Punto Omega Rivista quadrimestrale del Servizio Sanitario del Trentino Nuova serie Anno III/2001 numero 7 Registrazione del Tribunale di Trento n. 1036 del 6.10.1999 © copyright 2001 Provincia Autonoma di Trento Tutti i diritti riservati. Riproduzione consentita con citazione obbligatoria della fonte Direttore Mario Magnani Direttore responsabile Alberto Faustini Coordinamento redazionale ed editoriale Vittorio Curzel Redazione e impaginazione a cura del Servizio Programmazione e ricerca sanitaria Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Hanno scritto per questo numero: Guido Baldessarelli, Massimiliano Colombo, Valerio Costa, Vittorio Curzel, Renzo De Stefani, Paolo Facchinelli, Fabrizio Fontana, Dario Janes, Graziano Manfrini, Renzo Nardelli, Gabriele Noro, Elio Ottaviano, Roberto Pancheri, Giuseppe Penasa, Monica Pisetta, Ugo Pitton, Maria Gemma Pompei, Luciano Pontalti, Giuseppa Russo, Tiziano Vecchiato, Francesco Venturini. Progetto grafico Giancarlo Stefanati Editing Attilio Pedenzini Stampa Tipografia Alcione Trento Stampato su carta ecologica Fedrigoni Vellum white Indirizzo Provincia Autonoma di Trento Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria Via Gilli, 4 38100 Trento tel. +39.0461.494037 fax +39.0461.494073 e-mail: [email protected] “Punto Omega” è consultabile on line sul sito web: www.provincia.tn.it/sanita nella sezione “Centro Documentazione Salute/ Emeroteca” 3 Mario Magnani Editoriale Luciano Pontalti La valorizzazione del territorio nel nuovo assetto istituzionale del servizio sanitario provinciale Fabrizio Fontana 14 Dall’ospedale al territorio 5 L’integrazione tra sanità e attività socio-assistenziali Tiziano Vecchiato 19 Assistenza territoriale e integrazione socio-sanitaria Monica Pisetta 31 Il punto di vista della sanità Paolo Facchinelli 42 Il punto di vista delle attività socio-assistenziali Aspetti economico-finanziari e marketing dei servizi Guido Baldessarelli 47 Lo spostamento del baricentro assistenziale dall’ospedale al territorio: aspetti economicofinanziari Vittorio Curzel 61 L’azione di marketing e i servizi per la salute Esperienze di assistenza socio-sanitaria territoriale nel Trentino Giuseppe Penasa, Elio Ottaviano, Renzo Nardelli, Francesco Venturini, Ugo Pitton 82 L’assistenza domiciliare integrata nei distretti sanitari del Trentino Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 7 anno tre numero sette Massimiliano Colombo 112 RSA: lavori in corso per un nuovo servizio socio-sanitario Gabriele Noro 123 L’unità di valutazione multidisciplinare Dario Janes 133 I servizi per le persone disabili Maria Gemma Pompei 139 I consultori per il singolo, la coppia e la famiglia Renzo De Stefani 147 I servizi per la salute mentale Valerio Costa 161 La tossicodipendenza: fenomeni e risposte Roberto Pancheri 170 I servizi di alcologia Giuseppa Russo 179 La partecipazione degli utenti al miglioramento della qualità dei servizi socio-sanitari territoriali Graziano Manfrini 183 Scheda: Ci vorrebbero dei dati... Editoriale L Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 a sfida forse più importante dei processi di riforma sanitaria na zionale e provinciale che si sono susseguiti dal 1978 ad oggi, quel la che configura l’identità, l’orga nizzazione e l’operatività del nuo vo Servizio sanitario nazionale e provinciale, ha riguardato e ri guarda la “territorializzazione dei servizi”. Considerare ed affermare nei ser vizi territoriali (che trovano la loro unità nell’articolazione orga nizzativa del Distretto) il punto cardine e strategico del sistema sanitario, significa in primo luo go instaurare un nuovo e qualifi cante rapporto con i cittadini, per quanto concerne la loro principa le dimensione vitale, quella del la salute. Tale rapporto si concretizza nel contatto diretto del sistema con il bisogno così come viene espresso, nella sua interezza e complessità, nell’interpretazione dello stesso e nella composizio ne della risposta più consona ed efficace, utilizzando sia l’appor to dei vari livelli di assistenza sa nitaria, che, quando