Sae l ute
Territorio
Direttore responsabile
Mariella Crocellà
Redazione
Antonio Alfano
Gianni Amunni
Alessandro Bussotti
Francesco Carnevale
Bruno Cravedi
Laura D’Addio
Gian Paolo Donzelli
Claudio Galanti
Marco Geddes
Loredano Giorni
Carlo Hanau
Gavino Maciocco
Mariella Orsi
Marco Monari
Paolo Sarti
Luigi Tonelli
Alberto Zanobini
Collaboratori
Marco Biocca, Centro Doucmentazione Regione
Emilia-Romagna
Eva Buiatti, Osservatorio Epidemiologico, Agenzia
Regionale di Sanità della Toscana
Giuseppe Costa, Epidemiologia - Grugliasco, Torino
Nerina Dirindin, Assessore alla Sanità, Regione Sardegna
Luca Lattuada, Agenzia Regionale della Sanità - Friuli
Pierluigi Morosini, Istituto Superiore di Sanità - Roma
Comitato Scientifico
Giovanni Berlinguer, Professore Emerito
Facoltà di Scienze - Roma
Giorgio Cosmacini, Centro Italiano di Storia Sanitaria
e Ospitaliera - Reggio Emilia
Silvio Garattini, Istituto Negri - Milano
Donato Greco, Direttore Direzione Generale
della Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute
Elio Guzzanti, Docente di Organizzazione Sanitaria Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” - Roma
Segreteria di redazione
Patrizia Sorghi Salvini
Simonetta Piazzesi
151 Rivista bimestrale di politica-socio-sanitaria fondata da L. Gambassini
Giunta Regionale Toscana
Anno XXVI - Luglio-Agosto 2005
Sommario
198
204
208
211
218
C. Castiglioni, C. Hanau
C. Castelnovo
A. Lamberto, R. Levaggi
I. Buccioni
P. Carletti, G.V. De Giacomi
C. Mancini
M.S. Ferreiro Cotorruelo
M.R. De Maria, N. Mazzoni
C. Barni
Spazio Toscana
221 G. Amunni
Monografia
225 R. Satolli
229 A. Panti
232 C.M. Vaccaro
236 G. Almansi
240 G. Fiorentini, L. Reboldi
243 A. Bussotti, P. Sarti
246 R. Piumelli, G. Donzelli
248 M.A. Nicoli, V. Sturlese
T. Mancini
Assistenza domiciliare integrata
La comunicazione fra medico e paziente
“Peer education” nella terza età
Il profilo di assistenza per il paziente
uremico cronico
Il progetto Unità di valutazione e diagnosi
Linee organizzative dell’Istituto toscano
tumori
Dottor Internet
Il mercato delle malattie
Un patto etico tra medici e giornalisti
Un consulente sanitario globale
L’accreditamento dei siti
Il sostegno informatico
Il paziente “aggiornato”
Il bambino in rete
L’“empowerment” del paziente
Segreteria informatica
Marco Ramacciotti
Direzione, Redazione
Via Delle Belle Donne, 13 - 50123 Firenze
Tel. - Fax 055/211875
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Edizioni ETS s.r.l.
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Distribuzione
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Questo numero è stato chiuso in redazione
il 15 settembre 2005
Esperienze dal territorio
255 M. Smorti
259
Educazione sessuale
Recensioni
Abbonamenti 2005
Italia
€ 41,32
Estero € 46,48
Fotocomposizione e stampa
Edizione ETS - Pisa
I versamenti devono essere effettuati sul c/c postale 14721567 intestato a Edizoni ETS s.r.l. specificando nella
causale “abbonamento a Salute e Territorio”.
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Sa
e
198 Territorio
Carlo Castiglioni
Carlo Hanau*
Cecily Castelnovo
Medicasa Italia S.p.A.
* Docente di Programmazione
ed organizzazione dei servizi
sociali e sanitari, Università
di Modena e Reggio Emilia
L
’assistenza domiciliare è
ormai una modalità di
cura radicata in tutti i
paesi sviluppati dove i sistemi sanitari assicurano la gestione dei pazienti al proprio
domicilio sia perché le cure in
seno alla propria famiglia offrono al paziente una migliore qualità di vita e di assistenza, sia perché per i pazienti affetti da malattie croniche stabilizzate i costi sostenuti dalla parte pubblica
per le cure a domicilio sono
generalmente inferiori rispetto a quelli, divenuti quasi insostenibili, dell’assistenza in
istituzione.
Verrà qui descritta l’esperienza di Medicasa, una società
che fin dal 1993 ha iniziato
ad organizzare servizi di assistenza domiciliare a Milano
ed oggi si estende a numerose regioni (Friuli, Veneto,
Lombardia, Piemonte, Lazio,
Campania, Calabria, Sicilia),
operando principalmente in
regime di accreditamento e di
accordo per conto delle organizzazioni pubbliche territoriali (ASL); le aree territoriali
dove assicura i servizi di assistenza costituiscono complessivamente un bacino demografico di circa 5.400.000
abitanti.
Sin dalla sua nascita Medicasa ha contribuito attivamente alla diffusione delle cure
Modelli assistenziali
N. 151 - 2005
Assistenza domiciliare
integrata
domiciliari ad elevato contenuto sanitario in Italia, operando in partnership con le
Aziende sanitarie locali e con
le Aziende ospedaliere e partecipando a sperimentazioni
e progetti a livello europeo,
nazionale e regionale (si citano per esempio i progetti europei Ten-care, Chronic, Karma 2 e le sperimentazioni
della ASL Udine nella Regione Friuli, delle USSL 36-41
della Città di Milano, della
ASL di Treviso nella Regione
Veneto).
I vantaggi economici, oltre che di
personalizzazione delle cure, di un intervento
alternativo al ricovero ospedaliero
Ad oggi Medicasa, con circa il
43% di quota di mercato, costituisce la più grande realtà
italiana specializzata nel campo dell’assistenza domiciliare.
Medicasa dispone sul territorio nazionale di 14 centrali
operative, come mostrato nella figura 1, che nell’anno di
riferimento per questa descrizione, il 2003, hanno trattato
oltre 16.000 casi. Un “caso” è
rappresentato dall’insieme dei
seguenti eventi: segnalazione
del paziente da parte del medico di base o dell’Ospedale,
valutazione della situazione
da parte della ASL di compe-
Fig. 1 - Centrali operative
di Medicasa.
Modelli assistenziali
N. 151 - 2005
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Territorio 199
Fig. 2 - Modalità operative.
tenza, presa in carico da parte di Medicasa e termine del
servizio di assistenza domiciliare. Nell’analisi effettuata si
sono considerati come casi
anche quelli riferiti ai pazienti che risultavano in carico a
Medicasa il primo gennaio ed
il 31 dicembre 2003.
Medicasa agisce su indicazioni delle ASL di riferimento e
le modalità operative sono
schematizzate nella Figura 2.
I pazienti assistiti da Medicasa sono stati inseriti in ADI
dalle Unità di valutazione
multidimensionali (UVM) dei
Distretti delle ASL per le quali Medicasa opera. I Piani assistenziali personalizzati
(PAP) sono stati definiti dalle
UVM e sono stati poi attuati
da Medicasa.
1
L’inserimento dei pazienti
nei servizi ADI è avvenuto
con modalità differenti da
Regione a Regione: in particolare la valutazione del paziente è stata condotta con
approcci metodologici specifici di ogni realtà con l’utilizzo di scale valutative differenti come CTMSP (Classification par Types en Milieu de
soins et Services Prolongés,
utilizzato per esempio a Treviso ed a Bologna Sud) o
SVAMA (Scheda per la valutazione multidimensionale dell’anziano, utilizzato per
esempio in Veneto).
Questo approccio metodologico non univoco nella valutazione del paziente si accompagna a differenti contenuti
delle prestazioni domiciliari:
le differenti ASL si propongono di offrire un servizio di assistenza domiciliare orientato
a coprire esigenze assistenziali di pazienti in condizioni cliniche più o meno critiche. Le
differenze nelle complessità
assistenziali dei pazienti si
evidenziano in prima approssimazione esaminando due
indicatori: la frequenza degli
accessi settimanali (intensità
di cure) e il numero dei giorni
di cura per ogni caso trattato.
Questi due parametri rappresentano gli aspetti di maggiore disomogeneità quando si
confrontano varie esperienze
pubblicate1.
Scopo del lavoro è analizzare
i principali dati di attività e
mostrare il valore economico
del sistema di assistenza ADI
Si vedano per esempio gli studi di Zito [1], di Zuccaro [2], di Biondaro [4] e di Savino [5].
nel quale Medicasa opera,
confrontandolo con altre
esperienze realizzate in altre
Regioni e in altre ASL.
In questa sede non si entrerà
nella valutazione qualitativa
del servizio, che verrà considerata in altro momento attraverso appropriate metodologie d’analisi.
Materiali e metodi
Nel corso delle esperienze
sviluppate nel settore dell’assistenza domiciliare, Medicasa ha studiato, realizzato,
sviluppato ed applicato strumenti sia informativi (progetti, procedure operative,
modulistica di supporto) che
informatici (prodotti applicativi software su reti di personal computer).
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Sa
e
200 Territorio
I dati qui utilizzati sono stati
raccolti mediante l’utilizzo
delle banche dati dei prodotti
applicativi GIADA e WINMEDI.
L’applicativo GIADA supporta
l’attività di chi riceve e gestisce le richieste di assistenza
e di chi eroga i servizi domiciliari; è perciò installato sia
presso i punti ADI che ricevono le richieste da parte degli
assistiti, con funzioni di supporto all’operatività del progetto, sia presso la segreteria
organizzativa, con funzioni
di centralizzazione dei dati.
L’applicativo GIADA installato
presso i punti ADI permette
di gestire i quattro momenti
fondamentali del progetto:
1. Registrazione della richiesta di assistenza domiciliare.
2. Valutazione della situazione.
3. Decisione del piano di assistenza e dell’ente/organizzazione che erogherà i
servizi all’assistito.
4. Erogazione del servizio e
controllo dell’attività degli
enti erogatori.
È possibile inoltre accedere a
funzioni statistiche come,
per esempio, il controllo delle
richieste ADI negli aspetti
che riguardano l’iter di ogni
richiesta e gli eventi relativi,
il supporto alle attività delle
Commissioni decisionali del
progetto, statistiche sul carico di lavoro degli operatori
direttamente impegnati nell’assistenza e dello staff amministrativo, controllo dell’efficienza dell’ente che eroga le prestazioni in termini di
tempi di esecuzione e controllo delle attività affidate.
2
Modelli assistenziali
Periodicamente la segreteria
organizzativa riceve automaticamente i dati di tutti i
punti ADI, integrandoli nella
sua base dati, e spedisce, se
necessario, gli eventuali aggiornamenti al programma
GIADA.
L’applicativo WINMEDI rappresenta il supporto informatico completo delle attività
della Centrale operativa. Contiene gli archivi anagrafici dei
pazienti e degli operatori e,
attraverso la funzione di gestione agenda, consente di
programmare le attività degli
operatori domiciliari e di effettuare eventuali sostituzioni di operatori in tempo reale.
Permette inoltre di registrare,
per ogni paziente, gli eventi
clinici, ambientali e personali
che caratterizzano le condizioni di vita e lo stato di salute. WINMEDI è in grado di fornire gli elementi essenziali
per il controllo di gestione ed
il controllo della qualità, nonché i dati di sintesi per la gestione delle fatturazioni.
È possibile estrapolare diverse tipologie di dati dal database di WINMEDI; per esempio è possibile avere i dati di
sintesi relativi a:
• numero accessi erogati per
caso, periodo, figura professionale, nel mese e cumulativo dall’inizio del
progetto;
• numero di casi seguiti, nel
mese e cumulativo dall’inizio dell’attività in quel
territorio suddiviso per patologia e/o classificazione
regionale;
• numero chiamate in reperibilità suddiviso nelle di-
N. 151 - 2005
verse tipologie di risposta
(accesso infermieristico –
accesso medico ecc.) e per
tipologia di paziente;
• numero e tipologia delle
visite specialistiche effettuate.
Caratteristiche della popolazione di riferimento
Nel 2003 Medicasa ha erogato
a domicilio, in regime di Assistenza domiciliare integrata
(ADI), le cure per 16.234 casi,
di cui il 59,6% femmine.
L’85,8% delle persone entrate
in ADI nel 2003 aveva un’età
superiore ai 65 anni; il 4,7%
dei pazienti trattati era costituita da grandi anziani, cioè
da persone con un’età superiore a 79 anni.
Nel 2003 i pazienti assistiti
sono rimasti in carico a Medicasa mediamente per 90,9
giorni; questa durata media
rappresenta un valore simile
a quello presente in altri studi su differenti realtà di assistenza domiciliare2.
Al termine della presa in carico i pazienti sono usciti dall’assistenza domiciliare; le
motivazioni di queste sospensioni sono riportate nel
grafico 1.
Si può osservare che nel
53,3% dei casi i pazienti sono
usciti dal programma di assistenza domiciliare perché
“guariti” nel senso che avevano recuperato l’autosufficienza necessaria per non avere
più bisogno di assistenza infermieristica continuativa o
avevano terminato il Piano
assistenziale personalizzato
(PAP), per cui alla rivalutazione l’UVM aveva stimato
l’intervento ADI non più necessario. Il 20% dei pazienti è
andato incontro ad “exitus”
(in questo caso si fa riferimento principalmente a pazienti con malattie terminali,
in particolare oncologici
8,8%), mentre il 15% è stato
ricoverato (l’11,1% in RSA o
in strutture simili mentre il
3,9% in Ospedale). Nell’ 1,5%
dei casi il paziente o i familiari hanno deciso di sospendere il servizio di assistenza
domiciliare. Nel 10,3% dei casi (voce “altro” del grafico 5)
una volta sospeso il servizio
di assistenza domiciliare, Medicasa non è più stata in grado di conoscere lo stato di salute del paziente.
Un aspetto da sottolineare
nei pazienti assistiti da Medicasa è l’alto numero di dimissioni che sono determinate
dal completamento dei PAP
per i quali le UVM non hanno
evidenziato la necessità di
protrarre l’ADI.
Si ritiene che una parte di
questi pazienti non fosse
“guarita” ma necessitasse di
ulteriore assistenza pur avendo recuperato una certa autonomia; in questi casi comunque una certa assistenza è
stata mantenuta per il permanere degli interventi socio-assistenziali.
Descrizione della attività di
Medicasa nel 2003
Nel 2003 Medicasa ha trattato
16.234 casi. La distribuzione
regionale è la seguente: 4351
Lombardia, 3550 Calabria,
2221 Sicilia, 2098 Veneto,
2002 Campania, 1063 Piemonte e 949 Friuli V-G.
Si vedano per esempio gli studi di Zito [1], di Zuccaro [2], di Biondaro [4], di Savino [5] e di Scaccabarozzi [9].
Modelli assistenziali
N. 151 - 2005
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Territorio 201
Graf. 1 - Motivo
della dimissione.
La figura professionale maggiormente coinvolta nell’assistenza domiciliare risulta
l’infermiere professionale
(IP), con il 69,4% degli accessi totali.
Se si considera come indice di
complessità il numero degli
accessi settimanali dell’IP
(Grafico 2), si può osservare
come le varie ASL mostrino
protocolli operativi con intensità assistenziali differenti; infatti i protocolli con programmi di tre interventi settimanali sono mediamente il
23% in tutte le aree, i protocolli con accessi superiori a 5
settimanali sono pari al 56%
(in particolare in Piemonte,
Veneto, Sicilia), mentre l’
11% è rappresentato da protocolli con accessi settimanali o bisettimanali.
Complessivamente gli accessi
infermieristici erogati da Medicasa nel corso del 2003 sono stati 709.839. Perciò, per
3
Si veda [7].
Graf. 2 - Frequenza
settimanale accessi IP.
ogni caso trattato a domicilio
sono stati eseguiti mediamente 43,7 accessi.
Come abbiamo sottolineato
precedentemente vi sono alcune differenze fra ASL determinate dall’inserimento di
pazienti in condizioni cliniche differenti che si evidenziano con una media di accessi per caso compresa fra un
valore minimo di 41,8 accessi/paziente fino ad arrivare a
55,7 accessi/paziente registrato nella ASL dove l’indicatore assume il suo valore
massimo.
Se dividiamo i giorni di presa
in carico per il numero medio
di accessi per paziente possiamo evidenziare come l’assistenza venga erogata mediamente con un accesso a
giorni alterni, come si può
vedere dalla Tabella 1.
Analisi economica
Come riportato dal documento conclusivo del Comitato
ministeriale per l’ospedalizzazione domiciliare (2002)3, i
costi relativi all’assistenza
domiciliare devono essere
analizzati tenendo conto:
• della effettiva durata dell’assistenza;
• del mix di risorse impiegato
(medici, IP, impiegati,…);
• dell’intensità assistenziale
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202 Territorio
in termini di frequenza di
accessi.
Come indicato dal documento
ministeriale, per una corretta
valutazione economica dell’assistenza domiciliare sarebbe necessario conoscere il
consumo per paziente dei farmaci, dei presìdî e del materiale sanitario in generale ed i
costi tecnologici che possono
essere impiegati per migliorare il controllo del paziente al
proprio domicilio. Nel calcolo
dei costi di Medicasa si è inserita la valorizzazione delle attività di assistenza comprendendo i materiali utilizzati
(per esempio le siringhe), le
attività infermieristiche, le attività di coordinamento e le
attività di reperibilità. Nella
analisi effettuata non si sono
considerati i costi relativi ai
farmaci in quanto si accetta
che il Servizio sanitario nazionale dovrebbe comunque sostenere questi costi indipen-
Modelli assistenziali
dentemente dalla collocazione
del paziente e dall’attivazione
dell’assistenza domiciliare.
Un’analisi riferita a tutta l’attività di Medicasa che tiene
conto delle differenze in termini di remunerazione per
ogni struttura (ASL) (fatturato complessivo / numero degli accessi), ci permette di dare la valorizzazione media per
ogni accesso pari a 31,84 €.
Questo dato moltiplicato per
il numero di accessi medio per
paziente (43,72) ci fornisce il
costo medio per ciascun paziente assistito per il periodo
di presa in carico (1.392,04
€). Questo valore corrisponde
al Costo totale per paziente riportato nel documento dell’ospedalizzazione domiciliare
(n.accessi totali * valore medio dell’accesso).
Si evidenziano in questo caso
tre sostanziali parametri:
• giornata effettiva di assistenza, GEA (numero di
N. casi
N. accessi IP
N. accessi medi per paziente
N. giorni medi di presa in carico
Frequenza media di presa in carico
Remunerazione media per accesso
Costo medio per caso trattato
(Costo totale per paziente)
Costo per giornata effettiva di assistenza
GEA
Coefficiente di intensità assistenziale
(Coeff. I.A.)
43,72 / 90,92
Costo medio per giorno di presa in carico
4
Si veda [7], [8].
N. 151 - 2005
giorni in cui almeno una
figura professionale ha effettuato una visita domiciliare);
• durata dell’assistenza (n.
giornate di presa in carico).
• coefficiente di intensità
assistenziale (GEA / durata dell’assistenza);
La valorizzazione di questi tre
parametri corrisponde a quanto proposto nel documento
per l’ospedalizzazione domiciliare ed anche nell’atto di indirizzo e coordinamento in
materia di prestazioni sociosanitarie, DPCM 14.02.2001.
Tenendo conto di quanto sopra possiamo evidenziare per
i casi trattati da Medicasa nel
2003 i parametri esposti nella
Tabella 2.
Analizzando i dati secondo le
modalità riportate dal documento sull’ospedalizzazione
domiciliare (2002) e il DPCM
14.02.2001 4, possiamo comparare i dati riportati nel pri-
16. 234
709.839
43.7
90.92 gg
90.92 gg / 43.72 acc.= 2.07
mo documento (ricalcolati a
parità di periodo di cura) con
i dati complessivi di Medicasa.
In questo la valorizzazione
del percorso di cura è stata
calcolata moltiplicando i
giorni medi di presa in carico
(90,92 gg) per il coefficiente
I.A. (0,48) e per il valore GEA
(34,21 €). I risultati sono riportati nel Grafico 3.
Il Grafico 3 mostra che per i
due livelli di assistenza (base
e critici, secondo le definizioni del documento ministeriale precedentemente indicato)
il documento per l’ospedalizzazione domiciliare calcola
un range di costi compreso
fra i 1260 e i 1836 €, mentre
il dato derivante dalla attività di Medicasa del 2003 mostra un valore di 1493 € che
si pone al di sotto della media
tra questi due valori; inoltre
essendo il dato di Medicasa
un dato medio nel quale sono
contenuti protocolli assisten-
Tab. 1 - Dati attività di
assistenza in regime di ADI
per l’anno 2003.
31,84 € Media ponderata
1.392,04 €
Tab. 2 - Dati economici Medicasa,
34,21 €
0,48
15,31 €
2003.
Modelli assistenziali
N. 151 - 2005
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Territorio 203
Graf. 3 - Comparazione della
valorizzazione dei percorsi di
cura (dati Comitato OD - 2002 /
Medicasa).
ziali anche per pazienti complessi come i terminali (in
particolare oncologici 8,8%)
possiamo affermare che la valorizzazione economica di
Medicasa si posiziona nella
parte inferiore dell’intervallo,
cioè a livelli inferiori di costo
rispetto a quelli attesi.
Conclusioni
Dall’analisi effettuata emerge
che i costi di assistenza prodotti da Medicasa sono in linea con quelli di alcune
strutture pubbliche5. In par-
ticolare i risultati ottenuti
mostrano come una assistenza domiciliare data in outsourcing possa essere competitiva nei confronti di differenti modelli assistenziali di
ADI gestiti direttamente dalle strutture pubbliche.
Per quanto riguarda la tipologia dei pazienti trattati, il
rapporto accessi per numero
di giorni di presa in carico
evidenzia come in molti casi
la selezione dei pazienti sia
orientata ad assistere al domicilio pazienti di elevata
Bibliografia
1. Zito M., Abate G. et al., Costi ADI, Giorn. Geront., 1998; 46: pp.
303-309.
2. Zuccaro S.M., Coen Mieli D., Assistenza domiciliare integrata: una valida alternativa al ricovero per il paziente anziano “fragile”? www.comidan.it/Docs/Convegno%20Nov%202002/Zuccaro.PDF, 2000.
3. AUSL Bologna www3.iperbole.bologna.it/governarebologna/2002/n3/art.3.php, 2000.
4. Biondaro A., Borin R., Assistenza domiciliare integrata: valutazione
dei costi, Tendenze nuove, 1/2002: pp. 75-101.
5. Savino C., Assistenza Domiciliare Integrata nella ASL di Chieti,
www.ausl.pe.it/tesispecializzazione/savinoc/), 2001.
6. National Evaluation of the Cost-effectiveness of Home care March
2002 - Health Transition Fund, Health Canada www.homecarestudy.
com/reports/index.html, 2002.7. Comitato Ospedalizzazione Domici5
gravità che in caso contrario
sarebbero destinati necessariamente a un ricovero.
Si crede che questo debba essere il vero senso dell’ADI
che, integrata con un sistema
territoriale articolato (associazionismo medico, UTAP,
Ospedale di comunità, RSA),
diviene una reale alternativa
all’istituzionalizzazione, permettendo cure più personalizzate, una migliore qualità
di vita e non ultimo una riduzione dei costi dell’assistenza
in regime di ricovero.
Purtroppo l’assistenza domiciliare in molte altre situazioni viene vista come un
controllo saltuario del paziente e rappresenta perciò
solamente un costo aggiuntivo all’assistenza di base; in
questi casi non appena il bisogno del paziente si fa più
grave non si riesce ad evitare
l’istituzionalizzazione e di
conseguenza si impedisce il
verificarsi dell’effetto sostituzione tra l’una e l’altra forma di assistenza.
liare - Documento Conclusivo (D.M. 12/04/2002).8. D.P.C.M.
14.02.2001 Atti di indirizzo e coordinamento in material di prestazioni
socio-sanitarie9. Lorenzo Scaccabarozzi G. et al., Il Servizio di Cure Domiciliari dell’ASL di Lecco: modello organizzativo e risultati nel Distretto di Merate. http://www.fondazionesmithkline.it/t399art4.htm.
10. http://www.sigg.it/public/doc/GIORNALEART/183.pdf
11. D’Elicio G., Gli scenari dell’Assistenza Domiciliare, Cure e Assistenza a
domicilio, Schede di documentazione di Medicasa, VII/95, Milano 1995.
12. Hanau C., Pipitone E., L’A.D.I. a Milano, Prospettive Sociali e Sanitarie, anno XXVI, 20/96.
13. Tilquin C., Vanderstraeten G., Québec-Canada, in C. Hanau (a cura
di), I nuovi vecchi. Un confronto internazionale, CIRIEC, Maggioli Editore, Rimini 1987
14. Casamenti A., Hanau C., Il costo dei servizi sanitari domiciliari, Salute e Territorio n. 99, 1996, pp. 275-281.
Si vedano per esempio gli studi di Zito [1], di Zuccaro [2], di Biondaro [4], di Savino [5], di Scaccabarozzi [9] e [3], [6], [10].
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Sa
e
204 Territorio
Aldo Lamberto
Rosella Levaggi*
Psicologo, Professore a contratto
Università de L’Aquila
* Professore di Economia
pubblica, Dipartimento
di Scienze economiche,
Università di Brescia
U
na delle caratteristiche
più importanti del
mercato delle prestazioni sanitarie è rappresentata dall’ignoranza, dall’incertezza e dall’irrazionalità dei
consumatori/pazienti che
non consente di utilizzare in
questo contesto la nozione
usuale di domanda.
La domanda di prestazioni
sanitarie viene espressa attraverso il rapporto di agenzia fra il medico e il paziente
che, tuttavia, funziona solo
in certe condizioni molto
particolari.
Negli ultimi anni lo studio del
rapporto di agenzia è stato
affrontato non soltanto dal
punto di vista economico, ma
anche come interazione che
si sviluppa fra medico e paziente sotto l’aspetto della
comunicazione, verbale e non
verbale. La letteratura ha
messo in evidenza gli aspetti
positivi della comunicazione
efficace e si fa notare che tale
processo deve necessariamente passare per una formazione mirata dei medici che devono modificare il comportamento e il rapporto col paziente per renderlo più consono alle regole della comunicazione efficace1.
1
Formazione
N. 151 - 2005
La comunicazione
fra medico e paziente
I cambiamenti, tuttavia, non
sono sempre facili e, nel caso
specifico, occorre vincere la
resistenza del medico alla
formazione e al cambiamento. Il tema è molto importante sia dal punto di vista economico che sanitario. Una
buona comunicazione riduce
i costi ed aumenta l’efficacia
delle cure (Stewart 2000) ed
è quindi molto importante
vincere tutte quelle difficoltà
che possono influire sulla relazione medico-paziente penalizzandola con difficoltà
comunicative. D’altro canto
fra i due attori della comunicazione è attendibile che sia
solo il medico a dover modificare e migliorare la propria
comunicazione. Infatti questa rappresenta una delle caratteristiche ed abilità essenziali per la propria azione
professionale mentre il paziente si presenta alla relazione con un carico di ansie e
tensioni che in qualche modo
possono interferire sulla buona efficacia comunicativa. La
malattia o l’ipotesi di malattia innalza fortemente il livello di allarme e di conseguenza ne risulta modificata
anche la codifica e la decodifica dei messaggi. Il paziente
Si veda Lamberto e Levaggi (2004a) per una rassegna della letteratura.
Un circuito di “ feed-back “che condiziona
la diagnosi e l’efficacia della terapia
ha come unico obiettivo la
soluzione del problema esistente o temuto quindi la focalizzazione è soprattutto
emotiva e si concentra su
quei messaggi che possono
offrire una risposta ai dubbi.
Invece l’obiettivo del medico
è fondamentalmente quello
di formulare una diagnosi ed
impostare o modificare una
terapia, perciò il “focus” è
maggiormente razionale per
poter cogliere i segnali utili a
comprendere la patologia, i
suoi sviluppi e l’efficacia della terapia. L’acquisizione delle strutture comunicative avviene con un processo che
non ha mai termine, ma la
percezione individuale è che
non si tratti di una evoluzione, ma di caratteristiche individuali. Questa concezione
rappresenta una forte resistenza al cambiamento di approccio comunicativo da parte del medico poiché deve
modificare uno schema acquisito nel tempo e sul quale ha
fatto finora affidamento.
Il rapporto di agenzia
Sul mercato delle prestazioni
sanitarie, il paziente, consumatore finale di queste ultime, non è in grado di formulare da solo la domanda. Il
paziente, infatti, si trova in
condizioni di incertezza e
ignoranza in quanto percepisce dei sintomi (di solito
quelli più appariscenti, ma
non necessariamente quelli
più rilevanti per formulare
una diagnosi) a cui associa
un bisogno di cure o una riassicurazione sulle proprie condizioni di salute. Il processo
di tradurre i sintomi del paziente in domanda di prestazioni sanitarie avviene tramite il rapporto di agenzia fra
medico e paziente. Si instaura in questo modo un circuito
di feed-back fra i due attori
(il medico ed il paziente) che
presenta diverse fonti di
asimmetria informativa. Il
fulcro di tale rapporto è rappresentato dal processo comunicativo che si instaura fra
i due soggetti. Il paziente in
Formazione
N. 151 - 2005
questa fase ha bisogno di cure, mentre il medico deve individuare i sintomi rilevanti e
formulare la diagnosi. La relazione fra medico e paziente
è caratterizzata da una asimmetria informativa doppia. Il
paziente infatti:
• potrebbe possedere informazioni che non sempre è
disposto a rivelare (Britten, 2000),
• potrebbe avere una specifica agenda che non rivela
al medico (ricerca di informazioni su argomenti e
patologie su cui non chiede un consulto: in questo
caso il paziente fa delle
domande al medico e inferisce dalle risposte il parere del medico se è stata
fatta la domanda giusta)
• potrebbe cercare di influenzare la diagnosi del medico
descrivendo solo certi sintomi e tralasciandone altri
se si è già fatto una opinione della diagnosi.
Il medico deve quindi interpretare i sintomi, espressi e
non, formulare la diagnosi e
farla accettare al paziente.
Questo è un aspetto nuovo
del rapporto di agenzia fra
medico e paziente che la letteratura economica ha affrontato solo di recente.
La comunicazione fra medico
e paziente è importante in
tutti i campi del rapporto di
agenzia fra medico e paziente,
ma diventa fondamentale per:
• Stile di vita ed abitudini.
Lo stile di vita e le abitudini sono un fattore molto
importante per la salute.
Infatti le quattro maggiori
cause di morte in Italia
(malattie cardiovascolari,
neoplasie, ictus cerebrali,
incidenti) sono da ricon-
durre anche a fattori comportamentali. Per la prevenzione di queste cause
sono essenziali gli interventi di prevenzione primaria e secondaria sullo
stile di vita dell’individuo.
La difficoltà di produrre
delle modificazioni nel
proprio stile di vita si evidenzia in quelli che vengono definiti come individui
potenzialmente a rischio
per abitudini di vita che
nel tempo possono produrre lo sviluppo di patologie
anche invalidanti. Coloro
che assumono tali stili di
vita hanno una altissima
probabilità di trasformarsi
in pazienti cronici con i
costi sanitari che ne conseguono. Nel caso del fumo, lo studio di Viscusi
(1990) dimostra che gli individui, sia che fumino oppure no, percepiscono la
probabilità di ammalarsi di
tumore ai polmoni come
molto più alta di quanto in
realtà sia. Nonostante tutto, quelli che hanno deciso
di fumare non cambiano
idea. Il medico ha una funzione essenziale nella comunicazione del problema
e nel far comprendere al
paziente i rischi in cui incorre per effetto di tali
comportamenti. Infatti
una delle più grandi difficoltà che si ha nel cambiamento degli stili di vita è
la resistenza al cambiamento, cioè la grande difficoltà che ogni persona
ha nel modificare routine
acquisite anche di recente.
• Malattie croniche Alcune
malattie croniche come
asma e diabete possono essere tenute sotto controllo
in modo più efficace mediante una comunicazione
efficace fra medico e paziente. Nel primo caso il
medico dovrebbe convincere il paziente che non tutti
i disturbi provocati da tale
malattia vanno accettati;
si nota infatti che nel caso
dell’asma molti pazienti
diano per scontato il fatto
di non essere in grado di
condurre una vita normale
e si abituino ad accettare
le limitazioni delle normali
attività svolte. Ci si accontenta di una qualità di vita
mediocre e ci si rassegna a
convivere con sintomi che
limitano la qualità della vita mentre potrebbero essere adeguatamente curati.
Nel caso del diabete, gli
studi più recenti dimostrano che una attività fisica
quotidiana può prevenire
la comparsa della malattia
e che una corretta alimentazione può ridurre l’uso di
farmaci. In questo caso si
evidenzia inoltre la necessità di coinvolgere tutta la
famiglia nella cura della
malattia.
• Atteggiamento rispetto ai
farmaci. Una possibile modificazione è l’atteggiamento rispetto ai farmaci.
Molti pazienti in modo più
o meno velato si dichiarano contrari ai farmaci, soprattutto quando si tratta
di terapie di lunga durata
(Britten et al. 2002). Ne
deriva così una non aderenza ai programmi terapeutici proposti dal medico sia nella quantità che
nella distribuzione temporale delle assunzioni determinando una notevole
diminuzione dell’efficacia
Sae l ute
Territorio 205
dei farmaci. L’autogestione
della terapia rappresenta
un costo inutile sul piano
farmaceutico e talvolta
può provocare anche problemi per l’intera collettività. Inoltre il paziente è
insoddisfatto riguardo alla
terapia e il medico accumula un notevole senso di
frustrazione.
• La comunicazione di cattive notizie. Con questo termine nell’accezione più
comune ci si riferisce alla
comunicazione di gravi patologie e soprattutto di
diagnosi di tumore, prevalentemente di competenza
dell’oncologo o del chirurgo. Una cattiva notizia è
anche relativa ad una patologia non letale ma comunque cronica ed invalidante. La comunicazione
di cattive notizie è fondamentale affinché il paziente si predisponga a modificazioni di vita che la rendano più compatibile alla
patologia di cui si soffre.
Spesso consultazioni non
opportunamente indirizzate portano ad una dispersione del programma terapeutico con farmaci utilizzati per un certo periodo e
poi abbandonati per la
nuova prescrizione del
nuovo specialista. Il paziente inoltre potrebbe
formarsi delle aspettative
non corrette circa le proprie condizioni di salute
che lo portano a sottostimare il rischio di morte e a
scegliere un programma di
cure sbagliato.
• Assistenza domiciliare e
cure palliative. Nel caso di
malattie croniche, in quelle di lunga durata e nella
l ute
Sa
e
206 Territorio
cura dei pazienti terminali, lo strumento più adatto
per curare il paziente è
spesso quello di ricorrere
all’assistenza domiciliare.
Questo processo terapeutico consente di ridurre i costi per il sistema sanitario
ed inoltre assicura una assistenza adeguata al paziente consentendogli di
vivere all’interno della
propria famiglia piuttosto
che in un reparto ospedaliero. Sia nel caso di assistenza domiciliare che per
la somministrazione di cure palliative deve esistere
un canale di informazione
e di comunicazione quanto
più perfetto fra diversi attori: lo specialista, il medico, la famiglia e gli infermieri che somministrano
parte delle cure al paziente a domicilio. Il coordinamento di tutte queste figure è molto difficile per
problemi oggettivi di comunicazione, ma è facilmente immaginabile come
diventi assai complicata la
gestione del paziente poiché le informazioni hanno
una circolazione molto
tortuosa (Lamberto e Levaggi, 2004b).
• Telemedicina La tecnologia medica è in continua
evoluzione e offre tecniche sempre più sofisticate
che consentono di effettuare teleconsulti, telediagnosi teleassistenza,
connessione remota di devices diagnostici (home
care test), integrazione
delle informazioni e delle
competenze delle strutture sanitarie. Molte di queste tecniche, se correttamente applicate, possono
Formazione
ridurre i costi a carico del
SSN e migliorare la qualità
della vita. Anche in questo caso, tuttavia è fondamentale una buona comunicazione fra medico e paziente.
Formazione alla comunicazione
Nella fase di avvio dei corsi di
formazione alla comunicazione finalizzati all’apprendimento di nuove modalità interattive fra medico e paziente, avvengono delle tappe
precise che costituiscono
quasi un rituale che si consuma soprattutto nel primo incontro. Fra i rituali più frequenti c’è una frase espressa
più o meno direttamente che
risuona dai discenti dopo l’esposizione di base del problema comunicazione medicopaziente: “Noi facciamo già
così”. Questo concetto non è
frutto della malafede di chi lo
afferma, ma è l’espressione
chiara della differenza fra il
comportamento autopercepito e quanto invece è effettivamente espresso e compreso
all’esterno.
Ogni persona ha l’impressione di comunicare attraverso
modalità e tecniche che dovrebbero corrispondere alle
aspettative degli altri. In
realtà il processo comunicativo è molto più complesso. Basti ricordare il processo mentale conosciuto come implicatura conversazionale. Si tratta di un processo che colma
lo scarto fra ciò che è detto e
ciò che si è voluto significare
con un determinato messaggio. Occorre andare oltre il significato letterale di un
enunciato per poter individuare e capire in modo appro-
N. 151 - 2005
priato l’intenzione comunicativa di chi parla. Chi parla,
infatti, elabora i concetti che
vuole esprimere secondo un
proprio codice personale acquisito nel tempo e che diventa automatico (non spontaneo) ritenendo che quello
sia il miglior modo per esprimere quanto vuole dire. Chi
riceve il messaggio lo elabora
secondo un proprio codice
anch’esso automatico che
può essere diverso da quello
dell’inviante.
