DONNEOGGI
DIA
LO
GA
RE
D I A L O G A R E - I N C O N T R I
N e ws l e t te r D o n n e O g gi
Anno 8 - numero 14 - gennaio 2005
La vignetta
di Daria Lepori
qualità professionale
Il piacere di stirare con il sistema
metà del tempo di lavoro
per tutti i vestiti per tutti i tessuti
Associazione Dialogare - Incontri
DONNE OGGI
6900 Massagno, gennaio 2005 2
EDITORIALE
“Donne Oggi” è di nuovo pronta e si
presenta con la copertina progettata da
Michela Varini, che con questo collage
intitolato Scala, donna e tiglio vuole
rappresentare il percorso delle donne,
un percorso a tappe che porta verso la
propria interiorità.
Anche Dialogare, proprio grazie alle tante tappe e agli
obiettivi raggiunti nei
quindici anni di attività propone nel suo
programma 2004-2005
un percorso che tocca
in modo significativo
(forse quest’anno più che
non per gli anni passati)
la riflessione, che sta alla
base di tutte le sue iniziative.
I seminari e i corsi del programma, che hanno come leit motiv
l’amore, l’arte, la musica, la relazione
e l’attenzione verso sé e verso gli altri,
vengono presentati brevemente a pagina 11.
Tutte le iniziative di Dialogare si basano
sulla teoria psicosocioanalitica elaborata
dal filosofo Gino Pagliarani (1922-2001),
teoria che considera i molteplici aspetti
dell’esperienza umana, da quelli connessi
con il proprio mondo interno (emozioni)
a quelli più pubblici connessi con l’esperienza professionale-organizzativa. La
psicosocioanalisi sostiene l’equivalenza
e insieme la complementarietà dell’universo amore e dell’universo lavoro.
Ma il programma di Dialogare parte
anche dalla considerazione che la costruzione dell’identità femminile e maschile
è il risultato di processi storici, culturali e
sociali. Differenza è specificità da valorizzare e difendere, sottraendola alla logica
di una uguaglianza astratta. È dunque
importante assicurare alle donne e agli
uomini gli stessi vantaggi e le stesse
possibilità.
Per le donne che in diverse
fasi della vita possono
trovarsi confrontate a
difficoltà di: doppio
ruolo, separazione
e divorzio, problemi di formazione
e di reinserimento nel mercato del
lavoro, si vogliono
realizzare azioni
positive. A pagina
8 si trova una bella
testimonianza di un
percorso che, tappa dopo
tappa, ha portato Clara a sviluppare un progetto di vita e di lavoro, per lei
sempre più soddisfacente.
Per le donne però la strada resta ancora abbastanza ardua. Sylvie Coyaud, a
pagina 6, racconta di uno studio, dove
con tanto di misure e di statistiche si
dimostra l’esistenza di una sorta di regola di natura che vale ovunque. Per essere
accettata, la richiesta di finanziamento
per una ricerca presentata da una donna
deve ottenere un punteggio di 2.6 volte
superiore al punteggio richiesto per un
uomo.
Molto resta ancora da fare, ma cosa e
con quale modalità? È il tema affrontato da Françoise Gehring, che a pagina
7 commenta l’ultimo libro di Elisabeth
Badinter intitolato: La strada degli errori.
Il pensiero femminista al bivio.
Anche Patricia Schulz, direttrice dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna
e uomo, nel suo articolo a pagina 14,
pone l’accento sull’importanza della
lotta contro tutte le forme di discriminazione basate sul sesso. Con informazione,
sensibilizzazione, formazione continua,
consulenza e partecipazione a vari progetti e programmi, il suo Ufficio tenta
di promuovere la parità nella vita quotidiana. Una vita sempre più complessa e
multiculturale, che richiede capacità di
osservazione e di elaborazione.
A questo proposito, il laboratorio interculturale realizzato a Prato l’estate scorsa,
e di cui si riferisce a pagina 13, rappresenta un esempio di quanto sta accadendo
tra le donne in Italia sul piano culturale
e politico.
E come non condividere l’affermazione di Lina Bertola che nell’intervista a
pagina 9 parla della molteplicità degli
sguardi, (maschile, femminile) che appare più che mai una grande risorsa?
Lina afferma che: a questo punto la sfida
di una crescita culturale che ci consenta
di vivere e convivere in un mondo sempre più complesso, riguarda uomini e
donne, e in generale tutte le differenze
che si intrecciano in questo mondo.
Ecco alcuni spunti per la lettura di questo numero 14 di “Donne Oggi”, che
con i numerosi contributi costituisce un
mosaico ricco e spero stimolante sia per
la lettrice che per il lettore.
Osvalda Varini-Ferrari
Sommario
01
02
03
04
05
06
07
08
09
10
11
Copertina. Collage di Michela Varini
La vignetta di Daria Lepori
L’editoriale di Osvalda Varini-Ferrari
L’inedito. Le poesie di Elena Spoerl
Arte. Incontri: Flavia Zanetti di Carla Burani Ruef
Scienza. Linda Buck di Sylvie Coyaud
L’opinione. Chi ha paura delle femministe?
di Françoise Gehring
Consultorio. Un bilancio per ricominciare,
a cura di Daniela Peduzzi
L’intervista a Lina Bertola, a cura di Antonella Corti
Dialogare. La cura di sé e degli altri
di Grazia Colombo
Dialogare-Incontri. L’attività 2004-2005,
a cura di Osvalda Varini-Ferrari
Associazione Dialogare - Incontri
12
13
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15
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19
20
DONNE OGGI
Internazionale. Le donne leggono di Francesca Rigotti
Gender. Raccontar(si) a Villa Fiorelli a Prato
di Lidia Campagnano
Nazionale. Attività attuali dell’Ufficio federale
per l’uguaglianza fra donna e uomo di Patricia Schulz
Cantonale. Mutilazioni sessuali, un problema anche
nel nostro Cantone? di Marilena Fontaine
Pensiero della differenza. Politica di spirito
di Monica Cerutti Giorgi
Dialogare. Pensare un mondo con le donne,
a cura di Franca Cleis e Osvalda Varini-Ferrari
AARDT. Alma Chiesa: quela dona di fiöe,
a cura di Franca Cleis
FAFT. ORAdonna
Indirizzi utili, informazioni, libri
6900 Massagno, gennaio 2005 3
L’inedito
Vergine
A Malpasso
Quando la vite vergine
A Malpasso c’è una roccia antracite
tinge di rossi il muro
ultimo levigato scoglio
sottocasa, godono gli occhi
tra un cascame di macigni
tuffandosi in quel fuoco.
buttati dal viadotto.
Bianca mite vita di linfa,
Lì si sente solo il mare.
non invidiarci il sangue.
Sdraiata senza asciugamano
pelle salina sul bordo del mondo
mi sento piccola e grata
una sirena di mezza età.
Lomellina
La sagoma d’un frangivento
è scuro ricamo sull’azzurro
del cielo. Tra i rami nudi
l’inverno rivela nidi
nitidi, rifugi vuoti
gomitoli di vita nati
da garbugli di voli
nodi, piume, palpiti.
A cavallo tra Natale e Capodanno
andiamo al mare
attraversando le langhe.
Sulla strada
i cartelloni indicano
Il riso della Lomellina.
Ma le risaie sono campi raggelati,
non gli specchi fecondi dell’estate.
Associazione Dialogare - Incontri
Elena Spoerl
DONNE OGGI
6900 Massagno, gennaio 2005 4
Arte di Carla Burani Ruef
Flavia Zanetti
Flavia Zanetti
Chi è Flavia Zanetti?
Sono Flavia, mamma di due figli adulti. Mi
considero una persona semplice, comunicativa e autodidatta.
Come si è avvicinata all’arte?
Ho da sempre amato l’arte perché tocca
l’essenza dell’esistenza umana. Ad un certo
momento della mia vita è apparsa l’esigenza
di trovare un equilibrio interiore ed allora ho
deciso di dedicarmi definitivamente all’arte.
Perché ha creato lo spazio espositivo
L’Officina di Flavia Zanetti?
L’Officina esiste dal 1992. È nata come
spazio espositivo a scopo non lucrativo.
Ho aperto questo luogo con mio marito per creare un centro dove proporre
esperienze ed interventi che uniscano
arte e società, arte e socialità e che
soprattutto favorisca scambi umani
veri dai quali nascano spontaneamente
eventi artistici e culturali.
La mia formazione di insegnante, insieme alla mia attività artistica ha forse
contribuito in misura determinante a
questo tipo di impostazione. Sento in
me un’esigenza pedagogica ed ho dunque un atteggiamento didattico anche
in ambito artistico.
Scopo principale dell’Officina di Flavia
Zanetti, che abbiamo rinominato nel
2002 Officinaarte, è quello di offrire
ad artisti, letterati e al pubblico uno
spazio culturale libero e non vincolato
ai circuiti ufficiali. Nell’Officinaarte si
permette agli artisti, di esprimersi spontaneamente e di superare i propri limiti.
Il confronto con i suoi spazi dovrebbe stimolare la sperimentazione di
nuovi mezzi espressivi. In esso si cerca
di favorire una creatività individuale e
non vincolata ai codici ed alle ricorrenti
etichette dettati dalle tendenze e mode. Lo
scambio d’esperienze con altri artisti che
frequentano il luogo dovrebbe aiutare ad
approfondire le ricerche individuali. Gli artisti
scelti e presentati in Officinaarte utilizzano
mezzi e materiali diversi. Non poniamo limiti
culturali, geografici o stilistici, ma abbiamo
una restrizione o un criterio per la scelta
degli artisti che presentiamo: cerchiamo professionisti che abbiano qualcosa da dire e
da scoprire e l’esigenza di interagire con il
luogo e di comunicare con altre persone.
L’Officinaarte è infatti uno spazio espositivo
inteso come laboratorio creativo: in esso si
lavora artigianalmente e si pensa intellettualmente. Cento anni fa l’edificio apparteneva
Associazione Dialogare - Incontri
alla famiglia Salvadé, emigrata in Italia, e fungeva da deposito per tosaerba e carrozze.
Qual è stata l’esperienza dell’Officina fino ad
oggi?
Abbiamo inaugurato il centro con una mostra
personale delle mie opere. In seguito abbiamo presentato esposizioni monografiche e
collettive, dedicate a giovani pittori ticinesi
e milanesi. Insieme alle mostre d’arte vengono proposti anche degli eventi musicali,
letterari e delle performances. Siamo molto
soddisfatti perché malgrado i limiti finanziari
siamo riusciti a portare avanti un intenso
programma di attività diverse che ha posto
le basi per fruttuosi ed interessanti dibattiti. Il luogo è davvero attivo e permette a
molti giovani e meno giovani di incontrarsi e
scambiarsi le proprie esperienze. La recente
mostra collettiva E.qui.libri, che presentava
86 libri d’autore di formato A5, eseguiti da
attori, poeti, musicisti, scrittori, autodidatti,
verrà presentata l’anno prossimo anche alla
Biblioteca Cantonale di Bellinzona e all’Archivio delle Donne a Melano.
Quali sono i suoi sogni per il futuro dell’Officina ?
DONNE OGGI
Spero di poter avviare tutti gli anni una manifestazione collettiva su un particolare tema
dal quale nascano nel tempo simili collaborazioni con altri istituti interessati. Desidero
inoltre trovare sufficienti mezzi per pubblicare cataloghi che possano riassumere le
nostre esperienze collettive.
Come è nato lo spunto per la sua interessante mostra “IN-CROCI”?
Bigorio mi propose un anno fa una mostra
dedicata al tema della croce. Il soggetto
mi ha subito intrigata. La croce come
simbolo incisivo permette un’indagine
individuale e collettiva che, toccando
la dimensione spirituale, va alla radice
della condition humaine.
Qual è il suo rapporto con lo spirituale?
Sono cresciuta in un ambiente cattolico
e molti sono stati dunque gli interrogativi rivolti a questa istituzione. Il mio
interesse non si è peró fermato a questioni di fede, ma al tema universale
della spiritualità. Per me il sacro è un
punto di forza ed uno spunto per la
creatività.
Cos’è l’arte per lei?
L’arte è verità. L’arte è occasione,
opportunità in questo mondo contemporaneo per dare una visione diversa
delle cose e della vita. L’arte puó dare
un contributo alla società. Non è estetica, ma l’espressione piú vera di una
persona.