necessario, quello dei servizi direttamente correlati e complementari riferiti alla dimensione del “sociale”. Il distretto assicura quindi una pre sa in carico totale, che accompa gna l’intero percorso assistenzia le della persona-utente. Ma, soprattutto, il riferimento al bisogno di salute complessivo della persona, implica una nuo va e qualificante concezione del la salute e della sanità: è in que sta sede che inizia spontanea mente il processo di umanizza zione e personalizzazione delle cure riferito all’individuo nella sua identità e integrità e conse guentemente l’instaurazione di un rapporto di fiducia fondato sull’informazione e il consenso informato. In una parola, il distretto, nelle sue caratteristiche costitutive, fa riferimento alla nuova concezio ne globale della salute, conside rando la persona con i suoi biso gni al centro del processo assi stenziale. E tale istanza costitui sce un principio inderogabile, non solo dal punto di vista etico, ma anche operativo, per assicu rare l’efficacia e l’appropriatezza della risposta. L’affermazione della centralità del territorio nell’organizzazione sa nitaria, nonostante l’unanime condivisione esistente e i pro gressi graduali che si sono veri ficati nel passato a partire dal l’istituzione del Servizio sanita rio nazionale, rimane a tutt’oggi un problema aperto, che sconta ritardi e alcune carenze a tutti i livelli (politico, gestionale e ope rativo), imputabili principalmen te a motivazioni culturali, ma anche all’oggettiva e sempre maggiore complessità del mon do della sanità e dell’intero siste ma sociale. Queste difficoltà, tut tavia, se da una parte evidenzia no la grande portata innovativa e quindi gli ostacoli lungo il per corso di questa trasformazione, dall’altra incoraggiano ad unire le forze di tutti per realizzarla completamente. 3 Questa consapevolezza ha indot to, nell’elaborazione del disegno di legge di Piano sanitario pro vinciale 2000-2002, a ricercare modalità per assicurare e valoriz zare lo sviluppo dell’assistenza distrettuale integrata, compresa la previsione di una ridistribuzio ne tra i livelli di assistenza delle risorse finanziarie, che favorisca la componente territoriale e che permetta una sostanziale ricon versione delle attività sanitarie verso i distretti. Questo nuovo numero di “Pun to Omega” la rivista del Servizio sanitario del Trentino, offre lo spazio per un confronto aperto sullo stato dell’arte e sulle pro spettive riferite al tema della cen tralità del territorio per migliora re l’efficacia e la qualità degli in terventi per la salute. Editoriale Mario Magnani Assessore provinciale alle Politiche sociali e alla Salute 4 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 La valorizzazione del territorio: condizioni e prospettive Luciano Pontalti Verso un progetto di salute condiviso con la comunità, per una sanità centrata sulla persona. Nel dibattito sulle politiche sanita rie è ricorrente il richiamo alla va lorizzazione del territorio intesa come potenziamento dei servizi e degli interventi sanitari, al di fuori dei centri di ricovero e cura e là, invece, dove la gente vive e lavora. A sostenere questo orientamen to nelle scelte di sviluppo del Ser Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 vizio sanitario concorrono molteplici motivazioni. Il ribaltamento in positivo del concetto di salute e la estensione del suo significato, sino a compren dervi il complessivo stato di benes sere fisico, psichico e sociale, met tono in rilievo come preminenti le azioni, da esplicare sul territorio, di promozione della salute e di pre venzione della malattia. L’insostenibile concentrazione nei centri specialistici e ospedalieri di ogni tipo di prestazione diagnosti co-curativa, con effetti dirompenti sulle liste di attesa, invoca un’or ganizzazione dei servizi sanitari ter ritoriali, che eserciti una vigorosa azione di filtro. La forte domanda di superamen to degli svantaggi della periferia nell’accesso alle prestazioni sanita rie, già per definizione contraria ad ogni progetto di razionalizzazione 