ISSN: 2038-7296
POLIS Working Papers
[Online]
Istituto di Politiche Pubbliche e Scelte Collettive – POLIS
Institute of Public Policy and Public Choice – POLIS
POLIS Working Papers n. 211
December 2013
La garanzia dei diritti culturali:
Recepimento delle norme internazionali,
sussidarietà e sistema dei servizi alla cultura
Case study: La valorizzazione della Cittadella
di Alessandria e del sito storico di Marengo
Massimo Carcione
UNIVERSITA’ DEL PIEMONTE ORIENTALE “Amedeo Avogadro” ALESSANDRIA
Periodico mensile on-line "POLIS Working Papers" - Iscrizione n.591 del 12/05/2006 - Tribunale di Alessandria
Università del Piemonte Orientale
Amedeo Avogadro
Dipartimento di Giurisprudenza
e Scienze Politiche, Economiche e Sociali
Tesi di dottorato
nel
Corso di Dottorato di Ricerca in
Autonomie locali, Servizi pubblici
e Diritti di cittadinanza
(XXIV Ciclo)
Coordinatore:
prof. Renato Balduzzi
Titolo:
LA GARANZIA DEI DIRITTI CULTURALI:
RECEPIMENTO DELLE NORME INTERNAZIONALI, SUSSIDIARIETÀ E SISTEMA DEI
SERVIZI ALLA CULTURA.
Case Study:
LA VALORIZZAZIONE DELLA CITTADELLA DI ALESSANDRIA
E DEL SITO STORICO DI MARENGO.
Tutor
prof. Luca Geninatti Saté
Dottorando
dott. Massimo Carcione
Massimo Carcione
Indice
INTRODUZIONE........................................................................................................p. 4
a. Indicazioni metodologiche
1. Ricerca applicata a un caso emblematico
2. Normativa applicata al caso concreto
3. Approccio interdisciplinare
b. I siti ex-militari
1. Un tema di rilevanza internazionale
2. Casi di raffronto
c. I prodromi: vicende militari tra Borgoglio e Marengo
1. Precedenti storici del processo di valorizzazione
2. Dall’altra parte della città: l’esperienza di valorizzazione del sito di Marengo
2. IL SITO MONUMENTALE E IL PROBLEMA
DEL SUO RECUPERO..........................................................................................p. 24
a. Rilevanza
1. Bene vincolato. monumento nazionale
2. Il riferimento alla storia politica e militare nazionale
3. Patrimonio culturale europeo, patrimonio dell’Umanità
b. Status giuridico
1. Demanialità
2. Statuto urbanistico
3. Individuazione dell’ente capofila del progetto
4. Proprietà, disponibilità e custodia
c. Vicende conseguenti alla smilitarizzazione
1. Il tentativo di individuare alcuni indirizzi programmatici
2. Il Comitato per la valorizzazione
d. La candidatura alla Lista del Patrimonio mondiale
1. I promotori dell’iniziativa
2. A che serve l’inserimento nella tentative list italiana?
3. L’utilità del dossier: uno schema di lavoro
3. COMPETENZE, LIVELLI E STRUMENTI
DELLE SCELTE ....................................................................................................p. 59
a. Procedimenti amministrativi e buon andamento
1. Programmazione e relazioni interistituzionali
2. Studio e ricerca
3. Interventi strutturali
4. Istituzioni museali e culturali
5. Attività promozionali e turistiche
b. Le intese tra enti
2
Study case
c.
d.
e.
f.
La fase di studio
La progettazione incompiuta
La funzione catalizzatrice dell’istituzione museale
Ruolo delle amministrazioni regionali e statali
1. Regione Piemonte e Finpiemonte
2. Ministero della Difesa e Esercito Italiano
3. Ministero degli Interni e Prefettura
4. Magistrato per il Po-AIPO
5. Ministero dell’Economia e Agenzia del Demanio
6. Ministero per i Beni culturali, Arcus e uffici periferici
g. Il contributo della giurisprudenza amministrativa
1. Le sentenze sul concorso di idee
2. La sentenza sulla demolizione del “Ponte Cittadella”
4. CRITICITÀ RILEVATE.......................................................................................p. 107
a. Indirizzi politici tardivi e non basati sulla ricerca
1. Gli atti di indirizzo e i loro fondamenti cognitivi
2. Le attività conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale
b. “Fallimento” della tutela e valorizzazione non finalizzata alla fruizione
c. Mancata individuazione di priorità e obiettivi
d. Accordo di programma non obbligatorio
e. Scarsa autonomia del soggetto gestore e dei suoi amministratori
f. Scarsa partecipazione della cittadinanza e difficile rappresentanza dei diritti
culturali in sede giurisdizionale
g. Anomalie procedurali e scarso sostegno istituzionale alla candidatura
UNESCO
POSTFAZIONE…………………………………………………………….... p.133
BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................p. 135
TAVOLE.............................................................................................................................p. 137
3
Massimo Carcione
1. INTRODUZIONE
a.
Indicazioni metodologiche
1.
Ricerca applicata a un caso emblematico
Si è scelto di affrontare il caso della Cittadella di Alessandria e dei luoghi storici ad
essa connessi, in primo luogo in quanto si tratta di una fattispecie che presenta allo
studioso (e che ha posto agli amministratori) praticamente tutte le problematiche, sia in
termini normativi e amministrativi, che organizzativi e finanziari, che caratterizzano
situazioni ben più note e analizzate a livello scientifico e pubblicistico.
Il riferimento più immediato e significativo è ovviamente costituito dalla non
lontana Reggia di Venaria Reale, che con le altre Residenze Sabaude torinesi è stata oggetto
di un ampio programma e di molteplici progetti finalizzati alla realizzazione di interventi di
recupero e restauro, oltre che del successivo avvio di interventi di valorizzazione e gestione,
del tutto analoghi e assimilabili (per natura ed entità) a quelli di cui ci occuperemo.
Dovrebbe essere noto, e comunque si pone sin d’ora in evidenza il fatto che, pur essendosi
verificate nello stesso periodo, nella stessa regione (e quindi esattamente con lo stesso
quadro normativo e amministrativo nazionale e locale) ed anche con gli stessi attori
pubblici e privati1, le due vicende hanno avuto – almeno sino ad oggi – esiti formali e
sostanziali alquanto differenti.
In secondo luogo, è interessante considerare il fatto che la Cittadella e Marengo si
collocano in un contesto piuttosto originale dal punto vista geografico e socio-economico2;
si tratta inoltre di una situazione nella quale sono già state sperimentate, nel corso di circa
un ventennio, gran parte delle ormai diffuse e collaudate procedure di valorizzazione
“leggera” (eventi, mostre, spettacoli, visite guidate, con le relative iniziative promozionali e
di comunicazione) senza tuttavia raggiungere risultati apprezzabili in termini di soluzione
duratura – se non definitiva – dei problemi di recupero dei siti storici e di loro
“sfruttamento” come volani di sviluppo economico. Può quindi essere utile tentare di
verificare se non l’efficacia e l’efficienza (il che richiederebbe un’analisi di tipo gestionale e
sociologico), quanto meno la correttezza e legittimità formale, oltre che di merito, delle
molte iniziative già realizzate o avviate in questa prima fase.
Nel contempo, occorre porre sin d’ora in rilievo che nel contesto alessandrino non
Come vedremo infra, anche la struttura tecnica incaricata di realizzare lo studio di fattibilità e di
svolgere le funzioni di backoffice è la stessa (Finpiemonte).
1
2 La città di Alessandria costituisce un esempio significativo, non essendo certo una realtà
metropolitana, al di là della retorica del “triangolo industriale” (Torino-Milano-Genova); tuttavia,
collocandosi al centro e in posizione equidistante da tre delle aree oggetto della possibile istituzione di
Città metropolitane, può attrarre rilevanti flussi di utenza non locale, pur senza poter contare su i relativi
vantaggi in termini di notorietà, di infrastrutture e con un bacino di utenza locale che resta alquanto
limitato. Si i tratta infatti di un’area (includendo anche le zone di Valenza, Novi Ligure, Ovada e
l’Oltrepò pavese) a scarsa vocazione turistico-culturale, almeno nel senso più consueto del termine;
anche realtà più note e strutturate in tal senso, come Acqui Terme, Casale Monferrato o la non lontana
Asti, non sono state ad oggi oggetto di rilevanti dinamiche di valorizzazione quali quelle che hanno
invece interessato in misura significative le Langhe, il distretto dei Laghi e le “valli olimpiche”. Cfr. il
rapporto annuale dell’Osservatorio culturale del Piemonte in: www.ires.piemonte.it/ocp.
4
Study case
si sono ad oggi adottati le metodologie procedimentali e gli strumenti giuridici – che pure
erano ben conosciuti, essendo stati collaudati proprio a partire dall’esperienza torinese –
concepiti a partire dagli anni ‘90 al fine di realizzare in modo stabile e organizzato la leale
collaborazione tra tutti i livelli istituzionali locali, regionali, nazionali ed anche
internazionali.
I relativi parametri di riferimento sono costituiti, come noto, in primo luogo dalle
norme sul procedimento amministrativo di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241, quindi dalla
seconda parte del Codice dei Beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i., d’ora in
avanti “Codice”)3, ma soprattutto dai principi costituzionali di imparzialità, buon
andamento (art. 97), sussidiarietà ed anche di adeguatezza e differenziazione (art. 118), sul
condivisibile presupposto di “un buon andamento non legato soltanto al merito degli atti,
ma alla congruità della attività amministrativa rispetto agli obiettivi perseguiti, ossia – in
sostanza – alla congruità della spesa pubblica” 4.
Il caso viene infine considerato anche come un’interessante opportunità per
“testare” sul medio periodo (trattandosi di una situazione che si è già protratta per oltre
quindici anni) l’effettivo grado di attuazione delle norme in materia di trasparenza e
partecipazione ai procedimenti amministrativi in materia di tutela e valorizzazione del
patrimonio culturale e paesaggistico, e più in generale per analizzare nel concreto i rapporti
tra P.A. e cittadinanza, nel complesso e fondamentale ambito dell’accesso alla cultura e alla
conoscenza.
2.
Normativa applicata al caso concreto
Il caso della Cittadella di Alessandria si pone in modo del tutto coerente nel quadro
delle nuove politiche di promozione dello sviluppo del territorio, che ormai da anni in
Piemonte e in Italia (ma anche, più in generale, in vaste aree del continente europeo)
includono e anzi privilegiano le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e
paesaggistico, inserendole quindi nel più vasto quadro normativo e amministrativo che va
dalla programmazione e pianificazione strategica, alle politiche del lavoro, della formazione,
dei trasporti o turistiche.
Per generale opinione, infatti, la cultura e il “vero” turismo (cioè quello appunto
con finalità culturali) saranno sempre di più, negli anni a venire, fattori strategici per uno
sviluppo compatibile, sostenibile e duraturo dell’Italia5: su questo tema la letteratura è già
vastissima, nell’ottica delle molte discipline – diritto, economia e marketing, scienze sociali,
scienze della conservazione e della comunicazione (più o meno correlate e coerenti tra loro)
– che già da tempo interagiscono e si confrontano con le materie storico-artistiche in
“Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 Legge 6 luglio 2002, n. 137”,
comunemente definito anche “Codice Urbani”; le modifiche sono intervenute con d. lgs. 24 marzo 2006,
n. 156 e d. lgs. 24 marzo 2006, n. 157, nonché con d. lgs. 26 marzo 2008, n. 62 e n. 63.
4 G.C. DE MARTIN, Disciplina dei controlli e principi di buon andamento, in Convegno di Studi
Amministrativi, I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale (Varenna, 21-23 settembre
2006), www.astrid-on-line.it, p. 2. Si veda anche U. ALLEGRETTI, Imparzialità e buon andamento della
pubblica amministrazione, in Dig. Disc. Pubbl., VIII, Torino, 1993 p. 134., sulla c.d. “amministrazione
di risultato” cfr. M. CAMMELLI, Amministrazione di risultato, in M. IMMORDINO, A. POLICE (a cura di),
Principio di legalità e amministrazione di risultato, Torino, Giappichelli, 2004; F. LOGIUDICE, "Buon
andamento" e "risultato": parametri dell’azione amministrativa, in www.altalex.com.
5 Per A. CROSETTI, D. VAIANO, Beni culturali e paesaggistici, Torino, Giappichelli, 2009, p. 123, nel
definire la cultura come “settore strategico per lo sviluppo economico del Paese”, non è mai stato
chiarito con precisione cosa ciò volesse significare in concreto.
3
5
Massimo Carcione
questo nuovo e stimolante ambito. Come si potrà constatare, l’iter di una vicenda così
lunga e complessa ha consentito di attivare e mettere alla prova. nella loro concreta
attuazione di medio-lungo periodo, praticamente tutti gli strumenti istituzionali,
amministrativi e gestionali che da qualche anno regolano le grandi scelte di politica culturale
di un territorio.
Occorre premettere che, in questa ricerca, la cultura non viene intesa, come è
tradizione secolare in Italia, soltanto nel classico senso storico-estetico – che privilegia
discipline come l’archeologia, l’architettura, la storia dell’arte o la letteratura, come avviene
di prassi in quasi tutte le istituzioni culturali, come pure negli Assessorati alla Cultura, nelle
Soprintendenze e nello stesso Ministero – ma viene considerata in modo assai più ampio,
facendo dunque riferimento al concetto di conoscenza.
Così temi come la cultura civica e giuridica, la cultura economica e tecnica, la
cultura ambientale e scientifica, la cultura socio-sanitaria e della solidarietà, per arrivare
infine (nello spirito della carta fondativa dell’UNESCO) alla cultura del dialogo e della pace,
possono e debbono essere posti al centro dell’attenzione di tutti i servizi culturali, non solo di
quelli finalizzati alla diretta fruizione del patrimonio culturale nelle sue diverse forme e
articolazioni, ma anche di quelli più generalmente finalizzati alla promozione della
conoscenza, e con essa del progresso civile, economico, sociale e più in generale della libera
circolazione delle idee e delle opinioni.
Dunque nell’affrontare questo tema non ci si limiterà, come spesso ancora avviene
nei manuali, trattati e saggi in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali, a
considerare solo la legge e l’organizzazione statale – oggi regolate principalmente dal
Codice – ma si prenderanno in considerazione anche tutti gli altri livelli istituzionali, con le
relative fonti normative (dalle convenzioni internazionali, alle norme comunitarie, dalla
legislazione regionale sino alle norme statutarie e regolamentari degli enti locali e
funzionali), nell’intento di meglio definire tutti i diversi argomenti che devono essere
analizzati al fine di comporre un quadro esaustivo degli istituti e delle fattispecie che
costituiscono l’oggetto del “Diritto della Cultura”; sarà comunque dedicata prioritaria
attenzione agli aspetti più propriamente amministrativi e procedurali, nel senso più ampio
del termine, includendo quindi l’indirizzo politico e il controllo, anche di merito e
giurisdizionale6.
L’esperienza dimostra che i diversi istituti e strumenti giuridici di diritto pubblico e
privato, finalizzati alla gestione del patrimonio culturale e dei relativi servizi di
conservazione, valorizzazione e fruizione, nell’attività politica e amministrativa concreta,
vengono scelti e adottati più sulla base di “mode” o di tendenze soggettive degli
amministratori pubblici e dei loro interlocutori privati che di una seria valutazione
comparativa di vantaggi e svantaggi istituzionali, giuridici, economici o fiscali7; in tal modo
ne viene messa però in discussione – e sovente a rischio – non soltanto la funzionalità e
6 Secondo A. PIZZORUSSO, Diritto della cultura e principi costituzionali, in Quaderni costituzionali, XX
(2), agosto 2000, p. 331, oltre alle più generali questioni sullo stato di cultura, la politica della
cultura/culturale, le problematiche relative al sistema delle telecomunicazioni e alla tutela delle lingue
minoritarie, l’analisi dovrebbe rivolgersi allo studio dei soggetti pubblici e privati destinatari delle norme,
alla competenza relativa e ai controlli cui sono sottoposti, oltre che al regime giuridico dei beni culturali
ed infine “all’individuazione delle procedure mediante le quali gli obiettivi propri del diritto della cultura
possono essere perseguiti”.
7 In questo senso è davvero utile ed esemplare, il documento realizzato dal Ministero per i Beni
e le Attività culturali, con riferimento alla realizzazione dei piani di gestione dei siti candidati o dichiarati
Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO: cfr. Progetto di definizione di un modello per la realizzazione dei Piani di
Gestione dei siti UNESCO, cit., pp. 164-169.
6
Study case
sostenibilità, ma soprattutto l’autonomia culturale e scientifica.
Analoga considerazione può essere fatta con riferimento al “secondo livello” della
valorizzazione e gestione del patrimonio, che da tempo viene teorizzato come realizzabile
in modo ottimale solo attivando e sviluppando reti o sistemi, i quali però si sono sino ad
oggi rivelati – alla prova dei fatti – più che altro dei meri circuiti promozionali o di relazioni
istituzionali e tecnico-scientifiche, poco strutturati e ancor meno regolati sul piano giuridico
e amministrativo, pur avendo sovente comportato costi rilevanti a fronte di non adeguati
benefici, in termini di qualità dei servizi e di economia di scala.
Fermo restando l’approccio metodologico giuspositivistico, sarà pertanto prestata
particolare attenzione alla realtà applicativa, così come la si può riscontrare operativamente
nell’ambito di procedure e provvedimenti della Pubblica Amministrazione, specialmente al
livello degli enti locali, cercando tuttavia di non scadere in alcuni eccessi tipici del realismo
giuridico di matrice sociologica8.
3.
Approccio interdisciplinare
Il “Diritto della Cultura”9 non è ancora considerato in ambito giuspubblicistico
quale disciplina autonoma e organica, come sarebbe forse auspicabile al fine di conferire
alla materia un’attenzione scientifica e didattica consona all’importanza e all’entità delle
attività amministrative e delle risorse finanziarie (imponenti soprattutto nelle Regioni a
forte vocazione turistico-culturale), che vengono messe in campo dai diversi attori
istituzionali comunitari, nazionali e locali, tanto pubblici che privati.
Per questo, per tentare di definire secondo le tradizionali ed attuali concezioni
epistemiologiche un quadro completo delle diverse discipline che devono essere
considerate in questa ricerca, occorre preliminarmente considerare che questo lavoro è
basato su un approccio pluri ed interdisciplinare, dal momento che fa riferimento in prima
approssimazione alle seguenti discipline speciali:
- la Legislazione dei Beni culturali, materia che tradizionalmente ha come fulcro di attenzione
la normativa vigente a livello nazionale;
- il Diritto regionale, che in ambito culturale comporta ormai da tempo un esame
approfondito e sistematico delle rilevanti differenze legislative e organizzative tra
Regione e Regione;
- il Diritto degli enti locali, che attiene all’organizzazione e alle modalità di esercizio delle
funzioni e dei diversi servizi culturali da parte degli enti territoriali.
Saranno inoltre utilizzati, seppure in modo meno ampio e diretto, anche fonti, testi
e materiali attinenti a diverse discipline di carattere generale:
- la Storia del Diritto, con particolare riferimento alla storia politica e amministrativa in
ambito locale10;
8 Le correnti «realiste» sono quelle che attribuiscono maggiore rilevanza ai fatti, ai concreti rapporti sociali e, quindi, alle norme effettive, per cui includono nelle fonti del diritto anche le consuetudini
sociali, gli interessi diffusi ecc. cfr. G. TARELLO, s.v. Realismo giuridico, in Novissimo Digesto Italiano, Torino,
UTET, 1959, p. 933.
9 Per A. PIZZORUSSO, op.cit., p. 317, si deve intendere come tale “quella parte del diritto
amministrativo che disciplina le attività svolte dai pubblici poteri, sia per favorire l’educazione artistica e
scientifica dei cittadini, sia per disciplinare le attività dei privati che rientrano in questo settore
dell’attività dell’uomo e che sono generalmente considerate esercizio di corrispondenti libertà”.
10 Condividendo quanto rilevano a tal proposito P. CARETTI, U. DE SIERVO, op.cit., p. 21, che
soprattutto nello studio del diritto pubblico occorre “una continua attenzione alla dimensione storica dei
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Massimo Carcione
- il Diritto internazionale, nelle sue molteplici e strette relazioni con l’ordinamento nazionale
e comunitario;
- il Diritto Costituzionale, con riferimento alla garanzia dei principi fondamentali e dei singoli
diritti dei cittadini in ambito culturale;
- il Diritto Amministrativo generale, specialmente per quanto concerne la normativa in
materia di trasparenza, accesso e partecipazione al procedimento amministrativo;
- il Diritto Privato, per alcune limitate fattispecie, relative alla natura dei soggetti gestori dei
servizi culturali.
Infine verranno prese in considerazione, per completezza della trattazione
specialmente del caso di studio (ed anche per una personale convinzione tratta
dall’esperienza professionale e scientifica), alcune specifiche questioni che rientrano
nell’ambito di interesse di una disciplina generale che sta tra il giuridico, l’economico e il
sociologico, rispondendo all’ampia definizione di Scienza dell’amministrazione, declinata in
questo caso con particolare riferimento al settore turistico-culturale11.
b.
Il recupero dei siti ex-militari
1.
Un tema di rilevanza internazionale
Numerose fortificazioni e altri siti ex-militari sono inseriti all’interno della World
Heritage List istituita presso l’UNESCO – sulla quale si tornerà ampiamente infra – anche se
nelle denominazioni degli oltre ottocento siti iscritti non compare mai il termine
« militare »; sono decine le città e le località murate o fortificate, senza considerare le
vestigia più antiche12.
Ma molti siti oggi proclamati “Patrimonio dell’Umanità” sono stati ancora utilizzati
fino a pochi anni fa dagli eserciti, oppure lo sono tutt’ora: basti pensare ai clamorosi casi
italiani della Venaria Reale, del Castello di Moncalieri e dalla Reggia di Caserta. Ciò non
toglie che essi siano stati per quanto possibile rispettati e protetti, e in non pochi casi anche
restaurati e valorizzati, dalla stessa amministrazione militare, che “pur accettando di buon
grado un ruolo di tutore, per conto della Nazione, del proprio vastissimo patrimonio di
singoli istituti esaminati, la quale risulta fondamentale per coglierne a pieno il reale significato”.
11 Cfr. A. LIPPI, M. MORISI, Scienza dell’Amministrazione, Bologna, Il Mulino, 2005; la Facoltà di
Scienze Politiche dell’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro” ha inserito da alcuni anni nel
programma dei curricula in Scienze politiche, economiche, sociali e dell’amministrazione, ad indirizzo culturale e
turistico, alcuni Corsi con denominazioni che si rifanno all’Organizzazione e alle Politiche della cultura,
dell’ambiente e del turismo, includendovi volta per volta anche lo studio della legislazione internazionale,
nazionale e regionale dei beni culturali o del turismo; tali insegnamenti, nel corso degli anni accademici
tra il 2001 e il 2009, sono stati affidati (a contratto) all’estensore della presente ricerca: cfr.
www.sp.unipmn.it.
12 Basti pensare per esempio alla rete delle fortezze dell’architetto Vauban (Francia), alla
fortezza di Graz (Austria), ai castelli e alle mura di Bellinzona (Svizzera), fino alle fortificazioni di
Lussembrurgo o alla cittadella e alla fortezza di Derbent (Russia); uscendo dall’ambito continentale, si va
dalle fortezze di Cartagena (Colombia) al sistema di fortificazioni dell’Avana, dai forti di Volta (Ghana)
al forte di Agra (India), dalla fortezza di Hwaseong (Corea) fino alla celeberrima muraglia cinese (cfr.
http://whc.unesco.org). A conferma dell’attezione che la comunità scientifica dedica alla questione, nel
maggio 2011 l’annuale meeting del Comitato scientifico internazionale per le questioni legali e
amministrative (ICLAFI) dell’ICOMOS, svoltosi a Karlskrona (Svezia), è stato consacrato al tema della
tutela dei siti ex-militari.
8
Study case
opere d’arte, spesso fatica a compire questo dovere” per ovvie ragioni di carenze di risorse
tecniche ed economiche13.
A questo problema si era tentato di fare fronte adottando, a partire dal 1996, un
sistema di cessione onerosa agli Enti locali, oppure di permuta di edifici e aree militari con
equivalenti siti edificabili di proprietà delle amministrazioni comunali14, in modo da
destinare a più consoni usi civili edifici monumentali quasi sempre integrati nei centri
storici15 “in cambio di aree e strutture che consentano maggiore possibilità di assolvimento
dei compiti istituzionali”, nell’intento di garantire la “corretta utilizzazione del bene
comune, nel più rigoroso e convinto rispetto dei valori artistici e ambientali”16.
È stato giustamente posto in evidenza17 che, già in passato, l’azione di salvaguardia
dei beni culturali è stata esercitata da parte delle istituzioni militari anche in forma diretta,
mediante la costituzione, conservazione e gestione di biblioteche, archivi ed ancor più delle
collezioni di cimeli e dei veri e propri musei “che in varie parti del Paese mantengono viva
e visibile la storia, la tradizione e la cultura militare”18.
Ciò richiede però un’opinione pubblica “informata e cosciente sulle grandi scelte di
politica militare, sui valori e sulle tradizioni delle forze nazionali”, che sia quindi posta nelle
condizioni di “mantenere vivo il filo della memoria anche presso le generazioni più giovani”, il che può essere conseguito proprio attraverso la creazione di sistemi museali che dovrebbero possibilmente avere al proprio centro un Museo Nazionale dell’Esercito19.
Tale struttura storico-culturale però non avrebbe potuto certamente essere posta direttamente a carico delle strutture e del budget della Difesa, già da tempo alle prese con seri
problemi di drastico ridimensionamento e di conseguente necessità di “valorizzazione” del
proprio cospicuo demanio e patrimonio immobiliare, con le innovative e alquanto singolari
forme e modalità previste dapprima dalla Finanziaria 1997 e poi da altre analoghe disposizioni intese alla dismissione e vendita diretta da parte della Difesa stessa di forti, caserme,
depositi, poligoni e altri immobili e terreni ormai inutilizzati.
13 Come rivendicava con orgoglio il Generale Giuliano Ferrari, all’epoca Comandante della
Scuola di Guerra dell’Esercito, ponendo in evidenza gli innegabili meriti dell’amministrazione militare
nelle attività di manutenzione costante, nella sorveglianza (anche armata) contro furti o atti vandalici e,
non ultimo, nella rigorosa gestione patrimoniale degli inventari (incluse le eventuali opere d’arte) e dei
relativi “passaggi di consegne” dal precedente responsabile a quello subentrante: G. FERRARI, Impegno
delle F.A. e dell’Esercito in particolare per la conservazione dei beni culturali di cui hanno l’uso, in M. CARCIONE, A.
MARCHEGGIANO (a cura di), La protezione dei beni culturali nei conflitti armati e nelle calamità naturali, Milano,
SIPBC-Fondazione Dragan, 1997, pp. 219-224.
14 Ibidem, p. 220.
15 Si pensi alle sedi degli Alti comandi e dei Circoli Ufficiali di Roma o di Padova, o
all’Accademia Militare ospitata nel Palazzo Ducale di Modena.
16 C. DI MARTINO, Prefazione a C. PRESTA, Castra et Ars. Palazzi e quartieri di valore architettonico
dell’Esercito Italiano, Bari, Laterza, 1987, p. 9.
17 G. FERRARI, op.cit., p. 222.
18
Un’attenzione che, dopo essere stata determinata in passato solo da tali motivazioni, in tempi più
recenti ha però assunto per le Forze Armate una valenza strategica (e per certi versi meno disinteressata), dal
momento che dopo la riforma della leva militare e l’introduzione dell’esercito professionale, diventa
fondamentale l’affermazione di una vera e propria “cultura della difesa”: ibidem.
19 La citazione è tratta dall’intervento dell’allora Sottosegretario alla Difesa On. Gianni Rivera
(alessandrino noto a livello mondiale per differenti ragioni storiche, non connesse alla politica militare
nazionale) al Convegno che si tenne in Cittadella 13 febbraio 1999: cfr. G. F REIBURGER (a cura di), Atti
della Conferenza Generalista della Provincia di Alessandria, Stati Generali del Piemonte - Conferenza dell'Area
Identità, Consiglio Regionale del Piemonte, Chieri 2001, pp. 150-152; si veda anche quanto prefigurato
in merito dal Ministro per i Beni e le attività culturali dell’epoca: G. URBANI, Il tesoro degli italiani, Milano,
Mondadori, 2002, pp. 139 ss. (Tavola 3 - Piano dei Musei).
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Massimo Carcione
A riprova della correttezza metodologica e dell’opportunità di tenere presenti non
solo le norme giuridiche, ma anche le procedure amministrative e le migliori esperienze
gestionali di protezione e valorizzazione del patrimonio culturale, poste in essere e
sperimentate a livello internazionale con specifico riferimento al tema dei siti ex-militari,
sta infine la constatazione che a giudizio della più autorevole e prestigiosa Organizzazione
internazionale del settore, l’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), il
tentativo del governo italiano di sdemanializzare e vendere tali immobili storici ha suscitato
una forte reazione pubblica20.
2.
I casi di raffronto
La scelta di confrontare la situazione di Alessandria con quella di altre realtà italiane
ed europee che da più tempo hanno affrontato, ed in qualche caso già brillantemente
risolto, gli stessi o analoghi problemi, non è solo dettata dalle consuete e consolidate
motivazioni che in ambito giuridico stanno alla base delle discipline comparatistiche, come
pure della metodologia di ricerca e utilizzo delle best pratices, in una logica di benchmarking,
che invece caratterizza l’ambito delle discipline manageriali.
Anche per questo specifico aspetto, infatti, si è inteso mantenere fede all’approccio
che caratterizza tutto il lavoro, orientato alla concretezza e alla immediata spendibilità dei
risultati della ricerca: dunque non solo si è guardato ad alcune delle migliori realtà nazionali
ed estere, tanto in termini di progetto e realizzazione quanto di risultati effettivamente
conseguiti dopo qualche anno dall’avvio della gestione a regime (quando cioè si sono, come
si usa dire, “spenti i riflettori” e con essi la disponibilità di strumenti normativi e finanziari
straordinari), ma anche e soprattutto nell’ottica della possibile realizzazione della rete (rectius
sistema) nazionale e internazionale delle fortificazioni militari.
In questo spirito, dunque, era pressoché inevitabile guardare alla vicina Francia, ed
in special modo all’esperienza del già citato Réseau Vauban, straordinario circuito di fortezze,
città murate e singoli edifici militari sparsi per tutto il territorio transalpino, che da qualche
anno è stato iscritto nella Lista del Patrimonio mondiale; tra i dodici siti della rete, per ben
determinate ed evidenti ragioni, sono stati individuati in particolare:
1) BESANÇON, la cui magnifica Cittadella presenta molti e interessanti punti in comune
con quella oggetto di questo studio21, pur trattandosi di una realtà montana, come ad es.
la posizione nei confronti della città, del fiume e di altri forti minori, oppure le vicende
connesse alla Resistenza nel corso della Seconda guerra mondiale; dismessa
dall’Esercito da qualche decennio e quasi subito valorizzata a scopi turistici, è stata
Nell’introduzione al “Rapporto mondiale sul patrimonio in pericolo” si afferma infatti che
“les installations militaires commencent également a être désaffectées à cause des évolutions technologiques. Ceci est le cas
en Pologne, dont le rapport décrit les problèmes du maintien des lieux devenus inutiles, incluant le manque d’entretien, le
manque d’argent et la difficulté à trouver des usages futurs. Les rapports précédents ont montré comment des manoirs
dans les pays d’Europe de l’Est font face aux mêmes problèmes. Aussitôt cédés par le gouvernement, ils subissent des
développements inadaptés ou sont laissés à l’abandon. Un rapport de la Russie montre comment ces risques peuvent aussi
menacer l’intégrité d’anciens palais, auparavant protégés et gérés par l’État. L’Italie fait également état de ventes de lieux
historiques par le gouvernement et la réaction publique que cela suscite » : M. PETZET, Introduction, in Icomos World
Report 2004/2005 on monuments and sites in danger, München, K.G.Saur, 2005, p. 13. Non è casuale che
quell’edizione del rapporto includesse una scheda dedicata alla Citadel of Alessandria (pp. 129-134),
all’epoca non ancora inserita nella tentative list italiana presso il WHC dell’UNESCO.
21 Come per Alessandria, si tratta di una zona vicina ai confini nazionali, ma priva di una forte
connotazione turistica, il che non le impedisce di attirare ogni anno significativi flussi di visitatori, tra cui
non pochi frequentatori stranieri della sua antica Università.
20
10
Study case
principale artefice ed oggi è capofila del Réseau, fors’anche perché ha adottato da molti
anni interessanti soluzioni gestionali, di conservazione e fruizione (oltre che sul piano
delle destinazioni d’uso) del sito monumentale;
2) ARRAS, che invece (come Alessandria) è sita in pianura ed è stata ancora fino a pochissimi anni fa una sede strategica dell’Armée francese; dopo la dismissione definitiva della
sua Cittadella, il Comune sta studiando con lo Stato modelli innovativi e “dinamici” per
una riconversione civile, che include la creazione di strutture universitarie gemmate dal
vicino Ateneo policentrico;
3) GRENOBLE, per ovvie ragioni di vicinanza e per i frequenti rapporti con il Piemonte
(non esclusa la comunanza di iniziative in ambito transfrontaliero Interreg), che ne fanno
il naturale trait d’union non solo con le omologhe “Sentinelle delle Alpi” torinesi, cuneesi
e valdostane.
Ancora nell’ottica delle possibili connessioni e analogie, ed anche dell’interesse per
gli strumenti legislativi ed amministrativi già adottati da qualche anno, e quindi sperimentati
in concreto, sul lato italiano si è scelto di considerare il Forte di EXILLES (oggetto di
interventi diretti della Regione Piemonte), quello di BARD (recuperato e gestito dalla
Regione Valle d’Aosta con strumenti e modalità innovative), ed ancora le fortificazioni
“padane” di PIZZIGHETTONE (CR), MANTOVA, PESCHIERA (VR) e VERONA.
A livello regionale e locale, infine, non mancheranno alcuni riferimenti ad altre
realtà minori piemontesi, particolarmente utili per esemplificare e verificare alcuni aspetti
applicativi delle norme regionali: i forti di GAVI (gestione statale), VERRUA SAVOIA (bene
privato gestito da fondazione), VINADIO e CASALE MONFERRATO (strutture demaniali in
concessione ai Comuni).
Infine, volendo prendere in esame almeno un caso estero non francese, la scelta è
caduta quasi necessariamente – in un’ottica di ricerca della contiguità geografica e di
analogie storiche e odierne – sulla Cittadella di NAMUR in Belgio, la cui valorizzazione
turistica iniziò addirittura alla fine dell’800 per impulso diretto dello stesso Re Leopoldo II,
che si caratterizza per la gestione pubblicistica.
Anche quando non vengono citati in modo esplicito, tutti i siti sopra elencati sono
stati oggetto di analisi, valutazione e raffronto diretto con il nostro caso di studio, quasi
sempre in occasione di visite (con le uniche significative eccezioni di Exilles e Arras22) o
seminari di studio condotti prima e durante il corso di dottorato; sono stati acquisiti e
confrontati, in particolare, le intese e le convenzioni tra soggetti istituzionali, su cui si
basano i progetti di valorizzazioni, oppure gli statuti degli enti gestori pubblici o privati.
c.
I prodromi: vicende militari tra Borgoglio e Marengo
1.
Precedenti storici del processo di valorizzazione
Le molte strutture e aree militari alessandrine, o meglio quelle che sono
sopravvissute alla demolizione della cinta bastionata dei primi del ‘900, costituiscono nel
loro complesso un autentico catalogo dell'architettura militare di molte epoche 23; tra esse la
22 I dati tecnici e la documentazione amministrativa relativa al sito di Arras sono stati acquisiti presso
la locale Mairie, grazie alla cortese collaborazione di Thomas Floch, responsabile tecnico del progetto di
valorizzazione (gestito tramite il comité de pilotage CRSD), che ho incontrato a Besançon in occasione
dell’annuale meeting dei siti UNESCO francesi (7-8 maggio 2010).
23
E. LAPENTA, C. PESCE, Alessandria città militare nel XVII secolo, Alessandria, L’Orso, 1998.
11
Massimo Carcione
Cittadella è indubbiamente l’elemento di maggiore rilevanza, tanto qualitativa che
quantitativa24, cui fanno corona le tre piccole fortezze ottocentesche a sud-est della città,
che delimitano a loro volta il vastissimo campo di battaglia di Marengo, che va dal Fiume
Bormida fino a Torre Garofoli, alle porte di Tortona, a dimostrazione dell’importanza di
queste terre (di confine fino al 1859) per la storia politica e militare italiana ed europea25.
Iniziata dai Savoia nel 1728, su progetto del Primo Ingegnere di S.M. Ignazio
Bertola, che si era espressamente ispirato al modello di Vauban26, la cittadella inglobò e
soppiantò l’intero quartiere Borgoglio, che costituiva sin dal XII secolo l’ampia porzione di
città sviluppatasi sulla riva sinistra del Tanaro. Era stata edificata, malgrado le enormi
difficoltà tecniche e gli ingenti costi, in forma di immenso esagono ellittico, facendo sfollare
via via che i lavori procedevano circa quattromila abitanti27; già nel 1745, appena terminata,
subì la prima “prova del fuoco” subito dopo la battaglia di Bassignana del 27 settembre, in
occasione della Guerra di successione austriaca.
Solo nel corso dell’età napoleonica la fortezza è messa seriamente alla prova, con
l’assedio degli austro-russi del luglio 1799, che dopo diciannove giorni di intenso
bombardamento, distruggono o mettono fuori uso quasi tutte le batterie e conquistano la
fortezza28. La celeberrima Battaglia di Marengo del 14 giugno 1800, certamente l’apice
dell’importanza storica e quindi della notorietà nazionale e internazionale di Alessandria, fu
combattuta appunto per rimediare a quella débacle, riconquistando alla Francia la piazzaforte
di Alessandria e con essa l’Italia del nord.
Nel maggio 1805, mentre si recava a Milano per proclamarsi nuovo Re d’Italia,
Napoleone era tornato ad Alessandria con Joséphine per celebrare insieme ai suoi veterani
il suo primo grande trionfo, abilmente sfruttato sul piano propagandistico, anche al di là
della reale rilevanza militare, con una grandiosa rievocazione autocelebrativa al termine
della quale volle porre la prima pietra di una “città delle vittorie” che avrebbe dovuto
24 G. SPADOLINI, Introduzione ad A. MAROTTA (a cura di), La cittadella di Alessandria, Cassa di
Risparmio di Alessandria, Soged, 1991, pp. 11-12, ha affermato che Alessandria sin dall’inizio del XVIII
secolo aveva acquisito una “importanza strategica fondamentale per lo Stato subalpino”, per “il suo
carattere di baluardo contro cui dovevano infrangersi tutti gli eserciti che muovevano guerra al
Piemonte. Era quella l’origine della Cittadella (...), la testimonianza orgogliosa di un’epoca che avrebbe
trasformato profondamente la vita e la fisionomia della città”.
25 Secondo l’autorevole parere di Napoleone, “Les places de la Brunette, de Suze , de Fenestrelles, de
Bard, de Tortone, de Chérasco, d'Alexandrie, de Turin, étaient en bon état, bien armées et parfaitement approvisionnées;
ces forteresses, situées aux défilés de toutes les montagnes, faisaient considérer sa frontière comme inexpugnable” (N.
BONAPARTE, Mémoires pour Servir à l'Histoire de France sous Napoléon, tomo III, 1823, pp. 166-167). De dava
conferma F. ENGELS, in un articolo apparso sul New York Daily Tribune del 17 marzo 1859: “Alla
confluenza del Tanaro e della Bormida, otto miglia a monte della confluenza di quest’ultima con il Po, si
trova Alessandria, la migliore fortezza del Piemonte, che ora sta diventando il punto centrale di un vasto
campo trincerato, e copre l’ala meridionale, o destra, della posizione”.
26 M.V. DAVICO, Una piazzaforte sui confini ad oriente per i Re di Sardegna, in MAROTTA, op.cit., p. 27,
rileva che, al di là del fatto che all’epoca il celebre trattato di Vauban era ancora il “riferimento costante...
raccolto e chiosato dagli ingegneri militari sabaudi”, Bertola aveva articolato la piazzaforte secondo un
sistema multiplo di opere che faceva “preciso riferimento al primo dei ‘sistemi’ del ‘Vauban olandese’,
nato dalla rielaborazione dell’Esagono Reale di Francia.
27 Scrive Montesquieu nel suo diario di viaggio (8 settembre 1728) : ”Questo sobborgo è chiuso
in una fortificazione ; un anno fa circa il re di Sardegna vi ha fatto demolire quasi tutte le case, per
costruirvi una cittadella. Ma si sa che l’Imperatore ha fatto sospendere l’opera. Dato che scavando si
trova l’acqua, bisognerà costruire la cittadella su dei pali di fondazione, quando oseranno iniziare i
lavori”: cfr. G. MACCHIA, M. COLESANTI (a cura di), Viaggio in Italia, Roma, Laterza 1995, p. 96. Si noti
che fino al 1749 nella fortezza restarono anche edifici civili e religiosi.
28 Ibidem, p. 81.
12
Study case
29
celebrare in modo grandioso il suo mito .
Tornata ai Savoia dopo il Congresso di Vienna, la cittadella rimase invece da allora
confinata nelle retrovie delle grandi guerre; a dispetto della sua sempre minore rilevanza
strategica, però, soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, la fortezza è stata
ed è un autentico simbolo del Risorgimento e della storia d'Italia, in primis in quanto
epicentro dei Moti del 1821, quando Santorre di Santarosa vi sventolò il primo tricolore,
come è ricordato da Giosué Carducci nell’ode Piemonte; poi come prigione e forse luogo di
esecuzione del patriota Andrea Vochieri (1833), nonché anche di Giuseppe Garibaldi
(1867)30. Divenne quindi fondamentale struttura strategica e logistica31 durante le guerre del
Risorgimento32 e nelle due Guerre mondiali33; piuttosto inglorioso fu invece il suo ruolo nel
secondo conflitto mondiale34.
La città nella seconda metà del ‘900 aveva visto ridursi di importanza e infine
perdeva uno dopo l’altro il Distretto militare, l’Ospedale e quasi tutte le caserme 35, e con
esse le migliaia di soldati effettivi e di leva che avevano portato lavoro e ricchezza,
affollando locali pubblici, cinema e negozi. Quanto alla cittadella, da tempo era soggetta a
un crescente stato di degrado, dacché l'Esercito aveva cessato di considerarla struttura
strategica, anche dal punto di vista organizzativo e logistico; dal 1962 aveva terminato di
operare come Caserma (in ultimo sede del 52° Reggimento Artiglieria), rimanendo solo
sede del Centro rifornimenti commissariato (Ce.Ri.Co.), struttura logistica che ancora agli
inizi degli anni ’90 vi impiegava comunque un centinaio di effettivi, tra militari e civili.
Pur essendo stata vincolata già nel 1972 con Decreto del Ministro della Pubblica
Istruzione36, la fruizione dell’intero sito storico era sempre stata esclusiva prerogativa
29 Il progetto fu realizzato solo in modo “virtuale”, nel suggestivo trompe l’oeil della Villa Delavo,
eretta quasi mezzo secolo dopo (1847).
30 L’Eroe dei due mondi fu detenuto solo per qualche giorno in seguito all’arresto avvenuto a
Sinalunga, per ordine dell’alessandrino Rattazzi; si veda la Relazione del Tenente dei Carabinieri Pizzuti,
spedita da Alessandria il 25 settembre 1867, disponibile nel sito www.carabinieri.it.
31 Secondo la relazione dei generali del Genio A. Chiarle, E. Gonnet e F. Buscetti, “nessun
confronto può assolutamente reggere fra Torino e Alessandria dal punto di vista strategico. Torino,
aperta come si trova oggidì, non offre quando sia in potere dell’invasore che poche risorse (…),
Alessandria offre invece un baluardo naturale contro la restante nazione”; interessante la circostanza che lo
studio avrebbe dovuto fornire indicazioni sull’avvenire della Cittadella. Cfr. G. IACHINO (a cura di),
Vicende militari della città di Alessandria 1168-1878, Ferrari, Alessandria 1929, p. 104.
32 Riferiscono le cronache che il giorno dopo il suo arrivo ad Alessandria, il 15 maggio 1859,
l’Imperatore Napoleone III si recò subito nella C., “che visitava in tutti i particolari”; secondo il Moniteur
di Parigi la fortezza era giudicata “una delle piazze più forti dell’Europa”. Cfr. P.C. POGGIO, Storia
politico-militare della guerra dell’indipendenza italiana, 1859-1860, pp. 441-444.
33 Oltre a ospitare magazzini, forni, sartorie, stalle e tutto quanto poteva servire
all’equipaggiamento e al sostentamento di un esercito, la Cittadella svolse anche la funzione di luogo di
“detenzione” (termine improprio, almeno secondo il diritto internazionale umanitario) dei prigionieri di
guerra, in particolare dei soldati dell’Esercito delle Due Sicilie che rifiutarono di prestare giuramento in
favore del nuovo sovrano, la cui sorte fu particolarmente avversa.
34 L’8 settembre 1943 la guarnigione si arrese ai tedeschi e fu deportata in massa; nei mesi
seguenti fu utilizzata per la fucilazione di alcuni Partigiani, oltre ad essere sporadicamente bombardata e
mitragliata. Il 25 aprile invece venne riconquistata con relativa facilità dalle formazioni partigiane
provenienti dall’astigiano: si vedano i documenti raccolti dall’Istituto per la storia della Resistenza di
Alessandria nel sito web: www.isral.it
35 Nel 2010 l’unica caserma ancora operativa in città, dopo la chiusura della Valfré, è rimasta l’ex
Direzione di Artiglieria, sita in Viale Milite Ignoto.
36 D.m. in data 22 agosto, a firma del Ministro Valitutti, adottato ai sensi della L. 1089/1939
allora vigente; due anni dopo fu sostituito dal d.m. del 16 maggio 1974, che rivedeva la definizione delle
aree, ribadendo la discutibile e sommaria motivazione secondo cui l’Opera Cittadella era riconosciuta di
13
Massimo Carcione
dell’Esercito, e quindi poco o nulla percepita dalla comunità locale come proprio
patrimonio storico37, se non in occasione delle rare aperture al pubblico cittadino per
celebrazioni o ricorrenze, riprese solo nel 1990, anno in cui registrò una grande affluenza
della cittadinanza all’interno della struttura, tanto che le cronache locali parlano di “enorme
successo” della manifestazione38.
A Marengo intanto, la storica Villa Delavo, dopo essere passata nel corso degli anni
nella disponibilità di varie famiglie, era stata infine acquistata nel 1947 dalla Società
Montedison, che ne aveva fatto un circolo ricreativo con alcuni appartamenti per i propri
dipendenti del non lontano stabilimento chimico; quasi tutte le decorazioni storiche
vennero cancellate o occultate con tramezze e controsoffittature, mentre la collezione fu
donata al Museo Civico di Alessandria. La memoria degli eventi era affidata solo alla
piccola stele, alla facciata della Villa le cui decorazioni erano sempre meno visibili e, poco
lontano, quasi alle porte di Alessandria, all’immenso “Platano di Napoleone” sempre più
soffocato e svilito dall’asfalto, dai cartelli pubblicitari e dalla segnaletica stradale 39.
Per porre rimedio a questo stato di cose, anticipando di almeno vent’anni le recenti
politiche di recupero e riscoperta a fini culturali e turistici delle memorie storiche locali,
alcuni illuminati amministratori locali iniziarono verso la metà degli anni ‘60 a promuovere
il recupero della villa, fino a giungere nel 1968 all’allestimento di un primo autentico spazio
museale; il tutto per iniziativa dell’Ente provinciale Turismo ed a cura del Museo Civico,
mentre il Comune si era fatto carico di una parte rilevante delle spese40.
Seguì un nuovo periodo di sostanziale oblio e conseguente inevitabile decadenza;
solamente alla fine degli anni ’80, con rara lungimiranza venne costituita41 per iniziativa
della Monfefluos – insieme a Provincia, Comune, Cassa di Risparmio e Toro Assicurazioni
SpA – la “Fondazione Marengo”, che avendo come scopo statutario di promuovere
“iniziative ed interventi per lo sviluppo culturale e la conservazione ambientale del
particolare interesse “perché costituisce un complesso di fortificazioni in muratura a vista iniziate nella
prima metà del sec. XVIII ed ampliata nel sec. XIX, aventi un notevole interesse storico-artistico”.
37 Trattandosi di spazi ed edifici che, paradossalmente, sono enormi ma non molto evidenti: la
sola Cittadella si estende per 80 ettari, tanto da costituire uno degli esempi più rilevanti del suo genere in
Europa, ma è pressoché invisibile e dunque tutt’ora di fatto sconosciuta, anche tra molti "addetti ai
lavori"; destino comune, almeno fino agli anni ’90, alla Reggia di Venaria che non a caso era stata in gran
parte utilizzata (e devastata) dai militari, che sono arrivati ad istallarvi un deposito di carburanti.
38 In quella stessa circostanza un sondaggio di opinione effettuato su un campione significativo
di alessandrini evidenziò che, secondo una parte rilevante di essi, la cittadella doveva essere valorizzata
come monumento storico, e quindi aperta al pubblico, restando a disposizione dei militari o meglio
ancora diventando sede dell’allora nascente sede universitaria alessandrina: cfr. F. MARCHIARO, Resti
fortezza, ma aperta al pubblico, in La Stampa, 20 novembre 1990, p. 4; dal sondaggio (commissionato dallo
stesso giornale alla SWG) risultò che il 39,4% degli intervistati era favorevole alla presenza militare e il
46,88% alla destinazione universitaria; nel contesto di una generale condivisione della necessità di
valorizzare il sito dal punto di vista monumentale e turistico (43,7%), il 40,4% degli alessandrini
auspicava che la cittadella venisse gestita da un ente apposito (per il 32,1% anche con la partecipazione dei
privati).
39 Recentemente la Regione ha inserito il “Platano di Napoleone” nell’Elenco degli Alberi
Monumentali di alto pregio naturalistico e storico del Piemonte ai sensi dell’art. 3 comma 4 della l.r. n.
50/95, in occasione del periodico aggiornamento dell’elenco degli alberi monumentali (d.g.r. n. 12215126 del 17 marzo 2005).
40 Cfr. A. BALLERINO, Alessandria negli anni Sessanta, Il Piccolo, Alessandria 2003, pp. 78-79.
41 Lo statuto, approvato dalla Provincia con D.G.P. n. 1053 del 7.6.1989, prevedeva un ruolo
forte dei fondatori privati (i quali d’altronde conferivano ben oltre la metà del capitale) e la costituzione
di un autorevole Comitato scientifico, alla cui presidenza era stato designato il Direttore dell’Accademia
di Francia in Roma.
14
Study case
territorio” circostante il sito storico, da sempre messo a serio rischio dall’incombente
presenza dello stabilimento chimico, promosse nel 1989 un ambizioso programma di
celebrazioni.
Si iniziava proprio in quel periodo a sperimentare concretamente la nuova e ancora
alquanto indefinita competenza in materia di “valorizzazione dei beni culturali”, appena
attribuita alla Provincia dal nuovo Ordinamento delle autonomie locali42. Proprio con
l’acquisto di villa e parco da parte della stessa Provincia di Alessandria (1990) e con la
costituzione della “Società Napoleonica di Marengo”, che aveva ben presto ottenuto la
concessione di alcune sale al primo piano della villa da destinare a sede del proprio gruppo
storico, iniziò finalmente il recupero strutturale dell’immobile (a partire da tetti e recinzioni)
ed anche l’organizzazione e promozione della ricostruzione spettacolare della battaglia, che
assunse dal 1991 la denominazione Ricordando Marengo, per essere ripetuta con alterne
fortune fino al Bicentenario. Rimasta inspiegabilmente inattiva proprio in quei decisivi anni,
la Fondazione venne ben presto posta in liquidazione, senza lasciare ulteriori segni tangibili
della sua breve esistenza43.
In Cittadella invece, malgrado le difficoltà tecniche e organizzative connesse alla
perdurante amministrazione militare44, si era sperimentata l’organizzazione di una stagione
di spettacoli teatrali nel cortile del “Quartiere S.Michele” (estate 1992); l’esempio fu ripreso
dopo il 1996, anche se con maggiori difficoltà dovute allo spostamento del Comando al
Ce.Ri.Co. di Candiolo (presso Torino), con la sempre più frequente autorizzazione di visite
e concessione di spazi per convegni, concerti, spettacoli e altre iniziative pubbliche, sebbene
limitate da oggettive problematiche di carattere amministrativo45.
La catastrofica alluvione del 6 novembre 199446, frattanto, aveva completamente
inondato47 e danneggiato il complesso monumentale, aggravando una situazione già
precaria e incrementando il tasso di umidità all'interno di tutti gli edifici; la chiusura del
deposito e il trasferimento ad altra sede della guarnigione fu accelerata proprio
dall’alluvione, con il progressivo ridimensionamento della struttura logistica, che negli
ultimi anni poteva contare solo più su tre militari graduati e qualche dipendente civile.
Solo a partire dalla metà degli anni ’90, superata con qualche successo la prima fase
L. n. 142/1990, su cui v. ampiamente infra.
La Fondazione, avente sede legale presso la Cassa di Risparmio (Via Dante 2), scontava forse
la colpa di essere per l’epoca “troppo” autonoma rispetto ai poteri pubblici statali e locali, caratteristica
ancora innovativa benché fosse ormai imminente la legge “Ronchey”. Il procedimento era iniziato già
nel 1993 ma si è concluso solamente nel 2002, come documentato dal B.U.R. del Piemonte n. 44 del
31.10.2002; i fondi residui sono stati devoluti alla Società Napoleonica. Solo pochi mesi dopo la fine di
questo lungo iter si è ricominciato a ipotizzarne la creazione di una nuova fondazione, composta dagli
stessi enti locali cui dovrebbe aggiungersi però la Fondazione della Cassa di Risparmio.
44 La struttura manteneva infatti un certo rilievo dal punto di vista logistico, come è dimostrato
dalla circostanza che ancora nel 1994 fu installato nella Caserma Beleno il Posto Comando
dell’esercitazione NATO “Dynamic Impact”.
45 In tutte le occasioni di apertura al pubblico a partire dal 1997, i militari chiedevano per
comprensibili ragioni assicurative la preventiva consegna dell’elenco nominativo di coloro che avrebbero
partecipato alle manifestazioni, cosa non semplice quando si trattava di centinaia se non di migliaia di
persone: ragion per cui si era costretti a sopperire con liste che dopo qualche decina di nomi noti di
autorità e studiosi, riportavano intere parti di elenco degli utenti telefonici, beninteso salvo successiva
integrazione o rettifica.
46 Un’ampia, approfondita e documentata cronaca degli eventi e degli interventi di recupero è
raccolta in C. PALMAS, Piemonte emergenza alluvione. Il tempo della ricostruzione, Regione Piemonte-MiBAC,
Torino, Vivalda, 1997, che tuttavia riporta solo due immagini della Cittadella allagata.
47 Il livello raggiunto dalle acque del Tanaro e dal fango trascinato è testimoniato dalle targhe
apposte sulle facciate dei diversi edifici, ad un’altezza variabile tra i 2 e i 3 metri.
42
43
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“pionieristica”, la valorizzazione di Marengo e della Cittadella comincia dunque a diventare
oggetto di molteplici processi istituzionali ed amministrativi di definizione dell’indirizzo
politico, programmazione, progettazione, recupero e gestione, che non coinvolgono più
solamente i rispettivi enti proprietari o gestori; si tratta però, ancora una volta, di atti e
iniziative che procedono per diversi anni in modo del tutto parallelo e disgiunto.
2.
Dall’altra parte della città: l’esperienza di valorizzazione del sito di Marengo
Proprio l’esame della vicenda recente del recupero e della valorizzazione del sito di
Marengo, attiguo e inscindibilmente correlato alla Cittadella sia sul piano storico che (come
vedremo in conclusione) su quello delle odierne politiche di tutela del patrimonio culturale
e di garanzia dei servizi ad esso correlati, risulta particolarmente utile e significativo sia
nell’ottica istituzionale che in quella giuridico-amministrativo, dal momento che quasi tutto
quel che si è sperimentato – nel bene e nel male – nel periodo 1997-2007 (rapporti e intese
tra enti, modalità di finanziamento, forme di gestione e valorizzazione, progetti museali,
manifestazioni promozionali, ecc.), può e deve in prospettiva costituire un utile insegnamento in vista della soluzione definitiva del problema del recupero e riuso della Cittadella
stessa, pur tenendo sempre presente che quest’ultima sta a Marengo in un rapporto di
complessità di almeno 20/1, soprattutto sotto il profilo tecnico e finanziario.
La vicenda di Marengo è sicuramente peculiare nel panorama dei musei di guerra48:
quello che può forse essere oggi considerato il più antico museo napoleonico d'Europa e
del mondo nacque infatti come raccolta (non essendo certo definibile come una
collezione), piuttosto casuale e sicuramente poco rigorosa sul piano storico-scientifico,
d'armi e di cimeli49, il che non è certo sufficiente per conferire dignità di museo storico a ciò
che può piuttosto rientrare nella definizione di “complesso monumentale” in quanto sito
storico50; semmai, come si vedrà infra, occorrerebbe verificare se il nostro caso non rientri
piuttosto, almeno in parte (pensando alle centuriazioni romane e alla curtis regia di età
longobarda) anche nella connessa definizione di parco archeologico.
Peraltro anche dalla Delibera di approvazione dell’acquisto dell’edificio51 emerge
con tutta evidenza che l’Amministrazione provinciale aveva certamente voluto avviare con
quell’atto il recupero di un monumento, mentre non ebbe l’esplicita intenzione e
consapevolezza di acquistare un museo52; a riprova di ciò, per tutti gli anni ’90, ancora con
la villa e il museo in stato di semi-abbandono53, il lancio promozionale aveva puntato su
Cfr M. CARCIONE, Marengo, da luogo di battaglia a luogo di miti in “RNR”, n. 2/2002, pp. 93-102.
G. RATTI, Alla periferia del mito. Luci e ombre su Marengo nel secolo XIX, Alessandria, Boccassi e
Fissore, 1997, pp. 36 ss.
50 Appare difficilmente spiegabile il fatto che la Provincia di Alessandria, nel realizzare sul
territorio ben tre “parchi storici” nell’ambito del progetto DOCUP 2000-2006 “Terra di colori”, cofinanziato dalla Regione Piemonte con fondi strutturali UE, non abbia incluso nel circuito anche
Marengo, pur essendo l’immobile di sua proprietà.
51 D.g.p. n. 311 del 1988; l’iter era stato avviato due anni prima e si concluse poi con l’atto del
Notario Morandi in data 15 gennaio 1990, approvato l’anno seguente (Prot. 6351 del 17 agosto 1991)
dalla competente Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici del Piemonte, e non già da quella
per i beni storico-artistici.
52 Nell’ottobre 1997 il nuovo Responsabile del Servizio Beni e Attività culturali (più tardi
direttore del museo) non aveva rinvenuto alcuna menzione di Marengo né nell’organigramma, né
tantomeno nel bilancio dell’Ente; la Villa era risultata al momento censita e gestita solo come edificio
provinciale, perciò affidato alle cure dell’Ufficio Tecnico – Settore Edilizia.
53 Basti ricordare l’atrio e le stanze ridotte a magazzino di vecchi arredi d’ufficio e faldoni
48
49
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“Ricordando Marengo”, evento incentrato sulla rievocazione spettacolarizzata della
Battaglia con un contorno di iniziative popolari e ricreative54.
A partire dal 1996 l'attenzione dell’Amministrazione provinciale si era andata
progressivamente concentrando sul piccolo spazio museale: dopo l’acquisto sul mercato
antiquario di due collezioni di stampe e armi, venne dunque riaperto regolarmente al
pubblico – in forma di “cantiere visitabile” – a partire dal 1998, periodo nel quale si iniziò
anche a lavorare sull'area esterna e sul piano nobile della villa. Dapprima era stato realizzato
il recupero della “Stanza della Locanda”, grazie a un piccolo finanziamento del Ministero
del Turismo, riaperta al pubblico in forma di "museo del museo" (1998); contestualmente si
era provveduto alla realizzazione di nuovi pannelli illustrativi e diorami, delle didascalie di
cimeli e stampe, oltre che di alcune vetrine ed espositori realizzati per accogliere
degnamente i preziosi cimeli concessi dal Museo Civico, nonché il “Marengo” d’oro donato
dall’Unione Industriale.
Quanto all’autonomia scientifica rispetto all’Assessorato e al Settore Cultura della
Provincia, fermi restando gli indispensabili indirizzi politici, era stato costituito il comitato
scientifico del Museo e avviati contatti con il Museo Civico. Infine, fatto non frequente nel
nostro ordinamento culturale, veniva nominato per la prima volta un direttore del museo55;
in proposito si noti che la formale designazione era stata resa possibile solo in virtù
dell’applicazione del (poco conosciuto) “Regolamento contenente norme di sicurezza
antincendio per gli edifici storici e artistici destinati a musei, gallerie, esposizioni e
mostre”56.
L’istituzione così organizzata aveva quasi subito aderito ad alcune reti promozionali
regionali e nazionali (in particolare l’Abbonamento Musei del Piemonte, previa convenzione
con la relativa struttura del Comune di Torino), dotandosi anche di un ricco sito web. Per
recuperare il rapporto con quanto restava della propria collezione storica e ricostituire un
necessario e opportuno rapporto con la città, il Museo era stato anche proposto come
“polo” del nascente sistema dei Musei della Città di Alessandria, che proprio in quel
periodo veniva istituito e avviato come rete di collaborazione57.
A fronte di ciò da parte del Museo Civico, sono stati sviluppati gli indispensabili
apporti di ricerca storica e di alta promozione culturale, in particolare con il primo Congresso
d’archivio; così lo videro i numerosi partecipanti italiani e stranieri del Congresso Internazionale
Napoleonico, che vennero in visita il 24 giugno 1997.
54 Questo ha indubbiamente destato una certa attenzione da parte delle istituzioni e del grande
pubblico, ma ha purtroppo attirato anche l’interesse dei ladri che nel febbraio 1995 hanno saccheggiato
gli ultimi poveri cimeli, tra cui spiccava una bella spada, da taluni attribuita al Generale Desaix, non si sa
su che base scientifica. I dubbi sull’incerta attribuzione si basano sull’origine notoriamente non troppo
rigorosa della “collezione” storica del Museo (vecchi cimeli reperiti da Delavo quando già le sue risorse
finanziarie erano agli sgoccioli, come dimostrato da RATTI, Alla periferia, cit., p. 37), sul fatto che non se
ne fa alcuna menzione nello “storico” volume J. THIRY, Marengo 14 giugno 1800, Alessandria, Cassa di
Risparmio di Alessandria, 1980, ed anche sulla diretta esperienza circa la non minore disinvoltura nella
gestione degli acquisti e della realizzazione delle didascalie in periodi ben più recenti.
55 D.g.p. n. 375 del 1999; essendo l’impegno ancora limitato, l’incarico è stato affidato al
Funzionario responsabile del Servizio Beni e attività Culturali che assicurava in quei mesi anche la
segreteria del Comitato per la Valorizzazione della Cittadella di Alessandria.
56 Secondo l’art. 10 comma 1 del d.m. n. 569 del 20 maggio 1992, “Il soggetto che, a qualsiasi
titolo, ha la disponibilità di un edificio disciplinato dal presente regolamento, deve nominare il
responsabile delle attività svolte al suo interno (direttore del museo) e il responsabile tecnico addetto alla
sicurezza”; a fronte di questa norma, nel caso di specie nessun altro dirigente o funzionario aveva infatti
ritenuto di doversi assumere la relativa responsabilità.
57 La rete dei musei civici è stata istituita con d.g.c. n. 164/109607 del 25 maggio 2002.
17
Massimo Carcione
Internazionale Napoleonico (21-26 giugno 1997)58 che ha costituito la prima occasione
istituzionale e scientifica di liaison tra la Cittadella e Marengo, e non solo per l’argomento:
infatti le attività convegnistiche erano state ospitate nel Palazzo del Governatore della
fortezza, che è stata l’oggetto di un appello sottoscritto da tutti i partecipanti italiani e
stranieri; gli ospiti erano stati accompagnati a visitare anche il sito di Marengo, in merito al
quale nel corso dei lavori è stato presentato lo studio sul percorso dei “Luoghi della
Battaglia”. Al Congresso avevano poi fatto seguito, negli anni successivi, il progetto di una
Rete napoleonica europea, l’avvio del “Centro europeo di studi e ricerche sul periodo
napoleonico” presso la Biblioteca Civica59, la pubblicazione della Rivista “RNR” e molte
altre iniziative.
È solo grazie a questo insieme di atti e comportamenti che si è resa infine possibile
la formale istituzione del “Museo provinciale della Battaglia di Marengo”60, cui ha fatto
riscontro il quasi contestuale riconoscimento regionale, consacrato da un primo
significativo cofinanziamento di cento milioni di lire (1999)61; la lettera del Settore Musei
della Regione Piemonte avente ad oggetto Museo della Battaglia di Marengo, con cui si
comunicava l’assegnazione del gradito contributo, costituisce infatti (unitamente alla citata
determinazione dirigenziale di impegno dei fondi stessi) l’unico atto amministrativo di
“formale” riconoscimento del museo di ente locale in questione62.
Il finanziamento è stato destinato dalla Provincia al recupero della facciata63, alla
sistemazione dell’area esterna e all’avvio del restauro interno, a partire dai dispositivi di
sicurezza, dalle barriere architettoniche al piano terra e dai servizi di accoglienza per i
visitatori, oltre all’allestimento di un piccolo ufficio per il direttore.
La celebrazione64 del Bicentenario della Battaglia (14 giugno 2000), momento di più
alto impegno organizzativo e finanziario di tutto il processo di valorizzazione e promozione
del sito, si è incentrata sulla progettazione e realizzazione di un vasto programma di grandi
iniziative e manifestazioni – svoltesi quasi tutte in Alessandria – promosse dalla Provincia e
dal Comune di Alessandria, con il forte sostegno di Regione Piemonte e Fondazione Cassa
di Risparmio di Alessandria65, in collaborazione con varie associazioni locali, tra cui
spiccava in particolare la Società Napoleonica di Marengo alla quale è stata sostanzialmente
Si vedano gli Atti nel volume a cura di V. SCOTTI DOUGLAS, L'Europa scopre Napoleone - 17931804, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1999.
59 Poi formalizzata con d.g.c. n. 35/103501 del 30 gennaio2001.
60 D.g.p. n. 467 del 2000; il direttore aveva ripreso quasi testualmente la dizione adottata nel
1968 dall’EPT, consacrata dall’annullo filatelico che era stato allora rubricato “Museo Battaglia di Marengo”,
poi mantenuto in molte guide e opuscoli turistici.
61 Contributo concesso ai sensi della l.r. n. 58/1978 “Promozione della tutela e dello sviluppo
delle attività e dei beni culturali” (B.U. Piemonte 5 settembre 1978, n. 36).
