Sae l ute Territorio Direttore responsabile Mariella Crocellà Redazione Antonio Alfano Gianni Amunni Alessandro Bussotti Francesco Carnevale Bruno Cravedi Laura D’Addio Gian Paolo Donzelli Claudio Galanti Marco Geddes Loredano Giorni Carlo Hanau Gavino Maciocco Mariella Orsi Marco Monari Paolo Sarti Luigi Tonelli Alberto Zanobini Collaboratori Marco Biocca, Centro Doucmentazione Regione Emilia-Romagna Eva Buiatti, Osservatorio Epidemiologico, Agenzia Regionale di Sanità della Toscana Giuseppe Costa, Epidemiologia - Grugliasco, Torino Nerina Dirindin, Assessore alla Sanità, Regione Sardegna Luca Lattuada, Agenzia Regionale della Sanità - Friuli Pierluigi Morosini, Istituto Superiore di Sanità - Roma Comitato Scientifico Giovanni Berlinguer, Professore Emerito Facoltà di Scienze - Roma Giorgio Cosmacini, Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera - Reggio Emilia Silvio Garattini, Istituto Negri - Milano Donato Greco, Direttore Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute Elio Guzzanti, Docente di Organizzazione Sanitaria Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” - Roma Segreteria di redazione Patrizia Sorghi Salvini Simonetta Piazzesi 151 Rivista bimestrale di politica-socio-sanitaria fondata da L. Gambassini Giunta Regionale Toscana Anno XXVI - Luglio-Agosto 2005 Sommario 198 204 208 211 218 C. Castiglioni, C. Hanau C. Castelnovo A. Lamberto, R. Levaggi I. Buccioni P. Carletti, G.V. De Giacomi C. Mancini M.S. Ferreiro Cotorruelo M.R. De Maria, N. Mazzoni C. Barni Spazio Toscana 221 G. Amunni Monografia 225 R. Satolli 229 A. Panti 232 C.M. Vaccaro 236 G. Almansi 240 G. Fiorentini, L. Reboldi 243 A. Bussotti, P. Sarti 246 R. Piumelli, G. Donzelli 248 M.A. Nicoli, V. Sturlese T. Mancini Assistenza domiciliare integrata La comunicazione fra medico e paziente “Peer education” nella terza età Il profilo di assistenza per il paziente uremico cronico Il progetto Unità di valutazione e diagnosi Linee organizzative dell’Istituto toscano tumori Dottor Internet Il mercato delle malattie Un patto etico tra medici e giornalisti Un consulente sanitario globale L’accreditamento dei siti Il sostegno informatico Il paziente “aggiornato” Il bambino in rete L’“empowerment” del paziente Segreteria informatica Marco Ramacciotti Direzione, Redazione Via Delle Belle Donne, 13 - 50123 Firenze Tel. - Fax 055/211875 [email protected] http://www.salute.toscana.it Edizioni ETS s.r.l. Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa Tel. 050/29544 - 503868 - Fax 050/20158 [email protected] www.edizioniets.com Distribuzione PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze] Questo numero è stato chiuso in redazione il 15 settembre 2005 Esperienze dal territorio 255 M. Smorti 259 Educazione sessuale Recensioni Abbonamenti 2005 Italia € 41,32 Estero € 46,48 Fotocomposizione e stampa Edizione ETS - Pisa I versamenti devono essere effettuati sul c/c postale 14721567 intestato a Edizoni ETS s.r.l. specificando nella causale “abbonamento a Salute e Territorio”. l ute Sa e 198 Territorio Carlo Castiglioni Carlo Hanau* Cecily Castelnovo Medicasa Italia S.p.A. * Docente di Programmazione ed organizzazione dei servizi sociali e sanitari, Università di Modena e Reggio Emilia L ’assistenza domiciliare è ormai una modalità di cura radicata in tutti i paesi sviluppati dove i sistemi sanitari assicurano la gestione dei pazienti al proprio domicilio sia perché le cure in seno alla propria famiglia offrono al paziente una migliore qualità di vita e di assistenza, sia perché per i pazienti affetti da malattie croniche stabilizzate i costi sostenuti dalla parte pubblica per le cure a domicilio sono generalmente inferiori rispetto a quelli, divenuti quasi insostenibili, dell’assistenza in istituzione. Verrà qui descritta l’esperienza di Medicasa, una società che fin dal 1993 ha iniziato ad organizzare servizi di assistenza domiciliare a Milano ed oggi si estende a numerose regioni (Friuli, Veneto, Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia), operando principalmente in regime di accreditamento e di accordo per conto delle organizzazioni pubbliche territoriali (ASL); le aree territoriali dove assicura i servizi di assistenza costituiscono complessivamente un bacino demografico di circa 5.400.000 abitanti. Sin dalla sua nascita Medicasa ha contribuito attivamente alla diffusione delle cure Modelli assistenziali N. 151 - 2005 Assistenza domiciliare integrata domiciliari ad elevato contenuto sanitario in Italia, operando in partnership con le Aziende sanitarie locali e con le Aziende ospedaliere e partecipando a sperimentazioni e progetti a livello europeo, nazionale e regionale (si citano per esempio i progetti europei Ten-care, Chronic, Karma 2 e le sperimentazioni della ASL Udine nella Regione Friuli, delle USSL 36-41 della Città di Milano, della ASL di Treviso nella Regione Veneto). I vantaggi economici, oltre che di personalizzazione delle cure, di un intervento alternativo al ricovero ospedaliero Ad oggi Medicasa, con circa il 43% di quota di mercato, costituisce la più grande realtà italiana specializzata nel campo dell’assistenza domiciliare. Medicasa dispone sul territorio nazionale di 14 centrali operative, come mostrato nella figura 1, che nell’anno di riferimento per questa descrizione, il 2003, hanno trattato oltre 16.000 casi. Un “caso” è rappresentato dall’insieme dei seguenti eventi: segnalazione del paziente da parte del medico di base o dell’Ospedale, valutazione della situazione da parte della ASL di compe- Fig. 1 - Centrali operative di Medicasa. Modelli assistenziali N. 151 - 2005 Sae l ute Territorio 199 Fig. 2 - Modalità operative. tenza, presa in carico da parte di Medicasa e termine del servizio di assistenza domiciliare. Nell’analisi effettuata si sono considerati come casi anche quelli riferiti ai pazienti che risultavano in carico a Medicasa il primo gennaio ed il 31 dicembre 2003. Medicasa agisce su indicazioni delle ASL di riferimento e le modalità operative sono schematizzate nella Figura 2. I pazienti assistiti da Medicasa sono stati inseriti in ADI dalle Unità di valutazione multidimensionali (UVM) dei Distretti delle ASL per le quali Medicasa opera. I Piani assistenziali personalizzati (PAP) sono stati definiti dalle UVM e sono stati poi attuati da Medicasa. 1 L’inserimento dei pazienti nei servizi ADI è avvenuto con modalità differenti da Regione a Regione: in particolare la valutazione del paziente è stata condotta con approcci metodologici specifici di ogni realtà con l’utilizzo di scale valutative differenti come CTMSP (Classification par Types en Milieu de soins et Services Prolongés, utilizzato per esempio a Treviso ed a Bologna Sud) o SVAMA (Scheda per la valutazione multidimensionale dell’anziano, utilizzato per esempio in Veneto). Questo approccio metodologico non univoco nella valutazione del paziente si accompagna a differenti contenuti delle prestazioni domiciliari: le differenti ASL si propongono di offrire un servizio di assistenza domiciliare orientato a coprire esigenze assistenziali di pazienti in condizioni cliniche più o meno critiche. Le differenze nelle complessità assistenziali dei pazienti si evidenziano in prima approssimazione esaminando due indicatori: la frequenza degli accessi settimanali (intensità di cure) e il numero dei giorni di cura per ogni caso trattato. Questi due parametri rappresentano gli aspetti di maggiore disomogeneità quando si confrontano varie esperienze pubblicate1. Scopo del lavoro è analizzare i principali dati di attività e mostrare il valore economico del sistema di assistenza ADI Si vedano per esempio gli studi di Zito [1], di Zuccaro [2], di Biondaro [4] e di Savino [5]. nel quale Medicasa opera, confrontandolo con altre esperienze realizzate in altre Regioni e in altre ASL. In questa sede non si entrerà nella valutazione qualitativa del servizio, che verrà considerata in altro momento attraverso appropriate metodologie d’analisi. Materiali e metodi Nel corso delle esperienze sviluppate nel settore dell’assistenza domiciliare, Medicasa ha studiato, realizzato, sviluppato ed applicato strumenti sia informativi (progetti, procedure operative, modulistica di supporto) che informatici (prodotti applicativi software su reti di personal computer). l ute Sa e 200 Territorio I dati qui utilizzati sono stati raccolti mediante l’utilizzo delle banche dati dei prodotti applicativi GIADA e WINMEDI. L’applicativo GIADA supporta l’attività di chi riceve e gestisce le richieste di assistenza e di chi eroga i servizi domiciliari; è perciò installato sia presso i punti ADI che ricevono le richieste da parte degli assistiti, con funzioni di supporto all’operatività del progetto, sia presso la segreteria organizzativa, con funzioni di centralizzazione dei dati. L’applicativo GIADA installato presso i punti ADI permette di gestire i quattro momenti fondamentali del progetto: 1. Registrazione della richiesta di assistenza domiciliare. 2. Valutazione della situazione. 3. Decisione del piano di assistenza e dell’ente/organizzazione che erogherà i servizi all’assistito. 4. Erogazione del servizio e controllo dell’attività degli enti erogatori. È possibile inoltre accedere a funzioni statistiche come, per esempio, il controllo delle richieste ADI negli aspetti che riguardano l’iter di ogni richiesta e gli eventi relativi, il supporto alle attività delle Commissioni decisionali del progetto, statistiche sul carico di lavoro degli operatori direttamente impegnati nell’assistenza e dello staff amministrativo, controllo dell’efficienza dell’ente che eroga le prestazioni in termini di tempi di esecuzione e controllo delle attività affidate. 2 Modelli assistenziali Periodicamente la segreteria organizzativa riceve automaticamente i dati di tutti i punti ADI, integrandoli nella sua base dati, e spedisce, se necessario, gli eventuali aggiornamenti al programma GIADA. L’applicativo WINMEDI rappresenta il supporto informatico completo delle attività della Centrale operativa. Contiene gli archivi anagrafici dei pazienti e degli operatori e, attraverso la funzione di gestione agenda, consente di programmare le attività degli operatori domiciliari e di effettuare eventuali sostituzioni di operatori in tempo reale. Permette inoltre di registrare, per ogni paziente, gli eventi clinici, ambientali e personali che caratterizzano le condizioni di vita e lo stato di salute. WINMEDI è in grado di fornire gli elementi essenziali per il controllo di gestione ed il controllo della qualità, nonché i dati di sintesi per la gestione delle fatturazioni. È possibile estrapolare diverse tipologie di dati dal database di WINMEDI; per esempio è possibile avere i dati di sintesi relativi a: • numero accessi erogati per caso, periodo, figura professionale, nel mese e cumulativo dall’inizio del progetto; • numero di casi seguiti, nel mese e cumulativo dall’inizio dell’attività in quel territorio suddiviso per patologia e/o classificazione regionale; • numero chiamate in reperibilità suddiviso nelle di- N. 151 - 2005 verse tipologie di risposta (accesso infermieristico – accesso medico ecc.) e per tipologia di paziente; • numero e tipologia delle visite specialistiche effettuate. Caratteristiche della popolazione di riferimento Nel 2003 Medicasa ha erogato a domicilio, in regime di Assistenza domiciliare integrata (ADI), le cure per 16.234 casi, di cui il 59,6% femmine. L’85,8% delle persone entrate in ADI nel 2003 aveva un’età superiore ai 65 anni; il 4,7% dei pazienti trattati era costituita da grandi anziani, cioè da persone con un’età superiore a 79 anni. Nel 2003 i pazienti assistiti sono rimasti in carico a Medicasa mediamente per 90,9 giorni; questa durata media rappresenta un valore simile a quello presente in altri studi su differenti realtà di assistenza domiciliare2. Al termine della presa in carico i pazienti sono usciti dall’assistenza domiciliare; le motivazioni di queste sospensioni sono riportate nel grafico 1. Si può osservare che nel 53,3% dei casi i pazienti sono usciti dal programma di assistenza domiciliare perché “guariti” nel senso che avevano recuperato l’autosufficienza necessaria per non avere più bisogno di assistenza infermieristica continuativa o avevano terminato il Piano assistenziale personalizzato (PAP), per cui alla rivalutazione l’UVM aveva stimato l’intervento ADI non più necessario. Il 20% dei pazienti è andato incontro ad “exitus” (in questo caso si fa riferimento principalmente a pazienti con malattie terminali, in particolare oncologici 8,8%), mentre il 15% è stato ricoverato (l’11,1% in RSA o in strutture simili mentre il 3,9% in Ospedale). Nell’ 1,5% dei casi il paziente o i familiari hanno deciso di sospendere il servizio di assistenza domiciliare. Nel 10,3% dei casi (voce “altro” del grafico 5) una volta sospeso il servizio di assistenza domiciliare, Medicasa non è più stata in grado di conoscere lo stato di salute del paziente. Un aspetto da sottolineare nei pazienti assistiti da Medicasa è l’alto numero di dimissioni che sono determinate dal completamento dei PAP per i quali le UVM non hanno evidenziato la necessità di protrarre l’ADI. Si ritiene che una parte di questi pazienti non fosse “guarita” ma necessitasse di ulteriore assistenza pur avendo recuperato una certa autonomia; in questi casi comunque una certa assistenza è stata mantenuta per il permanere degli interventi socio-assistenziali. Descrizione della attività di Medicasa nel 2003 Nel 2003 Medicasa ha trattato 16.234 casi. La distribuzione regionale è la seguente: 4351 Lombardia, 3550 Calabria, 2221 Sicilia, 2098 Veneto, 2002 Campania, 1063 Piemonte e 949 Friuli V-G. Si vedano per esempio gli studi di Zito [1], di Zuccaro [2], di Biondaro [4], di Savino [5] e di Scaccabarozzi [9]. Modelli assistenziali N. 151 - 2005 Sae l ute Territorio 201 Graf. 1 - Motivo della dimissione. La figura professionale maggiormente coinvolta nell’assistenza domiciliare risulta l’infermiere professionale (IP), con il 69,4% degli accessi totali. Se si considera come indice di complessità il numero degli accessi settimanali dell’IP (Grafico 2), si può osservare come le varie ASL mostrino protocolli operativi con intensità assistenziali differenti; infatti i protocolli con programmi di tre interventi settimanali sono mediamente il 23% in tutte le aree, i protocolli con accessi superiori a 5 settimanali sono pari al 56% (in particolare in Piemonte, Veneto, Sicilia), mentre l’ 11% è rappresentato da protocolli con accessi settimanali o bisettimanali. Complessivamente gli accessi infermieristici erogati da Medicasa nel corso del 2003 sono stati 709.839. Perciò, per 3 Si veda [7]. Graf. 2 - Frequenza settimanale accessi IP. ogni caso trattato a domicilio sono stati eseguiti mediamente 43,7 accessi. Come abbiamo sottolineato precedentemente vi sono alcune differenze fra ASL determinate dall’inserimento di pazienti in condizioni cliniche differenti che si evidenziano con una media di accessi per caso compresa fra un valore minimo di 41,8 accessi/paziente fino ad arrivare a 55,7 accessi/paziente registrato nella ASL dove l’indicatore assume il suo valore massimo. Se dividiamo i giorni di presa in carico per il numero medio di accessi per paziente possiamo evidenziare come l’assistenza venga erogata mediamente con un accesso a giorni alterni, come si può vedere dalla Tabella 1. Analisi economica Come riportato dal documento conclusivo del Comitato ministeriale per l’ospedalizzazione domiciliare (2002)3, i costi relativi all’assistenza domiciliare devono essere analizzati tenendo conto: • della effettiva durata dell’assistenza; • del mix di risorse impiegato (medici, IP, impiegati,…); • dell’intensità assistenziale l ute Sa e 202 Territorio in termini di frequenza di accessi. Come indicato dal documento ministeriale, per una corretta valutazione economica dell’assistenza domiciliare sarebbe necessario conoscere il consumo per paziente dei farmaci, dei presìdî e del materiale sanitario in generale ed i costi tecnologici che possono essere impiegati per migliorare il controllo del paziente al proprio domicilio. Nel calcolo dei costi di Medicasa si è inserita la valorizzazione delle attività di assistenza comprendendo i materiali utilizzati (per esempio le siringhe), le attività infermieristiche, le attività di coordinamento e le attività di reperibilità. Nella analisi effettuata non si sono considerati i costi relativi ai farmaci in quanto si accetta che il Servizio sanitario nazionale dovrebbe comunque sostenere questi costi indipen- Modelli assistenziali dentemente dalla collocazione del paziente e dall’attivazione dell’assistenza domiciliare. Un’analisi riferita a tutta l’attività di Medicasa che tiene conto delle differenze in termini di remunerazione per ogni struttura (ASL) (fatturato complessivo / numero degli accessi), ci permette di dare la valorizzazione media per ogni accesso pari a 31,84 €. Questo dato moltiplicato per il numero di accessi medio per paziente (43,72) ci fornisce il costo medio per ciascun paziente assistito per il periodo di presa in carico (1.392,04 €). Questo valore corrisponde al Costo totale per paziente riportato nel documento dell’ospedalizzazione domiciliare (n.accessi totali * valore medio dell’accesso). Si evidenziano in questo caso tre sostanziali parametri: • giornata effettiva di assistenza, GEA (numero di N. casi N. accessi IP N. accessi medi per paziente N. giorni medi di presa in carico Frequenza media di presa in carico Remunerazione media per accesso Costo medio per caso trattato (Costo totale per paziente) Costo per giornata effettiva di assistenza GEA Coefficiente di intensità assistenziale (Coeff. I.A.) 43,72 / 90,92 Costo medio per giorno di presa in carico 4 Si veda [7], [8]. N. 151 - 2005 giorni in cui almeno una figura professionale ha effettuato una visita domiciliare); • durata dell’assistenza (n. giornate di presa in carico). • coefficiente di intensità assistenziale (GEA / durata dell’assistenza); La valorizzazione di questi tre parametri corrisponde a quanto proposto nel documento per l’ospedalizzazione domiciliare ed anche nell’atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie, DPCM 14.02.2001. Tenendo conto di quanto sopra possiamo evidenziare per i casi trattati da Medicasa nel 2003 i parametri esposti nella Tabella 2. Analizzando i dati secondo le modalità riportate dal documento sull’ospedalizzazione domiciliare (2002) e il DPCM 14.02.2001 4, possiamo comparare i dati riportati nel pri- 16. 234 709.839 43.7 90.92 gg 90.92 gg / 43.72 acc.= 2.07 mo documento (ricalcolati a parità di periodo di cura) con i dati complessivi di Medicasa. In questo la valorizzazione del percorso di cura è stata calcolata moltiplicando i giorni medi di presa in carico (90,92 gg) per il coefficiente I.A. (0,48) e per il valore GEA (34,21 €). I risultati sono riportati nel Grafico 3. Il Grafico 3 mostra che per i due livelli di assistenza (base e critici, secondo le definizioni del documento ministeriale precedentemente indicato) il documento per l’ospedalizzazione domiciliare calcola un range di costi compreso fra i 1260 e i 1836 €, mentre il dato derivante dalla attività di Medicasa del 2003 mostra un valore di 1493 € che si pone al di sotto della media tra questi due valori; inoltre essendo il dato di Medicasa un dato medio nel quale sono contenuti protocolli assisten- Tab. 1 - Dati attività di assistenza in regime di ADI per l’anno 2003. 31,84 € Media ponderata 1.392,04 € Tab. 2 - Dati economici Medicasa, 34,21 € 0,48 15,31 € 2003. Modelli assistenziali N. 151 - 2005 Sae l ute Territorio 203 Graf. 3 - Comparazione della valorizzazione dei percorsi di cura (dati Comitato OD - 2002 / Medicasa). ziali anche per pazienti complessi come i terminali (in particolare oncologici 8,8%) possiamo affermare che la valorizzazione economica di Medicasa si posiziona nella parte inferiore dell’intervallo, cioè a livelli inferiori di costo rispetto a quelli attesi. Conclusioni Dall’analisi effettuata emerge che i costi di assistenza prodotti da Medicasa sono in linea con quelli di alcune strutture pubbliche5. In par- ticolare i risultati ottenuti mostrano come una assistenza domiciliare data in outsourcing possa essere competitiva nei confronti di differenti modelli assistenziali di ADI gestiti direttamente dalle strutture pubbliche. Per quanto riguarda la tipologia dei pazienti trattati, il rapporto accessi per numero di giorni di presa in carico evidenzia come in molti casi la selezione dei pazienti sia orientata ad assistere al domicilio pazienti di elevata Bibliografia 1. Zito M., Abate G. et al., Costi ADI, Giorn. Geront., 1998; 46: pp. 303-309. 2. Zuccaro S.M., Coen Mieli D., Assistenza domiciliare integrata: una valida alternativa al ricovero per il paziente anziano “fragile”? www.comidan.it/Docs/Convegno%20Nov%202002/Zuccaro.PDF, 2000. 3. AUSL Bologna www3.iperbole.bologna.it/governarebologna/2002/n3/art.3.php, 2000. 4. Biondaro A., Borin R., Assistenza domiciliare integrata: valutazione dei costi, Tendenze nuove, 1/2002: pp. 75-101. 5. Savino C., Assistenza Domiciliare Integrata nella ASL di Chieti, www.ausl.pe.it/tesispecializzazione/savinoc/), 2001. 6. National Evaluation of the Cost-effectiveness of Home care March 2002 - Health Transition Fund, Health Canada www.homecarestudy. com/reports/index.html, 2002.7. Comitato Ospedalizzazione Domici5 gravità che in caso contrario sarebbero destinati necessariamente a un ricovero. Si crede che questo debba essere il vero senso dell’ADI che, integrata con un sistema territoriale articolato (associazionismo medico, UTAP, Ospedale di comunità, RSA), diviene una reale alternativa all’istituzionalizzazione, permettendo cure più personalizzate, una migliore qualità di vita e non ultimo una riduzione dei costi dell’assistenza in regime di ricovero. Purtroppo l’assistenza domiciliare in molte altre situazioni viene vista come un controllo saltuario del paziente e rappresenta perciò solamente un costo aggiuntivo all’assistenza di base; in questi casi non appena il bisogno del paziente si fa più grave non si riesce ad evitare l’istituzionalizzazione e di conseguenza si impedisce il verificarsi dell’effetto sostituzione tra l’una e l’altra forma di assistenza. liare - Documento Conclusivo (D.M. 12/04/2002).8. D.P.C.M. 14.02.2001 Atti di indirizzo e coordinamento in material di prestazioni socio-sanitarie9. Lorenzo Scaccabarozzi G. et al., Il Servizio di Cure Domiciliari dell’ASL di Lecco: modello organizzativo e risultati nel Distretto di Merate. http://www.fondazionesmithkline.it/t399art4.htm. 10. http://www.sigg.it/public/doc/GIORNALEART/183.pdf 11. D’Elicio G., Gli scenari dell’Assistenza Domiciliare, Cure e Assistenza a domicilio, Schede di documentazione di Medicasa, VII/95, Milano 1995. 12. Hanau C., Pipitone E., L’A.D.I. a Milano, Prospettive Sociali e Sanitarie, anno XXVI, 20/96. 13. Tilquin C., Vanderstraeten G., Québec-Canada, in C. Hanau (a cura di), I nuovi vecchi. Un confronto internazionale, CIRIEC, Maggioli Editore, Rimini 1987 14. Casamenti A., Hanau C., Il costo dei servizi sanitari domiciliari, Salute e Territorio n. 99, 1996, pp. 275-281. Si vedano per esempio gli studi di Zito [1], di Zuccaro [2], di Biondaro [4], di Savino [5], di Scaccabarozzi [9] e [3], [6], [10]. l ute Sa e 204 Territorio Aldo Lamberto Rosella Levaggi* Psicologo, Professore a contratto Università de L’Aquila * Professore di Economia pubblica, Dipartimento di Scienze economiche, Università di Brescia U na delle caratteristiche più importanti del mercato delle prestazioni sanitarie è rappresentata dall’ignoranza, dall’incertezza e dall’irrazionalità dei consumatori/pazienti che non consente di utilizzare in questo contesto la nozione usuale di domanda. La domanda di prestazioni sanitarie viene espressa attraverso il rapporto di agenzia fra il medico e il paziente che, tuttavia, funziona solo in certe condizioni molto particolari. Negli ultimi anni lo studio del rapporto di agenzia è stato affrontato non soltanto dal punto di vista economico, ma anche come interazione che si sviluppa fra medico e paziente sotto l’aspetto della comunicazione, verbale e non verbale. La letteratura ha messo in evidenza gli aspetti positivi della comunicazione efficace e si fa notare che tale processo deve necessariamente passare per una formazione mirata dei medici che devono modificare il comportamento e il rapporto col paziente per renderlo più consono alle regole della comunicazione efficace1. 1 Formazione N. 151 - 2005 La comunicazione fra medico e paziente I cambiamenti, tuttavia, non sono sempre facili e, nel caso specifico, occorre vincere la resistenza del medico alla formazione e al cambiamento. Il tema è molto importante sia dal punto di vista economico che sanitario. Una buona comunicazione riduce i costi ed aumenta l’efficacia delle cure (Stewart 2000) ed è quindi molto importante vincere tutte quelle difficoltà che possono influire sulla relazione medico-paziente penalizzandola con difficoltà comunicative. D’altro canto fra i due attori della comunicazione è attendibile che sia solo il medico a dover modificare e migliorare la propria comunicazione. Infatti questa rappresenta una delle caratteristiche ed abilità essenziali per la propria azione professionale mentre il paziente si presenta alla relazione con un carico di ansie e tensioni che in qualche modo possono interferire sulla buona efficacia comunicativa. La malattia o l’ipotesi di malattia innalza fortemente il livello di allarme e di conseguenza ne risulta modificata anche la codifica e la decodifica dei messaggi. Il paziente Si veda Lamberto e Levaggi (2004a) per una rassegna della letteratura. Un circuito di “ feed-back “che condiziona la diagnosi e l’efficacia della terapia ha come unico obiettivo la soluzione del problema esistente o temuto quindi la focalizzazione è soprattutto emotiva e si concentra su quei messaggi che possono offrire una risposta ai dubbi. Invece l’obiettivo del medico è fondamentalmente quello di formulare una diagnosi ed impostare o modificare una terapia, perciò il “focus” è maggiormente razionale per poter cogliere i segnali utili a comprendere la patologia, i suoi sviluppi e l’efficacia della terapia. L’acquisizione delle strutture comunicative avviene con un processo che non ha mai termine, ma la percezione individuale è che non si tratti di una evoluzione, ma di caratteristiche individuali. Questa concezione rappresenta una forte resistenza al cambiamento di approccio comunicativo da parte del medico poiché deve modificare uno schema acquisito nel tempo e sul quale ha fatto finora affidamento. Il rapporto di agenzia Sul mercato delle prestazioni sanitarie, il paziente, consumatore finale di queste ultime, non è in grado di formulare da solo la domanda. Il paziente, infatti, si trova in condizioni di incertezza e ignoranza in quanto percepisce dei sintomi (di solito quelli più appariscenti, ma non necessariamente quelli più rilevanti per formulare una diagnosi) a cui associa un bisogno di cure o una riassicurazione sulle proprie condizioni di salute. Il processo di tradurre i sintomi del paziente in domanda di prestazioni sanitarie avviene tramite il rapporto di agenzia fra medico e paziente. Si instaura in questo modo un circuito di feed-back fra i due attori (il medico ed il paziente) che presenta diverse fonti di asimmetria informativa. Il fulcro di tale rapporto è rappresentato dal processo comunicativo che si instaura fra i due soggetti. Il paziente in Formazione N. 151 - 2005 questa fase ha bisogno di cure, mentre il medico deve individuare i sintomi rilevanti e formulare la diagnosi. La relazione fra medico e paziente è caratterizzata da una asimmetria informativa doppia. Il paziente infatti: • potrebbe possedere informazioni che non sempre è disposto a rivelare (Britten, 2000), • potrebbe avere una specifica agenda che non rivela al medico (ricerca di informazioni su argomenti e patologie su cui non chiede un consulto: in questo caso il paziente fa delle domande al medico e inferisce dalle risposte il parere del medico se è stata fatta la domanda giusta) • potrebbe cercare di influenzare la diagnosi del medico descrivendo solo certi sintomi e tralasciandone altri se si è già fatto una opinione della diagnosi. Il medico deve quindi interpretare i sintomi, espressi e non, formulare la diagnosi e farla accettare al paziente. Questo è un aspetto nuovo del rapporto di agenzia fra medico e paziente che la letteratura economica ha affrontato solo di recente. La comunicazione fra medico e paziente è importante in tutti i campi del rapporto di agenzia fra medico e paziente, ma diventa fondamentale per: • Stile di vita ed abitudini. Lo stile di vita e le abitudini sono un fattore molto importante per la salute. Infatti le quattro maggiori cause di morte in Italia (malattie cardiovascolari, neoplasie, ictus cerebrali, incidenti) sono da ricon- durre anche a fattori comportamentali. Per la prevenzione di queste cause sono essenziali gli interventi di prevenzione primaria e secondaria sullo stile di vita dell’individuo. La difficoltà di produrre delle modificazioni nel proprio stile di vita si evidenzia in quelli che vengono definiti come individui potenzialmente a rischio per abitudini di vita che nel tempo possono produrre lo sviluppo di patologie anche invalidanti. Coloro che assumono tali stili di vita hanno una altissima probabilità di trasformarsi in pazienti cronici con i costi sanitari che ne conseguono. Nel caso del fumo, lo studio di Viscusi (1990) dimostra che gli individui, sia che fumino oppure no, percepiscono la probabilità di ammalarsi di tumore ai polmoni come molto più alta di quanto in realtà sia. Nonostante tutto, quelli che hanno deciso di fumare non cambiano idea. Il medico ha una funzione essenziale nella comunicazione del problema e nel far comprendere al paziente i rischi in cui incorre per effetto di tali comportamenti. Infatti una delle più grandi difficoltà che si ha nel cambiamento degli stili di vita è la resistenza al cambiamento, cioè la grande difficoltà che ogni persona ha nel modificare routine acquisite anche di recente. • Malattie croniche Alcune malattie croniche come asma e diabete possono essere tenute sotto controllo in modo più efficace mediante una comunicazione efficace fra medico e paziente. Nel primo caso il medico dovrebbe convincere il paziente che non tutti i disturbi provocati da tale malattia vanno accettati; si nota infatti che nel caso dell’asma molti pazienti diano per scontato il fatto di non essere in grado di condurre una vita normale e si abituino ad accettare le limitazioni delle normali attività svolte. Ci si accontenta di una qualità di vita mediocre e ci si rassegna a convivere con sintomi che limitano la qualità della vita mentre potrebbero essere adeguatamente curati. Nel caso del diabete, gli studi più recenti dimostrano che una attività fisica quotidiana può prevenire la comparsa della malattia e che una corretta alimentazione può ridurre l’uso di farmaci. In questo caso si evidenzia inoltre la necessità di coinvolgere tutta la famiglia nella cura della malattia. • Atteggiamento rispetto ai farmaci. Una possibile modificazione è l’atteggiamento rispetto ai farmaci. Molti pazienti in modo più o meno velato si dichiarano contrari ai farmaci, soprattutto quando si tratta di terapie di lunga durata (Britten et al. 2002). Ne deriva così una non aderenza ai programmi terapeutici proposti dal medico sia nella quantità che nella distribuzione temporale delle assunzioni determinando una notevole diminuzione dell’efficacia Sae l ute Territorio 205 dei farmaci. L’autogestione della terapia rappresenta un costo inutile sul piano farmaceutico e talvolta può provocare anche problemi per l’intera collettività. Inoltre il paziente è insoddisfatto riguardo alla terapia e il medico accumula un notevole senso di frustrazione. • La comunicazione di cattive notizie. Con questo termine nell’accezione più comune ci si riferisce alla comunicazione di gravi patologie e soprattutto di diagnosi di tumore, prevalentemente di competenza dell’oncologo o del chirurgo. Una cattiva notizia è anche relativa ad una patologia non letale ma comunque cronica ed invalidante. La comunicazione di cattive notizie è fondamentale affinché il paziente si predisponga a modificazioni di vita che la rendano più compatibile alla patologia di cui si soffre. Spesso consultazioni non opportunamente indirizzate portano ad una dispersione del programma terapeutico con farmaci utilizzati per un certo periodo e poi abbandonati per la nuova prescrizione del nuovo specialista. Il paziente inoltre potrebbe formarsi delle aspettative non corrette circa le proprie condizioni di salute che lo portano a sottostimare il rischio di morte e a scegliere un programma di cure sbagliato. • Assistenza domiciliare e cure palliative. Nel caso di malattie croniche, in quelle di lunga durata e nella l ute Sa e 206 Territorio cura dei pazienti terminali, lo strumento più adatto per curare il paziente è spesso quello di ricorrere all’assistenza domiciliare. Questo processo terapeutico consente di ridurre i costi per il sistema sanitario ed inoltre assicura una assistenza adeguata al paziente consentendogli di vivere all’interno della propria famiglia piuttosto che in un reparto ospedaliero. Sia nel caso di assistenza domiciliare che per la somministrazione di cure palliative deve esistere un canale di informazione e di comunicazione quanto più perfetto fra diversi attori: lo specialista, il medico, la famiglia e gli infermieri che somministrano parte delle cure al paziente a domicilio. Il coordinamento di tutte queste figure è molto difficile per problemi oggettivi di comunicazione, ma è facilmente immaginabile come diventi assai complicata la gestione del paziente poiché le informazioni hanno una circolazione molto tortuosa (Lamberto e Levaggi, 2004b). • Telemedicina La tecnologia medica è in continua evoluzione e offre tecniche sempre più sofisticate che consentono di effettuare teleconsulti, telediagnosi teleassistenza, connessione remota di devices diagnostici (home care test), integrazione delle informazioni e delle competenze