Vaglio, domenica 10 ottobre 2004
L’intervista e l’immagine sono state realizzate in
occasione della mostra personale
Flavia Zanetti. IN-CROCI a La Casa, Vaglio,
24 settembre –24 ottobre 2004
Officinaarte
Via Cantonale 57
6983 Magliaso
Tel. e fax. 091 606 46 02
Cell. 079 2346311
Orari mercoledí
20.00-22.00
sabato e domenica 14.00-17.00
anche su appuntamento
6900 Massagno, gennaio 2005 5
Scienza di Sylvie Coyaud
Linda Buck
Le notizie da festeggiare nel 2004
erano poche, meno quelle riguardanti
premi e promozioni andati a scienziate dietro alle quali c’erano altre
scienziate. Segnalano la buona salute
dei rapporti tra donne, o almeno tra
quelle donne. Per esempio il Nobel
per la medicina è stato dato a Linda
Buck, del Fred Hutchinson Cancer
Research Center di Seattle. Ha scoperto attraverso quale intreccio di geni
noi umani identifichiamo un odore,
ce lo ricordiamo insieme al contesto,
ne siamo allettati, schifati, rassicurati,
spaventati o comunque emozionati
come Marcel Proust quando fiutava il
profumo della madeleine inzuppata
nel tè. Lui era un caso eccezionale, va
detto: l’olfatto è un senso più acuto
tra le donne che tra gli uomini, come
hanno dimostrato centinaia di esperimenti condotti in tutti i paesi del
mondo. Prima di montarsi la testa, va
anche detto che questa superiorità
è condivisa da parecchie altre mammifere.
Il premio Nobel in materie scientifiche è condiviso da pochissime
mammifere, invece. Dal 1995, dopo
Christiane Nüsslein-Volhard, nessuna
donna l’aveva più ricevuto. Si vede
che i tre degli anni Ottanta - Gertrude
Elion nel 1988 e Rita Levi Montalcini
nel 1985 insieme ad altri uomini,
Barbara McClintock, da sola, nel 1983
- bastavano e avanzavano, anche se
nel frattempo la ricerca in medicina e
fisiologia era fatta da un 60% di biologhe. C’era poco da sperare, inoltre:
il premio per la medicina era deciso dall’assemblea Nobel dell’istituto
Karolinska di Stoccolma il quale era
governato da un branco di machos.
Ma dall’inizio del 2004 il Karolinska
ha per presidente Harriet WallbergHenriksson. Non basta una grande
ricercatrice a fare primavera, ma se è
Associazione Dialogare - Incontri
femminista la differenza si nota subito. Nel comitato che valuta a chi
affidare e pagare le ricerche da fare
al Karolinska, Harriet WallbergHenriksson ha chiamato Agnes Wold.
Forse il nome vi dice qualcosa: è l’autrice, insieme a Christine Wennerås, di
un articolo uscito nel 1996 sulla rivista
Nature in cui dimostrava l’esistenza,
con tanto di misure e di statistiche,
del fattore detto ormai “numero di
W-W”. È una sorta di regola di natura
che vale ovunque, perfino in un ente
statale della Svezia che sarebbe il
paradiso delle pari opportunità. La
regola dice che per essere accettata, la richiesta di finanziamento per
una ricerca presentata da una donna
deve ottenere un punteggio di 2,6
volte superiore al punteggio ottenuto da un uomo, in base agli stessi
criteri: produttività, numero di pubblicazioni ecc.
Il numero di W-W ci turberebbe all’incirca quanto il numero di Reynolds
(un fattore di viscosità nel moto
dei fluidi che lascia indifferente la
maggioranza di voi, penso) se fosse
applicato ai candidati camionisti o
calciatori. Dopo tutto, l’autotrasporto
e il gioco del pallone non traggono
autorevolezza e universalità da un
metodo che deve garantirne l’oggettività e l’assenza di pregiudizi. La
scienza invece ha questa pretesa. Gli
scienziati si guardano bene dal praticare in privato ciò di cui si vantano
in pubblico, un po’ come quei politici
che predicano i valori della famiglia
e della religione mentre divorziano,
abbandonano i figli, seducono le
assistenti ecc.
Linda Buck divide il premio con
Richard Axel, il capo del laboratorio in cui lei lavorava, alla Columbia
University di New York. Che sia stata
lei a ideare e condurre la ricerca,
DONNE OGGI
si vede dall’articolo in cui entrambi
riferiscono della scoperta. Nell’indice
della rivista Cell, in data 5 aprile del
1991, figura come Buck L., Axel R.,
A novel multigene family may encode odorant receptors: a molecular
basis for odor recognition. L’ordine
delle firme conta: in biologia, per
convenzione la prima segnala a chi
riconoscere l’eventuale merito. Con
una generosità poco diffusa, nelle
interviste rilasciate in questi mesi
Richard Axel l’ha riconosciuto. È stata
lei a determinare i fattori essenziali,
ha precisato “Sul finire degli anni
Ottanta, Linda restrinse il campo
della ricerca a tre ipotesi. Per fortuna,
altrimenti staremmo ancora a setacciare migliaia di geni.”
Nel caso vi accadesse di parlarne,
dite anche voi che il Nobel è andato
a Buck e Axel anche se, per un’altra
convenzione, i vincitori sono elencati
in ordine alfabetico. Farete un’ingiustizia in meno e Linda Buck ne ha
già subite abbastanza. È diventata
professore nel 2001, a 54 anni. Lui nel
1978, quando ne aveva 32.
6900 Massagno, gennaio 2005 6
L’opinione di Françoise Gehring
Chi ha paura
delle femministe?
È tra le intellettuali francesi che
hanno contribuito maggiormente alla
costruzione dell’edificio teorico del femminismo. Filosofa, ricercatrice, un po’
austera ma di una rara lucidità. Alludo ad
Elisabeth Badinter, da sempre vicina al
“Mouvement de libération de la femme”,
spesso autrice di riflessioni controcorrente. Mai banali. Tutt’altro.
Il suo ultimo libro – La strada degli errori.
Il pensiero femminista al bivio (pubblicato da Feltrinelli) – contribuisce secondo
me a scuotere molte cose. Ed ha perlomeno il grandissimo pregio di riflettere,
senza compiacimenti o vittimismi, sulla
condizione della donna e sul femminismo. Nella scheda di presentazione
si legge: “Un vero e proprio manifesto
del nuovo femminismo (laico, liberale e
libertario) che attacca, in modo anche
provocatorio, le pratiche e le ideologie del pensiero femminista. Un testo
che susciterà molte polemiche”. E così è
stato. Le polemiche sono puntualmente
arrivate, le accuse, le dichiarazioni di
estraneità. Tutto, o quasi, come previsto.
Benché non ne condivida tutto il contenuto – in base, ovviamente, alla mia
esperienza e dal mio minuscolo osservatorio – a me il libro è piaciuto. Dice
anche alcune verità che molte di noi
non vogliono vedere. Quali? Per esempio un certo fallimento delle politiche
delle pari opportunità (i risultati, confermati anche da recenti studi e sondaggi,
sono lì da vedere); una crescente forma
di vittimismo e di separatismo che per
finire riconsegna le donne ai ruoli tradizionalmente subalterni; una crescente
difficoltà negli scambi positivi con la
società maschile; una tendenza a non
più confrontarsi – né sul piano teorico né
su quello pratico – neppure tra donne.
Quasi che parlare di femminismo fosse
un bisogno un po’ retrò, da veterane
delle lotte per la conquista dei diritti. Una
faccenda di streghe un po’ attempate, di
rompiballe fuori moda. Invece non è così.
Forse oggi più che mai occorre riprende-
Associazione Dialogare - Incontri
re il filo del discorso, riflettere, coltivare
idee, aprire nuovi orizzonti, ammettere
i propri errori, scoprire nuove vie, confrontarsi apertamente. L’immobilismo
è nemico della crescita. E con questo
suo saggio Elisabeth Badinter ha voluto scuotere le acque. E ha fatto bene.
Perché lei ha anche voglia che si parli
delle donne non in quanto vittime, ma
come soggetti vincenti.
Ma perché mai molte donne attive nella
causa delle donne sentono il disperato
bisogno di dichiarare: io non sono femminista! Ma che c’è di tanto orribile? E
di questo che dovremmo anche parlare.
Ha ragione Bia Sarasini quando afferma
che “il fantasma della femminista non
è mai benevolo. Dura, rigida, censoria.
È la nemica. Degli uomini. Delle donne
che li amano”. Se questa non è una
maschera scagliata “come un anatema
contro l’autonomia femminile”, poco ci
manca. Paradossalmente la femminista,
o meglio la caricatura della femminista,
diventa l’ostacolo maggiore a comunicare il femminismo. Non è forse una
forma di gabbia da cui dovremmo uscire? Non è forse stancante sentirsi dire,
quando occupi degli spazi pubblici o
prendi posizione: “non sarai mica una
femminista”?
È un punto centrale. Non è una disquisizione sulle etichette. Ma di contenuti.
Badinter si chiede, per esempio, se oggi
le priorità scelte dai gruppi femministi riflettano davvero le preoccupazioni
delle donne. E cerca di spiegare perché
la generazione delle giovani donne rifiuta di definirsi femminista anche se, nel
quotidiano, i loro atti sono femministi.
Insomma qualcosa non quadra se la definizione di femminista desta resistenze e
quindi si ripercuote sull’identificazione
delle donne nella causa comune per
l’emancipazione. E qualcosa comunque
davvero non va, conferma Badinter, se
anche: le ineguaglianze tra i sessi rimangono le stesse, se si registra un’inversione
di tendenza nel trattamento dei salari, se
i posti di comando sono saldamente in
DONNE OGGI
mano agli uomini.
Altro errore strategico, secondo la filosofa francese, la lotta per l’indipendenza
economica. “Non sento più dire: se non
guadagnate i vostri soldi vi ritroverete alla mercé dell’uomo. L’indipendenza
economica è vitale. Smettere di ribadirlo
pensando che sia un dato acquisito è
un errore. La libertà costa enormi sacrifici”. Secondo Badinter l’immagine della
donna vincente, che costruisce sull’indipendenza la propria vita, oggi alle
femministe non fa più comodo. Il femminismo, insomma, si è arroccato su
posizioni di difesa. “Oggi la voce dei
movimenti – continua Badinter – si leva
solo per parlare della donna fragile, diversa biologicamente, che va protetta”.
Parole dirette, accuse esplicite, quelle
della filosofa. Ma anche l’occasione per
tracciare un bilancio. Per ammettere gli
errori o per riaffermare la propria visione
del mondo. E comunque per uscire dall’immobilismo rinunciatario, che annulla
ogni possibilità di cambiamento e di
evoluzione.
6900 Massagno, gennaio 2005 7
Dialogare-Incontri. Attività a cura di Daniela Peduzzi
Un bilancio per
ricominciare
Cos’è in realtà lo Sportello Donna?
L’esperienza di 8 anni di consulenze ci
permette di affermare che il Consultorio
è innanzitutto un luogo d’incontro in un
contesto di assoluta discrezione, legato al
segreto professionale.
“Ho bisogno di uno spazio di ascolto” così
si esprime una giovane donna venuta allo
Sportello alcuni giorni fa. Infatti l’ascolto
attento e reciproco rappresenta un momento importante del colloquio.
I problemi concernono principalmente la
vita professionale delle donne: trovare un
lavoro, imparare ad affrontare la durezza
del mercato, riorientarsi, riqualificarsi, fare
il punto della situazione. I problemi non si
possono disgiungere dalla vita personale
e ciò li rende più complessi e difficili da
risolvere e superare. Lo Sportello offre sia
una consulenza individuale con alcuni colloqui (in media da 1 a 3, a seconda della
necessità), sia un percorso più strutturato
di 5-6 colloqui definito “Bilancio professionale e personale”. La scelta tra queste due
possibilità viene valutata durante il primo
incontro, secondo il bisogno e le priorità.
Oggi Daniela Peduzzi, responsabile dello
Sportello ha voluto incontrare Clara, una
delle donne che tempo fa ha scelto di fare
un corso di bilancio.
8 anni di attività del
Consultorio Sportello Donna
1997 – 2004
donne incontrate 834
colloqui 1215
Associazione Dialogare - Incontri
Cosa l’ha spinta a rivolgersi al nostro
Sportello?
