ISSN: 2038-7296 POLIS Working Papers [Online] Istituto di Politiche Pubbliche e Scelte Collettive – POLIS Institute of Public Policy and Public Choice – POLIS POLIS Working Papers n. 211 December 2013 La garanzia dei diritti culturali: Recepimento delle norme internazionali, sussidarietà e sistema dei servizi alla cultura Case study: La valorizzazione della Cittadella di Alessandria e del sito storico di Marengo Massimo Carcione UNIVERSITA’ DEL PIEMONTE ORIENTALE “Amedeo Avogadro” ALESSANDRIA Periodico mensile on-line "POLIS Working Papers" - Iscrizione n.591 del 12/05/2006 - Tribunale di Alessandria Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali Tesi di dottorato nel Corso di Dottorato di Ricerca in Autonomie locali, Servizi pubblici e Diritti di cittadinanza (XXIV Ciclo) Coordinatore: prof. Renato Balduzzi Titolo: LA GARANZIA DEI DIRITTI CULTURALI: RECEPIMENTO DELLE NORME INTERNAZIONALI, SUSSIDIARIETÀ E SISTEMA DEI SERVIZI ALLA CULTURA. Case Study: LA VALORIZZAZIONE DELLA CITTADELLA DI ALESSANDRIA E DEL SITO STORICO DI MARENGO. Tutor prof. Luca Geninatti Saté Dottorando dott. Massimo Carcione Massimo Carcione Indice INTRODUZIONE........................................................................................................p. 4 a. Indicazioni metodologiche 1. Ricerca applicata a un caso emblematico 2. Normativa applicata al caso concreto 3. Approccio interdisciplinare b. I siti ex-militari 1. Un tema di rilevanza internazionale 2. Casi di raffronto c. I prodromi: vicende militari tra Borgoglio e Marengo 1. Precedenti storici del processo di valorizzazione 2. Dall’altra parte della città: l’esperienza di valorizzazione del sito di Marengo 2. IL SITO MONUMENTALE E IL PROBLEMA DEL SUO RECUPERO..........................................................................................p. 24 a. Rilevanza 1. Bene vincolato. monumento nazionale 2. Il riferimento alla storia politica e militare nazionale 3. Patrimonio culturale europeo, patrimonio dell’Umanità b. Status giuridico 1. Demanialità 2. Statuto urbanistico 3. Individuazione dell’ente capofila del progetto 4. Proprietà, disponibilità e custodia c. Vicende conseguenti alla smilitarizzazione 1. Il tentativo di individuare alcuni indirizzi programmatici 2. Il Comitato per la valorizzazione d. La candidatura alla Lista del Patrimonio mondiale 1. I promotori dell’iniziativa 2. A che serve l’inserimento nella tentative list italiana? 3. L’utilità del dossier: uno schema di lavoro 3. COMPETENZE, LIVELLI E STRUMENTI DELLE SCELTE ....................................................................................................p. 59 a. Procedimenti amministrativi e buon andamento 1. Programmazione e relazioni interistituzionali 2. Studio e ricerca 3. Interventi strutturali 4. Istituzioni museali e culturali 5. Attività promozionali e turistiche b. Le intese tra enti 2 Study case c. d. e. f. La fase di studio La progettazione incompiuta La funzione catalizzatrice dell’istituzione museale Ruolo delle amministrazioni regionali e statali 1. Regione Piemonte e Finpiemonte 2. Ministero della Difesa e Esercito Italiano 3. Ministero degli Interni e Prefettura 4. Magistrato per il Po-AIPO 5. Ministero dell’Economia e Agenzia del Demanio 6. Ministero per i Beni culturali, Arcus e uffici periferici g. Il contributo della giurisprudenza amministrativa 1. Le sentenze sul concorso di idee 2. La sentenza sulla demolizione del “Ponte Cittadella” 4. CRITICITÀ RILEVATE.......................................................................................p. 107 a. Indirizzi politici tardivi e non basati sulla ricerca 1. Gli atti di indirizzo e i loro fondamenti cognitivi 2. Le attività conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale b. “Fallimento” della tutela e valorizzazione non finalizzata alla fruizione c. Mancata individuazione di priorità e obiettivi d. Accordo di programma non obbligatorio e. Scarsa autonomia del soggetto gestore e dei suoi amministratori f. Scarsa partecipazione della cittadinanza e difficile rappresentanza dei diritti culturali in sede giurisdizionale g. Anomalie procedurali e scarso sostegno istituzionale alla candidatura UNESCO POSTFAZIONE…………………………………………………………….... p.133 BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................p. 135 TAVOLE.............................................................................................................................p. 137 3 Massimo Carcione 1. INTRODUZIONE a. Indicazioni metodologiche 1. Ricerca applicata a un caso emblematico Si è scelto di affrontare il caso della Cittadella di Alessandria e dei luoghi storici ad essa connessi, in primo luogo in quanto si tratta di una fattispecie che presenta allo studioso (e che ha posto agli amministratori) praticamente tutte le problematiche, sia in termini normativi e amministrativi, che organizzativi e finanziari, che caratterizzano situazioni ben più note e analizzate a livello scientifico e pubblicistico. Il riferimento più immediato e significativo è ovviamente costituito dalla non lontana Reggia di Venaria Reale, che con le altre Residenze Sabaude torinesi è stata oggetto di un ampio programma e di molteplici progetti finalizzati alla realizzazione di interventi di recupero e restauro, oltre che del successivo avvio di interventi di valorizzazione e gestione, del tutto analoghi e assimilabili (per natura ed entità) a quelli di cui ci occuperemo. Dovrebbe essere noto, e comunque si pone sin d’ora in evidenza il fatto che, pur essendosi verificate nello stesso periodo, nella stessa regione (e quindi esattamente con lo stesso quadro normativo e amministrativo nazionale e locale) ed anche con gli stessi attori pubblici e privati1, le due vicende hanno avuto – almeno sino ad oggi – esiti formali e sostanziali alquanto differenti. In secondo luogo, è interessante considerare il fatto che la Cittadella e Marengo si collocano in un contesto piuttosto originale dal punto vista geografico e socio-economico2; si tratta inoltre di una situazione nella quale sono già state sperimentate, nel corso di circa un ventennio, gran parte delle ormai diffuse e collaudate procedure di valorizzazione “leggera” (eventi, mostre, spettacoli, visite guidate, con le relative iniziative promozionali e di comunicazione) senza tuttavia raggiungere risultati apprezzabili in termini di soluzione duratura – se non definitiva – dei problemi di recupero dei siti storici e di loro “sfruttamento” come volani di sviluppo economico. Può quindi essere utile tentare di verificare se non l’efficacia e l’efficienza (il che richiederebbe un’analisi di tipo gestionale e sociologico), quanto meno la correttezza e legittimità formale, oltre che di merito, delle molte iniziative già realizzate o avviate in questa prima fase. Nel contempo, occorre porre sin d’ora in rilievo che nel contesto alessandrino non Come vedremo infra, anche la struttura tecnica incaricata di realizzare lo studio di fattibilità e di svolgere le funzioni di backoffice è la stessa (Finpiemonte). 1 2 La città di Alessandria costituisce un esempio significativo, non essendo certo una realtà metropolitana, al di là della retorica del “triangolo industriale” (Torino-Milano-Genova); tuttavia, collocandosi al centro e in posizione equidistante da tre delle aree oggetto della possibile istituzione di Città metropolitane, può attrarre rilevanti flussi di utenza non locale, pur senza poter contare su i relativi vantaggi in termini di notorietà, di infrastrutture e con un bacino di utenza locale che resta alquanto limitato. Si i tratta infatti di un’area (includendo anche le zone di Valenza, Novi Ligure, Ovada e l’Oltrepò pavese) a scarsa vocazione turistico-culturale, almeno nel senso più consueto del termine; anche realtà più note e strutturate in tal senso, come Acqui Terme, Casale Monferrato o la non lontana Asti, non sono state ad oggi oggetto di rilevanti dinamiche di valorizzazione quali quelle che hanno invece interessato in misura significative le Langhe, il distretto dei Laghi e le “valli olimpiche”. Cfr. il rapporto annuale dell’Osservatorio culturale del Piemonte in: www.ires.piemonte.it/ocp. 4 Study case si sono ad oggi adottati le metodologie procedimentali e gli strumenti giuridici – che pure erano ben conosciuti, essendo stati collaudati proprio a partire dall’esperienza torinese – concepiti a partire dagli anni ‘90 al fine di realizzare in modo stabile e organizzato la leale collaborazione tra tutti i livelli istituzionali locali, regionali, nazionali ed anche internazionali. I relativi parametri di riferimento sono costituiti, come noto, in primo luogo dalle norme sul procedimento amministrativo di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241, quindi dalla seconda parte del Codice dei Beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i., d’ora in avanti “Codice”)3, ma soprattutto dai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento (art. 97), sussidiarietà ed anche di adeguatezza e differenziazione (art. 118), sul condivisibile presupposto di “un buon andamento non legato soltanto al merito degli atti, ma alla congruità della attività amministrativa rispetto agli obiettivi perseguiti, ossia – in sostanza – alla congruità della spesa pubblica” 4. Il caso viene infine considerato anche come un’interessante opportunità per “testare” sul medio periodo (trattandosi di una situazione che si è già protratta per oltre quindici anni) l’effettivo grado di attuazione delle norme in materia di trasparenza e partecipazione ai procedimenti amministrativi in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, e più in generale per analizzare nel concreto i rapporti tra P.A. e cittadinanza, nel complesso e fondamentale ambito dell’accesso alla cultura e alla conoscenza. 2. Normativa applicata al caso concreto Il caso della Cittadella di Alessandria si pone in modo del tutto coerente nel quadro delle nuove politiche di promozione dello sviluppo del territorio, che ormai da anni in Piemonte e in Italia (ma anche, più in generale, in vaste aree del continente europeo) includono e anzi privilegiano le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, inserendole quindi nel più vasto quadro normativo e amministrativo che va dalla programmazione e pianificazione strategica, alle politiche del lavoro, della formazione, dei trasporti o turistiche. Per generale opinione, infatti, la cultura e il “vero” turismo (cioè quello appunto con finalità culturali) saranno sempre di più, negli anni a venire, fattori strategici per uno sviluppo compatibile, sostenibile e duraturo dell’Italia5: su questo tema la letteratura è già vastissima, nell’ottica delle molte discipline – diritto, economia e marketing, scienze sociali, scienze della conservazione e della comunicazione (più o meno correlate e coerenti tra loro) – che già da tempo interagiscono e si confrontano con le materie storico-artistiche in “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 Legge 6 luglio 2002, n. 137”, comunemente definito anche “Codice Urbani”; le modifiche sono intervenute con d. lgs. 24 marzo 2006, n. 156 e d. lgs. 24 marzo 2006, n. 157, nonché con d. lgs. 26 marzo 2008, n. 62 e n. 63. 4 G.C. DE MARTIN, Disciplina dei controlli e principi di buon andamento, in Convegno di Studi Amministrativi, I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale (Varenna, 21-23 settembre 2006), www.astrid-on-line.it, p. 2. Si veda anche U. ALLEGRETTI, Imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, in Dig. Disc. Pubbl., VIII, Torino, 1993 p. 134., sulla c.d. “amministrazione di risultato” cfr. M. CAMMELLI, Amministrazione di risultato, in M. IMMORDINO, A. POLICE (a cura di), Principio di legalità e amministrazione di risultato, Torino, Giappichelli, 2004; F. LOGIUDICE, "Buon andamento" e "risultato": parametri dell’azione amministrativa, in www.altalex.com. 5 Per A. CROSETTI, D. VAIANO, Beni culturali e paesaggistici, Torino, Giappichelli, 2009, p. 123, nel definire la cultura come “settore strategico per lo sviluppo economico del Paese”, non è mai stato chiarito con precisione cosa ciò volesse significare in concreto. 3 5 Massimo Carcione questo nuovo e stimolante ambito. Come si potrà constatare, l’iter di una vicenda così lunga e complessa ha consentito di attivare e mettere alla prova. nella loro concreta attuazione di medio-lungo periodo, praticamente tutti gli strumenti istituzionali, amministrativi e gestionali che da qualche anno regolano le grandi scelte di politica culturale di un territorio. Occorre premettere che, in questa ricerca, la cultura non viene intesa, come è tradizione secolare in Italia, soltanto nel classico senso storico-estetico – che privilegia discipline come l’archeologia, l’architettura, la storia dell’arte o la letteratura, come avviene di prassi in quasi tutte le istituzioni culturali, come pure negli Assessorati alla Cultura, nelle Soprintendenze e nello stesso Ministero – ma viene considerata in modo assai più ampio, facendo dunque riferimento al concetto di conoscenza. Così temi come la cultura civica e giuridica, la cultura economica e tecnica, la cultura ambientale e scientifica, la cultura socio-sanitaria e della solidarietà, per arrivare infine (nello spirito della carta fondativa dell’UNESCO) alla cultura del dialogo e della pace, possono e debbono essere posti al centro dell’attenzione di tutti i servizi culturali, non solo di quelli finalizzati alla diretta fruizione del patrimonio culturale nelle sue diverse forme e articolazioni, ma anche di quelli più generalmente finalizzati alla promozione della conoscenza, e con essa del progresso civile, economico, sociale e più in generale della libera circolazione delle idee e delle opinioni. Dunque nell’affrontare questo tema non ci si limiterà, come spesso ancora avviene nei manuali, trattati e saggi in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali, a considerare solo la legge e l’organizzazione statale – oggi regolate principalmente dal Codice – ma si prenderanno in considerazione anche tutti gli altri livelli istituzionali, con le relative fonti normative (dalle convenzioni internazionali, alle norme comunitarie, dalla legislazione regionale sino alle norme statutarie e regolamentari degli enti locali e funzionali), nell’intento di meglio definire tutti i diversi argomenti che devono essere analizzati al fine di comporre un quadro esaustivo degli istituti e delle fattispecie che costituiscono l’oggetto del “Diritto della Cultura”; sarà comunque dedicata prioritaria attenzione agli aspetti più propriamente amministrativi e procedurali, nel senso più ampio del termine, includendo quindi l’indirizzo politico e il controllo, anche di merito e giurisdizionale6. L’esperienza dimostra che i diversi istituti e strumenti giuridici di diritto pubblico e privato, finalizzati alla gestione del patrimonio culturale e dei relativi servizi di conservazione, valorizzazione e fruizione, nell’attività politica e amministrativa concreta, vengono scelti e adottati più sulla base di “mode” o di tendenze soggettive degli amministratori pubblici e dei loro interlocutori privati che di una seria valutazione comparativa di vantaggi e svantaggi istituzionali, giuridici, economici o fiscali7; in tal modo ne viene messa però in discussione – e sovente a rischio – non soltanto la funzionalità e 6 Secondo A. PIZZORUSSO, Diritto della cultura e principi costituzionali, in Quaderni costituzionali, XX (2), agosto 2000, p. 331, oltre alle più generali questioni sullo stato di cultura, la politica della cultura/culturale, le problematiche relative al sistema delle telecomunicazioni e alla tutela delle lingue minoritarie, l’analisi dovrebbe rivolgersi allo studio dei soggetti pubblici e privati destinatari delle norme, alla competenza relativa e ai controlli cui sono sottoposti, oltre che al regime giuridico dei beni culturali ed infine “all’individuazione delle procedure mediante le quali gli obiettivi propri del diritto della cultura possono essere perseguiti”. 7 In questo senso è davvero utile ed esemplare, il documento realizzato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, con riferimento alla realizzazione dei piani di gestione dei siti candidati o dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO: cfr. Progetto di definizione di un modello per la realizzazione dei Piani di Gestione dei siti UNESCO, cit., pp. 164-169. 6 Study case sostenibilità, ma soprattutto l’autonomia culturale e scientifica. Analoga considerazione può essere fatta con riferimento al “secondo livello” della valorizzazione e gestione del patrimonio, che da tempo viene teorizzato come realizzabile in modo ottimale solo attivando e sviluppando reti o sistemi, i quali però si sono sino ad oggi rivelati – alla prova dei fatti – più che altro dei meri circuiti promozionali o di relazioni istituzionali e tecnico-scientifiche, poco strutturati e ancor meno regolati sul piano giuridico e amministrativo, pur avendo sovente comportato costi rilevanti a fronte di non adeguati benefici, in termini di qualità dei servizi e di economia di scala. Fermo restando l’approccio metodologico giuspositivistico, sarà pertanto prestata particolare attenzione alla realtà applicativa, così come la si può riscontrare operativamente nell’ambito di procedure e provvedimenti della Pubblica Amministrazione, specialmente al livello degli enti locali, cercando tuttavia di non scadere in alcuni eccessi tipici del realismo giuridico di matrice sociologica8. 3. Approccio interdisciplinare Il “Diritto della Cultura”9 non è ancora considerato in ambito giuspubblicistico quale disciplina autonoma e organica, come sarebbe forse auspicabile al fine di conferire alla materia un’attenzione scientifica e didattica consona all’importanza e all’entità delle attività amministrative e delle risorse finanziarie (imponenti soprattutto nelle Regioni a forte vocazione turistico-culturale), che vengono messe in campo dai diversi attori istituzionali comunitari, nazionali e locali, tanto pubblici che privati. Per questo, per tentare di definire secondo le tradizionali ed attuali concezioni epistemiologiche un quadro completo delle diverse discipline che devono essere considerate in questa ricerca, occorre preliminarmente considerare che questo lavoro è basato su un approccio pluri ed interdisciplinare, dal momento che fa riferimento in prima approssimazione alle seguenti discipline speciali: - la Legislazione dei Beni culturali, materia che tradizionalmente ha come fulcro di attenzione la normativa vigente a livello nazionale; - il Diritto regionale, che in ambito culturale comporta ormai da tempo un esame approfondito e sistematico delle rilevanti differenze legislative e organizzative tra Regione e Regione; - il Diritto degli enti locali, che attiene all’organizzazione e alle modalità di esercizio delle funzioni e dei diversi servizi culturali da parte degli enti territoriali. Saranno inoltre utilizzati, seppure in modo meno ampio e diretto, anche fonti, testi e materiali attinenti a diverse discipline di carattere generale: - la Storia del Diritto, con particolare riferimento alla storia politica e amministrativa in ambito locale10; 8 Le correnti «realiste» sono quelle che attribuiscono maggiore rilevanza ai fatti, ai concreti rapporti sociali e, quindi, alle norme effettive, per cui includono nelle fonti del diritto anche le consuetudini sociali, gli interessi diffusi ecc. cfr. G. TARELLO, s.v. Realismo giuridico, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, UTET, 1959, p. 933. 9 Per A. PIZZORUSSO, op.cit., p. 317, si deve intendere come tale “quella parte del diritto amministrativo che disciplina le attività svolte dai pubblici poteri, sia per favorire l’educazione artistica e scientifica dei cittadini, sia per disciplinare le attività dei privati che rientrano in questo settore dell’attività dell’uomo e che sono generalmente considerate esercizio di corrispondenti libertà”. 10 Condividendo quanto rilevano a tal proposito P. CARETTI, U. DE SIERVO, op.cit., p. 21, che soprattutto nello studio del diritto pubblico occorre “una continua attenzione alla dimensione storica dei 7 Massimo Carcione - il Diritto internazionale, nelle sue molteplici e strette relazioni con l’ordinamento nazionale e comunitario; - il Diritto Costituzionale, con riferimento alla garanzia dei principi fondamentali e dei singoli diritti dei cittadini in ambito culturale; - il Diritto Amministrativo generale, specialmente per quanto concerne la normativa in materia di trasparenza, accesso e partecipazione al procedimento amministrativo; - il Diritto Privato, per alcune limitate fattispecie, relative alla natura dei soggetti gestori dei servizi culturali. Infine verranno prese in considerazione, per completezza della trattazione specialmente del caso di studio (ed anche per una personale convinzione tratta dall’esperienza professionale e scientifica), alcune specifiche questioni che rientrano nell’ambito di interesse di una disciplina generale che sta tra il giuridico, l’economico e il sociologico, rispondendo all’ampia definizione di Scienza dell’amministrazione, declinata in questo caso con particolare riferimento al settore turistico-culturale11. b. Il recupero dei siti ex-militari 1. Un tema di rilevanza internazionale Numerose fortificazioni e altri siti ex-militari sono inseriti all’interno della World Heritage List istituita presso l’UNESCO – sulla quale si tornerà ampiamente infra – anche se nelle denominazioni degli oltre ottocento siti iscritti non compare mai il termine « militare »; sono decine le città e le località murate o fortificate, senza considerare le vestigia più antiche12. Ma molti siti oggi proclamati “Patrimonio dell’Umanità” sono stati ancora utilizzati fino a pochi anni fa dagli eserciti, oppure lo sono tutt’ora: basti pensare ai clamorosi casi italiani della Venaria Reale, del Castello di Moncalieri e dalla Reggia di Caserta. Ciò non toglie che essi siano stati per quanto possibile rispettati e protetti, e in non pochi casi anche restaurati e valorizzati, dalla stessa amministrazione militare, che “pur accettando di buon grado un ruolo di tutore, per conto della Nazione, del proprio vastissimo patrimonio di singoli istituti esaminati, la quale risulta fondamentale per coglierne a pieno il reale significato”. 11 Cfr. A. LIPPI, M. MORISI, Scienza dell’Amministrazione, Bologna, Il Mulino, 2005; la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro” ha inserito da alcuni anni nel programma dei curricula in Scienze politiche, economiche, sociali e dell’amministrazione, ad indirizzo culturale e turistico, alcuni Corsi con denominazioni che si rifanno all’Organizzazione e alle Politiche della cultura, dell’ambiente e del turismo, includendovi volta per volta anche lo studio della legislazione internazionale, nazionale e regionale dei beni culturali o del turismo; tali insegnamenti, nel corso degli anni accademici tra il 2001 e il 2009, sono stati affidati (a contratto) all’estensore della presente ricerca: cfr. www.sp.unipmn.it. 12 Basti pensare per esempio alla rete delle fortezze dell’architetto Vauban (Francia), alla fortezza di Graz (Austria), ai castelli e alle mura di Bellinzona (Svizzera), fino alle fortificazioni di Lussembrurgo o alla cittadella e alla fortezza di Derbent (Russia); uscendo dall’ambito continentale, si va dalle fortezze di Cartagena (Colombia) al sistema di fortificazioni dell’Avana, dai forti di Volta (Ghana) al forte di Agra (India), dalla fortezza di Hwaseong (Corea) fino alla celeberrima muraglia cinese (cfr. http://whc.unesco.org). A conferma dell’attezione che la comunità scientifica dedica alla questione, nel maggio 2011 l’annuale meeting del Comitato scientifico internazionale per le questioni legali e amministrative (ICLAFI) dell’ICOMOS, svoltosi a Karlskrona (Svezia), è stato consacrato al tema della tutela dei siti ex-militari. 8 Study case opere d’arte, spesso fatica a compire questo dovere” per ovvie ragioni di carenze di risorse tecniche ed economiche13. A questo problema si era tentato di fare fronte adottando, a partire dal 1996, un sistema di cessione onerosa agli Enti locali, oppure di permuta di edifici e aree militari con equivalenti siti edificabili di proprietà delle amministrazioni comunali14, in modo da destinare a più consoni usi civili edifici monumentali quasi sempre integrati nei centri storici15 “in cambio di aree e strutture che consentano maggiore possibilità di assolvimento dei compiti istituzionali”, nell’intento di garantire la “corretta utilizzazione del bene comune, nel più rigoroso e convinto rispetto dei valori artistici e ambientali”16. È stato giustamente posto in evidenza17 che, già in passato, l’azione di salvaguardia dei beni culturali è stata esercitata da parte delle istituzioni militari anche in forma diretta, mediante la costituzione, conservazione e gestione di biblioteche, archivi ed ancor più delle collezioni di cimeli e dei veri e propri musei “che in varie parti del Paese mantengono viva e visibile la storia, la tradizione e la cultura militare”18. Ciò richiede però un’opinione pubblica “informata e cosciente sulle grandi scelte di politica militare, sui valori e sulle tradizioni delle forze nazionali”, che sia quindi posta nelle condizioni di “mantenere vivo il filo della memoria anche presso le generazioni più giovani”, il che può essere conseguito proprio attraverso la creazione di sistemi museali che dovrebbero possibilmente avere al proprio centro un Museo Nazionale dell’Esercito19. Tale struttura storico-culturale però non avrebbe potuto certamente essere posta direttamente a carico delle strutture e del budget della Difesa, già da tempo alle prese con seri problemi di drastico ridimensionamento e di conseguente necessità di “valorizzazione” del proprio cospicuo demanio e patrimonio immobiliare, con le innovative e alquanto singolari forme e modalità previste dapprima dalla Finanziaria 1997 e poi da altre analoghe disposizioni intese alla dismissione e vendita diretta da parte della Difesa stessa di forti, caserme, depositi, poligoni e altri immobili e terreni ormai inutilizzati. 13 Come rivendicava con orgoglio il Generale Giuliano Ferrari, all’epoca Comandante della Scuola di Guerra dell’Esercito, ponendo in evidenza gli innegabili meriti dell’amministrazione militare nelle attività di manutenzione costante, nella sorveglianza (anche armata) contro furti o atti vandalici e, non ultimo, nella rigorosa gestione patrimoniale degli inventari (incluse le eventuali opere d’arte) e dei relativi “passaggi di consegne” dal precedente responsabile a quello subentrante: G. FERRARI, Impegno delle F.A. e dell’Esercito in particolare per la conservazione dei beni culturali di cui hanno l’uso, in M. CARCIONE, A. MARCHEGGIANO (a cura di), La protezione dei beni culturali nei conflitti armati e nelle calamità naturali, Milano, SIPBC-Fondazione Dragan, 1997, pp. 219-224. 14 Ibidem, p. 220. 15 Si pensi alle sedi degli Alti comandi e dei Circoli Ufficiali di Roma o di Padova, o all’Accademia Militare ospitata nel Palazzo Ducale di Modena. 16 C. DI MARTINO, Prefazione a C. PRESTA, Castra et Ars. Palazzi e quartieri di valore architettonico dell’Esercito Italiano, Bari, Laterza, 1987, p. 9. 17 G. FERRARI, op.cit., p. 222. 18 Un’attenzione che, dopo essere stata determinata in passato solo da tali motivazioni, in tempi più recenti ha però assunto per le Forze Armate una valenza strategica (e per certi versi meno disinteressata), dal momento che dopo la riforma della leva militare e l’introduzione dell’esercito professionale, diventa fondamentale l’affermazione di una vera e propria “cultura della difesa”: ibidem. 19 La citazione è tratta dall’intervento dell’allora Sottosegretario alla Difesa On. Gianni Rivera (alessandrino noto a livello mondiale per differenti ragioni storiche, non connesse alla politica militare nazionale) al Convegno che si tenne in Cittadella 13 febbraio 1999: cfr. G. F REIBURGER (a cura di), Atti della Conferenza Generalista della Provincia di Alessandria, Stati Generali del Piemonte - Conferenza dell'Area Identità, Consiglio Regionale del Piemonte, Chieri 2001, pp. 150-152; si veda anche quanto prefigurato in merito dal Ministro per i Beni e le attività culturali dell’epoca: G. URBANI, Il tesoro degli italiani, Milano, Mondadori, 2002, pp. 139 ss. (Tavola 3 - Piano dei Musei). 9 Massimo Carcione A riprova della correttezza metodologica e dell’opportunità di tenere presenti non solo le norme giuridiche, ma anche le procedure amministrative e le migliori esperienze gestionali di protezione e valorizzazione del patrimonio culturale, poste in essere e sperimentate a livello internazionale con specifico riferimento al tema dei siti ex-militari, sta infine la constatazione che a giudizio della più autorevole e prestigiosa Organizzazione internazionale del settore, l’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), il tentativo del governo italiano di sdemanializzare e vendere tali immobili storici ha suscitato una forte reazione pubblica20. 2. I casi di raffronto La scelta di confrontare la situazione di Alessandria con quella di altre realtà italiane ed europee che da più tempo hanno affrontato, ed in qualche caso già brillantemente risolto, gli stessi o analoghi problemi, non è solo dettata dalle consuete e consolidate motivazioni che in ambito giuridico stanno alla base delle discipline comparatistiche, come pure della metodologia di ricerca e utilizzo delle best pratices, in una logica di benchmarking, che invece caratterizza l’ambito delle discipline manageriali. Anche per questo specifico aspetto, infatti, si è inteso mantenere fede all’approccio che caratterizza tutto il lavoro, orientato alla concretezza e alla immediata spendibilità dei risultati della ricerca: dunque non solo si è guardato ad alcune delle migliori realtà nazionali ed estere, tanto in termini di progetto e realizzazione quanto di risultati effettivamente conseguiti dopo qualche anno dall’avvio della gestione a regime (quando cioè si sono, come si usa dire, “spenti i riflettori” e con essi la disponibilità di strumenti normativi e finanziari straordinari), ma anche e soprattutto nell’ottica della possibile realizzazione della rete (rectius sistema) nazionale e internazionale delle fortificazioni militari. In questo spirito, dunque, era pressoché inevitabile guardare alla vicina Francia, ed in special modo all’esperienza del già citato Réseau Vauban, straordinario circuito di fortezze, città murate e singoli edifici militari sparsi per tutto il territorio transalpino, che da qualche anno è stato iscritto nella Lista del Patrimonio mondiale; tra i dodici siti della rete, per ben determinate ed evidenti ragioni, sono stati individuati in particolare: 1) BESANÇON, la cui magnifica Cittadella presenta molti e interessanti punti in comune con quella oggetto di questo studio21, pur trattandosi di una realtà montana, come ad es. la posizione nei confronti della città, del fiume e di altri forti minori, oppure le vicende connesse alla Resistenza nel corso della Seconda guerra mondiale; dismessa dall’Esercito da qualche decennio e quasi subito valorizzata a scopi turistici, è stata Nell’introduzione al “Rapporto mondiale sul patrimonio in pericolo” si afferma infatti che “les installations militaires commencent également a être désaffectées à cause des évolutions technologiques. Ceci est le cas en Pologne, dont le rapport décrit les problèmes du maintien des lieux devenus inutiles, incluant le manque d’entretien, le manque d’argent et la difficulté à trouver des usages futurs. Les rapports précédents ont montré comment des manoirs dans les pays d’Europe de l’Est font face aux mêmes problèmes. Aussitôt cédés par le gouvernement, ils subissent des développements inadaptés ou sont laissés à l’abandon. Un rapport de la Russie montre comment ces risques peuvent aussi menacer l’intégrité d’anciens palais, auparavant protégés et gérés par l’État. L’Italie fait également état de ventes de lieux historiques par le gouvernement et la réaction publique que cela suscite » : M. PETZET, Introduction, in Icomos World Report 2004/2005 on monuments and sites in danger, München, K.G.Saur, 2005, p. 13. Non è casuale che quell’edizione del rapporto includesse una scheda dedicata alla Citadel of Alessandria (pp. 129-134), all’epoca non ancora inserita nella tentative list italiana presso il WHC dell’UNESCO. 21 Come per Alessandria, si tratta di una zona vicina ai confini nazionali, ma priva di una forte connotazione turistica, il che non le impedisce di attirare ogni anno significativi flussi di visitatori, tra cui non pochi frequentatori stranieri della sua antica Università. 20 10 Study case principale artefice ed oggi è capofila del Réseau, fors’anche perché ha adottato da molti anni interessanti soluzioni gestionali, di conservazione e fruizione (oltre che sul piano delle destinazioni d’uso) del sito monumentale; 2) ARRAS, che invece (come Alessandria) è sita in pianura ed è stata ancora fino a pochissimi anni fa una sede strategica dell’Armée francese; dopo la dismissione definitiva della sua Cittadella, il Comune sta studiando con lo Stato modelli innovativi e “dinamici” per una riconversione civile, che include la creazione di strutture universitarie gemmate dal vicino Ateneo policentrico; 3) GRENOBLE, per ovvie ragioni di vicinanza e per i frequenti rapporti con il Piemonte (non esclusa la comunanza di iniziative in ambito transfrontaliero Interreg), che ne fanno il naturale trait d’union non solo con le omologhe “Sentinelle delle Alpi” torinesi, cuneesi e valdostane. Ancora nell’ottica delle possibili connessioni e analogie, ed anche dell’interesse per gli strumenti legislativi ed amministrativi già adottati da qualche anno, e quindi sperimentati in concreto, sul lato italiano si è scelto di considerare il Forte di EXILLES (oggetto di interventi diretti della Regione Piemonte), quello di BARD (recuperato e gestito dalla Regione Valle d’Aosta con strumenti e modalità innovative), ed ancora le fortificazioni “padane” di PIZZIGHETTONE (CR), MANTOVA, PESCHIERA (VR) e VERONA. A livello regionale e locale, infine, non mancheranno alcuni riferimenti ad altre realtà minori piemontesi, particolarmente utili per esemplificare e verificare alcuni aspetti applicativi delle norme regionali: i forti di GAVI (gestione statale), VERRUA SAVOIA (bene privato gestito da fondazione), VINADIO e CASALE MONFERRATO (strutture demaniali in concessione ai Comuni). Infine, volendo prendere in esame almeno un caso estero non francese, la scelta è caduta quasi necessariamente – in un’ottica di ricerca della contiguità geografica e di analogie storiche e odierne – sulla Cittadella di NAMUR in Belgio, la cui valorizzazione turistica iniziò addirittura alla fine dell’800 per impulso diretto dello stesso Re Leopoldo II, che si caratterizza per la gestione pubblicistica. Anche quando non vengono citati in modo esplicito, tutti i siti sopra elencati sono stati oggetto di analisi, valutazione e raffronto diretto con il nostro caso di studio, quasi sempre in occasione di visite (con le uniche significative eccezioni di Exilles e Arras22) o seminari di studio condotti prima e durante il corso di dottorato; sono stati acquisiti e confrontati, in particolare, le intese e le convenzioni tra soggetti istituzionali, su cui si basano i progetti di valorizzazioni, oppure gli statuti degli enti gestori pubblici o privati. c. I prodromi: vicende militari tra Borgoglio e Marengo 1. Precedenti storici del processo di valorizzazione Le molte strutture e aree militari alessandrine, o meglio quelle che sono sopravvissute alla demolizione della cinta bastionata dei primi del ‘900, costituiscono nel loro complesso un autentico catalogo dell'architettura militare di molte epoche 23; tra esse la 22 I dati tecnici e la documentazione amministrativa relativa al sito di Arras sono stati acquisiti presso la locale Mairie, grazie alla cortese collaborazione di Thomas Floch, responsabile tecnico del progetto di valorizzazione (gestito tramite il comité de pilotage CRSD), che ho incontrato a Besançon in occasione dell’annuale meeting dei siti UNESCO francesi (7-8 maggio 2010). 23 E. LAPENTA, C. PESCE, Alessandria città militare nel XVII secolo, Alessandria, L’Orso, 1998. 11 Massimo Carcione Cittadella è indubbiamente l’elemento di maggiore rilevanza, tanto qualitativa che quantitativa24, cui fanno corona le tre piccole fortezze ottocentesche a sud-est della città, che delimitano a loro volta il vastissimo campo di battaglia di Marengo, che va dal Fiume Bormida fino a Torre Garofoli, alle porte di Tortona, a dimostrazione dell’importanza di queste terre (di confine fino al 1859) per la storia politica e militare italiana ed europea25. Iniziata dai Savoia nel 1728, su progetto del Primo Ingegnere di S.M. Ignazio Bertola, che si era espressamente ispirato al modello di Vauban26, la cittadella inglobò e soppiantò l’intero quartiere Borgoglio, che costituiva sin dal XII secolo l’ampia porzione di città sviluppatasi sulla riva sinistra del Tanaro. Era stata edificata, malgrado le enormi difficoltà tecniche e gli ingenti costi, in forma di immenso esagono ellittico, facendo sfollare via via che i lavori procedevano circa quattromila abitanti27; già nel 1745, appena terminata, subì la prima “prova del fuoco” subito dopo la battaglia di Bassignana del 27 settembre, in occasione della Guerra di successione austriaca. Solo nel corso dell’età napoleonica la fortezza è messa seriamente alla prova, con l’assedio degli austro-russi del luglio 1799, che dopo diciannove giorni di intenso bombardamento, distruggono o mettono fuori uso quasi tutte le batterie e conquistano la fortezza28. La celeberrima Battaglia di Marengo del 14 giugno 1800, certamente l’apice dell’importanza storica e quindi della notorietà nazionale e internazionale di Alessandria, fu combattuta appunto per rimediare a quella débacle, riconquistando alla Francia la piazzaforte di Alessandria e con essa l’Italia del nord. Nel maggio 1805, mentre si recava a Milano per proclamarsi nuovo Re d’Italia, Napoleone era tornato ad Alessandria con Joséphine per celebrare insieme ai suoi veterani il suo primo grande trionfo, abilmente sfruttato sul piano propagandistico, anche al di là della reale rilevanza militare, con una grandiosa rievocazione autocelebrativa al termine della quale volle porre la prima pietra di una “città delle vittorie” che avrebbe dovuto 24 G. SPADOLINI, Introduzione ad A. MAROTTA (a cura di), La cittadella di Alessandria, Cassa di Risparmio di Alessandria, Soged, 1991, pp. 11-12, ha affermato che Alessandria sin dall’inizio del XVIII secolo aveva acquisito una “importanza strategica fondamentale per lo Stato subalpino”, per “il suo carattere di baluardo contro cui dovevano infrangersi tutti gli eserciti che muovevano guerra al Piemonte. Era quella l’origine della Cittadella (...), la testimonianza orgogliosa di un’epoca che avrebbe trasformato profondamente la vita e la fisionomia della città”. 25 Secondo l’autorevole parere di Napoleone, “Les places de la Brunette, de Suze , de Fenestrelles, de Bard, de Tortone, de Chérasco, d'Alexandrie, de Turin, étaient en bon état, bien armées et parfaitement approvisionnées; ces forteresses, situées aux défilés de toutes les montagnes, faisaient considérer sa frontière comme inexpugnable” (N. BONAPARTE, Mémoires pour Servir à l'Histoire de France sous Napoléon, tomo III, 1823, pp. 166-167). De dava conferma F. ENGELS, in un articolo apparso sul New York Daily Tribune del 17 marzo 1859: “Alla confluenza del Tanaro e della Bormida, otto miglia a monte della confluenza di quest’ultima con il Po, si trova Alessandria, la migliore fortezza del Piemonte, che ora sta diventando il punto centrale di un vasto campo trincerato, e copre l’ala meridionale, o destra, della posizione”. 26 M.V. DAVICO, Una piazzaforte sui confini ad oriente per i Re di Sardegna, in MAROTTA, op.cit., p. 27, rileva che, al di là del fatto che all’epoca il celebre trattato di Vauban era ancora il “riferimento costante... raccolto e chiosato dagli ingegneri militari sabaudi”, Bertola aveva articolato la piazzaforte secondo un sistema multiplo di opere che faceva “preciso riferimento al primo dei ‘sistemi’ del ‘Vauban olandese’, nato dalla rielaborazione dell’Esagono Reale di Francia. 27 Scrive Montesquieu nel suo diario di viaggio (8 settembre 1728) : ”Questo sobborgo è chiuso in una fortificazione ; un anno fa circa il re di Sardegna vi ha fatto demolire quasi tutte le case, per costruirvi una cittadella. Ma si sa che l’Imperatore ha fatto sospendere l’opera. Dato che scavando si trova l’acqua, bisognerà costruire la cittadella su dei pali di fondazione, quando oseranno iniziare i lavori”: cfr. G. MACCHIA, M. COLESANTI (a cura di), Viaggio in Italia, Roma, Laterza 1995, p. 96. Si noti che fino al 1749 nella fortezza restarono anche edifici civili e religiosi. 28 Ibidem, p. 81. 12 Study case 29 celebrare in modo grandioso il suo mito . Tornata ai Savoia dopo il Congresso di Vienna, la cittadella rimase invece da allora confinata nelle retrovie delle grandi guerre; a dispetto della sua sempre minore rilevanza strategica, però, soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, la fortezza è stata ed è un autentico simbolo del Risorgimento e della storia d'Italia, in primis in quanto epicentro dei Moti del 1821, quando Santorre di Santarosa vi sventolò il primo tricolore, come è ricordato da Giosué Carducci nell’ode Piemonte; poi come prigione e forse luogo di esecuzione del patriota Andrea Vochieri (1833), nonché anche di Giuseppe Garibaldi (1867)30. Divenne quindi fondamentale struttura strategica e logistica31 durante le guerre del Risorgimento32 e nelle due Guerre mondiali33; piuttosto inglorioso fu invece il suo ruolo nel secondo conflitto mondiale34. La città nella seconda metà del ‘900 aveva visto ridursi di importanza e infine perdeva uno dopo l’altro il Distretto militare, l’Ospedale e quasi tutte le caserme 35, e con esse le migliaia di soldati effettivi e di leva che avevano portato lavoro e ricchezza, affollando locali pubblici, cinema e negozi. Quanto alla cittadella, da tempo era soggetta a un crescente stato di degrado, dacché l'Esercito aveva cessato di considerarla struttura strategica, anche dal punto di vista organizzativo e logistico; dal 1962 aveva terminato di operare come Caserma (in ultimo sede del 52° Reggimento Artiglieria), rimanendo solo sede del Centro rifornimenti commissariato (Ce.Ri.Co.), struttura logistica che ancora agli inizi degli anni ’90 vi impiegava comunque un centinaio di effettivi, tra militari e civili. Pur essendo stata vincolata già nel 1972 con Decreto del Ministro della Pubblica Istruzione36, la fruizione dell’intero sito storico era sempre stata esclusiva prerogativa 29 Il progetto fu realizzato solo in modo “virtuale”, nel suggestivo trompe l’oeil della Villa Delavo, eretta quasi mezzo secolo dopo (1847). 30 L’Eroe dei due mondi fu detenuto solo per qualche giorno in seguito all’arresto avvenuto a Sinalunga, per ordine dell’alessandrino Rattazzi; si veda la Relazione del Tenente dei Carabinieri Pizzuti, spedita da Alessandria il 25 settembre 1867, disponibile nel sito www.carabinieri.it. 31 Secondo la relazione dei generali del Genio A. Chiarle, E. Gonnet e F. Buscetti, “nessun confronto può assolutamente reggere fra Torino e Alessandria dal punto di vista strategico. Torino, aperta come si trova oggidì, non offre quando sia in potere dell’invasore che poche risorse (…), Alessandria offre invece un baluardo naturale contro la restante nazione”; interessante la circostanza che lo studio avrebbe dovuto fornire indicazioni sull’avvenire della Cittadella. Cfr. G. IACHINO (a cura di), Vicende militari della città di Alessandria 1168-1878, Ferrari, Alessandria 1929, p. 104. 32 Riferiscono le cronache che il giorno dopo il suo arrivo ad Alessandria, il 15 maggio 1859, l’Imperatore Napoleone III si recò subito nella C., “che visitava in tutti i particolari”; secondo il Moniteur di Parigi la fortezza era giudicata “una delle piazze più forti dell’Europa”. Cfr. P.C. POGGIO, Storia politico-militare della guerra dell’indipendenza italiana, 1859-1860, pp. 441-444. 33 Oltre a ospitare magazzini, forni, sartorie, stalle e tutto quanto poteva servire all’equipaggiamento e al sostentamento di un esercito, la Cittadella svolse anche la funzione di luogo di “detenzione” (termine improprio, almeno secondo il diritto internazionale umanitario) dei prigionieri di guerra, in particolare dei soldati dell’Esercito delle Due Sicilie che rifiutarono di prestare giuramento in favore del nuovo sovrano, la cui sorte fu particolarmente avversa. 34 L’8 settembre 1943 la guarnigione si arrese ai tedeschi e fu deportata in massa; nei mesi seguenti fu utilizzata per la fucilazione di alcuni Partigiani, oltre ad essere sporadicamente bombardata e mitragliata. Il 25 aprile invece venne riconquistata con relativa facilità dalle formazioni partigiane provenienti dall’astigiano: si vedano i documenti raccolti dall’Istituto per la storia della Resistenza di Alessandria nel sito web: www.isral.it 35 Nel 2010 l’unica caserma ancora operativa in città, dopo la chiusura della Valfré, è rimasta l’ex Direzione di Artiglieria, sita in Viale Milite Ignoto. 36 D.m. in data 22 agosto, a firma del Ministro Valitutti, adottato ai sensi della L. 1089/1939 allora vigente; due anni dopo fu sostituito dal d.m. del 16 maggio 1974, che rivedeva la definizione delle aree, ribadendo la discutibile e sommaria motivazione secondo cui l’Opera Cittadella era riconosciuta di 13 Massimo Carcione dell’Esercito, e quindi poco o nulla percepita dalla comunità locale come proprio patrimonio storico37, se non in occasione delle rare aperture al pubblico cittadino per celebrazioni o ricorrenze, riprese solo nel 1990, anno in cui registrò una grande affluenza della cittadinanza all’interno della struttura, tanto che le cronache locali parlano di “enorme successo” della manifestazione38. A Marengo intanto, la storica Villa Delavo, dopo essere passata nel corso degli anni nella disponibilità di varie famiglie, era stata infine acquistata nel 1947 dalla Società Montedison, che ne aveva fatto un circolo ricreativo con alcuni appartamenti per i propri dipendenti del non lontano stabilimento chimico; quasi tutte le decorazioni storiche vennero cancellate o occultate con tramezze e controsoffittature, mentre la collezione fu donata al Museo Civico di Alessandria. La memoria degli eventi era affidata solo alla piccola stele, alla facciata della Villa le cui decorazioni erano sempre meno visibili e, poco lontano, quasi alle porte di Alessandria, all’immenso “Platano di Napoleone” sempre più soffocato e svilito dall’asfalto, dai cartelli pubblicitari e dalla segnaletica stradale 39. Per porre rimedio a questo stato di cose, anticipando di almeno vent’anni le recenti politiche di recupero e riscoperta a fini culturali e turistici delle memorie storiche locali, alcuni illuminati amministratori locali iniziarono verso la metà degli anni ‘60 a promuovere il recupero della villa, fino a giungere nel 1968 all’allestimento di un primo autentico spazio museale; il tutto per iniziativa dell’Ente provinciale Turismo ed a cura del Museo Civico, mentre il Comune si era fatto carico di una parte rilevante delle spese40. Seguì un nuovo periodo di sostanziale oblio e conseguente inevitabile decadenza; solamente alla fine degli anni ’80, con rara lungimiranza venne costituita41 per iniziativa della Monfefluos – insieme a Provincia, Comune, Cassa di Risparmio e Toro Assicurazioni SpA – la “Fondazione Marengo”, che avendo come scopo statutario di promuovere “iniziative ed interventi per lo sviluppo culturale e la conservazione ambientale del particolare interesse “perché costituisce un complesso di fortificazioni in muratura a vista iniziate nella prima metà del sec. XVIII ed ampliata nel sec. XIX, aventi un notevole interesse storico-artistico”. 37 Trattandosi di spazi ed edifici che, paradossalmente, sono enormi ma non molto evidenti: la sola Cittadella si estende per 80 ettari, tanto da costituire uno degli esempi più rilevanti del suo genere in Europa, ma è pressoché invisibile e dunque tutt’ora di fatto sconosciuta, anche tra molti "addetti ai lavori"; destino comune, almeno fino agli anni ’90, alla Reggia di Venaria che non a caso era stata in gran parte utilizzata (e devastata) dai militari, che sono arrivati ad istallarvi un deposito di carburanti. 38 In quella stessa circostanza un sondaggio di opinione effettuato su un campione significativo di alessandrini evidenziò che, secondo una parte rilevante di essi, la cittadella doveva essere valorizzata come monumento storico, e quindi aperta al pubblico, restando a disposizione dei militari o meglio ancora diventando sede dell’allora nascente sede universitaria alessandrina: cfr. F. MARCHIARO, Resti fortezza, ma aperta al pubblico, in La Stampa, 20 novembre 1990, p. 4; dal sondaggio (commissionato dallo stesso giornale alla SWG) risultò che il 39,4% degli intervistati era favorevole alla presenza militare e il 46,88% alla destinazione universitaria; nel contesto di una generale condivisione della necessità di valorizzare il sito dal punto di vista monumentale e turistico (43,7%), il 40,4% degli alessandrini auspicava che la cittadella venisse gestita da un ente apposito (per il 32,1% anche con la partecipazione dei privati). 39 Recentemente la Regione ha inserito il “Platano di Napoleone” nell’Elenco degli Alberi Monumentali di alto pregio naturalistico e storico del Piemonte ai sensi dell’art. 3 comma 4 della l.r. n. 50/95, in occasione del periodico aggiornamento dell’elenco degli alberi monumentali (d.g.r. n. 12215126 del 17 marzo 2005). 40 Cfr. A. BALLERINO, Alessandria negli anni Sessanta, Il Piccolo, Alessandria 2003, pp. 78-79. 41 Lo statuto, approvato dalla Provincia con D.G.P. n. 1053 del 7.6.1989, prevedeva un ruolo forte dei fondatori privati (i quali d’altronde conferivano ben oltre la metà del capitale) e la costituzione di un autorevole Comitato scientifico, alla cui presidenza era stato designato il Direttore dell’Accademia di Francia in Roma. 14 Study case territorio” circostante il sito storico, da sempre messo a serio rischio dall’incombente presenza dello stabilimento chimico, promosse nel 1989 un ambizioso programma di celebrazioni. Si iniziava proprio in quel periodo a sperimentare concretamente la nuova e ancora alquanto indefinita competenza in materia di “valorizzazione dei beni culturali”, appena attribuita alla Provincia dal nuovo Ordinamento delle autonomie locali42. Proprio con l’acquisto di villa e parco da parte della stessa Provincia di Alessandria (1990) e con la costituzione della “Società Napoleonica di Marengo”, che aveva ben presto ottenuto la concessione di alcune sale al primo piano della villa da destinare a sede del proprio gruppo storico, iniziò finalmente il recupero strutturale dell’immobile (a partire da tetti e recinzioni) ed anche l’organizzazione e promozione della ricostruzione spettacolare della battaglia, che assunse dal 1991 la denominazione Ricordando Marengo, per essere ripetuta con alterne fortune fino al Bicentenario. Rimasta inspiegabilmente inattiva proprio in quei decisivi anni, la Fondazione venne ben presto posta in liquidazione, senza lasciare ulteriori segni tangibili della sua breve esistenza43. In Cittadella invece, malgrado le difficoltà tecniche e organizzative connesse alla perdurante amministrazione militare44, si era sperimentata l’organizzazione di una stagione di spettacoli teatrali nel cortile del “Quartiere S.Michele” (estate 1992); l’esempio fu ripreso dopo il 1996, anche se con maggiori difficoltà dovute allo spostamento del Comando al Ce.Ri.Co. di Candiolo (presso Torino), con la sempre più frequente autorizzazione di visite e concessione di spazi per convegni, concerti, spettacoli e altre iniziative pubbliche, sebbene limitate da oggettive problematiche di carattere amministrativo45. La catastrofica alluvione del 6 novembre 199446, frattanto, aveva completamente inondato47 e danneggiato il complesso monumentale, aggravando una situazione già precaria e incrementando il tasso di umidità all'interno di tutti gli edifici; la chiusura del deposito e il trasferimento ad altra sede della guarnigione fu accelerata proprio dall’alluvione, con il progressivo ridimensionamento della struttura logistica, che negli ultimi anni poteva contare solo più su tre militari graduati e qualche dipendente civile. Solo a partire dalla metà degli anni ’90, superata con qualche successo la prima fase L. n. 142/1990, su cui v. ampiamente infra. La Fondazione, avente sede legale presso la Cassa di Risparmio (Via Dante 2), scontava forse la colpa di essere per l’epoca “troppo” autonoma rispetto ai poteri pubblici statali e locali, caratteristica ancora innovativa benché fosse ormai imminente la legge “Ronchey”. Il procedimento era iniziato già nel 1993 ma si è concluso solamente nel 2002, come documentato dal B.U.R. del Piemonte n. 44 del 31.10.2002; i fondi residui sono stati devoluti alla Società Napoleonica. Solo pochi mesi dopo la fine di questo lungo iter si è ricominciato a ipotizzarne la creazione di una nuova fondazione, composta dagli stessi enti locali cui dovrebbe aggiungersi però la Fondazione della Cassa di Risparmio. 44 La struttura manteneva infatti un certo rilievo dal punto di vista logistico, come è dimostrato dalla circostanza che ancora nel 1994 fu installato nella Caserma Beleno il Posto Comando dell’esercitazione NATO “Dynamic Impact”. 45 In tutte le occasioni di apertura al pubblico a partire dal 1997, i militari chiedevano per comprensibili ragioni assicurative la preventiva consegna dell’elenco nominativo di coloro che avrebbero partecipato alle manifestazioni, cosa non semplice quando si trattava di centinaia se non di migliaia di persone: ragion per cui si era costretti a sopperire con liste che dopo qualche decina di nomi noti di autorità e studiosi, riportavano intere parti di elenco degli utenti telefonici, beninteso salvo successiva integrazione o rettifica. 46 Un’ampia, approfondita e documentata cronaca degli eventi e degli interventi di recupero è raccolta in C. PALMAS, Piemonte emergenza alluvione. Il tempo della ricostruzione, Regione Piemonte-MiBAC, Torino, Vivalda, 1997, che tuttavia riporta solo due immagini della Cittadella allagata. 47 Il livello raggiunto dalle acque del Tanaro e dal fango trascinato è testimoniato dalle targhe apposte sulle facciate dei diversi edifici, ad un’altezza variabile tra i 2 e i 3 metri. 42 43 15 Massimo Carcione “pionieristica”, la valorizzazione di Marengo e della Cittadella comincia dunque a diventare oggetto di molteplici processi istituzionali ed amministrativi di definizione dell’indirizzo politico, programmazione, progettazione, recupero e gestione, che non coinvolgono più solamente i rispettivi enti proprietari o gestori; si tratta però, ancora una volta, di atti e iniziative che procedono per diversi anni in modo del tutto parallelo e disgiunto. 2. Dall’altra parte della città: l’esperienza di valorizzazione del sito di Marengo Proprio l’esame della vicenda recente del recupero e della valorizzazione del sito di Marengo, attiguo e inscindibilmente correlato alla Cittadella sia sul piano storico che (come vedremo in conclusione) su quello delle odierne politiche di tutela del patrimonio culturale e di garanzia dei servizi ad esso correlati, risulta particolarmente utile e significativo sia nell’ottica istituzionale che in quella giuridico-amministrativo, dal momento che quasi tutto quel che si è sperimentato – nel bene e nel male – nel periodo 1997-2007 (rapporti e intese tra enti, modalità di finanziamento, forme di gestione e valorizzazione, progetti museali, manifestazioni promozionali, ecc.), può e deve in prospettiva costituire un utile insegnamento in vista della soluzione definitiva del problema del recupero e riuso della Cittadella stessa, pur tenendo sempre presente che quest’ultima sta a Marengo in un rapporto di complessità di almeno 20/1, soprattutto sotto il profilo tecnico e finanziario. La vicenda di Marengo è sicuramente peculiare nel panorama dei musei di guerra48: quello che può forse essere oggi considerato il più antico museo napoleonico d'Europa e del mondo nacque infatti come raccolta (non essendo certo definibile come una collezione), piuttosto casuale e sicuramente poco rigorosa sul piano storico-scientifico, d'armi e di cimeli49, il che non è certo sufficiente per conferire dignità di museo storico a ciò che può piuttosto rientrare nella definizione di “complesso monumentale” in quanto sito storico50; semmai, come si vedrà infra, occorrerebbe verificare se il nostro caso non rientri piuttosto, almeno in parte (pensando alle centuriazioni romane e alla curtis regia di età longobarda) anche nella connessa definizione di parco archeologico. Peraltro anche dalla Delibera di approvazione dell’acquisto dell’edificio51 emerge con tutta evidenza che l’Amministrazione provinciale aveva certamente voluto avviare con quell’atto il recupero di un monumento, mentre non ebbe l’esplicita intenzione e consapevolezza di acquistare un museo52; a riprova di ciò, per tutti gli anni ’90, ancora con la villa e il museo in stato di semi-abbandono53, il lancio promozionale aveva puntato su Cfr M. CARCIONE, Marengo, da luogo di battaglia a luogo di miti in “RNR”, n. 2/2002, pp. 93-102. G. RATTI, Alla periferia del mito. Luci e ombre su Marengo nel secolo XIX, Alessandria, Boccassi e Fissore, 1997, pp. 36 ss. 50 Appare difficilmente spiegabile il fatto che la Provincia di Alessandria, nel realizzare sul territorio ben tre “parchi storici” nell’ambito del progetto DOCUP 2000-2006 “Terra di colori”, cofinanziato dalla Regione Piemonte con fondi strutturali UE, non abbia incluso nel circuito anche Marengo, pur essendo l’immobile di sua proprietà. 51 D.g.p. n. 311 del 1988; l’iter era stato avviato due anni prima e si concluse poi con l’atto del Notario Morandi in data 15 gennaio 1990, approvato l’anno seguente (Prot. 6351 del 17 agosto 1991) dalla competente Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici del Piemonte, e non già da quella per i beni storico-artistici. 52 Nell’ottobre 1997 il nuovo Responsabile del Servizio Beni e Attività culturali (più tardi direttore del museo) non aveva rinvenuto alcuna menzione di Marengo né nell’organigramma, né tantomeno nel bilancio dell’Ente; la Villa era risultata al momento censita e gestita solo come edificio provinciale, perciò affidato alle cure dell’Ufficio Tecnico – Settore Edilizia. 53 Basti ricordare l’atrio e le stanze ridotte a magazzino di vecchi arredi d’ufficio e faldoni 48 49 16 Study case “Ricordando Marengo”, evento incentrato sulla rievocazione spettacolarizzata della Battaglia con un contorno di iniziative popolari e ricreative54. A partire dal 1996 l'attenzione dell’Amministrazione provinciale si era andata progressivamente concentrando sul piccolo spazio museale: dopo l’acquisto sul mercato antiquario di due collezioni di stampe e armi, venne dunque riaperto regolarmente al pubblico – in forma di “cantiere visitabile” – a partire dal 1998, periodo nel quale si iniziò anche a lavorare sull'area esterna e sul piano nobile della villa. Dapprima era stato realizzato il recupero della “Stanza della Locanda”, grazie a un piccolo finanziamento del Ministero del Turismo, riaperta al pubblico in forma di "museo del museo" (1998); contestualmente si era provveduto alla realizzazione di nuovi pannelli illustrativi e diorami, delle didascalie di cimeli e stampe, oltre che di alcune vetrine ed espositori realizzati per accogliere degnamente i preziosi cimeli concessi dal Museo Civico, nonché il “Marengo” d’oro donato dall’Unione Industriale. Quanto all’autonomia scientifica rispetto all’Assessorato e al Settore Cultura della Provincia, fermi restando gli indispensabili indirizzi politici, era stato costituito il comitato scientifico del Museo e avviati contatti con il Museo Civico. Infine, fatto non frequente nel nostro ordinamento culturale, veniva nominato per la prima volta un direttore del museo55; in proposito si noti che la formale designazione era stata resa possibile solo in virtù dell’applicazione del (poco conosciuto) “Regolamento contenente norme di sicurezza antincendio per gli edifici storici e artistici destinati a musei, gallerie, esposizioni e mostre”56. L’istituzione così organizzata aveva quasi subito aderito ad alcune reti promozionali regionali e nazionali (in particolare l’Abbonamento Musei del Piemonte, previa convenzione con la relativa struttura del Comune di Torino), dotandosi anche di un ricco sito web. Per recuperare il rapporto con quanto restava della propria collezione storica e ricostituire un necessario e opportuno rapporto con la città, il Museo era stato anche proposto come “polo” del nascente sistema dei Musei della Città di Alessandria, che proprio in quel periodo veniva istituito e avviato come rete di collaborazione57. A fronte di ciò da parte del Museo Civico, sono stati sviluppati gli indispensabili apporti di ricerca storica e di alta promozione culturale, in particolare con il primo Congresso d’archivio; così lo videro i numerosi partecipanti italiani e stranieri del Congresso Internazionale Napoleonico, che vennero in visita il 24 giugno 1997. 54 Questo ha indubbiamente destato una certa attenzione da parte delle istituzioni e del grande pubblico, ma ha purtroppo attirato anche l’interesse dei ladri che nel febbraio 1995 hanno saccheggiato gli ultimi poveri cimeli, tra cui spiccava una bella spada, da taluni attribuita al Generale Desaix, non si sa su che base scientifica. I dubbi sull’incerta attribuzione si basano sull’origine notoriamente non troppo rigorosa della “collezione” storica del Museo (vecchi cimeli reperiti da Delavo quando già le sue risorse finanziarie erano agli sgoccioli, come dimostrato da RATTI, Alla periferia, cit., p. 37), sul fatto che non se ne fa alcuna menzione nello “storico” volume J. THIRY, Marengo 14 giugno 1800, Alessandria, Cassa di Risparmio di Alessandria, 1980, ed anche sulla diretta esperienza circa la non minore disinvoltura nella gestione degli acquisti e della realizzazione delle didascalie in periodi ben più recenti. 55 D.g.p. n. 375 del 1999; essendo l’impegno ancora limitato, l’incarico è stato affidato al Funzionario responsabile del Servizio Beni e attività Culturali che assicurava in quei mesi anche la segreteria del Comitato per la Valorizzazione della Cittadella di Alessandria. 56 Secondo l’art. 10 comma 1 del d.m. n. 569 del 20 maggio 1992, “Il soggetto che, a qualsiasi titolo, ha la disponibilità di un edificio disciplinato dal presente regolamento, deve nominare il responsabile delle attività svolte al suo interno (direttore del museo) e il responsabile tecnico addetto alla sicurezza”; a fronte di questa norma, nel caso di specie nessun altro dirigente o funzionario aveva infatti ritenuto di doversi assumere la relativa responsabilità. 57 La rete dei musei civici è stata istituita con d.g.c. n. 164/109607 del 25 maggio 2002. 17 Massimo Carcione Internazionale Napoleonico (21-26 giugno 1997)58 che ha costituito la prima occasione istituzionale e scientifica di liaison tra la Cittadella e Marengo, e non solo per l’argomento: infatti le attività convegnistiche erano state ospitate nel Palazzo del Governatore della fortezza, che è stata l’oggetto di un appello sottoscritto da tutti i partecipanti italiani e stranieri; gli ospiti erano stati accompagnati a visitare anche il sito di Marengo, in merito al quale nel corso dei lavori è stato presentato lo studio sul percorso dei “Luoghi della Battaglia”. Al Congresso avevano poi fatto seguito, negli anni successivi, il progetto di una Rete napoleonica europea, l’avvio del “Centro europeo di studi e ricerche sul periodo napoleonico” presso la Biblioteca Civica59, la pubblicazione della Rivista “RNR” e molte altre iniziative. È solo grazie a questo insieme di atti e comportamenti che si è resa infine possibile la formale istituzione del “Museo provinciale della Battaglia di Marengo”60, cui ha fatto riscontro il quasi contestuale riconoscimento regionale, consacrato da un primo significativo cofinanziamento di cento milioni di lire (1999)61; la lettera del Settore Musei della Regione Piemonte avente ad oggetto Museo della Battaglia di Marengo, con cui si comunicava l’assegnazione del gradito contributo, costituisce infatti (unitamente alla citata determinazione dirigenziale di impegno dei fondi stessi) l’unico atto amministrativo di “formale” riconoscimento del museo di ente locale in questione62. Il finanziamento è stato destinato dalla Provincia al recupero della facciata63, alla sistemazione dell’area esterna e all’avvio del restauro interno, a partire dai dispositivi di sicurezza, dalle barriere architettoniche al piano terra e dai servizi di accoglienza per i visitatori, oltre all’allestimento di un piccolo ufficio per il direttore. La celebrazione64 del Bicentenario della Battaglia (14 giugno 2000), momento di più alto impegno organizzativo e finanziario di tutto il processo di valorizzazione e promozione del sito, si è incentrata sulla progettazione e realizzazione di un vasto programma di grandi iniziative e manifestazioni – svoltesi quasi tutte in Alessandria – promosse dalla Provincia e dal Comune di Alessandria, con il forte sostegno di Regione Piemonte e Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria65, in collaborazione con varie associazioni locali, tra cui spiccava in particolare la Società Napoleonica di Marengo alla quale è stata sostanzialmente Si vedano gli Atti nel volume a cura di V. SCOTTI DOUGLAS, L'Europa scopre Napoleone - 17931804, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1999. 59 Poi formalizzata con d.g.c. n. 35/103501 del 30 gennaio2001. 60 D.g.p. n. 467 del 2000; il direttore aveva ripreso quasi testualmente la dizione adottata nel 1968 dall’EPT, consacrata dall’annullo filatelico che era stato allora rubricato “Museo Battaglia di Marengo”, poi mantenuto in molte guide e opuscoli turistici. 61 Contributo concesso ai sensi della l.r. n. 58/1978 “Promozione della tutela e dello sviluppo delle attività e dei beni culturali” (B.U. Piemonte 5 settembre 1978, n. 36). 62 La Regione Piemonte, al contrario di quasi tutte le altre regioni italiane, all’epoca non aveva ancora regolamentato la propria competenza in materia di Musei e Biblioteche di enti locali attribuitagli in base al testo originario dell’art. 117 della Costituzione e all’art. 47 del d.p.r. n. 616/1977; pertanto non era codificato in modo formale (né lo è tutt’ora, dopo la riforma del Titolo V e il suo recepimento con la l.r. n. 44/2000 e s.m.i.) un procedimento di formale istituzione o riconoscimento di un museo locale, che quindi viene semplicemente finanziato oppure no. 63 Significativa e controversa è stata la modalità di recupero della facciata e del trompe l’oeil, restaurati da docenti e allievi del Corso di Restauro della Scuola Edile di Alessandria. 64 Sulla celebrazione delle ricorrenze storiche come modalità di valorizzazione del patrimonio culturale si veda R. CHIARELLI, Profili costituzionali del patrimonio culturale, Torino, Giappichelli 2010, p. 276. 65 Il budget complessivo consolidato è risultato essere, al netto dei costi vivi per personale e strutture degli Enti, di circa due milioni di Euro, di cui uno reso disponibile grazie al finanziamento regionale, ai sensi della l.r. n. 26/1988. 