Tesori dal passato. Arte e storia in dieci anni di acquisizioni Beni Artistici e Storici Trentino Q del UADERNI 23 Della stessa collana Beni Artistici e Storici del Trentino. Quaderni 1. Dipinti veneti restaurati dalla chiesa di Tiarno di Sotto, catalogo mostra a cura di Elvio Mich, 1990. 2. Dalle chiese delle Giudicarie Esteriori. Un esempio di catalogazione, catalogo mostra a cura di Ezio Chini, Floriano Menapace, 1991. 3. Una storia per immagini. La fotografia come bene culturale, catalogo mostra a cura di Floriano Menapace, 1996. 4. Le pitture murali della cappella di S. Martino nel Castello di Stenico, a cura di Giovanna Fogliardi, 1996. 5. Catalogazione e sistemi informatici I.C.C.D.-P.A.T. Esperienze a confronto, Atti della giornata di studio (Trento, 21 ottobre 1996) a cura di Daniela Floris, Luciana Giacomelli, 1998. 12.Dalla testa ai piedi. Costume e moda in età gotica, Atti del Convegno di Studi (Trento, 7-8 ottobre 2002) a cura di Laura Dal Prà, Paolo Peri, 2006. 13.L’Officina dell’arte. Esperienze della Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, Atti della Giornata di studio (Trento, 27 maggio 2004) a cura di Luciana Giacomelli, Elvio Mich, 2007. 14.L’oreficeria d’Oltralpe in Italia, Atti della Giornata di studio (Trento, 18 aprile 2005) a cura di Daniela Floris, 2007. 15.“Figure a rilievo, e così al vivo”: sculture di Maffeo e Andrea Olivieri, di Claudio Strocchi, 2008. 16.I disegni di Jacopo Antonio Pozzo: l’album di Milano, a cura di Francesco Suomela Girardi, 2008. 6. Giuseppe Maria Crespi e altri maestri bolognesi nelle collezioni di Castel Thun, catalogo mostra a cura di Elvio Mich, 1998. 17.“Quadri a fiori e frutti”. Dipinti di natura morta in Castel Thun e nei musei trentini, a cura di Elvio Mich, 2009. 7. Giuseppe Garbari. Fotografie di montagna. 1893-1895, catalogo mostra a cura di Floriano Menapace, 1998. 18.La quadreria dei Cappuccini. I dipinti dei secoli XVI-XIX nei conventi della Provincia Tridentina di Santa Croce, di Elvio Mich, 2010. 8. Le vie del Gotico. Il Trentino fra Trecento e Quattrocento, a cura di Laura Dal Prà, Ezio Chini, Marina Botteri Ottaviani, 2002. 9. Affreschi medievali in Trentino. L’eremo di S. Paolo a Ceniga e il suo restauro, a cura di Laura Dal Prà, 2003. 10.I Giongo di Lavarone: botteghe e cantieri del Settecento in Trentino, Atti della Giornata di studio (Lavarone, 1 ottobre 2004) a cura di Morena Bertoldi, Luciana Giacomelli, Roberto Pancheri, 2005. 11.Argenti del Nord. Oreficerie di Augsburg in Trentino, catalogo mostra a cura di Daniela Floris, 2005. 19.Affreschi medievali in Trentino. La chiesa di San Pietro in Bosco di Ala, a cura di Claudio Strocchi, 2011. 20.Passaggi a nord-est. Gli stuccatori dei laghi lombardi tra arte, tecnica e restauro, Atti del Convegno di Studi (Trento, 12-14 febbraio 2009), a cura di Laura Dal Prà, Luciana Giacomelli, Andrea Spiriti, 2011. 21.Francesco Guardi nella terra degli avi. Dipinti di figura e capricci floreali, catalogo mostra a cura di Elvio Mich, 2012. 22.Muse trentine. Materiali per la storia di collezioni e di musei, a cura di Laura Dal Prà, Marina Botteri, 2013. Tesori dal passato. Arte e storia in dieci anni di acquisizioni a cura di Laura Dal Prà Luciana Giacomelli Testi di Innocenzo Bertoletti, Gianluca Bocchi, Laura Bragagna, Marina Carmignani, Domizio Cattoi, Raffaella Colbacchini, Laura Dal Prà, Giovanni Dellantonio, Martina Dissegna, Giuliana Ericani, Salvatore Ferrari, Daniela Floris, Stefania Franzoi, Guido Gerosa, Luciana Giacomelli, Alberto Groff, Michelangelo Lupo, Elvio Mich, Roberto Pancheri, Antonello Pandolfo, Alessandro Pasetti Medin, Stefanie Paulmichl, Paolo Peri, Roberto Perini, Ugo Pistoia, Maria Silvia Proni, Francesca Raffaelli, Emanuela Rollandini, Giuseppe Sava, Patrizia Segatta, Claudio Strocchi, Alessandra Tiddia, Maria Luisa Tomasi, Stefano Volpin PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO – 2014 – © 2014 - PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Tutti i diritti riservati – Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. Provincia autonoma di Trento Assessore alla Cultura Tiziano Mellarini Comunità della Val di Non Presidente Sergio Menapace Dirigente generale del Dipartimento Cultura, turismo, promozione e sport Sergio Bettotti Assessore alla Cultura Laura Cretti L’iniziativa è stata realizzata da Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici Dirigente Laura Dal Prà Sostituto del Dirigente Ermanno Tabarelli de Fatis Direttore dell’Ufficio Beni librari e archivistici e Archivio Provinciale Armando Tomasi Comune di Sanzeno Sindaco Marcello Bonadiman Vice Sindaco Paolo Pellizzari Assessore alla Cultura Alessandro Branz Centro Culturale d’Anaunia Casa de Gentili Coordinatrice Lucia Barison Direttore con incarico speciale per le attività amministrative e giuridiche a supporto della soprintendenza Luigi Ferenzena In collaborazione con Servizio Attività Culturali Dirigente Claudio Martinelli TESORI dal passato : arte e storia in dieci anni di acquisizioni / a cura di Laura Dal Prà, Luciana Giacomelli ; testi di Innocenzo Bartoletti ... [et al.]. – Provincia autonoma di Trento, 2014. – 448 p. : ill. ; 28 cm. – (Beni artistici e storici del Trentino. Quaderni ; 23) ISBN 978-88-7702-369-8 1. Patrimonio culturale – Trentino – Esposizioni – Sanzeno-Trento – 2014-2015 2. Opere d’arte restaurate – Trentino – 2004-2014 – Esposizioni – Sanzeno-Trento – 2014-2015 3. Trento (Provincia) – Acquisizioni – 2004-2014 – Esposizioni – Sanzeno-Trento – 2014-2015 I. Dal Prà, Laura II. Giacomelli, Luciana III. Bartoletti, Innocenzo IV. Trento (Provincia) 702.8 Tesori dal passato. Arte e storia in dieci anni di acquisizioni Sanzeno, Casa de Gentili 20 giugno 2014 - 12 ottobre 2014 Trento, Torre Vanga 21 novembre 2014 – 1° febbraio 2015 Coordinamento e organizzazione dell’iniziativa Laura Dal Prà e Luciana Giacomelli Mostra e catalogo a cura di Laura Dal Prà e Luciana Giacomelli Redazione del catalogo Sonia Tamanini con la collaborazione di Martina Dissegna Stesura dei testi dei pannelli in mostra Daniela Floris Segreteria amministrativa della mostra Maria Bertolini, Martina Dissegna con la collaborazione di Annalisa Colanese e Paola Zotta Segreteria organizzativa della mostra Patrizia Segatta con la collaborazione di Martina Dissegna Ricerche iconografiche Martina Dissegna, Roberto Paoli, Stefanie Paulmichl Elaborazione immagini Marino Degasperi Comunicazione e promozione Katia Malatesta e Patrizia Pizzini con la collaborazione di Giuliana Tavernini Logistica e assistenza tecnica alla movimentazione delle opere Sergio Chini, Dino Franceschini, Vito Mazzurana, Antonello Pandolfo, Roberto Perini, Francesca Raffaelli, Paolo Poier, Maria Luisa Tomasi con la collaborazione di Lorenzo Odorizzi e Roberta Zuech Progetto espositivo Michelangelo Lupo Allestimento Magil snc Falegnameria – Civezzano (Tn) Trasporti Tomasi Arte - Trento La Soprintendenza per i Beni Storicoartistici, librari e archivistici, la Comunità della Val di Non e il Comune di Sanzeno ringraziano per la collaborazione e le preziose indicazioni: William Belli, Alessandra Benacchio, Martina Bona, Marcello Bonazza, Marco Bonifazi, Jarno Bontadi, Luciano Borrelli, Michele Bortoli, Deborah Cagol, Franco Cagol, Giuliana Campestrin, Neva Capra, Monica Cavicchi, Barbara Cesaro, Valentina Ciancio, Giuseppe Cirillo, Alessandro Cont, Gianpaolo Daicampi, Doretta Davanzo Poli, Alessandra Di Castro, Alessandra Facchinelli, Serena Ferrari, Filippo Maria Ferro, Alberto Finozzi, Luca Gabrielli, Alessandra Galizzi - Kroegel, Guido Gerosa, Giovanni Godi, Francesca de Gramatica, Gabriella Graziadei, Mariano, Giorgio e Giacomo Groppa, Marco Guida, Tanaka Kioko, Wolfram Koeppe, Ute Küppers-Braun, Marco Leonardi Scomazzoni, Maria Chiara Leonori, Anna Lo Bianco, Stefano L’Occaso, Neri Mannelli, Christine Mathà, Daniel Mascher, Hiroko T. Mc Dermott, Massimo Merz, Eleonora Mich, Alberto Mosca, Sergio Pelone, Michele Pilati, Ugo Pistoia, Katia Pizzini, Clare Pollard, Sara Retrosi, Francesco Rossi, Marcello Sardelli, Giuseppe Sava, Annalisa Scarpa, Davide Sestieri, Giancarlo Sestieri, Giandomenico Spinola, Francesca Tancini, Andrea Tomezzoli, Chiara Tozzi, Claudia Valeri, Luisanna Verdoni, Claudio Vicenzi Si ringraziano per la disponibilità le seguenti istituzioni: Bologna, Fondazione Federico Zeri Bolzano, Archivio Provinciale Venezia, Fondazione Querini Stampalia Operatori di custodia Annalisa Amurri, Lorenza Bovati, Irene Clementi, Loredana Concas, Melania Dodic, Pamela Ilabaca, Franco Parisi, Daria Pegoretti, Danilo Saffer (Cooperativa Movitrento, Coordinamento Antonella Sterni) Servizio di valorizzazione di beni culturali ed artistici - intervento 19/2014 Comunità della Val di Non Laura Dal Prà e Luciana Giacomelli ringraziano in particolare Monsignor Luigi Bressan, Arcivescovo di Trento, Ermanno Tabarelli de Fatis e Elvio Mich La mostra dal titolo Tesori dal passato. Arte e storia in dieci anni di acquisizioni si colloca tra le iniziative che meglio testimoniano la stretta compenetrazione tra le attività di studio, conservazione e promozione del patrimonio culturale all’interno di una visione strategica dello sviluppo locale. Costituisce infatti l’esito di un lavoro paziente e complesso, fondato su una conoscenza profonda del territorio e della sua storia, ma anche su oculate valutazioni per una gestione ottimale delle risorse pubbliche ai fini dell’incremento delle collezioni provinciali e della loro fruizione da parte della collettività. Oggetto del percorso sono per l’appunto le preziose testimonianze d’arte e storia trentina che la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici ha acquisito in dieci anni di ricerche sul mercato antiquario, ma anche grazie a relazioni fruttuose con il collezionismo privato, in uno spirito di fiducia e condivisione per i fini della tutela e della valorizzazione di un’eredità culturale comune. Si tratta in molti casi di oggetti sino ad oggi inediti, sottoposti a indagini multidisciplinari e a delicati restauri che hanno contribuito in modo determinante alla conoscenza del contesto culturale e della storia di ogni manufatto, riportato all’antico splendore. Grazie alla fattiva collaborazione tra storici dell’arte, chimici e restauratori, i beni vengono quindi ‘consegnati’ al pubblico in condizioni di nuova leggibilità e con il corredo di puntuali schede critiche e di restauro, che non di rado aggiornano e puntualizzano le precedenti ipotesi cronologiche ed attributive, inquadrandone la genesi e le vicende collezionistiche. Sviluppandosi successivamente in due sedi, a Sanzeno presso il Centro Culturale d’Anaunia Casa de Gentili in collaborazione con la Comunità della Val di Non e il Comune di Sanzeno, e quindi a Trento, presso Torre Vanga, nel periodo invernale, la mostra offre un nuovo contributo al dialogo e all’integrazione tra il capoluogo e le valli, confermando la validità di quella logica di rete che in questi anni si è imposta come metodo e linea guida delle politiche culturali trentine. Non vanno sottovalutate inoltre le importanti ricadute educative e divulgative connesse alla esuberante varietà tipologica dei ‘tesori’ selezionati per la mostra: quadri e sculture, ma anche libri, tessuti, oreficerie, arredi e oggetti di uso quotidiano databili dal Rinascimento alla prima metà del XX secolo, utili alla ricostruzione di quel complesso mosaico di forme, significati, tecniche e saperi artigianali – in una parola, di civiltà – che ancora una volta smentisce ogni classificazione gerarchica tra arti ‘maggiori’ e ‘minori’. Dopo questa prima, significativa presentazione, le opere verranno assegnate alle istituzioni museali provinciali, a cominciare dal Castello del Buonconsiglio, vocato fin dalla sua fondazione nel 1924 al compito di conservare ed esporre le tracce dello sviluppo culturale della ‘piccola patria’ trentina. Sarà questo il coronamento di un processo che vede impegnata l’amministrazione non solo sul fronte del controllo e della salvaguardia del patrimonio culturale diffuso, ma anche nella formazione e nell’accrescimento di raccolte sempre più in grado di rappresentare l’evoluzione della cultura e del gusto, e così di incentivare, senza localismi, l’approfondimento dell’identità storica della nostra comunità. Assessore alla Cultura Tiziano Mellarini Il percorso espositivo intitolato Tesori dal passato. Arte e storia in dieci anni di acquisizioni, ideato e curato dalla Soprintendenza per i Benti Storico-artistici, librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento, non è ospitato casualmente nell’antica dimora gentilizia comunemente chiamata Casa de Gentili, sede dal maggio 2012 del Centro Culturale d’Anaunia. Sotto l’egida di un titolo che assicura un salto nel passato attraverso un percorso guidato e di rigore scientifico, che un ente deputato alla salvaguardia, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale come la Soprintendenza può garantire, anche la dimora gentilizia di Sanzeno non potrà che contribuire all’evocazione di un tempo passato ricco di arte, storia e tradizione. Ecco allora che, accanto alla Soprintendenza, anche la Comunità della Val di Non e il Comune di Sanzeno, si muovono in sincronia verso la valorizzazione di epoche lontane, allo scopo di restituire i beni prodotti