62 La Regione Piemonte, al contrario di quasi tutte le altre regioni italiane, all’epoca non aveva
ancora regolamentato la propria competenza in materia di Musei e Biblioteche di enti locali attribuitagli in
base al testo originario dell’art. 117 della Costituzione e all’art. 47 del d.p.r. n. 616/1977; pertanto non
era codificato in modo formale (né lo è tutt’ora, dopo la riforma del Titolo V e il suo recepimento con la
l.r. n. 44/2000 e s.m.i.) un procedimento di formale istituzione o riconoscimento di un museo locale, che
quindi viene semplicemente finanziato oppure no.
63 Significativa e controversa è stata la modalità di recupero della facciata e del trompe l’oeil,
restaurati da docenti e allievi del Corso di Restauro della Scuola Edile di Alessandria.
64 Sulla celebrazione delle ricorrenze storiche come modalità di valorizzazione del patrimonio
culturale si veda R. CHIARELLI, Profili costituzionali del patrimonio culturale, Torino, Giappichelli 2010, p. 276.
65 Il budget complessivo consolidato è risultato essere, al netto dei costi vivi per personale e
strutture degli Enti, di circa due milioni di Euro, di cui uno reso disponibile grazie al finanziamento
regionale, ai sensi della l.r. n. 26/1988.
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Study case
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affidata la gestione diretta di gran parte della rievocazione.
Questo evento non è stato dunque concepito in modo occasionale, ma si è basato
sul consolidato background di accordi e iniziative comuni, che si erano sviluppate nel corso
degli anni '90; la forma giuridica di questo patto di collaborazione è stata costituita da uno
scarno protocollo d’intesa67, finalizzato alla prima applicazione della nuova legge regionale
sulle Celebrazioni68, il quale ha posto le migliori premesse per una assai proficua intesa
istituzionale tra tutti gli Enti e soggetti privati locali, indispensabile per ottenere le ingenti
risorse finanziarie, cui si è aggiunta anche una Lotteria Nazionale69, seppure con esiti non
esaltanti.
Non si è invece ravvisata in quell’occasione la necessità di richiedere al Ministero
per i Beni e le Attività culturali l’istituzione di un “Comitato nazionale per le
celebrazioni”70, che sarebbe stato pienamente giustificabile e opportuno al fine di elevare il
livello istituzionale71, ed anche nell’ottica del riconoscimento di Marengo come momento
storico di avvio del Risorgimento nazionale72, il che avrebbe consentito in prospettiva di
porre una seria ipoteca sull’effettivo coinvolgimento di Alessandria e dei suoi siti storici in
occasione della ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
La Provincia, ente che si era fatto carico del coordinamento delle Celebrazioni del
Bicentenario, aveva predisposto un densissimo programma di iniziative, sviluppando in
primo luogo quanto già collaudato nel corso degli anni in occasioni delle manifestazioni a
carattere rievocativo e spettacolare, ma destinando anche una pur minima quota di risorse
(fatto comunque non frequente) a iniziative caratterizzate da una certa continuità nel tempo
e da una qualche ricaduta anche dopo la fine delle Celebrazioni.
Tuttavia la parte assolutamente preponderante delle risorse, dell'attenzione dei
media, dell'impegno pubblico e privato, ma soprattutto del pubblico, si concentrarono – nel
rispetto delle logiche e dei riti dei “grandi eventi” che hanno caratterizzato in tutta Italia
quella fase delle politiche di promozione culturale – sulla settimana centrale della
manifestazione (dal 10 al 18 giugno 2000), con la ricostruzione in campo aperto della
Battaglia73 e con il Carosello dei Carabinieri, entrambi pesantemente condizionati ed in
Con un dettagliato disciplinare d’incarico, redatto su indicazione e sotto la responsabilità del
Capo di Gabinetto del Presidente della Provincia di Alessandria, che ha coordinato le Celebrazioni.
67 D.g.p. n. 728/1998; il testo è stato predisposto dal Servizio Beni e Attività culturali della
Provincia, di concerto con la Direzione del Museo Civico di Alessandria; si è trattato di un non
frequente esempio di stretta quanto trasparente collaborazione tra uffici di Enti diversi e sovente
antagonisti, che hanno invece saputo dimostrare competenza tecnica e capacità di programmazione
strategica.
68 L.r. n. 26/1998 “Interventi regionali per le celebrazioni” (B.U. Piemonte 28 ottobre 1998, n.
43).
69 Istituita nelle forme e modalità di cui alla l. 26 marzo 1990, n. 62 e al relativo regolamento
generale (d.p.r. 20 novembre 1948, n. 1677 e s.m.i.).
70 In occasione delle successive Celebrazioni per il V Centenario della nascita di S.Pio V
Ghislieri (2003-2006), proprio l’istituzione del Comitato Nazionale ha permesso il coinvolgimento
tramite i Ministeri dei Beni culturali e degli Affari Esteri, della Città del Vaticano e della Santa Sede.
71 La forma del Comitato nazionale consentiva coinvolgere in modo formale altre Regioni, lo
stesso Ministero per i Beni culturali ed anche - per suo tramite - il Governo, le istituzioni culturali e i
musei nazionali francesi La partecipazione francese a Marengo 2000 si è limitata alla presenza formale di
una rappresentanza del Consolato di Torino.
72 La correttezza storiografica di tale ipotesi trova conferma anche nei percorsi espositivi del
Museo Nazionale del Risorgimento di Torino e del Museo del Risorgimento di Milano, che dedicano
entrambi le prime sale all’età napoleonica.
73 Alla “battaglia” di domenica 11 giugno che vedeva in campo circa 2000 figuranti oltre a
decine di cavalli e cannoni, hanno avuto la possibilità di assistere, tra il fango e la pioggia, non più di
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Massimo Carcione
parte pregiudicati dal maltempo. Le manifestazioni promosse dal Comune di Alessandria si
erano invece svolte quasi tutte all'interno della Cittadella, che beneficiava così di una
prolungata apertura al pubblico74.
La dimensione almeno regionale dell’evento, che costituiva il necessario
presupposto per l’applicazione della l.r. n. 26/1998, è stata garantita dal coinvolgimento del
territorio come Tortona, Gavi75 o Casale Monferrato, con una positiva ricaduta in termini di
valorizzazione e promozione: si è infatti trattato di un ciclo di eventi tra loro correlati, che
hanno consentito di aprire prospettive nuove e originali contributi per il riallestimento del
percorso museale, attirando nel contempo sull’evento (e sul Museo) l’attenzione di tutta la
provincia e di settori di studiosi e appassionati di altre discipline.
Maggiori problemi si sono invece registrati per quanto concerne l’organizzazione
dei servizi turistici e di accoglienza degli spettatori e dei visitatori (carenze aggravate dalle
condizioni atmosferiche proibitive), con riferimento all‘immagine coordinata e alla
comunicazione dell’evento, che aveva finito per promuovere i singoli avvenimenti, molte
volte tardivamente e soprattutto localmente76.
Quanto alla struttura museale in senso stretto, un primo lancio promozionale ha
potuto essere attivato approfittando del grande evento mediatico (in specifico una delle
mostre collaterali e alcuni spettacoli del Bicentenario), ma l’esito dei mesi e degli anni
successivi77 ha confermato che, più che di un singolo grande momento di visibilità
mediatica, è indispensabile uno stretto e continuativo rapporto con la città e la provincia e
una maggiore attenzione da parte di Regione e Stato per l’inserimento in circuiti e sistemi
stabili e organizzati, a livello tematico e territoriale.
Mentre si svolgeva questo grande e assai dispendioso sforzo promozionale, nella
residua parte originale dell’antica osteria che sorge accanto alla villa, si era dapprima
progettata la realizzazione di un Ostello della gioventù (1996) per far fronte in qualche
modo alla giusta preoccupazione di dotare il sito di una struttura turistico-ricettiva. Questo
aveva consentito un primo parziale recupero del rustico, compromettendo però la maggior
diecimila persone mentre se ne attendevano almeno il triplo; invece il costosissimo Carosello del
mercoledì (sulla cui pertinenza con l’età napoleonica è stata manifestata più di una perplessità), cui
hanno assistito quasi altrettanti spettatori, si è ridotto a poco più di una parata a causa dello stato
disastroso del terreno, mal preparato, inzuppato di acqua e poi “arato” dagli stivali dei figuranti. La
delusione del pubblico, che avrebbe sicuramentre preferito godersi il grandioso spettacolo di abilità
equestre nella Piazza d’armi della Cittadella (se solo lo si fosse previsto almeno come opzione di riserva),
è stata solo in parte mitigata alla sera dall’avventuroso concerto e dallo spettacolo pirotecnico.
74 Da giugno a settembre era stata allestita la grande (e costosa) mostra “Napoleone a Marengo.
Dal mito alla storia”, a carattere prevalentemente multimediale: cfr. M. CARCIONE, Multimedialità e realtà
virtuale nelle iniziative di valorizzazione di “Marengo 2000”, in M. QUAGLIUOLO (a cura di), La gestione del
patrimonio culturale (Atti del Convegno di Torino, 4-8 dicembre 1999), Città di Castello, DRI, 2000.
Sempre all’interno della fortezza si erano tenuti un grande convegno di studi (il primo Forum Marengo) e
alcuni spettacoli teatrali e musicali.
75 La connessione tra le vicende napoleoniche e la storica fortezza “genovese”, ai confini della
provincia di Alessandria, sta nel lungo assedio posto nel 1799 dopo la battaglia di Novi, che vide la
guarnigione francese resistere fino alla vittoria di Marengo, facendone l’unico presidio che è rimasto
ininterrottamente transalpino a cavallo tra la prima e la seconda Campagna d’Italia.
76 È mancato quasi del tutto il coordinamento con gli eventi culturali che in quegli stessi giorni
si svolgevano a Torino, Milano, Chatillon, Martigny, e soprattutto al museo del Chateau de Malmaison di
Parigi, che aveva allestito una mostra dedicata proprio a “Marengo, une victoire politique”.
77 Se anche si volesse giudicare positivamente il flusso di visitatori, più o meno stabile sia nel
periodo 1998-2002 che dopo la riapertura del 2009 (non sono disponibili dati relativi ai periodi ante
1997), non si può non considerarlo deludente se rapportato al totale della popolazione cittadina e
provinciale, oltre che ai flussi medi di visitatori di analoghe realtà italiane ed estere.
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Study case
parte delle sue caratteristiche architettoniche tradizionali; l’immobile, nel quale si era
inizialmente ipotizzato di realizzare un certo numero di camere e servizi, aveva destato
l’interesse della nuova Università del Piemonte Orientale (tramite l’EDISU), da sempre alla
ricerca di spazi da mettere a disposizione di studenti pendolari o stranieri, senza che però si
trovasse un’intesa praticabile dal punto di vista economico e dell’accessibilità.
La struttura è diventata poi un piccolo centro congressi, a lungo privo di parcheggi
e concepito in modo del tutto indipendente rispetto all’attiguo museo78, che si viene a porre
in qualche modo in concorrenza79 con l’antistante Hotel Marengo, a sua volta struttura per
congressi realizzata da imprenditori privati80.
Non si è presa in considerazione, invece, la valorizzazione dell’attiguo Borgo81 e del
retrostante rio Fontanone – cioè dei luoghi in cui si svolse effettivamente la parte più
significativa dei combattimenti del 14 giugno 1800 – concentrando tutte le attenzioni e le
risorse su villa e annesso parco, che sono stati invece costruiti quasi mezzo secolo dopo ai
margini della zona della battaglia, al posto dell’antica locanda.
Lo Studio di fattibilità Marengo sito d’Europa” (2003), curato dalla società Energia e
Territorio Spa, su incarico di Provincia e co-finanziamento della Fondazione Cassa di
Risparmio di Alessandria82, ha sviluppato in primo luogo le questioni più propriamente
urbanistiche ed architettoniche, ponendo le basi teoriche (successivamente attuate e rese
operative con i grandi lavori del 2008-2009) per un totale “capovolgimento di
prospettiva”83.
78 Finanziata grazie alla l.r. n. 4/2003 in materia di strutture turistiche extra-alberghiere, a nuova
struttura, del tutto disadorna, avrebbe potuto con minime misure di sicurezza accogliere durante il
restauro della villa il vecchio allestimento (se non i cimeli e le armi, almeno stampe, pannelli, video e
diorami), evitando la chiusura totale del Museo dal 2003 al 2009 e il conseguente inevitabile danno di
immagine.
79 La prassi degli Enti pubblici di concedere quasi sempre le proprie sale convegni a titolo
gratuito, oltre ad essere di dubbia correttezza dal punto di vista della contabilità pubblica (trattandosi di
servizi a domanda individuale), viene a porsi in discutibile concorrenza con chi offre tali servizi in modo
imprenditoriale; altra cosa è invece, evidentemente, il fatto di dotare un Istituto culturale di un proprio
spazio attrezzato per convegni, conferenze, proiezioni in tema napoleonico, che solo in modo
occasionale potrebbe essere offerto ad altre analoghe iniziative senza scopo di lucro e con finalità
promozionali.
80 Non è banale rilevare che si tratta di struttura dotata di bar e ristorante, ragione per la quale è
di tutta evidenza che sarebbe stato assai consigliabile collaborare (attivando ad esempio una convenzione
per i servizi aggiuntivi museali di quel tipo), piuttosto che mettersi in competizione; non è mai stato
neppure risolto un problema apparentemente semplice come l’attraversamento della strada di grande
comunicazione che separa il museo (e il parco pubblico) dall’hotel (e dall’abitato) di Spinetta: non risulta
infatti che sia mai stata in progetto una passerella e tantomeno un ancor più improbabile sottopassaggio.
La connessione tra museo e hotel è stata dimostrata, ove fosse necessario, dal fatto che dopo anni di
chiusura per ristrutturazione del sito turistico, nel 2009 anche l’albergo ha dovuto chiudere per qualche
mese, riaprendo in concomitanza dell’ultima reinaugurazione.
81 Non sarebbe stato di ostacolo il fatto che la curtis regia longobarda è oggi proprietà privata, in
considerazione dell’accertata disponibilità dei proprietari a stipulare una convenzione per la
valorizzazione e fruizione pubblica del sito, come previsto dall’art. 38 del Codice dei Beni culturali.
82 L’incarico è stato conferito con d.g.p. n. 136/2003; si veda il dossier conclusivo dal titolo
Marengo ‘Sito d’Europa’, 3 voll. (I, Progetto di riqualificazione globale; 2, Contributi; 3. linee guida per la
riqualificazione), Alessandria, Energia e Territorio, marzo 2004.
83 Invece del tradizionale e pericoloso ingresso, nel mezzo dell’incrocio tra la Statale e la via
verso Spinetta, si era già previsto l’ingresso dal lato verso il casello Alessandria Est dell’autostrada A21,
onde consentire ai visitatori di apprezzare prima il campo di battaglia in direzione di Castelceriolo e
Montecastello, quindi il parco, il Fontanone e il Borgo, ed infine l’ingresso alla Villa passando davanti
all’Ossario; nella cascina adiacente si prevedeva di realizzare un parcheggio di servizio e lo spazio per i
21
Massimo Carcione
Quanto agli aspetti più propriamente museografici e museologici, al momento dello
Studio di Fattibilità si sono prospettati differenti approcci metodologici, che hanno
condotto infine alla soluzione di proporre la realizzazione negli spazi espositivi all’interno
della Villa di Marengo, dopo gli ormai indifferibili lavori di consolidamento statico,
risanamento e recupero funzionale, di un minimo allestimento permanente, per poi
proporre ogni anno delle mostre temporanee; il tutto collegato all’esterno del museo con il
Parco storico della Battaglia, costituito dal parco restaurato e dall’itinerario dei luoghi della
battaglia e degli altri riferimenti napoleonici in città.
Nel successivo progetto esecutivo e nella concreta realizzazione dell’allestimento si
è invece privilegiato l'aspetto storico-militare della Battaglia di Marengo, intendendo cioè in
modo scientificamente rigoroso il termine di museo storico84.
L’aspetto di maggiore interesse per questo studio è però costituito dal fatto che lo
studio di fattibilità affrontava per la prima volta, in modo analitico e argomentato con
ampia documentazione85, il problema dello status giuridico del sito storico-monumentale e
della sua migliore futura riorganizzazione sotto il profilo legale e istituzionale: a riprova
della necessità di una riorganizzazione complessiva e sinergica, nelle conclusioni (punto 5)
si consigliava di “passare dall’attuale gestione in economia a un modello di gestione
indiretta e più autonoma tramite una fondazione costituita o partecipata dalla Provincia,
aperta in modo da offrire un tetto organizzativo anche per altre gestioni di beni culturali
degli enti locali culturalmente collegati a quelli di Marengo”.
Nel contempo, venivamo affrontate – finalmente in modo non dilettantistico – le
problematiche connesse all’effettiva possibilità di un proficuo “sfruttamento” turistico del
sistema dei luoghi napoleonici alessandrini86; infine una specifica scheda era dedicata alla
questione, sempre controversa e problematica nel nostro ordinamento culturale, della
direzione organizzativa e scientifica dell’istituzione museale87.
Una volta completato e presentato in un convegno pubblico lo Studio di fattibilità,
però, sono trascorsi ancora alcuni anni di sostanziale ritorno al tradizionale oblio88,
intervallato da sempre più fugaci momenti di attenzione, non sempre del tutto pertinente.
Sempre nel corso del 2003 la zona di Alessandria ha subito una scossa di terremoto
servizi, con depositi, laboratori, uffici di direzione e spazio per mostre temporanee.
84 In quest’ottica già lo Studio di fattibilità opportunamente suggeriva (come poi è avvenuto nel
2010) di recuperare e utilizzare in forma permanente, ampliandolo e sviluppandolo, almeno parte del
materiale realizzato proprio per la grande mostra del Bicentenario, allestita in Cittadella nell'estate 2000:
ennesimo punto di contatto e comunanza di destini tra i due siti, che però non ha stimolato il
completamento del banale percorso logico che avrebbe dovuto portare anche alla comune
valorizzazione e promozione.
85 Cfr. J. LUTHER, Analisi dello status giuridico ‘ottimale’ per il progetto in Marengo ‘Sito d’Europa’, cit.,
Vol. I, pp. 72-117; lo studio è stato ripubblicato integralmente nel sito web del Dipartimento POLIS,
dell’Università del Piemonte Orientale: J. LUTHER, La valorizzazione del Museo provinciale della Battaglia di
Marengo. Un parere di Diritto pubblico, Working paper n.44, Alessandria, Polis, 2004, scaricabile alla pagina
web: http://polis.unipmn.it.
86 La parte turistica della ricerca è stata realizzata dagli esperti del Dipartimento di Ricerca
Sociale dell’Università del Piemonte Orientale: cfr. E. ERCOLE, M. GILLI E G. BELLA, Analisi di marketing
per il Museo di Marengo, in Marengo ‘Sito d’Europa’, cit., Vol. I, pp. 18-71.
87 Cfr. M. CARCIONE, Il Direttore del Museo, in Marengo ‘Sito d’Europa’, cit., Vol. II, Contr. n. 8.
88 Fatto salvo qualche serio intervento nel parco, in seguito alla rovinosa caduta, fortunatamente
senza conseguenze essendo avvenuta in giorno di chiusura, di un grande tronco proprio sulla stradina
antistante l’Ossario; solo allora la Provincia ha deciso di affrontare l’onerosa potatura del parco storico,
che annovera molti platani secolari trascurati da decenni, con un complesso intervento curato dal punto
di vista dall’IPLA, Ente regionale specializzato.
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Study case
(11 aprile) che, non avendo causato fortunatamente né vittime né danni alle strutture civili,
ha dato il classico “colpo di grazia” alle già precarie strutture portanti della villa,
consentendo in compenso un significativo intervento a carico dello Stato per il recupero
statico, passaggio imprescindibile per l’avvio del definitivo restauro e riutilizzo della Villa.
Ne è conseguito a partire dal 2006 l’ennesimo “Grande Progetto” di recupero,
riallestimento e rilancio di Marengo, che stavolta ha ottenuto adeguata attenzione e
cospicuo finanziamento da parte della Regione Piemonte, aprendo la strada a una vasta e
definitiva operazione di valorizzazione, simboleggiata dalla nuova piramide realizzata nel
cortile di ingresso alla Villa89.
Restano invece ancor oggi da definire e porre in essere90 quelle modalità gestionali,
già puntualmente individuate in via teorica, le sole che sarebbero in grado di “offrire un
tetto organizzativo”, e possibilmente anche di garantire l’autonomia scientifica, in primo
luogo rispetto agli stessi referenti pubblici, il che non può prescindere dalla qualità e
completezza dei servizi culturali offerti ai visitatori, all’interno del complesso immobiliare
di proprietà della Provincia come nel parco e in tutti i siti napoleonici di Alessandria e
dintorni, Cittadella inclusa.
89 Inutile sottolineare che al di là dell’indubbia fondatezza scientifica delle ricerche che l’hanno
preceduta e orientata, anche quest’ultima scelta dei pubblici amministratori alessandrini, come tutte le
precedenti relative a Marengo e alla Cittadella, è stata al centro di vivaci polemiche, incentrate
sull’osservazione (per certi versi condivisibile) che la nuova struttura potrebbe indurre il visitatore a
pensare a un ben noto museo d’Oltralpe, anch’esso molto legato alla figura di Napoleone.
90 Dopo la pre-inaugurazione, nel giugno 2009 (penultima di una lunga serie), del Museo e della
Piramide, i servizi di accoglienza e accompagnamento sono stati assicurati da una cooperativa
alessandrina, tramite operatori qualificati.
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Massimo Carcione
2. IL SITO MONUMENTALE E IL PROBLEMA
DEL SUO RECUPERO
Si è già avuto modo di constatare, e si vedrà meglio tra breve, analizzando le
vicende conseguenti alla smilitarizzazione e dismissione del sito storico-militare della
Cittadella che, in questo come in molti altri casi italiani, non si pone apparentemente alcuna
questione di tipo formale né sostanziale, sul piano giuridico come su quello amministrativo:
la normativa in materia di patrimonio culturale è completa, le competenze dei diversi
soggetti appaiono chiare, si realizzano tutti i presupposti di fatto e di e diritto, le procedure
sono state avviate secondo quanto previsto dalla vigente disciplina.
Eppure ad oltre quindici anni dall’avvio dell’iter finalizzato al recupero e alla
valorizzazione del complesso immobiliare, tutto è rimasto pressoché fermo al punto di
partenza91, e comunque i risultati ottenuti in termini di corretta gestione e incremento della
fruizione del sito sono davvero minimi, del tutto sproporzionati rispetto al tempo trascorso
e alle risorse impiegate.
Dunque non resta che analizzare punto per punto il complesso delle questioni che
via via si sono poste e si stanno ancora attualmente configurando, nella speranza di
individuare (ad esempio nella non corretta successione delle diverse fasi, o nella scarsa
corrispondenza tra gli atti di indirizzo e quelli di concreta attuazione) dove sta il punto
debole della catena procedimentale; è però possibile che si debba constatare, al termine di
tale disamina, che la normativa nazionale è stata sostanzialmente rispettata e applicata, il
che porrebbe il problema della sua riconsiderazione de iure condendo, o di una sua migliore
attuazione a livello regionale, nel rispetto dell’art. 177 comma 3, per quanto attiene al
profilo della valorizzazione.
Nella successione cronologica degli eventi, vengono affrontate per prime le
questioni della rilevanza e dello status, dal momento che preesistono all’avvio della fase di
programmazione e progettazione degli interventi, costituendone i presupposti e
contribuendo a predefinirne alcune specifiche modalità e finalità.
a.
Rilevanza
1.
Bene vincolato, monumento nazionale
Il problema se la Cittadella e le sue pertinenze, immediate o meno, costituivano e
costituiscono ancor oggi ai sensi delle diverse leggi di tutela un bene culturale, è sempre
stato considerato alla luce del fatto che si tratta per lo più di complessi immobiliari da
sempre o in epoche più recenti appartenenti al demanio militare dello Stato, con la sola
eccezione del sito di Marengo, entrato a far parte da circa vent’anni del demanio
91 A riprova di questa affermazione si segnala, come testimonianza non influenzata
condizionata dai condizionamenti locali, l’articolo pubblicato nella pagina nazionale della Cultura del
“Corriere della Sera”, dopo una visita al monumento, da G.A. STELLA, Lo scempio della fortezza dei patrioti, in Il
Corriere della Sera, 14 luglio 2011, p. 37, disponibile anche nel sito web : http://archiviostorico.corriere.it
24
Study case
92
provinciale : dunque si tratta di beni che rientrano nella previsione dell’art. 10 del Codice,
per il solo fatto che, come tutte le “cose immobili appartenenti allo Stato” o ad “altri enti
pubblici territoriali” (ma lo stesso sarebbe se fossero trasferiti alla regione, ad ogni altro
ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private, purché senza fine di lucro), in
quanto “presentano interesse artistico, storico e archeologico”, sono definiti come “beni
culturali”.
In specifico essi, ai sensi dell’art. 53 (Beni del demanio culturale), rientrando nelle
tipologie indicate all’articolo 822 del Codice civile93, costituiscono il demanio culturale:
pertanto non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non
nei limiti e con le modalità previsti dal codice stesso94.
A tal fine l’art. 12 comma 3 del Codice dei Beni culturali ha in anni relativamente
recenti previsto una procedura di “Verifica dell'interesse culturale” per i beni immobili
pubblici, da attivarsi mediante richiesta ai competenti organi del Ministero per i Beni
culturali, corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive 95; solo
l'accertamento dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico “costituisce
dichiarazione” a titolo definitivo, ai fini dell’applicazione delle norme di tutela.
Poiché però si tratta di norme entrate in vigore successivamente all’avvio del
processo di valorizzazione, tutta la fase precedente era stata invece sottoposta alla
previgente normativa, in specifico gli artt. 1 e 2 della l. n. 1089/193996; è in virtù di essa
dunque che in data 22 agosto 1972, era stata formalizzata la dichiarazione di interesse
particolarmente importante e il conseguente vincolo97. L’art. 6 della stessa legge disponeva
in merito alla vigilanza circa la corretta conservazione del sito, che è sempre stata
formalmente affidata alla competente Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici
(BAP), malgrado la preminente destinazione ad usi militari98; in questo senso in base all’art.
J. LUTHER, La valorizzazione del Museo provinciale della Battaglia di Marengo, cit., p. 17.
Art. 822 (Demanio pubblico). “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico
(…) le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se
appartengono allo Stato, (….) gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a
norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche”.
94 Comma così modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 62/2008; cfr. F. TAORMINA, La tutela del
patrimonio artistico italiano, Torino, Giappichelli, 2001, p. 217, che individua e definisce quattro categorie di
procedimenti relativi all’uso culturale dei beni demaniali: uso generale (pubblico), uso particolare in forza
di atto di ammissione (biglietto di ingresso), uso speciale (autorizzazione discrezionale) e uso eccezionale
(atto concessorio).
95 Lo stesso comma 3 dell’art. 12 dispone che “I criteri per la predisposizione degli elenchi, le
modalità di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di elenchi e schede sono stabiliti con
decreto del Ministero adottato di concerto con l'Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso
all'amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente direzione generale dei lavori e del
demanio. Il Ministero fissa, con propri decreti i criteri e le modalità per la predisposizione e la
presentazione delle richieste di verifica, e della relativa documentazione conoscitiva, da parte degli altri
soggetti di cui al comma 1”; tale norma tuttavia non interessa più il caso in esame, essendo nel
frattempo intervenuta la definitiva dismissione del sito da parte dell’Amministrazione della Difesa.
96 Art. 2: “Sono altresì sottoposte alla presente legge le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, (…), siano state riconosciute di interesse particolarmente importante e
come tali abbiano formato oggetto di notificazione, in forma amministrativa, del Ministro della pubblica
istruzione. La notifica, su richiesta del Ministro, è trascritta nei registri delle conservatorie delle ipoteche
ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore della cosa a qualsiasi
titolo”.
97 Seppure con un motivazione di merito per lo meno discutibile; si verda infra.
98 Art. 6: “Sono soggette alla vigilanza del Ministro della pubblica istruzione le cose che hanno
l'interesse in cui agli artt. 1, 2, 5. Le cose immobili e mobili di proprietà dello Stato le quali hanno
l'interesse di cui agli artt. 1, 2 e 5 della presente legge sono sottoposte alla vigilanza del Ministro della
92
93
25
Massimo Carcione
9, sarebbe stato sempre possibile “in ogni tempo, in seguito a preavviso, procedere ad
ispezioni per accertare l'esistenza e lo stato di conservazione e di custodia delle cose
soggette alla presente legge”.
Non risulta, invece, che finora sia mai stato considerato, da parte della
Soprintendenza BAP (ma neppure dalla Regione Piemonte), l’aspetto naturalistico e
paesaggistico99 del sito, rilevante ai sensi della Parte Terza del Codice, rientrando
certamente nella definizione legislativa di “paesaggio”100 tutto il sistema delle fortificazioni
alessandrine, anche alla luce delle sue importanti relazioni e implicazioni, tanto strategiche
che ambientalistiche, con i due attigui fiumi Tanaro e Bormida.
Nel definire la rilevanza della Cittadella, infine, occorre chiarire un equivoco
terminologico in cui talora si rischia di cadere, allorché complessi architettonici di
particolare rilievo vengono impropriamente indicati con la dizione “Monumento
nazionale”, senza tenere presente i requisiti che sono richiesti perché un bene sia dichiarato
tale: secondo l’art. 33 della legge l. 7 luglio 1866, n. 3096, i monumenti nazionali sono
infatti soltanto gli “stabilimenti ecclesiastici distinti per la monumentale importanza e pel
complesso dei tesori artistici e letterari”101, si tratta dunque di chiese, abbazie, monasteri o
conventi102; lo stesso articolo prevedeva che altri complessi monumentali potessero ottenere
la medesima qualificazione, in base all’art. 5.4 del regolamento di esecuzione della legge, il
che faceva sorgere per il governo l’obbligo della sua conservazione, con spesa a carico del
Fondo per il culto (Ministero degli Interni).
Attualmente l’art. 54, comma 1, lett. b) del Codice, nel distinguere tra immobili
sdemanializzabili e meno, stabilisce che non possono essere sdemanializzati in particolare
“gli immobili riconosciuti monumenti nazionali con atti aventi forza di legge”; oltre che in
questo caso, la legge statale fondamentale in ambito culturale cita tale categoria di beni solo
all’art. 129 (Provvedimenti legislativi particolari)103, a riprova della problematicità del tema,
rispetto al quale risulta evidente “la fatica con la quale nel dibattito parlamentare si venne
elaborando la nozione, ma anche le perplessità che accompagnarono l’attuazione della legge
stessa”104.
pubblica istruzione per quanto riguarda la loro conservazione, da chiunque siano tenute in uso o in
consegna”.
99 Questo malgrado le sollecitazioni di organizzazioni come Italia Nostra e Legambiente, gli esiti
della consulenza affidata all’IPLA nell’ambito dello Studio di Fattibilità e la concreta possibile di un
coinvolgimento del non lontano Parco regionale del Po, tramite la Regione Piemonte.
100 Secondo l’art. 131 (Salvaguardia dei valori del paesaggio) “per paesaggio si intende una parte
omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili”.
101 Secondo l’opinione di A. ASTORRI, Il problema dei monumenti nazionali e dei loro archivi, in Aedon,
(1) 1999: www.aedon.mulino.it., alla luce del combinato disposto della l. n. 3096 e della legge 19 giugno
1873, n. 1402, i monumenti nazionali sono “stabilimenti ecclesiastici che presentano quali requisiti
essenziali, oltre al carattere monumentale, la presenza di un insieme di altri tesori artistici e letterari”.
102 Tra essi spiccano ad esempio le abbazie di Montecassino e di Monreale, oppure la Certosa di
Pavia
103 Art. 129 comma 1: “Sono fatte salve le leggi aventi ad oggetto singole città o parti di esse,
complessi architettonici, monumenti nazionali, siti od aree di interesse storico, artistico od
archeologico”.
104 L’osservazione, sempre riferita ai beni di interesse religioso oggetto delle “leggi eversive”, è
tratta ancora da A. ASTORRI, op.cit.; si veda anche G. FELICIANI (a cura di), Beni culturali di interesse religioso.
Legislazione dello Stato ed esigenze di carattere confessionale, Bologna, Il Mulino, 1995.
26
Study case
2.
Il riferimento alla storia politica e militare
Al di là del dato formale dell’appartenenza al Demanio pubblico, merita di essere
sottolineato anche un aspetto di merito che, se non rileva ai fini dell’applicazione delle
norme di tutela in senso stretto, può tuttavia aiutare a meglio definire la rilevanza intrinseca
del sito in esame, con riferimento all’effettivo interesse culturale e quindi alla conseguente
necessità (o meno) di una concreta azione di recupero e valorizzazione da parte dello Stato
stesso, in quanto bene storico e architettonico tutt’ora riconosciuto come costituente una
“testimonianza avente valore di civiltà” (art. 2 comma 2 del Codice): per quanto civile possa
essere ritenuta una struttura nata per la guerra e destinata esclusivamente a usi militari per
quasi tre secoli.
Se infatti si intendesse escludere l’effettivo interesse culturale, di questo come di
altri beni demaniali, ai fini dell’avvio della procedura di sdemanializzazione e quindi della
possibile conseguente alienazione, lottizzazione e destinazione a usi immobiliari (per non
dire di una davvero improbabile demolizione parziale o totale105), tale verifica andrebbe
fatta alla luce degli stessi criteri fissati dal Codice, ed in specifico dall’articolo 10 comma 1,
in quanto il sito della Cittadella presenta certamente “interesse artistico, storico,
archeologico” (quest’ultimo con riferimento al preesistente quartiere Borgoglio).
Sulla base del comma 3 dello stesso articolo - essendo a suo tempo intervenuta la
dichiarazione ora regolata dall’art. 12 del Codice – occorrerebbe dare atto che si tratta, oltre
ogni ragionevole dubbio, di beni che “rivestono un interesse particolarmente importante a
causa del loro riferimento con la storia politica, militare (…) e della cultura in genere, ovvero
quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche”: a tal fine è infatti
sufficiente considerare i già ricordati legami con le vicende risorgimentali e della Resistenza,
ed anche la stretta connessione tra l’intera vita della Cittadella e la storia delle istituzioni
militari nazionali, intese in questa accezione solo dal punto di vista organizzativo e
logistico106.
In questo senso è interessante l’osservazione fatta già nel 1966 dalla Commissione
Franceschini107, per la quale – al di là del generale interesse storico di tutti i beni culturali –
vanno distinti quelli che rilevano in quanto “beni di interesse storico, si potrebbe dire, in
senso specifico”, in virtù della derivazione del loro interesse esclusivamente dalla
connessione ad eventi storici, concetto che può essere espresso con la dizione di
“testimonianza storica”, individuabile nel nostro caso soprattutto nella battaglia di
Marengo.
Ai sensi del successivo comma 4 lettera f) potrebbe invece essere considerato il
sistema delle aree esterne, per lungo tempo dimenticato e solo di recente riconsiderato dal
punto di vista progettuale come “parco di interesse storico”; così pure l’insieme degli spazi
interni alla cinta bastionata costituiscono certamente “spazi aperti urbani di interesse
storico”, e vedremo presto quanto possa risultare significativa per la Cittadella la
definizione come spazio aperto, e così pure la sua qualificazione come urbano.
Altrettanto interessanti e pertinenti risultano poi le definizioni, cui si era fatto già
cenno supra con riferimento al sito di Marengo, rinvenibili all’art. 101 (Istituti e luoghi della
105 Tale eventualità per la Cittadella è stata sempre paventata da parte di alcune associazioni
culturali locali: cfr. gli interventi del Generale Guido Amoretti, di Guido Patria e quello, riportato infra, di
Guido Ratti, in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., pp. 60, 71 e 75-76.
106 A. CROSETTI, D. VAIANO, op.cit., pp. 30-33, pongono in evidenza la differenza di questa
accezione, che viene in rilievo grazie al “legame storico-relazionale”, rispetto a quella dei b.c. “storici” di
cui al comma 1 dello stesso articolo.
107 Cfr. G. VOLPE, Manuale di diritto dei beni culturali. Storia e attualità, Padova, Cedam 2007, p. 118.
27
Massimo Carcione
cultura) del Codice, secondo cui si intende per “complesso monumentale” un insieme
formato da una pluralità di fabbricati edificati anche in epoche diverse, che con il tempo
hanno acquisito, come insieme, un’autonoma rilevanza storica. La dizione di “parco
archeologico” andrebbe invece adottata nel caso di un ambito territoriale caratterizzato da
importanti evidenze archeologiche, il che non è nel nostro caso, mentre appare più
pertinente in prospettiva il riferimento alla compresenza di valori storici, paesaggistici o
ambientali, e al fatto di essere attrezzato come museo all’aperto108. In proposito occorre sin
d’ora avere presente le disposizioni dei commi 3 e 4, secondo cui se gli istituti ed i luoghi di
cui sopra appartengono a soggetti pubblici sono “destinati alla pubblica fruizione ed
espletano un servizio pubblico”, mentre nel caso appartengono a soggetti privati, purché
aperti al pubblico, “espletano un servizio privato di utilità sociale”.
Se si volesse infine condividere la recente proposta di qualche amministratore
comunale, infine, potrebbe risultare applicabile anche l’art. 11, lett. i) riguardante le “vestigia
individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico della Prima
guerra mondiale”, come integrato dal disposto di cui all'articolo 50, comma 2109. Si rileva a
questo proposito che anche la l. 7 marzo 2001, n. 78 faceva riferimento alla lettera f)
dell’art. 1, comma 2, a “ogni altro residuato avente diretta relazione con le operazioni
belliche”, non essendo in questo caso, a stretto rigore, configurabile il riferimento alle
fortificazioni, dal momento che all’epoca si trattava già di strutture logistiche, utilizzabili al
più per la detenzione dei prigionieri, di guerra e politici; si noti infine che la legge de qua
non delimita territorialmente l’area di intervento e demanda gli interventi allo Stato
(Ministeri della Difesa e dei Beni culturali, quest’ultimo anche in veste di finanziatore), alle
Regioni e agli Enti locali, consentendo inoltre l’interventi dei privati.
3. Patrimonio culturale europeo, patrimonio dell’Umanità
Secondo quanto è stato codificato, in seno al Consiglio d’Europa, dall’art. 1 della
Convenzione culturale europea (Parigi, 19 dicembre 1954)110 “ogni Parte Contraente
prenderà misure intese a salvaguardare e a incoraggiare lo sviluppo del suo contributo al
patrimonio culturale comune dell’Europa”, che per l’art. 5 è individuato solamente nel
senso che “ogni Parte Contraente considererà gli oggetti di valore culturale europeo in suo possesso, come parte integrante del patrimonio culturale comune” al fine di prendere le misure
necessarie a salvaguardarli e facilitarne l’accesso.
Non si tratta dunque, almeno sino ad oggi, di un sistema organizzato sotto forma di
catalogo, lista o circuito stabile di monumenti e siti111, né ci sono espliciti collegamenti tra
Con riferimento all’ipotesi di destinare a fini museali uno o più degli edifici della Cittadella,
va ricordato che per il comma 2, lettera a) dello stesso articolo, "museo è una struttura permanente che
acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio”.
109 “È vietato, senza l'autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco di
stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli nonché la rimozione di cippi e monumenti, costituenti
vestigia della Prima guerra mondiale ai sensi della normativa in materia”. Va detto che si tratta di norme
di cui davvero non si ravvisa la necessità, trattandosi prevalentemente di beni culturali con oltre
cinquant’anni, problema che ormai non si pone più neppure per le vestigia della Seconda guerra mondiale.
110 Per l’art. 3 della più recente convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del
patrimonio culturale per la società (Faro, 2005), non ancora ratificata da parte dell’Italia, entrata in
vigore il 1 giugno 2011 con sole 10 ratifiche, il patrimonio comune europeo “consists of all forms of cultural
heritage in Europe which together constitute a shared source of remembrance, understanding, identity, cohesion and
creativity”.
111 In tal senso poteva apparire l’iniziativa presentata (settembre 2006) dal Ministero per i Beni
culturali, in occasione delle Giornate europee del Patrimonio di “inserire nuovi beni del nostro territorio
108
28
Study case
tale particolare categoria di beni culturali e le realtà a vario titolo destinatarie dei diversi
finanziamenti o fondi strutturali UE, neppure nell’ambito del progetto “Cultura” 112; una
conferma in tal senso è giunta allorché, negli anni successivi, non hanno ricevuto
approvazione e finanziamento né un progetto UE Raffaello specificamente dedicato a una
rete europea di cittadelle e fortificazioni da recuperare agli usi civili, né l’ancor più vasta e
articolata rete europea dei siti napoleonici, proposta ai fini dell’inserimento nel programma
UE Cultura 2000, rispettivamente per iniziativa di Provincia e Comune di Alessandria.
Ben altra effettività, anche sul piano del diritto interno, rivestono invece le definizioni contenute nelle convenzioni UNESCO sul patrimonio mondiale già ratificate dal Parlamento nazionale, che hanno introdotto da tempo nel nostro ordinamento nozioni di
grande utilità ai fini della più corretta individuazione dei caratteri peculiari, e quindi del rilievo culturale e paesaggistico, del sito in questione.
Infatti per l’art. 1 (Definizione dei beni culturali) della Convenzione per la Protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, adottata all'Aja il 14 maggio 1954, sono
considerati beni culturali, tra le altre cose: i beni immobili, come i monumenti architettonici
di storia; i siti archeologici; i “complessi di costruzioni che, nel loro insieme, offrono un interesse storico”; ed inoltre i musei, le grandi biblioteche, i depositi di archivi, come pure “i
rifugi destinati a ricoverare, in caso di conflitto armato, i beni culturali mobili”; in ultimo i
centri monumentali, che sono definiti come comprendenti un numero considerevole di beni
culturali. Tutto ciò a condizione che tali beni siano “di grande importanza per il patrimonio
culturale dei popoli”.
L’art. 1 della Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e
naturale (Parigi, 23 novembre 1972), specifica invece che, per quel che ci interessa, sono
considerati patrimonio culturale i monumenti architettonici, le strutture di natura
archeologica e le “combinazioni di elementi di evidente valore universale” dal punto di vista
storico; sono inoltre protetti “i gruppi di edifici connessi che, a causa della loro architettura,
la loro omogeneità o il loro posto nel paesaggio, abbiano rilevante valore universale dal
punto di vista storico”.
Poiché l’adozione di tali definizioni risulta già oggi rilevante, con riferimento al sito
della Cittadella, ai fini dell’avvio da parte del Ministero per i Beni e le Attività culturali di
una procedura presso l’UNESCO, come pure di altre che presto potrebbero essere
proposte in connessione ad essa, è del tutto evidente che la loro considerazione va ben al di
là di un mero interesse scientifico per la disciplina internazionalistica: tanto più in quanto
dovrà comportare la successiva attribuzione di un carattere di priorità113 negli interventi di
tutela e valorizzazione, ai sensi della l. n. 77/2006114.
nell'ambito della campagna internazionale di sensibilizzazione e valorizzazione del patrimonio culturale
europeo”, nell’intento di “rendere facilmente percepibili, da parte dei cittadini europei, le radici comuni
della loro cultura”.
112 Non poteva dunque essere presa alla lettera l’iniziativa assunta nel 1997 dal Comune di
Alessandria, che aveva chiesto ai partecipanti al Congresso napoleonico internazionale svoltosi in Cittadella
(21-26 giugno 1997), di sottoscrivere un appello affinché il sito fosse “riconosciuto” come bene culturale
di rilevanza europea.
113 Secondo R. CHIARELLI, op.cit., p. 275, risulta inevitabile la scelta di operare una selezione dei
beni culturali storici da conservare e salvare.
114 Art. 2: “I progetti di tutela e restauro dei beni culturali, paesaggistici e naturali inclusi nel
perimetro di riconoscimento dei siti italiani UNESCO acquisiscono priorità di intervento qualora siano
oggetto di finanziamenti secondo le leggi vigenti”.
29
Massimo Carcione
b.
Lo status giuridico
1.
La legislazione vigente
Per completare il quadro dello status quo normativo al momento dell’avvio e nel
corso dell’evolversi delle vicende di cui ci stiamo occupando, vale la pena di riassumere
brevemente le diverse fonti legislative che si sono succedute, in particolare nel periodo tra il
1994 (anno dell’alluvione, evento che ha determinato la definitiva decisione di dismettere il
sito da parte della Difesa) e il 2008, momento in cui si è completato il processo di
dismissione ed è iniziata, al momento solo a titolo di “custodia”, l’attività di gestione da
parte del Comune.
Inutile sottolineare che si tratta dell’arco temporale che ha visto, insieme e
nell’ambito della ridefinizione delle competenze rispettive e dei rapporti reciproci tra i
diversi livelli istituzionali, anche la radicale revisione di tutta la normativa in campo
culturale: fermi restando i principi fondamentali della “Costituzione culturale” (in primis gli
articoli 9 e 33), a partire dagli articoli 148 ss. del Capo V del d.lgs, n. 112/1998, in seguito
con il Testo unico dei Beni culturali (d.lgs. n. 490/1999) ed infine, e soprattutto, con la
l.cost. n. 1/2003 si è venuto a creare un quadro istituzionale e di competenze
amministrative quasi del tutto nuovo, ripensato nell’ottica della sussidiarietà.
Su queste basi, infine, il Codice del 2004 è intervenuto a ridefinire
complessivamente un quadro normativo che, pur conservando l’impianto fondamentale
della storica legge di tutela n. 1089/1939 è risultato fortemente innovato, in particolare per
quanto attiene le “nuove” competenze e funzioni relative alla valorizzazione e promozione
culturale.
Dunque la vicenda della Cittadella (come tutti gli altri casi di grandi interventi di
recupero strutturale e riuso di complessi monumentali, avviati o portati a termine in questo
stesso periodo) ha costituito, anche in questo senso, un test piuttosto probante del
recepimento e dell’attuazione – come pure dell’inefficacia o delle difficoltà di recezione,
soprattutto sul piano amministrativo – delle nuove norme che via via prendevano corpo e
spiegavano i loro effetti, anche con riferimento alla legislazione regionale.
Ne è riprova il fatto che la Regione Piemonte ha avviato proprio tra il 2000 e il 2001
(con la l.r. n. 44/2000, come integrata dalla n. 5/2001) il recepimento della riforma
Bassanini, senza però intervenire coerentemente e conseguentemente sulla normativa di
settore, tuttora ferma, per quanto attiene ai fondamenti del sistema degli interventi di
sostegno alla promozione culturale e di organizzazione dei servizi culturali, alle ormai
“storiche” l.r. n. 57/1978 e n. 78/1978.
2.
Demanialità
Si è già detto poc’anzi dello status giuridico di demanialità che caratterizza tutti gli
immobili oggetto del presente studio, il quale avrebbe da sempre assicurato – almeno in
linea teorica – la massima garanzia sotto i profili della tutela e della destinazione a uso
pubblico; tuttavia da qualche anno è il fondamento stesso del concetto di demanialità (che
solo in caso del tutto eccezionali poteva venire meno, tramite la procedura di
sdemanializzazione) ad avere via via perso l’aura quasi sacrale che da sempre lo aveva
caratterizzato, assumendo per quanto riguarda gli immobili di pregio storico-artistico una
connotazione assai meno garantistica, tanto da far dire che “sovente il peggior nemico dei
30
Study case
115
beni culturali pubblici è il Demanio” .
Con la l. n. 662/1996116, si era tentato di fare fronte a questo stato di cose in modo
quanto meno singolare, adottando un meccanismo di cessione onerosa agli Enti locali, oppure di permuta di edifici e aree militari con equivalenti siti edificabili di proprietà delle
amministrazioni comunali. Dopo il 2003117, si è registrata una decisa accelerazione di tali
procedure, che sono state però riorganizzate in modo più appropriato e funzionale, prevedendo il trasferimento dei beni militari al patrimonio immobiliare dello Stato, portando
quattro anni dopo all’accordo, stipulato tra Agenzia del Demanio e Ministero della Difesa, che
ha definito la consistenza dei beni ex militari non più utili ai fini istituzionali; sulla base delle
disposizioni previste dalla Finanziaria 2007, poi, quattro decreti hanno sancito il passaggio
degli immobili già dismessi dagli usi militari.
Nell’ottica della nuova agenzia creata per “valorizzare” questo immenso patrimonio
immobiliare, dunque, “gli immobili dismessi dalla Difesa (caserme, arsenali, poligoni, terreni) rappresentano un’opportunità di sviluppo e di innovazione nella gestione del patrimonio immobiliare pubblico e nella pianificazione degli assetti territoriali118.
A tal fine erano stati aperti già all’epoca tavoli permanenti di confronto con l’ANCI,
la conferenza Stato-Regioni e i Comuni interessati, per valutare i loro fabbisogni e definire
insieme un piano di riconversione: tuttavia quella complessa e non particolarmente dinamica costruzione amministrativa, gestionale e tecnica deve ora essere interamente rivista119 alla
luce del nuovo d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85 (singolarmente denominato “Attribuzione a
comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio”), in attuazione
della l. n. 42/2009 in materia di c.d. “Federalismo demaniale”, il quale trasferisce l’immenso
patrimonio immobiliare dismesso e non utilizzato dallo Stato alle Autonomie locali, e su cui
si tornerà ancora nel prosieguo della trattazione120.
Resta il fatto che, secondo il già richiamato art. 12 del Codice (che ha ripreso il
115 G. FAMIGLIETTI, Diritti culturali e diritto della cultura. La voce “cultura” dal campo delle tutele a quello
della tutela, Torino, Giappichelli, 2010, p. 257, per il quale la possibile soluzione sarebbe costituita dal fatto
di unificarne la gestione sotto la responsabilità del Ministero per i Beni e le Attività culturali.
116 L’art. 3, comma 112, della l. n. 662/1996 (Legge Finanziaria 1997) aveva attribuito alla
Difesa, entro un tetto massimo di valore, la competenza ad alienare e permutare direttamente immobili
alla medesima in uso e non più utili a finalità istituzionali e da individuarsi tramite appositi decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri.
117 A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 27 della l. n. 326/2003; la norma è stata poi
modificata dall’art. 14 bis del d.lgs. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla l. n. 133/2008
restituendo alla Difesa la competenza a gestire direttamente la dismissione degli immobili, cosa che
tuttavia non sembra avere avuto, in linea generale, esiti particolarmente soddiscfacenti (forse perché non
si tratta di un’attività precisamente rientrante tra le specifiche competenze istituzionali delle forze
armate); l’art. 2, comma 628 della l. n. 244/2007 ha regolato anche la dismissione degli allloggi di
servizio, mentre la Finanziaria 2010 ha istituito la “Difesa Servizi s.p.a.”
118 Comunicato dell’Agenzia del Demanio Firmato il primo decreto di trasferimento degli immobili ex
difesa (28 febbraio 2007), da cui risulta che sono passati nel patrimonio disponibile centinaia di beni per
un valore di circa 4 miliardi di euro: in www.agenziademanio.it.
119 Proprio alla più agevole possibilità di verificare a livello locale le corrette modalità di
valorizzazione di “una caserma dismessa” fa riferimento, a titolo di esempio, L. ANTONINI, Il primo
decreto legislativo di attuazione della legge n. 42/2009: il federalismo demaniale, in www.federalismi.it, (25) 2009, pp.
2, 6 ss.; peraltro i beni immobili in uso alla Difesa potranno essere trasferiti in quanto non ricompresi tra
quelli oggetto del succitato d.lgs. n. 112/2008.
120 Cfr. L. ANTONINI, op.cit.; un quadro sintetico e aggiornato della complessa normativa in
materia e della sua recente evoluzione è disponibile in Discussioni sul Federalismo fiscale (seduta del 28 aprile
2010), Atti parlamentari XVI Legislatura, Camera dei Deputati-Senato della Repubblica, in
www.camera.it.
31
Massimo Carcione
disposto del precedente art. 7 della l. 15 giugno 2002, n. 112121), qualora non sia riscontrato
l'interesse122, “le cose medesime sono escluse dall'applicazione” delle disposizioni di tutela;
infatti in di verifica negativa sugli immobili appartenenti al demanio dello Stato, delle
regioni e degli altri enti pubblici territoriali, i competenti uffici ne “dispongono la
sdemanializzazione, qualora, secondo le valutazioni dell’amministrazione interessata, non vi
ostino altre ragioni di pubblico interesse”, il che significa che “sono liberamente alienabili”.
Particolarmente significativa in tale contesto, proprio perché stiamo trattando di un
sito storico-militare oggetto di possibile sdemanializzazione e “valorizzazione” (nel senso
finanziario del termine), è allora il messaggio indirizzato al Governo Berlusconi dal
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione della promulgazione della
legge di conversione del d.l. n. 63/2002 istitutivo della Patrimonio SpA: in essa si invitava a
“predisporre strumenti idonei a garantire l’inalienabilità di beni di particolare valore
culturale, costitutivi dell’identità nazionale123, tra i quali il Capo dello Stato aveva con tutta
probabilità inteso includere, alla luce delle impegnative affermazioni fatte proprio l’anno
successivo in occasione della sua storica visita, anche la Cittadella.
Il che vale a ribadire nel modo più solenne e autorevole il principio fondamentale
per il quale i beni demaniali oggetto di questo studio devono essere, in via di principio,
considerati “destinati al godimento pubblico, costituendo anzi tale destinazione una
componente essenziale della demanialità”124, escludendo in via pregiudiziale ogni ipotesi di
vendita e men che meno di demolizione.
121 Di conversione del d.l. n. 63/2002, la quale a giudizio di G. VOLPE, op.cit., p. 395, aveva
subordinato l’azione di tutela dello Stato “all’iscrizione dei beni all’interno di un improbabile catalogo
delle opere di sommo pregio”; già in precedenza le procedure di ricognizione del demanio pubblico, a
richiesta degli enti proprietari, erano state definite dall’art. 1 comma 6 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351,
nel testo coordinato con la legge di conversione 23 novembre 2001, n. 410 (Disposizioni urgenti in
materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi
comuni di investimento immobiliare).
122 Vale la pena di segnalare le forti perplessità di molti autori circa la correttezza tecnica e la
concreta fattibilità di tale procedura, che infatti non risulta aver avuto grande fortuna: già Massimo
Severo Giannini evidenziava che l’attribuzione o meno a un edificio della natura di bene culturale
(trattandosi “nozione liminale” e metagiuridica) dipende dall’applicazione di criteri tratti da discipline
extragiuridiche, essendo sensibili a valori e fattori estetici ed in molti casi anche soggettivi; più di recente
anche Giulio Volpe ha evidenziato, proprio con riferimento alla procedura de qua, la “connotazione di
ogni possibile catalogo dei beni culturali come di opera aperta, flessibile e mai finita”, proprio in virtù
dell’asserita “relatività” del concetto stesso di b.c.: cfr. G. VOLPE, op.cit., p. 395.
123 La citazione, riportata a proposito dell’esercizio presidenziale della moral suasion con
riferimento alle modifiche da apportarsi alla legge al fine di evitare il rinvio al Parlamento, è tratta da M.
CAVINO, L’irresponsabilità del Capo dello Stato, Milano, Giuffré, 2008, p. 82; se ne può trovare un breve
commento in S. SETTIS, Italia SpA, L'assalto al patrimonio culturale, Torino, Einaudi, 2002, p. 136. Il
Patrimonio della Nazione, alla luce della definizione dell’art. 9 comma 2, Cost., deve intendersi come il
risultato di elementi etnici, linguistici, sociali e culturali costitutivi di una collettività determinata: Cfr. P.
CARETTI, U. DE SIERVO, op.cit., p. 96.
124 G. VOLPE, op.cit., p. 399-411 ss., cui si rimanda per un’ampia e ben più approfondita disamina
del complesso quadro normativo relativo all’attuazione dell’art. 53 del Codice, anche alla luce delle
modifiche di cui al d.lgs. n. 156/2006 in materia di silenzio-assenso e silenzio-inadempimento; v. anche
A. FANIZZA, I beni culturali tra alienazione e valorizzazione, in Urbanistica e appalti, 2001, p. 7 ss.; G. LOSAVIO,
Demanio culturale: dal Codice Civile al Regolamento del 2000, in E. BIASIN, R. CANCI, S. PERULLI (a cura di), I
nuovi sentieri dei beni culturali in Italia, Udine, Forum, 2003; A. SERRA, Le società per la ‘valorizzazione’ dei beni
pubblici. L’impatto sul regime dei beni trasferiti, in Aedon, 2/2005.
32
Study case
3.
Statuto urbanistico
Se si conviene di considerare l’area della Cittadella in quanto parte del centro
storico della città di Alessandria, ed anche la prospettiva che essa in qualche misura possa
essere (o, meglio, tornare ad essere) un “centro storico” a se stante, la sua tutela dal punto
di vista urbanistico non è stata integrata nel Codice dei beni culturali; essa resta quindi
basata sulla normativa previgente che, a partire dalla l. 6 agosto 1967, n. 765 e s.m.i., la
quale definiva come tale “ogni agglomerato urbano che riveste carattere storico, artistico o
di particolare pregio ambientale”, con la specificazione che tale tutela va riconosciuta,
laddove siano contenuti edifici costruiti in epoca anteriore al 1860, “anche in assenza di
monumenti o edifici di particolare valore artistico”. Merita di essere sottolineata, inoltre,
l’esplicita definizione come centro storico delle strutture urbane racchiuse da antiche mura in
tutto o in parte conservate, ivi comprese le eventuali propaggini esterne125.
Rimandando agli studi specifici ogni opportuno approfondimento in materia126, è
sufficiente sottolineare che tale disciplina rientra tra quelle tutelate da sanzioni penali, con
un richiamo all’art. 734 del Codice penale, come integrato dai precetti di cui alle leggi di
settore; a tale riguardo la Cassazione ha stabilito127 che “sussiste reato di cui all’art. 734 c.p.
quando siano distrutte o alterate le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale
protezione dell’autorità. Non occorre la materiale e irreparabile distruzione in senso fisico
delle componenti strutturali, naturali e culturali del paesaggio, ma è sufficiente una
alterazione che ne contempli il deturpamento, anche se realizzata senza costruzioni,
demolizioni, distruzione di vegetazione (...)”.
A fronte dell’evidente e indiscutibile rilevanza del sito, nonché della complessità dei
problemi urbanistici e infrastrutturali posti alla città e al territorio comunale e provincia dal
recupero a usi civili del sistema delle fortificazioni (nonché dalla valorizzazione turistica
dell’intesa area interessata dalla Battaglia di Marengo), temi posti all’attenzione delle diverse
amministrazioni e della collettività, almeno sin dagli anni ’80 del XX secolo, lo strumento
del vigente PRGC 1990 della Città di Alessandria128 non sembra aver dato sino ad oggi
adeguate risposte129; se, in passato, l’utilizzo delle aree più significative da parte
dell’amministrazione militare precludeva130 alle autorità municipali la possibilità di incidere
sulla loro destinazione, era stata a suo tempo individuata in vista della dismissione con
Si ricorda che tale normativa urbanistica è stata poi integrata e modificata, in particolare,
dalle l. n. 1187/1968, dalla l. n. 10/1977 (c.d. “Bucalossi”), con la l. n. 431/1985 (c.d. “Galasso”), che ha
regolato il vincolo paesistico, ed infine con la l. n. 179/1992 in materia di programmi integrati di
riqualificazione.
126 Ad esempio C. GAIA, G. GHETTI (a cura di), La tutela dei centri storici, Torino, Giappichelli,
1997; A. PERINI, La tutela dei centri storici: un excursus sulle discipline giuridiche, in Riv.Giur.Urb., 2000, II, p.
313 ss.
127 Sentenza Cass. Pen., 6 giugno 1990, in Riv.Pen., 1991, p. 277.
128 Quello attualmente vigente è stato adottato con modifiche “ex ufficio” con d.g.r. n. 3629308 del 7 febbraio 2000, pubblicata nel BUR Piemonte n. 7 del 16 febbraio 2000; l’ultima variante
strutturale è del dicembre 2010.
129 Si veda il giudizio espresso da Sergio Boidi (Politecnico di Milano), per in quale “a fronte
delle esigenze attuali, il piano regolatore, più che inadeguato, appare obsoleto: la sua strategia di fondo
risente ancora dell’idea della città che si aveva quarant’anni fa”, con particolare riferimento all’ipotesi di
utilizzo della Cittadella come campus universitario: S. BOIDI, Recupero della Cittadella e sviluppo della città, in
AA.VV. La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, Atti del convegno del 7 aprile 2011,
Alessandria, Italia Nostra, 2004, p. 28.
130 Tale garanzia non si è però estesa all’Opera di Valenza, grande avancorpo sito a nord-est
della Cittadella, dismesso da decenni dall’Esercito e adibita a usi protoindustriali, che ne hanno
determinato anche la parziale distruzione o radicale trasformazione.
125
33
Massimo Carcione
generica destinazione a servizi di pubblico interesse, le aree esterne avrebbero già potuto
essere oggetto di una maggiore attenzione e sensibilità, pur nel rispetto delle prerogative dei
proprietari di terreni e immobili.
Tale giudizio critico è stato ribadito dall’urbanista Roberto Gambino131, secondo il
quale “la rifunzionalizzazione della Cittadella pone rilevanti problemi di vera e propria
riurbanizzazione, che non paiono finora considerati nella pianificazione in atto”, la quale
all’epoca prevedeva ancora in riva sinistra del Tanaro sviluppi essenzialmente riferiti alle
attività produttive, mantenendo al fiume l’improprio “ruolo di ‘confine’ della città”,
isolando l’area monumentale e interrompendo la sua continuità ambientale con il contesto
che potrebbe essere ricostituita solo con “opere di riqualificazione di grande respiro”.
Basti citare in proposito, la mancata riconsiderazione dell’area industriale ex-Panelli,
che dopo l’alluvione del 1994 è stata ridestinata a insediamenti commerciali o artigianali,
senza prendere in considerazione la possibilità di un’acquisizione e demolizione a fini di
recupero di un ampio tratto delle fortificazioni esterne a sud-ovest. Così pure, ancora alla
fine degli anni ’90, la destinazione dell'area di rispetto a nord della Cittadella, caratterizza
dalle pendenze del terreno e dai resti degli avancorpi e delle lunette, che era destinata a
insediamento artigianale o industriale in cui era previsto di realizzare una nuova strada di
grande traffico, che doveva unire Via Giordano Bruno a Via Pavia132.
Anche l’attigua Opera di Valenza, ormai adibita a usi civili, è tuttora individuata in
PRGC come area militare ma con pregio ambientale e architettonico, dimostrato da alcuni
resti di bastioni e di edifici visibili anche dall’esterno; a riprova di ciò, in occasione della
proposta di realizzazione di un piano di insediamento commerciale è stato richiesto sul
progetto il parere della Soprintendenza BAP, che non ha ritenuto di negarlo133.
Le previsioni urbanistiche sono state ultimamente aggiornate134, infine, a seguito di
Deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 25 gennaio 2011, che ha approvato la Terza
Variante Strutturale al Piano Regolatore Generale vigente.
Non è risultato di particolare utilità e incisività, ai fini di cui sopra, l’adozione negli
stessi anni da parte del Consiglio Provinciale135 del Piano territoriale provinciale
(Deliberazione del Consiglio provinciale n. 29 del 3 maggio 1999), definitivamente
approvato dalla Regione Piemonte solo nel febbraio 2002, che ha previsto solamente
l’inserimento della Cittadella nell’ambito dei luoghi con statuto speciale (LSS) ai sensi
dell’art. 39 delle norme di attuazione, rinviando però a successivi approfondimenti che con
Curatore del capitolo Contesto territoriale dello studio meta progettuale: cfr. G. DURBIANO, L.
REINERIO, Riabitare la fortezza, Torino, Allemandi, 2002, pp. 40-41.
132 Proprio l’acquisizione nel 1998, da parte del Comune, di una nota tecnica redatte dal gruppo
di esperti del Politecnico di Torino, a latere del lavoro di elaborazione del metaprogetto su cui ci
soffermeremo tra breve, aveva indotto a ridefinire in sede di aggiornamento del PRGC stesso a zona
verde con relativa pista ciclabile.
133 A proposito di una certa schizofrenia dell’opinione pubblica locale, va segnalato che
malgrado le feroci polemiche sul metaprogetto del Politecnico e ancor più in occasione della
demolizione del ponte, la possibilità di trasformazione dell’Opera di Valenza in un grande centro
commerciale non ha destato in città alcuna attenzione e tanto meno rimostranze.
134 L’attuale PRGC - Tavola 4, foglio 16 – prevede per l’interno della Cittadella (ancora
individuata come vincolata ex l. n. 1089/1939), inclusi i bastioni, la destinazione “Aree per attrezzature
di interesse comune”, mentre il sistema dei fossati è previsto come “Parchi pubblici urbani” e le aree
attigue sono “Spazi pubblici a parco per il gioco e lo sport”, essendo individuate come “di pregio
ambientale”.
135 Per un approfondimento sul tema cfr. L. MARESCOTTI (a cura di), Beni architettonici e
ambientali: dalle indagini alla pianificazione provinciale: analisi e studi di settore per il progetto di Piano territoriale di
coordinamento provinciale, Milano, F.Angeli, 1999.
131
34
Study case
ogni probabilità avrebbero dovuto assumere, ai sensi della l. 8 agosto 1985, n. 431, la forma
di un piano paesistico136.
4.
Individuazione dell’ente capofila del progetto
Merita solo un breve cenno la questione, in realtà più formale che sostanziale (non
volendo in alcun modo entrare nel merito degli aspetti più prettamente politici, che esulano
evidentemente da questa ricerca), dell’individuazione dell’ente incaricato di fungere da
riferimento istituzionale dell’insieme dei procedimenti di cui ci occuperemo tra breve.
Poiché, infatti, a quell’epoca la riforma del Titolo V della Costituzione non era
ancora stata approvata, ma si era già nel pieno del dibattito e dei primi provvedimenti
attuativi della riforma “a costituzione invariata” di cui alla l. 15 marzo 1997, n. 59, l’avvio
dell’iter è stato certamente caratterizzato da una forte impronta di sussidiarietà, che nella
fattispecie, per l’assai limitato coinvolgimento della società civile, se non nella primissima
fase di sensibilizzazione, è stata intesa in senso verticale (istituzionale) più che orizzontale.
L’Ente individuato di comune accordo per svolgere il ruolo di capofila dell’intera
fase del metaprogetto, e poi della progettazione vera e propria, non è stato tuttavia
l’Amministrazione Comunale, come sarebbe stato logico aspettarsi trattandosi di un
capoluogo di provincia: la scelta è infatti caduta sulla Provincia, senza che ciò fosse
esplicitamente motivato da ragioni non meramente tecnico-amministrative, sull’esempio di
quanto talvolta si verifica ai fini della progettazione di grandi opere infrastrutturali.
Peraltro in assenza, come vedremo, di un vero e proprio atto di indirizzo generale
da parte delle amministrazioni coinvolte, tutta questa fase preliminare si era svolta sulla
base di intese informali, cui hanno dato seguito solo gli atti della Provincia, a partire dalla
primissima Deliberazione della Giunta Provinciale (neppure del Consiglio, dunque) n. 2232
del 30 dicembre 1996.