delle strutture sanitarie. Molte di queste tecniche, se correttamente applicate, possono Formazione ridurre i costi a carico del SSN e migliorare la qualità della vita. Anche in questo caso, tuttavia è fondamentale una buona comunicazione fra medico e paziente. Formazione alla comunicazione Nella fase di avvio dei corsi di formazione alla comunicazione finalizzati all’apprendimento di nuove modalità interattive fra medico e paziente, avvengono delle tappe precise che costituiscono quasi un rituale che si consuma soprattutto nel primo incontro. Fra i rituali più frequenti c’è una frase espressa più o meno direttamente che risuona dai discenti dopo l’esposizione di base del problema comunicazione medicopaziente: “Noi facciamo già così”. Questo concetto non è frutto della malafede di chi lo afferma, ma è l’espressione chiara della differenza fra il comportamento autopercepito e quanto invece è effettivamente espresso e compreso all’esterno. Ogni persona ha l’impressione di comunicare attraverso modalità e tecniche che dovrebbero corrispondere alle aspettative degli altri. In realtà il processo comunicativo è molto più complesso. Basti ricordare il processo mentale conosciuto come implicatura conversazionale. Si tratta di un processo che colma lo scarto fra ciò che è detto e ciò che si è voluto significare con un determinato messaggio. Occorre andare oltre il significato letterale di un enunciato per poter individuare e capire in modo appro- N. 151 - 2005 priato l’intenzione comunicativa di chi parla. Chi parla, infatti, elabora i concetti che vuole esprimere secondo un proprio codice personale acquisito nel tempo e che diventa automatico (non spontaneo) ritenendo che quello sia il miglior modo per esprimere quanto vuole dire. Chi riceve il messaggio lo elabora secondo un proprio codice anch’esso automatico che può essere diverso da quello dell’inviante. La competenza professionale del medico non è messa in dubbio, ma molto spesso l’esperienza nei corsi di formazione alla comunicazione riporta difficoltà al cambiamento che si esprime attraverso il ben noto meccanismo psicologico della resistenza. Lo scopo di questo meccanismo è di proteggere l’individuo da ingerenze esterne che potrebbero mettere in dubbio l’equilibrio rappresentato dalla convinzione che le proprie idee siano giuste. La formazione in qualche modo mette in discussione la struttura cognitiva delle proprie certezze e la risposta iniziale è molto spesso di difesa espressa in varie modalità. La frase citata all’inizio ne è una dimostrazione molto chiara. Un altro tipo di resistenza comune è centrata sulla differenza di ruolo professionale fra i formatori e i discenti: come possono i formatori dare dei consigli a professionisti di branche così diverse. Va da sé che sono resistenze di principio e non di metodo, ma hanno bisogno di essere rielaborate per facilitare il processo di apprendimento. Aspetti economici della formazione alla comunicazione Una delle chiavi di lettura più dirompente per superare la barriera della resistenza al cambiamento è quella economica. Migliorare le proprie capacità comunicative è economico sotto molti punti di vista. In termini di tempo impiegato nelle visite apparentemente ed empiricamente sembra che una comunicazione efficace ne richieda molto di più. In realtà la ricerca ha dimostrato che si tratta di una percezione personale poiché la comunicazione efficace ottimizza i passi del colloquio medico-paziente (Andersen e Mattson, 1994). Nell’immediato, il tempo impiegato può essere leggermente superiore, ma nel medio e nel lungo termine ha vantaggi sia nel rapporto di fiducia, che si concretizza nell’accettazione della diagnosi e della terapia, sia sulla compliance alla terapia proposta e sostanzialmente con una riduzione nel numero di visite e del ricorso ad altri specialisti. All’economia temporale con il suo riverbero sull’economia sanitaria, e in fondo anche su quella domestica del paziente, si aggiunge una netta riduzione nello stress individuale del medico determinata da un maggior senso di autoefficacia e motivazione al lavoro. Apprendere nuove tecniche comunicative riduce anche la possibilità di commettere errori diagnostici poiché si ottengono maggiori informazioni ed un feedback più efficace. Per modificare la struttura cognitiva che sta dietro il Formazione N. 151 - 2005 concetto espresso dalla frase “ho sempre fatto così (e nessuno si è mai lamentato)” sono necessarie molte esercitazioni non solo osservate indirettamente ma anche vissute in prima persona. Il nostro tempo ci ha abituati alla velocità dell’informazione facendoci dimenticare la necessaria lentezza richiesta dalla formazione e dall’apprendimento. La comunicazione è uno strumento di lavoro dalle innegabili e misurabili valenze eco- nomiche, diagnostiche e terapeutiche e pertanto imprescindibile nella professione medica. Conclusioni Il processo comunicativo medico-paziente è una relazione estremamente dinamica che, come tutte le comunicazioni, nel breve arco di tempo dell’interazione, produce una serie incredibile di aggiustamenti e modificazioni. La ricerca e l’analisi della comunicazione ha permesso di per- Bibliografia Andersson S.O., Mattsson B. (1994), Features of good consultation in general practice: is time important?, Scandinavian Journal of Primary Health Care, 12(4), 227-32. Britten N. et al (2000), Misunderstanding in prescribing decisions in general practice: qualitative study, BMJ, 320: 484-8. Britten N., Ukoumunne O.C., Boulton M.G. (2002) Patients’ attitude to medicines and expectations for prescriptions, Health Expectations, 5(3) 256-69. Lamberto A., Levaggi R. (2004a), La comunicazione fra medico e paziente: aspetti di costo-efficacia, Politiche Sanitarie, 5(1), 52-59. Lamberto A., Levaggi R. (2004b), Assistenza domiciliare nelle cure palliative: i costi della comunicazione, mimeo. cepirne il valore non solo come strumento, ma anche e soprattutto come risorsa. A maggior ragione nella comunicazione in sanità ed in particolare nella relazione medico-paziente superare il concetto di strumento per approdare a quello di risorsa consente un salto di qualità per tutti coloro che a vario titolo operano nel campo della salute. Come l’energia del vento e quella dell’acqua, anche la forza della comunicazione ha un costo molto basso e rese Sae l ute Territorio 207 economicamente molto elevate. Si tratta di un’energia altamente ecologica perché rinnovabile ed inesauribile a disposizione di ogni individuo sia nella sua condizione professionale che in quella di cittadino con un suo stile e modello di vita. Gli studi scientifici non fanno che confermare che in natura esistono molte possibilità per aumentare e migliorare il benessere delle persone. La comunicazione è una di queste. Levaggi R., Capri S. (2003), Economia Sanitaria nuova edizione, Franco Angeli, Milano. Moja E.A. (2000), La visita medica centrata sul paziente, Egidio A. Moja, Elena Vegni, R. Cortina, Milano. Myerscough P.R. (1996), Come parlare con i pazienti, Edizione italiana a cura di Maurizio Puca, Idelson, Napoli. Saltini A., Dall’Agnola R. (1995), La comunicazione di cattive notizie. Indicazioni generali e linee guida, Rec Progr in Medicina, 86, 409-17. Saltini A. (1995), La comunicazione di cattive notizie. Informare o non informare il paziente: una scelta tra due alternative?, Rec Progr in Medicina, 86, 359-66. Stewart M.A. et al. (2000), The impact of patient-centered care on outcomes, Journal of Family Practice, 49(9): 796-804. Viscusi, W. Kip (1990), Do Smokers Underestimate Risks?, Journal of Political Economy, 98, 6, 1253-69. l ute Sa e 208 Territorio Ilaria Buccioni Università di Siena. Gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Enrico Cheli D alla Conferenza ONU (2002) “Costruire una società per tutte le età”, e da iniziative e ricerche successive è emersa la necessità di adottare nelle politiche di intervento socioculturale un’ottica che valorizzi nella società contemporanea il ruolo degli anziani. L’invecchiamento è un fenomeno globale che interessa o interesserà ogni essere umano, in ogni parte del mondo, ed è oggi un fenomeno numericamente senza precedenti nella storia dell’umanità. L’incremento della percentuale di persone anziane – 60 anni e oltre – è stato, infatti, accompagnato da un decremento dei giovani al di sotto dei 15 anni di età. Ciò significa che se il trend prosegue entro il 2050 – per la prima volta nella storia del genere umano – il numero delle persone anziane che vivono sul nostro pianeta supererà quello dei giovani. L’allungamento della vita media e l’invecchiamento progressivo e costante della popolazione, pongono però problemi sempre più complessi alla società: problemi di ordine socio assistenziale, previdenziale, economico e politico. La complessità è dovuta, anzitutto, al rapporto percentuale tra anziani e popo- Politiche sociali N. 151 - 2005 “Peer education” nella terza età lazione cosiddetta attiva in quanto il timore è quello di alterare in misura notevole equilibri antichi, rimettendo in discussione la struttura economica, la visione dell’esistenza, il sistema delle relazioni interpersonali e generazionali, il sistema di sicurezza sociale. La complessità è dovuta anche all’approccio distorto con cui fino ad ora è stato studiato il fenomeno. Le ricerche, le politiche delle istituzioni pubbliche, ma anche la cultura imperante in termini generali hanno visto gli anziani come un’unica grande categoria, costituita da milioni di persone aventi in comune l’età e la condizione di “non più attivo lavorativamente”, con la conseguenza di omogeneizzare condizioni molto diverse tra loro. Ancora una volta gli stereotipi hanno appiattito una dimensione multiforme e ricca riducendo gli anziani ad un gruppo marginale che ha smesso di contribuire all’economia ed ha perduto il suo ruolo sociale diventando dipendente dagli altri e dallo Stato. Tali stereotipi sono dannosi non solo per l’accettazione dell’anziano come membro a pieno titolo della comunità, per l’autostima e quindi la considerazione che l’anziano ha di sé ma anche Il ruolo degli anziani nel contesto sociale dei piccoli villaggi per la società stessa. La vecchiaia è generalmente accostata ad una serie di “divieti”: non lavorare, non decidere, non creare, non costruire… Raramente si pensa che questa fase della vita possa essere il momento in cui finalmente si possono coltivare relazioni e fare cose che gli impegni familiari e lavorativi avevano impedito. Ma, in mancanza di incentivi, solo pochi leggono, incontrano amici, viaggiano, vanno al cinema o si occupano di politica più di quanto non facessero da “giovani”. Resta certamente il fatto che l’allungamento della vita causa un aumento del tempo a disposizione di ciascun individuo; tempo da passare in gran parte da soli sia perché la famiglia mononucleare è sempre più diffusa, sia perché gli altri membri sono spesso impegnati in mille attività “più importanti”. L’esame dei nuovi bisogni che la società deve affrontare, affinché l’allungamento della vita media ed il progressivo invecchiamento della popolazione – anche in buone con- dizioni di salute – non vadano a discapito della qualità della vita rende necessario: • lo studio di strategie tendenti a valorizzare la terza età come risorsa sociale e culturale; • la ricerca di mezzi per attutire gli esiti negativi causati dal passaggio dalla piena attività ad una fase che rischia di essere di “tempo vuoto” e marginalità sociale. Come già evidenziato in interventi precedenti è indispensabile lavorare su tre punti nodali: 1. L’emergere di bisogni culturali e relazionali man mano che si soddisfano quelli materiali di base. 2. La necessità di cambiare prospettiva nei confronti dell’anziano; non più cittadino passivo bisognoso di assistenza, ma risorsa da valorizzare sia nel contesto dei pari che in quello sociale in termini più generali. 3. La contestualizzazione della prospettiva nei piccoli centri, nei cosiddetti “villaggi”. Politiche sociali N. 151 - 2005 Cosa significa questo in pratica? Se è indubbia per alcuni la necessità di supporto dal punto di vista pratico, per la gestione delle attività quotidiane è altrettanto fondamentale considerare il contesto relazionale e culturale dove questi si trovano e la profonda solitudine che molti sono costretti a vivere come risultato di una forte emarginazione sociale, per il non essere o non sentirsi più adeguatamente “utili”. Consideriamo proprio il grande problema della solitudine, che porta a restare alla periferia del sistema sociale, perché a volte non del tutto autosufficienti. Ed ecco che un gruppo di anziani si organizza per uscire e far uscire i meno autonomi, andare a fare la spesa, andare dal medico o all’Università della terza età. Organizzandosi e impegnandosi per sé e per gli altri gli anziani vengono finalmente riconosciuti e assumono un nuovo ruolo, che non solo la società gli riconosce ma anche loro stessi. Tutto ciò contribuisce ad allontanare la solitudine e la depressione che nasce dalla sensazione di inutilità e marginalità e a dare un supporto concreto al contesto sociale di riferimento. In questo senso questo tipo di progetto di impegno sociale e di auto-organizzazione responsabilizzante può avere un effetto preventivo nei confronti della depressione della terza età. Da un lato sono senz’altro d’aiuto le nuove tecnologie al servizio degli anziani – che hanno giustamente avuto una parte importante nel progetto in questione – come strumenti principali per prevenire il processo di invecchiamento, compensare la perdita di abilità e capacità, migliorare le prestazioni personali e, quindi, la percezione del proprio ruolo all’interno della società, supportando allo stesso tempo le persone che assistono gli anziani nello svolgimento del loro compito. Ma per fare questo è necessario vincere alcune barriere emozionali e psicologiche, che spesso fanno percepire le soluzioni pensate per gli anziani come “ghettizzanti” e “stigmatizzanti”, e che, quindi, incontrano il rifiuto dell’individuo che fatica ad accettare la propria condizione. Ridare un ruolo attivo nella società agli anziani; questo significa allargare la portata delle implicazioni e delle conseguenze di tale fenomeno in tutti i settori della vita quotidiana, nonché la necessità di creare una società senza discriminazioni nei confronti degli anziani stessi, attraverso interventi e politiche adeguati di tutela e di promozione sociale. Questo obiettivo richiede un approccio integrato e multidisciplinare che coinvolga nel processo di progettazione dei prodotti e servizi anche i potenziali utilizzatori, per approfondirne esigenze, desideri e aspettative, quindi rispondere in modo adeguato per ritardare e ridurre in modo efficace le difficoltà legate al processo di invecchiamento e a condizioni di disabilità. Se questo è vero nel campo strettamente tecnico lo è ancor di più nel contesto dell’offerta dei servizi di sostegno culturale e relazionale. La terza età tra peer e valorizzazione del ruolo Con il miglioramento delle condizioni generali di salute della popolazione si fa sempre più evidente la necessità di superare un grosso pregiudizio nei confronti dell’anziano, si tratta di cambiare completamente l’ottica attraverso la quale vengono “letti” ed inquadrati questi cittadini. È indispensabile creare una nuova dimensione in cui ci sia spazio per persone che hanno del tempo e del reddito, anche se quest’ultimo spesso non alto, senza creare barriere legate all’età anagrafica. Accanto all’assistenza pratica diventa perciò fondamentale valorizzarne la competenza non solo professionale, ma soprattutto l’esperienza di vita che fa cambiare l’ottica attraverso la quale vengono organizzate attività e servizi per la cosiddetta terza età. Una riflessione sul concetto di “utilità” diventa a questo punto indispensabile soprattutto alla luce di una società che sempre più mette in evidenza come valori l’efficienza e l’efficacia, sempre più spesso trasferiti dal contesto economico a quello sociale. Questa revisione ci impone un cambiamento di prospettiva dalla logica di una società centrata sulla produttività che genera denaro ad una logica della valorizzazione della persona. Un grosso cambiamento culturale che potremo essere in grado di affrontare soltanto nel momento in cui ci rendiamo conto dell’immensa ricchezza che questa rivoluzione culturale ci può portare nell’ottica del benessere e del miglioramento del- Sae l ute Territorio 209 la nostra qualità di vita. Possiamo cioè scegliere di aderire all’etica della programmazione e dei risultati, che afferma che le cose, le azioni e le relazioni umane non hanno un valore in se stesse; il cui rilievo è deciso arbitrariamente dall’uomo. Oppure scegliere di aderire all’etica di una realtà dotata di un suo autonomo valore, una sua autonoma bellezza, una sua autonoma capacità di essere utile su tutti i piani della nostra vita, indicandoci valori essenziali come la reciprocità della relazione ed il mutuo appoggio, la gratuità, il servizio alla collettività e ai più deboli e svantaggiati; la libertà profonda di una solidarietà matura e consapevole dei bisogni del singolo e della collettività. Credo che in quest’ottica il “villaggio” sia e possa essere la giusta dimensione per affrontare una nuova visione dell’essere anziani, una dimensione all’interno della quale, in una logica di rete, affrontare in maniera integrata e umana la nuova condizione con cui ognuno di noi verrà a confrontarsi. Pensiamo all’opportunità di creare servizi in un’ottica diversa; quella dell’integrazione e della valorizzazione di una cittadinanza attiva. Proviamo a fare un volo pindarico e pensare in grande. Proviamo a immaginare a ciò che accadrebbe se l’economia del villaggio non fosse basata sul denaro ma sul tempo a disposizione da dedicare a sé e alle relazioni interpersonali. A questo livello avremmo cittadini anziani con un ruolo centrale e che hanno una l ute Sa e 210 Territorio potenzialità “produttiva” enorme. Nei piccoli centri spesso la percentuale di anziani è maggiore che nelle città. Nasce sempre più l’esigenza di far coincidere la loro necessità di impiegare una parte del tempo in modo costruttivo e le numerose necessità di supporto culturale e sociale della popolazione. Nei piccoli centri molti anziani sono portatori di saperi, di abilità tecniche e manuali spesso destinati a morire e perciò ancora più preziose: mestieri, attività manuali e artigiane, storie, cultura. Pensiamo a laboratori, incontri conviviali in cui sono in un reciproco arricchimento giovani e adulti; ad una banca del tempo con uno scambio non in denaro per le attività che si intraprendono, ma in ore disponibili. Pensiamo a servizi ludici, ad attività all’aria aperta che gli anziani possono organizzare per i loro pari e per i bambini; all’assistenza volontaria per chi ha maggiori difficoltà di salute, anziani e non. Anche “I nonni a scuola”, potrebbe essere un’iniziativa volta a costruire una nuova identità della figura dell’anziano non più delimitato e rinchiuso in spazi e problematiche isolate dal resto della comunità, ma aperto ad una modalità attiva e costruttiva di rapporto con il sociale ed in particolare con il mondo della scuola, dove mantenere viva la comunicazione tra generazioni. Questi sono soltanto degli esempi di una nuova ottica di reciprocità, di scambio di valori e saperi con un enorme potenziale di arricchimento umano e Politiche sociali sociale che credo sia proprio una ricchezza delle piccole comunità. La cooperazione e la logica di area possono qui rivelarsi vincenti; riuscire a organizzare e coordinare tra realtà simili servizi ed attività nel rispetto delle esigenze comuni ed individuali. Ciò rende necessario superare alcune difficoltà nell’organizzazione di servizi di assistenza e soprattutto di quelli di supporto relazionale e culturale, sempre più indispensabili. Si richiede cioè necessariamente la creazione di una rete di centri di supporto passando da una logica di villaggio (village logic) ad una logica di area (area logic) in un’ottica di servizi condivisi (shared services). Sostanzialmente questo comporta: • pur prendendo spunto dalle attività svolte nelle aree urbane, ripensare i servizi in un’ottica di rete contestualizzata alle realtà specifiche; • creare opportunità sinergiche nel reperire le risorse. Ciò significa innanzitutto consorziarsi con centri limitrofi organizzando servizi in collaborazione e creare servizi ad elevata fluidità a costi strutturali ridotti. Il valore della costruzione della rete di villaggi è cioè potenziata dalla capacità di stabilire rapporti di tipo informale anche con le strutture presenti sul territorio, con i rappresentanti istituzionali. Tuttavia tale capacità, essendo basata soprattutto su conoscenze e competenze che implicano una gestione personalizzata del gruppo, è difficilmente N. 151 - 2005 esportabile tout court e riproducibile in altri contesti, pur tuttavia di grande rilevanza pragmatica ed operativa. Conclusioni Credo che proprio la realtà del villaggio allargato permetta di raggiungere l’obiettivo di contribuire a realizzare una “società per tutte le età”; una società rispettosa degli anziani di oggi e di domani; una società che riconosce dignità e diritti di cittadinanza a tutti gli individui senza discriminazioni e lungo tutto l’arco della vita. Promuovere e realizzare politiche ed interventi innovativi ed integrati a favore della popolazione, coinvolgendo i diversi settori della programmazione interessati dal processo di invecchiamento; questo fa sì che vengano contestualizzate le politiche di intervento sociale per la terza età nell’ottica di un principio di salute allargato. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità “la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solamente l’assenza di malattie o infermità”. Il benessere si trasforma nella potenzialità correlata ad una crescita armonica ed alla capacità di esprimere un proprio progetto di vita in qualsiasi fase della vita stessa. Alla luce di questo credo siano fondamentali alcune precise scelte strategiche che il villaggio allargato nell’ottica di area può portare come propria ricchezza e che vi lancio come proposta e provocazione, in parte già attivate con il progetto in questione: • riconoscere il ruolo attivo della popolazione anziana • • • • • • • • • • e promuovere politiche innovative attive per la terza età; dare sostanza alla libertà di scelta dell’anziano; promuovere un atteggiamento positivo verso l’invecchiamento; favorire una riorganizzazione del corso della vita a livello individuale e collettivo, realizzando una maggiore flessibilità tra formazione, lavoro e piacere nelle diverse fasi della vita, superando una rigida sequenzialità; promuovere un invecchiamento attivo (active ageing) anche con interventi di coinvolgimento degli anziani come educatori/facilitatori anche dei propri pari (peer educators); favorire e sostenere il diritto ad una vita indipendente; valorizzare l’apporto delle nuove tecnologie per ampliare i margini di libertà e di autonomia delle persone anziane; sostenere le persone che scelgono di prestare cura ai propri familiari o conoscenti; promuovere il benessere e la salute nella terza età, assicurando un approccio preventivo nel corso della vita ed universalità ed equità di accesso ai servizi sanitari e sociali; favorire un contesto sociale valorizzante le relazioni interpersonali ed intergenerazionali; operare scelte politiche nell’ottica del benessere e miglioramento della qualità della vita della cittadinanza intera. Programmazione sanitaria N. 151 - 2005 Patrizia Carletti Giovanna V. De Giacomi Cristina Mancini Maria Soledad Ferreiro Cotorruelo Agenzia Regionale Sanitaria Marche, Direttore: Prof. Francesco Di Stanislao N ella regione Marche è stato avviato dall’Osservatorio epidemiologico regionale dell’Agenzia regionale sanitaria (ARS-Marche), nel giugno 2003, un progetto per la realizzazione del profilo di assistenza per il paziente uremico cronico. L’obiettivo del profilo è il miglioramento della qualità della vita del paziente con insufficienza renale cronica (IRC) attraverso la presa in carico precoce da parte del nefrologo e del medico di medicina generale (MMG), la riduzione delle complicanze dell’uremia e del trattamento dialitico, la riduzione di tutte le pratiche time consuming per il paziente e per gli operatori che non danno alcun valore aggiunto alla qualità assistenziale. Per l’analisi del contesto sono stati utilizzati: • i registri di attività dei Centri dialitici per gli anni precedenti il 1999; • i dati del flusso informativo sui Centri dialisi della Regione Marche; • la scheda ospedaliera dei ricoveri (SDO) dei pazienti con IRC; • focus groups condotti con 1 2 3 Sae l ute Territorio 211 Il profilo di assistenza per il paziente uremico cronico gli operatori dei Centri nefro-dialitici e con i pazienti e loro rappresentanti (ANED - Associazione nazionale emodializzati). Il profilo di assistenza è stato considerato uno strumento per la presa in carico del paziente cronico in tutte le fasi della sua malattia, dalla IRC lieve alla dialisi, al trapianto e alla riabilitazione psico-sociale. Gli strumenti individuati per il raggiungimento degli obiettivi sono stati: 1. La costruzione di un linguaggio comune tra gli operatori nefro-dialitici a partire dalle evidenze scientifiche. 2. La costruzione di un rapporto con il territorio (MMG e Distretto). Nell’arco di due anni è stato condotto un lavoro di gruppo multiprofessionale con gli operatori del settore nefrodialitico di tutti i Centri della Regione (n. 168 operatori e 39 incontri di lavoro) e con i rappresentanti dei malati. Questo ampio confronto sulle attuali modalità assistenziali al paziente uremico cronico ha consentito una analisi delle La costruzione di una rete assistenziale integrata tra Ospedale e territorio criticità e ha portato alla produzione di raccomandazioni condivise, basate sulle evidenze scientifiche e adattate al contesto regionale. La partecipazione dei malati e dei loro rappresentanti è stata di fondamentale importanza per il superamento delle barriere tra tecnici e cittadini che troppo spesso costituiscono un ostacolo alla buona qualità relazionale, e, in ultima analisi alla efficacia delle cure. Attualmente il profilo è in fase di sperimentazione in tutti i Centri nefro-dialitici della Regione, mentre è in fase di avvio il lavoro con i MMG e con gli operatori dei Distretti. Back ground Nella Regione Marche (1.504.827 abitanti) vi sono 15 Centri dialisi ospedalieri, 6 Centri ad assistenza limitata/decentrata, 2 Centri privati (Fig. 1). Al 31.12. 2003 risultano in dialisi 1.106 pazienti (di cui il 16% in dialisi peritoneale) e 440 pazienti sono portatori di trapianto renale. Dall’analisi della domanda-offerta relativa alla dialisi ed al trapianto di rene1 risulta che, per quanto riguarda il trattamento sostitutivo dialitico, la domanda è complessivamente soddisfatta (vi sono 3,1 pazienti per posto tecnico di emodialisi), (Fig. 2), anche se ci sono alcune differenze tra Centri relative soprattutto alla disponibilità del personale (medici, infermieri, assistenti sociali). Nelle Marche il 22% dei pazienti inizia la dialisi in urgenza (prima rilevazione condotta nel 2002, 35%) 2: ciò è espressione di un ritardo nella presa in cura del paziente affetto da insufficienza renale cronica (IRC) a cui fa seguito una elevata morbosità e mortalità, un peggioramento della qualità della vita ed elevati costi. Dall’analisi delle SDO 3 degli )ΟΞςςΡ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΨΡ ςΞΛ &ΗΘΩΥΛ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΓΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ 0∆ΥΦΚΗ, 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ. )ΟΞςςΡ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΨΡ ςΞΛ &ΗΘΩΥΛ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΓΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ 0∆ΥΦΚΗ, 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ. )ΡΘΩΗ: 6∋2 ∆ΘΘΛ 1997-2003, (Ο∆ΕΡΥ∆]ΛΡΘΗ 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ. l ute Sa e 212 Territorio Programmazione sanitaria N. 151 - 2005 Fig. 1. Fig. 2 - Posti tecnici per emodialisi e numero di pazienti in ED. Regione Marche, anni 1996-2003. Fonte: Schede informative sui Centri dialisi, REM/ARS Marche, anni 2000-2001-2002-2003, Registro marchigiano di dialisi e trapianto, anni 1995-1996. Programmazione sanitaria N. 151 - 2005 anni 1997-2003 risulta che il l’82% dei ricoveri per insufficienza renale sono dovuti a IRC e di questi ben il 68% alla IRC in fase conservativa (Figg. 3 e 4); inoltre si stima che il 17% dei pazienti con IRC in fase conservativa nella Regione Marche ricorre al ricovero una volta all’anno4. Queste ed altre considerazioni quali: • la lunga durata della malattia e la necessità di continuità assistenziale, • l’elevata disabilità ad essa associata, • il crescente invecchiamento della popolazione in generale e dei pazienti in dialisi con conseguente aumento dei bisogni socioassistenziali, • le richieste dei malati e dell’associazione dei malati, • la complessità della risposta assistenziale e la variabilità di comportamento tra operatori, • la rilevanza economica del trattamento, hanno indotto l’ARS Marche a realizzare un profilo di assistenza per il paziente uremico cronico. La realizzazione ed implementazione di tale profilo è diventato un obiettivo del Piano sanitario regionale 2003-20065. Il profilo di assistenza è stato 4 utilizzato come strumento per: • la gestione clinica del paziente in un’ottica di clinical governance 6 , cioè di miglioramento continuo della qualità assistenziale a partire dagli operatori; • l’erogazione di cure appropriate, quindi di qualità e tempestive in quanto basate sulle evidenze scientifiche applicate nel contesto locale; • la presa in carico del paziente in quanto è un modello che prevede la continuità assistenziale in forma coordinata ed integrata; • la gestione trasparente nei confronti del cittadino in quanto definisce, in relazione ad un determinato bisogno di salute, i servizi sanitari coinvolti e le singole responsabilità (1, 2, 3, 4). Il cittadino, informato e reso consapevole su “chi deve fare-che cosa”, può assumere un ruolo attivo contribuendo quindi a ridurre l’asimmetria medico-paziente. Obiettivo generale Migliorare la qualità della vita del paziente uremico cronico e della sua famiglia. Obiettivi specifici • Presa in carico precoce del paziente con IRC da parte del nefrologo e del medico di medicina generale. • Riduzione delle complicanze dell’uremia e del trattamento dialitico. • Riduzione di tutte le pratiche time consuming per il paziente e per gli operatori che non danno alcun valore aggiunto alla qualità assistenziale. Per realizzare una reale presa in carico del paziente in tutte le fasi della malattia risultano indispensabili: 1. La costruzione di un linguaggio comune tra gli operatori nefro-dialitici a partire dalle evidenze scientifiche. 2. La costruzione di un rapporto con il territorio. A questo proposito va sottolineato che l’uremia cronica, al pari di altre malattie croniche, necessita di un’assistenza integrata tra Ospedale e territorio, in particolare tra nefrologi e MMG. Esiste un’ampia area grigia, la fase iniziale o lieve della IRC, in cui il paziente può essere seguito sia dal MMG che dal nefrologo o, viceversa, può “sfuggire” ad una diagnosi precoce per asintomaticità della malattia, per mancanza di informazione o per diversità nelle moda- Sae l ute Territorio 213 lità di valutazione della funzione renale. Pertanto i nefrologi, i MMG e gli operatori del Distretto devono trovare una modalità di collaborazione in un’ottica comune di intervento. Qualora questo non si verificasse, si correranno i rischi di formulare diagnosi tardive, di moltiplicare inutilmente gli esami diagnostici ed i ricoveri ospedalieri, di sottoporre il paziente a messaggi contrastanti. L’ottimizzazione dell’assistenza sanitaria attraverso il profilo assistenziale dovrebbe avere, nel medio periodo, un impatto positivo anche sul piano economico attraverso la riduzione dei ricoveri ordinari per IRC, la riduzione del numero dei pazienti che iniziano la dialisi in urgenza7, la riduzione del numero di spostamenti del paziente in ambulanza. Realizzazione Il progetto “Profilo di assistenza per il paziente uremico cronico” è stato avviato dall’Osservatorio epidemiologico dell’ARS nel giugno 2003 e prevede la durata di due anni. Il progetto è realizzato con un finanziamento pubblico (Ministero della salute) e coordinato dall’ASSR. )ΡΘΩΗ: 6∋2 ∆ΘΘΛ 1997-2003, (Ο∆ΕΡΥ∆]ΛΡΘΗ 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ Η ΛΘΓ∆ϑΛΘΗ ≥/Η Σ∆ΩΡΟΡϑΛΗ ΦΥΡΘΛΦΚΗ ∆ ΥΛΟΗΨ∆ΘΩΗ ΛΠΣ∆ΩΩΡ ςΡΦΛ∆ΟΗ ΘΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ 0∆ΥΦΚΗ×. 5 3Λ∆ΘΡ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ 2003-2006 (∋/ Θ. 97 ΓΗΟ 30 ϑΛΞϑΘΡ 2003), Σ 130: ≥6∆Υϕ ΛΠΣΗϑΘΡ ΓΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ ΣΥΡΠΞΡΨΗΥΗ, ΗΘΩΥΡ ΛΟ 2004, Ο∆ ΠΗςς∆ ∆ ΥΗϑΛΠΗ ΓΗΛ ΣΥΡΙΛΟΛ ∆ςςΛςΩΗΘ]Λ∆ΟΛ ΣΗΥ Σ∆ΩΡΟΡϑΛΗ/ΦΡΘΓΛ]ΛΡΘΛ ΥΛΟΗΨ∆ΘΩΛ (ΛΘΙ∆ΥΩΡ ΓΗΟ ΠΛΡΦ∆ΥΓΛΡ ∆ΦΞΩΡ, ΣΥΡΩΗςΛ Γ∂∆ΘΦ∆, ΛΦΩΞς, ΣΗΥΦΡΥςΡ Θ∆ςΦΛΩ∆, ΘΗΙΥΡΣ∆ΩΛΗ ΦΥΡΘΛΦΚΗ, ϑΥ∆ΨΛ ΛΘςΞΙΙΛΦΛΗΘ]Η ΥΗςΣΛΥ∆ΩΡΥΛΗ), ΠΗΓΛ∆ΘΩΗ Ο∆ ΦΡΘΓΛΨΛςΛΡΘΗ Η Ο∂∆ΓΡ]ΛΡΘΗ ΓΗϑΟΛ ςΩΗςςΛ ςΞ ΩΞΩΩΡ ΛΟ ΩΗΥΥΛΩΡΥΛΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ×. 6 /∆ ΦΟΛΘΛΦ∆Ο ϑΡΨΗΥΘ∆ΘΦΗ θ Ο∆ ςΩΥ∆ΩΗϑΛ∆ ΠΗΓΛ∆ΘΩΗ Ο∆ ΤΞ∆ΟΗ ΟΗ ΡΥϑ∆ΘΛ]]∆]ΛΡΘΛ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΗ ςΛ ΥΗΘΓΡΘΡ ΥΗςΣΡΘς∆ΕΛΟΛ ΓΗΟ ΠΛϑΟΛΡΥ∆ΠΗΘΩΡ ΦΡΘΩΛΘΞΡ ΓΗΟΟ∆ ΤΞ∆ΟΛΩϕ ΓΗΛ ΟΡΥΡ ςΗΥΨΛ]Λ Η ΓΗΟΟ∆ ς∆ΟΨ∆ϑΞ∆ΥΓΛ∆ ΓΛ ΗΟΗΨ∆ΩΛ ςΩ∆ΘΓ∆ΥΓ ΓΛ ΦΞΥΗ ΦΥΗ∆ΘΓΡ ΞΘ ∆ΠΕΛΗΘΩΗ ΦΚΗ Ι∆ΨΡΥΛςΦ∆ Ο∂ΗςΣΥΗςςΛΡΘΗ ΓΗΟΟ∆ ΗΦΦΗΟΟΗΘ]∆ ΦΟΛΘΛΦ∆ (1+6, :ΚΛΩΗ 3∆ΣΗΥ: ∃ )ΛΥςΩ &Ο∆ςς 6ΗΥΨΛΦΗ, 1998). 