in un dato tempo, far rivivere le dimore gentilizie e creare così percorsi di fruizione pubblica dedicati alla memoria e all’acquisizione d’una maggiore consapevolezza di un’eredità comune. La rete di collaborazione che una valle come la nostra non esita a promuovere - ove vi si intravvede un guadagno che per la cultura non è solo di natura economica ma sensoriale, emozionale e formativa - rende doveroso un saluto introduttivo che menzioni chi ha investito e creduto nel progetto di promozione e valorizzazione della cultura di Valle attraverso il Centro Culturale d’Anaunia. La Provincia autonoma di Trento, tramite il Servizio Attività Culturali, l’Associazione Culturale Giovanni Battista Lampi e il Bim dell’Adige, con il Comune di Sanzeno e la Comunità della Val di Non, sono giustappunto gli attori di un progetto che – siamo consapevoli - dovrà mutare pelle, maturando e reinventandosi per sostenere le sfide future. Ma se l’eredità culturale acquisita grazie a tutte le iniziative, ideate, promosse o sostenute dal Centro Culturale d’Anaumia– come la mostra di cui sopra - hanno determinato il formarsi di una splendida livrea, non possiamo che affrontare con entusiasmo la stagione che verrà, sia essa estate o inverno. La sfida della cultura è sempre aperta. Assessore alla Cultura della Comunità della Val di Non Laura Cretti Sindaco di Sanzeno Marcello Bonadiman Sommario 10 Laura Dal Prà Perseveranza e patrimonio culturale. Dal punto di vista dei beni mobili Secolo XV-XVI 38 Luciana Giacomelli Alessandro Vittoria. Conferme e ritrovamenti 48 Giovanni Dellantonio Due di dodici con Giove Ammone: i falconetti di Gregor Löffler per Sigismondo Thun datati 1554, Carlo V e il rame di Ferdinando I d’Asburgo 72 Francesca Raffaelli Sacri legni restaurati: il caso di una Madonna in trono 81 Marina Carmignani Merletti nell’abbigliamento della prima metà del ‘600 177 Schede 23 - 69 Secolo XVIII 274 Daniela Floris “Un calice d’argento mezo adorato con n. 3 patene…”. Elementi decorativi nelle opere sacre di Filippo Sola (1683 - 1750) 280 Elvio Mich Domenico Zeni ritrattista per i Wolkenstein 291 Schede 70 - 113 Schede 1 - 22 Secolo XVII 110 Elvio Mich Opere di Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone nella collezione Wolkenstein 114 Elvio Mich “Il suo pennello era morbido e vigoroso”. Giuseppe Alberti: precisazioni e nuove proposte attributive 128 Elvio Mich Pietro e Marco Liberi a Trento e l’esordio di Nicolò Dorigati 146 Domizio Cattoi Un percorso a ritroso nella biografia di Lorenzo Haili (con una postilla al coro dell’Inviolata a Riva del Garda) 156 172 Secolo XIX 356 Alessandra Tiddia Fra Neoclassicismo e Romanticismo, fra Europa e America: Fraccaroli, scultore dei due mondi 373 Schede 114 - 166 Secolo XX 428 Roberto Perini Tra incisione e fotografia. Luigi Ratini e le sue stampe 437 Schede 167 - 187 446 Referenze fotografiche a cura di Stefanie Paulmichl Paolo Peri Costumi aristocratici del XVII secolo 9 Al personale tutto della Soprintendenza, cui sono debitrice, come direttore dell’Ufficio Beni Storico-artistici del Servizio Beni Culturali dal 1994, e poi, dal 1° gennaio 2004 al 30 maggio 2014, quale dirigente della Soprintendenza, della disponibilità a maturare insieme ideali etici, impegno civile, spirito di squadra, nella costante tensione a tutelare, conservare ed incrementare il patrimonio culturale della nostra terra. Trento, venerdì, 30 maggio 2014 Perseveranza e patrimonio culturale. Dal punto di vista dei beni mobili Laura Dal Prà Un dipinto, insolito non tanto per la sua connotazione stilistica quanto per il suo significato allegorico, fa parte della selezione di opere presentate nel volume. Per quelle strane coincidenze alle quali mette di fronte il ‘caso’, umanisticamente inteso, nella distribuzione tra i colleghi delle opere da studiare chi scrive si era assunta il compito di decifrarne il significato (sch. 23), scoprendo alla fine che si trattava della personificazione della Perseveranza (fig. 1), nemica dell’Instabilità e della Leggerezza1. San Tommaso d’Aquino vi riconosce un’importanza particolare, connessa alla Fortezza e alla Costanza, dal momento che “nell’attendere lungamente a qualche cosa di difficile c’è una speciale difficoltà; la perseveranza regge l’ani- mo a questo, la perseveranza quindi è virtù ed è virtù speciale.” (Summa Theologica, quaest. 137). Apprezzando l’architettura allegorica della tela, inevitabilmente il pensiero è passato a collegare tale riflessione al lavoro di tutela, conservazione e valorizzazione che viene svolto dalla Soprintendenza, sviluppando la propria azione nel tempo, o meglio, nei tempi brevi e lunghi che vengono impressi dalle vicende del patrimonio culturale, oggetto sia di degrado che di riscatto, di dispersione ma anche di recupero, di poca attenzione e talvolta, alla fine, della giusta considerazione e notorietà. Bastino queste poche righe per comprendere come la perseveranza sia effettivamente una dote che le strutture di tutela L’affiancamento per contrasto della perseveranza con i due difetti citati è sviluppato in linguaggio simbolico da Antonio Francesco Doni nelle sue Pitture (A. F. Doni, Pitture del Doni, academico pellegrino, a cura di S. Maffei, Napoli 2004, pp. 227228), e poi nella Zucca nell’edizione definitiva del 1565: “La Perseveranza, una femina la quale abbracci un lauro; e sta in mezzo alla Instabilità et alla Leggerezza. Questa è tutta alliata, alle mani, a’ piedi, agli omeri et alla testa, vestita di piuma finissima; e l’altra si siede sopra un drago che ha due stelle; nel capo una e nella coda l’altra.” (A. F. Doni, Pitture del Doni, academico pellegrino, cit., pp. 144-145). 1 11 Fig. 1 Pittore di ambito veneto, Personificazione allegorica della Perseveranza, particolare (acquisizione del 2012) coltivano e praticano nell’ambito dei loro molteplici compiti, raggiungendo traguardi magari individuati da lunga pezza ma resi possibili tra tanti impedimenti solo grazie alla continua tensione verso tali obiettivi e a programmi di sviluppo a medio e lungo termine che portano a individuare strade, a intessere rapporti, a operare con sicurezza amministrativa e normativa. L’incremento delle raccolte provinciali, normato ai sensi della legge provinciale n. 1 del 17 febbraio 2003, art. 5, c. 2 e affidato alla Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari ed archivistici, rientra a buon diritto in questo alveo di azione, dal momento che la linfa vitale per la presenza efficace dell’amministrazione nel cogliere le migliori opportunità proviene proprio dalla capillare attività dei funzionari della struttura di tutela del territorio, rafforzata costantemente dallo studio delle fonti, delle antiche collezioni da tempo disperse, delle famiglie e delle personalità più note che la terra trentina ha visto crescere nei secoli, e altrettanto ravvivata da quella curiositas colta che li fa visitare depositi pubblici, dimore private, raccolte amorevolmente composte da appassionati. Una vicinanza al territorio e alla gente che ci vive che non manca di stimolare anche quel fenomeno di donazione di materiali documentari che va letto quale esito di un lavoro non occasionale e che talvolta viene concretamente riconosciuto dalle persone più sensibili al bene comune tanto da contribuire direttamente e liberalmente al loro incremento. Ma non solo. In molti casi, alcuni dei quali presentati già in questo contesto espositivo, gli studi condotti dopo l’acquisto formale hanno potuto non solo confermare la validità della decisione presa ma anche giungere a scoperte storico-critiche che hanno addirittura incrementato la significatività dell’opera e con essa – non va dimenticato - il suo stesso valore economico. Ma il vero valore aggiunto, nella considerazione a tutto campo della valenza e della potenzialità del nostro patrimonio culturale, risiede nell’ampliamento delle collezioni pubbliche il quale non deve essere visto come mero fattore di accrescimento quantitativo della documentazione storico-artistica in nostro possesso, bensì fattore moltiplicatore di possibili contestualizzazioni disciplinari allorché le nuove opere sono messe in collegamento con esemplari già presenti nelle raccolte museali, e accrescono in maniera esponenziale la capacità dell’istituzione che viene ad accoglierle di progettare nuove iniziative allestitive e nuove proposte didattiche. Come scrive Giovanni Romano, “il passato è per tanta parte imprevedibile e la ricerca storica ne va scoprendo ogni giorno aspetti inesplorati, che urgono alle porte del museo.2” E pertanto l’incremento delle raccolte non va visto come azione che può essere anche accantonata o privata di continuità nel tempo, dal momento che il rischio è quello di rendersi conto, troppo tardi, di aver trascurato di raccogliere elementi importanti per la nostra storia culturale. Proprio per questo suo radicamento nell’azione della struttura di tutela svolta in settori talvolta non immaginati – l’impegno alla tutela dei reperti mobili della Prima Guerra Mondiale, per fare un solo esempio - la mostra e il volume che la correda hanno la peculiarità di presentare un insieme di opere di diversa origine, natura ed epoca, rendendo ovviamente arduo sia il lavoro di selezionare per exempla gli oggetti che potessero ‘interagire’ secondo nessi di contiguità in un’esposizione non strettamente tematica, sia l’impegno dell’allestitore, peraltro garantito dall’esperienza di un Michelangelo Lupo: tutte disiecta membra, testimonianze materiali allontanate dal contesto per i quali erano state create, con la sfida di rintracciare e spiegare il perché esse esigevano di essere assicurate alla fruizione pubblica. G. Romano, Acquisti e doni per un museo, 1970-1995, in Il tesoro della città. Opere d’arte e oggtti preziosi da Palazzo Madama, catalogo della mostra a cura di S. Pettenati e G. Romano, Torino 1996, pp. 7-8: 7. 2 12 Alla ‘pubblica fruizione’ Tre iniziative analoghe precedono la presente rassegna, a partire dalla storica mostra Restauri ed acquisizioni 1973-1978, coordinata da Bruno Passa- mani per conto del neonato Assessorato alle Attività Culturali all’indomani del passaggio delle competenze dallo Stato alla Provincia autonoma di Trento in materia culturale3. L’arco temporale che va dal 1979 al 1993 venne poi coperto dall’iniziativa dal titolo Un museo nel Castello. Acquisizioni, contributi, restauri, curata dalla scrivente4, mentre quello successivo fino al 2003 venne affrontato dalla mostra intitolata Gli incanti dell’arte. Dieci anni di acquisizioni al Castello del Buonconsiglio, promossa dal museo in collaborazione con l’allora Ufficio Beni Storico-artistici del Servizio Beni Culturali5. In prospettiva diacronica, anche grazie alle mostre appena ricordate, emerge evidente che l’incremento delle raccolte è stato strettamente dipendente dalle risorse economiche messe a disposizione del settore cultura da parte dell’amministrazione provinciale senza beneficiare di altre fonti finanziarie, e in questa sede non sono considerati i fondi acquisiti nell’ultimo decennio in particolare per l’Archivio Fotografico Storico. Dal confronto tra il ‘rapporto’ fornito dalla mostra del 1978, e quello stilato per le mostre del 1994 e del 2003, risulta altrettanto chiaro che all’avvio della gestione autonoma delle competenze in materia culturale le risorse furono sostanzialmente consacrate all’attività di conservazione e restauro del patrimonio diffuso nel territorio, mentre in seguito l’impegno a favore del consolidamento delle collezioni del costituendo Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto compromise giocoforza le potenzialità di acquisto per le raccolte d’arte antica. Di fatto, un vero e significativo incremento del patrimonio museale d’arte antica, di arti applicate e di testimonianze storiche è registrabile a partire dagli anni Novanta del XX secolo. L’attuale mostra rende conto dell’importante stagione di acquisizioni dal 2004 in poi, iniziando a subire una leggera flessione negli ultimi tre anni, a causa non solo della contrazione delle risorse economiche a disposizione ma anche del loro orientamento a sostegno prioritario delle attività connesse alle categorie professionali gravitanti attorno alla struttura di tutela, in primis i restauratori. Innegabilmente, a parte la disponibilità di bilancio che ha permesso la tempestività necessaria ad intervenire in situazioni di possibile dispersione di importanti testimonianze culturali, il fatto che tale periodo coincida con l’avvio dell’attività della Soprintendenza per i Beni storico-artistici dal 1° gennaio 2004 non è da considerarsi casuale. La combinazione tra azione di tutela, controllo del territorio, attenzione al mercato antiquario, cui sopra si è già fatto cenno, nonché la convinzione della bontà di sviluppare tale filone per garantire solide potenzialità future alle collezioni, hanno infatti posto le basi ad una concreta operatività anche a favore dell’incremento del patrimonio da rendere disponibile alla ‘pubblica fruizione’. Ovviamente, a fronte della continua evoluzione degli orientamenti circa la mission da conferire alle strutture museali, l’attività della Soprintendenza nell’assicurare documentazione in pericolo di dispersione si colloca nel collaudato e ormai secolare alveo tracciato a suo tempo a partire dalle prime collezioni pubbliche trentine fino alla fondazione del Mu- Restauri ed acquisizioni. 