Non si è mai posto in modo formale, dunque, il problema della competenza
primaria o prevalente ai fini della convocazione della conferenza dei servizi finalizzata alla
discussione e stipula di un eventuale accordo di programma 137 (su cui v. infra); il ruolo
dell’Amministrazione provinciale è stato dunque mantenuto ed esercitato fino al 2007,
anno in cui in seguito a una delle molte tornate elettorali che hanno contrassegnato la
quindicennale vicenda, per la prima volta è stato posta in modo formale138 la rivendicazione
di tale ruolo da parte del Comune stesso, che ha adottato esplicitamente e rivendicato con
forza la “scelta” dell’assunzione del “ruolo di leader di progetto da parte del Comune di
Alessandria”, il che si sostanzia anche in alcune ulteriori scelte di natura organizzativa e
G. VOLPE, op.cit., p. 133, ricorda che la redazione di piani paesistici obbligatori, ora
demandata alle Regioni, era già prevista dall’art. 5 della l. 1497/1939, al fine di “individuare intere zone e
identificare tipologie paesistiche soggette a vincolo”, con conseguente “immodificabilità assoluta”.
137 L’art. 34 del d.lgs. n. 267/2000 recita: “Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi
o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e
coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o
comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o
il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui
programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di
uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i
tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento”. Si veda in proposito anche
l'art. 15 della legge n. 241/1990.
138 Dapprima con una dichiarazione del Sindaco in sede di tavolo interistituzionale, poi da parte
del Consiglio Comunale, con la D.C.C. n. 54 del 19 maggio 2008.
136
35
Massimo Carcione
programmatoria139.
Vale la pena dunque di sottolineare, in conclusione, che a differenza di quanto
avvenuto per il coevo e analogo caso di Venaria Reale, né la Regione né tantomeno i diversi
Ministeri interessati hanno mai rivendicato o anche solo posto la questione di un rilievo
regionale o nazionale del progetto; il che non ha però impedito loro di adottare in seguito
(come vedremo) numerosi atti formali, in tutto o in parte contraddittori rispetto a tale
indirizzo.
5.
Proprietà, disponibilità e custodia
Infine vale la pena di soffermarsi brevemente sui diversi titoli giuridici con cui
ciascuna delle diverse istituzioni coinvolte ha, volta per volta, realizzato interventi o svolto
attività amministrative sul sito, con la doverosa premessa che tali iniziative hanno, in alcuni
casi, travalicato la competenza legislativamente loro attribuita in senso stretto; ciò si è reso
inevitabile soprattutto in ragione dell’assenza o della scarsa attenzione, protrattasi per circa
un decennio, dello Stato, della Regione Piemonte e del Comune di Alessandria, vale a dire
dei principali protagonisti (almeno in via teorica) rispettivamente delle funzioni di tutela,
valorizzazione e gestione.
Detto quindi del ruolo assunto dalla Provincia, in veste di ente coordinatore e sede
del tavolo di concertazione, e dati per scontati quelli del Ministero per i Beni culturali, della
Regione e dell’Amministrazione Comunale nell’esercizio (seppure difficoltoso) delle loro
indiscusse prerogative, occorre ancora evidenziare che:
- in quanto bene demaniale la Cittadella è sempre stata di proprietà dello Stato,
esercitata dapprima dal Ministero del Tesoro per il tramite dell’Amministrazione del
Demanio, quindi in tempi più recenti dal Ministero dell’Economia attraverso
l’Agenzia del Demanio;
- finché il bene è stato in uso all’amministrazione militare, tuttavia, la responsabilità di
tutte le attività di manutenzione e utilizzo, nonché ogni decisione in merito è stata
esercitata dagli Alti Comandi dell’Esercito, che però in quello stesso periodo erano
oggetto di una vorticosa riorganizzazione: per questo motivo, della Cittadella si
sono occupati dapprima, per qualche tempo, il Comando Regione militare NordOvest di Torino, quindi il comando logistico di Padova e infine il Comando
Regione militare Nord, ancora a Padova; tuttavia le scelte strategiche circa la
dismissione sono state sempre prerogativa del Ministero della Difesa, per il tramite
dello Stato Maggiore dell’Esercito; al fondo della catena di comando c’è sempre
stato il Comandante del Deposito Ce.Ri.Co. (con sede a Candiolo), riferimento
amministrativo della logistica e dei depositi dei materiali militari piemontesi140;
- quando gli Enti locali e regionali (per il tramite del Comitato di cui infra) hanno
139 La d.c.c. n. 54/2008 prevedeva infatti: la revisione dello Statuto del Comitato con la sua
collocazione fisica all’interno della Cittadella, l’istituzione di un gruppo di lavoro tecnico e di un forum
aperto (town meeting), la trasmissione delle ipotesi di progetto al “Comitato di Piano Strategico” cittadino,
“per la verifica di finanziamento e fattibilità finanziaria e per la valutazione sulla coerenza strategica”;
tuttavia a marzo 2011 nessuna di queste indicazioni è stata attuata sul piano formale, né si ha cognizione
di iniziative in tal senso.
140 Ne consegue che fino al 2007, ogniqualvolta gli enti civili e le diverse organizzazioni o
associazioni private hanno richiesto di accedere per ogni occasione e necessità al sito monumentale, ne
hanno fatto richiesta al Ce.Ri.Co., che nel dare l’autorizzazione (previo benestare del Comando di
Padova) si è sempre fatto carico degli aspetti assicurativi, manutentivi e di vigilanza.
36
Study case
prospettato la stipula di un’intesa finalizzata alla migliore organizzazione di tali
attività, la relativa bozza è restata per mesi sui tavoli dei comandi di Padova e dello
Stato Maggiore di Roma141; in tutto questo periodo, allorché gli enti locali hanno
svolto a proprio carico le diverse attività di valorizzazione, hanno comunque
dovuto corrispondere a consuntivo un canone di locazione all’amministrazione
demaniale, in misura per fortuna ridotta grazie alla discrezionale quanto benevola
considerazione delle finalità;
- solo a partire dal 2007 l’Agenzia del Demanio, dopo la definitiva cessazione dell’uso
da parte dell’Esercito, ha preso in consegna il sito, affidandone quasi subito la
custodia al Comune in via temporaneo e con modalità alquanto restrittive, ma
mantenendo aperta ogni possibile opzione circa la effettiva disponibilità, sia in
termini di concessione onerosa (anche in occasione dell’utilizzo per eventi da parte
della stessa Amministrazione municipale) ed ancor più nella prospettiva di una mai
esclusa procedura di vendita dell’immobile.
Ne consegue che tutti gli interventi, anche significativi, realizzati da Comune e
Provincia con il sostegno e la collaborazione delle altre istituzioni locali (come la
Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria), in occasione di convegni, mostre,
manifestazioni ed eventi pubblici, non sono mai stati regolati da alcun atto formale: i mezzi
utilizzati e i fondi spesi per allestire strutture espositive o teatri all’aperto, servizi igienici per
il pubblico o impianti di illuminazione, come pure per tagliare l’erba o rimuovere i rifiuti,
hanno avuto come unica “copertura” amministrativa le intese spesso informali tra i diversi
uffici, senza poter quindi consolidare un’attività coerente di interventi. anche minimi, di
manutenzione, dapprima a supporto e nell’ultima fase in sostituzione dell’ormai nulla
attività conservativa dell’Esercito.
Soprattutto va ribadito che, al di là del frequente equivoco indotto (non sempre in
modo involontario) presso l’opinione pubblica cittadina dai periodici annunci di più o
meno definitiva acquisizione del sito da parte della comunità locale, la disponibilità e
responsabilità ultima delle scelte inerenti il sito è sempre stata e rimane tuttora prerogativa
esclusiva dello Stato142, il quale oltre a non tutela né valorizza, chiede anche un corrispettivo
economico a coloro che tentano di fare un uso migliore dei beni demaniali,
improvvidamente abbandonati al loro destino143.
Nell’ottobre 2003, a oltre un anno dalla redazione della bozza, il Capo della Segreteria del
Ministro della Difesa (lettera prot. 2/51121/10.3.1.1/ 236/03) in risposta a una sollecitazione del
Deputato alessandrino On. Renzo Patria, componente del Comitato, asseriva che “la bozza di protocollo
d’intesa, pervenuta al Gabinetto della difesa il 25 settembre scorso dal Comitato per la Valorizzazione
della Cittadella, è attualmente al vaglio degli Organi tecnici del Dicastero; ad esame ultimato, lo Stato
Maggiore della Difesa provvederà a renderne noti gli esiti al Presidente del Comitato, coordinandone
eventuali aggiunte e/o modifiche al testo”.
142 Analogamente è avvenuto per il non lontano complesso monumentale di Santa Croce a
Bosco Marengo: il parallelo tra le due realtà, accomunate nel corso delle coeve attività di recupero e
valorizzazione (promosse e gestite quasi sempre dagli stessi enti) proprio dal carattere della demanialità,
è stato fatto anche dal Soprintendente Regionale nella postfazione a G. D URBIANO, L. REINERIO, op.cit.,
p. 99; v. anche F. CERVINI, C. SPANTIGATI (a cura di), Santa Croce di Bosco Marengo, Alessandria, Cassa di
Risparmio di Alessandria, 2002. Va però sottolineato, ai fini di quanto si sosterrà infra, la rilevante
differenza costituita dalla circostanza che in quel caso è stato stipulato e portato a termine un
significativo accordo di programma, con la conseguente disponibilità di chiari indirizzi e di ingenti
risorse.
143 Meriterebbe maggiore approfondimento la responsabilità contabile per danno erariale diretto
(alla luce del principio di cui all’art. 28 Cost.) che la Corte dei Conti dovrebbe imputare ai responsabili
del Demanio per i danni patrimoniali conseguenti al degrado degli immobili loro affidati, tanto più gravi
141
37
Massimo Carcione
c.
Vicende conseguenti alla smilitarizzazione (1994-2009)
1.
Il tentativo di individuare alcuni indirizzi programmatici
Tra il 1996 e il 1997, proprio mentre a Marengo le istituzioni locali ponevano le basi
dell’istituzione museale e della programmazione del Bicentenario, il Presidente della
Provincia e il Sindaco di Alessandria avevano annunciato nel corso dei convegni144
promossi dalle varie associazioni culturali cittadine all’interno della Cittadella, l’intenzione
di incaricare145 il Politecnico di Torino della realizzazione di uno studio preliminare
finalizzato al riuso del complesso monumentale: si intendeva in questo modo tentare di non
farsi cogliere impreparati, al momento (che in quei mesi sembrava imminente)
dell'abbandono della fortezza da parte dell’Esercito.
Da sempre si era infatti tentato e sperato di scongiurare questo evento infausto,
trasformando magari la fortezza in un centro di formazione dell’Esercito, nella speranza di
preservare la più autentica identità storica del sito militare146, ma l’orientamento dei vertici
militari è sempre stato di segno ben diverso.
Nell’ambito degli accordi tra gli enti finanziatori dello studio, era stata inizialmente
prevista solo l’istituzione di un non meglio definito gruppo di lavoro, cui avrebbe dovuto
partecipare anche la Prefettura di Alessandria; la Deliberazione della Giunta provinciale147
che ha infine dato il via alla ricerca per la “Rifunzionalizzazione della Cittadella di
Alessandria in riferimento alla dismissione delle funzioni militari, prendendo spunto dal
fatto che il punto 8 del disciplinare d’incarico prevedeva invece un “comitato” degli enti
committenti148, ha ufficializzato la costituzione del primo Comitato per la Valorizzazione della
Cittadella di Alessandria, con sede presso la Provincia.
Questo organismo si è ben presto dimostrato, anche per impulso dell’assessore
provinciale che lo presiedeva su delega del Presidente della Provincia, un vero e proprio
nel caso dei beni storico-artistici e delle conseguenti onerose attività di recupero e restauro.
L’accertamento della responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per
i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio, comporta come noto la
condanna al risarcimento del danno a favore dell’amministrazione danneggiata nella misura
concretamente determinata dal giudice contabile, sulla base di una serie di elementi quali, oltre al “danno
effettivamente cagionato”, la “capacità economica del soggetto”, il “comportamento” tenuto e il “livello
di responsabilità”: cfr. sentenza C.cost., n. 340 del 24 ottobre 2001.
144 Cfr. in particolare P. ROBOTTI, R. LIVRAGHI (a cura di), Atti del convegno del 14 settembre 1996,
in Rassegna economica alessandrina, (1) 1997 (gennaio-marzo); M. CARCIONE, A. MARCHEGGIANO (a cura
di), La protezione dei beni culturali nei conflitti armati e nelle calamità naturali, Atti del I Convegno
Internazionale della SIPBC (Alessandria, 11-13 aprile 1997), FED, Milano 1997. Per un quadro della
situazione iniziale si veda M. CARCIONE, Alessandria - La Cittadella, una sfida al buon senso in M.
QUAGLIUOLO (a cura di), La gestione del Patrimonio Culturale - Cultural Heritage Management: Sistemi di beni
culturali e ambientali. Atti del II Colloquio Internazionale (Viterbo, 5-8 dicembre 1997), DRI - Città di
Castello 1998, pp. 156-161.
145 Dopo una prima Deliberazione della Giunta (d.g.p. n. 2232 del 30.12.1996), il Consiglio
Provinciale ha adottato la conseguente XVIII Variazione di bilancio (d.c.p. n. 109 del 20 ottobre 1997),
che ha costituito il primo, a lungo anche unico, atto definibile in senso lato come di indirizzo politico,
adottato sul tema dall’organo assembleare dell’Ente capofila del progetto.
146 Cfr. G. FREIBURGER, op.cit., pp. 117-119.
147 D.g.p. n. 1324 del 18 dicembre 1997.
148 Va posto in rilievo che si tratta di organismi normalmente previsti dai disciplinari di incarico
solo pro forma, che però di prassi si riuniscono poco o affatto.
38
Study case
tavolo di concertazione interistituzionale, che ha potuto acquisire un ruolo sempre più
rilevante grazie alla designazione di autorevoli rappresentanti da parte degli Enti149, alla
continuativa presenza e collaborazione non solo della Prefettura di Alessandria, ma anche
della Soprintendenza BAP del Piemonte, dell’Amministrazione Demaniale e soprattutto
degli stessi Comandi Militari (prima torinesi e poi padovani), portando avanti per circa due
anni una vasta azione politico-amministrativa150 puntualmente e analiticamente
documentata dai verbali delle riunioni e dalla fitta corrispondenza intercorsa151.
Va subito posto in evidenza che, a differenza di quanto avvenuto in altre realtà più
fortunate come Exilles152, Fenestrelle o Vinadio, d’altronde, la Regione Piemonte non aveva
mai dimostrato153 il serio intendimento di impegnare per la Cittadella ingenti risorse e
adeguata attenzione istituzionale.
L’occasione per divulgare in modo molto sommario gli esiti la ricerca si è
concretizzata con un Convegno nazionale (12-13 febbraio 1999), incentrato sul rapporto
tra la Cittadella e i musei e beni culturali militari, che aveva offerto anche l’opportunità di
presentare al grande pubblico gli altri risultati (fino a quel momento riservati) dell'attività
del Comitato, coinvolgendo inoltre in modo istituzionale la Regione, ed in specifico il
Consiglio regionale154.
Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, nell’occasione, aveva ribadito l’intenzione
dell’Esercito di lasciare al suo destino la struttura entro un termine di alcuni anni, senza
però rispondere al cruciale quesito circa tempi e modalità esatte di dismissione dalle
funzioni militari. Per contro, alcune note positive erano costituite dal messaggio del Capo
dello Stato e dagli interventi dei Soprintendenti, che avevano assicurato piena adesione,
attenzione e collaborazione istituzionale e tecnica da parte delle strutture del Ministero per i
Beni e le Attività culturali.
149 Si è già visto supra quale rilevanza possa avere il profilo degli amministratori di un simile
organismo per l’effettiva autonomia e operatività dello stesso.
150 Della delicata quanto misconosciuta funzione di Segretario del Comitato è stato investito il
Funzionario responsabile del Servizio Beni culturali della Provincia di Alessandria, che già da qualche
mese curava l’istruttoria del procedimento anche per conto del Gabinetto del Presidente della Provincia.
151 L’archivio è consultabile presso l’Isral, che l’ha riordinato su incarico dello stesso Comitato
nel 2009 e lo tiene in deposito in attesa di una nuova collocazione. Cfr. per un quadro di sintesi anche
l’introduzione agli atti del convegno Musei e beni culturali militari nella storia del Piemonte (Area Identità degli
Stati Generali del Piemonte - Alessandria, 12-13 Febbraio 1999) in G. FREIBURGER, op.cit, pp. 117-119;
gli atti sono disponibili anche on line nel sito: www.cittadelladialessandria.it
152 Acquisito dalla Regione Piemonte nel 1978, è stato oggetto della l.r. n. 48 del 10 novembre
1992, la quale ha istituito e finanziato il Centro Studi e ricerche storiche sull’Architettura militare del Piemonte e un
Museo delle truppe alpine che è stato aperto al pubblico, una volta ultimati i restauri, nel luglio 2000 .
153 Questo malgrado si fossero registrati, soprattutto da parte del Direttore del Settore Beni
culturali della Regione, espliciti apprezzamenti per la lungimirante scelta di avviare per tempo la ricerca
di una destinazione adeguata per la Citadella, diversamente da quanto nello stesso periodo avveniva per
la Reggia Venaria Reale.
154 La presentazione era però stata necessariamente e volutamente superficiale, dal momento
che lo studio era stato consegnato poche ore prima agli Enti committenti e quindi non ancora esaminato
ed approvato; questa elementare ragione di correttezza, unita allo scarso tempo a disposizione, aveva
dunque indotto il Gruppo di Lavoro del Politecnico a limitarsi ad una prima sommaria esposizione delle
linee portanti, senza entrare in alcun modo nel merito dello studio, nella certezza che ci sarebbero poi
state altre occasioni di confronto e discussione approfondita. Anche se qualche tempo dopo, come
vedremo, ne è stata commissionata la pubblicazione presso l’Editore Umberto Allemandi di Torino, non
si è più ritenuto di considerarne e discuterne criticamente i contenuti fino all'autunno 2002; il che
sarebbe stato oltremodo necessario, se non altro per porre rimedio ad alcune evidenti carenze, come
l’assenza di indicazioni circa l’utilizzo dei fossati esterni o l’assai ingloriosa destinazione a “WC” della
cella di Vochieri, frutto evidentemente di una clamorosa svista dei redattori delle Tavole.
39
Massimo Carcione
Nel maggio seguente, tuttavia, la ricerca è stata esposta integralmente in una sede
pubblica155: la circostanza è rilevante, sia perché si è trattato, dome vedremo, di una delle
rare occasioni di “trasparenza” in tutta la vicenda, ma anche perché in quel modo la
Cittadella è stata aperta, per la prima volta in via continuativa e per un periodo significativo
al grande pubblico156, si sono inoltre attivate per la prima volta, presso l’Amministrazione
del Demanio, le procedure per la richiesta di spazi in concessione temporanea onerosa 157,
iter che il Comune di Alessandria ha poi nuovamente percorso dieci anni dopo.
Pochi mesi dopo il convegno, a conferma dell’utilità dell’azione di promozione e
stimolo esercitata dal Comitato, giunse a tutti gli Enti co-interessati, al Ministero della
Difesa e alla Regione Piemonte, la formale disponibilità del Direttore Generale dei Beni
Culturali158, ad inserire la Cittadella nel Demanio storico-artistico “una volta concretizzata la
dismissione dalle funzioni militari” per avviarne la valorizzazione ai sensi del d.lgs. n.
368/98 (Legge Veltroni), in stretta collaborazione e concertazione con la Regione, gli Enti
locali e le altre istituzioni culturali regionali e nazionali interessate agli spazi interni ed
esterni della Cittadella. La forma di intesa individuata e suggerita sin da allora era infatti
l’accordo di programma da stipularsi nelle forme regolate a quell’epoca dall’art. 15 della l. n.
241/1990: dunque si trattava di una proposta potenzialmente risolutiva e già
sostanzialmente condivisa a livello statale159, che purtroppo è stata lasciata cadere nel vuoto
proprio dagli Enti locali.
Successivamente, ancora nel corso del 1999160, Comune, Provincia e Regione
avevano formalmente proposto allo stesso Ministero e alla Presidenza del Consiglio dei
Ministeri, l’inserimento della Cittadella e del suo territorio tra i siti italiani potenzialmente
candidabili alla Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, vicenda sulla quale torneremo
ampiamente infra.
Il primo comitato, formalmente istituito al solo scopo di interfacciarsi con il
Politecnico, ha quindi chiuso la prima fase dei suoi lavori a fine 1999, avendo ottenuto la
legittimazione a porsi come interlocutore a pieno titolo delle Istituzioni nazionali, militari e
civili: ha dunque esercitato finalità e funzioni ben più vaste e impegnative di quelle
inizialmente previste, il che ha determinato la coerente decisione di chiedere agli enti
L’esposizione, allestita a cura del prof. Paolo Ferraris, è avvenuta a latere di una mostra
scientifica allestita per iniziativa della Provincia nel Bastione S.Antonio.
156 L’Assessorato provinciale alla Cultura, che promuoveva l’evento (organizzato da Idearte e
Politecnico di Alessandria), ha stimato un’affluenza di circa 3.000 visitatori delle due settimane di
apertura.
157 Nel dettaglio, per portare a compimento un’iniziativa di valorizzazione di un bene culturale
di proprietà dello Stato costata circa centomila euro, agli enti locali è stato imposto l’ulteriore onere
(sotto forma di canone di concessione, a beneficio dell’erario statale) di circa ottocento euro; in aggiunta,
trattandosi di un importo quantificato e liquidato a consuntivo, ciò determina per le amministrazioni
interessate alcuni problemi contabili di non semplice soluzione, il che non può che scoraggiare
ulteriormente l’attivazione di tali procedure.
158 Lettera prot. 16941/Div.III-IV F/3 del 23.11.1999, nella quale “si auspica una gestione
congiunta” e si “concorda sull’opportunità di stipulare un accordo di programma con gli Enti locali per
la rifunzionalizzazione e la valorizzazione del complesso”.
159 In altre occasioni analoga disponibilità era stata manifestata per iscritto al Comitato sia dal
Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito il 10 ottobre 1998 (in seguito ribadita anche dalla Difesa, il 16
ottobre 2003), sia dal Direttore Centrale dell’Agenzia del Demanio in data 29 gennaio 2002.
160 Lettera prot. 18 del 19 maggio 1999, firmata dal Presidente della Regione Ghigo, dal
Presidente della Provincia Palenzona e dal Sindaco di Alessandria Calvo; la nota era stata trasmessa per
conoscenza anche alla Commissione Nazionale italiana per l’UNESCO, dalla quale è giunta l’unica
risposta, seppure di mera cortesia.
155
40
Study case
promotori l’attribuzione di veste e personalità giuridica autonoma.
Nel merito delle scelte, uno dei pochi punti fermi di discussione sul passato, sul
presente e sul futuro della Cittadella di Alessandria è risultato essere il suo indiscutibile
rilievo nel corso del Risorgimento, che costituisce come noto una delle fasi storiche più
significative per la nostra Regione e per l nostro Paese. Per questo motivo la Provincia di
Alessandria aveva ritenuto opportuno provare a forzare un po’ i tempi e la natura del
metaprogetto, indicando al Politecnico almeno una priorità nell’ambito delle molte possibili
opzioni: la creazione all’interno della fortezza di un grande e innovativo Museo di Storia
Militare, la cui sede era stata individuata nel Palazzo del Governatore e negli edifici
retrostanti161. Il fatto che si trattasse di un’idea non solo tecnicamente giusta ma anche
politicamente (non senso migliore del termine) condivisibile e potenzialmente vincente162,
ha trovato riscontro solo qualche anno dopo negli esiti dell’indagine conoscitiva condotta
dall’associazione culturale locale ACSAL163.
Ulteriori ipotesi e sperimentazioni di nuove destinazioni sono state prospettate ed
in qualche caso sperimentate in quei mesi e negli anni successivi; esse hanno riguardato la
possibile realizzazione, in spazi idonei individuati all’interno della fortezza, di spazi
espositivi o museali, oppure di laboratori di ricerca scientifica dell’Università del Piemonte
Orientale, l’allestimento di grandi concerti, spettacoli musicali e teatrali all’aperto o nei
saloni, la realizzazione di meeting, ricevimenti, raduni e congressi, ed anche la collocazione di
strutture o manifestazioni di promozione dei prodotti tipici del territorio.
2.
Il Comitato per la valorizzazione
Nell’estate del 2002, quasi un anno dopo l’atto costitutivo164, ha iniziato a operare il
Comitato per la valorizzazione della Cittadella, soggetto giuridico di diritto privato costituito ai
sensi degli artt. 12 ss. del Codice Civile; proprio in quel periodo di vacatio del tavolo di
concertazione tra gli enti locali, l'AIPO (già Magistrato per il Po) aveva preso possesso di
Lo studio di fattibilità museale, affidato ad un esperto di chiara fama ed esperienza, era già
stato impostato nella prospettiva di verificare se la Cittadella e Marengo avrebbero potuto inserirsi, con il
sito storico della Battaglia, in una futura “rete” museale delle fortezze, dei musei militari e d’arma del
Piemonte, estendibile in una successiva fase a livello nazionale.
162 Non è affatto secondario, alla luce di quanto vedremo infra, sottolineare che si trattava
dell’unico indirizzo progettuale chiaramente espressa dal Comitato su cui c’è stata totale condivisione
anche da parte delle Associazioni nazionali di tutela, come è testimoniato ad esempio dal parere del
Vicepresidente nazionale di Italia Nostra, per il quale “la destinazione prevalente dovrebbe comunque
essere culturale. Un museo, ed una biblioteca di storia militare con specifica sezione che ne documenti
l’architettura negli esempi delle grandi realizzazioni europee”: M. PARINI, Intervento in La Cittadella di
Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., p. 82.
163 Il questionario realizzato nel 2002 dall’Associazione Cultura e Sviluppo (ACSAL) di
Alessandria, proponeva a un campione (non ponderato ma molto significativo per livello culturale) di
oltre 1200 persone di Alessandria e non, una serie di domande interessanti e utili a valutare l’effettiva
preferenza per una o l’altra delle possibili destinazioni degli spazi interni ed esterni della struttura: le
destinazioni museali, culturali e naturalistiche hanno conseguito le percentuali più alte di apprezzamento
(rispettivamente 90%, 82,7 e 72,7 %), significative soprattutto se raffrontate con altre ipotesi come
quella alberghiera (23,6%) o residenziale (5,7%).
164 L’atto è avvenuto con Rogito del Notaio Mariano di Alessandria, Rep. n. 80393/8840 del
20.7.2001; erano stati necessari più di due anni, dalla consegna del metaprogetto, per formalizzare
l'approvazione dello statuto da parte dei quattro Enti, convocare alcune riunioni preliminari, individuare
le forme di finanziamento, ma soprattutto per arrivare infine alla nomina del Presidente e, buon ultimo,
di un Segretario con specifiche competenze ed esperienze amministrative e gestionali in materia di
valorizzazione dei beni culturali.
161
41
Massimo Carcione
uno degli edifici in migliore stato di conservazione, il “Quartiere S.Antonio”, posto proprio
all’ingresso della Cittadella iniziando a ristrutturarlo con regolare autorizzazione della
Soprintendenza competente, ai sensi dell’allora vigente TUBC.
L’iniziativa dell’Autorità si era svolta in modo del tutto autonomo rispetto al
tentativo di concertazione interistituzionale, e come tale è sempre rimasta ai margini delle
iniziative del Comitato: essa tuttavia non è stata avversata, anche perché presentava
l’indubbio vantaggio di introdurre all'interno della struttura, all’epoca ancora
completamente in uso militare, un vero e proprio “Cavallo di Troia” dell’amministrazione
civile165.
Ma la vera svolta si ebbe nell'autunno 2002, allorché su indicazione della
Commissione Finanze della Camera166, il Ministero del Tesoro comunicò inaspettatamente
l'assegnazione alla Provincia di un finanziamento di un milione di Euro; la ragguardevole
cifra era stata assegnata per progettare un non meglio definito “Recupero della Cittadella
militare di Alessandria”, il che ha consentito di disporre sin dal dicembre 2004 dei fondi,
seppure al termine di un iter burocratico tanto rapido quanto complesso167.
Il presupposto tecnico determinante per conseguire l'assegnazione (tramite il CIPE)
del finanziamento statale era costituito dalla disponibilità di una adeguata documentazione
tecnica, che non poteva che essere il Metaprogetto del Politecnico: poiché però lo studio non
era mai stato discusso e approfondito dalla committenza, solo in quella circostanza, esso è
stato formalmente recepito e approvato, con una serie di rilievi e richieste di integrazione168;
ciò è avvenuto però da parte però della sola Amministrazione Provinciale che ne era stata a
suo tempo la diretta committente, e dunque senza più alcun formale coinvolgimento del
Comitato o dei singoli Enti che lo componevano.
Il provvedimento in questione assume particolare rilievo anche per il fatto che
riporta (seppure solo in premessa) l’unico esplicito riferimento all’eventualità che il
Presidente della Provincia procedesse alla “convocazione urgente di una Conferenza dei
165 Si trattava inoltre di un Ente dotato di competenze e strutture tecniche, il che avrebbe
garantito per quanto possibile la sicurezza futura del sito dal rischio di ulteriori esondazioni del Tanaro;
questa “ingerenza” civile ha però determinato la forte contrarietà e una serie di impedimenti da parte
dell’amministrazione militare che hanno finito per pregiudicare lo stesso utilizzo da parte dell’AIPO
dell’edificio, che è rimasto infine inutilizzato (e inutilizzabile) malgrado la rilevantissima spesa sostenuta
per il restauro e la ristrutturazione.
166 La Commissione aveva approvato in prima applicazione dell’art. 54 della Legge Obiettivo n.
448 del 2001 un elenco piuttosto discrezionale di “Grandi opere” immediatamente finanziabili da parte
del Governo Berlusconi, recepita nel d.m. Economia del 10 aprile 2002.
167 Dalla documentazione d’archivio risulta che in un primo momento la pratica era stata
assegnata all’Ufficio Tecnico provinciale (recando ad oggetto la dicitura “Progettazione”), e solo quando
il fascicolo è stato restituito all’Archivio ha potuto pervenire alla Presidenza e da questa è stata assegnata
alla responsabilità del funzionario effettivamente competente, per la predisposizione del dossier;
purtroppo questo banale disguido ha comportato la perdita di una parte rilevante del tempo disponibile
prima della scadenza fissata dal decreto ministeriale, con inevitabili conseguenze in termini di efficacia e
completezza del procedimento istruttorio che tuttavia non hanno pregiudicato il buon esito della
vicenda.
168 Con la d.g.p. n. 611 del 26.9.2002 di approvazione, veniva infatti richiesto al Politecnico
(punto 2d del deliberato) un supplemento di studio circa l’accessibilità, i parcheggi, il recupero della
porta a nord, l’allestimento di un parco storico nei bastioni, sul presupposto che si dovesse dare
effettivamente avvio alla realizzazione di uno spazio espositivo nell’Armeria, della nuova sede
dell’Archivio di Stato, di un auditorium nella chiesa, del Museo di storia dell’Esercito nel Palazzo del
Governatore e perfino di un’enoteca regionale in un bastione. Il nuovo incarico ha anche indotto un
ritorno di interesse per la pubblicazione del primo metaprogetto presso l'Editore Allemandi: cfr. G.
DURBIANO, L. REINERIO, op.cit.
42
Study case
servizi finalizzata alla stipula di un accordo di programma tra il Comitato (rectius gli Enti
che ne fanno parte), la Regione e i Ministeri interessati, cioè Difesa, Beni e Attività culturali
e Finanze, da estendere eventualmente alle altre Amministrazioni pubbliche coinvolte”,
come ad esempio l’AIPO: ancora una volta, tuttavia, questa formale manifestazione di
buona volontà non ha poi avuto alcun esito successivo, a riprova dello scarso valore
vincolante di certi atti di formale indirizzo, frutto della competenza tecnica degli uffici,
rispetto alle effettive decisioni politiche e gestionali direttamente assunte dagli
amministratori degli enti locali.
La contestuale ripresa del confronto tecnico con l'Esercito (nel frattempo uscito
dall'ennesima riorganizzazione), portò nei mesi successivi ad acquisire la ragionevole
certezza che almeno per qualche anno in Cittadella sarebbe ancora rimasta una struttura
militare, cosa che si è in effetti verificata fino al 2007169. Occorreva quindi regolamentare e
filtrare le crescenti e disparate richieste di uso degli spazi per manifestazioni170, alcune delle
quali di durata e dimensione estremamente impegnativa; in questo contesto, infatti, era stata
informalmente giudicata praticabile, da parte degli Alti comandi, l’ipotesi (già prefigurata in
occasione della vicenda AIPO) di procedere a dismissioni parziali di singole porzioni o
edifici ormai in disuso, sul presupposto che la Cittadella non fosse più classificabile
dall’Esercito come una caserma, ma dovesse finalmente essere amministrata come un
complesso di una ventina di edifici, gestibili disgiuntamente pur in un quadro coerente e
coordinato171.
La attenzione istituzionale nei confronti del problema del recupero del sito è giunta
ai più alti livelli in occasione della rapida visita in Cittadella del Presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi, la mattina del 4 aprile 2003, che non ha però determinato, come
sarebbe stato prevedibile e auspicabile, il coinvolgimento diretto dei rappresentanti del
Governo (in primis dei Ministri della Difesa e per i Beni e le Attività culturali) e la
conseguente maggiore attenzione da un lato delle strutture burocratiche ministeriali e
dall’altro, aspetto forse ancor più determinante, delle principali testate giornalistiche e
radiotelevisive nazionali.
Negli stessi mesi, l'Archivio di Stato di Alessandria aveva chiesto ufficialmente172 di
Cfr. il verbale della riunione dell'8 ottobre 2002, presso gli Alti Comandi di Padova; per
comprendere quanto grave fosse la situazione, al di là del degrado degli immobili, merita di essere
ricordato che già in occasione del convegno del 1999 la Provincia aveva provveduto a sostituire le
lampadine fulminate dei lampadari del salone del Comando e ad acquistare altri minimi materiali di
consumo per consentire il lavoro del personale militare. Dal documento risulta anche che l'Esercito, se
opportunamente sollecitato, avrebbe potuto prendere in considerazione l’ipotesi di riprendere una
minima attività di manutenzione degli immobili ancora in uso.
170 Con nota Prot. 464 del 6 marzo 2003 il Comando Regione Militare Nord aveva
espressamente richiesto che fosse individuato da parte delle amministrazioni civili (Comune, Prefettura,
Provincia) un unico “Ente o Associazione che possa ricevere tutte le richieste di utilizzo della
Cittadella”; non appena il Comitato, di ciò incaricato, ha avviato questa nuova e interessante funzione di
coordinamento, l’Esercito ha però revocato improvvisamente la propria disponibilità sulla base di non
meglio specificate ragioni di sicurezza, che non hanno ovviamente impedito nei mesi seguenti la
prosecuzione di visite e manifestazioni, però con altre forme e modalità di accesso.
171 Sarebbe stato dunque possibile, almeno in teoria, proseguire l’attività di valorizzazione della
Cittadella insieme ai militari (cosa peraltro sperimentata già da anni), dando luogo a un periodo
regolamentato di compresenza e cogestione di spazi e attività, senza necessariamente dover attendere la
definitiva dismissione.
172 La scelta era determinata dal fatto che l’attuale sede, ospitata in un immobile privato in
locazione, era (ed è ancora attualmente) inidonea, non potendo essere oggetto di impegnativi e assai
costosi lavori di adeguamento. Cfr. la lettera prot. 896 IV/1.2 del 9 aprile 2003, che si rifaceva ad una
precedente comunicazione inviata alla competente Direzione Generale del Ministero per i Beni culturali
169
43
Massimo Carcione
trasferirsi in Cittadella, per l’esattezza nell'Armeria e nella Palazzina Comando; l’ingente
finanziamento ministeriale finalizzato alla ristrutturazione avrebbe potuto contribuire, per
una quota tutt’altro che irrilevante173, al recupero di parte della Cittadella, oltre a consentire
di insediare entro qualche anno all’interno del sito monumentale un ufficio periferico del
Ministero per i Beni e le Attività culturali.
Proprio in questa delicata fase, nel momento cioè in cui le Amministrazioni locali
stavano per assumere le prime decisioni definitive (o almeno per avviare i procedimenti
propedeutici a tali scelte), se non altro circa le forme e modalità di realizzazione dei primi
lavori di recupero e la ricerca di finanziamenti adeguati, si sono registrate in città le prime
violente polemiche174, le quali hanno coinciso cronologicamente con la fondazione e le
prime iniziative pubbliche dell’Associazione “La Cittadella 1728”, costituita ad hoc da ex
militari, appassionati e cultori della storia locale e dell’architettura militare, che ha subito
raccolto centinaia di adesioni175.
Per questa ragione gli Amministratori locali hanno subìto una forte pressione, da
parte di quella che ritenevano essere l’opinione pubblica, adottando per reazione
(comprensibile nel merito, ma opinabile sul piano amministrativo) comportamenti meno
aperti nei confronti delle istanze di coinvolgimento della comunità locale ad ogni livello.
Non si è ritenuto quindi di adottare alcune possibili misure di trasparenza, corretta
informazione176 e consultazione pubblica (previste dalla l n. 241/1990), che avrebbero
nel settembre 2002. Inutile sottolineare l’importanza che avrebbe avuto, dopo anni di perplessità e dubbi
più che legittimi, la scelta di collocare in Cittadella l’unico ufficio decentrato a livello provinciale del
Ministero per i Beni e le Attività culturali, cui si sarebbe potuto collegare un vero e proprio “polo degli
archivi”; l’ipotesi è però ben presto risultata scarsamente - se non affatto - praticabile, per ragioni
tecniche ed organizzative, per cui si è privilegiata la soluzione alternativa della ex-Caserma Valfré, nella
speranza che risulti più rapida e praticabile.
173 Ad esempio un intervento di analoghe dimensioni, con ingenti investimenti, è stato
realizzato negli stessi anni dal Ministero per i Beni Culturali, per la realizzazione del nuovo Archivio di
Stato di Asti nel c.d. “Casermone”, monumentale caserma settecentesca acquistata dal Comune.
174 A testimonianza del clima che si percepiva in città, in particolare a seguito di alcuni articoli
apparsi sul giornale Il Piccolo, si riportano alcune affermazioni di un ricercatore universitario e storico
apprezzato, all’epoca presidente del “Forum delle attività culturali della Provincia di Alessandria”, che è
stato tra i promotori della costituzione dell’Associazione, a proposito delle “crescenti preoccupazioni
della cittadinanza per le sorti della Cittadella” per la quale a giudizio dello storico si profilerebbe, così
come era avvenuto pochi anni prima per la Borsalino, la possibilità che a causa dell’inerzia degli Enti
pubblici “le mura e le caserme si sgretolino e il problema non sussista più: poi con una buona ruspa si
potrà spianare tutto – peccato! – e ricavarne un grande parcheggio, tanti uffici e qualche condominio in
cartongesso”: cfr. G. RATTI, Il problema della Cittadella: la classe dirigente ascolterà la città?, in La Cittadella di
Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., pp. 75-76.
175 Come già avvenuto per Marengo, Volpedo o per Santa Croce di Bosco Marengo, la Provincia
ha sempre visto con favore e sostenuto anche economicamente la costituzione e lo sviluppo di
associazioni di “Amici” dei musei e siti monumentali da valorizzare, nello spirito delle nuove disposizioni
in materia inserite nel nel TUBC del 1999 e poi nel Codice del 2004.
176 Sul lavoro del Politecnico di Torino si siano sviluppate e diffuse vere e proprie “leggende
metropolitane”, il che è testimoniato dal fatto che si parlasse comunemente e convintamente del fatto
che circa il recupero delle aree interne della Cittadella “il metaprogetto del Politecnico offre qualche
indicazione preoccupante, a questo proposito: in mezzo una strada aperta al traffico automobilistico, e ai
lati insediamenti privati e pubblici”: cfr. G. RATTI, Il problema della Cittadella, cit., p. 78. Autorevoli
esponenti dell’Associazione “La Cittadella 1728” erano arrivati ad esprimere nel corso di un incontro
tecnico presso l’Acsal la convinzione che il Politecnico di Torino proponesse la demolizione di parte dei
bastioni per far passare dentro la Cittadella un’arteria di grande traffico, equivoco probabilmente indotto
da un piccolo diagramma di flusso riportato nel paragrafo introduttivo Il contesto territoriale del già citato
G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., p. 40.
44
Study case
consentito la partecipazione attiva al procedimento anche alle altre associazioni a diverso
titolo rappresentative dei molti e in parte confliggenti interessi collettivi e diffusi, e non
solo di quelle che si erano proclamate tali. Ne avrebbe potuto conseguire un maggiore
risalto, anche sul piano mediatico, grazie all’attenzione delle organizzazioni di rilevanza
nazionale, come Italia Nostra, Legambiente o il FAI, o comunque rappresentative degli
ambienti culturalmente più qualificati a livello locale, conseguendo per il progetto di
recupero della Cittadella la massima visibilità sul piano della comunicazione e credibilità ai
fini del consenso generale sui progetti in atto o futuribili.
Il Comitato ha invece proseguito in modo “riservato” la propria attività
interistituzionale177, sviluppando la collaborazione con gli organi tecnici statali a diverso
titolo competenti: gli Alti Comandi militari di Padova, che iniziavano a dimostrarsi assai più
disponibili e collaborativi, rispetto al 1999178, ai fini della graduale dismissione del sito; la
Soprintendenza Regionale del Piemonte,179 che aveva dimostrato attenzione in particolare
alla più volte auspicata “Proposta di accordo di programma”, restata però ancora una volta
senza esito; la Sezione di Alessandria dell'Agenzia del Demanio, diventata nel frattempo a
tutti gli effetti legittima proprietaria della Cittadella in attesa della ipotizzata
cartolarizzazione180.
Nei mesi seguenti si è anche avviato lo studio di un piano di comunicazione
coordinata (logo, immagine grafica, sito web con galleria di immagini e foto satellitari,
materiali di presentazione, ecc.) a cura di uno studio professionale specializzato, nell’intento
di consentire a tutti gli interessati, a qualsiasi titolo e non solo a livello locale, di poter
finalmente “vedere” e conoscere la Cittadella e tutti i materiali già elaborati e resi disponibili
on-line181.
Sul fronte delle associazioni culturali locali, mentre “La Cittadella 1728” manteneva
posizioni fortemente polemiche, coinvolgendo in questo anche la sezione alessandrina di
Italia Nostra, si era venuta fin dall’autunno 2003 a costituire presso l’ACSAL una sede
informale e "neutrale" per l'analisi e il confronto tra le diverse sensibilità e aspirazioni
relative al futuro utilizzo della Cittadella; a tal fine, con l’intento di porre fine alle polemiche
più pretestuose e sterili, agendo soprattutto nei confronti dei media e dell’opinione
Per precisa scelta del Presidente del Comitato, raramente l’attività è stata resa nota al grande
pubblico, tramite comunicati stampa, preferendosi lasciare tutto lo spazio mediatico e di rappresentanza
agli Enti locali e ai rispettivi vertici.
178 Il verbale della riunione svoltasi l'8 ottobre 2002 a Padova è stato infatti trasmesso
ufficialmente al Ministero della Difesa e allo Stato Maggiore, allo scopo di valutare la possibilità
dell’avvio dell’iter per la dismissione di fossati e bastioni, nonché per definire una convenzione di
collaborazione continuativa che avrebbe dovuto regolare ogni aspetto rilevante ai fini dell’accesso,
pulizia, sicurezza e manutenzione ordinaria in occasione di manifestazioni civili e visite turisticoculturali, ma soprattutto dell’avvio delle previste attività di progettazione.
179 Un incontro formale era avvenuto a Torino il 31 marzo 2003 a Palazzo Chiablese, a seguito
di formale convocazione (prot. 1043/03 del 7 marzo 1993), cui è seguito l’invio di un dettagliato verbale
redatto dal funzionario di zona della Soprintendenza (d’intesa con il Segretario del Comitato),
sottoscritto dallo stesso Soprintendente Regionale.
180 Da parte delle istituzioni statali, specialmente militari, si sono fatte pressioni affinché, in
ossequio alla l. n. 662/1996, gli Enti locali alessandrini si determinassero, come è avvenuto ad esempio
ad Asti o a Tortona, ad acquistare la Cittadella – o per lo meno a permutarla con altre aree edificabili – a
tutto beneficio del bilancio dello Stato, per poi doverla restaurare e mantenere a totale carico dei bilanci
locali.
181 Ne è riprova il fatto che grazie a questa maggiore disponibilità di informazioni hanno
iniziato ad occuparsi del tema con maggiore frequenza le testate giornalistiche e le riviste specializzate
nazionali, si veda ad esempio l’articolo di R. PELLEGRINI, Sei meraviglie in lizza per entrare tra i siti Unesco, in
Il Sole-24 Ore, (11) 12 marzo 2008, p. 21.
177
45
Massimo Carcione
pubblica anche a livello regionale e nazionale182 si era tentato di presentare in modo asettico
la questione al pubblico, ai giornalisti e alle autorità interessate, avvalendosi dei risultati
dell'attività di studio e ricerca (oltre che lato sensu promozionale) autonomamente realizzata
in ambito cittadino183, promuovendo un'iniziativa di mediazione, trasparenza e soprattutto
sussidiarietà.
L’ultimo atto del Comitato ai fini dell’avvio dell’attività progettuale, prima di essere
estromesso della Provincia (in quanto soggetto individuato dallo Stato quale responsabile
della gestione del finanziamento CIPE184), è stato dunque il lavoro preparatorio predisposto
per consentire di bandire un Concorso internazionale di idee, concepito sul presupposto
ambizioso che il suo esito finale avrebbe dovuto basarsi sulla dimostrazione di una effettiva
sostenibilità economica, invece di essere totalmente affidata all'estro dei progettisti185: a tal
fine, sempre nella speranza di dare alle scelte progettuali in corso di definizione una base
scientifica anche di profilo socio-economico, è stato avviato uno studio sull’effettiva
conoscenza e sul potenziale livello di interesse nei confronti del sito da parte delle realtà
extra-cittadine pubbliche e private, dal livello regionale fino a quello delle istituzioni
Europee186.
La fase progettuale vera e propria, su cui torneremo ampiamente e analiticamente
infra, ha impegnato un lungo arco di tempo, sia per l’intrinseca complessità delle due
procedure parallele (essendo stato stralciato e bandito separatamente il concorso di
progettazione sulle aree esterne da adibirsi a parco), ma soprattutto perché la fase principale
non è giunta a compimento, dal momento che la Commissione ha reputato inammissibili
tutte le proposte pervenute187.
Ciò ha determinato un lungo contenzioso amministrativo, sollevato dai progettisti,
che ha comportato le pronunce dapprima del TAR Piemonte e quindi del Consiglio di
182 Le polemiche hanno infatti travalicato ampiamente il livello locale, tanto che si è registrato
l’ampio articolo Supermarket nel forte di Napoleone, in Libero, 11 febbraio 2005, p. 14, il quotidiano nazionale
dedicava un’intera pagina, ricca di pesantissime quanto approssimative critiche, alla supposta
destinazione della Cittadella a speculazioni edilizie selvagge da parte di amministratori privi di scrupoli;
ciò ha determinato una minaccia di querela da parte del Comitato per la Valorizzazione della Cittadella
(assistita dallo Studio legale Parodi di Alessandria), con conseguente rettifica da parte del giornale.
183 Lo studio che – almeno nelle intenzioni – avrebbe dovuto sbloccare l'impasse determinatasi
dopo le polemiche giornalistiche e la sostanziale “bocciatura” dello studio del Politecnico, con l’auspicio
(risultato vano) di ripristinare il corretto dialogo tra tutti gli interlocutori pubblici e privati, è rimasto
purtroppo inedito, proprio a seguito del disinteresse dimostrato da parte del Comitato Cittadella.
184 Il Comitato avrebbe inteso continuare a svolgere la sua funzione “storica” di tavolo di
concertazione tra gli Enti e di definizione degli indirizzi politici comuni; invece, per una diversa scelta
condivisa dalla Giunta e dagli uffici tecnici Provinciali, ed anche dal Comune, l’unica sede di
condivisione degli indirizzi (ma non delle scelte gestionali, demandate alla sola Provincia) è stata
costituita da alcune riunioni congiunte delle rispettive Commissioni consiliari, avvenute nel corso del
2005.
185 Con questo intento il 29 settembre 2003 è stata anche insediata una “Commissione Tecnica
di Progetto” composta di esperti pubblici e privati (non solo tecnici), con l'incarico di fornire alla
Provincia le linee guida per lo studio di fattibilità e per il bando di gara di progettazione.
186 Lo studio è stato inizialmente affidato alla Fondazione Fitzcarraldo di Torino, che ha
presentato un primo documento programmatico a cura di Ugo Bacchella (Linee guida per l’avvio della
progettazione relativa alla valorizzazione della Cittadella di Alessandria, Dicembre 2003), cui non sono però
seguiti ulteriori sviluppi.
187 Si segnala a margine, per completezza di informazione, che secondo la stampa locale più di
un amministratore locale aveva espresso l’auspicio che si potessero “risparmiare” i soldi destinati al
concorso internazionale, nella speranza di poterli recuperare al fine di realizzare altri più concreti
interventi sulla Cittadella.
46
Study case
188
Stato , le quali hanno dato per entrambe le istanze esito favorevole per la Provincia.
Proprio mentre il Comitato e la stessa Provincia segnavano il passo, limitandosi a
tenere rare e poco concludenti riunioni, nel giugno 2006 il Ministero per i Beni culturali
decideva motu proprio di inserire di propria iniziativa la Cittadella nella lista d’attesa istituita
presso il World Heritage Center dell’UNESCO per le candidature alla Lista del patrimonio
mondiale, con esiti tuttora incerti.
Dopo di che, l’anno seguente, la situazione faceva registrare l'evoluzione più
radicale, con il definitivo abbandono189 e la conseguente riconsegna del sito all’Agenzia del
Demanio da parte dell'Esercito. È seguito quasi subito (novembre 2007) un primo
protocollo d’intesa tra il Comune di Alessandria190 e l’amministrazione demaniale,
sottoscritto dal Sindaco, dal Ministro delle Finanze e dal Direttore dell’Agenzia del
Demanio, che si è limitato a prevedere in modo alquanto generico una futura attività di
“valorizzazione” (termine da prendere con le molle, come vedremo191) previa convocazione
di una conferenza dei servizi e stipula di un accordo di programma. Merita però di essere
sottolineato con una certa enfasi la circostanza che l’atto coinvolgeva per la prima volta
nelle iniziative di valorizzazione, insieme alla Cittadella, anche il Forte Bormida e il Forte
Ferrovia192, cosa che in città è invece passata assolutamente sotto silenzio.
Il protocollo si è poi trasformato in una convenzione per la custodia (2009), con la
quale la nuova amministrazione comunale, dopo che per oltre dieci anni il Comune aveva
prudentemente lasciato alla Provincia il ruolo di capofila, ha assunto concretamente il ruolo
che gli spetta pienamente. Sono state subito avviati significativi interventi di pulizia e
parziale disboscamento di alcune parti di edifici e fortificazioni193, e soprattutto alcune
manifestazioni di grande respiro (e costi) che hanno conseguito nel primo anno di
sperimentazione risultati non esaltanti in termini di numero di visitatori, ma sensibilmente
migliori a partire dal 2010.
Sono state dunque allestite fiere campionarie, concorsi ippici, manifestazioni
motoristiche, stagioni di teatrali e concertistiche, cui si sono anche aggiunte alcune iniziative
promettenti sul piano della promozione di nuove opportunità di creazione artistica: ad
188
6843/09).
Rispettivamente adottate in data 17 gennaio 2007 (n. 21/07) e 16 dicembre 2008 n.
A testimonianza, ancora una volta, della serietà delle istituzioni militari e smentendo qualche
legittimo timore, il magazzino Ce.Ri.Co. è stato interamente svuotato senza lasciare materiali o altri
residui ingombranti pericolosi, fatti salvi i macchinari e gli impianti più o meno recenti (di illuminazione,
amplificazione, sollevamento, ecc.) che costituiscono comunque di per sé un serio problema, trattandosi
di rimuovere e smaltire tonnellate di cavi, strutture e apparecchiature.
190 Il protocollo del novembre 2007, sottoscritto dal Ministro delle Finanze e dal Direttore
dell’Agenzia del Demanio, si limitava a prevedere una futura attività di valorizzazione (termine da
prendere con le molle, dal momento che in ambito economico è inteso come qualcosa di molto simile a
“monetizzazione”) previa convocazione di una conferenza dei servizi e stipula di un accordo di
programma. Da notare che l’atto riguarda per la prima volta anche il Forte Bormida e il Forte Ferrovia.
191 Proprio l’equivoco su questo termine, determinato forse da un eccesso di zelo o di
ottimismo (ed anche da una qualche carenza di competenza e approfondimento) ha rischiato di
determinare l’esclusione della vicenda Cittadella dagli eventuali benefici conseguenti all’attuazione del
c.d. “Federalismo demaniale”, su cui v. infra.
192 Il Forte Acqui è già affidato da tempo al Comune, che non ha potuto sinora effettuare grandi
interventi di recupero ma vi ha allestito qualche manifestazione pubblica.
193 In merito sono stati sollevati da parte di alcuni Consiglieri comunali fondati rilievi circa la
correttezza della procedura adottata, con l’affidamento degli interventi a personale e strutture di
un’Azienda municipalizzata, senza che risulti redatto e approvato dalle competenti autorità di vigilanza
(Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici, ma anche il Corpo Forestale dello Stato) alcun
progetto.
189
47
Massimo Carcione
esempio nell’ambito delle produzioni musicali e teatrali proposte da compagnie e artisti
locali, oppure delle nuove forme di arte contemporanea.
La dimostrazione più tangibile, dal punto di vista istituzionale, del nuovo
atteggiamento della municipalità alessandrina può essere individuata soprattutto nel solenne
“Atto di indirizzo”, approvato da parte del Consiglio Comunale, dopo un lungo iter 194 in
sede di Commissione cultura195, che ha finalmente incluso la formale consultazione di
numerosi enti e associazioni: si è così tentato di affrontare per la prima volta, in modo
organico, l’annosa questione delle “scelte strategiche”, assumendo, almeno nelle intenzioni,
alcune linee programmatiche di indubbio respiro196.
Proprio in quel momento si è venuta però a sovrapporre la vicenda della
demolizione e ricostruzione del ponte, che ha per forza di cose distolto l’attenzione locale e
nazionale197 (avendo creato non pochi problemi di interpretazione della normativa di tutela
di un bene storico-architettonico vincolato, ma in seguito dichiarato pericoloso per
l’incolumità pubblica) e conclusasi con l’accordo di programma del 20 novembre 2009, che
ha catalizzato risorse all’incirca pari a quelle che sarebbero state sufficienti per realizzare il
parco esterno e i relativi parcheggi; in compenso, tutti gli Enti locali sono stati
necessariamente coinvolti nella definizione e rapidissima approvazione di un primo
specifico accordo di programma, esperienza che potrebbe in futuro essere di esempio per
altri analoghi atti di più generale portata.
Un primo esito di questo excursus sulle vicende che hanno fatto da premessa e da
sfondo ai procedimenti su cui torneremo in modo più analitico infra, si può così
sintetizzare:
- all’inizio della vicenda da parte delle istituzioni non sono stati formulati indirizzi
programmatici chiari e concretizzabili, con la sola eccezione (peraltro non del tutto
coerente) della scelta museale; l’unico atto di indirizzo formale e condiviso è venuto
dopo circa dieci anni, da parte dell’Ente competente in via di sussidiarietà, che però
fino a quel momento non aveva svolto un ruolo attivo e poi si è dimostrato poco
incline ad agire in modo concertato con gli altri soggetti locali;
- di fronte a ripetute polemiche, critiche, insinuazioni e prese di posizione particolarmente negative dell’opinione pubblica, non si è mai ritenuto di replicare nel merito o di attivare procedure finalizzate a favorire la partecipazione, limitandosi a interrompere o variare il corso dei procedimenti;
- non sono state quasi mai affrontate in modo esaustivo, o almeno approfondito, le
problematiche di natura finanziaria e contabile conseguenti all’avvio della gestione
La vicenda era iniziata infatti subito dopo la definitiva dismissione, che era stata subito
oggetto di interrogazioni e ordini del giorni presentati da consiglieri comunali; il senso e le prospettive
del dibattito sono efficacemente sintetizzati nell’articolo di C. ROMAGNOLI, Cittadella, rimpiangendo i
militari, in Il Piccolo, 26 novembre 2007, p. 3.
195 D.c.c. n. 54 del 19 maggio 2008 ad oggetto “Atto preliminare di indirizzo per la
valorizzazione del complesso denominato Cittadella di Alessandria”.
196 Si veda infra; una sintesi del dibattito è riportata nella puntuale cronaca del Consiglio di C.
ROMAGNOLI, Cittadella, cultura e turismo, in Il Piccolo, 21 maggio 2008, p. 5, che non mancava di
sottolineare al di là di tutte le bune intenzioni l’annotazione secondo la quale in base alla convenzione
stipulata con il Demanio “se un giorno lontano lo Stato dovesse venderla al Comune rimarrebbe
comunque un 15%” (sic!); di opposta ispirazione, a ulteriore riprova del dibattito sempre aperto,
l’intervista apparsa sullo stesso giornale locale la settimana seguente: E. SOZZETTI, Il patrimonio della
comunità – Cittadella e Unesco: idee di valorizzazione, in Il Piccolo, 30 maggio 2008, p. 16.
197 In questo caso lo Stato è stato rappresentato soprattutto dal Dipartimento della Protezione
Civile (organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri) che era stato già in passato evocato come
possibile fruitore della Cittadella per la realizzazione di una grande struttura logistica per il nord Italia.
194
48
Study case
-
3.
del sito;
non è mai stato chiesto in modo formale e impegnativo, per il tramite del Governo
e dei vari Ministri competenti, il coinvolgimento attivo dello Stato nel recupero e
nel riuso di un sito demaniale di innegabile valore patrimoniale;
infine, e soprattutto, il buon andamento, l’efficacia ed efficienza dei procedimenti
attivati (oltre che, evidentemente, la leale collaborazione tra i relativi attori) hanno
sempre risentito della presenza o meno di un “tavolo di concertazione” di carattere
formale e impegnativo: a riprova di ciò, alle fasi in cui i diversi Comitati hanno fatto
segnare il passo, hanno quasi subito fatto riscontro ritardi, rinvii o sospensioni, oppure iniziative estemporanee di singoli Enti (l’AIPO in un primo momento, il Comune di recente) con scarse possibilità di esiti risolutivi.
Le iniziative di valorizzazione e promozione
Nel precedente paragrafo si è già fatto qualche riferimento a mostre, manifestazioni,
spettacoli, concerti e convegni organizzati nell’ambito del sito storico-monumentale, in
specifico all’interno della Cittadella e nel parco di Marengo; tali eventi sono sempre stati
supportati da iniziative promozionali di natura disparata (dalle campagne di stampa alle
trasmissioni televisive, fino all’inserimento in circuiti pubblicitari e di fruizione a livello
provinciale e regionale), dall’offerta di visite guidate e da altre iniziative intese a conseguire
l’attività che l’art. 6 del Codice definisce come finalizzata a “promuovere la conoscenza del
patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione
pubblica del patrimonio”.
Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che all’inizio del processo in esame, se il
sito e il nome di Marengo potevano godere di una qualche notorietà, la vera natura della
Cittadella era nota solo a coloro che nel corso degli anni vi avevano prestato servizio come
militari o per altre ragioni professionali.
Se questo genere di attività hanno svolto un’azione positiva, nella misura in cui
hanno consentito di portare all’attenzione dell’opinione pubblica, dei media e delle autorità
regionali e nazionali il problema del recupero della Cittadella (oltre a permettere qualche
limitato e non estemporaneo intervento di manutenzione e allestimento), resta fermo che
non si dovrebbero mai configurare per un sito monumentale destinazioni incompatibili,
anche se del tutto temporanee, quando non si è in grado di comprovare l’effettivo
perseguimento di finalità utili al recupero e alla conservazione: ad esempio, nell’occasione
dell’utilizzo di una fortezza monumentale e delle sue pertinenze paesaggistiche per lo
svolgimento di manifestazioni automobilistiche o motociclistiche, si potrebbero configurare
gli estremi del reato di cui all’art. 170 del Codice, peraltro sanzionato in modo tutt’altro che
trascurabile198.
Si è correttamente rilevato, a questo proposito, che “nulla impedisce, peraltro, che in
casi eccezionali, si possano ammettere destinazioni del bene temporanee e straordinarie,
dalla valenza culturale scarsa o inesistente, ma utili a perseguire un alto interesse pubblico”,
quale sarebbe ad esempio quello correlato alla promozione e avvio degli interventi di
restauro199 del sito: cosa che però non è sostenibile con riferimento alle diverse
198 Secondo tale norma, che punisce l’uso illecito con riferimento agli interventi vietati di cui
all’art. 20 comma 1 del Codice stesso “E’ punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda
da euro 775 a euro 38.734, 50 chiunque destina i beni culturali indicati nell’Articolo 10 ad uso
incompatibile con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità”;
cfr. G. VOLPE, op.cit., p. 142.
199 Ibidem; in proposito si veda anche G. CAIA, Il testo unico sui beni culturali e ambientali, Giuffré,
49
Massimo Carcione
manifestazioni che si sono tenute dal 2009 in Cittadella, periodo nel quale d’altronde i
progetti di recupero già formalizzati in forma definitiva erano rimasti allo stato di buoni
propositi200.
Può invece essere ricompresa a pieno titolo tra le attività di promozione e
valorizzazione la pubblicazione di volumi di rilevante valore culturale, quali sono stati
certamente i due preziosi libri-strenna editi all’inizio degli anni ’80 dalla Cassa di Risparmio
di Alessandria201, oppure il volume pubblicato in tempi più recenti dall’Associazione “La
Cittadella 1728”202; allo stesso modo gli atti dei diversi convegni svoltisi in questi anni sul
tema hanno contribuito in modo determinante a “promuovere la conoscenza del
patrimonio culturale” in esame, come ad esempio nel caso del volumetto realizzato dalla
sezione alessandrina di Italia Nostra203. Si è sempre trattato, tuttavia, di volumi pubblicati in
tiratura limitata, con una distribuzione estremamente circoscritta (quasi mai acquistabili in
libreria) e ormai da tempo non più disponibili.
A questa carenza sarebbe stato facile ovviare grazie alle “nuove” tecnologie
telematiche, provvedendo a tempo debito alla realizzazione di siti web opportunamente
dotati di materiale divulgativo, scientifico e iconografico, storico e attuale, anche al fine di
documentare gli stessi eventi (quando destinati a diventare a loro volta “storici”, come la
ricostruzione della battaglia di Marengo del 2000) a beneficio di appassionati, studiosi o
semplici curiosi e potenziali visitatori: proprio in tal senso la Provincia aveva provveduto a
realizzare, tra il 1998 e il 2003, nell’ambito del proprio sito istituzionale204, due ampie pagine
dedicate rispettivamente al Museo di Marengo e al Comitato per la valorizzazione della
Cittadella.
In seguito il Comitato ha realizzato (2004) un proprio autonomo sito informativo
www.cittadelladialessandria.it, mentre le pagine istituzionali del Museo e del sito di Marengo
hanno lasciato al posto alle più accattivanti pagine del sito www.marengomuseum.it 205; i due siti
non sono stati connessi tra loro neppure in modo virtuale, a riprova della totale mancanza
di una visione unitaria, del sito e delle vicende storiche, da parte degli stessi enti territoriali.
Nell’intento di dimostrare che poteva e può essere esercitata un’azione incisiva,
tanto sul piano editoriale che su quello dell’informazione e sensibilizzazione, non solo a
livello nazionale, anche senza il minimo dispendio di risorse, si può richiamare l’esempio
della già menzionata pubblicazione di una scheda informativa sulla Citadel of Alessandria nel
ben noto rapporto internazionale dell’ICOMOS206: si tratta infatti di un documento a
Milano, 2000, pp. 48-49.
200 Con riferimento a questo specifico punto di vista risulta particolarmente grave il fatto che tra
le molte iniziative proposte e realizzate in Cittadella, una delle poche non approvate sia stata proprio la
mostra d’arte contemporanea Polemos: l’opera d’arte tra conflitto e superamento (luglio-ottobre 2006), realizzata
invece al forte di Gavi; sul fatto che, al di là dell’evidente connessione tematica, nel corso della mostra, è
stato possibile realizzare nella struttura ospitante interventi significativi e duraturi, utili ai fini della
sicurezza dei visitatori e dei locali: si veda infra.
201 A. MAROTTA, La cittadella di Alessandria, cit.; J. THIRY, Marengo cit. entrambi editi trent’anno fa
come “volumi strenna”, da tempo esauriti e mai più ristampati, restano a tutt’oggi i due testi di
riferimento in materia, per quanto ormai datati.
202 D. GARIGLIO, Storia della Cittadella, Torino, Omega, 2001.
203 Cfr. La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit.
204 Nell’ambito delle pagine dell’Assessorato alla Cultura, Servizio Beni e attività culturali,
all’interno del sito web: www.provincia.alessandria.it.
205 Se gli Enti pubblici hanno garantito fino ad oggi una certa attività di documentazione e
informazione a scopi conoscitivi, nessuna delle varie associazioni più o meno attive nel settore ha
contribuito in tal senso con la realizzazione di ulteriori pagine informative.
206 Cfr. Icomos World Report 2004/2005, cit., documento noto tra gli addetti ai lavori come
50
Study case
diffusione globale, curato e distribuito dalla più prestigiosa organizzazione indipendente nel
settore culturale, nel quale i siti sono inseriti su segnalazione dei vari esperti dei Comitati
nazionali, ovviamente una volta superato l’attento vaglio del Segretariato internazionale che
ha sede a Parigi; si aggiunga che i rapporti in formato telematico sono disponibili e
scaricabili nel sito web dell’ONG207, risultando dunque facilmente reperibili da chiunque nel
mondo, tramite una semplice ricerca testuale.
Anche esaminando le risultanze della cronaca dei diversi eventi che si sono succeduti nel corso del decennio 1997-2007, con particolare attenzione per Marengo 2000, è possibile dunque fare alcune considerazioni, che potranno risultare utili nell’ottica e nella prospettiva della valorizzazione di un futuro sistema culturale e turistico sul tema “Alessandria
città militare”; il Bicentenario208 è stato d’altronde – almeno sino ad oggi – l’unico momento di valorizzazione comune di Marengo e Cittadella, anche se è stato poco apprezzato e
capito in tal senso dal pubblico e dalle stesse istituzioni209.
