® Notizie stimoli proposte per gli amici dei missionari Burundi Camerun CIAD Congo R. D. Mozambico Sierra Leone Bangladesh Filippine Giappone Indonesia Taiwan amazzonia BRASILE COLOMBIA MESSICO CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore Responsabile: Domenico Milani Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa Abbonamento annuo € 6,00 Una copia € 0,60 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue 2005 DICEMBRE n. 11 Aspettiamo Qualcuno? Il dramma del Natale commercializzato S Eucaristia e missione 11 - presenza iamo in Avvento. La liturgia ci invita alla vigilanza e all’attesa. Ma che cosa attendiamo? La nascita di Gesù, certamente. Ma anche il regno di Dio, che Egli porta e che deve radicarsi qui in terra, in attesa del suo ritorno. Il commercio dell’attesa La prima attesa, quella del Natale, l’abbiamo già consegnata al commercio. È già presente e brilla nei supermercati: il bambino Gesù occhieggia già sugli scaffali dei negozi, mentre la stella dei magi è arrivata con buon anticipo, secondo le leggi della concorrenza, e si è moltiplicata nelle mille lucine ad intermittenza e nelle luminarie delle strade e dei centri commerciali. Il Bambinello è già stato clonato nel rubicondo babbo natale. Ha ancora senso attenderlo per la notte di Natale? Ormai l’abbiamo incontrato al supermarket, l’abbiamo consumato e i cartoni sono già stati consegnati alla raccolta differenziata dei rifiuti… Il dramma è che per Natale rischiamo di non attendere più nessuno. Gesù, lui non ne soffre, perché sa salvarsi e rimanere il totalmente Altro, malgrado i nostri tentativi di addomesticarlo. Può sempre nascere, come la prima volta, tra i poveri e i disprezzati della campagna di Betlemme. Loro hanno in anteprima il vangelo: “Non temete. Vi annunzio una grande gioia: oggi è nato per voi il Salvatore”. Il dramma non è quindi di Gesù, ma nostro. Ecco il nostro dramma! Per il gesuita Teilhard de Chardin, scienziato e teologo, Gesù è il “Punto Omega”, cioè il punto di convergenza cui tendono non solo i popoli, ma tutto l’universo. Lo scienziato se ne esce con una parola che dovrebbe scuoterci: “Il dramma dei cristiani egli scrive - è che non attendono più nessuno”. Credono di aver tutto: hanno la verità in tasca, si sono fatti un’identità ben definita e cristallizzata, da difendere con ogni mezzo. Non hanno più niente da conquistare. Sono cristiani senza avvento: non hanno più bisogno di cercare; credono di avere già in tasca un biglietto sicuro per il cielo. Per loro il regno di Dio è cosa fatta, come se la nostra cultura cristiana fosse già il regno di Dio. Anche noi rischiamo di dimenticare che quel regno, che RICONGIUNGIMENTO FAMIGLIARE La speranza del ”Natale con i tuoi” p. AGOSTINO ROTA MARTIR, sx G li stimoli per celebrare bene il Natale non mancano. Ma dipende da quale Natale cerchiamo: quello degli annunci pubblicitari che soddisfano i nostri appetiti, o quello della voce del Mistero, che fa appello alle nostre anime. Ascoltiamo e meditiamo ogni anno nella notte di Natale, il racconto del mistero di Dio che “viene ad abitare in mezzo a noi”: la notte, lo smarrimento dei pastori, l’annuncio degli angeli, il Bambino da cercare in una località ai margini e da riconoscere, avvolto in fasce in una mangiatoia. Il mistero di un Dio rivestito di debolezza! Il pericolo è sempre quello di accontentarci di un Natale sdolcinato di buonismo da quattro soldi e assoggettato al mercato del consumismo. Un Natale rabbonito e offensivo. Anche quest’anno si ripeteranno le solite gare di chi è più bravo, più generoso verso gli sfortunati, gare di solidarietà e di bontà più o meno truccate: tentativi maldestri per lavare coscienze inquinate dall’arroganza e assopite dalla superficialità. In questo teatrino dell’ipocri- sia come può nascere il Figlio di Dio? Non si ripeterà, piuttosto, la drammatica farsa del re Erode che raccomandò ai magi di cercare con cura il Bambino: “quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, così anch’io andrò ad onorarlo”. E invece, poi... Dio nella nostra storia. Celebriamo bene il Natale di Gesù quando accogliamo il desiderio di Dio, di “formare casa” dentro questa nostra storia. Per farci capire lo stile di Dio, il vangelo usa un’immagine eloquente: “Egli pose la sua tenda in mezzo a noi”. Non in luoghi privilegiati, sorvegliati e protetti da guardie di sicurezza, inaccessibili ai comuni mortali. Dio vuole stare dentro la nostra storia, a fianco di ognuno di noi. Proprio vivendo la compagnia dei poveri e degli oppressi, il Figlio incarnato ha potuto annunciare a tutti noi il sogno di Dio. Attraverso il Natale, Dio chiede ad ognuno di noi il permesso di ottenere il “ricongiungimento famigliare” nelle nostre vite. Fare spazio al piccolo Gesù significa permettere a Dio di ricongiungersi nella fami- glia umana, che abbraccia ogni uomo e donna, nella diversità della cultura e della fede. Solo accettando questo ricongiungimento, Gesù non sarà di nuovo costretto a nascere clandestino, lungo le strade della storia di oggi: a Falluja come a Beslan, a Bhopal come a Bukavu; o nelle navi carretta che trasportano disperati in cerca di una terra ospitale... Fare spazio a Dio che bussa anche oggi alla porta del nostro cuore, delle nostre vite non come estraneo - ma come ospite atteso, significa imparare dai poveri che nella notte di Natale si rivelano come i veri protagonisti in positivo. Loro hanno il coraggio di intuire e seguire i passi di Dio, anche quando non seguono i calcoli e i tempi degli uomini più forti; e di questo gioiscono e sanno far festa. Sono loro che c’insegnano a saper ricominciare ogni giorno, nonostante tutto! Questa loro speranza clandestina porti frutti di speranza e di pace! ■ p. Gabriele Ferrari, sx Gesù è venuto ad inaugurare per conto di suo Padre, deve estendersi e approfondirsi. Sì, abbiamo in mano il biglietto d’entrata, ma non possiamo addormentarci nella nostra sicurezza. È l’ora della sveglia La liturgia dell’avvento è piena di trombe profetiche che suonano la sveglia: svegliatevi, alzatevi, siate pronti, la notte sta per finire e giunge l’aurora! Svegliarsi ed essere pronti per che cosa? Per il regno di Dio che continua a venire e attende da noi l’impegno di annunciarlo a coloro che non lo conoscono, si chiamino islamici, buddhisti, non cristiani o non praticanti. Tutti siamo destinati a quel regno “di giustizia, di amore e di pace”, aurora di giustizia rispetto alla notte delle ingiustizie, delle contrapposizioni, dell’odio e delle guerre. Un mondo diverso da quello attuale, e da costruire. “Gloria a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà”, cioè a quegli uomini che Dio ama. Così cantano gli angeli di Natale. Ma non saranno forse anche loro un gruppo di pacifisti, magari noglobal, così poco affidabili, perché contrari a ogni guerra, anche a quella santa del Bene contro il Male? Un dono non commerciabile Certo: noi, cristiani del Natale, siamo degli incorreggibili pacifisti, perché crediamo che il Signore si è fatto uomo per instaurare il regno di Dio Padre, che è aperto a tutti: a chi viene dal mondo occidentale e a chi sembra nemico dell’occidente e della nostra cultura. E noi missionari lavoriamo per il dialogo tra le religioni e le culture. Siamo per la pace e per una “civiltà dell’amore”, una civiltà con le porte aperte a tutti. Siamo portatori di una speranza e quindi di un’attesa che non deve spegnersi. Sì, un altro mondo, diverso dall’attuale, è possibile se ci apriremo a quella speranza che ci viene con il Bambino. Una speranza che non è commerciabile, perché è un dono che attendiamo, ancora una volta, da Dio. Il mondo nuovo alla fine ci sembrerà un miracolo, come la nascita del Figlio che celebriamo nel silenzio della notte di Natale. Egli ha realizzato la speranza dell’umanità e noi l’accogliamo con la fede e l’amore di Maria. Questa speranza è ormai una certezza, che sostiene ogni nostra speranza. ■ Buon Natale e buon anno a tutti voi! Eucaristia e missione 11 - presenza. Il missionario è il segno visibile della presenza amorosa di Dio in mezzo ai popoli che Egli ama. Rende vera la promessa di Gesù: “Io sono con voi”. Come la madre è presente al bimbo che abbraccia, nella foto di A. Costalonga (Bangladesh). 2005 dicembre n. ANNO 58° 11 “Il gran mondo superbo rigetta le sublimi lezioni di celeste sapienza e distoglie lo sguardo dalla grotta di Betlemme, ove un tenero Bambino soffre e vagisce. Ma quanto è dissennato e folle il mondo nei suoi giudizi!”. beato Guido Conforti A voi amici e all’umanità intera il Natale del Signore Gesù porti pace e amore Padre Agostino è missionario nel campo nomadi di Coltano, in provincia di Pisa. foto Guri Zambiasi 2005 DICEMBRE m i s s ione e spirito L’icona della missione Finchè egli venga LA PAROLA Il discepolo che Gesù amava rendo più di Pietro. Finalmente, sul lago, l’avevi riconosciuto per primo e l’avevi indicato a Pietro: “È il Signore!”. Si potrebbe anche tradurre con il grido della risurrezione: “Il Signore è!”. Pietro, alla triplice domanda del Maestro, gli aveva dichiarato il suo amore e ne aveva ricevuto il suo gregge, come destinatario visibile di questo amore. Aveva inteso ancora una volta la sua chiamata “Tu seguimi!” - insieme all’annuncio delle sue esigenze ultime: essere ucciso. Smarrito, Pietro si era volto verso di te, come se volesse imparare dalla tua stessa vita. Tu seguivi, come la pecora che ascolta la voce del Pastore; come chi è testimone non solo per aver visto, ma per aver partecipato dal di dentro. Nel tuo inclinarti EUCARISTIA è MISSIONE L'EUCARISTIA EVANGELIZZA IL MONDO p. ALFIERO CERESOLI, sx Il segreto della vitalità delle nostre missioni è da ricercare nell’Eucaristia. Scuole, collegi, catechisti, ospedali, dispensari farmaceutici, orfanotrofi, sono senza dubbio mezzi di penetrazione. Ma senza l’Eucaristia, anche questi mezzi non darebbero frutti di vita eterna. beato Guido Conforti terminare quest’anno, tutto consacrato all’Eucaristia, V oglio con questo pensiero dichiarato dal beato Conforti nel di- 2 scorso al congresso eucaristico di Palermo, nel 1924. Quest’anno si è parlato molto del mistero eucaristico, ma forse si è creduto poco nella sua forza evangelizzatrice. “Questo linguaggio è duro, come possiamo accettarlo?” - avevano già detto gli ascoltatori di Gesù che avevano mangiato il pane e i pesci della condivisione e lo avevano seguito fino a Cafarnao. Eucaristia è sacrificio, è comunione, è presenza. Una presenza misteriosa, ma reale; nascosta, ma attiva; silenziosa, ma annunciatrice eloquente ed efficace di un amore che supera ogni altro amore. Il linguaggio è duro: come credere che un pezzo di pane possa evangelizzare il mondo? Penso al missionario che mette la sua tenda in un paese dove la stragrande maggioranza della popolazione non è cristiana. Lo vedo celebrare Messa, magari da solo. È inginocchiato in adorazione; dialoga con un Amico che è presente e gli ripete: “coraggio, non temere; io sono con te ogni giorno e in ogni luogo”. Allora il missionario sente come sono vere le parole che il beato Conforti ha scritto nel testamento: “Gesù sacramentato, per il quale siamo sacerdoti ed apostoli, sia sempre il centro dei nostri pensieri e dei nostri affetti. È presso il santo tabernacolo che noi dobbiamo ogni giorno ritemprare le nostre forze per sempre nuove fatiche”. L’Eucaristia è forza e sostegno del missionario. È anche forza della missione, dice il beato Guido. Quando il missionario pone sull’altare il Pane - che non è più pane, ma il Signore - succede qualcosa: nel cuore dell’umanità si diffonde un’energia di vita, si radicano i valori del Regno. La speranza rinasce e il mondo si ritrova migliore. Le cronache dei giornali sembrano smentire questo ottimismo eucaristico. Ancor più qui in Brasile, dove la speranza dei poveri pare definitivamente delusa. Ma non è così. Le nostre comunità nei centri e nelle periferie, nelle città e nelle campagne - sono vive e continuano il loro cammino. Ogni giorno scoprono che tutto succede, se il centro è il Signore Gesù: Pane che si spezza, Vino che si versa. Nell’adorazione e nella sua amicizia, i cristiani imparano a spezzarsi e versarsi per le sorelle e i fratelli più poveri. Vanno a Cristo, e Cristo li invia ai più bisognosi. ■ sul suo petto avevi indicato per sempre il posto del discepolo: nato dal petto di Cristo, tratto dal suo sonno, carne della sua carne, proprio come una vera e nuova Eva. Tu dovevi rimanere per mostrarci, lungo il filo dei giorni, come rimanere in Gesù: volti perennemente a lui, e in lui volgerci al Padre. Pietro e tu eravate una pluralità concorde, come il corpo è animato e l’anima è corporea. Pietro, bisognoso della fantasia e della libertà dell’amore; e tu, bisognoso di riconoscere in lui chi pasce la chiesa di Cristo. Pietro, la fatica di credere e di seguire, anche a prezzo del sangue versato; e tu, lo slancio dell’amore che vola sopra ogni ostacolo. Sono i binari della nostra stessa vita. Tu e noi. Sappiamo che il tuo nome è anche il nostro nome, e in ogni condizione. In questo mondo di dibattiti, di ricerca, di manipolazione, di frenesia, di solitudine, quando uno conta per quanto è bello e rende..., il tuo nome, che è anche il nostro, ci dà pace. Come te, noi non siamo i martiri del sangue versato. Siamo invece sfidati dalla fedeltà nella durata, nelle giornate uggiose e bigie dell’inverno, in quelle spensierate e distratte dell’esta- te. Come te, la maggior parte di noi arriviamo fino ai giorni della vecchiaia, sempre tentati di abbassare lo sguardo a noi stessi, di vivere esigendo, di volare basso. Siamo amati da Gesù. Tu che hai vissuto il martirio della durata, dacci una mano: indicaci ancora il sole delle giornate grigie, l’ombra della calura estiva. Aiutaci a tenere il nostro sguardo rivolto verso l’Agnello. Tienici legati alla missione essenziale della chiesa: la missione di accogliere l’amore da Colui che non cessa di venire per noi, e di offrirlo come senso e impegno di tutta l’esistenza. Siamo noi i discepoli amati da Gesù che restano finché egli venga, perché tutti scoprano che il loro nome è scritto nel petto trafitto di un Dio. ■ chiamati alla missione Gli avvisi e la benedizione A me piacerebbe che “gli avvisi” non li desse solo il prete. Un’idea balzana, dirà qualcuno. Ma se nella comunità ci sono diversi ministeri e carismi - dovrebbero essere molti, se non vengono soffocati - , allora dovrebbero tutti discretamente emergere nell’assemblea. Così diventano più visibili la comunione e la corresponsabilità pastorale e missionaria. Dall’Eucaristia alla Trinità. Sarebbe bello che il prete dicesse le cose che gli appartengono per il suo ministero specifico. Poi si succedessero il coordinatore della catechesi per le attività catechistiche; quello della Caritas per le attività di assistenza e promozione umana; il “ministro degli infermi” per le visite ai malati; quello della missione per gli impegni di evangelizzazione nel territorio o nei paesi lontani… Magari poi, anche il “fanatico” dei nuovi stili di vita, per dare gli annunci sul commercio equo, e il “patito” dell’ambiente per le iniziative di salvaguardia del creato! Si manifesterebbe così una comunità unita nel Signore - essa stessa “corpo e sangue” del Cristo crocifisso e risorto. La sua unità non è quella monolitica dell’organizzazione aziendale o del reparto di un esercito, bensì quella trinitaria. Non bisogna mai dimenticare che l’Eucaristia porta alla Trinità. In questi ultimi tempi nella chiesa, e soprattutto nella chiesa italiana, si insiste sul Cristo-cen- trismo. È un’insistenza bella e sospetta allo stesso tempo. Bella, perché Gesù è veramente il fondamento della nostra fede e la sorgente della nostra vita. Sospetta, perché si scivola facilmente in quello che i teologi chiamano il Cristo-monismo. È un errore sottile - voluto o non voluto questo Dio solo lo sa - sul quale si fondano centralismo, monolitismo e clericalismo della chiesa. Gesù nulla ferma a se stesso, ma conduce al Padre. Il Padre poi, tramite Gesù, dona lo Spirito Santo, che fa vivere la vita trinitaria in ciascuno di noi e nell’intera creazione. La vita trinitaria è quell’eterno rispecchiarsi e abbracciarsi di Padre e Figlio nello Spirito. Nella chiesa dovrebbe esistere la stessa circolarità, che è propria dell’amore. Nell'icona russa, la famiglia di Abramo e Sara è inserita come commensale della Trinità INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE Sulla terra, la ricerca di Dio e la sete della verità conducano ogni essere umano all’incontro con il Signore. Si diffonda una comprensione sempre più piena della dignità dell’uomo e della donna, secondo il progetto del Creatore. Francesco Grasselli Noi famiglie ne siamo una bell’immagine e la chiesa potrebbe modellarsi su di essa. Chiesa famiglia, chiesa trinitaria, chiesa eucaristica…: sono espressioni che si richiamano e si completano a vicenda. La benedizione. D’accordo, gli avvisi dati in questo modo, da più persone, diventerebbero più lunghi. Ma perché non pensiamo, allora, a uno stare assieme più fraterno e informale, al termine della Messa? Con la “preghiera dopo la comunione” si chiude il clima un po’ ingessato della liturgia e si crea un clima più familiare. Tutti siedono, possono parlare ai vicini (la comunione si manifesta anche così); il prete e gli altri danno man mano annunci e notizie che riguardano la comunità, la chiesa e il mondo... Non dico di passare coi biscottini, il vino e l’aranciata, anche se l’ho visto fare in chiese monastiche molto serie! Ma un po’ più di festa nella chiesa-famiglia ci starebbe proprio bene! Poi, la benedizione. Adesso la benedizione è un rito liberatorio: “oh, finalmente è finita!”. Dovrebbe essere, invece, proprio il segno che l’Eucaristia ci ha aperto alla vita trinitaria. E ora, questo spazio trinitario lo mettiamo a disposizione del mondo, perché solo in esso si potrà fare l’unità e la pace: “Vi benedice il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, perché andiate a fare la pace. La messa è infinita!”. Amen. ■ Mosca, Galleria Tret'Jacov ra stato Giovanni Battista a indicartelo per primo: “Ecco l’agnello di Dio!” - aveva detto. E da allora tu non avevi più distolto lo sguardo da lui. Il tuo nome già significava “il Signore ama con gratuità”. Ma eri entrato in sintonia tale con il Maestro, che ti hanno chiamato: “il discepolo che Gesù amava”. Non “il discepolo che amava Gesù”, perché tu eri anzitutto destinatario di un amore gratuito. L’amore fa osare e fa sentire prossimi. Così, posato sul suo petto nell’ultima cena, lo avevi interrogato sulla notizia che vi sconvolgeva: uno di voi l’avrebbe tradito! Avevi compreso gli eventi; eppure, non al punto di intervenire per cercare di cambiarli. Avevi semplicemente accompagnato il Maestro fino al Pretorio, fin sotto la croce, fino a vedere il suo petto squarciato. Poi, al mattino del terzo giorno, lo avevi cercato al sepolcro, cor- teresina Caffi, mM Vienna, Biblioteca Nazionale d'Austria E Voltatosi, Pietro vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce? ”. Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: “Signore, e lui? ”. Gesù gli rispose: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi”. Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: “Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te? ”. Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Giovanni 21,20-24 2005 DICEMBRE V ITA SAVERIANA Portare a tutti l'amore di Dio A Taiwan, il senso missionario del Natale Natale lascia dentro di O gni noi un bel ricordo e tan- te emozioni, che ci proiettano nell’impegno di “portare a tutti l’amore di Dio“. Ma in una nazione come Taiwan, a maggioranza taoista buddhista, Natale non dice niente. Fino a qualche anno fa, era mascherato dietro la “Festa per la Costituzione”. La gente aveva un po’ di tempo libero e lo usava per “imitare” l’occidente. Tutte cose che non c’entrano con il Natale. Un po’ come si cerca di fare in Italia in vari modi, togliendo il nome di Gesù dagli auguri o inviando cartoline con le renne al posto del presepio. Si conosce babbo natale che porta i regali, più di Gesù di Nazaret! Eppure, il Natale c’è solo perché c’è Gesù! Ora che la festa è stata abolita, il 25 dicembre è diventato giorno lavorativo, come tutti gli altri, e il Natale è passato nella sfera del privato. Nella situazione concreta di Taiwan, è comprensibile la difficoltà pastorale a sostenere i cristiani nella loro fede. Dobbiamo creare lo spirito giusto, il clima vero del Natale. Natale infatti è la festa della missione! Non è solo questione di sentimenti. È festa, cioè gioia: una gioia da partecipare a tutti. I piccoli missionari di Natale Il tema pastorale dell’anno è: “Portare a tutti l’amore di Dio”. Il presepio, le scritte e le immagini cercano di trasmettere questo messaggio. La festa inizia la sera del 24 con l’annuncio del Natale per le strade, a tutta la gente del quartiere. Con i bambini e i genitori andiamo a cantare le canzoni di Natale, ad augurare “Buon Natale” nelle stazioni della metropolitana, nei supermercati, dalle parrucchiere, nelle case dei cristiani anziani e malati... I bambini colgono subito lo spirito missionario del Natale. p. EDI FOSCHIATTO, sx Cantando, ricevono caramelle e cioccolatini che, spontaneamente, ridistribuiscono agli altri ragazzi che incontrano per strada, insieme a un’immagine che spiega il significato del Natale. Con un altoparlante trasportato per le vie del quartiere, invitiamo la gente a condividere con noi la festa. Infatti, alla Messa della notte, la chiesa si riempie. Molte persone si avvicinano per la prima volta alla chiesa cattolica. Alcune chiedono di incontrare il missionario per saperne di più della fede cristiana. Il 25 dicembre la Messa è alle 10 del mattino. Poi facciamo il pranzo insieme, a cui partecipano un centinaio di persone. Sono poche? Ricordo il mio primo Natale: a Messa c’erano sette cristiani. Non riuscivo a capire come mai così poca gente per una festa così grande! La culla e l’altare di Gesù Cosa rimane di questa esperienza missionaria? In ogni attività, Padre Edi presenta il bambino vivente ai cristiani di Taipei cerco di mettere sempre a fuoco il centro della nostra fede: Gesù Cristo. Ecco perché ho voluto includere l’altare nel presepio. Con padre Fabrizio, abbiamo dipinto la Madonna e san Giuseppe in atteggiamento di adorazione, ma con un gioco di prospettiva: chi viene ad adorare il Bambinello, adora anche il Pane eucaristico e il calice, posti sull’altare. L’altare, infatti, è il luogo dove ogni giorno nasce Gesù! Per cogliere il messaggio, alla Messa della notte invito la gente a guardarsi dentro e a ringraziare Dio per quello che è. Ognuno è un dono per l’altro; ognuno è un regalo unico per la comunità. Chiedo ai partecipanti di scrivere il proprio regalo su un cartonci- no che poi diventa come la paglia su cui adagiare il Bambino Gesù. Diventa quasi un impegno a tirar fuori il meglio di sé per farne un dono. Nessuno è così povero da non poter donare qualcosa. Donare l’amore Credo che il messaggio del Natale per noi, qui a Taiwan, sia proprio questo: la conferma di essere amati da Dio; e questo amore non può essere tenuto per sé. È qualcosa che bisogna donare. È troppo forte da poter essere trattenuto nascosto. Così lo spirito missionario ci fa diventare più generosi verso gli altri e più autentici verso noi stessi. La pace e la gioia del Natale riempiano il nostro cuore! ■ A Taipei, la presenza di Gesù: nel presepio e sull'altare SCUOLA DI MISSIONE APPUNTI DI SPIRITUALITà MISSIONARIA /9 Questo o quello o tutt'e due... p. FABRIZIO TOSOLINI, sx Dice una frase del Qohelet: “La mattina semina il tuo seme e la sera non dare riposo alle tue mani, perché non sai quale lavoro riuscirà, se questo o quello o se saranno buoni tutt’e due” (11,6). È un consiglio saggio, che si può applicare anche all’impresa misteriosa della conversione. A volte possiamo provare delusione perché, nonostante il nostro impegno, le persone su cui puntavamo non sembrano interessate al nostro messaggio. Questo non deve scoraggiarci. Sono esperienze utili per renderci conto che siamo al servizio di un’opera di Dio; un’opera che è in mano sua. Noi offriamo un contributo nella crescita di storie di cui non conosciamo l’inizio né la fine, né tanti momenti intermedi. Importante è far bene la parte che ci viene affidata ed essere pronti per una nuova chiamata di Dio. Negli Atti degli Apostoli c’è una racconto interessante (9,10-18). Gesù appare ad Anania e gli chiede un favore preciso, semplice, a termine: andare in una casa a battezzare Saulo. Anania ha paura e lo dice a Gesù, che lo rassicura. Anania va e ci mette del suo. Nonostante sia un persecutore, Anania lo saluta dicendo: “Saulo, fratello mio...”. Lo battezza e poi scompare. Anania è un personaggio misterioso, ma necessario nella storia di Paolo. Anche noi possiamo essere chiamati a fare come Anania. Ad esserci, in momenti decisivi per la vita di qualcuno; oppure a non esserci. Importante è metterci tutto il cuore, perché quell’opera è di Dio, che forse ha preparato per anni il nostro intervento, che dura solo un minuto o una frase o un sorriso... Non spetta a noi sapere il momento, l’ora, i risultati dell’opera di Dio. Di sant’Ignazio di Loyola si racconta che aveva conosciuto un giovane, con cui sperava di cominciare una nuova esperienza spirituale. Ma il giovane si ammala e Ignazio capisce che deve lasciarlo... nelle mani di Dio. Lo accompagna alla nave che lo riporta in Spagna, e lui decide di andare a Parigi a studiare. Ed è così che, proprio a Parigi, incontra Pietro Fabre e Francesco Saverio, i primi che si associano a lui nella Compagnia di Gesù. Quello che sembrava un fallimento, si è invece rivelato il piano di Dio, misterioso ma congegnato in modo perfetto in relazione alle persone interessate. Può succedere anche a noi che, mentre affidiamo a Dio alcune persone che vediamo di non poter aiutare come vorremmo, egli ne affidi a noi altre, che nemmeno immaginavamo. Per queste, non sappiamo come, il nostro contributo risulta importante, forse decisivo. Il pittore conosce i propri pennelli, uno ad uno. E gioisce di trovare al momento adatto il pennello giusto, pronto, pulito, docile, morto a se stesso e vivo all’opera dell’artista. Ci auguriamo di essere così nelle mani di Dio. Non importa se tra quelli che seminano, o tra quelli che mietono. Ci importa di lavorar bene, per entrare insieme nella gioia del Signore. SAVERIANI IN CIELO Tre saveriani hanno recentemente raggiunto la casa del Padre celeste. Preghiamo il Signore di accoglierli nella beatitudine promessa ai missionari del vangelo. Padre Pietro Lamanna Gli era stato riscontrato un tumore al pancreas ed era stato operato in un ospedale di Curitiba, nel Brasile meridionale. È morto all’ospedale il 29 settembre, all’età di 75 anni. Era stato assistito anche dai giovani novizi brasiliani, accompagnati da p. Alfiero Ceresoli. Padre Lamanna, saveriano di Pirri-Cagliari, era stato missionario in Bangladesh e in Brasile. Negli intervalli, per ristabilirsi in salute, aveva lavorato come insegnante e animatore nella comunità saveriana di Cagliari. A padre Giovanni Mezzadri, che ha vissuto vari anni con lui, aveva detto: “Il missionario non è della sua terra natale, ma della terra dove l’obbedienza lo ha mandato a evangelizzare e a dare la vita; voglio risorgere in mezzo a loro. Anche se mi hanno fatto tribolare, ho voluto loro bene!”