La competenza professionale
del medico non è messa in
dubbio, ma molto spesso l’esperienza nei corsi di formazione alla comunicazione riporta difficoltà al cambiamento che si esprime attraverso il ben noto meccanismo psicologico della resistenza. Lo scopo di questo
meccanismo è di proteggere
l’individuo da ingerenze
esterne che potrebbero mettere in dubbio l’equilibrio
rappresentato dalla convinzione che le proprie idee siano giuste. La formazione in
qualche modo mette in discussione la struttura cognitiva delle proprie certezze e
la risposta iniziale è molto
spesso di difesa espressa in
varie modalità. La frase citata all’inizio ne è una dimostrazione molto chiara. Un
altro tipo di resistenza comune è centrata sulla differenza di ruolo professionale
fra i formatori e i discenti:
come possono i formatori dare dei consigli a professionisti di branche così diverse. Va
da sé che sono resistenze di
principio e non di metodo,
ma hanno bisogno di essere
rielaborate per facilitare il
processo di apprendimento.
Aspetti economici della formazione alla comunicazione
Una delle chiavi di lettura
più dirompente per superare
la barriera della resistenza al
cambiamento è quella economica.
Migliorare le proprie capacità
comunicative è economico
sotto molti punti di vista. In
termini di tempo impiegato
nelle visite apparentemente
ed empiricamente sembra
che una comunicazione efficace ne richieda molto di
più. In realtà la ricerca ha dimostrato che si tratta di una
percezione personale poiché
la comunicazione efficace ottimizza i passi del colloquio
medico-paziente (Andersen e
Mattson, 1994). Nell’immediato, il tempo impiegato
può essere leggermente superiore, ma nel medio e nel
lungo termine ha vantaggi
sia nel rapporto di fiducia,
che si concretizza nell’accettazione della diagnosi e della
terapia, sia sulla compliance
alla terapia proposta e sostanzialmente con una riduzione nel numero di visite e
del ricorso ad altri specialisti. All’economia temporale
con il suo riverbero sull’economia sanitaria, e in fondo
anche su quella domestica
del paziente, si aggiunge una
netta riduzione nello stress
individuale del medico determinata da un maggior senso
di autoefficacia e motivazione al lavoro. Apprendere
nuove tecniche comunicative
riduce anche la possibilità di
commettere errori diagnostici poiché si ottengono maggiori informazioni ed un
feedback più efficace.
Per modificare la struttura
cognitiva che sta dietro il
Formazione
N. 151 - 2005
concetto espresso dalla frase
“ho sempre fatto così (e nessuno si è mai lamentato)” sono necessarie molte esercitazioni non solo osservate indirettamente ma anche vissute
in prima persona. Il nostro
tempo ci ha abituati alla velocità dell’informazione facendoci dimenticare la necessaria lentezza richiesta
dalla formazione e dall’apprendimento.
La comunicazione è uno strumento di lavoro dalle innegabili e misurabili valenze eco-
nomiche, diagnostiche e terapeutiche e pertanto imprescindibile nella professione
medica.
Conclusioni
Il processo comunicativo medico-paziente è una relazione
estremamente dinamica che,
come tutte le comunicazioni,
nel breve arco di tempo dell’interazione, produce una serie incredibile di aggiustamenti e modificazioni. La ricerca e l’analisi della comunicazione ha permesso di per-
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Lamberto A., Levaggi R. (2004b), Assistenza domiciliare nelle cure palliative: i costi della comunicazione, mimeo.
cepirne il valore non solo come strumento, ma anche e
soprattutto come risorsa. A
maggior ragione nella comunicazione in sanità ed in particolare nella relazione medico-paziente superare il concetto di strumento per approdare a quello di risorsa consente un salto di qualità per
tutti coloro che a vario titolo
operano nel campo della salute. Come l’energia del vento e
quella dell’acqua, anche la
forza della comunicazione ha
un costo molto basso e rese
Sae l ute
Territorio 207
economicamente molto elevate. Si tratta di un’energia
altamente ecologica perché
rinnovabile ed inesauribile a
disposizione di ogni individuo sia nella sua condizione
professionale che in quella di
cittadino con un suo stile e
modello di vita.
Gli studi scientifici non fanno che confermare che in natura esistono molte possibilità per aumentare e migliorare il benessere delle persone. La comunicazione è una
di queste.
Levaggi R., Capri S. (2003), Economia Sanitaria nuova edizione, Franco
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l ute
Sa
e
208 Territorio
Ilaria Buccioni
Università di Siena.
Gruppo di ricerca coordinato
dal Prof. Enrico Cheli
D
alla Conferenza ONU
(2002) “Costruire una
società per tutte le
età”, e da iniziative e ricerche successive è emersa la
necessità di adottare nelle
politiche di intervento socioculturale un’ottica che valorizzi nella società contemporanea il ruolo degli anziani.
L’invecchiamento è un fenomeno globale che interessa o
interesserà ogni essere umano, in ogni parte del mondo,
ed è oggi un fenomeno numericamente senza precedenti
nella storia dell’umanità.
L’incremento della percentuale di persone anziane – 60
anni e oltre – è stato, infatti,
accompagnato da un decremento dei giovani al di sotto
dei 15 anni di età. Ciò significa che se il trend prosegue
entro il 2050 – per la prima
volta nella storia del genere
umano – il numero delle persone anziane che vivono sul
nostro pianeta supererà quello dei giovani.
L’allungamento della vita media e l’invecchiamento progressivo e costante della popolazione, pongono però problemi sempre più complessi
alla società: problemi di ordine socio assistenziale, previdenziale, economico e politico. La complessità è dovuta,
anzitutto, al rapporto percentuale tra anziani e popo-
Politiche sociali
N. 151 - 2005
“Peer education”
nella terza età
lazione cosiddetta attiva in
quanto il timore è quello di
alterare in misura notevole
equilibri antichi, rimettendo
in discussione la struttura
economica, la visione dell’esistenza, il sistema delle relazioni interpersonali e generazionali, il sistema di sicurezza sociale. La complessità è
dovuta anche all’approccio
distorto con cui fino ad ora è
stato studiato il fenomeno.
Le ricerche, le politiche delle
istituzioni pubbliche, ma anche la cultura imperante in
termini generali hanno visto
gli anziani come un’unica
grande categoria, costituita
da milioni di persone aventi
in comune l’età e la condizione di “non più attivo lavorativamente”, con la conseguenza di omogeneizzare
condizioni molto diverse tra
loro. Ancora una volta gli stereotipi hanno appiattito una
dimensione multiforme e ricca riducendo gli anziani ad
un gruppo marginale che ha
smesso di contribuire all’economia ed ha perduto il suo
ruolo sociale diventando dipendente dagli altri e dallo
Stato. Tali stereotipi sono
dannosi non solo per l’accettazione dell’anziano come
membro a pieno titolo della
comunità, per l’autostima e
quindi la considerazione che
l’anziano ha di sé ma anche
Il ruolo degli anziani nel contesto sociale
dei piccoli villaggi
per la società stessa. La vecchiaia è generalmente accostata ad una serie di “divieti”: non lavorare, non decidere, non creare, non costruire… Raramente si pensa che
questa fase della vita possa
essere il momento in cui finalmente si possono coltivare
relazioni e fare cose che gli
impegni familiari e lavorativi
avevano impedito. Ma, in
mancanza di incentivi, solo
pochi leggono, incontrano
amici, viaggiano, vanno al cinema o si occupano di politica più di quanto non facessero da “giovani”. Resta certamente il fatto che l’allungamento della vita causa un aumento del tempo a disposizione di ciascun individuo;
tempo da passare in gran parte da soli sia perché la famiglia mononucleare è sempre
più diffusa, sia perché gli altri membri sono spesso impegnati in mille attività “più
importanti”.
L’esame dei nuovi bisogni che
la società deve affrontare, affinché l’allungamento della
vita media ed il progressivo
invecchiamento della popolazione – anche in buone con-
dizioni di salute – non vadano a discapito della qualità
della vita rende necessario:
• lo studio di strategie tendenti a valorizzare la terza
età come risorsa sociale e
culturale;
• la ricerca di mezzi per attutire gli esiti negativi
causati dal passaggio dalla
piena attività ad una fase
che rischia di essere di
“tempo vuoto” e marginalità sociale.
Come già evidenziato in interventi precedenti è indispensabile lavorare su tre
punti nodali:
1. L’emergere di bisogni culturali e relazionali man
mano che si soddisfano
quelli materiali di base.
2. La necessità di cambiare
prospettiva nei confronti
dell’anziano; non più cittadino passivo bisognoso
di assistenza, ma risorsa
da valorizzare sia nel contesto dei pari che in quello sociale in termini più
generali.
3. La contestualizzazione
della prospettiva nei piccoli centri, nei cosiddetti
“villaggi”.
Politiche sociali
N. 151 - 2005
Cosa significa questo in
pratica?
Se è indubbia per alcuni la
necessità di supporto dal
punto di vista pratico, per la
gestione delle attività quotidiane è altrettanto fondamentale considerare il contesto relazionale e culturale dove questi si trovano e la
profonda solitudine che molti
sono costretti a vivere come
risultato di una forte emarginazione sociale, per il non essere o non sentirsi più adeguatamente “utili”.
Consideriamo proprio il grande problema della solitudine,
che porta a restare alla periferia del sistema sociale, perché
a volte non del tutto autosufficienti. Ed ecco che un gruppo di anziani si organizza per
uscire e far uscire i meno autonomi, andare a fare la spesa, andare dal medico o all’Università della terza età. Organizzandosi e impegnandosi
per sé e per gli altri gli anziani vengono finalmente riconosciuti e assumono un nuovo
ruolo, che non solo la società
gli riconosce ma anche loro
stessi. Tutto ciò contribuisce
ad allontanare la solitudine e
la depressione che nasce dalla
sensazione di inutilità e marginalità e a dare un supporto
concreto al contesto sociale di
riferimento. In questo senso
questo tipo di progetto di impegno sociale e di auto-organizzazione responsabilizzante
può avere un effetto preventivo nei confronti della depressione della terza età.
Da un lato sono senz’altro
d’aiuto le nuove tecnologie al
servizio degli anziani – che
hanno giustamente avuto
una parte importante nel
progetto in questione – come
strumenti principali per prevenire il processo di invecchiamento, compensare la
perdita di abilità e capacità,
migliorare le prestazioni personali e, quindi, la percezione del proprio ruolo all’interno della società, supportando
allo stesso tempo le persone
che assistono gli anziani nello svolgimento del loro compito. Ma per fare questo è necessario vincere alcune barriere emozionali e psicologiche, che spesso fanno percepire le soluzioni pensate per
gli anziani come “ghettizzanti” e “stigmatizzanti”, e che,
quindi, incontrano il rifiuto
dell’individuo che fatica ad
accettare la propria condizione. Ridare un ruolo attivo
nella società agli anziani;
questo significa allargare la
portata delle implicazioni e
delle conseguenze di tale fenomeno in tutti i settori della
vita quotidiana, nonché la
necessità di creare una società senza discriminazioni
nei confronti degli anziani
stessi, attraverso interventi e
politiche adeguati di tutela e
di promozione sociale. Questo
obiettivo richiede un approccio integrato e multidisciplinare che coinvolga nel processo di progettazione dei
prodotti e servizi anche i potenziali utilizzatori, per approfondirne esigenze, desideri e aspettative, quindi rispondere in modo adeguato
per ritardare e ridurre in modo efficace le difficoltà legate
al processo di invecchiamento e a condizioni di disabilità.
Se questo è vero nel campo
strettamente tecnico lo è ancor di più nel contesto dell’offerta dei servizi di sostegno culturale e relazionale.
La terza età tra peer e valorizzazione del ruolo
Con il miglioramento delle
condizioni generali di salute
della popolazione si fa sempre
più evidente la necessità di
superare un grosso pregiudizio nei confronti dell’anziano,
si tratta di cambiare completamente l’ottica attraverso la
quale vengono “letti” ed inquadrati questi cittadini. È
indispensabile creare una
nuova dimensione in cui ci sia
spazio per persone che hanno
del tempo e del reddito, anche se quest’ultimo spesso
non alto, senza creare barriere legate all’età anagrafica.
Accanto all’assistenza pratica
diventa perciò fondamentale
valorizzarne la competenza
non solo professionale, ma soprattutto l’esperienza di vita
che fa cambiare l’ottica attraverso la quale vengono organizzate attività e servizi per
la cosiddetta terza età.
Una riflessione sul concetto
di “utilità” diventa a questo
punto indispensabile soprattutto alla luce di una società
che sempre più mette in evidenza come valori l’efficienza
e l’efficacia, sempre più spesso trasferiti dal contesto economico a quello sociale. Questa revisione ci impone un
cambiamento di prospettiva
dalla logica di una società
centrata sulla produttività
che genera denaro ad una logica della valorizzazione della persona. Un grosso cambiamento culturale che potremo essere in grado di affrontare soltanto nel momento in
cui ci rendiamo conto dell’immensa ricchezza che questa
rivoluzione culturale ci può
portare nell’ottica del benessere e del miglioramento del-
Sae l ute
Territorio 209
la nostra qualità di vita.
Possiamo cioè scegliere di
aderire all’etica della programmazione e dei risultati,
che afferma che le cose, le
azioni e le relazioni umane
non hanno un valore in se
stesse; il cui rilievo è deciso
arbitrariamente dall’uomo.
Oppure scegliere di aderire all’etica di una realtà dotata di
un suo autonomo valore, una
sua autonoma bellezza, una
sua autonoma capacità di essere utile su tutti i piani della
nostra vita, indicandoci valori essenziali come la reciprocità della relazione ed il mutuo appoggio, la gratuità, il
servizio alla collettività e ai
più deboli e svantaggiati; la
libertà profonda di una solidarietà matura e consapevole
dei bisogni del singolo e della
collettività.
Credo che in quest’ottica il
“villaggio” sia e possa essere
la giusta dimensione per affrontare una nuova visione
dell’essere anziani, una dimensione all’interno della
quale, in una logica di rete,
affrontare in maniera integrata e umana la nuova condizione con cui ognuno di
noi verrà a confrontarsi. Pensiamo all’opportunità di
creare servizi in un’ottica diversa; quella dell’integrazione e della valorizzazione di
una cittadinanza attiva. Proviamo a fare un volo pindarico e pensare in grande. Proviamo a immaginare a ciò
che accadrebbe se l’economia
del villaggio non fosse basata sul denaro ma sul tempo a
disposizione da dedicare a sé
e alle relazioni interpersonali. A questo livello avremmo
cittadini anziani con un ruolo centrale e che hanno una
l ute
Sa
e
210 Territorio
potenzialità “produttiva”
enorme.
Nei piccoli centri spesso la
percentuale di anziani è maggiore che nelle città. Nasce
sempre più l’esigenza di far
coincidere la loro necessità di
impiegare una parte del tempo in modo costruttivo e le
numerose necessità di supporto culturale e sociale della
popolazione. Nei piccoli centri molti anziani sono portatori di saperi, di abilità tecniche e manuali spesso destinati a morire e perciò ancora
più preziose: mestieri, attività manuali e artigiane, storie, cultura. Pensiamo a laboratori, incontri conviviali in
cui sono in un reciproco arricchimento giovani e adulti;
ad una banca del tempo con
uno scambio non in denaro
per le attività che si intraprendono, ma in ore disponibili. Pensiamo a servizi ludici,
ad attività all’aria aperta che
gli anziani possono organizzare per i loro pari e per i
bambini; all’assistenza volontaria per chi ha maggiori difficoltà di salute, anziani e
non. Anche “I nonni a scuola”, potrebbe essere un’iniziativa volta a costruire una
nuova identità della figura
dell’anziano non più delimitato e rinchiuso in spazi e
problematiche isolate dal resto della comunità, ma aperto
ad una modalità attiva e costruttiva di rapporto con il
sociale ed in particolare con
il mondo della scuola, dove
mantenere viva la comunicazione tra generazioni. Questi
sono soltanto degli esempi di
una nuova ottica di reciprocità, di scambio di valori e saperi con un enorme potenziale di arricchimento umano e
Politiche sociali
sociale che credo sia proprio
una ricchezza delle piccole
comunità.
La cooperazione e la logica di
area possono qui rivelarsi
vincenti; riuscire a organizzare e coordinare tra realtà
simili servizi ed attività nel
rispetto delle esigenze comuni ed individuali. Ciò rende
necessario superare alcune
difficoltà nell’organizzazione
di servizi di assistenza e soprattutto di quelli di supporto relazionale e culturale,
sempre più indispensabili. Si
richiede cioè necessariamente la creazione di una rete di
centri di supporto passando
da una logica di villaggio (village logic) ad una logica di
area (area logic) in un’ottica
di servizi condivisi (shared
services).
Sostanzialmente questo comporta:
• pur prendendo spunto dalle attività svolte nelle aree
urbane, ripensare i servizi
in un’ottica di rete contestualizzata alle realtà specifiche;
• creare opportunità sinergiche nel reperire le risorse.
Ciò significa innanzitutto
consorziarsi con centri limitrofi organizzando servizi in
collaborazione e creare servizi ad elevata fluidità a costi
strutturali ridotti. Il valore
della costruzione della rete di
villaggi è cioè potenziata dalla capacità di stabilire rapporti di tipo informale anche
con le strutture presenti sul
territorio, con i rappresentanti istituzionali. Tuttavia
tale capacità, essendo basata
soprattutto su conoscenze e
competenze che implicano
una gestione personalizzata
del gruppo, è difficilmente
N. 151 - 2005
esportabile tout court e riproducibile in altri contesti, pur
tuttavia di grande rilevanza
pragmatica ed operativa.
Conclusioni
Credo che proprio la realtà del
villaggio allargato permetta
di raggiungere l’obiettivo di
contribuire a realizzare una
“società per tutte le età”; una
società rispettosa degli anziani di oggi e di domani; una
società che riconosce dignità
e diritti di cittadinanza a tutti gli individui senza discriminazioni e lungo tutto l’arco
della vita. Promuovere e realizzare politiche ed interventi
innovativi ed integrati a favore della popolazione, coinvolgendo i diversi settori della
programmazione interessati
dal processo di invecchiamento; questo fa sì che vengano
contestualizzate le politiche
di intervento sociale per la
terza età nell’ottica di un
principio di salute allargato.
Secondo l’Organizzazione
mondiale della sanità “la salute è uno stato di completo
benessere fisico, mentale e
sociale e non solamente l’assenza di malattie o infermità”. Il benessere si trasforma nella potenzialità correlata ad una crescita armonica
ed alla capacità di esprimere
un proprio progetto di vita in
qualsiasi fase della vita stessa. Alla luce di questo credo
siano fondamentali alcune
precise scelte strategiche che
il villaggio allargato nell’ottica di area può portare come
propria ricchezza e che vi lancio come proposta e provocazione, in parte già attivate
con il progetto in questione:
• riconoscere il ruolo attivo
della popolazione anziana
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
e promuovere politiche innovative attive per la terza
età;
dare sostanza alla libertà
di scelta dell’anziano;
promuovere un atteggiamento positivo verso l’invecchiamento;
favorire una riorganizzazione del corso della vita a
livello individuale e collettivo, realizzando una maggiore flessibilità tra formazione, lavoro e piacere nelle
diverse fasi della vita, superando una rigida sequenzialità;
promuovere un invecchiamento attivo (active ageing)
anche con interventi di
coinvolgimento degli anziani come educatori/facilitatori anche dei propri pari
(peer educators);
favorire e sostenere il diritto ad una vita indipendente;
valorizzare l’apporto delle
nuove tecnologie per ampliare i margini di libertà e
di autonomia delle persone
anziane;
sostenere le persone che
scelgono di prestare cura ai
propri familiari o conoscenti;
promuovere il benessere e
la salute nella terza età,
assicurando un approccio
preventivo nel corso della
vita ed universalità ed
equità di accesso ai servizi
sanitari e sociali;
favorire un contesto sociale valorizzante le relazioni
interpersonali ed intergenerazionali;
operare scelte politiche
nell’ottica del benessere e
miglioramento della qualità della vita della cittadinanza intera.
Programmazione sanitaria
N. 151 - 2005
Patrizia Carletti
Giovanna V. De Giacomi
Cristina Mancini
Maria Soledad
Ferreiro Cotorruelo
Agenzia Regionale Sanitaria
Marche, Direttore:
Prof. Francesco Di Stanislao
N
ella regione Marche è
stato avviato dall’Osservatorio epidemiologico regionale dell’Agenzia
regionale sanitaria (ARS-Marche), nel giugno 2003, un
progetto per la realizzazione
del profilo di assistenza per il
paziente uremico cronico.
L’obiettivo del profilo è il miglioramento della qualità della vita del paziente con insufficienza renale cronica (IRC)
attraverso la presa in carico
precoce da parte del nefrologo e del medico di medicina
generale (MMG), la riduzione
delle complicanze dell’uremia
e del trattamento dialitico, la
riduzione di tutte le pratiche
time consuming per il paziente e per gli operatori che non
danno alcun valore aggiunto
alla qualità assistenziale.
Per l’analisi del contesto sono
stati utilizzati:
• i registri di attività dei
Centri dialitici per gli anni
precedenti il 1999;
• i dati del flusso informativo sui Centri dialisi della
Regione Marche;
• la scheda ospedaliera dei
ricoveri (SDO) dei pazienti
con IRC;
• focus groups condotti con
1
2
3
Sae l ute
Territorio 211
Il profilo di assistenza
per il paziente uremico
cronico
gli operatori dei Centri nefro-dialitici e con i pazienti e loro rappresentanti
(ANED - Associazione nazionale emodializzati).
Il profilo di assistenza è stato considerato uno strumento per la presa in carico del
paziente cronico in tutte le
fasi della sua malattia, dalla
IRC lieve alla dialisi, al trapianto e alla riabilitazione
psico-sociale.
Gli strumenti individuati per
il raggiungimento degli
obiettivi sono stati:
1. La costruzione di un linguaggio comune tra gli
operatori nefro-dialitici a
partire dalle evidenze
scientifiche.
2. La costruzione di un rapporto con il territorio
(MMG e Distretto).
Nell’arco di due anni è stato
condotto un lavoro di gruppo
multiprofessionale con gli
operatori del settore nefrodialitico di tutti i Centri della
Regione (n. 168 operatori e 39
incontri di lavoro) e con i rappresentanti dei malati. Questo
ampio confronto sulle attuali
modalità assistenziali al paziente uremico cronico ha
consentito una analisi delle
La costruzione di una rete assistenziale
integrata tra Ospedale e territorio
criticità e ha portato alla produzione di raccomandazioni
condivise, basate sulle evidenze scientifiche e adattate
al contesto regionale. La partecipazione dei malati e dei
loro rappresentanti è stata di
fondamentale importanza per
il superamento delle barriere
tra tecnici e cittadini che
troppo spesso costituiscono
un ostacolo alla buona qualità
relazionale, e, in ultima analisi alla efficacia delle cure.
Attualmente il profilo è in fase di sperimentazione in tutti
i Centri nefro-dialitici della
Regione, mentre è in fase di
avvio il lavoro con i MMG e
con gli operatori dei Distretti.
Back ground
Nella
Regione
Marche
(1.504.827 abitanti) vi sono
15 Centri dialisi ospedalieri, 6
Centri ad assistenza limitata/decentrata, 2 Centri privati
(Fig. 1).
Al 31.12. 2003 risultano in
dialisi 1.106 pazienti (di cui
il 16% in dialisi peritoneale)
e 440 pazienti sono portatori
di trapianto renale.
Dall’analisi della domanda-offerta relativa alla dialisi ed al
trapianto di rene1 risulta che,
per quanto riguarda il trattamento sostitutivo dialitico, la
domanda è complessivamente
soddisfatta (vi sono 3,1 pazienti per posto tecnico di
emodialisi), (Fig. 2), anche se
ci sono alcune differenze tra
Centri relative soprattutto alla disponibilità del personale
(medici, infermieri, assistenti
sociali).
Nelle Marche il 22% dei pazienti inizia la dialisi in urgenza (prima rilevazione condotta nel 2002, 35%) 2: ciò è
espressione di un ritardo nella presa in cura del paziente
affetto da insufficienza renale cronica (IRC) a cui fa seguito una elevata morbosità e
mortalità, un peggioramento
della qualità della vita ed elevati costi.
Dall’analisi delle SDO 3 degli
)ΟΞςςΡ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΨΡ ςΞΛ &ΗΘΩΥΛ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΓΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ 0∆ΥΦΚΗ, 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ.
)ΟΞςςΡ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΨΡ ςΞΛ &ΗΘΩΥΛ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΓΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ 0∆ΥΦΚΗ, 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ.
)ΡΘΩΗ: 6∋2 ∆ΘΘΛ 1997-2003, (Ο∆ΕΡΥ∆]ΛΡΘΗ 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ.
l ute
Sa
e
212 Territorio
Programmazione sanitaria
N. 151 - 2005
Fig. 1.
Fig. 2 - Posti tecnici
per emodialisi e numero
di pazienti in ED.
Regione Marche, anni 1996-2003.
Fonte: Schede informative sui Centri
dialisi, REM/ARS Marche,
anni 2000-2001-2002-2003,
Registro marchigiano di dialisi
e trapianto, anni 1995-1996.
Programmazione sanitaria
N. 151 - 2005
anni 1997-2003 risulta che il
l’82% dei ricoveri per insufficienza renale sono dovuti a
IRC e di questi ben il 68% alla
IRC in fase conservativa
(Figg. 3 e 4); inoltre si stima
che il 17% dei pazienti con
IRC in fase conservativa nella
Regione Marche ricorre al ricovero una volta all’anno4.
Queste ed altre considerazioni quali:
• la lunga durata della malattia e la necessità di continuità assistenziale,
• l’elevata disabilità ad essa
associata,
• il crescente invecchiamento della popolazione in generale e dei pazienti in
dialisi con conseguente
aumento dei bisogni socioassistenziali,
• le richieste dei malati e
dell’associazione dei malati,
• la complessità della risposta assistenziale e la variabilità di comportamento
tra operatori,
• la rilevanza economica del
trattamento,
hanno indotto l’ARS Marche a
realizzare un profilo di assistenza per il paziente uremico cronico. La realizzazione
ed implementazione di tale
profilo è diventato un obiettivo del Piano sanitario regionale 2003-20065.
Il profilo di assistenza è stato
4
utilizzato come strumento
per:
• la gestione clinica del paziente in un’ottica di clinical governance 6 , cioè di
miglioramento continuo
della qualità assistenziale
a partire dagli operatori;
• l’erogazione di cure appropriate, quindi di qualità e
tempestive in quanto basate sulle evidenze scientifiche applicate nel contesto locale;
• la presa in carico del paziente in quanto è un modello che prevede la continuità assistenziale in forma
coordinata ed integrata;
• la gestione trasparente nei
confronti del cittadino in
quanto definisce, in relazione ad un determinato
bisogno di salute, i servizi
sanitari coinvolti e le singole responsabilità (1, 2,
3, 4).
Il cittadino, informato e reso
consapevole su “chi deve fare-che cosa”, può assumere
un ruolo attivo contribuendo
quindi a ridurre l’asimmetria
medico-paziente.
Obiettivo generale
Migliorare la qualità della vita del paziente uremico cronico e della sua famiglia.
Obiettivi specifici
• Presa in carico precoce del
paziente con IRC da parte
del nefrologo e del medico
di medicina generale.
• Riduzione delle complicanze dell’uremia e del
trattamento dialitico.
• Riduzione di tutte le pratiche time consuming per il
paziente e per gli operatori che non danno alcun valore aggiunto alla qualità
assistenziale.
Per realizzare una reale presa
in carico del paziente in tutte
le fasi della malattia risultano indispensabili:
1. La costruzione di un linguaggio comune tra gli
operatori nefro-dialitici a
partire dalle evidenze
scientifiche.
2. La costruzione di un rapporto con il territorio. A
questo proposito va sottolineato che l’uremia cronica, al pari di altre malattie
croniche, necessita di
un’assistenza integrata tra
Ospedale e territorio, in
particolare tra nefrologi e
MMG. Esiste un’ampia area
grigia, la fase iniziale o
lieve della IRC, in cui il paziente può essere seguito
sia dal MMG che dal nefrologo o, viceversa, può
“sfuggire” ad una diagnosi
precoce per asintomaticità
della malattia, per mancanza di informazione o
per diversità nelle moda-
Sae l ute
Territorio 213
lità di valutazione della
funzione renale.
Pertanto i nefrologi, i MMG e
gli operatori del Distretto devono trovare una modalità di
collaborazione in un’ottica
comune di intervento. Qualora questo non si verificasse, si
correranno i rischi di formulare diagnosi tardive, di moltiplicare inutilmente gli esami diagnostici ed i ricoveri
ospedalieri, di sottoporre il
paziente a messaggi contrastanti.
L’ottimizzazione dell’assistenza sanitaria attraverso il
profilo assistenziale dovrebbe
avere, nel medio periodo, un
impatto positivo anche sul
piano economico attraverso
la riduzione dei ricoveri ordinari per IRC, la riduzione del
numero dei pazienti che iniziano la dialisi in urgenza7, la
riduzione del numero di spostamenti del paziente in ambulanza.
Realizzazione
Il progetto “Profilo di assistenza per il paziente uremico cronico” è stato avviato
dall’Osservatorio epidemiologico dell’ARS nel giugno 2003
e prevede la durata di due
anni.
Il progetto è realizzato con
un finanziamento pubblico
(Ministero della salute) e
coordinato dall’ASSR.
)ΡΘΩΗ: 6∋2 ∆ΘΘΛ 1997-2003, (Ο∆ΕΡΥ∆]ΛΡΘΗ 2ςςΗΥΨ∆ΩΡΥΛΡ ΗΣΛΓΗΠΛΡΟΡϑΛΦΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ/∃56 0∆ΥΦΚΗ Η ΛΘΓ∆ϑΛΘΗ ≥/Η Σ∆ΩΡΟΡϑΛΗ ΦΥΡΘΛΦΚΗ ∆ ΥΛΟΗΨ∆ΘΩΗ
ΛΠΣ∆ΩΩΡ ςΡΦΛ∆ΟΗ ΘΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ 0∆ΥΦΚΗ×.
5 3Λ∆ΘΡ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ 2003-2006 (∋/ Θ. 97 ΓΗΟ 30 ϑΛΞϑΘΡ 2003), Σ 130: ≥6∆Υϕ ΛΠΣΗϑΘΡ ΓΗΟΟ∆ 5ΗϑΛΡΘΗ ΣΥΡΠΞΡΨΗΥΗ, ΗΘΩΥΡ ΛΟ 2004, Ο∆ ΠΗςς∆ ∆
ΥΗϑΛΠΗ ΓΗΛ ΣΥΡΙΛΟΛ ∆ςςΛςΩΗΘ]Λ∆ΟΛ ΣΗΥ Σ∆ΩΡΟΡϑΛΗ/ΦΡΘΓΛ]ΛΡΘΛ ΥΛΟΗΨ∆ΘΩΛ (ΛΘΙ∆ΥΩΡ ΓΗΟ ΠΛΡΦ∆ΥΓΛΡ ∆ΦΞΩΡ, ΣΥΡΩΗςΛ Γ∂∆ΘΦ∆, ΛΦΩΞς, ΣΗΥΦΡΥςΡ Θ∆ςΦΛΩ∆, ΘΗΙΥΡΣ∆ΩΛΗ
ΦΥΡΘΛΦΚΗ, ϑΥ∆ΨΛ ΛΘςΞΙΙΛΦΛΗΘ]Η ΥΗςΣΛΥ∆ΩΡΥΛΗ), ΠΗΓΛ∆ΘΩΗ Ο∆ ΦΡΘΓΛΨΛςΛΡΘΗ Η Ο∂∆ΓΡ]ΛΡΘΗ ΓΗϑΟΛ ςΩΗςςΛ ςΞ ΩΞΩΩΡ ΛΟ ΩΗΥΥΛΩΡΥΛΡ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ×.
6 /∆ ΦΟΛΘΛΦ∆Ο ϑΡΨΗΥΘ∆ΘΦΗ θ Ο∆ ςΩΥ∆ΩΗϑΛ∆ ΠΗΓΛ∆ΘΩΗ Ο∆ ΤΞ∆ΟΗ ΟΗ ΡΥϑ∆ΘΛ]]∆]ΛΡΘΛ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΗ ςΛ ΥΗΘΓΡΘΡ ΥΗςΣΡΘς∆ΕΛΟΛ ΓΗΟ ΠΛϑΟΛΡΥ∆ΠΗΘΩΡ ΦΡΘΩΛΘΞΡ ΓΗΟΟ∆ ΤΞ∆ΟΛΩϕ ΓΗΛ ΟΡΥΡ ςΗΥΨΛ]Λ Η ΓΗΟΟ∆ ς∆ΟΨ∆ϑΞ∆ΥΓΛ∆ ΓΛ ΗΟΗΨ∆ΩΛ ςΩ∆ΘΓ∆ΥΓ ΓΛ ΦΞΥΗ ΦΥΗ∆ΘΓΡ ΞΘ ∆ΠΕΛΗΘΩΗ ΦΚΗ Ι∆ΨΡΥΛςΦ∆ Ο∂ΗςΣΥΗςςΛΡΘΗ ΓΗΟΟ∆ ΗΦΦΗΟΟΗΘ]∆ ΦΟΛΘΛΦ∆ (1+6,
:ΚΛΩΗ 3∆ΣΗΥ: ∃ )ΛΥςΩ &Ο∆ςς 6ΗΥΨΛΦΗ, 1998).
7 ∃ ΤΞΗςΩΡ ΣΥΡΣΡςΛΩΡ ΗςΛςΩΗ ΞΘ∂∆ΠΣΛ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ΩΞΥ∆ ςΦΛΗΘΩΛΙΛΦ∆ ΦΚΗ ΓΛΠΡςΩΥ∆ ΦΚΗ Ο∂ΛΘΛ]ΛΡ ΓΗΟΟ∆ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΛΘ ΞΥϑΗΘ]∆ ΡΟΩΥΗ ∆ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΥΗ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΩ∆ΟΛΩϕ, ςΛ ∆ςςΡΦΛ∆ ∆Γ ΘΞΠΗΥΡ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΓΛ ΦΡΠΣΟΛΦ∆Θ]Η Η ∆Γ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΕΡςΛΩϕ ΦΡΘ ∆ΞΠΗΘΩΡ ΓΗΟ ΘΞΠΗΥΡ ΓΗΟΟΗ ϑΛΡΥΘ∆ΩΗ ΓΛ ΓΗϑΗΘ]∆.
l ute
Sa
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214 Territorio
Programmazione sanitaria
N. 151 - 2005
Fig. 3 - Distribuzione percentuale
dei ricoveri dei pazienti con IRC
in terapia conservativa
e in dialisi. Regione Marche,
anni 1997-2003.
Fonte: Schede di dimissione
ospedaliera (SDO) anni 1997-2003.
Elaborazione Osservatorio
epidemiologico regionale/ARS Marche.
In media, negli anni 1997-2003, il
68% dei ricoveri ordinari dei pazienti
affetti da IRC è attribuibile a pazienti
affetti da IRC in terapia conservativa
ed il 32% a pazienti affetti da IRC
in dialisi cronica.
Fig. 4 - N. di pazienti residenti
nella Regione Marche affetti da
IRC in terapa conservativa e in
terapia dialitica ricoverati nel
corso degli anni 1997-2003.
In questo periodo i pazienti ricoverati
affetti da IRC in terapia conservativa
hanno effettuato 1,28 ricoveri/paz/
anno (in media, in un anno, 901
pazienti hanno effettuato 1.158
ricoveri) e quelli con IRC in dialisi
1,38 ricoveri/paz/anno (in media, in
un anno 389 pazienti in dialisi cronica
hanno effettuato 535 ricoveri). L’età
media dei due gruppi è analoga (69
anni). Si assiste ad un progressivo
aumento dell’età nel corso del tempo
(da 67 anni nel 1997 a 70 nel 2003).
Metodologia
La metodologia adottata dal
coordinamento scientifico
dell’ARS per la costruzione del
profilo è stata di tipo partecipativo: tutti gli operatori del
settore nefro-dialitico (medici, caposala, infermieri, dietisti, assistenti sociali) ed i rappresentanti dei pazienti
(ANED) sono stati invitati a
partecipare alla realizzazione
8
del profilo. Analogamente, in
successione, è previsto il
coinvolgimento dei MMG/PLS
e degli operatori del Distretto.
Per il settore nefro-dialitico
sono stati definiti 5 gruppi di
lavoro, multidiscipinari e
multiprofessionali, che hanno lavorato in aula, durante
gli incontri assieme ai malati
e ai loro rappresentanti e nelle loro sedi (n. totale di ope-
ratori coinvolti 168).
Tutto quello che i gruppi di
lavoro hanno prodotto in aula e comunicato telematicamente è stato raccolto dal Comitato scientifico e costantemente restituito, come work
in progress, ai singoli componenti dei gruppi e ai responsabili delle UO nefro-dialitiche in un circuito continuo a
feed-back.
