la fonte NOVEMBRE 2013 ANNO 10 N 10 periodico dei terremotati o di resistenza umana € 1,00 terremoto anno dodicesimo da quell’istante per molti - sempre troppi - non è ancora cambiato nulla lotta e contemplazione tornare umani Rosalba Manes “Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se lo vogliono rubare” (Mt 11,12) Ci sono cose nella vita che si possono rubare: oggetti o idee, il posto di lavoro che spetta a persone più competenti, persino la moglie o il marito altrui. Queste però sono cose che passano: i soldi si spendono e finiscono, una casa non sempre resiste alla prova del terremoto, un sentimento che non ha messo radici è come una canna al vento, una raccomandazione sul lavoro dà il mensile ma non l’immortalità. Altre cose invece nella vita non puoi rubarle. Sfuggono agli artigli della tua avidità. L’amore, l’amicizia, la pace, la gioia, ad esempio, non si vendono in nessuno dei centri commerciali, nuovi santuari meta del pellegrinaggio non di chi cerca la verità ma di chi ha perso il senso del necessario, dell’utile, del valore. Alcuni sarebbero persino disposti a tutto pur di comprarsi il Paradiso o meglio la raccomandazione divina: qualche preghierina, qualche sacramento, qualche moneta al clochard che mi ingombra il passaggio. Questi violenti, che credono di fare il buono e il cattivo tempo solo perché hanno il potere, non sanno però che il Cielo non si ruba perché è già nelle mani dei poveri e dei piccoli. Di fronte ai cittadini del Regno, veri vincenti della storia, sapranno prima o poi i violenti scegliere almeno di essere dei “buoni” ladroni, gente riconoscente, cioè disposta a condividere ciò che gratuitamente ha ricevuto dalla cura paterna e dalle coccole materne di Dio? Solo questa condivisione ci fa accedere alle cose che il denaro e il potere non possono comprare perché da ladroni ci rende eredi e quindi figli e fratelli. Ci fa tornare umani.☺ [email protected] Carla Llobeta: ombre urbane prima che il governo ti freghi gli ultimi spiccioli sostieni la rivista facendo buon uso del conto corrente allegato Il tuo sostegno ci consente di esistere la fonte ABBONAMENTI PER IL 2014 ITALIA SOSTENITORI AUTOLESIONISTI € 10,00 € 20,00 € 30,00 2 la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 la fonte Direttore responsabile Antonio Di Lalla Tel/fax 0874732749 Redazione Dario Carlone Domenico D’Adamo Annamaria Mastropietro Maria Grazia Paduano Segreteria Marialucia Carlone Web master Pino Di Lalla www.lafonte2004.it E-mail [email protected] Quaderno n. 100 87 Chiuso in tipografia il 26/08/12 21/10/13 Stampato da Grafiche Sales s.r.l. via S. Marco zona cip. 71016 S. Severo (FG) Autorizzazione Tribunale di Larino n. 6/2004 Abbonamento Ordinario € 10,00 Sostenitore € 20,00 Autolesionista € 30,00 Estero € 40,00 ccp n. 4487558 intestato a: la fonte molise via Fiorentini, 10 86040 Ripabottoni (CB) costruttori di futuro Antonio Di Lalla Le lotte di liberazione, di rivendicazione dei propri diritti raramente sono indolori, costano lacrime e sangue. Ne sappiamo qualcosa noi che abitiamo nei paesi colpiti dal terremoto del 2002. Dopo undici anni, davvero troppi, per molti non è ancora cambiato nulla, né si sono attutiti i disagi. La sofferenza subìta può far chiudere in se stessi, può diventare muta o rabbiosa ricerca dei beni perduti: dove sono oggi le prese di posizione del comitato vittime di San Giuliano di Puglia che chiedeva giustizia e si è ripiegato su un pugno di denari? Noi, radunati intorno a questa rivista - non solo noi, naturalmente di fronte ai crolli e alle 30 vittime, ai muri lesionati e alle giustificate paure, ci siamo ritrovati squarciati dentro e questo ci ha consentito di intravvedere orizzonti che niente avevano più a che fare con il nostro ombelico. Perciò prima di fare il punto della situazione, pur doveroso, è bene sottolineare almeno due processi irreversibili: la liberazione della donna che ha come risvolto i femminicidi e la trasmigrazione incontrovertibile dei popoli che nessun naufragio potrà scoraggiare o arginare. Finora il maschio, in particolare quello che abita i meridioni del mondo, aveva subìto con una certa sufficienza la lotta di liberazione delle donne, dal voto a suffragio universale alla cancellazione del delitto d’onore, dalla scolarizzazione all’assunzione di responsabilità fino al volersi gestire senza più tutori, sentendosi sempre padre e padrone di tutte, in perfetto stile patriarcale, prima che marito o amante di qualcuna in particolare. Ogni potere assoluto, quando si sente mancare la terra sotto i piedi reagisce con particolare violenza ed è paradossalmente proprio l’inusitata sopraffazione il segno evidente della fine. L’accentuazione della repressione lascia presagire che sta sfuggendo il controllo. Il femminicidio è l’estremo tentativo, destinato miseramente al fallimento, di controllo della società da parte del maschio messo sempre più all’angolo. Anche in questo Berlusconi, proprio per il modello da lui millantato, ha non poche responsabilità, anzi è concausa del femminicidio in atto: se con denaro e promesse può permettersi tutte le donne che vuole (lui, col culo flaccido, come messaggiò una di quelle sul suo libro paga) allora la donna può essere comprata e quelle che non si riesce a tenere soggiogate vanno eliminate! Quelli che gli hanno dato la preferenza hanno legittimato anche questo. Mentre assistiamo impietriti a questi colpi di coda che vedono a terra, con una media da capogiro, una donna ogni due giorni, in gran parte assassinate da persone con cui erano legate affettivamente, non possiamo che felicitarci, nonostante tutto, perché si comincia ad abitare un futuro non procrastinabile. Così come non c’è maschio che può tenere asservite le donne contro il loro volere allo stesso modo non c’è barriera che può fermare la trasmigrazione dei popoli. Non è quanto meno strana una nazione che di fronte al naufragio di barconi provenienti dalle coste africane ne piange i morti, organizza i funerali, dichiara il lutto nazionale mentre poi per i superstiti c’è l’incriminazione per il reato di immigrazione clandestina e per i pescatori che soccorrono quella di favoreggiamento? Se nel 2009, appena varato, abbiamo contestato il pacchetto sicurezza - io ospito i clandestini. E tu? - è proprio per questo paradosso al di fuori di ogni logica: gli unici immigrati per i quali proviamo pietà sono quelli morti. E si calcolano in ventimila quanti hanno avuto per tomba il Mediterraneo! Quelle che sui banchi di scuola ci hanno descritto come invasioni barbariche erano trasmigrazioni di popoli e quella fatta passare come scoperta dell’America in realtà fu una sanguinosa conquista. Potenza la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 del linguaggio! Oggi chiediamo la libera circolazione degli esseri viventi sull’unico pianeta, casa comune dell’umanità e, contemporaneamente, che vengano dichiarate illegali la produzione e il commercio delle armi, lo sfruttamento delle loro terre da parte delle multinazionali, il rispetto dei governi che ogni popolo si sceglie. Finché organizziamo guerre e deprediamo risorse in casa d’altri avremo sempre persone costrette a fuggire. Per imbarcarsi su autentiche bagnarole galleggianti vuol dire che ormai non hanno più niente da perdere e per chi mette in gioco la vita non ci sono né leggi, peraltro inique, né sbarramento che tengano. Con loro vogliamo essere costruttori di un futuro di speranza. Proprio perché ci interessa ogni cammino di liberazione abbiamo i piedi ben piantati nel Molise e gli imperdonabili ritardi della ricostruzione ci indignano e ci mobilitano. Prima di scaricare le responsabilità sulla nuova giunta regionale - certo non la assolviamo per gli errori fatti e che sta per fare in campi di possibile ripresa - non dobbiamo dimenticare che è il sistema Iorio che è collassato e ha prodotto cantieri chiusi, casse vuote e ricostruzione completamente ferma con le imprese a rischio fallimento. Dovrebbero saperlo bene gli imprenditori che fino a ieri ci andavano a braccetto sponsorizzando lui e la banda dei suoi accoliti, che oggi o è passata dall’altra parte, ricucendo malamente la propria verginità, o addirittura gli fa causa per fregargli il piatto. Detto questo a onore della verità, in ogni caso pretendiamo che la ricostruzione riprenda perché è una priorità. Qualcuno lo dica anche al valvassore Ruta che pochi giorni fa chiedeva in senato la stabilizzazione dei tecnici che dovrebbero sorvegliare la ricostruzione, per il principio che se non si finanzia il ponte sullo stretto di Messina, si foraggia la società che deve realizzarlo! Chiediamo al presidente Frattura che non ipotechi il futuro del basso Molise facendolo riempire di letame delle manze della Granarolo (dove c’è puzzo c’è Ruta) ma promuova fattivamente la Clean Economy, unica vera opportunità, oggi, per lo sviluppo e la salvaguardia dell’ambiente. ☺ 20 3 spiritualità il dolore di un popolo Michele Tartaglia “Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo ricordandoci di Sion” (Sal 137,1). Così comincia il più famoso canto degli ebrei deportati, a cui si ispira il Va’ pensiero di Verdi e una bella poesia di Quasimodo. La bibbia, Parola di Dio, ci conserva le parole strazianti di un’umanità ferita e calpestata, sempre attuali nella nostra storia. Ad undici anni dal terremoto che ha portato alla nascita del nostro periodico di resistenza umana, non possiamo ripiegarci a riflettere solo sulla nostra tragedia, spesso diventata farsa, a causa di egoismi famelici e cinici, perché tante tragedie si sono consumate da allora sotto il sole, guardando anche solo la nostra Italia: terremoti, alluvioni, fino agli ultimi (ma purtroppo non ultimi) morti affogati nel nostro mare (così i romani chiamavano il Mediterraneo, perché quel mare è cosa nostra, di un continente che si gloria di discendere da Roma). E tuttavia questo canto dice anche tutto il dolore di un popolo terremotato che rimane ancora in esilio, diventando un numero nell’elenco delle cose lasciate in sospeso, per gli anziani che restano nelle baracche, per i soldi stornati altrove ad ingrassare il ventre di voraci approfittatori, che si ricordano del terremoto solo per le celebrazioni, al pari di un’Italia che mentre ancora tollera la Bossi-Fini, proclama una giornata di lutto nazionale, consumando parole vuote e lacrime di coccodrillo. “Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Perché là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, allegre canzoni i nostri oppressori: Cantateci i canti di Sion!” (137, 2). È questa la tentazione che viene di fronte alle prese in giro di chi continua a venderci la lamentela della mancanza di fondi, 4 ma nel frattempo, anziché riformare sul serio la struttura regionale, aumenta gli emolumenti dei consiglieri e affini (persino l’Espresso ne ha parlato!) facendoli passare per tagli alla spesa. I nostri babilonesi non ci chiedono canzoni allegre, ma ce le cantano direttamente loro! “Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se mi dimentico di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo, se non innalzo Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia” (137,4-6). La terra straniera sono le case prefabbricate e fatiscenti del nostro popolo e di tutti coloro che in altri terremoti stanno nelle new town, ma anche, non possiamo dimenticarlo, la condizione di profughi di tanti nostri fratelli che scappano dalla morte e dalla fame e incontrano anziché una casa, dei muri, sia legislativi che morali, se di fronte alle tante bare (che ricordano quelle di S. Giuliano e dell’Aquila) ancora continuano a difendere anche solo l’idea che ci possa essere una legge che dichiari ipso facto una persona illegale, come se dovesse togliere il disturbo per essere venuta al mondo: come si può dichiarare illegale l’esistenza di un uomo? Il nazismo non ha insegnato nulla? E il peggio è che del canto degli schiavi ebrei (il Va’ pensiero) se ne è appropriato un gruppo politico che fa strame dell’idea che l’uomo ha una dignità in sé, cantando per il loro diletto i canti di Sion, come se gli esiliati e i calpestati fossero gli abitanti della Padania! “Ricordati, Signore, dei figli di Edom, che, nel giorno di Gerusalemme, dicevano: Spogliatela, spogliatela fino alle sue fondamenta!” (137,7).Quanti di fronte alle tragedie viste sono stati in silenzio oppure hanno detto che se lo sono meritato? “Che ci vengono a fare sulle nostre coste, dove non c’è neppure lavoro per noi? Tornino a casa loro che qui vengono solo a rubare!”. Gli Edomiti erano contenti della fine di Gerusalemme, noi semplicemente cambiamo canale per vedere l’ennesima trasmissione di cucina! “Figlia di la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra” (137,8-9). Noi siamo Babilonia che abbiamo affamato il mondo e adesso ci chiediamo perché dal sud del mondo vengono qui. Noi siamo Babilonia che ha taciuto quando si commettevano illeciti per incassare la differenza per poi permettere i crolli mortali dei terremoti. Noi siamo Babilonia che ha permesso alla classe politica di usare le tragedie per fini elettorali, anziché calarsi sul serio nei panni di chi sente sulla propria pelle l’angoscia per la perdita della casa. Il Salmo ci insegna che certe cose si capiscono solo se le viviamo in prima persona. Solo quando siamo personalmente (ciascuno di noi) colpiti forse possiamo solidarizzare con le miserie dei nostri simili. L’invocazione degli schiavi ebrei a Babilonia non dobbiamo leggerla come desiderio di vendetta, ma come constatazione che l’uomo recupera il senso del limite solo quando fa l’esperienza della propria sofferenza. Che i drammi dell’umanità, soprattutto per chi ha vissuto, come noi, il dolore del terremoto, non diventino più solo l’oggetto di uno stanco rituale di ricordo, ma spinta all’impegno di farci carico delle vittime, di lottare per la giustizia. ☺ [email protected] twitter Per i primi cento numeri abbiamo ricevuto twitter da tutto il mondo. Riportiamo i più simpatici. USA – molti al n. 100 si fermano e si rilassano. Voi che farete? – Kalatemy Jeans GIAPPONE – siate sempre duri e concreti – Naka Kata RUSSIA – attenti a non fare frittate – Galina Cocimilowa CINA – sappiate proseguire oltre ogni difficoltà – Cian Rut Furgoncin IRAQ – non lasciatevi ingabbiare – Tareg Azizz BULGARIA – non lasciatevi intimidire – Kalu Saracinescu SICILIA – giocate coi santi e lasciate in pace i fanti – Noscassate Aminchia glossario ulisse e nicola Premessa Come nella migliore tradizione della tragedia greca bisogna uccidere il padre per poter affermare la propria persona. E il Molise di contaminazioni greche ne ha parecchie sia per come hanno ridotto le casse regionali, sia perché la regione ha fatto sempre parte della magnagrecia. Il cannibale è colui che mangia il suo nemico quando è vivo per impossessarsi del coraggio dell’altro. Lo sciacallo invece fa scempio delle carogne, amici o nemici che siano. I fatti Tale Ulisse, che in vita sua non ha mai vinto una competizione elettorale, a marzo ha partecipato all’occupazione del palazzo di giustizia di Milano contro l’accanimento dei giudici verso l’innocente e verginello Berlusconi. Quando poi la povera vittima si è preso il seggio molisano di senatore il signor Nessuno ha messo l’avvocato perché il cainano paralisi Dario Carlone cati quei provvedimenti che cercano di tutelare le persone più svantaggiate, i poveri e gli anziani soprattutto, che in un paese come gli Stati Uniti vengono lasciati a se stessi quando non prendono più parte al mondo produttivo, non posseggono più i requisiti per lavorare, non hanno una assistenza privata, magari faticosamente costruita con il loro lavoro. Niente di più semplice, agli occhi di una classe dirigente insensibile e cinica, che tagliare su chi ha poco o per nulla voce in capitolo! Linguisticamente shutdown è sia verbo, col significato di disattivare, mettere fuori servizio, che sostantivo; in questa seconda accezione sta ad indicare proprio l’interruzione di un lavoro, la cessazione di un’attività, in maniera irreversibile, senza ripensamenti o rinvii. Nella mentalità americana, in cui il più delle volte ciò che è corrisponde a ciò che appare, il vocabolo suona come “parola definitiva”, ultimo traguardo, condanna senza appello! È facile dedurne che accettare un simile stato di cose non sia stato affatto semplice: la pressione dell’opinione pubblica, di quella statunitense in primo luogo, e succesvenga deposto dal senato senza frapporre indugio e lui possa andarvi a bivaccare, a favore del governo per non andare subito a casa. Tale Nicola, che da anni mangiava le briciole che cadevano dal tavolo di Iorio, solo l’estate scorsa a Piana dei Mulini ringhiava verso assessori e consiglieri che chi era contro il suo padrone e signore doveva dimettersi e andarsene a casa. Ora ha messo l’avvocato perché Iorio rientri il più tardi possibile in consiglio regionale in modo da maturare anche lui la pensione. Morale Per la pagnotta c’è chi è disposto a passare anche sul cadavere della madre, qualora mors tua vita mea; è proprio vero che anche le formiche nel loro piccolo si incazzano. sivamente di quella mondiale, è stata rilevante per convincere i responsabili delle decisioni da prendere ad evitare questo scelta irreparabile. Interruzione, cessazione, parole che traducono shutdown nella realtà italiana, purtroppo non ci sono estranee. Quotidianamente possiamo avvertire i pesanti effetti di quella che viene ormai chiamata genericamente “crisi”, che rappresenta una (legittima?) giustificazione per condizioni di vita sempre meno sostenibili, che maschera situazioni drammatiche ormai non soltanto temporanee. Precariato, emergenza abitativa, disoccupazione crescente sono solo alcune delle voci “italiane” recenti per tradurre shutdown. Che dire ancora