5 La valorizzazione del territorio 6 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 verticale, preme per il rafforzamen to della rete territoriale dei servizi. L’esplosione dei bisogni di assi stenza per un numero crescente, grazie ai progressi medici, di perso ne anziane e di pazienti cronici gravi impone la creazione di un insieme integrato sul territorio di servizi socio-sanitari. Da ultimo i processi in atto di devoluzione alle regioni di più am pie potestà in materia sanitaria, ne aumentano la responsabilità sul contenimento della spesa, obietti vo questo ottenibile, si crede, solo attraverso il consenso su un chiaro programma di salvaguardia di sod disfacenti servizi sanitari di base sul territorio. Ma la necessità di valorizzare il territorio poggia su una ragione più profonda, che sopravanza e contie ne tutte quelle esposte. Se lo sco po di un sistema sanitario consiste nel miglioramento dello stato ge nerale di salute di una popolazio ne, la crescita di qualità del siste ma nel suo complesso è in funzione necessaria, diretta e proporzionale all’aumento della qualità reale e percepita dei servizi di assistenza sanitaria territoriali. In chi gestisce gli interventi sa nitari il binomio “salute-territorio” evoca istintivamente la visione di sevizi dislocati in periferia, strut turalmente bene organizzati, dota ti di risorse sufficienti a fornire dia gnosi e cure per i malesseri ordina ri, capaci di selezionare e orientare verso i poli specialistici e ospeda lieri i pazienti gravi, attrezzati, in fine, a svolgere, nelle zone di com petenza, funzioni di presidio e di sorveglianza sanitari in conformità alle direttive impartite dal centro. La prospettiva è, dunque, quella di una tutela santaria sapientemente programmata al vertice e attuata con efficacia sul campo. L’aspettativa che nutrono dal bas so i cittadini beneficiari degli in terventi sanitari sembrerebbe a pri ma vista speculare alla visione de gli operatori sanitari. I primi, in de finitiva, aspirano a un’assistenza di base vicina e rapida e vogliono es sere validamente supportati nell’ac cesso alle prestazioni specialistiche. Ma le due aspettative appaiono solo in superficie congruenti. Le motivazioni alla loro base, infatti, e la valutazione dei bisogni che ne deriva sono spesso divergenti e fonti di conflitto. Dal punto di vista del gestore degli interventi sanitari la preoccu pazione prevalente è quella di ga rantire una equa distribuzione delle prestazioni sanitarie attraverso una presenza diffusa dei centri di ero gazione. D’altra parte un servizio sanita rio di natura universalistica deve poter offrire a tutti i cittadini ri sposte uniformi e di pari livello in ogni punto del sistema. Diviene perciò naturale il riferi mento a parametri quantitativi e a standard oggettivi quando si loca lizzano le strutture, si dimensiona no gli interventi e si assegnano per sonale e mezzi. Appare inoltre del tutto conse guente che le attività nei vari di stretti, nei quali viene suddiviso il renziazione nei servizi e di soddi sfazione delle differenziate esigen ze espresse. A chi obietta che sussistono og gettivi ostacoli a concretizzare si mile prospettiva, quali i limiti di spesa o le priorità da rispettare per l’ordinato funzionamento dell’inte ro sistema, prontamente si rispon de che basta eliminare gli sprechi della macchina organizzativa e ri conoscere “autonomia” decisionale a chi, sul posto, può valutare quali servizi e interventi siano prioritari e necessari. territorio servito da una azienda sanitaria, siano ispirate a comuni criteri di funzionalità e di produtti vità, e ciò nell’attesa di raggiunge re e mantenere una soglia minima di prestazioni garantite a tutta la popolazione. Sembra logico pertanto che l’incremento dei servizi sul ter ritorio avvenga per “ decentramen to” ossia mantenendo in capo alle direzioni amministrative e sanita rie aziendali il potere di graduare il trasferimento dei compiti e comun que di coordinare l’esercizio delle attività decentrate. Il cittadino, per contro, invocan do risposte pertinenti