Associazione Teatrale Pescara Colli affiliata Domenica 13 maggio 2012 L’Associazione Teatrale PerStareInsieme organizza la quinta gita, nella quale si abbinano religione, cultura e spettacolo. Nel ringraziarvi per la partecipazione a questo importante appuntamento culturale, vi auguriamo una buona giornata con la speranza che il programma che è stato predisposto sia di vostro gradimento. Questo semplice opuscolo per le notizie generali sui luoghi da visitare, sul programma e su quanto ci è sembrato utile sottoporre alla vostra attenzione. Affinché possa essere garantita una buona riuscita dell’evento, è necessario attenersi agli orari ed al programma sotto riportati. Per qualsiasi informazione ed esigenza rivolgersi a Ferdinando (cell. 3401483349) o Gianni (cell.3357691590) Grazie e buona giornata a tutti. PROGRAMMA Ore 7,00 – Partenza da Via Di Sotto (Piazzale Conad). Ore 10,30 – S. Messa nella chiesa di S. Paolo alle Tre Fontane. Visita libera all’Abbazia e alle rivendite dei prodotti dei monaci trappisti Ore 13,00 – Pranzo al sacco condiviso presso il Convento. Ore 14,00 – Trasferimento in pullman al centro storico (Piazza di Spagna). Pomeriggio libero. Ore 16,30 – Al botteghino del Teatro Eliseo per ritirare i biglietti Ore 17,00 – Inizio spettacolo Ore 19,00 – Termine spettacolo Ore 19,30 circa – Partenza per Pescara Ore 23,00 circa – Rientro a Pescara Note: il programma non è modificabile se non per cause di forza maggiore (es. condizioni atmosferiche sfavorevoli).È prevista una sosta in autostrada lungo il percorso. Il complesso abbaziale è posto in una valletta percorsa dall'antica via Laurentina, in una località detta Aquae Salviae. Comprende tre chiese e un monastero fortificato. Il monastero Come tutti gli analoghi complessi dell'epoca, l'abbazia delle Tre Fontane presenta caratteri di monastero fortificato: lo si vede bene nel portale d'ingresso, che fa pensare a quello dei Santi Quattro Coronati. Il portale è detto Arco di Carlo Magno perché gli affreschi al suo interno ricordavano la presunta donazione dei possedimenti di Maremma da cui nasceva la ricchezza dell'istituzione: secondo la leggenda, papa Leone III fece portare la reliquia di sant'Anastasio in soccorso di Carlo Magno impegnato a togliere Ansedonia ai Longobardi; le mura crollarono per un terremoto, Carlo Magno vinse la sua guerra, e il monastero fu dotato di ampi possedimenti in Maremma. Le costruzioni dell'abbazia e il chiostro sono posti sulla sinistra della chiesa. Siccome i monaci vivono in clausura, l'interno è raramente visitabile. Chiesa abbaziale dei Santi Anastasio e Vincenzo La chiesa abbaziale è rimasta praticamente intatta nelle forme in cui fu costruita nel XII secolo. Il primo dedicatario fu e rimase Sant'Anastasio, militare persiano dell'esercito di Cosroe vissuto nel VII secolo, che aveva subito il martirio nel 624, la cui testa fu la prima importante reliquia pervenuta nel sito, pochi anni dopo il martirio (scomparsa alla fine del XIV secolo e ritrovata a Santa Maria in Trastevere). Lo si ricorda il 22 gennaio, giorno della morte. Nel 1370 l'abbazia fu arricchita da altre reliquie di san Vincenzo di Saragozza, al quale venne anche dedicata la chiesa. La mano cistercense - la cui opera sommerse completamente i resti della primitiva costruzione - è riconoscibile nello stile solido, severo e spoglio della chiesa e degli altri edifici conventuali, e nel fatto che tutto sia costruito, all'uso lombardo, in laterizio, quasi senza ricorrere a materiali di spoglio, al contrario dell'uso romano del tempo. Cistercensi e lombarde furono probabilmente, magari provenienti dalla quasi contemporanea abbazia di Chiaravalle, le maestranze che edificarono, introducendo nell'uso edilizio romano le volte a sesto acuto fin allora quasi sconosciute in città. Sui massicci pilastri laterali, collegati da volte a tutto sesto, poggiava in origine una volta a sesto acuto, rimasta oggi soltanto sulle cappelle laterali, mentre quella della chiesa, rovinata nel tempo, è stata sostituita da capriate di legno a vista. Le uniche decorazioni consistono in grandi figure degli apostoli rappresentate sui pilastri della navata. La chiesa (della decapitazione) di san Paolo La principale delle tradizioni collegate all'abbazia è quella che indica la valle come luogo della decapitazione di san Paolo, il 29 giugno del 67: la testa, cadendo a terra, avrebbe fatto tre rimbalzi, da ognuno dei quali sarebbe scaturita una fonte. Prevalse poi la tradizione che