1973-1978, catalogo della mostra a cura di B. Passamani, Trento 1978. Il passaggio delle competenze è per effetto del D.P.R. 1° novembre 1973 n. 690. Per completezza va comunque ricordato il volumetto curato da Nicolò Rasmo come responsabile della Soprintendenza ai Monumenti ed alle Gallerie per le Provincie di Trento e Bolzano, nel quale gli “incrementi alle collezioni pubbliche” sono citati in sintesi entro una pagina: Restauri e nuove accessioni nella Regione Trentino-Alto Adige 1964, Trento 1964, s.p. mento “acquisizioni, donazioni, restauri, fruizione” e musei: L. Dal Prà, Un museo nel Castello del Buonconsiglio. Riflessioni, in Un museo nel Castello del Buonconsiglio. Acquisizioni, contributi, restauri, catalogo della mostra a cura di L. Dal Prà, Trento 1995, pp. 11-29. 3 Per ulteriori approfondimenti mi permetto di rinviare alla nota redatta al tempo dalla sottoscritta a proposito dell’argo4 5 Cfr. Gli incanti dell’arte. Dieci anni di acquisizioni al Castello del Buonconsiglio, catalogo della mostra a cura di L. Camerlengo e F. de Gramatica, Trento 2003. Il volume ospita tra l’altro l’interessante e pertinente contributo di L. Camerlengo, Dall’albergo al museo. Le origini delle pubbliche raccolte d’arte a Trento, ibidem, pp. 13-27. 13 seo Nazionale presso il Castello del Buonconsiglio, investito fin dall’inizio del compito di accogliere e rappresentare le testimonianze della cultura trentina nel corso dei secoli. Questa convergenza e ‘perseveranza’ di obiettivi emergono tra l’altro dalla lettura dei contributi raccolti nel recente volume miscellaneo pubblicato nel 2013 dalla Soprintendenza con il titolo Muse trentine. Materiali per la storia di collezioni e di musei6, grazie al quale, partendo dalla ricca rassegna di istituzioni museali trentine indagate nella loro storia evolutiva, si rafforza la convinzione che rivolgere lo sguardo all’indietro per poi nuovamente orientarlo verso il futuro è un esercizio critico di grande valore e forse di insospettata proficuità, come insegnavano gli antichi classici nei confronti dell’immagine allegorica della Prudenza. Alla base di tale operato sta il principio che almeno alcune delle istituzioni museali locali fungano da centro di raccolta e di documentazione delle testimonianze storiche ed artistiche del relativo territorio anche a prescindere dalla possibilità della loro ostensione permanente, ovviabile, in una moderna concezione museologica, con un’adeguata organizzazione dei depositi quali luoghi non solo di custodia ma anche di studio e di documentazione, in una declinazione operativa che faccia operare l’istituzione quale struttura aperta alle sollecitazioni esterne e dinamica nelle proposte di valorizzazione. In questo senso il ruolo dell’amministrazione pubblica, e provinciale in particolare, è cruciale e l’impegno non deve affievolirsi, peraltro ricordando doverosamente la parallela attività condotta a favore delle acquisizioni documentarie7, rappresentate in questa sede dai rari volumi di Jean Baptiste Du Halde poi consegnati alla Biblioteca del Castello del Buonconsiglio (sch. 88-89), dal manoscritto seicentesco di Vigilio de Vescovi sulla vita del principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo (sch. 39) e da una pergamena del 1671- esiguo acquisto, certo - ma con la particolarità importante di essere strettamente correlata a una seconda pergamena presente nell’archivio della famiglia a Prato custodito nell’Archivio Provinciale (sch. 40), struttura presso la quale ambedue i documenti verranno conservati. Il particolare contesto normativo, che conferisce alla Provincia autonoma di Trento piena competenza nel settore culturale, ha finora agevolato l’azione anche in questo delicato settore, dal momento che ha reso possibile il tempestivo intervento di individuazione delle opere, valutazione, trattativa e conclusione finale, con un processo decisorio interamente condotto e concluso all’interno del territorio8, diversamente da quanto accade per l’analoga attività condotta dalle Soprintendenze statali. Altrove, come un semplice spoglio bibliografico alla ricerca di pubblicazioni similari alla presente fa capire, la parte del leone nella raccolta di opere prestigiose spesso a difesa di dispersioni irreversibili oltre confine viene condotta in maniera occasionale dalle più importanti istituzioni delle maggiori città e più di frequente dalle fondazioni bancarie, che fortunatamente rispondono ad un’esigenza di presidio altrimenti non facilmente assolvibile dagli enti locali. I frutti del lavoro condotto nell’ultimo decennio sono ora illustrati senza quella pretesa di esaustività ostacolata dalla stessa quantità e varietà della docu- 6 Cfr. Muse trentine. Materiali per la storia di collezioni e di musei, a cura di L. Dal Prà e M. Botteri, Trento 2013 (“Beni Artisti e Storici del Trentino. Quaderni”, 22). Circa le motivazioni iniziali del lavoro e i suoi esiti mi permetto di rinviare al contributo della scrivente, Tra memorie di collezioni e realtà di musei. Interpretazione di un progetto maturato nel tempo, ivi, pp. 9-18. Cristofolini. Non sono pertanto compresi nel presente volume gli incrementi del patrimonio archivistico condotti nel decennio preso in esame, ad eccezione di quelli effettuati nel 2013. Si fa notare in proposito che con il mese di gennaio 2013 è stata creata la Soprintendenza per i Beni storico-artistici, librari e archivistici, accorpando alla struttura di tutela storico-artistica quella di tutela archivistico-libraria, già guidata da Livio 7 14 8 È giusto ricordare che per la presente introduzione si sono utilizzate anche le notizie raccolte da alcuni funzionari della Soprintendenza in occasione delle ricerche preliminari alle acquisizioni solo in parte confluite in questo volume. Si ringrazia per l’attività a suo tempo espletata Daniela Floris, Luciana Giacomelli, Alberto Groff, Elvio Mich, Roberto Perini, Ermanno Tabarelli de Fatis. mentazione acquisita. La selezione offerta in questa occasione non esaurisce la vasta gamma di testimonianze sia artistiche che storiche individuate e raccolte per la ‘pubblica fruizione’, bensì offre una campionatura rappresentativa della varietà di materiali e, in taluni casi, una selezione ristretta di intere raccolte, come nel caso della quadreria Wolkenstein, della collezione Thun, dell’arredo di Palazzo Crivelli di Pergine Valsugana, dei merletti Zerauschek Lewis. Con grande disponibilità funzionari e restauratori della Soprintendenza nonché specialisti che hanno accettato di partecipare a tale sforzo si sono fatti carico di catalogare i materiali, con risultati tali che, a riprova di quanto sopra esposto circa il valore aggiunto di nuove testimonianze accanto a quelle già conosciute e musealizzate, qualche argomento è poi ‘trasmigrato’ in quei contributi che aprono ciascuna sequenza cronologica nella quale è suddiviso il volume e ampliano il puzzle del nostro patrimonio culturale con nuovi tasselli. Si susseguono così testimonianze afferenti alla città capoluogo e antica sede del Principato vescovile trentino, ma anche al territorio. Grazie alla loro varietà è stato possibile ideare e progettare un’iniziativa espositiva nelle sale di Casa de Gentili a Sanzeno, con la collaborazione del Comune di Sanzeno e della Comunità della Val di Non, secondo linee allestitive già positivamente sperimentate con la mostra Arte e potere dinastico, curata dalla Soprintendenza nel 2007 quale anticipazione di quanto si sarebbe potuto vedere tre anni più tardi nelle sale di Castel Thun9. Proprio in virtù della vasta campionatura di beni acquisiti non è stato difficile immaginare anche l’organizzazione di una seconda e successiva tappa della mostra, sfruttando le sale di Torre Vanga a Trento, dal 2007 punto di catalizzazione delle iniziative di valorizzazione della struttura rivolte alla città, e, in collaborazione con il Comune di Trento, il sofisticato spazio della Cappella Vantini in Palazzo Thun, dove mettere in scena una inedita rassegna di opere focalizzate su quel periodo importante ma ancora poco apprezzato dai più, che è l’Ottocento trentino10. Anche la scelta delle sedi espositive, territoriale e in sinergia con le amministrazioni comunali anziché in luoghi deputati più autorevoli, suoni in linea con la ‘perseverante’ ricerca di un rapporto tra Soprintendenza – collettività – territorio che sostanzia la conservazione del patrimonio culturale e la sua fruizione. Arte e potere dinastico. Le raccolte di Castel Thun dal XVI al XIX secolo, catalogo della mostra a cura di M. Botteri Ottaviani – L. Dal Prà – E. Mich, Trento 2007. storici di proprietà dell’Associazione “Museo aeronautico Gianni e Timina Caproni di Taliedo” di Roma, affidata in comodato alla Provincia autonoma di Trento con Convenzione n. 12931 di data 27 settembre 1988, poi sostituita con l’analogo contratto di comodato n. 14530 di data 31 luglio 1991, in cambio dell’impegno di realizzare a Trento una struttura museale denominata “Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni”, che viene inaugurato il 3 ottobre 1992 per poi essere affidato in gestione al Museo Tridentino di Scienze Naturali (ora MUSE). 9 10 Si rinvia in proposito a quanto meglio specificato in nota 30. Dopo una complessa trattativa curata dalla struttura a partire dal 2010, con deliberazione della Giunta Provinciale n. 1913 di data 7 settembre 2012, viene acquisita la collezione di aeromobili, parti di aerei storici, motori, armamenti, documenti e cimeli 11 Collezioni non più a rischio: Crivelli, Wolkenstein, Thun Come già detto, la capacità operativa dell’amministrazione provinciale a farsi carico di garantire alla ‘pubblica fruizione’ testimonianze culturali altrimenti a rischio si è rivelata fondamentale nel corso degli ultimi anni, anche nel seguire strade altrove difficilmente battute. Se il recente caso dell’acquisizione delle collezioni del Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni (fig. 2), seguita dalla Soprintendenza e sostenuta in parte dal Servizio Attività Culturali, esula per tanti aspetti da questo contesto11, esemplare in questo senso è invece la positiva vicenda rappresentata da Palazzo Crivelli, storica dimora di via Maier a Pergine Valsugana, acquisita nel 2003 dal conte Guido Crivelli de Kreutzberg (o Montecroce), tramite l’esercizio del diritto di prelazione per finalità pubbliche. Già in precedenza l’allora Ufficio per i Beni Storico-artistici del Servizio Beni Culturali aveva condotto l’acquisto del Ritratto di Gerolamo Luigi de Crivelli di Gio- 15 Fig. 2 Innocenzo Fraccaroli, Dedalo e Icaro, calco in bronzo realizzato dalla Fonderia Battaglia di Milano, 1913/1924, Trento, Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni (acquisizione del 2012) vanni Battista Lampi, datato 177912, e di importanti esemplari di mobilio della stessa proprietà13, ma in tale circostanza si condivise la preoccupazione che almeno l’arredo storico del palazzo specificatamente concentrato nelle stanze del piano nobile non venisse disperso, scongiurando l’eventualità – non troppo rara - di raggiungere infine l’auspicato restauro di un immobile rimasto nel frattempo desolatamente vuoto, e potesse anzi essere riallestito integralmente in una sorta di ‘casa-museo’ di grande valore espositivo e didattico. Nel 2004 vengono quindi acquisite dal- Cfr. Gli incanti dell’arte, cit., pp. 76-77, sch. 28 (R. Pancheri). 12 Cfr. Gli incanti dell’arte, cit., pp. 278-279, sch. 265 (R. Perini), p. 281, sch. 267 (R. Perini), p. 282, sch. 268 (R. Perini), p. 285, sch. 271 (R. Perini). 13 16 la Soprintendenza oltre cinquanta opere tra arredi e dipinti14, tra i quali spiccano un gruppo di mobili intarsiati - cassettone con ribalta, tavolino da gioco e due angoliere in pendant -, le grandi specchiere del salotto e della sala da pranzo - quest’ultima di manifattura veneziana del XVIII secolo con lacche e specchi originali - un gruppo di ritratti di famiglia (ancora Crivelli e Gentili), nonché un nucleo di interessanti arredi ottocenteschi, dal Neoclassicismo al Biedermeier, all’Eclettismo, e in particolare l’intero mobilio neorinascimentale della sala da pranzo, realizzato appositamente per la dimora da valenti artigiani locali. Non appaia curioso che nel lotto sia stata compresa anche la grande stadera ottocentesca esposta in mostra (sch. 139), appartenente a una tipologia di manufatti che testimonia concretamente una cultura materiale complessa alla quale volgiamo poco la nostra attenzione, magari senza distinguerla da quanto solitamente esposto nei musei etnografici. In attesa che il destino del prestigioso palazzo venga definito dall’amministrazione comunale e da quella provinciale, le opere acquisite sono state oggetto di interventi di restauro e di studio che in questa occasione si presentano per la prima volta. L’impegno della struttura di tutela nella direzione già aperta con l’operazione su Palazzo Crivelli non era tuttavia destinata a chiudersi con il conseguimento di tale traguardo. Infatti, nello stesso torno di tempo, si affaccia l’opportunità di risolvere in via definitiva un’intricata quanto annosa vicenda tutoria ed ereditaria che interessava la cosiddetta Collezione Wolkenstein, custodita nel recente passato a Castel Toblino, il cui innegabile interesse storico-artistico e documentario era stato sancito dall’amministrazione provinciale con una ripetuta serie di provvedimenti di vincolo a partire dal 197815 (figg. 3 - 4). Grazie alla ricostruzione attenta e meticolosa dell’assetto eredi- In questo volume sono presentate per la prima volta le opere di cui alle schede 55, 69, 74, 81, 96-98, 101-102, 105-106, 111, 115-119, 124-130, 135, 138-142. 