Parrocchia Santa Maria della Consolazione don Alfonso Capuano Is 42, 1-4 Dio presenta il suo servo da Lui eletto per ristabilire la Sua Signoria su tutta la terra. Il servo non userà la forza e passerà attraverso una forma di travaglio. Is 49, 1-6 Il servo rivolgendosi alle nazioni si presenta come un Profeta inviato da Dio ad Israele per la Salvezza. Il servo, dopo una fase di scoraggiamento, si riprende e Dio rilancia la sua missione per tutte le nazioni. Is 50, 4-9 Quale è la volontà di Dio? Perché lo perseguitano? Perché viene dileggiato e messo alla berlina? Cosa significa l’enigmatico versetto finale? Is 52, 13 – 53, 12 Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato. Come molti si stupirono di lui - tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo - così si meraviglieranno di lui molte genti; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Is 52, 13 – 53, 12 Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Is 52, 13 – 53, 12 Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Is 52, 13 – 53, 12 Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte. Is 52, 13 – 53, 12 Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Is 52, 13 – 53, 12 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori. Is 52, 13 – 53, 12 Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato. Dio riprende a parlare in prima persona e presenta un futuro radioso per il servo, associando a questo futuro termini che lo associano ad un re. Da notare l’innalzato che nella Scrittura ha assonanza con i termini del serpente nel deserto (A.T.) e del Cristo sulla Croce (N.T.). Is 52, 13 – 53, 12 Come molti si stupirono di lui - tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo – Dio che parla al presente presenta due tempi storici per il servo: il passato caratterizzato dall’essere sfigurato e deformato in difformità con gli altri uomini ... Is 52, 13 – 53, 12 così si meraviglieranno di lui molte genti; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. … il futuro, nel quale tutte le genti, a cominciare dai capi, resteranno a bocca aperta davanti ad un fatto unico ed irripetibile (ephapax). Is 52, 13 – 53, 12 Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? Qui cambia il soggetto narrante poiché si passa da un io prima persona ad un noi plurale che non è maiestatis. L’unica possibilità che diventerà sempre più chiara con il progredire del canto è quella di riconoscere in questo noi quella folla (popolo) in qualche modo legata ai tormenti del servo, alla sua persecuzione. Is 52, 13 – 53, 12 È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. L’idea che emerge da questo versetto è quella di un isolato, di un emarginato, di uno che non è in sintonia con chi gli sta intorno e che anzi finisce per rendersi odioso. Is 52, 13 – 53, 12 Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. E infatti questo servo, sfigurato al punto che ci si copre la faccia per non vederlo, patisce tormenti fisici (uomo dei dolori) ma anche morali, dal momento che viene disprezzato e non riscuote la stima di alcuno. Is 52, 13 – 53, 12 Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Qui entriamo nella parte più importante del canto: l’antitesi tra quello che il “noi” riteneva e credeva e quello che stava succedendo. L’analisi che viene presentata rassomiglia fortemente a quella che in genere viene fatta “a posteriori”, dopo una conversione di pensiero, di convinzione e di fede. Il servo si carica delle sofferenze “nostre”, di noi che materialmente e moralmente gliele infliggiamo. Is 52, 13 – 53, 12 Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Compare qui una particella importantissima: per. Il termine ebraico presenta almeno due significati: al posto di che indica la sostituzione, quella che in termini teologici viene definita come “redenzione vicaria” (soffre al posto nostro); Is 52, 13 – 53, 12 Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. in favore di che indica l’oggetto dell’azione del servo (soffre a favore nostro). Ma, ancora più importante, è la connessione che la particella presenta il dolore del servo (castigo – piaghe) e la redenzione del popolo (salvezza - guarigione). Is 52, 13 – 53, 12 Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Un popolo presentato come un gregge errante, in pericolo, per il quale al servo pastore viene chiesto di dare la vita. Is 52, 13 – 53, 12 Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. L’immagine, della pecora condotta al macello, che in Ger 11,19 vuol esprimere la confidente innocenza del profeta fatto segno alle minacce, ora è approfondita ad esprimere la silenziosa disposizione del Servo a portare il suo peso. Ger 11,19 Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me, dicendo: «Abbattiamo l'albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato». Is 52, 13 – 53, 12 Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte. Ritorna l’allusione al processo che già abbiamo incontrato precedentemente: l’ingiusta giustizia umana mette a morte il giusto innocente che incontra la morte per ridare la vita al popolo colpevole e accusatore. Is 52, 13 – 53, 12 Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte. L’accenno al “mio popolo” non deve ingannarci: è ancora la coscienza del noi, rappresentata da uno che parla a nome di tutti, che al momento continua il racconto di questa conversione avvenuta durante e soprattutto dopo i tormenti del servo. Is 52, 13 – 53, 12 Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Talmente viene considerato colpevole che finanche nella sepoltura lo si tratta da empio, da maledetto. Dovrebbe farci riflettere molto l’associazione che viene fatta tra gli empi e i ricchi, associazione che ricorda molto da vicino quella evangelica “difficoltà dei ricchi ad entrare nel Regno più del cammello nella cruna dell’ago”. Is 52, 13 – 53, 12 Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Il progetto del Signore, che il servo in qualche modo conosce e completamente accetta, risponde alla morte con la vita, significata da una lunga discendenza e da una “misteriosa” presenza del servo che dopo essersi offerto (e l’offrirsi in sacrificio, vista la tradizione del capro sacrificato per tutti, non può essere altro che la morte) “vivrà a lungo”. Is 52, 13 – 53, 12 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. Ritorna prepotentemente a parlare Dio e conferma con poche parole quanto raccontato dal noi; il servo “giusto”, passato attraverso un travaglio morale e poi fisico, si carica dei peccati del “noi” e in questo modo li giustifica. Cosa dobbiamo desumere dai verbi sulla memoria, sulla contemporaneità o sulla profezia? Is 52, 13 – 53, 12 Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori. La dinamica ricorda quella di Fil 2,5-11: colui che si è inabissato volontariamente, fisicamente e moralmente, viene da Dio innalzato quale Re e Signore del mondo intero. Paolo Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Paolo Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. Fil 2,5-11 Paolo Divino Non considerò Umano Spogliò Croce Umiliò Paolo Gesù Cristo è il Signore Nome Cieli Dato sulla terra Esaltato sotto terra Croce