Elena Artale Testi medici antichi e banche dati informatizzate. L’indicizzazione come risorsa ecdotica ed esegetica* 1. Premessa Dal 2006 mi occupo della lemmatizzazione del corpus Ovi dell’Italiano antico, il corpus su cui si redige il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, gestito dal software Gatto; attualmente il corpus ha 2319 testi, con 467.214 forme diverse per un totale di 23.154.505 occorrenze, di cui 3.647.168 lemmatizzate1. Sebbene le frequenti difficoltà interpretative e le inevitabili incertezze di categorizzazione grammaticale siano i problemi più evidenti in cui si imbatte la lemmatizzazione di un corpus plurilingue di testi medievali, quel che mi preme adesso rilevare è un altro tipo di problematiche, e come la relativa risoluzione abbia svelato delle potenzialità nell’uso di un programma di gestione di archivi testuali diverse da quelle per cui il software è nato e viene solitamente utilizzato. Mi riferisco al reperimento di forme la cui difficoltà si risolve intervenendo sul testo, lezioni messe a testo dagli editori critici ma che costituiscono errori o lezioni deteriori migliorabili con interventi filologici di vario tipo (da una diversa punteggiatura o una diversa divisione delle parole, fino alla congettura). L’inserimento di un testo in una banca dati, o anche la sua sola indicizzazione, agevolano l’individuazione di tali forme e rappresentano un prezioso ausilio interpretativo. Una tipologia testuale per cui tale opportunità si è rivelata particolarmente proficua è quella scientifica (testi di ambito botanico, veterinario o medico), per la specificità filologica e per il lessico settoriale tramandato. La tradizione caratterizzante, mobile, di cui spesso questi testi sono testimoni e la loro ricchezza lessicale hanno indotto con sempre maggior frequenza negli ultimi anni alla pubblicazione di singole versioni o redazioni (talvolta coincidenti con un singolo codice): in * Per motivi di spazio il testo rappresenta una versione ridotta rispetto all’intervento orale, dove ho esemplificato anche alcuni interventi filologici sui testi del corpus Ovi. 1 Dati aggiornati al 31 luglio 2012. Il vocabolario e la banca dati sono consultabili online all’indirizzo www.ovi.cnr.it. 43 Elena Artale molti casi volgarizzamento, traduzione o compilazione di più fonti, nonché aperto a interferenze e interpolazioni, ciascun testimone gode di una propria specifica fisionomia e viene pubblicato a sé 2. In presenza di un lessico tecnico, che in genere volgarizza un latino anch’esso tecnico, con apporti da altre lingue meno note e con termini talvolta ignoti al copista, se non al volgarizzatore, l’utilità dell’inserimento del testo entro un’ampia banca dati informatizzata (quale è ad es. il corpus Ovi, con i suoi quasi 2500 testi) è evidente: per forme peregrine e appartenenti a lessemi poco o per nulla noti, il reperimento di forme simili agevola l’interpretazione, suggerendo spesso una soluzione preferibile a quella messa a testo dall’editore. Dovendo tralasciare l’esemplificazione di lezioni erronee in cui mi sono imbattuta nel corso del mio lavoro esplorando il corpus Ovi 3, mi limiterò ad indicare qui di seguito alcuni degli interventi migliorativi apportati su un testo da me edito – un volgarizzamento di ambito medico, secondo la redazione di un singolo codice – che sono stati determinati dall’indicizzazione con Gatto. 