DONNEOGGI DIA LO GA RE D I A L O G A R E - I N C O N T R I N e ws l e t te r D o n n e O g gi Anno 8 - numero 14 - gennaio 2005 La vignetta di Daria Lepori qualità professionale Il piacere di stirare con il sistema metà del tempo di lavoro per tutti i vestiti per tutti i tessuti Associazione Dialogare - Incontri DONNE OGGI 6900 Massagno, gennaio 2005 2 EDITORIALE “Donne Oggi” è di nuovo pronta e si presenta con la copertina progettata da Michela Varini, che con questo collage intitolato Scala, donna e tiglio vuole rappresentare il percorso delle donne, un percorso a tappe che porta verso la propria interiorità. Anche Dialogare, proprio grazie alle tante tappe e agli obiettivi raggiunti nei quindici anni di attività propone nel suo programma 2004-2005 un percorso che tocca in modo significativo (forse quest’anno più che non per gli anni passati) la riflessione, che sta alla base di tutte le sue iniziative. I seminari e i corsi del programma, che hanno come leit motiv l’amore, l’arte, la musica, la relazione e l’attenzione verso sé e verso gli altri, vengono presentati brevemente a pagina 11. Tutte le iniziative di Dialogare si basano sulla teoria psicosocioanalitica elaborata dal filosofo Gino Pagliarani (1922-2001), teoria che considera i molteplici aspetti dell’esperienza umana, da quelli connessi con il proprio mondo interno (emozioni) a quelli più pubblici connessi con l’esperienza professionale-organizzativa. La psicosocioanalisi sostiene l’equivalenza e insieme la complementarietà dell’universo amore e dell’universo lavoro. Ma il programma di Dialogare parte anche dalla considerazione che la costruzione dell’identità femminile e maschile è il risultato di processi storici, culturali e sociali. Differenza è specificità da valorizzare e difendere, sottraendola alla logica di una uguaglianza astratta. È dunque importante assicurare alle donne e agli uomini gli stessi vantaggi e le stesse possibilità. Per le donne che in diverse fasi della vita possono trovarsi confrontate a difficoltà di: doppio ruolo, separazione e divorzio, problemi di formazione e di reinserimento nel mercato del lavoro, si vogliono realizzare azioni positive. A pagina 8 si trova una bella testimonianza di un percorso che, tappa dopo tappa, ha portato Clara a sviluppare un progetto di vita e di lavoro, per lei sempre più soddisfacente. Per le donne però la strada resta ancora abbastanza ardua. Sylvie Coyaud, a pagina 6, racconta di uno studio, dove con tanto di misure e di statistiche si dimostra l’esistenza di una sorta di regola di natura che vale ovunque. Per essere accettata, la richiesta di finanziamento per una ricerca presentata da una donna deve ottenere un punteggio di 2.6 volte superiore al punteggio richiesto per un uomo. Molto resta ancora da fare, ma cosa e con quale modalità? È il tema affrontato da Françoise Gehring, che a pagina 7 commenta l’ultimo libro di Elisabeth Badinter intitolato: La strada degli errori. Il pensiero femminista al bivio. Anche Patricia Schulz, direttrice dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo, nel suo articolo a pagina 14, pone l’accento sull’importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione basate sul sesso. Con informazione, sensibilizzazione, formazione continua, consulenza e partecipazione a vari progetti e programmi, il suo Ufficio tenta di promuovere la parità nella vita quotidiana. Una vita sempre più complessa e multiculturale, che richiede capacità di osservazione e di elaborazione. A questo proposito, il laboratorio interculturale realizzato a Prato l’estate scorsa, e di cui si riferisce a pagina 13, rappresenta un esempio di quanto sta accadendo tra le donne in Italia sul piano culturale e politico. E come non condividere l’affermazione di Lina Bertola che nell’intervista a pagina 9 parla della molteplicità degli sguardi, (maschile, femminile) che appare più che mai una grande risorsa? Lina afferma che: a questo punto la sfida di una crescita culturale che ci consenta di vivere e convivere in un mondo sempre più complesso, riguarda uomini e donne, e in generale tutte le differenze che si intrecciano in questo mondo. Ecco alcuni spunti per la lettura di questo numero 14 di “Donne Oggi”, che con i numerosi contributi costituisce un mosaico ricco e spero stimolante sia per la lettrice che per il lettore. Osvalda Varini-Ferrari Sommario 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 Copertina. Collage di Michela Varini La vignetta di Daria Lepori L’editoriale di Osvalda Varini-Ferrari L’inedito. Le poesie di Elena Spoerl Arte. Incontri: Flavia Zanetti di Carla Burani Ruef Scienza. Linda Buck di Sylvie Coyaud L’opinione. Chi ha paura delle femministe? di Françoise Gehring Consultorio. Un bilancio per ricominciare, a cura di Daniela Peduzzi L’intervista a Lina Bertola, a cura di Antonella Corti Dialogare. La cura di sé e degli altri di Grazia Colombo Dialogare-Incontri. L’attività 2004-2005, a cura di Osvalda Varini-Ferrari Associazione Dialogare - Incontri 12 13 14 15 16 17 18 19 20 DONNE OGGI Internazionale. Le donne leggono di Francesca Rigotti Gender. Raccontar(si) a Villa Fiorelli a Prato di Lidia Campagnano Nazionale. Attività attuali dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo di Patricia Schulz Cantonale. Mutilazioni sessuali, un problema anche nel nostro Cantone? di Marilena Fontaine Pensiero della differenza. Politica di spirito di Monica Cerutti Giorgi Dialogare. Pensare un mondo con le donne, a cura di Franca Cleis e Osvalda Varini-Ferrari AARDT. Alma Chiesa: quela dona di fiöe, a cura di Franca Cleis FAFT. ORAdonna Indirizzi utili, informazioni, libri 6900 Massagno, gennaio 2005 3 L’inedito Vergine A Malpasso Quando la vite vergine A Malpasso c’è una roccia antracite tinge di rossi il muro ultimo levigato scoglio sottocasa, godono gli occhi tra un cascame di macigni tuffandosi in quel fuoco. buttati dal viadotto. Bianca mite vita di linfa, Lì si sente solo il mare. non invidiarci il sangue. Sdraiata senza asciugamano pelle salina sul bordo del mondo mi sento piccola e grata una sirena di mezza età. Lomellina La sagoma d’un frangivento è scuro ricamo sull’azzurro del cielo. Tra i rami nudi l’inverno rivela nidi nitidi, rifugi vuoti gomitoli di vita nati da garbugli di voli nodi, piume, palpiti. A cavallo tra Natale e Capodanno andiamo al mare attraversando le langhe. Sulla strada i cartelloni indicano Il riso della Lomellina. Ma le risaie sono campi raggelati, non gli specchi fecondi dell’estate. Associazione Dialogare - Incontri Elena Spoerl DONNE OGGI 6900 Massagno, gennaio 2005 4 Arte di Carla Burani Ruef Flavia Zanetti Flavia Zanetti Chi è Flavia Zanetti? Sono Flavia, mamma di due figli adulti. Mi considero una persona semplice, comunicativa e autodidatta. Come si è avvicinata all’arte? Ho da sempre amato l’arte perché tocca l’essenza dell’esistenza umana. Ad un certo momento della mia vita è apparsa l’esigenza di trovare un equilibrio interiore ed allora ho deciso di dedicarmi definitivamente all’arte. Perché ha creato lo spazio espositivo L’Officina di Flavia Zanetti? L’Officina esiste dal 1992. È nata come spazio espositivo a scopo non lucrativo. Ho aperto questo luogo con mio marito per creare un centro dove proporre esperienze ed interventi che uniscano arte e società, arte e socialità e che soprattutto favorisca scambi umani veri dai quali nascano spontaneamente eventi artistici e culturali. La mia formazione di insegnante, insieme alla mia attività artistica ha forse contribuito in misura determinante a questo tipo di impostazione. Sento in me un’esigenza pedagogica ed ho dunque un atteggiamento didattico anche in ambito artistico. Scopo principale dell’Officina di Flavia Zanetti, che abbiamo rinominato nel 2002 Officinaarte, è quello di offrire ad artisti, letterati e al pubblico uno spazio culturale libero e non vincolato ai circuiti ufficiali. Nell’Officinaarte si permette agli artisti, di esprimersi spontaneamente e di superare i propri limiti. Il confronto con i suoi spazi dovrebbe stimolare la sperimentazione di nuovi mezzi espressivi. In esso si cerca di favorire una creatività individuale e non vincolata ai codici ed alle ricorrenti etichette dettati dalle tendenze e mode. Lo scambio d’esperienze con altri artisti che frequentano il luogo dovrebbe aiutare ad approfondire le ricerche individuali. Gli artisti scelti e presentati in Officinaarte utilizzano mezzi e materiali diversi. Non poniamo limiti culturali, geografici o stilistici, ma abbiamo una restrizione o un criterio per la scelta degli artisti che presentiamo: cerchiamo professionisti che abbiano qualcosa da dire e da scoprire e l’esigenza di interagire con il luogo e di comunicare con altre persone. L’Officinaarte è infatti uno spazio espositivo inteso come laboratorio creativo: in esso si lavora artigianalmente e si pensa intellettualmente. Cento anni fa l’edificio apparteneva Associazione Dialogare - Incontri alla famiglia Salvadé, emigrata in Italia, e fungeva da deposito per tosaerba e carrozze. Qual è stata l’esperienza dell’Officina fino ad oggi? Abbiamo inaugurato il centro con una mostra personale delle mie opere. In seguito abbiamo presentato esposizioni monografiche e collettive, dedicate a giovani pittori ticinesi e milanesi. Insieme alle mostre d’arte vengono proposti anche degli eventi musicali, letterari e delle performances. Siamo molto soddisfatti perché malgrado i limiti finanziari siamo riusciti a portare avanti un intenso programma di attività diverse che ha posto le basi per fruttuosi ed interessanti dibattiti. Il luogo è davvero attivo e permette a molti giovani e meno giovani di incontrarsi e scambiarsi le proprie esperienze. La recente mostra collettiva E.qui.libri, che presentava 86 libri d’autore di formato A5, eseguiti da attori, poeti, musicisti, scrittori, autodidatti, verrà presentata l’anno prossimo anche alla Biblioteca Cantonale di Bellinzona e all’Archivio delle Donne a Melano. Quali sono i suoi sogni per il futuro dell’Officina ? DONNE OGGI Spero di poter avviare tutti gli anni una manifestazione collettiva su un particolare tema dal quale nascano nel tempo simili collaborazioni con altri istituti interessati. Desidero inoltre trovare sufficienti mezzi per pubblicare cataloghi che possano riassumere le nostre esperienze collettive. Come è nato lo spunto per la sua interessante mostra “IN-CROCI”? Bigorio mi propose un anno fa una mostra dedicata al tema della croce. Il soggetto mi ha subito intrigata. La croce come simbolo incisivo permette un’indagine individuale e collettiva che, toccando la dimensione spirituale, va alla radice della condition humaine. Qual è il suo rapporto con lo spirituale? Sono cresciuta in un ambiente cattolico e molti sono stati dunque gli interrogativi rivolti a questa istituzione. Il mio interesse non si è peró fermato a questioni di fede, ma al tema universale della spiritualità. Per me il sacro è un punto di forza ed uno spunto per la creatività. Cos’è l’arte per lei? L’arte è verità. L’arte è occasione, opportunità in questo mondo contemporaneo per dare una visione diversa delle cose e della vita. L’arte puó dare un contributo alla società. Non è estetica, ma l’espressione piú vera di una persona. Vaglio, domenica 10 ottobre 2004 L’intervista e l’immagine sono state realizzate in occasione della mostra personale Flavia Zanetti. IN-CROCI a La Casa, Vaglio, 24 settembre –24 