di quella “interruzione” forzata che undici anni fa ha paralizzato un’area della nostra regione? Un autentico processo di ripresa è stato mai avviato? ☺ [email protected] Scatto d’autore di Guerino Trivisonno Stando a quello che ci hanno raccontato i media, sembra essersi risolta proprio sul finale la drammatica situazione che vedeva l’economia degli Stati Uniti d’America subire un nuovo contraccolpo. Com’è d’abitudine nel mondo anglosassone la trattativa tra i partiti politici rappresentati in Congresso ha ottenuto grande risalto ed è stata portata a conoscenza dell’opinione pubblica. Il nostro vocabolario in campo economico si è arricchito quindi di un nuovo termine: shutdown [pronuncia: sciatdaun], per indicare in sintesi la sospensione di alcuni servizi pubblici erogati dall’amministrazione federale, a causa di una mancata copertura finanziaria. In altre parole, si è speso troppo, non ci sono i fondi necessari, il servizio è sospeso! Niente di più semplice in una nazione in cui il pragmatismo regna sovrano. Di riflesso però bisogna notare che buona parte dei fondi pubblici sono stati impiegati per finanziare la riforma sanitaria fortemente voluta dal presidente Obama: per i suoi avversari politici quindi è stato facile chiedere di cancellarla per risparmiare. Un compromesso è stato raggiunto e temporaneamente ha scongiurato lo shutdown. Obamacare [pronuncia: Obamacher] - dal nome dell’attuale presidente USA - è l’appellativo con cui vengono indi- quanti tunnel dobbiamo attraversare per non avere la luce ad intermittenza? la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 5 xx regione un’alba possibile Giovanni Di Stasi Dall'Università di Tor Vergata arriva, in queste settimane, un appello a battersi per un Nuovo Rinascimento italiano. Gli studiosi evocano il profondo rinnovamento culturale e scientifico che caratterizzò il Rinascimento fin dagli ultimi decenni del XIV secolo e segnò il passaggio dal Medioevo all'era moderna prima in Italia e poi in Europa e sottolineano che: “Le condizioni di partenza del Tardo Medioevo in Italia non erano certo migliori di quelle che abbiamo oggi, ma i nostri antenati furono capaci con le loro idee di influenzare e cambiare il mondo. Le ingenti risorse accumulate fino a quel punto furono investite per costruire palazzi, chiese e monumenti, per commissionare dipinti, statue e opere letterarie, determinando così un fermento culturale e la creazione/attrazione di capitale umano. La situazione oggi si ripete. Esistono ingenti capitali che aspettano solo di essere diretti da una visione strategica e non da interessi di breve periodo. L’eredità che ci è stata lasciata dai nostri avi in termini di patrimonio storico e culturale e il patrimonio di conoscenze scientifiche e tecniche che abbiamo acquisito negli ultimi 150 anni, se propriamente impiegati, ci potrebbero permettere di fare un altro balzo in avanti e di vivere stabilmente in un mondo meraviglioso in armonia con noi stessi e la natura. È ora di provare a ripartire, i nostri posteri ce ne saranno grati”. La riflessione che ci viene proposta è assai stimolante, ma dubito assai che le attuali classi dirigenti, tutte concentrate sui problemi dell'oggi e su interessi consolidati e particolarissimi, possano essere sfiorate dall'idea di accettare la sfida. Questo non ci impedisce, tuttavia, di tenere quella sfida sullo sfondo mentre continuiamo a riflettere sulle 6 prospettive di una regione in grandi difficoltà dal punto di vista produttivo, occupazionale e sociale. In realtà ci siamo mossi in questa direzione quando, alcuni mesi or sono, abbiamo elaborato, insieme al presidente della Regione Molise, un'idea progettuale da attuare con l'attivazione di un Contratto di Sviluppo, denominato Clean Economy Molise. Si trattava e si tratta di dar vita ad una serie di attività economiche, strutturate ed interconnesse, mirate alla valorizzazione delle nostre risorse più preziose: il capitale umano, l'ambiente, i beni culturali e i prodotti agroalimentari. In una situazione che vede tutti i soggetti istituzionali e sociali impegnati sopratutto nella gestione ordinaria, e nell'affannosa quanto doverosa rincorsa alle numerose emergenze in atto, si rischia di perdere il treno del futuro. Al fine di scongiurare o, almeno, di attenuare tale rischio, si è pensato di indirizzare una parte delle energie culturali, progettuali, imprenditoriali e finanziarie disponibili verso la creazione di filiere innovative legate al territorio e capaci di rafforzare le attività produttive esistenti, integrandole con nuove iniziative economiche. Il presidente Frattura ha evidenziato l'esistenza di una perfetta sintonia la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 tra le sue dichiarazioni programmatiche di inizio mandato e l'idea progettuale in questione e si è espresso in termini inequivocabili con riferimento ad un Contratto di Sviluppo per l'agroalimentare parlandone come di un “modello che ci unisce e ci rende vincenti”. La conferenza stampa, tenuta il 16 settembre dal presidente Frattura e dall'assessore Facciolla nel nucleo industriale di Termoli, ha visto una partecipazione vasta e attiva e si è conclusa con l'impegno a convocare tempestivamente le parti interessate presso la presidenza della Regione Molise. Siamo dunque in attesa di un incontro che ci consenta di contribuire a definire un percorso condiviso attraverso il quale le istituzioni regionali potranno interloquire con le istituzioni nazionali ed europee al fine di creare le condizioni per l'attivazione del Contratto di Sviluppo Clean Economy Molise. Per quel che ci è stato possibile capire nel corso dell'incontro del 16 settembre, il presidente della Regione Molise potrà contare, per la riuscita di questa non facile impresa, sul sostegno degli imprenditori del settore agricolo, industriale e commerciale, ma anche del sistema creditizio, delle rappresentanze sociali e della società civile. Toccherà a lui confezionare e lanciare il messaggio giusto, in sede di conferenza Stato-Regioni, per far capire che il Molise non si accontenterà più soltanto delle misure necessarie per la sopravvivenza, ma vuole giocare la grande partita del rafforzamento del tessuto produttivo e occupazionale sulla base di strategie e comportamenti improntati alla valorizzazione del rapporto tra uomo e territorio. Per di più, l'idea di sostenere lo sviluppo legato al made in Italy con un ricorso massiccio, in tutte le regioni italiane, a Contratti di Sviluppo capaci di creare importanti sinergie tra risorse pubbliche e private, costituirebbe un aiuto concreto al governo nazionale, attualmente impegnato a rilanciare sviluppo e occupazione con strumenti del tutto inadeguati. Ci sono, dunque, le condizioni per far uscire questo nostro dolorante e declinante Molise dal crepuscolo che lo avvolge, ma una nuova alba è possibile solo se sapremo percorrere, tutti insieme e con grande determinazione, la strada che abbiamo individuato e che il presidente Frattura ha dichiarato di voler seguire.☺ [email protected] politica Quando penso al nostro presidente del consiglio mi viene un sentimento incerto, quasi doppio. È irritante questa tecnica tutta democristiana di eludere, manipolare, rinviare e rimuovere i problemi veri. A sentire Letta la ripresa è vicinissima, anzi è già in atto, la legge di stabilità per la prima volta non tassa e distribuisce risorse, i precari e i disoccupati possono guardare al futuro con più serenità e così su ogni cosa. Se andiamo a guardare la realtà: il Pil forse in un prossimo futuro sarà di poco sopra lo zero e le cifre delle quali si parla per redditi e lavoro sono risibili, praticamente il nulla. Però insieme a tanta irritazione mi viene spontaneo un moto di comprensione, quasi di solidarietà. L’impresa che Letta ha dinnanzi è di quelle che rasentano l’impossibilità. Si tratta di smontare uno Stato burocratico, inefficiente e corrotto. Si tratta di definire un piano economico, un progetto industriale scontrandosi con tutte le corporazioni e i privilegi che hanno incistato il sistema economicoindustriale. Infine, si tratta di educare una società che in questi ultimi trenta anni ha perso la bussola e qualsiasi fiducia nella legalità e nel sistema politico-istituzionale. Nella sostanza ciò di cui avremmo bisogno è una vera e propria rivoluzione, un grazie a ruta Si dice, ma non vi è nessuna conferma, che in occasione della conversione del decreto legge sulle emergenze ambientali, nei corridoi di palazzo Madama, Letta, il nipote dello zio, pare abbia affidato un pizzino scritto di pugno per non indurre alcuno in errore e non è la prima volta, ad una sottosegretaria molisana per il successivo inoltro all’unico senatore del PD, conterraneo, contenente il fatidico emendamento relativo alla riduzione degli obiettivi del patto di stabilità; pare ancora, ma non ve n’è conferma, che solo telefonicamente la ex parlamentare abbia raggiunto il destinatario finale e nella conversazione, il suo interlocutore, pasticciando come quei scolaretti che sbagliano il dettato ha, senza volerlo, autorizzato i comuni e non la regione a spendere soldi che i primi non hanno a disposizione. Morale della vicenda: il Molise, con l’emendamento alla legge sulle emergenze, presentato dal senatore Ruta, al quale riconosciamo ogni merito, invece di portare a casa 15 milioni di euro per il terremoto, li ha perduti. ribellarsi è giusto Famiano Crucianelli mutamento radicale della funzione dei partiti, delle politiche economiche, dello Stato e del modo di vivere e pensare dei cittadini. Arriviamo a questo tornante della nostra storia con 50 anni di ritardo, perché è sul finire degli anni cinquanta e nel decennio degli anni sessanta che questa partita si è giocata. Gli anni della guerra fredda, ma anche gli anni del miracolo economico. Gli anni nei quali si è sfiorata la terza guerra mondiale, ma anche gli anni nei quali abbiamo avuto la coesistenza pacifica, la destalinizzazione in Russia e Kennedy negli Stati Uniti. Gli anni che hanno visto in Italia un nuovo protagonismo cattolico con Giovanni XXIII e una nuova possibilità di dialogo fra comunisti e cattolici con il discorso di Togliatti a Bergamo. Insomma in quella fase vi erano le energie sociali, la forza morale della Politica, le personalità autorevoli per portare questo paese verso la modernità, la giustizia sociale e la legalità. Si è persa lì, e per molte ragioni, una grande occasione. Oggi dopo dieci anni di pentapartito e venti di Berlusconismo è tutto molto difficile, molto più difficile. Che la situazione sia grave è ben testimoniato anche dalle vicende di casa nostra. Il Molise è una piccola regione, la sua densità di popolazione è quasi come quella svedese, il suo territorio è, ancora, in gran parte ambientalmente integro, non è inquinato se non marginalmente dalla malavita e, soprattutto, esiste ancora una comunità con la sua storia e la sua cultura. La nostra regione potrebbe essere un esemplare laboratorio per uno sviluppo sostenibile, compatibile con le ragioni dell’ambiente e dei diritti sociali. Questo potrebbe essere, ma la realtà è ben diversa. Il campo di concentramento per le famose dodicimila manze della Granarolo con tutti i danni collaterali ambientali, economici e sociali è uno sfregio alla prospettiva di un altro Molise. Sulla Gazzetta del Molise è uscita una pagina intera nella quale viene chiamato in causa il senatore Ruta che è stato il mentore fondamentale del progetto manze la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 della Granarolo; in questo articolo, con dovizia di particolari, si accredita la tesi che il fratello dello stesso Ruta avrebbe avuto una lautissima collaborazione per progetti in qualche modo collegati al piano della Granarolo. Se così fosse sarebbe una cosa gravissima, non saremmo più di fronte solo a una miopia progettuale, ad una idiozia politica, ma anche al prevalere di interessi privati che si fanno gioco del bene comune e del destino della gente molisana. Quel che è ancor più grave è che il senatore Ruta non è un politico isolato, ma è parte fondamentale del gruppo dirigente del Partito Democratico e di quella maggioranza che governa la regione Molise. L’auspicio è che si arrivi rapidamente ad un chiarimento e, comunque, non è più rinviabile un rinnovamento radicale di uomini e progetti, non è più sostenibile che la politica di un’intera regione sia al servizio di interessi privati e dei gattopardi di tutte le stagioni. La speranza è che dal congresso del Partito Democratico arrivi un segnale chiaro, l’impegno deve essere quello - ben al di là della discussione politica nazionale - di mobilitare in Molise tutte le persone di buona volontà, perché si cambi e si cambi davvero. Mai come in questa fase vale l'antico detto "ribellarsi è giusto". ☺ [email protected] Dietro ogni articolo della costituzione ci sono centinaia di giovani morti nella Resistenza. È una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi. Sandro Pertini 7 xx regione gran manze L’associazione LIBERA - Associazione, nomi e numeri contro le mafie - ritiene opportuno intervenire nel dibattito aperto, soprattutto nel Basso Molise, sul problema relativo al progetto della Granarolo di trasferire su 1 Km quadrato di territorio molisano dodicimila manze in attesa che venga resa pubblica (come da normativa vigente D.L.gs 152/06) la proposta di piano o programma e il relativo rapporto ambientale (che costituisce parte integrante del piano e ne accompagna l’intero processo di elaborazione e approvazione ma che a tutt’oggi è tenuto nascosto) per fare in modo eventualmente, di riconsiderare le posizioni preconcette e presentare le proprie osservazioni, obiezioni e/o suggerimenti. Dall’analisi delle innumerevoli pubblicazioni scientifiche, rese a tutti disponibili dai correnti mezzi di informazione si evincono le considerazioni che di seguito si riportano. benessere animale e interessi economici La denuncia delle cattive condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi non è recente: essa risale a metà degli anni 60, dopo la pubblicazione del saggio di Ruth Harrison, Animal Machine. In seguito a tale pubblicazione il governo inglese fu costretto ad istituire un’apposita commissione d’indagine, passata alla storia come “commissione Brambell” dal nome del medico veterinario che la presiedeva. Nel 1965 questa commissione pubblicava il “Brambell Report” divenuto punto di riferimento per lo studio del benessere animale, offrendo per la prima volta una definizione scientifica di benessere animale e stabilendo precisi parametri di riferimento che non prendono in considerazione solo quelli riconducibili ad un 8 concetto etico ma soprattutto valutabili e quindi misurabili. Detti parametri possono essere racchiusi nelle famose 5 libertà: 1- libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione, 2- libertà dal disagio ambientale, 3- libertà dal dolore dai traumi e dalle malattie, 4- libertà dalla paura e dallo stress, 5- libertà di poter manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche. L’evoluzione storico-culturale del rapporto uomo-animale, che non vede più gli animali come oggetti asserviti all’uomo (il dominio dell’uomo sulla natura non deve essere trasformato “in tirannide che devasta la natura” come sostiene Monsignor Ravasi) ma portatori di diritti in quanto “esseri senzienti”, ha nel corso del tempo ampliato ed integrato il concetto di benessere. Si è così arrivati alla definizione di benessere formulata dal Farm Animal Welfare Council : “vita degna di essere vissuta”, intendendo cioè la possibilità di offrire agli animali opportunità per esplorare l’ambiente, cibarsi di ciò che preferiscono o mettere in atto comportamenti che diano loro soddisfazione. Ci sembra di capire che l’allevamento intensivo per la fabbrica di “macchine animali ad alta produzione di latte” da trasferire poi, al momento della produzione, in Emilia (e la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 quindi non disponibili per il rilancio della zootecnia molisana) non risponda ai principi di vita degna di essere vissuta. Come viene riportato dalle indiscrezioni dei giornali locali, i vitelli a 10 giorni di vita (subito dopo la cicatrizzazione del cordone ombelicale) vengono allontanati dalle mamme per essere trasferiti in Molise ed alimentati con latte in polvere e avviare così il ciclo della famosa nursery per la costruzione “delle macchine da latte”. È forse utile ricordare che in natura una vacca produce il latte sufficiente esclusivamente per alimentare, per il tempo necessario, il proprio vitello. Fabbricare macchine da latte, che producono circa 60 litri di latte al giorno, con una alimentazione spinta, casomai con mais OGM (ritenuto meno attaccabile dalle muffe produttrici di aflatossine ma soprattutto patrimonio delle multinazionali) per essere riformate (destinate alla macellazione) all’età di circa 5/6 anni (dopo 3, massimo 5 parti poiché la produzione spinta e le modalità di allevamento comportano problemi anche di fertilità), è una contraddizione stridente in tema di benessere animale, poiché la vita di questi animali si rivelerà una vita poco e per niente “degna di essere vissuta”. È noto infatti come gli animali della specie bovina subiscano situazioni di STRESS derivanti dal repentino cambiamento di condizioni ambientali: il trasporto, lo svezzamento, i cambi di alimentazione e la formazione dei gruppi ne rappresentano tipici esempi. Pertanto, una cattiva gestione dell’igiene dei ricoveri e del management aziendale in queste fasi potrebbe comportare l’ insorgenza di patologie condizionate (gastroenteriche e respiratorie) oltre alla riduzione dell’ accrescimento ponderale, soprattutto se i soggetti non riusciranno ad adattarsi adeguatamente all’ambiente. A tale proposito bisogna