INDICE
POSTER: Regione Lombardia
Piano oncologico 1999-2001
35
Il sistema di emergenza-urgenza a Milano: inquadramento generale del
progetto e risultati raggiunti
36
Un ambulatorio specialistico ospedaliero come centro di educazione
sanitaria
38
Precoce diagnosi e trattamento con monitoraggio congiunto specialista
nefrologo-medico di base, dell'insufficienza renale cronica per rallentarne
la progressione e differire l'inizio del trattamento dialitico
39
Indagine epidemiologica sugli infortuni occorsi a degenti e visitatori
40
Dica 33 .......... volte cinema
41
La gestione integrata del paziente diabetico
42
La promozione della salute dei bambini e miglioramento della qualità
della vita durante il ricovero ed il trattamento terapeutico
43
L'accoglienza del paziente in ospedale
44
Valutazione di alcuni parametri di salute e degli indicatori di rischio
cardiovascolare negli operatori sanitari ospedalieri
45
Istituzione di un registro di patologia relativo al Tumore Epatico
primitivo in provincia di Bergamo
48
Indagine sulla qualità della vita e soddisfazione dell'assistenza sanitaria in
pazienti diabetici
50
Disease management e malattia diabetica: esperienza a Brescia
52
Un trattamento integrato delle lesioni del piede diabetico
53
Il sistema qualità nell'azienda ospedaliera
54
Campagne educative per una salutare esposizione solare
55
Continuità e standards di cura per i pazienti con sclerosi laterale
amiotrofica (SLA): il progetto Bergamo SLA '95
56
Miglioramento della qualità delle cure al paziente diabetico: esperienza
del servizio di diabetologia del P.O. di Palazzolo S/O
57
Rianimazione cardiorespiratoria sul territorio
58
Ospedale-territorio:
appropriatezza
comunicazione,
continuità
assistenziale,
59
Alimentazione in gravidanza: progetto correlato alla salute delle donne in
gravidanza
61
Esperienza di malattia: approccio psicosomatico, qualità dell'assistenza
62
Ospedale senza fumo
63
Continuità delle cura nella donna affetta da tumore mammario
64
Abbi cura di te
65
La ragione e il metodo
66
Il piacere di mangiare sano
67
Continuità delle cure
68
Alcolismo
69
La prevenzione in rete: Mantova unico modello Lombardo
70
Programma locale per l'emergenza ospedaliera
71
Progetto di educazione sanitaria rivolto ai pazienti asmatici, COPD e
relativi parenti
72
Risultati dell'indagine sui disturbi del comportamento alimentare (DCA)
nelle scuole di Milano
73
Il ruolo della promozione della salute nei
autoformazione per la sicurezza nei luoghi di lavoro
75
programmi
di
Progetto "IRIS - Ospedale Aperto"
76
Progetto per un ospedale senza fumo
La continuità dell'intervento educativo e terapeutico nell'assistenza
al paziente affetto da insufficienza renale cronica in fase predialitica
77
78
Esperienza di integrazione tra cure ospedaliere e territoriali nell'Asl MI 2
79
Il Day Hospital Integrato: una valida alternativa alla degenza ospedaliera
80
L'informazione e la comunicazione tra l'Ospedale e il bambino in un
cammino di accoglienza ed orientamento
81
Progetto di ospedalizzazione a domicilio
83
Sviluppo dei percorsi facilitati per il paziente oncologico
85
Dimissioni protette
86
Prenotazione ragionata ed informata del pasto in ospedale –
87
Ospedali senza fumo
88
Orientamento dei cittadini extracomunitari per un corretto utilizzo dei
servizi sanitari della provincia
89
Educazione sanitaria per la prevenzione degli incidenti Cerebrovascolari
89
Miglioramento delle capacità funzionali di pazienti sottoposti a
trattamento riabilitativo
89
La sorveglianza delle infezioni ospedaliere come indice di qualità
dell'assistenza in ospedale
90
L'aggiornamento del medico di famiglia per la gestione del paziente
oncologico
91
Programma di assistenza domiciliare per pazienti affetti da insufficienza
cronica in terapia con ossigeno-terapia a lungo termine (LTOT) o
ventilazione meccanica
93
Alcool e lavoro: il reinserimento lavorativo di persone con
alcoldipendenza grave
94
La continuità terapeutica fra strutture ospedaliere e territorio nelle
malattie neurologiche cronico-progressive invalidanti
95
Approccio integrato al trattamento e alla riabilitazione delle malattie del
motoneurone
96
La Stroke Unit: un nuovo approccio alla cura dell'ictus in fase acuta
97
Ottimizzazione e riduzione dei tempi di attesa in pronto soccorso
98
Pronto soccorso di primo livello - U.O. di medicina generale ad
indirizzo d'urgenza - ambulatorio di medicina interna: esempio di
riorganizzazione integrata
99
Percorso nascita
100
Il buon uso del sangue
103
Promozione della pratica di allattamento al seno
105
La continuità delle cure nei paziente oncologico
106
Il gioco come strumento per migliorare la qualità della vita del bambino
ospedalizzato
107
Promozione della qualità ambientale nelle sale operatorie. Analisi
microbologica del particolato delle superfici e validazioni
108
Il progetto "Isola": uno studio di popolazione generale sulla prevalenza
delle epatiti virali e le malattie croniche di fegato nella Provincia di
Bergamo
109
Istituzione di un servizio polifunzionale per il monitoraggio dei
pazienti affetti da ipertensione arteriosa e dei familiari degli stessi
110
Verifica del percorso riabilitativo nei pazienti con patologie croniche
111
Progetto riabilitativo individuale HPH
112
Qualità: il benessere dell'operatore sanitario come strategia di
miglioramento
114
La continuità della cura in ambito oncologico
115
Umanizzazione e personalizzazione della risposta sanitaria ai bisogni
espressi dalla persona
116
Sistema di sorveglianza delle infezioni ospedaliere- IWS Infections
Watching System
117
REGIONE LOMBARDIA - PIANO ONCOLOGICO 1999-2001
Dott. Marco Bosio, Dott. Alessandro Discalzi, Dott. Umberto Fazzone
Regione Lombardia - Direzione Generale Sanità - Servizio pianificazione Sviluppo
La Lombardia è tra le Regioni italiane quella che registra la più elevata mortalità per tumori, circa
30.000 decessi all'anno, rappresentando il 32% delle cause di mortalità. Molte persone pur colpite da
tumore maligno ne guariscono completamente, almeno il 40-45% del totale, grazie alle nuove
tecniche di diagnosi e cura. Con Delibera n. 1294 del 29 luglio 1999, pubblicata sul B.U.R.L. del
3/9/99, il Consiglio Regionale ha approvato il Piano Oncologico Regionale per il triennio 1999-2001.
Il provvedimento regionale delinea l'assetto organizzativo e funzionale per migliorare l'assistenza ai
pazienti oncologici e per garantire loro un iter terapeutico assistenziale definito, coinvolgendo tutte le
strutture presenti sul territorio.
Gli obiettivi generali da perseguire sono i seguenti:
1. riduzione della mortalità specifica
2. sviluppo della prevenzione attraverso interventi mirati
3. miglioramento dell'organizzazione con un'integrazione funzionale dei settori che si occupano di
tale problematica
4. innalzamento della qualità complessiva delle cure
5. miglioramento dell'assistenza e della qualità di vita.
Il Piano individua i settori nei quali si intende concentrare le proprie azioni nel prossimo triennio,
prevedendo campagne di educazione sanitaria sull'argomento, azioni per conoscere maggiormente il
fenomeno, programmi di screening e strutture organizzative in modo da garantire la continuità
assistenziale-terapeutica nel territorio. Infatti è prevista l'attivazione di una campagna di educazione
sanitaria, per quanto riguarda il fumo e la corretta educazione alimentare, al fine di informare i
cittadini sui comportamenti che possono aumentare il rischio di ammalarsi di tumore. Per quanto
riguarda le azioni di screening il Piano prevede che l'attenzione sia concentrata su tre patologie: il
cancro della mammella, del colon-retto e della prostata. Per ognuna di queste patologie sono previste
campagne di screening specifiche che le ASL, in collaborazione con tutte le strutture sanitarie,
provvederanno ad organizzare. Nello specifico è stato previsto, per il carcinoma della mammella,
l'esecuzione della mammografia nelle donne con un'età compresa tra ì 50 e i 70 anni, a cadenza
biennale; per il carcinoma al colon-retto è prevista l'esecuzione, in prima istanza, della colonscopia ai
famigliari di primo grado dei pazienti affetti dalla patologia per poi diffondere l'indagine all'intera
popolazione, utilizzando la determinazione del sangue occulto nelle feci o l'esecuzione
dell'endoscopia; per il carcinoma alla prostata si prevede i coinvolgimento della popolazione maschile
con un'età uguale o maggiore a 60 anni, con l'esecuzione della valutazione specialistica urologica e la
determinazione dell'antigene prostatico specifico. Per quanto riguarda l'assetto organizzativo è
prevista attivazione dei Dipartimenti Oncologici che rappresentano la modalità organizzativa che
meglio consente di garantire un'efficace attività relativamente agli obiettivi di diagnosi, cura e
riabilitazione dei tumori, impegnando appieno tutte le competenze professionali e le risorse
tecnologiche disponibili, facendo collaborare tutte le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate
che si interessano dell'argomento. Per ogni dipartimento Oncologico è prevista una struttura di
riferimento che ha il compito di coinvolgere nell'organizzazione dipartimentale i servizi e le divisioni
che operano
nell'ambito dell'assistenza dei malati oncologici. I Dipartimenti Oncologici nell'intera regione sono
22, di cui 12 a Milano.
E’ stata inoltre stabilita l'attivazione di una Commissione Oncologica Regionale, istituita da esperti
del settore, al fine di monitorare l'attuazione di quanto previsto dal piano Oncologico Regionale
nell'arco del triennio.
35
'SPERIMENTAZIONE GESTIONALE DI MILANO”. IL SISTEMA DI EMERGENZAURGENZA A MILANO. INQUADRAMENTO GENERALE DEL PROGETTO E
RISULTATI RAGGIUNTI
F. Pantè, M. Guffanti, G. Iapichino, G. Marraro, G. Martinotti, E. Pannacciuffi, F.
Garuti, E. Mori, G. Nigretti, E. Fogari, C. Magnocavallo, R. Cosentina, P.
Crollari, C. Dotti, G. Fontana e G. Arbosti
L'obiettivo generale del Progetto "Soccorso a Milano", purtroppo circoscritto alla sola area della Città
per disposizione della Conferenza Stato Regioni, è di formulare indirizzi operativi per l'emergenza
sanitaria della Città, che si traduce in pratica in una integrazione a rete del Sistema di Soccorso che
comprende sia il territorio (trasporto e primo trattamento), sia l'accesso d'urgenza agli ospedali (PSDEA-EAS di Milano), gestiti operativamente dai S.S.U.Em. 118.
I riferimenti legislativi sono pertanto il Protocollo d'intesa 13/2/1997 della Conferenza Stato Regioni,
il D.P.G.R. 22/12/1997, la D.G.R. n. 37437 del 17/7/1998 di attuazione dei piani della D.G.R. n.
27099 dell'8/4/1997 su "Atto di Indirizzo per il riordino del Sistema di Urgenza Emergenza in
Lombardia" e la D.G. R. del 1999 su " Pianificazione degli interventi attuativi" in esecuzione dei
precedenti atti legislativi nazionali e regionali testè citati.
Gli obiettivi specifici con riferimento alla recente delibera di Giunta sono ricompresi nei seguenti
punti comuni per tutto il territorio regionale.
Determinazioni per:
1. il fabbisogno quali-quantitativo dei mezzi di soccorso sia di 1 ° che di 2° livello;
2. tipologie; caratteristiche strutturali e strumentali dei mezzi di soccorso;
3. requisiti del personale volontario e non, addetto al servizio di soccorso e trasporto
urgente;
4. definizione delle modalità di rapporto tra le OO.VV. e i loro organismi associativi regionali e il
S.S.R.
Per quanto riguarda Milano l'attuazione dei primi 2 punti si è tradotta già nella attivazione di 4 mezzi
di soccorso avanzato con medico e Infermieri Professionali a bordo, rispettivamente presso la
Aziende Ospedaliere:
• Niguarda (proseguimento) 12 ore notturne 20.00-7.00;
• Fatebenefratelli 12 ore diurne 7.00-20.00 avviata in data 23/8/1999;
• San Paolo 12 ore diurne 7.00-20.00 avviata il 1/9/1999.
E' previsto l'avvio della 4° automedica presso l'Azienda Ospedaliera San Carlo per il 1/10/1999 su 12
ore notturne.
Per il 30/9/1999 è prevista l'estensione del servizio a 24 ore per l'automedica dell'Azienda Ospedaliera
Niguarda, dell'Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e dell'Azienda Ospedaliera San Carlo.
Entro il 30/12/1999 saranno attivate altre 2 automediche presso l'IRCCS Policlinico e l'Istituto
Ospedaliero San Raffaele.
Per il punto 3 sono stati attivati appositi corsi brevi di formazione e aggiornamento con una parte
teorica di 24 ore presso il S.S.U.Em. 118 di Niguarda ed una parte pratica presso i DEA-EAS delle
Aziende Ospedaliere partecipanti, con il contributo delle AA.VV. ANPAS e Croce Bianca e la
presenza di un operatore del SSUEm 118.
Per quanto riguarda il punto 4, oltre ad uniformarsi a quanto concordato a livello di accordo tra le
AA.VV. Regionali ed il S.S.R., è stato siglato un Protocollo d'intesa per la Città di Milano tra la
Direzione Generale per la Sperimentazione, ANPAS e Croce Bianca per il supporto di autista
soccorritore e del mezzo per l'avvio delle automediche previste nel progetto.
Infine, per quanto riguarda l'aumento del numero dei mezzi di soccorso di base e l'inserimento
graduale di personale infermieristico a bordo è stato predisposto un piano di formazione a breve e
medio termine che entro il 31/12/1999 permetterà questo graduale inserimento di Infermieri
36
Professionali per qualificare, oltre che quantitativamente anche qualitativamente, il Sistema dì
Soccorso di base.
il programma nella prima fase, in parte già attuata, al momento della scrittura della presente relazione,
prevede l'aggiornamento-formazione con la metodologia precedentemente accennata di circa 200
Infermieri Professionali di area critica.
La fattibilità del piano per quanto riguarda soprattutto il reperimento delle risorse umane,
estremamente difficoltoso in una realtà sanitaria complessa e disaggregata come la Città di Milano, è
basata, come si evince dalla D.G.R. di attuazione dei contenuti delle D.G.R. del 1997 e 1998 relative
al sistema dell'Emergenza-Urgenza, su questi 3 punti:
1. Formazione e aggiornamento del personale sia volontario che infermieristico e medico, in una
prima fase rapida per rispondere all'esigenza dell'avvio del sistema e successivamente a regime, per
permettere la disponibilità di operatori qualificati per gestire il nuovo sistema implementato.
2. Assunzione di personale sia infermieristico che medico con gradualità ed introduzione di un
sistema premiante per tutte le figure professionali coinvolte. Infatti, la forte componente progettuale
e le valenze strategiche delle determinazioni di attuazione non possono prescindere dal considerare
l'adozione di interventi con caratteristiche di straordinarietà.
3. Partecipazione delle Aziende Ospedaliere della Rete milanese con personale dipendente
infermieristico e specialistico, in forma, diremmo, consortile, al fine di assicurare il servizo di
automedica ed eventualmente autoinfermieristica. La novità costituita dal coinvolgimento delle
Aziende Ospedaliere cittadine, e nel prossimo futuro di altri Ospedali pubblici e privati di Milano,
dal punto di vista organizzativo e strategico rappresenta un modello sperimentale, che nel rispetto
del ruolo di coordinamento e di gestione operativa della Centrale Operativa S.S.U.Em. 118,
dimostra la potenzialità di una collaborazione a rete delle strutture sanitarie, nell'interesse dei
cittadini per una sempre migliore tutela della salute.
A completamento del quadro presentato occorre sottolineare il ruolo fondamentale svolto e da
svolgere da parte delle AA.VV. della Lombardia sia nell'avvio del Sistema che nel suo sviluppo, e
dalla componente dei medici abilitati ex. art. 66 D.P.R. 484/96, che rappresentano un investimento
fondamentale per lo sviluppo e il miglioramento continuo del Sistema di Urgenza-Emergenza, che
può crescere solo con la partecipazione di tutte le componenti, come l'avvio del modello sperimentale
di Milano ha dimostrato e soprattutto confermerà.
L'attività di emergenza-urgenza in un sistema sanitario che va sempre di più verso
un'aziendalizzazione spinta con il finanziamento degli ospedali attraverso la valorizzazione delle
prestazioni, rimane invece una "fruizione" obbligatoria di un S.S.R. che per essere all'altezza dei
bisogni dei cittadini deve trovare un giusto equilibrio, senza contrapposizioni ideologiche, sia sotto
l'aspetto economico, che di qualità ed efficacia a garanzia della libera scelta e della sicurezza dei suoi
utenti.
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UN AMBULATORIO SPECIALISTICO
EDUCAZIONE SANITARIA
OSPEDALIERO
COME
CENTRO
DI
A. Rossignoli, G. Palumbo*, E. Ronchi*, G. Fontana, M. Morgutti, Ufficio di
Farmacovigilanza e Farmacologia Clinica - Direzione Sanitaria, *Ambulatorio per la
Diagnosi e la Cura dell'Ipertensione A.O. San Carlo Borromeo -Milano
Nella società e nella sanità moderna, si ritiene sempre più importante promuovere tra i pazienti
un'adeguata consapevolezza delle proprie malattie e rendere così i soggetti sempre più partecipi
attivamente delle terapie, farmacologiche e non. I pazienti ipertesi rappresentano una popolazione in
cui, per motivi medici (importanza della prevenzione del danno d'organo, durata delle cure),
farmacoeconomici (terapie di durata indeterminata, spesso di costo elevato) e psicologici (necessità di
terapia in assenza di disturbi, spesso in età giovanile) un adeguato livello di conoscenza dei farmaci
da assumere può contribuire a migliorare la accettazione della terapia e quindi, auspicabilmente,
anche l'adesione alle prescrizioni mediche ed il loro risultato.
Con queste premesse, l'Ufficio di Farmacovigilanza e Farmacologia Clinica del nostro ospedale ha
preparato, in collaborazione con l'Ambulatorio per la Diagnosi e la Cura dell'Ipertensione, una serie di
schede, relative a numerosi farmaci antiipertensivi, redatte, appositamente per questo studio pilota da
un farmacista clinico, in maniera estesa e completa ma con termini il più possibili semplici e chiari ed
in una forma grafica accattivante, con la descrizione di indicazioni, precauzioni d'uso, effetti
collaterali, possibili interazioni con altri farmaci e cibi. A 97 pazienti visitati presso lo Ambulatorio
nel periodo giugno - settembre 1998, sono state consegnate le schede relative ai farmaci loro prescritti
insieme ad un promemoria posologico personalizzato ugualmente semplice e chiaro. Dal settembre al
dicembre 1998, in occasione della successiva visita, i pazienti sono stati invitati ad esprimere,
mediante la compilazione di un questionario, il loro livello di gradimento e di interesse al materiale
precedentemente consegnato (schede sui farmaci e schema posologico personalizzato). Sono stati così
restituiti, da parte di 44 F e 43 M, e quindi sottoposti a valutazione, 87 questionari (89.6% dei totali
distribuiti). Il 13.8% dei pazienti presentava un età inferiore a 40 anni, il 47.1% tra i 40 e i 60 anni, il
39.1% superiore ai 60 anni; il 21.8% era in possesso di un'istruzione a livello universitario, il 39.1%
rispettivamente di scuola media superiore e scuola dell'obbligo. Il 29.8% presentava un danno
d'organo; il 90.8% era già seguito dall'Ambulatorio; i pazienti assumevano una media di 2,4 farmaci
(range: 1 - 6) per un ipertensione in terapia in media da 10 anni e 8 mesi (range: 5 - 360 mesi). I1 50%
ha dichiarato di leggere abitualmente articoli o riviste di divulgazione scientifica.
Il 95% dei pazienti ha dichiarato di aver letto la/e scheda/e consegnata/e, (il 100% dei paz. < di 40
anni, il 97.5 % dei paz. 40- 60 anni, il 92.5% dei paz. > 60 anni) e dall’84% dei soggetti è stata
giudicata "utile", con una differenza significativa (p = 0.005) nel giudizio a seconda del grado di
scolarità (82.3, 79.4 e 94.7% rispettivamente per diploma dell'obbligo, scuola superiore o laurea).
Solo il 21% dei laureati ha ritenuto di mostrare o discutere tali schede con il proprio medico di
medicina generale, contro il 41% e il 58.8 % delle altre categorie di scolarità (p = 0.0001); non
risultano invece differenze per quanto riguarda la discussione con altre persone (es. il coniuge).
Analogamente, la nostra scheda informativa si e' dimostrata fonte di ansia solo per il 5.26% dei
laureati, contro il 17.6% ed il 14.7% delle altre categorie (p = 0.002), maggiormente per le donne che
per gli uomini (22.7 vs. 4.65%, p = 0.0001) e per i pazienti > 60 anni che per le altre classi di età
(20.5 vs 7.3 vs 16.6%).
L' interesse e il gradimento dell'iniziativa confermano, a nostro avviso, la necessità per tutti i medici
coinvolti nell'attività prescrittiva di un maggiore sforzo di comunicazione e di educazione con il
cittadino/paziente, e quindi di un maggiore impegno, in termini di tempo e disponibilità personale.
Inoltre, per quanto notevole sia stato lo sforzo di semplificazione del linguaggio, per alcune categorie
di persone ancora ciò non e' sufficiente; diventa quindi cruciale la collaborazione non solo tra le
diverse figure mediche (il medico di medicina generale e' stato coinvolto solo nel 43% dei casi), ma
anche con farmacisti e infermieri professionali. Ugualmente di rilievo sarà l'implementazione di
programmi analoghi sia per altre patologie che richiedono terapie di lunga durata, sia per alcune
38
condizioni (per es. dimissioni ospedaliere) in cui l'introduzione di nuove terapie o la modifica di
terapie inveterate deve necessariamente essere adeguatamente spiegata e concordata, pena
l'insuccesso terapeutico.
PRECOCE DIAGNOSI E TRATTAMENTO, CON MONITORAGGIO CONGIUNTO
SPECIALISTA NEFROLOGO-MEDICO DI BASE, DELL'INSUFFICIENZA RENALE
CRONICA PER RALLENTARNE LA PROGRESSIONE E DIFFERIRE L'INIZIO DEL
TRATTAMENTO DIALITICO.
Bazzi C.°, Sinico RA.°, Sabadini E.°, Pinerolo C.°, De Toma L.°, Fontana G.*,
D'Amico G.° °Divisione di Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera Ospedale
San Carlo Borromeo, Milano - *Direzione Sanitaria, Azienda Ospedaliera
Ospedale San Carlo Borromeo, Milano.
Negli ultimi 15 anni il numero annuale di nuovi pazienti (pz) affetti da insufficienza renale cronica
(IRC) terminale necessitanti di terapia sostitutiva è quadruplicato negli USA e nei paesi della Unione
Europea. In 4 paesi occidentali (Italia, Francia, Regno Unito, USA) nei primi anni '90 la spesa per la
terapia sostitutiva renale variava dall'1% all'1.6% della spesa sanitaria annuale ed era diretta allo 0030.08 della popolazione totale. Attualmente esistono terapie utili a rallentare la progressione della IRC
e a contenere l'incremento numerico dei pz che ogni anno giungono alla IRC terminale, ma tali terapie
vengono applicate solo a una minoranza di pz e spesso tardivamente.
Negli anni 1997 e 1998 76 pz. hanno iniziato un trattamento dialitico cronico per uremia terminale
presso la Divisione di Nefrologia dell'Ospedale San Carlo Borromeo di Milano: 14 pz (18%) non
avevano mai avuto in precedenza un contatto con il nefrologo; 34 pz (45%) erano seguiti da 1-3 anni,
28 pz (37%) erano seguiti da più di 3 anni. I pz seguiti da 0-3 anni, nell'anno d'inizio dialisi, hanno
avuto 2.06 ricoveri/anno con 44.3 gg di degenza/anno; i pz seguiti da > 3 anni hanno avuto 1.7
ricoveri/anno con 31.3 gg di degenza/anno. Questi dati confermano che è frequente un tardivo invio al
nefrologo dei pz. con insufficienza renale cronica: questa circostanza preclude l'applicazione precoce
delle terapie idonee a rallentare la progressione dell'IRC e delle complicanze ad essa associate, con
conseguente anticipo dell'inizio della dialisi, peggiore qualità di vita, maggiore morbilità e costi più
elevati. Per ovviare a questi inconvenienti è stato avviato un programma, che contempla anche la
sensibilizzazione e il coinvolgimento dei medici di base, finalizzato a una diagnosi precoce dell'IRC e
una precoce applicazione delle terapie (dieta, anti-ipertensivi, ACE-inibitori, chelanti del fosforo,
vitamina D3, anti-anemici, ecc.) attualmente in uso nella IRC con l'obiettivo di:
- rallentare la progressione dell'IRC e delle complicanze ad essa associate,
- ritardare l'inizio della dialisi,
- ridurre la morbilità
- migliorare la qualità della vita
- ridurre i costi
A tale scopo è stata eseguita una revisione dei pz seguiti nell'ambulatorio di Nefrologia e sono stati
identificati circa 400 pz idonei ad essere inclusi nel programma. Sono in corso di definizione
protocolli terapeutici, modalità di collaborazione con i medici di base e caratteristiche del "follow up"
ambulatoriale.
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INDAGINE EPIDEMIOLOGICA SUGLI INFORTUNI OCCORSI A DEGENTI E
VISITATORI
M. Moreno , M. Lombardo, C. Lari, S . Paladino, C. Lopez, R. Baldelli, A.Palestra,
C. Dotti. Direzione Sanitaria - Azienda Ospedaliera San Paolo - Milano
Obiettivi: Consapevoli dell'impatto che l'ambiente ospedaliero ha sulla salute dei pazienti si è voluto
sviluppare un database epidemiologico orientato alla rilevazione e alla prevenzione degli infortuni.
L'evento infortunio dei pazienti e visitatori in ambito ospedaliero è un fenomeno non sufficientemente
approfondito, nonostante sia presumibile che le sue conseguenze sul piano clinico, sociale, economico
e organizzativo, siano importanti ed anche consistenti, poiché esso interessa con particolare frequenza
la popolazione anziana, che è in rapida crescita demografica. Obiettivo di questo lavoro è affrontare
in maniera sistematica il fenomeno degli infortuni a pazienti e visitatori nell'ambito dell'Azienda
ospedaliera S.Paolo di Milano, mediante la definizione di una modalità di raccolta dei dati che
permetta un confronto con altre realtà ospedaliere e la valutazione dell'impatto dell'evento
sull'organizzazione del lavoro.
Materiali e metodi: Sono state raccolte le segnalazioni di infortuni inoltrate alla direzione sanitaria
dalle divisioni dell'ospedale dal 1 gennaio 1998 al 30 giugno 1999. I dati raccolti dai moduli
predisposti sono stati inseriti in un database di tipo relazionale e sono stati oggetto di elaborazioni
attraverso fogli elettronici e pacchetti grafici per la descrizione del fenomeno e per verificare
l'esistenza di associazioni tra le variabili prese in considerazione. E' stato anche valutato
l'assorbimento delle risorse legato all'infortunio, considerando i costi specifici attribuibili per gli
accertamenti strumentali richiesti per la determinazione della prognosi dell'infortunio e valutando i
tempi medi convenzionali di assistenza medica ed infermieristica impiegati per l'evento.
Risultati: Nel periodo preso in considerazione sono pervenute alla direzione sanitaria dell'Ospedale
n. 364 denuncie; il 54,4% ha riguardato degenti di sesso femminile, l'età media è stata di 70,4 anni
(più elevata nelle donne), le cause sono state per il 60% cadute e per il 35% scivolamenti ,
interessando per il 31,6% dei casi il capo e per il 15,6% gli arti.
Il tasso medio di caduta (rispetto alle giornate di degenza) è stato dell' 1,3%, con picchi più elevati nei
reparti di area internistica. Il numero di cadute annue per posto letto è stato di 0,4.
Quasi la metà degli infortuni si è verificata durante l'orario notturno. Per gli infortuni accaduti nei
primi sei mesi del 1999 è stato possibile incrociare la scheda di rilevazione con la scheda di
dimissione ospedaliera, permettendo alcune elaborazioni relative ai DRG dei pazienti infortunati.
Conclusioni: I dati ottenuti, pur in linea con la scarsa bibliografia nazionale, dimostrano la necessità
di un sistematico e continuo monitoraggio nel tempo dell'evento infortunio, incentrando l'attenzione
sulle cause che lo hanno determinato, per poter mettere in atto un piano di prevenzione, che non può
prescindere da adeguati programmi di formazione ed aggiornamento del personale e dal controllo
dell'efficacia assistenziale.
40
“DICA 33…. VOLTE CINEMA”
C .Lari, R.Baldelli, C.Dotti, M.Lombardo, C.Lopez, M.Moreno, S.Paladino,
A.Palestra. Direzione Sanitaria - Azienda Ospedaliera San Paolo - Milano
OBIETTIVI SPECIFICI: Il progetto "Dica 33 ..................................... volte cinema" rientra nel più
ampio progetto di umanizzazione della Azienda Ospedaliera San Paolo ed ha lo scopo di rendere un
poco più piacevole, meno tediosa e lunga la permanenza dei pazienti ricoverati nel nostro ospedale
creando, tra l'altro, ambienti di vita favorevoli, umani e stimolanti. Consiste nella proiezione di film a
gruppi di degenti.
MATERIALI E METODI: La proiezione di un film avviene in un'aula polifunzionale, con cadenza
attualmente quindicinale.
Le videocassette vengono proiettate in prima serata, una fascia oraria in cui la distribuzione della cena
è già avvenuta, sono terminate le attività assistenziali, non vi sono altre distrazioni per i pazienti
ricoverati ed i visitatori sono usciti. Per la realizzazione di questo progetto ci si avvale della preziosa
collaborazione dei volontari del Gruppo Tempo Libero dell'A.V.O. (Associazione Volontari
Ospedalieri), che opera da anni nel nostro ospedale.
La S.I.A.E.. preventivamente contattata, ha rinunciato ad incassare i diritti d'autore, in quanto
l'iniziativa si rivolge esclusivamente ai pazienti degenti ed è gratuita.
E' stato deciso un programma di film del genere "commedia", tra cui: "Tre uomini e una gamba", "Il
mostro", "Il matrimonio del mio migliore amico", "In and out ". Alcuni giorni prima dello spettacolo i
volontari preparano, utilizzando fogli con lì logo appositamente creato per l'iniziativa, le locandine ed
i moduli di adesione per i pazienti. L'accesso alla " sala cinematografica" è consentito dall'intervento
dei volontari, che accompagnano i pazienti dai reparti di degenza e li riaccompagnano, a proiezione
terminata. L'iniziativa è pertanto rivolta anche a degenti non autosufficienti, autorizzati dai medici ad
allontanarsi dal reparto.
Terminata la proiezione, viene consegnato a tutti i degenti-spettatori un questionario di gradimento
che consentirà di valutare il successo dell'iniziativa. Un indicatore che intendiamo calcolare è il grado
di coinvolgimento dei pazienti in rapporto al tipo di film.
RISULTATI: Per promuovere l'iniziativa è stata organizzata una "prima" con la partecipazione a
sorpresa degli attori protagonisti di "Tre uomini e una gamba". In quell'occasione ci si era impegnati
ad assicurare la presenza di degenti pediatrici e giovani, in generale, acconsentendo anche
all'accompagnamento di genitori e fratelli. L'affluenza è stata di circa 100 persone e l'accoglienza è
stata molto calorosa. La partecipazione agli spettacoli seguenti è stata di circa 20 degenti per
proiezione. A tutte le proiezioni erano presenti alcuni pazienti non deambulanti, accompagnati in
carrozzina. Ad esclusione della prima proiezione, non vi è stata un'età predominante degli spettatori.
CONCLUSIONE: Non si sono ancora elaborati i questionari di gradimento perché, essendo avviato
da poco il progetto, questi sono ancora insufficienti. Comunque, da una prima lettura, il giudizio
espresso dai pazienti che hanno partecipato è stato positivo, con note di plauso per l'iniziativa che ha
permesso di trascorrere "una serata diversa dalle altre", "un'oretta serena" e un "poco di svago".
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“LA GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE DIABETICO”
Ospedale San Gerardo di Monza - Azienda Ospedaliera
Uno dei problemi emergenti dell'assistenza sanitaria degli anni 2000 è rappresentato dalla gestione dei
soggetti affetti da patologie croniche degenerative, che divengono sempre più numerosi in relazione
all'aumentata aspettativa di vita ed al cambiamento delle abitudini di vita che accentuano alcuni fattori
di rischio.
Il diabete mellito può essere considerato un esempio paradigmatico di tale situazione: rappresenta una
malattia sociale ad alta prevalenza ad andamento cronico ed invalidante, che comporta, peraltro,
elevati costi economici e sociali.
I risultati di Stockholm Diabetes Intervention Study e DCCT (1993) dimostrano inequivocabilmente
che nel diabete di tipo 1 (circa il 10% di tutte le forme di diabete) la riduzione dei livelli glicemici
ritarda l'insorgenza e rallenta la progressione delle complicanze microangiopatiche con riduzione del
rischio per i diversi eventi compresa tra il 35 e 75%. La riduzione del rischio cardiovascolare, pur
presente, non raggiungeva la significatività statistica.