7 ∃ ΤΞΗςΩΡ ΣΥΡΣΡςΛΩΡ ΗςΛςΩΗ ΞΘ∂∆ΠΣΛ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ΩΞΥ∆ ςΦΛΗΘΩΛΙΛΦ∆ ΦΚΗ ΓΛΠΡςΩΥ∆ ΦΚΗ Ο∂ΛΘΛ]ΛΡ ΓΗΟΟ∆ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΛΘ ΞΥϑΗΘ]∆ ΡΟΩΥΗ ∆ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΥΗ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΩ∆ΟΛΩϕ, ςΛ ∆ςςΡΦΛ∆ ∆Γ ΘΞΠΗΥΡ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΓΛ ΦΡΠΣΟΛΦ∆Θ]Η Η ∆Γ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΕΡςΛΩϕ ΦΡΘ ∆ΞΠΗΘΩΡ ΓΗΟ ΘΞΠΗΥΡ ΓΗΟΟΗ ϑΛΡΥΘ∆ΩΗ ΓΛ ΓΗϑΗΘ]∆. l ute Sa e 214 Territorio Programmazione sanitaria N. 151 - 2005 Fig. 3 - Distribuzione percentuale dei ricoveri dei pazienti con IRC in terapia conservativa e in dialisi. Regione Marche, anni 1997-2003. Fonte: Schede di dimissione ospedaliera (SDO) anni 1997-2003. Elaborazione Osservatorio epidemiologico regionale/ARS Marche. In media, negli anni 1997-2003, il 68% dei ricoveri ordinari dei pazienti affetti da IRC è attribuibile a pazienti affetti da IRC in terapia conservativa ed il 32% a pazienti affetti da IRC in dialisi cronica. Fig. 4 - N. di pazienti residenti nella Regione Marche affetti da IRC in terapa conservativa e in terapia dialitica ricoverati nel corso degli anni 1997-2003. In questo periodo i pazienti ricoverati affetti da IRC in terapia conservativa hanno effettuato 1,28 ricoveri/paz/ anno (in media, in un anno, 901 pazienti hanno effettuato 1.158 ricoveri) e quelli con IRC in dialisi 1,38 ricoveri/paz/anno (in media, in un anno 389 pazienti in dialisi cronica hanno effettuato 535 ricoveri). L’età media dei due gruppi è analoga (69 anni). Si assiste ad un progressivo aumento dell’età nel corso del tempo (da 67 anni nel 1997 a 70 nel 2003). Metodologia La metodologia adottata dal coordinamento scientifico dell’ARS per la costruzione del profilo è stata di tipo partecipativo: tutti gli operatori del settore nefro-dialitico (medici, caposala, infermieri, dietisti, assistenti sociali) ed i rappresentanti dei pazienti (ANED) sono stati invitati a partecipare alla realizzazione 8 del profilo. Analogamente, in successione, è previsto il coinvolgimento dei MMG/PLS e degli operatori del Distretto. Per il settore nefro-dialitico sono stati definiti 5 gruppi di lavoro, multidiscipinari e multiprofessionali, che hanno lavorato in aula, durante gli incontri assieme ai malati e ai loro rappresentanti e nelle loro sedi (n. totale di ope- ratori coinvolti 168). Tutto quello che i gruppi di lavoro hanno prodotto in aula e comunicato telematicamente è stato raccolto dal Comitato scientifico e costantemente restituito, come work in progress, ai singoli componenti dei gruppi e ai responsabili delle UO nefro-dialitiche in un circuito continuo a feed-back. Il Comitato scientifico oltre al coordinamento, ha provveduto ad elaborare le griglie di lavoro8, alla diffusione del materiale bibliografico e alla redazione delle raccomandazioni. Fasi 1. Costruzione del team di progetto (multisciplinare e multiprofessionale) /Η ϑΥΛϑΟΛΗ ΓΛ Ο∆ΨΡΥΡ ΦΡΘΩΗΘΗΨ∆ΘΡ ςΣΗΦΛΙΛΦΛ ΤΞΗςΛΩΛ ΦΟΛΘΛΦΡ-ΡΥϑ∆ΘΛ]]∆ΩΛΨΛ ΥΗΟ∆ΩΛΨΛ ∆ΟΟ∂∆ςςΛςΩΗΘ]∆ ΘΗΟΟΗ Ψ∆ΥΛΗ Ι∆ςΛ ΓΗΟΟ∆ ,5& Η ,5&7. Programmazione sanitaria N. 151 - 2005 2. Analisi della domanda e dell’offerta 3. Analisi dell’attuale modalità assistenziale del paziente uremico cronico (variabilità e criticità) 4. Costruzione del profilo di assistenza nella fase IRC/pre-dialisi 5. Costruzione del profilo di assistenza nella fase del trattamento domiciliare 6. Individuazione del set di indicatori di risultato 7. Sperimentazione del profilo 8. Valutazione della fase sperimentale 9. Implementazione 10. Valutazione 11. Monitoraggio 12. Aggiornamento 13. Analisi dei costi prima e dopo l’implementazione del profilo di assistenza. Indicatori Per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi si prevede di utilizzare i seguenti indicatori: • n. pazienti che iniziano la dialisi “in urgenza”/totale pazienti che iniziano la dialisi9; • tassi standardizzati di ospedalizzazione dei pazienti con IRC in dialisi e non (monitoraggio); • materiale informativo pertinente prodotto e diffuso. Attività svolte 1. Costruzione del team di progetto (multisciplinare e 9 multiprofessionale) A seguito dell’invito da parte dell’ARS ai responsabili delle Unità operative nefro-dialitiche, ai nefrologi, alle caposala e all’ANED a partecipare al progetto, si è costituito il team di progetto. Poiché la “cura del paziente” non è mai il risultato dell’intervento esclusivo del “medico”, è evidente che costruire ed implementare il profilo di assistenza implica che tutti gli attori, sanitari e sociali, coinvolti nel processo di cura, i malati e i loro rappresentanti, si mettano intorno allo stesso tavolo a lavorare. Pertanto si è ritenuto di fondamentale importanza la partecipazione delle molteplici figure professionali coinvolte nell’assistenza del paziente con IRC, dei malati e dell’ANED. Successivamente si sono costituiti 5 gruppi di lavoro su: • IRC/predialisi • emodialisi (sottogruppi: esami clinico/laboratoristici/strumentali, dialisi, farmaci, informazione al paziente, comunicazione con il MMG) • dialisi peritoneale • trapianto • riabilitazione psico-sociale del paziente uremico cronico. Alla data del 15 maggio 2005 sono stati effettuati 39 incontri di cui 3 plenari e 36 di gruppo. 2. Analisi della domanda e dell’offerta • Flusso informativo sui Centri dialisi: domanda/ offerta per la dialisi e trapianto (www.ars.marche.it OER/ARS Marche) • Analisi delle SDO per i ricoveri per IRC (OER/ARS Marche). 3. Analisi dell’attuale modalità assistenziale del paziente uremico cronico Dal settembre 2003 al gennaio 2004 sono stati effettuati 9 incontri con i gruppi di lavoro durante i quali gli operatori di tutti i Centri nefrodialitici si sono confrontati sulle modalità di assistenza al paziente uremico cronico nelle varie fasi della malattia, rilevando la variabilità di comportamento tra gli operatori e le principali criticità. È stato prodotto un documento di sintesi che dà un quadro descrittivo della situazione attuale. 4, 5, 6. Costruzione del profilo di assistenza nella fase IRC/pre-dialisi, nella fase del trattamento sostitutivo (dialisi e trapianto) e nella fase del trattamento domiciliare Nel periodo febbraio-giugno 2004 è stata realizzata la costruzione del profilo (12 incontri): il coordinamento scientifico ha sottoposto ai gruppi di lavoro specifici quesiti clinico-organizzativi per i quali produrre delle rac- Sae l ute Territorio 215 comandazioni 10 , vale a dire definire che cosa andrebbe fatto, come, da chi, dove e con quali risorse. Come fase propedeutica, il coordinamento ha provveduto ad effettuare una disamina della bibliografia scientifica EBM, delle linee guida nazionali ed internazionali e delle buone pratiche locali e nazionali, necessario supporto per la produzione di raccomandazioni. Il materiale bibliografico è stato consegnato a tutti gli operatori dei gruppi di lavoro. Il materiale elaborato contenente le raccomandazioni è stato “assemblato” dalla segreteria scientifica e consegnato ai responsabile delle UO nefrodialitiche e a tutti i partecipanti il 7 luglio 2004. È stato poi diffuso mediante un CD rom a tutte le UO nefrodialitiche, alle Direzioni delle Zone territoriali (ex AUSL) della Regione e reso disponibile nel sito dell’ARS11. Esso consiste in: • 5 fascicoli redatti con diagrammi relativi a “IRC- Predialisi”, “Emodialisi”, “Dialisi peritoneale”, “Trapianto”, “Accesso vascolare”. I diagrammi sono stati utilizzati per descrivere, nelle varie fasi del processo assistenziale al paziente uremico cronico, che cosa fare, come, dove, quando, chi. • Scheda sociale e relative indicazioni per la compilazione. ∃ ΤΞΗςΩΡ ΣΥΡΣΡςΛΩΡ ΗςΛςΩΗ ΞΘ∂∆ΠΣΛ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ΩΞΥ∆ ςΦΛΗΘΩΛΙΛΦ∆ ΦΚΗ ΓΛΠΡςΩΥ∆ ΦΚΗ Ο∂ΛΘΛ]ΛΡ ΓΗΟΟ∆ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΛΘ ΞΥϑΗΘ]∆ ΡΟΩΥΗ ∆ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΥΗ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΩ∆ΟΛΩϕ, ςΛ ∆ςςΡΦΛ∆ ∆Γ ΘΞΠΗΥΡ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΓΛ ΦΡΠΣΟΛΦ∆Θ]Η Η ∆Γ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΕΡςΛΩϕ ΦΡΘ ∆ΞΠΗΘΩΡ ΓΗΟ ΘΞΠΗΥΡ ΓΗΟΟΗ ϑΛΡΥΘ∆ΩΗ ΓΛ ΓΗϑΗΘ]∆. 10 6ΡΘΡ ςΞϑϑΗΥΛΠΗΘΩΛ ΣΗΥ ΛΟ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΠΗΘΩΡ ΦΟΛΘΛΦΡ, ΗΟ∆ΕΡΥ∆ΩΛ ΠΗΓΛ∆ΘΩΗ ΞΘ∆ ΥΗΨΛςΛΡΘΗ ςΛςΩΗΠ∆ΩΛΦ∆ ΓΗΟΟ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ΩΞΥ∆ Η ΓΗΟΟΗ ΡΣΛΘΛΡΘΛ ΓΗϑΟΛ ΗςΣΗΥΩΛ. +∆ΘΘΡ ΟΡ ςΦΡΣΡ ΓΛ ∆ΛΞΩ∆ΥΗ Λ ΠΗΓΛΦΛ ΗΓ Λ Σ∆]ΛΗΘΩΛ ∆ ΓΗΦΛΓΗΥΗ ΟΗ ΠΡΓ∆ΟΛΩϕ ∆ςςΛςΩΗΘ]Λ∆ΟΛ ΣΛ ∆ΣΣΥΡΣΥΛ∆ΩΗ ()ΛΗΟΓ 0.−., /ΡΚΥ ..1., ∗ΞΛΓΗΟΛΘΗς ΙΡΥ &ΟΛΘΛΦ∆Ο 3Υ∆ΦΩΛΦΗ ΙΥΡΠ ΓΗΨΗΟΡΣΠΗΘΩ ΩΡ ΞςΗ, 1992). 11 ΖΖΖ.∆Υς.Π∆ΥΦΚΗ.ΛΩ l ute Sa e 216 Territorio • Un fascicolo di “Allegati” contenente specifici approfondimenti: Allegati A R riguardanti la valutazione della funzione renale, l’ipertensione arteriosa, il rischio cardiovascolare, la nutrizione, l’anemia, l’osteodistrofia, l’informazione al paziente, gli esami periodici in dialisi peritoneale, la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale, gli esami in emodialisi, la valutazione dell’efficienza dialitica, il carrello per le emergenze presso il Centro dialisi, il trapianto renale: iscrizione in lista ed assistenza al paziente trapiantato, gli esami periodici nel follow-up del paziente trapiantato, competenze infermieristiche nell’ambulatorio trapianti, l’iperuricemia nel trapianto renale, infezioni virali nel trapianto renale. 7. Sperimentazione del profilo Nel mese di ottobre 2004 è stata avviata in tutti i Centri nefro-dialitici della Regione, la sperimentazione del profilo che durerà un anno. 8. Monitoraggio Con l’avvio della sperimentazione è iniziato anche il monitoraggio della implementazione del profilo. L’ARS ha richiesto ad ogni Centro nefrodialitico di nominare un referente per il monitoraggio. Sono state predisposte dal coordinamento e consegnate 12 Programmazione sanitaria ai Centri 5 schede per la rilevazione dei dati necessari al monitoraggio per la IRC in fase conservativa, la IRC in trattamento dialitico extracorporeo e peritoneale, IRC in trattamento con trapianto renale. Altri “prodotti” Oltre ai documenti contenenti le raccomandazioni per la implementazione del profilo di assistenza, altri “prodotti” del lavoro svolto fino ad oggi sono: • il lavoro di gruppo e la disamina collegiale della letteratura scientifica sono stati ottimi catalizzatori per l’aggiornamento dei professionisti e la costruzione di “un linguaggio comune”; • è stato raggiunto un consenso sul fatto che l’intervento del MMG in collaborazione con il nefrologo deve essere il più precoce possibile per ritardare la progressione della IRC e ridurre le complicanze dell’uremia, e che per fare ciò occorre che i nefrologi condividano linee guida e comportamenti comuni e che sia instaurata una collaborazione costante con i MMG; • sono stati fatti alcuni incontri con i medici di medicina generale (circa 150 MMG coinvolti) e si è costituito un gruppo di lavoro con gli operatori del Distretto per l’estensione della dialisi domiciliare N. 151 - 2005 • • • • (peritoneale) a pazienti anziani e/o non autosufficienti; è stata prodotta e pre-testata una scheda regionale per la rilevazione ed il monitoraggio dei bisogni socio-assistenziali del paziente uremico cronico; il sottogruppo “Accessi vascolari” del gruppo “Emodialisi” ha lavorato in collaborazione con i chirurghi del Centro regionale di riferimento per gli accessi vascolari 12 ha deciso di adottare un registro regionale per gli accessi vascolari anche in collaborazione con la Società italiana di nefrologia (SIN). È stato avviato il primo corso regionale teorico-pratico sugli accessi vascolari13; il sottogruppo di lavoro “Nutrizione ed informazione al paziente” ha visto un ampio coinvolgimento delle dietiste e della società scientifica (ANDID) che hanno apportato preziosi contributi e realizzato un convegno regionale sull’alimentazione nel paziente nefropatico; è stato fatta una raccolta del materiale utilizzato dai vari centri per l’informazione al paziente e sono in fase di produzione opuscoli informativi su IRC, dialisi e stile di vita (alimentazione, attività fisica, vacanze ecc). A questo proposito si sottolinea che la presenza nei gruppi di lavoro dell’ANED e dei pa- &ΟΛΘΛΦ∆ ΓΛ &ΚΛΥΞΥϑΛ∆ Ψ∆ςΦΡΟ∆ΥΗ ΓΗΟΟ∂∃]ΛΗΘΓ∆ ΡςΣΗΓ∆ΟΛΗΥ∆ ≥2ςΣΗΓ∆ΟΛ ΥΛΞΘΛΩΛ 8ΠΕΗΥΩΡ ,, /∆ΘΦΛςΛ, 6∆ΟΗςΛ×. 13 ΖΖΖ.∆Υς.Π∆ΥΦΚΗ.ΛΩ 14 ∗ΟΛ ΡΣΗΥ∆ΩΡΥΛ ςΗϑΘ∆Ο∆ΘΡ Ο∆ ΛΘΦΡΠΣΟΗΩ∆ ∆ΣΣΟΛΦ∆]ΛΡΘΗ ΓΗΟΟ∆ ΟΗϑϑΗ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ Θ. 11 ΓΗΟ 15 ΙΗΕΕΥ∆ΛΡ 1993. zienti ha portato un prezioso contributo non solo in termini di suggerimenti per la soluzione di problemi, ma anche in termini di sensibilizzazione degli operatori a migliorare la qualità relazionale e l’informazione al paziente. Verranno progettati anche incontri informativi per i pazienti. • Gli obiettivi del Profilo sono stati assegnati dall’Assessorato alla sanità come obiettivi di budget 2005 alle Aziende sanitarie della Regione. Alcuni punti critici • alcuni responsabili di UO nefro-dialitiche hanno espresso perplessità sulla metodologia ritenuta “troppo partecipativa”; • gli operatori hanno, in varie occasioni, espresso la preoccupazione che i decisori politici non siano disponibili a supportare l’implementazione del profilo quando i cambiamenti organizzativi e gestionali richiedono l’aumento del personale14. Conclusioni La costruzione e la sperimentazione del profilo di assistenza per il paziente uremico cronico ha rappresentato un’occasione di lavoro comune per tutti gli operatori nefro-dialitici della Regione Marche insieme ai malati. Le prossime azioni saranno rivolte alla creazione di una Programmazione sanitaria N. 151 - 2005 rete assistenziale nefrologica integrata, in grado cioè di legare l’attività ospedaliera con il territorio, indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi del profilo. Il percorso assistenziale deve iniziare con il MMG/PLS, continuare nelle strutture ambula- toriali del Distretto (sede ideale per la realizzazione di un’équipe funzionale costituita da nefrologo, infermiere, assistente sociale, dietista, fisioterapista, psicologo) e, nella fase avanzata della malattia, nei Centri nefrodialitici di riferimento. Bibliografia 1. Campbell H., Hotchkiss R., Bradshaw N., Porteus M. (1998), Integrated care pathways, BMJ 316 (10): 133-7. 2. Chassin M.R. (1996), Quality of health care. Part 3: Improving the quality of care, N Engl J Med 335: 1060-63. La presa in carico da parte del territorio è una tappa fondamentale anche per aumentare i trattamenti dialitici domiciliari (o nelle residenze), particolarmente nei pazienti anziani e/o non autosufficienti. Tutto ciò non potrà prescindere dall’attuazione di un Sae l ute Territorio 217 programma di formazione (che vede coinvolte le varie figure sopra menzionate) allo scopo di consolidare una metodologia di follow-up integrato dei pazienti nefropatici, anche finalizzata alla prevenzione e alla promozione della salute. 3. Panella M., Marchisio S., Kozel D. et al. (2000), La costruzione, la sperimentazione e l’implementazione dei profili di assistenza: istruzioni per l’uso, QA; 11(4): 251-62. 4. Russo R. (2000), Profili di cura e profili assistenziali: obiettivi e metodologia, Politiche sanitarie; 1 (4): 182-95. Ringraziamenti a: Segreteria e coordinamento scientifico: dr.ssa M. Soledad Ferreiro, dr.ssa Giovanna V. De Giacomi, Dr.ssa Flavia Manenti, Dr. Virgilio Petrucci. Coordinamento gruppi di lavoro: dr.ssa Marina Di Luca, dr.ssa Flavia Manenti, dr. Virgilio Petrucci, dr. Ettore Pala, dr. Mauro Marani. Supporto informatico: dr.ssa Miriam Aguilar Matamoros. Supporto statistico-epidemiologico per la scheda sociale: Dr.ssa Cristina Mancini, OER/ARS Marche, dr.ssa Federica Michieletto, Direzione per la Prevenzione, Servizio di Epidemiologia e Sanità pubblica Regione Veneto. Società scientifiche: SIN, ANDID. Responsabile Centro di riferimento regionale per gli accessi vascolari: dr. Luciano Carbonari. Responsabile ANED regionale: sig.a Marianna Lolli. Tutti gli operatori che con il loro prezioso contributo hanno consentito la realizzazione del progetto. l ute Sa e 218 Territorio Maria Rosaria De Maria Nicola Mazzoni* Cristiana Barni** Psicologa, Psicoterapeuta, ASL 10 Firenze * Psicologo ** Psicologa clinica, Psicoterapeuta L e Comunità terapeutiche per tossicodipendenti hanno dovuto confrontarsi, negli ultimi anni, con alcuni cambiamenti nella loro utenza che hanno comportato necessità di nuovi adattamenti. Tra le trasformazioni possiamo evidenziarne alcune tra le più rilevanti: l’arrivo sul mercato delle cosiddette “nuove droghe” sintetiche (ecstasy e derivati delle amfetamine), un aumento di cocainomani, una presenza sempre maggiore di poliassuntori (rispetto alla tipologia del tossicodipendente da sola eroina degli anni ’70-‘80), l’arrivo anche nelle comunità di portatori del virus dell’HIV e la presenza sempre più consistente di soggetti con disturbi psichiatrici (le cosiddette “doppie diagnosi”). Tutte queste novità hanno rischiato di mettere in crisi molte delle Comunità terapeutiche di lunga esperienza, mentre alcuni dei Centri più piccoli spesso non ce l’hanno fatta ad affrontare tali trasformazioni, anche per i costi che ciò poteva richiedere. L’arrivo di utenti con problematiche di HIV, per esempio, 1 2 Tossicodipendenze N. 151 - 2005 Il progetto Unità di valutazione e diagnosi richiede un contatto e una collaborazione molto stretta con i Centri di cura specializzati e quindi la disponibilità all’accompagnamento e a tutto ciò che può occorrere; mentre l’aumento di cocainomani, di consumatori di ecstasy e di poliassuntori richiede agli operatori un aggiornamento tempestivo e costante sia sui differenti effetti che queste nuove sostanze possono indurre nell’assuntore, sia sulle modalità di approccio e di terapia. La presenza di soggetti con disturbi psichiatrici pone ulteriori problemi di rapporto e di strumenti terapeutici, ma soprattutto richiede la possibilità di conoscere meglio e fin dall’inizio l’utente: la diagnosi diventa così il fattore da cui partire per un progetto terapeutico individuale. Molte Comunità terapeutiche hanno stabilito collaborazioni con psichiatri e con psicologi sia per la gestione delle emergenze, sia per una valutazione degli utenti. Il nostro progetto di psicodiagnostica tramite test di personalità si inserisce in questo contesto. Denominato Unità di valutazione e dia- Struttura di personalità e attitudini lavorative nei tossicodipendenti gnosi, è nato da un’iniziativa del CEART 1ed è stato finanziato con il Fondo lotta alla droga dell’anno 2000. Nello specifico, sono stati somministrati due test: il MMPI-2 (Minnesota Multiphasic Personality Inventory) e la WIS-SVP (Work Importance Study / Scala dei valori professionali di Trentini G., Bellotto M., Bolla M.C). Il primo è un test psicologico di personalità molto utilizzato e conosciuto e che per questo motivo non staremo a descrivere. La WIS/SPV è un questionario che analizza i valori professionali. I valori, in questa ottica, sono considerati il “cosa” le persone cercano per soddisfare i propri bisogni, ovvero gli aspetti dell’attività lavorativa ai quali i soggetti attribuiscono una maggiore importanza rispetto ad altri. I valori diventano riconoscibili osservando gli scopi che una persona considera importanti e che cerca di perseguire nella propria vita lavorativa. Il questionario WIS/SVP si apre con una frase incompleta: “È importante ora, o lo sarà in futuro per me…” seguito da 63 affermazioni che la completano. I ventuno valori evidenziati dal test vengono raggruppati in cinque orientamenti e sei tipologie. Mentre l’MMPI è stato scelto per la sua capacità di fornire una soddisfacente descrizione delle caratteristiche di personalità del soggetto interessato, la WIS/SVP “si è rivelata particolarmente utile per le persone che manifestano scarsa consapevolezza del proprio sistema di valori e di interessi professionali o per soggetti che manifestano orientamenti verso il lavoro molteplici o contrastanti fra loro, come pure interessi dichiarati poco convinti o convincenti”2. Per le loro caratteristiche, quindi, i due test potevano fornire al singolo utente e agli operatori delle comunità interessate un vali- CEART: “Coordinamento Enti ausiliari Regione Toscana” a cui aderiscono tra gli altri: Ass. Insieme; Coop. Soc. Comes; Ass. Progetto Arcobaleno. Manuale WIS/SVP p. 21 - O.S. ed. Tossicodipendenze N. 151 - 2005 do strumento di orientamento sia clinico che riabilitativo. Le finalità del progetto comprendevano infatti, oltre alla formulazione diagnostica attraverso il colloquio di restituzione dei risultati alla persona interessata, la condivisione fra operatore ed utente della consapevolezza dello stato emotivo e delle aspettative del soggetto, nonché la facilitazione di una compliance sulle indicazioni di sviluppo del progetto terapeutico. Il momento diagnostico viene così ad assumere la funzione di predisporre un progetto terapeutico condiviso ed individualizzato, che riesca a sfruttare il più possibile le risorse individuali e quelle presenti sul territorio. I luoghi della ricerca I due test sono stati somministrati nell’arco di un anno, in 4 Centri di disintossicazione per tossicodipendenti (dal marzo 2003 al marzo 2004). I Centri interessati sono: • Centro accoglienza San Martino, Associazione Insieme Borgo San Lorenzo Fi • Centro di diagnosi e disintossicazione Luzzi - Ser.T. zona nord ovest Asl 10 Fi • Comunità Sasso Montegianni, Cooperativa sociale Comes, Marradi Fi • Comunità di Faltona Associazione progetto Arcobaleno Fi Come si può vedere il Centro di diagnosi e disintossicazione Luzzi è una struttura pubblica, mentre gli altri tre centri appartengono al privato sociale. Questi ultimi sono anche dotati di una Comunità per il trattamento successivo alla disintossicazione, mentre il Luzzi invia gli utenti alle varie occasioni riabilitative del territorio, siano esse residenziali o diurne. I quattro Centri, pur nella loro diversità, hanno stabilito una collaborazione sulla ricerca che stiamo descrivendo perché riconoscono il problema comune di una definizione diagnostica per la formulazione di un giusto invio e di un progetto terapeutico adeguato alla persona. Analisi dei dati Gli utenti coinvolti sono stati complessivamente 73, ma poiché in due casi i test non sono risultati validi, si sono ridotti a 71, di cui 60 maschi e 11 femmine. Il profilo medio emerso dall’MMPI 2 si colloca all’interno dei valori di norma, tranne per la scala PD (deviazione psicopatica), PA (paranoia) che si innalzano oltre la media, mentre la scala SC (schizofrenia) e la MA (ipomania) sono al limite. Analizzando le scale di validità, questo test ci mostra come questi soggetti tendano a formulare richieste di aiuto spesso in modo indiretto, abbiano difficoltà emotive notevoli che possono portare ad uno scarso controllo dei propri comportamenti. L’area nevrotica è leggermente innalzata ma senza superare il livello medio, indicando la tendenza a somatizzare o comunque ad utilizzare sintomi fisici per attirare l’attenzione degli altri. Il tono dell’umore è variabile soprattutto in senso disforico. Sono infatti più frequenti momenti di iperattivà piuttosto che di depressione. La dif- ficoltà nel controllo degli impulsi può portare a frequenti acting-out. Emergono segni di difficoltà adattativa, suscettibilità, insofferenza alle critiche, che possono essere accompagnati da pensieri ossessivi e ricorrenti. Sono presenti alcuni tratti di ansia libera, a volte controllata da atti ripetitivi e stereotipati. Le relazioni interpersonali, pur ricercate, funzionano prevalentemente a livello superficiale, mentre sembrano difficoltose relazioni più profonde e significative, con possibilità di tendenza ad un certo isolamento dagli altri. Differenziando i profili dei maschi rispetto alle femmine notiamo che queste ultime mostrano un profilo simile ma ulteriormente innalzato nelle scale PD (deviazione psicopatica) e MA (ipomania) inoltre la scala MF (mascolinità/femminilità) appare più bassa rispetto ai maschi. Ciò significa che le donne mostrano ancora più difficoltà nel controllo dei propri impulsi, un umore più instabile e un desiderio di conformismo più elevato che entra in conflitto con un atteggiamento piuttosto impulsivo ed aggressivo. Per quanto riguarda la WIS/SVP, il valore maggiormente rappresentato tra i cinque orientamenti, con il 28% del campione, è costituito dall’orientamento definito materialistico, caratterizzato da una concezione pragmatica e utilitaristica del lavoro; mentre quello meno rappresentato, 5%, è stato l’orientamento alla sfida che indica un atteggiamento competitivo-agonistico. Sae l ute Territorio 219 Intermedi si collocano, con il 23% e quindi in parità, gli orientamenti al sé (self) e agli altri (other). La costellazione di valori che fa capo al self evidenzia un orientamento produttivamente centrato sul sé, lascia cioè supporre una concezione del lavoro come mezzo di autoespressione. I valori che emergono nell’orientamento definito Other, invece, mettono in luce l’importanza che il lavoro assume come strumento socializzante, ponendo l’accento sulla rilevanza dei contatti interpersonali e della relazione con il mondo esterno. Infine con il 21% abbiamo l’orientamento indep in cui rientrano quelle dimensioni valoriali che pongono l’accento sull’esigenza di indipendenza. Per quel che riguarda le tipologie, emerge che un terzo dei nostri utenti si è collocato nella tipologia sociale/socievole, caratterizzata da una preferenza verso un lavoro a contatto con gli altri e, possibilmente, con una buona relazione. Questo dato si accorda con le preferenze del campione standardizzato, con la differenza che la nostra utenza sceglie questo valore in percentuale ancora maggiore. Le tipologie meno frequenti sono quelle indicate come creativo e battitore libero con il 6%. La prima indica l’esigenza di produrre qualcosa di originale e di vivere secondo gli standard preferiti, per autorealizzarsi nella maturazione della propria personalità. La seconda, battitore libero, indica come essenziale l’autonomia e l’ indipendenza. l ute Sa e 220 Territorio In una posizione intermedia, con il 20% si collocano le tipologie denominate duro e tranquillo. Chi si identifica nella categoria duro, predilige attività che richiedono capacità fisiche e che comportano del rischio, mentre non ricerca la congruenza dell’attività con i propri interessi. Colui che si riconosce nella tipologia tranquillo è attento alla sicurezza economica e culturale, alle condizioni di lavoro nonché ad un ambiente favorevole fra colleghi. Con il 14 % troviamo la tipologia definita rampante, i cui obiettivi sono legati alla carriera e al prestigio derivante dal reddito, con poco interesse alla qualità dei rapporti interpersonali. Commento dati Gli aspetti,a nostro parere interessanti, emersi dalla lettura dei risultati dei test, possono essere i seguenti. L’ MMPI-2 indica una tendenza a disturbi più o meno accentuati dello spettro psicotico, confermando la sensazione diffusa fra gli operatori di trovarsi sempre più spesso in presenza di persone con uno sfondo di disturbi psichici. Non va sottovalutato, nel riflettere su questa evidenza, la possibile influenza dell’uso di cocaina, sempre più diffuso, Tossicodipendenze che come sappiamo accentua la parte maniacale e persecutoria, che poi tende a ridimensionarsi col protrarsi dell’astinenza da questa sostanza. Altro elemento di riflessione è la propensione all’isolamento degli utenti, accompagnata dalla altrettanto forte esigenza di instaurare relazioni con gli altri e dal desiderio di trovarsi inserito in situazioni collettive, elemento rilevato da entrambi i test. Inoltre, si evidenzia che l’affermazione individuale risulta legata a comportamenti estemporanei e tendenzialmente impulsivi, piuttosto che a progetti e desideri di realizzazione personale e lavorativa. La progettualità e la capacità di immaginarsi attore di un percorso proiettato in un futuro appare veramente ridotta. Ci troviamo cioè di fronte a persone che riescono a mettersi in gioco nella relazione soltanto superficialmente, aspettandosi però molto dalla relazione stessa. Questo punto apre diverse questioni. Se l’utenza si percepisce come isolata ma desiderosa di relazioni, le situazioni comunitarie, che vengono proposte come luoghi di terapia, rischiano di diventare una realtà composta da tante Bibliografia Butcher J., Williams C., Fondamenti per l’interpretazione del MMPI-2 e del MMPI-A, Ed. Giunti. N. 151 - 2005 unità indipendenti tra loro, con gravi difficoltà di comunicazione e la conseguente creazione, reattiva, di frequenti situazioni di aggressività più o meno esplicitata. Anche l’individuazione o la autocandidatura al ruolo di capro espiatorio potrebbe essere più frequente di quel che già prevedono le normali dinamiche di gruppo. Inoltre, la difficoltà di calibrare le aspettative verso gli altri con le proprie capacità di dare e di relazionare, proiettando cioè sempre sull’altro o sulla struttura, ALTRO per eccellenza, ciò che non va o che delude, potrebbe essere accentuata dall’atteggiamento persecutorio. Se seguiamo questa riflessione, risulta essenziale per le strutture terapeutiche arricchire la propria capacità di favorire il momento di gruppo, ma anche e soprattutto aumentare i propri strumenti di gestione delle dinamiche gruppali. Prendersi cura dei vari momenti e passaggi dell’inserimento del singolo nel gruppo stesso, sembra essere uno degli snodi terapeutici essenziali, il cui fallimento potrebbe essere all’origine di molti drop out. A maggior ragione andrebbe sviluppata una progettualità in questo senso, nelle comunità che ancora non lo prevedono. Si potrebbe forse dire che, nel momento in cui l’assunzione di droga diventa sempre più un rituale individuale, sembra rivelarsi un tentativo dell’individuo di evitare la frustrazione di non sentirsi parte del gruppo. D’altra parte, la ricerca di cura sembra coincidere con la richiesta di essere aiutato a far parte del gruppo stesso, dove il gruppo non va inteso come la società o come un ambito vago ed allargato, ma nel senso più quotidiano di un gruppo affettivo, di relazione di scambio e di aiuto. Di supporto. Tranne poi rivelare un’enorme difficoltà ad accettare l’intimità emotiva che questo richiede. L’operatore e la struttura di cui fa parte, diventa così contemporaneamente colui che può dare ciò che si desidera e colui che si avvicina pericolosamente ad ambiti troppo fragili per essere toccati. Situazione operativa estremamente complessa, che rappresenta però il terreno su cui ci troviamo continuamente ad operare e che richiede la doppia competenza del saper contattare e contenere l’individuo, ma anche la sottile arte di gestire il gruppo nella sua doppia essenza di entità a sè stante e di contenitore dell’individuo. Mosticoni R., Chiari G., Una descrizione obiettiva della personalità, Ed. OS. Trentini G., Bellotto M., Bolla M.C., Manuale WIS/SVP, Ed. OS. N. 151 - 2005 Gianni Amunni Direttore operativo ITT Spazio Toscana Sae l ute Territorio 221 Linee organizzative dell’Istituto toscano tumori Dall’elaborazione del modello alla operatività C on la sua I Conferenza di organizzazione, svoltasi a Firenze il 7 luglio 2005, l’Istituto toscano tumori ha superato la fase della elaborazione teorica ed è entrato in quella della operatività dimostrando la capacità di inserirsi nel sistema sanitario regionale e di incidere sulla riorganizzazione dei servizi oncologici. Occorre ricordare la forte scelta innovativa che sta alla base dell’avvio dell’Istituto toscano tumori: la Regione Toscana ha sostanzialmente deciso di non procedere alla realizzazione di un edificio in cui concentrare una parte dei servizi oncologici, ma invece di legittimare come Istituto l’insieme delle strutture e dei professionisti presenti in maniera diffusa nel territorio regionale. In questa scelta, in controtendenza rispetto a quanto esiste in altre regioni, ma sicuramente attenta alle criticità che emergono nei modelli tradizionali, c’è coerenza con il concetto di rete che caratterizza il sistema toscano e soprattutto c’è la volontà di superare la distinzione tra funzioni dentro e fuori la struttura di riferimento con i problemi correlati di governo dell’accesso. Il valore aggiunto, anche sul piano della operatività, dell’ITT si fonda su quattro presupposti fondamentali che intervengono sia sul piano organizzativo che giuridicoamministrativo: 1. L’individuazione di un unico sistema di governo del percorso assistenziale. 2. La valorizzazione del concetto di rete dei servizi. 3. La scelta di un preciso modello di organizzazione del percorso. 