Mi trovavo in un momento particolare della
vita, volevo ricominciare a lavorare. Dopo
essermi concessa una pausa dedicata alla
famiglia e ai figli, sentivo la necessità di
riprendere un lavoro, anche perché nel
frattempo avevo divorziato e dovevo assolutamente riprendere in mano il mio futuro
professionale ma non volevo più riprendere
la mia professione di assistente odontoiatrica.
Come mai?
La sentivo molto lontana, probabilmente a
causa degli anni di assenza dal mio lavoro.
Avevo paura di non riuscire a reinserirmi, il
vero problema era però quello di non sapere
cosa altro fare. Così come primo passo mi
sono iscritta ad un corso di computer, solo
per donne (l’idea mi piaceva) organizzato
dall’Associazione Dialogare. La vedevo come
una prima lacuna da colmare, una necessità
per aggiornarmi e prepararmi alle nuove
esigenze del mercato del lavoro che stava
cambiando a grande velocità.
Perché ha deciso di fare un bilancio?
Ho frequentato con entusiasmo il corso di
computer, ma una volta terminato non mi
era ancora chiaro cosa volevo fare in seguito.
Durante il corso una partecipante mi aveva
parlato bene dello Sportello Donna e mi
raccontava di un corso di bilancio che aveva
frequentato e che l’aveva aiutata a chiarirsi
le idee. Così mi sono decisa a prendere un
appuntamento e fare questo bilancio.
Cosa si aspettava?
In verità mi aspettavo poco, ma ero in un
periodo di tale confusione che tutto sembrava potesse essermi utile, dunque qualcosa in
fondo mi aspettavo, ma cosa? Ancora non
lo sapevo.
In che modo questo corso l’ha aiutata?
All’inizio il confronto con le altre donne mi
ha messo in difficoltà. Mi chiedevo cosa
facessi io fra loro, non volevo accettare di
essere come le altre e di avere bisogno di
aiuto. Poi man mano che il corso procedeva,
l’essere “obbligata” a riflettere sulle mie esperienze formative, di lavoro, di vita, il dovermi
confrontare con l’esperienza altrui, mi ha
permesso di scoprire, di chiarire, capire e
rivalutare le mie risorse. Alcuni anni prima
avevo fatto una formazione serale, di tipo
commerciale, ottenendo anche un diploma,
ma non avevo mai preso in considerazione
DONNE OGGI
Donna e ....
lavoro!
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lo trovi su
www.dialogare.ch
il fatto di poter e voler svolgere un lavoro
amministrativo, d’ufficio. Ora l’idea riprendeva vita e mi sembrava di percepire quello
che volevo essere e volevo fare. Le riflessioni
durante il percorso di bilancio mi avevano
convinta che queste vecchie conoscenze
erano da riprendere in mano, da ripensare e
aggiornare. Il corso in definitiva mi ha dato
una forte spinta e il coraggio di lanciarmi in
una nuova avventura.
È nato un nuovo progetto?
Inizialmente ho trovato un posto di lavoro part time come segretaria (il corso mi
aveva anche insegnato a redigere un CV
e come fare una ricerca di lavoro) presso
una piccola associazione. Una vera nicchia
di mercato dove innanzitutto ho avuto la
grande opportunità di mettere in pratica
tutto quanto avevo appreso. Inoltre lavorando in questo ambito, mi convincevo sempre
più che avevo imboccato la strada giusta.
Poi cosa è successo?
Parlando con il mio compagno, che da anni
lavorava nel ramo commerciale, abbiamo deciso insieme di avviare un’attività
in proprio. Lui portava con sé una grande
conoscenza del settore, io mettevo a disposizione tanta buona volontà, tenacia e una
nuova pratica nei lavori d’ufficio.
L’inizio ha richiesto molto lavoro e energia
da ambo le parti. Ma poi la ditta è decollata
ed ora contiamo 15 dipendenti. Da poco
abbiamo assunto anche un apprendista di
commercio per l’ufficio.
Uno degli obiettivi che ci siamo posti è
anche quello di dare l’opportunità ai giovani di formarsi. Dal canto mio mi sono
impegnata a fare la formazione di maestra
di tirocinio.
Ora cosa c’è di nuovo?
La ditta è cresciuta, dovendomi occupare
intensamente dell’amministrazione e della
contabilità, ho di nuovo sentito la necessità
di ampliare le mie conoscenze per svolgere
il mio lavoro in maniera sempre più ottimale.
Mi sono dunque iscritta al corso di contabile
federale. Sono al 2° anno, non so se riuscirò
a superare gli esami finali, ma sono convinta che le conoscenze che ho acquisito mi
saranno di grande aiuto.
Ripensando ora a quel “primo corso di bilancio” cosa ci può dire?
Il corso è ormai lontano, ma non l’ho dimenticato e credo che è sicuramente stato il
primo passo che mi ha permesso di ripartire
e di arrivare fin qui, l’input che ancora oggi
mi incita ad ascoltarmi e ad incoraggiarmi,
e che mi
spinge
ad andare
oltre e 2005
fare altre
6900
Massagno,
gennaio
8
cose.
L’intervista a cura di Antonella Corti
Lina Bertola
Lina Bertola, filosofa, è collaboratrice scientifica
del LDES (Laboratoire de didactique et épistémologie des sciences) dell’Università di Ginevra,
insegna filosofia al Liceo di Lugano ed etica
all’ISPFP (Istituto Svizzero di Pedagogia per la
Formazione Professionale). Vive a Lugano con il
figlio Francesco di dodici anni, al quale ha dedicato il suo libro: Ethique & Education, Un autre
regard, Edizioni Paradigme idéa, Nice, pubblicato nella primavera 2004.
Nel tuo libro ti rivolgi principalmente
alla Scuola e proponi alcune riflessioni
a chi non si sente a proprio agio in questa società dell’immagine, dell’apparire.
Suggerisci di essere più protagoniste
della nostra vita, volgendo ad essa un
altro sguardo. Come dire che la nostra
è una scuola nozionistica non abbastanza “libera” per volgere lo sguardo
altrove, per sviluppare un pensiero critico?
Viviamo in un mondo pieno di “cose
evidenti”, di conoscenze che si offrono
a noi semplicemente come strumenti utili. Ciò appiattisce lo sguardo in
una prospettiva utilitaristica, soffoca
la ricerca del senso delle cose, del
piacere di comprendere: l’atteggiamento disinteressato, insomma, che
sta fuori da ciò che è utile. In questo clima anti-educativo, che smorza
idealità e progettualità, la scuola resta
una grande occasione per rimettere
in movimento un rapporto vivo con le
conoscenze, per capire che siamo noi
i costruttori del mondo, siamo noi a
dargli un senso e a portarne la responsabilità. La scuola deve però saper
resistere alle domande utilitaristiche
che vengono dalla società: perché
educare è un gesto di libertà e anche
un gesto d’amore.
“La differenza è un grande valore per la
conservazione della vita. Pensare l’altro/
a nella sua originalità, nella sua unicità”.
Questo pensiero si applica anche alla
condizione femminile, quale consapevolezza della differenza di genere?
Nel libro ho cercato di mostrare come
la differenza sessuale, anche in chiave
naturalistica, rappresenti una ricchezza per la riproduzione della vita e
per la sua evoluzione, e come però la
nostra civiltà non abbia saputo leggere
Associazione Dialogare - Incontri
Ethique & Education
Un autre regard
nella natura questo valore. In realtà il
pensiero occidentale non ha mai “compreso” davvero la differenza nella sua
originalità, ma l’ha sempre misurata
su un modello ideale. La natura è stata
pensata come “divenire” sempre minacciato dal caos delle sue trasformazioni
(Platone) o come perfezione secondo
un modello maschile (Aristotele): in
questo pensiero della natura, il femminile, la donna è stata “pensata” sempre
come mancanza, incompiutezza, addirittura inferiorità rispetto al modello
ideale dell’uomo. Oggi stanno emergendo i limiti di una razionalità che ha
tenuto sotto il suo controllo “ordinato”
il movimento anche imprevedibile della
vita: oggi ci accorgiamo che la realtà
è più complessa di come la sappiamo pensare noi. La molteplicità degli
sguardi (maschile, femminile) appare
più che mai una grande risorsa.
Come è possibile dare forma e scegliere consapevolmente sulla nostra
esistenza, dotarci di autonomia, se
con l’emancipazionismo ci si è uniformati ad un pensiero di cittadino
neutro, all’uguaglianza alla totale
assenza in ambito scolastico della storia
delle donne e della cultura femminile?
L’appropriarci, come donne, dell’universo simbolico maschile è stata forse
una tappa necessaria. A questo punto
la sfida di una crescita culturale che
ci consenta di vivere e convivere in
un mondo sempre più complesso mi
sembra che riguardi uomini e donne,
DONNE OGGI
e in generale tutte le differenze che si
intrecciano in questo mondo. È questo
il vero impegno etico verso il futuro. Nel libro ho indicato un possibile
percorso: rileggere quello che comunemente chiamiamo progresso come
un percorso umano fatto di scelte e
rinunce, in cui le rinunce sono semi
positivi lasciati sul tragitto, semi che
oggi potrebbero arricchire il nostro
sguardo sul mondo. Un esempio: il
sapere medico delle donne legato alle
pratiche della cura, rimasto silenzioso
dentro la storia ufficiale, è indizio di un
rapporto conoscitivo con la natura e
con la vita che potrebbe arricchire oggi
lo sguardo della bio-medicina.
In primo piano poni sempre la persona, le sue idee, le sue esperienze, la
conoscenza delle sue conoscenze. Il
tuo consiglio di lavorare su noi stesse, ripensare diversamente la relazione
tra ragione ed emozione: “travailler a
mieux penser” si può tradurre: imparare a conoscersi e a pensare meglio?
Il messaggio è questo, certamente.
Non si tratta però di un invito un po’
ingenuo che faccia leva sulle buone
intenzioni. Ho cercato di mostrare
quanto sia difficile mettersi al centro
della propria esistenza. Ho analizzato
il paradosso di una società che esalta
l’individuo, soprattutto come protagonista dei consumi, ma che ne smorza in
forme diverse l’individualità responsabile. In questo senso vedo l’educazione,
di se stesse, dei propri figli, dei giovani
in generale, come un atto di resistenza
nei confronti delle spinte antieducative presenti nella nostra società.
6900
6900Massagno,
Massagno,gennaio
aprile 2003
2005 10
9
Dialogare-Incontri. Attività
La cura di sé e degli altri
DIA
LO
GA
RE
di Grazia Colombo
Curare ed essere curati: una situazione e
una relazione che pensiamo antica come
il mondo. Tutti infatti pensiamo di saperne
qualcosa, aiutati in questo dall’iconografia
e dalla letteratura: già dall’infanzia siamo
abituati a vedere quadri e immagini che ci
rappresentano: per un uomo ferito c’è una
mano compassionevole che lo cura, per
il morente c’è un abbraccio di commiato,
per la partoriente c’è qualcuno al suo
fianco per accompagnarla e accogliere
il neonato. Oppure ci siamo abituati a
leggere libri che parlano di donne che
tengono costantemente aperta la casa e
la rendono accogliente per tutti e contemporaneamente si prendono cura di tutte le
persone che la abitano.
Tuttavia, il curare non diventa conoscenza pubblica, non diventa campo di un
sapere riconosciuto e diffuso. Curare è,
nell’immaginario sociale, una competenza
al femminile, nonché un compito duro sia
sul piano materiale che emotivo. E’ inoltre un impegno senza ricompensa né
visibilità, se svolto nell’ambito domestico-familiare, ed anche un lavoro
poco riconosciuto e poco pagato,
se svolto in ambito professionale.
Tuttavia essere curati è indispensabile: tutti noi abbiamo
bisogno di essere curati nella
nostra vita quotidiana, indipendentemente dall’età e dallo
stato di salute. O ci curiamo
da noi stessi, o qualcuno lo fa
per noi per motivi amorevoli,
o paghiamo qualcuno perché
lo faccia. Forse è questa universalità di bisogno a rendere così
invisibile il curare, tanto che si
trova traccia e sembra visibile solo
l’incuria e la trascuratezza. La cura è
data per scontata.