al suo biso gno particolare, è principalmente at tento alla qualità della prestazione ricevuta, che viene giudicata tanto più valida quanto più essa è mirata, accessibile e tempestiva. Da questo angolo di visuale l’ef ficienza di un sistema sanitario è misurabile dal grado raggiunto di flessibilità delle strutture, di diffe Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Benché vi sia una evidente for zatura teorica nel contrapporre pun to su punto le aspettative dall’alto dell’operatore sanitario e quelle dal basso del cittadino, lo spaccato ot tenuto con questa analisi offre non dimeno l’opportunità di riflettere non solo sui possibili diversi approc ci organizzativi al tema “salute-ter ritorio”, ma ancor prima sul possi bile diverso significato attribuibile alla regola comportamentale della cosiddetta centralità della persona. Porre la persona al centro del l’azione sanitaria richiede certamen te all’operatore uno sforzo di con centrazione sulle necessità dell’as sistito qui e ora presenti e l’adatta mento continuo degli interventi da intraprendere ai variegati e variabi li quadri clinici rilevati. Tuttavia anche una attenzione focalizzata sulle situazioni singola ri, può non essere sufficiente a far sentire l’assistito al centro, fino a tanto che egli si senta confinato nel ruolo di oggetto, privo di voce in capitolo. 7 La valorizzazione del territorio 8 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Anche il cosiddetto consenso in formato può apparirgli modesto ri medio a fronte di progetti indivi dualizzati di assistenza o di piani terapeutici sui quali non convenga per intima convinzione, sia quest’ul tima il prodotto di un rapporto di fiducia verso l’operatore sanitario o di personali conoscenze o creden ze. Stabilire ciò che è buono e utile e preferibile per la propria salute è una prerogativa che sempre meno vuole essere delegata ed è sulla sen sazione di essere esclusi dalle deci sioni al riguardo che si allarga un conflitto etico e politico che né l’au torità della scienza, né la ingegne ria delle istituzioni riescono a me diare. Non si tratta, o non più, di posi zioni isolate di pochi eterodossi, ma di movimenti di opinione che cor rono sulle reti informative e si ma nifestano in gruppi di pressione sul territorio, seguiti con attenzione e di tanto in tanto opportunisticamente sostenuti dagli organi di co municazione. Ne nascono prese di posizione e iniziative per ora circo scritte ad alcuni aspetti di sicurez za ambientale o alla libertà di scel ta di specifiche metodiche di pre venzione o di cura, ma indiscutibi le sintomo di una crisi del rapporto tra istituzioni sanitarie – intese nella più larga accezione di strut ture politiche, amministrative e tec niche - e cittadino. La periferia del sistema sanitario ovvero i distretti in quanto artico lazioni territoriali per l’assistenza di base sono il terreno di elezione dove le volontà di protagonismo e parte cipazione ai processi decisionali giungono a maturazione sociale, vengono tradotte in pressioni da gruppi di pari e cercano di essere interpretate e soddisfatte dalle isti tuzioni locali. Non ci si nasconde che nelle esi genze, cui viene data voce, si me scolano legittime e fondate richie ste con egoistiche pretese di stam po assistenzialistico e che ragione voli rivendicazioni si confondono con immotivati contenziosi, tutta via è sul territorio, più che altrove, che può prendere avvio la ricerca di un progetto condiviso di salute, dove sia definita e accettata una ripartizione dei ruoli rispettosa dei diritti e delle responsabilità di cia scun attore e attraverso cui venga attuato un funzionale riequilibrio delle funzioni sanitarie tra le strut ture secondo il principio di sussi diarietà. La condivisione è l’elemento dif ferenziale su cui va richiamata l’at tenzione, perché, infatti, un proget to di salute esiste e si dipana dallo Stato giù fino alle più piccole real tà locali con le migliori intenzioni di offrire a tutti i cittadini senza distinzione uguali livelli di assisten za, ma è un progetto che parados