voleva la decapitazione di san Paolo avvenuta lungo la via Ostiense, nel luogo dove fu poi sepolto e fu costruita in epoca costantiniana la basilica di San Paolo fuori le mura. Ad aquas salvias sorse comunque, in tempi antichi, un oratorio che ricordava la decapitazione e fondava la connessa leggenda. È questo il punto focale originario del sito. Se ne descrive l'origine con le parole dell'Armellini: « Negli atti anonimi greci dati in luce dal Tischendorff, non solo si legge che S. Paolo fu decapitato nella massa appellata ad Aquas Salvias, ma vi si aggiunge che il martirio avvenne presso un pino. Benché apocrifo questo documento e ripieno di leggende, pure è scrittura assai antica e deve, come è ovvio comprendersi, meritare fede almeno nella parte che riguarda le notizie dei luoghi. Ora non sono molti anni, scavandosi dai rr. pp. trappisti non lungi dalla chiesa suddetta per un serbatoio d'acqua, si rinvenne a grande profondità del suolo un ripostiglio di monete antiche, precisamente dell'impero di Nerone, e molti frutti di pino (pigne), che l'azione del tempo aveva quasi fossilizzati. Una tale scoperta, della quale io detti un cenno nella Cronachetta mensuale, mi pare di qualche importanza in ordine alla circostanza narrata dagli atti suddetti dell'albero di pino sotto cui sarebbe stato decollato s. Paolo. In un angolo della medesima si conserva un frammento di colonna appartenuto forse all'antica basilica, sul quale, secondo una tradizione, sarebbe stato decapitato l'Apostolo » Nel 1599 il cardinale Pietro Aldobrandini fece rifare interamente l'oratorio da Giacomo della Porta, su una pianta molto semplice a unica navata trasversale con due cappelle laterali, lungo la quale tre nicchie ospitano le tre fonti (dove però l'acqua non scorre più dal 1950). Nel vestibolo è stato conservato l'impianto antico dell'oratorio e, sul pavimento, il mosaico precedente alla ricostruzione cinquecentesca. Un altro mosaico più ampio con le immagini delle Quattro stagioni, proveniente dal mitreo imperiale di Ostia, fu installato nella navata centrale con il restauro ottocentesco. Sull'altare della cappella di sinistra era installata la Crocifissione di Guido Reni, trasferita a Parigi dai francesi nel 1797. Quando fu recuperata, venne allocata alla Pinacoteca Vaticana: la pala attualmente in loco è una copia. Santa Maria Scala Coeli Nel sito esisteva fin dai primi secoli un altro oratorio, dedicato alla Madonna, costruito su una cripta dove si diceva sepolto il tribuno Zenone con i suoi 10.203 soldati, mandati a morte da Diocleziano dopo aver costruito le grandi terme. A sinistra dell'altare della cripta, una finestrella lascia vedere un altare pagano dedicato alla dea Dia, divinità agricola romana cui tributavano culto gli Arvali; dall'analoga finestrella a destra si vedono le tracce di un antico cimitero cristiano, considerato l'ultima prigione di san Paolo prima della decapitazione. Il nome Scala Coeli, iscritto anche sulla porta, nasce da una visione avuta nel 1138 dal fondatore dei cistercensi Bernardo di Chiaravalle, nella quale la Madonna accoglieva le anime dei defunti che salivano in cielo lungo una scala. L'oratorio crollò alla fine del XVI secolo, e la sua ricostruzione ex novo fu affidata dal cardinale Alessandro Farnese a Giacomo Della Porta, che realizzò, tra il 1582 e il 1584, l'attuale elegante cappella a pianta ottagonale. La Bottega dei Trappisti La Bottega dei Trappisti, situata all'interno del complesso dell'Abbazia delle Tre Fontane, è un negozio storico dove, dagli inizi del novecento, vengono venduti, oltre a prodotti ormai classici come il cioccolato e il liquore d'eucalipto, anche numerose altre ricercatezze quali marmellate, biscotti, vini, birre, caramelle, prodotti cosmetici e salutistici di alta qualità, provenienti da monasteri e Abbazie d'Italia e d'Europa. Aperta tutti i giorni, dalle 09.