Questi temi ci pongono più che mai di
fronte ad una serie di domande, come ad
esempio: siamo certi che il comportamento del curare, che risponde ad un bisogno
universale di cui tutti siamo portatori, cioè
quello di essere curati, possa diffondersi in modo naturale e spontaneo, senza
apprendimento? Nessuna capacità nasce
da sola, diciamo così, naturalmente. Le
competenze vanno acquisite, tramandate
o insegnate da altre persone, di solito adulti
che per conoscenza ed esperienza diventano fonte di apprendimento. Se è vero
che a curare si impara, dobbiamo anche
aver chiaro chi insegna, dove, attraverso
Associazione Dialogare - Incontri
quali modalità. La competenza del curare
si fonda non tanto su contenuti disciplinari, ma sul senso stesso delle cose della vita
quotidiana, come ambito che contribuisce
a creare cultura sociale, e contemporaneamente da questa ne è definito. Abbiamo
alle spalle decenni di forti mutamenti nei
comportamenti di cura. In estrema sintesi, possiamo descrivere così i processi di
apprendimento negli ultimi cinquant’anni
rispetto al nostro tema. Le donne adulte
di oggi sono quelle che hanno visto le
loro madri lavorare in casa, hanno visto
crescere i bambini delle loro vicine di casa
e hanno anche fatto economia domestica
a scuola. A loro volta hanno cresciute le
figlie - per emanciparle dal destino del
lavoro domestico
e perché si
I ll us
trazio
ne: collag
e di Michela Va
r ini
appropriassero di una
loro identità libera e proiettata verso
nuove conquiste - come fossero dei
maschi, abolendo giochi e modelli giudicati eccessivamente femminili. In un certo
senso, tutte sono diventate capaci di giocare al pallone e nessuno, né maschi né
femmine, sembra saper affrontare una
situazione di cura considerandosi compe-
DONNE OGGI
tente. Il modello maschile portato come
universale rischia di far perdere a donne e
a uomini la competenza di curare se stessi
e gli altri. La giusta necessità di togliersi
dal destino di uniche e totali curanti, anziché potenziare la maestria di insegnare a
tutti qualcosa di cui tutti necessitano, ha
in un certo senso contribuito a far entrare
nell’oblio la competenza di cura, confermandola come competenza bassa a cui, se
possibile, sottrarsi. Oggi è possibile guardare con distacco questi passaggi che sono
stati in un certo senso obbligati, vederne i
limiti e le contraddizioni e riprendere in
mano il filo di una nuova costruzione di
senso sulla nostra vita quotidiana che,
nonostante ogni post modernità, continua a non poter fare a meno di cura.
Abbiamo già detto che curare continua a
rimanere un comportamento considerato privato, svolto e descritto
solo all’interno di relazioni
familiari e di vicinato, non
consono ad un dire
pubblico. Del curare,
ciò che si continua
a pensare è che
“si fa ma non si
dice”, che “non lo
si impara, lo si
sa”, quasi non
ci fosse neppure bisogno
di dichiarare
che cos’è questo lavoro, nel
senso di quale
impianto concettuale e operativo
lo contraddistingua e lo definisca. Si
fa e basta, non c’è neppure bisogno di dirlo,
consiste nell’averlo fatto,
evitando così di prendere in
considerazione quali sono le differenti parti essenziali - cioè quella
materiale, quella emotiva e quella organizzativa - che lo compongono.
C’è da chiedersi se e come possa il comportamento del curare uscire da tale
dimensione per assumere anche quella
di opportunità e di diritto per la persona,
uomo o donna, che lo compie. Perché
ciò sia possibile, la cura e il curare deve
poter mostrare una dimensione di gratificazione, oltre quella di peso o sacrificio;
6900 Massagno, gennaio 2005 10
Dialogare-Incontri. Attività a cura di Osvalda Varini-Ferrari
Attività 2004 -2005
DIA
LO
GA
RE
2005
Il nostro programma d’attività 2004-2005, che ha preso il via lo scorso mese di ottobre, si presenta anche nel 2005 ricco e variato.
L’attività dell’Associazione si è molto diversificata nel corso degli anni. Dopo i primi
corsi di orientamento per le donne, introdotti nel 1991, e grazie all’incontro e
al dialogo instaurato con le partecipanti,
sono scaturiti molti progetti, che Dialogare
ha saputo realizzare in maniera creativa. Del Consultorio Sportello Donna, una
struttura che incoraggia, accompagna,
sostiene, informa donne e uomini confrontate/i con una nuova scelta di lavoro
e/o di formazione, già si è parlato a pagina
8. Per quel che riguarda il programma
2004-2005, i corsi tradizionali, che vengono riproposti regolarmente, sono stati
affiancati da nuove iniziative.
Corsi e seminari del programma
“Incontri di Dialogare”
I corsi primaverili sono come d’abitudine,
la continuazione del programma progettato in autunno. Il programma 2004-2005
ha come leit motiv, l’arte, la musica, l’amore, la relazione e l’attenzione verso sé e
verso gli altri. Un programma maturato
quasi spontaneamente e che riscuote un
buon successo di partecipazione.
Il sonno, guardiamo cos`è, con la dottoressa Heidi Wolf Pagani, La cura di sé e degli
altri con la sociologa Grazia Colombo, Il
mestiere di nonno e nonna con la psicologa Vittoria Cesari Lusso; Un pizzico di
cacao e un po’ di zucchero con la formatrice Isabella Medici Arrigoni, sono stati
seguiti con molto interesse. Le prossime
iniziative del programma prevedono per
gennaio/febbraio, il laboratorio Diamo
corpo alle parole, cinque incontri con
Antoinette Werner, attrice, teatroterapeuta e collaboratrice RTSI. Questo corso darà
la possibilità di immedesimarsi in personaggi della letteratura, della mitologia
e della storia. Sguardi incrociati sul velo
islamico, previsto per il mese di marzo
tratterà un tema che sta suscitando dibattiti appassionati. Il 12 aprile Dialogare ha in
programma una serata in collaborazione
con la Federazione Associazioni Femminili
Ticinesi e con la Comunità di lavoro
intitolata La nostra terra futura, responsabilità e partecipazione. Proseguirà inoltre
la rassegna cinematografica, L’amore e
altri poligoni, animata dal giornalista e
critico cinematografico Gino Buscaglia,
che il 20 aprile concluderà il programma
Associazione Dialogare - Incontri
2004-2005.
Corsi Gender “Pensare il mondo con
le donne”
Lo scorso autunno ha avuto inizio la nona
edizione di Pensare il mondo con le donne
sul tema della musica e dell’arte. Un tema
che Dialogare già avrebbe voluto trattare
in edizioni precedenti, ma che non era
stato possibile realizzare. I seminari che
si svolgono con una cadenza mensile al
sabato mattina, danno la possibilità di
scoprire o rivisitare la vita e l’opera di alcune artiste e musiciste. In gennaio sarà la
volta della scrittrice Daniela Pizzagalli che
presenterà la vita e l’opera di Sofonisba
Anguissola, il 26 febbraio Fernando
Mazzocca docente di storia dell’arte, parlerà invece di Elisabetta Vigée-Lebrun e di
Angelica Kauffmann, mentre il 12 marzo
Lisa Wenger Oppenheim curatrice dell’archivio Oppenheim e Marina Corgnati,
giornalista e storica dell’arte, ci documenteranno su Meret Oppenheim. L’obiettivo
di questi seminari rimane quello di sempre: scoprire protagoniste di un passato
avvolto nell’oblio, al fine di metterlo in
comunicazione con il presente.
Corsi e seminari
per istituzioni specifiche
L’Associazione progetta nuovi corsi mirati
a diverse istituzioni e scuole. Nel 2004
sono state parecchie le iniziative rivolte
a gruppi sia professionali, che a gruppi di
volontariato, che desideravano progetti
formativi su tematiche legate sia all’orientamento e alle tecniche di ricerca lavoro,
che alle teorie della comunicazione, temi
svolti sempre con un’attenzione alla specificità di genere.
Concorso letterario
Questa iniziativa è giunta quest’anno alla
terza edizione. Promossa per dare ulteriore visibilità al sito dell’Associazione
www.dialogare.ch ha avuto ogni volta
un grande riscontro nel pubblico. Il tema
proposto nel 2004 “Straniera tu, straniera
io” ha toccato il tema della multiculturalità
e dell’integrazione. Sono stati una sessantina i lavori presentati alla giuria, che ha
premiato parimerito due racconti: Un problema di udito di Alexandre Hmine e Made
DONNE OGGI
in Italy di Claudia Manselli. I racconti, che
propongono i temi della convivenza fra
autoctoni e immigrati sono inseriti nel sito.
Il concorso letterario di quest’anno, dal
titolo Legami fragili intende far riflettere
sulle relazioni fra le persone. La premiazione è prevista per l’8 marzo 2004.
Sito web “www.dialogare.ch”
Con il sito www.dialogare.ch l’Associazione Dialogare ha iniziato uno scambio
interattivo con il pubblico, utilizzando le
nuove tecnologie.
È attivo un Forum, quale luogo di incontro,
di scambio di informazioni e di opinioni,
per raggiungere le donne che già conoscono la nostra associazione, ma soprattutto
per invitare altre donne a comunicare tra
loro e a trovare uno spazio privilegiato di
ascolto e di dibattito. Particolare attenzione viene data all’aggiornamento del
Calendario, che offre una panoramica di
iniziative culturali con una breve intervista mensile a una donna, che in quel
particolare momento si è distinta per la
sua attività. Si è dato vita inoltre anche
al magazine: Donna e…, curato da un
gruppo redazionale creato appositamente. Numerose le tematiche trattate, quali
ad esempio: donna e arte, donna e letteratura, donna e cinema, donna e violenza,
solo per citarne alcune.
Il nostro sito gode del favore di un vasto
pubblico, confermato sia da numerose
e-mail che esprimono apprezzamento,
sia dalle statistiche, che evidenziano un
numero di contatti in costante aumento:
in un anno (gennaio/dicembre 2004) il sito
ha contato 71’000 visite.
L’Associazione Dialogare può continuare
la sua attività grazie al sostegno finanziario della Divisione della Formazione
professionale, della Divisione della Cultura,
dell’Ufficio federale per la parità tra donna
e uomo, che ringraziamo sentitamente.
Altri sponsor hanno reso possibile i seminari Gender e il nostro grazie va a RETE2, a
COOP Cultura, e alla SUPSI.
Le iniziative dell’Associazione sono inoltre
sostenute dalla Consulente del Consiglio
di Stato per le questioni femminili, che
pure ringraziamo per l’appoggio. Ma un
grazie particolare va anche a tutta l’équipe
di Dialogare per il lavoro svolto con un
contributo personale di volontariato, contributo di vitale importanza per l’esistenza
6900 Massagno,
gennaio 2005 11
dell’Associazione
stessa.
Internazionale
Le donne
leggono
di Francesca Rigotti
Se vi è capitato di recarvi a Mantova, al
Festival di Letteratura che si svolge nel
mese di settembre, come ascoltatrici o
come relatrici – cosa che è successa a me
che sono stata invitata in questa ultima
veste – molte cose vi avranno colpito.
Prima di tutto, credo, la travolgente bellezza di questa città. Non soltanto del suo
centro storico, che è grande, grandissimo,
ma anche delle strade che corrono verso la
periferia, affiancate da palazzine ottonovecentesche, di altezza proporzionata,
di forme gradevoli, nitide, pulite, con le
facciate intonacate in miti colori pastello
e decorate da balconi e finestre decenti,
chiuse da persiane a stecche di legno.
Strade che, andando invece nella direzione opposta, conducono al centro città, a
una serie di piazze una più suggestiva dell’altra, dai nomi altisonanti: Piazza Sordello
(e io mi recitavo i versi di Dante imparati a
scuola, dove “...l’ombra, tutta in sé romita
/ surse ver’lui del loco ove pria stava, /
dicendo: “O Mantoano, io son Sordello / de
la tua terra!” e l’un l’altro abbracciava”.