58 18 Study case 66 affidata la gestione diretta di gran parte della rievocazione. Questo evento non è stato dunque concepito in modo occasionale, ma si è basato sul consolidato background di accordi e iniziative comuni, che si erano sviluppate nel corso degli anni '90; la forma giuridica di questo patto di collaborazione è stata costituita da uno scarno protocollo d’intesa67, finalizzato alla prima applicazione della nuova legge regionale sulle Celebrazioni68, il quale ha posto le migliori premesse per una assai proficua intesa istituzionale tra tutti gli Enti e soggetti privati locali, indispensabile per ottenere le ingenti risorse finanziarie, cui si è aggiunta anche una Lotteria Nazionale69, seppure con esiti non esaltanti. Non si è invece ravvisata in quell’occasione la necessità di richiedere al Ministero per i Beni e le Attività culturali l’istituzione di un “Comitato nazionale per le celebrazioni”70, che sarebbe stato pienamente giustificabile e opportuno al fine di elevare il livello istituzionale71, ed anche nell’ottica del riconoscimento di Marengo come momento storico di avvio del Risorgimento nazionale72, il che avrebbe consentito in prospettiva di porre una seria ipoteca sull’effettivo coinvolgimento di Alessandria e dei suoi siti storici in occasione della ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La Provincia, ente che si era fatto carico del coordinamento delle Celebrazioni del Bicentenario, aveva predisposto un densissimo programma di iniziative, sviluppando in primo luogo quanto già collaudato nel corso degli anni in occasioni delle manifestazioni a carattere rievocativo e spettacolare, ma destinando anche una pur minima quota di risorse (fatto comunque non frequente) a iniziative caratterizzate da una certa continuità nel tempo e da una qualche ricaduta anche dopo la fine delle Celebrazioni. Tuttavia la parte assolutamente preponderante delle risorse, dell'attenzione dei media, dell'impegno pubblico e privato, ma soprattutto del pubblico, si concentrarono – nel rispetto delle logiche e dei riti dei “grandi eventi” che hanno caratterizzato in tutta Italia quella fase delle politiche di promozione culturale – sulla settimana centrale della manifestazione (dal 10 al 18 giugno 2000), con la ricostruzione in campo aperto della Battaglia73 e con il Carosello dei Carabinieri, entrambi pesantemente condizionati ed in Con un dettagliato disciplinare d’incarico, redatto su indicazione e sotto la responsabilità del Capo di Gabinetto del Presidente della Provincia di Alessandria, che ha coordinato le Celebrazioni. 67 D.g.p. n. 728/1998; il testo è stato predisposto dal Servizio Beni e Attività culturali della Provincia, di concerto con la Direzione del Museo Civico di Alessandria; si è trattato di un non frequente esempio di stretta quanto trasparente collaborazione tra uffici di Enti diversi e sovente antagonisti, che hanno invece saputo dimostrare competenza tecnica e capacità di programmazione strategica. 68 L.r. n. 26/1998 “Interventi regionali per le celebrazioni” (B.U. Piemonte 28 ottobre 1998, n. 43). 69 Istituita nelle forme e modalità di cui alla l. 26 marzo 1990, n. 62 e al relativo regolamento generale (d.p.r. 20 novembre 1948, n. 1677 e s.m.i.). 70 In occasione delle successive Celebrazioni per il V Centenario della nascita di S.Pio V Ghislieri (2003-2006), proprio l’istituzione del Comitato Nazionale ha permesso il coinvolgimento tramite i Ministeri dei Beni culturali e degli Affari Esteri, della Città del Vaticano e della Santa Sede. 71 La forma del Comitato nazionale consentiva coinvolgere in modo formale altre Regioni, lo stesso Ministero per i Beni culturali ed anche - per suo tramite - il Governo, le istituzioni culturali e i musei nazionali francesi La partecipazione francese a Marengo 2000 si è limitata alla presenza formale di una rappresentanza del Consolato di Torino. 72 La correttezza storiografica di tale ipotesi trova conferma anche nei percorsi espositivi del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino e del Museo del Risorgimento di Milano, che dedicano entrambi le prime sale all’età napoleonica. 73 Alla “battaglia” di domenica 11 giugno che vedeva in campo circa 2000 figuranti oltre a decine di cavalli e cannoni, hanno avuto la possibilità di assistere, tra il fango e la pioggia, non più di 66 19 Massimo Carcione parte pregiudicati dal maltempo. Le manifestazioni promosse dal Comune di Alessandria si erano invece svolte quasi tutte all'interno della Cittadella, che beneficiava così di una prolungata apertura al pubblico74. La dimensione almeno regionale dell’evento, che costituiva il necessario presupposto per l’applicazione della l.r. n. 26/1998, è stata garantita dal coinvolgimento del territorio come Tortona, Gavi75 o Casale Monferrato, con una positiva ricaduta in termini di valorizzazione e promozione: si è infatti trattato di un ciclo di eventi tra loro correlati, che hanno consentito di aprire prospettive nuove e originali contributi per il riallestimento del percorso museale, attirando nel contempo sull’evento (e sul Museo) l’attenzione di tutta la provincia e di settori di studiosi e appassionati di altre discipline. Maggiori problemi si sono invece registrati per quanto concerne l’organizzazione dei servizi turistici e di accoglienza degli spettatori e dei visitatori (carenze aggravate dalle condizioni atmosferiche proibitive), con riferimento all‘immagine coordinata e alla comunicazione dell’evento, che aveva finito per promuovere i singoli avvenimenti, molte volte tardivamente e soprattutto localmente76. Quanto alla struttura museale in senso stretto, un primo lancio promozionale ha potuto essere attivato approfittando del grande evento mediatico (in specifico una delle mostre collaterali e alcuni spettacoli del Bicentenario), ma l’esito dei mesi e degli anni successivi77 ha confermato che, più che di un singolo grande momento di visibilità mediatica, è indispensabile uno stretto e continuativo rapporto con la città e la provincia e una maggiore attenzione da parte di Regione e Stato per l’inserimento in circuiti e sistemi stabili e organizzati, a livello tematico e territoriale. Mentre si svolgeva questo grande e assai dispendioso sforzo promozionale, nella residua parte originale dell’antica osteria che sorge accanto alla villa, si era dapprima progettata la realizzazione di un Ostello della gioventù (1996) per far fronte in qualche modo alla giusta preoccupazione di dotare il sito di una struttura turistico-ricettiva. Questo aveva consentito un primo parziale recupero del rustico, compromettendo però la maggior diecimila persone mentre se ne attendevano almeno il triplo; invece il costosissimo Carosello del mercoledì (sulla cui pertinenza con l’età napoleonica è stata manifestata più di una perplessità), cui hanno assistito quasi altrettanti spettatori, si è ridotto a poco più di una parata a causa dello stato disastroso del terreno, mal preparato, inzuppato di acqua e poi “arato” dagli stivali dei figuranti. La delusione del pubblico, che avrebbe sicuramentre preferito godersi il grandioso spettacolo di abilità equestre nella Piazza d’armi della Cittadella (se solo lo si fosse previsto almeno come opzione di riserva), è stata solo in parte mitigata alla sera dall’avventuroso concerto e dallo spettacolo pirotecnico. 74 Da giugno a settembre era stata allestita la grande (e costosa) mostra “Napoleone a Marengo. Dal mito alla storia”, a carattere prevalentemente multimediale: cfr. M. CARCIONE, Multimedialità e realtà virtuale nelle iniziative di valorizzazione di “Marengo 2000”, in M. QUAGLIUOLO (a cura di), La gestione del patrimonio culturale (Atti del Convegno di Torino, 4-8 dicembre 1999), Città di Castello, DRI, 2000. Sempre all’interno della fortezza si erano tenuti un grande convegno di studi (il primo Forum Marengo) e alcuni spettacoli teatrali e musicali. 75 La connessione tra le vicende napoleoniche e la storica fortezza “genovese”, ai confini della provincia di Alessandria, sta nel lungo assedio posto nel 1799 dopo la battaglia di Novi, che vide la guarnigione francese resistere fino alla vittoria di Marengo, facendone l’unico presidio che è rimasto ininterrottamente transalpino a cavallo tra la prima e la seconda Campagna d’Italia. 76 È mancato quasi del tutto il coordinamento con gli eventi culturali che in quegli stessi giorni si svolgevano a Torino, Milano, Chatillon, Martigny, e soprattutto al museo del Chateau de Malmaison di Parigi, che aveva allestito una mostra dedicata proprio a “Marengo, une victoire politique”. 77 Se anche si volesse giudicare positivamente il flusso di visitatori, più o meno stabile sia nel periodo 1998-2002 che dopo la riapertura del 2009 (non sono disponibili dati relativi ai periodi ante 1997), non si può non considerarlo deludente se rapportato al totale della popolazione cittadina e provinciale, oltre che ai flussi medi di visitatori di analoghe realtà italiane ed estere. 20 Study case parte delle sue caratteristiche architettoniche tradizionali; l’immobile, nel quale si era inizialmente ipotizzato di realizzare un certo numero di camere e servizi, aveva destato l’interesse della nuova Università del Piemonte Orientale (tramite l’EDISU), da sempre alla ricerca di spazi da mettere a disposizione di studenti pendolari o stranieri, senza che però si trovasse un’intesa praticabile dal punto di vista economico e dell’accessibilità. La struttura è diventata poi un piccolo centro congressi, a lungo privo di parcheggi e concepito in modo del tutto indipendente rispetto all’attiguo museo78, che si viene a porre in qualche modo in concorrenza79 con l’antistante Hotel Marengo, a sua volta struttura per congressi realizzata da imprenditori privati80. Non si è presa in considerazione, invece, la valorizzazione dell’attiguo Borgo81 e del retrostante rio Fontanone – cioè dei luoghi in cui si svolse effettivamente la parte più significativa dei combattimenti del 14 giugno 1800 – concentrando tutte le attenzioni e le risorse su villa e annesso parco, che sono stati invece costruiti quasi mezzo secolo dopo ai margini della zona della battaglia, al posto dell’antica locanda. Lo Studio di fattibilità Marengo sito d’Europa” (2003), curato dalla società Energia e Territorio Spa, su incarico di Provincia e co-finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria82, ha sviluppato in primo luogo le questioni più propriamente urbanistiche ed architettoniche, ponendo le basi teoriche (successivamente attuate e rese operative con i grandi lavori del 2008-2009) per un totale “capovolgimento di prospettiva”83. 78 Finanziata grazie alla l.r. n. 4/2003 in materia di strutture turistiche extra-alberghiere, a nuova struttura, del tutto disadorna, avrebbe potuto con minime misure di sicurezza accogliere durante il restauro della villa il vecchio allestimento (se non i cimeli e le armi, almeno stampe, pannelli, video e diorami), evitando la chiusura totale del Museo dal 2003 al 2009 e il conseguente inevitabile danno di immagine. 79 La prassi degli Enti pubblici di concedere quasi sempre le proprie sale convegni a titolo gratuito, oltre ad essere di dubbia correttezza dal punto di vista della contabilità pubblica (trattandosi di servizi a domanda individuale), viene a porsi in discutibile concorrenza con chi offre tali servizi in modo imprenditoriale; altra cosa è invece, evidentemente, il fatto di dotare un Istituto culturale di un proprio spazio attrezzato per convegni, conferenze, proiezioni in tema napoleonico, che solo in modo occasionale potrebbe essere offerto ad altre analoghe iniziative senza scopo di lucro e con finalità promozionali. 80 Non è banale rilevare che si tratta di struttura dotata di bar e ristorante, ragione per la quale è di tutta evidenza che sarebbe stato assai consigliabile collaborare (attivando ad esempio una convenzione per i servizi aggiuntivi museali di quel tipo), piuttosto che mettersi in competizione; non è mai stato neppure risolto un problema apparentemente semplice come l’attraversamento della strada di grande comunicazione che separa il museo (e il parco pubblico) dall’hotel (e dall’abitato) di Spinetta: non risulta infatti che sia mai stata in progetto una passerella e tantomeno un ancor più improbabile sottopassaggio. La connessione tra museo e hotel è stata dimostrata, ove fosse necessario, dal fatto che dopo anni di chiusura per ristrutturazione del sito turistico, nel 2009 anche l’albergo ha dovuto chiudere per qualche mese, riaprendo in concomitanza dell’ultima reinaugurazione. 81 Non sarebbe stato di ostacolo il fatto che la curtis regia longobarda è oggi proprietà privata, in considerazione dell’accertata disponibilità dei proprietari a stipulare una convenzione per la valorizzazione e fruizione pubblica del sito, come previsto dall’art. 38 del Codice dei Beni culturali. 82 L’incarico è stato conferito con d.g.p. n. 136/2003; si veda il dossier conclusivo dal titolo Marengo ‘Sito d’Europa’, 3 voll. (I, Progetto di riqualificazione globale; 2, Contributi; 3. linee guida per la riqualificazione), Alessandria, Energia e Territorio, marzo 2004. 83 Invece del tradizionale e pericoloso ingresso, nel mezzo dell’incrocio tra la Statale e la via verso Spinetta, si era già previsto l’ingresso dal lato verso il casello Alessandria Est dell’autostrada A21, onde consentire ai visitatori di apprezzare prima il campo di battaglia in direzione di Castelceriolo e Montecastello, quindi il parco, il Fontanone e il Borgo, ed infine l’ingresso alla Villa passando davanti all’Ossario; nella cascina adiacente si prevedeva di realizzare un parcheggio di servizio e lo spazio per i 21 Massimo Carcione Quanto agli aspetti più propriamente museografici e museologici, al momento dello Studio di Fattibilità si sono prospettati differenti approcci metodologici, che hanno condotto infine alla soluzione di proporre la realizzazione negli spazi espositivi all’interno della Villa di Marengo, dopo gli ormai indifferibili lavori di consolidamento statico, risanamento e recupero funzionale, di un minimo allestimento permanente, per poi proporre ogni anno delle mostre temporanee; il tutto collegato all’esterno del museo con il Parco storico della Battaglia, costituito dal parco restaurato e dall’itinerario dei luoghi della battaglia e degli altri riferimenti napoleonici in città. Nel successivo progetto esecutivo e nella concreta realizzazione dell’allestimento si è invece privilegiato l'aspetto storico-militare della Battaglia di Marengo, intendendo cioè in modo scientificamente rigoroso il termine di museo storico84. L’aspetto di maggiore interesse per questo studio è però costituito dal fatto che lo studio di fattibilità affrontava per la prima volta, in modo analitico e argomentato con ampia documentazione85, il problema dello status giuridico del sito storico-monumentale e della sua migliore futura riorganizzazione sotto il profilo legale e istituzionale: a riprova della necessità di una riorganizzazione complessiva e sinergica, nelle conclusioni (punto 5) si consigliava di “passare dall’attuale gestione in economia a un modello di gestione indiretta e più autonoma tramite una fondazione costituita o partecipata dalla Provincia, aperta in modo da offrire un tetto organizzativo anche per altre gestioni di beni culturali degli enti locali culturalmente collegati a quelli di Marengo”. Nel contempo, venivamo affrontate – finalmente in modo non dilettantistico – le problematiche connesse all’effettiva possibilità di un proficuo “sfruttamento” turistico del sistema dei luoghi napoleonici alessandrini86; infine una specifica scheda era dedicata alla questione, sempre controversa e problematica nel nostro ordinamento culturale, della direzione organizzativa e scientifica dell’istituzione museale87. Una volta completato e presentato in un convegno pubblico lo Studio di fattibilità, però, sono trascorsi ancora alcuni anni di sostanziale ritorno al tradizionale oblio88, intervallato da sempre più fugaci momenti di attenzione, non sempre del tutto pertinente. Sempre nel corso del 2003 la zona di Alessandria ha subito una scossa di terremoto servizi, con depositi, laboratori, uffici di direzione e spazio per mostre temporanee. 84 In quest’ottica già lo Studio di fattibilità opportunamente suggeriva (come poi è avvenuto nel 2010) di recuperare e utilizzare in forma permanente, ampliandolo e sviluppandolo, almeno parte del materiale realizzato proprio per la grande mostra del Bicentenario, allestita in Cittadella nell'estate 2000: ennesimo punto di contatto e comunanza di destini tra i due siti, che però non ha stimolato il completamento del banale percorso logico che avrebbe dovuto portare anche alla comune valorizzazione e promozione. 85 Cfr. J. LUTHER, Analisi dello status giuridico ‘ottimale’ per il progetto in Marengo ‘Sito d’Europa’, cit., Vol. I, pp. 72-117; lo studio è stato ripubblicato integralmente nel sito web del Dipartimento POLIS, dell’Università del Piemonte Orientale: J. LUTHER, La valorizzazione del Museo provinciale della Battaglia di Marengo. Un parere di Diritto pubblico, Working paper n.44, Alessandria, Polis, 2004, scaricabile alla pagina web: http://polis.unipmn.it. 86 La parte turistica della ricerca è stata realizzata dagli esperti del Dipartimento di Ricerca Sociale dell’Università del Piemonte Orientale: cfr. E. ERCOLE, M. GILLI E G. BELLA, Analisi di marketing per il Museo di Marengo, in Marengo ‘Sito d’Europa’, cit., Vol. I, pp. 18-71. 87 Cfr. M. CARCIONE, Il Direttore del Museo, in Marengo ‘Sito d’Europa’, cit., Vol. II, Contr. n. 8. 88 Fatto salvo qualche serio intervento nel parco, in seguito alla rovinosa caduta, fortunatamente senza conseguenze essendo avvenuta in giorno di chiusura, di un grande tronco proprio sulla stradina antistante l’Ossario; solo allora la Provincia ha deciso di affrontare l’onerosa potatura del parco storico, che annovera molti platani secolari trascurati da decenni, con un complesso intervento curato dal punto di vista dall’IPLA, Ente regionale specializzato. 22 Study case (11 aprile) che, non avendo causato fortunatamente né vittime né danni alle strutture civili, ha dato il classico “colpo di grazia” alle già precarie strutture portanti della villa, consentendo in compenso un significativo intervento a carico dello Stato per il recupero statico, passaggio imprescindibile per l’avvio del definitivo restauro e riutilizzo della Villa. Ne è conseguito a partire dal 2006 l’ennesimo “Grande Progetto” di recupero, riallestimento e rilancio di Marengo, che stavolta ha ottenuto adeguata attenzione e cospicuo finanziamento da parte della Regione Piemonte, aprendo la strada a una vasta e definitiva operazione di valorizzazione, simboleggiata dalla nuova piramide realizzata nel cortile di ingresso alla Villa89. Restano invece ancor oggi da definire e porre in essere90 quelle modalità gestionali, già puntualmente individuate in via teorica, le sole che sarebbero in grado di “offrire un tetto organizzativo”, e possibilmente anche di garantire l’autonomia scientifica, in primo luogo rispetto agli stessi referenti pubblici, il che non può prescindere dalla qualità e completezza dei servizi culturali offerti ai visitatori, all’interno del complesso immobiliare di proprietà della Provincia come nel parco e in tutti i siti napoleonici di Alessandria e dintorni, Cittadella inclusa. 89 Inutile sottolineare che al di là dell’indubbia fondatezza scientifica delle ricerche che l’hanno preceduta e orientata, anche quest’ultima scelta dei pubblici amministratori alessandrini, come tutte le precedenti relative a Marengo e alla Cittadella, è stata al centro di vivaci polemiche, incentrate sull’osservazione (per certi versi condivisibile) che la nuova struttura potrebbe indurre il visitatore a pensare a un ben noto museo d’Oltralpe, anch’esso molto legato alla figura di Napoleone. 90 Dopo la pre-inaugurazione, nel giugno 2009 (penultima di una lunga serie), del Museo e della Piramide, i servizi di accoglienza e accompagnamento sono stati assicurati da una cooperativa alessandrina, tramite operatori qualificati. 23 Massimo Carcione 2. IL SITO MONUMENTALE E IL PROBLEMA DEL SUO RECUPERO Si è già avuto modo di constatare, e si vedrà meglio tra breve, analizzando le vicende conseguenti alla smilitarizzazione e dismissione del sito storico-militare della Cittadella che, in questo come in molti altri casi italiani, non si pone apparentemente alcuna questione di tipo formale né sostanziale, sul piano giuridico come su quello amministrativo: la normativa in materia di patrimonio culturale è completa, le competenze dei diversi soggetti appaiono chiare, si realizzano tutti i presupposti di fatto e di e diritto, le procedure sono state avviate secondo quanto previsto dalla vigente disciplina. Eppure ad oltre quindici anni dall’avvio dell’iter finalizzato al recupero e alla valorizzazione del complesso immobiliare, tutto è rimasto pressoché fermo al punto di partenza91, e comunque i risultati ottenuti in termini di corretta gestione e incremento della fruizione del sito sono davvero minimi, del tutto sproporzionati rispetto al tempo trascorso e alle risorse impiegate. Dunque non resta che analizzare punto per punto il complesso delle questioni che via via si sono poste e si stanno ancora attualmente configurando, nella speranza di individuare (ad esempio nella non corretta successione delle diverse fasi, o nella scarsa corrispondenza tra gli atti di indirizzo e quelli di concreta attuazione) dove sta il punto debole della catena procedimentale; è però possibile che si debba constatare, al termine di tale disamina, che la normativa nazionale è stata sostanzialmente rispettata e applicata, il che porrebbe il problema della sua riconsiderazione de iure condendo, o di una sua migliore attuazione a livello regionale, nel rispetto dell’art. 177 comma 3, per quanto attiene al profilo della valorizzazione. Nella successione cronologica degli eventi, vengono affrontate per prime le questioni della rilevanza e dello status, dal momento che preesistono all’avvio della fase di programmazione e progettazione degli interventi, costituendone i presupposti e contribuendo a predefinirne alcune specifiche modalità e finalità. a. Rilevanza 1. Bene vincolato, monumento nazionale Il problema se la Cittadella e le sue pertinenze, immediate o meno, costituivano e costituiscono ancor oggi ai sensi delle diverse leggi di tutela un bene culturale, è sempre stato considerato alla luce del fatto che si tratta per lo più di complessi immobiliari da sempre o in epoche più recenti appartenenti al demanio militare dello Stato, con la sola eccezione del sito di Marengo, entrato a far parte da circa vent’anni del demanio 91 A riprova di questa affermazione si segnala, come testimonianza non influenzata condizionata dai condizionamenti locali, l’articolo pubblicato nella pagina nazionale della Cultura del “Corriere della Sera”, dopo una visita al monumento, da G.A. STELLA, Lo scempio della fortezza dei patrioti, in Il Corriere della Sera, 14 luglio 2011, p. 37, disponibile anche nel sito web : http://archiviostorico.corriere.it 24 Study case 92 provinciale : dunque si tratta di beni che rientrano nella previsione dell’art. 10 del Codice, per il solo fatto che, come tutte le “cose immobili appartenenti allo Stato” o ad “altri enti pubblici territoriali” (ma lo stesso sarebbe se fossero trasferiti alla regione, ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private, purché senza fine di lucro), in quanto “presentano interesse artistico, storico e archeologico”, sono definiti come “beni culturali”. In specifico essi, ai sensi dell’art. 53 (Beni del demanio culturale), rientrando nelle tipologie indicate all’articolo 822 del Codice civile93, costituiscono il demanio culturale: pertanto non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalità previsti dal codice stesso94. A tal fine l’art. 12 comma 3 del Codice dei Beni culturali ha in anni relativamente recenti previsto una procedura di “Verifica dell'interesse culturale” per i beni immobili pubblici, da attivarsi mediante richiesta ai competenti organi del Ministero per i Beni culturali, corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive 95; solo l'accertamento dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico “costituisce dichiarazione” a titolo definitivo, ai fini dell’applicazione delle norme di tutela. Poiché però si tratta di norme entrate in vigore successivamente all’avvio del processo di valorizzazione, tutta la fase precedente era stata invece sottoposta alla previgente normativa, in specifico gli artt. 1 e 2 della l. n. 1089/193996; è in virtù di essa dunque che in data 22 agosto 1972, era stata formalizzata la dichiarazione di interesse particolarmente importante e il conseguente vincolo97. L’art. 6 della stessa legge disponeva in merito alla vigilanza circa la corretta conservazione del sito, che è sempre stata formalmente affidata alla competente Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici (BAP), malgrado la preminente destinazione ad usi militari98; in questo senso in base all’art. J. LUTHER, La valorizzazione del Museo provinciale della Battaglia di Marengo, cit., p. 17. Art. 822 (Demanio pubblico). “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico (…) le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, (….) gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche”. 94 Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 62/2008; cfr. F. TAORMINA, La tutela del patrimonio artistico italiano, Torino, Giappichelli, 2001, p. 217, che individua e definisce quattro categorie di procedimenti relativi all’uso culturale dei beni demaniali: uso generale (pubblico), uso particolare in forza di atto di ammissione (biglietto di ingresso), uso speciale (autorizzazione discrezionale) e uso eccezionale (atto concessorio). 95 Lo stesso comma 3 dell’art. 12 dispone che “I criteri per la predisposizione degli elenchi, le modalità di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di elenchi e schede sono stabiliti con decreto del Ministero adottato di concerto con l'Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso all'amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente direzione generale dei lavori e del demanio. Il Ministero fissa, con propri decreti i criteri e le modalità per la predisposizione e la presentazione delle richieste di verifica, e della relativa documentazione conoscitiva, da parte degli altri soggetti di cui al comma 1”; tale norma tuttavia non interessa più il caso in esame, essendo nel frattempo intervenuta la definitiva dismissione del sito da parte dell’Amministrazione della Difesa. 96 Art. 2: “Sono altresì sottoposte alla presente legge le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, (…), siano state riconosciute di interesse particolarmente importante e come tali abbiano formato oggetto di notificazione, in forma amministrativa, del Ministro della pubblica istruzione. La notifica, su richiesta del Ministro, è trascritta nei registri delle conservatorie delle ipoteche ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore della cosa a qualsiasi titolo”. 97 Seppure con un motivazione di merito per lo meno discutibile; si verda infra. 98 Art. 6: “Sono soggette alla vigilanza del Ministro della pubblica istruzione le cose che hanno l'interesse in cui agli artt. 1, 2, 5. Le cose immobili e mobili di proprietà dello Stato le quali hanno l'interesse di cui agli artt. 1, 2 e 5 della presente legge sono sottoposte alla vigilanza del Ministro della 92 93 25 Massimo Carcione 9, sarebbe stato sempre possibile “in ogni tempo, in seguito a preavviso, procedere ad ispezioni per accertare l'esistenza e lo stato di conservazione e di custodia delle cose soggette alla presente legge”. Non risulta, invece, che finora sia mai stato considerato, da parte della Soprintendenza BAP (ma neppure dalla Regione Piemonte), l’aspetto naturalistico e paesaggistico99 del sito, rilevante ai sensi della Parte Terza del Codice, rientrando certamente nella definizione legislativa di “paesaggio”100 tutto il sistema delle fortificazioni alessandrine, anche alla luce delle sue importanti relazioni e implicazioni, tanto strategiche che ambientalistiche, con i due attigui fiumi Tanaro e Bormida. Nel definire la rilevanza della Cittadella, infine, occorre chiarire un equivoco terminologico in cui talora si rischia di cadere, allorché complessi architettonici di particolare rilievo vengono impropriamente indicati con la dizione “Monumento nazionale”, senza tenere presente i requisiti che sono richiesti perché un bene sia dichiarato tale: secondo l’art. 33 della legge l. 7 luglio 1866, n. 3096, i monumenti nazionali sono infatti soltanto gli “stabilimenti ecclesiastici distinti per la monumentale importanza e pel complesso dei tesori artistici e letterari”101, si tratta dunque di chiese, abbazie, monasteri o conventi102; lo stesso articolo prevedeva che altri complessi monumentali potessero ottenere la medesima qualificazione, in base all’art. 5.4 del regolamento di esecuzione della legge, il che faceva sorgere per il governo l’obbligo della sua conservazione, con spesa a carico del Fondo per il culto (Ministero degli Interni). Attualmente l’art. 54, comma 1, lett. b) del Codice, nel distinguere tra immobili sdemanializzabili e meno, stabilisce che non possono essere sdemanializzati in particolare “gli immobili riconosciuti monumenti nazionali con atti aventi forza di legge”; oltre che in questo caso, la legge statale fondamentale in ambito culturale cita tale categoria di beni solo all’art. 129 (Provvedimenti legislativi particolari)103, a riprova della problematicità del tema, rispetto al quale risulta evidente “la fatica con la quale nel dibattito parlamentare si venne elaborando la nozione, ma anche le perplessità che accompagnarono l’attuazione della legge stessa”104. pubblica istruzione per quanto riguarda la loro conservazione, da chiunque siano tenute in uso o in consegna”. 99 Questo malgrado le sollecitazioni di organizzazioni come Italia Nostra e Legambiente, gli esiti della consulenza affidata all’IPLA nell’ambito dello Studio di Fattibilità e la concreta possibile di un coinvolgimento del non lontano Parco regionale del Po, tramite la Regione Piemonte. 100 Secondo l’art. 131 (Salvaguardia dei valori del paesaggio) “per paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili”. 101 Secondo l’opinione di A. ASTORRI, Il problema dei monumenti nazionali e dei loro archivi, in Aedon, (1) 1999: www.aedon.mulino.it., alla luce del combinato disposto della l. n. 3096 e della legge 19 giugno 1873, n. 1402, i monumenti nazionali sono “stabilimenti ecclesiastici che presentano quali requisiti essenziali, oltre al carattere monumentale, la presenza di un insieme di altri tesori artistici e letterari”. 102 Tra essi spiccano ad esempio le abbazie di Montecassino e di Monreale, oppure la Certosa di Pavia 103 Art. 129 comma 1: “Sono fatte salve le leggi aventi ad oggetto singole città o parti di esse, complessi architettonici, monumenti nazionali, siti od aree di interesse storico, artistico od archeologico”. 104 L’osservazione, sempre riferita ai beni di interesse religioso oggetto delle “leggi eversive”, è tratta ancora da A. ASTORRI, op.cit.; si veda anche G. FELICIANI (a cura di), Beni culturali di interesse religioso. Legislazione dello Stato ed esigenze di carattere confessionale, Bologna, Il Mulino, 1995. 26 Study case 2. Il riferimento alla storia politica e militare Al di là del dato formale dell’appartenenza al Demanio pubblico, merita di essere sottolineato anche un aspetto di merito che, se non rileva ai fini dell’applicazione delle norme di tutela in senso stretto, può tuttavia aiutare a meglio definire la rilevanza intrinseca del sito in esame, con riferimento all’effettivo interesse culturale e quindi alla conseguente necessità (o meno) di una concreta azione di recupero e valorizzazione da parte dello Stato stesso, in quanto bene storico e architettonico tutt’ora riconosciuto come costituente una “testimonianza avente valore di civiltà” (art. 2 comma 2 del Codice): per quanto civile possa essere ritenuta una struttura nata per la guerra e destinata esclusivamente a usi militari per quasi tre secoli. Se infatti si intendesse escludere l’effettivo interesse culturale, di questo come di altri beni demaniali, ai fini dell’avvio della procedura di sdemanializzazione e quindi della possibile conseguente alienazione, lottizzazione e destinazione a usi immobiliari (per non dire di una davvero improbabile demolizione parziale o totale105), tale verifica andrebbe fatta alla luce degli stessi criteri fissati dal Codice, ed in specifico dall’articolo 10 comma 1, in quanto il sito della Cittadella presenta certamente “interesse artistico, storico, archeologico” (quest’ultimo con riferimento al preesistente quartiere Borgoglio). Sulla base del comma 3 dello stesso articolo - essendo a suo tempo intervenuta la dichiarazione ora regolata dall’art. 12 del Codice – occorrerebbe dare atto che si tratta, oltre ogni ragionevole dubbio, di beni che “rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare (…) e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche”: a tal fine è infatti sufficiente considerare i già ricordati legami con le vicende risorgimentali e della Resistenza, ed anche la stretta connessione tra l’intera vita della Cittadella e la storia delle istituzioni militari nazionali, intese in questa accezione solo dal punto di vista organizzativo e logistico106. In questo senso è interessante l’osservazione fatta già nel 1966 dalla Commissione Franceschini107, per la quale – al di là del generale interesse storico di tutti i beni culturali – vanno distinti quelli che rilevano in quanto “beni di interesse storico, si potrebbe dire, in senso specifico”, in virtù della derivazione del loro interesse esclusivamente dalla connessione ad eventi storici, concetto che può essere espresso con la dizione di “testimonianza storica”, individuabile nel nostro caso soprattutto nella battaglia di Marengo. Ai sensi del successivo comma 4 lettera f) potrebbe invece essere considerato il sistema delle aree esterne, per lungo tempo dimenticato e solo di recente riconsiderato dal punto di vista progettuale come “parco di interesse storico”; così pure l’insieme degli spazi interni alla cinta bastionata costituiscono certamente “spazi aperti urbani di interesse storico”, e vedremo presto quanto possa risultare significativa per la Cittadella la definizione come spazio aperto, e così pure la sua qualificazione come urbano. Altrettanto interessanti e pertinenti risultano poi le definizioni, cui si era fatto già cenno supra con riferimento al sito di Marengo, rinvenibili all’art. 101 (Istituti e luoghi della 105 Tale eventualità per la Cittadella è stata sempre paventata da parte di alcune associazioni culturali locali: cfr. gli interventi del Generale Guido Amoretti, di Guido Patria e quello, riportato infra, di Guido Ratti, in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., pp. 60, 71 e 75-76. 106 A. CROSETTI, D. VAIANO, op.cit., pp. 30-33, pongono in evidenza la differenza di questa accezione, che viene in rilievo grazie al “legame storico-relazionale”, rispetto a quella dei b.c. “storici” di cui al comma 1 dello stesso articolo. 107 Cfr. G. VOLPE, Manuale di diritto dei beni culturali. Storia e attualità, Padova, Cedam 2007, p. 118. 27 Massimo Carcione cultura) del Codice, secondo cui si intende per “complesso monumentale” un insieme formato da una pluralità di fabbricati edificati anche in epoche diverse, che con il tempo hanno acquisito, come insieme, un’autonoma rilevanza storica. La dizione di “parco archeologico” andrebbe invece adottata nel caso di un ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche, il che non è nel nostro caso, mentre appare più pertinente in prospettiva il riferimento alla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, e al fatto di essere attrezzato come museo all’aperto108. In proposito occorre sin d’ora avere presente le disposizioni dei commi 3 e 4, secondo cui se gli istituti ed i luoghi di cui sopra appartengono a soggetti pubblici sono “destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico”, mentre nel caso appartengono a soggetti privati, purché aperti al pubblico, “espletano un servizio privato di utilità sociale”. Se si volesse infine condividere la recente proposta di qualche amministratore comunale, infine, potrebbe risultare applicabile anche l’art. 11, lett. i) riguardante le “vestigia individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale”, come integrato dal disposto di cui all'articolo 50, comma 2109. Si rileva a questo proposito che anche la l. 7 marzo 2001, n. 78 faceva riferimento alla lettera f) dell’art. 1, comma 2, a “ogni altro residuato avente diretta relazione con le operazioni belliche”, non essendo in questo caso, a stretto rigore, configurabile il riferimento alle fortificazioni, dal momento che all’epoca si trattava già di strutture logistiche, utilizzabili al più per la detenzione dei prigionieri, di guerra e politici; si noti infine che la legge de qua non delimita territorialmente l’area di intervento e demanda gli interventi allo Stato (Ministeri della Difesa e dei Beni culturali, quest’ultimo anche in veste di finanziatore), alle Regioni e agli Enti locali, consentendo inoltre l’interventi dei privati. 3. Patrimonio culturale europeo, patrimonio dell’Umanità Secondo quanto è stato codificato, in seno al Consiglio d’Europa, dall’art. 1 della Convenzione culturale europea (Parigi, 19 dicembre 1954)110 “ogni Parte Contraente prenderà misure intese a salvaguardare e a incoraggiare lo sviluppo del suo contributo al patrimonio culturale comune dell’Europa”, che per l’art. 5 è individuato solamente nel senso che “ogni Parte Contraente considererà gli oggetti di valore culturale europeo in suo possesso, come parte integrante del patrimonio culturale comune” al fine di prendere le misure necessarie a salvaguardarli e facilitarne l’accesso. Non si tratta dunque, almeno sino ad oggi, di un sistema organizzato sotto forma di catalogo, lista o circuito stabile di monumenti e siti111, né ci sono espliciti collegamenti tra Con riferimento all’ipotesi di destinare a fini museali uno o più degli edifici della Cittadella, va ricordato che per il comma 2, lettera a) dello stesso articolo, "museo è una struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio”. 109 “È vietato, senza l'autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco di stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli nonché la rimozione di cippi e monumenti, costituenti vestigia della Prima guerra mondiale ai sensi della normativa in materia”. Va detto che si tratta di norme di cui davvero non si ravvisa la necessità, trattandosi prevalentemente di beni culturali con oltre cinquant’anni, problema che ormai non si pone più neppure per le vestigia della Seconda guerra mondiale. 110 Per l’art. 3 della più recente convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro, 2005), non ancora ratificata da parte dell’Italia, entrata in vigore il 1 giugno 2011 con sole 10 ratifiche, il patrimonio comune europeo “consists of all forms of cultural heritage in Europe which together constitute a shared source of remembrance, understanding, identity, cohesion and creativity”. 111 In tal senso poteva apparire l’iniziativa presentata (settembre 2006) dal Ministero per i Beni culturali, in occasione delle Giornate europee del Patrimonio di “inserire nuovi beni del nostro territorio 108 28 Study case tale particolare categoria di beni culturali e le realtà a vario titolo destinatarie dei diversi finanziamenti o fondi strutturali UE, neppure nell’ambito del progetto “Cultura” 112; una conferma in tal senso è giunta allorché, negli anni successivi, non hanno ricevuto approvazione e finanziamento né un progetto UE Raffaello specificamente dedicato a una rete europea di cittadelle e fortificazioni da recuperare agli usi civili, né l’ancor più vasta e articolata rete europea dei siti napoleonici, proposta ai fini dell’inserimento nel programma UE Cultura 2000, rispettivamente per iniziativa di Provincia e Comune di Alessandria. Ben altra effettività, anche sul piano del diritto interno, rivestono invece le definizioni contenute nelle convenzioni UNESCO sul patrimonio mondiale già ratificate dal Parlamento nazionale, che hanno introdotto da tempo nel nostro ordinamento nozioni di grande utilità ai fini della più corretta individuazione dei caratteri peculiari, e quindi del rilievo culturale e paesaggistico, del sito in questione. Infatti per l’art. 1 (Definizione dei beni culturali) della Convenzione per la Protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, adottata all'Aja il 14 maggio 1954, sono considerati beni culturali, tra le altre cose: i beni immobili, come i monumenti architettonici di storia; i siti archeologici; i “complessi di costruzioni che, nel loro insieme, offrono un interesse storico”; ed inoltre i musei, le grandi biblioteche, i depositi di archivi, come pure “i rifugi destinati a ricoverare, in caso di conflitto armato, i beni culturali mobili”; in ultimo i centri monumentali, che sono definiti come comprendenti un numero considerevole di beni culturali. Tutto ciò a condizione che tali beni siano “di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli”. L’art. 1 della Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale (Parigi, 23 novembre 1972), specifica invece che, per quel che ci interessa, sono considerati patrimonio culturale i monumenti architettonici, le strutture di natura archeologica e le “combinazioni di elementi di evidente valore universale” dal punto di vista storico; sono inoltre protetti “i gruppi di edifici connessi che, a causa della loro architettura, la loro omogeneità o il loro posto nel paesaggio, abbiano rilevante valore universale dal punto di vista storico”. Poiché l’adozione di tali definizioni risulta già oggi rilevante, con riferimento al sito della Cittadella, ai fini dell’avvio da parte del Ministero per i Beni e le Attività culturali di una procedura presso l’UNESCO, come pure di altre che presto potrebbero essere proposte in connessione ad essa, è del tutto evidente che la loro considerazione va ben al di là di un mero interesse scientifico per la disciplina internazionalistica: tanto più in quanto dovrà comportare la successiva attribuzione di un carattere di priorità113 negli interventi di tutela e valorizzazione, ai sensi della l. n. 77/2006114. nell'ambito della campagna internazionale di sensibilizzazione e valorizzazione del patrimonio culturale europeo”, nell’intento di “rendere facilmente percepibili, da parte dei cittadini europei, le radici comuni della loro cultura”. 112 Non poteva dunque essere presa alla lettera l’iniziativa assunta nel 1997 dal Comune di Alessandria, che aveva chiesto ai partecipanti al Congresso napoleonico internazionale svoltosi in Cittadella (21-26 giugno 1997), di sottoscrivere un appello affinché il sito fosse “riconosciuto” come bene culturale di rilevanza europea. 113 Secondo R. CHIARELLI, op.cit., p. 275, risulta inevitabile la scelta di operare una selezione dei beni culturali storici da conservare e salvare. 114 Art. 2: “I progetti di tutela e restauro dei beni culturali, paesaggistici e naturali inclusi nel perimetro di riconoscimento dei siti italiani UNESCO acquisiscono priorità di intervento qualora siano oggetto di finanziamenti secondo le leggi vigenti”. 29 Massimo Carcione b. Lo status giuridico 1. La legislazione vigente Per completare il quadro dello status quo normativo al momento dell’avvio e nel corso dell’evolversi delle vicende di cui ci stiamo occupando, vale la pena di riassumere brevemente le diverse fonti legislative che si sono succedute, in particolare nel periodo tra il 1994 (anno dell’alluvione, evento che ha determinato la definitiva decisione di dismettere il sito da parte della Difesa) e il 2008, momento in cui si è completato il processo di dismissione ed è iniziata, al momento solo a titolo di “custodia”, l’attività di gestione da parte del Comune. Inutile sottolineare che si tratta dell’arco temporale che ha visto, insieme e nell’ambito della ridefinizione delle competenze rispettive e dei rapporti reciproci tra i diversi livelli istituzionali, anche la radicale revisione di tutta la normativa in campo culturale: fermi restando i principi fondamentali della “Costituzione culturale” (in primis gli articoli 9 e 33), a partire dagli articoli 148 ss. del Capo V del d.lgs, n. 112/1998, in seguito con il Testo unico dei Beni culturali (d.lgs. n. 490/1999) ed infine, e soprattutto, con la l.cost. n. 1/2003 si è venuto a creare un quadro istituzionale e di competenze amministrative quasi del tutto nuovo, ripensato nell’ottica della sussidiarietà. Su queste basi, infine, il Codice del 2004 è intervenuto a ridefinire complessivamente un quadro normativo che, pur conservando l’impianto fondamentale della storica legge di tutela n. 1089/1939 è risultato fortemente innovato, in particolare per quanto attiene le “nuove” competenze e funzioni relative alla valorizzazione e promozione culturale. Dunque la vicenda della Cittadella (come tutti gli altri casi di grandi interventi di recupero strutturale e riuso di complessi monumentali, avviati o portati a termine in questo stesso periodo) ha costituito, anche in questo senso, un test piuttosto probante del recepimento e dell’attuazione – come pure dell’inefficacia o delle difficoltà di recezione, soprattutto sul piano amministrativo – delle nuove norme che via via prendevano corpo e spiegavano i loro effetti, anche con riferimento alla legislazione regionale. Ne è riprova il fatto che la Regione Piemonte ha avviato proprio tra il 2000 e il 2001 (con la l.r. n. 44/2000, come integrata dalla n. 5/2001) il recepimento della riforma Bassanini, senza però intervenire coerentemente e conseguentemente sulla normativa di settore, tuttora ferma, per quanto attiene ai fondamenti del sistema degli interventi di sostegno alla promozione culturale e di organizzazione dei servizi culturali, alle ormai “storiche” l.r. n. 57/1978 e n. 78/1978. 2. Demanialità Si è già detto poc’anzi dello status giuridico di demanialità che caratterizza tutti gli immobili oggetto del presente studio, il quale avrebbe da sempre assicurato – almeno in linea teorica – la massima garanzia sotto i profili della tutela e della destinazione a uso pubblico; tuttavia da qualche anno è il fondamento stesso del concetto di demanialità (che solo in caso del tutto eccezionali poteva venire meno, tramite la procedura di sdemanializzazione) ad avere via via perso l’aura quasi sacrale che da sempre lo aveva caratterizzato, assumendo per quanto riguarda gli immobili di pregio storico-artistico una connotazione assai meno garantistica, tanto da far dire che “sovente il peggior nemico dei 30 Study case 115 beni culturali pubblici è il Demanio” . Con la l. n. 662/1996116, si era tentato di fare fronte a questo stato di cose in modo quanto meno singolare, adottando un meccanismo di cessione onerosa agli Enti locali, oppure di permuta di edifici e aree militari con equivalenti siti edificabili di proprietà delle amministrazioni comunali. Dopo il 2003117, si è registrata una decisa accelerazione di tali procedure, che sono state però riorganizzate in modo più appropriato e funzionale, prevedendo il trasferimento dei beni militari al patrimonio immobiliare dello Stato, portando quattro anni dopo all’accordo, stipulato tra Agenzia del Demanio e Ministero della Difesa, che ha definito la consistenza dei beni ex militari non più utili ai fini istituzionali; sulla base delle disposizioni previste dalla Finanziaria 2007, poi, quattro decreti hanno sancito il passaggio degli immobili già dismessi dagli usi militari. Nell’ottica della nuova agenzia creata per “valorizzare” questo immenso patrimonio immobiliare, dunque, “gli immobili dismessi dalla Difesa (caserme, arsenali, poligoni, terreni) rappresentano un’opportunità di sviluppo e di innovazione nella gestione del patrimonio immobiliare pubblico e nella pianificazione degli assetti territoriali118. A tal fine erano stati aperti già all’epoca tavoli permanenti di confronto con l’ANCI, la conferenza Stato-Regioni e i Comuni interessati, per valutare i loro fabbisogni e definire insieme un piano di riconversione: tuttavia quella complessa e non particolarmente dinamica costruzione amministrativa, gestionale e tecnica deve ora essere interamente rivista119 alla luce del nuovo d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85 (singolarmente denominato “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio”), in attuazione della l. n. 42/2009 in materia di c.d. “Federalismo demaniale”, il quale trasferisce l’immenso patrimonio immobiliare dismesso e non utilizzato dallo Stato alle Autonomie locali, e su cui si tornerà ancora nel prosieguo della trattazione120. Resta il fatto che, secondo il già richiamato art. 12 del Codice (che ha ripreso il 115 G. FAMIGLIETTI, Diritti culturali e diritto della cultura. La voce “cultura” dal campo delle tutele a quello della tutela, Torino, Giappichelli, 2010, p. 257, per il quale la possibile soluzione sarebbe costituita dal fatto di unificarne la gestione sotto la responsabilità del Ministero per i Beni e le Attività culturali. 116 L’art. 3, comma 112, della l. n. 662/1996 (Legge Finanziaria 1997) aveva attribuito alla Difesa, entro un tetto massimo di valore, la competenza ad alienare e permutare direttamente immobili alla medesima in uso e non più utili a finalità istituzionali e da individuarsi tramite appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. 117 A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 27 della l. n. 326/2003; la norma è stata poi modificata dall’art. 14 bis del d.lgs. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla l. n. 133/2008 restituendo alla Difesa la competenza a gestire direttamente la dismissione degli immobili, cosa che tuttavia non sembra avere avuto, in linea generale, esiti particolarmente soddiscfacenti (forse perché non si tratta di un’attività precisamente rientrante tra le specifiche competenze istituzionali delle forze armate); l’art. 2, comma 628 della l. n. 244/2007 ha regolato anche la dismissione degli allloggi di servizio, mentre la Finanziaria 2010 ha istituito la “Difesa Servizi s.p.a.” 118 Comunicato dell’Agenzia del Demanio Firmato il primo decreto di trasferimento degli immobili ex difesa (28 febbraio 2007), da cui risulta che sono passati nel patrimonio disponibile centinaia di beni per un valore di circa 4 miliardi di euro: in www.agenziademanio.it. 119 Proprio alla più agevole possibilità di verificare a livello locale le corrette modalità di valorizzazione di “una caserma dismessa” fa riferimento, a titolo di esempio, L. ANTONINI, Il primo decreto legislativo di attuazione della legge n. 42/2009: il federalismo demaniale, in www.federalismi.it, (25) 2009, pp. 2, 6 ss.; peraltro i beni immobili in uso alla Difesa potranno essere trasferiti in quanto non ricompresi tra quelli oggetto del succitato d.lgs. n. 112/2008. 120 Cfr. L. ANTONINI, op.cit.; un quadro sintetico e aggiornato della complessa normativa in materia e della sua recente evoluzione è disponibile in Discussioni sul Federalismo fiscale (seduta del 28 aprile 2010), Atti parlamentari XVI Legislatura, Camera dei Deputati-Senato della Repubblica, in www.camera.it. 31 Massimo Carcione disposto del precedente art. 7 della l. 15 giugno 2002, n. 112121), qualora non sia riscontrato l'interesse122, “le cose medesime sono escluse dall'applicazione” delle disposizioni di tutela; infatti in di verifica negativa sugli immobili appartenenti al demanio dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, i competenti uffici ne “dispongono la sdemanializzazione, qualora, secondo le valutazioni dell’amministrazione interessata, non vi ostino altre ragioni di pubblico interesse”, il che significa che “sono liberamente alienabili”. Particolarmente significativa in tale contesto, proprio perché stiamo trattando di un sito storico-militare oggetto di possibile sdemanializzazione e “valorizzazione” (nel senso finanziario del termine), è allora il messaggio indirizzato al Governo Berlusconi dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione della promulgazione della legge di conversione del d.l. n. 63/2002 istitutivo della Patrimonio SpA: in essa si invitava a “predisporre strumenti idonei a garantire l’inalienabilità di beni di particolare valore culturale, costitutivi dell’identità nazionale123, tra i quali il Capo dello Stato aveva con tutta probabilità inteso includere, alla luce delle impegnative affermazioni fatte proprio l’anno successivo in occasione della sua storica visita, anche la Cittadella. Il che vale a ribadire nel modo più solenne e autorevole il principio fondamentale per il quale i beni demaniali oggetto di questo studio devono essere, in via di principio, considerati “destinati al godimento pubblico, costituendo anzi tale destinazione una componente essenziale della demanialità”124, escludendo in via pregiudiziale ogni ipotesi di vendita e men che meno di demolizione. 121 Di conversione del d.l. n. 63/2002, la quale a giudizio di G. VOLPE, op.cit., p. 395, aveva subordinato l’azione di tutela dello Stato “all’iscrizione dei beni all’interno di un improbabile catalogo delle opere di sommo pregio”; già in precedenza le procedure di ricognizione del demanio pubblico, a richiesta degli enti proprietari, erano state definite dall’art. 1 comma 6 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, nel testo coordinato con la legge di conversione 23 novembre 2001, n. 410 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare). 122 Vale la pena di segnalare le forti perplessità di molti autori circa la correttezza tecnica e la concreta fattibilità di tale procedura, che infatti non risulta aver avuto grande fortuna: già Massimo Severo Giannini evidenziava che l’attribuzione o meno a un edificio della natura di bene culturale (trattandosi “nozione liminale” e metagiuridica) dipende dall’applicazione di criteri tratti da discipline extragiuridiche, essendo sensibili a valori e fattori estetici ed in molti casi anche soggettivi; più di recente anche Giulio Volpe ha evidenziato, proprio con riferimento alla procedura de qua, la “connotazione di ogni possibile catalogo dei beni culturali come di opera aperta, flessibile e mai finita”, proprio in virtù dell’asserita “relatività” del concetto stesso di b.c.: cfr. G. VOLPE, op.cit., p. 395. 123 La citazione, riportata a proposito dell’esercizio presidenziale della moral suasion con riferimento alle modifiche da apportarsi alla legge al fine di evitare il rinvio al Parlamento, è tratta da M. CAVINO, L’irresponsabilità del Capo dello Stato, Milano, Giuffré, 2008, p. 82; se ne può trovare un breve commento in S. SETTIS, Italia SpA, L'assalto al patrimonio culturale, Torino, Einaudi, 2002, p. 136. Il Patrimonio della Nazione, alla luce della definizione dell’art. 9 comma 2, Cost., deve intendersi come il risultato di elementi etnici, linguistici, sociali e culturali costitutivi di una collettività determinata: Cfr. P. CARETTI, U. DE SIERVO, op.cit., p. 96. 124 G. VOLPE, op.cit., p. 399-411 ss., cui si rimanda per un’ampia e ben più approfondita disamina del complesso quadro normativo relativo all’attuazione dell’art. 53 del Codice, anche alla luce delle modifiche di cui al d.lgs. n. 156/2006 in materia di silenzio-assenso e silenzio-inadempimento; v. anche A. FANIZZA, I beni culturali tra alienazione e valorizzazione, in Urbanistica e appalti, 2001, p. 7 ss.; G. LOSAVIO, Demanio culturale: dal Codice Civile al Regolamento del 2000, in E. BIASIN, R. CANCI, S. PERULLI (a cura di), I nuovi sentieri dei beni culturali in Italia, Udine, Forum, 2003; A. SERRA, Le società per la ‘valorizzazione’ dei beni pubblici. L’impatto sul regime dei beni trasferiti, in Aedon, 2/2005. 32 Study case 3. Statuto urbanistico Se si conviene di considerare l’area della Cittadella in quanto parte del centro storico della città di Alessandria, ed anche la prospettiva che essa in qualche misura possa essere (o, meglio, tornare ad essere) un “centro storico” a se stante, la sua tutela dal punto di vista urbanistico non è stata integrata nel Codice dei beni culturali; essa resta quindi basata sulla normativa previgente che, a partire dalla l. 6 agosto 1967, n. 765 e s.m.i., la quale definiva come tale “ogni agglomerato urbano che riveste carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale”, con la specificazione che tale tutela va riconosciuta, laddove siano contenuti edifici costruiti in epoca anteriore al 1860, “anche in assenza di monumenti o edifici di particolare valore artistico”. Merita di essere sottolineata, inoltre, l’esplicita definizione come centro storico delle strutture urbane racchiuse da antiche mura in tutto o in parte conservate, ivi comprese le eventuali propaggini esterne125. Rimandando agli studi specifici ogni opportuno approfondimento in materia126, è sufficiente sottolineare che tale disciplina rientra tra quelle tutelate da sanzioni penali, con un richiamo all’art. 734 del Codice penale, come integrato dai precetti di cui alle leggi di settore; a tale riguardo la Cassazione ha stabilito127 che “sussiste reato di cui all’art. 734 c.p. quando siano distrutte o alterate le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell’autorità. Non occorre la materiale e irreparabile distruzione in senso fisico delle componenti strutturali, naturali e culturali del paesaggio, ma è sufficiente una alterazione che ne contempli il deturpamento, anche se realizzata senza costruzioni, demolizioni, distruzione di vegetazione (...)”. A fronte dell’evidente e indiscutibile rilevanza del sito, nonché della complessità dei problemi urbanistici e infrastrutturali posti alla città e al territorio comunale e provincia dal recupero a usi civili del sistema delle fortificazioni (nonché dalla valorizzazione turistica dell’intesa area interessata dalla Battaglia di Marengo), temi posti all’attenzione delle diverse amministrazioni e della collettività, almeno sin dagli anni ’80 del XX secolo, lo strumento del vigente PRGC 1990 della Città di Alessandria128 non sembra aver dato sino ad oggi adeguate risposte129; se, in passato, l’utilizzo delle aree più significative da parte dell’amministrazione militare precludeva130 alle autorità municipali la possibilità di incidere sulla loro destinazione, era stata a suo tempo individuata in vista della dismissione con Si ricorda che tale normativa urbanistica è stata poi integrata e modificata, in particolare, dalle l. n. 1187/1968, dalla l. n. 10/1977 (c.d. “Bucalossi”), con la l. n. 431/1985 (c.d. “Galasso”), che ha regolato il vincolo paesistico, ed infine con la l. n. 179/1992 in materia di programmi integrati di riqualificazione. 126 Ad esempio C. GAIA, G. GHETTI (a cura di), La tutela dei centri storici, Torino, Giappichelli, 1997; A. PERINI, La tutela dei centri storici: un excursus sulle discipline giuridiche, in Riv.Giur.Urb., 2000, II, p. 313 ss. 127 Sentenza Cass. Pen., 6 giugno 1990, in Riv.Pen., 1991, p. 277. 128 Quello attualmente vigente è stato adottato con modifiche “ex ufficio” con d.g.r. n. 3629308 del 7 febbraio 2000, pubblicata nel BUR Piemonte n. 7 del 16 febbraio 2000; l’ultima variante strutturale è del dicembre 2010. 129 Si veda il giudizio espresso da Sergio Boidi (Politecnico di Milano), per in quale “a fronte delle esigenze attuali, il piano regolatore, più che inadeguato, appare obsoleto: la sua strategia di fondo risente ancora dell’idea della città che si aveva quarant’anni fa”, con particolare riferimento all’ipotesi di utilizzo della Cittadella come campus universitario: S. BOIDI, Recupero della Cittadella e sviluppo della città, in AA.VV. La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, Atti del convegno del 7 aprile 2011, Alessandria, Italia Nostra, 2004, p. 28. 130 Tale garanzia non si è però estesa all’Opera di Valenza, grande avancorpo sito a nord-est della Cittadella, dismesso da decenni dall’Esercito e adibita a usi protoindustriali, che ne hanno determinato anche la parziale distruzione o radicale trasformazione. 125 33 Massimo Carcione generica destinazione a servizi di pubblico interesse, le aree esterne avrebbero già potuto essere oggetto di una maggiore attenzione e sensibilità, pur nel rispetto delle prerogative dei proprietari di terreni e immobili. Tale giudizio critico è stato ribadito dall’urbanista Roberto Gambino131, secondo il quale “la rifunzionalizzazione della Cittadella pone rilevanti problemi di vera e propria riurbanizzazione, che non paiono finora considerati nella pianificazione in atto”, la quale all’epoca prevedeva ancora in riva sinistra del Tanaro sviluppi essenzialmente riferiti alle attività produttive, mantenendo al fiume l’improprio “ruolo di ‘confine’ della città”, isolando l’area monumentale e interrompendo la sua continuità ambientale con il contesto che potrebbe essere ricostituita solo con “opere di riqualificazione di grande respiro”. Basti citare in proposito, la mancata riconsiderazione dell’area industriale ex-Panelli, che dopo l’alluvione del 1994 è stata ridestinata a insediamenti commerciali o artigianali, senza prendere in considerazione la possibilità di un’acquisizione e demolizione a fini di recupero di un ampio tratto delle fortificazioni esterne a sud-ovest. Così pure, ancora alla fine degli anni ’90, la destinazione dell'area di rispetto a nord della Cittadella, caratterizza dalle pendenze del terreno e dai resti degli avancorpi e delle lunette, che era destinata a insediamento artigianale o industriale in cui era previsto di realizzare una nuova strada di grande traffico, che doveva unire Via Giordano Bruno a Via Pavia132. Anche l’attigua Opera di Valenza, ormai adibita a usi civili, è tuttora individuata in PRGC come area militare ma con pregio ambientale e architettonico, dimostrato da alcuni resti di bastioni e di edifici visibili anche dall’esterno; a riprova di ciò, in occasione della proposta di realizzazione di un piano di insediamento commerciale è stato richiesto sul progetto il parere della Soprintendenza BAP, che non ha ritenuto di negarlo133. Le previsioni urbanistiche sono state ultimamente aggiornate134, infine, a seguito di Deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 25 gennaio 2011, che ha approvato la Terza Variante Strutturale al Piano Regolatore Generale vigente. Non è risultato di particolare utilità e incisività, ai fini di cui sopra, l’adozione negli stessi anni da parte del Consiglio Provinciale135 del Piano territoriale provinciale (Deliberazione del Consiglio provinciale n. 29 del 3 maggio 1999), definitivamente approvato dalla Regione Piemonte solo nel febbraio 2002, che ha previsto solamente l’inserimento della Cittadella nell’ambito dei luoghi con statuto speciale (LSS) ai sensi dell’art. 39 delle norme di attuazione, rinviando però a successivi approfondimenti che con Curatore del capitolo Contesto territoriale dello studio meta progettuale: cfr. G. DURBIANO, L. REINERIO, Riabitare la fortezza, Torino, Allemandi, 2002, pp. 40-41. 132 Proprio l’acquisizione nel 1998, da parte del Comune, di una nota tecnica redatte dal gruppo di esperti del Politecnico di Torino, a latere del lavoro di elaborazione del metaprogetto su cui ci soffermeremo tra breve, aveva indotto a ridefinire in sede di aggiornamento del PRGC stesso a zona verde con relativa pista ciclabile. 133 A proposito di una certa schizofrenia dell’opinione pubblica locale, va segnalato che malgrado le feroci polemiche sul metaprogetto del Politecnico e ancor più in occasione della demolizione del ponte, la possibilità di trasformazione dell’Opera di Valenza in un grande centro commerciale non ha destato in città alcuna attenzione e tanto meno rimostranze. 134 L’attuale PRGC - Tavola 4, foglio 16 – prevede per l’interno della Cittadella (ancora individuata come vincolata ex l. n. 1089/1939), inclusi i bastioni, la destinazione “Aree per attrezzature di interesse comune”, mentre il sistema dei fossati è previsto come “Parchi pubblici urbani” e le aree attigue sono “Spazi pubblici a parco per il gioco e lo sport”, essendo individuate come “di pregio ambientale”. 135 Per un approfondimento sul tema cfr. L. MARESCOTTI (a cura di), Beni architettonici e ambientali: dalle indagini alla pianificazione provinciale: analisi e studi di settore per il progetto di Piano territoriale di coordinamento provinciale, Milano, F.Angeli, 1999. 131 34 Study case ogni probabilità avrebbero dovuto assumere, ai sensi della l. 8 agosto 1985, n. 431, la forma di un piano paesistico136. 4. Individuazione dell’ente capofila del progetto Merita solo un breve cenno la questione, in realtà più formale che sostanziale (non volendo in alcun modo entrare nel merito degli aspetti più prettamente politici, che esulano evidentemente da questa ricerca), dell’individuazione dell’ente incaricato di fungere da riferimento istituzionale dell’insieme dei procedimenti di cui ci occuperemo tra breve. Poiché, infatti, a quell’epoca la riforma del Titolo V della Costituzione non era ancora stata approvata, ma si era già nel pieno del dibattito e dei primi provvedimenti attuativi della riforma “a costituzione invariata” di cui alla l. 15 marzo 1997, n. 59, l’avvio dell’iter è stato certamente caratterizzato da una forte impronta di sussidiarietà, che nella fattispecie, per l’assai limitato coinvolgimento della società civile, se non nella primissima fase di sensibilizzazione, è stata intesa in senso verticale (istituzionale) più che orizzontale. L’Ente individuato di comune accordo per svolgere il ruolo di capofila dell’intera fase del metaprogetto, e poi della progettazione vera e propria, non è stato tuttavia l’Amministrazione Comunale, come sarebbe stato logico aspettarsi trattandosi di un capoluogo di provincia: la scelta è infatti caduta sulla Provincia, senza che ciò fosse esplicitamente motivato da ragioni non meramente tecnico-amministrative, sull’esempio di quanto talvolta si verifica ai fini della progettazione di grandi opere infrastrutturali. Peraltro in assenza, come vedremo, di un vero e proprio atto di indirizzo generale da parte delle amministrazioni coinvolte, tutta questa fase preliminare si era svolta sulla base di intese informali, cui hanno dato seguito solo gli atti della Provincia, a partire dalla primissima Deliberazione della Giunta Provinciale (neppure del Consiglio, dunque) n. 2232 del 30 dicembre 1996. Non si è mai posto in modo formale, dunque, il problema della competenza primaria o prevalente ai fini della convocazione della conferenza dei servizi finalizzata alla discussione e stipula di un eventuale accordo di programma 137 (su cui v. infra); il ruolo dell’Amministrazione provinciale è stato dunque mantenuto ed esercitato fino al 2007, anno in cui in seguito a una delle molte tornate elettorali che hanno contrassegnato la quindicennale vicenda, per la prima volta è stato posta in modo formale138 la rivendicazione di tale ruolo da parte del Comune stesso, che ha adottato esplicitamente e rivendicato con forza la “scelta” dell’assunzione del “ruolo di leader di progetto da parte del Comune di Alessandria”, il che si sostanzia anche in alcune ulteriori scelte di natura organizzativa e G. VOLPE, op.cit., p. 133, ricorda che la redazione di piani paesistici obbligatori, ora demandata alle Regioni, era già prevista dall’art. 5 della l. 1497/1939, al fine di “individuare intere zone e identificare tipologie paesistiche soggette a vincolo”, con conseguente “immodificabilità assoluta”. 