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00, è a disposizione dei pellegrini e di chiunque sappia apprezzare la qualità e la bontà dei prodotti naturali, siano essi alimentari che cosmetici. All'interno è presente anche un piccolo bar. PRODOTTI – Marmellate, miele, biscotti e prodotti da forno, salse e condimenti, olio, pasta, frutta secca, candita e sciroppata, caramelle e liquirizia, infusi in idralcole, bevande, sciroppi, elisir, tronchetti e grani, tinture, pomate, aloe, integratori, prodotti dell'alveare, tisane, saponi, bagnoschiuma, shampoo, dentifrici, latte e lozioni, tonici, creme, profumi e affini, Sali, tavolette di cioccolata, cacao in polvere, torroni, creme di cioccolato, uova pasquali, vini (bianchi, rossi, rosati), vini da dessert, spumanti e champagne, liquori e grappe, birre. DA VEDERE AL CENTRO DI ROMA 1. PIAZZA NAVONA era lo stadio che fu costruito dall'imperatore Domiziano nell'85 e nel III secolo fu restaurato da Alessandro Severo. Era lungo 276 metri, largo 54 e poteva ospitare 30.000 spettatori. Era riccamente decorato con statue, una delle quali è quella di Pasquino ora nell'omonima piazza di fianco a piazza Navona. Poiché era uno stadio e non un circo, non c'erano i carceres (i cancelli da cui uscivano i cavalli da corsa) né la spina (il muro divisorio intorno a cui correvano i cavalli) come ad esempio il Circo Massimo, ma era tutto libero ed utilizzato per le gare degli atleti. L'obelisco che ora è al centro della piazza non si trovava lì, ma viene dal circo Massenzio, che era sulla via Appia. Il nome della piazza era originariamente "in Agone" (dal greco agones, "giochi") poiché lo stadio era usato solo ed esclusivamente per le gare di atletica. Non è Rio de La Plata assolutamente vero che piazza Navona veniva usata per le battaglie navali: si tratta di una leggenda metropolitana generata dal fatto che la piazza veniva allagata solitamente nel mese di agosto per lenire il caldo; anticamente la piazza era concava, si bloccavano le chiusure delle tre fontane e l'acqua usciva in modo da allagare la piazza. Piazza Navona è in un certo senso l'orgoglio della Roma barocca, con elementi architettonici e scultorici di maestri Gange come Gian Lorenzo Bernini (la Fontana dei Quattro Fiumi al centro della piazza, che rappresenta il Danubio, il Gange, il Nilo ed il Rio della Plata, i quattro angoli della Terra), Francesco Borromini (Sant'Agnese in Agone, davanti alla fontana del Bernini) e Pietro da Cortona (autore degli affreschi della galleria di Palazzo Pamphilj). Nilo La notissima leggenda circa la presunta rivalità fra il Bernini ed il Borromini suggerisce che a due delle quattro statue dei fiumi il maligno Bernini abbia voluto concedere speciali tutele contro l'opera dell'avversario: al Nilo una benda sulla testa per sottrarsi all'infelice visione ed al Rio della Plata una mano protesa per ripararsi dal forse imminente crollo della chiesa; ma la credenza è infondata, poiché la fontana fu realizzata prima della chiesa (com'è noto, poi, il Nilo ha la testa Danubio bendata perché al tempo non erano state ancora scoperte le sue sorgenti). È vero invece che sulla facciata della chiesa, la statua di Sant'Agnese ha una postura che apre a molte possibili interpretazioni, fra le quali quella che la famosa mano sul petto, insieme all'espressione del volto, sia segno di sconcerto. La "competizione" fra i due autori, almeno in questa piazza, si risolse in toni scherzosi: alle critiche dello staff borrominiano sulla possibile tenuta statica di una struttura cava, lo staff concorrente rispose ironicamente, fissando il gruppo con "rassicuranti" tiranti di semplice spago. 2. CHIESA DI S. LUIGI DEI FRANCESI – La chiesa, dal punto di vista artistico, è un'esaltazione della Francia attraverso la rappresentazione dei suoi santi e dei suoi più grandi personaggi storici. Nella facciata sono rappresentate le statue di Carlo Magno, san Luigi, santa Clotilde, santa Giovanna di Valois. All’interno vi sono affreschi con le Apoteosi di san Luigi e san Dionigi ed il racconto della vita di Clodoveo. Due sono i luoghi che racchiudono veri e propri capolavori dell’arte del XVII secolo. Nella seconda cappella della navata di destra vi è l’affresco con storie di santa Cecilia del Domenichino (1616-17); mentre nella quinta cappella della navata di sinistra (cappella Contarelli) vi sono tre capolavori assoluti del Caravaggio: il Martirio di San Matteo, San Matteo e l'angelo e Vocazione di san Matteo. 