Accademia di Belle Arti dell’Aquila
ELEMENTI DI PROGETTAZIONE GRAFICA EDITORIALE
Dispensa del corso
Prof. Antonello Santarelli
A.A. 2009/2010
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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Cattedra di Elementi di Progettazione Grafica Editoriale - Prof. Antonello Santarelli
Questa dispensa raccoglie i temi trattati durante le lezioni frontali del corso di Elementi di
Progettazione Grafica Editoriale. Non è stata inserita la parte riguardante il software utilizzato
nella fase laboratoriale, perché ogni studente potrà eventualmente fare riferimento a manualistica
specializzata facilmente reperibile nelle librerie e a disposizione sia in livello di base, che
avanzato.
Quanto qui raccolto, invece, è stato stralciato da diversi testi di riferimento e sitografia
specializzata, indicati nella bibliografia. Questa dispensa è a esclusivo utilizzo degli studenti
dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e non potrà essere né venduta, né pubblicata in alcuna
forma, né modificata.
Lo studente, oltre la conoscenza dei temi di seguito affrontati, dovrà consegnare all’esame un
proprio progetto di pubblicazione preventivamente concordato con il docente. Il progetto dovrà
essere consegnato in forma cartacea e digitale nel programma nativo ed esportato in .pdf per
l’archiviazione. L’elaborato cartaceo non sarà trattenuto in sede d’esame, ma riconsegnato allo
studente così che possa costituire in futuro un primo curriculum finalizzato ai primi colloqui di
lavoro.
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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SOMMARIO
INTRODUZIONE .............................................................................................................................................................. 4
01. LA FUNZIONE DELL’ASPETTO GRAFICO..................................................................................................................... 4
02. LA PROFESSIONE. ....................................................................................................................................................... 8
GLI ASPETTI TECNICI................................................................................................................................................ 12
01. LA STAMPA............................................................................................................................................................... 12
02. I COLORI. .................................................................................................................................................................. 17
03. LE ESTENSIONI......................................................................................................................................................... 31
04. LA QUALITÀ DELLE IMMAGINI................................................................................................................................. 32
GLI ASPETTI FISICI DEL LIBRO ............................................................................................................................. 35
01. IL CONFEZIONAMENTO............................................................................................................................................. 35
02. LA CARTA................................................................................................................................................................. 45
GLI ASPETTI SEMANTICI DEL LIBRO.................................................................................................................. 49
01. LA COPERTINA. ........................................................................................................................................................ 49
02. L’INTERNO. .............................................................................................................................................................. 59
03. TIPOLOGIE EDITORIALI. ........................................................................................................................................... 69
BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................................................................. 92
SITOGRAFIA ................................................................................................................................................................... 92
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01. La funzione dell’aspetto grafico.
Ogni pubblicazione nasce testuale, diventa visiva per ridiventare testuale. “Ogni libro
(anche quelli senza illustrazioni), in quanto mezzo di comunicazione, è una specie di doppio
salto mortale, dal verbale al visivo e dal visivo ancora al verbale. <<Mortale>>, perché più il
processo di comunicazione è complesso più il messaggio (le idee dell’autore) rischia di essere
distorto, di andare parzialmente o totalmente perduto, di essere frainteso.
Nella realizzazione di un libro il rischio è grosso, perché il salto dal linguaggio verbale al
linguaggio visivo è davvero grande: condizioni di percezione diverse, sistemi di riferimento
diversi. E’ come tradurre un testo italiano in una lingua straniera (ma molto lontana dalla cultura
di partenza, diciamo il cinese) e poi ritradurlo in italiano.
Esprimere le idee con strumenti visivi (il carattere tipografico, la proporzione degli spazi
vuoti e degli spazi pieni, il legame tra blocchi di testo e illustrazioni, ecc) cambia le regole del
gioco della comunicazione perché cambia il modo di catturare l’attenzione di chi riceve il
messaggio. Allo stesso modo, in misura minore ma significativa, l’aspetto di un dattiloscritto
(righe irregolari, lettere smangiate a causa di una vecchia macchina da scrivere o di un nastro
consumato, correzioni a mano ecc.) cattura l’attenzione del lettore in modo diverso dalla pagina
stampata.”1
La funzione del progetto grafico diventa così fondamentale in quel processo
interpretativo fra autore e lettore. Attraverso piccoli interventi, che possono essere solamente
centrati sull’uso grafico del carattere o più complessi, fatti di schemi, illustrazioni, fotografie, il
grafico collabora alla giusta interpretazione del pensiero dell’autore e rende di più facile lettura il
contenuto. Il progetto grafico, quindi, è a servizio del contenuto e non c’è cosa peggiore di una
grafica invasiva e slegata da ciò che dovrebbe aiutare a comprendere.
La comunicazione del libro avviene attraverso un doppio passaggio dal linguaggio
verbale a quello visivo e poi ancora a quello verbale. Nel passaggio centrale (quello in cui
interviene la grafica) il pericolo dell’introduzione di “rumore” semantico raggiunge il massimo;
ma è massima anche la possibilità di “aggiungere senso” al testo. In questa aggiunta di senso,
non arbitraria ma funzionale a un’interpretazione del testo, consiste il lavoro grafico.
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$!MORETTI
pag.7.!
GIANNI, Il progetto grafico del libro, Editrice Bibliografica “I mestieri del libro”, Milano, 1993,
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E’ facile affermare, quindi, che, a seconda della tipologia di pubblicazione, il progettista
dovrà trovare la forma giusta che il contenuto gli richiede, affinché possa essere interpretato al
meglio dal proprio lettore di riferimento. Anche i libri di solo testo pongono questioni da
risolvere. E’ attraverso la scelta dell’apertura capitoli, l’uso di rientri, l’organizzazione di note,
ecc. che riusciamo a rendere più agevole la lettura. Grazie all’organizzazione grafica stabiliamo
le parti, periodi autoconclusi, mettiamo in evidenza alcuni aspetti anziché altri. Tutto questo
avviene attraverso un lavoro di collaborazione stretta con l’autore o chi ne fa le veci.
In questi casi possiamo osservare come la gestione del testo sia importante nell’economia
generale della pagina.
Fig. 01
Nella fig. 01 è riprodotta una pagina tratta da “Introduzione alla grafica” di Quentin
Newark, Logos Edizioni (Modena 2006). Si tratta di un libro che affronta i vari temi del progetto
grafico, con un taglio divulgativo, dando una panoramica generale di quelli che sono gli ambiti
d’intervento di questa professione. Quasi ogni pagina tratta un argomento specifico, dalla
“Grafica e Pubblicità” a “Linguaggio Visivo”. Il taglio dei contenuti dato a questa pubblicazione,
impone al progettista di aprire ogni argomento in una propria pagina e nella stessa maniera. La
presenza d’immagini è forte e quindi è necessario prevedere delle didascalie che, oltre a citare la
fonte di provenienza e una descrizione tecnica della figura in oggetto, possano contenere anche
un commento che apporti contenuti aggiuntivi e specifici al testo generale. I rientri dati al testo
aiutano il lettore a organizzare i contenuti per una migliore memorizzazione, proponendo
blocchetti di senso. E’ importante notare che il progettista ha scelto di allineare il testo a
“bandiera” o, anche detto, ad allineamento (destro o sinistro a seconda dei casi), questa scelta lo
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ha portato ad evitare gli accapo automatici, così da usare al meglio questo tipo di allineamento,
dando ad ogni riga una parola conclusa.
“Nella pratica professionale dell’editoria libraria l’esistenza della grafica viene
riconosciuta esplicitamente solo per i libri illustrati e per i libri di pregio. La <<normalità>> del
libro ha sedimentato nei secoli una serie di convenzioni grafiche: scelta del carattere all’interno
di un ventaglio limitato di famiglie, tradizionalmente destinate al testo dei romanzi e dei saggi;
modo di distinguere la pagina in cui inizia un capitolo; presenza di indici. Tutte queste
convenzioni (che il lettore da parte sua si aspetta e riconosce, più o meno coscientemente, come
tipiche dell’oggetto libro) l’editore le trova già pronte, senza bisogno di un grafico che gliele
indichi […] Tuttavia, proprio per ragioni di mercato, si può facilmente prevedere che nel
prossimo futuro l’intervento del grafico verrà richiesto più spesso: il libro si va infatti
configurando come un prodotto comunque dotato di una spiccata connotazione di pregio”2
In tal senso è interessante notare il progetto di Luigi Maestri per “La commedia di Dante
Alighieri” edito da Martello Editore, Milano 1965.
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'!MORETTI
GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., pag.9.!
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fig. 023
In questo prodotto editoriale è chiaro l’apporto grafico, che ha organizzato i contenuti
fino a ottenere una sorta di architettura in cui le note sostengono il testo, creando un continuo
gioco di movimento nella pagina. Il lavoro sul carattere è interessante proprio per la sua
semplicità. Una sola font nelle sue variazioni (regular, italic, ecc.) e gestita attraverso varie
dimensioni a seconda delle funzioni che doveva avere.
Attraverso l’analisi di questi primi due esempi, ci è subito chiaro il rapporto strettissimo
fra la grafica e il suo contenuto. Il formato del libro, la scelta della font, il disegno della griglia
che avrà la funzione di organizzare e sostenere visivamente i vari contenuti, non sono mai
casuali. Riprendendo in esame i nostri due esempi notiamo, fra le tante differenze, che sono state
usate due font diverse: nel primo una font “bastoni”, nel secondo una “aggraziata”, già da questo
sono chiari il riferimento del primo alla tradizione del design dell’ultimo secolo, nel secondo alla
tradizione libraria.
“Hans Peter Willberg, un esperto grafico editoriale, ha classificato a grandi linee i tipi di
libri basati su argomenti convenzionali. Questa classificazione determina la loro veste grafica. Le
categorie di Willberg sono: gli stampati destinati alla lettura lineare (i romanzi, le opere teatrali,
la poesia e le fiabe con illustrazioni seguono un ordine lineare, ma esigono trattamenti più
sofisticati); quelli destinati all’informazione (libri scientifici ed educativi); gli stampati destinati
alla consultazione e alla lettura selettiva (libri di consultazione, enciclopedie, la Bibbia); quelli
destinati a corsi specifici (libri didattici con lezioni individuali affiancate da commenti ed
esercizi). Il grafico editoriale Jost Hochuli distingue tra la macro e la micro tipografia: la prima
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"!Figura
tratta da GIORGIO FIORAVANTI, Il manuale del grafico, guida alla progettazione grafica e
all’impaginazione del prodotto editoriale, Zanichelli Editore, Bologna, 1987, pp.140, 143.!
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riguarda il libro nel suo insieme, gli elementi guida, ogni pagina; la micro tipografia riguarda gli
spazi intorno e tra le righe, le parole e le lettere. La maggior parte dei libri è progettata secondo
sistemi, griglie prestabilite e schemi tipografici. Pochi, preziosi esemplari sono progettati pagina
per pagina. I libri sono scritti e progettati per durare: uno dei pochi prodotti che i grafici
realizzano con questo scopo.”4
02. La professione.
Volendo fare una definizione dei campi d’intervento della professione grafica, possiamo
identificare tre macro aree: la grafica per la pubblicità, la grafica per i periodici e la grafica
libraria. All’interno di questi ci sono molti altri settori specifici in cui il professionista interviene.
Ad esempio nella pubblicità ci si può trovare a progettare direttamente o partecipare in team a
immagini coordinate, campagne stampa, campagne televisive, packaging, ecc. Gli studi grafici
lavorano, generalmente, su tutti e tre i settori e, quando avviene, la specializzazione in uno dei
tre è sulla base delle richieste del mercato geografico in cui si opera o degli ambienti con cui si è
riusciti a stabilire un rapporto di lavoro. E’ comunque fondamentale che il progettista abbia
competenze variegate, poiché anche se si stabilisce un rapporto di lavoro prevalente, ad esempio,
con il settore librario, è facile che ci venga chiesto di curare l’advertising di una pubblicazione o
della casa editrice o progettare il design del marchio di una collana editoriale.
Questo non vuol dire essere un progettista che lavora isolato, anzi è sempre più richiesta
la capacità di lavorare in team, riuscire a collaborare recependo le aspettative e le necessità di
editors, autori, direttori marketing, ecc.; insomma un progetto non nasce da un isolato e arbitrario
atto creativo, ma da un lavoro di ricerca e di ascolto.
“Il padre dell’espressione graphic designer fu l’americano William Addison Dwiggins,
un grafico di grande successo che creava materiale pubblicitario sotto forma di poster, pamphlet
e annunci su quotidiani e periodici. Nel 1922 scrisse <<In materia di layout dimenticate l’arte e
usate il comune buon senso. Il compito del grafico pubblicitario che lavora per la stampa si
riduce a una chiara presentazione del messaggio, all’evidenziazione delle affermazioni
importanti e alla disposizione delle parti meno significative, in modo che non sfuggano. Ciò
richiede buon senso e capacità di analisi, piuttosto che arte.>> In questo saggio si afferra
immediatamente quali si pensava fossero gli ingredienti della grafica un secolo fa; eccoli, nella
terminologia di Dwiggins: caratteri tipografici, spazi bianchi, decorazioni, margini e accessori
simili, immagini.
Secondo Dwiggins, la grafica riguardava quasi esclusivamente la preparazione del
materiale illustrativo da stampare. Uno dei termini alternativi a graphic designer era superprinting (super inteso come sopra o prima). Ma oggi si tende in genere a distinguere la grafica
dalla tipografia. La tipografia è la disposizione dell’alfabeto meccanico, i tipi, e di solito è
incentrata implicitamente sulla riproduzione a stampa. Il termine grafica ha un significato più
ampio che comprende la tipografia ma anche altre discipline: creazione e manipolazione
d’immagini, le cui possibilità sono aumentate notevolmente dai tempi di Dwiggins; creazione di
loghi e marchi; progettazione di esposizioni; packaging e così via. Gran parte di questo lavoro
viene riprodotta con metodi diversi dalla semplice stampa su carta: diapositive, produzioni
digitali, vinile colorato, luce al sodio, vernice, legno e metallo, tubo catodico sono solo alcuni
esempi.
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#!QUENTIN
NEWARK, Introduzione alla grafica, Logos Edizioni, Modena, 2006, pag.132.!
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Secondo Dwiggins, la grafica ambiva a conseguire risultati prevedibili. Francis Meynell,
tipografo e stampatore, aveva un approccio più entusiasmante al ruolo della tipografia e, di
conseguenza, della grafica. Nel 1923 scrisse un brano dal titolo “Ho conquistato il mondo con
ventisei soldati di piombo”. “Tutte le altezze, profondità e larghezze delle cose tangibili e
naturali: paesaggi, tramonti, il profumo del fieno, il ronzio della api, la bellezza che dipende
dalle ciglia, ma è erroneamente attribuita agli occhi; tutte le incommensurabili emozioni e tutti i
moti dell’animo umano, che paiono senza limiti; cose e pensieri orrendi, terribili e misteriosi, ma
anche belli; tutto questo è compreso, contenuto e ordinato in un piccolo guazzabuglio di lettere.
Ventisei simboli!”
Diversamente da Dwiggins, Meynell enfatizza il contenuto poetico ed estetico della
grafica.
Con ogni probabilità ciò è dovuto al fatto che Meynell componeva tipograficamente e
stampava libri – Shakespeare compreso – mentre Dwigging aveva a che fare con messaggi
commerciali poco stimolanti. Ma in questi due estratti si trova il seme della tensione
fondamentale nell’ambito della grafica. Da una parte, questa viene considerata essenzialmente
un’attività funzionale, che dà la priorità alle esigenze del committente. Dall’altra, è considerata
troppo significativa per essere vista in tali termini e la si dovrebbe dunque utilizzare in modo da
enfatizzarne ed esplorarne il potenziale espressivo. La funzione si oppone, in questo modo,
all’estetica. Queste due posizioni interessano tanto l’intero campo dell’arte grafica quanto ogni
singolo professionista.
I grafici lottano costantemente con i due modelli: quello dell’artista e quello
dell’artigiano. […] un individuo che rappresenta un mestiere. L’artigiano plasma un oggetto – un
libro, una panca, un’iscrizione – che deve funzionare ed essere ben fatto, altrimenti non verrà
pagato. L’artigiano deve necessariamente studiare metodi che siano ripetibili e affidabili.
Il suo processo è intenzionale, lo stile estetico è espressivo pur senza tradire lo scopo.
Come dice Stanley Morison, la tipografia ha solo finalità estetiche casuali. La comunicazione
ha luogo entro i limiti della commissione.
Questi due modelli rappresentano i poli tra cui il grafico è chiamato a collocarsi.”5
Controllo tecnico, ideazione, orientamento al mercato di riferimento, velocità nella
soluzione dei problemi, queste sono alcune delle caratteristiche che oggi ci richiede questa
professione.
Nella produzione editoriale, al grafico si richiede di dare una forma ad un prodotto, sulla
base di alcuni requisiti stabiliti da altri soggetti che intervengono nella produzione del libro.
Tenendo conto che a seconda della dimensione della casa editrice, alcuni ruoli potrebbero o
meno essere riuniti in un unico soggetto, queste sono le figure più ricorrenti con cui il grafico si
relaziona.
“L’editor e il direttore commerciale. L’editor (o direttore editoriale) decide quali libri
pubblicare e a quale pubblico ciascuno di essi va offerto; il direttore commerciale stabilisce il
rapporto tra il contenuto del libro, il segmento di pubblico prescelto e il prezzo a cui il libro
dovrà essere offerto. Da loro partono le richieste generali sull’immagine che il libro dovrà avere
e sugli obiettivi di comunicazione; a loro il grafico sottoporrà le proposte riguardo
l’impostazione generale di tale comunicazione.
Il primo vincolo sul versante creativo della professione viene quindi non da esigenze
economiche in senso stretto, e tanto meno da esigenze tecniche, ma dagli aspetti di mercato:
l’immagine grafica di un libro deve essere adeguata al mercato per cui esso viene concepito.