I risultati dell'UKPDS (1998) dimostrano che nel diabete di tipo 2 (circa il 90% di tutte le forme di
diabete) uno stretto controllo metabolico (HbAlc -7.1%) comporta una riduzione del 25%
dell'incidenza delle complicanze microvascolari, mentre il rischio cardiovascolare si riduce solo del
16% senza raggiungere la significatività statistica. Si dimostra invece la necessità di un controllo
pressorio intensivo per ridurre il rischio cardiovascolare.
Da queste premesse consegue la necessità di un approccio clinico più "aggressivo" e possibilmente
"continuativo" nei confronti del soggetto affetto da diabete mellito: tale condizione può essere
raggiunta solo con l'integrazione di tutte le figure e le strutture che possono intervenire nella gestione
di tale paziente.
I destinatari del progetto sono i pazienti affetti da diabete mellito, seguiti da Medici generali del
territorio dell'ex USSL-64 di Monza e dall'Unità Operativa Diabetologica dell'Ospedale di Monza.
L'obiettivo è quello di migliorare la qualità dell'assistenza al paziente diabetico ottimizzando la
comunicazione e la collaborazione tra U.O.D. e Servizi territoriali che hanno in cura i pazienti
diabetici (Medici di M.G. e Infermieri A.D.I.) e aumentando la disponibilità e la qualità dei
programmi educativi e di formazione continua per il personale medico e infermieristico interno ed
esterno all'ospedale.
Punto centrale del progetto è la costruzione di un data-base contenente i dati clinici rilevanti dei
pazienti diabetici, da parte dei Medici generali aderenti al progetto e dell'Unità Operativa
Diabetologica, aggiornato annualmente
Oltre a ciò sono previsti momenti di formazione e aggiornamento sul diabete mellito, rivolti al
personale medico e infermieristico che ha in cura ì pazienti diabetici; essi in prevalenza sono mirati ai
problemi evidenziati dal data-base.
In conclusione il progetto tende all'elaborazione di linee guida e protocolli di gestione clinica della
malattia diabetica e delle sue complicanze.
Allo stato attuale il progetto si trova in avanzata fase di messa a punto del data-base necessario per lo
sviluppo successivo, consistente nella individuazione dei soggetti (medici e infermieri) interessati al
programma di formazione e aggiornamento.
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PROMOZIONE DELLA SALUTE DEI BAMBINI E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ
DELLA VITA DURANTE IL RICOVERO ED IL TRATTAMENTO TERAPEUTICO
Ospedale San Gerardo di Monza - Azienda Ospedaliera
Il progetto si colloca in un contesto sia ospedaliero che territoriale ed ha un indirizzo pediatrico con
due macroaree di intervento:
•
•
i processi di accoglienza e di assistenza di bambini e familiari nelle fasi di ricovero e terapia
i processi di comunicazione e relazioni con il territorio che diffondono una cultura della salute
dei bambini, con effetti sia sulla prevenzione che sulla continuità delle cure, e favoriscono un
rapporto più consapevole e positivo tra l'ente ospedaliero, la sua utenza ed il bacino territoriale
nel complesso.
Il progetto capitalizza su alcuni fattori positivi già operanti o in fase di approntamento quali la
presenza di reparti specialistici di riconosciuta eccellenza, con utenza anche extra-territoriale, e la
presenza in ospedale e sul territorio di numerose associazioni di volontariato rivolte all'assistenza dei
bambini e dei loro familiari (Comitato Maria Letizia Verga, ABIO etc).
L'esame approfondito di questi fattori ha consentito però di riconoscere che alcuni di essi rilevano
aree di potenziale miglioramento e, soprattutto, che una loro visione progettuale comune ed integrata,
che li armonizzi e favorisca sinergie, può migliorare la loro efficacia globale in relazione alle aree di
intervento sopracitate.
Inoltre il sistema di relazioni, comunicazioni e norme comportamentali reciproche tra il personale
ospedaliero ed il personale delle associazioni è suscettibile di miglioramenti che si trasferirebbero sul
benessere dei pazienti, dei familiari e dello stesso personale.
L'obiettivo generale del progetto è quello, operando attraverso il miglioramento dei processi
relazionali, di aumentare le opportunità offerte dall'ospedale ai pazienti ed ai loro familiari tramite
gruppi ed organizzazioni di volontariato; creare nell'ospedale ambienti di vita favorevoli, umani e
stimolanti; promuovere iniziative di informazione e di promozione della salute indirizzate alla
comunità.
Il progetto si articola in quattro programmi di intervento di cui il primo, relativo al miglioramento
della Qualità del Servizio offerto dall'ABIO (una delle Associazioni interessate) e delle sue relazioni
all'interno del contesto ospedaliero è già stato avviato ed ha fornito anche i primi risultati
apprezzabili: attraverso l'analisi dei dati emersi dalla elaborazione di un questionario valutativo
distribuito ad oltre 200 volontari ABIO sono emerse molte utili informazioni, il cui incrocio con le
valutazioni espresse dal personale ospedaliero, consentirà la messa in atto di molti processi
migliorativi dei rapporti fra queste due realtà e, quindi, della funzionalità di entrambe rispetto ai
pazienti.
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"L'ACCOGLIENZA DEL PAZIENTE IN OSPEDALE"
Ospedale San Gerardo di Monza - Azienda Ospedaliera
Il progetto si riferisce al contesto ospedaliero e particolarmente al momento del ricovero del paziente
in reparto e all'accoglienza che il personale (infermieristico e ausiliario) gli riserva con riguardo alla
relazione interpersonale e alla informazione mirata a ridurre il naturale disagio conseguente al
ricovero. Il progetto prende spunto dal documento "Patto Infermiere Cittadino" che qualifica
l'attività assistenziale, migliorandola, semplicemente applicando il principio del diritto
all'informazione corretta e completa.
Corretta perché adatta alla persona ricoverata con i suoi bisogni specifici riferiti all'età, alle
condizioni generali e particolari, alle richieste esplicite e inespresse.
Completa perché non deve lasciare spazi di "mancate risposte" che possano residuare bisogni
insoddisfatti.
Promuovere un'idea, quindi, per promuovere la salute.
L'Infermiere dichiara il proprio impegno a stabilire un contatto umano con la persona ricoverata per il
soddisfacimento di bisogni di relazione, di informazione, di rassicurazione nell'ambito del più ampio
intento dettato dal "Codice deontologico" della professione infermieristica.
Nella sua fase di attuazione il progetto coinvolge sia il personale infermieristico, sia il personale
ausiliario delle Unità Operative di degenza, in quanto tale personale, nel suo complesso organizzativo,
è chiamato a rispondere delle modalità di accoglienza che utilizza nei confronti del paziente all'atto
del ricovero: è in base all'atteggiamento, all'azione di chi accoglie/riceve il paziente in reparto che si
sviluppa la successiva azione assistenziale; la "buona accoglienza" prelude alla "buona
assistenza".
Il coinvolgimento di soggetti esterni (Gli studenti del terzo anno del corso D.U.I e l'Associazione dei
Volontari Ospedalieri -A. V.O-) assume un valore fondamentale nella riuscita del progetto.
I destinatari del progetto sono i pazienti ricoverati nelle U.O. di degenza nelle diverse aree selezionate
per tipologia di ricovero (area medica, area chirurgica, area intensiva, area specialistica).
Il progetto si riferisce agli obiettivi contenuti nella dichiarazione di Budapest del 1991 sugli Ospedali
per la promozione della salute e alla Carta di Ottawa, redatta nel corso della Conferenza
Internazionale del 17/21 novembre 1986 che promuove il raggiungimento dell'obiettivo della salute
per tutti nell'anno 2000 ed oltre.
Sostanzialmente prevede la creazione di un semplice strumento di osservazione da fornire al
personale di assistenza per misurare i bisogni individuali di relazione, di informazione, di
rassicurazione e l'individuazione delle azioni specifiche conseguenti, costituendo il mezzo per ridurre
le differenze che attualmente caratterizzano il livello di salute offerto alla persona ricoverata.
L'informazione corretta e completa consente scelte altrettanto corrette e complete.
Attualmente il progetto si trova nella fase di organizzazione generale, la cui conclusione si prevede
entro giugno 2000; dopo tale fase inizierà l'applicazione del primo modulo di progetto che prevede il
coinvolgimento di 4/5 Unità Operative. Al termine il modulo si ripeterà, con cadenza semestrale, sulle
restanti U.O. aziendali.
L'analisi conclusiva dei risultati del progetto è prevista per il mese di dicembre 2003.
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VALUTAZIONE DI ALCUNI PARAMETRI DI SALUTE E DEGLI INDICATORI DI
RISCHIO CARDIOVASCOLARE NEGLI OPERATORI SANITARI OSPEDALIERI
Azienda Ospedaliera "Ospedale Civile di Vimercate"
Cooordinatore di progetto: Franco TOFFOLETTO, Primario Unita' Ospedaliera
di Medicina del Lavoro Ospedale di Desio
Premessa
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte e/o invalidità nei paesi occidentali, con gravi
ripercussioni nella sfera familiare, sociale, lavorativa ed economica. La patogenesi e' sempre riferita a
un modello di disordine psicofisiologico che inevitabilmente si relaziona all'ambiente, anche
lavorativo, e alla personalità. Le popolazioni lavorative, per la loro omogeneità e accessibilità,
consentono studi longitudinali e verifiche di efficacia degli interventi di prevenzione. I lavoratori del
comparto sanitario presentano caratteristiche che rendono interessante lo studio dei fattori di rischio
cardiovascolare: il lavoro svolto prevalentemente in turni avvicendati anche notturni, il livello di
stress connesso con l'attesa degli eventi e con la reperibilità, il livello di coinvolgimento emotivo, il
progressivo incremento dell'età media e dell'anzianità media nella mansione svolta. Il contributo
offerto dalla Medicina del Lavoro" apre sempre maggiore attenzione verso una "medicina di comunità
(accanto a quella consolidata "occupazionale" e "ambientale"), orientata a favore di programmi di
"health promotion". Da ciò consegue la necessità di rivolgersi alle cause e ai fattori determinanti la
salute ovvero allo sviluppo di programmi di igiene ed educazione.
Il progetto, che intende coinvolgere un campione significativo di circa 300 soggetti, operanti in
strutture ospedaliere con compiti di assistenza prevalentemente infermieristica, ha i seguenti
obbiettivi generali (v. anche le indicazioni della "dichiarazione di Budapest"):
• accrescere la consapevolezza dell'impatto che l'ambiente ospedaliero ha sulla salute del personale
e della collettività; migliorare l'ambiente fisico e organizzativo a vantaggio anche di un miglior
processo terapeutico;
• creare condizioni di lavoro sane per tutto il personale dell'ospedale;
• creare in ospedale ambienti di vita e di lavoro confortevoli, umani e stimolanti, soprattutto ove
siano ricoverati pazienti cronici, lungodegenti, non autosufficienti.
Obiettivi specifici:
Scopo della ricerca e dello studio e' la verifica della relazione esistente fra i parametri considerati
come indicatori dello stato di salute e del rischio cardiovascolare e l'attività lavorativa svolta. La
popolazione lavorativa allo studio e' costituita da operatori sanitari (medici e non) occupati in attività
di assistenza in reparti di degenza e intervento a particolare "carico" lavorativo, e sottoposti a
sorveglianza sanitaria periodica. I risultati acquisiti verranno confrontati con quelli ottenuti da una
popolazione di controllo considerata omogenea, e le risultanze del confronto saranno utilizzate sia per
promuovere innovate condizioni di salute individuali, sia suggerire comportamenti collettivi
modificati.
Metodologie e aree di intervento:
applicazione dei protocolli di analisi sulla popolazione lavorativa, operante in attività a elevato
impegno psicofisico, con articolazione in quattro ambiti:
1. elevato livello di responsabilità correlato con la gravità dell'intervento (pronto soccorso, sale
operatorie, unità coronarica, rianimazione);
2. elevato livello di tensione connesso con l'attesa di possibili eventi acuti (pronto soccorso, guardia
notturna, reperibilità);
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3. elevati carichi di lavoro con fasi di sovraccarico oltre la massima performance possibile, in
relazione alla pressione di richieste eccessive o poco giustificate (pronto soccorso, sportelli
prenotazione, ambulatori" critici", etc...);
4. elevato carico di lavoro (ai limiti della performance) con andamento costante, senza flessioni
(medicina, dialisi, urologia, medicina del lavoro, etc...).
Risorse umane e strumenti:
-
Risorse interne all'Unita' di Medicina del Lavoro e risorse reperite dalle Divisioni di
Cardiologia, Laboratorio, Psichiatria.
Strumenti caratterizzati da:
o scheda anamnestica individuale
o scheda di valutazione della soggettività
o scheda clinica individuale
o questionari (per lo stress e la percezione della fatica, secondo per esempio i criteri
metodologici “Karasek”, “Borg”);
o indicatori semplici (ematochimici di base, di misurazione della pressione arteriosa,
elettrocardiografici a riposo);
o indicatori complessi (valori delle catecolamine, holter ECG e holter PA, tests
neurocomportamentali);
o scheda di rilevazione dei fattori di confondimento (stato familiare e sociale, abitudini di
vita, eta' e sesso).
Tempi previsti:
Lo studio e' previsto della durata di due anni, secondo il seguente schema di Gantt:
Primo semestre
Secondo semestre
Terzo semestre
Quarto semestre
Identificazione dei gruppi
e dei campioni (circa 300
soggetti); formulazione
del protocollo di ricerca.
Avvio della ricerca, con sistematica raccolta dei dati
secondo il protocollo metodologico predisposto; immissione
dei dati in un adeguato database predisposto.
Prima valutazione dei
dati, eventuali correttivi,
avvio del confronto con
dati della popolazione di
confronto.
Elaborazione delle
risultanze e stesura
del report finale.
Criteri per la valutazione:
- Il numero dei soggetti coinvolti: il campione previsto, in rapporto al totale degli operatori (in
medesime condizioni operative e di lavoro) e' giudicato sufficientemente rappresentativo;
- la sorveglianza sanitaria periodica: poiche' trattasi di soggetti comunque sia sottoposti a controlli
sanitari periodici, vi e' la garanzia di un "monitoraggio" longitudinale nel tempo, con possibilità assai
ampia di una verifica "a posteriori" di condizioni lavorative migliorate, di comportamenti individuali
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modificati, di conoscenze (educazione sanitaria) acquisite.
Staff di programma (comitato tecnico) e alleanze
Il progetto e' supportato, nelle sue fasi esecutive, da uno staff composto da:
- Arturo BAJ* - Giuseppe CORTONA* - Rino DONGHI* - Guido FELTRIN* (* Unita' Ospedaliera
di Medicina del Lavoro / Ospedale di Desio),
e si avvale della:
- UDA (Unita' Didattica Assistenziale) di Medicina del Lavoro (resp. Prof. Giancarlo CESANA),
Universita' degli Studi Milano/Monza.
Coordinatore del progetto Franco TOFFOLETTO (Primario della Unita' Ospedaliera di Medicina
del Lavoro / Ospedale di Desio)
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ISTITUZIONE DI UN REGISTRO DI PATOLOGIA RELATIVO AL TUMORE EPATICO
PRIMITIVO IN PROVINCIA DI BERGAMO.
G. Meroni*, E. Silini°, E. CivardiA, A. Zucchi**, G.P. Cassina**.
* Azienda Ospedaliera di Treviglio, ° Istituto di Anatomia Patologica Università di
Pavia, AAssociazione Studi Avanzati Epatiti Virali (A.S.A.E.V), ** A.S.L. della
provincia di Bergamo
OBIETTIVI
- Istituire un Registro di popolazione del tumore epatico primitivo in provincia di Bergamo al fine di
una migliore conoscenza scientifica indirizzata ad una corretta impostazione della politica sanitaria
di prevenzione, diagnosi e cura;
- depistare e registrare tutti i casi incidenti di tumore epatico primitivo dei residenti in provincia di
Bergamo;
- raccogliere informazioni accurate circa l'eziologia ed i fattori di rischio, la modalità di diagnosi e
di trattamento;
- creare una banca di materiale biologico ed analizzare una serie di marcatori genotipici e virali di
rischio tumorale nella coorte in studio e confrontarli con quelli presenti nella popolazione generale
della stessa area geografica.
METODI
Entreranno a fare parte del Registro di patologia tutti soggetti residenti in Provincia di Bergamo con
nuove diagnosi, certe o probabili, di PLC (codici ICD 155.0-2) a partire dal 1 ° Gennaio 2000.
I casi dovranno soddisfare i criteri diagnostici minimi stabiliti dal protocollo di studio. La raccolta dei
casi avverrà tramite segnalazione attiva, da effettuarsi mediante apposita scheda di rilevazione dati, da
parte dei principali centri diagnostici di riferimento della Provincia e/o dei medici di base.
Dall'ingresso nel Registro fino al decesso del paziente verranno, inoltre, registrati tutti i trattamenti
sanitari erogati. Lo studio prevede una durata di 3 anni (dal 01.01.2000 al 31.12.2002); al termine di
questo periodo verrà valutata l'attività svolta e verrà deciso se chiudere l'arruolamento dei casi e
continuare solo con il loro follow-up, oppure se proseguire l'arruolamento per un ulteriore periodo. E'
stato stimato, in base sia ai dati di mortalità in provincia di Bergamo degli ultimi anni sia al relativo
trend in aumento, sia all'attuale sopravvivenza dei soggetti con tumore epatico primitivo, di arruolare
in tre anni circa 900 casi ed, a regime, prevedere il follow-up di circa 600 soggetti. Sono inoltre
previsti studi di laboratorio: per circa 500 soggetti si provvederà alla raccolta di materiale biologico
(siero e sangue), tramite la collaborazione dei principali centri provinciali di riferimento. Verranno
valutate mediante tecniche di indagine molecolare alcune variabili (viremia HCV, genotipo HCV,
mutazioni HFE, polimorfismi GST M e T, polimorfismi epoxide idrolasi, ricerca livelli plasmatici
aflatossina, polimorfismi N acetil trasferasi, polimorfismi p450E e D) al fine di stabilire un loro
possibile ruolo nell'evoluzione neoplastica della cirrosi. Tali casi saranno confrontati con controlli
depistati attraverso studi di popolazione generale già in corso nel territorio provinciale (Progetto
Isola).
AZIONI INTRAPRESE
- Adesione di sette Enti a partecipare attivamente alla realizzazione del registro: A.S.L. della
provincia di Bergamo, Azienda Ospedaliera di Treviglio, Azienda Ospedaliera di Seriate, Casa di
cura S. Pietro di Ponte S. Pietro, Associazione Studi Avanzati Epatiti Virali (A.S.A.E.V.),
Università di Pavia (Istituto di Anatomia Patologica - Istituto di Igiene, Croce Rossa Italiana della
provincia di Bergamo.
- Definizione struttura organizzativa: Responsabile del Registro, Comitato Scientifico con compiti di
consulenza ed indirizzo tecnico-scientifico; Comitato Organizzatore con compiti di organizzazione
e gestione.
- Definizione del protocollo e della metodologia dell'intervento.
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RISULTATI ATTESI
- effettuare una sorveglianza epidemiologica in tempo reale del tumore epatico primitivo;
- definire il livello di accuratezza diagnostica ed identificare le cause principali di insorgenza;
- valutare la efficacia dei programmi di screening e l'efficacia del trattamento ai fini della
sopravvivenza;
- valutare le variazioni temporali nei trend di incidenza;
- valutare i costi economici della diagnosi precoce e del trattamento;
- identificare possibili indicatori di rischio per lo sviluppo del tumore epatico primitivo;
- ricavare informazioni utili ai fini della programmazione di una corretta politica sanitaria nei
confronti di tale patologia tumorale.
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INDAGINE SULLA QUALITA' DELLA VITA E SODDISFAZIONE DELL'ASSISTENZA
SANITARIA IN PAZIENTI DIABETICI.
U. Valentini, A. Cimino, A. Girelli, C. Confortini*, C. Coppini*, M. Campari*.
Unita' Operativa Diabetologica, *Direzione Sanitaria, Azienda Spedali Civili,
Brescia.
Scopo di questa indagine e' stato valutare la qualita' della vita ed il grado di soddisfazione
dell'assistenza sanitaria ricevuta in una popolazione di pazienti seguiti dalla nostra struttura
ambulatoriale. Nel periodo dicembre 1996-febbraio 1997 abbiamo distribuito un questionario a 533
diabetici presentatosi alla visita; per ogni paziente il medico ha compilato una scheda clinica. Nel
questionario venivano posti dei quesiti riguardanti le caratteristiche della malattia, la soddisfazione
per l'assistenza sanitaria ricevuta, il grado di adesione ai regimi di diagnosi e cura proposti, la qualita'
di vita. Come misura della soddisfazione dell'assistenza abbiamo utilizzato, in forma riveduta ed
estesa ai servizi ambulatoriali, il Patient Rating Visits Questionnaire; come misura della qualita' di
vita legata allo stato di salute abbiamo utilizzato in forma ridotta il questionario WED (Well-Being
Enquiry for Diabetics). Attribuendo opportuni punteggi alle risposte e' stato possibile ricavare un
indicatore globale della qualita' della vita ed indicatori specifici per le diverse aree indagate (disagio
fisico, disagio psicologico, impatto sociale). L'indicatore della qualita' di vita e' rappresentato da un
punteggio su una scala da 0 (peggiore qualita' della vita) a 100 (migliore qualita' della vita). Per la
valutazione statistica abbiamo utilizzato il Test t di student a due code per campioni indipendenti e il
test esatto di Fisher. Abbiamo effettuato un link tra questionari e schede cliniche per un campione di
229 pazienti. I pazienti che hanno partecipato all'indagine presentavano le seguenti caratteristiche: eta'
62.8±10.8 anni; durata della malattia 13.3±9.5 anni; HbA l c 7.5±1.5%; diabetici di tipo 1 10%; di
tipo 2 88%, altro 2%; pazienti con una o piu' complicanze: 44.8%; terapia: 53.6% ipoglicemizzanti
orali, 23% insulina, 11.5% terapia mista, 8.6% dieta. L'indagine condotta ha evidenziato problemi
nella qualita' di vita dei pazienti: i pazienti trattati con dieta e ipoglicemizzanti orali esprimono una
migliore valutazione della propria qualita' di vita (rispettivamente 75.4±15.6 e 74.6±18.8) rispetto ai
pazienti trattati con insulina (66.1±16.7; p<0.001 vs entrambi) o con terapia mista (insulina ed
ipoglicemizzanti orali) (64.2±17.7 p<0.002 e p<0.001 rispettivamente). In particolare le dimensioni di
maggior sofferenza sono riferite alla scala "impatto sociale" (pazienti in terapia mista: 3 5.3 ± 11.4;
ipoglicemizzanti orali: 42.5±10.3, terapia insulinica: 35,7±10,2; dieta: 40,5±13,5; dieta vs insulina
p<0.01; dieta vs terapia mista p<0.02; ipoglicemizzanti orali vs insulina e vs terapia mista p<0.001).
Sulla scala sintomi le differenze sono significative tra i pazienti trattati con dieta con quelli insulino
trattati (17.4±10.4 vs 13,8±5,3, p<0.0 I); sulla scala disagio psicologico tra i pazienti in terapia mista
e quelli trattati solo con ipoglicemizzanti orali (15±5,2 vs 17.9±5.3, p<0.001). Per quanto riguarda il
rapporto tra HbAlc e qualita' di vita i pazienti con HbAlc <7.8 (controllo da sufficiente a ottimo)
hanno un punteggio (75.6±17.3) significativamente piu' alto di quelli con HbAlc >7.9% (controllo da
insufficiente a scarso)(p<0.01). Scomponendo il punteggio WED si riscontra che il livello di HbAlc
pesa maggiormente sulla scala sintomi, mentre differenze significative sulle scale del disagio
psicologico e dell'impatto sociale si hanno solo confrontando i range estremi di HbA l c (ottimo vs
scarso, p<0.001). Il numero di complicanze presenti determina differenze, anche se non
statisticamente significative, sul punteggio globale WED: pazienti con tre complicanze esprimono un
punteggio piu' basso (65.1) contro il punteggio piu' alto (73.9) espresso dai pazienti non complicati.
Per quanto riguarda l'adesione al trattamento prescritto il 59% dei pazienti afferma di non riuscire
sempre a seguire la terapia prescritte, quasi l'80% afferma di riuscire ad effettuare "sempre" o
"spesso" gli esami di laboratorio, visite e controlli prescritti. Non abbiamo riscontrato differenze
significative per quanto riguarda l'associazione compliance e tipo di trattamento; i motivi principali
della mancata compliance sono "dimenticanza" (soprattutto per ì pazienti piu' anziani) e
"incompabilita' con le abitudini di vita e del lavoro" (soprattutto per i piu' giovani). In generale i
risultati per quanto riguarda la soddisfazione dell'assistenza sanitaria ricevuta per il trattamento del
diabete sono discreti anche se si evidenziano aree di insoddisfazione dell'utenza. Circa il 62%
dell'utenza giudica ottimo o molto buono.
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Il trattamento ricevuto presso la struttura, buono il 33%, scarso il 5% circa. Motivi di insoddisfazione
sono i tempi di attesa per un appuntamento, giudicati lunghi o molto lunghi dal 25% dei pazienti; i
tempi di attesa in ambulatorio prima della visita (rispettivamente il 25% ed il 32.8% dei pazienti li
considera "molto lunghi" o “lunghi”); gli orari di apertura degli ambulatori vengono ritenuti non
adeguati alle necessita' dei pazienti (19.3% dei pazienti li valuta negativamente). I pazienti trattati con
insulina o con terapia mista esprimono giudizi negativi in percentuale significativamente maggiore
(p<O.O5, test di Fisher a due code) rispetto ai gruppi di pazienti in terapia dietetica, l'indagine
condotta ci ha permesso di quantificare e definire il peso della malattia cronica sulla qualita' di vita,
identificando le caratteristiche dei pazienti piu' a disagio nei vari ambiti. Complessivamente il
paziente insulino trattato ma in particolare il paziente in terapia mista e con peggior controllo
metabolico esprime una peggiore qualita' della vita. D'altra parte l'indagine conferma l'elevata
difficolta' dei pazienti a seguire correttamente le terapie prescritte ed indica gli aspetti organizzativi
dell'attivita' ambulatoriale da migliorare.
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DISEASE MANAGEMENT E MALATTIA DIABETICA: ESPERIENZA A BRESCIA
U. Valentini, A. Cimino, A. Girelli, *Coppini, *R. Spiazzi, * M. Campari.
Unita' Operativa Diabetologica, *Direzione Sanitaria, Azienda Spedali Civili,
Brescia.
Il Disease Management (DM) e' un approccio globale alla malattia, basato sull'analisi di dati clinici ed
economici e sulla creazione di un modello dell'intero iter diagnostico-terapeutico della patologia
considerata; esso e' finalizzato all'individuazione di percorsi atti all'aumento del livello qualitativo dei
servizi erogati, nonchè all'ottimizzazione dei costi complessivi. Il progetto e' stato realizzato sulla
base di un contratto di ricerca tra la Eli Lilly e gli Spedali Civili di Brescia; sono stati coinvolti
l'Azienda territoriale ASL 18 di Brescia, 15 Medici di Medicina Generale (MdMG), l'Associazione
Diabetici della Provincia di Brescia. Oggetto dello studio sono stati 4.148 pazienti diabetici seguiti
dall'Unita' Operativa Diabetologica e 686- assistiti dai MdMG. Il progetto prevede la raccolta e
valutazione dei dati, la creazione di un gruppo di lavoro; la scelta delle priorita' d'intervento, sviluppo
ed implementazione degli interventi concordati; la misurazione dei risultati, implementazione di
eventuali nuove modifiche in un ciclo continuo di qualità. La prima fase della sperimentazione, di cui
riportiamo i risultati, e' consistita nell'analisi dei seguenti ambiti: qualita' della vita dei pazienti e
soddisfazione dell'assistenza sanitaria, qualita' dell'assistenza erogata, i costi. Il primo ambito e' stato
indagato con l'utilizzo di un questionario compilato da 533 pazienti ed integrato da una scheda clinica.
Il questionario ha evidenziato: indice peggiore della qualita' della vita nei pazienti in terapia insulinica
e in terapia mista; il 25% dei pazienti giudica eccessivo 1' intervallo di tempo tra una visita e l'altra, il
32.8% i tempi di attesa in ambulatorio troppo lunghi, il 19.3% gli orari di apertura insufficienti. Per
quanto riguarda la qualita' dell'assistenza erogata abbiamo indagato le seguenti aree: appropriatezza
della distribuzione dei pazienti al Centro Specialistico e/o al MdMG, il rispetto dei protocolli
diagnostico terapeutici, l'efficacia clinica. Appropriatezza della distribuzione dei pazienti: 131 (20%)
dei 686 pazienti dei MdMg sono seguiti con gestione integrata con la struttura specialistica, la quasi
totalita' degli insulino trattati. L'indagine ha individuato un gruppo di 98 pazienti che per
caratteristiche cliniche (eta'<65aa e/o scompenso metabolico) dovrebbero essere seguiti dalla struttura
specialistica ma non vi sono mai afferiti. Il rispetto dei protocolli diagnostico-terapeutici e' buono per
i pazienti seguiti dal Centro (la media di HbAlc eseguite per anno per paziente e' di 3.6; oltre il 94%
dei pazienti ha eseguito una visita oculistica nell'anno precedente). Per quanto riguarda l'efficacia
clinica la media globale dell'ultima HbAlc eseguita nel 1996 e' risultata 7.6%; il 43% dei pazienti ha
una media HbAlc inferiore a 7%; la stratificazione per fasce di eta' dimostra che il 71% dei pazienti
con valori di HbAlc elevati (>7.9%) sono anziani (>70anni) e identifica quei pazienti (10%) in cui il
controllo metabolico deve essere migliorato. I costi (in milioni di Lire) per la cura di 2996 pazienti
seguiti nel 1996 dal Centro Specialistico sono stati: 495 per visite ed accertamenti; 700 circa per i
presidi; 399 per la terapia ipoglicemizzante (2218 pazienti); per la terapia delle complicanze (1239
pazienti) 1 miliardo e 19 milioni; per trattamento dialitico (n=15) 900; per i ricoveri presso gli Spedali
Civili di Brescia (=1444) circa 6,6 miliardi. Il costo annuo medio per paziente e' stato di 3 milioni
707mila Lire. Il Disease Management si e' rivelato uno strumento utile per misurare la realta'
dell'assistenza diabetologica in termini di efficacia, efficienza e qualita' percepita dall'utente,
identificare gli ambiti di intervento e misurarne i risultati. Il DM permette di migliorare la
collaborazione con i MMG e puo' essere un un modello di gestione della malattia cronica trasferibile
ad altre patologie.
52
UN TRATTAMENTO INTEGRATO DELLE LESIONI DEL PIEDE DIABETICO
Lepore G., Meroli M.*, Avogadri S., Mari A.*, Amadeo P., Rota R., Nosari I.
U. O. Diabetologia - Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo *Servizio
Sanitario di Base ASL di Bergamo
Premessa. Il termine "piede diabetico" indica la poliforma patologia che può svilupparsi a carico del
piede nei pazienti affetti da diabete mellito. Circa il 50% delle amputazioni non traumatiche agli arti
inferiori sono dovute a lesioni ischemiche del piede in pazienti diabetici; ciò comporta un importante
onere economico (circa 500 milioni di dollari all'anno negli USA). La prevalenza di ulcere al piede
nei pazienti diabetici è risultata del 2,4% in un recente studio condotto in Lombardia. Obiettivi del
nostro progetto, inserito nell'iniziativa "Ospedali per la Promozione della Salute", sono: ridurre
l'incidenza annuale delle amputazioni non traumatiche agli arti inferiori in pazienti diabetici;
incrementare la prevalenza delle guarigioni; ridurre il tempo di decorso clinico delle ulcerazioni al
piede in pazienti diabetici.
Materiali e metodi. E' stato attivato un ambulatorio dedicato per la cura del piede diabetico presso
l'U.O. Diabetologia dell'Azienda Ospedali Riuniti di Bergamo, articolato in visite di controllo
programmate ed in visite urgenti, che vengono eseguite in team da un medico e da un infermiere
professionale. Nel caso di accertamenti multispecialistici e di terapie da effettuarsi sotto controllo
medico (ad es. infusione e.v. di alprostadil), il paziente viene ricoverato in Day-Hospital. E' stato
inoltre attivato un protocollo di gestione integrata del paziente diabetico con lesioni al piede da parte
dell'U.O. Diabetologia e del Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) dell'ASL di Bergamo.
Operatori dell'ASL specificamente addestrati eseguono a domicilio le medicazioni, secondo le
indicazioni del medico dell'U.O. Diabetologia, che provvede periodicamente a rivalutare il paziente.
Ciò permette da un lato di intensificare la frequenza delle medicazioni e dall'altro di evitare la
mobilizzazione del paziente, garantendo la continuità delle cure tra ospedale e servizi territoriali.
Risultati. Nel periodo 1.1.1999-31.7.1999 sono stati trattati in totale 51 pazienti diabetici. che
presentavano lesioni al piede: in 24 casi (47%) si è avuta guarigione (tempo medio di guarigione 81,7
± 12,9 giorni), in 10 casi (19,6) si è realizzato un miglioramento, in 12 casi (23,5%) si è avuta una
stabilizzazione della lesione, n 3 casi (5,8) c'è stato un peggioramento delle lesioni (che in I caso ha
causato l'amputazione del piede alla caviglia sec. Syme), I paziente è deceduto per infarto miocardico.
