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Facoltà di Economia
Corso di laurea in Economia e Management delle Imprese di Servizi
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LEZIONE DEL 24 NOVEMBRE 2010
Anno accademico 2010/2011
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Ferrovie storia e organizzazione
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L'elettrotreno ETR 200 nel 1937 fu il primo elettrotreno a potenza distribuita in servizio commerciale ad
alta velocitá della Storia. Nel luglio 1939 stabilì il record mondiale di velocitá media per la sua categoria
di treni, raggiungendo i 203 km/h nella tratta Milano-Bologna.
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Mondo antico
L’esistenza di una sorta di ferrovia furono i 6-8.5 chilometri di lunghezza della
Diolkos, via attrezzata che ha trasportato le barche attraverso Istmo di Corinto
in Grecia intorno al 600 a.c.
I veicoli venivano trasportati su ruote e tirati da uomini e da animali,
attraverso le scanalature dentro la pietra calcarea, la quale ha fornito
l'elemento fisso della pista, impedendo ai vagoni di lasciare l'itinerario
progettato. Il Diolkos fu in uso per oltre 650 anni, fino al primo secolo d.c.
Anche il concetto di treno non nasce con la rivoluzione industriale. Già nei
secoli precedenti, sin dall'epoca Romana dei mezzi primitivi simili a treni
erano utilizzati nelle miniere: si trattava di corti convogli composti da carrelli
concatenati tra loro, senza binari oppure con rudimentali guide in legno,
trainate da bestie da soma o da schiavi e operai.
L'usura delle guide di legno portò prima a esperimenti di rinforzo con fodere
metalliche, poi a rotaie con una guida esterna per le ruote dei carrelli.
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« Agli effetti della
circolazione sulle linee,
costituisce treno qualsiasi
mezzo di trazione con o
senza veicoli che debba
viaggiare da una ad altra
località di servizio, o che
parta da una località di
servizio per disimpegnare
un servizio lungo linea e
faccia ritorno nella
località stessa. »
(Art. 2 Comma 13 del
Regolamento per la Circolazione
dei Treni)
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Ma questo tipo di rotaia aveva il difetto di accumulare detriti nell'angolo
interno della guida, che annullavano il vantaggio di far viaggiare i carrelli su
superfici piane non accidentate. Si spostò, quindi, la guida dalla rotaia alla
ruota, facendo nascere le ruote con bordino, tipiche dei treni. La parola treno
deriva dal latino trahere: tirare; il termine si è modificato nel tempo tramite il
francese provenzale (train). Il treno è stato il primo vero e proprio veicolo di
trasporto di massa, e in molti casi ha rappresentato un punto di svolta per
l'evoluzione industriale delle nazioni ottocentesche, arrivando quindi a
rivestire per molti anni un ruolo centrale nella struttura politica, economica e
sociale delle nazioni, nonché conquistando un posto di primo piano
nell'immaginario collettivo. La diffusione delle macchine a vapore portò a un
sensibile aumento della richiesta di carbone, e i produttori si trovarono a dover
rendere più efficiente e veloce il trasporto del materiale estratto: non erano
più sufficienti carri e cavalli. Si cominciò a rimpiazzare la trazione animale con
dei motori a vapore fissi che tramite corde trainavano file di carrelli da miniera:
tra queste le celebri macchine costruite da James Watt contribuirono ad
affinare sensibilmente la tecnologia del vapore.
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Nel 1801 Richard Trevithick riuscì a costruire una locomotiva automotrice
(locomotiva Coalbrookdale) adatta per il traino di carrelli, che venne impiegata
con successo nelle miniere di Merthy-Tydwill. I successi dei motori di George
Stephenson e del figlio Robert Stephenson (Blucher del 1814, Locomotion del
1825, e in seguito la Rocket, 1829) portarono la neonata tecnica ferroviaria a
fiorire e diffondersi, fino a creare le condizioni per il grande passo: il primo
treno commerciale. Il 27 settembre 1825 la Locomotion n.1 trainò il primo
treno commerciale della storia, sulla tratta tra Stockton on Tees e Darlington.
Sia la locomotiva che la tratta erano state progettate da George Stephenson. Il
treno era composto da carri da miniera su cui venivano caricati i passeggeri
comuni, e dalla prima carrozza passeggeri vera e propria, la Experiment, su cui
viaggiavano alcuni notabili; la velocità media era di circa 9 km all'ora. Quattro
anni dopo la Rocket raggiunse i 48 km/h. Dopo il successo di Stephenson, che
ebbe un valore più dimostrativo che commerciale, il treno come mezzo di
trasporto pubblico si diffuse rapidamente in tutta Europa.
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In Inghilterra vi furono alcuni esperimenti con convogli trainati su strada ma, a
seguito di alcuni incidenti e del pericolo oggettivo di avere un mezzo
meccanico in mezzo a cavalli e folla, nel 1839 venne emanato un decreto che
limitava a 16 km/h la velocità massima al di fuori delle città, e impediva la
circolazione all'interno dei centri abitati. Nel 1865 il Locomotive Act (o Red
Flag Act) impose anche di far precedere i veicoli da un uomo con una bandiera
rossa per avvertire i passanti.
In meno di 30 anni il treno assunse un ruolo fondamentale nella società
industriale: il trasporto massiccio di merci permetteva di espandere la cerchia
dei commerci, il trasporto rapido di persone consentiva agli uomini di affari di
curare meglio le loro attività sul territorio.
Il treno consentiva alle bellicose potenze europee di mandare le proprie
truppe nelle colonie o sui fronti lontani, dava ai ricchi affaristi la possibilità di
seguire i propri affari con più efficienza, portava nobili dame in lussuose
località vacanziere, consegnava la posta con rapidità ineguagliata.
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Per l'epoca, l'introduzione e l'evoluzione del treno fu quello che è stato negli
anni novanta l'avvento di Internet, un metodo per estendere i confini e
collegare mondi fino ad allora lontani. La costruzione di linee ferroviarie e la
massificazione dell'offerta di trasporto contribuì in maniera determinante
all'emergere di una nuova realtà sociale: il pendolarismo. I treni
conquistarono spazi nuovi, dalle grandi praterie ai sotterranei delle città (con
le metropolitane di Londra e New York), pur rimanendo legati ai difetti della
trazione a vapore nonostante già nel 1879 la Siemens & Haske avesse
presentato un piccolo treno mosso da una motrice elettrica.
Le ferrovie in Italia nacquero nel Regno delle Due Sicilie, prima ancora
dell'unificazione dei singoli stati di cui era composta la penisola. Erano passati
appena nove anni dall'inaugurazione, in Inghilterra della ManchesterLiverpool ma già per tutta l'Europa si erano accesi entusiasmi e progetti per
l'utilizzo di quello che si era rivelato subito essere un formidabile mezzo di
trasporto al servizio sia delle persone che dell'industria e del commercio.