salmente risulta incapace di con cretizzare esiti corrispondenti alle attese1 . Anche a tener conto del fatto che nella popolazione aspettative cre scenti sono alimentate dai sorpren denti successi della scienza medica e che esigenze nuove si propagano a macchia d’olio ogniqualvolta mi gliora l’erogazione dei servizi sanitari in un punto del sistema, ciò non spiega a fondo il distacco per sistente, anche là dove i servizi sa nitari sono più efficienti, tra offer ta e domanda né dà ragione del ma lessere diffuso alla radice dei com portamenti di fuga dalla medicina ufficiale, delle rimostranze per la frammentazione dell’assistenza a fronte della unitarietà dei bisogni nella persona, delle pressioni per mantenere punti di cura, che se pure irrazionali nell’ottica generale dei servizi, sono ritenuti essenziali per la comunità. La condivisione con la comunità del progetto di salute è pertanto il passaggio obbligato per colmare la distanza tra attese e risultati, dato che nemmeno una perfetta program mazione ispirata a principi avanza ti e a moderne tecniche potrebbe per sé stessa scavalcarla. In altri termini la popolazione, oggetto di Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 tutela da parte dei servizi sanitari organizzati sul territorio, deve pri ma poter essere, attraverso le co munità di cui fa parte, soggetto le gittimato a interloquire sul proget to di salute che la riguarda2. Simile distinzione è presente nel disegno di legge per la revisione dell’attuale disciplina del servizio sanitario in provincia di Trento (d.d.l. n. 96 del 29 settembre 2000), là dove colloca in due capi diversi nel testo dello schema di legge - in ciò diversamente da quanto avvie ne nella vigente normativa - le nome regolanti i comitati di distretto e i distretti sanitari. Infatti nel capo titolato “Strut tura e funzionamento del Servizio sanitario provinciale” viene discipli nata l’istituzione e il funzionamen to dei comitati di distretto, quali organismi rappresentativi della po polazione, che partecipano alla fun zione politica della programmazio 9 La valorizzazione del territorio 10 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ne sanitaria; viceversa nel capo ti tolato “Organizzazione dell’azienda sanitaria provinciale” è normata la costituzione dei distretti sanitari, quali articolazioni organizzative sul territorio dell’azienda, preposte alla erogazione delle prestazioni assi stenziali di base a favore della po polazione che vi risiede. Dunque è ben chiara al proponen te il disegno di legge l’importanza di annoverare tra i soggetti del Ser vizio sanitario le comunità, con un ruolo attivo di partecipazione alla formazione del piano provinciale per la salute dei cittadini e alla valuta zione sull’andamento dei servizi sa nitari e sui risultati ottenuti non ché con la potestà di proporre so luzioni operative per il coordina mento e l’integrazione dei servizi. Si noti, di passaggio, la scelta, nel disegno di legge sopra richia mato, di denominare il piano sani tario provinciale come “piano per la salute dei cittadini “ a significa re che le scelte di programmazione sono prima di tutto indicazioni su gli esiti attesi e voluti in un dato contesto e con le risorse disponibi li e, solo secondariamente e di con seguenza, indirizzi per il buon fun zionamento del sistema che deve ottenere tali esiti: come dire che le logiche e le convenienze del “go verno” devono improntare la “ge stione”, non il contrario. Non sembri questa un’esclusione dal tavolo proprio di quegli addetti ai lavori, che grazie alle loro com petenze scientifiche e tecniche ren dono realizzabile il progetto di sa lute, per far sedere al loro posto portatori di interessi a volte confu si e spesso contraddittori. Molto semplicemente, invece, si deve riconoscere che alla razionali tà scientifica e tecnica, per quanto si voglia considerarla in sé perfetta e congruente, si oppone una fattua lità discontinua e condizionata: la attuazione pratica di un disegno teoricamente coerente viene comun que costretta nei limiti delle risor se umane e