Traduzione esterna
PARLAMENTO EUROPEO
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2004
2009
Commissione per le petizioni
24.1.2008
RELAZIONE
sulla missione conoscitiva a Cipro del 25-28 novembre 2007 relativa alla
petizione 733/2004 – Movimento dei profughi di Famagosta.
Commissione per le petizioni
Relatore: Marcin Libicki
Membri della delegazione: Carlos José Iturgaiz Angulo, Lidia Joanna Geringer
de Oedenberg, Willy Meyer Pleite
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Obiettivi della missione
La missione conoscitiva, autorizzata dall’Ufficio di presidenza il 12 settembre 2007, è stata
organizzata dalla commissione per le petizioni ai sensi dell’articolo 192, paragrafo 3, del Regolamento
del Parlamento europeo. Obiettivo principale della missione era l’incontro con le parti interessate
nell’ambito della petizione 733/2004, presentata a nome del Movimento dei profughi di Famagosta.
Nel corso della missione, a carattere essenzialmente umanitario, i membri della delegazione hanno
discusso con rappresentanti della comunità di Famagosta, in città e in altre località dell’isola, in
particolare Limassol, e con persone sfollate1. I delegati hanno anche avuto il privilegio di discutere
approfonditamente con la sig.ra Erato Kozakou Marcoullis, ministro degli esteri della Repubblica di
Cipro, e con il sig. Mehmet Ali Talat, leader della comunità turco-cipriota nella parte settentrionale
dell’isola 2. Inoltre, a Nicosia i deputati hanno incontrato un alto funzionario delle Nazioni Unite.
La commissione per le petizioni ha chiesto di accedere alla zona chiusa di Famagosta - Varosha,
contattando a tal fine tutte le parti interessate, ma non è stata concessa l'autorizzazione all'accesso.
Benché l’obiettivo della commissione per le petizioni sia cercare soluzioni alle problematiche
sollevate nelle petizioni, in collaborazione con gli Stati membri interessati, essa riconosce che
risolvere la particolare situazione che continua a caratterizzare l’isola di Cipro e trovare una soluzione
negoziata compete ovviamente alle Nazioni Unite, all’Unione europea e agli Stati interessati.
Introduzione
La petizione, presentata inizialmente nel luglio 2004, ovvero successivamente al referendum3
dell’aprile 2004 con cui la comunità greco-cipriota rifiutò la possibilità di riunificare l’isola
nell’ambito dell’UE, dopo l’adesione di Cipro del 1 maggio 2004, è una dichiarazione pregnante a
nome di circa 30.000 persone che, in seguito all’occupazione militare turca del 1974, hanno perso la
propria casa nella zona di Famagosta. Gli autori della petizione chiedono la restituzione della zona
chiusa di Famagosta ai suoi legittimi abitanti, nel contesto delle misure globali a suo tempo proposte
dall’Unione europea per porre fine all’isolamento della comunità turco-cipriota.
Il contenuto della petizione in quanto tale è molto più complesso e, se paragonato alla quasi totalità
delle altre petizioni indirizzate alla commissione competente, presenta una forte componente politica.
Ciononostante, la commissione ha deciso di manifestare il proprio appoggio agli autori della petizione
e di affrontare al meglio la questione in una prospettiva pragmatica e costruttiva, giacché riteneva che
la petizione toccasse una serie di principi fondamentali sui quali si basa la cittadinanza europea, ivi
compreso il rispetto dell’integrità dei cittadini europei e del loro diritto fondamentale alla legittima
proprietà e alla libera circolazione. Nonostante Cipro sia a tutti gli effetti uno Stato membro
dell’Unione europea, permangono diversi ostacoli politici piuttosto rilevanti al pieno riconoscimento
di tali principi, attualmente assodati per la quasi totalità dei cittadini europei.
1
L’attività della commissione per le petizioni è incentrata sui cittadini europei e sui diritti ad essi riconosciuti dal Trattato. Ai sensi
dell’articolo 194 del Trattato, qualsiasi cittadino europeo ha il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo su questioni che
rientrano nei suoi campi di attività.
2
3
Due membri della delegazione, l’on. Meyer e l’on. Iturgaiz, non hanno preso parte a quest’ultimo incontro.