. Padre Pietro Lamanna Padre Giulio Mattiello Padre Giulio Mattiello Saveriano di Altavilla Vicentina, aveva appena compiuto 79 anni. Dopo soli 14 mesi in Sierra Leone nel 1962, per seri problemi respiratori era tornato in Italia, dove ha lavorato il resto della sua vita, come educatore a Cremona, Bergamo e Brescia. Ma è a Piacenza che ha vissuto più a lungo: 22 anni di apostolato missionario, nella chiesa di Santa Chiara in viale Farnese. Ha aiutato tanti fedeli a riscoprire il piacere della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio. Da quattro anni era nella comunità di Vicenza, dove è morto il 2 ottobre, alle 7.20 del mattino, mentre si preparava a celebrare la Messa nella chiesetta dove sono conservate le spoglie del servo di Dio p. Uccelli. Padre Peppino Mattu Padre Peppino Mattu Era nato a Fordongianus, in provincia di Cagliari, 58 anni fa. A 11 anni era entrato nella casa apostolica di Macomer (NU) ed era diventato saveriano a 17 anni e sacerdote a 36. Era stato missionario in Burundi e in Camerun, dedicandosi alla formazione dei giovani camerunesi aspiranti alla vita missionaria. In giugno era rientrato in Italia per un tumore alla mandibola. È morto nella casa madre dei saveriani a Parma, l’11 ottobre. Poco prima di morire, ha scritto: “Sto ancora lottando con la malattia e il tempo che resta è poco. Offro al Signore preghiere e sofferenze, perché tutti diventino missionari e missionarie. Cristo trasforma tutto in gioia, a crederci”. ■ GIAPPONE: NUOVA DIREZIONE DEI SAVERIANI Il 25 ottobre, è stata eletta la nuova squadra di servizio dei missionari saveriani in Giappone. È così composta (nella fo- to, da destra): p. Mario Piacere (Treviso), p. Pier Giorgio Manni (Novara) il nuovo superiore, p. Fulvio Besco, p. Marco Vigolo (Vicenza) e p. Giampaolo Succu (Nuoro). Padre Manni non è nuovo al “mestiere”, dato che è la quarta volta che viene eletto alla guida. Con le lacrime agli occhi, ha detto “Sono sempre stato del parere che nessuno deve esimersi dal servizio agli altri. Per cui, sono costretto ad accettare, anche se non dovrei”. Alla bella squadra auguriamo un “buon servizio” alla missione, nella grande nazione giapponese. ■ 3 2005 DICEMBRE GLI INIZI DELLA MISSIONE CINQUANT'ANNI DI VANGELO NELLE ISOLE MENTAWAI IL TATUAGGIO NON è UNA MODA Oggi i giovani occidentali sono molto attratti dai tatuaggi. Gli abitanti delle isole Mentawai li hanno preceduti da secoli. Il loro tatuaggio, che a volte copre tutto il corpo, gambe e piedi compresi, ha non solo un valore estetico, ma anche un significato sociale, sia per gli uomini che per le donne. Anzitutto è doloroso e costituisce una prova di coraggio, perché segna il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. Il tatuaggio diventa simbolo di forza di carattere, una condizione essenziale per poter accedere al matrimonio. Un giovane non tatuato, infatti, non è ritenuto un uomo adulto. Il tatuaggio praticato alle Mentawai è indelebile, dura tutta la vita. È come un abito che, una volta indossato, non si può più togliere. È anche un distintivo di appartenenza: dai disegni del tatuaggio si può capire da quale tribù proviene il possessore di quello straordinario dipinto. Di solito il tatuaggio si esegue così. Il segno prodotto sulla pelle deve fare infezione. È un’operazione dolorosa, lunga, portata avanti a tappe. Inizia quando si è ancora bambini e dura fino all’età adulta. La può eseguire solo uno specialista e viene praticata usando una punta aguzza, ottenuta dalla canna di bambù che viene intinta in un miscuglio ricavato dal nerofumo delle pentole e delle lampade a petrolio, mescolato al liquido della canna da zucchero. L’artista traccia dapprima il disegno sulla pelle e poi lo incide con l’ago. Febbre e suppurazione lo rendono indelebile. L’operazione viene interrotta fino a quando si forma una lieve cicatrice e, sotto la pelle, il nerofumo assume un colore grigio-verde, bluastro. L’operazione viene poi ripresa fino al suo completamento. I disegni sono fantastici: circolari oppure a linee rette; a volte riproducono la figura di una scimmia o di altri animali. Per l’uomo il tatuaggio parte dagli zigomi; per la donna dal centro del mento, sotto il labbro e scende fino al seno o all’ombelico, spesso giù fino ai piedi, braccia e dorso della mano. Si “salvano” solo le palme delle mani e la pianta dei piedi. Oggi, la pratica del tatuaggio è vietata per legge, ma è ancora diffusa. Foto Missionari Saveriani / M. Rebecchi L’entusiasmo e le difficoltà dell’inizio Quando, nella primavera del 1955, mons. De Martino si è recato a Siberut per inaugurare le opere, è rimasto gioiosamente sorpreso del lavoro fatto dai missionari. In una sua lettera scrive: “Sono stato per la prima volta alle Mentawai. Ne sono tornato entusiasta: proprio non credevo che quelle isole fossero così belle, ricche e interessanti. Naturalmente là c’è ancora tutto da fare. Ma se ci fossero più missionari e più mezzi potremmo svolgere un lavoro magnifico. Dalla chiesetta ai piedi della collina si snoda una strada in salita che porta alla casa. L’abbiamo battezzata Via dei Fratelli Calvi, per ricordare i costruttori. Ora ci vuole il soffio di Dio perché tutto cresca e si moltiplichi. Ringraziando il Signore, ci sono buone speranze”. Nonostante l’ottimismo del monsignore, le difficoltà che i missionari hanno dovuto affrontare, specialmente nei primi tempi, sono state complesse: il clima caldo e molto umido; la lingua mentawaiana, assai diversa dall’indonesiano e povera di vocaboli astratti; la diffidenza dei nativi nei confronti degli stranieri; l’ostilità dei protestanti, che si vedevano arrivare in casa un “temibile concorrente”. Ma i tre apostoli, ricchi di fede e di entusiasmo, si sono dedicati all’avventura con coraggio e determinazione. ■ è stato celebrato quest’anno con solennità a Siberut, una piccola isola sperduta dell’oceano IndiaU nno,avvenimento non lontana dai luoghi devastati dallo tsunami: il cinquantesimo anniversario dall’inizio dell’apostolato dei missionari saveriani alle isole Mentawai. L’arcipelago è composto da quattro isole: Siberut, Sipora e le due Pagai Nord e Sud. Poco più di 5mila chilometri quadrati di superficie, quanto le province di Asti e Alessandria. Vi abita il popolo mentawaiano, con una sua cultura originale e millenaria. Con queste pagine vogliamo unirci alla gioia della celebrazione e ricordare coloro che per primi hanno portato la testimonianza di Gesù Cristo, la parola del suo vangelo e i segni del suo amore in mezzo a questo popolo. Ci uniamo a loro per dire grazie al Signore per gli anni passati e per invocare la sua benedizione per gli anni a venire. Ndr - Siamo grati a padre Ettore Fasolini che, facendosi interprete di questi sentimenti profondamente missionari, ha descritto così bene alcuni momenti significativi della missione saveriana nelle isole Mentawai. LE... ALI DI DON BRUSADELLI Un esempio di amore universale 1958, nelle loro attività missionarie alle Mentawai, D ali saveriani sono stati affiancati dalle ausiliarie laiche (ALI), fondate a Milano da don Brusadelli. Era la risposta che il famoso giornalista di Como dava alla richiesta del suo caro amico comasco, mons. Pasquale De Martino, primo amministratore apostolico di Padang. Ci hanno accolto con l’Ave Maria Dopo una breve pausa trascorsa a Padang per lo studio della lingua e un rapido ambientamento al clima e alla cultura orientale, le prime ausiliarie si sono imbarcate per Siberut. Erano preparate al lavoro in campo sanitario. I loro nomi sono Cristina e Lina. Ecco come Cristina ha descritto alle compagne, rimaste a Milano, il primo contatto con la cultura mentawaiana. “Quando la navetta si è fermata nel golfo di Siberut, ci sono venuti incontro con molte canoe, ragazzi e giovani color cioccolato che cantavano Sura Ekeu, Maria! Ave, Maria! Il nostro cuore tremava un po’ per l’incontro con la nuova terra che il Signore ha scelto per il nostro apostolato. Ma il pensiero della Madonna ci ha rincuorato e ci siamo unite nel canto. Lina era in piedi sulla barca, come un vecchio lupo di mare. Più tardi, rimaste sole, abbiamo pregato il Signore, chiedendogli di benedire il nostro istituto e noi che siamo qui. Non sarebbe giusto tacere che i nostri cuori hanno tremato ancora, pensando che eravamo su una piccola isola sperduta nell’oceano Indiano e con l’Italia così lontana”. La missionaria Ali, Cristina Carugati Un sogno si è realizzato la conoscenza della lingua mentawaiana lo ha A ppena permesso, p. Aurelio Cannizzaro e i due fratelli p. Piero e p. Angelo Calvi si sono messi al lavoro, sia al centro sia nei villaggi più vicini. Si trattava di vincere la diffidenza degli indigeni, come pure l’ostilità dei loro capi religiosi, chiamati kerei. II carattere socievole e aperto dei tre missionari favoriva le relazioni, ma la lingua era un ostacolo molto forte. Ricca di termini per un discorso sul clima, sulla pesca o sui problemi della vita quotidiana, era del tutto priva di parole astratte. L’ombelico di Adamo ed Eva II mondo degli abitanti delle isole è popolato di spiriti: oltre allo spirito del cielo, c’è lo spirito della foresta, quello dei monti, quello del mare e, soprattutto, ci sono i Sanitu, gli spiriti cattivi che vanno ossequiati per difendersi dalle loro punizioni. I mentawaiani venerano Taikamanua - Colui che abita il cielo. Da questa verità, i nostri missionari hanno preso lo spunto per spiegare che Colui che abita il cielo aveva mandato in terra il suo Figlio, Gesù. Facendo leva sulla bontà di Taikamanua e sul Figlio Gesù da lui inviato in terra, non hanno fatto fatica a raccontare gli episodi del vangelo. Più difficile è spiegare la Trinità e altre verità cristiane. Un giorno p. Cannizzaro si era trovato in difficoltà mentre stava spiegando il racconto del peccato originale. Improvvisamente, uno degli uditori, più attento degli altri, ha chiesto: “ma Adamo ed Eva avevano l’ombelico?”. II missionario ha vissuto un momento d’imbarazzo. Non si era mai posto una simile domanda. La questione pare non sia trattata neppure nei testi di teologia. Ma sapendo quanta importanza i mentawaiani attribuiscono all’ombelico, dopo un attimo di esitazione, ha risposto: “Certamente!”. Foto Missionari Saveriani / A. Carlesso UN AIUTO PREZIOSO L'ANNUNCIO DEL VANGELO La missione fino alla fine Più tardi altre sorelle si sono aggiunte. L’opera di queste donne coraggiose è stata preziosa soprattutto nel campo igienico-sanitario, educativo e della vita domestica. II Signore ha chiesto a Cristina un grande sacrificio: l’ha chiamata a sé, a Padang il 6 giugno 2005, una settimana prima che iniziassero le celebrazioni del cinquantesimo di presenza della chiesa nelle sue amate isole. Franca Guidotti, missio- Padre Aurelio Cannizzaro, pioniere della missione nelle Mentawai naria Ali che con Cristina ha lavorato a lungo, la ricorda così. “Il 13 giugno scorso si è concluso a Sarausao, nell’isola di Siberut, l’anno cinquantesimo della presenza della chiesa cattolica nelle isole Mentawai. In questa occasione, è venuto spontaneo ricordare coloro che hanno iniziato, pionieri del vangelo, questa grande avventura missionaria che realizza la parola di Cristo: andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura. Tra queste persone emerge la figura di una comasca, Cristina Carugati, di Carate Urio, che ha dedicato con entusiasmo e generosità la sua vita a questa nostra missione in Indonesia. Cristina era partita con il cuore pieno di fiducia e la decisa volontà a portare, insieme ai missionari saveriani, l’amore di Cristo a quel popolo. Si è dedicata con le sue sorelle di vocazione alle tante necessità di quel popolo semplice, nella foresta, con usi aborigeni, una vasta vigna del Signore a noi molto cara. Ha vissuto il carisma missionario che ci è stato insegnato dal nostro fondatore, don Brusadelli”. Una grande manifestazione d’amore L’ultimo saluto che la gente ha dato a Cristina è stato una manifestazione di amore universale: c’erano cristiani, buddhisti, hindu. Tante persone di ogni ceto sociale hanno sfilato davanti a lei per esprimerle gratitudine silenziosamente, semplicemente, ma dal profondo del cuore, così come lei si era prodigata per loro, sempre sorridente e con l’amore di mamma. Ora Cristina riposa nel piccolo cimitero della casa religiosa dei saveriani, a Padang, sepolta in quella terra che amava e dove desiderava rimanere. Una terra che ha accolto la sua testimonianza come un seme di grazia che certamente porterà ancora tanti frutti per il regno del Signore. ■ L’attività missionaria si diffonde Con il passare del tempo, le puntate verso i villaggi si sono fatte più frequenti, fino a raggiungere quelli più lontani. Iniziavano anche a formarsi gruppi di simpatizzanti che si radunavano volentieri per ascoltare i racconti degli stranieri, tanto più che la fama di bontà e generosità dei nuovi venuti si spargeva grazie alle trasmissioni di “radio foresta”. Con l’arrivo di nuovi saveriani - p. Sandro Patacconi, p. Stefano Rossoni, p. Giuseppe Bagnara, p. Vinio Corda e vari altri -, è stato deciso di aprire nuovi centri anche nelle isole più a sud: Sipora e le due Pagai, con Sikakap. In seguito, dopo una spedizione di abitanti scesi dal nord per chiedere la presenza dei missionari, si è deciso di iniziare l’attività anche a Sikabaluan, nella parte nord di Siberut. Nel 1958, le ausiliarie laiche ALI, fondate da don Brusadelli hanno raggiunto i saveriani in Indonesia. La loro è stata una presenza preziosa. Tra i numerosi avvenimenti che andrebbero raccontati, non si può dimenticare la morte di p. Vincenzo Capra, avvenuta a Siberut la vigilia di Natale del 1958 o la nomina di mons. Raimondo Bergamin a vescovo di Padang. a t r Soldati olandesi e missionari protestanti Ben presto ai saveriani viene affidato il vicariato apostolico di Padang, una ridente cittadina sorta sulla riva occidentale dell’isola di Sumatra. La nuova missione si estendeva su un territorio grande quanto un terzo dell’Italia. Agli inizi i saveriani erano sei. Come vicario apostolico era stato scelto p. Pasquale De Martino, originario di Como. Ad ovest di Padang, distante circa 150 chilometri, si stende l’arcipelago delle Mentawai. Nessun prete cattolico, prima di allora, vi aveva mai messo piede. Quando le isole indonesiane erano ancora sotto il dominio olandese (allora l’Indonesia era chiamata “Indie Olandesi”), gli abitanti delle Mentawai avevano assistito allo sbarco del primo distaccamento di soldati europei. L’arrivo dei soldati era avvenuto nel vasto golfo di Siberut, oggi capitale del piccolo arcipelago. Era l’anno 1904. Con i militari avevano raggiunto le Mentawai anche alcuni missionari protestanti. La loro presenza nelle isole ha avuto alterne fortune. Nell’isola Pagai, un missionario protestante era stato ucciso a frecciate, nel 1909. Meno fortuna ancora avevano ottenuto i mercanti musulmani: nessun mentawaiano accettava di convertirsi a Maometto. Dicevano: “come può essere vera una religione che proibisce di mangiare la carne di maiale?”. pagina a cura di p. ETTORE FASOLINI, sx a I fratelli p. Angelo e p. Piero Calvi, di Corte de’ Frati (CR); al centro p. Ettore Fasolini, autore di questa pagina, missionario in Indonesia La curiosa vicenda del cambio di proprietà Alle isole Mentawai non correva denaro e anche il termine “proprietà” assumeva un significato ben diverso da quello che ha in Occidente. Una famiglia era proprietaria della sua capanna e di determinati alberi: quelli da frutto e quelli utili per la costruzione delle canoe. Mentre non era suo il terreno e neppure gli altri tipi di piante. Le terre appartenevano tutte e solo alla popolazione del villaggio. Alla fine, grazie ad estenuanti riunioni e contrattazioni, come pure all’aiuto del rappresentante governativo, che aveva accompagnato i missionari da Padang, si è giunti alla firma del contratto. L’impronta digitale del venditore confermava l’autenticità del documento con il quale la collina e l’appezzamento del terreno ai suoi piedi passavano alla chiesa cattolica e dodici pezze di stoffa portate da Padang venivano cedute all’ex proprietario del terreno. Il valore del documento era puramente simbolico, mentre le pezze di stoffa era un cambio di proprietà reale! Prima di dover affrontare qualche improvvisa brutta sorpresa, l’équipe dei costruttori si è messa subito al lavoro. II materiale veniva trasportato quasi tutto da Padang, eccetto il legname di cui l’isola abbondava. Progetti e disegni uscivano dalle mani geniali di p. Capra, anche se l’architetto una mattina aveva trovato qualche foglio rosicchiato dai topi durante la notte. In basso, al confine del villaggio, è stata costruita la chiesa; mentre sulla collina prendeva forma la casa dei padri. Terminata l’opera, p. Capra e fratel Tosi sono rientrati a Padang. A Siberut hanno preso stabile dimora p. Cannizzaro e i due fratelli Calvi, padre Piero e padre Angelo. LA PRODIGIOSA CRESCITA D'UN PICCOLO SEME m N el lontano 1895, quando il beato Conforti ha fondato l’istituto saveriano, la Santa Sede aveva affidato ai suoi missionari una provincia della Cina. Travolti dalla rivoluzione di Mao Zedong e cacciati dalla terra del loro primo apostolato, negli anni cinquanta, i saveriani hanno aperto nuove missioni in Giappone, Bangladesh e Indonesia. In quest’ultima nazione sono sbarcati nell’isola di Sumatra, accolti dal vescovo olandese mons. Braans, cappuccino. Era l’anno 1952. SVILUPPO E CULMINE u Mons. De Martino e i primi ”apostoli” La prima esplorazione missionaria Mons. De Martino, ricevute nuove forze dall’Italia, aveva deciso che era giunto il tempo di inviare un missionario in esplorazione alle isole Mentawai. II prescelto è stato p. Aurelio Cannizzaro. All’imbrunire del 30 novembre 1953, p. Aurelio si è imbarcato su una piccola nave governativa e ha affrontato la traversata. Affrontare l’oceano era sempre rischioso, per le insidie del mare e dei venti e anche per la precarietà delle imbarcazioni. tre giorni dopo, proprio all’alba del 3 dicembre, festa di san Francesco Saverio, p. Aurelio approda nella baia di Siberut. Quella prima esplorazione ha convinto p. Aurelio e il suo superiore che l’apertura di una missione cattolica nelle isole era possibile. Tutto l’anno 1954 è stato speso nello studio e nell’organizzazione di quella prima fondazione. I saveriani p. Vincenzo Capra (architetto, reduce da 30 anni trascorsi in Cina) e fratel Genesio Tosi (uomo esperto in tutto, dalla meccanica alla medicina) hanno affiancato p. Cannizzaro in quell’impresa. Durante tutto quell’anno ci sono state varie spedizioni: a Siberut sono stati scelti i luoghi dove costruire le abitazioni, la chiesa e un piccolo ambulatorio. Dal governo centrale non è mai arrivato nessun ostacolo. Qualche difficoltà è emersa a Siberut. Tra le altre: come pagare i terreni che sarebbero stati utilizzati per le opere della missione? S LA NUOVA MISSIONE NEL PICCOLO ARCIPELAGO 4 2005 DICEMBRE Siberut Sipora Pagai L'arcipelago delle Mentawai in una foto dal satellite ogni movimento. Coraggioso come sempre, p. Piero si è fatto portare all’ospedale e ha detto al primario: “Tagli tutto quello che c’è da tagliare, ma io alle Mentawai ci debbo andare”. E quello ha tagliato tutto, eccetto la gamba. A 81 anni, felice come un bambino, padre Piero è partito per le isole. È stato il suo ultimo viaggio alle Mentawai. Il racconto di padre Piero “Sapevo che il viaggio e tutto il trambusto mi sarebbe pesato, ma non potevo mancare. La mia gioia mi ha fatto dimenticare ogni acciacco. La funzione dell’ordinazione di Matteo è stata un trionfo. Erano presenti persone venute non solo da tutte le isole Mentawai, ma anche da Padang e perfino da Jakarta. Matteo Tateburuk ha aperto il corteo vestito d’un camice bianco, con collane al collo e i fiori in testa. Portava i segni e gli oggetti del primogenito: la lancia, lo scudo e un grembiule con il disegno della tribù a cui appartiene. Anche i genitori che lo accompagnavano erano coperti di fiori. Così pure le ragazze e i ragazzi che durante la cerimonia hanno cantato e ballato. II catechista Sakeletuk ha letto l’augurio e ha concluso: «Se qualcuno vuole seguire questo nostro figlio mentawaiano, si lasci prendere dal suo esempio. Egli è già per noi la lunga mano di Dio». Tutto si è concluso con il solito pranzo alla mentawaiana: galline, maialetti, uova e riso (questo lo avevamo portato noi). Sognavamo un prete mentawaiano, fin dal Natale del 1955. E il sogno è diventato realtà. Mi è venuto spontaneo sulle labbra il canto del vecchio Simeone: lascia ora, o Signore, che il tuo servo ritorni a te”. Qualche mese dopo il buon Dio ha chiamato a sé padre Piero. La sua opera si era compiuta. In paradiso, in compagnia di p. Capra, p. Cannizzaro, fratel Tosi e la sorella Cristina delle ALI, guarderanno con compiacenza l’opera che il Signore continua a realizzare nelle isole alle quali tanto hanno dato. Padre Angelo Calvi, invece, vive e prega nella comunità saveriana di Tavernerio, vicino a Como. ■ PER SAPERNE DI PIù A chi è interessato a conoscere lo sviluppo della missione delle Mentawai consigliamo di leggere due pubblicazioni molto interessanti sui luoghi, le popolazioni e i missionari che in quelle isole hanno lavorato. Con i primitivi delle Mentawai Padre Matteo Taleburuk, primo prete mentawaiano, accompagnato dai genitori, in costume tradizionale; accanto al vescovo, p. Fernando Abis Il giorno più memorabile Ha dell’incredibile, però, che a poco più di 40 anni dall’inizio dell’apostolato missionario cattolico nelle isole Mentawai, un figlio di quella terra sia stato ordinato sacerdote. Si chiama p. Matteo Tateburuk. I suoi genitori erano stati battezzati da p. Angelo Calvi. La solenne celebrazione è avvenuta nel febbraio del 1998. Purtroppo p. Angelo, in Italia per motivi di salute, non ha potuto esser presente in quel giorno radioso per il popolo mentawaiano. C’era suo fratello, p. Piero. Anche lui, benché residente a Padang, ha rischiato di non raggiungere Siberut: una piaga alla gamba che lo tormentava da tempo non guariva e gli impediva (Jason, 282 pagine, euro 12) di p. Aurelio Cannizzaro. L’autore, primo saveriano sbarcato alle Mentawai, racconta le avventure del pioniere: il primo incontro con gli aborigeni, i loro costumi, l’inizio dell’attività missionaria nel piccolo arcipelago. Ricco di fatti e curiosità, il volume è stato tradotto in varie lingue e ha ricevuto l’apprezzamento di Paolo VI. Un pirata di Dio. Padre Piero Calvi nelle isole di Sandokan (EMI, 240 pagine, euro 12). È l’ultima fatica di p. Ettore Fasolini. Raccontando la vita di p. Piero Calvi, che con p. Cannizzaro ha fondato la missione nelle isole Mentawai, l’autore descrive la fondazione e lo sviluppo della chiesa. Un libro che si legge come un romanzo, ma riporta fatti veri e vissuti. Richiedere a: Libreria dei Popoli, Saveriani di Brescia Tel 030 3772780 int. 2; fax 030 3772781; e-mail: [email protected] 5 2005 DICEMBRE il m ondo in casa SUD/NORD NOTIZIE Contraddizioni infinite Notevoli progressi Congo: slitta il referendum. Il voto per l’atteso referendum costituzionale congolese è slittato dal 28 novembre al 18 dicembre. Questo è un appuntamento importante e servirà come test per tutte le altre elezioni, soprattutto quelle politiche nazionali, fissate per il 30 giugno 2006. È attesa, inoltre, l’approvazione di una legge elettorale, ultimo passo prima dello svolgimento del voto del 2006. La transizione post-bellica è lunga e faticosa, con ostacoli e imprevisti. Ma il popolo congolese desidera fortemente di vivere in pace. ● ● Liberia: si va al ballottaggio. Come previsto, sono la signora Ellen Johnson Sirleaf e l’ex-calciatore George Weah a partecipare al secondo turno delle elezioni presidenziali in Liberia. I liberiani hanno dimostrato unità e fiducia nel “processo democratico”, anche se non mancano le ombre. “Le elezioni - ha commentato un missionario - sono un fatto positivo, ma le condizioni con cui si è arrivati al voto devono far pensare: nessuna città della Liberia, neanche la capitale Monrovia, ha ancora la corrente elettrica o l’acqua. La luce è fornita ancora dai gruppi elettrogeni e l’acqua è procurata dalle donne che vanno ai pozzi o dai camion che la distribuisconop. Le scuole funzio- pagina a cura di DIEGO PIOVANI nano per l’impegno dei missionari che suppliscono alle mancanze dello Stato. Il mercato del lavoro non esiste semplicemente, perché non c’è lavoro”. Burundi: vince la pace. Il premio “Africa per la pace” è stato assegnato quest’anno “ai cittadini del Burundi. Un riconoscimento agli sforzi di pacificazione per mettere fine a 12 anni di guerra civile”. Lo ha deciso il Centro per la soluzione costruttiva dei conflitti di Johannesburg, in Sudafrica. Il maggior merito dei burundesi, ha spiegato il direttore del Centro, Vasu Gounden, “è stata la condotta pacifica delle elezioni del 2005, che hanno portato a un nuovo presidente democraticamente eletto e che collocano il Paese sulla via della trasformazione verso la normalità”. ■ ● Non fanno onore Corruzione in Ciad e Bangladesh. Secondo il rapporto annuale di Transparency International, l’organizzazione di Berlino sulla “trasparenza”, Ciad e Bangladesh sono i Paesi più corrotti al mondo. “La corruzione è la principale causa della povertà, una barriera che impedisce di superarla. I due fenomeni si alimentano l’un l’altro, stringendo le popolazioni nel cerchio del● la miseria”. Il rapporto sostiene che anche “i Paesi ricchi devono assumersi le proprie responsabilità investigando e perseguendo le aziende pubbliche o private sospettate di corruzione”. Meno guerra, più terrorismo? Secondo uno studio recente sulla situazione internazionale, dalla fine della guerra fredda sarebbero diminuiti i conflitti nel mondo e aumentati gli attacchi terroristici. Queste conclusioni sono perlomeno discutibili se si pensa che molte guerre continuano, nonostante periodi di breve interruzione dovuti a fragili tregue. D’altra parte, è vero che il terrorismo internazionale sta trovando nuovi terreni d’espansione e si sta allargando a macchia d’olio. Non ultimi sono gli episodi di violenza che a fine ottobre hanno riguardato l’India, dove una serie di attentati hanno causato numerosi morti e feriti. Anche il Bangladesh è stato teatro di numerosi attentati dinamitardi, nel contesto della lotta tra forze al governo e forze d’opposizione. ● Brasile: referendum bocciato. Nonostante l’impegno in prima persona del presidente Lula, il referendum sulla proibizione della vendita di armi in Brasile del 23 ottobre scorso è stato bocciato con il 64% dei no. I brasi● MISSIONI NOTIZIE Libertà religiosa Indonesia: cristiane decapitate. Tre studentesse cristiane sono state aggredite e barbaramente decapitate a pochi chilometri dalla città di Poso. Una