2. Un volgarizzamento della Chirurgia di Ruggero Frugardo 2.1. Il testo in questione è il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo trasmesso dal ms. Conventi Soppressi B.3.1536 della Biblioteca Nazionale di Firenze (sec. XIV, probabilmente seconda metà), che ho di recente pubblicato nel Bollettino dell’ Ovi4. Al momento conosciamo soltanto altri due testimoni del testo in un volgare italico, anch’essi toscani (per l’esattezza fiorentini): il ms. Riccardiano 2163, della prima metà del sec XIV, e il ms. 52 della Medical Historical Library di New Haven, quest’ultimo recentemente individuato da Ilaria Zamuner e con ogni probabilità del terzo quarto del sec. XIII5. La Chirurgia del codice della Nazionale di Firenze è consultabile nel corpus Ovi, con qualche differenza rispetto all’edizione a stampa, in quanto con l’indicizzazione (che ho fatto purtroppo, come solitamente si fa, solo a pubblicazione già avviata) sono emersi refusi, errori di lettura ed errori interpretativi che sono stati 2 Cfr. in proposito ad es. Rapisarda 1996: le osservazioni di ecdotica fatte per i ricettari possono essere estese a tutti i testi di ambito scientifico. 3 Le lezioni emendate o vengono registrate in una scheda filologica oppure sono visibili in Gatto come ‘brano associato’ alla lezione del corpus, un’annotazione visualizzabile in una finestra separata cliccando sulla ‘A’ che appare a sinistra del titolo abbreviato nella finestra dei contesti. 4 La pubblicazione del testo (suggerita da Natascia Tonelli) è frutto della tesi di laurea specialistica in Filologia Moderna all’Università degli Studi di Siena di Miriam Panichella; ho seguito e ricontrollato l’intera trascrizione sul manoscritto e mia è la responsabilità delle scelte testuali definitive: cfr. Artale – Panichella 2010. 5 Zamuner 2010 si è occupata della tradizione occitanica del testo, su cui cfr. anche Rinoldi 2009. Sulla tradizione italiana e sul ms. di New Haven, datato al XIII sec., si veda Zamuner 2012. 44 Testi medici antichi e banche dati informatizzate. L’indicizzazione come risorsa ecdotica ed esegetica corretti nel testo informatizzato6. Prima di passare all’esemplificazione di alcune correzioni, vorrei però soffermarmi su un’ulteriore opportunità offerta da Gatto per i volgarizzamenti. Zamuner ha seguito un lavoro di tesi che porterà alla pubblicazione del ms. Riccardiano 2163 nel prossimo numero del Bollettino dell’Ovi e all’inserimento del testo nel corpus Ovi, inserimento che consentirà non solo di mettere agevolmente a confronto i due volgarizzamenti ma anche di allargare tale confronto al testo fonte, immettendo quest’ultimo come ‘brano associato’7. Per i volgarizzamenti tale uso del ‘brano associato’ è una grossa risorsa, attualmente limitata a pochi testi del corpus, come ad es. la versione mantovana di Vivaldo Belcalzer del De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, dove è stato associato l’indice latino riportato in Ghinassi 1965, cioè l’indice che appare nelle prime carte dello stesso codice di Vivaldo e che dovrebbe derivare direttamente dall’antigrafo latino del volgarizzamento8; ma tale limitatezza è dovuta esclusivamente a motivi di tempo e di risorse9. Gatto 4 (ossia la prossima versione del programma) consentirà la contemporanea visualizzazione di brani appartenenenti a testi ‘paralleli’, ovvero testi che abbiano contenuti tra loro correlati e ripartiti in brani corrispondenti; pertanto, nel caso dei volgarizzamenti, inserendo come testo associato il testo fonte sarà possibile visualizzare contemporaneamente più versioni volgari di un medesimo testo latino. 2.2. Tornando alla Chirurgia, inizierò l’esemplificazione con due casi in cui la consultazione del corpus Ovi in corso di trascrizione del testo ha fornito un utile seppure ovvio sussidio interpretativo; i due esempi sono stati scelti in quanto testimoni uno del lessico botanico (uno dei lessici settoriali della Chirurgia) e l’altro dell’area linguistica cui è attribuibile il volgarizzamento. Il codice presenta delle glosse a margine o in interlinea, le ultime accolte nel corpo del testo, le prime riportate in nota: a c. 52r, a fine della terza riga, si legge «togli centrogalli», con aggiunta sul margine destro della glossa ‘cioè lucina over[o] schiarea’ (Artale – Panichella 2010: 249). La lettura del fitonimo schiarea (pianta delle labiate, registrata nei dizionari dell’uso nella variante dotta sclarea)10 Un errata corrige visibile nel campo ‘note’ della scheda bibliografica in Gatto dà conto delle correzioni. 