137 L’art. 34 del d.lgs. n. 267/2000 recita: “Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento”. Si veda in proposito anche l'art. 15 della legge n. 241/1990. 138 Dapprima con una dichiarazione del Sindaco in sede di tavolo interistituzionale, poi da parte del Consiglio Comunale, con la D.C.C. n. 54 del 19 maggio 2008. 136 35 Massimo Carcione programmatoria139. Vale la pena dunque di sottolineare, in conclusione, che a differenza di quanto avvenuto per il coevo e analogo caso di Venaria Reale, né la Regione né tantomeno i diversi Ministeri interessati hanno mai rivendicato o anche solo posto la questione di un rilievo regionale o nazionale del progetto; il che non ha però impedito loro di adottare in seguito (come vedremo) numerosi atti formali, in tutto o in parte contraddittori rispetto a tale indirizzo. 5. Proprietà, disponibilità e custodia Infine vale la pena di soffermarsi brevemente sui diversi titoli giuridici con cui ciascuna delle diverse istituzioni coinvolte ha, volta per volta, realizzato interventi o svolto attività amministrative sul sito, con la doverosa premessa che tali iniziative hanno, in alcuni casi, travalicato la competenza legislativamente loro attribuita in senso stretto; ciò si è reso inevitabile soprattutto in ragione dell’assenza o della scarsa attenzione, protrattasi per circa un decennio, dello Stato, della Regione Piemonte e del Comune di Alessandria, vale a dire dei principali protagonisti (almeno in via teorica) rispettivamente delle funzioni di tutela, valorizzazione e gestione. Detto quindi del ruolo assunto dalla Provincia, in veste di ente coordinatore e sede del tavolo di concertazione, e dati per scontati quelli del Ministero per i Beni culturali, della Regione e dell’Amministrazione Comunale nell’esercizio (seppure difficoltoso) delle loro indiscusse prerogative, occorre ancora evidenziare che: - in quanto bene demaniale la Cittadella è sempre stata di proprietà dello Stato, esercitata dapprima dal Ministero del Tesoro per il tramite dell’Amministrazione del Demanio, quindi in tempi più recenti dal Ministero dell’Economia attraverso l’Agenzia del Demanio; - finché il bene è stato in uso all’amministrazione militare, tuttavia, la responsabilità di tutte le attività di manutenzione e utilizzo, nonché ogni decisione in merito è stata esercitata dagli Alti Comandi dell’Esercito, che però in quello stesso periodo erano oggetto di una vorticosa riorganizzazione: per questo motivo, della Cittadella si sono occupati dapprima, per qualche tempo, il Comando Regione militare NordOvest di Torino, quindi il comando logistico di Padova e infine il Comando Regione militare Nord, ancora a Padova; tuttavia le scelte strategiche circa la dismissione sono state sempre prerogativa del Ministero della Difesa, per il tramite dello Stato Maggiore dell’Esercito; al fondo della catena di comando c’è sempre stato il Comandante del Deposito Ce.Ri.Co. (con sede a Candiolo), riferimento amministrativo della logistica e dei depositi dei materiali militari piemontesi140; - quando gli Enti locali e regionali (per il tramite del Comitato di cui infra) hanno 139 La d.c.c. n. 54/2008 prevedeva infatti: la revisione dello Statuto del Comitato con la sua collocazione fisica all’interno della Cittadella, l’istituzione di un gruppo di lavoro tecnico e di un forum aperto (town meeting), la trasmissione delle ipotesi di progetto al “Comitato di Piano Strategico” cittadino, “per la verifica di finanziamento e fattibilità finanziaria e per la valutazione sulla coerenza strategica”; tuttavia a marzo 2011 nessuna di queste indicazioni è stata attuata sul piano formale, né si ha cognizione di iniziative in tal senso. 140 Ne consegue che fino al 2007, ogniqualvolta gli enti civili e le diverse organizzazioni o associazioni private hanno richiesto di accedere per ogni occasione e necessità al sito monumentale, ne hanno fatto richiesta al Ce.Ri.Co., che nel dare l’autorizzazione (previo benestare del Comando di Padova) si è sempre fatto carico degli aspetti assicurativi, manutentivi e di vigilanza. 36 Study case prospettato la stipula di un’intesa finalizzata alla migliore organizzazione di tali attività, la relativa bozza è restata per mesi sui tavoli dei comandi di Padova e dello Stato Maggiore di Roma141; in tutto questo periodo, allorché gli enti locali hanno svolto a proprio carico le diverse attività di valorizzazione, hanno comunque dovuto corrispondere a consuntivo un canone di locazione all’amministrazione demaniale, in misura per fortuna ridotta grazie alla discrezionale quanto benevola considerazione delle finalità; - solo a partire dal 2007 l’Agenzia del Demanio, dopo la definitiva cessazione dell’uso da parte dell’Esercito, ha preso in consegna il sito, affidandone quasi subito la custodia al Comune in via temporaneo e con modalità alquanto restrittive, ma mantenendo aperta ogni possibile opzione circa la effettiva disponibilità, sia in termini di concessione onerosa (anche in occasione dell’utilizzo per eventi da parte della stessa Amministrazione municipale) ed ancor più nella prospettiva di una mai esclusa procedura di vendita dell’immobile. Ne consegue che tutti gli interventi, anche significativi, realizzati da Comune e Provincia con il sostegno e la collaborazione delle altre istituzioni locali (come la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria), in occasione di convegni, mostre, manifestazioni ed eventi pubblici, non sono mai stati regolati da alcun atto formale: i mezzi utilizzati e i fondi spesi per allestire strutture espositive o teatri all’aperto, servizi igienici per il pubblico o impianti di illuminazione, come pure per tagliare l’erba o rimuovere i rifiuti, hanno avuto come unica “copertura” amministrativa le intese spesso informali tra i diversi uffici, senza poter quindi consolidare un’attività coerente di interventi. anche minimi, di manutenzione, dapprima a supporto e nell’ultima fase in sostituzione dell’ormai nulla attività conservativa dell’Esercito. Soprattutto va ribadito che, al di là del frequente equivoco indotto (non sempre in modo involontario) presso l’opinione pubblica cittadina dai periodici annunci di più o meno definitiva acquisizione del sito da parte della comunità locale, la disponibilità e responsabilità ultima delle scelte inerenti il sito è sempre stata e rimane tuttora prerogativa esclusiva dello Stato142, il quale oltre a non tutela né valorizza, chiede anche un corrispettivo economico a coloro che tentano di fare un uso migliore dei beni demaniali, improvvidamente abbandonati al loro destino143. Nell’ottobre 2003, a oltre un anno dalla redazione della bozza, il Capo della Segreteria del Ministro della Difesa (lettera prot. 2/51121/10.3.1.1/ 236/03) in risposta a una sollecitazione del Deputato alessandrino On. Renzo Patria, componente del Comitato, asseriva che “la bozza di protocollo d’intesa, pervenuta al Gabinetto della difesa il 25 settembre scorso dal Comitato per la Valorizzazione della Cittadella, è attualmente al vaglio degli Organi tecnici del Dicastero; ad esame ultimato, lo Stato Maggiore della Difesa provvederà a renderne noti gli esiti al Presidente del Comitato, coordinandone eventuali aggiunte e/o modifiche al testo”. 142 Analogamente è avvenuto per il non lontano complesso monumentale di Santa Croce a Bosco Marengo: il parallelo tra le due realtà, accomunate nel corso delle coeve attività di recupero e valorizzazione (promosse e gestite quasi sempre dagli stessi enti) proprio dal carattere della demanialità, è stato fatto anche dal Soprintendente Regionale nella postfazione a G. D URBIANO, L. REINERIO, op.cit., p. 99; v. anche F. CERVINI, C. SPANTIGATI (a cura di), Santa Croce di Bosco Marengo, Alessandria, Cassa di Risparmio di Alessandria, 2002. Va però sottolineato, ai fini di quanto si sosterrà infra, la rilevante differenza costituita dalla circostanza che in quel caso è stato stipulato e portato a termine un significativo accordo di programma, con la conseguente disponibilità di chiari indirizzi e di ingenti risorse. 143 Meriterebbe maggiore approfondimento la responsabilità contabile per danno erariale diretto (alla luce del principio di cui all’art. 28 Cost.) che la Corte dei Conti dovrebbe imputare ai responsabili del Demanio per i danni patrimoniali conseguenti al degrado degli immobili loro affidati, tanto più gravi 141 37 Massimo Carcione c. Vicende conseguenti alla smilitarizzazione (1994-2009) 1. Il tentativo di individuare alcuni indirizzi programmatici Tra il 1996 e il 1997, proprio mentre a Marengo le istituzioni locali ponevano le basi dell’istituzione museale e della programmazione del Bicentenario, il Presidente della Provincia e il Sindaco di Alessandria avevano annunciato nel corso dei convegni144 promossi dalle varie associazioni culturali cittadine all’interno della Cittadella, l’intenzione di incaricare145 il Politecnico di Torino della realizzazione di uno studio preliminare finalizzato al riuso del complesso monumentale: si intendeva in questo modo tentare di non farsi cogliere impreparati, al momento (che in quei mesi sembrava imminente) dell'abbandono della fortezza da parte dell’Esercito. Da sempre si era infatti tentato e sperato di scongiurare questo evento infausto, trasformando magari la fortezza in un centro di formazione dell’Esercito, nella speranza di preservare la più autentica identità storica del sito militare146, ma l’orientamento dei vertici militari è sempre stato di segno ben diverso. Nell’ambito degli accordi tra gli enti finanziatori dello studio, era stata inizialmente prevista solo l’istituzione di un non meglio definito gruppo di lavoro, cui avrebbe dovuto partecipare anche la Prefettura di Alessandria; la Deliberazione della Giunta provinciale147 che ha infine dato il via alla ricerca per la “Rifunzionalizzazione della Cittadella di Alessandria in riferimento alla dismissione delle funzioni militari, prendendo spunto dal fatto che il punto 8 del disciplinare d’incarico prevedeva invece un “comitato” degli enti committenti148, ha ufficializzato la costituzione del primo Comitato per la Valorizzazione della Cittadella di Alessandria, con sede presso la Provincia. Questo organismo si è ben presto dimostrato, anche per impulso dell’assessore provinciale che lo presiedeva su delega del Presidente della Provincia, un vero e proprio nel caso dei beni storico-artistici e delle conseguenti onerose attività di recupero e restauro. L’accertamento della responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio, comporta come noto la condanna al risarcimento del danno a favore dell’amministrazione danneggiata nella misura concretamente determinata dal giudice contabile, sulla base di una serie di elementi quali, oltre al “danno effettivamente cagionato”, la “capacità economica del soggetto”, il “comportamento” tenuto e il “livello di responsabilità”: cfr. sentenza C.cost., n. 340 del 24 ottobre 2001. 144 Cfr. in particolare P. ROBOTTI, R. LIVRAGHI (a cura di), Atti del convegno del 14 settembre 1996, in Rassegna economica alessandrina, (1) 1997 (gennaio-marzo); M. CARCIONE, A. MARCHEGGIANO (a cura di), La protezione dei beni culturali nei conflitti armati e nelle calamità naturali, Atti del I Convegno Internazionale della SIPBC (Alessandria, 11-13 aprile 1997), FED, Milano 1997. Per un quadro della situazione iniziale si veda M. CARCIONE, Alessandria - La Cittadella, una sfida al buon senso in M. QUAGLIUOLO (a cura di), La gestione del Patrimonio Culturale - Cultural Heritage Management: Sistemi di beni culturali e ambientali. Atti del II Colloquio Internazionale (Viterbo, 5-8 dicembre 1997), DRI - Città di Castello 1998, pp. 156-161. 145 Dopo una prima Deliberazione della Giunta (d.g.p. n. 2232 del 30.12.1996), il Consiglio Provinciale ha adottato la conseguente XVIII Variazione di bilancio (d.c.p. n. 109 del 20 ottobre 1997), che ha costituito il primo, a lungo anche unico, atto definibile in senso lato come di indirizzo politico, adottato sul tema dall’organo assembleare dell’Ente capofila del progetto. 146 Cfr. G. FREIBURGER, op.cit., pp. 117-119. 147 D.g.p. n. 1324 del 18 dicembre 1997. 148 Va posto in rilievo che si tratta di organismi normalmente previsti dai disciplinari di incarico solo pro forma, che però di prassi si riuniscono poco o affatto. 38 Study case tavolo di concertazione interistituzionale, che ha potuto acquisire un ruolo sempre più rilevante grazie alla designazione di autorevoli rappresentanti da parte degli Enti149, alla continuativa presenza e collaborazione non solo della Prefettura di Alessandria, ma anche della Soprintendenza BAP del Piemonte, dell’Amministrazione Demaniale e soprattutto degli stessi Comandi Militari (prima torinesi e poi padovani), portando avanti per circa due anni una vasta azione politico-amministrativa150 puntualmente e analiticamente documentata dai verbali delle riunioni e dalla fitta corrispondenza intercorsa151. Va subito posto in evidenza che, a differenza di quanto avvenuto in altre realtà più fortunate come Exilles152, Fenestrelle o Vinadio, d’altronde, la Regione Piemonte non aveva mai dimostrato153 il serio intendimento di impegnare per la Cittadella ingenti risorse e adeguata attenzione istituzionale. L’occasione per divulgare in modo molto sommario gli esiti la ricerca si è concretizzata con un Convegno nazionale (12-13 febbraio 1999), incentrato sul rapporto tra la Cittadella e i musei e beni culturali militari, che aveva offerto anche l’opportunità di presentare al grande pubblico gli altri risultati (fino a quel momento riservati) dell'attività del Comitato, coinvolgendo inoltre in modo istituzionale la Regione, ed in specifico il Consiglio regionale154. Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, nell’occasione, aveva ribadito l’intenzione dell’Esercito di lasciare al suo destino la struttura entro un termine di alcuni anni, senza però rispondere al cruciale quesito circa tempi e modalità esatte di dismissione dalle funzioni militari. Per contro, alcune note positive erano costituite dal messaggio del Capo dello Stato e dagli interventi dei Soprintendenti, che avevano assicurato piena adesione, attenzione e collaborazione istituzionale e tecnica da parte delle strutture del Ministero per i Beni e le Attività culturali. 149 Si è già visto supra quale rilevanza possa avere il profilo degli amministratori di un simile organismo per l’effettiva autonomia e operatività dello stesso. 150 Della delicata quanto misconosciuta funzione di Segretario del Comitato è stato investito il Funzionario responsabile del Servizio Beni culturali della Provincia di Alessandria, che già da qualche mese curava l’istruttoria del procedimento anche per conto del Gabinetto del Presidente della Provincia. 151 L’archivio è consultabile presso l’Isral, che l’ha riordinato su incarico dello stesso Comitato nel 2009 e lo tiene in deposito in attesa di una nuova collocazione. Cfr. per un quadro di sintesi anche l’introduzione agli atti del convegno Musei e beni culturali militari nella storia del Piemonte (Area Identità degli Stati Generali del Piemonte - Alessandria, 12-13 Febbraio 1999) in G. FREIBURGER, op.cit, pp. 117-119; gli atti sono disponibili anche on line nel sito: www.cittadelladialessandria.it 152 Acquisito dalla Regione Piemonte nel 1978, è stato oggetto della l.r. n. 48 del 10 novembre 1992, la quale ha istituito e finanziato il Centro Studi e ricerche storiche sull’Architettura militare del Piemonte e un Museo delle truppe alpine che è stato aperto al pubblico, una volta ultimati i restauri, nel luglio 2000 . 153 Questo malgrado si fossero registrati, soprattutto da parte del Direttore del Settore Beni culturali della Regione, espliciti apprezzamenti per la lungimirante scelta di avviare per tempo la ricerca di una destinazione adeguata per la Citadella, diversamente da quanto nello stesso periodo avveniva per la Reggia Venaria Reale. 154 La presentazione era però stata necessariamente e volutamente superficiale, dal momento che lo studio era stato consegnato poche ore prima agli Enti committenti e quindi non ancora esaminato ed approvato; questa elementare ragione di correttezza, unita allo scarso tempo a disposizione, aveva dunque indotto il Gruppo di Lavoro del Politecnico a limitarsi ad una prima sommaria esposizione delle linee portanti, senza entrare in alcun modo nel merito dello studio, nella certezza che ci sarebbero poi state altre occasioni di confronto e discussione approfondita. Anche se qualche tempo dopo, come vedremo, ne è stata commissionata la pubblicazione presso l’Editore Umberto Allemandi di Torino, non si è più ritenuto di considerarne e discuterne criticamente i contenuti fino all'autunno 2002; il che sarebbe stato oltremodo necessario, se non altro per porre rimedio ad alcune evidenti carenze, come l’assenza di indicazioni circa l’utilizzo dei fossati esterni o l’assai ingloriosa destinazione a “WC” della cella di Vochieri, frutto evidentemente di una clamorosa svista dei redattori delle Tavole. 39 Massimo Carcione Nel maggio seguente, tuttavia, la ricerca è stata esposta integralmente in una sede pubblica155: la circostanza è rilevante, sia perché si è trattato, dome vedremo, di una delle rare occasioni di “trasparenza” in tutta la vicenda, ma anche perché in quel modo la Cittadella è stata aperta, per la prima volta in via continuativa e per un periodo significativo al grande pubblico156, si sono inoltre attivate per la prima volta, presso l’Amministrazione del Demanio, le procedure per la richiesta di spazi in concessione temporanea onerosa 157, iter che il Comune di Alessandria ha poi nuovamente percorso dieci anni dopo. Pochi mesi dopo il convegno, a conferma dell’utilità dell’azione di promozione e stimolo esercitata dal Comitato, giunse a tutti gli Enti co-interessati, al Ministero della Difesa e alla Regione Piemonte, la formale disponibilità del Direttore Generale dei Beni Culturali158, ad inserire la Cittadella nel Demanio storico-artistico “una volta concretizzata la dismissione dalle funzioni militari” per avviarne la valorizzazione ai sensi del d.lgs. n. 368/98 (Legge Veltroni), in stretta collaborazione e concertazione con la Regione, gli Enti locali e le altre istituzioni culturali regionali e nazionali interessate agli spazi interni ed esterni della Cittadella. La forma di intesa individuata e suggerita sin da allora era infatti l’accordo di programma da stipularsi nelle forme regolate a quell’epoca dall’art. 15 della l. n. 241/1990: dunque si trattava di una proposta potenzialmente risolutiva e già sostanzialmente condivisa a livello statale159, che purtroppo è stata lasciata cadere nel vuoto proprio dagli Enti locali. Successivamente, ancora nel corso del 1999160, Comune, Provincia e Regione avevano formalmente proposto allo stesso Ministero e alla Presidenza del Consiglio dei Ministeri, l’inserimento della Cittadella e del suo territorio tra i siti italiani potenzialmente candidabili alla Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, vicenda sulla quale torneremo ampiamente infra. Il primo comitato, formalmente istituito al solo scopo di interfacciarsi con il Politecnico, ha quindi chiuso la prima fase dei suoi lavori a fine 1999, avendo ottenuto la legittimazione a porsi come interlocutore a pieno titolo delle Istituzioni nazionali, militari e civili: ha dunque esercitato finalità e funzioni ben più vaste e impegnative di quelle inizialmente previste, il che ha determinato la coerente decisione di chiedere agli enti L’esposizione, allestita a cura del prof. Paolo Ferraris, è avvenuta a latere di una mostra scientifica allestita per iniziativa della Provincia nel Bastione S.Antonio. 156 L’Assessorato provinciale alla Cultura, che promuoveva l’evento (organizzato da Idearte e Politecnico di Alessandria), ha stimato un’affluenza di circa 3.000 visitatori delle due settimane di apertura. 157 Nel dettaglio, per portare a compimento un’iniziativa di valorizzazione di un bene culturale di proprietà dello Stato costata circa centomila euro, agli enti locali è stato imposto l’ulteriore onere (sotto forma di canone di concessione, a beneficio dell’erario statale) di circa ottocento euro; in aggiunta, trattandosi di un importo quantificato e liquidato a consuntivo, ciò determina per le amministrazioni interessate alcuni problemi contabili di non semplice soluzione, il che non può che scoraggiare ulteriormente l’attivazione di tali procedure. 158 Lettera prot. 16941/Div.III-IV F/3 del 23.11.1999, nella quale “si auspica una gestione congiunta” e si “concorda sull’opportunità di stipulare un accordo di programma con gli Enti locali per la rifunzionalizzazione e la valorizzazione del complesso”. 159 In altre occasioni analoga disponibilità era stata manifestata per iscritto al Comitato sia dal Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito il 10 ottobre 1998 (in seguito ribadita anche dalla Difesa, il 16 ottobre 2003), sia dal Direttore Centrale dell’Agenzia del Demanio in data 29 gennaio 2002. 160 Lettera prot. 18 del 19 maggio 1999, firmata dal Presidente della Regione Ghigo, dal Presidente della Provincia Palenzona e dal Sindaco di Alessandria Calvo; la nota era stata trasmessa per conoscenza anche alla Commissione Nazionale italiana per l’UNESCO, dalla quale è giunta l’unica risposta, seppure di mera cortesia. 155 40 Study case promotori l’attribuzione di veste e personalità giuridica autonoma. Nel merito delle scelte, uno dei pochi punti fermi di discussione sul passato, sul presente e sul futuro della Cittadella di Alessandria è risultato essere il suo indiscutibile rilievo nel corso del Risorgimento, che costituisce come noto una delle fasi storiche più significative per la nostra Regione e per l nostro Paese. Per questo motivo la Provincia di Alessandria aveva ritenuto opportuno provare a forzare un po’ i tempi e la natura del metaprogetto, indicando al Politecnico almeno una priorità nell’ambito delle molte possibili opzioni: la creazione all’interno della fortezza di un grande e innovativo Museo di Storia Militare, la cui sede era stata individuata nel Palazzo del Governatore e negli edifici retrostanti161. Il fatto che si trattasse di un’idea non solo tecnicamente giusta ma anche politicamente (non senso migliore del termine) condivisibile e potenzialmente vincente162, ha trovato riscontro solo qualche anno dopo negli esiti dell’indagine conoscitiva condotta dall’associazione culturale locale ACSAL163. Ulteriori ipotesi e sperimentazioni di nuove destinazioni sono state prospettate ed in qualche caso sperimentate in quei mesi e negli anni successivi; esse hanno riguardato la possibile realizzazione, in spazi idonei individuati all’interno della fortezza, di spazi espositivi o museali, oppure di laboratori di ricerca scientifica dell’Università del Piemonte Orientale, l’allestimento di grandi concerti, spettacoli musicali e teatrali all’aperto o nei saloni, la realizzazione di meeting, ricevimenti, raduni e congressi, ed anche la collocazione di strutture o manifestazioni di promozione dei prodotti tipici del territorio. 2. Il Comitato per la valorizzazione Nell’estate del 2002, quasi un anno dopo l’atto costitutivo164, ha iniziato a operare il Comitato per la valorizzazione della Cittadella, soggetto giuridico di diritto privato costituito ai sensi degli artt. 12 ss. del Codice Civile; proprio in quel periodo di vacatio del tavolo di concertazione tra gli enti locali, l'AIPO (già Magistrato per il Po) aveva preso possesso di Lo studio di fattibilità museale, affidato ad un esperto di chiara fama ed esperienza, era già stato impostato nella prospettiva di verificare se la Cittadella e Marengo avrebbero potuto inserirsi, con il sito storico della Battaglia, in una futura “rete” museale delle fortezze, dei musei militari e d’arma del Piemonte, estendibile in una successiva fase a livello nazionale. 162 Non è affatto secondario, alla luce di quanto vedremo infra, sottolineare che si trattava dell’unico indirizzo progettuale chiaramente espressa dal Comitato su cui c’è stata totale condivisione anche da parte delle Associazioni nazionali di tutela, come è testimoniato ad esempio dal parere del Vicepresidente nazionale di Italia Nostra, per il quale “la destinazione prevalente dovrebbe comunque essere culturale. Un museo, ed una biblioteca di storia militare con specifica sezione che ne documenti l’architettura negli esempi delle grandi realizzazioni europee”: M. PARINI, Intervento in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., p. 82. 163 Il questionario realizzato nel 2002 dall’Associazione Cultura e Sviluppo (ACSAL) di Alessandria, proponeva a un campione (non ponderato ma molto significativo per livello culturale) di oltre 1200 persone di Alessandria e non, una serie di domande interessanti e utili a valutare l’effettiva preferenza per una o l’altra delle possibili destinazioni degli spazi interni ed esterni della struttura: le destinazioni museali, culturali e naturalistiche hanno conseguito le percentuali più alte di apprezzamento (rispettivamente 90%, 82,7 e 72,7 %), significative soprattutto se raffrontate con altre ipotesi come quella alberghiera (23,6%) o residenziale (5,7%). 164 L’atto è avvenuto con Rogito del Notaio Mariano di Alessandria, Rep. n. 80393/8840 del 20.7.2001; erano stati necessari più di due anni, dalla consegna del metaprogetto, per formalizzare l'approvazione dello statuto da parte dei quattro Enti, convocare alcune riunioni preliminari, individuare le forme di finanziamento, ma soprattutto per arrivare infine alla nomina del Presidente e, buon ultimo, di un Segretario con specifiche competenze ed esperienze amministrative e gestionali in materia di valorizzazione dei beni culturali. 161 41 Massimo Carcione uno degli edifici in migliore stato di conservazione, il “Quartiere S.Antonio”, posto proprio all’ingresso della Cittadella iniziando a ristrutturarlo con regolare autorizzazione della Soprintendenza competente, ai sensi dell’allora vigente TUBC. L’iniziativa dell’Autorità si era svolta in modo del tutto autonomo rispetto al tentativo di concertazione interistituzionale, e come tale è sempre rimasta ai margini delle iniziative del Comitato: essa tuttavia non è stata avversata, anche perché presentava l’indubbio vantaggio di introdurre all'interno della struttura, all’epoca ancora completamente in uso militare, un vero e proprio “Cavallo di Troia” dell’amministrazione civile165. Ma la vera svolta si ebbe nell'autunno 2002, allorché su indicazione della Commissione Finanze della Camera166, il Ministero del Tesoro comunicò inaspettatamente l'assegnazione alla Provincia di un finanziamento di un milione di Euro; la ragguardevole cifra era stata assegnata per progettare un non meglio definito “Recupero della Cittadella militare di Alessandria”, il che ha consentito di disporre sin dal dicembre 2004 dei fondi, seppure al termine di un iter burocratico tanto rapido quanto complesso167. Il presupposto tecnico determinante per conseguire l'assegnazione (tramite il CIPE) del finanziamento statale era costituito dalla disponibilità di una adeguata documentazione tecnica, che non poteva che essere il Metaprogetto del Politecnico: poiché però lo studio non era mai stato discusso e approfondito dalla committenza, solo in quella circostanza, esso è stato formalmente recepito e approvato, con una serie di rilievi e richieste di integrazione168; ciò è avvenuto però da parte però della sola Amministrazione Provinciale che ne era stata a suo tempo la diretta committente, e dunque senza più alcun formale coinvolgimento del Comitato o dei singoli Enti che lo componevano. Il provvedimento in questione assume particolare rilievo anche per il fatto che riporta (seppure solo in premessa) l’unico esplicito riferimento all’eventualità che il Presidente della Provincia procedesse alla “convocazione urgente di una Conferenza dei 165 Si trattava inoltre di un Ente dotato di competenze e strutture tecniche, il che avrebbe garantito per quanto possibile la sicurezza futura del sito dal rischio di ulteriori esondazioni del Tanaro; questa “ingerenza” civile ha però determinato la forte contrarietà e una serie di impedimenti da parte dell’amministrazione militare che hanno finito per pregiudicare lo stesso utilizzo da parte dell’AIPO dell’edificio, che è rimasto infine inutilizzato (e inutilizzabile) malgrado la rilevantissima spesa sostenuta per il restauro e la ristrutturazione. 166 La Commissione aveva approvato in prima applicazione dell’art. 54 della Legge Obiettivo n. 448 del 2001 un elenco piuttosto discrezionale di “Grandi opere” immediatamente finanziabili da parte del Governo Berlusconi, recepita nel d.m. Economia del 10 aprile 2002. 167 Dalla documentazione d’archivio risulta che in un primo momento la pratica era stata assegnata all’Ufficio Tecnico provinciale (recando ad oggetto la dicitura “Progettazione”), e solo quando il fascicolo è stato restituito all’Archivio ha potuto pervenire alla Presidenza e da questa è stata assegnata alla responsabilità del funzionario effettivamente competente, per la predisposizione del dossier; purtroppo questo banale disguido ha comportato la perdita di una parte rilevante del tempo disponibile prima della scadenza fissata dal decreto ministeriale, con inevitabili conseguenze in termini di efficacia e completezza del procedimento istruttorio che tuttavia non hanno pregiudicato il buon esito della vicenda. 168 Con la d.g.p. n. 611 del 26.9.2002 di approvazione, veniva infatti richiesto al Politecnico (punto 2d del deliberato) un supplemento di studio circa l’accessibilità, i parcheggi, il recupero della porta a nord, l’allestimento di un parco storico nei bastioni, sul presupposto che si dovesse dare effettivamente avvio alla realizzazione di uno spazio espositivo nell’Armeria, della nuova sede dell’Archivio di Stato, di un auditorium nella chiesa, del Museo di storia dell’Esercito nel Palazzo del Governatore e perfino di un’enoteca regionale in un bastione. Il nuovo incarico ha anche indotto un ritorno di interesse per la pubblicazione del primo metaprogetto presso l'Editore Allemandi: cfr. G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit. 42 Study case servizi finalizzata alla stipula di un accordo di programma tra il Comitato (rectius gli Enti che ne fanno parte), la Regione e i Ministeri interessati, cioè Difesa, Beni e Attività culturali e Finanze, da estendere eventualmente alle altre Amministrazioni pubbliche coinvolte”, come ad esempio l’AIPO: ancora una volta, tuttavia, questa formale manifestazione di buona volontà non ha poi avuto alcun esito successivo, a riprova dello scarso valore vincolante di certi atti di formale indirizzo, frutto della competenza tecnica degli uffici, rispetto alle effettive decisioni politiche e gestionali direttamente assunte dagli amministratori degli enti locali. La contestuale ripresa del confronto tecnico con l'Esercito (nel frattempo uscito dall'ennesima riorganizzazione), portò nei mesi successivi ad acquisire la ragionevole certezza che almeno per qualche anno in Cittadella sarebbe ancora rimasta una struttura militare, cosa che si è in effetti verificata fino al 2007169. Occorreva quindi regolamentare e filtrare le crescenti e disparate richieste di uso degli spazi per manifestazioni170, alcune delle quali di durata e dimensione estremamente impegnativa; in questo contesto, infatti, era stata informalmente giudicata praticabile, da parte degli Alti comandi, l’ipotesi (già prefigurata in occasione della vicenda AIPO) di procedere a dismissioni parziali di singole porzioni o edifici ormai in disuso, sul presupposto che la Cittadella non fosse più classificabile dall’Esercito come una caserma, ma dovesse finalmente essere amministrata come un complesso di una ventina di edifici, gestibili disgiuntamente pur in un quadro coerente e coordinato171. La attenzione istituzionale nei confronti del problema del recupero del sito è giunta ai più alti livelli in occasione della rapida visita in Cittadella del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, la mattina del 4 aprile 2003, che non ha però determinato, come sarebbe stato prevedibile e auspicabile, il coinvolgimento diretto dei rappresentanti del Governo (in primis dei Ministri della Difesa e per i Beni e le Attività culturali) e la conseguente maggiore attenzione da un lato delle strutture burocratiche ministeriali e dall’altro, aspetto forse ancor più determinante, delle principali testate giornalistiche e radiotelevisive nazionali. Negli stessi mesi, l'Archivio di Stato di Alessandria aveva chiesto ufficialmente172 di Cfr. il verbale della riunione dell'8 ottobre 2002, presso gli Alti Comandi di Padova; per comprendere quanto grave fosse la situazione, al di là del degrado degli immobili, merita di essere ricordato che già in occasione del convegno del 1999 la Provincia aveva provveduto a sostituire le lampadine fulminate dei lampadari del salone del Comando e ad acquistare altri minimi materiali di consumo per consentire il lavoro del personale militare. Dal documento risulta anche che l'Esercito, se opportunamente sollecitato, avrebbe potuto prendere in considerazione l’ipotesi di riprendere una minima attività di manutenzione degli immobili ancora in uso. 170 Con nota Prot. 464 del 6 marzo 2003 il Comando Regione Militare Nord aveva espressamente richiesto che fosse individuato da parte delle amministrazioni civili (Comune, Prefettura, Provincia) un unico “Ente o Associazione che possa ricevere tutte le richieste di utilizzo della Cittadella”; non appena il Comitato, di ciò incaricato, ha avviato questa nuova e interessante funzione di coordinamento, l’Esercito ha però revocato improvvisamente la propria disponibilità sulla base di non meglio specificate ragioni di sicurezza, che non hanno ovviamente impedito nei mesi seguenti la prosecuzione di visite e manifestazioni, però con altre forme e modalità di accesso. 171 Sarebbe stato dunque possibile, almeno in teoria, proseguire l’attività di valorizzazione della Cittadella insieme ai militari (cosa peraltro sperimentata già da anni), dando luogo a un periodo regolamentato di compresenza e cogestione di spazi e attività, senza necessariamente dover attendere la definitiva dismissione. 172 La scelta era determinata dal fatto che l’attuale sede, ospitata in un immobile privato in locazione, era (ed è ancora attualmente) inidonea, non potendo essere oggetto di impegnativi e assai costosi lavori di adeguamento. Cfr. la lettera prot. 896 IV/1.2 del 9 aprile 2003, che si rifaceva ad una precedente comunicazione inviata alla competente Direzione Generale del Ministero per i Beni culturali 169 43 Massimo Carcione trasferirsi in Cittadella, per l’esattezza nell'Armeria e nella Palazzina Comando; l’ingente finanziamento ministeriale finalizzato alla ristrutturazione avrebbe potuto contribuire, per una quota tutt’altro che irrilevante173, al recupero di parte della Cittadella, oltre a consentire di insediare entro qualche anno all’interno del sito monumentale un ufficio periferico del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Proprio in questa delicata fase, nel momento cioè in cui le Amministrazioni locali stavano per assumere le prime decisioni definitive (o almeno per avviare i procedimenti propedeutici a tali scelte), se non altro circa le forme e modalità di realizzazione dei primi lavori di recupero e la ricerca di finanziamenti adeguati, si sono registrate in città le prime violente polemiche174, le quali hanno coinciso cronologicamente con la fondazione e le prime iniziative pubbliche dell’Associazione “La Cittadella 1728”, costituita ad hoc da ex militari, appassionati e cultori della storia locale e dell’architettura militare, che ha subito raccolto centinaia di adesioni175. Per questa ragione gli Amministratori locali hanno subìto una forte pressione, da parte di quella che ritenevano essere l’opinione pubblica, adottando per reazione (comprensibile nel merito, ma opinabile sul piano amministrativo) comportamenti meno aperti nei confronti delle istanze di coinvolgimento della comunità locale ad ogni livello. Non si è ritenuto quindi di adottare alcune possibili misure di trasparenza, corretta informazione176 e consultazione pubblica (previste dalla l n. 241/1990), che avrebbero nel settembre 2002. Inutile sottolineare l’importanza che avrebbe avuto, dopo anni di perplessità e dubbi più che legittimi, la scelta di collocare in Cittadella l’unico ufficio decentrato a livello provinciale del Ministero per i Beni e le Attività culturali, cui si sarebbe potuto collegare un vero e proprio “polo degli archivi”; l’ipotesi è però ben presto risultata scarsamente - se non affatto - praticabile, per ragioni tecniche ed organizzative, per cui si è privilegiata la soluzione alternativa della ex-Caserma Valfré, nella speranza che risulti più rapida e praticabile. 173 Ad esempio un intervento di analoghe dimensioni, con ingenti investimenti, è stato realizzato negli stessi anni dal Ministero per i Beni Culturali, per la realizzazione del nuovo Archivio di Stato di Asti nel c.d. “Casermone”, monumentale caserma settecentesca acquistata dal Comune. 174 A testimonianza del clima che si percepiva in città, in particolare a seguito di alcuni articoli apparsi sul giornale Il Piccolo, si riportano alcune affermazioni di un ricercatore universitario e storico apprezzato, all’epoca presidente del “Forum delle attività culturali della Provincia di Alessandria”, che è stato tra i promotori della costituzione dell’Associazione, a proposito delle “crescenti preoccupazioni della cittadinanza per le sorti della Cittadella” per la quale a giudizio dello storico si profilerebbe, così come era avvenuto pochi anni prima per la Borsalino, la possibilità che a causa dell’inerzia degli Enti pubblici “le mura e le caserme si sgretolino e il problema non sussista più: poi con una buona ruspa si potrà spianare tutto – peccato! – e ricavarne un grande parcheggio, tanti uffici e qualche condominio in cartongesso”: cfr. G. RATTI, Il problema della Cittadella: la classe dirigente ascolterà la città?, in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., pp. 75-76. 175 Come già avvenuto per Marengo, Volpedo o per Santa Croce di Bosco Marengo, la Provincia ha sempre visto con favore e sostenuto anche economicamente la costituzione e lo sviluppo di associazioni di “Amici” dei musei e siti monumentali da valorizzare, nello spirito delle nuove disposizioni in materia inserite nel nel TUBC del 1999 e poi nel Codice del 2004. 176 Sul lavoro del Politecnico di Torino si siano sviluppate e diffuse vere e proprie “leggende metropolitane”, il che è testimoniato dal fatto che si parlasse comunemente e convintamente del fatto che circa il recupero delle aree interne della Cittadella “il metaprogetto del Politecnico offre qualche indicazione preoccupante, a questo proposito: in mezzo una strada aperta al traffico automobilistico, e ai lati insediamenti privati e pubblici”: cfr. G. RATTI, Il problema della Cittadella, cit., p. 78. Autorevoli esponenti dell’Associazione “La Cittadella 1728” erano arrivati ad esprimere nel corso di un incontro tecnico presso l’Acsal la convinzione che il Politecnico di Torino proponesse la demolizione di parte dei bastioni per far passare dentro la Cittadella un’arteria di grande traffico, equivoco probabilmente indotto da un piccolo diagramma di flusso riportato nel paragrafo introduttivo Il contesto territoriale del già citato G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., p. 40. 44 Study case consentito la partecipazione attiva al procedimento anche alle altre associazioni a diverso titolo rappresentative dei molti e in parte confliggenti interessi collettivi e diffusi, e non solo di quelle che si erano proclamate tali. Ne avrebbe potuto conseguire un maggiore risalto, anche sul piano mediatico, grazie all’attenzione delle organizzazioni di rilevanza nazionale, come Italia Nostra, Legambiente o il FAI, o comunque rappresentative degli ambienti culturalmente più qualificati a livello locale, conseguendo per il progetto di recupero della Cittadella la massima visibilità sul piano della comunicazione e credibilità ai fini del consenso generale sui progetti in atto o futuribili. Il Comitato ha invece proseguito in modo “riservato” la propria attività interistituzionale177, sviluppando la collaborazione con gli organi tecnici statali a diverso titolo competenti: gli Alti Comandi militari di Padova, che iniziavano a dimostrarsi assai più disponibili e collaborativi, rispetto al 1999178, ai fini della graduale dismissione del sito; la Soprintendenza Regionale del Piemonte,179 che aveva dimostrato attenzione in particolare alla più volte auspicata “Proposta di accordo di programma”, restata però ancora una volta senza esito; la Sezione di Alessandria dell'Agenzia del Demanio, diventata nel frattempo a tutti gli effetti legittima proprietaria della Cittadella in attesa della ipotizzata cartolarizzazione180. Nei mesi seguenti si è anche avviato lo studio di un piano di comunicazione coordinata (logo, immagine grafica, sito web con galleria di immagini e foto satellitari, materiali di presentazione, ecc.) a cura di uno studio professionale specializzato, nell’intento di consentire a tutti gli interessati, a qualsiasi titolo e non solo a livello locale, di poter finalmente “vedere” e conoscere la Cittadella e tutti i materiali già elaborati e resi disponibili on-line181. Sul fronte delle associazioni culturali locali, mentre “La Cittadella 1728” manteneva posizioni fortemente polemiche, coinvolgendo in questo anche la sezione alessandrina di Italia Nostra, si era venuta fin dall’autunno 2003 a costituire presso l’ACSAL una sede informale e "neutrale" per l'analisi e il confronto tra le diverse sensibilità e aspirazioni relative al futuro utilizzo della Cittadella; a tal fine, con l’intento di porre fine alle polemiche più pretestuose e sterili, agendo soprattutto nei confronti dei media e dell’opinione Per precisa scelta del Presidente del Comitato, raramente l’attività è stata resa nota al grande pubblico, tramite comunicati stampa, preferendosi lasciare tutto lo spazio mediatico e di rappresentanza agli Enti locali e ai rispettivi vertici. 178 Il verbale della riunione svoltasi l'8 ottobre 2002 a Padova è stato infatti trasmesso ufficialmente al Ministero della Difesa e allo Stato Maggiore, allo scopo di valutare la possibilità dell’avvio dell’iter per la dismissione di fossati e bastioni, nonché per definire una convenzione di collaborazione continuativa che avrebbe dovuto regolare ogni aspetto rilevante ai fini dell’accesso, pulizia, sicurezza e manutenzione ordinaria in occasione di manifestazioni civili e visite turisticoculturali, ma soprattutto dell’avvio delle previste attività di progettazione. 179 Un incontro formale era avvenuto a Torino il 31 marzo 2003 a Palazzo Chiablese, a seguito di formale convocazione (prot. 1043/03 del 7 marzo 1993), cui è seguito l’invio di un dettagliato verbale redatto dal funzionario di zona della Soprintendenza (d’intesa con il Segretario del Comitato), sottoscritto dallo stesso Soprintendente Regionale. 180 Da parte delle istituzioni statali, specialmente militari, si sono fatte pressioni affinché, in ossequio alla l. n. 662/1996, gli Enti locali alessandrini si determinassero, come è avvenuto ad esempio ad Asti o a Tortona, ad acquistare la Cittadella – o per lo meno a permutarla con altre aree edificabili – a tutto beneficio del bilancio dello Stato, per poi doverla restaurare e mantenere a totale carico dei bilanci locali. 181 Ne è riprova il fatto che grazie a questa maggiore disponibilità di informazioni hanno iniziato ad occuparsi del tema con maggiore frequenza le testate giornalistiche e le riviste specializzate nazionali, si veda ad esempio l’articolo di R. PELLEGRINI, Sei meraviglie in lizza per entrare tra i siti Unesco, in Il Sole-24 Ore, (11) 12 marzo 2008, p. 21. 177 45 Massimo Carcione pubblica anche a livello regionale e nazionale182 si era tentato di presentare in modo asettico la questione al pubblico, ai giornalisti e alle autorità interessate, avvalendosi dei risultati dell'attività di studio e ricerca (oltre che lato sensu promozionale) autonomamente realizzata in ambito cittadino183, promuovendo un'iniziativa di mediazione, trasparenza e soprattutto sussidiarietà. L’ultimo atto del Comitato ai fini dell’avvio dell’attività progettuale, prima di essere estromesso della Provincia (in quanto soggetto individuato dallo Stato quale responsabile della gestione del finanziamento CIPE184), è stato dunque il lavoro preparatorio predisposto per consentire di bandire un Concorso internazionale di idee, concepito sul presupposto ambizioso che il suo esito finale avrebbe dovuto basarsi sulla dimostrazione di una effettiva sostenibilità economica, invece di essere totalmente affidata all'estro dei progettisti185: a tal fine, sempre nella speranza di dare alle scelte progettuali in corso di definizione una base scientifica anche di profilo socio-economico, è stato avviato uno studio sull’effettiva conoscenza e sul potenziale livello di interesse nei confronti del sito da parte delle realtà extra-cittadine pubbliche e private, dal livello regionale fino a quello delle istituzioni Europee186. La fase progettuale vera e propria, su cui torneremo ampiamente e analiticamente infra, ha impegnato un lungo arco di tempo, sia per l’intrinseca complessità delle due procedure parallele (essendo stato stralciato e bandito separatamente il concorso di progettazione sulle aree esterne da adibirsi a parco), ma soprattutto perché la fase principale non è giunta a compimento, dal momento che la Commissione ha reputato inammissibili tutte le proposte pervenute187. Ciò ha determinato un lungo contenzioso amministrativo, sollevato dai progettisti, che ha comportato le pronunce dapprima del TAR Piemonte e quindi del Consiglio di 182 Le polemiche hanno infatti travalicato ampiamente il livello locale, tanto che si è registrato l’ampio articolo Supermarket nel forte di Napoleone, in Libero, 11 febbraio 2005, p. 14, il quotidiano nazionale dedicava un’intera pagina, ricca di pesantissime quanto approssimative critiche, alla supposta destinazione della Cittadella a speculazioni edilizie selvagge da parte di amministratori privi di scrupoli; ciò ha determinato una minaccia di querela da parte del Comitato per la Valorizzazione della Cittadella (assistita dallo Studio legale Parodi di Alessandria), con conseguente rettifica da parte del giornale. 183 Lo studio che – almeno nelle intenzioni – avrebbe dovuto sbloccare l'impasse determinatasi dopo le polemiche giornalistiche e la sostanziale “bocciatura” dello studio del Politecnico, con l’auspicio (risultato vano) di ripristinare il corretto dialogo tra tutti gli interlocutori pubblici e privati, è rimasto purtroppo inedito, proprio a seguito del disinteresse dimostrato da parte del Comitato Cittadella. 184 Il Comitato avrebbe inteso continuare a svolgere la sua funzione “storica” di tavolo di concertazione tra gli Enti e di definizione degli indirizzi politici comuni; invece, per una diversa scelta condivisa dalla Giunta e dagli uffici tecnici Provinciali, ed anche dal Comune, l’unica sede di condivisione degli indirizzi (ma non delle scelte gestionali, demandate alla sola Provincia) è stata costituita da alcune riunioni congiunte delle rispettive Commissioni consiliari, avvenute nel corso del 2005. 185 Con questo intento il 29 settembre 2003 è stata anche insediata una “Commissione Tecnica di Progetto” composta di esperti pubblici e privati (non solo tecnici), con l'incarico di fornire alla Provincia le linee guida per lo studio di fattibilità e per il bando di gara di progettazione. 186 Lo studio è stato inizialmente affidato alla Fondazione Fitzcarraldo di Torino, che ha presentato un primo documento programmatico a cura di Ugo Bacchella (Linee guida per l’avvio della progettazione relativa alla valorizzazione della Cittadella di Alessandria, Dicembre 2003), cui non sono però seguiti ulteriori sviluppi. 187 Si segnala a margine, per completezza di informazione, che secondo la stampa locale più di un amministratore locale aveva espresso l’auspicio che si potessero “risparmiare” i soldi destinati al concorso internazionale, nella speranza di poterli recuperare al fine di realizzare altri più concreti interventi sulla Cittadella. 46 Study case 188 Stato , le quali hanno dato per entrambe le istanze esito favorevole per la Provincia. Proprio mentre il Comitato e la stessa Provincia segnavano il passo, limitandosi a tenere rare e poco concludenti riunioni, nel giugno 2006 il Ministero per i Beni culturali decideva motu proprio di inserire di propria iniziativa la Cittadella nella lista d’attesa istituita presso il World Heritage Center dell’UNESCO per le candidature alla Lista del patrimonio mondiale, con esiti tuttora incerti. Dopo di che, l’anno seguente, la situazione faceva registrare l'evoluzione più radicale, con il definitivo abbandono189 e la conseguente riconsegna del sito all’Agenzia del Demanio da parte dell'Esercito. È seguito quasi subito (novembre 2007) un primo protocollo d’intesa tra il Comune di Alessandria190 e l’amministrazione demaniale, sottoscritto dal Sindaco, dal Ministro delle Finanze e dal Direttore dell’Agenzia del Demanio, che si è limitato a prevedere in modo alquanto generico una futura attività di “valorizzazione” (termine da prendere con le molle, come vedremo191) previa convocazione di una conferenza dei servizi e stipula di un accordo di programma. Merita però di essere sottolineato con una certa enfasi la circostanza che l’atto coinvolgeva per la prima volta nelle iniziative di valorizzazione, insieme alla Cittadella, anche il Forte Bormida e il Forte Ferrovia192, cosa che in città è invece passata assolutamente sotto silenzio. Il protocollo si è poi trasformato in una convenzione per la custodia (2009), con la quale la nuova amministrazione comunale, dopo che per oltre dieci anni il Comune aveva prudentemente lasciato alla Provincia il ruolo di capofila, ha assunto concretamente il ruolo che gli spetta pienamente. Sono state subito avviati significativi interventi di pulizia e parziale disboscamento di alcune parti di edifici e fortificazioni193, e soprattutto alcune manifestazioni di grande respiro (e costi) che hanno conseguito nel primo anno di sperimentazione risultati non esaltanti in termini di numero di visitatori, ma sensibilmente migliori a partire dal 2010. Sono state dunque allestite fiere campionarie, concorsi ippici, manifestazioni motoristiche, stagioni di teatrali e concertistiche, cui si sono anche aggiunte alcune iniziative promettenti sul piano della promozione di nuove opportunità di creazione artistica: ad 188 6843/09). Rispettivamente adottate in data 17 gennaio 2007 (n. 21/07) e 16 dicembre 2008 n. A testimonianza, ancora una volta, della serietà delle istituzioni militari e smentendo qualche legittimo timore, il magazzino Ce.Ri.Co. è stato interamente svuotato senza lasciare materiali o altri residui ingombranti pericolosi, fatti salvi i macchinari e gli impianti più o meno recenti (di illuminazione, amplificazione, sollevamento, ecc.) che costituiscono comunque di per sé un serio problema, trattandosi di rimuovere e smaltire tonnellate di cavi, strutture e apparecchiature. 190 Il protocollo del novembre 2007, sottoscritto dal Ministro delle Finanze e dal Direttore dell’Agenzia del Demanio, si limitava a prevedere una futura attività di valorizzazione (termine da prendere con le molle, dal momento che in ambito economico è inteso come qualcosa di molto simile a “monetizzazione”) previa convocazione di una conferenza dei servizi e stipula di un accordo di programma. Da notare che l’atto riguarda per la prima volta anche il Forte Bormida e il Forte Ferrovia. 191 Proprio l’equivoco su questo termine, determinato forse da un eccesso di zelo o di ottimismo (ed anche da una qualche carenza di competenza e approfondimento) ha rischiato di determinare l’esclusione della vicenda Cittadella dagli eventuali benefici conseguenti all’attuazione del c.d. “Federalismo demaniale”, su cui v. infra. 192 Il Forte Acqui è già affidato da tempo al Comune, che non ha potuto sinora effettuare grandi interventi di recupero ma vi ha allestito qualche manifestazione pubblica. 193 In merito sono stati sollevati da parte di alcuni Consiglieri comunali fondati rilievi circa la correttezza della procedura adottata, con l’affidamento degli interventi a personale e strutture di un’Azienda municipalizzata, senza che risulti redatto e approvato dalle competenti autorità di vigilanza (Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici, ma anche il Corpo Forestale dello Stato) alcun progetto. 189 47 Massimo Carcione esempio nell’ambito delle produzioni musicali e teatrali proposte da compagnie e artisti locali, oppure delle nuove forme di arte contemporanea. La dimostrazione più tangibile, dal punto di vista istituzionale, del nuovo atteggiamento della municipalità alessandrina può essere individuata soprattutto nel solenne “Atto di indirizzo”, approvato da parte del Consiglio Comunale, dopo un lungo iter 194 in sede di Commissione cultura195, che ha finalmente incluso la formale consultazione di numerosi enti e associazioni: si è così tentato di affrontare per la prima volta, in modo organico, l’annosa questione delle “scelte strategiche”, assumendo, almeno nelle intenzioni, alcune linee programmatiche di indubbio respiro196. Proprio in quel momento si è venuta però a sovrapporre la vicenda della demolizione e ricostruzione del ponte, che ha per forza di cose distolto l’attenzione locale e nazionale197 (avendo creato non pochi problemi di interpretazione della normativa di tutela di un bene storico-architettonico vincolato, ma in seguito dichiarato pericoloso per l’incolumità pubblica) e conclusasi con l’accordo di programma del 20 novembre 2009, che ha catalizzato risorse all’incirca pari a quelle che sarebbero state sufficienti per realizzare il parco esterno e i relativi parcheggi; in compenso, tutti gli Enti locali sono stati necessariamente coinvolti nella definizione e rapidissima approvazione di un primo specifico accordo di programma, esperienza che potrebbe in futuro essere di esempio per altri analoghi atti di più generale portata. Un primo esito di questo excursus sulle vicende che hanno fatto da premessa e da sfondo ai procedimenti su cui torneremo in modo più analitico infra, si può così sintetizzare: - all’inizio della vicenda da parte delle istituzioni non sono stati formulati indirizzi programmatici chiari e concretizzabili, con la sola eccezione (peraltro non del tutto coerente) della scelta museale; l’unico atto di indirizzo formale e condiviso è venuto dopo circa dieci anni, da parte dell’Ente competente in via di sussidiarietà, che però fino a quel momento non aveva svolto un ruolo attivo e poi si è dimostrato poco incline ad agire in modo concertato con gli altri soggetti locali; - di fronte a ripetute polemiche, critiche, insinuazioni e prese di posizione particolarmente negative dell’opinione pubblica, non si è mai ritenuto di replicare nel merito o di attivare procedure finalizzate a favorire la partecipazione, limitandosi a interrompere o variare il corso dei procedimenti; - non sono state quasi mai affrontate in modo esaustivo, o almeno approfondito, le problematiche di natura finanziaria e contabile conseguenti all’avvio della gestione La vicenda era iniziata infatti subito dopo la definitiva dismissione, che era stata subito oggetto di interrogazioni e ordini del giorni presentati da consiglieri comunali; il senso e le prospettive del dibattito sono efficacemente sintetizzati nell’articolo di C. ROMAGNOLI, Cittadella, rimpiangendo i militari, in Il Piccolo, 26 novembre 2007, p. 3. 195 D.c.c. n. 54 del 19 maggio 2008 ad oggetto “Atto preliminare di indirizzo per la valorizzazione del complesso denominato Cittadella di Alessandria”. 196 Si veda infra; una sintesi del dibattito è riportata nella puntuale cronaca del Consiglio di C. ROMAGNOLI, Cittadella, cultura e turismo, in Il Piccolo, 21 maggio 2008, p. 5, che non mancava di sottolineare al di là di tutte le bune intenzioni l’annotazione secondo la quale in base alla convenzione stipulata con il Demanio “se un giorno lontano lo Stato dovesse venderla al Comune rimarrebbe comunque un 15%” (sic!); di opposta ispirazione, a ulteriore riprova del dibattito sempre aperto, l’intervista apparsa sullo stesso giornale locale la settimana seguente: E. SOZZETTI, Il patrimonio della comunità – Cittadella e Unesco: idee di valorizzazione, in Il Piccolo, 30 maggio 2008, p. 16. 197 In questo caso lo Stato è stato rappresentato soprattutto dal Dipartimento della Protezione Civile (organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri) che era stato già in passato evocato come possibile fruitore della Cittadella per la realizzazione di una grande struttura logistica per il nord Italia. 194 48 Study case - 3. del sito; non è mai stato chiesto in modo formale e impegnativo, per il tramite del Governo e dei vari Ministri competenti, il coinvolgimento attivo dello Stato nel recupero e nel riuso di un sito demaniale di innegabile valore patrimoniale; infine, e soprattutto, il buon andamento, l’efficacia ed efficienza dei procedimenti attivati (oltre che, evidentemente, la leale collaborazione tra i relativi attori) hanno sempre risentito della presenza o meno di un “tavolo di concertazione” di carattere formale e impegnativo: a riprova di ciò, alle fasi in cui i diversi Comitati hanno fatto segnare il passo, hanno quasi subito fatto riscontro ritardi, rinvii o sospensioni, oppure iniziative estemporanee di singoli Enti (l’AIPO in un primo momento, il Comune di recente) con scarse possibilità di esiti risolutivi. Le iniziative di valorizzazione e promozione Nel precedente paragrafo si è già fatto qualche riferimento a mostre, manifestazioni, spettacoli, concerti e convegni organizzati nell’ambito del sito storico-monumentale, in specifico all’interno della Cittadella e nel parco di Marengo; tali eventi sono sempre stati supportati da iniziative promozionali di natura disparata (dalle campagne di stampa alle trasmissioni televisive, fino all’inserimento in circuiti pubblicitari e di fruizione a livello provinciale e regionale), dall’offerta di visite guidate e da altre iniziative intese a conseguire l’attività che l’art. 6 del Codice definisce come finalizzata a “promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio”. Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che all’inizio del processo in esame, se il sito e il nome di Marengo potevano godere di una qualche notorietà, la vera natura della Cittadella era nota solo a coloro che nel corso degli anni vi avevano prestato servizio come militari o per altre ragioni professionali. Se questo genere di attività hanno svolto un’azione positiva, nella misura in cui hanno consentito di portare all’attenzione dell’opinione pubblica, dei media e delle autorità regionali e nazionali il problema del recupero della Cittadella (oltre a permettere qualche limitato e non estemporaneo intervento di manutenzione e allestimento), resta fermo che non si dovrebbero mai configurare per un sito monumentale destinazioni incompatibili, anche se del tutto temporanee, quando non si è in grado di comprovare l’effettivo perseguimento di finalità utili al recupero e alla conservazione: ad esempio, nell’occasione dell’utilizzo di una fortezza monumentale e delle sue pertinenze paesaggistiche per lo svolgimento di manifestazioni automobilistiche o motociclistiche, si potrebbero configurare gli estremi del reato di cui all’art. 170 del Codice, peraltro sanzionato in modo tutt’altro che trascurabile198. Si è correttamente rilevato, a questo proposito, che “nulla impedisce, peraltro, che in casi eccezionali, si possano ammettere destinazioni del bene temporanee e straordinarie, dalla valenza culturale scarsa o inesistente, ma utili a perseguire un alto interesse pubblico”, quale sarebbe ad esempio quello correlato alla promozione e avvio degli interventi di restauro199 del sito: cosa che però non è sostenibile con riferimento alle diverse 198 Secondo tale norma, che punisce l’uso illecito con riferimento agli interventi vietati di cui all’art. 20 comma 1 del Codice stesso “E’ punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 775 a euro 38.734, 50 chiunque destina i beni culturali indicati nell’Articolo 10 ad uso incompatibile con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità”; cfr. G. VOLPE, op.cit., p. 142. 199 Ibidem; in proposito si veda anche G. CAIA, Il testo unico sui beni culturali e ambientali, Giuffré, 49 Massimo Carcione manifestazioni che si sono tenute dal 2009 in Cittadella, periodo nel quale d’altronde i progetti di recupero già formalizzati in forma definitiva erano rimasti allo stato di buoni propositi200. Può invece essere ricompresa a pieno titolo tra le attività di promozione e valorizzazione la pubblicazione di volumi di rilevante valore culturale, quali sono stati certamente i due preziosi libri-strenna editi all’inizio degli anni ’80 dalla Cassa di Risparmio di Alessandria201, oppure il volume pubblicato in tempi più recenti dall’Associazione “La Cittadella 1728”202; allo stesso modo gli atti dei diversi convegni svoltisi in questi anni sul tema hanno contribuito in modo determinante a “promuovere la conoscenza del patrimonio culturale” in esame, come ad esempio nel caso del volumetto realizzato dalla sezione alessandrina di Italia Nostra203. Si è sempre trattato, tuttavia, di volumi pubblicati in tiratura limitata, con una distribuzione estremamente circoscritta (quasi mai acquistabili in libreria) e ormai da tempo non più disponibili. A questa carenza sarebbe stato facile ovviare grazie alle “nuove” tecnologie telematiche, provvedendo a tempo debito alla realizzazione di siti web opportunamente dotati di materiale divulgativo, scientifico e iconografico, storico e attuale, anche al fine di documentare gli stessi eventi (quando destinati a diventare a loro volta “storici”, come la ricostruzione della battaglia di Marengo del 2000) a beneficio di appassionati, studiosi o semplici curiosi e potenziali visitatori: proprio in tal senso la Provincia aveva provveduto a realizzare, tra il 1998 e il 2003, nell’ambito del proprio sito istituzionale204, due ampie pagine dedicate rispettivamente al Museo di Marengo e al Comitato per la valorizzazione della Cittadella. In seguito il Comitato ha realizzato (2004) un proprio autonomo sito informativo www.cittadelladialessandria.it, mentre le pagine istituzionali del Museo e del sito di Marengo hanno lasciato al posto alle più accattivanti pagine del sito www.marengomuseum.it 205; i due siti non sono stati connessi tra loro neppure in modo virtuale, a riprova della totale mancanza di una visione unitaria, del sito e delle vicende storiche, da parte degli stessi enti territoriali. Nell’intento di dimostrare che poteva e può essere esercitata un’azione incisiva, tanto sul piano editoriale che su quello dell’informazione e sensibilizzazione, non solo a livello nazionale, anche senza il minimo dispendio di risorse, si può richiamare l’esempio della già menzionata pubblicazione di una scheda informativa sulla Citadel of Alessandria nel ben noto rapporto internazionale dell’ICOMOS206: si tratta infatti di un documento a Milano, 2000, pp. 48-49. 200 Con riferimento a questo specifico punto di vista risulta particolarmente grave il fatto che tra le molte iniziative proposte e realizzate in Cittadella, una delle poche non approvate sia stata proprio la mostra d’arte contemporanea Polemos: l’opera d’arte tra conflitto e superamento (luglio-ottobre 2006), realizzata invece al forte di Gavi; sul fatto che, al di là dell’evidente connessione tematica, nel corso della mostra, è stato possibile realizzare nella struttura ospitante interventi significativi e duraturi, utili ai fini della sicurezza dei visitatori e dei locali: si veda infra. 201 A. MAROTTA, La cittadella di Alessandria, cit.; J. THIRY, Marengo cit. entrambi editi trent’anno fa come “volumi strenna”, da tempo esauriti e mai più ristampati, restano a tutt’oggi i due testi di riferimento in materia, per quanto ormai datati. 202 D. GARIGLIO, Storia della Cittadella, Torino, Omega, 2001. 203 Cfr. La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit. 204 Nell’ambito delle pagine dell’Assessorato alla Cultura, Servizio Beni e attività culturali, all’interno del sito web: www.provincia.alessandria.it. 205 Se gli Enti pubblici hanno garantito fino ad oggi una certa attività di documentazione e informazione a scopi conoscitivi, nessuna delle varie associazioni più o meno attive nel settore ha contribuito in tal senso con la realizzazione di ulteriori pagine informative. 206 Cfr. Icomos World Report 2004/2005, cit., documento noto tra gli addetti ai lavori come 50 Study case diffusione globale, curato e distribuito dalla più prestigiosa organizzazione indipendente nel settore culturale, nel quale i siti sono inseriti su segnalazione dei vari esperti dei Comitati nazionali, ovviamente una volta superato l’attento vaglio del Segretariato internazionale che ha sede a Parigi; si aggiunga che i rapporti in formato telematico sono disponibili e scaricabili nel sito web dell’ONG207, risultando dunque facilmente reperibili da chiunque nel mondo, tramite una semplice ricerca testuale. Anche esaminando le risultanze della cronaca dei diversi eventi che si sono succeduti nel corso del decennio 1997-2007, con particolare attenzione per Marengo 2000, è possibile dunque fare alcune considerazioni, che potranno risultare utili nell’ottica e nella prospettiva della valorizzazione di un futuro sistema culturale e turistico sul tema “Alessandria città militare”; il Bicentenario208 è stato d’altronde – almeno sino ad oggi – l’unico momento di valorizzazione comune di Marengo e Cittadella, anche se è stato poco apprezzato e capito in tal senso dal pubblico e dalle stesse istituzioni209. L’analisi degli esiti di tali diverse attività di valorizzazione e promozione, consente pertanto di proporre all’attenzione le seguenti valutazioni: - dopo così massicci investimenti promozionali, il ritorno di immagine ed economico di celebrazioni e altre manifestazioni di natura disparata non è stato rilevante e redditizio come si sperava; non si è trattato di autentici eventi di massa, ma si sono piuttosto realizzate una serie di ricorrenze poco coordinate e programmate, che hanno determinato un flusso turistico estemporaneo e tutto sommato di nicchia210; - è plateale, anche in questo caso, la latitanza dei Soprintendenti e degli esperti211 del Ministero per i Beni e le Attività culturali, persino nella fase di programmazione degli eventi celebrativi del 2000, pur operandosi nell’ambito di edifici e istituzioni museali tutt’altro che marginali dal punto di vista storico, se non sotto il profilo artistico e architettonico; giova sottolineare, a tale proposito, che la competenza amministrativa statale in materia non dovrebbe essere attivata e concretamente esercitata in modo variabile, sulla base della tipologia o dello stile dei beni culturali coinvolti212; - di contro, tutta la vicenda di “Marengo 2000” è stata improntata sin dalla fase programmatoria dal diretto e formale coinvolgimento (con l’attiva condivisione di gran parte delle scelte) delle associazioni culturali, locali e non: ciò ha indubbiamente contribuito a evitare polemiche e contrapposizioni, che hanno invece caratterizzato rapporto “Heritage at Risk”. 