Il Comitato scientifico oltre
al coordinamento, ha provveduto ad elaborare le griglie
di lavoro8, alla diffusione del
materiale bibliografico e alla
redazione delle raccomandazioni.
Fasi
1. Costruzione del team di
progetto (multisciplinare
e multiprofessionale)
/Η ϑΥΛϑΟΛΗ ΓΛ Ο∆ΨΡΥΡ ΦΡΘΩΗΘΗΨ∆ΘΡ ςΣΗΦΛΙΛΦΛ ΤΞΗςΛΩΛ ΦΟΛΘΛΦΡ-ΡΥϑ∆ΘΛ]]∆ΩΛΨΛ ΥΗΟ∆ΩΛΨΛ ∆ΟΟ∂∆ςςΛςΩΗΘ]∆ ΘΗΟΟΗ Ψ∆ΥΛΗ Ι∆ςΛ ΓΗΟΟ∆ ,5& Η ,5&7.
Programmazione sanitaria
N. 151 - 2005
2. Analisi della domanda e
dell’offerta
3. Analisi dell’attuale modalità assistenziale del
paziente uremico cronico
(variabilità e criticità)
4. Costruzione del profilo di
assistenza nella fase
IRC/pre-dialisi
5. Costruzione del profilo di
assistenza nella fase del
trattamento domiciliare
6. Individuazione del set di
indicatori di risultato
7. Sperimentazione del profilo
8. Valutazione della fase
sperimentale
9. Implementazione
10. Valutazione
11. Monitoraggio
12. Aggiornamento
13. Analisi dei costi prima e
dopo l’implementazione
del profilo di assistenza.
Indicatori
Per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi si
prevede di utilizzare i seguenti indicatori:
• n. pazienti che iniziano la
dialisi “in urgenza”/totale
pazienti che iniziano la
dialisi9;
• tassi standardizzati di
ospedalizzazione dei pazienti con IRC in dialisi e
non (monitoraggio);
• materiale informativo pertinente prodotto e diffuso.
Attività svolte
1. Costruzione del team di
progetto (multisciplinare e
9
multiprofessionale)
A seguito dell’invito da parte
dell’ARS ai responsabili delle
Unità operative nefro-dialitiche, ai nefrologi, alle caposala e all’ANED a partecipare al
progetto, si è costituito il
team di progetto.
Poiché la “cura del paziente”
non è mai il risultato dell’intervento esclusivo del “medico”, è evidente che costruire
ed implementare il profilo di
assistenza implica che tutti
gli attori, sanitari e sociali,
coinvolti nel processo di cura, i malati e i loro rappresentanti, si mettano intorno allo
stesso tavolo a lavorare.
Pertanto si è ritenuto di fondamentale importanza la
partecipazione delle molteplici figure professionali
coinvolte nell’assistenza del
paziente con IRC, dei malati
e dell’ANED.
Successivamente si sono costituiti 5 gruppi di lavoro su:
• IRC/predialisi
• emodialisi (sottogruppi:
esami clinico/laboratoristici/strumentali, dialisi,
farmaci, informazione al
paziente, comunicazione
con il MMG)
• dialisi peritoneale
• trapianto
• riabilitazione psico-sociale
del paziente uremico cronico.
Alla data del 15 maggio 2005
sono stati effettuati 39 incontri di cui 3 plenari e 36 di
gruppo.
2. Analisi della domanda e
dell’offerta
• Flusso informativo sui
Centri dialisi: domanda/
offerta per la dialisi e trapianto (www.ars.marche.it
OER/ARS Marche)
• Analisi delle SDO per i ricoveri per IRC (OER/ARS
Marche).
3. Analisi dell’attuale modalità assistenziale del paziente
uremico cronico
Dal settembre 2003 al gennaio 2004 sono stati effettuati 9 incontri con i gruppi di
lavoro durante i quali gli operatori di tutti i Centri nefrodialitici si sono confrontati
sulle modalità di assistenza al
paziente uremico cronico nelle varie fasi della malattia, rilevando la variabilità di comportamento tra gli operatori e
le principali criticità.
È stato prodotto un documento di sintesi che dà un
quadro descrittivo della situazione attuale.
4, 5, 6. Costruzione del profilo
di assistenza nella fase
IRC/pre-dialisi, nella fase del
trattamento sostitutivo (dialisi e trapianto) e nella fase del
trattamento domiciliare
Nel periodo febbraio-giugno
2004 è stata realizzata la costruzione del profilo (12 incontri): il coordinamento
scientifico ha sottoposto ai
gruppi di lavoro specifici
quesiti clinico-organizzativi
per i quali produrre delle rac-
Sae l ute
Territorio 215
comandazioni 10 , vale a dire
definire che cosa andrebbe
fatto, come, da chi, dove e
con quali risorse.
Come fase propedeutica, il
coordinamento ha provveduto ad effettuare una disamina della bibliografia scientifica EBM, delle linee guida
nazionali ed internazionali e
delle buone pratiche locali e
nazionali, necessario supporto per la produzione di raccomandazioni. Il materiale bibliografico è stato consegnato a tutti gli operatori dei
gruppi di lavoro.
Il materiale elaborato contenente le raccomandazioni è
stato “assemblato” dalla segreteria scientifica e consegnato ai responsabile delle
UO nefrodialitiche e a tutti i
partecipanti il 7 luglio 2004.
È stato poi diffuso mediante
un CD rom a tutte le UO nefrodialitiche, alle Direzioni
delle Zone territoriali (ex AUSL) della Regione e reso disponibile nel sito dell’ARS11.
Esso consiste in:
• 5 fascicoli redatti con diagrammi relativi a “IRC- Predialisi”, “Emodialisi”, “Dialisi peritoneale”, “Trapianto”, “Accesso vascolare”. I
diagrammi sono stati utilizzati per descrivere, nelle
varie fasi del processo assistenziale al paziente uremico cronico, che cosa fare,
come, dove, quando, chi.
• Scheda sociale e relative
indicazioni per la compilazione.
∃ ΤΞΗςΩΡ ΣΥΡΣΡςΛΩΡ ΗςΛςΩΗ ΞΘ∂∆ΠΣΛ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ΩΞΥ∆ ςΦΛΗΘΩΛΙΛΦ∆ ΦΚΗ ΓΛΠΡςΩΥ∆ ΦΚΗ Ο∂ΛΘΛ]ΛΡ ΓΗΟΟ∆ ΓΛ∆ΟΛςΛ ΛΘ ΞΥϑΗΘ]∆ ΡΟΩΥΗ ∆ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΥΗ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΩ∆ΟΛΩϕ, ςΛ ∆ςςΡΦΛ∆ ∆Γ ΘΞΠΗΥΡ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΓΛ ΦΡΠΣΟΛΦ∆Θ]Η Η ∆Γ ΞΘ∆ Π∆ϑϑΛΡΥΗ ΠΡΥΕΡςΛΩϕ ΦΡΘ ∆ΞΠΗΘΩΡ ΓΗΟ ΘΞΠΗΥΡ ΓΗΟΟΗ ϑΛΡΥΘ∆ΩΗ ΓΛ ΓΗϑΗΘ]∆.
10 6ΡΘΡ ςΞϑϑΗΥΛΠΗΘΩΛ ΣΗΥ ΛΟ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΠΗΘΩΡ ΦΟΛΘΛΦΡ, ΗΟ∆ΕΡΥ∆ΩΛ ΠΗΓΛ∆ΘΩΗ ΞΘ∆ ΥΗΨΛςΛΡΘΗ ςΛςΩΗΠ∆ΩΛΦ∆ ΓΗΟΟ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ΩΞΥ∆ Η ΓΗΟΟΗ ΡΣΛΘΛΡΘΛ ΓΗϑΟΛ ΗςΣΗΥΩΛ.
+∆ΘΘΡ ΟΡ ςΦΡΣΡ ΓΛ ∆ΛΞΩ∆ΥΗ Λ ΠΗΓΛΦΛ ΗΓ Λ Σ∆]ΛΗΘΩΛ ∆ ΓΗΦΛΓΗΥΗ ΟΗ ΠΡΓ∆ΟΛΩϕ ∆ςςΛςΩΗΘ]Λ∆ΟΛ Σ˝ ∆ΣΣΥΡΣΥΛ∆ΩΗ ()ΛΗΟΓ 0.−., /ΡΚΥ ..1., ∗ΞΛΓΗΟΛΘΗς ΙΡΥ &ΟΛΘΛΦ∆Ο
3Υ∆ΦΩΛΦΗ ΙΥΡΠ ΓΗΨΗΟΡΣΠΗΘΩ ΩΡ ΞςΗ, 1992).
11 ΖΖΖ.∆Υς.Π∆ΥΦΚΗ.ΛΩ
l ute
Sa
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216 Territorio
• Un fascicolo di “Allegati”
contenente specifici approfondimenti: Allegati A R riguardanti la valutazione della funzione renale,
l’ipertensione arteriosa, il
rischio cardiovascolare, la
nutrizione, l’anemia, l’osteodistrofia, l’informazione al paziente, gli esami
periodici in dialisi peritoneale, la prevenzione delle
peritoniti in dialisi peritoneale, gli esami in emodialisi, la valutazione dell’efficienza dialitica, il carrello per le emergenze presso
il Centro dialisi, il trapianto renale: iscrizione in lista ed assistenza al paziente trapiantato, gli esami periodici nel follow-up
del paziente trapiantato,
competenze infermieristiche nell’ambulatorio trapianti, l’iperuricemia nel
trapianto renale, infezioni
virali nel trapianto renale.
7. Sperimentazione del profilo
Nel mese di ottobre 2004 è
stata avviata in tutti i Centri
nefro-dialitici della Regione,
la sperimentazione del profilo
che durerà un anno.
8. Monitoraggio
Con l’avvio della sperimentazione è iniziato anche il monitoraggio della implementazione del profilo.
L’ARS ha richiesto ad ogni
Centro nefrodialitico di nominare un referente per il monitoraggio.
Sono state predisposte dal
coordinamento e consegnate
12
Programmazione sanitaria
ai Centri 5 schede per la rilevazione dei dati necessari al
monitoraggio per la IRC in fase conservativa, la IRC in
trattamento dialitico extracorporeo e peritoneale, IRC in
trattamento con trapianto renale.
Altri “prodotti”
Oltre ai documenti contenenti le raccomandazioni per la
implementazione del profilo
di assistenza, altri “prodotti”
del lavoro svolto fino ad oggi
sono:
• il lavoro di gruppo e la disamina collegiale della letteratura scientifica sono
stati ottimi catalizzatori
per l’aggiornamento dei
professionisti e la costruzione di “un linguaggio
comune”;
• è stato raggiunto un consenso sul fatto che l’intervento del MMG in collaborazione con il nefrologo
deve essere il più precoce
possibile per ritardare la
progressione della IRC e ridurre le complicanze dell’uremia, e che per fare ciò
occorre che i nefrologi
condividano linee guida e
comportamenti comuni e
che sia instaurata una collaborazione costante con i
MMG;
• sono stati fatti alcuni incontri con i medici di medicina generale (circa 150
MMG coinvolti) e si è costituito un gruppo di lavoro
con gli operatori del Distretto per l’estensione
della dialisi domiciliare
N. 151 - 2005
•
•
•
•
(peritoneale) a pazienti
anziani e/o non autosufficienti;
è stata prodotta e pre-testata una scheda regionale
per la rilevazione ed il monitoraggio dei bisogni socio-assistenziali del paziente uremico cronico;
il sottogruppo “Accessi vascolari” del gruppo “Emodialisi” ha lavorato in collaborazione con i chirurghi
del Centro regionale di riferimento per gli accessi
vascolari 12 ha deciso di
adottare un registro regionale per gli accessi vascolari anche in collaborazione con la Società italiana
di nefrologia (SIN). È stato
avviato il primo corso regionale teorico-pratico sugli accessi vascolari13;
il sottogruppo di lavoro
“Nutrizione ed informazione al paziente” ha visto un
ampio coinvolgimento delle dietiste e della società
scientifica (ANDID) che
hanno apportato preziosi
contributi e realizzato un
convegno regionale sull’alimentazione nel paziente
nefropatico;
è stato fatta una raccolta
del materiale utilizzato dai
vari centri per l’informazione al paziente e sono in
fase di produzione opuscoli informativi su IRC, dialisi e stile di vita (alimentazione, attività fisica, vacanze ecc). A questo proposito si sottolinea che la
presenza nei gruppi di lavoro dell’ANED e dei pa-
&ΟΛΘΛΦ∆ ΓΛ &ΚΛΥΞΥϑΛ∆ Ψ∆ςΦΡΟ∆ΥΗ ΓΗΟΟ∂∃]ΛΗΘΓ∆ ΡςΣΗΓ∆ΟΛΗΥ∆ ≥2ςΣΗΓ∆ΟΛ ΥΛΞΘΛΩΛ 8ΠΕΗΥΩΡ ,, /∆ΘΦΛςΛ, 6∆ΟΗςΛ×.
13 ΖΖΖ.∆Υς.Π∆ΥΦΚΗ.ΛΩ
14
∗ΟΛ ΡΣΗΥ∆ΩΡΥΛ ςΗϑΘ∆Ο∆ΘΡ Ο∆ ΛΘΦΡΠΣΟΗΩ∆ ∆ΣΣΟΛΦ∆]ΛΡΘΗ ΓΗΟΟ∆ ΟΗϑϑΗ ΥΗϑΛΡΘ∆ΟΗ Θ. 11 ΓΗΟ 15 ΙΗΕΕΥ∆ΛΡ 1993.
zienti ha portato un prezioso contributo non solo
in termini di suggerimenti
per la soluzione di problemi, ma anche in termini di
sensibilizzazione degli
operatori a migliorare la
qualità relazionale e
l’informazione al paziente.
Verranno progettati anche
incontri informativi per i
pazienti.
• Gli obiettivi del Profilo sono stati assegnati dall’Assessorato alla sanità come
obiettivi di budget 2005
alle Aziende sanitarie della
Regione.
Alcuni punti critici
• alcuni responsabili di UO
nefro-dialitiche hanno
espresso perplessità sulla
metodologia
ritenuta
“troppo partecipativa”;
• gli operatori hanno, in varie occasioni, espresso la
preoccupazione che i decisori politici non siano disponibili a supportare l’implementazione del profilo
quando i cambiamenti organizzativi e gestionali richiedono l’aumento del
personale14.
Conclusioni
La costruzione e la sperimentazione del profilo di assistenza per il paziente uremico cronico ha rappresentato
un’occasione di lavoro comune per tutti gli operatori nefro-dialitici della Regione
Marche insieme ai malati.
Le prossime azioni saranno
rivolte alla creazione di una
Programmazione sanitaria
N. 151 - 2005
rete assistenziale nefrologica
integrata, in grado cioè di legare l’attività ospedaliera con
il territorio, indispensabile
per il raggiungimento degli
obiettivi del profilo. Il percorso assistenziale deve iniziare con il MMG/PLS, continuare nelle strutture ambula-
toriali del Distretto (sede
ideale per la realizzazione di
un’équipe funzionale costituita da nefrologo, infermiere, assistente sociale, dietista, fisioterapista, psicologo)
e, nella fase avanzata della
malattia, nei Centri nefrodialitici di riferimento.
Bibliografia
1. Campbell H., Hotchkiss R., Bradshaw N., Porteus M. (1998), Integrated care pathways, BMJ 316 (10): 133-7.
2. Chassin M.R. (1996), Quality of health care. Part 3: Improving the
quality of care, N Engl J Med 335: 1060-63.
La presa in carico da parte del
territorio è una tappa fondamentale anche per aumentare
i trattamenti dialitici domiciliari (o nelle residenze), particolarmente nei pazienti anziani e/o non autosufficienti.
Tutto ciò non potrà prescindere dall’attuazione di un
Sae l ute
Territorio 217
programma di formazione
(che vede coinvolte le varie
figure sopra menzionate) allo
scopo di consolidare una metodologia di follow-up integrato dei pazienti nefropatici, anche finalizzata alla prevenzione e alla promozione
della salute.
3. Panella M., Marchisio S., Kozel D. et al. (2000), La costruzione, la
sperimentazione e l’implementazione dei profili di assistenza: istruzioni per l’uso, QA; 11(4): 251-62.
4. Russo R. (2000), Profili di cura e profili assistenziali: obiettivi e metodologia, Politiche sanitarie; 1 (4): 182-95.
Ringraziamenti a:
Segreteria e coordinamento scientifico: dr.ssa M. Soledad Ferreiro, dr.ssa Giovanna V. De Giacomi, Dr.ssa Flavia Manenti, Dr. Virgilio
Petrucci.
Coordinamento gruppi di lavoro: dr.ssa Marina Di Luca, dr.ssa Flavia Manenti, dr. Virgilio Petrucci, dr. Ettore Pala, dr. Mauro Marani.
Supporto informatico: dr.ssa Miriam Aguilar Matamoros.
Supporto statistico-epidemiologico per la scheda sociale: Dr.ssa Cristina Mancini, OER/ARS Marche, dr.ssa Federica Michieletto, Direzione per la Prevenzione, Servizio di Epidemiologia e Sanità pubblica Regione Veneto.
Società scientifiche: SIN, ANDID.
Responsabile Centro di riferimento regionale per gli accessi vascolari: dr. Luciano Carbonari.
Responsabile ANED regionale: sig.a Marianna Lolli.
Tutti gli operatori che con il loro prezioso contributo hanno consentito la realizzazione del progetto.
l ute
Sa
e
218 Territorio
Maria Rosaria De Maria
Nicola Mazzoni*
Cristiana Barni**
Psicologa, Psicoterapeuta,
ASL 10 Firenze
* Psicologo
** Psicologa clinica,
Psicoterapeuta
L
e Comunità terapeutiche per tossicodipendenti hanno dovuto
confrontarsi, negli ultimi anni, con alcuni cambiamenti
nella loro utenza che hanno
comportato necessità di nuovi adattamenti.
Tra le trasformazioni possiamo evidenziarne alcune tra le
più rilevanti: l’arrivo sul mercato delle cosiddette “nuove
droghe” sintetiche (ecstasy e
derivati delle amfetamine),
un aumento di cocainomani,
una presenza sempre maggiore di poliassuntori (rispetto
alla tipologia del tossicodipendente da sola eroina degli
anni ’70-‘80), l’arrivo anche
nelle comunità di portatori
del virus dell’HIV e la presenza sempre più consistente di
soggetti con disturbi psichiatrici (le cosiddette “doppie
diagnosi”).
Tutte queste novità hanno rischiato di mettere in crisi
molte delle Comunità terapeutiche di lunga esperienza,
mentre alcuni dei Centri più
piccoli spesso non ce l’hanno
fatta ad affrontare tali trasformazioni, anche per i costi
che ciò poteva richiedere.
L’arrivo di utenti con problematiche di HIV, per esempio,
1
2
Tossicodipendenze
N. 151 - 2005
Il progetto Unità
di valutazione
e diagnosi
richiede un contatto e una
collaborazione molto stretta
con i Centri di cura specializzati e quindi la disponibilità
all’accompagnamento e a tutto ciò che può occorrere;
mentre l’aumento di cocainomani, di consumatori di ecstasy e di poliassuntori richiede agli operatori un aggiornamento tempestivo e
costante sia sui differenti effetti che queste nuove sostanze possono indurre nell’assuntore, sia sulle modalità
di approccio e di terapia.
La presenza di soggetti con
disturbi psichiatrici pone ulteriori problemi di rapporto e
di strumenti terapeutici, ma
soprattutto richiede la possibilità di conoscere meglio e
fin dall’inizio l’utente: la diagnosi diventa così il fattore
da cui partire per un progetto
terapeutico individuale.
Molte Comunità terapeutiche
hanno stabilito collaborazioni con psichiatri e con psicologi sia per la gestione delle
emergenze, sia per una valutazione degli utenti.
Il nostro progetto di psicodiagnostica tramite test di
personalità si inserisce in
questo contesto. Denominato
Unità di valutazione e dia-
Struttura di personalità e attitudini lavorative
nei tossicodipendenti
gnosi, è nato da un’iniziativa
del CEART 1ed è stato finanziato con il Fondo lotta alla
droga dell’anno 2000.
Nello specifico, sono stati
somministrati due test: il
MMPI-2 (Minnesota Multiphasic Personality Inventory) e la
WIS-SVP (Work Importance
Study / Scala dei valori professionali di Trentini G., Bellotto
M., Bolla M.C). Il primo è un
test psicologico di personalità
molto utilizzato e conosciuto
e che per questo motivo non
staremo a descrivere.
La WIS/SPV è un questionario
che analizza i valori professionali. I valori, in questa ottica, sono considerati il “cosa” le persone cercano per
soddisfare i propri bisogni,
ovvero gli aspetti dell’attività
lavorativa ai quali i soggetti
attribuiscono una maggiore
importanza rispetto ad altri. I
valori diventano riconoscibili
osservando gli scopi che una
persona considera importanti
e che cerca di perseguire nella propria vita lavorativa.
Il questionario WIS/SVP si
apre con una frase incompleta: “È importante ora, o lo
sarà in futuro per me…” seguito da 63 affermazioni che
la completano.
I ventuno valori evidenziati
dal test vengono raggruppati
in cinque orientamenti e sei
tipologie.
Mentre l’MMPI è stato scelto
per la sua capacità di fornire
una soddisfacente descrizione
delle caratteristiche di personalità del soggetto interessato, la WIS/SVP “si è rivelata
particolarmente utile per le
persone che manifestano
scarsa consapevolezza del
proprio sistema di valori e di
interessi professionali o per
soggetti che manifestano
orientamenti verso il lavoro
molteplici o contrastanti fra
loro, come pure interessi dichiarati poco convinti o convincenti”2. Per le loro caratteristiche, quindi, i due test potevano fornire al singolo
utente e agli operatori delle
comunità interessate un vali-
CEART: “Coordinamento Enti ausiliari Regione Toscana” a cui aderiscono tra gli altri: Ass. Insieme; Coop. Soc. Comes; Ass. Progetto Arcobaleno.
Manuale WIS/SVP p. 21 - O.S. ed.
Tossicodipendenze
N. 151 - 2005
do strumento di orientamento sia clinico che riabilitativo.
Le finalità del progetto comprendevano infatti, oltre alla
formulazione diagnostica attraverso il colloquio di restituzione dei risultati alla persona interessata, la condivisione fra operatore ed utente
della consapevolezza dello
stato emotivo e delle aspettative del soggetto, nonché la
facilitazione di una compliance sulle indicazioni di sviluppo del progetto terapeutico.
Il momento diagnostico viene
così ad assumere la funzione
di predisporre un progetto terapeutico condiviso ed individualizzato, che riesca a
sfruttare il più possibile le risorse individuali e quelle presenti sul territorio.
I luoghi della ricerca
I due test sono stati somministrati nell’arco di un anno,
in 4 Centri di disintossicazione per tossicodipendenti (dal
marzo 2003 al marzo 2004). I
Centri interessati sono:
• Centro accoglienza San
Martino, Associazione Insieme Borgo San Lorenzo
Fi
• Centro di diagnosi e disintossicazione Luzzi - Ser.T.
zona nord ovest Asl 10 Fi
• Comunità Sasso Montegianni, Cooperativa sociale
Comes, Marradi Fi
• Comunità di Faltona Associazione progetto Arcobaleno Fi
Come si può vedere il Centro
di diagnosi e disintossicazione Luzzi è una struttura pubblica, mentre gli altri tre centri appartengono al privato
sociale. Questi ultimi sono
anche dotati di una Comunità
per il trattamento successivo
alla disintossicazione, mentre
il Luzzi invia gli utenti alle
varie occasioni riabilitative
del territorio, siano esse residenziali o diurne. I quattro
Centri, pur nella loro diversità, hanno stabilito una collaborazione sulla ricerca che
stiamo descrivendo perché riconoscono il problema comune di una definizione diagnostica per la formulazione di
un giusto invio e di un progetto terapeutico adeguato
alla persona.
Analisi dei dati
Gli utenti coinvolti sono stati
complessivamente 73, ma
poiché in due casi i test non
sono risultati validi, si sono
ridotti a 71, di cui 60 maschi
e 11 femmine.
Il profilo medio emerso dall’MMPI 2 si colloca all’interno
dei valori di norma, tranne
per la scala PD (deviazione
psicopatica), PA (paranoia)
che si innalzano oltre la media, mentre la scala SC (schizofrenia) e la MA (ipomania)
sono al limite. Analizzando le
scale di validità, questo test
ci mostra come questi soggetti tendano a formulare richieste di aiuto spesso in modo
indiretto, abbiano difficoltà
emotive notevoli che possono
portare ad uno scarso controllo dei propri comportamenti. L’area nevrotica è leggermente innalzata ma senza
superare il livello medio, indicando la tendenza a somatizzare o comunque ad utilizzare sintomi fisici per attirare
l’attenzione degli altri. Il tono dell’umore è variabile soprattutto in senso disforico.
Sono infatti più frequenti
momenti di iperattivà piuttosto che di depressione. La dif-
ficoltà nel controllo degli impulsi può portare a frequenti
acting-out. Emergono segni di
difficoltà adattativa, suscettibilità, insofferenza alle critiche, che possono essere accompagnati da pensieri ossessivi e ricorrenti. Sono presenti alcuni tratti di ansia libera, a volte controllata da
atti ripetitivi e stereotipati.
Le relazioni interpersonali,
pur ricercate, funzionano
prevalentemente a livello superficiale, mentre sembrano
difficoltose relazioni più
profonde e significative, con
possibilità di tendenza ad un
certo isolamento dagli altri.
Differenziando i profili dei
maschi rispetto alle femmine
notiamo che queste ultime
mostrano un profilo simile
ma ulteriormente innalzato
nelle scale PD (deviazione
psicopatica) e MA (ipomania)
inoltre la scala MF (mascolinità/femminilità) appare più
bassa rispetto ai maschi. Ciò
significa che le donne mostrano ancora più difficoltà
nel controllo dei propri impulsi, un umore più instabile
e un desiderio di conformismo più elevato che entra in
conflitto con un atteggiamento piuttosto impulsivo ed
aggressivo.
Per quanto riguarda la
WIS/SVP, il valore maggiormente rappresentato tra i
cinque orientamenti, con il
28% del campione, è costituito dall’orientamento definito
materialistico, caratterizzato
da una concezione pragmatica e utilitaristica del lavoro;
mentre quello meno rappresentato, 5%, è stato l’orientamento alla sfida che indica
un atteggiamento competitivo-agonistico.
Sae l ute
Territorio 219
Intermedi si collocano, con il
23% e quindi in parità, gli
orientamenti al sé (self) e
agli altri (other).
La costellazione di valori che
fa capo al self evidenzia un
orientamento produttivamente centrato sul sé, lascia
cioè supporre una concezione
del lavoro come mezzo di autoespressione.
I valori che emergono nell’orientamento definito Other,
invece, mettono in luce l’importanza che il lavoro assume
come strumento socializzante, ponendo l’accento sulla rilevanza dei contatti interpersonali e della relazione con il
mondo esterno.
Infine con il 21% abbiamo
l’orientamento indep in cui
rientrano quelle dimensioni
valoriali che pongono l’accento sull’esigenza di indipendenza.
Per quel che riguarda le tipologie, emerge che un terzo
dei nostri utenti si è collocato nella tipologia sociale/socievole, caratterizzata da una
preferenza verso un lavoro a
contatto con gli altri e, possibilmente, con una buona relazione. Questo dato si accorda con le preferenze del campione standardizzato, con la
differenza che la nostra utenza sceglie questo valore in
percentuale ancora maggiore.
Le tipologie meno frequenti
sono quelle indicate come
creativo e battitore libero con
il 6%. La prima indica l’esigenza di produrre qualcosa di
originale e di vivere secondo
gli standard preferiti, per autorealizzarsi nella maturazione della propria personalità.
La seconda, battitore libero,
indica come essenziale l’autonomia e l’ indipendenza.
l ute
Sa
e
220 Territorio
In una posizione intermedia,
con il 20% si collocano le tipologie denominate duro e
tranquillo. Chi si identifica
nella categoria duro, predilige attività che richiedono capacità fisiche e che comportano del rischio, mentre non
ricerca la congruenza dell’attività con i propri interessi.
Colui che si riconosce nella
tipologia tranquillo è attento
alla sicurezza economica e
culturale, alle condizioni di
lavoro nonché ad un ambiente favorevole fra colleghi.
Con il 14 % troviamo la tipologia definita rampante, i cui
obiettivi sono legati alla carriera e al prestigio derivante
dal reddito, con poco interesse alla qualità dei rapporti interpersonali.
Commento dati
Gli aspetti,a nostro parere interessanti, emersi dalla lettura dei risultati dei test, possono essere i seguenti.
L’ MMPI-2 indica una tendenza
a disturbi più o meno accentuati dello spettro psicotico,
confermando la sensazione
diffusa fra gli operatori di trovarsi sempre più spesso in
presenza di persone con uno
sfondo di disturbi psichici.
Non va sottovalutato, nel riflettere su questa evidenza, la
possibile influenza dell’uso di
cocaina, sempre più diffuso,
Tossicodipendenze
che come sappiamo accentua
la parte maniacale e persecutoria, che poi tende a ridimensionarsi col protrarsi dell’astinenza da questa sostanza.
Altro elemento di riflessione
è la propensione all’isolamento degli utenti, accompagnata dalla altrettanto forte esigenza di instaurare relazioni
con gli altri e dal desiderio di
trovarsi inserito in situazioni
collettive, elemento rilevato
da entrambi i test.
Inoltre, si evidenzia che l’affermazione individuale risulta legata a comportamenti
estemporanei e tendenzialmente impulsivi, piuttosto
che a progetti e desideri di
realizzazione personale e lavorativa. La progettualità e la
capacità di immaginarsi attore di un percorso proiettato
in un futuro appare veramente ridotta.
Ci troviamo cioè di fronte a
persone che riescono a mettersi in gioco nella relazione
soltanto superficialmente,
aspettandosi però molto dalla
relazione stessa.
Questo punto apre diverse
questioni.
Se l’utenza si percepisce come isolata ma desiderosa di
relazioni, le situazioni comunitarie, che vengono proposte come luoghi di terapia, rischiano di diventare una
realtà composta da tante
Bibliografia
Butcher J., Williams C., Fondamenti per l’interpretazione del MMPI-2 e
del MMPI-A, Ed. Giunti.
N. 151 - 2005
unità indipendenti tra loro,
con gravi difficoltà di comunicazione e la conseguente
creazione, reattiva, di frequenti situazioni di aggressività più o meno esplicitata.
Anche l’individuazione o la
autocandidatura al ruolo di
capro espiatorio potrebbe essere più frequente di quel che
già prevedono le normali dinamiche di gruppo.
Inoltre, la difficoltà di calibrare le aspettative verso gli
altri con le proprie capacità
di dare e di relazionare,
proiettando cioè sempre sull’altro o sulla struttura, ALTRO per eccellenza, ciò che
non va o che delude, potrebbe essere accentuata dall’atteggiamento persecutorio.
Se seguiamo questa riflessione, risulta essenziale per le
strutture terapeutiche arricchire la propria capacità di
favorire il momento di gruppo, ma anche e soprattutto
aumentare i propri strumenti
di gestione delle dinamiche
gruppali.
Prendersi cura dei vari momenti e passaggi dell’inserimento del singolo nel gruppo
stesso, sembra essere uno degli snodi terapeutici essenziali, il cui fallimento potrebbe essere all’origine di molti
drop out. A maggior ragione
andrebbe sviluppata una progettualità in questo senso,
nelle comunità che ancora
non lo prevedono.
Si potrebbe forse dire che, nel
momento in cui l’assunzione
di droga diventa sempre più
un rituale individuale, sembra
rivelarsi un tentativo dell’individuo di evitare la frustrazione di non sentirsi parte del
gruppo. D’altra parte, la ricerca di cura sembra coincidere
con la richiesta di essere aiutato a far parte del gruppo
stesso, dove il gruppo non va
inteso come la società o come
un ambito vago ed allargato,
ma nel senso più quotidiano
di un gruppo affettivo, di relazione di scambio e di aiuto.
Di supporto. Tranne poi rivelare un’enorme difficoltà ad
accettare l’intimità emotiva
che questo richiede.
L’operatore e la struttura di
cui fa parte, diventa così contemporaneamente colui che
può dare ciò che si desidera e
colui che si avvicina pericolosamente ad ambiti troppo fragili per essere toccati. Situazione operativa estremamente
complessa, che rappresenta
però il terreno su cui ci troviamo continuamente ad operare
e che richiede la doppia competenza del saper contattare e
contenere l’individuo, ma anche la sottile arte di gestire il
gruppo nella sua doppia essenza di entità a sè stante e di
contenitore dell’individuo.
Mosticoni R., Chiari G., Una descrizione obiettiva della personalità, Ed.
OS.
Trentini G., Bellotto M., Bolla M.C., Manuale WIS/SVP, Ed. OS.
N. 151 - 2005
Gianni Amunni
Direttore operativo ITT
Spazio Toscana
Sae l ute
Territorio 221
Linee organizzative
dell’Istituto toscano
tumori
Dall’elaborazione del modello
alla operatività
C
on la sua I Conferenza di
organizzazione, svoltasi
a Firenze il 7 luglio
2005, l’Istituto toscano tumori ha superato la fase della
elaborazione teorica ed è entrato in quella della operatività dimostrando la capacità
di inserirsi nel sistema sanitario regionale e di incidere
sulla riorganizzazione dei
servizi oncologici. Occorre ricordare la forte scelta innovativa che sta alla base dell’avvio dell’Istituto toscano
tumori: la Regione Toscana
ha sostanzialmente deciso di
non procedere alla realizzazione di un edificio in cui
concentrare una parte dei
servizi oncologici, ma invece
di legittimare come Istituto
l’insieme delle strutture e dei
professionisti presenti in maniera diffusa nel territorio regionale. In questa scelta, in
controtendenza rispetto a
quanto esiste in altre regioni,
ma sicuramente attenta alle
criticità che emergono nei
modelli tradizionali, c’è coerenza con il concetto di rete
che caratterizza il sistema toscano e soprattutto c’è la volontà di superare la distinzione tra funzioni dentro e fuori
la struttura di riferimento
con i problemi correlati di governo dell’accesso.
Il valore aggiunto, anche sul
piano della operatività, dell’ITT si fonda su quattro presupposti fondamentali che
intervengono sia sul piano
organizzativo che giuridicoamministrativo:
1. L’individuazione di un unico sistema di governo del
percorso assistenziale.
2. La valorizzazione del concetto di rete dei servizi.
3. La scelta di un preciso modello di organizzazione del
percorso.
4. L’individuazione di specifiche competenze nei diversi livelli della organizzazione sanitaria.
Il primo aspetto passa attraverso la piena partecipazione
negli organismi dell’ITT e nella condivisione delle scelte
strategiche di tutti gli attori
impegnati nel percorso assistenziale oncologico promuovendo sinergie tra realtà non
sempre dialoganti: prevenzione – diagnosi – cura; Ospedale – territorio; promozione
della salute – assistenza – ricerca; Servizio sanitario –
Università; sistema pubblico
– privato convenzionato –
volontariato; assistenza di
base – alta specializzazione –
innovazione tecnologica.
Da queste premesse deriva il
pieno coinvolgimento dentro
l’ITT del CSPO, della medicina generale, delle associazioni del volontariato e dei
gruppi di ricerca sia di base
che clinica.
Questo “fare squadra” favorisce le sinergie, produce coerenza nelle scelte, garantisce
il trasferimento dell’innovazione nelle offerte di sistema.
Il secondo presupposto è l’effettiva piena valorizzazione
del concetto di sistema a rete
che si concretizza con alcuni
punti di forza fondamentali:
capacità di intercettare il cittadino ed i suoi bisogni di assistenza nella sede in cui si
determinano (il sistema delle
accoglienze); favorire l’integrazione di competenze e la
condivisione delle scelte cliniche (linee guida); promuovere le sinergie tra più Aziende nell’ottica della presa in
carico fino alla più alta complessità (GOM di Area vasta);
garantire l’appropriatezza dislocando le risorse in una logica condivisa di sistema.
L’individuazione di un modello di percorso assistenziale
comune all’intera rete rappresenta il terzo presupposto di
base. Oggi si sta consolidando
un sistema caratterizzato da
accessi diffusi nel territorio
(in ogni ASL) in grado di attivare la prima valutazione
multidisciplinare e programmare un percorso clinico,
condiviso nell’ambito dell’ITT,
in cui sono garantite le risposte di base, quelle più complesse e, quando necessarie,
l’alta specializzazione, l’innovazione tecnologica, la ricerca clinica. In sintesi, l’accesso alla rete è vicino al cittadino ed è di per sé garante di
un percorso di collaborazione
interaziendale in grado di
produrre la risposta considerata dall’intero sistema come
appropriata e di qualità.
Già da questi elementi si delinea il quarto punto e cioè la
individuazione dei ruoli e
delle responsabilità delle diverse articolazioni del sistema sanitario nel raggiungimento dell’obiettivo di un
equilibrio virtuoso tra domanda e offerta. Così compete ad ogni ASL l’accesso, la
presa in carico e l’avvio del
l ute
Sa
e
222 Territorio
percorso diagnostico terapeutico; l’Area vasta attua una
programmazione dell’offerta
in grado di rispondere alla
quasi totalità della domanda
dei residenti e al tempo stesso si fa carico di una quota di
funzioni di livello regionale
secondo una redistribuzione
condivisa; L’ITT monitorizza
l’efficienza della rete, individua le procedure per garantire l’omogeneità di sistema,
elabora le scelte strategiche
sia sul piano assistenziale che
nella ricerca, realizza funzioni di service (ad esempio Centro per le sperimentazioni cliniche, Registro tumori, etc.)
di supporto per l’insieme dei
servizi.