L’autore. Paradossalmente l’autore di un testo è solo al secondo posto nella lista delle
figure professionali con cui il grafico entra in contatto. E’ importante che il rapporto sia diretto
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%!QUENTIN
NEWARK, Introduzione alla grafica, op. cit., pag.10!
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perché ovviamente non si può ideare una buona immagine grafica se non si capisce bene che
cosa il libro voglia comunicare. E sarà il caso di sottolineare qui che i grafici migliori sono quelli
che leggono e capiscono i libri di cui si occupano: realtà non sempre ovvia come appare.
Tuttavia il rapporto con l’autore resta su un secondo livello rispetto al precedente: è
fondamentale non tradire i significati posti nel testo dall’autore, ma questa fedeltà al contenuto
va rispettata all’interno della formula di mercato prevista per il libro.
Il secondo vincolo è quindi un vincolo di contenuto e di intelligenza del testo.
Il redattore. Nella lavorazione del libro è la persona che si occupa della coerenza
generale delle sue parti e in particolare di quella verbale: cura tutte le fasi di produzione del libro
e controlla gli aspetti più minuti di esattezza (l’assenza di errori tipografici, la coerenza interna
nelle varie parti). Per alcuni versi è un assistente dell’autore, per altri agisce come un delegato
esecutivo del direttore editoriale o dell’editore (aderenza alla formula di mercato stabilita,
controllo della presenza delle indicazioni giuridicamente obbligatorie). Con lui il grafico
concorderà non tanto l’immagine complessiva dell’opera quanto i particolari di questa
immagine: presenza e ordine delle varie parti, necessità di prevedere e dar forma ad apparati
accessori (ad esempio l’indice dei nomi o una carta geografica in un libro di storia). Con il
redattore il grafico intrattiene scambi quotidiani: è il redattore a controllare preventivamente i
testi che il grafico farà comporre (accordandosi con lui riguardo alle lunghezze e al ruolo
nell’insieme del volume), a scrivere o far scrivere i testi accessori (elenco dei collaboratori,
referenze per le illustrazioni, pezzullo o quarta di copertina, indici dei nomi e analitici); è il
redattore che verifica dal punto di vista dei contenuti e della forma grafica le bozze di stampa
che serviranno a realizzare l’impaginato; è il redattore che, sulle bozze impaginate, fa il controllo
finale (il cosiddetto Visto, si stampi).
Compositori, fotolitisti, stampatori, confezionatori. Tutte le figure professionali
passate in rassegna finora possiedono in varia misura competenze sugli aspetti di contenuto del
libro e sui suoi aspetti di commercializzazione, ma non ne hanno alcuna (almeno in modo
specifico) sugli aspetti tecnici di produzione. Il ruolo del grafico fa da cerniera fra le componenti
intellettuali del libro (contenuti e strategie di comunicazione) e quelle materiali (tecnologie di
produzione). Il grafico è il filtro che deve garantire la realizzazione concreta delle idee
dell’editore, e a lui sono affidati i rapporti con i tecnici del libro: i compositori, che compongono
il testo nei caratteri e nei corpi indicati; i fotolitisti, che producono le pellicole necessarie a
riprodurre le immagini nelle dimensioni e nei tagli indicati dal grafico; gli impaginatori, che
provvedono al montaggio delle pellicole di testi e immagini secondo lo schema del menabò
preparato dal grafico; lo stampatore, che stampa questo schema sulla carta scelta; infine il
rilegatore, che confeziona il libro.
E’ su questo versante del processo produttivo che il grafico deve prendere in
considerazione i vincoli economici e tecnici, più specificatamente industriali: trovare le soluzioni
di equilibrio tra ciò che è possibile fare con le macchine e i materiali a disposizione e il costo
preventivato.
Inoltre, procedendo in questa direzione, il grafico raggiunge il massimo delle sue funzioni
organizzative arrivando addirittura – in situazioni non infrequenti nel lavoro da libero
professionista – ad assumersi concretamente la responsabilità di valutare i costi di produzione.
La produzione può infatti avvenire, in tutto o in parte, all’interno degli impianti della casa
editrice; ma, caso sempre più frequente nell’organizzazione flessibile dell’editoria libraria di
oggi, può essere assegnata nelle varie fasi ai fornitori esterni della casa editrice. Al grafico potrà
essere chiesto in questo caso di valutare i requisiti industriali della produzione e di proporre
all’editore dei fornitori in grado di soddisfarli a costi competitivi, raccogliendo e confrontando
preventivi e calcolando una previsione globale di spesa.
Dal polo creativo della produzione del libro siamo arrivati gradualmente al polo tecnicoorganizzativo, constatando come il grafico occupi in questo contesto una posizione centrale. Da
questa centralità nel processo di produzione deriva che spesso, secondo il contesto in cui il
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grafico si trova ad operare, gli vengano affidate mansioni organizzative che vanno anche al di là
della sua funzione di specialista della comunicazione visiva.”6
Moretti in quest’ultima descrizione, quella dei soggetti che intervengono sugli aspetti
tecnici, descrive una serie di figure a cascata che, a volte, sono accorpate in pochi soggetti. Nelle
medie e grandi case editrici sono spesso presenti una o più figure di coordinamento
tecnico/creativo, che danno indicazioni agli impaginatori sul rispetto del progetto di collana e
che stabiliscono toni e stili per il materiale iconografico da inserire, Ma il sistema di produzione
di case editrici di più piccole dimensioni è tutto esterno, ovvero si hanno degli studi grafici di
riferimento a cui si affidano le singole pubblicazioni o lo sviluppo negli anni di collane. Questi
studi esterni si rapportano con la casa editrice attraverso il redattore e fornisco un prodotto finito,
assumendosi anche la responsabilità dell’originalità di quanto disegnato direttamente per la
copertina o per l’interno.
Il processo di passaggio avviene, nella maggior parte dei casi, in questo modo:
il redattore contatta lo studio e passa i files testuali (generalmente .doc o .pdf) del libro,
allegando inoltre immagini, se già previste a monte, nella risoluzione prevista per la stampa. Lo
studio mette in lavorazione la pubblicazione, impaginando testi e immagini consegnate e
preparando altro materiale se richiesto (ad esempio costruendo tabelle o schemi in maniera più
chiara di come potrebbe aver fatto l’autore). Alla fine viene rilasciato un file (ultimamente è
sempre più richiesto il formato .pdf) e una bozza cartacea completa e a misura finale per la
verifica da parte del redattore. Eseguite le eventuali correzioni, la casa editrice spedisce a una
delle tipografie accreditate il materiale elaborato dallo studio grafico (spesso viene chiesto
direttamente allo studio di consegnare il tutto in tipografia), queste ultime prepareranno una
copia cianografica derivata dalle pellicole che serviranno per la stampa. Su queste viene fatto un
ulteriore controllo: dal redattore per quanto riguarda i contenuti, dallo studio grafico per quanto
riguarda gli aspetti tecnici. Fatte tutte le verifiche si appone il Visto, si stampi.
Ulteriori salti dei passaggi descritti potrebbero creare rischi sulla qualità del prodotto,
bisogna sempre tenere in mente che dal momento in cui noi abbiamo consegnato il file e la bozza
cartacea, c’è un mondo di passaggi tecnici prima di arrivare al prodotto confezionato e in tutti
questi passaggi può annidarsi l’errore.
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&!MORETTI
GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., pag.39-42!
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01. La stampa.
La finalità del progetto grafico è quella di poter essere riprodotto. Per questo vediamo,
per grandi linee, come funziona il processo di stampa che ci si troverà il più delle volte ad
utilizzare nel settore dell’editoria: la stampa offset.
“La stampa si effettua con matrice piana e sfrutta la proprietà della lastra,
opportunamente trattata, di ricevere o di respingere l’inchiostro o l’acqua. Dove si deposita
l’acqua non si deposita l’inchiostro e viceversa; l’inchiostro viene riportato su un cilindro di
caucciù e quindi sulla carta. Le macchine per la stampa in offset sono di diverso tipo:
• macchina piana (o torchio litografico), in cui la pressione viene effettuata in un piano
mediante un rullo azionato a mano;
• macchina cilindrica a foglio, in cui la pressione viene effettuata da un cilindro sul quale
è montata la lastra;
• macchina cilindrica a bobina (roto-offset), il cui funzionamento è simile a quello delle
macchine cilindriche a foglio.
Nei primi due casi si utilizza carta in fogli, nel terzo carta in bobina”7
Fig. 03: Schemi relativi alla macchina offset cilindrica a foglio e alla
rotatica offset (a bobina)8
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(!GIORGIO
FIORAVANTI, Il manuale del grafico, guida alla progettazione grafica e all’impaginazione del
prodotto editoriale, op. cit, pp.104, 105.!
)!Ibidem.!
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Fig. 04: In alto lo schema di funzionamento di una macchina offset a
foglio. Le frecce indicano il percorso della carta nella macchina. Il cilindro porta
lastra è indicato con la lettera A.
In basso una lastra già trattata viene montata su di un cilindro di stampa.
Le parti nere sono quelle che riceveranno l’inchiostro. Le parti chiare lo
respingeranno perché coperte da un leggero velo di acqua (o alcool).9
“La stampa offset è un processo di stampa planografico (pl. m.-ci), riferito al particolare
sistema di stampa che utilizza matrici piane tipiche della fototipia e della litografia, indiretto che
si basa sul fenomeno di repulsione tra acqua e sostanze grasse (nello specifico gli inchiostri).
Planografico perché i grafismi e i contro-grafismi sono sullo stesso piano.
È una tecnica di stampa basata principalmente sullo stesso principio della litografia
(esiste anche una tecnica dry offset o offset a secco, molto meno diffusa che utilizza matrici a
rilievo). Anziché stampare il foglio a contatto diretto con la pietra o la lastra di alluminio
microgranito, la stampa avviene attraverso l'impiego di tre cilindri a contatto tra loro.
Si tratta quindi di una stampa indiretta: ciò significa che la stampa avviene mediante un
materiale esterno che permette di trasferire l'inchiostro non soltanto sul supporto cartaceo ma
anche su materiali di altro tipo (ad esempio litolatta). La qualità della stampa risulta molto più
nitida.
L'inchiostro viene riportato dalla lastra al caucciù, e da questo alla carta. I vantaggi di
questo procedimento sono: il mancato trasferimento dell'umidità di bagnatura lastra alla carta,
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
*!Ibidem.!
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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che subirebbe variazioni dimensionali e la leggibilità della lastra matrice che non deve essere
realizzata con grafismi speculari, che sarebbero difficilmente leggibili.
La macchina da stampa offset - piana
Componenti
Fig. 05: Una Heidelberg Speedmaster 102 con in primo piano il mettifoglio
Componenti della macchina da stampa:
• mettifoglio o sbobinatore
• calamaio (alimentazione per l'inchiostro)
• gruppo di macinazione (formato da rulli che trasportano l'inchiostro dal calamaio
alla lastra ed eseguono la macinatura dell'inchiostro, rendendolo più fluido ed
eliminando eventuali grumi), l'ultimo rullo del gruppo di macinazione, cioè quello
a contatto con la lastra e che trasferisce l'inchiostro alla stessa, è il rullo
inchiostratore
• cilindro porta lastra
• rulli bagnatori (che bagnano la lastra);
• cilindro porta-caucciù (riceve l'immagine dalla lastra e la riporta sul foglio di
carta).
• cilindro di contropressione (fornisce la pressione adeguata in base allo spessore
della carta)
• uscita stampati.
Funzionamento
L'inchiostro viene introdotto nel calamaio e da qui passa al gruppo di macinazione,
formato da numerosi rulli di diverso diametro che ruotando rendono fluido l'inchiostro stesso.
Alcuni di questi rulli hanno anche un movimento trasversale, che consente di rendere uniforme
la distribuzione dell'inchiostro alla lastra. La lastra è avvolta su un cilindro e viene toccata dai
rulli bagnatori e dai rulli inchiostratori. I primi vi trasferiscono un velo di acqua di bagnatura,
generalmente una soluzione di acqua e alcol isopropilico, i secondi l'inchiostro. Gli inchiostri,
che sono grassi, aderiscono solo alla parte lavorata della lastra (grafismo), mentre l'acqua, per il
principio d’idrorepellenza, non bagna gli stessi grafismi perché respinta dall'inchiostro (grasso).
L'acqua di bagnatura serve quindi a definire con precisione i contorni dei grafismi. Il rapporto fra
acqua di bagnatura e inchiostro non è costante, varia ovviamente in funzione di altri parametri
come la velocità di trasferimento. È fondamentale che il rapporto sia equilibrato e questo
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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richiede notevole padronanza del processo da parte degli operatori. La lastra trasferisce quindi le
immagini sul telo di caucciù, che riceve l'inchiostro ma non l'acqua, il quale trasferisce la stampa
sul foglio, con l'ausilio del cilindro di contropressione. Questo metodo è anche chiamato "stampa
indiretta".
Esistono vari modelli di macchine per la stampa offset: quella cilindrica a foglio è la più
diffusa e disponibile in diversi modelli in grado di stampare su diversi formati di carta, dal 25x35
centimetri al 140!200.
L'inserimento del foglio in macchina avviene attraverso un apparato chiamato
mettifoglio, una serie di aspiratori che, alzano il foglio e lo staccano dai sottostanti, ponendolo su
un piano di scorrimento.
Su quest'ultimo, il foglio viene posizionato grazie ad una squadra per consentire poi alle
pinze del cilindro di pressione di agganciarlo, sempre nel medesimo punto. L'operazione serve
per assicurare che la stampa avvenga, per tutti i fogli, ad una distanza costante ed univoca; il
cosiddetto registro (la parte "presa" dalle pinze non può essere chiaramente stampata, cosa da
tener conto nella progettazione dell'imposizione).
CMYK
La maggior parte delle macchine offset possono stampare a più colori (di solito 4 o 5) e
se il metodo dei "tre cilindri" era descrittivo per un colore, all'aumentare dei colori aumentano
anche i cosiddetti "castelli di stampa" o "gruppi". Ovvero la struttura in grado di stampare un
colore per volta. Esistono anche macchine piane con sistema di voltura che consentono di
stampare 8 colori, quattro colori CMYK su un lato (bianca) e quattro sull' altro (volta), ma
esistono anche macchine con 10 "gruppi" e voltura in cui due vengono usate per la vernice di
sovrastampa o per colori Pantone. Il foglio viene voltato automaticamente dalla macchina.”10
Fig. 06: Schema rulli.
“Elementi della macchina offset:
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
$+!WIKIPEDIA,
l’encicplopedia libera. http://it.wikipedia.org/wiki/Stampa_offset!
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•
•
•
•
I castelletti di stampa, uno per colore, che contengono al loro interno i 3 cilindri della
stampa offset.
Ad inizio macchina ci sono gli “aspiratori” e le squadre di registro
A fine macchina la raccolta dei fogli ed eventualmente altri macchinari di finitura
Il foglio, preso dagli aspiratori e messo a registro, passa nel primo castelletto dove verrà
stampato il primo colore per poi passare nei successivi (attraverso cilindri) per ricevere
gli altri, ed uscire a stampa completata.
Fig. 06: Schema macchina.
Riassumendo, ogni castelletto è un colore ed ogni colore una lastra. Nelle macchine attuali
molte operazioni sono state automatizzate: tra queste i cambi di formato e lastra, il lavaggio e la
regolazione degli inchiostri tramite sofisticate centraline di controllo.11
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
$$!MONDOGRAFICA, www.mondografica.it/2009/09stampa-offset/.rtdf!
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02. I colori.
Esistono vari metodi di colore, alcuni sono in grado di riprodurre una gamma cromatica
più vasta, altri sono più limitati. Alcuni sono utilizzati nei procedimenti di stampa off-set, altri
per riproduzioni con fonti luminose. E’ necessario conoscerli per poterli utilizzare al meglio,
soprattutto gestendone i limiti.
Il metodo di colore determina il modello usato per visualizzare e stampare colori e
immagini.
I modelli più comuni sono:
•RGB (rosso, verde, blu)
•CMYK (cyan, magenta, giallo, nero)
•Bitmap
•Scala di grigio
•Tinte piatte
•Scala di colore
RGB (Rosso, Verde, Blu/Red, Green, Blu).
Non è un metodo colore usato in offset.
Una vasta percentuale dello spettro visibile può essere rappresentata miscelando luce
rossa, verde e blu in diverse proporzioni e intensità. Il sistema RGB opera secondo la regola
della sintesi additiva. Unendo tutti i colori si ottiene il bianco.
I colori additivi sono utilizzati per l’illuminazione: video e monitor. Il monitor, ad
esempio, crea colore emettendo luce tramite fosfori rossi, verdi e blu.
Fig. 07: Sintesi additiva
Nel sistema RGB viene assegnato a ciascun pixel che compone l’immagine un valore di
intensità compreso tra 0 (valore equivalente a nero - pixel spento) e 255 (valore equivalente a
bianco - pixel acceso)
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Fig. 08: Selettore colore di Adobe Photoshop
All’aumentare dell’intensità (0-255) aumenta la luminosità.
Fig. 09: A sinistra il selettore di Adobe Illustrator 8.0, a destra esempi di campiture RGB
Le immagini RGB usano tre canali (o colori) per riprodurre sullo schermo fino a 16,7
milioni di colori. I tre canali generano 24 bit (immagini a 8bit x 3 canali) di informazioni sui
colori per pixel. Nelle immagini a 16 bit (nei software che li supportano) si hanno 48bit per pixel
con la possibilità di riprodurre molti più colori.
Fig.
10:
I
tre
canali
del
metodo
RGB
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CMYK (Ciano, Magenta, Giallo, Nero/Cyan, Magenta, Yellow, Black).
E’ un metodo colore usato in offset.