4. L’individuazione di specifiche competenze nei diversi livelli della organizzazione sanitaria. Il primo aspetto passa attraverso la piena partecipazione negli organismi dell’ITT e nella condivisione delle scelte strategiche di tutti gli attori impegnati nel percorso assistenziale oncologico promuovendo sinergie tra realtà non sempre dialoganti: prevenzione – diagnosi – cura; Ospedale – territorio; promozione della salute – assistenza – ricerca; Servizio sanitario – Università; sistema pubblico – privato convenzionato – volontariato; assistenza di base – alta specializzazione – innovazione tecnologica. Da queste premesse deriva il pieno coinvolgimento dentro l’ITT del CSPO, della medicina generale, delle associazioni del volontariato e dei gruppi di ricerca sia di base che clinica. Questo “fare squadra” favorisce le sinergie, produce coerenza nelle scelte, garantisce il trasferimento dell’innovazione nelle offerte di sistema. Il secondo presupposto è l’effettiva piena valorizzazione del concetto di sistema a rete che si concretizza con alcuni punti di forza fondamentali: capacità di intercettare il cittadino ed i suoi bisogni di assistenza nella sede in cui si determinano (il sistema delle accoglienze); favorire l’integrazione di competenze e la condivisione delle scelte cliniche (linee guida); promuovere le sinergie tra più Aziende nell’ottica della presa in carico fino alla più alta complessità (GOM di Area vasta); garantire l’appropriatezza dislocando le risorse in una logica condivisa di sistema. L’individuazione di un modello di percorso assistenziale comune all’intera rete rappresenta il terzo presupposto di base. Oggi si sta consolidando un sistema caratterizzato da accessi diffusi nel territorio (in ogni ASL) in grado di attivare la prima valutazione multidisciplinare e programmare un percorso clinico, condiviso nell’ambito dell’ITT, in cui sono garantite le risposte di base, quelle più complesse e, quando necessarie, l’alta specializzazione, l’innovazione tecnologica, la ricerca clinica. In sintesi, l’accesso alla rete è vicino al cittadino ed è di per sé garante di un percorso di collaborazione interaziendale in grado di produrre la risposta considerata dall’intero sistema come appropriata e di qualità. Già da questi elementi si delinea il quarto punto e cioè la individuazione dei ruoli e delle responsabilità delle diverse articolazioni del sistema sanitario nel raggiungimento dell’obiettivo di un equilibrio virtuoso tra domanda e offerta. Così compete ad ogni ASL l’accesso, la presa in carico e l’avvio del l ute Sa e 222 Territorio percorso diagnostico terapeutico; l’Area vasta attua una programmazione dell’offerta in grado di rispondere alla quasi totalità della domanda dei residenti e al tempo stesso si fa carico di una quota di funzioni di livello regionale secondo una redistribuzione condivisa; L’ITT monitorizza l’efficienza della rete, individua le procedure per garantire l’omogeneità di sistema, elabora le scelte strategiche sia sul piano assistenziale che nella ricerca, realizza funzioni di service (ad esempio Centro per le sperimentazioni cliniche, Registro tumori, etc.) di supporto per l’insieme dei servizi. Emerge con chiarezza che questo modello si pone un obiettivo molto più complesso rispetto alla mission di una struttura fisica di tipo tradizionale, magari di assoluta eccellenza. L’impegno dell’ITT non è più quello di fornire prestazioni efficaci a chi accede ad una struttura di cura, ma quello più ampio di garantire risposte efficaci ed omogenee per l’intera popolazione regionale con interventi che vanno dagli stili di vita alla fase avanzata di malattia, ed in maniera del tutto indipendente dalla sede di accesso ai servizi. La fase di avvio dell’ITT presenta ovviamente alcune problematicità talvolta legate ad atteggiamenti “tradizionalmente critici” all’interno del sistema, talvolta per una ancora insufficiente visibilità all’esterno, tra gli utenti o tra le altre strutture oncologiche nazionali e internazionali. Tuttavia questa fase ha segnato importanti successi Spazio Toscana grazie ad un metodo di lavoro che ha cercato di valorizzare le “libertà” e le esperienze di tutti gli attori coinvolti nella costruzione dell’ITT. Si è partiti sempre dalla ricchezza culturale e operativa diffusa nel sistema cercando di recepire in maniera collettiva il valore aggiunto dell’innovazione sia scientifica che organizzativa; da queste premesse si è elaborato e condiviso la ricaduta assistenziale di un patrimonio prima disperso in diverse realtà locali; si è infine trasferito l’insieme di queste acquisizioni nella rete dei servizi cogliendone i vantaggi quali la disponibilità degli accessi, le sinergie tra strutture e professionisti, la condivisione dei livelli di appropriatezza, l’opportunità di intervenire nella programmazione degli investimenti. Oggi è in essere una fase sufficientemente consolidata, all’interno e all’esterno del sistema, che ha chiari sia gli obiettivi: 1. Omogeneità. 2. Appropriatezza. 3. Qualità diffusa. 4. Continuità di cura. che gli strumenti per realizzarli: a. procedure di sistema, b. valorizzazione delle risorse, c. funzioni di servizio, d. programmazione sanitaria. La definizione di alcune procedure di sistema è fondamentale perché consente di avere comportamenti efficaci ed omogenei all’interno della intera rete regionale. Sono riconducibili a questo gruppo di azioni alcune realizzazioni già operative: la pubblicazione delle linee guida elaborate e condivise da oltre 400 pro- fessionisti per i principali tumori solidi; la definizione dei modelli assistenziali appropriati per l’attività di chemioterapia (ambulatorio/ DH/ricovero ospedaliero); la individuazione di una precisa procedura per la deospedalizzazione del paziente terminale in grado di garantire la continuità di cura. Sempre in questo ambito è in via di definizione una precisa regolamentazione che definisca i criteri e le modalità di accesso alla diagnostica più innovativa tale da consentirne l’utilizzo pubblico sulla base dell’appropriatezza. La valorizzazione delle risorse esistenti non è solo un elemento di economicità, ma è anche una metodologia di intervento che obbliga a censire l’esistente, ad individuare le opportunità e le sinergie, a ottimizzarne l’utilizzo generale. In questo ambito una importante realizzazione è l’attivazione del Centro regionale per la riabilitazione oncologica, articolato nelle 3 Aree vaste, che si è resa possibile grazie alla sinergia anche economica del sistema sanitario regionale e di alcune Associazioni del volontariato. Sono in fase avanzata di realizzazione altri progetti finalizzati alla valorizzazione di alcune competenze per un loro utilizzo di sistema; la rete delle chirurgie plastiche in grado di garantire la ricostruzione anche in realtà periferiche; il programma per l’alto rischio genetico che consente di drenare i casi di familiarità verso specifiche strutture; la codifica del contributo che può venire dalle c.d. medicine non convenzionali nel- N. 151 - 2005 l’ambito di una ampia condivisione delle competenze. Vogliamo infine mettere in rete tutti i Centri di riferimento regionale o di alta specializzazione in ambito oncologico con l’obiettivo di garantire ad essi masse critiche di casistica ed ai cittadini l’opportunità di accedervi su precisa indicazione. Uno strumento fondamentale per l’efficienza del sistema è la valorizzazione delle funzioni di servizio promosse dall’ITT. Si tratta di interventi di livello regionale che contribuiscono ad arricchire il sistema e a svilupparne alcune potenzialità. Tra questi alcuni sono definiti ed in fase di avvio quali: l’estensione all’intero territorio regionale del Registro tumori; i progetti relativi a 2 cluster (Ca polmonare e Ca gastrico) che vedranno il convergere di attività di ricerca e di assistenza rispettivamente sulla costa nord-occidentale e sul Casentino; l’intervento sulla qualità degli screening in grado di sottolineare il ruolo regionale del CSPO anche come supporto nelle realtà territoriali in cui l’estensione degli interventi di screening presenta criticità; il finanziamento di programmi aziendali per l’umanizzazione dell’assistenza oncologica. In questo ambito sono in fase di avanzata elaborazione due importanti progetti: la realizzazione di un Centro regionale per le sperimentazioni cliniche in grado di supportare le attività in corso e soprattutto di programmare studi su casistica regionale; l’organizzazione, complementare allo sviluppo di una efficace N. 151 - 2005 rete telematica, di staff rounds che coinvolgano più Aziende sanitarie nei programmi di aggiornamento e nella discussione di casistica particolarmente complessa. L’identificazione dell’ITT come una articolazione del “governo clinico” regionale ne rafforza il suo ruolo come attore della programmazione sanitaria. Lo stesso ampio coinvolgimento di professionisti che ha prodotto le linee guida, ha definito anche due altri importanti temi, rispettivamente sui “programmi di prevenzione primaria e secondaria” e sulla “innovazione in campo diagnostico e terapeutico”; questi documenti costituiranno non solo la base della II Conferenza di organizzazione dell’ITT, ma saranno recepiti come atti di indirizzo della Regione Toscana e costituiranno di conseguenza punti di riferimento per la programmazione in questi settori. Sono inoltre allo studio le modalità per il monitoraggio del livello di adesione della rete dei servizi oncologici alle linee guida pubblicate nel luglio 2005: dall’esame di precisi “indicatori di percorso” scaturirà un’analisi delle possibili criticità e su di esse potranno essere individuati gli interventi sia di sistema che parcellari in grado di rimuovere gli ostacoli e di favorire una maggiore omogeneità sull’intera casistica regionale. Occorre ricordare inoltre che si è concluso il percorso che ha portato alla attivazione della direzione scientifica Spazio Toscana dell’ITT: in questa fase sono allo studio le procedure per la realizzazione del Core Research Laboratory a Firenze, per la definizione di strutture di riferimento nelle altre AA.VV e per l’individuazione e il finanziamento di progetti strategici di ricerca. Infine è utile una riflessione di ordine generale su come l’ITT si inserisce nella realtà del sistema sanitario regionale e su quali interventi si rendono necessari perché esso ne rappresenti una articolazione efficace e coerente. Da questo punto di vista, occorre sottolineare che l’ITT nasce su di una base solida, l’azione programmata per l’oncologia, che a suo tempo aveva delineato le caratteristiche della rete oncologica regionale e delle sue articolazioni (CORD, CORAT, GOM, Dip. oncologici ecc.). L’ITT ha tuttavia proceduto ad alcune sottolineature valorizzando ed uniformando il ruolo degli accessi (le accoglienze - ex CORD) ed ipotizzando una più precisa strutturazione operativa dei GOM per i quali si prevede la necessità di un coordinamento di Area vasta in modo da garantire non solo le collaborazioni interaziendali, ma soprattutto le omogeneità di comportamento clinico in questo ambito. Tutto ciò determina da un lato alcune modifiche degli assetti delle Aziende sanitarie, dall’altro la necessità di rendere compatibile la realtà dell’ITT con indicazioni organizzative di origine generale previste dal PSR e dalla legge 40; ad esempio si è reso necessario ripensare la struttura dei Dipartimenti interaziendali tecnico-professionali di Area vasta che, per quanto concerne l’oncologia, prevederanno elementi di coerenza da un lato con la direzione dell’Istituto, dall’altro con l’ampiezza e la complessità di tipo multiprofessionale del percorso assistenziale oncologico. Più in generale si rende sempre più necessario costruire procedure di tipo regolamentare che consentano all’ITT di dare indirizzi di ordine generale vincolanti per la programmazione degli interventi di ogni ASL in campo oncologico in maniera tale che questi sviluppino in maniera efficace la strategia complessiva della rete. Sul piano dei rapporti scientifico-istituzionali si possono ipotizzare tre livelli di intervento: quello regionale è finalizzato ad incrementare l’efficienza delle prestazioni ma anche la sua visibilità per l’utenza e la sua competitività nei confronti di una offerta esterna al sistema; a livello nazionale l’ITT può assumere un ruolo di riferimento cercando da un lato momenti di coordinamento con analoghe esperienze di rete (Piemonte, Umbria, Marche, Emilia ecc.) e dall’altro ponendo con forza la sua autonomia e legittimazione nell’ambito di alleanza contro il cancro; a livello internazionale l’ITT può costruire la sua immagine costituendo un board scientifico di garanzia di valore mondiale attivando Sae l ute Territorio 223 interscambi con importanti istituzioni straniere e avviando ricerche significative in cui, anche dalle pubblicazioni scientifiche, emerge la comune appartenenza alla istituzione toscana. La fase attuale dell’ITT è quindi, in estrema sintesi, quella dell’avvio di un’operatività che per essere piena richiede un lavoro complesso che coinvolge l’istituzione regionale, l’insieme dei professionisti, le strutture amministrative ed i cittadini stessi tenendo conto di un insieme di relazioni e di coerenze reciproche. Molto di questo lavoro non emerge all’osservatore esterno che, giustamente, valuta essenzialmente l’organizzazione dei servizi e la ricettività clinica. In questo senso il tema della percezione assume un ruolo fondamentale che deve contribuire a guidare la complessità degli interventi. In questa logica l’ITT avrà ben coordinato le sue azioni se sarà percepito come una occasione significativa per l’utente, per il professionista e per lo stesso sistema sanitario regionale. L’utente deve avere la certezza che l’accesso al sistema garantisce la prestazione appropriata indipendentemente dalla sua residenza o dalla sua disponibilità; il professionista si deve sentire anello di una catena in grado di produrre qualità, tempestività e innovazione; il governo regionale può cogliere l’opportunità di ottimizzare le risorse ed investire in bisogni condivisi di sistema. Le opportunità aperte dalla sanità sul web DOTTOR INTERNET L’esigenza di accreditamento dei numerosi siti dedicati alla salute Come cambia il rapporto fra medico e paziente informato Le prime esperienze che utilizzano le possibilità dell’informatica Monografia a cura di Mariella Crocellà Dottor Internet N. 151 - 2005 Roberto Satolli Medico giornalista presidente di “Zadig” [email protected] D ieci anni fa Jerome Kassirer, all’epoca direttore della più autorevole rivista americana di medicina, pubblicò sul suo giornale un editoriale dal titolo: “La prossima trasformazione delle cure mediche” 1. In quello scritto, per mostrare come nel prossimo futuro la rete on-line avrebbe completamente modificato i rapporti tra medici e pazienti, raccontava un aneddoto vero, più o meno con le seguenti parole. “Alle 11 di una sera d’estate l’autore di un libro di successo sulla comunicazione in rete trova una zecca gonfia di sangue sul braccio della figlia di due anni. Sua moglie si attacca al telefono per cercare il pediatra, lui invece accende il computer e approda in un gruppo di discussione, con base a San Francisco, che collega persone di ogni parte del pianeta. Nel giro di pochi minuti trova un medico che gli spiega in linea come staccare la zecca senza correre rischi e risolve con successo la faccenda prima che il pediatra richiami”. Nel 1995 i motori di ricerca per Internet erano ancora agli 1 2 3 Sae l ute Territorio 225 Il mercato delle malattie albori. Oggi chiunque può provare a cercare con Google “puntura di zecca”, e anche limitandosi ai siti italiani, troverà nel giro di pochi secondi (non minuti!) numerosi consigli sul da farsi, senza bisogno di consultare nessuno via mail2. Il tempo semmai si perde poi a scegliere e soprattutto a valutare criticamente l’enorme offerta di informazione (e su questo punto, cruciale per tutto il discorso, torneremo più avanti). In quell’editoriale Kassirer si azzardò a fare una profezia (annotando prudentemente che “prevedere è pericoloso, non prevedere lo è ancora di più”): “La comunicazione in linea, attraverso computer, tra cittadini e banche di dati medici o tra malati e professionisti della salute, promette di sostituire una buona parte delle cure che oggi vengono fornite di persona”. L’esito previsto sembrava essere il punto di convergenza obbligato di due traiettorie precise: lo sviluppo tumultuoso della rete (che collegava allora “solo” 60 milioni di utenti al mondo); e la svolta culturale che tende ad assegnare sempre più responsabilità per Limiti, potenzialità, possibili conflitti d’interesse del nuovo interlocutore virtuale la cura della salute ai diretti interessati. A distanza di un decennio quella previsione non si è propriamente avverata, e forse lo stesso autore non la confermerebbe. Non certo perché l’esplosione di Internet abbia rallentato, anzi: oggi i navigatori del web sono 20 milioni solo in Italia (e più di 100 milioni per esempio in Cina) e almeno un quarto di questi lo utilizza per ragioni che riguardano la salute. Tanto meno si è attenuata la spinta a tener conto del punto di vista del paziente (informato) nelle decisioni mediche: semmai la si considera ormai come una necessità ineludibile, più che come una semplice tendenza. Eppure non si può dire davvero che “Dottor Internet” (o Cyberdoc) abbia “sostituito”, anche in piccola parte, le cure fornite di persona. Basta chiedere ai medici di medicina generale: non sta certo di- minuendo la frequenza con cui i cittadini si rivolgono a loro per essere consigliati, rassicurati, assistiti. Anzi, semmai è in aumento. E la conferma arriva anche dagli Stati Uniti, nel caso si volesse pensare che l’Italia sconti un ritardo tecnologico. Uno studio recente, pubblicato con l’insolito titolo di “L’ecologia delle cure mediche rivisitata” dimostra che negli ultimi quarant’anni sono rimaste quasi inalterate le abitudini di consultazione della popolazione3. Negli ultimi decenni la medicina e la sanità si sono trasformate più che dai tempi d’Ippocrate all’ultimo secolo. È successo di tutto: farmaci straordinari, penetranti strumenti diagnostici, interventi chirurgici risolutivi, ribaltamenti nell’organizzazione e nel finanziamento dell’assistenza e, da ultimo, nuove tecnologie di comunicazione e informazione. Eppure i pa- .∆ςςΛΥΗΥ −.3. (1995), 7ΚΗ ΘΗ[Ω ΩΥ∆ΘςΙΡΥΠ∆ΩΛΡΘ ΛΘ ΩΚΗ ΓΗΟΛΨΗΥ∴ ΡΙ ΚΗ∆ΟΩΚ Φ∆ΥΗ, 1ΗΖ (ΘϑΟ − 0ΗΓ, 332, 52-54. ΖΖΖ.ϑΡΡϑΟΗ.ΦΡΠ. 3ΥΡΨ∆ Ι∆ΩΩ∆ ΛΟ 10 ∆ϑΡςΩΡ 2005. ∗ΥΗΗΘ /.∃., )Υ∴ΗΥ ∗.(. −Υ, <∆ΖΘ %.3., /∆ΘΛΗΥ ∋., ∋ΡΨΗ∴ 6.0. (2001), 7ΚΗ ΗΦΡΟΡϑ∴ ΡΙ ΠΗΓΛΦ∆Ο Φ∆ΥΗ ΥΗΨΛςΛΩΗΓ, 1 (ΘϑΟ − 0ΗΓ 2001;344: 2021-25. l ute Sa e 226 Territorio zienti, come se nulla fosse, continuano a comportarsi con i loro medici sostanzialmente nello stesso modo: avvertono malesseri con la stessa frequenza, vanno dal loro curante o in Ospedale o dai grandi specialisti in proporzioni invariate. Persino la percezione, assai diffusa, che le visite mediche diventino sempre più brevi, è stata smentita dai fatti4. È come se questi percorsi, anziché essere dettati dalla scienza, dall’economia o dall’informazione, obbedissero a processi profondi, radicati nella natura umana e resistenti a modificarsi con l’evoluzione della società: forse si devono ancora scoprire le leggi antropologiche che regolano il bisogno di chiedere aiuto quando non si sta bene nella propria pelle. Non si creda per questo che le tecnologie non entrino in gioco. Per esempio, sta prendendo piede anche in Italia l’uso della mail elettronica come strumento aggiuntivo (non sostitutivo) per interpellare il medico, con il vantaggio che si tratta di un canale di comunicazione asincrona: rispetto al ben collaudato telefono non si perde tempo a trovare l’interlocutore, che a sua volta può rispondere quando gli fa comodo. Se c’è una resistenza semmai è proprio da parte dei dottori, che temono di farsi invadere anche il poco tempo libero; tanto che negli USA le 4 Dottor Internet assicurazioni stanno fissando tariffe anche per le prestazioni via mail, al fine di superare ogni riluttanza5. Se dunque la responsabilità delle cure resta più che mai in capo al medico, cosa cercano i cittadini quando consultano le pagine di salute su Internet? Non qualcosa che sostituisca le capacità cognitive, cioè di valutazione critica e di giudizio, dei clinici (i vari tentativi di “intelligenza artificiale” e di sistemi esperti non hanno sinora dato gran risultati), ma qualcosa che integri la loro disponibilità a comunicare e informare, di cui il pubblico è sempre insoddisfatto. La domanda di informazione è in crescita. I pazienti vogliono sapere gli effetti collaterali dei farmaci che assumono, il significato degli esami, la malattia più grave che potrebbe spiegare un sintomo. I medici considerano spesso una perdita di tempio esaudire tutte queste richieste, e i loro assistiti cercano risposte altrove, sempre più spesso in Internet. Tra le varie tipologie di frequentatori degli ambulatori, si sta evolvendo una nuova specie: il paziente che ha studiato pagine su pagine del web e incalza il curante, lo mette alla prova, ne contesta le affermazioni, quasi si contrappone alla pari. Anche per questo “tipo” emergente vale ovviamente la cosiddetta “legge inversa”, secondo cui coloro che hanno N. 151 - 2005 maggior bisogno di informazioni su malattie che sono prevenibili o curabili hanno meno probabilità di avere accesso alle nuove tecnologie. Mentre quelli che, per condizione sociale, sono già ben informati e consapevoli della propria salute, lo diventano ancora di più, approfondendo la differenza, ma senza significativi vantaggi per nessuno. Soprattutto perché persistono gravi dubbi sulla qualità delle conoscenze che costoro ricavano da Internet. In un altro articolo di questa stessa monografia vengono esposti in dettaglio i risultati di una recentissima indagine CensisForum sul “web come consulente sanitario globale” da cui emerge un quadro di luci e ombre che risulta ben riassunto dal sottotitolo: “molta competenza, qualche vetrina, alcuni rischi” 6 . Perplessità che peraltro risultano confermate dalla vasta letteratura internazionale sull’argomento. La più recente revisione sistematica sul tema ha sintetizzato i risultati di un’ottantina di studi, che hanno esaminato complessivamente quasi 6000 siti: nel 70% dei casi le conclusioni sottolineano una carenza di qualità nel web-salute7. Uno dei difetti più diffusi è la mancanza di precise referenze: in pratica si trovano tantissime affermazioni, senza che sia possibile sapere sulla base di quali dati o prove sono formulate. Per esempio, con la ricerca sulle punture di zecca citata più sopra, si trovano in molti siti raccomandazioni (per la verità per lo più concordanti) su cosa fare e su cosa evitare nel tentativo di rimuovere il parassita. Però quasi nessuno ne spiega le ragioni, e uno solo indica la fonte delle raccomandazioni, rinviando a un documento del Ministero della sanità; nessuno cita articoli scientifici a sostegno delle proprie asserzioni. Così l’internauta deve fidarsi, ma spesso non trova neppure gli elementi indispensabili per valutare la competenza degli autori e la loro indipendenza. Un grande numero di strumenti sono stati sviluppati in Internet per valutare i siti di salute. I metodi sono vari, ma si possono ricondurre a due categorie generali: marchi di qualità che vengono apposti sui siti con un logo o griglie di valutazione che l’utente può applicare da sé. Tra i primi il più noto è quello rilasciato dalla Health On the Net (HON) Foundation, un’organizzazione non governativa internazionale con sede a Ginevra. Tra i secondi, che utilizzano una varietà di criteri di qualità (tra cui i più frequenti sono: accuratezza, completezza, leggibilità, trasparenza e fonti) si può ricordare per esempio il britannico Discern (una trattazione più completa su questo argomento, con un “misurasiti” italiano e vari link utili, si 0ΗΦΚ∆ΘΛΦ ∋., 0Φ∃ΟΣΛΘΗ ∋.∋., 5ΡςΗΘΩΚ∆Ο 0. (2001), ∃ΥΗ Σ∆ΩΛΗΘΩς∂ΡΙΙΛΦΗ ΨΛςΛΩς ΖΛΩΚ ΣΚ∴ςΛΦΛ∆Θς ϑΗΩΩΛΘϑ ςΚΡΥΩΗΥ∀, 1 (ΘϑΟ − 0ΗΓ, 344,198-204. )ΥΗΞΓΗΘΚΗΛΠ 0. (2005), ∋ΛϑΛΩ∆Ο 5[: Ω∆ΝΗ ΩΖΡ ∆ςΣΛΥΘς ∆ΘΓ Η-Π∆ΛΟ ΠΗ ΛΘ ΩΚΗ ΠΡΥΘΛΘϑ, 1ΗΖ <ΡΥΝ 7ΛΠΗς. 2 Π∆Υ]Ρ. 6 ,Ο ΖΗΕ ΦΡΠΗ ΦΡΘςΞΟΗΘΩΗ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΡ ϑΟΡΕ∆ΟΗ: ΠΡΟΩ∆ ΦΡΠΣΗΩΗΘ]∆, ΤΞ∆ΟΦΚΗ ΨΗΩΥΛΘ∆, ∆ΟΦΞΘΛ ΥΛςΦΚΛ, ΖΖΖ.ΦΗΘςΛς.ΛΩ. 3∆ϑΛΘ∆ ΨΛςΛΩ∆Ω∆ Ο∂11 ∆ϑΡςΩΡ 2005. 7 (∴ςΗΘΕ∆ΦΚ ∗., 3ΡΖΗΟΟ −., .Ξςς 2., 6∆ (.-5. (2002), (ΠΣΛΥΛΦ∆Ο ςΩΞΓΛΗς ∆ςςΗςςΛΘϑ ΩΚΗ ΤΞ∆ΟΛΩ∴ ΡΙ ΚΗ∆ΟΩΚ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΡΘ ΙΡΥ ΦΡΘςΞΠΗΥς ΡΘ ΩΚΗ ΖΡΥΟΓ ΖΛΓΗ ΖΗΕ: ∆ ς∴ςΩΗΠ∆ΩΛΦ ΥΗΨΛΗΖ, −∃0∃, 287, 2691-700. 5 Dottor Internet N. 151 - 2005 trova nelle pagine on line del progetto Partecipasalute8). L’utilità di tutti questi sforzi resta da dimostrare, anche perché quasi nessuno strumento è mai stato validato. Quanto ai marchi, può sembrare preoccupante che solo uno su 13 dei siti censiti dal Censis si fregi del logo HON; ma ancor più deludente è la constatazione che, per i suoi automatismi e formalismi, anche la presenza di quel marchio dice in verità assai poco sulla reale attendibilità dei contenuti. Basta consultare il catalogo dei siti con marchio HON per rendersene facilmente conto: si trova di tutto, comprese pagine smaccatamente commerciali9. Molto più utili potrebbero essere le griglie di valutazione, se solo gli internauti le conoscessero e soprattutto le applicassero. Il guaio è che quando si osserva “da dietro le spalle” i consumatori comuni mentre cercano informazioni su Internet, si scopre che quasi nessuno si preoccupa per esempio di controllare il “chi siamo” dei siti, o di cercare le informazioni sulle fonti, sugli sponsor o sui conflitti di interessi10. Anzi, trovato quel che cercavano, molti dimenticano entro breve persino da quale sito lo hanno ricavato. E allora forse si può prendere la questione per la coda: è logico aspettarsi che le informazioni sulla salute che si trovano in Internet siano at- 8 tendibili e utili per chi le cerca? È facile diffidare dei siti francamente promozionali, ma che cosa ci si può aspettare da quelli sostenuti da istituzioni scientifiche o da associazioni di pazienti apparentemente indipendenti? È ora di aprire gli occhi e rendersi conto che ormai buona parte dell’informazione in campo medico (sia quella rivolta agli operatori, sia quella per il pubblico, compreso ovviamente Internet) è subordinata a interessi commerciali. Un grido di allarme su questo stesso tono viene lanciato da qualche anno autorevolmente e con forza per denunciare i condizionamenti cui è sottoposta la ricerca clinica, ma la stessa grave preoccupazione deve essere estesa anche ai mezzi di comunicazione11. Internet soprattutto, che rappresenta un canale relativamente economico per raggiungere senza sforzo un pubblico molto vasto e recettivo. Gli interessi in gioco non sono solo quelli delle società farmaceutiche (anche se Big Pharma fa la parte del leone: nello studio Censis-Forum le informazioni terapeutiche riguardano i farmaci in tre casi su quattro), ma dell’intera industria della salute, uno dei più floridi e proficui settori economici nel mondo occidentale, che unisce produttori di beni (oltre ai medicinali: apparecchiature diagnostiche, attrezzature di interven- to, reagenti chimici, dispositivi usa e getta eccetera) e di servizi (catene di Cliniche e Ospedali pubblici e privati, Centri diagnostici, Laboratori, Ambulatori e Centri specializzati per singole malattie, servizi di riabilitazione, assistenza a domicilio eccetera). All’interno di questo complesso comparto economico, i singoli attori si muovono in concorrenza tra loro su piani orizzontali (tra fornitori di prodotti o servizi analoghi), ma anche con forti sinergie su piani verticali (tra attività che si completano e si favoriscono vicendevolmente) che si possono definire come “filiere di cure”. Una filiera di cure è costituita da una catena di elementi tra loro strettamente connessi, ciascuno dei quali dopo essere entrato in funzione promuove anche il coinvolgimento degli anelli successivi, spesso con un andamento circolare (vizioso o virtuoso, secondo il punto di vista), che tende a perpetuarsi e a proliferare. Tutti gli attori in gioco hanno interessi solidali: gli specialisti, che possono aumentare i pazienti e di conseguenza il reddito, la reputazione o il potere; gli amministratori dei Centri di diagnosi o di cura, che reclutano un maggior numero di assistiti e fatturano un maggior volume di prestazioni; i produttori di apparecchiature diagnostiche e di test; quelli che forniscono og- Sae l ute Territorio 227 getti di consumo o protesi; non ultime, le Case farmaceutiche, che sono spesso il vero motore di tutta la catena. Le forme più o meno spontanee di alleanza all’interno dell’industria della salute, al di là delle rivalità tra concorrenti, derivano dalla comune necessità di reclutare sempre più clienti e di far loro consumare sempre più prodotti. Come è inevitabile, dal momento che la condizione irrinunciabile per qualsiasi sistema industriale è l’espansione continua del proprio mercato: se non si cresce si muore. Per allargare l’universo dei potenziali clienti, ben oltre i confini forniti spontaneamente dall’invecchiamento della popolazione e dalla prevalenza delle malattie degenerative croniche su quelle infettive acute, anche nel settore della salute si è quindi ben presto iniziato ad applicare le più avanzate strategie di marketing, in diverse forme specifiche. La forma più matura (e più subdola) di manipolazione dell’informazione a scopi commerciali consiste nel promuovere direttamente le malattie (anziché i singoli prodotti e servizi, il cui lancio costituisce solo “l’ultimo miglio” del processo) e Internet è un canale formidabile a questo scopo. Gli anglosassoni hanno coniato un termine efficace per definire questa attività: disease mongering, 0ΛςΞΥ∆ςΛΩΛ. ΚΩΩΣ://ΖΖΖ.Σ∆ΥΩΗΦΛΣ∆ς∆ΟΞΩΗ.ΛΩ/ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛ-ΕΗΘΗ/ΠΛςΞΥ∆-ςΛΩΛ.ΣΚΣ. 3∆ϑΛΘ∆ ΨΛςΛΩ∆Ω∆ Ο∂11 ∆ϑΡςΩΡ 2005. ΚΩΩΣ://ΖΖΖ.ΚΡΘ.ΦΚ/ 6ΛΩΡ ΨΛςΛΩ∆ΩΡ Ο∂11 ∆ϑΡςΩΡ 2005. 10 (∴ςΗΘΕ∆ΦΚ ∗., .|ΚΟΗΥ &. (2002), +ΡΖ ΓΡ ΦΡΘςΞΠΗΥς ςΗ∆ΥΦΚ ΙΡΥ ∆ΘΓ ∆ΣΣΥ∆ΛςΗ ΚΗ∆ΟΩΚ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΡΘ ΡΘ ΩΚΗ ΖΡΥΟΓ ΖΛΓΗ ΖΗΕ∀ 4Ξ∆ΟΛΩ∆ΩΛΨΗ ςΩΞΓ∴ ΞςΛΘϑ ΙΡΦΞς ϑΥΡΞΣς, Ξς∆ΕΛΟΛΩ∴ ΩΗςΩς, ∆ΘΓ ΛΘ-ΓΗΣΩΚ ΛΘΩΗΥΨΛΗΖς, %0−, 324, 573-7. 11 ∋∆ΨΛΓΡΙΙ )., ∋Η ∃ΘϑΗΟΛς &., ∋Υ∆]ΗΘ −.0. (2001), 6ΣΡΘςΡΥςΚΛΣ, ∆ΞΩΚΡΥςΚΛΣ, ∆ΘΓ ∆ΦΦΡΞΘΩ∆ΕΛΟΛΩ∴, /∆ΘΦΗΩ, 358, 854-6. 9 l ute Sa e 228 Territorio mercato di malattie12. I protagonisti delle campagne di sensibilizzazione sono in genere medici, per lo più gli specialisti della malattia di cui si vuole promuovere la consapevolezza, organizzati nelle loro associazioni scientifiche. Hanno cominciato a farlo con frequenza crescente negli ultimi decenni con le migliori intenzioni di svolgere, ciascuno nel proprio campo, un ruolo attivo di prevenzione e promozione della salute, anziché limitarsi a quello passivo di curare i pazienti quando sono già malati. Accanto ai camici bianchi, nelle campagne di promozione si trovano spesso schierati vari gruppi di pressione, in particolare le associazioni di malati e dei loro familiari che si propongono di richiamare una maggiore attenzione Dottor Internet sulla specifica malattia di cui si occupano, da parte del mondo politico, amministrativo e della società nel suo complesso. Come i professionisti, anche i rappresentanti dei malati hanno un interesse, personale e di associazione, a ottenere dalla società civile un maggior impegno (anche economico) e un maggior interesse per la specifica malattia di cui sono paladini. A ciò si aggiungono la frequente subalternità culturale nei confronti dei medici specialisti e la carenza di fonti di informazione indipendenti, col risultato di trasformare anche questi soggetti sociali in strumenti della medicalizzazione, più o meno inconsapevoli13. Se si escludono piccoli eventi limitati nel tempo e nello N. 151 - 2005 spazio, condotti su base volontaria e con pochi mezzi, le campagne sanitarie sono in genere oggi programmi complessi e molto costosi da organizzare, per i quali la creazione e il continuo aggiornamento di un sito Internet dedicato è ormai un ingrediente immancabile. La cronica insufficienza dei mezzi necessari per le propria attività spinge le associazioni di medici e cittadini a cercare e accettare finanziamenti dalle sorgenti più disponibili, cioè le industrie farmaceutiche, senza la necessaria chiarezza sui conflitti che questa forma di sovvenzione introduce e sulla opportunità della massima trasparenza al proposito. Quando si consideri tutto ciò, la risposta sulla qualità d’informazione che ci si può aspettare da molti siti di sa- lute risulta in gran parte scontata. Sono trascorsi dieci anni dalla profezia, tutto sommato ottimista, citata all’inizio. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti: Jerome Kassirer non è più direttore del New England Journal of Medicine, che ha lasciato proprio per non farsi coinvolgere in una nuova linea editoriale più sensibile alle ragioni del mercato. Ma non ha smesso di scrivere. Il suo ultimo libro “On the take” ha un sottotitolo illuminante per le conclusioni di questa carrellata. “Come la complicità della medicina con il mondo dei grandi affari può danneggiare la vostra salute”14. Perché mai Internet dovrebbe essere fuori dal gioco e i suoi utenti non dovrebbero esserne avvisati? 12 0Ρ∴ΘΛΚ∆Θ 5., &∆ςςΗΟς ∃. (2005), 6ΗΟΟΛΘϑ 6ΛΦΝΘΗςς: +ΡΖ ΩΚΗ :ΡΥΟΓ∂ς %ΛϑϑΗςΩ 3Κ∆ΥΠ∆ΦΗΞΩΛΦ∆Ο &ΡΠΣ∆ΘΛΗς ∃ΥΗ 7ΞΥΘΛΘϑ 8ς ∃ΟΟ ,ΘΩΡ 3∆ΩΛΗΘΩς, 1∆ΩΛΡΘ %ΡΡΝς. 13 +ΗΥ[ΚΗΛΠΗΥ ∃. (2003), 5ΗΟ∆ΩΛΡΘςΚΛΣ ΕΗΩΖΗΗΘ ΩΚΗ ΣΚ∆ΥΠ∆ΦΗΞΩΛΦ∆Ο ΛΘΓΞςΩΥ∴ ∆ΘΓ Σ∆ΩΛΗΘΩς∂ΡΥϑ∆ΘΛς∆ΩΛΡΘς, %0−, 326, 1208-10. 14 .