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In Italia, il primo tronco ferroviario, costruito a doppio binario da Napoli a
Granatello di Portici (km 7,640), venne inaugurato il 3 ottobre 1839 dal re
Ferdinando II di Borbone. Il 1º agosto 1842 la ferrovia aveva raggiunto
Castellammare di Stabia e due anni dopo Pompei e Nocera ma lo sviluppo
successivo non fu altrettanto celere, all'unità infatti la linea arrivava soltanto a
Capua e a Salerno. Questo in quanto le caratteristiche del territorio (notevoli
rilievi nelle aree interne, scarsamente popolate rispetto alle coste) rendevano
più convenienti i collegamenti via mare. Tuttavia nel 1846 il governo
borbonico aveva rilasciato la concessione per prolungare la ferrovia da Nocera
fino a San Severino e ad Avellino e all'epoca si proponevano già collegamenti
verso Bari, Brindisi e Foggia. Di rilievo, però, e all'avanguardia per anni,
l'apparato tecnico produttivo che nacque a monte: sulla scorta delle
esperienze già fatte dal 1837 con l'Opificio Meccanico ubicato nel Castel
Nuovo (meglio noto come Maschio Angioino), fu promossa nel 1840 la
realizzazione dell'Opificio di Pietrarsa che, nel giro di un paio d'anni, avvierà
una produzione di locomotive (all'inizio su licenza britannica) che saranno
vendute anche al Regno di Sardegna.
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Venne avviata, nello stesso stabilimento, anche una scuola per macchinisti
ferroviari e navali.
Nel 1838 anche il Granduca di Toscana aveva autorizzato un consorzio privato
per la costruzione della linea Leopolda, tra Livorno, Pisa e Firenze che fu, di
fatto, la prima linea ferroviaria internazionale.
E nel 1840 veniva inaugurata la Ferrovia Milano-Monza, di poco più di 12 km,
che l'imperatore d'Austria aveva concesso di costruire alla ditta Holzhammer
di Bolzano, concedendone "il privilegio". È necessario precisare che il termine
"privilegio" non è da intendersi come "favore" ma deve essere tradotto, in
italiano corrente, come "monopolio". Logicamente chi esponeva i propri
capitali voleva la massima garanzia possibile - che veniva data dalla volontà
del sovrano - che nessun concorrente potesse servire le stesse località
vanificando o limitando i proventi in un settore trasportistico ancora ai primi
passi e quindi esposto a notevoli rischi. Era il primo “atto di concessione”.
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Intanto, su richiesta degli industriali ma soprattutto perché se ne vedeva
l'enorme potenzialità a scopi militari, era iniziata la costruzione della Ferrovia
Milano-Venezia; nel 1842 venne inaugurato il tratto Padova-Mestre di 29 km,
e nel 1846 i tratti Milano-Treviglio di 32 km, il tratto Padova-Vicenza di 30 km
e il ponte sulla laguna per Venezia. Nel 1854 venne aperto il tratto tra Verona
e Coccaglio, nell'ottica di collegare il Veneto con Milano passando per
Bergamo.
Nel regno di Piemonte, con Regie Lettere Patenti n° 443 del 18 luglio 1844 il re
Carlo Alberto dispose la costruzione della ferrovia Torino-Genova via
Alessandria che venne completata il 18 dicembre 1853 ed inaugurata il 16
febbraio 1854; seguiva l'apertura di altri tronchi in Piemonte che, nel 1859,
aveva così collegato tra loro le frontiere svizzere e francesi con quella austriaca
del Lombardo-Veneto.
Dietro impulso del conte di Cavour, allo scopo di liberarsi dal monopolio
inglese nel settore, nel 1853 venne fondata a Sampierdarena l'Ansaldo,
industria meccanica che dall'anno successivo avrebbe avviato anche la
fabbricazione di locomotive e materiale ferroviario.
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In Toscana nel 1842 il duca di Lucca firmò la concessione a costruire la LuccaPisa, e nel 1845 il Ducato di Parma cominciò la costruzione di una linea per
Piacenza e una per Modena.
Nello Stato Pontificio, fino alla morte di papa Gregorio XVI - che aveva definito
opera diabolica la prima ferrovia del Regno delle due Sicilie - nulla si era
mosso. L'elezione del nuovo papa Pio IX, a metà del 1846, sbloccò le cose;
questi infatti nominò una Commissione per le Strade Ferrate dello Stato di Sua
Santità e costituì una società nazionale per lo sviluppo e la costruzione delle
ferrovie che diede inizio dopo qualche anno alla costruzione di alcune linee
nell'odierno centro Italia, come la Ferrovia Roma-Frascati in servizio dal 1856,
la Ferrovia Roma-Civitavecchia in servizio dal 1859 e la Ferrovia Pio Centrale
tra Roma ed Ancona, così chiamata in onore del Papa, inaugurata il 29 aprile
1866. È necessario ricordare però che già dal 1851 era iniziata - con alterne
vicende e per la tratta di competenza - la costruzione della Strada Ferrata
dell'Italia Centrale e il 21 luglio 1859 fu inaugurata la linea Piacenza-Bologna di
cui 25 chilometri circa, dal confine con il Ducato di Modena nei pressi di
Castelfranco Emilia a Bologna, erano in territorio papalino.
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Della stessa Strada Ferrata dell'Italia Centrale era inoltre in costruzione (e
inaugurata da Vittorio Emanuele II nel 1864) la tratta della Porrettana che, da
Bologna fino oltre Porretta, correva anch'essa nelle terre del Papa. Infine è
necessario precisare che nel 1861 la neonata Italia tenne a battesimo la linea
Bologna-Ancona che naturalmente aveva visto i lavori iniziare quando ancora
il pontefice regnava.
Gli ostacoli che ritardarono in Italia il progresso del settore ferroviario sono
quindi ascrivibili in parte alle condizioni orografiche e in parte a quelle
politiche ed economiche; lo sviluppo delle linee ferroviarie nei singoli Stati fu
diverso perché diverse erano motivazioni ed esigenze e ciascuno lo realizzò
con sistemi e mezzi differenti. Dato lo scopo prettamente logistico e militare
alcune ferrovie del nord vennero, almeno all'inizio, costruite direttamente dai
vari stati. Si rivelarono infatti determinanti nella sconfitta di Carlo Alberto a
Peschiera perché proprio con la ferrovia affluirono ingenti truppe e in breve
tempo, e nella sconfitta austriaca di Palestro e Magenta perché le truppe
francesi di rinforzo arrivarono rapidamente con la Torino-Milano e stabilirono
un campo di scontro lungo la massicciata, usata come trincea.
