dei tedeschi?
Non l’ho vissuta bene. Niente di particolare, ma erano troppo pieni di sé, troppo dispotici, troppo padroni della situazione e
questo mi pesava…
290
Il Regio Liceo Lanza
Senza far ricorso agli anni di ginnasio, attesa la mia età di allora (oggi ne ho ottantasei, di anni) e facendo invece appello ai
miei ricordi di liceo, posso dire che nella
nostra scuola, a differenza di tutti indistintamente gli altri istituti d’istruzione foggiani, l’allora coattivo ossequio al regime fascista era puramente formale. Ad eccezione
degli insegnanti di educazione fisica, tutti
provenienti dalle fila degli ufficiali della
MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), pochissimi docenti erano animati
da ardore fascista. Gli altri si limitavano a
essere iscritti al Pnf, perché quella iscrizione era condizione “sine qua non” per poter
insegnare in scuole statali. In quanto agli
studenti, molti erano militanti di Azione
cattolica e quelli erano tempi in cui, anche
dopo il Concordato Lateranense, tra Pnf e
Ac non correva certo buon sangue. Alcuni,
in verità pochi, erano addirittura figli o nipoti di noti antifascisti. Tutti gli altri, ad
eccezione di pochissimi figli di gerarchi,
erano piuttosto agnostici.
In nessun modo può parlarsi di un’adesione
piena e totalitaria del corpo docente e della
maggioranza degli studenti del Regio Liceo-ginnasio “Lanza” di Foggia al Regime.
Si può anzi affermare – senza timore di
smentite – che esso fu la fucina in cui fu
forgiato il carattere di tutti quei giovani che
costituirono poi, insieme ai loro ex docenti,
i ceti dirigenti dei partiti antifascisti, detti
“dell’arco costituzionale”, che fornirono
alla cosiddetta “prima Repubblica” sottosegretari di Stato, deputati all’Assemblea
Costituente, senatori e deputati al Parlamento, amministratori provinciali e comunali, alti burocrati e magistrati, notabili e
militanti del Partito liberale italiano, del
Partito repubblicano, della Democrazia cristiana, del Partito socialdemocratico, del
Partito socialista, del Partito comunista.
Scorrendo l’elenco dei nomi di tutti costo-
ro, vi ritrovo gli ex docenti e studenti del
Regio Liceo-ginnasio “Lanza” da me frequentato negli anni scolastici dal 1930-1931
al 1935-1936.
Ricorda il preside Modugno?
I miei ricordi del preside Modugno sono
molto vaghi e imprecisi. Solo sui banchi
dell’università, e ancor più negli anni successivi, ho potuto apprezzarne le doti di
insigne grecista e di ottimo traduttore dei
Dialoghi di Platone.
E il preside Marchese?
Ebbi occasione di rammentarne la figura,
negli anni settanta, in un colloquio a Roma
con il figlio Vittorio, direttore generale
dell’Istruzione universitaria al Ministero
della Pubblica Istruzione. Mi ritornarono in
mente i ricordi che ne avevo di un uomo
integerrimo, coltissimo, aperto al dialogo
con gli studenti, ma nel contempo – e giustamente – severo. Non amava sentirsi dirigente scolastico, come oggi si suol dire. Si
sentiva invece, come preside, parte viva del
corpo docente, “primus inter pares”, e
amava insegnare. Mai mancava di cogliere
l’occasione dell’assenza di qualche professore per venire egli in classe a tenerci lezione, a interrogarci per accertarsi del nostro
grado di apprendimento, per rispondere
alle nostre domande e illuminarci, per ammonirci e indirizzarci sul retto cammino. È
stato per tutti noi un vero Maestro, indimenticabile.
Poi subentrò Guerrieri...
Non l’ho avuto come preside, ma come
professore di lettere latine e greche nella
prima liceale e debbo riconoscere che in
poco tempo ha saputo porre rimedio alle
nostre carenze in quelle discipline. Era invece preside quando mi recai da lui per
comunicargli la maturità da me conseguita
Testimonianze
e se ne dimostrò felice. Le sue idee non
combaciavano, certo, con quelle di altri
docenti e noi ne avevamo sentore, perché
questi altri, invero, erano da noi ammirati e
per essi nutrivamo simpatia. Ma aveva fermezza di idee, pur se non condivisibili, e
per esse sacrificò la sua vita.
291
poco da divenire in seguito deputato all’Assemblea Costituente nei ranghi del Partito
socialista, cui s’era affiliato clandestinamente in giovane età.
A quali “eventi” la scuola era chiamata a
partecipare attivamente?
A tutte le manifestazioni indette in occasione di festività nazionali e pubbliche ricorrenze. Quanti erano cattolici praticanti
erano in quelle occasioni, allorché coincidevano con domeniche o festività religiose,
impediti nell’adempimento dei loro obblighi religiosi e a me personalmente, che ero
tra quelli, ciò creava turbamento.
Bianca Giuliano, segretaria del “Lanza”, e
Maria Palazzo, docente di lettere, ricoprono in quegli anni incarichi di ispettrice
provinciale della Gil e vice ispettrice...
Ricordo entrambe, inseparabili. Dovettero
pagare un duro scotto al crollo del Regime,
durante l’occupazione anglo-americana di
Foggia e l’adozione di misure sanzionatorie
antifasciste. La segreteria della scuola, in
particolare, aveva spesso a soffrire dei frequenti esoneri e impegni politici della Giuliano, alle cui carenze suppliva un bidello
“factotum” d’antico stampo, tale Tufo.
L’Onb, i ludi juveniles e le lezioni di mistica fascista...
Sono stato iscritto – era un preciso obbligo
di tutti noi studenti, dal quale non potevamo essere esentati – all’Onb, le cui esercitazioni ginniche e/o paramilitari eravamo
tenuti a frequentare nel pomeriggio d’ogni
sabato e spesso anche di domenica. Ciò
fino all’istituzione della Gil, cui non mi
iscrissi, perché, approfittando di una clausola dello statuto dei Guf, che consentiva
l’iscrizione degli studenti di scuole preuniversitarie (i licei soltanto, allora), mi iscrissi al Guf “Vincenzo Nigri” di Foggia. Non
ebbi pertanto modo, né volontà, di partecipare ad attività dei Fasci giovanili e ai ludi
juveniles, preferendo del resto affiliarmi
alla Fidal e praticare, insieme ad altri
amici, con più seri intenti e risultati, l’atletica leggera, oltre che il rugby.
Mi si chiede notizia delle lezioni di mistica
fascista volute dal Regime. Erano saltuarie
e, in quanto alla loro serietà, basti dire che
chi le teneva, un ex studente di liceo, allora
studente universitario, ci credeva tanto
Quali docenti ricorda in particolare?
Quanti ricordi: il canonico Testa, il professor Mastelloni, il professor Gervasio e tanti
altri. Tra tutti, il professor Gerardo de Caro,
che mi divenne poi amico carissimo e confratello, uomo d’alto sentire e di profonda
dottrina, e il professor Oronzo Marangelli.
(Col cognato di quest’ultimo, poi mio compagno di studi universitari, ero allora legato
da amicizia, dovuta anche alla vicinanza
delle nostre rispettive abitazioni). Lo ricordo soprattutto per la passione per gli studi
storici, ai quali ci suggeriva di approdare.
Dalla storia egli sapeva trarre ammaestramento – e impartircelo – per riannodare
passati eventi a quelli cui assistevamo nei
nostri anni giovanili, per inculcarci l’amore
per la libertà, il rimpianto di passati tempi
migliori e la speranza di migliori tempi futuri. Lo ammiravamo per la fermezza delle
sue idee e per la sua capacità di comunicarcele. Per questo dovette pagare duramente,
in quel tempo.
Ma del de Caro e del Marangelli ricordo
soprattutto che non ci erano soltanto mae-
292
Il Regio Liceo Lanza
stri, erano compagni di studi, erano gli
amici cui potevamo ricorrere per confidare
i nostri problemi, le nostre giovanili incertezze, i nostri dispiaceri, i nostri proponimenti, per ricevere consiglio e aiuto. Come
dimenticarli?
Ci fu una manifestazione studentesca per
la vittoria degli antifascisti a Guadalajara...
Fu frutto di un equivoco. Eravamo giovanissimi e ogni occasione era buona per far
festa e un po’ di baldoria. La propaganda
fascista aveva diffuso la falsa notizia di una
vittoria italiana a Guadalajara1 e la radio
aveva nascosto che le Brigate Internazionali ci avevano colà impartito invece una sonora sconfitta. Gli studenti del “Lanza”
colsero l’occasione per marinare la scuola,
organizzando un’entusiastica manifestazione di piazza, cui parteciparono, per desiderio di far baldoria, anche coloro che non
erano più studenti liceali, ma universitari, e
col loro vecchio Liceo “Lanza” avevano
conservato affettuosi legami. La repressione fu immediata e la manifestazione si
concluse col nostro trasferimento in Questura e mal ci sarebbe incorso se l’equivoco
non fosse stato chiarito al più presto per
l’intervento sollecito e autorevole di alcuni
fra i nostri genitori: due Magistrati (Mele e
Mazza) e due Commissari di Pubblica sicurezza (Tateo e Cammeo).
Ha ancora in mente i compagni di classe?
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1 Durante la guerra civile spagnola, tra l’8 e il 25
marzo 1937, Guadalajara fu teatro di un’aspra
battaglia tra le Brigate internazionali, in cui
militavano numerosi antifascisti italiani, e le
forze governative. La battaglia si concluse con
il successo dei repubblicani e degli antifascisti:
rinviò di molti mesi l’ingresso dei nazionalisti
in Madrid.
Fra tutti i miei compagni di Ginnasio-liceo,
più che di classe, ricordo particolarmente,
tra gli altri, con immutato affetto, il defunto
mio cognato Vincenzo Del Pozzo, funzionario della C.C.I.A.A.; Gaetano De Bellis,
direttore dell’Ufficio provinciale del Lavoro; Vincenzo Savino, cui la fortuna non arrise; Manlio Mazza, direttore del Consorzio di Bonifica della Capitanata; Aristide
Guerrasio, caduto a Cefalonia; Vittorio
Bertola; l’eroico aviatore Vito Petruzzelli;
Matteo Sansone, lo “speziale” di Mattinata
e insigne cultore di archeologia; i cugini
Salcuni, Luigi Treggiari e Aurelio Andretta, valenti avvocati; Guido Caggiano; Gustavo Cammeo. La tarda età mi impedisce
di citare altri, non meno cari e non meno
meritevoli.
Libreria Pilone: chi la frequentava?
La Libreria Pilone, il cui titolare era un
vecchio militante del Partito popolare, era
divenuta, sita come era nel pieno centro
cittadino (quasi di fronte al monumento a
Vincenzo Lanza, moltissimi anni dopo trasferito per dar posto all’odierno monumento a Umberto Giordano), il luogo di ritrovo
e di trattenimento dei professori e insegnanti foggiani.
Non mancavano, però, elementi estranei
alla scuola: tra essi, Antonio Matrella, ex
popolare anch’egli, e Alfredo Scillitani,
gerarca fascista sì, ma eternamente dissenziente (il che poi gli valse il proscioglimento, dopo la Liberazione, da parte della
Commissione provinciale per il confino,
cui era stato proposto, e innanzi alla quale
io ebbi a difenderlo quale avvocato). Attirati proprio dalla presenza dei loro docenti,
non mancavano di frequentarla anche alcuni studenti, tra i quali ricordo Pascarella,
figlio di un noto socialista; Marinaccio, poi
insigne medico-chirurgo e docente dell’Università di Bari; Baldacci, poi preside della
Testimonianze
Facoltà di Magistero della stessa Università, e alcuni altri. V’erano anche, fra i frequentatori, alcuni sacerdoti e religiosi, tra i
quali ricordo monsignor Armando Fares,
poi arcivescovo di Catanzaro; monsignor
Renato Luisi, poi vescovo di Bovino e di
Nicastro; i cappuccini padre Angelico da
Sarno e padre Costantino da Fragneto,
l’abate. Spesso i temi di conversazione
sfociavano nella politica e ognuno, pur con
molta prudenza, non mancava di esporre le
proprie idee.
Meno attenti erano, per il loro temperamento, Matrella e Scillitani, quasi sempre
in contrasto.
Lucia CARELLI
Sono stata alunna del Ginnasio “Lanza”
negli anni 1935-1940. La scuola allora era
nuova, in Piazzale Italia; noi entravamo da
via Volta.
Il preside era Matteo Luigi Guerrieri; i miei
insegnanti: la signorina Palazzo (lettere), la
signora Matera Di Lauro (inglese), il professor Quatela (matematica), la signora
Sepe (scienze), don Luisi (religione), la signora Specchio (educazione fisica).
Qualche ricordo particolare degli insegnanti, qualche evento?
Quatela era un po’ nevrastenico, batteva
certi pugni sul tavolo! Ci faceva impaurire.
Non ricordo altro...
Qual era la caratteristica fondamentale
dell’insegnamento in quegli anni?
Era molto diverso da quello di adesso.
In pratica, cosa succedeva in classe?
Succedeva che eravamo disciplinatissimi.
Al bagno ci accompagnavano i bidelli...
Ricordo un bidello temuto da tutti, si chiamava Tufo. Pure i figli sono diventati bi-
293
delli. Erano persone buone di cuore.
Al “Lanza” ci fu la visita del ministro Bottai. Che cosa ricorda dei giorni precedenti?
Come si fa, quando arriva qualcuno? Si
prepara l’atmosfera.
Venne in classe?
Sì, col Preside, che interrogò i migliori,
naturalmente. C’erano ragazzi molto bravi.
C’era per esempio Liliana Caracciolo e suo
marito, che poi sono diventati insegnanti.
Io mi contentavo del sei... non mi sono mai
sforzata più di tanto.
Qualche ricordo del preside Guerrieri?
Era molto severo in Istituto e anche fuori.
Se incontrava qualcuna di noi con il fidanzatino, ci rimproverava: «Invece di andare
per il corso, perché non state a casa a studiare?».
Impartiva gli ordini dall’altoparlante?
No. Veniva direttamente in classe. Per interrogare o per dare una comunicazione.
Ma gli altoparlanti quando venivano
usati?
Per qualche lezione particolare… non ricordo con esattezza.
E il sabato?
Si andava alla Gil in divisa di piccole italiane, più in là di giovani italiane. C’erano
anche i balilla e gli avanguardisti.
C’era partecipazione attiva?
Sì, perché a quell’età ci piaceva il divertimento: non andavamo con lo spirito di fare
la gara, andavamo per ritrovarci in allegria,
era un’occasione di incontro.
C’erano la professoressa Palazzo e la segretaria della scuola, Bianca Giuliano. Vi-
294
[Archivio Carelli]
Il Regio Liceo Lanza
Testimonianze
gilavano su chi si assentava. Allora era
una nota di demerito non partecipare alle
manifestazioni del Sabato fascista. Anche
mio padre fu costretto a fare ginnastica. Ho
una sua fotografia con i colleghi, in pantaloncini corti, la maglietta bianca. Lui non
voleva prendere la tessera. Diceva: «Che?
Siamo italiani e basta. Cosa significa fascista, comunista?». Mio padre non si è mai
interessato di politica: non gli piaceva.
C’erano docenti che dissentivano?
No, allora non si parlava di queste cose in
classe. Si faceva lezione e basta.
Oggi si parla di politica, i docenti discutono con i giovani, specialmente nelle classi
superiori, ma allora no. Forse era proibito.
Avete fatto qualche gita scolastica?
No, allora non si usava.
Ritiene che gli anni passati al ginnasio
l’abbiano aiutata a scegliere il suo futuro?
295
Perché dovrei dire di no? Quegli anni mi
sono stati utili. Allora si diceva che gli
studi classici fossero i più formativi...
Lei lasciò il “Lanza” e continuò a studiare
musica. Poi è diventata insegnante di pianoforte…
Ho insegnato musica nella scuola. Agli
esami di abilitazione ho dovuto portare
tante materie: storia della musica, direzione
del coro, letture al pianoforte all’impronta,
vita e opere dei musicisti.
Lei ha avuto una mamma, come dire, molto
“moderna”…
Frequentò ragioneria, poi il magistrale (allora si chiamava Scuola Normale). Ho una
foto della sua classe. Risale all’anno 1916,
mia madre aveva diciotto anni (era nata nel
1898): è l’unica ragazza, tra diciotto compagni maschi. Lei avrebbe voluto continuare all’università, ma non poté andare a
Napoli da sola, avrebbe dovuto accompagnarla sua sorella. Mio nonno non volle.
296
Il Regio Liceo Lanza
Gaetano MATRELLA
Il Liceo a quel tempo era nella sede della
Maddalena. La mia aula era al piano terra.
Il primo ginnasio lo frequentai lì, poi passammo al Palazzo degli Studi (avevo undici anni, nel 1935).
Durante i tre anni del ginnasio inferiore il
preside era Giuseppe Marchese, di San
Severo. Ricordo un episodio: in quinta ginnasio sostituì un professore assente, e siccome tutti noi sapevamo che era un “tifoso”, un fanatico di Carducci, uno dei miei
compagni, un certo Antonio Nazzaro, gli
chiese: «È vero che Carducci era atèo?».
Marchese lo cacciò dalla classe.
Ma il vero “dittatore” era il vicepreside
Matteo Luigi Guerrieri, oriundo di San
Marco in Lamis. Impose che quando un
alunno si assentava, per essere riammesso
doveva essere accompagnato da un genitore. All’ingresso c’era il “pass” e siccome
non volevamo far sapere ai nostri genitori
che avevamo fatto festa, incominciammo a
falsificare le firme. Guerrieri era un buon
grecista. Ricordo che quando veniva nella
mia classe interrogava sempre un alunno,
Alfonso Bonanno, che lui chiamava Michelino: «Michelino, mi sai dire che significa tetragòno?». Faceva domande nozionistiche, ma bisognava saper scrivere bene
l’alfabeto greco. Alcuni studenti, arrivati al
liceo, non lo conoscevano ancora e lui si
adirava.
Ha conosciuto il professor Marangelli?
Veniva spesso, Marangelli, a supplire nella
mia classe i professori assenti. Nonostante
fosse di Conversano, conosceva benissimo
la storia di Foggia. Tra l’altro aveva scritto
degli articoli su un episodio “eversivo”
avvenuto a Foggia nel 1647: la rivolta di
Sabato Pastore, che voleva riecheggiare la
rivoluzione di Masaniello a Napoli.
Al Liceo “Lanza” tutti sapevano che Marangelli non condivideva le idee di Guerrieri. Non c’era feeling. Marangelli era
prudente, doveva lavorare, non poteva assumere atteggiamenti apertamente antifascisti. Era notorio che lo fosse, anche se
scriveva su “Il Popolo Nuovo” che era il
giornale di Gaetano Postiglione.
Ha partecipato alle esercitazioni del Sabato fascista?
Facevo parte della coorte tipo. Non è che
fossi molto solerte. L’ultimo anno feci
troppe assenze e mi espulsero: ero indegno.
Non ho mai assistito alle lezioni di mistica
fascista. Io ero uno spirito ribelle, non perché avessi una formazione politica antifascista: mi seccava tutta quella coreografia,
quell’apparato, quel vestirmi in divisa con
il cinturone. Eravamo in parecchi a seguire
le lezioni di arma a tiro e di addestramento
al combattimento. La lezione di arma a tiro
era tenuta da un colonnello bravissimo, tale
Rolando Mele. Noi la geometria la conoscevamo, quindi riuscivamo bene. Ricordo
che ad addestrarci veniva anche “un pezzo
d’uomo” di San Nicandro Garganico, maggiore dei granatieri. E noi, spiriti ribelli, lo
prendevamo in giro. C’era l’ingegner Dario
Lombardi, che aveva i gradi di seniore.
Dirigente dell’Onb, era funzionario
dell’Acquedotto Pugliese. Il maggiore della
milizia era de Capraris, ma chi organizzava
le manifestazioni erano i due fratelli Mazza.
Il senso di queste parate era che si faceva
festa a scuola. Gli slogan erano: Nizza, Savoia, Corsica fatal, Nizza, lembo di romanità. Ricordo un titolo dei temi che ci assegnavano: Apparirà sui colli di Roma il
Fascio littorio… Era questa l’atmosfera. In
un certo qual senso bisognava obbedire, ma
non c’era affatto convinzione. Io non sono
d’accordo con Renzo De Felice, quando
Testimonianze
sostiene che allora c’era il consenso. Quale
consenso se non esisteva la libertà di parola? È vero che la scuola esercitava una
certa influenza, ma restava epidermica, era
“pelle pelle”. A casa mia, mio padre era
antifascista, queste idee non penetravano.
Anche al Liceo “Lanza” l’adesione non fu
mai piena e totalitaria: ricordo che un professore, di nome Vincenzo Tangaro, venne
cacciato perché era antifascista. Tangaro
era un repubblicano storico, un massone.
Per vivere fu costretto a dare lezioni private di latino e greco. Abitava all’ultimo
piano di un palazzo in via Arpi, dirimpetto
alla piazza con le fontanelle. Aveva una
bella figlia che si chiamava Delia. Io andavo a ripetizione di latino ed ebbi modo di
conoscerla.
Ci parli dei ludi.
Partecipammo ai ludi juveniles a Firenze:
io correvo nella staffetta 4x100. Aldo Ulivieri, mio cugino, divenne campione di
salto in lungo, si piazzò secondo a livello
nazionale con 6,72 metri. Anche nella pallacanestro e nel rugby ci distinguemmo. La
squadra non era formata soltanto dagli studenti del classico, si selezionavano atleti in
tutti gli istituti superiori: ricordo, tra i partecipanti, Maurizio Mazza e Stilano, perito
industriale al “Saverio Altamura”. Era un
campione. C’era anche uno dei fratelli Cicolella, che giocava a rugby. Anche le atlete del settore femminile emergevano nelle
gare.
Il fascismo ha avuto, forse, solo il merito di
valorizzare la pratica dello sport.
Lei si iscrisse al Liceo scientifico...
Dopo il ginnasio inferiore al “Lanza”, sostenni l’esame integrativo per il primo
liceo scientifico. Mi diplomai nel
1941-1942. Ricordo il titolo del libro di filosofia di Lamanna: Il problema della
297
scienza nella storia del pensiero. Il mio
professore di chimica si chiamava Carlo
Palmeri, era di Messina, molto intelligente
e bravo. Ci faceva fare molti esperimenti.
Ci aveva spiegato che con la glicerina e
l’acido nitrico si formava la nitroglicerina e
un giorno che lui si assentò facemmo
l’esperimento: la versammo su un tavolo di
legno posto nel cortile della scuola, che si
ridusse in mille pezzi. Il preside Collarile
(era di Benevento) ci fece pagare, all’epoca, dieci lire ciascuno per risarcire il
danno.
Eravamo ospiti, nel Palazzo degli Studi,
dell’Istituto Tecnico “Giannone”. Il mio
Liceo, che poi diventerà il “Marconi”, allora era una scuola privata aperta dall’Amministrazione provinciale. Io sostenni l’esame
di maturità scientifica, al Liceo “Gaetano
Rummo” di Benevento, su tutte le materie,
mentre i colleghi studenti del Liceo classico passarono senza esame, in base ai voti
degli scrutini. Ricordo che superai sei
prove scritte. Non ho mai studiato così
tanto…
Chi frequentava la Libreria Pilone?
Mio padre raccontava che era frequentata
dall’avvocato Figliolia, il quale ne era
l’anima. Poi c’erano i professori Vivoli e
D’Oria.
Si disse che Vivoli era stato denunciato
perché aveva sottolineato alcune frasi antifasciste sui libri di Benedetto Croce.
Ricorda qualche professore?
Don Renato Luisi. Fu nominato vescovo di
Bovino e Nicastro. Nel 1959 andò missionario in Brasile dove fu colpito da una
malattia tropicale. Ritiratosi a Foggia, morì
all’Opera Pia “Barone”.
Ricorda alunni eccellenti del Lanza?
Mario Sarcinelli, che è stato ai vertici di
298
Il Regio Liceo Lanza
Bankitalia e presidente della Banca Nazionale del Lavoro. Ricordo anche Vito de
Filippis, che divenne primario degli Ospedali Riuniti di Foggia e capo dei primari del
reparto endocrinologia del “Mauriziano” di
Torino.
Ci descrive la foto ricordo della classe?
Siamo con la professoressa Michela Quitadamo, originaria di Monte Sant’Angelo,
nipote di un grande studioso dell’Università di Napoli, monsignor Quitadamo. Tra gli
alunni c’è Caterina Fares, molto brava.
Sposò Michele Melillo. Vedo Carletto
Raho, figlio del penalista Giovanni Raho.
Anche lui avvocato civilista e penalista, e
ottimo oratore.
Oreste D’ANDREA
Mi iscrissi al secondo ginnasio nell’anno
scolastico 1936-1937, dopo il trasferimento della mia famiglia a Foggia. Il “Lanza”
era già nel nuovo complesso del Palazzo
degli Studi. Ho completato il corso ginnasiale e il successivo corso liceale nel 1943,
poco prima dei massicci bombardamenti
che da giugno all’agosto di quell’anno devastarono la città. Dopo il primo leggero
bombardamento del campo di aviazione
“Gino Lisa”, nel mese di maggio le scuole
erano state chiuse. Non vi furono esami di
licenza liceale e il diploma lo ottenemmo
con scrutini interni.
Ho vissuto il periodo da studente in maniera spensierata e felice, come tutti i ragazzi,
almeno fino al 1942, anno in cui gli eventi
bellici cominciarono a precipitare. La tensione salì fino all’epilogo tragico del 1943.
Poi l’Università di Bari, la frequenza a dir
poco rocambolesca per la precarietà o la
mancanza di mezzi di trasporto.
Non ricordo di indottrinamenti di mistica
fascista. Le cognizioni sulle origini e sui
principi di quel sistema politico ci venivano inculcati attraverso i libri scolastici, le
manifestazioni ginnico-sportive, la partecipazione alle settimanali adunanze, dove si
esaltavano la grandezza e la gloria del nostro popolo. Tutto organizzato dal governo,
ma avallato e comunque garantito dalla
monarchia. Più che alle manifestazioni
scolastiche, noi ragazzi di allora eravamo
chiamati a partecipare, come balilla prima
e come avanguardisti poi, alle adunate del
Sabato fascista, a marce ed attività ginnicosportive. Nell’ultimo periodo ci insegnavano caratteristiche e funzionamento del moschetto, del quale, senza aver sparato mai
un sol colpo, conoscevamo bene i vari
componenti: calcio-canna e otturatore.
Del preside Marchese non ho un ricordo
preciso, mentre del preside Guerrieri, che
noi alunni chiamavamo con simpatia e familiarità soltanto Matteo Luigi, ho un ricordo chiaro e indimenticabile. La sua figura era burbera solo superficialmente. Fui
addolorato per la sua tragica fine: mitragliato da aerei americani dinanzi al pronao
della Villa Comunale durante il tragico
bombardamento del 22 luglio 1943.
Il professor Marangelli è stato il mio professore di lettere al Ginnasio superiore. Di
lui non solo ho il ricordo fisico, per quel
particolare viso scavato e lo sguardo penetrante, intelligente ma sornione. Ricordo
anche un suo particolare metodo adottato
per le interrogazioni: aveva nel tiretto una
sacchetta di stoffa con dentro dei rotolini
numerati, come quelli della tombola; la
agitava con la mano destra ed estraeva poi
un numerino, al quale era stato abbinato in
precedenza il nome di un alunno. Era un
momento di suspance per tutta la classe.
Ma a distanza di tanto tempo, devo pensare
che il professore Marangelli bleffasse, perché non a caso veniva puntualmente estrat-
1936-1937. La professoressa Quitadamo con i 38 alunni della II B . [Archivio Matrella]
Prima fila, seduti a terra: Ciuffreda, Di Sibio, Maggi, Tonino De Vito, Sardone, Ermanno
Lucianetti.
Seconda fila, seduti sulle sedie: de Chiara, Palmisano (della Sartoria), Caterina Fares, X Y,
professoressa Michela Quitadamo, Di Candia, Ciuffreda, Dora Gatta (soprano leggero che
ha interpretato Mozart alla Scala di Milano).
Terza fila, da sinistra: Aldo Cané, Carletto Raho, Di Falco, Trucci, Foglio, Nicola Martella,
Di Tommaso, Malice, Michele Vaccaro (giudice), Giampietro, Scopece.
Quarta fila, da sinistra: Mele, Franco Fischetti, Ricco, Diego Della Valle, Luigi Russo, Fulvio Rollo, Evangelisti, Gaetano Russo, Di Sibio, Gaetano Matrella.
300
Il Regio Liceo Lanza
to proprio il nominativo dell’alunno che
egli voleva interrogare. Comunque tutti
eravamo costretti ad essere sempre preparati. Il ricordo si ammanta di dolcezza, ricordando che in quel periodo, certamente
su sua segnalazione, mi venne conferito un
diploma al merito scolastico che gelosamente conservo. Ricordo con molta simpatia e riconoscenza tanti altri miei professori: la professoressa Ciaccia, di storia e filosofia; la professoressa Sepe, di scienze; il
professor Tancrida ed anche Don Renato
Luisi, insegnante di religione, di cultura
veramente superiore. Pur se mentalmente li
ho presenti, mi sfuggono altri nomi. Di
compagni di scuola ne ricordo tanti: Sergio
Di Cosmo, Osvaldo Sebastiani, Mario Tagliaferri, Vito Franchini, Mario Mottola,
Mario Martino, Nando Fragasso, Enrico
Trifiletti, Vittorio Mucelli, Peppe Di Gaetano e ancora Paolo Pedarra di Cerignola.