La domanda posta, come si legge nell'allegato IX dell'Accordo fondamentale, è la seguente:
"Approvate l'Accordo fondamentale e tutti i suoi allegati, nonché la Costituzione dello Stato costituente greo-cipriota e le
disposizioni relative alle leggi che saranno applicate, al fine di porre in essere una nuova realtà che permetterà a Cipro di
aderire unita all'Unione europea?"
SÌ
NO
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È urgente che la zona chiusa di Famagosta, detta Varosha, sia restituita ai suoi legittimi abitanti e che
la questione cipriota trovi una soluzione globale. Il nesso tra le due problematiche rimane viscerale,
sembra però che si sia giunti ad una situazione di stallo e che l’inazione sia divenuta la strategia
preferita dalle autorità cipriote, secondo quanto riferito da numerosi cittadini attualmente residenti
nella parte meridionale dell’isola.
Tale valutazione è stata frequentemente ribadita ai deputati nel corso della missione conoscitiva.
Secondo alcuni, la restituzione unilaterale di Varosha ai legittimi proprietari innescherebbe una serie
di eventi che sfocerebbero, in ultima analisi, nella risoluzione del problema della divisione dell’isola.
Ciononostante, non tutti giudicano seria o praticabile tale opzione benché, ai sensi del piano Annan, la
prima fase di adeguamento successiva ad un accordo avrebbe comportato la restituzione di Varosha ai
suoi abitanti dopo soltanto 104 giorni.
Le possibilità di trovare una soluzione si sono diradate dopo l’adesione di Cipro all’Unione europea, e
ciò deve essere considerato un anatema, in flagrante contraddizione con l’ambizione iniziale
manifestata da tutti gli Stati membri in occasione dell’avvio dei negoziati di Cipro con la
Commissione.
La Commissione aveva presentato alla comunità cipriota una serie di incentivi volti a “facilitare la
riunificazione di Cipro incoraggiando lo sviluppo economico e sociale e ponendo nel contempo un
particolare accento sull’integrazione economica dell’isola”. Furono proposti relativi pacchetti per il
sostegno finanziario1. L’impatto di tali proposte appare insignificante. Non sembra che, dopo la fine
del semestre di Presidenza finlandese, eccezionale ed unico in termini di diplomazia comunitaria, tali
misure abbiano ricevuto sostegno, né siano state accompagnate da ambizioni politiche rilevanti o
degne di nota da parte del Consiglio.
Varosha
Nei primi anni settanta, il fiorente quartiere di Varosha costituiva il fulcro della promettente economia
di Famagosta e un luogo cui si rivolgeva gran parte degli investimenti nazionali ed esteri. Esso include
la zona del lungomare e l’entroterra sabbioso, che ne fecero una delle attrazioni turistiche della costa
orientale: costituiva, all’epoca, la “vetrina” di Cipro dal punto di vista culturale e della modernità. Si
tratta di un sito con proprietà di prim’ordine.
Nel 1974, dopo il colpo di stato contro l’arcivescovo Makarios e l’invasione turca di Cipro, i 37.000
abitanti di Varosha scamparono ai combattimenti rifugiandosi nella zona di Nicosia e, in particolare,
nella parte meridionale dell’isola. Lasciarono case, uffici, alberghi e scuole e il quartiere fu sequestrato
e occupato dalle autorità militari turche, che tuttora presidiano la zona, sebbene sia stata abbandonata.
L’intero perimetro è delimitato da una vecchia recinzione in filo metallico e barili arrugginiti, barricate
di calcestruzzo e patetiche insegne militari di pericolo issate dall’esercito turco, che continua a vietare
l’accesso.
Di conseguenza, l’amministrazione civile che governa la parte settentrionale dell’isola non esercita in
pratica alcun potere su Varosha. Ufficialmente, il quartiere è sottoposto al controllo congiunto dei
militari turchi e dell’ONU ma ciò non avviene su base paritaria, ed è vietato l’accesso ai visitatori
senza il permesso delle autorità militari turche2.
1
In una lettera del gennaio 2007 indirizzata alla commissione per le petizioni, il commissario Olli Rehn ribadiva che il ripristino del
porto di Famagosta rimaneva una condizione essenziale “per l’utilizzo del finanziamento comunitario”, ed esprimeva il proprio
sostegno ai finanziamenti destinati agli impianti di trattamento delle acque reflue e al restauro nella città vecchia di Famagosta.
2
La delegazione ha ripetutamente cercato, mediante contatti con le autorità turche, a Bruxelles, Ankara e nella parte settentrionale
di Cipro, di accedere a Varosha, ma vi è stata una costante “mancata risposta” da parte dei militari turchi.