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Alla vigilia dell'unità d'Italia la rete piemontese assommava a 802 km, quella
del Lombardo-Veneto a 522 km, quella Toscana a 257 km, quella del Regno
delle Due Sicilie a 99 km e quella dello Stato Pontificio vedeva oltre 100 km in
esercizio nonché altri 300 km circa (Bologna-Porretta e Bologna-Ancona)
erano in costruzione. La Sicilia avrà la sua prima, brevissima, ferrovia solo nel
1863 con la Palermo-Bagheria.
Alla costituzione del Regno d'Italia, nel 1861, lo sviluppo complessivo della
rete ferroviaria era di km 2.035; di questa soltanto il 18% era di proprietà dello
Stato ed il 25% in sua gestione diretta.
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L'insieme delle linee non costituiva una rete organica; vi erano linee di
proprietà ed esercizio statale, linee di proprietà ed esercizio privato, e di
proprietà privata, ma con esercizio affidato allo Stato. Era necessario creare un
sistema organico e razionale delle ferrovie. Il 14 maggio 1865 venne emanata
una legge di riordino voluta dall'allora ministro Stefano Jacini, dei Lavori
Pubblici, e da Quintino Sella delle Finanze; con essa lo Stato si prononeva, per
favorire un ulteriore sviluppo ferroviario e industriale, di accorpare le
numerose ma piccole società ferroviarie, esistenti soprattutto al nord ove la
rete era più estesa, affidando le linee principali a cinque società
concessionarie:
• la Società per le Ferrovie dell'Alta Italia, (SFAI) alla quale vennero assegnati
2.453 km di linee
• la Società per le strade ferrate romane, (SFR) che ebbe 2.328 km
• la Società per le Strade Ferrate Meridionali, (SFM) 1.771 km
• la Società Vittorio Emanuele, 1.474 km e
• la Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde, 414 km.
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In seguito a ciò i lavori di allacciamento tra i tronchi esistenti e la costruzione
di nuove linee, iniziarono a creare una caratteristica di rete in un certo qual
modo organica anche se oltremodo tortuosa e spesso palesemente
irrazionale. Tuttavia solo la SFAI aveva avute linee in gran parte già pronte e in
grado di produrre utili; le Romane e le Meridionali dovevano ancora
costruirne quasi la metà mentre la Vittorio Emanuele e le ferrovie Sarde
avevano quasi tutto da costruire. Il sistema entrò quasi subito in crisi; la guerra
del 1866 lo aggravò ulteriormente data la grave crisi di tutta l'economia
italiana. Le società, Vittorio Emanuele e Strade Ferrate Romane si ridussero in
stato fallimentare rendendo necessario l'intervento dello Stato per proseguire
i lavori e per rilevarne poi l'esercizio. Al 1872 esistevano, in Italia, poco meno
di 7.000 km di linee ferroviarie complessivamente, il cui esercizio veniva
assicurato da 4 Società principali per un complesso di 6.470 km:
• Società per le Strade Ferrate dell'Alta Italia, km 3.006;
• Società per le Strade Ferrate Romane, km 1.586;
• Società per le Strade Ferrate Meridionali, km 1.327;
• Società per le Strade Ferrate Calabro-Sicule, km 551.
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Nel 1875 il governo Minghetti-Spaventa, fece un primo tentativo di riscatto
delle linee concesse, per riunirle in un solo organo di gestione, ma il
Parlamento respinse la proposta e provocò la caduta del governo. Intanto
venivano accumulate forti passività soprattutto da quelle linee secondarie che
non avevano traffici consistenti di viaggiatori e di merci. Queste linee presto
determinarono il fallimento del regime delle concessioni.
Nello stesso periodo, intanto, nel resto d’Europa si affermava la tendenza ad
affidare l'esercizio delle ferrovie alla gestione diretta dello Stato dato il fatto
che le società concessionarie, perseguendo fini esclusivamente economici,
trascuravano quelli sociali, lasciando completamente sprovviste di
comunicazioni
le
zone
depresse.
L'intervento dello Stato italiano però fu caratterizzato da quella lentezza
burocratica che ha sempre accompagnato la maggior parte degli interventi
statali dal 1861 ad oggi. Solo con le leggi del 1878 e del 1880 si decise di
assumere l'esercizio delle linee gestite dalla Società dell'Alta Italia e da quella
delle Strade Ferrate Romane, che presentavano un gravissimo deficit, pur
costituendo la parte più importante dell'intera rete ferroviaria italiana.
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Venne finalmente approntata una Commissione parlamentare d'inchiesta; le
proposte e le conclusioni di tale commissione, pur se poco coerenti, si
pronunciarono a favore dell'esercizio privato e furono per la maggior parte
accolte. Il 23 aprile 1884 furono stipulate, per la durata di 60 anni le
Convenzioni tra lo Stato e tre Società private e approvate il 6 marzo 1885. Le
Convenzioni ripartivano le linee in senso longitudinale e assegnavano alla
Società Italiana per le strade ferrate meridionali l'esercizio della rete
gravitante sull'Adriatico ( Rete Adriatica) e alle Società per le Strade Ferrate
del Mediterraneo e Società per le Strade Ferrate della Sicilia, la (Rete
Mediterranea e la Rete Sicula) l'esercizio della rete gravitante sui mar Ligure,
Ionio e Tirreno e la rete siciliana.
Le linee concesse a dette Società, distinte in principali e secondarie, avevano
uno sviluppo di km 8.510. Il nuovo ordinamento prevedeva che la vigilanza
sulle costruzioni e sull'esercizio, venisse assunta dal Ministero dei lavori
pubblici, a mezzo di un Ispettorato Generale delle Ferrovie. Precedentemente
questa era esercitata da un Regio Commissariato Generale.
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Lo Stato però non riuscì a risanare la difficile situazione economica della rete; ciò
paralizzava lo sviluppo riflettendo i propri effetti negativi anche sul turismo. Il
regime delle convenzioni, presentato nel 1885 come rimedio ai mali delle
ferrovie, contribuì invece ad aggravarli lasciando allo Stato una pesante eredità.
Le Società furono costrette a mantenere in vita linee la cui passività superava i
proventi forniti dalle linee a maggior traffico e assorbiva quasi per intero i
contributi dello Stato. I proventi che le Società potevano assicurare allo Stato,
attivi per le reti principali e passivi per quelle secondarie, erano nettamente
inferiori all'onere sostenuto dallo Stato per la costruzione e l'esercizio delle
ferrovie che superava i trecento milioni di lire all'anno. Le strade ferrate, intanto,
non cessavano di svilupparsi e avevano raggiunto i 10.510 km. Il riscatto delle reti
delle predette Società avvenne il 1 luglio del 1905, con il R.D. 15 giugno 1905 n°
259. Lo Stato assunse la gestione diretta di 10.557 km di linee (di cui 9.868 già di
sua proprietà), denominando il nuovo organismo come Azienda Autonoma delle
Ferrovie dello Stato. L'anno dopo, con la confluenza della rete SFM rimasta,
l'estensione della Rete di Stato raggiunse i 13.075 km, di cui 1.917 a doppio
binario.