In classe, sulla parete alle spalle della cattedra, si trovava un altoparlante utilizzato
per comunicazioni di carattere generale da
parte della Presidenza. Ricordo che su uno
di questi mettemmo un piccolo barattolo,
oggetto di lanci di palline di carta con mollette tese tra l’indice e il pollice. Scherzi di
giovanile esuberanza.
Ricordo anche una visita guidata, con il
preside Guerrieri, ad un orticello situato in
prossimità dell’attuale incrocio tra Corso
del Mezzogiorno e Viale Ofanto, dov’è ora
la sede dell’Enel. In quel tempo oltre al
Palazzo degli Studi in direzione di Bari non
vi erano costruzioni, ma soltanto terreni
agricoli e orticelli. Quivi trovammo un
contadino intento ad arare il terreno con un
mulo che chiamava Peppino. Il particolare
che ci colpì e che provocò risate, sia pure
trattenute, fu l’insistente domanda del Preside «Ma perché Peppino?» tesa a sapere
perché il contadino chiamasse l’asino con
quel nome. Eppure il perché era facilmente
visibile ed evidente!!!
Gustavo DE MEO
Del Liceo “Lanza” sono passate generazioni di giovani di Foggia e provincia. Per
anni, anche durante il fascismo, è stato un
punto di riferimento culturale abbastanza
autonomo dall’ambiente dell’epoca.
Al Liceo mi sembra di essere arrivato nel
1936, proveniente dal Ginnasio di Macerata. La mia classe era costituita da una ventina di studenti, di cui sette ragazze.
Il primo anno il preside era il professor
Marchese, uno degli ultimi “discepoli” di
Giosué Carducci. Nel secondo anno diventò preside il professor Matteo Luigi Guerrieri, deceduto durante i bombardamenti
aerei di Foggia. Nello svolgimento dei ludi
iuvenili il “Lanza” ha ottenuto sempre ottimi risultati, con parecchi vincitori nelle
gare dei diversi settori. Ad un’edizione
partecipai anch’io e, con una novella, vinsi
il primo premio. Il mio esame di maturità è
stato l’ultimo con la commissione esterna,
perché poi, dopo la dichiarazione di guerra,
le commissioni furono interne. Ricordo i
professori Mastelloni, de Caro, Quatela e
De Virgiliis, e la professoressa Sepe. Il
professor de Caro fu deputato al Parlamento per due legislature. Anche io dopo la
guerra sono stato eletto deputato dal 1948
al 1976. Diversi miei compagni di scuola
hanno avuto grandi soddisfazioni nella vita
sia come professionisti sia come pubblici
amministratori.
Maria Teresa TRIFILETTI
Ho frequentato il “Lanza” dalla prima ginnasiale al terzo Liceo dal 1936-1937 al
1942-1943, “saltando” la seconda liceo.
Una sorta di “sport” frequente tra noi ragazzi. Mi sono laureata in Storia e filosofia
Testimonianze
alla Cattolica di Milano: non fu come la
sognavo... Non ho insegnato nelle scuole
statali ma alla “Montessori”, che introdussi
a Foggia nel 1966-1967. Oggi a Foggia ci
sono due nidi “Montessori”, diciassette sezioni di scuola materna, una di scuola elementare, dieci-dodici di scuola media. La
prima sede fu il Palazzo dell’Acquedotto
Pugliese: oggi le scuole sono statali, i nidi
sono uno all’Acquedotto, presso lo “Scillitani”, ed un altro in via del Mare, presso il
Circolo didattico “Manzoni”. Insieme a
Maria Giovanna de Gregorio e Lidia Pepe,
ho iniziato a scrivere la storia di questa
esperienza che ormai ha compiuto trentotto
anni.
Ci può descrivere il clima del Liceo di quegli anni?
Ho ancora dei ricordi vivi. Appena entrata
in prima ginnasiale, ebbi la netta sensazione di essere entrata in una scuola seria,
301
importante. Ma era anche una scuola
amena, simpatica.
L’insegnante Giannina Marchione instaurò
con noi un clima di grande amicizia. Noi
studenti ce ne accorgemmo dopo, quando
andò via. Aveva chiesto di insegnare in
Africa, per motivi personali...
Ricorda il preside Giuseppe Marchese?
Fu il mio preside nel 1936-1937. Ricordo
soltanto che aveva una bella chioma grigia.
Era alto, un bell’uomo.
E qualche professore?
Ricordo il professor Iorio. Era un po’ noioso, monotono nella voce. Aveva un intercalare terribile, perché ripeteva sempre due o
tre volte la stessa parola. E questo sempre,
su tutte le cose, talvolta era affliggente. Mi
interpellava con un triplice: «Trifilé, Trifiléé, Trifilééé!». Però era bravo nelle sue
discipline: quello che ancora ricordo di la-
Una terza liceo alla Villa Comunale. Da sinistra: Gustavo De Meo (1°); Iannibelli (5°); da
destra: Aurelio Andretta (3°), Giuseppe Marciello (accovacciato). [Archivio de Meo]
302
Il Regio Liceo Lanza
tino e greco lo devo a Iorio. Ricordo anche
la professoressa Onorato, in quarta e quinta
ginnasio. Brava. L’insegnante di Francese
fu dapprima Aragona, poi ebbi la Molinari.
Per la matematica c’era come docente la
signorina Rondinone, preparatissima, meticolosa, pignola. Era la classica insegnante
di matematica! Mi fece studiare tutto il
programma daccapo perché io le dissi che
volevo la media dell’otto: dovevo andare
all’Università Cattolica. Lei osservò: «Ah,
tu vorresti l’otto e queste regole non le
sai?». Dovetti confessare che non le avevo
mai studiate. E lei perentoria: «Sognatelo,
l’otto!» Fu irremovibile, anche se eravamo
amici di famiglia. Ed io dovetti riprendere
a studiare la matematica dal programma
del ginnasio.
C’era un controllo stretto del preside sui
docenti e sugli studenti?
Certo. Ricordo che Guerrieri venne a fare
un’ispezione in classe alla professoressa
Molinari. Ricordo anche un episodio al
Ginnasio, quand’ero più piccola. Stavo
abbandonando la fila per ritornare indietro,
perché avevo lasciato i guanti in classe,
quando mi sentii apostrofare dal Preside:
«Dove va?». Risposi: «Io ho rimasto i
guanti in classe». Non l’avessi mai detto!
Non mi perdonò il costrutto dialettale:
«Come si dice?». Per dire, il Preside ci
“perseguitava” in tutti i modi. Un giorno
fece lavare la faccia a una compagna. Soltanto perché aveva un po’ di rossetto...
Cosa ricorda delle attività di scuola lavoro?
C’erano degli insegnanti specializzati. Noi
ragazze confezionavamo le calze di lana e i
guanti per i soldati.
Io ho imparato a fare la calza allora. In
tempo di guerra, mancava la lana e il cotone per confezionarle. Ricordo che nei le-
gacci dei paracaduti americani c’erano dei
cordoni di seta: aprendoli, venivano fuori i
fili. Confezionai a mano dei calzettoni
bianchi traforati: a Foggia non si trovavano
più in commercio.
Partecipavate al Sabato fascista?
Moltissimo. Intanto eravamo obbligate a
metterci la divisa. Cantavamo spesso, con
la signora Consagro: Sole che sorgi libero
e giocondo/ sul colle nostro i cavalli d’oro/
tu non vedrai nessuna cosa al mondo/ maggior di Roma. E poi Giovinezza, primavera
di bellezza e Tunisi. Andavamo al convento
di Santa Chiara vicino alla cattedrale, dove
adesso c’è la scuola elementare. Ci riunivamo in quel cortile.
Cosa ricorda dei Littoriali di cultura?
Li chiamavano ludi juveniles. In un tema,
non ricordo più testualmente cosa possa
aver scritto, fu censurata una mia frase:
avevo scritto qualcosa che riguardava una
difesa della Chiesa. Una difesa “tranquilla”, io facevo solo il primo liceo. La Giuliano, la Palazzo sapevano tutto. Fui portata,
come in tribunale, al cospetto del Federale
La classe prima B ginnasiale 1936-1937 con
la professoressa Giannina Marchione.Prima
fila (in primo piano da sinistra): 1 non identificato, 2 Bisceglie, 3 non identificato, 4 Arpaia, 5 Cusmai, 5 d’Antuono, 6 Casiero, 7
Imperiale, 8 Cappetta, 9 non identificato; 10
Sagarriga, 11 Tramone.
3 studenti fuori fila: 1 Canè, 2 Bortone, 3
Miccolis.
Seconda fila (affianco all’insegnante da sinistra): 1 Mele, 2 Fischetti, 3 Bassi, 4 Ippolito, 5 Caracciolo, 6 Spadaccino, 7 Trifiletti,
professoressa Giannina Marchione, 8 Franchi, 9 Rolfi, 10 Paciello, 11 Scala, 12 Di
Biase.
Due più indietro: non identificati.
[Archivio Trifiletti]
Testimonianze
Classe IV ginnasio del 1937. [Archivio Forcella]
305
306
Il Regio Liceo Lanza
dell’epoca. Bell’impresa! La paura, lo spavento... Mi accompagnò don Mario Aquilino. Guardo questo episodio con gli occhi di
oggi, ma credo che fossero scandalizzati di
perseguitare una ragazza. Ricordo che Don
Mario si nascose dietro una tenda, lì in
prefettura. Il Federale cercò di aggirarmi,
era tranquillo, non voleva spaventarmi.
Sapeva che c’era don Mario, un prete un
po’ particolare, battagliero. Fece così la
difesa della Chiesa, del fascismo... Io lo
ascoltavo. Lo guardai un momento, sulla
giacca aveva appuntata una spilla: Dio
stramaledica gli inglesi! Erano delle spille
con degli slogan che allora si usavano, ma
io osservai dispiaciuta: «Quella spilla, ma
come si fa a metterla?». Dopo di che il
Federale disse: «Basta, è inutile che continuiamo!». E mi rimandò a scuola.
Come apparivano a voi ragazze la professoressa Palazzo e la segretaria Giuliano?
Oltremisura severe, molto prese del loro
ruolo di ispettrici e fiduciarie provinciali
della Gil.
Saprebbe inquadrare la figura del preside
Guerrieri?
Si potrebbe dire tutto il male possibile, ma
non sarebbe onesto, nel senso che era estremamente “ligio” a quello che considerava
un suo stretto dovere istituzionale. L’episodio più significativo riguardante Guerrieri
risale alla fine dell’ultimo anno. Io presi la
licenza liceale nel 1943. Non ci furono
esami quell’anno, e noi ragazze pensammo
di andare a salutare il Preside. Gli offrimmo delle rose gialle... Eravamo molto timide, un rapporto di timidezza assoluta: metteva tutti in soggezione. E il Preside cosa
notò? Che mancavano gli studenti bocciati.
Iniziò una reprimenda contro i professori:
qualcuno aveva violato “il segreto dello
scrutinio”! Noi ci restammo male. Voleva-
mo farci piccole piccole e… sparire. Questa mentalità persecutoria era forse insita
nei Presidi di quel periodo. Credo che
Guerrieri agisse così per il desiderio che
tutto funzionasse perfettamente, voleva che
la scuola fosse seria. I professori lo vedevano come un preside-ispettore, che non dava
confidenza a nessuno. Controllava anche
l’insegnante di francese. Era una signora
francese, la Molinari, proprio brava, bravissima, invece lui, un giorno entrò... con
quell’entrare… e le fece un’ispezione memorabile, davanti alla classe allibita. Aveva
“istituito” anche degli altoparlanti nelle
classi, però non si sapeva che lui ascoltasse
tutto ciò che avveniva nelle classi. Noi
credevamo che servissero solo per diffondere i comunicati, invece no. Quando capitò qualcosa di grave fra il Preside e il professor Melillo, i suoi alunni ci raccontarono
che questi aveva un continuo atteggiamento di rivolta, lanciava la Divina Commedia
in alto, dialogando con l’altoparlante: «Il
professor Melillo non ha bisogno di leggere sul libro, perché il professor Melillo la
Divina Commedia la sa a memoria!». E
lanciava il libro contro l’altoparlante. Non
sopportava di sentirsi controllato.
Non ricorda altro del Liceo?
Il capo dei bidelli Tufo. Era un’istituzione,
al “Lanza”. Una bella figura, sempre presente, stabile, un punto fermo, smussava
tutti i nervosismi. Ricordo che aveva un
occhio strabico. Era buono. Quando la
campanella per qualsivoglia motivo non
suonava, lui bussava alle porte delle classi,
gridando: « Finis! Finis!».
Come avete vissuto il periodo di guerra?
Prima del bombardamento di Foggia del
mese di maggio 1943, non avemmo mai la
sensazione che la città potesse diventare un
obiettivo militare. Del primo attacco aereo,
Testimonianze
ho questo ricordo: aiutavo la mamma a
spolverare la camera da letto e tutto a un
tratto, non so se suonò la sirena, sentii un
rimbombo. Poi degli spari, dei colpi. Era la
contraerea. Il 22 luglio 1943 eravamo nel
rifugio sotto casa, quando si sentì gridare:
«Hanno mitragliato in Villa!» Dopo arrivò
la notizia: «Il Preside è morto in Villa».
Guerrieri morì sotto i Propilei della Villa
Comunale, lo ricorda ne La città spezzata il
figlio Antonio. Va citato anche lui. La sua
morte ha lasciato in tutti noi tanta tristezza...
Maria Giovanna DE GREGORIO
Maria Giovanna de Gregorio Schirone si
iscrisse al corso A, in seconda ginnasio,
dal novembre del 1938. Proveniva dalla
prima ginnasio del “Tondi” di San Severo.
Maturatasi nel 1945, ci racconta cosa avvenne dal 1943 al 1945, colmando un gap
importante per il nostro sondaggio sul
“clima” della scuola nella precaria sede di
Via de Nittis e, soprattutto, sul mutato
clima politico dopo la caduta del fascismo.
La de Gregorio si è poi laureata in Lettere
classiche, ha insegnato alla Scuola media
“Bovio” e al Liceo scientifico “Marconi”.
Oggi dedica tutto il suo tempo libero alla
“Montessori”.
Cosa ricorda del Liceo “Lanza”?
Spesso ci riunivano “alla confluenza dei
corridoi”. L’aula magna è sempre stata in
perenne restauro, non è stata mai agibile.
Allora dentro c’erano gli spogliatoi, gli attaccapanni. C’era una specie di enorme
ballatoio, un atrio, non aveva neppure il
pavimento: era lì che ci fermavamo prima
di entrare in classe al suono della campanella. In fila. Inquadrati. Zitti.
Divenuti un po’ più grandi sostavamo giù
307
nell’atrio, chiacchieravamo. C’era anche
un’entrata dall’altro lato, che dava direttamente nel corridoio. Le aule erano scarne:
la foto del re, di Mussolini, il crocifisso,
qualche carta geografica e niente più.
Ricorda qualche professore di allora?
Ricordo il professor Quatela: era bravissimo, direi geniale. Un po’ nervoso. Era
sprecato al ginnasio inferiore: le sue spiegazioni erano sempre “sublimi”, ma difficili da seguire da parte di ragazzini come
noi.
Quale manifestazione scolastica le è rimasta impressa?
Durante il Sabato fascista si levavano grandi canti. La mia classe andava alla palestra
Parisi, in via Matteotti. Il 24 maggio c’era
il saggio ginnico. Ogni anno un’alacre preparazione: il Sabato fascista serviva anche
a questo. Non era una giornata di vacanza,
come comunemente si crede: la mattina
andavamo a scuola, nel primo pomeriggio
eravamo tutte in divisa di piccole italiane,
di giovani italiane, con delle mantelle nere
come sparvieri. I maschi portavano dei
pantaloni alla zuava, bruttissimi. I balilla
avevano il moschetto piccolo, gli avanguardisti dovevano fare le marce. Alle sfilate presiedevano la Palazzo e la Giuliano.
Le vedevamo sempre in divisa, tutte bardate. Alle esercitazioni del Sabato c’erano
“donne fasciste” che organizzavano i saggi
ginnici. Anche l’ora di educazione fisica a
scuola era impegnata per preparare l’evento. Poi bisognava fare le prove tutte insieme, perché non era impegnata soltanto una
classe, lo erano tutte. Era una cosa piuttosto pesante, noiosa, perché non tutte avevamo la passione per il cosiddetto sport. A
pensarci, facevamo cose oggi impensabili.
Eravate insieme ai maschi?
308
Il Regio Liceo Lanza
No, i gruppi maschili erano sempre rigorosamente separati da quelli femminili. A
scuola invece per i cinque anni del Ginnasio fui in una classe mista, ed anche al
Liceo.
Dovevamo produrre tutto quello che ci
serviva. Questo ci dicevano, per cui i ragazzi dovevano coltivare patate e verdure
varie anche nei giardini pubblici della
città.
Ci parli di una lezione di mistica.
Del Primo Libro del Fascista ricordo la
prima domanda: “Che cos’è il Fascismo”?
Ricordo i compiti assegnati alle gare dei
Littoriali. In particolare una traccia: “Ho
visto il Duce”! Punto esclamativo. Col
senno di poi, mi chiedo: cosa avrò mai
scritto? Un anno fummo scelte in tre: io per
il Ginnasio inferiore, Maria Teresa Trifiletti per il Ginnasio superiore e Giovanna
Scillitani per il Liceo. Tutte e tre seguimmo le lezioni di mistica fascista, per la
successiva selezione, ma io a Roma non ci
sono mai arrivata. Non ricordo chi fosse il
professore che l’insegnava. Ricordo soltanto che le lezioni erano un assoluto vuoto
di parole, di retorica. Guerrieri ci teneva
molto ai littoriali. Proprio quella volta di
“Ho visto il Duce”! era preoccupato, perché non mi aveva visto arrivare. A un certo
punto, entrò in classe e mi puntò col dito:
«Ah, ci sei!...».
Cosa ricorda dei giorni bellici?
All’una precisa c’era il giornale radio, poi
il bollettino di guerra. Guerrieri, dall’altoparlante, ci annunciava che bisognava
ascoltare “il comunicato”. Ma non seduti.
Bisognava ascoltare “religiosamente in
piedi”. Per tutto ciò che riteneva importante, il Preside interrompeva in qualsiasi
momento le lezioni: e noi dovevamo ascoltare, sempre “religiosamente in piedi”, il
Duce che parlava e i bollettini di guerra
sempre più frequenti. Naturalmente noi
avevamo sempre vinto le battaglie, le perdite non c’erano, eravamo coraggiosi, forti,
gloriosi... Non avemmo mai la benché minima sensazione che l’Italia potesse perdere la guerra...
Partecipaste tutti alla raccolta dei metalli?
Sì, portando a scuola i rami, ossia i tegami
che si tenevano appesi al muro delle cucine. «Bisognava depositarli – ordinava
Guerrieri – nel punto di raccolta, alla confluenza dei corridoi».
Gli studenti coltivavano l’orto di guerra?.
Già, i famosi “orti di guerra”. Rientravano
nel programma autarchico. Perfino le aiuole della Villa comunale divennero orti.
L’Italia aveva conquistato l’Etiopia, ed era
stata condannata dalla Società delle Nazioni. Avevamo avuto l’embargo, le sanzioni.
Come veniva presentato il Duce nei libri di
testo?
Era “l’uomo della Provvidenza”. Quello
che può tutto. Bravo in tutto: per la vittoriosa “Battaglia del grano”, per la conquista dell’impero d’Etiopia. Vincente in tutte
queste imprese. Era il Duce. Le puntatine
di retorica fascista bene o male venivano
fuori anche dalle antologie. I brani erano
scelti in modo tale che del fascismo si
avesse un’idea buona. E noi credevamo
che fosse così. Non è che poi avessimo
grandi capacità critiche. Eravamo ancora
ragazzini...
Ricorda l’estate del 1943?
Da casa mia vedevamo in lontananza l’aeroporto “Gino Lisa”. Di là sparava la contraerea. Ricordo che gridai a mio fratello,
affacciato a guardare lo “spettacolo”: «Che
Testimonianze
fai sul balcone?». Lo tirai dentro appena in
tempo.
Si ricorda la sede in via de Nittis?
Nell’anno scolastico 1943-1944 frequentavo il secondo liceo. Ci spostammo dal Palazzo degli Studi, che era stato occupato
dagli inglesi, in via De Nittis. Era un palazzo sito in una traversa di corso Cairoli. La
scuola cominciò a gennaio: andavamo un
giorno sì, un giorno no, perché le aule
erano poche. Per quelli che, come me,
hanno avuto la sfortuna di frequentare gli
anni del liceo durante la guerra, mancò il
tempo materiale per assimilare i programmi. Per storia e filosofia, a un certo punto,
avemmo come docente Gerardo de Caro.
Bravo, idealista, fine, molto garbato. Un
ottimo professore. Ma cosa poteva insegnare a dei ragazzi che andavano a scuola
un giorno sì e un giorno no? È stato un
corso disastrato, il mio, tranne il ginnasio e
il primo liceo. Per l’italiano c’era il professor Melillo, per la storia e filosofia la Fierro. Melillo, che poi è diventato preside, era
un po’ lunatico, ma conosceva bene la materia. Nelle ultime due classi di liceo eravamo in pochi: un gruppetto di ragazze ed
uno di ragazzi. Ad un certo punto, venne da
noi Vivoli, insegnava storia dell’arte. Lui,
piccolino di statura, bistrattava i maschi.
Fra i miei compagni c’erano dei ragazzoni
alti, belli: ricordo Siani, Grimaldi. Era evidente che il professore doveva dimostrare
che quelli erano belli, ma stupidi. Li punzecchiava con domande difficili, fino a
quando i poveretti cadevano…
Ma Vivoli era preparato?
Si, a modo suo.
Lei frequentò durante la presidenza di Regina. Come se lo ricorda?
Era sempre molto cupo. L’aspetto fisico
309
forse lo condizionava. Era una persona
colta, con personalità multiforme, ma non
la metteva in luce. Era medico e poi si era
laureato in lettere; suonava anche il violino. Abbiamo scoperto tutte queste sue
qualità dopo, fuori dall’ambiente scolastico...
Come si comportarono i docenti quando il
fascismo declinò?
I professori si defilarono proprio. Insegnavano la loro materia e basta. Io mi sono
maturata nel 1945; il referendum, le elezioni sono venuti dopo. Vi era un’atmosfera di
transizione, non si sapeva bene cosa sarebbe accaduto. Comunque loro non parlavano, non si pronunciavano.
Non si parlò più né di fascismo, né di
Fasci, né di Mussolini. Le notizie che arrivavano erano piuttosto frammentarie. Non
è che arrivassero i giornali regolarmente,
bisognava captare le notizie. E non tutti
avevano la radio. Molti ce l’avevano prima,
ma una volta sfollati, la radio sparì. È stato
un periodo davvero buio…
Gabriella LA CAVA
Ho frequentato il “Lanza” in seconda liceo.
C’era lo sfollamento, mio padre era ufficiale al distretto di San Severo, aveva
avuto il trasferimento a Foggia... e io mi
iscrissi qui. Mancavano i banchi e tutte le
suppellettili, dovevo mettere tutto a terra:
ero sconcertata perché a San Severo era
tutto a posto. Avevo lasciato ottimi professori, tra cui Nino Casilio2 che mi insegnava
greco.
A Foggia non conoscevo nessuno. I miei
docenti furono la signora Lamedica (latino
e greco), Sepe (scienze), Vivoli (italiano),
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
2 Nino
Casilio si diplomò al Liceo “Lanza”.
Liceo “Lanza”, 1952-1953. Classe III B. [Archivio La Cava]
Testimonianze
Potenza (matematica), la signorina Cucci
(storia dell’arte) e de Miro d’Ajeta (filosofia e storia). Tra tutti questi insegnanti era
la professoressa Sepe quella che brillava di
più... L’ho avuta sempre nel cuore e ne
parlo spesso, rimembrando i tempi passati.
Io la chiamavo l’insegnante triste: non sorrideva mai, però era di una disponibilità...
di una vicinanza unica.
Perché eravate così “buoni” con la Sepe?
La sua lezione era sempre interessante. E
gli alunni quando sono interessati sono
sempre buoni, anche se sono discoli di natura. La professoressa Sepe aggiungeva
tante notizie alla lezione che spiegava. Talvolta queste integrazioni potevano sfuggire... Una volta cominciò ad interrogare
tutta la classe. Ricordo che la domanda era
sui monsoni, i famosi venti. Chiama l’uno,
chiama l’altro… nessuno ricordava l’argomento. Chiamò me: io mi alzai e le dissi
tutto. Lei si adirò: «Finalmente, lo potevi
dire anche prima!». Ma era contenta che
tutto quello che spiegava fosse ricordato.
Ricordo un altro episodio: per la preparazione agli esami di maturità, la professoressa ci dava appuntamento qui ai giardini,
alle tre del pomeriggio. Io abitavo al Distretto, dovevo venirci a piedi perché le
circolari non c’erano, a quel tempo. Venivamo qui, ci sedevamo sulle panchine e lei,
in mezzo a noi, ci interrogava... una cosa
splendida. Il ricordo è bellissimo, perciò
ho voluto dirglielo personalmente. Con
tutto il cuore.
Mario PELLEGRINI
Mi diplomai nel 1952, quindi ho iniziato il
ginnasio nel 1947-1948. La prima media
l’ho frequentata nel 1944 presso la “Carducci”, che allora era collegata al “Lanza”
. Stavamo tutti quanti “appoggiati” in via
311
De Nittis, in un palazzo requisito per
l’emergenza, che ospitava varie scuole.
Ci può parlare della frequenza scolastica
durante e appena dopo la fine dellaguerra?
Frequentavamo solo tre ore al giorno, facevamo anche i turni pomeridiani, che iniziavano alle tredici. In seconda media ci trasferimmo all’edificio Parisi, dove non restammo tutto l’anno, perché passammo al
Palazzo degli Studi. Quando transito per la
strada che porta all’Istituto Industriale,
guardo sempre la mia aula, con due grandi
finestre. Era una bella aula grande, che ora
è divisa in due. Non avevamo i banchi,
sedevamo su delle cassette di ferro di colore verde: erano i contenitori delle bombe
americane. Le cartelle e i libri li tenevamo
sulle ginocchia. Non c’era neanche la cattedra, i professori fortunati avevano il
banco. Cominciò ad andare meglio quando
passammo al Liceo: c’erano i banchi per
tutti.
Nel Palazzo degli Studi si vedevano ancora i segni della guerra?
L’edificio era abbastanza a posto, non
c’erano stati danni notevoli. In classe si
stava con i cappotti, senza il riscaldamento.
Ma allora non lo avevamo nemmeno a casa
nostra. Ricordo che nel 1950, ero in prima
liceo, il preside Regina impose a tutti i
maschi di andare a scuola con i pantaloni
lunghi. Noi ragazzi portavamo i calzoncini
anche d’inverno, e non avevamo neppure i
calzettoni... Non bisogna dimenticare che
la mia generazione viene fuori da una guerra: allora mancava il carbone per il fuoco,
lo zucchero, l’olio, la cioccolata...
E i libri vennero cambiati?
Al Liceo ho studiato la storia sullo stesso
testo che aveva usato mio fratello otto anni
Le foto ricordo
di Mario
Pellegrini.
Testimonianze
prima: La storia di Pietro Silva.
Non si parlò più di fascismo?
Dal 1946 in poi non abbiamo mai studiato
la storia del fascismo, siamo arrivati al
massimo fino alla rivoluzione francese.
Ha qualche ricordo delle lezioni di cultura
fascista?
Almeno per quanto ricordo io, in quarta
elementare studiammo la mistica fascista.
Ricordo la domanda: “Cosa significa
Duce”? E la relativa risposta: “Deriva dal
latino dux che significa condottiero”. Avevamo il sussidiario Libro e moschetto. Ma
il sentimento nazionale che veniva fuori da
quei libri era molto avvertito da tutti. Ho
sempre pensato che l’Italia sia stata una
nazione soltanto dal 1922 al 1945. Ha continuato a sentirsi tale per un’altra decina
313
d’anni, poi questo sentimento è sembrato
venir meno. Adesso è in ripresa...
Al “Lanza” si avvertiva questo senso di
italianità?
Certo, abbiamo fatto tante manifestazioni:
per Trento e Trieste succedeva l’ira di Dio.
Eravamo nei primi anni cinquanta, bisognava far tornare Trieste all’Italia, quando
sembrava che dovesse passare addirittura
alla Jugoslavia. Allora si manifestava non
perché faceva freddo o dovevamo festeggiare il carnevale, ma per questi motivi.
Non avevamo altre possibilità e, se ci permettevamo di fare sciopero, trovavamo il
Preside che, fuori dal cancello, ci guardava
con fiero cipiglio.
Ci può descrivere le foto della sua classe?
Queste tre fotografie della seconda C sono
314
Il Regio Liceo Lanza
state scattate il 13 giugno 1951. Piazzale
Italia allora era tutto aperto. Ricordo che
quando frequentavo il quinto ginnasio
c’erano solo le buche in cui vennero poi
piantati i pini. Noi stiamo al primo pilastro
dirimpetto al portone della scuola, sullo
sfondo c’è il Tribunale che attualmente è la
sede dell’Università. Il primo da sinistra è
il professor Pio Leonida De Francesco, che
insegnava italiano; il secondo, con gli occhiali, è il professor Carlo Gentile; la
prima signora è la Cucci, che insegnava
storia dell’arte; ci sono anche il professor
Frisullo, che insegnava latino e greco; la
professoressa di Storia dell’arte Frascolla e
il professor de Pascale, che insegnava educazione fisica. In quest’altra foto sono
presenti tutti i maschi con il professor de
Francesco. In quest’altra la classe è intera,
uomini e donne. La mia sezione era mista.