∆ςςΛΥΗΥ −. (2005), 2Θ ΩΚΗ Ω∆ΝΗ, 2[ΙΡΥΓ 8ΘΛΨΗΥςΛΩ∴ 3ΥΗςς, 1ΗΖ <ΡΥΝ. Dottor Internet N. 151 - 2005 Antonio Panti Presidente della Federazione Toscana degli Ordini dei Medici I mass media, e ora anche Internet, dedicano sempre più spazio all’informazione sulla salute che, nel mondo contemporaneo, suscita ogni giorno maggior interesse, come se la gente si attendesse dalla medicina la soluzione di tutti i problemi della vita. E così fioriscono e si moltiplicano non solo le notizie e le rubriche, ma i fascicoli dedicati, le trasmissioni in serie, i giornali specializzati. La materia è vastissima, dalle nuove armi contro le malattie ai rischi per la salute, dalla sanità pubblica al rapporto tra medico e paziente, dai modi per mantenersi sani a quelli per garantirsi performances giovanili, per non trascurare la malpractice dei medici, i problemi dei farmaci, le nuove tecnologie sanitarie, insomma un mondo in cui giocano interessi potentissimi e di diversa natura, legati all’industria della salute e, inoltre, al desiderio degli editori di vendere anche forzando le notizie e alla propensione dei medici ad ampliare il loro mercato professionale. Forse sono questi i motivi, e altri possono ancora essere elencati, per cui troppo spesso l’informazione biomedica appare distorta, enfatizzata, illusoria, talora perfino malevola. Sae l ute Territorio 229 Un patto etico tra medici e giornalisti I medici, che non sono affatto esenti da responsabilità per quanto riguarda i contenuti delle informazioni fornite al pubblico in tema di sanità e salute, sono decisamente preoccupati per questa situazione, ma lo sono anche gli addetti all’informazione, se, almeno a Firenze, si è avviato un dibattito tra i due Ordini professionali per capire e affrontare meglio il fenomeno. Non vi è dubbio, infatti, che la massima parte delle notizie cosiddette scientifiche siano o eccessivamente allarmistiche (“all’Ospedale come alla guerra” titolava su quattro colonne un quotidiano nazionale a proposito di errori medici) o francamente illusorie (“un passo avanti nella cura del cancro” si legge spesso a proposito di esperimenti su ignari topolini che mai avranno seguito nell’uomo) o volutamente enfatizzate (si pensi al caso Di Bella, che ci costringe a chiederci se talora le notizie sui tumori siano più pericolose dei tumori stessi) o infine scandalistiche (i soliti tremila medici accusati di comparaggio dalla Guardia di Finanza senza neppure un rinvio a giudizio a distanza di anni). Ma tutto questo perché? Torniamo agli interessi in gioco ma anche al mondo di valori e al quadro sociale in cui si La Carta toscana per l’informazione biomedica muove la medicina oggi, un mondo che dimentica o vuole ignorare che la medicina ha un potere grande ma limitato, che i medici decidono sempre in condizioni probabilistiche, che non tutti i problemi della vita possono essere delegati alla medicina ed è rischioso affidarvi quelli sociali, che la malattia, il dolore, la morte sono parte della vita e che nessuna scienza alchemica restituisce il tempo che passa. I medici dovrebbero ammettere i propri limiti, i giornalisti verificare le notizie (quelle vere sono anche rare), gli editori accettare qualche limite etico al profitto. Altresì i valori in gioco non sono irrilevanti. Informare sui test genetici, sui fattori di rischio, sugli screening, sulle cosiddette medicine dolci, sulle ultime tecnologie, giocare sulle attese e sulle speranze di molti, è compito che richiede forte preparazione tecnica, elevata competenza e grande senso morale, sia in chi dà la notizia, sia in chi la scrive, sia in chi decide come pubblicarla. Nel discutere questo progetto di “Carta Toscana” siamo stati guidati da un principio fonda- mentale: la informazione e la comunicazione sono due diritti inalienabili della moderna cittadinanza. Quindi lo scopo di qualsiasi iniziativa del genere non può essere altro che quello di informare meglio, non di informare meno, di comunicare in modo veritiero e trasparente non di selezionare le notizie. E siccome lo scopo è eminentemente pratico, abbiamo voluto considerare la Carta come un presupposto valoriale per un master di secondo livello in informazione biomedica, già in fase di avanzata progettazione presso l’Università fiorentina, per formare comunicatori scientifici della sanità e della medicina, medici, ricercatori, giornalisti e addetti alle pubbliche relazioni. La Carta Toscana non vuol essere altro che una solida base etica per un progetto formativo che avvii una riflessione più estesa sul diritto alla buona informazione. Per questo, e per l’indubbia chiarezza del testo, ci sembra molto più utile pubblicarla per intero, offrendone i principi costitutivi alla riflessione dei lettori. Ci auguriamo di aver fatto un primo passo, piccolo l ute Sa e 230 Territorio ma efficace, nell’interesse di tutti, sulla strada dell’eticità della comunicazione. Al termine di questo breve scritto ci preme sottolineare che questa Carta si inserisce in una politica dell’Ordine dei medici di Firenze tesa a migliorare la qualità dell’informazione data ai cittadini su temi sanitari. Per questo l’Or- Dottor Internet N. 151 - 2005 dine dei medici e la Regione Toscana hanno siglato un protocollo d’intesa che prevede che la Regione esamini tutti i siti sanitari Internet secondo i parametri internazionali, accettati dalla Comunità europea, e segnali all’Ordine, per competenza, i siti dei professionisti sanitari e delle strutture sanitarie pubbliche o pri- vate. L’Ordine esaminerà questi siti sotto il profilo deontologico, a mente del Codice deontologico in accordo con la Direttiva comunitaria già recepita dal nostro Parlamento, per concedere loro l’uso del logo dell’Ordine e il link col portale regionale, oppure, per chi si riveli inidoneo, chiedere l’adeguamento alle regole deon- tologiche aprendo, ove questo mancasse, un procedimento disciplinare. Cerchiamo insomma, unendo differenti forze e vocazioni, di offrire un servizio migliore alla cittadinanza e, più che altro, maggiori certezze in un campo così importante per tutti quale quello dell’informazione sulla salute. La Carta Toscana “La buona pratica nell’informazione bio-medica” 1. Il progresso tecnico-scientifico in ambito biomedico, che si è intensificato a partire dalla metà del secolo scorso, ha ampliato lo spettro delle opportunità legate al mondo della salute, nella sua accezione più vasta. La medicina è diventata sempre più avanzata e sofisticata e la figura del medico pratico è andata progressivamente separandosi da quella del ricercatore. Sono aumentate le promesse di efficacia terapeutica, ma è cresciuto anche il tasso di incertezza che inevitabilmente accompagna tutto ciò che è connesso alla salute dell’individuo. Il rapporto fra i soggetti attivi nella relazione clinica è diventato più complesso. Se un tempo l’accesso all’informazione bio-medica era, per più motivi, estremamente limitato e legato al rapporto biunivoco medico-paziente, oggi, invece, intervengono altri interlocutori e l’informazione raggiunge ampi strati dell’opinione pubblica, prevalentemente attraverso i mass-media e le nuove tecnologie multimediali che restano al di fuori di contesti normativi precisi. 2. La questione di offrire una informazione corretta e trasparente nel settore bio-medico si pone in termini più pregnanti, rispetto ad altri settori dell’informazione, in quanto coinvolge, in modo particolare, il mondo dei valori. L’esigenza di linee-guida, che siano di riferimento per una “buonapratica” nella comunicazione bio-medica, viene sollecitata da più parti, in nome del diritto del cittadino a una informazione comprensibile, ampia e corretta e non è possibile eludere, da parte dei professionisti, quelle competenze che possono essere acquisite solo attraverso una alta formazione mirata. Queste esigenze si ripercuotono su numerosi aspetti dell’informazione mediatica, coinvolgendo i rapporti tra strutture, professionisti, personale sanitario, cittadini, soggetti impegnati nella ricerca e gestori del mercato, spesso guidati dalla logica dei finanziamenti. Come sottolinea la Carta internazionale della professionalità medica, “Il giudizio professionale riguardante un interesse primario come la salute dei cittadini può essere influenzato indebitamente da un interesse secondario” e per questo esiste un “obbligo per i medici di riconoscere, rendere pubblici e affrontare i conflitti di interesse che si presentano nello svolgimento dei loro compiti e attività professionali”. Parole che possono essere fatte proprie da tutte le professionalità coinvolte nell’informazione. 3. La figura di un professionista, che sia garante dei principi di qualità nella comunicazione, è perciò esigenza irrinunciabile e risponde a quei criteri di etica della informazione che sono alla base del rapporto tra media e utente. Solo in questo modo potrà essere garantita quella capacità di scelta autonoma e consapevole che il cittadino può esercitare esclusivamente nel momento in cui sia in possesso di una informazione adeguata. In questa prospettiva, ridurre l’asimmetria informativa diventa garanzia essenziale di democrazia. L’importanza di un codice deontologico i cui valori siano condivisi da parte degli operatori del settore biomedico e dagli operatori dell’informazione e della comunicazione è stata più volte ribadita. Nella convinzione che si dovrebbe avviare su tutto il territorio nazionale un’opera di approfondimento di questo aspetto cruciale di una società complessa, cioè del rapporto di fiducia fra ricercatori, medici, informatori e cittadini, che devono essere messi in grado di fare scelte autonome e consapevoli su tutto quanto riguarda la salute, proponiamo la seguente Carta Toscana sull’informazione biomedica Dal momento che l’informazione deve rispondere ai più alti standard di qualità propri del processo della ricerca e dell’applicazione dei risultati scientifici e tecnologici, medici e giornalisti si impegnano – nel rispetto dei distinti ruoli e nell’esercizio dei loro rispettivi diritti e doveri – a garantire ai cittadini un’informazione corretta, obiettiva, trasparente e verificata. Essi riconoscono l’importanza che il cittadino – sia esso malato o sano – acquisisca una capacità autentica di partecipare con le sue scelte alla promozione e alla tutela della sua salute e di quella della collettività. A tali fini gli Ordini dei medici e dei giornalisti della Toscana si impegnano a favorire, attuare e sostenere presso tutte le autorità competenti, in particolare nell’insegnamento universitario, le opportune e adeguate iniziative formative nei confronti dei propri iscritti e affermano i seguenti principi che tradurranno in regolamenti nei rispettivi codici deontologici. N. 151 - 2005 Dottor Internet Sae l ute Territorio 231 1. Comunicazione. I professionisti del settore biomedico, medici e ricercatori, hanno un obbligo di comunicazione che non attiene solo alla relazione clinica, che si articola nel complesso dei rapporti interpersonali professionali. Esiste un obbligo più generale di informare i cittadini su tutto ciò che riguarda la tutela della salute e gli strumenti per realizzarla. La relazione clinica è regolata dal codice deontologico della professione e dalle leggi vigenti dirette anche a garantire la riservatezza dei dati personali. I rapporti fra giornalisti e gli altri soggetti dell’informazione biomedica sono regolati dal codice deontologico dei giornalisti oltre che dalle leggi vigenti. 2. Responsabilità. Esiste una responsabilità comune dei medici, ricercatori e degli operatori dell’informazione che riguarda la diffusione di una corretta informazione. Da una parte in funzione di contribuire alle politiche o ai programmi di prevenzione, dall’altra, più in generale, nel diffondere una conoscenza precisa, oggettiva e attenta a indicare limiti e conseguenze di determinate scoperte o procedure scientifiche così da non estendere in modo illusorio gli scopi e le possibilità della medicina, superandone i limiti. 3. Interesse generale. In ambito medico e scientifico-sanitario è prioritaria la valutazione dell’interesse generale nel consentire la divulgazione di qualsiasi notizia e informazione. 4. Servizio. Il medico, il ricercatore e il giornalista collaborano affinché l’informazione sanitaria permetta la distinzione fra notizia di cronaca e quella utile per l’educazione alla salute, nell’interesse del singolo e della collettività. 5. Trasparenza. Le parti si impegnano a garantire il rigore scientifico delle informazioni, a prescindere da qualsiasi intreccio di interessi personali o societari per quanto legittimi essi siano. In caso di presenza di questi interessi, essi devono essere dichiarati in base al principio della trasparenza. L’aspetto commerciale che riguarda farmaci o attrezzature tecnologiche, così come la promozione di marchi individuali o societari devono essere tenuti nettamente separati (o dichiarati come tali) nella diffusione delle informazioni attraverso un canale mediatico. 6. Qualità. Medici, ricercatori e giornalisti condividono il fine di garantire la qualità dell’informazione impegnandosi a non trasmettere o a non diffondere notizie premature o non verificate. Gli Ordini sono disponibili a collaborare alla pratica attuazione di tale impegno. 7. Precauzione. In ogni caso medici, ricercatori e giornalisti si atterranno al principio della precauzione secondo il quale non verranno indicati in modo apodittico vantaggi e svantaggi di una scoperta o di una terapia fino a che questa non avrà superato una sperimentazione inoppugnabile per tempi e risultati. 8. Completezza. I professionisti si impegnano a fornire l’informazione più completa possibile. Le informazioni non verranno abbandonate dopo le prime uscite pubbliche, ma seguite in modo da confermare o rettificare l’esattezza di quanto comunicato in modo da non suscitare né eccessive attese, né allarme. 9. Competenza. Medici e giornalisti si impegnano a seguire il principio della competenza. L’informazione verrà resa pubblica quando chi l’ha elaborata è riconosciuta persona competente e chi la diffonde ha ragionevolmente acquisito strumenti per misurarne la validità e la portata. 10. Linguaggio. Medici, ricercatori e giornalisti dovranno verificare l’esattezza scientifica dei termini, evitando di usarli al di fuori di qualunque contesto che possa mutarne il senso o fare loro acquisire una connotazione emotiva per obiettivi di spettacolarizzazione dell’informazione. Dr. Antonio Panti Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri della Toscana Dr. Massimo Lucchesi Ordine dei giornalisti della Toscana l ute Sa e 232 Territorio Concetta Maria Vaccaro Responsabile del settore welfare della Fondazione Censis di Roma I l tema della comunicazione della salute attraverso il web rappresenta il secondo step di approfondimento realizzato dal “Forum per la ricerca biomedica” nell’ambito di un ciclo di ricerche sull’informazione e la comunicazione sanitaria. Si tratta di un argomento di grande e crescente rilevanza sociale che incontra un sempre maggiore interesse da parte dei cittadini. La rete si presenta infatti come uno strumento estremamente adatto a fornire informazioni che, per la loro complessità, risultano invece penalizzate da media più limitati sotto il profilo dei tempi e degli spazi di comunicazione. Se, da una parte, questo fenomeno configura il rischio di una diffusione non controllata di saperi approssimativi, con il pericolo conseguente di comportamenti impropri, d’altra parte la capillarità e la continua disponibilità del web costituiscono una enorme potenzialità perché i cittadini possano costruire con le istituzioni sanitarie, con il personale medico e con le imprese farmaceutiche un nuovo genere di rapporto, caratterizzato da una continuità e da una accessibilità inedite. Non è un caso che negli ulti- 1 Dottor Internet N. 151 - 2005 Un consulente sanitario globale mi anni la rete Internet sia diventata uno strumento importante per l’aggiornamento e per la qualità del lavoro del personale medico, con il 56,8% dei medici che si serve degli strumenti informatici per ottenere supporto conoscitivo al momento della diagnosi ed il 21,1% che si aggiorna soprattutto tramite Internet, come emerso nel corso dell’indagine Censis-Forum per la ricerca biomedica del 2004, “Medici e innovazione”. Parimenti, secondo i dati pubblicati nel 2003 dalla Health On the Net Foundation, un’organizzazione non governativa internazionale che conduce periodicamente attività di rilevazione sui fruitori delle informazioni di carattere sanitario in rete, più del 35% degli utenti europei della ehealth sono pazienti che cercano soprattutto informazioni ed approfondimenti sulle malattie, usufruendo del web come di un vero e proprio consulente medico e sanitario. Nel nostro Paese, sul totale dei circa 20 milioni di italiani che ad oggi utilizzano Internet, pari al 42,7% della popolazione maggiorenne, è infatti il 95,2% degli internauti a servirsi della rete per visitare siti e per cercare informazioni, ed il 26% delle ricerche ∋∆ΩΛ &ΗΘςΛς 2005 ΗΓ (ΞΥΛςΝΡ 2004. Rischi ed opportunità di un media sempre più strategico condotte sul web riguarda argomenti legati alla salute ed al benessere1. Obiettivo della ricerca è stato dunque quello di analizzare le caratteristiche di base, i contenuti e le strategie di comunicazione che contraddistinguono i siti web dedicati alla salute, alla sanità e alla medicina allo scopo di definire il tipo di offerta garantito dalla rete agli italiani che sempre di più cercano informazioni mediche e sanitarie rapide ed immediate. Comunicazione, consultazione e servizio sono, evidentemente, soltanto alcune delle molteplici funzioni che la rete svolge per quanti accedono ad essa, tuttavia la ricerca ha scelto di concentrare su di esse la propria attenzione; inoltre, stante la rapidità con cui la rete ed anche i singoli siti si evolvono e cambiano, il quadro tracciato dalla ricerca si riferisce alla sola situazione relativa al periodo della rilevazione, che va dal 9 al 19 maggio 2005. In particolare è stato esaminato, ricorrendo all’analisi del contenuto, un campione di 190 tra i principali siti sulla salute, suddivisi in quattro categorie (generalisti, istituzionali, farmaceutici, e delle associazioni dei malati) con lo scopo di effettuare un’analisi quanto più possibile ampia dell’offerta a disposizione dei cittadini. Un primo importante dato è emerso dalla ricerca: nel complesso le informazioni mediche e sanitarie disponibili in italiano sul web risultano generalmente di buona qualità, sia sotto il profilo della varietà, dell’attendibilità, che dell’aggiornamento e della facilità d’uso. Sono in netta maggioranza (76,8%), infatti, i siti che offrono una sezione dedicata alle news, dunque a notizie aggiornate su fatti, circostanze, ritrovati o sperimentazioni legate alla ricerca biomedica, o in generale ai temi della salute, e similmente sono circa 3 siti su 4 a rivolgersi al pubblico con un linguaggio semplice e comprensibile, mentre nel 53,2% dei casi viene messa a disposizione degli utenti la funzione di ricerca libera degli argomenti Dottor Internet N. 151 - 2005 all’interno del sito. Sempre una larga maggioranza, pari al 72,6% del campione, fa riferimento a fonti autorevoli, e dunque scientifiche, mediche o giuridico-amministrative, nell’home page del 64,7% dei siti analizzati è presente il riferimento alle principali risultanze della ricerca e dei congressi scientifici mentre il 61,6% fornisce agli utenti percorsi di approfondimento, come riferimenti bibliografici o indicazioni di supporto nella scelta di un percorso terapeutico, aiutandoli ad orientarsi tra le diverse specialità e le strutture sanitarie presenti sul territorio. Tuttavia, la certificazione HON è presente solo in una minoranza di siti (7,4%) e l’analisi del sottocampione (85 casi) in cui sono trattate patologie ha permesso di evidenziare la presenza di un gruppo di siti, pari al 15,3% del sottocampione, che si caratterizzano per un approccio indefinito, cioè per l’assenza di approfondimento sulle patologie, che vengono menzionate nelle loro pagine senza che a questo corrisponda una loro reale trattazione. Considerando congiuntamente le diverse caratteristiche analizzate sono stati costruiti degli indici sintetici in grado di analizzare alcune dimensioni strategiche: • l’affidabilità delle informazioni • l’usabilità (e quindi della facilità per gli utenti di ottenere le informazioni di cui hanno bisogno) • la ricchezza e varietà dei contenuti • l’eventuale superficialità. Sotto il profilo della affidabilità il campione dei siti analizzati ha fornito un riscontro generalmente positivo, il valore medio dell’indice ricavato sulla base dei fattori considerati determinanti di questa dimensione è infatti pari a 11,1 per il totale del campione, su una scala da 0 a 20 (lungo la quale il valore minimo riscontrato è stato 1 ed il massimo 19). Nella costruzione dell’indice un peso importante è stato attribuito soprattutto all’autorevolezza delle fonti, e alla presenza della certificazione rilasciata dalla Health On the Net Foundation che garantisce l’attendibilità delle informazioni mediche e sanitarie (Tab. 1). Il tema della affidabilità, che costituisce un nodo assolutamente centrale nella analisi complessiva del fenomeno della e-health, rappresenta una priorità diffusa, ed in particolare spicca il dato medio relativo ai siti delle associazioni di malati, pari a 12,0. Nell’attività di supporto, anche informativo, ai propri associati e di sensibilizzazione verso il pubblico, la accuratezza e l’attendibilità delle informazioni costituiscono chiaramente un aspetto irrinunciabile per questo genere di siti, così come lo sono la esplicitazione della titolarità e delle finalità, nonché l’adozione di politiche chiare sul trattamento dei dati personali degli utenti (privacy policy), fattori che sono stati tenuti in considerazione nella realizzazione di questo indicatore. Un ulteriore elemento che appare opportuno sottolineare riguarda poi il sottocam- pione di siti che trattano di una o più patologie, e che dunque offrono agli utenti la possibilità di ottenere informazioni o approfondimenti sulle caratteristiche di determinate malattie: a proposito di questi siti emerge un grado medio di affidabilità leggermente più alto rispetto al totale del campione (11,6 contro 11,1), a testimonianza di come i soggetti che diffondono questo genere di contenuti, estremamente sensibili, prestino spesso particolare attenzione alla attendibilità ed alla autorevolezza delle notizie che diffondono. Nella costruzione dell’indice di usabilità, che consiste in un valore compreso teoricamente tra 0 e 20 (di fatto però il valore minimo riscontrato è stato pari a 2 mentre il massimo è pari a 18), si è tenuto conto della presenza di strumenti volti a facilitare la fruizione delle informazioni, sia dal punto di vista della raggiungibilità che della comprensibilità dei contenuti, ed in particolare la mappa del sito, la funzione “cerca”, la semplicità del linguaggio e la presenza di un glossario hanno assunto un peso importante. Seppure in un contesto caratterizzato da una certa omogeneità, sono i siti istituzionali quelli che sono risultati più ricchi di questo genere di strumenti: se il valore medio dell’indice di usabilità è risultato pari a 10,0 infatti, gli istituzionali costituiscono la tipologia di siti che presenta in questo senso il valore medio più alto, pari a 11,4 (Tab. 2). I siti istituzionali si caratte- Sae l ute Territorio 233 rizzano quindi per la maggior parte come una interfaccia informativa tra le istituzioni che gestiscono e organizzano le politiche sanitarie ed i cittadini, e rispetto alle altre tipologie considerate risultano generalmente più attenti alla fruibilità delle informazioni che mettono a disposizione del pubblico. Sotto il profilo della varietà e della ricchezza dei contenuti sono nuovamente i siti delle associazioni di malati a spiccare per un valore medio più alto rispetto alla media. Nella costruzione della scala da 0 a 20 (il valore minimo riscontrato è 0 ed il massimo è pari a 19) si è tenuto conto del numero e della varietà dei contenuti, ed il valore medio complessivo è risultato pari a 8,5, mentre i siti delle associazioni di malati evidenziano un valore pari a 9,8. A proposito di questo indicatore, sia l’andamento complessivo che quello relativo ad alcune specifiche categorie (fondamentalmente i siti delle Industrie farmaceutiche) mettono in luce il fatto che molti dei siti che trattano i temi della salute tendono ad avere con frequenza un carattere “specialistico”, e quindi a focalizzarsi su un certo numero di argomenti. Si tratta di una tendenza che riguarda in effetti anche i siti generalisti che, pur offrendo al pubblico informazioni di vario genere, di fatto in molti casi propongono una linea editoriale che tende a privilegiare alcuni temi in particolare, ad esempio l’alimentazione o il benessere piuttosto che i diritti dei malati o la deontologia professionale. l ute Sa e 234 Territorio In questo senso i siti delle associazioni dei malati confermano invece la loro vocazione a fornire un supporto multidimensionale agli utenti, che possono quindi trovare informazioni che vanno dalla normativa alla prevenzione, agli stili di vita, alla ricerca, i congressi, etc; mentre i siti delle Industrie farmaceutiche risultano più “specializzati”, e propongono contenuti focalizzati sostanzialmente su ricerca ed congressi, farmaci e news (Tab. 3). Nonostante il quadro generalmente positivo, tuttavia, i valori riscontrati nell’indice di superficialità evidenziano che i rischi di un’informazione non adeguata sembrano comunque concreti. Nella costruzione di quest’ultimo indice si è infatti tenuto conto del livello di approfondimento delle informazioni, della mancanza di riferimento a fonti autorevoli, della tendenza a non esplicitare titolarità e finalità del sito, o a non garantire agli utenti la tutela della privacy, nonché della presenza di pubblicità commerciale. Naturalmente la pubblicità commerciale non costituisce un determinante della superficialità tout court, ma la si è considerata tale solo per quei siti che hanno evidenziato una particolare carenza di approfondimento e di credibilità, configurandosi quindi più come raccolte di inserzioni commerciali che come pubblicazioni informative. Il valore medio per il totale del campione rimane comunque piuttosto basso, pari a 5,3 su una scala da 0 a 20 (Tab. 4). Dottor Internet N. 151 - 2005 Indice (0-20) Siti di Associazione di malati Siti istituzionali Siti generalisti Siti di Industria farmaceutica 12,0 11,6 10,4 10,0 Siti che si occupano di patologie (n=85) 11,6 Indice medio complessivo 11,1 Tab. 1 - Indice medio di affidabilità. Fonte: Indagine Censis - Forum per la ricerca biomedica, 2005. Indice (0-20) Siti istituzionali Siti di Industria farmaceutica Siti generalisti Siti di Associazione di malati Indice medio complessivo 11,4 9,6 9,5 9,4 10,0 Tab. 2 - Indice medio di usabilità. Fonte: Indagine Censis - Forum per la ricerca biomedica 2005. Indice (0-20) Siti di Associazione di malati Siti istituzionali Siti generalisti Siti di Industria farmaceutica Indice medio complessivo 9,8 9,1 9,0 5,5 8,5 Tab. 3 - Indice medio di varietà e ricchezza dei contenuti. Fonte: Indagine Censis - Forum per la ricerca biomedica, 2005. Indice (0-20) Siti generalisti Siti di Industria farmaceutica Siti istituzionali Siti di Associazione di malati 6,3 5,6 5,3 4,2 Siti che si occupano di patologie (n=85) 5,1 Indice medio complessivo 5,3 In particolare, nei casi in cui si tratta di siti che si occupano anche di patologie (il valore medio di questo subcampione è comunque più basso della media complessiva), questo genere di carenze configurano un rischio più concreto: molti degli utenti non medici della e-health sono infatti con ogni probabilità persone che cercano notizie ed approfondimenti su una situazione patologica che li riguarda direttamente, o che riguarda un loro familiare. In questo senso si tratta di persone particolarmente vulnerabili, per le quali imbattersi in informazioni non attendibili, o non aggiornate, può aggravare una situazione di ansia o di allarme, se non addirittura indurre comportamenti scorretti e inadeguati. Ed è in considerazione di Tab. 4 - Indice medio di superficialità. Fonte: Indagine Censis - Forum per la ricerca biomedica, 2005. questi aspetti che si è scelto di realizzare un focus di indagine sui siti che trattano di patologie, che ha consentito di tracciare un quadro dell’offerta che ne evidenzia, una volta di più, il carattere variegato. È vero che compaiono alcune costanti, ad esempio particolare attenzione, senza differenze sostanziali tra le varie tipologie di siti, viene dedi- Dottor Internet N. 151 - 2005 cata alla descrizione della sintomatologia (84,7%), alla diagnostica (82,4%), ai possibili interventi medici e/o chirurgici (81,2%). Ma le indicazioni relative alla prevenzione, nonostante siano presenti in quota maggioritaria (compaiono nel 51,8% dei casi), si attestano ad un livello significativamente più basso, con l’eccezione dei siti generalisti e degli istituzionali. Altrettanto omogenea è la tendenza a riferirsi principalmente alla terapia farmacologica (72,9%dei casi), seguita da quella chirurgica (44,7%), quella psicologica (34,1%), quella riabilitativa (23,5%), senza significative differenze tra le tipologie di sito considerate. Scarsi (5,9%), invece, sono i riferimenti a tipi di terapia complementari rispetto a quelli della medicina tradizionale, e si ritrovano esclusivamente nei siti generalisti. Di fatto, i siti che appaiono più in grado di rispondere ai diversi bisogni informativi di tutte le categorie di potenziali utenti coinvolti risultano quelli delle associazioni dei pazienti che, più di altri, si caratterizzano per un approccio essenzialmente centrato sul paziente, attento a considerare non solo la dimensione fisica, ma anche quella psicologica della malattia, evidenziando accanto agli aspetti più tecnici del percorso terapeutico, quali gli interventi di tipo medico e chirurgico, anche quelli finalizzati a sostenere il paziente che deve affrontare il disagio interiore e relazionale che la malattia può procurare. Inoltre sono siti attenti anche alla necessità di ricorrere a modalità di argomentazione che favoriscano la comprensione dei temi trattati e rappresentino una buona quota del sottocampione considerato (34,1%). Un gruppo quasi altrettanto numeroso di siti (32,9%), si caratterizza per un approccio alla malattia essenzialmente “tecnico”, riferito in modo molto più netto alla dimensione fisica delle patologie considerate, e quindi centrato prevalentemente sui percorsi terapeutici della farmacologia e della chirurgia, in cui la dimensione psicologica viene poco considerata, ma è elevato il riferimento alla ricerca (si tratta essenzialmente dei siti delle Industrie farmaceutiche e di quelli istituzionali). Le altre tipologie di sito che l’analisi ha consentito di identificare, e che coincidono essenzialmente con la categoria dei generalisti, appaiono, come già ricordato, molto differenziate al loro interno: dalla quota minoritaria di siti specializzati nell’approccio focalizzato sulle medicine non convenzionali a quelli che presentano un approccio alla malattia più complesso ed articolato a quelli decisamente superficiali, spesso assimilabili più a raccolte di inserzioni commerciali che a pubblicazioni informative. In sintesi, dunque, se il profilo generale dei siti è risultato nel complesso di buona qualità, non mancano le peculiarità e le situazioni problematiche. In particolare, tra le quattro tipologie considerate, i siti istituzionali, spesso autorevoli in sé in quanto espressione di un’istituzione pubblica e/o scientifica, sono anche quelli che rispondono più adeguatamente al bisogno di accessibilità delle informazioni, presentando un grado mediamente alto di navigabilità e usabilità. I siti delle Industrie farmaceutiche presentano nel complesso una buona usabilità ed una buona attendibilità ed autorevolezza delle informazioni, ma, come prevedibile, appaiono anche come quelli più specializzati. I siti delle associazioni di pazienti sono molto attenti all’insieme degli aspetti considerati, e quindi sia alla qualità ed alla varietà delle informazioni che alla facilità d’uso. È tra i siti generalisti che si incontra, invece, il massimo grado di eterogeneità, come era lecito attendersi; è, infatti, in questa categoria che si collocano i siti probabilmente più completi, sotto il profilo della varietà, dell’aggiornamento e della qualità delle informazioni, ma anche quelli più a rischio sotto il profilo della attendibilità e della completezza delle informazioni. L’analisi effettuata lascia intravedere dunque ampi margini di crescita per la condivisione di criteri e strumenti per il controllo delle informazioni sanitarie sul web. È vero che la libertà di accesso praticamente illimitata, che implica un’altrettanto ampia opportunità di pubblicare contenuti, l’enorme quantità di informazioni che può ospitare e la loro continua accessibilità per gli utenti rappresentano caratteristiche fondanti della rete e punti di forza strategici di questo medium. Per questo, la e-health costituisce un orizzonte irrinunciabile per i soggetti istituzio- Sae l ute Territorio 235 nali, per le imprese farmaceutiche, per i gruppi editoriali, sia nell’attività di promozione e di informazione sulle proprie attività e sulle politiche sanitarie, sia nella diffusione di notizie ed approfondimenti che troverebbero poco spazio su altri media. Tuttavia, l’intreccio tra la particolare natura delle informazioni di carattere medico e sanitario e lo stato d’animo con il quale gli utenti ed i cittadini in molti casi si servono del web come di un consulente sanitario può rappresentare un rischio peculiare dell’e-health. Internet non è un medium che “valida automaticamente” il messaggio come succede per la televisione o i giornali, e proprio quella libertà di accesso e di pubblicazione sulla rete, che è, come ricordato, il principale vantaggio di questo mezzo, richiama allo stesso tempo una particolare attenzione all’aspetto strategico dell’affidabilità dell’informazione. Molta strada va ancora fatta su questo piano, così come su quello dell’“orientamento” alla navigazione, soprattutto attraverso lo sviluppo di strumenti sicuramente più diffusi al di fuori del nostro Paese che, a partire da un uso più sistematico di criteri condivisi di validazione dei contenuti (come ad esempio le certificazioni), diano la possibilità agli utenti non solo di trovare più agevolmente le informazioni di cui hanno bisogno tra i meandri del web, ma, in una prospettiva più ampia, di riconoscere le fonti più autorevoli, e quindi di dare il giusto credito alle molte voci della rete. l ute Sa e 236 Territorio Giorgio Almansi Direzione generale Diritto alla salute Regione Toscana Responsabile settore “Tecnologie, innovazione e ricerca in sanità” giorgio.almansi@ regione.toscana.it L a Regione Toscana ha avviato da qualche tempo un’operazione di controllo dei processi informativi sanitari veicolati tramite la rete Internet. Per comprendere il significato di questa azione, ad oggi unica nel nostro Paese, riteniamo utile riassumere inizialmente alcuni concetti-chiave del processo di comunicazione. In base alla teoria generale dell’informazione, il processo si svolge a partire da un’entità (soggetto, macchina, etc., in linguaggio tecnico: “emittente”) che inizia a trasmettere un segnale qualsiasi. Per essere trasmesso il segnale ha bisogno di due cose: un canale di trasmissione e un codice compatibile con tale canale (ad esempio: la voce umana ha bisogno dell’aria come canale e di un codice sonoro perché il canale possa essere messo in vibrazione e, conseguentemente, utilizzato). Il segnale attraversa il canale e, normalmente, raggiunge uno (comunicazione punto-a-punto), o diversi (comunicazione punto-multipunto) o un numero imprecisato di destinatari (comuni- Dottor Internet N. 151 - 2005 L’accreditamento dei siti cazione broadcast) che, in linguaggio tecnico, sono chiamati “riceventi”. I riceventi possono decifrare il segnale o la sequenza di segnali (messaggio) se e soltanto se conoscono il codice con cui il segnale è stato immesso sul canale (possono cioè “decodificare” il messaggio). Nel caso sopra riportato, relativo alla voce umana come vettore della comunicazione, la possibilità di decodificare il messaggio è legata, da un lato, alla capacità dell’orecchio di percepire in modo corretto (cioè: percependo l’intera comunicazione come è stata emessa, a prescindere dagli eventuali disturbi – chiamati “rumore” – sul canale) la vibrazione sonora in arrivo, dall’altro – specie in relazione a comunicazioni sonore complesse (una frase, una conversazione) – al possesso del codice “lingua” utilizzata dall’emittente per la codifica iniziale. Ambedue i processi, quello di percezione e quello di decodifica, però, non spiegano perché, specie nel caso della comunicazione umana, gli stessi messaggi, pur correttamente decodificati, sia- Il primo intervento realizzato nel nostro Paese sulla correttezza dell’informazione no poi percepiti con modalità ed esiti differenti dai riceventi e generino, conseguentemente, differenti modelli di risposta comunicativa (“feedback”) o comportamentale. Questo passaggio è essenziale per comprendere quello che viene chiamato il “senso” della comunicazione (i “significati” che l’emittente ha codificato nel messaggio e quelli che il ricevente interpreta in base non solo al codice ma anche alla sua esperienza personale e sociale). Semplificando al massimo, si tratta quindi di comprendere se quello che l’emittente trasmette può essere accettato dal ricevente in base a criteri che il ricevente stesso (più correttamente: l’ambiente sociale e culturale di appartenenza del ricevente e il correlato in termini di valori e norme) giudica corretti, verosimili, affidabili. Senza entrare nel dettaglio dei vari elementi che compongono la teoria generale dell’informazione e/o l’analisi dei processi di codifica e decodifica linguistica (per i quali si rimanda alle ben più autorevoli fonti di questa brevissima introduzione1) possiamo in generale affermare che le modalità sopra elencate si applicano alla generalità dei fenomeni comunicativi e, conseguentemente, coinvolgono anche quei fenomeni, come la comunicazione via Internet, che avvengono nell’ambito delle applicazioni delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Le note sopra riportate ci possono, a nostro parere, introdurre efficamente alla problematica dell’accreditamento della comunicazione sanitaria veicolata tramite i siti Internet. Si tratta di un fenomeno comunicativo in rapidissima espansione, le cui implicazioni, sul piano della salute degli individui nonché sul piano dell’affidabilità e 1 3ΗΥ ΛΟ ΣΥΡΦΗςςΡ ϑΗΘΗΥ∆ΟΗ ΓΛ ΦΡΠΞΘΛΦ∆]ΛΡΘΗ Η ΟΗ ςΞΗ ΛΠΣΟΛΦ∆]ΛΡΘΛ ΟΛΘϑΞΛςΩΛΦΚΗ ΥΛΠ∆ΘΓΡ, ΣΗΥ ΗςΩΥΗΠ∆ ΕΥΗΨΛΩϕ, ∆ΟΟ∆ ςΗ]ΛΡΘΗ ∝∃∂ ΓΗΟ ΩΗςΩΡ ΙΡΘΓ∆ΠΗΘΩ∆ΟΗ ΓΛ 8. (ΦΡ /∆ 6ΩΥΞΩΩΞΥ∆ ∆ςςΗΘΩΗ (%ΡΠΣΛ∆ΘΛ, 0ΛΟ∆ΘΡ 1968). 