Negli 11 pazienti che hanno usufruito dell'ADI si sono ottenuti risultati sovrapponibili: 6 guarigioni
(54,5%) (tempo medio di guarigione 127 ± 34,1 giorni), 2 miglioramenti (18,1%), in 2 casi (18,1%) le
lesioni sono risultate stabili, in 1 caso (9,1%) si è avuto un peggioramento con amputazione (descritta
in precedenza). Il numero medio di visite/paziente presso l'ambulatorio dedicato è stato di 4,1 (3,6 nel
caso dei pazienti in ADI). Il numero totale di pazienti sottoposti ad amputazioni agli arti inferiori è
stato 4 (2 amputazioni alla caviglia, 1 amputazione di un dito, 1 amputazione di una falange distale).
Solo 1 di questi 4 pazienti era seguito per la patologia del piede presso lo specifico ambulatorio per la
cura del piede diabetico.
Conclusioni. I risultati del progetto di trattamento integrato del piede diabetico sono ancora
preliminari, in quanto è indispensabile un periodo di almeno un anno per avere dati comparabili con
quelli della letteratura e di più anni per effettuare un confronto all'interno della nostra struttura.
In una proiezione annuale dei primi 7 mesi del 1999, l'incidenza delle amputazioni agli arti inferiori
della popolazione in cura presso l'U.O. Diabetologia (3.654 pazienti), è risultata significativamente
inferiore (0,187%) a quella segnalata in un recente studio condotto nella popolazione diabetica
dell'Umbria (0,332%). E' da rilevare infine che la prevalenza di guarigione delle lesioni ulcerose al
piede nei casi in cui è stata attivata l'ADI (54,5%) è risultata sovrapponibile al totale dei soggetti
trattati (47%), pur presentando i pazienti in ADI più gravi problematiche familiari e
socioeconomiche e pur avendo essi effettuato un minor numero di visite presso l'U.O. di
Diabetologia.
53
IL SISTEMA QUALITA' NELL'AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI DI
BERGAMO
Antonio Bonaldi, Marco Salmoiraghi, Francesco Locati, Maurizio Migliori,
Claudio Sileo, Fabio Pezzoli, Igor Ferraresi, Luisella Barberis
Direzione Sanitaria, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo, L.go
Barozzi I, 24128 - Bergamo
Obiettivi - Programmare un approccio sistematico per il miglioramento della qualità in ambiente
ospedaliero; promuovere la partecipazione degli operatori nella pianificazione e nella conduzione di
progetti di qualità delle cure.
Metodi - L'Azienda Ospedali Riuniti di Bergamo, a partire dal 1995, ha attivato un programma
integrato per il miglioramento della qualità con la partecipazione attiva del personale ospedaliero. La
decisione di orientare l'Azienda verso la promozione della qualità si può esprimere mediante
iniziative organizzative, gestionali e formative assai diverse, ispirate alla metodologia ed agli
strumenti del miglioramento continuo della qualità (CQI) ed alla medicina basata sulle prove di
efficacia (EBM). Gli interventi orientati alla promozione del sistema qualità rappresentano l'agenda
per la qualità e comprendono: 1) la definizione degli scopi e dei principi dell'organizzazione; 2) la
visione ispiratrice; 3) la centralità del malato; 4) la qualità professionale; 5) l'accreditamento e la
certificazione; 6) i gruppi di miglioramento; 7) il sistema premiante; 8) il sistema informativo; 9) la
formazione continua e l'aggiornamento; 10) la ricerca scientifica.
Risultati - In questo contesto numerose sono le esperienze già avviate e riguardano: la valutazione
delle tecnologie sanitarie, la valutazione dell'appropriatezza dell'uso dell'ospedale, la definizione di
linee guida per procedure diagnostiche e terapeutiche, l'individuazione di indicatori di performance, la
valutazione della ricerca clinica e dell'uso razionale del farmaco, la prevenzione ed il controllo delle
infezioni ospedaliere, la valutazione del buon uso del sangue, la valutazione degli aspetti etici,
l'attuazione della Carta dei Servizi, la valutazione del rischio in ospedale, la conduzione di progetti
specifici sul tema della continuità delle cure nel contesto della rete regionale ed internazionale degli
Ospedali per la promozione della salute, l'organizzazione di corsi di formazione sui metodi nella
pratica clinica nell'ambito della Scuola di Metodologia Clinica e del Miglioramento Continuo della
Qualità.
Conclusioni - L'esperienza avviata presso l'Azienda Ospedali Riuniti di Bergamo dimostra la
fattibilità di un sistema orientato al miglioramento della qualità dei servizi sanitari attraverso la
partecipazione attiva degli operatori.
Bibliografia
1. Berwick DM. A primer on leading the improvement of systems. BMJ 1996;312:619-622.
2. Bonaldi A, Focarile F, Torreggiani A. Curare la qualità. Manuale per valutare e migliorare
l'assistenza sanitaria. Edizioni Guerini e Associati, Milano 1994.
54
CAMPAGNE EDUCATIVE PER UNA SALUTARE ESPOSIZIONE SOLARE
Luigi Naldi*, Francesco Locati^, Antonio Bonaldi^, Tullio Cainelli* e Gruppo
Italiano Studi Epidemiologici in Dermatologia
*Clinica Dermatologica V - Università degli Studi di Milano, ^Direzione Sanitaria
- Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo
Premessa - Esiste un generale consenso sul fatto che l'eccessiva esposizione solare ai raggi
ultravioletti e l'interazione con i fattori costituzionali che regolano la pigmentazione cutanea possano
giocare un ruolo eziologico nello sviluppo del melanoma e dei tumori cutanei epiteliali (carcinoma
spinocellulare e basocellulare). L'importanza di una educazione ad una corretta esposizione solare non
può essere sottovalutata.
Obiettivo - Per essere efficace, un intervento educativo deve poter influenzare l'esposizione solare in
una fase precoce della vita mantenendo effetti protratti nel tempo. Il progetto si propone di valutare
l'impatto di un intervento educativo strutturato sulla corretta esposizione solare, nell'ambito delle
scuole medie inferiori italiane.
Metodi - Lo studio si delinea come uno studio controllato e randomizzato. Un largo numero di scuole
medie inferiori italiane verrà randomizzato a ricevere o meno un intervento educativo strutturato. Tale
intervento, condotto da insegnanti opportunamente formati, si svolgerà con il supporto di materiale
didattico sviluppato ad hoc, comprendendo un CD-rom interattivo ed un opuscolo informativo. Nelle
scuole randomizzate al gruppo di controllo non verrà condotto alcun intervento specifico. Una
valutazione delle abitudini di esposizione solare degli alunni e del grado di conoscenza circa gli effetti
del sole sulla pelle verrà condotta, nelle scuole, prima dell'intervento e, al termine di sei mesi ed un
anno dalla conclusione dell'intervento stesso.
Stato di avanzamento dello studio - Sono stati messi a punto i materiali dello studio ed è in atto una
prima valutazione di fattibilità.
Bibliografia
1. Autier P, Dore JF, Cattaruzza MS, et al. Sunscreen use, wearing clothes, and number of nevi in 6to 7-year-old European children. EORTC Melanoma Cooperative Group. J Natl Cancer Inst
1998;90:1873-80.
2. Baade PD, Balanda KP, stanton WR, et al. Community perceptions about the important signs of
early melanoma. J Am Acad Dermatol 1997; 36:33-9.
3. Fleming C, Nicolson C, Toal F, MacKie R. Sun awareness in school teachers. Br J Dermatol
1998;139:280-4.
4. Graham-Brown RA. Sun education in the UK. Clin Dermatol 1998;16:523-5.
5. Pion IA, Kopf AW, Huges BR, et al. Teaching children about skin cancer: the draw-and-write
techinque as an evaluation tool. Pediatr Dermatol 1997;14:6-12.
55
CONTINUITÀ E STANDARDS DI CURA PER I PAZIENTI CON SCLEROSI LATERALE
AMIOTROFICA (SLA): IL PROGETTO BERGAMO SLA '95
Dr *Bonito V, IP *Roncelli L, Dr Arnone P, FR °Morlini G, Dr °°Migliori M, Dr
"Negrini F., Dr ^Sileo F,Moroni S., Dr.ssa Ferrari R, Dr **Marchesi M.
*U.O. Neurologia I, ° U.O. Pneumologia, °° U.O. Medicina del lavoro, " U.O..
Gastroenterologi, ^U.O. Endocrinologia, ** U.O. Anestesia e rianimazione I
Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Bergamo
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una grave malattia neurologica poco conosciuta e per la
quale non esiste ancora una possibilità di guarigione. E' anche un esempio di malattia cronica nella
quale l'offerta di cure è caratterizzata da una estrema variabilità: dopo la diagnosi il paziente può
essere abbandonato a se stesso, può essere assistito dal medico di base o rimanere in cura da uno
specialista neurologo o essere seguito da una équipe di medici e operatori socio-sanitari specializzati
nella cura della malattia.
I momenti essenziali del rapporto terapeutico come l'informazione sulla malattia, le cure palliative e
le decisioni sui mezzi di sostegno vitale, possono essere affrontati con atteggiamenti e comportamenti
molto diversi 1. Solo recentemente la comunità scientifica e le associazioni di malati iniziano a
pronunciarsi su quelli che dovrebbero essere gli standards di cura per questi pazienti 2. Queste
indicazioni costituiscono sicuramente dei modelli di organizzazione delle attività di diagnosi e cura
cui far riferimento per migliorare la qualità dell'assistenza e superare l'atteggiamento di sfiducia e di
rinuncia terapeutica che troppo spesso conduce all'abbandono del paziente.
Vorremmo qui presentare le linee generali di un modello di cura ispirate agli standards internazionali.
Il Progetto Bergamo SLA '95 degli Ospedali Riuniti di Bergamo, opera per offrire continuità di cura e
migliorare la qualità di vita dei pazienti con SLA attraverso una équipe multidisciplinare che adotta i
principi della medicina palliativa 3. In particolare l'equipe dell'Azienda Ospedaliera di Bergamo si
propone in tutte le fasi della malattia, dalla diagnosi alla fase terminale, come risorsa capace di offrire
interventi superspecialistici ìn collaborazione con i servizi di assistenza domiciliare dell'ASL.
Verrà infine proposto un progetto di studio per verificare l'effetto di diversi percorsi di cura sulla
qualità di vita dei pazienti.
Bibliografia
1
V. Bonito, Le differenze nella cura dei pazienti con SLA. In SLA '98: attualità in tema di sclerosi
laterale amiotrofica. A cura di M. Porta. Guerini Scientifica. 1998; 57-69.
2
Miller RG, Amyotrophic Lateral Sclerosis Standards of care consensus conference. Neurology,
1997, 48 (S4), S I-S37.
3
Bonito V, Marchesi M, Negrini F, Morlini G, Arnone P, Migliori M, Caldara C, Defanti CA. Le
cure palliative per il paziente con SLA. In La sclerosi laterale amiotrofica: attualità diagnosticoterapeutiche e problematiche assistenziali. A cura di Mauro Porta. Ed. Guerini Scientifica. 1997.
56
MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA' DELLE CURE AL PAZIENTE DIABETICO:
ESPERIENZA DEL SERVIZIO DI DIABETOLOGIA DEL P.O. DI PALAZZOLO S/O
Azienda Ospedaliera Mellino Mellini, Chiari, Brescia.
M.L. Belotti, P. Desenzani, O. Montefusco, S. Rubagotti, S. Rovaris, A. Signorini
Obiettivo: migliorare la qualità complessiva delle cure al diabetico integrando la medicina
specialistica ospedaliera con la medicina di base. Esplicitazione degli obiettivi: 1) migliorare
l'accessibilità al Servizio di Diabetologia; 2) carta dei Servizi dell'Ambulatorio; 3) lavoro in equipe;
4) integrazione e comunicazione con il Medico di Medicina Generale (MdMG); 5) utilizzo delle linee
guida delle società scientifiche; 6) formazione del personale Medico e Paramedico: terapia educativa
del paziente diabetico per l'autogestione della malattia; 7) migliorare il controllo metabolico; 8)
diagnosi precoce delle complicanze croniche, prevenzione delle complicanze acute.
Metodi ed azioni intraprese: 1) l'accessibilità al Servizio è stata pianificata con l'abbattimento delle
barriere architettoniche e con la precisa indicazione per raggiungere l'ambulatorio (cartelli
informativi). L'ambulatorio è stato posizionato in zona tranquilla con grande rispetto della privacy con
sala d'attesa ampia e servizi igienici con accessibilità anche per i disabili. 2) Utilizzo della Carta del
Servizio con informazioni sull'attività dell'ambulatorio (orari, modalità di accesso, modalità di
raccolta dell'urina delle 24 ore, orari degli ambulatori dedicati al piede diabetico) e Carta dei Servizi
dell'Azienda. 3) Per realizzare un gruppo di lavoro efficace si sono definiti gli obiettivi educativi da
raggiungere, metodologia d'intervento, ruolo dei singoli membri del gruppo (personale medico e
paramedico). Attraverso riunioni d'equipe settimanali si è creato un gruppo affiatato, espressione
dell'integrazione delle diverse figure professionali, e si è progettato un percorso formativo adeguato
durante il quale i partecipanti hanno imparato a lavorare insieme, ad acquisire conoscenze e
metodologie necessarie per la terapia educativa. In tale modo si è giunti a fornire una omogeneità di
informazione e di risposta alle varie esigenze per gli utenti dell'ambulatorio. 4) Si è instaurato un
buon rapporto con i MdMG tramite: un frequente contatto telefonico per problemi del singolo
paziente, il libretto personale del paziente dove il Curante può valutare il controllo metabolico
(HbAic) e una lettera con copia degli esami delle visite di screening e integrazione degli esami per
evitare inutili sprechi di risorse. Sono stati organizzati incontri periodici con i MdMG per
approfondimenti e scambi di esperienza ed iniziative. 5) L'attività , la gestione e l'organizzazione
dell'attività ambulatoriale è stata adeguata alle linee guida delle Società Scientifiche Italiane (SIDAMD), di cui i Medici del Servizio sono parte attiva in vari gruppi di studio, di quelle Europee e
Internazionali. 6) La formazione e l'aggiornamento del personale del Servizio è stata costane e
continua attraverso partecipazione a Congressi Nazionali e Internazionali e la lettura di tutte le
principali riviste Diabetologiche. La formazione educativa ai pazienti diabetici si è verificata tramite
colloqui personali e gruppi di studio collettivi. 7) Il miglioramento del controllo metabolico è stato
perseguito attraverso: l'apertura dell'ambulatorio con alcuni pomeriggi per il controllo della glicemia
postprandiale, la piena disponibilità telefonica , l'educazione e la verifica della capacità di
autocontrollo, l'integrazione del paziente/ambiente di vita, la collaborazione con la Medicina del
Territorio per la gestione dei pazienti che non sono più in grado di frequentare l'ambulatorio. 8) La
prevenzione delle complicanze micro e macroangiopatiche si è realizzata attraverso visite di screening
annuali con esecuzione di ECG, TEST per lo screening della neuropatia autonomica, Biotesiometria,
ambulatorio dedicato per il piede diabetico e percorsi preferenziali con l'oculista per il ECG le FAG.
Risultati ottenuti: la soddisfazione dei pazienti per le prestazioni fornite è stata valutata attraverso la
costante frequenza all'ambulatorio e un questionario fornito ai pazienti riguardante il loro giudizio
sulle prestazioni, accessibilità e miglioramenti. Il rapporto con i MdMG è stata valutato tramite
l'incremento delle richieste di nuove visite presso il Servizio di Diabetologia, l'elevato numero delle
telefonate giunte all'Ambulatorio da parte dei MdMG e l'elevata partecipazione alle riunioni di
Aggiornamento. Nell'ultimo anno di attività nessun paziente seguito dal Servizio è stato sottoposto ad
amputazione degli arti inferiori, infine è stata registrata una significativa riduzione del numero dei
ricoveri in peparti di Medicina Generale per problemi acuti da parte dei pazienti seguiti costantemente
dai Servizio di Diabetologia.
57
RIANIMAZIONE CARDIORESPIRATORIA SUL TERRITORIO.
G. Bonomi, S. Prestini, A. Cortili, A. Signorini.
Azienda Ospedaliera M. Mellini – Chiari (BS)
Nell'ambito dei Progetti HPH abbiamo pensato di elaborarne uno che vada a sensibilizzare alcune
categorie della popolazione (Studenti delle superiori, Associazioni di Volontariato, Vigili del fuoco,
Forze di Polizia, Carabinieri, ecc.) sull'importanza di praticare il più precocemente possibile le
manovre di RCP (BLS) in tutti i casi di arresto cardiorespiratorio che avvengono sul Territorio.
Il Progetto nasce dall'esigenza di diffondere in alcuni gruppi selezionati della popolazione il
riconoscimento tempestivo dell'arresto cardiaco e respiratorio e quindi le conoscenze, le pratiche e le
procedure della RCP in modo da essere applicata ed attuata il più precocemente possibile, anche da
personale non sanitario od in attesa che questo possa intervenire.
Una tempestiva attuazione delle manovre di supporto vitale di base, che possono essere praticate
anche da personale non tecnico, permette una maggior percentuale di "recuperi" e abbatte la mortalità
per arresto cardiorespiratorio.
Il coinvolgimento dei Comuni e delle Scuole Superiori ha lo scopo di fornire ai cittadini nozioni di
informazione e soprattutto di educazione sanitaria in un settore in cui il loro contributo può risultare
estremamente importante.
TITOLO DEL PROGETTO:
Rianimazione cardiorespiratoria sul Territorio.
OBIETTIVO: Migliorare la qualità del soccorso extraospedaliero rendendo sistematico l'addestramento
di alcune categorie selezionate della popolazione e creando nel Territorio una cultura del soccorso
basata sul riconoscimento dell'arresto cardiaco e respiratorio e quindi una tempestiva attuazione delle
manovre di BLS.
Obiettivi specifici sono il miglioramento della percentuale di successo della pratica rianimatoria
consolidando le performances degli Operatori addetti al Soccorso, attraverso la predisposizione e
l'attivazione di un piano di addestramento sistematico e periodico; e la creazione di una cultura del
Soccorso nella popolazione del Territorio, iniziando da alcuni gruppi selezionati, predisponendo e
attivando un piano di formazione teorico-pratica per i destinatari, non tecnici, individuati.
METODOLOGIA: la metodologia che si intende attuare per raggiungere gli obiettivi sopra esposti è
basata su apporti cognitivi di base con sintetica introduzione teorica per il riconoscimento tempestivo
dell'arresto cardiaco e respiratorio; su esercitazioni pratiche di manovre di BLS e sulla discussione
della casistica.
Sono infine previste verifiche individuali periodiche delle nozioni di base e delle manovre e
procedura apprese.
TEMPO PREVISTO: questo progetto dovrebbe concludere la sua fase iniziale nell'arco di tre anni.
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OSPEDALE-TERRITORIO:
APPROPRIATEZZA
COMUNICAZIONE,
CONTINUITA'
ASSISTENZIALE,
Dr. Leonardo GALLI, Dirigente Medico 1° livello per la Direzione Sanitaria Presidio
Ospedaliero di Cremona
Dr.ssa Daniela FERRARI, Responsabile Sanitario per il P.O. Oglio-Po - Vicomoscano
(CR)
Dr. Rosario CANINO, Vice Responsabile Sanitario P.O. Oglio-Po - Vicomoscano (CR)
Dr.ssa Simonetta BIANCHI, Direttore Sanitario Azienda Ospedaliera' Istituti Ospitalieri di
Cremona'
PREMESSA
Storicamente si è registrata una difficoltà nel rapporto tra medici di Medicina Generale e medici
specialisti ospedalieri in ordine alla gestione delle problematiche di accettazione/dimissione dei pz.,
passaggio in cura e momento prescrittivo terapeutico.
Al fine di assicurare la continuità assistenziale e l'appropriatezza delle prestazioni sanitarie, oltre ad
agevolare la comunicazione tra ospedale e territorio, si sono costituiti due gruppi di collaborazione tra
medici di Medicina Generale e Medici Ospedalieri, con l'obiettivo per la zona casalasca di conservare
e rafforzare il legame già esistente tra territorio e ospedale, per l'area cremonese di implementare tale
legame.
Da qui anche l'esigenza di attivare e mantenere due aree distinte di intervento pur nell'unitarietà degli
obiettivi generali e specifici individuati.
La scelta strategica di individuare efficacia e appropriatezza quali elementi ispiratori degli obiettivi e
delle azioni del SSN rappresenta l'elemento innovativo del Piano Sanitario 1998/2000. La sua
realizzazione richiede un grande salto culturale ad amministratori, operatori sanitari e cittadini.
OBIETTIVI GENERALI
1. Miglioramento dell'appropriatezza delle prestazioni rispetto alle necessità ciniche e assistenziali
2. Miglioramento della comunicazione con i pazienti e fra gli operatori
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Migliorare e standardizzare le modalità di comunicazione fra Ospedale e Territorio migliorando la
qualità della documentazione sanitaria che accompagna il paziente, in particolare la lettera di
dimissione e la scheda d'accesso ospedaliera
2. Elaborazione e implementazione di linee guida sulla diagnosi e il trattamento delle principali
malattie
3. Protocolli e intese tra Azienda Ospedaliera e l'A.S.L. per la gestione integrata dell'assistenza
domiciliare
4. Corretta prescrizione dei farmaci al momento della dimissione in relazione a quanto previsto dalle
note CUF.
METODOLOGIA DI INTERVENTO
Lo staff del progetto dovrà individuare le problematiche cliniche esposte ad usi inappropriati (per
pressione commerciale e per difficoltà di buon coordinamento tra i diversi attori) o per ì quali sono
chiare ampie differenze tra ciò che dovrebbe rappresentare lo standard di trattamento e ciò che viene
fatto nella pratica clinica.
Lo staff dopo aver individuato tali problematiche durante incontri di formazione dovrà elaborare delle
linee guida partecipate e condivise.
Per quanto riguarda la comunicazione il gruppo dovrà farsi promotore di assicurare che:
a) tutti i pazienti ricoverati dal Medico di Medicina Generale o dal Pediatra di Libera Scelta siano in
possesso del foglio di accesso compilato in ogni sua parte nelle forme concordate secondo il progetto;
b) la modulistica dell'Ospedale rivolta all'esterno (referto prestazioni specialistiche, lettera di
dimissione/relazione dell'intervento) sia leggibile e maneggevole, e consenta l'identificazione del
soggetto e della prestazione effettuata.
La gestione integrata dell'assistenza domiciliare sarà realizzata mediante la formulazione e
implementazione di protocolli tra A.O. e A.S.L. I protocolli dovranno prevedere le modalità di
59
attivazione della medesima per fare in modo che essa avvenga nei tempi previsti e senza disagi per il
paziente e i familiari.
RISULTATI
L'Azienda ha già formalizzato in tempi diversi l'istituzione di due Gruppi di Lavoro, uno per la zona
CasalascoViadanese e l'altro per la zona Cremonese.
I Gruppi, coordinati dalle Direzioni Mediche dei due Presidi, sono costituiti da una rappresentanza dei
Medici dì Medicina Generale, dal Responsabile di Distretto, dai Responsabile del Dipartimento dei
Servizi di Medicina di Base, dai rappresentanti dei Medici Ospedalieri e dai rappresentanti dei
Sindaci.
I due Gruppi si riuniscono con cadenza mensile e finora hanno prodotto i seguenti accordi, che sono
già formalizzati per la zona Casalasco-Viadanese, mentre sono in via di definizione per quella
Cremonese:
1. Modalità di accesso del paziente alla struttura ospedaliera; è stato elaborato un protocollo in cui
vengono concordate le modalità di accesso del paziente sia in regime di ricovero (urgente e
programmato) che ambulatoriale.
2. Modalità di dimissione del paziente dalla struttura ospedaliera, in cui viene regolamentata la
modalità di accesso all'Assistenza Domiciliare Integrata. Inoltre è stata uniformata (i due Distretti
fanno parte di due A.S.L. diverse) tutta la modulistica necessaria alla richiesta di attivazione o di
richiesta di ausili protesici. Si sono uniformati anche i contenuti della lettera di dimissione.
3. Regolamentazione del consenso in Radiologia per gli utenti esterni e diffusione ai Medici di
Medicina Generale del Manuale per la radioprotezione del paziente.
VALUTAZIONE
E' previsto che la valutazione del risultati venga effettuata mediante indicatori di processo e di
risultato per ognuno degli obiettivi indicati che verranno illustrati nel corso della comunicazione.
60
ALIMENTAZIONE IN GRAVIDANZA. Progetto correlato alla salute delle donne in
gravidanza
Coordinatore: Dr.ssa Vanda LAURO, dirig. 1° liv.- Reparto di Ostetricia e
Ginecologia Ospedale "OGLIO PO", Casalmaggiore (CREMONA), Tel.
(0039)0375'281503 , Fax (0039) 0375 281493 .
Obiettivi: La letteratura scientifica e l'esperienza dimostrano che modificando opportunamente
l'alimentazione è generalmente possibile :
A) prevenire svariate patologie (diabete, ipertensione, obesità, disturbi dell'apparato digerente…);
B) curare le sunnominate patologie evitando l'uso di farmaci;
C) ridurre l'uso di farmaci nel caso di patologie più severe. Evitare il ricorso ai farmaci in
gravidanza da una parte esclude i pur sempre possibili effetti dannosi per il feto, dall'altra parte
comporta un contenimento della spesa sanitaria che si presenta sempre più opportuno e
richiesto;
D) Ridurre nella nostra realtà le gravidanze patologiche: in questi ultimi anni, infatti sono
aumentate sensibilmente le gravide obese, diabetiche, ipertese di età avanzata con conseguente
aumentato rischio non solo della morbilità materna ma anche della morbilità e mortalità
perinatale (e quindi aumento dei neonati prematuri bisognosi di trasferimento in centri con
neonatologia intensiva ).
Metodologia di intervento:
1) Proporre, con la collaborazione delle Ostetriche del Territorio e del Reparto di Ostetricia, la
compilazione di un diario dei cibi ingeriti e dei disturbi presentati nell'arco di 7 giorni su un
apposito modulo alle gravide che partecipano ai corsi di preparazione al parto; b) alle gravide a
rischio di patologie (obese, con curva di glucosio alterata, edemi, proteinuria, pregressa gestosi
ipertensiva, pregressa colestasi intraepatica); c) a quelle con problemi di
ipertensione/preeclampsia, colestasi intraepatica, disturbi digestivi, alvo irregolare, cistiti/
vaginiti recidivanti, coliche renali...
2) Invitare ( con la collaborazione delle Ostetriche, dei Medici del Reparto dì Ginec./Ostetricia e
dei Medici di Base) le pazienti patologiche o a rischio di patologia a presentarsi presso
l'ambulatorio di DIETOTERAPIA IN GRAVIDANZA per la valutazione del diario e le
modifiche della dieta con l'ausilio di moduli esplicativi ;
3) Follow up fino al momento del parto, con registrazione su apposito modulo : a) dati della
sintomatologia se presente, della partoriente; b) peso corporeo ed emocromo della stessa; e) dati
riguardanti il parto, il neonato e la placenta;
4) Indicazioni sulla dieta da seguire durante l'allattamento in collaborazione con i medici, le
ostetriche, le infermiere del Dipartimento materno infantile e le ostetriche del territorio.
Azioni intraprese e risultati
1°) Attivato Ambulatorio di "Dietoterapia in Gravidanza";
2°) Effettuata analisi nutrizionale di molteplici "diari alimentari" raccolti dopo l'espletamento del
parto con pubblicazione in Congressi medici dei dati più significativi riguardanti le grav. fisiologiche
e patologiche, evidenziando le correlazioni tra sintomatologia e dieta ( riduzione o scomparsa della
patologia dopo variazione dietetica nella gestosi ipertensiva e nella colestasi intraepatica).
3°) Inviata ai Medici di Base una lettera di accompagnamento della locandina esplicativa dell'attività
dell'Ambulatorio di "Dietoterapia in gravidanza ".
40) Organizzati tre Corsi di formazione per il personale sanitario su "Alimentazione e Salute" : due
incontri di 4 ore l'uno con giochi di gruppo per fornire punti di riferimento sulle conoscenze
nutrizionali di base, sui cibi indispensabili, dannosi, inutili per la salute. A questi Corsi hanno
partecipato circa 70 operatori sanitari (medici, ostetriche, caposala, Infermiere, addetti alla cucina...)
provenienti anche da altre Aziende Sanitarie : Parma, Mantova, Voghera.
61
ESPERIENZA DI MALATTIA: APPROCCIO PSICOSOMATICO, QUALITÀ
DELL'ASSISTENZA.
dr. Antonino Minervino, Responsabile Unità Operativa di Psichiatria 25 di
Casalmaggiore (Cr), Dipartimento di Salute Mentale Azienda Istituti Ospitalieri di
Cremona - Dr.ssa Simonetta Bianchi, Direttore Sanitario Azienda Istituti
Ospitalieri di Cremona
Premessa.
E' concezione comune che la qualità delle prestazioni in campo sanitario e specificamente in quello
ospedaliero, sia condizionata da un complesso insieme di elementi. Le connotazioni emotiva, affettiva
ed esistenziale che compongono l'esperienza di malattia sono abitualmente trascurate e di
conseguenza quei relativi bisogni che la persona malata esprime restano insoddisfatti. Da ciò derivano
con estrema frequenza una minore qualità delle prestazioni erogate in campo sanitario ed una minore
soddisfazione della persona cui spesso consegue un incremento della spesa sanitaria per l'erogazione
di ulteriori prestazioni. Un ulteriore aspetto di questo problema è quello dell'insoddisfazione
dell'operatore cui consegue una compromissione funzionale delle capacità professionali.
Obiettivi.
Accrescere la consapevolezza dell'impatto che ha il ricovero nell'ospedale sul vissuto di malattia nel
paziente, nei suoi familiari e negli operatori sanitari, sviluppare le potenzialità terapeutiche insite
nelle persone ( pazienti ed operatori), migliorare le capacità comunicative fra chi eroga prestazioni e
chi ne usufruisce. Aumentare le conoscenze degli operatori delle Divisioni Ospedaliere nel campo del
disagio psicologico legato alla malattia somatica.
Aumentare la sensibilità degli operatori delle Divisioni Ospedaliere a cogliere, nell'ambito della
propria attività lavorativa, aspetti di disagio psicologico legato alla malattia somatica.
Aumentare le capacità degli operatori delle Divisioni Ospedaliere di proporre soluzioni autonome al
disagio emotivo legato alla malattia somatica.
Aumentare l'integrazione tra le Divisioni Ospedaliere e l'Unità Operativa di Psichiatria con finalità di
miglioramento dell'esperienza di ricovero da parte dei pazienti ricoverati.
Metodi
Incontri tra Servizio Psichiatrico, Ospedale ed Amministrazione Aziendale;
Individuazione degli operatori sanitari da coinvolgere;
Gruppi di informazione-formazione;
Elaborazione di strumenti (protocolli) per la rilevazione del bisogno e la sua traduzione in una
richiesta;
Individuazione di una serie di prestazioni erogabili.
Tempi
Una prima fase di circoscrizione, individuazione e definizione dell'area di lavoro stimabile in un
mese.
Una seconda fase di elaborazione degli stumenti e dei protocolli utilizzati nel progetto stimabile in
due mesi.
Una terza fase di individuazione dei gruppi di lavoro con avvio delle attività di informazione,
formazione e prima applicazione della metodologia elaborata stimabile in cinque mesi.
Avvio delle attività per la verifica pratica della metodologia per la durata di quattro mesi.
Valutazione dell'esperienza del primo anno ed eventuali modifiche della metodologia.
Avvio formale dell'esperienza per la durata di due anni con verifiche semestrali delle attività e dei
risultati. Verifica finale
Risultati
La valutazione verrà effettuata alla fine del semestre di attività vera e propria dei gruppi di lavoro.
Vengono proposti degli indicatori volti alla rilevazione di quanto si sia riusciti a coinvolgere gli
operatori dell'ospedale ed i medici di medicina generale, di quanto sia aumentata la capacità in
generale dell'ospedale di rilevare il bisogno psicologico legato all'esperienza di malattia delle persone
62
ricoverate, di quanto sia aumentata la capacità di formulare una risposta a questo bisogno sia
autonomamente che con il sostegno della consulenza della U.O. di Psichiatria.
OSPEDALE SENZA FUMO
Dr. Rosario CANINO Vice Dirigente Sanitario P.O. Oglio-Po - Vicomoscano (CR)
Dr.ssa Simonetta BIANCHI Direttore Sanitario Azienda Ospedaliera "Istituti
Ospitalieri di Cremona".
Premessa
Uno degli obiettivi del progetto "Salute per tutti" è che per il 2000 almeno 1,80% degli europei siano
non fumatori.
L'OMS negli ultimi anni ha incrementato la campagne contro il fumo, promuovendo strategie
d'intervento multisettoriale.
Infatti il secondo Action Plan dell'OMS suggerisce di rafforzare le cooperazioni e concentrare gli
interventi nelle aree che garantiscono i risultati migliori.