3. PANTHEON - Le pietre di costruzione del Pantheon vengono da molto lontano e furono raccolte in un tempo remoto. Ciascuna pesa addirittura quanto una balena. Non sono altro che lastre di marmo di 90 tonnellate che arrivarono dall’Egitto a Roma più di 2000 anni fa. Un miracolo di architettura renderebbe il Pantheon una sfera perfetta perché la sua altezza è uguale al suo raggio: 43 m e 44 cm per 43 m e 44 cm. Equilibrio e stabilità sono i principi a cui si attenevano gli antichi architetti. E nel Pantheon sono sintetizzati dall’armonia delle linee e dal calcolo perfetto delle geometrie delle masse. Il pavimento ha 22 forature, che devono permettere alla pioggia di filtrare. Essa entra infatti attraverso l’oculus sopra la cupola: un buco di quasi 9 metri di diametro. È proprio attraverso l’oculus, unica finestra, che all’interno penetrano luce e calore, così da rendere il Pantheon un “tempo solare”. Addirittura nel solstizio d’estate i calcoli architettonici di questa particolare chiesa hanno fatto in modo che a mezzogiorno avvenga un fenomeno astrologico-calendariale. Un raggio di sole penetra dal l’oculus all’interno e colpisce il portale d’accesso. Non solo. La luce che penetra in direzione zenitale ha un preciso riferimento mistico, un collegamento diretto tra gli dei e gli uomini, senza intermediazione sacerdotale. Dunque questo fascio di luce che entra dall’oculus al centro della cupola gira a seconda dell’ora del giorno e fa del Pantheon un osservatorio astrologico dedicato, come appunto evoca il nome, a tutti gli dei. La cupola in calcestruzzo è la più larga mai costruita in muratura. Questa fu opera della ristrutturazione che subì l’edificio ad opera dell’imperatore Adriano nel 128 d.C. Il pantheon fu il primo caso di tempio pagano convertito a culto cristiano. Avvenne nel 608 d. C. quando l’imperatore Foca lo regalò a papa Bonifacio IV e da Pantheon prese il nome di santa Maria ad Martyres. All’esterno la cupola era ricoperta interamente da tegole di bronzo sistemate a squame. Sicché il suo aspetto era alquanto luminoso e caldo soprattutto in giornate soleggiate. Ma nel 663 l’imperatore d’oriente Costante II le fece staccare per usarle come bronzo fuso, ad eccezione di quelle che circondavano l’oculo come tuttora si può osservare. Nel 735 la calotta fu nuovamente ornata di metallo, questa volta ricoperta di piombo. 4. MONTECITORIO – È la sede della Camera dei Deputati. La storia del palazzo è alquanto travagliata. Anche il nome è di origine incerta: c'è chi ritiene che in epoca romana vi si svolgessero le assemblee elettorali (da cui"mons citatorius"); per altri il nome del luogo deriva dal fatto che vi venivano scaricati i materiali di risulta della bonifica del vicino Campo Marzio ("mons acceptorius"). L'attuale palazzo, che prese il posto di un preesistente gruppo di casupole, fu commissionato da papa Innocenzo X al Bernini come futura dimora della famiglia Ludovisi. Morto il papa nel 1655, i lavori furono interrotti per mancanza di fondi e non furono ripresi se non oltre trent'anni dopo per volontà di un altro pontefice dallo stesso nome (Innocenzo XII), che dapprima intendeva destinare il palazzo a ospizio per i poveri e poi decise di installarvi la Curia apostolica (i tribunali pontifici). Intanto Bernini era morto e il nuovo architetto Carlo Fontana modificò profondamente il progetto berniniano, conservando la caratteristica facciata convessa e aggiungendovi l'arioso campanile a vela. La campana maggiore (che ora suona solo in occasione dell'elezione del Presidente della Repubblica) dava il segno dell'inizio delle udienze e la sua precisione nel battere le ore divenne proverbiale a Roma. Tutti i sabati poi il popolo romano accorreva nella piazza per assistere all'estrazione dei numeri del lotto che - come narra Stendhal nelle sue"Passeggiate romane"- venivano gridati dal balcone. 5. PIAZZA COLONNA Deve il suo nome alla Colonna di Marco Aurelio che qui sorgeva sin dall'antichità, e che dà il nome anche all'omonimo Rione Colonna, di cui la piazza fa parte. La piazza, costruita verso la fine del Cinquecento da Papa Sisto V, sorge sulla centralissima Via del Corso. La pianta della piazza ha forma rettangolare, con al centro la colonna di Marco Aurelio, ed è circondata da alcuni dei più importanti palazzi storici di Roma. Qui, proprio davanti alla colonna, si trova l'entrata di Palazzo Chigi. già sede dell'ambasciata dell'Impero Austro-Ungarico ed oggi sede del Consiglio dei ministri. La Colonna di Marco Aurelio fu eretta tra il 176 e il 192 per celebrare, forse dopo la sua morte, le vittorie dell'imperatore romano Marco Aurelio (161-180) ottenute sulle popolazioni germaniche dei Marcomanni, dei Sarmati e dei Quadi, stanziate a nord del medio corso del Danubio durante le Guerre marcomanniche. La colonna, che era alta 29,617 metri (pari a 100 piedi romani; 42 metri se si considera anche la base), è ancora nella sua collocazione originale davanti a Palazzo Chigi e dà il nome alla piazza nella quale sorge, piazza Colonna. Il monumento, coperto di bassorilievi, è ispirato alla Colonna Traiana. Il fregio