ARCHIVIO DI STATO DI POTENZA The Archivio di Stato di Potenza is one of the oldest cultural institutes in Basilicata. It was established in 1818 to collect the records of the public offices of the province, and although it had a prevalent administrative role, it soon reached an important function in promoting historical research: in 1901 it published the first historical journal in Basilicata, Rivista storica lucana. Now it collects over 9.800 metres of records, from Xth to XXth century, while its users have a steady increase. Its institutional tasks are to preserve, rearrange and inventory archives and to survey the archives of the civil service in the province.. It has microfilm and restoration laboratories, an educational programme for schools and university, and a specialistic library. From next year it will be possible to read the inventories of records on line. For more informations you can see the official site in Internet: http://aspz.web.it. 180 ANNI DI STORIA L’Archivio provinciale per la Basilicata fu istituito in Potenza, insieme con quelli degli altri capoluoghi di provincia del Regno delle Due Sicilie, con la legge organica 12 dicembre 1818. Vi vennero raccolte le carte residue delle magistrature dell’Antico Regime (Regia Udienza, corti baronali) e quelle non più occorrenti all’attività pratica degli uffici istituiti nella provincia (Tribunale civile, Gran Corte criminale, Gran Corte speciale per la parte giudiziaria; Intendenza di Basilicata, Consiglio d’Intendenza, Consiglio generale degli Ospizi, uffici finanziari ed altri uffici amministrativi). Sin dall’inizio si verificarono perdite consistenti nella documentazione, sia per le travagliate vicende dei locali che ospitarono l’Istituto, sia per alcune norme improvvide dettate dal governo borbonico. Tra queste ultime ricordiamo i rescritti 1° novembre 1829 e 7 dicembre 1831 che ordinarono la distruzione dei processi criminali anteriori al 1809 che non si fossero conclusi con sentenza a vita o ai quali non fosse riconosciuto interesse storico; vennero così bruciati i processi della Regia Udienza, ad eccezione di poche carte e dei registri d’inventario che, tuttora conservati, costituiscono l’unica fonte per ricostruire il quadro della criminalità e dei movimenti politici e sociali in Basilicata tra la metà del XVII e l’inizio del XIX secolo. La legge del 1818 affidava agli archivi provinciali una finalità prevalente di deposito degli atti della pubblica amministrazione. Il vero e proprio archivio storico del Regno, il Grande Archivio come fu deno- minato, era a Napoli, dove peraltro era stato istituito precedentemente da Gioacchino Murat, con decreto 22 dicembre 1808 e successivi decreti 11 marzo 1810 e 3 dicembre 1811. Nel Grande Archivio vennero conservate, nel periodo borbonico e soprattutto dopo l’Unità, le scritture più antiche che pervenivano in possesso della pubblica amministrazione; in particolare le decine di migliaia di pergamene provenienti dalle corporazioni religiose soppresse e dai comuni, che andarono in gran parte distrutte nell’incendio appiccato nel 1943 da soldati tedeschi al ricovero di San Paolo Belsito. La concentrazione a Napoli e la distruzione successiva hanno depauperato gli archivi meridionali di gran parte della documentazione medievale, caratteristica questa che li distingue dal- — 295 — di Gregorio Angelini la generalità degli archivi di istituzione ottocentesca dell’Italia centro-settentrionale. Con gli altri archivi provinciali dell’Italia meridionale quello di Potenza condivise una vita grama, con continui spostamenti della documentazione in sedi inidonee ubicate in diversi punti della città, mancanza di personale e mezzi per conservare adeguatamente il materiale archivistico, dispersione per eventi bellici, incuria delle autorità. Nel 1941 venne completata la costruzione della sede di via Garibaldi, che ospitava anche la Biblioteca provinciale; la Sezione di Archivio di Stato di Potenza (tale fu la denominazione adottata con legge 22 dicembre 1939, n. 2006) dispose da allora di una sede adeguata in cui poterono essere riuniti i fondi archivistici dispersi, disposti numerosi nuovi versamenti e compiuti diversi lavori di riordinamento. Nel secondo dopoguerra si succedettero alla direzione