12 PERSONE COSTUME & SOCIETA’ giovedì 2 febbraio 2012 “DAFNA HOME GALLERY” È LA SUA CASA, DIVENTATA UNO SPAZIO APERTO AL CONTEMPORANEO Danilo Ambrosino, artista e gallerista in ascesa di Giuliana Gargiulo on una scelta relativamente tardiva, Danilo Ambrosino ha confermato la sua passione per l’arte, diventando artista e gallerista. Dopo anni in cui ha portato avanti un percorso aziendale familiare, si è messo a dipingere e, sul modello estero, di unire casa-lavoro, ha aperto la casa in cui vive all’arte contemporanea. È nata così, in collaborazione con Anna Fresa, sua collega amica architetto, a Palazzo Cimitile dove risiede, la sua “Dafna home gallery”. Comunicativo e loquace, con un fermento che traspare dalle parole e dal sorriso, Danilo Ambrosino conferma la sua passione di sempre che, senza desistere lo spinge ad andare avanti. Senza rimpianti per il passato e con molti progetti per il futuro. Vuole raccontarmi come è andata, cominciando dall’inizio della sua storia? «Sono nato a Napoli in una famiglia borghese e operosa con papà piccolo imprenditore di azienda alimentare, io ultimo dopo una sorella e un fratello. Ero un bambino abbastanza estroverso, incuriosito da tutto, con la facilità a fare amicizie, al centro di un gruppo di cugini con i quali giocavo. Subito dopo il Liceo, ho cominciato a lavorare nell’azienda di famiglia con mio padre e ad ottenere la sua fiducia. Papà è stato sempre severo ma molto amato dai dipendenti». Ricorda maestri che più di altri le hanno segnato il percor- C so di formazione? «Indubbiamente mio padre, con il quale ho lavorato molto e fino a quaranta anni, e poi i professori di scuola che ricordo con gratitudine». Come, quando e perché l’arte contemporanea è entrata nella sua vita? «È sempre stata presente nella mia vita. Non ho mai disegnato ma ho sempre amato il colore, ho sempre voluto trasformare la materia… Ero piccolissimo quando dipingevo le bottiglie della Coca Cola. Poi ho cominciato a lavorare nell’azienda e soltanto cinque anni fa, in seguito ad un passaggio di crescita,ho ripreso a dipingere. Ho iniziato a farlo su lastre di ferro arrugginito, utilizzando un prodotto della azienda familiare, e lavorando con i cartoni di imballaggio. Un giorno feci vedere quanto avevo realizzato all’architetto Anna Fresa, che mi incoraggiò molto. Soltanto dopo pochi mesi dall’inizio della mia attività di artista, ho cominciato a vedere». Ottenendo un successo così immediato che cosa ha pensato ? «Il mio debutto è stata un evento che si è impadronito di me! Sono un autodidatta e quindi libero da condizionamenti di insegnamenti e di scuole. Ho realizzato una serie di lavori che mi sembrano una cosa nuova…Faccio una ricerca sui materiali tra cui anche quelli utilizzati dagli architetti per fare i plastici ma in pratica utilizzo di tutto… anche le foglie secche!». La sua è solo un’attività di ar- AL VIA LA RASSEGNA DI CINEMA TEDESCO Danilo Ambrosino tista o fa anche altro? «Assieme all’architetto Fresa, che vive tra Napoli e Parigi, abbiamo pensato di realizzare nella mia casa a Palazzo Cimitile uno spazio aperto a tutti. È nata cosi la “Dafna Home Gallery”, un progetto di scambio culturale di artisti in una location alternativa e aperta a tutti Su questo concetto abbiamo creato la Home Gallery Open project che considero una iniziativa bellissima e coinvolgente». Quali sono le possibilità che of- IL LIBRO fre e mette in campo? «Ospito e metto in mostra artisti che a loro volta ospitano ed espongono le mie opere, anche a Parigi». Nel portare avanti la sua attività di artista, che l’ha aiutata di più? «A parte i consensi immediati di quanti hanno apprezzato e voluto le mie opere, ho avuto un valido appoggio dalla stampa attraverso gli articoli delle mie amiche giornaliste tra cui Alessandra Pacelli, Melania Guida e Paola de Ciuceis». Per cambiare attività e crearne una del tutto nuova e diversa, è ricorso al coraggio? Che cosa è