è riuscita a salvarsi nascondendosi in un fosso. L’agguato è avvenuto in una piantagione di cacao mentre le ragazze si recavano a scuola. Le teste sono state ritrovate, una vicino a una chiesa e due nei pressi di un commissariato di polizia. La comunità cristiana è sotto choc e teme il ritorno del clima da guerra civile del 2001. Il vescovo della diocesi ha detto: “siamo davanti a una strategia del terrore che vuole rendere insicura la popolazione, proprio quando i rapporti tra cristiani e musulmani sono pacifici. La gente non abboccherà, non cercherà la vendetta”. ● Diplomazie al lavoro. Il Vaticano è pronto ad aprire il dialogo con la Cina e il governo cinese ha il “sincero desiderio” di migliorare le relazioni con il Vaticano e si augura che la Santa Sede “faccia seguire i fatti alle parole”. Il dibattito prosegue serrato. Il portavoce del ministero degli esteri cinese ha ricordato le due condizioni che, secondo Pechino, devono essere soddisfatte per avviare un reciproco scambio: il Vaticano deve rompere le sue relazioni diplomatiche con Taiwan e non deve interferire negli affari interni cinesi, in nome della religione”. Il ● 6 card. Angelo Sodano aveva fatto appello a Pechino per il rispetto della libertà religiosa entro i suoi confini e aveva ricordato che “la Chiesa è una in tutto il mondo, in tutte le culture, in tutte le nazioni e i governi civili non hanno diritto di dire agli uomini e alle donne come vivere la loro religione”. Intanto, la polizia cinese ha arrestato, dopo la Messa, due sacerdoti della chiesa clandestina, senza fornire valide motivazioni. Insieme per l'annuncio. Il segretario per i rapporti con gli Stati, mons. Lajolo, è stato in visita in Russia. A Mosca si è fatto portavoce del desiderio del Papa di migliorare i rapporti con il patriarcato di Mosca, anche in vista di una necessaria testimonianza comune dei valori evangelici nel mondo contemporaneo. Mons. Lajolo ha anche detto che non si può transigere sul principio di “pari dignità” e “pari libertà” tra chiese. Secondo la chiesa cattolica è possibile esaminare i motivi di dissidio e risolvere i problemi, alla luce del vangelo. ● Turchia e diritti. Il Patriarca Bartolomeo I ha chiesto l’adeguamento della legislazione turca agli standard europei. Il capo della chiesa ortodossa è convinto che l’ingresso della Turchia in Europa dovrebbe introdurre nel Paese garanzie di libertà religiosa. L’accusa rivolta al governo è quella di rifiutare il dialogo e di mantenere la chiesa in una situazione non dignitosa. La Turchia ● considera il patriarcato ortodosso come un ente estraneo, alle dipendenze della Grecia. ● I tabernacoli del Kazakistan. La scarsità di preti e la difficoltà di costruire nuove chiese ha portato la chiesa cattolica kazaka a rinverdire una prassi nata sotto il regime sovietico: le “cappelle domestiche”. Sono piccole stanze nelle case delle persone conosciute per la loro pietà e devozione. Per i fedeli c’è la possibilità di riunirsi in adorazione alla presenza dell’Eucaristia che viene lasciata nelle case senza il rischio di furti o profanazioni. Quando viene il sacerdote, qui può accogliere i fedeli per la confessione e celebrare la Messa. Non più in modo clandestino, grazie a Dio. ■ Una storia speciale Rosa Parks, donna coraggiosa. È morta a Detroit, all’età di 92 anni, Rosa Parks, una delle artefici della lotta nera contro l’apartheid. Tutto ha avuto inizio il primo dicembre 1955 a Mon● liani, dunque, hanno votato a favore del commercio delle armi. Il Brasile ha uno dei più alti tassi di omicidi al mondo dovuti anche alla grande quantità di armi in circolazione. Il risultato del referendum è clamoroso perché a favore della proibizione si erano schierati, oltre al governo, i massimi esponenti religiosi (cattolici, evangelici ed ebrei) e molte organizzazioni sociali. Ma la sfiducia nelle istituzioni, il ruolo sempre più violento di una polizia in gran parte corrotta e l’avanzare della delinquenza, hanno contato più degli appelli al disarmo. I grandi non pagano. Per convincere i potenti, gli artisti del concerto Live8 avevano suonato una notte intera a inizio luglio e i leader del G8 avevano dichiarato che avrebbero cancellato circa 50 miliardi di dollari di debiti a 38 Paesi poveri. Ma non è così, perché l’accordo non c’è. Si continua a discutere su chi deve farsi carico della fattura di un debito condonato al momento solo a parole. Nell’attesa di nuove intese tra i grandi, i 38 Paesi poveri continuano a pagare il loro debito “cancellato”. ■ ● Una curiosità Topi “sminatori”. Sarà una miriade di topolini addestrati in Tanzania a effettuare le operazioni di sminamento nella regione dei Grandi Laghi. S’intende usare il particolare olfatto di questi animali per individuare mine inesplose. Il piano dovrebbe durare tre anni e costerebbe 10 milioni di dollari. Al termine del “lavoro” i topolini sono ricompensati con pezzetti di banana. Attualmente, questi mammiferi sono utilizzati in Mozambico, uno dei paesi con il maggior numero di ordigni anti-uomo al mondo. Si spera che, per togliere le mine, non si provochi un’infestazione di topi in Paesi che hanno già molti altri problemi. ■ ● MESSAGGI DALLE CHIESE COSA ABBIAMO DA DARE? ANDREA RICCARDI Prima e dopo l’Eucaristia, c’è la vita del cristiano tra la gente, che spesso cade nell’anonimato. “Il cristiano ha qualcosa da dare agli altri?” - è la domanda che sento in tanti cristiani che incontro, nei mondi opulenti del Nord, in quelli poveri nel Sud. Non si dà agli altri, se non quel che si è ricevuto: il pane della Parola e dell’Eucaristia. Qui nasce la missione. È la dimensione missionaria dell’Eucaristia. L’Eucaristia è l’incontro con Gesù vivo che “vide una gran folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati”, si legge nella moltiplicazione dei pani. Lì Gesù dice ai discepoli: “Date voi stessi loro da mangiare” (Mt 14,14-16). Di fronte alla mentalità secolarizzata, la nostra cultura ecclesiale intimidita si chiede: “che abbiamo da dare di interessante?”. Ma la compassione, che sgorga dall’Eucaristia, apre gli occhi sul bisogno che gli uomini hanno di Dio, sui varchi nelle culture chiuse alla fede, sulle ferite che chiedono guarigione. “Date voi stessi loro da mangiare”: l’e sperienza di tanti che mangiano il pane buono, mostra che c’è fame di esso; che il tempo è meno negativo di quel che ci dicono le nostre percezioni sociologiche o pastorali. C’è un passaggio di conversione: far dilatare in noi la commozione di Gesù per le folle. Così comincia il miracolo della moltiplicazione dei pani e delle parole che è la missione: con l’insostituibile comunicazione da cuore a cuore; con la creazione di ambiti fraterni con le nuove comunità che lo Spirito suscita, segni di contraddizione in un mondo in cui l’uomo è solo, nel benessere come nel dolore. Che significa “dare da mangiare”, di fronte alle grandi povertà? Oggi si è smarriti di fronte allo scandalo di tanta miseria. Nello smarrimento, sono nate una carità e una solidarietà svuotate, ideologizzate, istituzionalizzate, senza diretto rapporto con il povero. Ma la carità non dura senza il nutrimento dell’Eucaristia. Oggi la chiesa è una grande risorsa per i più disperati. Dall’intervento al sinodo dei vescovi su L’Eucaristia, 12 ottobre 2005 tgomery, in Alabama, quando la minuta sartina d’origine africana, sfinita per la lunga giornata di lavoro in un grande magazzino, si era seduta su un bus nella fila di sedili riservata ai bianchi che era vuota. Quando il bus si riempì di bianchi, l’autista disse di lasciare i posti liberi. Tre uomini si alzarono; lei, unica donna, rimase seduta in silenzio dicendo “no” con la testa. Quel gesto le costò l’arresto, ma è stato anche l’inizio del Movimento americano per i diritti civili. I giornali descrissero la Parks come un’eroina casuale e non troppo consapevole, in realtà Rosa sapeva bene quello che voleva. Lanciò una grande protesta, esortando gli afroamericani a boicottare i mezzi pubblici urbani. Riuscì a coinvolgere anche un giovane pastore battista di colore: Martin Luter King. Lo sciopero dei passeggeri neri durò 381 giorni e la Corte suprema definì incostituzionali le norme di segregazione dell’Alabama. Per il suo impegno Rosa Parks ha ricevuto premi e onorificenze, ma soprattutto la sua storia rappresenta una straordinaria lezione di vita per il nostro tempo, segnato ancora da pregiudizi e privilegi. Come disse Mandela: “un vincitore è un sognatore che non si è arreso”. ■ 2005 DICEMBRE DIA LO G O E SO LIDARIETÀ lettere al direttore p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale L'ULTIMA IMMAGINE DI DIO Caro direttore, viviamo in campagna. Coltiviamo verdure e alleviamo animali come si è sempre fatto in campagna. Ma siamo preoccupati. Prima la “mucca pazza”, adesso i polli con l’aviaria H5N1, e ci sono in mezzo anche gli uccelli migratori... Dai paesi del sud del mondo, specialmente dall’Asia, arrivano le peggiori malattie, epidemie e pandemie per i nostri paesi. Dove andremo a finire di questo passo? Dicono che sono a rischio i polli allevati all’aperto, nei nostri cortili. A noi invece fanno compassione i polli d’allevamento. Sì, anche i nostri vanno a finire in pentola, ma almeno hanno vissuto una vita dignitosa, libera e allegra, beccando e cantando in cortile...”. Andrea e Mari, via E-mail Carissimi, permettete un ricordo d’infanzia. Mamma si lamentava: “In pollaio c’è una gallina matta! Covano 17 galline, ma le uova sono 16. Quella gallina matta finirà in pentola!”. L’uovo fresco mi piaceva tantissimo. Il pollaio era vicino al “cesso” esterno. Dopo il dovere mattutino, il piacere di entrare in pollaio e bermi un uovo ancora tiepido, per me era il massimo. Finché mia madre scoprì: non la gallina, ma il figlio era “matto”! Quella volta né la gallina né io finimmo in pentola. Ma ormai siamo cascati dalla padella alla brace. Gesù parlava più volentieri di pecore e pastori. Ma nel massimo della commozione, non ha trovato immagine più efficace della chioccia e i pulcini. “Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Matteo 23, 37). Che bella scena bucolica! Noi adulti la ricordiamo: sull’aia di casa, la chioccia con la sua covata di pulcini colorati di giallo mimosa, che scorrevano beccando e pigolando, attorno alla chioccia che non ne perdeva uno di vista... Scene che ora si vedono solo nei villaggi d’Africa, Asia e America latina, dove la vita è ancora genuina e la gente sa come nascono i pulcini: al calore della chioccia. Oggi i pulcini nascono già selezionati: ovaiole, polli, maschi, femmine... Oggi le galline non si accucciano più per fare l’uovo; lo fanno in piedi, senz’amore. Oggi non covano più; ci pensano le lampade. Non sono più rispettati i ritmi naturali: tutto deve ingrassare in fretta per essere mangiato, da uomini o animali. Ma la colpa delle frequenti “pazzie” dei nostri giorni non è degli animali né dei paesi asiatici. Eppure, ci avevano quasi convinti che le modificazioni genetiche servivano proprio a rendere più resistenti alle infezioni polli, bovini, legumi e pomi vari... Gli interessi delle multinazionali e delle compagnie farmaceutiche sono enormi, come le loro bugie. Con l’H5N1 incasseranno miliardi e faranno fuori anche l’ultima immagine di Dio: la chioccia. p. Marcello, sx strumenti di animazione LA RIVISTA ”MISSIONE OGGI” Per capire la missione fino in fondo! L’ha voluta il fondatore dei saveriani, il beato Guido Conforti, poco più di cento anni fa. Voleva far conoscere la vita dei suoi missionari in Cina. Ora è un mensile di 48 pagine a colori. Il panorama delle riviste missionarie italiane è ricco e vario, ma Missione Oggi ha il suo posto, perché approfondisce e riflette sulle cause di tante situazioni nel mondo, piuttosto che dare solo informazioni. Fa parlare i missionari sul posto, che conoscono la vita concreta della gente con i problemi e le difficoltà quotidiane. Dà la parola anche ai teologi della missione e agli esperti di questioni sociali, per cercare di capire i legami fra il Sud del mondo e la nostra Europa. Ecco alcune questioni che nel 2006 Missione Oggi tratterà nei dossier: l La riconciliazione in missione e in politica l È possibile riconvertire l’industria delle armi? l Esiste un investimento etico? Con quali criteri? l Come si fa il dialogo con le religioni in India? l Esiste un dialogo con i musulmani in Italia? Missione Oggi è particolarmente adatto per gruppi missionari, persone mature e studenti universitari, sacerdoti e laici impegnati. È anche un bel regalo da offrire agli amici o nipoti. Per 10 numeri l’anno, abbonamento: 26 euro, sul ccp 11820255 (specificare la causale). I MISSIONARI SCRIVONO Dal Congo, padre Belardelli: ”quanta gioia, quanta tristezza!” Padre Antonio, saveriano novarese e animatore missionario a Cagliari, è tornato in Congo e ci scrive: è felice, ma... Cari amici, dopo alcuni mesi di vita missionaria qui in Congo, voglio condividere con voi, prima di tutto, la grande gioia nell’essere ritornato tra i più poveri del mondo. Però voglio condividere con voi anche la mia grande sofferenza e tristezza per quello che ho visto con i miei occhi, tra la gente in mezzo a cui sto vivendo. Miserie, malattie, ingiustizie di ogni Padre Antonio in Congo con due donne sorta e sfruttamento a tutti i livelli. Ma quello che mi felici di incontrarlo per la strada uccide dentro è il vedere che questi nostri fratelli e sorelle hanno spesso perso la voglia di vivere e di credere nel futuro. Domani parto per visitare le comunità che vivono nella foresta e starò via per qualche giorno. La mia salute è buona. Ma debbo anche dirvi che mi mancate. Aspetto vostre notizie: mi faranno piacere. Lo Spirito Santo riempia i cuori di tutti noi. Ci faccia ritrovare la gioia di vivere e di lottare per un mondo migliore. Saluto tutti con affetto. p. Antonio Belardelli, sx Dall'Amazzonia, padre Leoni tra i vivi e i defunti... Ho trascorso il 2 novembre ad Abaetetuba e, con un mare di gente, sono andato al cimitero. Là riposano i resti mortali di due saveriani marchigiani: padre Mario Lanciotti, di Cupramarittima (AP), missionario in Cina, Giappone e Brasile, morto a Belém nel 1983; e padre Carlo Mantoni, di Corinaldo (AN), morto nel 1998. La gente ha portato fiori e ha acceso tante candele. Così anche in cattedrale, dove è sepolto mons. Angelo Frosi, il nostro primo vescovo. Poi mi sono fermato nella casa saveriana in Abaetetuba, intitolata a mons. Giovanni Gazza, l’altro vescovo saveriano di questa diocesi. Sono rimasto per alcuni giorni con i nostri confratelli: p. Dante Mainini, p. Nicola Masi, p. Ferdinando Vignato, p. Siro Brunello e p. Adolfo Zon. Poi sono tornato a Belém. Come saveriani, abbiamo iniziato a fare una revisione della nostra presenza e attività nel nord del Brasile. Ci sta accompagnando un gesuita che ha una lunga esperienza di vita religiosa. A gennaio 2006 ci troveremo in assemblea e parleremo proprio di questo. Vi racconterò di più la prossima volta. Intanto, saluti e auguri a tutti gli amici. p. Pino Leoni, sx Dal Giappone, padre Piacere ci informa sul Capitolo dei saveriani Sono stati tre giorni di lavoro intenso per noi 25 saveriani del Giappone, dal 24 al 26 ottobre. Lo scambio di opinioni è stato calmo e profondo, specialmente sul nostro lavoro missionario, l’evangelizzazione e la collaborazione ai piani pastorali delle diocesi. Qualche vescovo tende a ignorare il nostro carisma missionario; si accontenterebbe che noi missionari “coprissimo” qualche parrocchia grossa. Qui in Giappone, “parrocchia grossa” vuol dire 700 - 800 cristiani, mentre nel territorio vivono più di 100mila buddhisti! In alcune diocesi si sta cambiando da “un parroco per parrocchia” a “una comunità di 3 - 4 preti per 3 - 4 parrocchie”. Questo interessa noi missionari, perché vivere e lavorare in comunità fa parte del nostro carisma. Abbiamo riflettuto anche sulla nostra attività missionaria in campo sociale ed educativo, che ci permette un contatto diretto con persone estranee al cristianesimo, per offrire il primo annuncio dei valori cristiani. p. Mario Piacere, sx solidarietÀ KINSHaSA: AULE SCOLASTICHE piccoli progetti 11/2005 - LUVUNGI Acqua potabile La missione di san Bernardo è in una zona paludosa alla periferia di Kinshasa, capitale del Congo. Fino al 1991, era coltivata a riso con un progetto agricolo cinese. Con la guerra e i saccheggi, sono affluite nella zona molte famiglie sfollate, che hanno costruito le loro case e baracche. I disagi per le inondazioni sono molti. Con un gruppo di giovani volontari, è stata rialzata la strada principale, per consentire alla gente di muoversi con minore difficoltà. I bambini sono tanti e vogliamo che crescano bene. Vorremmo dare loro la possibilità di frequentare la scuola con regolarità, senza scuse. Nella zona ci sono alcune scuole, ma sono insufficienti e degradate. Su un terreno, vicino alla missione, vorremmo costruire le aule per la scuola: sette aule, per ora, fornite di banchi, lavagne e tavoli per gli insegnanti. Calcoliamo un preventivo di spesa di circa 30.000,00 euro. Purtroppo, qui tutto costa caro, anche le pietre, che sono spaccate a mano per farne ghiaia, come si vede nella foto. Ma vorremmo che i ragazzi vengano a scuola, piuttosto che dover spaccar pietre per guadagnare qualche soldo! Grazie agli amici di “Missionari Saveriani” per l’aiuto che ci daranno. p. Gianni Magnaguagno, sx A 14 chilometri da Luvungi, in Congo, c’è una sorgente d’acqua. L’acqua potabile previene le malattie e fa crescere sani. Occorre costruire un acquedotto di 14 chilometri, sotto la direzione di fratel Gregato. Mancano 160.000,00 euro per farcela. Possiamo dare una mano. • Responsabili del progetto sono i saveriani p. Pedrotti, p. Benedetti, p. Della Pietra, fr. Gregato. • •• 12/2005 - KINSHASA Una scuola nella palude Nella bassa periferia di Kinshasa, capitale del Congo, occorre una scuola che permetta ai ragazzi di crescere bene e prepararsi al domani. I missionari della missione di san Bernardo vogliono costruire sette aule decenti, per un preventivo complessivo di circa 30.000,00 euro. • Responsabili del progetto sono i saveriani p. Magnaguagno (VR) e p. Agostinis (UD). Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438, intestato a: Procura delle Missioni Saveriane, Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA oppure bonifico bancario su C/c 000072443526 Cari Parma e Piacenza, Agenzia 6 abi 06230 cab 12706 Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie. 2005 DICEMBRE ALZANO Storia di Natale: sarà vera? Tre bambini s'incontrano per caso bambino arabo aveva in U nmano una medicina. Suo padre gli aveva detto che la salute è la cosa più importante della vita. Con molta cura, il bambino stava portando la medicina a un malato, vicino di casa. Era il mese benedetto del ramadan e bisognava aiutare gli altri. Nella stessa città viveva una bambina africana. Portava in mano un profumo che le aveva dato sua madre. La mamma aveva spiegato alla bambina che cose inutili come i profumi, se date o ricevute in dono, rendono la vita più felice. In quella città c’era anche un bambino cinese che aveva al collo una catenella d’oro portafortuna. I suoi genitori gliel’avevano comprata quando era nato, come buon auspicio che potesse fare tanti soldi, diventare ricco ed essere felice. Le difficoltà e la sorpresa I tre bambini vivevano in una città europea. Erano figli di genitori immigrati. A scuola il cinesino aveva problemi più degli altri, specialmente con la lingua, anche se s’impegnava molto a studiare. La bambina africana era la più allegra della classe, ma veniva presa in giro a causa del colore della pelle, anche se lei era nata e cresciuta in Europa e non aveva mai visto l’Africa. Il bambino arabo aveva anche lui grossi problemi perché, dopo l’11 settembre, qualche altro bambino, quando litigavano, lo insultava dicendogli “terrorista!”. Un giorno i tre bambini si incontrarono, per caso. Era il periodo di Natale e, camminando, passarono davanti a una chiesa. Videro luccicare tante luci e si avvicinarono incuriositi. Era il presepio. Il cinesino chiese cosa potesse rappresentare quella cosa così bella. La bambina africana spiegò che era la rappresentazione della nascita di Gesù, il Dio dei cristiani. L’arabo aggiunse che Gesù è stato un grande profeta, che ha detto cose sagge e ha insegnato che bisogna essere buoni con tutti, perché tutti siamo fratelli e creature dell’unico Dio. La gioia della scoperta Il cinesino osservò bene e vide che davanti a Gesù c’erano tre statuine inginocchiate, ve- p. SILVANO DA ROIT, sx stite in modo strano. Erano le statuine dei magi. Uno era nero, uno era vestito come un arabo, il terzo era vestito come un cinese. L’asiatico stava deponendo la sua catenella d’oro davanti al bambino Gesù; il nero portava nelle sue mani un profumo e l’arabo aveva con sé una medicina. I tre bambini si guardarono l’un l’altro e, pieni di gioia, gridarono: “Ma quelli siamo noi!”. Allora si misero a guardare con più attenzione il presepio. Si accorsero che tutte le statuine erano rivolte verso la capanna dove era il Bambinello. Uno dopo l’altro esclamarono: “Che bello! Che gioia! Che tenerezza!”. E cominciarono a toccare e accarezzare le statuine con le loro piccole mani. Il loro vociare aveva disturbato qualcuno, che cominciò a sgridarli dicendo: “Zitti! Non toccate! Andate via!”. Era un vecchio, con il bastone. Pensando che i bambini stessero facendo una monelleria, li aveva sgridati. Ma poi, vedendo il loro stupore e i loro occhini sgranati, il vecchio capì che forse aveva esagerato. Tre bambini e il vecchio La storia di Natale continua F inita la loro preghiera, i bambini si rivolsero al vecchio e gli dissero: “E tu come fai a pregare?”. Il vecchio disse che quando era bambino pregava. Ma poi aveva smesso, perché non credeva più a niente. I tre bambini insistettero che dicesse anche lui una preghiera davanti al presepio. 8 Una preghiera dal cuore Allora il vecchio cominciò a pensare alla preghiera che sua madre gli aveva insegnato. Non sapeva più le parole esatte e ricordava a malapena il senso. Il vecchio chiese scusa, perché non ricordava bene le parole della preghiera di Gesù. Poi, dal cuore, gli uscì pressappoco questa preghiera: “Padre nostro, di tutti gli uomini, sia fatta sulla terra la tua volontà. Gli uomini vivano da fratelli, come tu vuoi. Da’ a tutti ogni giorno quello che serve loro per vivere e venga distribuito con giustizia, così che tutti possano avere ciò che è necessario. Perdonaci quando distruggiamo la natura, siamo prepotenti ed p. S. DA ROIT, sx egoisti e non pensiamo agli altri. Liberaci dal male, dalle guerre, dalle malattie, dalle ingiustizie, dalla solitudine e dalla disperazione. E togli via i peccati dal nostro cuore e dal mondo. Soprattutto insegnaci a perdonare, come tu fai sempre con noi. Amen!” Il senso della vita I tre bambini, ascoltata la preghiera del vecchio, rimasero contenti e batterono le mani dal- Fotografia di A. Costalonga/Missionari Saveriani la gioia. Il vecchio si commosse. Allora, come segno di amicizia, i tre bambini pieni di gioia gli regalarono le cose più preziose che avevano: il boccettino del profumo, il porta-fortuna d’oro e la medicina. Il vecchio, che grazie a loro aveva finalmente detto una preghiera, provò qualcosa di indescrivibile dentro di sé. Si sentiva circondato di affetto, si sentiva amato. Era tanto che non stava così bene! La perla dell’amore, sepolta nel fango della sua vita, era apparsa di nuovo e la sentiva risplendere nel suo cuore. Grazie a quei tre bambini immigrati, pregando, aveva riscoperto il senso della vita: chiamare Dio con il nome di Padre e pregarlo per tutti i fratelli del mondo. Il vecchio ringraziò i tre bambini. Poi, rivolto a Gesù nel presepio, disse un’altra preghiera, così: “Ti ringrazio, Signore, perché in questi tre bambini i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata per me e per tutte le genti. E ora, ti prego, aumenta la mia fede”. Inutile dirlo: il vecchio con il bastone era italiano. ■ Diversi modi di pregare Allora, cambiando tono, si rivolse a loro: “Come vi chiamate? Da dove venite?” - chiese gentilmente il vecchio. Poi cominciò a spiegare che in chiesa bisogna fare silenzio e non disturbare, perché la gente prega. Il bambino arabo disse che anche lui pregava, insieme a suo padre, cinque volte al giorno. La bimba africana disse che lei, quando pregava, cantava e danzava e batteva le mani. Il cinese disse che lui non sapeva pregare, ma che aveva visto i suoi genitori, davanti alle tavolette con i nomi degli antenati, chiudere gli occhi e pensare molto profondamente in silenzio… Il vecchio allora chiese loro di fargli vedere come facevano a pregare. L’arabo, tenendo la me- Fotografia di A. Costalonga/Missionari Saveriani 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 dicina tra le mani, si mise a fare le prostrazioni e a invocare Allah grande e misericordioso. L’africana, stringendo la boccetta di profumo, si mise a cantare danzando e battendo le mani dalla gioia. Il cinesino chiuse gli occhi e congiunse le mani, stringendo il suo porta-fortuna d’oro. ■ (continua a lato) PROSSIMI APPUNTAMENTI Messa missionaria martedì, 3 gennaio - ore 15,00 Adorazione missionaria-vocazionale giovedì, 19 gennaio - ore 20,30 l l l Ritiro per i giovani domenica, 29 gennaio - dalle 9,00 alle 12,30 Tema di riflessione: ”Samuele, colui che sa ascoltare” BUON NATALE, DONO DI SPERANZA Signore, cambia il freno delle nostre paure in acceleratore della tua speranza! Buon Natale a tutti: parenti, amici, benefattori, simpatizzanti e lettori! Questo è il nostro desiderio ed augurio: Gesù Salvatore sia conosciuto e amato da tutti. Gesù è nato e, come ogni bambino che nasce, dona speranza al mondo. Gesù ha acceso la speranza più grande che sia mai stata donata all’umanità intera. Con la sua venuta ci ha indicato la strada per vivere con il cuore felice e per aiutare gli altri a una gioia maggiore. È lui che ci ha fatto capire il senso vero della nostra esistenza. Noi, suoi amici, desideriamo che al mondo d’oggi egli faccia dono della sua speranza. Trasformi noi credenti in uomini e donne di speranza che lavorano per la costruzione del suo regno nel mondo. Di speranza c’è tanto bisogno. In giro ci sono troppe facce tristi, con gli occhi spenti. La gioia della fede illumini il nostro sguardo; la grazia di Dio è mio Figlio, renda luminosi i nostri volti; la parola di Dio sia presente sulle nostre labbra per dare conforto, è per te! perdono e consiglio. Così diventiamo testimoni dell’amore di Dio a ogni persona. Gesù ci ha insegnato ad amarci come lui ci ha amati: come figli del Padre e fratelli tra noi. La chiesa, peccatrice e santa, si sforza di testimoniare il vangelo in ogni angolo della terra. Anche noi crediamo nel vangelo e lo vogliamo annunciare a tutti. I migliori auguri, dai missionari di Alzano. Siete tutti nei nostri cuori e nelle nostre preghiere. Anche voi, soprattutto in questi giorni di Natale, ricordatevi di noi e di tutti i missionari nel mondo. p. Marino p. Giuseppe A. e Giuseppe Z. p. Mario e p. Silvano 2005 DICEMBRE BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 ”Non sono ancora arrivato” Sacerdote da venticinque anni p. CLAUDIO CODENOTTI, sx Nel settembre scorso, due missionari saveriani bresciani hanno festeggiato il loro 25.mo di ordinazione sacerdotale: p. Walter Taini di Rezzato e p. Claudio Codenotti di Gussago. Diciamo loro: complimenti e continuate così! Padre Walter ha festeggiato l’evento nella parrocchia di São Felix in Brasile, mentre nella chiesa del suo paese è stata celebrata una Messa speciale per l’occasione. Padre Claudio ha festeggiato a Gussago con parenti e amici. Da Desio (MI), dove è animatore missionario, ci ha inviato un racconto che volentieri pubblichiamo. F in da bambino ho sempre odiato portarmi addosso qualsiasi cosa che mi impedisse di sentirmi libero e di muovermi. Niente cravatte, calze, camicie, orologi, anelli e catenine. Pantaloncini corti e maglietta, magari anche piedi scalzi, era il mio abbigliamento ideale per esser pronto a corse, arrampicate su alberi e giochi nelle pozzanghere. Un piccolo anello nero Oggi, con i miei 50 anni e 25 anni come sacerdote missionario, mi ritrovo a guardare quel piccolo, fragile anello che da un po’ di tempo porto, senza sentirlo ingombrante. Penso alla frase di Gesù: “il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. Cos’è avvenuto? È avvenuto che Qualcuno si è preso la mia piccola libertà, senza che me ne accorgessi, e mi ha reso libero di “andare lontano”, legandomi a Dio e a tanti popoli. Questo scuro anello di legno di cocco, leggero e fragile, è il simbolo di tale legame. È un patto, “un matrimonio” con tanti fratelli e sorelle che considerano la libertà un dono e una conquista. Giorno per giorno, la costruiscono insieme nella speranza e nella fatica, consapevoli di avere il Signore sempre al loro fianco. Quest’anello mi fa ricordare i 25 anni passati come sacerdote e missionario. Mi riporta al giorno in cui ho capito che, per sentirmi pieno in quel sogno di libertà, dovevo legarmi a Qualcuno; e che quel Qualcuno avrebbe reso piena la mia vita. Il sogno nel cassetto Durante gli anni passati come missionario in Giappone, ho avuto la conferma che una vita “affidata” a Dio diventa per gli altri un segno di libertà e di gioia. La gente che incontravo e che, a sua volta, incontrava Gesù, acquistava una nuova vita. Ora ringrazio per tutti i doni ricevuti e guardo il cammino che mi resta da fare. Sono tante le mancanze e le inadeguatezze che mi fanno pensare di non essere ancora “arrivato”. D’altra parte, è anche tanta la gioia per il cammino che mi è stato regalato. Oggi, rinnovo il desiderio di rimettere nelle mani del Signore quel poco che sono. Sono convinto che lui sa cosa fare della mia libertà. Il mio desiderio mi porta subito alla terra che amo: il Giappone. Per me la missione non è stata terra di conquista, ma una famiglia che il Signore mi ha donato per farla crescere nel cammino del vangelo.Tutto ciò che sono e che porto ha un’origine sicura: quell’aria respirata fin da ragazzo in famiglia, in parrocchia e tra gli amici. Continuiamo tutti insieme, sostenendoci con la preghiera. ■ Un altro Iraq è possibile Il racconto di Simona Torretta S imona Torretta, la volontaria romana dell’associazione “Un ponte per...”, rapita con Simona Pari in Iraq nel settembre del 2004, è stata ospite presso i missionari saveriani di Brescia. Nella serata, organizzata dal Brescia Social Forum, Simona ha presentato il suo libro “Otto anni e 21 giorni. Il mio impegno di solidarietà in Iraq” (Rizzoli). 