dei mezzi a disposizio ne. Ma se è in ogni caso utopico, con tutto il rispetto per la fondamenta le forza trainante delle utopie, che il migliore dei piani possibili possa mantenere all’atto della sua pratica traduzione operativa tutta la coe renza interna di cui godeva in teo ria, occorre aggiungere che lungo la strettoia di passaggio dall’astratto al pratico si annida la possibilità di errori di valutazione dei fattori rea li, che dovrebbero rendere possibile il risultato desiderato. Si prenda ad esempio l’obiettivo di garantire a tutti i medesimi li velli di assistenza. Il perseguimento di simile obiet tivo di equità mediante una politi ca sanitaria di omogeneizzazione quantitativa dei servizi e di omolo gazione procedurale degli interven ti, oltre un certo grado può rivelar si produttiva di disfunzioni e dise conomie ed essere percepita come una iniqua parificazione dei biso gni. In realtà la varietà dei bisogni genera priorità diverse cui dovreb bero conseguire scelte differenzia te e le comunità sono il soggetto che può esprimere tali esigenze e integrare con ciò il quadro delle conoscenze necessarie per agire. Che alle comunità sia formalmen te garantito il diritto di parola è peraltro condizione necessaria, ma non sufficiente per la partecipazio ne alle scelte. Deve contestualmente crescere la capacità di analisi e di comunicazione e, abbandonati i ves silli del localismo, si devono atti vare invece concrete azioni di me diazione e di cooperazione. Molte indagini e studi vengono condotti sulle innovazioni in atto nei modelli organizzativi dei distret ti sanitari volte a dare una migliore risposta alle esigenze della popola zione3. In essi grande attenzione è riservata a ciò che fa o dovrebbe fare un’azienda sanitaria per otti mizzare la propria capacità di rispo sta. Meno spazio è dedicato al come possa o deva interrelarsi con la po polazione per comprenderne a fon do le richieste, tanto che gli uffici per i rapporti con il pubblico e le Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 carte dei servizi sono comunemen te concepiti come strumenti di in formazione per il cittadino e non anche come canali di raccolta di preziose informazioni per l’azienda. Ma affinché possa stabilirsi con la comunità il confronto dialettico indispensabile alla costruzione di un progetto di salute condiviso, è ne cessario che chi sul territorio (dal semplice cittadino al rappresentan te di associazioni, dall’operatore socio-sanitario all’amministratore pubblico) si fa interprete e porta voce delle esigenze della popolazio ne produca nuove conoscenze, in dividui azioni convenienti e propon ga soluzioni creative. Conoscenza, convenienza e creatività sono in vero essenziali per qualsivoglia azio ne di cambiamento e costituiscono le condizioni fondamentali per una partecipazione ai processi decisio nali incisiva ed efficace. Punto di partenza per ogni inter vento è la conoscenza, che nulla concede a facili generalizzazioni e a luoghi comuni, ma si radica nella attenta analisi delle componenti critiche dei fenomeni connessi allo stato di salute di una data popola zione. Il contributo della comunità alla conoscenza può essere rilevante solo se viene consapevolmente so stenuta e potenziata la comunica zione su obiettivi, attività e risul tati del servizio sanitario4; se di viene pratica ordinaria, mediante la virtuosa intesa tra le famiglie, i me dici e gli altri operatori socio-sani tari di base e le strutture distret tuali, la rilevazione e la registrazio 11 La valorizzazione del territorio ne degli eventi clinici e delle con dizioni di contesto ambientale per poter garantire continuità assisten ziale al singolo cittadino5 e inter venti di salvaguardia per la comu nità nel caso di accertate e signifi cative tendenze a morbilità diffu se; se viene, infine, accettato il con fronto con la comunità in qualun que modo e luogo sia richiesto, pre tendendo dall’interlocutore chiarez za e consequenzialità, ma rinuncian do a pregiudizi tecnici e a valuta zioni autoreferenziali. 