APPUNTI SUL DECENNIO 1965 – 1975: TRASFORMAZIONI DIBATTITI
NOVITA’ DI ANNI CREATIVI, IN OCCASIONE DELLA TAVOLA ROTONTA SUL
LA RIVISTA “IL LEOPARDI” DI VOLPINI E GLI ANNI SETTANTA (Senigallia 29
luglio 2008)
di Girolamo Valenza
Per molti aspetti, le vicende marchigiane degli anni settanta sono meglio comprese se si considera il
decennio precedente. Ovviamente il mio sarà un intervento approssimativo di ricordi e sensazioni
personali, anche se sono sensazioni, ricordi, giudizi di chi è stato, in qualche modo, dentro quelle
vicende1.
GLI ANNI SESSANTA, GLI ANNI DELLO SVILUPPO DELLE MARCHE.
Con gli anni sessanta inizia la grande trasformazione della società marchigiana, con una diffusione della
piccola impresa, con processi di agglomerazione e specializzazione industriale. Prende avvio, cioè,
l’organizzazione distrettuale. I nuovi imprenditori sono di origine artigiana e mezzadrile. In questi anni
accade il vero startup dell’industrializzazione. Ormai è ricca la bibliografia sullo sviluppo regionale
con molti riferimenti a quello marchigiano, divenuto, paradigmatico, per il suo svolgimento originale e
modello per la sua organizzazione negli studi comparati dei sistemi regionali2.
All’inizio degli anni sessanta gli occupati in agricoltura sono la metà del complesso degli occupati e
una porzione consistente della produzione agricola rappresenta il reddito prodotto nella Regione. Un
dato interessante, che dà l’idea delle radicali trasformazioni che si avviano nella società marchigiana: il
valore della produzione a prezzi costanti, alla fine del secolo, rimarrà lo stesso con un’occupazione
agricola al di sotto del 5% (alla fine degli anni sessanta rappresenta ancora il 25%). Riporto due grafici
che danno la dimensione del fenomeno dal 1960 al 20053.
Graf. 1 Composizione percentuale dell’occupazione nei vari settori
1
Graf.2
PIL
e
valore
aggiunto
nei
settori
dell’economia
(
Valori
a
prezzi
1995)
Cresce, invece, nel decennio, rapidamente, il peso degli occupati e della produzione nell’industria e nei
servizi. Il dato sintetico, il PIL procapite: considerando il valore medio nazionale (=100,0), all’inizio
degli anni 60, il PIL marchigiano è inferiore di 8,6 punti; a metà degli anni settanta quel valore è di quasi
di 4,6 punti superiori. In un arco di tempo, relativamente breve, la ricchezza pro capite dei marchigiani è
aumenta di ben 13 punti percentuali. E il dato diventa ancora più strepitoso, se si tiene conto che quel
valore, aumenta, alla fine del secolo (in un arco di 25 anni), di poco meno di 3 punti rispetto al dato
rilevato negli anni settanta4 Lo sviluppo economico assorbe bene l’occupazione fuoriuscita
dall’agricoltura. Sorgono, però, preoccupazioni per uno sviluppo disordinato che si riversi nelle aree
costiere e nelle aree a ridosso di queste.
Una Regione, cioè, dal netto profilo agricolo e rurale, nel giro di appena un decennio cambia
radicalmente volto. Pertanto sono legittime, allora, le preoccupazioni di coloro che, in base alle
esperienze storiche e alle previsioni delle teorie di sviluppo, allora prevalenti, ipotizzano uno sviluppo,
territoriale e sociale, traumatico.
A distanza di anni, bisogna costatare, nelle Marche che la svolta industriale non ha prodotto processi di
conurbazione selvaggia né un abbandono dell’interno. Le città rimangono con dimensioni ragionevoli:
nessuna città delle Marche va oltre i 100 mila abitanti; la densità della popolazione si aggira sui 160
abitanti per km². Molte aree dell’interno marchigiano, quelle dell’osso, reagiscono alla gravitazione
esercitata dalle aree costiere, allo spaesamento dell’inizio dello sviluppo, realizzando un mosaico socio –
economico – territoriale dove si realizzano combinazioni virtuose i cui agenti dello sviluppo sono
amministratori ed imprenditori locali. L’antidoto allo spaesamento non è la chiusura comunitaria ma
l’apertura alla ricerca di risorse in grado di agganciare il locale alle reti competitive di medio e lungo
raggio. L’evoluzione dei distretti, la cifra vincente delle Marche degli anni dello sviluppo, in reti e il loro
saper coniugare, oggi, il locale con il globale, costituisce, certamente, la perfomance delle Marche.