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L’estremità settentrionale del quartiere di Varosha è adiacente alla zona portuale di Famagosta, dove si
può passeggiare e ascoltare il quieto infrangersi delle onde sulla spiaggia sabbiosa. Dalla recinzione,
che impedisce l’accesso al litorale di Varosha, gli alberghi prospicienti il mare, i condomini e i
ristoranti non sembrano altro che decadenti scheletri di calcestruzzo, imponenti relitti urbani che si
oppongono strenuamente allo scorrere del tempo. Vivono ancora tra queste mura i ricordi e le anime
degli antichi abitanti, molti dei quali la delegazione ha incontrato.
Anche la natura si è impossessata di Varosha. Il litorale è diventato un’area di riproduzione delle
tartarughe marine, che depongono le uova sotto la calda sabbia e, nelle crepe delle strade in decadenza,
dove il terreno ha ceduto riversandosi sui sistemi fognari sotterranei, sono cresciuti alberi e arbusti.
Nei vicoli si aggirano gatti e roditori. Neppure le chiese sono state risparmiate dal destino toccato agli
altri edifici: profanate e abbandonate a silenziosa testimonianza di quella che fu un tempo una
comunità in prevalenza cristiana. Le scuole e i campi giochi non sono più popolati da bambini, ma
sembra che anche lì il tempo si sia fermato.
Le autorità cipriote hanno censito 5.567 appezzamenti di terreno a Varosha, di cui circa l’80%
appartenenti a persone di origine greco-cipriota. Solo 4 appezzamenti sono di proprietà di cittadini
turco-ciprioti, e ciò dimostra in modo palese come fosse distribuito all’epoca il potere economico nella
zona.
Il reinsediamento di Varosha è stato oggetto di diverse dichiarazioni di intenti ad alto livello. Il punto
5 dell’accordo Kyprianou-Denktash, concluso nel 1979 sotto l’egida dell’ONU, riguarda proprio il
quartiere di Varosha: “Sarà prioritario il raggiungimento di un accordo per il reinsediamento di
Varosha sotto l’egida dell’ONU, in concomitanza con l’avvio dell’esame da parte dei vari interlocutori
degli aspetti costituzionali e territoriali relativi ad una soluzione globale. Una volta concluso, l’accordo
su Varosha sarà applicato senza attendere i risultati delle discussioni relative ad altri aspetti del
problema cipriota”.
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato tre risoluzioni connesse con la questione di Varosha, di
cui la 550/1984 è la più eloquente: “Giudica inammissibili i tentativi di insediamento in qualsiasi zona
di Varosha da parte di persone che non siano i legittimi abitanti e chiede che l’area in questione sia
posta sotto il controllo delle Nazioni Unite”.
I negoziati sotto Presidenza finlandese riguardarono anche la questione di Varosha quando fu
proposto, in cambio della sua restituzione, lo sviluppo di una zona di libero scambio e comunicazioni1.
La proposta prevedeva che il porto di Famagosta fosse posto sotto il controllo dell’UE, che fosse
revocato l’embargo commerciale sulla parte settentrionale di Cipro e che il quartiere di Varosha fosse
restituito ai suoi abitanti. Tuttavia, le autorità cipriote bloccarono il regolamento volto ad un’apertura
degli scambi con la parte settentrionale dell’isola, affermando che ciò sarebbe stato equivalente al
riconoscimento. Pertanto, anche la parte turco-cipriota si oppose all’accordo, giudicato insufficiente, e
non poté dunque aprire il proprio aeroporto al traffico internazionale.
Nel settembre scorso, si sono svolte trattative bilaterali tra il presidente della Repubblica di Cipro,
Tassos Papadopoulos, e la controparte turco-cipriota, Mehmet Ali Talat, con la partecipazione
dell’ONU. Entrambe le parti hanno presentato al segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, bozze
di piani preliminari che includevano l’apertura di nuovi valichi di frontiera tra le due comunità. Ne è
risultato un ulteriore stallo e adesso tutto sembra essere “in sospeso” fino al dopo elezioni
presidenziali a Cipro che sono previste per il 17 e il 24 febbraio 2008.