L'AO di Cremona, aderendo alla rete lombarda degli Ospedali per la promozione della salute ha scelto
due di queste azioni che riguardano i servizi sanitari:
1. Servizi Sanitari senza fumo;
2. Aiutare chi vuole smettere.
Pertanto, prendendo spunto da quanto realizzato in tale settore dalla Regione Veneto, la Direzione
Strategica Aziendale ha deciso di promuovere l'abolizione del fumo dai servizi sanitari dell'Azienda.
Obiettivi
Ottenere che negli ospedali e nei servizi sanitari dell'Azienda Ospedaliera "Istituti Ospitalieri di
Cremona" non si fumi, in modo da proteggere la salute dei pazienti e del personale e da costituire un
esempio di comportamento sano per la comunità servita.
Metodologia
Le azioni da intraprendere sono molteplici e sono in linea con le raccomandazioni dell'OMS di
promuovere strategie d'intervento multisettoriale.
Il progetto si articola in tre tipi di intervento:
1. Promozione del counselling contro il fumo nei confronti dei pazienti e dei dipendenti fumatori, e
programmazione di attività per aiutare il personale a smettere di fumare.
2. Sviluppo di sinergie con altre iniziative contro il fumo nella comunità, a tale riguardo verranno
attivate alleanze con le ASL e con le associazioni di volontariato presenti nel territorio.
3. Attuare le disposizioni legislative contro il fumo.
Valutazione
Attraverso la somministrazione di questionari e mediante indagini ad hoc verranno valutati:
1. il grado di coinvolgimento e di partecipazione
2. la capacità di creare reti territoriali
3. il livello di gradimento
4. la modificazione dei comportamenti.
63
CONTINUITA’ DELLE CURE NELLA DONNA AFFETTA DA TUMORE MAMMARIO
Azienda Ospedaliera "Ospedale Maggiore" di Crema
Coordinatore del progetto Dr. Alessandro Inzoli U.O. di Medicina
Obiettivo Generale
. Garantire il passaggio in cura della paziente
. Migliorare la qualità delle cure e dell'assistenza alle donne affette da neoplasia mammaria (compresa
la fase della prevenzione)
. Stabilire regole della relazione
Obiettivi Specifici
. Individuare una modalità organizzativa che garantisca il passaggio dell'informazione e la presa in
carico della paziente con continuità
. Definire un protocollo procedurale
. Aggiornare e formare gli operatori sanitari coinvolti
. Acquisire uniformità di indirizzi e comportamenti di fronte a situazioni specifiche
. Razionalizzare dei percorsi diagnostico-terapeutici (comprese prevenzione e riabilitazione)
. Individuare strumenti informativi adeguati
Destinatari
. pazienti
. personale medico e infermieristico
. comunità (es. familiari, popolazione, ecc.)
Valutazione
Indicatore: grado di coinvolgimento e grado di partecipazione
N° pz. ricoverati/N° totale pz. coinvolti
Indicatore: capacità di creare reti territoriali
N° agenzie od istituzioni coinvolte/N° totale Agenzie o Istituzioni presenti
Indicatore: livello di gradimento (soddisfazione)
N° valutaz. gradim. favorevoli/N° destinatari intervento
Indicatore: modificazione dei comportamenti
N° soggetti osservati che realizzano comportamenti pertinenti/N° soggetti coinvolti nel programma
Indicatore: variazione delle conoscenze
livello di informazioni osservate nei destinatari/livello di informazioni attese
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“ABBI CURA DI TE”
Azienda Ospedaliera "Ospedale Maggiore" di Crema
Coordinatrice del progetto Francesca Gipponi - infermiera/capo sala - Resp. Uff.
Qualità Aziendale
Obiettivo Generale
Sviluppare la cultura del "self - care".
Il termine inglese "self - care" è tradotto nella nostra lingua come cura di sé o auto assistenza,
intendendo tutte quelle azioni e le attività deliberate, eseguite in ordine logico, che ogni persona
compie per mantenere o riacquistare la propria salute e il proprio benessere. In un modello teorico di
"self - care" ogni soggetto svolge un ruolo attivo.
Obiettivi Specifici
. Intervenire con un processo educativo sui cittadini (pazienti ricoverati e loro familiari) promuovendo
la cultura e l'attuazione di azioni di agenti di self - care
. Intervenire con un processo educativo sugli operatori (infermieri e medici dell'Azienda)
promuovendo la cultura e l'utilizzo di metodi e tecniche di educatori di self - care
Destinatari
. Tutti i pazienti ricoverati: circa 15.000 ricoverati/anno
. I familiari come soggetti con cui sì lavora: sia come sostituti di persone non autosufficienti, sia come
supporto e condivisione del problema di salute dei pazienti non avulsi dal loro contesto famigliare
. Personale: tutti i medici (n° 199) e tutti gli infermieri (n° 544) dell'Azienda
Valutazione degli operatori
N° operatori formati/ N° operatori totali
Standard previsto: 20 - 25%
Standard previsto: 80%
N° op. che attuano azioni di educatori di self - care/ N° operatori formati
.Questionario di autovalutazione sul cambiamento personale
.Valutazione del cambiamento degli operatori fatta da un esterno
Dei cittadini (pazienti ricoverati e loro familiari)
. N° famiglie coinvolte/N° pazienti ricoverati Standard previsto: 10-15%
. Questionari di autovalutazione e di soddisfazione sui pazienti e i famigliari coinvolti
. Valutazione da effettuare nel tempo su un campione di pazienti
accesi prima dell'intervento> 1/accessi dopo l'intervento
ricoveri prima dell'intervento> 1/ricoveri dopo l'intervento
65
LA RAGIONE E IL METODO. LA GESTIONE DEL PAZIENTE CHIRURGICO E
L'ORGANIZZAZIONE DELLE SALE OPERATORIE
Azienda Ospedaliera "Ospedale Maggiore" di Crema
Coordinatori del progetto Dr Roberto Sfogliarini, Resp. Presidio di Crema,
Direzione Medica, AFD Sangiovanni Giovanni, Dip.Ch. tel 0373-280223-493 fax
0373-280337
Obiettivo Generale
Migliorare l'accessibilità del paziente chirurgico alla struttura
Supportare, mantenere e migliorare il processo di cura ponendo attenzione all'accoglienza
Migliorare il rapporto cittadino/ospedale garantendo la trasparenza nella gestione delle liste
operatorie
Obiettivi Specifici
Stabilire regole all'interno della cultura della relazione con il paziente in merito a:
comunicazione, informazione ed educazione all'intervento, organizzazione dell'accesso alla
seduta operatoria
Definire i criteri di tenuta delle liste operatorie e applicarli
Garantire la possibilità di eseguire accertamenti pre-operatori nella stessa giornata attraverso
l’utilizzo del pre-ricovero chirurgico o altre forme organizzative
Definire un regolamento per la gestione della liste di attesa chirurgiche
Ridurre i tempi di ospedalizzazione preintervento
Aumentare la quota di pazienti che utilizzano il Servizio di pre-ricovero ch.
Razionalizzazione delle risorse strutturali, tecnologiche e umane
Destinatari
Utenti = 8000/anno circa
Personale: 300
Valutazione
Indicatore: Grado di coinvolgimento e grado di partecipazione
N° pz. Coinvolti/N° totale di pz. coinvolti
Indicatore: Livello di gradimento (soddisfazione)
N° valutazioni di gradimento favorevoli/N° destinatari dell'intervento
Indicatore: Modificazione dei comportamenti
N° di soggetti osservati che realizzano comportamenti pertinenti/N° soggetti coinvolti nel programma
Indicatore: Variazione delle conoscenze
Livello di informazioni osservate nei destinatari/livello di informazioni attese
Produrre regole per la tenuta delle liste d'attesa: documento si/no
Produrre regolamento di utilizzo: documento si/no
Protocollo accoglienza paziente chirurgico: documento si/no
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IL PIACERE DI MANGIAR SANO
Azienda Ospedaliera "Ospedale Maggiore" di Crema
Coordinatore del progetto, Assistente Sanitaria Tiziana Stella, URP
Alleanze: Distretto di Crema - ASL di Cremona - Scuole - Comuni, Associazioni di
Tutela
Obiettivo Generale
Migliorare la qualità e la varietà della ristorazione per i degenti e per il personale, accrescendo la
consapevolezza dell'impatto che l'ambiente ospedaliero ha sulla salute dei pazienti, del personale e
della comunità e promuovere un'azione educativa che porti all'interiorizzazione del comportamento
alimentare appropriato.
Obiettivi specifici
-
Aumentare nei degenti la soddisfazione rispetto alla qualità del cibo
Migliorare le conoscenze igienico nutrizionali del personale della cucina
Migliorare il rispetto delle norme igieniche in cucina
Aumentare le conoscenze nutrizionali della popolazione a cui è rivolto il progetto
Migliorare il comportamento alimentare della popolazione per avere a lungo termine una
riduzione delle patologie correlate ad un'alimentazione scorretta.
Destinatari
Tutti i degenti dell'Azienda Ospedaliera che consumano i pasti
Il personale dell'ospedale che usufruisce della mensa comunale "Ristorante Self service"
Il personale addetto alla preparazione dei pasti in ospedale
Il personale addetto alla distribuzione dei pasti
Visitatori e familiari dei degenti
Popolazione residente nel territorio di riferimento (Distretto di Crema).
Valutazione
Indicatore : soddisfazione dei pazienti e degli operatori
N° questionari ritornati/N° questionari distribuiti
N° di valutazioni di gradimento favorevoli/N° dei pazienti destinatari
N° di valutazioni di gradimento favorevoli/N° operatori coinvolti
Indicatore : modificazione delle conoscenze
Livello di informazioni osservate nei destinatari/livello di informazioni attese
Indicatore : gradimento delle proposte dietetiche nelle mense scolastiche
Quantitativo di alimenti non consumati/menù proposto
Indicatore : capacità di creare reti territoriali
N° agenzie ed istituzioni coinvolte/N° totale delle agenzie presenti sul territorio
Indicatore : modificazione del comportamento
N° soggetti che hanno corretto l'alimentazione/N° soggetti coinvolti
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CONTINUITÀ DELLE CURE
Azienda Ospedaliera Sant'anna - Como
Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Como
Servizio Assistenza Sociale - Azienda Ospedaliera - Sig.ra Bregoli – Sigra Farisetti
Ufficio Qualità R. Riva - I. Ramponi
Dipartimento Materno Infantile - Azienda Ospedaliera - Prof. R. Longhi - Dott.ssa
M.T. Ortisi
• Obiettivi: il progetto, che è stato stimolato dalla adesione delle Azienda Ospedaliera e Sanitaria
della Provincia di Como, è finalizzato soprattutto alla creazione di un ambiente favorevole che
consenta alle persone di condurre una vita sana, perseguire il proprio obiettivo "salute" nelle
condizioni più favorevoli possibile. In particolare: formare gli operatori alla promozione della salute
in aree quali l'istruzione, la comunicazione, la capacità di creare sinergie con i pazienti, i clienti e le
capacità psico - sociali.
• Metodologia: tenuto conto delle difficoltà che la nascita delle nuove Aziende nell'ormai lontano
1998 ha portato, in quanto servizi che si occupavano in modo sinergico di alcuni problemi, in
particolare relativamente all'area materno - infantile, sono stati ricondotti a strutture differenti, si è
studiato un progetto integrato Azienda Ospedaliera - Azienda Sanitaria Locale.
1. analisi del percorso per definire i punti nodali che creano disagio all'utente, attraverso lo studio di
una casistica di pazienti per almeno un mese e la verifica dei "reclami" evidenziati.
2. Definizione punti critici e dei bisogni impliciti ed espliciti nelle fasi di erogazione
3. Interventi di miglioramento - proposte azioni correttive e preventive
4. Indicatori di risultato - verifica e studio efficacia degli interventi
• Risultati attesi: lo slogan del progetto è riorientare i servizi, tenendo conto della centralità,
rispetto al processo di erogazione delle prestazioni, dei bisogni dell'utenza e dei valori cui ciascun
progetto, prestazione e/o servizio deve ispirarsi: la vita, il rispetto della dignità della persona, la
speranza di salute e la qualità del servizio erogato. I risultati del progetto cui tutto il sistema è teso
sono:
a) modificazione delle condizioni di salute del paziente, attraverso una diminuzione dei problemi
legati alla creazione di corretti canali di comunicazione, finalizzati a rendere meno traumatica la
dimissione ospedaliera in condizioni di salute non ottimali;
b) variazione delle conoscenze, incremento sensibile del livello di informazione;
c) collaborazione attiva tra tutti gli attori coinvolti all'interno delle strutture ospedaliere e sanitarie ed
associazioni di volontariato, Comune e Provincia.
d) Definizione di un protocollo per l'attivazione immediata di tutti quei servizi ed i contatti che
riducono il disagio del paziente nel momento in cui si verifichi un problema legato alla continuità
dell'assistenza.
• La risposta: sapere cosa fare, a chi rivolgersi, i tempi di realizzazione e le modalità operative, le
persone coinvolte.
• Indicatori di risultato:
SODDISFAZIONE gradimenti favorevoli / destinatari - due questionari in sei mesi
EFFICACIA % pazienti e/o familiari che hanno appreso il significato del protocollo e ne seguono i
criteri / totale interessati al protocollo
VALUTAZIONE DEI BISOGNI DELL'AZIENDA almeno il 50% degli utenti dell'area materno infantile che
rappresentano un bisogno di integrazione ospedale - territorio.
• Parole Chiave continuità, disagio, integrazione e immediatezza.
• Dimensioni della Qualita' completezza e professionalità, affidabilità, e tempestività e conoscenza
del cliente; promuovere il coinvolgimento attivo di tutti gli attori del processo ed attivare alleanze al
di fuori dell'ospedale per migliorare il "benessere" dei clienti.
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ALCOLISMO
Azienda Ospedaliera Sant'anna - Como
Servizio Assistenza Sociale - Azienda Ospedaliera - Sig.ra Bregoli - Sig.ra
Farisetti - dott. V. Tummino.
Ufficio Qualità R. Riva - I. Ramponi
Dipartimento Medicina Generale - Azienda-Ospedaliera - Prof. G. Barbi - Dott. G.
Bellati - dott. L. Boncinelli - Dott. Sergio Casati
Obiettivi:
Considerata la frequenza per morbilità e mortalità dell'alcolismo, all'interno dell'Azienda si è
proceduto con un approccio diagnostico e terapeutico multimodale che investa la sfera fisica, psichica
e sociale del paziente. L'idea di una risposta "ospedaliera" che risponda al bisogno di intervento da
parte della popolazione, in aggiunta a quella territoriale (NOA), nasce presso l'Ospedale Sant'Anna da
tempo e si sviluppa ulteriormente dopo la costituzione dell'Azienda Ospedaliera per trovare progetti
ed obiettivi comuni nelle diverse aree territoriali.
Obiettivo primario è quello di sostenere la persona alcolista ad avere un più equilibrato rapporto con
le bevande alcoliche per un maggiore benessere psico - fisico.
Metodologia:
FORMAZIONE – INFORMAZIONE équipe di riferimento per intervento multimodale.
SENSIBILIZZAZIONE delle strutture ospedaliere di degenza e di prima accoglienza dei potenziali utenti
del servizio (Medicine - Pronto Soccorso e Traumatologie).
ATTIVAZIONE di un programma di riabilitazione che abbia come scopo quello di aiutare la persona
alcolista ad avere un più equilibrato rapporto con le bevande alcooliche per un maggior benessere
pisco - fisico.
Risultati attesi:
essendo il progetto rivolto al controllo dell'alcolismo inteso come diagnosi precoce ed al trattamento
delle dipendenze quale recupero psicologico del paziente e dei rapporti familiari, il risultato atteso è
quello dell'interazione con le associazioni territoriali (AAA e CAT) e con il NOA dell'Azienda
Sanitaria Locale di riferimento. In particolare:
1) la definizione di percorsi diagnostici e terapeutici che consentano un recupero complessivo
dell'individuo.
2) Miglioramento dello stato di salute, complessivamente legato all'intervento psicologico familiare e
di gruppo che l'équipe multidisciplinare riesce ad attivare, ovviamente dedicato alla prevenzione ed
alla terapia delle patologie alcol correlate, positiva sulle condizioni di salute generali.
Indicatori di risultato:
SODDISFAZIONE quanti pazienti accettano di entrare nel programma di riabilitazione / Totale pazienti
contattati
EFFICACIA riferita agli obiettivi
- % di pazienti o familiari di riferimento che hanno aderito ai programmi / programmata 50%
- % pazienti in trattamento / n. potenziali pazienti individuati nei diversi canali di accesso - medicina pronto soccorso - traumatologia
- n. associazioni coinvolte / n. associazioni presenti sul territorio
- n. programmi integrati-attivati (associazioni - ASL - servizi sociali) / n. totale persone coinvolte
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LA PREVENZIONE IN RETE: MANTOVA UNICO MODELLO LOMBARDO
Dr.G.Giannella, Ing.G.Bettiol ASL DI MANTOVA; Dr.A.Bellomi, Dr.ssa F.
Anghinoni, Dr.ssa S.Bettelini, P. e F.Pedrazzini AZIENDA OSPEDALIERA
"CARLO POMA" MANTOVA
Obiettivi
Utilizzando strumenti e collegamenti informatici è stata organizzata una gestione computerizzata
dello screening citologico per la prevenzione del cervicocarcinoma uterino, creando una rete integrata
ASL-OSPEDALE in Provincia di Mantova.
Metodi
E’ stato messo a punto un programma dedicato che ha consentito la definizione di un protocollo
univoco dell'attività di screening per tutto il territorio. Inoltre, il collegamento con la struttura
ospedaliera ha garantito l'integrazione con l'attività di II^ livello diagnostico.
Azioni intraprese
•
Definizione del protocollo di attività
•
Predisposizione di un programma informatico
•
Predisposizione di rete informatica interaziendale ASL-OSPEDALE dotata dell'anagrafe
assistiti aggiornata in tempo reale
•
Predisposizione di un progetto di educazione sanitaria
Risultati
•
Integrazione dell'attività di II^ livello diagnostico di pertinenza ospedaliera con l'attività di
screening preventivo territoriale di pertinenza ASL
•
Valutazione epidemiologica dei round di screening
•
Follow-up dei casi patologici
•
Integrazione globale interdisciplinare del personale sanitario coinvolto nell'attività di
prevenzione oncologica
•
Riduzione di attività cartacee a personale sanitario
•
possibilità di rapide e precise elaborazioni su dati raccolti per monitoraggio dell'attività
•
Unica Presenza lombarda nel Gruppo italiano Screening del Cervicocarcinoma (GISCI)
70
PROGRAMMA LOCALE PER L'EMERGENZA OSPEDALIERA
(HELP: HOSPITAL EMERGENCY LOCAL PROGRAM)
Azienda Ospedaliera "G.Salvini" Garbagnate Milanese
F. Zucco, Responsabile-Dipartimento di emergenza-accettazione, P.O. Garbagnate
Milanese. A.O. G. Salvini Regione Lombardia
Presso l'Azienda G.Salvini e' attivo gia' da 3 anni, all'interno del progetto globale di formazione
permanente, uno specifico Gruppo di progetto per la formazione del personale ospedaliero nel settore
dell'emergenza urgenza.
Va tenuto presente che le strutture aziendali sono costituite di fatto dalla unione funzionale di 3
Presidi Ospedalieri per acuti (Garbagnate, Rho e Bollate). Del presidio di Rho fa parte la struttura di
Passirana (struttura ad indirizzo riabilitativo). L'azienda gestisce inoltre alcuni poliambulatori,
collocati sul territorio.
In base alle normative regionali sul tema dell'emergenza urgenza, nell'Azienda sono stati realizzati 2
DEA (presso i PO di Garbagnate e RHO rispettivamente) ed un PS ( presso il P.O. di Bollate).
Sono presenti nell'Azienda 3 Servizi di Anestesia e Rianimazione (1 per ciascun PO x un totale di 18
p.1.), 2 UO di Cardiologia dotate di UCC (Garbagnate e Rho), una UO di neonatologia (Rho). Tutti e
3 i PO sono dotati di gruppi operatori, presso i quali giornalmente vengono eseguiti interventi relativi
a tutte le specialità chirurgiche, tranne la neurochirurgia e la cardiochirurgia. E' comunque attiva
presso il PO di Garbagnate Milanese una UO di Chirurgia vascolare dotata di 64 p.l.
Va tra l'altro ricordato che dal 1985, presso il PO di Garbagnate, e' stata attivata una automedica di
soccorso avanzato con equipe di rianimazione a bordo (mezzo Als), operativo nelle ore diurne e
feriali nel territorio della ex ASL 32 (200.000 abitanti circa). Il mezzo ed il personale su di esso
operativo, intervengono in dipendenza funzionale e secondo i protocolli operativi della Centrale
Operativa 118 di Milano.
Da anni lo sviluppo locale delle tematiche inerenti all'emergenza-urgenza intra ed extraospedaliera ha
spinto numerosi operatori dell'azienda ad aumentare il livello di qualificazione relativamente alle
linee guida, ai protocolli, alle modalita' di intervento piu' accreditate a livello di organismi nazionali
ed internazionali.
L'Azienda, garantendo la caratteristica di permanenza al Gruppo di progetto sulla formazione
nell'emergenza urgenza, ha inteso dare un forte segnale sull'importanza data a questo settore nelle
linee strategiche pluriennali. Il progetto rappresenta percio' una fisiologica evoluzione dell'attuale
situazione di interesse nel settore ed un tentativo di pianificazione della crescita culturale degli
operatori sanitari ospedalieri nel settore delle problematiche inerenti al rischio immediato o potenziale
di vita dei pazienti, sin dal momento dell'arrivo in accettazione/PS .
L'attuazione del progetto si articola sui seguenti punti:
- Creazione di un Centro di formazione all'interno dell'Ufficio di Formazione Permanente specificamente
orientato all'educazione nel settore dell'emergenza urgenza.
- Selezione e preparazione di ulteriori formatori, soprattutto nell'area dell'intervento per il polítraumatizzato.
- Preparazione del materiale didattico e delle strumentazioni.
- Organizzazione annuale dei corsi, bi-trisettimanali, mensili o semestrali, a seconda degli obiettivi di formazione.
Tutti i corsi devono prevedere la valutazione e la certificazioni finali.
- Programma di stages semestrali su argomenti specifici (ad es. intubazione difficile, stimolazione cardiaca
d'emergenza), con formatori esterni, orientata a piccoli gruppi di discenti delle aree critiche. (SAR,Cardiologie).
- Creazioni di sinergie specifiche con Universita' agli studi di Varese (particolarmente avanzata in questo settore),
con la Centrale 118 di Milano (omogeneizzazioni e di protocolli di intervento) e con il CATI di Milano. Protocollo
di intesa tra Associazioni non profit attive localmente nell'area delle emergenza urgenza in relazione alle modalita'
di accesso delle ambulanze e di movimentazione dei malati presso i PS aziendali. Analisi e verifica delle
strumentazioni e del materiale (ad esempio i carrelli) di emergenza esistenti nelle UUOO di degenza.
- Elaborazione di un piano aziendale comune per la gestione del materiale e delle strumentazioni di emergenza
presenti presso le UUOO Aziendali.
- Elaborazione di un sistema comune di verifica continuo di efficacia del piano.
- Strategia di informazione diffusa sulle tematiche dell'urgenza ed emergenza e sulla importanza della
partecipazione ai corsi di formazione.
71
- Elaborazione di sistemi di verifica del livello di preparazione dei formatori e dell'impatto della formazione sul
livello culturale di partenza, individuale e di gruppo.
PROGETTO DI EDUCAZIONE SANITARIA RIVOLTO AI PAZIENTI ASMATICI, COPD
E RELATIVI PARENTI
Vaghi A, De Bernardi G, Grassi N, D'Elia T, Colacicco D.
Div Pneumologia . Azienda Ospedaliera G. Salvini . Garbagnate MI
Introduzione
L'asma è una malattia emergente e recenti indagini epidemiologiche hanno dimostrato un continuo
aumento della sua prevalenza ed attualmente in Italia ne sono affetti il 5-7% degli adulti e 10-15%
bambini . A causa dell'elevata morbilità e prevalenza l'asma ha un notevole impatto socio
economico.(1)
Premesse del lavoro
Abbiamo precedentemente osservato che la maggior parte dei pazienti asmatici non segue
correttamente la terapia prescritta perché non è a conoscenza né dei principi della terapia antiasmatica
né utilizza correttamente i farmaci somministrati per via inalatoria. Inaspettatamente abbiamo
riscontrato gli stessi problemi nel personale infermieristico e tra i medici non specialisti .Partendo da
queste osservazioni abbiamo organizzato un primo ciclo di incontri educazionali rivolti ai pazienti
affetti da asma severa ed abbiamo rapidamente ottenuto un miglior controllo della malattia (2-3)
Obbiettivo dell'attuale progetto
E' quello di ampliare l'esperienza precedentemente effettuata coinvolgendo pazienti affetti da asma
(lieve, moderata e severa e COPD) in un progetto educazionale finalizzato a fornire gli strumenti per
accrescere il benessere ( corretto uso dei farmaci inalatori , bonifica ambientale ) ed a favorire un
cambiamento dei comportamenti errati ( fumo , scarsa compliance terapeutica) dei pazienti. Per
aumentare l'efficacia dell' intervento verranno coinvolti i genitori dei bambini asmatici, il personale
infermieristico della Div Pneumologia) e la popolazione ( incontri semestrali/ annuali su fumo)
Metodologie d'intervento
I corsi educazionali si articoleranno in sedute di 2 ore, previsti due incontri con esercitazioni pratiche.
Per valutarne l'efficacia verrà distributo un questionario
conoscitivo ( inclusa valutazione VAS) ed un questionario sulla qualità della vita, all'inizio ed al
termine del corso . E' previsto un follow up annuale esteso alla popolazione , con incontri e
discussioni comuni , il progetto avrà durata quinquennale.
Risultati attesi
Sulla base delle nostre precedenti esperienze è atteso un miglioramento del controllo della malattia
espresso come riduzione degli episodi di riacutizzazione , delle visite in pronto soccorso e dei ricoveri
ospedalieri.
Potrà essere valutato l'impatto dell' intervento in terroni farmacoeconomici , sia per quanto riguarda i
costi diretti che indiretti e la QV dei pazienti.
Bibliografia
1)
Global strategy for Asthma management and prevention NHLBI/WHO 1993
2)
Vaghi A et al “Asma ed educazione” Boll ARIR 1998
3)
Vaghi A et al " Valutazione del corretto uso della terapia inalatoria nell' asma"
Atti Cong AIPO Tabiano , 1994
72
RISULTATI DELL'INDAGINE SUI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
(DCA) NELLE SCUOLE DI MILANO
D. Corni, C. Mellado, P. Riva, G. Catania, L. Cioni, M. Company, R. Cattaneo, S.
Olivieri - Centro per la Prevenzione e il Trattamento dei Disturbi del
Comportamento Alimentare - Azienda Ospedaliera - Polo Universitario Luigi
Sacco, Milano
Studi condotti in altri Paesi hanno messo in evidenza che i Disturbi del Comportamento Alimentare
(DCA) si manifestano in età scolare e che è possibile rilevare segnali di predisposizione già negli
alunni delle scuole elementari.
Nell'ambito di un Programma Triennale di Prevenzione dei DCA: Anoressia Nervosa (AN), Bulimia
Nervosa (BN) e Binge Eating Disorder (BED), sono stati sottoposti ad indagine clinico-anamnestica e
psicologica studenti di scuole elementari, medie e superiori di Milano.
Scopo dello studio:
Analizzare le abitudini alimentari, valutare lo stato di nutrizione e l'attività fisica e rilevare i tratti
psicologici associati ai DCA, con l'intento di valutare l'attualità di un programma di prevenzione
primaria nelle scuole.
Soggetti e Metodi:
Sono stati esaminati di 749 ragazzi , rispettivamente: 246 delle scuole elementari (122 maschi, 124
femmine), 296 delle scuole medie (153 maschi, 143 femmine), 207 delle scuole superiori (108
maschi, 99 femmine).
Ciascuno di loro è stato sottoposto ad una valutazione clinica mediante rilievi antropometrici, in
particolare sono stati misurati il peso e l'altezza ed è stato calcolato l'Indice di Massa Corporea (BMI),
sono state rilevate le pliche cutanee (bicipitale e sottoscapolare) e le circonferenze ( vita, fianchi,
polso e braccio) e sono state misurate la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca.
Un questionario autocompilato dagli studenti ha poi permesso di rilevare alcuni dati anamnestici quali
la famigliarità per l'obesità e le malattie metaboliche, i consumi alimentari e l'attività fisica, scolastica
ed extrascolastica.
Un questionario precompilato utilizzato è l'Eating Disorder Inventory-2 (EDI-2) (Garner, Olmstead,
Polvy, 1983 – tr.it. a cura dell'OS - Firenze, 1996) scelto perchè è lo strumento più flessibile e che
consente una precisa e dettagliata analisi. Misura tratti psicologici o gruppi di sintomi caratteristici
della patologia alimentare.
Risultati:
Tab. 1
ELEMENTARI
MEDIE
SUPERIORI
TOTALE
122
124
246
153
143
296
108
99
207
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
ELEMENTARI
MEDIE
SUPERIORI
Obesi (BMI. 90° P)
Sottopeso (BMI. >3 P°) P)
35,2%
5,4%
25,5%
1,9%
14,8%
1,8%
FEMMINE
ELEMENTARI
MEDIE
SUPERIORI
Obesi (BMI. 90° P)
Sottopeso (BMI. >3 P°) P)
42,7%
1,7%
37,0%
0,6%
11,1%
0,5%
P= percentile
73
Tab. 2
Impulso alla magrezza
Bulimia
Insoddisfazione per il corpo
Inadeguatezza
Perfezionismo
Sfiducia Interpersonale
Consapevolezza Entorecettiva
Paura alla maturità
Ascetismo
Impulsività
Inadeguatezza sociale
%M-SMI
0,7
6,7
2,8
0,7
11,9
16,8
1,4
17,5
1,4
9,8
9
%F-SMI
7,5
6,8
19,6
8,3
10,5
15,6
6,8
23
3,6
13,5
10,5
%M-SMS
1
5,3
3,2
1
9,5
12,6
1
12,6
2,1
7,4
4,2
%F--SMS
22,2
4,8
28,6
4,8
6,3
14,3
6,3
11,1
4,8
7,9
4,8
SMI= scuole medie inferiori, SMS= scuole medie superiori
I rilievi clinici evidenziano un'alta percentuale di ragazzi di entrambi i sessi con obesità nelle scuole
elementari, percentuale che si riduce progressivamente nelle scuole medie inferiori e superiori fino ad
attestarsi a valori che variano dall' 11 al 15%. Il fenomeno è verosimilmente da attribuirsi alla
importanza che nelle età superiori viene data alla immagine corporea. Analogamente si comportano i
ragazzi per quanto riguarda il sottopeso .
I rilievi anamnesticí evidenziano una positiva correlazione, in entrambi i sensi, tra obesità, scarsa
attività fisica e frequente consumo di fuori-pasto.
Non ottimale risulta, in entrambi i sessi, il consumo di frutta e di verdura. Buona, per contro, dopo le
numerose campagne di educazione alimentare, l'abitudine a consumare la prima colazione.
I risultati dei tests psicologici mostrano come per le femmine il passaggio dalla fascia di età 11 -13
alla fascia di età 14-18, è correlato ad un aumento significativo nelle sottoscale Impulso alla magrezza
(IM) e Insoddisfazione per il Corpo (IC). Questo dato delinea un maggior rischio relativamente alla
patologia alimentare delle femmine più adulte. Questa conclusione è peraltro confermata dal rapporto
fra scala IC e IM per la classe 11-13 e quello per la classe 14-18. Nel primo caso, infatti, si ha
un'elevata percentuale alla scala IC mentre IM è sufficientemente bassa. Nella fascia 14-18 anni,
entrambe le percentuali sono invece alte. Cioè mentre nel gruppo di età 11-13 anni la Insoddisfazione
per il Corpo non ha un correlativo con l'impulso alla Magrezza, nel gruppo di età 14-18, la
Insoddisfazione per il Corpo va associata a un Impulso alla Magrezza.
Conclusioni:
I risultati dell'indagine mostrano l'insorgenza di disturbi del comportamento alimentare già nella fasce
di età più giovani ed in conseguenza la necessità di attuare un programma di prevenzione primaria.
Incontri successivi con i Presidi e gli Insegnanti delle Scuole e un incontro con i genitori degli alunni
per comunicare i risultati dello studio, sono in programma per il novembre 1999. Per quanto attiene la
prevenzione secondaria il nostro intervento si orienterà in particolare sulla identificazione precoce dei
casi rispetto all'insorgenza del disturbo. Per i soggetti sintomatici si prevede uno o più incontri con
operatori del settore psicologico e nutrizionale congiuntamente, al fine di prevenire a:
un inquadramento diagnostico
un primo intervento (individuale e,% familiare) in Day-Hospital
riabilitazione nutrizionale ambulatoriale (amb. dietologico)
gruppi terapeutici
follow-up dei soggetti in terapia
74
IL RUOLO DELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE NEI PROGRAMMI DI AUTOFORMAZIONE PER LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Azienda Ospedaliera "G. Salvini" Garbagnate Milanese
Donata Castelli, Giuliano Soldà, Margherita Mulazzani, Marco Gavioli, Silvana
Ventrice, Franco Massironi, Franco Barbieri, M.Teresa Gerra, Roberto Perrucci.
Nell'ambito delle attività ospedaliere le scelte di prevenzione dovrebbero contribuire a modificare
situazioni nocive per il benessere degli operatori. Spesso ciò non accade. Fatalismo, abitudini, scarse
motivazioni, concorrono a sottovalutare i valori intrinseci della prevenzione, affidando solo agli
interventi di rimozione delle cause di pericolo la salvaguardia della salute.