Ma se con la memoria ritorniamo a quel periodo (anni sessanta – settanta), apprezziamo ancora di più la
vivacità del dibattito sul modello di sviluppo e la passione con la quale ci si confronta sulle teorie dello
sviluppo: da una parte, un modello che cerca di mantenere e gestire uno sviluppo equilibrato e costante;
2
dall’altra, la convinzione che il processo sarà trainato dalla crescita di uno o più settori-guida con una
polarizzazione settoriale e territoriale dello sviluppo.
I LUOGHI DELLA RICERCA, DELLA PROPOSTA E DEL DIBATTITO:
Il luogo di questo dibattito, nelle Marche, è l’Istituto di Studi per lo Sviluppo Economico delle Marche
(ISSEM), organismo di ricerca, emanazione degli enti locali marchigiani, fondato il 10 dicembre del
1963, che inizia ad operare nel gennaio del 64. L’istituto fa riferimento alla facoltà di Economia e
Commercio di Ancona, sede decentrata dell’Università di Urbino, la cui attività inizia nell’anno
accademico 1959/60.5
Nel 1967 viene fondato da Giorgio Fuà l’ISTAO (Istuto Adriano Olivetti di studi per la gestione
dell’economia e delle aziende). L’Istituto si avvale, per la forte e decisiva personalità del suo
fondatore, d’importanti collaborazioni (Banca d’Italia, Fondazione Olivetti, Associazione Bancaria
Italiana, Confindustria) e soprattutto di docenti della facoltà di Economia. L’ISTAO, come la Scuola di
Ancona, si è caratterizzato per le ricerche sullo sviluppo economico, i cui elementi distintivi sono
sempre stati l’approccio multidisciplinare e l’attenzione dedicata ai rapporti tra economia e territorio.
Nel febbraio del 65 viene istituito con DPR l’Ente di Sviluppo nelle Marche, finalizzato a
proporre/realizzare interventi a supporto dello sviluppo agricolo. Con l’Ente di Sviluppo, forse prima
sperimentazione in Italia, si hanno le prime esperienze di programmazione agricola e zonale.
A luglio dello stesso anno viene istituito, con decreto del Ministero del Bilancio, il Comitato
Regionale per la Programmazione Economica delle Marche (CRPM). Il CRPM trova le sue basi
informative ed elaborative nell’ISSEM e nell’Ente di Sviluppo. Nel marzo del 1967 l’ISSEM pubblica
i primi studi e proposte per la delimitazione delle zone depresse (L.614/1966), cui seguiranno, subito
dopo, le Ricerche sull’Assetto territoriale delle Marche, che mostrano la qualità e l’intensità degli
squilibri territoriali regionali. Le prime linee per il piano regionale di sviluppo economico delle
Marche, elaborate dall’istituto, vanno a innescare un dibattito molto vivace negli anni settanta
(soprattutto nella prima parte di quel decennio) che è alla base per la programmazione del nuovo Ente
Regione. Allora, la programmazione era di moda e aveva un fondamento progettuale.
A distanza d’anni, bisogna riconoscere che il dibattito sul modello di sviluppo non è solo accademico,
ha anche connotati ideologici: da una parte forze collocabili a sinistra (PCI, Socialisti, CGIL), legate
alle idee di progresso e di modernità, favorevoli a processi più intensi di industrialismo e di
urbanesimo6; dall’altra gruppi, prevalentemente democristiani, più attenti alle esigenze di una crescita
equilibrata/armonica, legati alle tradizioni rurali e alla struttura policentrica della realtà marchigiana.
I MAESTRI, I TESTIMONI E I COSTRUTTORI.
Questa demarcazione, però, non è così tranchante; ad esempio, Fuà, che certo non è democristiano
(ma nemmeno comunista, comunque porta con sé l’utopia olivettiana della “Comunità”7 e il fascino di
Enrico Mattei, di cui è stato consigliere economico8) è assertore di un processo propulsivo di crescita
senza traumi nè fratture9. Egli rivolge la sua attenzione allo stretto legame che unisce l'elemento chiave
della piccola dimensione d’impresa al quadro ambientale del tutto peculiare in cui questa si colloca,
all'antica origine nell'Italia comunale, che costella il territorio di piccole e medie città, collegate in una
fitta rete stradale ad una campagna dotata di infrastrutture e di servizi, a quello economico e sociale di
3
una struttura solidamente appoggiata ad un'organizzazione produttiva ancora in larga misura familiare
e ad una concezione del lavoro in prevalenza autonomo ed indipendente, di derivazione artigiana
(cosiddetto modello Nec -Nord Est - Centro)10
Anche Orlando e il suo gruppo (Bartola, Trillini, Valenza), sui temi di politica regionale, si muovono,
con nettezza, nell’ambito delle politiche di riequilibrio territoriale e d’integrazione settoriale.