14 A dimostrazione del costante interesse a tutelare la collezione e a far sì che rimanesse in territorio trentino, con la positiva conclusione del recente acquisto, si riportano di segui15 Fig. 3 Flavio Faganello, Collezione e archivio Wolkenstein in Castel Toblino con la contessa Anneliese Margareta Hässy, moglie di Karl Josef Wolkenstein Trostburg, 1971, Trento, Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici, Archivio Fotografico Storico, Fondo Faganello tario compiuta anche con ricerche fuori del territorio nazionale e alla trattativa condotta con i proprietari, per le quali chi scrive nutre speciale debito di riconoscenza verso Ermanno Tabarelli de Fatis, che fin dall’inizio se ne è assunto il delicato compito, si sono potute acquisire tutte le quote indivise della collezione con un’operazione avviata nel 2006 e conclusa nel 2009 tramite l’esercizio del diritto di prelazione ai to i provvedimenti citati: Delibera della Giunta Provinciale n. 10.994 del 17 novembre 1978, con la quale viene riconosciuto l’interesse storico-artistico di n. 123 dipinti e arredi presenti a Castel Toblino; Decreto del Presidente della Giunta Provinciale n. 2.230 del 20 novembre 1978, col quale gli stessi oggetti vengono dichiarati di interesse particolarmente importante; Delibera della Giunta Provinciale n. 3.947 del 27 aprile 1979, con la quale viene nuovamente riconosciuto l’interesse storico-artistico di n. 121 dipinti e arredi (restano esclusi due dipinti nel frattempo acquistati dalla Provincia autonoma di Trento a favore del Castello del Buonconsiglio); Decreto del Presidente della Giunta Provinciale n. 311 del 9 maggio 1979 in base al quale gli stessi oggetti vengono dichiarati collezione di interesse particolarmente importante; Delibere della Giunta Provinciale n. 6.924 del 10 luglio 1980 e n. 13.019 del 12 dicembre 1980, con le quali ulteriori n. 24 oggetti rimasti esclusi dagli elenchi dalle delibere precedenti, vengono riconosciuti di interesse storico-artistico e appartenenti anch’essi alla collezione; Decreto del Presidente della Giunta Provinciale n. 609 del 18 dicembre 1980, col quale gli stessi oggetti vengono dichiarati facenti parte della collezione. Infine, allo scopo di contrastare possibili furti e/o illecite estrazioni di singoli pezzi la Commissione Beni Culturali emette in data 9 luglio 1980 l’ordinanza di ricovero della collezione nei depositi dell’allora Museo Provinciale d’Arte. 17 Fig. 4 Flavio Faganello, Sala di Castel Toblino, 1971, Trento, Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici, Archivio Fotografico Storico, Fondo Faganello sensi degli artt. 60 e ss. del D.lgs. 42 del 22 gennaio 200416. Con determinazioni n. 333 di data 7 dicembre 2006 e n. 336 di data 12 dicembre 2006 si è proceduto all’acquisto di una prima tranche di quote indivise della collezione tramite esercizio del diritto di prelazione, e lo stesso è stato portato a termine con ulteriori determinazioni (nn. 319 e 320 di data 20 dicembre 2007; n. 131 di data 19 maggio 2008; n. 363 di data 1° dicembre 2008), di cui l’ultima e conclusiva, la n. 326, è di data 19.11.2009. 16 In questo volume sono presentate per la prima volta le opere della collezione, di cui alle schede 21-22, 26-31, 34-38, 41-53, 60-65, 78, 85-86, 93-95, 107, 112-113, 121-122. 17 18 In tal modo la Provincia autonoma di Trento si è assicurata una collezione storico-artistica di assoluto prestigio, la cui varietà e valore già sono rappresentate da numerose schede del presente catalogo in attesa che l’intero complesso venga restaurato, studiato e valorizzato17. Infatti, come dimostrano i più recenti studi condotti in merito avvalendosi del deposito del cospicuo materiale documentario presso l’Archivio Provinciale di Bolzano dopo una lunga permanenza presso l’Archivio di Stato di Trento18, la casata Wolkenstein è annoverata tra le più importanti del territorio trentino-tirolese e in particolare il ramo Wolkenstein Trostburg ebbe notevole peso anche in Trentino, imparentandosi con le più importanti famiglie nobili locali, fra le quali i Madruzzo, da cui ereditarono beni e diritti attraverso Giovanna Madruzzo, moglie di Albrecht Wolkenstein e sorella del principe vescovo Carlo Emanuele19. Con la morte di quest’ultimo nel 1658 e l’estinzione della casata Madruzzo, i Wolkenstein entrarono in possesso di Castel Toblino, per poi acquisire nel 1679 Castel Ivano, ricevuto dalla Casa d’Austria inizialmente come feudo pignoratizio e poi a titolo perpetuo, mentre a Trento la famiglia possedeva l’omonimo palazzo ubicato nell’antico quartiere di S. Maria Maddalena in prossimità del Castello del Buonconsiglio (fino al 1826). Gli studi in corso sull’intera raccolta confermano fin d’ora la validità dell’acquisizione, non solo dal punto di vista del recupero di testimonianze storiche uniche e intimamente connesse al territorio trentino, ma anche da quello squisitamente artistico, secondo scelte di gusto e di collezione che si stanno Per la ricostruzione delle complesse vicende tutorie si rinvia a C. Roilo, Das Archiv Wolkenstein – Trosburg im Südtiroler Landesarchiv, in Die Wolkensteiner. Facetten des Tiroler Adels in Spätmittelalter und Neuzeit, a cura di G. Pfeifer – K. Andermann, Innsbruck 2009 (“Pubblicazioni dell’Archivio Provinciale di Bolzano”, 30), pp. 401- 413. 18 19 Per gli aspetti di cui si tratta si rinvia in particolare al saggio di M. Bonazza, I Wolkenstein di Trento (1578-1826). Clonazione e innesto di un sistema famigliare aristocratico, in Die Wolkensteiner, cit., pp. 259-293. Fig. 5 Manifattura tirolese, Mobile-archivio Wolkenstein, 1633, Stenico, Castel Stenico (acquisizione del 2012) progressivamente delineando ben oltre i confini territoriali20. Nonostante alcune accertate dispersioni avvenute nei primi decenni del XX secolo21, complessivamente la raccolta comprende oltre 130 opere, con netta preponderanza di dipinti dal XVII al XIX secolo, ma arricchita anche da significativi pezzi di mobilio22, come un grande armadio recante la data 1633, riccamente decorato ad intaglio e ad intarsio, di manifattura tedesca e il mobile-archivio, con ante e cassetti dipinti con stemmi, ancora manifattura tedesca dell’inizio del XVII secolo (fig. 5), destinato in origine ad accogliere quella nutrita serie di pergame- 20 Si rinvia in proposito ai contributi di Elvio Mich in questo volume. Questioni di immagine. Il Fondo fotografico del Castello del Buonconsiglio: testimonianze e riflessioni, a cura di F. de Gramatica - F. Suomela Girardi – R. Zuech, Trento 2013, pp. 53-101: 78. Circa la vendita a Ugo Ojetti di tre dipinti di Franz von Lenbach e di un pannello di cassone nuziale diviso in quattro scomparti, facenti parte della collezione Wolkenstein custodita a Castel Ivano, al termine della Prima Guerra Mondiale si veda L. Dal Prà, L’Archivio Fotografico quale specchio dell’attività di una Soprintendenza. Note preliminari sugli anni di Giuseppe Gerola, in 21 22 Nello specifico si tratta di n. 133 opere dal XVI al XIX secolo: 71 ritratti (26 raffiguranti personaggi della famiglia Wolkenstein), 29 soggetti religiosi, 7 soggetti mitologici e allegorici, 10 soggetti di genere, 8 paesaggi, 8 arredi e beni mobili di vario genere. 19 ne che normalmente attestava i diritti patrimoniali delle grandi casate e i vincoli matrimoniali. È innegabile il fatto che l’operazione di assicurare al territorio un complesso di tale importanza storica ed artistica ha potuto poggiare su una disponibilità di risorse non facilmente ripetibile. Altrettanto evidente, tuttavia, accanto alla bontà intrinseca della stessa nei confronti della tutela del patrimonio culturale del territorio, è che essa rafforza in maniera rilevante le potenzialità di valorizzazione e di ostensione del museo del Castello del Buonconsiglio - alveo di conservazione alla quale è destinata -, potendo ‘interloquire’ con le collezioni già presenti, con le quali condivide molti aspetti di carattere storico ed artistico. In più, gradita sorpresa frutto delle ricerche fin qui svolte, non mancano nella collezione alcuni preziosi ‘pezzi erratici’ da lungo tempo persi di vista e invece confluiti nel patrimonio Wolkenstein per effetto di quelle strane strade di dispersione che inducono talvolta a ricerche lontane anziché verificare situazioni più prossime: così Elvio Mich individua uno degli anelli mancanti della decorazione della cappella di Castel Toblino nelle tele con le storie antoniane che attribuisce a Nicolò Dorigati, presenti appunto nella quadreria della nobile casata trentino-tirolese, ma compie anche un vero e proprio aggiornamento sul corpus pittorico di Giuseppe Alberti e, dulcis in fundo, incrementa il catalogo sia di Pietro Liberi sia del Nuvolone, quest’ultimo con un dipinto inedito che dalla Lombardia raggiunse il Trentino tra i bagagli di una giovane ed altolocata sposa (sch. 28)23. Ma non basta. Negli stessi anni, così vicini ma apparentemente resi così lontani dall’attuale crisi economica, giunge al culmine la grande avventura del restauro e dell’apertura pubblica di Castel Thun, che affianca in un unico grande cantiere la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, quella per i Beni Architettonici, e gli operatori del Castello del Buonconsiglio, del quale il maniero anaune è destinato ad essere sede distaccata. L’impegno per consegnare alla pubblica fruizione un importante caposaldo del patrimonio culturale trentino anche in virtù del fatto che il suo acquisto, risalente al 1992, aveva compreso, oltre all’intero complesso immobiliare, sia l’arredo sia la biblioteca sia il prezioso archivio, non si esaurisce con l’inaugurazione del 17 aprile 2010. Anzi: a indiretta dimostrazione del potere della casata e del peso da essa esercitato sia sull’antico Principato vescovile tridentino sia nel panorama europeo fino almeno a tutto il XIX secolo, in merito al quale ancora molto rimane da approfondire, si affacciano tuttora molteplici le occasioni di recuperare testimonianze materiali del gusto estetico, delle inclinazioni collezionistiche, delle modalità di vita dei suoi appartenenti e di ri-aggregare progressivamente attorno al maniero avito quanto di significativo era stato allontanato nel corso dei secoli24. Assolutamente di rilievo sotto questa pro- 23 Si vedano i contributi dell’autore in questo volume. Per il dipinto di Pietro Liberi con l’Apparizione di Maria col piccolo Gesù a sant’Antonio da Padova della quadreria Wolkenstein va menzionata la prima segnalazione di R. Pancheri, Pietro Liberi e il rinnovamento dell’iconografia antoniana in età barocca: un’aggiunta, in Le arti a confronto con il sacro. Metodi di ricerca e nuove prospettive di indagini interdisciplinare, Atti delle Giornate di studio (Padova, 31 maggio - 1 giugno 2007) a cura di V. Cantone - S. Fumian, Padova 2009, pp. 147-151. Dalla stessa raccolta, è di poco precedente l’indicazione di un dipinto di Stephan Kessler con il Ritorno dalla caccia, ad opera di E. Mich, Committenti e collezionisti trentini di Kessler, in Stephan Kessler. 