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A perché proprio “Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato”?
• per Azienda s'intende, nel senso statale, un complesso di beni materiali e
soggetti organizzati al fine di espletare un servizio particolarmente sentito
dalla collettività. La collettività, con tale forma istituzionale, ritiene di
realizzare una maggiore somma d'utilità pubblica complessiva, di là dalla pura
gestione finanziaria.
• per Autonoma (termine adottato dall'esigenza di coniugare l’unicità di
indirizzo tecnico, che caratterizzava l’esercizio ferroviario, con le impersonali
norme contabili degli enti di Stato) non si intendeva una vera manifestazione
della volontà aziendale, cui peraltro faceva supplenza la volontà del Ministro.
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L’autonomia concessa era limitata a:
• l’attività del C.d.A., composto anche da membri esterni alle F.S.
• l’attività del direttore generale, specie in materia di governo del personale
• i pareri del Consiglio di Stato, per taluni atti, venivano sostituiti da pareri del
C.d.A.
• l’esclusione, per gli atti dell’azienda, del controllo preventivo espletato dalla
Corte dei Conti
• l’applicazione al personale di uno stato giuridico del personale, anziché dello
statuto per gli impiegati civili dello Stato
• l’autonomia finanziaria, la quale permetteva di ricorrere direttamente al
mercato finanziario, per le proprie esigenze di finanziamento (es.: emissione
di prestiti obbligazionari)
• l’autonomia contabile, che consentiva all’azienda di utilizzare i metodi della
partita doppia e della partita semplice, applicati al sistema patrimoniale e del
reddito che consentono di mostrare, con il conto profitti e perdite, i risultati di
gestione
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• la presentazione di un proprio bilancio, portato all’approvazione del
Parlamento, allegato a quello del Ministero dei Trasporti ma con proprie voci.
L’azienda ferroviaria non possedeva un patrimonio disponibile ed
indisponibile, ma si limitava a gestire quello affidatogli dallo Stato.
L'organizzazione della nuova Rete si presentò molto gravosa. Le condizioni
degli impianti fissi e del materiale rotabile ereditati dalle cessate Società erano
pessime; si rendeva necessario coordinare i regolamenti di esercizio ed
unificarli, elaborare il nuovo inquadramento funzionale e disciplinare per il
personale che proveniva da Società differenti e con differenti regolamenti.
Fu creata una Direzione Generale, con 13 Servizi Centrali e 2 Ispettorati
Generali, con Sede in Roma; alla periferia vennero istituite 8 Direzioni
Compartimentali. Con la legge 7 luglio 1907 n° 429 venne stabilito
l’ordinamento definitivo dell’esercizio di stato delle ferrovie. Tale legge
attribuiva al Ministro dei LL.PP. non solo la responsabilità
dell’amministrazione, ma anche la direzione.
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Furono preposti un direttore generale ed un consiglio d'amministrazione
composto di otto membri presieduto dallo stesso direttore generale. Direttore
Generale dell'Azienda F.S. venne designato l'ingegnere piemontese Riccardo
Bianchi, che era stato già Direttore Generale della Rete Sicula. Questi univa
alle qualità di tecnico di grande valore anche grande capacità amministrativa.
Bianchi fu coadiuvato, fino al 1907, da un Comitato di Amministrazione e poi
da un Consiglio di Amministrazione, sotto la presidenza del Ministro dei Lavori
Pubblici. Sotto la guida dell'ing. Bianchi le F.S. si misero rapidamente in grado
di rispondere alle maggiori esigenze pubbliche. Fra le altre iniziative prese,
l'attivazione sulle principali linee del segnalamento semaforico (e graduale
soppressione dei « dischi girevoli »), l'impianto delle prime cabine di apparati
centrali idrodinamici di manovra degli scambi e dei segnali (in sostituzione dei
più antichi apparati centrali Saxby ), dovuti all'ing. Bianchi, la creazione o
l'ammodernamento di grandi stazioni per viaggiatori e per merci, costruzione
di nuovo e più moderno materiale rotabile (fra cui le prime carrozze a carrelli).
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La direzione Bianchi durò 10 anni, ma poco dopo la sostituzione con l'ing. De
Cornè, le F.S. furono coinvolte nella prima guerra mondiale (24 maggio 1915 4 novembre 1918). Uscite seriamente danneggiate, nelle aree coinvolte dalle
azioni belliche, le Ferrovie dovettero riorganizzarsi per assolvere i propri
compiti, aumentati nelle dimensioni tecniche e commerciali, anche per effetto
dell'acquisizione di nuove linee (ex-austriache), diversamente attrezzate, e di
personale con differenti regolamenti. L'avvento del fascismo produsse
importanti cambiamenti. Nel 1922 venne sciolto il Consiglio di
Amministrazione e imposto un Commissario Governativo; nel 1924 venne
costituito il Ministero delle Comunicazioni, il Ministro divenne il capo delle FS
e il consiglio di amministrazione solo un organo consultivo. Le nuove
costruzioni passarono invece al Ministero dei Lavori Pubblici a cui sono
rimaste fino a tempi recenti.
Il periodo dal 1920 al 1939 fu uno dei più importanti e densi di grandi lavori e
perfezionamenti agli impianti fissi di linee e stazioni, nuove applicazioni
tecniche, di mezzi di trazione più potenti e veloci, di materiale trainato più
moderno e confortevole, di nuovi sistemi di esercizio (Dirigenza Centrale e
Dirigenza Unica).
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Venne inoltre dato l'avvio all'elettrificazione a corrente continua a 3.000 Volt,
che poi soppianterà il sistema a corrente trifase, adottato specialmente sulle
linee liguri-piemontesi, alla estensione del blocco elettrico manuale ed alle
prime applicazioni di quello automatico, alla introduzione dei segnali luminosi
e dei primi apparati centrali elettrici a leve singole, alla nuova costruzione o
all'ammodernamento di numerose stazioni (Milano Centrale, Milano
Smistamento, Roma Ostiense, Napoli Mergellina, Roma Termini ecc.).