tener presente che esiste una notevole variabilità su base genetica delle capacità di adattamento ambientale. A parità di stimoli esterni alcuni individui reagiscono con modesti aggiustamenti omeostatici, altri saranno costretti a risposte compensative molto più elevate, altri ancora saranno incapaci di allestire una adeguata risposta allo stimolo dell’ambiente, manifestando segni di malattia. sostenibilità ambientale Chi conosce il territorio molisano sa che i prodotti tipici molisani (scamorza, caciocavallo, burrate, ricotte etc.) devono essere xx regione prodotti con latte proveniente da razze rustiche a duplice attitudine, del tipo Bruna Alpina o Pezzata Rossa, allevate possibilmente al pascolo, che producono un modesto quantitativo di latte ma ricco di materia grassa e giusto tenore proteico. È su questo tipo di allevamento sostenibile che un programma di ristrutturazione della zootecnia molisana deve puntare anche nel rispetto del documento elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri tramite il comitato nazionale per la bioetica del 28/9/2012 alimentazione umana e benessere animale-. Tale importante documento analizza, in maniera approfondita, il benessere animale nella prospettiva della scienza e dell’etica della biocultura (scienza che si occupa dei problemi morali relativi al rapporto di gestione tra esseri umani e non umani, ribadendo la responsabilità dell’uomo riguardo al benessere animale). Il testo tra l’altro afferma la necessità di “pervenire ad una valutazione globale che esamini il problema alla luce di un ampio e lungimirante concetto di vantaggio per la società nel suo complesso, compreso quello del mondo produttivo, nel rispetto della salute umana, del benessere degli animali e della sostenibilità ambientale”. Ed è sul concetto di “sostenibilità ambientale” che è necessario aprire un altro confronto di riflessione. È noto, dalla lettura di riviste specializzate, che la tecnica dell’allevamento intensivo c.d. “senza terra” (che ha rotto il rapporto animale/territorio) produce un impatto ambientale altissimo. Tale allevamento obbliga alle produzioni di monocolture per l’ approvvigionamento alimentare dei 12000 animali (ogni animale ha bisogno di circa il 3-3,5% di peso vivo di sostanza secca/die), trasformando così il paesaggio, mandando al diavolo il concetto di “biodiversità” (tanto cara ai fautori del progetto Gran Manze) e favorendo esclusivamente le multinazionali. Si ritiene sostenibile l’uso di enormi quantità di acqua (bene comune prezioso) utili per assolvere ai bisogni e le necessità dell’allevamento? Solo per fare un esempio: se si pensa che per ogni tonnellata di mais prodotto occorrono 1000 tonnellate di acqua, quanta acqua necessita per produrre tanto mais da alimentare 12.000 bovine? Considerando che un bovino in accrescimento necessita orientativamente di circa 50 litri di acqua al giorno (la vacca da latte beve fino a 200 litri di acqua al giorno), di quanta acqua c’è bisogno per abbeverare 12.000 capi? Quanta acqua bisogna utilizzare per pulire e disinfettare sistematicamente le strutture e le attrezzature utili all’allevamento e soprattutto smaltire le deiezioni animali? E inoltre quanti erbicidi, pesticidi e diserbanti (che finiscono nelle falde acquifere) sono necessari per produrre tutti gli alimenti necessari? È possibile concepire la costituzione dell’allevamento intensivo con l’intento principale di produrre deiezioni (che hanno più valore del latte perché utili a produrre energia)? È possibile consentire che il bene che produce più reddito, le deiezioni, debba essere appannaggio della Granarolo? Tali deiezioni, infatti, prodotte in enormi quantità, non possono essere stoccate per almeno 90 giorni in concimaie assieme alla paglia ed essere utilizzate quindi come ottimo concime naturale, così come avviene normalmente per l’allevamento tradizionale. Esse devono essere raccolte in enormi vasconi (ogni capo produce l’8-10% del peso vivo al giorno di deiezioni a cui si devono aggiungere le acque di lavaggio e le acque piovane provenienti dai recinti scoperti) e stoccate per almeno 4-6 mesi e pertanto risultano ricche, tra l’altro, di sostanze chimiche utilizzate sia per la profilassi che per la cura di eventuali animali malati. rischi per l’ambiente Il rischio ambientale rappresentato dal potenziale rilascio di farmaci (e dei loro prodotti di derivazione metabolica) nell’ambiente è oggetto di crescente interesse da parte del mondo scientifico, poiché la dispersione nell’ambiente di principi attivi o di loro metaboliti ancora in possesso di una attività biologica anche solo parziale può determinare il manifestarsi di effetti biologici indesiderati diretti, a carico di organismi non-target terrestri (microorganismi, fauna del terreno, insetti, piante) e acquatici (pesci, invertebrati acquatici, alghe) e indiretti, mediante passaggio nell’acqua di falda, alle diverse specie animali e all’uomo. Le suddette deiezioni, quindi, ricche di fosforo, azoto e sostanze chimiche costituiscono un grande problema ambientale e dovranno essere utilizzate solo in appositi impianti per la produzione di biogas (vedi tra la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 l’altro il Piano Nitrati Regione Molise approvato con DGR 21/7/2006 n.1023 BURM n. 29/2006). Inoltre, non dovrà essere sottovalutato l’inquinamento ambientale che verrà prodotto sia dai mezzi di trasporto (che quotidianamente devono muoversi avanti e indietro, per trasportare animali, alimenti, deiezioni) che dai gas serra (biossido di carbonio, metano e protossido di azoto) prodotti da 12.000 capi di bestiame allevati in uno spazio ristretto. domande La regione Molise in questo modo intende contribuire al rispetto del protocollo di Kyoto, tendente alla riduzione dei gas serra? Quali sistemi di monitoraggio ambientale verrebbero messi a punto in considerazione che l’allevamento intensivo e le monocolture provocano, come abbiamo sostenuto, effetti indesiderati e dannosi (l’abolizione della biodiversità, le modificazioni del paesaggio, un enorme consumo di acqua, l’impiego di prodotti chimici e pesticidi in misura eccessiva - vedi categorie di impatto ASPA)? Tali domande potrebbero risultare retoriche. Ci sostiene però la convinzione che la tutela dell’ambiente è imposta, tra l’altro, da precetti Costituzionali (come affermano numerose sentenze di Cassazione) ed in particolare dall’art. 9 “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, e dall’art 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”. Ed è anche per questi motivi che si rende indispensabile la partecipazione di tutti i cittadini, singoli ed associati, ad ogni decisione che le autorità competenti volessero adottare in materia per rendere veritiero il motto propagandato da quasi tutte le forze politiche in campagna elettorale “il Molise di tutti”. Libera Molise [email protected] 9 xx regione progetti antitetici Cristina Muccilli Il sostegno del Governatore Frattura alla Clean Economy e l'impegno del Senatore Ruta per l'attuazione del progetto Gran Manze devono, per forza di cose, essere letti come espressioni di una medesima linea politica, entrambi molisani, appartenenza per entrambi allo stesso partito (non è nemmeno necessario ricordare chi è stato il traghettatore del Governatore nel PD), si spendono entrambi per uno sviluppo del territorio. Clean è un termine inglese che si traduce con pulito, l'economia a cui si pensa è quella che non contamina, che rispetta prodotti e territorio, una economia che preserva e tutela. Dodicimila vitelli da allevare, nello stesso luogo, per due anni, per poi sostituirli in altrettanta schiera, fanno tanti due anni più due anni, più due anni... di una quantità smisurata di cacca che prima di diventare letame (che la Granarolo provvederà a riassumere a sé per lucrarci) avrà tutto il tempo di inquinare l'inquinabile. La clean economy punta ai prodotti di eccellenza, alla salvaguardia delle biodiversità, i dodicimila, che potremo chiamare d'ora in poi mucchio selvaggio trasformeranno inevitabilmente in monocolture l'agricoltura locale. Due progetti per lo sviluppo, uno ragionato, discusso e auspicato, l'altro lanciato in aria come un missile inesploso, del quale poco si sa, tranne la certa (?) attuazione. Ebbene come potremo chiamare questo modo di pensare e attuare la politica, schizofrenia, assenza di programmazione, visione strettamente limitata al proprio orto di approvvigionamento voti, strategia fumogena per giustificare l'inadeguatezza, determinismo che cela interessi altri? Voi scegliete l'opzione che più vi aggrada, per me sono 10 valide tutte. Bene ha scritto Famiano Crucianelli su queste pagine, senza l'apporto, il controllo e l'interesse dell'intera popolazione non c'è progettazione che tenga, se una buona, sana programmazione non riesce ad attecchire è una nostra precisa responsabilità, se continuano a fare scempio del nostro territorio è una nostra precisa responsabilità. È una nostra precisa responsabilità pretendere che un politico agisca in conseguenza della volontà che lo ha eletto, è nostra precisa responsabilità pretendere che ci sia dato conto delle scelte fatte sul nostro territorio e dei silenzi che hanno accompagnato le scelte aberranti, è una nostra precisa responsabilità cercare di cambiare le cose. Nessuno lo farà in nostra vece. Altrove, dove la crisi ha colpito prima e con più clamore, dove lo scontro sociale promuove una cultura alternativa alla rassegnazione ed all'assopimento, sono nate iniziative che meritano grande attenzione. In Grecia, nell'area industriale di Salonicco c'è lo stabilimento Vio.Me, la prima fabbrica autogestita. I proprietari sono spariti, letteralmente, lasciando i dipendenti con numerose mensilità insolute, il giudice concede l'utilizzo della fabbrica ma non dei macchinari e i lavoratori si mettono a produrre detersivi biologici. Il prodotto viene venduto attraverso una rete di associazioni e mercati alternativi, è buono e costa poco, il collettivo degli operai riesce ad avere un salario minimo con prospettive migliori per il futuro. Non è un esempio risolutivo ma apre uno spiraglio, segna una traccia, apre un varco verso cose possibili. Sempre in Grecia, nei mercati rionali di varie città nasce una moneta virtuale il Tem, acronimo per “unità alternativa locale” e la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 Kinò che vuol dire “comune”, sono unità equiparate all'euro e vengono utilizzate in una sorta di conto corrente virtuale, ognuno dei frequentatori di questi mercati vende prodotti e servizi che vengono accreditati sul proprio conto, spendendo e acquistando, poi, con ciò che ha accumulato. È stato calcolato che, con questo metodo, il risparmio sulla spesa mensile può arrivare al 25%. Anche questo non è un esempio risolutivo ma anche questo segna una traccia da seguire; ma soprattutto è una spinta verso l'autodeterminazione, verso la consapevolezza che possiamo sicuramente organizzarci per gestire i nostri bisogni e tentare di riprenderci la vita.☺ [email protected] lutto in famiglia Alla fine di settembre è venuta a mancare Elena Sassi, prof. universitaria di Napoli originaria di San Martino in Pensilis che aveva partecipato alla redazione de La Fonte anche con alcuni contributi. Passionale ed impegnata socialmente nelle grandi battaglie contro il nucleare e per l'acqua bene comune, Elena si è sempre contraddistinta per l'amore alla sua terra dando con generosità un diretto contributo di alto profilo scientifico. La ricordiamo nei suoi interventi puntuali sulle questioni cruciali legate all'energia ed al territorio e nelle manifestazioni di Roma accanto al popolo. Ci mancherà molto la sua sensibilità ed intelligenza che ha generosamente elargito ai giovani allievi universitari, amici e familiari. Amiamo immaginarla sempre viva nelle manifestazioni dei movimenti, con il cuore di una ragazza vivace, curiosa e simpatica e la ricorderemo sempre per gli incoraggiamenti a lottare per la giustizia sociale. Grazie Elena. l’assessore risponde Michele Petraroia Le straordinarie suggestioni di questi giorni dovute all’incontro con Papa Francesco insieme ai familiari di Padre Giuseppe Tedeschi, ai volontari dell’associazione e alla comunità di Jelsi, si sommano alle forti emozioni vissute in piazza Beccaria a Milano ai funerali civili di Lea Garofalo, la testimone di giustizia assassinata e bruciata dalla Ndrangheta. Insieme ai ragazzi di Libera contro le Mafie ho condiviso l’intitolazione di un parco a questa coraggiosa donna meridionale portando la voce del Sud ad una manifestazione in cui la Regione Molise col proprio gonfalone era l’unica istituzione presente del Mezzogiorno insieme al paese d’origine di Lea. Le parole accorate di don Ciotti si confondono con quelle belle dette da Papa Francesco al fratello di Padre Tedeschi in una settimana che ha visto il Molise uscire dai propri confini per testimoniare a Roma e a Milano un impegno che parla al cuore delle persone, ai sentimenti collettivi e alla memoria che si fa storia del nostro territorio. Tra mille vertenze complesse, un dimensionamento scolastico in itinere, la nuova legge quadro sul sociale, la riorganizzazione della pianta organica della regione, il bando sui non autosufficienti, l’attivazione delle sezioni primavera, l’avvio dei corsi triennali per l’obbligo formativo, 3 milioni di finanziamenti a sostegno dell’apprendistato e della formazione continua e 500 mila euro per finanziare i master post-laurea a cui hanno risposto 817 giovani, non mancano le iniziative concrete attivate in favore dei lavoratori, degli studenti, dei disabili, dei disoccupati e dei bambini. Se si sommano anche i fondi degli ammortizzatori sociali in deroga, l’Assessorato al Welfare ha impegnato in pochi mesi 30 milioni di euro in settori e ambiti d’intervento che favoriscono le fasce deboli, le famiglie e i minori con disabilità. In questo contesto di profondo mutamento culturale si inserisce la politica d’accoglienza per i migranti che mira a promuovere il volto di un Molise aperto, inclusivo ed accogliente. Fatte queste rapide puntualizzazioni su un’attività intensa che non riesce ad arrivare all’esterno per un’oggettiva carenza comunicativa del governo regionale, non intendo sottrarmi al quesito posto dai lettori sulle sofferenze in cui versano i diversamente abili in Molise e su quali provvedimenti concreti possono essere assunti in corso di legi- I portatori di handicap, praticamente ignorati dalle trascorse legislature, che attenzione fattiva ricevono oggi dalle istituzioni regionali? slatura per affermare i diritti universali di cittadinanza per ogni persona. Sulla delicata questione occorre riaffermare una sensibilità sociale che è andata smarrendosi nell’ultimo ventennio e che è testimoniata dalle innumerevoli difficoltà incontrate nel promuovere riunioni tematiche con l’associazionismo di settore, con il volontariato, con i patronati sindacali e con le istituzioni. I corpi sociali intermedi stentano a partecipare attivamente ai tavoli di confronto su materie di tale rilievo e le organizzazioni dei disabili dialogano con difficoltà tra di loro e sono prese dalla propria missione specifica per questa o tal’altra categoria di soggetti svantaggiati. I piani sociali di zona e gli ambiti territoriali agiscono con scarse risorse finanziarie, pochi strumenti normativi e, salvo lodevoli eccezioni sono oggetto di direzione tecnica e coordinamento amministrativo che mal si conciliano, col protagonismo diffuso delle associazioni dei disabili. Bisogna adoperarsi per ribaltare questa impostazione, ripartire dai diretti interessati, collocarli al centro dell’azione istituzionale e indurli a riprendere un dialogo sistemico che sappia tenere insieme il Vangelo e la Costituzione, i fondi europei 2014-2020 ed il nuovo piano triennale sociale 20142016, la conoscenza del bilancio regionale e le buone pratiche realizzate in altri territori. La concertazione vive se tutti i soggetti si adoperano nel quadro generale esistente per mutarlo in positivo attraverso innovazioni legislative, nuovi appostamenti di bilancio e costruendo reti di mutualità che valorizzano ad ogni livello un modello sociale solidale. Nei periodi di crisi la paura vince, l’egoismo si alimenta nella preoccupazione per il domani e a pagare lo scotto più duro la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 sono i soggetti più fragili che vengono relegati ai margini di qualsiasi programmazione. Per questo serve uno scatto d’orgoglio che sappia unire le tante e belle esperienze di volontariato attivo, di autogestione dei servizi, di cooperazione sociale e di mobilitazione culturale, in un grande mosaico della solidarietà in cui il singolo tassello della specifica associazione di disabili interagisca virtuosamente con le altre associazioni e con le istituzioni. In questi primi mesi questa è la scommessa su cui la nuova amministrazione sta investendo, sapendo tenere insieme la risoluzione delle emergenze dei servizi sociali e del taglio dei fondi con la capacità di pianificare i provvedimenti del futuro coinvolgendo attivamente la conferenza del volontariato, il no profit, il terzo settore, le organizzazioni sindacali, la cooperazione, le associazioni umanitarie e gli esperti, i tecnici e gli amministratori. Se sapremo unire le energie dell’Ente Sordomuti, dell’Unione Ciechi, degli Invalidi Civili e del Lavoro, di chi soffre di Sclerosi Multipla o di Alzheimer, dei familiari dei non autosufficienti, di chi si impegna per la vita indipendente del disabile o per la piena integrazione dei cittadini con la sindrome di Down, saremo più forti e porremo le base per una società più equa, giusta e solidale. ☺ [email protected] 11 xx regione dislessia Antonello Miccoli Da circa un mese ha avuto inizio il nuovo anno scolastico; l’istituzione è chiamata ad accogliere coloro che dovranno vivere da protagonisti il ruolo di cittadini e di lavoratori. Per molti ragazze e ragazzi la scuola e l’università rappresentano un momento di gioia e di fatica: un processo inserito in un normale ed articolato percorso di apprendimento e di crescita. Per altri, tale itinerario, si presenta più complesso e difficoltoso: si pensi ad esempio a quanti presentano gravi forme di disabilità o a coloro che devono misurarsi con la dislessia. Termine, quest’ultimo, che indica un disturbo dell’apprendimento: un deficit che, solo negli ultimi anni, gode, grazie soprattutto al lavoro compiuto dall’Associazione Italiana Dislessia, della tutela della legge n.170 emanata l’8 ottobre 2010: una conquista di civiltà e del diritto. “La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana”. La difficoltà di lettura, connessa alla decifrazione dei segni linguistici, o la problematicità legata all’esecuzione di semplici calcoli, rappresentano alcuni degli aspetti che possono limitare il normale processo di apprendimento. La finalità della normativa, come evidenziato nell’art.2, è racchiusa in otto punti: a) garantire il diritto all'istruzione; b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità; c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali; d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti; e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA; f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi; g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione; h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale. In tale ottica, l’art.5 rafforza le modalità d’intervento attraverso l’applicazione di misure educative e didattiche di supporto che vengono così definite: 1. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari. 2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche garantiscono: a) l'uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate; b) l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere; c) per l'insegnamento delle lingue straniere, l'uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilità dell'esonero. 3. Le misure di cui al comma 2 devono essere sottoposte periodicamente a monitoraggio per valutarne l'efficacia e il raggiungimento degli obiettivi. 4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'università nonché gli esami universitari. La materia ha trovato un ulteriore assetto nel decreto n° 5669 del 2011 e nell’accordo Stato Regioni del 25 luglio 2012; mentre a livello locale si deve fare riferimento alla legge regionale dell’8 gennaio 2010 n.1. La complessità e la delicatezza della problematica impone l’impegno di tutte le istituzioni deputate a vigilare affinché la legge trovi reale applicazione. La Regione stessa potrebbe avviare una campagna di sensibilizzazione che, di concerto con gli altri soggetti istituzionali, dovrebbe poter valutare: i risultati raggiunti; l’andamento del processo formativo rivolto agli insegnanti; il ruolo delle famiglie, con particolare riferimento ai nuclei culturalmente più deboli; l’entità delle risorse finanziarie deputate a migliorare la qualità degli interventi ed a garantire l’efficacia delle iniziative poste in atto. L’eventuali criticità e debolezza degli interventi, che solo una verifica puntuale può far emergere, rischiano di vanificare la bontà di una legge che è stata voluta con forza da chi ogni giorno lotta affinché anche ai propri figli vengano pienamente riconosciuti i fondamentali diritti di cittadinanza. ☺ [email protected] 12 la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 “Comincerete a prendere in seria considerazione la follia quando per la prima volta essa vi tornerà utile per risolvere i vostri problemi da persona normale” (S. Freud) Voglio raccontare ai soliti quattro cinque lettori che mi seguono, una storia di molti anni fa. Moglie ragazzina, cresciuta in un matrimonio normale, fra sconoscenza e indifferenza dove la MOGLIE in quanto tale veniva amata. Cresciuta con due figli in fragoroso silenzio capì dopo anni che nella sua casa c’era un estraneo con cui aveva avuto due figli. Cominciò a dimagrire e a non volere vivere, arrivò a pesare 42 kg, tentò di farsi fuori, le fu sbattuta in faccia la sua inadeguatezza ad essere una buona madre, se ne convinse, ne fu sicura ed un giorno se ne andò via da casa pensando di far vivere meglio i suoi figli. Dopo una settimana il marito le proibì di rivederli, e la tortura durò quasi due anni. Dopo una consensuale che dava la patria potestà al marito (come era per legge) li poté vedere una volta alla settimana (si!). Nessuno trovò questo mostruoso, nessuno le chiese come non impazzisse. Violenza, uccisione, smembramento? Quella signora degli anni 70 l’ha subìta anche se la morte non è stata immediata, definitiva perché i veri assassini sono uomini buoni con la morale sicura. Ecco perché non mi meraviglia, non mi sconvolge questa attuale caccia libera in Italia alle donne, con vari metodi. Le leggi sono cambiate da allora ma conosco mogli riempite di botte che non denunciano il marito perché è il padre dei propri figli e non vogliono che cada l’infamia su di loro. Numeri che raccontano un’emergenza nazionale. Anche perché gli omicidi, spesso, sono l’ultimo atto di anni di abusi, vessazioni, maltrattamenti. Storie quotidiane, ci insegna la cronaca. Storie che possono capitare a chiunque. Episodi ripetuti di maltrattamenti alternati a "penti- il calabrone solo per follia Loredana Alberti menti" del partner. E la tragedia sempre in agguato. Tutto questo avviene nella "normalità" e nella convinzione che la violenza riguardi altri. Ma a un certo momento accade "qualcosa" per cui le donne capiscono che così non può continuare. Che cosa? Ogni storia ha una sua "chiave" che la tiene inchiodata alla violenza e una che la porta a non voler più subire. Qualche volta quel maledetto meccanismo si rompe prima che sia troppo tardi. In un'intervista pubblicata su L'eco di Bergamo del 31 gennaio il pm Pugliese taglia corto e va diretta al punto: “I maltrattamenti in famiglia stanno diventando un'arma di ritorsione per i contenziosi civili durante le separazioni” e ancora “solo in due casi su 10 si tratta di maltrattamenti veri”. Il resto (l'80%. NdR) sono querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante la separazione, come precisa il giornalista Stefano Serpellini nell'articolo. Internet fa da grancassa “E allora non abbiamo paura di dire la verità: un bel calcio nel culo a queste puttanelle che si mostrano vittime per avere vantaggi nella separazione... ci sta tutto”. Oppure: “Finalmente - dopo anni di urla e strepiti sulla questione femminile e sul presunto fenomeno del femminicidio - questo governo ha fatto un grosso regalo alle femministe radical-chic e a tutti i radicali più o meno velati di questa legislatura. Gli uomini, e soprattutto i padri, ringraziano. Ringraziano, naturalmente, si fa per dire. Se prima era facile sbarazzarsi di un ex marito o padre riducendolo all’estrema povertà e facendogli perdere qualsiasi dignità in quanto persona, dopo l’approvazione delle nuove norme varate dal governo, ora sarà facilissimo. Sul tema femminicidio le nuove norme obbligano l’irrevocabilità delle querele (incredibile, nella vita non c’è nulla di irrevocabile, se non la morte), il patrocinio legale gratuito alle donne vittime delle violenze (naturalmente non viene neanche presa in considerazione la possibilità che un uomo possa subire violenze da una donna) e arresti per stalking (giustamente sempre uomini). Infine c’è un pacchetto di misure anti cyber bullismo di cui si conosce ancora poco ma che non si fa fatica a capire che andranno a colpire i blogger ritenuti scomodi per il potere. Insomma, tenteranno di mettere un bavaglio a chi scrive su internet invece di perseguire siti pedofili e pervertiti abominevoli. (No, quelli le loro protezioni ce l’hanno, altrimenti non si spiega come sia possibile che nemmeno un pedofilo venga arrestato, nonostante scambi materiale pedopornografico: sono solo bambini, quindi non frega niente a nessuno, compresi gli appassionati di diritti umani che urlano ogniqualvolta viene toccata la dignità di una donna). Potrei continuare all’infinito. Dalla statua per le donne violate eseguita per volontà dell’assessora alle pari opportunità di Ancona che dovrebbe mostrare una donna dopo lo stupro subìto che si erge fiera per incontrare una forma di liberazione: dopo recriminazione ed indignazione da ogni parte, è stata rimossa. Il fenomeno sta aumentando con il silenzio o con la normalizzazione del problema che porta i nostri internauti (uomini) a proseguire con lamentele. Da xmanx il Mer 26 Dic 12:20:53: Nessuno ha mai detto che "sono state loro a provocare i poveri uomini destabilizzati della loro autonomia". Ho solo detto che per 120 casi di omicidi in un anno, su una popolazione di 60 milioni di abitanti... parlare di "femminicidio" è una stronzata. Dopodiché ci sarebbe da chiedersi: ma come mai Parolisi ha ucciso la moglie se aveva una relazione con un'altra dolce fanciulla? Non poteva semplicemente unirsi alla sua nuova fiamma? Che motivo aveva di uccidere la moglie? Non è per caso che Melania lo ha ricattato - come spesso e volentieri fanno le donne incattivite - dicendogli che lo avrebbe rovinato economicamente e gli avrebbe portato via la figlia? eh? (cose assolutamente possibili con la legge attuale su separazione e divorzi?) (sic!). Proseguo: il pm Carmen Pugliese ha chiesto l’archiviazione del fascicolo aperto nei confronti del falegname in pensione di Dalmine, 67 anni, incensurato, arrestato lo scorso mese di aprile con l’accusa di aver cercato di avvelenare la moglie, una casalinga di 61 anni, versando dell’acido muriatico la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 nella sua bottiglietta dell’acqua. Era stata la donna a scoprire il tutto, piazzando in cucina una piccola telecamera, che aveva ripreso l’uomo mentre versava il veleno nella bottiglia. Le successive analisi sull’acqua avevano però evidenziato la presenza di una quantità minima di veleno, che aveva provocato alla 61enne solo un bruciore alle labbra. Era così caduta l’accusa di tentato omicidio ed erano venute meno le esigenze cautelari, tanto che il 67enne era stato scarcerato. Sulla scorta di queste analisi, adesso il magistrato ha chiesto l’archiviazione. Questo signore ha versato nella bottiglietta dell’acqua della moglie uno dei liquidi più corrosivi esistenti. Però, secondo il Pubblico Ministero, siccome ne ha versata una quantità insufficiente a provocare l’orrenda agonia che deriva dalla perforazione dell’ esofago e dalla necrosi dell’intestino, non c’è motivo di accusarlo di tentato omicidio (l’ingestione anche di una boccata di acido muriatico provoca la perforazione dell’ esofago, una necrosi molto rapida del mediastino, sede di molte delle arterie principali. Causa emorragie e un rapido collasso. La morte sopraggiunge molto velocemente e con una dolorosa agonia). A quanto acido corrisponde “una boccata”? Voleva solo procurarle un malore: un’inezia. Un piccolo malore da acido muriatico. Un’ustione dell’esofago piccola piccola. “Procurare un malore” non sarebbe reato. Mi viene da osservare che potremmo cominciare dall’inizio: da quando è stato scritto “dalla parte delle bambine” da quando cioè i fermenti sociali coinvolgevano anche la politica e non solo a latere. Cominciamo dai bambini e dalle bambine, creiamo loro un mondo educativo, formativo, cognitivo di spessore alto e prezioso. Forse cambieranno, cambieremo. E certamente le parole di Steve Job Siate affamati, siate folli! Assumerebbero una densità che travalica il sesso e il genere. Non aspettiamo la mattanza o il giorno 25 novembre, giorno contro la violenza sulle donne, creiamo il clima della affamatura e della follia per essere nuovi, per essere diversi da quella signora del ‘70 che non è morta solo per follia e fame perenne! ☺ [email protected] 13 cultura l’ansia di un giorno Christiane Barckhausen-Canale All’inizio di novembre sarò a Berlino, dove sono nata e cresciuta. Motivo della mia visita è il compleanno di mia madre, 103 anni l’8 novembre. Vista la sua età più che avanzata, penso che la festa finirà molto prima della mezzanotte, e cosi, per me, quella notte sarà lunga, e di sicuro dormirò poco e male. Non sono superstiziosa, ma nel profondo del mio stomaco c’è sempre, quando inizia un 9 novembre, un senso di ansietà, un presentimento di qualcosa che potrebbe succedere quel giorno, qualcosa di decisivo, qualcosa che resterà nella memoria dei tedeschi. Mi spiego. Mia madre ha vissuto in 5 stati differenti: nell’impero del Kaiser, nella Repubblica di Weimar, nella Germania hitleriana, nella RDT (Repubblica Democratica Tedesca) e nella Repubblica Federale Tedesca. E nella sua lunga vita, 4 volte la giornata successiva al suo compleanno è stata una giornata particolare, entrata nei libri di storia. Il 9 novembre 1918, il socialdemocratico Phillipp Scheidemann proclamò la nascita della “Repubblica Germania”, e lo stesso giorno, Karl Liebknecht, dirigente della “Federazione Espartaco”, promulgò, da un balcone del castello di Berlino, la “Repubblica tedesca libera e socialista”. Cominciarono giornate di combattimenti in strada, morirono operai, soldati e marinai, la “rivoluzione di novembre” fu frantumata nel sangue, e due mesi dopo, Karl Liebknecht fu assassinato insieme alla sua compagna di partito, Rosa Luxemburg. Il 9 novembre 1918, una data che potrebbe aver cambiato il corso della storia non solo della Germania. Il 9 novembre 1923, a Monaco di Baviera, un tale Adolf Hitler intentò un colpo 14 di stato, frustrato dopo poche ore. 10 anni più tardi questo stesso uomo arrivò al potere, non con un colpo, ma dopo elezioni e con l’appoggio decisivo dei grandi industriali tedeschi, tipo Krupp o Thyssen. Il 9 novembre 1938, i seguaci di Hitler - che erano moltissimi - frantumarono le finestre dei negozi gestiti da ebrei, distrussero ed incendiarono le sinagoghe in tutto il paese, seminarono l’odio razziale e diedero inizio alla persecuzione massiva dei connazionali di origine ebrea, persecuzione che trovò la sua espressione più brutale nei campi di concentramento e di sterminio, dove morirono non solo milioni di ebrei di tutti i paesi europei, ma anche centinaia di migliaia di rom e sinti, omosessuali, comunisti e socialdemocratici. L’8 novembre 1989 eravamo riuniti, parenti ed amici, per celebrare i 79 anni di mia madre. Quattro giorni prima, sulla Alexanderplatz di Berlino, capitale della Repubblica Democratica Tedesca, s’era riunito mezzo milione di cittadini per esigere la fine del potere di un solo partito, SED, l’abolizione delle leggi che vietavano ai cittadini della RDT di viaggiare all’estero non-socialista, la libertà di creare associazioni libere di tutti i tipi e scopi, e tante altre cose, in due parole, un socialismo democratico. Il pomeriggio del giorno dopo il 9 novembre - si riunivano in casa mia una ventina di amiche, perché nel nuovo clima che si era creato nel nostro paese pensavamo di progettare la creazione di un’associazione di solidarietà che, utilizzando tutte le espressioni della cultura, voleva riunire le donne straniere residenti a Berlino Est in un centro interculturale di donne. Scritta la bozza degli statuti dell’associazione, siamo rimaste a chiacchierare, e verso le 22.00, ognuna è tornata a casa. Accesi la TV per vedere le notizie della sera e vidi un membro della direzione del SED che dava una conferenza stampa, ed alla domanda di un giornalista credo un italiano - sulle probabilità di un cambio nella legislazione riguardante i viaggi all’ la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 estero, quel signore mostrò un pezzo di carta, fece finta di leggerlo per la prima volta e rispose che da quel momento, ogni cittadino della RDT poteva viaggiare dove voleva e che le frontiere del paese erano aperte. Fu la famosa “caduta del muro” che altro non era che una reazione di panico del partito al governo davanti alle richieste dei manifestanti. Incapace di cogliere il senso di quelle esigenze, quel partito che aveva 2 milioni di iscritti preferì fare un passo che, a 24 anni di distanza, offriva su un vassoio d’oro tutto il paese, le sue fabbriche, i campi, le università ed i posti di lavoro degli abitanti del paese alla voracità dell’altra Germania, la Repubblica Federale Tedesca. Parecchi anni dopo, una giovane donna, laureata in fisica, exdirigente dell’organizzazione giovanile del partito governante della RDT, ma diventata nel giro di poche settimane una grande tifosa dell’unificazione delle due Germanie (che altro non era che l’annessione di una da parte dell’altra) diventò capo del governo della Repubblica Federale Tedesca. Si chiama Angela Merkel. ☺ [email protected] Rosanna Celano: donna cultura Passaggio d’autunno con fitte lancinanti al cuore. Eppure vivo e cammino spedita e il cric crac delle foglie sotto le suole delle scarpe mi fa compagnia, mi solletica le guance una brezza sottile e suonano per la mia gioia le campane adorate, soprattutto la volta del cielo, incantevole, mi sorride puntellata di luci per ogni dove e ogni luce è una promessa, cui voglio affidarmi. Luminoso e lieto domani sarà il mattino. Questa vita è stupenda, sii dunque saggio, cuore. Tu sei prostrato, batti più sordo, più a rilento… Sai, ho letto che le anime sono immortali. Anna Achmatova, tra le apostrofi al cuore che la poesia ci ha consegnato dall’inizio dei tempi quella che preferisco. Non osavo da un po’ la fatica della scrittura perché non osavo la fatica delle idee: scrivere stanca, è sfibrante a volte, nella misura in cui costringe a pensare, a lavorare le idee, a organizzarle in un sistema di senso. Specialmente