dell’Istituto archivisti che hanno lasciato considerevoli tracce della loro attività scientifica: tra essi Tommaso Pedio, Renato Perrella, Giuseppe Coniglio. In quegli anni vennero riordinati e inventariati fondi di grande importanza: l’Intendenza di Basilicata, il Consiglio generale degli Ospizi, la Gran Corte criminale, le residue scritture della Regia Udienza, i processi di valore storico, gli atti del processo contro la Setta dell’Unità d’Italia, le raccolte di pergamene, gli atti delle Corporazioni religiose, le carte dl Governo prodittatoriale lucano. Pervennero all’Istituto i primi versamenti degli ar- tenza, alcuni enti pubblici soppressi, liste di leva e ruoli matricolari militari, carte contabili dell’azienda Doria Pamphili). È per questo motivo che ancor oggi circa due terzi del patrimonio documentario dell’Istituto è anteriore al XX secolo.1 L’ARCHIVIO COME LUOGO DELLA RICERCA STORICA Frontespizio di un fascicolo della “Rivista storica lucana”, pubblicata dall’Archivio di Stato di Potenza nel 1901 chivi notarili di Potenza, Melfi e Lagonegro, dei tre tribunali della provincia e della Corte d’appello, dei giudicati regi e delle preture, della Prefettura e delle Sottoprefetture, l’archivio di Melfi dei principi Doria Pamphili, i registri del catasto provvisorio. Nel 1955 entrò in funzione a Matera una sezione di Archivio di Stato, divenuta Archivio di Stato in seguito al D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409. Negli anni successivi vennero trasferiti nel nuovo Istituto alcuni fondi, relativi ai comuni del Materano, precedenti l’istituzione della provincia (1927): le carte della Corte ducale di Montepeloso, gli atti dei giudi- cati e delle preture, gli atti notarili, i catasti provvisori e i registri dello stato civile, le carte delle corporazioni religiose. Si adottò in quella sede il criterio archivistico del rispetto dei fondi, per cui non vennero smembrati gli archivi amministrativi di livello provinciale; l’unica eccezione fu compiuta per la Gran Corte criminale (1809-1862) dalla quale furono stralciati gli atti relativi alla nuova circoscrizione provinciale. Al termine di questo lungo processo l’Archivio di Stato di Potenza assunse la attuale fisionomia. Negli anni successivi furono possibili solo poche acquisizioni (Prefettura, Archivio notarile distrettuale di Po- — 296 — Benché l’Archivio provinciale fosse nato come deposito degli atti della pubblica amministrazione, e quindi con il prevalente compito di conservare testimonianze giuridiche, fu sùbito evidente la inscindibilità della sua funzione di memoria storica della Basilicata. All’indomani del compimento, per le province meridionali, del processo unitario, la storiografia regionale concentrò la sua attenzione sulle vicende risorgimentali con il fine evidente di legittimare la nuova classe dirigente; l’intento agiografico nella ricostruzione di fatti e figure di quel periodo ancora vivo nella memoria dei protagonisti trovò soprattutto nelle carte di polizia, negli atti di governo e nei processi politici e di brigantaggio il materiale fondamentale. L’Archivio diveniva così anche luogo della ricerca, mentre col tempo si andava stemperando quella attenzione univoca alle fonti della storia politica ed anche queste ultime cominciavano ad essere lette in modo più critico. Va detto che la storiografia lucana dell’Ottocento si misurò sin dal principio con terreni diversi da quello delle vicende risorgimentali; non solo con quello, ovvio, delle monografie municipali, ma anche anticipando indirizzi che saranno riscoperti, su basi scientifiche nuove, molto più tardi: si pensi, ad esempio, al saggio di demografia della Basilicata medievale o all’approccio linguistico nello studio dei toponimi del Racioppi2. Ai primi del Novecento l’Archivio di Stato, grazie alle qualità di organizzatore del calabrese Antonino Tripepi, che in quegli anni ne fu il direttore, tentò una operazione culturale significativa con la pubblicazione della prima rassegna storica regionale, la “Rivista storica lucana”, di cui apparvero con cadenza bimestrale cinque fascicoli nel 1901. Nonostante gli esiti, l’iniziativa rappresentò una coraggiosa rivendicazione del ruolo di aggregazione dell’Archivio ed una presenza notevole in un