Il modello CMYK (Cyan, Magenta, Giallo, Nero) si basa sulla capacità propria
dell’inchiostro su carta di assorbire la luce (colori sottrattivi). A differenza dell’RGB in questo
metodo quando la luce bianca colpisce gli inchiostri traslucidi, alcune lunghezze d’onda visibili
vengono assorbite, mentre altre vengono riflesse e viste dall’occhio umano.
Fig. 11: Sintesi sottrattiva
In teoria i pigmenti di CMYK combinati al 100% potrebbero assorbire tutta la luce e
produrre il nero, in realtà tutti gli inchiostri di stampa contengono impurità e combinando questi
4 colori al 100% si riuscirà al massimo ad ottenere un marrone scuro.
Il nero è dato a parte K (blacK)
Per ottenere un nero profondo e compatto conviene miscelarlo almeno con una
percentuale di Cyan.
Fig. 12: Selettore colore di Adobe Photoshop
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Fig. 13: I 4 colori del CMYK al 100%
Con il metodo CMYK a ogni pixel viene assegnato un valore percentuale per ogni colore
di quadricromia. Ai colori più chiari vengono assegnate percentuali più basse di colori di
quadricromie, mentre ai colori più scuri vengono assegnate percentuali alte.
Fig. 14: A sinistra esempi di campiture CMYK, a destra il selettore di Adobe Illustrator 8.0
Il metodo CMYK è necessario per preparare un’immagine da stampare in quadricromia.
Il metodo CMYK usa 4 canali che corrispondono alle 4 lastre utilizzate nella stampa tipografica.
Fig. 15: I quattro canali del metodo CMYK
Foto o disegni sono detti immagini a tono continuo e sono costituite da gradazioni di
grigio o colore che si fondono in modo armonioso. Le immagini digitalizzate che contengono
una gamma di tonalità di colore sono dette immagini a tono continuo e per stamparle è
necessario utilizzare il metodo CMYK.
Per riprodurre immagini a toni continui con processo tipografico è necessario scomporre il
colore in una serie di punti di varie dimensioni e colori, detti retino a mezza tinta. I punti CMYK
vengono stampati a diverse angolazioni.
Retinatura
“La retinatura qui illustrata è detta “tradizionale” perché è stata usata per decenni nella
stampa industriale. Oggi con le tecniche digitali si usano varianti di questo tipo di retinatura.
È detta anche retinatura a modulazione d’ampiezza per distinguerla dalla retinatura a
modulazione di frequenza che è più recente.
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Una macchina da stampa con solo inchiostro nero, può evidentemente stampare solo in
nero (inchiostro) su bianco (carta). Non ci sono altre possibilità. Ma allora, come si può ottenere
un grigio? La risposta è appunto la retinatura:
Fig. 16: retino al 50% ingrandito
Questa è un’area molto ingrandita in cui ci sono dei punti neri su sfondo
bianco. Complessivamente i punti neri coprono un’area che è il 50% dell’area totale del
rettangolo. A sufficiente distanza, il bianco e il nero si fondono in mescolanza additiva e
l’osservatore ha l’impressione di vedere un grigio:
Fig. 17: effetto a distanza
Questa tecnica di simulazione è detta retinatura (inglese screening).
Il retino dell’esempio qui sopra è al 50%. Qui sotto ci sono due esempi di retino al 20% e
al 70%. Nel primo il nero copre il 20% dell’area, nel secondo il nero copre il 70% dell’area:
Retino 20%
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Retino 70%
I tre retini visti qui sopra hanno percentuali diverse (20%, 50%, 70%) ma le linee di punti
sono sempre alla stessa distanza, cioè i tre retini hanno la stessa frequenza o lineatura.
Vediamo come sarebbe un retino, per esempio al 50%, con frequenze diverse. L’area
coperta di nero deve essere sempre 50% di quella bianca e quindi se la frequenza aumenta, cioè
le linee si avvicinano, i punti dovranno rimpicciolire; se la frequenza diminuisce i punti
dovranno aumentare.
Ecco un retino al 50% (cioè l’area coperta di nero è il 50% dell’area bianca) con tre
frequenze diverse (alta, media bassa):
Un retino è dunque determinato dalla sua percentuale (da 0% = assenza di nero a 100% =
tutto nero) e dalla sua frequenza (misurata in linee per centimetro, oppure linee per pollice).
Il principio della retinatura viene facilmente esteso alle immagini a scala di grigi. In tal
caso la lineatura del retino è fissa, ma varia la percentuale per poter rendere i vari livelli di
grigio. Qui sotto una immagine a scala di grigi e un ingrandimento retinato della zona contornata
in rosso.
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Un’immagine retinata è detta una mezzatinta (in inglese halftone). Tradizionalmente, la
mezzatinta si otteneva fotografando l’originale a tono continuo interponendo tra obiettivo e
materiale fotosensibile una lastra di cristallo nella quale erano tracciate due serie di linee
parallele che si incontrano ad angolo retto: il retino, appunto, che, osservato in trasparenza, era
costituito da un grande numero di quadratini trasparenti.
Caratteristiche del retino
Riassumiamo qui la definizione e le caratteristiche di un retino. Un retino (screen) è
costituito da punti posti sull’intersezione di due fasci perpendicolari di rette parallele ed
equidistanti.
Se i punti sono tutti delle stesse dimensioni, il retino è uniforme o piatto. Per un retino
uniforme si può parlare di percentuale di grigio (screen percentage), cioè del rapporto
percentuale tra area coperta e area bianca del supporto.
Il numero di linee per unità di misura (centimetro o pollice) è la frequenza o lineatura
del retino (inglese screen frequency) misurata in linee per centimetro (lpc) o linee per pollice
(lpi, line per inch). Naturalmente, la frequenza va misurata lungo le linee stesse.
L’angolo che una linea di punti del retino forma con la verticale è l’angolo del
retino (screen angle).
I punti di un retino hanno una certa forma (forma del punto, spot shape). Tipicamente la
forma del punto è un cerchio (retino a punti, dot screen), ma sono possibili forme diverse, per
esempio la forma di linea (retino a linee, line screen), di ellisse, di quadrato, di rombo (retino a
diamante, diamond screen). Un retino che rende l’idea di una trama si chiama texture screen.
Retinatura a colori
Il colore viene prodotto stampando più retini sovrapposti ad angolature diverse. Nel caso
più comune i retini sono quattro, stampati rispettivamente con inchiostro ciano, magenta, giallo e
nero (CMYK) e con angolature diverse. Ad esempio il rettangolo azzurro sulla sinistra potrebbe
essere ottenuto dalle retinature descritte affianco.
Nella retinatura tradizionale per evitare il problema del moirè (interazione geometrica tra
i retini che genera problemi di interferenza percettiva), i retini vengono ruotati in questo modo: il
giallo resta a 0°, il magenta a 15°, il nero a 45° e il ciano a 75°. È possibile dimostrare che con
questa combinazione di angoli e frequenze, la stessa posizione relativa dei punti nei quattro retini
non viene mai ripetuta e il moirè è in realtà un micromoirè (rosetta), così piccolo da non generare
alcun disturbo visivo.”12
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
$'!MAURO
BOSCAROL, http://www.boscarol.com/blog/?tag=mezzatinta!
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In questo caso i gradi sono calcolati considerando lo 0° come 90°
Retinatura a modulazione di frequenza
“Il retino tradizionale prevede la riproduzione dei toni tramite punti di dimensioni
diversi disposti su linee tutti alla stessa distanza. Il numero di linee presenti in
ogni centimetro determina la "Lineatura". Maggiore è l'intensità della lineatura, minore
la dimensione del punto da stampare. Nella stampa offset la lineatura standard è di 70 linee per
centimetro, ma negli ultimi anni, soprattutto grazie alla diffusione del CTP è possibile aumentare
le linee fino ad arrivare anche a 120-140 a tutto vantaggio di una maggiore definizione delle
immagini in quanto subiscono una minor sfaccettatura. Nonostante l'aumento qualitativo
ottenibile dall'incremento della lineatura, questo metodo, che resta ancora il più utilizzato,
mostra i propri limiti a causa dell'effetto moirè che può risultare dalla sovrapposizione delle linee
del retino con la trama delle immagini, tale problema può inoltre presentarsi quando si stampano
immagini a più di 4 colori (esacromia - eptacromia).
Fig. 18: retino stocastico e retino tradizionale
Un altro incoveniente che può derivare da una lineatura troppo alta può essere un
impastamento non controllabile nelle zone scure delle immagini.
Per evitare i problemi sopra citati e stampare con punti non visibili, sono stati introdotti i
retini FM (modulazione di frequenza), ovvero si stampano punti estremamente piccoli (2010 micron), le differenze tonali si ottengono variando la distanza tra i punti, inoltre non vengono
più distribuiti secondo linee fisse ma disposti "a caso".
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Fig. 19: retino stocastico e retino tradizionale, particolari
La retinatura stocastica a differenza di quella tradizionale permette di implementare
senza problemi di inclinazione e di moiré la stampa multicromica, con risultati eccellenti per
quanto riguarda la riproduzione dei dettagli e la morbidezza della sfumature. Anche questo
sistema, nonostante tutto ha qualche punto a sfavore, come la ripetibilità dovuta alla difficoltà di
lavorazione di un punto estremamente piccolo.
Considerando che entrambi i sistemi (tradizionale-stocastico) hanno pregi e difetti è
possibile tramite dei software particolari dare ad ogni singolo oggetto che compone la pagina un
retino specifico adatto. Ottenendo all'interno del foglio macchina infinite possibilità di
combinazioni di retini in modo da evitare i difetti a spot. Questa tecnica si chiama screen
object.”13
BITMAP.
E’ un metodo colore usato in offset.
Il metodo Bitmap usa uno di due valori cromatici (Bianco e Nero) per rappresentare i
pixel di un’immagine, Nel metodo Bitmap le immagini sono a 1 bit, in quanto hanno una
profondità di bit pari a 1.
Il metodo Bitmap è utile per la riproduzione di disegni al tratto che contemplino il solo
colore nero.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
$"!CHINCHIO
INDUSTRIA GRAFICA,
http://www.chinchio.it/Site/Utility/Guide/files/d7e64647cde1e3486cf7a2db110d6cd7-1.php!
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Fig. 20: esempio ingrandito di un bitmap
SCALA DI GRIGI.
E’ un metodo colore usato in offset.
Il metodo a scala di grigio usa fino a 256 sfumature di grigio (da nero a bianco). Ogni
pixel ha un valore di luminosità compreso tra 0 (nero) e 255 (bianco).
I valori della scala di grigio in stampa sono calcolati come percentuale di copertura di
inchiostro nero (0% corrisponde al bianco e 100% al nero).
Il metodo a scala di grigio è utile per la stampa a 1 colore (nero) anche per la
riproduzione di fotografie.
TINTE PIATTE (Pantoni)
E’ un metodo colore usato in offset.
Sono stampate con inchiostri premiscelati (Metodo Pantoni, ideato e prodotto dalla
Pantone Inc., azienda statunitense che si occupa di tecnologia per la grafica). Ogni tinta viene
riprodotta utilizzando una sola lastra di stampa. Una tinta piatta stampata al 100% produce un
colore uniforme senza motivi di punti. Quando viene schiarita è creata stampando punti del
retino a mezza tinta più piccoli del colore di base (retinatura del colore). Le tinte piatte sono utili
per stampare colori o virare immagini senza usare il CMYK.
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Fig. 20: palette pantoni di Adobe Illustrator CS
Fig. 21: esempio i retinatura pantone
Fig. 22: la cosiddetta “mazzetta pantone”
SCALA DI COLORE
NON è un metodo colore usato in offset.
E’ un metodo colore molto limitato, che usa un massimo di 256 colori. Ha il vantaggio,
limitando le dimensioni della palette dei colori, di alleggerire il peso informatico di un’immagine
e, quindi, risulta comodo in ambiente internet. Di contro limita le possibilità di calibrazione
dell’immagine.
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Fig. 23: a sinistra un’immagine in RGB, a destra in scala di colore
AMPIEZZA DEL COLORE
Abbiamo visto che alcuni metodi colore sono utilizzati nella stampa off-set, mentre altri
sono utili per la riproduzione a monitor. Ogni metodo colore riesce a riprodurre una certa gamma
di colori percepibili dall’occhio umano e alcuni hanno maggiori possibilità, altri meno.
Conviene, quindi, lavorare direttamente con il metodo colore che utilizzeremo per la
riproduzione dell’immagine. Se stiamo preparando un file che dovrà essere stampato in off-set,
conviene trattarlo direttamente in cmyk o scala di grigi se stamperemo a un solo colore (nero).
Fig. 24: ampiezza colore
Per capire i limiti di un metodo colore rispetto ad un altro, basta selezionare un colore
estremo in RGB (ad esempio un verde in un punto estremo della gamma) e poi convertirlo in
cmyk.
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Intanto notiamo immediatamente che nella palette compare, affianco al colore
campionato, un segnale d’allarme che ci indica che il colore è fuori gamma per la stampa.
Questo vuol dire che non otterremo quella
particolare tonalità con i mezzi di stampa, perché gli inchiostri non riusciranno a riprodurla.
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Fig. 25: ampiezza colore quadricromia, 7 colori e RGB
Il sistema di stampa sostituirà il nostro verde con il verde più vicino, contemplato
nell’area di riproduzione cromatica del metodo colore utilizzato.
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03. Le Estensioni.
Rappresentano il tipo di registrazione del file. Alcune sono tipiche delle immagini
bitmap, altre di quelle vettoriali, altre rappresentano i documenti di testo. Il mondo delle
estensioni è vastissimo e qui affronteremo solo quelle che più ricorrono nel mondo dell’editoria.
Estensioni di immagini bitmap (ovvero tutte quelle immagini create da una rete di pixel)
Fig. 26: estensioni da Photoshop
In editoria l’estensione più utilizzata per le immagini è il .tiff
E’ un tipo di estensione che può mantenere i livelli con aumento di peso, ha un’ottima
definizione del colore e un peso piuttosto alto. Il formato Photoshop EPS è utile quando
scontorniamo un’immagine e vogliamo che il tracciato incorporato sia letto dal programma
d’impaginazione. Anche questa estensione ha un’ottima definizione.
Fig. 27: interpretazione del tracciato di Photoshop da parte di QuarkXPress
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Le immagini vettoriali, ovvero quelle disegnate con programmi tipo Adobe Illustrator per
poter essere inserite in un impaginato come quelli creati con QuarkXPress devono essere salvate
nel formato .eps. Questo formato, sia nel caso di immagini bitmap che vettoriali non ha una
buona anteprima e quindi vengono visualizzate a bassa risoluzione. La cosa però non deve
preoccupare perché in stampa saranno di ottima qualità.
04. La qualità delle immagini.
Le immagini bitmap per poter essere utilizzate in stampa off-set devono avere una
risoluzione di almeno 266 dpi 1:1, ovvero alla grandezza finale. E’ prassi comune dare una
risoluzione maggiore: 300dpi.
Per capire il perché è utile illustrare per grandi linee come è costruita un’immagine
bitmap. Le immagini bitmap sono costituite da una griglia di pixel, dipendono dalla risoluzione e
se ingrandite perdono di qualità.
Fig. 28: ingrandimento di un’immagine a buona risoluzione
Quando apriamo la finestra di Photoshop che ci descrive la qualità dell’immagine,
notiamo tre parametri: la larghezza e altezza in pixel, la larghezza e altezza in cm e la
risoluzione pixer/pollice.
La prima in alto (la larghezza e altezza in pixel) ci informa sulla quantità di pixel presenti
nei due lati dell’immagine. La seconda al centro (la larghezza e altezza in cm) ci informa sulla
grandezza fisica dell’immagine. La risoluzione, indicata in basso, ci dà la quantità di pixel
contenuti in un’area di un pollice.
L’esempio di seguito riprodotto è di un’immagine a 9 megapixel ad una risoluzione di 72
pixel/pollice (Dpi), 9megapixel sono la risultante della moltiplicazione dei pixel di larghezza per
i pixel di altezza.
2616pixel X 3488pixel = 9.124.608pixel
Questa immagine avrà, a questa risoluzione, una grandezza fisica di 92,29cmX123,05cm.
Se aumentiamo la risoluzione mantenendo collegati i rapporti di larghezza e altezza in cm
(ovvero la grandezza fisica dell’immagine), portandola a 300 pixel/pollice (Dpi), noteremo che i
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la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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dati di larghezza e altezza in pixel non varieranno, mentre quelli in cm diminuiranno
sensibilmente, dandoci la grandezza fisica massima di stampabilità a risoluzione giusta per l’offset.
Fig. 29: l’immagine 9megapixel a 72 dpi
Fig. 30: l’immagine 9megapixel a 300 dpi
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Le immagini cosiddette vettoriali, invece, non perdono di definizione se ingrandite
perché sono definite matematicamente e, quindi, non dipendono dal sistema di pixel.
L’ingrandimento dovrà essere fatto dal programma vettoriale e non dalle percentuali del
programma impaginatore. Si tenga presente che se si fa un’esportazione di un disegno vettoriale
in un formato .jpg o .tif si trasformerà in immagine bitmap (immagine costruita per pixel) e non
si potrà tornare indietro: un’immagine vettoriale può essere trasformata in bitmap, una bitmap
non può diventare vettoriale.
Le immagini vettoriali sono definite da un calcolo matematico negli assi x y
Il loro peso è inferiore alle immagini bitmap perché contengono meno informazioni: una curva in
un’immagine bitmap è costituita da una serie di punti affiancati fra loro, in un’immagine
vettoriale è costituita da un punto di partenza, uno di arrivo e la tensione data dai vettori; un
rettangolo in un’immagine bitmap è costituito da una serie di punti che ne costituiscono l’area, in
un immagine vettoriale dai punti dei quattro angoli più il valore cromatico di riempimento.
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01. Il confezionamento.