scultoreo che si arrotola a spirale intorno al fusto, se fosse svolto, supererebbe i 110 metri in Nel 1589 papa Sisto V fece sistemare sulla sommità della colonna la statua in bronzo di San Paolo 6. FONTANA DI TREVI – Ma da dove viene la tradizione di buttare la moneta? La fontana stessa in realtà mostra l'acqua di un'antica fonte, quella dell'Acqua Vergine, e anticamente le sorgenti d'acqua, spesso, come i pozzi, erano sacre, e si usava gettarvi dentro, come sacrificio alla divinità e con fini propiziatori, qualcosa di valore. Secondo la leggenda la fonte, a Salone, a circa 20 km. dalla città, dissetò gli esausti soldati di Agrippa di ritorno a Roma (19 d.C). Il luogo preciso in cui si trovava questa fonte era stato indicato ai soldati da una fanciulla (latino: virgo), da cui "aqua virgo" ("acqua vergine", ma anche...acqua pura). Attraverso un acquedotto in buona parte sottorraneo (e ancora oggi funzionante!) Agrippa fece arrivare l'acqua fin qui. Un "segno" della leggenda di tale fanciulla lo troviamo ancora oggiin un bassorilievo della fontana. Forse sulla scia della leggenda dei soldati di Agrippa che si cominciò a sostenere che chi avesse bevuto quest'acqua avrebbe sempre fatto ritorno a Roma. E così, fino a qualche decennio fa, si dice che sulla fontanella sul lato destro, all'inizio di Via della Stamperia, aveva luogo un piccolo rituale segreto: le ragazze facevano bere l'"acqua vergine" della fontanella ai propri fidanzati prima della loro partenza, il tutto suggellato da un brindisi con dei bicchieri che poi venivano rotti. In questo modo il brindisi era simbolicamente non ripetibile, e anche la fedeltà era assicurata. Non a caso la fontanella è ancora oggi soprannominata "fontanina degli innamorati" (vedi foto). I gruppi marmorei della fontana di Trevi hanno dei significati allegorici relativi al mare, proprio l'eterno mezzo che separa e unisce chi viaggia: la figura centrale del gruppo rappresenta il dio Oceano, i due cavalli ai lati, uno agitato e uno placido, i due aspetti possibili in cui il mare si presenta. 7. PIAZZA DEL QUIRINALE – Palazzo omonimo, sede della Presidenza della Repubblica dal 1946. Fu residenza estiva dei papi fino al 1870, poi residenza del re d’Italia. Sulla piazza le statue dei Dioscuri, colossi in marmo che fin dall'antichità adornano il Colle: sono copie romane di un gruppo in bronzo di Fidia e Prassitele il Vecchio. Nelle vicinanze la Chiesa di S.Andrea al Quirinale, stupendo esempio di arte barocca. C’è l’imbarazzo della scelta! Solo alcune indicazioni. A VIA CONDOTTI, strada che collega Via del Corso con Piazza di Spagna, si trovano i negozi più esclusivi di Roma, soprattutto quelli delle grandi firme della moda. Due anni fa era nel nostro itinerario, ma i prezzi altissimi hanno impedito a chiunque di accedere in quei negozi. Oggi più di allora, con la crisi che c’è, inseriamo questa meta solo a titolo informativo. Se qualcuno è interessato, sappia che c’è anche questa possibilità. CAFFÈ SANT’EUSTACHIO – Proseguendo dal Piazza Navona al Pantheon, in Largo Sant’Eustachio si trova l’omonimo caffè dove si può degustare il migliore caffè di Roma ed acquistare caffè, cioccolata e dolciumi di qualità veramente superiore. L’unico problema è che generalmente bisogna fare la fila per entrare, ma il servizio rapidissimo e l’unicità dell’aroma di quel caffè fanno sì che valga la pena farci una sosta. GALLERIA ALBERTO SORDI – In Piazza Colonna c’è una galleria con molti bei negozi con prezzi accessibili. alle 16,30 puntuali davanti al Teatro Eliseo per ritirare i biglietti. Via Condotti Divieto di transito ai mariti Caffè Sant’Eustachio Galleria Alberto Sordi TEATRO ELISEO Via Nazionale 183 Costruito inizialmente in legno e dedicato a spettacoli di varietà con il nome di Arena Nazionale, negli anni assunse sempre più importanza, fino a subire un rifacimento nel 1938 che ne decretò l'aspetto attuale. Dal 1979 ampliò l'offerta artistica con gli spettacoli proposti nel ridotto Piccolo Eliseo, intitolato a Giuseppe Patroni Griffi, ex direttore artistico del teatro. L'Arena Nazionale nacque nella primavera del 1900 come teatro in legno, aperto, sito sulla terrazza di Palazzo Rospigliosi. Il nome fu scelto in onore della nuova via, omonima, che sorse per volontà del monsignore Francesco Saverio De Merode. Dedito agli spettacoli di varietà, nell'arco di sei anni si decise di farne un teatro in muratura su progetto dell'ingegner Serafini Amici, col primato di essere appunto stato il primo