momento di fervido dibattito intorno alla creazione del Museo e della Biblioteca provinciali a Potenza. Questo ruolo nel contempo di custode delle memorie e di luogo della ricerca fu vissuto dall’Istituto, nei decenni successivi, con esiti alterni: mancanza di personale e di mezzi, presenza saltuaria di direttori residenti altrove, confusione del ruolo di archivista con quello di aspirante storico, fecero sì che solo in alcuni periodi l’Istituto recuperasse la sua duplice, essenziale funzione. Un nuovo corso nella vita dell’Archivio di Stato si aprì a partire dagli anni Settanta, quando la storia sociale, alla ricerca di nuove fonti, riscoprì gli archivi periferici sottraendoli all’esercizio univoco dell’erudizione localistica. Il ziale chiusura tra il 1990 e il 1995, il numero delle ricerche è attestato tra 200 e 300: 284 nel 1996, 257 nel 1997, 145 nei primi cinque mesi del 1998. Con l’indagine del 1989 si cercò di individuare le caratteristiche sociali e gli interessi dei ricercatori. Chi sono gli studiosi che frequentano l’Archivio di Stato? Possiamo dividerli in tre categorie. flusso degli studiosi iniziò a crescere e gli interessi a differenziarsi. In uno studio pubblicato nel 1989 è stata condotta un’indagine sull’utenza dell’Istituto tra il 1968 e il 19883. Il numero dei ricercatori passa da 15 nel 1968 a 131 nel 1988, ma con due salti significativi: da 20 a 85 tra il 1972 e il 1974, da 62 a 125 tra il 1983 e il 1986. Negli ultimi anni, dopo la par- Da una parte i ricercatori “per passione”: è il gruppo più eterogeneo, sia per attività lavorativa che per obiettivi di ricerca, ma anche, da sempre, il più numeroso; molti gli insegnanti, ma anche i semplici cittadini appassionati alla storia del proprio comune o a temi di ricerca più specifici; tra essi è crescente l’interesse alle ricerche genealogiche, diffuso per altro anche tra i concittadini residenti all’estero, in particolare negli Stati Uni- RICERCHE IN SALA DI STUDIO DATI ANNUALI 300 200 100 0 1968 - 1988 e 1996 - 1998 (stima) Composizione sociale degli utenti medie di un decennio 10% 3% 5% 34% 6% 8% 11% 23% Laureandi e studenti Prof. Giuridiche Insegnanti Prof. Tecniche Docenti e ricerc. Università Altri Impiegati Non indicata — 297 — ti, che corrispondono regolarmente con l’Istituto e, a volte, frequentano la sala di studio. Questo gruppo di ricercatori, che sacrifica una parte del proprio tempo libero senza alcun vantaggio economico, anzi affrontando spese a volte considerevoli, alimenta il filone delle pubblicazioni locali, ma anche alcune iniziative editoriali di buon livello scientifico. Al capo opposto collochiamo i ricercatori “per professione”: ricercatori e docenti universitari nelle discipline storiche, ma anche, in misura crescente da un ventennio a questa parte, urbanisti, architetti, geologi, studiosi del paesaggio, sia inseriti nell’Università e in centri di ricerca che nel campo delle libere professioni; è questo forse il dato più significativo della mutazione nell’utenza dell’Istituto, registrabile per altro in tutti gli Archivi di Stato. Si registra una riduzione della frequenza dei ricercatori provenienti dal tradizionale interlocutore degli Archivi, le facoltà di Lettere, nonostante la recente attivazione del corso di laurea presso l’Università della Basilicata. Nel complesso gli utenti “professionali” rappresentano circa il 10% del totale. La terza categoria di utenti è formata dai laureandi, che quasi sempre fanno la loro prima esperienza di ricerca in archivio con la preparazione della tesi di laurea. Gruppo tradizionalmente consistente (il secondo dopo gli insegnanti), è destinato a crescere parallelamente alla giovane Università lucana. Oggi è ancora considerevole il numero di studenti della regione che frequenta corsi Venosa (Pz): saggio per una carta storica del territorio comunale, pubblicato in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Basilicata nel 1990 di laurea in altre Università: Salerno, Napoli, Bari, Roma per gli studi umanistici e giuridico-economici, cui si aggiungono Firenze e Venezia per quelli di architettura. Ad essere rappresentate, anche qui, non sono solo le tesi di laurea assegnate nella facoltà di Lettere, che costituiscono anzi una consistente minoranza, ma anche