lì sta il labor limae di oraziana memoria, io credo; la confezione di parole, frasi e nessi opportuni viene per immediata conseguenza. Mi capita nei periodi bui, di angustia esistenziale, quando le forze sembrano esaurite, di rinunciare a produrre idee e accomodarmi nell’inerzia e nell’automatismo della ricezione passiva; mi capita di chiudermi me tra me e cullarmi in seno ad una prigione di suggestioni negative e di ricordi nostalgici, sempre le stesse, sempre gli stessi. Mi arresto, allora, mente e cuore. Ma capita poi, fortunatamente mi capita, che di questa palude interiore a rischio di anossia mi stufo, perché sento in fin dei conti che non sono una monade apatica ed esclusiva e che la mia dignità, la mia ragione di elevazione, per dirla con Pascal, è anche nel pensiero mediato dal confronto col mondo e con gli uomini. Eccomi, dunque, che ho ripreso a pensare e a scrivere, con gran fatica, e a vivere, perché è bello e mi piace, costi quel che costi. Non so ben ridire cosa mi abbia ricacciato dal mio spleen melanconico; due eventi però mi hanno scosso l’animo dal fondo, mi hanno risvegliato dolorosamente e doverosamente alla vita: il naufragio dei tanti, troppi aspiranti immigrati africani a largo di Lampedusa al principio di ottobre e il recente incontro tenutosi a Campobasso coi genitori di Stefano Cucchi, il giovane romano “misteriosamente” deceduto a Roma, dopo un trattamento preventivo in un carcere e in strato di polvere Luciana Zingaro un ospedale dello Stato. Due eventi disparati in apparenza, ma che hanno suscitato in me emozioni e pensieri simili. Le decine e decine di corpi chiusi nel cellofan azzurro, stature diverse e volti, ovvero nomi e identità, vergognosamente coperti, sigillati per sempre, speranze abortite sul nascere; il dolore composto dei Signori Cucchi, il viso di lei come rarefatto dal gelo della sofferenza, quello di lui più morbido e pronto al pianto, e l’immagine solo suggerita dai signori Cucchi, ma così vivida nella mia mente del volto del figlio, il volto del figlio, irriconoscibile ai loro occhi in obitorio, tanto era straziato di lividi e rotture. Sono dovuta andare oltre la commozione estemporanea, perché non mi bastava; sono dovuta uscire fuori da me, che ancora vivo e respiro il primo pizzicorio autunnale, così saporito e stuzzicante; ho dovuto elaborare l’idea della morte ingiusta, della morte che non è esito naturale o accidente fortuito, ma che è frutto di sopruso e strategia di male; ho dovuto pensare che esistono i diritti della mia coscienza, certo, però anche i doveri della mia coscienza; ho dovuto pensare che io sono qui fortuitamente viva, perché al posto dei tanti profughi africani o di Stefano Cucchi avrei potuto esserci io - perché non?-, e sono colpevolmente viva, almeno fino a quando non avrò speso le mie energie e le mie parole, la mia presenza e il mio esempio di vita per additare e denunciare e contrastare per quanto mi è possibile lo scandalo di queste e altre storie di ingiustizia, tanto diverse e sempre uguali. Non posso barricarmi nel recinto della mia singola vita io, il cui diritto alla vita altri prima di me e con me hanno difeso senza risparmio della vita propria. “Sei parte in causa, non assolverti mai” mi sono andata ripetendo dopo l’incontro con i signori Cucchi, quando ho camminato un’ora a zonzo perché a casa proprio non riuscivo a stare e il cielo stellato mi pareva una meraviglia mai vista e mentre lo guardavo mi tornava in mente quel detto di Kant, che forse non ho mai capito o forse solo ora ho capito interiormente: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 crescente quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”. Tra le donne della mitografia tragica greca, Antigone per me giganteggia, l’ho sempre amata, la associo nell’aspetto ad Anna Magnani, con quella dignità tanto più altera quante più sono le strettezze della vita, con quel fare spiccio a coprire un eccesso di sensibilità. Nella omonima tragedia di Sofocle, Antigone oltraggia il decreto di Creonte, signore di Tebe, che vieta gli onori funebri al fratello di Antigone, Polinice, morto combattendo contro la patria; mossa dall’amore fraterno e convinta di compiere il suo più sacro dovere, seppellisce simbolicamente Polinice coprendolo di uno strato di polvere, quindi, accusata da Creonte, non rinnega la sua azione, anzi a fronte degli ordini di Creonte stesso si appella alla superiorità delle leggi non scritte e non mutabili, leggi né di ieri né di oggi, che vivono da sempre e afferma decisa di non voler esporre se stessa a condanna divina per timore di orgoglio di un uomo Penso ai marinai lampedusani, secondo la Legge correi di clandestinità per non aver assistito allineati e corretti alla morte di ulteriori profughi; penso ai genitori di Cucchi, cui la Legge ha tolto un figlio e che ora si battono perché mai più accadano violenze simili, non importa che Stefano comunque non tornerà a casa. Penso che la loro polvere è sacrosanta, come quella di Antigone, che io, che tutti, dovremmo riempircene i pugni. ☺ [email protected] 15 arte il segno e la forza Gaetano Jacobucci L’arte figurativa espressa nel disegno degli artisti delle botteghe di Oratino descrive una contrazione della carne e la sua metamorfosi. Contrazione e rilassamento, attraverso la tensione della distensione, quasi distorsione ritmica. L’immobilità è rappresentata come uno sforzo intenso di attesa o come negazione tensiva del movimento, paralisi in estensione impotente. La decorazione dà ai nudi una bellezza apollinea, monumentalità di fascino assoluto. Non è la forma modello che si incarna, spegnendo la vita mutevole e metamorfica della materia, ma l’emanazione inesauribile e mai finita del corpo naturale. Alla scuola dei Brunetti il movimento costruisce una nuova mentalità del corpo nudo, attraverso uno scivolamento continuo della materia carnale. Fluire sensibile dell’intera vitalità, musica e lirica, poesia e canto di antichi poemi sfociano nei repertori dei corpi nudi attraverso repertori di forme classiche. Nel contemplare antiche sculture le parti performanti danno al disegno un raccordo compositivo nel senso tradizionale del montaggio e della resa delle forze interne, che si traducono in una frenesia di moti febbrili, in cui ogni azione è irrisolta e ogni desiderio inappagato. Il “Fondo Giuliani” racconta la formazione culturale dei Brunetti, viva testimonianza di una sorta di tempo dei lumi ritrovato: l’eroico impresso nella carne. Volti e paesaggi Nei fogli sciolti e nei libretti si può cercare un progetto che transita tra temi di storia dell’arte, connesso tra pittura e scultura, paesaggio e natura morta. Il nudo canonico neutralizza l’espressività del viso riflettendo lo sguardo dell’artista, il viso si denuda o tutto il corpo si fa viso, dal nudo modello ai volti che esprimono la emotività passionale. Fasciare e sfasciare il corpo, coprire i volti con maschere primitive, tutto concorre alla rappresentazione del sentimento tanto da coinvolgere chi guarda a tenere tra le mani un corpo carnale. Il corpo spogliato si pone non isolato ma tende ad integrarsi nel contesto della natura o del paesaggio. La muta natura e i paesaggi portano un linguaggio dell’andare insieme verso la completezza delle forme: spirito e materia, vestiti o spogliati a seconda dell’evenienza. Dietro l’occhio dell’artista sta un pensiero, frutto di confronti e studi di maestri napoletani, ai quali gli oratinesi si rifanno, passando dal corpo all’occhio, così che la nudità reale c’è stata, e c’è ancora, come dimostrano le botteghe degli artisti, con figure, calchi e modelli. Lasciare i modelli muoversi liberamente, corpi in moto, con tratti rapidi da dare l’impressione di non guardare il foglio, hanno espresso il corpo come emblema dell’opera che rappresenta il corpo nell’arte. La posa idealizza il corpo, impedisce la messa a nudo e permette il passaggio al nudo. Nel passaggio dalla posa alla pittura, negli oratinesi, si può riscontrare una accurata ricerca anatomica in posa o in movimento nei vari personaggi vestiti dal colore. Gli schizzi e i bozzetti sono velati dall’ombra del chiaroscuro, lasciando l’osservatore come unico destinatario dei personaggi in posa. I committenti di opere, religiose o profane, potevano spaziare in scelte e tematiche le più disuguali dando all’artista la capacità di esprimersi alla perfezione. Idea e stile, tormento, patos, religiosità o impulso profano, diventavano linee guida nel gioco dell’esperimento con i modelli passati dai fogli in bozza alla esecuzione visiva nello sfolgorìo e brillantezza del colore. Oggi la tecnologia digitale accentua leggerezza e plasticità, e prolunga la libertà del tratto, nel gioco e nell’ esperimento con i simulacri del corpo, legando una potenzialità corporea, propria dei grafici contemporanei. Tornare alla bottega sarebbe l’ideale per rinvenire la genialità del sogno, e della realtà incantata, schizzata da una sanguigna, su un foglio paglierino da disegno. ☺ [email protected] CAMPOBASSO 16 la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 mondoscuola Nel momento dell’anno scolastico che, più di ogni altro, è ricco dell’ elaborazione di idee e progetti destinati all’ arricchimento dell’offerta formativa scolastica, ci piace oggi proporre ed illustrare, in questa rubrica, il tentativo di un’alternativa esperienza didattica in cui si è cercato di intrecciare - in prospettiva interdisciplinare - l’italiano, la storia, la geografia, le scienze naturali, la storia dell’arte, l’informatica: il tutto inserito in una proposta di turismo “locale” (ossia consapevole della ricchezza della propria terra), che mirasse alla conoscenza e alla valorizzazione del territorio regionale molisano, troppo comunemente “snobbato” da quanti lo considerano inadatto ad ospitare delle visite culturali di spessore. Stiamo parlando dell’esperienza intitolata “Paesaggi dell’anima. Il Molise nella pagine di Elvira Tirone”, attraverso la quale, qualche tempo fa, un gruppo di alunni dell’Istituto Comprensivo “G. Pallotta” di Boiano ha avuto l’opportunità di scoprire grazie ad un percorso letterario - un pezzo della propria storia e della propria regione. “Oltre la valle”, della scrittrice molisana Elvira Tirone Santilli - nata e a lungo vissuta a Capracotta -, è una deliziosa, lirica autobiografia che, stemperando nel sorriso i momenti più drammatici della storia personale della protagonista, ripercorre tutte le tappe principali del ‘900 molisano e italiano, dal ventennio fascista al secondo dopoguerra, sullo sfondo di un paesaggio poetico per sé e reso assolutamente indimenticabile dalla penna innamorata dell’autrice: l’Alto Molise. La lettura del romanzo, che ha accompagnato i ragazzi durante tutto l’arco dell’anno scolastico e ha dato modo di approfondire al meglio l’analisi del testo letterario come strumento per “godere” di più il testo non per farne un’autopsia di dubbia utilità -, si è conclusa con una visita “interattiva” ai luoghi in cui è ambientata la vicenda, in cui il romanzo ha costituito una sorta di “vademecum” in un cammino di ricerca e di verifica dei luoghi nominati e dei paesaggi descritti, sulle tracce dei tanti personaggi divenuti nel frattempo - autentici compagni di viaggio degli studenti. Un itinerario “emotivo”, insomma, che, a dispetto della frequente distrazione che accompagna i ragazzi durante le “gite”, li ha coinvolti e suggestionati in maniera insolita. All’imbocco del paese, la chiesetta tra storia e natura Gabriella de Lisio di S. Maria di Loreto - che nel romanzo è protagonista di una singolare scena di panico collettivo quando, nel settembre del ’43, si diffuse la notizia dell’arrivo imminente di un gruppo di tedeschi - ha costituito la prima tappa del cammino: qui, nel silenzio della cappellina, gli studenti hanno osservato il pregevole altare e la nicchia in legno dorato che custodisce la statua della Madonna, ancora oggi portata in processione presso la chiesa parrocchiale - al centro del paese - in settembre, ma solo ogni tre anni, durante una grande festa mariana che richiama i capracottesi da tutto il mondo. Interessante è anche il recente e suggestivo monumento all’emigrante - famosa è la definizione di “zingari” data ai capracottesi, a causa della loro capillare presenza in tutti i continenti - situato proprio di fronte alla chiesina, soprattutto perché ai suoi piedi vi sono incise le distanze reali di quel preciso punto da alcune città europee o d’oltreoceano che sono state mèta degli abitanti di Capracotta. Guerra, emigrazione, geografia delle culture, problemi relativi all’integrazione in comunità “altre” (un argomento quanto mai attuale), religiosità popolare, arte barocca e… testo narrativo. Ma c’è di più. Dopo la visita alla casa natale dell’autrice - oggi ristrutturata e occupata da altri - e alla cappella funeraria dei Santilli, dove la famiglia si rifugiò per tre giorni nel ‘43, insieme a molte altre, prima dello sfollamento - suggestivo è stato rileggere proprio in quella sede, come davanti ad ogni tappa, le pagine del romanzo che “toccano” quei luoghi - i ragazzi hanno ammirato lo spettacolo mozzafiato della vallata del Sangro dal belvedere della chiesa parrocchiale, esaminando per altro alcuni aspetti della tutela e della valorizzazione di quei beni ambientali e paesaggistici di cui tanto si parla oggi, specialmente in relazione alla politica di scarsa valorizzazione che ne facciamo nel Molise. Qui, nella vallata, bruciarono nel ’43 alcuni paesi incen- la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 diati dai tedeschi, in una danza di falò che viene drammaticamente ricordata dalla Tirone in una delle pagine più suggestive del romanzo. Infine, una puntata a Prato Gentile - un’immensa radura verde, teatro invernale dei campionati di sci di fondo - ha offerto agli studenti una pausa pranzo immersa nella natura e nel clima tipicamente montani, prima di scendere a visitare le macerie della fornace “Vallesorda”, dove lavorava il padre della scrittrice, presso lo scalo ferroviario di S. Pietro Avellana. Lungo il tragitto, l’imponente parco eolico nei pressi di Capracotta ha rappresentato uno spunto di riflessione sulla questione energetica attuale, sulla dibattuta diffusione dell’eolico selvaggio molisano, l’antropizzazione del paesaggio e quant’altro. Il ricordo di questa piacevole mattinata capracottese, spesa tra la storia e la natura, ha lasciato una traccia in una colorata presentazione in Power Point costruita dai ragazzi, in cui essi hanno documentato e illustrato con fotografie, didascalie e sottofondo musicale tutti i momenti salienti dell’itinerario. Che bello prendere… “in giro” il Molise con tanto rispetto. [email protected] mi abbono a la fonte perché moglie e bue sono corna tue! 17 libera molise don pino puglisi Franco Novelli Il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno, intorno alle 20.45, viene ucciso nel quartiere Brancaccio di Palermo padre Pino Puglisi - noto a tutti i palermitani col nomignolo di 3P . 3P viene assassinato con un colpo alla nuca, sparato da Salvatore Grigoli, in seguito pentitosi e divenuto collaboratore di giustizia, con una pistola, calibro 7.65, munita di silenziatore. Gaspare Spatuzza, anche lui in seguito collaboratore di giustizia, che fa parte del “gruppo di fuoco”, nel buio della strada, alle 20.45 circa, gli afferra il borsello e sotto voce gli sussurra: “Padre, è una rapina”. 