7 Cfr. n. 3. 8 Cfr. Ghinassi 1965: 28. 9 All’Ovi è in corso un progetto ideato e coordinato da Elisa Guadagnini e Giulio Vaccaro, il corpus DiVo (il corpus del Dizionario dei Volgarizzamenti), che prevede tale inserimento in maniera sistematica. 10 Hanno solo sclarea il Vocabolario Treccani e il Sabatini – Coletti; il De Mauro registra invece una voce di rinvio da schiarea a sclarea, così come il Battaglia, la cui documentazione attesta l’allotropo dotto a partire dal sec. XVII; nel corpus Ovi è presente solo l’esito popolare schiarea. 6 45 Elena Artale è stata facilitata dall’interrogazione del corpus Ovi; la ricerca del lemma centrogalli ha restituito infatti tre occorrenze, due delle quali in due redazioni di un gruppo di sette ricette, trasmesse rispettivamente dal ms. Laurenziano Plut. 73.47 e dal Riccardiano 2067, che glossano «centrogalli, cioè seme di schiarea» (Bénéteau 2000: 247) il primo e «cietroghalli, cioè semi di schiarea» (Giannini 1898: 53) il secondo. Alle carte 54v e 91v (Artale – Panichella 2010: 252 e 297) ricorre la forma bucchie ‘bucce’; non si tratta di un uso grafico eslege, ma di una variante diatopica: nel corpus Ovi troviamo 4 occorrenze della forma bucchia (una in antroponimo, Giovanni Bucchia) e 4 del maschile bucchio, tutte in testi pisani. La forma è citata come caratteristica del solo pisano antico (ma è attestata in lucchese moderno) in Castellani 2000: 335-336, e questo come altri simili casi di varianti lessicali ascrivibili ad una specifica area, insieme a peculiari tratti fonetici e morfologici, fanno propendere per l’attribuzione del volgarizzamento al toscano occidentale, con prevalenza di tratti pisani. 2.3. Passando agli errori individuati grazie all’indicizzazione, esemplificherò tre tipologie d’intervento. Il primo sulla punteggiatura: in Artale – Panichella 2010: 273 si legge «succhio della sempreviva et succhio di [so]latro vermicolare», mentre è da intendere solatro, vermicolare, in quanto quest’ultimo è un fitonimo a sé (la suffissazione aggettivale è già latina: vermicularis è aggettivo denominale da vermiculus). Il termine ricorre altre due volte nel testo: si veda nel capitolo successivo «foglie di iusquiano, solatro, vermicolare» – interpunto correttamente – e nella terza e ultima occorrenza «succhio di vermicolare» (Artale – Panichella 2010: 295). Il secondo errore consiste in una normalizzazione grafica arbitraria: utilizzando Gatto per valutare l’alternanza dei grafemi sc e sci per rappresentare la sibilante palatale davanti a e, mi venivano restituite tra le altre tre occorrenze di disciepolo e una soltanto di discepolo (Artale – Panichella 2010: 280): ricontrollato il manoscritto (c. 78r), la grafia è risultata essere disciepolo anche per la forma trascritta con grafema –sce–. Il terzo e ultimo esempio è un caso di correzione di un banale errore di lettura, la cui risoluzione ha ripristinato la giusta lezione di un termine appartenente al lessico della farmacopea non registrato dai dizionari; scorrendo in Gatto la lista di forme in m–, giunta a mus– leggevo: muscellino (...), musolino, mussellino. L’aggettivo, che non ero riuscita a interpretare in un primo momento, è attestato sempre preceduto da olio, e significa ‘preparato con il musco’11, la secrezione ghiandolare prodotta dall’omonimo mammifero (il Moschus moschiferus, più comunemente noto come mosco) e usata in farmacopea. Ricontrollando il manoscritto, ad una più attenta lettura, la forma musolino accolta in Artale – Panichella 2010: 257 è 11 Cfr. Fittipaldi 2011: 152: «Alchuni vogliono che olio muscellino sia detto da muscho perché ve n’entra dentro. Alchuni dicono che è olio di ben, cioè di catapuzza; et alchuni dichono che è l’olio muscellino posto da Galeno et troverralo negli oli» (III.LXXXI). 