stato per lei? «Il coraggio è una bella cosa. Guardo a quello che ho fatto e mi sembra di aver creato una nuova strada, una occasione diversa, proiettata anche agli altri. Credo di essere una persona fortunata!» È anche ambizioso? «Più che altro, mi piacerebbe realizzare i miei progetti, continuando a fare l’artista e il gallerista. Un motivo di orgoglio e soddisfazione è aver potuto partecipare alla Fiera internazionale a Parigi». Si sente più artista o più gallerista? «Considerandomi una persona complessa, mi sento più artista. Ho attraversato un momento pieno di riflessioni ma ho sempre condiviso il progetto con chi lavora con me». Ha un sogno? «Portare avanti quanto ho creato. Ho l’entusiasmo. E poi la filosofia buddista aiuta». In che cosa crede? «Credo nel destino e sono ottimista. Anche se non so se, in questo momento difficile, tutto questo potrà aiutarmi o meno». Ci sono artisti che predilige? «Mi piacciono molto gli artisti che lavorano con la materia e perciò Kounellis, Burri, Schifano e Vedova, tanto per citarne alcuni». Dovendosi raccontare, vuole dirmi caratterialmente com’è ? «Credo nella comunicazione e per questo amo confrontarmi con gli altri. Sono vanitoso e mi dicono narcisista. Amo il lavoro che faccio e ho una casa aperta a tutti». Che cosa rappresenta Napoli per lei? «Una grande città. dove alcune cose sono in transito» Per chiudere qual è il suo obiettivo? «Far crescere la mia galleria». CITTÀ DELLA SCIENZA Osservando i gabbiani A lla scoperta degli uccelli marini che volano lungo il Golfo di Napoli. Domenica lo Science Centre di Città della Scienza dedica loro una giornata. Grazie infatti alla partecipazione del Cras-Centro Recupero Animali Selvatici della Asl Napoli 1, sarà possibile assistere al volo di rapaci recuperati e curati. Sulla terrazza del museo verranno liberate queste splendide e affascinanti creature, pronte per ritornare nel loro habitat naturale. Nel corso della mattinata, un dibattito sull’argomento si svolgerà tra l’ornitologo Vincenzo Cavaliere, ornitologo; Antonio Carmine Esposito dell’assessorato all’Ecologia; i naturalisti Costantino D’Antonio e Davide Zeccolella, il veterinario Pasquale Raia. Sarà presentato e distribuito al pubblico l’opuscolo “Gabbiano corso e altri uccelli marini del Tirreno campano”. A seguire, l’osservazione dal vivo dei gabbiani, con apposita strumentazione da birdwhatcher, sul lato mare del Science Centre. “LA MAFIA UCCIDE D’ESTATE” DI ANGELINO ALFANO Come ti cambio la strada, video sui writer partenopei Ministro giovane, giustizia vecchia S G i inizia domani alle 21 al cinema Astra con Clandestina Mente, il documentario di Markus Lenz (nella foto, un frame), coprodotto dal Goethe-Institut Napoli, che aprirà la terza edizione della rassegna AstraDoc, organizzata da Arcimovie di Napoli. Tre storie di appropriazione creativa e di trasformazione dello spazio pubblico, con protagonisti tre writer napoletani protetti dall’anonimato. Lunedì alle 18,30, con il film muto “Berlino: La sinfonia di una grande città”, di Walter Ruttmann, al via Made in Berlin, la rassegna di film in lingua originale sottotitolati in italiano, al cinema Modernissimo. Gli appuntamenti proseguiranno fino al 2 aprile ogni lunedì con 8 storie berlinesi. Il ciclo di film si chiude con un remake del documentario di Ruttman, “Berlino: la sinfonia di una grande città” del fotografo e regista Thomas Schadt del 1999. Con l’offerta culturale in programma nei prossimi mesi, il GoetheInstitut conferma ancora una volta la sua forte vocazione cinematografica. L’attenzione nei confronti della produzione tedesca, dai classici del cinema espressionista ai film più recenti, per il centro culturale tedesco si traduce ancora una volta in una serie di iniziative volte alla promozione dei film sia nei normali circuiti cinematografici e nei cineclub, sia presso le proprie strutture. IL RECITAL di Valentina Capuano rande affluenza nei