E poi Piazza Mantegna o Piazza delle Erbe
(e uno la confronta con l’omonima piazza
di Verona). Sarà normale per chi ci abita,
ma per chi viene da fuori il camminare
sull’acciottolato grigio, tra chiese e palazzi
e torri di mattoni rossi, limitandosi anche
soltanto a guardare l’esterno e ad immaginare gli affreschi e le decorazioni interne, è
una consolazione dell’anima, soprattutto
in questa epoca di orrori architettonici
tali che la visione di alcuni territori urbani a me provoca un disagio al limite del
malessere fisico, nausea, disgusto. Infine
la visione d’insieme della città che si coglie
arrivandoci a piedi da via Legnago, come
avevo fatto io quel venerdì pomeriggio
che tornavo dal vivacissimo dialogo tra
Lella Costa, Gianrico Carofiglio e il pubblico, svoltosi a Campo Canoa. Cammini nella
luce quasi abbagliante, cammini affiancata da biciclette, su una striscia d’asfalto in
mezzo alle acque, a destra il Lago di Mezzo
e a sinistra il Lago Inferiore, dove galleggiano le piante acquatiche, e hai di fronte
a te la scenografia indimenticabile di una
città che sorge dall’acqua: palazzi bassi ad
arcate in primo piano, dietro torri e edifici
Associazione Dialogare - Incontri
civili, ancora più indietro, e più in alto,
campanili di chiese, e sullo sfondo il cielo.
Colpita al cuore, dunque, dall’armonia e
dalla bellezza di Mantova e poi una seconda volta dall’atmosfera del Festival. Perché
in tante piazze e cortili e interni di edifici
civili il pubblico si incontra con i suoi autori, e gli autori – scrittori di narrativa ma
anche, come era il mio caso, di saggistica
– conoscono il loro pubblico, che paga
per entrare, e poi sta lì composto e attento sulle seggioline, protetto da tendoni
bianchi dal sole e dalla pioggia – ma non
ha mai piovuto finora sulla letteratura. Gli
autori non tengono lezioni cattedratiche
– tranne che in pochissimi casi, e per fortuna – bensì conversano tra loro o con
giornalisti o personaggi del mondo della
cultura, e i più bravi e comunicativi dialogano persino col pubblico. E questo rende
gli incontri così infinitamente amabili e
interessanti.
E poi colpita, per la terza volta, dall’osservazione ravvicinata del pubblico seduto
su quelle seggioline di plastica azzurra o
vagante per la città con in mano il programma. Chi è venuto, anche da lontano,
ad ascoltare, a vedere, a toccare i suoi scrittori o le sue scrittrici preferite sono donne,
sono quasi tutte donne. Mi spiegava
durante la colazione in un caffé del centro
Annarosa Buttarelli, una delle bravissime
organizzatrici di questa manifestazione,
che chi viene al Festival sono al novanta per cento donne. Le donne leggono,
dunque. Le donne leggono, ascoltano,
comprano i libri, se li passano tra di loro, li
consigliano ad amici, figli, alunni e compagni che chissà poi se li leggeranno mai. Le
donne leggono con attenzione, leggono
le recensioni sui giornali, si recano in libreria con la pagina o il trafiletto ritagliato in
mano, vanno in biblioteca, comprano un
libro all’edicola e alla stazione per leggerlo
in treno. Le donne leggono e diventano
sempre più ricche di conoscenza e di emozioni, e più brave a scuola perché chi
sa leggere sa anche scrivere e pensare
meglio. Io le vedo, nei miei lunghi viaggi
da pendolare, le donne che leggono nelle
stazioni, nei treni, negli aerei. Anzi, proprio mentre volavo a Verona per recarmi
DONNE OGGI
a Mantova, e il decollo mi comprimeva
lo stomaco contro lo schienale del sedile,
osservavo piena di ammirazione la mia
vicina che imperturbabile leggeva Il codice Da Vinci, senza smettere neanche per
slacciare la cintura (poi l’ho letto anch’io e
ho capito il motivo).
Perché leggono le donne? Questo proprio non lo so e non occupandomi di
“Sociologia dei processi culturali”, disciplina che immagino potrebbe studiare
questi fenomeni, non voglio neppure
avanzare ipotesi. Dirò solo perché leggo
io, nella convinzione che parlare di sé sia
parlare di molti, che dipingere se stessi, a
guisa di Montaigne nei Saggi, sia tracciare
il ritratto comune a tanti.
Io leggo perché non posso farne a meno,
perché sono dipendente dall’atto di seguire con gli occhi, coadiuvati dalle lenti
degli occhiali, quei segnetti neri, in chiaro
e scuro, che rotolano da sinistra a destra
sulla pagina bianca. Leggo perché sono
condannata e non posso esimermi, anche
se è una condanna dolce e una servitù volontaria. Leggo per riempirmi, per
debellare l’horror vacui. Leggo da quando
ero una bambina piccolissima – avevo
tre anni quando riuscii a impadronirmi di
questa pratica gestita da mia sorella che
già andava a scuola. Leggo ore e ore nel
corso della giornata, per doveri di lavoro, per studio, arricchimento e riflessione
personale, per informazione e per diletto. Leggo in maniera cronologicamente
strutturata: prima i testi difficili e impegnativi più quelli che “devo” leggere, poi man
mano le letture più agili, i testi più accessibili e che possono essere interrotti senza
gravi danni, fino a quando è concesso, in
genere non prima delle 10 di sera o al fine
settimana, il romanzo, l’opera di narrativa,
la “lettura in nero”, come la sentii definire
una volta in treno da Adriana Cavarero,
quella che noi saggisti non possiamo
nemmeno confessare perché dobbiamo
far credere che leggiamo esclusivamente
ponderosi trattati specialistici, roba seria,
roba “da uomini”.
Leggono, le donne: a Mantova, nelle
piazze e nei cortili, a casa e in treno, in
biblioteca e in metropolitana. Io leggo, le
6900 Massagno, gennaio 2005 12
Gender Internazionale
Raccontar(si)
a Villa Fiorelli a Prato
di Lidia Campagnano
dal sito www.donneinviaggio.com
Il laboratorio di intercultura realizzato a
Prato nella Villa Fiorelli tra il 25 agosto e il
1° settembre scorso potrebbe essere preso
a esempio di ciò che sta accadendo tra
donne in Italia sul piano culturale e politico: qualcosa come una corrente di vitalità
sotterranea benché alla luce del sole, una
specie di talpa che scava ma anche corre
tra gli alberi per guardar bene il mondo. Un
centinaio di donne di diverse generazioni,
docenti e discenti, di diverso impegno culturale (dall’operatrice sociale alla filosofa,
dall’attrice all’astrofisica all’antropologa alla
scrittrice all’insegnante, eccetera) di diversa
provenienza geografica (dal Rwanda alla
Bielorussia passando per l’Europa) sono
state chiamate dalla Società delle letterate
di Firenze e dal Giardino dei Ciliegi, con la
benedizione di qualche assessorato della
città e della Regione. Chiamate imperativamente da Liana Borghi, che ha aperto i lavori
e non li ha abbandonati mai, a fare intercultura, a fare lavoro critico, a fare buona
trasmissione alle più giovani. Ma anche
a convivere, esperienza appassionante e
da tempo per molte non scontata. Il titolo
era Raccontare/raccontarsi. Ma nel raccontare è entrato con prepotenza il mondo
globalizzato, le sue leggi senza legge, il suo
imbarbarimento, le guerre, le migrazioni.
Riferire è quasi impossibile, usciranno gli
atti: vale la pena di render conto però almeno di alcune novità che a Prato hanno preso
corpo. Una settimana a Villa Fiorelli induce
ad affermare che non esiste più una sola
generazione femminista, ne esistono tre o
quattro che, nei migliori luoghi di incontro
tra donne, come è stato questo laboratorio,
si mescolano senza bisogno di forzature.
L’oggetto di passione che le fa incontrare
è quantomeno l’abbozzo di una “cura del
mondo” (espressione evocata dalla filosofa
Elena Pulcini, tema che ha padri e madri,
e tra queste Adrienne Rich) che non è più
un’estensione del maternage, è percezione
dell’urgenza, senso di tragedia da una guerra
all’altra, da un disastro all’altro, assunzione di
responsabilità in senso pienamente democratico. Si lavorava, tra l’altro, in mezzo alle
foto della mostra Gaza portraits, prodotto
del lavoro di donne palestinesi supportate
dal Women Empowerment Project di Gaza
Associazione Dialogare - Incontri
e dal Ciss di Palermo (era presente tra noi
Mariangela Barbieri) e l’occupazione dei territori palestinesi è stata presente nelle menti
e nei discorsi lungo tutta la settimana: Maria
Nadotti ha portato un filmato su una compagnia teatrale capace di fare teatro sotto
il coprifuoco: per far respirare vita e pace ai
bambini e agli adulti dei territori occupati.
E per provocare un’identificazione, qui, da
noi, più coinvolgente e commovente di
qualsiasi discorso.
Inoltre, ciò che induce questo tipo di fem-
minismo all’incontro con donne immigrate
e rifugiate non è un dover essere scontato:
qui si parte dal conflitto tra chi ha diritti e
chi no, o tra chi viaggia e chi emigra, per
delineare un nuovo modo d’essere, con forti
elementi comuni, in faccia all’ingiustizia planetaria. Come? A partire da una posizione
non solo teorica, etica invece, e politica,
che è quella dell’autoetnografia, dell’autoantropologia, come hanno detto Liana
Borghi e Geneviève Makaping (Camerun).
A ciascuna la sua propria consapevolezza,
la sua propria capacità di cogliere disastri e
potenzialità del suo pezzo di mondo, della
sua parte di esperienza, singolare e plurale:
è ovvio che, una volta assunta in pieno questa posizione, ne escono mutati gli impegni
e gli stili della ricerca come quelli della
cooperazione, e il linguaggio. Senza di che,
niente dialogo, niente lavoro in comune.
Certo è che a tutte è toccato un ripasso
di infiniti traumi: il passato delle guerre
DONNE OGGI
mondiali e della shoah (Lori Chiti, Aglaia
Viviani), per esempio, o quello più recente di Chernobyl, che Svetlana Aleksevic
ha, per così dire, riscritto. O, tra quelli in
corso, lo scandalo riferito da Marie Terèse
Mukamitsindo (Rwanda): “tutte le donne
rifugiate che incontro sono state stuprate.
Nel paese da cui sono fuggite e lungo la
fuga. Non tutte hanno la forza di raccontarlo. Ma tocca raccontarlo per strappare una
protezione a questo paese che non ha una
legge sui rifugiati, non ha una casa pronta
per accogliere ogni donna in fuga dalla sua
tragedia”.
Ed è singolare e significativo che un simile
percorso culturale e politico venga organizzato da donne che lavorano sulla letteratura,
da anni: che da questo cuore della vecchia
cultura umanistica, oggi in disuso o peggio,
a volte in naftalina accademica, vengano
donne che inventano un’immersione così
totale nel corso del mondo. Tanto per non
idealizzare, nemmeno a Villa Fiorelli tutto
splendeva, nella cultura delle donne a volte
si sente serpeggiare una sorta di bulimia:
si mangia di tutto, a volte questo riuso di
tutto è insopportabile, la vaghezza sembra essere un conforto narcisistico, viene
voglia di rigore, di discrimine, di limpidezza.
Finisce con l’essere sintomatico, forse, che
tra donne si facciano (o in fondo si debbano
fare, per creare qualcosa) i salti mortali, ed
è così che nel programma di villa Fiorelli
ci si è confrontate con le ricche “scritture
migranti in lingua italiana” rigorosamente
illustrate da Clotilde Barbarulli, o dalla riscoperta del lato migrante e traumatizzato di
Margherite Duras grazie a Monica Farnetti,
a una vera lezione, da parte dell’astrofisica
Elena Bougleux, sul concetto di “singolarità
nell’Universo”, che molto e beneficamente
ci ha dato da pensare.