“Come in ogni tradizione professionale, anche nel lavoro editoriale e grafico esiste una
nomenclatura speciale per identificare le parti fisiche che compongono un libro. Una
nomenclatura che si è stratificata in secoli di attività artigianale e che bisogna conoscere, almeno
per la parte sopravvissuta nell’uso quotidiano all’avvento delle tecnologie contemporanee:
misura non grande, in rapporto alla ricchezza terminologica creatasi nella storia del lavoro
librario […] Un libro, dal punto di vista fisico, è un oggetto di dimensioni variabili (nell’ordine
di centimetri), composto da pagine (fogli di carta stampata di forma e dimensioni costanti), in
numero variabile da 49 a qualche migliaio (secondo i criteri stabiliti dall’UNESCO una
pubblicazione viene definita <<libro>> quando ha un numero di pagine pari almeno a 4914
copertina esclusa; le pubblicazioni con un numero di pagine inferiore vengono definite
<<opuscoli>>, ma naturalmente quanto viene detto qui si applica anche a pubblicazioni minori),
collegate in una sequenza fissa e protette da una <<copertina>>, cioè da un involucro esterno
pure fisso che ha la funzione di conferire maggior compattezza all’insieme. Dal punto di vista
semantico le pagine hanno la funzione di ospitare il contenuto del libro, sotto forma di testi e
illustrazioni stampati; mentre la copertina ha la funzione di identificare il libro agli occhi del
lettore in rapporto a tutti gli altri libri, ovvero, secondo un’ottica commerciale, di attirare
l’attenzione del potenziale cliente nelle vetrine delle librerie.
La copertina è quindi il punto di partenza della comunicazione libraria, e questo spiega perché su
di essa si concentrino tante attenzioni, tanta cura professionale e tanti investimenti da parte degli
editori (in rapporto a quanto viene investito sul rimanente del libro). E’ formata essenzialmente
da tre parti.
• Il <<piatto>> o <<prima di copertina>> (secondo la terminologia dei giornali). E’ la parte
frontale del libro; reca il nome dell’autore, il titolo dell’opera, il nome della casa editrice e,
facoltativamente, un’immagine, il cui scopo è di rafforzare con un elemento visivo l’impatto
dell’insieme sul lettore.
• Il <<dorso>>. E’ la parte di copertina che riveste il lato del libro lungo il quale le pagine sono
unite. Resta visibile quando il libro viene riposto in uno scaffale. Ha quindi una funzione simile a
quella del piatto, di cui ripete le indicazioni in forma abbreviata, per quanto consente la sua
superficie più limitata: autore (spesso solo il cognome), titolo, marchio dell’editore.
• La <<quarta di copertina>>, o semplicemente <<quarta>>, è la parte posteriore del libro: a
rigore di termini si tratta di un secondo <<piatto>>, e così lo indicano i tecnici della rilegatura,
ma l’uso vuole che nel linguaggio comune per <<piatto>> si intenda solo la prima di copertina..
E’ uno spazio destinato alla seconda fase della comunicazione, quella in cui il lettore, dopo aver
visto la prima di copertina, prende in mano il libro perché desidera saperne di più. Sulla quarta di
copertina si trova generalmente una serie di brevi testi, tra cui il principale è il cosiddetto
<<pezzullo>> o semplicemente <<quarta di copertina>> che presenta il contenuto del libro
secondo una forma che l’editore ritiene accattivante. Il pezzullo va dunque considerato a tutti gli
effetti un messaggio pubblicitario: a volte è firmato da un nome celebre della critica letteraria,
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
$#!L’autore
in questione cita una norma che definisce opuscoli le pubblicazioni fino a 48pp e libri da 49pp in su, ma
si tenga conto che una pubblicazione deve essere di un numero complessivo di pagine multiplo di 4.!
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che assume così la funzione di testimonial, prestando la sua immagine e il suo prestigio di
opinion maker culturale al prodotto in questione.
Al pezzullo si accompagna in genere una brevissima nota biografica sull’autore, che passa in
rassegna i suoi meriti culturali, i suoi titoli accademici e le sue precedenti pubblicazioni (non è
consuetudine in Europa citare, come fanno spesso gli editori americani per gli autori di successo
popolare, condizioni di vita privata: matrimonio, figli, luogo di residenza abituale). La nota
biografica può essere rafforzata visivamente da una fotografia dell’autore.
La parte inferiore della quarta è luogo deputato ad alcune <<informazioni di servizio>>: per
esempio, indicazioni di copyright per la copertina stessa (nome del grafico che ha disegnato la
copertina, didascalia per l’immagine usata sulla prima di copertina, referenze fotografiche per
questa immagine e per la foto dell’autore); indicazione del prezzo di vendita al pubblico; numero
ISBN15 o Codice EAN16.
Tutti gli elementi citati possono essere distribuiti in modo diverso secondo la differente struttura
fisica della copertina. Senza entrare nel merito di distinzioni tecniche che interessano solo gli
specialisti di legatoria, i libri attualmente in commercio si suddividono in due grandi tipologie
generali.
• <<Brossura>> (dal francese brochure, che a sua volta viene da brocher, cucire o unire con
spilli metallici). E’ un tipo di legatura formata da un semplice foglio di carta o di cartoncino,
unito al blocco delle pagine tramite punti metallici (brossura <<spillata>>, in cui scompare una
delle componenti della copertina: il dorso) oppure, per libri di spessore più consistente, tramite
uno strato di colla applicato all’interno del dorso (brossura a dorso piatto).
La brossura è destinata alle edizioni economiche: coincide in pratica con paperback, il termine
anglosassone che in Italia include anche i cosiddetti <<tascabili>>. Ma può essere nobilitata dal
grafico con alcuni accorgimenti che la rendono a volte raffinatissima: la scelta della carta o del
cartoncino prima di tutto; l’aggiunta di <<alette>>, cioè di prolungamenti della prima e della
quarta di copertina ripiegati all’interno, che danno maggiore consistenza all’insieme e ospitano il
pezzullo e le note biografiche.
• <<Cartonato>>. Si dice di un libro con rilegatura più complessa e più robusta (il termine
tecnico più corretto, anche se meno diffuso, è <<legatura incassata>>), in cui la copertina è
costituita da tre fogli di cartone o materiale rigido (due uguali per il piatto, uno più stretto per il
dorso) ricoperti e collegati da un rivestimento di cuoio o più spesso di tela o di plastica, che può
recare motivi decorativi e scritte stampate o impresse in cavo nello spessore del materiale.
A questo tipo di rilegatura, più solida e che conferisce al libro un aspetto più tradizionale e ricco,
si aggiunge tuttavia una <<sovraccoperta>> di carta sottile (in inglese jacket), che si aggancia
alla copertina tramite due alette ripiegate verso l’interno del libro. La sovraccoperta assume in
questo caso le funzioni semantiche della copertina: la prima di sovraccoperta e il dorso hanno
esattamente lo stesso schema della prima e del dorso di copertina; la quarta di sovraccoperta
mantiene alcune indicazioni di servizio che devono essere leggibili anche a libro chiuso (codice
EAN), ma ospita spesso (invece del pezzullo e della nota biografica, che emigrano sulle alette
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
$%! ISBN
(International Standard Book Number - Numero librario convenzionale internazionale): è un codice
composto di 10 cifre, suddivise in 4 parti. La prima identifica la nazione o l’area geografica dell’editore (gli
editori italiani hanno 88). La seconda identifica l’editore (ad es. “Tecniche Nuove” ha 7081). La terza identifica
l’edizione. La quarta è un numero di controllo che consente di scoprire se nel trascrivere le cifre precedenti sono
stati compiuti errori (ad es. in un’ordinazione).
ISBN 88-781-376-2
La dimensione del carattere non deve essere inferiore a 9pt
$&!Codice a barre EAN (European Article Numbering – Numerazione europea degli articoli):
Consente la gestione automatizzata del magazzino. E’ un numero di 13 cifre accompagnato dalla sua
rappresentazione grafica (codice a barre). Le prime 3 cifre identificano internazionalmente il prodotto libro (978)
Le altre hanno le stesse funzioni delle cifre ISBN, l’ultima è sempre il numero di controllo
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insieme con il prezzo e le indicazioni di copyright) una grande foto dell’autore, una scelta dei più
significativi apprezzamenti critici sul libro, oppure una frase apertamente pubblicitaria.
In una legatura cartonata (nella terminologia editoriale anglosassone hard-cover, copertina
rigida) la copertina vera e propria si impoverisce dal punto di vista strettamente grafico: pochi
colori, poche scritte. Tutto il contributo che il grafico è chiamato a dare per la sua realizzazione
si riduce alla scelta del materiale di rivestimento, quell’epidermide destinata peraltro a essere
celata dalla sovraccoperta. In compenso la copertina rigida conserva un significato di per sé
molto ricco: simboleggia il libro tradizionale, solido, di valore, duraturo, da tenere con sé nel
tempo.
Il che si noti, è una pura immagine, senza riscontri nella realtà contemporanea dell’economia e
della tecnica. Esistono infatti brossure complessivamente più costose della relativa versione
cartonata e brossure realizzate con tecniche e materiali che le rendono ben più longeve di molte
edizioni cartonate, oltre a ibridi non infrequenti come le brossure con sovraccoperta e i cartonati
senza sovraccoperta. Tutto dipende dalla qualità dei materiali e dai procedimenti usati nell’uno e
nell’altro campo. Tuttavia il grafico attento all’immagine complessiva del libro dovrà tener conto
che nell’opinione corrente la rilegatura cartonata (anche di bassa qualità) viene interpretata
generalmente come più pregiata.”17
1
2
3
Le figure 1, 2, 3 rappresentano in maniera schematica le tre brossure: 1) spillata o detta
anche a punto metallico - 2) brossura incollata, o detta anche semplice o detta anche fresata o
tranciata – 3) brossura a filo refe.
1) Spillata. La copertina (senza dorso) è legata ai fogli da punti metallici (generalmente
usata per opuscoli di poche pagine)
2) Brossura incollata, o detta anche semplice o fresata o tranciata. I fogli dell’interno
sono attaccati al dorso della copertina tramite uno strato di colla. Questo tipo di
legatura è detta anche fresata o tranciata perché le segnature sono tagliate per farne
singoli fogli creando un dorso ruvido, in maniera che la colla possa svolgere meglio
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$(!MORETTI
GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., pp.59-62!
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la sua funzione di tenuta. E’ un tipo di legatura che si usa sempre meno, a causa della
sua scarsa tenuta nel tempo. E’ generalmente usata per edizioni economiche.
3) Brossura a filo refe, ha lo strato di colla come la brossura incollata, ma le segnature
(non fresate) sono legate da un filo. E’ il tipo di legatura più usata per i libri di pregio.
Fig. 31: le segnature
Le segnature sono i singoli fascicoli che costituiscono l’interno di un libro, che
vengono raccolte, cucite e incollate al dorso della copertina (nel caso di brossura a
filo refe). Una segnatura corrisponde, generalmente a un foglio macchina (ovvero al
numero di pagine che possono essere montate in un foglio aperto, generalmente di
dimensioni 70cmX100cm18, da inserire nella macchina di stampa).
Fig. 32: Macchina e foglio stampato
Per poter stampare una segnatura così che le pagine corrispondano in bianca e volta19
e siano ognuna a quartino, così da poterle rilegare, è necessario comporre il foglio in
maniera particolare.
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Fig. 33: Schema di un sedicesimo piegato e tagliato
Le composizioni del foglio, dette piegature sono di varia maniera a seconda di quante
pieghe e quindi pagine si vogliono ottenere.
Le più usate sono:
a quartino (4 pagine) (1 piega)
a ottavo (8 pagine) (2 pieghe)
a sedicesimo (16 pagine) (3 pieghe)
a trentaduesimo (32 pagine) (4 pieghe)
a sessantaquattresimo (64 pagine) (5 pieghe)
Ad esempio è possibile avere un libro di 160pp con 10 segnature ognuna da 1
sedicesimo o 5 segnature ognuna da 1 tretaduesimo, oppure di 200pp con 12
segnature ognuna da 1 sedicesimo + 1 da un ottavo. Ovviamente più si useranno
pieghe più dovrà essere leggera la carta utilizzata.
Generalmente i libri sono fatti da segnature di 16pp (sedicesimo). Il foglio macchina
visto in piano, cioè non ancora piegato e tagliato, avrà questo aspetto.
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Fig. 34: A sinistra in alto lo schema di un sedicesimo (bianca e volta), A destra in alto lo
stesso foglio piegato.
A sinistra in basso lo schema di un trentaduesimo (bianca e volta). A destra in basso lo
stesso foglio piegato.
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Fig. 35: Sequenza della piegatura: in alto a sinistra a quartino, in alto a destra a ottavo,
in basso a destra a sedicesimo.
Il foglio macchina potrà essere stampato a 4colori sia in bianca che in volta (4+4 b/v) e
così otterremo una segnatura tutta a colori, oppure, dove la struttura del contenuto lo consenta,
potremmo stampare un lato a 4colori e l’altro a 1colore, con un risparmio economico. Bisogna
tenere conto che la presenza anche di un solo elemento a colori (anche di dimensioni minime)
comporterà la stampa quadricromica del lato dove è situato.
Ad esempio se dovessimo decidere di stampare in bianca a 4colori e in volta a 1colore
otterremmo questa sequenza:
Per ottenere risparmio economico nella produzione di un libro, in molti casi l’editore
decide di relegare le immagini in una parte specifica e il resto delle pagine dedicarle al testo che
viene stampato sempre in nero 100%. Sono i casi in cui il corredo immagine è inserito in una
segnatura di centro o di chiusura e generalmente caratterizzata da una carta differente (quasi
sempre la scelta ricade sulla patinata: tipo di carta che valorizza il materiale fotografico).
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I libri hanno un’altezza variabile dai 17-18cm di altezza ai 30cm di altezza dei libri
illustrati, meno maneggevoli, detti coffee-table books, cioè libri da tenere in bella mostra sul
tavolo del salotto.
Questa è la classificazione bibliografica dei formati:
Questa classificazione è sempre meno usata e si fa sempre più riferimento alla norma
UNI 923, conforme alle norme internazionali ISO utilizzata dalle industrie cartografiche.
Anche la copertina viene stampata in un foglio macchina ed è sistemata nel foglio in
formato aperto.
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Il progettista grafico dovrà quindi tenere conto del formato di stampa, soprattutto quando
sono previste le alette (o dette anche bandelle), al fine di ottenere il minor spreco di carta
possibile.
La copertina è stampata in un secondo tempo rispetto all’interno del libro perché, nel
caso della brossura semplice o a filo refe, è caratterizzata da una carta di maggiore peso
(generalmente si usa un peso di 300gr) e nel caso della legatura incassata (o cartonato) si parla di
sovraccoperta e prevede sempre le alette (o bandelle).
Anche nel caso della brossura semplice o a filo refe potrebbero essere previste le alette (o
bandelle), al fine di impreziosire la pubblicazione, o una cordonatura20 vicino al dorso, per
facilitare l’apertura del libro. Ci sono diverse forme di ibridi fra la brossura semplice e il
cartonato, un esempio è quello di usare un cartoncino rigido e di pregio per la copertina (ad es.
murillo 300gr) e rivestirlo con un sovraccoperta.
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Fig. 36: Due copertine: quella a sinistra semplice e rifilata a misura con l’interno, quella
a destra con bandelle e con “unghia” sui tre lati.
Fig. 37: Tre copertine: a sinistra semplice e rifilata a misura, al centro con bandelle (può
essere a misura o con “unghia” su un lato o su tre), a destra con sovraccoperta.
Fig. 38: Elementi a vista che costituiscono la legatura incassata
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02. La carta.
Anche se la maggior parte del tempo dedicato alla progettazione grafica editoriale si
svolge davanti ad un monitor di un computer, bisogna sempre tenere in mente che, a differenza
di chi progetta per il web o per altri ambienti grafici che avranno lo schermo quale naturale
luogo di riproduzione, il nostro lavoro sarà riprodotto su di un supporto che è la carta, nelle sue
varie tipologie. Un libro, o qualunque altra forma di pubblicazione stampata, diventa un fatto
fisico, sarà tenuto in mano, ci batterà la luce e verrà letto. Il progetto grafico non deve solo
occuparsi dell’impaginazione o della corretta calibrazione delle immagini, ma anche di quale
sarà l’aspetto finito del prodotto editoriale: quale dovrà essere il formato e come dovrà essere
rilegato, quale tipo di carta e di quale grammatura (ove tutto questo non sia già indicato
dall’editore o previsto dallo standard di una collana). Dopo che ci saremo domandati di che tipo
di pubblicazione si tratta, di pregio, economica, con molto materiale fotografico o di solo testo,
potremo scegliere i materiali che ospiteranno il nostro progetto d’impaginazione.
La scelta è sempre duplice: la carta per l’interno e la carta per la copertina, in caso di
brossura, mentre per la rilegatura incassata dobbiamo prevedere il tipo di rivestimento della
copertina (che può essere di vari materiali, anche la carta), i risguardi e la sovraccoperta.
Poi, sempre rimanendo sulla copertina, dobbiamo domandarci se prevediamo una
plastificazione o meno e, nel momento in cui la prevediamo, se la vogliamo lucida oppure opaca:
l’effetto è molto diverso.
Certo che nel controllo di tutti questi elementi, gioca un ruolo fondamentale l’esperienza
e le tante ore passate in tipografia a confrontarsi con i vari materiali e tecniche che il mercato
tipografico ci mette a disposizione.
Una prima discriminante è la quantità di materiale fotografico previsto, visto che alcune
carte rendono meglio la qualità della foto, altre meno. Invece, in presenza di libri di solo testo
(ad es. la narrativa), la scelta ricade quasi sempre su carte definite “uso mano” e generalmente di
colore avorio.
“Dal punto di vista delle materie prime, le carte da stampa per i libri si distinguono in
finissime, e mezzo-fini, secondo la qualità delle fibre usate (fibre di stracci di canapa, juta, lino) e
la quantità di cellulosa (pasta di legno trattata chimicamente) che ad esse viene aggiunta: la
qualità migliore corrisponde alla presenza quasi esclusiva di fibre di stracci, quella più modesta
alla composizione prevalentemente costituita da pasta di legno.