Qual era il rapporto con le altre classi del
Ginnasio e del Liceo?
Tenga presente che all’epoca uno studente
del terzo liceo non aveva alcun rapporto
con quelli della classe immediatamente
precedente, né di altre scuole. Il rapporto
con gli alunni di una classe inferiore era
impensabile: quelli erano ragazzini. Vi era
un certo classismo intellettuale. Noi avevamo ammesso a far parte della nostra comitiva un ragazzo proveniente da una scuola
professionale: fu un fatto eclatante...
Il “Lanza” ha formato personalità di livello internazionale…
Lo scopo della scuola gentiliana era di
formare la classe dirigente. La tradizione
era quella. Tanto per avere un’idea, voi
avete sentito certamente parlare del dottor
Sarcinelli. Eccolo nella foto. Mario era un
ragazzo normalissimo come tutti quanti
noi, ebbe una borsa di studio a Pavia e
andò a studiare lì, si laureò in Economia,
divenne vicedirettore della Banca d’Italia,
direttore della Banca Nazionale del Lavoro, della Banca Europea. Era un ragazzo
bravo. Noi eravamo un gruppo molto unito,
soprattutto i maschi, e andavamo a scuola
volentieri. Facevamo molte cose insieme.
Di questi amici qualcuno è ancora a Foggia, altri non ci sono più... Le donne, eccole qui...
Il suo preside è stato il professor Regina…
Sì, quello che aspettava i ragazzi giù al
portone. Si metteva all’inizio della scalinata, nell’atrio: aspettava che si formasse un
piccolo gruppetto di appartenenti alla stessa sezione, dopodiché ci faceva salire. Il
preside Regina conosceva tutti perché le
medie dei voti veniva a dettarle in classe
con i registroni, accompagnato dal bidello.
Si sedeva e faceva i commenti. Era un tipo
che ci teneva alla scuola, agli alunni. Si era
laureato in Medicina e poi, non sentendosela di fare il medico, si era laureato in
Lettere e faceva il preside. Solo questo sapevamo di lui, non altro. Le sue nozioni di
medicina gli servivano per dire «Devi tornare in classe!» ai ragazzi che tentavano di
svignarsela dicendo di sentirsi male. Fermo
davanti alla presidenza, Regina aspettava
che le classi uscissero nel massimo silenzio.
C’era davvero tutto questo silenzio?
Almeno ai miei tempi, i ragazzi andavano
a scuola perché veniva loro insegnato che
il loro dovere era quello. E quindi, come
tutti i doveri, veniva assolto. In perfetto
silenzio.
Quale professore le è rimasto più impresso?
Quando frequentai il primo liceo, per la
prima volta venne ad insegnare a Foggia il
Testimonianze
professor Carlo Gentile. È stato lui che ha
insegnato agli studenti del “Lanza” a ragionare. Suscitava in noi la logica: era questo
il grande insegnamento che doveva dare un
professore di filosofia a quel livello. Era il
miglior esecutore di quella “filosofia dei
licei” voluta dalla riforma Gentile. Io ho
sempre sostenuto che non bisogna insegnare soltanto le varie materie, ma formare
buoni cittadini ed eventualmente ottimi
politici. Carlo Gentile è stato uno di questi
ottimi maestri: ha insegnato ai ragazzi che
cosa significava entrare nella vita, e svolgere bene questo “mestiere”.
Carlo Gentile era un uomo particolare, che
talvolta veniva a scuola con lo spazzolino
da denti al posto della penna. Fantasioso:
ogni tanto inventava delle locuzioni particolari, come l’ippocampelostelogantosauro, una specie di animale preistorico.
Non ricorda altri docenti?
Il mio professore di religione è stato don
Renato Luisi. Simpatico. In quarta e quinta
ginnasio ho avuto il professor Molinaro per
le materie letterarie, la signorina Saponiero
di francese, simpaticissima; per matematica un professore di cui non ricordo il nome,
ma il rapporto con questa materia è stato
sempre difficile. Poi avevamo il professor
de Francesco, insegnava italiano. Quando
arrivò il professor Frisullo, con delle nuove
idee, incominciammo ad avere qualche
difficoltà. Insegnava latino e greco, e ci
fece fare le traduzioni su testi di scrittori
dell’Ottocento. La difficoltà stava nel tradurre questi brani in forma latina. L’adattamento fu traumatico, almeno per i primi
tempi, poi ci siamo adeguati. Del resto il
nostro rapporto con la classe docente era
improntato alla massima formalità: il contatto cessava nel momento stesso in cui le
lezioni terminavano. Il professore diventava un essere astratto: aveva nome e cogno-
315
me però non sapevamo dove abitasse, se
avesse famiglia. I professori non li vedevamo mai per strada, non sapevamo se avessero una vita propria. Non c’era, né ci poteva essere, alcun rapporto di confidenza.
Nel rapporto fra l’alunno e il docente vi era
la massima sudditanza intellettuale: il professore era il professore, il titolare della
cultura che ci veniva propinata e noi…
I docenti erano “considerati”?
Da parte delle famiglie, c’era il massimo
rispetto del professore, che svolgeva un suo
compito e che quindi non poteva essere
messo in discussione. Se un ragazzo a
scuola prendeva tre, “aveva il resto” dal
genitore, che non avrebbe mai accettato
che la colpa potesse essere del docente.
Avendo avuto dei figli a scuola, ed essendo
stato anche presidente del Consiglio d’Istituto al Liceo “Lanza” al tempo del preside
Luzzi, sono venuto a conoscenza delle contestazioni dei genitori sulla valutazione dei
docenti. Negli anni ottanta-novanta ho scoperto anche i professori politicizzati. Una
cosa impensabile ai miei tempi: soltanto a
distanza di vent’anni da quando sono uscito dalla scuola, scoprii che Carlo Gentile
era massone. Prima non avevo mai sospettato un fatto del genere. Per dirle qual era
l’onestà intellettuale di quest’uomo, come
di tutti i professori con cui abbiamo avuto
a che fare.
Mario SARCINELLI
Ritornare con la mente agli anni in cui frequentai il Liceo-ginnasio “Vincenzo Lanza”
a Foggia non è facile; dopo oltre mezzo
secolo i ricordi si sono affievoliti, sovrapposti, addolciti… Correva l’anno scolastico
1947-1948 quando entrai per la prima volta
nel severo e grigio Palazzo degli Studi per
frequentare la IV Ginnasiale; in verità, la
316
Il Regio Liceo Lanza
sorte non trattò bene la mia classe, la sezione C che vedeva insieme maschi e femmine: ci venne assegnata un’aula senza finestre, di forma irregolare, provvista di una
sola lampada centrale non molto forte. Di
cattedra per l’insegnante e di lavagna nemmeno a parlarne; un banco rivolto verso la
scolaresca e un riquadro nero sulla parete
ne facevano le veci. Da quell’anno inforcai
gli occhiali che non ho più tolto. Eppure,
non ricordo che ci si lamentasse molto. La
ragione? Nel triennio delle medie inferiori
avevo affrontato situazioni anche peggiori;
in mancanza di banchi, gli scolari si sedevano su sgabelli di ferro che pare servissero alle forze alleate per il trasporto delle
bombe. Durante i compiti in classe, ci s’inginocchiava sul pavimento per utilizzare lo
sgabello come scomodo piano di scrittura;
una volta durante una forte pioggia l’acqua
invase l’aula e l’insegnante di lettere, con
le lacrime agli occhi, ci ordinò di andare a
casa. Furono anni duri per una città martoriata dai bombardamenti, con la stazione
ferroviaria e tanta parte del patrimonio abitativo rasi al suolo, con molte famiglie,
compresa la mia, alla ricerca di un’abitazione, con giovani e meno giovani a caccia
di un lavoro o almeno di un pezzo di pane;
fui spettatore una volta di un tentativo di
assalto ad un camion che trasportava farina.
Perciò, l’arrivo al Palazzo degli Studi, in
un liceo classico che aveva una tradizione
ed una dignità, mi parve un dono della
sorte da non sottovalutare. Il Paese era alle
prese con la ricostruzione materiale e ancor
più con quella morale; una guerra era stata
perduta, l’Istria e la Dalmazia erano passate alla Jugoslavia, Trieste sembrava destinata a rimanere un territorio libero, la
forma repubblicana aveva sostituito quella
monarchica e l’Italia diveniva marca di
frontiera per effetto della cortina di ferro.
Di tutto ciò non si discuteva minimamente
in classe, ma nelle famiglie, anche operaie
come la mia, i giornali venivano letti e
commentati, la radio ascoltata. Può apparire strano che quegli avvenimenti non fossero oggetto di dibattito e di controversia
all’interno della scuola; eppure a me sembra che fosse pienamente razionale rifondare la coscienza delle giovani generazioni
in modo unitario, attingendo all’eredità
greca e latina, a Dante e ai maggiori del
Trecento, al Rinascimento e al Risorgimento. Non posso spiegare altrimenti perché lo
studio della storia come della filosofia,
della letteratura come dell’arte non si sia
mai spinto negli anni tra il 1947-1948 e il
1951-1952, al di là, grosso modo, della
prima guerra mondiale. Ciò che veniva
dopo era troppo intriso di sangue, di odio
politico, di rimpianto per ciò che l’Italia
avrebbe potuto essere e non fu tra gli anni
venti e gli anni quaranta, di amarezza per il
male recato agli altri e per i torti da noi
subiti, di vergogna per ciò cui io stesso
dovetti assistere: i ragazzini che dopo l’arrivo degli Alleati vendevano sigarette,
spesso rubate, ad ogni angolo di strada e le
segnorine che facevano commercio di se
stesse biascicando un improbabile inglese.
All’imperativo di allevare le giovani generazioni nella consapevolezza che l’Italia
aveva contribuito alla civiltà europea ed
occidentale e nel rispetto delle altrui identità, tradizioni e convinzioni, il corpo docente del “Vincenzo Lanza” nel periodo in cui
ne fui alunno rispose con impegno e anche
competenza; fu pure abbastanza stabile.
Soltanto il professor Carlo Gentile, titolare
dell’insegnamento di storia e filosofia, si
stagliava al di sopra della media per cultura, metodo didattico e capacità di dialogo
con gli studenti; era versato negli studi
esoterici.
All’insegnamento delle lettere latine e gre-
Testimonianze
che provvide in prima liceale la professoressa Maria de Biase, sostituita nei due
anni successivi dal professor Frisullo; fu
costui preceduto da una fama di ottimo
grecista, ma essendo di temperamento
chiuso non riuscì a stabilire un rapporto
vivo con la classe. Pio Leonida de Francesco ci insegnava italiano; dotato di una parola rotonda, ma lento nell’eloquio nelle
ore tarde della mattinata poteva risultare
anche un po’ soporifero; piena di sussiego
era la professoressa di storia dell’arte,
Cucci. Matematica e fisica erano affidate
alla professoressa Savastio, che per il metodo didattico faceva rimpiangere colui che
l’aveva preceduta nel Ginnasio. Ottimo
l’insegnamento di chimica e scienze naturali impartito dalla professoressa Flaminio.
Il rapporto col professore di educazione fisica era di grande cameratismo.
I cittadini si formano non solo con lo studio
delle lettere e delle scienze, ma anche con
la disciplina. Di questa si riteneva gran sacerdote il professor Antonio Regina, preside del “Vincenzo Lanza”.
Poco prima delle nove del mattino scendeva nell’atrio del Palazzo degli Studi accompagnato dal capo bidello che, consapevole della propria funzione di concelebrante, chiamava con voce stentorea le classi ad
una ad una, si accertava che gli studenti
non vociassero, che fossero (abbastanza)
allineati e coperti e che non marcassero il
passo! All’uscita, dinanzi alla porta della
presidenza torreggiava ancora la figura del
preside, i cui occhi cerulei e prominenti
incutevano un metus ben più che riverenziale. Eravamo tutti terrorizzati da questa
liturgia? Niente affatto; avevamo uno spirito di classe molto forte e se decidevamo di
fare sciopero per la nave scuola Colombo,
che in base al Trattato di pace doveva essere ceduta all’Unione Sovietica, o per il ritorno di Trieste all’Italia, l’assenza dalla
317
scuola era totale.
In tutti e tre gli anni del Liceo, nello scrutinio del primo trimestre sulla pagella mia e
dei miei compagni vi fu sempre un bel cinque in condotta; all’epoca, un voto del genere a conclusione di anno scolastico comportava automaticamente la bocciatura.
In terza liceale, sentendo avvicinarsi la libertà, la combriccola di cui ero parte decise
di preparare una sorta di numero unico di
quattro pagine scritte a macchina dal titolo,
se ricordo bene, Noi ciuchi: ragliamo quando ci pare. Fu una goliardica presa in giro
di professori, preside, capo bidello, compagni e soprattutto compagne ormai in fiore;
offrimmo una copia ciclostilata a molti destinatari dei nostri strali, chiedendo in cambio un obolo. Vi fu chi reagì con una risata,
chi con un sorriso, chi con un po’ di stizza… Quando qualcuno ci avvertì che avevamo violato il combinato disposto di non
si sa bene quali circolari ministeriali per
non avere chiesto il permesso al preside,
per avere mancato di riguardo ai professori
e, forse, per avere attentato alla reputazione
del “Vincenzo Lanza” un piccolo brivido
scorse per la schiena della combriccola…
Corremmo ai ripari consegnando una copia
anche al preside, cui non chiedemmo quattrini, ma un giudizio sulla nostra irridente
fatica! Non ci successe niente, anche grazie
al nostro ottimo rapporto con gl’insegnanti
e ai risultati ottenuti nei cinque anni dalla
classe nel suo insieme, dai membri della
combriccola e da me stesso.
V’è una leggenda metropolitana secondo
cui avrei preso dei dieci al liceo; in verità
ho preso soltanto alcuni nove. Il dieci era
precluso, almeno in italiano, da un criterio
valutativo attribuito al preside Regina: «In
italiano il dieci lo assegno a Dante Alighieri, il nove lo riservo a me stesso, per voi
studenti c’è al massimo l’otto».
Con l’esame di maturità sostenuto sul pro-
318
Il Regio Liceo Lanza
gramma del triennio per tutte le materie, in
un’estate torrida, si concluse la mia vita di
liceale.
Nell’autunno presi il treno Lecce-Milano
per fruire di una borsa di studio al Collegio
universitario “Fratelli Cairoli” di Pavia. E
cominciò il processo di estraniazione dalla
terra natia.
Michele CARACCIOLO
Ho frequentato il IV ginnasio nel 1951. Di
quegli anni non ricordo quasi niente, come
non ricordo la Scuola Media “Carducci”.
Del Liceo rammento qualcosa. Ad esempio
che per rispettare il massimo ordine, la
classe si formava giù nell’atrio, non su.
C’era il bidello che ci metteva tutti in fila
classe per classe. Quindi salivamo nell’aula
ed aspettavamo i professori, tutti in piedi.
Ricordo che il preside Regina aveva l’abitudine di leggerci personalmente le pagelle: veniva in classe con un bel librone, e
chiamava gli alunni uno ad uno. Così tutti
sapevamo i voti degli altri. Si adirava se il
voto dello scritto era superiore a quello
dell’orale. Non ammetteva che un alunno
potesse essere bravo allo scritto e non
all’orale. Significava che non aveva studiato.
C’è stato qualche evento particolare?
Quand’ero ancora alla scuola media facevamo sciopero per Trento e Trieste, anche
se non ce ne importava niente. Nel 1952
morì Benedetto Croce, ci fu una manifestazione. Nell’ultimo anno di liceo ci fu una
fortissima nevicata. Era il 1956. Alla prima
ora avevamo religione con don Renato
Luisi. Faceva un freddo cane, ma eravamo
tutti contenti, ci chiedevamo: «Chissà se il
professore arriverà con tutta questa neve».
Lo vedemmo arrivare in bicicletta, faticosamente. Tutti quanti gli andammo incon-
tro: «Professore, ma con questo tempo…
poteva farsi male». E lui : «Ho sfidato la
tormenta per venire da voi…». Non scorderò mai quella… tormenta.
Oggi, quando passo e vedo il muro del Palazzo degli Studi pieno di scritte, penso che
non è più il Liceo di una volta.
Chi erano i professori di quegli anni?
Il professore di italiano era Vivoli, per latino e greco c’era Iorio; il professore di storia e filosofia era de Caro; storia dell’arte la
insegnava la signorina Cucci; poi c’erano
la Rondinone per matematica; la signora
Sepe per chimica. La professoressa è tuttora vivente: ha centodue anni.
Ricordo che professor Vivoli era molto severo. Quando un alunno si avvicinava alla
cattedra per scusarsi perché non aveva studiato, lui diceva: «Sì, va bene», per poi interrogarlo puntualmente. Alla classica protesta dell’alunno: «Ma io sono venuto a
scusarmi», ribatteva: «Certo. Tu non sei
preparato per la lezione di oggi. Ma per il
resto lo sei!».
Il suo compagno di banco chi era?
Mimmo di Conza.
E gli altri compagni?
Al primo banco c’erano Arbore e Altamura; poi Rondinone, il nipote della professoressa; quindi Breazzano, Carnevale, Nardella. Il più bravo della classe era Delli
Carri: diventò primario all’ospedale di Lucera. Anche Bevilacqua divenne medico.
C’era Ernesto Forgione. Alcuni non li ho
visti più. Incontrai Breazzano molti anni
dopo, ma non lo riconobbi. Eravamo all’ex
Inail per fare le analisi, lui si avvicinò e mi
chiese se fosse arrivato il dottore. Quando
il dottore chiamò: «Breazzano!», pensai
che forse si era avvicinato perché mi aveva
riconosciuto. Ricordo un altro compagno,
Testimonianze
Pedone. La sua fissazione era di entrare in
polizia e ci riuscì: divenne questore di Verona. Era una persona molto gioiosa. Ricordo che una volta, scendendo le scale, in
fila, prese un uovo, l’aprì e l’uovo cadde
nel collo della camicia del compagno che
si trovava più giù. Successe il finimondo. Il
professor Iorio ci fece tornare tutti indietro:
voleva sapere chi era stato. Alle tre del
pomeriggio stavamo ancora tutti lì, in castigo. Una volta, durante l’ora del professor Iorio, Pedone portò a scuola per colazione il primo piatto, il secondo piatto, la
frutta, il vino. Si mise a mangiare, ma
cadde la bottiglia e il vino si sparse per
l’aula. Un odore tremendo. Il professor de
Caro, che venne subito dopo, gridò: «Ma
dove siamo? In una osteria?». Questo succedeva perché il professor Iorio negli ultimi tempi aveva perso la vista. Non so
quanti anni avesse allora, ma era anziano.
Naturalmente stando negli ultimi banchi, si
poteva fare tutto quello che si voleva… A
ripensarci ora, ne combinavamo di tutti i
colori.
Qualche altro episodio che riguarda il
professor Iorio…
Aveva alcune fissazioni. Qualunque cosa
succedesse, dava la colpa sempre a D’Anza, un alunno che veniva da Sant’Agata di
Puglia. Una volta questo ragazzo fece non
so che cosa e Iorio giustamente lo riprese.
Da quel momento, il poveretto ne passò di
tutti i colori. Tutti potevano fare tutto, ma
chi prendeva sempre la colpa di tutto era
D’Anza; più di una volta, non sopportando
questa persecuzione, si alzava in piedi e
protestava: «Ma professore, cos’ho fatto
io?». E Iorio: «E cosa dovevi fare? Uccidere?».
Il professore veniva sempre con la stessa
borsa, lo stesso cappottone, lo stesso cappello, aveva le ghette ai piedi e portava
319
sempre dei fogli di carta messi uno sull’altro che potevano avere una ventina d’anni.
Vi segnava tutti i compiti che ci assegnava,
le versioni dal latino dal greco... sempre le
stesse praticamente.
Le sembra che gli insegnamenti di quegli
anni siano serviti?
Per quanto mi riguarda, non credo. Ricordo che una professoressa molto brava era
la signora Sepe: spiegava in maniera pacata, tranquilla, faceva capire bene le cose.
Gli altri docenti erano bravi, senz’altro, ma
l’insegnamento era standard. Non so, per
esempio il professor Vivoli. Mia sorella,
che era più grande di me, aveva preso appunti durante le sue lezioni. Quelle stesse
parole le ripeteva alla mia classe, dopo
cinque, sei anni. Le stesse parole. Gli altri
miei compagni non sapevano rispondere,
io che avevo gli appunti, ci riuscivo...
Quindi, non c’era molto spirito di ricerca
didattica.
Era un insegnamento meccanico. Anche de
Caro era a volte prolisso, passava dalla
storia alla filosofia, dalla filosofia alla storia. Mi disorientava. Ricordo che era molto
devoto di Padre Pio, con qualsiasi tempo,
ogni mattina, prima di entrare a scuola,
andava a messa a San Giovanni Rotondo.
Ricorda qualche altro docente?
C’era la Rondinone. Brava, molto brava,
non perché io andassi bene in matematica,
non per questo. Ricordo la signorina Cucci.
Anche lei era preparata, ma la storia dell’arte a me non piaceva: quei quadri, quelle
statue non mi dicevano proprio niente.
Siccome non studiavo e inventavo al momento, la professoressa si adirava: non
potevo prenderla in giro...
Alla luce dell’esperienza, oggi rifarebbe la
320
Il Regio Liceo Lanza
Il professor Antonio Vivoli con gruppi di studenti e con i colleghi. [Archivio Vivoli]
Testimonianze
321
322
Il Regio Liceo Lanza
stessa scelta di iscriversi al liceo classico?
Se dovessi decidere adesso, non sceglierei
più il liceo classico. Finita la scuola, praticamente non hai niente se non frequenti
l’università. Se hai frequentato ragioneria
diventi ragioniere, se hai fatto l’Industriale
sai fare il perito, sai fare qualche cosa. Se
hai frequentato il liceo classico sai solo
chiacchierare e basta...
Un suo compagno, Renzo Arbore, è diventato un artista, un personaggio illustre…
Che dire? Arbore all’epoca frequentava
anche il Conservatorio, suonava o il violino
o la tromba. Ricordo che portava sempre
un astuccio lungo. Il clarinetto credo sia
venuto dopo. Finito il liceo, non ci siamo
più visti. Arbore l’ascoltavo ad Alto gradimento e pensavo, sorpreso: «Ma questo
Arbore è proprio il mio compagno di scuola?». A scuola non aveva quella verve che
poi gli abbiamo scoperto in televisione e
alla radio. Se Arbore in classe si fosse unito
agli altri “creativi” di cui ho parlato prima,
avremmo visto veramente delle cose assurde. Invece no. Non partecipava alle nostre
attività, nel senso che quando mancava un
professore e c’era un’ora buco, e noi andavamo a giocare a pallone, lui non veniva
con noi. Frequentava gli amici suoi, gli
amici della Taverna del Gufo.
Quello che mi ha dato un po’ fastidio di
Arbore è che all’inizio della carriera, siccome aveva fatto gli studi a Napoli, elogiava
i napoletani. Solo dopo aver sentito qualche protesta, ha cominciato a parlare bene
di Foggia. Comunque, se incontrate Arbore, salutatemelo. Ditegli che io sono rimasto strabiliato dalla comicità che ha saputo
tirare fuori, insieme a Frassica e agli amici
della combriccola di Indietro tutta.
Domenico DI CONZA
Per riandare ai tempi del glorioso “Vincenzo Lanza” dobbiamo risalire al periodo dal
1951 al 1956. Ho un bellissimo ricordo di
quegli anni che ho trascorso serenamente.
Quelli del liceo li ricordo meglio perché li
ho vissuti più intensamente. Ricordo soprattutto il preside Regina, una personalità
all’epoca: si faceva “sentire” sia per la severità che per la serietà e la professionalità.
Posso dire che noi eravamo molto rispettosi e molto intimiditi dal suo essere, dal suo
modo di porsi.
Avevo una grandissima stima, ed era reciproca, per il professor Vivoli. Una carissima persona, con un’intelligenza vivissima
ed un modo di insegnare molto valido. Ricordo che non ha mai ripreso nessuno. Noi
stavamo attenti per tutta l’ora della sua lezione. Ricordo un particolare: una volta
andai a scusarmi con lui, come si usava
quando non si studiava il giorno prima e
non si era preparati per l’interrogazione.
Veramente, non l’avevo mai fatto prima.
Per tutta risposta, lui mi chiamò quattordici
volte di seguito... Ogni volta che veniva mi
interrogava.
Il professor Vivoli era di sinistra...
Sapevamo che era di sinistra e che era ateo,
però in classe non trasparivano queste sue
tendenze, era molto professionale.
Fu un docente importante per la sua formazione?
Molto, molto importante. Mi è rimasto ancora oggi l’amore per la letteratura.
Ricorda gli altri docenti?
Per il latino e greco, ho avuto Iorio. Certamente era un professore che sapeva il fatto
suo. Forse negli ultimi anni il rapporto non
è stato ottimale: era abitudinario, un poco
in là con gli anni e la classe se ne andava
Testimonianze
323
La “squadra del cuore” del “Lanza” sotto le tribuna del Campo Scuola durante la partecipazione ai campionati studenteschi del 1955-1956. In prima fila da sinistra: Giuseppe Rondinone, Vincenzo Postiglione e Mimmo di Conza. [Archivio di Conza]
324
Il Regio Liceo Lanza
un po’ per conto proprio.
Una persona simpaticissima era il professor de Caro, di storia e filosofia. Ricordo
che era molto elegante, raffinato… grande
seguace di Padre Pio. Era innamorato della
sua materia. Cominciava dal filosofo che
in quel momento trattava e finiva ai nostri
giorni, un excursus bellissimo, e direi, interessantissimo. Sapevamo che se cominciava a parlare avremmo evitato le interrogazioni… e lui cadeva spesso nella trappola.
Un’altra docente che mi è rimasta impressa
è la signora Sepe, che vive tuttora. Insegnava scienze in tutte le classi ed ha avuto
così tutti gli alunni che sono passati al
“Vincenzo Lanza”. Era una persona un
poco distaccata, severa ma simpatica. Interrogava a due a due e così ognuno poteva
portare il conto del proprio turno.
Anche la signora Cucci, di storia dell’arte,
era una professoressa simpaticissima. Insegnava in tutti e tre i corsi A, B e C, e
all’epoca eravamo ferrati nella materia
proprio perché lei sapeva imporsi e farci
studiare.
Recentemente ho saputo che sia la Sepe
che la Cucci si ricordano ancora di un bel
giovane alto che si chiamava Di Conza.
Ciò mi ha fatto enorme piacere...
Che dire dei suoi compagni di scuola?
La mia classe non era molto studiosa. Ci
impegnavamo per ottenere la sufficienza,
senza approfondire. Ricordo Michele Caracciolo, il mio compagno di banco. Dietro
di noi sedeva Renzo Arbore: durante le lezioni batteva continuamente il tempo del
jazz con una matita. Era molto simpatico.
Fra gli altri c’era il medico Gianni Pernice,
e poi Giorgio Pedone, simpaticissimo,
scherzoso. Studiò a Roma e divenne commissario di polizia: un carissimo amico che
non è più tra noi. C’era Breazzano, una
persona molto colta, un discolaccio tre-
mendo. So che si è laureato in Lettere, che
ha fatto il professore, ha insegnato in Sardegna. Dotato di un’intelligenza viva e di
una cultura notevole, nella nostra classe
era un’eccezione. Anch’egli non è più.
Ricordo poi Rondinone, nipote della professoressa di matematica, e Nardella, un
altro discolo.
Si racconta un aneddoto su un piatto di
pasta che girava tra i vari banchi nell’ora
del professor Iorio. Se ne ricorda?
No. Ricordo solo che Iorio usava farci leggere molto. A fine giornata non ci lasciava
andare finché la lettura non era terminata.
Allora cominciavamo a saltare le pagine...
Se dovesse dare un giudizio sintetico sulla
sua esperienza scolastica, che direbbe?
È stata senz’altro positiva. Il liceo classico
dovrebbe essere alla base della cultura di
ogni professionista. In quanto a me, sono
ancora in grado di declamare parecchi
passi di Dante (merito del professor Vivoli). Di greco ricordo solo qualche etimologia, ma è da esso che discende tutta la nostra cultura, bisogna conoscerlo anche se si
ha l’impressione che non serva a niente.
Renzo ARBORE
Ho frequentato anch’io, nei primi anni cinquanta, il Liceo-ginnasio “Lanza”. Ero
nella sezione A, la cosiddetta sezione “in”,
quella detta “dei figli di papà”. Ma non mi
sembra che lo fossimo poi tanto. Avevamo,
c’è da dire, pochi soldi in tasca, anche noi
che eravamo figli di professionisti (quando
gli chiedevo qualcosa, mio padre mi diceva: «I soldi in tasca li hanno soltanto i vagabondi e i delinquenti!»).
Foggia negli anni Cinquanta rappresentava
uno spaccato di Italia povera. E anche il
Liceo era ancora tutto povero, a comincia-
Testimonianze
re dalla palestra. Chi bigiava la scuola andava a giocare nell’improvvisato campetto
vicino al Deposito dei Cavalli Stalloni: il
pallone era di pezza e la porta la delimitavamo con una pila di libri accatastati. Ma
noi ci accontentavamo. Eravamo una generazione dai forti sentimenti: sentivamo gli
odori, gustavamo i sapori, godevamo pienamente anche delle piccolissime, grandi
cose della vita. A scuola studiavamo e
basta. Pochi gli svaghi concessi. Ricordo
che assistevamo a due spettacoli, durante
l’anno scolastico: Il Golgota a Pasqua e
una scontata commedia di Goldoni. Li apprezzavamo nella misura in cui ci regalavano due giorni di vacanza. Gli scambi di
idee tra gli studenti avvenivano ai giardinetti di Piazzale Italia, di fronte al Palazzo
degli Studi. Non c’era assembramento serale, ci sentivamo soltanto prima di entrare
in classe ed all’uscita a fine giornata.