46 Testi medici antichi e banche dati informatizzate. L’indicizzazione come risorsa ecdotica ed esegetica in realtà da leggersi muselino, con scempiamento della sibilante doppia -ss- (mussellino) alternata alla sibilante palatale -sc- (muscellino) probabilmente per influsso analogico del doppio esito di ks > ss o sc: si vedano nel testo lassare per lasciare, o massella (forma questa tipicamente pisana)12 per mascella. Le attestazioni più antiche di muscellino sono state reperite nel corpus nel volgarizzamento fiorentino duecentesco dell’Antidotarium Nicolai (Fontanella 2000: 19, 29 e 50)13; nel Libro della cura delle malattie (testo non incluso nel corpus Ovi e anch’esso fiorentino, dei primi decenni del ’300) si legge invece mugellino (Manuzzi 1863: 39), forse per sonorizzazione della sibilante palatale sorda, passata da doppia a scempia. Tutte queste attestazioni fanno adesso parte della voce del Tlio, consultabile online, mentre gli altri strumenti lessicografici, come ho detto, non registrano l’aggettivo. Dall’interrogazione del corpus si ricavano anche 4 occorrenze di mustellino, tutte nel sesto libro del volgarizzamento fiorentino del Trattato d’agricoltura di Pietro de’ Crescenzi, ai cap. 40, 58, 65 e 78 (Sorio 1851-52, vol. II: 274, 284, 290, 301), e tutte precedute da olio; nelle prime quattro impressioni della Crusca, nel Tommaseo – Bellini e nel Battaglia, troviamo l’entrata mustellino, con etimo lat. mustelinus e definizione ‘di mustella’ o ‘di donnola’. Ad eccezione del Battaglia, che integra la documentazione con attestazioni cinquecentesche (e amplia la definizione), gli altri strumenti hanno come unica attestazione la prima delle occorrenze del sesto libro del volgarizzamento: «A provocare i mestrui si confetti la polvere dell’elatterio [Crusca 3a impr. legge elatterico], e con olio mustellino, e con olio comune»14. In corrispondenza di questa e delle altre tre occorrenze, il testo latino trasmesso da un incunabolo della biblioteca dell’Università di Heidelberg ha oleum muscelinum15, così come olio muscellino legge in tutti e quattro i corrispettivi passi il volgarizzamento conservato da un incunabolo fiorentino del 147816. Riguardo poi alla plausibilità di un olio che in qualche modo abbia a che fare con la donnola, la seconda parte della definizione del Battaglia, che a ‘che è proprio o caratteristico della donnola’ aggiunge ‘che deriva o è ricavato da sue particolari ghiandole’, pare confezionata ad hoc per spiegare l’olio mustellino del Crescenzi: 12 Lassare è invece diffuso un po’ ovunque fuori Firenze, anche se prevale in pisano e lucchese: cfr. Castellani 2000: 304 (e v. n. 87) e Castellani 2009: 93 e 97-100. Nella Chirurgia si trovano 17 forme del paradigma di lassare (per un totale di 50 occorrenze) e una sola occorrenza della forma lascia (a c. 90v, ma sembra un’aggiunta di altra mano in un rigo originariamente lasciato in bianco); il tipo massella è presente con 13 occorrenze (7 del singolare e 6 del plurale), mentre mascella non è attestato. 13 A p. 29 in realtà si tratta della tipica forma con -i (muscellini) del genitivo, diffusa nei ricettari medievali. 14 Crusca 4a impr. rimanda a 6.41 e il Tommaseo – Bellini a 6.44. Le citazioni nei vocabolari della Crusca sono dall’edizione a c. di Bastiano de’ Rossi, l’Inferigno; il Tommaseo – Bellini cita dalla Crusca e il Battaglia da Sorio 1851-1852. 15 Cfr. Crescenzi 1477-1483: cc. 112r, 114v, 115v e 119r. 16 Cfr. Crescenzi 1478: 217 (cap. 40: muciellino), 222, 225 e 231 (cap. 58, 65 e 78: musciellino). 