Alla migliore qualità della carta non corrisponde solo un aspetto più gradevole (grana
compatta, capacità di far risaltare le sfumature della stampa), ma anche una maggiore durata
delle sue caratteristiche nel tempo, senza ingiallimenti (o con limitate variazioni di colore) e
senza degradazione dovuta alla lenta azione degli acidi usati per la produzione.[…] Il materiale
genericamente definito carta si suddivide poi in categorie secondo il peso e lo spessore
• carte: da 10 a 150 g/m2 da 0,003 a 0,3 mm;
• cartoncini: da 150 a 400 g/m2, spessore da 0,3 a 1mm
• cartoni: da 400 a 1.200 g/m2, spessore fino a 2mm”21
Attualmente sul mercato le cartiere offrono una quantità enorme di tipologie di carta, ma
noi possiamo dividerla un due grandi famiglie: quelle che hanno maggiore assorbimento del
colore (ad esempio le uso mano) e quelle che hanno un minore assorbimento del colore (le
patinate).
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., p.149!
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“Nelle industrie più avanzate la carta viene fabbricata con macchine in tondo, cioè con
macchine che trasformano l’impasto (materie prime impastate e diluite in acqua) in un nastro di
carta continuo che viene avvolto in bobine. Le bobine vengono fornite alle stamperie, oppure
tagliate in fogli nei formati desiderati. Dopo essere uscita dalla macchina in tondo, la carta può
essere ulteriormente trattata e subire altre lavorazioni quali la calandratura o la patinatura. La
calandratura è una lavorazione che dà alla carta una lisciatura più o meno accentuata. La
patinatura consiste nella spalmatura sulla superficie della carta di uno strato di levigatura tale da
consentire di ricevere la stampa nei suoi più minuti dettagli. La patinatura è perciò
particolarmente adatta (nelle versioni lucide o opache) alla stampa di alta qualità”22
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
''!GIORGIO
FIORAVANTI, Il manuale del grafico, guida alla progettazione grafica e all’impaginazione del
prodotto editoriale, op. cit, pp.110.!
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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23
La scelta della carta è, quindi, in funzione della tipologia di pubblicazione che stiamo
curando. Se si tratta di un libro con una grande presenza di materiale fotografico la scelta ricadrà
sicuramente sulle carte patinate (lucide o opache), che, grazie al loro minore assorbimento del
colore, conferiscono brillantezza alle immagini e ci permettono di riprodurre al meglio i
particolari. Poi, a seconda del numero di pagine, sceglieremo il peso, che sarà minore se il
numero di pagine previsto è alto, maggiore se è basso. Ad esempio, in un libro di 160pp useremo
una carta di massimo 120gr., per pubblicazioni di numero pagine inferiore potrà salire il peso,
ma comunque non supereremo mai i 150gr. Un altro elemento che ci condiziona nella scelta del
peso della carta è il formato. Formati piccoli mal sopportano grammature pesanti, il rischio è che
si aprano male o che tendano a scollarsi dal dorso.
Le carte patinate, se da un lato hanno nella loro brillantezza il vantaggio di valorizzare il
materiale fotografico, dall’altra sono di scomoda lettura proprio per questa loro particolarità. Un
libro di narrativa stampato su patinata è scomodo da leggere perché rifrange la luce e quindi
stanca l’occhio del lettore. Libri di solo testo o comunque a forte presenza di testo sono sempre
stampati su carte uso mano di colore bianco o, ancora di più, di colore avorio. Questo tipo di
carta e di colore permette una più agevole lettura, anche in presenza di luce diretta. Per le pagine
interne non sono molte le carte normalmente utilizzate, si evitano quelle particolari tipo le
vergate o le martellate, che possono invece essere usate per la copertina o per la sovraccoperta al
fine di impreziosire la pubblicazione.
“Un’opera costituita di solo testo in genere viene stampata su una carta di peso tra gli 80
e i 120 gr/m2, di aspetto opaco o semiopaco, cioè dalla grana più o meno sensibile al tatto ma
sempre relativamente forte. Le carte di questo tipo dalla grana più fina vengono dette lisciate.
Quelle di migliore qualità vengono genericamente definite carte uso mano, cioè simili
nell’aspetto alle carte tradizionali prodotte artigianalmente, opache e di tonalità particolarmente
morbida. Tutte possiedono una buona capacità di assorbire l’inchiostro e la superficie opaca,
eliminando i riflessi, consentendo una lettura più agevole.
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'"!Ibidem.!
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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D’altra parte queste stesse caratteristiche tendono ad attenuare le variazioni d’intensità
della stampa. Di conseguenza un’opera con illustrazioni va preferibilmente stampata su carta
patinata, che grazie alla sua composizione assorbe l’inchiostro in misura minore e non spegne i
toni della stampa. Le carte patinate sono disponibili in versione lucida o opaca.
Entrambe le famiglie di carte menzionate (uso mano e patinate) sono disponibili oltre che
in vari pesi (o meglio grammature) in vari colori, ma soprattutto in varie tonalità di bianco: dal
candore più brillante, all’avorio più caldo, al grigiastro più gelido.
[…] Sono disponibili carte cui trattamenti particolari conferiscono un aspetto
particolarmente prezioso: carte vergate, che in trasparenza rivelano una sottile trama di linee
parallele dovute alla variazione dello spessore del materiale; e carte goffrate, sulla cui superficie
vengono impresse textures decorative.”24
La conoscenza del mondo della carta è fondamentale per un buon progettista grafico,
personalmente ho visto libri in cui, solo attraverso l’uso della carta, si è riusciti ad ottenere
prodotti di enorme eleganza, valorizzando al massimo i contenuti senza particolari decorativismi
grafici, che spesso, invece che aiutare, creano rumore e confusione nella lettura. Il vuoto, se ben
usato, è la cosa più bella in un libro, ma anche la più difficile da ottenere.
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'#!MORETTI
GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., p.150!
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01. La copertina.
Ha la funzione pratica di tenere insieme le pagine di un libro, oltre che proteggerle, ma la
sua funzione più importante è quella legata alla comunicazione. Oggi le librerie sono diventate
sempre più grandi, basti pensare a catene come Feltrinelli o Mondadori, luoghi in cui, oltre
l’esposizione di libri, avvengono molte altre cose: conferenze, presentazioni, fino addirittura a
offrire spazi di relax. Spesso in libreria non si entra con l’intenzione all’acquisto, ma per mille
altri motivi, e si esce la maggior parte delle volte con un libro in mano. Lo spazio in libreria è
sempre più limitato, la concorrenza fra i titoli e le case editrici è enorme e, per attirare l’occhio,
una copertina fatica non poco, anche perché spesso i libri sono messi di taglio, cioè con
solamente il dorso a vista. Farsi notare, raccontare in pochi segni il proprio contenuto è difficile.
Questo è il motivo dei tanti sforzi dedicati alla sua progettazione (intendendo per copertina sia la
prima, che il dorso, che la quarta). Intanto è importantissimo il titolo, alcuni titoli riescono a
vendere da soli, un caso per tutti è “Come smettere di farsi le seghe mentali e vivere felici e
contenti” di Giulio Cesare Giacobbe, edito da Ponte Alle Grazie. Un manuale di approccio alle
nevrosi attraverso tecniche yoga, buddhiste e zen, scritto da Giacobbe, docente di Discipline
Pscicologiche Orientali all’Università di Genova. Un libro che, pur essendo divulgativo, parte da
presupposti scientifici. Possiamo solo immaginare, però, quante volte le persone lo abbiano
comperato per regalarlo quale messaggio ad amici, parenti, fidanzati, ecc. senza averne letto
neppure una pagina, solo per la forza comunicativa del titolo, visto che viviamo in una società
che considera ormai il disagio psicologico come malattia del secolo.
Fig. 39: Il libro di Giulio Cesare Giacobbe
L’immagine e la composizione generale della copertina devono raccontare il contenuto e
il tono/stile di come è stato scritto, su come farlo c’è poco da dire. L’unica cosa è che ci sono
copertine che funzionano, altre no.
Possiamo però identificare alcune regole generali, almeno per la composizione tecnica di
questa fondamentale parte della pubblicazione. Intanto gli elementi che la costituiscono sono tre:
la prima o piatto
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il dorso
la quarta
e ognuna di queste ha una propria funzione comunicativa.
Fig. 40: Schema di una copertina distesa
Copertina:
è la parte frontale del libro, reca il nome dell’autore, il titolo dell’opera, la casa editrice e
l’immagine
Dorso: è lo spessore del libro, resta visibile quando il libro è in uno scaffale, ha una
funzione simile alla copertina, di cui ripete le informazioni in forma abbreviata.
Quarta:
è la parte posteriore, è lo spazio dedicato alla seconda comunicazione, ospita il “pezzullo”, la
biografia dell’autore, informazioni di servizio come Copyright, il grafico che ha disegnato la
copertina o l’opera riprodotta, prezzo, ISBN o codice EAN
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Fig. 41: Schema di una copertina distesa, definizione degli elementi in quarta
Con l’affollamento dei titoli in libreria, il dorso ha, oggi, acquistato un valore di grande
importanza, basti pensare quante volte vediamo i libri solo di taglio. A questo piccolo elemento
del libro, quindi, è spesso demandato il ruolo comunicativo della Prima di Copertina.
Ovviamente lo spazio a disposizione è di gran lunga inferiore e le sue potenzialità di
conseguenza ridotte, ma in molti casi rimane come unico elemento a vista. Gli unici complici
che abbiamo per far sì che il nostro prodotto sia letto sono, da una parte il ritmo lento e
silenzioso che si vive in libreria, che dà la possibilità di leggere e l’organizzazione in settori della
maggior parte delle librerie, così che un lettore stringe naturalmente il proprio campo d’azione ai
settori a cui è generalmente più interessato.
Fig. 42: Interni di una libreria Feltrinelli
Possiamo considerare il dorso come una copertina ridotta e di essa ripete gli elementi
fondamentali: autore, titolo, editore. E’ buona norma, inoltre, prevedere nella parte bassa uno
spazio da dedicare all’inserimento di etichette di biblioteca.
Esistono delle indicazioni per la composizioni del dorso.
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Fig. 43: Schemi di dorso
Le scritte devono essere conformi a quelle di copertina e nel medesimo ordine ed è
consuetudine che sia utilizzato lo stesso tipo di carattere, ma per mancanza di spazio può essere
riportato solo il cognome dell’autore. L’esempio n.1 rappresenta i casi in cui il dorso è
sufficientemente largo da permettere il posizionamento dei dati in orizzontale, sono i casi dei
vocabolari, il n.2 è il caso più frequente, le scritte corrono dall’alto verso il basso in maniera che
se il libro viene messo in piano con la Prima di Copertina in alto i dati del dorso risultano in
orizzontale e facilmente leggibili, il n.3 prevede anche lo spazio per l’etichettatura di biblioteca,
il n.4 non è quasi mai utilizzato perché considerato dalla maggior parte dei grafici di cattiva
lettura, il n.5 è particolare perché il titolo sulla piega (dall’alto verso il basso o viceversa) è, nella
maggior parte dei casi, inserito come titolo di copertina e quasi mai ribattuto una seconda volta
come dorso.
Fig. 44: Schemi di titolazione verticale
Nei casi A e B il titolo, nella forma verticale, è inserito nella composizione grafica della
copertina in maniera che si integri con l’immagine complessiva. Il caso C, ovvero il titolo di
copertina ripetuto in verticale nella parte alta affianco alla piega, è molto raro e usato quasi
esclusivamente per opuscoli destinati all’archiviazione in librerie. In basso un esempio della
tipologia A.
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Fig. 45: Esempio di titolazione verticale
Per la copertina, la prassi per il posizionamento delle informazioni deriva
dall’esposizione che si utilizzava e, in taluni casi si usa ancora, del prodotto librario nelle
scaffalature a scala.
“ La tradizione vuole che il nome dell’autore preceda il titolo del libro. Precedere, si
intende, in relazione al senso di lettura normale di un testo, da sinistra a destra e dall’alto in
basso. Dunque, affinché queste due informazioni arrivino al lettore nell’ordine richiesto sarebbe
sufficiente disporle nella forma più consueta: una sotto l’altra, in due blocchi di testo
differenziati per carattere o per colore, entrambi nella parte alta della copertina. E spesso così si
fa, senza approfondire oltre.
Ma la percezione della copertina è qualcosa di più complesso della semplice lettura di
una pagina. Prima di tutto avviene in almeno due fasi: una prima percezione globale in cui lo
sguardo, percorrendo l’ambiente in cui il libro si trova, si ferma sulla copertina nel suo
complesso, e una seconda fase in cui hanno luogo una lettura vera e propria del testo (autore e
titolo) e un esame più particolareggiato dell’immagine eventualmente presente. Per questa
ragione occorre che la copertina sia strutturata su almeno due livelli di lettura: uno immediato e
alla lontana, e uno più ravvicinato, in grado di comunicare informazioni più particolareggiate.
Va sottolineato che il primo livello percettivo (quello che cattura l’attenzione dell’osservatore
nell’ambiente) si gioca pressoché totalmente su elementi visivi e quindi di competenza del
grafico (forma dei caratteri, scelta dei contrasti cromatici). […] Un luogo comune vuole che il
nome dell’autore e il titolo figurino sempre nella parte superiore della copertina. Come tutti i
luoghi comuni ha un’origine oggettivamente giustificata, le cui motivazioni però hanno ormai
sostanzialmente perso valore. Il testo nella parte alta della copertina serviva in passato a far sì
che il libro fosse identificabile con la massima chiarezza nelle vetrine (e soprattutto nelle
edicole, per i tascabili degli anni Settanta) dove i librai (causa lo spazio limitato) esponevano i
libri in file parzialmente sovrapposte, in modo che solo la parte superiore delle copertine di
ciascuna fila restava visibile: un titolo collocato troppo in basso sarebbe stato nascosto dalla
sovrapposizione della fila inferiore.”25
“Nei tempi più remoti non si usava nemmeno la sovrastampa del titolo dell’opera, né il
nome dell’autore né quello dello stampatore comparivano sul piatto (copertina). Erano notizie
che si apprendevano dal frontespizio o dal colophon. Successivamente si usò stampigliare lo
stemma dell’editore e il titolo del libro sul dorso. In seguito la copertina (piatto) venne
impreziosita tanto che, nel tardo 800, si pensò a proteggere con una sovracoperta quella
copertina, che, a sua volta, aveva la funzione di proteggere il libro vero e proprio. La
sovracoperta, all’inizio, fu vuota. In seguito vennero riportati su di essa titolo e autore, da una
mente pubblicitaria, e utilizzato quale motivo di richiamo. […] Se si tiene conto che sulla sovra
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'%!MORETTI
GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., pp. 161, 162!
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copertina di un libro dovranno apparire il titolo e i nomi dell’autore e dell’editore (ripetendo gli
stessi elementi sul dorso) altre regole o restrizioni non bloccano la fantasia del grafico.”26
Fig. 46: Esempi di copertine
La regola del posizionamento sopra descritta, come tutte le regole, viene spesso infranta
senza nulla togliere alla funzione comunicativa della copertina. Questo dipende da tanti fattori,
fra cui, ad esempio, il tipo di foto che si decide di usare, che ci può costringere a posizionare le
scritte in basso anziché in alto oppure la particolare importanza dell’autore che può far optare per
un ribaltamento di dimensioni privilegiando il nome dell’autore sul titolo del libro. L’importante
è che ci sia sempre un’attinenza fra ciò che è il contenuto del libro e la propria sintesi grafica in
copertina “troppo spesso ci si imbatte in libri, la cui sovracoperta non rispecchia, in alcun modo,
il contenuto dello scritto; è semplicemente uno specchio per le allodole, di ottima fattura grafica,
con valori estetici validi, cui non corrisponde il contenuto.”27 Quindi, al di là, delle regole di
massima della composizione: simmetria bilaterale, diagonale, sezioni auree, l’unica regola valida
è quella di riuscire a costruire un racconto che faccia capire, a chi osserva il nostro prodotto, di
cosa tratterà il contenuto e ne rappresenti lo stile.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
'&!HOHENEGGER ALFRED, Estetica
e funzione GRAPHIC DESIGN tecnica e progettazione, Editrice Romana
Libri Alfabeto, Roma, 1986, pp. 303, 304!
'(!Ibidem!
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Fig. 47: Esempi di copertine
Un elemento che potremmo trovare aggiunto alla copertina è la fascetta. La sua funzione
è quella di attirare ulteriormente l’attenzione. E’ un elemento che riporta informazioni successive
alla stampa come: premi letterari o numero di ristampe particolarmente alto. E’ di dimensione
verticale molto inferiore alla copertina e fascia la copertina legandosi ad essa attraverso due
alette, su una di esse viene stampato il titolo del libro e l’edizione a cui va applicata in corpo
piccolissimo (quest’ultima è un’informazione di servizio per l’assemblaggio).
Fig. 48: Schema di fascetta
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Sulla base di quale rapporto si instaura fra immagine e testo possiamo, per grandi linee,
individuare delle tipologie di copertina, sulla base delle tipologie di pubblicazione.
“Immagine piena.
Si tratta di copertine che fondano il loro richiamo su un’illustrazione o su una fotografia a
piena pagina. Nome dell’autore, titolo e sottotitolo sono sovrapposti all’immagine: scavati –
come si dice nel gergo degli stampatori – in uno o più colori contrastanti.
La soluzione privilegia l’identità del singolo libro su quella dell’editore o della collana
(non c’è praticamente modo di sottolineare queste informazioni, se non attraverso la scelta del
carattere e l’inserimento del marchio dell’editore). Per questo motivo è comune a specifici generi
editoriali.