Tocca di chiedere scusa a tutte coloro che
hanno “dato da pensare” e qui non sono
citate per ovvi motivi di spazio. Di chiarire
che il tutto è stato fatto con pochi soldi,
sobriamente, in un luogo di convivenza
molto bello ma assolutamente “sportivo”
(un ostello della gioventù). Che le lavoratrici
e i lavoratori di Villa Fiorelli sono stati perfettamente accoglienti. Che molte hanno
lavorato mesi per preparare tutto. Che que-
6900 Massagno, gennaio 2005 13
Nazionale. Ufficio federale per l’uguaglianza
Attività attuali dell’Ufficio federale
per l’uguaglianza fra donna e uomo
di Patricia Schulz*)
Dalla sua creazione nel 1988 l’Ufficio
federale per l’uguaglianza fra donna e
uomo ha il mandato di lottare contro
tutte le forme di discriminazione basate
sul sesso e di promuovere l’uguaglianza
fra donne e uomini. Adempiamo questo
mandato in vari modi: informazione,
sensibilizzazione ed elaborazione di strumenti pratici per
il grande pubblico o pubblici specializzati; offerte
di formazione continua;
consulenze ai privati e
alle autorità; partecipazione all’elaborazione della legislazione
federale; erogazione di
aiuti finanziari a servizi e programmi di promozione della parità nella
vita professionale; partecipazione a progetti nazionali, come
per esempio il progetto 16+, lanciato
dalla Conferenza svizzera delle delegate
alla parità fra donne e uomini.1 Tramite
questo progetto sosteniamo dal 1998
le scelte di formazione non stereotipate
nell’ambito dei tirocini.2
Le nostre priorità attuali sono due: la
parità nella vita professionale e la lotta
contro la violenza domestica. Per quanto riguarda la parità nella vita professionale, dopo aver lavorato molto sulla
valutazione non discriminatoria dei
posti di lavoro e la valutazione delle
prestazioni3, ora poniamo l’accento su
due settori.
Da un lato, la legge sugli acquisti pubblici prevede che solo le imprese che
rispettano il principio della parità salariale possano ricevere commesse dalla
Confederazione per i prodotti o i servizi
che vendono. Si tratta, di conseguenza,
di verificare se questo principio è rispettato oppure no. Per questo abbiamo,
in un primo tempo e in collaborazione
con la Commissione degli acquisti della
Confederazione, fatto mettere a punto
uno strumento statistico che consentisse di misurare il rispetto o la violazione
Associazione Dialogare - Incontri
del principio della parità salariale. Dopo
averlo testato in cinque imprese intendiamo ora procedere ogni anno a controlli su campioni presso alcune imprese.
Nel 2005 informeremo i responsabili del
personale delle imprese e formeremo
una rete di esperte ed esperti.
Dall’altro lato, abbiamo concentrato i nostri sforzi
sulla conciliazione delle
attività famigliari e
professionali, dato
che rappresenta
una delle chiavi per
realizzare la parità
nella vita quotidiana. La campagna
fairplay-at-work4 ha
voluto sensibilizzare
e sostenere gli uomini
affinché si impegnassero
maggiormente nella vita familiare, per esempio tramite una riduzione
del loro tasso d’attività professionale
o altre misure di flessibilizzazione del
lavoro. Alle imprese abbiamo presentato dei modelli d’organizzazione del lavoro (orari flessibili, job sharing, ecc.) che
rispettano sia i loro interessi che quelli
delle loro collaboratrici e dei loro collaboratori, evidenziando i vantaggi che
ne ricavano (motivazione, lealtà, fedeltà
del personale). Abbiamo realizzato per
vari mesi una campagna di locandine
nelle FFS, allo scopo di sensibilizzare il
grande pubblico. A disposizione sono
degli opuscoli e un sito web.
Altre misure sono ovviamente necessarie, per esempio il potenziamento delle
strutture di accoglienza dei bambini,
l’armonizzazione degli orari scolastici
o l’imposizione fiscale separata per le
coppie coniugate. Queste misure non
rientrano direttamente nelle nostre
competenze, ma possiamo nondimeno
contribuire al dibattito in materia.
Per quanto concerne la violenza nei confronti della donna, dal 1° maggio 2003
abbiamo potuto potenziare le nostre
precedenti azioni rendendo operativo
DONNE OGGI
un servizio presso il quale lavorano tre
persone. Da allora forniamo informazioni e una documentazione, sintetica
e facilmente accessibile, a un pubblico
di vario tipo (servizi pubblici, organismi privati, media, ecc.). Abbiamo fatto
elaborare degli studi sui vari aspetti
della violenza per meglio definire i futuri
interventi concreti. Uno studio recensisce per esempio tutti i tipi di formazione in materia di violenza (domestica),
allo scopo di stabilire dove sussistano
lacune da colmare; un altro valuta le
pratiche adottate dalla polizia nei cantoni di San Gallo e Appenzello esterno
in caso d’espulsione del coniuge violento dal domicilio coniugale. Vogliamo
anche sostenere o addirittura coordinare i lavori di altri attori: per questo
abbiamo organizzato il primo convegno
nazionale fra tutti i gruppi maschili che
lavorano con uomini autori di violenze
domestiche. Di recente abbiamo anche
riunito un centinaio di specialiste/i di
tutta la Svizzera per uno scambio multidisciplinare fra persone che operano
in campi diversi: polizia, tribunali, servizi
sociali o sanitari, foyers per donne maltrattate, centri di aiuto alle vittime (LAV).
L’incontro ha prodotto un catalogo di
problemi urgenti da trattare prioritariamente.
Concretizziamo così il nostro mandato legale, ponendo l’accento su azioni
pratiche e sviluppando strumenti per
realizzare la parità fra donne e uomini
nella vita quotidiana.
*) Direttrice dell’Ufficio federale
per l’uguaglianza fra donna e uomo,
Schwarztorstrasse 51, 3003 Berna
1 www.equality.ch, il portale della parità creato
dalla CSDP.
2 http://www.16plus.ch/.
3 Cfr. elenco delle pubblicazioni, rubrica ‘donna
e lavoro’, segnatamente le due opere seguenti: L’égalité des salaires en pratique. Deux outils d’évaluation du travail non discriminatoire à
l’égard des sexes: ABAKABA et VIWIV (1996), fr/de;
Quand le travail est le même…Evaluation non
discriminatoire du personnel (2000), fr/de, edizioni vdf Zurigo, 124 p.
4 http://www.fairplay-at-work.ch
6900 Massagno, gennaio 2005 14
Cantonale. Parità e pari opportunità di Marilena Fontaine
Mutilazioni sessuali,
un problema anche nel nostro Cantone?
Due milioni di bambine subiscono ogni anno
questa tremenda mutilazione.
Le mutilazioni genitali femminili sono
pratiche tradizionali, un tempo simbolo di valori sacri e inviolabili, che
comportano l’asportazione parziale o
totale degli organi genitali esterni della
donna accompagnate dall’obliterazione quasi completa della vulva.
Le mutilazioni vanno dalla meno cruenta, la circoncisione, a quelle più dannose, l’escissione e l’infibulazione. Le loro
origini sono molteplici e complesse, le
motivazioni date per giustificare tali
pratiche sono molte e riflettono situazioni storiche e ideologiche delle società in cui si sono sviluppate. Le ragioni
citate maggiormente sono quelle legate alle tradizioni locali di appartenenza,
al controllo della sessualità femminile,
all’accettazione da parte delle donne
dei dettami delle loro comunità.
Le mutilazioni genitali femminili vengono praticate in numerosi paesi africani, al Sud del Sahara, in qualche raro
paese asiatico e in Egitto.
L’Organizzazione mondiale della sanità
valuta che attualmente vi siano 138
milioni di ragazze e donne che hanno
subito una qualche forma di mutilazione genitale e che ogni anno almeno 2
milioni di ragazze siano a rischio.
L’età in cui le mutilazioni genitali femminili vengono eseguite varia ampiamente, a seconda del gruppo etnico
e della posizione geografica. In alcuni
gruppi le mutilazioni vengono effettua-
Associazione Dialogare - Incontri
te sulle neonate, più frequentemente
avvengono fra i 4 e i 10 anni, ma possono essere eseguite durante l’adolescenza, prima del matrimonio, o addirittura
durante la prima gravidanza.
Le donne e in particolar modo le bambine e le ragazze, assoggettate a stereotipi culturali e a pregiudizi collettivi,
vengono private della loro integrità e
della loro dignità di persone. La violenza psicologica e fisica che affrontano ne
sconvolge tanto la vita sociale quanto
quella interiore. Gli effetti fisici e psicologici delle pratiche mutilatorie sono
spesso molto pesanti ed interessano la
salute, in particolare il benessere sessuale riproduttivo e mentale.
In Svizzera il fenomeno si è evidenziato solo in anni recenti a seguito delle
ondate migratorie provenienti dai paesi
africani. Anche se non esistono cifre
che permettano di quantificare l’ampiezza del fenomeno in Svizzera, uno
sguardo sulle statistiche concernenti le
domande d’asilo potrebbe comunque
già permettere di individuare il numero delle persone provenienti da paesi
dove le mutilazioni genitali femminili
vengono praticate in modo regolare e
quindi stimare il numero delle donne e
bambine “a rischio”.
In base a un’inchiesta condotta nel
2001 da UNICEF Svizzera e dalla Società
Svizzera di ginecologia e ostetricia
presso più di mille ginecologi, il 20%
dei medici interrogati afferma di aver
notato delle mutilazioni sessuali presso
loro pazienti.
Nel 2003 la Società svizzera di ginecologia e ostetricia ha adottato delle raccomandazioni all’intenzione dei professionisti della salute confrontati con
il fenomeno.
Ratificando i trattati internazionali
(Patto internazionale sui diritti civili e
politici, la Convenzione sui diritti del
bambino, la Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni discriminazione nei
confronti della donna) la Svizzera è
tenuta a rispettare e garantire a tutte
DONNE OGGI
le persone che si trovano sul suo territorio i diritti garantiti dai trattati, e ad
adottare tutte le misure per rendere
efficaci questi diritti.
Il diritto civile e il diritto penale svizzeri
impongono all’autorità di proteggere
le bambine e le donne dalle mutilazioni
genitali.
In base agli art. 307-317 del Codice civile svizzero le autorità tutorie sono tenute ad adottare le misure opportune per
la protezione del figlio se il bene del
figlio è minacciato e devono intervenire non appena vengono informate da
istituzioni sanitarie, scuole, servizi competenti o privati. Il codice penale svizzero considera le mutilazioni sessuali
come lesioni personali gravi perseguibili d’ufficio (art. 122 CPS). La mutilazione costituisce un reato da imputare
a tutti i soggetti coinvolti, sia i medici
o i “praticoni” che effettuano materialmente o collaborano all’intervento,
sia i genitori o le persone che hanno
la responsabilità del minore. Inoltre la
legislazione ticinese (Codice di procedura penale e Legge sanitaria) impone
a chi esercita una professione sanitaria
indipendente o dipendente l’obbligo
di informare il ministero pubblico di
ogni caso di malattia, lesione o morte
di cui è venuto a conoscenza nell’esercizio della professione. Le informazioni
assunte presso i primari di ginecologia,
i centri di pianificazione famigliare, le
autorità tutorie, il Ministero pubblico, ci
inducono a ritenere che il problema nel
Cantone Ticino sia di entità irrilevante.
Ciò non toglie che vi è comunque la
necessità di promuovere una maggior
informazione e sensibilizzazione sul
tema e un monitoraggio per identificare le comunità e i soggetti a rischio presenti sul territorio cantonale, ciò che
permetterebbe un intervento mirato
volto a informare le famiglie sulle conseguenze di tali atti, ed eventualmente
attivare interventi necessari di assistenza e tutela delle vittime.
6900 Massagno, gennaio 2005 15
Il pensiero della differenza, a cura di Monica Cerutti Giorgi
Politica di spirito
Politica di spirito
Chi accetta di scendere nel campo
dell’altro raccogliendo impreviste
ricchezze dà prova d’indipendenza
simbolica. Mi sembra disposizione
grande e coraggiosa vivere il paradosso per cui il senso della “vittoria” è
avvertito dal sopportare la sofferenza
della “sconfitta”.
Ho maturato questo pensiero, come
cosa dentro di me con la quale sono
in conflitto leggendo e ascoltando
alcune delle non poche prese di parola da parte femminista – e non solo
– espresse più o meno a dispetto e
comunque in riferimento alla lettera del cardinale Ratzinger, prefetto
della Congregazione per la dottrina
della fede (ex Inquisizione), che titola:
Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica
sulla collaborazione dell’uomo e della
donna nella chiesa e nel mondo. Tema
al cuore della vita umana, di notevole
interesse politico sociale in quanto simbolico. Rigidamente circoscritto però
nella gerarchia ecclesiastica, tutto
interno al suo magistero che, come
in altri casi, anche in questo si nutre
di quello che non dice: soprattutto
di alcune fonti di ispirazione per l’interlocuzione silente del testo, scritto
come un autocentrato monologo. Il
titolo esprime un ordine di priorità
per cui i movimenti riflessi del mondo
sono posticipati a quelli della chiesa.