Emerge con chiarezza che
questo modello si pone un
obiettivo molto più complesso rispetto alla mission di
una struttura fisica di tipo
tradizionale, magari di assoluta eccellenza. L’impegno
dell’ITT non è più quello di
fornire prestazioni efficaci a
chi accede ad una struttura di
cura, ma quello più ampio di
garantire risposte efficaci ed
omogenee per l’intera popolazione regionale con interventi che vanno dagli stili di
vita alla fase avanzata di malattia, ed in maniera del tutto
indipendente dalla sede di
accesso ai servizi.
La fase di avvio dell’ITT presenta ovviamente alcune problematicità talvolta legate ad
atteggiamenti “tradizionalmente critici” all’interno del
sistema, talvolta per una ancora insufficiente visibilità
all’esterno, tra gli utenti o tra
le altre strutture oncologiche
nazionali e internazionali.
Tuttavia questa fase ha segnato importanti successi
Spazio Toscana
grazie ad un metodo di lavoro
che ha cercato di valorizzare
le “libertà” e le esperienze di
tutti gli attori coinvolti nella
costruzione dell’ITT.
Si è partiti sempre dalla ricchezza culturale e operativa
diffusa nel sistema cercando
di recepire in maniera collettiva il valore aggiunto dell’innovazione sia scientifica che
organizzativa; da queste premesse si è elaborato e condiviso la ricaduta assistenziale
di un patrimonio prima disperso in diverse realtà locali;
si è infine trasferito l’insieme
di queste acquisizioni nella
rete dei servizi cogliendone i
vantaggi quali la disponibilità degli accessi, le sinergie
tra strutture e professionisti,
la condivisione dei livelli di
appropriatezza, l’opportunità
di intervenire nella programmazione degli investimenti.
Oggi è in essere una fase sufficientemente consolidata,
all’interno e all’esterno del sistema, che ha chiari sia gli
obiettivi:
1. Omogeneità.
2. Appropriatezza.
3. Qualità diffusa.
4. Continuità di cura.
che gli strumenti per realizzarli:
a. procedure di sistema,
b. valorizzazione delle risorse,
c. funzioni di servizio,
d. programmazione sanitaria.
La definizione di alcune procedure di sistema è fondamentale perché consente di
avere comportamenti efficaci
ed omogenei all’interno della
intera rete regionale. Sono riconducibili a questo gruppo
di azioni alcune realizzazioni
già operative: la pubblicazione delle linee guida elaborate
e condivise da oltre 400 pro-
fessionisti per i principali tumori solidi; la definizione dei
modelli assistenziali appropriati per l’attività di chemioterapia (ambulatorio/ DH/ricovero ospedaliero); la individuazione di una precisa
procedura per la deospedalizzazione del paziente terminale in grado di garantire la
continuità di cura. Sempre in
questo ambito è in via di definizione una precisa regolamentazione che definisca i
criteri e le modalità di accesso alla diagnostica più innovativa tale da consentirne l’utilizzo pubblico sulla base
dell’appropriatezza.
La valorizzazione delle risorse
esistenti non è solo un elemento di economicità, ma è
anche una metodologia di intervento che obbliga a censire
l’esistente, ad individuare le
opportunità e le sinergie, a ottimizzarne l’utilizzo generale.
In questo ambito una importante realizzazione è l’attivazione del Centro regionale
per la riabilitazione oncologica, articolato nelle 3 Aree vaste, che si è resa possibile
grazie alla sinergia anche
economica del sistema sanitario regionale e di alcune
Associazioni del volontariato.
Sono in fase avanzata di realizzazione altri progetti finalizzati alla valorizzazione di
alcune competenze per un loro utilizzo di sistema; la rete
delle chirurgie plastiche in
grado di garantire la ricostruzione anche in realtà periferiche; il programma per l’alto
rischio genetico che consente
di drenare i casi di familiarità
verso specifiche strutture; la
codifica del contributo che
può venire dalle c.d. medicine non convenzionali nel-
N. 151 - 2005
l’ambito di una ampia condivisione delle competenze. Vogliamo infine mettere in rete
tutti i Centri di riferimento
regionale o di alta specializzazione in ambito oncologico
con l’obiettivo di garantire ad
essi masse critiche di casistica ed ai cittadini l’opportunità di accedervi su precisa
indicazione.
Uno strumento fondamentale
per l’efficienza del sistema è
la valorizzazione delle funzioni di servizio promosse
dall’ITT. Si tratta di interventi di livello regionale che
contribuiscono ad arricchire
il sistema e a svilupparne alcune potenzialità. Tra questi
alcuni sono definiti ed in fase
di avvio quali: l’estensione
all’intero territorio regionale
del Registro tumori; i progetti relativi a 2 cluster (Ca polmonare e Ca gastrico) che vedranno il convergere di attività di ricerca e di assistenza
rispettivamente sulla costa
nord-occidentale e sul Casentino; l’intervento sulla qualità degli screening in grado
di sottolineare il ruolo regionale del CSPO anche come
supporto nelle realtà territoriali in cui l’estensione degli
interventi di screening presenta criticità; il finanziamento di programmi aziendali per l’umanizzazione dell’assistenza oncologica.
In questo ambito sono in fase
di avanzata elaborazione due
importanti progetti: la realizzazione di un Centro regionale per le sperimentazioni cliniche in grado di supportare
le attività in corso e soprattutto di programmare studi
su casistica regionale; l’organizzazione, complementare
allo sviluppo di una efficace
N. 151 - 2005
rete telematica, di staff
rounds che coinvolgano più
Aziende sanitarie nei programmi di aggiornamento e
nella discussione di casistica
particolarmente complessa.
L’identificazione dell’ITT come una articolazione del “governo clinico” regionale ne
rafforza il suo ruolo come attore della programmazione
sanitaria. Lo stesso ampio
coinvolgimento di professionisti che ha prodotto le linee
guida, ha definito anche due
altri importanti temi, rispettivamente sui “programmi di
prevenzione primaria e secondaria” e sulla “innovazione in campo diagnostico e terapeutico”; questi documenti
costituiranno non solo la base della II Conferenza di organizzazione dell’ITT, ma saranno recepiti come atti di
indirizzo della Regione Toscana e costituiranno di conseguenza punti di riferimento
per la programmazione in
questi settori. Sono inoltre
allo studio le modalità per il
monitoraggio del livello di
adesione della rete dei servizi
oncologici alle linee guida
pubblicate nel luglio 2005:
dall’esame di precisi “indicatori di percorso” scaturirà
un’analisi delle possibili criticità e su di esse potranno essere individuati gli interventi
sia di sistema che parcellari
in grado di rimuovere gli
ostacoli e di favorire una
maggiore omogeneità sull’intera casistica regionale.
Occorre ricordare inoltre che
si è concluso il percorso che
ha portato alla attivazione
della direzione scientifica
Spazio Toscana
dell’ITT: in questa fase sono
allo studio le procedure per la
realizzazione del Core Research Laboratory a Firenze, per
la definizione di strutture di
riferimento nelle altre AA.VV
e per l’individuazione e il finanziamento di progetti strategici di ricerca.
Infine è utile una riflessione
di ordine generale su come
l’ITT si inserisce nella realtà
del sistema sanitario regionale e su quali interventi si rendono necessari perché esso
ne rappresenti una articolazione efficace e coerente. Da
questo punto di vista, occorre
sottolineare che l’ITT nasce
su di una base solida, l’azione
programmata per l’oncologia,
che a suo tempo aveva delineato le caratteristiche della
rete oncologica regionale e
delle sue articolazioni (CORD,
CORAT, GOM, Dip. oncologici
ecc.). L’ITT ha tuttavia proceduto ad alcune sottolineature
valorizzando ed uniformando
il ruolo degli accessi (le accoglienze - ex CORD) ed ipotizzando una più precisa strutturazione operativa dei GOM
per i quali si prevede la necessità di un coordinamento
di Area vasta in modo da garantire non solo le collaborazioni interaziendali, ma soprattutto le omogeneità di
comportamento clinico in
questo ambito. Tutto ciò determina da un lato alcune
modifiche degli assetti delle
Aziende sanitarie, dall’altro
la necessità di rendere compatibile la realtà dell’ITT con
indicazioni organizzative di
origine generale previste dal
PSR e dalla legge 40; ad
esempio si è reso necessario
ripensare la struttura dei Dipartimenti interaziendali tecnico-professionali di Area vasta che, per quanto concerne
l’oncologia, prevederanno
elementi di coerenza da un
lato con la direzione dell’Istituto, dall’altro con l’ampiezza
e la complessità di tipo multiprofessionale del percorso
assistenziale oncologico.
Più in generale si rende sempre più necessario costruire
procedure di tipo regolamentare che consentano all’ITT di
dare indirizzi di ordine generale vincolanti per la programmazione degli interventi
di ogni ASL in campo oncologico in maniera tale che questi sviluppino in maniera efficace la strategia complessiva
della rete.
Sul piano dei rapporti scientifico-istituzionali si possono
ipotizzare tre livelli di intervento: quello regionale è finalizzato ad incrementare
l’efficienza delle prestazioni
ma anche la sua visibilità per
l’utenza e la sua competitività nei confronti di una offerta esterna al sistema; a livello nazionale l’ITT può assumere un ruolo di riferimento cercando da un lato momenti di coordinamento con
analoghe esperienze di rete
(Piemonte, Umbria, Marche,
Emilia ecc.) e dall’altro ponendo con forza la sua autonomia e legittimazione nell’ambito di alleanza contro il
cancro; a livello internazionale l’ITT può costruire la sua
immagine costituendo un
board scientifico di garanzia
di valore mondiale attivando
Sae l ute
Territorio 223
interscambi con importanti
istituzioni straniere e avviando ricerche significative in
cui, anche dalle pubblicazioni scientifiche, emerge la comune appartenenza alla istituzione toscana.
La fase attuale dell’ITT è
quindi, in estrema sintesi,
quella dell’avvio di un’operatività che per essere piena richiede un lavoro complesso
che coinvolge l’istituzione regionale, l’insieme dei professionisti, le strutture amministrative ed i cittadini stessi
tenendo conto di un insieme
di relazioni e di coerenze reciproche.
Molto di questo lavoro non
emerge all’osservatore esterno
che, giustamente, valuta essenzialmente l’organizzazione
dei servizi e la ricettività clinica. In questo senso il tema
della percezione assume un
ruolo fondamentale che deve
contribuire a guidare la complessità degli interventi.
In questa logica l’ITT avrà ben
coordinato le sue azioni se
sarà percepito come una occasione significativa per l’utente, per il professionista e per
lo stesso sistema sanitario regionale. L’utente deve avere la
certezza che l’accesso al sistema garantisce la prestazione
appropriata indipendentemente dalla sua residenza o
dalla sua disponibilità; il professionista si deve sentire
anello di una catena in grado
di produrre qualità, tempestività e innovazione; il governo
regionale può cogliere l’opportunità di ottimizzare le risorse ed investire in bisogni
condivisi di sistema.
Le opportunità aperte
dalla sanità sul web
DOTTOR INTERNET
L’esigenza di accreditamento
dei numerosi siti dedicati
alla salute
Come cambia il rapporto
fra medico e paziente informato
Le prime esperienze che utilizzano
le possibilità dell’informatica
Monografia a cura di Mariella Crocellà
Dottor Internet
N. 151 - 2005
Roberto Satolli
Medico giornalista
presidente di “Zadig”
[email protected]
D
ieci anni fa Jerome
Kassirer, all’epoca direttore della più autorevole rivista americana di
medicina, pubblicò sul suo
giornale un editoriale dal titolo: “La prossima trasformazione delle cure mediche” 1.
In quello scritto, per mostrare come nel prossimo futuro
la rete on-line avrebbe completamente modificato i rapporti tra medici e pazienti,
raccontava un aneddoto vero,
più o meno con le seguenti
parole.
“Alle 11 di una sera d’estate
l’autore di un libro di successo sulla comunicazione in rete trova una zecca gonfia di
sangue sul braccio della figlia
di due anni. Sua moglie si attacca al telefono per cercare
il pediatra, lui invece accende
il computer e approda in un
gruppo di discussione, con
base a San Francisco, che collega persone di ogni parte del
pianeta. Nel giro di pochi minuti trova un medico che gli
spiega in linea come staccare
la zecca senza correre rischi e
risolve con successo la faccenda prima che il pediatra
richiami”.
Nel 1995 i motori di ricerca
per Internet erano ancora agli
1
2
3
Sae l ute
Territorio 225
Il mercato delle malattie
albori. Oggi chiunque può
provare a cercare con Google
“puntura di zecca”, e anche
limitandosi ai siti italiani,
troverà nel giro di pochi secondi (non minuti!) numerosi
consigli sul da farsi, senza bisogno di consultare nessuno
via mail2. Il tempo semmai si
perde poi a scegliere e soprattutto a valutare criticamente
l’enorme offerta di informazione (e su questo punto, cruciale per tutto il discorso, torneremo più avanti).
In quell’editoriale Kassirer si
azzardò a fare una profezia
(annotando prudentemente
che “prevedere è pericoloso,
non prevedere lo è ancora di
più”): “La comunicazione in
linea, attraverso computer,
tra cittadini e banche di dati
medici o tra malati e professionisti della salute, promette di sostituire una buona
parte delle cure che oggi vengono fornite di persona”. L’esito previsto sembrava essere
il punto di convergenza obbligato di due traiettorie precise: lo sviluppo tumultuoso
della rete (che collegava allora “solo” 60 milioni di utenti
al mondo); e la svolta culturale che tende ad assegnare
sempre più responsabilità per
Limiti, potenzialità, possibili conflitti
d’interesse del nuovo interlocutore virtuale
la cura della salute ai diretti
interessati.
A distanza di un decennio
quella previsione non si è
propriamente avverata, e forse lo stesso autore non la
confermerebbe. Non certo
perché l’esplosione di Internet abbia rallentato, anzi:
oggi i navigatori del web sono
20 milioni solo in Italia (e più
di 100 milioni per esempio in
Cina) e almeno un quarto di
questi lo utilizza per ragioni
che riguardano la salute. Tanto meno si è attenuata la
spinta a tener conto del punto di vista del paziente
(informato) nelle decisioni
mediche: semmai la si considera ormai come una necessità ineludibile, più che come
una semplice tendenza.
Eppure non si può dire davvero che “Dottor Internet” (o
Cyberdoc) abbia “sostituito”,
anche in piccola parte, le cure fornite di persona. Basta
chiedere ai medici di medicina generale: non sta certo di-
minuendo la frequenza con
cui i cittadini si rivolgono a
loro per essere consigliati,
rassicurati, assistiti. Anzi,
semmai è in aumento. E la
conferma arriva anche dagli
Stati Uniti, nel caso si volesse pensare che l’Italia sconti
un ritardo tecnologico. Uno
studio recente, pubblicato
con l’insolito titolo di “L’ecologia delle cure mediche rivisitata” dimostra che negli ultimi quarant’anni sono rimaste quasi inalterate le abitudini di consultazione della
popolazione3.
Negli ultimi decenni la medicina e la sanità si sono trasformate più che dai tempi
d’Ippocrate all’ultimo secolo.
È successo di tutto: farmaci
straordinari, penetranti strumenti diagnostici, interventi
chirurgici risolutivi, ribaltamenti nell’organizzazione e
nel finanziamento dell’assistenza e, da ultimo, nuove
tecnologie di comunicazione
e informazione. Eppure i pa-
.∆ςςΛΥΗΥ −.3. (1995), 7ΚΗ ΘΗ[Ω ΩΥ∆ΘςΙΡΥΠ∆ΩΛΡΘ ΛΘ ΩΚΗ ΓΗΟΛΨΗΥ∴ ΡΙ ΚΗ∆ΟΩΚ Φ∆ΥΗ, 1ΗΖ (ΘϑΟ − 0ΗΓ, 332, 52-54.
ΖΖΖ.ϑΡΡϑΟΗ.ΦΡΠ. 3ΥΡΨ∆ Ι∆ΩΩ∆ ΛΟ 10 ∆ϑΡςΩΡ 2005.
∗ΥΗΗΘ /.∃., )Υ∴ΗΥ ∗.(. −Υ, <∆ΖΘ %.3., /∆ΘΛΗΥ ∋., ∋ΡΨΗ∴ 6.0. (2001), 7ΚΗ ΗΦΡΟΡϑ∴ ΡΙ ΠΗΓΛΦ∆Ο Φ∆ΥΗ ΥΗΨΛςΛΩΗΓ, 1 (ΘϑΟ − 0ΗΓ 2001;344: 2021-25.
l ute
Sa
e
226 Territorio
zienti, come se nulla fosse,
continuano a comportarsi
con i loro medici sostanzialmente nello stesso modo: avvertono malesseri con la
stessa frequenza, vanno dal
loro curante o in Ospedale o
dai grandi specialisti in proporzioni invariate. Persino la
percezione, assai diffusa, che
le visite mediche diventino
sempre più brevi, è stata
smentita dai fatti4. È come se
questi percorsi, anziché essere dettati dalla scienza, dall’economia o dall’informazione, obbedissero a processi
profondi, radicati nella natura umana e resistenti a modificarsi con l’evoluzione della
società: forse si devono ancora scoprire le leggi antropologiche che regolano il bisogno di chiedere aiuto quando
non si sta bene nella propria
pelle.
Non si creda per questo che le
tecnologie non entrino in
gioco. Per esempio, sta prendendo piede anche in Italia
l’uso della mail elettronica
come strumento aggiuntivo
(non sostitutivo) per interpellare il medico, con il vantaggio che si tratta di un canale di comunicazione asincrona: rispetto al ben collaudato telefono non si perde
tempo a trovare l’interlocutore, che a sua volta può rispondere quando gli fa comodo. Se c’è una resistenza semmai è proprio da parte dei
dottori, che temono di farsi
invadere anche il poco tempo
libero; tanto che negli USA le
4
Dottor Internet
assicurazioni stanno fissando
tariffe anche per le prestazioni via mail, al fine di superare ogni riluttanza5.
Se dunque la responsabilità
delle cure resta più che mai
in capo al medico, cosa cercano i cittadini quando consultano le pagine di salute su
Internet? Non qualcosa che
sostituisca le capacità cognitive, cioè di valutazione critica e di giudizio, dei clinici (i
vari tentativi di “intelligenza
artificiale” e di sistemi esperti non hanno sinora dato
gran risultati), ma qualcosa
che integri la loro disponibilità a comunicare e informare, di cui il pubblico è sempre
insoddisfatto.
La domanda di informazione
è in crescita. I pazienti vogliono sapere gli effetti collaterali dei farmaci che assumono, il significato degli esami,
la malattia più grave che potrebbe spiegare un sintomo. I
medici considerano spesso
una perdita di tempio esaudire tutte queste richieste, e i
loro assistiti cercano risposte
altrove, sempre più spesso in
Internet. Tra le varie tipologie di frequentatori degli ambulatori, si sta evolvendo una
nuova specie: il paziente che
ha studiato pagine su pagine
del web e incalza il curante,
lo mette alla prova, ne contesta le affermazioni, quasi si
contrappone alla pari.
Anche per questo “tipo”
emergente vale ovviamente la
cosiddetta “legge inversa”,
secondo cui coloro che hanno
N. 151 - 2005
maggior bisogno di informazioni su malattie che sono
prevenibili o curabili hanno
meno probabilità di avere accesso alle nuove tecnologie.
Mentre quelli che, per condizione sociale, sono già ben
informati e consapevoli della
propria salute, lo diventano
ancora di più, approfondendo
la differenza, ma senza significativi vantaggi per nessuno.
Soprattutto perché persistono gravi dubbi sulla qualità
delle conoscenze che costoro
ricavano da Internet. In un
altro articolo di questa stessa
monografia vengono esposti
in dettaglio i risultati di una
recentissima indagine CensisForum sul “web come consulente sanitario globale” da
cui emerge un quadro di luci
e ombre che risulta ben riassunto dal sottotitolo: “molta
competenza, qualche vetrina,
alcuni rischi” 6 . Perplessità
che peraltro risultano confermate dalla vasta letteratura
internazionale sull’argomento. La più recente revisione
sistematica sul tema ha sintetizzato i risultati di un’ottantina di studi, che hanno
esaminato complessivamente
quasi 6000 siti: nel 70% dei
casi le conclusioni sottolineano una carenza di qualità nel
web-salute7.
Uno dei difetti più diffusi è la
mancanza di precise referenze: in pratica si trovano tantissime affermazioni, senza
che sia possibile sapere sulla
base di quali dati o prove sono formulate. Per esempio,
con la ricerca sulle punture di
zecca citata più sopra, si trovano in molti siti raccomandazioni (per la verità per lo
più concordanti) su cosa fare
e su cosa evitare nel tentativo di rimuovere il parassita.
Però quasi nessuno ne spiega
le ragioni, e uno solo indica
la fonte delle raccomandazioni, rinviando a un documento
del Ministero della sanità;
nessuno cita articoli scientifici a sostegno delle proprie
asserzioni. Così l’internauta
deve fidarsi, ma spesso non
trova neppure gli elementi
indispensabili per valutare la
competenza degli autori e la
loro indipendenza.
Un grande numero di strumenti sono stati sviluppati in
Internet per valutare i siti di
salute. I metodi sono vari, ma
si possono ricondurre a due
categorie generali: marchi di
qualità che vengono apposti
sui siti con un logo o griglie
di valutazione che l’utente
può applicare da sé. Tra i primi il più noto è quello rilasciato dalla Health On the Net
(HON) Foundation, un’organizzazione non governativa
internazionale con sede a Ginevra. Tra i secondi, che utilizzano una varietà di criteri
di qualità (tra cui i più frequenti sono: accuratezza,
completezza, leggibilità, trasparenza e fonti) si può ricordare per esempio il britannico Discern (una trattazione
più completa su questo argomento, con un “misurasiti”
italiano e vari link utili, si
0ΗΦΚ∆ΘΛΦ ∋., 0Φ∃ΟΣΛΘΗ ∋.∋., 5ΡςΗΘΩΚ∆Ο 0. (2001), ∃ΥΗ Σ∆ΩΛΗΘΩς∂ΡΙΙΛΦΗ ΨΛςΛΩς ΖΛΩΚ ΣΚ∴ςΛΦΛ∆Θς ϑΗΩΩΛΘϑ ςΚΡΥΩΗΥ∀, 1 (ΘϑΟ − 0ΗΓ, 344,198-204.
)ΥΗΞΓΗΘΚΗΛΠ 0. (2005), ∋ΛϑΛΩ∆Ο 5[: Ω∆ΝΗ ΩΖΡ ∆ςΣΛΥΘς ∆ΘΓ Η-Π∆ΛΟ ΠΗ ΛΘ ΩΚΗ ΠΡΥΘΛΘϑ, 1ΗΖ <ΡΥΝ 7ΛΠΗς. 2 Π∆Υ]Ρ.
6 ,Ο ΖΗΕ ΦΡΠΗ ΦΡΘςΞΟΗΘΩΗ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΡ ϑΟΡΕ∆ΟΗ: ΠΡΟΩ∆ ΦΡΠΣΗΩΗΘ]∆, ΤΞ∆ΟΦΚΗ ΨΗΩΥΛΘ∆, ∆ΟΦΞΘΛ ΥΛςΦΚΛ, ΖΖΖ.ΦΗΘςΛς.ΛΩ. 3∆ϑΛΘ∆ ΨΛςΛΩ∆Ω∆ Ο∂11 ∆ϑΡςΩΡ 2005.
7 (∴ςΗΘΕ∆ΦΚ ∗., 3ΡΖΗΟΟ −., .Ξςς 2., 6∆ (.-5. (2002), (ΠΣΛΥΛΦ∆Ο ςΩΞΓΛΗς ∆ςςΗςςΛΘϑ ΩΚΗ ΤΞ∆ΟΛΩ∴ ΡΙ ΚΗ∆ΟΩΚ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΡΘ ΙΡΥ ΦΡΘςΞΠΗΥς ΡΘ ΩΚΗ ΖΡΥΟΓ ΖΛΓΗ ΖΗΕ: ∆ ς∴ςΩΗΠ∆ΩΛΦ ΥΗΨΛΗΖ, −∃0∃, 287, 2691-700.
5
Dottor Internet
N. 151 - 2005
trova nelle pagine on line del
progetto Partecipasalute8).
L’utilità di tutti questi sforzi
resta da dimostrare, anche
perché quasi nessuno strumento è mai stato validato.
Quanto ai marchi, può sembrare preoccupante che solo
uno su 13 dei siti censiti dal
Censis si fregi del logo HON;
ma ancor più deludente è la
constatazione che, per i suoi
automatismi e formalismi,
anche la presenza di quel
marchio dice in verità assai
poco sulla reale attendibilità
dei contenuti. Basta consultare il catalogo dei siti con
marchio HON per rendersene
facilmente conto: si trova di
tutto, comprese pagine smaccatamente commerciali9.
Molto più utili potrebbero essere le griglie di valutazione,
se solo gli internauti le conoscessero e soprattutto le applicassero. Il guaio è che
quando si osserva “da dietro le
spalle” i consumatori comuni
mentre cercano informazioni
su Internet, si scopre che quasi nessuno si preoccupa per
esempio di controllare il “chi
siamo” dei siti, o di cercare le
informazioni sulle fonti, sugli
sponsor o sui conflitti di interessi10. Anzi, trovato quel che
cercavano, molti dimenticano
entro breve persino da quale
sito lo hanno ricavato.
E allora forse si può prendere
la questione per la coda: è logico aspettarsi che le informazioni sulla salute che si
trovano in Internet siano at-
8
tendibili e utili per chi le cerca? È facile diffidare dei siti
francamente promozionali,
ma che cosa ci si può aspettare da quelli sostenuti da istituzioni scientifiche o da associazioni di pazienti apparentemente indipendenti?
È ora di aprire gli occhi e rendersi conto che ormai buona
parte dell’informazione in
campo medico (sia quella rivolta agli operatori, sia quella
per il pubblico, compreso ovviamente Internet) è subordinata a interessi commerciali.
Un grido di allarme su questo
stesso tono viene lanciato da
qualche anno autorevolmente
e con forza per denunciare i
condizionamenti cui è sottoposta la ricerca clinica, ma la
stessa grave preoccupazione
deve essere estesa anche ai
mezzi di comunicazione11. Internet soprattutto, che rappresenta un canale relativamente economico per raggiungere senza sforzo un pubblico molto vasto e recettivo.
Gli interessi in gioco non sono
solo quelli delle società farmaceutiche (anche se Big
Pharma fa la parte del leone:
nello studio Censis-Forum le
informazioni terapeutiche riguardano i farmaci in tre casi
su quattro), ma dell’intera industria della salute, uno dei
più floridi e proficui settori
economici nel mondo occidentale, che unisce produttori di beni (oltre ai medicinali:
apparecchiature diagnostiche, attrezzature di interven-
to, reagenti chimici, dispositivi usa e getta eccetera) e di
servizi (catene di Cliniche e
Ospedali pubblici e privati,
Centri diagnostici, Laboratori,
Ambulatori e Centri specializzati per singole malattie, servizi di riabilitazione, assistenza a domicilio eccetera).
All’interno di questo complesso comparto economico, i
singoli attori si muovono in
concorrenza tra loro su piani
orizzontali (tra fornitori di
prodotti o servizi analoghi),
ma anche con forti sinergie
su piani verticali (tra attività
che si completano e si favoriscono vicendevolmente) che
si possono definire come “filiere di cure”.
Una filiera di cure è costituita
da una catena di elementi tra
loro strettamente connessi,
ciascuno dei quali dopo essere
entrato in funzione promuove
anche il coinvolgimento degli
anelli successivi, spesso con
un andamento circolare (vizioso o virtuoso, secondo il
punto di vista), che tende a
perpetuarsi e a proliferare.
Tutti gli attori in gioco hanno
interessi solidali: gli specialisti, che possono aumentare i
pazienti e di conseguenza il
reddito, la reputazione o il potere; gli amministratori dei
Centri di diagnosi o di cura,
che reclutano un maggior numero di assistiti e fatturano
un maggior volume di prestazioni; i produttori di apparecchiature diagnostiche e di test; quelli che forniscono og-
Sae l ute
Territorio 227
getti di consumo o protesi;
non ultime, le Case farmaceutiche, che sono spesso il vero
motore di tutta la catena.
Le forme più o meno spontanee di alleanza all’interno
dell’industria della salute, al
di là delle rivalità tra concorrenti, derivano dalla comune
necessità di reclutare sempre
più clienti e di far loro consumare sempre più prodotti.
Come è inevitabile, dal momento che la condizione irrinunciabile per qualsiasi sistema industriale è l’espansione
continua del proprio mercato:
se non si cresce si muore.
Per allargare l’universo dei
potenziali clienti, ben oltre i
confini forniti spontaneamente dall’invecchiamento
della popolazione e dalla prevalenza delle malattie degenerative croniche su quelle
infettive acute, anche nel
settore della salute si è quindi ben presto iniziato ad applicare le più avanzate strategie di marketing, in diverse
forme specifiche.
La forma più matura (e più
subdola) di manipolazione
dell’informazione a scopi
commerciali consiste nel promuovere direttamente le malattie (anziché i singoli prodotti e servizi, il cui lancio
costituisce solo “l’ultimo miglio” del processo) e Internet
è un canale formidabile a
questo scopo. Gli anglosassoni hanno coniato un termine
efficace per definire questa
attività: disease mongering,
0ΛςΞΥ∆ςΛΩΛ. ΚΩΩΣ://ΖΖΖ.Σ∆ΥΩΗΦΛΣ∆ς∆ΟΞΩΗ.ΛΩ/ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛ-ΕΗΘΗ/ΠΛςΞΥ∆-ςΛΩΛ.ΣΚΣ. 3∆ϑΛΘ∆ ΨΛςΛΩ∆Ω∆ Ο∂11 ∆ϑΡςΩΡ 2005.
ΚΩΩΣ://ΖΖΖ.ΚΡΘ.ΦΚ/ 6ΛΩΡ ΨΛςΛΩ∆ΩΡ Ο∂11 ∆ϑΡςΩΡ 2005.
10 (∴ςΗΘΕ∆ΦΚ ∗., .|ΚΟΗΥ &. (2002), +ΡΖ ΓΡ ΦΡΘςΞΠΗΥς ςΗ∆ΥΦΚ ΙΡΥ ∆ΘΓ ∆ΣΣΥ∆ΛςΗ ΚΗ∆ΟΩΚ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΡΘ ΡΘ ΩΚΗ ΖΡΥΟΓ ΖΛΓΗ ΖΗΕ∀ 4Ξ∆ΟΛΩ∆ΩΛΨΗ ςΩΞΓ∴
ΞςΛΘϑ ΙΡΦΞς ϑΥΡΞΣς, Ξς∆ΕΛΟΛΩ∴ ΩΗςΩς, ∆ΘΓ ΛΘ-ΓΗΣΩΚ ΛΘΩΗΥΨΛΗΖς, %0−, 324, 573-7.
11 ∋∆ΨΛΓΡΙΙ )., ∋Η ∃ΘϑΗΟΛς &., ∋Υ∆]ΗΘ −.0. (2001), 6ΣΡΘςΡΥςΚΛΣ, ∆ΞΩΚΡΥςΚΛΣ, ∆ΘΓ ∆ΦΦΡΞΘΩ∆ΕΛΟΛΩ∴, /∆ΘΦΗΩ, 358, 854-6.
9
l ute
Sa
e
228 Territorio
mercato di malattie12.
I protagonisti delle campagne
di sensibilizzazione sono in
genere medici, per lo più gli
specialisti della malattia di
cui si vuole promuovere la
consapevolezza, organizzati
nelle loro associazioni scientifiche. Hanno cominciato a
farlo con frequenza crescente
negli ultimi decenni con le
migliori intenzioni di svolgere, ciascuno nel proprio campo, un ruolo attivo di prevenzione e promozione della salute, anziché limitarsi a quello passivo di curare i pazienti
quando sono già malati.
Accanto ai camici bianchi,
nelle campagne di promozione si trovano spesso schierati
vari gruppi di pressione, in
particolare le associazioni di
malati e dei loro familiari che
si propongono di richiamare
una maggiore attenzione
Dottor Internet
sulla specifica malattia di cui
si occupano, da parte del
mondo politico, amministrativo e della società nel suo
complesso.
Come i professionisti, anche
i rappresentanti dei malati
hanno un interesse, personale e di associazione, a ottenere dalla società civile un
maggior impegno (anche
economico) e un maggior interesse per la specifica malattia di cui sono paladini. A
ciò si aggiungono la frequente subalternità culturale nei
confronti dei medici specialisti e la carenza di fonti di
informazione indipendenti,
col risultato di trasformare
anche questi soggetti sociali
in strumenti della medicalizzazione, più o meno inconsapevoli13.
Se si escludono piccoli eventi
limitati nel tempo e nello
N. 151 - 2005
spazio, condotti su base volontaria e con pochi mezzi, le
campagne sanitarie sono in
genere oggi programmi complessi e molto costosi da organizzare, per i quali la creazione e il continuo aggiornamento di un sito Internet dedicato è ormai un ingrediente
immancabile. La cronica insufficienza dei mezzi necessari per le propria attività
spinge le associazioni di medici e cittadini a cercare e accettare finanziamenti dalle
sorgenti più disponibili, cioè
le industrie farmaceutiche,
senza la necessaria chiarezza
sui conflitti che questa forma
di sovvenzione introduce e
sulla opportunità della massima trasparenza al proposito. Quando si consideri tutto
ciò, la risposta sulla qualità
d’informazione che ci si può
aspettare da molti siti di sa-
lute risulta in gran parte
scontata.
Sono trascorsi dieci anni dalla profezia, tutto sommato
ottimista, citata all’inizio. Da
allora è passata molta acqua
sotto i ponti: Jerome Kassirer
non è più direttore del New
England Journal of Medicine,
che ha lasciato proprio per
non farsi coinvolgere in una
nuova linea editoriale più
sensibile alle ragioni del mercato. Ma non ha smesso di
scrivere. Il suo ultimo libro
“On the take” ha un sottotitolo illuminante per le conclusioni di questa carrellata.
“Come la complicità della medicina con il mondo dei grandi affari può danneggiare la
vostra salute”14.
Perché mai Internet dovrebbe
essere fuori dal gioco e i suoi
utenti non dovrebbero esserne avvisati?
12 0Ρ∴ΘΛΚ∆Θ 5., &∆ςςΗΟς ∃. (2005), 6ΗΟΟΛΘϑ 6ΛΦΝΘΗςς: +ΡΖ ΩΚΗ :ΡΥΟΓ∂ς %ΛϑϑΗςΩ 3Κ∆ΥΠ∆ΦΗΞΩΛΦ∆Ο &ΡΠΣ∆ΘΛΗς ∃ΥΗ 7ΞΥΘΛΘϑ 8ς ∃ΟΟ ,ΘΩΡ 3∆ΩΛΗΘΩς, 1∆ΩΛΡΘ %ΡΡΝς.
13 +ΗΥ[ΚΗΛΠΗΥ ∃. (2003), 5ΗΟ∆ΩΛΡΘςΚΛΣ ΕΗΩΖΗΗΘ ΩΚΗ ΣΚ∆ΥΠ∆ΦΗΞΩΛΦ∆Ο ΛΘΓΞςΩΥ∴ ∆ΘΓ Σ∆ΩΛΗΘΩς∂ΡΥϑ∆ΘΛς∆ΩΛΡΘς, %0−, 326, 1208-10.
14 .∆ςςΛΥΗΥ −. (2005), 2Θ ΩΚΗ Ω∆ΝΗ, 2[ΙΡΥΓ 8ΘΛΨΗΥςΛΩ∴ 3ΥΗςς, 1ΗΖ <ΡΥΝ.
Dottor Internet
N. 151 - 2005
Antonio Panti
Presidente della Federazione
Toscana degli Ordini dei Medici
I
mass media, e ora anche
Internet, dedicano sempre più spazio all’informazione sulla salute che, nel
mondo contemporaneo, suscita ogni giorno maggior interesse, come se la gente si
attendesse dalla medicina la
soluzione di tutti i problemi
della vita. E così fioriscono e
si moltiplicano non solo le
notizie e le rubriche, ma i fascicoli dedicati, le trasmissioni in serie, i giornali specializzati. La materia è vastissima, dalle nuove armi contro
le malattie ai rischi per la salute, dalla sanità pubblica al
rapporto tra medico e paziente, dai modi per mantenersi
sani a quelli per garantirsi
performances giovanili, per
non trascurare la malpractice
dei medici, i problemi dei farmaci, le nuove tecnologie sanitarie, insomma un mondo
in cui giocano interessi potentissimi e di diversa natura, legati all’industria della
salute e, inoltre, al desiderio
degli editori di vendere anche
forzando le notizie e alla propensione dei medici ad ampliare il loro mercato professionale. Forse sono questi i
motivi, e altri possono ancora
essere elencati, per cui troppo spesso l’informazione biomedica appare distorta, enfatizzata, illusoria, talora perfino malevola.