giorni scorsi presso l’Unione Industriali di Napoli, in occasione della presentazione del libro del segretario nazionale del Pdl, Angelino Alfano (nella foto): “La mafia uccide d’estate”. «Un titolo - ha dichiarato l’ex guardasigilli - che nasce dall’osservazione maturata durante il mio mandato, che la maggior parte degli eventi commemorativi di stragi di mafia ai quali ero invitato erano concentrati nei mesi caldi». L’ex ministro della giustizia, introdotto dall’europarlamentare Crescenzio Rivellini, che ha moderato l’incontro, ha parlato del suo libro e condiviso i momenti salienti della sua esperienza di guardasigilli con i presenti, discutendone con gli altri relatori: il direttore del Mattino, Virman Cusenza e Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno. Una carriera fulminea, quella del ministro siciliano, che a soli 37 anni ha ricoperto il delicato incarico dopo un lungo ed appassionato percorso gio- vanile fatto di impegno politico e sociale. Fin da ragazzo, infatti, avrebbe preso parte ai nuovi movimenti studenteschi, mettendo alla prova la sua arte oratoria durante un comizio a Porto Empedocle nel corso del quale gli sarebbe stato predetto il suo futuro da ministro. «Un politico cazzuto, ma anche un Burt Lancaster all’italiana - lo definisce Rivellini - È stato infatti il ministro della giustizia più giovane mai nominato in Italia e ha rilanciato il suo impegno politico a fine mandato accento l’incarico di segretario nazionale del partito di maggioranza. Un uomo quindi, coraggioso che non solo ha avuto l’ardire di intraprendere una riforma della giustizia volta a sottrarre anche agli eredi e ai prestanome dei mafiosi i loro patrimoni (come nel caso di Dante Passarelli per Sandokan), ma che ha fatto un vanto della sua sicilianità, della sua giovane età , e della sua militanza in una compagine politica oggetto di pregiudizio da parte dell’opposizione, che rivendicava in via esclusiva la lotta all’annoso cancro della mafia». Il volume, discorsivo e privo di autocompiacimenti, comprende due parti: nella prima è descritta la sua esperienza giovanile ed il suo iter formativo, mentre nella seconda parte, più tecnica, vi racconta la sua esperienza di ministro intrapresa nel 2008 (fu proprio a Napoli che si svolse la sua prima conferenza stampa dopo aver ottenuto l’incarico). «È un libro asciutto, privo di riferimenti alla sua vita privata - ha dichiarato De Marco -, in cui vi è una lineare ricostruzione della vita di giovane siciliano pidiellino: tre condizioni che non gli erano certo a favore, anzi che avrebbero potuto essergli pregiudizievoli, ma che ha saputo ribaltare a suo vantaggio svolgendo il suo mandato in modo brillante ed innovativo». Il suo lodevole e fruttuoso impegno nella lotta alla mafia, profuso fattivamente in sinergia con l’ex ministro dell’Interno Maroni, ha sfatato il luogo comune che la lotta alla vita organizzata sia ad appannaggio esclusivo della sinistra. «Carcere duro e confisca dei beni ai mafiosi sono sta- ti strumenti fondamentali per sconfiggere la mafia, una sfida indispensabile per poter attrarre investimenti nel Mezzogiorno - ha dichiarato Alfano - Scrivere questo libro è stato come chiudere un cerchio: ho voluto raccontare il mio percorso di impegno politico e sociale che ha trovato il suo acme nel ruolo di ministro che mi è stato conferito ad appena 37 anni: un messaggio per i giovani affinchè credano nei propri sogni e nella possibilità di migliorare la società con il loro apporto». UN TOCCANTE MONI OVADIA A SAN GIOVANNI MAGGIORE Una preghiera per tutti gli stermini «A tutti i sommersi di tutti gli stermini, dagli Armeni fino ad arrivare ai cinesi della Manciuria occupata dai giapponesi, un orrore senza nome; agli annientati nei gulag, agli annientati di Auschwitz chiunque siano ebrei e non ebrei; a coloro che sono stati trucidati nella ex Iugoslavia sotto lo sguardo indifferente dell’Europa, quarantanni dopo