L’analisi degli esiti di tali diverse attività di valorizzazione e promozione, consente
pertanto di proporre all’attenzione le seguenti valutazioni:
- dopo così massicci investimenti promozionali, il ritorno di immagine ed economico
di celebrazioni e altre manifestazioni di natura disparata non è stato rilevante e redditizio come si sperava; non si è trattato di autentici eventi di massa, ma si sono
piuttosto realizzate una serie di ricorrenze poco coordinate e programmate, che
hanno determinato un flusso turistico estemporaneo e tutto sommato di nicchia210;
- è plateale, anche in questo caso, la latitanza dei Soprintendenti e degli esperti211 del
Ministero per i Beni e le Attività culturali, persino nella fase di programmazione degli eventi celebrativi del 2000, pur operandosi nell’ambito di edifici e istituzioni museali tutt’altro che marginali dal punto di vista storico, se non sotto il profilo artistico e architettonico; giova sottolineare, a tale proposito, che la competenza amministrativa statale in materia non dovrebbe essere attivata e concretamente esercitata in
modo variabile, sulla base della tipologia o dello stile dei beni culturali coinvolti212;
- di contro, tutta la vicenda di “Marengo 2000” è stata improntata sin dalla fase programmatoria dal diretto e formale coinvolgimento (con l’attiva condivisione di gran
parte delle scelte) delle associazioni culturali, locali e non: ciò ha indubbiamente
contribuito a evitare polemiche e contrapposizioni, che hanno invece caratterizzato
rapporto “Heritage at Risk”.
207 Si veda: www.international.icomos.org/risk/index.html
208 In merito alla celebrazione di eventi storici cfr. R. C HIARELLI, op.cit., p. 276.
209 Questo atteggiamento negativo è stato probabilmente determinato dalla scarsa coesione e
determinazione degli amministratori e tecnici coinvolti nel progetto, che non hanno quasi mai posto in
essere, nell’organizzazione e promozione degli eventi, le possibili e promettenti sinergie tra i diversi siti
coinvolti: basti pensare all’infelice episodio del mancato Carosello dei Carabinieri o allo scarso successo
della mostra in Cittadella.
210 L’affluenza all’evento di Marengo 2000 è quantificabile nell’ordine di 25-30.000 unità, a fronte
del centinaio di migliaia di partecipanti che ci si sarebbe potuto aspettare e che caratterizzano altre
iniziative del tutto analoghe (ad esempio a Waterloo), come pure le principali manifestazioni su scala
regionale, come il Palio di Asti, la Passione di Sordevolo (BI) o le stesse celebrazioni del Quarto Stato di
Volpedo, svoltesi nel 2001, che hanno attirato in Provincia di Alessandria oltre 100.000 visitatori.
211 Non deve essere considerata a tal fine la collaborazione a singole iniziative editoriali o
espositive, prestata normalmente a titolo personale e non istituzionale.
212 Si tratta, evidentemente, di scelte che finiscono per essere adottata in modo anche troppo
discrezionale, sulla base degli interessi scientifici e dei gusti estetici del singolo Soprintendente o
funzionario. Che si tratti, per quanto possa apparire paradossale, di un punto di vista alquanto diffuso tra
gli addetti ai lavori, è testimoniato da G. VOLPE, op.cit., p. 122, secondo il quale la funzione di tutela viene
esercitata in misura “proporzionata alla sensibilità del singolo funzionario”.
51
Massimo Carcione
e ostacolato lo svolgimento dei successivi procedimenti di programmazione e progettazione relativi al recupero della Cittadella e all’organizzazione di ulteriori eventi
da parte del Comune negli anni più recenti.
Il ruolo delle strutture e del personale ministeriale è stato dunque del tutto
marginale e occasionale; per contro, oltre a registrarsi in qualche raro ma non trascurabile
caso “la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati”, la quasi totalità degli
interventi e delle attività caratterizzate (ex art. 111 del Codice) dalla “messa a disposizione
di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali” sono stati resi possibili dalla
collaborazione – quando c’è stata – tra Comune e Provincia di Alessandria, ed in special
modo tra i loro servizi tecnici specializzati.
Il momento di migliore sinergia in tal senso si è avuto proprio in vista della storica
ricorrenza del giugno 2000, in virtù della Deliberazione della Giunta Provinciale213 che circa
tre anni prima della ricorrenza aveva già approvato, d'intesa con il Comune, il programma
di massima delle Celebrazioni napoleoniche per il triennio 1998/2000: era seguita nel corso
del 1999 la stipula di un Protocollo d’intesa214, a riprova dell’importanza della
formalizzazione mediante atti amministrativi, con una corretta impostazione – anche sul
piano cronologico - delle relative procedure istruttorie e delle conseguenti attività
amministrative, di gestione, di rendicontazione e di controllo215.
Solo in questo modo gli eventi promozionali perdono il deprecato carattere di
evento estemporaneo (non di rado derubricato, con ragione, a “effimero”), inserendosi
organicamente nel più ampio e strategico processo di sensibilizzazione, promozione e,
appunto, valorizzazione del monumento o del sito che li ospita, intento che deve restare
l’obiettivo e il fine ultimo dell’attività amministrativa: fermo restando che se per vera
valorizzazione si deve intendere l’avvio del recupero finalizzato alla conservazione e
all’incremento della fruizione, anche in tal senso lo Stato finora non ha fatto assolutamente
nulla di propria iniziativa.
d.
La candidatura alla Lista del Patrimonio mondiale
Abbiamo già ricordato che il sito oggetto di questo studio è stato già qualche anno
posto all’attenzione nazionale e internazionale mediante l’inserimento nella tentative list per
la candidatura al Patrimonio Mondiale; di conseguenza, appare evidente che siamo di fronte
a una tipica situazione in cui il rapporto tra diritti culturali e perseguimento del pubblico
interesse (vero o presunto) dovrebbe essere posto in modo particolare sotto i riflettori,
essendo oggetto della massima attenzione e cura da parte dei diversi settori competenti
della Pubblica Amministrazione, dal livello nazionale a quello locale, alla luce della già
D.g.p. n. 1097/53671 del 16 ottobre 1997.
Sui contenuti specifici dell’atto torneremo infra.
215 Tali atti formali hanno infatti almeno la stessa importanza dei buoni rapporti interpersonali
tra gli amministratori e degli accordi che tra loro si possono instaurare in modi assai meno formali, tanto
sul piano della coesione politica che della identità di vedute sotto altri profili. Si è talora verificato, in
tempi recenti, che Sindaci, Presidenti di Provincia o Assessori abbiano preteso dai rispettivi uffici che si
desse seguito a decisioni assunte nel corso di conferenze stampa, quando non in occasione di riunioni
informali o addirittura di telefonate al cellulare: pur trattandosi evidentemente di comportamenti
significativi, che possono assumere il più alto valore politico e mediatico, tali decisioni non sono ad oggi
considerabili come atti amministrativi vincolanti (a differenza delle comunicazioni effettuate mediante
posta elettronica certificata, ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale, d. lgs. n. 82/2005 e s.m.i.),
se non altro per banali ragioni di conoscibilità da parte delle stesse strutture burocratiche.
213
214
52
Study case
citata l. n. 77/2006, ma più e meglio ancora, se si intende dare corpo al principio
costituzionale di sussidiarietà, dal livello locale a quello nazionale.
Lo sforzo di valorizzazione della Cittadella a livello internazionale ha infatti avuto il
suo riscontro più importante ed ambito, almeno sul piano formale, soltanto grazie
all’inserimento nel giugno 2006 della sola Citadel of Alessandria nella lista d’attesa che viene
presentata dagli Stati all’UNESCO, la quale è definita all’art. 11.1 della Convenzione di
Parigi del 1972, come un «inventario dei beni del patrimonio culturale e naturale» di ogni
Paese che sono «suscettibili di essere iscritti sulla lista»216.
1.
I promotori dell’iniziativa
Come è stato ricordato in precedenza, già nel lontano 1999 una proposta di
candidatura era stata solennemente formulata dal Comitato, ma formalmente sottoscritta
dal Sindaco e dai Presidenti di Provincia e Regione217; per maggiore precisione, con quel
documento si chiedeva al Governo che “l’intero complesso monumentale della Cittadella e
del Capo Trincerato di Alessandria (Forte Acqui, Forte Ferrovia e Forte Bormida) sia
proposto per l’inserimento da parte dell’UNESCO nella futura lista provvisoria (tentative list)
di espansione della Lista del Patrimonio mondiale prevista dalla Convenzione di Parigi del
1972”.
La pluridecennale vicenda della Cittadella e di Marengo ha d’altronde avuto sin
dall’inizio come protagonisti assoluti gli enti e le amministrazioni alessandrine, cui si sono
volta per volta affiancati a vario titolo il Politecnico e l’Isral, a Regione Piemonte, la
Prefettura, l’Agenzia del Demanio, l’Archivio di Stato di Alessandria e le diverse
Soprintendenze piemontesi (uffici periferici del Ministero per i Beni culturali), la Camera di
Commercio ed infine l’Università: soggetti pubblici che sono stati volta per volta interessati
a vario titolo, e che hanno svolto il loro ruolo istituzionale, talora marginale ma in qualche
caso determinante.
Alla loro azione istituzionale, amministrativa e tecnico-gestionale si è però via via
affiancata, dapprima in modo spontaneo e disorganizzato, poi sempre più insistente e
significativa, l’opera delle associazioni locali, in grado di svolgere un ruolo di rilievo
crescente come “pubblica opinione” in chiave critica, ma anche con un legittimo e, nella
maggior parte dei casi, costruttivo intento di rappresentanza e tutela attiva degli interessi,
collettivi e soprattutto diffusi.
Insieme a numerosi altri soggetti “privati” (associazioni nazionali, fondazioni,
singoli cittadini) hanno quindi concorso, a vario titolo ma in modo non sempre
coordinato218, nell’impegno di portare il sito all’attenzione non solo regionale e nazionale,
ma anche e soprattutto internazionale. Ad esempio un risultato di questi sforzi 219 si è
Cfr. http://whc.unesco.org/en/tentativelists/5013.
Alla richiesta, materialmente redatta dal Segretario del Comitato, era allegato, insieme al
Metaprogetto, il testo dell’appello sottoscritto nel 1997 da tutti gli studiosi partecipanti al Congresso
Napoleonico Internazionale che si era svolto appunto in Cittadella, a ulteriore riprova dell’inscindibile
legame storico oltre che territoriale tra le due realtà.
218 Anche in questo caso era risultato particolarmente interessante l’azione svolta da ACSAL,
che dopo avere svolto l’indagine conoscitiva aveva costituito per la valutazione dei risultati un gruppo di
esperti in rappresentanza non solo della stessa Associazione e del Comitato degli enti, ma anche di altre
associazioni locali tra cui “La Cittadella 1728” stessa.
219 Sull’importanza del coinvolgimento della società civile e delle amministrazioni locali nell’iter
di candidatura si rimanda al recente articolo di chi scrive Gestione dei siti culturali “Patrimonio dell’Umanità” e
sussidiarietà in R.BALDUZZI (a cura di), Annuario DRASD 2010, Milano, Giuffré, 2010.
216
217
53
Massimo Carcione
conseguito nel 2004, allorché l’ICOMOS – per il tramite del suo Comitato nazionale
Italiano – ha inserito la Cittadella nel proprio Rapporto mondiale Heritage at Risk220,
collegandola esplicitamente e strategicamente (per la prima volta in un documento
internazionale di questa rilevanza) al borgo, al museo e al campo di battaglia di Marengo.
Alcuni anni dopo l’iniziale input, la procedura ha ripreso il suo corso (o più
probabilmente, ne è iniziata una nuova e indipendente per iniziativa ministeriale)221,
prendendo avvio dal parere del Gruppo di Esperti ministeriali222.
Non risulta essersi svolta stata alcuna consultazione, neppure informale, tra gli uffici
di Palazzo Chiablese, il Comitato Cittadella e gli Enti che ne fanno parte o che l’hanno
sostenuto, ivi inclusi la Prefettura. L’Agenzia del Demanio e lo stesso Archivio di Stato.
Non è pervenuta alcuna comunicazione formale agli stessi Enti dell’inserimento in
tentative list; di cui si è avuta informalmente notizia solo un anno e mezzo dopo
l’avvenimento; dopo di che la candidatura non ha più fatto registrare sviluppi significativi,
con la sola eccezione della già citata Deliberazione di indirizzi del Consiglio Comunale di
Alessandria, che ha dato atto in modo del tutto formale dell’inserimento della Cittadella in
tentative list.
L’unico risultato ottenuto sino ad oggi tramite questa iniziativa è costituito dunque
dal fatto che, a partire dal giugno 2006, non si può più porre in dubbio che già sin d’ora
l’Italia ritiene la Cittadella di Alessandria degna di rappresentare il proprio patrimonio nazionale al più alto livello internazionale, cioè al cospetto dell’Umanità intera.
2.
A che serve l’inserimento nella tentative list italiana?
Certo occorre chiarire a chi compete esercitare in modo formale questo interesse,
che fa capo “all’Umanità” solo in via del tutto teorica e ideale: infatti è al singolo Stato
nazionale interessato che la Convenzione di Parigi del 1972 demanda l’onore e l’onere di
presentare la proposta, che viene quindi valutata e approvata dal Comitato intergovernativo
costituito presso l’UNESCO223; a sua volta questo organismo è composto da rappresentanti
degli Stati firmatari (i quali in questo caso rappresentano la quasi totalità della Comunità
internazionale) sulla base di linee guida internazionali che, come vedremo meglio infra,
prevedono il coinvolgimento della comunità locale, affidando alle organizzazioni non
governative internazionali un ruolo di consulenza e assistenza tecnica224.
Icomos world report 2004/2005, cit., pp. 129-134.
Le notizie su questa prima fase (la meno procedimentalizzata) dell’iter di candidatura sono
state direttamente e personalmente acquisite dal Responsabile dell’Ufficio UNESCO del Ministero,
Arch. Manuel Guido. L’unico intervento degli amministratori locali risulterebbe essere avvenuto in
occasione di un incontro tra il Ministro per i Beni culturali pro tempore e il Presidente della Provincia di
Alessandria, se non fosse che l’iscrizione è avvenuta in un momento precedente: cfr. D. BRUNETTI (a
cura di), Gli spazi della biblioteca e dell’archivio: piccoli e grandi progetti di buona conservazione (Atti della giornata
di studi promossa dal Club UNESCO e dal Comune di Alessandria, 20 novembre 2007), Alessandria,
Edizioni dell’Orso, 2009, p. 14.
222 Del suddetto Gruppo di lavoro faceva parte l’ex Soprintendente ai Beni Architettonici e poi
Direttore Regionale del Piemonte, da sempre attento estimatore della Cittadella tanto da firmare la postfazione del già più volte citato e misconosciuto volume di Allemandi.
223 Art. 8 ss della Convenzione.
224 Vale la pena, però, di ricordare a questo proposito che gli esperti dell’Icomos hanno la
facoltà di presentare all’Organizzazione in via riservata dei dettagliati Rapports de visite, al fine di segnalare
l’effettivo stato di conservazione e rispetto dei siti iscritti nella Lista del Patrimonio mondiale, il che può
poi dare luogo a segnalazioni presso il Centro del Patrimonio mondiale presso l’UNESCO; si ricorda
anche il già citato Rapporto mondiale “Heritage at Risk”, anch’esso curato e diffuso a livello mondiale
220
221
54
Study case
Ma non è così in tutte le procedure internazionali: ad esempio nella procedura di
istituzione della nuova Lista dei beni sotto protezione rafforzata di cui al II Protocollo
aggiuntivo (L’Aja, 1999) alla Convenzione dell’Aja del 1954 sulla protezione dei beni
culturali in caso di conflitto armato, la proposta può essere fatta dagli Stati e da un analogo
Comitato intergovernativo, ma anche dalle OnG della cultura, coordinate nell’International
Committee of the Blue Shield.
Questi ultimi soggetti potrebbero dunque essere considerate in qualche modo
esponenziali, nell’esercizio di questa funzione, non solo di istanze tecniche ma anche di
“interessi diffusi globali”.
Abbiamo già detto che le norme in materia di tutela e valorizzazione del Patrimonio
privilegiano in prima istanza la conservazione delle testimonianze materiali, siano esse
monumentali o paesaggistiche, mentre la finalità ultima della Convenzione è sua l’identità,
la personalità e soprattutto la dignità dell’Uomo che ne fruisce.
Per questo motivo nel caso di un bene proposto all’attenzione mondiale come
“Patrimonio dell’Umanità”, più ancora che in altre situazioni meno titolate, non si può
prescindere dal porre in evidenza, per poi verificare caso per caso nel prosieguo della
disamina, la corretta applicazione delle norme poste a garanzia di una serie di diritti
culturali, che nel caso di specie possono in prima approssimazione individuarsi non
soltanto, come risulta del tutto ovvio, nel Diritto alla protezione del patrimonio culturale, ma in
praticamente tutte le ulteriori tipologie poc’anzi citate:
- la libertà di espressione del pensiero e delle opinioni da parte dei diversi portatori di
interessi, locali e non solo, nel momento della progettazione e realizzazione come
nelle successive fasi di gestione a regime;
- la libertà di informazione, che viene posta in gioco nella dialettica tra mezzi di comunicazione, poteri pubblici e comunità;
- il diritto alla proprietà intellettuale nei confronti di tutti coloro che hanno elaborato
studi, progetti, opere d’arte o letterarie sul sito, o che lo faranno in futuro;
- le libertà di ricerca scientifica, di attività creativa e di insegnamento, il diritto
all’educazione e all’istruzione, che sono riferibili alle diverse tipologie di attività (culturali) artistiche, scientifiche e didattiche che saranno ospitate nel complesso;
- il diritto alla promozione della cultura, che deve essere garantito con particolare riferimento all’attività delle strutture e agli eventi che sono e saranno allestiti nel sito;
- il diritto a fruire delle arti, che si concretizza nell’accesso al sito, come pure alle mostre o agli spettacoli che vi saranno organizzati;
- la libertà di scambio delle conoscenze, con riferimento allo sviluppo dei diversi e
più complessi aspetti tecnici e gestionali, oggetto delle varie discipline coinvolte nella progettazione, ma anche in merito alla più generale opportunità di fare del sito un
luogo di incontro e dialogo tra rappresentanti delle più diverse sensibilità e culture,
per non parlare degli scambi attivabili tramite le reti nazionali e internazionali;
- ed anche, in ultima analisi, il diritto a partecipare allo sviluppo culturale e scientifico,
che viene in gioco con riferimento a tutte le prospettive di miglioramento della qualità della vita che potrebbero derivare dal completamento del recupero del sito in
oggetto a favore dei cittadini come dei visitatori italiani e stranieri;
- se dovesse concretizzarsi l’ipotesi di campus universitario internazionale225, verrebbero poi naturalmente in gioco anche il diritto alla propria cultura e al rispetto della
diversità culturale, come pure il diritto alla propria religione in capo agli “ospiti”
dell’Icomos.
225 Su cui si veda infra.
55
Massimo Carcione
(che si tratti di immigrati o studenti “Erasmus” poco importa) di altre regioni, nazioni o continenti;
- infine, non va dimenticato che, per tutti coloro che frequenteranno occasionalmente
o abitualmente il sito, cercandovi il famigerato diletto spirituale insieme al benessere
psicofisico, dovrà essere infine garantita la possibilità di godere di un sano svago intellettuale, magari al cinema, in vineria o al bookshop, correndo in bicicletta tra i bastioni o prendendo il sole in mezzo alla Piazza d’armi, cavalcando o andando in carrozza nei luoghi della Battaglia di Marengo, oppure remando sulla canoa tra Tanaro
e Bormida.
Da questo primo e approssimativo “test”, sembra quindi di poter dedurre che
praticamente tutte le forme e tipologie di diritti culturali – come definiti nella prima parte
della ricerca – possono utilmente essere ricomprese e sintetizzate da un lato nella libertà di
creare e diffondere idee e opinioni, studi, progetti e altre opere artistiche o intellettuali, in
occasione di convegni o performances, oppure tramite libri, concerti o siti web, che
contribuiscono nel loro insieme al patrimonio di cultura e conoscenza relativo alle
fortificazioni o ai luoghi storici, alle zone fluviali di pianura oppure ai mercati; dall’altro, nel
diritto a fruire dei percorsi museali, delle mostre, del parco storico e degli spettacoli stessi,
come pure delle strutture universitarie o convegnistiche, dei servizi turistici, didattici e di
accoglienza, acquisendo anche in questo caso cultura e conoscenza in un luogo
espressamente concepito con tale finalità.
La candidatura del sito, e prima ancora la predisposizione del relativo dossier,
possono quindi essere un’utile dimostrazione sperimentale del fatto che, anche in campo
culturale, si può strutturare e regolare (ad esempio con lo statuto dell’ente cui è demandata
la gestione o con il relativo piano operativo) la chiara definizione di un quadro di
competenze, la realizzazione di procedure trasparenti e partecipate, l’organizzazione di
servizi adeguati ed efficienti.
Tutto ciò si deve naturalmente svolgere in uno con la tutela e la valorizzazione
dell’inscindibile patrimonio di valori della memoria (i quali possono in parte rientrare nella
nozione di Patrimonio intangibile), possibilmente con forme e modalità tali da garantire che
siano effettivamente perseguiti lo sviluppo culturale ed il corretto utilizzo delle risorse
pubbliche, secondo i migliori standard internazionali definiti dall’UNESCO.
3.
L’utilità del dossier: uno schema di lavoro
Dal momento ci stiamo occupando di un sito presente nella tentative list italiana,
occorre guardare già alla legge n. 77/2006 e al procedimento di candidatura alla Lista
dell’UNESCO, che pure sul piano squisitamente formale dovrebbero essere applicati solo
in caso di effettivo inserimento; d’altro canto non è eccessivo sostenere che la legge
nazionale che detta le norme in materia di “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti
italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella ‘lista del patrimonio
mondiale’, posti sotto la tutela dell' UNESCO” stenta ancora ad essere applicata anche con
riferimento ai siti già presenti da tempo nella lista.
D’altronde per molti di essi non era stato neppure redatto il piano di gestione,
inizialmente non obbligatorio (è il caso delle Residenze Sabaude, iscritte nel 1997) oppure
vi si era dato adempimento in modo poco più che formale226 (come per i Sacri Monti,
Il che peraltro costituisce in Italia una discutibile prassi, anche ai fini della verifica preventiva
della sostenibilità economica delle opere pubbliche, imposta dalla Legge quadro sulle opere pubbliche.
226
56
Study case
iscritti nel 2003); ma propri per questo, ed anzi a maggior ragione. occorre fare uno sforzo
affinché le nuove candidature risultino sin dalla prima fase di proposta conformi alla
procedura richiesta.
Infatti la definizione del piano di gestione e l’adozione dell’intesa di cui all’art. 3
comma 2 della stessa legge, da stipularsi con le forme e le modalità previste dal Codice dei
Beni culturali, costituiscono oggi gli strumenti codificati e necessari per la definizione degli
indispensabili “accordi di collaborazione tra i soggetti pubblici istituzionalmente
competenti (…) alla realizzazione dei relativi interventi”. Ne consegue che ogni sito che si
propone per una futura, anche se ancora incerta candidatura alla Lista, farebbe bene ad
attrezzarsi in tal senso, dal momento che ormai l’UNESCO richiede in modo vincolante la
presenza di tale documento nel dossier di candidatura.
Esiste una singolare, ma del tutto logica e coerente, corrispondenza tra molte delle
questioni problematiche che tra poco esamineremo in merito al sito Marengo-Cittadella e lo
schema di base di un eventuale prossimo “dossier di candidatura”, che la Soprintendenza
Regionale del Piemonte e il Servizio Beni culturali della Regione dovrebbero, d’intesa con le
amministrazioni locali, predisporre ai fini della sua sottoposizione al giudizio del Comitato
del Patrimonio Mondiale, e per il quale sappiamo che sarà necessario disporre di:
1) un quadro completo e aggiornato delle conoscenze già acquisite o comunque reperibili;
2) un progetto attendibile e realistico degli interventi di restauro e conservazione necessari;
3) un piano serio e condiviso delle iniziative di valorizzazione e promozione, nonché
dei servizi per la fruizione (anche turistica);
4) una serie di azioni di coinvolgimento, informazione e sensibilizzazione della comunità locale;
5) uno strumento di pianificazione della gestione di tutto quanto sopra previsto (incluse le misure di manutenzione e sicurezza);
6) la sua formale approvazione da parte delle Autorità competenti ai diversi livelli istituzionali.
A conferma di ciò, si riporta sommariamente quanto previsto al punto 120 delle
Guidelines227 dell’UNESCO, in base al quale quali “tutte le informazioni pertinenti228 devono
essere incluse nel dossier di proposta d’iscrizione, associate alla relativa fonte di
informazione”; le linee guida internazionali sono state recepite in Italia con un documento
che costituisce una fonte di dubbia natura229, ma che risulta comunque costituire un
riferimento obbligato, sotto il profilo procedurale e di merito, per le amministrazioni
regionali e locali interessate, così come le linee guida internazionali (che ne costituiscono la
base) lo sono per i governi stessi. Quanto all’inserimento nel dossier di candidatura del
227 Paragrafo III-A delle Orientations devant guider la mise en oeuvre de la Convention du patrimoine
mondial, WHC.08/01, Paris, UNESCO, 2008.
228 Secondo il successivo punto 130 delle Guidelines è necessario inserire del dossier le seguenti
informazioni: “1. Identification du bien; 2. Description du bien; 3. Justification de l’inscription; 4. Etat de conservation
et facteurs affectant le bien ; 5. Protection et gestion; 6; Suivi; 7. Documentation; 8. Coordonnées détaillées des autorités
responsables“.
229 Certo non si tratta di un regolamento, non avendone le caratteristiche (è stato pubblicato in
forma di manuale operativo), ma è piuttosto un atto amministrativo a contenuto normativo; potrebbe
forse essere considerata alla stregua di un atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa
(ex art 3 lett. d) della l. n. 400/1988), anche se per ora non ne ha assunto i requisiti formali, non
risultando adottato con d.p.c.m. ma solo con deliberazione di una Commissione consultiva del
Ministero, seppure in diretta attuazione dell’art. 4 comma 1 lett. a) della l. n. 77/2006.
57
Massimo Carcione
piano di gestione, il documento ministeriale specifica che “l’UNESCO richiede la
formulazione di un Piano di Gestione, le cui finalità sono quelle di garantire nel tempo la
tutela e la conservazione alle future generazioni dei motivi di eccezionalità che ne hanno
consentito il riconoscimento”, partendo dal presupposto (che fino a qualche anno fa non
era affatto scontato, almeno per i tecnici del nostro Ministero) che “senza un’efficiente
gestione economica integrata dei beni culturali, come risorsa, diventa assai difficoltoso
garantire le finalità della conservazione. Tutela e conservazione sono infatti condizioni
necessarie, ma non sono sufficienti: occorre anche una gestione in grado di attivare,
assieme alla tutela delle identità, le filiera delle attività culturali e produttive correlate” al
sito230.
Vale tuttavia la pena di ribadire, ad ogni buon conto, che questo insieme di indirizzi
e documenti programmatori, strumenti amministrativi, documenti e materiali gestionali
sarebbe comunque di evidente utilità e beneficio per la valorizzazione di questo come di
qualsiasi sito monumentale italiano, anche a prescindere dall’effettivo avvio e del successo
finale del procedimento di candidatura.
230 Lo studio è stato realizzato dalla Commissione nazionale siti UNESCO: Il modello di piano di
gestione dei beni culturali iscritti alla lista del patrimonio dell’Umanità. Linee guida, Paestum, MiBAC, 2004, pp. 56, che in merito alle relazioni tra i diversi livelli istituzionali e le relative competenze viene specificato che
sono “coinvolte ed intrecciate le funzioni di tutela con quelle della valorizzazione e della promozione,
ma anche con quelle dello Stato garante in ordine agli obblighi assunti a livello internazionale. E queste
connessioni suggeriscono una gestione coordinata in cui si dovrà realizzare un meccanismo di
ripartizione delle funzioni amministrative il più possibile flessibile, in ogni caso, basate sui principi della
sussidiarietà, della differenziazione e dell’adeguatezza”.
58
Study case
3. COMPETENZE, LIVELLI E STRUMENTI
DELLE SCELTE
Nel precedente capitolo si sono analizzate in dettaglio, anche dal punto di vista
cronologico, le modalità con cui è stato affrontato dal punto di vista politico-istituzionale,
amministrativo e gestionale, il problema del recupero e riuso di un bene culturale di
particolare rilievo storico, architettonico e paesaggistico che da tempo accoglie
manifestazioni lato sensu culturali, che sarebbe in ipotesi destinato ad ospitare istituti (musei,
archivi, biblioteche o teatri), strutture e servizi pubblici (come spazi espositivi e
convegnistici) a loro volta con natura e finalità culturali, includendo in questo ambito anche
le strutture universitarie e della ricerca scientifica in genere.
Ciò ha comportato – come si è visto – la disamina delle forme e modalità con cui
gli organi assembleari e i singoli amministratori sono stati effettivamente posti nelle
condizioni di operare scelte di indirizzo politico, di programmazione e pianificazione,
potendo disporre di una solida base di conoscenze adeguate e corrette (inclusi i dati tecnici
e le nozioni scientifiche necessarie); le deliberazioni conseguenti devono, a loro volta, essere
redatte e pubblicate in modo tale da mettere i cittadini (singoli e associati) in grado di
conoscere a loro volta – anche tramite gli organi di stampa e gli sportelli informativi – lo
stato dei procedimenti e di parteciparvi esprimendo liberamente le loro opinioni.
In stretta connessione con quest’ultimo aspetto, si pone anche la questione
dell’effettiva e corretta conoscenza, da parte degli stessi cittadini-elettori, degli esiti finali (o
in corso d’opera) di questa complessa vicenda, affinché essi siano messi in grado di
esprimere un giudizio corretto e non condizionato da disinformazione, propaganda o
anche solo da erronee notizie in merito all’operato dei loro rappresentanti e al conseguente
stato dell’arte di una vicenda così importante per la comunità.
Come si può vedere, solo una parte delle questioni (certamente non le più rilevanti)
rientrano in quella che è comunemente ritenuta la competenza degli organi istituzionali e
dei servizi amministrativi e tecnici in campo culturale: ne è riprova il fatto che la vicenda
oggetto di questo studio è stata solo in minima parte “governata” dagli Assessori delegati a
occuparsi di cultura, istruzione, università o turismo, il che avrebbe comportato la
conseguente gestione a cura dei relativi dirigenti e uffici; in ogni caso, quando ciò si è
verificato, si è trattato degli aspetti più estemporanei e meno impegnativi sul piano delle
scelte strategiche e della tutela dei diritti della cittadinanza.
a.
Procedimenti amministrativi e buon andamento
Esaminando una vicenda di non comune durata e complessità, come quella che sta
interessando i siti storico-militari alessandrini, ci si può rendere conto del fatto che il
procedimento amministrativo, inteso come tipologia giuridica definita in modo condiviso e
teoricamente standardizzato (ai sensi degli artt. 2 ss. della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.)231,
231
Secondo la definizione di Casetta, confluiscono nel procedimento amministrativo “atti, fatti
59
Massimo Carcione
può assumere nella realtà dei fatti molte e assai diverse configurazioni, tanto più allorché ci
si trova a considerare fattispecie in cui la regola è costituita dall’intreccio, dalla
sovrapposizione e non di rado dal conflitto di competenze tra enti di diversi livelli
istituzionali (da quello comunale a quello dell’organizzazione internazionale), cui di
frequente si viene ad aggiungere anche l’apporto di soggetti privati.
Come già abbiamo visto nel corso della “cronaca” degli avvenimenti verificatisi in
particolare tra il 1997 e il 2007, e come si potrà meglio riscontrare nella successiva analisi di
dettaglio, lo schema procedurale codificato dalla l. n. 241/1990 ha avuto diverse occasioni
di configurarsi, nell’ambito delle amministrazioni statali coinvolte (in special modo il
Ministero della Difesa e l’Esercito, il Ministero del Tesoro e l’amministrazione demaniale, il
Ministero per i Beni e le Attività culturali, con le varie Soprintendenze e l’Archivio di Stato)
come pure in seno agli enti locali direttamente competenti.
Ci sono esempi di procedimenti relativamente semplici e brevi che si sono ripetuti
un rilevante numero di volte nel corso del decennio232; altri sub-procedimenti di routine, in
quanto privi di profili di discrezionalità amministrativa, come il parere preventivo (non
necessariamente formalizzato) da parte dell’autorità di tutela in merito agli interventi
interessanti gli immobili storici, sono stati attivati con riferimento a molte delle iniziative
pubbliche.
Oltre ai procedimenti in senso stretto, che hanno cioè portato all’adozione di atti
formali, le amministrazioni interessate hanno talora svolto attività amministrative (oltre che
organizzative e gestionali), anche di grande complessità e durata, finalizzate al
conseguimento del risultato di tutelare, recuperare o valorizzare il sito storico, senza che
venissero adottate delibere, decreti e magari neppure determinazioni dirigenziali; in alcuni
casi, anzi, l’iter procedimentale si è interrotto e magari è ripreso a distanza di mesi o anni,
anche a causa della rapida e alquanto caotica evoluzione della normativa di riferimento.
Ci sono infine, soprattutto, i due macro-procedimenti che, svolgendosi in parallelo e
quasi sincronicamente, hanno sin qui caratterizzato tutta la vicenda: da un lato, il passaggio
degli immobili dalla destinazione iniziale (per lo più militare) a quella finale, essenzialmente
culturale; dall’altro, la definizione degli indirizzi per la destinazione degli immobili stessi e
l’attivazione dei diversi livelli di progettazione degli interventi di recupero conservativo e
riuso compatibile con la natura storico-architettonica e paesaggistica.
Solo per quanto attiene il sito di Marengo si è giunti al termine dei lavori di
recupero e di nuova destinazione museale, mentre in Cittadella alcuni progetti e lavori sono
stati avviati, quasi subito ma si sono interrotti.
Tuttavia è evidente che, poiché la gran parte degli atti formali e delle attività
organizzative sono state condotte e (per lo più) portate a compimento senza discostarsi
dall’ordinaria amministrazione, gli aspetti di effettivo interesse al fine di comprendere le
problematicità (e se possibile individuarne le soluzioni) si possono riscontrare solo con
e attività caratterizzati dallo scopo comune e unitario”, che sono “tra di loro connessi in quanto
concorrono, nel loro complesso, all’emanazione del provvedimento”, cioè dell’atto amministrativo: cfr.
E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, Giuffré, 2004, p. 359 ss.; si veda anche I. FRANCO, Il
nuovo procedimento amministrativo, Bologna, Cedam, 1995; A. CROSETTI, F. FRACCHIA, Procedimento
amministrativo e partecipazione, Milano, Giuffré, 2002; M.T. SEMPERVIVA, C. SILVESTRO, Il nuovo procedimento
amministrativo, Napoli, Simone, 2009.
232 Si pensi alla concessione del patrocinio o del sostegno finanziario da parte di un Ente a una
singola iniziativa di studio o promozionale; oppure alla realizzazione di specifici eventi o interventi di
valorizzazione, o ancora alla procedura di autorizzazione all’utilizzo di spazi demaniali nel corso di
manifestazioni con il conseguente introito dei canoni di concessione a conclusione dell’uso degli spazi
stessi.
60
Study case
riferimento ad alcuni specifici ambiti e tipologie, in cui vengono evidenziate le
caratteristiche più originali ed interessanti di questa vicenda.
Ciò riguarda in primo luogo la formale e preventiva individuazione, da parte degli
enti e organi effettivamente competenti233, di chiari indirizzi politici e di programmazione;
segue quindi l’adozione (o piuttosto, in taluni casi, il ritardo, la non adozione o il mancato
rispetto) di intese tra enti e di altri strumenti istituzionali e amministrativi finalizzati, ai sensi
degli artt. 112, commi 4 e 9, del Codice e artt. 30 ss. del TUEL, dapprima allo svolgimento
in modo coordinato di funzioni e servizi e in una seconda fase all’istituzione di soggetti
giuridici cui demandare la gestione; e poi ancora l’adozione (o meno) delle procedure e
degli strumenti di consultazione e partecipazione della cittadinanza; ed in ultimo, sul piano
normativo, ma preliminarmente in ordine logico e cronologico, la definizione di un
esaustivo quadro delle conoscenze e delle competenze necessarie alla corretta definizione
delle scelte da adottare.
La presentazione delle diverse azioni realizzate, al fine di agevolare la lettura e la
comprensione dello svolgimento dell’iter organizzativo, è proposta, per quanto possibile,
rispettando un riferimento cronologico per lo più indicativo:
1.
Programmazione e relazioni interistituzionali
Il quadro degli strumenti di programmazione, utili ai fini della puntuale definizione
degli indirizzi politici delle amministrazioni locali, delle relative prescrizioni urbanistiche e
del reperimento di adeguate risorse finanziarie, risulta alquanto incoerente e frammentato,
malgrado l’iniziale preveggente sforzo di anticipazione rispetto alla ricorrenza del
Bicentenario della battaglia di Marengo e alla supposta imminente dismissione della
Cittadella. Fatti salvi i riferimenti più o meno approfonditi alla vicenda che si possono
trovare nelle relazioni previsionali e programmatiche (annuali e triennali) di Comune e
Provincia234, in tempi recenti l’attività di programmazione – in forma facoltativa ed
eventuale - si è sviluppata in provincia dapprima con il Patto Territoriale (1997) e di recente
con i PISL235 e poi PTI236, istituiti dalla Regione Piemonte e gestiti dalla Provincia, ma in
Si fa qui riferimento alla controversa questione, quasi mai sollevata formalmente ma sempre
presente nel dibattito politico-istituzionale, delle relazioni tra Capo dell’amministrazione (Sindaco o
Presidente della Provincia), Giunta e Consiglio, nonché tra tali organi e le relative strutture dirigenziali e
tecniche degli enti, normalmente coordinate dal Direttore generale; in attuazione dell’attuale quadro
normativo scaturito dalle norme del Titolo III del TUEL (artt. 36 ss.), ed in particolare a seguito
dell’eliminazione dei controlli di legittimità e del ridimensionamento del ruolo del Segretario generale, la
valutazione di tali profili resta alquanto problematica poiché spetterebbe ai sistemi di controllo interno
che, per valutazione generalmente condivisa tra gli operatori, non hanno dato sinora prova di adeguato
rigore e assenza di condizionamenti politici. Cfr. G. D’AURIA, I controlli, in S. CASSESE (a cura di), Trattato
di diritto amministrativo, I, 2, Giuffré, Milano, 2003, pp. 1217 ss.; E. CASETTA, op.cit, p. 122 ss..
234 Negli allegati al Bilancio provinciale la vicenda Cittadella è stata inserita tra il 2004 e il 2006
con riferimento alla gestione del finanziamento statale per la progettazione, mentre in precedenza si
trova solo un breve cenno alla ricerca affidata al Politecnico e al relativo Comitato (cfr. Relazione
previsionale e programmatica 1998, vol. II, Obiettivi e programmi, Programma 12-Cultura, p. 52); il Comune
ha iniziato a inserire riferimenti specifici e di effettivo carattere programmatorio solo dopo il 2008, in
connessione alla stipula della convenzione con l’Agenzia del Demanio.
235 La Regione Piemonte con il bando regionale, di cui alla Determina Dirigenziale 14 marzo
2005, n. 6, pubblicata sul Bollettino Ufficiale Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo 2005, ha avviato
un'azione di stimolo della progettualità del territorio finalizzandola ad azioni di sviluppo locale.
236 Con d.g.r. n. 55/4877 dell’11 dicembre 2006 la Regione Piemonte ha approvato il bando per
gli anni 2006/2007 dei “Programmi Territoriali Integrati”, che fa seguito al primo bando dei Programmi
Integrati di Sviluppo Locale 2005/2006; con successiva d.g.r. n. 12-7010 del 27 settembre 2007 sono
233
61
Massimo Carcione
nessuno di questi documenti si rinvengono scelte strategiche circa la destinazione della
Cittadella e il rilancio del sito storico in generale; invece, nel corso degli anni oggetto dello
studio, sono stati adottati diversi atti con finalità sostanziali di programmazione e di
definizione del complesso quadro dei rapporti tra i diversi livelli istituzionali:
- 1997, delibera di approvazione del programma dei lavori e degli interventi di recupero
della villa e del parco di Marengo (Provincia di Alessandria);
- 1997, inserimento della Cittadella nel piano territoriale regionale, come architettura di
interesse regionale – categoria opere militari (Regione);
- 1997, delibera di indirizzi per l’avvio del metaprogetto sulla Cittadella, adottata dalla
Giunta provinciale, con successiva deliberazione del Consiglio provinciale per gli aspetti
finanziari (Provincia);
- 1998, costituzione del comitato informale per la committenza del metaprogetto e
l’acquisizione dei co-finanziamenti di Comune, Fondazione CR Alessandria e
Finpiemonte SpA (Provincia, d’intesa con Prefettura e Soprintendenza BAP del
Piemonte);
- 1998, consultazioni per il piano territoriale di coordinamento provinciale, con
riferimento all’intero sito storico (Provincia);
- 1998, acquisizione da parte del Comune di un parere del Politecnico ai fini della variante
del PRGC, a cura del comitato informale (Provincia);
- 1999, stipula del protocollo d’intesa per le Celebrazioni del Bicentenario di Marengo
(Comune e Provincia, con successiva adesione di Regione e Fondazione CR Alessandria);
- 1999, proposta di accordo di programma, a riscontro di analoghe sollecitazioni di
Demanio e Stato Maggiore Esercito (Ministero per i Beni e le Attività culturali, senza
esito);
- 1999, convenzione per la gestione degli eventi del Bicentenario della battaglia (Provincia
e Società Napoleonica di Marengo, d’intesa con Comune, Fondazione CR Alessandria e
Regione);
- 2001, istituzione del “Comitato per la valorizzazione della Cittadella”, approvazione
dello statuto e trasferimento dei relativi finanziamenti (Provincia, Comune, Fondazione
CR Alessandria e Finpiemonte SpA);
- 2001, sostegno istituzionale alla costituzione dell’Associazione “La Cittadella 1728”
(Comitato, Comune, Fondazione CR Alessandria);
- 2004, convocazione da parte del Soprintendente Regionale ai Beni culturali di una
riunione esplicitamente finalizzata all’accordo di programma (Ministero per i Beni e le
Attività culturali, senza esito);
- 2004, istituzione di una commissione tecnica di esperti per la definizione degli indirizzi
strategici dello studio di fattibilità e del concorso di idee sulla Cittadella (Provincia e
Comitato);
- 2005, convocazione di riunioni congiunte delle commissioni consiliari competenti, per
parere sulla documentazione relativa al concorso di progettazione (Provincia e Comune);
- 2006, inserimento della Cittadella nella programmazione strategica regionale DPEFR
2006-2008, punto B, Settore Musei e Patrimonio culturale (Regione Piemonte);
- 2006, adesione regionale al Comitato e nomina del rappresentante in persona
dell’Assessore regionale ai Lavori pubblici (Regione Piemonte);
- 2006, inserimento della Cittadella nella ‘tentative list’ italiana presso l’UNESCO
state individuate e ammesse a finanziamento le idee progettuali migliori, tra le quali il PTI della Piana
Alessandrina, finalizzato a “conoscenza e innovazione per lo sviluppo delle vocazioni del territorio”, tra
le quali non è stato però incluso il tema della valorizzazione dei siti storici, neppure a fini turistici.
62
Study case
(Ministero per i Beni e le Attività culturali, inauditi gli enti e le associazioni locali);
- 2008, consultazioni pubbliche delle associazioni interessate, nell’ambito della
Commissione consiliare cultura, ai fini dell’adozione della delibera di indirizzi del
Consiglio Comunale di Alessandria (Comune);
- 2009, costituzione dei tavoli tecnici e avvio delle consultazioni per il piano strategico di
Alessandria, con il coinvolgimento formale delle strutture di ricerca dell’Università del
Piemonte Orientale e delle associazioni interessate (Comune e Associazione “Alessandria
2018”);
- 2009, stipula dell’accordo di programma per la demolizione del ponte della Cittadella
(Comune di Alessandria, d’intesa con Dipartimento della Protezione Civile, Regione,
AIPO e Provincia, sentita la Direzione Regionale Beni culturali del Piemonte).
ASPETTI PATRIMONIALI
Ai fini della definizione dell’ente titolato a disporre uti dominus del sito e dei singoli
immobili interessati, oppure a farne uso a titolo temporaneo, le amministrazioni hanno
attivato nel corso dell’intero arco temporale una serie di procedure, che sono state
fortemente condizionate in corso d’opera dalla rapida evoluzione del quadro normativo in
materia; il ruolo del Ministero per i Beni culturali resta marginale, dal momento che le
funzioni di tutela non sono state praticamente mai attivate ed esercitate in modo formale:
- 1996, avvio formale da parte dell’Esercito della procedura di dismissione della Cittadella
(Ministero della Difesa);
- 1997, avvio da parte dell’Amministrazione, poi Agenzia, del Demanio delle procedure di
valorizzazione finanziaria e immobiliare del sito (Ministero dell’Economia);
- 1999, proposta formale di trasferimento del sito al demanio culturale (Ministero per i
Beni e le attività culturali, senza esito);
- 2000, acquisizione della disponibilità del Forte Acqui e avvio del recupero (Comune);
- 2001, dismissione del primo edificio della Cittadella e concessione temporanea, per un
triennio, a favore dell’AIPO (Esercito e Demanio, AIPO);
- 2002, studio e predisposizione della bozza di protocollo d’intesa per la dismissione
parziale e graduale della Cittadella, con l’organizzazione sistematica di visite e
manifestazioni (Comitato, Esercito e Demanio, non formalizzato);
- 2003, definizione, nell’ambito dello studio di fattibilità, dell’ipotesi di conferire il sito di
Marengo a una fondazione (Provincia, Università);
- 2003, individuazione e richiesta preliminare di due edifici, per la realizzazione della sede
dell’Archivio di Stato di Alessandria (Ministero per i Beni e le Attività culturali, senza
esito);
- 2007, completamento da parte dell’Esercito dello sgombero dei depositi e definitiva
dismissione (Stato Maggiore della Difesa e Demanio);
- 2008, inserimento nel piano nazionale delle dismissioni (Agenzia del Demanio);
- 2008, sottoscrizione di un protocollo d’intesa per la valorizzazione della Cittadella e dei
forti (Ministero dell’Economia, Agenzia del Demanio e Comune di Alessandria);
- 2008, stipula della convenzione per la custodia della Cittadella (Comune di Alessandria e
Agenzia del Demanio);
- 2009, proposta di conferire il sito e le strutture, culturali e turistiche, di Marengo a una
costituenda fondazione (Provincia, al momento senza esito).
Inoltre, in via generale, per l’intera durata della vicenda:
a) quando le iniziative culturali o le manifestazioni promozionali si sono svolte all’interno
dei siti storici (incluso in questo caso anche Marengo), esse hanno comportato da parte
63
Massimo Carcione
degli enti proprietari l’autorizzazione all’accesso, alla visita e all’uso degli spazi, con
eventuale riscossione di canoni di concessione o richiesta di rimborso delle spese di pulizia
e manutenzione;
b) in connessione all’organizzazione di eventi, è stata sempre richiesta la copertura
assicurativa, l’adozione di misure di sicurezza (sorveglianza, transenne, ecc.),
l’organizzazione di interventi preventivi e successivi di pulizia e igiene, ed in qualche caso di
allestimento e minima manutenzione degli immobili e degli spazi esterni.
2.
Studio e ricerca
La prima fase delle iniziative di valorizzazione e promozione è stata finalizzata,
secondo logica, all’organizzazione di iniziative culturali, di promozione e ricerca scientifica
che hanno interessato tanto Marengo che la Cittadella, sia dal punto di vista storico che
della ricerca di possibili destinazioni; quasi sempre è stata prevista l’organizzazione di visite
guidate al sito, sovente sono stati pubblicati gli atti. In nessun caso l’esercizio delle funzioni
di tutela è andato al di là di consultazioni informali, oppure della collaborazione e
partecipazione di singoli Soprintendenti o funzionari alle attività culturali:
a) affidamento dell’incarico, su mandato degli enti locali, per la realizzazione di una ricerca
finalizzata a definire le possibili destinazioni, gli indirizzi tecnici e le migliori metodologie
per il recupero e la valorizzazione;
- 1998, predisposizione e approvazione del disciplinare di incarico al Politecnico di Torino
per la realizzazione di un “metaprogetto” (Provincia di Alessandria, previo cofinanziamento degli altri enti locali);
- 1998, organizzazione di incontri e consultazioni tecniche, per l’acquisizione di pareri e
proposte da parte di istituzioni e uffici regionali e statali, incluse le Soprintendenze e
l’Archivio di Stato (Provincia);
- 1999, presentazione al pubblico del metaprogetto e allestimento di una mostra
informativa nel bastione S.Antonio della Cittadella (Provincia e Politecnico, d’intesa con
Esercito e Prefettura);
- 2002, richiesta al Politecnico di integrazione della ricerca e formale approvazione del
Metaprogetto da parte della Giunta provinciale (Provincia, d’intesa con il Comitato);
- 2002, pubblicazione della ricerca presso l’Editore Allemandi (Comitato, d’intesa con
Politecnico, Provincia, Fondazione CR Alessandria e Finpiemonte); il Comune non ha
condiviso l’iniziativa).
b) organizzazione di convegni e workshop, implicanti da parte delle istituzioni locali
(normalmente Comune e Provincia, talvolta Regione e Ministeri), la concessione del
patrocinio e del sostegno organizzativo, finanziario e di comunicazione; Esercito, Demanio
e Provincia (quest’ultima per il solo sito di Marengo), hanno provveduto alla concessione
dei locali, in questo caso normalmente a titolo gratuito. Si riportano di seguito i principali
eventi:
- 1997, convegno della Società italiana per la protezione dei beni culturali, in
collaborazione con l’Università del Piemonte orientale, da cui scaturisce la proposta di
istituzione del museo militare; pubblicazione degli atti da parte dell’Associazione stessa,
con il sostegno della Fondazione CR Alessandria;
- 1997, convegno della Società per l’Architettura in Cittadella, nel corso del quale viene
annunciato l’affidamento al Politecnico del metaprogetto; pubblicazione degli atti da
parte della Camera di Commercio;
64
Study case
- 1997, congresso napoleonico internazionale in Cittadella, promosso dal Comune di
Alessandria, con sottoscrizione dell’appello internazionale e presentazione dell’itinerario
dei luoghi della battaglia di Marengo; pubblicazione dei relativi atti da parte del Comune;
- 1998, collaborazione allo scavo archeologico e alla pubblicazione della ricerca scientifica
sui resti dell’Ossario di Marengo, a cura delle Università di Pisa e Camerino (Provincia e
Società Napoleonica, con il sostegno della Fondazione CR Alessandria);
- 1999, convegno degli Stati Generali del Piemonte su Cittadella e musei militari,
promosso dal Consiglio Regionale; pubblicazione dei relativi atti da parte della Regione
Piemonte;
- 2001, convegno sulla piana di Marengo e la valorizzazione dei luoghi della battaglia
(Provincia e Comune di Tortona);
- 2001, convegno di Italia Nostra in Cittadella, sul recupero e riuso della fortezza;
pubblicazione dei relativi atti da parte dell’Associazione stessa;
- 2003, convegno di presentazione dello studio di fattibilità sul sito di Marengo, a cura di
Energia e Territorio SpA e della Provincia;
- 2007, convegno di Legambiente, nell’ambito della campagna nazionale Salvalarte;
- 2009, convegno di Italia Nostra sul rapporto tra ponte della Cittadella, città e fortezza;
- 2010, convegno del Dipartimento POLIS dell’Università dei Piemonte Orientale, per la
presentazione della ricerca sulla storia moderna della Cittadella;
- 2010, convegno sul “Tesoro di Marengo”, a cura della Soprintendenza e della Società di
Storia, arte e archeologia di Alessandria, con il sostegno della Fondazione CR
Alessandria;
- 2009, congresso dell’Istituto Nazionale del Risorgimento in Cittadella, con il sostegno
del Comune e della Fondazione CR Alessandria;
- 2010, convegno sulla Cittadella nel ‘900, presentazione dei risultati della ricerca
commissionata dal Comitato (Isral, in collaborazione con l’ANPI).
c) organizzazione di ulteriori iniziative scientifiche e promozionali, a cura di istituzioni
pubbliche e associazioni private:
- 1997, presentazione di uno studio preliminare sugli indirizzi per la valorizzazione della
Cittadella presso l’Università della Tuscia di Viterbo, nell’ambito del colloquio
internazionale “La gestione del patrimonio culturale”; atti pubblicati a cura dell’Ente
interregionale DRI, con il patrocinio del Ministero per i Beni culturali e dell’ICOM
(Provincia);
- 1999, collaborazione all’indagine conoscitiva dell’Università di Torino, Corso di
Economia dei Beni culturali, realizzata mediante somministrazione di un questionario ai
visitatori del Museo di Marengo (Provincia);
- 2000, istituzione del Centro studi napoleonici e organizzazione del ciclo di convegni e
conferenze “Forum Marengo” (Comune);
- 2000, partecipazione a Parigi alla mostra su “Marengo, une victoire politique”, allestita in
occasione del Bicentenario presso lo Chateau de Malmaison, a cura della Réunion
Nationale des Musées (Centro Studi napoleonici);
- 2001, istituzione e realizzazione della Rivista Napoleonica (Comune, Centro Studi
napoleonici);
- 2002, ricerca storica e studi preliminari sul ripristino del Parco di Marengo e sul “Platano
di Napoleone” (Provincia, IPLA, Università di Torino, Regione Piemonte);
- 2003, collaborazione all’indagine conoscitiva dell’ACSAL, realizzata mediante
somministrazione di un questionario sulle opinioni della cittadinanza; elaborazione dei
dati e presentazione dei risultati (Comitato, d’intesa con le associazioni interessate,
ricerca non pubblicata);
65
Massimo Carcione
- 2003, avvio di una ricerca socioeconomica sulle possibili destinazioni della Cittadella, a
cura della Fondazione Fitzcarraldo (Comitato, ricerca non completata e pubblicata);
- 2007, presentazione di uno studio sulle celebrazioni di Marengo al convegno
internazionale di studi “Commémorer”, presso le Università di Grenoble e Nice,
nell’ambito del progetto UE Interreg “La Memoire des Alpes” (Regione, Provincia e Isral,
atti non pubblicati);
- 2007, ricerca storica e studio preliminare sulla Piramide di Marengo (Provincia);
- 2009, convenzione con il consorzio Isral “C.Gilardenghi”, per una ricerca sulla storia
contemporanea della Cittadella, con indagine archivistica e fotografica (Comitato, in
collaborazione con l’ANPI).
d) elaborazione, sviluppo e proposta di iniziative di rilievo internazionale, a fini di
acquisizione di finanziamenti o di sensibilizzazione delle istituzioni nazionali e dell’opinione
pubblica;
- 1999, proposta al Governo italiano di candidare la Cittadella e la piana di Marengo come
Patrimonio mondiale (Comitato, d’intesa con Comune, Provincia e Regione, sentita la
Commissione Nazionale Italiana UNESCO; senza riscontro formale);
- 1999, redazione e presentazione di un progetto UE “Raffaello”, per una rete europea di
fortificazioni da valorizzare (Provincia, non finanziato);
- 2001, iniziativa delle Camere di Commercio di Cuneo e Nice (Francia), per la definizione
di un progetto transnazionale di itinerari turistici napoleonici, in collaborazione con la
Route Napoléon (Provincia, Camera di Commercio e Agenzia turistica locale “Alexala”,
senza esito);
- 2000, redazione e presentazione di un progetto Progetto UE “Cultura 2000”, per una
rete europea dei siti napoleonici (Comune, non finanziato);
- 2002, scambio di visite ufficiali e predisposizione di una bozza di protocollo di amicizia
con la Provincia del Brabante Vallone, in Belgio, proprietaria del “Dernier Quartier général”
di Napoleone presso Waterloo (Provincia, senza esito);
- 2004, visita ufficiale in Cittadella di una delegazione dell’Association Vauban (Associazione
“La Cittadella 1728”, Esercito);
- 2005, redazione della scheda sulle problematiche di conservazione e valorizzazione della
Cittadella e della piana di Marengo, inserita nel Rapporto mondiale “Heritage at Risk”
dell’Icomos (Comitato Cittadella e Comitato italiano Icomos);
- 2007, inserimento della Cittadella nei percorsi di valorizzazione “I Sentieri della Libertà”,
nell’ambito del progetto UE Interreg “La Memoire des Alpes” (Regione, Provincia, Isral,
Touring Club, in collaborazione con l’Università di Grenoble).
- 2010, partecipazione al congresso dei siti francesi UNESCO a Besançon, avvio di
contatti con il Réseau Vauban e con la città di Namur, per una rete europea di città
militari-universitarie (Isral, Università del Piemonte Orientale-DISGE, Centro di Cultura
dell’Università Cattolica).
3.
Interventi strutturali
La progettazione e realizzazione, dapprima ai sensi della d.lgs. n. 30/2004 e poi del
Codice degli appalti pubblici (artt. 197 ss. del d.lgs. 163/2006237), degli interventi di
237 In precedenza la materia dei lavori e appalti pubblici era regolata in via generale dalla c.d.
legge quadro “Merloni”, l. n. 109/1994 e s.m.i.; il regolamento d'attuazione è stato approvato con il d.p.r.
5 ottobre 2010, n. 207.
66
Study case
recupero strutturale, restauro e destinazione a nuovi usi degli immobili e delle strutture in
oggetto, può essere riunita in alcuni grandi procedimenti, ciascuno dei quali si articola in
diverse sotto-fasi:
a) restauro della villa e del parco di Marengo, a cura della Provincia, previa approvazione
dei progetti da parte della Soprintendenza BAP del Piemonte, con il co-finanziamento della
Regione Piemonte, dello Stato e della Fondazione CR Alessandria:
- 1996, progettazione e realizzazione dell’intervento strutturale di recupero del rustico, per
realizzazione di un ostello della gioventù (intervento non completato);
- 1998, primi interventi di ripristino e manutenzione straordinaria della villa e del parco,
recupero della stanza della “Locanda” (finanziamento del Ministero del Turismo);
- 1999, completamento della prima fase di recupero della villa e del parco, abbattimento
delle barriere architettoniche e installazione impianti di sicurezza (cofinanziamento
regionale);
- 2000, restauro dei decori della facciata, in collaborazione con la Scuola Edile;
- 2002, avvio del restauro strutturale della villa, intervento straordinario sul parco e
recupero dell’ossario (cofinanziamento regionale);
- 2003, progettazione e realizzazione del centro congressi nell’area del c.d. “Castello”
(finanziamento regionale ex l.r. n. 4/2003)
- 2003, affidamento a Energia e Territorio SpA dello studio di fattibilità, in collaborazione
con l’Università del Piemonte orientale;
- 2004, progettazione e avvio degli interventi di consolidamento e avvio del recupero
statico a seguito del terremoto (finanziamento straordinario dello Stato);
- 2007, progettazione e realizzazione del restauro e ristrutturazione complessiva della villa,
realizzazione dei parcheggi e dei servizi;
- 2008, progettazione e realizzazione della Piramide;
- 2009, recupero degli affreschi interni e inaugurazione della villa.
b) progettazione del recupero e riuso della Cittadella, promossa dal Comitato e dagli enti
che ne fanno parte (d’intesa con i Ministeri competenti), affidata quasi integralmente alla
Provincia per gli aspetti amministrativi e tecnici, sempre con la partecipazione e attiva
collaborazione del Funzionario di zona della Soprintendenza:
- 2001, progettazione e avvio del restauro e recupero del Quartiere S.Antonio, a cura
dell’AIPO, previa approvazione del progetto da parte della Soprintendenza BAP (lavori
non portati a termine);
- 2002, concessione alla Provincia di un finanziamento statale per l’avvio della
progettazione (Parlamento, Ministero dell’Economia);
- 2003, acquisizione del finanziamento da parte della Provincia, tramite il CIPE (in
collaborazione con il Politecnico);
- 2004, affidamento a Finpiemonte SpA dello studio di fattibilità (in collaborazione con
l’IPLA, sentita la Soprintendenza BAP);
- 2005, appalto comunitario per la progettazione del parco dei bastioni (aggiudicato);
- 2005, concorso internazionale di idee per la progettazione del recupero complessivo del
sito della Cittadella (non aggiudicato);
- 2005, contenzioso amministrativo presso il TAR Piemonte e poi al CdS, a seguito del
ricorso di alcuni architetti sull’esito del concorso.
c) realizzazione di infrastrutture e servizi essenziali, messa in sicurezza, pulizia, recupero e
allestimento di alcune aree del sito:
- 2000, realizzazione e installazione della segnaletica stradale turistica per Marengo e per la
67
Massimo Carcione
Cittadella (Comune e Provincia, d’intesa con l’ANAS);
- 2006, scavo archeologico dei resti del vecchio Duomo in Piazza Libertà, poi ricoperto
(Comune e Soprintendenza archeologica, d’intesa con la Diocesi e con il sostegno della
Fondazione CR Alessandria);
- 2009, completamento della trasformazione a 4 corsie della strada di grande scorrimento
da Alessandria a Marengo, con sistemazione dell’incrocio e della viabilità di accesso a
Marengo (Provincia);
- 2009, avvio della pulizia e del recupero delle aree esterne della Cittadella (Comune e
AMIU, senza intervento formale della Soprintendenza e del Corpo Forestale dello Stato);
- 2009, demolizione d’urgenza del ponte della Cittadella (Comune);
- 2009, contenzioso amministrativo presso il TAR Piemonte, a seguito del ricorso di Italia
Nostra, La Cittadella 1728 e altri; ricorso inammissibile, ma ammessa la legittimazione ad
agire a tutela di interessi collettivi in ambito culturale delle associazioni (Comune);
- 2010, realizzazione di parcheggi esterni provvisori, riapertura della porta nord e
disboscamento di alcuni bastioni e cortili della Cittadella (Comune e AMIU, senza
intervento formale delle Soprintendenze);
- 2010, completamento tratto a nord della Cittadella della tangenziale di Alessandria,
nuovo collegamento diretto dai 3 caselli delle Autostrade A21 e A26 all’ingresso di Via
Pavia, ai tre forti e al sito di Marengo (ANAS e Provincia).
4.
Istituzioni museali e culturali
In coerenza con l’impostazione dello studio e con i dettami della museologia
storica, e contrariamente a quanto è stato appena fatto in merito agli interventi edilizi sulle
strutture (considerati in modo disgiunto, con riferimento ai diversi enti proprietari dei beni
o gestori delle procedure), l’insieme dei procedimenti e sub-procedimenti relativi alle
problematiche culturali hanno beneficiato grazie alle buone relazioni tra i rispettivi referenti
scientifici, di una impostazione e presentazione unitaria, che prescinde dai diversi soggetti
cui temporaneamente fanno capo le singole fasi. Si è inteso in questo modo privilegiare
l’unitarietà complessiva della questione, con un approccio logicamente e giuridicamente
coerente all’esercizio delle funzioni statali di tutela e agli standard ministeriali in materia238,
che potrebbe in futuro concretizzarsi anche dal punto di vista amministrativo, organizzativo
e gestionale, qualora l’auspicata costituzione di un unico soggetto gestore del sito e
dell’istituto, o dell’insieme di istituti culturali in questione, dovesse diventare realtà.
Nemmeno in questo specifico ambito di attività tecnico-scientifiche e amministrative, ancor
più strettamente connesse alle funzioni di tutela stricto sensu, le diverse Soprintendenze
piemontesi hanno però avuto modo di svolgere un ruolo significativo, che mai si è attivato
d’ufficio, essendo stato sempre sollecitato dagli uffici tecnici delle diverse amministrazioni
locali:
- 1996, acquisto di stampe e armi sul mercato antiquario (Provincia e Società Napoleonica
di Marengo);
- 1997, progettazione dell’itinerario dei luoghi della battaglia, da Alessandria a Torre
Garofoli e Rivalta Scrivia (Tortona), a cura della Provincia;
- 1998, allestimento del primo percorso museale di Marengo, includendo il recupero della
stanza della “Locanda” (Provincia, sentita la Soprintendenza BAP);
238
2001.
Previsti dall'art. 150 del d.lgs. n. 112/98 e approvati con d.m. Beni culturali del 10 maggio
68
Study case
- 1998, incarico per lo studio preliminare di un museo militare in Cittadella (Provincia,
sentita la Soprintendenza al Patrimonio storico, artistico e demoantropologico, PSAD);
- 1999, istituzione formale del museo di Marengo, nomina del direttore e del comitato
scientifico (Provincia e Regione, d’intesa con Museo Civico, Università del Piemonte
Orientale, , sentite le Soprintendenze BAP e PSAD);
- 1999, riallestimento del percorso espositivo di Marengo, includendo alcune sale al primo
piano (Provincia);
- 1999, acquisizione di alcune donazioni e depositi di privati collezionisti, in particolare le
stampe della Società Napoleonica e i Marenghi dell’Unione Industriale di Alessandria
(Provincia);
- 1999, presentazione dello studio per il museo di storia dell’esercito piemontese
(Provincia, con la partecipazione delle Soprintendenze del Piemonte);
- 1999, organizzazione della mostra dei progetti della Cittadella, al Tinaio degli Umiliati
(Centro di Cultura dell’Università Cattolica e Isral, con il sostegno di Provincia e
Comune);
- 2000, organizzazione di un’esercitazione di protezione civile dei beni culturali, per la
messa in sicurezza e il trasferimento dei cimeli dalle sale museali in ristrutturazione
(Provincia, Protezione civile)
- 2000, realizzazione di sussidi multimediali, in occasione della mostra del Bicentenario in
Cittadella (Comune, con finanziamento della Regione);
- 2001, interventi urgenti di ripristino dei danni nel museo di Marengo a seguito della
rottura di un tubo dell’acqua nel sottotetto (Protezione civile, Provincia);
- 2001, richiesta di deposito ed esposizione a Marengo del plastico della battaglia di Novi
(Provincia, Comune di Novi);
- 2002, acquisto sul mercato antiquario di quadri e cimeli napoleonici (Fondazione CR
Alessandria, su sollecitazione di Provincia e Società Napoleonica di Marengo);
- 2002, proposta di trasferimento in Cittadella dell’Archivio di Stato (DG per gli Archivi
del Ministero per i Beni e le Attività culturali);
- 2002, cerimonia di riconsacrazione dell’Ossario e riconoscimento di Marengo come
cimitero di guerra dell’Armée de terre francese (Provincia, in collaborazione con la Diocesi
di Alessandria e l’Ambasciata di Francia);
- 2005, allestimento della sala napoleonica del nuovo Museo Civico di Alessandria, con
trasferimento di alcune opere d’arte e cimeli da Marengo (Comune);
- 2006, catalogazione ed esposizione del fondo storico napoleonico nella nuova Biblioteca
Civica di Alessandria (Comune);
- 2008, riproposizione del progetto di museo militare in Cittadella, nell’ambito degli
indirizzi adottati dal Consiglio comunale (Comune);
- 2010, riallestimento complessivo del percorso di visita del “Marengo Museum”
(Provincia);
- 2010, allestimento in Cittadella di una mostra di divise provenienti da una collezione
privata, di cui si ipotizza l’acquisizione (Comune, con il sostegno della Fondazione CR
Alessandria).
5.