Fuà nutre simpatie per Adriano Ciaffi,11 che in questi anni, vede, nella dimensione marchigiana, una
«città regione». Ciaffi (con i suoi amici Cristini, Cingolani, Quagliani, Bianchini, Bisconti) fonda
“Marche settanta” una rivista battagliera, propositiva e politicamente impegnata. Questa esperienza
continua con il Mese e ha termine negli anni recenti con Città Regione. Un vero peccato, perché, la
scomparsa di questo foglio, come di altri, priva le Marche di fonti in cui è possibile esercitarsi e
confrontarsi sui problemi dello sviluppo e della cittadinanza.
Le tesi sostenute dal gruppo Ciaffi si rifanno all’obiettivo di uno sviluppo “equilibrato”, del
“riequilibrio territoriale”. In questo schema la responsabilità dello sviluppo è responsabilmente
distribuita tra gli attori delle comunità. Il territorio rappresenta l’oggetto della trasformazione. Tutta la
popolazione deve avere uguali opportunità. Tutti i settori sono oggetto di emancipazione, perché fanno
leva sulle capacità creative dell’uomo lavoratore ed imprenditore. La connotazione sociale, personale e
comunitaria del processo di sviluppo è centrale. Peccato che le Marche, che sono state il Laboratorio
del progetto di Città Regione non siano diventate il campo di sperimentazione politica e
programmatica. Al cuore di questo progetto c’è molto di attuale: sviluppo sostenibile, sviluppo della
cittadinanza, sviluppo della rete spontanea di comunità (i comprensori), di sussidiarietà, di umanesimo,
di personalismo “solidale”. C’era molto sogno, utopia, progetto allora, oggi nostalgia per un’occasione
perduta, il rimorso di aver bruciato con la sciatteria della politica e della pigrizia burocratica un’utopia
che avrebbe meritato un impegno di intelligenza e una generosità nell’impegno. Ciaffi, è autore, come
assessore alla cultura, nell’ottica di una cultura promossa dall’associazionismo e sostenuta dalle
comunità locali, della LEGGE REGIONALE 13 luglio 1981, n. 1612
Bisogna ancora ricordare l’impegno di Ciaffi per la soluzione della questione mezzadrile. Il gruppo di
Orlando prende apertamente posizione per la soluzione di questa questione, giustamente considerata un
pesante fardello per lo sviluppo agricolo.
Gli anni sessanta sono anni che hanno preparato la nascita della Regione. Con la Regione inizia il
cammino istituzionale e amministrativo.
LA VIVACITA’ E L’IMPEGNO CULTURALE DEI CATTOLICI.
In questo clima di passione politica, di ricerca di una identità, di un assetto da dare alle Marche, i
cattolici hanno un ruolo importante. Alcuni nomi: Franco Foschi, che proviene da una militanza
dell’Azione Cattolica, della FUCI e delle Acli; Alfredo Trifogli, anche lui con un passato nelle file
dell’Azione Cattolica, della FUCI, dei Laureati Cattolici; Adriano Ciaffi, lunga militanza nello
scautismo e nella FUCI; lo stesso si può dire per Valerio Volpini; il grande don Italo Mancini che con
l’aiuto di Carlo Bo fonda in Urbino la Scuola di Scienze Religiose
Ho avuto la fortuna di conoscere più intensamente e frequentare gli ultimi tre. Di Franco Foschi,
durante l’esperienza aclista, ho conosciuto i suoi amici Bruno Regini, Elio Cerioni, Aldo Bevilacqua,
Fulvio Montillo, con i quali ho collaborato. apprezzandone l’impegno, la genialità, l’umanità
Ho conosciuto molto bene Alfredo Trifogli, vero protagonista della vita politica, culturale ed ecclesiale
di Ancona e delle Marche13. L’ho conosciuto subito dopo il mio arrivo in Ancona (64), quando,
4
vicende politiche, lo costringono ad una sosta nell’impegno della politica attiva. Questa parentesi (64 –
69) coincide con un intenso impegno culturale nella Chiesa locale. Siamo nel pieno del Concilio.
Trifogli, nel 64, fonda, con l’appoggio e la simpatia dell'allora Arcivescovo di Ancona mons. Egidio
Bignamini e la personale autorizzazione dello stesso filosofo francese, il Circolo Maritain14. Ancona vive il
Concilio attraverso il Circolo Maritain riuscendo a far convergere, nella città dorica, Dossetti, La Pira,
Moro, Lazzati, Balducci, Elia, Sorge, Scoppola L’esperienza del Maritain, di cui mi onoro di essere
uno dei soci fondatori (assieme a Bedeschi, Ercolani, Galeazzi, Amatori,….) è stata una stagione
indimenticabile.