Per limitare questi circuiti " problema specifico-intervento mirato" e contribuire a diffondere
l'efficacia della prevenzione, lo staff del Centro Igiene del Lavoro (CIL) ha individuato, nell'ambito
dello svolgimento dei propri compiti istituzionali, strategie di coinvolgimento degli operatori delle
UU.OO dei Presidi Ospedalieri che si avvalgono di attività di Promozione della Salute.
La partecipazione del personale addetto ai vari Servizi Sanitari nel processo di analisi della
valutazione dei rischi, permette di condurre un percorso che va dall'individuazione degli elementi di
costrittività organizzativa, alla valutazione delle condizioni di pericolosità e dei rischi per la salute,
all'individuazione di eventuali danni, con le relazioni tra questi momenti e le fasi canoniche della
prevenzione.
In pratica vengono costituiti gruppi omogenei per mansioni lavorative per facilitare la messa in
evidenza delle problematicità delle strutture e degli ambienti, le difficoltà nei rapporti gerarchici e
interindividuali e la concezione che ogni operatore ha del binomio ambiente-salute.
Il lavoro partecipato porta all'individuazione di soluzioni per migliorare il contesto di lavoro facendo
crescere contemporaneamente gli aspetti di professionalità individuale e di gruppo, nonchè la
consapevolezza dell'importanza del saper gestire la prevenzione dei rischi .
L'inserimento di attività di promozione della salute in questi processi apporta valore aggiunto alle
prestazioni sanitarie, ai rapporti interindividuali, contribuisce a generare un clima di lavoro vivibile e
accogliente migliorando anche i rapporti con i pazienti, in quanto la modifica dei contesti si raggiunge
sempre attraverso il cambiamento uomo-struttura.
Si concretizza inoltre il raggiungimento di una nuova coscienza del proprio stato di benessere psico
fisico, basata sulla non-delega e sulla consapevolezza che il raggiungimento del benessere dipende
innanzitutto dal singolo individuo.
La metodologia applicata si articola sui seguenti punti:
1. Utilizzo del modello " Plan - Do - Ceck - Act" per facilitare la ricerca dei punti di contatto tra
prevenzione e promozione della salute e qualità. Permette inoltre l'innesco di setting di
autoformazione dove gli operatori assumono progressivamente un ruolo protagonista, riuscendo non
solo ad individuare le azioni di prevenzione più confacenti alla propria mansione, ma anche ad
acquisire uno stile di lavoro favorevole al miglioramento continuo dei risultati delle prestazioni
prodotte.
2. Garanzia da parte dei referenti (personale dello staff del CIL) dei gruppi di un impegno nel:
- passaggio continuo di informazioni sui rischi e sui potenziali pericoli per la salute in funzione delle
mansioni lavorative dei partecipanti ai gruppi. In questa azione è fondamentale tener presente che la
qualità di tali informazioni consiste nel soddisfare le esigenze del sapere dei destinatari, in modo da
trasformarli in interlocutori e favorire il processo di una conoscenza personale destinata a trasformarsi
in comportamenti
- promuovere idee che introducono elementi innovativi per il raggiungimento degli obiettivi del
programma
- sostegno dello sviluppo delle capacità individuali per diventare protagonisti attivi della propria
salute e del miglioramento delle condizioni di lavoro
3. Concordare e condividere i contenuti delle fasi del programma prevedendo:
- Valutazione dei bisogni
- Fissazione di standard / criteri / indicatori per la valutazione
75
- Meccanismi di verifica
- Rettifiche e revisioni
REGIONE LOMBARDIA
AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALE CIVILE DI LEGNANO
Presidi Ospedalieri di Legnano - Cuggiono - Magenta – Abbiategrasso
L'OSPEDALE E' UN LUOGO DI VITA. E' APERTO ALLE PERSONE PER UN BREVE PERIODO DELLA LORO ESISTENZA.
CON QUESTE INIZIATIVE DIVENTA CENTRO DI CULTURA MEDICA E NON MEDICA, DA FREQUENTARE ANCHE
QUANDO SI E' SANI: OSPEDALE APERTO.
OBIETTIVO
OFFRIRE AL PAZIENTE SPUNTI DI RIFLESSIONE SULLA PROPRIA SALUTE, FISICA E MENTALE, E FARGLI
CONOSCERE L'OSPEDALE, LUOGO DI CURA E DI PREVENZIONE.
PROGETTO "IRIS - OSPEDALE APERTO"(*)
Inserito nel Piano Strategico Triennale 1998/2001. Programmazione annuale.
(*) IRIS è il nome del fiore che nelle diverse tonalità di viola, giallo, bianco, blu in cui si presenta, è stato scelto come simbolo
del Progetto che si articola in sottoprogettí dalle diverse valenze e sfumature.
SOTTOPROGETTI ATTUATI NEL PRIMO ANNO
•
•
•
•
•
musica in ospedale
lettura in camera
arte in reparto
cinemainsieme
progetto pediatria
SOTTOPROGETTI SECONDO E TERZO ANNO
•
•
•
•
•
progetto stage
ginnastica dolce
babysitting
bachecamica
premio iris di poesia
4 STABILIMENTI, 1600 POSTI LETTO. QUEST'ANNO:
• 100 manifestazioni/spettacolo piu' di 600 artisti tra
musicisti, pittori, clown, animatori, cori, cantanti cabarettisti
• 300 tra articoli, annunci, interviste, servizi su stampa locale,
nazionale, radio ed emittenti televisive 6000 pazienti coinvolti
10000 persone coinvolte fra familiari, pubblico, operatori 60
ditte coinvolte per sponsorizzazioni e omaggi
FATTORI DI SUCCESSO
•
•
•
OBIETTIVI
• ospedale luogo di vita quotidiana e centro di
cultura
• recuperare la relazione con la persona
• ristabilire serenita' ed equilibrio nelle riflessioni e
conversazioni con il malato
INNOVAZIONE
- trovare gli spazi necessari guardando
l'esistente in modo nuovo, creativo, diverso
- far esprimere propensioni, gusti, capacita',
potenzialita' nel gruppo di lavoro e nel
personale in genere per la realizzazione dei
progetti
- dedicare iniziative per le associazioni di
volontariato e per il personale
•
•
•
curare la periodicita' e la ripetitivita' degli eventi
curare la comunicazione degli eventi e dello stato dei
progetti
curare l'accoglienza degli artisti in termini di
comunicazione stampa, attestati, locandine e programmi
dl sala, servizi fotografici, segnalazioni
curare con le ditte il ritorno d'immagine
selezionare la qualita' delle proposte
valutare il gradimento con sondaggi e questionari
AZIONI
•
•
•
•
•
•
•
formare un gruppo di lavoro
individuare un coordinatore
individuare referenti e sottogruppi
dividere i compiti
mantenere costante l'aggiornamento e la comunicazione
nel gruppo
mantenere viva e costante la partecipazione e l'azione
con le opportune strategie
cercare alleanze sul territorio
LE VOCI DEL BUDGET DI SPESA
•
•
•
•
•
spese per targhe ricordo e fiori per artisti
noleggio e accordatura pianoforte
rimborso spese per gli artisti
arredi per sale
totale ca. 16 milioni/anno
RISULTATI
•
•
•
•
•
gradimento dei pazienti, dei familiari, del pubblico
ritorno in ospedale di ex-pazienti per assistere alle manifestazioni
richiesta di partecipazione ai progetti di artisti professionisti, conservatori, associazioni culturali
gli operatori sanitari partecipano alle manifestazioni
interesse dei media, delle istituzioni, di altri ospedali
76
L’aula riunioni con Binarietti alle
pareti e alle catenelle si trasforma
in galleria d’arte, e tutti mentre si
aggiornano hanno il bello intorno.
I pazienti e i familiari vanno a
visitare le mostre.
PROBLEMI E SOLUZIONI
Dove fare il cinema? Lo spazio adatto
per il progetto cinema non c’è. Si c’è,
dice Savarino del gruppo “10 progetti
speciali”. L’atrio del poliambulatorio
del monoblocco, vuoto, solitario e quasi
triste dalle 17 in poi, con tende verdi
oscuranti, dalle 20 diventi cinema.
Il Sig. Viscillo, capocuoco della
mensa, può dar sfoggio alla sua
fantasia e abilità culinaria per i
piccoli ma divertenti rinfreschi che
prepara per gli artisti e per gli
operatori quando c’è da tirar tardi.
PROGETTO PER UN OSPEDALE SENZA FUMO
A. Triarico (*), M.C. Giombelli (*), A. Iadini (**)R. Tagliasacchi(**), V. Scaramuzzino(°),
G. Grippaldi (°°), C.M. Cis (°°°), A. Larghi (*), P. Zoia (***)
(*) Direzione Medica - Presidio Ospedaliero di Varese; (**) Istituto di Igiene - Università
degli Studi di Pavia; (°) URP - A.O. di Varese; (°°) Servizio infermieristico - Presidio
Ospedaliero di Varese; (°°°) Osservatorio sul tabacco della Lega Italiana contro i tumori
della Provincia di Varese; (***) Direzione Sanitaria - A.O. di Varese.
INTRODUZIONE Gli studi epidemiologici hanno ormai accertato che il fumo di tabacco costituisce la principale
causa, evitabile, di malattie e di morte nei Paesi industrializzati. In Italia, nel 1990, il fumo di tabacco ha causato la
morte di 83.000 persone, con un trend in continuo aumento. Negli ospedali, ambulatori e altre strutture sanitarie si
continua a tollerare il fumo degli operatori sanitari, dei degenti e dei visitatori. Questa situazione, oltre a violare il
diritto dei non fumatori a soggiornare in ambienti liberi dal fumo, rappresenta un messaggio contraddittorio e
diseducativo, che viene ulteriormente rinforzato dall'influenza che le strutture sanitarie e gli operatori sanitari
esercitano come modello di riferimento per la comunità. I destinatari dell'iniziativa, nata nel 1999 in seguito
all'adesione al movimento HPH, saranno: 1)i degenti ricoverati presso l'Ospedale F. del Ponte di Varese (circa
8300 ricoveri all'anno, di cui il 55% di area medica e 45% di area chirurgica.); 2)il personale dell'Ospedale F. del
Ponte di Varese così suddiviso: 18% medici, 43% infermieri, 22,5% personale ausiliario, 5% tecnici, 4,5%
personale amministrativo, 7,2% altre figure; 3) la comunità, cioè le persone che accedono all'Ospedale Filippo del
Ponte per diversi motivi (visite ambulatoriali, visite ai degenti, ecc.).
OBIETTIVI Obiettivo generale: Ottenere che nell'Ospedale F. del Ponte il personale, i degenti e i visitatori non
fumino, in modo da proteggere la salute degli stessi degenti e del personale e da costituire un esempio dì
comportamento sano per la comunità servita. Obiettivi specifici: 1. Promuovere stili di vita sani all'interno
dell'ospedale; 2.Informare sui danni provocati dal fumo; 3.Salvaguardare i diritti dei degenti non fumatori;
4.Ottenere ambienti liberi dal fumo; 5.Formare operatori sanitari che promuovano la salute in ambiente
ospedaliero; 6.Ridurre l'abitudine al fumo; 7.Costituire un modello di riferimento.
METODOLOGIA_
AZIONI ORIENTATE AI DEGENTI
1) Rilevazione dei bisogni dei degenti mediante la somministrazione dì un questionario anonimo.
2) Analisi dei dati raccolti.
3) Messa a disposizione nelle sale di attesa degli ambulatori e nei reparti dell'ospedale di opuscoli, manifesti e
altro materiale che descriva i danni arrecati dal fumo.
4) Fornire informazioni ai degenti anche tramite colloqui individuali condotti da un gruppo di medici ed infermieri
addestrati a svolgere attività informativa sui danni causati dal fumo di tabacco.
5) Organizzazione, in collaborazione con il Comune e la Lega Tumori, di corsi di disassuefazione rivolti a quei
degenti che hanno espresso il desiderio di smettere di fumare.
6) Diffusione in ospedale di poster e depliant con le informazioni relative ai corsi per smettere di fumare.
AZIONI ORIENTATE AL PERSONALE
1) Rilevazione dei bisogni informativi e formativi di tutto il personale mediante la somministrazione di un
questionario.
2) Analisi dei dati raccolti.
3) Formazione degli operatori sanitari: istituzione di un corso di formazione per addestrare un gruppo di medici ed
infermieri a svolgere attività informativa sui danni causati dal fumo di tabacco rivolta ai degenti.
4) Organizzazione, in collaborazione con il Comune e la Lega Tumori, di corsi di disassuefazione, rivolti al
Personale che ha deciso di smettere di fumare;
AZIONI ORIENTATE ALLA COMUNITA'
1) Organizzazione di convegni, seminari, con altre istituzioni e con le associazioni di volontariato (Lega Tumori).
2) Organizzazione di manifestazioni locali in occasione delle Giornate Mondiali contro il fumo di tabacco che si
svolgono il 31 maggio di ogni anno, aderendo al tema specifico proposto dall'OMS.
3) Promozione dell'adesione al progetto degli operatori sanitari, dei responsabili delle istituzioni e delle
associazioni e, più in generale, di tutti coloro che godono di un ruolo di primo piano nella comunità.
4) Installazione di una nuova segnaletica contro il fumo o adattamento di quella esistente.
77
Tempi previsti per la completa realizzazione del progetto: due anni. Saranno utilizzate risorse economiche
aziendali.
VALUTAZIONE La valutazione verrà effettuata in itinere e al termine del progetto. attraverso indicatori
appositamente predisposti e differenziati per i diversi destinatari.
CONCLUSIONI Interventi per la prevenzione del tabagismo, che vedono coinvolti diverse istituzioni, attuati
mediante un'attività informativa e formativa di tipo continuativo sono determinanti per il raggiungimento degli
obiettivi prefissati.
LA
CONTINUITÀ
DELL'INTERVENTO
EDUCATIVO
E
TERAPEUTICO
NELL'ASSISTENZA AL PAZIENTE AFFETTO DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
IN FASE PREDIALITICA.
M.C. Giombelli (*), A. Triarico (*), R. Tagliasacchi (**), A. Iadini (**), V. Scaramuzzino (°),T. Gandini(°°), L.
Gastaldi (°°°) A. Larghi (*), P. Zoia (***)
(*) Direzione Medica - Presidio Ospedaliero di Varese; (**) Istituto di Igiene - Università degli Studi di Pavia; (°)
URP - A.O. di Varese; (°°) Servizio infermieristico - Presidio Ospedaliero di Varese; (°°°) U.O. Nefrologia e
Dialisi - Presidio Ospedaliero di Varese; (***) Direzione Sanitaria - A.O. di Varese.
INTRODUZIONE Il numero dei soggetti affetti da insufficienza renale cronica sottoposti a trattamento dialitico
presenta un trend in continuo aumento (2.832 persone nel 1984 e 7.027 persone nel 1995). In Regione Lombardia
si registra un incremento annuo di poco inferiore al 10%. Il budget necessario per finanziare circa 1.200.000
trattamenti dialitici annui, sulla base delle attuali tariffe, si aggira sui 300 miliardi di lire. La qualità di vita del
soggetto con insufficienza renale cronica in dialisi è inoltre notevolmente compromessa per la possibile insorgenza
di patologie intercorrenti e per un significativo aumento della morbilità e della mortalità. Malgrado il
miglioramento globale, tecnologico e clinico, della prestazione dialitica, la mortalità dei soggetti in dialisi rimane
sostanzialmente invariata. L'aspettativa di vita non supera i 10 anni per i soggetti che iniziano la dialisi prima dei
40 anni e si riduce ulteriormente per i soggetti che iniziano il trattamento dialitico dopo i 59 anni. I destinatari
dell'iniziativa, nata nel 1999 in seguito all'adesione al movimento HPH, saranno: l)soggetti che afferiscono
all'U.O. di Nefrologia e Dialisi (circa 300); 2)operatori sanitari dell'U.O. di Nefrologia e Dialisi cosi suddivisi: 10
medici, 37 infermieri professionali, 1 infermiere generico; 3)comunità, cioè familiari dei degenti che manifestano
insufficienza renale cronica.
OBIETTIVI L'obiettivo generale del progetto è migliorare la qualità di vita del soggetto con insufficienza renale
cronica. Si vuole inoltre promuovere un ruolo attivo e di partecipazione dei degenti e dei loro familiari, in funzione
dei loro specifici potenziali di salute. Gli obiettivi specifici sono: 1.Fornire sistematicità ed organicità all'intervento
educativo e terapeutico nell'assistenza della persona affetta da nefropatia cronica; 2.Formare gli operatori sanitari
che prendono parte alla realizzazione di questo progetto; 3.Informare le persone, e i loro familiari, con
insufficienza renale cronica in fase predialitica sulla malattia; 4.Formare le persone, e i loro familiari, con
insufficienza renale cronica in fase predialitica, sulle abitudini e sui comportamenti da adottare per favorire un
rallentamento del decorso della malattia.
METODOLOGIA Il programma educativo che si vuole attuare pone al centro dell'attenzione la persona con
insufficienza renale cronica e richiede, oltre ad un buon rapporto tra paziente e nefrologo, anche l'intervento di
altre figure professionali quali: psicologo, medico di medicina generale, infermiere professionale, dietista e
assistente sociale. Azioni:
1. Rilevazione dei bisogni formativi degli operatori sanitari mediante colloqui individuali e un questionario
appositamente predisposto.
2. Analisi dei dati raccolti.
3. Formazione degli operatori sanitari: istituzione di un corso di formazione per gli operatori sanitari che
prenderanno parte attiva alla realizzazione del progetto.
4. Coinvolgimento dei medici di medicina generale ai fini della promozione e diffusione dell'iniziativa e per creare
una continuità con l'attività di assistenza territoriale.
5. Il primo contatto con il soggetto nefropatico in fase predialitica avviene al momento della prima visita
ambulatoriale effettuata presso l'unità operativa di Nefrologia e prevede la rilevazione dei bisogni tramite colloqui
individuali e un questionario.
6. L'attività di tipo informativo verrà attuata mediante strumenti appositamente predisposti. In particolare supporti
audiovisivi e opuscoli informativi specifici verranno distribuiti ai soggetti nefropatici in fase predialitica e ai loro
familiari per rinforzare l'attività formativa attuata durante gli incontri ambulatoriali.
L'attività formativa sarà finalizzata alla correzione di abitudini e comportamenti errati, quali abuso di alcool, di
tabacco e di droghe, malnutrizione, scarsa attività fisica. Una maggiore consapevolezza di questi fattori di rischio
può contribuire a migliorare i risultati del trattamento terapeutico ed assistenziale ritardando l'intervento dialitico.
Fondamentale sarà il supporto psicologico per permettere al soggetto di affrontare con maggiore serenità gli
eventuali problemi psicologici e della vita di relazione determinati dalla malattia.
8. E' previsto che la valutazione dell'attività venga effettuata mediante l'utilizzo di questionari e l'analisi dei dati
78
clinici.
Tempi previsti per la completa realizzazione del progetto: due anni. L'attività intrapresa diventerà prassi abituale
nell'approccio al paziente con insufficienza renale cronica. Saranno utilizzate risorse economiche aziendali.
VALUTAZIONE La valutazione verrà effettuata in itinere (scadenza mensile) e annualmente, attraverso
indicatori appositamente predisposti.
CONCLUSIONI Un'efficace assistenza alla persona affetta da insufficienza renale cronica deve prevedere un
approccio globale, educativo oltre che terapeutico ed assistenziale, al fine di migliorare la qualità di vita e di
ritardare il ricorso alla terapia dialitica
ESPERIENZA DI INTEGRAZIONE TRA CURE OSPEDALIERE E TERRITORIALI
NELL'ASL MILANO 2
S. Casazza, R. Cogo, G. Colombo, L. Fantini, G. Gibelli, R. Giunta, L. Scafino
Introduzione
Una recente ricerca ha quantificato nel 58% dei pazienti dimessi dai reparti ospedalieri la proporzione
dei soggetti che necessitano di aiuto dopo il ricovero. Per ottimizzare la quota di questi interventi è
necessaria una collaborazione e integrazione tra Servizi ospedalieri e territoriali. L'ASL Milano 2,
potendo contare su una struttura ospedaliera di tipo riabilitativo a gestione diretta e di un servizio
collaudato di cure domiciliari, ha individuato tre settori di collaborazione (Dimissioni protette,
Assistenza domiciliare a favore di pazienti in Ventilazione Meccanica Assistita, Fisioterapia
respiratoria domiciliare per pazienti con BCO) sui quali intervenire in un'ottica di miglioramento
dell'assistenza globale.
Obiettivi
L'esperienza si propone di aumentare le opportunità di cura offerte dall'Ospedale ai pazienti ed ai loro
familiari attraverso il coinvolgimento dei Servizi Sanitari e Sociali inseriti nella comunità e garantire
una continuità assistenziale grazie all'integrazione dei servizi territoriali ed ospedalieri.
Metodi
Per il raggiungimento di questi obiettivi è stato creato un gruppo di lavoro misto tra ospedale e
territorio. Il gruppo ha elaborato tre distinti protocolli di intervento per i pazienti da prendere in carico
congiuntamente, con esplicitazione dei criteri di ammissione e procedure, tempi e modi di assistenza,
modalità di verifica del raggiungimento degli obiettivi. I protocolli si caratterizzano per la forte
integrazione tra il personale in tutti i momenti considerati. Successivamente ha preso avvio la fase
attuativa che ha visto coinvolti il Servizio Cure Domiciliari dell'ASL Milano 2 e le Divisioni di
riabilitazione cardiorespiratoria e neuromotoria dell'Ospedale di Cassano d'Adda.
Azioni intraprese e risultati
Il progetto ha preso avvio nel recente mese di marzo attraverso la costituzione del gruppo di lavoro
che ha prodotto i protocolli ed ha curato, in una prima fase, la messa a punto degli aspetti
organizzativo-gestionali. Dal mese di giugno è iniziata l'applicazione dei tre protocolli che ha portato,
alla data del 31/8/99, al trattamento integrato di 15 pazienti, suddivisi in 3 gruppi : 1) Dimissioni
protette : 10 soggetti; 2) V.M.A. : 2 soggetti, 3) Fisioterapia respiratoria domiciliare: 3 soggetti.
Malgrado la limitatezza di questi dati iniziali è stato comunque già possibile osservare il
raggiungimento degli obiettivi alla base dell'esperienza. Si attendono ulteriori conferme a questa
conclusione dal prosieguo e dall'ampliamento degli interventi intrapresi, quando il numero dei
pazienti trattati permetterà una più precisa verifica attraverso gli indicatori previsti dai protocolli.
79
IL DAY HOSPITAL INTEGRATO: UNA VALIDA ALTERNATIVA ALLA DEGENZA
OSPEDALIERA A CICLO CONTINUO
L. A. Bovio*, V. Buccoliero°, E. Boni^, M. Stroili°
* Dipartimento di Salute Mentale, ° Direzione Sanitaria Aziendale, ^Chirurgia 2'
Centro di Senologia - ASL della Provincia di Lodi, p.zza Ospedale n° 10 - 26900,
Lodi
Le "Unità Operative di Day Hospital" si collocano tra le "forme di assistenza alternative alla comune
degenza continuativa in reparto ospedaliero", che sono state, inizialmente, promosse per ottemperare
all'esigenza di "razionalizzare i costi" imposta dal "fallimento" del welfare system. Successivamente
queste modalità alternative hanno rilevato ulteriori caratteristiche positive. In particolare il modello di
assistenza delle "Unità Operative di Day Hospital", oltre alla suddetta qualità, offre delle peculiari e
vantaggiose potenzialità (offerta di prestazioni differenziate, complesse, multiprofessionali e/o
plurispecialistiche, personalizzate in relazione al "percorso" individuale del paziente) che lo
connotano in modo esclusivo e specifico consentendo di prospettare ulteriori, proficui sviluppi.
Il nostro progetto propone l'attuazione di un modello organizzativo di day hospital che concretizza tali
potenzialità teoriche, basandosi sulla flessibilità, sull'attenzione alla qualità, sulla collaborazione
costante tra varie figure professionali e sulla creazione di una "rete allargata" di riferimenti e di
risorse sia ospedaliere sia territoriali. Abbiamo denominato questa modalità di funzionamento
"modello integrato", volendo così sintetizzare la mission dell'assetto: l'integrazione tra variegati
apporti per "rispondere" alle diversificate esigenze che bsi presentano nella "storia individuale" del
paziente. Tale proposta si configura come "un'offerta" particolarmente valida per colmare la crescente
"domanda" di assistenza protratta e complessa correlata all'incremento delle patologie tumorali.
Collocandosi tra le "modalità alternative" al ricovero, il Day Hospital realizza due finalità positive
proprie: 1) "l'umanizzazione" dell'approccio al paziente, 2) il miglioramento della "qualità della vita"
del paziente stesso in altre parole consente la "personalizzazione del percorso del paziente". Questa
dizione, già utilizzata da A. Bruno, sta a significare che il "ricovero diurno" consente di "seguire" il
paziente nelle diverse fasi della malattia, infatti la "personalizzazione del percorso" si avvale di due
specifiche potenzialità: in primo luogo, giovandosi della particolare "multiprofessionalità" è possibile
adeguare gli interventi "in rapporto alle esigenze del singolo, valorizzando, quando necessario, gli
aspetti sociali o psicologici o assistenziali". In secondo luogo è possibile assicurare una continuità
assistenziale, una "presa in carico" che "accompagni" il "percorso" del malato con interventi
"calibrati" in relazione all'evoluzione della malattia.
Nell'ambito della nostra ASL questo modello può trovare la sua applicazione nel già operante Centro
di Senologia, una struttura organizzativa con una sede al Nord ed una al Sud del territorio provinciale.
Il Centro si fa carico di seguire la donna lungo l'intero iter diagnostico-terapeutico, dal momento in
cui sorge il sospetto di malattia tumorale fino ai controlli a distanza, fornendo oltre che competenze
medico-chirurgiche anche un supporto psicologico. Ad esso le donne possono accedere direttamente
oppure inviate dal medico curante, da altri specialisti ospedalieri, dal radiologo che abbia rilevato in
ECO o in mammografia un reperto patologico. In un unico accesso la paziente viene vista dal
chirurgo, se necessario effettua esami di approfondimento secondo protocolli scientifici e viene
indirizzata verso il trattamento terapeutico idoneo sia esso chirurgico o chemioterapico. La possibilità
di trovare competenze pluridisciplinari e soprattutto di instaurare un rapporto veramente fiduciario
con gli specialisti del Centro certamente risulta gradito paziente, ma anche permette all'Azienda
Sanitaria di razionalizzare i costi, ridurre le liste di attesa, omogeneizzare i percorsi clinici.
80
L'INFORMAZIONE E LA COMUNICAZIONE TRA L'OSPEDALE E IL BAMBINO IN UN
CAMMINO DI ACCOGLIENZA ED ORIENTAMENTO
M. Stroili, V. Tagliaferri, V. A. Paladini, A. Belloli
Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Lodi
Introduzione
La malattia, la sofferenza e l'angoscia nei confronti dell'Ospedale possono essere un'esperienza
negativa che permea il futuro del bambino e la cui memoria è un imprinting che può riaffiorare alla
coscienza dell'adulto. L'ASL di Lodi, coinvolta nella rete internazionale di Health Promoting
Hospitals, ha stilato un progetto di comunicazione tra l'Ospedale, il bambino e la sua famiglia con il
supporto degli insegnanti e del volontariato. L'informazione, l'accoglienza, la comunicazione e la
guida svolgono anche un ruolo preventivo sullo stato di salute del bambino, sul suo benessere fisico,
psichico e spirituale favorendo atteggiamenti, credi e stili di vita positivi.
Obiettivi
Gli obiettivi specifici erano finalizzati a
- migliorare la qualità dell'accoglienza ospedaliera
- collaborare con la scuola ai fini di un supporto didattico efficace
- aiutare il bambino a superare le sue paure e le sue angosce nei confronti dell'ospedale e delle
strutture sanitarie in genere supportare il bambino ad affrontare la sofferenza mediante la visita in
Ospedale
- sostenere emotivamente la famiglia onde superare la paura dell'ospitalità nei confronti di bambini
provenienti da Chernobyl e, quindi, da zone contaminate.
Risultati
Uno dei progetti del quale riportiamo i risultati, chiamato Ospedale Amico e supportato dall'Ospedale
di Lodi e dall'ABIO, riguarda la visita in Ospedale di bambini, di 8-9 anni, della Scuola Elementare
"Renzo Pezzani".
I bambini hanno risposto ad alcuni questionari, disegnato le situazioni ed hanno espresso le proprie
opinioni, sentimenti ed emozioni prima e dopo la visita in Ospedale. Infine, l'Associazione ABIO e la
Scuola hanno concluso l'esperienza con una mostra e con una pubblicazione ABIO- Ospedale di LodiScuola Elementare "Renzo Pezzani" nella quale erano illustrati, anche, i disegni dei bambini.
Riportiamo alcune domande con alcune risposte
- Quali sono le malattie che conosci e che secondo te sono gravi? 23 bambini avevano risposto
l'appendicite, 21 il cancro, 15 l'infarto, 16 la varicella ed altro.
- Come hai conosciuto queste malattie? 17 bambini mediante la televisione e la radio, 16 avevano
ricevute informazioni dai genitori o parenti, 11 avevano avuto un'esperienza diretta, i rimanenti ne
avevano sentito parlare.
- Se tu dovessi essere ricoverato in Ospedale cosa ti farebbe più paura? "Non vedere più i miei
genitori, essere operata, soffrire ed avere un malattia che non passa più, la morte, il dolore, i punti
senza l'anestesia, una malattia grave, stare da solo, morire, scambiare i miei organi con quelli di
un'altra persona, esse operato al cuore". Un bambino aveva risposto" niente perché conosco
abbastanza bene l'Ospedale".
Le esperienze dei bambini raccontate da loro stessi con piccole storie.
Riportiamo il testo integrale di alcune, a nostro avviso, significative
1. "La mia mamma è una volontaria dell'ABIO ed un giorno mi ha portata con lei per visitare
l'Ospedale. Mi ha fatto indossare il camice azzurro e mi ha chiesto di aiutarla a curare i bambini. Un
bimbo mi ha tirato i vestiti, mi è venuto in braccio e, poi, si è addormentato"
2. "Quando ero piccola, sono stata ricoverata in Ospedale e non ho un bel ricordo. Io mi sentivo tanto
81
triste e la cosa più brutta era sentire gli urli degli altri bambini. Quando mi hanno fatto la puntura
nella schiena, non mi hanno fatto l'anestesia ed io ho sentito un dolore fortissimo. Quando cambia il
tempo, la puntura mi fa ancora male e per me è impossibile dimenticare quel momento"
3. "Quando è morta la mia mamma, io sono andata a vederla nella camera mortuaria e mi sentivo
tanto triste. Quel momento è stato davvero brutto ed io sentivo tanto la sua mancanza".
Pensieri in libertà dopo la visita all'Ospedale di Lodi
1. “Io sono stata colpita particolarmente dal Reparto di neonatologia perché amo vedere i bambini
appena nati che sono dolcissimi. Nella terapia media c'erano due bambini che dormivano nelle
loro culle termiche con il ciuccio in bocca e mi hanno fatto tanta tenerezza. L'unica cosa che mi
ha fatto un po' dispiacere è che i bambini più gravi vengano separati dagli altri perché ho paura
che si sentano un po' soli”.
2. "Al Centro trasfusionale, il dottore ci ha spiegato l'importanza di avere a disposizione il sangue per
fare le trasfusioni alle persone che ne hanno bisogno. Ci hanno anche detto che, se lo vorremo,
anche noi a diciotto anni potremo diventare donatori".
3. "Prima di entrare nella saletta dell'ecografia, il dottore ci ha spiegato che, in Ospedale, non bisogna
mai parlare a voce alta per non disturbare le persone che soffrono".
Conclusioni
Anna Freud, prima, e Melanie Klein, successivamente, hanno osservato e studiato i bambini. Anna
Freud ha sviluppato la pedagogia psicoanalitica ed "ha speso la sua vita con il bambino" . Ella a
Vienna, in una nursery school per bambini poveri, osservò i comportamenti infantili e i patterns
rispetto all'alimentazione; studiò, inoltre, le devianze e i ritardi di sviluppo. I risultati del nostro
progetto evidenziano che la conoscenza della malattia, da parte dei bambini, è ben sviluppata e
mediata dai mass media, dalla scuola, dal volontariato e dai genitori. Vi è molta paura della
sofferenza, della morte e del dolore, naturalmente espressi e verbalizzati con parole, piene di
significati, e che denotano emozioni e sentimenti.
In alcune esperienze vi è, poi, la memoria del dolore ed il prendersi cura dell'altro. Dopo la visita in
Ospedale, una bambina attua un'identificazione proiettiva nel neonato con sentimenti di tenerezza e di
solitudine; si evidenzia, inoltre, una sensibilizzazione, operata dal medico nei confronti del bambino,
al donare ed al rapporto con il sofferente. Il confronto tra il bambino sano e quello malato ha, infine,
un elevatissimo ruolo di percezione della diversità; si rilevano, inoltre, manifestazioni di solidarietà
nei confronti dell'altro, sofferente. Questo progetto rappresenta prevenzione del bambino sano;
prevenzione e supporto del bambino malato, attuale utente; informazione, accoglienza e
comunicazione ed orientamento del bambino in una fase delicata della sua esistenza; è anche
autovalutazione formativa, continua, rispetto agli operatori coinvolti che svolgono un ruolo educativo
nei confronti del bambino al centro del sistema.