ottobre 2004 Officinaarte Via Cantonale 57 6983 Magliaso Tel. e fax. 091 606 46 02 Cell. 079 2346311 Orari mercoledí 20.00-22.00 sabato e domenica 14.00-17.00 anche su appuntamento 6900 Massagno, gennaio 2005 5 Scienza di Sylvie Coyaud Linda Buck Le notizie da festeggiare nel 2004 erano poche, meno quelle riguardanti premi e promozioni andati a scienziate dietro alle quali c’erano altre scienziate. Segnalano la buona salute dei rapporti tra donne, o almeno tra quelle donne. Per esempio il Nobel per la medicina è stato dato a Linda Buck, del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle. Ha scoperto attraverso quale intreccio di geni noi umani identifichiamo un odore, ce lo ricordiamo insieme al contesto, ne siamo allettati, schifati, rassicurati, spaventati o comunque emozionati come Marcel Proust quando fiutava il profumo della madeleine inzuppata nel tè. Lui era un caso eccezionale, va detto: l’olfatto è un senso più acuto tra le donne che tra gli uomini, come hanno dimostrato centinaia di esperimenti condotti in tutti i paesi del mondo. Prima di montarsi la testa, va anche detto che questa superiorità è condivisa da parecchie altre mammifere. Il premio Nobel in materie scientifiche è condiviso da pochissime mammifere, invece. Dal 1995, dopo Christiane Nüsslein-Volhard, nessuna donna l’aveva più ricevuto. Si vede che i tre degli anni Ottanta - Gertrude Elion nel 1988 e Rita Levi Montalcini nel 1985 insieme ad altri uomini, Barbara McClintock, da sola, nel 1983 - bastavano e avanzavano, anche se nel frattempo la ricerca in medicina e fisiologia era fatta da un 60% di biologhe. C’era poco da sperare, inoltre: il premio per la medicina era deciso dall’assemblea Nobel dell’istituto Karolinska di Stoccolma il quale era governato da un branco di machos. Ma dall’inizio del 2004 il Karolinska ha per presidente Harriet WallbergHenriksson. Non basta una grande ricercatrice a fare primavera, ma se è Associazione Dialogare - Incontri femminista la differenza si nota subito. Nel comitato che valuta a chi affidare e pagare le ricerche da fare al Karolinska, Harriet WallbergHenriksson ha chiamato Agnes Wold. Forse il nome vi dice qualcosa: è l’autrice, insieme a Christine Wennerås, di un articolo uscito nel 1996 sulla rivista Nature in cui dimostrava l’esistenza, con tanto di misure e di statistiche, del fattore detto ormai “numero di W-W”. È una sorta di regola di natura che vale ovunque, perfino in un ente statale della Svezia che sarebbe il paradiso delle pari opportunità. La regola dice che per essere accettata, la richiesta di finanziamento per una ricerca presentata da una donna deve ottenere un punteggio di 2,6 volte superiore al punteggio ottenuto da un uomo, in base agli stessi criteri: produttività, numero di pubblicazioni ecc. Il numero di W-W ci turberebbe all’incirca quanto il numero di Reynolds (un fattore di viscosità nel moto dei fluidi che lascia indifferente la maggioranza di voi, penso) se fosse applicato ai candidati camionisti o calciatori. Dopo tutto, l’autotrasporto e il gioco del pallone non traggono autorevolezza e universalità da un metodo che deve garantirne l’oggettività e l’assenza di pregiudizi. La scienza invece ha questa pretesa. Gli scienziati si guardano bene dal praticare in privato ciò di cui si vantano in pubblico, un po’ come quei politici che predicano i valori della famiglia e della religione mentre divorziano, abbandonano i figli, seducono le assistenti ecc. Linda Buck divide il premio con Richard Axel, il capo del laboratorio in cui lei lavorava, alla Columbia University di New York. Che sia stata lei a ideare e condurre la ricerca, DONNE OGGI si vede dall’articolo in cui entrambi riferiscono della scoperta. Nell’indice della rivista Cell, in data 5 aprile del 1991, figura come Buck L., Axel R., A novel multigene family may encode odorant receptors: a molecular basis for odor recognition. L’ordine delle firme conta: in biologia, per convenzione la prima segnala a chi riconoscere l’eventuale merito. Con una generosità poco diffusa, nelle interviste rilasciate in questi mesi Richard Axel l’ha riconosciuto. È stata lei a determinare i fattori essenziali, ha precisato “Sul finire degli anni Ottanta, Linda restrinse il campo della ricerca a tre ipotesi. Per fortuna, altrimenti staremmo ancora a setacciare migliaia di geni.” Nel caso vi accadesse di parlarne, dite anche voi che il Nobel è andato a Buck e Axel anche se, per un’altra convenzione, i vincitori sono elencati in ordine alfabetico. Farete un’ingiustizia in meno e Linda Buck ne ha già subite abbastanza. È diventata professore nel 2001, a 54 anni. Lui nel 1978, quando ne aveva 32. 6900 Massagno, gennaio 2005 6 L’opinione di Françoise Gehring Chi ha paura delle femministe? È tra le intellettuali francesi che hanno contribuito maggiormente alla costruzione dell’edificio teorico del femminismo. Filosofa, ricercatrice, un po’ austera ma di una rara lucidità. Alludo ad Elisabeth Badinter, da sempre vicina al “Mouvement de libération de la femme”, spesso autrice di riflessioni controcorrente. Mai banali. Tutt’altro. Il suo ultimo libro – La strada degli errori. Il pensiero femminista al bivio (pubblicato da Feltrinelli) – contribuisce secondo me a scuotere molte cose. Ed ha perlomeno il grandissimo pregio di riflettere, senza compiacimenti o vittimismi, sulla condizione della donna e sul femminismo. Nella scheda di presentazione si legge: “Un vero e proprio manifesto del nuovo femminismo (laico, liberale e libertario) che attacca, in modo anche provocatorio, le pratiche e le ideologie del pensiero femminista. Un testo che susciterà molte polemiche”. E così è stato. Le polemiche sono puntualmente arrivate, le accuse, le dichiarazioni di estraneità. Tutto, o quasi, come previsto. Benché non ne condivida tutto il contenuto – in base, ovviamente, alla mia esperienza e dal mio minuscolo osservatorio – a me il libro è piaciuto. Dice anche alcune verità che molte di noi non vogliono vedere. Quali? Per esempio un certo fallimento delle politiche delle pari opportunità (i risultati, confermati anche da recenti studi e sondaggi, sono lì da vedere); una crescente forma di vittimismo e di separatismo che per finire riconsegna le donne ai ruoli tradizionalmente subalterni; una crescente difficoltà negli scambi positivi con la società maschile; una tendenza a non più confrontarsi – né sul piano teorico né su quello pratico – neppure tra donne. Quasi che parlare di femminismo fosse un bisogno un po’ retrò, da veterane delle lotte per la conquista dei diritti. Una faccenda di streghe un po’ attempate, di rompiballe fuori moda. Invece non è così. Forse oggi più che mai occorre riprende- Associazione Dialogare - Incontri re il filo del discorso, riflettere, coltivare idee, aprire nuovi orizzonti, ammettere i propri errori, scoprire nuove vie, confrontarsi apertamente. L’immobilismo è nemico della crescita. E con questo suo saggio Elisabeth Badinter ha voluto scuotere le acque. E ha fatto bene. Perché lei ha anche voglia che si parli delle donne non in quanto vittime, ma come soggetti vincenti. Ma perché mai molte donne attive nella causa delle donne sentono il disperato bisogno di dichiarare: io non sono femminista! Ma che c’è di tanto orribile? E di questo che dovremmo anche parlare. Ha ragione Bia Sarasini quando afferma che “il fantasma della femminista non è mai benevolo. Dura, rigida, censoria. È la nemica. Degli uomini. Delle donne che li amano”. Se questa non è una maschera scagliata “come un anatema contro l’autonomia femminile”, poco ci manca. Paradossalmente la femminista, o meglio la caricatura della femminista, diventa l’ostacolo maggiore a comunicare il femminismo. Non è forse una forma di gabbia da cui dovremmo uscire? Non è forse stancante sentirsi dire, quando occupi degli spazi pubblici o prendi posizione: “non sarai mica una femminista”? È un punto centrale. Non è una disquisizione sulle etichette. Ma di contenuti. Badinter si chiede, per esempio, se oggi le priorità scelte dai gruppi femministi riflettano davvero le preoccupazioni delle donne. E cerca di spiegare perché la generazione delle giovani donne rifiuta di definirsi femminista anche se, nel quotidiano, i loro atti sono femministi. Insomma qualcosa non quadra se la definizione di femminista desta resistenze e quindi si ripercuote sull’identificazione delle donne nella causa comune per l’emancipazione. E qualcosa comunque davvero non va, conferma Badinter, se anche: le ineguaglianze tra i sessi rimangono le stesse, se si registra un’inversione di tendenza nel trattamento dei salari, se i posti di comando sono saldamente in DONNE OGGI mano agli uomini. Altro errore strategico, secondo la filosofa francese, la lotta per l’indipendenza economica. “Non sento più dire: se non guadagnate i vostri soldi vi ritroverete alla mercé dell’uomo. L’indipendenza economica è vitale. Smettere di ribadirlo pensando che sia un dato acquisito è un errore. La libertà costa enormi sacrifici”. Secondo Badinter l’immagine della donna vincente, che costruisce sull’indipendenza la propria vita, oggi alle femministe non fa più comodo. Il femminismo, insomma, si è arroccato su posizioni di difesa. “Oggi la voce dei movimenti – continua Badinter – si leva solo per parlare della donna fragile, diversa biologicamente, che va protetta”. Parole dirette, accuse esplicite, quelle della filosofa. Ma anche l’occasione per tracciare un bilancio. Per ammettere gli errori o per riaffermare la propria visione del mondo. E comunque per uscire dall’immobilismo rinunciatario, che annulla ogni possibilità di cambiamento e di evoluzione. 6900 Massagno, gennaio 2005 7 Dialogare-Incontri. Attività a cura di Daniela Peduzzi Un bilancio per ricominciare Cos’è in realtà lo Sportello Donna? L’esperienza di 8 anni di consulenze ci permette di affermare che il Consultorio è innanzitutto un luogo d’incontro in un contesto di assoluta discrezione, legato al segreto professionale. “Ho bisogno di uno spazio di ascolto” così si esprime una giovane donna venuta allo Sportello alcuni giorni fa. Infatti l’ascolto attento e reciproco rappresenta un momento importante del colloquio. I problemi concernono principalmente la vita professionale delle donne: trovare un lavoro, imparare ad affrontare la durezza del mercato, riorientarsi, riqualificarsi, fare il punto della situazione. I problemi non si possono disgiungere dalla vita personale e ciò li rende più complessi e difficili da risolvere e superare. Lo Sportello offre sia una consulenza individuale con alcuni colloqui (in media da 1 a 3, a seconda della necessità), sia un percorso più strutturato di 5-6 colloqui definito “Bilancio professionale e personale”. La scelta tra queste due possibilità viene valutata durante il primo incontro, secondo il bisogno e le priorità. Oggi Daniela Peduzzi, responsabile dello Sportello ha voluto incontrare Clara, una delle donne che tempo fa ha scelto di fare un corso di bilancio. 