Attività promozionali e turistiche
Lo sforzo di promozione turistica, proseguendo una tradizione già avviata nei
decenni precedenti e messa in atto anche in analoghe situazioni239, ha affiancato e non di
239
Il riferimento è in particolare al Complesso monumentale di Santa Croce, a Bosco Marengo
69
Massimo Carcione
rado preceduto l’effettiva realizzazione degli interventi di recupero dei siti in questione, ed
anche il conseguimento della reale accessibilità in sicurezza, con la garanzia di un minimo di
servizi240; per l’intero periodo, a fasi alterne, si sono registrate visite, manifestazioni,
ricevimenti e spettacoli, tra cui anche alcuni eventi istituzionali (in particolare nella
ricorrenza del 2 giugno). Si sottolinea che mai l’azione pubblicitaria ha direttamente
riguardato l’intero sito storico Cittadella-Marengo, mentre assai raramente e con grande
difficoltà è andata oltre la promozione del singolo evento e al di fuori dell’ambito
territoriale esclusivamente provinciale, a dispetto del notevole dispendio di risorse e
dispiegamento di mezzi tecnici. Non possono essere ovviamente ricordate tutte le decine di
visite, ricevimenti e manifestazioni culturali, musicali, ricreative o sportive, ordinariamente
promosse e organizzate in questi anni da Comune e Provincia, in collaborazione con gli
enti e le associazioni più disparate, nella villa e nel parco di Marengo oppure all’interno dei
diversi saloni o nella piazza d’armi della Cittadella; pertanto l’elencazione si limita agli
eventi più significativi e impegnativi sul piano amministrativo e organizzativo:
- 1996, mostra di stampe e armi a Marengo, in occasione del 196° anniversario della
battaglia (Provincia);
- 1997, ripresa delle visite alla Cittadella e dell’organizzazione di eventi (Comune e
Provincia, d’intesa e in collaborazione con Esercito e Demanio);
- 1998, apertura al pubblico del museo di Marengo, in occasione del 198° anniversario
della battaglia (Provincia, d’intesa con il Museo Civico)
- 1999, apertura al pubblico del “cantiere” al primo piano della villa di Marengo, in
occasione del 199° anniversario battaglia (Provincia);
- 2000, collaborazione alla realizzazione di trasmissioni e servizi televisivi nazionali, per il
lancio del Bicentenario e del museo di Marengo (Provincia, RAI, ATL Alexala);
- 2000, celebrazioni del Bicentenario della battaglia di Marengo, ricostruzione della
battaglia in campo aperto e Carosello dei Carabinieri a cavallo (Provincia, Società
Napoleonica);
- 2000, allestimento di mostre e organizzazione di spettacoli e concerti al museo e nel
parco di Marengo e in altre località legate alla battaglia (Provincia, Comuni di Tortona,
Gavi e Casale M.);
- 2000, allestimento in Cittadella della Mostra del Bicentenario e di alcuni spettacoli
(Comune, d’intesa con l’Esercito e il Demanio);
- 2000, affidamento alla Società Napoleonica dei servizi aggiuntivi di Marengo, incluse
manifestazioni, esibizioni e bookshop; servizi mai attivati (Provincia);
- 2000, organizzazione del Festival musicale LIR nel parco di Marengo, evento ripetuto
l’anno successivo (Provincia, associazioni musicali);
- 2001, adesione di Marengo a reti e circuiti promozionali, con l’organizzazione di visite
guidate, allestimento di mostre temporanee e altri servizi di accoglienza (Provincia,
Regione, Associazione Torino Capitale, ATL Alexala);
- 2001, collaborazione con il centro congressi dell’Hotel Marengo, per visite, animazioni
storiche e ricevimenti al museo in occasione di alcuni grandi congressi (Provincia,
(a sua volta connesso storicamente con la battaglia di Marengo), che è stato più volte inserito dal 2001 al
2007 in importanti eventi e circuiti culturali, turistici e promozionali a livello ragionale e nazionale, senza
che sia ancora realizzata (fatta salva la possibilità di visitare il cantiere di restauro e una prima
installazione multimediale, dalla primavera 2011) l’apertura al pubblico della struttura museale, né il
completamento del restauro della chiesa monumentale.
240 Come dovrebbe avvenire in ossequio agli artt. 102 e 117 del Codice dei beni culturali, come
integrati dalla legge quadro sul turismo (l. n. 135/2001) e dalla scarna legislazione regionale piemontese, a partire dalla l.r. n. 58/1978 e dalla l.r. n. 75/1996.
70
Study case
Società Napoleonica);
- 2001, avvio dell’organizzazione in Cittadella di eventi celebrativi per la Festa della
Repubblica, con visite, concerti, fuochi artificiali, ecc. (a cura di Prefettura, Comune,
Provincia ed Esercito);
- 2002, organizzazione del ‘Salotto di Papillon’ nel Bastione S.Antonio della Cittadella, a
cura del Club di Papillon (in collaborazione con Provincia, Camera di Commercio, ATL
Alexala, d’intesa con Esercito e Demanio);
- 2001, organizzazione di manifestazioni rievocative ed equestri nel Forte Acqui (Comune,
in collaborazione con associazioni storiche e sportive);
- 2003, chiusura al pubblico del museo e del parco di Marengo per l’avvio dei lavori di
ristrutturazione (Provincia);
- 2003, organizzazione della visita del Presidente della Repubblica in Cittadella., interventi
straordinari di pulizia e ripristino di monumenti e sacrari (Prefettura, Comune, Comitato,
Esercito);
- 2003, organizzazione del Festival provinciale dell’Unità nel parco di Marengo, evento
ripetuto negli anni successivi fino al 2007, con convegni, spettacoli e mostre (Partito e
associazioni culturali, patrocinio e collaborazione della Provincia);
- 2003, chiusura formale al pubblico della Cittadella per motivi di sicurezza (Esercito);
- 2004, studio e realizzazione del logo e del sito web della Cittadella (Comitato);
- 2004, ripresa di visite e manifestazioni in Cittadella, a cura dell’Associazione “La
Cittadella 1728”, senza formalizzazione della collaborazione (Esercito, d’intesa con
Demanio e Comune);
- 2004, allestimento di un’opera lirica all’aperto in Cittadella, a cura dell’associazione “Arte
in Scena” (in collaborazione con Provincia, Camera di Commercio e Fondazione CR
Alessandria, d’intesa con Esercito e Demanio);
- 2007, iniziative pubbliche del Club UNESCO di Alessandria, finalizzate a rendere noto
l’inserimento della Cittadella in tentative list (in collaborazione con Università e
Comune);
- 2009, inserimento del parco della Cittadella nel programma preliminare degli interventi
per “Italia 150”, intervento non finanziato (Comune, Provincia, Regione);
- 2009, allestimento di spettacoli teatrali e della I Biennale di fotografia in Cittadella
(Comune, ASPAL e AMIU);
- 2009, allestimento a Parigi di una mostra promozionale su Marengo, presso la Mairie del
Vème arrondissement (Provincia, Camera di Commercio, ATL Alexala);
- 2009, riapertura provvisoria al pubblico della villa di Marengo per l’allestimento di una
mostra temporanea, in occasione del 209° Anniversario della battaglia (Provincia)
- 2009 Realizzazione del sito web “Marengo Museum” (Provincia)
- 2009, organizzazione del Concorso ippico, di altre manifestazioni sportive e di raduni
nazionali in Cittadella (Comune, enti e associazioni);
- 2010, allestimento di spettacoli teatrali e musicali, organizzazione della Fiera S.Giorgio,
del Concorso ippico, di grandi manifestazioni sportive e promozionali in Cittadella
(Comune, ASPAL e AMIU, enti e associazioni);
- 2010, inaugurazione definitiva e riapertura al pubblico del Marengo Museum, in
occasione del 210° Anniversario della battaglia (Provincia).
Al termine di questa carrellata di progetti, realizzazioni, attività continuative e
iniziative sporadiche, non è ovviamente possibile, né sarebbe particolarmente utile,
analizzare tutti i quasi 150 singoli procedimenti nelle varie fasi dell’iniziativa, dell’istruttoria,
dei pareri, dell’adozione dell’atto con la relativa motivazione, della pubblicazione ed infine
71
Massimo Carcione
dell’attuazione concreta; peraltro si tratta per lo più di procedimenti complessi, coinvolgenti
quasi sempre enti diversi, con le rispettive e altrettanto differenti modalità procedimentali,
che non di rado comportano la partecipazione a vario titolo di soggetti giuridici di diritto
privato, o che hanno almeno formalmente tale natura (come nel caso delle fondazioni
bancarie o dello stesso Comitato per la valorizzazione della Cittadella, che pure è costituito
solo da enti pubblici), il che complica ulteriormente il quadro.
Da questa prima e alquanto sommaria indagine è possibile, tuttavia, riscontrare
agevolmente le sostanziali incongruenze, logiche e cronologiche, che si sono verificate
rispetto a quanto ci si potrebbe ragionevolmente aspettare dalla mera applicazione al caso
concreto dello schema teorico e dei riferimenti normativi messi a disposizione della l. n.
241/1990 e dal d.lgs. n. 163/2006; dovrebbe essere sufficiente a tal fine ricordare che l’atto
di definizione degli indirizzi di carattere generale, deliberato - nel pieno rispetto dei principi
di sussidiarietà e partecipazione - dall’organo assembleare dell’ente primariamente
competente (ai sensi dell’art. 42 del TUEL), viene adottato quasi al termine del periodo
temporale esaminato, invece che al suo inizio241; al contrario di quanto verificatosi nel
procedimento per la Reggia di Venaria Reale, per il quale il Ministero per i Beni culturali, al
fine di ricercare le migliori soluzioni di realizzazione del Progetto, aveva emanato il d.m. 5
dicembre 1996, con cui erano stati istituiti il “Comitato per la Reggia di Venaria Reale” e la
“Commissione Tecnico-Amministrativa”;
Suscita non poche perplessità anche il fatto che un passaggio cruciale come la
redazione e approvazione dello studio di fattibilità, che dovrebbe costituire il documento
preliminare242 su cui impostare tutta la successiva azione di progettazione, da realizzarsi ai
sensi degli artt. 93 e 203 del Codice degli appalti pubblici, delle opere e degli interventi (in
questo caso di restauro e ristrutturazione), avvenga sia per Marengo che per la Cittadella tra
il 2003 e il 2004, cioè a uno stadio assai avanzato delle rispettive vicende243; senza contare
che sarebbe stato altamente auspicabile uno studio almeno coordinato, se non unificato,
delle due realtà principali e degli altri aspetti ‘minori’ del sito storico-militare alessandrino.
Infine, e soprattutto, l’accordo di programma, più volte evocato e proposto ai
diversi livelli istituzionali, sin dalle prime fasi del programma di valorizzazione della
Cittadella (ma che per sua natura avrebbe dovuto includere anche la soluzione delle
principali questioni attinenti il rapporto tra la fortezza e il sito di Marengo244), non è stato
In seguito il Consiglio Regionale, con la deliberazione n. 375-4973 del 2 aprile 1997, ha
approvato il Documento Unico di Programmazione, ed in ultimo - in data 30 settembre 1997, con
delibera n. 1-22582 - la Giunta Regionale ha approvato le destinazioni d’uso della Reggia, che è poi stata
oggetto di un accordo di programma stipulato ben due anni dopo. Vale la pena di ribadire che il
paragone con Venaria non è improprio, trattandosi in quel caso di 250.000 mq di edifici e 800.000 mq di
giardini, vale a dire una superficie simile a quella della Cittadella (i cui edifici hanno anzi una estensione
maggiore, pur a fronte di una assai minore qualità architettonica).
242 La l. n. 144/1999, all’art. 4 comma 1, recita “lo studio di fattibilità (…) è lo strumento
ordinario preliminare ai fini dell’assunzione delle decisioni di investimento da parte delle
Amministrazioni pubbliche”; si tratta dunque uno strumento di natura prettamente economica, i cui
requisiti minimi sono infatti dettati dalla Delibera CIPE del 30 giugno 1999: inquadramento territoriale e
socio economico del progetto; analisi della domanda attuale e prevista dei gruppi di beneficiari; analisi
dell’offerta attuale e prevista; descrizione dell’investimento. Lo Studio appare anche all’art. 128 del
Codice (come già nella precedente l. n. 109/1994), in quanto documento propedeutico all’inserimento
nell’elenco annuale dei lavori dell’Ente pubblico.
243 Per Venaria la Regione ha incaricato, con determinazione del Dirigente Beni Culturali, prot.
n. 14405 del 13 novembre 1997, la stessa Finpiemonte S.p.A. di realizzare lo studio di fattibilità del
progetto.
244 Nel caso di Venaria Reale, analogamente, l’accordo di programma quadro sottoscritto in data
241
72
Study case
mai adottato ed anzi neppure impostato mediante la convocazione di una banale
conferenza di servizi.
Anche in questo caso viene quindi dimostrata in modo oggettivo, senza timore di
smentita, l’incongruenza di alcuni passaggi chiave del processo, rispetto alle più elementari
regole non solo di buona amministrazione, ma addirittura di logica e buon senso. Si tratta
però, come vedremo meglio nel quarto capitolo, di vizi quasi mai impugnabili in sede
giurisdizionale, se non ipotizzando di estendere alla protezione di questo genere di diritti
culturali, seppure degradati a interessi culturali diffusi, gli strumenti di rappresentanza e tutela
degli interessi diffusi che si sono da tempo affermati con riferimento alla protezione del
paesaggio, dell’ambiente salubre o dei diritti dei consumatori; in questo senso deve essere
posta subito in rilievo la recente sentenza del TAR Piemonte, Sez. I, n. 905/2009, relativa
alla controversa vicenda “collaterale” della demolizione del ponte Cittadella, sulle cui
interessanti valutazioni in diritto circa la legittimazione ad agire delle associazioni culturali
torneremo ampiamente infra.
D’altronde si tratta di scelte di merito che, per quanto apparse discutibili sin dal
momento dell’adozione e poi risultate evidentemente sbagliate o per lo meno inopportune,
attengono quasi sempre all’esercizio della discrezionalità amministrativa o tecnica degli
organi che le hanno assunte, quando non rientrano a pieno titolo nella sfera dei rapporti
istituzionali e politici in senso stretto; nessuno dei diversi organi di controllo interno
(segretari generali, revisori dei conti, nuclei di valutazione dei dirigenti, servizi di controllo
di gestione) degli enti coinvolti risulta avere fatto rilievi di alcuna natura nel merito della
vicenda, né tantomeno è stata mai coinvolta ad alcun titolo la Corte dei Conti, neppure a
fini consultivi.
Ciò non toglie, però, che tali indirizzi (o mancati tali) abbiano finito per
condizionare pesantemente il complessivo esito delle successive procedure amministrative e
tecniche – a partire da quelle di pianificazione e progettazione – finalizzate all’avvio delle
attività di recupero e valorizzazione, che infatti a oltre dieci anni dall’avvio sono ancora ben
lungi dal giungere a compimento, essendo state comunque investite ingenti risorse
finanziarie245.
Per contro, non si può sottovalutare il fatto che proprio le fasi procedurali che
meglio hanno interpretato i fondamentali principi di buon andamento, imparzialità e leale
collaborazione tra Stato, Regione, enti locali e altri soggetti pubblici e privati coinvolti 246
hanno dovuto fare fronte alle maggiori difficoltà e non hanno conseguito, se non in
10 settembre 1999 tra Stato, Regione, Provincia di Torino e Comuni di Venaria, Torino e Druento, oltre
a occuparsi del recupero della Reggia e del vicino Borgo Castello della Mandria, nonché della
realizzazione delle infrastrutture viarie e di servizio (parcheggi, ricettività turistica, ha anche incluso la
valorizzazione dell’attiguo centro storico di Venaria, che al termine del programma di interventi è stato
completamente recuperato ad uso commerciale e abitativo.
245 Secondo una stima indicativa, basata su notizie di stampa, l’importo complessivo degli
investimenti strutturali e delle attività di valorizzazione e promozione, citate in questo paragrafo e meglio
illustrate nel primo capitolo, assomma a non meno di dieci milioni di Euro, escluse ovviamente le
infrastrutture pubbliche e di viabilità correlate. Va detto però che la somma delle previsioni dei due studi
di fattibilità su Cittadella e Marengo comporta una stima di spesa pari a oltre duecento milioni di Euro,
risorse quasi impossibili da mettere insieme (se non in un arco di tempo assai prolungato), poiché
Alessandria non rientra, purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista, nelle aree depresse a
declino industriale (Obiettivo 2) di cui al Regolamento CE n. 1260/1999, al contrario di Venaria o di
Novi e Tortona che hanno invece beneficiato nello stesso periodo di ingentissime risorse comunitarie e
di adeguati cofinanziamenti statali e regionali.
246 Il riferimento è evidentemente all’opera dei due Comitati che hanno rispettivamente gestito
prima il metaprogetto e lo studio preliminare sul museo, quindi l’avvio della fase progettuale.
73
Massimo Carcione
minima parte – almeno sino ad oggi – i risultati che ci si poteva attendere sul piano
puramente teorico.
b.
Le intese tra enti
Nei precedenti paragrafi si è già avuto modo di ricostruire il quadro delle molte e
diverse attività realizzate da enti e soggetti privati, in collaborazione tra loro, tramite forme
di intesa che si sono via via instaurate e sperimentate durante l’iter di valorizzazione di
Cittadella e Marengo; dobbiamo ora tornare a esaminarle, dunque, sotto il profilo formale e
dei riferimenti normativi, al fine di costituire un quadro completo delle esperienze acquisite
e dei risultati conseguiti sul piano del buon andamento, della leale collaborazione e, quando
possibile, anche della sussidiarietà.
Come detto, i primi provvedimenti in tal senso datano 1998, e sono costituiti da un
lato dal protocollo d’intesa per il Bicentenario di Marengo e dall’altro dal disciplinare di
incarico per il metaprogetto sulla Cittadella; in entrambi i casi, si tratta di atti approvati sia
dal Comune che dalla Provincia (in specifico con deliberazioni delle rispettive Giunte) e
sottoscritti formalmente dai rispettivi legali rappresentanti, cui nel secondo caso si sono
uniti anche quelli della Fondazione CR Alessandria e di Finpiemonte SpA. Il primo
documento ha, in un momento successivo, conseguito l’adesione della Regione e della
stessa Fondazione bancaria locale: adesione tacita, ma in una forma assai tangibile (quindi
non meno apprezzata), essendo avvenuta sotto forma di cospicuo cofinanziamento.
Dunque si tratta di due documenti di scarsa rilevanza formale e ancora minore
forza cogente, che hanno ciò nonostante costituito la base legale e amministrativa per la
fase più intensa e impegnativa di collaborazione, che i due enti territoriali più
rappresentativi del territorio hanno messo in campo “al fine di svolgere in modo
coordinato funzioni e servizi determinati” 247, e tra essi e le istituzioni di riferimento a livello
legislativo e finanziario.
Dalla loro lettura coordinata (su un piano del tutto teorico, trattandosi di atti che
formalmente sono restati assolutamente disgiunti) emerge però che le istituzioni locali
hanno inteso coordinarsi e cooperare, nello stesso periodo temporale e sulla stessa area
territoriale, per svolgere rilevanti interventi di valorizzazione di un sito storico-culturale,
cosa che poi si è effettivamente realizzato in particolare tra il 1999 e il 2001. La lettura dei
documenti consente però di porre in luce che, in stridente contrasto con l’effettivo
susseguirsi degli avvenimenti, il protocollo sulla Cittadella non menzionava l’imminente
ricorrenza del Bicentenario, né il protocollo su Marengo faceva alcun cenno al fatto che
alcune delle più rilevanti manifestazioni celebrative si sarebbero svolte nella fortezza.
Quest’ultimo, al di là dei riferimenti all’evento, si limita infatti a stabilire che in
materia di interventi di valorizzazione i due enti firmatari si impegnano “a cooperare
pienamente e in totale accordo fra di loro e verso tutti gli interlocutori esterni, pubblici e
privati, adottando i necessari provvedimenti amministrativi di rispettiva competenza, per il
247 Data la straordinaria rilevanza e complessità dell’evento Marengo 2000 e del concomitante
avvio delle fasi di studio e recupero del sito storico-monumentale, sarebbe stato sicuramente più
appropriato, se non l’accordo di programma, quanto meno una convenzione formalizzata ai sensi
dell’art. 30 del TUEL. Il fatto che invece tutta la fase successiva delle due parallele vicende si sia
realizzata per lo più mediante atti disgiunti dei due enti locali vale a testimoniare che la collaborazione è
stata condotta più su un piano tecnico e formale che su un ben più impegnativo livello istituzionale e
politico.
74
Study case
raggiungimento delle seguenti finalità:
- “Istituzione, allestimento, valorizzazione e promozione del Museo storico della Battaglia
all'interno della Villa di Marengo e con l'annesso Parco, garantendone la pubblica fruibilità con
particolare attenzione alla didattica e alla multimedialità e individuandone le forme e i modi di
gestione e di organizzazione;
- attribuzione al Museo dei reperti museali di proprietà degli Enti, promuovendo anche quella di
altri soggetti interessati;
- avvio del Parco Storico della Battaglia promuovendo le condizioni necessarie alla sua realizzazione
e individuando il relativo percorso turistico-rievocativo, con l'apposizione dell'opportuna segnaletica;
- istituzione del Centro Studi sul periodo Napoleonico, con sede presso la Villa di Marengo”.
L’incarico al Politecnico di Torino248, per parte sua, non fa alcun riferimento,
neanche in premessa, alle ineludibili connessioni tra Cittadella e Marengo, poiché l’unica
statuizione relativa ai rapporti tra l’istituzione accademica e i quattro enti committenti
prevede solo la costituzione del già più volte menzionato primo comitato, del quale era
prevista (punto 8) l’integrazione con “consulenti, esperti e rappresentanti di altri enti ed
istituzioni civili e militari (come ad es. Prefettura, Regione Piemonte, Soprintendenze,
Autorità militari, ecc.)”.
Dunque per parlare di veri e propri strumenti idonei a creare una stabile
cooperazione e una duratura azione di coordinamento tra gli enti, occorre arrivare alla
costituzione del vero e proprio “Comitato per la valorizzazione della Cittadella”, il cui
statuto è stato approvato dai rispettivi organi di entrambi gli enti locali249, prima della
stipula dell’atto notarile; trattandosi di un comitato costituito ai sensi dell’art. 39 e seguenti
del Codice Civile250, la forma di collaborazione istituzionale tra enti si concretizza nella
nomina dei rispettivi rappresentanti (uno dei quali presiede il Comitato), nell’erogazione dei
finanziamenti251 e nel trasferimento, in una forma più tacita che formale, a tale sede di
concertazione di una serie di scelte e iniziative per lo più di carattere programmatorio e
operativo.
Lo statuto definiva infatti all’art. 3 i seguenti scopi:
- promuovere e assicurare i contatti formali, in modo coordinato ed univoco, tra tutti gli enti
promotori, l'Amministrazione dell'Esercito, il Ministero della Difesa, il Ministero dei Beni
Culturali, le altre amministrazioni statali competenti e tutte le altre istituzioni pubbliche o soggetti
privati comunque interessati alla valorizzazione della Cittadella o all'insediamento in essa;
- definire le modalità istituzionali, finanziarie ed amministrative per conseguire la disponibilità del
sito a seguito della dismissione dalle funzioni militari252, formulando proposte di soluzione da
In base alla Convenzione di ricerca n. A/1487/1998, stipulata con il Dipartimento CasaCittà del Politecnico di Torino.
249 Ad esempio, per quanto riguarda la Provincia di Alessandria, con d.c.p. n. 80/77207 del 22
dicembre 1999.
250 Secondo l’art. 39 cod.civ. per il quale “i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti,
esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili”, si conformano alla disciplina privatistica, salvo quanto
stabilito nelle leggi speciali (ad esempio nel caso già ricordato dei Comitati nazionali per le Celebrazioni
istituiti dal Ministero per i Beni culturali).
251 Da parte dell’Amministrazione provinciale, oltre all’erogazione di risorse finanziarie, si è
aggiunto un contributo non trascurabile in termini di sede e strutture operative, a partire dalla
disponibilità di parte del’orario di lavoro di un funzionario amministrativo per lo svolgimento delle
funzioni di Segretario del Comitato.
252 In questo senso andava in particolare la bozza di Protocollo d’intesa con l’Esercito,
predisposta nel 2002 ma poi non formalizzata, in base alla quale si sarebbe dovuto “sviluppare in modo
sinergico e coordinato le attività finalizzate a definire le linee-guida per la progettazione - di cui all’art. 54
della l. n. 448/2001 - degli interventi di “Recupero della Cittadella Militare di Alessandria”, consentendo
248
75
Massimo Carcione
rimettere ai competenti organi dei soggetti partecipanti ai fini delle preventive determinazioni in
ordine alla costituzione del futuro soggetto giuridico che assicuri la realizzazione degli interventi
necessari e la successiva gestione ordinaria del complesso;
- pervenire alla redazione di un progetto finalizzato al recupero e riuso conservativo del sito
monumentale della Cittadella di Alessandria che consenta di coniugare le esigenze di tutela e
valorizzazione con quelle di economicità della gestione (...)253.
Quanto agli enti pubblici che compongono il Comitato, sin dal primo momento gli
amministratori locali avevano posto in evidenza l’impossibilità di affrontare e risolvere una
questione così complessa e impegnativa solamente a livello cittadino o provinciale; tuttavia
si è dovuto attendere fino al 2006, dopo un insistente “corteggiamento” durato ben otto
anni, perché entrasse a far parte del Comitato in modo formale e impegnativo anche la
Regione Piemonte, che fino ad allora era stata rappresentata solo indirettamente dalla
finanziaria regionale Finpiemonte SpA.
Torneremo ampiamente oltre sullo strumento della conferenza dei servizi e del
conseguente accordo di programma, che in questa fase non è stato adottato, nonostante le
diverse sollecitazioni che vedremo nel prossimo paragrafo e l’affermazione in tal senso
approvata dalla Deliberazione della Giunta provinciale254, che dava atto del fatto che dopo
la fase di progettazione preliminare sarebbe stato “necessario procedere alla convocazione
urgente da parte del Presidente della Provincia255, della conferenza dei servizi finalizzata alla
stipula di un accordo di programma”.
Un’altra forma interessante di intesa tra enti è stata di recente costituita dalla
convenzione di ricerca stipulata in data 15 luglio 2008, su sollecitazione
dell’Amministrazione Provinciale, tra il Comitato e l’Istituto per la storia della resistenza e
della società contemporanea: poiché infatti quest’ultimo ente è costituito in forma di
consorzio ex art. 31 TUEL, riunendo la stessa Provincia e una sessantina di Comuni del
territorio (incluso il Capoluogo), l’avere affidato alla sua struttura scientifica il
completamento di una fase di approfondimento storico inerente l’età contemporanea e la
relativa presentazione al pubblico costituisce una forma di indiretta collaborazione con i
soggetti che del consorzio fanno parte, ai fini della gestione di tali servizi culturali.
Oggi, infine, praticamente tutti gli enti locali sin qui citati, con le sole ma rilevanti
eccezioni di Regione e Finpiemonte, rientrano dall’aprile 2008 tra gli enti fondatori
l’accesso in Cittadella a funzionari, tecnici e progettisti per le necessarie operazioni di sopralluogo e
rilievo”, mettendo a disposizione le planimetrie del sito e consentendo al Comitato di “divulgarle a fini
conoscitivi, culturali e promozionali, con particolare riferimento alla progettazione”, nonché di
“realizzare riprese video, fotografiche (anche aeree) e di altra natura e divulgarle a fini conoscitivi,
culturali e promozionali”.
253 Il successivo art. 4 dello Statuto individua come possibili attività “individuare e contattare, a
nome degli Enti promotori, i soggetti che esso riterrà più idonei a contribuire allo studio del progetto ed
alla promozione dell’ente o soggetto giuridico che assuma la realizzazione di tale progetto nel proprio
oggetto sociale, o comunque che possano fornire elementi conoscitivi o ulteriori apporti utili allo scopo”
e “divulgare negli ambiti scientifici, economici, istituzionali e negli ambiti che possono essere ritenuti
opportuni, le informazioni utili alla conoscenza e all’attuazione operativa del progetto”.
254 Il riferimento, presente nella parte narrativa, ma non nel dispositivo, della d.g.p. n. 611 del 26
settembre 2002, è risultato in seguito, alla prova dei fatti, una mera “clausola di stile”.
255 In quella fase l’Amministrazione provinciale era stata direttamente ed esplicitamente
individuata dal Parlamento, ai sensi dell’art. 54 della l. 28 dicembre 2001, n. 448 (Finanziaria 2002) e
quindi dal Ministero dell’Economia (con d.m. 10 aprile 2002, trasmesso con nota prot. 0026/98 del 4
settembre 2002), come ente beneficiario del finanziamento statale e per questo incaricato di gestire la
fase di progettazione. Sul provvedimento legislativo e le relative problematiche cfr. G. VOLPE, op.cit., pp.
390-391.
76
Study case
dell’Associazione “Alessandria 2018”, cui hanno inoltre aderito l’Università, il Politecnico, la
Camera di Commercio e tutte le associazioni imprenditoriali; il suo statuto 256 specifica però
all’art. 3 (scopo) che nel perseguire l’elaborazione e attuazione “quale metodo e strumento
innovativo di governance e di crescita per la città” del Piano Strategico del Comune di
Alessandria, “l'Associazione non si sostituisce né si sovrappone agli enti locali ma opera in
sinergia con gli stessi, nell'ambito di una pianificazione strategica partecipativa volta
all'individuazione e realizzazione di progetti di sviluppo della città. Nell'ambito della propria
attività, l'Associazione verifica periodicamente i risultati raggiunti e promuove la più ampia
informazione e partecipazione degli associati, dei cittadini e di tutte le realtà locali alla
gestione dello sviluppo della città”.
In seguito è stato sottoscritto anche un Protocollo d’intesa, denominato un po’
enfaticamente come Carta dei diritti e dei doveri dell’Associazione, che nell’attribuire la
presidenza dell’associazione al Sindaco, prevedendone le modalità operative e finanziarie, fa
cenno al fatto che le regole della programmazione territoriale richiedono “la creazione di
un modello di partecipazione condivisa alla assunzione delle decisioni”, basato su un
“nucleo fondatore delle decisioni, che assuma il ruolo di governance dell’intero processo”;
questo sul presupposto che “la valorizzazione del territorio” può meglio svilupparsi
mediante l’identificazione di “assi strategici di sviluppo sui quali concentrare le risorse,
umane, culturali e finanziarie”.
Sulla base di queste premesse, l’unico elemento di vincolo effettivo (anche se per la
verità assai labile) tra gli enti è costituito dall’impegno futuro a “fornire contributi utili per la
materiale traduzione delle scelte strategiche e per il conseguimento degli obiettivi
concordemente fissati”.
Dall’analisi degli strumenti di collaborazione attivati, scaturisce in primo luogo che
non si è ancora arrivati a ovviare e porre rimedio in modo stabile e duraturo alla
sovrapposizione (e in qualche caso contrapposizione) di competenze e indirizzi politici, che
certamente è uno dei principali fattori di complicazione e ritardo nella vicenda in esame,
come in quasi tutte le analoghe vicende sul piano regionale ed anche nazionale. Va detto
tuttavia che, nell’attuale ordinamento italiano dei beni culturali, ciò costituisce uno stato del
tutto fisiologico, addirittura previsto in via legislativa, come si è visto, sin dall’art. 1, comma
3 e poi più specificamente definito dagli artt. 5 comma 1 (in materia di tutela), 6 comma 3 e
7 (in materia di valorizzazione) del Codice dei Beni culturali.
Sarebbe invece compito della Regione Piemonte esercitare, per parte sua, la
funzione prevista dall’art. 124 della l.r. n. 44/2000 e s.m.i.; secondo il comma 2, essa
dovrebbe “definire, di concerto con gli Enti locali, le modalità e gli standard per il
riconoscimento dei soggetti pubblici e privati cui sono affidati la gestione, la valorizzazione
e la promozione di musei, biblioteche, archivi, complessi monumentali ed aree
archeologiche, favorendo la creazione di sistemi integrati”, mentre per il comma 10,
spetterebbe ancora al livello regionale “promuovere l'istituzione o partecipare alla
costituzione di associazioni, fondazioni, consorzi o società o stipulare convenzioni con terzi
per la gestione di beni o l'erogazione di sevizi culturali”.
Un secondo aspetto emerge con chiarezza da questa pur sommaria disamina: finché
le iniziative di coordinamento e collaborazione sono state promosse e assunte dalla
Provincia (quasi sempre con il sostegno diretto o indiretto della Prefettura), ed anche nella
seconda fase, che ha visto invece muoversi come principale protagonista e capofila il
Comune, si sono riscontrati in un senso o nell’altro difetti di coinvolgimento e
partecipazione alle intese, proprio in ragione dell’ottica – sempre parziale e quindi
256
Scaricabile dal sito web: www.pianostrategico-alessandria.it.
77
Massimo Carcione
inevitabilmente “strabica” – da cui la questione è stata considerata e affrontata.
Ne è prova il fatto che tra il 1996 e il 2006 l’Amministrazione provinciale, nella sua
azione di promozione e coordinamento dei due Comitati, ha focalizzato l’attenzione in
modo privilegiato su alcuni aspetti e modalità operative, tipici della sua vocazione e
competenza istituzionale e tecnica, alla luce della già citata legge regionale di recepimento
della riforma “Bassanini”257, ma anche e soprattutto del proprio Statuto258.
Secondo quest’ultima fonte, sempre trascurata pur avendo ormai conseguito un
riconoscimento di livello costituzionale, la Provincia di Alessandria assume, sul presupposto
(art. 3) di ispirare la propria azione “ai principi di (...) promozione della cultura e del sapere
tecnologico, rispetto dell’ambiente, (...)”, l’impegno di “operare, compatibilmente con le
risorse disponibili e con la tutela dell’ambiente”, nel settore della “promozione di iniziative
per la valorizzazione delle risorse culturali ed artistiche locali, per il recupero e la valorizzazione
dei teatri comunali, musei e biblioteche, operando per la realizzazione di un coordinamento
delle loro attività” oltre che della promozione di iniziative intese ad agevolare e promuovere
lo sviluppo economico e sociale; tra queste iniziative vengono citate specificamente (art. 13
comma 2) “le attività turistiche” e gli “interventi per concorrere ad affermare il ruolo
determinante dell’Università di Alessandria, anche in associazione con altre Province, per lo
sviluppo ed il progresso sociale, culturale ed economico della comunità provinciale”.
In coerenza con questi principi statutari, l’ente ha dunque affrontato la questione
essenzialmente sotto il profilo della progettazione e realizzazione di una grande opera
pubblica, valutandone in modo particolare l’impatto ambientale e socioeconomico (inclusi
gli aspetti occupazionali e turistico-promozionali) e considerandola non isolatamente, ma
come inserita in un tessuto territoriale di scala almeno provinciale-regionale, nella quale cui
si trova ad interagire con altre realtà simili e necessariamente concorrenti, non solo nello
stesso ambito culturale – si pensi al coevo recupero di Santa Croce di Bosco Marengo, cui è
stata data precedenza – ma soprattutto in altri settori ritenuti, a torto o a ragione, prioritari,
come ad esempio il sistema delle reti viarie e logistiche, oppure gli edifici scolastici.
Quando invece l’Amministrazione comunale, per parte sua, ha rivendicato ed
L’art. 126 della l.r. n. 44/2000 e s.m.i, affida in questo senso alla Provincia le seguenti
funzioni amministrative “in materia di beni culturali: 1) la promozione ed il coordinamento delle reti
provinciali di servizi culturali in materia di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche e complessi
monumentali e degli altri beni culturali del proprio territorio, a carattere provinciale o sovracomunale in
accordo con i Comuni e gli enti interessati; 2) la promozione ed il coordinamento delle iniziative di
formazione ed aggiornamento del personale del settore; 3) il coordinamento dell'attività di censimento,
inventariazione, riordino e catalogazione dei beni culturali del proprio territorio, collaborando alla
formazione del sistema informativo regionale; 4) il sostegno, anche in concorso con Stato e Regione, alla
conservazione, manutenzione, sicurezza, restauro, gestione, valorizzazione e promozione dei beni
culturali; 5) l'incremento del patrimonio pubblico di beni culturali mediante acquisto diretto o esercizio
del diritto di prelazione e di esproprio”.
258 Approvato con d.c.p. n. 18 del 14 marzo 1997, più volte modificato (in ultimo con d.c.p. n.
23 del 31 maggio 2005); in esso, tra i compiti e le finalità dell’Ente vengono posti in evidenza dall’art. 12
quali “Obiettivi preminenti” della propria azione politica ed amministrativa “lo sviluppo economico,
sociale e culturale della comunità provinciale, finalizzato all’affermazione dei valori umani ed al
soddisfacimento dei bisogni collettivi”, riconoscendo che “per perseguire e realizzare tale fine, è
elemento fondamentale la collaborazione dei Comuni, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro, delle associazioni ed organizzazioni di categoria, nonché di ogni altra formazione sociale
e democratica dei cittadini liberamente costituita”; il comma 3, infine, pone significativamente alla base
dell’azione politica ed amministrativa della Provincia di Alessandria, “nell’ambito delle proprie
competenze e nelle forme stabilite dalla legge”, un’attenzione particolare alla valorizzazione dei beni
culturali, unitamente ai problemi della tutela e difesa dell’ambiente.
257
78
Study case
assunto di fatto – dopo il 2007 – il ruolo di capofila del progetto, essa ha certamente
incrementato in modo significativo il coinvolgimento e la partecipazione attiva della
comunità locale (in primis nelle sue componenti imprenditoriali ed associative), potendo nel
contempo attivare con maggiore efficacia e incisività sia gli strumenti di pianificazione
urbanistica che quelli di sollecitazione del livello istituzionale regionale e nazionale; a
quest’ultimo ha potuto richiedere a pieno titolo da un lato la temporanea disponibilità dei
beni e dall’altro uno sforzo finanziario ben più significativo di quello sinora attivato.
Di contro, l’eccessiva attenzione ed enfasi posta dagli amministratori comunali
(certamente anche in chiave di consenso elettorale) sulle problematiche strettamente
cittadine, ha inevitabilmente determinato un approccio assai più circoscritto
territorialmente – che si potrebbe persino definire di tipo localistico - e quindi
inevitabilmente meno idoneo al dialogo con altri enti esponenziali degli interessi “di area
vasta”, tant’è che il primo soggetto sostanzialmente emarginato, se non escluso, è risultato
essere proprio la Provincia, ed anche la stessa Regione è stata coinvolta solo in quanto
possibile ente finanziatore nel contesto delle Celebrazioni di “Italia 150”, peraltro con
scarso successo.
Anche in questo caso, alle competenze legislativamente attribuite259 al livello
municipale, fa puntuale riscontro lo Statuto comunale260, che pone tuttavia in evidenza (art.
49) il “principio di collaborazione”, in virtù del quale il Comune sarebbe tenuto a
improntare “la propria attività amministrativa alla massima collaborazione con altri Enti
Pubblici” attuando a tal fine “ogni più opportuna iniziativa per promuovere e realizzare
rapporti di collaborazione con altri Comuni e con la Provincia”; in tale contesto risulta
ancora una volta di particolare rilievo il riferimento (art. 52) alla forma dell’accordo di
programma per la gestione degli interventi che coinvolgano una molteplicità di soggetti
pubblici e privati, che vanno realizzati sulla base di indirizzi definiti dal Consiglio comunale
“ai quali il Sindaco deve attenersi”.
La conseguenza più interessante, in certa misura conseguita grazie all’azione degli
strumenti appena esaminati, può essere individuata in una migliore garanzia di quella libertà
di scambio delle conoscenze261 che, come tutti i diritti culturali, va perseguita e garantita a
Giusto l’art. 127 della l.r. n. 44/2000 in materia di beni culturali è compito del Comune “in
materia di beni culturali: 1) l'istituzione e la gestione di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche e
complessi monumentali e degli altri beni culturali di propria competenza, nonché dei relativi sistemi; 2) il
coordinamento ed il sostegno dell'attività di censimento, inventariazione, riordino e catalogazione dei
beni culturali del proprio territorio, cooperando alla formazione del sistema informativo regionale; 3) il
sostegno, anche in concorso con Stato e Regione, alla conservazione, manutenzione, sicurezza, restauro,
gestione, valorizzazione e promozione dei beni culturali; 4) l'incremento del patrimonio pubblico di beni
culturali mediante acquisto diretto o esercizio del diritto di prelazione e di esproprio”.
260 Approvato con d.c.c. n. 50 del 26 giugno 2000, più volte modificato, in ultimo con d.c.c. n.
60 del 9 luglio 2009; è rilevante il fatto che la prima finalità comunale posta dall’art. 3 riguarda la tutela e
valorizzazione del “patrimonio ambientale e paesaggistico della città, attraverso una attenta politica del
territorio”, mentre al quarto punto si trova il riferimento alla tutela e valorizzazione del “patrimonio
culturale, architettonico, archeologico della città, anche sotto il profilo turistico, nonché della storia e
delle tradizioni locali”.
261 Questa prerogativa, garantita in particolare dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo, dovrebbe consentire anche ai singoli dirigenti e funzionari delle diverse P.A. interessate di
“ricevere e comunicare” liberamente a tutti i colleghi le informazioni e i dati tecnici in proprio possesso,
quando non vi ostano comprovate ragioni di riservatezza; per contro l’atteggiamento dei rispettivi
amministratori (politici) tende spesso a riservare tali conoscenze alla propria esclusiva disponibilità,
magari per incrementare il potere “contrattuale” in sede di confronto con le controparti, anch’esse
politiche. Inutile dire che tale garanzia dovrebbe risultare superflua, ove si attuasse in modo effettivo,
pieno e generalizzato quel principio generale di separazione tra politica e gestione, anche con riferimento
259
79
Massimo Carcione
livello internazionale e nazionale, ma certamente non è meno importate e strategica nel
contesto locale, nel quale ogni ente o soggetto dispone di una proprie competenza tecnica e
amministrativa, con la relativa documentazione ed esperienza in capo ad amministratori,
tecnici e operatori.
Se infatti tale patrimonio di saperi resta (come spesso avviene tutt’ora nella prassi,
deleteria quanto persistente, nel nostro sistema) nella disponibilità di una sola
amministrazione e non viene messa a disposizione di tutti gli interloclutori pubblici e
privati, il processo di ricerca e individuazione delle migliori soluzioni non ne ha alcun
giovamento, ed anzi può essere rallentato quando non viene addirittura bloccato, a causa di
ragioni particolaristiche che poco o nulla hanno a che fare con il corretto esercizio delle
pubbliche funzioni.
c.
La fase di studio
L’esito più significativo della prima fase di collaborazione interistituzionale
finalizzata all’avvio della valorizzazione del sito storico-militare di Alessandria è costituito
dall’attività conoscitiva realizzata direttamente dalle strutture tecniche degli enti o, più di
frequente, affidate a organi, istituzioni di ricerca o singoli studiosi specificamente qualificati
a tal fine, i quali hanno prodotto una serie di documenti più o meno formali, sempre relativi
a specifiche parti o tematiche inerenti al problema generale, ma tutti accomunati tra loro
dallo scarso (per essere ottimisti) recepimento degli esiti nei successivi atti delle
amministrazioni committenti:
- il Comitato scientifico del Museo di Marengo, istituito per autonoma iniziativa del direttore
del Museo262, che includeva alcuni esperti delle Università di Alessandria e Torino, del
Museo Civico e delle associazioni culturali locali, ma che annoverava soprattutto due ex
direttori di grandi musei storici italiani263, non ha mai avuto modo di esprimere in una sede
ufficiale la propria autonoma linea culturale ai fini della predisposizione dei progetti di
ristrutturazione e riallestimento264;
- lo studio preliminare sul museo militare, affidato dall’amministrazione provinciale a un
esperto di chiara fama265 e poi presentato, in modo alquanto formale nel corso di un
all’adozione e all’attuazione delle intese stesse, affermato dal TUEL (art. 107 comma 1): “i poteri di
indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione
amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di
organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”.
262 Solo in seguito è stata formalizzata, su proposta dall’Assessore alla Cultura pro tempore, la
d.g.p. n. 633 del 23 settembre 1999.
263 In specifico si trattava della Direttrice del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino
dell’ex Direttore del Museo del Risorgimento di Milano, in precedenza anche curatore dei Musei storici
di Solferino e San Martino e del Museo del Risorgimento di Vicenza.
264 Più precisamente, ha potuto farlo solo in modo mediato, allorché la sua coordinatrice e
alcuni componenti sono stati chiamati a far parte del gruppo di lavoro della società incaricata di redigere
lo studio di fattibilità. Peraltro le indicazioni di carattere museologico, museografico e tecnico-gestionale
dello studio di fattibilità sono state quelle meno recepite e attuate in sede di progettazione e
realizzazione: cfr. i contributi n. 6-7-8-9 raccolti nel fascicolo “Progetto di riqualificazione globale del
complesso di Marengo”, del dossier Marengo sito d’Europa, cit., pp. 125 ss.
265 D.g.p. n. 651 del 15 maggio 1997, ad oggetto “Incarico per un pre-studio di fattibilità per la
realizzazione di un museo militare nazionale o regionale”, in cui viene espressamente citata la proposta,
scaturita in occasione del convegno del 13 aprile 1997; cfr. M. CARCIONE, A. MARCHEGGIANO, La
80
Study case
convegno pubblico (alla presenza di un Sottosegretario di Stato, dei Soprintendenti e delle
autorità regionali e locali), è restato inattuato, salvo riprenderne solo alcune linee
progettuali, a distanza di un quasi decennio, per iniziativa del Comune e della Fondazione
Cassa di Risparmio.
Neppure i numerosi studi, tra cui alcune tesi di laurea266 o di dottorato, realizzati
nelle diverse discipline e presso diversi atenei, cui vanno aggiunti gli atti dei molti convegni
già citati in precedenza, tutti ricchi di spunti utili ai fini della definizione di un quadro
complessivo di indirizzi programmatici, risultano avere trovato considerazione, né formale
né sostanziale, negli atti in esame.
Tra questi può essere di qualche utilità evidenziare, più che altro per la schematicità
e la concretezza, il breve rapporto presentato alla comunità scientifica alla fine del 1997, in
occasione di un convegno internazionale267, che sintetizzava gli indirizzi tecnici e le linee
guida già note e disponibili (sebbene non recepite formalmente in un atto
dell’Amministrazione) nell’imminenza dell’affidamento del primo incarico metaprogettuale;
tale contributo resta in gran parte attuale, pur a distanza di quasi quindici anni, dal
momento che pressoché nessuna delle suggestioni prefigurate in quella sede hanno trovato
concreto riscontro nelle successive attività progettuali e amministrative.
L’unica rilevante eccezione ad una così scarsa connessione tra la ricerca (scientifica)
e la programmazione (politica) delle attività di recupero e valorizzazione parrebbe essere
costituita, almeno fino al 2009, dal coinvolgimento della sede alessandrina del Politecnico di
Torino, che ha però svolto essenzialmente un ruolo di tramite268 nei confronti del
Dipartimento Casa-Città della seconda Facoltà di Architettura del prestigioso Politecnico
torinese.
L'incarico per la realizzazione dell’ormai noto metaprogetto “Rifunzionalizzazione
della Cittadella di Alessandria in riferimento alla dismissione delle funzioni militari”,
annunciato al pubblico nel maggio 1997, era stato formalizzato da parte della Provincia di
Alessandria269, nel 1998, con un atto di affidamento270 che definiva l’attività di ricerca
(espressamente menzionata come “consulenza” e non già come progettazione) sulla base
protezione dei beni culturali, cit., p. 11; l’incarico è stato portato a compimento dopo un anno e mezzo di
lavoro del consulente, assistito per gli aspetti organizzativi da un funzionario provinciale.
266 Cfr. ad esempio lo stralcio della tesi di laurea di M. BERTA, Considerazioni per un’ipotesi di
recupero, in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit., pp. 13-25; 44-54.
267 La relazione, tenuta dal Funzionario provinciale responsabile del procedimento in oggetto, è
stata presentata presso la Facoltà di Conservazione dei Beni culturali dell’Università di Viterbo: cfr. M.
QUAGLIUOLO, op.cit, pp. 156-161.
268 In persona del suo responsabile prof. Paolo Ferraris, esperto di ingegneria elettrotecnica, il
cui contributo scientifico in materia di alimentazione degli impianti tramite tecnologie a basso consumo
e impatto ambientale (pannelli solari di ultima generazione) non ha trovato spazio nel primo
“metaprogetto”, mentre avrebbe dovuto essere incluso nelle successive fasi di progettazione.
269 La ragione della scelta della Provincia è stata spiegata in questi termini dal Presidente pro
tempore: “Siamo tutti ben consapevoli, infatti, che la posizione della Cittadella nel territorio alessandrino e
la potestà primaria dell’amministrazione comunale in ambito urbanistico ne fanno il soggetto principe
nel processo di rivitalizzazione e rifunzionalizzazione del sito. Questo non impedisce la collaborazione
sul piano delle idee ed il sostegno operativo di tutti gli Enti alessandrini; in particolare tengo a ribadire
l’apporto della Provincia, per il ruolo che riveste e per la dimensione del problema, che implica
certamente la necessità di coinvolgere Enti di livello superiore a quello civico”.
270 La d.g.p. n. 1324 del 18 dicembre 1997, avente ad oggetto la “Rifunzionalizzazione della
Cittadella di Alessandria in riferimento alla dismissione delle funzioni militari, Costituzione del Comitato
degli Enti e approvazione disciplinare di incarico al Politecnico”; è stato possibile adottare l’atto solo una
volta che sono state effettivamente acquisite le quote di co-finanziamento a suo tempo promesse dagli
altri enti.
81
Massimo Carcione
dei seguenti “riferimenti”:
- analisi della documentazione storico-architettonica e territoriale della Cittadella e del contesto
ambientale;
- messa a punto del quadro conoscitivo dei manufatti architettonici e tecnologici a più scale;
- ipotesi di rifunzionalizzazione, con proposta di nuovi ruoli compatibili con le strutture esistenti;
- quadro di soluzioni metaprogettuali, teso alla valorizzazione della Cittadella ed al suo inserimento
nel contesto storico-culturale ed ambientale attuale.
Il lavoro del Dipartimento si era sviluppato nel corso di un anno, con molteplici
incontri e riunioni di confronto tra la committenza, il gruppo di ricerca e il Settore
Urbanistica del Comune dei Alessandria, che consentirono di sviluppare un corposo Studio
Metaprogettuale: cosa ben diversa, come già evidenziato, da uno studio di fattibilità o da un
progetto preliminare, anche perché i tempi e le modalità della ricerca non avevano
consentito - né vi era ancora in quel momento la volontà da parte degli Enti - di effettuare
rilievi tecnici completi e di approfondire in modo adeguato lo studio di una questione
ancora del tutto in fieri, sulla quale non c’era ancora (né ci sarebbe stato in seguito) un
chiaro orientamento programmatico e un percorso definito, anche solo per risolvere la
complessa questione patrimoniale, in modo da ottenere la proprietà e piena disponibilità
del sito.
Quanto agli esiti concreti, il metaprogetto ha costituito nel 2002 l’indispensabile
documentazione tecnica, allegata alla domanda di erogazione del finanziamento concesso
alla Provincia dal Ministero del Tesoro271. Un altro risultato, probabilmente assai più
indiretto e mediato, è ravvisabile nel fatto che al momento dell’adesione della Regione
Piemonte al Comitato, approvata ai sensi dell’art. 1 comma 1, lett. c) della l.r. n. 6/1977,
veniva citato in motivazione l’impegno regionale per l’individuazione e il sostegno delle
“eccellenze” piemontesi, alla luce delle indicazioni del DPEFR 2006-2008272, richiamando
in particolare il punto B (Settore Musei e Patrimonio culturale) del documento
fondamentale della programmazione regionale.
Tuttavia, al di là di questi utilizzi, tutt’altro che irrilevanti seppure a fronte del
significativo onere finanziario sostenuto dalla committenza pubblica per lo studio e la
successiva pubblicazione273, si può a buon diritto porre la questione dell’effettiva utilità e
appropriatezza (al di là dell’indiscutibile valore culturale e scientifico) di questo strumento
di analisi, dal momento che non ha lasciato pressoché nessuna traccia concreta274 nelle
successive elaborazioni progettuali.
Abbiamo già visto che questo strumento ha conseguito, ancora in corso d’opera, un primo
risultato concreto mediante l’acquisizione da parte del Comune, in sede di procedura di revisione del
PRGC, di alcune note tecniche al fine di modificare la destinazione dell'area di rispetto a nord della
Cittadella.
272 D.g.r. n. 91/3612 del 2 agosto 2006; la Regione aveva già in precedenza individuato la
Cittadella come architettura di interesse regionale – categoria opere militari, nell’ambito piano territoriale
regionale (1997).
273 Complessivamente l’intera fase, dall’avvio della ricerca alla pubblicazione, ha comportato una
spesa di circa centomila Euro, suddivisi in parti uguali tra i quattro enti componenti il primo comitato
informale; il Comune non ha però partecipato alla pubblicazione, che è stata invece cofinanziata dalla
Regione Piemonte.
274 Non si può considerare tale il recupero delle planimetrie dei diversi edifici della Cittadella,
seppure parzialmente aggiornate rispetto agli approssimativi rilievi tecnici a suo tempo forniti dal Genio
militare.
271
82
Study case
d.
La progettazione incompiuta
Il recupero del sito di Marengo non ha posto particolari problemi di natura tecnica
o amministrativa, essendo stato attuato con tempistiche e modalità che possono essere
considerate complessivamente efficaci ed efficienti, rispettando le norme procedurali
previste dalla legislazione in materia di lavori pubblici: dapprima il d.lgs. n. 30/2004 e poi le
norme del Codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2006275), in particolare gli artt. 197 ss.
Tra il 2003 e il 2009 sono stati così affidati, realizzati, approvati e posti in attuazione
dalla Provincia, previo espletamento delle procedure di evidenza pubblica per la scelta della
ditta affidataria della realizzazione delle relative opere – anche nel rispetto delle procedere
interne previste dal relativo Regolamento276 – i diversi livelli di progettazione, dallo studio
di fattibilità, alle progettazioni preliminare, definitiva ed esecutiva di tutti i lavori di
recupero della Villa di Marengo e degli edifici annessi; tutti i passaggi della progettazione ed
esecuzione delle opere sono stati sottoposti al vaglio dei competenti uffici periferici del
Ministero per i Beni e le Attività culturali, sempre con esito positivo, grazie al rapporto di
reciproca fiducia e alla fattiva collaborazione instauratisi tra i rispettivi tecnici.
Questo risultato è stato certamente reso possibile dalla circostanza che si
interveniva su di un bene di proprietà della stessa Amministrazione Provinciale, utilizzando
fondi277 messi a disposizione da Stato e Regione (oltre al cofinanziamento della stessa
Provincia), non dovendosi onorare scadenze perentorie imposte da fonti normative o
mediante provvedimenti amministrativi emanati dagli enti finanziatori, fatto salvo il rispetto
della normativa finanziaria e contabile: è indubbio tuttavia che abbia contribuito in modo
determinante anche il fatto che, sin dal 1997, fosse stata subito definita e chiaramente
indicata come principale destinazione del sito e degli immobili la realizzazione di una
strutture museale e di servizi di accoglienza turistica, rispetto alle quali tutti gli altri usi
(congressi, spettacoli, manifestazioni, ecc.) risultavano essere sempre funzionali o
collaterali.
Al contrario per la Cittadella, come vedremo meglio oltre, ancora nell’aprile 2003 –
cioè al momento dell’assegnazione del finanziamento statale che ha determinato l’avvio
della progettazione degli interventi di recupero del monumento – non era stato assunto, a
livello locale (né tantomeno da parte dello Stato) alcun chiaro indirizzo in merito alla
vocazione e destinazione prioritaria del sito storico-monumentale complessivamente inteso,
e neppure di singoli edifici o strutture.
Ciò nonostante, lo Stato ha imposto per il completamento della procedura tempi
eccessivamente ravvicinati, a fronte della straordinaria complessità dell’intervento
ipotizzato278; per questa ragione è da subito apparsa scarsamente realistico l’onere imposto
Il regolamento d'attuazione è stato approvato con il d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207; in
precedenza la materia dei lavori e appalti pubblici era regolata in via generale dalla l. n. 109/1994 e s.m.i.
276 Regolamento per la disciplina dei contratti, approvato con d.c.p. n. 40/124451 del 26
settembre 2007, come modificato con d.c.p. n. 31/89174 del 30 giugno 2008, artt. 5 e ss.
277 L’intervento di recupero, allestimento e valorizzazione del sito e del museo di Marengo,
inclusa la realizzazione della nuova piramide, assomma a circa cinque milioni di Euro, di cui quasi un
milione erogato per gli interventi di consolidamento a seguito della scossa sismica del 2003.
278 Il CIPE richiedeva infatti la consegna del progetto entro i primi mesi del 2005, risultando per
di più indispensabile redigere preliminarmente al concorso (in aggiunta all’iter normalmente previsto dal
Codice degli appalti) uno studio di fattibilità, per il quale al momento dell’avvio dell’iter non si disponeva
neppure di rilievi tecnici precisi e aggiornati, dal momento che le planimetrie messe a disposizione, con
una certa difficoltà, da parte dell’Amministrazione militare, sono infatti risultate significativamente
difformi rispetto allo stato dei luoghi, sia per le molte modifiche apportate a causa dell’uso come
275
83
Massimo Carcione
alla Provincia (che peraltro, va ribadito, era stata investita di tale incombenza senza averne
mai fatto alcuna richiesta) di presentare l’intera documentazione a corredo del progetto,
incluso un credibile piano di finanziamento, in così breve tempo279.
Ne consegue che almeno in questa fase, visto che non era stato possibile
addivenirvi in precedenza, l’Ente incaricato della progettazione avrebbe potuto e dovuto
finalmente adottare (o forse meglio recepire dal Comitato) alcune imprescindibili scelte di
principio, facilmente individuabili alla luce delle valutazioni, degli orientamenti e delle
prescrizioni tecniche280 già scaturite anni prima dal Metaprogetto del Politecnico: con
l’opportuna precisazione che, al contrario di quanto talora si è richiesto, le indicazioni dei
tecnici si sono sempre concentrate esclusivamente sul “come” recuperare e valorizzare in
modo ottimale, dal momento che incombe e spetta agli organi di indirizzo politico decidere
il “cosa” fare di un bene storico di questa rilevanza.
Invece lo studio di fattibilità affidato a Finpiemonte SpA si è risolto, ancora una
volta, nella mera sintesi ragionata e ben articolata di tutte le conoscenze sino a quel
momento acquisite dal Comitato e delle non molte idee programmatiche scaturite dalle
innumerevoli riunioni tecniche e politiche tra gli Enti, sintetizzate nei già citati indirizzi di
massima, formalmente definiti dalla DGP n. 611/2002.
Quanto al piano amministrativo e gestionale281, lo studio non ha offerto alcuna
indicazione operativa, nonostante l’asserita possibilità di acquisire dati sulla base del
raffronto con analoghi casi di studio considerati (tra cui le Cittadelle di Besançon e Arras) e
grazie all’esperienza acquisita da Finpiemonte in veste di back office del progetto di recupero
di Venaria Reale282.
Allorché si è deciso, in attuazione degli indirizzi definiti dalla Giunta provinciale283,
deposito, sia per una certa approssimazione nella stessa misurazione dei locali.
279 Si aggiunga che le disposizioni ministeriali imponevano anche un termine assai circoscritto (6
anni dal finanziamento) per l’ultimazione delle opere progettate, il che risultava ancor più incongruo e
sproporzionato alla mole e alla complessità straordinaria degli interventi.
280 Ad esempio in tema di limiti all’abitabilità per usi civili: cfr. quanto posto in evidenza nel
saggio L. REINERIO, Restaurare, riabitare. Opportunità e criticità nel recupero della Cittadella di Alessandria, in G.
DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., pp. 87-91, secondo il quale è “impossibile pensare ad un abitare nella
fortezza, organizzato secondo l’assetto abitativo convenzionale”. Più in generale, dallo studio veniva il
suggerimento (ancora una volta di metodo e non di merito) di “puntare su un ampio spettro di
destinazioni interagenti piuttosto che su destinazioni monofunzionali”.
281 Il metaprogetto non aveva affrontato in nessun modo queste problematiche, limitandosi a
quantificare in circa 77.000 mq le superfici utilizzabili all’interno degli edifici e dei bastioni, che in totale
assommerebbero a circa 117.000 mq, pari a 340.000 mc di volumi fuori terra; le aree verdi interne
fruibili risultavano assommare a circa 11 ettari, mentre il parco dei bastioni esterni era stimato con una
superficie di circa 39 ettari.
282 Gli unici dati messi a disposizione riguardano infatti l’importo complessivo degli interventi
previsti per il recupero del sito, stimati complessivamente in 255 milioni di Euro, mentre non vengono
neppure ipotizzate possibili forme di gestione e relativi costi annui, che pure erano già stati quantificati
precedentemente in non meno di 4 milioni di Euro all’anno da G. BARBERIS, Considerazioni sul piano
economico e finanziario, in La Cittadella di Alessandria. Un bene tra presente e futuro, cit. p. 30; la stima ha trovato
un singolare riscontro nei costi effettivamente sostenuti dalla Regione Piemonte nel primo anno di
gestione della Venaria Reale (2009), che sono risultati quantificabili, incluso l’allestimento di mostre ed
eventi, pari a 4 milioni di Euro.
283 In merito alla definizione dell’organo competente ad approvare questo tipo di
provvedimenti, il comma 1 dell’art. 3-ter dello Statuto della Provincia di Alessandria, stabilisce che “Gli
organi istituzionali esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi e i
programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano
la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti”; i vari
84
Study case
di procedere alla pubblicazione del bando internazionale, è risultato pertanto evidente che
si richiedeva ai progettisti partecipanti un compito alquanto arduo, se non improbo: come
si è visto, la Commissione Tecnica di Progetto del Comitato aveva infatti proposto la
redazione di un bando rivolto esclusivamente a gruppi di progettazione che fossero in
grado di studiare e proporre ipotesi – ovviamente rispettose della rilevanza storica del
luogo284, intese quindi al recupero architettonico e ambientale – che dovevano essere
giudicate credibili e soprattutto finanziabili, essendo tali da garantire nel contempo la
sostenibilità tecnico-finanziaria285 ed anche un forte impulso per lo sviluppo socioeconomico della città.
Il bando predisposto a conclusione dello studio, consegnato alla Provincia in data
28 febbraio 2005, corredato del disciplinare e dei necessari allegati tecnici, è stato
sottoposto al Comitato che lo ha approvato (Verbale n. 13 del 2 maggio 2005), portando
così a compimento l’ultimo suo intervento formale nella procedura de qua; in tale contesto
rivestono particolare interesse, ai fini della nostra disamina, gli obiettivi e le linee guida del
concorso, così sintetizzabili:
- obiettivo finale è la realizzazione di un complesso di rilievo sovraterritoriale, che sappia evidenziare
le caratteristiche storico-architettoniche e paesaggistiche del sito, armonizzandosi nel contesto di
riferimento (...) in relazione alle potenzialità e ai costi di un recupero organico e coerente;
- le destinazioni e gli interventi individuati dovranno essere in grado di integrarsi nella realtà
territoriale e sociale alessandrina, valorizzandola e fungendo da elementi propulsivi dell’economia,
garantendo inoltre una diretta fruizione del bene da parte della cittadinanza;
- si rende necessario un intervento in grado di conservare l’aspetto fortemente unitario del complesso,
senza operare una trasfigurazione irreversibile degli edifici storici nel rispetto della natura
monumentale del sito;
- si ritiene, inoltre, opportuno riservare uno spazio del complesso a funzioni museali/espositive.
La riprova della scarsa propensione ad assumersi la responsabilità di fornire delle
vere e proprie indicazioni operative ai progettisti è comprovata proprio da quest’ultimo,
assai cauto e piuttosto circoscritto, riferimento all’unico indirizzo chiaramente emerso e
generalmente condiviso sin dalla prima fase dei lavori del Comitato, vale a dire quello di un
utilizzo museale ed espositivo, per il quale tuttavia si richiede solo di “riservare uno spazio”
286
: dal che si può solo dedurre la tacita indicazione che tale uso culturale non dovrebbe
elaborati tecnici sono stati sottoposti alla VI Commissione consiliare Lavori pubblici della Provincia in
data 20 maggio, 17 e 24 giugno 2005, riunitasi nella prima occasione in sessione congiunta con la
competente commissione consiliare del Comune di Alessandria.
284 A tal fine il bando richiedeva che i partecipanti avessero realizzato negli ultimi dieci anni
almeno due progetti relativi al restauro e/o alla conservazione di interi edifici o complessi architettonici,
costituenti beni culturali ai sensi del Codice, a condizione che avessero conseguito “il nulla-osta della
competente Soprintendenza o corrispondente Autorità di tutela dello Stato di appartenenza”; per la
relativa valutazione ad almeno tre dei componenti della Giuria erano richieste “conoscenze acquisite in
materia di recupero di beni culturali” (uno di essi è stato poi individuato in persona della Funzionaria di
zona della Soprintendenza BAP del Piemonte).
285 L’indicazione era stata recepita nelle linee guida del concorso internazionale con
l’esplicitazione del seguente vincolo di intervento: “le funzioni proposte dovranno essere caratterizzate
da un intrinseco equilibrio gestionale, al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria dell’investimento”,
con la previsione di un “concorso di risorse da parte di privati o di eventuali altri enti o gruppi (sic)
coinvolti nelle opere e nella loro gestione e/o mantenimento”. Era stato anche dichiarato in modo
formale che tale aspetto rivestiva “primaria importanza nella redazione dei documenti progettuali” e
dunque, si presume, anche nella loro successiva valutazione. Cfr. G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., p.
10.
286 L’inserimento di questa opportuna “clausola museale” va attribuito al merito della
85
Massimo Carcione
ritenersi prevalente sulla scelta della prioritaria destinazione residua (presumibilmente di
natura abitativa o commerciale), che però viene rimessa alla libera scelta dei progettisti.
Il successivo concorso internazionale di idee per la progettazione dell’utilizzo
dell’intero complesso, avviato nella seconda metà del 2005287 e ampiamente pubblicizzato
anche all’estero, ha conseguito l’adesione e partecipazione di una quindicina di gruppi
professionali, composti da un centinaio di tecnici debitamente qualificati, ma si è
inopinatamente concluso con esito infausto: nessuno dei progetti concorrenti, infatti, è
stato giudicato meritevole dalla Commissione giudicatrice288, essendo stata addotta come
motivazione la “inadeguatezza delle proposte rispetto agli obiettivi perseguiti dal
concorso”.
Ha invece avuto esito positivo, basandosi su presupposti e finalità assai più solide e
chiare, il parallelo bando per la progettazione delle aree esterne da destinarsi a “parco
urbano”: è stato infatti previsto un allestimento di tipo storico-didattico289, la cui
realizzazione ha così potuto essere proposta formalmente alla Regione Piemonte, nel 2009,
per un eventuale recepimento nell’ambito del programma degli interventi statali e regionali
di valorizzazione dei siti storici correlati alle Celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia; il
progetto (che nel frattempo è stato realizzato in fase “definitiva”) è risultato però non
finanziabile, per la semplice quanto discutibile ragione che la totalità delle risorse disponibili
è stata destinata esclusivamente agli interventi localizzati a Torino, salvo uno di Novara.