207 Si veda: www.international.icomos.org/risk/index.html 208 In merito alla celebrazione di eventi storici cfr. R. C HIARELLI, op.cit., p. 276. 209 Questo atteggiamento negativo è stato probabilmente determinato dalla scarsa coesione e determinazione degli amministratori e tecnici coinvolti nel progetto, che non hanno quasi mai posto in essere, nell’organizzazione e promozione degli eventi, le possibili e promettenti sinergie tra i diversi siti coinvolti: basti pensare all’infelice episodio del mancato Carosello dei Carabinieri o allo scarso successo della mostra in Cittadella. 210 L’affluenza all’evento di Marengo 2000 è quantificabile nell’ordine di 25-30.000 unità, a fronte del centinaio di migliaia di partecipanti che ci si sarebbe potuto aspettare e che caratterizzano altre iniziative del tutto analoghe (ad esempio a Waterloo), come pure le principali manifestazioni su scala regionale, come il Palio di Asti, la Passione di Sordevolo (BI) o le stesse celebrazioni del Quarto Stato di Volpedo, svoltesi nel 2001, che hanno attirato in Provincia di Alessandria oltre 100.000 visitatori. 211 Non deve essere considerata a tal fine la collaborazione a singole iniziative editoriali o espositive, prestata normalmente a titolo personale e non istituzionale. 212 Si tratta, evidentemente, di scelte che finiscono per essere adottata in modo anche troppo discrezionale, sulla base degli interessi scientifici e dei gusti estetici del singolo Soprintendente o funzionario. Che si tratti, per quanto possa apparire paradossale, di un punto di vista alquanto diffuso tra gli addetti ai lavori, è testimoniato da G. VOLPE, op.cit., p. 122, secondo il quale la funzione di tutela viene esercitata in misura “proporzionata alla sensibilità del singolo funzionario”. 51 Massimo Carcione e ostacolato lo svolgimento dei successivi procedimenti di programmazione e progettazione relativi al recupero della Cittadella e all’organizzazione di ulteriori eventi da parte del Comune negli anni più recenti. Il ruolo delle strutture e del personale ministeriale è stato dunque del tutto marginale e occasionale; per contro, oltre a registrarsi in qualche raro ma non trascurabile caso “la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati”, la quasi totalità degli interventi e delle attività caratterizzate (ex art. 111 del Codice) dalla “messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali” sono stati resi possibili dalla collaborazione – quando c’è stata – tra Comune e Provincia di Alessandria, ed in special modo tra i loro servizi tecnici specializzati. Il momento di migliore sinergia in tal senso si è avuto proprio in vista della storica ricorrenza del giugno 2000, in virtù della Deliberazione della Giunta Provinciale213 che circa tre anni prima della ricorrenza aveva già approvato, d'intesa con il Comune, il programma di massima delle Celebrazioni napoleoniche per il triennio 1998/2000: era seguita nel corso del 1999 la stipula di un Protocollo d’intesa214, a riprova dell’importanza della formalizzazione mediante atti amministrativi, con una corretta impostazione – anche sul piano cronologico - delle relative procedure istruttorie e delle conseguenti attività amministrative, di gestione, di rendicontazione e di controllo215. Solo in questo modo gli eventi promozionali perdono il deprecato carattere di evento estemporaneo (non di rado derubricato, con ragione, a “effimero”), inserendosi organicamente nel più ampio e strategico processo di sensibilizzazione, promozione e, appunto, valorizzazione del monumento o del sito che li ospita, intento che deve restare l’obiettivo e il fine ultimo dell’attività amministrativa: fermo restando che se per vera valorizzazione si deve intendere l’avvio del recupero finalizzato alla conservazione e all’incremento della fruizione, anche in tal senso lo Stato finora non ha fatto assolutamente nulla di propria iniziativa. d. La candidatura alla Lista del Patrimonio mondiale Abbiamo già ricordato che il sito oggetto di questo studio è stato già qualche anno posto all’attenzione nazionale e internazionale mediante l’inserimento nella tentative list per la candidatura al Patrimonio Mondiale; di conseguenza, appare evidente che siamo di fronte a una tipica situazione in cui il rapporto tra diritti culturali e perseguimento del pubblico interesse (vero o presunto) dovrebbe essere posto in modo particolare sotto i riflettori, essendo oggetto della massima attenzione e cura da parte dei diversi settori competenti della Pubblica Amministrazione, dal livello nazionale a quello locale, alla luce della già D.g.p. n. 1097/53671 del 16 ottobre 1997. Sui contenuti specifici dell’atto torneremo infra. 215 Tali atti formali hanno infatti almeno la stessa importanza dei buoni rapporti interpersonali tra gli amministratori e degli accordi che tra loro si possono instaurare in modi assai meno formali, tanto sul piano della coesione politica che della identità di vedute sotto altri profili. Si è talora verificato, in tempi recenti, che Sindaci, Presidenti di Provincia o Assessori abbiano preteso dai rispettivi uffici che si desse seguito a decisioni assunte nel corso di conferenze stampa, quando non in occasione di riunioni informali o addirittura di telefonate al cellulare: pur trattandosi evidentemente di comportamenti significativi, che possono assumere il più alto valore politico e mediatico, tali decisioni non sono ad oggi considerabili come atti amministrativi vincolanti (a differenza delle comunicazioni effettuate mediante posta elettronica certificata, ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale, d. lgs. n. 82/2005 e s.m.i.), se non altro per banali ragioni di conoscibilità da parte delle stesse strutture burocratiche. 213 214 52 Study case citata l. n. 77/2006, ma più e meglio ancora, se si intende dare corpo al principio costituzionale di sussidiarietà, dal livello locale a quello nazionale. Lo sforzo di valorizzazione della Cittadella a livello internazionale ha infatti avuto il suo riscontro più importante ed ambito, almeno sul piano formale, soltanto grazie all’inserimento nel giugno 2006 della sola Citadel of Alessandria nella lista d’attesa che viene presentata dagli Stati all’UNESCO, la quale è definita all’art. 11.1 della Convenzione di Parigi del 1972, come un «inventario dei beni del patrimonio culturale e naturale» di ogni Paese che sono «suscettibili di essere iscritti sulla lista»216. 1. I promotori dell’iniziativa Come è stato ricordato in precedenza, già nel lontano 1999 una proposta di candidatura era stata solennemente formulata dal Comitato, ma formalmente sottoscritta dal Sindaco e dai Presidenti di Provincia e Regione217; per maggiore precisione, con quel documento si chiedeva al Governo che “l’intero complesso monumentale della Cittadella e del Capo Trincerato di Alessandria (Forte Acqui, Forte Ferrovia e Forte Bormida) sia proposto per l’inserimento da parte dell’UNESCO nella futura lista provvisoria (tentative list) di espansione della Lista del Patrimonio mondiale prevista dalla Convenzione di Parigi del 1972”. La pluridecennale vicenda della Cittadella e di Marengo ha d’altronde avuto sin dall’inizio come protagonisti assoluti gli enti e le amministrazioni alessandrine, cui si sono volta per volta affiancati a vario titolo il Politecnico e l’Isral, a Regione Piemonte, la Prefettura, l’Agenzia del Demanio, l’Archivio di Stato di Alessandria e le diverse Soprintendenze piemontesi (uffici periferici del Ministero per i Beni culturali), la Camera di Commercio ed infine l’Università: soggetti pubblici che sono stati volta per volta interessati a vario titolo, e che hanno svolto il loro ruolo istituzionale, talora marginale ma in qualche caso determinante. Alla loro azione istituzionale, amministrativa e tecnico-gestionale si è però via via affiancata, dapprima in modo spontaneo e disorganizzato, poi sempre più insistente e significativa, l’opera delle associazioni locali, in grado di svolgere un ruolo di rilievo crescente come “pubblica opinione” in chiave critica, ma anche con un legittimo e, nella maggior parte dei casi, costruttivo intento di rappresentanza e tutela attiva degli interessi, collettivi e soprattutto diffusi. Insieme a numerosi altri soggetti “privati” (associazioni nazionali, fondazioni, singoli cittadini) hanno quindi concorso, a vario titolo ma in modo non sempre coordinato218, nell’impegno di portare il sito all’attenzione non solo regionale e nazionale, ma anche e soprattutto internazionale. Ad esempio un risultato di questi sforzi 219 si è Cfr. http://whc.unesco.org/en/tentativelists/5013. Alla richiesta, materialmente redatta dal Segretario del Comitato, era allegato, insieme al Metaprogetto, il testo dell’appello sottoscritto nel 1997 da tutti gli studiosi partecipanti al Congresso Napoleonico Internazionale che si era svolto appunto in Cittadella, a ulteriore riprova dell’inscindibile legame storico oltre che territoriale tra le due realtà. 218 Anche in questo caso era risultato particolarmente interessante l’azione svolta da ACSAL, che dopo avere svolto l’indagine conoscitiva aveva costituito per la valutazione dei risultati un gruppo di esperti in rappresentanza non solo della stessa Associazione e del Comitato degli enti, ma anche di altre associazioni locali tra cui “La Cittadella 1728” stessa. 219 Sull’importanza del coinvolgimento della società civile e delle amministrazioni locali nell’iter di candidatura si rimanda al recente articolo di chi scrive Gestione dei siti culturali “Patrimonio dell’Umanità” e sussidiarietà in R.BALDUZZI (a cura di), Annuario DRASD 2010, Milano, Giuffré, 2010. 216 217 53 Massimo Carcione conseguito nel 2004, allorché l’ICOMOS – per il tramite del suo Comitato nazionale Italiano – ha inserito la Cittadella nel proprio Rapporto mondiale Heritage at Risk220, collegandola esplicitamente e strategicamente (per la prima volta in un documento internazionale di questa rilevanza) al borgo, al museo e al campo di battaglia di Marengo. Alcuni anni dopo l’iniziale input, la procedura ha ripreso il suo corso (o più probabilmente, ne è iniziata una nuova e indipendente per iniziativa ministeriale)221, prendendo avvio dal parere del Gruppo di Esperti ministeriali222. Non risulta essersi svolta stata alcuna consultazione, neppure informale, tra gli uffici di Palazzo Chiablese, il Comitato Cittadella e gli Enti che ne fanno parte o che l’hanno sostenuto, ivi inclusi la Prefettura. L’Agenzia del Demanio e lo stesso Archivio di Stato. Non è pervenuta alcuna comunicazione formale agli stessi Enti dell’inserimento in tentative list; di cui si è avuta informalmente notizia solo un anno e mezzo dopo l’avvenimento; dopo di che la candidatura non ha più fatto registrare sviluppi significativi, con la sola eccezione della già citata Deliberazione di indirizzi del Consiglio Comunale di Alessandria, che ha dato atto in modo del tutto formale dell’inserimento della Cittadella in tentative list. L’unico risultato ottenuto sino ad oggi tramite questa iniziativa è costituito dunque dal fatto che, a partire dal giugno 2006, non si può più porre in dubbio che già sin d’ora l’Italia ritiene la Cittadella di Alessandria degna di rappresentare il proprio patrimonio nazionale al più alto livello internazionale, cioè al cospetto dell’Umanità intera. 2. A che serve l’inserimento nella tentative list italiana? Certo occorre chiarire a chi compete esercitare in modo formale questo interesse, che fa capo “all’Umanità” solo in via del tutto teorica e ideale: infatti è al singolo Stato nazionale interessato che la Convenzione di Parigi del 1972 demanda l’onore e l’onere di presentare la proposta, che viene quindi valutata e approvata dal Comitato intergovernativo costituito presso l’UNESCO223; a sua volta questo organismo è composto da rappresentanti degli Stati firmatari (i quali in questo caso rappresentano la quasi totalità della Comunità internazionale) sulla base di linee guida internazionali che, come vedremo meglio infra, prevedono il coinvolgimento della comunità locale, affidando alle organizzazioni non governative internazionali un ruolo di consulenza e assistenza tecnica224. Icomos world report 2004/2005, cit., pp. 129-134. Le notizie su questa prima fase (la meno procedimentalizzata) dell’iter di candidatura sono state direttamente e personalmente acquisite dal Responsabile dell’Ufficio UNESCO del Ministero, Arch. Manuel Guido. L’unico intervento degli amministratori locali risulterebbe essere avvenuto in occasione di un incontro tra il Ministro per i Beni culturali pro tempore e il Presidente della Provincia di Alessandria, se non fosse che l’iscrizione è avvenuta in un momento precedente: cfr. D. BRUNETTI (a cura di), Gli spazi della biblioteca e dell’archivio: piccoli e grandi progetti di buona conservazione (Atti della giornata di studi promossa dal Club UNESCO e dal Comune di Alessandria, 20 novembre 2007), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2009, p. 14. 222 Del suddetto Gruppo di lavoro faceva parte l’ex Soprintendente ai Beni Architettonici e poi Direttore Regionale del Piemonte, da sempre attento estimatore della Cittadella tanto da firmare la postfazione del già più volte citato e misconosciuto volume di Allemandi. 223 Art. 8 ss della Convenzione. 224 Vale la pena, però, di ricordare a questo proposito che gli esperti dell’Icomos hanno la facoltà di presentare all’Organizzazione in via riservata dei dettagliati Rapports de visite, al fine di segnalare l’effettivo stato di conservazione e rispetto dei siti iscritti nella Lista del Patrimonio mondiale, il che può poi dare luogo a segnalazioni presso il Centro del Patrimonio mondiale presso l’UNESCO; si ricorda anche il già citato Rapporto mondiale “Heritage at Risk”, anch’esso curato e diffuso a livello mondiale 220 221 54 Study case Ma non è così in tutte le procedure internazionali: ad esempio nella procedura di istituzione della nuova Lista dei beni sotto protezione rafforzata di cui al II Protocollo aggiuntivo (L’Aja, 1999) alla Convenzione dell’Aja del 1954 sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, la proposta può essere fatta dagli Stati e da un analogo Comitato intergovernativo, ma anche dalle OnG della cultura, coordinate nell’International Committee of the Blue Shield. Questi ultimi soggetti potrebbero dunque essere considerate in qualche modo esponenziali, nell’esercizio di questa funzione, non solo di istanze tecniche ma anche di “interessi diffusi globali”. Abbiamo già detto che le norme in materia di tutela e valorizzazione del Patrimonio privilegiano in prima istanza la conservazione delle testimonianze materiali, siano esse monumentali o paesaggistiche, mentre la finalità ultima della Convenzione è sua l’identità, la personalità e soprattutto la dignità dell’Uomo che ne fruisce. Per questo motivo nel caso di un bene proposto all’attenzione mondiale come “Patrimonio dell’Umanità”, più ancora che in altre situazioni meno titolate, non si può prescindere dal porre in evidenza, per poi verificare caso per caso nel prosieguo della disamina, la corretta applicazione delle norme poste a garanzia di una serie di diritti culturali, che nel caso di specie possono in prima approssimazione individuarsi non soltanto, come risulta del tutto ovvio, nel Diritto alla protezione del patrimonio culturale, ma in praticamente tutte le ulteriori tipologie poc’anzi citate: - la libertà di espressione del pensiero e delle opinioni da parte dei diversi portatori di interessi, locali e non solo, nel momento della progettazione e realizzazione come nelle successive fasi di gestione a regime; - la libertà di informazione, che viene posta in gioco nella dialettica tra mezzi di comunicazione, poteri pubblici e comunità; - il diritto alla proprietà intellettuale nei confronti di tutti coloro che hanno elaborato studi, progetti, opere d’arte o letterarie sul sito, o che lo faranno in futuro; - le libertà di ricerca scientifica, di attività creativa e di insegnamento, il diritto all’educazione e all’istruzione, che sono riferibili alle diverse tipologie di attività (culturali) artistiche, scientifiche e didattiche che saranno ospitate nel complesso; - il diritto alla promozione della cultura, che deve essere garantito con particolare riferimento all’attività delle strutture e agli eventi che sono e saranno allestiti nel sito; - il diritto a fruire delle arti, che si concretizza nell’accesso al sito, come pure alle mostre o agli spettacoli che vi saranno organizzati; - la libertà di scambio delle conoscenze, con riferimento allo sviluppo dei diversi e più complessi aspetti tecnici e gestionali, oggetto delle varie discipline coinvolte nella progettazione, ma anche in merito alla più generale opportunità di fare del sito un luogo di incontro e dialogo tra rappresentanti delle più diverse sensibilità e culture, per non parlare degli scambi attivabili tramite le reti nazionali e internazionali; - ed anche, in ultima analisi, il diritto a partecipare allo sviluppo culturale e scientifico, che viene in gioco con riferimento a tutte le prospettive di miglioramento della qualità della vita che potrebbero derivare dal completamento del recupero del sito in oggetto a favore dei cittadini come dei visitatori italiani e stranieri; - se dovesse concretizzarsi l’ipotesi di campus universitario internazionale225, verrebbero poi naturalmente in gioco anche il diritto alla propria cultura e al rispetto della diversità culturale, come pure il diritto alla propria religione in capo agli “ospiti” dell’Icomos. 225 Su cui si veda infra. 55 Massimo Carcione (che si tratti di immigrati o studenti “Erasmus” poco importa) di altre regioni, nazioni o continenti; - infine, non va dimenticato che, per tutti coloro che frequenteranno occasionalmente o abitualmente il sito, cercandovi il famigerato diletto spirituale insieme al benessere psicofisico, dovrà essere infine garantita la possibilità di godere di un sano svago intellettuale, magari al cinema, in vineria o al bookshop, correndo in bicicletta tra i bastioni o prendendo il sole in mezzo alla Piazza d’armi, cavalcando o andando in carrozza nei luoghi della Battaglia di Marengo, oppure remando sulla canoa tra Tanaro e Bormida. Da questo primo e approssimativo “test”, sembra quindi di poter dedurre che praticamente tutte le forme e tipologie di diritti culturali – come definiti nella prima parte della ricerca – possono utilmente essere ricomprese e sintetizzate da un lato nella libertà di creare e diffondere idee e opinioni, studi, progetti e altre opere artistiche o intellettuali, in occasione di convegni o performances, oppure tramite libri, concerti o siti web, che contribuiscono nel loro insieme al patrimonio di cultura e conoscenza relativo alle fortificazioni o ai luoghi storici, alle zone fluviali di pianura oppure ai mercati; dall’altro, nel diritto a fruire dei percorsi museali, delle mostre, del parco storico e degli spettacoli stessi, come pure delle strutture universitarie o convegnistiche, dei servizi turistici, didattici e di accoglienza, acquisendo anche in questo caso cultura e conoscenza in un luogo espressamente concepito con tale finalità. La candidatura del sito, e prima ancora la predisposizione del relativo dossier, possono quindi essere un’utile dimostrazione sperimentale del fatto che, anche in campo culturale, si può strutturare e regolare (ad esempio con lo statuto dell’ente cui è demandata la gestione o con il relativo piano operativo) la chiara definizione di un quadro di competenze, la realizzazione di procedure trasparenti e partecipate, l’organizzazione di servizi adeguati ed efficienti. Tutto ciò si deve naturalmente svolgere in uno con la tutela e la valorizzazione dell’inscindibile patrimonio di valori della memoria (i quali possono in parte rientrare nella nozione di Patrimonio intangibile), possibilmente con forme e modalità tali da garantire che siano effettivamente perseguiti lo sviluppo culturale ed il corretto utilizzo delle risorse pubbliche, secondo i migliori standard internazionali definiti dall’UNESCO. 3. L’utilità del dossier: uno schema di lavoro Dal momento ci stiamo occupando di un sito presente nella tentative list italiana, occorre guardare già alla legge n. 77/2006 e al procedimento di candidatura alla Lista dell’UNESCO, che pure sul piano squisitamente formale dovrebbero essere applicati solo in caso di effettivo inserimento; d’altro canto non è eccessivo sostenere che la legge nazionale che detta le norme in materia di “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella ‘lista del patrimonio mondiale’, posti sotto la tutela dell' UNESCO” stenta ancora ad essere applicata anche con riferimento ai siti già presenti da tempo nella lista. D’altronde per molti di essi non era stato neppure redatto il piano di gestione, inizialmente non obbligatorio (è il caso delle Residenze Sabaude, iscritte nel 1997) oppure vi si era dato adempimento in modo poco più che formale226 (come per i Sacri Monti, Il che peraltro costituisce in Italia una discutibile prassi, anche ai fini della verifica preventiva della sostenibilità economica delle opere pubbliche, imposta dalla Legge quadro sulle opere pubbliche. 226 56 Study case iscritti nel 2003); ma propri per questo, ed anzi a maggior ragione. occorre fare uno sforzo affinché le nuove candidature risultino sin dalla prima fase di proposta conformi alla procedura richiesta. Infatti la definizione del piano di gestione e l’adozione dell’intesa di cui all’art. 3 comma 2 della stessa legge, da stipularsi con le forme e le modalità previste dal Codice dei Beni culturali, costituiscono oggi gli strumenti codificati e necessari per la definizione degli indispensabili “accordi di collaborazione tra i soggetti pubblici istituzionalmente competenti (…) alla realizzazione dei relativi interventi”. Ne consegue che ogni sito che si propone per una futura, anche se ancora incerta candidatura alla Lista, farebbe bene ad attrezzarsi in tal senso, dal momento che ormai l’UNESCO richiede in modo vincolante la presenza di tale documento nel dossier di candidatura. Esiste una singolare, ma del tutto logica e coerente, corrispondenza tra molte delle questioni problematiche che tra poco esamineremo in merito al sito Marengo-Cittadella e lo schema di base di un eventuale prossimo “dossier di candidatura”, che la Soprintendenza Regionale del Piemonte e il Servizio Beni culturali della Regione dovrebbero, d’intesa con le amministrazioni locali, predisporre ai fini della sua sottoposizione al giudizio del Comitato del Patrimonio Mondiale, e per il quale sappiamo che sarà necessario disporre di: 1) un quadro completo e aggiornato delle conoscenze già acquisite o comunque reperibili; 2) un progetto attendibile e realistico degli interventi di restauro e conservazione necessari; 3) un piano serio e condiviso delle iniziative di valorizzazione e promozione, nonché dei servizi per la fruizione (anche turistica); 4) una serie di azioni di coinvolgimento, informazione e sensibilizzazione della comunità locale; 5) uno strumento di pianificazione della gestione di tutto quanto sopra previsto (incluse le misure di manutenzione e sicurezza); 6) la sua formale approvazione da parte delle Autorità competenti ai diversi livelli istituzionali. A conferma di ciò, si riporta sommariamente quanto previsto al punto 120 delle Guidelines227 dell’UNESCO, in base al quale quali “tutte le informazioni pertinenti228 devono essere incluse nel dossier di proposta d’iscrizione, associate alla relativa fonte di informazione”; le linee guida internazionali sono state recepite in Italia con un documento che costituisce una fonte di dubbia natura229, ma che risulta comunque costituire un riferimento obbligato, sotto il profilo procedurale e di merito, per le amministrazioni regionali e locali interessate, così come le linee guida internazionali (che ne costituiscono la base) lo sono per i governi stessi. Quanto all’inserimento nel dossier di candidatura del 227 Paragrafo III-A delle Orientations devant guider la mise en oeuvre de la Convention du patrimoine mondial, WHC.08/01, Paris, UNESCO, 2008. 228 Secondo il successivo punto 130 delle Guidelines è necessario inserire del dossier le seguenti informazioni: “1. Identification du bien; 2. Description du bien; 3. Justification de l’inscription; 4. Etat de conservation et facteurs affectant le bien ; 5. Protection et gestion; 6; Suivi; 7. Documentation; 8. Coordonnées détaillées des autorités responsables“. 229 Certo non si tratta di un regolamento, non avendone le caratteristiche (è stato pubblicato in forma di manuale operativo), ma è piuttosto un atto amministrativo a contenuto normativo; potrebbe forse essere considerata alla stregua di un atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa (ex art 3 lett. d) della l. n. 400/1988), anche se per ora non ne ha assunto i requisiti formali, non risultando adottato con d.p.c.m. ma solo con deliberazione di una Commissione consultiva del Ministero, seppure in diretta attuazione dell’art. 4 comma 1 lett. a) della l. n. 77/2006. 57 Massimo Carcione piano di gestione, il documento ministeriale specifica che “l’UNESCO richiede la formulazione di un Piano di Gestione, le cui finalità sono quelle di garantire nel tempo la tutela e la conservazione alle future generazioni dei motivi di eccezionalità che ne hanno consentito il riconoscimento”, partendo dal presupposto (che fino a qualche anno fa non era affatto scontato, almeno per i tecnici del nostro Ministero) che “senza un’efficiente gestione economica integrata dei beni culturali, come risorsa, diventa assai difficoltoso garantire le finalità della conservazione. Tutela e conservazione sono infatti condizioni necessarie, ma non sono sufficienti: occorre anche una gestione in grado di attivare, assieme alla tutela delle identità, le filiera delle attività culturali e produttive correlate” al sito230. Vale tuttavia la pena di ribadire, ad ogni buon conto, che questo insieme di indirizzi e documenti programmatori, strumenti amministrativi, documenti e materiali gestionali sarebbe comunque di evidente utilità e beneficio per la valorizzazione di questo come di qualsiasi sito monumentale italiano, anche a prescindere dall’effettivo avvio e del successo finale del procedimento di candidatura. 230 Lo studio è stato realizzato dalla Commissione nazionale siti UNESCO: Il modello di piano di gestione dei beni culturali iscritti alla lista del patrimonio dell’Umanità. Linee guida, Paestum, MiBAC, 2004, pp. 56, che in merito alle relazioni tra i diversi livelli istituzionali e le relative competenze viene specificato che sono “coinvolte ed intrecciate le funzioni di tutela con quelle della valorizzazione e della promozione, ma anche con quelle dello Stato garante in ordine agli obblighi assunti a livello internazionale. E queste connessioni suggeriscono una gestione coordinata in cui si dovrà realizzare un meccanismo di ripartizione delle funzioni amministrative il più possibile flessibile, in ogni caso, basate sui principi della sussidiarietà, della differenziazione e dell’adeguatezza”. 58 Study case 3. COMPETENZE, LIVELLI E STRUMENTI DELLE SCELTE Nel precedente capitolo si sono analizzate in dettaglio, anche dal punto di vista cronologico, le modalità con cui è stato affrontato dal punto di vista politico-istituzionale, amministrativo e gestionale, il problema del recupero e riuso di un bene culturale di particolare rilievo storico, architettonico e paesaggistico che da tempo accoglie manifestazioni lato sensu culturali, che sarebbe in ipotesi destinato ad ospitare istituti (musei, archivi, biblioteche o teatri), strutture e servizi pubblici (come spazi espositivi e convegnistici) a loro volta con natura e finalità culturali, includendo in questo ambito anche le strutture universitarie e della ricerca scientifica in genere. Ciò ha comportato – come si è visto – la disamina delle forme e modalità con cui gli organi assembleari e i singoli amministratori sono stati effettivamente posti nelle condizioni di operare scelte di indirizzo politico, di programmazione e pianificazione, potendo disporre di una solida base di conoscenze adeguate e corrette (inclusi i dati tecnici e le nozioni scientifiche necessarie); le deliberazioni conseguenti devono, a loro volta, essere redatte e pubblicate in modo tale da mettere i cittadini (singoli e associati) in grado di conoscere a loro volta – anche tramite gli organi di stampa e gli sportelli informativi – lo stato dei procedimenti e di parteciparvi esprimendo liberamente le loro opinioni. In stretta connessione con quest’ultimo aspetto, si pone anche la questione dell’effettiva e corretta conoscenza, da parte degli stessi cittadini-elettori, degli esiti finali (o in corso d’opera) di questa complessa vicenda, affinché essi siano messi in grado di esprimere un giudizio corretto e non condizionato da disinformazione, propaganda o anche solo da erronee notizie in merito all’operato dei loro rappresentanti e al conseguente stato dell’arte di una vicenda così importante per la comunità. Come si può vedere, solo una parte delle questioni (certamente non le più rilevanti) rientrano in quella che è comunemente ritenuta la competenza degli organi istituzionali e dei servizi amministrativi e tecnici in campo culturale: ne è riprova il fatto che la vicenda oggetto di questo studio è stata solo in minima parte “governata” dagli Assessori delegati a occuparsi di cultura, istruzione, università o turismo, il che avrebbe comportato la conseguente gestione a cura dei relativi dirigenti e uffici; in ogni caso, quando ciò si è verificato, si è trattato degli aspetti più estemporanei e meno impegnativi sul piano delle scelte strategiche e della tutela dei diritti della cittadinanza. a. Procedimenti amministrativi e buon andamento Esaminando una vicenda di non comune durata e complessità, come quella che sta interessando i siti storico-militari alessandrini, ci si può rendere conto del fatto che il procedimento amministrativo, inteso come tipologia giuridica definita in modo condiviso e teoricamente standardizzato (ai sensi degli artt. 2 ss. della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.)231, 231 Secondo la definizione di Casetta, confluiscono nel procedimento amministrativo “atti, fatti 59 Massimo Carcione può assumere nella realtà dei fatti molte e assai diverse configurazioni, tanto più allorché ci si trova a considerare fattispecie in cui la regola è costituita dall’intreccio, dalla sovrapposizione e non di rado dal conflitto di competenze tra enti di diversi livelli istituzionali (da quello comunale a quello dell’organizzazione internazionale), cui di frequente si viene ad aggiungere anche l’apporto di soggetti privati. Come già abbiamo visto nel corso della “cronaca” degli avvenimenti verificatisi in particolare tra il 1997 e il 2007, e come si potrà meglio riscontrare nella successiva analisi di dettaglio, lo schema procedurale codificato dalla l. n. 241/1990 ha avuto diverse occasioni di configurarsi, nell’ambito delle amministrazioni statali coinvolte (in special modo il Ministero della Difesa e l’Esercito, il Ministero del Tesoro e l’amministrazione demaniale, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, con le varie Soprintendenze e l’Archivio di Stato) come pure in seno agli enti locali direttamente competenti. Ci sono esempi di procedimenti relativamente semplici e brevi che si sono ripetuti un rilevante numero di volte nel corso del decennio232; altri sub-procedimenti di routine, in quanto privi di profili di discrezionalità amministrativa, come il parere preventivo (non necessariamente formalizzato) da parte dell’autorità di tutela in merito agli interventi interessanti gli immobili storici, sono stati attivati con riferimento a molte delle iniziative pubbliche. Oltre ai procedimenti in senso stretto, che hanno cioè portato all’adozione di atti formali, le amministrazioni interessate hanno talora svolto attività amministrative (oltre che organizzative e gestionali), anche di grande complessità e durata, finalizzate al conseguimento del risultato di tutelare, recuperare o valorizzare il sito storico, senza che venissero adottate delibere, decreti e magari neppure determinazioni dirigenziali; in alcuni casi, anzi, l’iter procedimentale si è interrotto e magari è ripreso a distanza di mesi o anni, anche a causa della rapida e alquanto caotica evoluzione della normativa di riferimento. Ci sono infine, soprattutto, i due macro-procedimenti che, svolgendosi in parallelo e quasi sincronicamente, hanno sin qui caratterizzato tutta la vicenda: da un lato, il passaggio degli immobili dalla destinazione iniziale (per lo più militare) a quella finale, essenzialmente culturale; dall’altro, la definizione degli indirizzi per la destinazione degli immobili stessi e l’attivazione dei diversi livelli di progettazione degli interventi di recupero conservativo e riuso compatibile con la natura storico-architettonica e paesaggistica. Solo per quanto attiene il sito di Marengo si è giunti al termine dei lavori di recupero e di nuova destinazione museale, mentre in Cittadella alcuni progetti e lavori sono stati avviati, quasi subito ma si sono interrotti. Tuttavia è evidente che, poiché la gran parte degli atti formali e delle attività organizzative sono state condotte e (per lo più) portate a compimento senza discostarsi dall’ordinaria amministrazione, gli aspetti di effettivo interesse al fine di comprendere le problematicità (e se possibile individuarne le soluzioni) si possono riscontrare solo con e attività caratterizzati dallo scopo comune e unitario”, che sono “tra di loro connessi in quanto concorrono, nel loro complesso, all’emanazione del provvedimento”, cioè dell’atto amministrativo: cfr. E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, Giuffré, 2004, p. 359 ss.; si veda anche I. FRANCO, Il nuovo procedimento amministrativo, Bologna, Cedam, 1995; A. CROSETTI, F. FRACCHIA, Procedimento amministrativo e partecipazione, Milano, Giuffré, 2002; M.T. SEMPERVIVA, C. SILVESTRO, Il nuovo procedimento amministrativo, Napoli, Simone, 2009. 232 Si pensi alla concessione del patrocinio o del sostegno finanziario da parte di un Ente a una singola iniziativa di studio o promozionale; oppure alla realizzazione di specifici eventi o interventi di valorizzazione, o ancora alla procedura di autorizzazione all’utilizzo di spazi demaniali nel corso di manifestazioni con il conseguente introito dei canoni di concessione a conclusione dell’uso degli spazi stessi. 60 Study case riferimento ad alcuni specifici ambiti e tipologie, in cui vengono evidenziate le caratteristiche più originali ed interessanti di questa vicenda. Ciò riguarda in primo luogo la formale e preventiva individuazione, da parte degli enti e organi effettivamente competenti233, di chiari indirizzi politici e di programmazione; segue quindi l’adozione (o piuttosto, in taluni casi, il ritardo, la non adozione o il mancato rispetto) di intese tra enti e di altri strumenti istituzionali e amministrativi finalizzati, ai sensi degli artt. 112, commi 4 e 9, del Codice e artt. 30 ss. del TUEL, dapprima allo svolgimento in modo coordinato di funzioni e servizi e in una seconda fase all’istituzione di soggetti giuridici cui demandare la gestione; e poi ancora l’adozione (o meno) delle procedure e degli strumenti di consultazione e partecipazione della cittadinanza; ed in ultimo, sul piano normativo, ma preliminarmente in ordine logico e cronologico, la definizione di un esaustivo quadro delle conoscenze e delle competenze necessarie alla corretta definizione delle scelte da adottare. La presentazione delle diverse azioni realizzate, al fine di agevolare la lettura e la comprensione dello svolgimento dell’iter organizzativo, è proposta, per quanto possibile, rispettando un riferimento cronologico per lo più indicativo: 1. Programmazione e relazioni interistituzionali Il quadro degli strumenti di programmazione, utili ai fini della puntuale definizione degli indirizzi politici delle amministrazioni locali, delle relative prescrizioni urbanistiche e del reperimento di adeguate risorse finanziarie, risulta alquanto incoerente e frammentato, malgrado l’iniziale preveggente sforzo di anticipazione rispetto alla ricorrenza del Bicentenario della battaglia di Marengo e alla supposta imminente dismissione della Cittadella. Fatti salvi i riferimenti più o meno approfonditi alla vicenda che si possono trovare nelle relazioni previsionali e programmatiche (annuali e triennali) di Comune e Provincia234, in tempi recenti l’attività di programmazione – in forma facoltativa ed eventuale - si è sviluppata in provincia dapprima con il Patto Territoriale (1997) e di recente con i PISL235 e poi PTI236, istituiti dalla Regione Piemonte e gestiti dalla Provincia, ma in Si fa qui riferimento alla controversa questione, quasi mai sollevata formalmente ma sempre presente nel dibattito politico-istituzionale, delle relazioni tra Capo dell’amministrazione (Sindaco o Presidente della Provincia), Giunta e Consiglio, nonché tra tali organi e le relative strutture dirigenziali e tecniche degli enti, normalmente coordinate dal Direttore generale; in attuazione dell’attuale quadro normativo scaturito dalle norme del Titolo III del TUEL (artt. 36 ss.), ed in particolare a seguito dell’eliminazione dei controlli di legittimità e del ridimensionamento del ruolo del Segretario generale, la valutazione di tali profili resta alquanto problematica poiché spetterebbe ai sistemi di controllo interno che, per valutazione generalmente condivisa tra gli operatori, non hanno dato sinora prova di adeguato rigore e assenza di condizionamenti politici. Cfr. G. D’AURIA, I controlli, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, I, 2, Giuffré, Milano, 2003, pp. 1217 ss.; E. CASETTA, op.cit, p. 122 ss.. 234 Negli allegati al Bilancio provinciale la vicenda Cittadella è stata inserita tra il 2004 e il 2006 con riferimento alla gestione del finanziamento statale per la progettazione, mentre in precedenza si trova solo un breve cenno alla ricerca affidata al Politecnico e al relativo Comitato (cfr. Relazione previsionale e programmatica 1998, vol. II, Obiettivi e programmi, Programma 12-Cultura, p. 52); il Comune ha iniziato a inserire riferimenti specifici e di effettivo carattere programmatorio solo dopo il 2008, in connessione alla stipula della convenzione con l’Agenzia del Demanio. 235 La Regione Piemonte con il bando regionale, di cui alla Determina Dirigenziale 14 marzo 2005, n. 6, pubblicata sul Bollettino Ufficiale Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo 2005, ha avviato un'azione di stimolo della progettualità del territorio finalizzandola ad azioni di sviluppo locale. 236 Con d.g.r. n. 55/4877 dell’11 dicembre 2006 la Regione Piemonte ha approvato il bando per gli anni 2006/2007 dei “Programmi Territoriali Integrati”, che fa seguito al primo bando dei Programmi Integrati di Sviluppo Locale 2005/2006; con successiva d.g.r. n. 12-7010 del 27 settembre 2007 sono 233 61 Massimo Carcione nessuno di questi documenti si rinvengono scelte strategiche circa la destinazione della Cittadella e il rilancio del sito storico in generale; invece, nel corso degli anni oggetto dello studio, sono stati adottati diversi atti con finalità sostanziali di programmazione e di definizione del complesso quadro dei rapporti tra i diversi livelli istituzionali: - 1997, delibera di approvazione del programma dei lavori e degli interventi di recupero della villa e del parco di Marengo (Provincia di Alessandria); - 1997, inserimento della Cittadella nel piano territoriale regionale, come architettura di interesse regionale – categoria opere militari (Regione); - 1997, delibera di indirizzi per l’avvio del metaprogetto sulla Cittadella, adottata dalla Giunta provinciale, con successiva deliberazione del Consiglio provinciale per gli aspetti finanziari (Provincia); - 1998, costituzione del comitato informale per la committenza del metaprogetto e l’acquisizione dei co-finanziamenti di Comune, Fondazione CR Alessandria e Finpiemonte SpA (Provincia, d’intesa con Prefettura e Soprintendenza BAP del Piemonte); - 1998, consultazioni per il piano territoriale di coordinamento provinciale, con riferimento all’intero sito storico (Provincia); - 1998, acquisizione da parte del Comune di un parere del Politecnico ai fini della variante del PRGC, a cura del comitato informale (Provincia); - 1999, stipula del protocollo d’intesa per le Celebrazioni del Bicentenario di Marengo (Comune e Provincia, con successiva adesione di Regione e Fondazione CR Alessandria); - 1999, proposta di accordo di programma, a riscontro di analoghe sollecitazioni di Demanio e Stato Maggiore Esercito (Ministero per i Beni e le Attività culturali, senza esito); - 1999, convenzione per la gestione degli eventi del Bicentenario della battaglia (Provincia e Società Napoleonica di Marengo, d’intesa con Comune, Fondazione CR Alessandria e Regione); - 2001, istituzione del “Comitato per la valorizzazione della Cittadella”, approvazione dello statuto e trasferimento dei relativi finanziamenti (Provincia, Comune, Fondazione CR Alessandria e Finpiemonte SpA); - 2001, sostegno istituzionale alla costituzione dell’Associazione “La Cittadella 1728” (Comitato, Comune, Fondazione CR Alessandria); - 2004, convocazione da parte del Soprintendente Regionale ai Beni culturali di una riunione esplicitamente finalizzata all’accordo di programma (Ministero per i Beni e le Attività culturali, senza esito); - 2004, istituzione di una commissione tecnica di esperti per la definizione degli indirizzi strategici dello studio di fattibilità e del concorso di idee sulla Cittadella (Provincia e Comitato); - 2005, convocazione di riunioni congiunte delle commissioni consiliari competenti, per parere sulla documentazione relativa al concorso di progettazione (Provincia e Comune); - 2006, inserimento della Cittadella nella programmazione strategica regionale DPEFR 2006-2008, punto B, Settore Musei e Patrimonio culturale (Regione Piemonte); - 2006, adesione regionale al Comitato e nomina del rappresentante in persona dell’Assessore regionale ai Lavori pubblici (Regione Piemonte); - 2006, inserimento della Cittadella nella ‘tentative list’ italiana presso l’UNESCO state individuate e ammesse a finanziamento le idee progettuali migliori, tra le quali il PTI della Piana Alessandrina, finalizzato a “conoscenza e innovazione per lo sviluppo delle vocazioni del territorio”, tra le quali non è stato però incluso il tema della valorizzazione dei siti storici, neppure a fini turistici. 62 Study case (Ministero per i Beni e le Attività culturali, inauditi gli enti e le associazioni locali); - 2008, consultazioni pubbliche delle associazioni interessate, nell’ambito della Commissione consiliare cultura, ai fini dell’adozione della delibera di indirizzi del Consiglio Comunale di Alessandria (Comune); - 2009, costituzione dei tavoli tecnici e avvio delle consultazioni per il piano strategico di Alessandria, con il coinvolgimento formale delle strutture di ricerca dell’Università del Piemonte Orientale e delle associazioni interessate (Comune e Associazione “Alessandria 2018”); - 2009, stipula dell’accordo di programma per la demolizione del ponte della Cittadella (Comune di Alessandria, d’intesa con Dipartimento della Protezione Civile, Regione, AIPO e Provincia, sentita la Direzione Regionale Beni culturali del Piemonte). ASPETTI PATRIMONIALI Ai fini della definizione dell’ente titolato a disporre uti dominus del sito e dei singoli immobili interessati, oppure a farne uso a titolo temporaneo, le amministrazioni hanno attivato nel corso dell’intero arco temporale una serie di procedure, che sono state fortemente condizionate in corso d’opera dalla rapida evoluzione del quadro normativo in materia; il ruolo del Ministero per i Beni culturali resta marginale, dal momento che le funzioni di tutela non sono state praticamente mai attivate ed esercitate in modo formale: - 1996, avvio formale da parte dell’Esercito della procedura di dismissione della Cittadella (Ministero della Difesa); - 1997, avvio da parte dell’Amministrazione, poi Agenzia, del Demanio delle procedure di valorizzazione finanziaria e immobiliare del sito (Ministero dell’Economia); - 1999, proposta formale di trasferimento del sito al demanio culturale (Ministero per i Beni e le attività culturali, senza esito); - 2000, acquisizione della disponibilità del Forte Acqui e avvio del recupero (Comune); - 2001, dismissione del primo edificio della Cittadella e concessione temporanea, per un triennio, a favore dell’AIPO (Esercito e Demanio, AIPO); - 2002, studio e predisposizione della bozza di protocollo d’intesa per la dismissione parziale e graduale della Cittadella, con l’organizzazione sistematica di visite e manifestazioni (Comitato, Esercito e Demanio, non formalizzato); - 2003, definizione, nell’ambito dello studio di fattibilità, dell’ipotesi di conferire il sito di Marengo a una fondazione (Provincia, Università); - 2003, individuazione e richiesta preliminare di due edifici, per la realizzazione della sede dell’Archivio di Stato di Alessandria (Ministero per i Beni e le Attività culturali, senza esito); - 2007, completamento da parte dell’Esercito dello sgombero dei depositi e definitiva dismissione (Stato Maggiore della Difesa e Demanio); - 2008, inserimento nel piano nazionale delle dismissioni (Agenzia del Demanio); - 2008, sottoscrizione di un protocollo d’intesa per la valorizzazione della Cittadella e dei forti (Ministero dell’Economia, Agenzia del Demanio e Comune di Alessandria); - 2008, stipula della convenzione per la custodia della Cittadella (Comune di Alessandria e Agenzia del Demanio); - 2009, proposta di conferire il sito e le strutture, culturali e turistiche, di Marengo a una costituenda fondazione (Provincia, al momento senza esito). Inoltre, in via generale, per l’intera durata della vicenda: a) quando le iniziative culturali o le manifestazioni promozionali si sono svolte all’interno dei siti storici (incluso in questo caso anche Marengo), esse hanno comportato da parte 63 Massimo Carcione degli enti proprietari l’autorizzazione all’accesso, alla visita e all’uso degli spazi, con eventuale riscossione di canoni di concessione o richiesta di rimborso delle spese di pulizia e manutenzione; b) in connessione all’organizzazione di eventi, è stata sempre richiesta la copertura assicurativa, l’adozione di misure di sicurezza (sorveglianza, transenne, ecc.), l’organizzazione di interventi preventivi e successivi di pulizia e igiene, ed in qualche caso di allestimento e minima manutenzione degli immobili e degli spazi esterni. 2. Studio e ricerca La prima fase delle iniziative di valorizzazione e promozione è stata finalizzata, secondo logica, all’organizzazione di iniziative culturali, di promozione e ricerca scientifica che hanno interessato tanto Marengo che la Cittadella, sia dal punto di vista storico che della ricerca di possibili destinazioni; quasi sempre è stata prevista l’organizzazione di visite guidate al sito, sovente sono stati pubblicati gli atti. In nessun caso l’esercizio delle funzioni di tutela è andato al di là di consultazioni informali, oppure della collaborazione e partecipazione di singoli Soprintendenti o funzionari alle attività culturali: a) affidamento dell’incarico, su mandato degli enti locali, per la realizzazione di una ricerca finalizzata a definire le possibili destinazioni, gli indirizzi tecnici e le migliori metodologie per il recupero e la valorizzazione; - 1998, predisposizione e approvazione del disciplinare di incarico al Politecnico di Torino per la realizzazione di un “metaprogetto” (Provincia di Alessandria, previo cofinanziamento degli altri enti locali); - 1998, organizzazione di incontri e consultazioni tecniche, per l’acquisizione di pareri e proposte da parte di istituzioni e uffici regionali e statali, incluse le Soprintendenze e l’Archivio di Stato (Provincia); - 1999, presentazione al pubblico del metaprogetto e allestimento di una mostra informativa nel bastione S.Antonio della Cittadella (Provincia e Politecnico, d’intesa con Esercito e Prefettura); - 2002, richiesta al Politecnico di integrazione della ricerca e formale approvazione del Metaprogetto da parte della Giunta provinciale (Provincia, d’intesa con il Comitato); - 2002, pubblicazione della ricerca presso l’Editore Allemandi (Comitato, d’intesa con Politecnico, Provincia, Fondazione CR Alessandria e Finpiemonte); il Comune non ha condiviso l’iniziativa). b) organizzazione di convegni e workshop, implicanti da parte delle istituzioni locali (normalmente Comune e Provincia, talvolta Regione e Ministeri), la concessione del patrocinio e del sostegno organizzativo, finanziario e di comunicazione; Esercito, Demanio e Provincia (quest’ultima per il solo sito di Marengo), hanno provveduto alla concessione dei locali, in questo caso normalmente a titolo gratuito. Si riportano di seguito i principali eventi: - 1997, convegno della Società italiana per la protezione dei beni culturali, in collaborazione con l’Università del Piemonte orientale, da cui scaturisce la proposta di istituzione del museo militare; pubblicazione degli atti da parte dell’Associazione stessa, con il sostegno della Fondazione CR Alessandria; - 1997, convegno della Società per l’Architettura in Cittadella, nel corso del quale viene annunciato l’affidamento al Politecnico del metaprogetto; pubblicazione degli atti da parte della Camera di Commercio; 64 Study case - 1997, congresso napoleonico internazionale in Cittadella, promosso dal Comune di Alessandria, con sottoscrizione dell’appello internazionale e presentazione dell’itinerario dei luoghi della battaglia di Marengo; pubblicazione dei relativi atti da parte del Comune; - 1998, collaborazione allo scavo archeologico e alla pubblicazione della ricerca scientifica sui resti dell’Ossario di Marengo, a cura delle Università di Pisa e Camerino (Provincia e Società Napoleonica, con il sostegno della Fondazione CR Alessandria); - 1999, convegno degli Stati Generali del Piemonte su Cittadella e musei militari, promosso dal Consiglio Regionale; pubblicazione dei relativi atti da parte della Regione Piemonte; - 2001, convegno sulla piana di Marengo e la valorizzazione dei luoghi della battaglia (Provincia e Comune di Tortona); - 2001, convegno di Italia Nostra in Cittadella, sul recupero e riuso della fortezza; pubblicazione dei relativi atti da parte dell’Associazione stessa; - 2003, convegno di presentazione dello studio di fattibilità sul sito di Marengo, a cura di Energia e Territorio SpA e della Provincia; - 2007, convegno di Legambiente, nell’ambito della campagna nazionale Salvalarte; - 2009, convegno di Italia Nostra sul rapporto tra ponte della Cittadella, città e fortezza; - 2010, convegno del Dipartimento POLIS dell’Università dei Piemonte Orientale, per la presentazione della ricerca sulla storia moderna della Cittadella; - 2010, convegno sul “Tesoro di Marengo”, a cura della Soprintendenza e della Società di Storia, arte e archeologia di Alessandria, con il sostegno della Fondazione CR Alessandria; - 2009, congresso dell’Istituto Nazionale del Risorgimento in Cittadella, con il sostegno del Comune e della Fondazione CR Alessandria; - 2010, convegno sulla Cittadella nel ‘900, presentazione dei risultati della ricerca commissionata dal Comitato (Isral, in collaborazione con l’ANPI). c) organizzazione di ulteriori iniziative scientifiche e promozionali, a cura di istituzioni pubbliche e associazioni private: - 1997, presentazione di uno studio preliminare sugli indirizzi per la valorizzazione della Cittadella presso l’Università della Tuscia di Viterbo, nell’ambito del colloquio internazionale “La gestione del patrimonio culturale”; atti pubblicati a cura dell’Ente interregionale DRI, con il patrocinio del Ministero per i Beni culturali e dell’ICOM (Provincia); - 1999, collaborazione all’indagine conoscitiva dell’Università di Torino, Corso di Economia dei Beni culturali, realizzata mediante somministrazione di un questionario ai visitatori del Museo di Marengo (Provincia); - 2000, istituzione del Centro studi napoleonici e organizzazione del ciclo di convegni e conferenze “Forum Marengo” (Comune); - 2000, partecipazione a Parigi alla mostra su “Marengo, une victoire politique”, allestita in occasione del Bicentenario presso lo Chateau de Malmaison, a cura della Réunion Nationale des Musées (Centro Studi napoleonici); - 2001, istituzione e realizzazione della Rivista Napoleonica (Comune, Centro Studi napoleonici); - 2002, ricerca storica e studi preliminari sul ripristino del Parco di Marengo e sul “Platano di Napoleone” (Provincia, IPLA, Università di Torino, Regione Piemonte); - 2003, collaborazione all’indagine conoscitiva dell’ACSAL, realizzata mediante somministrazione di un questionario sulle opinioni della cittadinanza; elaborazione dei dati e presentazione dei risultati (Comitato, d’intesa con le associazioni interessate, ricerca non pubblicata); 65 Massimo Carcione - 2003, avvio di una ricerca socioeconomica sulle possibili destinazioni della Cittadella, a cura della Fondazione Fitzcarraldo (Comitato, ricerca non completata e pubblicata); - 2007, presentazione di uno studio sulle celebrazioni di Marengo al convegno internazionale di studi “Commémorer”, presso le Università di Grenoble e Nice, nell’ambito del progetto UE Interreg “La Memoire des Alpes” (Regione, Provincia e Isral, atti non pubblicati); - 2007, ricerca storica e studio preliminare sulla Piramide di Marengo (Provincia); - 2009, convenzione con il consorzio Isral “C.Gilardenghi”, per una ricerca sulla storia contemporanea della Cittadella, con indagine archivistica e fotografica (Comitato, in collaborazione con l’ANPI). d) elaborazione, sviluppo e proposta di iniziative di rilievo internazionale, a fini di acquisizione di finanziamenti o di sensibilizzazione delle istituzioni nazionali e dell’opinione pubblica; - 1999, proposta al Governo italiano di candidare la Cittadella e la piana di Marengo come Patrimonio mondiale (Comitato, d’intesa con Comune, Provincia e Regione, sentita la Commissione Nazionale Italiana UNESCO; senza riscontro formale); - 1999, redazione e presentazione di un progetto UE “Raffaello”, per una rete europea di fortificazioni da valorizzare (Provincia, non finanziato); - 2001, iniziativa delle Camere di Commercio di Cuneo e Nice (Francia), per la definizione di un progetto transnazionale di itinerari turistici napoleonici, in collaborazione con la Route Napoléon (Provincia, Camera di Commercio e Agenzia turistica locale “Alexala”, senza esito); - 2000, redazione e presentazione di un progetto Progetto UE “Cultura 2000”, per una rete europea dei siti napoleonici (Comune, non finanziato); - 2002, scambio di visite ufficiali e predisposizione di una bozza di protocollo di amicizia con la Provincia del Brabante Vallone, in Belgio, proprietaria del “Dernier Quartier général” di Napoleone presso Waterloo (Provincia, senza esito); - 2004, visita ufficiale in Cittadella di una delegazione dell’Association Vauban (Associazione “La Cittadella 1728”, Esercito); - 2005, redazione della scheda sulle problematiche di conservazione e valorizzazione della Cittadella e della piana di Marengo, inserita nel Rapporto mondiale “Heritage at Risk” dell’Icomos (Comitato Cittadella e Comitato italiano Icomos); - 2007, inserimento della Cittadella nei percorsi di valorizzazione “I Sentieri della Libertà”, nell’ambito del progetto UE Interreg “La Memoire des Alpes” (Regione, Provincia, Isral, Touring Club, in collaborazione con l’Università di Grenoble). - 2010, partecipazione al congresso dei siti francesi UNESCO a Besançon, avvio di contatti con il Réseau Vauban e con la città di Namur, per una rete europea di città militari-universitarie (Isral, Università del Piemonte Orientale-DISGE, Centro di Cultura dell’Università Cattolica). 3. Interventi strutturali La progettazione e realizzazione, dapprima ai sensi della d.lgs. n. 30/2004 e poi del Codice degli appalti pubblici (artt. 197 ss. del d.lgs. 163/2006237), degli interventi di 237 In precedenza la materia dei lavori e appalti pubblici era regolata in via generale dalla c.d. legge quadro “Merloni”, l. n. 109/1994 e s.m.i.; il regolamento d'attuazione è stato approvato con il d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207. 66 Study case recupero strutturale, restauro e destinazione a nuovi usi degli immobili e delle strutture in oggetto, può essere riunita in alcuni grandi procedimenti, ciascuno dei quali si articola in diverse sotto-fasi: a) restauro della villa e del parco di Marengo, a cura della Provincia, previa approvazione dei progetti da parte della Soprintendenza BAP del Piemonte, con il co-finanziamento della Regione Piemonte, dello Stato e della Fondazione CR Alessandria: - 1996, progettazione e realizzazione dell’intervento strutturale di recupero del rustico, per realizzazione di un ostello della gioventù (intervento non completato); - 1998, primi interventi di ripristino e manutenzione straordinaria della villa e del parco, recupero della stanza della “Locanda” (finanziamento del Ministero del Turismo); - 1999, completamento della prima fase di recupero della villa e del parco, abbattimento delle barriere architettoniche e installazione impianti di sicurezza (cofinanziamento regionale); - 2000, restauro dei decori della facciata, in collaborazione con la Scuola Edile; - 2002, avvio del restauro strutturale della villa, intervento straordinario sul parco e recupero dell’ossario (cofinanziamento regionale); - 2003, progettazione e realizzazione del centro congressi nell’area del c.d. “Castello” (finanziamento regionale ex l.r. n. 4/2003) - 2003, affidamento a Energia e Territorio SpA dello studio di fattibilità, in collaborazione con l’Università del Piemonte orientale; - 2004, progettazione e avvio degli interventi di consolidamento e avvio del recupero statico a seguito del terremoto (finanziamento straordinario dello Stato); - 2007, progettazione e realizzazione del restauro e ristrutturazione complessiva della villa, realizzazione dei parcheggi e dei servizi; - 2008, progettazione e realizzazione della Piramide; - 2009, recupero degli affreschi interni e inaugurazione della villa. b) progettazione del recupero e riuso della Cittadella, promossa dal Comitato e dagli enti che ne fanno parte (d’intesa con i Ministeri competenti), affidata quasi integralmente alla Provincia per gli aspetti amministrativi e tecnici, sempre con la partecipazione e attiva collaborazione del Funzionario di zona della Soprintendenza: - 2001, progettazione e avvio del restauro e recupero del Quartiere S.Antonio, a cura dell’AIPO, previa approvazione del progetto da parte della Soprintendenza BAP (lavori non portati a termine); - 2002, concessione alla Provincia di un finanziamento statale per l’avvio della progettazione (Parlamento, Ministero dell’Economia); - 2003, acquisizione del finanziamento da parte della Provincia, tramite il CIPE (in collaborazione con il Politecnico); - 2004, affidamento a Finpiemonte SpA dello studio di fattibilità (in collaborazione con l’IPLA, sentita la Soprintendenza BAP); - 2005, appalto comunitario per la progettazione del parco dei bastioni (aggiudicato); - 2005, concorso internazionale di idee per la progettazione del recupero complessivo del sito della Cittadella (non aggiudicato); - 2005, contenzioso amministrativo presso il TAR Piemonte e poi al CdS, a seguito del ricorso di alcuni architetti sull’esito del concorso. c) realizzazione di infrastrutture e servizi essenziali, messa in sicurezza, pulizia, recupero e allestimento di alcune aree del sito: - 2000, realizzazione e installazione della segnaletica stradale turistica per Marengo e per la 67 Massimo Carcione Cittadella (Comune e Provincia, d’intesa con l’ANAS); - 2006, scavo archeologico dei resti del vecchio Duomo in Piazza Libertà, poi ricoperto (Comune e Soprintendenza archeologica, d’intesa con la Diocesi e con il sostegno della Fondazione CR Alessandria); - 2009, completamento della trasformazione a 4 corsie della strada di grande scorrimento da Alessandria a Marengo, con sistemazione dell’incrocio e della viabilità di accesso a Marengo (Provincia); - 2009, avvio della pulizia e del recupero delle aree esterne della Cittadella (Comune e AMIU, senza intervento formale della Soprintendenza e del Corpo Forestale dello Stato); - 2009, demolizione d’urgenza del ponte della Cittadella (Comune); - 2009, contenzioso amministrativo presso il TAR Piemonte, a seguito del ricorso di Italia Nostra, La Cittadella 1728 e altri; ricorso inammissibile, ma ammessa la legittimazione ad agire a tutela di interessi collettivi in ambito culturale delle associazioni (Comune); - 2010, realizzazione di parcheggi esterni provvisori, riapertura della porta nord e disboscamento di alcuni bastioni e cortili della Cittadella (Comune e AMIU, senza intervento formale delle Soprintendenze); - 2010, completamento tratto a nord della Cittadella della tangenziale di Alessandria, nuovo collegamento diretto dai 3 caselli delle Autostrade A21 e A26 all’ingresso di Via Pavia, ai tre forti e al sito di Marengo (ANAS e Provincia). 4. Istituzioni museali e culturali In coerenza con l’impostazione dello studio e con i dettami della museologia storica, e contrariamente a quanto è stato appena fatto in merito agli interventi edilizi sulle strutture (considerati in modo disgiunto, con riferimento ai diversi enti proprietari dei beni o gestori delle procedure), l’insieme dei procedimenti e sub-procedimenti relativi alle problematiche culturali hanno beneficiato grazie alle buone relazioni tra i rispettivi referenti scientifici, di una impostazione e presentazione unitaria, che prescinde dai diversi soggetti cui temporaneamente fanno capo le singole fasi. Si è inteso in questo modo privilegiare l’unitarietà complessiva della questione, con un approccio logicamente e giuridicamente coerente all’esercizio delle funzioni statali di tutela e agli standard ministeriali in materia238, che potrebbe in futuro concretizzarsi anche dal punto di vista amministrativo, organizzativo e gestionale, qualora l’auspicata costituzione di un unico soggetto gestore del sito e dell’istituto, o dell’insieme di istituti culturali in questione, dovesse diventare realtà. Nemmeno in questo specifico ambito di attività tecnico-scientifiche e amministrative, ancor più strettamente connesse alle funzioni di tutela stricto sensu, le diverse Soprintendenze piemontesi hanno però avuto modo di svolgere un ruolo significativo, che mai si è attivato d’ufficio, essendo stato sempre sollecitato dagli uffici tecnici delle diverse amministrazioni locali: - 1996, acquisto di stampe e armi sul mercato antiquario (Provincia e Società Napoleonica di Marengo); - 1997, progettazione dell’itinerario dei luoghi della battaglia, da Alessandria a Torre Garofoli e Rivalta Scrivia (Tortona), a cura della Provincia; - 1998, allestimento del primo percorso museale di Marengo, includendo il recupero della stanza della “Locanda” (Provincia, sentita la Soprintendenza BAP); 238 2001. Previsti dall'art. 150 del d.lgs. n. 112/98 e approvati con d.m. Beni culturali del 10 maggio 68 Study case - 1998, incarico per lo studio preliminare di un museo militare in Cittadella (Provincia, sentita la Soprintendenza al Patrimonio storico, artistico e demoantropologico, PSAD); - 1999, istituzione formale del museo di Marengo, nomina del direttore e del comitato scientifico (Provincia e Regione, d’intesa con Museo Civico, Università del Piemonte Orientale, , sentite le Soprintendenze BAP e PSAD); - 1999, riallestimento del percorso espositivo di Marengo, includendo alcune sale al primo piano (Provincia); - 1999, acquisizione di alcune donazioni e depositi di privati collezionisti, in particolare le stampe della Società Napoleonica e i Marenghi dell’Unione Industriale di Alessandria (Provincia); - 1999, presentazione dello studio per il museo di storia dell’esercito piemontese (Provincia, con la partecipazione delle Soprintendenze del Piemonte); - 1999, organizzazione della mostra dei progetti della Cittadella, al Tinaio degli Umiliati (Centro di Cultura dell’Università Cattolica e Isral, con il sostegno di Provincia e Comune); - 2000, organizzazione di un’esercitazione di protezione civile dei beni culturali, per la messa in sicurezza e il trasferimento dei cimeli dalle sale museali in ristrutturazione (Provincia, Protezione civile) - 2000, realizzazione di sussidi multimediali, in occasione della mostra del Bicentenario in Cittadella (Comune, con finanziamento della Regione); - 2001, interventi urgenti di ripristino dei danni nel museo di Marengo a seguito della rottura di un tubo dell’acqua nel sottotetto (Protezione civile, Provincia); - 2001, richiesta di deposito ed esposizione a Marengo del plastico della battaglia di Novi (Provincia, Comune di Novi); - 2002, acquisto sul mercato antiquario di quadri e cimeli napoleonici (Fondazione CR Alessandria, su sollecitazione di Provincia e Società Napoleonica di Marengo); - 2002, proposta di trasferimento in Cittadella dell’Archivio di Stato (DG per gli Archivi del Ministero per i Beni e le Attività culturali); - 2002, cerimonia di riconsacrazione dell’Ossario e riconoscimento di Marengo come cimitero di guerra dell’Armée de terre francese (Provincia, in collaborazione con la Diocesi di Alessandria e l’Ambasciata di Francia); - 2005, allestimento della sala napoleonica del nuovo Museo Civico di Alessandria, con trasferimento di alcune opere d’arte e cimeli da Marengo (Comune); - 2006, catalogazione ed esposizione del fondo storico napoleonico nella nuova Biblioteca Civica di Alessandria (Comune); - 2008, riproposizione del progetto di museo militare in Cittadella, nell’ambito degli indirizzi adottati dal Consiglio comunale (Comune); - 2010, riallestimento complessivo del percorso di visita del “Marengo Museum” (Provincia); - 2010, allestimento in Cittadella di una mostra di divise provenienti da una collezione privata, di cui si ipotizza l’acquisizione (Comune, con il sostegno della Fondazione CR Alessandria). 