1
I negoziati si svolsero nell’ambito delle trattative per l’adesione della Turchia all’UE, quando la Commissione chiese alla Turchia di
accettare “la formula equilibrata e realistica” che prevedeva, ai sensi del protocollo sull’Unione doganale UE-Turchia, l’apertura di
porti e aeroporti turchi a navi e aerei ciprioti.
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La missione
Dopo l’arrivo all’aeroporto di Larnaca, la delegazione è stata accolta da Loizos Afxentiou e
Christofides Kikis, del Movimento dei profughi di Famagosta, e da Alexis Galanos, eletto sindaco del
consiglio comunale di Famagosta in esilio. Nel corso della serata, i deputati hanno avuto un primo
scambio con alcuni dei/delle principali portavoce del Movimento dei profughi di Famagosta, per
essere informati dei recenti sviluppi riguardanti Famagosta e Varosha.
Alquanto informativo si è rivelato l’incontro con il ministro degli esteri della Repubblica di Cipro,
sig.ra Erato Kozakou-Marcoullis, grazie al quale i deputati hanno potuto comprendere appieno la
posizione del governo cipriota in relazione alle problematiche sollevate dagli autori della petizione.
Nello specifico, il ministro ha consegnato a ciascun deputato un resoconto fotografico sullo stato fisico
di Varosha, onde illustrare l’entità del danno e il degrado in cui versa il quartiere, attualmente definito
città fantasma.
Il ministro degli esteri ha inoltre informato i membri della delegazione del contesto globale da cui
deriva l’attuale situazione, precisando che, nel corso dei secoli, Famagosta è stata il gioiello di Cipro.
Durante il suo periodo di massimo splendore, metà degli introiti del turismo dell’isola provenivano da
Famagosta ma, in seguito all’invasione turca, la città, Varosha in particolare, è stata lasciata in uno
stato di degrado. Il ministro ha ammesso che, dal punto di vista tecnico, Varosha è parte dell’UE alla
stregua della totalità del territorio di Cipro sebbene, in pratica, la zona che esula dal controllo del
governo cipriota non applichi l’acquis comunitario ed ha sottolineato le umiliazioni patite dai
numerosi cittadini ciprioti sfollati a causa della guerra, attualmente costretti a chiedere visti per recarsi
nel proprio paese.
Relativamente al programma della missione, il ministro ha comunicato formalmente di disapprovare il
previsto incontro della delegazione della commissione per le petizioni con il leader turco-cipriota, sig.
Talat. Il presidente ha spiegato che il programma, approvato dalla commissione, aveva come obiettivo
quello di concentrarsi interamente sul merito della problematica sollevata dagli autori della petizione,
incontrando tutte le parti interessate disponibili, come avviene, in linea di principio, in occasione di
qualsiasi missione conoscitiva organizzata dalla commissione. Ciononostante, due membri della
delegazione si sono detti contrari all’incontro con il sig. Talat, aggiungendo che non vi avrebbero
preso parte.
Da Nicosia, la delegazione ha raggiunto Limassol per incontrare il sig. Alexis Galanos, sindaco di
Famagosta in esilio, e tutti i membri del consiglio comunale in esilio. Il sindaco ha spiegato che il 45%
dei profughi di Famagosta risiede attualmente nella zona di Limassol (il 25% nella zona di Larnaca).
Le ultime elezioni municipali si sono svolte nel dicembre 2006 e il mandato è quinquennale. Il
sindaco, rivolgendosi ai membri della delegazione, ha dichiarato che, in segno di buona volontà, il
consiglio comunale da lui presieduto non obiettava all’incontro dei membri della delegazione con
esponenti e cittadini turco-ciprioti, al fine di discutere questioni attinenti alla petizione e ai diritti
umani. Il sindaco, sostenuto da tutti i membri del consiglio comunale, si è detto fiducioso che la
commissione avrebbe fatto quanto opportuno.