• La narrativa di forte tiratura, rivolta a un pubblico che apprezza prima di tutto il plot, la
trama, il contenuto. Dunque nella copertina prevale la suggestione dell’immagine, cui si
aggiunge, se l’autore è già celebre, l’impatto grafico del suo nome che compare con grande
evidenza (è una garanzia della bontà del prodotto…), spesso con più evidenza del titolo.
L’immagine è costruita appositamente, da un illustratore o da un fotografo, dietro precise
istruzioni del direttore editoriale o del grafico-art director.
Fig. 49: Esempio di narrativa a forte tiratura
• La non-fiction, cioè i libri non di narrativa (biografie, saggi di costume e di attualità
politica che si rivolgono in genere a un pubblico vasto quanto quello della narrativa), quando
sono fortemente legati a un’immagine visiva (ad esempio la raccolta dei testi di un celebre
comico televisivo, o un’antologia delle gaffe di un celebre presentatore). Per sfruttare al meglio
il richiamo del personaggio la cui immagine è familiare al pubblico, la copertina sarà
interamente occupata da una fotografia del personaggio. Anche questa soluzione è relativa a
opere che si rivolgono a un pubblico vasto e popolare.
Fig. 50: Esempio di non fiction
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• Il libro d’arte: qui, protagonista è il fatto visivo; l’alta qualità dell’immagine a
disposizione prende il sopravvento su ogni altra considerazione, e il messaggio viene ribadito dal
nome dell’artista o della corrente cui il libro è dedicato, che compare in evidenza nel titolo.
Fig. 51: Esempio di libro d’arte
Immagine incorniciata.
E’ una soluzione che permette un equilibrio efficace tra identità del libro e identità del
produttore che lo propone al pubblico. L’immagine identifica la singola opera, ma viene
accompagnata da elementi grafici riconoscibili che identificano l’editore o la collana. Questi
elementi grafici possono essere:
• una semplice cornice di colore e proporzioni ben marcati, che fa da sfondo
all’illustrazione;
Fig. 52: Esempio di libro a immagine incorniciata
• una vera e propria cornice decorativa, di forma, colore e proporzioni personalizzati per
garantire l’identificazione dell’editore e, all’interno della sua produzione, delle singole collane;
Fig. 53: Esempio di libro a immagine incorniciata
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• un elemento grafico meno invadente di una cornice, ma che svolga sostanzialmente la
stessa funzione: per esempio, un lato della copertina o anche solo un angolo occupato da una
fascia colorata con il marchio dell’editore
Fig. 54: Esempi di libri a fascia laterale
L’ultima soluzione è la più duttile, perché consente una gamma praticamente infinita di
varianti, adattabili a qualunque genere editoriale. Ma proprio perché identifica con sicurezza
l’editore e la collana con l’autorità di un marchio di qualità, è adottata di solito per libri destinati
a un pubblico non popolare, fatti per un lettore che ama distinguere e scegliere.”28
Quando ci si trova a progettare il modello di copertina di una collana editoriale,
dobbiamo avere cura di creare uno schema valido per tutta una serie di libri. Nel caso di una
collana a numero programmato, ovvero una collana di cui la casa editrice già conosce il numero
di pubblicazioni che saranno editate, di quali autori e quali titoli, possiamo affrontare il lavoro in
blocco e predisporle tutte trovando una soluzione derivata dalle esigenze delle varie immagini
che avremo a disposizione e dei vari titoli, prendendo in esame quello più lungo e difficoltoso.
Più difficile è quando si tratta di collane che si svilupperanno negli anni e non sappiamo come
saranno i titoli, quanto lunghi e se avranno sottotitoli e quali immagini si avranno a disposizione.
Nella maggioranza dei casi ci troviamo a creare uno standard che finirà in mano ad altri grafici
che cureranno, nel tempo, la collana.
“Con ogni probabilità sarà preferibile collocare i vari elementi sempre nella stessa
posizione, prevedendo titoli brevi e titoli particolarmente lunghi. Prenderà in esame la
convenienza di mantenere lo stesso corpo del carattere o variare la grandezza secondo l’esigenza.
Mentre le indicazioni relative all’autore e alla casa editrice manterranno sempre la stessa
posizione, la parte illustrativa (foto o disegno), pur essendo fissa come collocazione, può essere
cambiata come soggetto (se necessario come forma, specie se scontornata). La linea del colore, a
volte, può contribuire alla caratterizzazione di una serie di libri. Nulla però impedisce di
cambiare, nell’ambito di una collana, se la caratterizzazione della stessa è stata ottenuta
attraverso la forma. Oltre che titolo, autore, editore, sul dorso appare il nome della collana e,
eventualmente, un numero.”29
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
')!MORETTI
GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., pp. 169, 170!
'*!HOHENEGGER ALFRED, Estetica
306!
e funzione GRAPHIC DESIGN tecnica e progettazione, op. cit., pp. 305,
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Fig. 55: Esempio di collana
Nella fig. 55 sono riprodotti i primi due libri della collana “La Novecentina” edita da
Andromeda Editrice, il progetto prevedeva l’immagine incorniciata e il fondo caratterizzato da
due fasce orizzontali di tono più scuro e l’area centrale dello stesso tono ma più chiaro, i titoli
erano a cavallo fra il fondo e l’immagine.
Una collana prevede sempre un formato, una tipologia di carta per l’interno, una per la
copertina e lo stesso tipo di rilegatura che si ripetono su tutti i libri, mentre, come in questo caso
pur mantenendo lo stesso impianto grafico, il colore può cambiare a seconda dei casi.
Fig. 56: Esempio di collana
Nella fig. 56 sono riprodotti i primi quattro libri della collana “I segnatempo” della San
Gabriele Edizioni. In questo caso è stata usata una forte caratterizzazione grafica attraverso l’uso
della lettera S, mentre le immagini sono state scontornate e spostate verso il dorso. La scelta è
dovuta al materiale generalmente scadente delle icone dei Santi, protagonisti di questa collana di
biografie, a favore di una forte riconoscibilità della collana.
02. L’interno.
Le pagine interne sono sempre ordinate da una o più gabbie, a seconda dei casi, che ne
costituiscono una sorta di struttura invisibile, stabilendo la distanza dai bordi e dalla piega, i
luoghi destinati al posizionamento delle testatine, numero pagina, note, ecc.
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Fig. 57: Esempio di griglia per un libro di narrativa
Gli elementi che caratterizzano la pagina sono: il formato al vivo, ovvero il formato finito del
libro, lo spazio dedicato a contenere il testo o le immagini (la vera e propria griglia), eventuali
testatine che servono alla titolazione dei capitoli e che possono essere affiancati anche dal
numero pagina (sul lato esterno) o riportare il titolo del libro (sul lato della piega) e il numero
pagina che viene, il più delle volte, posizionato in basso al centro o in basso sul lato esterno,
oltre a uno spazio detto abbondanza, di 3mm per lato (testa, piede e esterno) più grande del
formato al vivo che serve per il refilo delle immagini posizionate a vivo pagina.
Possiamo dividere le pubblicazioni in due grandi categorie:
Ruolo guida testo;
Ruolo guida immagine.
Le pubblicazioni a ruolo guida testo sono quelle in cui c’è una presenza esclusiva di testo (ad es.
la narrativa) o il testo ha una presenza maggiore del materiale fotografico o ancora i casi in cui il
materiale illustrativo è a servizio del testo, cioè serve a spiegare meglio ciò che è scritto (è il
caso dei testi scientifici). Questo tipo di libro ha una struttura in cui, generalmente, la giustezza
del testo occupa l’intera larghezza della griglia.
Le pubblicazioni a ruolo guida immagine sono quelle in cui il materiale illustrativo ha una
particolare importanza, è il caso dei cataloghi d’arte, delle pubblicazioni turistiche, dei libri
fotografici e per bambini. In questi casi è il testo ad essere a corredo dell’immagine, perché si
tratta di libri più da guardare che da leggere, motivo per cui il materiale illustrativo deve essere
particolarmente curato.
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Fig. 58: Esempi di colonne. A sinistra Colonna e Colonnino, a destra Colonna e Note a pié
pagina
Una griglia molto usata in libri in cui il testo necessità d’immagini a corredo di piccolo formato e
didascalie è quella organizzata in Colonna e Colonnino, qui gli elementi illustrativi e piccoli testi
d’approfondimento (note e didascalie) corrono in senso verticale accanto alla colonna di testo. Il
colonnino è generalmente sul lato esterno alla pagina.
Fig. 58: Esempio di griglia a Colonna e Colonnino
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Cattedra di Elementi di Progettazione Grafica Editoriale - Prof. Antonello Santarelli
Di tipologie di griglie ne sono state disegnate tantissime, l’importante, però, è che siano
funzionali al tipo di contenuto che ci troviamo ad organizzare, in relazione al formato finito della
nostra pubblicazione. Alcuni accorgimenti sono ormai di regola per la buona fruizione del libro,
ad esempio nel caso della narrativa è buona regola (tranne che nelle edizioni economiche in cui
la regola è il più delle volte dettata dai costi) calcolare lo spazio di vuoto fra la griglia del testo e
il lato esterno in maniera che possa ospitare il dito pollice nell’atto della lettura, senza
sovrapporsi al testo.
Fig. 59: Lo spazio sul lato esterno
Questo perché si tratta di libri che vengono letti la sera, o in viaggio o addirittura sotto
l’ombrellone, insomma il tavolino è forse il luogo meno utilizzato. Un’altra attenzione è dedicata
alla piega: la distanza del testo aumenta all’aumentare delle pagine e al ridursi del formato, al
fine di evitare che l’onda e la conseguente ombra non renda difficile la lettura.
Fig. 60: L’effetto delle pagine nella piega
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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Fig. 61: Esempi di griglie classiche
Il numero di colonne da prevedere in griglia dipende anch’esso dalla tipologia della
pubblicazione e dal formato finito. Formati più grandi possono prevedere più colonne, anche se
per un libro si usano due o al massimo tre colonne (di cui una generalmente è un colonnino).
Una maniera utile per l’organizzazione dello spazio pagine è dividerlo per moduli, così da avere
sia la divisione verticale che quella orizzontale e poter organizzare meglio il materiale
illustrativo e i testi.
Fig. 62: Griglia a moduli
La divisione a moduli è tipica di giornali e riviste, ma soprattutto dei giornali quotidiani, anche
perché la pubblicità è venduta a singolo modulo. Questo tipo di struttura è comoda perché ci
offre una griglia capace di ospitare sia testi che immagini, anche di diverso formato, cioè
possiamo optare per una colonna doppia, singola o tripla e colonnino, così come possiamo
sistemare le immagini a diverse dimensioni, seguendo semplicemente la regola dei moduli. Certo
che ogni tanto la struttura deve essere negata, altrimenti il ritmo generale della pubblicazione
rischia di diventare noioso e, in questo senso, si possono usare: immagini a vivo, sovrapposizioni
di foto più piccole su quelle più grandi, scontorni, ecc.
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Fig. 63: Griglia utilizzata per “Atlante dei luoghi” di Andromeda editrice, una pubblicazione
che illustra il territorio della zona “O” della comunità montana del Gran Sasso.
La griglia illustrata nella fig. 63 è stata usata in un formato chiuso 21cmX29,7 (A4), la
particolarità è che i moduli in testa e quelli a piede sono uguali, mentre i centrali sono un po’ più
grandi. Questo perché si è voluto creare una griglia con un centro sfalsato, così da attaccare il
testo d’inizio capitolo un po’ più in alto del centro pagina.
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Fig. 64: Pagina interna dell’Atlante dei luoghi
E’ una pubblicazione organizzata in singole sezioni di 4 pagine, ad ogni sezione corrisponde un
luogo, l’inizio testo è sulla pagina destra, che apre sempre con una foto a giustezza, mentre la
pagina sinistra contiene sempre una composizione di foto di cui una più grande e portante e altre
più piccole e sovrapposte alla prima.
Fig. 65: Pagina interna dell’Atlante dei luoghi
La struttura della pagina e dell’intera pubblicazione deriva, quindi, dall’organizzazione dei
contenuti che saranno presenti. “Il contenuto di un libro si articola in genere in una struttura ad
albero, secondi una gerarchia di suddivisioni: ad esempio il testo è suddiviso in parti, ciascuna
delle quali è suddivisa in capitoli, a loro volta suddivisi in paragrafi. Questa gerarchia è
fondamentale per consentire al lettore di orientarsi nel libro, e la grafica deve renderla il più
possibile evidente. Prima di progettare la pagina, occorre individuare, esaminando il materiale
che costituisce il libro (testo dattiloscritto e sequenza delle immagini proposta dall’autore) come
è articolata questa struttura. In un romanzo, ad esempio, il testo è di solito suddiviso
semplicemente in capitoli, cioè in unità narrative di significato compiuto che si susseguono in un
ordine determinato e hanno tutte pari importanza; a ogni unità dovrà quindi corrispondere una
medesima forma grafica della pagina. Un po’ più complessa la gerarchia di un volume di
saggistica o di un manuale, che comprendono in genere una suddivisione primaria in parti, che
comprendono i capitoli, a loro volta suddivisi in paragrafi e quindi sottoparagrafi. Inoltre il
testo vero e proprio viene in genere preceduto da un’introduzione o prefazione, e può essere
seguito da apparati di vario genere: note, bibliografie, cronologie, indici. L’importanza di
ciascuna di queste parti dovrà essere sottolineata dalla grafica nel modo più adeguato, in modo
da comunicare visivamente al lettore quale sia il nucleo fondamentale del libro e quali siano gli
accessori. Spesso basta soltanto differenziare la forma grafica dei titoli che introducono le varie
parti, ma in qualche caso questo problema di comunicare con chiarezza la struttura dell’opera è il
punto fondamentale su cui si gioca la forma di ogni pagina. Per realizzare un’efficace
espressione della struttura del libro non ci sono regole fisse enunciabili a priori, ma solo
consuetudini generalmente pratiche: ad esempio in un volume prevalentemente composto di
testo i titoli delle suddivisioni maggiori (parti) sono generalmente collocati in pagine a sé, sotto
forma di occhielli; e ogni capitolo inizia con una nuova pagina e in una forma grafica
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particolarmente evidente. In ogni caso comprendere come è costruito il libro – dal punto di vista
dei contenuti – è il primo requisito per potergli dare una forma grafica efficace: questa struttura è
il punto di riferimento fondamentale che consente di orientarsi in tutte le scelte successive.”30
Fig. 66: Struttura ad albero
La struttura indicata nella fig 66 si svolge in maniera lineare e sequenziale nell’insieme delle
pagine della pubblicazione. Si tratta quindi di riuscire a dare un ritmo a queste pagine, attraverso
aperture e chiusure, testatine, pause fatte di bianche, foto, ecc. questo ritmo ha la funzione di
rendere più agevole la lettura e di proporre un sistema di ordine che aiuti il lettore a ritrovarsi nel
complesso delle informazioni contenute.
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GIANNI, Il progetto grafico del libro, op.cit., p. 103, p. 107!
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Fig. 67: Apertura di una parte, nel libro “Continuità ambientale” di Berardino Romano,
Andromeda Ed.
Il ritmo generale del libro è dato da tutti questi elementi, oltre che dall’apertura e chiusura del
libro stesso. Nessun libro apre proponendo subito il testo, ma è sempre prevista una serie di
pagine d’introduzione dette anche “principî” che hanno inzio, nel caso della legatura incassata
con il risguardo, nel caso di una brossura con un primo foglio detto dai bibliofili “antiporta”.
La prima pagina, ove non sia presente un risguardo, contiene l’occhiello o detto anche occhietto
(titolo della collana o titolo del libro, posizionato in alto e con un corpo di piccole dimensioni),
la seconda è bianca (a volte viene usata per il già pubblicato dell’autore), la terza è dedicata al
frontespizio e ripropone i dati di copertina, la quarta contiene le indicazioni legali e di servizio,
dette anche colophon (copyright, crediti fotografici, collaborazioni, ecc.). Dalla quinta le scelte
dipendono dal tipo di libro e dal numero pagine complessivo a disposizione, spesso è usata per la
dedica (composta in corsivo e, in caso di poche battute, con allineamento del testo a sinistra, se
invece è di molte battute si usa il giustificato, è spostata verso il lato esterno della pagina, con
attacco generalmente alla metà orizzontale della pagina e posizionata nella metà superiore, di
solito all’altezza dell’attacco di capitolo) e in questo caso la successiva è bianca per iniziare dalla
7 con un eventuale sommario o direttamente con il contenuto vero e proprio.
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Fig. 68: Da in alto a sinistra: occhietto, bianca, frontespizio, colophon, sommario, bianca,
prefazione, apertura della prima parte con foto e primo capitolo.
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03. Tipologie editoriali.
Il settore dell’editoria è estremamente vasto, comprendendo in sé svariate tipologie: dalle
pubblicazioni di natura turistica all’enorme mondo di quelle dedicate all’infanzia fino a quelle
classiche della narrativa, passando per l’aziendale, l’arte, ecc. Ognuna di queste ha negli anni
trovato le forme e le misure che le sono più consone e i lettori hanno imparato a riconoscerle
anche grazie alla forma fisica e visiva con cui si presentano. Nessuno riconoscerebbe come libro
di narrativa una pubblicazione di formato A4, o una guida turistica di formato tabloid; anche se i
formati sono svariati, si cerca sempre quello più comodo alla consultazione di quel determinato
contenuto, motivo per cui, ad esempio, l’editoria turistica finalizzata a guidare il viaggiatore in
un territorio ha sempre un formato comodo da portare con sé in una tasca o una borsa. Per altre
forme editoriali, come quelle per l’infanzia, le scelte operate sono davvero infinite: andiamo da
pubblicazioni piccolissime a formati enormi che diventano quasi uno spazio di gioco per il
bambino. I vocabolari, invece, li troviamo di un paio di formati: quello classico (circa 15cm di
base per 22cm di altezza) e quello ridotto, anche tascabile (circa 8cm di base per 12cm di
altezza). Chiaramente i contenuti sono proporzionali al formato e, mentre i primi sono da
consultazione a tavolino e contengono tutti i termini di una lingua, quelli di formato più piccolo
propongono contenuti ridotti e nascono come strumenti da portare con sé.