3P ha appena il tempo di rispondere, sorridendo, “Me l’aspettavo” che Grigoli alle sue spalle gli spara sotto l’orecchio sinistro, facendolo cadere supino. È quella del 1993 un’estate molto calda e piena del sangue delle stragi mafiose a Roma - San Giovanni in Laterano e San Giorgio a Velabro -, a Firenze - Via dei Georgofili -, a Milano - Via Palestro… È l’estate del 1993 successiva a quella nel corso della quale muoiono Giovanni Falcone (con la moglie, magistrato anche lei, Francesca Morvillo), Paolo Borsellino e gli uomini delle loro scorte. Nel 1993 Berlusconi organizza Forza Italia che - lo apprendiamo anche dai processi succedutisi in questi venti anni - sostituisce la DC di Giulio Andreotti, di Ignazio e Salvo Lima come punto di riferimento per la mafia siciliana. È il 1993, e la “trattativa” fra lo Stato e la mafia ha già avuto inizio da un anno e questa “trattativa” è una ferita ancora aperta, molto dolorosa, dai contorni pieni di complessa ambiguità, inferta alla vita democratica del nostro Paese; e la cicatrice ancora non si è formata… Ma qual è (stato) il motivo scatenante dell’assassinio di questo sacerdote mite, sereno ma rigorosamente impegnato nella quotidianità di servizio nella sua parrocchia, del suo apostolato sacerdotale in genere, del suo impegno civile al fianco di quanti soffrivano o erano gli ultimi della società civile? Dalle indagini è emerso il motivo 18 vero della fine violenta di 3P, cioè la sua attività pastorale ed evangelica e la sua severa contrapposizione al clima di terrore, al regime di sopraffazione, di violenza gratuita e infine di morte che la mafia impone, comunque, a quanti diventano suoi succubi e di conseguenza complici. Padre Pino Puglisi, oltre a esprimere avversione e a dare fastidio ai boss di Brancaccio, i fratelli Graviano, e a quanti erano a loro legati da affari illegali e loschi, rappresentava agli occhi di Cosa Nostra e alla luce dello stragismo collegato con Leoluca Bagarella un obiettivo concreto e percepibile di intimidazione alla Chiesa siciliana e al suo crescente e progressivo impegno nella lotta a tutte le mafie. Viene colpito 3P per dare un segnale di forte intimidazione alla Chiesa romana e questo da quando, il 9 maggio del 1993, il pontefice Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi ad Agrigento ha scagliato il suo violento “anatema” contro la mafia e la cultura della violenza e della illegalità che essa rappresenta e conclama. In quel periodo a Palermo si diceva che padre Puglisi con la sua attività al Centro di accoglienza Padre Nostro in via Conte Federico potesse nascondere persone non controllabili - per l’andirivieni del Centro dalla mafia; che 3P fosse sospettato dagli ambienti mafiosi vicini ai fratelli Graviano di la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 ospitare “sbirri” che in questo modo potevano controllare i movimenti di quanti stavano coprendo, salvaguardando, la latitanza di boss feroci e spietati, come appunto erano i fratelli Graviano. Di qui, il Centro di accoglienza Padre Nostro, fondato da 3P, doveva non esistere più, allo scopo di eliminare un potenziale pericolo alla latitanza dei Graviano. Dal momento che la mafia aveva bisogno per la sua quotidiana operatività di pianificare il regime di sicurezza per sé e per i suoi adepti, essa esigeva l’annientamento di tutti coloro che si impegnavano nella costruzione di un argine civile alle illegalità di ogni tipo, alla prassi della violenta sopraffazione, a quella della deroga da qualsiasi regola, a quella della diffusione abnorme del clima di illegalità su cui Cosa Nostra alimenta il suo potere e la sua capacità di eliminazione di ogni ostacolo. Di qui, l’esecuzione - il 15 settembre, alle ore 20.45 circa, di 3P da parte di quel “gruppo di fuoco” (Antonino Mangano, Gaspare Spatuzza, Cosimo di Nigro, Luigi Giacalone, Salvatore Grigoli) che nello stesso anno si rende protagonista di azioni stragiste, come quelle di Roma, di Firenze e di Milano. E Milano forse è l’anello che manca al processo contro gli assassini e i mandanti della violenta morte di padre Pino Puglisi. Infatti, non è a Milano che i fratelli Graviano sono stati arrestati, mentre mangiavano in un lussuoso ristorante del centro? Sì, proprio lì, nella capitale lombarda del debole e esangue capitalismo italiota! A questo punto qual è la considerazione amara che ricaviamo dall’assassinio di 3P, da poco, dal mese di maggio di quest’anno, conclamato dalla Chiesa “Beato”? Deduciamo un dato semplice ma essenziale, che, se lo Stato e la Chiesa fossero stati vicini e solidali con 3P più di quanto non abbiano fatto, probabilmente la sua morte violenta si sarebbe potuta evitare. Ma questa è un’altra storia che esiste solo nella sua virtualità, e perciò nella sua assoluta inconsistenza. Difatti, 3P è morto, le stragi ci sono state con le loro decine di morti innocenti, lo Stato ha condotto la trattativa di “resa” con Cosa Nostra, la nostra democrazia e la nostra economia (ma su questo torneremo!) sono nelle mani di mafiosi, alcuni dei quali, eletti dal popolo, siedono ancora nel nostro Parlamento. ☺ [email protected] terzo settore Stiamo attraversando una fase storica di default. Parola che ricorre frequentemente sui giornali e sulla bocca di politici e tecnici del nostro tempo. E non c’è giorno che non ci vengano rilanciate immagini, voci e numeri sulla crisi che ci investe. Non c’è paese che non ne sia colpito, salvo quelli che hanno scelto di collocarsi in un angolo di stretta riserva o altri che hanno consolidato salde mura a confine tra loro e l’intero mondo per evitare il contagio con nazioni e popoli colpiti da un male che non lascia spazio a segnali di ripresa. Anche se piccolo e racchiuso in uno spazio ristretto, e per molti angoli guarnito da frontiere naturali che segnano e danno risalto ad un territorio anche avvincente per bellezza e storia, il Molise non si distingue e non si riscatta dai contagi che gli procurano altri contesti del contorno italico, come pure da un mondo più vasto segnato da modelli di cultura, di economia e di vita che nulla hanno a che vedere coll’antico modello di sobrietà e di eticità che ha segnato luoghi e popoli strettamente radicati alla loro terra e ai valori dei padri. Sogni…? Forse. Anche allora si inquinavano contadini, artigiani e l’intero popolo. Ma su questa terra, nel periodo prerisorgimentale si registrò la nascita di una società civile di alto tono che riuscì anche ad alimentare il fenomeno di un brigantaggio che sottraeva i beni ai signori per ridistribuirli alla povera gente. Anche in questi tempi si registrano testimonianze di intellettuali e gruppi di cittadini che hanno il coraggio di denunciare il degrado politico che ha invaso il mondo moderno e non si fanno problema nell’ asserire con determinazione che “mentre in passato le dittature hanno rinfocolato la passione per la libertà, le democrazie l’hanno spento” e, a seguire: “il secolo della democrazia, che in guerra vince la dittatura, in pace non dà la libertà”. Il pensiero di Mario Tronti, espresso con forza in un recente saggio si applica al tempo che stiamo vivendo e che ci fornisce giorno dopo giorno il quadro di un “pensiero paralizzante” che trova quotidianamente conferma in un sistema di informazione reclusa nel gusto del clamore che si fa carico solo di eventi chiassosi, per lo più cronaca nera, solo per far clientela asservita all’ascolto passivo degli accadimenti di ogni giorno. Ma siamo quasi privati di un’informazione che va a scovare eventi e documenti che fornisca- segnali di rilancio Leo Leone no al cittadino la chiave interpretativa che promuove la corretta conoscenza di fenomeni ed episodi di corruzione e di malaffare che infestano la società. Siamo in qualche modo asserviti ad una politica che non fornisce opportunità per la presa di coscienza di una democrazia garante di libertà e di salvaguardia dei diritti. Chi ci prova rischia l’emarginazione, la perdita di lavoro o ben altra condanna… da parte di soggetti e gruppi che acquistano e assicurano poteri e denaro per vie illegali minacciando vendetta e anche morte. Perché non promuoviamo lo spirito critico e la coscienza etica di figli e alunni ricorrendo alle testimonianze di Milena Gabanelli e Roberto Saviano? È di questi giorni una chiara denuncia delle responsabilità delle stesse istituzioni nei fenomeni di grave inquinamento in diverse regioni d’Italia con conseguenze drammatiche circa la diffusione di gravi rischi che insidiano la vita dei cittadini. Sono stati prodotti da organizzazioni malavitose che dalla Campania al Piemonte riescono a distribuire prodotti ad alto indice di rischio per gli abitanti delle zone infestate. Il Molise non la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 ne è immune. Emergono chiari episodi di tale fenomeno che segnano drammaticamente il malessere in regione, a partire da Venafro, e che si estendono fino alle zone della nostra riviera adriatica. Si posseggono chiari indizi di connivenza di molisani, anche proprietari dei terreni utilizzati, collusi nelle infami tresche delle cosche per ricavarne copiose rimunerazioni. La stessa cosa si è registrata per quanto riguarda la diffusa presenza di pale eoliche che forniscono notevoli compensi in euro ai proprietari terrieri ma anche ai municipi. La regione Molise ha fatto registrare il più alto indice di pale eoliche rispetto all’intera Italia. Occorre adoperarsi per ridare vita alla polis partendo dal basso. Lo sviluppo autentico si ottiene con la promozione della coesione sociale. Ma si rintracciano anche oggi politiche nate dal basso, alternative al malgoverno. In Gran Bretagna, ad esempio, si registra una poderosa rinascita di imprese sociali che coinvolgono numeri significativi, circa un milione di persone, che producono un capitale sociale di grande spessore sul piano del lavoro e della moneta che si aggira intorno a una quota di 20 miliardi. E non è da meno il segnale di crescita, anche in Italia, di istituzioni non profit con un indice di + 28% rispetto al 2011. Da questi segnali occorre prendere inventiva e determinazione per un nuovo modello di polis che è determinata a dare, essa sì, segnali di rilancio e sostegno a un modello di governo antico, e sempre da riproporre, che si fonda su una democrazia che va promossa e difesa dal popolo. ☺ [email protected] 19 spazio aperto amore e odio Sabrina Del Pozzo Ed il nostro paese piangerà sempre di più e continueremo a non essere liberi se questa stessa gente avrà bisogno sempre più di piegarsi al potere dei forti quasi con vergogna ed imbarazzo ma molte volte costretta (?) a farlo. Mi viene una rabbia, pari a quella stessa che mi induce a dichiarare il Molise morto. Caro Francesco ho pensato mille volte a cosa risponderti (mi riferisco all’articolo di Francesco De Lellis dal titolo il Molise è vivo). Non condivido tutto di ciò che hai affermato ma l’essenza delle tue parole in fondo sì, la voglia di crederci sempre, la voglia di lottare per un qualcosa che in fondo è tornato ad uno stato embrionale e che forse un giorno con un parto di durata superiore sicuramente ai nove mesi può tornare a nuova vita. Come affermava un grande storico, filosofo, scrittore e politico italiano di nome Benedetto Croce “Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di più gente onesta’’. Che forte affermazione, non trovi? Quando affermo che il Molise è morto è a questo che in parte mi riferisco. Tu mi dici di ripeterti mille volte che il Molise è vivo ed è da questa affermazione che parti con le tue lotte; io mi ripeto che il Molise è morto ed è da questa affermazione invece che partono le mie. Ti sembra che io, insieme alle persone che la pensano come me, mi arrendo oppure provo un’impresa (rivoluzione? Come affermato da te) ancora più ardua? Non ho mai pensato di fuggire alle prime sconfitte, dopo anni invece sono rientrata tra lo stupore di molti consapevole che avrei trovato un campo di guerra davanti ai miei occhi. Non mi chiedo mai ‘ma io cosa ci 20 faccio qua’? È la mia terra e soltanto per questo non è poi così strano che io mi ci ritrovi. Si lotta forse partendo da punti di vista differenti ma con gli stessi obiettivi. Quando sposo l’affermazione di cui sopra, permettimi però non di arrendermi ma di arrabbiarmi e di vivere momenti di sfiducia, proprio perché è in quei momenti che mi fermo e realizzo che dura lotta spesso portiamo avanti e quanto tempo bisogna attendere perché crescano persone più oneste, ma senza fermarsi mai perché speri quanto meno che più gente possibile capisca e condivida le tue imprese (hai citato anche la fonte quale esistenza di un ottimo esempio in tal senso e ovviamente condivido). Ti chiedevi se poi davvero altrove le cose vanno molto meglio. Per alcuni aspetti sì, per altri forse meno ma del resto mi riferisco soltanto alla mia esperienza personale. Scusami però ma io non me la sento di affermare che la mia regione è un esempio di regione viva, non più o forse non ancora. Potremmo avere e mirare a coscienze (cum-scire, sapere insieme) più unite ed intellettualmente più elevate. Mi auguro di poter un giorno dire che il nostro Molise è vivo e lo sarà quando non sentiremo soltanto lamenti di giovani e vecchi; quando le persone capiranno che davvero con una parola di ognuno qualcosa cambia; quando tutti non avranno sempre paura di esporsi perché avranno altre mille persone pronte ad appoggiarli e quindi tutti insieme non vivranno la paura di perdere, chissà magari un lavoro o altro. Sarò felice di affermare che la mia regione è viva quando sarò libera ad esempio anche di sentirmi male e non per questo rischiare di morire perché nessuno mi può operare a causa del dramma assoluto della nostra sanità o quando smetteremo di far finta di non sapere la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 molte cose, da qualche giorno si parla molto di grossi camion con rifiuti tossici che percorrono anche il nostro Molise. Ma davvero nessuno lo sapeva? Perché se ne parla soprattutto e forse soltanto sui social network? Perché di alcune cose se ne parla così poco? Mi rendo conto di oscillare tra un estremo utopistico e un estremo realismo, pari proprio ad un amore e odio per la mia regione. ☺ [email protected] post sisma a bonefro Mentre si chiede con forza e determinazione la ripresa dei lavori di ricostruzione nel contempo si esige: - che venga rifinanziata, come verbalmente promesso dal presidente, la legge per l’agevolazione delle bollette elettriche di quanti abitano nel villaggio prefabbricato; - che si garantisca il collegamento del villaggio con il paese; - che si continui a erogare l’autonoma sistemazione a quanti sono fuori casa; - che si individui una soluzione politica per il rientro in paese di quanti soggiornano nelle fatiscenti casette di legno nel villaggio prefabbricato. società i colori dell’autunno cupidigia e morte Giulia Di Paola Grigio sopore del quartiere nei mattini d’autunno. Tenue la luce sulla strada e le ombre risucchiate dall’asfalto. Neri volano sul manto di nubi stormi di uccelli migratori. Ferrigno l’umore del mare dai riflessi d’acciaio. Fuori sulle colline gli ultimi colori dell’estate. Il rosso e il giallo dei pampini fanno tappeti fiammeggianti sui nudi legni dei vigneti. Intorno sparsi i campi arati nei vari toni di bruno. Poi il verde cupo della boscaglia che va sfumando, di colle in colle, verso l’orizzonte lì dove i monti si sfaldano in cortine di foschia. Autunno, portale dove sfilano immagini di una natura che si spegne. Assorte armonie tra il rigoglio dell’estate ed i rigori dell’inverno. Cuore della stagione novembre, brumoso e silente quando, tra i marmi dei cimiteri, nel decoro amorevole di fiori e ceri, rimontano i ricordi di coloro che più non sono. Lina D’Incecco mi abbono a la fonte perché ride bene chi ha i denti Il Vajont è stata una catastrofe che si sarebbe potuta evitare e che è rimasta sostanzialmente impunita. In occasione dell’anniversario ho avuto modo di vedere film e filmati su quel dramma e non ho potuto fare a meno di rilevare alcune analogie con disastri più recenti. La colpa principale è sempre la cupidigia. Se gli interessi economici si fanno sentire molto più della voce della natura, e persino dei popoli, è inevitabile che ci saranno centinaia di persone condannate a morire per gonfiare le tasche di pochi faccendieri arrivisti. Certamente starete obiettando che la cupidigia non è reato e quindi non è punibile dal sistema giudiziario. Le sue conseguenze, invece, possono connotare colpevolezza. In realtà accade che il ladruncolo finisce certamente in carcere per aver rubato poche centinaia di euro, coloro che invece distruggono l’ambiente per cementificare dove gli conviene o per realizzare discariche abusive che avvelenano l’uomo e la natura il più delle volte la fanno franca. Ma chi ha prodotto maggiori danni? Nella vicenda dei Vajont si è preferito restar sordi ai pareri dei tecnici, alle denunce dei cittadini, al brontolamento del monte e alle sollecitazioni del terremoto. Un comportamento che mi è sembrato molto simile a quanto accaduto all’Aquila dove mesi e mesi di scosse di avvertimento non hanno fatto scattare l’allarme e lo sghignazzare della cupidigia si è manifestato in tutta evidenza nella famigerata telefonata post sisma. Sul terremoto del 2002, specialmente su questo giornale, si è già detto tanto. La morte di quei bambini e della loro maestra forse si sarebbe potuta evitare se solo la scuola, così come le altre case, non fosse crollata su se stessa. Ma la cupidigia, anche in Molise, si è manifestata soprattutto dopo il terremoto e se ne pagano ancora le conseguenze con una ricostruzione che avanza alla velocità delle ere geologiche. Nella successiva alluvione che trasformò in putrida pozza la foce del Biferno e tutti i terreni circostanti, più che la cupidigia poté la pigrizia. Benché la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 l’allerta fosse giunta in tempo nessuno si prese la briga di far evacuare abitazioni e stabilimenti in pericolo. Lucrare sui materiali, risparmiare sulla sicurezza, guadagnare sull’improprio smaltimento dei rifiuti nocivi è causa di morte. Chi si arricchisce con questi mezzi quasi sicuramente lo sa, ma preferisce ignorarlo perché la sua coscienza risponde al dio Denaro e alla propria bramosia. La storia non può che ripetersi se i comportamenti umani non registreranno un’inversione di tendenza, un’inversione a U. Troppa leggerezza, bramosia e impunità nella politica, nell’economia e persino nei comportamenti di ogni giorno che nel salvaguardare il piccolo interesse di oggi non ci si rende conto del disastro che si sta preparando per il domani. Il nodo è proprio questo: non si investe più nel futuro, si vuole tutto e subito. “Domani, Dio pensa!”