Sae l ute
Territorio 229
Un patto etico
tra medici e giornalisti
I medici, che non sono affatto
esenti da responsabilità per
quanto riguarda i contenuti
delle informazioni fornite al
pubblico in tema di sanità e
salute, sono decisamente
preoccupati per questa situazione, ma lo sono anche gli
addetti all’informazione, se,
almeno a Firenze, si è avviato
un dibattito tra i due Ordini
professionali per capire e affrontare meglio il fenomeno.
Non vi è dubbio, infatti, che la
massima parte delle notizie
cosiddette scientifiche siano o
eccessivamente allarmistiche
(“all’Ospedale come alla guerra” titolava su quattro colonne un quotidiano nazionale a
proposito di errori medici) o
francamente illusorie (“un
passo avanti nella cura del
cancro” si legge spesso a proposito di esperimenti su ignari
topolini che mai avranno seguito nell’uomo) o volutamente enfatizzate (si pensi al caso
Di Bella, che ci costringe a
chiederci se talora le notizie
sui tumori siano più pericolose dei tumori stessi) o infine
scandalistiche (i soliti tremila
medici accusati di comparaggio dalla Guardia di Finanza
senza neppure un rinvio a
giudizio a distanza di anni).
Ma tutto questo perché? Torniamo agli interessi in gioco
ma anche al mondo di valori e
al quadro sociale in cui si
La Carta toscana per l’informazione biomedica
muove la medicina oggi, un
mondo che dimentica o vuole
ignorare che la medicina ha
un potere grande ma limitato,
che i medici decidono sempre
in condizioni probabilistiche,
che non tutti i problemi della
vita possono essere delegati
alla medicina ed è rischioso
affidarvi quelli sociali, che la
malattia, il dolore, la morte
sono parte della vita e che
nessuna scienza alchemica restituisce il tempo che passa. I
medici dovrebbero ammettere
i propri limiti, i giornalisti verificare le notizie (quelle vere
sono anche rare), gli editori
accettare qualche limite etico
al profitto.
Altresì i valori in gioco non
sono irrilevanti. Informare
sui test genetici, sui fattori di
rischio, sugli screening, sulle
cosiddette medicine dolci,
sulle ultime tecnologie, giocare sulle attese e sulle speranze di molti, è compito che
richiede forte preparazione
tecnica, elevata competenza
e grande senso morale, sia in
chi dà la notizia, sia in chi la
scrive, sia in chi decide come
pubblicarla.
Nel discutere questo progetto
di “Carta Toscana” siamo stati
guidati da un principio fonda-
mentale: la informazione e la
comunicazione sono due diritti inalienabili della moderna cittadinanza. Quindi lo
scopo di qualsiasi iniziativa
del genere non può essere altro che quello di informare
meglio, non di informare meno, di comunicare in modo
veritiero e trasparente non di
selezionare le notizie. E siccome lo scopo è eminentemente pratico, abbiamo voluto considerare la Carta come
un presupposto valoriale per
un master di secondo livello
in informazione biomedica,
già in fase di avanzata progettazione presso l’Università
fiorentina, per formare comunicatori scientifici della sanità e della medicina, medici,
ricercatori, giornalisti e addetti alle pubbliche relazioni.
La Carta Toscana non vuol essere altro che una solida base
etica per un progetto formativo che avvii una riflessione
più estesa sul diritto alla
buona informazione. Per questo, e per l’indubbia chiarezza del testo, ci sembra molto
più utile pubblicarla per intero, offrendone i principi costitutivi alla riflessione dei
lettori. Ci auguriamo di aver
fatto un primo passo, piccolo
l ute
Sa
e
230 Territorio
ma efficace, nell’interesse di
tutti, sulla strada dell’eticità
della comunicazione.
Al termine di questo breve
scritto ci preme sottolineare
che questa Carta si inserisce
in una politica dell’Ordine dei
medici di Firenze tesa a migliorare la qualità dell’informazione data ai cittadini su
temi sanitari. Per questo l’Or-
Dottor Internet
N. 151 - 2005
dine dei medici e la Regione
Toscana hanno siglato un protocollo d’intesa che prevede
che la Regione esamini tutti i
siti sanitari Internet secondo i
parametri internazionali, accettati dalla Comunità europea, e segnali all’Ordine, per
competenza, i siti dei professionisti sanitari e delle strutture sanitarie pubbliche o pri-
vate. L’Ordine esaminerà questi siti sotto il profilo deontologico, a mente del Codice
deontologico in accordo con la
Direttiva comunitaria già recepita dal nostro Parlamento,
per concedere loro l’uso del logo dell’Ordine e il link col portale regionale, oppure, per chi
si riveli inidoneo, chiedere l’adeguamento alle regole deon-
tologiche aprendo, ove questo
mancasse, un procedimento
disciplinare.
Cerchiamo insomma, unendo
differenti forze e vocazioni,
di offrire un servizio migliore
alla cittadinanza e, più che
altro, maggiori certezze in un
campo così importante per
tutti quale quello dell’informazione sulla salute.
La Carta Toscana
“La buona pratica nell’informazione bio-medica”
1. Il progresso tecnico-scientifico in ambito biomedico, che si è intensificato a partire dalla metà del secolo scorso, ha ampliato lo spettro delle opportunità
legate al mondo della salute, nella sua accezione più vasta.
La medicina è diventata sempre più avanzata e sofisticata e la figura del medico pratico è andata progressivamente separandosi da quella del ricercatore.
Sono aumentate le promesse di efficacia terapeutica, ma è cresciuto anche il tasso di incertezza che inevitabilmente accompagna tutto ciò che è connesso
alla salute dell’individuo. Il rapporto fra i soggetti attivi nella relazione clinica è diventato più complesso.
Se un tempo l’accesso all’informazione bio-medica era, per più motivi, estremamente limitato e legato al rapporto biunivoco medico-paziente, oggi, invece,
intervengono altri interlocutori e l’informazione raggiunge ampi strati dell’opinione pubblica, prevalentemente attraverso i mass-media e le nuove tecnologie multimediali che restano al di fuori di contesti normativi precisi.
2. La questione di offrire una informazione corretta e trasparente nel settore bio-medico si pone in termini più pregnanti, rispetto ad altri settori dell’informazione, in quanto coinvolge, in modo particolare, il mondo dei valori.
L’esigenza di linee-guida, che siano di riferimento per una “buonapratica” nella comunicazione bio-medica, viene sollecitata da più parti, in nome del diritto del cittadino a una informazione comprensibile, ampia e corretta e non è possibile eludere, da parte dei professionisti, quelle competenze che possono
essere acquisite solo attraverso una alta formazione mirata.
Queste esigenze si ripercuotono su numerosi aspetti dell’informazione mediatica, coinvolgendo i rapporti tra strutture, professionisti, personale sanitario,
cittadini, soggetti impegnati nella ricerca e gestori del mercato, spesso guidati dalla logica dei finanziamenti.
Come sottolinea la Carta internazionale della professionalità medica, “Il giudizio professionale riguardante un interesse primario come la salute dei cittadini può essere influenzato indebitamente da un interesse secondario” e per questo esiste un “obbligo per i medici di riconoscere, rendere pubblici e affrontare i conflitti di interesse che si presentano nello svolgimento dei loro compiti e attività professionali”. Parole che possono essere fatte proprie da tutte
le professionalità coinvolte nell’informazione.
3. La figura di un professionista, che sia garante dei principi di qualità nella comunicazione, è perciò esigenza irrinunciabile e risponde a quei criteri di
etica della informazione che sono alla base del rapporto tra media e utente.
Solo in questo modo potrà essere garantita quella capacità di scelta autonoma e consapevole che il cittadino può esercitare esclusivamente nel momento in
cui sia in possesso di una informazione adeguata. In questa prospettiva, ridurre l’asimmetria informativa diventa garanzia essenziale di democrazia.
L’importanza di un codice deontologico i cui valori siano condivisi da parte degli operatori del settore biomedico e dagli operatori dell’informazione e della
comunicazione è stata più volte ribadita.
Nella convinzione che si dovrebbe avviare su tutto il territorio nazionale un’opera di approfondimento di questo aspetto cruciale di una società complessa,
cioè del rapporto di fiducia fra ricercatori, medici, informatori e cittadini, che devono essere messi in grado di fare scelte autonome e consapevoli su tutto
quanto riguarda la salute, proponiamo la seguente
Carta Toscana sull’informazione biomedica
Dal momento che l’informazione deve rispondere ai più alti standard di qualità propri del processo della ricerca e dell’applicazione dei risultati scientifici e
tecnologici, medici e giornalisti si impegnano – nel rispetto dei distinti ruoli e nell’esercizio dei loro rispettivi diritti e doveri – a garantire ai cittadini
un’informazione corretta, obiettiva, trasparente e verificata.
Essi riconoscono l’importanza che il cittadino – sia esso malato o sano – acquisisca una capacità autentica di partecipare con le sue scelte alla promozione
e alla tutela della sua salute e di quella della collettività.
A tali fini gli Ordini dei medici e dei giornalisti della Toscana si impegnano a favorire, attuare e sostenere presso tutte le autorità competenti, in particolare nell’insegnamento universitario, le opportune e adeguate iniziative formative nei confronti dei propri iscritti e affermano i seguenti principi che tradurranno in regolamenti nei rispettivi codici deontologici.
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Dottor Internet
Sae l ute
Territorio 231
1. Comunicazione. I professionisti del settore biomedico, medici e ricercatori, hanno un obbligo di comunicazione che non attiene solo alla relazione
clinica, che si articola nel complesso dei rapporti interpersonali professionali. Esiste un obbligo più generale di informare i cittadini su tutto ciò che
riguarda la tutela della salute e gli strumenti per realizzarla. La relazione clinica è regolata dal codice deontologico della professione e dalle leggi vigenti dirette anche a garantire la riservatezza dei dati personali. I rapporti fra giornalisti e gli altri soggetti dell’informazione biomedica sono regolati
dal codice deontologico dei giornalisti oltre che dalle leggi vigenti.
2. Responsabilità. Esiste una responsabilità comune dei medici, ricercatori e degli operatori dell’informazione che riguarda la diffusione di una corretta informazione. Da una parte in funzione di contribuire alle politiche o ai programmi di prevenzione, dall’altra, più in generale, nel diffondere una
conoscenza precisa, oggettiva e attenta a indicare limiti e conseguenze di determinate scoperte o procedure scientifiche così da non estendere in modo illusorio gli scopi e le possibilità della medicina, superandone i limiti.
3. Interesse generale. In ambito medico e scientifico-sanitario è prioritaria la valutazione dell’interesse generale nel consentire la divulgazione di
qualsiasi notizia e informazione.
4. Servizio. Il medico, il ricercatore e il giornalista collaborano affinché l’informazione sanitaria permetta la distinzione fra notizia di cronaca e quella
utile per l’educazione alla salute, nell’interesse del singolo e della collettività.
5. Trasparenza. Le parti si impegnano a garantire il rigore scientifico delle informazioni, a prescindere da qualsiasi intreccio di interessi personali o societari per quanto legittimi essi siano. In caso di presenza di questi interessi, essi devono essere dichiarati in base al principio della trasparenza. L’aspetto commerciale che riguarda farmaci o attrezzature tecnologiche, così come la promozione di marchi individuali o societari devono essere tenuti
nettamente separati (o dichiarati come tali) nella diffusione delle informazioni attraverso un canale mediatico.
6. Qualità. Medici, ricercatori e giornalisti condividono il fine di garantire la qualità dell’informazione impegnandosi a non trasmettere o a non diffondere notizie premature o non verificate. Gli Ordini sono disponibili a collaborare alla pratica attuazione di tale impegno.
7. Precauzione. In ogni caso medici, ricercatori e giornalisti si atterranno al principio della precauzione secondo il quale non verranno indicati in modo
apodittico vantaggi e svantaggi di una scoperta o di una terapia fino a che questa non avrà superato una sperimentazione inoppugnabile per tempi e
risultati.
8. Completezza. I professionisti si impegnano a fornire l’informazione più completa possibile. Le informazioni non verranno abbandonate dopo le prime uscite pubbliche, ma seguite in modo da confermare o rettificare l’esattezza di quanto comunicato in modo da non suscitare né eccessive attese,
né allarme.
9. Competenza. Medici e giornalisti si impegnano a seguire il principio della competenza. L’informazione verrà resa pubblica quando chi l’ha elaborata
è riconosciuta persona competente e chi la diffonde ha ragionevolmente acquisito strumenti per misurarne la validità e la portata.
10. Linguaggio. Medici, ricercatori e giornalisti dovranno verificare l’esattezza scientifica dei termini, evitando di usarli al di fuori di qualunque contesto che possa mutarne il senso o fare loro acquisire una connotazione emotiva per obiettivi di spettacolarizzazione dell’informazione.
Dr. Antonio Panti
Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi
e odontoiatri della Toscana
Dr. Massimo Lucchesi
Ordine dei giornalisti della Toscana
l ute
Sa
e
232 Territorio
Concetta Maria Vaccaro
Responsabile del settore welfare
della Fondazione Censis di Roma
I
l tema della comunicazione della salute attraverso
il web rappresenta il secondo step di approfondimento realizzato dal “Forum
per la ricerca biomedica” nell’ambito di un ciclo di ricerche sull’informazione e la comunicazione sanitaria. Si
tratta di un argomento di
grande e crescente rilevanza
sociale che incontra un sempre maggiore interesse da
parte dei cittadini.
La rete si presenta infatti come uno strumento estremamente adatto a fornire informazioni che, per la loro complessità, risultano invece penalizzate da media più limitati sotto il profilo dei tempi e
degli spazi di comunicazione.
Se, da una parte, questo fenomeno configura il rischio di
una diffusione non controllata di saperi approssimativi,
con il pericolo conseguente di
comportamenti impropri,
d’altra parte la capillarità e la
continua disponibilità del web
costituiscono una enorme potenzialità perché i cittadini
possano costruire con le istituzioni sanitarie, con il personale medico e con le imprese farmaceutiche un nuovo
genere di rapporto, caratterizzato da una continuità e da
una accessibilità inedite.
Non è un caso che negli ulti-
1
Dottor Internet
N. 151 - 2005
Un consulente sanitario
globale
mi anni la rete Internet sia
diventata uno strumento importante per l’aggiornamento
e per la qualità del lavoro del
personale medico, con il
56,8% dei medici che si serve
degli strumenti informatici
per ottenere supporto conoscitivo al momento della diagnosi ed il 21,1% che si aggiorna soprattutto tramite Internet, come emerso nel corso
dell’indagine Censis-Forum
per la ricerca biomedica del
2004, “Medici e innovazione”.
Parimenti, secondo i dati pubblicati nel 2003 dalla Health
On the Net Foundation, un’organizzazione non governativa
internazionale che conduce
periodicamente attività di rilevazione sui fruitori delle
informazioni di carattere sanitario in rete, più del 35%
degli utenti europei della ehealth sono pazienti che cercano soprattutto informazioni
ed approfondimenti sulle malattie, usufruendo del web come di un vero e proprio consulente medico e sanitario.
Nel nostro Paese, sul totale
dei circa 20 milioni di italiani
che ad oggi utilizzano Internet, pari al 42,7% della popolazione maggiorenne, è infatti il 95,2% degli internauti a
servirsi della rete per visitare
siti e per cercare informazioni, ed il 26% delle ricerche
∋∆ΩΛ &ΗΘςΛς 2005 ΗΓ (ΞΥΛςΝΡ 2004.
Rischi ed opportunità di un media
sempre più strategico
condotte sul web riguarda argomenti legati alla salute ed
al benessere1.
Obiettivo della ricerca è stato
dunque quello di analizzare
le caratteristiche di base, i
contenuti e le strategie di comunicazione che contraddistinguono i siti web dedicati
alla salute, alla sanità e alla
medicina allo scopo di definire il tipo di offerta garantito
dalla rete agli italiani che
sempre di più cercano informazioni mediche e sanitarie
rapide ed immediate.
Comunicazione, consultazione e servizio sono, evidentemente, soltanto alcune delle
molteplici funzioni che la rete svolge per quanti accedono
ad essa, tuttavia la ricerca ha
scelto di concentrare su di esse la propria attenzione; inoltre, stante la rapidità con cui
la rete ed anche i singoli siti
si evolvono e cambiano, il
quadro tracciato dalla ricerca
si riferisce alla sola situazione relativa al periodo della rilevazione, che va dal 9 al 19
maggio 2005.
In particolare è stato esaminato, ricorrendo all’analisi
del contenuto, un campione
di 190 tra i principali siti sulla salute, suddivisi in quattro
categorie (generalisti, istituzionali, farmaceutici, e delle
associazioni dei malati) con
lo scopo di effettuare un’analisi quanto più possibile ampia dell’offerta a disposizione
dei cittadini.
Un primo importante dato è
emerso dalla ricerca: nel complesso le informazioni mediche e sanitarie disponibili in
italiano sul web risultano generalmente di buona qualità,
sia sotto il profilo della varietà, dell’attendibilità, che
dell’aggiornamento e della facilità d’uso.
Sono in netta maggioranza
(76,8%), infatti, i siti che offrono una sezione dedicata
alle news, dunque a notizie
aggiornate su fatti, circostanze, ritrovati o sperimentazioni legate alla ricerca biomedica, o in generale ai temi
della salute, e similmente sono circa 3 siti su 4 a rivolgersi
al pubblico con un linguaggio
semplice e comprensibile,
mentre nel 53,2% dei casi
viene messa a disposizione
degli utenti la funzione di ricerca libera degli argomenti
Dottor Internet
N. 151 - 2005
all’interno del sito.
Sempre una larga maggioranza, pari al 72,6% del campione, fa riferimento a fonti autorevoli, e dunque scientifiche, mediche o giuridico-amministrative, nell’home page
del 64,7% dei siti analizzati è
presente il riferimento alle
principali risultanze della ricerca e dei congressi scientifici mentre il 61,6% fornisce
agli utenti percorsi di approfondimento, come riferimenti bibliografici o indicazioni di supporto nella scelta
di un percorso terapeutico,
aiutandoli ad orientarsi tra le
diverse specialità e le strutture sanitarie presenti sul
territorio. Tuttavia, la certificazione HON è presente solo
in una minoranza di siti
(7,4%) e l’analisi del sottocampione (85 casi) in cui sono trattate patologie ha permesso di evidenziare la presenza di un gruppo di siti,
pari al 15,3% del sottocampione, che si caratterizzano
per un approccio indefinito,
cioè per l’assenza di approfondimento sulle patologie, che vengono menzionate
nelle loro pagine senza che a
questo corrisponda una loro
reale trattazione.
Considerando congiuntamente le diverse caratteristiche
analizzate sono stati costruiti degli indici sintetici in grado di analizzare alcune dimensioni strategiche:
• l’affidabilità delle informazioni
• l’usabilità (e quindi della
facilità per gli utenti di ottenere le informazioni di
cui hanno bisogno)
• la ricchezza e varietà dei
contenuti
• l’eventuale superficialità.
Sotto il profilo della affidabilità il campione dei siti analizzati ha fornito un riscontro
generalmente positivo, il valore medio dell’indice ricavato sulla base dei fattori considerati determinanti di questa
dimensione è infatti pari a
11,1 per il totale del campione, su una scala da 0 a 20
(lungo la quale il valore minimo riscontrato è stato 1 ed il
massimo 19). Nella costruzione dell’indice un peso importante è stato attribuito soprattutto all’autorevolezza
delle fonti, e alla presenza
della certificazione rilasciata
dalla Health On the Net Foundation che garantisce l’attendibilità delle informazioni
mediche e sanitarie (Tab. 1).
Il tema della affidabilità, che
costituisce un nodo assolutamente centrale nella analisi
complessiva del fenomeno
della e-health, rappresenta
una priorità diffusa, ed in
particolare spicca il dato medio relativo ai siti delle associazioni di malati, pari a
12,0. Nell’attività di supporto, anche informativo, ai propri associati e di sensibilizzazione verso il pubblico, la accuratezza e l’attendibilità
delle informazioni costituiscono chiaramente un aspetto irrinunciabile per questo
genere di siti, così come lo
sono la esplicitazione della
titolarità e delle finalità,
nonché l’adozione di politiche chiare sul trattamento
dei dati personali degli utenti
(privacy policy), fattori che
sono stati tenuti in considerazione nella realizzazione di
questo indicatore.
Un ulteriore elemento che
appare opportuno sottolineare riguarda poi il sottocam-
pione di siti che trattano di
una o più patologie, e che
dunque offrono agli utenti la
possibilità di ottenere informazioni o approfondimenti
sulle caratteristiche di determinate malattie: a proposito
di questi siti emerge un grado
medio di affidabilità leggermente più alto rispetto al totale del campione (11,6 contro 11,1), a testimonianza di
come i soggetti che diffondono questo genere di contenuti, estremamente sensibili,
prestino spesso particolare
attenzione alla attendibilità
ed alla autorevolezza delle
notizie che diffondono.
Nella costruzione dell’indice
di usabilità, che consiste in
un valore compreso teoricamente tra 0 e 20 (di fatto
però il valore minimo riscontrato è stato pari a 2 mentre
il massimo è pari a 18), si è
tenuto conto della presenza
di strumenti volti a facilitare
la fruizione delle informazioni, sia dal punto di vista della
raggiungibilità che della
comprensibilità dei contenuti, ed in particolare la mappa
del sito, la funzione “cerca”,
la semplicità del linguaggio e
la presenza di un glossario
hanno assunto un peso importante.
Seppure in un contesto caratterizzato da una certa
omogeneità, sono i siti istituzionali quelli che sono risultati più ricchi di questo
genere di strumenti: se il valore medio dell’indice di usabilità è risultato pari a 10,0
infatti, gli istituzionali costituiscono la tipologia di siti
che presenta in questo senso
il valore medio più alto, pari
a 11,4 (Tab. 2).
I siti istituzionali si caratte-
Sae l ute
Territorio 233
rizzano quindi per la maggior
parte come una interfaccia
informativa tra le istituzioni
che gestiscono e organizzano
le politiche sanitarie ed i cittadini, e rispetto alle altre tipologie considerate risultano
generalmente più attenti alla
fruibilità delle informazioni
che mettono a disposizione
del pubblico.
Sotto il profilo della varietà e
della ricchezza dei contenuti
sono nuovamente i siti delle
associazioni di malati a spiccare per un valore medio più
alto rispetto alla media. Nella
costruzione della scala da 0 a
20 (il valore minimo riscontrato è 0 ed il massimo è pari
a 19) si è tenuto conto del
numero e della varietà dei
contenuti, ed il valore medio
complessivo è risultato pari a
8,5, mentre i siti delle associazioni di malati evidenziano un valore pari a 9,8.
A proposito di questo indicatore, sia l’andamento complessivo che quello relativo
ad alcune specifiche categorie (fondamentalmente i siti
delle Industrie farmaceutiche) mettono in luce il fatto
che molti dei siti che trattano
i temi della salute tendono ad
avere con frequenza un carattere “specialistico”, e quindi
a focalizzarsi su un certo numero di argomenti.
Si tratta di una tendenza che
riguarda in effetti anche i siti
generalisti che, pur offrendo
al pubblico informazioni di
vario genere, di fatto in molti
casi propongono una linea
editoriale che tende a privilegiare alcuni temi in particolare, ad esempio l’alimentazione o il benessere piuttosto
che i diritti dei malati o la
deontologia professionale.
l ute
Sa
e
234 Territorio
In questo senso i siti delle associazioni dei malati confermano invece la loro vocazione a fornire un supporto multidimensionale agli utenti,
che possono quindi trovare
informazioni che vanno dalla
normativa alla prevenzione,
agli stili di vita, alla ricerca, i
congressi, etc; mentre i siti
delle Industrie farmaceutiche
risultano più “specializzati”,
e propongono contenuti focalizzati sostanzialmente su ricerca ed congressi, farmaci e
news (Tab. 3).
Nonostante il quadro generalmente positivo, tuttavia, i
valori riscontrati nell’indice
di superficialità evidenziano
che i rischi di un’informazione non adeguata sembrano
comunque concreti.
Nella costruzione di quest’ultimo indice si è infatti tenuto
conto del livello di approfondimento delle informazioni,
della mancanza di riferimento a fonti autorevoli, della
tendenza a non esplicitare titolarità e finalità del sito, o a
non garantire agli utenti la
tutela della privacy, nonché
della presenza di pubblicità
commerciale.
Naturalmente la pubblicità
commerciale non costituisce
un determinante della superficialità tout court, ma la si è
considerata tale solo per quei
siti che hanno evidenziato
una particolare carenza di
approfondimento e di credibilità, configurandosi quindi
più come raccolte di inserzioni commerciali che come pubblicazioni informative.
Il valore medio per il totale
del campione rimane comunque piuttosto basso, pari a
5,3 su una scala da 0 a 20
(Tab. 4).
Dottor Internet
N. 151 - 2005
Indice (0-20)
Siti di Associazione di malati
Siti istituzionali
Siti generalisti
Siti di Industria farmaceutica
12,0
11,6
10,4
10,0
Siti che si occupano di patologie (n=85)
11,6
Indice medio complessivo
11,1
Tab. 1 - Indice medio
di affidabilità.
Fonte: Indagine Censis - Forum
per la ricerca biomedica, 2005.
Indice (0-20)
Siti istituzionali
Siti di Industria farmaceutica
Siti generalisti
Siti di Associazione di malati
Indice medio complessivo
11,4
9,6
9,5
9,4
10,0
Tab. 2 - Indice medio di usabilità.
Fonte: Indagine Censis - Forum
per la ricerca biomedica 2005.
Indice (0-20)
Siti di Associazione di malati
Siti istituzionali
Siti generalisti
Siti di Industria farmaceutica
Indice medio complessivo
9,8
9,1
9,0
5,5
8,5
Tab. 3 - Indice medio di varietà
e ricchezza dei contenuti.
Fonte: Indagine Censis - Forum
per la ricerca biomedica, 2005.
Indice (0-20)
Siti generalisti
Siti di Industria farmaceutica
Siti istituzionali
Siti di Associazione di malati
6,3
5,6
5,3
4,2
Siti che si occupano di patologie (n=85)
5,1
Indice medio complessivo
5,3
In particolare, nei casi in cui
si tratta di siti che si occupano anche di patologie (il valore medio di questo subcampione è comunque più
basso della media complessiva), questo genere di carenze
configurano un rischio più
concreto: molti degli utenti
non medici della e-health sono infatti con ogni probabilità persone che cercano notizie ed approfondimenti su
una situazione patologica
che li riguarda direttamente,
o che riguarda un loro familiare. In questo senso si tratta
di persone particolarmente
vulnerabili, per le quali imbattersi in informazioni non
attendibili, o non aggiornate,
può aggravare una situazione
di ansia o di allarme, se non
addirittura indurre comportamenti scorretti e inadeguati.
Ed è in considerazione di
Tab. 4 - Indice medio
di superficialità.
Fonte: Indagine Censis - Forum
per la ricerca biomedica, 2005.
questi aspetti che si è scelto
di realizzare un focus di indagine sui siti che trattano di
patologie, che ha consentito
di tracciare un quadro dell’offerta che ne evidenzia, una
volta di più, il carattere variegato.
È vero che compaiono alcune
costanti, ad esempio particolare attenzione, senza differenze sostanziali tra le varie
tipologie di siti, viene dedi-
Dottor Internet
N. 151 - 2005
cata alla descrizione della
sintomatologia (84,7%), alla
diagnostica (82,4%), ai possibili interventi medici e/o chirurgici (81,2%). Ma le indicazioni relative alla prevenzione, nonostante siano presenti
in quota maggioritaria (compaiono nel 51,8% dei casi), si
attestano ad un livello significativamente più basso, con
l’eccezione dei siti generalisti
e degli istituzionali. Altrettanto omogenea è la tendenza a riferirsi principalmente
alla terapia farmacologica
(72,9%dei casi), seguita da
quella chirurgica (44,7%),
quella psicologica (34,1%),
quella riabilitativa (23,5%),
senza significative differenze
tra le tipologie di sito considerate. Scarsi (5,9%), invece,
sono i riferimenti a tipi di terapia complementari rispetto
a quelli della medicina tradizionale, e si ritrovano esclusivamente nei siti generalisti.
Di fatto, i siti che appaiono
più in grado di rispondere ai
diversi bisogni informativi di
tutte le categorie di potenziali
utenti coinvolti risultano
quelli delle associazioni dei
pazienti che, più di altri, si caratterizzano per un approccio
essenzialmente centrato sul
paziente, attento a considerare non solo la dimensione fisica, ma anche quella psicologica della malattia, evidenziando accanto agli aspetti più
tecnici del percorso terapeutico, quali gli interventi di tipo
medico e chirurgico, anche
quelli finalizzati a sostenere il
paziente che deve affrontare il
disagio interiore e relazionale
che la malattia può procurare.
Inoltre sono siti attenti anche
alla necessità di ricorrere a
modalità di argomentazione
che favoriscano la comprensione dei temi trattati e rappresentino una buona quota
del sottocampione considerato (34,1%).
Un gruppo quasi altrettanto
numeroso di siti (32,9%), si
caratterizza per un approccio
alla malattia essenzialmente
“tecnico”, riferito in modo
molto più netto alla dimensione fisica delle patologie
considerate, e quindi centrato
prevalentemente sui percorsi
terapeutici della farmacologia
e della chirurgia, in cui la dimensione psicologica viene
poco considerata, ma è elevato il riferimento alla ricerca
(si tratta essenzialmente dei
siti delle Industrie farmaceutiche e di quelli istituzionali).
Le altre tipologie di sito che
l’analisi ha consentito di
identificare, e che coincidono
essenzialmente con la categoria dei generalisti, appaiono, come già ricordato, molto
differenziate al loro interno:
dalla quota minoritaria di siti
specializzati nell’approccio
focalizzato sulle medicine
non convenzionali a quelli
che presentano un approccio
alla malattia più complesso
ed articolato a quelli decisamente superficiali, spesso assimilabili più a raccolte di inserzioni commerciali che a
pubblicazioni informative.
In sintesi, dunque, se il profilo generale dei siti è risultato
nel complesso di buona qualità, non mancano le peculiarità e le situazioni problematiche.
In particolare, tra le quattro
tipologie considerate, i siti
istituzionali, spesso autorevoli in sé in quanto espressione
di un’istituzione pubblica e/o
scientifica, sono anche quelli
che rispondono più adeguatamente al bisogno di accessibilità delle informazioni, presentando un grado mediamente alto di navigabilità e
usabilità. I siti delle Industrie
farmaceutiche presentano nel
complesso una buona usabilità ed una buona attendibilità ed autorevolezza delle
informazioni, ma, come prevedibile, appaiono anche come quelli più specializzati. I
siti delle associazioni di pazienti sono molto attenti all’insieme degli aspetti considerati, e quindi sia alla qualità ed alla varietà delle informazioni che alla facilità d’uso.
È tra i siti generalisti che si incontra, invece, il massimo grado di eterogeneità, come era
lecito attendersi; è, infatti, in
questa categoria che si collocano i siti probabilmente più
completi, sotto il profilo della
varietà, dell’aggiornamento e
della qualità delle informazioni, ma anche quelli più a rischio sotto il profilo della attendibilità e della completezza delle informazioni.
L’analisi effettuata lascia intravedere dunque ampi margini di crescita per la condivisione di criteri e strumenti
per il controllo delle informazioni sanitarie sul web.
È vero che la libertà di accesso
praticamente illimitata, che
implica un’altrettanto ampia
opportunità di pubblicare
contenuti, l’enorme quantità
di informazioni che può ospitare e la loro continua accessibilità per gli utenti rappresentano caratteristiche fondanti
della rete e punti di forza strategici di questo medium.
Per questo, la e-health costituisce un orizzonte irrinunciabile per i soggetti istituzio-
Sae l ute
Territorio 235
nali, per le imprese farmaceutiche, per i gruppi editoriali,
sia nell’attività di promozione
e di informazione sulle proprie attività e sulle politiche
sanitarie, sia nella diffusione
di notizie ed approfondimenti
che troverebbero poco spazio
su altri media.
Tuttavia, l’intreccio tra la
particolare natura delle informazioni di carattere medico e
sanitario e lo stato d’animo
con il quale gli utenti ed i
cittadini in molti casi si servono del web come di un consulente sanitario può rappresentare un rischio peculiare
dell’e-health.
Internet non è un medium
che “valida automaticamente” il messaggio come succede
per la televisione o i giornali,
e proprio quella libertà di accesso e di pubblicazione sulla
rete, che è, come ricordato, il
principale vantaggio di questo mezzo, richiama allo stesso tempo una particolare attenzione all’aspetto strategico dell’affidabilità dell’informazione. Molta strada va ancora fatta su questo piano,
così come su quello dell’“orientamento” alla navigazione, soprattutto attraverso
lo sviluppo di strumenti sicuramente più diffusi al di fuori
del nostro Paese che, a partire
da un uso più sistematico di
criteri condivisi di validazione dei contenuti (come ad
esempio le certificazioni),
diano la possibilità agli utenti
non solo di trovare più agevolmente le informazioni di
cui hanno bisogno tra i meandri del web, ma, in una prospettiva più ampia, di riconoscere le fonti più autorevoli, e
quindi di dare il giusto credito alle molte voci della rete.
l ute
Sa
e
236 Territorio
Giorgio Almansi
Direzione generale Diritto
alla salute Regione Toscana Responsabile settore
“Tecnologie, innovazione
e ricerca in sanità”
giorgio.almansi@
regione.toscana.it
L
a Regione Toscana ha
avviato da qualche tempo un’operazione di
controllo dei processi informativi sanitari veicolati tramite la rete Internet. Per
comprendere il significato di
questa azione, ad oggi unica
nel nostro Paese, riteniamo
utile riassumere inizialmente
alcuni concetti-chiave del
processo di comunicazione.
In base alla teoria generale
dell’informazione, il processo
si svolge a partire da un’entità (soggetto, macchina,
etc., in linguaggio tecnico:
“emittente”) che inizia a trasmettere un segnale qualsiasi. Per essere trasmesso il segnale ha bisogno di due cose:
un canale di trasmissione e
un codice compatibile con tale canale (ad esempio: la voce
umana ha bisogno dell’aria
come canale e di un codice
sonoro perché il canale possa
essere messo in vibrazione e,
conseguentemente, utilizzato). Il segnale attraversa il
canale e, normalmente, raggiunge uno (comunicazione
punto-a-punto), o diversi
(comunicazione punto-multipunto) o un numero imprecisato di destinatari (comuni-
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N. 151 - 2005
L’accreditamento
dei siti
cazione broadcast) che, in
linguaggio tecnico, sono
chiamati “riceventi”. I riceventi possono decifrare il segnale o la sequenza di segnali
(messaggio) se e soltanto se
conoscono il codice con cui il
segnale è stato immesso sul
canale (possono cioè “decodificare” il messaggio). Nel caso
sopra riportato, relativo alla
voce umana come vettore
della comunicazione, la possibilità di decodificare il messaggio è legata, da un lato,
alla capacità dell’orecchio di
percepire in modo corretto
(cioè: percependo l’intera comunicazione come è stata
emessa, a prescindere dagli
eventuali disturbi – chiamati
“rumore” – sul canale) la vibrazione sonora in arrivo,
dall’altro – specie in relazione a comunicazioni sonore
complesse (una frase, una
conversazione) – al possesso
del codice “lingua” utilizzata
dall’emittente per la codifica
iniziale. Ambedue i processi,
quello di percezione e quello
di decodifica, però, non spiegano perché, specie nel caso
della comunicazione umana,
gli stessi messaggi, pur correttamente decodificati, sia-
Il primo intervento realizzato nel nostro Paese
sulla correttezza dell’informazione
no poi percepiti con modalità
ed esiti differenti dai riceventi e generino, conseguentemente, differenti modelli di
risposta comunicativa (“feedback”) o comportamentale.
Questo passaggio è essenziale
per comprendere quello che
viene chiamato il “senso”
della comunicazione (i “significati” che l’emittente ha
codificato nel messaggio e
quelli che il ricevente interpreta in base non solo al codice ma anche alla sua esperienza personale e sociale).
Semplificando al massimo, si
tratta quindi di comprendere
se quello che l’emittente trasmette può essere accettato
dal ricevente in base a criteri
che il ricevente stesso (più
correttamente: l’ambiente sociale e culturale di appartenenza del ricevente e il correlato in termini di valori e
norme) giudica corretti, verosimili, affidabili. Senza entrare nel dettaglio dei vari elementi che compongono la
teoria generale dell’informazione e/o l’analisi dei processi di codifica e decodifica linguistica (per i quali si rimanda alle ben più autorevoli
fonti di questa brevissima introduzione1) possiamo in generale affermare che le modalità sopra elencate si applicano alla generalità dei fenomeni comunicativi e, conseguentemente, coinvolgono
anche quei fenomeni, come la
comunicazione via Internet,
che avvengono nell’ambito
delle applicazioni delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione.