Altre iniziative analoghe si succedono negli anni successivi. Un altro Circolo culturale “J. Maritain”,
nel 1968, nasce a Fano, per iniziativa di Valerio Volpini e di Valentino Valentini.
Nel dicembre del 69 don Italo Mancini, col sostegno di Carlo Bo, fonda in Urbino la Scuola di Scienze
Religiose, raggiungendo, per la prima volta un obiettivo semplice ma di grande rilevanza culturale:
far entrare la teologia dentro l'università pubblica. Sono definite le finalità dell'istituto: costituire un
centro di ricerca, documentazione, analisi e riflessione e contribuire alla formazione di docenti di
religione nelle scuole pubbliche.15 Purtroppo l’esperienza della Scuola di Urbino rischia oggi, per
scelte miopi e involutive, se non di concludersi certo di ridimensionarsi.16
ALCUNE NOTE PERSONALI
Nel 69 Trifogli diviene Sindaco di Ancona e a lui tocca gestire l'esperienza drammatica del terremoto
del 72. In quest’occasione ho avuto un’ulteriore conferma delle sue doti di amministratore e di politico:
accompagnavo il Presidente della Regione, Serrini, nelle tournée romane,Trifogli era assistito da Bedeschi.
Entrambi possiamo testimoniare l’impegno e la tenacia del Sindaco nel rappresentare la drammatica realtà
della città e le esigenze della popolazione, proponendo alle amministrazioni statali le soluzioni più adeguate.
Durante la sindacatura di Trifogli, si ha una delle prime iniziative, in Italia, dei Consigli di quartiere,
replicando, nella città dorica, l'esperienza bolognese di “cittadinanza attiva” di Dossetti e di Ardigò.
Trifogli mi affida l’incarico dello studio di fattibilità per introdurre in Ancona l’esperienza dei Consigli
e la redazione del relativo progetto di regolamento.
Il mio percorso in Regione inizia con Serrini, primo Presidente della Regione. Prima dell’istituzione,
Serrini ne prepara l’avvento; dopo, come primo Presidente, continua il lavoro di costruzione della
Regione.
Serrini deve affrontare la diffusa ostilità che circonda il nuovo ente, non ha vita facile, subisce critiche
anche impietose, ma da buon alpino e da persona di grande coerenza, non smette un momento di credere nel
divenire della Regione. Bisogna riconoscergli la determinazione con la quale conduce la battaglia
regionalista. E la conduce con una dozzina di funzionari che pongono le basi del nuovo istituto. Serrini non
bada, nella scelta dei suoi collaboratori, al colore politico. Cerca la collaborazione di personalità del mondo
scientifico. Fanno parte del primo comitato della Programmazione: Mazzocchi, Pedone, Orlando, Cassese,
Con fatica e con un ruolo di paziente mediazione, si riesce, nel 74, a definire il primo schema di Piano
regionale di Sviluppo, approvato dal Consiglio regionale.
Ci vogliono parecchi mesi prima che da Roma arrivino le deleghe con i relativi finanziamenti. Ricordo con
una certa nostalgia quella stagione istituzionale, di grande speranza e di grande entusiasmo, per noi, per la
nuova avventura democratica: lo Statuto (con la consulenza di Elia, Cassese, Serrani e lavoro dei consiglieri
Bianchini, D’Angelo, De Sabata, Sichirolli, Tulli, Volpini) ); i decreti delegati; le battaglie per la riforma
5
regionalista, che ha avuto un primo caposaldo nel 76 con il decreti Giannini.
In questa fase della Regione conosco Valerio Volpini, allora consigliere regionale, e con lui Gastone Mosci,
vivo l’esperienza del Leopardi. Di Valerio ricordo il rigore morale, l’intelligenza, l’umorismo, ma anche
l’estraneità ai giochi politici (riteneva che bastassero l’integrità morale, l’impegno e le doti intellettuali per
essere riconosciuti e gratificati: santa ingenuità!17). la sua capacità di coinvolgere nel dialogo – confronto
politico. Significativa è la collaborazione - amicizia con Sichirollo consigliere filosofo urbinate del gruppo
comunista. A loro si debbono le due leggi sui beni culturali e sulla tutela delle querce.
UNA CONCLUSIONE.
Ricordando quello che avviene negli anni sessanta e negli anni settanta ( trasformazione radicale della
economia, profonde modifiche nella società e nelle istituzioni, vivacità culturale per opera di uomini di
eccezionale valore culturale e statura politica) si può ben dire che quella stagione rappresenta una delle
tappe più ricche e più creative della storia delle Marche. Dopo sono sopravvenute, nella politica e nella
cultura, le stagioni della normalizzazione, dell’episodicità, dell’andare a tastoni, il grigiore dell’aprogettualità e della precarietà, salvo qualche sussulto di breve durata di tentativo, coraggioso e generoso, di
novità.