Il sig. Galanos ha pronunciato una dichiarazione formale, che ha consegnato ufficialmente alla
delegazione corredata da due imponenti volumi contenenti oltre 20.000 firme. La dichiarazione
sottolinea, tra l’altro, che la reclusione di una parte della città di Famagosta costituisce un crimine
contro l’Europa e il mondo intero ed “esorta l’Unione europea e i suoi organi competenti a svolgere un
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ruolo di primo piano per il ritorno alle proprie case degli abitanti di una città europea e il rispetto dei
principi europei”. Nella dichiarazione si legge inoltre:
“Combattiamo insieme a tutti i profughi al fine di difendere il nostro diritto inalienabile a fare ritorno
alle nostre case. Nel contempo, riteniamo che la restituzione di Famagosta ai suoi legittimi abitanti
getterà le basi per compiere ulteriori progressi e risolvere la questione cipriota, creando altresì i
presupposti per una proficua collaborazione a tutti i livelli con i nostri compatrioti turco-ciprioti. Per
tutti questi motivi dichiariamo irrevocabilmente che è nostra intenzione continuare a lottare in modo
incisivo per la restituzione delle nostre case e delle nostre proprietà, e rivolgiamo un appello al resto
della popolazione di Cipro affinché si unisca a noi in questa battaglia”.
Dopo essere stati presentati, i deputati hanno parlato con due ex sindaci di Famagosta, prima
dell’incontro con la Camera di commercio e dell’industria di Famagosta, il cui presidente, sig.
Andreas Matsis, ha informato la delegazione del lavoro svolto da tale organismo, presentando un
memorandum su come è concepita la Famagosta del futuro, quale modello di sviluppo e creatività che
potrà fungere da tramite per la cooperazione tra greco-ciprioti e turco-ciprioti. Con l’appoggio del
sindaco, sig. Galanos, è stata chiesta la costituzione di un comitato di coordinamento che riunisca
rappresentanti di entrambe le parti, al fine di progettare il futuro della città e le relative infrastrutture e
servizi, evidenziando la necessità di salvaguardare e restaurare i siti archeologici di Engomi e Salamis.
Il memorandum conclude: “Viviamo in un’epoca in cui le frontiere vengono abbattute e i paesi si
fondono in unità più vaste. Impegniamoci affinché non nasca un’altra città divisa (come avvenne in
passato a Berlino e come accade tuttora a Nicosia). Occorre pianificare insieme, collaborare e
condividere la visione di una città unita in un paese comune”.
La delegazione si è poi recata all’incontro con la gente del luogo, compreso il parroco, trasferitosi da
Famagosta a Limassol nel 1974. Si è trattato di un incontro molto emozionante, nel corso del quale i
partecipanti hanno espresso l’auspicio di ritornare alle proprie case. I deputati hanno potuto vedere
vecchie fotografie, alcune delle quali ritraevano persone scomparse, che si teme siano morte negli
scontri con le truppe turche del 1974. Molti hanno ribadito che l’adesione all’UE era stata dettata dalla
necessità di risolvere questa questione. Il parroco spera di poter celebrare la messa nella sua chiesa
precedente. La gente vuole che le truppe straniere lascino il paese e desidera poter ritrovare i propri
amici turco-ciprioti.
Prima di partire di buon’ora il mattino successivo per visitare la zona di Famagosta e proseguire con il
programma degli incontri, la delegazione si è riunita per discutere del previsto incontro con il leader
delle autorità turco-cipriote, sig. Mehmet Ali Talat. Il presidente ha comunicato che lui e l'on.
Geringer de Oedenberg avrebbero incontrato il sig. Talat, conformemente alla decisione della
commissione e nell’interesse degli autori della petizione. Gli onn. Meyer e Iturgaiz hanno ribadito che
non avrebbero partecipato all’incontro, principalmente a causa delle preoccupazioni espresse dal
ministro degli esteri1.
I membri della delegazione hanno raggiungo in auto la zona cuscinetto tra le due parti dell’isola,
arrivando al valico di Strovila dove, dopo l’espletamento di una faticosa procedura di controllo
eseguita con cortesia dalle autorità di frontiera turco-cipriote, hanno ricevuto i visti e sono stati
autorizzati a continuare la propria missione (l’on. Matsakis, unitosi ai deputati a Strovila con l’intento
di accompagnare la delegazione ex-officio, non è stato ammesso, e ha deciso di tornare
immediatamente a Bruxelles).
Appena giunta a Famagosta, la delegazione si è subito diretta verso Varosha, transitando lungo l’area
recintata e sostando presso vari punti di osservazione. I deputati hanno sostato in prossimità delle
abitazioni degli autori della petizione, osservando i luoghi in cui, bambini, andavano in bicicletta e
1
Con lettera del 22 novembre 2007, l’on Meyer esortava il presidente ad “evitare incontri che esulassero dagli obiettivi della
missione”.