Seppure di famiglia borghese, frequentavano il Liceo persone di altre culture che ci
aprivano mondi diversi: c’erano tanti ragazzi che venivano da altri paesi della Capitanata e d’Italia, con il loro carico di
esperienze e di vita. Tra i miei compagni di
scuola ricordo Tonino Pandiscia, che arrivava da Lacedonia. Ricordo Accettullo di
Orsara di Puglia, e tanti altri. Tra i miei
compagni di banco Guglielmi, e soprattutto
Antonio Morese che arrivava da un paese
del Subappennino dauno (divenne poi noto
come Toni Santagata).
Al “Lanza” ho avuto un gruppo di professori davvero preparato e ben assortito. Il
professore cui sono legato da un bellissimo
ricordo è stato Giovanni Iorio, che mi insegnò latino e greco. Mentre l’idioma ellenico mi è passato subito di mente, come
credo a tutti, il latino non è assolutamente
dimenticato, per la saggezza e per la bellezza della lingua. Merito del professor Iorio.
Era di sentimenti amabili. Ricordo in parti-
325
colare l’ultimo periodo in cui aveva perso
la vista, mi parlò in latino per dirmi che era
diventato cieco. Aveva un sentimento filiale nei confronti di noi ragazzi. Alcuni professori trattano oggi i loro studenti come
amici, come prossimo. Lui ci trattava come
figli. Nel personaggio del professor Aristogitone di Alto gradimento emergono solo
alcuni tratti del professor Iorio: ad esempio
la sua frase tipica: «Io li piglio e li sbatto
fuori!». Ma la diceva con un tono burberobenefico. Il rispetto verso i nostri professori era molto forte. Tra i miei docenti ricordo
anche Antonio Vivoli. Ci intimoriva molto,
ma aveva un suo rigore e non ostentava la
sua sapienza. Ci fece studiare su un bel
testo di Natalino Sapegno. Era comunista.
Un giorno ci disse questa cosa che, in un
certo senso, ci sconvolse: fu nel 1953,
quando morì Stalin. C’erano poi la professoressa Chiara Sepe, una grandissima signora, assolutamente imparziale, rigorosa;
il professor Vittorio de Miro d’Ajeta, una
persona di grandi capacità comunicative.
Ricordo anche il professor Gerardo de
Caro: aveva un eloquio dotto, alato, affascinante che prescindeva da quello un po’
approssimativo di noi ragazzi. Era una persona di grandissima cultura e intelligenza.
Ricordo la sua conversione a Padre Pio.
Il preside Antonio Regina era un personaggio straordinario, a suo modo anomalo.
Aveva una mobilità degli occhi eccezionale, da vero attore. Regina veniva caricaturizzato spesso da noi studenti, specie per
quel suo continuo intercalare in “unque”:
lo infilava dappertutto. Io lo imitavo spesso. Ma Regina era molto rispettato da noi
studenti. Quando si arrivò al terzo liceo
eravamo in quaranta, un numero elevatissimo per una classe che, a detta dei professori, era terribile. Quell’anno a giugno furono
promossi soltanto sei studenti su quaranta.
Una vera e propria strage. L’ecatombe fu
326
Il Regio Liceo Lanza
Il professor Giovanni Iorio in
classe. [Archivio Lucianetti]
Testimonianze
determinata soprattutto dalla nostra condotta disciplinare, più che dal profitto di
ognuno. In fondo studiavamo. Ma la classe
si distingueva per le sue “imprese”: c’era
chi veniva a scuola anche per divertirsi e
fare casino, eravamo davvero scatenati. Io,
rimandato a ottobre in cinque materie, non
ce la feci a passare l’anno. Questa inattesa
bocciatura per me fu un grande dolore. La
presi malissimo. Quando andai a vedere i
quadri, ero timoroso più degli anni passati:
sapevo che quel verdetto avrebbe segnato
il mio prossimo futuro: se andare a studiare
a Napoli o tornare a studiare con quelli
della classe inferiore. Quella bocciatura fu
davvero uno choc violento per me, ma mi
ha insegnato molto, nella vita.
Quando qualche anno fa sono tornato al
“Lanza”, in occasione di un incontro con
gli studenti, sono stato accolto benissimo.
Per me è stata quasi una revanche: ero tornato da vincitore! In fondo è al Liceo che
ho accarezzato i miei primi, fantastici
sogni di gloria: disegnavo formazioni di
meravigliose orchestre jazz, completamente ignaro dei problemi delle discografie.
Al Liceo è scoccata quella scintilla che mi
ha reso consapevole del valore dell’artista.
Fui sollecitato proprio da un tema del professor Vivoli: L’arte non è fuori dalla vita.
È se stessa vita e consolatrice della vita.
Tema difficile. Ricordo che dopo la dettatura della traccia ci fu un moto di stupore,
in classe. Non era il solito tema. Esprimeva
pienamente un concetto molto profondo. Il
fatto stesso che dopo tanti anni io ricordi
ancora il testo, significa che il tema mi
aveva decisamente affascinato. Per me
l’arte è superiore alle scienze, alla storia...
considero l’arte come suprema. Essere un
artista è una cosa bella. Mi piace essere
definito artista, al di là di ogni gratificazione materiale. Per finire, ricordo un episodio che ancora mi fa sorridere. Si era am-
327
malato il professor Vivoli e arrivò una
supplente di italiano. Inconsciamente ci
provocò con un titolo di tema assurdo, in
confronto a quello dato dal nostro professore nella prova precedente: Din don dan,
le campane suonano a festa. È Pasqua di
Resurrezione! Decisamente demenziale.
Non capì, poverina, che per quanto sguarniti, eravamo a un livello decisamente superiore. Potete immaginare cosa successe
in classe…
Ma i ricordi più belli del Liceo sono le cose
serene, gli amori iniziali… gli sguardi furtivi e teneri e, perché no? la paura. Serve a
insegnarti la vita che, a sua volta, ti farà poi
apprezzare il lavoro svolto a scuola. E tutte
le piccole cose fatte in gioventù…
Antonio PELLEGRINO
Ho frequentato il Liceo-ginnasio “Lanza”
nei primi anni Cinquanta, conseguendo la
maturità classica nell’anno scolastico
1955.
Ci può descrivere il clima di quegli anni?
Foggia usciva dalla guerra, cominciava la
ricostruzione, c’era un notevole grado di
povertà. Questa povertà si rifletteva nella
scuola, prestigiosa per il suo nome ma povera, con aule molto ridotte, il minimo di
attrezzature. Abbiamo trascorso gli ultimi
due anni del Liceo in un’aula ricavata
nell’ultimo tratto del corridoio: un’aula
arrangiata che bisognava attraversare per
accedere a quella affianco. Questo per dire
le ristrettezze dell’epoca.
Una prerogativa che distingueva il “Lanza”
dagli altri Istituti era che si facevano meno
ore: si entrava alle nove del mattino, quando tutti gli altri studenti erano già in classe
dalle otto e trenta. Ciò denotava che era
una scuola d’élite, una scuola per signori,
che potevano alzarsi più tardi di tutti gli
328
Il Regio Liceo Lanza
altri ragazzi. Eravamo ancora sul piazzale
quando gli altri studenti erano nelle aule.
lo struscio sul corso. Ci incontravamo per
strada.
Quali erano i luoghi frequentati dai giovani?
In realtà, non c’erano luoghi di ritrovo. Mi
si dirà che questa è una prerogativa delle
nostre contrade, del Meridione, dove le
temperature sono tali che ci si può incontrare per strada in qualunque mese, in qualunque giorno dell’anno. A Foggia l’unico
luogo di aggregazione era la Fuci, a Palazzo Vescovile, dove noi non eravamo ammessi in quanto giovani studenti liceali, ma
ci intrufolavamo lo stesso. Il tutto però si
risolveva in una partita a ping pong.
Si può dire che fosse l’unico svago a quel
tempo, almeno per una certa categoria di
studenti. Facevamo, come tutti i foggiani,
Ha mai frequentato la Taverna del Gufo?
Non ne conoscevo neppure l’esistenza. La
Taverna del Gufo era per iniziati, e comunque riservata, come il Circolo del tennis,
alla classe sociale medio-alta: ma non tutti
gli studenti che frequentavano il “Lanza”
erano figli di papà. C’erano, certamente,
ma la scuola si era aperta a tutta la società.
Debbo dire, comunque, che una certa distinzione si avvertiva. I cosiddetti figli di
papà facevano gruppo a sé e poi c’erano gli
altri, i quali venivano accettati se potevano
essere utili: se erano bravi, aiutavano a fare
i compiti, a tradurre le versioni di latino e
greco. Comunque era una distinzione che
non pesava: non andare al circolo del ten-
Il professor Vitale premia il secondo arrivato Fiore Iorio al campionato di atletica del 1950.
[Archivio Iorio]
Testimonianze
nis non era poi un grosso sacrificio.
Tutto sommato, era la scuola a tenerci tutti
uniti.
A scuola si praticava l’attività sportiva?
Al massimo, nell’ora di ginnastica, si faceva un po’ di atletica, si giocava a pallone.
Erano sport molto poveri: non c’erano attrezzature sportive, c’era un solo campo da
tennis. Pur volendo, non tutti potevano
partecipare e poi... al liceo bisognava studiare, non è che si potesse dedicare troppo
tempo agli svaghi. Per quanto mi riguarda,
mi piaceva la scherma, ma fu una passione
che durò poco. A Foggia c’è stato sempre
un certo amore per questa disciplina: ha
generato, e continua ancora a generare,
giovani campioni rispettati in Italia e nel
mondo.
Quali erano i rapporti con gli studenti che
arrivavano dai paesi della provincia?
Rappresentavano i “paria”, erano i più sacrificati. Era una scuola difficile, il classico
“Lanza”, una scuola ritenuta d’eccellenza.
In quarto ginnasio veniva effettuata una
selezione crudele, che continuava con gli
esami del quinto. Al primo liceo c’era l’ultima decimazione: la classe veniva ridotta
del cinquanta per cento. Ma chi riusciva a
superare questo terzo ostacolo arrivava alla
maturità senza problemi.
Ricorda i suoi docenti?
Certo. Ricordo tutti i professori. Frequentavo la sezione C, la mitica III C enfatizzata
da Luciano Emmer in un film che girò proprio quando noi frequentavamo il terzo
liceo. E quindi ci sentivamo importanti.
Che dire della qualità dell’insegnamento?
Tante nozioni, ma mi sono state impartite
anche tante lezioni di vita, anche se la mia
classe in cinque anni cambiò tantissimi
329
docenti. Ciò non avveniva in tutte le sezioni, era il corso C quello più penalizzato. Si
sono alternati cinque professori di italiano
in cinque anni... una cosa che poi si fa sentire. Per latino e greco, cambiammo quattro
professori in cinque anni. Alcuni egregi e
bravissimi, soprattutto al V ginnasio. Per il
greco ci fu una defaillance: mancò in prima
liceo un insegnante che ci “ferrasse”. Comunque, tutto sommato, riuscivamo a mantenere il passo con le altre sezioni: la sezione C era ritenuta più vivace, per la presenza
di docenti di prestigio come l’insegnante di
storia e filosofia, il professor Gentile, e di
altri professori.
Abbiamo avuto per cinque anni soltanto la
professoressa di matematica e fisica, la
Savastio. Non si può dire che fosse un’insegnante perfetta, conosceva bene la sua
materia però era un po’astiosa nei riguardi
di ragazzi che a volte non avevano nessuna
colpa. A quell’età si è vivaci, si fa qualche
commento azzardato. Anche una risata veniva spesso interpretata male, come mancanza di rispetto, ma non era assolutamente
così.
Qual era la funzione del preside?
Al “Lanza” c’era un preside che ha lasciato
un grande segno: Antonio Regina. Guai se
un alunno fosse stato estromesso dalla classe durante la lezione: veniva immediatamente sospeso e mandato a casa, senza remissione di peccato. Nessuno, che non si
sentisse male veramente, poteva uscire in
anticipo. Questa plausibile scusa per allontanarsi non veniva accettata senza verifica:
il Preside misurava la temperatura con il
termometro, e chi non aveva la febbre restava a scuola fino a che non fosse terminato l’orario scolastico. C’era un grande rigore disciplinare: si poteva essere bocciati per
la condotta. Era un fatto acclarato. Solo
quando si arrivava al secondo, terzo liceo
330
Il Regio Liceo Lanza
c’era un “allentamento” sulla disciplina: lo
stesso personale non docente diventava più
amico dello studente, mentre negli anni
precedenti era stato un censore. I bidelli
erano coloro che facevano rispettare la disciplina insieme al Preside, ritenuto da tutti
una persona integerrima, severa, anzi di
una severità assoluta. Aveva un modo di
dire particolare: il noto “unque”, con cui
inframezzava con grande facilità il suo discorso. Ricordo che un mio compagno,
Napolitano, lo sapeva imitare perfettamente quando faceva l’appello e lo chiamava
“Napoli unque tan”. Per dire, allora ci si
divertiva veramente con poco...
Visto che ha avuto cinque professori di
italiano, chi ricorda di più?
Li ricordo tutti con grande affetto e con
grande stima, al di là di qualche piccolo
episodio scolastico non del tutto piacevole,
ma che a posteriori viene ingentilito dal ricordo delle cose belle fatte insieme.
Quello che forse ha cercato di darci qualcosa di più è stato il professor de Francesco.
Ricorda qualche compagno di classe?
I compagni di scuola li ricordo praticamente tutti, tranne alcuni “persi” lungo la strada
al quarto, quinto ginnasio. Perduti perché
bocciati. Il gruppo che è andato avanti ha
preso strade diverse: c’è chi è diventato
docente universitario, chi sacerdote. Colui
col quale mi sono ritrovato più anni insieme è Panella, che oggi insegna alla facoltà
di Architettura di Roma. Abbiamo frequentato insieme anche tutti gli anni della scuola elementare e media. Poi c’è Tropea, ingegnere capo al Genio Civile, così particolarmente versato nelle matematiche, nelle
scienze; d’Anza, che è stato giudice al Tribunale di Foggia e alla Corte di Appello di
Bari; ancora Serrilli, di Troia, che sta al “de
Propaganda Fide”: dopo aver iniziato il
corso di ingegneria, entrò in seminario. E
poi tanti professori, avvocati, colleghi come
il dottor Vassallo, che oggi fa il neurochirurgo a Trieste. Altri li ho perduti di vista
perché vivono in altre città. Ma con molti
di loro è tale l’amicizia e tale l’affiatamento che quando ci incontriamo è come se ci
fossimo lasciati l’anno prima. La C era una
sezione mista, con poche ragazze, soltanto
cinque o sei. Alcune vivono fuori: la professoressa Telera a Manfredonia. Poi c’è la
professoressa Siciliano. Credo tutte insegnanti di italiano, latino e greco. La nostra
era una classe, come dire, affiatata, tranne
qualche piccola eccezione, e si può dire che
di veri “figli di papà” non ce ne fossero. Il
gruppo era equilibrato nella sua eterogeneità: figli di operai, di impiegati, di qualche
docente (c’era anche il figlio del professor
Iorio). Ma tutti i ragazzi erano, oggi si direbbe, molto “democratici”.
Nel nostro Liceo c’era qualche bella individualità. Io ricordo, anzi ricordiamo tutti
con grande ammirazione, il dottor Mario
Sarcinelli. È stato vice direttore della Banca
d’Italia e direttore della Banca Nazionale
del Lavoro: l’unico studente che a
quell’epoca riuscì ad avere voti come il
nove e il dieci. Voti che al Liceo classico
“Lanza” erano davvero un’eccezione. Prendere otto era il non plus ultra: la maggior
parte degli studenti che “andava bene” in
quella scuola prendeva sette. Il dottor Sarcinelli prendeva dieci, era una mente straordinaria e tutti ammiravamo questo nostro
compagno di scuola.
Mai una manifestazione?
Soltanto una all’anno: quella per Trieste.
La manifestazione finiva con tutti gli studenti che andavano ad ascoltare due comizi: parlavano un rappresentante della Sinistra e uno della Destra. Il più delle volte, a
fare i comizi erano Carmeno, che parlava
Testimonianze
per la Sinistra, e il professor Bucci, per la
Destra. Allora gli studenti ideologicamente
schierati erano pochi, si cercava di separare
nettamente la scuola dalla politica, a meno
che un orientamento molto deciso e preciso
non venisse dalle proprie famiglie. Non
dobbiamo dimenticare che la Democrazia
cristiana in quegli anni aveva oltre la metà
dei voti e quindi governava tutto, permeava
qualunque cosa. A scuola era proibito parlare di politica. Chi permetteva un dialogo
vero con gli studenti era il professor Carlo
Gentile, ma anche con lui di tutto si parlava
fuorché di politica. E poi c’erano tanti tabù.
La nostra era una sezione mista, una cosa
straordinaria per quell’epoca. Al Liceo
“Lanza” non era permesso portare i pantaloncini neppure in quarta ginnasio, quando
eravamo ancora degli sbarbatelli mingherlini. Io ero uno di quelli, tanto che qualcuno
più anziano mi diceva: «No, no. La scuola
media è più avanti!…». Non potevamo
portare i calzoni corti, ma solo i pantaloni
alla zuava.
E le ragazze come si vestivano?
Tutte con il grembiule, nel modo più categorico. C’erano precise regole da rispettare, se vogliamo con qualche ipocrisia...
Non era ammesso alcun pensiero divergente?
Veniva impedito il dibattito sotto tutte le
forme. Ricordo che in terzo liceo venivano
i rappresentanti delle varie armi a far propaganda. Il rappresentante dell’Accademia
Aeronautica di Nisida venne a parlarci di
quanto poteva essere bello iscriversi ad
un’Accademia. Magnificò i corsi, cercando
di rassicurare tutti noi sul fatto che gli aerei
erano estremamente sicuri e via discorrendo. Io mi permisi di interloquire dicendo
che lui ci spegneva gli entusiasmi, perché,
diminuendo e facendo scomparire il mito
331
dell’aeroplano (volare era qualcosa di bello,
ma anche rischioso, che richiedeva ardimento, coraggio, spirito di avventura),
l’aveva trasformato in un tassì, ragion per
cui andare con un tassì per aria e andare
con un tassì per terra era la stessa cosa. Alla
fine dell’incontro, fui chiamato in presidenza da Regina e redarguito fortemente
perché mi ero permesso di contraddire l’interlocutore. Fu qualcosa di veramente terribile: in realtà io non avevo mancato di rispetto a nessuno. Sollecitato, avevo espresso un parere... Tra parentesi, nessuno della
nostra classe quell’anno entrò in Accademia.
L’insegnamento ricevuto al “Lanza” ha
creato dei ponti verso l’esterno, verso altre
culture, verso il nuovo?
Non me ne sono accorto. Il vissuto scolastico non si è trasformato in qualcosa che ci
ha indirizzato nelle scelte di vita. Ognuno
di noi ha fatto delle scelte maturate altrove
e, spesso, nel proprio intimo. Ho l’impressione che a scuola si ragionasse così: noi vi
diamo questo bagaglio di nozioni, per il
resto vedetevela da soli! La verità è che
non si voleva accettare alcuna novità, in
nessuna maniera. L’ultimo anno di corso
organizzammo, per la prima volta al Liceo
classico, una festa d’addio, una festa danzante. Non ci venne concesso il permesso,
anzi, dirò che la festa in qualche maniera
venne ostacolata, e non avemmo il piacere
della presenza del Preside. Soltanto due o
tre professori parteciparono alla manifestazione. Di coloro che ricoprivano cariche
politiche non partecipò nessuno: ricordo
che il professor de Miro, sdegnato, ci scacciò in malo modo quando andammo ad invitarlo. Noi la facemmo ugualmente quella
festa di fine anno, tanto eravamo alla fine
del corso, stavamo per uscire: fu un atto di
forza, o quasi.
332
Il Regio Liceo Lanza
Iniziative di questo tipo non credo che
siano state ripetute.
Era sconveniente una festa a quei tempi?
Può darsi. A quei tempi non c’era confidenza tra alunni e docenti. Non c’era un colloquio franco, diretto, immediato. Ma il problema esisteva: di lì a qualche mese noi
saremmo usciti dalla scuola, non più soggetti a quella disciplina e alla severa distinzione dei ruoli.
Si ricorda qualche gita?
All’epoca non erano proprio concepite. La
nostra unica gita fu una semplice passeggiata: partimmo dalla scuola e raggiungemmo il Campo Fiera, a un chilometro di distanza. E presto ritornammo a scuola.
E che faceste al Campo Fiera?
Qualche calcio ad una palla e niente più.
Questa fu la gita: né di cultura né di svago.
C’era, da parte dei professori, il terrore che
ci potessimo fare male. Io mi ero infortunato facendo il salto in alto. Era in palio un
attestato sportivo, che ci spronava a cercare
la migliore performance possibile: dovevamo superare una certa altezza ed io, per
cercare di migliorare, cambiai stile e mi
fratturai il braccio. Partecipai all’esame di
stato con un braccio ingessato.
Ricorda gli esami di maturità?
Erano complessi e difficili. Intanto, perché
portavamo il programma di tutte le materie.
C’erano quattro prove scritte: italiano, italiano-latino, latino-italiano, greco. Ci impegnammo tantissimo: gran parte dell’estate se ne andò con gli esami di stato. Erano
molto temuti, comunque la nostra incoscienza giovanile ci portò ad affrontarli
senza grandi ansie.
In realtà, io fui rimandato in filosofia, una
cosa oggi inconcepibile perché se uno è
maturo è maturo. I docenti pretendevano
che fossimo preparati in tutte le materie e la
mia docente di filosofia, una professoressa
napoletana, giudicò la mia preparazione
troppo mnemonica. Certo poteva anche
essere vero, visto che la filosofia non è mai
stata all’apice dei miei pensieri e dei miei
interessi. Le dissi: «Ma se mi boccia, mi
dovrà bocciare anche a settembre. Come
farò a recuperare?».
Con il professore di storia e filosofia Carlo
Gentile, si discuteva molto, negli anni precedenti: era l’unica nostra scuola di vita al
Liceo “Lanza”. Forse si studiava un po’
meno, ma si veniva valutati per quello che
si era capace di dare, di affrontare e di risolvere nei discorsi e nei ragionamenti.
Gentile interpretava la filosofia come qualche cosa che ci doveva aiutare a capire.
Non dovevamo sapere per benino il pensiero di Kant, perché con il pensiero di Kant o
senza si poteva sopravvivere lo stesso: per
Gentile importante era il metodo. E ci dette
un ottimo metodo. Ma ci fruttò la bocciatura in filosofia...
Nei primi anni dopo la guerra, si avvertiva
l’orientamento politico degli insegnanti?
Al Liceo la politica era completamente
bandita: noi l’abbiamo scoperta dopo.
Il “Lanza” quindi non ha inciso nella sua
scelta di impegnarsi in politica?
No. Intanto perché in politica io mi sono
impegnato molto tardi. La mia vita è stata
un po’ particolare, è come se avessi vissuto
tutti gli eventi importanti in differita: ero
troppo giovane o troppo adulto. Nell’infanzia ho visto la guerra con gli occhi di un
bambino di cinque sei anni; la politica che
nasceva tumultuosa l’ho vista sempre con
gli occhi di un fanciullo. Furono molto
importanti, me ne accorsi dopo, quei cartoncini che venivano distribuiti ai comizi
Testimonianze
del 1946 e del 1948. Il Partito comunista
distribuiva immaginette, sul retro delle
quali si raccontava di personaggi come
Salvatore Giuliano: erano lezioni di storia
contemporanea. Mi piaceva ascoltare i comizi, soprattutto quando c’erano oratori
bravi, ma ero sempre molto piccolo, avevo
dieci, undici anni. Poi venne una specie di
ovattamento. L’unico posto di ritrovo per i
bambini fu l’oratorio della parrocchia.
L’interesse politico scemò. Io non ho vissuto neppure il sessantotto. Non sono stato
un “figlio dei fiori”. Nel 1964 tornai a Foggia, dove ho mantenuto il contatto con
l’università. L’impegno politico è venuto
dopo. Giunge un momento nel quale non si
può restare chiusi in un determinato ambiente, ma si deve uscire e porsi in prima
fila.
Barbara DE MIRO D’AJETA
Frequentai il Liceo “Lanza” dal 1960 al
1964 e ne conservo un ricordo sapido e
nitido. Erano i tempi del preside Regina,
che vigilava con rigore sull’ingresso di noi
studenti: io, insonne cronica, spesso mi
addormentavo all’alba e mi era molto difficile arrivare a scuola in orario al mattino.
All’inizio subivo i puntuali rimproveri del
preside, ma alla fine lui si era rassegnato ai
miei ritardi e non mi diceva più nulla, limitandosi a segnalare con un cenno del capo
che potevo entrare in classe.
Dopo un ginnasio in cui, assorbita dal latino e dal greco, rischiai in quarta di essere
rimandata in matematica, ebbi accesso al
corso B del Liceo, dove insegnavano docenti della caratura di Maria Onorato, della
Gentile Lapalorcia, della Sepe, che per
prima ci parlò di politica in classe, accennando al caso Mattei.
Negli anni precedenti al mio ingresso al
ginnasio io, mio padre, mia madre e mia
333
sorella ci recavamo puntualmente a fare gli
auguri al preside Regina per sant’Antonio.
A casa del Preside si riunivano per l’occasione vari docenti, colleghi di mio padre,
che vi insegnava storia e filosofia. Si mostravano affettuosi con me e mia sorella,
ancora bambine ed era come se aspettassero con ansia di diventare nostri insegnanti.
Ricordo il sapore dell’ottimo gelato, che in
quella ricorrenza era di prammatica. Nei
primi anni sessanta insegnavano al Liceo
anche Vivoli, de Caro, Carlo Gentile, che
aveva curato la prefazione del mio primo
volume di versi, edito alle soglie dell’adolescenza. Conobbi molti di questi docenti,
perché amici di mio padre. Questi, scherzando, era solito dire che io attuavo, sul
piano ideologico, un sincretismo singolare,
avendo conquistato la massoneria, nella
persona di Carlo Gentile, il cattolicesimo,
nella persona di Gerardo de Caro e il marxismo, nella persona di Sabino Vania, docente di francese nel ginnasio e uomo politico in vista di Foggia. Ricordo il bidello
Scocca, così serio e imponente che sembrava fare le veci del preside, e altre bidelle che piansero, abbracciate a me, con la
segretaria e la professoressa Onorato,
quando mi congedai dal Liceo, dopo la
maturità. Invidiavo gli allievi e le allieve
del corso C, che, appartenendo all’unica
classe mista del Liceo, apparivano molto
più lieti di noi del corso B e, godendo di
docenti più spigliati e aperti, come la Pennacchio, Carlo Gentile e l’austero filologo
Paoletta, avevano come una marcia in più.
Di due delle mie compagne di classe,
Lucia De Angelis e Rosalia Diviccaro, so
con certezza che sono morte giovani in incidenti stradali. Ne soffrii molto. Queste
morti premature fanno contrasto in un
modo bruciante con la spensieratezza, i
sogni, le illusioni di quegli anni, il caro
Leopardi, il veemente Lucrezio, il dolcissi-
334
Il Regio Liceo Lanza
RITROVARSI 50 ANNI DOPO
«La lunga storia del Liceo Classico è soprattutto la storia dei suoi ex allievi; giovani che, passando tra i banchi e le aule di
questa storica scuola, hanno successivamente costruito il loro futuro umano e
professionale. A tutti gli ex allievi chiediamo di farsi sentire, di darci notizie della
loro vita e di farsi... ricordare. Abbiamo
tanti progetti da condividere con loro».
L’invito, rivolto dal dirigente scolastico
Davide Leccese a tutti coloro che hanno
frequentato il Liceo “Lanza”, è stato accolto da un’intera classe. Il 6 dicembre la III B
del 1952-1953, a cinquanta anni dal conseguimento della maturità, si è ritrovata ed ha
incontrato qualche docente dell’epoca.
L’incontro è stato organizzato dalla professoressa Bianca Maria Granata. Delle trentuno “maturate” della terza B oggi sono rimaste in ventotto. Sono sparse in tutta Italia: due a Milano, cinque a Roma, tre a
Bari, una a Taranto, diciassette sono a Foggia. Venti si sono presentate al rendez vous
dove hanno incontrato tre docenti della
loro classe: la professoressa di scienze
Chiara Sepe de Francesco, ultracentenaria;
la professoressa di storia dell’arte Lina
Cucci, il professore di lettere Carmine Gargiulo. Un poster, ricavato da una delle due
fotografie di gruppo del lontano 1952-1953
custodite dall’ex allieva Caterina Molinaro, è stato posto nel corridoio del “Lanza”.
Gli studenti di oggi hanno festeggiato le
“vecchie leve”, recitando brani scelti ed
eseguendo pezzi musicali al violino. RaiUno ha trasmesso momenti di questo “Giorno speciale” ne La vita in diretta.