Fig. 69: A sinistra il vocabolario inglese/italiano italino/inglese edito dalla Zanichelli, a destra
quello tascabile edito da De Agostini. Da notare che in entrambi i casi è stata usata una
rilegatura che ne garantisca la durata nel tempo.
Di seguito saranno affrontati i temi generali di alcuni tipi di editoria, tenendo conto che ogni
pubblicazione è un caso a sé e necessita di specifiche soluzioni grafiche. Possiamo però
individuare delle linee che derivano da prassi che il mercato è arrivato oggi a proporre dopo
varie esperienze e verifiche. Chiaramente le tipologie indicate non sono esaustive dell’intero
mercato editoriale.
Editoria Turistica. Questo settore ha tante forme di pubblicazione, dalle più piccole che
consistono in cartine tascabili, depliant o opuscoli di poche pagine, prodotti nella maggioranza
dei casi dagli enti territoriali, alle pubblicazioni dei tour operator che sono quasi sempre di
formato A4 e di pagine a seconda della capacità di offerta, alle guide vere e proprie edite dalle
grandi case editrici.
I primi sono strumenti destinati ad un utilizzo limitato nel tempo e danno informazioni specifiche
su di un territorio limitato: ad esempio la cartina di un borgo con le indicazioni dei principali
monumenti, luoghi di ristoro e alloggi, o la cartina di un parco con i principali percorsi e servizi.
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Al fine di semplificare la comprensione, si usa, oltre ad almeno un paio di lingue, un sistema di
pittogrammi codificato e internazionale, comprensibile da moltissimi popoli. Questo sistema, pur
avendo delle leggere differenze da nazione a nazione, è un vero e proprio linguaggio iconico e
come tale lo dobbiamo usare se vogliamo essere compresi.
Fig. 70: In alto alcuni pittogrammi di frequente utilizzo, in basso il depliant a pieghe incrociate
di Marinha Grande, Portogallo.
Le pubblicazioni dei Tour Operator, invece, sono centrate sul rapporto vacanza-strutture e sono
create al fine di vendere un pacchetto. In questo senso presentano una grande quantità di
materiale fotografico atto ad illustrare la qualità delle strutture proposte, oltre a chiare schede di
prezzo, che spesso sono allegate a parte per poterle sostituire a seconda delle oscillazioni dei
costi. In tutti i casi di pubblicazioni turistiche e, in particolar modo, in queste è necessario che le
foto siano veritiere e non facciano cadere in equivoco. E’ assolutamente vietato pubblicare
servizi che poi l’acquirente non troverebbe o farli sembrare meglio di ciò che sono (ad esempio:
non si può inserire una foto di una piscina nella pagina di un albergo che non ce l’ha, o farla
sembrare più grande di quello che è nella realtà). Quelle che offrono pacchetti esteri, soprattutto
in paesi esotici, spesso offrono anche una serie d’informazioni utili come: il cambio, procedure
sanitarie obbligatorie e consigliate, tipo di attacchi elettrici che si troveranno in loco,
atteggiamenti sconsigliati o vietati dalle autorità locali e molto altro.
Fig. 71: Catalogo “Magicamente Kenya e Zanzibar” Tour Operator ARCHITECHNA
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
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Sono pubblicazioni che devono rappresentare il tono e lo stile del pacchetto che stanno
pubblicizzando, il ruolo delle immagini è fondamentale e, pur rispettando le indicazioni di legge,
vengono incaricati fotografi di ottimo livello e modelli per rendere al meglio la qualità delle
strutture offerte. Nel caso illustrato nella fig. 71 la filosofia dell’immagine muoveva dall’idea di
ricostruire il sapore del viaggio degli esploratori ottocenteschi, così sono stati usati legni, diari di
viaggio un po’ ingialliti e i modelli riprodotti erano abbigliati un po’ retrò con un vago gusto
inglese, le camionette erano riprese in viaggio e, naturalmente, non mancavano: animali esotici,
letti con le zanzariere e arredamenti in vimini, oltre ai tipici colori dei tramonti di quella terra.
Le guide turistiche proposte dalle case editrici sono veri e propri libri che affrontano il tema in
maniera generalista proponendo informazioni come: dove andare, cosa vedere, dove mangiare,
dove dormire, cosa comprare. In questo senso sono molto interessanti quelle pubblicate dalla
Lonely Planet, che, grazie al contributo dei viaggiatori stessi, forniscono informazioni
estremamente dettagliate e si propongono come uno strumento indispensabile per il viaggiatore
“fai da te”.
Fig. 72: Guide editate da Lonely Planet, Michelin, Einaudi
Si tratta di pubblicazioni a ruolo guida immagine e, quindi, non sono ammesse foto di cattiva
qualità. La caratteristica sono i cieli azzurri e colori caldi, insomma tutto quello che un turista
vorrebbe trovare nella propria vacanza, anche le guide invernali propongono lo stesso stile:
settimana bianca si, ma senza soffrire troppo il freddo. Gli elementi che caratterizzano queste
pubblicazioni sono testi brevi e di facile consultazione e una forte presenza di materiali
fotografici, oltre ad un’immancabile cartina geografica di riferimento. Molti usano prima una
cartina a scala ridotta, per inquadrare l’intera area e, poi, nei capitoli relativi agli specifici
territori inseriscono cartine più dettagliate.
Fig. 73: Guida di Giunti Editore
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Editoria per l’infanzia. E’ forse il settore in cui la creatività del grafico si può esprimere al
meglio, non esistono limiti se non quelli dettati dall’età del lettore. Sono pubblicazioni che hanno
uno strettissimo rapporto fra la funzione che devono svolgere e l’età di riferimento, ne possiamo,
in maniera generale, individuare quattro tipi:
Libri per l’apprendimento sensoriale;
Libri per l’apprendimento del linguaggio;
Libri educativi (favole)
Libri di svago (fumetti e letteratura d’evasione).
I primi sono a metà strada fra un libro e un giocattolo, si propongono come strumenti interattivi e
molti contengono sistemi di riproduzione di suoni: note musicali, animali, rumori, ecc.. La loro
funzione è aiutare il bambino a conoscere il mondo che lo circonda.
Fig. 74: Libro sonoro natalizio “Aspettando il Natale”
L’offerta e la creatività nella progettazione di questo tipo di oggetto è davvero enorme, basta
visitare i siti degli editori specializzati in questo tipo di produzione, come ad esempio la Franco
Panini (www.francopaniniragazzi.it), per rendersi conto di quante tipologie sono oggi offerte sul
mercato: dai libri in stoffa, in materiale plastico, gonfiabili, con inserimenti tattili, sagomati,
cartonati, rilegati a spirale, a fisarmonica, ecc.
Fig. 75: Libri editi da Franco Panini Ed.
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Nella fig. 75 sono riprodotte varie tipologie di libro per la prima infanzia: dall’oggetto che
accompagna il bambino nel gioco o nel sonno, fino a quelli per l’apprendimento del linguaggio,
come il caso di “Giulio Coniglio” ideato dalla triestina Nicoletta Costa. “Per imparare l'alfabeto,
giochiamo a carte con gli amici di Giulio Coniglio. Su una faccia della carta, la lettera
dell’alfabeto; sull’altra, il personaggio che con la prima lettera del suo nome la rappresenta. Io ti
do la M di Maddalena, se tu mi dai la S di Salvatore e andando avanti nel gioco dello scambio,
proviamo a far così. Da parte mia, oltre a quella S di Salvatore che mi tengo, mi prendo anche la
topolina Olivia (O), la lepre Gelsomina (G), la porcellina Nina (N), l’istrice Ignazio (I). E
costruisco SOGNI. E tu, quali carte vuoi? Oltre la mucca Maddalena (M), potrei prestarti
l’agnello Angelo (A), la renna Renata (R) e il pompiere Elvis, l’elefante (E). Così scriveresti
MARE. Tutti gli amici di Giulio Coniglio, debitamente presentati da Giulio Coniglio, prima di
diventare un gioco delle carte (in custodia, allegate al volume), sono i protagonisti di una loro
piccola stagione di gloriosa esibizione. L’agnello Angelo con la sua lettera A, il topo Beppe con
la sua lettera B, l’oca Caterina con la sua lettera C e tutti gli altri... fino alla lettera Z di Zoe, la
zebra, discoli e diligenti, frivoli e romantici, pigri e instancabili, sono messi all’opera da Giulio
Coniglio, star del firmamento dell’opera di Nicoletta Costa.
E sfilano tutti, a uno a uno, per essere ben guardati, appresi e memorizzati. Alla festa di
compleanno della mucca Maddalena, sulla barca degli innamorati, al campeggio, al mare, fra i
ghiacci polari, in una caduta all’ippodromo, sul taxi. Colti nel movimento colorato e fermo che li
ancora alla festa di ogni pagina. Resi felici, resi solari, resi per sempre. Come un assoluto
d’infanzia. Due pagine del volume dedicate a ciascuno. Una pagina a guardare l’altra. A fronte,
l’insistenza della lettera in piccoli quadri didascalici; a lato, la scena luminosa e piena che fissa il
personaggio alla sua lettera. Semplice e ingegnoso, anche come metodo didattico.”31
Sono libri che utilizzano la capacità associativa del bambino, partendo da un animale o un
oggetto associando le lettere e le parole. Spesso è usato, come nel caso descritto, un
“personaggio guida” a cui il bambino si affeziona e segue nelle sue avventure, che hanno sempre
uno scopo didattico. E’ il caso del cagnolino Spotty disegnato da Eric Hill ed edito in Italia da
Fabbri Editori o della Pimpa disegnata da Francesco Tullio Altan ed edito da Franco Panini
Editore.
Attraverso di loro il bambino scopre vari piccoli mondi e personaggi, come nel caso delle
pubblicazioni di Spotty nella fig.76.
Fig. 76: Il cagnolino Spotty
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
"$http://www.alicenelpaesedeibambini.it/Alice/rubriche/Recensioni/rec_sez/Primi%20libri/Alfabeto%20Giulio%20
Coniglio.htm!
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Come si può facilmente evincere dalle figure, il segno e i colori sono rassicuranti: un tratto
continuo definisce le figure e l’ambientazione, sostanzialmente piatta, tutta facilmente leggibile,
come a cercare di non creare parti non comprensibili immediatamente al bambino. Gli animali
sono tutti umanizzati con espressioni chiare e vispe, insomma è come se anche loro fossero dei
bambini e, infatti, hanno un carattere curioso e sono alla continua scoperta del mondo.
Fig. 77: A sinistra Il cagnolino Spotty, al centro e a destra La Pimpa
“Grandi orecchie e lingua a penzoloni, la Pimpa è la compagna ideale per tutti i bambini dai 3 ai
7 anni grazie al suo modo innocente e spensierato di guardarsi intorno e alla sua sfrenata ricerca
di avventure e di nuovi incontri. Per i più piccini ci sono libri a forma di casa e i robusti cartonati
di grande e piccolo formato, i fascicoli con cd musicali delle canzoncine e le audiocassette con i
sogni della Pimpa; per i più grandicelli ci sono le avventure in videocassetta e i libri con cd-rom,
la valigetta del teatro e tante storie illustrate.”32
Fig. 78: Libri a ventaglio editi da Fatatrac
Man mano che si sale di età il rapporto testo-immagini si equilibra, prima le immagini fanno da
padrone sulla pagina e il testo ha corpo grande e poche battute per pagina, poi il corpo diventa
più piccolo e aumentano le battute, fino a diventare veri e propri libri. E’ il caso
dell’interessantissimo Geronimo Stilton, un vero e proprio caso editoriale degli ultimi anni edito
da Edizioni PIEMME, che oltre alla costruzione di storie che riescono a tenere incollati i
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
"'!http://www.francopaniniragazzi.it/index.php/chi-e-pimpa.html!
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bambini, ha una particolare struttura della pagina con continui inserimenti non solo di
illustrazioni, ma di testo che diventa un fatto visivo. Il riferimento è chiaramente al mondo del
fumetto con i suoi “BANG” o “GULP”. La pagina così diventa visivamente ricca e divertente,
aiutando il bambino a riconoscere visivamente tutte quelle sottolineature che in un classico
impaginato di narrativa sarebbero interpretate solo attraverso l’atto attento della lettura.
Fig. 79: Geronimo Stilton
Un discorso a parte va dedicato ai libri cosiddetti, in maniera generica, “tridimensionali”, ovvero
a tutte quelle pubblicazioni che contengono sistemi animati: teatrini, alza e scopri, in rilievo, ecc.
Queste pubblicazioni, quasi tutte progettate e realizzate all’estero sono comunemente dette popA cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
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up (saltare su), termine introdotto dall’editore Blue Ribbon Press negli anni trenta e utilizzato poi
per tutti i libri che contenevano una parte mobile, o anche, dagli americani, interactive book.
“La quasi totalità dei libri oggi in commercio viene progettata in America o in Inghilterra (ad
esclusione di alcuni prodotti per il mercato asiatico, ad alcune riproduzioni di testi tedeschi
dell''800 e a quei libri in cui le immagini presentano solo una parziale fustellatura). L'interesse
per i libri pop-up, se pur con una tradizione di oltre un secolo, è esploso commercialmente solo
negli ultimi anni (nel 1991 ne sono state stampate oltre 25.000.000 di copie). […]
Diversamente da come si potrebbe pensare, dato che oggi questo tipo di pubblicazione si rivolge
a bambini e ragazzi, la storia dei libri animati li vede nascere come strumento didattico per
illustrare teorie e ricerche in campo scientifico. Primi fruitori furono quindi gli adulti, che si
servirono di queste immagini particolari come sussidi per i loro studi.
Fin dal XIV secolo, alcuni libri anatomici furono illustrati con la tecnica del "flap", una aletta di
carta che, sollevata, mostra l'interno del soggetto disegnato o cosa si nasconde sotto una
superficie.
Nel '500, l'astronomo tedesco Peter Apian, nel libro Cosmographia, intagliò alcune incisioni
calcografiche e ne collegò le varie parti con fili sottili in modo che potessero ruotare l'una
rispetto alle altre. Così egli intendeva aiutare la spiegazione e la trasmissione delle informazioni
che aveva elaborato nei suoi studi sui corpi celesti. Per circa due secoli i libri animati restarono
confinati fra gli strumenti didattici; solo verso la fine del '700 si avviò una produzione, che
trattava temi legati allo spettacolo e al racconto tradizionale o fantastico e vennero pubblicati i
primi libri "passatempo".”33
I pop-up non sono solamente di interesse da parte dei bambini, ma anche degli adulti,
incominciano ad essere in molti ad amare e collezionare questo tipo di libro, che indubbiamente
stupisce per la sua complessità, è, inoltre, chiara la vicinanza di questo tipo di oggetto ai
giocattoli ottici che hanno costituito il grande mondo del pre-cinema. E’ un territorio d’indagine
molto interessante anche per i progettisti e basta, a tal proposito, ricordare alcuni pop-up ideati
da Bruno Munari per capire la curiosità che questo tipo di prodotto riesce a suscitare.
“Tipologie di libri tridimensionali
"Lift the flap" (in italiano “alza e scopri”) sono dei libri tridimensionali molto semplici ma al
contempo estremamente efficaci; nascono per la necessità di far vedere, a fini didattici, i
particolari di un oggetto posti su diversi piani: con le immagini sotto riportate possiamo infatti
notare come, un corpo umano, possa essere per così dire, sfogliato come un libro, prima la pelle,
poi la carne, poi le vene e i muscoli ed infine lo scheletro.
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""!http://www.pop-ups.net/popups/storia1.htm!
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Ma facciamo un altro esempio, ecco ora una locomotiva e come è possibile scomporla nei suoi
principali strati (se così si può dire): ecco quindi la carrozzeria, poi gli apparati meccanici ed
infine la struttura portante.
“Carousel”
Il "carousel" è un libro che una volta aperto ricorda le giostre dei bambini del primo novecento.
Praticamente ruotando il piatto superiore ed il piatto posteriore su se stessi e unendo quindi le
due superficie si ottiene una sorta di teatrino, solitamente esagonale, sui lati del quale sono
composte, in chiave ridotta, fiabe di successo.
In questa tipologia di libri tridimensionali tutte le scene si sviluppano sul piano verticale e in
profondità rimane il piano orizzontale. Contiamo di spiegarci meglio con le immagini sotto
riportate.
A cura di Antonello Santarelli. Il contenuto di questo documento è strettamente confidenziale, ad esclusivo uso interno per soli scopi didattici, ne è vietata
la diffusione e l'uso non autorizzato. Può quindi contenere errori, sviste o fraintendimenti che possono essere segnalati a [email protected]!
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Questo tipo di libro animato è stato prodotto per lo più tra gli anni 20 e gli anni 40, si sono
impegnate nella sua diffusione case editrici storiche quali la Treves, la Bemporad e la Vallardi. Il
volume qui fotografato è edito appunto dalla Vallardi: da notare comunque come lo stesso riporti
indicazioni secondo le quali risulta che la Vallardi lo distribuiva ma la produzione avveniva in
Spagna.
“Pop-up”
Tra i cosiddetti libri tridimensionali troviamo anche i famosi “pop-up”, “saltare in su”, in essi
infatti, alla completa apertura della pagina, alcuni disegni si sollevano dando vita a fantasiose
volumetrie che poi al chiudere delle pagine si ripiegano su se stesse.
Le immagini che abbiamo scelto per descrivere i libri a pop-up sono del il celeberrimo
Pinocchio.”34
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
"#!“Libri 3D” www.segnideltempo.it!