3ΗΥ Ο∆ ΩΗΡΥΛ∆ ϑΗΘΗΥ∆ΟΗ ΓΗΟΟ∂ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΗ, Λ ΦΡΥΥΗΟ∆ΩΛ ΠΡΓΗΟΟΛ Π∆ΩΗΠ∆ΩΛΦΛ Η ΟΗ ΣΥΡΕΟΗΠ∆ΩΛΦΚΗ ΓΛ ΩΛΣΡ ∝ΗΘΩΥΡΣΛΦΡ∂ ΦΚΗ ΛΟ ΣΥΡΦΗςςΡ ΓΛ ΦΡΠΞΘΛΦ∆]ΛΡΘΗ ΨΛ∆ ,ΘΩΗΥΘΗΩ ςΡΩΩΗΘΓΗ ΘΡΘ ΣΡςςΡ ΦΚΗ ΥΛΘΨΛ∆ΥΗ ∆ΟΟ∂∆ΟΩΥΗΩΩ∆ΘΩΡ ΙΡΘΓ∆ΠΗΘΩ∆ΟΗ Φ∆ΣΛΩΡΟΡ , ΓΗ /∆ 7ΗΡΥΛ∆ Π∆ΩΗΠ∆ΩΛΦ∆ ΓΗΟΟΗ ΦΡΠΞΘΛΦ∆]ΛΡΘΛ ΓΛ &.(. 6Κ∆ΘΘΡΘ Η :. :Η∆ΨΗΥ ((Ω∆ς .ΡΠΣ∆ςς, 0ΛΟ∆ΘΡ 1971). Dottor Internet N. 151 - 2005 sostenibilità del sistema sanitario, sono oggi oggetto di discussione quanto mai accesa nel nostro paese e in Europa. Il problema può essere affrontato sotto due differenti profili: • quello normativo-organizzativo • quello informativo-comunicativo Sotto il primo profilo il problema del conferimento di senso alla comunicazione sanitaria è descrivibile in modo chiaro e definitivo: si tratta di un problema di legittimazione dell’emittente da parte di un’autorità a cui è conferito (istituzionalmente, socialmente, culturalmente, etc.) il compito di vigilare sulle norme e sui contenuti della comunicazione. Il senso della comunicazione è quindi identificato “a monte” dall’autorità tramite le norme di riferimento di un dato sistema sociale in materia di salute degli individui. La stessa autorità ha il compito di applicare tali norme, anche tramite specifiche disposizioni sanzionatorie, al contesto comunicativo tenuto conto degli attori a cui il sistema sociale stesso affida le relative competenze e funzioni. Sotto il secondo profilo il problema appare più complesso, perché la comunicazione viene misurata in relazione all’efficacia (effettiva o presunta) degli esiti della comunicazione stessa: è quindi una misurazione “a valle”, profondamente empirica e legata alla percezione individuale degli effetti, quella che stabilisce se il senso del messaggio trasmesso ha prodotto o meno i risultati in termini di salute di cui il ricevente ha ritenuto di avvalersi per produrre o migliorare il proprio o l’altrui stato di salute. Regione e comunicazione per la salute Vediamo di comprendere come, date tali premesse, la Regione Toscana ha affrontato il tema della comunicazione sanitaria via Internet e quali sono, ad oggi, i risultati dell’approccio utilizzato. La Regione Toscana, in attuazione del Piano sanitario regionale ed al fine di perseguire quegli obiettivi di garanzia che le sono affidati dalla normativa, ha promosso e sostenuto azioni indirizzate allo sviluppo dei concetti di appropriatezza e sicurezza nelle relazioni tra sistema sanitario, i professionisti della salute e i cittadini/utenti. Per questi obiettivi la Regione si è mossa su due piani differenti ma cooperanti: il piano normativo/programmatorio e il piano informativo/comunicativo, inserendosi quindi in ambedue i profili sopra delineati. In particolare sono state avviate numerose campagne di informazione sul corretto uso dei farmaci e sulle modalità di accesso ai servizi sanitari esercitando unitamente al competente Ordine dei medici ogni formale controllo in materia di pubblicità sanitaria per evitare che in un settore delicatissimo come quello della salute potessero operare livelli di disinformazione speculativi potenzialmente pericolosi per la salute dei cittadini. Nel quadro teorico e operativo che abbiamo cercato di chiarire nei precedenti para- grafi, la Regione Toscana ha posto sotto particolare attenzione il fenomeno della pubblicità sanitaria, liberalizzata in taluni Paesi (ad es.: negli USA) ma soggetta a specifiche normative in Italia e di particolare interesse per una Regione che persegue, come abbiamo visto, obiettivi concreti di appropriatezza e affidabilità nelle relazioni di governo tra mondo della produzione, professionals della salute e cittadini. Più nel dettaglio, a fronte della crescita comunicativa a cui si è assistito negli ultimi dieci anni in relazione al proliferare di siti Internet dedicati a problematiche sanitarie, la Regione si è posto il problema della compatibilità tra i messaggi e i riceventi nel quadro delle regole definite del sistema della salute toscano. Il punto è che la comunicazione via Internet, nata come è noto al di fuori di norme chiarissime di impianto ed esercizio e regolata in linea di massima solo dall’interesse comunicativo dell’emittente (anche in relazione ad obiettivi di tipo mercantile), può rappresentare un valore aggiunto per il sistema sanitario toscano e per i suoi cittadini (aumentando le informazioni distribuite nel sistema sociale e tendendo conseguentemente ad aumentare la quota informativa degli individui a prescindere dalla loro contiguità fisica con centri di informazione sanitaria) e può, al tempo stesso, rappresentare un veicolo di informazioni distorte non solo sotto il profilo scientifico-sanitario ma anche sotto quello organizzativo ed economico. Sae l ute Territorio 237 Per la particolarità dell’utilizzo, che avviene di regola senza alcuna mediazione culturale o professionale, per l’ampiezza dei messaggi e il livello di dettaglio con cui i messaggi possono essere fruiti, per l’assenza di “rumore di fondo” nella comunicazione stessa data la natura “fredda” del medium utilizzato, l’impiego della rete Internet per tale particolarità, per la natura ed il livello delle informazioni ha destato preoccupazione e ha imposto la ricerca di possibili soluzioni per disciplinare il fenomeno superando l’evidente contraddizione con il rigore rivolto ad ogni altra forma di comunicazione in materia di salute umana. Nella ricerca di soluzioni compatibili con il profilo normativo e con l’ormai indispensabile profilo informativo, la Regione ha trovato la disponibilità della più qualificata associazione professionale in materia sanitaria, cioè dell’Ordine dei medici (Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri della Toscana). La recente approvazione della c.d. “legge Gasparri” sulle telecomunicazioni, permettendo l’avvio di pubblicità su reti televisive e telematiche da parte degli esercenti le professioni mediche, ha affidato agli Ordini dei medici compiti specifici di vigilanza. L’Ordine, sulla base di approfondite valutazioni tecnico-scientifiche e in ragione delle competenze sopra descritte, ha convenuto puntualmente sulla natura e sulla portata del problema e ha proposto di individuare congiuntamente l ute Sa e 238 Territorio una soluzione adeguata e, per molti versi, innovativa per affrontare la questione. Dopo una nutrita serie di incontri tecnici, è apparso evidente che la metodologia di controllo della comunicazione in rete risulta efficace se riesce ad utilizzare gli stessi strumenti (tecnologici e informativi) all’origine del problema. È stato quindi stabilito di indirizzare l’impegno alla ricerca di tecniche di analisi e informative basate su strumenti informatici in grado di analizzare in modo dettagliato e continuativo il fenomeno della comunicazione sanitaria. In questo modo si sono create le premesse per supportare, attraverso un’operazione che potremmo chiamare di “governance comunicativa”, l’azione di verifica e, nel caso, sanzionatoria, da parte degli Ordini provinciali dei medici. Ad essi, in particolare, la legge nazionale affida specifici compiti di vigilanza nei confronti degli iscritti ma anche, più in generale, compiti di salvaguardia della correttezza della co- Dottor Internet N. 151 - 2005 municazione se coinvolgente il tema della salute umana. Il punto di partenza per dotare il sistema di governance comunicativa di una metodologia adeguata allo scopo è derivato dalle indicazioni dell’Unione europea (v. Fig. 1) che, già nel 2002, aveva emesso una Comunicazione relativa ai “Criteri di qualità per i siti web contenenti informazioni di carattere medico”. In particolare sono stati esaminati i contenuti del punto 2: “Stabilire criteri appositi per i diversi tipi di contenuti di carattere medico (trasparenza dei contenuti, autorevolezza dei fornitori dei contenuti, privacy e protezione dei dati relativi alla salute, aggiornamento delle informazioni, responsabilità dei contenuti, accessibilità dei contenuti)”, quelli del punto 3: “Applicazione dei criteri di qualità per i siti web di carattere medico” (questioni in gioco per la Comunità europea, esempi di metodi per applicare i criteri di qualità) e quelli del punto 4: “Finalità dell’applicazione dei criteri di qualità ai siti web di carattere medico (istruire gli utenti, assistere chi effettua la ricerca, educare i fornitori dei siti, garantire la qualità)”. A completamento della parte teorico-normativa, si sono inoltre utilizzate le disposizioni internazionali del Codice Health On The Net (come certificato dalla comunicazione della Health On The Net Foundation prot. HONConduct374835 dell’8/9/2003). Definito il campo di applicazione e le regole, si è reso nessario individuare sul mercato una procedura informatica in grado di supportare tecnicamente la metodologia di verifica. Un’apposita ricerca ha quindi portato alla scelta di una società che aveva già sviluppato un’applicazione informatica compatibile con i fini e la metodologia sopra esposta sia sotto il profilo tecnico che sotto quello della qualità procedurale sui contenuti: la Banca-Dati/Portale web “LaMedicinaInRete.it” poteva in effetti rispondere ai requisiti di analisi performante ed efficace dei dati re- lativi ai siti sanitari richiesti per l’iniziativa. Una volta perfezionata l’acquisizione della procedura in via sperimentale per la durata di un anno, la Regione ha provveduto ad identificare la piattaforma tecnologica in grado di assicurare l’applicazione sicurezza e continuità di esercizio e di definire con la Federazione degli Ordini dei medici le modalità organizzative del sistema di controllo. Il sistema si presenta oggi: • organizzato tecnicamente tramite l’immissione nel Tuscany Internet eXchange (TIX) della Rete Telematica Regionale Toscana – cioè nel nucleo tecnologico del sistema di rete telematica della Toscana – della procedura “LaMedicinaInRete.it”, controllata a livello di accesso tramite specifici profili di utilizzo che includono l’impiego di apposite certificazioni elettroniche e assistita continuativamente dal personale TIX e da quello della ditta fornitrice; • modellato organizzativa- COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE %ΥΞ[ΗΟΟΗς, 29.11.2002 &20(2002) 667 ΓΗΙΛΘΛΩΛΨΡ &ΗΩΩΗ ΨΗΥςΛΡΘ ∆ΘΘΞΟΗ ΗΩ ΥΗΠΣΟ∆ΦΗ Ο∆ ΨΗΥςΛΡΘ ΣΥπΦπΓΗΘΩΗ &2081,&∃=,21( ∋(//∃ &200,66,21( ∃/ &216,∗/,2, ∃/ 3∃5/∃0(172 (8523(2, ∃/ &20,7∃72 (&2120,&2 ( 62&,∃/( ( ∃/ &20,7∃72 ∋(//( 5(∗,21, (ΞΥΡΣΗΗ 2002: &ΥΛΩΗΥΛ ΓΛ ΤΞ∆ΟΛΩϕ ΣΗΥ Λ ςΛΩΛ ΖΗΕ ΦΡΘΩΗΘΗΘΩΛ ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΛ ΓΛ Φ∆Υ∆ΩΩΗΥΗ ΠΗΓΛΦΡ Fig. 1. Dottor Internet N. 151 - 2005 mente tramite la collaborazione, derivata dalla sottoscrizione di uno specifico Protocollo di intesa, tra Regione Toscana e Federazione regionale degli Ordini dei medici chirughi e odontoiatri, che si avvale degli Ordini provinciali per l’esecuzione, in caso di verifica negativa di un sito, dei procedimenti di avviso e sanzione derivati dalla normativa vigente; • comunicato via Internet tramite uno specifico e strutturato legame tra la procedura “LaMedicinaInRete.it” e il sito web per la salute della Regione Tosca- na (http://www.salute.toscana.it) in modo da rendere visibili sia i processi di controllo con esito positivo (con l’ipotesi tuttora allo studio del conferimento di un apposito “bollino blu” a tali siti) sia quelli con esito negativo (l’ipotesi allo studio è in questo caso quella di un “bollino rosso” nel caso il sito incriminato non sospenda la comunicazione o non modifichi i messaggi ritenuti inaffidabili). Il processo avviato include, ad oggi, la selezione dei circa 5.000 siti italiani di carattere sanitario valutati con i criteri sopra definiti utilizzando come riferimento la procedura “LaMedicinaInRete.it”. La Regione Toscana e la Federazione sono convinte di poter affiancare alla semplice ma importantissima azione di controllo, sulla base del lavoro svolto e in tempi relativamente brevi, un’area all’interno del sito web della Regione dedicata alla guida dei cittadini verso i siti web che si occupano di sanità, salute e medicina. Vale la pena di sottolineare, in chiusura, che la procedura utilizzata per il controllo è già tecnicamente predisposta per il successivo passag- Sae l ute Territorio 239 gio informativo: LaMedicinaInRete presenta infatti una articolata classificazione degli argomenti relativi a salute, benessere e malattie; per ciascun argomento vengono proposti siti corredati di una recensione ed elencati in ordine decrescente di qualità ed interesse, con differenti livelli di accesso in relazione alle differenti esigenze dell’utenza, gestiti da un apposito motore di ricerca. E, naturalmente, nell’ambito della procedura è disponibile ed evidenziata un’accurata presentazione dei criteri impiegati per attestare la qualità dei siti presentati. l ute Sa e 240 Territorio Giammaria Fiorentini Lisa Reboldi* Dottor Internet N. 151 - 2005 Il sostegno informatico Direttore Dipartimento oncologico AUSL 11 * Responsabile PISI I l “Punto informativo di sostegno scientifico Internet” (PISI) è un’idea nata all’interno del Dipartimento di oncologia della AUSL 11 di Empoli fin dal 2002, ma che solo recentemente ha avuto avvio, anche grazie al finanziamento di ASTRO (Associazione per il sostegno terapeutico riabilitativo in oncologia). La necessità di attivare un Punto informativo per i malati di tumore e le loro famiglie parte dalla considerazione secondo la quale la fase di shock psicologico, immediatamente successiva alla comunicazione della diagnosi di tumore, può attivare nel paziente molteplici meccanismi di difesa, quali la negazione, la proiezione e la scissione, che lo portano a dilazionare un confronto diretto con la realtà che gli si prospetta e che non è in grado di padroneggiare. Tutto questo causa instabilità familiare, sofferenza, paura, aumento dell’ansia. Nel momento in cui apprende della malattia, normalmente il paziente, ma anche i familiari, non hanno informazioni precise su di essa, sulle terapie, sulle opzioni di scelta rispetto a queste ultime, sulle possibilità di successo e su gli effetti collaterali. Anche per questo è oggi esperienza quotidiana che i pazienti e, soprattutto, i figli o le persone di media ed elevata preparazione culturale, utilizzino Internet per verificare notizie o per ricercare Centri che possano dare solu- Un servizio di grande significato per una soddisfacente informazione oncologica zioni. Spesso, però, anch’essi si muovono in un territorio sconosciuto. In Internet, infatti, vi sono oltre centomila siti web che trattano di salute. L’utilizzo della rete come canale d’informazione ha sicuramente numerosi vantaggi: possibilità di avere rapidamente informazioni su strutture sanitarie, consigli su diverse branche mediche, ma le informazioni acquisite, i consulti in linea, nascondono anche dei rischi. Utilizzare Internet è come andare a spasso per una grande città sconosciuta, dove si incontrano persone che parlano lingue diverse e in cui gli aspetti culturali differenti, e le relative manifestazioni non verbali, non sempre sono piacevoli. Sulla rete non mancano insidie, speculazioni e informazioni discordanti, che generano dubbi e disorientamento. Gli utenti, che non hanno strumenti oggettivi di valutazione, cadono allora, inevitabilmente, nella confusione e nel dubbio o, peggio, incorrono in terapie sbagliate o inutili che scoraggiano i trattamenti convenzionali a favore di metodiche sostitutive su cui non esiste consenso o indicazione terapeutica nel mondo scientifico. In questo panorama, il PISI vuole porsi come un “facilitatore” del cammino della persona malata e della sua famiglia nel corso della malattia. Ma in sostanza cos’è il PISI? Un punto di riferimento al quale sia i familiari che i pazienti stessi si possono rivolgere per avere delle risposte sulla malattia, i Centri di cura, il percorso migliore da seguire a seconda del caso specifico; una postazione computer, gestita da un professionista con competenze specializzate nell’ascolto, nelle tecniche di motivazione e con capacità d’orientamento e supporto di pazienti e familiari; un “counselor”, che “prende per mano” e guida nelle loro ricerche sul web prima che costoro si rechino ad un ulteriore colloquio con l’oncologo, a cui spetterà il compito di chiarire i dubbi e rispondere alle richieste. Altro obiettivo del PISI è, quindi, rendere più facile la comunicazione tra medico e Dottor Internet N. 151 - 2005 paziente, due soggetti tra cui generalmente vige uno stile comunicativo di carattere prettamente strumentale, il cui fine è quello di individuare e risolvere un problema. Il Punto Informativo utilizza invece modalità comunicative di tipo affettivo, orientate maggiormente all’ascolto ed al sostegno psicologico. Il medico e il “counselor” del PISI possono sopperire, insieme, alla carenza di una corretta informazione scientifica, da un lato, e di relazione, dall’altro. Quando l’utente e/o i suoi familiari accedono al Punto informativo, vengono aiutati nella navigazione di siti, già selezionati per correttezza scientifica ed istituzionale, dei maggiori istituti italiani ed eventualmente esteri, e vengono loro fornite, di volta in volta, le spiegazioni dei termini scientifici, degli acronimi che spesso indicano le terapie, nonché le informazioni e gli indirizzi di Centri collegati o raggiungibili. Al termine dell’incontro, si procede alla stampa dei documenti giudicati d’interesse e viene fissato un appuntamento con l’oncologo affinché il paziente o il suo familiare possa confrontarsi con l’esperto. Internet può esser utile, ma non deve mai sostituire il consulto con lo specialista. L’adeguatezza delle informazioni ricevute, la capacità del paziente di ricordarle, la soddisfazione del malato per il modo in cui si è svolta la visita, l’ascolto, la relazione orientata in un ottica empatica, sembrano correlarsi positivamente non solo con l’a- desione al trattamento, ma anche con la capacità spontanea del malato di prendere iniziative rivolte al conseguimento ed al mantenimento della salute e di acquisire fiducia nelle strutture. Questo porta anche ad una riduzione dell’ansia, delle paure e della perdita di orientamento, effetti cui il malato può andare incontro nel percorso della propria malattia. In questo periodo si sta somministrando un questionario per rilevare il livello di soddisfazione o d’insoddisfazione delle informazioni fino ad oggi ricevute dai pazienti. Altro aspetto utile, registrato durante la somministrazione del questionario, è la possibilità di constatare le necessità che il malato incontra durante il percorso della malattia. Soprattutto si vuole verificare la necessità di un’informazione disponibile e continua dovuta alla particolarità delle patologie neoplastiche, tenendo conto di come una corretta informazione contribuisce ad una maggiore compliance con il curante. Subito dopo avere raccolto le prime risposte al questionario è stato fatto uno studio “qualitativo” su un piccolo gruppo di pazienti. Ad oggi sono stati somministrati 50 questionari a persone interpellate individualmente con un colloquio-intervista della durata di 45 minuti. È emerso che il bisogno dei nostri pazienti è di maggiore informazione e supporto. L’inchiesta fatta ai pazienti ricoverati ha indicato che il 60% dei pazienti desidera maggiori informazioni sulla diagnosi, il 75% sulle proprie condizioni future, il 57% su- gli esami proposti, il 55% sui trattamenti. Un 46% ha espresso il bisogno di avere una figura di riferimento che spieghi cosa avviene dal momento della dimissione dal reparto dove è stato ricoverato per intervento chirurgico, alla chiamata da parte del Dipartimento oncologico, in quanto questo periodo di vuoto è vissuto in termini di abbandono e disorientamento. Vari gli scopi delle interviste: individuare i contenuti concernenti le diverse domande del questionario; capire il significato che viene attribuito dai pazienti a termini, come “il mio futuro” oppure “maggiori spiegazioni sui trattamenti”, che potrebbero avere significati anche molto diver- Sae l ute Territorio 241 si tra loro. Emerge anche l’importanza di sentirsi considerati; infatti, i pazienti riportano che: “I tumori sono una malattia difficile da capire e non tutti sono uguali, non è facile capire i termini che i medici utilizzano e loro non sanno se io ho capito quello che mi sta dicendo, poi tante domande mi vengono in mente dopo che ho parlato con il medico e non so a chi rivolgermi. Il non sapere, il buio, sono terribili da sopportare: se sapessi mi preoccuperei meno. Quando c’è di mezzo un tumore, parlare con i malati non può essere una toccata e fuga. Qui ci vorrebbe tanto tempo e una disponibilità eccezionale. Capisco che se queste cose mancano non l ute Sa e 242 Territorio è colpa dei medici, ma dell’organizzazione dell’Ospedale: però un dialogo superficiale non basta. Noi abbiamo bisogno di un riferimento”; “So che la logica non può dare delle certezze sulla guarigione, ma sulle cose che domani potrò fare o non fare”; “Ho bisogno di maggiori spiegazioni nei trattamenti. Il medico deve spiegarmi qual è la finalità della terapia”. I pazienti richiedono anche spiegazioni di termini com- Dottor Internet N. 151 - 2005 prensibili rispetto a quelli utilizzati dai medici. Fra l’altro lo specialista ha difficoltà nel valutare il livello di consapevolezza del malato a conclusione della visita o del controllo. L’oncologo viene visto come portatore di autorevolezza scientifica. È difficile, quindi, per il paziente o per i familiari esprimere apertamente al medico la scarsa comprensibilità di quello che è stato detto. Pertanto, appena c’è la diagnosi di malattia, e dopo l’eventuale intervento chirurgico, aumenta il bisogno di una comunicazione diversa e personalizzata. Con l’utilizzo della intervistaquestionario si scopre un mondo che anche a chi vive e lavora da anni nell’oncologia è poco conosciuto. Nell’esperienza del malato di tumore vi sono fatti, sentimenti, che si conoscono purtroppo in modo approssimativo, e non si tratta di elementi isolati, ma diffusi. per informazioni: PISI Ospedale San Giuseppe (Antica sede) Via Paladini, n. 40 50054, Empoli (FI) Lunedì-mercoledì-venerdì, ore 9.00-12.30 Martedì-giovedì, ore 14.30-17.30 Tel. e fax: 0571/702610 Come accade normalmente per i metodi di diagnosi e cura, che sono progressivamente migliorati, siamo chiamati a modificare anche gli ambienti utilizzati dai malati, e allo stesso tempo, a cambiare il modo con cui i pazienti sono accolti ed informati, là dove la comunicazione è ritenuta insoddisfacente. In questo senso, quello intrapreso finora dal Dipartimento oncologico dell’AUSL 11 è una piccola parte del lavoro da fare. Dottor Internet N. 151 - 2005 Alessandro Bussotti Paolo Sarti* Sae l ute Territorio 243 Il paziente “aggiornato” MMG, Sesto Fiorentino * PLS, Firenze G iulia, una bella ragazza di 14 anni, ha una lieve forma di acne, che affligge lei, ma anche la madre: si presentano dal medico di famiglia per la trascrizione della prescrizione di un famoso dermatologo, che ha consigliato l’assunzione di Isotretinoina per tre mesi. Lo specialista ha inoltre raccomandato una efficace contraccezione (in pratica la pillola) e degli esami di controllo da effettuare dopo circa un mese di terapia. Questi consigli, dati senza aggiungere molti particolari (d’altra parte non hanno avuto animo di chiedere ulteriori precisazioni: il professore incuteva un po’ di timore reverenziale), hanno messo in agitazione tutta la famiglia. Oggi si presentano dal medico, dicendo che hanno fatto una ricerca in Internet, trovando molte notizie abbastanza allarmanti sul farmaco consigliato. Vorrebbero un suo parere, dato che la ragazza insiste per provare la terapia. I medici tollerano sempre male i pazienti che si presentano con ritagli di giornale, notizie sentite alla TV, risultati di ricerche in Internet; in una parola mal sopportano che si cerchino informazioni da fonti che non siano loro stessi; un po’ forse perché si sentono in qualche modo “by- passati” dal paziente, quasi un segno di non fiducia e molto anche perché, per questi interventi “esterni” (non sempre scientificamente corretti e comunque a rischio di malintesi del paziente, certo non “esperto” della materi) finiscono per dover fare i conti con nuove difficoltà (talvolta insormontabili) nel far applicare una cura ai loro pazienti ormai impauriti e in parte sfiduciati. D’altra parte la fame di notizie e spiegazioni su un bene universalmente considerato fondamentale come la salute è un tema ricorrente nella medicina moderna. Sempre più spesso i medici vengono accusati proprio di dedicare troppo poco tempo a questo scopo: probabilmente il successo delle medicine cosiddette complementari e la vera causa di molte chiamate in giudizio dei sanitari devono essere cercati nella sensazione di abbandono e di scarsa comunicazione che i pazienti talvolta hanno. Nelle Biblioteche della Facoltà di Medicina si racconta che è sempre successo che alcuni pazienti, uscendo da un ambulatorio o da un reparto di un grande ospedale con la risposta di un accertamento diagnostico o di un esame istologico, si fermassero per Le nuove problematiche di rapporto professionale poste dalle conoscenze sanitarie dei malati chiedere riviste o testi per informarsi sull’argomento. Si trattava di poche persone, vista la difficoltà di lettura di testi tecnici, frequentemente in lingua inglese. Ma il bisogno evidentemente esisteva. Ora le cose sono enormemente più semplici: le edicole sono piene di riviste di argomento medico, le librerie di testi di divulgazione, ogni quotidiano pubblica un settimanale con articoli che riguardano la salute e, infine, c’è Internet con la sua sterminata quantità di notizie di facilissimo accesso. Non c’è nemmeno bisogno di muoversi di casa! D’altra parte l’inglese è una lingua sempre più conosciuta. È evidente che si parla ancora di una fascia di popolazione ancora minoritaria, ma in grande e velocissima espansione. E i medici? I medici arrancano sotto questo assedio, sommersi da una quantità di informazioni che nessuno riesce più a dominare: i testi di medicina devono essere sempre tenuti a portata di mano, le grandi riviste mediche (New England Journal of Medi- cine, British Medical Journal, Lancet, JAMA) continuano ad essere la fonte principale di un sapere in continuo divenire, ma come fare a meno di consultare rapidamente tutta la carta che arriva a casa o che viene portata dagli Informatori del farmaco? E, ancora una volta, Internet, con la consultazione delle grandi banche dati (Med Line in primis) e dei siti delle principali istituzioni sanitarie. Ma i medici leggono, come tutti gli altri, anche i quotidiani con i loro supplementi, i periodici di medicina e guardano la TV: è stato ampiamente dimostrato che molte delle informazioni che i medici acquisiscono derivano dalla lettura della stampa “laica”. In fondo questa situazione di sempre maggior quantità di informazioni e facilità nel raggiungerle sia per quanto riguarda i medici che i non medici offre aspetti positivi: anche se si stenta a liberarsi del modo di pensare tradizionale tendenzialmente paternalistico, che prevede l’affidarsi totale da parte del paziente, il moderno modello di l ute Sa e 244 Territorio Dottor Internet N. 151 - 2005 Fig. 1. gestione delle malattie croniche prevede una collaborazione attiva di quest’ultimo, che può essere ottenuta solo attraverso un processo di informazione e di istruzione. Resta purtroppo il problema cruciale della selezione delle informazioni e ancora una volta questo aspetto riguarda ambedue gli attori. Non ci si può infatti dimenticare che nessuna informazione è assolutamente neutrale e che, soprattutto in un mercato di dimensioni sempre crescenti qual è quello della salute, gli enormi interessi in gioco ci devono rendere diffidenti nei confronti di tutte le nostre fonti, privilegiando quelle più indipendenti. Internet, da questo punto di vista, risulta particolarmente pericolosa, perché totalmente priva di qualsiasi controllo: ci si può trovare, infatti, il sito di un ente pubblico accanto alla pagina chiaramente pubblicitaria di un farmaco, accanto all’autopromozione di un medico o di una clinica, accanto a siti più difficili da interpretare, perché apparentemente indipendenti e scientificamente irreprensibili, ma in realtà finanziati da aziende farmaceutiche e produttori di apparecchi medicali. Ma vi si trovano anche siti gestiti da auto-referenziati “cultori della materia” del tutto privi di rigore scientifico, nel senso che vi si pubblicano dati e informazioni prive di ogni evidenza scientifica. Un esempio per tutti: i numerosi siti “in lotta” contro le vaccinazioni dell’infanzia, che stordiscono i genitori di preoccupanti effetti negativi dei vaccini mai dimostrati dalla scienza o utilizzano vecchi dati, superati dai progressi della materia, terrorizzando su effetti collaterali ormai ampiamente risolti. Ma anche riviste, quotidiani, trasmissioni televisive, periodici pubblicano notizie che frequentemente hanno lo scopo, più o meno chiaro, di indirizzare le richieste del pubblico. D’altra parte è evidente che le strategie di marketing e la pubblicità in campo sanitario si sono radicalmente modificate: il target si sta spostando dal mondo strettamente sanitario al grande pubblico. Basta vedere l’andamento della spesa pubblicitaria rivolta direttamente al medico, attraverso il finanziamento di riviste, rispetto a quella de- stinata ai cittadini: nel 1995 erano praticamente pari per diventare, quattro anni dopo, la seconda oltre quattro volte la prima. Numerose sono state le pubblicazioni su questo problema: una rivista prestigiosa come il New England Journal of Medicine ha ritenuto di pubblicare vari articoli sull’argomento, avvertendo che le descrizioni mediche riportate dai media sono spesso inadeguate e incomplete riguardo a benefici, rischi e costi e riguardo ai legami fra gli studiosi ed i produttori di farmaci (342, 1645, 2000) e invitando i medici ad assistere i loro pazienti in una più corretta valutazione delle informazioni sanitarie che arrivano attraverso un’attività promozionale diretta (346, 498, 2002). Più recentemente una rivista della Public Library of Science, distribuita liberamente in Internet ha pubblicato un articolo dell’ex direttore del British Medical Journal (“Medical Journals Are an Extension of the Marketing Arm of Pharmaceutical Companies”, Richard Smith - PloS Medicine Vol 2, n. 5, p. 364, Maggio 2005 - www.plosmedicine.org), che riafferma i legami fra riviste mediche e aziende farmaceutiche, accompagnando il testo con una illustrazione molto evocativa, che si può ben applicare più in generale a tutto il mondo dei mass media. Una ulteriore dimostrazione dell’importanza di questi aspetti viene dal recente accordo fra la Federazione toscana degli Ordini dei medici e l’Ordine dei giornalisti, con la produzione di una “Carta Toscana per la buona pratica nell’informazione biomedica” (Settembre 2005). Ma, purtroppo, non è solo la Fig. 2 – PloS Medicine Vol 2, n. 5, p. 364, Maggio 2005 www.plosmedicine.org. Dottor Internet N. 151 - 2005 modalità di trasferimento delle informazioni dalle tradizionali fonti del sapere medico al grande pubblico ad essere problematica: anche la produzione e circolazione delle notizie all’interno del mondo medico è tutt’altro che limpida e chiara. Il problema del Conflitto di Interessi fra i medici e le varie entità economiche che girano nel mondo sanitario è talmente importante da meritare numerosi interventi nelle principali riviste internazionali (alcune delle più importanti, ritenendo il conflitto non eliminabile, hanno ritenuto di regolamentare il sistema obbligando i loro autori a dichiarare i loro eventuali conflitti di interessi) ed una provocatoria copertina di un recente fascicolo del British Medical Journal, che mostra dei maiali col camice ad una