5. Attività promozionali e turistiche Lo sforzo di promozione turistica, proseguendo una tradizione già avviata nei decenni precedenti e messa in atto anche in analoghe situazioni239, ha affiancato e non di 239 Il riferimento è in particolare al Complesso monumentale di Santa Croce, a Bosco Marengo 69 Massimo Carcione rado preceduto l’effettiva realizzazione degli interventi di recupero dei siti in questione, ed anche il conseguimento della reale accessibilità in sicurezza, con la garanzia di un minimo di servizi240; per l’intero periodo, a fasi alterne, si sono registrate visite, manifestazioni, ricevimenti e spettacoli, tra cui anche alcuni eventi istituzionali (in particolare nella ricorrenza del 2 giugno). Si sottolinea che mai l’azione pubblicitaria ha direttamente riguardato l’intero sito storico Cittadella-Marengo, mentre assai raramente e con grande difficoltà è andata oltre la promozione del singolo evento e al di fuori dell’ambito territoriale esclusivamente provinciale, a dispetto del notevole dispendio di risorse e dispiegamento di mezzi tecnici. Non possono essere ovviamente ricordate tutte le decine di visite, ricevimenti e manifestazioni culturali, musicali, ricreative o sportive, ordinariamente promosse e organizzate in questi anni da Comune e Provincia, in collaborazione con gli enti e le associazioni più disparate, nella villa e nel parco di Marengo oppure all’interno dei diversi saloni o nella piazza d’armi della Cittadella; pertanto l’elencazione si limita agli eventi più significativi e impegnativi sul piano amministrativo e organizzativo: - 1996, mostra di stampe e armi a Marengo, in occasione del 196° anniversario della battaglia (Provincia); - 1997, ripresa delle visite alla Cittadella e dell’organizzazione di eventi (Comune e Provincia, d’intesa e in collaborazione con Esercito e Demanio); - 1998, apertura al pubblico del museo di Marengo, in occasione del 198° anniversario della battaglia (Provincia, d’intesa con il Museo Civico) - 1999, apertura al pubblico del “cantiere” al primo piano della villa di Marengo, in occasione del 199° anniversario battaglia (Provincia); - 2000, collaborazione alla realizzazione di trasmissioni e servizi televisivi nazionali, per il lancio del Bicentenario e del museo di Marengo (Provincia, RAI, ATL Alexala); - 2000, celebrazioni del Bicentenario della battaglia di Marengo, ricostruzione della battaglia in campo aperto e Carosello dei Carabinieri a cavallo (Provincia, Società Napoleonica); - 2000, allestimento di mostre e organizzazione di spettacoli e concerti al museo e nel parco di Marengo e in altre località legate alla battaglia (Provincia, Comuni di Tortona, Gavi e Casale M.); - 2000, allestimento in Cittadella della Mostra del Bicentenario e di alcuni spettacoli (Comune, d’intesa con l’Esercito e il Demanio); - 2000, affidamento alla Società Napoleonica dei servizi aggiuntivi di Marengo, incluse manifestazioni, esibizioni e bookshop; servizi mai attivati (Provincia); - 2000, organizzazione del Festival musicale LIR nel parco di Marengo, evento ripetuto l’anno successivo (Provincia, associazioni musicali); - 2001, adesione di Marengo a reti e circuiti promozionali, con l’organizzazione di visite guidate, allestimento di mostre temporanee e altri servizi di accoglienza (Provincia, Regione, Associazione Torino Capitale, ATL Alexala); - 2001, collaborazione con il centro congressi dell’Hotel Marengo, per visite, animazioni storiche e ricevimenti al museo in occasione di alcuni grandi congressi (Provincia, (a sua volta connesso storicamente con la battaglia di Marengo), che è stato più volte inserito dal 2001 al 2007 in importanti eventi e circuiti culturali, turistici e promozionali a livello ragionale e nazionale, senza che sia ancora realizzata (fatta salva la possibilità di visitare il cantiere di restauro e una prima installazione multimediale, dalla primavera 2011) l’apertura al pubblico della struttura museale, né il completamento del restauro della chiesa monumentale. 240 Come dovrebbe avvenire in ossequio agli artt. 102 e 117 del Codice dei beni culturali, come integrati dalla legge quadro sul turismo (l. n. 135/2001) e dalla scarna legislazione regionale piemontese, a partire dalla l.r. n. 58/1978 e dalla l.r. n. 75/1996. 70 Study case Società Napoleonica); - 2001, avvio dell’organizzazione in Cittadella di eventi celebrativi per la Festa della Repubblica, con visite, concerti, fuochi artificiali, ecc. (a cura di Prefettura, Comune, Provincia ed Esercito); - 2002, organizzazione del ‘Salotto di Papillon’ nel Bastione S.Antonio della Cittadella, a cura del Club di Papillon (in collaborazione con Provincia, Camera di Commercio, ATL Alexala, d’intesa con Esercito e Demanio); - 2001, organizzazione di manifestazioni rievocative ed equestri nel Forte Acqui (Comune, in collaborazione con associazioni storiche e sportive); - 2003, chiusura al pubblico del museo e del parco di Marengo per l’avvio dei lavori di ristrutturazione (Provincia); - 2003, organizzazione della visita del Presidente della Repubblica in Cittadella., interventi straordinari di pulizia e ripristino di monumenti e sacrari (Prefettura, Comune, Comitato, Esercito); - 2003, organizzazione del Festival provinciale dell’Unità nel parco di Marengo, evento ripetuto negli anni successivi fino al 2007, con convegni, spettacoli e mostre (Partito e associazioni culturali, patrocinio e collaborazione della Provincia); - 2003, chiusura formale al pubblico della Cittadella per motivi di sicurezza (Esercito); - 2004, studio e realizzazione del logo e del sito web della Cittadella (Comitato); - 2004, ripresa di visite e manifestazioni in Cittadella, a cura dell’Associazione “La Cittadella 1728”, senza formalizzazione della collaborazione (Esercito, d’intesa con Demanio e Comune); - 2004, allestimento di un’opera lirica all’aperto in Cittadella, a cura dell’associazione “Arte in Scena” (in collaborazione con Provincia, Camera di Commercio e Fondazione CR Alessandria, d’intesa con Esercito e Demanio); - 2007, iniziative pubbliche del Club UNESCO di Alessandria, finalizzate a rendere noto l’inserimento della Cittadella in tentative list (in collaborazione con Università e Comune); - 2009, inserimento del parco della Cittadella nel programma preliminare degli interventi per “Italia 150”, intervento non finanziato (Comune, Provincia, Regione); - 2009, allestimento di spettacoli teatrali e della I Biennale di fotografia in Cittadella (Comune, ASPAL e AMIU); - 2009, allestimento a Parigi di una mostra promozionale su Marengo, presso la Mairie del Vème arrondissement (Provincia, Camera di Commercio, ATL Alexala); - 2009, riapertura provvisoria al pubblico della villa di Marengo per l’allestimento di una mostra temporanea, in occasione del 209° Anniversario della battaglia (Provincia) - 2009 Realizzazione del sito web “Marengo Museum” (Provincia) - 2009, organizzazione del Concorso ippico, di altre manifestazioni sportive e di raduni nazionali in Cittadella (Comune, enti e associazioni); - 2010, allestimento di spettacoli teatrali e musicali, organizzazione della Fiera S.Giorgio, del Concorso ippico, di grandi manifestazioni sportive e promozionali in Cittadella (Comune, ASPAL e AMIU, enti e associazioni); - 2010, inaugurazione definitiva e riapertura al pubblico del Marengo Museum, in occasione del 210° Anniversario della battaglia (Provincia). Al termine di questa carrellata di progetti, realizzazioni, attività continuative e iniziative sporadiche, non è ovviamente possibile, né sarebbe particolarmente utile, analizzare tutti i quasi 150 singoli procedimenti nelle varie fasi dell’iniziativa, dell’istruttoria, dei pareri, dell’adozione dell’atto con la relativa motivazione, della pubblicazione ed infine 71 Massimo Carcione dell’attuazione concreta; peraltro si tratta per lo più di procedimenti complessi, coinvolgenti quasi sempre enti diversi, con le rispettive e altrettanto differenti modalità procedimentali, che non di rado comportano la partecipazione a vario titolo di soggetti giuridici di diritto privato, o che hanno almeno formalmente tale natura (come nel caso delle fondazioni bancarie o dello stesso Comitato per la valorizzazione della Cittadella, che pure è costituito solo da enti pubblici), il che complica ulteriormente il quadro. Da questa prima e alquanto sommaria indagine è possibile, tuttavia, riscontrare agevolmente le sostanziali incongruenze, logiche e cronologiche, che si sono verificate rispetto a quanto ci si potrebbe ragionevolmente aspettare dalla mera applicazione al caso concreto dello schema teorico e dei riferimenti normativi messi a disposizione della l. n. 241/1990 e dal d.lgs. n. 163/2006; dovrebbe essere sufficiente a tal fine ricordare che l’atto di definizione degli indirizzi di carattere generale, deliberato - nel pieno rispetto dei principi di sussidiarietà e partecipazione - dall’organo assembleare dell’ente primariamente competente (ai sensi dell’art. 42 del TUEL), viene adottato quasi al termine del periodo temporale esaminato, invece che al suo inizio241; al contrario di quanto verificatosi nel procedimento per la Reggia di Venaria Reale, per il quale il Ministero per i Beni culturali, al fine di ricercare le migliori soluzioni di realizzazione del Progetto, aveva emanato il d.m. 5 dicembre 1996, con cui erano stati istituiti il “Comitato per la Reggia di Venaria Reale” e la “Commissione Tecnico-Amministrativa”; Suscita non poche perplessità anche il fatto che un passaggio cruciale come la redazione e approvazione dello studio di fattibilità, che dovrebbe costituire il documento preliminare242 su cui impostare tutta la successiva azione di progettazione, da realizzarsi ai sensi degli artt. 93 e 203 del Codice degli appalti pubblici, delle opere e degli interventi (in questo caso di restauro e ristrutturazione), avvenga sia per Marengo che per la Cittadella tra il 2003 e il 2004, cioè a uno stadio assai avanzato delle rispettive vicende243; senza contare che sarebbe stato altamente auspicabile uno studio almeno coordinato, se non unificato, delle due realtà principali e degli altri aspetti ‘minori’ del sito storico-militare alessandrino. Infine, e soprattutto, l’accordo di programma, più volte evocato e proposto ai diversi livelli istituzionali, sin dalle prime fasi del programma di valorizzazione della Cittadella (ma che per sua natura avrebbe dovuto includere anche la soluzione delle principali questioni attinenti il rapporto tra la fortezza e il sito di Marengo244), non è stato In seguito il Consiglio Regionale, con la deliberazione n. 375-4973 del 2 aprile 1997, ha approvato il Documento Unico di Programmazione, ed in ultimo - in data 30 settembre 1997, con delibera n. 1-22582 - la Giunta Regionale ha approvato le destinazioni d’uso della Reggia, che è poi stata oggetto di un accordo di programma stipulato ben due anni dopo. Vale la pena di ribadire che il paragone con Venaria non è improprio, trattandosi in quel caso di 250.000 mq di edifici e 800.000 mq di giardini, vale a dire una superficie simile a quella della Cittadella (i cui edifici hanno anzi una estensione maggiore, pur a fronte di una assai minore qualità architettonica). 242 La l. n. 144/1999, all’art. 4 comma 1, recita “lo studio di fattibilità (…) è lo strumento ordinario preliminare ai fini dell’assunzione delle decisioni di investimento da parte delle Amministrazioni pubbliche”; si tratta dunque uno strumento di natura prettamente economica, i cui requisiti minimi sono infatti dettati dalla Delibera CIPE del 30 giugno 1999: inquadramento territoriale e socio economico del progetto; analisi della domanda attuale e prevista dei gruppi di beneficiari; analisi dell’offerta attuale e prevista; descrizione dell’investimento. Lo Studio appare anche all’art. 128 del Codice (come già nella precedente l. n. 109/1994), in quanto documento propedeutico all’inserimento nell’elenco annuale dei lavori dell’Ente pubblico. 243 Per Venaria la Regione ha incaricato, con determinazione del Dirigente Beni Culturali, prot. n. 14405 del 13 novembre 1997, la stessa Finpiemonte S.p.A. di realizzare lo studio di fattibilità del progetto. 244 Nel caso di Venaria Reale, analogamente, l’accordo di programma quadro sottoscritto in data 241 72 Study case mai adottato ed anzi neppure impostato mediante la convocazione di una banale conferenza di servizi. Anche in questo caso viene quindi dimostrata in modo oggettivo, senza timore di smentita, l’incongruenza di alcuni passaggi chiave del processo, rispetto alle più elementari regole non solo di buona amministrazione, ma addirittura di logica e buon senso. Si tratta però, come vedremo meglio nel quarto capitolo, di vizi quasi mai impugnabili in sede giurisdizionale, se non ipotizzando di estendere alla protezione di questo genere di diritti culturali, seppure degradati a interessi culturali diffusi, gli strumenti di rappresentanza e tutela degli interessi diffusi che si sono da tempo affermati con riferimento alla protezione del paesaggio, dell’ambiente salubre o dei diritti dei consumatori; in questo senso deve essere posta subito in rilievo la recente sentenza del TAR Piemonte, Sez. I, n. 905/2009, relativa alla controversa vicenda “collaterale” della demolizione del ponte Cittadella, sulle cui interessanti valutazioni in diritto circa la legittimazione ad agire delle associazioni culturali torneremo ampiamente infra. D’altronde si tratta di scelte di merito che, per quanto apparse discutibili sin dal momento dell’adozione e poi risultate evidentemente sbagliate o per lo meno inopportune, attengono quasi sempre all’esercizio della discrezionalità amministrativa o tecnica degli organi che le hanno assunte, quando non rientrano a pieno titolo nella sfera dei rapporti istituzionali e politici in senso stretto; nessuno dei diversi organi di controllo interno (segretari generali, revisori dei conti, nuclei di valutazione dei dirigenti, servizi di controllo di gestione) degli enti coinvolti risulta avere fatto rilievi di alcuna natura nel merito della vicenda, né tantomeno è stata mai coinvolta ad alcun titolo la Corte dei Conti, neppure a fini consultivi. Ciò non toglie, però, che tali indirizzi (o mancati tali) abbiano finito per condizionare pesantemente il complessivo esito delle successive procedure amministrative e tecniche – a partire da quelle di pianificazione e progettazione – finalizzate all’avvio delle attività di recupero e valorizzazione, che infatti a oltre dieci anni dall’avvio sono ancora ben lungi dal giungere a compimento, essendo state comunque investite ingenti risorse finanziarie245. Per contro, non si può sottovalutare il fatto che proprio le fasi procedurali che meglio hanno interpretato i fondamentali principi di buon andamento, imparzialità e leale collaborazione tra Stato, Regione, enti locali e altri soggetti pubblici e privati coinvolti 246 hanno dovuto fare fronte alle maggiori difficoltà e non hanno conseguito, se non in 10 settembre 1999 tra Stato, Regione, Provincia di Torino e Comuni di Venaria, Torino e Druento, oltre a occuparsi del recupero della Reggia e del vicino Borgo Castello della Mandria, nonché della realizzazione delle infrastrutture viarie e di servizio (parcheggi, ricettività turistica, ha anche incluso la valorizzazione dell’attiguo centro storico di Venaria, che al termine del programma di interventi è stato completamente recuperato ad uso commerciale e abitativo. 245 Secondo una stima indicativa, basata su notizie di stampa, l’importo complessivo degli investimenti strutturali e delle attività di valorizzazione e promozione, citate in questo paragrafo e meglio illustrate nel primo capitolo, assomma a non meno di dieci milioni di Euro, escluse ovviamente le infrastrutture pubbliche e di viabilità correlate. Va detto però che la somma delle previsioni dei due studi di fattibilità su Cittadella e Marengo comporta una stima di spesa pari a oltre duecento milioni di Euro, risorse quasi impossibili da mettere insieme (se non in un arco di tempo assai prolungato), poiché Alessandria non rientra, purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista, nelle aree depresse a declino industriale (Obiettivo 2) di cui al Regolamento CE n. 1260/1999, al contrario di Venaria o di Novi e Tortona che hanno invece beneficiato nello stesso periodo di ingentissime risorse comunitarie e di adeguati cofinanziamenti statali e regionali. 246 Il riferimento è evidentemente all’opera dei due Comitati che hanno rispettivamente gestito prima il metaprogetto e lo studio preliminare sul museo, quindi l’avvio della fase progettuale. 73 Massimo Carcione minima parte – almeno sino ad oggi – i risultati che ci si poteva attendere sul piano puramente teorico. b. Le intese tra enti Nei precedenti paragrafi si è già avuto modo di ricostruire il quadro delle molte e diverse attività realizzate da enti e soggetti privati, in collaborazione tra loro, tramite forme di intesa che si sono via via instaurate e sperimentate durante l’iter di valorizzazione di Cittadella e Marengo; dobbiamo ora tornare a esaminarle, dunque, sotto il profilo formale e dei riferimenti normativi, al fine di costituire un quadro completo delle esperienze acquisite e dei risultati conseguiti sul piano del buon andamento, della leale collaborazione e, quando possibile, anche della sussidiarietà. Come detto, i primi provvedimenti in tal senso datano 1998, e sono costituiti da un lato dal protocollo d’intesa per il Bicentenario di Marengo e dall’altro dal disciplinare di incarico per il metaprogetto sulla Cittadella; in entrambi i casi, si tratta di atti approvati sia dal Comune che dalla Provincia (in specifico con deliberazioni delle rispettive Giunte) e sottoscritti formalmente dai rispettivi legali rappresentanti, cui nel secondo caso si sono uniti anche quelli della Fondazione CR Alessandria e di Finpiemonte SpA. Il primo documento ha, in un momento successivo, conseguito l’adesione della Regione e della stessa Fondazione bancaria locale: adesione tacita, ma in una forma assai tangibile (quindi non meno apprezzata), essendo avvenuta sotto forma di cospicuo cofinanziamento. Dunque si tratta di due documenti di scarsa rilevanza formale e ancora minore forza cogente, che hanno ciò nonostante costituito la base legale e amministrativa per la fase più intensa e impegnativa di collaborazione, che i due enti territoriali più rappresentativi del territorio hanno messo in campo “al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati” 247, e tra essi e le istituzioni di riferimento a livello legislativo e finanziario. Dalla loro lettura coordinata (su un piano del tutto teorico, trattandosi di atti che formalmente sono restati assolutamente disgiunti) emerge però che le istituzioni locali hanno inteso coordinarsi e cooperare, nello stesso periodo temporale e sulla stessa area territoriale, per svolgere rilevanti interventi di valorizzazione di un sito storico-culturale, cosa che poi si è effettivamente realizzato in particolare tra il 1999 e il 2001. La lettura dei documenti consente però di porre in luce che, in stridente contrasto con l’effettivo susseguirsi degli avvenimenti, il protocollo sulla Cittadella non menzionava l’imminente ricorrenza del Bicentenario, né il protocollo su Marengo faceva alcun cenno al fatto che alcune delle più rilevanti manifestazioni celebrative si sarebbero svolte nella fortezza. Quest’ultimo, al di là dei riferimenti all’evento, si limita infatti a stabilire che in materia di interventi di valorizzazione i due enti firmatari si impegnano “a cooperare pienamente e in totale accordo fra di loro e verso tutti gli interlocutori esterni, pubblici e privati, adottando i necessari provvedimenti amministrativi di rispettiva competenza, per il 247 Data la straordinaria rilevanza e complessità dell’evento Marengo 2000 e del concomitante avvio delle fasi di studio e recupero del sito storico-monumentale, sarebbe stato sicuramente più appropriato, se non l’accordo di programma, quanto meno una convenzione formalizzata ai sensi dell’art. 30 del TUEL. Il fatto che invece tutta la fase successiva delle due parallele vicende si sia realizzata per lo più mediante atti disgiunti dei due enti locali vale a testimoniare che la collaborazione è stata condotta più su un piano tecnico e formale che su un ben più impegnativo livello istituzionale e politico. 74 Study case raggiungimento delle seguenti finalità: - “Istituzione, allestimento, valorizzazione e promozione del Museo storico della Battaglia all'interno della Villa di Marengo e con l'annesso Parco, garantendone la pubblica fruibilità con particolare attenzione alla didattica e alla multimedialità e individuandone le forme e i modi di gestione e di organizzazione; - attribuzione al Museo dei reperti museali di proprietà degli Enti, promuovendo anche quella di altri soggetti interessati; - avvio del Parco Storico della Battaglia promuovendo le condizioni necessarie alla sua realizzazione e individuando il relativo percorso turistico-rievocativo, con l'apposizione dell'opportuna segnaletica; - istituzione del Centro Studi sul periodo Napoleonico, con sede presso la Villa di Marengo”. L’incarico al Politecnico di Torino248, per parte sua, non fa alcun riferimento, neanche in premessa, alle ineludibili connessioni tra Cittadella e Marengo, poiché l’unica statuizione relativa ai rapporti tra l’istituzione accademica e i quattro enti committenti prevede solo la costituzione del già più volte menzionato primo comitato, del quale era prevista (punto 8) l’integrazione con “consulenti, esperti e rappresentanti di altri enti ed istituzioni civili e militari (come ad es. Prefettura, Regione Piemonte, Soprintendenze, Autorità militari, ecc.)”. Dunque per parlare di veri e propri strumenti idonei a creare una stabile cooperazione e una duratura azione di coordinamento tra gli enti, occorre arrivare alla costituzione del vero e proprio “Comitato per la valorizzazione della Cittadella”, il cui statuto è stato approvato dai rispettivi organi di entrambi gli enti locali249, prima della stipula dell’atto notarile; trattandosi di un comitato costituito ai sensi dell’art. 39 e seguenti del Codice Civile250, la forma di collaborazione istituzionale tra enti si concretizza nella nomina dei rispettivi rappresentanti (uno dei quali presiede il Comitato), nell’erogazione dei finanziamenti251 e nel trasferimento, in una forma più tacita che formale, a tale sede di concertazione di una serie di scelte e iniziative per lo più di carattere programmatorio e operativo. Lo statuto definiva infatti all’art. 3 i seguenti scopi: - promuovere e assicurare i contatti formali, in modo coordinato ed univoco, tra tutti gli enti promotori, l'Amministrazione dell'Esercito, il Ministero della Difesa, il Ministero dei Beni Culturali, le altre amministrazioni statali competenti e tutte le altre istituzioni pubbliche o soggetti privati comunque interessati alla valorizzazione della Cittadella o all'insediamento in essa; - definire le modalità istituzionali, finanziarie ed amministrative per conseguire la disponibilità del sito a seguito della dismissione dalle funzioni militari252, formulando proposte di soluzione da In base alla Convenzione di ricerca n. A/1487/1998, stipulata con il Dipartimento CasaCittà del Politecnico di Torino. 249 Ad esempio, per quanto riguarda la Provincia di Alessandria, con d.c.p. n. 80/77207 del 22 dicembre 1999. 250 Secondo l’art. 39 cod.civ. per il quale “i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili”, si conformano alla disciplina privatistica, salvo quanto stabilito nelle leggi speciali (ad esempio nel caso già ricordato dei Comitati nazionali per le Celebrazioni istituiti dal Ministero per i Beni culturali). 251 Da parte dell’Amministrazione provinciale, oltre all’erogazione di risorse finanziarie, si è aggiunto un contributo non trascurabile in termini di sede e strutture operative, a partire dalla disponibilità di parte del’orario di lavoro di un funzionario amministrativo per lo svolgimento delle funzioni di Segretario del Comitato. 252 In questo senso andava in particolare la bozza di Protocollo d’intesa con l’Esercito, predisposta nel 2002 ma poi non formalizzata, in base alla quale si sarebbe dovuto “sviluppare in modo sinergico e coordinato le attività finalizzate a definire le linee-guida per la progettazione - di cui all’art. 54 della l. n. 448/2001 - degli interventi di “Recupero della Cittadella Militare di Alessandria”, consentendo 248 75 Massimo Carcione rimettere ai competenti organi dei soggetti partecipanti ai fini delle preventive determinazioni in ordine alla costituzione del futuro soggetto giuridico che assicuri la realizzazione degli interventi necessari e la successiva gestione ordinaria del complesso; - pervenire alla redazione di un progetto finalizzato al recupero e riuso conservativo del sito monumentale della Cittadella di Alessandria che consenta di coniugare le esigenze di tutela e valorizzazione con quelle di economicità della gestione (...)253. Quanto agli enti pubblici che compongono il Comitato, sin dal primo momento gli amministratori locali avevano posto in evidenza l’impossibilità di affrontare e risolvere una questione così complessa e impegnativa solamente a livello cittadino o provinciale; tuttavia si è dovuto attendere fino al 2006, dopo un insistente “corteggiamento” durato ben otto anni, perché entrasse a far parte del Comitato in modo formale e impegnativo anche la Regione Piemonte, che fino ad allora era stata rappresentata solo indirettamente dalla finanziaria regionale Finpiemonte SpA. Torneremo ampiamente oltre sullo strumento della conferenza dei servizi e del conseguente accordo di programma, che in questa fase non è stato adottato, nonostante le diverse sollecitazioni che vedremo nel prossimo paragrafo e l’affermazione in tal senso approvata dalla Deliberazione della Giunta provinciale254, che dava atto del fatto che dopo la fase di progettazione preliminare sarebbe stato “necessario procedere alla convocazione urgente da parte del Presidente della Provincia255, della conferenza dei servizi finalizzata alla stipula di un accordo di programma”. Un’altra forma interessante di intesa tra enti è stata di recente costituita dalla convenzione di ricerca stipulata in data 15 luglio 2008, su sollecitazione dell’Amministrazione Provinciale, tra il Comitato e l’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea: poiché infatti quest’ultimo ente è costituito in forma di consorzio ex art. 31 TUEL, riunendo la stessa Provincia e una sessantina di Comuni del territorio (incluso il Capoluogo), l’avere affidato alla sua struttura scientifica il completamento di una fase di approfondimento storico inerente l’età contemporanea e la relativa presentazione al pubblico costituisce una forma di indiretta collaborazione con i soggetti che del consorzio fanno parte, ai fini della gestione di tali servizi culturali. Oggi, infine, praticamente tutti gli enti locali sin qui citati, con le sole ma rilevanti eccezioni di Regione e Finpiemonte, rientrano dall’aprile 2008 tra gli enti fondatori l’accesso in Cittadella a funzionari, tecnici e progettisti per le necessarie operazioni di sopralluogo e rilievo”, mettendo a disposizione le planimetrie del sito e consentendo al Comitato di “divulgarle a fini conoscitivi, culturali e promozionali, con particolare riferimento alla progettazione”, nonché di “realizzare riprese video, fotografiche (anche aeree) e di altra natura e divulgarle a fini conoscitivi, culturali e promozionali”. 253 Il successivo art. 4 dello Statuto individua come possibili attività “individuare e contattare, a nome degli Enti promotori, i soggetti che esso riterrà più idonei a contribuire allo studio del progetto ed alla promozione dell’ente o soggetto giuridico che assuma la realizzazione di tale progetto nel proprio oggetto sociale, o comunque che possano fornire elementi conoscitivi o ulteriori apporti utili allo scopo” e “divulgare negli ambiti scientifici, economici, istituzionali e negli ambiti che possono essere ritenuti opportuni, le informazioni utili alla conoscenza e all’attuazione operativa del progetto”. 254 Il riferimento, presente nella parte narrativa, ma non nel dispositivo, della d.g.p. n. 611 del 26 settembre 2002, è risultato in seguito, alla prova dei fatti, una mera “clausola di stile”. 255 In quella fase l’Amministrazione provinciale era stata direttamente ed esplicitamente individuata dal Parlamento, ai sensi dell’art. 54 della l. 28 dicembre 2001, n. 448 (Finanziaria 2002) e quindi dal Ministero dell’Economia (con d.m. 10 aprile 2002, trasmesso con nota prot. 0026/98 del 4 settembre 2002), come ente beneficiario del finanziamento statale e per questo incaricato di gestire la fase di progettazione. Sul provvedimento legislativo e le relative problematiche cfr. G. VOLPE, op.cit., pp. 390-391. 76 Study case dell’Associazione “Alessandria 2018”, cui hanno inoltre aderito l’Università, il Politecnico, la Camera di Commercio e tutte le associazioni imprenditoriali; il suo statuto 256 specifica però all’art. 3 (scopo) che nel perseguire l’elaborazione e attuazione “quale metodo e strumento innovativo di governance e di crescita per la città” del Piano Strategico del Comune di Alessandria, “l'Associazione non si sostituisce né si sovrappone agli enti locali ma opera in sinergia con gli stessi, nell'ambito di una pianificazione strategica partecipativa volta all'individuazione e realizzazione di progetti di sviluppo della città. Nell'ambito della propria attività, l'Associazione verifica periodicamente i risultati raggiunti e promuove la più ampia informazione e partecipazione degli associati, dei cittadini e di tutte le realtà locali alla gestione dello sviluppo della città”. In seguito è stato sottoscritto anche un Protocollo d’intesa, denominato un po’ enfaticamente come Carta dei diritti e dei doveri dell’Associazione, che nell’attribuire la presidenza dell’associazione al Sindaco, prevedendone le modalità operative e finanziarie, fa cenno al fatto che le regole della programmazione territoriale richiedono “la creazione di un modello di partecipazione condivisa alla assunzione delle decisioni”, basato su un “nucleo fondatore delle decisioni, che assuma il ruolo di governance dell’intero processo”; questo sul presupposto che “la valorizzazione del territorio” può meglio svilupparsi mediante l’identificazione di “assi strategici di sviluppo sui quali concentrare le risorse, umane, culturali e finanziarie”. Sulla base di queste premesse, l’unico elemento di vincolo effettivo (anche se per la verità assai labile) tra gli enti è costituito dall’impegno futuro a “fornire contributi utili per la materiale traduzione delle scelte strategiche e per il conseguimento degli obiettivi concordemente fissati”. Dall’analisi degli strumenti di collaborazione attivati, scaturisce in primo luogo che non si è ancora arrivati a ovviare e porre rimedio in modo stabile e duraturo alla sovrapposizione (e in qualche caso contrapposizione) di competenze e indirizzi politici, che certamente è uno dei principali fattori di complicazione e ritardo nella vicenda in esame, come in quasi tutte le analoghe vicende sul piano regionale ed anche nazionale. Va detto tuttavia che, nell’attuale ordinamento italiano dei beni culturali, ciò costituisce uno stato del tutto fisiologico, addirittura previsto in via legislativa, come si è visto, sin dall’art. 1, comma 3 e poi più specificamente definito dagli artt. 5 comma 1 (in materia di tutela), 6 comma 3 e 7 (in materia di valorizzazione) del Codice dei Beni culturali. Sarebbe invece compito della Regione Piemonte esercitare, per parte sua, la funzione prevista dall’art. 124 della l.r. n. 44/2000 e s.m.i.; secondo il comma 2, essa dovrebbe “definire, di concerto con gli Enti locali, le modalità e gli standard per il riconoscimento dei soggetti pubblici e privati cui sono affidati la gestione, la valorizzazione e la promozione di musei, biblioteche, archivi, complessi monumentali ed aree archeologiche, favorendo la creazione di sistemi integrati”, mentre per il comma 10, spetterebbe ancora al livello regionale “promuovere l'istituzione o partecipare alla costituzione di associazioni, fondazioni, consorzi o società o stipulare convenzioni con terzi per la gestione di beni o l'erogazione di sevizi culturali”. Un secondo aspetto emerge con chiarezza da questa pur sommaria disamina: finché le iniziative di coordinamento e collaborazione sono state promosse e assunte dalla Provincia (quasi sempre con il sostegno diretto o indiretto della Prefettura), ed anche nella seconda fase, che ha visto invece muoversi come principale protagonista e capofila il Comune, si sono riscontrati in un senso o nell’altro difetti di coinvolgimento e partecipazione alle intese, proprio in ragione dell’ottica – sempre parziale e quindi 256 Scaricabile dal sito web: www.pianostrategico-alessandria.it. 77 Massimo Carcione inevitabilmente “strabica” – da cui la questione è stata considerata e affrontata. Ne è prova il fatto che tra il 1996 e il 2006 l’Amministrazione provinciale, nella sua azione di promozione e coordinamento dei due Comitati, ha focalizzato l’attenzione in modo privilegiato su alcuni aspetti e modalità operative, tipici della sua vocazione e competenza istituzionale e tecnica, alla luce della già citata legge regionale di recepimento della riforma “Bassanini”257, ma anche e soprattutto del proprio Statuto258. Secondo quest’ultima fonte, sempre trascurata pur avendo ormai conseguito un riconoscimento di livello costituzionale, la Provincia di Alessandria assume, sul presupposto (art. 3) di ispirare la propria azione “ai principi di (...) promozione della cultura e del sapere tecnologico, rispetto dell’ambiente, (...)”, l’impegno di “operare, compatibilmente con le risorse disponibili e con la tutela dell’ambiente”, nel settore della “promozione di iniziative per la valorizzazione delle risorse culturali ed artistiche locali, per il recupero e la valorizzazione dei teatri comunali, musei e biblioteche, operando per la realizzazione di un coordinamento delle loro attività” oltre che della promozione di iniziative intese ad agevolare e promuovere lo sviluppo economico e sociale; tra queste iniziative vengono citate specificamente (art. 13 comma 2) “le attività turistiche” e gli “interventi per concorrere ad affermare il ruolo determinante dell’Università di Alessandria, anche in associazione con altre Province, per lo sviluppo ed il progresso sociale, culturale ed economico della comunità provinciale”. In coerenza con questi principi statutari, l’ente ha dunque affrontato la questione essenzialmente sotto il profilo della progettazione e realizzazione di una grande opera pubblica, valutandone in modo particolare l’impatto ambientale e socioeconomico (inclusi gli aspetti occupazionali e turistico-promozionali) e considerandola non isolatamente, ma come inserita in un tessuto territoriale di scala almeno provinciale-regionale, nella quale cui si trova ad interagire con altre realtà simili e necessariamente concorrenti, non solo nello stesso ambito culturale – si pensi al coevo recupero di Santa Croce di Bosco Marengo, cui è stata data precedenza – ma soprattutto in altri settori ritenuti, a torto o a ragione, prioritari, come ad esempio il sistema delle reti viarie e logistiche, oppure gli edifici scolastici. Quando invece l’Amministrazione comunale, per parte sua, ha rivendicato ed L’art. 126 della l.r. n. 44/2000 e s.m.i, affida in questo senso alla Provincia le seguenti funzioni amministrative “in materia di beni culturali: 1) la promozione ed il coordinamento delle reti provinciali di servizi culturali in materia di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche e complessi monumentali e degli altri beni culturali del proprio territorio, a carattere provinciale o sovracomunale in accordo con i Comuni e gli enti interessati; 2) la promozione ed il coordinamento delle iniziative di formazione ed aggiornamento del personale del settore; 3) il coordinamento dell'attività di censimento, inventariazione, riordino e catalogazione dei beni culturali del proprio territorio, collaborando alla formazione del sistema informativo regionale; 4) il sostegno, anche in concorso con Stato e Regione, alla conservazione, manutenzione, sicurezza, restauro, gestione, valorizzazione e promozione dei beni culturali; 5) l'incremento del patrimonio pubblico di beni culturali mediante acquisto diretto o esercizio del diritto di prelazione e di esproprio”. 258 Approvato con d.c.p. n. 18 del 14 marzo 1997, più volte modificato (in ultimo con d.c.p. n. 23 del 31 maggio 2005); in esso, tra i compiti e le finalità dell’Ente vengono posti in evidenza dall’art. 12 quali “Obiettivi preminenti” della propria azione politica ed amministrativa “lo sviluppo economico, sociale e culturale della comunità provinciale, finalizzato all’affermazione dei valori umani ed al soddisfacimento dei bisogni collettivi”, riconoscendo che “per perseguire e realizzare tale fine, è elemento fondamentale la collaborazione dei Comuni, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, delle associazioni ed organizzazioni di categoria, nonché di ogni altra formazione sociale e democratica dei cittadini liberamente costituita”; il comma 3, infine, pone significativamente alla base dell’azione politica ed amministrativa della Provincia di Alessandria, “nell’ambito delle proprie competenze e nelle forme stabilite dalla legge”, un’attenzione particolare alla valorizzazione dei beni culturali, unitamente ai problemi della tutela e difesa dell’ambiente. 257 78 Study case assunto di fatto – dopo il 2007 – il ruolo di capofila del progetto, essa ha certamente incrementato in modo significativo il coinvolgimento e la partecipazione attiva della comunità locale (in primis nelle sue componenti imprenditoriali ed associative), potendo nel contempo attivare con maggiore efficacia e incisività sia gli strumenti di pianificazione urbanistica che quelli di sollecitazione del livello istituzionale regionale e nazionale; a quest’ultimo ha potuto richiedere a pieno titolo da un lato la temporanea disponibilità dei beni e dall’altro uno sforzo finanziario ben più significativo di quello sinora attivato. Di contro, l’eccessiva attenzione ed enfasi posta dagli amministratori comunali (certamente anche in chiave di consenso elettorale) sulle problematiche strettamente cittadine, ha inevitabilmente determinato un approccio assai più circoscritto territorialmente – che si potrebbe persino definire di tipo localistico - e quindi inevitabilmente meno idoneo al dialogo con altri enti esponenziali degli interessi “di area vasta”, tant’è che il primo soggetto sostanzialmente emarginato, se non escluso, è risultato essere proprio la Provincia, ed anche la stessa Regione è stata coinvolta solo in quanto possibile ente finanziatore nel contesto delle Celebrazioni di “Italia 150”, peraltro con scarso successo. Anche in questo caso, alle competenze legislativamente attribuite259 al livello municipale, fa puntuale riscontro lo Statuto comunale260, che pone tuttavia in evidenza (art. 49) il “principio di collaborazione”, in virtù del quale il Comune sarebbe tenuto a improntare “la propria attività amministrativa alla massima collaborazione con altri Enti Pubblici” attuando a tal fine “ogni più opportuna iniziativa per promuovere e realizzare rapporti di collaborazione con altri Comuni e con la Provincia”; in tale contesto risulta ancora una volta di particolare rilievo il riferimento (art. 52) alla forma dell’accordo di programma per la gestione degli interventi che coinvolgano una molteplicità di soggetti pubblici e privati, che vanno realizzati sulla base di indirizzi definiti dal Consiglio comunale “ai quali il Sindaco deve attenersi”. La conseguenza più interessante, in certa misura conseguita grazie all’azione degli strumenti appena esaminati, può essere individuata in una migliore garanzia di quella libertà di scambio delle conoscenze261 che, come tutti i diritti culturali, va perseguita e garantita a Giusto l’art. 127 della l.r. n. 44/2000 in materia di beni culturali è compito del Comune “in materia di beni culturali: 1) l'istituzione e la gestione di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche e complessi monumentali e degli altri beni culturali di propria competenza, nonché dei relativi sistemi; 2) il coordinamento ed il sostegno dell'attività di censimento, inventariazione, riordino e catalogazione dei beni culturali del proprio territorio, cooperando alla formazione del sistema informativo regionale; 3) il sostegno, anche in concorso con Stato e Regione, alla conservazione, manutenzione, sicurezza, restauro, gestione, valorizzazione e promozione dei beni culturali; 4) l'incremento del patrimonio pubblico di beni culturali mediante acquisto diretto o esercizio del diritto di prelazione e di esproprio”. 260 Approvato con d.c.c. n. 50 del 26 giugno 2000, più volte modificato, in ultimo con d.c.c. n. 60 del 9 luglio 2009; è rilevante il fatto che la prima finalità comunale posta dall’art. 3 riguarda la tutela e valorizzazione del “patrimonio ambientale e paesaggistico della città, attraverso una attenta politica del territorio”, mentre al quarto punto si trova il riferimento alla tutela e valorizzazione del “patrimonio culturale, architettonico, archeologico della città, anche sotto il profilo turistico, nonché della storia e delle tradizioni locali”. 261 Questa prerogativa, garantita in particolare dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, dovrebbe consentire anche ai singoli dirigenti e funzionari delle diverse P.A. interessate di “ricevere e comunicare” liberamente a tutti i colleghi le informazioni e i dati tecnici in proprio possesso, quando non vi ostano comprovate ragioni di riservatezza; per contro l’atteggiamento dei rispettivi amministratori (politici) tende spesso a riservare tali conoscenze alla propria esclusiva disponibilità, magari per incrementare il potere “contrattuale” in sede di confronto con le controparti, anch’esse politiche. Inutile dire che tale garanzia dovrebbe risultare superflua, ove si attuasse in modo effettivo, pieno e generalizzato quel principio generale di separazione tra politica e gestione, anche con riferimento 259 79 Massimo Carcione livello internazionale e nazionale, ma certamente non è meno importate e strategica nel contesto locale, nel quale ogni ente o soggetto dispone di una proprie competenza tecnica e amministrativa, con la relativa documentazione ed esperienza in capo ad amministratori, tecnici e operatori. Se infatti tale patrimonio di saperi resta (come spesso avviene tutt’ora nella prassi, deleteria quanto persistente, nel nostro sistema) nella disponibilità di una sola amministrazione e non viene messa a disposizione di tutti gli interloclutori pubblici e privati, il processo di ricerca e individuazione delle migliori soluzioni non ne ha alcun giovamento, ed anzi può essere rallentato quando non viene addirittura bloccato, a causa di ragioni particolaristiche che poco o nulla hanno a che fare con il corretto esercizio delle pubbliche funzioni. c. La fase di studio L’esito più significativo della prima fase di collaborazione interistituzionale finalizzata all’avvio della valorizzazione del sito storico-militare di Alessandria è costituito dall’attività conoscitiva realizzata direttamente dalle strutture tecniche degli enti o, più di frequente, affidate a organi, istituzioni di ricerca o singoli studiosi specificamente qualificati a tal fine, i quali hanno prodotto una serie di documenti più o meno formali, sempre relativi a specifiche parti o tematiche inerenti al problema generale, ma tutti accomunati tra loro dallo scarso (per essere ottimisti) recepimento degli esiti nei successivi atti delle amministrazioni committenti: - il Comitato scientifico del Museo di Marengo, istituito per autonoma iniziativa del direttore del Museo262, che includeva alcuni esperti delle Università di Alessandria e Torino, del Museo Civico e delle associazioni culturali locali, ma che annoverava soprattutto due ex direttori di grandi musei storici italiani263, non ha mai avuto modo di esprimere in una sede ufficiale la propria autonoma linea culturale ai fini della predisposizione dei progetti di ristrutturazione e riallestimento264; - lo studio preliminare sul museo militare, affidato dall’amministrazione provinciale a un esperto di chiara fama265 e poi presentato, in modo alquanto formale nel corso di un all’adozione e all’attuazione delle intese stesse, affermato dal TUEL (art. 107 comma 1): “i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”. 262 Solo in seguito è stata formalizzata, su proposta dall’Assessore alla Cultura pro tempore, la d.g.p. n. 633 del 23 settembre 1999. 263 In specifico si trattava della Direttrice del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino dell’ex Direttore del Museo del Risorgimento di Milano, in precedenza anche curatore dei Musei storici di Solferino e San Martino e del Museo del Risorgimento di Vicenza. 264 Più precisamente, ha potuto farlo solo in modo mediato, allorché la sua coordinatrice e alcuni componenti sono stati chiamati a far parte del gruppo di lavoro della società incaricata di redigere lo studio di fattibilità. Peraltro le indicazioni di carattere museologico, museografico e tecnico-gestionale dello studio di fattibilità sono state quelle meno recepite e attuate in sede di progettazione e realizzazione: cfr. i contributi n. 6-7-8-9 raccolti nel fascicolo “Progetto di riqualificazione globale del complesso di Marengo”, del dossier Marengo sito d’Europa, cit., pp. 125 ss. 265 D.g.p. n. 651 del 15 maggio 1997, ad oggetto “Incarico per un pre-studio di fattibilità per la realizzazione di un museo militare nazionale o regionale”, in cui viene espressamente citata la proposta, scaturita in occasione del convegno del 13 aprile 1997; cfr. M. CARCIONE, A. MARCHEGGIANO, La 80 Study case convegno pubblico (alla presenza di un Sottosegretario di Stato, dei Soprintendenti e delle autorità regionali e locali), è restato inattuato, salvo riprenderne solo alcune linee progettuali, a distanza di un quasi decennio, per iniziativa del Comune e della Fondazione Cassa di Risparmio. Neppure i numerosi studi, tra cui alcune tesi di laurea266 o di dottorato, realizzati nelle diverse discipline e presso diversi atenei, cui vanno aggiunti gli atti dei molti convegni già citati in precedenza, tutti ricchi di spunti utili ai fini della definizione di un quadro complessivo di indirizzi programmatici, risultano avere trovato considerazione, né formale né sostanziale, negli atti in esame. Tra questi può essere di qualche utilità evidenziare, più che altro per la schematicità e la concretezza, il breve rapporto presentato alla comunità scientifica alla fine del 1997, in occasione di un convegno internazionale267, che sintetizzava gli indirizzi tecnici e le linee guida già note e disponibili (sebbene non recepite formalmente in un atto dell’Amministrazione) nell’imminenza dell’affidamento del primo incarico metaprogettuale; tale contributo resta in gran parte attuale, pur a distanza di quasi quindici anni, dal momento che pressoché nessuna delle suggestioni prefigurate in quella sede hanno trovato concreto riscontro nelle successive attività progettuali e amministrative. L’unica rilevante eccezione ad una così scarsa connessione tra la ricerca (scientifica) e la programmazione (politica) delle attività di recupero e valorizzazione parrebbe essere costituita, almeno fino al 2009, dal coinvolgimento della sede alessandrina del Politecnico di Torino, che ha però svolto essenzialmente un ruolo di tramite268 nei confronti del Dipartimento Casa-Città della seconda Facoltà di Architettura del prestigioso Politecnico torinese. L'incarico per la realizzazione dell’ormai noto metaprogetto “Rifunzionalizzazione della Cittadella di Alessandria in riferimento alla dismissione delle funzioni militari”, annunciato al pubblico nel maggio 1997, era stato formalizzato da parte della Provincia di Alessandria269, nel 1998, con un atto di affidamento270 che definiva l’attività di ricerca (espressamente menzionata come “consulenza” e non già come progettazione) sulla base protezione dei beni culturali, cit., p. 11; l’incarico è stato portato a compimento dopo un anno e mezzo di lavoro del consulente, assistito per gli aspetti organizzativi da un funzionario provinciale. 266 Cfr. ad esempio lo stralcio della tesi di laurea di M. BERTA, Considerazioni per un’ipotesi di recupero, in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., pp. 13-25; 44-54. 267 La relazione, tenuta dal Funzionario provinciale responsabile del procedimento in oggetto, è stata presentata presso la Facoltà di Conservazione dei Beni culturali dell’Università di Viterbo: cfr. M. QUAGLIUOLO, op.cit, pp. 156-161. 268 In persona del suo responsabile prof. Paolo Ferraris, esperto di ingegneria elettrotecnica, il cui contributo scientifico in materia di alimentazione degli impianti tramite tecnologie a basso consumo e impatto ambientale (pannelli solari di ultima generazione) non ha trovato spazio nel primo “metaprogetto”, mentre avrebbe dovuto essere incluso nelle successive fasi di progettazione. 269 La ragione della scelta della Provincia è stata spiegata in questi termini dal Presidente pro tempore: “Siamo tutti ben consapevoli, infatti, che la posizione della Cittadella nel territorio alessandrino e la potestà primaria dell’amministrazione comunale in ambito urbanistico ne fanno il soggetto principe nel processo di rivitalizzazione e rifunzionalizzazione del sito. Questo non impedisce la collaborazione sul piano delle idee ed il sostegno operativo di tutti gli Enti alessandrini; in particolare tengo a ribadire l’apporto della Provincia, per il ruolo che riveste e per la dimensione del problema, che implica certamente la necessità di coinvolgere Enti di livello superiore a quello civico”. 270 La d.g.p. n. 1324 del 18 dicembre 1997, avente ad oggetto la “Rifunzionalizzazione della Cittadella di Alessandria in riferimento alla dismissione delle funzioni militari, Costituzione del Comitato degli Enti e approvazione disciplinare di incarico al Politecnico”; è stato possibile adottare l’atto solo una volta che sono state effettivamente acquisite le quote di co-finanziamento a suo tempo promesse dagli altri enti. 81 Massimo Carcione dei seguenti “riferimenti”: - analisi della documentazione storico-architettonica e territoriale della Cittadella e del contesto ambientale; - messa a punto del quadro conoscitivo dei manufatti architettonici e tecnologici a più scale; - ipotesi di rifunzionalizzazione, con proposta di nuovi ruoli compatibili con le strutture esistenti; - quadro di soluzioni metaprogettuali, teso alla valorizzazione della Cittadella ed al suo inserimento nel contesto storico-culturale ed ambientale attuale. Il lavoro del Dipartimento si era sviluppato nel corso di un anno, con molteplici incontri e riunioni di confronto tra la committenza, il gruppo di ricerca e il Settore Urbanistica del Comune dei Alessandria, che consentirono di sviluppare un corposo Studio Metaprogettuale: cosa ben diversa, come già evidenziato, da uno studio di fattibilità o da un progetto preliminare, anche perché i tempi e le modalità della ricerca non avevano consentito - né vi era ancora in quel momento la volontà da parte degli Enti - di effettuare rilievi tecnici completi e di approfondire in modo adeguato lo studio di una questione ancora del tutto in fieri, sulla quale non c’era ancora (né ci sarebbe stato in seguito) un chiaro orientamento programmatico e un percorso definito, anche solo per risolvere la complessa questione patrimoniale, in modo da ottenere la proprietà e piena disponibilità del sito. Quanto agli esiti concreti, il metaprogetto ha costituito nel 2002 l’indispensabile documentazione tecnica, allegata alla domanda di erogazione del finanziamento concesso alla Provincia dal Ministero del Tesoro271. Un altro risultato, probabilmente assai più indiretto e mediato, è ravvisabile nel fatto che al momento dell’adesione della Regione Piemonte al Comitato, approvata ai sensi dell’art. 1 comma 1, lett. c) della l.r. n. 6/1977, veniva citato in motivazione l’impegno regionale per l’individuazione e il sostegno delle “eccellenze” piemontesi, alla luce delle indicazioni del DPEFR 2006-2008272, richiamando in particolare il punto B (Settore Musei e Patrimonio culturale) del documento fondamentale della programmazione regionale. Tuttavia, al di là di questi utilizzi, tutt’altro che irrilevanti seppure a fronte del significativo onere finanziario sostenuto dalla committenza pubblica per lo studio e la successiva pubblicazione273, si può a buon diritto porre la questione dell’effettiva utilità e appropriatezza (al di là dell’indiscutibile valore culturale e scientifico) di questo strumento di analisi, dal momento che non ha lasciato pressoché nessuna traccia concreta274 nelle successive elaborazioni progettuali. Abbiamo già visto che questo strumento ha conseguito, ancora in corso d’opera, un primo risultato concreto mediante l’acquisizione da parte del Comune, in sede di procedura di revisione del PRGC, di alcune note tecniche al fine di modificare la destinazione dell'area di rispetto a nord della Cittadella. 272 D.g.r. n. 91/3612 del 2 agosto 2006; la Regione aveva già in precedenza individuato la Cittadella come architettura di interesse regionale – categoria opere militari, nell’ambito piano territoriale regionale (1997). 273 Complessivamente l’intera fase, dall’avvio della ricerca alla pubblicazione, ha comportato una spesa di circa centomila Euro, suddivisi in parti uguali tra i quattro enti componenti il primo comitato informale; il Comune non ha però partecipato alla pubblicazione, che è stata invece cofinanziata dalla Regione Piemonte. 274 Non si può considerare tale il recupero delle planimetrie dei diversi edifici della Cittadella, seppure parzialmente aggiornate rispetto agli approssimativi rilievi tecnici a suo tempo forniti dal Genio militare. 271 82 Study case d. La progettazione incompiuta Il recupero del sito di Marengo non ha posto particolari problemi di natura tecnica o amministrativa, essendo stato attuato con tempistiche e modalità che possono essere considerate complessivamente efficaci ed efficienti, rispettando le norme procedurali previste dalla legislazione in materia di lavori pubblici: dapprima il d.lgs. n. 30/2004 e poi le norme del Codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2006275), in particolare gli artt. 197 ss. Tra il 2003 e il 2009 sono stati così affidati, realizzati, approvati e posti in attuazione dalla Provincia, previo espletamento delle procedure di evidenza pubblica per la scelta della ditta affidataria della realizzazione delle relative opere – anche nel rispetto delle procedere interne previste dal relativo Regolamento276 – i diversi livelli di progettazione, dallo studio di fattibilità, alle progettazioni preliminare, definitiva ed esecutiva di tutti i lavori di recupero della Villa di Marengo e degli edifici annessi; tutti i passaggi della progettazione ed esecuzione delle opere sono stati sottoposti al vaglio dei competenti uffici periferici del Ministero per i Beni e le Attività culturali, sempre con esito positivo, grazie al rapporto di reciproca fiducia e alla fattiva collaborazione instauratisi tra i rispettivi tecnici. Questo risultato è stato certamente reso possibile dalla circostanza che si interveniva su di un bene di proprietà della stessa Amministrazione Provinciale, utilizzando fondi277 messi a disposizione da Stato e Regione (oltre al cofinanziamento della stessa Provincia), non dovendosi onorare scadenze perentorie imposte da fonti normative o mediante provvedimenti amministrativi emanati dagli enti finanziatori, fatto salvo il rispetto della normativa finanziaria e contabile: è indubbio tuttavia che abbia contribuito in modo determinante anche il fatto che, sin dal 1997, fosse stata subito definita e chiaramente indicata come principale destinazione del sito e degli immobili la realizzazione di una strutture museale e di servizi di accoglienza turistica, rispetto alle quali tutti gli altri usi (congressi, spettacoli, manifestazioni, ecc.) risultavano essere sempre funzionali o collaterali. Al contrario per la Cittadella, come vedremo meglio oltre, ancora nell’aprile 2003 – cioè al momento dell’assegnazione del finanziamento statale che ha determinato l’avvio della progettazione degli interventi di recupero del monumento – non era stato assunto, a livello locale (né tantomeno da parte dello Stato) alcun chiaro indirizzo in merito alla vocazione e destinazione prioritaria del sito storico-monumentale complessivamente inteso, e neppure di singoli edifici o strutture. Ciò nonostante, lo Stato ha imposto per il completamento della procedura tempi eccessivamente ravvicinati, a fronte della straordinaria complessità dell’intervento ipotizzato278; per questa ragione è da subito apparsa scarsamente realistico l’onere imposto Il regolamento d'attuazione è stato approvato con il d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207; in precedenza la materia dei lavori e appalti pubblici era regolata in via generale dalla l. n. 109/1994 e s.m.i. 276 Regolamento per la disciplina dei contratti, approvato con d.c.p. n. 40/124451 del 26 settembre 2007, come modificato con d.c.p. n. 31/89174 del 30 giugno 2008, artt. 5 e ss. 277 L’intervento di recupero, allestimento e valorizzazione del sito e del museo di Marengo, inclusa la realizzazione della nuova piramide, assomma a circa cinque milioni di Euro, di cui quasi un milione erogato per gli interventi di consolidamento a seguito della scossa sismica del 2003. 278 Il CIPE richiedeva infatti la consegna del progetto entro i primi mesi del 2005, risultando per di più indispensabile redigere preliminarmente al concorso (in aggiunta all’iter normalmente previsto dal Codice degli appalti) uno studio di fattibilità, per il quale al momento dell’avvio dell’iter non si disponeva neppure di rilievi tecnici precisi e aggiornati, dal momento che le planimetrie messe a disposizione, con una certa difficoltà, da parte dell’Amministrazione militare, sono infatti risultate significativamente difformi rispetto allo stato dei luoghi, sia per le molte modifiche apportate a causa dell’uso come 275 83 Massimo Carcione alla Provincia (che peraltro, va ribadito, era stata investita di tale incombenza senza averne mai fatto alcuna richiesta) di presentare l’intera documentazione a corredo del progetto, incluso un credibile piano di finanziamento, in così breve tempo279. Ne consegue che almeno in questa fase, visto che non era stato possibile addivenirvi in precedenza, l’Ente incaricato della progettazione avrebbe potuto e dovuto finalmente adottare (o forse meglio recepire dal Comitato) alcune imprescindibili scelte di principio, facilmente individuabili alla luce delle valutazioni, degli orientamenti e delle prescrizioni tecniche280 già scaturite anni prima dal Metaprogetto del Politecnico: con l’opportuna precisazione che, al contrario di quanto talora si è richiesto, le indicazioni dei tecnici si sono sempre concentrate esclusivamente sul “come” recuperare e valorizzare in modo ottimale, dal momento che incombe e spetta agli organi di indirizzo politico decidere il “cosa” fare di un bene storico di questa rilevanza. Invece lo studio di fattibilità affidato a Finpiemonte SpA si è risolto, ancora una volta, nella mera sintesi ragionata e ben articolata di tutte le conoscenze sino a quel momento acquisite dal Comitato e delle non molte idee programmatiche scaturite dalle innumerevoli riunioni tecniche e politiche tra gli Enti, sintetizzate nei già citati indirizzi di massima, formalmente definiti dalla DGP n. 611/2002. Quanto al piano amministrativo e gestionale281, lo studio non ha offerto alcuna indicazione operativa, nonostante l’asserita possibilità di acquisire dati sulla base del raffronto con analoghi casi di studio considerati (tra cui le Cittadelle di Besançon e Arras) e grazie all’esperienza acquisita da Finpiemonte in veste di back office del progetto di recupero di Venaria Reale282. Allorché si è deciso, in attuazione degli indirizzi definiti dalla Giunta provinciale283, deposito, sia per una certa approssimazione nella stessa misurazione dei locali. 279 Si aggiunga che le disposizioni ministeriali imponevano anche un termine assai circoscritto (6 anni dal finanziamento) per l’ultimazione delle opere progettate, il che risultava ancor più incongruo e sproporzionato alla mole e alla complessità straordinaria degli interventi. 280 Ad esempio in tema di limiti all’abitabilità per usi civili: cfr. quanto posto in evidenza nel saggio L. REINERIO, Restaurare, riabitare. Opportunità e criticità nel recupero della Cittadella di Alessandria, in G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., pp. 87-91, secondo il quale è “impossibile pensare ad un abitare nella fortezza, organizzato secondo l’assetto abitativo convenzionale”. Più in generale, dallo studio veniva il suggerimento (ancora una volta di metodo e non di merito) di “puntare su un ampio spettro di destinazioni interagenti piuttosto che su destinazioni monofunzionali”. 281 Il metaprogetto non aveva affrontato in nessun modo queste problematiche, limitandosi a quantificare in circa 77.000 mq le superfici utilizzabili all’interno degli edifici e dei bastioni, che in totale assommerebbero a circa 117.000 mq, pari a 340.000 mc di volumi fuori terra; le aree verdi interne fruibili risultavano assommare a circa 11 ettari, mentre il parco dei bastioni esterni era stimato con una superficie di circa 39 ettari. 282 Gli unici dati messi a disposizione riguardano infatti l’importo complessivo degli interventi previsti per il recupero del sito, stimati complessivamente in 255 milioni di Euro, mentre non vengono neppure ipotizzate possibili forme di gestione e relativi costi annui, che pure erano già stati quantificati precedentemente in non meno di 4 milioni di Euro all’anno da G. BARBERIS, Considerazioni sul piano economico e finanziario, in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit. p. 30; la stima ha trovato un singolare riscontro nei costi effettivamente sostenuti dalla Regione Piemonte nel primo anno di gestione della Venaria Reale (2009), che sono risultati quantificabili, incluso l’allestimento di mostre ed eventi, pari a 4 milioni di Euro. 283 In merito alla definizione dell’organo competente ad approvare questo tipo di provvedimenti, il comma 1 dell’art. 3-ter dello Statuto della Provincia di Alessandria, stabilisce che “Gli organi istituzionali esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti”; i vari 84 Study case di procedere alla pubblicazione del bando internazionale, è risultato pertanto evidente che si richiedeva ai progettisti partecipanti un compito alquanto arduo, se non improbo: come si è visto, la Commissione Tecnica di Progetto del Comitato aveva infatti proposto la redazione di un bando rivolto esclusivamente a gruppi di progettazione che fossero in grado di studiare e proporre ipotesi – ovviamente rispettose della rilevanza storica del luogo284, intese quindi al recupero architettonico e ambientale – che dovevano essere giudicate credibili e soprattutto finanziabili, essendo tali da garantire nel contempo la sostenibilità tecnico-finanziaria285 ed anche un forte impulso per lo sviluppo socioeconomico della città. Il bando predisposto a conclusione dello studio, consegnato alla Provincia in data 28 febbraio 2005, corredato del disciplinare e dei necessari allegati tecnici, è stato sottoposto al Comitato che lo ha approvato (Verbale n. 13 del 2 maggio 2005), portando così a compimento l’ultimo suo intervento formale nella procedura de qua; in tale contesto rivestono particolare interesse, ai fini della nostra disamina, gli obiettivi e le linee guida del concorso, così sintetizzabili: - obiettivo finale è la realizzazione di un complesso di rilievo sovraterritoriale, che sappia evidenziare le caratteristiche storico-architettoniche e paesaggistiche del sito, armonizzandosi nel contesto di riferimento (...) in relazione alle potenzialità e ai costi di un recupero organico e coerente; - le destinazioni e gli interventi individuati dovranno essere in grado di integrarsi nella realtà territoriale e sociale alessandrina, valorizzandola e fungendo da elementi propulsivi dell’economia, garantendo inoltre una diretta fruizione del bene da parte della cittadinanza; - si rende necessario un intervento in grado di conservare l’aspetto fortemente unitario del complesso, senza operare una trasfigurazione irreversibile degli edifici storici nel rispetto della natura monumentale del sito; - si ritiene, inoltre, opportuno riservare uno spazio del complesso a funzioni museali/espositive. La riprova della scarsa propensione ad assumersi la responsabilità di fornire delle vere e proprie indicazioni operative ai progettisti è comprovata proprio da quest’ultimo, assai cauto e piuttosto circoscritto, riferimento all’unico indirizzo chiaramente emerso e generalmente condiviso sin dalla prima fase dei lavori del Comitato, vale a dire quello di un utilizzo museale ed espositivo, per il quale tuttavia si richiede solo di “riservare uno spazio” 286 : dal che si può solo dedurre la tacita indicazione che tale uso culturale non dovrebbe elaborati tecnici sono stati sottoposti alla VI Commissione consiliare Lavori pubblici della Provincia in data 20 maggio, 17 e 24 giugno 2005, riunitasi nella prima occasione in sessione congiunta con la competente commissione consiliare del Comune di Alessandria. 284 A tal fine il bando richiedeva che i partecipanti avessero realizzato negli ultimi dieci anni almeno due progetti relativi al restauro e/o alla conservazione di interi edifici o complessi architettonici, costituenti beni culturali ai sensi del Codice, a condizione che avessero conseguito “il nulla-osta della competente Soprintendenza o corrispondente Autorità di tutela dello Stato di appartenenza”; per la relativa valutazione ad almeno tre dei componenti della Giuria erano richieste “conoscenze acquisite in materia di recupero di beni culturali” (uno di essi è stato poi individuato in persona della Funzionaria di zona della Soprintendenza BAP del Piemonte). 285 L’indicazione era stata recepita nelle linee guida del concorso internazionale con l’esplicitazione del seguente vincolo di intervento: “le funzioni proposte dovranno essere caratterizzate da un intrinseco equilibrio gestionale, al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria dell’investimento”, con la previsione di un “concorso di risorse da parte di privati o di eventuali altri enti o gruppi (sic) coinvolti nelle opere e nella loro gestione e/o mantenimento”. Era stato anche dichiarato in modo formale che tale aspetto rivestiva “primaria importanza nella redazione dei documenti progettuali” e dunque, si presume, anche nella loro successiva valutazione. Cfr. G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., p. 10. 286 L’inserimento di questa opportuna “clausola museale” va attribuito al merito della 85 Massimo Carcione ritenersi prevalente sulla scelta della prioritaria destinazione residua (presumibilmente di natura abitativa o commerciale), che però viene rimessa alla libera scelta dei progettisti. Il successivo concorso internazionale di idee per la progettazione dell’utilizzo dell’intero complesso, avviato nella seconda metà del 2005287 e ampiamente pubblicizzato anche all’estero, ha conseguito l’adesione e partecipazione di una quindicina di gruppi professionali, composti da un centinaio di tecnici debitamente qualificati, ma si è inopinatamente concluso con esito infausto: nessuno dei progetti concorrenti, infatti, è stato giudicato meritevole dalla Commissione giudicatrice288, essendo stata addotta come motivazione la “inadeguatezza delle proposte rispetto agli obiettivi perseguiti dal concorso”. Ha invece avuto esito positivo, basandosi su presupposti e finalità assai più solide e chiare, il parallelo bando per la progettazione delle aree esterne da destinarsi a “parco urbano”: è stato infatti previsto un allestimento di tipo storico-didattico289, la cui realizzazione ha così potuto essere proposta formalmente alla Regione Piemonte, nel 2009, per un eventuale recepimento nell’ambito del programma degli interventi statali e regionali di valorizzazione dei siti storici correlati alle Celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia; il progetto (che nel frattempo è stato realizzato in fase “definitiva”) è risultato però non finanziabile, per la semplice quanto discutibile ragione che la totalità delle risorse disponibili è stata destinata esclusivamente agli interventi localizzati a Torino, salvo uno di Novara. In tutta questa vicenda si inserisce infine, come fase del tutto a sé stante, sia quanto alla scelta non definitiva di destinazione d’uso, sia con riferimento alle procedure e modalità di finanziamento, progettazione ed esecuzione di gran parte dei lavori, la vicenda del recupero della palazzina del “Quartiere S.Antonio” da parte del Magistrato per il Po-AIPO (2001-2003). Si rimette all’autonomo giudizio di ciascuno la valutazione di tale infelice episodio, emblematico della colpevole assenza di coordinamento tra le diverse componenti dell’amministrazione pubblica statale, ivi incluse le Soprintendenze che, proprio mentre raccomandavano (giustamente) agli enti locali la considerazione unitaria e coerente del complesso monumentale, rilasciavano il parere favorevole a un intervento di ristrutturazione e riutilizzo del tutto scoordinato e almeno in parte dissonante, se non altro quanto alle modalità di scelta della destinazione d’uso. Se a ciò si aggiunge che, una volta terminata la parte più cospicua e onerosa Commissione tecnica di progetto, nella quale erano stati fortunatamente inseriti anche alcuni esponenti della cultura alessandrina. 