Le note sopra riportate ci
possono, a nostro parere, introdurre efficamente alla problematica dell’accreditamento della comunicazione sanitaria veicolata tramite i siti
Internet. Si tratta di un fenomeno comunicativo in rapidissima espansione, le cui implicazioni, sul piano della salute degli individui nonché
sul piano dell’affidabilità e
1 3ΗΥ ΛΟ ΣΥΡΦΗςςΡ ϑΗΘΗΥ∆ΟΗ ΓΛ ΦΡΠΞΘΛΦ∆]ΛΡΘΗ Η ΟΗ ςΞΗ ΛΠΣΟΛΦ∆]ΛΡΘΛ ΟΛΘϑΞΛςΩΛΦΚΗ ΥΛΠ∆ΘΓΡ, ΣΗΥ ΗςΩΥΗΠ∆ ΕΥΗΨΛΩϕ, ∆ΟΟ∆ ςΗ]ΛΡΘΗ ∝∃∂ ΓΗΟ ΩΗςΩΡ ΙΡΘΓ∆ΠΗΘΩ∆ΟΗ ΓΛ 8. (ΦΡ /∆ 6ΩΥΞΩΩΞΥ∆ ∆ςςΗΘΩΗ (%ΡΠΣΛ∆ΘΛ, 0ΛΟ∆ΘΡ 1968). 3ΗΥ Ο∆ ΩΗΡΥΛ∆ ϑΗΘΗΥ∆ΟΗ ΓΗΟΟ∂ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΗ, Λ ΦΡΥΥΗΟ∆ΩΛ ΠΡΓΗΟΟΛ Π∆ΩΗΠ∆ΩΛΦΛ Η ΟΗ ΣΥΡΕΟΗΠ∆ΩΛΦΚΗ ΓΛ ΩΛΣΡ ∝ΗΘΩΥΡΣΛΦΡ∂ ΦΚΗ ΛΟ ΣΥΡΦΗςςΡ ΓΛ ΦΡΠΞΘΛΦ∆]ΛΡΘΗ ΨΛ∆ ,ΘΩΗΥΘΗΩ ςΡΩΩΗΘΓΗ ΘΡΘ ΣΡςςΡ ΦΚΗ ΥΛΘΨΛ∆ΥΗ ∆ΟΟ∂∆ΟΩΥΗΩΩ∆ΘΩΡ ΙΡΘΓ∆ΠΗΘΩ∆ΟΗ Φ∆ΣΛΩΡΟΡ , ΓΗ /∆
7ΗΡΥΛ∆ Π∆ΩΗΠ∆ΩΛΦ∆ ΓΗΟΟΗ ΦΡΠΞΘΛΦ∆]ΛΡΘΛ ΓΛ &.(. 6Κ∆ΘΘΡΘ Η :. :Η∆ΨΗΥ ((Ω∆ς .ΡΠΣ∆ςς, 0ΛΟ∆ΘΡ 1971).
Dottor Internet
N. 151 - 2005
sostenibilità del sistema sanitario, sono oggi oggetto di
discussione quanto mai accesa nel nostro paese e in Europa. Il problema può essere affrontato sotto due differenti
profili:
• quello normativo-organizzativo
• quello informativo-comunicativo
Sotto il primo profilo il problema del conferimento di
senso alla comunicazione sanitaria è descrivibile in modo
chiaro e definitivo: si tratta
di un problema di legittimazione dell’emittente da parte
di un’autorità a cui è conferito (istituzionalmente, socialmente, culturalmente, etc.) il
compito di vigilare sulle norme e sui contenuti della comunicazione. Il senso della
comunicazione è quindi identificato “a monte” dall’autorità tramite le norme di riferimento di un dato sistema sociale in materia di salute degli individui. La stessa autorità ha il compito di applicare
tali norme, anche tramite
specifiche disposizioni sanzionatorie, al contesto comunicativo tenuto conto degli
attori a cui il sistema sociale
stesso affida le relative competenze e funzioni.
Sotto il secondo profilo il
problema appare più complesso, perché la comunicazione viene misurata in relazione all’efficacia (effettiva o
presunta) degli esiti della comunicazione stessa: è quindi
una misurazione “a valle”,
profondamente empirica e legata alla percezione individuale degli effetti, quella che
stabilisce se il senso del messaggio trasmesso ha prodotto
o meno i risultati in termini
di salute di cui il ricevente ha
ritenuto di avvalersi per produrre o migliorare il proprio o
l’altrui stato di salute.
Regione e comunicazione
per la salute
Vediamo di comprendere come, date tali premesse, la Regione Toscana ha affrontato il
tema della comunicazione sanitaria via Internet e quali
sono, ad oggi, i risultati dell’approccio utilizzato.
La Regione Toscana, in attuazione del Piano sanitario regionale ed al fine di perseguire quegli obiettivi di garanzia
che le sono affidati dalla normativa, ha promosso e sostenuto azioni indirizzate allo
sviluppo dei concetti di appropriatezza e sicurezza nelle
relazioni tra sistema sanitario, i professionisti della salute e i cittadini/utenti. Per
questi obiettivi la Regione si
è mossa su due piani differenti ma cooperanti: il piano
normativo/programmatorio e
il piano informativo/comunicativo, inserendosi quindi in
ambedue i profili sopra delineati. In particolare sono state avviate numerose campagne di informazione sul corretto uso dei farmaci e sulle
modalità di accesso ai servizi
sanitari esercitando unitamente al competente Ordine
dei medici ogni formale controllo in materia di pubblicità
sanitaria per evitare che in
un settore delicatissimo come
quello della salute potessero
operare livelli di disinformazione speculativi potenzialmente pericolosi per la salute
dei cittadini.
Nel quadro teorico e operativo che abbiamo cercato di
chiarire nei precedenti para-
grafi, la Regione Toscana ha
posto sotto particolare attenzione il fenomeno della pubblicità sanitaria, liberalizzata
in taluni Paesi (ad es.: negli
USA) ma soggetta a specifiche normative in Italia e di
particolare interesse per una
Regione che persegue, come
abbiamo visto, obiettivi concreti di appropriatezza e affidabilità nelle relazioni di governo tra mondo della produzione, professionals della salute e cittadini. Più nel dettaglio, a fronte della crescita
comunicativa a cui si è assistito negli ultimi dieci anni
in relazione al proliferare di
siti Internet dedicati a problematiche sanitarie, la Regione si è posto il problema
della compatibilità tra i messaggi e i riceventi nel quadro
delle regole definite del sistema della salute toscano. Il
punto è che la comunicazione
via Internet, nata come è noto al di fuori di norme chiarissime di impianto ed esercizio e regolata in linea di massima solo dall’interesse comunicativo dell’emittente
(anche in relazione ad obiettivi di tipo mercantile), può
rappresentare un valore aggiunto per il sistema sanitario toscano e per i suoi cittadini (aumentando le informazioni distribuite nel sistema
sociale e tendendo conseguentemente ad aumentare
la quota informativa degli individui a prescindere dalla loro contiguità fisica con centri
di informazione sanitaria) e
può, al tempo stesso, rappresentare un veicolo di informazioni distorte non solo
sotto il profilo scientifico-sanitario ma anche sotto quello
organizzativo ed economico.
Sae l ute
Territorio 237
Per la particolarità dell’utilizzo, che avviene di regola senza alcuna mediazione culturale o professionale, per l’ampiezza dei messaggi e il livello di dettaglio con cui i messaggi possono essere fruiti,
per l’assenza di “rumore di
fondo” nella comunicazione
stessa data la natura “fredda”
del medium utilizzato, l’impiego della rete Internet per
tale particolarità, per la natura ed il livello delle informazioni ha destato preoccupazione e ha imposto la ricerca di possibili soluzioni per
disciplinare il fenomeno superando l’evidente contraddizione con il rigore rivolto ad
ogni altra forma di comunicazione in materia di salute
umana.
Nella ricerca di soluzioni
compatibili con il profilo normativo e con l’ormai indispensabile profilo informativo, la Regione ha trovato la
disponibilità della più qualificata associazione professionale in materia sanitaria,
cioè dell’Ordine dei medici
(Federazione regionale degli
Ordini dei medici chirurghi e
odontoiatri della Toscana). La
recente approvazione della
c.d. “legge Gasparri” sulle telecomunicazioni, permettendo l’avvio di pubblicità su reti
televisive e telematiche da
parte degli esercenti le professioni mediche, ha affidato
agli Ordini dei medici compiti
specifici di vigilanza. L’Ordine, sulla base di approfondite
valutazioni tecnico-scientifiche e in ragione delle competenze sopra descritte, ha convenuto puntualmente sulla
natura e sulla portata del
problema e ha proposto di individuare congiuntamente
l ute
Sa
e
238 Territorio
una soluzione adeguata e,
per molti versi, innovativa
per affrontare la questione.
Dopo una nutrita serie di incontri tecnici, è apparso evidente che la metodologia di
controllo della comunicazione in rete risulta efficace se
riesce ad utilizzare gli stessi
strumenti (tecnologici e
informativi) all’origine del
problema. È stato quindi stabilito di indirizzare l’impegno
alla ricerca di tecniche di
analisi e informative basate
su strumenti informatici in
grado di analizzare in modo
dettagliato e continuativo il
fenomeno della comunicazione sanitaria. In questo modo
si sono create le premesse per
supportare, attraverso un’operazione che potremmo
chiamare di “governance comunicativa”, l’azione di verifica e, nel caso, sanzionatoria, da parte degli Ordini provinciali dei medici. Ad essi, in
particolare, la legge nazionale affida specifici compiti di
vigilanza nei confronti degli
iscritti ma anche, più in generale, compiti di salvaguardia della correttezza della co-
Dottor Internet
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municazione se coinvolgente
il tema della salute umana.
Il punto di partenza per dotare il sistema di governance
comunicativa di una metodologia adeguata allo scopo è
derivato dalle indicazioni
dell’Unione europea (v. Fig.
1) che, già nel 2002, aveva
emesso una Comunicazione
relativa ai “Criteri di qualità
per i siti web contenenti
informazioni di carattere medico”. In particolare sono stati esaminati i contenuti del
punto 2: “Stabilire criteri appositi per i diversi tipi di contenuti di carattere medico
(trasparenza dei contenuti,
autorevolezza dei fornitori
dei contenuti, privacy e protezione dei dati relativi alla
salute, aggiornamento delle
informazioni, responsabilità
dei contenuti, accessibilità
dei contenuti)”, quelli del
punto 3: “Applicazione dei
criteri di qualità per i siti web
di carattere medico” (questioni in gioco per la Comunità europea, esempi di metodi per applicare i criteri di
qualità) e quelli del punto 4:
“Finalità dell’applicazione dei
criteri di qualità ai siti web di
carattere medico (istruire gli
utenti, assistere chi effettua
la ricerca, educare i fornitori
dei siti, garantire la qualità)”.
A completamento della parte
teorico-normativa, si sono
inoltre utilizzate le disposizioni internazionali del Codice Health On The Net (come
certificato dalla comunicazione della Health On The Net
Foundation prot. HONConduct374835 dell’8/9/2003).
Definito il campo di applicazione e le regole, si è reso
nessario individuare sul mercato una procedura informatica in grado di supportare
tecnicamente la metodologia
di verifica. Un’apposita ricerca ha quindi portato alla scelta di una società che aveva
già sviluppato un’applicazione informatica compatibile
con i fini e la metodologia sopra esposta sia sotto il profilo
tecnico che sotto quello della
qualità procedurale sui contenuti: la Banca-Dati/Portale
web “LaMedicinaInRete.it”
poteva in effetti rispondere
ai requisiti di analisi performante ed efficace dei dati re-
lativi ai siti sanitari richiesti
per l’iniziativa. Una volta
perfezionata l’acquisizione
della procedura in via sperimentale per la durata di un
anno, la Regione ha provveduto ad identificare la piattaforma tecnologica in grado
di assicurare l’applicazione
sicurezza e continuità di
esercizio e di definire con la
Federazione degli Ordini dei
medici le modalità organizzative del sistema di controllo.
Il sistema si presenta oggi:
• organizzato tecnicamente
tramite l’immissione nel
Tuscany Internet eXchange
(TIX) della Rete Telematica
Regionale Toscana – cioè
nel nucleo tecnologico del
sistema di rete telematica
della Toscana – della procedura “LaMedicinaInRete.it”, controllata a livello
di accesso tramite specifici
profili di utilizzo che includono l’impiego di apposite certificazioni elettroniche e assistita continuativamente dal personale
TIX e da quello della ditta
fornitrice;
• modellato organizzativa-
COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE
%ΥΞ[ΗΟΟΗς, 29.11.2002
&20(2002) 667 ΓΗΙΛΘΛΩΛΨΡ
&ΗΩΩΗ ΨΗΥςΛΡΘ ∆ΘΘΞΟΗ ΗΩ ΥΗΠΣΟ∆ΦΗ Ο∆ ΨΗΥςΛΡΘ ΣΥπΦπΓΗΘΩΗ
&2081,&∃=,21( ∋(//∃ &200,66,21( ∃/ &216,∗/,2, ∃/ 3∃5/∃0(172
(8523(2, ∃/ &20,7∃72 (&2120,&2 ( 62&,∃/( ( ∃/ &20,7∃72
∋(//( 5(∗,21,
(ΞΥΡΣΗΗ 2002: &ΥΛΩΗΥΛ ΓΛ ΤΞ∆ΟΛΩϕ ΣΗΥ Λ ςΛΩΛ ΖΗΕ ΦΡΘΩΗΘΗΘΩΛ ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΛ
ΓΛ Φ∆Υ∆ΩΩΗΥΗ ΠΗΓΛΦΡ
Fig. 1.
Dottor Internet
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mente tramite la collaborazione, derivata dalla sottoscrizione di uno specifico Protocollo di intesa, tra
Regione Toscana e Federazione regionale degli Ordini dei medici chirughi e
odontoiatri, che si avvale
degli Ordini provinciali per
l’esecuzione, in caso di verifica negativa di un sito,
dei procedimenti di avviso
e sanzione derivati dalla
normativa vigente;
• comunicato via Internet
tramite uno specifico e
strutturato legame tra la
procedura “LaMedicinaInRete.it” e il sito web per la
salute della Regione Tosca-
na (http://www.salute.toscana.it) in modo da rendere visibili sia i processi
di controllo con esito positivo (con l’ipotesi tuttora
allo studio del conferimento di un apposito “bollino
blu” a tali siti) sia quelli
con esito negativo (l’ipotesi allo studio è in questo
caso quella di un “bollino
rosso” nel caso il sito incriminato non sospenda la
comunicazione o non modifichi i messaggi ritenuti
inaffidabili).
Il processo avviato include,
ad oggi, la selezione dei circa
5.000 siti italiani di carattere sanitario valutati con i
criteri sopra definiti utilizzando come riferimento la
procedura “LaMedicinaInRete.it”. La Regione Toscana e
la Federazione sono convinte
di poter affiancare alla semplice ma importantissima
azione di controllo, sulla base del lavoro svolto e in tempi relativamente brevi, un’area all’interno del sito web
della Regione dedicata alla
guida dei cittadini verso i siti web che si occupano di sanità, salute e medicina. Vale
la pena di sottolineare, in
chiusura, che la procedura
utilizzata per il controllo è
già tecnicamente predisposta per il successivo passag-
Sae l ute
Territorio 239
gio informativo: LaMedicinaInRete presenta infatti
una articolata classificazione
degli argomenti relativi a salute, benessere e malattie;
per ciascun argomento vengono proposti siti corredati
di una recensione ed elencati
in ordine decrescente di qualità ed interesse, con differenti livelli di accesso in relazione alle differenti esigenze dell’utenza, gestiti da
un apposito motore di ricerca. E, naturalmente, nell’ambito della procedura è disponibile ed evidenziata un’accurata presentazione dei criteri impiegati per attestare
la qualità dei siti presentati.
l ute
Sa
e
240 Territorio
Giammaria Fiorentini
Lisa Reboldi*
Dottor Internet
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Il sostegno informatico
Direttore Dipartimento
oncologico AUSL 11
* Responsabile PISI
I
l “Punto informativo di
sostegno scientifico Internet” (PISI) è un’idea
nata all’interno del Dipartimento di oncologia della AUSL 11 di Empoli fin dal 2002,
ma che solo recentemente ha
avuto avvio, anche grazie al
finanziamento di ASTRO (Associazione per il sostegno
terapeutico riabilitativo in
oncologia).
La necessità di attivare un
Punto informativo per i malati di tumore e le loro famiglie
parte dalla considerazione secondo la quale la fase di
shock psicologico, immediatamente successiva alla comunicazione della diagnosi di
tumore, può attivare nel paziente molteplici meccanismi
di difesa, quali la negazione,
la proiezione e la scissione,
che lo portano a dilazionare
un confronto diretto con la
realtà che gli si prospetta e
che non è in grado di padroneggiare. Tutto questo causa
instabilità familiare, sofferenza, paura, aumento dell’ansia. Nel momento in cui
apprende della malattia, normalmente il paziente, ma anche i familiari, non hanno
informazioni precise su di essa, sulle terapie, sulle opzioni
di scelta rispetto a queste ultime, sulle possibilità di successo e su gli effetti collaterali. Anche per questo è oggi
esperienza quotidiana che i
pazienti e, soprattutto, i figli
o le persone di media ed elevata preparazione culturale,
utilizzino Internet per verificare notizie o per ricercare
Centri che possano dare solu-
Un servizio di grande significato
per una soddisfacente informazione oncologica
zioni. Spesso, però, anch’essi
si muovono in un territorio
sconosciuto.
In Internet, infatti, vi sono
oltre centomila siti web che
trattano di salute. L’utilizzo
della rete come canale d’informazione ha sicuramente numerosi vantaggi: possibilità di
avere rapidamente informazioni su strutture sanitarie,
consigli su diverse branche
mediche, ma le informazioni
acquisite, i consulti in linea,
nascondono anche dei rischi.
Utilizzare Internet è come andare a spasso per una grande
città sconosciuta, dove si incontrano persone che parlano
lingue diverse e in cui gli
aspetti culturali differenti, e
le relative manifestazioni non
verbali, non sempre sono piacevoli. Sulla rete non mancano insidie, speculazioni e
informazioni discordanti, che
generano dubbi e disorientamento. Gli utenti, che non
hanno strumenti oggettivi di
valutazione, cadono allora,
inevitabilmente, nella confusione e nel dubbio o, peggio,
incorrono in terapie sbagliate
o inutili che scoraggiano i
trattamenti convenzionali a
favore di metodiche sostitutive su cui non esiste consenso
o indicazione terapeutica nel
mondo scientifico.
In questo panorama, il PISI
vuole porsi come un “facilitatore” del cammino della persona malata e della sua famiglia nel corso della malattia.
Ma in sostanza cos’è il PISI?
Un punto di riferimento al
quale sia i familiari che i pazienti stessi si possono rivolgere per avere delle risposte
sulla malattia, i Centri di cura, il percorso migliore da seguire a seconda del caso specifico; una postazione computer, gestita da un professionista con competenze specializzate nell’ascolto, nelle
tecniche di motivazione e
con capacità d’orientamento
e supporto di pazienti e familiari; un “counselor”, che
“prende per mano” e guida
nelle loro ricerche sul web
prima che costoro si rechino
ad un ulteriore colloquio con
l’oncologo, a cui spetterà il
compito di chiarire i dubbi e
rispondere alle richieste.
Altro obiettivo del PISI è,
quindi, rendere più facile la
comunicazione tra medico e
Dottor Internet
N. 151 - 2005
paziente, due soggetti tra cui
generalmente vige uno stile
comunicativo di carattere
prettamente strumentale, il
cui fine è quello di individuare e risolvere un problema. Il
Punto Informativo utilizza
invece modalità comunicative di tipo affettivo, orientate
maggiormente all’ascolto ed
al sostegno psicologico. Il
medico e il “counselor” del
PISI possono sopperire, insieme, alla carenza di una corretta informazione scientifica, da un lato, e di relazione,
dall’altro.
Quando l’utente e/o i suoi
familiari accedono al Punto
informativo, vengono aiutati
nella navigazione di siti, già
selezionati per correttezza
scientifica ed istituzionale,
dei maggiori istituti italiani
ed eventualmente esteri, e
vengono loro fornite, di volta
in volta, le spiegazioni dei
termini scientifici, degli
acronimi che spesso indicano
le terapie, nonché le informazioni e gli indirizzi di
Centri collegati o raggiungibili. Al termine dell’incontro,
si procede alla stampa dei
documenti giudicati d’interesse e viene fissato un appuntamento con l’oncologo
affinché il paziente o il suo
familiare possa confrontarsi
con l’esperto. Internet può
esser utile, ma non deve mai
sostituire il consulto con lo
specialista.
L’adeguatezza delle informazioni ricevute, la capacità del
paziente di ricordarle, la soddisfazione del malato per il
modo in cui si è svolta la visita, l’ascolto, la relazione
orientata in un ottica empatica, sembrano correlarsi positivamente non solo con l’a-
desione al trattamento, ma
anche con la capacità spontanea del malato di prendere
iniziative rivolte al conseguimento ed al mantenimento
della salute e di acquisire fiducia nelle strutture. Questo
porta anche ad una riduzione
dell’ansia, delle paure e della
perdita di orientamento, effetti cui il malato può andare
incontro nel percorso della
propria malattia.
In questo periodo si sta somministrando un questionario
per rilevare il livello di soddisfazione o d’insoddisfazione
delle informazioni fino ad oggi ricevute dai pazienti. Altro
aspetto utile, registrato durante la somministrazione del
questionario, è la possibilità
di constatare le necessità che
il malato incontra durante il
percorso della malattia. Soprattutto si vuole verificare la
necessità di un’informazione
disponibile e continua dovuta
alla particolarità delle patologie neoplastiche, tenendo
conto di come una corretta
informazione contribuisce ad
una maggiore compliance con
il curante. Subito dopo avere
raccolto le prime risposte al
questionario è stato fatto uno
studio “qualitativo” su un
piccolo gruppo di pazienti. Ad
oggi sono stati somministrati
50 questionari a persone interpellate individualmente
con un colloquio-intervista
della durata di 45 minuti. È
emerso che il bisogno dei nostri pazienti è di maggiore
informazione e supporto.
L’inchiesta fatta ai pazienti ricoverati ha indicato che il
60% dei pazienti desidera
maggiori informazioni sulla
diagnosi, il 75% sulle proprie
condizioni future, il 57% su-
gli esami proposti, il 55% sui
trattamenti. Un 46% ha
espresso il bisogno di avere
una figura di riferimento che
spieghi cosa avviene dal momento della dimissione dal reparto dove è stato ricoverato
per intervento chirurgico, alla
chiamata da parte del Dipartimento oncologico, in quanto
questo periodo di vuoto è vissuto in termini di abbandono
e disorientamento.
Vari gli scopi delle interviste:
individuare i contenuti concernenti le diverse domande
del questionario; capire il significato che viene attribuito
dai pazienti a termini, come
“il mio futuro” oppure “maggiori spiegazioni sui trattamenti”, che potrebbero avere
significati anche molto diver-
Sae l ute
Territorio 241
si tra loro. Emerge anche l’importanza di sentirsi considerati; infatti, i pazienti riportano che: “I tumori sono una
malattia difficile da capire e
non tutti sono uguali, non è
facile capire i termini che i
medici utilizzano e loro non
sanno se io ho capito quello
che mi sta dicendo, poi tante
domande mi vengono in mente dopo che ho parlato con il
medico e non so a chi rivolgermi. Il non sapere, il buio,
sono terribili da sopportare:
se sapessi mi preoccuperei
meno. Quando c’è di mezzo
un tumore, parlare con i malati non può essere una toccata e fuga. Qui ci vorrebbe
tanto tempo e una disponibilità eccezionale. Capisco che
se queste cose mancano non
l ute
Sa
e
242 Territorio
è colpa dei medici, ma dell’organizzazione dell’Ospedale:
però un dialogo superficiale
non basta. Noi abbiamo bisogno di un riferimento”; “So
che la logica non può dare
delle certezze sulla guarigione, ma sulle cose che domani
potrò fare o non fare”; “Ho
bisogno di maggiori spiegazioni nei trattamenti. Il medico deve spiegarmi qual è la
finalità della terapia”.
I pazienti richiedono anche
spiegazioni di termini com-
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prensibili rispetto a quelli
utilizzati dai medici. Fra l’altro lo specialista ha difficoltà
nel valutare il livello di consapevolezza del malato a conclusione della visita o del
controllo. L’oncologo viene
visto come portatore di autorevolezza scientifica. È difficile, quindi, per il paziente o
per i familiari esprimere apertamente al medico la scarsa
comprensibilità di quello che
è stato detto. Pertanto, appena c’è la diagnosi di malattia,
e dopo l’eventuale intervento
chirurgico, aumenta il bisogno di una comunicazione diversa e personalizzata. Con
l’utilizzo della intervistaquestionario si scopre un
mondo che anche a chi vive e
lavora da anni nell’oncologia
è poco conosciuto. Nell’esperienza del malato di tumore
vi sono fatti, sentimenti, che
si conoscono purtroppo in
modo approssimativo, e non
si tratta di elementi isolati,
ma diffusi.
per informazioni:
PISI
Ospedale San Giuseppe (Antica sede)
Via Paladini, n. 40
50054, Empoli (FI)
Lunedì-mercoledì-venerdì, ore 9.00-12.30
Martedì-giovedì, ore 14.30-17.30
Tel. e fax: 0571/702610
Come accade normalmente
per i metodi di diagnosi e cura, che sono progressivamente migliorati, siamo chiamati
a modificare anche gli ambienti utilizzati dai malati, e
allo stesso tempo, a cambiare
il modo con cui i pazienti sono accolti ed informati, là dove la comunicazione è ritenuta insoddisfacente. In questo
senso, quello intrapreso finora dal Dipartimento oncologico dell’AUSL 11 è una piccola
parte del lavoro da fare.
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Alessandro Bussotti
Paolo Sarti*
Sae l ute
Territorio 243
Il paziente “aggiornato”
MMG, Sesto Fiorentino
* PLS, Firenze
G
iulia, una bella ragazza
di 14 anni, ha una lieve
forma di acne, che affligge lei, ma anche la madre:
si presentano dal medico di
famiglia per la trascrizione
della prescrizione di un famoso dermatologo, che ha consigliato l’assunzione di Isotretinoina per tre mesi. Lo specialista ha inoltre raccomandato
una efficace contraccezione
(in pratica la pillola) e degli
esami di controllo da effettuare dopo circa un mese di terapia. Questi consigli, dati senza aggiungere molti particolari (d’altra parte non hanno
avuto animo di chiedere ulteriori precisazioni: il professore
incuteva un po’ di timore reverenziale), hanno messo in
agitazione tutta la famiglia.
Oggi si presentano dal medico, dicendo che hanno fatto
una ricerca in Internet, trovando molte notizie abbastanza allarmanti sul farmaco
consigliato. Vorrebbero un suo
parere, dato che la ragazza insiste per provare la terapia.
I medici tollerano sempre male i pazienti che si presentano
con ritagli di giornale, notizie sentite alla TV, risultati di
ricerche in Internet; in una
parola mal sopportano che si
cerchino informazioni da
fonti che non siano loro stessi; un po’ forse perché si sentono in qualche modo “by-
passati” dal paziente, quasi
un segno di non fiducia e
molto anche perché, per questi interventi “esterni” (non
sempre scientificamente corretti e comunque a rischio di
malintesi del paziente, certo
non “esperto” della materi)
finiscono per dover fare i
conti con nuove difficoltà
(talvolta insormontabili) nel
far applicare una cura ai loro
pazienti ormai impauriti e in
parte sfiduciati.
D’altra parte la fame di notizie e spiegazioni su un bene
universalmente considerato
fondamentale come la salute
è un tema ricorrente nella
medicina moderna. Sempre
più spesso i medici vengono
accusati proprio di dedicare
troppo poco tempo a questo
scopo: probabilmente il successo delle medicine cosiddette complementari e la vera
causa di molte chiamate in
giudizio dei sanitari devono
essere cercati nella sensazione di abbandono e di scarsa
comunicazione che i pazienti
talvolta hanno.
Nelle Biblioteche della Facoltà di Medicina si racconta
che è sempre successo che alcuni pazienti, uscendo da un
ambulatorio o da un reparto
di un grande ospedale con la
risposta di un accertamento
diagnostico o di un esame
istologico, si fermassero per
Le nuove problematiche di rapporto professionale
poste dalle conoscenze sanitarie dei malati
chiedere riviste o testi per
informarsi sull’argomento. Si
trattava di poche persone, vista la difficoltà di lettura di
testi tecnici, frequentemente
in lingua inglese. Ma il bisogno evidentemente esisteva.
Ora le cose sono enormemente più semplici: le edicole sono piene di riviste di argomento medico, le librerie di
testi di divulgazione, ogni
quotidiano pubblica un settimanale con articoli che riguardano la salute e, infine,
c’è Internet con la sua sterminata quantità di notizie di
facilissimo accesso. Non c’è
nemmeno bisogno di muoversi di casa! D’altra parte l’inglese è una lingua sempre più
conosciuta. È evidente che si
parla ancora di una fascia di
popolazione ancora minoritaria, ma in grande e velocissima espansione.
E i medici? I medici arrancano
sotto questo assedio, sommersi da una quantità di
informazioni che nessuno riesce più a dominare: i testi di
medicina devono essere sempre tenuti a portata di mano,
le grandi riviste mediche
(New England Journal of Medi-
cine, British Medical Journal,
Lancet, JAMA) continuano ad
essere la fonte principale di
un sapere in continuo divenire, ma come fare a meno di
consultare rapidamente tutta
la carta che arriva a casa o
che viene portata dagli Informatori del farmaco? E, ancora
una volta, Internet, con la
consultazione delle grandi
banche dati (Med Line in primis) e dei siti delle principali
istituzioni sanitarie. Ma i medici leggono, come tutti gli
altri, anche i quotidiani con i
loro supplementi, i periodici
di medicina e guardano la TV:
è stato ampiamente dimostrato che molte delle informazioni che i medici acquisiscono
derivano dalla lettura della
stampa “laica”.
In fondo questa situazione di
sempre maggior quantità di
informazioni e facilità nel
raggiungerle sia per quanto
riguarda i medici che i non
medici offre aspetti positivi:
anche se si stenta a liberarsi
del modo di pensare tradizionale tendenzialmente paternalistico, che prevede l’affidarsi totale da parte del paziente, il moderno modello di
l ute
Sa
e
244 Territorio
Dottor Internet
N. 151 - 2005
Fig. 1.
gestione delle malattie croniche prevede una collaborazione attiva di quest’ultimo, che
può essere ottenuta solo attraverso un processo di informazione e di istruzione.
Resta purtroppo il problema
cruciale della selezione delle
informazioni e ancora una
volta questo aspetto riguarda
ambedue gli attori. Non ci si
può infatti dimenticare che
nessuna informazione è assolutamente neutrale e che, soprattutto in un mercato di dimensioni sempre crescenti
qual è quello della salute, gli
enormi interessi in gioco ci
devono rendere diffidenti nei
confronti di tutte le nostre
fonti, privilegiando quelle
più indipendenti.
Internet, da questo punto di
vista, risulta particolarmente
pericolosa, perché totalmente
priva di qualsiasi controllo: ci
si può trovare, infatti, il sito
di un ente pubblico accanto
alla pagina chiaramente pubblicitaria di un farmaco, accanto all’autopromozione di
un medico o di una clinica,
accanto a siti più difficili da
interpretare, perché apparentemente indipendenti e scientificamente irreprensibili, ma
in realtà finanziati da aziende
farmaceutiche e produttori di
apparecchi medicali. Ma vi si
trovano anche siti gestiti da
auto-referenziati “cultori della materia” del tutto privi di
rigore scientifico, nel senso
che vi si pubblicano dati e
informazioni prive di ogni
evidenza scientifica. Un
esempio per tutti: i numerosi
siti “in lotta” contro le vaccinazioni dell’infanzia, che
stordiscono i genitori di
preoccupanti effetti negativi
dei vaccini mai dimostrati
dalla scienza o utilizzano vecchi dati, superati dai progressi della materia, terrorizzando
su effetti collaterali ormai
ampiamente risolti.
Ma anche riviste, quotidiani,
trasmissioni televisive, periodici pubblicano notizie che
frequentemente hanno lo
scopo, più o meno chiaro, di
indirizzare le richieste del
pubblico.
D’altra parte è evidente che le
strategie di marketing e la
pubblicità in campo sanitario
si sono radicalmente modificate: il target si sta spostando dal mondo strettamente
sanitario al grande pubblico.
Basta vedere l’andamento
della spesa pubblicitaria rivolta direttamente al medico,
attraverso il finanziamento di
riviste, rispetto a quella de-
stinata ai cittadini: nel 1995
erano praticamente pari per
diventare, quattro anni dopo,
la seconda oltre quattro volte
la prima.
Numerose sono state le pubblicazioni su questo problema:
una rivista prestigiosa come il
New England Journal of Medicine ha ritenuto di pubblicare
vari articoli sull’argomento,
avvertendo che le descrizioni
mediche riportate dai media
sono spesso inadeguate e incomplete riguardo a benefici,
rischi e costi e riguardo ai legami fra gli studiosi ed i produttori di farmaci (342, 1645,
2000) e invitando i medici ad
assistere i loro pazienti in una
più corretta valutazione delle
informazioni sanitarie che arrivano attraverso un’attività
promozionale diretta (346,
498, 2002).
Più recentemente una rivista
della Public Library of
Science, distribuita liberamente in Internet ha pubblicato un articolo dell’ex direttore del British Medical Journal (“Medical Journals Are an
Extension of the Marketing
Arm of Pharmaceutical Companies”, Richard Smith - PloS
Medicine Vol 2, n. 5, p. 364,
Maggio 2005 - www.plosmedicine.org), che riafferma i
legami fra riviste mediche e
aziende farmaceutiche, accompagnando il testo con
una illustrazione molto evocativa, che si può ben applicare più in generale a tutto il
mondo dei mass media.
Una ulteriore dimostrazione
dell’importanza di questi
aspetti viene dal recente accordo fra la Federazione toscana degli Ordini dei medici
e l’Ordine dei giornalisti, con
la produzione di una “Carta
Toscana per la buona pratica
nell’informazione biomedica”
(Settembre 2005).
Ma, purtroppo, non è solo la
Fig. 2 – PloS Medicine Vol 2,
n. 5, p. 364, Maggio 2005
www.plosmedicine.org.
Dottor Internet
N. 151 - 2005
modalità di trasferimento delle informazioni dalle tradizionali fonti del sapere medico al
grande pubblico ad essere problematica: anche la produzione e circolazione delle notizie
all’interno del mondo medico
è tutt’altro che limpida e chiara. Il problema del Conflitto di
Interessi fra i medici e le varie
entità economiche che girano
nel mondo sanitario è talmente importante da meritare numerosi interventi nelle principali riviste internazionali (alcune delle più importanti, ritenendo il conflitto non eliminabile, hanno ritenuto di regolamentare il sistema obbligando i loro autori a dichiarare i loro eventuali conflitti di
interessi) ed una provocatoria
copertina di un recente fascicolo del British Medical Journal, che mostra dei maiali col
camice ad una tavola imbandita e su un campo di golf, assistiti da rettili (gli esponenti
delle aziende farmaceutiche),
mentre in un angolo una cavia
(il paziente) sta mestamente
attaccata ad una fleboclisi.
La realtà è quindi estremamente intricata e, se si considerano tutti i fattori in campo, al paziente che si presenta
con conoscenze approfondite
su Internet e sui mass media
forse ci si dovrebbe rivolgere
con meno rabbia e risentimento (dettati talvolta anche dall’imbarazzo di non avere sul
momento una adeguata capacità di controbattere e confrontarsi) e con maggiore collaborazione e comprensione:
in fondo ci troviamo ambedue
nella stessa barca e ci imbattiamo in analoghe difficoltà di
movimento.
In particolare il MMG ed il PDF
sono forse i professionisti
che, oltre ad essere i più vicini ai loro assistiti, soffrono
meno del problema del conflitto di interessi: infatti, come affermano Satolli e Liberati in un loro recente articolo
(R. Satolli, A. Liberati, Una
coscienza critica che resta fuori dal gioco, “Occhio Clinico”,
settembre 2003, IX, n. 7, p. 5)
“… molti clinici, soprattutto
tra gli specialisti, vivono inconsapevolmente un conflitto
intrinseco – in quanto non dipendente da sollecitazioni di
terzi – che contrappone in diverse circostanze il dovere
professionale con il tornaconto personale, non necessariamente economico.
Tutte le forme di interventismo generano profitti per l’industria della salute, sotto forma di richieste di prestazioni
e creazione di nuovi clienti
per gli specialisti del settore,
per effetto della ben nota “cascata clinica”. Si crea così
un’alleanza spontanea tra tutti coloro che, nel mondo industriale come in quello clinico,
hanno interesse ad ampliare
la propria attività. Il conflitto
interiore dei singoli medici si
riflette nelle istituzioni che li
rappresentano, società scientifiche o altro, dove anzi si
amplifica, per l’allentarsi e il
diluirsi dell’obbligazione morale verso i pazienti. Le associazioni dei quali, a loro volta,
rischiano di riverberare un
conflitto simile, talvolta ingenuamente per subalternità
culturale, talaltra anche per
convergenza d’interessi economici. Finisce così per prevalere una logica auto referenziale, che privilegia la visibilità dei risultati sulla loro reale utilità, quando la crescita
dell’organizzazione e il potere
di chi la gestisce prendono il
sopravvento sui bisogni in difesa dei quali si era costituita.
Il risultato è sotto gli occhi di
tutti…
…Il più delle volte, chi resta
fuori da questo gioco sono
proprio i medici di famiglia e
non tanto perché siano meglio degli altri colleghi...