«Rivedersi e risentirsi dopo cinquant’anni
– racconta la professoressa Maria Bianca
Granata – ha annullato il passato, divenuto
ormai un album da sfogliare nei momenti
di solitudine. Ricongiungere tante compagne, riallacciare i rapporti con i nostri docenti come se non ci fossimo mai lasciati, è
stato un fatto emozionante. Ha dato a tutti
noi delle bellissime sensazioni, che abbiamo comunicato alle nuove leve del Liceo.
Il mio ricordo è ancora vivo. C’era un rispetto enorme. Eravamo silenziose, studiose, disciplinate. Ricordo che un giorno fui
messa fuori dall’aula perché ero senza il
collettino bianco. Il preside Regina non
voleva che i professori anticipassero i risultati degli scrutini agli studenti. Era molto
severo. Ma, se fosse vissuto in quest’epoca,
non so proprio come se la sarebbe cavata…».
Registro della terza B 1952-1953
Ambrosio Maria, Asdrubali Claudia, Bellusci
Maria Elena, Campagna Michelina Maria,
Cappiello Elsa, Cappiello Irma, Caracciolo
Giuliana, Ciliberto Filomena, Colacicco
Maria, Colavita Luciana, Corazza Rosetta,
De Meo Maria, Di Biase Costanza, Di Conza
Maria Rosaria, Farina Margherita, Franchini Anna Giovannina, Franchini Maria Vincenza, Gentile Lucia, Granata Bianca Maria,
Ligrani Lucia, Marasco Livia, Mari Giovanna, Molinaro Caterina, Paradiso Francesca,
Pedone Anna Giovanna, Pepe Rosa, Rendinella Maruska, Ricci Concetta, Schinaia
Testimonianze
335
Foggia, 6 dicembre 2003. Venti ex alunne della terza B si sono ritrovate dopo mezzo secolo
per festeggiare il cinquantesimo della maturità. Hanno partecipato anche due loro insegnanti: Lina Cucci, anni 87; Carmine Gargiulo, 83 anni.
In alto. Chiara Sepe de Francesco (102 anni), insegnante di scienze del “Lanza” fin dagli
anni trenta, con l’ex allieva Bianca Maria Granata.
La terza B nei primi anni Cinquanta.
Docenti e Presidi del “Lanza”
Organico pesonale docente (1936-1942) ed alcune biografie
Anno scolastico 1936-1937
Ciccimarra Concetta, de Caro Gerardo, de Francesco Chiara, de Lauro Anna, de
Simone Dora, Di Maggio Luigi, Gramazio Maria, Guerrieri Matteo Luigi, Iorio
Giovanni, Marangelli Oronzo, Marchione Giannina, Mastelloni Michele, Palazzo
Maria, Pesce Bartolomeo, Quatela Francesco, Quitadamo Michelina, Testa Michelangelo.
Anno scolastico1937-1938
Aragona Mario, Castellari Ciccimarra Concetta, Ciliberti Onorato Maria, de
Caro Gerardo, de Francesco Chiara, de Lauro Anna, de Simone Dora, de Virgiliis Beniamino, Gramazio Maria (greco II liceo), Guerrieri Matteo Luigi (latino
e greco III liceo), Iorio Giovanni, Lauriola Biase, Marangelli Oronzo, Marchione
Giannina, Mastelloni Michele, Palazzo Maria, Quatela Francesco, Quitadamo
Michelina, Rossi Giuseppe, Testa Michelangelo, Visco Ferrante Egeria.
Anno scolastico 1938-1939
Aquilino Mario, Beccia Anna, Castellano Ciccimarra, Ciliberto Onorato Maria,
de Capua Carmine (Cultura Militare V A e V B ginnasio), de Caro Gerardo, de
Francesco Chiara, de Lauro Anna, de Simone Dora, de Virgiliis Beniamino, Di
Maggio Luigi, Galluzzo Domenico, Gramazio Maria, Guerrieri Matteo Luigi
338
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
(Preside, insegna italiano e latino nella classe II B liceo), Iorio Giovanni, Luisi
Renato, Marchione Giannina, Mastelloni Michele, Mele Lino (insegna Cultura
Militare al Liceo), Melillo Michele, Moretti Amelia, Palazzo Maria, Perna Francesco, Quatela Francesco, Quitadamo Michela, Rubini Laura, Rucci Francesco,
Sica Anna, Testa Michelangelo, Visco Ferrante Egeria.
Anno scolastico 1939-40
Anzano Vincenzo (puericultura nelle classi II e III A del liceo), Balbi Aniello,
Brandolini Ester; Ciaccia M. Giuseppe, Ciliberto Onorato Maria, de Miro Vittorio, de Simone Dora, Di Taranto Italia, Donatelli Dino, Fierro Annita, Galluzzo
Domenico, Gramazio Maria, Guerrieri Matteo Luigi (preside, insegna greco in I
liceo, latino in II e III liceo del corso B), Guidilli Emilio (puericultura in VA),
Iorio Giovanni, La Medica Emma, Luisi Renato, Mastelloni Michele, Matera de
Lauro Anna, Mele Lino, Melillo Michele, Molinari Moretto Amelia, Palazzo
Maria, Pascarelli Quitadamo Michela, Perna Francesco, Quatela Francesco,
Rosiello Antonio, Russo Nicola, Salcuni Maria, Sepe de Francesco Chiara, Strollo Elio, Testa Michelangelo, Venga de Baggio Desdemona, Visco Ferrante Egeria.
Anno scolastico 1941-42
Checchia Claudio, Ciaccia Giuseppina, Ciliberto Onorato Maria, Collarile Paolina, Cucci Lorenzo, de Filippis Chillemi Amelia, de Girolamo Lucia, de Virgiliis La Medica Emma, Donatelli Dino, D’Oria Arnaldo, Fierro Annita, Gentile
Carmela, Ghionda Maria Stella, Grillo Giuseppe, Iorio Giovanni, Luisi Renato,
Matera de Lauro Anna, Mele Lino, Melillo Michele, Molinari Moretto Amelia,
Pietroniro Amato, Quatela Francesco, Roberti Alma, Russo Guerrieri Olimpia,
Salcuni Pasquale, Saponiero Filomena, Sepe De Francesco Chiara, Testa Michelangelo, Tranchida Giuseppe.
Docenti e Presidi del Lanza
Don Renato LUISI
Renato Luisi nacque a Castelluccio Valmaggiore il 31 ottobre del 1903, nono degli
11 figli di Pasquale Luisi e Clorinda Barile,
insegnanti elementari. Il vescovo di Foggia
lo inviò a Salerno a frequentare la V ginnasiale; completò il liceo classico e gli studi
teologici presso il Seminario Regionale di
Posillipo, a Napoli, cui era affiancata la
Facoltà Teologica dei Gesuiti. Fu stimato e
apprezzato dai superiori. Il 10 agosto 1927
fu ordinato sacerdote da monsignor Farina
che gli affidò l’incarico di riorganizzare e
rivitalizzare il seminario di Troia.
Dal 1933 a Foggia don Luisi animò il circolo cattolico “Manzoni”: l’associazione,
che per 25 anni aveva tenuto viva l’anima
del cattolicesimo foggiano, cessò di esistere nel 1935. Don Luisi curò quindi l’organizzazione della nascente Fuci, di cui fu
nominato assistente nel 1935. Durante la
seconda guerra mondiale, la sede della Fuci
divenne un punto di riferimento per tutta la
società foggiana: supplì alla mancanza di
circoli e di sale di riunione (tutti i locali
pubblici, cinema, teatri, erano stati requisiti dalle truppe alleate che per quasi tre anni
occuparono la città). I giovani universitari
cominciarono a dibattere sui concetti di libertà e democrazia. La Fuci recepì queste
istanze, indirizzandole verso gli ideali cristiani, e dando contenuto spirituale a quella
ispirazione vaga ed incerta che gli studenti
avvertivano, dopo le tristi esperienze di
guerra. Nello stuolo dei fucini si distinsero
Michele e Maria Vaccaro, Carlo e Maria
Teresa Forcella, Vito De Filippis, Gaetano
Caricato, Dino Fiore, Felice Minichetti,
Tullio Fares, Pasquale D’Angelo, Franco
Galasso, Tanino Sdanga, Ciro Pagliara,
Silvio Nobili, Pompeo Balta, Gerardino
Cela, Giuseppe Marciello, Berardino
339
Tizzanì, Franco Quarta, Salvatore Casiello,
Aurelio Aldini, Pasquale Occhionero, Tonietto Matrella, Sandro Palumbo, Pasquale
ed Aldo De Troia, Mario Fasano, Ciccio
Valenza e Luigi Fatigato. Molti di essi avevano frequentato il Liceo-ginnasio
“Lanza”.
Come vicario generale della Diocesi (1943
1948), Don Luisi avallò una serie di proposte di alto respiro. Numerose iniziative furono proposte alla Città, da quelle religiose
a quelle ricreative (partite di calcio, gite
turistiche, ritiri spirituali, rappresentazioni
teatrali) a quelle culturali, letterarie, scientifiche, ai dibattiti politici incentrati sullo
studio dell’Umanesimo Integrale di Jacques Maritain, di Peguy, del personalismo
comunitario di Mounier e dei classici della
sociologia cristiana. La Fuci di Foggia promosse il confronto ed il dibattito, un clima
di tolleranza e di liberalità, e fu quasi
un’eccezione in un momento di accese polemiche ed aspre lotte politiche. Ciò fu
merito di Don Luisi.
Dotato di una personalità carismatica, alla
solida dottrina teologica unì un’indiscussa
cultura.
Nel febbraio del 1958 realizzò un sogno
concepito tra le rovine del dopoguerra: aprì
a Siponto “La Stella Maris”, una colonia
permanente per i figli dei braccianti. Solcò
l’Atlantico varie volte, alla ricerca dei
fondi necessari. Di ritorno da questi frequenti viaggi, trasmetteva agli amici foggiani i ricordi e gli apprezzamenti degli
americani per alcuni grandi interpreti della
musica italiana: da Caruso a Gigli, da Verdi
a Giordano a Puccini, da Toscanini ad Arturo Benedetto Michelangeli. Affermava,
con un pizzico di ironia, che «il messaggio
in lingua italiana che più entusiasmava gli
americani era il linguaggio universale della
nostra musica».
Fu nominato vescovo della diocesi di Bovino da Giovanni XXIII. Rimase titolare per
340
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
soli tre anni, lasciando dietro di sé una
grande ereditá spirituale. A Bovino acquistò l’antico castello ducale dei Guevara,
destinandolo ad attivitá pastorali e scolastiche. Ma anche nella Diocesi di Nicastro
don Renato Luisi si rese promotore di iniziative singolari: la “scuola rom” fu la
prima in Italia. La televisione nazionale
trasmise la cerimonia di inaugurazione.
In questo quadro di sogni coltivati e realizzati, va inserita la rinuncia alla sede vescovile di Nicastro per recarsi in missione in
Brasile, in una delle zone più disagiate:
l’Amazzonia. Don Luisi, all’età di 65 anni,
nella missione “Candido Mendes” realizzò
un asilo per 250 bambini dedicato alla Madonna dei Sette Veli: un’opera monumentale, inaugurata nel 1970, frutto della generosità del gruppo di “Amici del Brasile”. La
sua vita missionaria fu interrotta da una
rara malattia tropicale che lo costrinse a
rientrare in Italia.
Don Luisi attribuì una straordinaria importanza alla stampa, ed in generale alla diffusione delle informazioni: nel 1944-1945
promosse il periodico cattolico “Il Popolo
Dauno”, “Il Progresso Dauno”, “Orizzonti
Nicastresi”, ed infine “Risveglio” e “Nuovo
Risveglio”, un periodico diretto da Gaetano
Matrella dal 1975 al 1989.
Intrecciò rapporti con uomini illustri del
suo tempo: da Monsignor Montini (futuro
Paolo VI), ad Aldo Moro, che conobbe
nella Fuci di Bari. L’amicizia con il cardinale Dom Helder Camera, vescovo di Recife (che denunciò il problema drammatico
della miseria in Brasile affermando: «La
miseria è un insulto a Dio»), era fondata su
una condivisione coraggiosa e profonda di
ardite posizioni sociali.
[MATRELLA G., “Chiesa e società nel Novecento”, in Presenza cattolica in Capitanata, a cura
di V. ROBLES, Atti Giornate di studio 31 marzo-1°
aprile 2003, Claudio Grenzi Editore, Foggia,
2004.]
Gerardo DE CARO
A partire dagli anni Cinquanta molti personaggi noti iniziano a confessare pubblicamente la loro devozione per Padre Pio. Tra
i primi politici a pronunciarsi in suo favore
ci fu Gerardo de Caro. Aveva conosciuto
Padre Pio, per caso, nel 1944, quando era
docente del Liceo “Lanza” di Foggia.
De Caro, esponente di spicco della Democrazia Cristiana degli anni Cinquanta, eletto deputato, fece parte dell’Assemblea Costituente. Insieme all’onorevole Vito Galati, lottò per cercare di salvare l’Italia rurale
dall’industrializzazione selvaggia, sostenendo una riforma agraria che non penalizzasse troppo il lavoro dei campi e la classe
contadina. I due deputati Dc divennero figli
spirituali di Padre Pio: da lui ricevettero
consigli per migliorare il loro impegno politico. Al frate, già da allora in odore di
santità, stavano a cuore le classi più deboli,
i contadini e gli agricoltori, la vecchia e
cara Italia rurale da cui egli stesso proveniva. Considerava i contadini una “progenie”
da difendere a tutti i costi, ritenendo che
l’unica vera potenziale ricchezza economica per tutta la Nazione fosse il settore primario.
Agli inizi degli anni Cinquanta, Gerardo de
Caro scriveva nel suo diario: «Il Padre ha
firmato per la terza volta, in modo chiaro
ed inequivocabile, il mio compito: devo
attendere alla riforma agraria! Il Padre ha
pregato per l’interpellanza parlamentare...
(Quando tu parlerai, parlerà lo Spirito
Santo!) ». I punti cardine della bozza de
Caro-Galati, che avrebbe dovuto ispirare la
nuova riforma agraria, erano i seguenti:
1. La terra è del proprietario e il suo diritto non va mai cancellato;
Docenti e Presidi del Lanza
2. Vi sono però dei casi in cui il proprietario vien meno ai suoi doveri, il primo
dei quali è quello della miglior produzione a vantaggio di tutta la collettività;
3. Quando il proprietario non conduce la
sua terra com’è suo dovere, interviene
lo Stato, non gliela sottrae come proprietà, ma la dà in coltivazione al contadino, il quale la coltiva e dà al pro-
Gerardo
de Caro
341
prietario tanto quanto egli ricava già
dalla terra, e lo dà in natura. Così viene
aumentata la produzione e lo Stato non
si grava di funzioni e di pesi finanziari
che non sono i suoi, ma rispetta il principio di proprietà ed aumenta la produzione per il “bene comune”.
4. Il proprietario può vendere la terra, tenendo conto dei miglioramenti apportati dal contadino. Può vendere i suoi di-
342
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
ritti, considerando la terra allo stato in
cui era al momento dell’entrata del
contadino per la coltivazione.
La difesa dell’agricoltura ad oltranza da
parte dei due esponenti di spicco della Democrazia Cristiana dette molto fastidio, e
non soltanto alle alte sfere vaticane. Nasceva dalla base, dall’interno dei quadri meridionali, per contrastare ciò che era la linea
decisa dalla direzione centrale della Dc. De
Caro scriveva ancora nel suo diario: «La
sete di Potere sta snaturando ogni principio
cristiano... E’ indubbio che la nostra azione
e il pensiero di Padre Pio sulla giustizia
sociale, per i diritti dei più deboli, dei contadini e per tutta la questione agraria, turba,
e non poco, le decisioni già prese dal Partito... siamo soli, cosa potremmo mai fare?
Saremo schiacciati...». Alludeva alla decisione della Dc di appoggiare uno sviluppo
più forte per favorire l’industrializzazione
del Meridione, un’industrializzazione che,
di fatto, penalizzò la classe contadina e
agraria.
L’onorevole de Caro nel 1953 fu estromesso dal partito per non essersi allineato alle
scelte politiche nazionali. Fondò, con il
giornalista Vittorio Colabella, il Partito
cristiano militante, che fu sconfitto dall’imponente macchina elettorale della Dc.
Identica sorte toccò a Vito Galati.
La strategia dell’industrializzazione “forzata” della Capitanata troverà la sua ufficializzazione negli anni Sessanta-settanta
con epicentro industriale in Manfredonia
(Enichem) e turistico sul Gargano, ad
opera delle Partecipazioni statali allora
imperanti nella strategia del Governo.
Artefice di tale processo fu il deputato
della Dc Vincenzo Russo, mentre il contemporaneo onorevole De Leonardis fu il
portavoce delle istanze dell’agricoltura,
prevalentemente dalla parte dei proprietari
terrieri.
[Cfr. A. BRUZZI, Due deputati per il frate. http://
art.supereva.it]
Carlo GENTILE
Nato a Foggia nel 1920, frequentò la prima
ginnasiale al “Lanza” nel 1930-1931. Conseguì la maturità con la brillante media
dell’otto, nell’anno scolastico 1937-1938.
Nel 1949-1950 lo troviamo tra i docenti e
nel 1974-1975 nel consiglio di presidenza
del Liceo foggiano. Si era laureato in filosofia a Napoli alla scuola di Antonio Aliotta. Il fascismo doveva aver suscitato in lui
qualche entusiasmo. Nel 1940 aveva pubblicato un opuscolo, La filosofia del fascismo, Guf, Foggia 1940, in cui si soffermava sul «valore trascendente ed eterno» del
fascismo: valore eterno che qualche anno
di storia avrebbe spazzato via. Nel 1945 fu
affiliato alla Loggia «Pietro Giannone»,
avviando un percorso che lo porterà ai vertici del Grande Oriente d’Italia: dal 1967 al
1970 sarà Gran Sorvegliante, dal 1973 al
1976 Grande Oratore, dal 1976 al 1978
Gran Maestro Aggiunto.
Studioso, saggista, bibliofilo, dalla pubblicazione delle sue opere partì la scalata
dell’editrice foggiana Bastogi, che individuò nell’esoterismo massonico un punto
fermo per la propria attività.
Dopo la sua morte, i familiari hanno donato i suoi libri e i manoscritti alla Biblioteca
provinciale, che ha creato il Fondo Gentile.
Il Fondo Capitini, presso l’Archivio di
Stato di Perugia, contiene dieci scritti di
Gentile, tra lettere, cartoline postali, biglietti da visita. Le lettere a Capitini partono dal 1951, ma l’incontro tra i due intellettuali risale a qualche anno prima. Carlo
Gentile, valdese, fu tra i relatori del terzo
Congresso Nazionale per la Riforma Religiosa, tenutosi a Roma nell’ottobre del
Docenti e Presidi del Lanza
1950. Il suo contributo, pubblicato in opuscolo dallo Studium Fridericianum, era
centrato sul tema della preghiera. Gentile
ebbe il compito di diffondere le proposte
ed i materiali del Movimento in Capitanata. In un biglietto, senza data ma probabilmente del 1951, lamenta l’impossibilità di
muoversi perché impegnato negli esami e
chiede a Capitini di inviare stampati e manifesti al professor Carlo Palmeri ed alla
Società Dauna di Cultura. Questa, creata
nel 1947 da Mario Simone, doveva essere
il centro diffusore del Movimento tra gli
intellettuali di Capitanata.
Le opere principali di Carlo Gentile, tutte
pubblicate dalla casa editrice Bastogi di
343
Foggia, sono: Alla ricerca di Hiram. I tre
gradi della Libera Muratoria; L’altro
D’Annunzio; Saggi massonici di poesia.
Giovanni Pascoli; Il mistero di Cagliostro
e il sistema egiziano; Giuseppe Garibaldi.
È evidente l’influenza di Capitini (fondatore della Società Vegetariana Italiana) sulla
scelta vegetariana di Gentile, una delle
tante vie per attuare la non violenza e per
muoversi verso una nuova realtà, teorizzata come “compresenza”.
[A. VIGILANTE, Due intellettuali per la riforma
religiosa, Aldo Capitini e Carlo Gentile, in
“Carte di Puglia”, Ed. Il Rosone, Anno III, n.1,
2001; a cura di G. CRISTINO, Il magistero di
344
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
I Presidi dall’istituzione ad oggi ed alcune biografie
Michelangelo d’Atri, 1867-1868
Ulrico Martinelli, 1914-1915
Ambrogio Marcangelo, 1868-1875
Carlo Salsotto, 1915-1917
Pasquale Fuiani, 1875-1884
Ulrico Menicoff, 1917-1921
Domenico Tamburrini, 1884-1887
Francesco Fava, 1921-1922
Stefano Basso, 1887-1888
Giuseppe Modugno, 1922-1932
Pietro del Zotto, 1888-1890
Giuseppe Marchese, 1932-1937
Pietro Lucattelli, 1890-1891 (f.f. p.)
Matteo Luigi Guerrieri, 1937-1943
Enrico Romano, 1891-1894
Giovanni Iorio, 1943-1944 (f.f.p.)
Gian Domenico Belletti, 1894-1895
Antonio Regina, 1944-1967
Carlo Canilli, 1895-1896
Michele Melillo, 1967-1975
Giuseppe Morello, 1896-1897
Matteo Lamedica, 1975-1976
Gabriele Ayroldi, 1897-1905
Vittorio De Miro d’Ajeta, 1976-1982
Francesco Muciaccia, 1905-1906 (ffp)
Giovanni Luzzi, 1982-1990
Gerolamo Rozzolino, 1906-1912
Maria Antonietta Liguori, 1990-2000
Antonio Messeri, 1912-1914
Davide Antonio Leccese, dal 2000
Ambrogio MARCANGELO
Nativo di Troia, già rettore delle Scuole Pie
di Foggia, una delle più insigni case degli
Scolopi in Puglia, nel 1868 fu nominato,
oltre che preside, rettore del convitto
“Lanza”. Rimase in carica per sei anni fino
al 1874. Il Villani, su La Capitanata, numero 3 anno X del 16 gennaio 1876, gli dedicò il seguente necrologio1: «Ho ricordato
pur dianzi Ambrogio Marcangelo, e ripeto
con tenerezza il suo nome. Egli non era
foggiano, ma predilesse Foggia non meno
della patria sua. Nacque in Troia, e fu uomo
di vita intemerata e di profondo sapere.
Foggia lo guardò con sorriso ed in Novembre 1868 lo istallò preside del Liceo
“Lanza”, di cui resse la disciplina per ben
sei anni. Un morbo ferale lo trascinò al sepolcro nel meglio della vita ond’egli, rassegnato alla prova estrema della sua dipartita,
lasciò fra noi la memoria imperitura delle
rare virtù che possedeva. Morì in Napoli
nel dì 8 di gennaio 1876».
autom.
[Cfr. F. Villani, La nuova Arpi, cit, nota
pag.186]
Pasquale FUIANI
Il canonico Fuiani fu insegnante del Liceo
fin dai primi anni dell’apertura e preside
dal 1875 al 1884, un periodo in cui la
Docenti e Presidi del Lanza
scuola era pareggiata ai Regi Licei. Alla
sua morte il Comune di Foggia gli tributò
pubbliche onoranze. Dal Registro delle
delibere riportiamo il testo integrale della
commemorazione avvenuta durante il Consiglio comunale del 26 settembre 1899.
Indi [il Sindaco] richiamata dal Banco di
presidenza ove vi era depositata giusta la
relativa pratica, invita il consigliere professor Lo Campo a discutere la sua proposta
fatta segnare all’ordine del giorno, relativa
alle onoranze da tributarsi alla memoria del
chiarissimo Prof. Pasquale Fuiani. Il Consigliere Lo Campo dice: «Troppo recente è
il lutto toccatoci per la morte dell’egregio
prof. Fuiani e troppo chiaro il nome che
Egli ci ha lasciato, perché io possa enumerarne i meriti, che gli danno dritto alla
pubblica benemerenza. È di un popolo civile onorare coloro che si sono distinti tanto
nel campo del pensiero che in quello
dell’azione, ed il nostro Fuiani di certo è tra
i primi. Io non voglio mostrare l’acutezza e
la versatilità del suo ingegno, né la sua parola facile colorita, smagliante, né il suo
patriottismo in tempi difficili, ma solo mi
basta richiamare l’attenzione degli onorevoli colleghi del Consiglio su questo, cioè
che il più grande ideale che egli abbia vagheggiato fu quello del benessere di Foggia, pel cui incremento intellettuale, civile
e morale spese oltre mezzo secolo di vita,
scrivendo e parlando in una forma meravigliosa. Propongo innanzi tutto che la Strada
S. Agostino ov’é sita la casa da lui abitata
prenda la denominazione di via Pasquale
Fuiani: che con una lapide si tramandi ai
posteri il suo nome; e che le sue spoglie
mortali siano da Roma qui portate a spese
dell’erario comunale, qualora le condizioni
familiari lo permettano e che infine si accetti e si ponga in Biblioteca un ritratto ad
olio dell’illustre estinto che offre uno dei
345
suoi discepoli più affezionati, il reverendo
arciprete D. Raffaele Pagliara». Il Prof.
Buontempo si associa di buon grado alla
proposta, e come alunno, sebbene per breve
tempo, del compianto ottimo professore, e
perché, trovandosi a reggere da oltre un
biennio l’Ufficio della Istruzione, quale
assessore, ha potuto avere agio e modo di
conoscere a fondo ed apprezzare l’opera
illuminata spesa dal Fuiani nei tempi passati, allorquando era a capo del nostro Istituto classico. Fa proposta però che venga
nominata una commissione la quale determini le onoranze a tributarsi.
L’assessore avv. della Sona dice: «Ultimo
per merito della numerosa schiera dei discepoli di Pasquale Fuiani, ma non secondo
ad alcuno nel tributare venerazione ed
omaggio alla memoria carissima dell’insigne maestro, io mi associo con tutta l’anima alla proposta di onori fatta dai colleghi
Lo Campo e Buontempo e ritengo che questo consesso, accogliendo, sarà per fare
opera altamente civile, come quella che
onora il nome di un illustre concittadino, il
quale tanto bene merita della pratica sua
come maestro e come scienziato».
Il Sindaco aggiunge che egli è uno dei più
forti ammiratori dell’ingegno poderoso e
del sapere del Fuiani, oltre che legato allo
stesso da interesse e da rapporti di antica
amicizia e si onora di dichiarare che Foggia, per mezzo della sua unica rappresentanza sente imperioso il dovere di ricordare
i suoi figli più eletti, fra i quali splendeva la
figura di Pasquale Fuiani, la cui memoria
conferisce decoro e lustro alla città nostra,
e va tramandata nel marmo alle venture
generazioni. Dichiara che non ritiene opportuna la nomina della commissione potendo ogni ritardo nel deliberare suonare
offesa alla memoria dell’estinto. Gli dispiace però di dovere restringere le proposte
delle onoranze a tributarsi alla apposizione
346
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
di un ricordo marmoreo o alla denominazione di via “Pasquale Fuiani” alla via attualmente chiamata “S. Agostino”. Ogni
altra spesa, e in ispecie quella pel trasporto
da Roma della salma comeché spesa puramente facoltativa, troverebbe difficoltà
presso la superiore autorità.
[ASCFG, Registro 2 Deliberazioni Consiglio
Comunale, Delibera del 15 del 26 Settembre
1899]
Carlo CANILLI
Fu il primo preside del Liceo “Berchet”
nell’anno 1911-1912, quando venne istituito a Milano un quarto Regio Liceo-ginnasio. Erano gli anni del grande sviluppo
della borghesia e l’aumentata scolarizzazione rendeva insufficienti i tre licei classici esistenti in città (il “Beccaria”, fondato
nel 1810; il “Parini”, nel 1842; il “Manzoni”, nel 1884). “Il Secolo” del 13 novembre
1911, riportando la cronaca dell’inaugurazione del nuovo Palazzo degli studi in via
Commenda, cita il preside Carlo Canilli:
«Stamane, l’on. Credaro ha inaugurato il
nuovo Palazzo degli studi in via Commenda, sede del “Berchet”. Ad onta del tempo
pessimo, si è raccolta parecchia gente ad
aspettare l’arrivo del Ministro, che arrivò
in automobile alle ore 9 precise, accompagnato dalle varie autorità. Dopo essersi un
poco soffermato nel magnifico atrio del
nuovo palazzo, si recò nella sala della presidenza dove fu ricevuto dal preside prof.
cav. Canilli. Indi il Ministro, dopo visitata
la segreteria, passò nel Liceo e qui classe
per classe visitò tutte le aule, congratulandosi con l’architetto per la magnificenza
delle sale. S’intrattenne a parlare con gli
insegnanti ed interrogò anche parecchi studenti, compiacendosi poi con il preside
Canilli per la disciplina della studentesca e
per l’ordine delle aule scolastiche. Passò
poi nella sala di riunione dei professori, si
fermò nell’ampia biblioteca, nel gabinetto
di fisica e di chimica. Indi si recò al Ginnasio dove ripeté le stesse visite, fatto segno
alla viva simpatia degli studenti che ovunque salutarono con entusiasmo il Ministro».
Il preside Canilli viene citato nella prima
pagina del registro dei verbali (24 ottobre
1911) del Liceo appena istituito: «Questa
mattina, 24 ott. alle ore 9, il Signor Preside
(Prof. Carlo Canilli) ha convocato nel
nuovo locale gl’insegnanti, che, su proposta del collegio dei Presidi già comunicata
al Ministero, dovranno costituire il primo
nucleo del personale del nuovo Istituto. Il
programma di governo del Sig. Preside si
compendia in queste parole molto semplici,
molto chiare, molto significative: Eguaglianza di diritti e di lavoro per tutti.