287 D.g.p. n. 551 del 3 agosto 2005; il bando di concorso è stato pubblicato, secondo legge, nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e, per estratto, su diversi organi di stampa nazionali e locali. 288 Sulla questione è stata anche presentata il 13 giugno 2006 un’interrogazione parlamentare del Deputato alessandrino On. F. Stradella. 289 Merita di essere segnalata l’indicazione programmatica finalizzata a realizzare “un parco pubblico di cui, tra l’altro, la città di Alessandria è carente” attraverso la “conversione in una sorta di parco storico, che valorizzi l’ampio anello del fossato come risorsa ambientale-ricreativa per la città” e la realizzazione al suo interno di “accorgimenti appropriati in termini di percorsi e di strutture conoscitive di sostegno” ai percorsi turistici, strutturati e concepiti (includendo almeno uno dei bastioni, completo di gallerie e fortini) in modo tale da “farne cogliere l’unicità nel panorama europeo”, la proposta tecnica è stata inserita solo nella Prefazione (a firma di Vera Comolli Mandracci) del volume che presentava il metaprogetto, dal momento che lo studio vero e proprio non prendeva affatto in considerazione le aree poste all’esterno della cinta dei bastioni, e per il vero neppure la cinta stessa, con la sola eccezione dei grandi vani centrali dei quattro bastioni “abitabili”. Si tratta in effetti del riscontro alla puntuale sollecitazione che era stata fatta in tal senso, nel settembre 2002, da parte delle strutture tecniche del Comitato: cfr. G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., pp. 10-11. 86 Study case dell’intervento, i lavori si sono interrotti e l’edificio è restato nuovamente inutilizzato, risulta davvero difficile valutare in modo positivo l’unico momento di intervento diretto di valorizzazione della Cittadella da parte delle Amministrazioni centrali dello Stato. e. La funzione catalizzatrice dell’istituzione museale Si è già sottolineato nell’introduzione al caso di studio quale importanza avesse, nell’ottica del primo comitato e dello studio metaprogettuale (1999) l’avvio di un serio percorso istituzionale, scientifico e di progettazione museologica e museografica, tale da consentire di arrivare in tempi ragionevoli dapprima all’istituzione di un Museo di storia dell’Esercito piemontese e poi, eventualmente, di un vero e proprio museo nazionale di storia dell’Esercito Italiano. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali, nell’unica occasione in cui si è discusso pubblicamente e in modo approfondito della questione, aveva manifestato in proposito (per il tramite dalla Soprintendente piemontese PSAD) 290 la convinzione che le istituzioni militari dovessero assumere a tal fine un ruolo decisivo, pur dando per scontato che la Cittadella non sarebbe più stata di loro diretta responsabilità, almeno dal punto di vista giuridico; per questa ragione si auspicava vivamente che i militari continuassero a considerarla “loro” dal punto di vista della costruzione dei significati del percorso museale ed espositivo. In questo senso i musei militari e d’arma hanno l’esigenza di competenze e di conoscenze molto diverse da quelle degli altri musei storici, come ad esempio nel caso del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino291; per questa ragione “il Ministero deve riconoscere quali titolari di specifiche conoscenze i Responsabili di questi particolari musei”, ferme restando le competenze proprie della Soprintendenza PSAD292. Proprio a tal fine, nel corso della ricerca preliminare293 realizzata su incarico della Provincia, analizzando le potenzialità e le problematiche più immediate che si sarebbero presentate nella prospettiva di una realizzazione di tipo museale, si era posto correttamente l’accento, ancor prima che sul vero e proprio percorso espositivo, sul difficile e delicato rapporto di collaborazione con i preesistenti musei militari piemontesi ed italiani, presso i quali era stato infatti avviato un primo ciclo di sopralluoghi e incontri294. Cf. C. SPANTIGATI, Conclusioni, in G. FREIBURGER, op. cit, p. 173. Per gli aspetti di indirizzo più propriamente progettuale, tuttavia, gli uffici periferici del Ministro si sono ancora una volta limitati a un ruolo del tutto passivo, proprio allorché la Provincia e il Comitato avevano provato a sviluppare l’ipotesi progettuale intesa all’istituzione in Cittadella del Museo di Storia dell'Esercito Piemontese, primo nucleo di un futuro possibile Museo nazionale dell’Esercito. 292 È interessante il rilievo che i problemi di gestione (dalla catalogazione all’allestimento al restauro a quant’altro significhi la vita di un museo) sono in tutto comuni a un museo civico, al Museo di Marengo come al Museo dell’Artiglieria: a giudizio della Soprintendenza sarebbe dunque “demenziale” anche solo pensare che possa esistere una carenza di informazioni reciproche: C. SPANTIGATI, op. cit, p. 173. 293 M. BRIGNOLI, Studio Preliminare per il Museo di storia dell’esercito piemontese, Pavia, 1999; il documento è tutt’ora consultabile alla pagina “Cittadella di Alessandria” del sito www.provincia.alessandria.it (sezione Archivio dell’area “Cultura”); si veda anche M. BRIGNOLI, Per una museologia militare, in G. FREIBURGER, op. cit, pp. 141-143. 294 Si trattava degli istituti museali soggetti direttamente alla gestione (nel caso dell’Armeria Reale di Torino) della Soprintendenza per i Beni artistici e storici o alla sua azione indiretta di vigilanza: per limitarsi alla scala regionale, sono stati coinvolti nella ricerca il Museo Nazionale del Risorgimento di Torino, le Gallerie Sabauda e Albertina, le pinacoteche alessandrine, ma soprattutto i due rinomati e ricchissimi musei d’arma piemontesi (quello della Cavalleria di Pinerolo e quello dell’Artiglieria di 290 291 87 Massimo Carcione Particolarmente interessante ai fini della creazione della nuova istituzione è risultata, nell’ambito dello studio, la possibilità di avvalersi della più naturale e primaria forma di cooperazione tra le istituzioni museali, vale a dire lo scambio e il deposito di materiali (in questo caso soprattutto armi e cimeli) per periodi più o meno lunghi295; il Museo della Cittadella potrebbe infatti costituire, sin dalla sua prima fase, un grande “deposito” nel quale accogliere, ordinare e cui mettere al riparo i reperti storici dell’Esercito che oggi sono a stento conservati nei magazzini militari, quando non sono addirittura abbandonati o dispersi296, non potendo contare sul supporto scientifico e organizzativo di una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero della Difesa297. Analoghe considerazioni sono state sviluppate in riferimento alle connesse esigenze relative alla collocazione all’interno di uno o più degli edifici della Cittadella di fondi archivistici (a partire dalla nuova sede dell’Archivio di Stato alessandrino) e di biblioteche, a carattere storico e non solo298, senza considerare il possibile avvio di collaborazioni finalizzate a esposizioni tematiche permanenti e all’allestimento di depositi visitabili di grandi musei regionali nazionali, a suo tempo individuata dalle rispettive direzioni299. Torino), entrambi caratterizzati da drammatiche carenze di spazi. 295 Le forme e modalità tecniche, amministrative e patrimoniali per sviluppare questa particolare e utilissima forma di circolazione di beni culturali, anche tra musei di Stati diversi, sono da tempo promosse e regolate dall'UNESCO (Raccomandazione di Nairobi del 1976); si rimanda anche all’intervento di chi scrive nell’ambito della tavola rotonda conclusiva, in G. F REIBURGER, op. cit, pp. 167169. 296 Basti pensare, a titolo di esempio, che le collezioni moderne nel Museo della Cavalleria di Pinerolo, già alle prese con gravi problemi di spazio, altro non sono che una nutrita serie di alquanto ingombranti mezzi corazzati di diverse epoche, modelli e dimensioni; non diversamente avviene per il Museo dell’Artiglieria di Torino, la cui sede è da tempo in precarie condizioni. Proprio nell’occasione dello studio preliminare era tuttavia emerso che, in base ai regolamenti militari in materia, non sarebbe stato possibile conservare ed esporre materiale bellico senza la presenza formale (anche minima) di personale militare responsabile degli armamenti e mezzi depositati, cioè della “collezione” del futuro museo: ciò avrebbe dovuto costituire la principale ragione non soltanto per ovvie motivazioni di continuità storica e di opportunità pratica, perché si studiasse la forma tecnica e amministrativa atta a mantenere in uno degli edifici della Cittadella la presenza di una minima (ma qualificata) “guarnigione”, senza per questo che fosse necessario lasciare l’intero sito in carico alla Difesa. 297 Lo sforzo di conservazione dei reperti storici militari, il cui numero è costantemente incrementato dalla chiusura delle caserme, non è di aiuto l'estrema eterogeneità degli Enti museali militari, che necessiterebbero a tal fine di un ufficio di coordinamento e riferimento non tanto per le problematiche più prettemente culturali (già curate dall'Ufficio Storico) quanto soprattutto per quelle di tutela, valorizzazione e promozione. In merito alla proposta di una “Soprintendenza militare”, che potrebbe operare nell'ambito della Difesa con una forma di coordinamento funzionale con l'Amministrazione dei Beni Culturali (come già avviene per il Comando Tutela Patrimonio Artistico dei Carabinieri): ibidem, p. 168. 298 Nella sola città di Alessandria, senza considerare le biblioteche degli Enti pubblici, esistono almeno tre gloriose istituzioni di studio e promozione in ambito storico, tutte in possesso di importanti fondi librari e tutte alle prese con gravi e persistenti problemi di spazi adeguati in cui accoglierli: l’antichissima Società di Storia, Arte e Archeologia (Accademia degli Immobili), la sezione di Alessandria dell’Istituto per la storia del Risorgimento e l’Isral “Carlo Gilardenghi”, che insieme assommano un patrimonio di non meno di cinquantamila volumi e riviste. Si veda anche, con riferimento all’ipotesi di offrire una sede alessandrina all’ISCAG di Roma, che conserva tra molti altri tesori anche gli elaborati progettuali e le planimetrie originali della Cittadella, il catalogo G. QUAGLIA, G. RATTI, P. ROBOTTI (a cura di), L’altro Piemonte nell’età di Carlo Alberto, III, Una cittadella per l’indipendenza, Catalogo della mostra storico-documentaria (Tinaio degli Umiliati, 15-30 gennaio 2000), San Salvatore Monferrato, Barberis, 2001. 299 Strutture allestibili in collaborazione con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia 88 Study case Da questa prima disamina delle problematiche inerenti alla conservazione e tutela della Cittadella si può però dedurre che occorre poter contare sin dal primo momento su una vera e propria istituzione culturale, dotata di adeguata autonomia e competenza, in grado di progettare e organizzare la valorizzazione e la fruizione pubblica di raccolte di beni culturali, per le finalità di educazione e di studio espressamente previste dall’art. 101 del Codice300: ciò anche al fine di predisporre, nella prospettiva degli sviluppi futuri, le risorse umane e strumentali necessarie proprio per garantire il supporto tecnico-scientifico all’organizzazione in via continuativa delle azioni di valorizzazione e di promozione dell’intero sito monumentale. Anche se può apparire banale e scontato, va ribadita la conseguente necessità di istituire un comitato scientifico e di designare un direttore provvisto di competenze scientifiche appropriate; tali organi dovrebbero dapprima essere investiti del compito di curare la procedura di formale istituzione del museo – la quale presuppone la sua corretta identificazione dal punto di vista istituzionale (civico, regionale o, più probabilmente, nazionale301) e la scelta dell’ente gestore (pubblico, privato o misto) e solo successivamente, in conseguenza di tutto ciò, sarebbero di grado di predisporre un valido progetto scientifico, che a sua volta è condizionato dalla natura e dalla effettiva disponibilità di spazi e strutture adeguate, soprattutto quando si devono recuperare a tal fine immobili storici strettamente connessi alla tematica che è oggetto dell’allestimento museale. Sono anche in questo senso probanti, nella chiave di lettura già proposta in precedenza, le analogie e le connessioni con il contemporaneo processo di allestimento, promozione e gestione del Museo della Battaglia di Marengo, che già allora presentava e presenta tutt’ora in scala ridotta quasi tutte le problematiche (si pensi solo alla difficile schedatura e conservazione di armi e divise) che potrebbero in futuro porsi per l’allestimento permanente in Cittadella. Anzi, allargando lo sguardo anche gli aspetti tecnico-amministrativi, appare evidente che, alla luce delle linee guida e indicazioni tecniche, formalizzate nei c.d. “Standard museali” approvati dal Ministero per i Beni e le Attività culturali302, i parametri minimi richiesti per realizzare una vera istituzione museale potrebbero essere rispettati303 solo a patto di considerare globalmente tutte le attività della Provincia, del Comune (tramite il Museo Civico) e delle istituzioni e associazioni culturali coinvolte. Infine, è opportuno ribadire che non esiste un’istituzione museale senza una di Milano, con Palazzo Bricherasio e con il Museo d’Arte contemporanea del Castello di Rivoli; le istituzioni museali avevano avviato contatti in tal senso con il Comitato, cui aveva fatto seguito l’effettuazione di approfonditi sopralluoghi (che nel caso del Castello di Rivoli avevano interessato anche Santa Croce di Bosco Marengo) da parte di funzionari ed esperti. 300 Si riporta il testo dell’art. 101 (Istituti e luoghi della cultura): “1. Ai fini del presente codice sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali. 2. Si intende per: a) “museo”, una struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio”. 301 Si era infatti ipotizzato già nel 2002 che potesse essere inserito nel programma dei “nuovi” Musei nazionali del Ministero dei Beni culturali, che include anche il Museo Nazionale delle Forze Armate con sede ipotizzata a Roma: cfr. G. URBANI, op.cit., pp. 139 ss. 302 Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici di funzionamento e sviluppo di musei, approvato con d.m. Beni e Attività culturali del 10 maggio 2001 (pubblicato in G.Uff. n. 244 del 19.10.2001). 303 Con l’eccezione di status giuridico autonomo e personale specializzato: a parte la Delibera costitutiva, è mancato infatti uno Statuto del Museo di Marengo o un Regolamento provinciale in grado di svolgerne la funzione; nessun dipendente, almeno sino al 2008, risultava formalmente incaricato di specifiche funzioni museali. 89 Massimo Carcione collezione, la quale tuttavia non dovrebbe essere semplicemente acquistata in blocco sul mercato antiquario304, senza neppure avere preventivamente definito quale sarà la mission del museo. Competerebbe infatti alle strutture scientifiche poc’anzi individuate, comunque strutturate, ogni opportuna scelta e valutazione, ad esempio in merito all’autenticità, al valore e alla pertinenza, e quindi all’acquisizione di una eventuale collezione privata di armi o divise in ipotesi destinata costituire il nucleo fondante del museo stesso. A distanza di quasi quindici anni dalla prima indicazione programmatica in tal senso, purtroppo non perseguita in seguito (almeno fino ad oggi) dalle amministrazioni locali, è quindi risultata giusta e corretta l’ipotesi iniziale di individuare il museo storicomilitare come scelta qualificante, ma non per questo esclusiva né preponderante (anche ai fini dell’utilizzo degli spazi305): soprattutto se si intendeva perseguire in modo serio l’obiettivo di garantire la prosecuzione del rapporto strategico con il Ministero della Difesa, assicurando nel contempo il coinvolgimento diretto, anche ai fini della soluzione degli altri problemi di carattere istituzionale, patrimoniale e finanziario, del Ministero per i Beni e le Attività culturali e della Regione Piemonte. f. Il ruolo delle amministrazioni regionali e statali Proseguendo nell’analisi puntuale dei diversi fattori che hanno sino ad oggi contraddistinto e condizionato la vicenda in esame, può essere ora utile considerare nel dettaglio e in modo distinto le competenze, funzioni e iniziative di spettanza di ciascun soggetto pubblico di livello sovra-provinciale. Dovendo indicare preliminarmente una chiave di lettura, un tratto comune all’azione di tutte le amministrazioni considerate, appare evidente che può essere individuato nella perdurante e reiterata pretesa nei confronti degli enti locali, cui si richiede di farsi carico, nella misura più ampia possibile, dei procedimenti amministrativi (e ancor più degli oneri organizzativi e finanziari) necessari a conseguire il recupero e la valorizzazione di un bene demaniale di così grande rilevanza storico-monumentale, dando per scontato il presupposto che lo Stato stesso non è stato in grado, malgrado i vincoli e l’azione di tutela conseguente, di mantenere in adeguato stato di conservazione e fruibilità. Tutto ciò, si badi bene, salvo poi esigere, anche dagli stessi enti e soggetti locali finanziatori, l’erogazione a beneficio delle esangui casse nazionali di ulteriori risorse, a fronte della concessione d’uso di spazi per le stesse iniziative di valorizzazione o, addirittura, ai fini dell’acquisizione del bene stesso a titolo oneroso. 304 Si è già ricordato che a partire dal 2010 è stato avviato da Comune e Fondazione CR Alessandria, con una mostra temporanea nel Palazzo del Governatore e con una piccola pubblicazione, un percorso inteso a pervenire all’acquisizione a titolo (assai) oneroso di una collezione, in precedenza già esposta presso il Forte di Fenestrelle, di armi e divise delle diverse epoche che vanno dal Risorgimento alla Seconda guerra mondiale. È ovvio che ogni seria e doverosa valutazione in merito all’autenticità, allo stato di conservazione, alla legittima provenienza e alla congruità scientifica ed economica rispetto al progetto museale, implicherebbe l’esistenza di tale progetto e dei relativi referenti scientifici, oltre al benestare della competente Soprintendenza ai beni storici. 305 Lo studio preliminare aveva individuato (indicazione poi recepita dal Politecnico nel Metaprogetto) il Palazzo del Governatore, la Cavallerizza, la retrostante polveriera e il corrispondente bastione con gallerie e cannoniere. 90 Study case 1. Regione Piemonte e Finpiemonte Indiscussa protagonista e principale artefice del recupero della Reggia di Venaria Reale, dei Forti di Exilles, Fenestrelle e Vinadio, oltre che di grandi interventi in molte altre realtà storico-artistiche del territorio piemontese306, come il Filatoio di Caraglio o lo stesso Convento di Santa Croce a Bosco Marengo, la Regione nel caso della Cittadella e dei siti storico-militari ad esso correlati si è distinta soprattutto per l’assenza; se infatti non sono mancati, in alcuni momenti, interventi finanziari di un certo rilievo (in special modo con riferimento a Marengo, dapprima in occasione del Bicentenario e poi a sostegno della definitiva ristrutturazione di villa e museo), non c’è dubbio che dal 1996 e sino ad oggi non si è mai fatta sentire la sua azione propositiva e progettuale, né tanto meno è stato posto in essere l’impulso alla collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, che invece ha caratterizzato i progetti sopra citati e molti altri interventi regionali. Il primo atto formale da parte della Regione era stato costituito, in effetti, da una tiepida richiesta a firma del Direttore regionale ai Beni culturali, datata 4 aprile 1999 – dunque poche settimane dopo il convegno degli Stati Generali, in cui era stato reso di pubblico dominio il progetto di recupero della Cittadella – con la quale “in considerazione dell’importanza di tale programma per l’area alessandrina e per l’intera regione piemontese” si chiedeva a Provincia e Comune di trasmettere “una relazione sintetica” e la relativa documentazione tecnica, senza peraltro assumere alcun impegno di intervento o partecipazione. A conferma di ciò, la stessa deliberazione307 con cui molti anni dopo la Giunta Regionale ha finalmente approvato l’adesione al Comitato, specifica che essa non comportava oneri di spesa a carico del bilancio regionale, pur essendo stata adottata in un tempo in cui l’Assessorato regionale alla Cultura disponeva ancora di stanziamenti dell’ordine di decine di milioni di Euro, che avrebbero potuto, e forse dovuto, trovare una qualche destinazione a favore della Cittadella, in considerazione del suo inserimento al punto B (Settore Musei e Patrimonio culturale) della programmazione strategica regionale DPEFR 2006-2008308. Se poi si considera che, in altri casi, sono state approvate specifiche leggi regionali 309 o accordi di programma-quadro con il Ministero per i Beni culturali, grazie al fatto che il Settore Beni culturali della Regione aveva assunto, d’intesa con la Soprintendenza regionale, Si devono aggiungere tutti gli interventi, in qualche caso anche più rilevanti, realizzati nel capoluogo regionale in connessione con la valorizzazione delle Residenze sabaude o con grandi eventi come le Olimpiadi, l’Ostensione della Sindone o il 150° dell’Unità d’Italia; tra essi spiccano soprattutto il rilancio del Museo Egizio e la realizzazione del nuovo Museo del Cinema nella Mole Antonelliana. 307 D.g.r. n. 91-3612 del 2 agosto 2006. 308 Lo Statuto della Regione (l.r. statutaria n. 1/2005, modificata con l.r.s. n. 2/2009), dopo avere riconosciuto nel preambolo che “attraverso gli enti locali, le autonomie funzionali, le formazioni sociali, culturali, politiche ed economiche si realizza la partecipazione dei cittadini alle funzioni legislative e amministrative secondo il principio di sussidiarietà”, e avere dedicato l’intero art. 3 al principio di sussidiarietà, regola con gli artt. 4 e 5 le funzioni di programmazione finalizzata allo sviluppo economico e sociale, che per quanto attiene al patrimonio culturale si conformano al principio di cui all’art. 7 comma 2, in virtù del quale “La Regione coopera con lo Stato, nei limiti e con le modalità previste dalla legge statale, alla tutela dei beni culturali”. Quanto all’assetto del territorio, invece, secondo l’art. 8 “la Regione tutela l'assetto del territorio nelle sue componenti ambientale, paesaggistica, architettonica e ne valorizza la naturale vocazione”. 309 Si pensi alla l.r. n. 48/1992 relativa al recupero del già citato Forte di Exilles, oppure in ambiti affini, la l.r. n. 37/1978 sul Museo regionale di Scienze Naturali o la l.r. n. 1/2006 sulla valorizzazione del sito della “Benedicta”, anch’esso in provincia di Alessandria. 306 91 Massimo Carcione un forte ruolo di “cabina di regia”, anche nei confronti degli interventi statali ed europei, mettendo a disposizione a tal fine le risorse tecniche, organizzative e finanziarie proprie e di soggetti collegati come Ires, CSI e Finpiemonte SpA, risulta di tutta evidenza che nessuno di questi strumenti e modalità operative sono state attivate per la soluzione del problema di cui ci occupiamo310. Anzi proprio la presenza nel Comitato della Finpiemonte, ente strumentale regionale311, è valsa paradossalmente a farle ottenere l’affidamento diretto (ovviamente remunerato) dello studio di fattibilità, consentendo quindi alle strutture regionali di captare una parte dei non molti fondi destinati dallo Stato alla Cittadella, piuttosto che di integrarli con proprie ulteriori risorse. Non sono mancati, nel corso degli anni, sporadici interventi a sostegno delle singole iniziative di promozione culturale (mostre e spettacoli, in particolare) promosse da enti e associazioni locali all’interno della fortezza o con riferimento ad essa, ma ciò non ha mai inciso in modo significativo sulla vicenda nel suo complesso. Se dunque la Regione in quanto tale ha contribuito in misura insignificante a tutta la prima fase312, anche nel quadro delle tanto attese Celebrazioni di “Italia 150” la Cittadella è stata inserita in modo del tutto marginale e irrilevante nei programmi regionali e nazionali dell’evento del 2011313. Il bilancio circa l’effettivo dispiegamento da parte del livello regionale di adeguate misure, tanto legislative che amministrative, di garanzia del diritto (spettante ai cittadini, di Alessandria e non) alla promozione della cultura e alla più ampia fruizione del patrimonio, si deve dedurre che pur disponendo di mezzi e strumenti giuridici, programmatori e tecnici del tutto adeguati, la Regione Piemonte ha adottato nell’azione concreta una scala di priorità di intervento che, con tutta evidenza, non includeva Alessandria e le sue strutture storico-militari, a vantaggio di altri siti, soprattutto dell’area torinese, che potevano evidentemente contare su un maggiore sostegno istituzionale, tanto a livello governativo che sul piano strettamente locale. Non risulta avere avuto alcuno sviluppo l’ipotesi teorica (a suo tempo prefigurata dal dirigente regionale competente) di estendere fino alla confluenza tra Tanaro e Bormida, e quindi alle attigue fortificazioni alessandrine, la competenza del Parco regionale del Po, istituito con l.r. n. 28/1990, poi più volte modificata nel 1995, 1998 e infine nel 2001 con la l.r. n. 14, che avrebbe potuto consentire se non altro una migliore gestione degli aspetti paesaggistici e naturalistici, i quali sono stati peraltro studiati da un altro Ente regionale, l’IPLA, con riferimento sia a Marengo che alla Cittadella (anche in questo caso a carico dei fondi CIPE). 311 Lo Statuto di Finpiemonte (anche alla luce della l.r. n. 17/2007) prevede lo svolgimento di “attività dirette all’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale e nel quadro della politica di programmazione svolge attività strumentali alle funzioni della Regione, aventi carattere finanziario e di servizio”, svolgendo a favore della Regione attività di “concessione ed erogazione, anche mediante appositi strumenti finanziari, di finanziamenti, incentivi, agevolazioni, contributi, od ogni altro tipo di beneficio”; quanto agli interventi sul patrimonio culturale regionale, è previsto che per lo svolgimento della propria attività, in attuazione degli indirizzi regionali, può partecipare al capitale di imprese a rilevanza pubblica, orientate alla promozione di contenuti (…) culturali ed economici per lo sviluppo del territorio. Può altresì associarsi, a Enti, istituti e organismi che abbiamo scopi analoghi o affini al proprio e che operino nei settori di interesse regionale”. 312 Nell’intera attività di studio sulla Cittadella, la Regione ha solo cofinanziato nella misura del 20% la pubblicazione del metaprogetto presso l’Editore Allemandi; una volta entrata nel Comitato, dal 2006, non ha mai erogato ulteriori contributi alle attività di studio, ricerca o promozione. 313 Ciò nonostante che la Cittadella, anche con riferimento a Marengo e ai Moti del 1821, avesse tutti i titoli per rappresentare in modo emblematico almeno i prodromi del Risorgimento, come è comprovato dal fatto che la stessa Regione ha cofinanziato (seppure in minima parte) la mostra delle divise storiche allestita dal Comune di Alessandria in occasione delle Celebrazioni. 310 92 Study case Ricordando infine che la fruizione del patrimonio che costituisce il fine ultimo della valorizzazione, la cui competenza è affidata alle regioni dal terzo comma dell’art. 117, non si può non porre in rilievo l’ormai cronica assenza in Piemonte di una vera e propria “legge di sistema” sulla valorizzazione dei beni e degli istituti culturali, tutt’ora governati sulla base dell’arcaica l.r. n. 58/1978, mentre altre Regioni hanno persino provveduto ad adeguare la legislazione previgente, in molti casi già più avanzata di quella piemontese (si pensi ai ben noti casi di Lombardia,Veneto, Emilia, Toscana, Umbria e Lazio), ai nuovi principi costituzionali del 2001314. 2. Ministero della Difesa e Esercito Italiano Si è già dato ampiamente conto, in precedenza, del ruolo istituzionalmente svolto dall’Amministrazione militare ai fini della dismissione e del rilascio del sito, nonché nel contesto dell’ipotizzata istituzione di un museo militare in Cittadella. Non sono però mancati interventi formali dell’amministrazione della Difesa, specificamente finalizzati (per diverse ragioni) a incidere sulla destinazione futura del sito e sulle modalità del suo perseguimento; ne è esempio emblematico una nota dello Stato Maggiore dell’Esercito315, che nel predefinire da parte militare le procedure e i soggetti deputati alla definizione di tempi e modalità della dismissione, per la prima volta prefigurava l’attivazione, “verosimilmente” da parte dello Stato Maggiore della Difesa, di un “accordo di programma da sottoscrivere tra le parti per la definizione del negoziato”. Qualche anno dopo, a fronte di una diretta sollecitazione del Segretario del Comitato per la Valorizzazione della Cittadella316, il rappresentante del “Progetto infrastrutture” dello Stato Maggiore dell’Esercito aveva affermato che la definizione del destino della Cittadella sarebbe stata “facilitata in presenza di proposte di permuta con altra area idonea”, ribadendo che “quanto rappresentato verbalmente nel corso della riunione potrà ottenere riscontro concreto solamente allorché verrà stilato un apposito accordo di programma o un protocollo d’intesa tra il Comitato e il Ministero della Difesa, nel quale siano affrontate tutte le varie problematiche e definite le relative soluzioni, nel tempo e nello spazio”. Se dunque è ovvio che non spettava certo all’Esercito indicare le forme e modalità di migliore valorizzazione del complesso monumentale, non si può negare che la consuetudine a gestire simili situazioni317 e l’attitudine operativa e pragmatica, tipica dei militari, avrebbe dovuto indurre le amministrazioni civili a considerarne con maggiore attenzione le proposte e i suggerimenti, invece di limitarsi a sollecitare la rapida dismissione In tal senso hanno provveduto in particolare la Liguria, con il t.u. regionale n. 33/2006, la Sardegna (con l.r. n. 14/2006) e le Marche (l.r. n. 4/2010). 315 Lettera del Sottocapo di Stato Maggiore, in data 10 ottobre 1998. 316 In occasione della già ricordata riunione svoltasi presso gli Alti Comandi a Padova, come attestato dal resoconto in data 8 ottobre 2002, a firma del Brigadiere Generale Capo di Stato Maggiore della Regione Militare. Il resoconto è stato formalmente trasmesso con nota prot. 1164/43/2150 del 31 ottobre 2002 al Ministero della Difesa e agli Stati Maggiori di Difesa ed Esercito (oltre che al Comitato stesso), costituendo dunque l’unico documento ufficiale che comprova in modo formale lo stato delle “trattative” tra civili e militari; come si vedrà oltre, nel documento sono anche riportati alcuni riferimenti fatti dal Segretario del Comitato rispetto a ipotesi di destinazione d’uso (in particolare a parco pubblico delle aree esterne e di alcuni bastioni) che hanno poi trovato seguito e attuazione solo alcuni anni dopo. 317 Non va dimenticato che nello stesso periodo si stavano conducendo analoghe trattative con riferimento a una parte del parco della Reggia di Venaria Reale, che in precedenza veniva utilizzata come deposito dell’Aeronautica Militare. 314 93 Massimo Carcione del sito storico che peraltro, essendo avvenuta “solo” dieci anni dopo il primo annuncio318, ha ugualmente colto impreparati gli enti locali. 3. Ministero degli Interni e Prefettura Immediatamente dopo l’alluvione del novembre 1994 e fino a tutto il 1997, l’Ufficio Territoriale di Governo ha svolto un’importante opera di coordinamento degli interventi statali di recupero e risanamento dell’area colpita dalla calamità naturale, in stretta cooperazione con la Regione e le amministrazioni locali; il Prefetto pro tempore aveva anche ricoperto l’incarico di Commissario straordinario, ed in tale veste si era occupato del recupero del sito della Cittadella da parte dell’Esercito, cui era stato fornito, come si è già visto, il supporto logistico ed operativo dei mezzi della Protezione Civile. Proprio nel vivo di quella fase319 il Prefetto Gallitto aveva espresso il convincimento che si dovesse perseguire con forza l’orientamento, da lui prospettato, inteso a conferire alla Cittadella (naturalmente dopo la dismissione, il restauro e la definitiva messa in sicurezza contro il rischio di nuove esondazioni) una nuova vocazione di “centro direzionale” cittadino e provinciale, con la rilocalizzazione di tutti gli uffici statali e locali. In questo senso andava la sollecitazione al MagisPo, all’Archivio di Stato ed anche alla Provincia e ad altri enti locali, di considerare l’opportunità di trasferire negli edifici storici (una volta lasciati liberi dall’Esercito, ovviamente) le proprie sedi o parte di esse. È proprio per il perseguimento di questo indirizzo progettuale, poco condiviso a livello locale ma con l’indubbia prerogativa della chiarezza e di una non trascurabile praticabilità tecnica e finanziaria, che il Viceprefetto Capo di Gabinetto aveva partecipato continuativamente ai lavori del primo Comitato informale, assicurando per il tramite della Prefettura la pronta e fattiva collaborazione degli altri uffici ed enti alessandrini facenti capo all’Amministrazione statale. Infine, con riferimento alle vere e proprie attività di valorizzazione, non va trascurato il fatto che proprio alla Prefettura si deve la ripresa delle manifestazioni ufficiali in Cittadella in occasione della Festa della Repubblica (tenutesi a decorrere dal 2 giugno 2003), organizzate d’intesa con la Presidenza del Consiglio provinciale e con il Comune, che hanno consentito ogni anno l’apertura al pubblico e l’organizzazione di concerti e spettacoli; si è trattato infatti dell’unico caso320 di evento ufficiale e programmato con largo anticipo, finalizzato a consentire la visita in sicurezza del complesso monumentale, da parte di un vasto pubblico non solo locale. 318 È giusto dare atto che al momento della sua dismissione, la Cittadella è stata accuratamente e interamente liberata da ogni materiale militare, smentendo coloro che temevano di trovarsi investiti della responsabilità di un monumento già in avanzato stato di degrado (a dispetto delle assicurazioni di ammirevole e amorevole conservazione), per di più adibito a discarica; invece tutti i magazzini sono stati svuotati, fatti salvi alcuni vecchi impianti montacarichi, altre simili strutture e apparecchiature fatiscenti, che dovranno quindi essere demolite e rimosse, insieme a chilometri e tonnellate di cavi e tubature, con non poca difficoltà e spesa. 319 In particolare in occasione del convegno promosso nell’anniversario dell’evento, d’intesa con Provincia e Comune, sisvolto il 6 novembre 1995, nel Teatro Comunale di Alessandria. 320 Il ruolo della Prefettura è stato ovviamente determinante al momento della visita in Cittadella del Presidente della Repubblica, che però è stata svolta in forma semi-privata, alla presenza di qualche decina di rappresentanti di enti, istituzioni e associazioni civili e militari. 94 Study case 4. Magistrato per il Po-AIPO Si è già avuto modo di evidenziare, poc’anzi, il ruolo temporaneamente e assai impropriamente svolto – non è dato sapere con quanta convinzione e reale interesse – dal Magistrato per il Po, ai fini del recupero parziale di uno degli edifici interni della Cittadella. Ben prima, tuttavia, l’Amministrazione ora denominata AIPO (Agenzia interregionale per il fiume Po321) aveva operato – e continua tuttora a operare – attraverso gli strumenti operativi che gli sono propri, per garantire che non si ripetesse la catastrofica inondazione del sito e dei suoi dintorni322, mediante la realizzazione di adeguate difese arginali e golenali, ai sensi e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente323. Non c’è dubbio che la presenza all’interno del complesso monumentale di una sede operativa dell’Ente avrebbe costituito la migliore garanzia in tal senso, oltre ad assicurare la costante presenza di tecnici e mezzi operativi; si sarebbe inoltre trattato del primo tassello del progetto prefettizio di un centro direzionale, caratterizzato dalla compresenza di sedi istituzionali in grado di interagire in modo particolarmente efficace tra loro, soprattutto in caso di emergenza. Invece la mancata ultimazione della sede in Cittadella ha di fatto estromesso l’AIPO dalla vicenda, il che non pregiudica ovviamente le sue competenze istituzionali di difesa, ma soprattutto di gestione dell’ipotizzato ripristino324 della possibilità di inondare anche solo parte dei fossati della Cittadella. 5. Ministero dell’Economia e Agenzia del Demanio Il ruolo svolto, sin dal 1998, in questa complessa vicenda dall’amministrazione del Demanio, ben presto trasformata in Agenzia325, è sempre stato improntato alla più ampia e fattiva collaborazione con gli enti locali, fatta salva la riserva di fondo per la quale il significato attribuito dalle amministrazioni finanziarie italiane al termine “valorizzazione” è sensibilmente divergente da quello proprio del Codice dei beni culturali (ai sensi dell’artt. 6 e 111 ss.), corrispondente a quello dell’art. 19 comma 1 c) del TUEL. Di conseguenza, quando l’Agenzia del Demanio affermava di svolgere attività di valorizzazione, essa intendeva fare riferimento all’ipotesi di vendita o alla concessione, L’agenzia è stata costituita dalle quattro Regioni interessate con altrettante leggi regionali: per il Piemonte con l.r. 28 dicembre 2001, n. 38, modificata dalla l.r. n. 4/2005. 322 Cfr. C.CONDORELLI, Gli interventi realizzati in Piemonte dopo l’alluvione del 1994, in Aipo Informa, (1) 2006, pp. 26-27. 323 Le principali funzioni dell’AIPO possono essere ricondotte all’esecuzione, sull’intero bacino del Po, degli interventi sulle opere idrauliche di prima, seconda e terza categoria, di cui al T.U. n. 523/1904, nonché nei compiti di polizia idraulica e servizio di piena sulle opere idrauliche, ai sensi del r.d. n. 2669/1937 e dell’art. 4 comma 10 ter della l. n. 677/1996, alla luce dell’art. 12 della l. n. 183/1989 sulla difesa del suolo, con la quale sono state istituite le Autorità di Bacino per i bacini idrografici di rilievo nazionale, organismi misti, costituiti da Stato e Regioni, operanti in conformità agli obiettivi della legge sui bacini idrografici, considerati come sistemi unitari. 324 In tal senso di era espresso il particolare il Soprintendente regionale pro tempore, in occasione della sopra citata riunione del 31 marzo 2003; a tal fine sarebbe però necessario ripristinare l’antico canale di alimentazione, ora distrutto, oppure adottare soluzioni tecniche alternative. 325 Con d.l. 30 luglio 1999, n. 300, di riforma dell'organizzazione di governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59; in seguito, il d.l. n. 173/2003 ha trasformato l’Agenzia in ente pubblico economico (EPE), soggetto giuridico autonomo che opera nell’ambito della Pubblica Amministrazione e che, per raggiungere i propri obiettivi, fa ricorso a modalità organizzative e strumenti operativi di tipo privatistico; le attività dell’Agenzia sono sottoposte alla vigilanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ne detta gli indirizzi mediante l'Atto di indirizzo triennale. 321 95 Massimo Carcione comunque a titolo oneroso, di beni sdemanializzati, in quanto ad essa assegnati ex art. 3 del d.m. Economia del 5 febbraio 2002; ciò si poteva verificare a beneficio dei privati ma, normalmente, nel caso di beni vincolati per il loro valore storico-artistico, è avvenuto soprattutto a favore degli enti pubblici, fondazioni e onlus, cui è stato comunque richiesto di corrispondere un canone, benché significativamente ridotto in ragione della pubblica finalità. Dunque un evidente “vizio” di fondo della vicenda stava proprio nella circostanza che la Cittadella non avrebbe mai dovuto essere presa definitivamente in carico dell’Agenzia del Demanio, dovendo piuttosto entrare immediatamente a far parte del Demanio culturale326, inalienabile ex lege ai sensi dell’art. 53 e ss. del Codice (così come è già, oggi il Forte di Gavi), in modo da essere affidata alla diretta gestione e responsabilità del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Anche in questo caso si può constatare che ciò non è avvenuto, ancora una volta in considerazione della colpevole inerzia delle amministrazioni locali; infatti, come si rileva dalla lettura della nota in data 29 gennaio 2002 (prot. 37133) a firma del Direttore Centrale del Demanio, anche l’Agenzia stava giustamente aspettando che a livello locale venisse avviata, come tutti auspicavano, “la predisposizione dell’accordo di programma suggerito dal predetto Dicastero per i Beni e le Attività culturali, al fine di individuare le modalità di rifunzionalizzazione e di pubblica fruizione del cespite, da realizzarsi attraverso una gestione congiunta da parte di un gruppo interistituzionale”. Se dunque non si era posto in alcun modo il problema di una pregiudiziale opposizione dell’amministrazione finanziaria a tale soluzione, è evidente che il mancato passaggio dalla Difesa ai Beni culturali della Cittadella è stato esclusivamente determinato dal fatto che sinora a livello locale non si è potuto (o forse voluto) assumere l’impegno formale a prendere in carico la gestione degli interventi di valorizzazione, da condursi sotto l’egida del Ministero per i Beni culturali327. L’inerzia e il silenzio da parte degli enti locali328, che anzi hanno in qualche occasione dimostrato un certo interesse per l’ipotesi di acquisto oneroso329, ha di fatto avvalorato l’inserimento della Cittadella tra i beni da “valorizzare” in senso finanziario e non culturale, lasciando in questo modo all’Agenzia del Demanio la piena e insindacabile disponibilità del sito, a tutto detrimento degli interessi della comunità locale e, Si ribadisce che l’art. 54 comma 1 fa esplicito riferimento e rinvio all’art 10 comma 3 lettera d), per il quale sono tutelate “le cose immobili (…), a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, (…), ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche”, caratteri indiscutibilmente propri della Cittadella e degli altri siti storico-militari alessandrini. 327 Proprio negli stessi mesi, ad esempio, si svolgeva l’analoga procedura relativa al Castello di Vigevano che, grazie a un accordo di programma sottoscritto il 29 luglio 1999 (da Stato, Comune di Vigevano e Regione Lombardia) è stato affidato alla gestione del Comune. Sono stati così predefiniti gli interventi di restauro e le modalità di finanziamento, attivando gli organismi tecnici di vigilanza e controllo; il 3 marzo 2003 il Consiglio Comunale ha approvato un documento contenente le ipotesi per il completo utilizzo degli spazi del castello, che include tra l’altro una grande struttura museale, la biblioteca e un centro congressi, con ristorante e caffetteria. 328 Si ricorda solo, a testimonianza della corretta impostazione proposta dagli uffici amministrativi provinciali, la già citata clausola inserita nelle premesse alla deliberazione di approvazione del metaprogetto e di avvio della progettazione (d.g.p. n. 611/2002), cui le successive amministrazioni non hanno però dato alcun seguito. 329 L’unica spiegazione di questo paradosso si può rinvenire nel fatto che in tal modo si sarebbe ottenuta l’evidente vantaggio della piena e diretta disponibilità, fatti salvi i vincoli apposti ai sensi del Codice. 326 96 Study case incidentalmente, della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico. Se infatti risultava alquanto problematico imputare all’Esercito (che in effetti ha ben altre incombenze) il degrado di gran parte degli edifici e bastioni della fortezza, oggi l’ulteriore e forse ormai inarrestabile deterioramento dei tetti di molti palazzi e delle strutture portati (in special modo della Palazzina di Cavalleria) potrebbero essere valutati dalla Corte dei Conti alla stregua di un significativo e colpevole danno patrimoniale, che si somma al pregiudizio per il valore culturale di un sito monumentale di tale rilevanza nazionale e internazionale, dovuto essenzialmente a incuria e negligenza da parte della stessa P.A. Questo esito negativo è solo parzialmente compensato dal rilevante finanziamento, spontaneamente ed inopinatamente messo a disposizione nel 2002 dal Ministero dell’Economia, per l’avvio della progettazione; peraltro, l’avere attribuito d’ufficio alla Provincia tale responsabilità, senza fornire alcuna utile indicazione330 in merito alle destinazioni possibili e alla loro reale compatibilità con gli intendimenti futuri della “proprietà”, non è certo stato di giovamento ed anzi è una delle più plausibili ragioni del sostanziale insuccesso di questo, per altri versi apprezzabile, tentativo. 6. Ministero per i Beni culturali, Arcus e uffici periferici. Sin dalla prima fase del metaprogetto, come si è visto, la Soprintendenza BAP aveva assicurato la propria essenziale attività di tutela, in particolare tramite la funzionaria di zona; i Soprintendenti erano personalmente “scesi in campo” al momento del convegno del febbraio 1999, assumendo per quanto di loro stretta competenza, come si è visto, alcuni minimi impegni; in particolare, era stata proprio la nota del 28 aprile 1999 (prot. 6257) della Soprintendenza BAP indirizzata al Ministero per i Beni culturali, ad auspicare “una fruizione pubblica del compendio, perseguibile attraverso una gestione congiunta da parte di un gruppo interistituzionale”, cui avrebbe dovuto afferire anche la Soprintendenza stessa. Per poter dire che il livello di attenzione e coinvolgimento propositivo del Ministero fosse effettivamente salito al livello richiesto dalla rilevanza del sito, si è però dovuto attendere il 23 novembre 1999, allorché una lettera del Direttore Generale del Ministero 331 aveva manifestato nel modo più solenne l’assenso all’ipotesi di “stipulare un accordo di programma con gli Enti locali per la rifunzionalizzazione e la valorizzazione del complesso medesimo”. Seguiva la formale ed esplicita richiesta al Ministero della Difesa di “provvedere alla riconsegna del citato compendio all’Amministrazione finanziaria, onde consentire la stipula del predetto accordo tra gli enti interessati”. Malgrado la non felicissima formulazione, era evidente che il testo faceva riferimento alla procedura all’epoca vigente, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 368/1998 332, oggi recepita nel Codice dei Beni culturali, in base alla quale il bene o sito avrebbe dovuto essere assegnato alla responsabilità del Ministero per i Beni culturali, proprio in virtù dei vincoli storico-artistici preesistenti e citati dalla lettera del Direttore, per poi essere affidato in gestione a un soggetto costituito ad hoc con la partecipazione delle istituzioni regionali e locali, e se possibile anche dei privati 333, sull’esempio di quanto avvenuto per il Museo 330 Gli uffici provinciali e regionali dell’Agenzia hanno in effetto partecipato, con gli altri enti, alle attività preliminari alla redazione dello Studio di fattibilità e alla procedura del concorso internazionale di idee, ma in assenza di chiare indicazioni da parte della loro struttura di vertice a livello nazionale, si sono dovuti limitare (come già in occasione del metaprogetto) a un mero ruolo di supporto tecnico. 331 Nota prot. 16941/III.IV-F3. 332 Si veda in proposito A. CROSETTI, D. VAIANO, op.cit., p. 123. 333 In virtù dell’art. 10 (Accordi e forme associative), il Ministero “ai fini del più efficace 97 Massimo Carcione Egizio di Torino. Per trovare altri documenti significativi dell’impegno profuso in tal senso334 da parte dell’amministrazione di tutela, si devono però attendere oltre tre anni, momento in cui la Soprintendenza Regionale del Piemonte (nel frattempo istituita) assumeva la già ricordata iniziativa, convocando a Palazzo Chiablese una riunione formale di tutte le amministrazioni interessate335; quasi in simultanea, dopo una lunga e complessa vicenda, l’Archivio di Stato di Alessandria, come si è già ricordato336, chiedeva alla Direzione Generale per gli Archivi del Ministero di progettare il trasferimento in Cittadella della propria sede. Non può passare sotto silenzio, tuttavia, il fatto che nessuna delle tre proposte formalmente avanzate dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e dai suoi uffici periferici è stata minimamente presa in considerazione dagli enti locali e dalla Regione, neppure per formulare una risposta negativa, malgrado si trattasse di ipotesi di lavoro corredate dalla possibilità piuttosto concreta di stanziamenti statali337 per fare fronte agli interventi di progettazione e restauro, ovviamente solo della parte utilizzabile dall’Archivio di Stato; probabilmente si attendeva da parte dello Stato un intervento ben più significativo e impegnativo sul piano finanziario, che non si limitasse solo agli aspetti di verifica delle norme di corretta conservazione e restauro e alla destinazione per usi culturali (peraltro già prevista dal metaprogetto) di uno o due edifici della Cittadella. Può essere interessante sottolineare, a questo proposito, che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali aveva costituito proprio nel febbraio 2004, ai sensi dell’art. 2 della l. 16 ottobre 2003, n. 291338, la Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo - Arcus S.p.A., il cui capitale sociale è stato interamente sottoscritto dal Ministero dell’Economia, mentre l’operatività aziendale deriva da programmi di indirizzo adottati annualmente con esercizio delle sue funzioni e, in particolare, per la valorizzazione dei beni culturali e ambientali” poteva non solo stipulare accordi con amministrazioni pubbliche e con soggetti privati, ma anche “costituire o partecipare ad associazioni, fondazioni o società”, al cui patrimonio avrebbe potuto partecipare “anche con il conferimento in uso di beni culturali che ha in consegna” (comma 2). Cfr. G. VOLPE, op.cit., pp. 383 e 389, che vede in questo “un deciso ritocco alle dinamiche dell’azione amministrativa, da concertarsi secondo il modello della sussidiarietà verticale, con una crescente e benaugurale apertura ad influenza e sostegno della società civile”. 334 Agli atti risulta solo una richiesta di informazioni della Direzione Generale BAP, che era stata indirizzata alla neocostituita Agenzia del Demanio, trasmessa in data 4 dicembre 2001 (prot. 23608); quella fase si caratterizzava per la stretta e positiva collaborazione tra le stesse Soprintendenze e la segreteria tecnica del Comitato, che a sua volta perorava – senza riscontro da parte dei propri referenti istituzionali - la necessità e opportunità della sollecita convocazione di una conferenza dei servizi. 335 Lettera del 7 marzo 2003, prot. 1043/03, ad oggetto “Proposta di accordo di programma”. 336 I dubbi legittimamente avanzati dal Direttore dell’Archivio riguardavano i perduranti rischi di esondazione o comunque di umidità presente nel complesso a seguito dell’alluvione del 1994, oltre alla possibilità alternativa di trasferire l’Archivio di Stato alla ex-Caserma Valfré, poi risultata indisponibile a seguito della lettera del Ministero della Difesa Prot. 16401 del 1 aprile 2003. 337 In quello stesso periodo il Ministero ha stanziato e poi speso ingenti risorse per analoghi interventi relativi alle nuove sedi degli Archivi di Stato di Torino, Vercelli e Asti. 338 Intervenendo a modificare l'articolo 10 della legge 8 ottobre 1997, n. 352, l’art. 2, comma 1, dispone che ”Il Ministro per i beni e le attività culturali è autorizzato a costituire, con atto unilaterale, una società per azioni, denominata “Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo ARCUS Spa”, (..) con sede in Roma, avente ad oggetto la promozione e il sostegno finanziario, tecnicoeconomico e organizzativo di progetti e altre iniziative di investimento per la realizzazione di interventi di restauro e recupero dei beni culturali e di altri interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo, nel rispetto delle funzioni costituzionali delle regioni e degli enti locali”. Il comma 10 specifica che “La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione finanziaria della Società, ai sensi dell'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259”. 98 Study case decreto del Ministro per i Beni le Attività Culturali (che esercita in tal modo i diritti dell’azionista) di concerto con il Ministro delle Infrastrutture. Lo Stato ha attribuito ad Arcus il compito339 di “sostenere in modo innovativo progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali, anche nelle sue possibili interrelazioni con le infrastrutture strategiche del Paese”; a tal fine la Società ha la facoltà di sviluppare iniziative autonome, sostenendo progetti, individuando le iniziative considerate più importanti al fine di aiutarle a completare il loro iter progettuale, intervenendo negli aspetti organizzativi e tecnici, ma soprattutto a partecipare ove opportuno o necessario - al finanziamento del progetto, monitorandone l’evoluzione e contribuendo in tal modo ad una conclusione positiva dell’iniziativa stessa. La società si è quindi proposta, sin dalla sua istituzione, come uno strumento originale per il sostegno e il lancio di iniziative e progetti innovativi nel panorama della cultura italiana; l’eventuale supporto economico340 sarebbe dunque del tutto strumentale nell’ambito di un progetto culturale, che dovrebbe essere concettualmente valido e operativamente condiviso. Tra le iniziative rilevanti ai fini del caso in esame, potrebbero essere oggetto di assistenza le iniziative finalizzate a: - promuovere la nascita e la costituzione dei c.d. “bacini culturali”, che sono definiti come “aree geografiche sulle quali insistono beni culturali emblematici, in una visione integrata e sistemica, capace di collegare ai beni culturali locali le infrastrutture, il turismo, le attività dell’indotto, i trasporti”; - tutelare il paesaggio e i beni culturali attraverso azioni e interventi volti anche a mitigare l’impatto delle infrastrutture, esistenti o in via di realizzazione; - predisporre progetti per il restauro, il recupero e la migliore fruizione dei beni culturali; - individuare e sostenere progetti di valorizzazione e protezione dei beni culturali, attraverso interventi a forte contenuto tecnologico; - sostenere la programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi nel settore dei beni culturali; - sostenere progetti inerenti il turismo culturale nell’accezione più ampia del termine; - intervenire nell’ampio settore delle iniziative, tese a rendere pienamente fruibili i beni culturali da parte dei diversamente abili. Per la realizzazione delle proprie attività, Arcus si avvale delle risorse previste dalla Legge Finanziaria per il 2003341, per interventi a favore dei beni e delle attività culturali342. La Società può ricevere finanziamenti dall’Unione Europea, dallo Stato e da altri soggetti pubblici e privati; nell’ottica di aggregare attorno ai progetti i possibili stakeholders potenzialmente interessati ed al fine di “coagulare attorno alle iniziative risorse crescenti e finanziamenti coordinati”, possono essere coinvolte, inoltre, fondazioni di origine bancaria 339 G. VOLPE, op.cit., pp. 393-394, definisce tale finalità “una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato, rilanciata dal principio di sussidiarietà orizzontale”. 340 Nell’ambito della mission di Arcus viene particolarmente evidenziato il fatto che essa “interviene a sostegno organizzativo e finanziario su progetti di rilievo, mentre in nessun modo è assimilabile un’agenzia di erogazione di fondi, né può essere annoverata fra i distributori a pioggia di fondi pubblici o privati”, proponendosi come “collante che consente di rendere operativa la capacità sistemica di promozione e sostegno progettuale per la realizzazione di iniziative mirate a migliorare il quadro dei beni e delle attività culturali”: www.arcusonline.org. 341 Articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per cui annualmente il 3% degli stanziamenti previsti per le infrastrutture è destinato ad Arcus S.p.A. 342 La selezione e gestione dei progetti è gestita secondo le prescrizioni normative di cui al regolamento approvato con d.m. 24 settembre 2008, n.182. 99 Massimo Carcione e non, enti locali, esponenti della società civile, università e soggetti privati343. Poiché sino ad oggi non risulta essere stato attivato alcun intervento sulla Cittadella, e neppure una qualche forma di interessamento o indagine preliminare intesa a tal fine, resta da verificare se ciò sia dovuto al mancato o inadeguato funzionamento dello strumento privatistico in questione, oppure se il Ministero non reputa la Cittadella di Alessandria sufficientemente emblematica, e ciò proprio nel momento in cui la propone ai fini della eventuale candidatura alla Lista del Patrimonio mondiale344. 7. Quadro sintetico delle competenze istituzionali Concludendo, ben poco è stato fatto e quasi tutto resta da fare da parte di Stato e Regione per l’effettivo dispiegamento di adeguate misure di tutela e valorizzazione, a garanzia del già ricordato diritto di ciascuno alla protezione del patrimonio culturale dal rischio assai concreto di abbandono e degrado da parte della stessa mano pubblica: il che vale a ulteriore riprova che la “presunzione di tutela” operante in virtù del Codice con riferimento ai beni demaniali, appare piuttosto inattendibile e discutibile. Nel loro insieme, i diversi enti e uffici facenti direttamente o indirettamente capo al Governo, come tali vincolati in primo luogo al principio di legalità (che implica il rispetto di tutte le leggi, ivi comprese quelle di ratifica dei trattati UNESCO in materia di garanzia dei diritti culturali e di protezione patrimonio culturale), devono perseguire esclusivamente l’interesse nazionale, nello spirito del nuovo art. 118 comma 1 Cost.; in questo senso i criteri posti alla base del loro intervento dovrebbero quindi essere costituiti dai principi di differenziazione e adeguatezza, dando per scontato che la competenza ad agire sia stata (o resti al momento) demandata agli organi dello Stato nell’intento di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni, “sulla base del principio di sussidiarietà”, il che non risulta sempre individuabile in modo del tutto chiaro e pacifico. Se e quanto tale modus operandi persegua effettivamente l’interesse nazionale alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, o piuttosto sia il risultato di meri calcoli finanziari e di opportunità, dettati da ragioni di convenienza tecnico-contabile in capo a ciascuna amministrazione pubblica, che si ritiene di conseguenza legittimata345 ad agire uti dominus nei confronti di beni che invece appartengono alla Nazione (se non all’Umanità), lo si lascia alla prudente valutazione di chi legge. È superfluo sottolineare, infine, che il perdurare anche negli anni recenti di tale atteggiamento da parte delle amministrazioni statali si pone ancor più in contraddizione con lo spirito dell’art. 2 della l. n. 77/2006, il quale nell’attribuire priorità di intervento ai progetti di tutela e restauro dei siti UNESCO (e dunque, almeno in prospettiva, anche di quelli candidati a tale riconoscimento), ancora una volta da regolarsi sulla base di uno specifico accordo di programma, non può non costituire almeno un’indicazione di attenzione proprio in vista della Auspicabile candidatura e iscrizione nella Lista del Cfr. C. BARBATI, Arcus SpA: il modello societario, in Aedon, (2) 2005. Analoghe considerazioni possono essere fatte, evidentemente, quanto alla destinazione di fondi statali resi disponibili dall’8 per mille, dal gioco del Lotto o in occasione della stessa già citata ricorrenza del 150° dell’Unità d’Italia. 345 La considerazione vale in primo luogo per l’Esercito e poi per l’Agenzia del Demanio, ma non è poi molto diverso l’atteggiamento del Ministero per i Beni culturali, laddove si trovi a disporre direttamente di un sito monumentale per la cui gestione chiede il sostegno finanziario delle amministrazioni locali e delle associazioni di volontariato, come nel caso del già citato Forte di Gavi, salvo poi negarne o limitarne fortemente la fruizione. 343 344 100 Study case patrimonio mondiale circa di un sito ormai formalmente inserito in tentative list. Proprio l’analisi di questo caso di studio risulta quindi illuminante, per chiarire quanto possa risultare utile, al fine di risolvere gran parte di queste dispute e controversie, partire laicamente dal caso concreto, in modo da fare piazza pulita una volta per tutte di certe distinzioni puramente nominalistiche, ma più ancora della pretesa di dimostrare la sostanziale coincidenza tra le diverse competenze e funzioni, che la dottrina (qui è davvero il caso di dire “a tavolino”) sosteneva e sostiene essere indissolubilmente connesse, dal momento che: - l’Esercito (ente dello Stato) che fino al 2007 ha curato la gestione della Cittadella, qualche volta ne ha assicurato una pur minima fruizione, ma da anni ormai non si occupava minimamente di garantirne la conservazione (tutela) e non ha fatto quasi nulla per favorirne la valorizzazione in senso proprio; - il Demanio (ente dello Stato), che è subentrato nella gestione dopo il 2007, ha concesso qualche volta il bene a soggetti terzi a scopo di fruizione, ma soprattutto di introito dei relativi canoni di concessione, senza curarsi minimamente della conservazione; anzi, ha mostrato di curare la valorizzazione esclusivamente per suo il profilo economico-finanziario, e non certo nello spirito dell’art. 6 del Codice; - l’AIPO (ente dello Stato) ha ottenuto una temporanea e parziale gestione in concessione, avviando interventi di restauro conservativo soggetto alla funzione di tutela, che però non avevano alcuna finalità di valorizzazione, non essendo intese alla fruizione; - la Soprintendenza BAP evidentemente non è l’unica articolazione dello Stato incaricata di amministrate i beni culturali di proprietà nazionale; essa non ha mai svolto alcuna attività di gestione diretta con riferimento ai due complessi monumentali, ma ha assicurato le proprie essenziali funzioni di tutela, esercitando le relative prerogative ai soli fini dell’approvazione dei progetti e del controllo del relativo corretto adempimento; questo è avvenuto in particolare a partire dal 1997, soprattutto grazie all’avvio delle attività di valorizzazione da parte della Provincia; - la Provincia e il Comitato (e, solo per il tramite di quest’ultimo, la Regione e i privati), invece non hanno mai esercitato in modo diretto la gestione, salvo sporadiche iniziative; essi hanno però operato sin dal 1997 per avviare e realizzare interventi di valorizzazione nel senso proprio e pieno del termine, in forma di studi e progetti (finalizzati alla migliore conservazione), ed anche mostre, manifestazioni, spettacoli (fruizione); per questi interventi lo Stato si è limitato a un mero ruolo di finanziatore, tramite il CIPE; - analogamente si sono svolti gli interventi di valorizzazione, svolti ancora dalla Provincia, nel sito storico di Marengo (finalizzati alla fruizione), i quali hanno richiesto una preventiva attività di recupero e conservazione, a sua volta assoggettata alla competenza statale di tutela; - il Comune, infine, ha chiesto e ottenuto solo in tempi relativamente recenti la gestione (in custodia o concessione), ma dal 2007 al 2011 non ha promosso né curato alcun serio intervento di conservazione – salvo qualche attività di “pulizia” di dubbia correttezza tecnica e formale – limitandosi per il resto a iniziative di pura fruizione che non sempre sono state considerate del tutto appropriate, dal momento che hanno dimostrato di possedere solo in parte caratteri di autentica e duratura valorizzazione. Per completare il quadro, occorre ricordare che nello stesso periodo e nello stesso contesto territoriale, con riferimento ad altri grandi beni culturali di proprietà dello Stato, gli uffici periferici piemontesi del Ministero per i Beni culturali hanno invece curato la 101 Massimo Carcione progettazione e direzione dei lavori di recupero e restauro: basti pensare al complesso monumentale di Santa Croce di Bosco Marengo, proprietà di Demanio e FEC, in concessione al Comune; al sito archeologico di Libarna, nel quale gli stessi uffici assicurano una minima fruizione, tramite una cooperativa e d’intesa con il Comune. Solo per il Forte di Gavi, dunque, essi esercitano sia la gestione che la conservazione e valorizzazione, finalizzati alla fruizione; le attività di tutela si sono concretizzate in una serie di interventi di restauro conservativo, che hanno potuto beneficiare di fondi statali, ma quanto alla fruizione si è potuta solo assicurare l’apertura al pubblico, con un orario limitato e non poche difficoltà di accesso346. Per consentire, invece, l’avvio di serie e durevoli politiche di valorizzazione, è stato necessario che la Provincia e la Regione sostenessero il Comune nell’organizzazione delle prime iniziative347, cui la Soprintendenza BAP per un certo periodo ha opposto non poche resistenze e difficoltà di natura tecnica e burocratica, per poi accettare e condividere tale sforzo ottenendo “in cambio” non pochi interventi di promozione e miglioramento delle misure di sicurezza, che quasi certamente non avrebbe potuto realizzare con risorse proprie348. e. Il contributo della giurisprudenza amministrativa Nel corso del decennio che ha visto il dispiegarsi dei numerosi procedimenti analiticamente esposti poc’anzi si sono registrati solamente due ricorsi amministrativi, che peraltro hanno riguardato solo in modo marginale (salvo che per uno specifico aspetto) la valorizzazione del sito storico-militare in oggetto, senza incidere in alcun modo sui diversi profili di illegittimità che sono stati sin qui adombrati. Questo vale in una certa misura a testimoniare le perduranti reticenze soggettive, cui si aggiungono oggettive difficoltà (anche di ordine economico) ad adire le sedi giurisdizionali, al fine di tutelare adeguatamente – quanto meno in via indiretta – i diritti e gli interessi culturali teoricamente garantiti da tutte le norme sin qui citate, che si trattasse di disposizioni in materia di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione, di tutela del patrimonio culturale, come pure di corretta gestione delle funzioni in materia di conservazione e restauro di beni storico-artistici. In questo caso l’attività è coordinata da un funzionario responsabile avente sede presso gli uffici amministrativi di Novara (che quindi si reca a Gavi occasionalmente) e può quindi contare in loco su un solo custode, dipendente statale, che vive relegato tra le mura del forte stesso. La strada di accesso e il parcheggio non consentono l’arrivo di autobus turistici di grandi dimensioni, ed anche il numero di auto che possono parcheggiare in simultanea è limitato; quanto all’orario di visita, che in precedenza era alquanto limitato, negli anni recenti solo grazie alla nascita dell’Associazione “Amici del Forte di Gavi” è stato possibile estenderlo all’intera settimana, ma nel periodo invernale è previsto solo fino alle 15.30 (inclusi sabato e domenica). 