Piuttosto è vero che oggi la
medicina generale svolge il
compito di coscienza critica,
proprio rispetto alle più gravi
distorsioni indotte dagli interessi. Il motivo è legato a ragioni strutturali e non soggettive: il medico di famiglia,
in tutti i sistemi sanitari, non
ha alcun interesse a incentivare il consumismo e l’invadenza della tecnologia attraverso il moltiplicarsi delle
prestazioni. Semmai, per il
suo impegno continuato e
prolungato, è motivato a contenere le aspettative e le pretese fuori luogo, proponendosi obiettivi realistici e sostenibili nel tempo.”
In definitiva dovrebbe essere
rilanciata l’alleanza fra il medico ed il cittadino su basi
più paritarie: il primo dovrebbe proporsi come consulente
del secondo, accompagnandolo nelle sue vicende sanitarie e assecondandone, più
che contrastarla, la tendenza
verso una maggior informazione ed un maggior coinvolgimento nel processo di cura.
Un’alleanza che dovrebbe anche aiutare il cittadino a filtrare e “reinterpretare” le notizie dei mass-media, quasi
sempre approssimative ma
spesso anche scorrette; talvolta evidentemente sostenute da interessi economici e/o
politici che ben poco hanno a
che vedere con la salute dei
Sae l ute
Territorio 245
pazienti. Un recente esempio:
l’amplificazione data dalla
stampa ai casi di meningite in
una certa area che aveva indotto a pensare ad una “epidemia” e che quindi aveva generato acquisti di vaccini e
vaccinazioni di massa: tutto
poi smentito degli stessi amministratori locali che finirono per giustificare il dispendioso acquisto su basi “sperimentali” e non certo epidemiche. Per la gente comunque il
ricordo però è ancora quello
di una brutta epidemia di meningite…..mai esistita!! Nessuno sembra aver imparato la
lezione e ancora oggi i giornalisti si sperticano a titolare
a lettere capitali l’immancabile caso di meningite stagionale amplificando ansie, richieste di intervento e consumi
impropri.
Per usare le parole di Angela
Coulter (After Bristol: putting
patient at the centre, BMJ
2002; 324: 648-51) “la chiave
di una fruttuosa partnership
fra medico e paziente sta nel
riconoscere che anche i pazienti sono esperti. I medici
sono, o dovrebbero essere,
ben informati sulle tecniche
diagnostiche, le cause, delle
malattie, la prognosi, le opzioni terapeutiche e le strategie preventive. Ma solo i pazienti sono a conoscenza della loro esperienza di malattia,
delle loro circostanze sociali,
delle loro abitudini, comportamenti, attitudini al rischio,
dei loro valori e delle loro preferenze. Entrambi i tipi di conoscenza sono necessari per
un buon trattamento delle
malattie e le due parti devono
essere pronte a scambiarsi le
informazioni ed a prendere
decisioni congiunte”.
l ute
Sa
e
246 Territorio
Raffaele Piumelli
Gianpaolo Donzelli*
Dottor Internet
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Il bambino in rete
Responsabile Centro regionale
di riferimento per lo studio
e la prevenzione della SIDS, UO
Medicina neonatale e Pediatria
preventiva Azienda ospedaliera
universitaria Meyer - Firenze
* Direttore UO Medicina
neonatale e Pediatria preventiva.
Dipartimento di Pediatria,
Università di Firenze,
Azienda ospedaliera
universitaria Meyer - Firenze
L
a prospettiva di ridurre
il rischio di Sindrome
della Morte Improvvisa
del Lattante, (Sudden Infant
Death Syndrome - SIDS), sottoponendo i bambini, nel primo anno di vita, ad una “sorveglianza elettronica” durante il sonno, portò negli USA,
a partire dai primi anni ‘70,
alla grande diffusione del monitoraggio cardiorespiratorio
domiciliare. Secondo stime
del National Institute of
Health-NIH, 45.000 bambini
statunitensi venivano sottoposti ogni anno a tale pratica. Il razionale di tale intervento era che l’”apnea fatale
durante il sonno”, ritenuta
momento etiopatogenetico
cruciale della sindrome, potesse essere segnalata da tali
dispositivi consentendo un
tempestivo intervento rianimatorio da parte dei genitori.
La considerevole riduzione
della mortalità specifica per
SIDS realizzatasi dopo la
identificazione e divulgazione delle misure di riduzione
del rischio, basate sull’adozione della posizione supina
durante il sonno nei primi
mesi di vita, l’abolizione del
fumo di sigaretta durante e
dopo la gravidanza e il controllo della temperatura ambientale, hanno limitato l’impiego di questi dispositivi.
Tuttavia, l’incremento dei costi relativi all’assistenza sanitaria, l’aumentata sopravvivenza dei neonati pretermine, dei bambini portatori di
patologie croniche e/o dipendenti da dispositivi di
ventilazione (thecnology dependent), unita all’ampia disponibilità di attrezzature ad
elevata tecnologia e di facile
impiego, hanno aperto nuove
possibilità di applicazione di
questa metodica nell’ambito
delle cure domiciliari.
I vantaggi dei programmi di
home care non investono tuttavia solo aspetti economici,
poiché la possibilità di dimettere precocemente il bambino
dall’Ospedale ed inserirlo nell’ambito familiare rappresenta un importante presupposto per un suo adeguato sviluppo psicosociale.
La trasmissione a distanza di
dati relativi all’attività cardiorespiratoria del bambino
monitorizzato, può fornire
un importante supporto al-
Le applicazioni della telemedicina al
monitoraggio domiciliare dei bambini a rischio
cardiorespiratorio. Un’esperienza pilota
l’attuazione dei programmi di
home care.
La telemedicina, secondo la
definizione della Commissione europea per il programma
telematico (Advanced Informatics in Medicine, 1990)
comprende: ”L’approccio diagnostico, il monitoraggio e la
gestione del paziente, l’acquisizione sia da parte del
medico che del paziente delle
competenze relative al funzionamento di sistemi che
consentono un rapido accesso
all’informazione, indipendentemente dalla distanza alla
quale il paziente è collocato”.
La trasmissione a distanza di
dati clinici risale ai primi del
‘900, quando Wilhelm Einthoven, già vincitore del premio
Nobel per la medicina per
avere messo a punto la tecnica elettrocardiografica, allestì un sistema di trasmissione
telefonica dei tracciati elettrocardiografici. In quegli an-
ni si cominciò quindi a parlare di un radio doctor in grado
di acquisire e gestire dati clinici pur non essendo al letto
del paziente. Il notevole contenuto innovativo di quelle
prime esperienze è dimostrato dal fatto che l’accoppiamento acustico viene tuttora
adottato nella trasmissione
telematica degli elettrocardiogrammi dei pazienti a rischio cardiovascolare. La nostra esperienza in questo
campo è iniziata verso la fine
degli anni ’80, quando, primi
in Italia, abbiamo affidato alle cure domiciliari un bambino affetto da Sindrome da
ipoventilazione centrale congenita (Sindrome di Ondine)
e sottoposto a ventilazione
notturna tramite pacemakers
diaframmatici.
Il programma di follow-up
prevedeva la periodica trasmissione in telemedicina
(Trans Telefonic Monitoring -
Dottor Internet
N. 151 - 2005
TTM) dei dati (frenogrammi)
relativi a questo particolare
tipo di ventilazione, dal domicilio del bambino al Centro
di riferimento statunitense.
Le nuove tecnologie hanno
reso attuabile, negli ultimi
anni, lo scambio di informazioni molto più complesse
che vanno dai suoni, alle immagini fisse o in movimento.
Tutto ciò ha ampliato notevolmente il campo di applicazione della telemedicina che
ormai investe oltre alla telediagnosi anche la teleformazione del personale, la teleassistenza medico-infermieristica, il telesoccorso fino alla
telerobotica con governo diretto a distanza di apparecchi
elettromedicali.
La rete di monitoraggio domiciliare può avvalersi di questi
sistemi di trasmissione a distanza con ricadute favorevoli sia in termini di compliance
familiare che di riduzione dei
costi, come hanno dimostrato
i risultati di un nostro studio
effettuato su famiglie di
bambini a rischio di SIDS,sottoposti a monitoraggio domiciliare e dotati di sistemi di
teletrasmissione.
In questa nostra prima esperienza, che è iniziata nel
1996 e che ha coinvolto pazienti provenienti da otto regioni italiane, l’invio dati al
nostro Centro è avvenuto tramite un modem collegato al
monitor. Successivamente abbiamo progettato la strutturazione di una rete di telemonitoraggio basata sulla trasmissione dei dati memorizzati dal monitor ad un sito
web, dove potessero essere
automaticamente immessi
nelle rispettive cartelle elettroniche.
Partendo da queste premesse
abbiamo organizzato una rete
nazionale di monitoraggio telematico che attualmente
coinvolge sette Ospedali pediatrici appartenenti alla rete
degli Ospedali che promuovono la salute Health Promoting
Bibliografia essenziale
Piumelli R., Donzelli G.P., Ernst C.M. et al., Il pacing diaframmatico
nel trattamento della S. da Ipoventilazione Centrale Congenita (Maledizione di Ondine): primo caso in Italia, Riv Ital Ped, 1990; 16:
735-8.
Donzelli G.P., Piumelli R., Landini L., Paternoster M.F.. Parental
anxiety, “habituation” to alarms and weaning from electronic surveil-
Hospitals - HPH. Il progetto,
che sarà operativo dal prossimo gennaio 2006, prevede
che ciascun Ospedale si faccia
carico direttamente della gestione clinica del paziente
sottoposto a monitoraggio. Il
sito sarà accessibile sia ai medici che alle famiglie e si presterà allo scambio di files tra
vari utenti preventivamente
dotati di password e username. Il numero di files non
sarà limitato e così pure la loro dimensione.
Durante la creazione della
password e dello username
verrà generato un “profilo
utente” che determinerà gli
spazi di manovra di ogni
utente all’interno della comunità virtuale.
In questo modo sarà possibile
definire un ambiente in cui
gli utenti potranno accedere
solo a determinate aree riservate rispettivamente ai medici e ai genitori. L’area riservata ai medici sarà una zona del
sito che conterrà le registra-
Sae l ute
Territorio 247
zioni dei files di monitoraggio
e potrà rappresentare un reparto, un ospedale o semplicemente uno specialista.
L’area riservata ai genitori
conterrà tutte le informazioni relative ad una corretta
gestione domiciliare del monitoraggio (filmati relativi alle manovre rianimatorie, filmati che riproducono il funzionamento del monitor, area
riservata alle domande da
porre allo specialista).
Le finalità di questo progetto
sono molteplici in quanto rivestono non solo aspetti clinici (condivisione dei tracciati di monitoraggio, armonizzazione delle cure domiciliari), ma anche di ricerca (ampia raccolta dati sul pattern
cardiorespiratorio nel sonno
dei bambini a rischio) e sociali, poiché, offrendo la possibilità di un rapido accesso
all’informazione contiamo di
accrescere la sicurezza ed il
comfort delle famiglie dei
bambini monitorizzati.
lance in documented home monitoring, Proceedings of 5th SIDS International Conference, Rouen, 1998: 213.
Donzelli G.P., Landini L., Paternoster M.F., Caselli L., Piumelli R., Efficacy and efficiency of remote data transmission during documented home monitoring and electrophrenic stimulation, Ped Res 1999, 45(5), 14.
Piumelli R., Caselli L., Nassi N., Lombardi E., Donzelli G., Telemedicine
in Home Monitoring, Conference Handbook of the Seventh SIDS International Conference, Florence 2002: 46-47.
l ute
Sa
e
248 Territorio
Maria Augusta Nicoli
Vittoria Sturlese*
Tiziana Mancini**
Agenzia sanitaria Regione
Emilia Romagna anicoli@
regione.emilia-romagna.it
* Agenzia sanitaria Regione
Emilia Romagna vsturlese@
regione.emilia-romagna.it
** Dipartimento di psicologia,
Università di Parma
[email protected]
U
no dei temi maggiormente presi in considerazione all’interno dei
programmi delle politiche
sulla salute è l’informazione
al cittadino. Sono stati predisposti servizi deputati per facilitare l’accesso all’informazione quali gli Uffici relazioni
con il pubblico (URP), strumenti per accrescere la conoscenza quali la produzione di
materiali divulgativi e il
diffondere notizie utili per
orientare i cittadini nella
scelta dei trattamenti.
In questo articolo l’attenzione è rivolta all’utilizzo della
guida “Discernere”, un questionario prodotto con finanziamenti del Sistema sanitario inglese in partnership con
la National British Library, finalizzato alla valutazione
della qualità della informazione sanitaria scritta.
Il tema della valutazione apre
diverse questioni, in particolare in questa indagine si è
voluto verificare se l’informazione può essere valutata in
modo asettico così come lo
strumento “Discernere” lascia
presupporre. Non vengono,
infatti, prese in considerazione le caratteristiche dei cittadini a cui è rivolta l’informazione, il contesto relazionale
Dottor Internet
N. 151 - 2005
L’“empowerment”
del paziente
in cui tale pubblicazione viene prodotta e proposta. Inoltre le domande che guidano
alla valutazione fanno riferimento a un modello di validità che forse non coincide
necessariamente con il contesto socio culturale dei cittadini utilizzatori.
Il diabete è una patologia tipica del mondo occidentale
industrializzato: il numero
delle persone affette da tale
malattia è letteralmente
esploso a partire dagli anni
trenta del secolo scorso, con
un’accelerazione negli ultimi
decenni.
In Italia ci sono circa 100.000
nuovi casi ogni anno e si stima che circa il 5 per cento
della popolazione di ogni età
sia affetta da diabete. Circa
1.500.000 di italiani sanno di
essere diabetici, ma un numero uguale di persone è malato senza saperlo.
Sono molti i disturbi connessi
al decorso di questa patologia
(cecità, ipertensione, ictus,
infezioni o infarto) e se non
riconosciuti possono minare
la salute per molti anni, subdolamente. Nessuna delle citate manifestazioni gravi è
sintomo diretto del diabete,
sono tutte complicanze; detto in altre parole non si muo-
Sperimentazione di un questionario
per “Discernere” sulla terapia del diabete
re direttamente di diabete, si
muore per le complicazioni.
Background teorico e obiettivi
Il tema generale da cui prende avvio lo studio riguarda
una considerazione di fondo
sulla guida “Discernere”. Nella proposta di utilizzo della
guida viene enfatizzato il fatto che si possa valutare la
qualità dell’informazione in
ambito sanitario in modo
avulso dal contesto relazionale in cui tale informazione
viene proposta. L’idea di base
è che un’informazione corretta, in cui è esplicitata la fonte delle evidenze scientifiche
da cui è tratta, induce le persone a modificare il comportamento in direzione coerente con le nuove informazioni
assunte. Dai risultati di numerose ricerche sui processi
di persuasione attraverso la
comunicazione di informazioni emerge che la scelta
compiuta dal soggetto non
segue quasi mai un percorso
così coerente come si suppo-
ne debba essere. In questo articolo consideriamo alcuni
dei risultati raggiunti dalla
ricerca che maggiormente si
collegano agli obiettivi dell’indagine.
In particolare, quali sono i
fattori che rendono un messaggio convincente o più in
generale efficace?
L’organizzazione del contenuto del messaggio deve, per essere convincente, in primo
luogo favorire il processo di
apprendimento del contenuto.
I modelli teorici più diffusi,
hanno generalmente constatato che un problema importante o coinvolgente per il
soggetto provoca una più attenta riflessione e, se la posizione della fonte è valida, anche una maggiore persuasione (Petty e Cacioppo, 1986a;
Olson e Zanna, 1993).
Quanta influenza esercita la
fonte?
Sul piano sperimentale viene
considerata “fonte del messaggio” la o le persone che
materialmente comunicano il
messaggio stesso. A volte si
Dottor Internet
N. 151 - 2005
tratta di singole persone, più
o meno familiari per i soggetti, oppure di entità collettive
(commissioni, gruppi, istituzioni, giornali o riviste e così
via). A volte la fonte viene
indicata, nelle ricerche, semplicemente attraverso la sua
citazione, quando i soggetti
leggono un passaggio scritto,
come, per esempio, quando la
fonte è un dato giornale.
I fattori studiati a proposito
della fonte sono stati categorizzati in tre classi: credibilità, attrazione, potere (McGuire, 1985). Si tratta di una
suddivisione un po’ artificiosa, nel senso che ognuna di
queste classi ha confini sfumati e la si utilizza soprattutto per esigenze espositive.
Tuttavia a partire da Kelman
(1961), sono stati individuati
tre esiti ben distinti provocati dalle tre classi di variabili.
Secondo questo autore, una
fonte credibile provoca più
probabilmente un cambiamento di atteggiamento in
termini di internalizzazione,
vale a dire di integrazione
della nuova opinione nel sistema di credenze e di valori
pre-esistenti. Una fonte attraente porta ad un processo
di identificazione, ovvero al
cambiamento di atteggiamento motivato dal desiderio
di stabilire una relazione gratificante con la fonte o comunque di apparire psicologicamente vicino a questa.
Infine una fonte dotata di
potere raggiunge probabilmente effetti di condiscendenza, cioè di cambiamento
superficiale dell’atteggiamento dovuto soprattutto al
fatto che il ricevente riconosce alla fonte il controllo di
ricompense e punizioni al
proprio riguardo.
La credibilità poi non riguarda soltanto il livello di conoscenze che la fonte possiede,
ma si riferisce anche alla fiducia da parte del ricevente che
l’emittente del messaggio
esprima un contenuto non finalizzato soltanto al proprio
interesse. Quest’ultimo elemento – la fiducia – ha un effetto rilevante (Hovland,
Lumsdaine e Sheffield, 1949).
Inoltre, affrontando il tema
dell’informazione in soggetti
che si presuppone vivano una
condizione emotivamente significativa come la malattia,
è importante prendere in
considerazione anche quello
che in letteratura viene definito come l’umore o lo stato
d’animo, quale condizione
che può influenzare l’elaborazione delle informazioni ricevute.
Schwarz, Bless e Bohner
(1991) sostengono che l’impatto persuasivo dell’umore
influenza le strategie di elaborazione dei contenuti che
portano, a loro volta, alla definizione dei nuovi atteggiamenti o al mantenimento di
quelli pre-esistenti. Recenti
esperimenti condotti da
Petty, Wagener e Smith
(1995) confermano questa
previsione: i soggetti di cattivo umore non presentano differenze nello sforzo cognitivo
devoluto all’analisi di mes-
saggi che si aspettano minacciosi o rassicuranti, mentre i
soggetti di buon umore procedono all’analisi delle informazioni soltanto quando si
aspettano contenuti non minacciosi.
Pertanto nel caso specifico
della nostra indagine, la valutazione dell’opuscolo informativo prodotto dai professionisti dal Centro antidiabetico per i propri pazienti e valutato attraverso l’uso della
guida “Discernere” non può
prescindere in primo luogo
dai contenuti del messaggio
informativo presenti nell’opuscolo in relazione alle caratteristiche del soggetto, tenendo conto sia degli aspetti
emotivi, sia del contesto relazionale con i professionisti,
che in questo caso rappresentano la fonte del messaggio.
In secondo luogo si intende
verificare l’efficacia di “Discernere”, in particolare se è
uno strumento fruibile da
parte dei cittadini implicati
in un percorso di cura valutando il grado di difficoltà incontrato dai pazienti nella
sua compilazione e il grado di
importanza attribuito ai diversi aspetti contemplati per
la valutazione dell’informazione medico-sanitaria.
La metodologia
Il campione è stato selezionato in base al sesso (maschi e
femmine), all’età (dai 34 ai
61 anni e oltre) e al tipo di
diagnosi della malattia, vecchia(> 10 anni) o recente (< 3
anni).
Sae l ute
Territorio 249
Il reclutamento è stato effettuato dalla responsabile del
Centro atidiabetico, sulla base delle informazioni fornite
dalla Banca dati, cercando di
rappresentare ogni gruppo di
età fra i range indicati (da 34
a 61 anni e oltre)1.
Gli strumenti utilizzati per la
rilevazione sul campo sono
stati:
Guida Discernere, un questionario che serve a valutare la
qualità delle pubblicazioni
che riportano informazioni
sulle scelte di trattamento.
Può essere utilizzato liberamente a condizione che ne
sia rispettata la metodologia
e venga compilata la scheda
di valutazione disponibile sul
sito web: http://www.discern.org.uk/. “Discernere”
consiste in 15 domande specifiche e in un giudizio complessivo finale. Ciascuna delle
15 domande (suddivise in 3
sezioni) rappresenta un distinto criterio di qualità, cioè
un fattore che è parte essenziale o importante per una
buona informazione sulle
scelte di trattamento.
Questionario pre-Discernere in
cui vengono rilevate le caratteristiche socio-anagrafiche
del paziente, l’impatto emotivo che la malattia ha su di lui
e la percezione del proprio
stato di salute. Inoltre, il
questionario Pre-Discernere
ci dà una visione riguardo a
quali strumenti di divulgazione il paziente usa e ritiene
più utili per cercare informazioni riguardanti la propria
patologia, e all’influenza di
1 4ΞΗςΩ∆ Ι∆ςΗ θ ∆ΨΨΗΘΞΩ∆ ∆ΩΩΥ∆ΨΗΥςΡ ΞΘ ΣΥΛΠΡ ΦΡΘΩ∆ΩΩΡ ΦΡΘ Λ ΦΛΩΩ∆ΓΛΘΛ ∆Λ ΤΞ∆ΟΛ θ ςΩ∆Ω∆ ΦΡΘςΗϑΘ∆Ω∆ ΞΘ∆ ΟΗΩΩΗΥ∆ ΗςΣΟΛΦ∆ΩΛΨ∆ ΣΥΛΠ∆ ΓΗΟΟ∆ ΨΛςΛΩ∆ Η Ο∆ ΥΛΦΚΛΗςΩ∆ ΓΛ ∆ΓΗςΛΡΘΗ ∆ΟΟ∂ΛΘΓ∆ϑΛΘΗ ΛΘ ςΗϑΞΛΩΡ ∆ΟΟ∆ ΨΛςΛΩ∆ ςΩΗςς∆. 6ΡΘΡ ςΩ∆ΩΛ ΥΗΦΟΞΩ∆ΩΛ ΦΛΥΦ∆ 200 Σ∆]ΛΗΘΩΛ ΓΛ∆ΕΗΩΛΦΛ, Π∆ ΦΡΟΡΥΡ ΦΚΗ ςΛ ςΡΘΡ ΓΛΦΚΛ∆Υ∆ΩΛ ΛΘΩΗΥΗςς∆ΩΛ ∆
Σ∆ΥΩΗΦΛΣ∆ΥΗ Η ΦΚΗ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΛ ΦΡΛΘΨΡΟΩΛ ΘΗΟΟ∂ΛΘΓ∆ϑΛΘΗ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΛ 106.
l ute
Sa
e
250 Territorio
tali strumenti sulle sue scelte
terapeutiche2.
Questionario post-Discernere
che comprende domande sulla
qualità della Guida Discernere
e sulle eventuali difficoltà riscontrate nel compilarlo3.
Opuscolo informativo sulla
malattia del diabete (Il diabete - Informazioni, consigli,
suggerimenti) prodotto dai
professionisti del Centro antidiabetico e distribuita agli
utenti del Centro, contenente
informazioni sulla malattia
(tipi di diabete, terapie, dieta, ecc…).
Per quanto riguarda la procedura fra i mesi di Febbraio
2004 e Gennaio 2005 sono
stati organizzati 11 incontri
in piccoli gruppi (composti da
8-10 pazienti) in cui veniva
data informazione sull’obiettivo dell’indagine e si chiedeva di compilare il questionario pre-Discernere, poi valutare l’opuscolo informativo utilizzando Discernere e successivamente di compilare il questionario post-Discernere. Al
termine si apriva una discussione libera invitando i partecipanti a riferire altri aspetti
che non erano stati considerati o altre informazioni.
Risultati
Un identikit dei pazienti intervistati
Il campione è costituito da
106 pazienti che regolarmen-
2
Dottor Internet
te frequentano il Centro antitiabetico. Sul totale dei soggetti intervistati, 72 sono di
sesso maschile (67,9%), mentre 34 (32,1%) di sesso femminile. L’età dei soggetti è
compresa tra i 34 e i 68 anni,
con un’età media di 57 anni.
Sono state create tre classi di
età: la prima fascia va dai 34
ai 55 anni, la seconda dai 56
ai 60 anni e la terza oltre i 61
anni.
Prendendo in considerazione
la variabile diagnosi, è emerso
che il 57,5% del campione (61
soggetti) presenta una diagnosi recente contro il 42,5%
(45 soggetti) che presenta invece una diagnosi remota.
Per quanto riguarda la variabile “titolo di studio”, sono
state create 2 categorie, che
rappresentano 2 livelli diversi
di istruzione: il livello di
istruzione medio-basso e
quello medio-alto. Dai dati è
emerso che il 68.6% del campione e precisamente (72
soggetti) possiede un livello
di istruzione medio- basso,
mentre il 31,4% del campione
(33) ha un livello di istruzione medio-alto.
Le condizioni professionali
sono state aggregate in 2
classi: la categoria “non occupato” include le condizioni
di pensionato, invalido e casalinga; nella categoria “occupato” sono state considerate le condizioni di libero professionista, impiegato/a,
N. 151 - 2005
operaio/a, imprenditore, insegnante, altro.
In base a questa classificazione emerge che 72 soggetti del
nostro campione rientrano
nella categoria “non occupato” (67.9 % del campione),
mentre 34 soggetti risultano
essere occupati (32.1%).
Inoltre, circa la metà del campione soffre anche di altre
malattie, precisamente il
50.9% del campione su un totale di 106 soggetti.
Per quanto concerne la domanda “Come valuta il suo
stato di salute in una scala da
0 (pessimo) a 100 (ottimo)”
vengono espressi dei giudizi
medi di 62.91.
Importante è anche conoscere
i principali orientamenti che
questo gruppo di soggetti ha
nella ricerca di reperimento di
fonti informative. Le fonti più
utilizzate dalla maggior parte
del campione sono in primo
luogo il personale sanitario
(61.9 %) seguito dal medico
di base (51.4 %). In minor misura sono state indicate come
fonti i giornali e le riviste
(39.6%), TV e radio (31.1 %),
come i mezzi utilizzati per reperire informazioni riguardo
la patologia.
Complessivamente emerge
soddisfazione per quanto riguarda il rapporto con i medici e con i propri familiari: infatti è stato riscontrato un
valore medio4 elevato riguardo la possibilità di parlare del
proprio stato di salute e dei
problemi sanitari con i medici
(m= 4.08) e con i familiari
(m= 4,39).
L’impatto emotivo della patologia sui pazienti
È importante considerare
l’impatto emotivo che la patologia del diabete può avere
sulla percezione di salute di
coloro che ne soffrono ed evidenziarne le possibili variazioni in funzione di variabili
informative (la quantità e la
qualità delle informazioni reperite in merito alla propria
patologia).
L’impatto emotivo (Tab. 1) che
la patologia ha sui pazienti
non risulta essere eccessivamente drammatico, prevale la
componente caratterizzata da
ottimismo (il paziente è sereno, pensa di riuscire a risolvere la situazione, ha fiducia di
poter affrontare al meglio
questo evento) seguito comunque da un atteggiamento
di preoccupazione soprattutto
per quanto riguarda la propria
autonomia e i cambiamenti
che l’evento porterà nel proprio stile di vita.
Attraverso un’analisi fattoriale (realizzata col metodo delle componenti principali) i 9
item compresi nella sezione
sull’impatto emotivo provocato dall’insorgenza della patologia sono stati sintetizzati
nei due fattori “componente
emotiva e stile di vita”5 e “ot-
∃ΟΩΥΛ ΛΩΗΠ ΓΗΟ ΤΞΗςΩΛΡΘ∆ΥΛΡ ΣΥΗ-∋ΛςΦΗΥΘΗΥΗ ΛΘΓ∆ϑ∆ΘΡ Ο∆ ΤΞ∆ΟΛΩϕ ΓΗΟΟ∆ ΥΗΟ∆]ΛΡΘΗ ΦΡΘ ΟΗ ΙΛϑΞΥΗ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛΗ ΓΗΟ &ΗΘΩΥΡ Η ΦΡΘ Ο∆ ςΙΗΥ∆ Ι∆ΠΛΟΛ∆ΥΗ/∆ΠΛΦ∆ΟΗ.
3ΗΥ ΗςΗΠΣΛΡ:≥+∆ Ο∆ ΣΡςςΛΕΛΟΛΩϕ ΓΛ Σ∆ΥΟ∆ΥΗ ΓΗΟ ςΞΡ ςΩ∆ΩΡ ΓΛ ς∆ΟΞΩΗ Η ΓΗΛ ΣΥΡΕΟΗΠΛ ς∆ΘΛΩ∆ΥΛ ΦΡΘ ΛΟ ΠΗΓΛΦΡ ΓΗΟ &ΗΘΩΥΡ ΦΚΗ Ο∆ ςΗϑΞΗ×∀
3 ∃ΟΩΥΗ ΓΡΠ∆ΘΓΗ ΓΗΟ ΣΡςΩ-∋ΛςΦΗΥΘΗΥΗ ΛΘΓ∆ϑ∆ΘΡ Ο∂ΛΠΣΡΥΩ∆Θ]∆ ∆ΩΩΥΛΕΞΛΩ∆ Γ∆Ο Σ∆]ΛΗΘΩΗ ∆ϑΟΛ ∆ςΣΗΩΩΛ ΓΗΟΟ∂ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΗ ΛΘΓ∆ϑ∆ΩΛ ΘΗΟΟ∆ ϑΞΛΓ∆ ∋ΛςΦΗΥΘΗΥΗ.
3ΗΥ ΗςΗΠΣΛΡ: ≥4Ξ∆ΘΩΡ ΥΛΩΛΗΘΗ ΛΠΣΡΥΩ∆ΘΩΗ ΦΚΗ ΞΘ ΟΛΕΥΛΦΦΛΘΡ ΛΘΙΡΥΠ∆ΩΛΨΡ ΥΛϑΞ∆ΥΓ∆ΘΩΗ Ο∆ Σ∆ΩΡΟΡϑΛ∆ ΓΛ ΦΞΛ ςΡΙΙΥΗ ΓΗΕΕ∆ ΦΡΘΩΗΘΗΥΗ ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΛ ςΞΛ ΕΗΘΗΙΛΦΛ ΓΛ ΡϑΘΛ ΩΥ∆ΩΩ∆ΠΗΘΩΡ ΓΗςΦΥΛΩΩΡ×∀.
4 /Η ΥΛςΣΡςΩΗ ΙΡΥΘΛΩΗ Γ∆Λ ςΡϑϑΗΩΩΛ ∆Λ ςΛΘϑΡΟΛ ΛΩΗΠ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΗ Ψ∆ΟΞΩ∆ΩΗ ςΞ ΞΘ∆ ςΦ∆Ο∆ Γ∆ 1 ∆ 5 (1 ΛΘΓΛΦ∆ ΣΗΥ ΘΞΟΟ∆; 5 ΛΘΓΛΦ∆ ΠΡΟΩΛςςΛΠΡ).
5 )∆ΩΩΡΥΗ ΛΠΣ∆ΩΩΡ ΗΠΡΩΛΨΡ: ςΛ ςΗΘΩΗ ΘΗΥΨΡςΡ, Κ∆ Σ∆ΞΥ∆, ςΛ ςΗΘΩΗ ϑ˝ ΓΛ ΠΡΥ∆ΟΗ, θ ΓΗΠΡΥ∆ΟΛ]]∆ΩΡ/∆ ΣΗΥ ΛΟ ΩΗΠΣΡ ΦΚΗ Ο∆ ςΡΟΞ]ΛΡΘΗ ΓΗΟ ΣΥΡΕΟΗΠ∆ ΥΛΦΚΛΗΓΗΥϕ, Κ∆ Σ∆ΞΥ∆ ΦΚΗ ΤΞΗςΩΡ ΗΨΗΘΩΡ ΣΡςς∆ ΠΡΓΛΙΛΦ∆ΥΗ Ο∆ ςΞ∆ ∆ΞΩΡΘΡΠΛ∆.
Dottor Internet
N. 151 - 2005
ITEM
Si sente nervoso
Ha paura
Si sente giù di morale
È sereno
Pensa che riuscirà a risolvere la situazione
Ha fiducia di poter affrontare al meglio questo evento
È demoralizzato per il tempo che la soluzione richiederà
È preoccupato per i cambiamenti che tale evento porterà nel suo stile di vita
Ha paura che questo evento possa modificare la sua autonomia
timismo irrealistico”6. Questo
risultato è rilevante in quanto ci conferma la presenza di
un atteggiamento che può
avere ripercussioni sull’utilizzo delle informazioni fornite.
Infatti in coloro che hanno
minor tendenza a reperire
informazioni riguardanti la
patologia (attraverso giornali, radio, Internet, materiale
divulgativo e amici) risulta
maggiore la serenità, la speranza di riuscire facilmente a
risolvere la situazione, la fiducia di poter affrontare al
meglio l’evento (fattore ottimismo irrealistico). Inoltre
coloro che provano serenità,
speranza di riuscire facilmente a risolvere la situazione,
fiducia di poter affrontare al
meglio l’evento (fattore ottimismo irrealistico) hanno
una percezione alta dello stato di salute.
La valutazione della pubblicazione del Centro antidiabetico
L’Opuscolo informativo prodotto dal Centro antidiabetico e valutato attraverso la
guida Discernere è ritenuto
Aspetto
MEDIA
DEV.STD.
4.44
4.44
4.04
5.42
5.48
6.34
5.17
5.40
5.65
3.09
3.05
3.17
3.20
2.64
2.43
3.07
3.28
3.11
Media
Dev.std.
4.57
4.40
4.54
4.18
3.95
4.30
3.08
3.05
0.89
0.84
0.79
1.05
1.22
0.99
1.47
1.42
Sae l ute
Territorio 251
Tab. 1 - “Qual è attualmente
il suo stato d’animo nei confronti
della sua malattia/patologia?”
(scala da 1 a 10).
Sezione 1
Chiarezza scopi
Raggiungimento scopi
Importanza
Chiarezza fonti
Produzione informazione
Equilibrio
Presenza fonti aggiuntive
Aree di incertezza
sui singoli aspetti della
Sezione 2
Descrizione trattamenti
Benefici trattamenti
Rischi trattamenti
Assenza di trattamento
Impatto sulla qualità della vita
Pluralità di trattamenti
Supporto decisone condivisa
Tab. 2 - Medie delle valutazioni
4.25
4.28
4.05
4.23
4.19
4.11
4.03
1.12
1.01
1.31
1.28
1.02
1.24
1.16
4.01
0.97
pubblicazione (scala da 1 a 5).
Sezione 3
Valutazione complessiva
dagli intervistati soddisfacente. I dati raccolti7 mostrano giudizi medi elevati relativamente alla maggior parte
degli aspetti indagati e abbastanza concentrati rispetto al
valore medio; questi dati indicano una sostanziale e diffusa soddisfazione degli intervistati nei confronti della
pubblicazione analizzata, con
un giudizio medio sulla qualità complessiva della pubblicazione di 4.01 (Tab. 2).
Emergono tuttavia alcune differenze significative. Gli
aspetti più apprezzati sono
gli elementi relativi all’affidabilità (presenti nella Sezione
1). Più critici sono gli aspetti
relativi alla scarsa presenza di
fonti aggiuntive (M=3.08), la
segnalazione di aree di incertezza (M = 3.05) e su quando
le informazioni usate o riportate nella pubblicazione sono
state prodotte (M = 3.95).
Sempre positivi, anche se in
misura leggermente inferiore
a quelli appena citati, risultano tutti gli item che indagano la qualità dell’informazione sulle scelte di tratta-
6 )∆ΩΩΡΥΗ ΡΩΩΛΠΛςΠΡ ΛΥΥΗ∆ΟΛςΩΛΦΡ: θ ςΗΥΗΘΡ/∆, ΣΗΘς∆ ΦΚΗ ΥΛΞςΦΛΥϕ Ι∆ΦΛΟΠΗΘΩΗ ∆ ΥΛςΡΟΨΗΥΗ Ο∆ ςΛΩΞ∆]ΛΡΘΗ, Κ∆ ΙΛΓΞΦΛ∆ ΓΛ ΣΡΩΗΥ ∆ΙΙΥΡΘΩ∆ΥΗ ∆Ο ΠΗϑΟΛΡ ΤΞΗςΩΡ
ΗΨΗΘΩΡ. 6Λ ΩΥ∆ΩΩ∆ ΓΗΟΟ∆ ΩΗΘΓΗΘ]∆ ∆ΦΦΗΘΩΞ∆Ω∆ ∆ Ψ∆ΟΞΩ∆ΥΗ ΛΘ ΠΡΓΡ ΓΛςΩΡΥΩΡ Ο∆ ΣΥΡΕ∆ΕΛΟΛΩϕ ΦΚΗ ΟΗ ΦΡΘςΗϑΞΗΘ]∆ ΘΗϑ∆ΩΛΨΗ ΓΛ ΞΘ Γ∆ΩΡ ΦΡΠΣΡΥΩ∆ΠΗΘΩΡ ΦΛ ΦΡΟΣΛςΦ∆ΘΡ ΗΙΙΗΩΩΛΨ∆ΠΗΘΩΗ Η ΤΞΗςΩΡ ΣΞζ ΣΡΥΩ∆ΥΗ ∆ ΘΡΘ ΦΡΘςΛΓΗΥ∆ΥΗ ΟΗ ΛΘΙΡΥΠ∆]ΛΡΘΛ ΦΚΗ ΛΘ ΞΘ ΦΗΥΩΡ ςΗΘςΡ Ψ∆ΘΘΡ ∆Γ ∆ΟΩΗΥ∆ΥΗ Ο∆ ΣΥΡΣΥΛ∆ ΡΣΛΘΛΡΘΗ.