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compravano gelati, e dove, tra i saluti dei genitori, erano stati felici. Hanno visto i campi giochi della
scuola e le chiese, il presidio e gli automezzi militari turchi e le insegne arrugginite che vietano
l’accesso alla zona. Per gli autori della petizione unitisi alla delegazione a questo punto il tempo si è
fermato.
La delegazione ha poi raggiunto il centro della città vecchia di Famagosta per un incontro col sindaco,
sig. Oktay Kayalp, attualmente responsabile del controllo e della gestione del comune di Famagosta. Il
sindaco aveva risposto alla richiesta di incontro con la delegazione con lettera del 21 novembre 2007,
dicendosi disponibile e pronto a collaborare con la commissione. La lettera menzionava inoltre il
sostegno comunitario fornito mediante il pacchetto di aiuti per la città di Famagosta, per il quale il
sindaco ha presentato alla delegazioni i propri ringraziamenti all’UE. 2 milioni di EUR sono stati
destinati alla conservazione della cinta muraria medievale e di parti della città vecchia, dove si è svolto
l’incontro. Il sindaco ha sottolineato l’importanza della conservazione della città vecchia in quanto
parte del patrimonio culturale.
Il sindaco, sig. Kayalp, si è detto deluso per la mancata adozione del piano Annan, a favore del quale
si era espresso il 70% della popolazione turco-cipriota, aggiungendo che, se fosse stato attuato, il
quartiere di Varosha sarebbe già stato restituito ai proprietari originari e la ricostruzione sarebbe
iniziata. Il sindaco ha manifestato il proprio sostegno alla restituzione delle proprietà del quartiere di
Varosha ai legittimi proprietari. Tuttavia, alla luce dell’attuale situazione, ciò può soltanto risultare da
un pacchetto globale e non sono possibili soluzioni isolate.
Il sindaco ha detto di auspicare una soluzione rapida e duratura giacché, fintantoché non sarà risolto il
problema, tutta la città verserà nel degrado. Sussiste infatti un ostacolo fisico permanente alle
comunicazioni e allo sviluppo, e ciò non è nell’interesse di nessuno. Il sindaco si è detto disponibile a
continuare a lavorare per trovare una soluzione al problema, purché l’obiettivo principale sia risolvere
l’intera questione. Permane inoltre una difficoltà legata alla libertà di circolazione delle persone che si
spostano sull’isola per lavoro; il blocco ostacola altresì lo sviluppo sostenibile di Famagosta.
L’on. Meyer è intervenuto in merito alla necessità di rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite, evidenziando in particolare che le truppe turche dovrebbero lasciare
immediatamente l’isola, affinché gli autori della petizione possano fare rientro alle proprie case. Il
sindaco ha risposto che, pur rispettando tale opinione, temeva che una consegna unilaterale avrebbe
indebolito il processo di pace, affermando di credere nel dialogo con tutte le parti in causa e di essere
disposto, dopo l’adozione di una soluzione negoziata, a svolgere il proprio compito all’interno di
un’amministrazione bicomunale. Ha concluso dicendo che auspica siano adottate soluzioni adeguate,
onde consentire il ritorno degli abitanti di Varosha.
(Con il sindaco non è stata affrontata la questione dello status del porto di Famagosta).
La delegazione, in ritardo rispetto al previsto e dopo la partenza dell’on. Iturgaiz, si è mossa alla volta
di Nicosia per incontrare il leader turco-cipriota. Il presidente e l'on. Geringer de Oedenberg si sono
scusati per il ritardo.
Il sig. Talat ha dato il benvenuto ai deputati e ai funzionari presenti evidenziando, nel suo intervento
introduttivo, la propria ambizione di trovare un quadro adeguato per risolvere quanto prima il
problema di Varosha, e sottolineando che alcune parti della petizione, da lui esaminata con attenzione,
somigliavano alle proposte formulate dal presidente Papadopoulos nel 2004. Ciononostante, si è detto
pienamente rispettoso degli sforzi profusi dalla commissione per le petizioni per contribuire al
processo, sebbene ciò sia possibile soltanto nell’ambito di un quadro globale. Il sig. Talat ha
evidenziato inoltre che la questione di Varosha sarebbe stata risolta in caso di esito positivo del
referendum e ha manifestato il proprio disappunto per la reiezione delle proposte Annan da parte dei
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greco-ciprioti, in seguito al sostegno dello stesso presidente Papadopoulos al “no”1.