347 In particolare si tratta dell’organizzazione di convegni, mostre e visite guidate, con l’inserimento in circuiti turistici, oltre alla costituzione dell’associazione “Amici del Forte”. 348 Si fa riferimento in particolare alla mostra d’arte contemporanea Polemos, allestita nel 2006 per iniziativa di Provincia e Fondazione CR Alessandria nei locali del Forte, che ha richiesto diversi interventi (poi rimasti a beneficio del sito) come ad esempio l’installazione di un sistema di videosorveglianza, senza contare le altre positive ricadute organizzative e promozionali. 346 102 Study case 1. Le sentenze sul concorso di idee Oggetto della prima vertenza, conclusasi con una Sentenza del Consiglio di Stato 349, è stata la delibera con cui la Giunta provinciale di Alessandria, ha concluso l’iter del concorso internazionale di idee per il recupero e la valorizzazione della “Cittadella militare”, che era stato indetto350 al fine di individuare la migliore proposta ideativa, con assegnazione di tre premi in denaro ai migliori progetti, oltre al rimborso delle spese per gli altri concorrenti utilmente collocati in graduatoria; con tale deliberazione (n. 333 del 17 maggio 2006) si prendeva atto delle valutazioni della commissione di gara che con riferimento alle 19 proposte progettuali pervenute, aveva deciso di non formulare la graduatoria prevista dal bando e di non assegnare i premi del concorso a causa della ritenuta “generalizzata inadeguatezza” delle proposte ideative presentate, rispetto agli obbiettivi del concorso. La procedura, dopo la verifica della regolarità formale dei plichi e del possesso dei requisiti di ammissione e prima della valutazione dei singoli progetti sulla base dei criteri dell'art. 15 del bando, aveva comportato infatti la valutazione di ciascun idea progettuale al fine di verificarne la conformità agli obbiettivi che avevano giustificato l'organizzazione del concorso. Sulla base delle “Linee guida” allegate al bando, si trattava di valutare l’attinenza delle soluzioni prospettate con riferimento alla localizzazione del complesso, alla sua integrazione nella realtà territoriale con finalità propulsive dell'economia, alle destinazioni d'uso degli immobili, alla conservazione dell'aspetto unitario del complesso, anche con finalità espositive; il tutto alla luce della compatibilità con il sistema di viabilità e parcheggi, di salvaguardia degli strumenti urbanistici ed infine (verrebbe però da dire last but not least, dal momento che in realtà si tratta del primo e più rigido vincolo, operante ex lege) di tutela delle strutture di interesse storico-artistico. Tali valutazioni presupponevano dunque una verifica globale dei singoli elaborati, considerati nella loro unitarietà, al fine di verificare l’adeguatezza delle proposte rispetto agli obbiettivi del concorso: si trattava dunque di valutazioni “ampiamente discrezionali e preliminari rispetto ai criteri di valutazione dei singoli progetti”. Secondo il Consiglio di Stato non sono state ritenute condivisibili le censure secondo cui “la commissione avrebbe dovuto, in base al disciplinare, valutare le proposte ideative ammesse alla selezione ed attribuire alle stesse un punteggio, con conseguente attribuzione dei premi”, dal momento che “sarebbe rimasta frustrata la stessa finalità del concorso, atteso che sarebbero stati, comunque, premiati, anche sulla base di punteggi minimi, progetti di nessuna utilità, perché posti di fuori degli indirizzi di intervento indicati, dalle ‘Linee guida’, come limiti concorsuali generali”. Un ulteriore motivo di gravame risiedeva nell’asserita incompetenza e violazione dell'art. 107 del T.U. n. 267/00 e degli artt. 49 e 53 dello Statuto della Provincia, in quanto la delibera conclusiva del procedimento avrebbe dovuto essere assunta dal dirigente competente e non dalla Giunta provinciale; il ricorso è stato anche sotto questo profilo respinto, in via preliminare, trattandosi di atto meramente esecutivo di quanto già deliberato dalla commissione di gara351. 349 Sentenza della quinta sezione n. 6843/09, sul ricorso in appello n. 2008/2007 dell’8 marzo 2007, presentato dai progettisti concorrenti ai fini della riforma della Sentenza TAR Piemonte I, n. 21/07. 350 Indetto con d.g.p. n. 501/2005; il bando di concorso prevedeva che la giuria avrebbe dovuto tener conto di quattro criteri di valutazione, consistenti nella “idea progettuale”, nella “qualità architettonica complessiva”, nella “qualità metodologica” e nel “piano economico finanziario”. 351 Ulteriore motivo di gravame in appello riguardava, in subordine, l’asserita illegittimità del 103 Massimo Carcione Già secondo il TAR Piemonte, nella sentenza di prima istanza352, “il giudizio di sostanziale inadeguatezza di tutte le proposte rappresenta una valutazione di merito, frutto della discrezionalità tecnica della giuria all’uopo nominata, e non può essere sindacata dal giudice se non per palese illogicità che nella specie non è dato riscontrare. La giuria di valutazione ha considerato che nessuna proposta fosse congruente con gli obiettivi e le attese che hanno giustificato l’organizzazione del concorso”, il che ha reso irrilevante l’applicazione dei criteri di valutazione, atteso che tutte le proposte sono state ritenute inammissibili. Anche nella sentenza di primo grado, Infine, è stata giudicata infondata l’eccezione di competenza della Giunta, dal momento che la decisione è stata definita una “mera presa d’atto del risultato al quale è pervenuto l’organico tecnico”, cioè la giuria di valutazione. L'appello è stato, pertanto, respinto sia dal TAR che da CdS, dovendo considerarsi infondati tutti i motivi di gravame proposti, con l’ovvia conseguente reiezione della domanda risarcitoria. Se sul primo e principale punto la decisione dei giuridici amministrativi è del tutto condivisibile (senza ovviamente entrare ulteriormente nel merito delle valutazioni della Commissione, della cui forse eccessiva discrezionalità tecnica si è già detto supra) si rileva che la presa d’atto dei risultati di gara, ai sensi dell’art. 107 comma 2 del TUEL, tanto più in quanto definito atto tecnico e non discrezionale, è tipico atto dirigenziale per il quale non serve certo una decisione della Giunta, organo di indirizzo politico353. 2. La sentenza sulla demolizione del “Ponte Cittadella” La terza sentenza, ancora una volta del TAR Piemonte354, è stata invece sollecitata dal ricorso (n. 905/2009) presentato dall’associazione Nazionale “Italia Nostra”, dalle associazioni locali “La Cittadella di Alessandria 1728” e “E.R.I.C.A. i due fiumi Onlus”, oltre che da due privati cittadini355, che mirava all'annullamento della Deliberazione della Giunta Comunale di Alessandria356 con la quale era stata decisa la demolizione del Ponte Cittadella sul fiume Tanaro in Alessandria città, l’approvazione del verbale di dichiarazione di somma urgenza del progetto esecutivo di demolizione, il finanziamento di spesa e le modalità di affidamento dei lavori. disciplinare per violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara; anche in questo caso l’eccezione è stata respinta dal CdS. 352 Sentenza della prima sezione n. 21/2007 (n. 1005/2006 Reg.Gen.) in data 17 gennaio 2007 353 Il TUEL attribuisce espressamente (c.2 lettera b)al dirigente “la responsabilità delle procedure d’appalto e di concorso”; a conferma di ciò, si veda l’obiezione presentata dell’Avvocatura provinciale nella Memoria in vista dell’udienza del 29 settembre 2006, secondo cui l’eccezione era da ritenersi infondata, essendo la competenza della Giunta prevista all’art. 79 del Regolamento per la disciplina dei Contratti dell’ente, espressamente richiamato nella delibera impugnata, da cui deriva che “le doglianze di controparte avrebbero dovuto quindi essere dirette contro detto Regolamento, che però non è stato oggetto di impugnazione”. Cfr. E. CASETTA, op.cit., pp. 544-546. 354 Sentenza n. 3272/2009, in data 5 novembre 2009 355 Si trattava dei signori Enzio Notti e Franco Borsalino, in realtà membri attivi e dirigenti locali rispettivamente di Italia Nostra e de La Cittadella di Alessandria 1728. 356 D.g.c. n. 212/2101N.487 in data 10.7.2009, intitolata “Ponte Cittadella sul Fiume Tanaro. Approvazione demolizione del Ponte. Approvazione verbale di somma urgenza ai sensi dell’art. 147 d.p.r. n. 534/1999. Approvazione progetto esecutivo di demolizione finanziamento spesa. Approvazione modalità di affidamento dei lavori”. La deliberazione era motivata con l’esigenza di rimuovere una condizione di pregiudizio per la pubblica incolumità, atteso che le caratteristiche strutturali del ponte non avrebbero assicurato il deflusso della piena idrica. 104 Study case Nel febbraio del 2001, il Comune (proprietario del manufatto dal 1997), considerata l’esistenza del vincolo, aveva inoltrato istanza di autorizzazione all’abbattimento del ponte della Cittadella; il Comitato di settore per i beni ambientali e architettonici, però, confermando l’interesse storico-monumentale della struttura, si era espresso negativamente, prescrivendo la ricerca di soluzione alternative che contemplassero il mantenimento in funzione del ponte. Infatti sul ponte “cosiddetto della Cittadella”, edificato alla fine del XIX secolo (i lavori terminarono nel 1891), la Soprintendenza BAP aveva apposto, con atto del 7 gennaio 1997, il vincolo storico-artistico previsto dall’art. 4 della l. n. 1089/1939, motivando tale scelta con riferimento al ruolo preminente che il ponte aveva avuto nella storia della Città. In un successivo incontro, svoltosi il 7 maggio 2009, cui avevano partecipato tra gli altri i rappresentanti della Prefettura di Alessandria, del Dipartimento per la protezione civile, dell’Autorità di bacino del fiume Po, la Soprintendenza BAP del Piemonte aveva tuttavia condiviso e sottoscritto357, nonostante la presenza del vincolo, la conclusione evidenziante “alla luce dei recenti eventi alluvionali, la necessità della demolizione del ponte della Cittadella”. Tra i motivi di gravame risultava in particolare pertinente al nostro tema l’asserita violazione di legge (d.lgs. 22.1.2004, n. 42 – artt. 20, 21 e 22), in quanto la demolizione di un immobile sottoposto a vincolo richiedeva la previa autorizzazione ministeriale, non surrogabile dalla declaratoria di somma urgenza resa dal responsabile unico del procedimento358. Rimandando a un successivo approfondimento le interessanti considerazioni della prima sezione del TAR Piemonte in merito alla legittimazione ad agire delle diverse associazioni culturali, merito del ricorso ci si può limitare a ricordare che il ricorso introduttivo è stato dichiarato in parte inammissibile e in parte è stato respinto (e così pure i ricorsi per motivi aggiunti), nei sensi di cui in motivazione, tra i quali si riporta solo il principale punto 3.1, dal quale risulta che il verbale impugnato, con cui si dava corso alla demolizione “è stato sottoscritto, tra gli altri, dal Soprintendente per i beni architettonici e paesistici del Piemonte e ne documenta in modo chiaro, inequivoco e concludente359 la decisione di autorizzare la demolizione del ponte, pur in presenza del vincolo monumentale, alla sola condizione che fossero mantenute (come effettivamente avvenuto) una o due arcate che conservassero la memoria architettonica del manufatto. (…)” Quanto alla validità ed efficacia della decisione, richiamando il “principio di libertà delle forme”, il Tribunale amministrativo ha affermato che la sua “incontestabile irritualità” non è da ritenersi pregiudizievole, “essendo nella stessa individuabili con chiarezza Con successiva nota del 8 luglio 2009, il Direttore della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Piemonte, preso atto delle determinazioni assunte nella riunione del 7 maggio 2009, aveva rappresentato l’esigenza che fossero conservate le due arcate in corrispondenza delle testate, non ancora interessate dai lavori di demolizione. 358 Tra gli stessi motivi di gravame, al secondo punto, si contestava anche il fatto che “l’avviso verbale favorevole alla rimozione del ponte, asseritamente espresso dal Direttore generale per i beni architettonici e dal Direttore regionale del Ministero, non era idoneo a rimuovere il vincolo monumentale gravante sul bene”. 359 Al fine di fornire un’univoca interpretazione dei contenuti del verbale, alla luce del suo tenore letterale, il TAR così ricostruisce il passaggio cruciale: “Il Soprintendente prende atto (del)l’inderogabile necessità della demolizione del Ponte Cittadella e della soglia (…). Questo anche in ragione della pericolosità evidenziatasi durante il recente evento di piena del Tanaro e alla luce degli ulteriori studi disponibili”; viene richiamato a ulteriore conforto di quanto sopra l’ultimo periodo del verbale, nel quale “le amministrazioni convenute concordano di avviare immediatamente il percorso per la costruzione del nuovo ponte e fissano, a tempi brevi, un nuovo incontro per definirne le modalità”. 357 105 Massimo Carcione l’autorità emanante, l’oggetto e il contenuto dispositivo ed essendo presente la sottoscrizione dell’atto da parte del Soprintendente, ossia di un organo del dicastero preposto alla tutela del vincolo”360. Senza entrare nel merito dell’opportunità di fare appello alla libertà delle forme 361, si rileva tuttavia che per conseguire il risultato di superare il vincolo storico-artistico sarebbe stata necessaria (oltre che assai opportuna) la formale convocazione di una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 della l. n. 241/90362. Tanto più che, dopo un primo protocollo sottoscritto in data 31 luglio 2009 (al quale non ha partecipato la Direzione Regionale Beni culturali), tale procedura è stata adottata poche settimane dopo dal Comune di Alessandria, d’intesa con il Dipartimento della Protezione Civile e la Regione Piemonte, attivando la conferenza di servizi che ha portato alla firma dell’accordo di programma (avvenuta il 22 dicembre 2009), che è stato però specificamente finalizzato al finanziamento delle opere di realizzazione del nuovo ponte363. Esito parimenti negativo hanno avuto le ulteriori eccezioni proposte dai ricorrenti in merito al difetto di motivazione, al difetto di forma scritta, all’eccesso di potere per contraddittorietà e per travisamento dei fatti (quest’ultimo in particolare circa l’affermata urgenza di procedere alla demolizione). 361 In virtù del quale in ambito contrattuale “in difetto di norme specifiche che impongano l'adozione di una forma particolare a pena di nullità, le parti sarebbero libere di perfezionare l'atto senza che il medesimo rivesta una forma determinata”: cfr. M. GIORGIANNI, voce Forma degli atti, in Enc.dir., p.990; si veda anche l’art. 121 cod.p.civ., che recita: “Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo”. V. anche F. MACIOCE, Appunti sulla forma negli atti unilaterali. Sul principio della libertà delle forme, in Studi in onore di Giorgianni, Napoli, ESI, 1988, p. 461. 362 Cfr. CASETTA, op.cit., pp. 395-396 e 447 ss. (in particolare p. 453) che inquadra tale fattispecie come necessitante una conferenza “decisoria esterna”, che peraltro non sarebbe neppure sufficiente (comma 3 dell’art. 14 quater) ai fini del superamento dell’eventuale dissenso dell’autorità di tutela del patrimonio storico-artistico, per cui è richiesta addirittura una decisione del Consiglio dei Ministri. Si veda anche G. COMPORTI, Conferenze di servizi e ordinamento delle autonomie, in Dir. Amm., 1998, p. 203. 363 A tale accordo non ha dunque partecipato il Ministero per i Beni culturali; il testo si limitava a richiamare nelle premesse la legge 1 giugno 1939, n. 1089, recante “Tutela delle cose di interesse artistico o storico” (con particolare riferimento agli articoli 1 e 4) e la nota della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte prot. 8912/09 34.16.01/1.1 dell’8 luglio 2009, con la quale la stessa aveva “preso atto dello stato di pericolosità del Ponte dichiarato dalle Autorità competenti”. 360 106 Study case 4. CRITICITÀ RILEVATE Si è dunque verificato che tutta l’attività di progettazione e i conseguenti, pur minimi, interventi di conservazione e riutilizzo del sito storico sono stati sempre improntati al rispetto del principio di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico di cui all’art. 9 Cost., e con esso del diritto, spettante a ogni individuo come alla comunità locale e nazionale, alla protezione di tale patrimonio. Ciò non toglie che, nel caso in esame, quest’ultimo risultato non sia stato affatto conseguito ed anzi con esso siano risultati in parte pregiudicati altri diritti di natura culturale, ad esempio con riferimento al rispetto formale e sostanziale delle norme in materia di libertà della ricerca scientifica, di informazione e partecipazione della comunità locale alle decisioni, di effettiva fruizione dei siti monumentali, e così via. Proviamo allora ad analizzare nuovamente, in questa ottica, la nostra vicenda, evidenziando puntualmente alcune criticità, rispetto alle quali potranno in seguito essere individuati e definiti, nelle opportune sedi istituzionali ed amministrative (e poi auspicabilmente essere anche sperimentati) ulteriori processi di valorizzazione e gestione integrata, improntati alla leale collaborazione tra gli enti e al buon andamento dell’azione amministrativa, che risultano indispensabili ai fini dell’effettiva garanzia di tutti i diversi diritti culturali coinvolti. a. Indirizzi politici tardivi e non basati sulla ricerca scientifica 1. Gli atti di indirizzo e i loro fondamenti cognitivi Il primo elemento che scaturisce dall’analisi puntuale dalle vicende in esame, è costituito dallo scarso coinvolgimento, nei diversi procedimenti, delle istituzioni culturali e scientifiche operanti in città: è emblematico in tal senso che per i primi dieci anni di svolgimento dell’iter, l’intera Università del Piemonte Orientale364, con le sue Facoltà, i Dipartimenti, i Centri di eccellenza, i Dottorati di ricerca e i singoli studiosi (in specifico giuristi, economisti, storici365 e sociologi), non sia mai stata formalmente e direttamente coinvolta nelle diverse fasi di studio, elaborazione e definizione delle scelte programmatiche e progettuali, malgrado la disponibilità di competenze tecnico-scientifiche certamente elevate366. 364 Nonostante che l’Ateneo fosse stato indicato sin dagli anni ’80 come potenziale destinatario almeno di parte della struttura, in nessuno dei diversi “tavoli” tecnici e istituzionali ricordati è mai stato chiamato a partecipare il Rettore o un suo rappresentante tecnico. 365 Solo recentemente il Dipartimento POLIS (Laboratorio CAST) ha condotto in modo autonomo uno studio a carattere storico-territoriale, coordinato dal prof. Angelo Torre, che ha prodotto il convegno internazionale “Fortezze. Guerra, valorizzazione, società, archeologia, gestione: nuovi approcci di studio e gestione del bene culturale militare”, svoltosi in Università e in Cittadella dal 25 al 27 febbraio 2010. 366 È poco significativo a tal fine la circostanza che alcuni docenti universitari siano stati chiamati a far parte dei gruppi di lavoro costituiti da altre realtà locali (ad esempio da Energia e 107 Massimo Carcione Lo stesso è avvenuto per altre istituzioni caratterizzate dalla capacità di studiare, ricercare, analizzare e proporre soluzioni, sulla base della migliore conoscenza della storia e dell’identità locale, come l’Isral “C.Gilardenghi”367, la secolare Società di Storia, Arte e Archeologia (nota anche come “Accademia degli Immobili”), oppure l’Associazione “Cultura e Sviluppo” (ACSAL). Il mancato coinvolgimento sin dal primo momento, come supporto tecnicocognitivo degli organi istituzionali e decisionali368, delle istituzioni locali di ricerca può dunque essere individuato come plausibile concausa della non brillante dimostrazione di capacità programmatoria e di indirizzo politico delle diverse Amministrazioni pubbliche del territorio. Se infatti si procede a un’analisi obiettiva degli esiti, a loro volta alquanto infausti, della fase più squisitamente tecnico-progettuale della vicenda, risulta evidente che per portare a compimento in modo più efficiente ed efficace la fase progettuale, sarebbe stato opportuno (se non addirittura doveroso, ad una lettura rigorosa del TUEL) avvalersi in modo ben più diretto ed esplicito, se non altro per giustificare le risorse impiegate, delle molte indicazioni scaturite dalle varie ricerche sin qui richiamate369. Dal punto di vista amministrativo, gli atti a ciò finalizzati avrebbe assunto natura e forma di indirizzo politico adottato dai diversi organi degli Enti locali a tal fine deputati; essi avrebbero potuto condizionare positivamente i successivi procedimenti di programmazione e pianificazione a tutti i livelli, adottabili a loro volta previa discussione degli organi consiliari competenti. Non appare inutilmente ripetitivo, a questo proposito, ricordare che invece il Consiglio Provinciale, fatta salva la variazione di bilancio del 1997370, non risulta avere discusso e approvato alcun indirizzo politico in materia, fatta eccezione per qualche occasionale riferimento alla vicenda, inserito nelle Relazioni previsionali e programmatiche allegate ai vari Bilanci di previsione o al piano delle opere pubbliche371. Territorio SpA per Marengo), oppure che taluni esperti delle amministrazioni locali siano stati invitati a tenere in Università lezioni, seminari, oppure a seguire tesi di laurea relative alla vicenda in esame: in entrambi i casi si è trattato di collaborazioni a titolo individuale, senza andare al di là della mera condivisione di dati e informazioni. 367 L’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea, è stato istituito nel 1977 come consorzio di enti locali e poi riconosciuto in virtù della l.r. 2 luglio 2008, n. 20, che ha modificato la l.r. 22 gennaio 1976, n. 7 (Attività della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana). 368 Si noti che nemmeno al CeDRES, servizio della Provincia di Alessandria particolarmente qualificata e attrezzata in ambito socio-economico (avendo alle spalle quasi cinquant’anni di ricerca) sono mai state affidate specifiche ricerche o indagini in tal senso. 369 Sarebbe stato in questo modo possibile, ad esempio, adottare alcune scelte chiare e univoche in merito alla destinazione complessiva della Cittadella e alla riorganizzazione urbanistica dell'area su cui essa insiste, a monte e in via preliminare rispetto all’attività progettuale vera e propria. 370 D.c.p. n. 109/53468 del 20 ottobre 1997, ad oggetto “Bilancio di previsione 1997 – XVIII variazione di bilancio”, che si limitava a richiamare le linee guida della ricerca già espresse dalla precedente d.g.p. n. 2232/1996 e riportate nel testo. 371 Le delibere di approvazione delle diverse procedure di affidamento o appalto, relative a tutte le fasi progettuali, sono state sempre adottate dalla Giunta Provinciale o dai dirigenti competenti: cfr. in particolare Determinazioni dirigenziali n. 369/151356 del 23 dicembre 2003 e n. 52 del 31 marzo 2004 di affidamento e d.g.p. n. 408/75372 dell’8 giugno 2005 di approvazione dello studio di fattibilità; d.g.p. n. 551/103295 del 3 agosto 2005 (approvazione del bando del concorso di idee) e Determinazioni dirigenziali n. 24/96948 del 19 luglio 2005 e n. 25/134238 del 10 ottobre 2006 (appalto di progettazione del parco). 108 Study case In seguito, le riunioni del Comitato372 e l’attività progettuale dalla Provincia si sono concentrate quasi totalmente sugli aspetti politico-istituzionali e sulle problematiche tecniche e finanziarie, quasi che si intendesse demandare ai progettisti le scelte strategiche, lasciando agli amministratori locali solo l’incombenza di metterle in atto, trovando i fondi e le forme amministrative per realizzarle373. Si è dunque dovuto attendere374 il 19 maggio 2008 per poter disporre di un vero e proprio atto di indirizzo, adottato peraltro non dalla Provincia ma dell’ente primariamente competente in via di sussidiarietà, cioè il Comune di Alessandria: atto solennemente annunciato dal Sindaco nell’ultima riunione del Comitato (maggio 2005), ma approvato dal Consiglio Comunale375 solo tre anni dopo, in virtù di un lungo iter che ha incluso la consultazione di associazioni e enti esponenziali in Commissione consiliare Cultura. Dal documento in questione scaturivano alcune chiare linee guida operative, che si riportano testualmente: - assunzione del ruolo di leader di progetto da parte del Comune di Alessandria; - rilancio del Comitato per la Cittadella con revisione dello Statuto, che prenda atto del ruolo di leader da assegnare al Comune, in ragione del fatto che esso è l’unico partner identificato nei rapporti con l’Agenzia del Demanio; - programmazione ed organizzazione degli eventi locali di “Italia 150” a cura del Comitato, che diventa di fatto l’attività di start up del dibattito sulla Cittadella; - conseguente identificazione della Cittadella come “quartiere generale” degli eventi di “Italia 150”; - collocazione, fisica e statutaria, del Comitato per la Cittadella presso locali della stessa; - creazione di una banca dati e di un forum aperto, unito alla formula del town meeting; - immediato impiego della Cittadella per attività istituzionali ordinarie; - attuazione delle fasi di identificazione e di formulazione di ipotesi di progetto a cura del riformato Comitato per la Cittadella , che si avvale di un supporto tecnico di un gruppo di lavoro, e successiva loro trasmissione al Comitato di Piano Strategico della Città di Alessandria, per la verifica di finanziamento e fattibilità finanziaria e per la valutazione sulla coerenza strategica. Le indicazioni più precise ai fini della ridefinizione delle relazioni istituzionali e organizzative tra gli enti sono però rimaste al momento lettera morta, a partire dalla revisione dello Statuto e dal rilancio del Comitato per la Cittadella, dalla sua collocazione (evidentemente di non poco valore simbolico) all’interno della fortezza, mentre la programmazione ed organizzazione in Cittadella degli eventi di “Italia 150”, che si sarebbe Mentre il primo Comitato informale era stato istituito solo con una deliberazione dell’organo esecutivo della Provincia, la successiva costituzione del Comitato di diritto privato (luglio 2001) ha richiesto la previa approvazione del relativo statuto da parte di tutti gil enti fondatori; soltanto in questi atti si potrebbe dunque ravvisare, seppure in forma assai indiretta e implicita, una qualche natura di atto generale e condiviso, quanto meno sul piano metodologico, di indirizzo politico. 373 L’esperienza amministrativa dimostra che in molti casi è invece necessario prima decidere forme e destinazioni, e solo in base a queste cercare di individuare e poi attivare le eventuali possibili fonti di finanziamento pubblico (dal livello locale-regionale a quello europeo) e anche privato. Questo vale in particolare per l’eventualità di accesso a fondi strutturali o a progetti tematici dell’UE, che peraltro non hanno mai incluso la città di Alessandria (al contrario ad esempio di Novi e Tortona, da tempo definite e finanziate in modo rilevante in quanto zone a declino industriale) nei rispettivi ambiti territoriali. 374 In precedenza erano stati diversi i dibattiti consiliari sul tema, con riferimento però a specifiche questioni sollevate da interpellanze, mozioni o ordini del giorno di singoli consiglieri comunali, quasi sempre in seguito a notizie di stampa circa l’evolversi della vicenda. 375 D.c.c. n. 54/2008 ad oggetto “Atto preliminare di indirizzo per la valorizzazione del complesso denominato Cittadella di Alessandria”. 372 109 Massimo Carcione dovuta svolgere a cura del Comitato stesso, è risultata a consuntivo assai circoscritta. Ma soprattutto, pur a distanza di un decennio dai primi incarichi di studio, ci troviamo ancora una volta di fronte a un documento che non fornisce alcuna chiara indicazione di merito circa la destinazione degli spazi e degli edifici, il loro inserimento nel più generale contesto urbano; ancor meno vi si può ricavare in merito alle risorse da attivare e alle eventuali fonti di finanziamento, pubbliche o private. Per esemplificare alcuni obiettivi e indirizzi strategici, su cui si sarebbe invece potuto ragionare sin dalle prime fasi dell’iter, si richiamano sinteticamente alcune ipotesi di lavoro già elaborate e rese di pubblico dominio376 sin dal 1997, le quali ipotizzavano nell’ordine: 1) una struttura museale trainante sul piano dell'immagine, individuabile nel Museo di Storia militare, pensato - data l'immensità di spazi disponibili - come grande deposito di reperti, mezzi e collezioni non esposti delle strutture museali militari già esistenti. La Cittadella non sarebbe solo il contenitore, ma costituirebbe parte integrante del percorso museale, con l'esposizione delle grandi tavole originali del progetto, evidenziandosi nel modo dovuto le modifiche napoleoniche e le altre peculiarità storiche ed architettoniche; 2) una nuova sede per altri e istituti culturali musei cittadini377; 3) grandi spazi, anche nei bastioni e nelle grandi cannoniere, per attività espositive e fieristiche, con la possibilità di ospitare ulteriori collezioni museali, pubbliche o private, di grandi dimensioni (auto d'epoca, carrozze, ecc.), nonché per una grande enoteca; 4) una struttura polifunzionale per congressi, meetings e attività seminariali anche universitarie; 5) il recupero e l'utilizzo come grande parco pubblico dell'area esterna dei bastioni e dei fossati, nonché della zona verde a nord della Cittadella, l'unico fronte di fortificazioni rimasto libero dagli insediamenti industriali e residenziali; 6) una struttura che consenta la visione della Cittadella dall'alto (sull’esempio del "Bigo" di Renzo Piano nel porto antico di Genova), l'unica prospettiva da cui è possibile cogliere tutta la grandiosità del sito378; 7) infine, cosa assai controversa ma da prendere in seria considerazione per una reale “sostenibilità” dei costi di gestione e manutenzione, eventuali aree residenziali e commerciali379 nelle strutture di minore pregio architettonico. Come si può vedere, solo il punto 5 ha trovato una qualche attuazione, sebbene per ora solo a livello progettuale380; i punti 1, 3 e 4 sono stati oggetto non già di atti di indirizzo Cfr. M. CARCIONE, Alessandria: la Cittadella, cit., pp. 156-161, nel quale si possono anche trovare ampi riferimenti al “sistema di beni culturali” correlato a Marengo e alla Cittadella (p. 158); alcuni concetti sono stati sinteticamente ripresi, qualche anno dopo, anche nella già citata scheda Citadel of Alessandria, in Icomos world report, cit., pp. 129-134. 377 All’epoca si ipotizzava ad esempio la ricollocazione del Museo del Cappello, che ora è più correttamente riallestito nella “Sala Campioni” dell’ex stabilimento (all’interno della sede universitaria). 378 In occasione del Bicentenario di Marengo erano state acquisite dagli uffici provinciali le proposte tecniche relative alla collocazione in Cittadella di una mongolfiera frenata, che avrebbe consentito di salire a un’altezza di circa 40 metri, con un impatto estetico del tutto compatibile con la natura storica del sito; malgrado le ingentissime risorse spese nelle Celebrazioni, non si è però ritenuto di realizzare neppure temporaneamente tale struttura. 379 Nelle conclusioni del documento si faceva anche cenno, alla luce dell’ingombrante vicinanza della Regia di Venaria Reale, alla opportunità di “puntare sull'immagine nazionale di Alessandria come nodo strategico delle comunicazioni europee e dei grandi servizi per l'industria e il commercio, che può necessitare di una vetrina di prestigio, ma comunque finalizzata ad un utilizzo operativo ed economico, e non solo ad una fruizione di tipo culturale”: M. CARCIONE, Alessandria: la Cittadella, cit., p. 161. 380 Ciò è stato possibile solo grazie al brain storming informale, propedeutico alla redazione dello studio di fattibilità, tenutosi a Torino presso la sede di Finpiemonte (2004), nel corso del quale questa 376 110 Study case generale e di conseguenti decisioni operative sul piano progettuale, realizzativo e istituzionale, ma piuttosto di alcune sporadiche attività di “sperimentazione”, che non hanno consolidato alcuna fattiva esperienza gestionale381 e neppure consentito, come sarebbe stato auspicabile almeno nei casi di maggiore rilevanza, la raccolta di dati e indicazioni utili alla futura gestione di una struttura permanente. Solo in tempi più recenti il Comune ha tentato di ovviare a questa carenza di sostegno scientifico per gli indirizzi politici di più ampio respiro, attraverso la lunga e complessa procedura di elaborazione del Piano strategico della città di Alessandria, che vede l’attivo coinvolgimento delle istituzioni e associazioni di categoria rappresentative del mondo economico ed imprenditoriale. In questo contesto anche l’Università382 è stata chiamata, tramite quattro dei suoi Dipartimenti383, ad effettuare la “diagnosi della città”, sulla base degli esiti di una fase trasversale di ascolto che prevede il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse, convocati in tavoli di lavoro, in funzione del tema di analisi e dibattito384; tuttavia i risultati di questo coinvolgimento, in termini di effettivo ascolto delle indicazioni tecnico-scientifiche da parte degli amministratori pubblici, prima ancora che di concreta realizzazione delle iniziative proposte da studiosi e ricercatori, potranno essere valutati solo a medio-lungo termine. Infine, in occasione della prima presentazione pubblica del Piano (marzo 2011) è stato illustrato un progetto, elaborato e proposto dagli storici dell’Università, dal titolo “Quale uso per la Cittadella”, che ripropone la scelta museale estendendola anche al territorio circostante, in ottica ecomuseale; altri sei progetti recepiti e proposti in questa prima fase riguardano direttamente o indirettamente la Cittadella e il suo contesto urbanistico, con particolare attenzione al rapporto con il fiume e il centro città385. 2. Le attività conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale Tutto quanto sin qui esposto, deve essere esaminato alla luce del disposto dell’art. 118 del Codice il quale, con riferimento al rapporto tra ricerca scientifica e conservazione del patrimonio culturale, prevede che “Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici suggestione era stata riproposta dal segretario del Comitato ai tecnici della Provincia e di Finpiemonte. 381 È stato rilevato e documentato il fatto che in ogni occasione di convegni, mostre, spettacoli, manifestazioni e altre iniziative non si è quasi mai provveduto a realizzare interventi permanenti di allestimento e miglioria tecnica degli spazi; anzi, la realizzazione di impianti provvisori (elettrici, di illuminazione, igienici, di sicurezza, ecc.) ha finito quasi sempre per appesantire lo stato di degrado del sito, invece di alleviarlo. 382 L’elaborazione del Piano strategico è curata dell'Associazione “Alessandria 2018”, i cui soci fondatori sono il Comune, la Camera di Commercio, tutte le Associazioni di Categoria economica, il Politecnico di Torino e l'Università degli Studi del Piemonte Orientale, mentre con la Fondazione CR Alessandria è stato siglato un accordo di partnership strategica; Segretario dell'associazione è Valerio Malvezzi, professore a contratto presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale. 383 Si tratta di DISGE - Scienze Giuridiche ed Economiche; Ricerca Sociale; POLIS - Politiche pubbliche e Scelte collettive; Studi per l’Impresa ed il Territorio; i primi tre hanno sede in Alessandria e il quarto a Novara. 384 Si veda il ponderoso dossier Analisi diagnostica del piano strategico della città di Alessandria, a cura dell’Associazione Alessandria 2018 (592 pagine), disponibile in rete all’indirizzo: www.pianostrategicoalessandria.it; l’unico cenno al “Compendio Cittadella” si trova al paragrafo “Aree militari dismesse/Heritage militare” (p. 448). 385 I progetti sulla fortezza, inseriti nell’Asse 2 – tav. 1, Organizzazione del territorio (n. 36/20), sono stati pubblicati in un numero monografico della rivista dell’API di Alessandria: Una Cittadella ritrovata, in Imprese Nord Ovest, (21) luglio 2010, pp. 20-26. 111 Massimo Carcione territoriali, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati, realizzano, promuovono e sostengono, anche congiuntamente, ricerche, studi ed altre attività conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale”. Tale norma deve essere coordinata con il principio generale di cui all’art. 3, secondo il quale la tutela si svolge “sulla base di un’adeguata attività conoscitiva”, e trova ulteriore connessione con l’art. 6 comma 1 (“La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale”) e con l’art. 112 comma 9 (“ulteriori accordi possono essere stipulati dal Ministero, dalle regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, da ogni altro ente pubblico (…), con le associazioni culturali o di volontariato, dotate di adeguati requisiti, che abbiano per statuto finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali”. Questo rilievo vale a sottolineare che, anche in questo caso, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, nell’esercizio delle proprie prerogative e funzioni di tutela, ha inciso in misura sostanzialmente irrilevante sulle attività volte a garantire la necessaria “adeguata attività cognitiva” avente ad oggetto i beni culturali in questione; la stessa Regione Piemonte, per parte sua, non ha ritenuto neppure in questo caso di esercitare la funzione prevista dall’art. 124, commi 11 e 14, della l.r. n. 44/2000 e s.m.i.386, per la quale è compito delle strutture regionali “sostenere e realizzare studi, incontri, mostre, pubblicazioni, eventi ed altre iniziative volte a favorire la conoscenza e la fruizione dei beni culturali”, nonché “promuovere lo studio, la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico”. Tutto ciò, si badi bene, viene riscontrato con riferimento non già a un qualsiasi bene culturale di rilevanza locale, ma nei confronti di un sito storico già riconosciuto dagli organi competenti come degno di essere proposto all’UNESCO ai fini dell’inserimento nella Lista del Patrimonio mondiale. In conclusione, l’attività conoscitiva appare indispensabile soprattutto nella misura in cui consente agli amministratori di acquisire le conoscenze necessarie per assumere le decisioni, ed anche all’opinione pubblica di valutarli correttamente, “a ragion veduta”; come tale, è apprezzabile che sia stata promossa e gestita almeno dagli enti locali alessandrini, con modalità rigorosamente improntate al principio di sussidiarietà, pur trattandosi di una funzione certamente (almeno in teoria) di primaria competenza regionale e statale. In questo modo si è garantita in certa misura il diritto (culturale) a una ricerca scientifica libera e autonoma, che un’azione condotta a livello governativo, ad esempio da parte del CNR o degli stessi servizi centrali ministeriali, non avrebbe magari assicurato con altrettanta efficacia, per lo meno sotto i profili del pluralismo, della libertà di metodo e della diretta conoscenza della realtà del luogo. A questo proposito, tuttavia, andrebbe maggiormente considerato e meglio garantito – anche, ma non solo, sul piano economico – l’apporto intellettuale che i singoli tecnici (siano essi ricercatori o funzionari pubblici) danno alla individuazione delle migliori Per il primo comma della l.r. 26 aprile 2000, n. 44. (Testo coordinato con la successiva l.r. n. 5/2001) recante “Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicata nel B.U. 3 maggio 2000, n. 18, “Ferme restando le competenze riservate allo Stato ai sensi del d.lgs. 490/1999 ed ai sensi degli articoli 149, 150, 152 e 153 del d.lgs. 112/1998, sono di competenza della Regione le seguenti funzioni amministrative”. Va detto che l’attuazione delle disposizioni generali contenute nella citata legge regionale attende ancora a distanza di anni, un adeguato recepimento nella legislazione regionale di dettaglio, che per l’ambito culturale resta tutt’ora ferma, nei suoi principali capisaldi, alle “storiche” leggi del 1978. 386 112 Study case soluzioni progettuali; attualmente infatti, l’unica forma garantita di riconoscimento e remunerazione del diritto alla “proprietà intellettuale” viene assicurata ai soli tecnici progettisti, senza tenere nel debito conto il fatto che essi pongano in essere idee proprie, oppure che le abbiano in parte recepite da preesistenti studi o contributi di diversa natura387. Il diritto alla proprietà intellettuale (e al suo riconoscimento, anche economico) a beneficio di studiosi di discipline come la storia, l’antropologia, la sociologia, l’archeologia e la museologia, è sempre a rischio di sottovalutazione e oblio, tutte le volte che – invece di limitarsi a scrivere un libro o un saggio accademico – essi si prestano a fornire agli amministratori pubblici, agli architetti progettisti e agli economisti responsabili della gestione un apporto utile (e talvolta decisivo), quasi si trattasse per loro di un mero esercizio intellettuale, privo di significative ricadute pratiche. È appena il caso di rilevare che questo destino accomuna alle diverse categorie di studiosi anche quella dei giureconsulti, allorché progettano quelle “architetture istituzionali” che risultano non di rado indispensabili per consentire la felice realizzazione dei più complessi interventi di tutela e valorizzazione, ma che raramente ottengono un adeguato riconoscimento scientifico388 ed economico, mentre sono censurati quando determinano contenzioso, a tutto beneficio dei colleghi avvocati389. Occorre però sottolineare, volendo perseguire l’ottimale utilizzo degli esiti di queste ricerche, che le elaborazioni a carattere argomentativo e propositivo andrebbero impostate con modalità tali (ad esempio sotto forma di schede sintetiche) da poter essere utilizzate al meglio in sede di elaborazione e motivazione dei provvedimenti amministrativi390. Così come non si dovrebbe chiedere agli scienziati di diventare politici o amministratori, non si può neppure pretendere da sindaci o assessori che diventino studiosi di ciascuno dei molti ambiti tematici di cui devono quotidianamente occuparsi, e di cui non possono certo ergersi a profondi conoscitori solo in virtù del mandato elettorale. 387 Può essere significativo, a questo proposito, il fatto che nel frontespizio dello Studio di Fattibilità sulla Cittadella curato da Finpiemonte SpA si dichiara che “hanno collaborato alla realizzazione dello studio” undici diversi tecnici (cinque dei quali con riferimento all’ambito naturalistico), mentre nella rimanente lista di ventuno persone che “si ringraziano”, vengono posti sullo stesso piano i committenti politici, i tecnici delle diverse amministrazioni – inclusi il Demanio e le Soprintendenze del Piemonte – ed alcuni studiosi e funzionari che hanno invece fornito (gratuitamente) un apporto originale di idee e proposte che non rientra in un rapporto funzionale e neppure di consulenza; si citano, a titolo di esempio, il Direttore del Museo Pietro Micca e il Segretario del Comitato per la Valorizzazione della Cittadella, entrambi esperti di gestione e valorizzazione museale in ambito storico-militare, che hanno partecipato attivamente alle discussioni tecniche prodromiche alla stesura dello studio, senza che la loro collaborazione abbia avuto adeguato riconoscimento professionale, neppure sul piano della mera gratificazione intellettuale. 388 Neppure la prospettiva gratificante della presentazione in un convegno e della pubblicazione in un volume accademico e scientifico è possibile, trattandosi di attività considerate meramente “pratiche” dagli studiosi della stessa disciplina. 389 A conferma di quanto sostenuto, i piani di gestione dei Siti UNESCO, come pure gli studi di fattibilità e i progetti di allestimento museale, sono normalmente appannaggio degli architetti e delle relative strutture di ricerca accademica, malgrado che una parte rilevante dei loro contenuti sia di matrice giuridica ed economico-gestionale, oltre che storico-artistica o archeologica; non è un caso che gli studi dei giuristi specializzati in queste specifiche tematiche trovino sovente spazio nelle pubblicazioni delle Facoltà di Architettura, Storia o Conservazione dei Beni culturali. 390 Tali non sono, evidentemente, né i dossier di studio di centinaia di pagine, gli atti dei convegni e ancor meno le monografie o le miscellanee scientifiche, tipiche dell’ambito prettamente accademico, che potrebbero eventualmente valere solo come fonti di ulteriore documentazione di approfondimento e di dettaglio. 113 Massimo Carcione Per questa ragione vengono normalmente istituiti nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, e dovrebbero essere valorizzati come tali, specifici servizi tecnici dotati di personale adeguatamente (cioè specificamente) qualificato, sia in campo amministrativo che culturale391: esso dovrebbe infatti essere in grado di elaborare atti amministrativi legittimi sul piano giuridico e corretti sul piano tecnico (oltre che efficaci sul piano gestionale), recependo le indispensabili indicazioni scientifiche di conservatori e consulenti, delle Soprintendenze competenti, oppure del comitato scientifico, e quando serve anche degli esperti di comunicazione, marketing museale o sicurezza dei beni culturali392. Solo grazie al filtro operato dai servizi culturali delle diverse amministrazioni coinvolte, dunque, queste stesse indicazioni – una volta elaborate e recepite negli atti amministrativi – possono essere messe a disposizione della cittadinanza, con le ancora disattese modalità sancite a partire dall’ormai “storica” legge n. 241 (in primo luogo tramite i siti web e gli sportelli URP), in termini tali da poter essere compresi e valutati criticamente da un elettore di media cultura. b. “Fallimento” della tutela e valorizzazione non finalizzata alla fruizione L’esercizio delle competenze, funzioni e prerogative di tutela da parte degli uffici periferici piemontesi del Ministero per i Beni e le attività culturali, pur essendosi formalmente concretizzato sin dal 1972 – almeno per quanto attiene ai presupposti formali – in virtù della dichiarazione di interesse particolarmente importante, non risulta essere mai stato avviato sul piano sostanziale: è infatti presumibile393 che i diversi funzionari della Soprintendenza BAP incaricati a tal fine nel corso della seconda metà del XX secolo, non abbiano mai dato il loro avallo all’effettuazione dei diversi interventi realizzati dall’Esercito394. Non è più una novità l’istituzione di Corsi di laurea in Gestione dei Beni culturali, il cui diploma potrebbe ormai essere richiesto in via preferenziale, se non esclusiva, per l’accesso ai posti di funzionario amministrativo; le lauree specifiche in ambito scientifico o umanistico resterebbero invece prerogativa del personale “tecnico” di musei e altre istituzioni culturali, soprattutto nei ruoli dei direttori e conservatori. 392 L’esperienza in esame dimostra che l’antica diatriba circa la spettanza dei posti di responsabilità dei servizi culturali a laureati in materie umanistiche, piuttosto che a giuristi o economisti, può essere risolta con la massima semplicità, prevedendo (ove possibile) la presenza di entrambe le figure tecniche, oppure richiedendo una adeguata formazione integrativa in entrambi i settori, il che è richiesto al momento del concorso pubblico ma non sempre resta valido anche nel prosieguo dell’attività all’interno della pubblica amministrazione, nella quale non di rado si accede a posti di particolare responsabilità tecnico-scientifica grazie a meccanismi di mobilità interna. Nel caso specifico il contributo scientifico dei funzionari pubblici, tanto del Comune che della Provincia (sovente in mutua sinergia e reciproco confronto), alla bibliografia su Cittadella e Marengo, testimonia che le difficoltà evidenziate nel testo non erano certo da attribuirsi alla loro inadeguata preparazione e competenza in ambito culturale: cfr. ad esempio G. MASSOBRIO, M. GIOANNINI, Marengo, Milano, Rizzoli, 2000, oppure il già citato M. CARCIONE, Citadel of Alessandria, in Heritage at risk, cit. 393 In questo senso si è in effetti espressa la Funzionaria della Soprintendenza BAP responsabile della zona di Alessandria, che ha seguito sin dal primo momento l’avvio delle procedure di valorizzazione, collaborando in modo continuativo con il Comitato; in ultimo la stessa ha fatto parte della commissione giudicatrice del Concorso internazionale di idee. 394 Si tratta di trasformazioni, demolizioni, asfaltature (in particolare delle gallerie all’interno dei bastioni), ma soprattutto dell’abbandono al loro destino di interi edifici di rilevante pregio architettonico come la chiesa dell’ospedale o la Palazzina di cavalleria. Di altra natura sono invece gli interventi, a loro 391 114 Study case L’astensione da ogni genere di intervento diretto o indiretto da parte del Ministero non ha fatto registrare significative eccezioni neppure in occasione dell’alluvione del 1994395 e del terremoto del 2003, che non risultano avere suscitato alcuna apprensione né tantomeno richieste di interventi di salvaguardia delle strutture pericolanti: nel complesso, quindi, la tutela del sito storico-architettonico è stata del tutto trascurata, o se si preferisce, è stata tacitamente affidata alle cure dell’Amministrazione militare. Anche dopo l’avvio dell’iter di dismissione da parte dell’Esercito, si è continuato a registrare da parte delle Autorità di tutela una certa lentezza e difficoltà396 a prendere coscienza della rilevanza e complessità dell’evento, tanto che l’intervento dei tecnici ministeriali nelle sedi di discussione e programmazione si è registrato solo a partire dal 1998 e comunque sempre previa iniziativa e sollecitazione delle amministrazioni locali. Esso si è concretizzato nella costante presenza ai lavori del Comitato informale e nell’avallo dato nei confronti del metaprogetto del Politecnico (che non ha avuto alcun seguito), nella disponibilità a favorire la realizzazione dello studio su museo di storia dell’Esercito (la cui proposta è rimasta inattuata), nel parere espresso sul progetto dell’AIPO ai fini del recupero della prima palazzina (intervento unanimemente ritenuto discutibile, risultando incoerente con il quadro generale, e che comunque non è giunto a compimento), nella convocazione della riunione finalizzata a promuovere l’accordo di programma (a sua volta rimasta senza alcun seguito) ed infine nella collaborazione alla Commissione tecnica di progetto per lo studio fattibilità e alla Commissione di concorso, che è rimasta bloccata per anni in seguito ai ricorsi amministrativi e non ha comunque dato alcun esito progettuale397. Per completare il quadro si può dire che nemmeno un euro del bilancio del Ministero per i Beni e le Attività culturali è stato speso, neppure negli ultimi anni, a favore del recupero di questo bene demaniale “di interesse particolarmente importante”; peraltro quando, come si è visto, lo Stato ha proposto398 la stipula di un accordo di programma, non ha ottenuto da parte di Regione e amministrazioni locali alcun concreto riscontro; infine, corre l’obbligo di constatare che nessuno dei diversi Ministri che si sono succeduti in questi anni ha mai ritenuto di rendersi conto personalmente della situazione della Cittadella, volta poco rispettosi della natura storica e monumentale del bene, ma purtroppo inevitabili ai fini del suo utilizzo come deposito militare, come ad esempio l’installazione di elevatori e montacarichi, di impianti di illuminazione e amplificazione, celle frigorifere, ecc. 395 Appare davvero singolare il fatto che nell’interessante resoconto di C. PALMAS, Piemonte emergenza alluvione, cit., a parte due suggestive immagini (p. 45 e 48) della Cittadella allagata, non vi è alcuna menzione dei danni alla fortezza né tanto meno di eventuali interventi di messa in sicurezza o recupero: nelle schede introduttive e nei diversi resoconti inseriti nel volume vengono infatti citati solo il Borgo Cittadella e il Ponte della Cittadella, mentre allorché si parla degli ingenti danni al patrimonio culturale cittadino vengono ricordate le chiese di Santa Maria del Carmine e di Santa Maria di Castello, Palazzo Trotti Bentivoglio e le opere d’arte del museo conservate nel caveau della Cassa di Risparmio allagato. 396 Umanamente e organizzativamente giustificabile (anche se ciò non può modificare il dato oggettivo) in considerazione del fatto che tutto il personale ministeriale piemontese era allora impegnato nella concomitante vicenda delle Residenze Sabaude ed in particolare di Venaria Reale e di Villa della Regina; in provincia di Alessandria, inoltre, si è aggiunto a partire dal 2002 il recupero del complesso monumentale di Santa Croce a Bosco Marengo. 397 A coronamento di questo non esaltante quadro di iniziative statali caratterizzate da scarso o nullo esito, l’estensore della ricerca può aggiungere per testimonianza personale la proposta di nomina di un Ispettore onorario per la Cittadella (ex artt. 47-52 della l. n. 386/1907), formulata dalla Funzionaria di zona al Soprintendente BAP pro tempore, che a sua volta è rimasta lettera morta. 398 Per ben due volte, dapprima nel 1999 e poi nel 2003, in entrambe le circostanze in modo tanto formale quanto autorevole. 115 Massimo Carcione neppure in occasione della fugace visita del Capo dello Stato (2003)399. Va detto d’altro canto che in sede scientifica, nell’ambito dei convegni e delle pubblicazioni realizzate nel corso di questi anni, i responsabili ministeriali hanno sempre dimostrato – al contrario di quanto si riscontra in altre analoghe situazioni – una perfetta conoscenza e particolare sensibilità al tema, a partire da Pasquale Bruno Malara, all’epoca Soprintendente Regionale del Piemonte ma anche noto e qualificato esperto del Ministero per le questioni attinenti all’UNESCO400, che faceva un cenno neppure troppo velato al fatto che le ricerche “hanno accresciuto la consapevolezza di un valore i cui risvolti operativi sono inevitabili, innanzi tutto sul piano della tutela del complesso” che costituisce “un insieme architettonico di assoluto interesse”. Ciò non escludeva a suo avviso il fatto di assicurare al sito “accessibilità e attraversamento” e financo le tanto temute e vituperate (dai soliti “tutori della tutela”, evidentemente più realisti dello stesso Soprintendente) “funzioni civili dell’abitazione, del lavoro, del tempo libero, dell’apprendimento e della ricettività” che non esitava a definire “generalmente associabili alla tipologia e alle dimensioni delle architetture” alla sola ovvia condizione che siano compatibili con la più rigorosa tutela401. In altra sede scientifica, ma in modo del tutto analogo, si era espressa402 la Soprintendente ai Beni artistici e storici del Piemonte Carla Enrica Spantigati, che aveva già dato in precedenza il suo avallo e supporto formale alla ricerca sul Museo di Storia dell’Esercito, avendo sottolineato che la Cittadella “dovrà essere un polo museale legato alla storia dell’Esercito piemontese”; il che a suo giudizio “implica necessariamente un sistema museale, che non è tale se non dialoga, soprattutto quando i singoli elementi del sistema afferiscono a titolarità giuridiche e patrimoniali estremamente diversificate, che possono essere tenute insieme proprio dalla capacità di far convergere le proprie attività all’interno di una progettazione comune”403. Se ne può dedurre in conclusione che, pur tenendo conto delle vicissitudini che hanno caratterizzato il tentativo di creare tale istituzione museale in Cittadella (ma avendo presente il felice esito della contemporanea vicenda dell’istituzione del Marengo Museum, di recente conclusa), la chiave di volta del successo o dell’insuccesso delle politiche e delle procedure amministrative e tecniche di tutela, valorizzazione e promozione di un sito D’altronde gli stessi Soprintendenti Regionali piemontesi non hanno manifestato una particolare propensione a visitare la Cittadella (unica eccezione nota l’arch. Lino Malara, nel 1999) ed anche la Regione non ha brillato per presenza e attiva partecipazione, sia per quanto concerne i tecnici dell’Assessorato ai Beni culturali che nella persona dei diversi Assessori alla Cultura. 400 Lo stesso aveva firmato la postfazione al misconosciuto volume di Allemandi: cfr. G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., p. 99; allo stesso si deve l’inserimento della Cittadella nella tentative list italiana presso l’UNESCO, su cui torneremo nel prossimo paragrafo. 401 La cosa non stupisce, se si ha avuto l’opportunità di conoscere la magnifica Cittadella di Besançon, capofila del già citato sito UNESCO del Réseau Vauban, che accoglie al suo interno oltre a tutti i consueti servizi museali e di accoglienza, anche due ristoranti e un modernissimo zoo. 402 C. SPANTIGATI, op.cit, pp. 173-174, non si può non rilevare che il fatto che tale affermazione , del tutto ovvia per chiunque abbia una minima nozione dei concetti di sussidiarietà, autonomia e decentramento, sia stata autorevolmente pronunciata in una sede pubblica alquanto solenne, a riprova che ai vertici della gerarchia ministeriale non è ancora considerata una realtà di fatto ma piuttosto, al più, un benevolo auspicio tutt’ora da conseguire. 403 In questa prospettiva, a parere dell’Autorità di tutela competente per i musei storici, il rapporto non potrebbe essere solo tra l’Amministrazione dei Beni Culturali e il Ministero della Difesa, ma occorre anche “valorizzare l’ottica e le scelte di quanti operano nel settore museale, a qualsiasi titolo essi siano impegnati: Comuni, Province, Regione, Soprintendenze, Enti militari e Fondazioni”: ibidem, p. 174. 399 116 Study case storico-monumentale risiede nella creazione e nel graduale consolidamento nel tempo404 di vere e proprie istituzioni culturali (musei, biblioteche, istituti di istruzione e ricerca, ecc.); esse devono essere il più possibile autonome, devono collocarsi al centro di un ambito territoriale coeso e attrezzato per la fruizione (il parco storico-militare, l’itinerario dei luoghi napoleonici e risorgimentali), inserendosi organicamente in un sistema di servizi turistici (musei e siti storico-militari di Alessandria e provincia), che può così essere proposto in modo credibile all’attenzione del grande pubblico nazionale e internazionale, grazie all’allestimento di eventi celebrativi (l’anniversario della Battaglia di Marengo, Italia 150). Solo il virtù delle “garanzie” assicurate dalla presenza e competenza dal personale direttivo e scientifico del museo e grazie alla disponibilità continuativa di strutture tecnicoscientifiche adeguate (laboratori di catalogazione e restauro, sezioni didattiche, ecc.) e di servizi di accoglienza, che possono essere messi utilmente a disposizione del pubblico anche per la fruizione di tutto il sito monumentale, lo Stato potrebbe rinunciare ad esercitare in modo diretto la gestione e la tutela della fortezza405; in difetto, rimarrebbe invece possibile soltanto, come è avvenuto sino ad oggi, una fruizione occasionale e limitata a singoli eventi e manifestazioni. Si tratta peraltro – a ulteriore riprova di quanto affermato all’inizio di questo ragionamento – di funzioni, attività e iniziative di valorizzazione e promozione che competono prevalentemente, se non esclusivamente, alle autonomie locali e funzionali del territorio interessato, che le devono comunque attuare sempre “in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze” (così come recita il secondo comma dell’art. 6 del Codice), sotto riserva dell’approvazione preventiva e della verifica di conformità in corso d’opera406, da parte dell’autorità statale competente. c. Mancata individuazione della priorità e degli obiettivi Merita un breve accenno un aspetto che potrebbe apparire marginale, in quanto legato a un dato meramente terminologico e per di più ricavabile da una norma speciale, la l. n. 77/2006, che è formalmente applicabile solo ai siti già iscritti alla Lista e non a quelli solo candidati o in lista d’attesa. A tale rilievo è tuttavia ragionevole opporre, ragionando in prospettiva, il fatto che non c’è ragione di attendere l’inserimento formale nella Lista dell’UNESCO per iniziare a programmare e magari a realizzare gli interventi di recupero e valorizzazione, la cui ultimazione richiede normalmente anni, se non decenni, dal momento che in difetto di essi si rischierebbe ben presto l’iscrizione nella Lista dei beni in pericolo, se non addirittura la cancellazione. Appare dunque sostenibile l’affermazione che l’effettivo riconoscimento per i beni culturali oggetto di questo studio, sul piano formale407 o almeno sostanziale, di una “priorità 404 Grazie ai provvedimenti adottati tra il 1998 e il 2000, anche ai fini dell’istituzione e del riconoscimento regionale del “Museo provinciale della Battaglia di Marengo”, è stato possibile sviluppare in modo normativamente coerente il procedimento di progettazione e recupero, che ha avuto come tappe imprescindibili il già citato studio di fattibilità del 2003, il rilevamento dei danni conseguenti al terremoto, per poi concludersi nel 2010 con l’apertura definitiva al pubblico. 405 Anche in questo caso, si veda il caso del Museo di Santa Croce di Bosco Marengo. 406 Esercitabile ai sensi dell’artt. 17 e 18 del Codice. 407 In materia di tutela dell’ambiente, ad esempio, il competente Ministero e la Regione Piemonte hanno definito (rispettivamente con il d.m. 18 marzo 2003, n. 101 e con l’art. 20 della legge 23 marzo 117 Massimo Carcione di intervento qualora siano oggetto di finanziamenti secondo le leggi vigenti”408 potrebbe contribuire in modo significativo, se non determinante, nel supportare le ragioni storiche, culturali o paesaggistiche, le quali sicuramente giustificano, ma non sono di per sè sufficienti a imporre alle amministrazioni responsabili l’avvio delle attività di recupero, restauro e conservazione. In considerazione del contesto normativo da cui scaturisce la disposizione in questione409, il criterio di selezione non dovrebbe essere costituito soltanto dal pregio artistico e dal valore storico o estetico del bene (e neppure dal suo mero valore economico o patrimoniale, evidentemente), mentre si baserebbe piuttosto sulla potenziale capacità di incidere in modo positivo sullo sviluppo locale, sull’occupazione, sull’ambiente e quindi, in ultima analisi, sulla qualità della vita, in primo luogo attraverso il suo inserimento nei circuiti turistici nazionali e internazionali di fruizione410. Va detto però che tale norma, essendo relativamente recente e non avendo trovato collocazione – come pure sarebbe stato possibile e auspicabile – all’interno del Codice dei Beni culturali, sconta ancora notevoli difficoltà nell’effettivo recepimento, anche solo con riferimento ai siti italiani che già fanno parte del Patrimonio dell’Umanità411; ciò non toglie che sia alquanto paradossale constatare che nel nostro caso (ancora una volta emblematico), non solo non si è conseguita alcuna precedenza o considerazione prioritaria, ma addirittura è accaduto l’esatto contrario, dal momento che non pochi beni e siti culturali di Alessandria e provincia hanno conseguito finanziamenti assai più rilevanti412 di quelli attribuiti, nel corso degli anni considerati, tanto a Marengo che alla Cittadella. Quanto agli obiettivi, indispensabili per poter procedere in sede di programmazione gestionale all’attribuzione delle risorse correlate ai relativi dirigenti, ma soprattutto per rendere effettivo il controllo di merito ex post ai fini della valutazione dell’attività 2001, n. 93) una “procedura per la determinazione delle priorità di intervento” ai fini delle azioni di bonifica urgenti. 408 Il che potrebbe avvenire almeno con riferimento ai finanziamenti non vincolati, per esempio ai fini dell’assegnazione dei fonti derivati dall’8 per mille dell’Irpef da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 47 della l. n.222/1985), oppure, a livello regionale, della l.r. Piemonte n. 58/1978 recante misure di “Promozione della tutela e dello sviluppo delle attività e dei beni culturali”. 409 È significativo in tal senso il fatto che il comma 2 dell’art. 3 della stessa l. n. 77/2005 indichi l’opportunità di collegare la gestione dei siti UNESCO “con programmi o strumenti normativi che perseguano finalità complementari, tra i quali quelli disciplinanti i sistemi turistici locali e i piani relativi alle aree protette”, mentre al successivo art. 4 si fa esplicito riferimento alla “predisposizione di servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico, nonché servizi di pulizia, raccolta rifiuti, controllo e sicurezza”, ai fini di un “corretto rapporto tra flussi turistici e servizi culturali offerti”. 410 In questo senso è possibile riscontrare una singolare consonanza tra le finalità della l. n. 77/2006 relativa ai siti UNESCO e gli obiettivi generali delle politiche dell’Unione Europea, che stanno alla base delle diverse azioni di sviluppo territoriale e dei relativi programmi comunitari di cofinanziamento. 411 Ne sono testimonianza i “Sacri Monti” piemontesi e lombardi, tra cui quello di Crea, in provincia di Alessandria, che non hanno potuto ancora beneficiare (pur essendo stati iscritti alla Lista nel 2003) dei necessari intervento di consolidamento, restauro e valorizzazione, pur essendo a loro volta inseriti nel contesto di aree protette di particolare pregio naturalistico e paesaggistico; cfr. in proposito il sito www.sacrimonti.net. 412 Si pensi solo al Complesso monumentale di Santa Croce di Bosco Marengo, al sito storico della Benedicta, oppure all’area ex-Italsider di Novi Ligure, che sono stati finanziati in modo significativo rispettivamente tramite un accordo di programma e una legge regionale i primi due, mentre la terza ha beneficiato di fondi strutturali UE, in particolare per la realizzazione del Museo dei Campionissimi e di un centro fieristico. 