Progressi venivano fatti tanto nel settore delle locomotive a vapore,
gradualmente destinato a cedere il posto alla trazione elettrica, che del
materiale rimorchiato; in particolare, la comparsa dei mezzi leggeri automotrici termiche ed elettriche (1933) che dava un nuovo apporto
all'ammodernamento dei mezzi di
trazione, e quello del materiale
viaggiatori, con l'adozione delle
carrozze a cassa metallica e
l'estensione dei carrelli.
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Ricordiamo che sia nel decennio sotto la guida tecnica dell'ingegner Giuseppe
Bianchi che, in seguito, sotto la direzione gestionale del Commissario
Straordinario Edoardo Torre, nominato nel 1923 per l'esercizio provvisorio,
dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione alla fine del 1922,
venne sviluppata la prima generazione di locomotive elettriche, subito seguita
dalle prime automotrici termiche e dalle elettromotrici rapide che ebbero
grande successo e contribuirono a posizionare lo stato fascista tra le potenze
economiche ed industriali dell'epoca. Il parco dei carri merci subiva importanti
trasformazioni, con lo sviluppo di traffici interni ed internazionali, e l'impiego
di materiale refrigerante per l'esportazione dei prodotti ortofrutticoli.
Il decennio degli anni trenta vide in opera il massimo impegno del regime
fascista nello sviluppo dei trasporti ferroviari e nel loro controllo attuato anche
grazie alla soppressione di qualunque forma di protesta sindacale; ciò portò
ad una quasi maniacale ricerca della puntualità al punto che ancor oggi viene
ancora detto che durante il fascismo i treni arrivavano in orario.
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Ma è vero che ai mezzi moderni e alle linee ancora poco affollate era unita
una disciplina durissima per i macchinisti che lavoravano in condizioni di
lavoro molto pesanti, con disciplina prussiana e orari prolungati e
rispondevano economicamente, tramite multe e sanzioni, dei ritardi dei treni
anche se a volte non erano dipendenti da loro.
I Direttore Generali che seguirono all'ingegner De Cornè dal febbraio 1928 al
1939-1940 furono gli ingegneri Crova, Alzona (per poco più di 1 anno),
Oddone e Velani. A questo punto però scoppiò la 2^ guerra mondiale che
costituì il periodo più triste per le Ferrovie Italiane, e per tutto il Paese, col suo
orrore e le sue devastazioni. L’immediato dopoguerra trovava la rete
gravemente sconvolta e mutilata in seguito agli eventi bellici. Intere linee
risultavano inagibili e il parco rotabili sconvolto e semidistrutto. Molte delle
nuove locomotive elettriche erano state danneggiate e andavano sostituite o
riparate in maniera radicale. Grazie anche all'aiuto del Piano Marshall si riuscì
— con pochi mezzi finanziari (e scarsa fiducia di governi e di opinione) a
superare lentamente la situazione. Ricostruita gran parte della rete — sia pure
imperfettamente — giorno per giorno ripresero a circolarvi i treni carichi di
uomini e cose.
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La scarsa attenzione al problema della ricostruzione e la miopia dei politici
non permisero tuttavia, ora che si sarebbe potuto, di rimediare alle
incongruenze della conformazione della rete che erano retaggio del passato,
correggendo tracciati non più funzionali, costruendone di interamente nuovi:
si preferì far presto e riattivare tutto il possibile.
Con gli anni cinquanta cominciò la costruzione di carrozze unificate europee e
nacquero i primi esperimenti di interoperabilità tra le diverse linee ferroviarie
nazionali, che culminarono nella creazione dei cosiddetti treni TEE (Trans
Europ Express).
Un primo piano quinquennale, studiato ed attuato dall'Azienda tra il 1957 ed
il 1962, pianificava i pochi mezzi finanziari erogati. Nel 1961, con la
programmazione del piano decennale di riclassamento, adeguamento e
potenziamento della rete F.S. veniva decisamente affrontata sotto tutti i suoi
aspetti l'ulteriore sistemazione della Rete; poté essere finanziato per 1.500
miliardi di Lire e realizzato tra il 1962 ed il 1972; nel periodo iniziava la
costruzione della nuova linea Direttissima Firenze-Roma, con ulteriore
finanziamento di 220 mlrd.
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Alla fine del 1970, le F.S. prevedevano di disporre di un parco di 53 locomotive
E.444 atte alla velocità massima di 200 km/h per poter effettuare treni di
carrozze su linee con blocco automatico a correnti codificate, impostati in
orario a 160 km/h e con velocità massima di 200 km/h.
Per garantire l'arresto dei convogli nello spazio di frenatura previsto di 2.700
m venne implementato l'uso della frenatura elettrica reostatica del mezzo di
trazione al di sopra dei 160 km/h e con la frenatura meccanica, sussidiata da
quella elettrica, dai 160 km/h all'arresto.
Oltre a ciò, vennero condotti perfezionamenti al freno convenzionale esistente
e al sistema di freno a dischi per il materiale rimorchiato.
Il 25 giugno 1970 si apriva la storia della direttissima Firenze-Roma, la prima
vera linea ad alta velocità della rete italiana e la prima del genere in Europa.
Ma uno dei problemi più urgenti era rappresentato dall'obsolescenza generale
del materiale rotabile ormai inadeguato allo standard qualitativo richiesto.
Il periodo a cavallo tra anni settanta e ottanta fu per le ferrovie uno dei più
controversi e difficili.
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Nonostante fossero stati fatti degli investimenti notevoli questi vennero
dispersi a pioggia in una miriade di lavori interminabili e spesso inutili.
Si teorizzava che le ferrovie dovessero essere, fondamentalmente, dei mezzi di
trasporto di massa a carattere pendolare e suburbano ma la dispersività degli
interventi e l'irrazionale programma di costruzione di nuovi rotabili portò a
fenomeni di esubero in certi settori e di carenza in altri facendo perdere
l'occasione propizia alle industrie italiane di punta del settore, dato che il loro
maggior committente erano proprio le FS, preparandone la definitiva uscita di
scena nei successivi anni novanta.
Le tecnologie sviluppate nei mezzi di trazione e le avveniristiche tecniche di
pendolamento attivo non trovarono più spazio nelle commesse determinando
presto l'uscita dal mercato di molte di esse per perdita di competitività.
Ciò, in seguito, sarebbe stato pagato duramente dall'industria ferroviaria
nazionale con l'unificazione dei mercati europei. Il 1985 è l'anno in cui cessa
definitivamente l'amministrazione autonoma FS che, con la legge 210 del 17
maggio viene trasformata in "Ente Ferrovie dello Stato" sotto la vigilanza del
Ministero dei Trasporti.