Canilli tornò alla dirigenza del “Berchet”
nell’anno scolastico 1922-1923.
[Cfr.
L. CARDARELLI, I. CHECCACCI, G. FEDELI e
M. GARELLI, sezione storia sito Liceo Berchet:
www.liceoberchet.it]
Antonio MESSERI
Fu uno stimato studioso dell’opera di Giosuè Carducci. Trovò un carteggio inedito
del poeta (18 lettere alla contessa Silvia
Pisolini) e lo pubblicò con ZanichelliCappelli, Coeditori, nel 1907. Il carteggio
riporta una sua lunga prefazione dal titolo
Carducci e la Romagna. Messeri era stato
docente di storia del Liceo “Torricelli” di
Faenza. Durante gli esami di Stato fu protagonista di un singolare episodio “rispolverato” dagli attuali studenti del Liceo,
autori di una pagina amarcord sul sito web
dell’Istituto: «Un singolare episodio si verificò durante gli esami di licenza del 1912.
Docenti e Presidi del Lanza
La normativa prevedeva che i diversi argomenti che costituiscono il programma di
esame fossero numerati e la sorte decidesse
su quali di essi i candidati sarebbero stati
esaminati. Ma il giorno degli orali delle
materie scientifiche, il professor Messeri,
facendo la rituale verifica, ebbe con sorpresa a constatare la mancanza di una pallina,
precisamente quella recante il numero due.
Messeri era sicuro che il controllo fatto al
termine degli esami precedenti (due giorni
prima) avesse avuto esito regolare. Da allora il sacchetto delle palline era stato custodito nella segreteria, chiusa a chiave. Si ripeté la verifica, si cercò dappertutto, ma la
pallina mancava. Si provvide allora a prepararne un’altra, col numero due e la firma
del Messeri, (quella scomparsa era stata
siglata dal preside). Iniziarono gli esami.
Quelli del primo candidato si svolsero
senza sorprese. Toccò poi ad un sacerdote
di circa trenta anni, che affrontò gli esami
di scienze e fisica. Quando si passò ad
estrarre il numero per l’esame di Matematica, il professor Messeri non seppe trattenere un moto di stupore: era stato estratto il
numero due con la firma del preside Antonibon. Di fronte alle rimostranze di Messeri, il sacerdote fu colto da un tremito convulso e si accasciò sul tavolo. Gli esami
furono sospesi. Il giallo fu subito risolto. Il
giorno prima, il sacerdote, col pretesto di
controllare i programmi, era stato introdotto in segreteria dal bidello, che si era poi
allontanato lasciandolo solo per qualche
istante. Il candidato aveva approfittato
dell’occasione per sfilare la pallina dal sacchetto e utilizzarla durante la prova di matematica, materia in cui, per sua stessa
ammissione, si sentiva impreparato su
quasi per tutto il programma, eccezion fatta
per il teorema di Talete (che costituiva l’argomento numero due). A rendere delicato il
caso c’era il precedente che Messeri soleva
347
assumere atteggiamenti apertamente anticlericali: era stato qualche anno prima al
centro di una polemica col settimanale diocesano Il Piccolo e rischiava di apparire
prevenuto nei confronti del candidato. Non
ci furono denunce. Il sacerdote fu interrogato in matematica su altri argomenti. Alla
fine, fu rimandato ad ottobre in matematica
e fisica e superò l’esame nella seconda
sessione.
Per il racconto completo della vicenda che
vide protagonista il professor Messeri, gli
studenti del “Torricelli”, rimandano a BERTONI, La pallina scomparsa, in “I quaderni
delle prolusioni”, VI, anno scolastico
1968-69, Faenza, Lega, 1970, pp. 79-83.
Nel sito web, gli studenti hanno inserito le
immagini dell’urna, della “pallina” protagonista della storia e una “vignetta” sul
professor Messeri, tratta da Lo studente
(Giornale settimanale studentesco, Anno I
n. 4, Faenza, 22 gennaio 1911, p. 2), con la
seguente didascalia: È questo il nostro professor di storia / per più ragioni degno di
memoria / che più di un libro e di una conferenza / ha fatto nella storia di Faenza.
[Cfr.: www.liceotorricelli.it]
Ulrico MARTINELLI
Nacque a Bormio (So) il 30 maggio 1874 e
morì a Varese il 24 aprile 1945. Studiò al
Liceo-ginnasio “Piazzi” di Sondrio,
all’Università di Bologna (allievo del Carducci) e all’Università di Pavia, ove si
laureò in Lettere. Insegnò storia e geografia
nei licei di Città di Castello, Oristano e
Sondrio e fu preside in diverse città, fra cui
Foggia. Nel 1915 fondò l’Istituto Tecnico
di Sanremo. Il primo Consiglio Direttivo
della Società Storica Valtellinese, eletto
nella seduta del 10 settembre 1921, lo vide
tra i suoi componenti. Nel 1926 Martinelli
348
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
fu preside a Varese. Assunse anche la carica di direttore del Museo Storico del Risorgimento. Numerose le sue pubblicazioni di
carattere storico, fra le quali ricordiamo:
L’Italia dal 1805 al 1848 – sommario storico, premio della Lettura nel 1902; La
campagna del marchese di Coeuvres
1624-1627; La guerra a tremila metri.
Dallo Stelvio al Gavia, in collaborazione
con Luciano Viazzi. Il saggio fu pubblicato
per la prima volta nel 1928, in appendice
all’Annuario del Regio Istituto Tecnico
“Francesco Daverio” di Varese, curato
dello stesso preside Martinelli. Nel 1996 è
stato ristampato dalla casa editrice Nordpress. Come si legge sul quarto di copertina, «è il riconoscimento concesso ad una
pubblicazione ormai scomparsa, stesa da
un uomo, Martinelli, che non fu protagonista di quelle ardite battaglie d’alta quota,
ma visse in Bormio quell’esperienza di
guerra. Martinelli si basa su un diario del
cittadino bormiese Francesco Peloni che,
per tutta la durata della guerra, raccolse le
notizie che raggiungevano l’abitato, come
pure registrò le impressioni prodotte dalla
guerra e lo stato d’animo della popolazione
in un quadro composto e prossimo ad una
straordinaria obiettività».
Nel 1935 Martinelli pubblicò, a Varese, La
guerra per la Valtellina nel secolo XVII.
Scrisse anche un’apprezzata Guida di Bormio.
Antonio REGINA
«Ogni nascita ha per complemento indispensabile una morte infinita. Per ogni
fiore che si coglie, decine di germogli in
boccio vengono condannati a morte, dalle
nostre mani inconsapevoli. Così Antonio
Regina scelse una parte di se stesso per la
parte da vivere nei termini delle esperienze
visibili, della oggettivazione sociale. Ma
conservò i ricordi delle altre vite non vissute e forse ancora da vivere; e andò esponendo quelle eredità subconsce nei suoi libri,
discutendo di critica letteraria e musicale
con se stesso e con un pubblico lontano e
invisibile. Scrisse sulla Scapigliatura di
Arrigo Boito, sulla poetica popolare del
Parzanese, sulla classicità aristocratica di
Foscolo e specialmente su Dante».
Medico, musicista e letterato, il Preside
Antonio Regina si mimetizzò nella sua
maschera di travet, anche se di alto profilo.
Il Liceo “Lanza” si identificò nella sua figura dall’anno scolastico 1944-1945 fino al
1966-1967. Nato a Giovinazzo il 5 maggio
1899, nel 1928 si era laureato in Lettere
presso l’Università di Napoli. Vinse il concorso per l’insegnamento dell’italiano, del
latino e della storia nei licei; lavorò a Benevento, ad Ariano Irpino (dov’è sepolto), a
Molfetta. Fu nominato preside nel 1939 ed
assegnato al Liceo classico “Bonghi” di
Lucera. Passò a quello di Barletta nel 1942.
Nel 1944 giunse a Foggia. Il Palazzo degli
Studi aveva subito danni bellici e le finestre, invece dei vetri, avevano tela catramata e tavole di abete inchiodate. Cominciarono gli accomodi e le ripuliture.
Si racconta che un professore, assegnato al
Liceo di Foggia nel 1949, si sentì raccomandare da un bidello: «Tenga presente
che il Preside è mattiniero». Il professore si
presentò alle otto del mattino, pensando di
essere in anticipo. In una stanza, ricavata
da tramezzi e finestroni tappati, Antonio
Regina – che allora non risiedeva a Foggia
e viaggiava tutti i giorni della settimana –
era già al lavoro, da più di un’ora. Si lavorava ancora in mezzo ai calcinacci, alle
cataste di legna e mattoni e alle correnti
d’aria. Il Preside dovette rifare tutto. Dopo
venticinque anni di quella ricostruzione
avventurosa, paziente e condotta con tenacia nella modestia del silenzio, il Ministero
Docenti e Presidi del Lanza
Antonio Regina con gli studenti e durante una conferenza.
349
350
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
della Pubblica Istruzione gli conferì la medaglia d’oro di benemerenza per merito
distinto.
Il giornalista Antonio Pandiscia, ex allievo
del “Lanza”, scrisse un necrologio sul preside Regina, che riportiamo nei passi salienti: «È morto alla vigilia della apertura
dei battenti della sua scuola, quegli enormi
cancelli in ferro che noi odiavamo, perché
ci davano l’impressione di una prigione!
Ma lui, il preside Antonio Regina, vedeva
in quei neri cancelli la sicurezza del suo
Liceo-Ginnasio, a mo’ di scrigno per tutto
lo sciame di alunni che ogni giorno saliva
le bianche scale della Scuola. Lo ricordo
così, io, il preside Regina; gli occhi verdi
sempre in continuo movimento, roteanti su
se stessi, la testa un po’ china sull’omero
sinistro, le mani che battevano con decisione ad ogni passaggio di classe. Eh, sì, con
il Preside Regina ogni classe doveva inquadrarsi dinanzi a lui, prima di entrare in
aula; lo si vedeva apparire dalla presidenza,
ed i suoi occhi osservavano tutto e tutti:
ogni cosa al posto giusto. E così, pur nella
apparente severità, che non ammetteva
compromessi, era intimamente buono, trovando nella cultura la dolcezza necessaria
per tutti quelli che della cultura dovevano
essere i futuri alfieri. Lo ricordo così, il
caro Preside Regina, affabile nei momenti
in cui chiedevamo giustizia, quella vera,
severo quando volevamo fare i furbi. Tutto
era ordine, tutto era serio: ma non era una
scuola pesante il Liceo Ginnasio “Vincenzo Lanza” perché nell’amore della cultura,
nello sprone delle nuove conquiste della
mente, si trovava la gioia di vivere. E le
immancabili marachelle costituivano una
nota allegra della vita di tutti i giorni, anche
se i colpevoli erano duramente puniti».
La chiusa di Pandiscia è commovente:
«Permetti, caro Preside che ti chieda scusa,
anche a nome dei tuoi “terribili” alunni, dei
risolini ad ogni tuo “unque” che costellava
a mo’ di vezzo ogni tuo dire, e che per noi
era l’unica rivincita alle tue continue sferzate al nostro cammino di “poveri studenti”, alle prese con la difficile arte del sapere!».
[Cfr. ARCHIVIO DEL LICEO GINNASIO STATALE
“LANZA” FOGGIA, Memoria di Antonio Regina.
Preside dal ‘44 al ‘67, Palazzo degli Studi,
MCMLXX, n. 1, pp. 4-6; pp. 45-46]
Michele MELILLO
Nato a Volturino il 20 novembre 1915, è
morto nel 2004 a Siponto. Si laureò a Pisa
nel 1938 con Clemente Merlo. Conseguita
la libera docenza nel 1955, la esercitò nella
Facoltà di Lettere dell’Università di Roma
e presso la cattedra di dialettologia italiana
dell’Università di Bari fino al 1991. Insegnò italiano e latino al Liceo “Lanza” dal
1939 al 1946, e dal 1946 al 1965 in vari
licei di Roma. Fu preside del “Lanza” dal
1966 al 1975. Non si discostò mai dal suo
interesse per la disciplina preferita: la dialettologia italiana. La varietà delle sedi e
degli impegni assolti furono occasioni di
incontri e contatti con istituti, biblioteche e
studiosi, determinanti per il prosieguo dei
suoi studi. Collaborò con ricercatori di diversa provenienza alla redazione dell’Atlante Linguistico Italiano. L’opera, diretta
da Aron Benvenuto Terracini, intendeva
registrare le condizioni linguistiche di un
migliaio di comuni distribuiti su tutto il
territorio nazionale.
Melillo collaborò anche alla sperimentazione di un Archivio sonoro delle parlate
italiane, promosso da Antonino Pagliaro e
da Anna Barone, poi divenuto Archivio etnolinguistico musicale (Discoteca di Stato).
È in questo ambito il volume I dialetti di
Puglia, pubblicato nel 1970. Partecipò alla
Docenti e Presidi del Lanza
redazione della Carta dei Dialetti Italiani
ideata da Oronzo Parlangeli. In seguito,
confortato dalla fiducia dei suoi collaboratori diretti, Melillo preferì «aversi fatta
parte per se stesso», addossandosi la responsabilità della programmazione e
dell’esecuzione delle sue ricerche linguistiche. Di qui il proposito di definire la peculiarità delle parlate delle singole aree culturali attraverso l’esame di un unico testo.
Redasse il Nuovo Atlante Fonetico Pugliese. Una fatica durata venti anni, dal 1970 al
1990, per sviluppare in 14 volumi le versioni dialettali della Parabola del figliuol
prodigo, nella “parlata” di ben ottantadue
comuni pugliesi. Metodologia seguita dai
ricercatori che hanno redatto i Saggi di Atlanti Fonetici, per la regione lucana, l’area
campano-molisana e il Lazio.
Melillo promosse l’istituzione del “Centro
Residenziale di Studi Pugliesi”, che ha indagato le condizioni linguistiche regionali.
Altre sue realizzazioni sono: la Biblioteca
Specialistica, con circa 20.000 volumi; il
Museo Etnografico Sipontino, con 3.000
pezzi; la rivista “Lingua e Storia in Puglia”
(fu redattore e direttore), di cui si contano
ben 44 “quaderni”; le “Settimane Sipontine”, con relazioni su temi di ordine storicolinguistico; una guida per la ricerca e la
consultazione del materiale disponibile.
Una vasta produzione saggistica vide Melillo impegnato a tutto campo, con interventi su riviste specializzate e monografie.
[Cfr. Michele Melillo, www.pontaniana.uni-na.
it/]
Vittorio DE MIRO D’AJETA
Fu sindaco di Foggia dal 1956 al 1961. La
rilevazione dei dati inerenti la popolazione
nel periodo bellico fu effettuata dal Comune nel 1957, su sua proposta. Presidente
351
della Croce Rossa di Foggia dal 1946 al
1956, divenne Commissario straordinario
della stessa negli anni ‘70. Fu anche presidente del Rotary Club dal ‘75 al ‘77. Pubblicò Il dramma del pensiero nella filosofia
di Enrico Bergson, Napoli, 1963, e Intuizioni pedagogiche rosminiane, NapoliFoggia-Bari, 1969.
La figlia Barbara lo ricorda così: «Fu oratore squisito (non gli sfuggiva un anacoluto), come se la vocazione all’insegnamento
e alla divulgazione della cultura sovrastasse ogni suo interesse. Non v’era tema che
in breve tempo non potesse trattare con
ricchezza di argomenti e con la vena di
ironia e di umorismo che caratterizzava le
sue prolusioni. Aveva fortissimo il senso
della paternità, che spiritualmente estendeva a tutti i giovani da lui conosciuti. Si
narrano aneddoti legati alla sua generosità:
per esempio, una volta che, essendo lui
sindaco, i braccianti agricoli in rivolta andarono a reclamare armati sotto il Municipio perché non ricevevano il salario dai
proprietari terrieri, non solo li accolse a
braccia aperte ma diede loro la paga di
tasca sua. Si ricorda un altro episodio: era
sfollato con la famiglia a Novara e a Vanzone San Carlo (oggi provincia di Verbania) e fuggendo lontano dai bombardamenti di Foggia, non aveva portato con sé alcuna documentazione attestante la sua qualifica di professore. Una mattina, uscito di
casa con l’umile intenzione di prestare la
sua opera come elettricista, fece un tentativo di insegnare in un liceo, presentandosi
ad un preside di Novara e spiegandogli
quale fosse la sua situazione. Il preside gli
credette sulla parola e Vittorio de Miro
d’Ajeta insegnò storia e filosofia in quel
Liceo».
Scrive di lui Franco Galasso: «Conobbi
Vittorio De Miro d’Ajeta nell’immediato
dopoguerra, quando fu mio docente di sto-
352
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
Vittorio de Miro d’Ajeta con monsignor Carta. [Archivio de Miro d’Ajeta]
ria e filosofia al Liceo scientifico di Foggia. La sede di questa scuola era in un
vecchio palazzo di via Cairoli, il palazzo
Zicari, che ora ha dato posto, nel disordinato delirio edilizio della città, ad una orrenda costruzione ad otto piani. Erano i primi
passi di un Liceo che ebbe il riconoscimento di “Regio” durante la guerra e che vantava docenti di alto livello [...]. Al professor Nobili seguì il professor de Miro, che si
presentò a noi con il suo aspetto di gentiluomo, circondato dall’alone di nobiltà che
proveniva non solo dal suo casato, ma soprattutto dai suoi modi e dal suo tratto.
Elegante e ricercato nel vestire, con una
collezione di cravatte che ai primi incontri
mi colpirono per la loro varietà e fantasia
di colori, parlava con il suo strascicato, attraente, inconfondibile accento napoletano,
muovendo appena, con un contenuto e raffinato gesticolare, le mani gentili e ben
curate. Le sue lezioni erano per noi un in-
canto di oratoria e di profondità di argomenti: posso dire che egli ci guidò alla
scoperta di un mondo spesso negletto, ma
pure così pieno di suggestioni e di scoperte
e che cerca di spiegare l’insondabile pensiero e la sfuggente realtà. [...]. Diverse
generazioni di giovani ebbero la fortuna di
essere suoi allievi. Divenne Preside
dell’Istituto Magistrale “Poerio” di Foggia,
e concluse la sua carriera scolastica con la
prestigiosa presidenza del Liceo classico
“Vincenzo Lanza” di Foggia. Appartenne
anche al Sovrano Ordine Militare di Malta.
Ho lasciato per ultimo di ricordare la sua
Presidenza del Rotary di Foggia perché mi
pare sia stato il riconoscimento da lui più
ambito per le sue qualità e per le sue attività: de Miro rotariano fu uno dei più autorevoli protagonisti della vita del Club. La sua
cultura vasta ed eclettica, la sua oratoria
affascinante, il suo raffinato modo di affrontare argomenti anche di particolare
Docenti e Presidi del Lanza
353
DAVIDE ANTONIO LECCESE
È l’attuale Dirigente scolastico del Liceo
Classico “Vincenzo Lanza”, dove ha avuto
la sua prima nomina come docente.
Dopo la laurea in Filosofia presso l’Università degli Studi di Bari, si è sempre distinto nel campo dell’innovazione metodologico-didattica. È approdato al “Lanza”
dopo un lungo iter che lo ha visto alla direzione di Istituti scolastici in varie regioni
italiane, dalla Sardegna (Liceo classico
“Mameli” di Lanusei in provincia di
Nuoro), al Salento (Istituto Magistrale
“Astore” di Casarano di Lecce), all’Abruzzo (Liceo scientifico “Luca da Penne” in
provincia di Pescara) fino al rientro in provincia di Foggia, prima all’Istituto Magistrale “Roncalli” di Manfredonia, poi
all’Istituto Magistrale sperimentale “Poerio” del Capoluogo.
Esperto di comunicazione, insegna “Tecniche di valutazione dei comportamenti linguistici” nella Ssis (Scuola di specializzazione all’insegnamento secondario).
Ha svolto intensa attività politica, come
assessore alla Pubblica Istruzione e cultura
del Comune di Foggia. Iscritto all’albo dei
giornalisti pubblicisti, collabora su temi di
cultura e problematica scolastica con emittenti televisive locali oltreché con riviste,
quotidiani e siti telematici. Ricordiamo il
particolare impegno per www.edscuola.it.
La sua rubrica Esami di Stato è il punto di
forza del prestigioso portale di Dario Cillo,
sponsorizzato dalla Rcs Scuola (Rizzoli
Corriere della Sera).
Questo curriculum “alternativo” di Davide
Leccese, così variegato di competenze,
non è passato inosservato ai Ministri
dell’Istruzione: dal 1989 fa parte di Commissioni ministeriali per la Riforma della
scuola e per la forma zione del personale
docente. Ultimamente è stato chiamato a
far parte del “Gruppo dei 250 Saggi per la
Riforma della Scuola” e della “Commissione per la Riforma dei programmi del
liceo delle scienze umane”.
È autore di raffinate sillogi poetiche, racconti e saggi critici. Tra le sue pubblicazioni: Prospettive di una nuova estetica in una
società a tecnologia avanzata in “Annuario del Liceo Classico V. Lanza”, Foggia,
1972; Io ho il fiume, Foggia, 1979; È probabile, anzi certo, Foggia, 1982; “Racconti” in La penna e il sogno. Nuovi narratori
di Puglia, Bari, 1986; Minime di vita, Foggia, 1988; La pagina del Lunedì, Penne
(PE), 1989; Il seme delle radici, Sora (FR),
1990; Cronacastiosa, Foggia, 1991; Ti do
per scontato amore, Foggia, 2002.
I palazzi degli studi
Porta Arpana.
356
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
I palazzi degli studi
357
PALAZZO SAN GAETANO
Palazzo San Gaetano (a sinistra della piazza). Il Real Collegio delle Scuole Pie vi si insediò
il 26 maggio 1804; in precedenza l’edificio era occupato dai Padri Teatini.
Pagina a fianco. Pianta dell’edificio.
[ASFG, Consiglio Scolastico Provinciale, busta 24-25, fascicolo Liceo Lanza 2/1, autorizzazione Ministero Beni Culturali, ASFG prot. n. 3715/X del 25-08-2003]
358
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
[Archivio Barone]
PALAZZO LANZA
L’edificio scolastico “Palazzo Lanza” fu
inaugurato prima del 1894 (la grafica
dell’Ateneo è riportata in “Cento Città
d’Italia”, nel numero dedicato a Foggia
pubblicato in questa data).
Costruito per ospitare le scuole elementari,
divenne un vero e proprio “palazzo degli
studi”, come è denominato in qualche cartolina d’epoca. Il pianterreno fu occupato
dalla Scuola Tecnica, ed il primo piano
venne assegnato al Regio Liceo-ginnasio
“Lanza” e al suo Convitto.
I palazzi degli studi
359
[Archivio Barone]
Palazzo Lanza in una cartolina del 1920.
L’ingresso del Liceo, protetto da una robusta cancellata, è “piantonato” dall’attento
custode. Ai lati notiamo i lampioni a gas,
nonostante la città sia già fornita di energia elettrica, come si evince dalla presenza
di cavi aerei. Nel 1915 fu adibito ad ospedale militare: durante la guerra del
1915-1918, Foggia, benché lontanissima
dal fronte, fu sede di reparti e installazioni
militari. La sua base aerea, dove si addestravano al volo i piloti degli aerei da
bombardamento “Caproni”, era frequentata anche da piloti stranieri. Tra gli americani vi era Fiorello La Guardia, il futuro
Sindaco di New York, di origine pugliese.
Nel 1923 il Palazzo Lanza fu destinato a
Palazzo di Giustizia.
360
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
PALAZZO LANZA
[Cfr. Foggia, Cento città d’Italia, Milano, 1894]
I palazzi degli studi
361
[Archivio Barone]
PALAZZO VESCOVILE
L’edificio di via Oberdan, ex Convento di
S. Domenico, fu sede del Liceo “Lanza”
durante la prima guerra mondiale e nel
1923. Oggi è sede dell’Arcivescovado,
della Biblioteca diocesana e dell’Istituto di
Scienze religiose. È una delle più antiche
costruzioni foggiane, sorta al margine
della “città sveva” a partire dalla seconda
metà del XIII secolo. Esternamente non
presenta elementi caratteristici, tranne il
portale. L’ingresso dà su un lungo portica-
to, con uno scalone a destra, il cortile a
sinistra e una scalinata frontale. I Domenicani furono espulsi nel 1808 e il Convento
venne adibito ad abitazione per gli ufficiali del Presidio militare. Tornato in mano
ecclesiastica, fu adibito a Seminario Diocesano.
[Cfr. G. CRISTINO, Foggia in mostra, Un percor-
362
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
I palazzi degli studi
363
Piano della Croce con il Convento della Maddalena nell’Ottocento (disegno di H. Clerget).
[In C. DE LEO, Storia e costume nelle stampe d’epoca. Foggia-1, Foggia, 2001]
EX CONVENTO DELLA MADDALENA
Nel 1723 Monsignor Cavalieri, a proprie
spese comprò alcune case al Piano delle
Fosse e le fece demolire per erigere un
palazzo con annessa una chiesa sotto il titolo di Santa Maria Maddalena. L’edificio,
a forma quadrata, era costituito da due
piani, con un grande cortile. Al piano inferiore vi erano undici locali e due grotte per
uso del Conservatorio, vi erano inoltre sei
fondachi dati in fitto ai poveri. Fu anche
detto Conservatorio delle “Pentite” e,
quando queste ultime non vi furono più
ospitate, fu trasformato in ricovero per
donne oneste, e gestito da monache del
Terz’Ordine Francescano. L’Istituto rimase sotto l’amministrazione di un Padre
Spirituale fino al 1862, quando una legge
sottrasse le corporazioni laicali all’autorità ecclesiastica. Nel 1915 fu aggregato ai
Conservatori Riuniti di Foggia. Dall’anno
scolastico 1923-1924, parzialmente ristrutturato, ospitò il Liceo “Lanza” fino al
1935-1936, anno del passaggio al Palazzo
degli Studi. L’ex convento della Maddalena, con l’annessa chiesa, durante gli eventi bellici nel 1943, rimase gravemente
danneggiato dai bombardamenti. Non fu
più ricostruito.
[Cfr. L. LOPRIORE, Le neviere in Capitanata, Ed.
del Rosone “Franco Marasca”, Foggia, 2003,
364
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
PALAZZO DEGLI STUDI
Il Comune di Foggia, in occasione del decennale della Marcia su Roma, pubblicò
Cinque anni di amministrazione fascista
1927-V-1931-IX. Come afferma in premessa Alberto Perrone, il volume intende «illustrare i risultati raggiunti», fornendo nel
contempo «la visione futura» della città,
con i suoi bisogni, le sue aspirazioni, le sue
possibilità. «Foggia, tanto ingiustamente
giudicata nel passato, è tutta un cantiere di
opere e di vita, non solo opere rispondenti
ai bisogni elementari del vivere civile, o
che recheranno un notevole apporto alla
ricchezza nazionale, come la Bonifica del
Tavoliere, ma anche opere di cultura, di
decoro, di bellezza. Una di queste è
senz’altro il Palazzo degli Studi, che S.E. il
capo del Governo volle non fastoso, ma
bello. Esso va sorgendo su una vasta zona
di terreno prospiciente alla Piazza XXVIII
Ottobre, dove si svilupperà la facciata principale dell’edificio».
Il Palazzo degli Studi sorgerà su un’area di
oltre 10.000 metri quadrati, 5.800 dei quali
saranno occupati dall’edificio e 4.200 dai
cortili. Centocinquanta i vani complessivi
distribuiti sui piani, oltre al grande atrio, ai
vani delle scale, ai disimpegni e agli accessori. Ogni plesso sarà provvisto di biblioteche per i professori e per gli alunni, di sale
di ginnastica e di ricreazione, di adeguati
spogliatoi e bagni. Per ognuno dei diversi
Istituti è prevista una sala per riunioni. Una
grandiosa Aula Massima», ampia 416 metri
quadrati e alta nove metri, sul fronte del
Palazzo, in Piazza XXVIII Ottobre, adeguatamente decorata, oltre che per le riunioni generali scolastiche, sarà impiegata
per le più importanti manifestazioni culturali della città. Nello scantinato saranno ri-
cavati alloggi per i custodi, vani per i depositi e per i servizi di riscaldamento.
I primi due piani dell’edificio saranno la
sede dell’Istituto Magistrale, della Scuola di avviamento, del Ginnasio e del Liceo
classico, del Liceo Scientifico e dell’Istituto Commerciale. All’Istituto Tecnico sarà
riservato il terzo piano, che estendendosi su
un perimetro più limitato, lascerà scoperte
grandi terrazze «di ottimo effetto estetico
ed evidente utilità pratica»1.
La relazione di Piacentini 2
Scrive Marcello Piacentini, l’architetto responsabile del progetto esecutivo3: «Al
problema della distribuzione generale degli
Istituti si presentavano due soluzioni: l’una
di collocare i vari istituti in lunghezza,
l’uno accanto all’altro (come in tanti edifici
per così dire addossati); la seconda di svilupparli invece in altezza in modo che ogni
istituto potesse svilupparsi completamente
in un piano od in una porzione di piano.
L’architetto ha seguito piuttosto questa seconda soluzione come quella che, pur acconsentendo una completa autonomia per
ogni scuola, ha permesso una notevole economia nella costruzione, una grande praticità della distribuzione delle aule (e quindi
nella sorveglianza diretta del funzionamento scolastico), un risparmio grandissimo
negli impianti sanitari distribuiti in colonna
e nel numero delle scale, ed infine un maggiore equilibro architettonico nelle masse.
Inoltre l’orientamento generale dell’area a
disposizione con uno dei lati maggiori
esposto a Nord favoriva appunto una distribuzione lineare delle aule a sud riservando
invece agli altri ambienti l’orientamento
verso tramontana.