8 Non solo violenza Nel suo intervento, Simona ha spiegato di aver voluto dare una testimonianza degli ultimi otto anni della sua vita, terminando con i 21 giorni del sequestro. “Il libro è un modo per far emergere l’immagine più intima e familiare dell’Iraq. Parlo della storia delle persone con cui ho lavorato e collaborato fino a quando sono potuta restare”. L’Iraq non è solo un teatro di violenze. Ci sono numerose persone, associazioni non governative irachene e sindacati che lavorano ogni giorno per garantire assistenza alle persone bisognose e cercano di riportare, laddove è possibile, quei diritti umani che sono vio- DIEGO PIOVANI lati quotidianamente dall’occupazione militare, dalla guerra in corso e dagli atti terroristici. Simona ha conosciuto l’Iraq in alcune sue fasi storiche importanti: erano gli anni della dittatura di Saddam Hussein e dell’embargo imposto dalla comunità internazionale. L’embargo aveva indebolito ancora di più la società irachena e aveva tolto la possibilità di continuare sulla strada dello sviluppo, indispensabile perchè un Paese possa competere con il resto del mondo. Simona Torretta durante la conferenza dai missionari saveriani di Brescia Cultura e dialogo In questo contesto è iniziata l’attività di “Un ponte per...”, l’unica organizzazione italiana presente sul territorio. Durante i bombardamenti del marzo 2003, Simona era a Baghdad: garantiva assistenza ai feriti e manteneva ferma la solidarietà verso una popolazione minacciata da una guerra. La fine dei bombardamenti ha portato euforia, ma anche saccheggi di una buona parte del patrimonio culturale ed economico del Paese: biblioteche, musei, gallerie d’arte, università, banche, ministeri e ospedali. “L’Iraq è un Paese ricco di cultura, con una grande tradizione letteraria. Personalmente ho conosciuto molte persone qualificate e istruite”. La gente era aperta al confronto, abituata al dialogo con altre popolazioni. “Prima dell’embargo non era una società chiusa e intollerante; non lo era mai stata”. Queste esperienze hanno convinto Simona che solo la concreta solidarietà tra i popoli può condurre a una vera pace. E il rapimento che ha subito non ha inficiato questa certezza. ■ Padre Claudio con mamma Angela. Padre Walter Taini con mamma Domenica e papà Ettore. RITMI SUDAMERICANI Alla presenza del vescovo ausiliare mons. Francesco Beschi, e del sindaco di Brescia Paolo Corsini, giovedì 10 novembre è stata inaugurata la mostra “Strumenti musicali delle Americhe: quali ripercussioni?”, allestita dai missionari saveriani. Attraverso una selezione di 200 strumenti, ci accostiamo ai ritmi musicali, alle problematiche, culture e religioni dei popoli del “nuovo mondo”. Prossimi incontri culturali, alle 20,30: venerdì 16 dicembre su “Pace e guerra in Colombia”; martedì 27 dicembre su “Musica nera in America”. La mostra resta aperta fino al 16 gennaio con questi orari Feriali: 9,00-12,30; 14,30-17,30. Festivi: 10,00-12,00 e 14,00-18,00. Per informazioni, telefonare a 030 3772780 (interno 6). NATALE, FESTA DELLA SPERANZA Con il Natale tutto è cambiato. Colui che era “lontanissimo” è diventato nostro “prossimo”, vicino di casa, compagno di viaggio. Sembrava un desiderio folle, ma è stato esaudito. Perciò tutti noi, in modo più o meno cosciente, celebriamo il Natale con entusiasmo, moltiplicando anche nelle strade le manifestazioni di festa e di gioia. Dio si è fatto nostro prossimo. Eppure, a volte a noi non piace essere prossimi a Lui. È un vicino di casa che sembra infastidirci. Alla sua compagnia preferiamo essere soli e desolati, lungo il cammino della vita. Preferiamo un Dio che non interferisca nei nostri affari; non ci disturbi; ci lasci più autonomi e padroni del nostro destino. Il prossimo Natale ci faccia capire meglio che Dio non è un intruso. Estrometterlo significa rinunciare a gustare il senso della nostra esistenza. Ci rendiamo conto del malessere e dei guai che affliggono il nostro tempo. Ma il Natale ci riempie di speranza. A Betlemme è nato il Signore della storia, che ci ha detto: “Avrete tribolazione, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo”. Chiediamo al Bambino Gesù di ispirarci parole, silenzi ed azioni che sappiano dare significato al dolore dell’umanità. Ci renda protagonisti infaticabili di pace e di speranza, per i vicini e per i lontani. A voi e a tutti i popoli della terra, è mio Figlio, è per te! Felice Natale! p. Rosario e i saveriani di Brescia 2005 DICEMBRE CAGLIARI 09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1 Tel. 070 281310 - Fax 070 274419 E-mail: [email protected] - C/c. postale 12756094 La carità fa il missionario Padre Lamanna, una vita con i poveri Padre Pietro Edmondo Lamanna, originario di Pirri-Cagliari, è morto il 28 settembre scorso. Padre Giovanni Mezzadri ha collaborato con lui in Brasile per quasi dieci anni. Ci racconta qualcosa della sua vita missionaria. chiamavano tutti paQ uidreloPedro. Standogli vici- no, ho imparato molto dalle sue qualità, anche se non aveva un carattere facile. Mi ha raccontato come è nata in lui la vocazione missionaria. “Il papà era in guerra. Eravamo sfollati a nel paesino di Escolca. Erano tempi duri e si pativa la fame. Una sera, mamma non aveva niente da darci per cena. Noi bambini piangevano per la fame. D’un tratto è arrivato il parroco del paese con un grosso pane. Questo gesto di carità è stato l’inizio di una grande amicizia con il parroco, tanto da diventare un suo assiduo chierichetto. Dopo la Messa ci dava sempre la colazione”. Non una predica, ma quell’atto di carità concreta del parroco aveva suscitato in lui la vocazione. Infatti, durante tutta la sua vita missionaria, p. Pedro si è sempre preoccupato dei bambini, che avessero qualcosa da mangiare. Ma perché dormono? In Bangladesh, p. Pedro ha trovato una situazione difficile. La religione musulmana poneva p. GIOVANNI MEZZADRI, sx molti limiti ai missionari che faticavano a far conoscere il vangelo. Padre Pedro ha cominciato a visitare le scuole, all’aperto o in baracche. I bambini usavano foglie di palma come quaderni. Il maestro insegnava facendo ripetere la lezione ai bambini con una monotona cantilena. Spesso i bambini si addormentavano. Raccontava: “Ho chiesto il perché al saveriano medico Remo Bucari. Mi ha detto di chiedere ai bambini quanto avessero mangiato il giorno prima. Alla mia domanda, i ragazzi hanno risposto con un gesto che indicava... un pugno di riso. Dormivano per la fame”. Così ha avuto inizio la “nuova scuola” di p. Pedro, provvi- ”Per il loro bene” Tanto amore e rigore P adre Lamanna si dedicava con molto zelo alla catechesi. Formava lui stesso le catechiste con lezioni che preparava con cura. Portava a casa i quaderni dei ragazzi e li correggeva uno ad uno, scrivendovi sopra qualche osservazione. Per essere puntuale, a volte rimaneva alzato fino a tarda ora. Lo rimproveravo, dicendogli che avrebbe dovuto lasciare questo lavoro alle catechiste. Ma non c’era verso... 8 p. G. MEZZADRI, sx anche a spedirlo fuori o metterlo in ginocchio. Padre Pedro era fatto così: tanto amore e tanto rigore. Era così anche con la gente, che brontolava, ma poi capiva: “lo fa per il nostro bene”. Sepolto in mezzo a loro Seguiva anche un gruppo di adolescenti, che cercava di indirizzare verso il sacerdozio. Uno di questi, Ari Marcos Bona, è diventato sacerdote ed è coordinatore del clero della diocesi. Don Ari ha celebrato la Messa funebre di padre Pedro, che egli considerava come un papà. Per un giorno e una notte una processione ininterrotta di gente ha vegliato alla salma, esposta in chiesa. Ha voluto essere sepolto a Cantagalo, dove ha vissuto gli ultimi anni. ■ Maestro esigente Voleva disciplina e guai a chi perdeva il catechismo! Per l’ammissione alla prima comunione e alla cresima, i ragazzi dovevano passare l’esame scritto e orale. Quanti pianti e strilli dei genitori i cui figli erano rimandati! Cercavo di far capire ai geni- Padre Edmondo non era tori che p. Pe- solo carità attiva; dro faceva così qui è al tavolo di studio. Nel retro della foto per il bene dei aveva scritto: loro figli, ma “Ho rimesso barba. Mi dà molto in serietà, non era facile. Alla Messa anche se serio lo sono stato. dei ragazzi, lui sempre Zio Edmondo” si metteva in mezzo e non era contento finché tutta l’assemblea non cantava a squarcia gola! Amava i ragazzi, ma era anche severo. Se uno parlava, lo rimproverava, arrivando RICORDO LO ZIO MISSIONARIO denziale anche per l’evangelizzazione. Con l’aiuto di amici in Italia e negli Stati Uniti, prima di iniziare la scuola, provvedeva un bel “pranzetto”: un pastone di riso, lenticchie e verdure, condito con amore e allegria. Miracolo! I bambini non dormivano più; anzi, erano fin troppo rumorosi. I suoi alunni, divenuti grandi, gli scrivevano ancora dopo tanti anni, ricordandolo con riconoscenza. La fame è uguale per tutti Anche in Brasile p. Pedro si è prodigato per alleviare la fame dei piccoli. A Londrina, lavoravamo insieme nelle periferie. Con i volontari, preparava pentoloni di minestrone sostanzioso da portare ai bambini delle “favelas”. Lo faceva tutti i giorni, eccetto sabato e domenica, e andava anche lui con i volontari. Si preoccupava che tutti i soldi mandati per i poveri fossero ben amministrati. Ai bambini pagava quaderni e materiale scolastico e andava nei negozi di alimentari per chiedere aiuto e collaborazione. Era conosciuto e, quando lo vedevano, avevano già pronto il quantitativo da donare. Ci siamo ritrovati insieme anche a Cantagalo. Anche qui si è La Messa funebre presieduta dal vescovo; a destra, padre Giovanni, autore dell’articolo subito preoccupato di sfamare i piccoli. Nei quatto punti più poveri, aveva formato quattro mense. Tutti i giorni dava da mangiare a 200 bambini e alle mamme denutrite. Esigeva che i piccoli si lavassero le mani e facessero una breve preghiera. Non obbligava i bambini e le loro mamme a venire a Messa e non faceva distinzioni se venivano a Messa o no: “la fame - diceva - è uguale per tutti”. ■ (continua a lato) EFISIO SOLLAI II mio primo incontro con lo zio Edmondo risale al 1958, in occasione della sua ordinazione sacerdotale. Io non avevo vent’anni; lui vent’otto. È stato emozionante. Quasi subito è partito per la missione del Pakistan orientale, ora Bangladesh. Solo dopo due anni sono riuscito a comunicare con lui. Da allora si è aperto un corridoio di comunicazione tra il suo mondo e la mia famiglia, durato più di trent’anni. Mi scriveva di trovarsi in un mondo di poveri, dove mancava tutto. Così ho cominciato a fargli avere qualcosa: piccole cose di fronte al grande bisogno! L’amore per i poveri, che lo zio Edmondo testimoniava, era la forza più umile e più potente che egli possedeva. Padre Edmondo ha vissuto anche l’esperienza con i poveri in Brasile. Era contento di trovarsi in quella nuova vigna, come annunciatore di speranza del grande Dio liberatore: Gesù Cristo. Negli ultimi tempi mi scriveva che gli sarebbe piaciuto rivederci tutti. Non ha potuto. Ma in quella terra lontana sono certo che lo zio Edmondo ha trovato il calore e l’amore della sua nuova famiglia. Padre Giuseppe Marzarotto, è tornato a Cagliari, per lavorare con l’entusiasmo che lo caratterizza. È goloso di fichi d’india. Qualcuno gli ha già detto: “Attento alle spine!”. Auguri: il tuo lavoro in Sardegna sia pieno di rose senza ...spine. GLI AUGURI DEI MISSIONARI Buon Natale! ai vescovi di Cagliari, Iglesia e Ales-Terralba, pastori delle diocesi dove maggiormente svolgiamo il nostro servizio pastorale. Esprimiamo la nostra profonda riconoscenza e comunione di sentimenti. Buon Natale! a tutti i sacerdoti, religiosi e religiose, animatori e animatrici missionarie delle tre diocesi. Vi giungano graditi i nostri sentimenti di fraternità e collaborazione missionaria. Buon Natale! a tutte le lettrici e i lettori, amiche e amici di “Missionari Saveriani”. Con voi condividiamo la stessa passione per l’umanità intera. Figlio, è mio è per te! “Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato un Salvatore, che è Cristo Signore”. Come i pastori, anche noi andiamo in fretta, vediamo il Bambino nelle braccia di Maria, ascoltiamo le testimonianze che raccontano di lui. Poi partiamo, per riferire a tutti ciò che abbiamo visto e ascoltato. Auguri a tutti, per un Natale santo e una coraggiosa testimonianza cristiana. La grazia di Dio-fatto-uomo sia sempre con tutti voi. p. Filiberto Corvini, sx rettore 2005 DICEMBRE CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 Chiamatelo ”mal d'Africa” Sulle orme di p. Pacifico Fellini Alcuni giovani di Cividale e di Spineda con il parroco don Angelo, sono stati in pellegrinaggio in Congo, nei luoghi dove è vissuto il loro compaesano padre Pacifico Fellini. C he potesse accadere si sapeva. Ma che potesse coinvolgere anche noi, questo non l’avevamo sospettato. Sto parlando del “mal d’Africa”. Definiamo così, infatti, quella specie di strana seduzione esercitata dal continente nero sui suoi incauti visitatori. Dell’Africa tutto colpisce e stordisce: l’umanità giovane e diseredata, il paesaggio rigoglioso, gli spazi infiniti, gli odori aspri e insopportabili, le contraddizioni inaccettabili, i contrasti stridenti, la fecondità incontenibile. La memoria è ancora viva Per scoprire cosa sia il “mal d’Africa” a noi sono bastati quindici giorni - dal 9 al 23 agosto scorso - di pellegrinaggio in Congo e più precisamente a Bukavu, la “perla” della regione del Kivu. Al nostro ritorno abbiamo provato questa strana don ANGELO PICCINELLI malattia nostalgica. Nonostante l’impatto sconvolgente con una realtà tanto estranea ai nostri gusti e ai nostri schemi, nonostante i disagi e le difficoltà di adattamento, nonostante l’estrema povertà. Sei giovani e un sacerdote avevamo raggiunto l’Africa per rendere omaggio al missionario saveriano p. Pacifico Fellini, nostro compaesano spinedese, deceduto vent’anni fa in un tragico incidente stradale a Bukavu. Pensavamo fosse un gesto dovuto alla memoria di una figura di cristiano e di prete che merita di non essere dimenticata. Ma abbiamo scoperto che la memoria di p. Pacifico è più viva che mai nella città di Bukavu, tra le baracche di fango e di lamiera, nelle chiese che risuonano di canti e di danze, tra gli evangelizzatori di oggi che in questa regione martoriata del Congo raccolgono i frutti della semina degli evangelizzatori di ieri. Hanno seminato con abbondanza, fino a spargere il proprio sangue. Mani sporche e cuore d’oro Accompagnati dai saveriani, abbiamo percorso strade e rioni, abbiamo visitato dispensari e ospedali, scuole e centri nutrizionali, sempre inseguiti dagli sguardi indagatori di folle di uomini, donne e soprattutto dei bambini. Non dimenticheremo i loro occhi e le mani sporche e appiccicose, che cercavano le nostre, un po’ schifate, per ottenere una carezza, una caramella, una biro o una moneta… Mani sudice come i piedi, coperti di polvere e fango, confusi nell’immondizia abbandonata sulla strada. Innumerevoli piedi sporchi e piagati. Pensavamo di aver portato una “bella offerta” a quella “povera gente”: quindicimila euro non è poco per due piccole parrocchie come le nostre. Invece, abbiamo guadagnato più noi dalla loro povertà, di quanto non abbiano ricevuto loro dalla nostra ricchezza. Sono tornato dall’Africa pieno di invidia. La vivacità e vitalità di quelle comunità cristiane, il loro gusto della preghiera e della liturgia, il loro senso di responsabilità e di servizio, la loro fiducia nella vita e nella grazia... fanno davvero venite “il mal d’Africa”! ■ Preghiera per i bambini d'Africa I pellegrini di Cividale e Spineda, tornati dall’Africa, hanno invitato tutti i bambini delle due comunità parrocchiali per fare insieme una preghiera dedicata ai bambini che hanno incontrato e conosciuto. Ne riportiamo solo tre frasi. ■ Maria, modello di perfetta letizia, ti preghiamo per i giovanissimi calciatori di Cihriri che rincorrevano una palla fatta di pezzi di cellophan tenuti insieme dai giri di corda; abbiamo promesso loro un pallone vero e vogliamo mantenere la promessa. I pellegrini al seminario saveriano di Vamaro (da sinistra, in piedi): Maria Rosa, Lara e Alessandro, p. Faustino, don Angelo parroco di Spineda-Cividale, p. Pietro con tre seminaristi congolesi, fratel Lucio e Giorgio; (da sinistra, in basso): Mariagrazia, Paolo, frate Elia e Mattia. Maria Rosa, Lara, Alessandro e Mariagrazia sono pronipoti di padre Pacifico Fellini. Dopo la celebrazione della Messa di suffragio, i pellegrini alla tomba di padre Pacifico, nel piccolo cimitero dei missionari, presso il seminario saveriano di Panzi (Bukavu), con p. Sebastiano Amato, superiore della comunità. Padre Zanardi in cielo Mentre stiamo per andare in stampa, dal Messico giunge la notizia della morte di padre Giuseppe Zanardi, il 12 novembre. Il saveriano di Commessaggio, provincia di Mantova e diocesi di Cremona, aveva 75 anni, di cui 41 vissuti in Messico. Il Signore lo accolga nella sua pace. OGNI VOLTA... è NATALE p. GIUSEPPE PETTENUZZO, sx A Bukavu, nella casa delle missionarie saveriane 8 I pellegrini di Spineda-Cividale e i bambini di Panzi, Bukavu Custodisci, Madre dolcissima, i neonati del continente d’Africa. Grazie per le mamme coraggiose che scelgono di accogliere la vita anche tra innumerevoli difficoltà. Grazie anche per le generose missionarie che hanno rinunciato a generare figli propri per essere madri dei tanti figli degli altri. Santa Maria, Regina del Congo, il futuro dell’Africa è nelle mani di questi ragazzi e ragazze. Ed essi sono nelle tue mani. Sono tanti, tantissimi. Pieni di voglia di vivere, desiderosi di costruire un mondo migliore. Sono affidati alle tue mani e anche ...alle nostre mani. Conserva e accresci sempre in noi l’amore solidale. Amen. Ogni volta che siedi al bordo dell’aurora, è Natale. Ogni volta che ai bordi del fiume ascolti il canto del silenzio, è Natale. Se tendi la mano a un fratello e preghi con lui, è Natale. Auguri anche a te, ed è Natale. Ho amato tanto gli altri da sentire nel cuore un’emozione di pace: era Natale. Tante volte ho sentito la solitudine e il rimpianto; ho cercato e ho trovato le stelle: era Natale. Quando non sarò più solo, sarà Natale. Quando sentirò tutti fratelli, tanto da amarli come amo me stesso, sarà Natale. E se riuscirò a non dimenticare mai che Tu sei nato per me e cercherò di costruire ogni giorno il presepio con Maria e Giuseppe, per sempre sarà Natale. Buon Natale! Il nostro augurio è questo: il Signore, sentendoti vicino, ti doni la gioia di vivere con tutto il mondo e di sentire che amando gli altri sarai amato anche tu. Riconoscenti, i Missionari Saveriani di Cremona 2005 DICEMBRE DESIO 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Il pastore ”Meraviglio” Una bella favola da rivivere dei bambini L' immagine che, schiacciando il na- so alla finestra, guardano fuori mentre scende la neve, mi fa ricordare tanti momenti dell’infanzia. Un misto di nostalgia e di meraviglia preparava il cuore dei bambini al Natale. Ripenso alla storiella che ci raccontavano del pastore “Meraviglio”, uno dei pastori che fecero visita a Gesù. Testa distratta e cuore attento “Meraviglio” era un tipo con la testa fra le nuvole. Si incantava davanti a tutte le cose e perdeva il senso del tempo. Quando si metteva a giocherellare con il cane o con un agnellino, si scordava persino delle pecore al pascolo. A volte veniva pescato in aperta campagna dagli acquazzoni, perché era rimasto troppo tempo incantato a fantasticare con la forma delle nuvole. p. CLAUDIO CODENOTTI, sx Addirittura, quando gli angeli quella notte avevano portato il grande annuncio, si era precipitato tutto curioso alla grotta, dimenticando però di portare qualcosa in dono. Infine, si era messo a coccolare il Piccino, senza degnare di un saluto né Maria né Giuseppe. Agli occhi dei compagni era un distratto, uno poco affidabile, che non sapeva stare con i piedi per terra e non aveva i modi giusti di stare al mondo. Ma Maria l’aveva perdonato. Anzi, l’aveva lodato davanti a tutti, proprio perché il cuore del pastore “Meraviglio” era tanto vicino al mistero che si stava compiendo, da saperlo accogliere nel migliore dei modi: con gioia e ammirazione. L’avvento sempre più corto Ma torniamo ai nostri tempi, alla nostra società e cultura. Mi chiedo se ancora in noi sia rima- Un regalo del Signore La visita ai missionari I l viaggio missionario della scorsa estate in Brasile è stato la conclusione di un cammino, percorso con i missionari saveriani di Desio. Ci siamo trovati regolarmente, come gruppo “Sequela”, a pregare e a riflettere insieme sul senso della nostra vita ispirati dai personaggi della Bibbia. Dopo aver ascoltato alcune testimonianze, è nato in noi il desiderio di toccare con mano la vita della missione e di vivere un’esperienza missionaria. Padre Renato e i kayapò Ci siamo preparati alla partenza con alcuni incontri per conoscere qualcosa sulla storia sociale, culturale e politica del Brasile e per imparare qualche parola di portoghese. Abbiamo organizzato anche due serate per 8 CHIARA MARIANI raccogliere qualcosa da portare là. La nostra esperienza è stato un regalo del Signore. La prima parte della nostra esperienza è avvenuta a Redençao, una cittadina dello stato del Parà. Siamo stati accolti da p. Renato Trevisan con la gioia, la cura e l’attenzione speciale di un padre buono. Grazie a lui, abbiamo incontrato un gruppo di indio kayapò, ai quali egli dedica tutta la sua vita. Hanno perso il loro habitat naturale a causa del disboscamento della foresta. Padre Renato li aiuta a integrarsi nella società brasiliana e fa conoscere loro Gesù e il vangelo. Siamo stati anche nelle “fazende”, distese smisurate di terre abbandonate, possedute da un unico padrone, mentre tanta gente non riesce ad avere un Alcuni bambini brasiliani, durante un momento di gioco sto il senso dell’attesa, della meraviglia e soprattutto la capacità di saper guardare agli avvenimenti e alle cose con il senso del mistero. Penso poi alla capacità di tanti uomini e donne del mondo di avere ancora desideri, speranze e attese di salvezza, che permettono loro di vedere ed accogliere Dio, che diventa Bambino e irrompe nella loro storia. Mi turba il pensiero che forse noi non siamo sufficientemente desiderosi o bisognosi di salvezza. La affidiamo alle sicurezze che ci vengono dal possedere cose e dal non temere imprevisti, alle cose sempre uguali che si ripetono senza sorprese. Soprattutto, la poca fede non ci permette di vedere la salvezza nelle situazioni di sofferenza e di disagio, di novità o di piccolezza. Mi turba ancor più il fenomeno dell’avvento accorciato, perché siamo proiettati con mesi di pezzo di terra per costruirsi la casa. Abbiamo conosciuto la vita della parrocchia di Redençao, partecipando alla Messa quotidiana. I laici sono fondamentali nella vita della chiesa. Ognuno ha un compito preciso e sono molti ad essere coinvolti nella varie iniziative. Andrea e i bambini di strada Poi ci siamo spostati ad Abaetetuba, sulle rive del grande fiume Rio delle Amazzoni. Qui abbiamo incontrato i bambini di strada, ospiti della parrocchia, e Andrea Franzini, un giovane volontario cremonese, che si occupa dell’attività pastorale dei minori. Da lui abbiamo capito come si fa animazione con loro. Ci dice che il centro della pace, da poco costruito, è a servizio della gente. È la gente stessa a fare le proposte di aiuto per i ragazzi. Questo è un bel segno, perché il volontario deve condividere le speranze e le attese delle persone del luogo. Abbiamo vissuto tante altre esperienze che ognuno di noi porta nel cuore. Sono