Bibliografia
Progetto Ospedale Amico(1999). ABIO-Ospedale di Lodi-Classi 3.a A/B della Scuola Elementare
"Renzo Pezzani", anno scolastico 1998-1999.
A. Freud(1967): L'Io e i meccanismi di difesa. Psycho, Ed. G. Martinelli e C., Firenze.
Klein M.(1959): La psychanalyse des enfants. P.U.F. Paris
Watzlawick (1971): La pragmatica della comunicazione. Ed. Astrolabio.
82
PROGETTO DI OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIO
Carlo Salis, Manuela Stroili, Vania Buccoliero, Andrea Belloli
AZIENDA SANITARIA DELLA PROVINCIA DI LODI
Premessa
La promozione di una gestione della qualità negli ospedali che si adatti alle esigenze dei nostri tempi,
ma soprattutto di quelli prossimi futuri, passa necessariamente attraverso alcuni sostanziali
cambiamenti dell'attuale modo di concepire ed attuare le funzioni dell'ospedale.
Gli ospedali, come principali consumatori di risorse sanitarie nel sistema globale di cura, stanno
andando incontro ad una situazione difficile nella maggior parte dei Paesi ed ora anche nel nostro. Il
felice periodo in cui le risorse a loro destinate potevano coprire tutte le necessità, comprese le perdite,
è ormai finito. Gli ospedali devono sempre più rendere conto delle loro spese e, allo stesso tempo,
devono fornire migliori servizi al costo più basso possibile e devono far fronte alla crescente domanda
da parte della popolazione con una offerta che, per qualità e tempi d'intervento, li ponga, nell'attuale
regime di libera scelta, nelle reali condizioni di concorrenza con le altre Aziende, sia pubbliche che
private.
La risposta a questo cambiamento è orientarci verso nuove linee di sviluppo tra le quali trova spazio
l'ospedalizzazione domiciliare che, alla pari dell'ospedale per le cure diurne, contribuisce in modo
sostanziale ad offrire le prestazioni ospedaliere il più vicino possibile ai bisogni dei pazienti assistiti
ed alle figure che normalmente svolgono compiti sanitari territoriali di primo livello.
Obiettivi
Portare a casa del malato alcune cure sanitarie tradizionalmente eseguite in ospedale.
Ciò significa porre il malato e le sue complesse necessità sanitarie al centro di un sistema intorno al
quale ruota la struttura sanitaria ospedaliera con le sue risorse tecnologiche ed umane e non viceversa.
Il successo di questo nuovo ed interessante modo di offrire la cura poggia sulla capacità di realizzare
necessarie e strette collaborazioni con il medico di famiglia e le strutture istituzionalmente deputate
ad erogare prestazioni sanitarie a livello territoriale. Compito, questo, di facile realizzazione nella
organizzazione sanitaria lodigiana che accomuna, in una unica Azienda, le complesse funzioni
ospedaliere e quelle territoriali.
Risultati attesi
Il progetto deve risolvere almeno cinque fondamentali punti critici della nostra assistenza sanitaria:
A) Garantire la continuità terapeutica e la tutela sanitaria ancora necessaria nel caso di dimissione
protetta di malati con patologie che richiedono usualmente l'intervento di un medico specialista;
B) Evitare il ricovero ospedaliero, per patologie o trattamenti da individuare mediante appositi
criteri, offrendo in alternativa un " ricovero" a domicilio, di pari efficacia, ma più sicuro, più
gradito e più rassicurante per il malato ed i suoi familiari;
C) Consente alle Aziende Ospedaliere il recupero di una maggiore efficienza;
D) Riduce gli esiti indesiderati, spesso gravi ed invalidanti, di ospedalizzazioni prolungate;
E) Offre al paziente ed ai suoi familiari la reale possibilità di scelta, tra un ricovero in ospedale ed
un ricovero a domicilio.
Organizzazione
Il progetto prevede la costituzione di un servizio multidisciplinare di cure domiciliari , senza che
questo significhi delineare nuove strutture o nuovi profili professionali, che assicuri in forma
completamente gratuita prestazioni prioritariamente nelle seguenti aree
83
-
Chemioterapie antitumorali selezionate, per malati con patologia neoplastica trattabile;
Chemioterapie antinfettive eseguite di norma in ospedale (farmaci fascia H)
Terapie nutrizionali artificiali, per malati con patologie gravi;
Ossigenoterapia per malati cronici con insufficienza respiratoria.
AZIENDA SANITARIA LOCALE DI PAVIA
Direzione Generale (Delibera n. 1898 del 15.12.1998)
ADESIONE ALLA RETE REGIONE LOMBARDA HPH
ED ISTITUZIONE DEL COMITATO TECNICO
così composto:
Dr. A. FOSSA'
Dr.ssa A.MONETA
Dr.ssa M. PALESTRA
Prof. G. ATTARDO
Sig.ra L. SCHIRINZI
Sig.ra G. PONTELLO
Dr. W. MORO
Prof.ssa M. ARPESELLA
definizione di quattro progetti:
A. SVILUPPO DEI PERCORSI FACILITATI PER IL PAZIENTE ONCOLOGICO
B. DIMISSIONI PROTETTE
C. PRENOTAZIONE RAGIONATA ED INFORMATA DEL PASTO IN OSPEDALE
D. OSPEDALE SENZA FUMO
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PROGETTO HPH:
A) SVILUPPO DEI PERCORSI FACILITATI PER IL PAZIENTE
ONCOLOGICO
Coordinatore del progetto: Prof. G. Attardo
Obiettivi
• predisporre protocolli condivisi sia per la terapia che per la gestione del paziente oncologico, con
particolare attenzione all'integrazione territorio - ospedale
• migliorare la capacità del lavoro in équipe
• ottimizzare l'utilizzo di risorse umane e strumentali, evitando così tempi morti
• promuovere un aggiornamento professionale specifico
• partecipare al rinforzo della rete dei servizi sanitari e sociali esistenti sul territorio
• migliorare la qualità e la durata della vita del paziente oncologico
Metodologia
attuazione di una procedura multidisciplinare riconosciuta da tutti gli operatori
ridefinizione dei percorsi del paziente all'interno dell'ospedale con identificazione di canali
dedicati
• ridefinizione del ruolo dei vari operatori, in modo da evitare tempi morti e/o sovrapposizioni
• predisposizione di materiale informativo e formativo sull'epidemiologia della patologia
neoplastica, gli itinerari specifici, la rete di servizi territoriali ed i percorsi ospedalieri
• offerta di un supporto di tipo psicologico sia individuale che di gruppo.
•
•
Primi Risultati
• E' iniziato l'approccio multidisciplinare al paziente oncologico di prima diagnosi o che necessita
di follow-up.
• Si nota una maggiore velocità e sicurezza nella diagnosi delle neoplasie con una riduzione dei
tempi di attesa.
• E' presente all'interno della divisione una psicologa in grado di fornire sostegno sia individuale
che di gruppo ai pazienti affetti da neoplasia e ai loro familiari.
Valutazione
A cadenza predefinita saranno valutati:
• n. protocolli predisposti/n. patologie trattate in ospedale
• n. operatori formati/n. operatori coinvolti
• n. persone che esprimono gradimento/n. persone coinvolte
PROGETTO HPH: B) DIMISSIONI PROTETTE
Coordinatore del progetto: Dr.ssa Angela Moneta
Obiettivi
garantire la continuità assistenziale ridurre i giorni di degenza
ridurre i trasferimenti in altri ospedali
ridurre i ricoveri urgenti
•
•
•
Metodologia
85
•
•
•
•
individuazione dei pazienti attraverso i criteri stabiliti dal protocollo
attuazione precisa della procedura in atto
utilizzo e perfezionamento della modulistica in atto
formazione degli operatori ed informazione ai pazienti
Primi Risultati
Il progetto si inserisce ottimizzando le procedure in essere nelle 3 USL 41 - 42 - 43. Nel primo
semestre 1999 su un totale di 1189 segnalazioni sono stati presi in carico in ADI 138 pazienti; 987
sono stati trasferiti in istituti di riabilitazione ex art. 26 L 833/ 78 e 64 in RSA (posti sollievo)
La centralizzazione della gestione ha permesso di migliorare la qualità del servizio con riduzione del
tempo necessario per la presa in carico dei pazienti e dei ricoveri inappropriati.
Valutazione
A cadenze predefinite saranno valutati:
• n. segnalazioni per dimissioni protette/n. dimissioni
• n. pazienti in ADI - n. pazienti ricoverati in IRG - n. pazienti segnalati ad altri Enti/n. segnalazioni
pervenute
PROGETTO HPH:
C) PRENOTAZIONE RAGIONATA ED INFORMATA DEL PASTO
IN OSPEDALE
Coordinatore del progetto: Dr.ssa Angela Moneta
Obiettivi
rendere uniforme la prenotazione del pasto
far acquisire conoscenze relative all'utilizzo delle modifiche alimentari
stimolare e supportare il paziente nel cambiamento guidarlo anche nella successiva gestione al
domicilio
•
•
•
86
Metodologia
• verifica della situazione dei singoli presidi ospedalieri formazione degli operatori
• utilizzo e perfezionamento della modulistica in atto
• elaborazione materiale (informative per i pazienti, linee guida per il personale sanitario)
Primi Risultati
Presso l'Ospedale di Vigevano è stata attuata una prima fase sperimentale, a
partenza dalla presentazione a tutti gli operatori delle linee guida per la
prenotazione ragionata al pasto, elaborate dal gruppo di progetto. A Voghera la
prenotazione è già operativa in alcuni reparti medici.
Valutazione
A cadenze predefinite saranno valutati i seguenti indicatori:
• n. pazienti coinvolti nella prenotazione/n. pazienti ricoverati
• n. pazienti che esprimono gradimento/ n. pazienti coinvolti
• livello di informazione osservate/livello di informazione attese
• n. operatori formati/n. operatori coinvolti
PROGETTO HPH:
D) OSPEDALI SENZA FUMO
Coordinatore del progetto: Dr.ssa M. PALESTRA
Obiettivi
• diminuire il fumo all'interno delle strutture ospedaliere
• rendere il personale ospedaliero più consapevole dell'importanza del proprio ruolo come modello
di comportamenti e stili di salute formare il personale sanitario alla gestione del counselling verso il
paziente fumatore e nella conduzione dei gruppi di autoaiuto verificare ed aggiornare le conoscenze di
87
tutti i destinatari rispetto al problema fumo - fattore di rischio
• diminuire la prevalenza di fumatori nei pazienti coinvolti nel progetto
Metodologia
Sono stati identificati tre gruppi target, per ognuno dei quali sono state definite le strategie di
intervento:
Pazienti:
A. attività rivolte a tutti i pazienti
• verificare la presenza di adeguata cartellonistica sul divieto di fumare
• far rispettare il divieto di fumare , in collaborazione con la Direzione sanitaria
• mettere a disposizione il materiale informativo, dépliant e poster sul fumo, in particolare nelle
sale d'attesa
B) attività rivolta a singole U.O. identificate come Unità pilota
• predisposizione, somministrazione ed elaborazione di un questionario sulle conoscenze e sulle
abitudini nei confronti del fumo
• ai fumatori proposta attiva ed accompagnata alla scelta del non - fumo (gruppi di auto-aiuto,
supporto di couselling ecc.)
Personale:
• breve questionario sulle conoscenze e sulle abitudini nei confronti del fumo
• in base ai dati relativi, predisposizione di incontri d'aggiornamento, corsi di formazione sul
counselling al fumatore, corsi di formazione alla conduzione di gruppi di autoaiuto
Popolazione:
• verificare la presenza di adeguata cartellonistica sul divieto di fumare
• far rispettare il divieto di fumare, in collaborazione con la Direzione Sanitaria
• mettere a disposizione il materiale informativo, dépliant e poster sul fumo, in particolare nelle
sale d'attesa
Primi Risultati
Nel territorio di Pavia e Voghera è già stato attuato nella prima fase conoscitiva (Progetto AIPO) da
cui è emersa la grande prevalenza di fumatori nel personale sanitario e quindi la necessità di un
maggiore coinvolgimento di chi per il proprio ruolo professionale è visto come modello
comportamentale.
Valutazione
Valutazione di processo: ogni sei mesi viene verificato il grado di avanzamento del progetto in base
alla tempistica prevista; Indicatore: n. azioni attuate/n. azioni previste
Valutazione di partecipazione: (suddivisa secondo targets di riferimento); indicatore: n. operatori
coinvolgibili/n. operatori coinvolti
Valutazione di modificazione di comportamenti; indicatore: n. persone che fumano in ospedale al
tempo zero rispetto dopo uno - due - quattro anni dall'inizio del progetto; indicatore: n. persone che
smettono di fumare/ n. fumatori che accettano proposte di disassuefazione.
AZIENDA SANITARIA LOCALE DELLA PROVINCIA DI COMO
PROGETTO EUROPEO HPH
88
PROGETTO n. 1: Orientamento dei cittadini
extracomunitari per un corretto utilizzo dei servizi
sanitari della Provincia (territorio interessato:
l'intera provincia di Como)
Obiettivo generale
In ottemperanza alla Legge 40/98 "Disciplina
dell'immigrazione e norma sulla condizione dello
straniero", si intende indirizzare i cittadini
extracomunitari iscritti al S.S.N. fra i vari servizi
offerti dal territorio e dalle strutture ospedaliere.
(obiettivi n.9 e n. 12 Carta di Budapest)
Destinatari
> Pazienti
> Personale
> Comunità (es. familiari, popolazione, ecc.) n. 4161
cittadini extracomunitari iscritti al SSN
PROGETTO n. 2: Educazione Sanitaria per la
Prevenzione degli Incidenti Cerebrovascolari
(Territorio interessato: Distretto di Erba)
Obiettivo generale
Prevenzione
degli
incidenti
cerebrovascolari
attraverso la promozione di stili di vita corretti
relativamente al fumo, all'alimentazione e all'attività
fisica, rivolta ai familiari di pazienti colpiti da ictus
nell'ambito del distretto di Erba (obiettivo n. 8 della
Carta di Budapest)
Destinatari
> Pazienti
> Personale
> Comunità (es. familiari, popolazione, ecc. Familiari
di n. 300 pazienti colpiti da incidenti cerebrovascolari
nella circoscrizione di Erba).
PROGETTO n.° 3: miglioramento delle capacità funzionali di pazienti sottoposti a trattamento riabilitativo
(territorio
interessato: presidio ospedaliero Beldosso, Longone al Segrino)
Obiettivo generale
Condivisione delle finalità contenute nella Dichiarazione di Budapest, in particolare l'adeguamento dell'ambiente
fisico del presidio ospedaliero, allo scopo di mantenere e migliorare il processo terapeutico, incoraggiando nei
pazienti un ruolo attivo e di partecipazione in funzione dei loro specifici potenziali di salute.
Destinatari
> Pazienti N. 200 soggetti sottoposti a trattamento riabilitativo
> Personale 45 di cui 6 personale medio, 33 personale infermieristico e 6 fisioterapisti
> Comunità (es. familiari, popolazione, ecc.) Familiari dei pazienti ricoverati e sottoposti a trattamento
riabilitativo.
Coordinatore: Dott.ssa Anna Sannino (Responsabile Staff Educazione Sanitaria, ASL Como)
Staff del programma: Dott.ssa Margherita Morosini (Responsabile Dipartimento SSB, ASL Como), Dott.ssa
Maria Gramegna (Responsabile servizio Medicina della Comunità, ASL Como), IID Leonardo Virgilio
(Responsabile Servizio Assistenza Infermieristica, ASL Como)
LA SORVEGLIANZA DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE COME INDICE DI QUALITA'
DELL'ASSISTENZA IN OSPEDALE
C. Marena*, A. Riva*, ML. Bassi*, G. Puma*, P. Rainieri*, P. Olivieri**, S.
89
Azzaretti**, G. Azzaretti*. Direzione Sanitaria, IRCCS Policlinico "San Matteo"
Pavia; Istituto di Igiene, Università degli Studi di Pavia.
L'interesse crescente verso strategie atte a migliorare la qualità dell'assistenza in ospedale implica
l'identificazione di fattori e/o indicatori in grado di garantire prestazioni sanitarie adeguate. La
presenza di infezioni ospedaliere si accompagna ad incrementi sostanziali della morbilità e della
mortalità dei pazienti e dei costi della degenza ospedaliera. Nonostante numerose disposizioni di
carattere normativo in materia, l'impiego delle infezioni ospedaliere come indicatore di qualità delle
prestazioni sanitarie rimane sostanzialmente disatteso per la relativa carenza di dati epidemiologici
prospettici, acquisiti con caratteristiche di continuità ed accuratezza. Al fine di ottemperare alle
necessità di carattere legislativo ed intraprendere preliminarmente la possibilità di utilizzo del tasso
d'incidenza delle infezioni ospedaliere come indicatore di qualità dell'assistenza, presso l'IRCCS
Policlinico "San Matteo" di Pavia è stato condotto uno studio epidemiologico prospettico della durata
di un anno esteso all'intero ospedale.
OBIETTIVI. Gli obiettivi dello studio erano i seguenti : a) determinare il grado di diffusione delle
infezioni ospedaliere attraverso la determinazione del tasso di incidenza globale nella struttura e di
quello riferito ad ogni singola Clinica/Divisione, b) identificazione della tipologia dei pazienti e/o dei
reparti a maggior rischio per lo sviluppo di infezioni ospedaliere, c) identificazione dei fattori
associati alle infezioni ospedaliere, d) identificazione degli interventi di prevenzione prioritari.
METODI. La modalità di sorveglianza scelta per la rilevazione delle infezioni ospedaliere presso
l'I.R.C.C.S. Policlinico "San Matteo" di Pavia è stata quella definita "hospital-wide"; ovvero estesa a
tutto l'ospedale attraverso una rilevazione prospettica, della durata di un anno e mirata
all'identificazione di tutte le infezioni in tutti i reparti. La raccolta dati è stata svolta da personale
medico ed infermieristico della Direzione Sanitaria in collaborazione con personale medico afferente
alla Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell'Università degli Studi di Pavia.
RISULTATI. Lo studio ha consentito di identificare 1648 infezioni ospedaliere a carico di 1081
pazienti ricoverati. Il tasso d'incidenza, calcolato come rapporto fra n° infezioni ospedaliere / n°
pazienti dimessi, è risultato 4,4 per 100 pazienti dimessi. Quasi un quarto di tutte le infezioni erano
costituite da infezioni di ferita chirurgica (23,8%); sepsi e/o batteriemia (18,1%), infezioni delle vie
respiratorie (21%) e infezioni delle vie urinarie (20%) hanno rappresentato ciascuna circa un quinto di
tutte le infezioni. Le infezioni associate all'uso di cateteri vascolari ed altre infezioni costituivano
circa l'8% ciascuna. All'interno dei singoli dipartimenti, la più alta incidenza di infezioni (>10%) si è
riscontrata a carico delle sezioni di terapia intensiva, cardiochirurgia e ostetricia-ginecologia. La
diagnosi di neoplasia, l'esecuzione preventiva di radio-chemioterapia, la leucopenia, l'intubazione orotracheale, l'esecuzione di terapia parenterale totale, la cateterizzazione uretrale e vascolare sono
risultati i fattori prevalentemente associati alla presenza di infezioni ospedaliere.
AZIONI INTRAPRESE . Lo studio ha consentito di identificare la frequenza e la diversa tipologia
delle infezioni ospedaliere a carico delle cliniche/divisioni afferenti all'IRCCS Policlinico "San
Matteo" di Pavia.. I risultati dello studio hanno permesso l'identificazione di interventi di prevenzione
"ad hoc" di cui buona parte già attuati attraverso modalità di tipo educativo-formativo ed altri di
carattere pratico. Future rilevazioni di carattere epidemiologico consentiranno di stabilire
l'efficacia degli interventi preventivi attuati sulla diffusione delle infezioni ospedaliere. Le modalità di
sorveglianza adottate per il controllo delle infezioni ospedaliere ed il coinvolgimento del personale
medico ed infermieristico dì reparto appaiono rilevanti per l'identificazione di indicatori appropriati di
qualità delle cure, specie se riferiti ad aspetti igienico-sanitari ed a procedure invasive in ambito
sanitario.
ISTITUTO TUMORI MILANO
L'AGGIORNAMENTO DEL MEDICO DI FAMIGLIA PER LA GESTIONE DEL
PAZIENTE ONCOLOGICO
90
E. Bombardieri, E. Berselli, I. Mussi, V. Vanin, D. Ciaci
Background
La pratica clinica dell'oncologia, nelle sue diverse applicazioni di prevenzione, diagnostiche e
terapeutiche è materia in continua evoluzione, che necessita di un aggiornamento puntuale sulle
conoscenze indispensabili e sulle continue novità nel settore. Il Medico di Famiglia necessita di
formazione oncologica completa, che deve comprendere le nozioni e gli orientamenti più importanti
per la gestione quotidiana del malato neoplastico. Il ruolo del Medico di Famiglia è fondamentale,
perché la gestione dei pazienti non ospedalizzati, è una attività di sua competenza e responsabilità, e
questo comporta una serie di attitudini specifiche psicologiche e tecniche che possono essere
sviluppate soltanto attraverso un aggiornamento continuativo e un costante contatto con i Medici
oncologi di Centri qualificati. Oltre tutto l'instaurarsi di canali diretti, che seguono a corsi istituzionali
e a stages negli ambienti oncologici, può favorire i rapporti collaborativi nella cura e nella gestione
del malato. Per tutti questi motivi l'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori in
collaborazione con l'Ordine dei Medici ed Odontoiatri di Milano e Provincia, la Sezione Milanese
della Lega dei Tumori e i Medici di Famiglia ha ritenuto di impostare un programma informativo,
educazionale e di training, che coinvolga il Medico di Famiglia favorendo non solo l'informazione e
l'aggiornamento, ma anche la integrazione della collaborazione e delle attività. Tutto questo può avere
una ricaduta sul miglioramento delle attività preventive e di cura, che si riflette sulla salute della
popolazione.
Destinatari
Sono destinatari di questa iniziativa:
a) Medici di famiglia
Medici di famiglia direttamente coinvolti nel programma sono soprattutto quelli che gravitano all'area
dell'Istituto (bacino d'utenza dell'Istituto Nazionale Tumori), mentre quelli più genericamente
interessati sono tutti i Medici di Famiglia iscritti all'Ordine dei Medici ed odontoiatri di Milano e
Provincia, cui giunge il messaggio di coinvolgimento.
b) Personale dell'Istituto Nazionale Tumori .
E' destinatario anche il personale dell'Istituto coinvolto nelle attività organizzative dei Corsi e
dell'insegnamento, che riceve dai Medici di Famiglia un indispensabile feed-back, e un rapporto di
collaborazione costruttivo.
c) Comunità
La popolazione interessata è costituita dagli assistiti dei Medici di Famiglia (500.000 per il gruppo
Medici che gravitano sull'Istituto e 3.000.000 per tutti quelli del Territorio di Milano e Provincia).
Obiettivi generali e specifici del programma
Gli dunque obiettivi generali del programma
•
aggiornamento continuativo in materia oncologica del Medico di Famiglia
•
Istituzione di un rapporto collaborativo tra Medico di Famiglia e Medico specialista
istituzionalizzato
•
ottimizzazione della gestione del malato in tema di assistenza, prevenzione e cura del paziente
domiciliare
Obiettivi specifici:
a) La costituzione di uno staff interdisciplinare di varie figure e ruoli professionali per
l'organizzazione di Corsi, eventi e programmi utili all'aggiornamento del Medico.
b) L'aggiornamento e formazione in tema di prevenzione generica, diagnostica e cura delle malattie
oncologiche attraverso la partecipazione diretta del Medico alle attività dell'istituzione
c) L'acquisizione di conoscenze pratiche dalla fonte diretta degli Specialisti che si occupano del
malato oncologico, con trasferimento nella pratica giornaliera e nel territorio delle procedure più
aggiornate e in linea con i protocolli preventivi e terapeutici
d) L'instaurazione di rapporti collaborativi e di contatti permanenti tra Medici di Famiglia e
Istituzione
Metodologie d'intervento
Gli obiettivi del programma saranno raggiunti attraverso le seguenti iniziative:
a) Organizzazione di Corsi periodici su principali argomenti oncologici, con particolare riguardo agli
aspetti pratici applicativi, e focalizzazione di problemi di particolare rilievo con discussione
91
b) Scelta comune degli argomenti di aggiornamento e di discussione, con partecipazione diretta dei
Medici di famiglia all'allestimento del programma
c) Organizzazione di discussione di casi clinici proposti dai Medici dell'Istituto e dai Medici di
Famiglia
d) Periodi di stage da parte dei Medici di Famiglia nell'Istituto per apprendimento di approcci
diagnostici e nuove metodologie
e) Interazione tra Medici di Famiglia e Istituto con questionari di feed-back, form di valutazione e
rilievi di tipo epidemiologico/statistico
f) Interazione tra Medici di Famiglia e Istituto su problematiche contingenti, con costituzione di
gruppi di lavoro per risoluzione di problemi pratici e miglioramento canali di informazione e
collaborazione
Risorse e strumenti
Il programma ha durata triennale, con gli eventi e gli incontri che si svolgono durante l'intero arco
dell'anno escludendo il periodo estivo
Le risorse messe a disposizione sono:
a)Strutture didattiche dell'Istituto Nazionale Tumori, Aula A, Materiale audiovisivo, Materiale
didattico, Personale docente, Personale tecnico e amministrativo dedicato
b)Dispense dei Corsi, raccolta di appunti dei principali argomenti, materiale illustrativo scientifico e
divulgativo prodotto dal Corpo Docente e dall'Istituto Nazionale dei Tumori
c)Apertura della struttura Istituto a stage e periodi di aggiornamento pratico con coinvolgimento
diretto dei Medici di Famiglia
d)Discussione periodica di casi clinici
e)Questionari sul comportamento dei Medici di Famiglia di fronte a varie patologie, e valutazione
dell'impatto sulla gestione del malato
f)Questionari di valutazione sul gradimento dei Corsi e dei programmi, discussione e suggerimenti
per ottimizzare gli argomenti e i temi trattati
g)Utilizzo, da parte dei Medici di Famiglia, di pagine del periodico dell'Istituto Nazionale Tumori
"Informazioni INT" per interventi e richieste.
Valutazioni di efficacia
La valutazione dei risultati dell'iniziativa sarà effettuata mediante opportuni indicatori tra cui:
a) Numero di Medici di famiglia iscritti e partecipanti
Numero dei Medici di famiglia di Milano e provincia
b) Numero di valutazioni di gradimento favorevoli
Numero di destinatari dell'intervento
c) Numero di modificazioni di comportamento rispetto al malato oncologico
Numero di destinatari all'intervento
Le valutazioni saranno rilevate con questionari cadenza semestrale
Staff organizzativa del programma
Dott. Emilio Bombardieri, Direttore U.O. Medicina Nucleare, Istituto Nazionale Tumori, Tel. 022390220 - Fax
022367874 - Email : [email protected]
Prof. Giuseppe De Palo, Vice-Direttore Scientifico alle Attività Didattiche Istituto Nazionale Tumori; Dott.
Edoardo Berselli, Vice-Direttore Sanitario Istituto Nazionale Tumori; Dott. Roberto Comazzi, Dirigente Medico
Istituto Nazionale Tumori, Presidente Commissione Aggiornamento Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri
di Milano e Provincia; Dott.ssa Ilaria Malvezzi, Responsabile per la prevenzione Sezione milanese Lega Italiana
Lotta contro i Tumori; Dott. Irven Mussi, Presidente A.MIVIE (Associazione Medici Milano Est), Medico di
Famiglia; Dott.ssa Viviana Vanin Medico di Famiglia; Mariateresa Corvini, Assistente Amministrativo U.O.
Medicina Nucleare, Istituto Nazionale Tumori; Maria Virginia Grasselli, Collaboratore esterno; Dott. Marcello
Rodari, Medico frequentatore U.O. Medicina Nucleare, Istituto Nazionale Tumori
PROGRAMMA DI ASSISTENZA DOMICILIARE PER PAZIENTI AFFETTI DA
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA CRONICA IN TERAPIA CON OSSIGENO-TERAPIA A
LUNGO TERMINE (LTOT) O VENTILAZIONE MECCANICA
92
C. Rampulla**, C. Fracchia*, F. Fanfulla*, C. Bruschi*, S. Bon*
* IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri, Centro Medico di Montescano * * IRCCS
Fondazione Salvatore Maugeri, Centro Medico di Pavia
Introduzione e premesse metodologiche
Secondo la definizione proposta dal team del Gaylord Hospital (Connecticut USA, 1994) la
riabilitazione respiratoria è considerata come l'applicazione di avanzate modalita' diagnostiche,
terapeutiche multidisciplinari (ragionate nei costi) per migliorare la qualita' della vita dei pazienti
affetti da patologie respiratorie; tale obiettivo viene raggiunto miglioramento le funzioni quotidiane,
riducendo la dipendenza da altre persone e riducendo la necessita' di ulteriori ospedalizzazioni. Il
programma riabilitativo pertanto non si conclude nella sola classica Fisiokinesiterapia respiratoria ma
comprende nuovi protocolli operativi: ottimizzazione della terapia farmacologica, educazione,
fisioterapia toracica, allenamento all'esercizio fisico, allenamento dei muscoli respiratori, allenamento
di gruppi muscolari selettivi, terapia occupazionale, ventilazione meccanica, ossigenoterapia a lungo
termine, supporto psicosociale e programmi nutrizionali. Da qualche anno sono operativi in diverse
aeree del territorio nazionale servizi di assistenza respiratoria nei pazienti affetti da insufficienza
respiratoria cronica in trattamento con Ossigeno-terapia a lungo termine (LTOT). La LTOT si e'
dimostrata efficace nel prolungare la vita nei pazienti affetti da BPCO mentre agisce come farmaco
sintomatico in una serie di altre patologie come quelle interstiziali o vascolari polmonari.
Obiettivi
Lo scopo di questo protocollo operativo e' quello di offrire un percorso riabilitativo completo ai
pazienti residenti nella provincia di Pavia affetti da insufficienza respiratoria cronica ed in trattamento
con LTOT e/o ventilazione meccanica domiciliare invasiva o non invasiva.
Gli obiettivi specifici che il progetto si propone sono:
•
miglioramento del quadro funzionale;
•
riduzione degli episodi di riacutizzazione;
•
riduzione del numero o della durata dei ricoveri ospedalieri;
•
miglioramento del livello di dispnea;
•
miglioramento della qualità della vita;
•
aumento della sopravvivenza;
•
riduzione dei costi socio-sanitari legati alla patologia.
Metodologia
•
reclutamento dei pazienti da immettere nel protocollo di home-care ed identificazione delle
relative classi di rischio (alto-medio-basso);
•
controlli successivi, a periodicità differente per i soggetti con diversa gravità, sia in sede
ospedaliera (visita medica, emogasanalisi basale ed in 02-terapia o ventilazione; spirometria, se
necessario; controlli ematochimici e/o batteriologici,se necessari; verifica delle apparecchiature
portatili; verifica della compliance al trattamento con 02 e farmacologiche) che al domicilio (visita
medica, rilievo della Sa02; eventuale EGA in 02; eventuale spirometria portatile; verifica delle
apparecchiature di erogazione; verifica della compliance al trattamento);
•
introduzione di programmi riabilitativi mirati al singolo paziente (ottimizzazione della terapia
farmacologica, controllo terapia LTOT, FKT respiratoria, educazione alla gestione delle protesi,
educazione agli esercizi respiratori, ecc.);
•
valutazione finale
I tempi previsti per la realizzazione del progetto sono di circa 3 anni.
Valutazione
Sarà basata sul grado di raggiungimento degli obiettivi specifici sopraesposti, misurati tramite i
relativi indicatori. Le variazioni dei diversi parametri specifici saranno esaminate tramite test
statistici.
IL REINSERIMENTO LAVORATIVO DI PERSONE CON ALCOLDIPENDENZA GRAVE
Fondazione Maugeri - Pavia
Coordinatore Locale: Dr. TOGNI Carlo Luigi
93
Azione intrapresa
Nell'ambito del progetto riguardante il reinserimento sociale degli alcolisti è stata preventivamente
intrapresa un'indagine conoscitiva per stabilire quante delle persone inserite nel nostro programma di
disintossicazione e disassuefazione dall'alcol hanno tratto giovamento da ciò per migliorare la loro
situazione lavorativa.
Materiali e Metodi
Mediante un'intervista telefonica sono stati interpellati tutti i soggetti alcoldipendenti ricoverati presso
l'Unità operativa di riabilitazione alcologica della Fondazione " Salvatore Maugeri " negli ultimi 3
anni. Il numero dei soggetti intervistati è stato di 289 . Le domande hanno indagato sull'astinenza da
bevande alcoliche, la situazione lavorativa prima e dopo il ricovero, gli eventuali miglioramenti nell'
ambiente di lavoro ( rapporti con i colleghi ecc. ), l'eventuale sensazione di aumento delle capacità
lavorative, l'eventuale miglioramento obiettivo della propria condizione di lavoro ( aumenti di
stipendio, promozioni ecc. ).
Risultati
I1 52 % degli intervistati ha dichiarato di essere totalmente astinente da bevande alcoliche.