118 Study case amministrativa in termini di efficacia ed efficienza, (regolato dall’art. 147 del TUEL 413), occorre tenere conto del fatto che essi si dovrebbero per quanto possibile correlare a parametri misurabili e verificabili414. Si può dunque sottolineare la difficoltà di parametrare e misurare il conseguimento di obiettivi che, in un progetto come quello oggetto di analisi, sono posti da enti diversi (dunque con riferimento a differenti Bilanci e PEG) le cui azioni si intersecano e condizionano vicendevolmente, in sedi pubblicistiche come le conferenze dei servizi, ma anche attraverso l’operato di soggetti che si muovono in ambito privatistico, come i comitati, le associazioni o le fondazioni. Questo impone di integrare e contemperare tra loro questi obiettivi e i relativi parametri, individuando come prioritari quelli comuni o comunque condivisi, che dovrebbero, per quanto possibile, essere recepiti e formalizzati come obiettivi e finalità dei soggetti o degli strumenti di concertazione e collaborazione, che in questo modo risulterebbero formalmente (e assai concretamente) improntati alla leale collaborazione. d. Accordo di programma non obbligatorio Si è già constatato che un’efficace azione di coordinamento tra i diversi livelli istituzionali, indispensabile per affrontare i grandi interventi di valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, non può essere attivata a un livello esclusivamente locale, se non altro per la necessità di tenere conto dei presupposti e delle ricadute più o meno positive sul contesto infrastrutturale, ambientale e socio-economico. Per la soluzione dei problemi connessi e conseguenti al recupero della Cittadella e degli altri siti storico-militari di Alessandria è sempre mancato un momento formale e impegnativo di concertazione dei fini e di coordinamento delle azioni e degli strumenti che possono essere messi in campo da tutti gli attori istituzionali, a partire naturalmente dallo Stato, se non altro in quanto proprietario dei beni più significativi415. La causa può essere ravvisata nel tardivo coinvolgimento, attivo e diretto, del protagonista principale della vicenda in oggetto nell’ottica della sussidiarietà, vale a dire Secondo il comma 1, “Gli enti locali, nell’ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa individuano strumenti e metodologie adeguati a: (…) d) valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti”. 414 I commi 2 e 3 dell’art. 197 del TUEL prescrivono la “rilevazione dei risultati raggiunti” e la verifica dei “risultati qualitativi e quantitativi ottenuti”; ciò non toglie che se è già assai complesso e difficile realizzare efficacemente questo monitoraggio per altri servizi pubblici (sanità, trasporti), tanto più ciò avviene nell’ ambito culturale, in cui intervegono fattori poco o per nulla misurabili, se non in termini di “soddisfazione”: ciò nonostante è necessario fissare e rispettare con rigore almeno i parametri più semplici, come quelli temporali (completamento dell’azione entro) o quantitativi (numero di eventi e relativi utenti). 413 415 Anche in questo senso il riscontro può venire dall’esperienza di Venaria Reale, che pur vedendo come principali attori (soprattutto sul piano finanziario e della direzione progettuale) lo Stato e la Regione Piemonte, non ha potuto fare a meno di interessare gli enti esponenziali del territorio ed anzi ha da subito coinvolto nel procedimento il Comune di Venaria e la Provincia di Torino; anzi, le non poche difficoltà e alcuni ritardi nella definizione delle fondamentali scelte strategiche relative alla destinazione e alla gestione sono stati con tutta probabilità influenzati anche dall’iniziale pretesa di “calare dall’alto” certe decisioni senza una diretta e adeguata corresponsabilizzazione della comunità locale, che non può essere costretta solo a subirne le conseguenze. 119 Massimo Carcione dell’amministrazione comunale416, e con essa degli altri enti funzionali o comunque rappresentativi della realtà socioeconomica locale (Camera di Commercio, Università, organizzazioni imprenditoriali, ordini professionali, ecc.): ciò risulta infatti essenziale al fine di promuovere la consultazione e collaborazione dai diversi soggetti a vario titolo rappresentativi di diritti, interessi, sensibilità e istanze, tanto a livello collettivo che diffuso417. L’esperienza concreta dimostra che soltanto l’accordo di programma, come regolato dagli artt. 14 e seguenti della l. n. 241/1990, annovera e può offrire agli amministratori (certamente meglio di strumenti giuridici teoricamente più strutturati come il comitato o l’associazione, ed anche di formule più “leggere” come il protocollo o la convenzione), tutte le caratteristiche necessarie e sufficienti a risolvere le problematiche di coordinamento e collaborazione tra enti, almeno fino all’avvio della gestione di una vera e propria istituzione. Si tratta infatti di uno strumento che consente di porre su un piano sostanzialmente paritario tutti i soggetti istituzionali coinvolti, i quali tuttavia in questo contesto risultano non più governati dall’alto secondo un principio gerarchico418, ma sono invece coordinati dal basso, proprio in virtù e nel rispetto del principio di sussidiarietà. Si aggiungano il valore vincolante delle statuizioni adottate, con la chiara predefinizione di ruoli e responsabilità, la possibilità di utilizzare il “collegio di vigilanza” come tavolo di concertazione, ed infine (vera ragione fondante e peculiarità dell’istituto), la sua incidenza e prevalenza sugli strumenti urbanistici e le procedure interne di ciascun ente coinvolto, che non può così esercitare quel potere di veto reciproco, che ha invece condizionato in ogni sua fase questa vicenda. Tuttavia l’esperienza acquisita nella vicenda esaminata ha dimostrato che nelle situazioni particolarmente complesse (come è certamente questa) quasi mai è chiaramente predefinito a chi spetti l’onore e l’onere di convocare la conferenza dei servizi e quindi di promuovere la formalizzazione dell’accordo: infatti in sussidiarietà dovrebbe essere il Sindaco (salvo sua formale rinuncia) a fare il primo passo, assumendo però con questo atto l’impegnativo ruolo di “amministrazione procedente”, per la soluzione di problemi di competenza statale, almeno fino alla riforma del Titolo V della Costituzione419. Quando però Stato e Regione non si risolvono ad assumere l’iniziativa, ecco che per una ragione di carattere eminentemente formale, ma tutto sommato banale e facilmente risolvibule, si rischia di non poter attivare uno strumento determinante per il corretto avvio e sviluppo di tutte le attività di valorizzazione integrata. Una significativa conferma in tal senso viene ancora una volta dalla l. n. 77/2006, la quale al terzo comma dell’art. 3 statuisce in modo alquanto esplicito che “gli accordi tra i Come era avvenuto nella prima fase, e proprio per scelta di due diversi Sindaci di Alessandria, peraltro di opposto “colore” politico 417 In effetti la vicenda esaminata ha posto in evidenza che, mentre nella prima fase coordinata dalla Provincia la comunità locale era stata sostanzialmente esclusa dal procedimento, non appena il Comune ha assunto (2007) il proprio ruolo naturale si sono attivati tutti gli opportuni strumenti di consultazione e partecipazione: si veda infra. 416 418 In questo senso è assai emblematica, seppure solo dal punto di vista terminologico, la stessa storica dizione di “Soprintendenza” che per le sue origini e per la stessa tradizionale e consilidata modalità operativa non risulta centro improntata a un’ottica sussidiaria. 419 È quindi comprensibile che prevalga negli amministratori locali, in assenza di norme esplicite, il timore di rendersi in tal modo parte attiva e quindi di assumersi una serie di oneri, costi e responsabilità, non solo amministrative ma anche e soprattutto di natura politica, in merito a beni e procedimenti tradizionalmente considerati di esclusiva pertinenza regionale o statale, e rispetto ai quali il Sindaco poteva limitarsi a un più facile e gratificante ruolo di sollecitazione o rivendicazione. 120 Study case soggetti pubblici istituzionalmente competenti alla predisposizione dei piani di gestione e alla realizzazione dei relativi interventi sono raggiunti”: viene cioé adottata una formulazione che non lascia spazio a forme di intesa alternative420, come le convenzioni o i protocolli d’intesa. e. Scarsa autonomia del soggetto gestore e dei suoi amministratori Nell’intento di individuare ulteriori fattori critici, che hanno pregiudicato il positivo andamento delle procedure sin qui adottate ai fini della valorizzazione della Cittadella (arrivando in qualche caso a pregiudicarne possibili soluzioni), si evidenzia la circostanza che sin dalla costituzione del Comitato di diritto privato si era deciso di designare quali componenti alcuni sindaci o amministratori pubblici e un Parlamentare: si trattava dunque di persone già assai impegnate contemporaneamente nell’adempimento delle rispettive funzioni421, che sono state ritenute dagli interessati assolutamente prioritarie e preponderanti, anche (se non soprattutto) ai fini del consenso elettorale che si suppone connesso e conseguente alle scelte adottate. Un’efficace alternativa avrebbe potuto essere individuata nella selezione, sulla base di criteri predefiniti e previo esame dei rispettivi curricula professionali, di esperti provvisti di qualificazione tecnica, indipendenza di giudizio e prestigio personale adeguati all’importanza dell’impresa. Si tratta della modalità che per gli Enti locali dovrebbe costituire la regola, essendo prevista, alla luce dell’art. 42 coma 2 lett. m) del TUEL, dalle rispettive disposizioni statutarie, sulla base di indirizzi predefiniti da parte dell’organo consiliare422, cui il Sindaco o Presidente della Provincia dovrebbe dare concreta attuazione solo al termine di una procedura di valutazione che deve basarsi indubbiamente in primo luogo su valutazioni di carattere personale e fiduciario (intuitu personae), ma con una discrezionalità di giudizio non illimitata, che altrimenti potrebbe sconfinare nell’arbitrio. Essendosi invece adottata la prima soluzione, non stupisce che il Comitato, essendo i suoi componenti (peraltro non remunerati per questa funzione) assorbiti da altre più pressanti incombenze423, si sia riunito raramente e che la sua azione gestionale e amministrativa sia risultata discontinua, ma soprattutto fortemente condizionata in modo negativo dai contingenti rapporti tra gli Enti fondatori424. Nel caso specifico, non si fa riferimento alla l. n. 241/1990 ma alla norma specifica in ambito culturale, vale a dire “con le forme e le modalità previste dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio”. 421 Il Sindaco della Città e il Vicepresidente della Provincia non sono stati neppure affiancati, in modo formale e continuativo (come pure sarebbe stato consentito dallo Statuto del Comitato), da dirigenti o funzionari delle rispettive strutture tecniche. 422 Cfr. art. 30 comma 4 dello Statuto della Provincia; art. 27 comma 3 dello Statuto del Comune di Alessandria; non risulta però che siano mai state opposte formali obiezioni a tale prassi, né da parte dei Consigli o di singoli amministratori (neppure di opposizione), né da parte di cittadini singoli o associati. 423 Si segnala che gli Amministratori in questione si sono fatti talvolta sostituire, nei non rari casi di impedimenti dell’ultimo minuto, da Assessori o altri delegati, il che sarebbe incompatibile con le norme statutarie (essendo i rappresentanti nominati a titolo personale e non come amministratori) con la stessa natura privatistica del Comitato. Tuttavia anche in questo caso, in assenza di obiezioni degli altri componenti le riunioni sono state ritenute valide, come pure le decisioni assunte nell’occasione. 424 A ciò si aggiunga, come mera “nota di colore”, che i referenti istituzionali possono essere stati fortemente condizionati anche dalle più o meno positive relazioni politiche (per non dire personali) in occasione di scadenze elettorali o amministrative degli enti rispettivi, a ulteriore detrimento 420 121 Massimo Carcione Come indiretta conseguenza di questa oggettiva carenza di rappresentatività e autonomia, il Comitato non ha mai potuto immedesimarsi in un leader carismatico, impegnato a tempo pieno nell’impresa, né disporre di una propria struttura e sede, dovendosi sempre avvalere del supporto della Provincia425: tutti fattori che hanno certamente limitato e talora condizionato l’attività di indirizzo, coordinamento e programmazione del Comitato stesso. Alla scarsa autonomia della dirigenza si è venuta ad aggiungere, o per meglio dire ne ha costituito con ogni probabilità un’ulteriore conseguenza (non essendo state previste statutariamente le quote di partecipazione economica a carico degli enti), la cronica carenza di risorse economiche proprie; tanto che il Comitato ha dovuto chiedere periodicamente a ciascun fondatore, secondo le rispettive procedure di erogazione (in forma di cofinanziamenti, sussidi o altre sovvenzioni), disponibilità finanziarie e quindi con i limiti da esse eventualmente prefissati, i finanziamenti indispensabili per condurre con efficacia le proprie attività 426. È di tutta evidenza che una disponibilità finanziaria inadeguata, tanto più quando non sono garantiti in alcun modo i tempi di approvazione ed erogazione, comporta la totale soggezione dell’istituzione culturale all’alea della concessione di occasionali contributi pubblici, che possono risultare tanto più pregiudizievoli dell’autonoma capacità di programmazione e gestione; tanto più se vengono assegnati dall’ente senza predefinire e rendere pubblici i criteri di attribuzione427, avvalendosi di una presunta “eccezione culturale” a quanto esplicitamente previsto in tal senso della l. n. 241/1990428. Peraltro l’autonomia del Comitato come di tutte le istituzioni culturali, auspicabile e oggettivamente opportuna ai fini della tutela dei diritti culturali perseguiti, si è scontrata in diverse occasioni con la confliggente necessità degli enti “politici” di condizionarne l’attività, al fine di garantirsi che fossero conseguiti altri indirizzi e obiettivi fissati dai rispettivi organi429 (ed anche, talvolta, ulteriori finalità meno istituzionali, ad esempio in funzione delle imminenti scadenze elettorali); si è venuto configurando in tal modo per i loro rappresentanti una sorta di “vincolo di mandato”, anche a prescindere dalla sua dell’autonomia e della funzionalità del soggetto di diritto privato. 425 Per la formalizzazione degli atti e il disbrigo delle attività di segreteria, il Comitato ha potuto contare in via continuativa su un solo funzionario amministrativo (sempre lo stesso nel corso degli anni), peraltro di volta in volta collocato presso diversi uffici, e dunque con alterni referenti dirigenziali e soprattutto politici. Dalla documentazione d’archivio esaminata traspare che, in assenza di regole predefinite in tal senso, i contributi sono stati erogati dagli enti in modo saltuario e non regolare; gli importi sono risultati diversi da ente a ente, tanto che la Regione Piemonte (entrata nel Comitato nel 2006) non ha mai erogato alcun contributo. 427 In molti enti locali i contributi per la promozione delle attività culturali sono deliberati, in via di prassi o sulla base di vecchi regolamenti non più adeguati dopo il 1990, dall’organo politico (la Giunta) su proposta dell’Assessore, oppure si adotta la prassi dell’informazione alla Giunta, propedeutica ai successivi atti dirigenziali, meramente esecutivi. 428 Art. 12 comma 1 “La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi”. 429 Secondo il terzo comma dell’art. 107 del TUEL, “3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati” dagli organi di governo, cioè dal Consiglio (con il Bilancio) e dalla Giunta (con il Piano esecutivo di gestione, PEG), ai sensi degli artt. 162 ss e 169 dello stesso Testo unico. 426 122 Study case formale previsione nei rispettivi statuti o atti fondativi430, che è risultato tanto più immediato e diretto quando il rappresentante eletto da un ente è risultato coincidere con il suo stesso vertice politico e istituzionale431. f. Scarsa partecipazione della cittadinanza e difficile rappresentanza dei diritti culturali in sede giurisdizionale In una delle rare occasioni di pubblico dibattito sul recupero della Cittadella, si era autorevolmente raccomandato che fosse adottato – in via preliminare rispetto all’avvio delle procedure e attività di valorizzazione del sito – “un indirizzo strategico, chiaro e condiviso”432; questo a significare non solo che occorreva coinvolgere tutte le amministrazioni locali, ma anche che non si sarebbe dovuto e non si dovrebbe considerare questa vicenda come un’eccezione, né sul piano formale né su quello sostanziale, ai principi generali in materia di trasparenza e partecipazione, così come sono stati codificati sin dalla l. n. 241/1990. Purtroppo l’esperienza successiva ha ampiamente avvalorato questa analisi, confermata dall’analisi di Michele Ainis, il quale proprio in merito alla partecipazione della comunità ai procedimenti di valorizzazione dei beni culturali (e con una singolare assonanza terminologica con il monumento di cui ci stiamo occupando) affferma che la “tendenza panpartecipativa”433 ha il grande pregio di “introdurre il pluralismo dentro le mura d’una cittadella burocratica, per l’innanzi fittiziamente inaccessibile” 434. Tali modalità di azione amministrativa sono concepite e prescritte a tutela dei diritti dei cittadini, che in questo caso possono estendersi fino alla garanzia del rispetto dell’identità e delle tradizioni della comunità locale; d’altronde le scelte progettuali e le destinazioni d’uso dei siti (in particolare della Cittadella e di Marengo), per riflettere pienamente l’interesse pubblico, dovrebbero essere il più possibile conformi anche alle legittime aspirazioni della cittadinanza – espresse in questa fattispecie attraverso le Associazioni “La Cittadella 1728” e “Società Napolonica di Marengo”– nel senso ed al fine di preservare la memoria della storica presenza militare, a partire dai preesistenti e originarii insediamenti fortificati del Quartiere Borgoglio e della curtis di Marengo; solo così, infatti, verrebbe garantito anche il non meno importante diritto alla “propria” cultura, che in Normalmente negli statuti, tanto degli enti pubblici che dei soggetti privati da essi costituiti, è solo prevista la designazione o nomina (con varie forme e modalità) di rappresentanti, senza che siano codificate le forme di trasmissione degli indirizzi oppure di rendicontazione e verifica periodica dell’attività svolta. 431 Come si è detto supra, in tre diverse occasioni come rappresentante del Comune di Alessandria nel Comitato è stato indicato il suo Sindaco; da parte della Provincia si è invece sempre adottato, per lo meno, il criterio della nomina dell’assessore competente, che per il primo periodo era un c.d. “tecnico d’area”. Il problema dell’alterità dei nominati rispetto ai nominanti si è posto anche in altre situazioni, nello stesso periodo e nel contesto di altre ben più importanti nomine operate dagli enti locali alessandrini, ad esempio in seno agli organi gestionali delle fondazioni bancarie. 432 G. BARBERIS, op.cit., p. 31 (il corsivo è mio); questa sollecitazione per lungo tempo non ha trovato concreto riscontro negli atti degli stessi enti, benché Guido Barberis, personaggio universalmente stimato per la sua competenza specifica, fosse all’epoca dirigente della Provincia e amministratore prima del Comune di Alessandria e poi della Fondazione CR Alessandria, avendo in precedenza ricoperto gli incarichi di Direttore della ragioneria dei Comuni di Genova e Milano, oltre a collaborare con la Facoltà di Scienze Politiche dell’Ateneo genovese. 433 G. BERTI, op.cit., p. 20; la citazione è ripresa dallo stesso Ainis. 434 M. AINIS, L’intervento culturale, Promozione e libertà della cultura nel disegno costituzionale, Roma, 1988, p. 143; il corsivo è mio. 430 123 Massimo Carcione questo senso spetta ad ogni comunità autoctona, ad Alessandria come in ogni luogo del mondo. D’altronde, in una vicenda che si protrae da oltre quindici anni, su un tema che ha sempre suscitato la più grande attenzione presso l’opinione pubblica alessandrina, i molteplici interessi sono stati quasi sempre confliggenti, e non di rado e proprio per questo hanno determinato l’insorgere di critiche e polemiche, anche feroci: basti pensare ai cultori della storia e dell’architettura militare o agli ambientalisti, contrapposti idealmente e talvolta anche in concreto agli imprenditori e (veri o presunti) speculatori immobiliari o del sistema della grande distribuzione435. Malgrado ciò, o forse proprio per questo, i momenti di autentica trasparenza non sono stati molti: se infatti esaminiamo in questa prospettiva le iniziative dei diversi enti, intese a rendere chiaramente intellegibili gli intenti delle varie amministrazioni e dei singoli esponenti politici436, nel perseguimento di un interesse generale che dovrebbe come tale essere condiviso da tutti (o almeno dalla maggioranza dei cittadini), sono davvero poche e rare le iniziative che si possono classificare nelle categoria delle attività intese a garantire realmente trasparenza e partecipazione; quasi mai, inoltre, esse sono state originate da scelte autonome e predeterminate delle pubbliche amministrazioni, essendo piuttosto indotte dalle circostanze o indirettamente provocate da iniziative esterne. Analizzando in questa ottica la cronaca del decennio in esame, se si eccettua il pubblico annuncio dell’avvio delle ricerche da parte dei rappresentanti istituzionali in occasione dei primi convegni (2006-7), non c’è dubbio che sono stati i poco apprezzati Stati generali del Piemonte437 ad offrire, nell’ambito del convegno del 12-13 febbraio 1999, l’occasione e il supporto organizzativo (ed anche mediatico), per presentare per la prima volta al pubblico le linee guida sul recupero della Cittadella, appena studiate ed elaborate su incarico delle pubbliche amministrazioni locali. L’aspetto che merita di essere sottolineato, a questo proposito, è che per la prima volta in quell’occasione – e per la verità in poche altre circostanze438 – i rappresentanti degli Il riferimento non riguarda solo l’ipotesi teorica di realizzazione di centri commerciali nei bastioni della Cittadella, avanzata dal Politecnico nel suo Metaprogetto (che è stata alla base di tutte le più fondate critiche allo studio), ma va esteso alle ben più concrete procedure di recupero e riuso della c.d. “Opera di Valenza” attigua alla Cittadella, nonché di realizzazione di un grande centro commerciale nell’area dell’ex zuccherificio (bene a sua volta rilevante dal punto di vista della storia e dell’architettura industriale) di Marengo. 436 Al netto, ovviamente, di quanto reso noto ai cittadini in occasione delle numerose campagne elettorali che si sono svolte nel periodo in esame, come pure tramite ulteriori modalità di comunicazione prettamente propagandistica, quali interviste, comunicati, manifesti, ecc. 437 Promossi dal Consiglio Regionale del Piemonte, gli Stati Generali si sono svolti a partire dal 26 giugno 1996 e fino alla fine del 1999, con una serie di eventi, convegni e conferenze tenutisi dapprima a Torino e poi nei diversi capoluoghi di Provincia o in altre città significative del Piemonte come Ivrea; il comitato culturale era coordinato da Giuseppe De Rita, presidente del Censis e del Cnel, e composto dal filosofo Gianni Vattimo (responsabile area Identità), dall'economista Sergio Ricossa (Industria), dal costituzionalista Giorgio Lombardi (Istituzioni) e dal fisico Tullio Regge (Ambiente). L’intento dichiarato ad Alessandria, in occasione della conferenza svoltasi il 21-22 giugno 1998 nell’Aula Magna dell’ITIS “Volta”, dal presidente del Consiglio Regionale pro tempore era di dimostrare una nuova “capacità di fare governance, di attivare una “lobby positiva” fra le componenti attive della società piemontese per lo sviluppo delle potenzialità della nostra regione”. A dire il vero la “conferenza generalista” alessandrina non risulta aver prodotto, fatti salvi gli spunti sulla Cittadella, alcuna indicazioni utile per il territorio alessandrino: cfr. però l’introduzione di Sergio Deorsola, in G. FREIBURGER, op.cit., pp. 123-125. 438 Negli altri convegni e seminari, solitamente a carattere storico-architettonico (tanto che avessero intenti scientifici, oppure divulgativi) ci si è sempre limitati a ipotizzare destinazioni o utilizzi 435 124 Study case 439 Enti pubblici e dell’Amministrazione militare440 ressero pubbliche dichiarazioni circa la compatibilità delle ipotesi progettuali con gli effettivi vincoli giuridici ed economicogestionali. Se poi si considera che, pochi mesi dopo, tutti gli elaborati grafici del metaprogetto sono stati esposti in una mostra allestita nel Bastione S.Antonio (maggio 1999), che successivamente (2002) lo studio è stato pubblicato in un volume441 e messo per qualche mese a disposizione on-line, nel sito istituzionale della Provincia di Alessandria, è lecito dedurre che il principio generale di trasparenza dell’azione amministrativa è stato, almeno nella prima fase del procedimento, pienamente rispettato442. Analogamente è avvenuto per il successivo bando pubblico del concorso internazionale di idee che, dopo essere stato presentato e discusso nell’ambito delle commissioni consiliari (in seduta almeno teoricamente pubblica, anche se non molto pubblicizzata a tal fine), è stato pubblicato nel sito web della Provincia di Alessandria 443 insieme a tutti gli allegati tecnici; tra questi era stato incluso lo studio di fattibilità, che per molti mesi è risultato in questo modo liberamente consultabile e scaricabile, non solo da parte dei progettisti, ma da chiunque fosse interessato. A parte ciò, prima del 2008 i diversi soggetti pubblici coinvolti non hanno ritenuto di attivare ulteriori forme di coinvolgimento e partecipazione444, per non parlare di strumenti anche più incisivamente finalizzati all’effettiva e attiva partecipazione della cittadinanza alla definizione delle scelte, come ad esempio l’acquisizione formale di istanze e proposte, o l’indizione di un referendum consultivo. Alcune sollecitazione sono state della più disparata natura e finalità, senza alcuna disamina della relativa attuabilità e sostenibilità. 439 Ibidem, pp. 127-128 e 133-134; Da parte del Presidente della Provincia, ad esempio, era stato posto in evidenza che, fatte salve “le indispensabili verifiche di fattibilità e sostenibilità finanziaria”, l’ipotesi di una parziale destinazione museale ha già “ottenuto il risultato di sollecitare sul problema Cittadella l’interesse della Regione Piemonte, delle Soprintendenze piemontesi, dei diversi Direttori dei Musei, ma soprattutto del Ministero dei Beni Culturali e del Ministero della Difesa”; per parte sua il Presidente del Comitato Cittadella aveva sottolineato la necessità di “scandagliare seriamente i risvolti economici e di gestione, cioè quelli che richiedono di avere almeno un occhio alle rigide esigenze dei costi e del fatturato”, valutando “i rapporti con gli altri soggetti cointeressati e quelli con i possibili partners o competitori” nei confronti delle diverse destinazioni prefigurate. 440 Per voce del Comandante della Regione, secondo il quale “la possibilità che la Cittadella, non più funzionale alle esigenze dell’Esercito, sia ceduta, stante il suo valore storico-monumentale, al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali è, fuor di dubbio, un’ipotesi plausibile e perseguibile”, con l’auspicio che “la realizzazione della Cittadella dei musei avvenga in un’ottica unitaria di utilizzazione dell’attuale complesso, che ne salvaguardi la natura e che non infici l’impegno notevole sin qui posto in essere ai fini della sua conservazione” dal personale e dalle strutture militari: Ibidem, p. 129. 441 G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit. 442 Dunque la circostanza che nei mesi successivi siano state espresse, da parte di alcuni esponenti di associazioni locali, pesanti critiche e riserve, basate sul presupposto (assurdo e del tutto infondato) che il Politecnico preconizzasse la demolizione totale o parziale dei bastioni della Cittadella, non può certamente essere addebitata a scarsa comunicazione o trasparenza. 443 Solo a partire dal 2006 è stato realizzato un sito “semi-ufficiale” del Comitato per la Cittadella, tutt’ora consultabile all’indirizzo www.cittadelladialessadria.it, impostato in modo da rendere più facilmente reperibili e quindi accessibili a tutti non solo gli atti specifici del Comitato stesso, ma anche tutte le pagine web (quasi sempre introvabili) delle varie amministrazioni interessate alla vicenda Cittadella. 444 Quando l’Associazione ACSAL ha condotto e presentato la propria già citata indaginericerca (2003), il Presidente del Comitato e il Sindaco di Alessandria hanno solamente partecipato alla conferenza finale di presentazione dei risultati, avendo in precedenza dato riscontro positivo alla richiesta dell’Associazione di avere dal Segretario alcune informazioni e dati di carattere generale circa l’attività del Comitato stesso. 125 Massimo Carcione talora recepite da consiglieri comunali, di maggioranza e di opposizione, per essere poi riproposte istituzionalmente sotto forma di interpellanze, mozioni e ordini del giorno, ma sempre con scarso esito, se non fosse per la successiva divulgazione a mezzo stampa delle risposte, rese in forma scritta o in seduta445. Per avere un quadro chiaro ed esaustivo occorre, tuttavia, verificare se questo atteggiamento è effettivamente conforme anche alle norme a suo tempo poste in modo autonomo da statuti e regolamenti comunali e provinciali, adottati sulla base dell’art. 8 del TUEL, che oggi sono assurte al rango di fonti costituzionalmente garantite in virtù del secondo comma dell’art. 114 novellato: fermo restando che, alla luce della recente norma inserita all’art. 29, comma 2 bis, della l. 241/1990446, che definisce le norme concernenti la partecipazione come attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP)447, potrebbero essere poste in essere garanzie di trasparenza e partecipazione solo maggiori, rispetto a quelle già previste dal legislatore nazionale e regionale. Dunque in merito all’azione diretta dell’amministrazione che tra il 1997 e il 2006 ha svolto il ruolo di capofila del progetto (ospitando inoltre, all’interno dei propri uffici, la sede e la struttura amministrativa del Comitato), secondo l’articolo 3 comma 4 dello Statuto della Provincia di Alessandria, l’Ente “considera quali interlocutori indispensabili le associazioni democratiche e le formazioni sociali che operano all’interno della comunità provinciale, con una particolare attenzione a quelle che sono espressione del volontariato, con le quali si impegna a stringere rapporti di collaborazione decisivi per il conseguimento di importanti obiettivi sociali e culturali”. Per conseguire questo risultato è prevista l’organizzazione di “strumenti e mezzi idonei per rapporti corretti e permanenti con l’opinione pubblica, sia direttamente, sia attraverso gli organi di comunicazione, onde fornire la più ampia informazione sui propri programmi, decisioni e provvedimenti”. Quanto ai diversi ruoli svolti nella vicenda da Presidente, Assessore delegato, Giunta, Commissioni consiliari, Consiglio, dirigenti e funzionari dei diversi servizi, essi vanno letti alla luce dell’art. 3 ter, comma 2, in virtù del quale “le competenze degli organi, sia elettivi che di gestione, costituiscono esercizio della funzione di servizio della Provincia nei confronti della comunità”. Circa l’ipotesi, regolata dagli artt. 78 e seguenti, di referendum (che può essere consultivo, abrogativo e propositivo), riconosciuto quale “istituto di partecipazione dei cittadini su questioni attinenti l’attività amministrativa provinciale”, non appare di ostacolo assoluto il fatto che al comma 2 dell’art. 78, tra le materie escluse dall’applicazione di tale istituto in via consultiva, vi siano gli atti di pianificazione e di programmazione448, dal In questo modo sono diventate di pubblico dominio alcune notizie di generale interesse, data la straordinaria rilevanza del tema ai fini delle prospettive di sviluppo della città e del territorio; tuttavia si è trattato di modalità che certamente non garantivano (in virtù della prassi sovente adottata, anche in queste occasioni, di rinviare più volte la pubblica discussione) l’adeguata tempestività ed efficacia esplicativa. È inoltre singolare che certe notizie siano pervenute alle associazioni o alla stampa perché alcuni componenti delle associazioni stesse, facenti parte a vario titolo degli organi della Fondazione CR Alessandria o di altri soggetti pubblici o privati coinvolti nella vicenda, hanno potuto essere tempestivamente informati. 446 In seguito alla recente modifica operata dalla l. n. 69/2009. 447 Art. 117, comma 2, lettera m) Cost.; collegando questa recente disposizione all’inclusione tra i diritti culturali di un diritto alla partecipazione e informazione, in quanto finalizzato all’acquisizione di un’adeguata conoscenza, non si può non porsi anche la domanda se il riconoscimento della natura di LEP riferito a tale diritto culturale – come pure agli altri che sono più direttamente connessi all’ambito dell’istruzione – possa o meno estendersi anche ad altri diritti culturali. 448 Quanto al diritto di voto e alle materie possibile oggetto di consultazione, l’art. 78 comma 3 prevede che “non possono esser oggetto di referendum consultivo le seguenti materie: a) revisione e 445 126 Study case momento che nel nostro caso la consultazione popolare sarebbe stata eventualmente configurabile rispetto a uno specifico atto generale di indirizzo449, precedente rispetto alla redazione e formalizzazione di tali atti o delle loro opportune varianti. La partecipazione e l’accesso agli atti, regolati dagli artt. 82 e 83 (e il relativo regolamento, approvato con CDP n.120/61495 del 16 novembre 1998) non presentano novità o integrazioni rilevanti rispetto alla disciplina legislativa, mentre appare particolarmente incisivo l’articolo 84, che afferma e tutela un “Diritto di informazione” su tutti gli atti della Provincia, delle aziende speciali e delle istituzioni, che vengono dichiarati in linea di principio “pubblici, ad eccezione di quelli da considerarsi riservati per disposizione di legge”: affermazione che non può non risultare straordinariamente significativa e decisamente originale (in quanto adottata nell’esercizio dell’autonoma competenza normativa dell’ente locale) anche ai fini del più generale studio sui diritti culturali. La Provincia, al fine di “assicurare il massimo di conoscenza dei propri atti e di informazione sulle proprie iniziative ed attività”, è tenuta quindi a predisporre (rendendoli funzionali e utilizzabili in modo adeguato) i sistemi di notificazione e pubblicazione, lo sportello informativo URP450, oltre a “ogni mezzo di informazione e di comunicazione ritenuto più idoneo”, che deve ispirarsi a “criteri di chiarezza, correttezza, completezza e tempestività”. Vero è che non risulta siano mai state presentate, in merito alla vicenda di cui ci occupiamo (al di fuori delle procedure di appalto per la progettazione), richieste di accesso agli atti, proposte formali di integrazione dell’istruttoria, né tanto meno iniziative referendarie; è altrettanto innegabile, d’altronde, che a fronte di un preciso impegno statutariamente assunto a collaborare con interlocutori che sono, almeno in teoria, definiti come indispensabili, da parte dell’ente non sono state adottate specifiche iniziative di informazione, promozione o sollecitazione ai fini dell’adozione di tali iniziative, in modo da incanalare, su binari istituzionalizzati e democratici, contrarietà e perplessità che sono rimaste in tal modo confinate nel dibattito politico oppure a livello di opinione pubblica. È vero d’altronde che l’adozione di tali passaggi formali avrebbe comportato il “rischio” che eventuali indicazioni e indirizzi condivisi da parte della cittadinanza (nel rispetto delle forme di cui all’art. 81 dello Statuto) potessero diventare – come ad esempio per la scelta di una soluzione di carattere museale, che è sempre risultata molto gradita e condivisa – politicamente se non formalmente vincolanti451 nei confronti degli amministratori, i quali evidentemente non erano orientati a darvi seguito, pur non avendo sino ad oggi dimostrato di avere migliori idee in proposito. Quanto alle corrispondenti norme dello Statuto comunale, in particolare l’art. 4 comma 5 in materia di principio di partecipazione (cui si “informa” la condotta del Comune) e l’art. 12 in materia di referendum, esse appaiono sostanzialmente conformi a modifica dello Statuto, dei Regolamenti della Provincia e degli Statuti delle aziende speciali; b) disciplina delle stato giuridico ed economico del personale, assunzioni, dotazioni organiche; c) bilanci della Provincia e delle aziende speciali; d) atti di pianificazione e di programmazione; e) tributi locali, tariffe, contributi ed altre imposizioni; f) designazioni e nomine di rappresentanti”. 449 Secondo il secondo comma dell’art. 79, la proposta di referendum deve essere “espressa in modo chiaro ed intelligibile e deve contenere una sola questione”, di fronte alla quale il cittadino si deve poter esprimere in modo affermativo o negativo. 450 In base al comma 4 dell’art. 84 afferma che l’Ufficio di Relazioni con il Pubblico si pone lo scopo di “eliminare ogni barriera burocratica e consentire un agevole e sollecito accesso alle informazioni”, quindi non solo con riferimento alla formale procedura di accesso agli atti dell’ente. 451 Art. 81 comma 3 dello Statuto: “Il mancato accoglimento delle indicazioni referendarie deve essere adeguatamente motivato e, ove si tratti di materia di competenza del Consiglio, deliberato dalla maggioranza dei Consiglieri assegnati”. 127 Massimo Carcione quelle appena esaminate; va peraltro riconosciuto che sino ad oggi, almeno per la fase pubblica di definizione degli indirizzi politici e strategici, le procedure adottate dalla municipalità sono state – come abbiamo già avuto modo di vedere – assai più aperte e partecipative di quanto avvenuto in precedenza. Non si deve però trascurare, a proposito del rispetto delle norme statutarie degli Enti locali, il fatto che gran parte delle azioni in esame sono state realizzate attraverso il Comitato per la valorizzazione della Cittadella452, che era ed è (almeno formalmente) un soggetto giuridico di diritto privato: realtà che con tutta evidenza non rientra, quindi, tra quelle formalmente vincolate dai principi sopra esposti, essendo istituito ed operante ai sensi del Codice Civile. Anche se, per la verità, non si è mai comportato come tale, essendo costituito e finanziato da enti pubblici, oltre ad essere composto da pubblici amministratori che, almeno sino ad oggi, l’hanno sempre considerato e utilizzato come sede di confronto e concertazione, ma quasi mai come braccio operativo di natura civilistica. A riprova di ciò, si segnala che la più significativa occasione di presentazione e discussione pubblica ancora all’inizio d’opera era stata realizzata alla fine del 1998, allorché l’allora presidente del primo Comitato (informale) volle che si organizzasse a Palazzo Guasco una pubblica audizione, alla presenza di alcuni consulenti e componenti del Comitato stesso, dei diversi studiosi che si erano occupati o intendevano occuparsi della Cittadella453; l’iniziativa ha riscosso una buona partecipazione, anche da parte di numerosi e qualificati rappresentanti delle associazioni cittadine454. Se dunque, nei confronti delle garanzie, degli strumenti e delle procedure formali messe a disposizione sul piano normativo dalla l. n. 241/1990 e s.m.i. e dalle relative norme statutarie e regolamentari, la “società civile” ha dimostrato scarsa conoscenza e attitudine all’uso, o forse ha manifestato in questo modo una scarsa fiducia nell’effettiva possibilità di incidere con efficacia nelle fasi di scelta programmatoria455, si è invece potuta constatare la numerosa partecipazione e il forte coinvolgimento del pubblico in occasione dei molti convegni e conferenze promossi in Alessandria da parte di associazioni di rilevanza locale o nazionale, come Legambiente o Italia Nostra. Anche in questo caso si tratta evidentemente della garanzia di un diritto culturale, cioè della libertà che ciascuno ha di esprimere liberamente le proprie opinioni, la quale è stata resa concretamente esercitabile grazie alle associazioni promotrici e partecipanti456, ma anche perché le amministrazioni hanno, più o meno coscientemente e spontaneamente, in Sempre distinto da primo comitato informale, costituito con Delibera della Provincia e operante in seno ad essa come mero organismo di raccordo e rappresentanza di interessi. 453 Tra essi Anna Marotta, che aveva curato qualche anno prima lo “storico” volume sulla Cittadella della Cassa di Risparmio (op.cit.) e alcuni docenti universitari, di materie tanto umanistiche che scientifiche 454 l’iniziativa era stata promossa d’intesa con il Forum delle attività culturali, all’epoca istituito dall’Assessorato alla Cultura della Provincia: promosso con ottimistica lungimiranza e istituito in modo formale nel 1998 dall’Assessore alla Cultura pro tempore, lo scultore e matematico Marco Porta, il Forum era aperto a tutti coloro che, in forma individuale o associata, intendessero contribuire alla definizione degli indirizzi culturali dell’ente; l’organismo, strutturato in modo ben diverso (almeno nelle intenzioni) dalle consuete consulte, dopo avere lavorato con un certo entusiasmo per alcuni mesi sotto la presidenza di Guido Ratti dell’Università di Torino, ha poi perso progressivamente efficacia e incisività, anche a seguito degli avvicendamenti di assessori e dirigenti. 455 Il che, in effetti, è stato puntualmente dimostrato dagli esiti poco incoraggianti della Delibera comunale del maggio 2008, che pure era stata caratterizzata da un’ampia fase istruttoria particolarmente aperta e condivisa. 456 Le formazioni sociali sono state argutamente definite a questo proposito come “grandi cittadini”: cfr. G. BERTI, Diritto e Stato: riflessioni sul cambiamento, Padova, Cedam, 1986, p. 19. 452 128 Study case diversa forma e misura, sostenuto (attraverso il patrocinio, il finanziamento, la messa a disposizione di locali, l’intervento di esperti, la promozione, ecc.) la realizzazione di tali eventi o la successiva pubblicazione di atti e materiali divulgativi. Quanto all’individuazione dei soggetti legittimati ad agire a tutela di diritti o interessi culturali diffusi, si è già fatto cenno supra alla controversa questione della rappresentanza di tali diritti e interessi, in particolare nelle sedi giurisdizionali: problema che assume particolare e specifica rilevanza in tema di garanzia dei diritti culturali. Un puntuale riscontro a questo quadro normativo è giunto anche nel corso delle vicende in esame, allorché il Comune di Alessandria, in occasione del contenzioso amministrativo ante il TAR Piemonte, avverso la demolizione del ponte della Cittadella (già illustrato nel precedente capitolo)457, ha eccepito l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse in capo ai ricorrenti; rispetto a tale obiezione, il ricorso è stato dichiarato in parte inammissibile, limitatamente però alla sola impugnazione proposta dal Circolo E.R.I.C.A i due fiumi Onlus e dai signori Enzio Notti e Franco Borsalino. I due privati cittadini ricorrenti, risultavano infatti residenti in Alessandria (il primo nel centro cittadino e il secondo nel Borgo Cittadella) e dichiaravano di agire in giudizio a tutela del proprio interesse “a veder mantenuto un collegamento viario storico, riconosciuto di particolare interesse e di secolare funzionalità tra il centro ed il Borgo Cittadella”. A giudizio dei giudici, tale prospettazione non configura un interesse legittimo differenziato, ma un mero interesse semplice o di fatto, che non legittima i titolari a dispiegare autonoma impugnazione giurisdizionale, ma soltanto a proporre un intervento ad adiuvandum nel giudizio eventualmente promosso dal soggetto titolare di un interesse diretto nella controversia. Del pari carente di legittimazione ad agire è risultato il Circolo “E.R.I.C.A i due fiumi Onlus”, il quale dichiarava di agire quale delegato provinciale dell’Associazione Pro Natura458, senza però che fosse prodotto alcun documento comprovante l’esistenza di siffatta rappresentanza o di un’eventuale delega ad hoc. Ben maggiore interesse riveste però ai nostri fini la decisione circa la legittimazione ad agire dell’Associazione La Cittadella di Alessandria 1728, di cui la difesa comunale eccepiva la carenza dei necessari requisiti di rappresentatività. Infatti a giudizio dei giudici amministrativi “la ricorrente ha depositato in atti il proprio Statuto, da cui si evince con chiarezza l’esistenza di finalità coincidenti con la tutela delle emergenze monumentali del complesso della Cittadella di Alessandria; essa, inoltre, è certamente in possesso del requisito della vicinitas rispetto al bene che intende tutelare, avendo sede in Alessandria, ed è dotata di sufficiente stabilità, essendo stata costituita nel 1999”. Ciò dimostrerebbe, a giudizio del TAR Piemonte, che l’attività dell’Associazione riflette effettive esigenze collettive: dal che consegue l’affermazione che essa “è dotata di sufficiente rappresentatività rispetto all’interesse che intende proteggere”. Quanto alla ben più forte posizione di Italia Nostra, che infatti non è neppure contestata dal Comune, essa viene addirittura definita in sentenza come “notoriamente legittimata” ad agire in giudizio “non solo per la tutela di interessi ambientali in senso stretto, ma anche per quelli ambientali in senso lato, comprendenti cioè la conservazione e valorizzazione dei beni culturali”459. Sentenza n. 3272/2009, in data 5 novembre 2009. La sentenza (richiamando il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa ed in specifico, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 11 luglio 2001, n. 3878) ha escluso che l’articolazione territoriale di un’associazione ambientalistica nazionale possa ritenersi dotata di autonoma legittimazione processuale, anche nel caso in cui venga impugnato un provvedimento ad efficacia territorialmente delimitata. 459 Viene citata in questo caso la Sentenza del T.A.R. Emilia Romagna (Parma), in data 3 giugno 2008, n. 304. 457 458 129 Massimo Carcione Ancor più significativa è però la successiva considerazione (punto 2.3 in diritto), riguardante entrambe i soggetti ricorrenti, secondo la quale “le finalità statutarie delle associazioni impegnate nella salvaguardia dei beni culturali configurano la titolarità di un interesse morale alla decisione favorevole che trascende gli stessi effetti pratici della pronuncia giurisdizionale”, potendosi forse far risalire alla tutela di quel più generale diritto collettivo alla tutela per un verso del proprio patrimonio culturale e per altro verso della propria identità storica (locale), cui si è già fatto riferimento nel corso della trattazione e che proprio l’associazione degli “amici” della Cittadella ha sempre inteso rappresentare e difendere. Ben poco si può dire ancora in merito al ruolo svolto dalle OnG e dalle associazioni di volontariato, se non per le numerose e meritorie attività di studio, promozione e sensibilizzazione, con la sola rilevante eccezione di alcune estemporanee iniziative assunte (autonomamente o su incarico degli enti locali) in occasione e nel quadro di eventi e manifestazioni460. Certo è che tale scarsa incisività, in particolare ai fini dell’organizzazione di servizi qualificati, stabili ed efficaci (e non solo a costo limitato o nullo) per la prima valorizzazione e fruizione dei siti in questione, si è fatta molto sentire tanto a Marengo che in Cittadella; non è però possibile definire con sicurezza quanto ciò sia stato determinato dall’inadeguatezza delle strutture organizzative dei vari soggetti Onlus461, dalla scarsa e non appropriata formalizzazione di tali rapporti e delle relative garanzie (ad esempio assicurative) o infine, in ultima analisi, dalla scarsa fiducia reciproca tra “privato” e “pubblico”, o meglio tra “volontariato” e “politica”. g. Anomalie procedurali e scarso sostegno istituzionale alla candidatura UNESCO Malgrado l’input, contrassegnato da tutti i crismi della sussidiarietà e forse proprio per questo non troppo considerato, la procedura di candidatura della Cittadella è stata in realtà calata dall’alto462, prendendo avvio dal parere del Gruppo di Esperti ministeriali463; successivamente è stata formalizzata della Direzione Regionale del competente Ministero, che ha redatto in modo autonomo la scheda di pre-candidatura, tuttora presente nel sito ufficiale del World Heritage Center dell’UNESCO. Che non ci sia stata alcuna consultazione, neppure informale, tra gli uffici di Alle già ricordate iniziative, visite e manifestazioni organizzate in particolare dalla “Società Napoleonica di Marengo” e dall’Associazione “La Cittadella 1728”, si sono aggiunte in tempi recenti (su sollecitazione del Comune) le sempre più frequenti attività di visita guidata della fortezza, a cura delle sezioni locali dapprima di Italia Nostra e successivamente del FAI. 461 Peraltro le diverse associazioni sono state quasi sempre coinvolte singolarmente, invece che insieme e in sinergia tra loro. 462 Le notizie su questa prima fase (la meno procedimentalizzata) dell’iter di candidatura sono state direttamente e personalmente acquisite dal Responsabile dell’Ufficio UNESCO del Ministero, Arch. Manuel Guido. L’unico intervento degli amministratori locali risulterebbe essere avvenuto in occasione di un incontro tra il Ministro per i Beni culturali pro tempore e il Presidente della Provincia di Alessandria, se non fosse che l’iscrizione è avvenuta in un momento precedente: cfr. D. B RUNETTI (a cura di), Gli spazi della biblioteca e dell’archivio: piccoli e grandi progetti di buona conservazione (Atti della giornata di studi promossa dal Club UNESCO e dal Comune di Alessandria, 20 novembre 2007), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2009, p. 14. 463 Del suddetto Gruppo di lavoro faceva parte l’ex Soprintendente ai Beni Architettonici e poi Direttore Regionale del Piemonte, da sempre attento estimatore della Cittadella tanto da firmare la postfazione del già più volte citato e misconosciuto volume di Allemandi. 460 130 Study case Palazzo Chiablese e il Comitato Cittadella, lo si può evincere con chiarezza dalla piuttosto approssimativo enumerazione degli enti coinvolti nell’attività di valorizzazione (A 'Committee for the Protection of the Citadel has been appointed: it is made up of the Municipality, the 'Magistrate of the River Po' and the Ministry of Cultural Activities and Properties and it is presided over by the Province of Alessandria), tanto più che né il Ministero né l’AIPO, come si è visto, hanno mai fatto parte formalmente del Comitato464. Altro aspetto davvero sorprendente di una procedura amministrativa che avrebbe dovuto essere caratterizzata dalla più ampia condivisione e partecipazione della comunità locale, è stato costituito dalla mancanza di comunicazioni formali agli Enti, anche in seguito all’esito positivo della proposta del 1999. Malgrado il consenso e l’apprezzamento registratosi in seguito alla divulgazione della notizia, in città e non solo, la candidatura non ha tuttavia avuto sinora accesso alle fasi successive di considerazione e valutazione; di tutto ciò le amministrazioni e associazioni locali non hanno avuto sino ad oggi alcuna formale comunicazione e motivazione, né è stato mai chiesto loro di pronunciarsi in merito al procedimento. L’unica manifestazione formale di sostegno alla candidatura, dopo il 2006, è stata costituita dalla Deliberazione di indirizzi del Consiglio Comunale di Alessandria, che – avendo acquisito nel corso della formale consultazione una specifica osservazione propositiva in tal senso del Club UNESCO, fatta propria dal Presidente della Commissione Cultura – ha formalmente dato atto dell’inserimento della Cittadella in tentative list, affermando conseguentemente che “il progetto di valorizzazione della Cittadella può essere inserito organicamente nella procedura di candidatura alla lista del Patrimonio mondiale e potrà trovare sostegno in ulteriori iniziative di rilevanza nazionale e internazionale”. Sulla base di queste brevi considerazioni, dovrebbe risultare evidente che il presente studio è stato concepito e sviluppato anche nell’intento di individuare almeno in via teorica, per quanto possibile, per poi magari iniziare a precostituire (in forma di “parere” reso alle Amministrazioni coinvolte), alcune basi giuridico-amministrative necessarie per l’auspicabile realizzazione del dossier di candidatura del sito Cittadella-Marengo, nel momento in cui si ritenesse di chiedere al Ministero di dare ulteriore corso all’iter internazionale già avviato presso l’UNESCO. In alternativa, è già stata prospettata l’ipotesi che la realtà alessandrina si vada ad aggiungere a uno dei due siti “seriali” connessi, che sono già inseriti nella Lista del Patrimonio mondiale465, oppure che venga presentata la sua candidatura per l’inserimento nella nuova Lista creata recentemente presso l’UNESCO ai fini della protezione “rafforzata” dei beni culturali in caso di conflitto armato e nelle altre situazioni di rischio466. Proprio prendendo spunto dalla realtà delle Liste UNESCO, deve essere ancora posta in evidenza come criticità assai significativa (anche ai fini della concreta valorizzazione culturale e turistica del sito in esame), il perdurare di problemi e difficoltà nel dare efficace attuazione alle norme nazionali e regionali, ed anche agli indirizzi e ai progetti 464 A ciò si aggiunga l’enigmatico riferimento storico ”The victorious resistance of the Citadel during the Second War of Independence (1859) is a key-episode of the Italian Renaissance”, per non dire dell’assenza di ogni riferimento alla Battaglia di Marengo e alle tre fortezze minori. 465 Si fa riferimento, evidentemente, in primo luogo alle Residenze di Casa Savoia (per l’attinenza territoriale e storico-architettonica) o, in alternativa, al già citato Réseau Vauban francese, per l’analogia del sito e la comune ispirazione tecnico-progettuale; quest’ultima ipotesi era stata prospettata da Nicholas Faucherre, a conclusione del convegno internazionale “Fortezze. Guerra, valorizzazione, società, archeologia, gestione: nuovi approcci di studio e gestione del bene culturale militare” (Alessandria, 25-27 febbraio 2010). 466 Ai sensi del II Protocollo del 1999, addizionale alla Convenzione dell’Aja del 1954. 131 Massimo Carcione più volte adottati in modo formale dagli enti interessati, in materia di istituzione e gestione di una o più reti o sistemi – più o meno vasti, coerenti ed integrati – di beni e istituzioni culturali in tema storico-militare. A partire dall’itinerario dei luoghi della battaglia di Marengo (1997), per poi passare alla rete europea dei luoghi napoleonici (1999) o ai più recenti “Sentieri della libertà” (2005) e “Marengo, tra papa Ghislieri e Napoleone Bonaparte” (2010)467, cui si possono aggiungere i progettati sistemi museali cittadino e provinciale, la rete regionale “Abbonamento musei Torino Piemonte” e molte altre analoghe realtà, si è sempre trattato di iniziative e attività caratterizzate inizialmente da grandi sforzi organizzativi e promozionali, cui hanno fatto seguito nel corso degli anni sempre minori realizzazioni stabili e istituzionalizzate, ed infine un crescente e sostanziale oblio. 467 L’itinerario, presentato il 29 ottobre 2010 nella Sala del Consiglio comunale, e poi nell’aprile 2011 in un importante meeting organizzato a Santa Croce di Bosco Marengo (che ha visto anche la partecipazione dell’Assessore regionale al Turismo) e in una serie di seminari tecnici svolti in ambito europeo, presso i partners (Repubblica Ceca, Polonia, Germania Austria, Slovenia) del progetto UE Central Europe “Listen the voice of villages”, ha costituito il più efficace, finanziato e strutturato progetto di animazione e valorizzazione territoriale dell’area; coordinato dalla Società consortile LAMORO di Asti, ha visto la partecipazione attiva dell’ATL “Alexala” e degli esperti del Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato”, oltre che di numerose cooperative, associazioni locali e dei rispettivi Comuni. Ciò nonostante, appena concluso il progetto europeo (e i relativi finanziamenti), come già nelle precedenti occasioni le attività sono immediatamente cessate: cfr. www.lamoro.it/voiceofvillages.php e www.marchesimonferrato.com. 132 Study case POSTFAZIONE Mentre questa ricerca veniva elaborata, il dibattito sulla valorizzazione e nuova destinazione della Cittadella dopo la sua dismissione da parte dell’Esercito era giunto alla sua fase critica; proprio per questa ragione, essendosi scelto di fissare come deadline dell’analisi il 2009 (cioè appunto l’avvio della gestoine comunale dopo la fine della presenza militare), quasi nulla di tale dibattito è stato preso in considerazione e analizzato in questa sede. Viceversa, poiché la parte preliminare della ricerca – frutto del lungo e complesso lavoro di riordino dell’archivio del “Comitato per la Valorizzazione della Cittadella” – era stata già pubblicata on-line468 dall’Isral (2010) quale contributo alle iniziative per il 150° dell’Unità d’Italia, essa ha costituito una delle basi conoscitive per l’avvio della nuova fase; la sua presentazione, unitamente a quella dello studio condotto da C.Manganelli sulla Cittadella in età contemporanea, è avvenuta l’11 settembre 2010 in occasione della II Festa Provinciale dell'ANPI (sala convegni della Camera del Lavoro) con la conferenza “La Cittadella della Libertà - La cittadella di Alessandria tra Risorgimento e Resistenza“ 469. Una seconda occasione di confronto pubblico in corso d’opera, utile al fine di acquisire importanti elementi di conoscenza e valutazione ai fini del completamento del lavoro di ricerca, si era già avuta nell’ambito della III Settimana delle Autonomie locali 2010, in occasione della conferenza svoltasi in Prefettura il 4 maggio 2011 in occasione del 150° della costituzione dell’Esercito Italiano, che si era incentrato proprio sul delicato tema della valorizzazione dei beni demaniali470. A conclusione di questa ulteriore fase di un dibattito ormai quasi ventennale, nel settembre 2013 è stata presentata alla Camera dei Deputati l’interpellanza urgente (n. 200194)471 con cui alcuni Parlamentari hanno chiesto ai Ministri dell’economia e dei beni culturali se il Governo abbia intenzione di attivare il nuovo strumento, previsto dall’art. 27 del decreto-legge cosiddetto "Salva Italia" adottato dal Governo Monti nel dicembre 2011 e cioè lo strumento dei Puvat, in quanto previsti proprio per il recupero e la gestione degli immobili e siti storici demaniali a rischio di degrado. In secondo luogo, nell’interpellanza si chiedeva al Governo di valutare, a fini di promozione e sensibilizzazione, di inserire il sito storico della Cittadella e quanto rimane del campo trincerato di Alessandria, con i tre forti minori e l’attigua area della Battaglia di Marengo tra i siti candidati all’inserimento nel Patrimonio comune Europeo, nonché all’inserimento nella Lista istituita, nel 1999 presso l’UNESCO472, dei beni culturali oggetto di “protezione rafforzata”. 468 Alla pagina: www.isral.it/web/web/risorsedocumenti/150unitaitalia_carcione.pdf. Si veda il sito www.isral.it/web/web/storiedel900/_cittadella.htm 470 Al Seminario “Strutture ex-militari e c.d. federalismo demaniale”, patrocinato dall’Isral e dalla Società di Storia AA di Alessandria e introdotta dal Prefetto e dal Sindaco di Alessandria, erano intervenuti il Coordinatore del DRASD Renato Balduzzi, il Gen. Franco Cravarezza e gli studiosi C.Manganelli, G.Massobrio, E.Mongiano e G.Di Gaspare. 471 L’interpellanza (co-firmatari on. Balduzzi, Dellai e Galgano) è stata discussa nell’aula della Camera il 20 settembre: il resoconto stenografico del dibattito è disponibile nel sito istituzionale della Camera dei Deputati: http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/assemblea/html/sed0081/stenografico.htm. 472 In sede di dibattito parlamentare il Sottosegretario Toccafondi ha inoltre dichiarato che “Riguardo poi a quanto segnalato in merito al possibile inserimento del sito della Cittadella nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO, si conferma che, in ragione di una proposta sottoposta dalla regione Piemonte e dalla provincia di Alessandria, il Ministero ha provveduto all’iscrizione della Cittadella nella lista propositiva italiana il lo giugno 2006. L’auspicabile procedere dell’iter, tuttavia, richiederebbe la definizione di obiettivi di conservazione e di modalità di gestione, che potrebbero essere 469 133 Massimo Carcione A nome del Governo aveva risposto il Sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, il quale ha dichiarato tra l’altro che “il Ministero (per i Beni e le Attività culturali) ritiene pienamente condivisibile ed auspicabile l’opportunità di un esteso accordo istituzionale a sostegno di un complessivo progetto di recupero”. Come dichiarava nell’Aula della Camera, in sede di replica, il primo firmatario dell’interpellanza: “per rilanciare Alessandria, la collettività locale sa che quella città accanto alla città, che è la Cittadella, che è un bene unico non soltanto a livello italiano ma europeo, può essere uno dei punti di rilancio. Evidentemente, attorno a questo, la provincia e la regione Piemonte, e mi riferisco anche alla capacità proprio dell’associazionismo e del territorio che già dimostra una grande sensibilità (lo ha dimostrato a partire naturalmente dal FAI); credo che vi siano tutte le condizioni per far funzionare quello strumento che il legislatore dell’urgenza, nel dicembre del 2011, forgiò e che, più di altri strumenti, tiene insieme le esigenze di contenimento dei costi con quelle della crescita e dello sviluppo” 473. A seguito degli sviluppi registratisi nei giorni successivi, con l’annuncio da parte dell’Agenzia del Demanio di un bando pubblico di concessione pluriennale, gli stessi Parlamentari hanno presentato il 5 novembre 2013 una seconda interpellanza (n. 2/00279) con la quale si è chiesto in particolare al Ministro dell’Economia se tale ipotesi è “coerente con l’orientamento assunto dal Governo poche settimane fa in occasione della risposta all’interpellanza del 20 settembre u.s. e, in particolare, se tale ipotesi esclude, come sembra fare, l’impostazione di un percorso condiviso di valorizzazione incentrato sullo strumento dei PUVaT”. Quale che sia l’esito di questo ennesimo confronto tra livelli istituzionali, non è più possibile prescindere dalla constatazione che – riprendendo una recente dichiarazione pubblica di Renato Balduzzi474 – “la Cittadella rappresenta per Alessandria il simbolo identificativo forse più caro alla comunità, costituendo inoltre un complesso monumentale con caratteristiche storiche e architettoniche che ne hanno consentito la candidatura (non andata a buon fine) all’inserimento tra i beni patrimonio dell’umanità tutelati dall’UNESCO. Eppure, al tempo stesso, si tratta di un bene sul quale da anni, almeno a partire dalla dismissione da parte dell’Esercito e dal passaggio di proprietà al Demanio, non si riesce a trovare un percorso condiviso, sostenibile e realizzabile per il suo futuro”. Per questa ragione gli alessandrini, nonostante la difficile situazione del bilancio comunale e il conseguente dissesto finanziario, da tempo stanno interrogandosi su tutto ciò che può favorire il rilancio della città: sotto questo profilo, tuttavia, “la questione Cittadella ha dimensioni di importanza e di intervento che vanno ben oltre le possibilità della singola collettività locale” e proprio per questa ragione “serve un progetto ultralocale e nazionale, in quanto le caratteristiche del sito e dell’immobile sono ultralocali e nazionali” 475. agevolmente definiti nel quadro dell’accordo istituzionale di cui sopra si è riferito. 473 Qualche giorno dopo, il 21 ottobre 2013, l’on. Ilaria Borletti Buitoni, Sottosegretario ai Beni e alle Attività culturali (Governo Letta), ha visitato il complesso monumentale, apprezzandone lo straordinario valore storico, culturale ed architettonico, nonché constatando l’assoluta urgenza di interventi di conservazione. In questa occasione, il sottosegretario richiamava la posizione espressa dal Governo nella risposta all’interpellanza del 20 settembre, confermando la positiva disponibilità del MiBAC a dare concretezza al percorso proposto dall’on. Renato Balduzzi e incentrato sulla formazione di un PUVaT sulla Cittadella. 474 Rilasciata in seguito al partecipato dibattito pubblico, svoltosi presso l’ACSAL il 2 settembre 2013, con la relazione introduttiva di Massimo Carcione, i contributi di Gianfranco Cuttica di Revigliasco, Marcello Ferralasco, Dario Fornaro, Roberto Livraghi e Giulio Massobrio, e le conclusioni dello stesso on. Renato Balduzzi. 475 Intervista al giornale on-line “Alessandria News” del 4 settembre 2013, disponibile in formato 134 Study case BIBLIOGRAFIA AA.VV., Una Cittadella ritrovata, in Imprese Nord Ovest, (21) luglio 2010 (numero monografico) AA.VV, La Cittadella di Alessandria: un bene tra presente e futuro, Centro Servizi Volontariato Provincia di Alessandria, Italia Nostra, 2004 BAGDADLI S., Il Museo come azienda. Management e organizzazione al servizio della cultura, ETAS, Milano 1997, pp. 223 (capp. 3 e 5) BERTA M., La cittadella di Alessandria : ipotesi per il riuso di una struttura militare settecentesca, (tesi di laurea), relatore Domenico Bagliani, correlatori: Giuseppe Varaldo, Augusto Sistri , Torino, Politecnico, 1999 BOIDI S., Recupero della Cittadella e sviluppo della città, in AA.VV. La Cittadella di Alessandria. 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Planimetria generale con ipotesi di riuso degli edifici, tratta dal Metaprogetto del Politecnico di Torino (1999) 5. Vista zenitale della Cittadella prima della demolizione del ponte (estate 2010) 6. Veduta aerea del sito storico Cittadella-Marengo agli inizi del XXI sec. 7. Itinerario “Marengo, tra papa Ghislieri e Napoleone Bonaparte” (2011) 137 Massimo Carcione 138 Study case 139 Massimo Carcione 140 Study case 141 Massimo Carcione 142 Study case 143 Massimo Carcione 144 Recent working papers The complete list of working papers is can be found at http://polis.unipmn.it/index.php?cosa=ricerca,polis *Economics Series Q **Political Theory and Law ε Al.Ex Series Quaderni CIVIS 2013 n.211** Massimo Carcione: La garanzia dei diritti culturali: Recepimento delle norme internazionali, sussidarietà e sistema dei servizi alla cultura . 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Presbitero: Public debt and economic growth: Is there a causal effect? 2012 n.197ε Matteo Migheli, Guido Ortona and Ferruccio Ponzano: Competition among parties and power: An empirical analysis 2012 n.196* Roberto Bombana and Carla Marchese: Designing Fees for Music Copyright Holders in Radio Services 2012 n.195* Roberto Ippoliti and Greta Falavigna: Pharmaceutical clinical research and regulation: an impact evaluation of public policy 2011 n.194* Elisa Rebessi: Diffusione dei luoghi di culto islamici e gestione delle conflittualità. La moschea di via Urbino a Torino come studio di caso 2011 n.193* Laura Priore: Il consumo di carne halal nei paesi europei: caratteristiche e trasformazioni in atto 2011 n.192** Maurilio Guasco: L'emergere di una coscienza civile e sociale negli anni dell'Unita' d'Italia 2011 n.191* Melania Verde and Magalì Fia: Le risorse finanziarie e cognitive del sistema universitario italiano. Uno sguardo d'insieme 2011 n.190ε Gianna Lotito, Matteo Migheli and Guido Ortona: Is cooperation instinctive? Evidence from the response times in a Public Goods Game 2011 n.189** Joerg Luther: Fundamental rights in Italy: Revised contributions 2009 for “Fundamental rights in Europe and Northern America” (DFG-Research A. Weber, Univers. Osnabrueck) 2011 n.188ε Gianna Lotito, Matteo Migheli and Guido Ortona: An experimental inquiry into the nature of relational goods 2011 n.187* Greta Falavigna and Roberto Ippoliti: Data Envelopment Analysis e sistemi sanitari regionali italiani 2011 n.186* Angela Fraschini: Saracco e i problemi finanziari del Regno d'Italia