Viene in mente ciò che scriveva don Italo, in riferimento agli anni ottanta del secolo scorso, ma il quadro
vale, peggiorato, anche per i nostri giorni:“Siamo attanagliati dalla logica della disgregazione. Viviamo per
frammenti. E’ rimasta appena una nostalgia, e un presentimento degli orizzonti interi che coprono il senso
della nostra vita.” In altre parole, siamo in presenza di quella che è stata chiamata, nel campo morale,
“asignificanza delle rotture”: il fatto che “bene e male, giusto e ingiusto non abbiano alcun senso, e tutto sia
innocente, buono, purché si riesca a sopportarlo: questo ha effetti davvero devastanti”.18
Questa nota pessimistica non può, però, portarci al disarmo. Le Marche sono potenzialmente ricche di
risorse umane. E’ una regione al plurale, perché policentrica e ogni suo centro è ricco di storia, di umanità,
di una sua identità. Ha avuto negli anni che, qui, abbiamo celebrato, una forte e ricca fucina di uomini,
protagonisti del sociale, della politica, dell’amministrazione, dell’imprenditoria, della cultura. Le Marche
sono (state) un caso virtuoso di sviluppo locale: un modello non costruito, un modello vero, che ha saputo
combinare lavoro di territorio, momenti riflessivi, comunicazione pubblica, ciascun fattore capace di
alimentare altri. Bisogna, però, bandire la mediocrità, la pigrizia, l’autoreferenzialità della politica, e dare
spazi a laboratori di cultura e di saperi, alla creatività e alla progettualità dei tanti giovani, costretti a
spendere i loro talenti altrove, spesso in lidi stranieri. Ciò non è danno in sé, anzi un valore, nella nuova
dimensione della globalità. Lo diventa nella misura d’incapacità, ormai cronica, a valorizzare, in loco, il
capitale umano, un capitale di nuovi saperi, di ingegno e di speranza. Ciò può somigliare, allargandone lo
specifico, a quella“asignificanza delle rotture, di cui parlava don Italo
1
La mia esperienza, nelle Marche, ha inizio alla fine del 63;provenendo dalla Fuci di Lecco, continuo l’esperienza nella
città dorica (Zampetti, Bedeschi, Tucci, Ercolani, Cinelli). Partecipo alla fondazione del Circolo Maritain di Trifogli.
Frequento e collaboro con il gruppo di Orlando (Bartola, Trillini, Bellardi) all’ISSEM e nella facoltà di Economia
(occupandomi dei temi dello sviluppo economico). Come accennerò nel testo, questo è un periodo d’oro della facoltà
che ha personaggi come il sociologo Marselli, l’urbanista Secchi, i giuristi Cassese e Serrani, gli economisti Vaciago,
Napoleoni, Rey, Vicarelli, Pettenati,…. Alla fine degli anni sessanta faccio parte del gruppo dell’allora Presidente della
Provincia chiamato ad “ordinare le idee” in vista dell’avvento della Regione. Sono incaricato da Trifogli, divenuto Sindaco
di Ancona, della stesura del regolamento dei Consigli di quartiere. Dopo una breve parentesi di lavoro all’’Eni (1970),
ritorno ad Ancona (71) ed inizio il mio lungo impegno come dirigente regionale (1971-2004), occupandomi,come stretto
collaboratore del primo Presidente Serrini, dei problemi di avvio dell’appena nata istituzione. Poi, incardinato nel
6
servizio della Programmazione, ho la responsabilità della programmazione agricola, del coordinamento delle politiche
comunitarie, coordinatore del servizio della programmazione regionale e per ultimo responsabile, con D’Ambrosio,
dell’Area della Presidenza, nel cui ambito svolgo la funzione di capo gabinetto. Negli anni settanta partecipo alle
iniziative di Valerio Volpini e alla redazione del Leopardi (da lì inizia una duratura e feconda amicizia e collaborazione con
Gastone Mosci); inizio, sempre agli inizi degli anni settanta, la frequentazione del gruppo di Marche Settanta, del Mese e
di Marche Regione e dei Convegni di S. Ginesio (Adriano Ciaffi). Sempre negli anni settanta inizia la mia lunga militanza
nelle ACLI provinciali di Ancona, con Bruno Regini, Elio Cerioni, Aldo Bevilacqua, e poi nelle ACLI delle Marche. Alla fine
degli anni settanta sono eletto nel Consiglio Comunale di Ancona e faccio parte del primo comitato di gestione della
USLS di Ancona.
2
AA. VV., La provincia di Ancona, storia di un territorio, ed. Einaudi,Ancona, 1990;Alaimo A., Un’altra industria?