il grande sterminio; ai morti fatti da Pol Pot in Cambogia nei campi della morte e a tutti quelli che vengono abbandonati soli nella disperazione, voglio dedicare questa preghiera ebraica di mille anni fa che si intitola “Il Signore della Misericordia”». Sono le parole di Moni Ovadia in uno dei momenti più commoventi del suo “Recital per la memoria” (nella foto, con i musicisti) con il quale è stata riaperta, a distanza di qua- rantanni, l’antica Basilica di San Giovanni Maggiore dopo i lavori di restauro effettuati grazie alla sinergia tra Curia, le Soprintendenze e la Fondazione dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Napoli. Il recital è una parte del concerto “Oltre i confini, Ebrei e Zingari” con il quale l’artista parla dei Rom e dei Sinti che per lui sono gli ebrei di oggi e rientra nel progetto “Il rito ritrovato” curato da Gigi Di Luca. All’evento hanno partecipato il sindaco Luigi de Magistris, l’assessore alla Cultura del Comune di Napoli Antonella Di Nocera, monsignore Adolfo Russo in rappresentanza del cardinale Crescenzio Sepe, il sovrintendente Bapsan Stefano Gizzi, la direttrice dei lavori Orsola Foglia, la direttrice dei restauri delle opere d’arte Patrizia Di Maggio, il parroco Gennaro Acampa e il pre- sidente dell’Ordine degli ingegneri di Napoli Luigi Vinci. In un’atmosfera magica, dove il silenzio e il raccoglimento della folla presente hanno reso il rispettoso omaggio alla sacralità del luogo, Moni Ovadia ha iniziato il suo viaggio musicale insieme con i rom Paolo Emilio Rocca (clarinetto), Albert Florian Mihai (fisarmonica), Mirian Tanasache (contrabasso) e Miriam Serban (cymbalon). Novanta minuti circa di musica “Klezmer”, cioè quella ebraica le cui melodie e ritmi sono ispirati alle tradizioni dei popoli dei Balcani e della Russia, e di musica “yddish”, quella del suonatore ebreo ambulante, pregna del folklore tedesco, polacco, ungherese e bulgaro, hanno affascinato i presenti mantenendo alta la loro attenzione e coinvolgendoli in ritmici accompagnamenti nelle suonate più folklori- stiche. « La memoria - ha detto Ovadia - è un progetto per il presente ed il futuro. Chi crede che la memoria sia il celebrativismo per dire “ ah che orrore c’è stato” e non una memoria per creare un mondo di giustizia è un ipocrita e strumentalizza quella memoria per farne un’industria del tornaconto. Non si può essere carini con gli ebrei e perseguitare, poi, i rom o i clandestini». l giorno della “Memoria” dovrebbe diventare il giorno delle “Memorie” e deve essere lo strumento per redimere l’umanità dalle violenze, dalle discriminazioni, dalle forme di odio, dai privilegi. Primo Levi nel suo “Sommersi e salvati” elabora al massimo livello il tentativo di capire l’orrore per trarne un ammaestramento. Sommersi e salvati furono gli inghiottiti nel fango, gli imputriditi nel muschio, i fucilati alla testa, i briciati vivi o morti. Salvati furono i sopravvissuti, quelli che oggi danno la loro testimonianza. Ma chi sono i sommersi di oggi: li abbiamo visti, mentre mangiavamo la nostra pasta asciutta e bevevamo il nostro brodo caldo, essere inghiottiti dal mediterraneo a ridosso delle nostre coste. Sono oramai 14.000 i morti chiamati clandestini, come se non fossero esseri umani, criminalizzati perchè sono dei poveri che cercano vita, condannati da un tiranno orribile ad essere torturati, le donne violentate. Ecco la frase del Vangelo che ho scolpito nella testa e nel cuore, la mette in bocca San Pao- lo a Gesù: “Ciò che fai allo straniero lo fai a me”. Chi lascia morire, chi vessa, chi non accoglie, chi non tende la mano verso chi sta per essere sommerso è come se contribuisse a piantare i chiodi nella croce di Gesù». «Concerto importante per un evento straordinario - ha detto Patrizia Di Maggio. Si è lavorato tantissimo in questa chiesa e con la presentazione finale dell’abside paleocristiana i lavori di restauro saranno terminati». Mimmo Sica