ricordi indimenticabili. Ora, tornati a casa, abbiamo il desiderio di far conoscere agli altri ciò che abbiamo vissuto. Abbiamo anche la voglia di vivere con maggiore coerenza, perché anche noi siamo responsabili della povertà di tanta gente nel mondo. ■ I ragazzi di Desio, protagonisti del viaggio in Brasile, con p. Renato Trevisan, missionario tra i kayapò (in basso, a sinistra) anticipo a pensare già alla festa del Natale: regali, spese, pranzo eccetera. Il Natale celebrato nell’occidente consumista ci ha tolto la gioia dell’attesa, la fatica di cercare, la sfida a cambiare. Il Natale della speranza Quest’anno, nella comunità saveriana di Desio, costruiamo un presepio nuovo. I nostri giovani amici, che la scorsa estate hanno visitato le missioni del Brasile settentrionale, vogliono aiutarci a vivere il mistero del Natale come lo vivono i cristiani brasiliani. Vogliono farci capire come lo attendono e vivono i poveri di quella terra. I nostri giovani sono stati molto colpiti da questa esperienza. Sentono che la loro vita ha un senso e un sapore diverso. L’incontro con la gente del Brasile, è stata l’occasione di un incontro con il Signore, che chiama a farsi fratelli e sorelle di tutti. I loro occhi sono stati come gli occhi del pastore “Meraviglio”. Hanno scoperto la presenza di Dio nella carne: un presepio vivente, non più solo folcloristico o artificiale. E hanno scoperto che la luce del Natale non sono addobbi fuori di noi, ma è una luce che emana dal cuore, tanto da farci diventare uomini e donne di speranza. “Divenire speranza”: questo è l’invito di quest’anno, dedicato alla missione. Ci domandiamo: come trasformare il Natale in un’esperienza quotidiana e concreta della presenza del Signore in mezzo a noi? Come attenderla e accoglierla? Come viverla e gustarla? Come annunciarla e mostrarla agli altri? Come… come…? ■ BUON NATALE, DONO DI SPERANZA Signore, cambia il freno delle nostre paure in acceleratore della tua speranza! Buon Natale a tutti: parenti, amici, benefattori, simpatizzanti e lettori! Questo è il nostro desiderio ed augurio: Gesù Salvatore sia conosciuto e amato da tutti. Gesù è nato e, come ogni bambino che nasce, dona speranza al mondo. Gesù ha acceso la speranza più grande che sia mai stata donata all’umanità intera. Con la sua venuta ci ha indicato la strada per vivere con il cuore felice e per aiutare gli altri a una gioia maggiore. È lui che ci ha fatto capire il senso vero della nostra esistenza. Noi, suoi amici, desideriamo che al mondo d’oggi egli faccia dono della sua speranza. Trasformi noi credenti in uomini e donne di speranza che lavorano per la costruzione del suo regno nel mondo. Di speranza c’è tanto bisogno. In giro ci sono troppe facce tristi, con gli occhi spenti. La gioia della fede illumini il nostro sguardo; la grazia di Dio renda luminosi i nostri volti; la parola di Dio sia presente è mio Figlio, sulle nostre labbra per dare conforto, perdono e è per te! consiglio. Così diventiamo testimoni dell’amore di Dio a ogni persona. Gesù ci ha insegnato ad amarci come lui ci ha amati: come figli del Padre e fratelli tra noi. La chiesa, peccatrice e santa, si sforza di testimoniare il vangelo in ogni angolo della terra. Anche noi crediamo nel vangelo e lo vogliamo annunciare a tutti. I migliori auguri, dai missionari di Desio. Siete tutti nei nostri cuori e nelle nostre preghiere. Anche voi, soprattutto in questi giorni di Natale, ricordatevi di noi e di tutti i missionari nel mondo. La comunità saveriana di Desio 2005 DICEMBRE FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185 E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 La solidarietà dei poveri Trent'anni missionario in Brasile Padre Lorenzo è friulano di Mortegliano. Dopo 31 anni di vita missionaria in Brasile, è in Italia per un periodo di riflessione e riposo. Racconta un po’ della sua esperienza. R icordo il giorno della mia prima partenza dall’Italia come se fosse oggi. Era il 18 gennaio del 1974. La traversata dell’oceano Atlantico fino al Brasile è durata 13 giorni. Dal porto di Santos, viaggiando verso San Paolo, ci siamo imbattuti in una nebbia fitta che non ci lasciava vedere nulla. Da quel giorno sono passati 31 anni. C’è voluto un po’ di tempo per acclimatarmi, imparare la lingua e immergermi nella nuova cultura. Con calma e con entusiasmo, ho cominciato a lavorare là dove i superiori mi dicevano di andare. Così ho potuto vivere varie esperienze lavorando in alcune parrocchie modeste e in altre più importanti, quasi sempre nella regione del Paranà, nella parte meridionale del Brasile. Ho trascorso gli ultimi anni nei “conjuntos”, i quartieri popolari di Condrina, che una volta era considerata la capitale brasiliana del caffè. Un’esperienza significativa Ci sono tre parole molto familiari ai cristiani impegnati del Brasile: liturgia, bibbia e carità. Le loro liturgie sono una vera festa. La parola di Dio è letta e commentata con grande sponta- Il caffè è essiccato al sole; poi, con il “balaio”, si separano i chicchi dalla pula: ci prova anche padre Lorenzo p. LORENZO MATTIUSSI, sx neità. La carità si traduce in profonda sensibilità per tutti i bisognosi. Questi tre valori vitali sono sempre presenti nella vita delle comunità cristiane e interagiscono tra loro. Ma nei due tempi forti dell’avvento e della quaresima, la Parola e la carità risaltano maggiormente. Le famiglie si riuniscono in gruppi a pregare, cantare, leggere la parola di Dio e riflettere. Così si preparano a celebrare il Natale e la Pasqua, le due feste che meglio esprimono la povertà di Betlemme e il martirio del Calvario, insieme a tutte le vittime delle ingiustizie umane. I poveri si aiutano L’ultimo giorno della novena natalizia e la domenica delle Palme sono i due momenti culminanti in cui si manifestano la forza della Parola e i frutti della carità. Con i cuori aperti all’amore di Dio e sensibili alle sofferenze umane, i cristiani celebrano la condivisione della fede e della carità. Il frutto della generosa colla- In diocesi e in casa saveriana Le iniziative della missione Alcune famiglie riunite celebrano la novena del Natale; piccoli e grandi insieme pregano, cantano e riflettono borazione di tutti, viene raccolto, messo tutto insieme e poi distribuito in sacchetti. Sono le cosiddette “ceste basiche”, che i membri della san Vincenzo portano in dono alle famiglie bisognose. Si cerca così di aiutare sopratutto le giovani gestanti e le mamme povere che hanno bambini piccoli. Grazie a Dio i bambini sono ancora numerosi e sono la vera ricchezza del Brasile. Sono esperienze belle ed entusiasmanti. Ci sono anche difetti e qualche sorpresa sgradevole, ma i risultati concreti della compassione incoraggiano a proseguire su questo cammino di donazione. È una strada alla quale dobbiamo continuamente educarci e che vale la pena percorrere tutti insieme. “L’avete fatto a Me!” Warta è un piccolo paese di Padre Livio Maggi di Rivarotta ha riunito presso la comunità saveriana di Udine gli amici che sostengono la sua attività missionaria in Thailandia; ha spiegato l’utilità delle adozioni a distanza. 2.500 abitanti. Molti appartengono alle sette protestanti. Eppure, sono riusciti a mettere insieme e a distribuire ben quarantotto ceste basiche. è un risultato incoraggiante e gratificante per i numerosi poveri, vittime del sistema iniquo vigente. Il sistema economico porta profitto a pochi, che poi mostrano tanta durezza di cuore verso coloro che lavorano e sudano, senza poter vivere una vita dignitosa. Così i poveri lazzari si moltiplicano. Nonostante tutto, l’intera comunità cristiana vive un momento esaltante e pieno di speranza quando unisce e fonde armoniosamente i momenti celebrativi della fede cristiana con l’attenzione cordiale ai veri bisognosi. Questo è possibile quando è viva la convinzione che qualunque cosa facciamo ai poveri “l’avete fatta a Me”. ■ la MISSIONE HA BISOGNO DI TE Tu hai bisogno della missione Non si finisce mai di conoscere le mille facce della vita e del mondo. Oggi più che mai bisogna sempre tenersi aggiornati un po’ su tutto: la religione, la politica, gli eventi nazionali e internazionali. Anche per il cristiano, infatti, è indispensabile nutrirsi di tutto ciò che può aiutarlo a rendersi conto che il vangelo diventa la speranza e la forza della vita. Per questo, presso la comunità saveriana di Udine, continuano gli incontri per varie categorie di persone: ragazzi, giovani e adulti. Padre Ilario Trapletti è venuto a trovarci. Tanti lo ricordano con affetto e riconoscenza. Passerà il Natale al caldo, in Brasile. NATALE IN CINQUE PAROLE La festa del Natale è carica di sentimenti profondi. Da Betlemme il Bambino illumina il mondo: Natale è luce. È nato per noi il principe dalla pace: Natale è pace. 8 Padre Marcello Storgato, direttore di “Missionari Saveriani”, è stato invitato al convegno diocesano missionario di ottobre. Ci ha incoraggiato a far diventare “missionaria” la parrocchia; il suo intervento è piaciuto a tutti. Dio ci ama e ci aiuta ad amare: Natale è amore. Quante persone soffrono la fame: Natale è solidarietà. Quel Bambino è Dio con noi: Natale è speranza. Buon Natale a tutti voi, cari amici, che ci accompagnate con il vostro affetto e sostegno. Gesù Bambino vi doni una vita serena e gioiosa. Figlio, è mio è per te! i missionari saveriani di Udine 2005 DICEMBRE MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Alessandro Brai è sacerdote Una gioiosa celebrazione interculturale P suoi genitori in chiesa per la prima Messa. Tutto il paese in festa, in un incontro di fede tra Sardegna e Camerun Tutto il paese in festa Non è mancato il lancio augurale di grano e fiori sul sacerdote e il getto dei piatti sul terreno, come si usa per gli sposi novelli. Questa tradizione indica la fine del legame familiare e l’inizio di una nuova famiglia: la famiglia universale di Alessandro. Durante la processione dalla casa alla chiesa, p. Alessandro si è fermato a salutare le persone malate che erano sulla porta di casa. Ha così raccolto gli auguri e le sofferenze degli abitanti del paese da portare all’altare. Padre Alessandro ha celebrato la Messa sulla piazza adiacente la chiesa di sant’Antioco. Per l’occasione, la statua del santo patrono era stata trasportata sotto la tenda del palco-altare. Padre Giuseppe Sartori, ora missionario in Colombia, ha ricordato gli anni trascorsi in Sardegna, quando ha incontrato e conosciuto due ragazzi sorridenti, ora saveriani: Alessandro Brai e almas Arborea (OR) ha festeggiato un nuovo sacerdote, dopo 400 anni. È successo il 9 ottobre scorso, quando tutti gli abitanti di questo piccolo centro hanno accompagnato il saveriano p. Alessandro Brai e i La strada più bella La sua gioia ci contagia La signora Veneranda Pinna, mamma di p. Alessandro Brai, ci ha scritto questi pensieri confidenziali. La ringraziamo, insieme al papà, per aver dato il figlio alla chiesa missionaria. S 8 ono davvero emozionata, e con me tutta la mia famiglia, per l’ordinazione e la prima Messa di Alessandro. È un giorno meraviglioso che abbiamo atteso da tanto tempo. Quando Alessandro ha preso l’impegno solenne di essere saveriano ed è diventato diacono, noi non siamo potuti andare in Africa. Ma grazie a Dio, l’ordinazione sacerdotale è avvenuta in Sardegna. Siamo contenti, perché vediamo che nostro figlio è felice e raggiante. Dopo tanti anni passati lontano da casa, in Camerun, adesso è tornato e la sua gioia contagia non solo i parenti, ma tutto il paese. Alessandro è stato un bambino sereno e tranquillo. Un bambino come tutti gli altri. Avevo notato che gli piaceva ritirarsi in camera a pregare, quando ancora era molto piccolo. Don Eugenio lo chiamava a fare il chierichetto e lui era felice quando poteva stare mamma VENERANDA vicino al parroco. Un giorno sono venuti i missionari saveriani di Macomer. Qualche tempo dopo Alessandro ci ha detto: “vado a farmi missionario”. Così è iniziato il suo cammino. È partito un pippiu (bambino), è tornato un uomo. Alessandro ha percorso un cammino normale, con alti e bassi, come tutti credo. Qualche volta lo vedevo preoccupato, ma mai triste. I saveriani lo hanno sempre aiutato e a loro deve tutto. Avrà sentito la mancanza dei ge- p. DINO MARCONI, sx Andrea Rossi. Due culture, una preghiera Sulla piazza di sant’Antioco di Palmas Arborea è avvenuto un vero gemellaggio culturale tra la Sardegna e il Camerun. I colori e i canti del Camerun e della Sardegna si sono fusi insieme nella preghiera di due popoli uniti dalla comune fede in Gesù, Salvatore dell’umanità. Il coro sardo ha cantato l’atto penitenziale Perdonu Deus meu, mentre p. Alessandro passava tra i fedeli aspergendoli con l’acqua benedetta. La processione offertoriale si è svolta danzando, come si usa in Africa, al ritmo del canto camerunese Oyamba ma bonza ee - Accogli l’offerta. L’hanno eseguito il gruppo dei bambini e delle suore africane del Buon Pastore, congregazione a cui appartengono due zie di p. Alessandro. L’offertorio è stato accompagnato da un coro sardo. Il coro giovanile ha animato la comunione con un canto italiano e uno francese. Padre Alessandro nitori, del fratello, della sorella, degli amici e del paese, sopratutto quando era in Africa; ma non ce l’ha mai fatto pesare. Anche noi sentivamo la sua mancanza, sopratutto durante le feste. Ma, al telefono, ci incoraggiava sempre: “Coraggio mamma, sto per tornare!”. Figlio mio, cerca di essere sempre un buon missionario. Cerca di essere sopratutto fedele agli impegni che hai preso e ricordati che noi ci siamo sempre, che ti amiamo e che saremo con te nella tua missione. Voglio dire una parola anche a tutte le mamme: se uno dei vostri figli vuole diventare missionario, lasciatelo partire. La strada di Dio è la strada più bella! ■ Padre Alessandro con mamma Veneranda e papà Augusto, durante il tragitto verso la chiesa ha espresso il suo ringraziamento cantando in francese con i sette giovani camerunesi che, alla fine della Messa, gli hanno offerto lo scettro dell’autorità, come si usa per il capo villaggio nei paesi africani. Mille volte “grazie!” Nella commossa omelia, p. Alessandro ha detto “grazie”, mille volte. Solo una sintesi. «Oggi anch’io mi sento, come Pietro e gli apostoli, invitato a prendere il largo e a gettare le reti per la pesca. Come Pietro, mi sento un peccatore, ma anche fortunato, perché la grazia di Dio mi dà la forza di dire: “Signore, sulla tua parola, getterò le reti”. La mia ordinazione sacerdotale è opera dello Spirito Santo, della grazia del Signore. Sono stati tanti gli anni di formazione e di preparazione: 4 anni a Macomer, 4 a Cagliari, 2 a Desio, 2 ad Ancona, 1 anno a Parigi e 4 anni in Camerun, la mia terra di adozione. Il Signore mi ha accompagnato in questa avventura fino ad oggi. Perciò il mio primo grazie va al Signore. Ringrazio i miei genitori che non solo mi hanno dato la vita, ma mi hanno sempre sostenuto durante tutto il cammino e non mi hanno mai fatto pesare il fatto di aver scelto la vita missionaria, di essere partito in Africa per 4 anni, senza mai tornare. Con loro, ringrazio tutta la mia famiglia e le zie suor Tiziana e suor Anna Franca. Un grandissimo grazie a tutta Palmas Arborea, al sindaco e al parroco, che mi è stato vicino con simpatia e delicatezza. Grazie, don Tonino. Un giorno ti inviterò in Africa e sono sicuro che ti troverai bene, perché hai un grande spirito missionario. Padre Alex durante la sua prima Messa a Palmas Arborea, il 9 ottobre scorso “Fatemi compagnia!” Io ho ormai una mia famiglia, quella dei missionari saveriani e delle saveriane, con tante comunità non solo a Macomer, Oristano e Cagliari, ma anche in tante altre parti d’Italia e nel mondo. Ringrazio i formatori, i superiori e i direttori spirituali che da Macomer fino a Yaoundé mi hanno seguito. Un grazie a p. Sergio Galimberti e a p. Giuseppe Sartori, più conosciuti come Libi e Ciko. Ora inizia per me un nuovo cammino. Pregate per me, perché io sia sempre e ovunque un testimone gioioso del vangelo di Cristo. Sono il primo prete di Palmas Arborea. Altri si decidano a farmi compagnia nel sacerdozio e festeggeremo insieme. A atrus annusu!». ■ SOLIDARIETà NATALIZIA Un sapore universale p. DINO, sx Quest’anno potremmo pensare a un regalo natalizio un po’ diverso, un regalo equo-solidale. Nei pacchi natalizi delle botteghe del terzo mondo, infatti, possiamo trovare il panettone al cioccolato della cooperativa LiberoMondo. Il panettone è prodotto con ingredienti di prima qualità come il cioccolato fondente e lo zucchero integrale di canna provenienti dai produttori del commercio equo e solidale. Il cioccolato è fatto con cacao prodotto in Bolivia e nella Repubblica Dominicana. Lo zucchero integrale di canE con questo “sapore na viene dall’Ecuador. La confezione utilizza la carta di riso prodotta ar- universale” di solidarietà, auguriamo a tutti tigianalmente in Nepal. Il nastro che avvolge il panettone è fatto di iuta Felice Natale! ricamata con fili colorati ed è prodotto dalle donne del Paraguay. Insomma, si tratta di un panettone che ha veramente il... sapore del mondo! Il commercio equo e solidale stabilisce rapporti diretti con i produttori senza ricorrere a intermediari. Corrisponde direttamente ai produttori un prezzo equo, in relazione alle loro esigenze, e promuove un processo produttivo nel rispetto della dignità dell’uomo e dell’ambiente. 2005 DICEMBRE MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 SAVERIANI MARCHE Una vacanza davvero diversa ”L'uomo propone e Dio dispone” E ro rientrato in Italia dall’Indonesia per una vacanza di tre mesi. Ne sentivo il bisogno per una ricarica fisica, dopo l’estenuante lavoro nella gran- Un altro saveriano marchigiano, padre Angelo Cappannini, di Castelplanio (AN), è stato rimesso in sesto... al cuoricino; nella foto, con fratel Dario Montanaro, nell’infermeria saveriana di Parma. de parrocchia di san Matteo, alla periferia di Jakarta. Dopo tre settimane passate ad Ascoli da mio fratello, stavo andando a S. Benedetto del Tronto dalle mie sorelle, con una famiglia amica. Improvvisamente, sulla via Salaria, abbiamo perso il controllo, andando a sbattere contro un trattore di fronte. Macchina distrutta. Eravamo in quattro persone. Tre indenni. Io, con multi frattura al braccio destro. Operazione e tre chiodi fissi, per ricucire attorno i pezzi dell’osso. Braccio al collo, medicazioni e terapie mattino e sera, e tanta pazienza. Col braccio destro bloccato, tutto mi è diventato più complicato. Ho obbligato la sinistra a fare le cose più necessarie. Ma non è facile. Impossibile usare il computer. Avrei voluto, ma... Così paralizzato, sono saltati p. SILVANO LAURENZI, sx tutti i programmi della vacanza. L’uomo propone, Dio dispone. Quattro mesi di cure e terapie: una vacanza davvero diversa! Una vera e completa guarigione sarà impossibile. Il Signore mi ha bloccato, visto che è difficile fermarmi. Avrei voluto fare tante cose, correre, fare viaggi, fare incontri con parenti ed amici, conferenze nelle parrocchie, veglie con i giovani. Avrei voluto far conoscere la situazione della chiesa in Indonesia, della mia immensa parrocchia a Jakarta, dei nostri impegni per tanti ragazzi bisognosi di tutto... Avrei voluto parlare delle conseguenze dello tsunami, dei disastri dell’isola del Nias, dove noi saveriani abbiamo lavorato per tanti anni e dove c’è tutto da ricostruire. Tante cose avrei voluto fare. Parlare dei rapporti con l’Islam, spesso delicati e difficili e dei tentativi di dialogo; dell’impegno dei nostri cristiani per diven- DIARIO DELLA COMUNITà Capolavoro della vita Vi presento... me stesso Cari amici, anche quest’anno la comunità saveriana di Ancona si è arricchita di nuovi volti che vogliamo presentarvi. E inizio proprio io. S ono Davide. Sono nato a Cagliari nel 1983. In famiglia siamo cinque: papà Giovanni, mamma Fernanda, il fratello Gianluca, la sorella Cinzia e io, che sono il più piccolo. Ho conosciuto i saveriani a Cagliari quando frequentavo le scuole medie, grazie a una ragazza della mia parrocchia che ora è missionaria di Maria, saveriana. Si chiama Valentina Gessa e attualmente è missionaria in Thailandia. Su suo invito, ho partecipato ad alcuni incontri per ragazzi delle scuole medie e poi a un campo scuola estivo. Gli incontri erano animati da un giovane saveriano, p. Sergio Galimberti detto Libi. 8 Mi sto preparando alla vita missionaria Mi sentivo attratto dalla vita missionaria. Così, nel 1997, all’età di 14 anni, sono entrato nella casa apostolica di Cagliari, come aspirante missionario. Qui ho vissuto per sei anni, frequentando le scuole superiori. Gli DAVIDE LAI ultimi due anni ho visitato regolarmente l’ospedale “Santissima Trinità” di Cagliari e ho aiutato come animatore nella mia parrocchia in città. Dopo il diploma, nel 2003, mi sono trasferito nella comunità di Desio (MI) per proseguire il cammino di discernimento e fare gli studi del biennio di filosofia. In questi due anni ho prestato il servizio pastorale presso l’ospedale di Desio e con il gruppo giovanile “Sequela”, un gruppo di discernimento vocazionale che si riunisce regolarmente nella nostra comunità. Terminati i due anni a Desio, ho fatto nuovamente le valigie per trasferirmi ad Ancona. Dal 3 settembre ho iniziato il noviziato. È un periodo importante per crescere in maturità umana e per approfondire la mia scelta vocazionale. Così mi preparo meglio a consacrarmi alla vita religiosa e missionaria. Accompagnatemi con la vostra preghiera. I miei due grandi amici Ciò che in questi anni di cammino mi è rimasto nel cuore è la testimonianza di due ammalati dell’ospedale di Cagliari. Sono due miei grandi amici e maestri di vita. Sono affetti dal morbo di Hansen, dalla lebbra. Nonostante il dolore per la malattia e la sofferenza fisica, nonostante il loro stare per anni e anni sempre in quell’ospedale, nei loro volti ho sempre visto il sorriso. Hanno saputo regalarmi tante volte quel loro sorriso e ancora oggi lo regalano a tante altre persone. È una bella testimonianza di vita e di missione nella sofferenza. Questo è anche l’augurio che faccio a ciascuno di voi: nonostante le difficoltà che incontriamo nella vita, nonostante le sofferenze che ci possono colpire, nonostante le delusioni e le cadute, continuiamo ad avere fiducia in Dio e a sorridere. Abbandoniamoci nelle sue braccia, lasciamoci plasmare e amare da lui. Così, come ha detto il papa Paolo VI, potremo fare “della propria vita un capolavoro”: un vita fondata saldamente sulla roccia dell’amore, che è Cristo. ■ Davide Lai, novizio saveriano sardo Padre Silvano Laurenzi, missionario in Indonesia, con le suore di madre Teresa tare persone aperte, capaci di trasmettere speranza e ottimismo... Costretto a pregare! Ma Gesù mi ha chiesto il riposo. Mi ha dato largo spazio per pregare e meditare. È una preghiera sofferta e silenziosa, fatta anche di lacrime e di nostalgia. La offro come sostegno al lavoro di p. Francesco Marini e di p. Eduardo Villena, costretti a portare anche il peso del mio lavoro. Gesù mi ha ricordato che la missione non è solo correre e fare. Ma è prima di tutto preghiera nella croce, per ottenere la grazia di Dio che tocca i cuori e converte. Grazie, Signore, di questa esperienza non programmata. Lo scorso ottobre diversi sacerdoti di Ascoli mi hanno invitato a dare una testimonianza missionaria alle loro comunità. Abbiamo riflettuto su come diventare uomini e donne di speranza e abbiamo pregato per il regno di Dio. Anche in duomo, nella veglia missionaria assieme al vescovo e ai giovani, è stato un momento forte e gratificante. Grazie e arrivederci Approfitto di questa occasione per salutare e ringraziare tutti delle preghiere, dell’amicizia e di ogni aiuto, che hanno reso più leggera questa mia lunga convalescenza. Rafforziamo questo vincolo di fraternità per un maggiore impegno nella missione. Il mio pensiero è già in missione. A metà novembre riparto per l’Indonesia, dove la comunità parrocchiale mi sta aspettando. Spero di arrivare prima del 20 novembre, per la festa delle prime comunioni. L’anno venturo, con la benedizione del Signore, spero di celebrare in Indonesia i miei 50 anni di sacerdozio, di cui 49 trascorsi in Indonesia. Insieme loderemo, benediremo, ringrazieremo il Signore. Grazie a tutti e arrivederci. ■ SPAZIO GIOVANI DALLA CINA CON AMORE BARBARA Barbara è una giovane del movimento giovanile missionario degli Abruzzi, che i saveriani accompagnano da diversi anni. Chiede agli amici un sostegno... a distanza. Voi siete i compagni di viaggio in questa mia avventura in Cina. Stare qui è bello e importante, ma non mancano momenti di umana debolezza, e un vostro sms o una mail mi ridanno carica. Sono a Canton, nella mia ”casa famiglia”, in una zona molto povera. Vivo con 2 ragazze e 2 ragazzi disabili e un’operatrice, chiamata “mamma”. Loro non parlano italiano e io non parlo cinese; quindi non possiamo scambiarci una parola. Sono come una muta che si aggiunge ai quattro disabili che già non parlano. Con poche parole o gesti cerco di farmi capire. La mia giornata è così: il mattino lavoro con i ragazzi disabili; il pomeriggio vado da p. Fernando e faccio lavoro d’ufficio o terapie ai bambini dell’asilo. Studio anche un po’ di mandarino. La mia insegnante è su una sedia a rotelle, a causa di un inciBarbara con i bambini dente d’auto da bambina; si chiama Gradell’asilo, a Canton, in Cina zia ed è una donna davvero in gamba. La sera, terminato il lavoro, torno a casa. La giornata è ritmata da momenti di preghiera, che continuano a rimotivarmi e mi fanno sentire unita a tutti i cristiani che faticosamente lavorano in Cina. Continuate a pregare per me; non smettete mai! È importante aiutare i cuori addormentati a risvegliarsi e ad essere sensibili alla missione. Siamo fortunati a vivere in un paese tanto ricco. Condividiamo il poco che abbiamo, per poter essere dei “dignitosi” figli di Dio. Il resto lo faccia il Signore. 