8 anni di attività del Consultorio Sportello Donna 1997 – 2004 donne incontrate 834 colloqui 1215 Associazione Dialogare - Incontri Cosa l’ha spinta a rivolgersi al nostro Sportello? Mi trovavo in un momento particolare della vita, volevo ricominciare a lavorare. Dopo essermi concessa una pausa dedicata alla famiglia e ai figli, sentivo la necessità di riprendere un lavoro, anche perché nel frattempo avevo divorziato e dovevo assolutamente riprendere in mano il mio futuro professionale ma non volevo più riprendere la mia professione di assistente odontoiatrica. Come mai? La sentivo molto lontana, probabilmente a causa degli anni di assenza dal mio lavoro. Avevo paura di non riuscire a reinserirmi, il vero problema era però quello di non sapere cosa altro fare. Così come primo passo mi sono iscritta ad un corso di computer, solo per donne (l’idea mi piaceva) organizzato dall’Associazione Dialogare. La vedevo come una prima lacuna da colmare, una necessità per aggiornarmi e prepararmi alle nuove esigenze del mercato del lavoro che stava cambiando a grande velocità. Perché ha deciso di fare un bilancio? Ho frequentato con entusiasmo il corso di computer, ma una volta terminato non mi era ancora chiaro cosa volevo fare in seguito. Durante il corso una partecipante mi aveva parlato bene dello Sportello Donna e mi raccontava di un corso di bilancio che aveva frequentato e che l’aveva aiutata a chiarirsi le idee. Così mi sono decisa a prendere un appuntamento e fare questo bilancio. Cosa si aspettava? In verità mi aspettavo poco, ma ero in un periodo di tale confusione che tutto sembrava potesse essermi utile, dunque qualcosa in fondo mi aspettavo, ma cosa? Ancora non lo sapevo. In che modo questo corso l’ha aiutata? All’inizio il confronto con le altre donne mi ha messo in difficoltà. Mi chiedevo cosa facessi io fra loro, non volevo accettare di essere come le altre e di avere bisogno di aiuto. Poi man mano che il corso procedeva, l’essere “obbligata” a riflettere sulle mie esperienze formative, di lavoro, di vita, il dovermi confrontare con l’esperienza altrui, mi ha permesso di scoprire, di chiarire, capire e rivalutare le mie risorse. Alcuni anni prima avevo fatto una formazione serale, di tipo commerciale, ottenendo anche un diploma, ma non avevo mai preso in considerazione DONNE OGGI Donna e .... lavoro! • lo trovi su www.dialogare.ch il fatto di poter e voler svolgere un lavoro amministrativo, d’ufficio. Ora l’idea riprendeva vita e mi sembrava di percepire quello che volevo essere e volevo fare. Le riflessioni durante il percorso di bilancio mi avevano convinta che queste vecchie conoscenze erano da riprendere in mano, da ripensare e aggiornare. Il corso in definitiva mi ha dato una forte spinta e il coraggio di lanciarmi in una nuova avventura. È nato un nuovo progetto? Inizialmente ho trovato un posto di lavoro part time come segretaria (il corso mi aveva anche insegnato a redigere un CV e come fare una ricerca di lavoro) presso una piccola associazione. Una vera nicchia di mercato dove innanzitutto ho avuto la grande opportunità di mettere in pratica tutto quanto avevo appreso. Inoltre lavorando in questo ambito, mi convincevo sempre più che avevo imboccato la strada giusta. Poi cosa è successo? Parlando con il mio compagno, che da anni lavorava nel ramo commerciale, abbiamo deciso insieme di avviare un’attività in proprio. Lui portava con sé una grande conoscenza del settore, io mettevo a disposizione tanta buona volontà, tenacia e una nuova pratica nei lavori d’ufficio. L’inizio ha richiesto molto lavoro e energia da ambo le parti. Ma poi la ditta è decollata ed ora contiamo 15 dipendenti. Da poco abbiamo assunto anche un apprendista di commercio per l’ufficio. Uno degli obiettivi che ci siamo posti è anche quello di dare l’opportunità ai giovani di formarsi. Dal canto mio mi sono impegnata a fare la formazione di maestra di tirocinio. Ora cosa c’è di nuovo? La ditta è cresciuta, dovendomi occupare intensamente dell’amministrazione e della contabilità, ho di nuovo sentito la necessità di ampliare le mie conoscenze per svolgere il mio lavoro in maniera sempre più ottimale. Mi sono dunque iscritta al corso di contabile federale. Sono al 2° anno, non so se riuscirò a superare gli esami finali, ma sono convinta che le conoscenze che ho acquisito mi saranno di grande aiuto. Ripensando ora a quel “primo corso di bilancio” cosa ci può dire? Il corso è ormai lontano, ma non l’ho dimenticato e credo che è sicuramente stato il primo passo che mi ha permesso di ripartire e di arrivare fin qui, l’input che ancora oggi mi incita ad ascoltarmi e ad incoraggiarmi, e che mi spinge ad andare oltre e 2005 fare altre 6900 Massagno, gennaio 8 cose. L’intervista a cura di Antonella Corti Lina Bertola Lina Bertola, filosofa, è collaboratrice scientifica del LDES (Laboratoire de didactique et épistémologie des sciences) dell’Università di Ginevra, insegna filosofia al Liceo di Lugano ed etica all’ISPFP (Istituto Svizzero di Pedagogia per la Formazione Professionale). Vive a Lugano con il figlio Francesco di dodici anni, al quale ha dedicato il suo libro: Ethique & Education, Un autre regard, Edizioni Paradigme idéa, Nice, pubblicato nella primavera 2004. Nel tuo libro ti rivolgi principalmente alla Scuola e proponi alcune riflessioni a chi non si sente a proprio agio in questa società dell’immagine, dell’apparire. Suggerisci di essere più protagoniste della nostra vita, volgendo ad essa un altro sguardo. Come dire che la nostra è una scuola nozionistica non abbastanza “libera” per volgere lo sguardo altrove, per sviluppare un pensiero critico? Viviamo in un mondo pieno di “cose evidenti”, di conoscenze che si offrono a noi semplicemente come strumenti utili. Ciò appiattisce lo sguardo in una prospettiva utilitaristica, soffoca la ricerca del senso delle cose, del piacere di comprendere: l’atteggiamento disinteressato, insomma, che sta fuori da ciò che è utile. In questo clima anti-educativo, che smorza idealità e progettualità, la scuola resta una grande occasione per rimettere in movimento un rapporto vivo con le conoscenze, per capire che siamo noi i costruttori del mondo, siamo noi a dargli un senso e a portarne la responsabilità. La scuola deve però saper resistere alle domande utilitaristiche che vengono dalla società: perché educare è un gesto di libertà e anche un gesto d’amore. “La differenza è un grande valore per la conservazione della vita. Pensare l’altro/ a nella sua originalità, nella sua unicità”. Questo pensiero si applica anche alla condizione femminile, quale consapevolezza della differenza di genere? Nel libro ho cercato di mostrare come la differenza sessuale, anche in chiave naturalistica, rappresenti una ricchezza per la riproduzione della vita e per la sua evoluzione, e come però la nostra civiltà non abbia saputo leggere Associazione Dialogare - Incontri Ethique & Education Un autre regard nella natura questo valore. In realtà il pensiero occidentale non ha mai “compreso” davvero la differenza nella sua originalità, ma l’ha sempre misurata su un modello ideale. La natura è stata pensata come “divenire” sempre minacciato dal caos delle sue trasformazioni (Platone) o come perfezione secondo un modello maschile (Aristotele): in questo pensiero della natura, il femminile, la donna è stata “pensata” sempre come mancanza, incompiutezza, addirittura inferiorità rispetto al modello ideale dell’uomo. Oggi stanno emergendo i limiti di una razionalità che ha tenuto sotto il suo controllo “ordinato” il movimento anche imprevedibile della vita: oggi ci accorgiamo che la realtà è più complessa di come la sappiamo pensare noi. La molteplicità degli sguardi (maschile, femminile) appare più che mai una grande risorsa. Come è possibile dare forma e scegliere consapevolmente sulla nostra esistenza, dotarci di autonomia, se con l’emancipazionismo ci si è uniformati ad un pensiero di cittadino neutro, all’uguaglianza alla totale assenza in ambito scolastico della storia delle donne e della cultura femminile? L’appropriarci, come donne, dell’universo simbolico maschile è stata forse una tappa necessaria. A questo punto la sfida di una crescita culturale che ci consenta di vivere e convivere in un mondo sempre più complesso mi sembra che riguardi uomini e donne, DONNE OGGI e in generale tutte le differenze che si intrecciano in questo mondo. È questo il vero impegno etico verso il futuro. Nel libro ho indicato un possibile percorso: rileggere quello che comunemente chiamiamo progresso come un percorso umano fatto di scelte e rinunce, in cui le rinunce sono semi positivi lasciati sul tragitto, semi che oggi potrebbero arricchire il nostro sguardo sul mondo. Un esempio: il sapere medico delle donne legato alle pratiche della cura, rimasto silenzioso dentro la storia ufficiale, è indizio di un rapporto conoscitivo con la natura e con la vita che potrebbe arricchire oggi lo sguardo della bio-medicina. In primo piano poni sempre la persona, le sue idee, le sue esperienze, la conoscenza delle sue conoscenze. Il tuo consiglio di lavorare su noi stesse, ripensare diversamente la relazione tra ragione ed emozione: “travailler a mieux penser” si può tradurre: imparare a conoscersi e a pensare meglio? Il messaggio è questo, certamente. Non si tratta però di un invito un po’ ingenuo che faccia leva sulle buone intenzioni. Ho cercato di mostrare quanto sia difficile mettersi al centro della propria esistenza. Ho analizzato il paradosso di una società che esalta l’individuo, soprattutto come protagonista dei consumi, ma che ne smorza in forme diverse l’individualità responsabile. In questo senso vedo l’educazione, di se stesse, dei propri figli, dei giovani in generale, come un atto di resistenza nei confronti delle spinte antieducative presenti nella nostra società. 6900 6900Massagno, Massagno,gennaio aprile 2003 2005 10 9 Dialogare-Incontri. Attività La cura di sé e degli altri DIA LO GA RE di Grazia Colombo Curare ed essere curati: una situazione e una relazione che pensiamo antica come il mondo. Tutti infatti pensiamo di saperne qualcosa, aiutati in questo dall’iconografia e dalla letteratura: già dall’infanzia siamo abituati a vedere quadri e immagini che ci rappresentano: per un uomo ferito c’è una mano compassionevole che lo cura, per il morente c’è un abbraccio di commiato, per la partoriente c’è qualcuno al suo fianco per accompagnarla e accogliere il neonato. Oppure ci siamo abituati a leggere libri che parlano di donne che tengono costantemente aperta la casa e la rendono accogliente per tutti e contemporaneamente si prendono cura di tutte le persone che la abitano. Tuttavia, il curare non diventa conoscenza pubblica, non diventa campo di un sapere riconosciuto e diffuso. Curare è, nell’immaginario sociale, una competenza al femminile, nonché un compito duro sia sul piano materiale che emotivo. E’ inoltre un impegno senza ricompensa né visibilità, se svolto nell’ambito domestico-familiare, ed anche un lavoro poco riconosciuto e poco pagato, se svolto in ambito professionale. Tuttavia essere curati è indispensabile: tutti noi abbiamo bisogno di essere curati nella nostra vita quotidiana, indipendentemente dall’età e dallo stato di salute. O ci curiamo da noi stessi, o qualcuno lo fa per noi per motivi amorevoli, o paghiamo qualcuno perché lo faccia. Forse è questa universalità di bisogno a rendere così invisibile il curare, tanto che si trova traccia e sembra visibile solo l’incuria e la trascuratezza. La cura è data per scontata. Questi temi ci pongono più che mai di fronte ad una serie di domande, come ad esempio: siamo certi che il comportamento del curare, che risponde ad un bisogno universale di cui tutti siamo portatori, cioè quello di essere curati, possa diffondersi in modo naturale e spontaneo, senza apprendimento? Nessuna capacità nasce da