teatro del novecento romano costruito interamente in cemento armato, materiale del tutto nuovo. Il nome assunto dal teatro fu Teatro Apollo. Nel 1912 lo spazio che costituiva lo spazioso ridotto del Teatro Apollo fu staccato e reso indipendente, scelta forse operata per coprire alcuni costi di gestione. Mentre il teatro cambiò ancora nome, diventando il Cines, la piccola sala ormai indipendente prese il nome di Sala Apollo ma non fu teatro, bensì un locale notturno. Dopo due anni la facciata su via Nazionale viene ridisegnata in uno stile che coniuga il liberty con l'austera tradizione dei palazzi in stile piemontese: il rifacimento del teatro sacrificò però degli spazi vitali per la comodità dello stesso accelerando il processo di trasformazione quasi radicale del Cines in sala cinematografica. Saltuariamente, però, sopravvisse la prosa. Il nome mutò nel corso della grande guerra in Gran Cinema. La fine della grande guerra vide un nuovo cambio di nome, trasformando il Gran Cinema nell’attuale Teatro Eliseo. La produzione era diversificata: inizialmente operette, quindi stagioni liriche e poi ancora prosa. Lo stile del teatro andò sempre più affinandosi, acquisendo eleganza e ricercatezza negli arredi interni e nella gestione. Per conquistare gli incentivi statali da parte del regime, nel 1923, venne fondata da Lucio D’Ambre, Mario Fumagalli e Santi Severino una compagnia, il Teatro degli Italiani, il cui scopo era quello di valorizzare la drammaturgia italiana. Il tentativo fallì per la mancata erogazione dei sussidi e tornò all’operetta mista alla prosa. Nel 1938 avvenne un ulteriore rifacimento ad opera di Luigi Piccinato, che trasformò l’Eliseo donandogli una forma più moderna e magnifica, molto simile all’attuale. Nel rifacimento delle gallerie, tuttavia, non si tenne conto dell’eccessiva angustia dei posti nelle balconate, penalizzate ulteriormente da un corrimano di sicurezza che inficiava la visione della scena. L’allargamento dello spazio destinato agli spettatori duplicò la capienza del teatro (da circa 600 a 1300 posti, ridotti poi nuovamente a 1000 per la scarsa visibilità deilaterali alti), mentre operazioni di ampio respiro sullo spazio scenico permisero l’introduzione di nuovi macchinari ed un allargamento del boccascena di due metri, portandola ai 12 metri attuali. La particolarità che destò più critiche dai contemporanei fu la totale abolizione di palchi d’onore in epoca di monarchia e regime. Per due anni vi si insediò una compagnia teatrale diretta da Pietro Sharoff,e negli anni successivi il teatro produsse spettacoli in proprio. Nel 1979 si riconquistò lo spazio del Piccolo Eliseo, dove iniziarono ad essere rappresentate regolari stagioni di prosa in uno spazio destinato ad accogliere 300 spettatori. Nel 1982 Giancarlo Capolei ristrutturò l’Eliseo riducendo i posti agli attuali 956 ed ammodernando gli impianti, donandogli l’attuale forma. La scomodità dei laterali alti, in particolare della I e della II balconata, vennero in parte risolti: tuttora però persiste un problema di visibilità che abbassa il prezzo dei biglietti in corrispondenza dei settori a visibilità ridotta. Attualmente il Teatro Eliseo e il Piccolo Eliseo Patroni Griffi hanno un cartellone regolare che spazia dalla prosa classica alla contemporanea, confermandosi tra i teatri più frequentati. Da Wikipedia. Pupella Maggio Macario Fratelli De Filippo Petrolini Angelo Musco Andreina Pagnani Emma Gramatica Gino Sergio Tofano Cervi Tieri Totò Paola Borboni Albertazzi-Proclemer Ermete Zacconi Stoppa-Morelli Tino Carraro Anna Magnani Lojodice Alberto Lionello Lilla Brignone Vittorio Gassman Maria Paiato Arnoldo Foà Romolo Valli Commedia in cinque atti scritta da William Shakespeare (Stratford-upon-Avon, 23 aprile 1564 – 23 aprile 1616) con molta probabilità tra il 1599 e il 1601, fu commissionata dalla regina Elisabetta che richiese la sua stesura entro 15 giorni. Si narra che la sovrana fosse interessata all'evoluzione del personaggio di Falstaff (presente nell'Enrico IV) ed al suo comportamento da innamorato. Sir John Falstaff, a corto di denaro, decise di corteggiare due ricche donne sposate, la signora Ford e la signora Page, inviando loro due identiche lettere d'amore. Lo scopo dell'uomo è quello di arrivare al denaro posseduto dalle due signore. Il signor Ford è talmente geloso che è impaurito dal fatto di poter essere tradito dalla consorte. La signora Page ha invece una figlia, Anna, che vuole maritarsi ed è questo