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Iniziò così il complesso e travagliato cammino che nel 1992 la vide trasformarsi
in Società per Azioni con unico azionista, al 100%, lo Stato, che tuttavia dovrà
trasferirle, questa volta in concessione, le attività già svolte. Il periodo
successivo vedrà costituirsi, sulle ceneri della vecchia Azienda Autonoma, una
miriade di società con finalità ed intenti perfino estranei all'attività ferroviaria
vera e propria. La nuova fase organizzativa dovette misurarsi con la Direttiva
440/91/CEE, che stabiliva la divisione amministrativa tra il gestore della rete e
il gestore del servizio. Venne scorporata quindi l'infrastruttura ferroviaria, cioè
il complesso degli impianti e delle linee ferroviarie dalla gestione dei servizi, in
ossequio al principio della liberalizzazione del mercato, in analogia a quanto
avviene nel trasporto su strada, nel quale l'infrastruttura viaria permette la
circolazione di vettori diversi. Per quanto riguarda il trasporto locale,
assegnato alle regioni dalle leggi e dai decreti del 1997, apposite società
regionali, provinciali o consortili si iniziarono a costituire a macchia di
leopardo, determinando in alcuni casi situazioni di rapido sviluppo e in altri
situazioni di inaccettabile ritardo con conseguenze non facilmente
quantificabili nel tempo.
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Il 1 giugno 2000 il processo di trasformazione vide la nascita di Trenitalia, la
società a cui venne attribuita l'attività di trasporto ferroviario di persone e di
merci assieme alla dotazione di rotabili e di personale di condotta e di scorta
dei treni; all'interno di questa fu mantenuta la ripartizione delle divisioni:
Passeggeri, Cargo e Trasporto Regionale.
L'anno successivo, il 2001, divenne operativa RFI, la società proprietaria delle
infrastrutture. A seguito di ciò si concretizzò quanto previsto dalla direttiva
comunitaria e cioè la possibilità per più soggetti di usufruire delle
infrastrutture nazionali previa certificazione CESIFER, (il certificato che attesta
l'idoneità dell'impresa ferroviaria a poter circolare sulla rete RFI), rilasciata
dall'ufficio apposito di RFI (divenuto nel 2007 Agenzia Italiana per la Sicurezza
delle Ferrovie) e il pagamento di un canone per le tracce orario assegnate.
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L'inizio del secolo XXI è caratterizzato dalla ripresa del programma e dello
sviluppo delle linee ad alta velocità in Italia con i relativi collegamenti con
l'Europa secondo la filosofia progettuale definita Alta velocità/Alta capacità
che identifica la scelta costruttiva di linee con caratteristiche atte anche al
trasporto pesante e merci speciale con interconnessioni frequenti alla rete
ferroviaria classica e, soprattutto al passaggio definitivo dall'alimentazione
elettrica a corrente continua a 3.000 volt a quella a corrente alternata a 25
kVolt. Si tratta di una scelta epocale che se da una parte le rende più versatili,
moderne ed interoperabili, d'altro canto ne aumenta considerevolmente i
costi di costruzione.
ETR 500 "Frecciarossa" delle
Ferrovie italiane. In occasione
dell'entrata in servizio della
nuova linea ad alta velocità
Milano-Bologna, nel dicembre
2008, alcuni ETR 500
Politensione hanno ricevuto il
nome "Frecciarossa"
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Il programma attuale della RFI S.p.A. del Gruppo FS S.p.A. attuato sia
direttamente che tramite la controllata TAV S.p.A. prevede le linee Alta
Velocità-Alta Capacità (AV-AC) lungo le direttrici Torino-Trieste e MilanoSalerno,
di
cui
è
già
in
funzione
la
maggior
parte.
È stata inoltre operata la scelta, (prima in Europa per le linee AV),
dell'avanzatissimo sistema ERTMS di 2º livello che incrementa particolarmente
la sicurezza e la gestione della circolazione dei treni; nel resto della rete
tradizionale è stata estesa l'applicazione dei sistemi SCC e SCMT.
Sono in corso di finanziamento o costruzione: la Voghera/Novi Ligure-Genova
ed i collegamenti internazionali con Lione (Galleria di base Torino Lione),
Innsbruck (Galleria di base del Brennero) e Lubiana (ferrovia AV "TriesteLubiana").
La linea ad alta capacità tra Salerno e Reggio Calabria (ed il suo successivo
proseguimento tramite il ponte sullo Stretto di Messina in Sicilia, con la tratta
"Messina-Catania-Palermo") sono ancora in fase di progettazione. Altri
progetti riguardano il potenziamento dell'asse Napoli-Bari ad alta capacità.
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Per quanto riguarda i rotabili l'Italia continua a fare largo uso della tecnologia
della cassa oscillante ("Pendolino"), basata sui brevetti della Fiat Ferroviaria
degli anni sessanta, ma il grosso del trasporto sulle nuove linee AV/AC è svolto
dagli ETR 500 politensione con le loro eccellenti prestazioni. Il Cesifer è stato
demandato alla nuova Agenzia Italiana per la Sicurezza delle ferrovie divenuta
operativa dal 16 giugno 2008. Dopo la quasi automatica certificazione dal
2000 di Ferrovie dello Stato S.p.A. e Trenitalia S.p.A. le imprese Ferroviarie
autorizzate a circolare nella rete RFI (previo possesso del Certificato di
Sicurezza) sono divenute, anno dopo anno …
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Nel 2001 sono state certificate:
Metronapoli S.p.A.
Ferrovie Nord Milano Esercizio S.p.A.
Rail Traction Company SpA (merci)
Nel 2002:
GTT SpA (ex SATTI) (passeggeri)
SERFER Servizi Ferroviari Srl (passeggeri e merci)
Hupac SpA (merci)
Del Fungo Giera Servizi Ferroviari SpA passeggeri e merci ha cessato l'attività nel 2008 ed è stata
conseguentemente rinominata Impresa Ferroviaria Italiana SpA (IFI).
Nel 2003:
Ferrovie Emilia Romagna Srl (passeggeri e merci)
La Ferroviaria Italiana SpA (passeggeri e merci)
Nord Cargo Srl - (merci) (ex Ferrovie Nord Cargo Srl)
Ferrovie Adriatico Sangritana Srl (passeggeri e merci)
Sistemi Territoriali SpA (passeggeri e merci)
Strade Ferrate del Mediterraneo Srl (poi Railion, poi DB Schenker Italia)
Swiss Rail Cargo Italy Srl (merci)
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Nel 2004:
SBB Cargo Italia Srl
Ferrovie Nord Cargo Srl.