sola, diciamo così, naturalmente. Le competenze vanno acquisite, tramandate o insegnate da altre persone, di solito adulti che per conoscenza ed esperienza diventano fonte di apprendimento. Se è vero che a curare si impara, dobbiamo anche aver chiaro chi insegna, dove, attraverso Associazione Dialogare - Incontri quali modalità. La competenza del curare si fonda non tanto su contenuti disciplinari, ma sul senso stesso delle cose della vita quotidiana, come ambito che contribuisce a creare cultura sociale, e contemporaneamente da questa ne è definito. Abbiamo alle spalle decenni di forti mutamenti nei comportamenti di cura. In estrema sintesi, possiamo descrivere così i processi di apprendimento negli ultimi cinquant’anni rispetto al nostro tema. Le donne adulte di oggi sono quelle che hanno visto le loro madri lavorare in casa, hanno visto crescere i bambini delle loro vicine di casa e hanno anche fatto economia domestica a scuola. A loro volta hanno cresciute le figlie - per emanciparle dal destino del lavoro domestico e perché si I ll us trazio ne: collag e di Michela Va r ini appropriassero di una loro identità libera e proiettata verso nuove conquiste - come fossero dei maschi, abolendo giochi e modelli giudicati eccessivamente femminili. In un certo senso, tutte sono diventate capaci di giocare al pallone e nessuno, né maschi né femmine, sembra saper affrontare una situazione di cura considerandosi compe- DONNE OGGI tente. Il modello maschile portato come universale rischia di far perdere a donne e a uomini la competenza di curare se stessi e gli altri. La giusta necessità di togliersi dal destino di uniche e totali curanti, anziché potenziare la maestria di insegnare a tutti qualcosa di cui tutti necessitano, ha in un certo senso contribuito a far entrare nell’oblio la competenza di cura, confermandola come competenza bassa a cui, se possibile, sottrarsi. Oggi è possibile guardare con distacco questi passaggi che sono stati in un certo senso obbligati, vederne i limiti e le contraddizioni e riprendere in mano il filo di una nuova costruzione di senso sulla nostra vita quotidiana che, nonostante ogni post modernità, continua a non poter fare a meno di cura. Abbiamo già detto che curare continua a rimanere un comportamento considerato privato, svolto e descritto solo all’interno di relazioni familiari e di vicinato, non consono ad un dire pubblico. Del curare, ciò che si continua a pensare è che “si fa ma non si dice”, che “non lo si impara, lo si sa”, quasi non ci fosse neppure bisogno di dichiarare che cos’è questo lavoro, nel senso di quale impianto concettuale e operativo lo contraddistingua e lo definisca. Si fa e basta, non c’è neppure bisogno di dirlo, consiste nell’averlo fatto, evitando così di prendere in considerazione quali sono le differenti parti essenziali - cioè quella materiale, quella emotiva e quella organizzativa - che lo compongono. C’è da chiedersi se e come possa il comportamento del curare uscire da tale dimensione per assumere anche quella di opportunità e di diritto per la persona, uomo o donna, che lo compie. Perché ciò sia possibile, la cura e il curare deve poter mostrare una dimensione di gratificazione, oltre quella di peso o sacrificio; 6900 Massagno, gennaio 2005 10 Dialogare-Incontri. Attività a cura di Osvalda Varini-Ferrari Attività 2004 -2005 DIA LO GA RE 2005 Il nostro programma d’attività 2004-2005, che ha preso il via lo scorso mese di ottobre, si presenta anche nel 2005 ricco e variato. L’attività dell’Associazione si è molto diversificata nel corso degli anni. Dopo i primi corsi di orientamento per le donne, introdotti nel 1991, e grazie all’incontro e al dialogo instaurato con le partecipanti, sono scaturiti molti progetti, che Dialogare ha saputo realizzare in maniera creativa. Del Consultorio Sportello Donna, una struttura che incoraggia, accompagna, sostiene, informa donne e uomini confrontate/i con una nuova scelta di lavoro e/o di formazione, già si è parlato a pagina 8. Per quel che riguarda il programma 2004-2005, i corsi tradizionali, che vengono riproposti regolarmente, sono stati affiancati da nuove iniziative. Corsi e seminari del programma “Incontri di Dialogare” I corsi primaverili sono come d’abitudine, la continuazione del programma progettato in autunno. Il programma 2004-2005 ha come leit motiv, l’arte, la musica, l’amore, la relazione e l’attenzione verso sé e verso gli altri. Un programma maturato quasi spontaneamente e che riscuote un buon successo di partecipazione. Il sonno, guardiamo cos`è, con la dottoressa Heidi Wolf Pagani, La cura di sé e degli altri con la sociologa Grazia Colombo, Il mestiere di nonno e nonna con la psicologa Vittoria Cesari Lusso; Un pizzico di cacao e un po’ di zucchero con la formatrice Isabella Medici Arrigoni, sono stati seguiti con molto interesse. Le prossime iniziative del programma prevedono per gennaio/febbraio, il laboratorio Diamo corpo alle parole, cinque incontri con Antoinette Werner, attrice, teatroterapeuta e collaboratrice RTSI. Questo corso darà la possibilità di immedesimarsi in personaggi della letteratura, della mitologia e della storia. Sguardi incrociati sul velo islamico, previsto per il mese di marzo tratterà un tema che sta suscitando dibattiti appassionati. Il 12 aprile Dialogare ha in programma una serata in collaborazione con la Federazione Associazioni Femminili Ticinesi e con la Comunità di lavoro intitolata La nostra terra futura, responsabilità e partecipazione. Proseguirà inoltre la rassegna cinematografica, L’amore e altri poligoni, animata dal giornalista e critico cinematografico Gino Buscaglia, che il 20 aprile concluderà il programma Associazione Dialogare - Incontri 2004-2005. Corsi Gender “Pensare il mondo con le donne” Lo scorso autunno ha avuto inizio la nona edizione di Pensare il mondo con le donne sul tema della musica e dell’arte. Un tema che Dialogare già avrebbe voluto trattare in edizioni precedenti, ma che non era stato possibile realizzare. I seminari che si svolgono con una cadenza mensile al sabato mattina, danno la possibilità di scoprire o rivisitare la vita e l’opera di alcune artiste e musiciste. In gennaio sarà la volta della scrittrice Daniela Pizzagalli che presenterà la vita e l’opera di Sofonisba Anguissola, il 26 febbraio Fernando Mazzocca docente di storia dell’arte, parlerà invece di Elisabetta Vigée-Lebrun e di Angelica Kauffmann, mentre il 12 marzo Lisa Wenger Oppenheim curatrice dell’archivio Oppenheim e Marina Corgnati, giornalista e storica dell’arte, ci documenteranno su Meret Oppenheim. L’obiettivo di questi seminari rimane quello di sempre: scoprire protagoniste di un passato avvolto nell’oblio, al fine di metterlo in comunicazione con il presente. Corsi e seminari per istituzioni specifiche L’Associazione progetta nuovi corsi mirati a diverse istituzioni e scuole. Nel 2004 sono state parecchie le iniziative rivolte a gruppi sia professionali, che a gruppi di volontariato, che desideravano progetti formativi su tematiche legate sia all’orientamento e alle tecniche di ricerca lavoro, che alle teorie della comunicazione, temi svolti sempre con un’attenzione alla specificità di genere. Concorso letterario Questa iniziativa è giunta quest’anno alla terza edizione. Promossa per dare ulteriore visibilità al sito dell’Associazione www.dialogare.ch ha avuto ogni volta un grande riscontro nel pubblico. Il tema proposto nel 2004 “Straniera tu, straniera io” ha toccato il tema della multiculturalità e dell’integrazione. Sono stati una sessantina i lavori presentati alla giuria, che ha premiato parimerito due racconti: Un problema di udito di Alexandre Hmine e Made DONNE OGGI in Italy di Claudia Manselli. I racconti, che propongono i temi della convivenza fra autoctoni e immigrati sono inseriti nel sito. Il concorso letterario di quest’anno, dal titolo Legami fragili intende far riflettere sulle relazioni fra le persone. La premiazione è prevista per l’8 marzo 2004. Sito web “www.dialogare.ch” Con il sito www.dialogare.ch l’Associazione Dialogare ha iniziato uno scambio interattivo con il pubblico, utilizzando le nuove tecnologie. È attivo un Forum, quale luogo di incontro, di scambio di informazioni e di opinioni, per raggiungere le donne che già conoscono la nostra associazione, ma soprattutto per invitare altre donne a comunicare tra loro e a trovare uno spazio privilegiato di ascolto e di dibattito. Particolare attenzione viene data all’aggiornamento del Calendario, che offre una panoramica di iniziative culturali con una breve intervista mensile a una donna, che in quel particolare momento si è distinta per la sua attività. Si è dato vita inoltre anche al magazine: Donna e…, curato da un gruppo redazionale creato appositamente. Numerose le tematiche trattate, quali ad esempio: donna e arte, donna e letteratura, donna e cinema, donna e violenza, solo per citarne alcune. Il nostro sito gode del favore di un vasto pubblico, confermato sia da numerose e-mail che esprimono apprezzamento, sia dalle statistiche, che evidenziano un numero di contatti in costante aumento: in un anno (gennaio/dicembre 2004) il sito ha contato 71’000 visite. L’Associazione Dialogare può continuare la sua attività grazie al sostegno finanziario della Divisione della Formazione professionale, della Divisione della Cultura, dell’Ufficio federale per la parità tra donna e uomo, che ringraziamo sentitamente. Altri sponsor hanno reso possibile i seminari Gender e il nostro grazie va a RETE2, a COOP Cultura, e alla SUPSI. Le iniziative dell’Associazione sono inoltre sostenute dalla Consulente del Consiglio di Stato per le questioni femminili, che pure ringraziamo per l’appoggio. Ma un grazie particolare va anche a tutta l’équipe di Dialogare per il lavoro svolto con un contributo personale di volontariato, contributo di vitale importanza per l’esistenza 6900 Massagno, gennaio 2005 11 dell’Associazione stessa. Internazionale Le donne leggono di Francesca Rigotti Se vi è capitato di recarvi a Mantova, al Festival di Letteratura che si svolge nel mese di settembre, come ascoltatrici o come relatrici – cosa che è successa a me che sono stata invitata in questa ultima veste – molte cose vi avranno colpito. Prima di tutto, credo, la travolgente bellezza di questa città. Non soltanto del suo centro storico, che è grande, grandissimo, ma anche delle strade che corrono verso la periferia, affiancate da palazzine ottonovecentesche, di altezza proporzionata, di forme gradevoli, nitide, pulite, con le facciate intonacate in miti colori pastello e decorate da balconi e finestre decenti, chiuse da persiane a stecche di legno. Strade che, andando invece nella direzione opposta, conducono al centro città, a una serie di piazze una più suggestiva dell’altra, dai nomi altisonanti: Piazza Sordello (e io mi recitavo i versi di Dante imparati a scuola, dove “...l’ombra, tutta in sé romita / surse ver’lui del loco ove pria stava, / dicendo: “O Mantoano, io son Sordello / de la tua terra!” e l’un l’altro abbracciava”. E poi Piazza Mantegna o Piazza delle Erbe (e uno la confronta con l’omonima piazza di Verona). Sarà normale per chi ci abita, ma per chi viene da fuori il camminare sull’acciottolato grigio, tra chiese e palazzi e torri di mattoni rossi, limitandosi anche soltanto a guardare l’esterno e ad immaginare gli affreschi e le decorazioni interne, è una consolazione dell’anima, soprattutto