1622-1700. Un pittore tirolese dell’Età di Ruberns, catalogo della mostra a cura di L. Andergassen e H. Stampfer, Bolzano - Bressanone 2005 pp. 79-93: 87-89. un elenco di opere disperse si rinvia a L. Dal Prà, <<Dopo quello del Buonconsiglio, Castel Thun è il più bello e grandioso di tutta la provincia…>>. Note intorno a un’antica e nuova realtà, in Arte e potere dinastico, cit., pp. 15-36: 19-21 e E. Rollandini, Matteo Thun e le arti. Le collezioni, il palazzo e il castello attraverso il suo epistolario (1827 - 1890), Trento 2008, pp.68-80. Giova in proposito rammentare come anche in tempi non lontani, nel 1926, due capolavori vennero venduti dall’allora proprietario del castello, il conte Matteo III Thun, ovvero il Cristo e san Giovanni evangelista nell’Ultima Cena di Giannantonio Guardi, ora in collezione privata, e il Santo in adorazione dell’Eucarestia di Francesco Guardi, acquistato da Giuseppe Fiocco e donato dallo stesso nel 1928 al Museo Nazionale di Trento (grazie a tale atto ora esposto nuovamente a Castel Thun): per l’aggiornamento critico sui due dipinti si rinvia a E. Mich, I pittori di Mastellina “che fiorirono in Venezia”, in Francesco Guardi nella terra degli avi. Dipinti di figura e capricci floreali, catalogo della mostra a cura di E. Mich, Trento 2012 In questo volume sono presentate per la prima volta le opere di cui alle schede 16-17, 56-59, 70-73, 79-80, 83-84, 114. Per 24 20 Fig. 6 Coredo, fraz. Tavon, Santuario di S. Romedio, Biblioteca, Amando Friedenfelds, Gloriosus sanctus Romedius ex comitibus de Thaur Andek, & Altae Guardiae Dominis, Vallis Annaniae in Tyroli apostolus, Magnus Thaumaturgus, & anacoreta, Archi-Episcopalibus in Collegio S. Norberti per Georgium Samuelem Beringer, Praha 1699, particolare spettiva l’acquisizione di undici dipinti su tela raffiguranti nature morte, che erano stati trafugati nel 1990 da Castel Thun e recuperati il 27 giugno 2005 dai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Monza. Anche in questo caso la Soprintendenza provinciale si era trovata davanti a un problema piuttosto complesso, dal momento che le tele erano (“Beni Artistici e Storici del Trentino. Quaderni”, 21), pp. 13-73, mentre per la loro fuoriuscita da Castel Thun si veda L. Dal Prà, L’Archivio Fotografico quale specchio dell’attività di una Soprintendenza. Note preliminari sugli anni di Giuseppe Gerola, in Questioni di immagine, cit., pp. 53-101: 77-78. La portata del recupero e la rilevanza storico-artistica delle opere riportate a Castel Thun sono tali da suggerire l’organizza25 comprese nel dispositivo di vincolo della collezione di Castel Thun, al tempo effettuato nei confronti dei proprietari con notifica del Ministero della Pubblica Istruzione, con decreto del 26 febbraio 1974 ai sensi dell’art. 5 della Legge 1° giugno 1939, ma le stesse erano state stralciate dal contratto di vendita, sottoscritto tra i privati e Provincia autonoma di Trento molto tempo dopo il furto. A tale ‘cortocircuito’ tutorio, che reintegrava i dipinti all’interno di una collezione unica ed indivisibile ed ormai passata in mano pubblica, ma nello stesso tempo li restituiva al legittimo possesso privato, si ovvia con una delicata trattativa di acquisto, basata su una perizia che accerta come la raccolta fosse costituita da importanti opere, quattro delle quali riconosciute di mano di Jacob van de Kerckhoven, detto Giacomo da Castello (sch. 5659), e quattro di mano di Paolo Paoletti (sch. 70-73), artisti entrambi attivi a Venezia e fra i più importanti pittori di natura morta di età barocca25. Dopo questa importante operazione prosegue ancora con successo l’impegno di colmare le lacune nel patrimonio di oggetti mobili thuniani prodottesi nel tempo, mettendo a frutto anche l’attività di studio e catalogazione svolta a carico di tutte le opere pertinenti all’antico maniero. È così acquisita nel 2007, insieme ad altre opere, una serie di quattro grandi incisioni dell’ultimo scorcio del XVII secolo, estrapolate dal volume di Amando Friedenfelds del 1699 (fig. 6) e riproducenti con estrema esattezza gli spaccati dell’interno della fastosa Cappella di S. Romedio presso la residenza thuniana di Choltz/Choltice in Boemia, eretta tra il 1683 e il 1692 per volere del conte Romedio Costantino Thun ed ornata dalla pala dell’altar maggiore di Johann Michael Rottmayr zione di un’apprezzata mostra di presentazione presso Torre Vanga, nella quale le tele, attentamente restaurate, sono per la prima volta studiate e messe a confronto con analoghi lavori provenienti da altri musei italiani: “Quadri a fiori e frutti”. Dipinti di natura morta in Castel Thun e nei musei trentini, catalogo della mostra a cura di E. Mich, Trento 2009 (“Beni Artistici e Storici del Trentino. Quaderni”, 17). Sul recupero in particolare si veda L. Dal Prà, L’apprezzamento del creato. Nature morte in mostra, ivi, pp. 9-13. 21 e dagli affreschi con la vita del santo titolare, eseguiti da Johann Steger di Augsburg26; seguono, nel 2008, due dipinti di Anton Enzinger, artista attivo presso la corte vescovile di Chiemsee e in contatto con la famiglia Firmian, nonché specialista in scene di caccia e di animali su supporti di piccolo formato, riunendoli così alla serie presente in Castel Thun cui in origine appartenevano (sch. 83-84), ma anche un’interessante bottiglia in vetro con stemma vescovile di Domenico Antonio Thun (1730-1748) o di Pietro Vigilio (1776-1796) inciso ‘alla ruota’ in pendant con una già presente tra le suppellettili del maniero ed esposta alla mostra Arte e potere dinastico. Le raccolte di Castel Thun dal XVI al XIX secolo del 200727, e infine le due stampe a bulino del 1722, raffiguranti rispettivamente Giovanni Sigismondo Thun, nato a Castel Fondo nel 1594, e Cristoforo Simone Thun, trasferitosi in Boemia nel 1629 (sch. 79-80). Fondamentale come atto ‘risarcitorio’ nei confronti delle avversità della storia rimangono comunque l’individuazione sul mercato antiquariale inglese, in virtù di una visita di chi scrive allo stand di Peter Finer. Antique Arms & Armour – Londra presso la prestigiosa mostra Tefaf 2008 a Maastricht, e il conseguente tempestivo acquisto nel 2009 di due di dodici falconetti fatti fondere nel 1554 per il maniero anaune dal conte Sigismondo Thun, nato il 22 ottobre 1487 e morto tragicamente nell’incendio del castello il 31 marzo 1569 (sch. 16-17)28. Per comprendere appieno il valore dell’operazione a vantaggio del patrimonio culturale trentino, per la quale è stato chiesto il parere autorevole di Francesco Rossi, già direttore dell’Accademia Carrara di Bergamo e tra i massimi specialisti in armi antiche, basti dire che già nel 1858 la serie presente a Castel Thun era ridotta a cinque esemplari mentre altri erano migrati nella Repubblica ceca, a Děčín/Tetschen, feudo dei Thun Hohenstein (uno dei quali esportato negli Stati Uniti nel 1961), che nel 1933 venne venduto un esemplare all’asta del Dorotheum di Vienna, e infine che nel 1989 ulteriori due furono battuti all’asta Semenzato di Venezia29. Peraltro, lo stesso fatto di non essere stati fusi per altri impieghi, come sovente accade sia in pace che in guerra, testimonia indirettamente l’alta considerazione goduta nel tempo da tali pezzi, anche grazie alla decorazione di sapore squisitamente rinascimentale. Proprio in virtù della qualità delle opere ricondotte a Castel Thun, i risultati raggiunti già costituivano ragione di grande soddisfazione, ma una grossa sorpresa doveva ancora giungere. Infatti, nel corso dell’autunno 2007, una normale attività di verifica stimolata da una comunicazione riservata apre un insospettato filone di ricerca tutto incentrato sulle vicende ereditarie di un insieme di opere thuniane, giunte a Firenze in virtù del matrimonio tra il conte Leopoldo Francesco di Castel Thun (1846-1900) e la contessa Maria Giulia Gori Pannilini (1862-1935), e poi trasferite in territorio trentino dal conte Bertold Thun Hohenstein in esecuzione della volontà della contessa Eleonora Thun, scomparsa nella città toscana nel 2002. Con grande emozione non si tarda a riconoscere tra i numerosi materiali ancora conservati 26 Le incisioni, ora prive di cornici, costituivano il corredo illustrativo del volume di Amando Friedenfelds, Gloriosus sanctus Romedius ex comitibus de Thaur Andek, & Altae Guardiae Dominis, Vallis Annaniae in Tyroli apostolus, Magnus Thaumaturgus, & anacoreta, Archi-Episcopalibus in Collegio S. Norberti per Georgium Samuelem Beringer, Praha 1699. Sulla cappella si rinvia a P. Preiss, Muros Dei. Die Thun’sche Schlosskapelle des hl. Romedius in Choltice, in “Der Schlern”, 44, 1970, pp. 229-236. 28 Per un approfondimento storico-artistico si rinvia al contributo di Giovanni Dellantonio in questo volume. 27 22 Arte e potere dinastico, cit., pp. 240-241, sch. 82 (R. Zuech). 29 Cfr. G. Gerola, Discerpta et disiecta. Pezzi erratici trentini, II – in “Studi trentini”, 17, 1936, pp. 305-307, E. Egg, Der Tiroler Geschützguss 1400-1600, Innsbruck 1961, p. 155 e L. Dal Prà, “Dopo quello del Buon Consiglio, Castel Thun è il più bello e grandioso di tutta la provincia…”. Note intorno a un’antica e nuova realtà, in Arte e potere dinastico, cit., pp. 20-21. la loro ubicazione. Dopo la dettagliata ricostruzione della questione, la verifica della proprietà, la tempestiva imposizione di vincolo di interesse culturale ai sensi degli artt. 13 - 15 del D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la stima approfondita di ogni pezzo e la trattativa con il proprietario, conte Bertold Thun Hohenstein, conclusasi nel 2013, anche questo patrimonio erratico viene assicurato al territorio trentino ed è ora sottoposto alle prime operazioni di restauro e ai primi studi specialistici, destinati a breve a confluire in una prima iniziativa espositiva nella Cappella Vantini in Palazzo Thun a Trento30. Nella stessa occasione, con personale soddisfazione della scrivente che fin da subito ha intrattenuto cordiali rapporti con il conte Thun, ritorna a casa anche il Ritratto di Raimondina Thurn-Hofer e Valsassina, il prezioso busto marmoreo dell’amata sposa di Matteo Thun, eseguito da Luigi Ferrari nel 1841 (fig. 7): a sua volta lontano da Trento da molto tempo, è stato infatti liberalmente donato dal proprietario all’amministrazione provinciale, affinché possa nuovamente far mostra di sè nelle stanze abitate dall’illustre ed invidiata coppia31. “acciuffare l’Occasione” tra arredi, suppellettili e dipinti, che superano i 200 pezzi, importanti opere di cui si conosceva l’esistenza attraverso vecchie fotografie ma era ignota da tempo Mentre ciò che i classici insegnano su come si raffigura la personificazione dell’Occasio, posta su una ruota e connotata da una testa calva con un svolazzante ciuffo sulla fronte che permette di catturarla solamente a quanti la vedono sopraggiungere, potrebbe essere la chiave interpretativa dell’azione della struttura di tutela dei beni storico artistici, giocoforza dipendente da In collegamento alla presente iniziativa di valorizzazione delle acquisizioni effettuate tra il 2004 e 2013 è stata infatti ideata, in collaborazione con il museo del Castello del Buonconsiglio e con il Comune di Trento, una specifica esposizione di alcune prestigiose opere comprese in tale acquisto e collegate a Matteo Thun e alla sua sposa Raimondina Thurn-Hofer e Valsassina, riportandole ‘a casa’, ossia a Palazzo Thun, luogo di dimora abituale della coppia ed attuale sede del Comune di Trento, ed allestendole nel prezioso spazio della Cappella Vantini (21 novembre 2014 - 1° febbraio 2015): cfr. Ritorno a casa. Opere ritrovate della collezione Thun, a cura di S. Ferrari e E. Rollandi- ni, di prossima pubblicazione nella collana “in filigrana”. Alcune opere di tale complesso sono state comunque già pubblicate, dietro cortese autorizzazione del proprietario, da E. Mich, Volti di patrioti. Ferdinando Bassi e i ritratti della famiglia Thun, in Non ancora Italia. Temi risorgimentali dell’arte in Trentino, catalogo della mostra a cura di L. Dal Prà, Trento 2011, pp. 35-53: 46-53. 31 Nel catalogo della mostra del 2007 la scultura era stata pubblicata sotto ubicazione ignota: L. Dal Prà, “Dopo quello del Buon Consiglio, Castel Thun è il più bello e grandioso di tutta la provincia…”. Note intorno a un’antica e nuova realtà, in Arte e potere dinastico, cit., p. 21. Fig. 7 Luigi Ferrari, Ritratto di Raimondina Thun-Hofer e Valsassina, 1841 (donazione del 2013) 30 23 Fig. 8 Pietro Ricchi, detto il Lucchese, Adorazione dei pastori, olio su tela, metà del XVII secolo (acquisizione del 2010) quanto affiora sul mercato privato o antiquariale, il ‘binario’ di incremento segue tuttora una vecchia ma ancora insuperata deliberazione della Giunta Provinciale (n. 5420 del 27 luglio 1979) che indicava la strada di acquisizione di “opere di artisti trentini, come di artisti che operarono nel Trentino e che influirono in modo specifico e diretto sull’arte trentina”, aggiungendo “anche al di là delle sole esigenze espositive”, ovvero un significativo ‘lasciapassare’ rispetto all’accumulazione di documentazione materiale della cultura e, non ultimo, rispetto a tuttora ricorrenti preoccupazioni nei confronti di depositi spesso ritenuti dall’opinione pub- blica colmi, ‘invisibili’, e anche per questo alla fin fine inutili dal punto di vista del loro utilizzo in prospettiva anche economica. Forti di tale indirizzo e, soprattutto, convinti della bontà delle riflessioni che vi erano alla base, è rimasta alta l’attenzione verso le opportunità che il mercato privato e quello antiquariale offrono in tal senso. In una sequenza a titolo meramente esemplificativo, basti citare il prestigioso acquisto del Ritratto virile attribuito ad Alessandro Vittoria (sch. 18), che offre il destro a Luciana Giacomelli a tentare un’ulteriore e affascinante nuova ipotesi, tutta trentina, per il grande scultore che ebbe i natali nella nostra terra32, la Per un approfondimento storico-critico si veda il contributo di Luciana Giacomelli dal titolo Alessandro Vittoria. Conferme e ritrovamenti, in questo volume. Si deve ad Andrea Bacchi la consuleza scientifica preliminare all’acquisto dell’importante opera. 32 24 splendida Adorazione dei pastori33, eseguita in pieno Seicento da quel Pietro Ricchi detto il Lucchese (fig. 8), cui dobbiamo altrettanto levigati dipinti murali nella chiesa dell’Inviolata di Riva del Garda, a loro volta oggetto di un recente e vasto restauro da parte della Soprintendenza34, la Sacra Famiglia di Jacob Zanusi, valente allievo di Karl Loth (sch. 82) e il dipinto di Giovanni Battista Lampi junior, collegato alla grande pala della parrocchiale di Romeno (sch. 120). Anche il settore delle arti applicate ha tratto qualche giovamento, grazie all’occasione di acquisire il calice di Filippo Sola (sch. 90), studiato da Daniela Floris nel contesto dell’attività di questo importante orafo trentino35, i due candelieri (sch.91-92) e un raro manufatto della seconda metà del XVII secolo, probabilmente una chiusura di caminetto, in lamiera ritagliata a seguire un articolato disegno floreale in origine policromato36, il bicchiere in vetro soffiato e smaltato del 1616 (sch. 24), ma anche gli stampi in rame (sch. 143-166), utili a integrare l’allestimento museale di Castel Stenico, orientato a illustrare aspetti domestici nel contesto delle dimore nobiliari trentine. Una digressione merita tuttavia l’Ottocento, secolo indagato meno di quanto sarebbe necessario per conoscere appieno il contributo assicurato a questo inquieto periodo dagli artisti trentini e non, di volta in volta impegnati per colti membri della nobiltà e dell’alta borghesia locali, anche in vista di un impegno ‘strutturale’ di documentazione che si ritiene debba esercitarsi anche in momenti in cui l’attenzione dei musei non è rivolta alle stesse tematiche e le opere delle raccolte pubbliche del XIX secolo non Acquisto da mercato antiquariale con determinazione n. 227 di data 26.10.2010. 