Il sig. Talat ha spiegato che, prima del 1994, la questione di Varosha era stata vista come parte di un
pacchetto volto a rafforzare la fiducia ma, successivamente, era rientrata nell’ambito di una soluzione
globale di adeguamento territoriale, con l’auspicio di unificare il paese. Ha aggiunto che, qualora sia
siglato un accordo, il quartiere sarà restituito alla parte greco-cipriota e ai legittimi proprietari,
precisando inoltre che non è possibile una soluzione frammentaria poiché consoliderebbe la divisione
dell’isola.
È necessario ricordare che la regolamentazione dei diritti di proprietà in altre parti dell'isola è molto
più complessa di quanto non lo sia nel distretto di Varosha, l'unica località dove i diritti di proprietà
sono indiscussi e non esiste la doppia proprietà.
Il sig. Talat si è detto favorevole all’istituzione di un maggior numero di valichi di frontiera, onde
facilitare il traffico nelle due direzioni e la comunicazione diretta che potrebbe rafforzare la fiducia.
Relativamente all’unificazione dell’isola e al contesto dei futuri negoziati necessari, il sig. Talat ha
spiegato alla delegazione che la parte turco-cipriota sarà inevitabilmente chiamata a cedere parte del
territorio, in cambio della partecipazione ai futuri organi dello stato e al governo. Le concessioni
territoriali in cambio di diritti politici al governo rappresentano una questione di equilibrio.
Resta la preoccupazione per il fatto che il contributo positivo proposto dall’UE e volto a porre fine
all’isolamento dei turco-ciprioti sia stato bloccato dal veto della parte cipriota: l’isolamento è duro e
opprimente per la popolazione del nord e ciò dovrebbe essere riconosciuto maggiormente. In
conclusione, il sig. Talat ha affermato che la comunità turco-cipriota desidera appartenere all’Unione
europea, ma la parte greco-cipriota sembra attualmente accontentarsi di un processo infinito che non
porta ad una soluzione adeguata per tutti gli abitanti dell’isola. Interrogato dalla delegazione, il sig.
Talat ha risposto che a suo parere non esiste una soluzione distinta al problema di Varosha.
Il presidente ha informato il sig. Talat che l’Unione europea considera cittadini europei i membri della
comunità turco-cipriota e ritiene che essi dovrebbero godere dei diritti derivanti da tale cittadinanza,
ivi compreso il diritto di presentare petizioni.
I deputati hanno poi tenuto un incontro con la Fondazione turco-cipriota per i diritti umani,
rappresentata dalla presidente Emine Erk, che ne ha spiegato il ruolo e le attività, evidenziando inoltre
il sostegno a favore del rispetto delle norme volte alla tutela dei diritti umani su tutta l’isola di Cipro,
aggiungendo quanto sia radicata la convinzione della necessità di una soluzione globale. La
Fondazione si concentra, in particolare, sul problema tuttora attuale delle “persone scomparse”, di cui
si sono perse le tracce dopo il conflitto, e la questione dei diritti di proprietà. Essa promuove
attivamente il dialogo costruttivo tra entrambe le parti, nonché tra la comunità turco-cipriota e il
mondo esterno. È stato inoltre presentato un opuscolo dal titolo: “I turco-ciprioti: i cittadini esclusi
dell’UE”, che spiega le attività della Fondazione attraverso alcuni esempi. I deputati hanno
manifestato interesse per i problemi legati al settore dell’istruzione superiore e alla partecipazione ai
programmi Erasmus/Socrates.
Lasciando Nicosia, la delegazione si è recata ad un'imponente riunione pubblica organizzata dal
Movimento dei profughi di Famagosta a Dherynia, a sud della linea verde, non lontano da Famagosta.
1
Questi i risultati:
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Comunità turco-cipriota sì-64,90%,
Comunità greco-cipriota sì-24,17%
8/10
no-35,09%
no-75,83%
Affluenza 87%
Affluenza 88%
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Ancora una volta, la delegazione è stata accolta da circa trecento persone, in un contesto estremamente
coinvolgente e commovente. Ciascun deputato ha avuto la possibilità di esprimere la propria opinione
e molti dei partecipanti hanno potuto informare la delegazione della propria situazione personale.
Conclusioni
È chiaro che a Cipro lo status quo non può continuare.