E ciò (mi) segnala una volta ancora la
presunzione che sia la chiesa piccola, come Margherita Porete chiama la
finitezza di un’istituzione fissata nel
tempo e nella dottrina, a insegnare
– e a insignire – alla chiesa grande,
l’insieme di umani interagente per il
mondo e nel mondo, la verità sui percorsi che tratteggiano anche il mondo
non-umano.
Fin dal titolo specificati con un generico singolare – dell’uomo e della donna
– gli uomini e le donne continuano ad
essere oscurati da una coltre di astrazione, più neutra che impersonale, tesa
a convalidare il regime di verità biblica
operato dall’esegesi cattolica. D’altro
canto il titolo allude ad una collabo-
Associazione Dialogare - Incontri
razione dell’uomo e della donna non
tra di loro, secondo ruoli di genere e
rispettive funzioni, ma ad una collaborazione nella chiesa e nel mondo
segnalante contributi asimmetrici. È
in questo punto che il cardinale ha
spiazzato i più, forse anche se stesso,
intuendo per il suo testo la ricchezza
ontologica della differenza sessuale.
Ha spiazzato i più, ma non tutte le
donne che con quel testo si sono liberamente confrontate. Luisa Muraro e
Ida Dominijanni, per esempio, hanno
riconosciuto e incassato il taglio cardinalizio come una novità che politici
e politiche non sono (stati/e) capaci
di intendere quando collocano i loro
discorsi sulla “condizione femminile” in
ambiti di tutela, dentro paradigmi di
oppressione e con linguaggi recriminatori da “pari opportunità” per diritti
e doveri. Ricordo uno dei primi numeri
di Via Dogana, rivista di politica delle
donne, con un editoriale intrigante
e dirompente: Il Kairos, l’opportunità,
è dispari. È un’attenzione di riflesso quella mia riservata alla lettera di
Ratzinger. L’ho infatti letta successivamente agli scritti e ai commenti di
quelle donne che hanno sentito il bisogno di esprimersi, dando un riscontro
di ‘essere’ per me indispensabile. Verso
alcune di queste donne ho debiti di
riconoscenza per il loro insegnamento
e la loro autorità. A Ratzinger riconosco importanza per il suo potere, ma
da lui non ricevo né insegnamento,
né, tanto meno, autorità. Che invece sembra averne, più di quanto non
appaia, per chi attraverso il tono dei
propri commenti spera o recrimina di
trovare in lui e, ancora illusoriamente, nell’istituzione che rappresenta in
così alta carica, risarcimento ai danni
subiti in quanto donne e addirittura
prospettive di liberazione. Non intendo riferirmi alle femministe cattoliche.
Ho in mente piuttosto quell’attitudine
modulata con la convinzione che il
potere simbolico sia garantito per
delega: tutt’altra cosa dalle pratiche
discorsive e dall’affidamento in relazione dispari con l’altra e con l’altro.
DONNE OGGI
Puntare l’occhio simbolico, in alternativa tutta laica, sulla rappresentanza
politica e sulla presenza istituzionale è
puntare in basso. Esso perde efficacia
e politica. Credo che la perdita non
stia nell’aver – si fa per dire – ritrovato o abbandonato Ratzinger; neppure
nell’avere accolto un potere fuori di sé.
Credo che la perdita sia nel non stare
di fronte a sé, nell’ordine della madre
e con altre donne. Con le quali, beninteso, confliggere. E confliggere anche
con gli uomini. Il privilegio però di con
chi confliggere, da parte mia, lo riservo
alle donne, giacchè è nella relazione
con loro che nasce e cresce autorità
femminile, indipendenza simbolica,
signorìa per il mondo e nel mondo. È
una relazione molto contraddittoria,
che non esclude gli uomini, quella che
sento lavorare in me e fuori di me. Non
è rassicurante vicinanza o contatto
permanente con le altre e gli altri e non
è neanche condivisione ideologica.
E’ relazione di riferimento simbolico,
è sguardo interiore nell’altro che è
fuori-dentro di me; ricerca-amore della
libertà anche nella forma della nonlibertà che, in definitiva, è pur sempre
libertà di un’altra, di un altro. E siccome
autorità femminile, indipendenza simbolica e signorìa hanno il prezzo che
sono disposta a pagare anche in termini di sconfitta - l’ho espresso all’inizio
del mio scritto - mi piace concludere
sottolineando come, nel conflitto simbolico aperto tra donne, femminismi
(e Ratzinger), Ida Dominijanni abbia
guadagnato, donandocela sulle pagine del Manifesto, una rivelativa parola
per quel pensiero della differenza sessuale che dice: Credo che i sospetti
di essenzialismo che tuttora gravano
sul pensiero della differenza sessuale
italiano dipendano da un grossolano
equivoco grammaticale e concettuale,
che vede la differenza sessuale come
l’oggetto del pensiero invece che il
soggetto, il significato invece che il
significante. “Pensiero della differenza
sessuale”, insomma, non è altro che
differenza sessuale pensante: donne
(e uomini) che pensano e si pensano,
6900 Massagno, gennaio 2005 16
Dialogare Incontri: Atti
Pensare un mondo con le donne
Il femminile: vivere la scrittura, la scrittura di pensiero
La scrittura delle donne in Svizzera
a cura di Franca Cleis e Osvalda Varini-Ferrari
con scritti di Pina Allegrini, Gemma Beretta, Laura Boella, Liana Borghi, Annarosa Buttarelli, Adriana Cavarero, Sylvie Coyaud, Franca
Cleis, Tina D’Agostini, Roberta De Monticelli, Laura Formenti, Annetta Ganzoni, Corinna Jäger-Trees, Barbara Lanati, Elena Laurenzi,
Gertrud Leutenegger, Luisa Muraro, Monica Pavani, Elisabetta Rasy, Grazia Regoli e Alberto Panaro, Silvia Ricci Lempen, Francesca
Rigotti, Maria Concetta Sala, Luciana Tufani, Chiara Zamboni, Marina Zancan
Atti del corso di formazione sulla presenza femminile nella storia e nella cultura del XX secolo (anni 1999-2003)
L’Associazione Dialogare-Incontri e il
Dipartimento dell’educazione, della
cultura e dello sport hanno presentato
all’Università della Svizzera italiana, il
25 ottobre 2004, il volume Pensare il
mondo con le donne, curato da Franca
Cleis e Osvalda Varini-Ferrari. Ospiti
della serata: Gianni Moresi, direttore
aggiunto della Divisione della formazione professionale, Marilena Fontaine
Consulente del Consiglio di Stato per
la condizione femminile, Maria Grazia
Rabiolo, giornalista di Rete 2 e Tatiana
Crivelli Speciale, docente di letteratura italiana all’Università di Zurigo. Gli
interventi delle relatrici e del relatore
hanno sottolineato il valore di questo
volume, sia per le figure femminili che
vi vengono presentate, sia per l’autorevolezza delle autrici dei singoli
contributi.
Il libro raccoglie gli atti del corso che
l’Associazione Dialogare-Incontri ha
progettato e realizzato annualmente,
dal 1996. Il ciclo di seminari intitolati Pensare un mondo con le donne,
giunto quest’anno alla nona edizione,
è sostenuto dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport,
dalla SUPSI, dalla RTSI Rete2, da COOP
Cultura e dalla Consulente per la condizione femminile.
Il programma propone regolarmente
una serie di seminari sulla presenza
femminile nella cultura del XX secolo,
il cui obiettivo è stato ed è quello di
far conoscere meglio la vita e l’opera
di alcune protagoniste di un passato
avvolto nell’oblio, allo scopo di metterlo in comunicazione con il presente.
Nel 2001 è stato pubblicato il primo
volume, che raccoglieva i testi dei
seminari del corso Pensare un mondo
con le donne (anni 1996-1999). Grazie
soprattutto al sostegno della Divisione
della formazione professionale (ma il
nostro ringraziamento va anche alla
Fondazione per la cultura Pro Helvetia,
Associazione Dialogare - Incontri
alla Fondation pour l’étude des problèmes concernant le travail féminin, alla
Federazione Associazioni Femminili
Ticino, al club Soroptimist Lugano e al
BPW Business & Professional Women
Club Ticino) è stato possibile pubblicare il secondo volume, che comprende le
relazioni del corso 1999–2000 sul tema
“biografie e autobiografie” e quelle
delle edizioni 2000–2001 e 2001–2002
centrate sulle “protagoniste del pensiero”. La seconda parte del volume
raccoglie invece i contributi della settima edizione del corso 2002–2003,
intorno al tema della scrittura femminile in Svizzera.
Anche questo secondo volume nasce
dalle richieste di chi ha partecipato con
interesse ed entusiasmo ai seminari,
ma nasce pure dal desiderio di mettere
a disposizione di chi non ha potuto
essere presente, un materiale ricco e
interessante.
Il libro rispetta nella sua organizzazione
interna, l’ordine cronologico dello svolgimento dei quattro corsi, ad eccezione
dei 3 seminari su Marìa Zambrano e dei
DONNE OGGI
due su Hannah Arendt, che sono stati
raggruppati.
Tutti i testi del volume pur essendo
anche molto diversi l’uno dall’altro
costruiscono un mosaico, un insieme
di storie e di pensieri, frammenti di un
disegno che si delinea man mano si
procede nella lettura. Il filo rosso che
attraversa il volume rimane il tema
della biografia, con una prospettiva che
teorizza l’importanza del partire da sé,
dal proprio corpo e dal proprio sguardo
per meglio capire la realtà. Il tema della
biografia-autobiografia pervade ogni
testo, tende a rendere il racconto della
propria vita l’occasione di una riflessione che desiderando mettere ordine,
organizzare, sottrarre all’oblio, diventa racconto unico e affascinante. La
storia di vita diventa una via alla conoscenza delle proprie emozioni, delle
rappresentazioni di sé e del mondo.
Le donne presentate emergono quindi
dalla narrazione, per il loro pensiero,
la loro produzione filosofica e artistica
e per come si sono mosse nella realtà.
Certamente la parola scritta non potrà
ridare il clima di amicizia e di attenzione condiviso durante i seminari, ma
rimane comunque la speranza che i
vari capitoli del libro possano avere per
la lettrice, per il lettore il significato di
un incontro, un incontro con un’autrice, con un pensiero e con una storia
di vita.
Questi Atti, viva testimonianza degli
argomenti trattati con competenza e
passione dalle docenti ospiti del corso,
danno un’ampia visione delle esperienze di un femminile che ha saputo farsi
soggetto.
6900 Massagno, gennaio 2005
17
Associazione Archivi Riuniti delle Donne-Ticino a cura di Franca Cleis
Alma Chiesa: quela dona di fiöe
(1900 -1988)
Alma Chiesa era la figlia di Corinna Galli
(maestra) e di Francesco Chiesa, il noto
scrittore, anzi lo Scrittore Ticinese più longevo e venerato e studiato e sul quale
(ricchi di mezzi finanziari) si stanno chinando ancora oggi nuovi studiosi.
Alma Chiesa nessuno l’ha studiata, ma forse
bisognerebbe farlo, perché per le mamme
e per la salute di bambini e bambine del
Ticino è stata certamente più importante
del suo famoso padre, e al Ticino forse ha
dato di più. Se di Alma Chiesa sappiamo
qualcosa oggi è perché lei stessa ce lo
racconta, dedicando il suo scritto a Marta
Vinassa (“mia cara amica e scrupolosissima maestra”) nel volume Nido d’Infanzia
Lugano 1929-1979, edito dalle Patronesse
del Nido d’Infanzia, volume che ripercorre
la storia di questa lodevolissima istituzione
tutta femminile, che tanto aiuto ha portato
alle madri del nostro paese.