33 Giova ricordare che i lavori di restauro della decorazione interna dell’Inviolata sono stati condotti in diretta amministrazione dalla Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della Provincia autonoma di Trento negli anni 2004-2009 sotto la direzione lavori dell’arch. Ermanno Tabarelli de Fatis, l’assistenza del geom. Sergio Chini, il controllo del restauratore Roberto Perini e il supporto tecnico-scientifico del dott. Stefano Volpin, ed eseguiti dal Consorzio ARS di Trento. Per quanto riguarda il dipinto, è stato esposto in anteprima dalla Soprintendenza pres34 Fig. 9 Innocenzo Fraccaroli, Atala e Chactas, 1853, particolare (acquisizione del 2011) hanno ancora trovato spazi ostensivi permanenti. A parte le testimonianze ottocentesche presenti nelle collezioni Wolkenstein e Thun già illustrate e l’intimistico Ritratto infantile di Giuseppe Craffonara, il maggior esponente del Neoclassicismo trentino (sch. 123), i dipinti ad olio del 1835 con la Veduta di Piazza Duomo e la Veduta del Castello del Buonconsiglio del veronese Giuseppe Canella, a suo tempo volute dal conte Girolamo Malfatti per la sua collezione, sembrano invece riflettere già le limpide certezze positivistiche (sch. 132-133), ancor più evidenti se confrontate con la ‘pittoresca’ Torre Vanga riprodotta in una rara carta da parati (sch. 131). Solo due anni prima, so Torre Vanga già nel 2010 per poi essere affidato al museo del Castello del Buonconsiglio: cfr. Pietro Ricchi a lume di candela. L’Inviolata e i suoi artefici, catalogo della mostra a cura di M. Botteri e C. D’Agostino, Mori (Tn) 2013, pp. 122-124, sch. 5 di S. Ferrari (con bibliografia precedente). Si veda anche il contributo della studiosa dal titolo “Un calice d’argento mezo adorato con n. 3 patene…” Elementi decorativi nelle opere sacre di Filippo Sola (1693-1750) in questo volume. 35 Acquisto da mercato antiquariale con determinazione n. 374 del 9 dicembre 2008. 36 25 in un’atmosfera di tragico romanticismo, Innocenzo Fraccaroli aveva finito di levigare le giovani membra marmoree della coppia di Atala e Chactas (fig. 9), che entrò a far parte della collezione della famiglia Salvotti de Bindis di Mori dal 1867 (sch. 136): prova di una spiccata attenzione collezionistica della nobile casata, già malauguratamente dispersa dopo la scomparsa della baronessa Annamaria Salvotti nel 2004 che lasciò i propri beni all’Unicef che, senza informare la Soprintendenza, due anni dopo mise all’asta gli arredi del palazzo per finanziare le proprie iniziative umanitarie, e poi dalla stessa struttura di tutela riportata nel territorio di provenienza, ad essa si affiancava l’esito altrettanto alto di una committenza diretta allo stesso scultore veronese, ovvero il Ritratto di Anna de Fratnich, amata sposa di Antonio Salvotti scomparsa nel 1837, tuttora presso Villa Salvotti a La Vela di Trento37. Un afflato eroico e magniloquente esprime invece quel Giuseppe Garibaldi a cavallo verso Bezzecca dipinto, ovviamente all’indomani del 1866, da Giulio Carlini, allievo di Odorico Politi e Ludovico Lipparini38, che idealmente si affianca a quei pittori di espressa fede garibaldina, taluni dei quali lasciarono testimonianze pittoriche nelle nostre vallate sospinti da ideali realizzati solo molto tempo dopo39. Tornando alla coppia di tele di Canella, preme sottolineare come esse segnino con la loro qualità formale e la loro fedeltà documentaria anche un prestigio- so arricchimento delle testimonianze di iconografia urbana, la cui importanza nella conoscenza dello sviluppo storico ed urbanistico dei centri abitati era evidente già a Giuseppe Gerola, che ne aveva avviato specifica raccolta per il Museo Nazionale al Castello del Buonconsiglio40. Ed infatti a tale filone di ricerca di materiali si collegano altri puntuali interventi di acquisto, come la rara veduta ottica a colori della città di Trento Trient in Tyrol 41, la Veduta di Castel Toblino, incisa da Dario Wolf nel 1965 da uno dei più consueti punti di vista del maniero, ma traducendo il dato reale con grande poesia, oppure l’interessante incisione di Luigi Bonazza, che riproduce la Sede dell’Istituto Trentino-Alto Adige per Assicurazioni (ITAS), evidentemente eseguita per celebrare la fine dei lavori di costruzione dell’edificio progettato dall’architetto Efrem Ferrari con forte impronta razionalista e completato nel 195442. Vale la pena sottolineare anche che per qualche personalità artistica di origine trentina le collezioni erano del tutto sguarnite di prove della loro perizia formale e tecnica, come accade per quanto riguarda il valente Lorenzo Haili di Fisto, val Rendena, che ebbe fama e fortuna fuori del Trentino ma scarse committenze nella sua terra natale43. Come nella circostanza fortunata occorsa per la coppia di falconetti Thun, l’individuazione delle due sculture in legno intagliato e dorato raffiguranti Ercole e Ciclope presso Artemi- Sulla giovane signora, artista dilettante ed allieva di Bernardino Bison e Francesco Hayez, rinvio al breve cenno fatto in L. Dal Prà, L’Archivio Fotografico quale specchio dell’attività di una Soprintendenza. Note preliminari sugli anni di Giuseppe Gerola, in Questioni di immagine, cit., p. 75 nonché nel contribito di Alessandra Tiddia in questo volume e nella scheda di Roberto Pancheri (sch. 136). lo studio di F. de Gramatica, “Io vagheggio che il nostro Museo possa raccogliere tutte le stampe sue…” Collezioni grafiche al Castello del Buonconsiglio negli anni di Giuseppe Gerola: 1924 – 1938, in Viaggio tra rocche e castelli. Collezioni grafiche del Castello del Buonconsiglio. Valli del Sarca e del Chiese, catalogo della mostra a cura di F. de Gramatica e R. Pancheri, Trento 2012, pp. 33-51 37 Acquisto su mercato antiquariale con determinazione n. 81 di data 27 aprile 2011. Sull’opera si veda M . Botteri, Non ancora Italia, in Non ancora Italia, cit., pp. 15-32: 22 e p. 126. 38 Per un caso emblematico si rinvia a S. Ferrari, Due pittori garibaldini a Bersone: Stefano Bardini e Alessandro Trotti, in “Studi Trentini. Arte”, 92, 2013, pp. 289-302. 39 40 26 Si veda, sia pure con un obiettivo di ricerca più ampio, Acquisto su mercato antiquariale con determinazione n. 322 di data 20 dicembre 2007. 41 Acquisto su mercato antiquariale con determinazione n. 322 di data 5 dicembre 2011. 42 Si veda in proposito il saggio di Domizio Cattoi in questo volume, nonché il contributo di Antonello Pandolfo che correda la relativa scheda con annotazioni sulla particolare tecnica esecutiva. 43 sia Arte-Antica di Madrid, deriva dalla visita di due funzionari della Soprintendenza presso la prestigiosa Mostra internazionale dell’Antiquariato di Firenze del 2007, ossia Luciana Giacomelli e Elvio Mich, che hanno subito portato all’attivazione della struttura nella trattativa che ha avuto i risultati sperati (sch. 6667). Se nel complesso tali acquisizioni assicurano alla pubblica fruizione importanti testimonianze di artisti trentini o di artisti che lavorarono per committenti locali, a maggior ragione sono da evidenziare i casi in cui si tratta di ricondurre a casa opere che per svariati motivi sono fuoriuscite dal loro originario luogo di provenienza. Eclatante in questo senso il caso delle quattordici tavolette lignee policrome, delle quali una datata 1499, pertinenti agli originari soffitti lignei di Palazzo Geremia di Trento, finite sul mercato antiquario all’inizio del Novecento probabilmente in occasione di interventi edilizi sull’edificio e quindi utilizzate come oggetti di arredo in una villa nei pressi di Como (sch.1-14). Se avulse dal loro contesto hanno comunque un piacevole valore estetico, riportate alla loro terra d’origine possono essere studiate in relazione al palazzo, alla cui prima fase edilizia esse appartengono, alla politica matrimoniale dei Geremia con le più significative casate trentine del periodo in virtù degli stemmi riprodotti, ai dati tecnici che provengono dall’intervento di restauro e di analisi tecnica eseguiti presso il Laboratorio della Soprintendenza. Ciò vale ancor più per la misteriosa statua lapidea raffigurante san Rocco, che riporta alla base lo stemma della famiglia Sardagna e la data 1634 (sch. 25). A lungo opera custodita presso il negozio di Amalia Cappelletti, scomparsa nel 2012 e ultima rappresentante di una famiglia di antiquari trentini che trattò opere in uscita dalle dimore trentine per l’intero Novecento (sch. 186-187)44, è scultura di grande qualità esecu- tiva, scolpita per la committenza di una delle casate trentine più in vista nel XVII e XVIII secolo, forse per ornare una cappella di famiglia o una nicchia aperta su un luogo di frequentazione all’interno di una residenza nobiliare, che però non è stata ancora individuata. E sempre nello stesso luogo di gelosa conservazione sono stati individuati e poi acquisiti, oltre ad altre opere non selezionate per la mostra, i due piccoli dipinti su tavola, raffiguranti un ignoto gentiluomo e il celebre Jacopo Aconcio, subito cogliendo il particolare della scritta posta sul verso che ricordava l’appartenenza degli stessi alla baronessa “de Lupis”, ovvero l’antica proprietaria della fastosa dimora extraurbana di Villa Margone, dove era stata costituita nel tardo Cinquecento una nota raccolta di ritratti di personaggi illustri della storia e della cultura – ancora visibile nell’edificio - secondo un filone collezionistico molto apprezzato al tempo (sch. 32-33). Rari, ma altrettanto tempestivi, sono stati gli interventi a favore dell’arte del Novecento, secolo formalmente ‘presidiato’ dalla politica di acquisizioni del Mart di Trento e Rovereto. Ad evitare il rischio di dispersione si sono recuperate le matrici create dal calcografo veronese Luigi Cavadini per la riproduzione dei disegni che Luigi Ratini aveva eseguito tra il 1925 e il 1934 per l’illustrazione dell’Eneide di Virgilio (sch. 168-185), il cui interesse anche per il procedimento tecnico di riproduzione viene illustrato da Roberto Perini in questo volume. Accanto ad esse va menzionato l’acquisto di due importanti dipinti su tela di Dario Wolf (Trento, 1901- 1971), ossia I titani del 1927 (fig. 10), e il Giorno del 1934, trittico costituito da il Mattino, il Meriggio e la Sera45. In tal maniera è stato rafforzato il nucleo già presente nelle collezioni pubbliche trentine di questo importante artista, e nel contempo si è confermata anche la valenza del palazzo sede dell’amministrazione provinciale (già 44 L’acquisizione di opere dagli eredi di Amalia Cappelletti ha interessato complessivamente quindici opere di provenienza trentina, sebbene non sia stato possibile appurare gli originari venditori. In questo volume sono presentate le opere di cui alle schede 15, 23, 25, 32-33, 186-187. 45 Acquisto dagli eredi dell’artista con determinazione n. 368 del 4 dicembre 2008. Le opere erano state generosamente concesse nel 1998 in deposito dalla famiglia ed esposte presso il prestigioso Palazzo Sede della Provincia autonoma di Trento. 27 Fig. 10 Dario Wolf, I titani, olio su tela, 1927, Trento, Palazzo Sede della Provincia autonoma di Trento (acquisizione del 2008) Imperial Hotel Trento), quale luogo di conservazione e di pubblica fruizione di selezionate opere delle più grandi personalità trentine del Novecento46. Una collezione ‘in costruzione’ Con grande dimostrazione di lungimiranza l’amministrazione provinciale, oltre a provvedere a salvaguardare collezioni del passato come quelle fin ora descritte, ha ormai da tempo posto le basi per una nuova collezione, che con la sua presenza ed importanza ‘risarcisca’ storicamente e culturalmente la sparizione di un intero ed importante settore economi- In questo senso si ricorda la recente iniziativa che ha coinvolto la Soprintendenza nell’illustrare una serie di opere di proprietà provinciale normalmente utilizzate come arredo delle sale di rappresentanza: si veda l’opuscolo edito per l’occasione dal titolo Res publica. Itinerario d’arte a palazzo, a cura di D. Floris E. Mich - A. Pasetti Medin - R. Perini, Trento 2013. 