il motivo di contrasto con suo marito: lo sposo da scegliere. Ad Anna i suoi genitori non danno la possibilità di scegliere il proprio marito perché il signor Page vuole che sposi Stanghetta mentre la signora Page invece il dottor Cajus. In realtà Anna ama un giovane di nome Fenton. Nel frattempo Nym e Pistoia, i compagni di Falstaff che lui stesso aveva allontanato, avvertono i due mariti delle lettere. Le due donne dopo avere ricevuto le lettere si mettono d'accordo su come vendicarsi contro Falstaff e decidono di invitarlo a casa della signora Ford.Così mandano Madama Quickly, loro amica, che rassicura Falstaff dicendogli che le due donne avevano ricevuto le lettere e lo volevano invitare quando i loro mariti non erano presenti. Successivamente il signor Ford travestito e col nome di Ruscello si reca da Falstaff fingendo di essere innamorato della signora Ford ma di non riuscire a conquistarla.Così sotto una corposa somma di denaro Falstaff rassicura Ruscello di conquistare la signora per lui e poi di lasciargliela. All'improvviso durante l'incontro tra Falstaff e la signora Ford sopraggiunge il marito con degli amici, che era a conoscenza dell'appuntamento fra i due. Subito Falstaff si nasconde nella cesta del bucato e il signor Ford non riesce a trovarlo ma poi viene portato presso il fiume Tamigi e gettato dentro. Successivamente Ruscello si reca nuovamente da Falstaff che gli spiega cosa era accaduto e che dopo essere stato nascosto nella cesta del bucato era stato buttato nel fiume ma lo informa anche di un nuovo appuntamento sempre con la signora Ford. Durante l'incontro sopraggiunge sempre il signor Ford con gli amici che però ancora non riescono a trovare Falstaff che viene travestito da donna grassa. Dopo questo episodio la signora Ford e la signora Page raccontano bene i fatti ai loro mariti e decidono di far spaventare Falstaff invitandolo nel bosco. Questi travestiti da fate e folletti spaventano Falstaff che si rende conto di ciò che aveva fatto. Nello stesso istante si accorgono che Anna in realtà è un ragazzo travestito perché la vera Anna è scappata con Fenton. Dopo di che Falstaff si rende conto di essere stato gabbato un'atra volta. Da www.wikipedia.org LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR di William Shakespeare traduzione e adattamento Fabio Grossi e Simonetta Traversetti scene e costumi Luigi Perego musiche Germano Mazzocchetti coreografie Monica Codena luci Valerio Tiberi regista assistente Mimmo Verdesca regia Fabio Grossi Personaggi e interpreti Sir John Falstaff, cavaliere Leo Gullotta Mastro Page, borghese di Windsor Gerardo Fiorenzano Mastro Ford, borghese di Windsor Fabio Pasquini Madonna Page, moglie di mastro Page Rita Abela Madonna Ford, moglie di mastro Ford Valentina Gristina Anna Page, figlia di mastro e madonna Page Cristina Capodicasa Fenton, giovane gentiluomo Giampiero Mannoni Slender, borghese di Windsor Fabrizio Amicucci Simplicius, servo di Slender Federico Mancini Don Hugh Evans, parrocco gallese Paolo Lorimer Dottor Caius, medico francese Alessandro Baldinotti Mistress Quickly, governante di Caius Mirella Mazzeranghi Oste della Locanda della Giarrettiera Vincenzo Versari Robin, paggio di Falstaff Sante Paolacci Pistol, compagnaccio di Falstaff Gennaro Iaccarino Nym, compagnaccio di Falstaff Francesco Maccarinelli La tessitura della commedia stessa, va oltre l’apparenza e, per andar al di là del detto che “l’apparenza inganna”, proprio d’inganni e scherzi, per lo più perfidi, questa è avviluppata.[…]. Rispettando appieno la struttura voluta e pensata da Shakespeare, proponendo allo spettatore, in luogo dei cinque atti, i più canonici e moderni “due più intervallo”, si lascerà indubbia la correlazione ai Nostri tempi e alle Nostre vicende sociali, sottolineando qua e là lo scherzo, acre e cattivo, denominante una società che pedissequamente ripete i suoi stilemi, nei confronti di chi viene considerato un diverso, sia per aspetto, che per attitudini o usi. Dalle note di regia di Fabio Grossi LA SERIETA' DEL COMICO (dalla biografia ufficiale a firma di Franco Montini per il "Premio della Critica Cinematografica e Televisiva di Castello di Precicchie") Il teatro classico e il varietà più chiassoso, il cabaret e gli spettacoli televisivi del sabato sera, gli short pubblicitari e i film da premio Oscar. E poi, il gusto per il travestitismo frenetico e un'ineguagliata capacità di incarnare personaggi "minori", visti quasi sempre di sguincio eppure veri