in questa epoca di orrori architettonici tali che la visione di alcuni territori urbani a me provoca un disagio al limite del malessere fisico, nausea, disgusto. Infine la visione d’insieme della città che si coglie arrivandoci a piedi da via Legnago, come avevo fatto io quel venerdì pomeriggio che tornavo dal vivacissimo dialogo tra Lella Costa, Gianrico Carofiglio e il pubblico, svoltosi a Campo Canoa. Cammini nella luce quasi abbagliante, cammini affiancata da biciclette, su una striscia d’asfalto in mezzo alle acque, a destra il Lago di Mezzo e a sinistra il Lago Inferiore, dove galleggiano le piante acquatiche, e hai di fronte a te la scenografia indimenticabile di una città che sorge dall’acqua: palazzi bassi ad arcate in primo piano, dietro torri e edifici Associazione Dialogare - Incontri civili, ancora più indietro, e più in alto, campanili di chiese, e sullo sfondo il cielo. Colpita al cuore, dunque, dall’armonia e dalla bellezza di Mantova e poi una seconda volta dall’atmosfera del Festival. Perché in tante piazze e cortili e interni di edifici civili il pubblico si incontra con i suoi autori, e gli autori – scrittori di narrativa ma anche, come era il mio caso, di saggistica – conoscono il loro pubblico, che paga per entrare, e poi sta lì composto e attento sulle seggioline, protetto da tendoni bianchi dal sole e dalla pioggia – ma non ha mai piovuto finora sulla letteratura. Gli autori non tengono lezioni cattedratiche – tranne che in pochissimi casi, e per fortuna – bensì conversano tra loro o con giornalisti o personaggi del mondo della cultura, e i più bravi e comunicativi dialogano persino col pubblico. E questo rende gli incontri così infinitamente amabili e interessanti. E poi colpita, per la terza volta, dall’osservazione ravvicinata del pubblico seduto su quelle seggioline di plastica azzurra o vagante per la città con in mano il programma. Chi è venuto, anche da lontano, ad ascoltare, a vedere, a toccare i suoi scrittori o le sue scrittrici preferite sono donne, sono quasi tutte donne. Mi spiegava durante la colazione in un caffé del centro Annarosa Buttarelli, una delle bravissime organizzatrici di questa manifestazione, che chi viene al Festival sono al novanta per cento donne. Le donne leggono, dunque. Le donne leggono, ascoltano, comprano i libri, se li passano tra di loro, li consigliano ad amici, figli, alunni e compagni che chissà poi se li leggeranno mai. Le donne leggono con attenzione, leggono le recensioni sui giornali, si recano in libreria con la pagina o il trafiletto ritagliato in mano, vanno in biblioteca, comprano un libro all’edicola e alla stazione per leggerlo in treno. Le donne leggono e diventano sempre più ricche di conoscenza e di emozioni, e più brave a scuola perché chi sa leggere sa anche scrivere e pensare meglio. Io le vedo, nei miei lunghi viaggi da pendolare, le donne che leggono nelle stazioni, nei treni, negli aerei. Anzi, proprio mentre volavo a Verona per recarmi DONNE OGGI a Mantova, e il decollo mi comprimeva lo stomaco contro lo schienale del sedile, osservavo piena di ammirazione la mia vicina che imperturbabile leggeva Il codice Da Vinci, senza smettere neanche per slacciare la cintura (poi l’ho letto anch’io e ho capito il motivo). Perché leggono le donne? Questo proprio non lo so e non occupandomi di “Sociologia dei processi culturali”, disciplina che immagino potrebbe studiare questi fenomeni, non voglio neppure avanzare ipotesi. Dirò solo perché leggo io, nella convinzione che parlare di sé sia parlare di molti, che dipingere se stessi, a guisa di Montaigne nei Saggi, sia tracciare il ritratto comune a tanti. Io leggo perché non posso farne a meno, perché sono dipendente dall’atto di seguire con gli occhi, coadiuvati dalle lenti degli occhiali, quei segnetti neri, in chiaro e scuro, che rotolano da sinistra a destra sulla pagina bianca. Leggo perché sono condannata e non posso esimermi, anche se è una condanna dolce e una servitù volontaria. Leggo per riempirmi, per debellare l’horror vacui. Leggo da quando ero una bambina piccolissima – avevo tre anni quando riuscii a impadronirmi di questa pratica gestita da mia sorella che già andava a scuola. Leggo ore e ore nel corso della giornata, per doveri di lavoro, per studio, arricchimento e riflessione personale, per informazione e per diletto. Leggo in maniera cronologicamente strutturata: prima i testi difficili e impegnativi più quelli che “devo” leggere, poi man mano le letture più agili, i testi più accessibili e che possono essere interrotti senza gravi danni, fino a quando è concesso, in genere non prima delle 10 di sera o al fine settimana, il romanzo, l’opera di narrativa, la “lettura in nero”, come la sentii definire una volta in treno da Adriana Cavarero, quella che noi saggisti non possiamo nemmeno confessare perché dobbiamo far credere che leggiamo esclusivamente ponderosi trattati specialistici, roba seria, roba “da uomini”. Leggono, le donne: a Mantova, nelle piazze e nei cortili, a casa e in treno, in biblioteca e in metropolitana. Io leggo, le 6900 Massagno, gennaio 2005 12 Gender Internazionale Raccontar(si) a Villa Fiorelli a Prato di Lidia Campagnano dal sito www.donneinviaggio.com Il laboratorio di intercultura realizzato a Prato nella Villa Fiorelli tra il 25 agosto e il 1° settembre scorso potrebbe essere preso a esempio di ciò che sta accadendo tra donne in Italia sul piano culturale e politico: qualcosa come una corrente di vitalità sotterranea benché alla luce del sole, una specie di talpa che scava ma anche corre tra gli alberi per guardar bene il mondo. Un centinaio di donne di diverse generazioni, docenti e discenti, di diverso impegno culturale (dall’operatrice sociale alla filosofa, dall’attrice all’astrofisica all’antropologa alla scrittrice all’insegnante, eccetera) di diversa provenienza geografica (dal Rwanda alla Bielorussia passando per l’Europa) sono state chiamate dalla Società delle letterate di Firenze e dal Giardino dei Ciliegi, con la benedizione di qualche assessorato della città e della Regione. Chiamate imperativamente da Liana Borghi, che ha aperto i lavori e non li ha abbandonati mai, a fare intercultura, a fare lavoro critico, a fare buona trasmissione alle più giovani. Ma anche a convivere, esperienza appassionante e da tempo per molte non scontata. Il titolo era Raccontare/raccontarsi. Ma nel raccontare è entrato con prepotenza il mondo globalizzato, le sue leggi senza legge, il suo imbarbarimento, le guerre, le migrazioni. Riferire è quasi impossibile, usciranno gli atti: vale la pena di render conto però almeno di alcune novità che a Prato hanno preso corpo. Una settimana a Villa Fiorelli induce ad affermare che non esiste più una sola generazione femminista, ne esistono tre o quattro che, nei migliori luoghi di incontro tra donne, come è stato questo laboratorio, si mescolano senza bisogno di forzature. L’oggetto di passione che le fa incontrare è quantomeno l’abbozzo di una “cura del mondo” (espressione evocata dalla filosofa Elena Pulcini, tema che ha padri e madri, e tra queste Adrienne Rich) che non è più un’estensione del maternage, è percezione dell’urgenza, senso di tragedia da una guerra all’altra, da un disastro all’altro, assunzione di responsabilità in senso pienamente democratico. Si lavorava, tra l’altro, in mezzo alle foto della mostra Gaza portraits, prodotto del lavoro di donne palestinesi supportate dal Women Empowerment Project di Gaza Associazione Dialogare - Incontri e dal Ciss di Palermo (era presente tra noi Mariangela Barbieri) e l’occupazione dei territori palestinesi è stata presente nelle menti e nei discorsi lungo tutta la settimana: Maria Nadotti ha portato un filmato su una compagnia teatrale capace di fare teatro sotto il coprifuoco: per far respirare vita e pace ai bambini e agli adulti dei territori occupati. E per provocare un’identificazione, qui, da noi, più coinvolgente e commovente di qualsiasi discorso. Inoltre, ciò che induce questo tipo di fem- minismo all’incontro con donne immigrate e rifugiate non è un dover essere scontato: qui si parte dal conflitto tra chi ha diritti e chi no, o tra chi viaggia e chi emigra, per delineare un nuovo modo d’essere, con forti elementi comuni, in faccia all’ingiustizia planetaria. Come? A partire da una posizione non solo teorica, etica invece, e politica, che è quella dell’autoetnografia, dell’autoantropologia, come hanno detto Liana Borghi e Geneviève Makaping (Camerun). A ciascuna la sua propria consapevolezza, la sua propria capacità di cogliere disastri e potenzialità del suo pezzo di mondo, della sua parte di esperienza, singolare e plurale: è ovvio che, una volta assunta in pieno questa posizione, ne escono mutati gli impegni e gli stili della ricerca come quelli della cooperazione, e il linguaggio. Senza di che, niente dialogo, niente lavoro in comune. Certo è che a tutte è toccato un ripasso di infiniti traumi: il passato delle guerre DONNE OGGI mondiali e della shoah (Lori Chiti, Aglaia Viviani), per esempio, o quello più recente di Chernobyl, che Svetlana Aleksevic ha, per così dire, riscritto. O, tra quelli in corso, lo scandalo riferito da Marie Terèse Mukamitsindo (Rwanda): “tutte le donne rifugiate che incontro sono state stuprate. Nel paese da cui sono fuggite e lungo la fuga. Non tutte hanno la forza di raccontarlo. Ma tocca raccontarlo per strappare una protezione a questo paese che non ha una legge sui rifugiati, non ha una casa pronta per accogliere ogni donna in fuga dalla sua tragedia”. Ed è singolare e significativo che un simile percorso culturale e politico venga organizzato da donne che lavorano sulla letteratura, da anni: che da questo cuore della vecchia cultura umanistica, oggi in disuso o peggio, a volte in naftalina accademica, vengano donne che inventano un’immersione così totale nel corso del mondo. Tanto per non idealizzare, nemmeno a Villa Fiorelli tutto splendeva, nella cultura delle donne a volte si sente serpeggiare una sorta di bulimia: si mangia di tutto, a volte questo riuso di tutto è insopportabile, la vaghezza sembra essere un conforto narcisistico, viene voglia di rigore, di discrimine, di limpidezza. Finisce con l’essere sintomatico, forse, che tra donne si facciano (o in fondo si debbano fare, per creare qualcosa) i salti mortali, ed è così che nel programma di villa Fiorelli ci si è confrontate con le ricche “scritture migranti in lingua italiana” rigorosamente illustrate da Clotilde Barbarulli, o dalla riscoperta del lato migrante e traumatizzato di Margherite Duras grazie a Monica Farnetti, a una vera lezione, da parte dell’astrofisica Elena Bougleux, sul concetto di “singolarità nell’Universo”, che molto e beneficamente ci ha dato da pensare. Tocca di chiedere scusa a tutte coloro che hanno “dato da pensare” e qui non sono citate per ovvi motivi di spazio. Di chiarire che il tutto è stato fatto con pochi soldi, sobriamente, in un luogo di convivenza molto bello ma assolutamente “sportivo” (un ostello della gioventù). Che le lavoratrici e i lavoratori di Villa Fiorelli sono stati perfettamente accoglienti. Che molte hanno lavorato mesi per preparare tutto. Che que- 6900 Massagno, gennaio 2005 13 Nazionale. Ufficio federale per l’uguaglianza Attività attuali dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo di Patricia Schulz*) Dalla sua creazione nel 1988 l’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo ha il mandato di lottare contro tutte le forme di discriminazione basate sul sesso e di promuovere l’uguaglianza fra donne e uomini. Adempiamo questo mandato in vari modi: informazione, sensibilizzazione ed elaborazione di strumenti pratici per il grande pubblico o pubblici specializzati; offerte di formazione continua; consulenze ai privati e alle autorità; partecipazione all’elaborazione della legislazione federale; erogazione di aiuti finanziari a servizi e programmi di promozione della parità nella vita professionale; partecipazione a progetti nazionali, come per esempio il progetto 16+, lanciato dalla Conferenza svizzera delle delegate alla parità fra donne e uomini.1 Tramite questo progetto sosteniamo dal 1998 le scelte di formazione non stereotipate nell’ambito dei tirocini.2 Le nostre priorità attuali sono due: la parità nella vita professionale e la lotta contro la violenza domestica. Per quanto riguarda la parità nella vita professionale, dopo aver lavorato molto sulla valutazione non discriminatoria dei posti di lavoro e la valutazione delle prestazioni3, ora poniamo l’accento su due settori. Da un lato, la legge sugli acquisti pubblici prevede che solo le imprese che rispettano il principio della parità salariale possano ricevere commesse dalla Confederazione per i prodotti o i servizi che vendono. Si tratta, di conseguenza, di verificare se questo principio è rispettato oppure no. Per questo abbiamo, in un primo tempo e in collaborazione con la Commissione degli acquisti della Confederazione, fatto mettere a punto uno strumento statistico che consentisse di misurare il rispetto o la violazione Associazione Dialogare - Incontri del principio della parità salariale. Dopo averlo testato in cinque imprese intendiamo ora procedere ogni anno a controlli su campioni presso alcune imprese. Nel 2005 informeremo i responsabili del personale delle imprese e formeremo una rete di esperte ed esperti. Dall’altro lato, abbiamo concentrato i nostri sforzi sulla conciliazione delle attività famigliari e professionali, dato che rappresenta una delle chiavi per realizzare la parità nella vita quotidiana. La campagna fairplay-at-work4 ha voluto sensibilizzare e sostenere gli uomini affinché si impegnassero maggiormente nella vita familiare, per esempio tramite una riduzione del loro tasso d’attività professionale o altre misure di flessibilizzazione del lavoro. Alle imprese abbiamo presentato dei modelli d’organizzazione del lavoro (orari flessibili, job sharing, ecc.) che rispettano sia i loro interessi che quelli delle loro collaboratrici e dei loro collaboratori, evidenziando i vantaggi che ne ricavano (motivazione, lealtà, fedeltà del personale). Abbiamo realizzato per vari mesi una campagna di locandine nelle FFS, allo scopo di sensibilizzare il grande pubblico. A disposizione sono degli opuscoli e un sito web. Altre misure sono ovviamente necessarie, per esempio il potenziamento delle strutture di accoglienza dei bambini, l’armonizzazione degli orari scolastici o l’imposizione fiscale separata per le coppie coniugate. Queste misure non rientrano direttamente nelle nostre competenze, ma possiamo nondimeno contribuire al dibattito in materia. Per quanto concerne la violenza nei confronti della donna, dal 1° maggio 2003 abbiamo potuto potenziare le nostre precedenti azioni rendendo operativo DONNE OGGI un servizio presso il quale lavorano tre persone. Da allora forniamo informazioni e una documentazione, sintetica e facilmente accessibile, a un pubblico di vario tipo (servizi pubblici, organismi privati, media, ecc.). Abbiamo fatto elaborare degli studi sui vari aspetti della violenza per meglio definire i futuri interventi concreti. Uno studio recensisce per esempio tutti i tipi di formazione in materia di violenza (domestica), allo scopo di stabilire dove sussistano lacune da colmare; un altro valuta le pratiche adottate dalla polizia nei cantoni di San Gallo e Appenzello esterno in caso d’espulsione del coniuge violento dal domicilio coniugale. Vogliamo anche sostenere o addirittura coordinare i lavori di altri attori: per questo abbiamo organizzato il primo convegno nazionale fra tutti i gruppi maschili che lavorano con uomini autori di violenze domestiche. Di recente abbiamo anche riunito un centinaio di specialiste/i di tutta la Svizzera per uno scambio multidisciplinare fra persone che operano in campi diversi: polizia, tribunali, servizi sociali o sanitari, foyers per donne maltrattate, centri di aiuto alle vittime (LAV). L’incontro ha prodotto un catalogo di problemi urgenti da trattare prioritariamente. Concretizziamo così il nostro mandato legale, ponendo l’accento su azioni pratiche e sviluppando strumenti per realizzare la parità fra donne e uomini nella vita quotidiana. *) Direttrice dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo, Schwarztorstrasse 51, 3003 Berna 1 www.equality.ch, il portale della parità creato dalla CSDP. 2 http://www.16plus.ch/. 3 Cfr. elenco delle pubblicazioni, rubrica ‘donna e lavoro’, segnatamente le due opere seguenti: L’égalité des salaires en pratique. Deux outils d’évaluation du travail non discriminatoire à l’égard des sexes: ABAKABA et VIWIV (1996), fr/de; Quand le travail est le même…Evaluation non discriminatoire du personnel (2000), fr/de, edizioni vdf Zurigo, 124 p. 4 http://www.fairplay-at-work.ch 6900 Massagno, gennaio 2005 14 Cantonale. Parità e pari opportunità di Marilena Fontaine Mutilazioni sessuali, un problema anche nel nostro Cantone? Due milioni di bambine subiscono ogni anno questa tremenda mutilazione. Le mutilazioni genitali femminili sono pratiche tradizionali, un tempo simbolo di valori sacri e inviolabili, che comportano l’asportazione parziale o totale degli organi genitali esterni della donna accompagnate dall’obliterazione quasi completa della vulva. Le mutilazioni vanno dalla meno cruenta, la circoncisione, a quelle più dannose, l’escissione e l’infibulazione. Le loro origini sono molteplici e complesse, le motivazioni date per giustificare tali pratiche sono molte e riflettono situazioni storiche e ideologiche delle società in cui si sono sviluppate. Le ragioni citate maggiormente sono quelle legate alle tradizioni locali di appartenenza, al controllo della sessualità femminile, all’accettazione da parte delle donne dei dettami delle loro comunità. Le mutilazioni genitali femminili vengono praticate in numerosi paesi africani, al Sud del Sahara, in qualche raro paese asiatico e in Egitto. L’Organizzazione mondiale della sanità valuta che attualmente vi siano 138 milioni di ragazze e donne che hanno subito una qualche forma di mutilazione genitale e che ogni anno almeno 2 milioni di ragazze siano a rischio. L’età in cui le mutilazioni genitali femminili vengono eseguite varia ampiamente, a seconda del gruppo etnico e della posizione geografica. In alcuni gruppi le mutilazioni vengono effettua- Associazione Dialogare - Incontri te sulle neonate, più frequentemente avvengono fra i 4 e i 10 anni, ma possono essere eseguite durante l’adolescenza, prima del matrimonio, o addirittura durante la prima gravidanza. Le donne e in particolar modo le bambine e le ragazze, assoggettate a stereotipi culturali e a pregiudizi collettivi, vengono private della loro integrità e della loro dignità di persone. La violenza psicologica e fisica che affrontano ne sconvolge tanto la vita sociale quanto quella interiore. Gli effetti fisici e psicologici delle pratiche mutilatorie sono spesso molto pesanti ed interessano la salute, in particolare il benessere sessuale riproduttivo e mentale. In Svizzera il fenomeno si è evidenziato solo in anni recenti a seguito delle ondate migratorie provenienti dai paesi africani. Anche se non esistono cifre che permettano di quantificare l’ampiezza del fenomeno in Svizzera, uno sguardo sulle statistiche concernenti le domande d’asilo potrebbe comunque già permettere di individuare il numero delle persone provenienti da paesi dove le mutilazioni genitali femminili vengono praticate in modo regolare e quindi stimare il numero delle donne e bambine “a rischio”. In base a un’inchiesta condotta nel 2001 da UNICEF Svizzera e dalla Società Svizzera di ginecologia e ostetricia presso più di mille ginecologi, il 20% dei medici interrogati afferma di aver notato delle mutilazioni sessuali presso loro pazienti. Nel 2003 la Società svizzera di ginecologia e ostetricia ha adottato delle raccomandazioni all’intenzione dei professionisti della salute confrontati con il fenomeno. Ratificando i trattati internazionali (Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione sui diritti del bambino, la Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni discriminazione nei confronti della donna) la Svizzera è tenuta a rispettare e garantire a tutte DONNE OGGI le persone che si trovano sul suo territorio i diritti garantiti dai trattati, e ad adottare tutte le misure per rendere efficaci questi diritti. Il diritto civile e il diritto penale svizzeri impongono all’autorità di proteggere le bambine e le donne dalle mutilazioni genitali. In base agli art. 307-317 del Codice civile svizzero le autorità tutorie sono tenute ad adottare le misure opportune per la protezione del figlio se il bene del figlio è minacciato e devono intervenire non appena vengono informate da istituzioni sanitarie, scuole, servizi competenti o privati. Il codice penale svizzero considera le mutilazioni sessuali come lesioni personali gravi perseguibili d’ufficio (art. 122 CPS). La mutilazione costituisce un reato da imputare a tutti i soggetti coinvolti, sia i medici o i “praticoni” che effettuano materialmente o collaborano all’intervento, sia i genitori o le persone che hanno la responsabilità del minore. Inoltre la legislazione ticinese (Codice di procedura penale e Legge sanitaria) impone a chi esercita una professione sanitaria indipendente o dipendente l’obbligo di informare il ministero pubblico di ogni caso di malattia, lesione o morte di cui è venuto a conoscenza nell’esercizio della professione. Le informazioni assunte presso i primari di ginecologia, i centri di pianificazione famigliare, le autorità tutorie, il Ministero pubblico, ci inducono a ritenere che il problema nel Cantone Ticino sia di entità irrilevante. Ciò non toglie che vi è comunque la necessità di promuovere una maggior informazione e sensibilizzazione sul tema e un monitoraggio per identificare le comunità e i soggetti a rischio presenti sul territorio cantonale, ciò che permetterebbe un intervento mirato volto a informare le famiglie sulle conseguenze di tali atti, ed eventualmente attivare interventi necessari di assistenza e tutela delle vittime. 