46 28 co e sociale del Trentino, ossia quello collegato alla produzione tessile, prima colpito duramente dalla pebrina nel pieno Ottocento poi dalle distruzioni della Prima Guerra Mondiale. Tra il 1992 e il 1993 viene infatti acquistata la preziosa e vasta collezione Viesi, proprietà di Lorenzo Viesi di Cles, titolare dell’omonima manifattura tessile, chiusa nel 1986. Sono così divenuti patrimonio provinciale innumerevoli esempi dell’arte tessile italiana, in particolare dell’Italia Settentrionale e Centrale, dal periodo medievale all’epoca Liberty. La raccolta è forte di ben 2.300 esemplari di stoffe e ricami nonché di circa 4.600 fiocchi, frange, bordure, queste ultime normalmente non presenti nelle collezioni tessili in numero così nutrito: vi compaiono velluti e broccati, paramenti liturgici completi, paliotti, abiti mondani, con le più disparate decorazioni, dai disegni barocchi di minuto disegno floreale alle sontuose composizioni a volute e fiori, alle decorazioni a bizarre del primo Settecento di ardita originalità e inconsueta fantasia, ai tessuti ‘a cineserie’ con alberi rampanti, pagode, draghi, a quelli a bande strette e verticali, alleggerite da mazzolini di fiori, fino ad arrivare ai manufatti ottocenteschi e Liberty47. Tra il 1994 e il 1995 viene condotta la campagna fotografica e catalografica dell’intera collezione, con il contributo del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, che diviene la base di ogni ulteriore iniziativa scientifica. Nel frattempo, verificate le difficoltà pratiche di ipotizzare un’esposizione di tessuti che in continuità occupasse - pur con iniziative temporanee - un congruo spazio all’interno del Castello del Buonconsiglio, l’amministrazione provinciale prende in considerazione ipotesi alternative, ivi compresa la possibilità di trasferire la raccolta in un centro diverso dal capoluogo secondo una politica museale che favorisca Una prima notizia in merito con la valorizzazione di ventotto esemplari dal XV al XIX secolo viene fornita da L. Dal Prà, Tessuti, in Un museo nel Castello del Buonconsiglio, cit., pp. 105106, e per le schede, curate da Paolo Peri, pp. 107-129. 47 anche la circolazione dell’utenza culturale nel territorio. È così quindi che, grazie ad un contributo provinciale, nel 2001 il Comune di Ala, facendo proprio il progetto di un centro di valorizzazione della cultura tessile, acquista Palazzo Taddei, la fastosa residenza della famiglia alense che per prima si dedicò alla produzione di tessuti e in particolare di velluti, ponendo le basi di uno sviluppo economico che nel 1764 poteva registrare 33 imprese attive, 209 tessitori e 170 garzoni con ben 300 telai. Una volta terminati i lavori di restauro, in parte finanziati con i fondi statali del Gioco del Lotto, il palazzo è così destinato ad accogliere il museo dedicato alle arti tessili, con il compito di fondare e promuovere in Trentino la conoscenza di tale settore, muovendo dalla riscoperta dell’antica tradizione locale e dalla raccolta di tante altre realizzazioni del territorio italiano e non, e trasformandosi anche in concreti stimoli per la creatività nel moderno comparto di riferimento. In tal modo Palazzo Taddei diverrà non solo luogo di conservazione di raccolte tessili ma anche garante tecnico-scientifico della conservazione e tutela delle testimonianze disperse nel territorio e strumento di conoscenza di un settore un tempo vitale dell’economia trentina, in costante collegamento con le altre realtà similari italiane ed estere. Con tali antefatti risulta chiara la motivazione in base alla quale nel corso degli ultimi dieci anni di acquizioni che si illustrano per exempla in questo volume un’attenzione costante sia stata rivolta a cogliere occasioni di ulteriore accrescimento della documentazione già assicurata dalla collezione Viesi, individuando i settori meno rappresentati e le ‘lacune’ di carattere cronologico e geografico e puntando a rafforzarli o a colmarle, ivi compreso qualche oggetto di produzione domestica, come il pregevole filatoio degli inizi del XIX secolo (sch. 115). Anche rispetto alla quali- Acquisto da mercato antiquario con determinazione n. 52 del 11 marzo 2005. Un primo approfondimento dei manufatti è in L. Dal Prà, Nord e Sud tra Quattrocento e Cinquecento. Il caso di due dalmatiche ricamate, in La pianeta Ar48 Fig. 11 Manifattura siciliana (?), Coperta a trapunto, 1561, particolare con stemma (acquisizione del 2007) tà complessiva della collezione Viesi, derivata senza dubbio dalla consumata esperienza del suo artefice, i manufatti che giungono a implementarla derivano da una selezione puntuale, attenta alla significatività intrinseca ma anche a quanto già rappresentato nella raccolta trentina. Numerosi sono pertanto gli esemplari acquisiti da collezionisti, antiquari specializzati nel settore e privati e, senza ovviamente indugiare nella loro completa elencazione, basti almeno menzionare la splendida coppia di dalmatiche in velluto tagliato alto basso rosso-cremisi su fondo di teletta d’oro di produzione toscana, arricchita da preziosi ricami di manifattura fiamminga intorno al 148048, cui chinto-Arcimboldi: un progetto di restauro. Incontrarsi per condividere studi ed esperienze nell’arte tessile ricamata del XV-XVI secolo, Atti del Convegno a cura di F. Fiori, Comignano (No) 2008, pp. 65-76. 29 Fig. 12 Manifattura trentina, Abito maschile composto da marsina e calzoni, 1765-1775, particolare (acquisizione del 2008) si sono poi affiancati ulteriori testimonianze a ricamo del periodo immediatamente successivo49, oppure una bianca coperta a trapunto datata 156150 (fig. 11), l’opulento conopeo siciliano incrostato di piccoli coralli (sch. 68), e il tessuto la cui balza a ricamo ricorda l’unione matrimoniale tra le famiglie a Prato e Thie- ne (sch. 20), senza dimenticare l’impegno, in onore della secolare tradizione alense, a rappresentare le migliori produzioni italiane di velluti con esemplari variopinti genovesi (sch. 54,76), veneziani e toscani dal XV fino al raro velluto del primo Novecento (sch. 167). Sebbene il settore dell’abbigliamento profano Acquisto da privato con determinazione n. 277 di data 20 dicembre 2005. Sui manufatti si veda il contributo di P. Peri, Ricami del nord Europa di primo Cinquecento nel museo trentino delle arti tessili di Ala, in La pianeta Archinto-Arcimboldi, cit., pp.77-89. Acquisto da privato con determinazione n. 306 del 17 dicembre 2007. 49 30 50 sia meno documentato nella collezione Viesi, dal momento che essa è collegata dall’attività di produzione e confezione di paramenti liturgici del suo artefice, non si è trascurato di cogliere occasioni importanti, come nel caso del vestito maschile settecentesco di origine trentina (sch. 108-109), restaurato ed esposto in questa occasione (fig. 12) assieme a una deliziosa bambola abbigliata di tutto punto che immaginiamo sia stata osservata con meraviglia da generazioni di bambini di una qualche famiglia altolocata del nostro territorio (sch. 104). Se la raccolta tessile provinciale è stata ulteriormente ampliata anche grazie a donazioni di Maria Cristina di Montemayor, editore della rivista “MCM. La storia delle cose”, e di Paolo Peri di capi di abbigliamento di alta moda del primo Novecento, un ulteriore salto di qualità è stato compiuto con l’ acquisizione da due degli eredi di una quota preponderante della storica collezione di Fulvia Zerauschek Lewis, originaria di Zara e recentemente scomparsa, segnalata a suo tempo da Doretta Davanzo Poli: l’operazione ha permesso di assicurare alla pubblica fruizione metà di una della più delle più significative raccolte in quel momento ancora presente in Italia, con pezzi selezionati uno ad uno da un’esperta riconosciuta ed accreditata in ambito internazionale51. La collezione, giunta così a Trento, di notevolissimo interesse storico-artistico, è composta da ben 674 merletti ad ago e a fuselli sia d’arredo che d’abbigliamento, come bordure, tramezzi, fazzoletti, tovaglie, copriletto, scialli, sciarpe, colletti, guanti, databili dal XVI al XX secolo e realizzati nei più grossi centri di produzione italiani, francesi, fiamminghi, inglesi, tedeschi, spagnoli, testimoniando in modo esemplare l’importante storia del merletto e della sua evoluzione tecnico-formale52. Anche grazie a quest’ultima acquisizione, di cui si presentano per la prima volta in mostra alcuni esem- plari in attesa di una specifica iniziativa di valorizzazione, si è reso possibile quel delicato lavoro di approfondimento tra manufatti tessili e ricami, moda, e ritratti su cui vertono i contributi di Paolo Peri e Marina Carmignani in questo volume. Sfruttando appieno il circuito virtuoso scaturito dall’acquisizione della quadreria Wolkenstein e dalla compresenza della grande collezione tessile provinciale in progress, egli infatti si è cimentato ad analizzare ogni particolarità dell’abbigliamento di un nobiluomo e di due nobildonne effigiati in pieno Seicento (sch. 29-31), mostrando come ciascuna di essa corrisponda agli orientamenti di gusto del tempo, ai manufatti allora di gran moda e, nel contempo, alle produzioni delle più importanti manifatture dell’epoca, esposte a fianco dei dipinti ed unicamente attinte dalla raccolta tessile trentina. Acquisto da privato con determinazione n. 374 e n. 380 del 21 dicembre 2006. Fulvia Zerauschek Lewis è tra l’altro autrice del volume Lace, Firenze 1980, nonché prestatrice di rari esemplari di sua proprietà in occasione di mostre qualificate e di successo: cfr. Cinque secoli merletti europei. I capolavori, Venezia 1984, I Mestieri della moda a Venezia- Secoli XII e XVII, Londra 1997, Modellari dei secoli XVI e XVII, Sansepolcro 2000. 51 Liberalitas e donazioni Non si è infine inaridita quella vena sotterranea che alimenta il patrimonio culturale pubblico attraverso le donazioni da parte di proprietari privati, desiderosi di consegnare quanto in loro possesso per preservarlo da dispersioni ed assicurarlo presso le istituzioni che più sentono rappresentarli. In questo senso anche una donazione di ridotta entità lascia intendere che quel rapporto tra istituzioni culturali e collettività e il senso di appartenenza delle prime alla seconda è ancora vivo pur nella trasformazione odierna dei modelli museali, posti di fronte alle sfide della rivoluzione informatica. Se è giusto menzionare in questo contesto l’importante donazione delle opere grafiche dell’architetto trentino Natale Tommasi (Tavernaro di Cognola, 1853- Trento 1923) da parte dell’erede Udo Tommasi, residente a Innsbruck, formalizzata dalla struttura 52 Sia il saggio di Paolo Peri che quello di Marina Carmignani in questo volume fanno riferimento a numerosi esemplari della collezione acquisita. 31 nel 2008 ma affidata alla Soprintendenza per i Beni Architettonici53, quella di alcuni documenti e di un bozzetto di Giovanni Marchesi (Mocenigo di Rumo, 1804-1835), promettente artista scomparso prematuramente, raffigurante un miracolo di sant’Antonio da Padova per la pala della chiesa di S. Vendemiano in provincia di Treviso54, quella di un bozzetto bronzeo del Monumento a Dante di Trento, eseguito da Arsace Boschi (nato a Firenze nel 1875)55, ma anche quella di una raccolta di reperti bellici della Prima Guerra Mondiale recuperati nel territorio trentino56, merita anche ricordare quelle che sono state il risultato di un concreto intervento della struttura di tutela a salvaguardia di importanti testimonianze a rischio di distruzione o danneggiamenti. Così la donazione del pregevole picchiotto da parte della Camera di Commercio, proprietaria di Palazzo Roccabruna a Trento, sul cui portone era applicato il vistoso manufatto poi sostituito da una copia (sch. 19), e la recentissima donazione della statua lapidea raffigurante San Giovanni Nepomuceno57, già ubicata all’interno dell’omonima edicola a Povo di Trento, opera firmata e datata (1778) da Antonio Giongo (sch. 103): oggetto di ripetuti sfregi, la scultura è stata in tal modo messa al riparo da ulteriori possibili danni assicurandone la valorizzazione come lavoro giovanile e documentato di un artista trentino, mentre il segno cultuale in loco è stato comunque garantito dalla collocazione di una copia. Altrettanto valore di conservazione del patrimonio culturale diffuso nel territorio ed esposto alle ingiurie del tempo riveste il caso delle vetrate istoriate di Remo Wolf, presenti in stato di abbandono all’interno della “Colonia Degasperi” di Candriai, complesso inaugurato nel 1959 per volontà dei Frati Minori Cappuccini, in particolare di padre Eusebio Iori, ed ora in mano privata58: entrambe datate 1962 e raffiguranti la Madonna del Rosario e Cristo con cinque apostoli e fanciulli, recano la scritta in basso “Vetreria artistica comm. Giuseppe Parisi – Trento”. I due manufatti si collocano nell’ambito di un filone di attività per la committenza ecclesiastica trentina meno conosciuto del Wolf, ma con tale recupero e la successiva donazione da parte del proprietario si sono poste le basi per ulteriori attività di conservazione nei confronti dell’opera di uno dei maggiori artisti trentini del Novecento59. Il fondo archivistico, a suo tempo individuato dall’architetto Roberto Codroico presso gli eredi, viene depositato nei primi anni ’90 del secolo scorso presso il Servizio Beni Culturali grazie all’arch. Flavio Pontalti, quale direttore dell’Ufficio Beni monumentali e architettonici; nel 2008 chi scrive riprende la questione del deposito al fine di verificare la possibilità di acquisire in via definitiva l’importante fondo documentario e, anche grazie la collaborazione di Giovanni Dellantonio e Roberto Perini, nonché di Michela Cunaccia, attuale direttore dell’ Ufficio per i Beni Architettonici, viene formalizzata la generosa donazione dell’intero corpus da parte di Udo Tommasi con determinazione n. 372 del 9 dicembre 2008. Esso consta di ben n. 693 unità fra disegni a matita, a china e acquerellati, stampe, fotografie e prove di stampa, databili dal 1896 al 1921: particolarmente importanti per il Trentino i progetti approntati per il restauro del Castello del Buonconsiglio, della chiesa dell’Inviolata a Riva del Garda (1896), di Palazzo Pretorio e del Duomo di Trento (19031904) e di Torre Aquila (1911), oltre che per la costruzione di alcune nuove chiese o ampliamenti di chiese a Panchià, Miola di Pinè, e quella del Seminario Maggiore di Trento. chesi accolta con determinazione n. 107 del 18 giugno 2004. Sull’artista si rinvia a S. Weber, Artisti trentini e artisti che operarono nel Trentino, ried. a cura di N. Rasmo, Calliano (Tn) 1977, p. 226 e Dizionario degli artisti trentini tra ‘800 e ‘900, a cura di F. Degasperi - G. Nicoletti – R. Pisetta, Trento 1998, pp. 282-283. 