2005 DICEMBRE PARMA 43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 990011 - Fax 0521 960645 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 Il regalo accolto a mani vuote Auguri di buon Natale a tutti I saveriani che vivono nella casa madre di Parma, dal superiore dell’Italia padre Carlo Pozzobon ai giovani studenti di teologia, tutti desideriamo esprimere i più calorosi auguri di un felice Natale a voi, che ci pensate e pregate per noi. Sono Mani operose nel servizio: un bicchiere d’acqua servito con amore a fratel Guglielmo Cerati p. PIERGIORGIO MOIOLI, sx molte le persone che ci vogliono bene. Noi lo sappiamo e vogliamo ricordarle, insieme alle loro famiglie. “Cosa ci hai portato?” Gli auguri di un felice Natale nascono dalla consapevolezza che la più grande gioia di questo giorno cristiano viene proprio dal vedere le proprie mani vuote. Com’era abitudine per i sapienti e i grandi asceti del lontano Oriente, anche Dogen, il grande asceta giapponese zen, si era recato in Cina, allora ritenuta la fonte della saggezza. Si racconta che, al ritorno dal viaggio, i discepoli di Dogen abbiano chiesto al loro maestro che cosa avesse portato dal grande Paese celeste. Desideravano sapere quale fosse il dono più grande e più bello che il maestro aveva scelto per loro. Dogen, come risposta, aveva mostrato le mani aperte completamente vuote. Il Conforti e il Saverio Le nostre feste di famiglia S i dice, “siamo vicini alle feste”. In effetti, con l’avvicinarsi del Natale inizia il periodo delle feste. Natale, santo Stefano, Capodanno, Epifania: è tutta una festa. Nell’arco dell’anno ci sono tante feste, perché la festa è un’esigenza di ogni popolo e di ogni persona. È il desiderio innato nell’uomo di assaggiare un pizzico di cielo. Nella festa ci si sente migliori, più contenti, gli uni più amici degli altri. renze sono “feste di famiglia”, perché gli interessati appartengono al nucleo familiare e sono le persone più care e intime. Più che per i segni esterni che le caratterizzano, queste feste si distinguono soprattutto per la gioia profonda che lasciano. Anche noi saveriani della casa madre di Parma abbiamo alcune “feste di famiglia”, che sentiamo particolarmente nostre. In questo caso i festeggiati siamo noi e al centro c’è qualcosa che fa parte integrante del nostro cuore. Tali circostanze ci fanno gustare profondamente i nostri ideali missionari, così com’erano nel cuore di chi ha voluto la famiglia dei saveriani. Sto parlando del 5 novembre, giorno in cui ri- foto E. Manicardi Due feste importanti Oltre alle feste religiose e civili “pubbliche”, celebriamo anche alcune feste “private”, come il compleanno o l’anniversario di matrimonio. Queste ricor- p. GANRIU, sx 8 Saveriani e saveriane attorno alla tomba del beato Conforti, il 5 novembre 2005 Infatti, il dono veramente grande che il maestro aveva portato per i suoi discepoli era proprio questo: le mani vuote, che indicavano la libertà dalle cose e, soprattutto, un cuore assolutamente libero. Il pastorello senza regalo Un racconto simile si trova in un vecchio libro di favole per bambini. In una si racconta pressappoco così. Il presepio, con tutte le statuine, era ormai pronto. Tutte le statue erano al loro posto e la mezzanotte era ormai vicina. Gesù stava per nascere. D’improvviso, nel luogo della capanna, si accende una gran luce e, come per incanto, tutte le statuine del presepio prendono vita e iniziano a camminare verso la capanna per vedere Gesù appena nato. Quasi tutte le statuine hanno in mano qualcosa: chi un pacco, chi una gallinella, chi un pane o una focaccia e chi un agnellino. Arrivate alla grotta, iniziano a cordiamo la morte del fondatore il beato Guido Conforti, e del 3 dicembre, la festa di san Francesco Saverio nostro patrono e modello. Il cuore, le mani e i piedi Il 5 novembre è l’anniversario della morte di mons. Conforti. Ma per noi è la festa della nascita dei saveriani. In questo giorno ci rendiamo conto della nostra presenza nel mondo, di essere una sola famiglia anche se sparsa dovunque. Abbiamo la consapevolezza di vivere con un cuore solo, pieno di vita, di entusiasmo e d’amore, la stessa missione che ha spinto san Francesco Saverio a camminare e viaggiare, a predicare e benedire. Possiamo dire che mons. Conforti è il cuore della nostra famiglia; le mani e i piedi sono del Saverio. In queste due giornate, noi celebriamo i nostri sogni e ideali. Condividiamo la festa del Conforti con tutti i saveriani, le saveriane e il laicato saveriano, con cui condividiamo il carisma e la spiritualità. Condividiamo la festa del Saverio specialmente con tutti i sacerdoti e i religiosi della diocesi, accomunati dalla stessa missione di diffondere il vangelo di Cristo nel cuore dell’umanità, fino ai confini del mondo. In queste feste di famiglia, sentiamo che il regno di Dio ci avvolge e noi gustiamo la sua presenza nel nostro cuore, mentre ci impegniamo a viverlo con tutti gli uomini di buona volontà. ■ offrire i doni che hanno tra le mani. Giuseppe è molto indaffarato a ricevere i doni, ma sono talmente tanti che anche Maria, con il bambino fra le braccia, vuole dargli una mano, mettendo i doni nel suo grembo. Presto si accorge che le è difficile riceverli tutti, perché tra le braccia tiene Gesù. Allora Maria cerca con lo sguardo qualcuno a cui poter affidare per un attimo il Piccolo, mentre ella si dedica a ricevere i regali. Ma tutti sembrano avere le mani occupate. Finché Maria vede, appoggiato al palo della capanna, un ragazzo con le mani vuote e gli occhi lucidi per la commozione. “Quella piccola statua non ha nessun dono; ha proprio le mani vuote!” - pensa Maria, tutta contenta. Gli si avvicina e gli chiede il favore di prendere Gesù tra le sue braccia, mentre lei avrebbe continuato a ricevere i doni che tutti portavano. Per accogliere “il dono” Quella piccola statua non aveva nessun dono; aveva le mani vuote, libere. Proprio per questo Padre Luigi Martini è uno che non riesce a stare “con le mani in mano”; eppure, dopo una vita operosa, le mani del missionario sono ancora vuote e libere, per accogliere i doni di Dio ha potuto ricevere il dono più grande: Gesù. Ebbene, cari amici dei missionari, il nostro augurio è che possiate vivere un felice Natale. Perciò provate ad avere le mani vuote e il cuore libero. Così potrete stringere Gesù tra le braccia e portarlo al cuore. Egli è il dono più grande che Dio Padre poteva mai fare agli uomini. ■ I MARTEDì DELLA MISSIONE in viale S. Martino 8 - Parma 13 dicembre, ore 21,00: conferenza di G. Pirola Saverio e le religioni non cristiane 10 gennaio, ore 21,00: conferenza di E. Rossetto Cristianesimo e religioni cinesi APPUNTAMENTI GAMS 12 gennaio 2006, ore 16,00: santa Messa NATALE: LA SCIARPA AL COLLO p. MOIOLI, sx Un uomo camminava lungo un viottolo, in una giornata d’inverno mentre cadeva la neve. Ai margini della strada vede un piccolo Buddha nudo, intirizzito dal freddo. L’uomo si toglie la sciarpa, la mette al collo del piccolo Buddha e riprende il suo cammino. Sente freddo, ma è felice perché ha donato la sua sciarpa rossa per alleviare il freddo al piccolo Buddha. Tornato a casa, apre la porta e trova il tavolo pieno di cose meravigliose. In Giappone, lungo le strade di campagna, si possono vedere ancora piccole statue scolpite nella pietra con al collo un drappo rosso, a ricordo di una mano e di un cuore misericordiosi. Camminando al quarto piano della casa madre possiamo vedere immagini simili. I nostri cari missionari, seduti sulla carrozzella, possono sembrare piccoli Buddha immobili. Ma se ci avviciniamo e diamo loro il calore di un saluto, di una stretta di mano o di un tocco sulla spalla, vi assicuro che, tornando a casa con il cuore felice, troviamo la tavola della nostra vita imbandita di gioielli e diamanti. È Natale anche al quarto piano e c’è un’atmosfera di luci e di gioia. Le luci sono gli occhi delle persone che vi abitano; la gioia trabocca dai loro cuori. Gli occhi luminosi di fratel Ivo Consigli, di Berceto, Parma Buon Natale! 2005 DICEMBRE PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Nel dono, il senso della vita Andrea Franzini e i giovani del ”Beltrami” classi dell’istituto A lcune tecnico commerciale “E. Beltrami” di Cremona hanno incontrato Andrea Franzini, il volontario cremonese che da dieci anni lavora in Amazzonia nella “pastoral do minor”. Andrea, anch’egli ex alunno del “Beltrami”, è partito nell’estate 1995. Doveva essere una permanenza breve, ma è ancora lì, ad Abaetetuba, nella diocesi che è stata di mons. Angelo Frosi, cremonese di San Bassano, e dove ancora oggi lavorano i missionari saveriani. Non è una scelta facile Non è stata una scelta facile quella di Andrea: lasciare la famiglia, gli amici, il lavoro. Però, dopo aver visto quelle schiere di ragazzi abbandonati a se stessi, che formicolavano sulle strade polverose alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, la sua vita è cambiata di 360 gradi. Ha capito che la vita ha sen- so se diventa dono, soprattutto ai bambini, i più indifesi. Scrive don Primo Mazzolari: “L’amore mette le radici nella povertà. Noi non sappiamo più amarci, perché o siamo stanchi di fare il povero o abbiamo paura di diventare poveri”. È stato un incontro esaltante e commovente quello con Andrea. Il linguaggio immediato e spontaneo, che veniva dal cuore, ha fatto subito breccia nell’animo dei giovani che lo stavano ascoltando. “Professore, sa che ho sentito il desiderio di partire anch’io”, mi confidava una ragazza del quinto anno alla fine dell’incontro. I commenti dei giovani Tante sono state le reazioni e i commenti delle ragazze e dei giovani della 3ª C. “Queste storie di miserie e di squallore umano, che in alcuni casi costringono i genitori a vendere le proprie figlie per sopravvivere, hanno Un ponte sull'oceano Non si può far finta di niente p. PIREDDA, sx Franzini è già torA ndrea nato in Brasile, tra i suoi ragazzi, ma con una speranza in più. I giovani dell’istituto tecnico “Beltrami” di Cremona sappiano gettare un ponte invisibile, ma vero, che attraversi l’oceano. “Tu tocchi in un punto e il tuo gesto si ripercuote all’estremo opposto del mondo” (F. Dostoevskij). Ecco qualche altra reazione dei giovani ascoltatori alla testimonianza di Andrea. 8 L’amore esiste davvero “Mi ha colpito che ragazzine di 12 anni siano obbligate a prostituirsi per trovare il cibo per loro e le proprie famiglie”, sottolinea Stefania riflettendo sul privilegio di vivere in un Paese ricco, magari rincorrendo l’ultimo capo di abbigliamento firmato. Scrive Emanuele: “È sconvolgente! Non si può rimanere insensibili di fronte al degrado e alla fame, alla violazione dei diritti fondamentali, allo sfruttamento del lavoro minorile, alle violenze fisiche e psicologiche, all’abuso sessuale su minori, ai sequestri...”. “Eppure, esempi come quelli di Andrea - continua Emanuele - ci dicono che l’amore e la soli- darietà esistono. Luci di speranza si accendono negli occhi dei ragazzi di Abaetetuba che riscoprono il piacere del gioco, la bellezza di vivere, il gusto di stare insieme bandendo le violenze, con la consapevolezza di poter raggiungere la propria dignità attraverso la scuola. Un oceano Andrea Franzini, durante il suo viaggio in Italia dello scorso anno p. GESUINO PIREDDA, sx creato in me un senso di disgusto e di rabbia allo stesso tempo. Come possono esistere situazioni così opprimenti nel 2005?”, scrive Mattia. Non è facile condividere, neppure a livello teorico, questo mondo di povertà. Eppure “non ci sarà un domani se non lottiamo oggi” (Ademar Bogo). Bisogna liberare l’umanità da quell’assurda ingiustizia che è la fame. Francesca, pensando alle situazioni di degrado descritte da Andrea, si domanda: “In una realtà dove i bambini sono venduti e prostituiti, a volte uccisi dai trafficanti di organi, quale dignità possiamo assicurare loro, se non c’è la possibilità di un’adeguata istruzione, se ogni giorno devono lottare per un pugno di riso?”. “Uno di questi bambini, di nome Baby, si era ridotto perfino a mangiare i gessetti della lavagna”, scrive Michael, rimasto impressionato delle condizio- ci divide dal Brasile, ma noi che abbiamo sentito non possiamo far finta di niente. Ascoltiamo, dunque, le voci e afferriamo le mani dei bambini che si protendono verso di noi in un tentativo di abbraccio”. Un ponte invisibile Laura sogna di poter dedicare qualche tempo della sua vita ai bambini di Abaetetuba: “Penso che non ci sia niente di più bello che regalare un sorriso a un bambino nel bisogno”. Jennifer, poi, confessa di aver scoperto che esiste veramente un altro mondo. Lo scenario di bambini ammucchiati in quella specie di case messe su palafitte, igienicamente sconvolgenti, s’imprime nella mia mente e scende nel mio cuore. No, non posso più lamentarmi se non ho quel tipo di scarpe, o quel modello di maglietta, perché ci sono bambini che non hanno nulla da mangiare e che al mattino non sanno se arriveranno a sera”. “Come in un film, mi passano davanti agli occhi quei bambini, tutti alla ricerca di una speranza, perché una cosa è certa - dice Agostino - quei bambini hanno la stessa voglia di vivere che abbiamo noi”. ■ Per conoscere meglio il lavoro di Andrea Franzini in Brasile, si può contattare l’associazione “L’insieme”, in via Valcamonica 5, Cremona. Tel. 0372 459168; sito web www.insiemecremona.org Alcuni bambini brasiliani hanno appena ricevuto il pasto giornaliero presso il centro dove lavora Andrea Franzini, volontario cremonese in Brasile ni igieniche in cui quei bambini sono costretti a vivere. “Ho capito cosa devo fare” “Non pensavo potesse esistere una condizione così drammatica. Gli occhi di quei bambini, dallo sguardo così intenso e malinconico, mi frugano la coscienza e mi hanno tolto un po’ di pace. Mi ha fatto riflettere sulla mia situazione privilegiata, senza mio merito, e sul modo in cui posso sfruttare le opportunità che mi sono offerte, come l’istruzione, che per quei bambini è una chimera. Soprattutto mi sono chiesto cosa posso fare per dare a quelle persone le mie stesse opportunità”, dice Alessandro. Luca è rimasto impressiona- to sentendo le storie dei ragazzi costretti a vivere sulle strade: “Mi ritengo fortunato ad avere una famiglia che mi vuole bene, un’esistenza confortevole”. “Come può un giovane - si chiede Natalia - aver avuto il coraggio di lasciare tutto e spiccare il volo oltre l’Atlantico fino alle rive del Rio delle Amazzoni? Lì lo attendevano tanti ragazzi in balia di se stessi. A loro Andrea ha cercato di offrire un po’ di speranza, garantendo un pasto al giorno e l’istruzione. I giovani come Andrea sono i veri famosi, e non quelli che ci propongono certi programmi televisivi, veri modelli di degradazione sociale”. ■ (continua a lato) BUON NATALE, DONO DI SPERANZA Signore, cambia il freno delle nostre paure in acceleratore della tua speranza! Buon Natale a tutti: parenti, amici, benefattori, simpatizzanti e lettori! Questo è il nostro desi derio ed augurio: Gesù Salvatore sia conosciu to e amato da tutti. Gesù è nato e, come ogni bambino che nasce, dona speranza al mon do. Gesù ha acceso la speranza più grande che sia mai stata donata all’umanità intera. Con la sua ve nuta ci ha indicato la strada per vivere con il cuore felice e per aiutare gli altri a una gioia mag giore. È lui che ci ha fatto capire il senso vero della nostra esistenza. Noi, suoi amici, desideriamo che al mondo d’og gi egli faccia dono della sua speranza. Trasformi noi credenti in uomini e donne di speranza che lavorano per la costruzione del suo regno nel mondo. Di speranza c’è tanto bisogno. In giro ci sono trop pe facce tristi, con gli occhi spenti. La gioia della fede illumini il nostro sguardo; la grazia di Dio è mio Figlio, renda luminosi i nostri volti; la parola di Dio sia presente sulle nostre labbra per dare conforto, è per te! perdono e consiglio. Così diventiamo testimoni dell’amore di Dio a ogni persona. Gesù ci ha insegnato ad amarci come lui ci ha amati: come figli del Padre e fratelli tra noi. La chiesa, peccatrice e santa, si sforza di testi moniare il vangelo in ogni angolo della terra. Anche noi crediamo nel vangelo e lo vogliamo annunciare a tutti. I migliori auguri, dai missionari saveriani. Siete tutti nei nostri cuo ri e nelle nostre preghiere. Anche voi, soprattutto in questi giorni di Natale, ricordatevi di noi e di tutti i missionari nel mondo. 2005 DICEMBRE PIEMONTE e liguria 16156 GENOVA PEGLI GE - Viale Modugno, 39 Tel. 010 6969140 - Fax 010 6967910 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00303164 Nel dono, il senso della vita Andrea Franzini e i giovani studenti classi dell’istituto A lcune tecnico commerciale “E. Beltrami” di Cremona hanno incontrato Andrea Franzini, il volontario cremonese che da dieci anni lavora in Amazzonia nella “pastoral do minor”. Andrea, anch’egli ex alunno del “Beltrami”, è partito nell’estate 1995. Doveva essere una permanenza breve, ma è ancora lì, ad Abaetetuba, nella diocesi che è stata di mons. Angelo Frosi, cremonese di San Bassano, e dove ancora oggi lavorano i missionari saveriani. Non è una scelta facile Non è stata una scelta facile quella di Andrea: lasciare la famiglia, gli amici, il lavoro. Però, dopo aver visto quelle schiere di ragazzi abbandonati a se stessi, che formicolavano sulle strade polverose alla ricerca di qual- cosa da mettere sotto i denti, la sua vita è cambiata di 360 gradi. Ha capito che la vita ha senso se diventa dono, soprattutto ai bambini, i più indifesi. Scrive don Primo Mazzolari: “L’amore mette le radici nella povertà. Noi non sappiamo più amarci, perché o siamo stanchi di fare il povero o abbiamo paura di diventare poveri”. È stato un incontro esaltante e commovente quello con Andrea. Il linguaggio immediato e spontaneo, che veniva dal cuore, ha fatto subito breccia nell’animo dei giovani che lo stavano ascoltando. “Professore, sa che ho sentito il desiderio di partire anch’io”, mi confidava una ragazza del quinto anno alla fine dell’incontro. I commenti dei giovani Tante sono state le reazioni e p. GESUINO PIREDDA, sx i commenti delle ragazze e dei giovani della 3ª C. “Queste storie di miserie e di squallore umano, che in alcuni casi costringono i genitori a vendere le proprie figlie per sopravvivere, hanno creato in me un senso di disgusto e di rabbia allo stesso tempo. Come possono esistere situazioni così opprimenti nel 2005?”, scrive Mattia. Non è facile condividere, neppure a livello teorico, questo mondo di povertà. Eppure “non ci sarà un domani se non lottiamo oggi” (Ademar Bogo). Bisogna liberare l’umanità da quell’assurda ingiustizia che è la fame. Francesca, pensando alle situazioni di degrado descritte da Andrea, si domanda: “In una realtà dove i bambini sono venduti e prostituiti, a volte uccisi dai trafficanti di organi, quale dignità possiamo assicurare loro, se non Natale: rivive la speranza Auguri sinceri a tutti voi dopo giorno siamo G iorno arrivati anche alla fine del 2005, un tempo che il Signore, nella sua infinita bontà, ci ha concesso di vivere per costruire un mondo più fraterno, più solidale. È tempo di ottimismo Pur osservando le numerose tragedie che colpiscono questa nostra umanità in tante parti del mondo, abbiamo la possibilità anche quest’anno di riflettere sui veri e autentici valori che devono sostenere e orientare la nostra vita. La fine dell’anno può essere il periodo favorevole per fare questo utile esame di coscienza. 8 Potrà suscitare in noi una profonda preghiera di riconoscenza verso il nostro Creatore, per gli innumerevoli doni e grazie che anche p. ANTONIO BENETTI, sx in questo 2005 ci ha generosamente elargito. Dobbiamo ammettere che prevale in noi una certa tendenza al pessimismo. Siamo poco inclini a riconoscere gli aspetti positivi nel nostro Paese e nel mondo intero. Forse, confrontandoci con gli enormi problemi e le drammatiche sofferenze dell’umanità, potremo avere un maggiore ottimismo e apprezzare di più quello che il Signore ci ha donato. È il tempo dell’amore Il Qoèlet, un libro della Bibbia, ci ricorda che ogni tempo ha le sue caratteristiche: “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piangere e un tempo per ridere”. Davanti a noi abbiamo due tempi: il tempo dell’Avvento, per prepararci alla venuta del Signore, e il tempo del Natale, per celebrare la sua nascita in mezzo a noi come Salvatore. Sostenuti dalla fede e dal clima di fraternità universale, durante questo periodo vogliamo cercare di aprire maggiormente il nostro cuore alle necessità spirituali e materiali del prossimo. Insieme a Maria nostra Madre, ci rendiamo conto che con la nascita di Gesù è avvenuta una svolta radicale nella storia dell’umanità. Comprendiamo che Dio è Padre e ci ama tutti con amore infinito. Alcuni bambini brasiliani hanno appena ricevuto il pasto giornaliero presso il centro dove lavora Andrea Franzini, volontario in Brasile c’è la possibilità di un’adeguata istruzione, se ogni giorno devono lottare per un pugno di riso?”. “Uno di questi bambini, di nome Baby, si era ridotto perfino a mangiare i gessetti della lavagna”, scrive Michael, rimasto impressionato delle condizioni igieniche in cui quei bambini sono costretti a vivere. “Ho capito cosa devo fare” “Non pensavo potesse esistere una condizione così drammatica. Gli occhi di quei bambini, dallo sguardo così intenso e malinconico, mi frugano la coscienza e mi hanno tolto un po’ di pace. Mi ha fatto riflettere sulla mia situazione privilegiata, senza mio merito, e sul modo in cui posso sfruttare le opportunità che mi sono offerte, come l’istruzione, che per quei bambini è una chimera. Soprattutto mi sono chiesto cosa posso fare per dare a quelle persone le mie stesse opportunità”, dice Alessandro. Luca è rimasto impressionato sentendo le storie dei ragazzi costretti a vivere sulle strade: “Mi ritengo fortunato ad avere una famiglia che mi vuole bene, un’esistenza confortevole”. “Come può un giovane - si chiede Natalia - aver avuto il coraggio di lasciare tutto e spiccare il volo oltre l’Atlantico fino alle rive del Rio delle Amazzoni? Lì lo attendevano tanti ragazzi in balia di se stessi. A loro Andrea ha cercato di offrire un po’ di speranza, garantendo un pasto al giorno e l’istruzione. I giovani come Andrea sono i veri famosi, e non quelli che ci propongono certi programmi televisivi, veri modelli di degradazione sociale”. ■ SINCERI AUGURI DAL BRASILE p. MARCELLO ZURLO, sx Padre Antonio Benetti, superiore della comunità saveriana di Pegli È tempo di auguri Dio è con noi. Come ha fatto con gli umili pastori di Betlemme, egli porti in dono speranza, salvezza e felicità a tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto ai più poveri. A ciascuno di voi confermiamo il nostro sincero grazie per la vostra amicizia, l’aiuto spirituale e materiale. Siete sempre presenti nella nostra preghiera. Vogliamo continuare insieme il cammino della vita, amando l’umanità intera con l’amore di Cristo. A tutti, l’augurio di benedizioni divine. ■ Buon Natale! Dall’altra sponda dell’oceano Atlantico vi giunga un caro saluto e un augurio di pace! Per oltre due mesi sono stato par roco a Vila dos Cabanos, per sostituire il padre spagnolo che è a casa per un periodo di riposo. Qui mi trovo a mio agio. Specialmente la domenica de vo lavorare molto, fino a cinque Mes se; oltre ai matrimoni, quando ce ne sono. Ma cerco di passare anche un po’ di tempo con le famiglie amiche. E questo mi aiuta a distendermi. Attraverso la Procura delle missioni ho ricevuto la vostra offerta “per lo sviluppo e la crescita della nostra mis sione tra le paludi della periferia di Belém”. II vostro gesto dimostra che siamo una stessa famiglia, in qualsiasi parte del mondo si trovi un sa veriano. Sono ben 55 anni che sono saveriano e ne sono veramente felice. Il beato Conforti ci ha lasciato una grande eredità, un carisma missio nario, un profondo amore alla croce e una gran voglia di vivere, per fare del bene e per salvare tutti. Tante persone in Italia ci sostengono con la preghiera e la sofferenza. Noi missionari ne raccogliamo i frut ti, grazie alla bontà di Dio. E così ci sentiamo tutti più uniti e fraterni, lavorando e pregando per la stessa missione di Cristo nel mondo. Un affettuoso e sincero augurio a tutti, assicurando il ricordo nel la preghiera. 2005 DICEMBRE REGGIO CALABRIA 89055 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 Natale, la grande attesa Poterlo baciare, anche senza moneta L a vita è tutta un’attesa. Il bambino aspetta quando sarà grande. Il giovane ha tanti sogni e aspetta che si realizzino. Il povero aspetta di diventare ricco. Il malato aspetta il miglioramento e la buona salute. Il prigioniero aspetta la liberazione. L’esiliato aspetta di tornare in patria. Il peccatore aspetta il perdono. L’avvento liturgico è un attendere che il Signore venga in modo che noi possiamo incontrarlo, uomo come noi. E lui è venuto. Ha avuto una mamma, tanti amici e anche dei nemici. Questi lo hanno perseguitato, lo hanno condannato, lo hanno crocifisso. Ma lui era venuto per la vita, non per la morte. Così il terzo giorno è risorto. Ha detto ai suoi amici: “Ora io ritorno al Padre. Voi aspettatemi, perché tornerò a prendervi”. “Vieni Signore Gesù!” Natale è tutto questo: godere Una madre africana in cerca di qualche pesciolino per nutrire la famiglia p. ERCOLE MARCELLI, sx della sua presenza sacramentale e aspettare il suo ritorno, come egli ha promesso. Perciò noi preghiamo: “Vieni, Signore Gesù”. Intanto ogni anno celebriamo la dolce festa del Natale. Quasi a dire: “Fu così bello, quando era cullato dalla mamma, amato dagli amici, desiderato dai malati, ascoltato da molti con stupore... Nessuno ha mai parlato bene come lui! Lo rivedremo. Intanto ci divertiamo a metterlo in tanti presepi, al centro del nostro mondo, piccolo e grande. Sappiamo che il presepio è solo un’espressione, un segno esteriore di quanto desideriamo vederlo veramente. Come la sposa che guarda e bacia la foto dello sposo lontano, desiderando con ardore di rivederlo e riabbracciarlo presto. Ecco la nostra preghiera, insistente e sincera: “Vieni, Signore Gesù! Non solo nel presepio, ma nella vita nostra e del mondo intero. Più o meno coscientemen- te, ti aspettiamo tutti. Vieni!”. Ricordi del Natale Era così il mio Natale. Quando da bambino, la notte di Natale, dopo l’allegra tombolata in famiglia, si andava in chiesa per la Messa di mezzanotte, per vedere la stella di legno, con una candela accesa su ogni punta, viaggiare su di un fil di ferro teso dalla cantoria in fondo alla chiesa fino al presepio accanto all’altare. Poi alla fine, si baciava il Bambino offrendo una piccola moneta. Pensando che la moneta fosse necessaria, io non andai a baciarlo, perché quell’anno la moneta non l’avevo. Ma quando lui verrà di nuovo, come ha promesso, la moneta la porterà lui. E io potrò baciarlo e andare dove lui è. Quanti Natali ho passato nelle comunità saveriane, sparse nei continenti di questo mondo! Qualche volta, chiuso in un confessionale, a distribuire il perdono di Dio. Che Natale quel- Il segreto del missionario Un anno di grazia del Signore H o trascorso più di un anno nella comunità di Gallico. È stato per me “un anno di grazia del Signore”. L’ho assaporato fino in fondo e posso affermare che il Signore mi è stato favorevole. Dopo aver terminato gli studi teologici a Parma, sono arrivato qui per fare un anno di animazione pastorale e completare la mia formazione, prima di consacrarmi in modo definitivo al Signore. 