47 Elena Artale da una ricerca sulle caratteristiche della donnola e sui suoi usi in farmacopea si evince che di solito essa veniva arsa e se ne utilizzava la cenere, sola o in unguenti, mentre di ‘olio di donnola’ non vi sono (altre) tracce17. Mi pare dunque evidente che – salvo errore di lettura degli editori – mustellino sia da considerarsi corruzione di muscellino, per banale scambio di c con t, forse già nella tradizione latina; l’esistenza sia del latino mustelinus che del volgare muste(l)la ‘donnola’ ha dato credibilità al termine nel sintagma olio mustellino, entrato a far parte della tradizione lessicografica. Solo le occorrenze posteriori al Crescenzi citate nel Battaglia (e che nulla hanno a che fare con l’olio) costituiscono però effettive attestazioni del lemma18. Con questo excursus filologico-lessicografico concludo la mia indagine sui vantaggi forniti all’esegetica e all’ecdotica da un programma di interrogazione e di gestione informatizzata di testi (Gatto nello specifico, in quanto mio software di lavoro) che, nato come strumento di ricerca, si è rivelato un utilissimo mezzo di controllo testuale, oltre che per testi già editi, anche per testi in corso di pubblicazione, un sussidio alle competenze storico-linguistiche e filologiche dell’editore, specie in un ambito – come quello dei testi medici – il cui lessico è ancora in gran parte da indagare e la cui ricchezza terminologica significa in molti casi complessità. Bibliografia19 Artale 2005 = Elena Artale, Scritture inedite dal libro dei Drittafede, in «Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano», X, 2005, pp. 177-202. Artale – Panichella 2010 = Elena Artale – Miriam Panichella, Un volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo, in «Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano», XV, 2010, pp. 227-298. 17 Nel bestiario del Tesoro in volgare (prima metà del ’300) si legge: «Se arderai la donnola et fara’ne cénare, et quella cénare mescolerai con cera liquefatta et con olio di seme lino et fara’ne unguento, se delo detto unguento ungerai alcuna postema, sarae curata incontanente per lo detto unguento. [5] La polvare dela donnola, insalata, data a bere vale contra lo morbo caduco» (Squillacioti 2007: 341). Nello stesso Battaglia, s.v. mustela 1, è citato un esempio da un volgarizzamento quattrocentesco di sette opuscoli medici, dove si legge: «Se el dextro testiculo de la mustela polverizato e mescolato con olio ipericon e con lana sia imposto in la natura e po usino insiemi subito conciperà». Infine, in una ricetta magica conservata in uno zibaldone di un mercante della seconda metà del ’300, abbiamo: «Qualunque persona secherà la lingua della mostela e porteràla sotto lo chalçare e vada tra’ nimici suoi, no[n] potrano andare a llui, si [n]de porta la detta lingua che niuno no· lla vegha; sì averà la buona ventura, se Dio vorrà, eçetera» (Artale 2005: 189). 18 La prima è ne Il sogno di Delfilo di Marco Antonio Ceresa (1513) e l’altra nel Dialogo dei colori di Lodovico Dolce (1565); l’aggettivo pare indicare nel primo caso il colorito dell’amata e nel secondo un colore giallastro, come il mantello della donnola. Ad essi si riferisce la sottodefinizione del Battaglia: «Colore mustellino: colore del mantello della donnola: giallastro, terreo, livido». 19 Si omettono per motivi di spazio gli scioglimenti degli strumenti lessicografici citati. 48 Testi medici antichi e banche dati informatizzate. L’indicizzazione come risorsa ecdotica ed esegetica Bénéteau 2000 = David P. Bénéteau, Segreti, ricette e Virtù del ramerino in appendice alla Santà del corpo di Zucchero Bencivenni secondo il cod. Laur. Plut. LXXIII.47, in «Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano», V, 2000, pp. 241-250. Castellani 2000 = Arrigo Castellani, Grammatica storica della lingua italiana. I. Introduzione, Bologna, il Mulino, 2000. Castellani 2009 = Arrigo Castellani, Il nesso ks (‘x’) in italiano, in Nuovi saggi di linguistica e filologia italiana e romanza (1976-2004), a c. di Valeria Della Valle – Giovanna Frosini – Pao la Manni – Luca Serianni, Roma, Salerno Editrice, 2009, I, pp. 86-103 [già in Lingue stili traduzioni. Studi di linguistica e stilistica italiana offerti a Maria Luisa Altieri Biagi, a c. di Fabrizio Frasnedi e Riccardo Tesi, Firenze, Cesati, 2004, pp. 31-45]. 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