53 54 32 Donazione da parte dei signori Marco e Gianluigi Mar- Donazione da parte della signora Isabella Boschi accolta con determinazione n. 102 di data 18 maggio 2011. 55 Donazione da parte del signor Nicola Cappellozza di Vicenza. 56 Donazione del signor Luigi Nicolini accolta con determinazioni nn. 414 e 415 di data 19 dicembre 2012. 57 Donazione del signor del signor Tullio Santoni accolta con determinazione n. 321, di data 5 dicembre 2006. 58 59 Le opere sono state presentate in una conferenza di Luciana Giacomelli e Alberto Groff del 15 maggio 2007 in Palazzo Roccabruna, dal titolo Il futuro della memoria attraverso tre donazioni: il picchiotto di Palazzo Roccabruna, i vetri di Remo Wolf, una macchina tipografica. Dinnanzi a una così capillare azione di tutela sul territorio finora espletata dalla Soprintendenza non stupisca quindi l’accettazione di donazioni che riguardano non tanto opere d’arte ma macchine di produzione, segno evidente del fatto che sia l’ ‘offerente’ sia il ‘ricevente’ sentono l’esigenza di conservare segni tangibili di epoche appena trascorse ma ancora poco coinvolte in programmi di conservazione documentaria del patrimonio tecnologico in pericolo di sparizione altrettanto o forse più di quello artistico, nonostante i precisi riferimenti del Codice dei beni culturali e del paesaggio ai “beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi piu’ di cinquanta anni” (D. lgs. 42 del 22 gennaio 2004, art. 11, c.1 lett. h). Se il principio cronologico dei cinquant’anni è discrimine indicativo ma anche ‘mobile’, lasciando comunque spazio all’accettazione della donazione di due macchine da maglieria acquistate agli inizi degli anni ’50 del Novecento da una ditta di produzione trentina recentemente chiusa, anche tenendo presente l’impegno nei confronti del futuro Museo dell’arte tessile del quale si è già fatto cenno60, nel 2006 è stata accolta la donazione di una rara macchina tipografica a cilindri corredata da una targa - ‘’Fabbrica di macchine da stampa celeri Mödling già figli di L. Kaiser società anonima MÖDLING presso Vienna” - originariamente acquistata dalla ditta Miori di Riva del Garda tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘90061. La macchina è stata poi affidata in comodato alla Biblioteca Civica di Rovereto che la espone attualmente nel piano interrato di Palazzo Annona dedicato alla storia del libro ed allestito con pregevoli esemplari di torchi e macchine tipografiche restaurati e rimessi in funzione. Una nota sui restauri A parte casi di acquisti di opere in ottima condizione di conservazione, tutto il materiale esposto Donazione da parte della signora Maria Andriollo accolta con determinazione n. 230 del 24 luglio 2012. 60 61 Assieme a sette cassettiere di diversa misura con caratte- e descritto nel presente catalogo è stato oggetto di accurati restauri e, in qualche caso, di interventi di manutenzione, puntualmente segnalati in calce a ciascuna scheda con i nominativi dei membri dei gruppi di progettazione ed esecuzione dei lavori. Nel caso della collezione Wolkenstein si tratta di un intervento integrale, condotto con più tranche di lavoro a partire dal 2011 tramite confronti concorrenziali tra ditte di restauro qualificate, mentre per le altre opere è stato massiccio l’impegno profuso da parte dei restauratori del Laboratorio interno della Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici, attivati allo scopo già dallo scorso anno. Preme, proprio per questo, sottolineare come, sfogliando il volume anche con l’attenzione rivolta agli elementi più tecnici che strettamente storico-artistici forniti, valorizzare l’ampia quota di approccio non scontato in iniziative di valorizzazione così ampie, che allarga la prospettiva conoscitiva sui manufatti presentati con il coinvolgimento diretto, accanto e a stretto gomito con gli studiosi incaricati di redigere le schede di catalogo, di restauratori dell’amministrazione provinciale di grande e vasta esperienza, come Antonello Pandolfo, Roberto Perini, Francesca Raffaelli, Maria Luisa Tomasi, coadiuvati da Dino Franceschini, Paolo Poier e Monica Bortolotti per i grafici, ma anche di un chimico di altrettanta esperienza nel settore dei beni culturali, come Stefano Volpin, sulla cui presenza, dopo una lunga carriera quale professionista esterno, si può contare ormai da qualche anno nello stesso Laboratorio. Il risultato di un tale lavoro di équipe, vero e proprio ‘atto critico’ su opere dalle mille sfaccettature, si scopre innanzitutto in alcuni saggi: dal contributo di Luciana Giacomelli che si avvale anche delle analisi chimiche sui busti che attribuisce ad Alessandro Vittoria, a quello di Giovanni Dellantonio, che presenta i risultati circa la lega metallica dei falconetti di Sigismondo Thun, mentre Francesca Raffaelli redige ri in legno e in piombo, un’asciugastampe, un bancone porta forme e un porta attrezzi con accessori per la macchina stessa. Donazione da parte della Tipografia Tonelli di Riva del Garda, accolta con determinazione n. 237 del 24 ottobre 2006. 33 il proprio intervento sulla base dell’esperienza diretta del restauro e degli approfondimenti condotti con indagini chimiche, radiografiche e dendrocronologiche, quest’ultime eseguite dagli specialisti dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del CNR-IVALSA di S. Michele all’Adige, con i quali la Soprintendenza collabora da anni, e Roberto Perini offre un contributo di taglio del tutto inedito sulla tecnica incisoria di Luigi Ratini. La scheda di catalogo relativa a significativi interventi conservativi delle opere presentate in mostra comprende altresì la Nota di restauro elaborata di volta in volta dall’esecutore materiale del lavoro, come nel caso del Ritratto di gentiluomo di Alessandro Vittoria (sch. 18) ad opera di Roberto Perini, della statua di San Rocco (sch. 25) ad opera di Maria Luisa Tomasi, del raro piano in scagliola (sch. 55) e della coppia di sculture di Haili (sch. 66-67) ad opera di Antonello Pandolfo, di nuovo con l’ausilio di indagini chimico-stratigrafiche, radiografiche e dendrocronologiche particolarmente efficaci nell’approfondire la conoscenza di tali complesse opere, e, infine del delicato intervento sul pregiato paravento giapponese (sch. 142) ad opera di Francesca Raffaelli e Maria Luisa Tomasi. Altrettanto significativa è la Nota tecnico-scientifica redatta da Stefano Volpin circa le indagini sulla lega metallica del picchiotto Roccabruna (sch.19), avviando un interessante filone di ricerca che ha già messo a confronto i risultati con manufatti dello stesso periodo conservati presso il museo del Castello del Buonconsiglio, alla quale si aggiunge una seconda nel caso del dipinto di Pietro Liberi (sch. 51), dove l’approfondimento sui pigmenti utilizzati dall’artista ha indicato la soluzione a un’insolita problematica di intervento. L’orientamento impresso in questi anni di fervido lavoro della struttura di tutela si dimostra così, grazie a questi interventi tecnico-scientifici condotti nel Laboratorio (allo stesso modo di quelli seguiti nei cantieri del territorio) e in frequente collaborazione con altri istituti operanti nel settore62, di indubbio significato. In un periodo di grande effervescenza nel settore, che velocemente va verso una definitiva normativa sulla qualificazione dei restauratori, ma anche verso una chiarificazione sui ruoli da riservare ai direttori lavori, ai restauratori e ai tecnici, l’esperienza condotta durante la preparazione della mostra, così come durante le tante altre che si potrebbero annoverare nell’arco del decennio preso in considerazione in questo volume, conferma come la strada più corretta sia quella di una collaborazione multidisciplinare tra studiosi della materia, tecnici e restauratori, nella quale ogni risultato scientifico, ogni osservazione autoptica, ogni dato storico ed artistico raccolto venga proposto e fornito all’approfondimento congiunto tra le figure coinvolte, in quanto portatrici di alte professionalità che agevolano l’osmosi conoscitiva necessaria alla massima comprensione dell’opera sottoposta alle cure del restauro. Basti qui ricordare, a titolo d’esempio, la collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, l’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” del Consiglio Nazionale delle Ricer- che (CNR) a Sesto Fiorentino, la Soprintendenza del Polo Museale Veneziano, la Soprintendenza ai Beni Culturali della Valle d’Aosta, e la Galleria di Arte Moderna di Milano. 62 34 Secolo XV-XVI 38 Alessandro Vittoria. Conferme e ritrovamenti Luciana Giacomelli Discutere di Alessandro Vittoria, entro breve spazio e a fronte dei numerosissimi interventi critici che lo riguardano, è impresa davvero ardua: architetto e scultore, plasticatore, bronzista e medaglista, fu uno dei maggiori protagonisti della scena artistica veneziana nel secondo Cinquecento. Dopo la prima ricostruzione biografica e stilistica che dobbiamo a Francesco Cessi1 e l’imprescindibile analisi critica di Manfred Leithe-Jasper2, vanno segnalati almeno gli interventi di Andrea Bacchi che - oltre alla mostra tenutasi a Trento nel 1999 che ha visto coinvolti i maggiori studiosi dell’artista3 - gli ha dedicato, all’interno del suo fondamentale repertorio sulla scultura veneziana, quella voce che è a tutt’oggi la più aggiornata e completa disamina della sua attività4. Vorrei quindi solo provare ad aggiungere qualche piccola tessera nella ricostruzione della sua formazione, sia prima della partenza per Venezia nel 15435, sia negli anni immediatamente seguenti che lo videro attivo a Vicenza, tappa basilare per la sua maturità artistica. Nello stesso 1543, forse proprio assieme a Vittoria - all’epoca pressoché ventenne essendo nato nel 1525 anche gli scultori Vincenzo e Giangerolamo Grandi lasciarono Trento. Il giovane artista non poteva che aver ricevuto una prima formazione all’ombra dei due vi- centini, protagonisti dei maggiori cantieri della città, da S. Maria Maggiore al Castello del Buonconsiglio. Non ci aiutano in questa direzione i documenti e non era consuetudine registrare i nomi dei giovani garzoni. Appare evidente, d’altra parte, che molti artisti dovevano essere impegnati a fianco dei Grandi come denunciano le diverse soluzioni stilistiche che si riscontrano nei cantieri grandiani e la presenza di Vittoria in quella bottega rimane del tutto verosimile: forse proprio nelle sontuose sale del Magno Palazzo o in S. Maria la sua capacità potrebbe aver trovato visibilità agli occhi dei maestri. Certo Alessandro non mancò di osservare la coppia di cariatidi – probabilmente, in origine, parte del caminetto della Camera da basso del torrione – così vicina nella delicata modellazione dei volti, nelle pieghe morbide dei panneggi, alle terracotte dello Zacchi. Più che giustificata la chiamata in causa dei Grandi da parte di Francesca de Gramatica6, ma l’attento studio dei modi del volterrano nelle sale contigue, e negli stessi anni, è evidente in queste sculture che dimostrano come il cantiere del Castello fosse all’epoca una fonte di studio tra le più fervide. Il taglio deciso e vigoroso delle plastiche grandiane In “Collana Artisti trentini e artisti che operarono nel Trentino” a cura di R. Maroni, 1960-62, Trento rist. 1977, I. La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di A. Bacchi, Milano 2000, pp. 800-805. In quell’occasione lo studioso notava come mancasse ancora (manca tuttora) una monografia su Vittoria completa di catalogo ragionato di tutte le opere. 1 2 M. Leithe-Jasper, Alessandro Vittoria, tesi di dottorato, Vienna 1963. “La bellissima maniera”. Alessandro Vittoria e la scultura veneta del Cinquecento, catalogo della mostra a cura di A. Bacchi – L. Camerlengo – M. Leithe-Jasper, Trento 1999: tra i contributi dedicati a Vittoria si contano gli interventi di Luisa Attardi, Victoria J. Avery, Lorenzo Finocchi Ghersi, Manfred Leithe-Jasper, Thomas Martin, Loredana Olivato e Massimiliano Rossi. 3 4 Sull’argomento si veda L. Camerlengo, Alessandro Vittoria trentino, in “La bellissima maniera”, cit., pp. 46-57. 5 6 F. de Gramatica, Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi a Trento: aggiunte al catalogo, in “Paragone”, 1994, pp. 81-88, 529, 531533. 39 Fig. 1 Alessandro Vittoria, Ritratto di gentiluomo, particolare (acquisizione del 2005)