tavola imbandita e su un campo di golf, assistiti da rettili (gli esponenti delle aziende farmaceutiche), mentre in un angolo una cavia (il paziente) sta mestamente attaccata ad una fleboclisi. La realtà è quindi estremamente intricata e, se si considerano tutti i fattori in campo, al paziente che si presenta con conoscenze approfondite su Internet e sui mass media forse ci si dovrebbe rivolgere con meno rabbia e risentimento (dettati talvolta anche dall’imbarazzo di non avere sul momento una adeguata capacità di controbattere e confrontarsi) e con maggiore collaborazione e comprensione: in fondo ci troviamo ambedue nella stessa barca e ci imbattiamo in analoghe difficoltà di movimento. In particolare il MMG ed il PDF sono forse i professionisti che, oltre ad essere i più vicini ai loro assistiti, soffrono meno del problema del conflitto di interessi: infatti, come affermano Satolli e Liberati in un loro recente articolo (R. Satolli, A. Liberati, Una coscienza critica che resta fuori dal gioco, “Occhio Clinico”, settembre 2003, IX, n. 7, p. 5) “… molti clinici, soprattutto tra gli specialisti, vivono inconsapevolmente un conflitto intrinseco – in quanto non dipendente da sollecitazioni di terzi – che contrappone in diverse circostanze il dovere professionale con il tornaconto personale, non necessariamente economico. Tutte le forme di interventismo generano profitti per l’industria della salute, sotto forma di richieste di prestazioni e creazione di nuovi clienti per gli specialisti del settore, per effetto della ben nota “cascata clinica”. Si crea così un’alleanza spontanea tra tutti coloro che, nel mondo industriale come in quello clinico, hanno interesse ad ampliare la propria attività. Il conflitto interiore dei singoli medici si riflette nelle istituzioni che li rappresentano, società scientifiche o altro, dove anzi si amplifica, per l’allentarsi e il diluirsi dell’obbligazione morale verso i pazienti. Le associazioni dei quali, a loro volta, rischiano di riverberare un conflitto simile, talvolta ingenuamente per subalternità culturale, talaltra anche per convergenza d’interessi economici. Finisce così per prevalere una logica auto referenziale, che privilegia la visibilità dei risultati sulla loro reale utilità, quando la crescita dell’organizzazione e il potere di chi la gestisce prendono il sopravvento sui bisogni in difesa dei quali si era costituita. Il risultato è sotto gli occhi di tutti… …Il più delle volte, chi resta fuori da questo gioco sono proprio i medici di famiglia e non tanto perché siano meglio degli altri colleghi... Piuttosto è vero che oggi la medicina generale svolge il compito di coscienza critica, proprio rispetto alle più gravi distorsioni indotte dagli interessi. Il motivo è legato a ragioni strutturali e non soggettive: il medico di famiglia, in tutti i sistemi sanitari, non ha alcun interesse a incentivare il consumismo e l’invadenza della tecnologia attraverso il moltiplicarsi delle prestazioni. Semmai, per il suo impegno continuato e prolungato, è motivato a contenere le aspettative e le pretese fuori luogo, proponendosi obiettivi realistici e sostenibili nel tempo.” In definitiva dovrebbe essere rilanciata l’alleanza fra il medico ed il cittadino su basi più paritarie: il primo dovrebbe proporsi come consulente del secondo, accompagnandolo nelle sue vicende sanitarie e assecondandone, più che contrastarla, la tendenza verso una maggior informazione ed un maggior coinvolgimento nel processo di cura. Un’alleanza che dovrebbe anche aiutare il cittadino a filtrare e “reinterpretare” le notizie dei mass-media, quasi sempre approssimative ma spesso anche scorrette; talvolta evidentemente sostenute da interessi economici e/o politici che ben poco hanno a che vedere con la salute dei Sae l ute Territorio 245 pazienti. Un recente esempio: l’amplificazione data dalla stampa ai casi di meningite in una certa area che aveva indotto a pensare ad una “epidemia” e che quindi aveva generato acquisti di vaccini e vaccinazioni di massa: tutto poi smentito degli stessi amministratori locali che finirono per giustificare il dispendioso acquisto su basi “sperimentali” e non certo epidemiche. Per la gente comunque il ricordo però è ancora quello di una brutta epidemia di meningite…..mai esistita!! Nessuno sembra aver imparato la lezione e ancora oggi i giornalisti si sperticano a titolare a lettere capitali l’immancabile caso di meningite stagionale amplificando ansie, richieste di intervento e consumi impropri. Per usare le parole di Angela Coulter (After Bristol: putting patient at the centre, BMJ 2002; 324: 648-51) “la chiave di una fruttuosa partnership fra medico e paziente sta nel riconoscere che anche i pazienti sono esperti. I medici sono, o dovrebbero essere, ben informati sulle tecniche diagnostiche, le cause, delle malattie, la prognosi, le opzioni terapeutiche e le strategie preventive. Ma solo i pazienti sono a conoscenza della loro esperienza di malattia, delle loro circostanze sociali, delle loro abitudini, comportamenti, attitudini al rischio, dei loro valori e delle loro preferenze. Entrambi i tipi di conoscenza sono necessari per un buon trattamento delle malattie e le due parti devono essere pronte a scambiarsi le informazioni ed a prendere decisioni congiunte”. l ute Sa e 246 Territorio Raffaele Piumelli Gianpaolo Donzelli* Dottor Internet N. 151 - 2005 Il bambino in rete Responsabile Centro regionale di riferimento per lo studio e la prevenzione della SIDS, UO Medicina neonatale e Pediatria preventiva Azienda ospedaliera universitaria Meyer - Firenze * Direttore UO Medicina neonatale e Pediatria preventiva. Dipartimento di Pediatria, Università di Firenze, Azienda ospedaliera universitaria Meyer - Firenze L a prospettiva di ridurre il rischio di Sindrome della Morte Improvvisa del Lattante, (Sudden Infant Death Syndrome - SIDS), sottoponendo i bambini, nel primo anno di vita, ad una “sorveglianza elettronica” durante il sonno, portò negli USA, a partire dai primi anni ‘70, alla grande diffusione del monitoraggio cardiorespiratorio domiciliare. Secondo stime del National Institute of Health-NIH, 45.000 bambini statunitensi venivano sottoposti ogni anno a tale pratica. Il razionale di tale intervento era che l’”apnea fatale durante il sonno”, ritenuta momento etiopatogenetico cruciale della sindrome, potesse essere segnalata da tali dispositivi consentendo un tempestivo intervento rianimatorio da parte dei genitori. La considerevole riduzione della mortalità specifica per SIDS realizzatasi dopo la identificazione e divulgazione delle misure di riduzione del rischio, basate sull’adozione della posizione supina durante il sonno nei primi mesi di vita, l’abolizione del fumo di sigaretta durante e dopo la gravidanza e il controllo della temperatura ambientale, hanno limitato l’impiego di questi dispositivi. Tuttavia, l’incremento dei costi relativi all’assistenza sanitaria, l’aumentata sopravvivenza dei neonati pretermine, dei bambini portatori di patologie croniche e/o dipendenti da dispositivi di ventilazione (thecnology dependent), unita all’ampia disponibilità di attrezzature ad elevata tecnologia e di facile impiego, hanno aperto nuove possibilità di applicazione di questa metodica nell’ambito delle cure domiciliari. I vantaggi dei programmi di home care non investono tuttavia solo aspetti economici, poiché la possibilità di dimettere precocemente il bambino dall’Ospedale ed inserirlo nell’ambito familiare rappresenta un importante presupposto per un suo adeguato sviluppo psicosociale. La trasmissione a distanza di dati relativi all’attività cardiorespiratoria del bambino monitorizzato, può fornire un importante supporto al- Le applicazioni della telemedicina al monitoraggio domiciliare dei bambini a rischio cardiorespiratorio. Un’esperienza pilota l’attuazione dei programmi di home care. La telemedicina, secondo la definizione della Commissione europea per il programma telematico (Advanced Informatics in Medicine, 1990) comprende: ”L’approccio diagnostico, il monitoraggio e la gestione del paziente, l’acquisizione sia da parte del medico che del paziente delle competenze relative al funzionamento di sistemi che consentono un rapido accesso all’informazione, indipendentemente dalla distanza alla quale il paziente è collocato”. La trasmissione a distanza di dati clinici risale ai primi del ‘900, quando Wilhelm Einthoven, già vincitore del premio Nobel per la medicina per avere messo a punto la tecnica elettrocardiografica, allestì un sistema di trasmissione telefonica dei tracciati elettrocardiografici. In quegli an- ni si cominciò quindi a parlare di un radio doctor in grado di acquisire e gestire dati clinici pur non essendo al letto del paziente. Il notevole contenuto innovativo di quelle prime esperienze è dimostrato dal fatto che l’accoppiamento acustico viene tuttora adottato nella trasmissione telematica degli elettrocardiogrammi dei pazienti a rischio cardiovascolare. La nostra esperienza in questo campo è iniziata verso la fine degli anni ’80, quando, primi in Italia, abbiamo affidato alle cure domiciliari un bambino affetto da Sindrome da ipoventilazione centrale congenita (Sindrome di Ondine) e sottoposto a ventilazione notturna tramite pacemakers diaframmatici. Il programma di follow-up prevedeva la periodica trasmissione in telemedicina (Trans Telefonic Monitoring - Dottor Internet N. 151 - 2005 TTM) dei dati (frenogrammi) relativi a questo particolare tipo di ventilazione, dal domicilio del bambino al Centro di riferimento statunitense. Le nuove tecnologie hanno reso attuabile, negli ultimi anni, lo scambio di informazioni molto più complesse che vanno dai suoni, alle immagini fisse o in movimento. Tutto ciò ha ampliato notevolmente il campo di applicazione della telemedicina che ormai investe oltre alla telediagnosi anche la teleformazione del personale, la teleassistenza medico-infermieristica, il telesoccorso fino alla telerobotica con governo diretto a distanza di apparecchi elettromedicali. La rete di monitoraggio domiciliare può avvalersi di questi sistemi di trasmissione a distanza con ricadute favorevoli sia in termini di compliance familiare che di riduzione dei costi, come hanno dimostrato i risultati di un nostro studio effettuato su famiglie di bambini a rischio di SIDS,sottoposti a monitoraggio domiciliare e dotati di sistemi di teletrasmissione. In questa nostra prima esperienza, che è iniziata nel 1996 e che ha coinvolto pazienti provenienti da otto regioni italiane, l’invio dati al nostro Centro è avvenuto tramite un modem collegato al monitor. Successivamente abbiamo progettato la strutturazione di una rete di telemonitoraggio basata sulla trasmissione dei dati memorizzati dal monitor ad un sito web, dove potessero essere automaticamente immessi nelle rispettive cartelle elettroniche. Partendo da queste premesse abbiamo organizzato una rete nazionale di monitoraggio telematico che attualmente coinvolge sette Ospedali pediatrici appartenenti alla rete degli Ospedali che promuovono la salute Health Promoting Bibliografia essenziale Piumelli R., Donzelli G.P., Ernst C.M. et al., Il pacing diaframmatico nel trattamento della S. da Ipoventilazione Centrale Congenita (Maledizione di Ondine): primo caso in Italia, Riv Ital Ped, 1990; 16: 735-8. Donzelli G.P., Piumelli R., Landini L., Paternoster M.F.. Parental anxiety, “habituation” to alarms and weaning from electronic surveil- Hospitals - HPH. Il progetto, che sarà operativo dal prossimo gennaio 2006, prevede che ciascun Ospedale si faccia carico direttamente della gestione clinica del paziente sottoposto a monitoraggio. Il sito sarà accessibile sia ai medici che alle famiglie e si presterà allo scambio di files tra vari utenti preventivamente dotati di password e username. Il numero di files non sarà limitato e così pure la loro dimensione. Durante la creazione della password e dello username verrà generato un “profilo utente” che determinerà gli spazi di manovra di ogni utente all’interno della comunità virtuale. In questo modo sarà possibile definire un ambiente in cui gli utenti potranno accedere solo a determinate aree riservate rispettivamente ai medici e ai genitori. L’area riservata ai medici sarà una zona del sito che conterrà le registra- Sae l ute Territorio 247 zioni dei files di monitoraggio e potrà rappresentare un reparto, un ospedale o semplicemente uno specialista. L’area riservata ai genitori conterrà tutte le informazioni relative ad una corretta gestione domiciliare del monitoraggio (filmati relativi alle manovre rianimatorie, filmati che riproducono il funzionamento del monitor, area riservata alle domande da porre allo specialista). Le finalità di questo progetto sono molteplici in quanto rivestono non solo aspetti clinici (condivisione dei tracciati di monitoraggio, armonizzazione delle cure domiciliari), ma anche di ricerca (ampia raccolta dati sul pattern cardiorespiratorio nel sonno dei bambini a rischio) e sociali, poiché, offrendo la possibilità di un rapido accesso all’informazione contiamo di accrescere la sicurezza ed il comfort delle famiglie dei bambini monitorizzati. lance in documented home monitoring, Proceedings of 5th SIDS International Conference, Rouen, 1998: 213. Donzelli G.P., Landini L., Paternoster M.F., Caselli L., Piumelli R., Efficacy and efficiency of remote data transmission during documented home monitoring and electrophrenic stimulation, Ped Res 1999, 45(5), 14. Piumelli R., Caselli L., Nassi N., Lombardi E., Donzelli G., Telemedicine in Home Monitoring, Conference Handbook of the Seventh SIDS International Conference, Florence 2002: 46-47. l ute Sa e 248 Territorio Maria Augusta Nicoli Vittoria Sturlese* Tiziana Mancini** Agenzia sanitaria Regione Emilia Romagna anicoli@ regione.emilia-romagna.it * Agenzia sanitaria Regione Emilia Romagna vsturlese@ regione.emilia-romagna.it ** Dipartimento di psicologia, Università di Parma [email protected] U no dei temi maggiormente presi in considerazione all’interno dei programmi delle politiche sulla salute è l’informazione al cittadino. Sono stati predisposti servizi deputati per facilitare l’accesso all’informazione quali gli Uffici relazioni con il pubblico (URP), strumenti per accrescere la conoscenza quali la produzione di materiali divulgativi e il diffondere notizie utili per orientare i cittadini nella scelta dei trattamenti. In questo articolo l’attenzione è rivolta all’utilizzo della guida “Discernere”, un questionario prodotto con finanziamenti del Sistema sanitario inglese in partnership con la National British Library, finalizzato alla valutazione della qualità della informazione sanitaria scritta. Il tema della valutazione apre diverse questioni, in particolare in questa indagine si è voluto verificare se l’informazione può essere valutata in modo asettico così come lo strumento “Discernere” lascia presupporre. Non vengono, infatti, prese in considerazione le caratteristiche dei cittadini a cui è rivolta l’informazione, il contesto relazionale Dottor Internet N. 151 - 2005 L’“empowerment” del paziente in cui tale pubblicazione viene prodotta e proposta. Inoltre le domande che guidano alla valutazione fanno riferimento a un modello di validità che forse non coincide necessariamente con il contesto socio culturale dei cittadini utilizzatori. Il diabete è una patologia tipica del mondo occidentale industrializzato: il numero delle persone affette da tale malattia è letteralmente esploso a partire dagli anni trenta del secolo scorso, con un’accelerazione negli ultimi decenni. In Italia ci sono circa 100.000 nuovi casi ogni anno e si stima che circa il 5 per cento della popolazione di ogni età sia affetta da diabete. Circa 1.500.000 di italiani sanno di essere diabetici, ma un numero uguale di persone è malato senza saperlo. Sono molti i disturbi connessi al decorso di questa patologia (cecità, ipertensione, ictus, infezioni o infarto) e se non riconosciuti possono minare la salute per molti anni, subdolamente. Nessuna delle citate manifestazioni gravi è sintomo diretto del diabete, sono tutte complicanze; detto in altre parole non si muo- Sperimentazione di un questionario per “Discernere” sulla terapia del diabete re direttamente di diabete, si muore per le complicazioni. Background teorico e obiettivi Il tema generale da cui prende avvio lo studio riguarda una considerazione di fondo sulla guida “Discernere”. Nella proposta di utilizzo della guida viene enfatizzato il fatto che si possa valutare la qualità dell’informazione in ambito sanitario in modo avulso dal contesto relazionale in cui tale informazione viene proposta. L’idea di base è che un’informazione corretta, in cui è esplicitata la fonte delle evidenze scientifiche da cui è tratta, induce le persone a modificare il comportamento in direzione coerente con le nuove informazioni assunte. Dai risultati di numerose ricerche sui processi di persuasione attraverso la comunicazione di informazioni emerge che la scelta compiuta dal soggetto non segue quasi mai un percorso così coerente come si suppo- ne debba essere. In questo articolo consideriamo alcuni dei risultati raggiunti dalla ricerca che maggiormente si collegano agli obiettivi dell’indagine. In particolare, quali sono i fattori che rendono un messaggio convincente o più in generale efficace? L’organizzazione del contenuto del messaggio deve, per essere convincente, in primo luogo favorire il processo di apprendimento del contenuto. I modelli teorici più diffusi, hanno generalmente constatato che un problema importante o coinvolgente per il soggetto provoca una più attenta riflessione e, se la posizione della fonte è valida, anche una maggiore persuasione (Petty e Cacioppo, 1986a; Olson e Zanna, 1993). Quanta influenza esercita la fonte? Sul piano sperimentale viene considerata “fonte del messaggio” la o le persone che materialmente comunicano il messaggio stesso. A volte si Dottor Internet N. 151 - 2005 tratta di singole persone, più o meno familiari per i soggetti, oppure di entità collettive (commissioni, gruppi, istituzioni, giornali o riviste e così via). A volte la fonte viene indicata, nelle ricerche, semplicemente attraverso la sua citazione, quando i soggetti leggono un passaggio scritto, come, per esempio, quando la fonte è un dato giornale. I fattori studiati a proposito della fonte sono stati categorizzati in tre classi: credibilità, attrazione, potere (McGuire, 1985). Si tratta di una suddivisione un po’ artificiosa, nel senso che ognuna di queste classi ha confini sfumati e la si utilizza soprattutto per esigenze espositive. Tuttavia a partire da Kelman (1961), sono stati individuati tre esiti ben distinti provocati dalle tre classi di variabili. Secondo questo autore, una fonte credibile provoca più probabilmente un cambiamento di atteggiamento in termini di internalizzazione, vale a dire di integrazione della nuova opinione nel sistema di credenze e di valori pre-esistenti. Una fonte attraente porta ad un processo di identificazione, ovvero al cambiamento di atteggiamento motivato dal desiderio di stabilire una relazione gratificante con la fonte o comunque di apparire psicologicamente vicino a questa. Infine una fonte dotata di potere raggiunge probabilmente effetti di condiscendenza, cioè di cambiamento superficiale dell’atteggiamento dovuto soprattutto al fatto che il ricevente riconosce alla fonte il controllo di ricompense e punizioni al proprio riguardo. La credibilità poi non riguarda soltanto il livello di conoscenze che la fonte possiede, ma si riferisce anche alla fiducia da parte del ricevente che l’emittente del messaggio esprima un contenuto non finalizzato soltanto al proprio interesse. Quest’ultimo elemento – la fiducia – ha un effetto rilevante (Hovland, Lumsdaine e Sheffield, 1949). Inoltre, affrontando il tema dell’informazione in soggetti che si presuppone vivano una condizione emotivamente significativa come la malattia, è importante prendere in considerazione anche quello che in letteratura viene definito come l’umore o lo stato d’animo, quale condizione che può influenzare l’elaborazione delle informazioni ricevute. Schwarz, Bless e Bohner (1991) sostengono che l’impatto persuasivo dell’umore influenza le strategie di elaborazione dei contenuti che portano, a loro volta, alla definizione dei nuovi atteggiamenti o al mantenimento di quelli pre-esistenti. Recenti esperimenti condotti da Petty, Wagener e Smith (1995) confermano questa previsione: i soggetti di cattivo umore non presentano differenze nello sforzo cognitivo devoluto all’analisi di mes- saggi che si aspettano minacciosi o rassicuranti, mentre i soggetti di buon umore procedono all’analisi delle informazioni soltanto quando si aspettano contenuti non minacciosi. Pertanto nel caso specifico della nostra indagine, la valutazione dell’opuscolo informativo prodotto dai professionisti dal Centro antidiabetico per i propri pazienti e valutato attraverso l’uso della guida “Discernere” non può prescindere in primo luogo dai contenuti del messaggio informativo presenti nell’opuscolo in relazione alle caratteristiche del soggetto, tenendo conto sia degli aspetti emotivi, sia del contesto relazionale con i professionisti, che in questo caso rappresentano la fonte del messaggio. In secondo luogo si intende verificare l’efficacia di “Discernere”, in particolare se è uno strumento fruibile da parte dei cittadini implicati in un percorso di cura valutando il grado di difficoltà incontrato dai pazienti nella sua compilazione e il grado di importanza attribuito ai diversi aspetti contemplati per la valutazione dell’informazione medico-sanitaria. La metodologia Il campione è stato selezionato in base al sesso (maschi e femmine), all’età (dai 34 ai 61 anni e oltre) e al tipo di diagnosi della malattia, vecchia(> 10 anni) o recente (< 3 anni). Sae l ute Territorio 249 Il reclutamento è stato effettuato dalla responsabile del Centro atidiabetico, sulla base delle informazioni fornite dalla Banca dati, cercando di rappresentare ogni gruppo di età fra i range indicati (da 34 a 61 anni e oltre)1. Gli strumenti utilizzati per la rilevazione sul campo sono stati: Guida Discernere, un questionario che serve a valutare la qualità delle pubblicazioni che riportano informazioni sulle scelte di trattamento. Può essere utilizzato liberamente a condizione che ne sia rispettata la metodologia e venga compilata la scheda di valutazione disponibile sul sito web: http://www.discern.org.uk/. “Discernere” consiste in 15 domande specifiche e in un giudizio complessivo finale. Ciascuna delle 15 domande (suddivise in 3 sezioni) rappresenta un distinto criterio di qualità, cioè un fattore che è parte essenziale o importante per una buona informazione sulle scelte di trattamento. Questionario pre-Discernere in cui vengono rilevate le caratteristiche socio-anagrafiche del paziente, l’impatto emotivo che la malattia ha su di lui e la percezione del proprio stato di salute. Inoltre, il questionario Pre-Discernere ci dà una visione riguardo a quali strumenti di divulgazione il paziente usa e ritiene più utili per cercare informazioni riguardanti la propria patologia, e all’influenza di 1 4ΞΗςΩ∆ Ι∆ςΗ θ ∆ΨΨΗΘΞΩ∆ ∆ΩΩΥ∆ΨΗΥςΡ ΞΘ ΣΥΛΠΡ ΦΡΘΩ∆ΩΩΡ ΦΡΘ Λ ΦΛΩΩ∆ΓΛΘΛ ∆Λ ΤΞ∆ΟΛ θ ςΩ∆Ω∆ ΦΡΘςΗϑΘ∆Ω∆ ΞΘ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ ΗςΣΟΛΦ∆ΩΛΨ∆ ΣΥΛΠ∆ ΓΗΟΟ∆ ΨΛςΛΩ∆ Η Ο∆ ΥΛΦΚΛΗςΩ∆ ΓΛ ∆ΓΗςΛΡΘΗ ∆ΟΟ∂ΛΘΓ∆ϑΛΘΗ ΛΘ ςΗϑΞΛΩΡ ∆ΟΟ∆ ΨΛςΛΩ∆ ςΩΗςς∆. 6ΡΘΡ ςΩ∆ΩΛ ΥΗΦΟΞΩ∆ΩΛ ΦΛΥΦ∆ 200 Σ∆]ΛΗΘΩΛ ΓΛ∆ΕΗΩΛΦΛ, Π∆ ΦΡΟΡΥΡ ΦΚΗ ςΛ ςΡΘΡ ΓΛΦΚΛ∆Υ∆ΩΛ ΛΘΩΗΥΗςς∆ΩΛ ∆ Σ∆ΥΩΗΦΛΣ∆ΥΗ Η ΦΚΗ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΛ ΦΡΛΘΨΡΟΩΛ ΘΗΟΟ∂ΛΘΓ∆ϑΛΘΗ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΛ 106. l ute Sa e 250 Territorio tali strumenti sulle sue scelte terapeutiche2. Questionario post-Discernere che comprende domande sulla qualità della Guida Discernere e sulle eventuali difficoltà riscontrate nel compilarlo3. Opuscolo informativo sulla malattia del diabete (Il diabete - Informazioni, consigli, suggerimenti) prodotto dai professionisti del Centro antidiabetico e distribuita agli utenti del Centro, contenente informazioni sulla malattia (tipi di diabete, terapie, dieta, ecc…). Per quanto riguarda la procedura fra i mesi di Febbraio 2004 e Gennaio 2005 sono stati organizzati 11 incontri in piccoli gruppi (composti da 8-10 pazienti) in cui veniva data informazione sull’obiettivo dell’indagine e si chiedeva di compilare il questionario pre-Discernere, poi valutare l’opuscolo informativo utilizzando Discernere e successivamente di compilare il questionario post-Discernere. Al termine si apriva una discussione libera invitando i partecipanti a riferire altri aspetti che non erano stati considerati o altre informazioni. Risultati Un identikit dei pazienti intervistati Il campione è costituito da 106 pazienti che regolarmen- 2 Dottor Internet te frequentano il Centro antitiabetico. Sul totale dei soggetti intervistati, 72 sono di sesso maschile (67,9%), mentre 34 (32,1%) di sesso femminile. L’età dei soggetti è compresa tra i 34 e i 68 anni, con un’età media di 57 anni. Sono state create tre classi di età: la prima fascia va dai 34 ai 55 anni, la seconda dai 56 ai 60 anni e la terza oltre i 61 anni. Prendendo in considerazione la variabile diagnosi, è emerso che il 57,5% del campione (61 soggetti) presenta una diagnosi recente contro il 42,5% (45 soggetti) che presenta invece una diagnosi remota. Per quanto riguarda la variabile “titolo di studio”, sono state create 2 categorie, che rappresentano 2 livelli diversi di istruzione: il livello di istruzione medio-basso e quello medio-alto. Dai dati è emerso che il 68.6% del campione e precisamente (72 soggetti) possiede un livello di istruzione medio- basso, mentre il 31,4% del campione (33) ha un livello di istruzione medio-alto. Le condizioni professionali sono state aggregate in 2 classi: la categoria “non occupato” include le condizioni di pensionato, invalido e casalinga; nella categoria “occupato” sono state considerate le condizioni di libero professionista, impiegato/a, N. 151 - 2005 operaio/a, imprenditore, insegnante, altro. In base a questa classificazione emerge che 72 soggetti del nostro campione rientrano nella categoria “non occupato” (67.9 % del campione), mentre 34 soggetti risultano essere occupati (32.1%). Inoltre, circa la metà del campione soffre anche di altre malattie, precisamente il 50.9% del campione su un totale di 106 soggetti. Per quanto concerne la domanda “Come valuta il suo stato di salute in una scala da 0 (pessimo) a 100 (ottimo)” vengono espressi dei giudizi medi di 62.91. Importante è anche conoscere i principali orientamenti che questo gruppo di soggetti ha nella ricerca di reperimento di fonti informative. Le fonti più utilizzate dalla maggior parte del campione sono in primo luogo il personale sanitario (61.9 %) seguito dal medico di base (51.4 %). In minor misura sono state indicate come fonti i giornali e le riviste (39.6%), TV e radio (31.1 %), come i mezzi utilizzati per reperire informazioni riguardo la patologia. Complessivamente emerge soddisfazione per quanto riguarda il rapporto con i medici e con i propri familiari: infatti è stato riscontrato un valore medio4 elevato riguardo la possibilità di parlare del proprio stato di salute e dei problemi sanitari con i medici (m= 4.08) e con i familiari (m= 4,39). L’impatto emotivo della patologia sui pazienti È importante considerare l’impatto emotivo che la patologia del diabete può avere sulla percezione di salute di coloro che ne soffrono ed evidenziarne le possibili variazioni in funzione di variabili informative (la quantità e la qualità delle informazioni reperite in merito alla propria patologia). L’impatto emotivo (Tab. 1) che la patologia ha sui pazienti non risulta essere eccessivamente drammatico, prevale la componente caratterizzata da ottimismo (il paziente è sereno, pensa di riuscire a risolvere la situazione, ha fiducia di poter affrontare al meglio questo evento) seguito comunque da un atteggiamento di preoccupazione soprattutto per quanto riguarda la propria autonomia e i cambiamenti che l’evento porterà nel proprio stile di vita. Attraverso un’analisi fattoriale (realizzata col metodo delle componenti principali) i 9 item compresi nella sezione sull’impatto emotivo provocato dall’insorgenza della patologia sono stati sintetizzati nei due fattori “componente emotiva e stile di vita”5 e “ot- ∃ΟΩΥΛ ΛΩΗΠ ΓΗΟ ΤΞΗςΩΛΡΘ∆ΥΛΡ ΣΥΗ-∋ΛςΦΗΥΘΗΥΗ ΛΘΓ∆ϑ∆ΘΡ Ο∆ ΤΞ∆ΟΛΩϕ ΓΗΟΟ∆ ΥΗΟ∆]ΛΡΘΗ ΦΡΘ ΟΗ ΙΛϑΞΥΗ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΗ ΓΗΟ &ΗΘΩΥΡ Η ΦΡΘ Ο∆ ςΙΗΥ∆ Ι∆ΠΛΟΛ∆ΥΗ/∆ΠΛΦ∆ΟΗ. 3ΗΥ ΗςΗΠΣΛΡ:≥+∆ Ο∆ ΣΡςςΛΕΛΟΛΩϕ ΓΛ Σ∆ΥΟ∆ΥΗ ΓΗΟ ςΞΡ ςΩ∆ΩΡ ΓΛ ς∆ΟΞΩΗ Η ΓΗΛ ΣΥΡΕΟΗΠΛ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛ ΦΡΘ ΛΟ ΠΗΓΛΦΡ ΓΗΟ &ΗΘΩΥΡ ΦΚΗ Ο∆ ςΗϑΞΗ×∀ 3 ∃ΟΩΥΗ ΓΡΠ∆ΘΓΗ ΓΗΟ ΣΡςΩ-∋ΛςΦΗΥΘΗΥΗ ΛΘΓ∆ϑ∆ΘΡ Ο∂ΛΠΣΡΥΩ∆Θ]∆ ∆ΩΩΥΛΕΞΛΩ∆ Γ∆Ο Σ∆]ΛΗΘΩΗ ∆ϑΟΛ ∆ςΣΗΩΩΛ ΓΗΟΟ∂ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΗ ΛΘΓ∆ϑ∆ΩΛ ΘΗΟΟ∆ ϑΞΛΓ∆ ∋ΛςΦΗΥΘΗΥΗ. 3ΗΥ ΗςΗΠΣΛΡ: ≥4Ξ∆ΘΩΡ ΥΛΩΛΗΘΗ ΛΠΣΡΥΩ∆ΘΩΗ ΦΚΗ ΞΘ ΟΛΕΥΛΦΦΛΘΡ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΨΡ ΥΛϑΞ∆ΥΓ∆ΘΩΗ Ο∆ Σ∆ΩΡΟΡϑΛ∆ ΓΛ ΦΞΛ ςΡΙΙΥΗ ΓΗΕΕ∆ ΦΡΘΩΗΘΗΥΗ ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΛ ςΞΛ ΕΗΘΗΙΛΦΛ ΓΛ ΡϑΘΛ ΩΥ∆ΩΩ∆ΠΗΘΩΡ ΓΗςΦΥΛΩΩΡ×∀. 4 /Η ΥΛςΣΡςΩΗ ΙΡΥΘΛΩΗ Γ∆Λ ςΡϑϑΗΩΩΛ ∆Λ ςΛΘϑΡΟΛ ΛΩΗΠ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΗ Ψ∆ΟΞΩ∆ΩΗ ςΞ ΞΘ∆ ςΦ∆Ο∆ Γ∆ 1 ∆ 5 (1 ΛΘΓΛΦ∆ ΣΗΥ ΘΞΟΟ∆; 5 ΛΘΓΛΦ∆ ΠΡΟΩΛςςΛΠΡ). 5 )∆ΩΩΡΥΗ ΛΠΣ∆ΩΩΡ ΗΠΡΩΛΨΡ: ςΛ ςΗΘΩΗ ΘΗΥΨΡςΡ, Κ∆ Σ∆ΞΥ∆, ςΛ ςΗΘΩΗ ϑΛ ΓΛ ΠΡΥ∆ΟΗ, θ ΓΗΠΡΥ∆ΟΛ]]∆ΩΡ/∆ ΣΗΥ ΛΟ ΩΗΠΣΡ ΦΚΗ Ο∆ ςΡΟΞ]ΛΡΘΗ ΓΗΟ ΣΥΡΕΟΗΠ∆ ΥΛΦΚΛΗΓΗΥϕ, Κ∆ Σ∆ΞΥ∆ ΦΚΗ ΤΞΗςΩΡ ΗΨΗΘΩΡ ΣΡςς∆ ΠΡΓΛΙΛΦ∆ΥΗ Ο∆ ςΞ∆ ∆ΞΩΡΘΡΠΛ∆. Dottor Internet N. 151 - 2005 ITEM Si sente nervoso Ha paura Si sente giù di morale È sereno Pensa che riuscirà a risolvere la situazione Ha fiducia di poter affrontare al meglio questo evento È demoralizzato per il tempo che la soluzione richiederà È preoccupato per i cambiamenti che tale evento porterà nel suo stile di vita Ha paura che questo evento possa modificare la sua autonomia timismo irrealistico”6. Questo risultato è rilevante in quanto ci conferma la presenza di un atteggiamento che può avere ripercussioni sull’utilizzo delle informazioni fornite. Infatti in coloro che hanno minor tendenza a reperire informazioni riguardanti la patologia (attraverso giornali, radio, Internet, materiale divulgativo e amici) risulta maggiore la serenità, la speranza di riuscire facilmente a risolvere la situazione, la fiducia di poter affrontare al meglio l’evento (fattore ottimismo irrealistico). Inoltre coloro che provano serenità, speranza di riuscire facilmente a risolvere la situazione, fiducia di poter affrontare al meglio l’evento (fattore ottimismo irrealistico) hanno una percezione alta dello stato di salute. La valutazione della pubblicazione del Centro antidiabetico L’Opuscolo informativo prodotto dal Centro antidiabetico e valutato attraverso la guida Discernere è ritenuto Aspetto MEDIA DEV.STD. 4.44 4.44 4.04 5.42 5.48 6.34 5.17 5.40 5.65 3.09 3.05 3.17 3.20 2.64 2.43 3.07 3.28 3.11 Media Dev.std. 4.57 4.40 4.54 4.18 3.95 4.30 3.08 3.05 0.89 0.84 0.79 1.05 1.22 0.99 1.47 1.42 Sae l ute Territorio 251 Tab. 1 - “Qual è attualmente il suo stato d’animo nei confronti della sua malattia/patologia?” (scala da 1 a 10). Sezione 1 Chiarezza scopi Raggiungimento scopi Importanza Chiarezza fonti Produzione informazione Equilibrio Presenza fonti aggiuntive Aree di incertezza sui singoli aspetti della Sezione 2 Descrizione trattamenti Benefici trattamenti Rischi trattamenti Assenza di trattamento Impatto sulla qualità della vita Pluralità di trattamenti Supporto decisone condivisa Tab. 2 - Medie delle valutazioni 4.25 4.28 4.05 4.23 4.19 4.11 4.03 1.12 1.01 1.31 1.28 1.02 1.24 1.16 4.01 0.97 pubblicazione (scala da 1 a 5). Sezione 3 Valutazione complessiva dagli intervistati soddisfacente. I dati raccolti7 mostrano giudizi medi elevati relativamente alla maggior parte degli aspetti indagati e abbastanza concentrati rispetto al valore medio; questi dati indicano una sostanziale e diffusa soddisfazione degli intervistati nei confronti della pubblicazione analizzata, con un giudizio medio sulla qualità complessiva della pubblicazione di 4.01 (Tab. 2). Emergono tuttavia alcune differenze significative. Gli aspetti più apprezzati sono gli elementi relativi all’affidabilità (presenti nella Sezione 1). Più critici sono gli aspetti relativi alla scarsa presenza di fonti aggiuntive (M=3.08), la segnalazione di aree di incertezza (M = 3.05) e su quando le informazioni usate o riportate nella pubblicazione sono state prodotte (M = 3.95). Sempre positivi, anche se in misura leggermente inferiore a quelli appena citati, risultano tutti gli item che indagano la qualità dell’informazione sulle scelte di tratta- 6 )∆ΩΩΡΥΗ ΡΩΩΛΠΛςΠΡ ΛΥΥΗ∆ΟΛςΩΛΦΡ: θ ςΗΥΗΘΡ/∆, ΣΗΘς∆ ΦΚΗ ΥΛΞςΦΛΥϕ Ι∆ΦΛΟΠΗΘΩΗ ∆ ΥΛςΡΟΨΗΥΗ Ο∆ ςΛΩΞ∆]ΛΡΘΗ, Κ∆ ΙΛΓΞΦΛ∆ ΓΛ ΣΡΩΗΥ ∆ΙΙΥΡΘΩ∆ΥΗ ∆Ο ΠΗϑΟΛΡ ΤΞΗςΩΡ ΗΨΗΘΩΡ. 6Λ ΩΥ∆ΩΩ∆ ΓΗΟΟ∆ ΩΗΘΓΗΘ]∆ ∆ΦΦΗΘΩΞ∆Ω∆ ∆ Ψ∆ΟΞΩ∆ΥΗ ΛΘ ΠΡΓΡ ΓΛςΩΡΥΩΡ Ο∆ ΣΥΡΕ∆ΕΛΟΛΩϕ ΦΚΗ ΟΗ ΦΡΘςΗϑΞΗΘ]∆ ΘΗϑ∆ΩΛΨΗ ΓΛ ΞΘ Γ∆ΩΡ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΠΗΘΩΡ ΦΛ ΦΡΟΣΛςΦ∆ΘΡ ΗΙΙΗΩΩΛΨ∆ΠΗΘΩΗ Η ΤΞΗςΩΡ ΣΞζ ΣΡΥΩ∆ΥΗ ∆ ΘΡΘ ΦΡΘςΛΓΗΥ∆ΥΗ ΟΗ ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΛ ΦΚΗ ΛΘ ΞΘ ΦΗΥΩΡ ςΗΘςΡ Ψ∆ΘΘΡ ∆Γ ∆ΟΩΗΥ∆ΥΗ Ο∆ ΣΥΡΣΥΛ∆ ΡΣΛΘΛΡΘΗ. 