6900 Massagno, gennaio 2005 15 Il pensiero della differenza, a cura di Monica Cerutti Giorgi Politica di spirito Politica di spirito Chi accetta di scendere nel campo dell’altro raccogliendo impreviste ricchezze dà prova d’indipendenza simbolica. Mi sembra disposizione grande e coraggiosa vivere il paradosso per cui il senso della “vittoria” è avvertito dal sopportare la sofferenza della “sconfitta”. Ho maturato questo pensiero, come cosa dentro di me con la quale sono in conflitto leggendo e ascoltando alcune delle non poche prese di parola da parte femminista – e non solo – espresse più o meno a dispetto e comunque in riferimento alla lettera del cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (ex Inquisizione), che titola: Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella chiesa e nel mondo. Tema al cuore della vita umana, di notevole interesse politico sociale in quanto simbolico. Rigidamente circoscritto però nella gerarchia ecclesiastica, tutto interno al suo magistero che, come in altri casi, anche in questo si nutre di quello che non dice: soprattutto di alcune fonti di ispirazione per l’interlocuzione silente del testo, scritto come un autocentrato monologo. Il titolo esprime un ordine di priorità per cui i movimenti riflessi del mondo sono posticipati a quelli della chiesa. E ciò (mi) segnala una volta ancora la presunzione che sia la chiesa piccola, come Margherita Porete chiama la finitezza di un’istituzione fissata nel tempo e nella dottrina, a insegnare – e a insignire – alla chiesa grande, l’insieme di umani interagente per il mondo e nel mondo, la verità sui percorsi che tratteggiano anche il mondo non-umano. Fin dal titolo specificati con un generico singolare – dell’uomo e della donna – gli uomini e le donne continuano ad essere oscurati da una coltre di astrazione, più neutra che impersonale, tesa a convalidare il regime di verità biblica operato dall’esegesi cattolica. D’altro canto il titolo allude ad una collabo- Associazione Dialogare - Incontri razione dell’uomo e della donna non tra di loro, secondo ruoli di genere e rispettive funzioni, ma ad una collaborazione nella chiesa e nel mondo segnalante contributi asimmetrici. È in questo punto che il cardinale ha spiazzato i più, forse anche se stesso, intuendo per il suo testo la ricchezza ontologica della differenza sessuale. Ha spiazzato i più, ma non tutte le donne che con quel testo si sono liberamente confrontate. Luisa Muraro e Ida Dominijanni, per esempio, hanno riconosciuto e incassato il taglio cardinalizio come una novità che politici e politiche non sono (stati/e) capaci di intendere quando collocano i loro discorsi sulla “condizione femminile” in ambiti di tutela, dentro paradigmi di oppressione e con linguaggi recriminatori da “pari opportunità” per diritti e doveri. Ricordo uno dei primi numeri di Via Dogana, rivista di politica delle donne, con un editoriale intrigante e dirompente: Il Kairos, l’opportunità, è dispari. È un’attenzione di riflesso quella mia riservata alla lettera di Ratzinger. L’ho infatti letta successivamente agli scritti e ai commenti di quelle donne che hanno sentito il bisogno di esprimersi, dando un riscontro di ‘essere’ per me indispensabile. Verso alcune di queste donne ho debiti di riconoscenza per il loro insegnamento e la loro autorità. A Ratzinger riconosco importanza per il suo potere, ma da lui non ricevo né insegnamento, né, tanto meno, autorità. Che invece sembra averne, più di quanto non appaia, per chi attraverso il tono dei propri commenti spera o recrimina di trovare in lui e, ancora illusoriamente, nell’istituzione che rappresenta in così alta carica, risarcimento ai danni subiti in quanto donne e addirittura prospettive di liberazione. Non intendo riferirmi alle femministe cattoliche. Ho in mente piuttosto quell’attitudine modulata con la convinzione che il potere simbolico sia garantito per delega: tutt’altra cosa dalle pratiche discorsive e dall’affidamento in relazione dispari con l’altra e con l’altro. DONNE OGGI Puntare l’occhio simbolico, in alternativa tutta laica, sulla rappresentanza politica e sulla presenza istituzionale è puntare in basso. Esso perde efficacia e politica. Credo che la perdita non stia nell’aver – si fa per dire – ritrovato o abbandonato Ratzinger; neppure nell’avere accolto un potere fuori di sé. Credo che la perdita sia nel non stare di fronte a sé, nell’ordine della madre e con altre donne. Con le quali, beninteso, confliggere. E confliggere anche con gli uomini. Il privilegio però di con chi confliggere, da parte mia, lo riservo alle donne, giacchè è nella relazione con loro che nasce e cresce autorità femminile, indipendenza simbolica, signorìa per il mondo e nel mondo. È una relazione molto contraddittoria, che non esclude gli uomini, quella che sento lavorare in me e fuori di me. Non è rassicurante vicinanza o contatto permanente con le altre e gli altri e non è neanche condivisione ideologica. E’ relazione di riferimento simbolico, è sguardo interiore nell’altro che è fuori-dentro di me; ricerca-amore della libertà anche nella forma della nonlibertà che, in definitiva, è pur sempre libertà di un’altra, di un altro. E siccome autorità femminile, indipendenza simbolica e signorìa hanno il prezzo che sono disposta a pagare anche in termini di sconfitta - l’ho espresso all’inizio del mio scritto - mi piace concludere sottolineando come, nel conflitto simbolico aperto tra donne, femminismi (e Ratzinger), Ida Dominijanni abbia guadagnato, donandocela sulle pagine del Manifesto, una rivelativa parola per quel pensiero della differenza sessuale che dice: Credo che i sospetti di essenzialismo che tuttora gravano sul pensiero della differenza sessuale italiano dipendano da un grossolano equivoco grammaticale e concettuale, che vede la differenza sessuale come l’oggetto del pensiero invece che il soggetto, il significato invece che il significante. “Pensiero della differenza sessuale”, insomma, non è altro che differenza sessuale pensante: donne (e uomini) che pensano e si pensano, 6900 Massagno, gennaio 2005 16 Dialogare Incontri: Atti Pensare un mondo con le donne Il femminile: vivere la scrittura, la scrittura di pensiero La scrittura delle donne in Svizzera a cura di Franca Cleis e Osvalda Varini-Ferrari con scritti di Pina Allegrini, Gemma Beretta, Laura Boella, Liana Borghi, Annarosa Buttarelli, Adriana Cavarero, Sylvie Coyaud, Franca Cleis, Tina D’Agostini, Roberta De Monticelli, Laura Formenti, Annetta Ganzoni, Corinna Jäger-Trees, Barbara Lanati, Elena Laurenzi, Gertrud Leutenegger, Luisa Muraro, Monica Pavani, Elisabetta Rasy, Grazia Regoli e Alberto Panaro, Silvia Ricci Lempen, Francesca Rigotti, Maria Concetta Sala, Luciana Tufani, Chiara Zamboni, Marina Zancan Atti del corso di formazione sulla presenza femminile nella storia e nella cultura del XX secolo (anni 1999-2003) L’Associazione Dialogare-Incontri e il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport hanno presentato all’Università della Svizzera italiana, il 25 ottobre 2004, il volume Pensare il mondo con le donne, curato da Franca Cleis e Osvalda Varini-Ferrari. Ospiti della serata: Gianni Moresi, direttore aggiunto della Divisione della formazione professionale, Marilena Fontaine Consulente del Consiglio di Stato per la condizione femminile, Maria Grazia Rabiolo, giornalista di Rete 2 e Tatiana Crivelli Speciale, docente di letteratura italiana all’Università di Zurigo. Gli interventi delle relatrici e del relatore hanno sottolineato il valore di questo volume, sia per le figure femminili che vi vengono presentate, sia per l’autorevolezza delle autrici dei singoli contributi. Il libro raccoglie gli atti del corso che l’Associazione Dialogare-Incontri ha progettato e realizzato annualmente, dal 1996. Il ciclo di seminari intitolati Pensare un mondo con le donne, giunto quest’anno alla nona edizione, è sostenuto dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, dalla SUPSI, dalla RTSI Rete2, da COOP Cultura e dalla Consulente per la condizione femminile. Il programma propone regolarmente una serie di seminari sulla presenza femminile nella cultura del XX secolo, il cui obiettivo è stato ed è quello di far conoscere meglio la vita e l’opera di alcune protagoniste di un passato avvolto nell’oblio, allo scopo di metterlo in comunicazione con il presente. Nel 2001 è stato pubblicato il primo volume, che raccoglieva i testi dei seminari del corso Pensare un mondo con le donne (anni 1996-1999). Grazie soprattutto al sostegno della Divisione della formazione professionale (ma il nostro ringraziamento va anche alla Fondazione per la cultura Pro Helvetia, Associazione Dialogare - Incontri alla Fondation pour l’étude des problèmes concernant le travail féminin, alla Federazione Associazioni Femminili Ticino, al club Soroptimist Lugano e al BPW Business & Professional Women Club Ticino) è stato possibile pubblicare il secondo volume, che comprende le relazioni del corso 1999–2000 sul tema “biografie e autobiografie” e quelle delle edizioni 2000–2001 e 2001–2002 centrate sulle “protagoniste del pensiero”. La seconda parte del volume raccoglie invece i contributi della settima edizione del corso 2002–2003, intorno al tema della scrittura femminile in Svizzera. Anche questo secondo volume nasce dalle richieste di chi ha partecipato con interesse ed entusiasmo ai seminari, ma nasce pure dal desiderio di mettere a disposizione di chi non ha potuto essere presente, un materiale ricco e interessante. Il libro rispetta nella sua organizzazione interna, l’ordine cronologico dello svolgimento dei quattro corsi, ad eccezione dei 3 seminari su Marìa Zambrano e dei DONNE OGGI due su Hannah Arendt, che sono stati raggruppati. Tutti i testi del volume pur essendo anche molto diversi l’uno dall’altro costruiscono un mosaico, un insieme di storie e di pensieri, frammenti di un disegno che si delinea man mano si procede nella lettura. Il filo rosso che attraversa il volume rimane il tema della biografia, con una prospettiva che teorizza l’importanza del partire da sé, dal proprio corpo e dal proprio sguardo per meglio capire la realtà. Il tema della biografia-autobiografia pervade ogni testo, tende a rendere il racconto della propria vita l’occasione di una riflessione che desiderando mettere ordine, organizzare, sottrarre all’oblio, diventa racconto unico e affascinante. La storia di vita diventa una via alla conoscenza delle proprie emozioni, delle rappresentazioni di sé e del mondo. Le donne presentate emergono quindi dalla narrazione, per il loro pensiero, la loro produzione filosofica e artistica e per come si sono mosse nella realtà. Certamente la parola scritta non potrà ridare il clima di amicizia e di attenzione condiviso durante i seminari, ma rimane comunque la speranza che i vari capitoli del libro possano avere per la lettrice, per il lettore il significato di un incontro, un incontro con un’autrice, con un pensiero e con una storia di vita. Questi Atti, viva testimonianza degli argomenti trattati con competenza e passione dalle docenti ospiti del corso, danno un’ampia visione delle esperienze di un femminile che ha saputo farsi soggetto. 