Distretti e sistemi locali nell’Italiacontemporanea, ed. Franco Angeli, Milano, 2002.;Amatori F., Colli A., Impresa e
industria in Italia. Dall’unità ad oggi,ed. Marsilio, Venezia, 1999.;Anselmi S., Le Marche,ed. Einaudi, Torino, 1987;A
Bagnasco A., Piselli F., Pizzorno A. , Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso,ed. Prismi, Milano,1998; Becattini G., Dal
dstretto industriale allo sviluppo locale, ed. Il Mulino, Bologna, 2000; Becattini G., Modelli locali di sviluppo, ed. Il
Mulino, Bologna, 1989.Finzi R.(a cura di), Storia d’Italia. La regione dall’Unità a oggi. Le Marche, ed. Einaudi, Torino,
1987; Garofoli G., Modelli locali di sviluppo: i sistemi di piccola impresa,ed Il Mulino, Bologna, 1996; Gobbo F., Distretti
e sistemi di produzione locale alla soglia deglianni ’90, Bologna, 2000. Istituto Adriano Olivetti per la Gestione
dell’Economia e della Azienda “ISTAO”, Grande impresa e sviluppo locale, ed. CLUA,Ancona, 1989.Piore M., Sabel C.
F., Italian Small Business Developement: Lessons for U.S. Industrial Policy, London, 1983.Piore M. J., Sabel C. F., Le due
vie dello sviluppo industriale.Produzione di massa e produzione flessibile, ed. Isedi, Torino,1987.Putnam R., La tradizione
civica nelle regioni italiane, ed. Mondatori, Milano, 2000.
3
Scocco L. _ Agricoltura e ruralità nello sviluppo economico delle marche. evoluzione storica ed evidenze empiriche (tesi di laurea
pubblicata sul sito dell’Associazione Bartola, 2007)
4
Daniele V. Divari di sviluppo e convergenza regionale in Italia. Un esame per il periodo 1960- 1998. Working paper
(2002)
5
Il nucleo di docenti, prevalentemente di giovane età, ma di grande valore, è rappresentato da Giorgio Fuà, Nino Andreatta,
Achille Ardigò, Leopoldo Elia, Antonio Pedone, Claudio Napoleoni, Bernardo Secchi, Alessandro Pizzorno, Massimo Paci,
Giuseppe Orlando, Sabino Cassese, Giacomo Vaciago, Alberto Caracciolo: nomi, a considerarli oggi, che hanno costituito
il gotha della storia del pensiero economico, sociale e giudico del novecento italiano. Il loro merito è di essersi impegnati
nella realtà marchigiana e di aver creato una scuola di valorosi docenti (Niccoli, Robotti, Bartola, Alessandrini, Serrani,
Mazzoni, Sori,….).
6
la lezione marxiana della transizione, il progresso e l’emancipazione avviene con lo sviluppo della coscienza operaia
attraverso la lotta di classe, il cui luogo d’elezione è la società industriale
7
Nel 1948, Adriano Olivetti fondò a Torino il "Movimento Comunità" e si impegnò affinché si realizzasse il suo ideale di
comunità in terra di Canavese. Il movimento, che tentava di unire sotto un'unica bandiera l'ala socialista con quella liberale,
assunse nell'Italia degli anni Cinquanta una notevole importanza nel campo della cultura economica, sociale e politica.
Sotto l'impulso delle fortune aziendali e dei suoi ideali comunitari, Ivrea negli anni cinquanta raggruppò una quantità
straordinaria di intellettuali che operavano (chi in azienda chi all'interno del Movimento Comunità) in differenti campi
disciplinari, inseguendo il progetto di una sintesi creativa tra cultura tecnico-scientifica e cultura umanistica.
8
Fuà nel 1941 inizia a lavorare per Adriano Olivetti .Per un breve periodo (1947-1950) ritorna all'università di Pisa come
professore, poi viene chiamato a Ginevra come consulente della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite
presieduta da Gunnar Myrdal. Nel 1955 entra all'ENI come consigliere economico di Enrico Mattei.Fuà all’Eni dirige un
gruppo di giovani di prim’ordine:GiorgioRuffolo, Luigi Spaventa, Sabino Cassese, Luigi Bruni, Paolo Leon, Marcello
Colitti, Giuseppe Sfigiotti, Giuliano Graziosi. Consiglio di leggere il libretto di Ruffolo “il libro dei Sogni, Donzelli 2007
che racconta molto bene l’avventura all’ENI nel cap. dedicato ad Enrico Mattei. Olivetti e il marchigiano sono stati dei veri
imprenditori delle intelligenze. Alla Olivetti hanno lavorato in tanti ed è difficile tenerne il conto. Sociologi, architetti,
scrittori, scienziati della politica e dell'organizzazione industriale, psicologi del lavoro. Da Franco Momigliano a Paolo
Volponi, da Giudici, Pampaloni, Bobi Bazlen, Luciano Gallino, Giorgio Puà, Fortini a Francesco Novara, Bruno Zevi
passando per Fichera, Soavi, Ottieri, Luciano Foà, Lodovico Quaroni, fino a Renato A. Rozzi, Furio Colombo, Franco
Ferrarotti, Tiziano Terzani. Le Marche, negli anni 60, hanno beneficiato, per merito di Carlo Bo e Giorgio Fuà, della
presenza di queste personalità.