L’edificio risulta quindi schematicamente
così composto: un corpo di fabbrica contenente gli ambienti di rappresentanza (aula
I palazzi degli studi
massima, Grande vestibolo, biblioteca,
ecc.) su piazza Miale; due lunghi bracci di
aule a corpo di fabbrica doppio, l’uno nella
Via dell’Istituto Industriale, l’altro nella
Via di Cerignola; due bracci minori trasversali l’uno sul Corso Roma l’altro interno, racchiudenti il grandissimo cortile semicircolare.
Oltre al grande Vestibolo che con le sue
doppie scale di accesso all’aula massima e
a tutti i piani compreso l’ultimo nel quale
trovasi l’Istituto Tecnico, altre grandi scale
sono distribuite sul fronte della Via dell’Istituto Industriale, su quello del Corso Roma
e su quello della via di Cerignola ed assicurano comodissimi ed esuberanti accessi
alle varie scuole.
Al grande cortile d’onore si accede direttamente dal vestibolo principale del quale
costituisce ricca e solenne visuale di sfondo; e dal cortile d’onore un largo passaggio
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
1
COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, pp.
26-30.
2 ASCFG, cat. 10, Palazzo degli Studi, busta
127, relazione Piacentini.
3 Un progetto iniziale, redatto nel 1927 dall’Ufficio Tecnico del Comune di Foggia, prevedeva
quattro piani fuoriterra: un pianterreno rialzato e
tre piani superiori. L’area occupata era di m 90 x
64 = 5.760 mq: 4953,60 mq coperti e 806,40
lasciati a cortili e giardino. Il primo piano era
riservato al Ginnasio, Liceo classico, Liceo
scientifico e Scuola Commerciale; il secondo
all’Istituto Tecnico, il terzo al Convitto per cento
convittori. In totale 226 vani, tra grandi e piccoli. Il costo complessivo dell’opera ammontava a
7.800.000 lire, di cui lire 7.000.000 per i lavori
a base d’asta e 800.000 a disposizione per acquisto del suolo, per sistemazione dei marciapiedi e
strade intorno all’edificio, dei cortili e del giardino, e per lavori imprevisti. [ASCFG, cit., busta
754, relazione Ufficio Tecnico Progetto Costruzione Ateneo, relazione del 10 marzo 1927]
365
aperto ed assiale porta al cortile aperto a
forma di U che, piantato a giardino, si presta a contenere prati e campi per la ginnastica e per il giardino d’infanzia.
In generale tutte le aule sono orientate per
la massima parte a Mezzogiorno-levanteponente: solo le sale per il disegno prospettano a Nord come di regola.
Ogni istituto è dotato, oltre che di un numero sufficiente di aule (talvolta, come per il
Liceo classico, le aule, in previsione di uno
maggiore sviluppo scolastico sono leggermente eccedenti), di tutti quegli ambienti
non solo indispensabili ma anche utili ad
aggiungere dignità di vita scolastica e modernità di concetti.
Così ogni scuola possiede locali per biblioteca e per la riunione degli alunni, aule e
gabinetti scientifici, salette per i professori,
la segreteria, l’archivio, la direzione.
Le colonne delle latrine sono state collocate negli incroci dei vari corpi di fabbrica
nei punti cioè di più facile e diretto accesso
e sorveglianza. L’ampiezza dei corridoi è
tale da consentire, oltre che il facile deflusso degli scolari, anche la distribuzione
degli attaccapanni e quella delle vetrine
contenenti il materiale didattico il quale
verrà a trovarsi così sempre a immediata
visione degli alunni come vogliono le più
moderne regole in proposito.
Ogni istituto possiede una aula (una sala)
di maggiori dimensioni che potrà servire da
Aula magna: e si noti inoltre che ogni istituto può avere facile e diretto accesso
all’aula massima in caso di grandi cerimonie.
L’aula massima poi, vastissima sala che
occupa con la sua altezza di due interi piani
e che è provvista di balconata, costituisce,
con le biblioteche affiancate un complesso
ambientale che all’occorrenza può benissimo funzionare isolato dal resto dell’edificio senza intralciare minimamente il fun-
366
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
zionamento regolare delle varie scuole.
Architettonicamente l’edificio presenta
massima solennità e tono di grandiosità
soprattutto nel prospetto sulla piazza Miale
in corrispondenza appunto dell’aula massima, i lunghi finestroni della quale sono
accentuati dalle pilastrate che salgono fino
al cornicione sul quale si eleva un attico. Ai
lati di questo prospetto i corpi di fabbrica
sulla Via dell’Istituto Industriale e sul corso
Roma assumono un tono minore ma sempre dignitoso e raccolto; mentre poi lungo
la via di Cerignola e nei prospetti interni
l’architettura delle aule con le caratteristiche triplici finestre porta a smorzare ancor
più il tono solenne per raggiungere invece
l’effetto della semplicità che dà gioia e gaiezza ed invita ad un lieto lavoro.
Il lunghissimo prospetto sulla Via di Cerignola è stato risolto con un digradare continuo delle masse, interrotto dalla grande
torre, che mentre arricchisce la semplicità
contribuisce a dare carattere all’edificio e
alla strada.
Semplicissima in generale la parte decorativa, fusa sempre con la funzione statica e
costruttiva dei materiali e mai arbitraria.
Pietre e tufi locali, intonaci grezzi, qualche
scultura nei punti più salienti.
Sforzo costante dell’architetto è stato quello di mostrare al di fuori quello che è l’edificio al di dentro, in modo che la destinazione della fabbrica sia intuitiva ed evidente non solo, ma anzi acquisti carattere e si
valorizzi per virtù della propria stessa chiarezza».
I palazzi degli studi
MARCELLO PIACENTINI
Piacentini (Roma 1881-1960) fu il più
grande architetto del Ventennio. Personificò la contraddittorietà dell’architettura italiana del Novecento: le sue alterne fortune
critiche ne furono la testimonianza più evidente. Unì, in un’impostazione eclettica, la
rivisitazione degli elementi architettonici
classici (archi, pilastri e colonne) a una
genuina attenzione per il modernismo europeo. Massimo esponente del “monumentalismo” italiano, realizzò negli anni Trenta
e Quaranta importanti opere pubbliche,
commissionate direttamente dal Regime.
Dal 1938 al 1942, Piacentini fu commissario generale per la progettazione dell’E42 a
Roma. Nel 1941, nel piano di risistemazione che prevedeva la creazione di via della
Conciliazione a Roma, diede inizio alla
demolizione dell’antico quartiere noto
come “Spina dei Borghi”, di fronte a piazza
San Pietro.
Su Piacentini la critica ha detto di tutto:
molti giudizi sono datati (come la caricatura di Mino Maccari) o legati all’estrema
politicizzazione del dibattito critico che ha
contraddistinto fino a qualche anno fa tutto
ciò che era legato al Ventennio fascista. A
note stroncanti come «vissuto intorno al
1933 e morto nel 1890» del critico d’arte
Renato Birilli o «lo sventratore» dell’urbanista Antonio Cederna, lo storico Mario
Lupano ha contrapposto di recente la definizione di «artista costruttore della città».
Indubbiamente Piacentini ha legato il suo
nome alle più grandi trasformazioni urbanistiche di Roma nel corso del Novecento:
Piano Regolatore (1931); Città Universitaria (1932-1935); via della Conciliazione
(1936-1950); L’EUR e l’E42 (1942). Modernizzò i più importanti centri urbani ita-
367
liani; oltre alle opere romane, piazza Dante
a Genova, via Roma a Torino, piazza della
Vittoria a Brescia.
Stefano Casciani ha affermato che di Piacentini resta insuperata l’abilità di mediatore tra politica, cultura e azione progettuale.
La sua “opera costruita” è enorme, incomparabile. Non esiste un altro architetto italiano che nel Novecento abbia lasciato una
così forte impronta di sé. La testimonianza
più significativa resta il Palazzo di Giustizia di Milano. Piacentini lo concepì come
«il più grande palazzo tra quelli costruiti
dal Regime». A Foggia la sua “impronta”
prestigiosa è nel monumentale Palazzo
degli Studi.
[Cfr. S. CASCIANI, L’architettura presa per
mano, Idea Books, Milano, 1992]
Prospetto di Piacentini.
IL PALAZZO DEGLI STUDI
368
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
PALAZZO DEGLI STUDI
La costruzione, pur ispirandosi alle moderne tendenze della tecnica costruttiva pura,
«risente nobilmente di quelle superiori
esigenze architettonico-decorative, derivato fulgido e immutabile della grande tradizione italiana». L’aspetto architettonico
dell’edificio è intonato alla massima semplicità di linee. Esso trae i suoi maggiori
effetti dal movimento delle masse e dei
corpi di fabbrica. Nella facciata principale
alcuni elementi architettonici verticali conferiscono alla parte principale dell’edificio
«una nota di alta e geniale bellezza, uno
speciale carattere di austerità». Piacentini
ha saputo adattare con «profonda genialità» il progetto alle caratteristiche del suolo,
traendo dalle irregolarità di questo lo
spunto per la migliore distribuzione dei
corpi di fabbrica. Una «felice disposizione
di pianta» ha evitato corpi di fabbrica tripli, per illuminare perfettamente tutti i
corridoi. L’ampio cortile d’onore, semicircolare, ed un cortile aperto con un «ridente
giardino» consentono la soddisfacente distribuzione delle aule e la ventilazione di
tutti i locali, mentre per l’entrata e l’uscita
degli alunni sono previste varie scale, una
per ogni Istituto.
[Cfr. COMUNE DI FOGGIA, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932, p.
370
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
Palazzo degli Studi, prospetto facciata principale.
Nel riquadro, il Palazzo di Giustizia di Milano.
L’imponenza della facciata, associata ad
un ingresso altrettanto monumentale, è la
prima analogia fra il Palazzo degli Studi di
Foggia e quello degli Uffici Giudiziari di
Milano. Elementi comuni, una tautologia
di fatto, visto che l’autore è sempre Marcello Piacentini: grandi aperture a sviluppo verticale sono costanti in quasi ogni suo
intervento architettonico destinato ad edificio pubblico. Così anche il Rettorato della
Città Universitaria di Roma ha un ingresso
sviluppato in verticale, quasi a coprire due
piani dello stesso edificio. Si tratta di una
reinterpretazione moderna di quel gigantismo palladiano che segnò il fare architettu-
ra in Italia per alcuni secoli prima del
Novecento. Questo tipo d’impostazione
(facciata e ingresso monumentale, il portico che segue), nel Palazzo degli Studi mitiga il forte impatto di chi entra. Pilastri,
coperture in calcestruzzo armato, ampi lucernari “assolutamente moderni” attenuano il tono monumentale del complesso,
creando spazi insolitamente proporzionati.
L’impronta funzionalista si rivela negli interni: lo studio delle luci, i serramenti, i
marmi compongono una grande ambientazione astratta.
Gianfranco Piemontese
Cortile d’onore e veduta da via Cerignola.
[Comune di Foggia, Cinque anni di amministrazione fascista 1927-1931, Roma, 1932]
PALAZZO DEGLI STUDI
372
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
inL’Impresa Provera, Carrassi & C.
Il progetto di Piacentini venne approvato
con decreto ministeriale del 19 maggio
1930 n. 2741 ed in base ad esso il Comune
di Foggia fu autorizzato a contrarre un
mutuo di 8.400.000 lire presso la Cassa
Depositi e Prestiti 4. I lavori vennero appaltati all’Impresa Provera, Carrassi & C. con
contratto del 17 settembre 1931 reso esecutivo dalla Regia Prefettura di Foggia per
l’importo di lire 4.718.670, al netto del ribasso d’asta del 21%, elevato a lire
6.668.066,94 in seguito a perizie suppletive
e a varianti approvate.
L’Impresa iniziò i lavori il 23 dicembre
1931. Secondo i termini del contratto doveva ultimarli in 36 mesi, il 23 dicembre
1934. Invece furono consegnati il 30 agosto 1935. A giudizio della Ditta Provera,
Carrassi & C. l’organizzazione e l’efficienza del cantiere erano tali che l’opera poteva
essere ultimata in un tempo minore: il ritardo superiore ai 250 giorni dipese dal Comune. Iniziate le demolizioni il 23 dicembre 1931 e avviati gli scavi il 1° febbraio
1932, dopo due settimane l’Impresa fu costretta a sospendere i lavori, in attesa delle
varianti al progetto dell’architetto Piacentini. In data 8 marzo 1932, visto che la ripresa dei lavori si faceva attendere, la Ditta
fece presente i possibili danni per gli scavi
eseguiti e non colmati che, a causa delle
sistenti piogge, stavano franando. I lavori
vennero ripresi dopo 98 giorni, il 23 maggio, con la consegna all’Impresa di una
nuova pianta, limitata al solo pianterreno.
Non essendo state concordate tra Amministrazioni e i capi dei diversi Istituti scolastici le piante dell’edificio, il 23 settembre
1932 le fondazioni non erano state ancora
ultimate. Nuova sospensione, dal 17 novembre 1932 al 24 febbraio successivo, per
studiare la variante alla zona verso Corso
Roma. Disposizioni sulla parte architettonica in pietra da taglio che interferiva con
le strutture murarie, richieste dalla Ditta fin
dal settembre 1932, furono date solo il 9
giugno 1934.
Il Palazzo fu inaugurato senza le decorazioni all’Aula Massima, previste dall’architetto Piacentini con un apposito studio
presentato al Comune nel gennaio 1934. A
fine luglio 1935, ritenuto il costo troppo
elevato, la Direzione aveva comunicato
all’Impresa che tali lavori erano stati sospesi a tempo indeterminato. L’Impresa,
che fin da febbraio 1934 aveva approntato
i ponteggi rimasti poi inutilizzati, chiese il
risarcimento delle spese sostenute5.Per i
danni conseguenti ai ritardi dei lavori,
l’Impresa chiese al Comune di Foggia un
rimborso di 360.694,39 lire6.
Nel certificato di collaudo rilasciato il 9
agosto 1937, il costo netto dell’opera fu di
lire 6.704.121,377.
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
4 Nel progetto dell’Ufficio Tecnico del 1927 il
costo previsto per l’opera ammontava a
7.800.000 lire: 7.000.000 per i lavori a base
d’asta; 800.000 per somme a disposizione
dell’Amministrazione per acquisto del suolo,
per sistemazione dei marciapiedi e strade tutt’intorno all’edificio, dei cortili e del giardino, e per
lavori imprevisti. [ASCFG, cat. 10, cit., busta
754, relazione Ufficio Tecnico Progetto costruzione Ateneo]
qqqdddddddfghgjjfjfjdhgdfhgssssssssssssssssdddddddddddddp
5
ASCFG, cat. 10, cit., busta 115, 1, fasc. 71,
Collegio Arbitrale vertenza fra Impresa Provera,
Carrassi & C. e Comune di Foggia, pp. 23-25.
6 ASCFG, cat. 10, cit., busta 115.
7 ASCFG, busta 754.
I palazzi degli studi
Le lesioni e i rischi statici
Pochissimi anni dopo l’ultimazione
dell’edificio del Palazzo degli Studi, si ravvisò la necessità di «lavori necessari ed
urgenti per la sua conservazione e per la
pubblica incolumità»; si parlò di chiusura
delle aule del 3° piano per «caduta di sezioni d’intonaco dai soffitti... e infiltrazioni
d’acqua dal terrazzo». Furono eseguite
indagini idrogeologiche, scavi in prossimità delle fondazioni e nel cortile, puntellamenti degli architravi di finestre e porte.
Eppure nelle sue relazioni di quegli anni,
Guerrieri non fa alcun cenno ai gravi problemi statici del fabbricato: è difficile ipotizzare che essi non abbiano condizionato
le normali attività scolastiche e che il Preside non fosse a conoscenza del problema.
Nell’inverno del 1939, al Comune di Foggia venne segnalato che sul terrazzo di copertura del Palazzo degli Studi erano presenti delle incrinature che provocavano
stillicidio di pluviali all’interno delle aule.
Durante gli accertamenti venne fatto presente che da tempo erano comparse anche
«lesioni interessanti tutte le strutture murarie del fabbricato». Venne avvertita la Prefettura che interessò il Genio Civile. Dalle
ispezioni eseguite dall’Ispettore Superiore
del Servizio Tecnico Centrale del Ministero
dei Lavori pubblici, dal tecnico del Genio
Civile su mandato dello stesso Ministero e
dal tecnico comunale, risultò che il fabbricato presentava numerose lesioni nei muri
portanti perimetrali ed intermedi, nei solai,
nei soffitti e nelle piattabande di porte e
finestre. Le lesioni dei muri, in maggioranza verticali, interessavano l’intero spessore
delle murature: alcune erano di lieve entità,
altre più accentuate, ma tali da non superare, al momento, i cinque millimetri. Le lesioni dei solai e dei soffitti
373
erano, in gran parte, parallele ai travetti in
cemento armato e interessavano tutto lo
spessore del muro.
Con Prefettizia 4692/ Gab. del 21 novembre 1940-XIX si comunicò che il Ministero
dei Lavori Pubblici, dopo aver preso in
esame la relazione sull’esito delle indagini
compiute, aveva richiamato l’attenzione
del Comune di Foggia sui provvedimenti
urgenti di carattere immediato da adottare;
il Genio Civile con nota n. 162/p.r dell’8
dicembre 1940-XIX, in ottemperanza alle
superiori disposizioni, sollecitò il Comune
a dare immediata esecuzione ai lavori di
consolidamento: rivestivano carattere di
assoluta urgenza. La spesa complessiva fu
stimata in 1.680.000 lire così suddivisa:
a) lire 130.000 per l’informatura dei vani
esterni delle finestre e puntellatura degli
architravi e delle piattaforme lesionate;
b) lire 1.100.000 per la scomposizione dei
pavimenti e scavo a sezione obbligata con
la relativa informatura per mettere allo scoperto il calcestruzzo di fondazione, onde
procedere alle iniezioni di cemento tipo
500 e successivo rinterro e rifacimento
della pavimentazione, ecc. nonché per la
risarcitura delle lesioni con rifacimento di
sezioni di muratura, intonaci e ripresa di
sezioni di attintatura;
c) lire 450.000 per il rifacimento dell’intero
terrazzo di copertura, con la scomposizione
di campigiane e del sottostante manto di
asfalto e massetto. Per portare le giuste
pendenze e non gravare eccessivamente sul
fabbricato, il nuovo sottofondo sarà in granulato di pomice. Sul nuovo manto asfaltino sarà effettuata la nuova pavimentazione
di mattonelle di cemento.
Per il perito incaricato delle indagini, l’ingegner Ungaro Celentano, le lesioni erano
dovute alle fondazioni realizzate dalla Ditta
in modo non conforme alle prescrizioni: il
calcestruzzo messo allo scoperto nei vari
374
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
PALAZZO DEGLI STUDI
Palazzo degli Studi, 23-11-1941. Puntellamento architravi delle finestre e cantiere.
[ASCFG, cit., busta 115, fascicolo 2]
I palazzi degli studi
saggi di scavo si presentava infatti «povero
di malta, di facile sgretolamento e con materiale non contrattuale».
L’impresa Provera, Carrassi & C. presentò
la memoria difensiva allegando una relazione del professor Attilio Arcangeli, ordinario di Scienza delle Costruzioni presso
l’Università di Firenze. Questi sostenne
che le lesioni erano state provocate da movimenti generali di lieve ampiezza, interessanti tutto il complesso del fabbricato e
determinati da un “molleggiamento”
dell’edificio sulla sua coltre d’appoggio in
conseguenza di variazioni del livello della
falda freatica. L’edificio aveva subito altresì effetti termici: lo provava la presenza
della maggior parte delle lesioni all’ultimo
piano, maggiormente esposto alle variazioni della temperatura. C’erano stati assestamenti delle strutture murarie, realizzate in
fretta, senza dar loro il tempo di assestarsi
e consolidarsi convenientemente prima di
ricevere carichi ulteriori (fenomeno ormai
frequente nelle costruzioni pubbliche, dato
il breve termine che i capitolati stabilivano
per l’esecuzione dei lavori).
L’Impresa costruttrice, difesa dall’avvocato Figliolia, fece notare che il collaudo
aveva verificato che il calcestruzzo di fondazione risultava costituito come prescritto
dal Capitolato: la malta di calce e pozzolana aveva fatto sufficiente presa. Nessuna
indagine seria era stata compiuta da parte
del Comune di Foggia per accertare la precisa natura stratigrafica del suolo su cui
posava l’edificio e il regime idrico della
falda freatica sotterranea; l’indagine compiuta dal perito ingegner Ungaro Celentano
sui fabbricati viciniori, quali il Palazzo di
Giustizia e la Caserma Miale, era da considerarsi del tutto inutile. I suddetti fabbricati non potevano servire come termine di
confronto con il Palazzo degli Studi, poiché fondati ad altezze diverse del medesi-
375
mo, e perché di costruzione meno prossima
alle variazioni dei livelli idrici; altri fabbricati della zona, sui quali il perito non aveva
ritenuto di rivolgere la sua attenzione, risultavano invece lesionati, quali la Banca
d’Italia, il Banco di Napoli, il Palazzo degli
Uffici statali (Registro), l’Istituto Industriale “Altamura”, la Casa della Gil, il palazzo
del Podestà.
Da parte dell’Impresa si insinuò che la perizia Ungaro Celentani, che addebitava ad
essa tutte le responsabilità delle lesioni del
Palazzo degli Studi, era condizionata da
“un fenomeno suggestivo e preconcettuale”. Il Comune ribatté che troppi sarebbero
stati i tecnici da “suggestionare”, e liquidò
la questione «perché l’attardarsi nel discuterla era… poco serio sia per chi aveva
lanciato una così barbina ipotesi sia per chi
avrebbe dovuto confutarla».
[ASCFG, cat. 10, busta 115, fascicolo 2, Controdeduzioni Regio Tribunale di Foggia comparsa conclusionale per l’impresa Provera,
Carrassi & C., avvocati Ambrosio e Figliolia,
contro il Comune di Foggia, avvocato Lo Re,
Foggia, 10 agosto 1942-XX]
PALAZZO DI VIA DE NITTIS
[Archivio Barone]
PALAZZO DEGLI STUDI
Dopo l’occupazione del Palazzo degli Studi da parte degli Alleati, il “Lanza” fu ospitato in
un palazzo di civile abitazione, al numero 7 di via de Nittis (pagina a fianco). Una soluzione
d’emergenza che durò fino a marzo del 1946.
Litografia. [S. DE RENZI, Elogio Storico di Vincenzio Lanza, Napoli, Stabilimento tipografico di G. Nobile, 1869]
Vincenzo Lanza, scienziato e patriota
Nazario Barone*
Vincenzo Lanza/ di parenti umilissimi/ per la sola forza d’ingegno e di studi/ si
elevò a nosologo e clinico/ non più agguagliato/ Presidente alla sua facoltà/ nel
Congresso scientifico del 1845/ e deputato al Parlamento del 1848/ esulò condannato nel capo/ con indegnazione unica/ dell’universale.
Così, nel più pretto stile ottocentesco, recitava l’iscrizione, apposta sul basamento della statua che il Comune di Foggia eresse allo scienziato e che campeggiava nell’omonima piazza, ora intitolata ad Umberto Giordano, sino alla fine
degli anni Venti quando fu spostata nella Villa comunale per far posto al monumento ai caduti della Grande Guerra1.
Vincenzo Lanza, anzi “Vincenzio” come preferiva farsi chiamare, nacque a
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* Nazario Barone (Apricena 1949), studioso di storia militare risorgimentale, ha contribuito alla
realizzazione del Museo del Risorgimento di Villafranca di Verona, inaugurato nel 1989, del quale
è il responsabile storico. Per quest’opera è stato elogiato dal senatore Giovanni Spadolini, in visita
al museo l’8 dicembre 1989. Nel 1998 ha curato, per conto del Comune di Sommacampagna (Vr),
le manifestazioni per il 150° anniversario del 1848. Autore di numerosi articoli e saggi, è coautore
dei seguenti volumi: Le Stampe del Museo del Risorgimento di Villafranca, 1986; Il Risorgimento
a Villafranca, vita quotidiana e fatti d’arme, 1988; Luigi Prina e i volontari di Villafranca nelle
campagne per l’Indipendenza e l’Unità d’Italia, 1848-1866, 1989; Il tricolore da Arcole all’Unità,
1999; “La vita e i tempi di Francesco Pinto”, in AA.VV., Ischitella e il Varano, a cura di T. M.
RAUZINO e G. LAGANELLA, Ed. Cannarsa, Vasto, 2003. È direttore amministrativo dell’Istituto Comprensivo “Cavalchini-Moro” di Villafranca di Verona.
1 Il monumento ai Caduti, opera dello scultore Amleto Castaldi, fu inaugurato il 4 giugno 1928 alla
presenza di re Vittorio Emanuele III. Alla fine degli anni Cinquanta fu spostato di fronte alla caserma “Miale da Troia”, adiacente al Palazzo degli Studi.
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Il Regio Liceo Lanza. Appendice
Foggia il 7 maggio 1784 da Filippo e da Rachele Fiore, originari di Roseto Valfortore, trasferitisi nella “futura” capitale della Capitanata perché al servizio della
ricca famiglia Saggese. Compì il corso d’istruzione elementare e gli studi di filologia, filosofia e matematica nel seminario di Ariano. Nel 1800 si trasferì a Napoli e si dedicò, contro il desiderio del padre che lo voleva avvocato, agli studi di
Medicina. Per forza di ingegno e di studi si distinse come eminente clinico tanto
da far «... risorgere quella scuola rinnovandola con metodi sperimentali»2.
A Napoli sotto la guida di valenti professori terminava il corso di Medicina e,
grazie all’interessamento di un suo insegnante, il professor Cotugno, pubblicò a
soli 24 anni la sua prima opera di fisiologia. In essa Lanza dimostrò come la
«scienza della vita deve essere composta non solo da quella del dinamismo, ma
della composizione chimica e della organizzazione dei viventi»3.
Nel 1814 e 1815 fu eletto professore aggiunto nella Clinica medica dell’Ospedale napoletano degli Incurabili, attivata come cattedra dell’Università di Napoli.
Nel 1815 fu nominato direttore, sempre di Clinica medica, nell’Ospedale della
Pace con il grado degli altri direttori della medesima Università. Per oltre venti
anni, dal 1808 al 1831, si dedicò agli studi clinici «…consacrandosi sempre al
progresso delle scienze, al benessere dell’umanità, alla istruzione della gioventù
studiosa» e pubblicò le seguenti opere: Lezioni di Clinica medica (1809); L’istituzione di Clinica (1811); Gli aforismi di Clinica (1814); Sulla natura dell’infezione e della febbre (1821) e il Giornale del Tifo petecchiale4. Nel 1831 fu nominato professore titolare della seconda cattedra di Medicina pratica dell’Università
e, nell’assumere l’incarico, dichiarò che si sarebbe tenuto sempre lontano da ogni
empirismo e «... da questa che chiameremo sua professione di fede mai il Lanza
si discostò»5. Durante l’epidemia di colera del 1836-1837, fece parte di varie
commissioni che studiarono provvedimenti curativi e preventivi. Cessata l’epidemia che tanti lutti causò nel regno6, il Lanza tornò ai suoi studi prediletti e pubblicò il suo più importante lavoro: Nosologia positiva, opera in cinque volumi che
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2 AA.VV. Foggia, in “Le cento città d’Italia”, supplemento mensile illustrato de “Il Secolo”, dispen-
sa 85, Milano, 1894, p. 6.
G. GIUCCI, Notizie biografiche degli scienziati italiani formanti parte del VII congresso in Napoli,
Tip. Lebon, Napoli, 1845, p. 89. Anche in quest’opera il Lanza è riportato con il nome di Vincenzio.
4 G. GIUCCI, Notizie, op. cit., p. 89.
5 Ivi, p. 90.
6 Il colera in Italia entrò per la prima volta dal Gargano. Fu importato nel settembre 1836 da un
pescatore di Rodi reduce dall’Oriente. Il suo cadavere, non conoscendosi il male, fu sezionato e il
medico settore, Domenico Angelicchio, ne fu contagiato. L’epidemia colerica del 1836-1837, nella
sola provincia di Foggia, causò 11.158 morti su circa 27mila casi. [Cfr. M. VOCINO, Lo sperone
d’Italia, Ed. Scotti, Roma, 1914, pag. 137]
3
Vincenzo Lanza, scienziato e patriota
381
vide la luce tra il 1841 e il 1845, accolta con estremo interesse nel mondo medico
di allora, perché diretta a sottrarre l’arte curativa dal dominio degli ipotetici e
degli empirici, come ampiamente registrò la stampa dell’epoca.
Non partecipò, per l’esteso esercizio della sua professione, ai congressi scientifici tenutisi in quegli anni in Italia7, mentre nell’autunno 1845 fu eletto presidente della sezione di Medicina. Fu socio ordinario di numerose accademie e componente della Commissione medica nazionale e dell’Istituto vaccinico. La sua
provenienza sociale, era figlio di due umili servitori, e lo stare a continuo contatto con le umane sofferenze, maturarono in lui una coscienza politica sinceramente liberale, che non esitò ad esplicare in occasione dei rivolgimenti politici e sociali del 1848.