8 Lo stile di vita calabrese Ho imparato ad amare la cultura e la terra calabrese, insieme alla sua gente. Quest’esperienza mi ha molto arricchito. Ho incontrato persone che hanno una fede profonda in Dio e mi hanno fatto crescere nella capacità di ascoltare e apprezzare realtà diverse. Questo mi ha fatto bene. Mi ha fatto capire che sono chiamato ad essere missionario ovunque. Il popolo gallicese ha una grande devozione alla Madonna della Grazia. Ho visto tante persone in ginocchio, con lo sguardo verso la Madonna, affidarsi alla sua materna intercessione. Ho scoperto il meraviglioso valore della famiglia, che è molto allargata, rispetto ad altre regioni d’Italia. Ho provato la generosità e l’allegria del popolo calabrese, caratteristiche del loro MICHEL DA ROCHA, sx stile di vita. Veramente, è stato un anno meraviglioso. Ho ricevuto tante grazie dal Signore; e lo ringrazio di cuore. Ringrazio anche la comunità saveriana di Gallico, dove ho vissuto come in una vera famiglia, e tutte le persone con cui ho condiviso un tratto del cammino della vita. Rimanere e andare... Nella consacrazione religiosa missionaria secondo il carisma saveriano, chiedo al Signore la forza di dedicare tutta la mia vita al vangelo là dove sarò mandato. Tra poco partirò per il Brasile, per essere ordinato sacerdote in aprile. Gesù mi chiede di rimanere nel suo amore. Ne sono convinto: solo rimanendo nell’amore di Gesù, potrò andare in tutto il mondo ed annunciarlo a chi ancora non lo conosce. “Rimanere e andare”: sembra quasi un paradosso, un controsenso, due verbi che non stanno insieme. Ma proprio qui sta il segreto del missionario. Questi due verbi sono armonizzati dalle parole del beato Conforti: “il missionario è un contemplativo in azione”. Questa è la mia vocazione: essere unito a Cristo nella contemplazione della sua vita, per andare in tutto il mondo e annunciare il suo amore. Partendo in missione, cercherò di amare tutti, vedendo Dio, amando Dio e cercando Dio in tutto. Spero così di contribuire a “fare del mondo una sola famiglia”, come sognava il beato Conforti. Il Signore ci è sempre favorevole. ■ lo passato sulle montagne di Taiwan, al mio primo anno di studio della lingua cinese, con i missionari francescani, che avevano insegnato agli aborigeni il canto “Tu scendi dalle stelle”! Ricordo anche un Natale passato nell’ospedale di Parma, a vegliare tutta la notte presso un nostro missionario malato. Un Natale indimenticabile è stato il 1998. Perché quel giorno ho dovuto lasciare la missione della Sierra Leone, mentre i ribelli imperversavano con indicibili crudeltà. Ancora non sono riusci- to a tornarvi. Anche questa è una grande attesa, almeno per me. Egli è sempre con noi Gesù diceva ai suoi: “Me ne vado, ma poi tornerò da voi”. Gesù conferma la verità di questo messaggio e dice: “Sì, sto per venire. Amen”. Vieni, Signore Gesù! Noi rimaniamo in attesa. E intanto, godiamo della tua presenza attraverso tanti segni che ci dimostrano una verità: tu sei sempre con noi. ■ Buon Natale a tutti! SAN GAETANO, IL SANTO DEL SUD Domenica 23 ottobre, un sa cerdote di Reggio Calabria è sta to proclamato santo: san Gaetano Catanoso. Grande apostolo del l’Eucaristia e devoto del Volto San to, era chiamato “il confessore del la chiesa reggina”. In questi giorni, quando la Cala bria è sulle pagine di cronaca per altri avvenimenti, è provvidenzia le che un figlio di questa regione sia proposto a modello di santità per tutti. San Gaetano ha espresso in modo eroico le migliori doti del popolo calabrese: l’umiltà, la pie tà, la bontà. Ci dimostra che la san tità è sempre possibile a chi segue Gesù, amando Dio e l’umanità. Bene aveva detto di lui l’arcive scovo Mondello, in occasione della sua beatificazione: “Uno dei nostri preti, di quelli che vivono a con tatto con la gente, nell’esperienza quotidiana della vita parrocchiale, nell’impatto con il complesso mondo dei problemi, delle fatiche e dei disagi di ogni giorno; un prete di questa terra che è il sud del Sud”. Padre Domenico Calarco (foto a sinistra), missionario saveriano di Bagnara Calabra, ha conosciuto personalmente il santo sacerdo te, ricevendo il beneficio della sua santità. Intervistato da Nico Gaglioti, lo ricorda così: “Padre Catanoso è stato mio direttore spirituale all’inizio della mia vita nel semi nario di Reggio Calabria. In seminario c’era l’obbligo di accostarsi al sacramento della penitenza almeno una volta la settimana. Di lui ricordo molti aspetti, ma soprattutto il suo sorriso. Ricordo pure i suoi occhi, che si spalancavano e ci guardavano quasi “in curiositi”, quando ci accostavamo al sacra mento della riconciliazione. Era una “curio sità” che ci faceva sentire a nostro agio”. 2005 DICEMBRE ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 Una giornata con padre Fiore Il saveriano di Montopoli in Sabina quest’anno, nel meA nche se di ottobre, i cittadini di Montopoli in Sabina si sono riuniti per una giornata di preghiera e di riflessione sulle missioni. Lo hanno fatto in ricordo del loro concittadino ed ex parroco, che ora riposa in terra burundese, sepolto nella missione di Gisanze. È il missionario saveriano padre Fiore D’Alessandri; ma per loro è ancora il caro e compianto don Fiore. Ormai è una tradizione, iniziata lo stesso anno della sua morte, nel luglio del 1992, e continua con successo. Quest’anno è stata la sua 14.ma edizione. L’incontro è stato organizzato da Mani Aperte Onlus, un’associazione costituita proprio in ricordo di padre Fiore, per continuare a sostenere la sua opera di evangelizzazione e promozione umana in Burundi. Ci siamo ritrovati sabato 15 ottobre presso il monastero delle suore clarisse di Fara Sabina. È stata una splendida giornata autunnale. Nel monastero di Fara Erano presenti circa 60 persone, provenienti da Montopoli, dalle parrocchie vicine e anche da Roma, tutti amici delle missioni. C’era anche una giovane mamma con la sua bambina. Il parroco don Sebastiano Angeloni, successore di don Fiore a Montopoli, ha letto i messaggi di saluto e di benedizione inviati dal vescovo della diocesi sabina mons. Lino Fumagalli e da padre Marcello Storgato, missionario saveriano che ha conosciuto don Fiore da quando era seminarista a Magliano Sabina. Non hanno potuto essere presenti all’incontro, ma hanno partecipato spiri- ALVARO TOMASSETTI tualmente. Don Carmelo Cristiano ha presentato l’ultima sua raccolta dei pensieri tratti dagli appunti di padre Fiore. L’ha intitolata “Lucetta del mattino - 7”. Padre Fiore, infatti, ci ha lasciato una grande quantità di scritti di ogni genere. Don Carmelo li ha pazientemente raccolti, studiati, catalogati, a volte perfino decifrati, e poi divulgati in tanti opuscoli che la gente ha molto gradito. A sostegno dei “batwa” Durante l’incontro di quest’anno, i componenti del consiglio direttivo dell’associazione Mani Aperte Onlus hanno presentato al pubblico un progetto di solidarietà per sostenere i pigmei batwa della diocesi di Muynga, in Burundi, iniziando dagli abitanti di Gisanze, la mis- Il pozzo della Madonna Acqua potabile in Sierra Leone Padre Nazzareno, 81 anni compiuti, ha trascorso 50 anni di vita missionaria in Sierra Leone. È una delle “figure storiche” di quella missione africana. Negli ultimi anni, ha dovuto controllarsi un po’ in salute, e attualmente è in Italia per altri controlli. In settembre, dalla Sierra Leone ci aveva dato questa bella notizia, che ora pubblichiamo, augurandogli di ristabilirsi. Padre Bramati inaugura la pompa del nuovo pozzo I n Sierra leone, nell’Africa occidentale, la stagione della secca dura circa sei mesi, da novembre a maggio. I problemi dell’acqua incominciano verso la fine di gennaio: i ruscelli si seccano e nei pozzi, poco profondi, resta solo melma. La gente allora va dove c’è acqua e cioè, in qualche palude che resiste alla siccità. Ma si tratta di acqua stagna, con tante creaturine che con il tepore del caldo si moltiplicano a più non posso. Quest’acqua non è assolutamente potabile. Deve essere bollita e filtrata perché diventi libera da insetti e altre famiglie natanti. Solo allora può essere be- 8 Il pozzo durante i lavori di scavo vuta. Purtroppo, i nostri africani la bevono così come l’attingono; basta che sia un po’ limpida. Non sono rari i casi di tifo e di dissenterie allarmanti. “Signore, aiutaci tu!” Aiutarli a non ammalarsi è un atto di squisita carità. Un pozzo profondo e ben protetto è una cosa ideale. Costa un po’ di soldini, ma si salvano delle vite, che sono sempre più preziose dei soldi. Con questi pensieri in mente, pregavo: “Signore, mandaci l’aiuto!”. Ditte che scavano pozzi ce ne sono anche qui in Sierra Leone, ma sono costose. La ditta più vicino a noi, che lavora anche con la Caritas della diocesi di Makeni, p. NAZZARENO BRAMATI, sx chiedeva 20 milioni di leoni, moneta locale che corrisponde a circa seimila euro. Ahi! lasciate ogni speranza. Dove trovare un simile aiuto? Il Signore ha provveduto! Una signora di nome Maria, aveva lasciato a don Franco Mezzanotte, parroco di Poggio Mirteto (Rieti), una somma di 5.000 euro, da destinarsi alle missioni. Il parroco venne a sapere da mia sorella Giustina che io stavo partendo per tornare in missione. Don Franco la chiamò: “Dica a suo fratello che si presenti e raccolga l’offerta per la missione che è con me”. Così feci, tutto contento che il Signore era venuto in aiuto per costruire il pozzo, che salverà la vita di tanta gente. Ora il pozzo è fatto e dà acqua limpida e pura in abbondanza. Abbiamo cominciato i lavori il 20 maggio e l’abbiamo benedetto domenica 28 agosto. La pompa è messa in modo tale che chi pompa è rivolto verso il santuario della Regina della famiglia, per ricordarsi che quell’acqua è un dono della Vergine santa. ■ Non è stato possibile riunire tutti i partecipanti alla bella giornata trascorsa a Fara, in memoria di don Fiore; nella foto, una parte di loro, con don Sebastiano, don Carmelo e la giovane mamma sione di padre Fiore. Il vescovo di Muynga mons. Joachim, nell’ultima sua visita a Montopoli, ci aveva consegnato il progetto, che noi abbiamo adottato come associazione. Informato circa il nostro incontro, il vescovo burundese ci ha inviato il seguente messaggio: “Stavo proprio guardando le fotografie sull’andamento dei lavori di costruzione di alcune case per i pigmei batwa di Muynga. Abbiamo iniziato i lavori dopo che un missionario francese ci ha dato, a sorpresa, un aiuto di 10.000 euro. La parrocchia di Gisanze è ora seguita da due bravi sacerdoti diocesani. I nostri cari saveriani hanno lasciato la parrocchia per fondare una nuova missione, non lontano da Gisanze. Non potete immaginare quanta gioia mi porta il vostro messaggio che mi è arrivato in questo momento. Mi congratulo con voi per la raccolta in corso e ve ne ringrazio”. Una lettera testamento Proprio ai pigmei batwa padre Fiore aveva dedicato gli ultimi anni della sua vita. Per loro, nella sua ultima lettera, ci aveva chiesto di adoperarci. Per noi quella lettera è quasi un testamento. I lavori della mattinata sono terminati con la santa Messa. Nel pomeriggio sono state proiettate alcune immagini del Burundi, per animarci di più a sentire e manifestare la fraternità universale. Insomma, abbiamo passato una bella giornata, in un luogo bellissimo, nel ricordo di don Fiore, nella preghiera e nel proposito di fare qualcosa di buono per le missioni. ■ Per contribuire: C/c postale 53654406 intestato a Assoc. Mani Aperte-Onlus; P. Nicolò II, 2 - 02034 Montopoli di Sabina (RI) BUON NATALE! FELICE ANNO! p. FIORE D'ALESSANDRI, sx Insieme agli auguri sinceri, alcuni pensieri per meditare. Sono di padre Fiore D’Alessandri. Possono essere anche i nostri pensieri, per un Natale di grazia, per un Anno felice. “Attento ad essere sempre tempestivo. Evi ta la pigrizia. L’ora del ben fare è subito. Può darsi che l’occasione buona non torni più, se la perdo. Il seme gettato fuori stagione non cresce e non dà frutto. Se il medi co arriva tardi, l’ammalato muo re. Attento però al momento op portuno. Non essere prematuro”. “Ricominciare sempre, agire come se la vita iniziasse oggi. Servirsi però delle esperienze del passato, sia proprie che degli altri. Avere slancio, entusiasmo, freschezza, speditezza, dinamicità, mo dernità. Fare ogni sforzo come se tutto dipendesse da me, ma pregare con la convinzione che tutto di pende da Dio”. è mio Figlio, è per te! “Ogni giorno un piccolo dono agli altri. Ogni minimo regalo è sempre una sorpresa gradita. Sono i piccoli doni fatti con frequenza che ce mentano le amicizie. O almeno pregare, chiedendo a Dio un deside rio di bene per tutti, un sorriso o una parola come la desidererei per me in circostanze simili; un buon esempio, una precedenza, un salu to, uno sguardo amorevole...”. 2005 DICEMBRE ROMAGNA 48020 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Pensieri di fine anno Due sentimenti importanti p. A. CLEMENTINI, sx passaggio da un anno alN ell’altro, possiamo ricordare due proverbi: “non versare lacrime sul latte versato” e “non voler stringere ciò che ti è sfuggito di mano”. Ma vorrei proporvi di concentrare la nostra riflessione su due sentimenti positivi: la riconoscenza e la fiducia. La vera riconoscenza C’è un sentimento che si fonda su ciò che è passato: è la riconoscenza. Con ironia, si dice che la riconoscenza è la virtù dei benefattori, e che la sua misura si basa sulla sensibilità dei beneficati. Noi missionari riceviamo spesso espressioni di riconoscenza. Ricordo la risposta avuta da ragazzo a una lettera di ringraziamento scritta alla persona che aiutava mio padre a pagare la retta in seminario: “Non devi ringraziarmi per quello che faccio per te. Anzitutto perché quanto possiedo è dono di Dio; e poi perché debbo io ringraziare te che mi dai l’occasione di fare un po’ di bene”. Se anche voi e noi la pensiamo così, allora siamo in sintonia tra noi e lo siamo con Dio, il datore di ogni bene. In questi ultimi mesi la comunità saveriana di san Pietro in Vincoli ha ospitato molti gruppi. Le poche fotografie che possiamo pubblicare non possono dire tutto. Anche noi missionari abbiamo dovuto correre per soddisfare, nei limiti del possibile, tutte le richieste di collaborazione. Proprio per questo abbiamo la gioia di dire grazie a Dio e a quanti ci hanno dato l’occasione di lavorare per l’avvento del suo Regno. Diceva il beato Conforti: “il missionario reputi sempre somma gloria il cooperare per la salvezza del mondo”. Motivi per non ridere Fare un bilancio del passato è facile; il futuro, invece, è imprevedibile. Sono passati appena cinque anni da quando siamo entrati con entusiasmo nel terzo millennio. Non un anno o un secolo, ma un millennio! Ed è solo il terzo millennio del “dopo Cristo”. È arrivato dopo tre anni di preparazione al “grande giubileo”. Proprio mentre ci eravamo appena abituati a contare gli anni del duemila e sentivamo le ali ai piedi, eccoti quell’11 settembre 2001. Con le torri gemelle sono crollati i nostri sogni di un’epoca di pace e di benessere. Forse anche per questo, da allora, non ce la sentiamo più di cominciare un nuovo anno con troppo entusiasmo. A tarparci le ali ci sono tanti motivi di paura: le guerre tra nazioni non avvengono più solo per interessi materiali e di confine, ma tra culture e per motivi ideologici e di prestigio, con l’intervento di atti terroristici dei kamikaze. Dagli uomini politici, a livello locale o internazionale, anziché protetti Ospiti sempre graditi Mons. Giuseppe Verucchi, arcivescovo di Ravenna, ha passato dai saveriani un’intera giornata di preghiera e lavoro con i suoi collaboratori della curia ci sentiamo spesso strumentalizzati. Anche la chiesa è presa come un bersaglio da abbattere, perché richiama “l’obbedienza alla fede”, se la prende con “la dittatura del relativismo” e con il “fai da te” nel supermercato delle religioni... Avere ancora fiducia Anche di fronte ai cataclismi naturali qualcuno ce l’ha con Dio e si domanda se c’è ancora, se dorme, se ha smesso di essere buono, se è utile che ci sia… Quanta nostalgia nel rileggere il capitolo 6 degli Atti degli apostoli, dove si descrive la vitalità interna della chiesa! Giovanni Paolo II ci ha lasciato con i suoi appelli: “Non abbiate paura!” e “Prendi il lar- go!”. Benedetto XVI li ha fatti suoi e ha già dato prova non solo di conoscere il mare in cui navigare e la barca da traghettare, ma di avere anche il polso esperto per reggere il timone. Questa è la garanzia che risuonano ancora nella nostra società le parole di Gesù: “Io sono con voi sempre”. La soluzione del problema sta solo nel sintonizzarsi sull’onda di questo messaggio. Lavoriamo insieme e con coraggio, la fiducia non delude! Gli auguri per il nuovo anno li abbiamo espressi nel numero di novembre di “Missionari Saveriani” con il calendario, perché fossero presenti tutti i giorni dell’anno. Ora, non ci resta che rinnovarli a ciascuno di voi. ■ quei pellegrini speciali Un bel gruppo di saveriani e saveriane, provenienti da una dozzina di missioni, per tre mesi hanno partecipato a un corso di aggiorna mento presso la comunità saveriana di Tavernerio (Como). Ventisei saveriane “della terza età” provenienti da Congo, Camerun, Ciad, Brasile, Messico, Giappone, Stati Uniti e Italia, hanno scelto S. Pietro in Vincoli per ricaricarsi nello spirito. In prima fila, cinque saveriane “della prima età”, venute per imparare dalle ...“nonne”. Hanno concluso la loro esperienza con un pellegrinaggio in Terra Santa, alle fonti del cristianesimo. Ma prima hanno sentito il bisogno di fare una visita ai mosaici di Ravenna. Qualcuno ha definito quei mosaici con questa espressione: “il van gelo secondo Ravenna”. È una dimostrazione che la nostra cultura ha profonde radici cristia ne. Non si possono certo negare! Il 3 ottobre, festa di santa Teresa del Bambino Gesù, il terz’ordine carmelitano di Emilia Romagna si è riunito dai saveriani. Hanno trovato ispirazione nella santità che la patrona delle missioni assorbiva dall’Eucaristia. 8 2005 DICEMBRE SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 Un autentico uomo di Dio Così ricordo fratel Raimondi Il presidente dell’Azione cattolica della diocesi di Salerno racconta di fratel Vincenzo Raimondi, saveriano molto conosciuto e ricordato in Rione Petrosino, a 21 anni dalla morte. conosciuto fratel RaiH omondi quando avevo sette anni. Ero stato affidato a lui per la preparazione alla prima Comunione. Una cosa lo caratterizzava: quella lunga barba bianca, che gli conferiva un aspetto ieratico e severo, a dispetto di un animo benevolo e generoso. Per noi era padre e nonno Ricordo come fosse ora, la cura e fermezza con cui ci insegnava le cose di Dio. Andavo a “sostenere” gli esami di catechismo con trepidazione. Ho scoperto solo più tardi che era un “semplice” fratello della famiglia saveriana, ma per me e per gli altri è rimasto sempre padre Raimondi, perché era un padre premuroso, un simpatico nonno, un saggio vecchio d’altri tempi. Era nato in un paesino del profondo sud e questo modo di essere gli è sempre rimasto nella testimonianza di fede, di vita e nel suo modo garbato e sereno di GIUSEPPE PANTULIANO relazionarsi con gli altri. La sua origine campagnola gli donava, nei mille incontri quotidiani con la gente e nelle più disparate attività cui si dedicava, la semplicità di un contadino, la praticità di un ciabattino, l’essenzialità di un eremita, la robustezza di un incallito lavoratore, la forza spirituale di un uomo “vissuto”, la dedizione e lo zelo di un cristiano autentico. Fratel Vincenzo era tutto questo ai miei occhi. Fin da allora, ha ispirato in me l’amore per Gesù e per la chiesa, gettando le basi per il mio servizio educativo ed ecclesiale: in famiglia come padre, nel lavoro come psicologo, in parrocchia come catechista, nell’associazione laicale come animatore. Sempre presente e discreto Lo ricordo piacevolmente nel suo sgabuzzino, mentre da solo ripassava i canti accompagnandosi all’armonium, con la partitura poggiata sul leggio. Diceva di non cavarsela bene. Ogni tanto mi chiedeva di aiutarlo a leggere i passaggi melodici più complicati. Ma io ero incantato nel sentirlo lodare il Signore così, senza troppe pretese, senza troppi vir- Ricordi da conservare Uno sguardo all'indietro inizi degli anni cinA gli quanta, a Salerno, città non ancora multietnica com’è oggi, l’arrivo dei missionari saveriani ha dato vita a un movimento culturale che apriva la mente a nuove problematiche. Grazie a loro, è stato più facile conoscere civiltà tanto lontane dalla nostra. 8 Un ritrovo per tanti di noi Nella casa dei saveriani, in cima a via Tasso, nel cuore del centro storico e con una splendida vista sul golfo, sono ancora frequenti gli incontri con i missionari. Il loro modo di relazionarsi, il loro carisma e soprattutto la loro semplicità attirano e incantano universitari e liceali. Tutti sono coinvolti, deside- prof. ANTONIO SESSA rosi di dare il proprio contributo a ricerche di carattere religioso e etnico, sempre connesse con la missione. Anch’io facevo parte del gruppo, quando frequentavo l’istituto universitario orientale di Napoli, dove mi sono laureato in lingue dell’estremo Oriente. Nutrivo un forte interesse per il mondo delle missioni e sognavo terre lontane. Sono tanti i ricordi che si affollano nella mente, tutti ancora vivi e intensi. Padre Franco Teodori, di venerata memoria Il fascino di padre Teodori Rivedo la figura di padre Franco Teodori, con il suo sguardo pieno di luce. Era appena tornato dalla Cina, dove aveva sofferto il carcere ed era stato vittima di accanite persecuzioni. Par- tuosismi, silenziosamente. Quando arrivavo nella storica sala teatro dei saveriani, lo trovavo sempre al suo posto, all’interno della guardiola, pronto ad accoglierti e a scambiare una parola. Sdrammatizzava i momenti difficili e si faceva carico di mediare con la sua comunità per farci trattenere qualche ora di più. Ogni tanto sbirciava curioso da dietro la porta ed era soddisfatto dei nostri lavori. Fuori, nel grande ingresso, mi dava qualche consiglio e suggerimento, con pudore e discrezione. Era così fratel Raimondi: sempre presente, eppure sempre discreto; sempre attento, e mai invadente; sempre dietro le quinte, ma sempre incoraggiante. “Gli voglio ancora bene” Oggi viviamo in un mondo di anonimato, siamo distratti e in continua corsa. Siamo abituati a mantenere le distanze tra noi e le cose che facciamo, i luoghi che frequentiamo, le esperienze che viviamo, spesso in modo superficiale. Non era così fratel Vincenzo: lui gioiva e si stupiva di quelle piccole cose e occasioni che a noi sembrano scontate e insignificanti. landoci dei momenti che aveva vissuto, padre Franco accendeva i nostri cuori. Con pazienza e con la sua voce dolce ma sicura, mi ha fatto appassionare alla lingua cinese, in un’aula unica nel suo genere: la sacrestia della chiesa dell’Addolorata. A livello cittadino, è indimenticabile la generosità di p. Teodori. In occasione dell’alluvione del 1954, insieme a mons. De Girolami, è stato protagonista di vari salvataggi di persone in pericolo, soccorse anche a rischio della vita. Dal punto di vista missionario, è stato promotore della Lega missionaria e fondatore della Legio Mariae a Salerno. Fratel Vincenzo nella parrocchia di San Paolo con il parroco don Benedetto, al termine della celebrazione eucaristica della prima Comunione Restando nella semplice compagnia di Gesù, diventava per noi strumento dello Spirito. Con l’esempio riusciva a mostrare l’amore trinitario, non facilmente spiegabile a parole. Era un uomo di Dio. Un santo? Non saprei. Uno che ha accolto in sé la vocazione universale alla santità? Direi di sì. Un religioso, la cui vi- ta era permeata dall’amore per i fratelli, dalla fede nel Dio crocifisso, dalla speranza in Cristo Risorto. Un uomo che ha speso la sua esistenza per accumulare un tesoro nel regno dei cieli. Lo ricordo con affetto e simpatia. Gli voglio ancora bene, e come me, sono sicuro, tutti i suoi amici. ■ ”RICORDO FRATEL PALUMBO” Cristina, pronipote di fratel Eduardo Palumbo, di Monte Cicerale (SA), ricorda lo zio che ha trascorso a Salerno diversi anni della sua vita, sempre ben disposto ad aiutare. ”Ancora ricordo con quanta meraviglia lo sentivo cantare, dopo che il dolore e la sofferenza gli davano tregua. In que sto modo ringraziava il Signore e ci ricordava che tutto viene da Lui, gioia e dolore. Soffriva molto, il suo corpo gli procura va solo atroci dolori. Nonostante soffrisse così tanto, appena il dolore leniva, il suo canto si elevava al Signore. Il suo ricordo è vivo in noi. Ci ha insegnato a sopportare il dolore e ad accet tarlo per la salvezza di tutte le anime. Grazie, zio Eduardo”. Cristina Palumbo p. Ezio Marangoni p. Nazzaren o Corradin o Cavallo i p. Francesc BUON NATALE DA NOI TUTTI Dal passato al futuro Non posso dimenticare fratel Raimondi, noto a tutti per i suoi modi affabili e sempre pronto a rendersi utile. E ancora ricordo p. Aurelio Cannizzaro quando, tornato dalle isole Mentawai, è venuto a trascorrere qualche giorno a Salerno. Il suo racconto ci aveva riportato al mondo dell’avventura e della prima evangelizzazione. Ora, è al futuro che si orienta l’opera dei saveriani. Le loro attività non hanno soste e io auspico una sempre rinnovata forza, verso ricche messi spirituali. ■ fr. Renato Atzori p. Silvano Zordanello p. Giovan ni Gargan o p. Edmeo Manicardi dro Brai p. Alessan 2005 DICEMBRE TARANTO 74020 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel.A 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 Ripartire con il Crocifisso Cercare Gesù e trovarlo tra gli uomini frase mi aveva forteU namente colpito ed emozio- nato: “Scusa, hai visto Gesù?”. Era il tema di un campo scuola per giovani e giovanissimi della parrocchia san Nicola di Palagiano. Avevano rubato Gesù, l’intero suo corpo crocifisso. Insieme a tutto il gruppo dei partecipanti, l’avevamo cercato ogni giorno, leggendo il vangelo, studiando il catechismo, inventando modi per attualizzare in chiave moderna le parabole di Gesù. L’avevamo cercato fino a tarda notte, con ansia e titubanza, con desiderio e meraviglia. Alla fine, eravamo esausti ma gioiosi per averlo ritrovato, e tutto intero. Alcuni giorni prima di ricevere il Crocifisso da mons. Benigno Papa, nella veglia missionaria del 22 ottobre scorso, ho rifatto quel cammino di ricerca. Vole- vo prepararmi per questo nuovo incontro con lui, l’Innamorato. Desideravo aggiornarmi sulla sua persona. Il Crocifisso dell’Indonesia Per 27 anni, nella mia vita in Indonesia, il Cristo aveva assunto le sembianze indonesiane di tanti fratelli e sorelle. Pian piano mi aveva contagiato nel modo di camminare sotto il sole equatoriale, di salire e scendere con lui indonesiano fra le colline e i fiumi, nella foresta e nelle grandi città, e a mare aperto. Mi aveva contagiato nell’usare le mie mani e braccia aperte verso tutti. Aveva contagiato la mia mente e il mio cuore nel dialogo e nell’ascolto degli altri, di religione e cultura diverse... Quante difficoltà esterne ed interne! Fatica e stanchezza sì, p. NICOLA MACINA, sx tanta. Ma anche la gioia nell’incontro con loro, immersi in tante situazioni al limite della realtà umana. A sorreggermi è stato sempre lui, Maestro di comunicazione e di chiarezza nel parlare. Sentivo riecheggiare la sua parola: “Tutto quello che hai fatto e detto a uno di questi miei piccoli, lo hai fatto e detto a me; non temere, io sarò con te tutti i giorni; vivi e ama sempre con gioia; Dio ama chi dona con gioia...”. Queste sono state le mie perle preziose di saggezza quotidiana nel mondo indonesiano. Cercavo una risposta forte In questi sei anni trascorsi in Italia, spesso ho dovuto fare quella stessa domanda: “Scusa, hai visto Gesù?”