La petizione presentata dal Movimento dei profughi di Famagosta e le numerose comunicazioni
analoghe successive1 dimostrano alla commissione per le petizioni e al Parlamento europeo che i
cittadini dell’isola di Cipro sperano di non essere rinnegati e non si arrenderanno mai. A tale
proposito, i risultati della missione sono cristallini. Il loro risentimento, la loro frustrazione e la loro
delusione per il fatto che l’UE e i suoi Stati membri non avessero finora fatto nulla per progredire in
modo tangibile sulla questione è stato un tema ricorrente di ogni dibattito.
La delegazione ha riscontrato volontà di dialogo tra i cittadini e i rappresentanti locali di entrambe le
parti. Nel contempo, è stato anche necessario non esulare dal mandato ricevuto e concentrarsi sulla
questione di Varosha e la restituzione del quartiere ai suoi legittimi abitanti. Gli autori della petizione
e altri interlocutori della parte meridionale dell’isola, incontrati dalla delegazione, erano naturalmente
tristemente consapevoli della propria storia, precedente e successiva all’invasione turca di Cipro del
1974, sebbene gran parte delle informazioni ufficiali fornite riguardino unicamente la situazione
successiva al 1974.
È chiaro che il quartiere di Varosha sarà restituito ai suoi legittimi proprietari...
..seppur non in modo unilaterale e senza una soluzione globale, per la quale l’ONU deve continuare ad
essere la principale responsabile, direttamente e attivamente. L’idea di Varosha quale fucina di
sviluppo e simbolo del futuro di Cipro potrà realizzarsi solo dopo che sarà stata adottata una simile
soluzione, non prima. L’Unione europea, la sua Presidenza, la Commissione e il Parlamento non
esercitano nemmeno lontanamente la pressione politica che ci si potrebbe ragionevolmente aspettare, a
sostegno di una soluzione sotto l’egida dell’ONU.
La Turchia deve inoltre tenere presente che, in qualità di paese candidato, è obbligato a rispettare il
trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali, il che implica il rispetto delle libertà civili e dei
diritti di proprietà. È chiaro che in tali circostanze la sua continua occupazione di Varosha e la sua
presenza militare nella parte settentrionale di Cipro sono del tutto inaccettabili, come indicato anche
dal Piano Annan e dalle successive risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Dopo le elezioni presidenziali nella Repubblica di Cipro sarà opportuno promuovere una nuova
iniziativa dell’ONU, alla quale l’UE deve prepararsi. I progressi in materia non sono dettati dai diritti
di veto ma dai negoziati. L’ONU auspica dall’Unione europea uno sforzo diplomatico più attivo,
sostenuto dalla sua forza economica. Una federazione bizonale e bicomunale con libertà di
circolazione e rispetto dell’acquis comunitario è ancora possibile, e consentirà lo sviluppo di
Famagosta e Varosha. Inoltre, secondo tutti i sondaggi d’opinione, questo è quanto auspica la
maggioranza.
Sussiste tuttavia un pericolo: il tempo stringe.
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Ad esempio le 10.000 firme della “Campagna per la restituzione di Varosha”, trasmesse da Anastasios Antoniou
dell’Organizzazione dei giovani scienziati ciprioti, datate 28 novembre 2007.
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Infatti, da entrambe le parti dell’isola, le persone stanno dimenticando come vivere insieme e parlare la
lingua degli altri. Le generazioni si succedono e molti di coloro i quali ricordano come fosse Cipro
prima del 1974 non ci sono già più. La situazione è dunque urgente e critica.
(Progetto di) Raccomandazioni:
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La risoluzione 550 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite deve essere rispettata da
tutte le parti e, in merito alle preoccupazioni espresse dagli autori della petizione, le istituzioni
dell’Unione europea devono sostenere e promuovere attivamente una soluzione globale che
porti alla restituzione delle proprietà ai legittimi proprietari, a Varosha e su tutta l’isola di
Cipro.
Le Presidenze slovena e francese dell’UE devono garantire la risoluzione di questo problema e
della questione cipriota entro la fine del 2008. A tale proposito, il Parlamento europeo è
esortato a manifestare pieno sostegno al raggiungimento di tale obiettivo, in particolare
mediante il lavoro del gruppo di contatto ad alto livello.
È opportuno che, entro luglio 2008, si tenga un dibattito in Aula, affinché il Parlamento possa
pronunciarsi sulla questione, tenendo conto delle posizioni di tutti gli Stati e interlocutori
interessati.
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