. No! Dio ci ha creati custodi dei fratelli e del creato, altrimenti che scopo avrebbe la vita? Accumulare ricchezze? Quanto sia pericolosa la sete di denaro è un dato che la storia dell’uomo ha sperimentato da sempre e, sperando di non essere blasfema, mi piace credere che persino nella sua passione Cristo abbia voluto che il tradimento di Giuda fosse pagato in moneta (e non con una carica istituzionale o altro elemento di corruzione) come ultimo estremo monito contro le facili ricchezze e le loro tremende conseguenze. Giuda decide di pagare con la vita, la sua, l’errore commesso. Noi ci stiamo abituando a lasciare impuniti coloro che per sete di ricchezza provocano la morte altrui. ☺ [email protected] 21 spazio giovani parole pensate Mara Mancini “E mentre brucia lenta questa sigaretta...” si potrebbe immaginare che anch'essa stia vivendo e che, come noi, prima di noi, diventerà cenere. L'inizio segna già la fine; tutto arriva, tutto passa; nulla è definitivo. Alzando lo sguardo, le nuvole di fumo si uniscono con quelle del cielo, e quello che hanno in comune è il non poterle afferrare. Pensando agli aerei che attraversano le nubi, potrei paragonarle alle parole. Le parole sono come le nuvole. “Le parole sono fonte di incomprensione”, si legge ne Il piccolo principe. E il mio prof. di diritto, in una sua lezione, mi rimanda a questa frase. Quello che comunemente chiamiamo lessico è, spiega, un complesso di termini espressivi che evocano concetti, fatti, situazioni. La parola, invece, sintesi verbale di una descrizione, di un concetto, ha un'efficacia evocativa, una capacità evocativa che diventa manifesta soprattutto quando evoca cose astratte. Altrimenti come spiegare l'amore, la sofferenza, ecc.? Ogni parola ha un suo significato, e i significati sono diversi da persona a persona; può non evocare sempre la stessa cosa, perché essa può assumere o esprimere una pluralità di significati. Infatti il docente spiega che usando sinonimi, spesso si parla in modo scorretto o sbagliato. Il linguaggio comune è un linguaggio generico, vago. É per questo che egli pretende da noi un rigore terminologico. Ma le parole sono vere? Bisogna credere alle parole? “Parole, parole, parole...” cantava Mina ad un Alberto Lupo che cercava di convincerla nuovamente di promesse non mantenute in precedenza. Le parole sono come le nuvole... E le nuvole, sono vere le nuvole? Il fatto che non si possano toccare con mano, non implica che siano false. Si vedono, ci sono, esistono. Ma dipende dai punti di vista, proprio come le parole. Volendo usare l'espressione di questo mio insegnante, potremmo parlare di “universo di parole”, che probabilmente andrebbe confrontato con l'universo interiore di chi pronuncia una parola, una frase, un discorso; confrontato con lo stato d'animo della persona in questione, con il carattere, con il tono, con il timbro di voce. Una parola ha un signi- 22 non torna indietro, così come le parole espresse che non si possono revocare. Pensiamo bene, pertanto, alle parole che stiamo per pronunciare, prendendo tempo e in considerazione la persona a cui le rivolgiamo: la leggerezza con la quale si usano potrebbe portare tanta pesantezza nel cuore e nella mente di chi ci si rivolge. Magari un giorno lasceremo in pace le ricerche sul cosmo (non vedo cos'altro ci sia da capire) e la curiosità potrebbe spostarsi verso l' universo di parole a noi sconosciuto. ☺ ficato preciso circa la persona che la pronuncia e il momento in cui se ne serve. Una stessa parola cambia il suo significato, anche in un arco di tempo limitato, come una nuvola che, guardata per un certo tempo, ci sembra cambi forma, assume un aspetto che pian piano si converte nuovamente. [email protected] Le parole sono come le persone, “tante maschere e pochi volti”, sosteneva mi abbono a Pirandello. Allora, giacché alcune persone cambiano, si può dire che siano false? Le perla fonte sone cambiano per determinate situazioni, per perché da quando abbiamo determinati incontri, per determinate trappole. il governo dei fatti Il cambiamento non è falsità. Le trappole sì, i carabinieri cercano il pusher ingannano: si presentano in un modo, poi si rivelano essere altro. Ma non perché cambiano, sono sempre XII. state così. Nelle persone, invece, La miseria della miseria Italia numero dodici è una continua pretesa, una relati- la testa in fiamme la sterpaglia va sfiducia, determinazione e dalla festa dei pensieri paglia che disperazione, avventure, espe- avvampa brucia fra braci di fumo. rienze, una serie di sentimenti Si consumano notizie mescolate al ricordo che si incrociano e prendono di vecchie età strade diverse, un continuo vive- l’armamento sul carro della vita in corsa re. Le parole sono come le perso- è spazio di fresca primavera. ne: non sono fatte per restare da Altrove polvere sollevata dall’auto nella strada di campagna sole: meglio un “addio” o un odora di mele mentre il merlo s’allontana “vado ma, chissà, magari torne- stride forte a filo dell’erba lungo il mare rò”? Sono fatte per non essere siepi siepi siepi di oleandri abbandonati e mai capite fino in fondo perché pini scavezzati dai venti secolari camminano a terra. nascondono la stessa storia di chi Può la morte ordire il suo acuminato massacro le pronuncia, e se sono fonte di ridurre in cenere il delfino incomprensione è solo perché ad il vascello in fuoco una stessa parola ciascuno dà un la sovrastante nuvola in ciclone e suo significato, una sua interpre- travolgere la vita? Il fervore trascinato in gorgo tazione, una sua spiegazione. Le parole sono come il l’esistente in un attimo è scomparso vento: “verba volant”, direbbero giovinezza è il ricordo poi sull’occhio ottuso i latini. Sono un uragano a volte, del cielo interminabile di tetti e ciò che abbattono è la nostra e alla fine dimenticare la tomba certezza, la nostra felicità, quello dei vecchi eroi? che, come tante case da esso Quante primavere gli uomini fuggitivi distrutte, abbiamo impiegato del abbandonano alle giovani ali che arrivano portate dal garbino? tempo a costruire. E ci rendiamo Si può considerare l’opportunità di non rassegnarsi conto di quanto scombussoli un bruciare il carro del vincitore cambiamento, anche in un istan- anche le nostre bandiere. te. Perché le cose inaspettate Per favore. Roberto Roversi Da L'Italia sepolta sotto la neve. sono quelle che turbano di più. Parte quarta [I/XXX] Trenta miserie d’Italia Le parole sono come un treno a cura di Loredana Alberti che quando arriva a destinazione la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 incontri letti e riletti Nel 2011 Alessandro Baricco elencò e commentò i cinquanta libri più importanti dei precedenti dieci anni della sua vita. Tra questi annoverò un piccolo libro della Codice Edizioni che in realtà è la trascrizione dell’intervento di due scrittori (o intellettuali che dir si voglia) alla Biennale Democrazia di Torino del 2009. I due scrittori sono Antonio Pascale e Luca Rastello e il libro è intitolato Democrazia: cosa può fare uno scrittore? Chi segue in maniera attiva, o addirittura prende parte in prima persona, anche solo tra i propri amici, ai dibattiti più appassionati e appassionanti della contemporaneità (globalizzazione, biologico, inceneritori, immigrazione, ecc.) deve assolutamente leggere questo libro. Ma deve mettere in conto una certa dose di spiazzamento. Perché Pascale e Rastello, all’interno di una più generale discussione sul ruolo degli intellettuali nei processi di formazione e sulla piega che ha preso il sistema “comunicazione” nel complesso, sono bravissimi a mettere a nudo le debolezze delle argomentazioni che una certa stampa, ma anche una certa opinione pubblica, che potremmo definire progressiste e critiche, utilizzano per sostenere la propria visione del mondo. È uno smantellamento epistemologico quello compiuto dai due scrittori: essi infatti non entrano nel merito delle posizioni (che verosimilmente condividono in buona parte) ma evidenziano i limiti dialettici e la scarsa correttezza intellettuale del sempre più diffuso ragionare per slogan e luoghi comuni che non si sanno argomentare. Insomma, sempre più spesso ci comportiamo più come tifoseria che come coscienza critica e, alla fine, prende il sopravvento il talk-show al quale ciascuno di noi sogna di partecipare. Con buona pace della vera funzione che dovrebbe avere ogni confronto di idee: mettere a disposizione i propri argomenti per la crescita comune. Felice Di Lernia [email protected] Non è difficile entrare in sintonia con Mol(is)eskine (Ed. Filopoli, www. filopoli.com), l’ultima fatica di Giuseppe Tabasso (Campobasso 1926), giornalista, scrittore e… molisano “recidivo” come lui ama definirsi, perché egli ci conduce per mano in storie vere che appartengono ai suoi vissuti, alla sua memoria, alle esperienze del suo mestiere e lo fa da giornalista che non si lascia catturare dalla parola o da suggestioni letterarie ma fa parlare i fatti, la vita; ne esce un godibile affresco di ambienti, situazioni e personaggi della quotidianità o di spessore artistico, intellettuale, etico… che l’autore delinea con un linguaggio limpido, preciso e sobrio, senza enfasi o retorica, tessendo il suo amarcord su una struttura compositiva dove l’autobiografia si dilata in una biografia collettiva venata non di inutile nostalgia per ciò che è stato e per come eravamo, ma di affettuosa ironia e di caparbia fede nel domani. Nella convinzione che non esistono vite insignificanti, queste pagine elevano un vero e proprio inno ai diari. Tutti dovrebbero scriverne uno; ognuno nel suo piccolo dovrebbe provare il piacere e il dovere di raccontare e raccontarsi per dare una dimensione pubblica al proprio privato, per testimoniare, per difendere dall’oblio ascendenze, discendenze e memorie nazionali, locali, familiari e personali. La veste grafica del libro (ideata dalla succitata casa editrice di Gian Mario Fazzini), si rivela chiara e riposante nel carattere della scrittura e nella spaziatura; la copertina, inusuale e accattivante richiama il classico - e quasi omonimo taccuino della nota marca Moleskine, nella versione nera, con fascia arancione o verde, tasca interna portanote, chiusura elastica… che si può consultare saltando da una pagina all’altra senza perdere il “filo” della lettura. Vale la pena leggere questo Mol(is) eskine, innamorato abbraccio alla vita e a coloro che ce l’hanno resa degna d’essere vissuta. Carolina Mastrangelo Con Fides, don Elio Benedetto giunge al terzo CD che segna una tappa nel suo itinerario cantautorale. Ci sono delle costanti nella sua produzione ed anche delle perle che luccicano di novità. Una costante certamente è lo scrivere testi ispirati alla Scrittura e alla Liturgia fino ad aprirsi alla spiritualità vera e propria attraverso - come in questo caso - testi di S. Agostino, Bernardino da Siena, Rosmini: il tutto rivisitato con fine sensibilità poetica e spirituale: un’operazione per nulla scontata, ma che in Fides trova nuova maturazione e autorevolezza evidenti. Il Cd contiene anzitutto il canto “Vieni”, invocazione allo Spirito; “Vedrai” canta la vicenda del cieco nato; mentre in “Sete di te” il dialogo si sposta al pozzo della samaritana; “Dio, Dio, Dio” è un originale ed ispirato testo di Rosmini; “Solo il suo nome” è un nuovo modo di riproporre le giaculatorie; “Tenero è il tuo cuore” è l’inno mariano del Cd; “Tardi ti ho amato” presta note al famoso testo agostiniano che non conosce tramonto; “Eternamente tu” evoca ogni vera canzone d’amore dove il ‘persempre’ è parte integrante del presente; “Via Verità e Vita” e “Sete di te” sono tra le più belle canzoni della raccolta. R. M. [email protected] la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 23 economia la cassa delle beffe Nel consueto oblio degli organi di (dis)informazione nazionali, ha preso avvio, da alcuni mesi, il Forum per una nuova Finanza Pubblica e Sociale. Come ci ricorda l'esperienza referendaria per la ripubblicizzazione dell'acqua, l'iniziativa non nasce in modo improvvisato, ma è stata costruita da incontri, riflessioni, assemblee dal basso. Ricordiamo per tutte quella del Teatro Valle a Roma nel febbraio 2013 e l'avvio del Forum, infine, il 13 aprile scorso in una affollatissima Assemblea a Firenze cui hanno partecipato movimenti, realtà territoriali, organizzazioni politiche, sindacali, ecclesiali fra le quali Pax Christi che ha aderito ufficialmente. Obiettivi del Forum sono: 1) definanziarizzare la società attraverso la campagna per l'inchiesta popolare sul debito pubblico (audit) 2) la riappropriazione della ricchezza sociale, attraverso la socializzazione di questo enorme salvadanaio pubblico (12 milioni di famiglie che depositano i propri risparmi alle Poste) che è la Cassa Depositi e Prestiti. Cassa Depositi e Prestiti (CDP ) nasce nel 1850 come Ente dello Stato e come tale ha operato fino alla data fatidica del 2003 (governo Berlusconi). La sua funzione, una funzione pubblica, dunque, era quella di raccogliere i risparmi postali dei cittadini e di utilizzarli per finanziare a tassi agevolati (ben inferiori a quelli richiesti dalle Banche) gli investimenti degli Enti Locali. Concretamente: quegli investimenti pubblici che concorrono a migliorare la vita dei cittadini: strade, scuole, ecc. Attualmente CDP detiene il risparmio di 12 milioni di famiglie per un totale di 225 miliardi di euro (tutte le banche private del paese valgono 60 miliardi circa...). Nel 2003 CDP cambia pelle: diventa una SPA, con il 70% detenuto dal Mi- 24 nistero del Tesoro e 30% da 66 Fondazioni bancarie. Con l'anomalia tutta italiana, che pur detenendo il 30% le Fondazioni hanno una presenza maggioritaria negli organismi di governance della CDP. Concretamente: decidono. Da quel momento CDP entra in tutti i settori dell'economia del paese e su tutto il mercato finanziario internazionale, continuando a operare con un bilancio separato da quello dello Stato (riuscendo così a non violare le normative europee). Molte cose sono cambiate con questa trasformazione: l'obiettivo principale ora per CDP è produrre utili, con buona pace delle finalità pubbliche di sostegno agli enti Locali. Per i cittadini risparmiatori, invero, il risparmio viene remunerato con l'1,5%, alle Fondazioni vanno utili superiori al 10%. Con l'entrata delle Fondazioni CDP è di fatto, ora, una banca, anzi una merchant bank con accesso al vasto mercato degli investimenti degli enti locali (prima, come si è detto, precluso alle banche). A questo punto ci chiediamo: 1) come possono enti di diritto privato (SPA) e soggetti di diritto privato decidere per l'interesse generale? 2) si può lasciare decidere la strategia industriale di un paese a società private, libere di perseguire i propri interessi e senza alcun vincolo? 3) si può lasciare che le priorità di intervento nel sistema economico del nostro paese siano decise fuori dal parlamento e che i mezzi per perseguirle escano dal controllo pubblico? La trasformazione di CDP in SPA confligge con la sua natura. Se più dell'80% delle entrate deriva dal risparmio dei cittadini, essi devono avere diritto alla informazione e diritto di partecipazione alle scelte . Se per un secolo e mezzo la destinazione dei nostri risparmi agli Enti Locali (il livello di governo più vicino ai cittadini e alle loro esigenze) era scontato, ora nasce una questione di democrazia: i cittadini devono avere voce sulla destinazione dei soldi prestati e partecipare alla scelta degli investimenti da intraprendere, anche ponendo vincoli di destinazione a finalità sociali e la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 ambientali. La Campagna è aperta, le iniziative che si possono intraprendere sono diverse, per il secondo fine settimana di novembre è indetta una tre giorni di iniziative varie (dal volantinaggio di fronte alle Poste ai flash mob in strada, incontri con i lavoratori delle Poste, ecc.) in ogni regione vi sono gruppi che aderiscono alla campagna, in Molise Pax Christi è ovviamente fra questi. È importante precisare che dalla nascita del Forum il 13 aprile scorso ad oggi le due campagne cui accennavamo sopra sono partite, in effetti, sui territori, anche se a diverse velocità, per così dire, seguite da una fisiologica interruzione estiva. In Molise e Abruzzo vi sono stati varie iniziative, alcune hanno precorso i tempi: all'Assemblea Nazionale di Pax Christi a Termoli, infatti, il 26 aprile 2012 in una bella conversazione fra Marco Bersani e mons. Toso si accennò per la prima volta al tema della riappropriazione della ricchezza sociale e si ragionò per la prima volta di CDP. In seguito su indicazione dell'Assemblea, Pax Christi Molise ha organizzato tre incontri di Scuola Popolare di economia tenuti a Campobasso. Sempre in Molise, nel giugno scorso, c’è stata la prima iniziativa pubblica indetta da un Comune, quello di Montefalcone nel Sannio con la partecipazione di Marco Bersani. A Sambuceto (Ch) e L'Aquila, con Antonio De Lellis, di formazione sul tema Cassa Depositi e Prestiti. L'Arcidiocesi di PescaraPenne ha indetto con il gruppo locale di Pax Christi, un incontro pubblico con Marco Bersani su CDP. Segnali importanti ed incoraggianti per una Campagna che non sarà breve né facile, è bene dirselo con tranquillità, ma che sarà decisiva per la democrazia nel nostro paese. Pax Christi Molise [email protected] le nostre erbe il fiore dell’oltretomba Gildo Giannotti L’asfodelo (Asphòdelus ramosus L.) appartenente alla famiglia delle Liliacee è presente in quasi tutte le regioni italiane, dal mare fino a 1.200 m di altitudine. È una pianta perenne che predilige i luoghi erbosi e i pascoli delle zone temperate. Secondo il celebre botanico Pignatti, il nome scientifico Asphòdelus deriverebbe dal greco a = non, spod(ós) = cenere e hélos = valle; e il suo significato sarebbe “valle di ciò che non è stato ridotto in cenere”. Infatti gli asfodeli ricoprono terreni calcarei e rocciosi ricchi di abbondanti specie vegetali spesso soggette ad incendi; questa specie di fiore, somigliante ad un giglio, è anzi tra le prime a rinascere dopo gli incendi, sopravvivendo al passaggio del fuoco grazie agli organi sotterranei (bulbo-tuberi) o colonizzando terreni poveri ed aridi. Sono diverse le specie che appartengono a questo genere: ramosus, albus, aestivus, ecc.; nella maggior parte di esse i fiori sono bianchi con delle strisce scure ad eccezione della specie lutea che porta, invece, i fiori gialli. Per i suoi bei fiori, all’apice di uno scapo che può superare il metro di altezza, l’asfodelo viene anche coltivato a scopo ornamentale. Fin dai poemi omerici, in particolare l'Odissea, l’asfodelo è considerato la pianta degli Inferi. Per questo i Greci usavano piantare questo fiore sulle tombe, immaginando il soggiorno dei morti come un prato di asfodeli. Ma l'associazione di questa pianta con l'aldilà continua anche nella modernità: da L'etèra, uno dei Poemi conviviali di Giovanni Pascoli, al romanzo Il piacere di D'Annunzio; dal primo capitolo di Orlando della scrittrice inglese Virginia Woolf, al primo libro della saga di Harry Potter, dove l'asfodelo origina una pozione soporifera così potente che va sotto il nome di “distillato della morte vivente”. In Corsica, il