In tutta questa vicenda si inserisce infine, come fase del tutto a sé stante, sia quanto
alla scelta non definitiva di destinazione d’uso, sia con riferimento alle procedure e modalità
di finanziamento, progettazione ed esecuzione di gran parte dei lavori, la vicenda del
recupero della palazzina del “Quartiere S.Antonio” da parte del Magistrato per il Po-AIPO
(2001-2003). Si rimette all’autonomo giudizio di ciascuno la valutazione di tale infelice
episodio, emblematico della colpevole assenza di coordinamento tra le diverse componenti
dell’amministrazione pubblica statale, ivi incluse le Soprintendenze che, proprio mentre
raccomandavano (giustamente) agli enti locali la considerazione unitaria e coerente del
complesso monumentale, rilasciavano il parere favorevole a un intervento di
ristrutturazione e riutilizzo del tutto scoordinato e almeno in parte dissonante, se non altro
quanto alle modalità di scelta della destinazione d’uso.
Se a ciò si aggiunge che, una volta terminata la parte più cospicua e onerosa
Commissione tecnica di progetto, nella quale erano stati fortunatamente inseriti anche alcuni esponenti
della cultura alessandrina.
287 D.g.p. n. 551 del 3 agosto 2005; il bando di concorso è stato pubblicato, secondo legge, nella
Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e, per
estratto, su diversi organi di stampa nazionali e locali.
288 Sulla questione è stata anche presentata il 13 giugno 2006 un’interrogazione parlamentare del
Deputato alessandrino On. F. Stradella.
289 Merita di essere segnalata l’indicazione programmatica finalizzata a realizzare “un parco
pubblico di cui, tra l’altro, la città di Alessandria è carente” attraverso la “conversione in una sorta di
parco storico, che valorizzi l’ampio anello del fossato come risorsa ambientale-ricreativa per la città” e la
realizzazione al suo interno di “accorgimenti appropriati in termini di percorsi e di strutture conoscitive
di sostegno” ai percorsi turistici, strutturati e concepiti (includendo almeno uno dei bastioni, completo di
gallerie e fortini) in modo tale da “farne cogliere l’unicità nel panorama europeo”, la proposta tecnica è
stata inserita solo nella Prefazione (a firma di Vera Comolli Mandracci) del volume che presentava il
metaprogetto, dal momento che lo studio vero e proprio non prendeva affatto in considerazione le aree
poste all’esterno della cinta dei bastioni, e per il vero neppure la cinta stessa, con la sola eccezione dei
grandi vani centrali dei quattro bastioni “abitabili”. Si tratta in effetti del riscontro alla puntuale
sollecitazione che era stata fatta in tal senso, nel settembre 2002, da parte delle strutture tecniche del
Comitato: cfr. G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., pp. 10-11.
86
Study case
dell’intervento, i lavori si sono interrotti e l’edificio è restato nuovamente inutilizzato, risulta
davvero difficile valutare in modo positivo l’unico momento di intervento diretto di
valorizzazione della Cittadella da parte delle Amministrazioni centrali dello Stato.
e.
La funzione catalizzatrice dell’istituzione museale
Si è già sottolineato nell’introduzione al caso di studio quale importanza avesse,
nell’ottica del primo comitato e dello studio metaprogettuale (1999) l’avvio di un serio
percorso istituzionale, scientifico e di progettazione museologica e museografica, tale da
consentire di arrivare in tempi ragionevoli dapprima all’istituzione di un Museo di storia
dell’Esercito piemontese e poi, eventualmente, di un vero e proprio museo nazionale di storia
dell’Esercito Italiano.
Il Ministero per i Beni e le Attività culturali, nell’unica occasione in cui si è discusso
pubblicamente e in modo approfondito della questione, aveva manifestato in proposito
(per il tramite dalla Soprintendente piemontese PSAD) 290 la convinzione che le istituzioni
militari dovessero assumere a tal fine un ruolo decisivo, pur dando per scontato che la
Cittadella non sarebbe più stata di loro diretta responsabilità, almeno dal punto di vista
giuridico; per questa ragione si auspicava vivamente che i militari continuassero a
considerarla “loro” dal punto di vista della costruzione dei significati del percorso museale
ed espositivo. In questo senso i musei militari e d’arma hanno l’esigenza di competenze e di
conoscenze molto diverse da quelle degli altri musei storici, come ad esempio nel caso del
Museo Nazionale del Risorgimento di Torino291; per questa ragione “il Ministero deve
riconoscere quali titolari di specifiche conoscenze i Responsabili di questi particolari
musei”, ferme restando le competenze proprie della Soprintendenza PSAD292.
Proprio a tal fine, nel corso della ricerca preliminare293 realizzata su incarico della
Provincia, analizzando le potenzialità e le problematiche più immediate che si sarebbero
presentate nella prospettiva di una realizzazione di tipo museale, si era posto correttamente
l’accento, ancor prima che sul vero e proprio percorso espositivo, sul difficile e delicato
rapporto di collaborazione con i preesistenti musei militari piemontesi ed italiani, presso i
quali era stato infatti avviato un primo ciclo di sopralluoghi e incontri294.
Cf. C. SPANTIGATI, Conclusioni, in G. FREIBURGER, op. cit, p. 173.
Per gli aspetti di indirizzo più propriamente progettuale, tuttavia, gli uffici periferici del
Ministro si sono ancora una volta limitati a un ruolo del tutto passivo, proprio allorché la Provincia e il
Comitato avevano provato a sviluppare l’ipotesi progettuale intesa all’istituzione in Cittadella del Museo di
Storia dell'Esercito Piemontese, primo nucleo di un futuro possibile Museo nazionale dell’Esercito.
292 È interessante il rilievo che i problemi di gestione (dalla catalogazione all’allestimento al
restauro a quant’altro significhi la vita di un museo) sono in tutto comuni a un museo civico, al Museo di
Marengo come al Museo dell’Artiglieria: a giudizio della Soprintendenza sarebbe dunque “demenziale”
anche solo pensare che possa esistere una carenza di informazioni reciproche: C. SPANTIGATI, op. cit, p.
173.
293 M. BRIGNOLI, Studio Preliminare per il Museo di storia dell’esercito piemontese, Pavia, 1999; il
documento è tutt’ora consultabile alla pagina “Cittadella di Alessandria” del sito
www.provincia.alessandria.it (sezione Archivio dell’area “Cultura”); si veda anche M. BRIGNOLI, Per una
museologia militare, in G. FREIBURGER, op. cit, pp. 141-143.
294 Si trattava degli istituti museali soggetti direttamente alla gestione (nel caso dell’Armeria
Reale di Torino) della Soprintendenza per i Beni artistici e storici o alla sua azione indiretta di vigilanza:
per limitarsi alla scala regionale, sono stati coinvolti nella ricerca il Museo Nazionale del Risorgimento di
Torino, le Gallerie Sabauda e Albertina, le pinacoteche alessandrine, ma soprattutto i due rinomati e
ricchissimi musei d’arma piemontesi (quello della Cavalleria di Pinerolo e quello dell’Artiglieria di
290
291
87
Massimo Carcione
Particolarmente interessante ai fini della creazione della nuova istituzione è risultata,
nell’ambito dello studio, la possibilità di avvalersi della più naturale e primaria forma di
cooperazione tra le istituzioni museali, vale a dire lo scambio e il deposito di materiali (in
questo caso soprattutto armi e cimeli) per periodi più o meno lunghi295; il Museo della
Cittadella potrebbe infatti costituire, sin dalla sua prima fase, un grande “deposito” nel
quale accogliere, ordinare e cui mettere al riparo i reperti storici dell’Esercito che oggi sono
a stento conservati nei magazzini militari, quando non sono addirittura abbandonati o
dispersi296, non potendo contare sul supporto scientifico e organizzativo di una struttura di
coordinamento centrale presso il Ministero della Difesa297.
Analoghe considerazioni sono state sviluppate in riferimento alle connesse esigenze
relative alla collocazione all’interno di uno o più degli edifici della Cittadella di fondi
archivistici (a partire dalla nuova sede dell’Archivio di Stato alessandrino) e di biblioteche, a
carattere storico e non solo298, senza considerare il possibile avvio di collaborazioni
finalizzate a esposizioni tematiche permanenti e all’allestimento di depositi visitabili di
grandi musei regionali nazionali, a suo tempo individuata dalle rispettive direzioni299.
Torino), entrambi caratterizzati da drammatiche carenze di spazi.
295 Le forme e modalità tecniche, amministrative e patrimoniali per sviluppare questa particolare
e utilissima forma di circolazione di beni culturali, anche tra musei di Stati diversi, sono da tempo
promosse e regolate dall'UNESCO (Raccomandazione di Nairobi del 1976); si rimanda anche
all’intervento di chi scrive nell’ambito della tavola rotonda conclusiva, in G. F REIBURGER, op. cit, pp. 167169.
296 Basti pensare, a titolo di esempio, che le collezioni moderne nel Museo della Cavalleria di
Pinerolo, già alle prese con gravi problemi di spazio, altro non sono che una nutrita serie di alquanto
ingombranti mezzi corazzati di diverse epoche, modelli e dimensioni; non diversamente avviene per il
Museo dell’Artiglieria di Torino, la cui sede è da tempo in precarie condizioni. Proprio nell’occasione
dello studio preliminare era tuttavia emerso che, in base ai regolamenti militari in materia, non sarebbe
stato possibile conservare ed esporre materiale bellico senza la presenza formale (anche minima) di
personale militare responsabile degli armamenti e mezzi depositati, cioè della “collezione” del futuro
museo: ciò avrebbe dovuto costituire la principale ragione non soltanto per ovvie motivazioni di
continuità storica e di opportunità pratica, perché si studiasse la forma tecnica e amministrativa atta a
mantenere in uno degli edifici della Cittadella la presenza di una minima (ma qualificata) “guarnigione”,
senza per questo che fosse necessario lasciare l’intero sito in carico alla Difesa.
297 Lo sforzo di conservazione dei reperti storici militari, il cui numero è costantemente
incrementato dalla chiusura delle caserme, non è di aiuto l'estrema eterogeneità degli Enti museali
militari, che necessiterebbero a tal fine di un ufficio di coordinamento e riferimento non tanto per le
problematiche più prettemente culturali (già curate dall'Ufficio Storico) quanto soprattutto per quelle di
tutela, valorizzazione e promozione. In merito alla proposta di una “Soprintendenza militare”, che
potrebbe operare nell'ambito della Difesa con una forma di coordinamento funzionale con
l'Amministrazione dei Beni Culturali (come già avviene per il Comando Tutela Patrimonio Artistico dei
Carabinieri): ibidem, p. 168.
298 Nella sola città di Alessandria, senza considerare le biblioteche degli Enti pubblici, esistono
almeno tre gloriose istituzioni di studio e promozione in ambito storico, tutte in possesso di importanti
fondi librari e tutte alle prese con gravi e persistenti problemi di spazi adeguati in cui accoglierli:
l’antichissima Società di Storia, Arte e Archeologia (Accademia degli Immobili), la sezione di Alessandria
dell’Istituto per la storia del Risorgimento e l’Isral “Carlo Gilardenghi”, che insieme assommano un
patrimonio di non meno di cinquantamila volumi e riviste. Si veda anche, con riferimento all’ipotesi di
offrire una sede alessandrina all’ISCAG di Roma, che conserva tra molti altri tesori anche gli elaborati
progettuali e le planimetrie originali della Cittadella, il catalogo G. QUAGLIA, G. RATTI, P. ROBOTTI (a
cura di), L’altro Piemonte nell’età di Carlo Alberto, III, Una cittadella per l’indipendenza, Catalogo della mostra
storico-documentaria (Tinaio degli Umiliati, 15-30 gennaio 2000), San Salvatore Monferrato, Barberis,
2001.
299 Strutture allestibili in collaborazione con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia
88
Study case
Da questa prima disamina delle problematiche inerenti alla conservazione e tutela
della Cittadella si può però dedurre che occorre poter contare sin dal primo momento su
una vera e propria istituzione culturale, dotata di adeguata autonomia e competenza, in grado
di progettare e organizzare la valorizzazione e la fruizione pubblica di raccolte di beni
culturali, per le finalità di educazione e di studio espressamente previste dall’art. 101 del
Codice300: ciò anche al fine di predisporre, nella prospettiva degli sviluppi futuri, le risorse
umane e strumentali necessarie proprio per garantire il supporto tecnico-scientifico
all’organizzazione in via continuativa delle azioni di valorizzazione e di promozione
dell’intero sito monumentale.
Anche se può apparire banale e scontato, va ribadita la conseguente necessità di
istituire un comitato scientifico e di designare un direttore provvisto di competenze
scientifiche appropriate; tali organi dovrebbero dapprima essere investiti del compito di
curare la procedura di formale istituzione del museo – la quale presuppone la sua corretta
identificazione dal punto di vista istituzionale (civico, regionale o, più probabilmente,
nazionale301) e la scelta dell’ente gestore (pubblico, privato o misto) e solo successivamente,
in conseguenza di tutto ciò, sarebbero di grado di predisporre un valido progetto
scientifico, che a sua volta è condizionato dalla natura e dalla effettiva disponibilità di spazi
e strutture adeguate, soprattutto quando si devono recuperare a tal fine immobili storici
strettamente connessi alla tematica che è oggetto dell’allestimento museale.
Sono anche in questo senso probanti, nella chiave di lettura già proposta in
precedenza, le analogie e le connessioni con il contemporaneo processo di allestimento,
promozione e gestione del Museo della Battaglia di Marengo, che già allora presentava e
presenta tutt’ora in scala ridotta quasi tutte le problematiche (si pensi solo alla difficile
schedatura e conservazione di armi e divise) che potrebbero in futuro porsi per
l’allestimento permanente in Cittadella.
Anzi, allargando lo sguardo anche gli aspetti tecnico-amministrativi, appare evidente
che, alla luce delle linee guida e indicazioni tecniche, formalizzate nei c.d. “Standard
museali” approvati dal Ministero per i Beni e le Attività culturali302, i parametri minimi
richiesti per realizzare una vera istituzione museale potrebbero essere rispettati303 solo a
patto di considerare globalmente tutte le attività della Provincia, del Comune (tramite il
Museo Civico) e delle istituzioni e associazioni culturali coinvolte.
Infine, è opportuno ribadire che non esiste un’istituzione museale senza una
di Milano, con Palazzo Bricherasio e con il Museo d’Arte contemporanea del Castello di Rivoli; le
istituzioni museali avevano avviato contatti in tal senso con il Comitato, cui aveva fatto seguito
l’effettuazione di approfonditi sopralluoghi (che nel caso del Castello di Rivoli avevano interessato anche
Santa Croce di Bosco Marengo) da parte di funzionari ed esperti.
300 Si riporta il testo dell’art. 101 (Istituti e luoghi della cultura): “1. Ai fini del presente codice
sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i
complessi monumentali. 2. Si intende per: a) “museo”, una struttura permanente che acquisisce,
cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio”.
301 Si era infatti ipotizzato già nel 2002 che potesse essere inserito nel programma dei “nuovi”
Musei nazionali del Ministero dei Beni culturali, che include anche il Museo Nazionale delle Forze
Armate con sede ipotizzata a Roma: cfr. G. URBANI, op.cit., pp. 139 ss.
302 Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici di funzionamento e sviluppo di musei,
approvato con d.m. Beni e Attività culturali del 10 maggio 2001 (pubblicato in G.Uff. n. 244 del
19.10.2001).
303 Con l’eccezione di status giuridico autonomo e personale specializzato: a parte la Delibera
costitutiva, è mancato infatti uno Statuto del Museo di Marengo o un Regolamento provinciale in grado di
svolgerne la funzione; nessun dipendente, almeno sino al 2008, risultava formalmente incaricato di
specifiche funzioni museali.
89
Massimo Carcione
collezione, la quale tuttavia non dovrebbe essere semplicemente acquistata in blocco sul
mercato antiquario304, senza neppure avere preventivamente definito quale sarà la mission del
museo. Competerebbe infatti alle strutture scientifiche poc’anzi individuate, comunque
strutturate, ogni opportuna scelta e valutazione, ad esempio in merito all’autenticità, al
valore e alla pertinenza, e quindi all’acquisizione di una eventuale collezione privata di armi
o divise in ipotesi destinata costituire il nucleo fondante del museo stesso.
A distanza di quasi quindici anni dalla prima indicazione programmatica in tal
senso, purtroppo non perseguita in seguito (almeno fino ad oggi) dalle amministrazioni
locali, è quindi risultata giusta e corretta l’ipotesi iniziale di individuare il museo storicomilitare come scelta qualificante, ma non per questo esclusiva né preponderante (anche ai
fini dell’utilizzo degli spazi305): soprattutto se si intendeva perseguire in modo serio
l’obiettivo di garantire la prosecuzione del rapporto strategico con il Ministero della Difesa,
assicurando nel contempo il coinvolgimento diretto, anche ai fini della soluzione degli altri
problemi di carattere istituzionale, patrimoniale e finanziario, del Ministero per i Beni e le
Attività culturali e della Regione Piemonte.
f.
Il ruolo delle amministrazioni regionali e statali
Proseguendo nell’analisi puntuale dei diversi fattori che hanno sino ad oggi
contraddistinto e condizionato la vicenda in esame, può essere ora utile considerare nel
dettaglio e in modo distinto le competenze, funzioni e iniziative di spettanza di ciascun
soggetto pubblico di livello sovra-provinciale.
Dovendo indicare preliminarmente una chiave di lettura, un tratto comune
all’azione di tutte le amministrazioni considerate, appare evidente che può essere
individuato nella perdurante e reiterata pretesa nei confronti degli enti locali, cui si richiede
di farsi carico, nella misura più ampia possibile, dei procedimenti amministrativi (e ancor
più degli oneri organizzativi e finanziari) necessari a conseguire il recupero e la
valorizzazione di un bene demaniale di così grande rilevanza storico-monumentale, dando
per scontato il presupposto che lo Stato stesso non è stato in grado, malgrado i vincoli e
l’azione di tutela conseguente, di mantenere in adeguato stato di conservazione e fruibilità.
Tutto ciò, si badi bene, salvo poi esigere, anche dagli stessi enti e soggetti locali
finanziatori, l’erogazione a beneficio delle esangui casse nazionali di ulteriori risorse, a
fronte della concessione d’uso di spazi per le stesse iniziative di valorizzazione o,
addirittura, ai fini dell’acquisizione del bene stesso a titolo oneroso.
304 Si è già ricordato che a partire dal 2010 è stato avviato da Comune e Fondazione CR
Alessandria, con una mostra temporanea nel Palazzo del Governatore e con una piccola pubblicazione,
un percorso inteso a pervenire all’acquisizione a titolo (assai) oneroso di una collezione, in precedenza
già esposta presso il Forte di Fenestrelle, di armi e divise delle diverse epoche che vanno dal
Risorgimento alla Seconda guerra mondiale. È ovvio che ogni seria e doverosa valutazione in merito
all’autenticità, allo stato di conservazione, alla legittima provenienza e alla congruità scientifica ed
economica rispetto al progetto museale, implicherebbe l’esistenza di tale progetto e dei relativi referenti
scientifici, oltre al benestare della competente Soprintendenza ai beni storici.
305 Lo studio preliminare aveva individuato (indicazione poi recepita dal Politecnico nel
Metaprogetto) il Palazzo del Governatore, la Cavallerizza, la retrostante polveriera e il corrispondente
bastione con gallerie e cannoniere.
90
Study case
1.
Regione Piemonte e Finpiemonte
Indiscussa protagonista e principale artefice del recupero della Reggia di Venaria
Reale, dei Forti di Exilles, Fenestrelle e Vinadio, oltre che di grandi interventi in molte altre
realtà storico-artistiche del territorio piemontese306, come il Filatoio di Caraglio o lo stesso
Convento di Santa Croce a Bosco Marengo, la Regione nel caso della Cittadella e dei siti
storico-militari ad esso correlati si è distinta soprattutto per l’assenza; se infatti non sono
mancati, in alcuni momenti, interventi finanziari di un certo rilievo (in special modo con
riferimento a Marengo, dapprima in occasione del Bicentenario e poi a sostegno della
definitiva ristrutturazione di villa e museo), non c’è dubbio che dal 1996 e sino ad oggi non
si è mai fatta sentire la sua azione propositiva e progettuale, né tanto meno è stato posto in
essere l’impulso alla collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, che invece ha
caratterizzato i progetti sopra citati e molti altri interventi regionali.
Il primo atto formale da parte della Regione era stato costituito, in effetti, da una
tiepida richiesta a firma del Direttore regionale ai Beni culturali, datata 4 aprile 1999 –
dunque poche settimane dopo il convegno degli Stati Generali, in cui era stato reso di
pubblico dominio il progetto di recupero della Cittadella – con la quale “in considerazione
dell’importanza di tale programma per l’area alessandrina e per l’intera regione piemontese”
si chiedeva a Provincia e Comune di trasmettere “una relazione sintetica” e la relativa
documentazione tecnica, senza peraltro assumere alcun impegno di intervento o
partecipazione.
A conferma di ciò, la stessa deliberazione307 con cui molti anni dopo la Giunta
Regionale ha finalmente approvato l’adesione al Comitato, specifica che essa non
comportava oneri di spesa a carico del bilancio regionale, pur essendo stata adottata in un
tempo in cui l’Assessorato regionale alla Cultura disponeva ancora di stanziamenti
dell’ordine di decine di milioni di Euro, che avrebbero potuto, e forse dovuto, trovare una
qualche destinazione a favore della Cittadella, in considerazione del suo inserimento al
punto B (Settore Musei e Patrimonio culturale) della programmazione strategica regionale
DPEFR 2006-2008308.
Se poi si considera che, in altri casi, sono state approvate specifiche leggi regionali 309
o accordi di programma-quadro con il Ministero per i Beni culturali, grazie al fatto che il
Settore Beni culturali della Regione aveva assunto, d’intesa con la Soprintendenza regionale,
Si devono aggiungere tutti gli interventi, in qualche caso anche più rilevanti, realizzati nel
capoluogo regionale in connessione con la valorizzazione delle Residenze sabaude o con grandi eventi
come le Olimpiadi, l’Ostensione della Sindone o il 150° dell’Unità d’Italia; tra essi spiccano soprattutto il
rilancio del Museo Egizio e la realizzazione del nuovo Museo del Cinema nella Mole Antonelliana.
307 D.g.r. n. 91-3612 del 2 agosto 2006.
308 Lo Statuto della Regione (l.r. statutaria n. 1/2005, modificata con l.r.s. n. 2/2009), dopo
avere riconosciuto nel preambolo che “attraverso gli enti locali, le autonomie funzionali, le formazioni
sociali, culturali, politiche ed economiche si realizza la partecipazione dei cittadini alle funzioni legislative
e amministrative secondo il principio di sussidiarietà”, e avere dedicato l’intero art. 3 al principio di
sussidiarietà, regola con gli artt. 4 e 5 le funzioni di programmazione finalizzata allo sviluppo economico e
sociale, che per quanto attiene al patrimonio culturale si conformano al principio di cui all’art. 7 comma
2, in virtù del quale “La Regione coopera con lo Stato, nei limiti e con le modalità previste dalla legge
statale, alla tutela dei beni culturali”. Quanto all’assetto del territorio, invece, secondo l’art. 8 “la Regione
tutela l'assetto del territorio nelle sue componenti ambientale, paesaggistica, architettonica e ne valorizza la
naturale vocazione”.
309 Si pensi alla l.r. n. 48/1992 relativa al recupero del già citato Forte di Exilles, oppure in
ambiti affini, la l.r. n. 37/1978 sul Museo regionale di Scienze Naturali o la l.r. n. 1/2006 sulla
valorizzazione del sito della “Benedicta”, anch’esso in provincia di Alessandria.
306
91
Massimo Carcione
un forte ruolo di “cabina di regia”, anche nei confronti degli interventi statali ed europei,
mettendo a disposizione a tal fine le risorse tecniche, organizzative e finanziarie proprie e di
soggetti collegati come Ires, CSI e Finpiemonte SpA, risulta di tutta evidenza che nessuno
di questi strumenti e modalità operative sono state attivate per la soluzione del problema di
cui ci occupiamo310.
Anzi proprio la presenza nel Comitato della Finpiemonte, ente strumentale
regionale311, è valsa paradossalmente a farle ottenere l’affidamento diretto (ovviamente
remunerato) dello studio di fattibilità, consentendo quindi alle strutture regionali di captare
una parte dei non molti fondi destinati dallo Stato alla Cittadella, piuttosto che di integrarli
con proprie ulteriori risorse.
Non sono mancati, nel corso degli anni, sporadici interventi a sostegno delle
singole iniziative di promozione culturale (mostre e spettacoli, in particolare) promosse da
enti e associazioni locali all’interno della fortezza o con riferimento ad essa, ma ciò non ha
mai inciso in modo significativo sulla vicenda nel suo complesso.
Se dunque la Regione in quanto tale ha contribuito in misura insignificante a tutta la
prima fase312, anche nel quadro delle tanto attese Celebrazioni di “Italia 150” la Cittadella è
stata inserita in modo del tutto marginale e irrilevante nei programmi regionali e nazionali
dell’evento del 2011313.
Il bilancio circa l’effettivo dispiegamento da parte del livello regionale di adeguate
misure, tanto legislative che amministrative, di garanzia del diritto (spettante ai cittadini, di
Alessandria e non) alla promozione della cultura e alla più ampia fruizione del patrimonio,
si deve dedurre che pur disponendo di mezzi e strumenti giuridici, programmatori e tecnici
del tutto adeguati, la Regione Piemonte ha adottato nell’azione concreta una scala di
priorità di intervento che, con tutta evidenza, non includeva Alessandria e le sue strutture
storico-militari, a vantaggio di altri siti, soprattutto dell’area torinese, che potevano
evidentemente contare su un maggiore sostegno istituzionale, tanto a livello governativo
che sul piano strettamente locale.
Non risulta avere avuto alcuno sviluppo l’ipotesi teorica (a suo tempo prefigurata dal
dirigente regionale competente) di estendere fino alla confluenza tra Tanaro e Bormida, e quindi alle
attigue fortificazioni alessandrine, la competenza del Parco regionale del Po, istituito con l.r. n. 28/1990,
poi più volte modificata nel 1995, 1998 e infine nel 2001 con la l.r. n. 14, che avrebbe potuto consentire
se non altro una migliore gestione degli aspetti paesaggistici e naturalistici, i quali sono stati peraltro
studiati da un altro Ente regionale, l’IPLA, con riferimento sia a Marengo che alla Cittadella (anche in
questo caso a carico dei fondi CIPE).
311 Lo Statuto di Finpiemonte (anche alla luce della l.r. n. 17/2007) prevede lo svolgimento di
“attività dirette all’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale e nel
quadro della politica di programmazione svolge attività strumentali alle funzioni della Regione, aventi
carattere finanziario e di servizio”, svolgendo a favore della Regione attività di “concessione ed
erogazione, anche mediante appositi strumenti finanziari, di finanziamenti, incentivi, agevolazioni,
contributi, od ogni altro tipo di beneficio”; quanto agli interventi sul patrimonio culturale regionale, è
previsto che per lo svolgimento della propria attività, in attuazione degli indirizzi regionali,
può partecipare al capitale di imprese a rilevanza pubblica, orientate alla promozione di contenuti (…)
culturali ed economici per lo sviluppo del territorio. Può altresì associarsi, a Enti, istituti e organismi che
abbiamo scopi analoghi o affini al proprio e che operino nei settori di interesse regionale”.
312 Nell’intera attività di studio sulla Cittadella, la Regione ha solo cofinanziato nella misura del
20% la pubblicazione del metaprogetto presso l’Editore Allemandi; una volta entrata nel Comitato, dal
2006, non ha mai erogato ulteriori contributi alle attività di studio, ricerca o promozione.
313 Ciò nonostante che la Cittadella, anche con riferimento a Marengo e ai Moti del 1821, avesse
tutti i titoli per rappresentare in modo emblematico almeno i prodromi del Risorgimento, come è
comprovato dal fatto che la stessa Regione ha cofinanziato (seppure in minima parte) la mostra delle
divise storiche allestita dal Comune di Alessandria in occasione delle Celebrazioni.
310
92
Study case
Ricordando infine che la fruizione del patrimonio che costituisce il fine ultimo della
valorizzazione, la cui competenza è affidata alle regioni dal terzo comma dell’art. 117, non
si può non porre in rilievo l’ormai cronica assenza in Piemonte di una vera e propria “legge
di sistema” sulla valorizzazione dei beni e degli istituti culturali, tutt’ora governati sulla base
dell’arcaica l.r. n. 58/1978, mentre altre Regioni hanno persino provveduto ad adeguare la
legislazione previgente, in molti casi già più avanzata di quella piemontese (si pensi ai ben
noti casi di Lombardia,Veneto, Emilia, Toscana, Umbria e Lazio), ai nuovi principi
costituzionali del 2001314.
2.
Ministero della Difesa e Esercito Italiano
Si è già dato ampiamente conto, in precedenza, del ruolo istituzionalmente svolto
dall’Amministrazione militare ai fini della dismissione e del rilascio del sito, nonché nel
contesto dell’ipotizzata istituzione di un museo militare in Cittadella. Non sono però
mancati interventi formali dell’amministrazione della Difesa, specificamente finalizzati (per
diverse ragioni) a incidere sulla destinazione futura del sito e sulle modalità del suo
perseguimento; ne è esempio emblematico una nota dello Stato Maggiore dell’Esercito315,
che nel predefinire da parte militare le procedure e i soggetti deputati alla definizione di
tempi e modalità della dismissione, per la prima volta prefigurava l’attivazione,
“verosimilmente” da parte dello Stato Maggiore della Difesa, di un “accordo di programma
da sottoscrivere tra le parti per la definizione del negoziato”.
Qualche anno dopo, a fronte di una diretta sollecitazione del Segretario del
Comitato per la Valorizzazione della Cittadella316, il rappresentante del “Progetto
infrastrutture” dello Stato Maggiore dell’Esercito aveva affermato che la definizione del
destino della Cittadella sarebbe stata “facilitata in presenza di proposte di permuta con altra
area idonea”, ribadendo che “quanto rappresentato verbalmente nel corso della riunione
potrà ottenere riscontro concreto solamente allorché verrà stilato un apposito accordo di
programma o un protocollo d’intesa tra il Comitato e il Ministero della Difesa, nel quale
siano affrontate tutte le varie problematiche e definite le relative soluzioni, nel tempo e
nello spazio”.
Se dunque è ovvio che non spettava certo all’Esercito indicare le forme e modalità
di migliore valorizzazione del complesso monumentale, non si può negare che la
consuetudine a gestire simili situazioni317 e l’attitudine operativa e pragmatica, tipica dei
militari, avrebbe dovuto indurre le amministrazioni civili a considerarne con maggiore
attenzione le proposte e i suggerimenti, invece di limitarsi a sollecitare la rapida dismissione
In tal senso hanno provveduto in particolare la Liguria, con il t.u. regionale n. 33/2006, la
Sardegna (con l.r. n. 14/2006) e le Marche (l.r. n. 4/2010).
315 Lettera del Sottocapo di Stato Maggiore, in data 10 ottobre 1998.
316 In occasione della già ricordata riunione svoltasi presso gli Alti Comandi a Padova, come
attestato dal resoconto in data 8 ottobre 2002, a firma del Brigadiere Generale Capo di Stato Maggiore
della Regione Militare. Il resoconto è stato formalmente trasmesso con nota prot. 1164/43/2150 del 31
ottobre 2002 al Ministero della Difesa e agli Stati Maggiori di Difesa ed Esercito (oltre che al Comitato
stesso), costituendo dunque l’unico documento ufficiale che comprova in modo formale lo stato delle
“trattative” tra civili e militari; come si vedrà oltre, nel documento sono anche riportati alcuni riferimenti
fatti dal Segretario del Comitato rispetto a ipotesi di destinazione d’uso (in particolare a parco pubblico
delle aree esterne e di alcuni bastioni) che hanno poi trovato seguito e attuazione solo alcuni anni dopo.
317 Non va dimenticato che nello stesso periodo si stavano conducendo analoghe trattative con
riferimento a una parte del parco della Reggia di Venaria Reale, che in precedenza veniva utilizzata come
deposito dell’Aeronautica Militare.
314
93
Massimo Carcione
del sito storico che peraltro, essendo avvenuta “solo” dieci anni dopo il primo annuncio318,
ha ugualmente colto impreparati gli enti locali.
3.
Ministero degli Interni e Prefettura
Immediatamente dopo l’alluvione del novembre 1994 e fino a tutto il 1997, l’Ufficio
Territoriale di Governo ha svolto un’importante opera di coordinamento degli interventi
statali di recupero e risanamento dell’area colpita dalla calamità naturale, in stretta
cooperazione con la Regione e le amministrazioni locali; il Prefetto pro tempore aveva anche
ricoperto l’incarico di Commissario straordinario, ed in tale veste si era occupato del
recupero del sito della Cittadella da parte dell’Esercito, cui era stato fornito, come si è già
visto, il supporto logistico ed operativo dei mezzi della Protezione Civile.
Proprio nel vivo di quella fase319 il Prefetto Gallitto aveva espresso il convincimento
che si dovesse perseguire con forza l’orientamento, da lui prospettato, inteso a conferire alla
Cittadella (naturalmente dopo la dismissione, il restauro e la definitiva messa in sicurezza
contro il rischio di nuove esondazioni) una nuova vocazione di “centro direzionale”
cittadino e provinciale, con la rilocalizzazione di tutti gli uffici statali e locali. In questo
senso andava la sollecitazione al MagisPo, all’Archivio di Stato ed anche alla Provincia e ad
altri enti locali, di considerare l’opportunità di trasferire negli edifici storici (una volta
lasciati liberi dall’Esercito, ovviamente) le proprie sedi o parte di esse.
È proprio per il perseguimento di questo indirizzo progettuale, poco condiviso a
livello locale ma con l’indubbia prerogativa della chiarezza e di una non trascurabile
praticabilità tecnica e finanziaria, che il Viceprefetto Capo di Gabinetto aveva partecipato
continuativamente ai lavori del primo Comitato informale, assicurando per il tramite della
Prefettura la pronta e fattiva collaborazione degli altri uffici ed enti alessandrini facenti capo
all’Amministrazione statale.
Infine, con riferimento alle vere e proprie attività di valorizzazione, non va
trascurato il fatto che proprio alla Prefettura si deve la ripresa delle manifestazioni ufficiali
in Cittadella in occasione della Festa della Repubblica (tenutesi a decorrere dal 2 giugno
2003), organizzate d’intesa con la Presidenza del Consiglio provinciale e con il Comune,
che hanno consentito ogni anno l’apertura al pubblico e l’organizzazione di concerti e
spettacoli; si è trattato infatti dell’unico caso320 di evento ufficiale e programmato con largo
anticipo, finalizzato a consentire la visita in sicurezza del complesso monumentale, da parte
di un vasto pubblico non solo locale.
318 È giusto dare atto che al momento della sua dismissione, la Cittadella è stata accuratamente e
interamente liberata da ogni materiale militare, smentendo coloro che temevano di trovarsi investiti della
responsabilità di un monumento già in avanzato stato di degrado (a dispetto delle assicurazioni di
ammirevole e amorevole conservazione), per di più adibito a discarica; invece tutti i magazzini sono stati
svuotati, fatti salvi alcuni vecchi impianti montacarichi, altre simili strutture e apparecchiature fatiscenti,
che dovranno quindi essere demolite e rimosse, insieme a chilometri e tonnellate di cavi e tubature, con
non poca difficoltà e spesa.
319 In particolare in occasione del convegno promosso nell’anniversario dell’evento, d’intesa con
Provincia e Comune, sisvolto il 6 novembre 1995, nel Teatro Comunale di Alessandria.
320 Il ruolo della Prefettura è stato ovviamente determinante al momento della visita in
Cittadella del Presidente della Repubblica, che però è stata svolta in forma semi-privata, alla presenza di
qualche decina di rappresentanti di enti, istituzioni e associazioni civili e militari.
94
Study case
4.
Magistrato per il Po-AIPO
Si è già avuto modo di evidenziare, poc’anzi, il ruolo temporaneamente e assai
impropriamente svolto – non è dato sapere con quanta convinzione e reale interesse – dal
Magistrato per il Po, ai fini del recupero parziale di uno degli edifici interni della Cittadella.
Ben prima, tuttavia, l’Amministrazione ora denominata AIPO (Agenzia interregionale per il
fiume Po321) aveva operato – e continua tuttora a operare – attraverso gli strumenti
operativi che gli sono propri, per garantire che non si ripetesse la catastrofica inondazione
del sito e dei suoi dintorni322, mediante la realizzazione di adeguate difese arginali e golenali,
ai sensi e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente323.
Non c’è dubbio che la presenza all’interno del complesso monumentale di una sede
operativa dell’Ente avrebbe costituito la migliore garanzia in tal senso, oltre ad assicurare la
costante presenza di tecnici e mezzi operativi; si sarebbe inoltre trattato del primo tassello
del progetto prefettizio di un centro direzionale, caratterizzato dalla compresenza di sedi
istituzionali in grado di interagire in modo particolarmente efficace tra loro, soprattutto in
caso di emergenza.
Invece la mancata ultimazione della sede in Cittadella ha di fatto estromesso l’AIPO
dalla vicenda, il che non pregiudica ovviamente le sue competenze istituzionali di difesa, ma
soprattutto di gestione dell’ipotizzato ripristino324 della possibilità di inondare anche solo
parte dei fossati della Cittadella.
5.
Ministero dell’Economia e Agenzia del Demanio
Il ruolo svolto, sin dal 1998, in questa complessa vicenda dall’amministrazione del
Demanio, ben presto trasformata in Agenzia325, è sempre stato improntato alla più ampia e
fattiva collaborazione con gli enti locali, fatta salva la riserva di fondo per la quale il
significato attribuito dalle amministrazioni finanziarie italiane al termine “valorizzazione” è
sensibilmente divergente da quello proprio del Codice dei beni culturali (ai sensi dell’artt. 6
e 111 ss.), corrispondente a quello dell’art. 19 comma 1 c) del TUEL.
Di conseguenza, quando l’Agenzia del Demanio affermava di svolgere attività di
valorizzazione, essa intendeva fare riferimento all’ipotesi di vendita o alla concessione,
L’agenzia è stata costituita dalle quattro Regioni interessate con altrettante leggi regionali: per
il Piemonte con l.r. 28 dicembre 2001, n. 38, modificata dalla l.r. n. 4/2005.
322 Cfr. C.CONDORELLI, Gli interventi realizzati in Piemonte dopo l’alluvione del 1994, in Aipo Informa,
(1) 2006, pp. 26-27.
323 Le principali funzioni dell’AIPO possono essere ricondotte all’esecuzione, sull’intero bacino
del Po, degli interventi sulle opere idrauliche di prima, seconda e terza categoria, di cui al T.U. n.
523/1904, nonché nei compiti di polizia idraulica e servizio di piena sulle opere idrauliche, ai sensi del
r.d. n. 2669/1937 e dell’art. 4 comma 10 ter della l. n. 677/1996, alla luce dell’art. 12 della l. n. 183/1989
sulla difesa del suolo, con la quale sono state istituite le Autorità di Bacino per i bacini idrografici di
rilievo nazionale, organismi misti, costituiti da Stato e Regioni, operanti in conformità agli obiettivi della
legge sui bacini idrografici, considerati come sistemi unitari.
324 In tal senso di era espresso il particolare il Soprintendente regionale pro tempore, in
occasione della sopra citata riunione del 31 marzo 2003; a tal fine sarebbe però necessario ripristinare
l’antico canale di alimentazione, ora distrutto, oppure adottare soluzioni tecniche alternative.
325 Con d.l. 30 luglio 1999, n. 300, di riforma dell'organizzazione di governo, a norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59; in seguito, il d.l. n. 173/2003 ha trasformato l’Agenzia
in ente pubblico economico (EPE), soggetto giuridico autonomo che opera nell’ambito della Pubblica
Amministrazione e che, per raggiungere i propri obiettivi, fa ricorso a modalità organizzative e strumenti
operativi di tipo privatistico; le attività dell’Agenzia sono sottoposte alla vigilanza del Ministero
dell’Economia e delle Finanze che ne detta gli indirizzi mediante l'Atto di indirizzo triennale.
321
95
Massimo Carcione
comunque a titolo oneroso, di beni sdemanializzati, in quanto ad essa assegnati ex art. 3 del
d.m. Economia del 5 febbraio 2002; ciò si poteva verificare a beneficio dei privati ma,
normalmente, nel caso di beni vincolati per il loro valore storico-artistico, è avvenuto
soprattutto a favore degli enti pubblici, fondazioni e onlus, cui è stato comunque richiesto
di corrispondere un canone, benché significativamente ridotto in ragione della pubblica
finalità.
Dunque un evidente “vizio” di fondo della vicenda stava proprio nella circostanza
che la Cittadella non avrebbe mai dovuto essere presa definitivamente in carico
dell’Agenzia del Demanio, dovendo piuttosto entrare immediatamente a far parte del
Demanio culturale326, inalienabile ex lege ai sensi dell’art. 53 e ss. del Codice (così come è già,
oggi il Forte di Gavi), in modo da essere affidata alla diretta gestione e responsabilità del
Ministero per i Beni e le Attività culturali.
Anche in questo caso si può constatare che ciò non è avvenuto, ancora una volta in
considerazione della colpevole inerzia delle amministrazioni locali; infatti, come si rileva
dalla lettura della nota in data 29 gennaio 2002 (prot. 37133) a firma del Direttore Centrale
del Demanio, anche l’Agenzia stava giustamente aspettando che a livello locale venisse
avviata, come tutti auspicavano, “la predisposizione dell’accordo di programma suggerito
dal predetto Dicastero per i Beni e le Attività culturali, al fine di individuare le modalità di
rifunzionalizzazione e di pubblica fruizione del cespite, da realizzarsi attraverso una
gestione congiunta da parte di un gruppo interistituzionale”.
Se dunque non si era posto in alcun modo il problema di una pregiudiziale
opposizione dell’amministrazione finanziaria a tale soluzione, è evidente che il mancato
passaggio dalla Difesa ai Beni culturali della Cittadella è stato esclusivamente determinato
dal fatto che sinora a livello locale non si è potuto (o forse voluto) assumere l’impegno
formale a prendere in carico la gestione degli interventi di valorizzazione, da condursi sotto
l’egida del Ministero per i Beni culturali327.
L’inerzia e il silenzio da parte degli enti locali328, che anzi hanno in qualche
occasione dimostrato un certo interesse per l’ipotesi di acquisto oneroso329, ha di fatto
avvalorato l’inserimento della Cittadella tra i beni da “valorizzare” in senso finanziario e
non culturale, lasciando in questo modo all’Agenzia del Demanio la piena e insindacabile
disponibilità del sito, a tutto detrimento degli interessi della comunità locale e,
Si ribadisce che l’art. 54 comma 1 fa esplicito riferimento e rinvio all’art 10 comma 3 lettera
d), per il quale sono tutelate “le cose immobili (…), a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse
particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, (…), ovvero quali
testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche”, caratteri indiscutibilmente propri
della Cittadella e degli altri siti storico-militari alessandrini.
327 Proprio negli stessi mesi, ad esempio, si svolgeva l’analoga procedura relativa al Castello di
Vigevano che, grazie a un accordo di programma sottoscritto il 29 luglio 1999 (da Stato, Comune di Vigevano e Regione Lombardia) è stato affidato alla gestione del Comune. Sono stati così predefiniti gli
interventi di restauro e le modalità di finanziamento, attivando gli organismi tecnici di vigilanza e controllo; il 3 marzo 2003 il Consiglio Comunale ha approvato un documento contenente le ipotesi per il
completo utilizzo degli spazi del castello, che include tra l’altro una grande struttura museale, la biblioteca e un centro congressi, con ristorante e caffetteria.
328 Si ricorda solo, a testimonianza della corretta impostazione proposta dagli uffici
amministrativi provinciali, la già citata clausola inserita nelle premesse alla deliberazione di approvazione
del metaprogetto e di avvio della progettazione (d.g.p. n. 611/2002), cui le successive amministrazioni
non hanno però dato alcun seguito.
329 L’unica spiegazione di questo paradosso si può rinvenire nel fatto che in tal modo si sarebbe
ottenuta l’evidente vantaggio della piena e diretta disponibilità, fatti salvi i vincoli apposti ai sensi del
Codice.
326
96
Study case
incidentalmente, della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico. Se infatti risultava
alquanto problematico imputare all’Esercito (che in effetti ha ben altre incombenze) il
degrado di gran parte degli edifici e bastioni della fortezza, oggi l’ulteriore e forse ormai
inarrestabile deterioramento dei tetti di molti palazzi e delle strutture portati (in special
modo della Palazzina di Cavalleria) potrebbero essere valutati dalla Corte dei Conti alla
stregua di un significativo e colpevole danno patrimoniale, che si somma al pregiudizio per
il valore culturale di un sito monumentale di tale rilevanza nazionale e internazionale,
dovuto essenzialmente a incuria e negligenza da parte della stessa P.A.
Questo esito negativo è solo parzialmente compensato dal rilevante finanziamento,
spontaneamente ed inopinatamente messo a disposizione nel 2002 dal Ministero
dell’Economia, per l’avvio della progettazione; peraltro, l’avere attribuito d’ufficio alla
Provincia tale responsabilità, senza fornire alcuna utile indicazione330 in merito alle
destinazioni possibili e alla loro reale compatibilità con gli intendimenti futuri della
“proprietà”, non è certo stato di giovamento ed anzi è una delle più plausibili ragioni del
sostanziale insuccesso di questo, per altri versi apprezzabile, tentativo.
6.
Ministero per i Beni culturali, Arcus e uffici periferici.
Sin dalla prima fase del metaprogetto, come si è visto, la Soprintendenza BAP aveva
assicurato la propria essenziale attività di tutela, in particolare tramite la funzionaria di zona;
i Soprintendenti erano personalmente “scesi in campo” al momento del convegno del
febbraio 1999, assumendo per quanto di loro stretta competenza, come si è visto, alcuni
minimi impegni; in particolare, era stata proprio la nota del 28 aprile 1999 (prot. 6257) della
Soprintendenza BAP indirizzata al Ministero per i Beni culturali, ad auspicare “una
fruizione pubblica del compendio, perseguibile attraverso una gestione congiunta da parte
di un gruppo interistituzionale”, cui avrebbe dovuto afferire anche la Soprintendenza stessa.
Per poter dire che il livello di attenzione e coinvolgimento propositivo del Ministero
fosse effettivamente salito al livello richiesto dalla rilevanza del sito, si è però dovuto
attendere il 23 novembre 1999, allorché una lettera del Direttore Generale del Ministero 331
aveva manifestato nel modo più solenne l’assenso all’ipotesi di “stipulare un accordo di
programma con gli Enti locali per la rifunzionalizzazione e la valorizzazione del complesso
medesimo”. Seguiva la formale ed esplicita richiesta al Ministero della Difesa di
“provvedere alla riconsegna del citato compendio all’Amministrazione finanziaria, onde
consentire la stipula del predetto accordo tra gli enti interessati”.
Malgrado la non felicissima formulazione, era evidente che il testo faceva
riferimento alla procedura all’epoca vigente, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 368/1998 332, oggi
recepita nel Codice dei Beni culturali, in base alla quale il bene o sito avrebbe dovuto essere
assegnato alla responsabilità del Ministero per i Beni culturali, proprio in virtù dei vincoli
storico-artistici preesistenti e citati dalla lettera del Direttore, per poi essere affidato in
gestione a un soggetto costituito ad hoc con la partecipazione delle istituzioni regionali e
locali, e se possibile anche dei privati 333, sull’esempio di quanto avvenuto per il Museo
330 Gli uffici provinciali e regionali dell’Agenzia hanno in effetto partecipato, con gli altri enti,
alle attività preliminari alla redazione dello Studio di fattibilità e alla procedura del concorso
internazionale di idee, ma in assenza di chiare indicazioni da parte della loro struttura di vertice a livello
nazionale, si sono dovuti limitare (come già in occasione del metaprogetto) a un mero ruolo di supporto
tecnico.
331 Nota prot. 16941/III.IV-F3.
332 Si veda in proposito A. CROSETTI, D. VAIANO, op.cit., p. 123.
333 In virtù dell’art. 10 (Accordi e forme associative), il Ministero “ai fini del più efficace
97
Massimo Carcione
Egizio di Torino.
Per trovare altri documenti significativi dell’impegno profuso in tal senso334 da parte
dell’amministrazione di tutela, si devono però attendere oltre tre anni, momento in cui la
Soprintendenza Regionale del Piemonte (nel frattempo istituita) assumeva la già ricordata
iniziativa, convocando a Palazzo Chiablese una riunione formale di tutte le amministrazioni
interessate335; quasi in simultanea, dopo una lunga e complessa vicenda, l’Archivio di Stato
di Alessandria, come si è già ricordato336, chiedeva alla Direzione Generale per gli Archivi
del Ministero di progettare il trasferimento in Cittadella della propria sede.
Non può passare sotto silenzio, tuttavia, il fatto che nessuna delle tre proposte
formalmente avanzate dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e dai suoi uffici
periferici è stata minimamente presa in considerazione dagli enti locali e dalla Regione,
neppure per formulare una risposta negativa, malgrado si trattasse di ipotesi di lavoro
corredate dalla possibilità piuttosto concreta di stanziamenti statali337 per fare fronte agli
interventi di progettazione e restauro, ovviamente solo della parte utilizzabile dall’Archivio
di Stato; probabilmente si attendeva da parte dello Stato un intervento ben più significativo
e impegnativo sul piano finanziario, che non si limitasse solo agli aspetti di verifica delle
norme di corretta conservazione e restauro e alla destinazione per usi culturali (peraltro già
prevista dal metaprogetto) di uno o due edifici della Cittadella.
Può essere interessante sottolineare, a questo proposito, che il Ministero per i Beni
e le Attività Culturali aveva costituito proprio nel febbraio 2004, ai sensi dell’art. 2 della l.
16 ottobre 2003, n. 291338, la Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo - Arcus
S.p.A., il cui capitale sociale è stato interamente sottoscritto dal Ministero dell’Economia,
mentre l’operatività aziendale deriva da programmi di indirizzo adottati annualmente con
esercizio delle sue funzioni e, in particolare, per la valorizzazione dei beni culturali e ambientali” poteva
non solo stipulare accordi con amministrazioni pubbliche e con soggetti privati, ma anche “costituire o
partecipare ad associazioni, fondazioni o società”, al cui patrimonio avrebbe potuto partecipare “anche
con il conferimento in uso di beni culturali che ha in consegna” (comma 2). Cfr. G. VOLPE, op.cit., pp. 383 e
389, che vede in questo “un deciso ritocco alle dinamiche dell’azione amministrativa, da concertarsi
secondo il modello della sussidiarietà verticale, con una crescente e benaugurale apertura ad influenza e
sostegno della società civile”.
334 Agli atti risulta solo una richiesta di informazioni della Direzione Generale BAP, che era stata
indirizzata alla neocostituita Agenzia del Demanio, trasmessa in data 4 dicembre 2001 (prot. 23608);
quella fase si caratterizzava per la stretta e positiva collaborazione tra le stesse Soprintendenze e la
segreteria tecnica del Comitato, che a sua volta perorava – senza riscontro da parte dei propri referenti
istituzionali - la necessità e opportunità della sollecita convocazione di una conferenza dei servizi.
335 Lettera del 7 marzo 2003, prot. 1043/03, ad oggetto “Proposta di accordo di programma”.
336 I dubbi legittimamente avanzati dal Direttore dell’Archivio riguardavano i perduranti rischi di
esondazione o comunque di umidità presente nel complesso a seguito dell’alluvione del 1994, oltre alla
possibilità alternativa di trasferire l’Archivio di Stato alla ex-Caserma Valfré, poi risultata indisponibile a
seguito della lettera del Ministero della Difesa Prot. 16401 del 1 aprile 2003.
337 In quello stesso periodo il Ministero ha stanziato e poi speso ingenti risorse per analoghi
interventi relativi alle nuove sedi degli Archivi di Stato di Torino, Vercelli e Asti.
338 Intervenendo a modificare l'articolo 10 della legge 8 ottobre 1997, n. 352, l’art. 2, comma 1,
dispone che ”Il Ministro per i beni e le attività culturali è autorizzato a costituire, con atto unilaterale,
una società per azioni, denominata “Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo ARCUS Spa”, (..) con sede in Roma, avente ad oggetto la promozione e il sostegno finanziario, tecnicoeconomico e organizzativo di progetti e altre iniziative di investimento per la realizzazione di interventi
di restauro e recupero dei beni culturali e di altri interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo, nel rispetto delle funzioni costituzionali delle regioni e degli enti locali”. Il comma 10 specifica che
“La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione finanziaria della Società, ai sensi dell'articolo 12
della legge 21 marzo 1958, n. 259”.
98
Study case
decreto del Ministro per i Beni le Attività Culturali (che esercita in tal modo i diritti
dell’azionista) di concerto con il Ministro delle Infrastrutture.
Lo Stato ha attribuito ad Arcus il compito339 di “sostenere in modo innovativo
progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali,
anche nelle sue possibili interrelazioni con le infrastrutture strategiche del Paese”; a tal fine
la Società ha la facoltà di sviluppare iniziative autonome, sostenendo progetti, individuando
le iniziative considerate più importanti al fine di aiutarle a completare il loro iter
progettuale, intervenendo negli aspetti organizzativi e tecnici, ma soprattutto a partecipare ove opportuno o necessario - al finanziamento del progetto, monitorandone l’evoluzione e
contribuendo in tal modo ad una conclusione positiva dell’iniziativa stessa.
La società si è quindi proposta, sin dalla sua istituzione, come uno strumento
originale per il sostegno e il lancio di iniziative e progetti innovativi nel panorama della
cultura italiana; l’eventuale supporto economico340 sarebbe dunque del tutto strumentale
nell’ambito di un progetto culturale, che dovrebbe essere concettualmente valido e
operativamente condiviso. Tra le iniziative rilevanti ai fini del caso in esame, potrebbero
essere oggetto di assistenza le iniziative finalizzate a:
- promuovere la nascita e la costituzione dei c.d. “bacini culturali”, che sono definiti come “aree
geografiche sulle quali insistono beni culturali emblematici, in una visione integrata e sistemica,
capace di collegare ai beni culturali locali le infrastrutture, il turismo, le attività dell’indotto, i
trasporti”;
- tutelare il paesaggio e i beni culturali attraverso azioni e interventi volti anche a mitigare l’impatto
delle infrastrutture, esistenti o in via di realizzazione;
- predisporre progetti per il restauro, il recupero e la migliore fruizione dei beni culturali;
- individuare e sostenere progetti di valorizzazione e protezione dei beni culturali, attraverso
interventi a forte contenuto tecnologico;
- sostenere la programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi nel settore dei beni
culturali;
- sostenere progetti inerenti il turismo culturale nell’accezione più ampia del termine;
- intervenire nell’ampio settore delle iniziative, tese a rendere pienamente fruibili i beni culturali da
parte dei diversamente abili.
Per la realizzazione delle proprie attività, Arcus si avvale delle risorse previste dalla
Legge Finanziaria per il 2003341, per interventi a favore dei beni e delle attività culturali342.
La Società può ricevere finanziamenti dall’Unione Europea, dallo Stato e da altri soggetti
pubblici e privati; nell’ottica di aggregare attorno ai progetti i possibili stakeholders
potenzialmente interessati ed al fine di “coagulare attorno alle iniziative risorse crescenti e
finanziamenti coordinati”, possono essere coinvolte, inoltre, fondazioni di origine bancaria
339 G. VOLPE, op.cit., pp. 393-394, definisce tale finalità
“una virtuosa collaborazione tra
pubblico e privato, rilanciata dal principio di sussidiarietà orizzontale”.
340 Nell’ambito della mission di Arcus viene particolarmente evidenziato il fatto che essa
“interviene a sostegno organizzativo e finanziario su progetti di rilievo, mentre in nessun modo è
assimilabile un’agenzia di erogazione di fondi, né può essere annoverata fra i distributori a pioggia di
fondi pubblici o privati”, proponendosi come “collante che consente di rendere operativa la capacità
sistemica di promozione e sostegno progettuale per la realizzazione di iniziative mirate a migliorare il
quadro dei beni e delle attività culturali”: www.arcusonline.org.
341 Articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per cui annualmente il 3% degli
stanziamenti previsti per le infrastrutture è destinato ad Arcus S.p.A.
342 La selezione e gestione dei progetti è gestita secondo le prescrizioni normative di cui al
regolamento approvato con d.m. 24 settembre 2008, n.182.
99
Massimo Carcione
e non, enti locali, esponenti della società civile, università e soggetti privati343.
Poiché sino ad oggi non risulta essere stato attivato alcun intervento sulla Cittadella,
e neppure una qualche forma di interessamento o indagine preliminare intesa a tal fine,
resta da verificare se ciò sia dovuto al mancato o inadeguato funzionamento dello
strumento privatistico in questione, oppure se il Ministero non reputa la Cittadella di
Alessandria sufficientemente emblematica, e ciò proprio nel momento in cui la propone ai
fini della eventuale candidatura alla Lista del Patrimonio mondiale344.
7.
Quadro sintetico delle competenze istituzionali
Concludendo, ben poco è stato fatto e quasi tutto resta da fare da parte di Stato e
Regione per l’effettivo dispiegamento di adeguate misure di tutela e valorizzazione, a
garanzia del già ricordato diritto di ciascuno alla protezione del patrimonio culturale dal
rischio assai concreto di abbandono e degrado da parte della stessa mano pubblica: il che
vale a ulteriore riprova che la “presunzione di tutela” operante in virtù del Codice con
riferimento ai beni demaniali, appare piuttosto inattendibile e discutibile.
Nel loro insieme, i diversi enti e uffici facenti direttamente o indirettamente capo al
Governo, come tali vincolati in primo luogo al principio di legalità (che implica il rispetto di
tutte le leggi, ivi comprese quelle di ratifica dei trattati UNESCO in materia di garanzia dei
diritti culturali e di protezione patrimonio culturale), devono perseguire esclusivamente
l’interesse nazionale, nello spirito del nuovo art. 118 comma 1 Cost.; in questo senso i
criteri posti alla base del loro intervento dovrebbero quindi essere costituiti dai principi di
differenziazione e adeguatezza, dando per scontato che la competenza ad agire sia stata (o
resti al momento) demandata agli organi dello Stato nell’intento di assicurare l’esercizio
unitario delle relative funzioni, “sulla base del principio di sussidiarietà”, il che non risulta
sempre individuabile in modo del tutto chiaro e pacifico.
Se e quanto tale modus operandi persegua effettivamente l’interesse nazionale alla
tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, o piuttosto sia il risultato di meri calcoli
finanziari e di opportunità, dettati da ragioni di convenienza tecnico-contabile in capo a
ciascuna amministrazione pubblica, che si ritiene di conseguenza legittimata345 ad agire uti
dominus nei confronti di beni che invece appartengono alla Nazione (se non all’Umanità), lo
si lascia alla prudente valutazione di chi legge.
È superfluo sottolineare, infine, che il perdurare anche negli anni recenti di tale
atteggiamento da parte delle amministrazioni statali si pone ancor più in contraddizione
con lo spirito dell’art. 2 della l. n. 77/2006, il quale nell’attribuire priorità di intervento ai
progetti di tutela e restauro dei siti UNESCO (e dunque, almeno in prospettiva, anche di
quelli candidati a tale riconoscimento), ancora una volta da regolarsi sulla base di uno
specifico accordo di programma, non può non costituire almeno un’indicazione di
attenzione proprio in vista della Auspicabile candidatura e iscrizione nella Lista del
Cfr. C. BARBATI, Arcus SpA: il modello societario, in Aedon, (2) 2005.
Analoghe considerazioni possono essere fatte, evidentemente, quanto alla destinazione di
fondi statali resi disponibili dall’8 per mille, dal gioco del Lotto o in occasione della stessa già citata
ricorrenza del 150° dell’Unità d’Italia.
345 La considerazione vale in primo luogo per l’Esercito e poi per l’Agenzia del Demanio, ma
non è poi molto diverso l’atteggiamento del Ministero per i Beni culturali, laddove si trovi a disporre
direttamente di un sito monumentale per la cui gestione chiede il sostegno finanziario delle
amministrazioni locali e delle associazioni di volontariato, come nel caso del già citato Forte di Gavi,
salvo poi negarne o limitarne fortemente la fruizione.
343
344
100
Study case
patrimonio mondiale circa di un sito ormai formalmente inserito in tentative list.
Proprio l’analisi di questo caso di studio risulta quindi illuminante, per chiarire
quanto possa risultare utile, al fine di risolvere gran parte di queste dispute e controversie,
partire laicamente dal caso concreto, in modo da fare piazza pulita una volta per tutte di
certe distinzioni puramente nominalistiche, ma più ancora della pretesa di dimostrare la
sostanziale coincidenza tra le diverse competenze e funzioni, che la dottrina (qui è davvero
il caso di dire “a tavolino”) sosteneva e sostiene essere indissolubilmente connesse, dal
momento che:
- l’Esercito (ente dello Stato) che fino al 2007 ha curato la gestione della Cittadella,
qualche volta ne ha assicurato una pur minima fruizione, ma da anni ormai non si
occupava minimamente di garantirne la conservazione (tutela) e non ha fatto quasi
nulla per favorirne la valorizzazione in senso proprio;
- il Demanio (ente dello Stato), che è subentrato nella gestione dopo il 2007, ha
concesso qualche volta il bene a soggetti terzi a scopo di fruizione, ma soprattutto
di introito dei relativi canoni di concessione, senza curarsi minimamente della
conservazione; anzi, ha mostrato di curare la valorizzazione esclusivamente per suo
il profilo economico-finanziario, e non certo nello spirito dell’art. 6 del Codice;
- l’AIPO (ente dello Stato) ha ottenuto una temporanea e parziale gestione in
concessione, avviando interventi di restauro conservativo soggetto alla funzione di
tutela, che però non avevano alcuna finalità di valorizzazione, non essendo intese
alla fruizione;
- la Soprintendenza BAP evidentemente non è l’unica articolazione dello Stato
incaricata di amministrate i beni culturali di proprietà nazionale; essa non ha mai
svolto alcuna attività di gestione diretta con riferimento ai due complessi
monumentali, ma ha assicurato le proprie essenziali funzioni di tutela, esercitando le
relative prerogative ai soli fini dell’approvazione dei progetti e del controllo del
relativo corretto adempimento; questo è avvenuto in particolare a partire dal 1997,
soprattutto grazie all’avvio delle attività di valorizzazione da parte della Provincia;
- la Provincia e il Comitato (e, solo per il tramite di quest’ultimo, la Regione e i
privati), invece non hanno mai esercitato in modo diretto la gestione, salvo
sporadiche iniziative; essi hanno però operato sin dal 1997 per avviare e realizzare
interventi di valorizzazione nel senso proprio e pieno del termine, in forma di studi e
progetti (finalizzati alla migliore conservazione), ed anche mostre, manifestazioni,
spettacoli (fruizione); per questi interventi lo Stato si è limitato a un mero ruolo di
finanziatore, tramite il CIPE;
- analogamente si sono svolti gli interventi di valorizzazione, svolti ancora dalla
Provincia, nel sito storico di Marengo (finalizzati alla fruizione), i quali hanno
richiesto una preventiva attività di recupero e conservazione, a sua volta assoggettata
alla competenza statale di tutela;
- il Comune, infine, ha chiesto e ottenuto solo in tempi relativamente recenti la gestione
(in custodia o concessione), ma dal 2007 al 2011 non ha promosso né curato alcun
serio intervento di conservazione – salvo qualche attività di “pulizia” di dubbia
correttezza tecnica e formale – limitandosi per il resto a iniziative di pura fruizione
che non sempre sono state considerate del tutto appropriate, dal momento che
hanno dimostrato di possedere solo in parte caratteri di autentica e duratura
valorizzazione.
Per completare il quadro, occorre ricordare che nello stesso periodo e nello stesso
contesto territoriale, con riferimento ad altri grandi beni culturali di proprietà dello Stato,
gli uffici periferici piemontesi del Ministero per i Beni culturali hanno invece curato la
101
Massimo Carcione
progettazione e direzione dei lavori di recupero e restauro: basti pensare al complesso
monumentale di Santa Croce di Bosco Marengo, proprietà di Demanio e FEC, in
concessione al Comune; al sito archeologico di Libarna, nel quale gli stessi uffici assicurano
una minima fruizione, tramite una cooperativa e d’intesa con il Comune.
Solo per il Forte di Gavi, dunque, essi esercitano sia la gestione che la
conservazione e valorizzazione, finalizzati alla fruizione; le attività di tutela si sono
concretizzate in una serie di interventi di restauro conservativo, che hanno potuto
beneficiare di fondi statali, ma quanto alla fruizione si è potuta solo assicurare l’apertura al
pubblico, con un orario limitato e non poche difficoltà di accesso346.
Per consentire, invece, l’avvio di serie e durevoli politiche di valorizzazione, è stato
necessario che la Provincia e la Regione sostenessero il Comune nell’organizzazione delle
prime iniziative347, cui la Soprintendenza BAP per un certo periodo ha opposto non poche
resistenze e difficoltà di natura tecnica e burocratica, per poi accettare e condividere tale
sforzo ottenendo “in cambio” non pochi interventi di promozione e miglioramento delle
misure di sicurezza, che quasi certamente non avrebbe potuto realizzare con risorse
proprie348.
e.
Il contributo della giurisprudenza amministrativa
Nel corso del decennio che ha visto il dispiegarsi dei numerosi procedimenti
analiticamente esposti poc’anzi si sono registrati solamente due ricorsi amministrativi, che
peraltro hanno riguardato solo in modo marginale (salvo che per uno specifico aspetto) la
valorizzazione del sito storico-militare in oggetto, senza incidere in alcun modo sui diversi
profili di illegittimità che sono stati sin qui adombrati.
Questo vale in una certa misura a testimoniare le perduranti reticenze soggettive,
cui si aggiungono oggettive difficoltà (anche di ordine economico) ad adire le sedi
giurisdizionali, al fine di tutelare adeguatamente – quanto meno in via indiretta – i diritti e
gli interessi culturali teoricamente garantiti da tutte le norme sin qui citate, che si trattasse di
disposizioni in materia di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione, di
tutela del patrimonio culturale, come pure di corretta gestione delle funzioni in materia di
conservazione e restauro di beni storico-artistici.
In questo caso l’attività è coordinata da un funzionario responsabile avente sede presso gli
uffici amministrativi di Novara (che quindi si reca a Gavi occasionalmente) e può quindi contare in loco
su un solo custode, dipendente statale, che vive relegato tra le mura del forte stesso. La strada di accesso
e il parcheggio non consentono l’arrivo di autobus turistici di grandi dimensioni, ed anche il numero di
auto che possono parcheggiare in simultanea è limitato; quanto all’orario di visita, che in precedenza era
alquanto limitato, negli anni recenti solo grazie alla nascita dell’Associazione “Amici del Forte di Gavi” è
stato possibile estenderlo all’intera settimana, ma nel periodo invernale è previsto solo fino alle 15.30
(inclusi sabato e domenica).