9
Fuà G. (1983), Industrializzazione nel Nord Est e nel Centro, in G. Fuà e C. Zacchia (a cura di), Industrializzazione senza
fratture, Il Mulino, Bologna.
7
10
Pochini S. “Giorgio Fuà: "il fascino" di un maestro di Silvia Pochini* in Storia del Pensiero Economico N. 39 - 2000
11
Adriano Ciaffi, a soli 32 anni, è eletto deputato nella V legislatura; rieletto nella VI legislatura, rimane in carica fino a
quando, nel 75, viene eletto consigliere regionale e quindi Presidente della Regione (da novembre del 75 a luglio del 78).
Rieletto consigliere regionale nella terza legislatura, nella quale viene eletto nella Giunta Massi come Assessore al Bilancio
e alle attività culturali. Interrompe il mandato di consigliere regionale per ritornare al Parlamento (IX e X legislatura). Nella
prima fase di parlamentare è protagonista dellee battaglie per l’abrogazione della mezzadria; nella seconda fase è
nominato sottosegretario degli interni e poi Presidente della Commissione Affari Istituzionali, In questa veste è autore
della legge di riforma delle autonomie locali e dell’elezione diretta dei sindaci.
12
La legge 16 al primo articolo, richiamandosi all’art. 5 dello Statuto impegna la Regione Marche a promuovere attività e
iniziative culturali, favorendone la libera espressione e la più ampia diffusione nel territorio regionale; a sostenere i programmi
dei comuni e ne asseconda l'iniziativa con particolare riguardo alle manifestazioni di interesse regionale e nazionale; a favorire la
diffusione di centri culturali polivalenti operando per una qualificata e diffusa iniziativa fondata sulla libertà di espressione, tesa
alla più ampia circolazione delle idee e alla pluralità dei centri produttivi ed organizzativi; a favorire la creazione e il potenziamento
di iniziative di produzione, di ricerca e di sperimentazione e lo sviluppo dell'associazionismo e della cooperazione.
13
E’ Sindaco di Ancona, per un breve periodo nel 1964 e per un più lungo,dal 1969 al 1976. E' il sindaco che ha vissuto
insieme con gli anconetani il periodo del terremoto (iniziato la sera del 25 gennaio del 72 e terminato nel novembre
successivo: per l’intensità e per la lunga durata la città subisce gravi ferite e la paralisi di tutte le sue attività): Triofogli ,con
grande tenacia e saggezza, deve affrontare le emergenze che si prolungano per un lungo tempo e poi le prime, cruciali, fasi
della ricostruzione. Diventa senatore nella settima legislatura (1976-1979) e in seguito nella IX (1983-1987). Da uomo
politico e da amministratore, ma anche da insegnante, da preside e da uomo di cultura contribuisce, immediatamente nel
dopoguerra (come consigliere e come assessore) alla rinascita e poi allo sviluppo sociale e culturale del capoluogo e del suo
territorio. A lui si deve l'insediamento dell'Università ad Ancona (inizialmente con la facoltà di Economia come sede
decentrata dell’Università di Urbino e poi, nel 1969, come Presidente del Consorzio, appositamente costituito,contribuisce
alla istituzione della Libera Università di Ancona, nonché il relativo statuto, con l'attivazione del primo biennio della
Facoltà di Ingegneria e del triennio biologico della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Il consiglio Superiore della Pubblica
Istruzione esprime successivamente parere favorevole, autorizzando l'attivazione della Facoltà di Ingegneria per L'Anno
Accademico 1969-70 e di quella di Medicina per l'anno successivo. Così nasce ad Ancona la Libera Università,
riconosciuta definitivamente come Università statale in tempi molto brevi, ed esattamente il 18 gennaio 1971. Trifogli e’ a
più riprese(dal 1970 al 1980; dal 1984 al 1994; dal 1998 al 2002) Presidente dell’Accademia Marchigiana di Scienze,
Lettere ed Arti; Presidente dell’AMAT, Associazione Marchigiana per le Attività Teatrali (1983-1993); Presidente
dell’Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche,
della Galleria Puccini,
del Premio Marche: enti impegnati
nell’attività espositiva, documentaria e divulgativa dell’arte contemporanea. Solo nel 2008 Ancona conferisce ad
Alfredo
Trifogli il Ciriachino d'Oro. Meglio tardi che mai, meglio da vivo.