Azienda Consorziale Trasporti di Reggio Emilia (confluita in FER)
MetroCampania NordEst Srl (ex Ferrovia Alifana e Benevento Napoli) (passeggeri)
Ferrovie Nord Milano Trasporti Srl
Nel 2005:
Trasporto Ferroviario Toscano SpA (ex La Ferroviaria Italiana SpA) (passeggeri e merci)
Ferrovia Centrale Umbra srl (Passeggeri)
Railion Italia Srl (ex Strade Ferrate del Mediterraneo)
Rail One SpA (merci)
Azienda Trasporti Collettivi e Mobilità SpA (dal 2008 confluita in FER)
A.T.C. Bologna SpA (dal 2009 confluita in FER)
Monferail Srl (ora Sncf Fret Italia) (merci)
Nel 2006:
SAD - Trasporto Locale SpA. (passeggeri)
NordCargo Srl (ex Ferrovie Nord Cargo Srl)
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Nel 2007:
Crossrail Italia srl (per trasporti merci su tratte della rete RFI)
Ferrotramviaria Spa (merci)
Ferrovia Udine-Cividale srl (merci)
Linea-Smart business ways, detta anche Linea srl
Nel 2008:
Ferrovie del Gargano srl (passeggeri)
Veolia Transport Cargo srl (merci)
Nel 2009:
Arenaways (passeggeri)
CFI - Compagnia Ferroviaria Italiana srl (merci)
Ferrovie della Calabria srl (passeggeri e merci)
GTS - General Transport Service SpA (merci)
Inrail SpA (merci)
Interporto Servizi Cargo SpA (merci)
NTV- Nuovo Trasporto Viaggiatori SpA (passeggeri)
Rail Italia srl (merci)
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Trasporto ferroviario - Tecnica
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Caratteristiche fondamentali:
• trasporto a guida vincolata
• utilizzabile per trasporti su distanze brevi (trasporto urbano e
metropolitano), medie (trasporto pubblico locale e regionale) e mediolunghe (intercity, eurostar e treni ad alta velocità)
• la regolazione della marcia non è “a vista”, come per il trasporto stradale,
ma su sistemi di segnalamento, che consentono una elevata sicurezza
della marcia
In generale i veicoli ferroviari sono raggruppati e collegati tra loro per formare
un convoglio, che può comprendere uno o più veicoli motori ed uno o più
veicoli rimorchiati La lunghezza totale del convoglio può essere teoricamente
qualunque; essa è limitata dai vincoli imposti dalle caratteristiche della via (ad
esempio la lunghezza dei binari nelle stazioni) e dalla potenza del sistema di
trazione.
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Infrastrutture ferroviarie
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In primo luogo si distinguono infrastrutture di tipo lineare (i tratti di linea
compresi fra due stazioni) e puntuale (le stazioni stesse, destinate a svolgere
servizi terminali per gli spostamenti di passeggeri e merci e/o operazioni
funzionali alla circolazione dei treni).
I più usuali criteri di classificazione delle linee ferroviarie si basano su alcune
caratteristiche fondamentali che le contraddistinguono, fra le quali le principali
sono lo scartamento (Ordinario = 1.435 mm, Ridotto: es. metrico=950 mm. Largo: es. russo=1.524 mm. o iberico=1.676 mm. tranne AV), il numero dei binari
(uno, due o più di due) ed il tipo di trazione su di esse impiegato (elettrica, diesel
o a vapore). Le differenze di scartamento sono state adottate:
• per risparmiare sui costi di costruzione, manutenzione, esercizio (es.
scartamento metrico africano)
• per risparmiare sugli spazi, sui raggi di curvatura, sui tratti acclivi/acclini assistiti
da cremagliera (es. metrico montano)
• per impedire le invasioni degli eserciti nemici (es. russo, baltico, finlandese
(Finlandia già granducato dello zar Alessandro I), iberico)
• per minori sollecitazioni stagionali e zonali sul ballast (es. russo, tibetano)
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Scartamento Normale o Standard ed è direttamente
derivato dallo scartamento usato da George Stephenson
(4' 8 1/2") per presentare al mondo la prima locomotiva
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La sede ferroviaria è, quindi, costituita da:
1. il corpo stradale;
2. la sovrastruttura ferroviaria, che a sua volta è composta da:
• rotaie;
• materiale minuto metallico di fissaggio;
• traverse;
• massicciata.
Rotaie, materiale minuto di fissaggio e traverse formano l’armamento
ferroviario.
La classificazione dell’armamento viene fatta in base al peso per metro lineare
delle rotaie.
Gli armamenti adottati dalle FS per i binari di corsa e di circolazione sono:
 il tipo 50 UNI con rotaie da 49,86 kg/m;
 il tipo 60 UNI con rotaie da 60,34 kg/m.
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La classificazione internazionale delle rotaie non portuali od industriali è:
 21 UNI: 12 m;
 27 UNI: 12, 15, 18 m;
 30 UNI: 12, 15, 18 m;
 36 UNI: 12, 15, 18 m;
 46 UNI: 12, 18, 36 m;
 50 UNI: 18, 36 m;
 60 UNI: 36, 48 m.
Negli Stati Uniti le norme sono differenti, per cui si possono trovare rotaie da
57 kg/m, 66 kg/m, 67 kg/m, 69 kg/m; si tenga presente che in questo caso le
masse sono espresse secondo il sistema imperiale, quindi i pesi precedenti
possono essere indicati come 115, 133, 136 o 140 libbre per iarda. I tipi più
usati sono il 36 UNI ed il 50 UNI per linee tranviarie e metropolitane e il 60 UNI
per linee ferroviarie principali. Oggi, su tutte le nuove linee e per il rinnovo di
quelle esistenti, si utilizzano le UIC-60. Il profilo delle rotaie presenti sull'intera
rete nazionale è definito Vignoles.
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Esistono altri tipi di rotaia utilizzati all'interno di stabilimenti industriali e porti per i
carro-ponte (rotaia Burbach), definite in sede internazionale dalla norma DIN536, o
nelle ferrovie da cantiere o da miniera (ferrovie Decauville) definite in sede
internazionale dalla norma DIN 5901.
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sezione di rotaie di vario tipo
sezione di rotaia standard
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La rotaia in dettaglio
La rotaia è un profilato di acciaio con funzione di sostegno e guida dei rotabili
ferroviari. La sezione di rotaia generalmente usata è quella tipo Vignole. Questa è
caratterizzata da:
1. un fungo, parte superiore su cui insistono le ruote dei rotabili
2. una suola, parte inferiore con larghezza e forma che garantiscono appoggio e
ancoraggio alle traverse
3. un gambo, parte centrale interposta tra fungo e suola per aumentare il
modulo di resistenza
I piani di steccatura servono da riscontro alle stecche di giunzione tra rotaie
consecutive. La parte superiore del fungo costituisce la superficie di rotolamento
(tavola di rotolamento). Le rotaie sono normalmente prodotte in verghe da 12,
18, 24 o 36 m. Il loro collegamento in opera avviene tramite giunti o saldature. I
giunti hanno la funzione di garantire la robustezza del binario, consentendo,
almeno in parte, la dilatazione termica delle rotaie. Se la dilatazione termica non
fosse consentita, infatti, la rotaia potrebbe subire, per ingenti sforzi di
compressione, disassamenti, sollevamenti.