quelle assegnate nei corsi di laurea in economia e commercio (Salerno), giurisprudenza e scienze politiche (Salerno, Napoli, Bari, Roma), oltre che nei corsi di laurea delle facoltà di architettura, ingegneria, agraria. Percentualmente i laureandi costituiscono poco più di un terzo degli utenti. Una prima riflessione che consegue dai dati esposti è che, benché la ricerca in archivio presenti difficoltà notevoli, da quella primaria della capacità di leggere i documenti a quella di costruire il proprio percorso di indagine, fino al reperimento delle informazioni attraverso strumenti di accesso spesso molto complessi, la maggior parte degli utenti può essere considerata inesperta e deve far ricorso all’assistenza dell’archivista. Ancora oggi molti degli strumenti di consultazione disponibili sono insufficienti, anche se la complessità di un inventario d’archivio — 298 — è in parte ineliminabile poiché rispecchia la complessità dell’istituzione che quell’archivio ha prodotto. In fondi di dimensioni sterminate (si pensi che i soli archivi della Prefettura raggiungono attualmente la consistenza di oltre 16.000 buste e registri per un totale di quasi 500.000 unità archivistiche, mentre si stima che gli archivi notarili, in 22.000 protocolli, racchiudano circa due milioni di documenti) il filo di Arianna che permette al ricercatore di non naufragare nell’oceano di carta è la conoscenza della struttura e del funzionamento delle istituzioni, disciplina assai poco coltivata nelle università italiane che, non a caso, costituisce il fondamento della formazione dell’archivista. La presenza del funzionario di sala di studio è il primo e più importante servizio che viene erogato da un Archivio di Stato. In questi ultimi anni l’Istituto ha avviato un intenso programma di lavoro, indirizzato sia alla revisione di strumenti di ricerca insufficienti, sia al riordinamento ed alla inventariazione di fondi mai consultati. Il nucleo centrale di questo piano è l’edizione della guida-inventario degli archivi dell’età napoleonica e borbonica; sul complesso di oltre 10.000 pezzi, comprendenti circa 250.000 unità archivistiche, in un solo anno sono stati inventariati 6.728 pezzi (Tribunale civile, Giudicati di pace e di circondario, uffici finanziari) corrispondenti ai fondi che non disponevano di inventari ed erano quindi praticamente inconsultabili, ed è stata avviata la revisione dell’inventario dell’Intendenza di Basilicata. La guida costituirà non solo uno strumento per consultare la documentazione, ma anche un contributo originale alla storia delle istituzioni provinciali e alla genesi della pubblica amministrazione in Basilicata. RICERCA ALLA DI VULGAZIONE D ALLA Dal 1997 l’Archivio di Stato ha avviato un programma denominato “Laboratorio di storia”, il cui obiettivo principale è stabilire un rapporto continuo con il mondo della scuola: l’archivio può essere il luogo migliore dove fare una lezione di storia, se usato come vero e proprio laboratorio. Il programma è indirizzato sia ai docenti che agli studenti; ai primi vengono dedicati regolari seminari di aggiornamento sulle fonti e sul loro uso didattico (il primo seminario-laboratorio, della durata di 30 ore, si è tenuto nell’anno scolastico 1997-1998 in collaborazione con il C.I.D.I. di Potenza); ai secondi visite guidate e ricerche simulate, mentre per il prossimo anno sarà allestita una mostra didattica permanente. Con questo intenso programma di collaborazione con il mondo della scuola si intende certamente rendere un servizio alla scuola, ma anche far crescere nei giovani la coscienza civile dell’importanza del patrimonio archivistico e quindi della necessità di tutelarlo. Lezioni di introduzione alla ricerca in archivio si sono tenute anche per studenti universitari del corso di laurea in lettere, mentre con la facoltà di Agraria è stata sottoscritta una appo- sita convenzione. Gli allievi del corso di archivistica della facoltà teologica del Seminario di Potenza sono stati ospiti dell’Istituto per approfondire in particolare i temi legati alla conservazione degli archivi. Nell’ultimo anno l’Istituto ha anche ripreso l’attività espositiva interrotta nel 1989. Con la Provincia di Potenza ha collaborato, in occasione della riapertura del Museo