347 In particolare si tratta dell’organizzazione di convegni, mostre e visite guidate, con
l’inserimento in circuiti turistici, oltre alla costituzione dell’associazione “Amici del Forte”.
348 Si fa riferimento in particolare alla mostra d’arte contemporanea Polemos, allestita nel 2006
per iniziativa di Provincia e Fondazione CR Alessandria nei locali del Forte, che ha richiesto diversi
interventi (poi rimasti a beneficio del sito) come ad esempio l’installazione di un sistema di
videosorveglianza, senza contare le altre positive ricadute organizzative e promozionali.
346
102
Study case
1.
Le sentenze sul concorso di idee
Oggetto della prima vertenza, conclusasi con una Sentenza del Consiglio di Stato 349,
è stata la delibera con cui la Giunta provinciale di Alessandria, ha concluso l’iter del
concorso internazionale di idee per il recupero e la valorizzazione della “Cittadella
militare”, che era stato indetto350 al fine di individuare la migliore proposta ideativa, con
assegnazione di tre premi in denaro ai migliori progetti, oltre al rimborso delle spese per gli
altri concorrenti utilmente collocati in graduatoria; con tale deliberazione (n. 333 del 17
maggio 2006) si prendeva atto delle valutazioni della commissione di gara che con
riferimento alle 19 proposte progettuali pervenute, aveva deciso di non formulare la
graduatoria prevista dal bando e di non assegnare i premi del concorso a causa della
ritenuta “generalizzata inadeguatezza” delle proposte ideative presentate, rispetto agli
obbiettivi del concorso.
La procedura, dopo la verifica della regolarità formale dei plichi e del possesso dei
requisiti di ammissione e prima della valutazione dei singoli progetti sulla base dei criteri
dell'art. 15 del bando, aveva comportato infatti la valutazione di ciascun idea progettuale al
fine di verificarne la conformità agli obbiettivi che avevano giustificato l'organizzazione del
concorso. Sulla base delle “Linee guida” allegate al bando, si trattava di valutare l’attinenza
delle soluzioni prospettate con riferimento alla localizzazione del complesso, alla sua
integrazione nella realtà territoriale con finalità propulsive dell'economia, alle destinazioni
d'uso degli immobili, alla conservazione dell'aspetto unitario del complesso, anche con
finalità espositive; il tutto alla luce della compatibilità con il sistema di viabilità e parcheggi,
di salvaguardia degli strumenti urbanistici ed infine (verrebbe però da dire last but not least,
dal momento che in realtà si tratta del primo e più rigido vincolo, operante ex lege) di tutela
delle strutture di interesse storico-artistico.
Tali valutazioni presupponevano dunque una verifica globale dei singoli elaborati,
considerati nella loro unitarietà, al fine di verificare l’adeguatezza delle proposte rispetto agli
obbiettivi del concorso: si trattava dunque di valutazioni “ampiamente discrezionali e
preliminari rispetto ai criteri di valutazione dei singoli progetti”.
Secondo il Consiglio di Stato non sono state ritenute condivisibili le censure
secondo cui “la commissione avrebbe dovuto, in base al disciplinare, valutare le proposte
ideative ammesse alla selezione ed attribuire alle stesse un punteggio, con conseguente
attribuzione dei premi”, dal momento che “sarebbe rimasta frustrata la stessa finalità del
concorso, atteso che sarebbero stati, comunque, premiati, anche sulla base di punteggi
minimi, progetti di nessuna utilità, perché posti di fuori degli indirizzi di intervento indicati,
dalle ‘Linee guida’, come limiti concorsuali generali”.
Un ulteriore motivo di gravame risiedeva nell’asserita incompetenza e violazione
dell'art. 107 del T.U. n. 267/00 e degli artt. 49 e 53 dello Statuto della Provincia, in quanto
la delibera conclusiva del procedimento avrebbe dovuto essere assunta dal dirigente
competente e non dalla Giunta provinciale; il ricorso è stato anche sotto questo profilo
respinto, in via preliminare, trattandosi di atto meramente esecutivo di quanto già deliberato
dalla commissione di gara351.
349 Sentenza della quinta sezione n. 6843/09, sul ricorso in appello n. 2008/2007 dell’8 marzo
2007, presentato dai progettisti concorrenti ai fini della riforma della Sentenza TAR Piemonte I, n.
21/07.
350 Indetto con d.g.p. n. 501/2005; il bando di concorso prevedeva che la giuria avrebbe dovuto
tener conto di quattro criteri di valutazione, consistenti nella “idea progettuale”, nella “qualità
architettonica complessiva”, nella “qualità metodologica” e nel “piano economico finanziario”.
351
Ulteriore motivo di gravame in appello riguardava, in subordine, l’asserita illegittimità del
103
Massimo Carcione
Già secondo il TAR Piemonte, nella sentenza di prima istanza352, “il giudizio di
sostanziale inadeguatezza di tutte le proposte rappresenta una valutazione di merito, frutto
della discrezionalità tecnica della giuria all’uopo nominata, e non può essere sindacata dal
giudice se non per palese illogicità che nella specie non è dato riscontrare.
La giuria di valutazione ha considerato che nessuna proposta fosse congruente con
gli obiettivi e le attese che hanno giustificato l’organizzazione del concorso”, il che ha reso
irrilevante l’applicazione dei criteri di valutazione, atteso che tutte le proposte sono state
ritenute inammissibili. Anche nella sentenza di primo grado, Infine, è stata giudicata
infondata l’eccezione di competenza della Giunta, dal momento che la decisione è stata
definita una “mera presa d’atto del risultato al quale è pervenuto l’organico tecnico”, cioè la
giuria di valutazione.
L'appello è stato, pertanto, respinto sia dal TAR che da CdS, dovendo considerarsi
infondati tutti i motivi di gravame proposti, con l’ovvia conseguente reiezione della
domanda risarcitoria. Se sul primo e principale punto la decisione dei giuridici
amministrativi è del tutto condivisibile (senza ovviamente entrare ulteriormente nel merito
delle valutazioni della Commissione, della cui forse eccessiva discrezionalità tecnica si è già
detto supra) si rileva che la presa d’atto dei risultati di gara, ai sensi dell’art. 107 comma 2 del
TUEL, tanto più in quanto definito atto tecnico e non discrezionale, è tipico atto
dirigenziale per il quale non serve certo una decisione della Giunta, organo di indirizzo
politico353.
2.
La sentenza sulla demolizione del “Ponte Cittadella”
La terza sentenza, ancora una volta del TAR Piemonte354, è stata invece sollecitata
dal ricorso (n. 905/2009) presentato dall’associazione Nazionale “Italia Nostra”, dalle associazioni locali “La Cittadella di Alessandria 1728” e “E.R.I.C.A. i due fiumi Onlus”, oltre
che da due privati cittadini355, che mirava all'annullamento della Deliberazione della Giunta
Comunale di Alessandria356 con la quale era stata decisa la demolizione del Ponte Cittadella
sul fiume Tanaro in Alessandria città, l’approvazione del verbale di dichiarazione di somma
urgenza del progetto esecutivo di demolizione, il finanziamento di spesa e le modalità di affidamento dei lavori.
disciplinare per violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara; anche in questo caso
l’eccezione è stata respinta dal CdS.
352 Sentenza della prima sezione n. 21/2007 (n. 1005/2006 Reg.Gen.) in data 17 gennaio 2007
353 Il TUEL attribuisce espressamente (c.2 lettera b)al dirigente “la responsabilità delle
procedure d’appalto e di concorso”; a conferma di ciò, si veda l’obiezione presentata dell’Avvocatura
provinciale nella Memoria in vista dell’udienza del 29 settembre 2006, secondo cui l’eccezione era da
ritenersi infondata, essendo la competenza della Giunta prevista all’art. 79 del Regolamento per la
disciplina dei Contratti dell’ente, espressamente richiamato nella delibera impugnata, da cui deriva che
“le doglianze di controparte avrebbero dovuto quindi essere dirette contro detto Regolamento, che però
non è stato oggetto di impugnazione”. Cfr. E. CASETTA, op.cit., pp. 544-546.
354 Sentenza n. 3272/2009, in data 5 novembre 2009
355 Si trattava dei signori Enzio Notti e Franco Borsalino, in realtà membri attivi e dirigenti
locali rispettivamente di Italia Nostra e de La Cittadella di Alessandria 1728.
356 D.g.c. n. 212/2101N.487 in data 10.7.2009, intitolata “Ponte Cittadella sul Fiume Tanaro.
Approvazione demolizione del Ponte. Approvazione verbale di somma urgenza ai sensi dell’art. 147
d.p.r. n. 534/1999. Approvazione progetto esecutivo di demolizione finanziamento spesa. Approvazione
modalità di affidamento dei lavori”. La deliberazione era motivata con l’esigenza di rimuovere una
condizione di pregiudizio per la pubblica incolumità, atteso che le caratteristiche strutturali del ponte
non avrebbero assicurato il deflusso della piena idrica.
104
Study case
Nel febbraio del 2001, il Comune (proprietario del manufatto dal 1997), considerata
l’esistenza del vincolo, aveva inoltrato istanza di autorizzazione all’abbattimento del ponte
della Cittadella; il Comitato di settore per i beni ambientali e architettonici, però,
confermando l’interesse storico-monumentale della struttura, si era espresso
negativamente, prescrivendo la ricerca di soluzione alternative che contemplassero il
mantenimento in funzione del ponte. Infatti sul ponte “cosiddetto della Cittadella”,
edificato alla fine del XIX secolo (i lavori terminarono nel 1891), la Soprintendenza BAP
aveva apposto, con atto del 7 gennaio 1997, il vincolo storico-artistico previsto dall’art. 4
della l. n. 1089/1939, motivando tale scelta con riferimento al ruolo preminente che il
ponte aveva avuto nella storia della Città.
In un successivo incontro, svoltosi il 7 maggio 2009, cui avevano partecipato tra gli
altri i rappresentanti della Prefettura di Alessandria, del Dipartimento per la protezione
civile, dell’Autorità di bacino del fiume Po, la Soprintendenza BAP del Piemonte aveva
tuttavia condiviso e sottoscritto357, nonostante la presenza del vincolo, la conclusione
evidenziante “alla luce dei recenti eventi alluvionali, la necessità della demolizione del ponte
della Cittadella”.
Tra i motivi di gravame risultava in particolare pertinente al nostro tema l’asserita
violazione di legge (d.lgs. 22.1.2004, n. 42 – artt. 20, 21 e 22), in quanto la demolizione di
un immobile sottoposto a vincolo richiedeva la previa autorizzazione ministeriale, non surrogabile dalla declaratoria di somma urgenza resa dal responsabile unico del procedimento358.
Rimandando a un successivo approfondimento le interessanti considerazioni della
prima sezione del TAR Piemonte in merito alla legittimazione ad agire delle diverse
associazioni culturali, merito del ricorso ci si può limitare a ricordare che il ricorso
introduttivo è stato dichiarato in parte inammissibile e in parte è stato respinto (e così pure
i ricorsi per motivi aggiunti), nei sensi di cui in motivazione, tra i quali si riporta solo il
principale punto 3.1, dal quale risulta che il verbale impugnato, con cui si dava corso alla
demolizione “è stato sottoscritto, tra gli altri, dal Soprintendente per i beni architettonici e
paesistici del Piemonte e ne documenta in modo chiaro, inequivoco e concludente359 la
decisione di autorizzare la demolizione del ponte, pur in presenza del vincolo
monumentale, alla sola condizione che fossero mantenute (come effettivamente avvenuto)
una o due arcate che conservassero la memoria architettonica del manufatto. (…)”
Quanto alla validità ed efficacia della decisione, richiamando il “principio di libertà
delle forme”, il Tribunale amministrativo ha affermato che la sua “incontestabile irritualità”
non è da ritenersi pregiudizievole, “essendo nella stessa individuabili con chiarezza
Con successiva nota del 8 luglio 2009, il Direttore della Direzione regionale per i beni
culturali e paesaggistici del Piemonte, preso atto delle determinazioni assunte nella riunione del 7 maggio
2009, aveva rappresentato l’esigenza che fossero conservate le due arcate in corrispondenza delle testate,
non ancora interessate dai lavori di demolizione.
358 Tra gli stessi motivi di gravame, al secondo punto, si contestava anche il fatto che “l’avviso
verbale favorevole alla rimozione del ponte, asseritamente espresso dal Direttore generale per i beni
architettonici e dal Direttore regionale del Ministero, non era idoneo a rimuovere il vincolo
monumentale gravante sul bene”.
359 Al fine di fornire un’univoca interpretazione dei contenuti del verbale, alla luce del suo
tenore letterale, il TAR così ricostruisce il passaggio cruciale: “Il Soprintendente prende atto
(del)l’inderogabile necessità della demolizione del Ponte Cittadella e della soglia (…). Questo anche in
ragione della pericolosità evidenziatasi durante il recente evento di piena del Tanaro e alla luce degli
ulteriori studi disponibili”; viene richiamato a ulteriore conforto di quanto sopra l’ultimo periodo del
verbale, nel quale “le amministrazioni convenute concordano di avviare immediatamente il percorso per
la costruzione del nuovo ponte e fissano, a tempi brevi, un nuovo incontro per definirne le modalità”.
357
105
Massimo Carcione
l’autorità emanante, l’oggetto e il contenuto dispositivo ed essendo presente la
sottoscrizione dell’atto da parte del Soprintendente, ossia di un organo del dicastero
preposto alla tutela del vincolo”360.
Senza entrare nel merito dell’opportunità di fare appello alla libertà delle forme 361, si
rileva tuttavia che per conseguire il risultato di superare il vincolo storico-artistico sarebbe
stata necessaria (oltre che assai opportuna) la formale convocazione di una conferenza di
servizi ai sensi dell’art. 14 della l. n. 241/90362.
Tanto più che, dopo un primo protocollo sottoscritto in data 31 luglio 2009 (al
quale non ha partecipato la Direzione Regionale Beni culturali), tale procedura è stata
adottata poche settimane dopo dal Comune di Alessandria, d’intesa con il Dipartimento
della Protezione Civile e la Regione Piemonte, attivando la conferenza di servizi che ha
portato alla firma dell’accordo di programma (avvenuta il 22 dicembre 2009), che è stato
però specificamente finalizzato al finanziamento delle opere di realizzazione del nuovo
ponte363.
Esito parimenti negativo hanno avuto le ulteriori eccezioni proposte dai ricorrenti in merito
al difetto di motivazione, al difetto di forma scritta, all’eccesso di potere per contraddittorietà e per
travisamento dei fatti (quest’ultimo in particolare circa l’affermata urgenza di procedere alla
demolizione).
361 In virtù del quale in ambito contrattuale “in difetto di norme specifiche che impongano
l'adozione di una forma particolare a pena di nullità, le parti sarebbero libere di perfezionare l'atto senza
che il medesimo rivesta una forma determinata”: cfr. M. GIORGIANNI, voce Forma degli atti, in Enc.dir.,
p.990; si veda anche l’art. 121 cod.p.civ., che recita: “Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede
forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo”.
V. anche F. MACIOCE, Appunti sulla forma negli atti unilaterali. Sul principio della libertà delle forme, in Studi in
onore di Giorgianni, Napoli, ESI, 1988, p. 461.
362 Cfr. CASETTA, op.cit., pp. 395-396 e 447 ss. (in particolare p. 453) che inquadra tale fattispecie
come necessitante una conferenza “decisoria esterna”, che peraltro non sarebbe neppure sufficiente
(comma 3 dell’art. 14 quater) ai fini del superamento dell’eventuale dissenso dell’autorità di tutela del
patrimonio storico-artistico, per cui è richiesta addirittura una decisione del Consiglio dei Ministri. Si
veda anche G. COMPORTI, Conferenze di servizi e ordinamento delle autonomie, in Dir. Amm., 1998, p. 203.
363 A tale accordo non ha dunque partecipato il Ministero per i Beni culturali; il testo si limitava
a richiamare nelle premesse la legge 1 giugno 1939, n. 1089, recante “Tutela delle cose di interesse artistico o
storico” (con particolare riferimento agli articoli 1 e 4) e la nota della Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici del Piemonte prot. 8912/09 34.16.01/1.1 dell’8 luglio 2009, con la quale la stessa
aveva “preso atto dello stato di pericolosità del Ponte dichiarato dalle Autorità competenti”.
360
106
Study case
4.
CRITICITÀ RILEVATE
Si è dunque verificato che tutta l’attività di progettazione e i conseguenti, pur
minimi, interventi di conservazione e riutilizzo del sito storico sono stati sempre improntati
al rispetto del principio di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico di cui all’art. 9
Cost., e con esso del diritto, spettante a ogni individuo come alla comunità locale e
nazionale, alla protezione di tale patrimonio.
Ciò non toglie che, nel caso in esame, quest’ultimo risultato non sia stato affatto
conseguito ed anzi con esso siano risultati in parte pregiudicati altri diritti di natura
culturale, ad esempio con riferimento al rispetto formale e sostanziale delle norme in
materia di libertà della ricerca scientifica, di informazione e partecipazione della comunità
locale alle decisioni, di effettiva fruizione dei siti monumentali, e così via.
Proviamo allora ad analizzare nuovamente, in questa ottica, la nostra vicenda,
evidenziando puntualmente alcune criticità, rispetto alle quali potranno in seguito essere
individuati e definiti, nelle opportune sedi istituzionali ed amministrative (e poi
auspicabilmente essere anche sperimentati) ulteriori processi di valorizzazione e gestione
integrata, improntati alla leale collaborazione tra gli enti e al buon andamento dell’azione
amministrativa, che risultano indispensabili ai fini dell’effettiva garanzia di tutti i diversi
diritti culturali coinvolti.
a.
Indirizzi politici tardivi e non basati sulla ricerca scientifica
1.
Gli atti di indirizzo e i loro fondamenti cognitivi
Il primo elemento che scaturisce dall’analisi puntuale dalle vicende in esame, è
costituito dallo scarso coinvolgimento, nei diversi procedimenti, delle istituzioni culturali e
scientifiche operanti in città: è emblematico in tal senso che per i primi dieci anni di
svolgimento dell’iter, l’intera Università del Piemonte Orientale364, con le sue Facoltà, i
Dipartimenti, i Centri di eccellenza, i Dottorati di ricerca e i singoli studiosi (in specifico
giuristi, economisti, storici365 e sociologi), non sia mai stata formalmente e direttamente
coinvolta nelle diverse fasi di studio, elaborazione e definizione delle scelte programmatiche
e progettuali, malgrado la disponibilità di competenze tecnico-scientifiche certamente
elevate366.
364 Nonostante che l’Ateneo fosse stato indicato sin dagli anni ’80 come potenziale destinatario
almeno di parte della struttura, in nessuno dei diversi “tavoli” tecnici e istituzionali ricordati è mai stato
chiamato a partecipare il Rettore o un suo rappresentante tecnico.
365 Solo recentemente il Dipartimento POLIS (Laboratorio CAST) ha condotto in modo
autonomo uno studio a carattere storico-territoriale, coordinato dal prof. Angelo Torre, che ha prodotto
il convegno internazionale “Fortezze. Guerra, valorizzazione, società, archeologia, gestione: nuovi
approcci di studio e gestione del bene culturale militare”, svoltosi in Università e in Cittadella dal 25 al 27
febbraio 2010.
366 È poco significativo a tal fine la circostanza che alcuni docenti universitari siano stati
chiamati a far parte dei gruppi di lavoro costituiti da altre realtà locali (ad esempio da Energia e
107
Massimo Carcione
Lo stesso è avvenuto per altre istituzioni caratterizzate dalla capacità di studiare,
ricercare, analizzare e proporre soluzioni, sulla base della migliore conoscenza della storia e
dell’identità locale, come l’Isral “C.Gilardenghi”367, la secolare Società di Storia, Arte e
Archeologia (nota anche come “Accademia degli Immobili”), oppure l’Associazione
“Cultura e Sviluppo” (ACSAL).
Il mancato coinvolgimento sin dal primo momento, come supporto tecnicocognitivo degli organi istituzionali e decisionali368, delle istituzioni locali di ricerca può
dunque essere individuato come plausibile concausa della non brillante dimostrazione di
capacità programmatoria e di indirizzo politico delle diverse Amministrazioni pubbliche del
territorio.
Se infatti si procede a un’analisi obiettiva degli esiti, a loro volta alquanto infausti,
della fase più squisitamente tecnico-progettuale della vicenda, risulta evidente che per
portare a compimento in modo più efficiente ed efficace la fase progettuale, sarebbe stato
opportuno (se non addirittura doveroso, ad una lettura rigorosa del TUEL) avvalersi in
modo ben più diretto ed esplicito, se non altro per giustificare le risorse impiegate, delle
molte indicazioni scaturite dalle varie ricerche sin qui richiamate369.
Dal punto di vista amministrativo, gli atti a ciò finalizzati avrebbe assunto natura e
forma di indirizzo politico adottato dai diversi organi degli Enti locali a tal fine deputati;
essi avrebbero potuto condizionare positivamente i successivi procedimenti di
programmazione e pianificazione a tutti i livelli, adottabili a loro volta previa discussione
degli organi consiliari competenti.
Non appare inutilmente ripetitivo, a questo proposito, ricordare che invece il
Consiglio Provinciale, fatta salva la variazione di bilancio del 1997370, non risulta avere
discusso e approvato alcun indirizzo politico in materia, fatta eccezione per qualche
occasionale riferimento alla vicenda, inserito nelle Relazioni previsionali e programmatiche
allegate ai vari Bilanci di previsione o al piano delle opere pubbliche371.
Territorio SpA per Marengo), oppure che taluni esperti delle amministrazioni locali siano stati invitati a
tenere in Università lezioni, seminari, oppure a seguire tesi di laurea relative alla vicenda in esame: in
entrambi i casi si è trattato di collaborazioni a titolo individuale, senza andare al di là della mera
condivisione di dati e informazioni.
367 L’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea, è stato istituito nel
1977 come consorzio di enti locali e poi riconosciuto in virtù della l.r. 2 luglio 2008, n. 20, che ha
modificato la l.r. 22 gennaio 1976, n. 7 (Attività della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori
della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana).
368 Si noti che nemmeno al CeDRES, servizio della Provincia di Alessandria particolarmente
qualificata e attrezzata in ambito socio-economico (avendo alle spalle quasi cinquant’anni di ricerca)
sono mai state affidate specifiche ricerche o indagini in tal senso.
369 Sarebbe stato in questo modo possibile, ad esempio, adottare alcune scelte chiare e univoche
in merito alla destinazione complessiva della Cittadella e alla riorganizzazione urbanistica dell'area su cui
essa insiste, a monte e in via preliminare rispetto all’attività progettuale vera e propria.
370 D.c.p. n. 109/53468 del 20 ottobre 1997, ad oggetto “Bilancio di previsione 1997 – XVIII
variazione di bilancio”, che si limitava a richiamare le linee guida della ricerca già espresse dalla
precedente d.g.p. n. 2232/1996 e riportate nel testo.
371 Le delibere di approvazione delle diverse procedure di affidamento o appalto, relative a tutte
le fasi progettuali, sono state sempre adottate dalla Giunta Provinciale o dai dirigenti competenti: cfr. in
particolare Determinazioni dirigenziali n. 369/151356 del 23 dicembre 2003 e n. 52 del 31 marzo 2004
di affidamento e d.g.p. n. 408/75372 dell’8 giugno 2005 di approvazione dello studio di fattibilità; d.g.p.
n. 551/103295 del 3 agosto 2005 (approvazione del bando del concorso di idee) e Determinazioni
dirigenziali n. 24/96948 del 19 luglio 2005 e n. 25/134238 del 10 ottobre 2006 (appalto di progettazione
del parco).
108
Study case
In seguito, le riunioni del Comitato372 e l’attività progettuale dalla Provincia si sono
concentrate quasi totalmente sugli aspetti politico-istituzionali e sulle problematiche
tecniche e finanziarie, quasi che si intendesse demandare ai progettisti le scelte strategiche,
lasciando agli amministratori locali solo l’incombenza di metterle in atto, trovando i fondi e
le forme amministrative per realizzarle373.
Si è dunque dovuto attendere374 il 19 maggio 2008 per poter disporre di un vero e
proprio atto di indirizzo, adottato peraltro non dalla Provincia ma dell’ente primariamente
competente in via di sussidiarietà, cioè il Comune di Alessandria: atto solennemente
annunciato dal Sindaco nell’ultima riunione del Comitato (maggio 2005), ma approvato dal
Consiglio Comunale375 solo tre anni dopo, in virtù di un lungo iter che ha incluso la
consultazione di associazioni e enti esponenziali in Commissione consiliare Cultura.
Dal documento in questione scaturivano alcune chiare linee guida operative, che si
riportano testualmente:
- assunzione del ruolo di leader di progetto da parte del Comune di Alessandria;
- rilancio del Comitato per la Cittadella con revisione dello Statuto, che prenda atto del ruolo di
leader da assegnare al Comune, in ragione del fatto che esso è l’unico partner identificato nei
rapporti con l’Agenzia del Demanio;
- programmazione ed organizzazione degli eventi locali di “Italia 150” a cura del Comitato, che
diventa di fatto l’attività di start up del dibattito sulla Cittadella;
- conseguente identificazione della Cittadella come “quartiere generale” degli eventi di “Italia 150”;
- collocazione, fisica e statutaria, del Comitato per la Cittadella presso locali della stessa;
- creazione di una banca dati e di un forum aperto, unito alla formula del town meeting;
- immediato impiego della Cittadella per attività istituzionali ordinarie;
- attuazione delle fasi di identificazione e di formulazione di ipotesi di progetto a cura del riformato
Comitato per la Cittadella , che si avvale di un supporto tecnico di un gruppo di lavoro, e
successiva loro trasmissione al Comitato di Piano Strategico della Città di Alessandria, per la
verifica di finanziamento e fattibilità finanziaria e per la valutazione sulla coerenza strategica.
Le indicazioni più precise ai fini della ridefinizione delle relazioni istituzionali e
organizzative tra gli enti sono però rimaste al momento lettera morta, a partire dalla
revisione dello Statuto e dal rilancio del Comitato per la Cittadella, dalla sua collocazione
(evidentemente di non poco valore simbolico) all’interno della fortezza, mentre la
programmazione ed organizzazione in Cittadella degli eventi di “Italia 150”, che si sarebbe
Mentre il primo Comitato informale era stato istituito solo con una deliberazione dell’organo
esecutivo della Provincia, la successiva costituzione del Comitato di diritto privato (luglio 2001) ha
richiesto la previa approvazione del relativo statuto da parte di tutti gil enti fondatori; soltanto in questi
atti si potrebbe dunque ravvisare, seppure in forma assai indiretta e implicita, una qualche natura di atto
generale e condiviso, quanto meno sul piano metodologico, di indirizzo politico.
373 L’esperienza amministrativa dimostra che in molti casi è invece necessario prima decidere
forme e destinazioni, e solo in base a queste cercare di individuare e poi attivare le eventuali possibili
fonti di finanziamento pubblico (dal livello locale-regionale a quello europeo) e anche privato. Questo
vale in particolare per l’eventualità di accesso a fondi strutturali o a progetti tematici dell’UE, che
peraltro non hanno mai incluso la città di Alessandria (al contrario ad esempio di Novi e Tortona, da
tempo definite e finanziate in modo rilevante in quanto zone a declino industriale) nei rispettivi ambiti
territoriali.
374 In precedenza erano stati diversi i dibattiti consiliari sul tema, con riferimento però a
specifiche questioni sollevate da interpellanze, mozioni o ordini del giorno di singoli consiglieri
comunali, quasi sempre in seguito a notizie di stampa circa l’evolversi della vicenda.
375 D.c.c. n. 54/2008 ad oggetto “Atto preliminare di indirizzo per la valorizzazione del
complesso denominato Cittadella di Alessandria”.
372
109
Massimo Carcione
dovuta svolgere a cura del Comitato stesso, è risultata a consuntivo assai circoscritta.
Ma soprattutto, pur a distanza di un decennio dai primi incarichi di studio, ci
troviamo ancora una volta di fronte a un documento che non fornisce alcuna chiara
indicazione di merito circa la destinazione degli spazi e degli edifici, il loro inserimento nel
più generale contesto urbano; ancor meno vi si può ricavare in merito alle risorse da
attivare e alle eventuali fonti di finanziamento, pubbliche o private.
Per esemplificare alcuni obiettivi e indirizzi strategici, su cui si sarebbe invece
potuto ragionare sin dalle prime fasi dell’iter, si richiamano sinteticamente alcune ipotesi di
lavoro già elaborate e rese di pubblico dominio376 sin dal 1997, le quali ipotizzavano
nell’ordine:
1) una struttura museale trainante sul piano dell'immagine, individuabile nel Museo di Storia
militare, pensato - data l'immensità di spazi disponibili - come grande deposito di reperti, mezzi e
collezioni non esposti delle strutture museali militari già esistenti. La Cittadella non sarebbe solo il
contenitore, ma costituirebbe parte integrante del percorso museale, con l'esposizione delle grandi
tavole originali del progetto, evidenziandosi nel modo dovuto le modifiche napoleoniche e le altre
peculiarità storiche ed architettoniche;
2) una nuova sede per altri e istituti culturali musei cittadini377;
3) grandi spazi, anche nei bastioni e nelle grandi cannoniere, per attività espositive e fieristiche, con la
possibilità di ospitare ulteriori collezioni museali, pubbliche o private, di grandi dimensioni (auto
d'epoca, carrozze, ecc.), nonché per una grande enoteca;
4) una struttura polifunzionale per congressi, meetings e attività seminariali anche universitarie;
5) il recupero e l'utilizzo come grande parco pubblico dell'area esterna dei bastioni e dei fossati,
nonché della zona verde a nord della Cittadella, l'unico fronte di fortificazioni rimasto libero dagli
insediamenti industriali e residenziali;
6) una struttura che consenta la visione della Cittadella dall'alto (sull’esempio del "Bigo" di Renzo
Piano nel porto antico di Genova), l'unica prospettiva da cui è possibile cogliere tutta la
grandiosità del sito378;
7) infine, cosa assai controversa ma da prendere in seria considerazione per una reale “sostenibilità”
dei costi di gestione e manutenzione, eventuali aree residenziali e commerciali379 nelle strutture di
minore pregio architettonico.
Come si può vedere, solo il punto 5 ha trovato una qualche attuazione, sebbene per
ora solo a livello progettuale380; i punti 1, 3 e 4 sono stati oggetto non già di atti di indirizzo
Cfr. M. CARCIONE, Alessandria: la Cittadella, cit., pp. 156-161, nel quale si possono anche
trovare ampi riferimenti al “sistema di beni culturali” correlato a Marengo e alla Cittadella (p. 158); alcuni
concetti sono stati sinteticamente ripresi, qualche anno dopo, anche nella già citata scheda Citadel of
Alessandria, in Icomos world report, cit., pp. 129-134.
377 All’epoca si ipotizzava ad esempio la ricollocazione del Museo del Cappello, che ora è più
correttamente riallestito nella “Sala Campioni” dell’ex stabilimento (all’interno della sede universitaria).
378 In occasione del Bicentenario di Marengo erano state acquisite dagli uffici provinciali le
proposte tecniche relative alla collocazione in Cittadella di una mongolfiera frenata, che avrebbe
consentito di salire a un’altezza di circa 40 metri, con un impatto estetico del tutto compatibile con la
natura storica del sito; malgrado le ingentissime risorse spese nelle Celebrazioni, non si è però ritenuto di
realizzare neppure temporaneamente tale struttura.
379 Nelle conclusioni del documento si faceva anche cenno, alla luce dell’ingombrante vicinanza
della Regia di Venaria Reale, alla opportunità di “puntare sull'immagine nazionale di Alessandria come
nodo strategico delle comunicazioni europee e dei grandi servizi per l'industria e il commercio, che può
necessitare di una vetrina di prestigio, ma comunque finalizzata ad un utilizzo operativo ed economico, e
non solo ad una fruizione di tipo culturale”: M. CARCIONE, Alessandria: la Cittadella, cit., p. 161.
380 Ciò è stato possibile solo grazie al brain storming informale, propedeutico alla redazione dello
studio di fattibilità, tenutosi a Torino presso la sede di Finpiemonte (2004), nel corso del quale questa
376
110
Study case
generale e di conseguenti decisioni operative sul piano progettuale, realizzativo e
istituzionale, ma piuttosto di alcune sporadiche attività di “sperimentazione”, che non
hanno consolidato alcuna fattiva esperienza gestionale381 e neppure consentito, come
sarebbe stato auspicabile almeno nei casi di maggiore rilevanza, la raccolta di dati e
indicazioni utili alla futura gestione di una struttura permanente.
Solo in tempi più recenti il Comune ha tentato di ovviare a questa carenza di
sostegno scientifico per gli indirizzi politici di più ampio respiro, attraverso la lunga e
complessa procedura di elaborazione del Piano strategico della città di Alessandria, che vede
l’attivo coinvolgimento delle istituzioni e associazioni di categoria rappresentative del
mondo economico ed imprenditoriale. In questo contesto anche l’Università382 è stata
chiamata, tramite quattro dei suoi Dipartimenti383, ad effettuare la “diagnosi della città”,
sulla base degli esiti di una fase trasversale di ascolto che prevede il coinvolgimento di tutti i
portatori di interesse, convocati in tavoli di lavoro, in funzione del tema di analisi e
dibattito384; tuttavia i risultati di questo coinvolgimento, in termini di effettivo ascolto delle
indicazioni tecnico-scientifiche da parte degli amministratori pubblici, prima ancora che di
concreta realizzazione delle iniziative proposte da studiosi e ricercatori, potranno essere
valutati solo a medio-lungo termine.
Infine, in occasione della prima presentazione pubblica del Piano (marzo 2011) è
stato illustrato un progetto, elaborato e proposto dagli storici dell’Università, dal titolo
“Quale uso per la Cittadella”, che ripropone la scelta museale estendendola anche al territorio
circostante, in ottica ecomuseale; altri sei progetti recepiti e proposti in questa prima fase
riguardano direttamente o indirettamente la Cittadella e il suo contesto urbanistico, con
particolare attenzione al rapporto con il fiume e il centro città385.
2.
Le attività conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale
Tutto quanto sin qui esposto, deve essere esaminato alla luce del disposto dell’art.
118 del Codice il quale, con riferimento al rapporto tra ricerca scientifica e conservazione
del patrimonio culturale, prevede che “Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici
suggestione era stata riproposta dal segretario del Comitato ai tecnici della Provincia e di Finpiemonte.
381 È stato rilevato e documentato il fatto che in ogni occasione di convegni, mostre, spettacoli,
manifestazioni e altre iniziative non si è quasi mai provveduto a realizzare interventi permanenti di
allestimento e miglioria tecnica degli spazi; anzi, la realizzazione di impianti provvisori (elettrici, di
illuminazione, igienici, di sicurezza, ecc.) ha finito quasi sempre per appesantire lo stato di degrado del
sito, invece di alleviarlo.
382 L’elaborazione del Piano strategico è curata dell'Associazione “Alessandria 2018”, i cui soci
fondatori sono il Comune, la Camera di Commercio, tutte le Associazioni di Categoria economica, il
Politecnico di Torino e l'Università degli Studi del Piemonte Orientale, mentre con la Fondazione CR
Alessandria è stato siglato un accordo di partnership strategica; Segretario dell'associazione è Valerio
Malvezzi, professore a contratto presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi del Piemonte
Orientale.
383 Si tratta di DISGE - Scienze Giuridiche ed Economiche; Ricerca Sociale; POLIS - Politiche
pubbliche e Scelte collettive; Studi per l’Impresa ed il Territorio; i primi tre hanno sede in Alessandria e il
quarto a Novara.
384 Si veda il ponderoso dossier Analisi diagnostica del piano strategico della città di Alessandria, a cura
dell’Associazione Alessandria 2018 (592 pagine), disponibile in rete all’indirizzo: www.pianostrategicoalessandria.it; l’unico cenno al “Compendio Cittadella” si trova al paragrafo “Aree militari
dismesse/Heritage militare” (p. 448).
385 I progetti sulla fortezza, inseriti nell’Asse 2 – tav. 1, Organizzazione del territorio (n. 36/20),
sono stati pubblicati in un numero monografico della rivista dell’API di Alessandria: Una Cittadella
ritrovata, in Imprese Nord Ovest, (21) luglio 2010, pp. 20-26.
111
Massimo Carcione
territoriali, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati,
realizzano, promuovono e sostengono, anche congiuntamente, ricerche, studi ed altre
attività conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale”.
Tale norma deve essere coordinata con il principio generale di cui all’art. 3, secondo
il quale la tutela si svolge “sulla base di un’adeguata attività conoscitiva”, e trova ulteriore
connessione con l’art. 6 comma 1 (“La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e
nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale”) e
con l’art. 112 comma 9 (“ulteriori accordi possono essere stipulati dal Ministero, dalle
regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, da ogni altro ente pubblico (…), con le
associazioni culturali o di volontariato, dotate di adeguati requisiti, che abbiano per statuto
finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali”.
Questo rilievo vale a sottolineare che, anche in questo caso, il Ministero per i Beni e
le Attività culturali, nell’esercizio delle proprie prerogative e funzioni di tutela, ha inciso in
misura sostanzialmente irrilevante sulle attività volte a garantire la necessaria “adeguata
attività cognitiva” avente ad oggetto i beni culturali in questione; la stessa Regione
Piemonte, per parte sua, non ha ritenuto neppure in questo caso di esercitare la funzione
prevista dall’art. 124, commi 11 e 14, della l.r. n. 44/2000 e s.m.i.386, per la quale è compito
delle strutture regionali “sostenere e realizzare studi, incontri, mostre, pubblicazioni, eventi
ed altre iniziative volte a favorire la conoscenza e la fruizione dei beni culturali”, nonché
“promuovere lo studio, la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico”.
Tutto ciò, si badi bene, viene riscontrato con riferimento non già a un qualsiasi bene
culturale di rilevanza locale, ma nei confronti di un sito storico già riconosciuto dagli organi
competenti come degno di essere proposto all’UNESCO ai fini dell’inserimento nella Lista
del Patrimonio mondiale.
In conclusione, l’attività conoscitiva appare indispensabile soprattutto nella misura
in cui consente agli amministratori di acquisire le conoscenze necessarie per assumere le
decisioni, ed anche all’opinione pubblica di valutarli correttamente, “a ragion veduta”; come
tale, è apprezzabile che sia stata promossa e gestita almeno dagli enti locali alessandrini, con
modalità rigorosamente improntate al principio di sussidiarietà, pur trattandosi di una
funzione certamente (almeno in teoria) di primaria competenza regionale e statale.
In questo modo si è garantita in certa misura il diritto (culturale) a una ricerca
scientifica libera e autonoma, che un’azione condotta a livello governativo, ad esempio da
parte del CNR o degli stessi servizi centrali ministeriali, non avrebbe magari assicurato con
altrettanta efficacia, per lo meno sotto i profili del pluralismo, della libertà di metodo e della
diretta conoscenza della realtà del luogo.
A questo proposito, tuttavia, andrebbe maggiormente considerato e meglio
garantito – anche, ma non solo, sul piano economico – l’apporto intellettuale che i singoli
tecnici (siano essi ricercatori o funzionari pubblici) danno alla individuazione delle migliori
Per il primo comma della l.r. 26 aprile 2000, n. 44. (Testo coordinato con la successiva l.r. n.
5/2001) recante “Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicata nel B.U. 3 maggio 2000, n. 18, “Ferme
restando le competenze riservate allo Stato ai sensi del d.lgs. 490/1999 ed ai sensi degli articoli 149, 150,
152 e 153 del d.lgs. 112/1998, sono di competenza della Regione le seguenti funzioni amministrative”.
Va detto che l’attuazione delle disposizioni generali contenute nella citata legge regionale attende ancora
a distanza di anni, un adeguato recepimento nella legislazione regionale di dettaglio, che per l’ambito culturale resta tutt’ora ferma, nei suoi principali capisaldi, alle “storiche” leggi del 1978.
386
112
Study case
soluzioni progettuali; attualmente infatti, l’unica forma garantita di riconoscimento e
remunerazione del diritto alla “proprietà intellettuale” viene assicurata ai soli tecnici
progettisti, senza tenere nel debito conto il fatto che essi pongano in essere idee proprie,
oppure che le abbiano in parte recepite da preesistenti studi o contributi di diversa
natura387.
Il diritto alla proprietà intellettuale (e al suo riconoscimento, anche economico) a
beneficio di studiosi di discipline come la storia, l’antropologia, la sociologia, l’archeologia e
la museologia, è sempre a rischio di sottovalutazione e oblio, tutte le volte che – invece di
limitarsi a scrivere un libro o un saggio accademico – essi si prestano a fornire agli
amministratori pubblici, agli architetti progettisti e agli economisti responsabili della
gestione un apporto utile (e talvolta decisivo), quasi si trattasse per loro di un mero
esercizio intellettuale, privo di significative ricadute pratiche.
È appena il caso di rilevare che questo destino accomuna alle diverse categorie di
studiosi anche quella dei giureconsulti, allorché progettano quelle “architetture istituzionali”
che risultano non di rado indispensabili per consentire la felice realizzazione dei più
complessi interventi di tutela e valorizzazione, ma che raramente ottengono un adeguato
riconoscimento scientifico388 ed economico, mentre sono censurati quando determinano
contenzioso, a tutto beneficio dei colleghi avvocati389.
Occorre però sottolineare, volendo perseguire l’ottimale utilizzo degli esiti di queste
ricerche, che le elaborazioni a carattere argomentativo e propositivo andrebbero impostate
con modalità tali (ad esempio sotto forma di schede sintetiche) da poter essere utilizzate al
meglio in sede di elaborazione e motivazione dei provvedimenti amministrativi390. Così
come non si dovrebbe chiedere agli scienziati di diventare politici o amministratori, non si
può neppure pretendere da sindaci o assessori che diventino studiosi di ciascuno dei molti
ambiti tematici di cui devono quotidianamente occuparsi, e di cui non possono certo
ergersi a profondi conoscitori solo in virtù del mandato elettorale.
387 Può essere significativo, a questo proposito, il fatto che nel frontespizio dello Studio di
Fattibilità sulla Cittadella curato da Finpiemonte SpA si dichiara che “hanno collaborato alla
realizzazione dello studio” undici diversi tecnici (cinque dei quali con riferimento all’ambito
naturalistico), mentre nella rimanente lista di ventuno persone che “si ringraziano”, vengono posti sullo
stesso piano i committenti politici, i tecnici delle diverse amministrazioni – inclusi il Demanio e le
Soprintendenze del Piemonte – ed alcuni studiosi e funzionari che hanno invece fornito (gratuitamente)
un apporto originale di idee e proposte che non rientra in un rapporto funzionale e neppure di
consulenza; si citano, a titolo di esempio, il Direttore del Museo Pietro Micca e il Segretario del Comitato
per la Valorizzazione della Cittadella, entrambi esperti di gestione e valorizzazione museale in ambito
storico-militare, che hanno partecipato attivamente alle discussioni tecniche prodromiche alla stesura
dello studio, senza che la loro collaborazione abbia avuto adeguato riconoscimento professionale,
neppure sul piano della mera gratificazione intellettuale.
388 Neppure la prospettiva gratificante della presentazione in un convegno e della pubblicazione
in un volume accademico e scientifico è possibile, trattandosi di attività considerate meramente
“pratiche” dagli studiosi della stessa disciplina.
389 A conferma di quanto sostenuto, i piani di gestione dei Siti UNESCO, come pure gli studi di
fattibilità e i progetti di allestimento museale, sono normalmente appannaggio degli architetti e delle
relative strutture di ricerca accademica, malgrado che una parte rilevante dei loro contenuti sia di matrice
giuridica ed economico-gestionale, oltre che storico-artistica o archeologica; non è un caso che gli studi
dei giuristi specializzati in queste specifiche tematiche trovino sovente spazio nelle pubblicazioni delle
Facoltà di Architettura, Storia o Conservazione dei Beni culturali.
390 Tali non sono, evidentemente, né i dossier di studio di centinaia di pagine, gli atti dei
convegni e ancor meno le monografie o le miscellanee scientifiche, tipiche dell’ambito prettamente
accademico, che potrebbero eventualmente valere solo come fonti di ulteriore documentazione di
approfondimento e di dettaglio.
113
Massimo Carcione
Per questa ragione vengono normalmente istituiti nell’ambito delle pubbliche
amministrazioni, e dovrebbero essere valorizzati come tali, specifici servizi tecnici dotati di
personale adeguatamente (cioè specificamente) qualificato, sia in campo amministrativo che
culturale391: esso dovrebbe infatti essere in grado di elaborare atti amministrativi legittimi
sul piano giuridico e corretti sul piano tecnico (oltre che efficaci sul piano gestionale),
recependo le indispensabili indicazioni scientifiche di conservatori e consulenti, delle
Soprintendenze competenti, oppure del comitato scientifico, e quando serve anche degli
esperti di comunicazione, marketing museale o sicurezza dei beni culturali392.
Solo grazie al filtro operato dai servizi culturali delle diverse amministrazioni
coinvolte, dunque, queste stesse indicazioni – una volta elaborate e recepite negli atti
amministrativi – possono essere messe a disposizione della cittadinanza, con le ancora
disattese modalità sancite a partire dall’ormai “storica” legge n. 241 (in primo luogo tramite
i siti web e gli sportelli URP), in termini tali da poter essere compresi e valutati criticamente
da un elettore di media cultura.
b.
“Fallimento” della tutela e valorizzazione non finalizzata alla fruizione
L’esercizio delle competenze, funzioni e prerogative di tutela da parte degli uffici
periferici piemontesi del Ministero per i Beni e le attività culturali, pur essendosi
formalmente concretizzato sin dal 1972 – almeno per quanto attiene ai presupposti formali
– in virtù della dichiarazione di interesse particolarmente importante, non risulta essere mai
stato avviato sul piano sostanziale: è infatti presumibile393 che i diversi funzionari della
Soprintendenza BAP incaricati a tal fine nel corso della seconda metà del XX secolo, non
abbiano mai dato il loro avallo all’effettuazione dei diversi interventi realizzati
dall’Esercito394.
Non è più una novità l’istituzione di Corsi di laurea in Gestione dei Beni culturali, il cui diploma
potrebbe ormai essere richiesto in via preferenziale, se non esclusiva, per l’accesso ai posti di funzionario
amministrativo; le lauree specifiche in ambito scientifico o umanistico resterebbero invece prerogativa
del personale “tecnico” di musei e altre istituzioni culturali, soprattutto nei ruoli dei direttori e
conservatori.
392 L’esperienza in esame dimostra che l’antica diatriba circa la spettanza dei posti di
responsabilità dei servizi culturali a laureati in materie umanistiche, piuttosto che a giuristi o economisti,
può essere risolta con la massima semplicità, prevedendo (ove possibile) la presenza di entrambe le
figure tecniche, oppure richiedendo una adeguata formazione integrativa in entrambi i settori, il che è
richiesto al momento del concorso pubblico ma non sempre resta valido anche nel prosieguo dell’attività
all’interno della pubblica amministrazione, nella quale non di rado si accede a posti di particolare
responsabilità tecnico-scientifica grazie a meccanismi di mobilità interna. Nel caso specifico il contributo
scientifico dei funzionari pubblici, tanto del Comune che della Provincia (sovente in mutua sinergia e
reciproco confronto), alla bibliografia su Cittadella e Marengo, testimonia che le difficoltà evidenziate nel
testo non erano certo da attribuirsi alla loro inadeguata preparazione e competenza in ambito culturale:
cfr. ad esempio G. MASSOBRIO, M. GIOANNINI, Marengo, Milano, Rizzoli, 2000, oppure il già citato M.
CARCIONE, Citadel of Alessandria, in Heritage at risk, cit.
393 In questo senso si è in effetti espressa la Funzionaria della Soprintendenza BAP responsabile
della zona di Alessandria, che ha seguito sin dal primo momento l’avvio delle procedure di
valorizzazione, collaborando in modo continuativo con il Comitato; in ultimo la stessa ha fatto parte
della commissione giudicatrice del Concorso internazionale di idee.
394 Si tratta di trasformazioni, demolizioni, asfaltature (in particolare delle gallerie all’interno dei
bastioni), ma soprattutto dell’abbandono al loro destino di interi edifici di rilevante pregio architettonico
come la chiesa dell’ospedale o la Palazzina di cavalleria. Di altra natura sono invece gli interventi, a loro
391
114
Study case
L’astensione da ogni genere di intervento diretto o indiretto da parte del Ministero
non ha fatto registrare significative eccezioni neppure in occasione dell’alluvione del 1994395
e del terremoto del 2003, che non risultano avere suscitato alcuna apprensione né
tantomeno richieste di interventi di salvaguardia delle strutture pericolanti: nel complesso,
quindi, la tutela del sito storico-architettonico è stata del tutto trascurata, o se si preferisce,
è stata tacitamente affidata alle cure dell’Amministrazione militare.
Anche dopo l’avvio dell’iter di dismissione da parte dell’Esercito, si è continuato a
registrare da parte delle Autorità di tutela una certa lentezza e difficoltà396 a prendere
coscienza della rilevanza e complessità dell’evento, tanto che l’intervento dei tecnici
ministeriali nelle sedi di discussione e programmazione si è registrato solo a partire dal 1998
e comunque sempre previa iniziativa e sollecitazione delle amministrazioni locali.
Esso si è concretizzato nella costante presenza ai lavori del Comitato informale e
nell’avallo dato nei confronti del metaprogetto del Politecnico (che non ha avuto alcun
seguito), nella disponibilità a favorire la realizzazione dello studio su museo di storia
dell’Esercito (la cui proposta è rimasta inattuata), nel parere espresso sul progetto
dell’AIPO ai fini del recupero della prima palazzina (intervento unanimemente ritenuto
discutibile, risultando incoerente con il quadro generale, e che comunque non è giunto a
compimento), nella convocazione della riunione finalizzata a promuovere l’accordo di
programma (a sua volta rimasta senza alcun seguito) ed infine nella collaborazione alla
Commissione tecnica di progetto per lo studio fattibilità e alla Commissione di concorso,
che è rimasta bloccata per anni in seguito ai ricorsi amministrativi e non ha comunque dato
alcun esito progettuale397.
Per completare il quadro si può dire che nemmeno un euro del bilancio del
Ministero per i Beni e le Attività culturali è stato speso, neppure negli ultimi anni, a favore
del recupero di questo bene demaniale “di interesse particolarmente importante”; peraltro
quando, come si è visto, lo Stato ha proposto398 la stipula di un accordo di programma, non
ha ottenuto da parte di Regione e amministrazioni locali alcun concreto riscontro; infine,
corre l’obbligo di constatare che nessuno dei diversi Ministri che si sono succeduti in questi
anni ha mai ritenuto di rendersi conto personalmente della situazione della Cittadella,
volta poco rispettosi della natura storica e monumentale del bene, ma purtroppo inevitabili ai fini del suo
utilizzo come deposito militare, come ad esempio l’installazione di elevatori e montacarichi, di impianti
di illuminazione e amplificazione, celle frigorifere, ecc.
395 Appare davvero singolare il fatto che nell’interessante resoconto di C. PALMAS, Piemonte
emergenza alluvione, cit., a parte due suggestive immagini (p. 45 e 48) della Cittadella allagata, non vi è
alcuna menzione dei danni alla fortezza né tanto meno di eventuali interventi di messa in sicurezza o
recupero: nelle schede introduttive e nei diversi resoconti inseriti nel volume vengono infatti citati solo il
Borgo Cittadella e il Ponte della Cittadella, mentre allorché si parla degli ingenti danni al patrimonio
culturale cittadino vengono ricordate le chiese di Santa Maria del Carmine e di Santa Maria di Castello,
Palazzo Trotti Bentivoglio e le opere d’arte del museo conservate nel caveau della Cassa di Risparmio
allagato.
396 Umanamente e organizzativamente giustificabile (anche se ciò non può modificare il dato
oggettivo) in considerazione del fatto che tutto il personale ministeriale piemontese era allora impegnato
nella concomitante vicenda delle Residenze Sabaude ed in particolare di Venaria Reale e di Villa della
Regina; in provincia di Alessandria, inoltre, si è aggiunto a partire dal 2002 il recupero del complesso
monumentale di Santa Croce a Bosco Marengo.
397 A coronamento di questo non esaltante quadro di iniziative statali caratterizzate da scarso o
nullo esito, l’estensore della ricerca può aggiungere per testimonianza personale la proposta di nomina di
un Ispettore onorario per la Cittadella (ex artt. 47-52 della l. n. 386/1907), formulata dalla Funzionaria di
zona al Soprintendente BAP pro tempore, che a sua volta è rimasta lettera morta.
398 Per ben due volte, dapprima nel 1999 e poi nel 2003, in entrambe le circostanze in modo
tanto formale quanto autorevole.
115
Massimo Carcione
neppure in occasione della fugace visita del Capo dello Stato (2003)399.
Va detto d’altro canto che in sede scientifica, nell’ambito dei convegni e delle
pubblicazioni realizzate nel corso di questi anni, i responsabili ministeriali hanno sempre
dimostrato – al contrario di quanto si riscontra in altre analoghe situazioni – una perfetta
conoscenza e particolare sensibilità al tema, a partire da Pasquale Bruno Malara, all’epoca
Soprintendente Regionale del Piemonte ma anche noto e qualificato esperto del Ministero
per le questioni attinenti all’UNESCO400, che faceva un cenno neppure troppo velato al
fatto che le ricerche “hanno accresciuto la consapevolezza di un valore i cui risvolti
operativi sono inevitabili, innanzi tutto sul piano della tutela del complesso” che costituisce
“un insieme architettonico di assoluto interesse”.
Ciò non escludeva a suo avviso il fatto di assicurare al sito “accessibilità e
attraversamento” e financo le tanto temute e vituperate (dai soliti “tutori della tutela”,
evidentemente più realisti dello stesso Soprintendente) “funzioni civili dell’abitazione, del
lavoro, del tempo libero, dell’apprendimento e della ricettività” che non esitava a definire
“generalmente associabili alla tipologia e alle dimensioni delle architetture” alla sola ovvia
condizione che siano compatibili con la più rigorosa tutela401.
In altra sede scientifica, ma in modo del tutto analogo, si era espressa402 la
Soprintendente ai Beni artistici e storici del Piemonte Carla Enrica Spantigati, che aveva già
dato in precedenza il suo avallo e supporto formale alla ricerca sul Museo di Storia
dell’Esercito, avendo sottolineato che la Cittadella “dovrà essere un polo museale legato alla
storia dell’Esercito piemontese”; il che a suo giudizio “implica necessariamente un sistema
museale, che non è tale se non dialoga, soprattutto quando i singoli elementi del sistema
afferiscono a titolarità giuridiche e patrimoniali estremamente diversificate, che possono
essere tenute insieme proprio dalla capacità di far convergere le proprie attività all’interno
di una progettazione comune”403.
Se ne può dedurre in conclusione che, pur tenendo conto delle vicissitudini che
hanno caratterizzato il tentativo di creare tale istituzione museale in Cittadella (ma avendo
presente il felice esito della contemporanea vicenda dell’istituzione del Marengo Museum, di
recente conclusa), la chiave di volta del successo o dell’insuccesso delle politiche e delle
procedure amministrative e tecniche di tutela, valorizzazione e promozione di un sito
D’altronde gli stessi Soprintendenti Regionali piemontesi non hanno manifestato una
particolare propensione a visitare la Cittadella (unica eccezione nota l’arch. Lino Malara, nel 1999) ed
anche la Regione non ha brillato per presenza e attiva partecipazione, sia per quanto concerne i tecnici
dell’Assessorato ai Beni culturali che nella persona dei diversi Assessori alla Cultura.
400 Lo stesso aveva firmato la postfazione al misconosciuto volume di Allemandi: cfr. G.
DURBIANO, L. REINERIO, op.cit., p. 99; allo stesso si deve l’inserimento della Cittadella nella tentative list
italiana presso l’UNESCO, su cui torneremo nel prossimo paragrafo.
401 La cosa non stupisce, se si ha avuto l’opportunità di conoscere la magnifica Cittadella di
Besançon, capofila del già citato sito UNESCO del Réseau Vauban, che accoglie al suo interno oltre a
tutti i consueti servizi museali e di accoglienza, anche due ristoranti e un modernissimo zoo.
402 C. SPANTIGATI, op.cit, pp. 173-174, non si può non rilevare che il fatto che tale affermazione ,
del tutto ovvia per chiunque abbia una minima nozione dei concetti di sussidiarietà, autonomia e
decentramento, sia stata autorevolmente pronunciata in una sede pubblica alquanto solenne, a riprova
che ai vertici della gerarchia ministeriale non è ancora considerata una realtà di fatto ma piuttosto, al più,
un benevolo auspicio tutt’ora da conseguire.
403 In questa prospettiva, a parere dell’Autorità di tutela competente per i musei storici, il
rapporto non potrebbe essere solo tra l’Amministrazione dei Beni Culturali e il Ministero della Difesa,
ma occorre anche “valorizzare l’ottica e le scelte di quanti operano nel settore museale, a qualsiasi titolo
essi siano impegnati: Comuni, Province, Regione, Soprintendenze, Enti militari e Fondazioni”: ibidem, p.
174.
399
116
Study case
storico-monumentale risiede nella creazione e nel graduale consolidamento nel tempo404 di
vere e proprie istituzioni culturali (musei, biblioteche, istituti di istruzione e ricerca, ecc.);
esse devono essere il più possibile autonome, devono collocarsi al centro di un ambito
territoriale coeso e attrezzato per la fruizione (il parco storico-militare, l’itinerario dei luoghi
napoleonici e risorgimentali), inserendosi organicamente in un sistema di servizi turistici
(musei e siti storico-militari di Alessandria e provincia), che può così essere proposto in
modo credibile all’attenzione del grande pubblico nazionale e internazionale, grazie
all’allestimento di eventi celebrativi (l’anniversario della Battaglia di Marengo, Italia 150).
Solo il virtù delle “garanzie” assicurate dalla presenza e competenza dal personale
direttivo e scientifico del museo e grazie alla disponibilità continuativa di strutture tecnicoscientifiche adeguate (laboratori di catalogazione e restauro, sezioni didattiche, ecc.) e di
servizi di accoglienza, che possono essere messi utilmente a disposizione del pubblico
anche per la fruizione di tutto il sito monumentale, lo Stato potrebbe rinunciare ad
esercitare in modo diretto la gestione e la tutela della fortezza405; in difetto, rimarrebbe
invece possibile soltanto, come è avvenuto sino ad oggi, una fruizione occasionale e limitata
a singoli eventi e manifestazioni.
Si tratta peraltro – a ulteriore riprova di quanto affermato all’inizio di questo
ragionamento – di funzioni, attività e iniziative di valorizzazione e promozione che
competono prevalentemente, se non esclusivamente, alle autonomie locali e funzionali del
territorio interessato, che le devono comunque attuare sempre “in forme compatibili con la
tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze” (così come recita il secondo comma dell’art. 6
del Codice), sotto riserva dell’approvazione preventiva e della verifica di conformità in
corso d’opera406, da parte dell’autorità statale competente.
c.
Mancata individuazione della priorità e degli obiettivi
Merita un breve accenno un aspetto che potrebbe apparire marginale, in quanto
legato a un dato meramente terminologico e per di più ricavabile da una norma speciale, la
l. n. 77/2006, che è formalmente applicabile solo ai siti già iscritti alla Lista e non a quelli
solo candidati o in lista d’attesa.
A tale rilievo è tuttavia ragionevole opporre, ragionando in prospettiva, il fatto che
non c’è ragione di attendere l’inserimento formale nella Lista dell’UNESCO per iniziare a
programmare e magari a realizzare gli interventi di recupero e valorizzazione, la cui
ultimazione richiede normalmente anni, se non decenni, dal momento che in difetto di essi
si rischierebbe ben presto l’iscrizione nella Lista dei beni in pericolo, se non addirittura la
cancellazione.
Appare dunque sostenibile l’affermazione che l’effettivo riconoscimento per i beni
culturali oggetto di questo studio, sul piano formale407 o almeno sostanziale, di una “priorità
404 Grazie ai provvedimenti adottati tra il 1998 e il 2000, anche ai fini dell’istituzione e del
riconoscimento regionale del “Museo provinciale della Battaglia di Marengo”, è stato possibile
sviluppare in modo normativamente coerente il procedimento di progettazione e recupero, che ha avuto
come tappe imprescindibili il già citato studio di fattibilità del 2003, il rilevamento dei danni conseguenti
al terremoto, per poi concludersi nel 2010 con l’apertura definitiva al pubblico.
405 Anche in questo caso, si veda il caso del Museo di Santa Croce di Bosco Marengo.
406 Esercitabile ai sensi dell’artt. 17 e 18 del Codice.
407 In materia di tutela dell’ambiente, ad esempio, il competente Ministero e la Regione Piemonte hanno definito (rispettivamente con il d.m. 18 marzo 2003, n. 101 e con l’art. 20 della legge 23 marzo
117
Massimo Carcione
di intervento qualora siano oggetto di finanziamenti secondo le leggi vigenti”408 potrebbe
contribuire in modo significativo, se non determinante, nel supportare le ragioni storiche,
culturali o paesaggistiche, le quali sicuramente giustificano, ma non sono di per sè
sufficienti a imporre alle amministrazioni responsabili l’avvio delle attività di recupero,
restauro e conservazione.
In considerazione del contesto normativo da cui scaturisce la disposizione in
questione409, il criterio di selezione non dovrebbe essere costituito soltanto dal pregio
artistico e dal valore storico o estetico del bene (e neppure dal suo mero valore economico
o patrimoniale, evidentemente), mentre si baserebbe piuttosto sulla potenziale capacità di
incidere in modo positivo sullo sviluppo locale, sull’occupazione, sull’ambiente e quindi, in
ultima analisi, sulla qualità della vita, in primo luogo attraverso il suo inserimento nei
circuiti turistici nazionali e internazionali di fruizione410.
Va detto però che tale norma, essendo relativamente recente e non avendo trovato
collocazione – come pure sarebbe stato possibile e auspicabile – all’interno del Codice dei
Beni culturali, sconta ancora notevoli difficoltà nell’effettivo recepimento, anche solo con
riferimento ai siti italiani che già fanno parte del Patrimonio dell’Umanità411; ciò non toglie
che sia alquanto paradossale constatare che nel nostro caso (ancora una volta emblematico),
non solo non si è conseguita alcuna precedenza o considerazione prioritaria, ma addirittura
è accaduto l’esatto contrario, dal momento che non pochi beni e siti culturali di Alessandria
e provincia hanno conseguito finanziamenti assai più rilevanti412 di quelli attribuiti, nel
corso degli anni considerati, tanto a Marengo che alla Cittadella.
Quanto agli obiettivi, indispensabili per poter procedere in sede di programmazione
gestionale all’attribuzione delle risorse correlate ai relativi dirigenti, ma soprattutto per
rendere effettivo il controllo di merito ex post ai fini della valutazione dell’attività
2001, n. 93) una “procedura per la determinazione delle priorità di intervento” ai fini delle azioni di bonifica urgenti.
408 Il che potrebbe avvenire almeno con riferimento ai finanziamenti non vincolati, per esempio
ai fini dell’assegnazione dei fonti derivati dall’8 per mille dell’Irpef da parte della Presidenza del
Consiglio dei Ministri (art. 47 della l. n.222/1985), oppure, a livello regionale, della l.r. Piemonte n.
58/1978 recante misure di “Promozione della tutela e dello sviluppo delle attività e dei beni culturali”.
409 È significativo in tal senso il fatto che il comma 2 dell’art. 3 della stessa l. n. 77/2005 indichi
l’opportunità di collegare la gestione dei siti UNESCO “con programmi o strumenti normativi che
perseguano finalità complementari, tra i quali quelli disciplinanti i sistemi turistici locali e i piani relativi
alle aree protette”, mentre al successivo art. 4 si fa esplicito riferimento alla “predisposizione di servizi di
assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico, nonché servizi di pulizia, raccolta rifiuti, controllo e
sicurezza”, ai fini di un “corretto rapporto tra flussi turistici e servizi culturali offerti”.
410 In questo senso è possibile riscontrare una singolare consonanza tra le finalità della l. n.
77/2006 relativa ai siti UNESCO e gli obiettivi generali delle politiche dell’Unione Europea, che stanno
alla base delle diverse azioni di sviluppo territoriale e dei relativi programmi comunitari di cofinanziamento.
411 Ne sono testimonianza i “Sacri Monti” piemontesi e lombardi, tra cui quello di Crea, in
provincia di Alessandria, che non hanno potuto ancora beneficiare (pur essendo stati iscritti alla Lista nel
2003) dei necessari intervento di consolidamento, restauro e valorizzazione, pur essendo a loro volta
inseriti nel contesto di aree protette di particolare pregio naturalistico e paesaggistico; cfr. in proposito il
sito www.sacrimonti.net.
412 Si pensi solo al Complesso monumentale di Santa Croce di Bosco Marengo, al sito storico
della Benedicta, oppure all’area ex-Italsider di Novi Ligure, che sono stati finanziati in modo significativo
rispettivamente tramite un accordo di programma e una legge regionale i primi due, mentre la terza ha
beneficiato di fondi strutturali UE, in particolare per la realizzazione del Museo dei Campionissimi e di
un centro fieristico.
118
Study case
amministrativa in termini di efficacia ed efficienza, (regolato dall’art. 147 del TUEL 413),
occorre tenere conto del fatto che essi si dovrebbero per quanto possibile correlare a
parametri misurabili e verificabili414.
Si può dunque sottolineare la difficoltà di parametrare e misurare il conseguimento
di obiettivi che, in un progetto come quello oggetto di analisi, sono posti da enti diversi
(dunque con riferimento a differenti Bilanci e PEG) le cui azioni si intersecano e
condizionano vicendevolmente, in sedi pubblicistiche come le conferenze dei servizi, ma
anche attraverso l’operato di soggetti che si muovono in ambito privatistico, come i
comitati, le associazioni o le fondazioni.
Questo impone di integrare e contemperare tra loro questi obiettivi e i relativi
parametri, individuando come prioritari quelli comuni o comunque condivisi, che
dovrebbero, per quanto possibile, essere recepiti e formalizzati come obiettivi e finalità dei
soggetti o degli strumenti di concertazione e collaborazione, che in questo modo
risulterebbero formalmente (e assai concretamente) improntati alla leale collaborazione.
d.
Accordo di programma non obbligatorio
Si è già constatato che un’efficace azione di coordinamento tra i diversi livelli
istituzionali, indispensabile per affrontare i grandi interventi di valorizzazione del
patrimonio culturale e paesaggistico, non può essere attivata a un livello esclusivamente
locale, se non altro per la necessità di tenere conto dei presupposti e delle ricadute più o
meno positive sul contesto infrastrutturale, ambientale e socio-economico.
Per la soluzione dei problemi connessi e conseguenti al recupero della Cittadella e
degli altri siti storico-militari di Alessandria è sempre mancato un momento formale e
impegnativo di concertazione dei fini e di coordinamento delle azioni e degli strumenti che
possono essere messi in campo da tutti gli attori istituzionali, a partire naturalmente dallo
Stato, se non altro in quanto proprietario dei beni più significativi415.