7 /Η ΥΛςΣΡςΩΗ ΙΡΥΘΛΩΗ Γ∆Λ ςΡϑϑΗΩΩΛ ∆Λ ςΛΘϑΡΟΛ ΛΩΗΠ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΗ Ψ∆ΟΞΩ∆ΩΗ ςΞ ΞΘ∆ ςΦ∆Ο∆ Γ∆ 1 ∆ 5 (1 ΛΘΓΛΦ∆ ΘΡ; 3 ΛΘΓΛΦ∆ ΛΘ Σ∆ΥΩΗ; 5 ΛΘΓΛΦ∆ ςυ). l ute Sa e 252 Territorio mento (Sezione 2). Come anticipato uno degli aspetti considerati riguarda il fatto che l’efficacia comunicativa-informativa dell’opuscolo possa variare in relazione ad alcune caratteristiche dei soggetti. Sono infatti emerse differenze in relazione al livello socio-culturale: in particolare chi ha un livello medio basso di istruzione è più critico sul fatto che la pubblicazione abbia raggiunto gli scopi pur considerandola importante. Gli intervistati con livello di istruzione medio alto sottolineano alcune carenze legate alle fonti di informazione che ritengono non chiare a sufficienza e non esaustive. Anche sui trattamenti questi soggetti si dimostrano più critici in particolare sul fatto che non sono ben descritti gli effetti. L’informazione dell’opuscolo a confronto con altre fonti L’analisi della relazione8 fra i giudizi espressi dai soggetti in merito all’opuscolo divulgativo e l’utilizzo che fanno Dottor Internet N. 151 - 2005 di altri fonti informative ha fornito alcuni elementi di riflessione in merito al fatto che questi pazienti (la cui patologia ha un decorso lungo), non sono “contenitori vuoti e asettici” ma hanno elaborato un proprio bagaglio di conoscenze che influiscono sulla valutazione guidata con Discernere. In particolare il giudizio espresso sugli effetti che i trattamenti hanno sulla qualità della vita rileva una coerenza da parte di coloro che leggono giornali e riviste, quasi a sottolineare che il confronto con altre fonti porta i soggetti a rilevare lacune. Per quanto concerne i rischi e i benefici del trattamento, l’opuscolo prodotto dal Centro a confronto con le informazioni ricavate da Internet o da amici è valutato adeguato. Le informazioni ricavate da uno scambio con i propri familiari incide sulla valutazione relativa a quanto è chiaro lo scopo della pubblicazione, al raggiungimento degli scopi e in generale all’importanza che ha la pubblicazione del Centro. Questo risultato met- Possibilità di parlare della propria salute con il medico te in luce il fatto che i pazienti intervistati rilevano una certa sintonia tra i propri familiari e i professionisti del Centro e il confronto all’interno della famiglia consolida l’importanza complessiva dell’iniziativa promossa dai professionisti. L’informazione e il contesto relazionale L’informazione si modula rispetto al contesto relazionale in cui viene fornita. Nella Tab. 3 si può notare come vi sia correlazione positiva fra le variabili di relazione con il personale medico e alcuni aspetti di qualità della pubblicazione. Dall’analisi dei dati presenti nella Tab. 4 si evince quali dimensioni di Discerne siano correlate positivamente alla possibilità di parlare della propria patologia con persone che soffrono della stessa patologia, con familiari e con amici. “Non solo” Discernere Come si anticipava, è stato considerato se la guida Discernere possa o meno essere Disponibilità del medico Disponibilità del medico a rispondere alle a spiegare in maniera domande comprensibile le ragioni dei trattamenti Raggiungimento degli scopi .354** .241* .348* Importanza della pubblicazione .273* .231 .270* Supporto per una decisione condivisa .246* .171 .148 Giudizio sulla qualità complessiva .290* .304* .247* ** La correlazione è significativa al livello 0.01 (2-code). * La correlazione è significativa al livello 0.05 (2-code). 8 /∆ ΣΥΡΦΗΓΞΥ∆ Ξς∆Ω∆ ΣΗΥ Ο∂∆Θ∆ΟΛςΛ ΓΗΛ Γ∆ΩΛ θ ςΩ∆ΩΡ ΛΟ 7-ΩΗςΩ ΣΗΥ Φ∆ΠΣΛΡΘΛ ΛΘΓΛΣΗΘΓΗΘΩΛ. considerata uno strumento fruibile da parte dei cittadini implicati in un percorso di cura, valutando il grado di difficoltà, su una scala da 1 a 5 (dove 1 indica per nulla e 5 indica moltissimo), incontrato dai pazienti nella sua compilazione e il grado di importanza attribuito ai diversi aspetti contemplati per la valutazione dell’informazione medico-sanitaria. In media l’utilizzo del questionario Discernere non è sembrato difficoltoso (m= 2.68). Inoltre la ricerca intendeva rilevare il grado di importanza attribuita dai cittadini alla presenza di diversi aspetti nell’informazione medico-sanitaria. I soggetti sembrano più orientati ad una ricerca di informazioni sui trattamenti in particolare per conoscerne come agiscano (m= 4.69), i rischi (m= 4,75), i benefici (m= 4.66) e gli effetti (m= 4.60). Aspetti peraltro, che sono stati ritenuti poco presenti nell’opuscolo informativo prodotto dal Centro antidiabetico. Tab. 3 - Correlazione di Pearson: l’efficacia comunicativa/ informativa della pubblicazione e le relazioni con professionisti. Dottor Internet N. 151 - 2005 Possibilità di parlare della propria salute con familiari Possibilità di parlare della propria salute con gli amici Sae l ute Territorio 253 Possibilità di parlare con altre persone che soffrono della stessa patologia Tab. 4 - Correlazione di Pearson: È chiaro quando le informazioni sono state prodotte .107 .267* .144 Gli effetti delle scelte di trattamento sulla qualità della vita .144 .366* .267* Altre fonti aggiuntive di supporto .023 .210 .244* Come agisce ogni tipo di trattamento .271* .124 .247* Assenza di trattamento .203 .153 .240* Giudizio sulla qualità complessiva .146 .068 .269* l’efficacia comunicativa/ informativa della pubblicazione e le relazioni con amici e altre persone che soffrono della medesima patologia. ** La correlazione è significativa al livello 0.01 (2-code). * La correlazione è significativa al livello 0.05 (2-code). Meno rilevante è l’attenzione posta ai problemi di validità scientifica dell’informazione ricevuta (m= 4.29). Rispetto a questo orientamento generale del campione occorre rilevare che si presentano delle differenze interessanti in relazione ad alcune variabili socio-anagrafiche. Le donne attribuiscono maggiore importanza alla presenza di informazioni su come agisce ogni singolo trattamento, rispetto al gruppo degli uomini. I risultati mostrano come per i soggetti con livello di istruzione medio – basso, l’utilizzo della guida Discernere è apparso più difficile rispetto al gruppo con istruzione medio-alta. Così per il gruppo dei “non occupati” l’uso della guida Discernere è difficile e sono sempre questi che danno meno importanza alla presenza di informazioni equilibrate e non viziate all’interno dell’opuscolo informativo e sui benefici dei trattamenti. Da segnalare che l’esigenza informativa di una maggiore accuratezza sulle fonti viene rilevata da chi soffre da più tempo di diabete quasi a sottolineare una necessità di vagliare con più attenzione la veridicità di quanto riportato. Sono infine i soggetti che soffrono di altre malattie a ritenere più importante, la presenza di informazioni sui benefici dei trattamenti descritti all’interno dell’opuscolo informativo. Considerazioni conclusive Nel caso che abbiamo analizzato possiamo affermare che il giudizio positivo dell’opuscolo informativo prodotto dal Centro antidiabetico prescinde dai requisiti di validità richiesti dalla guida Discernere ma dipende dal rapporto di fiducia che i pazienti hanno con i professionisti del Centro. Infatti una relazione soddisfacente con il medico del Centro può aver influenzato la valutazione positiva di alcuni aspetti della pubblicazione. Ciò indurrebbe a supporre che le modalità con cui vengono trasmesse le infor- mazioni al paziente, la quantità di tempo che il medico dedica alle spiegazioni e alle informazioni da fornire, la chiarezza espositiva e la semplicità lessicale sono tutti fattori che incidono sulla comprensione che il paziente acquisisce delle sue condizioni di salute/malattia, sulla sua capacità di memorizzare quanto gli è stato detto o ha letto (Cicognani, Zani 2000). Come è stato sottolineato da Garfinkel (1963) la fiducia occupa una posizione ambivalente che è al contempo pratica e cognitiva. Nel caso specifico il carattere cognitivo si esplica nel fatto che la fiducia è intimamente connessa a rischio e incertezza e pare entrare in azione in una zona compresa tra “completa ignoranza” e “completa conoscenza”, Non si ricorre quindi alla fiducia né in totale assenza di informazioni (qui la fiducia diventa speranza o fede) né quando si hanno informazioni esaustive (nel qual caso, non è necessario fidarsi). È dunque la mancanza di informazioni e di controllo sulla realtà a richiedere l’attivazione della fiducia quale rimedio cognitivo al vuoto informativo (Pendenza 2004). Non è un caso infatti che il giudizio è più critico negli aspetti che riguardano i trattamenti, dove maggiore è anche il confronto con altre fonti. In questo caso può forse verificarsi quello che in letteratura viene descritto come lo scetticismo circa l’efficacia delle raccomandazioni comunicative dovute all’emergere di nuove risultanze della ricerca medica spesso comunicate in modo allarmistico, oppure la presenza di contraddittorietà dei messaggi per cui le informazioni contenute nell’opuscolo possono essere diverse da quanto veicolato da altre fonti informative. Per quanto concerne la difficoltà riscontrata nell’utilizzo della guida Discernere, i risultati ci suggeriscono che lo strumento non è “equo” nel senso che presenta un grado di difficoltà più elevato per chi ha un livello di istruzione medio-basso. Per quanto riguarda l’impor- l ute Sa e 254 Territorio tanza attribuita dai soggetti ai singoli aspetti rilevati dalla guida Discernere, l’analisi dei dati mostra come a quasi tutti gli aspetti venga riservata elevata importanza. Tuttavia alcune variabili socio-anagrafiche (il sesso e il livello di Dottor Internet istruzione) e medico-diagnostiche (la diagnosi e il soffrire di altre malattie) influiscono sul grado di importanza attribuito ai diversi aspetti dell’informazione medico-sanitaria. Interessante comunque rile- Bibliografia Cavazza N. (1997), Comunicazione e persuasione, Il Mulino, Bologna. Cicognani E., Zani B. (2000), Psicologia della salute, Il Mulino, Bologna. Garfinkel H. (1963), A conception of, and experiment with, “Trust” as a Condition of stable concerted actions, trad. it. La fiducia. Una risorsa per coordinare l’interazione, Armando, Roma 2004. Hovland C.I., Lumsdaine A.A., Scheffiel F.D. (1949), Experiments on mass communication, Princeton University Press, Princeton. McGuire W.J. (1985), Attitude and attitude change, in G. Lindzey, E. Aronson (a cura di), Handbook of social psychology, vol. 2, Random House, New York. N. 151 - 2005 vare che l’aspetto riguardante la presenza di informazioni aggiuntive sulla fonte utilizzata per l’opuscolo informativo che possono consentire di verificarne la validità scientifica, non è ritenuta importante. Questo dato si collega con quanto detto inizialmente e cioè siamo di fronte ad un gruppo di soggetti che si fida dei professionisti del Centro e ritiene che se quanto riportato è scritto da loro, i professionisti garantiscono della validità di quanto affermato. Olson J.M., Zanna M.P. (1993), Attitude and attitude change, in “Annual Review of Psychology”, 44, pp. 117-54. Pendenza M. (2004), Introduzione, in Garfinkel H. (1963). Petty R.E., Cacioppo J.T. (1986), Communication and persuasion, Springer-Verlag, New York. Schwartz N., Bless H., Bohner G. (1991), Mood and persuasion: Affective states influence the processing of persuasive communications, in M.P. Zanna (a cura di), Advances in experimental social psychology, vol. XXIV, Academic Press San Diego, CA. Zani B., Selleri P., David D. (1994), La comunicazione modelli teorici e contesti sociali, Nis, Roma. N. 151 - 2005 Martina Smorti Psicologa, Firenze Esperienze dal territorio Sae l ute Territorio 255 Educazione sessuale Una prima valutazione dei programmi nelle ASL fiorentine I dati relativi alla diffusione delle malattie a trasmissione sessuale indicano che più del 10% dei soggetti affetti da questo tipo di malattie ha meno di 18 anni e, tra questi, la quasi totalità dei casi riferisce di non aver usato il preservativo nei sei mesi precedenti la diagnosi (Beltrami et al. 2003). I dati relativi alle gravidanze indesiderate sono ugualmente allarmanti: in Italia, in un anno, più di undici mila ragazze tra i 14 e i 19 anni portano a termine una gravidanza e più di undici mila, nella stessa fascia di età, la interrompono volontariamente (ISTAT, 2000). Anche per quanto riguarda la diffusione dell’HIV la popolazione giovanile risulta la più a rischio. A questo proposito, infatti, i dati relativi all’età mediana della diagnosi di infezione indicano che essa avviene intorno ai trenta anni. Tuttavia, se si tiene conto che il tempo che intercorre tra l’aver contratto il virus e la diagnosi è di circa 10-12 anni, ne consegue che la popolazione più a rischio di infezione è quella intorno ai 20 anni (Suligoi et al., 2003). A partire da questi dati, si può affermare che, se per “ri- schio” ci si riferisce alla probabilità di incorrere in gravidanze indesiderate e di contrarre malattie a trasmissione sessuale, gli adolescenti sono una popolazione ad alto rischio. Proprio per ridurre il rischio che si diffondano questo tipo di malattie e l’HIV e, in sostanza, per modificare i comportamenti sessuali dei giovani in direzione di una maggiore prevenzione, gli operatori delle Aziende sanitarie hanno da qualche anno iniziato ad organizzare, nell’ambito dei programmi di promozione alla salute, corsi di educazione sessuale rivolti ad adolescenti. Tuttavia, a fronte della grande rilevanza che questi interventi preventivi ed educativi hanno sul piano sociale, sono ancora poche le ricerche che hanno verificato se queste iniziative riescono effettivamente a indurre nei giovani una maggiore attenzione per la propria salute ed a determinare, di conseguenza, l’adozione di adeguati comportamenti preventivi. I metodi per educare alla salute sono davvero efficaci? I metodi più frequentemente adoperati negli interventi di educazione alla salute nelle scuole vertono sulla informazione e l’educazione tra pari (o peer education). Nel primo caso, i programmi di prevenzione si realizzano attraverso lezioni frontali svolte da insegnanti o esperti e finalizzate ad aumentare le conoscenze dei ragazzi sulle condotte dannose e sui comportamenti preventivi da adottare. Nel secondo caso, invece, l’educazione avviene “tra pari”, appunto, poiché sono i ragazzi stessi, opportunamente formati da personale competente, a trasmettere ai loro coetanei informazioni sui comportamenti da mettere in pratica e su quelli da evitare per tutelare la propria salute. Le ricerche che hanno valutato l’efficacia del metodo del fornire informazioni hanno dato risultati assai complessi. Se da un lato alcuni studi hanno sottolineato gli esiti positivi che questi interventi possono portare sul piano dell’aumento delle conoscenze e sull’incremento di un atteggiamento orientato alla prevenzione (Prezza et al. 1997; azienda USL di Ravenna, Servizio tossicodipendenze di Lugo, 1997), dall’altro, ricerche diverse hanno mostrato l’inefficacia nell’indurre l’adozione di comporta- menti preventivi (Gold, Kelly, 1991; Kirby et al, 1994). Diversamente, i programmi di educazione tra pari sono risultati efficaci non solo nel produrre un aumento di conoscenze, ma anche nell’aumentare nei ragazzi la convinzione di essere in grado di adottare comportamenti preventivi (autoefficacia) e nell’incrementare l’adozione di comportamenti preventivi. Gli esiti positivi di questa metodologia hanno condotto a ripetere l’esperienza della peer education in diversi contesti preventivi: per ridurre l’incidenza del fumo tra i giovani, per prevenire l’uso di sostanze stupefacenti e i rischi di infezioni HIV, per la promozione di condotte sessuali sane (Vecchio et al., 2002, Menesini, 2002). Obiettivi e ipotesi Tenendo conto di quanto detto e seguendo la linea tracciata dalle più recenti ricerche, abbiamo pertanto condotto una ricerca finalizzata a un duplice obiettivo: da un lato, analizzare gli effetti dei corsi di educazione sessuale organizzati dalle ASL del territorio fiorentino nel modificare le conoscenze, l’atteggiamento, l’intenzione di adottare l ute Sa e 256 Territorio comportamenti preventivi ed i reali comportamenti preventivi; dall’altro, valutare se gli effetti di questi corsi variano in relazione ad alcune caratteristiche personali dei ragazzi cui sono rivolti. Metodo e procedura Partecipanti La ricerca che abbiamo condotto si configura come un’indagine sperimentale secondo un disegno prima-dopo con gruppo di controllo. Il campione complessivo, composto da 193 studenti (100 maschi, 93 femmine) che frequentavano il primo anno di scuola superiore del comune di Firenze (età media: 15 anni), è stato suddiviso in due gruppi: sperimentale (48 maschi e 45 femmine), costituito cioè da ragazzi che hanno seguito un corso di educazione sessuale e di controllo (52 maschi e 48 femmine), ovvero costituito da studenti della stessa età che non hanno invece frequentato tale corso. Su gli studenti di entrambi i gruppi si è proceduto a due rilevazioni di dati a circa un mese e mezzo di distanza l’una dall’altra: la prima, circa una settimana prima dell’inizio del corso, la seconda circa una settimana dopo la sua fine. Il corso di educazione sessuale, organizzato e diretto dagli operatori delle ASL del Comune di Firenze, si rifaceva al programma messo a punto da Giommi e Perrotta (1992) per i ragazzi della fascia di età compresa fra gli 11 e 14 anni. Sul piano operativo, esso si realizzava in tre incontri, di due ore ciascuno, durante l’orario mattutino delle lezioni. Nei primi due incontri gli ope- Esperienze dal territorio ratori fornivano informazioni su argomenti inerenti la sessualità, cercando contemporaneamente di tranquillizzare i ragazzi su eventuali dubbi o paure in proposito; nel terzo incontro, invece, i ragazzi erano accompagnati a visitare il consultorio della ASL di riferimento, in modo da familiarizzarsi coi servizi sociosanitari attivati sul territorio. Strumenti Per la raccolta dei dati abbiamo utilizzato una batteria di prove appositamente predisposta, volta ad esplorare diversi aspetti della sessualità inerenti i comportamenti, le conoscenze e gli atteggiamenti. Alcune domande infine erano volte ad indagare le caratteristiche personali dei soggetti. L’ambito del comportamento era indagato sotto due aspetti: 1. Le passate condotte adottate dai soggetti (se avevano avuto esperienze sessuali; se, in tali occasioni, avevano usato metodi anticoncezionali ed, eventualmente, di che tipo; se si erano rivolti ad un consultorio o se avevano consultato un ginecologo); 2. Le loro intenzioni sul comportamento futuro (se e quanto ritenevano probabile adottare in futuro specifici comportamenti preventivi nella sfera sessuale, ed eventualmente quali). L’ambito della conoscenza era invece indagato attraverso domande relative all’AIDS e alle vie di trasmissione del virus HIV; ai metodi anticoncezionali e alla loro efficacia nell’ostacolare le malattie a trasmissione sessuale. Domande diverse esploravano l’atteggiamento dei ragazzi verso i metodi anticoncezionali, l’AIDS e le malattie a trasmissione sessuale. Infine, alcune domande che si proponevano di studiare alcune caratteristiche personali degli intervistati, in particolare l’importanza che essi attribuivano alla salute; quanto ritenevano importante tutelarla; quanto essi ritengono di essere in grado di adottare adeguati comportamenti preventivi, indipendentemente dalle pressioni esercitate dal gruppo dei pari. Risultati L’analisi dei dati raccolti alla prima rilevazione ha permesso di verificare che non esistono differenze significative tra il gruppo sperimentale e quello di controllo. Nello specifico, le conoscenze dei ragazzi relative all’AIDS sono abbastanza buone, anche se emergono significative lacune: il 62% dei ragazzi non conosce la differenza tra un soggetto sieropositivo ed uno affetto da AIDS; il 35% del campione pensa che l’AIDS si possa trasmettere attraverso le punture di insetti e un altro 35% ritiene la pillola anticoncezionale un metodo efficace per evitare l’infezione del virus dell’HIV. Le conoscenze relative ai metodi contraccettivi e alla gravidanza sono risultate complessivamente soddisfacenti anche se, come nell’ambito precedente, emergono grosse lacune: circa la metà del campione (49%) pensa che la gravidanza non può avvenire se la ragazza ha mestruazioni irregolari, e più di un terzo N. 151 - 2005 (36%) ritiene che ci sono poche probabilità che una ragazza rimanga incinta se non le è capitato in precedenti rapporti sessuali senza precauzioni. Per quanto riguarda l’atteggiamento dei ragazzi verso l’AIDS e i contraccettivi esso risulta in genere consapevole e interessato. In relazione ai comportamenti, sembra interessante notare che solo il 10% del campione ha avuto rapporti sessuali. L’età mediana del primo rapporto sessuale è di 14 anni e la “prima volta” tutti i soggetti – escluso un ragazzo del gruppo sperimentale – hanno usato il preservativo come metodo anticoncezionale; le volte successive, in occasione di altri rapporti sessuali, i ragazzi di entrambi i gruppi riferiscono di aver usato quasi sempre qualche metodo contraccettivo anche se, nella maggioranza dei casi, questi non costituiscono delle reali precauzioni giacché si tratta del coito interrotto o del metodo Ogino Knaus. Dai risultati emerge inoltre che nessuno dei soggetti ha mai visitato un consultorio e che solo 6 ragazze in entrambi i gruppi hanno consultato un ginecologo. Solo nella metà dei casi, tuttavia, questo è avvenuto prima di aver avuto il primo rapporto sessuale. Il confronto coi dati raccolti alla seconda rilevazione ha permesso di verificare che il corso incide notevolmente sia nell’aumentare le conoscenze sull’AIDS (p<.0001) e sulla contraccezione (p<.0001), sia, seppure in misura minore, nell’incrementare l’intenzione di usare metodi contraccettivi (p=.05). N. 151 - 2005 Esperienze dal territorio Sae l ute Territorio 257 Grafico I - Differenze registrate nei due gruppi tra la prima e la seconda rilevazione. Il corso incide inoltre nel determinare una più generale disponibilità ad attuare comportamenti di prevenzione della salute. Dopo il corso, infatti, il numero di ragazze che si è sottoposto alla visita ginecologica è aumentato del 20% nel gruppo sperimentale, mentre è rimasto stabile in quello di controllo. Viceversa, il numero di ragazzi che ha avuto rapporti sessuali è aumentato del 68% nel gruppo di controllo, mentre è rimasto stabile in quello sperimentale. Infine, i corsi hanno indotto una maggiore familiarità coi servizi socio-sanitari: dopo l’intervento, infatti, il numero di ragazzi che riporta di essere intenzionato a rivolgersi al consultorio in caso di dubbi o paure di natura sessuale aumenta notevolmente. Il grafico I illustra le modificazioni registrate nei due gruppi fra la prima e la seconda rilevazione (T2-T1). La ricerca ha tuttavia messo in luce un altro dato di grande interesse: mentre l’aumento delle conoscenze è avvenuto in maniera relativamente omogenea in tutti i ragazzi che hanno frequentato il corso, l’aumento dell’intenzione di adottare comportamenti preventivi ha avuto Grafico II - Confronto relativo alla disponibilità ad adottare comportamenti di salute nei due gruppi con valori alti e bassi in entrambe le dimensioni. un andamento meno uniforme. L’approfondimento di questo dato ha permesso di evidenziare che l’incremento della disponibilità ad adottare comportamenti preventivi è risultata significativamente condizionata dall’importanza che i soggetti attribuiscono alla propria salute e dal grado in cui essi si sentono capaci di operare fattivamente per tutelarla. All’interno del gruppo sperimentale sono infatti i ragazzi che attribuiscono elevata importanza alla propria salute e che si dichiarano disponibili ad attuare i comportamenti preventivi raccomandati nel corso di educazione sessuale. Al contrario, su quelli che presentano bassi punteggi di autoefficacia e di importanza attribuita alla salute il corso incide solo nell’aumentare le conoscenze (p<.001) (vedi grafico II). Conclusioni Considerati complessivamente, quindi, i nostri dati indicano che i corsi di educazione sessuale organizzati dalle ASL del Comune di Firenze sono efficaci nell’aumentare le conoscenze sulle tematiche trattate in tutti i ragazzi, ma incidono nel modificare la disponibilità ad adottare adeguati comportamenti di prevenzione solo in alcuni. In particolare in quelli che considerano la propria salute come un valore e si ritengono capaci di agire efficacemente per tutelarla. Tali risultati ci sembrano particolarmente rilevanti perché forniscono alcuni spunti interessanti per ripensare criticamente l’organizzazione dei programmi di educazione alla salute. I nostri dati suggeriscono infatti che, per favorire una maggiore predisposizione ad attuare comportamenti preventivi in tutti i partecipanti ai corsi, è preliminarmente necessario intervenire sul sistema di valori relativi alla salute e sul sentimento di efficacia personale e solo in seguito fornire adeguate informazioni sui corretti comportamenti da tenere. Se si tiene conto delle specifiche caratteristiche psicologiche degli adolescenti e dell’importanza che ricopre per loro il gruppo dei pari come significativo punto di riferimento, non solo affettivo e relazionale, ma anche e soprattutto “culturale” e normativo, i risultati da noi ottenuti suggeriscono inoltre l’opportunità di integrare la metodologia finora adottata, che come abbiamo detto si rifà al modello del fornire informazioni, con un più attivo coinvolgimento e una più fattiva partecipazione dei l ute Sa e 258 Territorio ragazzi sul modello della peer education. Sul piano operativo si potrebbe cioè ipotizzare un intervento combinato, articolato in due momenti. Una prima fase deve agire sul gruppo classe, individuando preliminarmente alcuni ragazzi che, per loro caratteristiche personali, occupano il ruolo di leaders nel gruppo e formarli nel ruolo di peer educators, con particolare riferimento all’importanza della Esperienze dal territorio salute e al valore di tutelarla, affidando loro il compito di trasmettere tali contenuti agli altri. Questa forma di trasmissione orizzontale dovrebbe facilitare l’assimilazione di tali valori attraverso gli scambi informali e quotidiani con i coetanei piuttosto che attraverso una “lezione” impartita da un adulto. Inoltre, poiché i peer educators sono i primi ad adottare uno stile di vita salutare, essi costituisco- Bibliografia Azienda USL di Ravenna Servizio tossicodipendenze di Lugo (1997), L’educazione socio-affettiva nella prevenzione dell’ HIV, Tipografia Moderna, Ravenna. Beltrami C., Manfreci R., D’Antuono A., Chiodo F., Varotti C. (2003), Sexually-trasmitted infestions in adolescents and young adults in a large city of Nothern Italy: a nine-year perspective survey, New Microbiology, 26 (3), 233-41. Giommi R., Perrotta M. (1992), Programma di educazione sessuale 1114 anni, Arnoldo Mondatori Editore, Milano. Gold R.S., Kelly M.A. (1991), Cultural sensitivity in AIDS education: a misunderstood concept, Evaluation and program planning, 14 (4): 221-31. no un esempio e rappresentano pertanto un valido modello comportamentale per gli altri compagni. Le indicazioni preventive, in questo modo, non saranno più percepite “distanti e formali” come quando provenivano dagli adulti, ma avvertite più vicine proprio perché derivano da compagni di pari grado. Il confronto quotidiano con i peer educators, permette inoltre ai ragazzi di riflettere N. 151 - 2005 sul fatto che, se i compagni sono in grado di adottare comportamenti efficaci di salute, anche loro potranno esserlo. Così, attraverso il confronto con i coetanei, gradualmente i ragazzi rafforzano anche il sentimento della loro autoefficacia. Una volta conseguiti questi obiettivi preliminari, si potrà procedere alla seconda parte dell’intervento, secondo le modalità già sperimentate. ISTAT (2000), Statistiche della Sanità anno 1997, Annuari, Pomezia. Kirby D., Short L., Collins J., Rugg D., Kolbe L., Howard M., Miller B., Sonestein F., Zabin L.S. (1994). School-based programs to reduce sexual risk behaviours: a review of effectiveness, Journal of Public Health Reports, 19: 339-60. Menesini E. (2002). L’aiuto tra pari: percorsi operativi e modelli teorici, Scuola e città, 3: 42-57. Prezza M., Trombaccia F.R., Mattoni A., Smeralda M.P. (1997), Comportamenti sessuali e conoscenze contraccettive: l’influenza dell’educazione sessuale e di altri fattori, Rivista di Sessuologia Clinica, IV, 2, 57-80. Suligoi B., Pavoni N., Borghi V., Branz F. et al. (2003), Epidemiologia dell’infezione da HIV in Italia, Epidemiologia e Prevenzione, 27, 2, 73-9. Vecchio G.M., Picconi L., Paciello M., Boda G. (2002), Efficacia nelle life skills: definizione, misura e sviluppo attraverso un programma di peer education, Scuola e città, 3, 92-113. Recensioni N. 151 - 2005 Sae l ute Territorio 259 Recensioni P.L. Morosini, G. Palumbo Variabilità nei Servizi Sanitari in Italia Centro Scientifico Editore, Torino 2004 È solo da poche decine di anni che la medicina cerca di basare le sue conoscenze e quindi la pratica clinica su dati scientifici, derivanti da studi condotti in modo corretto secondo i dettami della Evidence Based Medicine. Questi dati dovrebbero consentire (specie se organizzati all’interno di revisioni sistematiche e Linee guida) di assicurare il massimo grado di appropriatezza degli interventi sanitari, riducendo al minimo quella parte di variabilità nelle decisioni cliniche, che in parte è legata alla carenza di conoscenze ed in parte alla irrinunciabile ed ineliminabile soggettività dell’intervento medico, soprattutto nel rapporto, per definizione soggettivo e difficilmente standardizzabile, fra professionista e paziente. Lo studio di questa variabilità e delle sue motivazioni è quindi estremamente interessante ed utile, al fine di capire meglio il fenomeno e operare per limitarne le punte più accentuate. Il volume è il frutto della raccolta, completamento e omogeneizzazione degli interventi di un Workshop svoltosi presso l’Istituto Superiore di sanità. Il lavoro degli Autori è stato veramente encomiabile: non è facile trovare una così completa raccolta di saggi sull’argomento, che risultano molto ben legati fra loro, seguendo un preciso filo logico. Vengono esaminati temi generali (mortalità evitabile, attività ospedaliera, uso dei farmaci), insieme ad argomenti riferiti a varie branche specialistiche (prevenzione cardiovascolare, oncologia, chirurgia, salute mentale, ecc.) e alla pratica infermieristica, oltre a due capitoli che affrontano il tema cruciale della variabilità dovuta alle disuguaglianze socio-economiche. Accanto alla disamina della variabilità nei settori specialistici ed ospedalieri, non manca un approfondito ed estremamente interessante esame dei servizi territoriali, che risultano spesso ancora meno omogenei di quelli ospedalieri. Di particolare interesse i dati relativi alla Medicina generale. Un elemento cruciale è sicuramente rappresentato dalla comunicazione e integrazione fra Ospedale e Territorio: di percorsi diagnostico terapeutici parla, fra l’altro il capitolo di Panella e Di Stanislao, che si trova quindi idealmente a legare i contributi che l’hanno preceduto. Il capitolo redatto da Gianfranco Domenighetti affron- ta, infine, l’argomento della qualità dell’informazione all’utente e delle sue ricadute: nella società attuale, infatti, è sempre più sentita la necessità di una corretta informazione, specie in ambito sanitario, in modo che la scelta del cittadino sia sempre più autonoma e consapevole. Questo obiettivo non è facilmente raggiungibile, visto che la qualità delle informazioni disponibili è eccessiva e spesso di scarsa qualità. In definitiva il volume risulta assolutamente indispensabile, per la notevole quantità di dati sulla situazione italiana, per chiunque si occupi di aspetti organizzativi in ambito sanitario. Non dovrebbe però mancare anche sulla scrivania dei clinici: la riduzione della variabilità dei loro comportamenti costituirà probabilmente un obiettivo importante della loro attività nei prossimi anni. Luciana Ballini, Alessandro Liberati Linee-Guida per la Pratica Clinica Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2004 Lo sviluppo delle conoscenze in campo biomedico è in tumultuosa accelerazione: è sempre più difficile per il medico seguire gli studi che vengono pubblicati in tutti i campi, sia in quello internistico e della Medicina generale, sia nei campi specialistici. Ed è ancora più difficile applicare alla propria pratica clinica i risultati di quegli studi. È in fondo per tutto questo che sono nate le Linee guida: per offrire al clinico un quadro più completo possibile delle conoscenze in modo da consentirgli di attuare comportamenti appropriati alla situazione che si presenta. Di Linee guida si parla ormai da oltre vent’anni: ne sono state prodotte numerosissime e se ne continuano a produrre altrettante. A prima vista un nuovo libro su questo argomento sembrerebbe fuori luogo ed obsoleto. Il problema è che le Linee guida vengono elaborate ma molto scarsamente applicate: esistono numerose pubblicazioni che, in tutti i campi, confermano questo dato e ne analizzano le motivazioni. Nonostante le numerose dimostrazioni della necessità di una variazione del loro comportamento, soprattutto nei campi in cui sono presenti dimostrazioni sicure di efficacia, i medici sembrano resistere al cambiamento del loro modo di operare. Certamente la pigrizia intellettuale è spesso la principale ragione che si oppone a questo cambiamento, ma non va trascurata anche la paura dell’impo- l ute Sa e 260 Territorio sizione dall’alto di regole non condivise, anche se molte sono le voci autorevoli (e fra queste anche gli autori di questo volume) che riconfermano che l’adesione a regole di comportamento non limita affatto l’autonomia del professionista, ma, anzi, ne arricchisce il lavoro. Il significato e l’importanza di questo libro sta proprio nell’analizzare e cercare di af- Recensioni frontare e risolvere i problemi che si oppongono ad una corretta applicazione delle Linee guida: vengono proposte metodologie e dati suggerimenti per implementarle. Il volume risulta esauriente e di facile lettura e risulta ancora più chiaro per la presenza di uno schema riassuntivo alla fine di ogni capitolo. Estremamente interessanti e utili le appendici. N. 151 - 2005 Di particolare interesse la Postfazione, che riproduce un lavoro di R.Grol e J.Grimshaw pubblicato su Lancet, sul tema sempre attuale del trasferimento delle informazioni scientifiche alla pratica clinica. Gli Autori sono nomi ben noti e sono legati ad organizzazioni, come il CEVEAS e la Cochrane Collaboration, che da tempo si occupano di questi temi: la loro competenza è fuori discussione e traspare da ogni capitolo del libro. Il volume è in gran parte rivolto a chi lavora nell’ambito della gestione e programmazione sanitaria, ma non dovrebbe mancare nemmeno sul tavolo di coloro che svolgono mansioni cliniche all’interno del Servizio Sanitario. Alessandro Bussotti