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MOVIMENTO DEI TRENI NELLE STAZIONI
LOGICA DI BASE DEGLI APPARATI CENTRALI
CONIUGAZIONE DELLE CHIAVI
In questi casi l’assicurazione del deviatoio in una determinata posizione è condizionata dal
posizionamento della chiave coniugata del deviatoio (o scarpa fermacarri) che forma la
comunicazione.
Possesso della sola
chiave m
(n/y)
(x)
(m/x)
comunicazione tra
binari contigui
n y
x
m x
y
(y)
Possesso della sola
chiave n
x
(m)
(n/m)
collegamento con
binario tronco
dotato di scarpa
fermacarri
n
m
y
(x)
y
m
n
m
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Possesso della sola
chiave n
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Veicoli
I veicoli ferroviari possono essere distinti in funzione della loro struttura in
veicoli ad assi ed a carrelli, mentre in relazione alla capacità di trazione si hanno
veicoli esclusivamente motori (locomotive elettriche e diesel), veicoli con
funzioni motori e di trasporto (automotrici diesel, elettromotrici, ecc.) e veicoli
rimorchiati (carrozze passeggeri e carri merci). I veicoli possono essere
raggruppati e collegati tra loro per comporre convogli comprendenti uno o più
veicoli motori ed un numero di veicoli rimorchiati, il cui limite superiore è dato
dai vincoli imposti dalle caratteristiche dell’infrastruttura e dei mezzi di trazione
(lunghezza dei binari di stazione, pendenza della linea, potenza dei mezzi di
trazione, ecc.).
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Veicoli ferroviari
Classificazioni:
 in relazione alla struttura:


veicoli ad assi
veicoli a carrelli
 in relazione alla capacità di trazione:

veicoli motori



locomotive (se hanno solo funzione di trazione)
automotrici (se anche anche funzione di carico)
veicoli rimorchiati
 in relazione alla alimentazione:


motori elettrici
motori diesel
 in relazione al carico trasportato:


passeggeri
merci
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Viene indicato con rodiggio il numero di assi ed il loro accoppiamento nei
carrelli: si possono avere carrelli ad 1, 2 o 3 assi; il numero di carrelli per
ogni veicolo è, tranne casi particolari, pari a 2 o 3
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La trazione
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Esempi di veicoli motori
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Regimi di circolazione - definizione
“Complesso dei provvedimenti tecnici ed organizzativi necessari per assicurare
il corretto distanziamento fra i treni” i sistemi di circolazione attualmente in
uso prevedono il “distanziamento a spazio” (il “distanziamento a tempo” non
è più praticamente utilizzato, solo in caso di gravi ed irreversibili condizioni di
esercizio – es. stato di guerra): la linea ferroviaria è suddivisa in sezioni di
blocco (o di distanziamento), la regola fondamentale, per la sicurezza della
circolazione, è che non può esserci più di un solo treno,
contemporaneamente, in ciascuna sezione di blocco.
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I sistemi di regolazione e controllo (Regimi) della circolazione in ferrovia lungo la
linea
I sistemi di di regolazione e controllo della circolazione in ferrovia lungo la linea
sono basati ormai tutti su una logica a distanziamento di spazio.
I sistemi si possono classificare in due categorie, a seconda del mezzo usato per
trasmettere verso monte della sezione di distanziamento l’informazione sulla sua
libertà od occupazione: la prima è la trasmissione di dispacci (telegrafici o
telefonici), la seconda lo scambio di consensi elettrici.
Il sistema a distanziamento di spazio garantisce così il rispetto di intervalli di
sicurezza tra diversi convogli suddividendo la linea in sezioni, dette anche sezioni di
blocco, in cui è consentita la circolazione di un solo convoglio per volta. In
corrispondenza dell’ingresso di ogni tratta deve essere presente un addetto o, più
comunemente, un impianto di segnalamento che indica al macchinista del treno
che sopraggiunge la via libera o impedita per la tratta in questione. La verifica delle
condizioni di sicurezza e la conseguente autorizzazione ad inoltrarsi nella sezione
può avvenire in diverso modo:
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• Regime della spola o del bastone pilota
• Regime del “Giunto” o della “Via Libera”
• Regime del Consenso o Blocco Telefonico
• Blocco Elettrico Manuale o Semiautomatico
• Blocco Elettrico Automatico a Circuiti di Binario o Conta Assi
Le prime quattro metodologie richiedono personale di stazione all’inizio di ogni
sezione di blocco.
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Sezione di blocco
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Sulla rete di RFI (“Rete Ferroviaria Italiana”) attualmente abbiamo i seguenti
regimi (sistemi) di circolazione.
• Blocco elettrico automatico a circuiti di binario (circa il 35% della rete,
generalmente sulle linee più importanti).
• Blocco elettrico automatico conta assi ( circa il 55% della rete).
Questi regimi sono in vigore sulla rete cosiddetta “storica”, ossia sulla rete
esistente prima della seconda guerra mondiale ed inoltre sulla Direttissima
Firenze-Roma (prima linea ad alta velocità italiana).
Sempre sulla rete storica abbiamo dei tratti equipaggiati con il “blocco
elettrico manuale”(7% della rete,) ed il “blocco elettrico telefonico”(1% della
rete): sistemi che sono ormai in disuso.
Sulle nuove linee ad alta velocità abbiamo un nuovo sistema di blocco: il
”blocco radio” (anche per la direttissima Firenze- Roma è previsto un
adeguamento a questo regime di circolazione).
Blocco conta-assi
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Il transito di un veicolo sul binario mette in contatto elettrico le due rotaie (la
sala montata “chiude” il circuito), non arriva più corrente al relè ed il segnale di
blocco si dispone a via impedita. Nel caso in cui si interrompa l’erogazione di
energia elettrica o non funzioni il generatore di forza elettromotrice, il sistema
pone automaticamente a via impedita il segnale di blocco. Qualunque sia il
regime di circolazione ed il sistema adottato, ogni segnale di blocco deve essere
preceduto da un segnale di protezione, che dà un avviso di via impedita al
convoglio in arrivo, se il segnale di blocco successivo è a via impedita.
Il segnale di protezione è posto
ad una distanza dal segnale di
blocco (che lo segue) tale
da consentire al convoglio di
potersi arrestare in condizioni di
sicurezza senza oltrepassare il
segnale di blocco.
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Lezione 15 (vnd.ms-powerpoint, it, 5951 KB, 12/9/10)