e memorabili. La caratteristica più immediata nell'arte di Leo Gullotta è certo la poliedricità, vissuta però come moltiplicazione espressiva e mai come fuga nella superficialità. La poliedricità artistica di Gullotta non è solo un fatto di tecnica interpretativa o di naturale predisposizione ad affrontare diversi codici recitativi, viceversa, è il risultato di una vera e propria scelta di vita, di una curiosità inesauribile per le varie esperienze dello spettacolo, di una generosità umana e professionale che lo porta a superare i confini delle specializzazioni e delle formule e a frequentare piuttosto i territori delle contaminazioni. Senza indulgere a snobistiche classifiche di merito (il varietà e il cabaret sono per Gullotta impegni artistici da affrontare con altrettanta serietà dei film di Tornatore e Loy) e con una vigile intelligenza nelle scelte da fare («Meglio interpretare un ruolo secondario in una vicenda ben solida e ben scritta - dice Gullotta - che un ruolo da protagonista in una storia idiota»). Quanto i personaggi comici da lui interpretati sono chiassosi, ciarlieri, invadenti, tanto Gullotta è timido, introverso, sempre attento ad approfondire più che a sottolineare quel che vede. Pronto a cogliere le occasioni della commedia come del dramma civile, sapendo, e provandolo ogni volta, che nella recitazione non ci sono sconti possibili: «Una pessima abitudine italiana è sottovalutare il lavoro dei comici», dice Gullotta, «Niente di più errato. Un grande autore, ad esempio Shakespeare, prevede tutto, basta interpretarlo; per realizzare una scenetta comica, invece, è indispensabile provare tutto, spazi - respiri - battute - gesti, non basta la conoscenza tecnica. Bisogna avere orecchio, ritmo, sapersi muovere in sintonia con le aspettative del pubblico». Ed è quello che Gullotta riesce a fare da anni, senza tradire frenesie e ansia di successo, con una simpatia umana e una voglia di esserci che non accennano a diminuire. Dal sito: www.leogullotta.it (sito ufficiale) Nell’ambito delle attività sociali e culturali della Parrocchia di S. Giovanni Battista e S. Benedetto Abate di Pescara Colli si è legalmente costituita l’Associazione Teatrale PerStareInsieme” È un’associazione senza scopi di lucro, rivolta in modo particolare ai parrocchiani ed ha come finalità quella di creare fra i suoi componenti un positivo clima di condivisione di esperienze che conduca alla scoperta dell’importanza dello stare bene insieme. Obiettivi fruizione dei migliori spettacoli teatrali rappresentati sul territorio; analisi e la comprensione del linguaggio e delle tecniche teatrali; allestimento di spettacoli teatrali dialettali e in lingua. Commedie e spettacoli rappresentati dal luglio 2008 ad oggi Lu ziprete – da Eduardo Scarpetta (7 repliche) La cantata dei pastori – da Andrea Perrucci (2 repliche) Lu diavule e l’acqua sande – da Camillo Vittici (5 repliche) La condanna dell’Innocente – di Alberto Cinquino (3 repliche) …e volò libero – di Carmine Ricciardi Titillo – da E. Scarpetta (4 repliche) La fattura – di Evaldo e Isabella Verì (4 repliche) Lu testamente – di Michele Ciulli (12 repliche) Natale in casa Bongiorno di C. Natili e C.Giustini (6 repliche) La scommessa e Gennareniello da E. De Filippo (2 repliche) La verità di Pilato – di Giovanni Spagnoli (3 repliche) La compagnia si diverte – farse e sketchs di autori vari (3 repliche) Chiamatemi… Don Tonino – di Francesco Cardinali (2 repliche) Cose turche – di Samy Fayad (2 repliche) Altre attività culturali Cineforum sul film La strada di Federico Fellini Gite a Roma per assistere agli spettacoli La strada con Venturiello e Tosca al Teatro Valle, a Il piacere dell’onestà con Leo Gullotta, al Teatro Eliseo, a Perugia al Teatro Morlacchi per L’inganno con Glauco Mauri e Roberto Sturno e a Civitavecchia per Il borghese gentiluomo con Venturiello e Tosca. Visione degli spettacoli teatrali proposti dal Teatro Comunale di Città Sant’Angelo. Attività sociali Destinazione dell’incasso netto di uno spettacolo in beneficenza ad una famiglia aquilana colpita dal terremoto, di due spettacoli all’AISLA e di uno spettacolo alla Caritas Parrocchiale. Info: Carmine Ricciardi (presidente) cell. 3489353713 Recapito: c/o Carmine Ricciardi Strada Colle Scorrano 15 - 65125 Pescara Colli e-mail: [email protected] facebook: Associazione Culturale Teatrale PerStareInsieme web: www.perstareinsieme.it Prossimamente COSE TURCHE Martedì 5 giugno ore 21,00 Teatro Sant’Andrea - Pescara