Tra i soggetti che hanno cambiato la propria posizione lavorativa il 5,6% ( 15 soggetti) è
rappresentato a disoccupati che hanno trovato un lavoro, il 3,3% ( 9 soggetti) da lavoratori che hanno
trovato n'occupazione migliore, il 2,98% ( 8 soggetti) da pensionati che hanno avviato un'attività in
proprio, l’1,1% ( 3 soggetti) da lavoratori che hanno trovato un'occupazione peggiore.
Questi dati , pur nella loro limitatezza e con tutte le difficoltà di un mercato del lavoro in crisi come
quello italiano, suggeriscono, a nostro parere, l'opportunità di proseguire il nostro programma
riabilitativo, potenziando le sinergie con le agenzie operanti sul territorio proprio nell'ambito
lavorativo
LA CONTINUITA' TERAPEUTICA FRA STRUTTURE OSPEDALIERE E TERRITORIO
NELLE MALATTIE NEUROLOGICHE CRONICO-PROGRESSIVE INVALIDANTI
D. Caputo, V Da Pieve, F Panzuti, F. Mazzali, A. P. Spagnolo, P. Ferrante e
94
Gruppo HPH
Fondazione don C. Gnocchi, ONLUS, Centro S. Maria Nascente, IRCCS, via
Capecelatro n. 66, 20148 Milano
Premesse
La Sclerosi Multipla (SM) è una patologia neurologica, relativamente frequente, determinata da un
processo infiammatorio cronico persistente che colpisce prevalentemente giovani adulti e nella
maggioranza di casi procura una progressiva perdita di autonomia motoria di grado grave con
notevoli ripercussioni assistenziali e sociali.
Obiettivi
Questo progetto di studio ha lo scopo di garantire una continuità terapeutica, riabilitativa e
assistenziale rivolta ai soggetti affetti da SM con grave menomazione, tale da coinvolgere il soggetto
affetto, il nucleo familiare, il medico di base ed i servizi socio-assistenziali territoriali.
A questo scopo abbiamo individuato una equipe multidisciplinare composta da neurologo, fisiatra,
pneumologo, psicologo, fisioterapista, logopedista, infermiere professionale ed assistente sociale. E'
stato messa a punto un data base, cartella clinico-assistenziale computerizzata, per una miglior
gestione del soggetto affetto da SM e per raccolta dei dati a fini scientifici. Il data base comprende
una sezione neurologica, una fisiatrica, una assistenziale. Sono state inserite numerose scale di
valutazione per monitorare le modificazioni dell'autonomia e della qualità di vita.
Gli obiettivi primari dello studio, oltre a quello di garantire una continuità terapeutica al soggetto,
sono:
•
Migliorare, con la presenza di più professionalità, la qualità e l'efficacia dell'intervento sanitario
domiciliare
•
Istituire uno stretto rapporto di collaborazione tra specialisti e medico di base
•
Migliorare la qualità della vita del soggetto preso in carico e della persona di riferimento (care
giver), analizzando i vissuti delle relazioni tra i due soggetti e razionalizzando eventuali dinamiche
conflittuali
•
Analizzare i costi di questo intervento confrontandoli con quelli dell'assistenza tradizionale
•
Analizzare il contesto abitativo, per suggerire l'abolizione delle barriere architettoniche
•
Selezionare in base alle "reali" necessità di autonomia la fornitura degli ausili.
Casistica e risultati
Verranno selezionati n. 40 soggetti affetti da SM, d'ambo i sessi e senza limiti di età, che presentino
una menomazione neurologica uguale o superiore ai 6.5 della scala di disabilità espansa di Kurtzke
(EDSS), residenti in Milano e dimessi dall'unità di degenza Sclerosi Multipla della Fondazione don C.
Gnocchi ONLUS, Centro S. Maria Nascente IRCCS.
Le variabili cliniche verranno valutate ogni 6 mesi per la durata di un anno (tempo 0,6 e 12) con la
compilazione delle seguenti scale di valutazione: EDSS, Ashorth, Motricity Index, valutazione
logopedica, MMSE, Rivermental state, Rivermead BMT, Raven colore, Rivermead ADL, WHO, SF
36, cartella sociale. Sono stati attualmente inseriti n. 9 soggetti affetti da SM, con le caratteristiche
indicate e per n. 8 è stato effettuato il controllo ai sei mesi.
Verranno descritti i dati relativi a questo gruppo iniziale, senza effettuare una analisi statistica in
quanto l'esiguità del campione esaminato sino ad ora non consente di sviluppare una discussione
conclusiva. Tuttavia l'approccio metodologico ci sembra estremamente interessante e degno di essere
diffuso.
APPROCCIO INTEGRATO AL TRATTAMENTO E ALLA RIABILITAZIONE DELLE
MALATTIE DEL MOTONEURONE
V. Da Pieve, D. Caputo, F. Panzuti, F Mazzali, A. P. Spagnolo, P. Ferrante e
95
Gruppo HPH
Fondazione don C. Gnocchi, ONLUS, Centro S. Maria Nascente, IRCCS, via
Capecelatro n. 66, 20148 Milano
Premesse
Le malattie del motoneurone e tra queste la Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS) sono patologie
neurologiche progressive di tipo degenerativo, ad eziologia sconosciuta e ancora prive di una terapia
efficace. Il nostro progetto è mirato alla costituzione di un gruppo multidisciplinare con il compito di
studiare l'eziopatogenesi della ALS e di creare una rete di unità diagnostica, clinica, riabilitativa e
assistenziale focalizzata sulla gestione dei pazienti con ALS in ospedale ed al loro domicilio, con
l'obiettivo di migliorare la qualità della vita e aumentare il tempo di sopravvivenza.
Obiettivi
Lo studio in corso ha come obiettivo definire i fattori genetici ed i fattori di rischio implicati nella
ALS, per mezzo della applicazione di metodiche standardizzate di biologia molecolare. Accanto a
strumenti clinici e diagnostici sono impiegati quei i farmaci dei quali si ipotizza attualmente una
efficacia terapeutica significativa. Ugualmente la valutazione della efficacia del trattamento
riabilitativo attuato in ospedale in ambulatorio e al domicilio dei pazienti si realizza attraverso
un'analisi quantitativa mediante l'uso di scale validate in campo neurologico, fisiatrico e psicologico e
approfondimenti qualitativi così da rendere possibile la definizione di programmi globali
personalizzati.
Gli obiettivi specifici dell'area clinico diagnostica sono
a)approfondire i temi della eziologia e della patogenesi della patologia in esame.
b)realizzare percorsi diagnostici sulla base degli attuali criteri internazionali.
c)stabilire protocolli farmacologici di trattamento.
L'area riabilitativa e assistenziale si propone di valutare e stabilire programmi riabilitativi:
a) in campo neuromotorio: nell'ambito delle diverse espressioni della patologia la ricerca di indicatori
di invarianza pur nella progressività del deficit
b) in campo logopedico: nel ricercare possibili costanti sul piano organico e funzionale, e verificare la
possibilità di compensi atti a recuperare e mantenere le funzioni fondamentali di deglutizione e
fonazione.
c) in ambito psicologico: approfondire le problematiche affettivo relazionali legate alla progressiva
disabilità fino a sperimentare modalità di intervento di sostegno orientate sia al paziente che al nucleo
familiare.
Obiettivi non secondari per ogni ambito di intervento restano comunque la ricerca di stabilità e
continuità nel rapporto équipe/paziente per tutta la durata dell'intervento e la realizzazione e/o
prescrizione ausili personalizzati in grado di garantire la nel tempo e nel rispetto il potenziale residue
del paziente .
Casistica e risultati
Il progetto prevede il reclutamento dalle varie unità operative dell'Istituto Don Gnocchi S.Maria
Nascente di Milano di 40 soggetti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica d'ambo i sessi e senza limiti
di età.
E' stato creato un protocollo clinico di valutazione, in particolare in ambito logopedico al fine di
evidenziare gli indicatori di gravità e di progressività della malattia , e quindi permettere un intervento
riabilitativo mirato al grado di disabilità raggiunta.
Riteniamo che tale approccio alla malattia sia attualmente il più consono ad affrontare le
problematiche insorgenti in campo clinico, riabilitativo psicologico e assistenziale
LA STROKE UNIT: UN NUOVO APPROCCIO ALLA CURA DELL'ICTUS IN FASE
ACUTA
IRCCS ISTITUTO AUXOLOGICO ITALIANO
96
M Stramba-Badiale, P Bazzi, F Ciambellotti, F Gentiloni Silverj, U Raggi e G
Leonetti
L'ictus è la principale causa di disabilità e la terza causa di morte nei paesi avanzati. Dopo una
progressiva riduzione verificatasi negli scorsi tre decenni, la sua incidenza, in contrasto con quella
della cardiopatia ischemica, sta purtroppo aumentando negli ultimi anni. L'ictus, a differenza
dell'infarto miocardico acuto, non è oggi considerato un'emergenza medica, anche a causa della scarsa
fiducia nel potenziale effetto benefico di un tempestivo ricovero ospedaliero che avviene spesso in
strutture non specializzate nella cura delle malattie cerebrovascolari. Un'importante metanalisi
recentemente pubblicata, ha dimostrato che la mortalità e il grado di disabilità dei pazienti con ictus
ricoverati in fase acuta in un reparto specializzato nella cura subintensiva delle malattie
cerebrovascolari (Stroke Unit) sono significativamente inferiori rispetto a quelli dei pazienti che sono
stati ricoverati in reparti di medicina o di neurologia. Presso l'Ospedale San Luca dell'Istituto
Auxologico Italiano è stata recentemente aperta una Stroke Unit, dove l'elettrocardiogramma, l'attività
respiratoria, lo stato d'ossigenazione, la temperatura e la pressione arteriosa possono essere monitorati
in ogni paziente, ventiquattro ore su ventiquattro. Un'équipe multidisciplinare di medici specializzati
nella cura dell'ictus opera stabilmente nella Stroke Unit (neurologo, cardiologo ed internista) e si
avvale del contributo del neuroradiologo e del fisiatra. I pazienti sono costantemente seguiti da
fisioterapisti e personale infermieristico specificatamente istruiti nell'assistenza dei pazienti con ictus
nella fase acuta e sono valutati mediante TAC encefalica, ecocardiografia, eco Doppler dei vasi
sovraortici, ECG Holter e, quando necessario, con elettroencefalogramma, ecocardiogrammma
transesofageo, angiografia o risonanza magnetica. Specifiche procedure cliniche ed assistenziali sono
state elaborate tenendo conto delle linee guida internazionali e nazionali sulla gestione del paziente
con ictus in fase acuta. In 46 dei 60 pazienti ricoverati nei primi 8 mesi di attività è stato diagnosticato
un evento cerebrovascolare acuto, di cui 21 (46%) erano donne (età mediana 71 anni, da 40 a 88).
Solo 8 pazienti su 46 (17%) sono arrivati nella Stroke Unit entro le prime 3 ore dall'esordio dei
sintomi, 7 (15%) tra 3 e 6 ore, 4 tra 6 e 24 ore (9%), mentre 27 (59%) oltre le 24 ore. In 7 pazienti è
stata fatta diagnosi di attacco ischemico transitorio (15%) e in 39 di ictus, di cui 3 emorragici e 36
ischemici. Il 41% dei pazienti fumava, il 76% era affetto da ipertensione arteriosa, il 26% da diabete e
il 65% da ipercolesterolemia. Nel 17% dei pazienti erano presenti stenosi significative dei tronchi
sovraortici e nel 17% vi era una storia clinica di attacchi ischemici transitori. E' interessante notare
che in 27 pazienti (59%) erano presenti patologie cardiovascolari: in 11 casi pregresso infarto
miocardico, in 7 scompenso cardiaco e in 17 fibrillazione atriale cronica o parossistica. Inoltre, nel
47% dei casi è stata individuata l'origine cardioembolica dell'ictus ischemico. Prima dell'ictus, il 48%
dei pazienti era in terapia con antiaggreganti piastrinici e l'8% con anticoagulanti orali, mentre alla
dimissione il 40% assumeva un antiaggregante e il 51% un anticoagulante. Nel 42% dei casi il
monitoraggio continuo della temperatura ha mostrato valori superiori a 37.5°, richiedendo terapia
antipiretica, e nel 24% dei casi era presente un infezione delle vie urinarie o polmonare che ha
richiesto terapia antibiotica. La sopravvivenza intraospedaliera è stata del 96%, mentre il 40% dei
pazienti dimessi non aveva alcuna disabilità residua (Scala modificata di Rankin 0 o l; Indice di
Barthel >95). Dei pazienti con disabilità residua il 15% era totalmente o parzialmente autosufficiente.
Fra i pazienti dimessi il 54% è potuto tornare al proprio domicilio, il 44% è stato trasferito in reparto
di riabilitazione e il 2% presso una casa di riposo. L'esperienza dell'Istituto Auxologico Italiano
potrebbe essere estesa anche ad altri Ospedali con l'obiettivo di creare una rete simile a quella delle
Unità Coronariche e contribuire a ridurre il grado di disabilità e la mortalità derivanti dalle malattie
cerebrovascolari acute.
OTTIMIZZAZIONE E RIDUZIONE DEI TEMPI DI ATTESA IN PRONTO SOCCORSO:
PROGETTO DI MIGLIORAMENTO
I. Bosi* - C. Bosisio** - R. Daccò* - F. Trovato* - E. Marmondi**
97
*Unità Operativa di Medicina Generale **Direzione Sanitaria
Ospedale San Giuseppe – Milano
Punto critico
Tempi di attesa per visita ed esami troppo lunghi.
Prima valutazione
Tre mesi (giugno - luglio - agosto 1999).
1 a) raccolta dati per tutti i pazienti che si presentano in Pronto Soccorso:
• ora d'arrivo (registrata su lista giornaliera scritta a mano).
• ora visita (registrata su bollettone).
b) misurazione tempo medio di attesa per visita.
2 a) raccolta dati per tutti gli esami ematici inviati in Laboratorio con registrazione su apposita lista
di:
• orario di consegna all'O.T.A. di richiesta + provetta
• orario telefonata dal Laboratorio che avverte che gli esami sono pronti.
• orario consegna in Pronto Soccorso esami ritirati in Laboratorio dall'O. T. A.
b) misurazione tempo medio di esecuzione esami.
c) misurazione tempo medio ritiro referto esami.
3 a) raccolta dati per tutti gli esami radiologici con registrazione su apposita lista di:
• orario invio in Radiologia di paziente + richiesta.
• orario telefonata dalla Radiologia che avverte che l'esame è stato eseguito.
• orario arrivo in Pronto Soccorso paziente + esame trasportati dall'O.T.A.
b) misurazione tempo medio per esecuzione esami Rx e trasporto.
Audit Clinico tra Dirigenti medici II livello di Pronto Soccorso - Radiologia - Laboratorio per
esposizione e comunicazione dei dati raccolti e proposte di miglioramento e di ottimizzazione dei
tempi.
Seconda valutazione
Tre mesi (settembre - ottobre - novembre 1999).
Ripetizione raccolta dati e misurazione tempo medio di attesa visita + esecuzione e trasporto per
esami (come 1 a - b / 2 a - b -c / 3 a - b).
Referente: Dott.ssa C. Bosisio Direzione Sanitaria Ospedale San Giuseppe - Via San Vittore, 12 20123 - Milano Tel. 02/85994669 - Fax 02/85994869.
PRONTO SOCCORSO DI PRIMO LIVELLO - UNITA' ORGANIZZATIVA (U.O.) DI
MEDICINA GENERALE AD INDIRIZZO D'URGENZA - AMBULATORIO DI MEDICINA
INTERNA: ESEMPIO DI RIORGANIZZAZIONE INTEGRATA.
98
I. Bosi* - C. Bosisio* * - C. Cattaneo* - R. Daccò* - D. Dubini* - F. Marino* - C.
Mondini* - C. Robecchi* - F. Trovato* - M. Vota* - E. Marmondi**.
*Unità Operativa di Medicina Generale **Direzione Sanitaria Ospedale San
Giuseppe - Milano
Premesse:
•
Il significativo aumento delle prestazioni di Pronto Soccorso (1997: 15.000 - 1998:18.000 pari al
20%) ha portato ad una maggior richiesta di ricoveri urgenti.
•
La frammentazione della Medicina interna in U.O. specialistiche con relativa attività
ambulatoriale (Endocrinologia - Epatologia - Gastroenterologia - Oncologia - Pneumologia) ha
portato alla riduzione del numero dei posti letto a disposizione del P.S. (1996: 88 - 1999: 16) con
notevole decremento dell'attività ambulatoriale di medicina generale.
Obiettivi:
•
Facilitare l'accesso del cittadino al P.S. e il ricovero nell'U.O. di Medicina generale ad indirizzo
d'urgenza.
•
Ottimizzare iter diagnostico - terapeutico, tempi di degenza e di attesa per trasferimento in
Riabilitazione o Lungo - degenza.
•
Ridurre i rientri (2° ricovero per la stessa patologia o sue complicanze).
Metodologie:
1. Riorganizzazione del P. S.
• Manuale Qualità con analisi dei processi e stesura di protocolli (gestionali - diagnostici terapeuticì).
• Progetto di miglioramento per ridurrei tempi di attesa in P. S.
• Benchmarking con P. S. e Servizio Qualità dell'Ospedale Regionale di Lugano.
2. Riorganizzazione dell'U.O. di Medicina generale ad indirizzo d'urgenza.
• Progetto di miglioramento con coinvolgimento e partecipazione di tutto il personale medico e
infermieristico con costruzione di diagramma CEDAC.
• Stretta collaborazione (riunioni informali) con Radiologi, Specialisti e Assistente Sociale per
ridurre i tempi di attesa di esami, visite specialistiche e trasferimenti in Riabilitazione o Lungo degenza.
3. Integrazione dell'U.O. di Medicina generale ad indirizzo d'urgenza col Pronto Soccorso.
• Dislocazione dell'U.O. di Medicina sovrastante il P.S. collegata direttamente con 2 ascensori.
• Medesimo staff medico e infermieristico con un Medico dirigente di II livello e un Capo Sala
• Programma di addestramento e aggiornamento mensile per medici e infermieri.
4 Riattivazione dell'ambulatorio di Medicina interna.
• L'attività ambulatoriale è svolta da tutti i medici dello staff P.S. - U.O. Medicina generale ad
indirizzo d'urgenza.
• Orari: dal lunedì al venerdì h. 11.00 - h. 12.30
• Programmazione della visita al momento della dimissione dal P. S. o dal reparto.
Conclusioni:
Questo programma è stato impostato a partire dal 23.08.99.
Riteniamo che la grande motivazione e il senso di appartenenza all'Ordine FBF e all'Ospedale San
Giuseppe dei medici e degli infermieri di P.S. e dell'U.O. di Medicina generale ad indirizzo d'urgenza,
rappresentino una grande risorsa per un approccio innovativo nella Qualità dell'assistenza.
Referente: Dott.ssa C. Bosisio Direzione Sanitaria Ospedale San Giuseppe - Via San Vittore, 12 20123 - Milano Tel. 02/85994669 - Fax 02/85994869.
PERCORSO NASCITA
Provincia Lombardo- Veneta-Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio
Fatebenefratelli -Ospedale "S. Famiglia "-Erba (CO)
99
Dr.ssa E. Beretta*; Sig.ra I. Giovenzana *; Dr. G. Monza **
*U.O. Ginecologia e Ostetricia **Direzione Sanitaria
Il Percorso Nascita rappresenta l'organica proposta di una serie di interventi sequenziali, attuati in siti
differenti da professionalità diverse, accomunate da un elevato livello tecnico ed umano, in grado di
accompagnare l'utente nelle varie fasi che caratterizzano la gestazione, il parto e la nascita.
Si desidera garantire alla donna un percorso nascita il più fisiologico possibile ed un programma di
assistenza personalizzato alla puerpera ed al neonato, offrendo la possibilità di scegliere il percorso
più confacente nel rispetto delle esigenze personali.
Il progetto coinvolge in alleanze operative sia strutture interne all'ospedale che strutture territoriali,
permettendo di allargare il ventaglio delle prestazioni offerte, garantendo la massima competenza
professionale. Il percorso prende avvio dal momento del contatto con le strutture ambulatoriali della
gestante, che può avvenire sia in ospedale che presso i consultori territoriali, e si pone come obiettivo
generale quello di rendere la doma gravida "protagonista" dalla gravidanza alla maternità, favorendo
l'arricchimento di conoscenze e competenze verso sé e verso il bambino.
Ambulatorio della Gravidanza Fisiologica
E' il primo approccio della donna gravida alla struttura dove incontra figure professionali in grado di
informare la donna circa l'evoluzione fisiologica della gravidanza prospettando e tempificando i
controlli ai quali,può scegliere di sottoporsi precisandone indicazioni e rischi.
In questo contatto viene proposto il "Percorso" e prospettate le possibili "Opzioni".
Viene comunicato alla donna l'esistenza del Pronto Soccorso Ostetrico H24 per qualsiasi esigenza.
Viene impostata la valutazione anestesiologica nell'ambulatorio specialistico, permettendo di
indirizzare la donna verso il tipo di analgesia a lei più congegnale, fornendole compiute informazioni
sulle diverse metodiche proposte.
Corso di Preparazione al Parto
Attraverso una serie di incontri a tema guidati da professionalità differenti, cui prendono parte sia la
gestante che il compagno, si affrontano i temi relativi al parto e si forniscono nozioni necessarie sia
alla gestione dell' evento nascita che utili a chiarire dubbi e sciogliere angosce .
Il corso può caratterizzarsi sia in forma "Classica" che in forma di "Acquaticità" propedeutico al Parto
in Acqua.
Temi proposti: Conoscere, capire ed allenare il pavimento pelvico; L'arte dell'allattamento materno;
Un luogo speciale per la nascita del tuo bambino(cosa portare in ospedale); Analgesia naturale nel
travaglio di parta; Analgesia farmacologica al parto; Primi elementi di neonatologia; Approccio
psicologico alla maternità; Assistenza domiciliare al neonato e alla puerpera; Travaglio di parto; Il
parto; Acquaticità in gravidanza e durante il parto; Il ritorno a casa.
Ambulatorio della Gravidanza a termine
Dallo quarantesima settimana la gestante accede a questo servizio liberamente per i controlli del caso
(NST; Eco per AFI; Controlli sulla gestante)
Parto
•
Parto con analgesia naturale- Parto in acqua
•
Sala parto umanizzata che deve garantire un ambiente famìgliare, massima libertà per la coppia,
minore interferenza possibile da parte del personale, assicurando la totale sicurezza alla madre ed al
bambino attraverso una costante osservazione.
•
La possibilità di scegliere di effettuare il travaglio ed il parto in acqua per la doma che desidera
questo tipo di analgesia naturale.
•
Parto con analgesia -farmacologica per tutte le donne che desiderano affrontare il travaglio ed il
parto con l'ausilio di questa metodica; è disponibile nelle 24 ore uno specialista in grado di effettuare
il tipo di analgesia scelto dalla paziente nel corso dei colloqui previsti durante il corso di
preparazione.
100
Post Partum
•
Il nuovo nucleo famigliare si sofferma in questa area dopo il parto; l'ambiente sarà tale da
garantire la privacy, favorendo il primo approccio tra padre, padre e bambino potendo contare sulla
sorveglianza di personale qualificato. Lo stimolo che ne deriva di precoce conquista del rapporto
madre-bambino è risultato favorire lo sviluppo dell'intimità necessaria per l'allattamento.
Rooming-in
•
Fondamentale per la diade madre bambino; in questo modo viene favorita la relazione diretta tra
madre e bambino sin dai primi attimi di vita, riconoscendo le risorse per l'avvio di questo bellissimo
percorso quali innate nei due attori. E' garantita comunque la collaborazione di personale qualificato
nel caso in cui la donna ne abbia necessità.
Dimissione precoce
E' prevista per tutte le donne che esprimono l'esigenza di tornare, immediatamente dopo il parto, nel
proprio ambiente famigliare, con tutti i riscontri positivi che questo comporta, avvalendosi di
personale specializzato che si occupa di assistenza alla puerpera e al neonato integrata
sul territorio.
Ambulatorio pediatrico e dell'allattamento
Si tratta di un servizio a disposizione della donna che si avvale di personale qualificato (ostetrica,
ginecologo, pediatra, puericultrice) disponibile nelle 24 ore, a cui la donna può fare riferimento nel
caso in cui ne senta la necessità. Il supporto che si crea con questo tipo di servizio, dà la possibilità di
formare solide basi per un allattamento valido e prolungato nel tempo.
Gruppi post-partum e massaggio al bambino
Consiste nel creare gruppi di donne con bambini che abbiano compiuto almeno 40 giorni di vita in cui
si promuove l’"arte del massaggio" al bambino, tradizione presente in culture di molti paesi,
recentemente riscoperta e in espansione nel mondo occidentale. Evidenze scientifiche hanno messo in
risalto l'effetto benefico del massaggio per lo sviluppo e maturazione psico-somatica del bambino: si
promuove così uno stato di benessere nel bambino, il contatto affettivo tra genitore e neonato e il
rilassamento di entrambi. Le mamme che si incontrano hanno anche la possibilità di esprimere dubbi,
incertezze, perplessità ed esporre problematiche che possono essere a loro comuni trovando conforto
nelle altre donne.
101
102
IL BUON USO DEL SANGUE
Ospedale S. Orsola FBF, Brescia
Il sangue per uso trasfusionale è di esclusiva origine umana. Si tratta di una risorsa terapeutica
limitata e deperibile, il cui corretto impiego, accanto ad indubbi vantaggi, comporta anche rischi,
limitati ma misurabili.
Per ridurre i rischi ed evitare carenza il sangue va utilizzato solo quando ne esiste precisa indicazione
e ricorrendo all'emocomponente specifico per il difetto che si vuole correggere.
Sono state capillarmente diffuse ed applicate le Linee Guida del Ministero della Sanità per quanto
attiene alle indicazioni cliniche e di utilizzo degli emoderivati e degli emocomponenti, quali:
•
globuli rossi
•
sangue intero
•
plasma fresco congelato
•
concentrato di piastrine
•
soluzioni di albumina
Sono state date direttive riguardanti
•
il consenso informato
•
il deposito e la conservazione delle unità
•
le modalità di restituzione degli emoderivati ed emocomponenti non utilizzati al centro
trasfusionale di riferimento
E' stato istituito il:
COMITATO PER IL BUON USO DEL SANGUE,
con funzioni di:
- controllo
- indirizzo
- coordinamento
103
PROMOZIONE DELLA PRATICA DI ALLATTAMENTO AL SENO
Mastretti A.*, Coppola L.**, Del Curto G**., Arpesella M.**, Pelissero G.**
*Istituto di Cura Città di Pavia. Gruppo Ospedaliero S. Donato
**Università degli Studi di Pavia Dipartimento di Medicina Preventiva, Sezione di
Igiene.
RIASSUNTO
Promuovere l'allattamento al seno delle puerpere indagando i fattori che possono favorire o
ostacolarne la scelta.
PAROLE CHIAVE
Allattamento al seno ; Promozione della salute
PREMESSA
L'allattamento al seno presenta innumerevoli vantaggi che si riflettono Sia sullo sviluppo psicofisico
del bambino sia sulla prevenzione di alcune patologie della donna.
E' dimostrato che la scelta del tipo di allattamento può essere influenzata da diversi fattori: età
materna, stato socioeconomico, informazione inadeguata e comportamenti presenti nelle unità
operative di ostetricia (assenza di rooming-in, tipo di parto, incentivazione all'assunzione di liquidi.)
L'obiettivo dello studio è quello di aumentare la scelta verso l'allattamento al seno delle future
puerpere mediante una adeguata informazione delle stesse ed un riorientamento del personale
sanitario coinvolto.
DATI
Lo studio retrospettivo per verificare la prevalenza e durata dell'allattamento al seno delle puerpere
che hanno partorito presso l'istituto di Cura Città di Pavia riguarda il periodo 1 Gennaio 1999 al 31
Luglio 1999.
I dati sono stati raccolti mediante somministrazione telefonica di un questionario di cui sono stati
chiesti oltre ai dati relativi al tipo e durata dell'allattamento, anche eventuali osservazioni che secondo
le madri possono influenzare la scelta del tipo di allattamento.
I dati fino ad ora raccolti rappresentano il 35% del campione ed evidenziano che la scelta
dell'allattamento al seno è più frequente nelle donne che lavorano, che hanno età > 30 aa. e che hanno
parto naturale.
COMMENTI Lo studio è in fase di conclusione, tuttavia dalla elaborazione dei primi dati si evince
che l'inadeguata informazione, che la donna riceve sia durante l'ospedalizzazione che dopo la
dimissione influenza maggiormente la prosecuzione dell'allattamento al seno.
BIBLIOGRAFIA
The Lancet: vol. 34, n° 8932, pg. 1239 -1241. 1994
ASIA PACIFIC J CLIN. NUTR. 1, pg. 107 -111.1992
104
LA CONTINUITÀ DELLE CURE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO
Cuppone M.T.*, Albani I.*, Coppola L.***, Bonacina A.**, Arpesella M.**,
Pelissero G.**
*Istituto Policlinico San Donato; **Università di Pavia - Dipartimento di
Medicina Preventiva Occupazionale di Comunità, Sezione di Igiene; ***CENDES
- Centro di Documentazione in Educazione Sanitaria e Promozione della Salute Pavia
RIASSUNTO
Il progetto si propone di realizzare un protocollo di "dimissioni protette" finalizzate a garantire la
continuità delle cure in ambito domiciliare ai pazienti oncologici seguiti nei reparti specialistici
dell'Istituto Policlinico San Donato .
PAROLE CHIAVE
Promozione della salute - continuità delle cure - tumori
PREMESSA
La patologia oncologica richiede particolare continuità nell'assistenza infermieristica, terapeutica e
riabilitativa. La durata delle cure e le particolari caratteristiche della patologia nei suoi diversi stadi
rendono necessario il supporto assistenziale in ambito domiciliare.
PROGETTO
L'Istituto Policlinico San Donato prevede di coinvolgere sperimentalmente circa n° 60 pazienti
provenienti dai reparti di Oncologia e Medicina, realizzando un protocollo di "dimissioni protette"
che garantisca la continuità dell'assistenza a questi pazienti in ambito domiciliare, col la
collaborazione metodologica e la supervisione scientifica della Sezione di Igiene dell'Università di
Pavia e del CENDES - Centro di Documentazione in Educazione Sanitaria e Promozione della Salute
di Pavia. Gli obiettivi specifici che ci si è posti sono:
•
Attivare la collaborazione con il servizio ADI dell'ASL ed i Medici di Medicina Generale
•
Migliorare la comunicazione con i servizi sociali e sanitari del territorio
•
Realizzare un protocollo di "dimissioni protette"
•
Migliorare la comunicazione e la qualità dell'informazione ai pazienti ed ai loro familiari
•
Offrire opportunità di aggiornamento e di confronto agli operatori sanitari ospedalieri e del
territorio.
Il progetto si svilupperà nel biennio 1999 - 2001 e verrà sottoposto a valutazione mediante la
rilevazione del grado di soddisfazione da parte dei pazienti e dei familiari, del grado di
coinvolgimento del personale e dell'efficacia delle diverse azioni intraprese.
BIBLIOGRAFIA
E. Lando, "Le problematiche assistenziali del territorio. Aspetti organizzativi ed educativi", in O.
Bassetti, Educare assistendo, Firenze, Rosini, 1994
S. Tramma (a c.), Il processo di aiuto domiciliare: manuale per la formazione e l'aggiornamento
dell’operatore socio-assistenziale, Milano, Unicopli, 1991
105
IL GIOCO COME STRUMENTO PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DI VITA DEL
BAMBINO OSPEDALIZZATO
Cuppone M.T.* , Albani I.*, Coppola L.***, Ambrogi M.C.**, Arpesella M.**,
Pelissero G.** *Istituto Policlinico San Donato; **Università di Pavia Dipartimento di Medicina Preventiva Occupazionale e di Comunità, Sezione di
Igiene; ***CENDES - Centro di Documentazione in Educazione Sanitaria e
Promozione della Salute - Pavia
RIASSUNTO Il progetto si pone l'obiettivo di creare nell'ospedale un ambiente di vita favorevole e
stimolante per i bambini sottoposti a regime di ricovero, attraverso una adeguata formazione degli
operatori sanitari, l'adozione di nuove modalità di informazione ed accoglienza e l'allestimento di
occasioni di gioco e di svago.
PAROLE CHIAVE Promozione della salute - bambino ospedalizzato - gioco
PREMESSA L'ospedalizzazione del bambino è un evento traumatico che interrompe abitudini e
relazioni quotidiane; fattori quali la lontananza dalla famiglia, l'estraneità dell'ambiente, le pratiche
mediche ed infermieristiche spesso dolorose creano situazioni psicologiche abnormi ed un generale
stato di ansia e di paura. Realizzare momenti ludici in ospedale è una delle condizioni essenziali per
ridurre le sofferenze provocate dall'ospedalizzazione. Il gioco infatti, essendo un'attività abituale che
riconduce alla normale serenità dell'esperienza quotidiana, permette al bambino di rilassarsi, allentare
le emozioni, contenere le ansie e lo aiuta a distrarsi da un realtà sgradevole.