. L’ho fatta a tante persone, specialmente giovani, in ambienti dove dovreb- La generosità del meridione Le persone solidali compiono miracoli nel mese di novembre, G iàpadre Nicola Macina, su- periore dei saveriani nella comunità di Taranto, aveva lodato lo spirito di solidarietà e la generosità delle famiglie e delle scuole pugliesi. I missionari sono davvero riconoscenti a tutti gli amici che hanno voluto contribuire ai vari progetti e alle situazioni di emergenza nei paesi e tra le popolazioni del mondo intero. 8 Così faceva il Signore Gesù Il Signore Gesù andava di villaggio in villaggio, predicava il regno di Dio e dimostrava l’amore del Padre facendo il bene di tutta la gente. Così cercano di fare i missionari sparsi nel mondo di oggi. Riescono a fare tanto, grazie alla solidarietà missionaria di tanti amici e benefattori. Nell’anno trascorso, per le varie missioni dove sono impegnati i missionari saveriani, è stata raccolta la cifra di ben 57.637,34 euro. È già stata spedita alle varie destinazioni, fino all’ultimo centesimo. Il quadro pubblicato qui a fianco è un resoconto della grande generosità dei nostri amici. I missionari saveriani vi dicono “grazie!”, a nome delle innumerevoli persone e famiglie che hanno ricevuto beneficio nelle diverse comunità di missione. Ringraziano il Signore e voi tutti, perché i frutti di bene della vostra solidarietà sono giunti ai confini del mondo, come Gesù continuamente ci invita a fare. Un esempio dal Brasile Padre Cosimo Corigliano, missionario saveriano di Fragagnano (TA), dopo un breve periodo di riposo trascorso in famiglia, è tornato in Brasile. Al suo rientro nella parrocchia di Sarutaià, ci ha scritto una bella lettera. Ci parla dell’opera religiosa e sociale - quella già attuata e quella ancora da attuare - a favore della popolazione che vive nel vasto territorio. Pubblichiamo uno stralcio della lettera. p. SANDRO BARCHIESI, sx “…Ritornato nella parrocchia affidata alla mia cura pastorale, con i laici ci siamo orientati a ricominciare il lavoro. Abbiamo pitturato il salone parrocchiale. Adesso dobbiamo pitturare la chiesa nella parte interna. Sono otto anni che diamo da vivere ai bambini e adulti che si trovano in difficoltà. Eppure, la fame si fa ancora sentire. Abbiamo un piano per la costruzione di case in quattro rioni. Il primo rione è quasi pronto; manca soltanto l’asfalto. Qui abbiamo costruito trecento case. Negli altri tre rioni, stiamo pensando di costruire altre cinquecento case, con la collaborazione del sindaco del luogo. Speriamo, entro breve, di poter iniziare a costruire le case dei più poveri”. ■ L’arcivescovo di Taranto mons. Benigno Papa, durante la veglia missionaria del 22 ottobre scorso, consegna il Crocifisso a padre Nicola Macina (alias, Trisno Waluyo), missionario saveriano che riparte per l’Indonesia bero vivere la fede cristiana. Ho trovato spesso, sia in chiesa che fuori, una routine fatta di gesti non motivati da convinzione, ma ripetuti per abitudine; gesti quasi dovuti, altrimenti il “don” ci sgrida… La nostra società moderna sembra imporre ritmi molto serrati e stili di vita conformisti. Così si congelano le manifestazioni di cuori frementi; si rallenta la tensione verso il bene degli altri; si spegne il desiderio di vivere con gratuità. Avevo bisogno di una risposta forte, che ringiovanisse tutto il mio essere e il mio agire, alla vigilia della mia ri-partenza per l’Indonesia. L’ho ricevuta, sì, in quel piccolo grande Crocifisso, che l’arcivescovo mi ha donato quella sera in cattedrale. Allora ho ricordato lo sguardo del beato Conforti al suo Crocifisso e le sue parole: ”Io guardavo lui e lui guardava me, e pareva che mi dicesse tante cose”. Ho ricordato anche le parole prese dal vangelo di Luca, che avevo messo sull’immagine-ricordo della mia ordinazione sacerdotale, nel lontano 1967: “Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4.18-19). ■ CARI AMICI, BUON NATALE! Con l’annuncio della gioia per il Natale di Gesù, i mis sionari saveriani augurano a tutti voi ogni bene e invoca no sulle vostre famiglie la benedizione di Dio Padre, che ci ha amato fino a dare a noi il Figlio suo. Gesù ha “posto la sua tenda in mezzo a noi”: ci guidi e accompagni nei sentieri della vita. PER LE MISSIONI IN... Amazzonia € 980,00 € 460,00 Bangladesh € 400,00 Burundi € 147,00 Camerun € 110,00 Colombia € 5.150,00 Congo RD € 50,00 Giappone € 925,00 Indonesia Indonesia tsunami € 22.800,00 € 110,00 Messico € 1.120,00 Rwanda € 345,00 Sierra Leone € 10,00 Taiwan (Cina) € 25.030,34 Timor Est -------------------------------------------€ 57.637,34 Totale Il modello di presepio riprodotto nella foto, viene dal Congo. È fat to con la corteccia di banano. È costruito da un gruppo di ragazzi han dicappati che cercano di auto-finanziarsi con piccoli lavori. Padre Gio vanni Pes, che sostiene il gruppo, ci ha fatto giungere un pacco con una trentina di esemplari di questo presepio esotico. Per coloro che fossero interessati, gli esemplari di questo presepio sono disponibili qui a Taranto, presso la casa saveriana. Per informazioni, si chiami padre Angelo: tel. 099 7773186. 2005 DICEMBRE 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO La scoperta del tesoro nascosto Intervista a padre Fernando García P adre Fernando ha partecipato al corso di tre mesi a Tavernerio. Serio, con il sorriso appena accennato sul volto, ha risposto in modo esauriente alle mie domande. Quando gli ho chiesto se tornerà volentieri in missione, con il sorriso sulle labbra ha risposto: “Sì, è la mia seconda patria”. A lui e a tutti i missionari in Ciad, gli auguri di un proficuo apostolato. E sei diventato saveriano Dopo un periodo trascorso nel seminario diocesano, a 21 anni sono entrato nella congregazione saveriana per consacrarmi alla missione. Ho completato la mia formazione in Ciad per tre anni e sono diventato sacerdote nel 1990. Per sette anni mi sono dedicato all’animazione missionaria e vocazionale in Spagna. Dal 1997 sono tornato in Ciad, nella diocesi di Pala. Come hai scoperto la vocazione? In seguito alla scoperta di Gesù. Avevo 15 anni, quando qualcuno mi ha aiutato a conoscere Gesù e il suo vangelo. Gesù mi ha affascinato. È stato come scoprire il tesoro nascosto. E così in me si è fatta viva e insistente la domanda: se Gesù è il tesoro, che cosa sarà di coloro che ancora non l’hanno trovato? Da quando i saveriani lavorano in Ciad? L’esperienza missionaria saveriana nella diocesi di Pala è iniziata nel 1982, dopo l’espulsione dei saveriani dal Burundi. Il vescovo ci ha affidato il territorio di Gounou-Gaya, dove tre comunità continuano a lavorare anche oggi. Siamo dodici saveriani di quattro nazionalità diverse e lavoriamo in tre missioni. Nel a cura di p. FRANCO BERTAZZA, sx 2003 la missione ha celebrato i 50 anni dell’arrivo degli oblati di Maria, i primi missionari che ci hanno preceduto nell’evangelizzazione. Su una popolazione di 200mila abitanti che parlano la lingua musey, soltanto il 5 per cento sono cristiani. Com’è la situazione del Paese? La situazione è critica. Lo Stato non riesce ad assicurare i servizi di base, come l’istruzione scolastica e la sanità. Il Ciad ha un’economia di sussistenza che dipende dal clima e si basa sulla produzione del cotone che sta attraversando una grave crisi mondiale. È a rischio anche il salario ai lavoratori e produttori del cotone. Cosa fanno i saveriani? Dove il cristianesimo è una piccola minoranza sono prioritari Festa tra amici e familiari tre impegni. Il primo è la formazione di comunità cristiane adulte e responsabili, autonome a livello ministeriale ed economico. Il secondo è la formazione della famiglia nella quale si possa vivere la bellezza della vocazione cristiana. Il terzo è l’impegno per lo sviluppo umano, sociale ed economico attraverso l’istruzione, i dispensari, i granai comunitari, le casse di risparmio. Particolarmente forte è l’impegno per la giustizia e la pace. I cristiani come vivono la loro fede? Possiamo dividere i cristiani in tre gruppi. La maggioranza sono praticanti non impegnati: si sforzano di vivere la loro vita cristiana, ma manca qualcosa di più profondo. Alcuni sono cristiani di nome: coloro che sono stati battezzati, ma si fanno vedere solo a Natale e Pasqua. Infine, un 20 per cento, sono quelli che ricevono e danno. La loro fede scandisce il ritmo della vita quotidiana; considerano la chiesa come la “madre” che ha dato loro la vita. Sono la migliore espressione del laicato cattolico. A loro sono affidati i ministeri propri del laico: la catechesi, la gestione delle comunità, l’impegno per la giustizia e Padre Fernando García in versione sportiva: in effetti, ha il fisico da atleta! la pace, l’accompagnamento dei malati di Aids. Sono difficili le conversioni? Le difficoltà più grandi vengono dalla cultura locale: l’immagine tradizionale di Dio, la magia, il significato oscuro della malattia, la poligamia. Coloro che hanno travato in Cristo il tesoro nascosto, vivono la gioia di far parte della famiglia di Dio nella vita individuale, in famiglia e nella società. ■ Padre Ernesto M. Guerrero e suor Maria R. Sanchez, missionari in Giappone. Il gruppo degli amici svizzeri: hanno trascorso una domenica con la nostra comunità, assaporando l’aria internazionale dei missionari. CARI AMICI, BUON NATALE p. FRANCO, sx 8 A destra del tavolo, i familiari di fratel Dario Montanaro, che però nella foto è assente: il fratello Gaetano, la nipote Emanuela e la cognata Mariadele Adorni, che ha lo stesso cognome della mamma del beato Conforti. Con loro, p. Angelo Calvi (pizzetto bianco). Qualcuno si lamenta che il Natale ritorni ogni anno come occasio ne di molte spese inutili. Qualcun altro, scandalizza to da tante disgrazie, distruzioni, guerre, ingiustizie, morti e massacri che si vedono nel mondo, si chie de che senso ha festeggiare ancora la nascita di un Bambino... Quel Bambino è la vita e la speranza gioiosa di un mondo migliore. Quello di Gesù è l’abbraccio del cielo e della terra nel segno della pace. Lasciamo che i colo ri delle luci nelle vie dei paesi e delle città e sugli alberi natalizi richiamino il mistero dell’amore di Dio a chi ancora oggi lo rifiuta, lo ignora o finge di non accorgersi. Giovanni Paolo II ha scritto che il nostro tempo è carat terizzato dalla mancanza di misericordia, confusa spesso con il sentimento della “commiserazione”. La misericor dia è amore che perdona. Dio ci vuol bene, per questo ci perdona; e ci perdona perché ci ama. La garanzia del l’amore e del suo perdono per noi non è una parola qualsiasi, ma la Parola che si è fatta Bambino. Maria, con gesto materno, ce lo offe: “Prendilo, è tuo, è la tua pace!”. Felice Natale a tutti voi, nella gioia e pace delle vostre famiglie, da parte di tutta la comunità saveriana di Tavernerio. 2005 DICEMBRE VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 Una bella giornata di festa Con gli amici e i benefattori Luisa Benedini, L' architetto tracciando le forme della nostra nuova casa, si è ispirata a una vasta tenda di beduini nomadi, sovrani delle steppe senza confini, sotto le stelle. Il missionario, infatti, sogna di rompere ogni divisione e di raggruppare il mondo sotto un’unica tenda. Dite che è un’utopia? Lo attesta il sorriso aperto di quelli che varcano la nostra soglia, com’è successo ancora il 25 Padre Giuseppe Sartori, di Pugnello di Arzignano, missionario in Colombia p. GIOVANNI ZALTRON, sx settembre scorso per la festa degli amici e dei benefattori. Con i saluti, la sorpresa di riconoscersi e l’impressione: “Tòh, sono tornato a casa!”. Dite di “sì” a Cristo Ci siamo radunati per spezzare il Pane del cielo, da portare per le strade del mondo: unica salvezza nella drammatica situazione attuale. La celebrazione è stata presieduta da p. Carlo Pozzobon, superiore dei saveriani in Italia, affiancato dal nuovo rettore della comunità di Vicenza, p. Mario Giavarini, venuto da Parma. Padre Silvano Zordanello, dopo sei anni, ci ha lasciati per la comunità di Salerno. Padre Carlo, dopo aver spiegato il vangelo, ha rivolto ai presenti l’invito a essere testimoni del Risorto, unica speranza del mondo, e ha riproposto il messaggio di papa Benedetto per la giornata mondiale della gio ventù. Al suo arrivo a Colonia, dal battello sul Reno, papa Rat- Padre Giulio Mattiello Ha dato tanto a molti di noi P adre Giulio Mattiello è morto lo scorso 2 ottobre nella casa saveriana di Vicenza, dove risiedeva da quattro anni. Desideriamo ricordare questo missionario che ha lasciato una testimonianza di vita evangelica, silenziosa ma efficace, a tutte le persone che lo hanno conosciuto. Padre Giulio era nato il 17 settembre 1926 ad Altavilla Vicentina, da famiglia numerosa. La vocazione sacerdotale e religiosa si era fatta sentire già in tenera età. L’ambiente familiare era idoneo. Vari parenti erano religiosi e sacerdoti, tra cui il cugino mons. Mattiello, collaboratore di mons. Nonis. Il carattere estroso, simpatico e semplice, porta il ragazzo Giulio ad avvicinarsi ai missionari saveriani ed entra nella scuola apostolica di Vicenza all’età di 14 anni. Era amante della musica classica: suonava molto bene pianoforte e organo. 8 Una breve vita in missione Dopo aver imparato l’inglese in Scozia, padre Giulio è destinato alla missione in Sierra Leone, ma vi resta meno di tre anni. La Sierra Leone era chiamata “la tomba dell’uomo bianco”, a causa della terribile zanzara por- LEONYE CASSINELLI tatrice di malaria. Padre Giulio ne rimane vittima e deve tornare in Italia. Dopo mesi di cure, riesce a trovare un po’ di salute. Così è inviato in varie comunità saveriane, come insegnante e formatore di giovani aspiranti missionari: ad Alzano (BG), a Brescia e a Cremona. Dal 1979 è nella casa saveriana di Piacenza e vi rimane per oltre vent’anni, fino al 2001. Tanti ricordano con nostalgia l’aiuto spirituale che egli era sempre pronto ad offrire. Volto burbero e cuore grande Noi, in famiglia, dobbiamo a lui l’inizio del nostro cammino di conversione. Con tanta pazienza, è riuscito a farci riavvicinare alla confessione, all’Eucaristia, alla preghiera dei salmi e del rosario. Il suo ricordo rimarrà vivo nei nostri cuori. Così resta viva la nostra riconoscenza verso tutti i missionari sa- Padre Mario Giavarini, nuovo rettore della comunità saveriana di Vicenza; accanto p. Zaltron, p. Peruzzo, p. Dalla Valle, p. Casonato zinger ha detto ai giovani: “Spalancate il vostro cuore a Dio; lasciatevi sorprendere da Cristo; esponete a lui le vostre gioie e le vostre pene. Cristo vi illumini con la sua luce e la sua grazia. La felicità che desiderate ha un nome e un volto: quello di Gesù Eucaristia. Solo Lui dà pienezza di vita all’umanità! Con Maria, dite il vostro sì a quel Dio che intende donarsi a voi, perché voi lo doniate al mondo”. Padre Bepi Berton, di Santorso, missionario in Sierra Leone veriani che lavorano in Italia e nel mondo, perché ci ispirano e incoraggiano a vivere la missione anche in questo nostro “Occidente cristiano”. Padre Giulio era un uomo intelligente, umile e perspicace. Al primo impatto, il suo aspetto quasi burbero incuteva soggezione. Ma se avevi la fortuna di conoscerlo più a fondo, ti rendevi conto di quanto grande fosse il suo cuore. Non negava il suo aiuto a nessuno. È spirato il giorno della festa degli angeli custodi. Non è una coincidenza: lui ha fatto da angelo custode a noi; gli angeli custodi l’hanno portato in cielo. ■ Testimonianze missionarie: Colombia e Sierra Leone Al termine della funzione, ha parlato p. Giuseppe Sartori, da tre anni missionario in Colombia, in namorato del suo paese Pugnello di Arzignano, ma ancora più della grandiosa Medellin. Laggiù la gente è di tutte le razze, buona e aperta. La maggioranza dei cattolici colombiani sono praticanti, ma solo superficialmente, con convinzioni poco profonde. In Colombia imperversa il dramma della droga, con i famosi narco-trafficanti e una sfilza di bande, sempre in lotta tra loro per la piazza, mentre i proventi finiscono nel commercio delle armi. L’impegno dei missionari sta nel salvare le giovani generazioni con le scuole, le associazioni, i circoli sportivi e un’adeguata assistenza sanitaria. In seguito, ha preso la parola p. Giuseppe Berton, di Santorso. Ci ha fatto atterrare in Sierra Leone, dove vive da quarant’anni. Siamo passati dalla coca ai diamanti, per cui va avanti una guerra da vent’anni. Finalmente si vede uno spiraglio di tregua e si cerca di cucire le ferite. Padre Bepi lotta per strappare i bambini alle armi. Giovani e giovanissimi vengono ingaggiati anche a quattro anni. Servono per portare l’acqua e sono trasformati in soldati. Urge un centro di accoglienza, di assistenza; i ragazzi hanno fatto esperienza della morte e litigano spesso. È difficile reinserirli in una famiglia, se ne hanno una. Spesso li rifiuta, perché ha paura. Volti di “vecchi” amici Nella festa sono comparsi anche volti d’altri giorni, che ci hanno fatto tuffare in Burundi. È il caso di p. Paolo Stasi e della felice coppia formata dal dott. Paolo Cosci e Maddalena, con Piero e Alba. Si mescolano con vecchi amici di qui: vero, Graziano e Antonietta Molon, Bepi ed Elisa Zantedeschi? Per chiudere in bellezza, non è mancato un simpatico rinfresco, con il tocco magico che rallegra il cuore dell’uomo e rinsalda l’amicizia, protesa all’avvenire. ■ ARRIVEDERCI, PADRE GIULIO p. GIOVANNI ZALTRON, sx Pensavo di unirmi nella celebrazione del la santa Messa, alle 7,30 di domenica 2 ot tobre. Nella chiesetta di padre Uccelli, pa dre Giulio Mattiello mi aveva appena prece duto e stava per indossare i paramenti sacri. Entro e faccio un passo verso di lui che, con la faccia sconvolta e in affanno, prorompe: “Mi sento male”. E cade a terra d’un trat to. Subito viene soccorso dalle persone pre senti. Si corre al telefono per l’ambulanza, che giunge poco dopo. Un rapido esame e i due infermieri concludono: “Non c’è più niente da fare. Il padre è deceduto”. Si de cide per il trasporto dell'infermo all’ospe dale, ove vengono eseguiti ulteriori accer tamenti. Ma padre Giulio non è più. In chiesa, la santa Messa ha inizio comunque. Al vangelo, avverto i fedeli: “Per questa volta la predica è superflua. Ma interviene ancora il vangelo ad ammonire opportunamente: “Tenetevi pronti, perché non sapete né il giorno né l’ora in cui arriverà il Figlio dell’uomo”. I solenni funerali hanno avuto luogo nella chiesa di Altavilla, paese di padre Giulio, e un loculo di pietra, riservato ai sacerdoti, ne ha ac colto le spoglie. Goda in cielo la pace eterna. l l l Notizie della famiglia Il superiore generale p. Rino Benzoni benedice la salma di padre Mattiello, nella chiesa di Altavilla Il 10 ottobre, a Forgaria (Trento) è morta la signora Nida, mamma di padre Renzo Larcher, missionario in Camerun. A fine aprile 2004, il figlio aveva fatto un rapido viaggio in Trentino per accorrere al capezzale della madre malata. Ma poi si era ristabilita e padre Renzo era tornato in missione. Il Signore accolga questa madre tra le sue braccia, nella pace. 2005 DICEMBRE ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 Dare vita a chiunque la cerchi Appunti di un viaggio brasiliano Padre Andrea Gamba, saveriano padovano, è stato ordinato sacerdote nel duomo di Padova il 28 settembre 2003 ed è partito per il Brasile. Ci racconta gli inizi della sua attività missionaria. e mezzo mi troD avouna anno Tucumã, la cittadina che prende il nome da un frutto tipico dell’Amazzonia, il tucumã appunto. Io l’ho chiamata Uno scorcio della distruzione della foresta vergine in Amazzonia “la città del non ritorno”. Il mio viaggio per arrivarvi dalla capitale del Parà è durato diciotto ore per i milioni di buche. Quando si arriva al primo pezzettino di asfalto liscio sembra di essere nel paradiso terrestre. Nessuno che fa questo viaggio pensa di tornare per la stessa strada. Il centro e le periferie Finora, ho avuto l’impressione di vivere in un mondo abbastanza simile a quello che ho lasciato. Vi spiego. Percorrendo le vie della città si vedono due ospedali, le pubblicità di cliniche dentistiche, gli edifici del comune. C’è la polizia che vigila, il giudice, un sindaco, gli amministratori comunali. Ci sono i fuoristrada ultimo modello, i camion pieni zeppi di bovini, case in costruzione e molte residenze super protette, che fanno invidia al primo mondo. La gente passeggia osservando le varie curiosità che i negozi espongono. Impressiona il numero di chiese protestanti e saloni delle sette religio- p. ANDREA GAMBA, sx se, di cui è difficile conoscere l’origine e la storia. Basta lasciare il centro e andare nelle periferie vicine per rendersi conto che la situazione non è così felice. Le case cambiano: non sono protette da alti muri, ma da semplici steccati. Numerosi bambini giocano scalzi sulle strade. Più ci allontaniamo dal centro più aumenta la presenza di brasiliani di razza nera. La discriminazione razziale in Brasile è, secondo un esperto, come un elefante dentro una stanza: un ostacolo che nessuno vuole riconoscere. È sufficiente ascoltare le storie di questi brasiliani per scoprire che ospedali, oculisti, dentisti sono solo per alcuni privilegiati. I costi dei pochi servizi sanitari esistenti sono proibitivi per la maggior parte della gente. Se non hai soldi o amici... Anche la giustizia “zoppica”. Padre Giuseppe, veterano di questi luoghi, mi indica una casa e racconta: “Là viveva il consigliere comunale che hanno Gente che vive di fede Stiamo lavorando insieme a voi verità, che supera L' unica ogni apparenza, è la verità della fede di chi si sacrifica per costruire spazi di regno di Dio. Vi offro alcuni ritratti di questi semplici servitori della verità. La parrocchia dove lavoro con padre Giuseppe Borghesi, missionario cremonese, è composta da un’ottantina di comunità. Ognuna ha una persona che si assume la responsabilità di coordinarla. Queste persone sono come un “piccolo parroco” nella propria comunità. 8 Servire, anche tra le difficoltà Una di loro diceva che è troppo difficile essere responsabili; le critiche e le lamentele della gente sono distruttive. “Ogni cosa che organizziamo non soddisfa, qualcuno ha sempre qualcosa da ridire”. È così che i nostri cristiani crescono. Sperimentano sulla loro pelle cosa significhi guidare una comunità, animare la fede di una folla spesso disinteressata, condividere il vangelo non a parole, ma con i fatti e nella verità. Zechigna si lamenta: “Se i miei figli fossero profeti, le comunità dove vivono sarebbero veramente parte del regno di Dio”. Lui, padre di famiglia con quattro figli, vive in un pezzo di terra a due ore e mezzo dalla città. Dedica la sua vita ad animare le comunità e a salvare una delle poche oasi rimaste della foresta amazzonica. Avrebbe potuto distruggere tutto, come fa il 99 per cento degli agricoltori, e trasformare la foresta in campi per alle- Padre Andrea, tra la lussureggiante vegetazione amazzonica p. ANDREA GAMBA, sx vare bovini. Invece si accontenta di migliorare le sue condizioni di vita a un ritmo un po’ più lento. Mi dice: “Dobbiamo rispettare la nostra madre terra”. Sonia è madre di sei figli Sonia era già responsabile in una comunità. Dopo che hanno ammazzato suo marito è venuta a vivere a Tucumã, in uno dei quartieri più poveri. Qui si è risposata ed è impegnata nella pastorale dell’infanzia. Ha poco tempo e molto lavoro; vive in una casa povera e ha un desiderio incredibile di fare il bene. Sono stato a farle visita in casa e mi diceva: “Dobbiamo aiutare questa gente a pregare”. Ha ragione: qui la maggior parte dei ragazzi non sa cosa sia un Padre Nostro o un’Ave Maria. Dopo il matrimonio celebrato insieme ad altre nove coppie, Sonia ha voluto organizzare un incontro nella sua piccola casa per poter avvicinare i giovani e gli adolescenti. La sua preoccupazione è che non diventino dei delinquenti. Come vedete, non è solo il missionario ad annunciare il vangelo. Lo Spirito Santo arde nei cuori di tante persone semplici. ■ Una famiglia numerosa, cioè “normale”: secondo da sinistra, padre Andrea Gamba; secondo da destra, padre Giuseppe Borghesi ammazzato. Il mandante è stato il sindaco che, dopo un anno di prigione, adesso circola liberamente. È stato condannato per questo crimine, ma è responsabile per almeno altri quindici omicidi di persone, perché non gradite al suo governo”. Per i poveri, spesso, non ci sono soluzioni. La maggior parte della popolazione è schiava di un potere che esclude chi non ha soldi né amici potenti, chi non è “fazendero” né di razza bianca. Il linciaggio è il modo di farsi giustizia. La polizia si lascia corrompere con facilità. Uomini che dovrebbero difendere l’ordine pubblico sono chiamati popolarmente i “senza legge”. Mancando una vera giustizia, ognuno fa da sé. Ci sono anche donne che arrivano ad ammazzare su commissione. Siete invitati a partecipare Le sfide sono tante e grandi, ma grazie a voi non ci sentiamo soli. Noi missionari lavoriamo insieme a voi. Come l’amore di Dio muove la storia, così la vostra partecipazione rende possibile la nostra azione. Abbiamo fatto con voi un contratto che è scritto con la penna del sacrificio sulla carta della storia. Nel contratto, una buona parte è dedicata alla “grazia” e al “grazie”. Tutto è consegnato nelle mani del Padre, perché benedica me, voi, noi tutti. Il viaggio missionario continua. Continua, questa volta, nel cuore dell’uomo, che è lo stesso in ogni parte del mondo. Ci fa compagnia la Parola che illumina e riscalda il cuore. Nostro obiettivo è dare la vita a chi sta cercando vita; è restituire la dignità di figli agli uomini e alle donne che sono in balia del vento contrario. Siete invitati a partecipare a questa avventura. Le sorprese non mancano, ma la felicità è dono di Dio. Non s’incontra in altri luoghi. ■ (continua a lato) BUON NATALE, CON AMORE Un anziano signore arriva al consultorio medico per farsi medicare la mano. Aveva un taglio profondo. Chiede d’essere ricevuto subito, perché aveva un altro impegno ur gente. Il medico lo fa passare e, curioso, gli chie de qual è l’impegno così urgente. Il simpatico vec chietto risponde che tutte le mattine an dava a far visita alla sposa, degente in una casa per anziani, perché malata di Alzheimer in fase avanzata. Il medico, preoccupato per il lungo tempo necessario al suo intervento di medicazione, gli chiede: “Oggi, sua mo glie sarà in ansia per il suo ritardo!”. “No risponde il vecchietto - lei non mi riconosce più! È così da cinque anni!”. Il medico replica: “Ma perché tanta fretta allora? Perché va a visitarla ogni mattina, se non la riconosce?”. Il vecchietto sorride e, battendo la mano sulla spalla del medico, risponde: “Mia moglie, non sa chi sono io. Ma io so molto bene chi è lei!”. Il medico, commosso, dice a se stesso: “È questo il tipo di amore che vorrei sperimentare nella mia vita!”. Il vero amore non si esaurisce nel gesto fisico o in una parola ro mantica. Il vero amore è accettare tutto quello che l’altro è ora, è sta to nel suo passato e sarà domani, anche quando non ci sarà più. Natale non può essere solo un momento di bontà scontata, da roto calco. Dobbiamo diventare più consapevoli della forza dell’amore che muove il mondo e la storia, perché ha origine nel cuore di Dio. A tutti, Buon Natale! p. Romeo Brotto, rettore e i saveriani di Zelarino