7 /Η ΥΛςΣΡςΩΗ ΙΡΥΘΛΩΗ Γ∆Λ ςΡϑϑΗΩΩΛ ∆Λ ςΛΘϑΡΟΛ ΛΩΗΠ ςΡΘΡ ςΩ∆ΩΗ Ψ∆ΟΞΩ∆ΩΗ ςΞ ΞΘ∆ ςΦ∆Ο∆ Γ∆ 1 ∆ 5 (1 ΛΘΓΛΦ∆ ΘΡ; 3 ΛΘΓΛΦ∆ ΛΘ Σ∆ΥΩΗ; 5 ΛΘΓΛΦ∆ ςυ).
l ute
Sa
e
252 Territorio
mento (Sezione 2).
Come anticipato uno degli
aspetti considerati riguarda il
fatto che l’efficacia comunicativa-informativa dell’opuscolo possa variare in relazione ad alcune caratteristiche
dei soggetti. Sono infatti
emerse differenze in relazione al livello socio-culturale:
in particolare chi ha un livello medio basso di istruzione è
più critico sul fatto che la
pubblicazione abbia raggiunto gli scopi pur considerandola importante.
Gli intervistati con livello di
istruzione medio alto sottolineano alcune carenze legate
alle fonti di informazione che
ritengono non chiare a sufficienza e non esaustive. Anche sui trattamenti questi
soggetti si dimostrano più
critici in particolare sul fatto
che non sono ben descritti gli
effetti.
L’informazione dell’opuscolo a confronto con altre
fonti
L’analisi della relazione8 fra i
giudizi espressi dai soggetti
in merito all’opuscolo divulgativo e l’utilizzo che fanno
Dottor Internet
N. 151 - 2005
di altri fonti informative ha
fornito alcuni elementi di riflessione in merito al fatto
che questi pazienti (la cui
patologia ha un decorso lungo), non sono “contenitori
vuoti e asettici” ma hanno
elaborato un proprio bagaglio di conoscenze che influiscono sulla valutazione guidata con Discernere.
In particolare il giudizio
espresso sugli effetti che i
trattamenti hanno sulla qualità della vita rileva una coerenza da parte di coloro che
leggono giornali e riviste,
quasi a sottolineare che il
confronto con altre fonti porta i soggetti a rilevare lacune.
Per quanto concerne i rischi e
i benefici del trattamento, l’opuscolo prodotto dal Centro a
confronto con le informazioni
ricavate da Internet o da amici è valutato adeguato.
Le informazioni ricavate da
uno scambio con i propri familiari incide sulla valutazione relativa a quanto è chiaro
lo scopo della pubblicazione,
al raggiungimento degli scopi
e in generale all’importanza
che ha la pubblicazione del
Centro. Questo risultato met-
Possibilità di parlare
della propria salute
con il medico
te in luce il fatto che i pazienti intervistati rilevano
una certa sintonia tra i propri
familiari e i professionisti del
Centro e il confronto all’interno della famiglia consolida
l’importanza complessiva dell’iniziativa promossa dai professionisti.
L’informazione e il contesto relazionale
L’informazione si modula rispetto al contesto relazionale
in cui viene fornita. Nella
Tab. 3 si può notare come vi
sia correlazione positiva fra
le variabili di relazione con il
personale medico e alcuni
aspetti di qualità della pubblicazione.
Dall’analisi dei dati presenti
nella Tab. 4 si evince quali dimensioni di Discerne siano
correlate positivamente alla
possibilità di parlare della
propria patologia con persone
che soffrono della stessa patologia, con familiari e con
amici.
“Non solo” Discernere
Come si anticipava, è stato
considerato se la guida Discernere possa o meno essere
Disponibilità del medico Disponibilità del medico
a rispondere alle
a spiegare in maniera
domande
comprensibile le ragioni
dei trattamenti
Raggiungimento degli scopi
.354**
.241*
.348*
Importanza della pubblicazione
.273*
.231
.270*
Supporto per una decisione condivisa
.246*
.171
.148
Giudizio sulla qualità complessiva
.290*
.304*
.247*
** La correlazione è significativa al livello 0.01 (2-code).
* La correlazione è significativa al livello 0.05 (2-code).
8
/∆ ΣΥΡΦΗΓΞΥ∆ Ξς∆Ω∆ ΣΗΥ Ο∂∆Θ∆ΟΛςΛ ΓΗΛ Γ∆ΩΛ θ ςΩ∆ΩΡ ΛΟ 7-ΩΗςΩ ΣΗΥ Φ∆ΠΣΛΡΘΛ ΛΘΓΛΣΗΘΓΗΘΩΛ.
considerata uno strumento
fruibile da parte dei cittadini
implicati in un percorso di
cura, valutando il grado di
difficoltà, su una scala da 1 a
5 (dove 1 indica per nulla e 5
indica moltissimo), incontrato dai pazienti nella sua compilazione e il grado di importanza attribuito ai diversi
aspetti contemplati per la valutazione dell’informazione
medico-sanitaria.
In media l’utilizzo del questionario Discernere non è
sembrato difficoltoso (m=
2.68).
Inoltre la ricerca intendeva
rilevare il grado di importanza attribuita dai cittadini alla
presenza di diversi aspetti
nell’informazione medico-sanitaria.
I soggetti sembrano più
orientati ad una ricerca di
informazioni sui trattamenti
in particolare per conoscerne
come agiscano (m= 4.69), i
rischi (m= 4,75), i benefici
(m= 4.66) e gli effetti (m=
4.60). Aspetti peraltro, che
sono stati ritenuti poco presenti nell’opuscolo informativo prodotto dal Centro antidiabetico.
Tab. 3 - Correlazione di Pearson:
l’efficacia comunicativa/
informativa della pubblicazione
e le relazioni con professionisti.
Dottor Internet
N. 151 - 2005
Possibilità di parlare
della propria salute
con familiari
Possibilità di parlare
della propria salute
con gli amici
Sae l ute
Territorio 253
Possibilità di parlare
con altre persone
che soffrono della stessa
patologia
Tab. 4 - Correlazione di Pearson:
È chiaro quando le informazioni
sono state prodotte
.107
.267*
.144
Gli effetti delle scelte di trattamento
sulla qualità della vita
.144
.366*
.267*
Altre fonti aggiuntive di supporto
.023
.210
.244*
Come agisce ogni tipo di trattamento
.271*
.124
.247*
Assenza di trattamento
.203
.153
.240*
Giudizio sulla qualità complessiva
.146
.068
.269*
l’efficacia comunicativa/
informativa della pubblicazione
e le relazioni con amici e altre
persone che soffrono della
medesima patologia.
** La correlazione è significativa al livello 0.01 (2-code).
* La correlazione è significativa al livello 0.05 (2-code).
Meno rilevante è l’attenzione
posta ai problemi di validità
scientifica dell’informazione
ricevuta (m= 4.29).
Rispetto a questo orientamento generale del campione
occorre rilevare che si presentano delle differenze interessanti in relazione ad alcune
variabili socio-anagrafiche.
Le donne attribuiscono maggiore importanza alla presenza di informazioni su come
agisce ogni singolo trattamento, rispetto al gruppo degli uomini.
I risultati mostrano come per
i soggetti con livello di istruzione medio – basso, l’utilizzo della guida Discernere è
apparso più difficile rispetto
al gruppo con istruzione medio-alta.
Così per il gruppo dei “non
occupati” l’uso della guida
Discernere è difficile e sono
sempre questi che danno meno importanza alla presenza
di informazioni equilibrate e
non viziate all’interno dell’opuscolo informativo e sui benefici dei trattamenti.
Da segnalare che l’esigenza
informativa di una maggiore
accuratezza sulle fonti viene
rilevata da chi soffre da più
tempo di diabete quasi a sottolineare una necessità di vagliare con più attenzione la
veridicità di quanto riportato.
Sono infine i soggetti che
soffrono di altre malattie a ritenere più importante, la presenza di informazioni sui benefici dei trattamenti descritti all’interno dell’opuscolo
informativo.
Considerazioni conclusive
Nel caso che abbiamo analizzato possiamo affermare che
il giudizio positivo dell’opuscolo informativo prodotto
dal Centro antidiabetico prescinde dai requisiti di validità
richiesti dalla guida Discernere ma dipende dal rapporto
di fiducia che i pazienti hanno con i professionisti del
Centro.
Infatti una relazione soddisfacente con il medico del
Centro può aver influenzato
la valutazione positiva di alcuni aspetti della pubblicazione. Ciò indurrebbe a supporre che le modalità con cui
vengono trasmesse le infor-
mazioni al paziente, la quantità di tempo che il medico
dedica alle spiegazioni e alle
informazioni da fornire, la
chiarezza espositiva e la semplicità lessicale sono tutti
fattori che incidono sulla
comprensione che il paziente
acquisisce delle sue condizioni di salute/malattia, sulla
sua capacità di memorizzare
quanto gli è stato detto o ha
letto (Cicognani, Zani 2000).
Come è stato sottolineato da
Garfinkel (1963) la fiducia
occupa una posizione ambivalente che è al contempo
pratica e cognitiva. Nel caso
specifico il carattere cognitivo si esplica nel fatto che la
fiducia è intimamente connessa a rischio e incertezza e
pare entrare in azione in una
zona compresa tra “completa
ignoranza” e “completa conoscenza”, Non si ricorre quindi
alla fiducia né in totale assenza di informazioni (qui la
fiducia diventa speranza o fede) né quando si hanno informazioni esaustive (nel qual
caso, non è necessario fidarsi). È dunque la mancanza di
informazioni e di controllo
sulla realtà a richiedere l’attivazione della fiducia quale rimedio cognitivo al vuoto
informativo (Pendenza 2004).
Non è un caso infatti che il
giudizio è più critico negli
aspetti che riguardano i trattamenti, dove maggiore è anche il confronto con altre fonti. In questo caso può forse
verificarsi quello che in letteratura viene descritto come lo
scetticismo circa l’efficacia
delle raccomandazioni comunicative dovute all’emergere
di nuove risultanze della ricerca medica spesso comunicate in modo allarmistico, oppure la presenza di contraddittorietà dei messaggi per
cui le informazioni contenute
nell’opuscolo possono essere
diverse da quanto veicolato
da altre fonti informative.
Per quanto concerne la difficoltà riscontrata nell’utilizzo
della guida Discernere, i risultati ci suggeriscono che lo
strumento non è “equo” nel
senso che presenta un grado
di difficoltà più elevato per
chi ha un livello di istruzione
medio-basso.
Per quanto riguarda l’impor-
l ute
Sa
e
254 Territorio
tanza attribuita dai soggetti
ai singoli aspetti rilevati dalla
guida Discernere, l’analisi dei
dati mostra come a quasi tutti gli aspetti venga riservata
elevata importanza. Tuttavia
alcune variabili socio-anagrafiche (il sesso e il livello di
Dottor Internet
istruzione) e medico-diagnostiche (la diagnosi e il soffrire
di altre malattie) influiscono
sul grado di importanza attribuito ai diversi aspetti dell’informazione medico-sanitaria.
Interessante comunque rile-
Bibliografia
Cavazza N. (1997), Comunicazione e persuasione, Il Mulino, Bologna.
Cicognani E., Zani B. (2000), Psicologia della salute, Il Mulino, Bologna.
Garfinkel H. (1963), A conception of, and experiment with, “Trust” as
a Condition of stable concerted actions, trad. it. La fiducia. Una risorsa
per coordinare l’interazione, Armando, Roma 2004.
Hovland C.I., Lumsdaine A.A., Scheffiel F.D. (1949), Experiments on
mass communication, Princeton University Press, Princeton.
McGuire W.J. (1985), Attitude and attitude change, in G. Lindzey, E.
Aronson (a cura di), Handbook of social psychology, vol. 2, Random
House, New York.
N. 151 - 2005
vare che l’aspetto riguardante
la presenza di informazioni
aggiuntive sulla fonte utilizzata per l’opuscolo informativo che possono consentire di
verificarne la validità scientifica, non è ritenuta importante. Questo dato si collega con
quanto detto inizialmente e
cioè siamo di fronte ad un
gruppo di soggetti che si fida
dei professionisti del Centro e
ritiene che se quanto riportato è scritto da loro, i professionisti garantiscono della validità di quanto affermato.
Olson J.M., Zanna M.P. (1993), Attitude and attitude change, in “Annual Review of Psychology”, 44, pp. 117-54.
Pendenza M. (2004), Introduzione, in Garfinkel H. (1963).
Petty R.E., Cacioppo J.T. (1986), Communication and persuasion,
Springer-Verlag, New York.
Schwartz N., Bless H., Bohner G. (1991), Mood and persuasion: Affective states influence the processing of persuasive communications, in
M.P. Zanna (a cura di), Advances in experimental social psychology,
vol. XXIV, Academic Press San Diego, CA.
Zani B., Selleri P., David D. (1994), La comunicazione modelli teorici e
contesti sociali, Nis, Roma.
N. 151 - 2005
Martina Smorti
Psicologa, Firenze
Esperienze dal territorio
Sae l ute
Territorio 255
Educazione sessuale
Una prima valutazione
dei programmi nelle ASL
fiorentine
I
dati relativi alla diffusione delle malattie a trasmissione sessuale indicano che più del 10% dei soggetti affetti da questo tipo di
malattie ha meno di 18 anni
e, tra questi, la quasi totalità
dei casi riferisce di non aver
usato il preservativo nei sei
mesi precedenti la diagnosi
(Beltrami et al. 2003). I dati
relativi alle gravidanze indesiderate sono ugualmente allarmanti: in Italia, in un anno, più di undici mila ragazze
tra i 14 e i 19 anni portano a
termine una gravidanza e più
di undici mila, nella stessa
fascia di età, la interrompono
volontariamente
(ISTAT,
2000). Anche per quanto riguarda la diffusione dell’HIV
la popolazione giovanile risulta la più a rischio. A questo proposito, infatti, i dati
relativi all’età mediana della
diagnosi di infezione indicano che essa avviene intorno
ai trenta anni. Tuttavia, se si
tiene conto che il tempo che
intercorre tra l’aver contratto
il virus e la diagnosi è di circa
10-12 anni, ne consegue che
la popolazione più a rischio
di infezione è quella intorno
ai 20 anni (Suligoi et al.,
2003).
A partire da questi dati, si
può affermare che, se per “ri-
schio” ci si riferisce alla probabilità di incorrere in gravidanze indesiderate e di contrarre malattie a trasmissione
sessuale, gli adolescenti sono
una popolazione ad alto rischio. Proprio per ridurre il
rischio che si diffondano questo tipo di malattie e l’HIV e,
in sostanza, per modificare i
comportamenti sessuali dei
giovani in direzione di una
maggiore prevenzione, gli
operatori delle Aziende sanitarie hanno da qualche anno
iniziato ad organizzare, nell’ambito dei programmi di
promozione alla salute, corsi
di educazione sessuale rivolti
ad adolescenti.
Tuttavia, a fronte della grande rilevanza che questi interventi preventivi ed educativi
hanno sul piano sociale, sono
ancora poche le ricerche che
hanno verificato se queste
iniziative riescono effettivamente a indurre nei giovani
una maggiore attenzione per
la propria salute ed a determinare, di conseguenza, l’adozione di adeguati comportamenti preventivi.
I metodi per educare alla salute sono davvero efficaci?
I metodi più frequentemente
adoperati negli interventi di
educazione alla salute nelle
scuole vertono sulla informazione e l’educazione tra pari
(o peer education). Nel primo
caso, i programmi di prevenzione si realizzano attraverso
lezioni frontali svolte da insegnanti o esperti e finalizzate ad aumentare le conoscenze dei ragazzi sulle condotte
dannose e sui comportamenti
preventivi da adottare. Nel
secondo caso, invece, l’educazione avviene “tra pari”,
appunto, poiché sono i ragazzi stessi, opportunamente
formati da personale competente, a trasmettere ai loro
coetanei informazioni sui
comportamenti da mettere in
pratica e su quelli da evitare
per tutelare la propria salute.
Le ricerche che hanno valutato l’efficacia del metodo del
fornire informazioni hanno
dato risultati assai complessi.
Se da un lato alcuni studi
hanno sottolineato gli esiti
positivi che questi interventi
possono portare sul piano
dell’aumento delle conoscenze e sull’incremento di un atteggiamento orientato alla
prevenzione (Prezza et al.
1997; azienda USL di Ravenna, Servizio tossicodipendenze di Lugo, 1997), dall’altro,
ricerche diverse hanno mostrato l’inefficacia nell’indurre l’adozione di comporta-
menti preventivi (Gold, Kelly,
1991; Kirby et al, 1994).
Diversamente, i programmi di
educazione tra pari sono risultati efficaci non solo nel
produrre un aumento di conoscenze, ma anche nell’aumentare nei ragazzi la convinzione di essere in grado di
adottare comportamenti preventivi (autoefficacia) e nell’incrementare l’adozione di
comportamenti preventivi.
Gli esiti positivi di questa
metodologia hanno condotto
a ripetere l’esperienza della
peer education in diversi contesti preventivi: per ridurre
l’incidenza del fumo tra i giovani, per prevenire l’uso di
sostanze stupefacenti e i rischi di infezioni HIV, per la
promozione di condotte sessuali sane (Vecchio et al.,
2002, Menesini, 2002).
Obiettivi e ipotesi
Tenendo conto di quanto detto e seguendo la linea tracciata dalle più recenti ricerche,
abbiamo pertanto condotto
una ricerca finalizzata a un
duplice obiettivo: da un lato,
analizzare gli effetti dei corsi
di educazione sessuale organizzati dalle ASL del territorio fiorentino nel modificare
le conoscenze, l’atteggiamento, l’intenzione di adottare
l ute
Sa
e
256 Territorio
comportamenti preventivi ed
i reali comportamenti preventivi; dall’altro, valutare se gli
effetti di questi corsi variano
in relazione ad alcune caratteristiche personali dei ragazzi cui sono rivolti.
Metodo e procedura
Partecipanti
La ricerca che abbiamo condotto si configura come un’indagine sperimentale secondo
un disegno prima-dopo con
gruppo di controllo. Il campione complessivo, composto
da 193 studenti (100 maschi,
93 femmine) che frequentavano il primo anno di scuola superiore del comune di Firenze
(età media: 15 anni), è stato
suddiviso in due gruppi: sperimentale (48 maschi e 45 femmine), costituito cioè da ragazzi che hanno seguito un
corso di educazione sessuale e
di controllo (52 maschi e 48
femmine), ovvero costituito
da studenti della stessa età
che non hanno invece frequentato tale corso. Su gli
studenti di entrambi i gruppi
si è proceduto a due rilevazioni di dati a circa un mese e
mezzo di distanza l’una dall’altra: la prima, circa una settimana prima dell’inizio del
corso, la seconda circa una
settimana dopo la sua fine.
Il corso di educazione sessuale, organizzato e diretto dagli
operatori delle ASL del Comune di Firenze, si rifaceva al
programma messo a punto da
Giommi e Perrotta (1992) per
i ragazzi della fascia di età
compresa fra gli 11 e 14 anni.
Sul piano operativo, esso si
realizzava in tre incontri, di
due ore ciascuno, durante l’orario mattutino delle lezioni.
Nei primi due incontri gli ope-
Esperienze dal territorio
ratori fornivano informazioni
su argomenti inerenti la sessualità, cercando contemporaneamente di tranquillizzare i
ragazzi su eventuali dubbi o
paure in proposito; nel terzo
incontro, invece, i ragazzi erano accompagnati a visitare il
consultorio della ASL di riferimento, in modo da familiarizzarsi coi servizi sociosanitari
attivati sul territorio.
Strumenti
Per la raccolta dei dati abbiamo utilizzato una batteria di
prove appositamente predisposta, volta ad esplorare diversi aspetti della sessualità
inerenti i comportamenti, le
conoscenze e gli atteggiamenti. Alcune domande infine erano volte ad indagare le
caratteristiche personali dei
soggetti.
L’ambito del comportamento
era indagato sotto due aspetti:
1. Le passate condotte adottate dai soggetti (se avevano avuto esperienze sessuali; se, in tali occasioni,
avevano usato metodi anticoncezionali ed, eventualmente, di che tipo; se
si erano rivolti ad un consultorio o se avevano consultato un ginecologo);
2. Le loro intenzioni sul comportamento futuro (se e
quanto ritenevano probabile adottare in futuro specifici comportamenti preventivi nella sfera sessuale,
ed eventualmente quali).
L’ambito della conoscenza era
invece indagato attraverso
domande relative all’AIDS e
alle vie di trasmissione del virus HIV; ai metodi anticoncezionali e alla loro efficacia
nell’ostacolare le malattie a
trasmissione sessuale.
Domande diverse esploravano
l’atteggiamento dei ragazzi
verso i metodi anticoncezionali, l’AIDS e le malattie a
trasmissione sessuale.
Infine, alcune domande che
si proponevano di studiare alcune caratteristiche personali
degli intervistati, in particolare l’importanza che essi attribuivano alla salute; quanto
ritenevano importante tutelarla; quanto essi ritengono
di essere in grado di adottare
adeguati comportamenti preventivi, indipendentemente
dalle pressioni esercitate dal
gruppo dei pari.
Risultati
L’analisi dei dati raccolti alla
prima rilevazione ha permesso di verificare che non esistono differenze significative
tra il gruppo sperimentale e
quello di controllo. Nello specifico, le conoscenze dei ragazzi relative all’AIDS sono
abbastanza buone, anche se
emergono significative lacune: il 62% dei ragazzi non conosce la differenza tra un
soggetto sieropositivo ed uno
affetto da AIDS; il 35% del
campione pensa che l’AIDS si
possa trasmettere attraverso
le punture di insetti e un altro 35% ritiene la pillola anticoncezionale un metodo efficace per evitare l’infezione
del virus dell’HIV.
Le conoscenze relative ai metodi contraccettivi e alla gravidanza sono risultate complessivamente soddisfacenti
anche se, come nell’ambito
precedente, emergono grosse
lacune: circa la metà del campione (49%) pensa che la gravidanza non può avvenire se
la ragazza ha mestruazioni irregolari, e più di un terzo
N. 151 - 2005
(36%) ritiene che ci sono poche probabilità che una ragazza rimanga incinta se non le è
capitato in precedenti rapporti sessuali senza precauzioni.
Per quanto riguarda l’atteggiamento dei ragazzi verso
l’AIDS e i contraccettivi esso
risulta in genere consapevole
e interessato.
In relazione ai comportamenti, sembra interessante notare che solo il 10% del campione ha avuto rapporti sessuali.
L’età mediana del primo rapporto sessuale è di 14 anni e
la “prima volta” tutti i soggetti – escluso un ragazzo del
gruppo sperimentale – hanno
usato il preservativo come
metodo anticoncezionale; le
volte successive, in occasione
di altri rapporti sessuali, i ragazzi di entrambi i gruppi riferiscono di aver usato quasi
sempre qualche metodo contraccettivo anche se, nella
maggioranza dei casi, questi
non costituiscono delle reali
precauzioni giacché si tratta
del coito interrotto o del metodo Ogino Knaus. Dai risultati emerge inoltre che nessuno dei soggetti ha mai visitato un consultorio e che solo
6 ragazze in entrambi i gruppi hanno consultato un ginecologo. Solo nella metà dei
casi, tuttavia, questo è avvenuto prima di aver avuto il
primo rapporto sessuale.
Il confronto coi dati raccolti
alla seconda rilevazione ha
permesso di verificare che il
corso incide notevolmente sia
nell’aumentare le conoscenze
sull’AIDS (p<.0001) e sulla
contraccezione (p<.0001),
sia, seppure in misura minore, nell’incrementare l’intenzione di usare metodi contraccettivi (p=.05).
N. 151 - 2005
Esperienze dal territorio
Sae l ute
Territorio 257
Grafico I - Differenze registrate
nei due gruppi tra la prima
e la seconda rilevazione.
Il corso incide inoltre nel determinare una più generale
disponibilità ad attuare comportamenti di prevenzione
della salute. Dopo il corso, infatti, il numero di ragazze
che si è sottoposto alla visita
ginecologica è aumentato del
20% nel gruppo sperimentale, mentre è rimasto stabile in
quello di controllo. Viceversa,
il numero di ragazzi che ha
avuto rapporti sessuali è aumentato del 68% nel gruppo
di controllo, mentre è rimasto
stabile in quello sperimentale. Infine, i corsi hanno indotto una maggiore familiarità coi servizi socio-sanitari:
dopo l’intervento, infatti, il
numero di ragazzi che riporta
di essere intenzionato a rivolgersi al consultorio in caso
di dubbi o paure di natura
sessuale aumenta notevolmente. Il grafico I illustra le
modificazioni registrate nei
due gruppi fra la prima e la
seconda rilevazione (T2-T1).
La ricerca ha tuttavia messo
in luce un altro dato di grande interesse: mentre l’aumento delle conoscenze è avvenuto in maniera relativamente omogenea in tutti i
ragazzi che hanno frequentato il corso, l’aumento dell’intenzione di adottare comportamenti preventivi ha avuto
Grafico II - Confronto relativo
alla disponibilità ad adottare
comportamenti di salute nei due
gruppi con valori alti e bassi
in entrambe le dimensioni.
un andamento meno uniforme. L’approfondimento di
questo dato ha permesso di
evidenziare che l’incremento
della disponibilità ad adottare comportamenti preventivi
è risultata significativamente condizionata dall’importanza che i soggetti attribuiscono alla propria salute e
dal grado in cui essi si sentono capaci di operare fattivamente per tutelarla.
All’interno del gruppo sperimentale sono infatti i ragazzi
che attribuiscono elevata importanza alla propria salute e
che si dichiarano disponibili
ad attuare i comportamenti
preventivi raccomandati nel
corso di educazione sessuale.
Al contrario, su quelli che
presentano bassi punteggi di
autoefficacia e di importanza
attribuita alla salute il corso
incide solo nell’aumentare le
conoscenze (p<.001) (vedi
grafico II).
Conclusioni
Considerati complessivamente, quindi, i nostri dati indicano che i corsi di educazione
sessuale organizzati dalle
ASL del Comune di Firenze
sono efficaci nell’aumentare
le conoscenze sulle tematiche
trattate in tutti i ragazzi, ma
incidono nel modificare la disponibilità ad adottare adeguati comportamenti di prevenzione solo in alcuni. In
particolare in quelli che considerano la propria salute come un valore e si ritengono
capaci di agire efficacemente
per tutelarla.
Tali risultati ci sembrano particolarmente rilevanti perché
forniscono alcuni spunti interessanti per ripensare criticamente l’organizzazione dei
programmi di educazione alla
salute.
I nostri dati suggeriscono infatti che, per favorire una
maggiore predisposizione ad
attuare comportamenti preventivi in tutti i partecipanti
ai corsi, è preliminarmente
necessario intervenire sul sistema di valori relativi alla
salute e sul sentimento di efficacia personale e solo in seguito fornire adeguate informazioni sui corretti comportamenti da tenere.
Se si tiene conto delle specifiche caratteristiche psicologiche degli adolescenti e dell’importanza che ricopre per
loro il gruppo dei pari come
significativo punto di riferimento, non solo affettivo e
relazionale, ma anche e soprattutto “culturale” e normativo, i risultati da noi ottenuti suggeriscono inoltre
l’opportunità di integrare la
metodologia finora adottata,
che come abbiamo detto si
rifà al modello del fornire
informazioni, con un più attivo coinvolgimento e una
più fattiva partecipazione dei
l ute
Sa
e
258 Territorio
ragazzi sul modello della peer
education. Sul piano operativo si potrebbe cioè ipotizzare
un intervento combinato, articolato in due momenti. Una
prima fase deve agire sul
gruppo classe, individuando
preliminarmente alcuni ragazzi che, per loro caratteristiche personali, occupano il
ruolo di leaders nel gruppo e
formarli nel ruolo di peer educators, con particolare riferimento all’importanza della
Esperienze dal territorio
salute e al valore di tutelarla,
affidando loro il compito di
trasmettere tali contenuti
agli altri. Questa forma di trasmissione orizzontale dovrebbe facilitare l’assimilazione di
tali valori attraverso gli
scambi informali e quotidiani
con i coetanei piuttosto che
attraverso una “lezione” impartita da un adulto. Inoltre,
poiché i peer educators sono i
primi ad adottare uno stile di
vita salutare, essi costituisco-
Bibliografia
Azienda USL di Ravenna Servizio tossicodipendenze di Lugo (1997),
L’educazione socio-affettiva nella prevenzione dell’ HIV, Tipografia Moderna, Ravenna.
Beltrami C., Manfreci R., D’Antuono A., Chiodo F., Varotti C. (2003),
Sexually-trasmitted infestions in adolescents and young adults in a large city of Nothern Italy: a nine-year perspective survey, New Microbiology, 26 (3), 233-41.
Giommi R., Perrotta M. (1992), Programma di educazione sessuale 1114 anni, Arnoldo Mondatori Editore, Milano.
Gold R.S., Kelly M.A. (1991), Cultural sensitivity in AIDS education: a
misunderstood concept, Evaluation and program planning, 14 (4):
221-31.
no un esempio e rappresentano pertanto un valido modello comportamentale per gli
altri compagni. Le indicazioni preventive, in questo modo, non saranno più percepite “distanti e formali” come
quando provenivano dagli
adulti, ma avvertite più vicine proprio perché derivano
da compagni di pari grado. Il
confronto quotidiano con i
peer educators, permette
inoltre ai ragazzi di riflettere
N. 151 - 2005
sul fatto che, se i compagni
sono in grado di adottare
comportamenti efficaci di salute, anche loro potranno esserlo. Così, attraverso il confronto con i coetanei, gradualmente i ragazzi rafforzano anche il sentimento della
loro autoefficacia. Una volta
conseguiti questi obiettivi
preliminari, si potrà procedere alla seconda parte dell’intervento, secondo le modalità
già sperimentate.
ISTAT (2000), Statistiche della Sanità anno 1997, Annuari, Pomezia.
Kirby D., Short L., Collins J., Rugg D., Kolbe L., Howard M., Miller B.,
Sonestein F., Zabin L.S. (1994). School-based programs to reduce
sexual risk behaviours: a review of effectiveness, Journal of Public
Health Reports, 19: 339-60.
Menesini E. (2002). L’aiuto tra pari: percorsi operativi e modelli teorici,
Scuola e città, 3: 42-57.
Prezza M., Trombaccia F.R., Mattoni A., Smeralda M.P. (1997), Comportamenti sessuali e conoscenze contraccettive: l’influenza dell’educazione
sessuale e di altri fattori, Rivista di Sessuologia Clinica, IV, 2, 57-80.
Suligoi B., Pavoni N., Borghi V., Branz F. et al. (2003), Epidemiologia dell’infezione da HIV in Italia, Epidemiologia e Prevenzione, 27, 2, 73-9.
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Recensioni
N. 151 - 2005
Sae l ute
Territorio 259
Recensioni
P.L. Morosini, G. Palumbo
Variabilità nei Servizi Sanitari
in Italia
Centro Scientifico Editore,
Torino 2004
È solo da poche decine di anni che la medicina cerca di
basare le sue conoscenze e
quindi la pratica clinica su
dati scientifici, derivanti da
studi condotti in modo corretto secondo i dettami della
Evidence Based Medicine.
Questi dati dovrebbero consentire (specie se organizzati
all’interno di revisioni sistematiche e Linee guida) di assicurare il massimo grado di
appropriatezza degli interventi sanitari, riducendo al
minimo quella parte di variabilità nelle decisioni cliniche,
che in parte è legata alla carenza di conoscenze ed in
parte alla irrinunciabile ed
ineliminabile soggettività
dell’intervento medico, soprattutto nel rapporto, per
definizione soggettivo e difficilmente standardizzabile,
fra professionista e paziente.
Lo studio di questa variabilità
e delle sue motivazioni è
quindi estremamente interessante ed utile, al fine di capire meglio il fenomeno e operare per limitarne le punte
più accentuate.
Il volume è il frutto della raccolta, completamento e omogeneizzazione degli interventi di un Workshop svoltosi
presso l’Istituto Superiore di
sanità. Il lavoro degli Autori
è stato veramente encomiabile: non è facile trovare una
così completa raccolta di saggi sull’argomento, che risultano molto ben legati fra loro, seguendo un preciso filo
logico.
Vengono esaminati temi generali (mortalità evitabile, attività ospedaliera, uso dei farmaci), insieme ad argomenti
riferiti a varie branche specialistiche (prevenzione cardiovascolare, oncologia, chirurgia, salute mentale, ecc.) e alla pratica infermieristica, oltre a due capitoli che affrontano il tema cruciale della variabilità dovuta alle disuguaglianze socio-economiche.
Accanto alla disamina della
variabilità nei settori specialistici ed ospedalieri, non
manca un approfondito ed
estremamente interessante
esame dei servizi territoriali,
che risultano spesso ancora
meno omogenei di quelli
ospedalieri. Di particolare interesse i dati relativi alla Medicina generale.
Un elemento cruciale è sicuramente rappresentato dalla
comunicazione e integrazione fra Ospedale e Territorio:
di percorsi diagnostico terapeutici parla, fra l’altro il capitolo di Panella e Di Stanislao, che si trova quindi
idealmente a legare i contributi che l’hanno preceduto.
Il capitolo redatto da Gianfranco Domenighetti affron-
ta, infine, l’argomento della
qualità dell’informazione all’utente e delle sue ricadute:
nella società attuale, infatti,
è sempre più sentita la necessità di una corretta informazione, specie in ambito sanitario, in modo che la scelta
del cittadino sia sempre più
autonoma e consapevole.
Questo obiettivo non è facilmente raggiungibile, visto
che la qualità delle informazioni disponibili è eccessiva e
spesso di scarsa qualità.
In definitiva il volume risulta
assolutamente indispensabile, per la notevole quantità di
dati sulla situazione italiana,
per chiunque si occupi di
aspetti organizzativi in ambito sanitario. Non dovrebbe
però mancare anche sulla
scrivania dei clinici: la riduzione della variabilità dei loro
comportamenti costituirà
probabilmente un obiettivo
importante della loro attività
nei prossimi anni.
Luciana Ballini,
Alessandro Liberati
Linee-Guida per la Pratica Clinica
Il Pensiero Scientifico
Editore, Roma 2004
Lo sviluppo delle conoscenze
in campo biomedico è in tumultuosa accelerazione: è
sempre più difficile per il medico seguire gli studi che
vengono pubblicati in tutti i
campi, sia in quello internistico e della Medicina generale, sia nei campi specialistici. Ed è ancora più difficile
applicare alla propria pratica
clinica i risultati di quegli
studi. È in fondo per tutto
questo che sono nate le Linee guida: per offrire al clinico un quadro più completo
possibile delle conoscenze in
modo da consentirgli di attuare comportamenti appropriati alla situazione che si
presenta.
Di Linee guida si parla ormai
da oltre vent’anni: ne sono
state prodotte numerosissime
e se ne continuano a produrre
altrettante. A prima vista un
nuovo libro su questo argomento sembrerebbe fuori luogo ed obsoleto. Il problema è
che le Linee guida vengono
elaborate ma molto scarsamente applicate: esistono numerose pubblicazioni che, in
tutti i campi, confermano
questo dato e ne analizzano
le motivazioni.
Nonostante le numerose dimostrazioni della necessità di
una variazione del loro comportamento, soprattutto nei
campi in cui sono presenti dimostrazioni sicure di efficacia, i medici sembrano resistere al cambiamento del loro
modo di operare. Certamente
la pigrizia intellettuale è
spesso la principale ragione
che si oppone a questo cambiamento, ma non va trascurata anche la paura dell’impo-
l ute
Sa
e
260 Territorio
sizione dall’alto di regole non
condivise, anche se molte sono le voci autorevoli (e fra
queste anche gli autori di
questo volume) che riconfermano che l’adesione a regole
di comportamento non limita
affatto l’autonomia del professionista, ma, anzi, ne arricchisce il lavoro.
Il significato e l’importanza
di questo libro sta proprio
nell’analizzare e cercare di af-
Recensioni
frontare e risolvere i problemi
che si oppongono ad una corretta applicazione delle Linee
guida: vengono proposte metodologie e dati suggerimenti
per implementarle. Il volume
risulta esauriente e di facile
lettura e risulta ancora più
chiaro per la presenza di uno
schema riassuntivo alla fine
di ogni capitolo. Estremamente interessanti e utili le
appendici.
N. 151 - 2005
Di particolare interesse la
Postfazione, che riproduce
un lavoro di R.Grol e J.Grimshaw pubblicato su Lancet,
sul tema sempre attuale del
trasferimento delle informazioni scientifiche alla pratica
clinica.
Gli Autori sono nomi ben noti
e sono legati ad organizzazioni, come il CEVEAS e la Cochrane Collaboration, che da
tempo si occupano di questi
temi: la loro competenza è
fuori discussione e traspare
da ogni capitolo del libro.
Il volume è in gran parte rivolto a chi lavora nell’ambito
della gestione e programmazione sanitaria, ma non dovrebbe mancare nemmeno sul
tavolo di coloro che svolgono
mansioni cliniche all’interno
del Servizio Sanitario.
Alessandro Bussotti
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