Quell’anno tutta la penisola era in fermento e i vari sovrani furono costretti a
concedere carte costituzionali8, cioè una serie di autolimitazioni del loro potere
nei confronti dei sudditi. Il 18 aprile si tennero in tutto il Regno delle Due Sicilie
le votazioni per eleggere i deputati al parlamento nazionale e l’insigne medico
non ebbe difficoltà ad essere eletto a Napoli, da anni sua città di adozione9. Fu
nominato, inoltre, vice presidente della Camera dei deputati. Nei primi giorni di
maggio del 1848, i deputati napoletani erano alle prese con la formula del giuramento relativa al loro mandato parlamentare. Tra loro c’era chi non voleva giurare fedeltà al re, altri che deploravano l’accenno alla religione cattolica come unica
dello Stato, mentre la parte più radicale voleva addirittura che l’assemblea si trasformasse in Costituente e potesse, in pratica, cambiare anche la forma di governo da monarchica a repubblicana. Questo non poteva certo trovare d’accordo il
re, che aveva “concesso” la Costituzione ed assisteva agli avvenimenti anche con
l’intenzione di rinunciare il meno possibile alle prerogative sovrane.
Nelle funzioni di vice presidente dell’assemblea, il Lanza più volte affermò
che «... il re è una sola persona; ma noialtri, benché non siamo che cento, siamo
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7 Nella prima metà del secolo XIX si tennero in varie città italiane importanti congressi scientifici;
il primo si tenne a Torino nel 1839. [Cfr. P. De Luca, I Liberatori, Bergamo, 1909, p. 42]
8 La Costituzione è la legge primaria dello Stato dalla quale tutte le altre leggi e i regolamenti traggono ispirazione. La prima fu promulgata in Italia da Ferdinando II, re del Regno delle Due Sicilie
il 10 febbraio 1848. In essa erano sanciti alcuni importanti principi quali: la formulazione delle leggi
da parte di una camera elettiva, libertà di stampa, di associazione, inviolabilità di domicilio, diritto
di proprietà, uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ecc. La Costituzione napoletana fu redatta in 89 articoli dal ministro dell’Interno Francesco Paolo Bozzelli, nativo di Manfredonia, che
l’aveva elaborata su quella francese del 1830 e su quella belga del 1831.
9 Per la Capitanata i votanti furono 5.254 e risultarono eletti: Luigi Zuppetta di Castelnuovo; Ferdinando De Luca di Serracapriola; Saverio Barbarisi di Foggia; l’arcidiacono Nicola Mantuano di
Monte Sant’Angelo; Gaetano De Peppo di Lucera; Giuseppe Libetta di Peschici; Giuseppe Tortora
di Cerignola e Giuseppe Ricciardi di Napoli. [Cfr. M. VITERBO, Il sud e l’Unità, Ed. Laterza, Bari,
1966, p. 240]
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Il Regio Liceo Lanza. Appendice
sette milioni, perché rappresentiamo il Paese intero»10. Fu soprattutto la redazione
di un manifesto di ringraziamento rivolto alla Guardia nazionale, notoriamente
contro i progetti del sovrano, per il contegno osservato in quei giorni, che lo fecero ritenere uno dei maggiori responsabili dei tumulti scoppiati e, pertanto, costretto a nascondersi. I successivi e tragici fatti del 15 maggio 184811 misero fine
alle discussioni e soprattutto alla litigiosità dei parlamentari stessi che non seppero capire i tempi, non ancora maturi per scelte così radicali. Quel giorno la «...
libertà fu strozzata e i Borbone si preclusero l’avvenire per sempre»12.
Dopo i fatti del 15 maggio Ferdinando II non revocò la Costituzione; chiuse
invece il Parlamento, con il pretesto che si era macchiato di “usurpazione di poteri”, anche se con un atto di perdono liberò i circa seicento arrestati di quei
giorni. Fece convocare nuovi collegi elettorali e il 15 giugno si tennero nuove
votazioni nelle quali furono praticamente rieletti tutti i deputati del 18 aprile. Ma
il re delle Due Sicilie osteggiò e avvilì nelle sue funzioni questo nuovo Parlamento che, con decreto del 12 marzo 1849, fu definitivamente sciolto. Quando le rivoluzioni europee fallirono, e in Italia i piemontesi furono sconfitti dagli austriaci, Ferdinando II mostrò il suo vero, reazionario e vendicativo volto. Violente
persecuzioni si abbatterono sui liberali in ogni parte del regno. Le liste degli “attendibili in politica” si allungarono con nominativi di persone che, lungi dall’avere intrapreso la benché minima azione rivoluzionaria, avevano semplicemente
“gioito” all’annuncio della concessione della Costituzione o avevano fatto parte
della Guardia nazionale13.
Irrimediabilmente compromesso, il Lanza abbandonò Napoli per evitare l’arresto. Nel settembre del 1849, insieme al figlio ed altri profughi, a bordo di una
nave da guerra francese approdò a Civitavecchia e col piroscafo Ville de Marseille14 si recò a Genova nell’ospitale regno sardo che si avviava a diventare, anche
grazie all’intuito politico del Cavour, lo Stato guida per l’unificazione italiana.
Qui Vittorio Emanuele II non aveva abolito, diversamente da tutti gli altri sovrani
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10
G. PALADINO, Il 15 maggio del 1848 in Napoli, Ed. Dante Alighieri, Albrighi, Segati & C., p.
232.
11 Nei sanguinosi scontri tra la truppa e i dimostranti si ebbero a Napoli 145 morti e circa 300 feriti. Sulle barricate di Santa Brigida si distinse, tra i dimostranti, il pittore foggiano Saverio Altamura. [Cfr. G. PALADINO, Il 15 maggio ..., op. cit., p. 527 e seguenti]
12 O. CONTI, Sul moto rivoluzionario napoletano del 15 maggio 1848, in “Rassegna Storica del
Risorgimento”, Roma, aprile-giugno 1926, fascicolo II, p. 357. Il parlamentari piemontesi, ad esempio, mai pensarono di cambiare la forma monarchica del loro governo.
13 AA.VV., Il 1848 in Puglia, aspetti politici e sociali, a cura dell’Archivio di Stato di Foggia,
Foggia, 1984, pag. 26. Nella provincia di Foggia gli attendibili in politica furono 1301. [Cfr. T.
PEDIO, Il 1848 in Capitanata, Società Dauna di cultura, Foggia, 1981, p. 5]
Vincenzo Lanza, scienziato e patriota
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della Penisola, la Costituzione e il regime parlamentare concessi nel 1848.
Intanto nel reame borbonico imperversava la più cupa reazione e bastava un
nonnulla per essere arrestati dalla polizia. Le Gran Corti Criminali in tutto il
regno imbastirono migliaia di processi a carico dei liberali o presunti tali15. Quella sedente in Napoli, abilitata a giudicare i fatti del 15 maggio, con decisione del
7 giugno e 16 luglio 1851 «... ordinò un supplemento d’istruzione e il procedimento in contumacia contro gli accusati fuggiti [...] e il 20 agosto 1853 pronunziò
la condanna a morte per 22 di essi, tra i quali il Lanza»16.
A Genova egli rimase in esilio diversi anni, esercitando la professione medica
e segnalandosi nella cura degli infermi specialmente durante l’epidemia colerica
del 1854-1855. A nulla valsero le suppliche della moglie Clelia e dei sei figli, rimasti a Napoli, dirette al re per un atto di clemenza. Solo nel 1856 Ferdinando II,
con delibera del Consiglio di Stato del 30 luglio, gli concesse la grazia e il permesso di tornare nella capitale del regno dove don Vincenzio continuò a lavorare,
nonostante avesse superato i settant’anni, circondato dall’incondizionata stima
dei colleghi.
Nel gennaio del 1859 Ferdinando II, re del Regno delle Due Sicilie, fu colpito
da un’infezione purulenta che divenne sempre più grave nei mesi successivi. Al
suo capezzale furono chiamati i migliori medici e chirurghi del reame, ma la situazione appariva disperata. Per quegli strani scherzi del destino, il carnefice era
nella condizione di aver bisogno dei consigli della vittima.. Il Lanza, tornato tre
anni prima dall’esilio genovese, fu chiamato per un consulto. A corte non lo volevano, in quanto noto per le sue idee liberali, ma la sua fama e la difficoltà del
momento imposero quella “dolorosa” scelta. Fu deciso, per evitare malintesi, che
il medico foggiano, senza visitare l’infermo, avrebbe manifestato il proprio parere su una relazione scritta dal medico di corte dottor Pietro Ramaglia. «Il Lanza
mal patì il capriccioso divieto e, vivace e franco com’era, non celò il suo malcontento, suggerendo che non era il caso di farlo andare fino a Caserta, anche da
Napoli avrebbe potuto leggere una relazione e dare il suo parere. Andò a Caserta
e, udita la relazione, borbottò: “Ferdinando II morirà dopo aver contemplato il
suo cadavere; non c’è più rimedio; la fitiriasi si svilupperà subito, in seguito alla
piemia. Io ebbi da lui un passaporto e sono tornato ma con quello rilasciatogli non
vi è più speranza di ritorno”»17 .
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15
I capi d’accusa erano i seguenti: discorsi atti a spargere il malcontento contro il re; riunioni illecite col vincolo di segreto; cospirazione ad oggetto di distruggere o cambiare il governo, ecc. In
Capitanata, accanto a questi reati di natura politica, se ne ravvisano altri relativi ad usurpazioni di
terre demaniali da parte dei contadini. [Cfr. Il 1848 in Puglia, op. cit. p. 26]
16 M. ROSI, L’Italia odierna, U.T.E., Torino, 1923, vol. II, tomo I, p. 752.
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Il Regio Liceo Lanza. Appendice
Questo, forse, fu uno degli ultimi suoi consulti. Il 3 aprile 1860, colpito da
apoplessia, Vincenzo Lanza si spense nella sua casa di via Toledo.
Il ricordo della città
Come si presentava la “capitale” della Capitanata, nei primi anni dell’Unità
nazionale che videro la nascita del Liceo “Lanza”?
Foggia, per la sua posizione geografica, era esclusa dal flusso turistico di quegli anni, concentrato sull’asse Firenze-Roma-Napoli-Pompei e Venezia, città ricche di arte e di storia che attiravano i pochi viaggiatori, soprattutto stranieri, entusiasti del clima e delle bellezze d’Italia. Essa era esclusa anche dalle rare guide
stampate per agevolare i turisti nei loro avventurosi viaggi.
Qualche descrizione della città dauna, anche se fugace e superficiale, esiste
grazie ai militari settentrionali, inviati nelle province dell’ex Regno delle Due Sicilie per combattere contro i briganti. Uno di questi, il marchigiano Temistocle
Mariotti, sottotenente nel 55° Reggimento di fanteria della Brigata “Marche”, spedito in fretta e furia nel giugno 1862 da Firenze ad Ancona, e per nave a Manfredonia, così molti anni dopo la ricordava: «Noi giungevamo colà quasi completamente digiuni di tutto: del clima, della particolare configurazione e struttura del
suolo, della natura, dell’indole, dei costumi, del grado di civiltà degli abitanti. Dato
lo stato d’isolamento e di abbandono e di quasi barbarie, in cui quelle popolazioni
erano state sino ad allora tenute dai passati governi, [...] Foggia, quando vi entrammo noi nel 1862, contava poco al di sotto di 40 mila abitanti; e la prima impressione che ne avemmo, guardata esteriormente, non fu affatto sgradevole; con
strade, in genere, spaziose, aspetto architettonico abbastanza soddisfacente, teatro
di bella forma artistica, un cospicuo tempio antico, pubblico passeggio con fontane, colonne, aiuole, ecc. e una storia ragguardevole della città; nelle vie e nelle
piazze principali una certa pulitezza. Però non era facile trovarvi un albergo, dove
si potesse ottenere un solo letto in una camera, la quale invece ne aveva altri tre o
quattro, affittabili contemporaneamente ad altrettanti ospiti sconosciuti tra loro. Né
migliore era il servizio di trattoria; bisognava contentarsi di qualche osteria primitiva e far tacere ogni gusto non già raffinato, ma un po’ meno grossolano. Non fu
che verso i primi del 1865 che venne a Foggia un industriale, dal nome di origine
francese, ad aprire al pubblico un restaurant “veramente civile”, che nei primi
tempi fece ottimi affari. Del resto, tutto l’infinito numero di tecnici, di appaltatori
e di cottimisti e operai, nella massima parte lombardo-veneti e piemontesi, che in
quei giorni invasero la provincia per le costruzioni ferroviarie, si facevano inviare
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17
R. DE CESARE, La fine di un regno, Longanesi & C., Milano, 1969, p. 503.
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dall’alta Italia gran parte dei commestibili loro occorrenti. [...] Essendo nella stagione estiva, caratteristica ci parve un’abitudine osservata in Foggia e da per tutto,
di poi, quella, cioè, di non veder più anima viva dal mezzogiorno alle sedici: tutte
le porte e le finestre delle case private, degli alberghi, delle botteghe, degli uffici
pubblici chiuse ermeticamente; il silenzio è profondo e la città si giudicherebbe
morta o disabitata»18.
Oltre che dai “forestieri” di quegli anni, Foggia è descritta anche da uno studioso locale, Carlo Villani. Siamo nel periodo successivo all’ottobre 1866, era
sindaco Lorenzo Scillitani: «Foggia poteva dirsi a quell’epoca, senza far dell’iperbole, un polipo di straducole malsane, dove il sudiciume materiale gareggiava
fors’anche col sudiciume morale, che ivi trovava il suo ambiente; un ammasso di
bruttezze risiedeva nel cuore della città: era come un pugno di fango gettato su
una bianca mensa [...]. Un nuovo aspetto assunsero le strade per una pavimentazione più completa e razionale, qui mediante lastre vulcaniche, là con pietra
bianca e acciottolato. Fu allora che si vide, fra l’altro, prolungato sino alla villa il
lastricamento della sua maggiore strada, detta allora stradone S. Antonio abate, ed
oggi corso Vittorio Emanuele [...]. Fu allora del pari che il largo Gesù e Maria ove
il sole, senza pietà, saettava nell’estate quanti erano costretti a passarvi, si rivestì
di alberatura su doppi filari [...]. Per questo sindaco impareggiabile, che voleva a
tutti i costi la sua città esteticamente bella, il Municipio offrì gratuiti, il 15 settembre 1869, molti suoli edificatori ad uso di nuove case, [...] cedeva (inoltre) l’elegante salone, coi locali adiacenti, sito sul porticato del Teatro, ad uno scelto e
forte nucleo di gentiluomini foggiani per installarvi il Circolo Dauno, [...] volle
che, in un pianterreno sottostante all’ospedale di San Giovanni di Dio, si istituisse una sala con venti letti destinati ai poveri che quotidianamente avrebbero ottenuto cibi e vestimento. E quando l’11 novembre 1869 nacque il Principe di Napoli19, disponeva di fondarsi un ricovero per le fanciulle abbandonate, battezzandolo dal nome di Regina Margherita [...]. Antesignano di ogni bella iniziativa, il
16 maggio 1868 organizzava un’esposizione ippica importantissima presso il
parco comunale, richiamando in Foggia una folla di forestieri allietati anche da
due corse di cavalli. [...] Ecco finalmente alimentare il sentimento patriottico,
consacrando alla memoria di Vincenzo Lanza, il nosologo e clinico italiano rispettabile e rispettato, l’esule insigne, peregrina e fulgida gloria della nostra terra,
uno splendido monumento in marmo in mezzo ad una delle piazze cittadine, che
perennemente lo additi al culto delle future generazioni»20.
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18 T.
MARIOTTI, Una pagina del brigantaggio in Capitanata, Ed. Voghera, Roma, 1914, p. 125.
Futuro re d’Italia con il nome di Vittorio Emanuele III (1869-1947) regnò dalla morte di Umberto I, avvenuta il 29 luglio 1900, fino al maggio del 1946 quando abdicò a favore del figlio Umberto II.
19
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Il Regio Liceo Lanza. Appendice
La decisione del Consiglio comunale che, con voto unanime, deliberò di dedicare al Lanza una piazza e un monumento marmoreo ebbe risonanza oltre i confini locali. Il giornale napoletano “Il Pungolo” così commentava: «Il Municipio
di Foggia con lodevole intendimento deliberava innalzare un monumento all’Ill.
medico Vincenzo Lanza, in una delle principali piazze di questa città. Affidava il
concetto e l’esecuzione del lavoro al giovane artista Beniamino Calì. Noi abbiamo avuto agio di ammirare tale opera, che fa onore al giovane scultore. La statua
è alta circa 3 metri. Nulla in essa è trascurato e nel vederla ognuno dovrà dire che
il Calì è uno degli artisti che fa onore al paese. D’intorno al piedistallo si vedono
quattro trofei simboleggianti la filosofia, la medicina, la politica, la beneficienza»21.
Per la collocazione della statua del Lanza, il nome e la fama del personaggio
imponevano la scelta di un luogo centrale, non relegato nei nuovi quartieri che si
andavano erigendo lontano dal centro storico. Si scelse la piazza (ora intitolata ad
Umberto Giordano) antistante l’Orfanotrofio provinciale “Maria Cristina di Savoia”22 e la chiesa di Gesù e Maria, che si raccordava con piazza Cavour, “una delle
più belle della nuova Italia”23. Nel 1871, la dignitosa statua24 in marmo venne lì
collocata. Vi rimase fino alla fine degli anni Venti, quando, per far posto al monumento ai Caduti della Grande guerra, fu spostata nella Villa Comunale. Piazza
“Lanza” fu intitolata al musicista e compositore Umberto Giordano.
Questo percorso è visualizzato dalle numerose cartoline illustrate che, ideate
alla fine dell’Ottocento per propagandare all’esterno l’immagine di città e paesi,
sono oggi una preziosa fonte di documentazione dei cambiamenti dell’assetto
urbano, avvenuti nel corso del Novecento anche a Foggia.
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20 C.
VILLANI, Risorgimento Dauno. Cronistoria di Foggia 1848-1870, Studio Ed. Dauno, Foggia,
1960, p. 197.
21 M. PAPA, Valori e progressi economici della Capitanata (1866-1936), Tip. Fiammata, Foggia,1936, p. 59.
22 L’Orfanotrofio, la cui costruzione terminò nel 1845, serviva per “ricoverare ed educare all’artigianato i minori abbandonati della provincia”. Fu intitolato alla regina Maria Cristina di Savoia
(1812-1836), moglie di re Ferdinando II, morta dando alla luce Francesco, ultimo re di Napoli.
23 AA.VV., Foggia, “Le cento città d’Italia”, supplemento mensile illustrato de “Il Secolo”, dispensa 85, p. 3, Milano, 1894.
24 M. VOCINO, Le cento città d’Italia illustrate, Ed. Sonzogno, Milano, s.d. ma 1925, fasc. 87 pag. 4.
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[Archivio Barone]
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Il Regio Liceo Lanza. Appendice
[Archivio Barone]
FOGGIA. MONUMENTO A VINCENZO LANZA
Cartolina stampata dalla cartoleria V. Mancini di Foggia. Il formato, usuale del tempo, è 9x14
cm; la scritta è di colore scarlatto. Viaggiata da Foggia a Castellammare Adriatico il 30
agosto 1900, è affrancata con 2 centesimi di lira.
La statua dello scienziato è contornata da una cancellata con quattro trofei d’ispirazione
egizia simboleggianti la filosofia, la medicina, la politica e la beneficienza. Sulla destra,
Vincenzo Lanza, scienziato e patriota
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[Archivio Barone]
FOGGIA. PIAZZA LANZA
Cartolina stampata da Lorenzo Bucci di Foggia. Il formato è 9x14 cm, la scritta in carattere
gotico. Viaggiata da Foggia a Firenze il 31 dicembre 1901, è affrancata con 2 centesimi
di lira.
Sono ancora presenti le figure mitologiche destinate ad essere rimosse qualche tempo
dopo. La cartolina è “animata” da due personaggi: un operaio, forse il giardiniere comunale, in maniche di camicia, e un graduato del Corpo delle Guardie di Città, antenato
dell’odierna Polizia di Stato. Sulla destra si intravede la chiesa di Santa Maria della
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Il Regio Liceo Lanza. Appendice
[Archivio Barone]
FOGGIA. PIAZZA VINCENZO LANZA
La cartolina dell’editore Mancini è realizzata nel formato 9x14 cm. Viaggiata il 1° agosto 1905
da Foggia a Castelbelforte (Mn), è affrancata con 2 centesimi di lira.
La panoramica, ripresa dall’Orfanotrofio “Maria Cristina” mostra una Foggia tranquilla, ordinata, con il traffico limitato a qualche carrozza e i grandi marciapiedi con i lampioni a gas. Lo spazio del giardino, quasi a confermare la preziosità della statua, è pro-
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[Archivio Barone]
FOGGIA. MONUMENTO A VINCENZO LANZA
La cartolina di editore ignoto è realizzata nel formato 9x14 cm. Viaggiata il 3 giugno 1907 da
Foggia a Forlì, è affrancata con 5 centesimi di lira.
La statua è contornata ancora da una candida cancellata mentre i trofei mitologici sono
stati rimossi. Alle sue spalle l’Orfanotrofio provinciale intitolato a Maria Cristina di
Savoia (1812-1836), regina delle Due Sicilie e moglie di Ferdinando II.
L’Orfanotrofio, ultimato nel giugno1845, prima ancora di essere occupato fu dichiarato
inagibile e divenne, negli anni, un notevole peso economico per la Provincia. Fu demo-
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Il Regio Liceo Lanza. Appendice
[Archivio Barone]
FOGGIA. MONUMENTO A VINCENZO LANZA
Edita
da Urbano Savino nel formato 9x14 cm, la cartolina è viaggiata da Foggia a Modena il 24
gennaio 1915. Riporta i saluti di un soldato del 137° fanteria di stanza nella città dauna.
L’affrancatura è aumentata a 10 centesimi di lira.
L’immagine, in cromolitografia, oltre ad evidenziare il colore bianco del monumento, il
verde del giardino e l’imbocco di via Della Rocca, mostra una parte della settecentesca
Vincenzo Lanza, scienziato e patriota
393
[Archivio Barone]
FOGGIA. MONUMENTO AI CADUTI E PALAZZO DEGLI UFFICI
STATALI
Cartolina edita dallo stabilimento grafico Cesare Capello di Milano, nel formato “Imperiale” di
cm 10,5x14,9. Viaggiata da Foggia a Borgomanero (No) il 22 dicembre 1942, è affrancata con 30 centesimi di lira.
Durante il periodo fascista, Foggia fu “ammodernata” e sorsero importanti edifici progettati da insigni architetti come Marcello Piacentini, Concezio Petrucci e Armando
Brasini. Ricordiamo il Palazzo degli Studi, il Palazzo degli Uffici Statali, il Palazzo
dell’Acquedotto, il Palazzo della Bonifica, quello del Comune. Anche piazza Lanza subì
delle modifiche. La statua dello scienziato fu spostata nella Villa comunale e al suo posto
fu sistemato il monumento ai Caduti della Grande guerra. L’antica chiesa di Santa Maria
della Neve e l’Orfanotrofio provinciale furono demoliti, lasciando il posto a moderne
costruzioni. Dedicata la piazza ad Umberto Giordano, a Vincenzo Lanza rimase intitola-
394
Il Regio Liceo Lanza. Appendice
[Archivio Barone]
FOGGIA. MONUMENTO AI CADUTI
Cartolina edita dalla Poligrafica Sammarinese, nel formato 10x14,6 cm. È viaggiata da Foggia
a Roma, con l’affrancatura di 15 lire, il 3 febbraio 1959.
Il monumento ai Caduti della Grande Guerra, opera dello scultore Amleto Castaldi, fu
inaugurato il 4 giugno 1928, alla presenza di re Vittorio Emanuele III. Alla fine degli anni
Cinquanta esso venne spostato di fronte alla caserma “Miale da Troia” che in quegli anni
ospitava reparti di Guardie di Pubblica Sicurezza (divenute Polizia di Stato qualche de-
Vincenzo Lanza, scienziato e patriota
395
[Archivio Barone]
FOGGIA. MONUMENTO A UMBERTO GIORDANO
Edita
dalla S.A.F, è stampata dalla Fotocelere di Torino, nel formato 10x14,6 cm. È viaggiata
da Foggia all’aeroporto di Piacenza San Damiano il 15.6.1964, con l’affrancatura di 15
lire. La cartolina riporta indicato anche il prezzo di vendita: 35 lire.
Spostato il monumento ai Caduti, piazza Lanza venne intitolata ad Umberto Giordano
(1867-1948) e destinata ad ospitare l’omonimo Parco Giordaniano. Al centro, il monumento in bronzo dell’insigne musicista e compositore foggiano è circondato da sette
sculture, pure in bronzo, che rappresentano le sue maggiori realizzazioni liriche: Andrea
Chénier, Fedora, Il Re, Marcella, La Cena delle beffe, Siberia, Mese Mariano. Le statue
[Archivio Barone]
FOGGIA. VILLA COMUNALE
È una
cartolina dei giorni nostri, a colori e con la scritta “Villa Comunale” ripetuta in tre lingue.
Edita da Martincari di Corato (Ba) è stampata dalla Plurigraf di Terni.
A differenza delle precedenti di un secolo prima, essa non riporta, neanche sul retro, il
nome di Vincenzo Lanza. Vorremmo credere a una svista dell’editore. Ma le condizioni di
degrado della statua, con il volto corroso e un braccio mancante, denotano lo scarso
interesse della comunità cittadina per la storia e per quanti, nel passato, hanno saputo
lasciare tracce di grandezza. Il dirigente del Liceo Classico “Lanza” ha sollecitato il
Sindaco di Foggia e il Presidente dell’Amministrazione provinciale a provvedere al re-
Bibliografia
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anno 1828, n. XII bis.
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– Categoria 10, Classe 7, Buste 107, 111, 115,
127, 188, 189, 195, 754.
– Categoria 9, Istruzione, Buste 87, 88, 89.
ARCHIVIO STORICO LICEO LANZA DI FOGGIA,
Registro generale dei voti 1899-1900.
ARCHIVIO COMUNALE DI PESCHICI, Assistenza,
carteggio Divise Marinaretti.
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MUSEO CIVICO DI FOGGIA (MCFG), Fondo Manoscritti, busta Liceo Lanza.
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“GUACCI” DI BENEVENTO, fascicoli personale
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(Gil), in www.architetti.gorizia.it.
Finito di stampare nel mese di ottobre 2004
dal Centrografico Francescano – Foggia
per conto delle Edizioni Parnaso
via Zuppetta, 52 – 71100 Foggia
Anni di scuola
Collana delle Edizioni Parnaso
1
Il Regio Liceo Lanza
Dalle Scuole Pie agli anni del Regime
di TERESA MARIA RAUZINO
La data di istituzione del Liceo-ginnasio Vincenzo
Lanza di Foggia il 1868. Dopo la soppressione
delle Scuole Pie, il sindaco di Foggia Lorenzo
Scillitani vuole fornire alla citt , al pari delle altre
province dell Italia Unita, una scuola di qualit . Una
scuola che segni la differenza, che avvii alla formazione universitaria, alle professionalit alte, che
formi la nuova classe dirigente. Il Liceo viene titolato a Vincenzo Lanza, un noto medico foggiano che
si era distinto nei moti risorgimentali.
Il cammino del Lanza diventa sempre pi incidente in epoca fascista. I vari cambiamenti di sede
segnano le vicende di un intera citt . Il Palazzo
degli Studi, progettato e realizzato negli anni Trenta
da uno dei pi importanti architetti del Novecento,
Marcello Piacentini, attesta l importanza che venne
data alla scuola, chiamata a formare l italiano
nuovo di Mussolini.
Per non rischiare l agiografia o l ideologismo su
eventi che hanno segnato la storia italiana e mondiale, la vicenda del Lanza
stata sondata ed
approfondita in un lavoro storiografico che fa
soprattutto parlare i documenti di archivio e le fonti
orali, che aprono uno spaccato interessante sul ruolo
dei presidi in quella che Cannistraro defin
la fabbrica del consenso . Il controllo degli apparati educativi fu la via privilegiata dal governo: questa ricerca ha verificato in che modo esso si concretizz e si
esplic . La storia del Lanza diventa emblematica
del disegno totalizzante perseguito dal Regime nell inquadramento della giovent studiosa italiana.
Cartolina in copertina.
Foggia - Piazza XXVIII Ottobre - Palazzo degli
Studi. [Archivio Barone]
Teresa Maria Rauzino
(Peschici nel 1955), laureata in Lettere moderne
presso l Universit degli Studi di Firenze, con la
tesi La Provincia di Foggia durante il regime
fascista (1926-1937), curata dal professor
Rosario Villari. Ha avuto come docenti Ernesto
Ragionieri, Lanfranco Caretti e Gabriele Turi.
Dal 1997, anno dell istituzione del Centro Studi
Giuseppe Martella , in qualit di presidente
dell associazione, sta sensibilizzando l opinione
pubblica al recupero dell antica abbazia di
K lena, importante testimonianza della cultura
della Capitanata e del Sud Italia,da anni abbandonata al degrado e all indifferenza.
Ha curato diverse pubblicazioni: Chiesa e religiosit popolare a Peschici (Vieste 1999), con la
professoressa Liana Bertoldi Lenoci; Adottiamo
i centri storici del Gargano Nord (Rodi 1999);
Sangillo Opere. Spazi densi alla moviola dell anima (Foggia 2000), Ischitella e il Varano, con
Giuseppe Laganella (Vasto 2003).
Ø coautrice del volume Salviamo K lena.
Un agonia di pietra a cura della professoressa
Liana Bertoldi Lenoci (Foggia, 2003).
docente di Lettere presso l Istituto di
Istruzione Superiore Mauro del Giudice di di
Rodi Garganico.
ISBN88-901351-0-7
euro 20,00 i.i.
Scarica

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