archeologico, curando l’allestimento di una sezione della mostra permanente dedicata alla storia del museo e della ricerca archeologica in Basilicata dal titolo “Archeolo- gia in archivio”. Al sostegno della Regione Basilicata si deve invece la mostra “Memorie di carta. Materiali per la storia della Basilicata”, allestita fino a settembre nel palazzo della Giunta regionale. L’esposizione propone un percorso attraverso i temi della vita quotidiana, tra medioevo ed età moderna. L’allestimento ha costretto gli archivisti a misurarsi con il problema di utilizzare documenti che presentano impervie difficoltà di lettura, che quasi mai consentono una visione semplicemente estetica. Di qui l’importanza di un appara- to didascalico semplice ma efficace che permette al visitatore di vedere il documento, ma anche di comprenderne il contenuto e la funzione in un percorso guidato. Agli occhi dei numerosi studenti che hanno sin qui visitato la mostra, ed anche di diversi docenti, si è svelato un mondo del tutto sconosciuto ed affascinante, che non è quello di una storia apodittica e priva di emozioni, ma di una storia costruita attraverso oggetti tangibili quali sono i documenti. L’Archivio di Stato si presenta oggi come una realtà dinamica e moderna, un confortevole luogo di studio con servizi efficienti ma in una dimensione non Il primo volume della collana “Archivi della Basilicata”, diretta da Cosimo Damiano Fonseca (1990). Successivamente sono apparsi altri due volumi di inventari: Il Consiglio edilizio di Potenza (1844-1861) e Corporazioni religiose. Opere pie, rispettivamente nel 1995 e nel 1996 — 299 — spersonalizzata, in cui convivono l’informatica e il rapporto personale tra ricercatore e archivista. È questa l’immagine che abbiamo voluto dare dell’Istituto nel nuovo sito Internet: http://aspz.web.it. Realizzato interamente dal personale dell’Archivio, contiene utili informazioni sia per la più numerosa utenza potenziale alla quale si rivolge che per gli studiosi abituali. Attualmente sono visibili le pagine che contengono le informazioni sulla storia dell’Istituto, sui servizi erogati, sui lavori in corso, sulle pubblicazioni scientifiche recenti, sul calendario di mostre, conferenze, seminari. A settembre inizierà l’immissione degli inventari, che sarà possibile consultare dalla propria casa o dal luogo di lavoro a partire dal 1999; entro l’estate si potrà consultare in rete il catalogo della biblioteca e il regolamento dei servizi al pubblico, inviare richieste di informazioni, consultare il video catalogo delle mostre in corso, avere una guida per accedere alle banche dati. Note 1 Attualmente la consistenza del patrimonio archivistico è di 98.000 pezzi (volumi, registri, buste, fasci), pari a poco più di 10.000 metri lineari di documentazione, e 2.000 pergamene, parte delle quali depositate da diversi enti ecclesiastici. Vi sono inoltre raccolte di timbri, clichè e carte topografiche. L’Istituto è dotato di una biblioteca specializzata comprendente circa Catalogo della mostra di cartografia storica della Basilicata allestita a Potenza (1988) e a Matera (1989) 8.000 volumi e opuscoli e 200 periodici, di un laboratorio di fotoriproduzione, di un laboratorio di legatoria e restauro e di una sala didattica da 50 posti. 2 G. RACIOPPI, Geografia e demografia della provincia di Basilicata nei secoli XIII e XIV, in “Archivio storico per province napoletane”, a. XV (1890), fasc. 3, pp. 565-582; Id., Origini storiche investigate nei nomi geografici della Basilicata , in A.S.P.N., a. I (1876), pp. 434-495; Id., Storia dei popoli della Basilicata e della Lucania , Roma, Loescher, 1889, rist. an. Matera, B.M.G., 1970. 3 G. ANGELINI, L. ROFRANO, L’Archivio di Stato di Potenza come osservatorio della ricerca storica (1968-1988), in “Bollettino storico della Ba- silicata”, 5 (1989), pp. 287300. I dati riguardano le sole ricerche per motivi di studio effettuate direttamente dagli utenti; sono cioè escluse le ricerche per corrispondenza e quelle per motivi privati o amministrativi. Queste ultime, che hanno registrato negli ultimi anni una crescita esponenziale, sono state 1.134 nel solo anno 1997. Brochure della mostra “Memorie di carta” , in corso fino a settembre nel palazzo della Giunta regionale — 300 —