giorno di Ognissanti, i fiori dell'asfodelo vengono imbevuti nell'olio d'oliva e poi accesi come piccoli lumi sulle tombe dei propri cari. In alcune località della Sardegna, invece, lo stelo dell’asfodelo viene impiegato per la creazione di pregiati cesti artigianali da tempo utilizzati per la panificazione. Questi cesti anticamente erano parte indispensabile del corredo della sposa prima del matrimonio. La lavorazione dei cesti ha radici antichissime e nei secoli ha contribuito a integrare i magri bilanci delle famiglie di pastori, massai e agricoltori. Le radici di questa pianta sembra che abbiano costituito una fonte importante di cibo in età preistori- ca e, più di recente, nei periodi di carestia. L'antico scrittore e filosofo Epimenide di Creta, ritenuto da alcuni uno dei sette sapienti, usava l’asfodelo, insieme alla malva, per le sue capacità di scacciare la fame e la sete. La leggenda vuole che Epimenide, grazie all’uso di radici e erbe, non avesse bisogno di mangiare, e che visse 157 anni. Il gambo dell’ asfodelo giallo, molto presente in Puglia (in particolare intorno al castello di Federico II di Svevia), rappresenta un cibo antico che gli anziani pugliesi raccolgono prima della fioritura e conservano sott’olio, dopo averlo scottato con acqua e aceto. In Sicilia i gambi raccolti, privati delle foglie esterne e tagliati a metà, vengono invece cucinati con un sugo o in frittate. Sempre in Puglia, le foglie vengono tuttora usate per confezionare un prodotto caseario tipico, la “burrata”. L’asfodelo viene utilizzato infine per la produzione di un miele dal gusto delicato. ☺ [email protected] Via Marconi, 62/64 CAMPOBASSO la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 25 società situazione difficile incendio di libertà Sandro Del Fattore* Antonio De Lellis Gli ultimi dati disponibili, in particolare l’ultimo rapporto SVIMEZ, fotografa una condizione assai grave del Mezzogiorno. Le manovre economiche degli ultimi anni hanno profondamente inciso sul PIL delle regioni del sud aggravando gli effetti della crisi che investe il Paese. In questo contesto di grave recessione il Molise risulta essere tra le regioni maggiormente penalizzate. Negli ultimi cinque anni, infatti, il Molise ha perso il 14% del suo P.I.L.; il tasso di disoccupazione è aumentato del 2% rispetto al 2012 e nel 2014 manterrà ancora un trend negativo; la disoccupazione giovanile si attesta al 42%, quella femminile al 44%. A ciò si aggiunge un aumento rispetto al 2012 del 110,79% della cassa integrazione ordinaria e del 28,83% della cassa integrazione straordinaria. Si moltiplicano inoltre le crisi aziendali con il rischio di una vera e propria “desertificazione” del già fragile tessuto industriale esistente. Una situazione difficile, quindi, che richiede di intervenire sulle emergenze, a partire dal sostegno al reddito di tanti lavoratori e lavoratrici oggi in difficoltà, ma che impone di pensare alla creazione di nuove opportunità lavorative e ad una diversa qualità dello sviluppo. La nuova programmazione comunitaria 2014-2020 va orientata a questo fine. Siamo convinti infatti che una nuova qualità dello sviluppo debba valorizzare quelle filiere connesse alle peculiarità del territorio: l’agro-alimentare, la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, l’assetto idro-geologico del territorio, il turismo, le reti infrastrutturali e tecnologiche, la cura e l’assistenza alle persone, la conoscenza e la formazione. Come si vede sono attività che possono produrre nuove opportunità di lavoro, innovazione, e, al tempo stesso, migliorare la qualità della vita e del territorio. Per rendere fattibile tutto ciò, c’è però bisogno che si realizzino due condizioni. In primo luogo va definita una nuova capacità di programmazione nell’utilizzo delle risorse disponibili che metta in discussione le vecchie logiche dei finanziamenti a pioggia, della frammentazione degli interventi, della burocratizzazione e dei clientelismi. In secondo luogo c’è bisogno di rivitalizzare le forme e i modi della democrazia intesa come progetto partecipato, fondato sull’attività sociale consapevole dei lavoratori, capace di incontrarsi con le tante associazioni presenti sul territorio e con le forze intellettuali oggi demotivate e rinchiuse in se stesse. Nuove qualità dello sviluppo, capacità di programmazione, democrazia partecipata e consapevole sono facce diverse di una stessa medaglia.☺ Il potere del popolo è più forte del popolo al potere. Questa la scritta dello striscione che scendeva dal grattacielo ove risiedevano molti migranti che applaudivano agli oltre 100.000 manifestanti accorsi a Roma il 19 ottobre per il grande assedio. A partecipare non i nomi altisonanti, ma la gente vera senza casa e senza reddito, per la difesa dei beni comuni (acqua, territorio, lavoro ingiusto quando c’è, grandi opere inutili). Un bagno di folla che mi ha rigenerato ed emozionato. La città sembrava sott’assedio per il gran numero di misure di sicurezza a presidio del Ministero dell’Economia, delle infrastrutture e trasporti e della Cassa Depositi e Prestiti. Momenti di tensione, con lo Stato presente attraverso i suoi impiegati anch’essi tartassati nella gestione di un’insicurezza generalizzata. Per noi del Molise e di Termoli è stato importante esserci per dire che anche da noi il territorio è sotto scacco, svenduto come merce alla voracità del capitale privato e dei costruttori che costruiscono case laddove ci sarebbe bisogno di utilizzare le tante case sfitte per darle in qualche modo ai senza casa e senza reddito. I tanti immigrati erano, con i loro famigliari e bambini, a gridare la loro voglia di vivere e di lottare per un futuro possibile. Era una vera manifestazione dal basso, senza poteri e senza leader. Era una Rivoluzione democratica, non un momento o una singola sollevazione, ma una tappa di un sommovimento popolare già in atto da tempo. Il popolo si organizza, difende i diritti, lotta per la vita e non vuole morire. Non conta quanti molisani c’erano, ma ciò che conta è che il fuoco di quel corteo incendi di libertà e diritti tutta l’Italia. Questa è la grande opera: casa e reddito per tutti.☺ *Segretario generale cgil molise 26 la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 [email protected] etica Narrano le cronache della rivoluzione francese che nell’Assemblea costituente di Versailles, dopo aver votato l’abolizione del regime feudale, un certo numero di rappresentati aveva suggerito una specie di carta dell’umanità che avrebbe dovuto precedere e differenziarsi dalla Costituzione propriamente detta. Le costituzioni, infatti, derivavano dal diritto positivo, dalle condizioni storiche e dalle diverse tradizioni nazionali. Potevano cambiare nel tempo ed essere riviste. Si impose l’idea che la costituzione andava preceduta da una premessa che affermasse i diritti naturali dell’uomo; quelli che valgono per tutti gli uomini e per tutte le generazioni. Tutto doveva dipendere da questa legge suprema. Gli americani, nel 1776, avevano già dato l’esempio. Proprio un ex combattente della loro guerra di liberazione, La Fayette, l’11 luglio fu il primo a sollevare la proposta di una dichiarazione solenne. L’abate Sieyés, chiamato a fare sintesi delle diverse proposte di costituzione già presentate, aveva pubblicato un opuscolo dal titolo Premesse alla Costituzione. Fu così che i milleduecento delegati dell’assemblea, dopo aver messo ai voti i progetti concorrenti presentati, scelsero un testo anonimo del sesto ufficio composto di 24 articoli. La discussione si protrasse dal 20 agosto 1879 al 26 successivo quando fu approvato l’articolo 17, l’ultimo, di quelli che furono chiamati diritti immortali. L’abate Seyés ne aveva proposto un altro specifico sul diritto al lavoro, che i costituenti non approvarono; fu introdotto nella costituzione del 1848. Prima di costituire il nuovo Stato, si erano voluti enunciare i diritti naturali che debbono esserne il fondamento e lo scopo. Questi articoli che hanno fatto il giro del mondo hanno contribuito al prestigio della Francia più di tutte le cannonate dei suoi eserciti. Gli eventi precipiteranno per cui ciò che nasceva dal primo dibattito democratico e costituente, sarà travolto dalla spaccatura violenta tra destra e sinistra, dalla radicalizzazione delle posizioni, dalla violenza delle fazioni, dalla giustizia sommaria. Tutto in modo rapido, precipitoso e sconvolgente racchiuso nelle date 5 maggio 1879, inaugurazione degli Stati generali e 27 luglio 1794, Robespierre e i suoi amici vengono ghigliottinati. Comunque l’eredità del 1789 ha travalicato la Francia ed è divenuta comune patrimonio. Mentre un tempo la rivoluzione ap- la fraternità smarrita Silvio Malic parteneva alla sinistra e la destra era antirepubblicana e contro-rivoluzionaria, oggi l’una e l’altra si richiamano ai diritti dell’uomo dentro una sistemazione costituzionale delle democrazie e dei diritti. Se “libertà, uguaglianza e fraternità” saranno lo slogan e l’attesa comune del processo rivoluzionario, nella dichiarazione dei diritti è tematizzata l’uguaglianza e la libertà, ma non la fraternità. Farà la sua timida e prima apparizione, nell’art. 1 della Dichiarazione dei diritti formulata del’ONU il 10 dicembre 1948: “Tutti gli uomini nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. La fratellanza riconosciuta nella dichiarazione dei diritti è iscritta però come compito, come dovere da assolvere. Dovere imposto da chi? Semplicemente assunto come compito fondamentale nello statuto precedente dell’ONU del 26 giugno 1945: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra… a riaffermare la fede nei fondamentali diritti dell’uomo… a istituire condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi possano essere mantenuti… a promuovere il progresso sociale e più elevati tenori di vita in una più ampia libertà… a unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale… ad assicurare, mediante l’accettazione dei principi e l’istituzione di metodi, che le forze armate non saranno usate, se non nel comune interesse, ecc.”. L’incipit della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, come quello dei due Patti successivi sui diritti economici sociali e cultu- la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 rali e sui diritti civili e politici, (1966) afferma in preambolo: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. I patti premettono il soggetto responsabile: “Gli Stati parte del presente Patto, considerato che...” ed aggiungono immediatamente dopo: “Riconosciuto che questi diritti derivano dalla dignità inerente alla persona umana”. Emergono nuovi soggetti a cui poca rilevanza abbiamo dato: “Noi popoli” e “tutti i membri della famiglia umana”. Rimosse queste premesse culturali e spirituali dai progetti delle persone, degli Stati, della politica, dell’economia, degli affari, ne risulta lo squallore dei tempi presenti, dall’ultimo trentennio del secolo scorso ad oggi. In sessant’anni abbiamo rovesciato ogni prospettiva umanizzante e liberante. Termino con un breve racconto tratto da La morte del prossimo di Luigi Zoja (p.7). “Negli anni Sessanta e Settanta prendevo ogni settimana il treno ZurigoMilano. I Gastarbaiter (lavoratori) italiani che lo affollavano, e proseguivano verso Napoli o Lecce, avevano scatoloni e valigie fissati con lo spago. Per loro il prossimo era una presenza scontata. Prima del Gottardo estraevano un cartoccio. Facevano girare pane e salame per lo scompartimento, versando vino scuro. ‘Vuole favorire?’ diceva il capofamiglia, timidamente perché avevo in mano un libro. Proprio come nell’Odissea (III,69, IV,60, V 95) per prima cosa si offre da mangiare. Solo quando l’ospite è sazio si possono fare domande. Non diversamente per Mosé ed Aronne e gli anziani, sapere e sapore avevano ancora la radice comune: così, salirono al monte ‘videro Iddio, e mangiarono e bevvero’ (Esodo 24, 11). Niente di tutto questo accadeva negli scompartimenti che si fermavano in Svizzera, e neppure in quelli che proseguivano solo fino a Milano, per non parlare della prima classe”. Nei luoghi del nostro vivere quotidiano e insieme, cosa accade? ☺ 27 sisma chi ci guadagna? Domenico D’Adamo Undici anni e quasi due miliardi di euro non sono bastati alla nostra regione, non dico a diventare adulta, ma neanche adolescente. Oltre un miliardo e duecento milioni non sono stati sufficienti a far sì che i terremotati, quelli veri, rientrassero nelle loro abitazioni e neanche sono bastati altri seicento milioni per promuovere lo sviluppo in quelle terre da sempre abbandonate. Una massaia avrebbe fatto di meglio e di più di quanto hanno fatto loro, quelli che si sono occupati a vario titolo di terremoto e dintorni. Chiunque avrebbe capito che prima di ricostruire le case sarebbe stato necessario riavviare l’economia per ridare speranza a chi l’aveva persa. Iorio, invece, ha impiegato ben due anni per partorire un programma di sviluppo che tra l’altro non ha creato un solo posto di lavoro, né dentro né fuori il cratere sismico; chiunque avrebbe compreso che sarebbe stato più giusto intervenire a favore di coloro i quali sono stati costretti a lasciare la loro casa per trasferirsi altrove e solo successivamente occuparsi del resto, invece, si è fatto l’esatto contrario. Ma veniamo ai dati che sono più illuminanti di qualsiasi spiegazione. La stima dei danni causati dal sisma e rilevati dalla Presidenza del consiglio dei Ministri attraverso il dipartimento di Protezione Civile è stata valutata in poco più di 4 miliardi di euro e siccome fino ad oggi sono stati utilizzati dalla struttura commissariale circa 1,2 miliardi, possiamo affermare, senza tema di smentita, che il processo di ricostruzione ha interessato nei primi undici anni poco più del 20% degli edifici danneggiati, non il 37% come invece sostiene il consigliere delegato. È facile dedurre che se il flusso finanziario continua ad affluire con le stesse modalità e con gli stessi tempi impiegati nell’era Iorio, fra trent’anni, staremo ancora a parlare di terremoto del Molise. Al presidente Frattura vorremmo far presente che, per questa vicenda, non si tratta di allentare il patto di stabilità, come sostengono invece gli imprenditori molisani dell’edilizia, ma di escludere da qualsiasi vincolo tutte le spese relative alle calamità, non solo del Molise ma di tutto il Paese. Non si può subire oltre al danno del 28 terremoto anche la beffa degli ottusi vincoli europei. L’attuale governatore ha in più occasioni annunciato, e gliene diamo atto, radicali cambiamenti nella gestione post-sisma, dalla trasformazione dell’agenzia della Protezione Civile in servizio regionale come primo atto, fino alla sostituzione del “modello Iorio”, che aveva alla base l’assenza ragionata ed interessata di una pur minima programmazione, con un sistema più attento alle priorità a partire dai terremotati che ancora vivono nelle baracche. Naturalmente, e come suo solito, gli ha fatto eco da Roma il senatore Ruta, il quale a tale proposito ha chiesto ai suoi compagni delle grandi intese di votare un ordine del giorno che impegni il governo a stabilizzare il personale precario dell’agenzia di Protezione Civile. Non abbiamo capito se l’ordine del giorno Ruta abbia l’obiettivo di creare imbarazzo al Presidente del Consiglio o di colpire alla schiena il governatore del Molise; di certo sappiamo che serve a prendere per culo tutti i lavoratori dell’Agenzia oltre che a fare incazzare tutti i precari che vivono nel belpaese. Far credere ai lavoratori che il governo nazionale possa occuparsi della sistemazione definitiva dei lavoratori della Regione Molise è puro atto di sciacallaggio. Noi che lo conosciamo, siamo certi che il senatore Ruta e i suoi compagni di viaggio siano in perfetta buona fede e tanto hanno fatto e detto solo perché non conoscono le leggi. Il nostro senatore si occupa di terremoto così come si occupa di manze e di agricoltura in genere: non è colpa sua, sono i fondamentali del bene comune che gli mancano, non certamente quelli del bene proprio. Da quando sono stati eletti, circa otto mesi fa, tutt’ insieme appassionatamente, oltre a sette milioni di euro per pagare un la la fonte fonte febbraio gennaio 2005 2013 la la fonte fontenovembre gennaio marzo 2005 po’ di debiti, rintracciati nelle pieghe del bilancio regionale e al pasticcio combinato per non svincolarne altri 15, nonostante Letta glieli volesse dare a tutti i costi, nulla di concreto è stato ancora fatto. Ora a seguito dell’azione sinergica delle delegazioni parlamentari e l’intervento deciso della sottosegretaria molisana, gli imprenditori edili minacciano di chiudere i cantieri perché non arrivano i soldi promessi; i terremotati si incazzano perché vedono allontanarsi i tempi per un rientro a casa, i tecnici privati promettono di far partire i decreti ingiuntivi per essere pagati, i tecnici pubblici, quelli dell’agenzia, sputano veleno dopo aver scoperto che l’ordine del giorno presentato da Ruta è utile solo a lui, i lavoratori dell’edilizia minacciano di salire sulle gru per difendere il loro posto di lavoro; questa volta i politici molisani di sopra e di sotto, di destra e di sinistra -sarà l’effetto delle larghe intese - hanno finalmente messo d’accordo proprio tutti. Intanto, l’unico progetto che procede senza sosta e senza intoppi è quello relativo alle manze della Granarolo. Saranno 12.000, verranno ingravidate in Emilia, trascorreranno il periodo di gravidanza in Molise, precisamente a San Martino in Pensilis dove mangeranno e cacheranno tanto, oltre naturalmente a fare pipì e un mese prima di partorire torneranno, se ce la faranno, a fare latte per i loro padroni. La domanda viene spontanea: ma con questa grande cagata chi ci guadagna oltre alla Granarolo.☺ [email protected]