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I pop-up di oggi sono sempre più complessi, si trovano anche casi con inserimenti di suoni e
negli ultimi vent’anni illustratori, paper engeneers e creativi sono riusciti ad ottenere risultati
davvero strabilianti e i loro prodotti stupiscono sempre di più i lettori. Tranne pochi casi oggi la
produzione è tutta in Cina, Colombia e Singapore, dove hanno sede le più importanti case di
produzione che riescono, grazie alla qualità di stampa e ai tempi brevi di preparazione, ad
assemblare migliaia di copie per ogni titolo.
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Fig. 80: “Fate e altre creature magiche” di Matthew Reinhart e Robert Sabuda, collana
Enciclopedia Mitologica, Rizzoli Editore, prodotto in Cina nel 2008
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Il catalogo. Sono pubblicazioni a ruolo guida immagine: il loro fine è mostrare l’opera d’arte. Il
formato è, di solito, grande intorno a 24cm di base x28 cm di altezza, ma troviamo anche formati
quadrati di misura quasi sempre superiore a 20cm. Possono essere monotematici, cioè affrontano
un solo artista o proporre temi più ampi. Quelli pubblicati in relazione ad una mostra sono
genralmente divisi in due parti: la prima critica, la seconda fotografica. Ciò non toglie che
esistano libri in cui la divisione nelle due parti sopra descritte è sostituita da un’organizzazione
interna diversa, con una compenetrazione fra testo e immagini. Anche in questi casi vale la
regola di capire di che tipo di libro si tratti.
L’immagine di seguito, che rappresenta la prima copertina della collana e due pagine del libro
dedicato alle ceramiche di Francesco Grue, curato da Luciana Arbace e pubblicato da
Andromeda Editrice, ci fa capire come la scelta della griglia più opportuna aiuti
nell’organizzazione dei contenuti. Qui c’era la necessità di posizionare le immagini (sempre di
ottima qualità) in rapporto al testo, prevedendo l’inserimento di didascalie anche molto
complesse, atte a illustrare nel dettaglio l’opera riprodotta.
Fig. 81: “Francesco Grue (1618-1673) di Luciana Arbace, Andromeda Editrice, formato
24x28cm
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La divisione in parti ricalca le fasi storiche ed evolutive di quell’arte ceramica, oggetto della
pubblicazione. E’ di fondamentale importanza, non solo in questa pubblicazione, ma anche in
altre, che il progetto grafico rispetti l’opera d’arte, senza fare tagli arbitrari, ma cercando di
descriverla nel miglior modo possibile; non è raro trovare didascalie che indicano anche la
grandezza del pezzo o particolari riprodotti affianco alla visione generale. Sia quando trattiamo
un catalogo relativo a un periodo, che relativo a gruppi di artisti dobbiamo far sì che le parti
siano ben riconoscibili e identificabili, anche ad una consultazione veloce.
Il posizionamento di immagini su due pagine deve essere fatto in maniera oculata, tenendo conto
che la parte centrale, quella che finirebbe sulla piega, verrebbe penalizzata, quindi tutte quelle
che hanno il soggetto principale sul centro non trovano in questa soluzione la migliore delle
valorizzazioni. E’ importante che l’apporto grafico sia discreto: il lavoro del progettista è
valorizzare i contenuti e non usare la pubblicazione per dare libero sfogo alla propria voglia di
apparire.
Stesso discorso, anche se per motivi diversi, vale per i cataloghi di prodotti, per i quali interviene
la normativa di tutela del consumatore che impone di descrivere il prodotto per quelle che sono
effettivamente le sue dimensioni e prestazioni.
Fig. 82: Catalogo di prodotti gadgets, con possibilità di personalizzazione.
Sono strumenti di vendita che hanno come destinatario il dettagliante e quindi, oltre i dati
tecnici, hanno un codice per l’identificazione e l’ordine. Il tono e lo stile cambia a seconda del
tipo di prodotto, alcuni sono molto tecnici come quello descritto nella fig.82 o i cataloghi libri,
dove oltre codice e dimensione sono indicati numero di pagine, rilegatura e una piccola
descrizione del contenuto, altri, invece, ne descrivono l’uso e il valore, come nel caso di quelli
legati alla moda, dove si propone il prodotto come elemento di costruzione dell’immagine della
persona. Questi ultimi sono pubblicazioni molto curate sotto il profilo fotografico e vedono
grossi investimenti economici per l’allestimento dei set, il trucco, i modelli, ecc. In questi casi
non è tanto importante descrivere il prodotto, quanto l’effetto che dà. In chiusura molti hanno
quei dati tecnici necessari all’acquisto.
La fig.83 descrive alcune pagine del catalogo di occhiali Silhouette, dove l’accessorio è
associato a tipologie di persone, abbigliamento, stagioni e colori.
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Fig. 83: Catalogo Silhouette 1990
Quotidiani e riviste. La grafica giornalistica è un discorso a parte e segue regole e terminologie
diverse. Questo campo, per la sua complessità, merita uno studio a parte e qui faremo solo una
rapida carrellata dei formati e degli elementi più ricorrenti, rimandando lo studente ad uno studio
più approfondito negli anni successivi. Queste pubblicazioni si definiscono per la loro
periodicità:
quotidiani,
settimanali
mensili.
Esistono altre periodicità, anche se poco usate, come: quindicinale (ogni due settimane),
bimestrale (ogni due mesi), trimestrale (ogni tre mesi), semestrale (ogni 6 mesi).
Mentre i quotidiani hanno caratteristiche che li accomunano nella maggior parte dei casi, gli altri
due, settimanali e mensili, dipendono dal settore e quindi dal lettore di riferimento a cui si
riferiscono: d’opinione, politici, fashion, motori, ecc. Alcune di queste ultime non arrivano in
edicola, ma vengono distribuite per abbonamento o gratuitamente attraverso spedizione postale.
Si tratta per lo più di pubblicazioni di settore, come il caso di quelle delle associazioni di
volontariato o di settori di nicchia come quelle di nautica, o ancora quelle rivolte a un settore
professionale specifico come quello medico (vedi riviste come “Farmacia) o quello della
comunicazione (vedi riviste come “Strategia”). Senza dilungarci sulla rivista, possiamo notare
che la prima pagina (nelle riviste si chiama copertina) mostra l’informazione portante del
numero, che all’interno si svolgerà nell’ “articolo di copertina”, oltre a una serie di “strilli” che
rimandano a altri argomenti dell’interno. In questa fase vediamo solamente alcuni elementi che
caratterizzano la grafica dei quotidiani.
Il quotidiano, dal canto suo, si caratterizza per la velocità, è uno strumento che sta sulla notizia e
si esaurisce nell’arco di un giorno, possiamo distinguerne due tipi: nazionali e locali.
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Certamente non hanno la velocità d’informazione che ha la televisione, ma “ciò che non è scritto
sul giornale non è. La televisione propone attimi fuggenti: si ricerca la notizia e la sua conferma
soltanto sul giornale stampato.”35
Le due categorie, nazionale e locale, si caratterizzano per funzioni diverse “un’indagine Eurisko
(1988) ha messo in evidenza che l’acquisto (e la scelta) di un giornale nazionale dipende
soprattutto, con percentuali che raggiungono l’89%, dal prestigio della testata (qualche volta, ma
raramente, dalla sua posizione politica). Totalmente diversa è la motivazione per scegliere una
testata locale: l’acquisto (e la scelta, ove possibile) di una testata locale (o con cronaca locale)
equivale, nel giudizio dell’acquirente, all’acquisizione di un servizio informativo, così motivato,
con percentuali che oscillano, tra zona e zona, fra il 66 e l’82%.”36
Hanno formati che rispettano o si avvicinano al formato detto Tabloid (279,4mmX431,8mm –
esempio La Repubblica a partire da novembre 2006), o formati più grandi come il lenzuolo
(ovvero formato classico - esempio: Il Messaggero), la loro finalità è di contenere più notizie
possibili in un’unica pagina. Nella prima pagina si concentrano tutti i titoli considerati rilevanti
per quel numero, motivo per cui alcuni articoli sono proposti con le prime righe e rimandano a
pagine interne, vista la sua importanza ormai la maggior parte delle testate usano il colore. Gli
articoli di maggiore rilievo, quelli che trattano i temi del giorno, sono posizionati in Taglio Alto
(o d’Apertura) e in Taglio Medio, l’importanza di un titolo è data, visivamente, da quante
colonne occupa nella sua larghezza. Prima di affrontare gli elementi che costituiscono le pagine
di un quotidiano è il caso di soffermarci a notare come è cambiato l’aspetto grafico dal 1600,
secolo della sua nascita.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
"%!UMBERTOMARIA
Milano, 1998, pag.50.!
"&!Op.
BOTTINO, Pubblicare giornali e periodici, Editrice Bibliografica “I mestieri del libro”,
Cit., pag.48!
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Fig. 84: The Edinburgh Gazette, giornale settecentesco anglosassone (visto su www.bibliolab.it)
Come possiamo notare la struttura del giornale antico era verticale e le prime immagini,
all’inizio completamente assenti, sono al tratto. “nel Seicento nascono in tutta Europa le
gazzette, pubblicate con cadenza settimanale e distribuite presso un pubblico sempre più
numeroso; non a caso è su una gazzetta (il Mercurius Britannicus) che, nel 1621, appaiono le
prime reclame, mentre il giornale francese La Gazette, nel 1631, pubblica il primo annuncio
pubblicitario a pagamento.”37 E’ probabilmente anche lo stimolo che arriva dalle esigenze della
pubblicità, che fa il suo grande ingresso con l’avvento della rivoluzione industriale, oltre le
nuove tecnologie di stampa che si evolveranno fino alla grande rivoluzione della stampa a
colore, a dare al giornale un aspetto sempre più visivo, abbandonando nell’arco di un secolo
l’impianto esclusivamente testuale.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
"(!MARICA
SPALLETTA, La lampada di Aladino, la pubblicità tra illusione e realtà, Edizioni Kappa, Roma,
2003, pag.84.!
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Fig. 85: L’Illustrazione Italiana (visto su www.tiscalinet.it), Le Figaro (visto su
www.comune.salerno.it), L’Idea (visto su www.laltracefalu.it)
Nel caso della fig.84 la prima pagina era costituita da un unico articolo, nella fig.85 le prime
pagine di Le Figaro e L’Idea erano composte da più articoli, ma in una struttura grafica
omogenea che non crea una gerarchia delle notizie.
Gli articoli si concatenano l’uno dopo l’altro secondo una sequenza a serpente, usando
complessivamente due corpi: uno per i titoli, uno per il testo dell’articolo.
Molto diverso è l’aspetto dei quotidiani che siamo abituati a vedere oggi, nei quali l’aspetto
visivo contribuisce alla gerarchia d’importanza delle notizie.
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Pur essendo diversa da testata a testata, la grafica di un quotidiano propone una serie di elementi
ricorrenti che hanno una terminologia codificata e riconosciuta da ogni giornalista.
Intanto a regolare la pagina è una griglia che costituisce le colonne, dentro le quali sono sistemati
testi, immagini, pubblicità e titoli. La grandezza della colonna si chiama giustezza.
La pagina è, inoltre, divisa in tre fasce orizzontali, dette Tagli: Taglio Alto, Taglio medio, Taglio
Basso.
Il Taglio Alto indica la parte della pagina in alto a sinistra, il Taglio Medio indica la parte
centrale della pagina e talvolta, il corpo del carattere del titolo di t.m. può essere maggiore di
quello in apertura, questa tendenza un tempo era considerata come un grave errore, il Taglio
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Basso (detto anche fogliettone, dal francese feuilleton) è la parte bassa della pagina riservata a un
argomento di lettura o sociale e dove un tempo, tra la seconda metà dell’800 e gli inizi del 900,
compariva un romanzo a puntate, detto appunto feuilleton, pubblicato per fidelizzare i lettori.
Fig. 86: I tagli Alto, Medio e Basso
Fig. 87: Definizioni degli articoli
La parte alta della prima pagina è la Testa ed è composta da:
Testata: comprende il nome del giornale e i caratteri tipografici con cui è scritto. E’ un elemento
molto simile al marchio di un prodotto e costituisce l’elemento distintivo del giornale stesso.
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Manchette: abitualmente sono i riquadri a destra e a sinistra della testata, dedicati alla
pubblicità.
Gerenza: Informazioni di legge della stampa periodica: in genere la società editrice, il direttore
responsabile, la data, il luogo e la tipografia di stampa. Oltre a tali informazioni, in genere se ne
indicano altre, come i nomi dei principali responsabili della fattura del giornale, la
concessionaria pubblicitaria ecc. ecc.
Fig. 88: Definizioni degli elementi del titolo
Le pagine del giornale sono composte da immagini, articoli di varie misure e importanza e,
ovviamente, dai titoli. Prima di arrivare al pezzo vero e proprio, i giornalisti usano una serie di
sintesi, che permettono al lettore di farsi un’idea di ciò che è contenuto nell’articolo. Questo
modo di impostare la notizia è necessario visto il poco tempo dedicato dal lettore medio,
Fig. 89: Titolazione, visto su www.biblilab.it
Sommario: In genere è posto sotto il titolo ed è formato da più righe. Sintetizza il contenuto
dell’articolo. Una volta era un estratto del testo, oggi spesso non è neanche una ripetizione dello
stesso e non sono rari i sommari che danno addirittura informazioni in esso non presenti.
Occhiello: frase posta sopra il titolo che introduce l’articolo. Ha caratteri grafici differenti e più
piccoli rispetto al titolo principale.
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Catenaccio: elemento della titolazione passante su due o più titoli, che quindi incatena insieme.
Il termine è anche usato per estensione a indicare una riga di titolazione di ampia estensione ma
di minor corpo, e quindi minor impatto, rispetto al titolo.
“L’unico elemento che non può mai mancare è ovviamente il titolo, invece occhiello, sommario
e catenaccio possono o non possono esserci. L’obiettivo primario da raggiungere è quello di
offrire al lettore una sintesi accattivante che lo invogli a leggere l'articolo o che, per lo meno
gliene offra una brevissima sintesi.
Tenendo conto del fatto che il lettore medio scorre il giornale più che leggerlo, è molto probabile
che la sua informazione su molti argomenti derivi più dalla lettura del titolo che da quella
dell'articolo. Ne risulta che la titolazione diventa un elemento informativo di grande importanza.
Per questo è sottratto al giornalista e curato direttamente dal comitato di redazione del giornale
che tendenzialmente lo formula in modo da offrire, insieme alla notizia, alcuni elementi anche
interpretativi della notizia stessa.”38
Altri elementi che troviamo sempre nella prima pagina sono:
Colonnino: comprende i fatti del giorno, è un modo molto sintetico per trattare i principali fatti
della giornata.
Box: piccolo quadrato di testo dedicato a notizie di approfondimento o di minore importanza.
Richiami o strilli: titoli che rimandano a pezzi trattati nelle pagine interne del giornale. Il testo
in prima spesso è una breve sintesi dell’argomento, magari trattato in più articoli. Visto
l’abbassarsi dei tempi di lettura questo strumento è oggi usato molto di più, rispetto a qualche
anno fa.
Testatine: elementi paratestuali caratterizzati per grafica e per impatto di corpo e carattere che
indicano la sezione del giornale in cui ci si trova, oppure il nome di una rubrica. In generale la
testatina indica il tema o l’argomento.
Giri: sono le prosecuzioni degli articoli nelle colonne successive o in altre parti del giornale.
Oggi, i giri sono collocati in aree franche, per esempio la pagina dei commenti, per alleggerire la
gestione tecnica del giornale.
Negativo: indica i testi o gli elementi paratestuali stampati in bianco su fondo nero o colorato.
Attacco: pezzo iniziale dell’articolo. Di solito è la parte più difficile da scrivere in quanto serve
ad attirare l’attenzione del lettore che deciderà, in base ad esso, se continuare o meno a leggere il
pezzo.
Incipit rientrato: all’inizio di un testo o ad un nuovo capoverso, indica la prima riga che
comincia qualche millimetro più a destra rispetto alla giustezza standard.
Distico: è una breve nota che introduce un articolo. In genere è in corsivo, si trova all’inizio
dell’articolo ed è di giustezza inferiore rispetto al resto del testo.
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")!http://www.bibliolab.it/giornale/titolazione.htm!
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2!2,!%+$-1!-*
MORETTI GIANNI, Il progetto grafico del libro, Editrice Bibliografica “I mestieri del libro”, Milano,
1993
GIORGIO FIORAVANTI, Il manuale del grafico, guida alla progettazione grafica e all’impaginazione
del prodotto editoriale, Zanichelli Editore, Bologna, 1987
QUENTIN NEWARK, Introduzione alla grafica, Logos Edizioni, Modena, 2006
HOHENEGGER ALFRED, Estetica e funzione GRAPHIC DESIGN tecnica e progettazione, Editrice
Romana Libri Alfabeto, Roma, 1986
UMBERTOMARIA BOTTINO, Pubblicare giornali e periodici, Editrice Bibliografica “I mestieri del
libro”, Milano, 1998
MARICA SPALLETTA, La lampada di Aladino, la pubblicità tra illusione e realtà, Edizioni Kappa,
Roma, 2003
.!#%+$-1!-*
WIKIPEDIA, l’encicplopedia libera. http://it.wikipedia.org/wiki/Stampa_offset
MONDOGRAFICA, www.mondografica.it/2009/09stampa-offset/.rtdf
MAURO BOSCAROL, http://www.boscarol.com/blog/?tag=mezzatinta
CHINCHIO INDUSTRIA GRAFICA,
http://www.chinchio.it/Site/Utility/Guide/files/d7e64647cde1e3486cf7a2db110d6cd7-1.php
http://www.alicenelpaesedeibambini.it/Alice/rubriche/Recensioni/rec_sez/Primi%20libri/Alfabeto%20Giul
io%20Coniglio.htm
http://www.francopaniniragazzi.it/index.php/chi-e-pimpa.html
http://www.pop-ups.net/popups/storia1.htm
“Libri 3D” www.segnideltempo.it
http://www.bibliolab.it/giornale/titolazione.htm
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elementi di progettazione grafica editoriale