6900 Massagno, gennaio 2005 17 Associazione Archivi Riuniti delle Donne-Ticino a cura di Franca Cleis Alma Chiesa: quela dona di fiöe (1900 -1988) Alma Chiesa era la figlia di Corinna Galli (maestra) e di Francesco Chiesa, il noto scrittore, anzi lo Scrittore Ticinese più longevo e venerato e studiato e sul quale (ricchi di mezzi finanziari) si stanno chinando ancora oggi nuovi studiosi. Alma Chiesa nessuno l’ha studiata, ma forse bisognerebbe farlo, perché per le mamme e per la salute di bambini e bambine del Ticino è stata certamente più importante del suo famoso padre, e al Ticino forse ha dato di più. Se di Alma Chiesa sappiamo qualcosa oggi è perché lei stessa ce lo racconta, dedicando il suo scritto a Marta Vinassa (“mia cara amica e scrupolosissima maestra”) nel volume Nido d’Infanzia Lugano 1929-1979, edito dalle Patronesse del Nido d’Infanzia, volume che ripercorre la storia di questa lodevolissima istituzione tutta femminile, che tanto aiuto ha portato alle madri del nostro paese. Nel 1930 Alma Chiesa si laurea infermiera, poi si specializza in puericultura e cura i corsi itineranti istituiti sotto gli auspici di Pro Juventute e con un piccolo contributo del Dipartimento Cantonale di Igiene. È un periodo in cui il Ticino è ancora in testa alla classifica dei cantoni svizzeri per la mortalità infantile, che oscilla tra il 12 e il 14%, e solo pensando a questo dato si può capire l’importanza della missione, perché di vera missione si è trattato, svolta da Alma Chiesa e dalle altre, delle quali neppure si sa il nome, opera a volte perfino contrastata dai “maggiorenti comunali”. Ma lasciamo raccontare lei: Partivo da Lugano sempre preceduta dalle voluminose pesanti casse di elvetica solidità, contenenti il materiale della mostra itinerante di puericultura: massicci supporti lunghi due metri a cui appendere cartelloni e grafici dimostrativi, modelli per la confezione di indumenti per neonati e lattanti, e poi il fasciatoio, il recinto per il bambino, la macchina da proiezioni, con relative lastre, e la bagnarola, la bilancia, la bambola “a mo’ di pupo” da sfasciare e fasciare (unica cosa bella di tutta l’esposizione). Ma che peso quei cassoni, che ingombro, che difficoltà di trasporto… eppure presto o tardi arrivavano a destinazione, bastava aspettarli con santa pazienza, e infine occorreva disporre il tutto in un locale della Casa comunale o nell’aula di una scuola dove riunire a sera le donne del paese. Dunque partendo sempre da Lugano, per quasi venti anni ho girato di qua di là, di su di giù per montagne e valli, spingendomi fin nei paesini più sperduti. Quanti corsi ho tenuto? E chi lo sa? Parecchi: ad occhio e croce più di duecento, inoltre moltissime lezioni su questo o quell’argomento Dal volume Nido d’Infanzia Lugano 1929-1979 Edizioni Aurora, Canobbio 1979. Associazione Dialogare - Incontri DONNE OGGI riguardanti sempre l’allevamento del bambino. Ed erano frequentate queste lezioni, questi corsi? Sì, molte furono le donne e le ragazze che vi parteciparono. Nel susseguirsi di tanti anni, complessivamente più di tremila. E fra quelle attente uditrici ve ne erano di Airolo e di Maroggia, di Vergelletto e di Chiasso, di Locarno, della Val Calanca, di Olivone, della Mesolcina, della Val Bregaglia e di tanti altri villaggi, città e borgate. Oggi, ripensando a quei miei vagabondaggi, la memoria un po’ sfuocata mi fa rivedere strade, sentieri, belle montagne, dolci colline, paesini minuscoli, altri più grandi tutti popolati da visi infantili, da visi materni. Mi chiamavano “quela dona di fiöe”. […] La mia attività si svolgeva nella stagione invernale perché in primavera e d’estate le donne delle campagne avevano molto da fare in casa e nei campi e quelle delle vallate se ne andavano sugli alpi con il bestiame e vi rimanevano fino in autunno inoltrato… Se non fossi stata allenata alla montagna e alla relativa scarsità di comfort (ricordate che eravamo fra il 1930 e il 40) e che le teleferiche, le strade alpine asfaltate, le camere d’albergo con riscaldamento e servizi, erano al di là d’avvenire nelle nostre valli. Quindi se avessi sofferto di vertigini, se avessi temute le strade scoscese, non avrei potuto trascorrere parecchie settimane nell’alta Verzasca, in gennaio, e polare mi sarebbe sembrato quell’idillico paesino appeso lassù fra le nevi e gelida la cameretta con il fumoso camino e tragico addirittura mi sarebbe parso un certo tragitto fra una vallata e l’altra (sempre al disopra dei mille metri) che percorsi a bordo di uno sgangherato camion che trasportava le famose casse dell’esposizione, guidato da un autista piuttosto brillo che rasentava pericolosamente il ciglio della strada e faceva marcia indietro nelle svolte incurante dei tremendi burroni che si aprivano sotto […] Negli ultimi anni di quella mia ventennale azione divulgativa potei notare un evidente miglioramento generale della salute dei bambini, tanto nelle città, quanto nelle campagne e nelle vallate alpine. […] Un pensiero di profonda gratitudine a Marta Vinassa che seppe aprirmi, con l’esempio e con l’insegnamento, nuovi orizzonti ricchi di preziose e utili esperienze di vita. 6900 Massagno, gennaio 2005 18 una banca dati di donne attive professionalmente nella Svizzera italiana Leggendo i giornali, ascoltando la radio, guardando la televisione ci siamo rese conto di un marcato disequilibrio di genere tra gli opinionisti nei media della Svizzera Italiana. Nella maggior parte dei casi gli esperti intervistati a vario titolo sono uomini, anche quando ci sarebbero donne altrettanto capaci e desiderose di trasmettere ad altri le loro conoscenze, esperienze o punti di vista. Convinte del fatto che la disparità di trattamento non sia intenzionale, ma piuttosto frutto di una certa consuetudine nella ricerca di nuovi interlocutori, il comitato della FAFT decide di trovare delle soluzioni per poter disporre di una banca dati di esperte. A livello svizzero esiste FEMDAT, una banca dati di accademiche. La collaborazione viene esclusa poiché per la FAFT è necessario poter far capo non solo a delle accademiche ma anche a donne con altre esperienze professionali; non da ultimo la traduzione in italiano del sito che nel 2002 era disponibile solo in lingua tedesca e francese, avrebbe comportato un costo non indifferente. Il nostro intervento all’assemblea della CORSI del 14 giugno 2003 e il susseguente incontro con la Direzione della TSI ci ha stimolate a intensificare lo sviluppo del progetto che in un primo tempo avevamo denominato: ERAdonna e che ora è attivo sul nostro sito www.faft.ch con il nome di ORAdonna. Si tratta di una banca dati con un centinaio di nominativi di professioniste attive nella Svizzera italiana. Il profilo della donna inserita nella nostra banca dati è quello di una professionista, anche senza titolo di studio universitario, ma con specifiche conoscenze in un determinato settore. Tutte le iscritte alla banca dati sono disposte a trasmettere le loro conoscenze e la loro esperienza professionale. Lo scopo è di aumentare la presenza e la visibilità delle donne nei media ticinesi e favorire la promozione delle pari opportunità, correggendo una evidente disparità. La banca dati, che verrà aggiornata regolarmente, cerca di coprire un ampio ventaglio di professioni, da quelle sanitarie a quelle umanistiche, da quelle economiche a quelle scientifiche. Pur essendo rivolta in particolar modo alla stampa scritta e elettronica, la lista di nominativi è a disposizione di chiunque fosse interessato. Per accedervi bisogna richiedere una parola d’ordine. Lo si può fare scrivendo un’e-mail a [email protected] oppure telefonando al numero 079 342 88 75. Ricordiamo che il nostro Consultorio giuridico Donna e Lavoro è raggiungibile telefonando allo 091 950 00 88 La segretaria risponde alle telefonate dalle ore 8.30 alle ore 12.00. Nelle altre fasce orarie vi è la possibilità di lasciare un messaggio sulla segreteria telefonica. Sarete contattate al più presto, per un colloquio telefonico o per fissare un appuntamento con la nostra consulente avvocata Raffaella Martinelli. La passione per ... il buon vino ... Associazione Dialogare - Incontri DONNE OGGI 6900 Massagno, gennaio 2005 19 Associazione DIALOGARE-INCONTRI Via Foletti 23 6900 Massagno Tel. 091 967 61 51 Fax. 091 967 61 52 www.dialogare.ch [email protected] SPORTELLO DONNA Consultorio il n. 091 967 61 51 risponde alle richieste di donne confrontate con problemi di formazione, di lavoro, di nuovo orientamento professionale Possibilità di colloqui di consulenza con le nostre formatrici dal lunedì al venerdì ore 9.00 - 11.00 con il sostegno degli aiuti finanziari secondo la legge federale sulla parità dei sessi FAFT - Federazione Associazioni Femminili Ticino BPW Club Ticino Zonta Club Lugano Indirizzi utili Alissa Informazione giuridica per le donne Via Von Mentlen 1 - 6500 Bellinzona tel. per consulenze 091 826 13 75 • Associazione svizzera protezione infanzia ASPI dr. Myriam Caranzano Viale Portone 2 - 6500 Bellinzona • Casa Armonia Centro di accoglienza per donne in difficoltà, tel. 091 743 47 33 • Centro studi coppia e famiglia Mendrisio Palazzo Pollini Palazzo Muraccio Via Ciseri 23 - 6600 Locarno • Consultorio delle donne Via Vignola 14 - 6900 Lugano tel. 091 972 51 42 (o 091 972 68 68 urgenze) • Consultorio Familiare Comunità Familiare Via Trevano 13 - 6900 Lugano - tel. 091 923 30 55 • Consultorio giuridico Donna e Lavoro Federazione Associazioni Femminili Ticino Via Foletti 23 - 6900 Massagno tel. 079 240 40 13 • Famiglie monoparentali e ricostituite Residenza Camarino 5 - 6516 Cugnasco • GeniAL Genitori Ascolto Linea 0878 878 004 • MayDay centro di informazione sulla salute e sul sostegno sociale per persone immigrate, presso Soccorso Operaio Svizzero, Via Besso 41 - 6900 Lugano - tel. 091 967 10 30 • SOS madri in difficoltà CP 10 - 6903 Lugano • SPORTELLO DONNA Associazione Dialogare Incontri, Incontri, formazione e consulenza, Via Foletti 23 - 6900 Massagno - tel. 091 967 61 51 • Opera Prima Associazione che promuove l’integrazione di donne straniere e svizzere nel contesto socio-economico Via Daldini 4 - 6943 Vezia - tel. 091 968 15 67 Impressum • Associazione Dialogare - Incontri Direzione: Associazione Dialogare Incontri Via Foletti 23 6900 Massagno telefono 091 967 61 51 fax 091 967 61 52 e-mail [email protected] internet www.dialogare.ch Redazione: Franca Cleis Antonella Corti Daniela Peduzzi Renata Raggi-Scala Osvalda Varini-Ferrari Stampa: La Tipografica SA - Lugano Pubblicazione: annuale Quota di sostegno: fr. 25.— sul CCP 65-732092-6 La pubblicazione è sostenuta dalla Fondation pour l’étude des problèmes concernant le travail féminin, che ringraziamo. DONNE OGGI Libri Le nonne di Doris Lessing Con i tre racconti pubblicati da Feltrinelli, Doris Lessing a 85 anni, dimostra ancora una volta la sua maestria nel catturare la verità della condizione umana e nel dare corpo a personaggi forti ed indimenticabili, accomunati dalla sensazione di partecipare nella vita e di esserne, allo stesso tempo, ai margini. Nel primo racconto due amiche s’innamorano ciascuna del figlio adolescente dell’altra e questi amori durano fino a quando le due donne decidono che è tempo che i due giovani si facciano la propria vita: i ragazzi si sposano, hanno figli ma il rapporto privilegiato continua… Victoria, una ragazza di colore, orfana e povera, incontra un ragazzo ricco, bianco e di famiglia liberale; dalla loro unione nascerà una bambina. Victoria entrata in contatto con la famiglia del ragazzo per essere aiutata è accolta con un atteggiamento tanto politicamente corretto da risultare esilarante e terribile al tempo stesso. La giovane madre capisce ben presto che, per offrire alla figlia un futuro migliore, la perderà. Ma ha forse alternative ? Nell’ultimo racconto, un soldato, durante la Seconda guerra mondiale, sbarca a Cape Town per qualche giorno di riposo. Qui un breve ed appassionato incontro con una giovane donna. Per tutta la vita lo accompagnerà la convinzione di aver concepito un figlio con lei, ossessione che lo porterà a credere di aver scelto un’esistenza sbagliata. La vena narrativa di Doris Lessing ha dato vita a questi tre racconti, o meglio romanzi brevi, a tre tipi di nonne diverse da quelle che ognuno potrebbe immaginarsi, nonne sopra le righe. 6900 Massagno, gennaio 2005 20