PROGETTO Presso la cardiochirurgia dell' Istituto Policlinico San Donato vengono ricoverati
annualmente circa n° 380 bambini affetti da cardiopatie congenite con permanenza media di n° 8-10
gg.. Il bambino con patologie croniche, quale la cardiopatia congenita, è costretto fin dalla nascita a
ricoveri ospedalieri multipli legati a trattamenti farmacologici, interventi diagnostici o interventi
cardiochirurgici. Il progetto si è posto l'obiettivo di rispondere al bisogno di salute psichica e sociale
del bambino ospedalizzato, creando nella struttura un ambiente di vita favorevole e stimolante che
garantisca il diritto al gioco, anche attraverso la collaborazione con i Servizi Culturali
dell'Amministrazione Locale e le Associazioni di Volontariato (ABIO), e con la collaborazione
metodologica e la supervisione scientifica della Sezione Igiene dell'Università di Pavia e del
CENDES - Centro di Documentazione in Educazione Sanitaria e Promozione della salute di Pavia. In
particolare il progetto si pone gli obiettivi specifici di:
•
sensibilizzare il personale medico ed infermieristico sull'importanza di garantire in ospedale un
ambiente di vita favorevole al bambino inteso nella sua complessità.
•
adeguare i modelli organizzativi dei reparti di degenza interessati in modo da garantire la
maggiore
presenza possibile da parte dei genitori e la possibilità di giocare.
•
aumentare un'adeguata informazione ai bambini circa l'ambiente che li ospita (i locali, le
attrezzature, le figure professionali, ecc.) e le attività infermieristiche e mediche a cui dovrà
sottoporsi.
Il progetto si svilupperà nel biennio 1999 - 2001 e verrà sottoposto a valutazione mediante la
rilevazione del grado di soddisfazione da parte dei genitori dei bimbi ricoverati, del grado di
coinvolgimento del personale e dell'efficacia delle diverse azioni intraprese.
BIBLIOGRAFIA
Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia (Assemblea ONU 20.11.89)
Carta Europea dei bambini degenti in ospedale ( Parlamento Europeo 13.05.86)
Regione Lombardia - L.R. 16.09.1988 n° 48 "Norme per la salvaguardia de diritti dell'utente del
S.S.N." A.C. Cappelli "Vissuti e rappresentazioni del bambino ospedalizzato" in "Bambini in
ospedale" n° 5 - gennaio 1987
"Quando il libro si fa gioco: sintesi del corso di aggiornamento sul libro/gioco in ospedale" a cura di
Vittoria Cirillo e Daniela Morini in "Bambini in Ospedale" n° 22 - gennaio 1994
E.A.Pserchia, C.F.Bragg, M.N.Alvarez "Gioco e spazi di gioco per i bambini ospedalizzati" (da
"Children's Health Care" 1982 vol.10 n°4 Washington USA - traduz. A.C.Cappelli) in "Bambini in
Ospedale" n° 0 - aprile 1985)
106
PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AMBIENTALE NELLE SALE OPERATORIE.
ANALISI MICROBIOLOGICA DEL PARTICOLATO DELLE SUPERFICI E
VALIDAZIONE
V. Pantusa* , P. Antonelli*, G. Zordan**, M.T. Cuppone**, S. Chiarella**,
I.Albani**, M.Arpesella***, G.Pelissero***,
* Istituto Clinico "Città di Brescia", ** Istituto Policlinico San Donato,
*** Università degli Studi di Pavia - Dipartimento di Medicina Preventiva Sezione di Igiene.
RIASSUNTO Il progetto vuole definire l'entità dei rischi di inquinamento ambientale presenti
all'interno dei gruppi operatori dell'Istituto Clinico " Città di Brescia " e dell'Istituto Policlinico San
Donato, attraverso un insieme di prove e test, volti a verificare la corrispondenza ai requisiti richiesti
dalle Normative Nazionali ed Internazionali e dalle Norme ISO.
PAROLE CHIAVE monitoraggio, sale operatorie.
PREMESSA E' ormai ampiamente dimostrato che all'interno delle sale operatorie, che rappresentano
una tipologia di ambiente differenziata e caratterizzata da proprietà peculiari , i rischi a cui sono
esposti i pazienti e gli operatori , sono prevalentemente legati al livello di contaminazione dell'aria da
parte di microrganismi e dalle condizioni di microclima. Pertanto il raggiungimento di ottimali
condizioni igienico ambientali si ottiene attraverso un aggiornamento dei protocolli organizzativi e
operativi e la loro successiva validazione attraverso test e prove di verifica.
PROGETTO Le sale operatorie dell'Istituto Clinico " Città di Brescia " e dell'Istituto Policlinico San
Donato sono 12 e vengono effettuati circa 22.000 interventi all'anno, di cui circa 6000 per i quali è
particolarmente temibile il rischio di infezioni esogene( impianto di protesi , interventi a cuore
aperto,ecc.). Sono mediamente presenti 100 operatori/giorno. Il progetto si svilupperà nel triennio
1999-2001 e prevederà una serie di controlli atti a dimostrare l'efficacia del programma. Lo scopo
della convalida è verificare il grado di contaminazione microbica dell'aria e delle superfici degli stessi
locali . Il funzionamento degli impianti di filtrazione e condizionamento dell'aria viene certificato con
una serie di test eseguiti in conformità a procedure e norme specifiche: Verifica della classe di
contaminazione particellare dell'aria.
Verifica tenuta giunzioni - effettuata mediante contatore di particelle munito di apposita sonda
HHIPA .
Recovery test- o tempo di ripristino, utilizzato per determinare l'abilità di una Camera Bianca, o Zona
Pulita , ad eliminare il particolato aeroportato.
Il livello di contaminazione microbiologica dell'ambiente viene verificato mediante le seguenti analisi
ambientali:
- Verifica Classe contaminazione microbiologica aria.
- Verifica Contaminazione microbica delle superfici.
- Contaminazione microbiologica materie prime/prodotto finito.
I risultati ottenuti saranno confrontati con quanto previsto dalle normative di seguito elencate: Federal
Standard 209 E - ISO 14644 - Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana X Ed. - EEC 6PM 1997
- FDA Guideline 1991 e LINEEGUIDA ISPE/FDA 1997/98.
BIBLIOGRAFIA
Monitoring of surface microbial contaminatio using nitrocellulose membranes : a quantitative and
qualitative study.
C. Pasquarella, L.Poletti, D. Paoletti, M. Pitzurra, A. Savino
Annali di Igiene Medicina Preventiva e di Comunità V.11 N. 2- Marzo -Aprile 1999.
Fargnoli JM. Et al. " efficiency and Importance of airway filters in reducing microorganism" Anesth.
Anaag. 1992; 74:393 Abstract 593.
107
IL "PROGETTO ISOLA":
UNO STUDIO DI POPOLAZIONE GENERALE SULLA PREVALENZA
DELLE EPATITI VIRALI E LE MALATTIE CRONICHE DI FEGATO NELLA PROVINCIA DI
BERGAMO.
Dr. E. Silini °, Dr. M. Cerletti*, Dr.C Ancora*, Dr. S. Onagro^^, Dr. E. Cubani^^, Dr. G.
Meroni**, Dr. E. Civardi§, Dr.G. Zavaglio°°, Dr. L. Boffelli°° Casa Di Cura Policlinico
San Pietro
La Provincia di Bergamo é la Provincia italiana che negli ultimi 10 anni ha sofferto della più alta
mortalità per epatopatie croniche e tumore primitivo di fegato. Dal gennaio 1998 é stato attivato, in 6
comuni dell'ex-USSL 11 di Ponte San Pietro e Valle Brembana, uno studio sulla Popolazione
generale residente (30mila abitanti) che ha lo scopo di descrivere la diffusione e l' epidemiologia delle
epatopatie croniche, con particolare riferimento alle Epatiti virali. Tale studio coinvolge il Policlinico
San Pietro, l'A.S.A.E.V. (Associazione per lo studio avanzato delle epatiti virali), l' ASL Provinciale
di Bergamo, l'AO di Treviglio, l’Università di Pavia, la Croce Rossa Italiana ed avviene in
collaborazione con le Amministrazioni Comunali del Territorio.
Obiettivi
-descrivere prevalenza, cause ed espressione clinica delle epatopatie croniche;
-inquadrare tale fenomeno in relazione al contesto socio-economico dell' area;
-identificare comportamenti e gruppi di popolazione ad alto rischio;
-costruire una coorte di soggetti da seguire prospetticamente;
-incentivare il coordinamento degli interventi fra Ospedali, Medicina di Base e preventiva, Università
e Volontariato;
-promuovere e sostenere l'informazione, l'aggiornamento scientifico e la ricerca;
-fornire elementi per programmare le risorse da destinare alle patologie di fegato.
Metodi
-campione di 5mila persone derivato in modo randomizzato e stratificato dalla popolazione residente
fra 19 e 65 anni;
-somministrazione di un questionario relativo a storia sanitaria personale e familiare, fattori di rischio
ed abitudini alimentari e dì vita;
-esecuzione di specifici esami di Laboratorio, ecografia epatica e visita specialistica.
Azioni
-creazione di una Unità di lavoro che comprende due Medici a tempo pieno, una Segretaria, un
Tecnico di Laboratorio e Consulenti (epidemiologo, ecografista, epatologo, infettivologo);
-attivazione del progetto nel Gennaio 1998;
-convocazione, nel primo anno di attività, di 2665 Persone in 3 Comuni con l'arruolamento di 1670
Persone (63%): oltre il 95% di queste ultime ha completato gli accertamenti clinici previsti.
Risultati
-le percentuali di adesione nei 3 Comuni variano dal 57% al 65%; percentuali più basse sono state
registrate nelle classi di età comprese fra i 19 e 34 anni (52%), mentre adesioni del 70% e oltre si
sono avute in soggetti sopra i 40 anni;
-secondo criteri clinici predefiniti (anti-HCV e/o HBsAg positività, elevazione delle Transaminasi o
GGT di 1.5 volte la norma, piastrine 100mila, storia di epatopatia o abuso alcoolico) il 23-25% delle
Persone é stato classificato con sospetta malattia di fegato; la prevalenza complessiva dei diversi
fattori di rischio é risultata essere la seguente: antiHCV+ 8%, HBsAg+ 9%, colelitiasi 4.5%,
alterazioni enzimatiche persistenti 7%, altro 2%.
-particolarmente colpite sono risultate le classi di età avanzate: oltre i 55 anni il 50% dei soggetti é
stato classificato come affetto da sospetta epatopatia ed il 32% di loro risultava portatore di una
infezione virale cronica.
Una preliminare valutazione del lavoro svolto ha dimostrato la fattibilità del progetto ed ha
confermato la rilevanza del problema delle malattie croniche nella nostra area geografica. Verranno
presentati dati utili per l'inquadramento socio-economico del problema per la comprensione dei trend
generazionali che lo caratterizzano e per la programmazione di appropriati interventi sanitari.
° Università degli studi di Pavia Istituto di Anatomia Patologica; *Policlinico San Pietro: Lab. Analisi e Servizio di
Radiologia; ^^Laboratori A.S.A.E.V; **Direzione Sanitaria AO di Treviglio; § C.R.I., Comitato Locale di
Bergamo Ovest e Valle Imagna; °°Dipartimento di Prevenzione ASL Provincia di Bergamo.
108
ISTITUZIONE DI UN SERVIZIO POLIFUNZIONALE PER IL MONITORAGGIO DEI
PAZIENTI AFFETTI DA IPERTENSIONE ARTERIOSA E DEI FAMILIARI DEGLI
STESSI
A. Piccoli, L. Piatto, A. Cordoni
Unità Operativa di Medicina Interna Clinica S. Rocco di Ome (Brescia).
Responsabile dr. Antonio Cordoni, corresponsabili: dr. ssa Letizia Piatto e dr.
Alfonso Piccoli
Come è noto l'ipertensione arteriosa rappresenta, oltre che uno dei maggiori fattori di rischio
cardiovascolari conosciuti, anche una delle più frequenti richieste di prestazione medica. Infatti è tra
le prime voci nel registro D.R.G. delle dimissioni ospedaliere rappresentando quindi una patologia
con un importante impatto socioeconomico. Si ravvisa perciò la necessità di individuare i soggetti a
rischio ed i pazienti con valori pressori borderline al fine di fornire una educazione ed un approccio
corretto per la terapia farmacologica e non farmacologica proprio per prevenire le complicanze e
ridurre al minimo l'ospedalizzazione. A tale scopo intendiamo portare avanti un progetto, della durata
di 3 anni, in stretta collaborazione con le altre realtà socio-sanitarie della zona della Franciacorta Brescia (presidi ospedalieri, medici di base ecc.). al fine di ottenere un approccio uniforme al
problema "ipertensione" proprio per evitare sovrapposizioni e dispendio di risorse.
Gli obiettivi principali del nostro progetto, individuati secondo le indicazioni della Dichiarazione di
Budapest e secondo le linee guida della International Society of Hypertension e della Società Italiana
di Ipertensione, sono essenzialmente l'identificazione come gruppo target del paziente iperteso ed i
suoi familiari, l'incremento della disponibilità e della qualità dell'informazione, della comunicazione
di programmi educativi e di apprendimento per il gruppo target. Ci si propone inoltre di sviluppare
nell'ospedale un database epidemiologico particolarmente orientato verso la prevenzione delle
complicanze legate alla patologia ipertensiva.
Per la realizzazione di questi obiettivi abbiamo individuato una serie di punti che intendiamo seguire
in particolare: 1) l'organizzazione di un servizio all'interno dell'ospedale con apertura sul territorio
(servizio che sarà gestito da esperti nel campo dell'ipertensione); 2) la modificazione delle abitudini
alimentari, voluttuarie e di vita (es. attività fisica) con particolare riferimento all'educazione per
l'aderenza alla terapia cronica (argomento molto dibattuto per quanto riguarda la "reale" efficacia
della terapia antiipertensiva); 3) Adeguato follow-up dei pazienti per la prevenzione delle
complicanze; 4) Monitoraggio dei familiari e della popolazione per una diagnosi precoce; 5)
Assicurare una informazioni più chiare e corrette rispetto ad esempio q quelle fornite dai mass media che intervengono in modo pressante ma non sempre professionale.
Il nostro servizio è teso inoltre ad offrire un coordinamento ed integrazione fra le varie strutture che si
occupano del problema ipertensivo ed in particolare con la II Cattedra di Medicina Interna degli
Spedali Civili di Brescia dove da tempo ormai esiste un Centro di diagnosi e cura dell'Ipertensione
Arteriosa diretto dal Prof. Enrico Agabiti Rosei (Segretario Tesoriere della Società Italiana
dell'Ipertensione arteriosa), ma soprattutto con i Comuni della zona ed i medici di base, primi tenutari
della salute del cittadino. Le risorse e gli strumenti utilizzati nel progetto prevedono l'impiego di
materiale divulgativo (anche mediante supporto Internet), incontri sul progetto con i medici di base,
un ambulatorio per il monitoraggio e la selezione dei pazienti affetti e di quelli a rischio, DayHospital per la diagnosi e valutazione delle complicanze renali, cardiovascolari ed oculari ed infine
riservare l'ospedalizzazione per i casi di difficile controllo o con complicanze gravi o patologie
associate.
In conclusione il nostro progetto è teso al miglioramento della comunicazione tra strutture sanitarie e
cittadino al fine di rivalutare il rapporto medico - paziente e quindi influire in senso maturativo sulle
condizioni socio - economiche in una patologia di così largo impatto (sia in termini di prevalenza che
di mortalità e morbilità) quale quella ipertensiva.
109
VERIFICA DEL PERCORSO RIABILITATIVO NEI PAZIENTI CON PATOLOGIE
CRONICHE
Clinica S. Rocco di Ome (Brescia)
Unità funzionale di Riabilitazione Responsabile Dr. Cesare Bargnani, Aiuto
medico Dr.ssa Almarosa Perini
Il progetto si propone di verificare il percorso riabilitativo dei pazienti sottoposti, nella nostra
struttura, ad intervento d'artroprotesi d'anca e di ginocchio, dopo la dimissione dalla struttura stessa.
Tale studio è reso possibile dall'elevato numero di pazienti in oggetto e dalla loro provenienza da
diverse regioni italiane che comporta una loro diversa destinazione dopo la dimissione e, di
conseguenza, trattamenti riabilitativi diversificati.
La raccolta di dati sugli esiti a lungo termine del trattamento iniziato nella nostra struttura ha, come
obiettivo principale, di migliorare la disponibilità verso i bisogni sociosanitari di questo gruppo di
pazienti, poiché porta ad ampliare l'entità e la qualità dell'informazione sui trattamenti riabilitativi di
cui gli stessi possono usufruire.
Il coinvolgimento dei pazienti e del relativo nucleo familiare sull'importanza della continuità di un
corretto trattamento riabilitativo, si attua attraverso l'informazione e la comunicazione tra la nostra
casa di cura e le altre realtà sociosanitarie e riabilitative del territorio.
Le attività degli operatori sanitari e dei riabilitatori saranno coordinate al fine di verificare l'efficacia
dei servizi riabilitativi riguardo alla durata, alla sede e al tipo di trattamento effettuato.
110
PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE HPH. VERIFICA DEL PROCESSO
EDUCATIVO
Manelli Alessandro*, Tornese Roberta°, Bassi Giovanni Luca°, Gandini Paola°
* Unità Operativa Riabilitazione Motoria - Casa di cura Villa Esperia - Salice
Terme ° Sezione di Igiene - Dipartimento di Medicina preventiva , occupazionale
e di comunità - Università degli Studi di Pavia
Il "Progetto riabilitativo individuale" consente di adattare gli interventi fisiatrici alle esigenze di ogni
paziente, motivando e personalizzando la terapia.
OBIETTIVI
La Casa di cura Villa Esperia, per il trattamento delle disabilitò motorie, si è proposta di indicare agli
operatori l'adeguato percorso riabilitativo di ogni paziente ricoverato, il processo educativo deve
promuovere la partecipazione al progetto HPH, migliorare le conoscenze specifiche e modificare i
comportamenti professionali.
METODOLOGIA PEDAGOGICA
1. Sono stati messi a disposizione degli operatori i progetti guida delle patologie fisiatriche più
ricorrenti nella Casa di cura (tab.a).
Amputazione arto inferiore
Frattura del collo femorale
Piede doloroso
Decadimento senile
Osteoporosi involutiva
PROGETTI GUIDA
Artrite reumatoide
Cervicalgia cronica
Gonartrosi
Lombalgia cronica
Dolore miofasciale
Sindrome inocinetica
Emiplegia
Paralisi flaccida
Coxartrost
M. di Parkinson
Spalla dolorosa
Tab. a
2. Le procedure sono state standardizzate proponendo una scheda di valutazione funzionale ed una di
progetto con l'elenco delle proposizioni da considerare (tab. b).
PROPOSIZIONI DELLA. SCHEDA DI
VALUTAZIONE FUNZIONALE
I) motivo della visita
2) anamnesi funzionale
3) diagnosi fisiatrica
4) esame articolare
5) esame muscolare
6) csame neurologico
7) grado di indipendenza
8) verifica alla dimissione
PROPOSIZIONI IN SCHEDA DI PROGETTO
RIARILITATIVO
1) Diagnosi fisiatrica
2) Attese del paziente
3) Lista dei problemi
4) Obiettivi
5) Nome degli operatori
6) Programma
Tab. b
3. Il progetto HPH, iniziato ad aprile, prevede una serie di aggiornamenti rivolti all'équipe specialistica,
come esposto nella tab. sottostante
Corso di formazione degli operatori della riabilitazione - anno 1999
IL PROCESSO RIABILITATIVO
Il progetto riabilitativo individuale
Linee guida per i progetti riabilitativi individuali Gonartrosi. Approccio e progetto
Lombalgia cronica. Approccio e progetto
Processo riabilitativo autogestito
Insufficienza arteriosa. Approccio e
Ruolo educativo degli operatori della
progetto
riabilitazione
Insufficienza venosa. Approccio e
Ruolo dell'infermiere della riabilitazione
Il paziente anziano. Approccio e progetto progetto
Dolore cronico. Approccio e progetto
riabilitativo
Frattura del collo femorale. Approccio e progetto Cervicalgia cronica. Approccio e progetto
Emiplegia. Approccio e progetto
riabilitativo
111
Paralisi flaccida. Approccio e progetto
Malattia di Parkinson. Approccio e
progetto
1 problemi del reparto ncurologico
Coxartrosi. Approccio e progetto
riabilitativo
Osteoporosi involutiva. Approccio e
progetto
Piede doloroso. Approccio e progetto
riabilitativo
Spalla dolorosa. Approccio e progetto
riabilitativo
Lo studio è stato condotto revisionando le cliniche dei pazienti dimessi da Villa Esperia dal 1 aprile al 3
agosto 1999. I dati sono sintetizzati nella tabella d. A circa metà del percorso di formazione possono
essere fatte alcune considerazioni: a parità di impegno delle varie componenti ospedaliere nei mesi da
aprile ad agosto (fig. 1) si può verificare che la quantità di pazienti curati con progetto riabilitativo
individuale va progressivamente aumentando (fig.2) parimenti alla completezza delle schede di
valutazione e delle schede progettuali (fig.3), la cui tempestività di stesura è comunque avvenuta
mediamente nel giorno di ricovero (fig.4)
CONCLUSIONI
La riorganizzazione del reparto di fisiatria della Casa di cura Villa Esperia di Salice Terme si sta
realizzando come progetto HPH di formazione del personale di riabilitazione. Già in fase
sperimentale sono state fornite conoscenze al reparto con lezioni teoriche (corso di aggiornamento) e
con applicazioni "sul campo" (linee guida per la stesura di progetti individuali, schede di valutazione
funzionale e schede di progetto). La partecipazione degli operatori, considerando i compiti specifici,
risulta elevata ed in graduale aumento. I comportamenti professionali si stanno modificando come,
dimostra l'aumento dei pazienti con progetto personalizzato, il grado di completezza delle schede
progettuali, la minima attesa del programma di cura.
112
OBIETTIVO QUALITÀ: IL BENESSERE DELL'OPERATORE SANITARIO COME
STRATEGIA DI MIGLIORAMENTO
Giuseppe Banfi - Raffaella Gnocchi - Isabella Rubini
HSR - Casa di Cura Santa Maria - V.le Piemonte 70 - 21053 Castellanza (VA)
Per eventuali contatti: R. Gnocchi Tel. 0331.393214 Fax. 0331.630990 E-mail
gnocchi.raffaella@ hsr.it
La Casa di Cura Santa Maria, di proprietà della Fondazione San Raffaele, è istituzionalmente
impegnata a conseguire la soddisfazione delle attese del Cliente/Utente.
A tal fine, parallelamente ad un intervento di verifica del grado di soddisfazione del Cliente/Utente
mediante l'utilizzo e valutazione di appositi questionari, ha ritenuto opportuno predisporre uno
strumento che similmente permettesse di verificare e monitorare nel tempo il grado di soddisfazione
del Personale della Casa di Cura. A motivo di tale intervento la necessità di dimostrare che
riconoscimento e rispetto della persona umana non si limitano al Cliente/Utente e la convinzione che
il benessere e la soddisfazione del Personale siano presupposti essenziali per il benessere e la
soddisfazione del Cliente/Utente, nonché garanzia di un servizio di qualità. Tale intervento si è così
strutturato:
OBIETTIVI
•
Verifica del grado di soddisfazione/benessere del personale;
•
Individuazione dei punti di forza per un successivo lavoro di massimizzazione e mantenimento
dei medesimi;
•
Individuazione di eventuali aree di malessere sulle quali effettuare un intervento correttivo o di
tamponamento.
AMBITO
Il presente lavoro è stato effettuato, nel Gennaio 1999, sul personale della Casa di Cura Santa Maria,
comprendendo le seguenti categorie professionali:
•
Medici Dipendenti e Consulenti (53 soggetti)
•
Infermieri Professionali e Personale Tecnico (126 soggetti)
•
Personale Amministrativo (23 soggetti)
METODOLOGIA
•
Strumento di lavoro - questionario composto da 19 items con punteggio su scala Likert a 5
punti così strutturata: 1 = Scarso 2 = Sufficiente 3 = Discreto 4 = Buono 5 = Ottimo
•
Procedura - analisi delle medie delle risposte per ogni singolo item.
RISULTATI
Sono stati graficamente rappresentati come segue:
•
Istogramma 3D non in pila per l'analisi di ogni singolo item e confronto delle medie delle
risposte delle differenti categorie professionali;
•
Linee con indicatori insieme ai valori per l'osservazione dell'andamento della curva relativa alle
medie delle risposte ai 19 items del questionario, generale e differenziato per categorie professionali.
CONCLUSIONI
Nel complesso i risultati si sono rivelati positivi. Motivo di soddisfazione sono stati:
•
ampio riscontro ottenuto;
•
alto livello di motivazione in tutto il personale, emerso da una valutazione di distinti gruppi di
items;
•
medio livello di conflittualità nei rapporti gerarchici e con l'Amministrazione;
•
medio-alto livello di senso di appartenenza alla struttura (a seconda delle categorie).
Per un'analisi più dettagliata dei risultati ed una discussione più completa delle conclusioni si rimanda
alla presentazione del poster.
113
n. a \
LA CONTINUITÀ DELLA CURA IN AMBITO ONCOLOGICO
(aspetti organizzativo-metodologici e tecnico-sanitari)
Premessa
La storia naturale della malattia oncologica è andata rapidamente modificandosi grazie alla maggior
precocità della diagnosi ed ai progressi sia in tema di tecniche diagnostiche che di nuovi approcci
terapeutici medici e chirurgici ed il risultato è che il numero di pazienti affetti da patologia
neoplastica, negli ultimi anni, è notevolmente aumentato.
Ne consegue che l'approccio deve essere completamente rivisitato, rispetto ai modelli tradizionali.
Modello virtuale
Unità Oncologica di diagnosi e di trattamento, con organizzazione di tipo dipartimentale quindi
con la partecipazione di un'Oncologa medica, di una Oncologa chirurgica, di una diagnostica sia per
immagini (anche con una sezione invasiva) che di anatomia patologica che di laboratorio
Day-hospital oncologico
Collegamento con i medici di Medicina Generale curanti, sia per la gestire degli accessi in DH che
per i successivi controlli
Unità di cure palliative continuative
Assistenza domiciliare per malati terminali sempre in collegamento con i Medici di Medicina
Generale
Modello operativo
Tale modello è in fase di attuazione a Brescia, ove la struttura di riferimento per diagnosi e
trattamento è il Dipartimento oncologico della Casa di Cura Poliambulanza (una moderna struttura
per malati acuti di 338 posti letto con la presenza di alte tecnologie), mentre l'Unità di cure palliative
con la relativa assistenza domiciliare è rappresentata dall'Hospice della Domus Salutis (il primo
Hospice italiano, di moderna configurazione sia strutturale che gestionale, dotato di 2 unità di 15 letti
ciascuno) ed il collegamento con i Medici di Medicina Generale è già in essere.
Obiettivi
- Migliorare la qualità delle prestazioni
- Migliorare la comunicazione e la collaborazione con i servizi sanitari e sociali della comunità
- Aumentare le opportunità offerte ai pazienti ed ai loro famigliari
- Ridurre le giornate di ricovero "incongrue" ed i ricoveri "inappropriati"
- Migliorare l'assistenza al paziente neoplastico terminale
Metodi ed azioni intraprese o da intraprendere
- Momenti formativi e riunioni congiunte tra gli operatori sanitari dell'U.O. oncologica e quelli
dell'Hospice
- Incontri formativi con i Medici curanti
- Lettere "ad hoc" per i Medici di Medicina generale
- Informazione "ab initio" al paziente ed ai famigliari sui vari momenti del percorso diagnostico e
terapeutico Opuscoli informativi per pazienti e famigliari
- Verifiche periodiche del grado di soddisfazione dei servizi
Tempi e risultati
I vari collegamenti sono già in essere e la totale "messa a regime" del circuito si prevede in circa 3
anni, con una serie di step al termine dei quali verranno raccolti i risultati, con una serie di indicatori
di misura.
PER INFORMAZIONI:
Dr. Giuliano Cozzaglio, Direttore Sanitario Casa di Cura Poliambulanza
Via Bissolati 57, 25124 Brescia
Tel: 030/3515350-3515352 fax: 030/3515351 E-mail: [email protected]
114
UMANIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE DELLA RISPOSTA SANITARIA AI
BISOGNI ESPRESSI DALLA PERSONA
Istituto Ortopedico Galeazzi SPA
L'istanza di personalizzazione dell'intervento sanitario sostanzia di contenuto umano e professionale il
rapporto con il cittadino utente, consentendo di coglierne sia le caratteristiche individuali che quelle
derivate dal contesto socio-culturale di provenienza che possono rendere quasi unico il rapporto che
l'individuo ha col proprio corpo sano o malato e con le regole necessarie al mantenimento di uno stato
di salute o alla cura della malattia.
L'attenzione alle particolarità del singolo trasforma la relazione tra struttura erogante una prestazione
sanitaria e il cliente, in senso meno standardizzato e meno mortificante del solito, prendendo in
considerazione la persona nella sua integrità bio-psico-sociale, i suoi atteggiamenti, aspettative e
vissuti, si incrementa la possibilità di individuare modalità adatte per instaurare una relazione
professionale realmente proficua nel conseguimento di risultati di cura significativi. Riteniamo che
umanizzare la risposta sanitaria ai bisogni espressi dal cittadino cliente costituisca una sorta di "valore
aggiunto" alla relazione tra utente e struttura sanitaria che si realizza in termini empatici e di
gradimento sin dai primo approccio con l'organizzazione.
Dalla consapevolezza dell'importanza di tali concetti di umanizzazione e personalizzazione
dell'organizzazione della prestazione sanitaria, hanno preso corpo i tre progetti che presentiamo e che
rappresentano l'applicazione dì una fase progettuale alla quale hanno preso parte rappresentanti di
varie professionalità presenti all'interno dell'Istituto Ortopedico Galeazzi. Riportiamo ora,
sinteticamente, gli obiettivi generali e specifici dei progetti presentati.
Nell'ambito dei progetti di continuità delle cure gli obiettivi sono, da un lato evitare la
compartimentalizzazione del percorso di cura al quale la persona viene sottoposta, dall'altro
migliorare la qualità di vita delle persone sottoposte a intervento chirurgico, in particolare le persone
anziane, attraverso un percorso di recupero funzionale rivolto ad un più rapido raggiungimento del
massimo livello di autonomia.
L'ultimo progetto presentato, prende spunto dalla constatazione che una infezione di ferita chirurgica
determina una serie di costi sociali elevatissimi, alcuni totalmente a carico della persona (dolore,
isolamento, esiti cicatriziali deturpamenti) altri riferiti a costi puri degli antibiotici e antimicrobici
necessari per curare l'infezione; costi della prolungata ospedalizzazione e costi derivanti dalla inabilità
produttiva del soggetto per tutto il periodo di cura.
115
SISTEMA DI SORVEGLIANZA DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE - IWS
INFECTIONS WATCHING SYSTEM Istituto Clinico Humanitas
Premesse
Le Infezioni Ospedaliere sono un grave fattore di compromissione della performance clinica. La loro
importanza è evidente come indice di qualità della organizzazione ospedaliera. In letteratura il dato
epidemiologico è ben noto anche se sottostimato e comunque, talvolta, le Infezioni Ospedaliere
possono essere drammatiche, specie nei pazienti postchirurgici di alta specialità. Le modalità di
intervento non possono che essere molteplici ed i risvolti economici sono calcolati in maniera
approssimativa. Risulta quindi giustificato un progetto che affronti il fenomeno, proponendo soluzioni
efficaci, validabili e trasferibili.
Impostazione e coordinamento delle attività
Il nostro Sistema di Sorveglianza delle Infezioni Ospedaliere è una struttura minima, di ordine
funzionale interdisciplinare, a valenza trasversale, coordinato dalla Direzione Medico Sanitaria, che in
collaborazione con il Laboratorio di analisi, descrive compiti, attività, risorse umane ed economiche
del Servizio di Microbiologia Clinica e di Epidemiologia. Ad oggi vengono effettuate rilevazioni
microbiologiche a scadenze periodiche sulle superfici degli ambienti ritenuti di maggiore
significativìtà e sull'aria delle sale operatorie; inoltre vengono prodotti dei rapporti trimestrali di
mappatura per Unità di Degenza sia delle richieste di accertamenti microbiologici, con relativa
tipologia del materiale, sia della loro eventuale positività con identificazione biochimica e relativo
antibiogramma.
Fase di sviluppo e verifica
Il Comitato di Controllo delle Infezioni Ospedaliere ha pianificato che gli operatori del Servizio di
Epidemiologia raccolgano ed elaborino in collaborazione con la Direzione Medico Sanitaria le
segnalazioni di infezione; sono già stati identificati sia i flussi di informazione tra i Responsabili delle
diverse Unità Operative e i Caposala delle Unità di Degenza, sia l'ambito di rilevazione che
comprende pazienti degenti e pazienti in follow-up postchirurgico ambulatoriale. L'aspetto innovativo
del progetto è costituito dalla possibilità di arrivare a diagnosi precoci di infezione. In tal senso verrà
implementato, validato e verificato un nuovo test di laboratorio (procalcitonina) predittivo di sepsi
post operatoria.
Il progetto avrà una fase pilota, della durata di tre mesi, durante la quale il sistema sarà sviluppato
presso una sola Unità di Degenza di ambito chirurgico; al termine di tale fase pilota, il Comitato
Controllo Infezioni Ospedaliere esprimerà una revisione critica ed avvierà la fase operativa estesa a
tutte le Unità di Degenza. Fondamentale sarà l'integrazione del dato epidemiologico diretto con alcuni
indicatori indiretti: consumo di antibiotici e esame delle SDO per cause di ricovero e complicanze
infettive postoperatorie.
116
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POSTER LOMbARDIA - Ospedali per la promozione della salute