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Proprio per ricordare il pensatore francese all'indomani della morte (1973), il circolo culturale "Maritain" di Ancona organizza,
alla fine di novembre un convegno internazionale di studi su Il pensiero politico di Jacques Maritain, i cui atti furono pubblicati
l'anno successivo dall'editrice Massimo di Milano (che in tal modo aprì il suo catalogo a numerose pubblicazioni di volumi di e su
Maritain). Quello di Ancona fu un convegno che — come è stato osservato— "ha certamente influenzato la rinnovata attenzione a
Maritain in Italia", data "la varietà e la ricchezza degli interventi in esso contenuti": così M. Ivaldo in una rassegna su Gli studi
italiani sul pensiero politico di Maritain; contemporaneamente tale ricchezza è messa in evidenza anche da A. Pavan (uno dei
maggiori studiosi di Maritain in Italia) quando, nel saggio dedicato al filosofo francese ne “Il pensiero contemporaneo delle
questioni di storiografia filosofica dell'editrice Da tale Convegno nasce l'idea di dar vita ad un Istituto internazionale intitolato al
filosofo francese: iniziativa formalizzata nel 1974, all'Istituto "Aloysianum" di Gallarate, cui segue la fondazione di tutta una serie
di istituti nazionali (in Europa e in America) e regionali in Italia. (da Galeazzi G. L'interesse per Jacques Maritain in
Italia.Contributo ad una bibliografia della critica. )
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Accanto alle lezioni, l'Istituto organizza conferenze e seminari, questi ultimi legati alla Cattedra Internazionale di Teologia che
vede alternarsi relatori delle diverse discipline. Fra i tanti protagonisti di questi anni ricordiamo Pietro Rossano, Jurgen
Moltmann, Prospero Greq, Gabriel Vahanian, Raimundo Panikkar, Noel Aletti.. Certo Urbino e' un unicum per tante ragioni;
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e la libera Università, guidata dal magnifico rettore Carlo Bo, ha un singolare ricchissimo rapporto con il territorio. E tuttavia
e' lecito chiedersi se sarebbe cosi' ricco se non ci fosse stato don Italo, che ha dato smalto e calore agli incontri e alle
iniziative cresciute tra l'Universita'e la citta'. C'e è la sua impronta nella fondazione e nel circolo culturale Acli, che ha sede
nella stessa università e organizza da anni incontri, seminari, mostre, dibattiti, dove studenti e cittadini si confrontano con
studiosi italiani e stranieri. Ne è anima Gastone Mosci, che insegna Lingua e cultura francese a Sociologia ed è stato amico e
collaboratore di don Italo per quasi trent'anni. C'è l'editrice Quattroventi, uno dei gioielli della provincia italiana.
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Un esperienza significativa è quella guidata da don Giovanni Ferretti a Macerata. Anche Lui, come don Italo, proviene dalla
Cattolica di Milano. Approda all’Università di Macerata nel 76: diviene Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e, dal
1985 al 1991, Rettore. A Macerata convergono, negli anni, una prestigiosa leva di filosofi (Luigi Alici, Roberto Mancini,
Franco Totaro).
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Volpini non è confermato consigliere nella seconda legislatura regionale, in compenso ha avuto il privilegio di essere stato
chiamato da PaoloVI a dirigere, nel 78, l’Osservatore Romano, succedendo a Raimondo Manzini. Rimase alla direzione del
quotidiano della Santa Sede fino al 1984. La sua direzione inizia con la tragedia di Moro. Egli interpreta, in quell’occasione,
la linea di Paolo VI di ricerca della liberazione dello statista. Un corsivo del quotidiano della Santa Sede del 31 marzo 1978,
attribuito al suo direttore, sostiene “la richiesta di un passo preventivo non può certo lasciare indifferente la Santa Sede” e
si ricorda come nel passato “ nel riserbo discreto o palese, il Santo Padre in persona e gli organismi della Santa Sede hanno
interposto la loro opera”. Questo corsivo è una testimonianza del tentativo del Pontefice di salvare Moro, fortemente
ostacolato, come oggi risultà ben chiaro, da alcuni ambienti del Vaticano.
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Sensazioni e riferimenti suggerite dall’introduzione di Giancarlo Galeazzi all’opuscolo di Italo Mancini Le tre follie
ripubblicato dal Consiglio Regionale.
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appunti sul decennio 1965 – 1975: trasformazioni dibattiti novita` di