La causa può essere ravvisata nel tardivo coinvolgimento, attivo e diretto, del
protagonista principale della vicenda in oggetto nell’ottica della sussidiarietà, vale a dire
Secondo il comma 1, “Gli enti locali, nell’ambito della loro autonomia normativa ed
organizzativa individuano strumenti e metodologie adeguati a: (…) d) valutare l’adeguatezza delle scelte
compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo
politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti”.
414 I commi 2 e 3 dell’art. 197 del TUEL prescrivono la “rilevazione dei risultati raggiunti” e la
verifica dei “risultati qualitativi e quantitativi ottenuti”; ciò non toglie che se è già assai complesso e
difficile realizzare efficacemente questo monitoraggio per altri servizi pubblici (sanità, trasporti), tanto
più ciò avviene nell’ ambito culturale, in cui intervegono fattori poco o per nulla misurabili, se non in
termini di “soddisfazione”: ciò nonostante è necessario fissare e rispettare con rigore almeno i parametri
più semplici, come quelli temporali (completamento dell’azione entro) o quantitativi (numero di eventi e
relativi utenti).
413
415 Anche in questo senso il riscontro può venire dall’esperienza di Venaria Reale, che pur
vedendo come principali attori (soprattutto sul piano finanziario e della direzione progettuale) lo Stato e
la Regione Piemonte, non ha potuto fare a meno di interessare gli enti esponenziali del territorio ed anzi
ha da subito coinvolto nel procedimento il Comune di Venaria e la Provincia di Torino; anzi, le non
poche difficoltà e alcuni ritardi nella definizione delle fondamentali scelte strategiche relative alla
destinazione e alla gestione sono stati con tutta probabilità influenzati anche dall’iniziale pretesa di
“calare dall’alto” certe decisioni senza una diretta e adeguata corresponsabilizzazione della comunità
locale, che non può essere costretta solo a subirne le conseguenze.
119
Massimo Carcione
dell’amministrazione comunale416, e con essa degli altri enti funzionali o comunque
rappresentativi della realtà socioeconomica locale (Camera di Commercio, Università,
organizzazioni imprenditoriali, ordini professionali, ecc.): ciò risulta infatti essenziale al fine
di promuovere la consultazione e collaborazione dai diversi soggetti a vario titolo
rappresentativi di diritti, interessi, sensibilità e istanze, tanto a livello collettivo che
diffuso417.
L’esperienza concreta dimostra che soltanto l’accordo di programma, come
regolato dagli artt. 14 e seguenti della l. n. 241/1990, annovera e può offrire agli
amministratori (certamente meglio di strumenti giuridici teoricamente più strutturati come
il comitato o l’associazione, ed anche di formule più “leggere” come il protocollo o la
convenzione), tutte le caratteristiche necessarie e sufficienti a risolvere le problematiche di
coordinamento e collaborazione tra enti, almeno fino all’avvio della gestione di una vera e
propria istituzione.
Si tratta infatti di uno strumento che consente di porre su un piano sostanzialmente
paritario tutti i soggetti istituzionali coinvolti, i quali tuttavia in questo contesto risultano
non più governati dall’alto secondo un principio gerarchico418, ma sono invece coordinati
dal basso, proprio in virtù e nel rispetto del principio di sussidiarietà.
Si aggiungano il valore vincolante delle statuizioni adottate, con la chiara
predefinizione di ruoli e responsabilità, la possibilità di utilizzare il “collegio di vigilanza”
come tavolo di concertazione, ed infine (vera ragione fondante e peculiarità dell’istituto), la
sua incidenza e prevalenza sugli strumenti urbanistici e le procedure interne di ciascun ente
coinvolto, che non può così esercitare quel potere di veto reciproco, che ha invece
condizionato in ogni sua fase questa vicenda.
Tuttavia l’esperienza acquisita nella vicenda esaminata ha dimostrato che nelle
situazioni particolarmente complesse (come è certamente questa) quasi mai è chiaramente
predefinito a chi spetti l’onore e l’onere di convocare la conferenza dei servizi e quindi di
promuovere la formalizzazione dell’accordo: infatti in sussidiarietà dovrebbe essere il
Sindaco (salvo sua formale rinuncia) a fare il primo passo, assumendo però con questo atto
l’impegnativo ruolo di “amministrazione procedente”, per la soluzione di problemi di
competenza statale, almeno fino alla riforma del Titolo V della Costituzione419.
Quando però Stato e Regione non si risolvono ad assumere l’iniziativa, ecco che per
una ragione di carattere eminentemente formale, ma tutto sommato banale e facilmente
risolvibule, si rischia di non poter attivare uno strumento determinante per il corretto avvio
e sviluppo di tutte le attività di valorizzazione integrata.
Una significativa conferma in tal senso viene ancora una volta dalla l. n. 77/2006, la
quale al terzo comma dell’art. 3 statuisce in modo alquanto esplicito che “gli accordi tra i
Come era avvenuto nella prima fase, e proprio per scelta di due diversi Sindaci di
Alessandria, peraltro di opposto “colore” politico
417 In effetti la vicenda esaminata ha posto in evidenza che, mentre nella prima fase coordinata
dalla Provincia la comunità locale era stata sostanzialmente esclusa dal procedimento, non appena il
Comune ha assunto (2007) il proprio ruolo naturale si sono attivati tutti gli opportuni strumenti di
consultazione e partecipazione: si veda infra.
416
418 In questo senso è assai emblematica, seppure solo dal punto di vista terminologico, la stessa
storica dizione di “Soprintendenza” che per le sue origini e per la stessa tradizionale e consilidata modalità
operativa non risulta centro improntata a un’ottica sussidiaria.
419 È quindi comprensibile che prevalga negli amministratori locali, in assenza di norme esplicite, il
timore di rendersi in tal modo parte attiva e quindi di assumersi una serie di oneri, costi e responsabilità, non
solo amministrative ma anche e soprattutto di natura politica, in merito a beni e procedimenti
tradizionalmente considerati di esclusiva pertinenza regionale o statale, e rispetto ai quali il Sindaco poteva
limitarsi a un più facile e gratificante ruolo di sollecitazione o rivendicazione.
120
Study case
soggetti pubblici istituzionalmente competenti alla predisposizione dei piani di gestione e
alla realizzazione dei relativi interventi sono raggiunti”: viene cioé adottata una formulazione
che non lascia spazio a forme di intesa alternative420, come le convenzioni o i protocolli
d’intesa.
e.
Scarsa autonomia del soggetto gestore e dei suoi amministratori
Nell’intento di individuare ulteriori fattori critici, che hanno pregiudicato il positivo
andamento delle procedure sin qui adottate ai fini della valorizzazione della Cittadella
(arrivando in qualche caso a pregiudicarne possibili soluzioni), si evidenzia la circostanza
che sin dalla costituzione del Comitato di diritto privato si era deciso di designare quali
componenti alcuni sindaci o amministratori pubblici e un Parlamentare: si trattava dunque
di persone già assai impegnate contemporaneamente nell’adempimento delle rispettive
funzioni421, che sono state ritenute dagli interessati assolutamente prioritarie e
preponderanti, anche (se non soprattutto) ai fini del consenso elettorale che si suppone
connesso e conseguente alle scelte adottate.
Un’efficace alternativa avrebbe potuto essere individuata nella selezione, sulla base
di criteri predefiniti e previo esame dei rispettivi curricula professionali, di esperti provvisti di
qualificazione tecnica, indipendenza di giudizio e prestigio personale adeguati
all’importanza dell’impresa. Si tratta della modalità che per gli Enti locali dovrebbe
costituire la regola, essendo prevista, alla luce dell’art. 42 coma 2 lett. m) del TUEL, dalle
rispettive disposizioni statutarie, sulla base di indirizzi predefiniti da parte dell’organo
consiliare422, cui il Sindaco o Presidente della Provincia dovrebbe dare concreta attuazione
solo al termine di una procedura di valutazione che deve basarsi indubbiamente in primo
luogo su valutazioni di carattere personale e fiduciario (intuitu personae), ma con una
discrezionalità di giudizio non illimitata, che altrimenti potrebbe sconfinare nell’arbitrio.
Essendosi invece adottata la prima soluzione, non stupisce che il Comitato, essendo
i suoi componenti (peraltro non remunerati per questa funzione) assorbiti da altre più
pressanti incombenze423, si sia riunito raramente e che la sua azione gestionale e
amministrativa sia risultata discontinua, ma soprattutto fortemente condizionata in modo
negativo dai contingenti rapporti tra gli Enti fondatori424.
Nel caso specifico, non si fa riferimento alla l. n. 241/1990 ma alla norma specifica in
ambito culturale, vale a dire “con le forme e le modalità previste dal decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio”.
421 Il Sindaco della Città e il Vicepresidente della Provincia non sono stati neppure affiancati, in
modo formale e continuativo (come pure sarebbe stato consentito dallo Statuto del Comitato), da
dirigenti o funzionari delle rispettive strutture tecniche.
422 Cfr. art. 30 comma 4 dello Statuto della Provincia; art. 27 comma 3 dello Statuto del
Comune di Alessandria; non risulta però che siano mai state opposte formali obiezioni a tale prassi, né
da parte dei Consigli o di singoli amministratori (neppure di opposizione), né da parte di cittadini singoli
o associati.
423 Si segnala che gli Amministratori in questione si sono fatti talvolta sostituire, nei non rari casi
di impedimenti dell’ultimo minuto, da Assessori o altri delegati, il che sarebbe incompatibile con le
norme statutarie (essendo i rappresentanti nominati a titolo personale e non come amministratori) con la
stessa natura privatistica del Comitato. Tuttavia anche in questo caso, in assenza di obiezioni degli altri
componenti le riunioni sono state ritenute valide, come pure le decisioni assunte nell’occasione.
424 A ciò si aggiunga, come mera “nota di colore”, che i referenti istituzionali possono essere
stati fortemente condizionati anche dalle più o meno positive relazioni politiche (per non dire personali)
in occasione di scadenze elettorali o amministrative degli enti rispettivi, a ulteriore detrimento
420
121
Massimo Carcione
Come indiretta conseguenza di questa oggettiva carenza di rappresentatività e
autonomia, il Comitato non ha mai potuto immedesimarsi in un leader carismatico,
impegnato a tempo pieno nell’impresa, né disporre di una propria struttura e sede,
dovendosi sempre avvalere del supporto della Provincia425: tutti fattori che hanno
certamente limitato e talora condizionato l’attività di indirizzo, coordinamento e
programmazione del Comitato stesso.
Alla scarsa autonomia della dirigenza si è venuta ad aggiungere, o per meglio dire ne
ha costituito con ogni probabilità un’ulteriore conseguenza (non essendo state previste
statutariamente le quote di partecipazione economica a carico degli enti), la cronica carenza
di risorse economiche proprie; tanto che il Comitato ha dovuto chiedere periodicamente a
ciascun fondatore, secondo le rispettive procedure di erogazione (in forma di
cofinanziamenti, sussidi o altre sovvenzioni), disponibilità finanziarie e quindi con i limiti
da esse eventualmente prefissati, i finanziamenti indispensabili per condurre con efficacia le
proprie attività 426.
È di tutta evidenza che una disponibilità finanziaria inadeguata, tanto più quando
non sono garantiti in alcun modo i tempi di approvazione ed erogazione, comporta la
totale soggezione dell’istituzione culturale all’alea della concessione di occasionali contributi
pubblici, che possono risultare tanto più pregiudizievoli dell’autonoma capacità di
programmazione e gestione; tanto più se vengono assegnati dall’ente senza predefinire e
rendere pubblici i criteri di attribuzione427, avvalendosi di una presunta “eccezione
culturale” a quanto esplicitamente previsto in tal senso della l. n. 241/1990428.
Peraltro l’autonomia del Comitato come di tutte le istituzioni culturali, auspicabile e
oggettivamente opportuna ai fini della tutela dei diritti culturali perseguiti, si è scontrata in
diverse occasioni con la confliggente necessità degli enti “politici” di condizionarne
l’attività, al fine di garantirsi che fossero conseguiti altri indirizzi e obiettivi fissati dai
rispettivi organi429 (ed anche, talvolta, ulteriori finalità meno istituzionali, ad esempio in
funzione delle imminenti scadenze elettorali); si è venuto configurando in tal modo per i
loro rappresentanti una sorta di “vincolo di mandato”, anche a prescindere dalla sua
dell’autonomia e della funzionalità del soggetto di diritto privato.
425 Per la formalizzazione degli atti e il disbrigo delle attività di segreteria, il Comitato ha potuto
contare in via continuativa su un solo funzionario amministrativo (sempre lo stesso nel corso degli anni),
peraltro di volta in volta collocato presso diversi uffici, e dunque con alterni referenti dirigenziali e soprattutto
politici.
Dalla documentazione d’archivio esaminata traspare che, in assenza di regole predefinite in
tal senso, i contributi sono stati erogati dagli enti in modo saltuario e non regolare; gli importi sono
risultati diversi da ente a ente, tanto che la Regione Piemonte (entrata nel Comitato nel 2006) non ha mai
erogato alcun contributo.
427 In molti enti locali i contributi per la promozione delle attività culturali sono deliberati, in via
di prassi o sulla base di vecchi regolamenti non più adeguati dopo il 1990, dall’organo politico (la
Giunta) su proposta dell’Assessore, oppure si adotta la prassi dell’informazione alla Giunta,
propedeutica ai successivi atti dirigenziali, meramente esecutivi.
428 Art. 12 comma 1 “La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e
l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono
subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle
forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono
attenersi”.
429 Secondo il terzo comma dell’art. 107 del TUEL, “3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti
di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati” dagli organi di
governo, cioè dal Consiglio (con il Bilancio) e dalla Giunta (con il Piano esecutivo di gestione, PEG), ai
sensi degli artt. 162 ss e 169 dello stesso Testo unico.
426
122
Study case
formale previsione nei rispettivi statuti o atti fondativi430, che è risultato tanto più
immediato e diretto quando il rappresentante eletto da un ente è risultato coincidere con il
suo stesso vertice politico e istituzionale431.
f.
Scarsa partecipazione della cittadinanza e difficile rappresentanza dei diritti culturali
in sede giurisdizionale
In una delle rare occasioni di pubblico dibattito sul recupero della Cittadella, si era
autorevolmente raccomandato che fosse adottato – in via preliminare rispetto all’avvio delle
procedure e attività di valorizzazione del sito – “un indirizzo strategico, chiaro e condiviso”432;
questo a significare non solo che occorreva coinvolgere tutte le amministrazioni locali, ma
anche che non si sarebbe dovuto e non si dovrebbe considerare questa vicenda come
un’eccezione, né sul piano formale né su quello sostanziale, ai principi generali in materia di
trasparenza e partecipazione, così come sono stati codificati sin dalla l. n. 241/1990.
Purtroppo l’esperienza successiva ha ampiamente avvalorato questa analisi,
confermata dall’analisi di Michele Ainis, il quale proprio in merito alla partecipazione della
comunità ai procedimenti di valorizzazione dei beni culturali (e con una singolare
assonanza terminologica con il monumento di cui ci stiamo occupando) affferma che la
“tendenza panpartecipativa”433 ha il grande pregio di “introdurre il pluralismo dentro le
mura d’una cittadella burocratica, per l’innanzi fittiziamente inaccessibile” 434.
Tali modalità di azione amministrativa sono concepite e prescritte a tutela dei diritti
dei cittadini, che in questo caso possono estendersi fino alla garanzia del rispetto
dell’identità e delle tradizioni della comunità locale; d’altronde le scelte progettuali e le
destinazioni d’uso dei siti (in particolare della Cittadella e di Marengo), per riflettere
pienamente l’interesse pubblico, dovrebbero essere il più possibile conformi anche alle
legittime aspirazioni della cittadinanza – espresse in questa fattispecie attraverso le
Associazioni “La Cittadella 1728” e “Società Napolonica di Marengo”– nel senso ed al fine
di preservare la memoria della storica presenza militare, a partire dai preesistenti e originarii
insediamenti fortificati del Quartiere Borgoglio e della curtis di Marengo; solo così, infatti,
verrebbe garantito anche il non meno importante diritto alla “propria” cultura, che in
Normalmente negli statuti, tanto degli enti pubblici che dei soggetti privati da essi costituiti,
è solo prevista la designazione o nomina (con varie forme e modalità) di rappresentanti, senza che siano
codificate le forme di trasmissione degli indirizzi oppure di rendicontazione e verifica periodica
dell’attività svolta.
431 Come si è detto supra, in tre diverse occasioni come rappresentante del Comune di
Alessandria nel Comitato è stato indicato il suo Sindaco; da parte della Provincia si è invece sempre
adottato, per lo meno, il criterio della nomina dell’assessore competente, che per il primo periodo era un
c.d. “tecnico d’area”. Il problema dell’alterità dei nominati rispetto ai nominanti si è posto anche in altre
situazioni, nello stesso periodo e nel contesto di altre ben più importanti nomine operate dagli enti locali
alessandrini, ad esempio in seno agli organi gestionali delle fondazioni bancarie.
432 G. BARBERIS, op.cit., p. 31 (il corsivo è mio); questa sollecitazione per lungo tempo non ha
trovato concreto riscontro negli atti degli stessi enti, benché Guido Barberis, personaggio universalmente
stimato per la sua competenza specifica, fosse all’epoca dirigente della Provincia e amministratore prima
del Comune di Alessandria e poi della Fondazione CR Alessandria, avendo in precedenza ricoperto gli
incarichi di Direttore della ragioneria dei Comuni di Genova e Milano, oltre a collaborare con la Facoltà
di Scienze Politiche dell’Ateneo genovese.
433 G. BERTI, op.cit., p. 20; la citazione è ripresa dallo stesso Ainis.
434 M. AINIS, L’intervento culturale, Promozione e libertà della cultura nel disegno costituzionale, Roma,
1988, p. 143; il corsivo è mio.
430
123
Massimo Carcione
questo senso spetta ad ogni comunità autoctona, ad Alessandria come in ogni luogo del
mondo.
D’altronde, in una vicenda che si protrae da oltre quindici anni, su un tema che ha
sempre suscitato la più grande attenzione presso l’opinione pubblica alessandrina, i
molteplici interessi sono stati quasi sempre confliggenti, e non di rado e proprio per questo
hanno determinato l’insorgere di critiche e polemiche, anche feroci: basti pensare ai cultori
della storia e dell’architettura militare o agli ambientalisti, contrapposti idealmente e talvolta
anche in concreto agli imprenditori e (veri o presunti) speculatori immobiliari o del sistema
della grande distribuzione435.
Malgrado ciò, o forse proprio per questo, i momenti di autentica trasparenza non
sono stati molti: se infatti esaminiamo in questa prospettiva le iniziative dei diversi enti,
intese a rendere chiaramente intellegibili gli intenti delle varie amministrazioni e dei singoli
esponenti politici436, nel perseguimento di un interesse generale che dovrebbe come tale
essere condiviso da tutti (o almeno dalla maggioranza dei cittadini), sono davvero poche e
rare le iniziative che si possono classificare nelle categoria delle attività intese a garantire
realmente trasparenza e partecipazione; quasi mai, inoltre, esse sono state originate da
scelte autonome e predeterminate delle pubbliche amministrazioni, essendo piuttosto
indotte dalle circostanze o indirettamente provocate da iniziative esterne.
Analizzando in questa ottica la cronaca del decennio in esame, se si eccettua il
pubblico annuncio dell’avvio delle ricerche da parte dei rappresentanti istituzionali in
occasione dei primi convegni (2006-7), non c’è dubbio che sono stati i poco apprezzati Stati
generali del Piemonte437 ad offrire, nell’ambito del convegno del 12-13 febbraio 1999,
l’occasione e il supporto organizzativo (ed anche mediatico), per presentare per la prima
volta al pubblico le linee guida sul recupero della Cittadella, appena studiate ed elaborate su
incarico delle pubbliche amministrazioni locali.
L’aspetto che merita di essere sottolineato, a questo proposito, è che per la prima
volta in quell’occasione – e per la verità in poche altre circostanze438 – i rappresentanti degli
Il riferimento non riguarda solo l’ipotesi teorica di realizzazione di centri commerciali nei
bastioni della Cittadella, avanzata dal Politecnico nel suo Metaprogetto (che è stata alla base di tutte le
più fondate critiche allo studio), ma va esteso alle ben più concrete procedure di recupero e riuso della
c.d. “Opera di Valenza” attigua alla Cittadella, nonché di realizzazione di un grande centro commerciale
nell’area dell’ex zuccherificio (bene a sua volta rilevante dal punto di vista della storia e dell’architettura
industriale) di Marengo.
436 Al netto, ovviamente, di quanto reso noto ai cittadini in occasione delle numerose campagne
elettorali che si sono svolte nel periodo in esame, come pure tramite ulteriori modalità di comunicazione
prettamente propagandistica, quali interviste, comunicati, manifesti, ecc.
437 Promossi dal Consiglio Regionale del Piemonte, gli Stati Generali si sono svolti a partire dal
26 giugno 1996 e fino alla fine del 1999, con una serie di eventi, convegni e conferenze tenutisi dapprima
a Torino e poi nei diversi capoluoghi di Provincia o in altre città significative del Piemonte come Ivrea; il
comitato culturale era coordinato da Giuseppe De Rita, presidente del Censis e del Cnel, e composto dal
filosofo Gianni Vattimo (responsabile area Identità), dall'economista Sergio Ricossa (Industria), dal
costituzionalista Giorgio Lombardi (Istituzioni) e dal fisico Tullio Regge (Ambiente). L’intento
dichiarato ad Alessandria, in occasione della conferenza svoltasi il 21-22 giugno 1998 nell’Aula Magna
dell’ITIS “Volta”, dal presidente del Consiglio Regionale pro tempore era di dimostrare una nuova
“capacità di fare governance, di attivare una “lobby positiva” fra le componenti attive della società
piemontese per lo sviluppo delle potenzialità della nostra regione”. A dire il vero la “conferenza
generalista” alessandrina non risulta aver prodotto, fatti salvi gli spunti sulla Cittadella, alcuna indicazioni
utile per il territorio alessandrino: cfr. però l’introduzione di Sergio Deorsola, in G. FREIBURGER, op.cit.,
pp. 123-125.
438 Negli altri convegni e seminari, solitamente a carattere storico-architettonico (tanto che
avessero intenti scientifici, oppure divulgativi) ci si è sempre limitati a ipotizzare destinazioni o utilizzi
435
124
Study case
439
Enti pubblici e dell’Amministrazione militare440 ressero pubbliche dichiarazioni circa la
compatibilità delle ipotesi progettuali con gli effettivi vincoli giuridici ed economicogestionali.
Se poi si considera che, pochi mesi dopo, tutti gli elaborati grafici del metaprogetto
sono stati esposti in una mostra allestita nel Bastione S.Antonio (maggio 1999), che
successivamente (2002) lo studio è stato pubblicato in un volume441 e messo per qualche
mese a disposizione on-line, nel sito istituzionale della Provincia di Alessandria, è lecito
dedurre che il principio generale di trasparenza dell’azione amministrativa è stato, almeno
nella prima fase del procedimento, pienamente rispettato442.
Analogamente è avvenuto per il successivo bando pubblico del concorso
internazionale di idee che, dopo essere stato presentato e discusso nell’ambito delle
commissioni consiliari (in seduta almeno teoricamente pubblica, anche se non molto
pubblicizzata a tal fine), è stato pubblicato nel sito web della Provincia di Alessandria 443
insieme a tutti gli allegati tecnici; tra questi era stato incluso lo studio di fattibilità, che per
molti mesi è risultato in questo modo liberamente consultabile e scaricabile, non solo da
parte dei progettisti, ma da chiunque fosse interessato.
A parte ciò, prima del 2008 i diversi soggetti pubblici coinvolti non hanno ritenuto
di attivare ulteriori forme di coinvolgimento e partecipazione444, per non parlare di
strumenti anche più incisivamente finalizzati all’effettiva e attiva partecipazione della
cittadinanza alla definizione delle scelte, come ad esempio l’acquisizione formale di istanze
e proposte, o l’indizione di un referendum consultivo. Alcune sollecitazione sono state
della più disparata natura e finalità, senza alcuna disamina della relativa attuabilità e sostenibilità.
439 Ibidem, pp. 127-128 e 133-134; Da parte del Presidente della Provincia, ad esempio, era stato
posto in evidenza che, fatte salve “le indispensabili verifiche di fattibilità e sostenibilità finanziaria”,
l’ipotesi di una parziale destinazione museale ha già “ottenuto il risultato di sollecitare sul problema
Cittadella l’interesse della Regione Piemonte, delle Soprintendenze piemontesi, dei diversi Direttori dei
Musei, ma soprattutto del Ministero dei Beni Culturali e del Ministero della Difesa”; per parte sua il
Presidente del Comitato Cittadella aveva sottolineato la necessità di “scandagliare seriamente i risvolti
economici e di gestione, cioè quelli che richiedono di avere almeno un occhio alle rigide esigenze dei
costi e del fatturato”, valutando “i rapporti con gli altri soggetti cointeressati e quelli con i possibili
partners o competitori” nei confronti delle diverse destinazioni prefigurate.
440 Per voce del Comandante della Regione, secondo il quale “la possibilità che la Cittadella, non
più funzionale alle esigenze dell’Esercito, sia ceduta, stante il suo valore storico-monumentale, al
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali è, fuor di dubbio, un’ipotesi plausibile e perseguibile”, con
l’auspicio che “la realizzazione della Cittadella dei musei avvenga in un’ottica unitaria di utilizzazione
dell’attuale complesso, che ne salvaguardi la natura e che non infici l’impegno notevole sin qui posto in
essere ai fini della sua conservazione” dal personale e dalle strutture militari: Ibidem, p. 129.
441 G. DURBIANO, L. REINERIO, op.cit.
442 Dunque la circostanza che nei mesi successivi siano state espresse, da parte di alcuni
esponenti di associazioni locali, pesanti critiche e riserve, basate sul presupposto (assurdo e del tutto
infondato) che il Politecnico preconizzasse la demolizione totale o parziale dei bastioni della Cittadella,
non può certamente essere addebitata a scarsa comunicazione o trasparenza.
443 Solo a partire dal 2006 è stato realizzato un sito “semi-ufficiale” del Comitato per la
Cittadella, tutt’ora consultabile all’indirizzo www.cittadelladialessadria.it, impostato in modo da rendere
più facilmente reperibili e quindi accessibili a tutti non solo gli atti specifici del Comitato stesso, ma
anche tutte le pagine web (quasi sempre introvabili) delle varie amministrazioni interessate alla vicenda
Cittadella.
444 Quando l’Associazione ACSAL ha condotto e presentato la propria già citata indaginericerca (2003), il Presidente del Comitato e il Sindaco di Alessandria hanno solamente partecipato alla
conferenza finale di presentazione dei risultati, avendo in precedenza dato riscontro positivo alla
richiesta dell’Associazione di avere dal Segretario alcune informazioni e dati di carattere generale circa
l’attività del Comitato stesso.
125
Massimo Carcione
talora recepite da consiglieri comunali, di maggioranza e di opposizione, per essere poi
riproposte istituzionalmente sotto forma di interpellanze, mozioni e ordini del giorno, ma
sempre con scarso esito, se non fosse per la successiva divulgazione a mezzo stampa delle
risposte, rese in forma scritta o in seduta445.
Per avere un quadro chiaro ed esaustivo occorre, tuttavia, verificare se questo
atteggiamento è effettivamente conforme anche alle norme a suo tempo poste in modo
autonomo da statuti e regolamenti comunali e provinciali, adottati sulla base dell’art. 8 del
TUEL, che oggi sono assurte al rango di fonti costituzionalmente garantite in virtù del
secondo comma dell’art. 114 novellato: fermo restando che, alla luce della recente norma
inserita all’art. 29, comma 2 bis, della l. 241/1990446, che definisce le norme concernenti la
partecipazione come attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP)447, potrebbero
essere poste in essere garanzie di trasparenza e partecipazione solo maggiori, rispetto a
quelle già previste dal legislatore nazionale e regionale.
Dunque in merito all’azione diretta dell’amministrazione che tra il 1997 e il 2006 ha
svolto il ruolo di capofila del progetto (ospitando inoltre, all’interno dei propri uffici, la
sede e la struttura amministrativa del Comitato), secondo l’articolo 3 comma 4 dello Statuto
della Provincia di Alessandria, l’Ente “considera quali interlocutori indispensabili le
associazioni democratiche e le formazioni sociali che operano all’interno della comunità
provinciale, con una particolare attenzione a quelle che sono espressione del volontariato,
con le quali si impegna a stringere rapporti di collaborazione decisivi per il conseguimento di
importanti obiettivi sociali e culturali”. Per conseguire questo risultato è prevista
l’organizzazione di “strumenti e mezzi idonei per rapporti corretti e permanenti con
l’opinione pubblica, sia direttamente, sia attraverso gli organi di comunicazione, onde
fornire la più ampia informazione sui propri programmi, decisioni e provvedimenti”.
Quanto ai diversi ruoli svolti nella vicenda da Presidente, Assessore delegato,
Giunta, Commissioni consiliari, Consiglio, dirigenti e funzionari dei diversi servizi, essi
vanno letti alla luce dell’art. 3 ter, comma 2, in virtù del quale “le competenze degli organi,
sia elettivi che di gestione, costituiscono esercizio della funzione di servizio della Provincia
nei confronti della comunità”.
Circa l’ipotesi, regolata dagli artt. 78 e seguenti, di referendum (che può essere
consultivo, abrogativo e propositivo), riconosciuto quale “istituto di partecipazione dei
cittadini su questioni attinenti l’attività amministrativa provinciale”, non appare di ostacolo
assoluto il fatto che al comma 2 dell’art. 78, tra le materie escluse dall’applicazione di tale
istituto in via consultiva, vi siano gli atti di pianificazione e di programmazione448, dal
In questo modo sono diventate di pubblico dominio alcune notizie di generale interesse, data
la straordinaria rilevanza del tema ai fini delle prospettive di sviluppo della città e del territorio; tuttavia si
è trattato di modalità che certamente non garantivano (in virtù della prassi sovente adottata, anche in
queste occasioni, di rinviare più volte la pubblica discussione) l’adeguata tempestività ed efficacia
esplicativa. È inoltre singolare che certe notizie siano pervenute alle associazioni o alla stampa perché
alcuni componenti delle associazioni stesse, facenti parte a vario titolo degli organi della Fondazione CR
Alessandria o di altri soggetti pubblici o privati coinvolti nella vicenda, hanno potuto essere
tempestivamente informati.
446 In seguito alla recente modifica operata dalla l. n. 69/2009.
447 Art. 117, comma 2, lettera m) Cost.; collegando questa recente disposizione all’inclusione tra
i diritti culturali di un diritto alla partecipazione e informazione, in quanto finalizzato all’acquisizione di
un’adeguata conoscenza, non si può non porsi anche la domanda se il riconoscimento della natura di
LEP riferito a tale diritto culturale – come pure agli altri che sono più direttamente connessi all’ambito
dell’istruzione – possa o meno estendersi anche ad altri diritti culturali.
448 Quanto al diritto di voto e alle materie possibile oggetto di consultazione, l’art. 78 comma 3
prevede che “non possono esser oggetto di referendum consultivo le seguenti materie: a) revisione e
445
126
Study case
momento che nel nostro caso la consultazione popolare sarebbe stata eventualmente
configurabile rispetto a uno specifico atto generale di indirizzo449, precedente rispetto alla
redazione e formalizzazione di tali atti o delle loro opportune varianti.
La partecipazione e l’accesso agli atti, regolati dagli artt. 82 e 83 (e il relativo
regolamento, approvato con CDP n.120/61495 del 16 novembre 1998) non presentano
novità o integrazioni rilevanti rispetto alla disciplina legislativa, mentre appare
particolarmente incisivo l’articolo 84, che afferma e tutela un “Diritto di informazione” su tutti
gli atti della Provincia, delle aziende speciali e delle istituzioni, che vengono dichiarati in
linea di principio “pubblici, ad eccezione di quelli da considerarsi riservati per disposizione
di legge”: affermazione che non può non risultare straordinariamente significativa e
decisamente originale (in quanto adottata nell’esercizio dell’autonoma competenza
normativa dell’ente locale) anche ai fini del più generale studio sui diritti culturali.
La Provincia, al fine di “assicurare il massimo di conoscenza dei propri atti e di
informazione sulle proprie iniziative ed attività”, è tenuta quindi a predisporre (rendendoli
funzionali e utilizzabili in modo adeguato) i sistemi di notificazione e pubblicazione, lo
sportello informativo URP450, oltre a “ogni mezzo di informazione e di comunicazione
ritenuto più idoneo”, che deve ispirarsi a “criteri di chiarezza, correttezza, completezza e
tempestività”.
Vero è che non risulta siano mai state presentate, in merito alla vicenda di cui ci
occupiamo (al di fuori delle procedure di appalto per la progettazione), richieste di accesso
agli atti, proposte formali di integrazione dell’istruttoria, né tanto meno iniziative
referendarie; è altrettanto innegabile, d’altronde, che a fronte di un preciso impegno
statutariamente assunto a collaborare con interlocutori che sono, almeno in teoria, definiti
come indispensabili, da parte dell’ente non sono state adottate specifiche iniziative di
informazione, promozione o sollecitazione ai fini dell’adozione di tali iniziative, in modo da
incanalare, su binari istituzionalizzati e democratici, contrarietà e perplessità che sono
rimaste in tal modo confinate nel dibattito politico oppure a livello di opinione pubblica.
È vero d’altronde che l’adozione di tali passaggi formali avrebbe comportato il
“rischio” che eventuali indicazioni e indirizzi condivisi da parte della cittadinanza (nel
rispetto delle forme di cui all’art. 81 dello Statuto) potessero diventare – come ad esempio
per la scelta di una soluzione di carattere museale, che è sempre risultata molto gradita e
condivisa – politicamente se non formalmente vincolanti451 nei confronti degli
amministratori, i quali evidentemente non erano orientati a darvi seguito, pur non avendo
sino ad oggi dimostrato di avere migliori idee in proposito.
Quanto alle corrispondenti norme dello Statuto comunale, in particolare l’art. 4
comma 5 in materia di principio di partecipazione (cui si “informa” la condotta del
Comune) e l’art. 12 in materia di referendum, esse appaiono sostanzialmente conformi a
modifica dello Statuto, dei Regolamenti della Provincia e degli Statuti delle aziende speciali; b) disciplina
delle stato giuridico ed economico del personale, assunzioni, dotazioni organiche; c) bilanci della
Provincia e delle aziende speciali; d) atti di pianificazione e di programmazione; e) tributi locali, tariffe,
contributi ed altre imposizioni; f) designazioni e nomine di rappresentanti”.
449 Secondo il secondo comma dell’art. 79, la proposta di referendum deve essere “espressa in
modo chiaro ed intelligibile e deve contenere una sola questione”, di fronte alla quale il cittadino si deve
poter esprimere in modo affermativo o negativo.
450 In base al comma 4 dell’art. 84 afferma che l’Ufficio di Relazioni con il Pubblico si pone lo
scopo di “eliminare ogni barriera burocratica e consentire un agevole e sollecito accesso alle
informazioni”, quindi non solo con riferimento alla formale procedura di accesso agli atti dell’ente.
451 Art. 81 comma 3 dello Statuto: “Il mancato accoglimento delle indicazioni referendarie deve
essere adeguatamente motivato e, ove si tratti di materia di competenza del Consiglio, deliberato dalla
maggioranza dei Consiglieri assegnati”.
127
Massimo Carcione
quelle appena esaminate; va peraltro riconosciuto che sino ad oggi, almeno per la fase
pubblica di definizione degli indirizzi politici e strategici, le procedure adottate dalla
municipalità sono state – come abbiamo già avuto modo di vedere – assai più aperte e
partecipative di quanto avvenuto in precedenza.
Non si deve però trascurare, a proposito del rispetto delle norme statutarie degli
Enti locali, il fatto che gran parte delle azioni in esame sono state realizzate attraverso il
Comitato per la valorizzazione della Cittadella452, che era ed è (almeno formalmente) un
soggetto giuridico di diritto privato: realtà che con tutta evidenza non rientra, quindi, tra
quelle formalmente vincolate dai principi sopra esposti, essendo istituito ed operante ai
sensi del Codice Civile. Anche se, per la verità, non si è mai comportato come tale, essendo
costituito e finanziato da enti pubblici, oltre ad essere composto da pubblici amministratori
che, almeno sino ad oggi, l’hanno sempre considerato e utilizzato come sede di confronto e
concertazione, ma quasi mai come braccio operativo di natura civilistica.
A riprova di ciò, si segnala che la più significativa occasione di presentazione e
discussione pubblica ancora all’inizio d’opera era stata realizzata alla fine del 1998, allorché
l’allora presidente del primo Comitato (informale) volle che si organizzasse a Palazzo
Guasco una pubblica audizione, alla presenza di alcuni consulenti e componenti del
Comitato stesso, dei diversi studiosi che si erano occupati o intendevano occuparsi della
Cittadella453; l’iniziativa ha riscosso una buona partecipazione, anche da parte di numerosi e
qualificati rappresentanti delle associazioni cittadine454.
Se dunque, nei confronti delle garanzie, degli strumenti e delle procedure formali
messe a disposizione sul piano normativo dalla l. n. 241/1990 e s.m.i. e dalle relative norme
statutarie e regolamentari, la “società civile” ha dimostrato scarsa conoscenza e attitudine
all’uso, o forse ha manifestato in questo modo una scarsa fiducia nell’effettiva possibilità di
incidere con efficacia nelle fasi di scelta programmatoria455, si è invece potuta constatare la
numerosa partecipazione e il forte coinvolgimento del pubblico in occasione dei molti
convegni e conferenze promossi in Alessandria da parte di associazioni di rilevanza locale o
nazionale, come Legambiente o Italia Nostra.
Anche in questo caso si tratta evidentemente della garanzia di un diritto culturale,
cioè della libertà che ciascuno ha di esprimere liberamente le proprie opinioni, la quale è
stata resa concretamente esercitabile grazie alle associazioni promotrici e partecipanti456, ma
anche perché le amministrazioni hanno, più o meno coscientemente e spontaneamente, in
Sempre distinto da primo comitato informale, costituito con Delibera della Provincia e
operante in seno ad essa come mero organismo di raccordo e rappresentanza di interessi.
453 Tra essi Anna Marotta, che aveva curato qualche anno prima lo “storico” volume sulla
Cittadella della Cassa di Risparmio (op.cit.) e alcuni docenti universitari, di materie tanto umanistiche che
scientifiche
454 l’iniziativa era stata promossa d’intesa con il Forum delle attività culturali, all’epoca istituito
dall’Assessorato alla Cultura della Provincia: promosso con ottimistica lungimiranza e istituito in modo
formale nel 1998 dall’Assessore alla Cultura pro tempore, lo scultore e matematico Marco Porta, il Forum
era aperto a tutti coloro che, in forma individuale o associata, intendessero contribuire alla definizione
degli indirizzi culturali dell’ente; l’organismo, strutturato in modo ben diverso (almeno nelle intenzioni)
dalle consuete consulte, dopo avere lavorato con un certo entusiasmo per alcuni mesi sotto la presidenza
di Guido Ratti dell’Università di Torino, ha poi perso progressivamente efficacia e incisività, anche a
seguito degli avvicendamenti di assessori e dirigenti.
455 Il che, in effetti, è stato puntualmente dimostrato dagli esiti poco incoraggianti della Delibera
comunale del maggio 2008, che pure era stata caratterizzata da un’ampia fase istruttoria particolarmente
aperta e condivisa.
456 Le formazioni sociali sono state argutamente definite a questo proposito come “grandi
cittadini”: cfr. G. BERTI, Diritto e Stato: riflessioni sul cambiamento, Padova, Cedam, 1986, p. 19.
452
128
Study case
diversa forma e misura, sostenuto (attraverso il patrocinio, il finanziamento, la messa a
disposizione di locali, l’intervento di esperti, la promozione, ecc.) la realizzazione di tali
eventi o la successiva pubblicazione di atti e materiali divulgativi.
Quanto all’individuazione dei soggetti legittimati ad agire a tutela di diritti o
interessi culturali diffusi, si è già fatto cenno supra alla controversa questione della
rappresentanza di tali diritti e interessi, in particolare nelle sedi giurisdizionali: problema che
assume particolare e specifica rilevanza in tema di garanzia dei diritti culturali.
Un puntuale riscontro a questo quadro normativo è giunto anche nel corso delle vicende in esame, allorché il Comune di Alessandria, in occasione del contenzioso amministrativo ante il TAR Piemonte, avverso la demolizione del ponte della Cittadella (già illustrato nel precedente capitolo)457, ha eccepito l’inammissibilità del gravame per carenza di
interesse in capo ai ricorrenti; rispetto a tale obiezione, il ricorso è stato dichiarato in parte
inammissibile, limitatamente però alla sola impugnazione proposta dal Circolo E.R.I.C.A i
due fiumi Onlus e dai signori Enzio Notti e Franco Borsalino.
I due privati cittadini ricorrenti, risultavano infatti residenti in Alessandria (il primo
nel centro cittadino e il secondo nel Borgo Cittadella) e dichiaravano di agire in giudizio a
tutela del proprio interesse “a veder mantenuto un collegamento viario storico, riconosciuto di particolare interesse e di secolare funzionalità tra il centro ed il Borgo Cittadella”. A
giudizio dei giudici, tale prospettazione non configura un interesse legittimo differenziato,
ma un mero interesse semplice o di fatto, che non legittima i titolari a dispiegare autonoma impugnazione giurisdizionale, ma soltanto a proporre un intervento ad adiuvandum nel giudizio
eventualmente promosso dal soggetto titolare di un interesse diretto nella controversia.
Del pari carente di legittimazione ad agire è risultato il Circolo “E.R.I.C.A i due
fiumi Onlus”, il quale dichiarava di agire quale delegato provinciale dell’Associazione Pro
Natura458, senza però che fosse prodotto alcun documento comprovante l’esistenza di siffatta rappresentanza o di un’eventuale delega ad hoc.
Ben maggiore interesse riveste però ai nostri fini la decisione circa la legittimazione
ad agire dell’Associazione La Cittadella di Alessandria 1728, di cui la difesa comunale eccepiva la carenza dei necessari requisiti di rappresentatività. Infatti a giudizio dei giudici amministrativi “la ricorrente ha depositato in atti il proprio Statuto, da cui si evince con chiarezza
l’esistenza di finalità coincidenti con la tutela delle emergenze monumentali del complesso della
Cittadella di Alessandria; essa, inoltre, è certamente in possesso del requisito della vicinitas
rispetto al bene che intende tutelare, avendo sede in Alessandria, ed è dotata di sufficiente
stabilità, essendo stata costituita nel 1999”.
Ciò dimostrerebbe, a giudizio del TAR Piemonte, che l’attività dell’Associazione riflette effettive esigenze collettive: dal che consegue l’affermazione che essa “è dotata di sufficiente rappresentatività rispetto all’interesse che intende proteggere”.
Quanto alla ben più forte posizione di Italia Nostra, che infatti non è neppure contestata dal Comune, essa viene addirittura definita in sentenza come “notoriamente legittimata” ad agire in giudizio “non solo per la tutela di interessi ambientali in senso stretto, ma
anche per quelli ambientali in senso lato, comprendenti cioè la conservazione e valorizzazione
dei beni culturali”459.
Sentenza n. 3272/2009, in data 5 novembre 2009.
La sentenza (richiamando il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa ed
in specifico, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 11 luglio 2001, n. 3878) ha escluso che l’articolazione territoriale di un’associazione ambientalistica nazionale possa ritenersi dotata di autonoma legittimazione processuale, anche nel caso in cui venga impugnato un provvedimento ad efficacia territorialmente delimitata.
459 Viene citata in questo caso la Sentenza del T.A.R. Emilia Romagna (Parma), in data 3 giugno
2008, n. 304.
457
458
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Ancor più significativa è però la successiva considerazione (punto 2.3 in diritto), riguardante entrambe i soggetti ricorrenti, secondo la quale “le finalità statutarie delle associazioni impegnate nella salvaguardia dei beni culturali configurano la titolarità di un interesse
morale alla decisione favorevole che trascende gli stessi effetti pratici della pronuncia giurisdizionale”, potendosi forse far risalire alla tutela di quel più generale diritto collettivo alla
tutela per un verso del proprio patrimonio culturale e per altro verso della propria identità
storica (locale), cui si è già fatto riferimento nel corso della trattazione e che proprio
l’associazione degli “amici” della Cittadella ha sempre inteso rappresentare e difendere.
Ben poco si può dire ancora in merito al ruolo svolto dalle OnG e dalle associazioni
di volontariato, se non per le numerose e meritorie attività di studio, promozione e
sensibilizzazione, con la sola rilevante eccezione di alcune estemporanee iniziative assunte
(autonomamente o su incarico degli enti locali) in occasione e nel quadro di eventi e
manifestazioni460.
Certo è che tale scarsa incisività, in particolare ai fini dell’organizzazione di servizi
qualificati, stabili ed efficaci (e non solo a costo limitato o nullo) per la prima valorizzazione
e fruizione dei siti in questione, si è fatta molto sentire tanto a Marengo che in Cittadella;
non è però possibile definire con sicurezza quanto ciò sia stato determinato
dall’inadeguatezza delle strutture organizzative dei vari soggetti Onlus461, dalla scarsa e non
appropriata formalizzazione di tali rapporti e delle relative garanzie (ad esempio
assicurative) o infine, in ultima analisi, dalla scarsa fiducia reciproca tra “privato” e
“pubblico”, o meglio tra “volontariato” e “politica”.
g.
Anomalie procedurali e scarso sostegno istituzionale alla candidatura UNESCO
Malgrado l’input, contrassegnato da tutti i crismi della sussidiarietà e forse proprio
per questo non troppo considerato, la procedura di candidatura della Cittadella è stata in
realtà calata dall’alto462, prendendo avvio dal parere del Gruppo di Esperti ministeriali463;
successivamente è stata formalizzata della Direzione Regionale del competente Ministero,
che ha redatto in modo autonomo la scheda di pre-candidatura, tuttora presente nel sito
ufficiale del World Heritage Center dell’UNESCO.
Che non ci sia stata alcuna consultazione, neppure informale, tra gli uffici di
Alle già ricordate iniziative, visite e manifestazioni organizzate in particolare dalla “Società
Napoleonica di Marengo” e dall’Associazione “La Cittadella 1728”, si sono aggiunte in tempi recenti (su
sollecitazione del Comune) le sempre più frequenti attività di visita guidata della fortezza, a cura delle
sezioni locali dapprima di Italia Nostra e successivamente del FAI.
461 Peraltro le diverse associazioni sono state quasi sempre coinvolte singolarmente, invece che
insieme e in sinergia tra loro.
462 Le notizie su questa prima fase (la meno procedimentalizzata) dell’iter di candidatura sono
state direttamente e personalmente acquisite dal Responsabile dell’Ufficio UNESCO del Ministero,
Arch. Manuel Guido. L’unico intervento degli amministratori locali risulterebbe essere avvenuto in
occasione di un incontro tra il Ministro per i Beni culturali pro tempore e il Presidente della Provincia di
Alessandria, se non fosse che l’iscrizione è avvenuta in un momento precedente: cfr. D. B RUNETTI (a
cura di), Gli spazi della biblioteca e dell’archivio: piccoli e grandi progetti di buona conservazione (Atti della giornata
di studi promossa dal Club UNESCO e dal Comune di Alessandria, 20 novembre 2007), Alessandria,
Edizioni dell’Orso, 2009, p. 14.
463 Del suddetto Gruppo di lavoro faceva parte l’ex Soprintendente ai Beni Architettonici e poi
Direttore Regionale del Piemonte, da sempre attento estimatore della Cittadella tanto da firmare la postfazione del già più volte citato e misconosciuto volume di Allemandi.
460
130
Study case
Palazzo Chiablese e il Comitato Cittadella, lo si può evincere con chiarezza dalla piuttosto
approssimativo enumerazione degli enti coinvolti nell’attività di valorizzazione (A 'Committee
for the Protection of the Citadel has been appointed: it is made up of the Municipality, the 'Magistrate of
the River Po' and the Ministry of Cultural Activities and Properties and it is presided over by the
Province of Alessandria), tanto più che né il Ministero né l’AIPO, come si è visto, hanno mai
fatto parte formalmente del Comitato464.
Altro aspetto davvero sorprendente di una procedura amministrativa che avrebbe
dovuto essere caratterizzata dalla più ampia condivisione e partecipazione della comunità
locale, è stato costituito dalla mancanza di comunicazioni formali agli Enti, anche in seguito
all’esito positivo della proposta del 1999.
Malgrado il consenso e l’apprezzamento registratosi in seguito alla divulgazione
della notizia, in città e non solo, la candidatura non ha tuttavia avuto sinora accesso alle fasi
successive di considerazione e valutazione; di tutto ciò le amministrazioni e associazioni
locali non hanno avuto sino ad oggi alcuna formale comunicazione e motivazione, né è
stato mai chiesto loro di pronunciarsi in merito al procedimento.
L’unica manifestazione formale di sostegno alla candidatura, dopo il 2006, è stata
costituita dalla Deliberazione di indirizzi del Consiglio Comunale di Alessandria, che –
avendo acquisito nel corso della formale consultazione una specifica osservazione
propositiva in tal senso del Club UNESCO, fatta propria dal Presidente della Commissione
Cultura – ha formalmente dato atto dell’inserimento della Cittadella in tentative list,
affermando conseguentemente che “il progetto di valorizzazione della Cittadella può essere
inserito organicamente nella procedura di candidatura alla lista del Patrimonio mondiale e
potrà trovare sostegno in ulteriori iniziative di rilevanza nazionale e internazionale”.
Sulla base di queste brevi considerazioni, dovrebbe risultare evidente che il presente
studio è stato concepito e sviluppato anche nell’intento di individuare almeno in via teorica,
per quanto possibile, per poi magari iniziare a precostituire (in forma di “parere” reso alle
Amministrazioni coinvolte), alcune basi giuridico-amministrative necessarie per
l’auspicabile realizzazione del dossier di candidatura del sito Cittadella-Marengo, nel
momento in cui si ritenesse di chiedere al Ministero di dare ulteriore corso all’iter
internazionale già avviato presso l’UNESCO.
In alternativa, è già stata prospettata l’ipotesi che la realtà alessandrina si vada ad
aggiungere a uno dei due siti “seriali” connessi, che sono già inseriti nella Lista del
Patrimonio mondiale465, oppure che venga presentata la sua candidatura per l’inserimento
nella nuova Lista creata recentemente presso l’UNESCO ai fini della protezione
“rafforzata” dei beni culturali in caso di conflitto armato e nelle altre situazioni di rischio466.
Proprio prendendo spunto dalla realtà delle Liste UNESCO, deve essere ancora
posta in evidenza come criticità assai significativa (anche ai fini della concreta
valorizzazione culturale e turistica del sito in esame), il perdurare di problemi e difficoltà nel
dare efficace attuazione alle norme nazionali e regionali, ed anche agli indirizzi e ai progetti
464 A ciò si aggiunga l’enigmatico riferimento storico ”The victorious resistance of the Citadel during the
Second War of Independence (1859) is a key-episode of the Italian Renaissance”, per non dire dell’assenza di ogni
riferimento alla Battaglia di Marengo e alle tre fortezze minori.
465 Si fa riferimento, evidentemente, in primo luogo alle Residenze di Casa Savoia (per l’attinenza
territoriale e storico-architettonica) o, in alternativa, al già citato Réseau Vauban francese, per l’analogia del
sito e la comune ispirazione tecnico-progettuale; quest’ultima ipotesi era stata prospettata da Nicholas
Faucherre, a conclusione del convegno internazionale “Fortezze. Guerra, valorizzazione, società,
archeologia, gestione: nuovi approcci di studio e gestione del bene culturale militare” (Alessandria, 25-27
febbraio 2010).
466 Ai sensi del II Protocollo del 1999, addizionale alla Convenzione dell’Aja del 1954.
131
Massimo Carcione
più volte adottati in modo formale dagli enti interessati, in materia di istituzione e gestione
di una o più reti o sistemi – più o meno vasti, coerenti ed integrati – di beni e istituzioni
culturali in tema storico-militare. A partire dall’itinerario dei luoghi della battaglia di
Marengo (1997), per poi passare alla rete europea dei luoghi napoleonici (1999) o ai più
recenti “Sentieri della libertà” (2005) e “Marengo, tra papa Ghislieri e Napoleone Bonaparte”
(2010)467, cui si possono aggiungere i progettati sistemi museali cittadino e provinciale, la
rete regionale “Abbonamento musei Torino Piemonte” e molte altre analoghe realtà, si è
sempre trattato di iniziative e attività caratterizzate inizialmente da grandi sforzi
organizzativi e promozionali, cui hanno fatto seguito nel corso degli anni sempre minori
realizzazioni stabili e istituzionalizzate, ed infine un crescente e sostanziale oblio.
467 L’itinerario, presentato il 29 ottobre 2010 nella Sala del Consiglio comunale, e poi nell’aprile
2011 in un importante meeting organizzato a Santa Croce di Bosco Marengo (che ha visto anche la
partecipazione dell’Assessore regionale al Turismo) e in una serie di seminari tecnici svolti in ambito
europeo, presso i partners (Repubblica Ceca, Polonia, Germania Austria, Slovenia) del progetto UE
Central Europe “Listen the voice of villages”, ha costituito il più efficace, finanziato e strutturato progetto di
animazione e valorizzazione territoriale dell’area; coordinato dalla Società consortile LAMORO di Asti,
ha visto la partecipazione attiva dell’ATL “Alexala” e degli esperti del Circolo Culturale “I Marchesi del
Monferrato”, oltre che di numerose cooperative, associazioni locali e dei rispettivi Comuni. Ciò
nonostante, appena concluso il progetto europeo (e i relativi finanziamenti), come già nelle precedenti
occasioni le attività sono immediatamente cessate: cfr. www.lamoro.it/voiceofvillages.php e
www.marchesimonferrato.com.
132
Study case
POSTFAZIONE
Mentre questa ricerca veniva elaborata, il dibattito sulla valorizzazione e nuova
destinazione della Cittadella dopo la sua dismissione da parte dell’Esercito era giunto alla
sua fase critica; proprio per questa ragione, essendosi scelto di fissare come deadline
dell’analisi il 2009 (cioè appunto l’avvio della gestoine comunale dopo la fine della presenza
militare), quasi nulla di tale dibattito è stato preso in considerazione e analizzato in questa
sede. Viceversa, poiché la parte preliminare della ricerca – frutto del lungo e complesso
lavoro di riordino dell’archivio del “Comitato per la Valorizzazione della Cittadella” – era
stata già pubblicata on-line468 dall’Isral (2010) quale contributo alle iniziative per il 150°
dell’Unità d’Italia, essa ha costituito una delle basi conoscitive per l’avvio della nuova fase;
la sua presentazione, unitamente a quella dello studio condotto da C.Manganelli sulla
Cittadella in età contemporanea, è avvenuta l’11 settembre 2010 in occasione della II Festa
Provinciale dell'ANPI (sala convegni della Camera del Lavoro) con la conferenza “La
Cittadella della Libertà - La cittadella di Alessandria tra Risorgimento e Resistenza“ 469.
Una seconda occasione di confronto pubblico in corso d’opera, utile al fine di
acquisire importanti elementi di conoscenza e valutazione ai fini del completamento del
lavoro di ricerca, si era già avuta nell’ambito della III Settimana delle Autonomie locali
2010, in occasione della conferenza svoltasi in Prefettura il 4 maggio 2011 in occasione del
150° della costituzione dell’Esercito Italiano, che si era incentrato proprio sul delicato tema
della valorizzazione dei beni demaniali470.
A conclusione di questa ulteriore fase di un dibattito ormai quasi ventennale, nel
settembre 2013 è stata presentata alla Camera dei Deputati l’interpellanza urgente (n. 200194)471 con cui alcuni Parlamentari hanno chiesto ai Ministri dell’economia e dei beni
culturali se il Governo abbia intenzione di attivare il nuovo strumento, previsto dall’art. 27
del decreto-legge cosiddetto "Salva Italia" adottato dal Governo Monti nel dicembre 2011 e
cioè lo strumento dei Puvat, in quanto previsti proprio per il recupero e la gestione degli
immobili e siti storici demaniali a rischio di degrado. In secondo luogo, nell’interpellanza si
chiedeva al Governo di valutare, a fini di promozione e sensibilizzazione, di inserire il sito
storico della Cittadella e quanto rimane del campo trincerato di Alessandria, con i tre forti
minori e l’attigua area della Battaglia di Marengo tra i siti candidati all’inserimento
nel Patrimonio comune Europeo, nonché all’inserimento nella Lista istituita, nel 1999
presso l’UNESCO472, dei beni culturali oggetto di “protezione rafforzata”.
468
Alla pagina: www.isral.it/web/web/risorsedocumenti/150unitaitalia_carcione.pdf.
Si veda il sito www.isral.it/web/web/storiedel900/_cittadella.htm
470
Al Seminario “Strutture ex-militari e c.d. federalismo demaniale”, patrocinato dall’Isral e dalla
Società di Storia AA di Alessandria e introdotta dal Prefetto e dal Sindaco di Alessandria, erano
intervenuti il Coordinatore del DRASD Renato Balduzzi, il Gen. Franco Cravarezza e gli studiosi
C.Manganelli, G.Massobrio, E.Mongiano e G.Di Gaspare.
471
L’interpellanza (co-firmatari on. Balduzzi, Dellai e Galgano) è stata discussa nell’aula della Camera il 20
settembre: il resoconto stenografico del dibattito è disponibile nel sito istituzionale della Camera dei
Deputati: http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/assemblea/html/sed0081/stenografico.htm.
472
In sede di dibattito parlamentare il Sottosegretario Toccafondi ha inoltre dichiarato che “Riguardo poi
a quanto segnalato in merito al possibile inserimento del sito della Cittadella nella lista del Patrimonio
mondiale dell’umanità dell’UNESCO, si conferma che, in ragione di una proposta sottoposta dalla
regione Piemonte e dalla provincia di Alessandria, il Ministero ha provveduto all’iscrizione della
Cittadella nella lista propositiva italiana il lo giugno 2006. L’auspicabile procedere dell’iter, tuttavia,
richiederebbe la definizione di obiettivi di conservazione e di modalità di gestione, che potrebbero essere
469
133
Massimo Carcione
A nome del Governo aveva risposto il Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca, Gabriele Toccafondi, il quale ha dichiarato tra l’altro che “il
Ministero (per i Beni e le Attività culturali) ritiene pienamente condivisibile ed auspicabile
l’opportunità di un esteso accordo istituzionale a sostegno di un complessivo progetto di
recupero”.
Come dichiarava nell’Aula della Camera, in sede di replica, il primo firmatario
dell’interpellanza: “per rilanciare Alessandria, la collettività locale sa che quella città accanto
alla città, che è la Cittadella, che è un bene unico non soltanto a livello italiano ma europeo,
può essere uno dei punti di rilancio. Evidentemente, attorno a questo, la provincia e la
regione Piemonte, e mi riferisco anche alla capacità proprio dell’associazionismo e del
territorio che già dimostra una grande sensibilità (lo ha dimostrato a partire naturalmente
dal FAI); credo che vi siano tutte le condizioni per far funzionare quello strumento che il
legislatore dell’urgenza, nel dicembre del 2011, forgiò e che, più di altri strumenti, tiene
insieme le esigenze di contenimento dei costi con quelle della crescita e dello sviluppo” 473.
A seguito degli sviluppi registratisi nei giorni successivi, con l’annuncio da parte
dell’Agenzia del Demanio di un bando pubblico di concessione pluriennale, gli stessi
Parlamentari hanno presentato il 5 novembre 2013 una seconda interpellanza (n. 2/00279)
con la quale si è chiesto in particolare al Ministro dell’Economia se tale ipotesi è “coerente
con l’orientamento assunto dal Governo poche settimane fa in occasione della risposta
all’interpellanza del 20 settembre u.s. e, in particolare, se tale ipotesi esclude, come sembra
fare, l’impostazione di un percorso condiviso di valorizzazione incentrato sullo strumento
dei PUVaT”.
Quale che sia l’esito di questo ennesimo confronto tra livelli istituzionali, non è più
possibile prescindere dalla constatazione che – riprendendo una recente dichiarazione
pubblica di Renato Balduzzi474 – “la Cittadella rappresenta per Alessandria il simbolo
identificativo forse più caro alla comunità, costituendo inoltre un complesso monumentale
con caratteristiche storiche e architettoniche che ne hanno consentito la candidatura (non
andata a buon fine) all’inserimento tra i beni patrimonio dell’umanità tutelati
dall’UNESCO. Eppure, al tempo stesso, si tratta di un bene sul quale da anni, almeno a
partire dalla dismissione da parte dell’Esercito e dal passaggio di proprietà al Demanio, non
si riesce a trovare un percorso condiviso, sostenibile e realizzabile per il suo futuro”. Per
questa ragione gli alessandrini, nonostante la difficile situazione del bilancio comunale e il
conseguente dissesto finanziario, da tempo stanno interrogandosi su tutto ciò che può
favorire il rilancio della città: sotto questo profilo, tuttavia, “la questione Cittadella ha
dimensioni di importanza e di intervento che vanno ben oltre le possibilità della singola
collettività locale” e proprio per questa ragione “serve un progetto ultralocale e nazionale,
in quanto le caratteristiche del sito e dell’immobile sono ultralocali e nazionali” 475.
agevolmente definiti nel quadro dell’accordo istituzionale di cui sopra si è riferito.
473
Qualche giorno dopo, il 21 ottobre 2013, l’on. Ilaria Borletti Buitoni, Sottosegretario ai Beni e alle
Attività culturali (Governo Letta), ha visitato il complesso monumentale, apprezzandone lo straordinario
valore storico, culturale ed architettonico, nonché constatando l’assoluta urgenza di interventi di
conservazione. In questa occasione, il sottosegretario richiamava la posizione espressa dal Governo nella
risposta all’interpellanza del 20 settembre, confermando la positiva disponibilità del MiBAC a dare
concretezza al percorso proposto dall’on. Renato Balduzzi e incentrato sulla formazione di un PUVaT
sulla Cittadella.
474
Rilasciata in seguito al partecipato dibattito pubblico, svoltosi presso l’ACSAL il 2 settembre 2013,
con la relazione introduttiva di Massimo Carcione, i contributi di Gianfranco Cuttica di Revigliasco,
Marcello Ferralasco, Dario Fornaro, Roberto Livraghi e Giulio Massobrio, e le conclusioni dello stesso
on. Renato Balduzzi.
475
Intervista al giornale on-line “Alessandria News” del 4 settembre 2013, disponibile in formato
134
Study case
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136
Study case
TAVOLE ILLUSTRATIVE
1. Alessandria e la Cittadella nel XVIII sec.
2. Piano iniziale della Battaglia di Marengo
del 14 giugno 1800
3. Veduta aerea della Cittadella alla metà del XX sec.
4. Planimetria generale con ipotesi di riuso degli edifici,
tratta dal Metaprogetto del Politecnico di Torino (1999)
5. Vista zenitale della Cittadella prima della demolizione del ponte (estate 2010)
6. Veduta aerea del sito storico Cittadella-Marengo agli inizi del XXI sec.
7. Itinerario “Marengo, tra papa Ghislieri e Napoleone Bonaparte” (2011)
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Massimo Carcione
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Study case
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144
Recent working papers
The complete list of working papers is can be found at
http://polis.unipmn.it/index.php?cosa=ricerca,polis
*Economics Series
Q
**Political Theory and Law
ε
Al.Ex Series
Quaderni CIVIS
2013 n.211** Massimo Carcione: La garanzia dei diritti culturali: Recepimento delle norme
internazionali, sussidarietà e sistema dei servizi alla cultura .
Case study: La valorizzazione della Cittadella di Alessandria e del sito storico
di Marengo.
2013 n.210** Massimo Carcione: La garanzia dei diritti culturali: Recepimento delle norme
internazionali, sussidarietà e sistema dei servizi alla cultura
2013 n.209** Maria Bottigliero et al. (DRASD): OPAL – Osservatorio per le autonomie locali
N.3/2013
2013 n.208** Joerg Luther, Piera Maria Vipiana Perpetua et. al.: Contributi in tema di
semplificazione normativa e amministrativa
2013 n.207*
Roberto Ippoliti: Efficienza giudiziaria e mercato forense
2013 n.206*
Mario Ferrero: Extermination as a substitutefor assimilation or deportation: an
economic approach
2013 n.205*
Tiziana Caliman and Alberto Cassone: The choice to enrol in a small university:
A case study of Piemonte Orientale
2013 n.204*
Magnus Carlsson, Luca Fumarco and Dan-Olof Rooth: Artifactual evidence of
discrimination in correspondence studies? A replication of the Neumark method
2013 n.203** Daniel Bosioc et. al. (DRASD): OPAL – Osservatorio per le autonomie locali
N.2/2013
2013 n.202* Davide Ticchi, Thierry Verdier and Andrea Vindigni: Democracy, Dictatorship
and the Cultural Transmission of Political Values
2013 n.201** Giovanni Boggero et. al. (DRASD): OPAL – Osservatorio per le autonomie
locali N.1/2013
2013 n.200* Giovanna Garrone and Guido Ortona: The determinants of perceived overall
security
2012 n.199*
Gilles Saint-Paul, Davide Ticchi, Andrea Vindigni: A theory of political
entrenchment
2012 n.198*
Ugo Panizza and Andrea F. Presbitero: Public debt and economic growth: Is
there a causal effect?
2012 n.197ε
Matteo Migheli, Guido Ortona and Ferruccio Ponzano: Competition among
parties and power: An empirical analysis
2012 n.196*
Roberto Bombana and Carla Marchese: Designing Fees for Music Copyright
Holders in Radio Services
2012 n.195*
Roberto Ippoliti and Greta Falavigna: Pharmaceutical clinical research and
regulation: an impact evaluation of public policy
2011 n.194*
Elisa Rebessi: Diffusione dei luoghi di culto islamici e gestione delle
conflittualità. La moschea di via Urbino a Torino come studio di caso
2011 n.193*
Laura Priore: Il consumo di carne halal nei paesi europei: caratteristiche e
trasformazioni in atto
2011 n.192** Maurilio Guasco: L'emergere di una coscienza civile e sociale negli anni
dell'Unita' d'Italia
2011 n.191*
Melania Verde and Magalì Fia: Le risorse finanziarie e cognitive del sistema
universitario italiano. Uno sguardo d'insieme
2011 n.190ε
Gianna Lotito, Matteo Migheli and Guido Ortona: Is cooperation instinctive?
Evidence from the response times in a Public Goods Game
2011 n.189** Joerg Luther: Fundamental rights in Italy: Revised contributions 2009 for
“Fundamental rights in Europe and Northern America” (DFG-Research A.
Weber, Univers. Osnabrueck)
2011 n.188ε
Gianna Lotito, Matteo Migheli and Guido Ortona: An experimental inquiry into
the nature of relational goods
2011 n.187*
Greta Falavigna and Roberto Ippoliti: Data Envelopment Analysis e sistemi
sanitari regionali italiani
2011 n.186*
Angela Fraschini: Saracco e i problemi finanziari del Regno d'Italia
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