Nel 1930 Alma Chiesa si laurea infermiera,
poi si specializza in puericultura e cura i
corsi itineranti istituiti sotto gli auspici di
Pro Juventute e con un piccolo contributo
del Dipartimento Cantonale di Igiene. È un
periodo in cui il Ticino è ancora in testa alla
classifica dei cantoni svizzeri per la mortalità infantile, che oscilla tra il 12 e il 14%, e
solo pensando a questo dato si può capire l’importanza della missione, perché di
vera missione si è trattato, svolta da Alma
Chiesa e dalle altre, delle quali neppure si
sa il nome, opera a volte perfino contrastata dai “maggiorenti comunali”. Ma lasciamo
raccontare lei:
Partivo da Lugano sempre preceduta dalle
voluminose pesanti casse di elvetica solidità, contenenti il materiale della mostra
itinerante di puericultura: massicci supporti lunghi due metri a cui appendere
cartelloni e grafici dimostrativi, modelli
per la confezione di indumenti per neonati
e lattanti, e poi il fasciatoio, il recinto per il
bambino, la macchina da proiezioni, con
relative lastre, e la bagnarola, la bilancia,
la bambola “a mo’ di pupo” da sfasciare e fasciare (unica cosa bella di tutta
l’esposizione). Ma che peso quei cassoni,
che ingombro, che difficoltà di trasporto… eppure presto o tardi arrivavano a
destinazione, bastava aspettarli con santa
pazienza, e infine occorreva disporre il
tutto in un locale della Casa comunale o
nell’aula di una scuola dove riunire a sera
le donne del paese.
Dunque partendo sempre da Lugano, per
quasi venti anni ho girato di qua di là, di su
di giù per montagne e valli, spingendomi
fin nei paesini più sperduti. Quanti corsi
ho tenuto? E chi lo sa? Parecchi: ad occhio
e croce più di duecento, inoltre moltissime lezioni su questo o quell’argomento
Dal volume Nido d’Infanzia Lugano 1929-1979
Edizioni Aurora, Canobbio 1979.
Associazione Dialogare - Incontri
DONNE OGGI
riguardanti sempre l’allevamento del bambino. Ed erano frequentate queste lezioni,
questi corsi? Sì, molte furono le donne e
le ragazze che vi parteciparono. Nel susseguirsi di tanti anni, complessivamente
più di tremila. E fra quelle attente uditrici
ve ne erano di Airolo e di Maroggia, di
Vergelletto e di Chiasso, di Locarno, della
Val Calanca, di Olivone, della Mesolcina,
della Val Bregaglia e di tanti altri villaggi,
città e borgate.
Oggi, ripensando a quei miei vagabondaggi, la memoria un po’ sfuocata mi fa
rivedere strade, sentieri, belle montagne,
dolci colline, paesini minuscoli, altri più
grandi tutti popolati da visi infantili, da
visi materni. Mi chiamavano “quela dona
di fiöe”.
[…] La mia attività si svolgeva nella stagione invernale perché in primavera e d’estate
le donne delle campagne avevano molto
da fare in casa e nei campi e quelle delle
vallate se ne andavano sugli alpi con il
bestiame e vi rimanevano fino in autunno
inoltrato… Se non fossi stata allenata alla
montagna e alla relativa scarsità di comfort
(ricordate che eravamo fra il 1930 e il 40) e
che le teleferiche, le strade alpine asfaltate,
le camere d’albergo con riscaldamento e
servizi, erano al di là d’avvenire nelle nostre
valli. Quindi se avessi sofferto di vertigini, se avessi temute le strade scoscese,
non avrei potuto trascorrere parecchie settimane nell’alta Verzasca, in gennaio, e
polare mi sarebbe sembrato quell’idillico
paesino appeso lassù fra le nevi e gelida
la cameretta con il fumoso camino e tragico addirittura mi sarebbe parso un certo
tragitto fra una vallata e l’altra (sempre
al disopra dei mille metri) che percorsi a
bordo di uno sgangherato camion che trasportava le famose casse dell’esposizione,
guidato da un autista piuttosto brillo che
rasentava pericolosamente il ciglio della
strada e faceva marcia indietro nelle svolte incurante dei tremendi burroni che si
aprivano sotto […] Negli ultimi anni di
quella mia ventennale azione divulgativa
potei notare un evidente miglioramento
generale della salute dei bambini, tanto
nelle città, quanto nelle campagne e nelle
vallate alpine. […] Un pensiero di profonda gratitudine a Marta Vinassa che seppe
aprirmi, con l’esempio e con l’insegnamento, nuovi orizzonti ricchi di preziose e utili
esperienze di vita.
6900 Massagno, gennaio 2005 18
una banca dati di donne
attive professionalmente
nella Svizzera italiana
Leggendo i giornali, ascoltando la radio,
guardando la televisione ci siamo rese
conto di un marcato disequilibrio di
genere tra gli opinionisti nei media
della Svizzera Italiana. Nella maggior
parte dei casi gli esperti intervistati a
vario titolo sono uomini, anche quando
ci sarebbero donne altrettanto capaci
e desiderose di trasmettere ad altri le
loro conoscenze, esperienze o punti di
vista. Convinte del fatto che la disparità
di trattamento non sia intenzionale, ma
piuttosto frutto di una certa consuetudine nella ricerca di nuovi interlocutori,
il comitato della FAFT decide di trovare
delle soluzioni per poter disporre di
una banca dati di esperte.
A livello svizzero esiste FEMDAT, una
banca dati di accademiche. La collaborazione viene esclusa poiché per la FAFT
è necessario poter far capo non solo a
delle accademiche ma anche a donne
con altre esperienze professionali; non
da ultimo la traduzione in italiano del
sito che nel 2002 era disponibile solo
in lingua tedesca e francese, avrebbe
comportato un costo non indifferente.
Il nostro intervento all’assemblea della
CORSI del 14 giugno 2003 e il susseguente incontro con la Direzione della TSI ci
ha stimolate a intensificare lo sviluppo
del progetto che in un primo tempo
avevamo denominato: ERAdonna e che
ora è attivo sul nostro sito www.faft.ch
con il nome di ORAdonna.
Si tratta di una banca dati con un centinaio di nominativi di professioniste
attive nella Svizzera italiana. Il profilo
della donna inserita nella nostra banca
dati è quello di una professionista,
anche senza titolo di studio universitario, ma con specifiche conoscenze in un
determinato settore. Tutte le iscritte alla
banca dati sono disposte a trasmettere
le loro conoscenze e la loro esperienza
professionale. Lo scopo è di aumentare
la presenza e la visibilità delle donne nei
media ticinesi e favorire la promozione
delle pari opportunità, correggendo
una evidente disparità.
La banca dati, che verrà aggiornata
regolarmente, cerca di coprire un ampio
ventaglio di professioni, da quelle sanitarie a quelle umanistiche, da quelle
economiche a quelle scientifiche.
Pur essendo rivolta in particolar modo
alla stampa scritta e elettronica, la lista
di nominativi è a disposizione di chiunque fosse interessato. Per accedervi
bisogna richiedere una parola d’ordine.
Lo si può fare scrivendo un’e-mail a
[email protected] oppure telefonando al numero 079 342 88 75.
Ricordiamo che il nostro Consultorio
giuridico Donna e Lavoro
è raggiungibile telefonando allo
091 950 00 88
La segretaria risponde alle telefonate
dalle ore 8.30 alle ore 12.00. Nelle altre
fasce orarie vi è la possibilità di lasciare
un messaggio sulla segreteria telefonica. Sarete contattate al più presto, per
un colloquio telefonico o per fissare un
appuntamento con la nostra consulente avvocata Raffaella Martinelli.
La passione per
... il buon vino ...
Associazione Dialogare - Incontri
DONNE OGGI
6900 Massagno, gennaio 2005 19
Associazione
DIALOGARE-INCONTRI
Via
Foletti 23
6900
Massagno
Tel.
091 967 61 51
Fax.
091 967 61 52
www.dialogare.ch
[email protected]
SPORTELLO DONNA
Consultorio
il n. 091 967 61 51
risponde alle richieste di donne
confrontate con problemi
di formazione, di lavoro,
di nuovo orientamento professionale
Possibilità di colloqui di consulenza
con le nostre formatrici
dal lunedì al venerdì
ore 9.00 - 11.00
con il sostegno
degli aiuti finanziari secondo la legge federale
sulla parità dei sessi
FAFT - Federazione Associazioni Femminili Ticino
BPW Club Ticino
Zonta Club Lugano
Indirizzi utili
Alissa Informazione giuridica
per le donne
Via Von Mentlen 1 - 6500 Bellinzona
tel. per consulenze 091 826 13 75
• Associazione svizzera protezione
infanzia ASPI
dr. Myriam Caranzano
Viale Portone 2 - 6500 Bellinzona
• Casa Armonia
Centro di accoglienza per donne in difficoltà,
tel. 091 743 47 33
• Centro studi coppia e famiglia
Mendrisio Palazzo Pollini
Palazzo Muraccio Via Ciseri 23 - 6600 Locarno
• Consultorio delle donne
Via Vignola 14 - 6900 Lugano
tel. 091 972 51 42 (o 091 972 68 68 urgenze)
• Consultorio Familiare Comunità Familiare
Via Trevano 13 - 6900 Lugano - tel. 091 923 30 55
• Consultorio giuridico Donna e Lavoro
Federazione Associazioni Femminili Ticino
Via Foletti 23 - 6900 Massagno
tel. 079 240 40 13
• Famiglie monoparentali e ricostituite
Residenza Camarino 5 - 6516 Cugnasco
• GeniAL Genitori Ascolto
Linea 0878 878 004
• MayDay
centro di informazione sulla salute e sul
sostegno sociale per persone immigrate,
presso Soccorso Operaio Svizzero,
Via Besso 41 - 6900 Lugano - tel. 091 967 10 30
• SOS madri in difficoltà
CP 10 - 6903 Lugano
• SPORTELLO DONNA
Associazione Dialogare Incontri,
Incontri, formazione e consulenza,
Via Foletti 23 - 6900 Massagno - tel. 091 967 61 51
• Opera Prima
Associazione che promuove l’integrazione di
donne straniere e svizzere nel contesto
socio-economico
Via Daldini 4 - 6943 Vezia - tel. 091 968 15 67
Impressum
•
Associazione Dialogare - Incontri
Direzione:
Associazione Dialogare Incontri
Via Foletti 23
6900 Massagno
telefono
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e-mail
[email protected]
internet
www.dialogare.ch
Redazione:
Franca Cleis
Antonella Corti
Daniela Peduzzi
Renata Raggi-Scala
Osvalda Varini-Ferrari
Stampa:
La Tipografica SA - Lugano
Pubblicazione: annuale
Quota di
sostegno:
fr. 25.—
sul CCP 65-732092-6
La pubblicazione è sostenuta dalla Fondation pour
l’étude des problèmes concernant le travail féminin,
che ringraziamo.
DONNE OGGI
Libri
Le nonne
di Doris Lessing
Con i tre racconti pubblicati da
Feltrinelli, Doris Lessing a 85 anni,
dimostra ancora una volta la sua
maestria nel catturare la verità della
condizione umana e nel dare corpo
a personaggi forti ed indimenticabili,
accomunati dalla sensazione di partecipare nella vita e di esserne, allo
stesso tempo, ai margini.
Nel primo racconto due amiche
s’innamorano ciascuna del figlio
adolescente dell’altra e questi amori
durano fino a quando le due donne
decidono che è tempo che i due giovani si facciano la propria vita: i ragazzi
si sposano, hanno figli ma il rapporto
privilegiato continua…
Victoria, una ragazza di colore, orfana
e povera, incontra un ragazzo ricco,
bianco e di famiglia liberale; dalla loro
unione nascerà una bambina. Victoria
entrata in contatto con la famiglia del
ragazzo per essere aiutata è accolta
con un atteggiamento tanto politicamente corretto da risultare esilarante
e terribile al tempo stesso. La giovane
madre capisce ben presto che, per
offrire alla figlia un futuro migliore, la
perderà. Ma ha forse alternative ?
Nell’ultimo racconto, un soldato,
durante la Seconda guerra mondiale, sbarca a Cape Town per qualche
giorno di riposo. Qui un breve ed
appassionato incontro con una
giovane donna. Per tutta la vita lo
accompagnerà la convinzione di aver
concepito un figlio con lei, ossessione
che lo porterà a credere di aver scelto
un’esistenza sbagliata.
La vena narrativa di Doris Lessing
ha dato vita a questi tre racconti, o
meglio romanzi brevi, a tre tipi di
nonne diverse da quelle che ognuno
potrebbe immaginarsi, nonne sopra
le righe.
6900 Massagno, gennaio 2005 20
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DonneOggi n. 14 Gennaio 2005 - Associazione Dialogare Incontri