12 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Per essere interlocutore credibi le, tuttavia, la comunità deve espri mere proposte, oltre che fondate, convenienti. Definiamo convenien te ogni proposta di miglioramento che raccolga il massimo grado di adesione da ciascuna delle parti in gioco. Quella economica non è per tanto che una delle tante compo nenti che, secondo la definizione data, può contribuire a rendere una proposta conveniente. Anzi la pre valenza della componente economi ca può talvolta ridurre se non an che distorcere la convenienza com plessiva di una proposta come nel caso dell’applicazione nelle strutture ospedaliere del sistema di finanzia mento a prestazione, metodo rite nuto idoneo a conseguire tra l’altro l’appropriatezza clinica, il conteni mento della spesa ospedaliera e il trasferimento di risorse dall’ospedale al territorio. La durata delle degen ze si è drasticamente ridotta, ma gli obiettivi richiamati non sono stati raggiunti6 . Una proposta conveniente tende a massimizzare le utilità, non esclu se quelle legate a valori immateria li quali la dignità o il prestigio, di tutti gli attori. In questo senso è conveniente, ad esempio, una pro posta di snellimento burocratico che riesce a contemperare i dovuti ac certamenti medico legali con la sem plificazione delle procedure di con trollo; così come è conveniente in trodurre percorsi di cura clinicamen te validi, ma facilmente accessibili e prima ancora riconoscibili dall’as sistito come logici. L’associazionismo dei medici di medicina generale è stato incenti vato sia dall’accordo nazionale che da quello provinciale nella convin zione che da esso potranno scaturi re servizi di assistenza più conve nienti per i cittadini così come per i medici e per il sistema sanitario nel suo complesso. Sta anche alla comunità dare sostanza a questa possibilità di miglioramento. Il concorso pieno della comunità al miglioramento dei servizi sanita ri si realizza, tuttavia, quando dal piano delle suggestioni si passa a quello della discussione delle scel te e più ancora a quello della coo perazione. Non è pensabile d’altronde che azioni di razionalizzazione delle strutture e dei servizi basate sulla appropriatezza delle prestazioni possano avere successo senza un largo consenso e senza la parteci pazione attiva della comunità né che si attui una valida integrazione dei servizi sanitari e dei servizi so ciali senza la sua collaborazione. Ed è su questo terreno che la co munità può manifestare una creati vità progettuale che non va ignora ta o mortificata. Se la soddisfazio ne di esigenze crescenti a fronte di risorse insufficienti impone scelte severe sulla intensità e sulla esten sione dei livelli assistenziali, è il lusorio credere che il mantenimen to e l’incremento della qualità dei servizi si possa ottenere con prov vedimenti unilaterali e unicamente improntati a principi di razionalità tecnica. Anziché la contrapposizio ne tra necessità di tenuta del siste ma e la tutela di interessi locali, che facilmente porta all’immobili smo, è certo preferibile un contrad dittorio dove siano valutate le di verse facce dei problemi e dove la comunità, abbandonate le posizio ni di difesa, potrà anche individua re e proporre soluzioni conformi a criteri di razionalità sociale, ma tut tavia sostenibili. NOTE [1] Vedi Carla Collicelli, “Un Paese Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 che non c’è”, in Il Sole 24 Ore, 18 giugno 2001. [2] Cfr. Ivan Cavicchi, “La riforma neocomunitaria per un nuovo universalismo sanitario”, in Kéiron n.6/2001. [3] Cfr. Germana Di Falco, “Il ruolo dei distretti e altre rilevanti ten denze nell’articolazione delle strutture e dei servizi: analisi di alcuni casi aziendali”, in “L’aziendalizzazione della Sani tà in Italia – Rapporto Oasi 2000” , Milano, 2000. [4] Vedi, in questo senso, le indi cazioni di attività per rafforza re l’azione della comunità in “Programma di sviluppo strate gico” dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, Trento, 2001. [5] Cfr. Sandro Albini e Marco Tra bucchi, “La continuità assisten ziale”, in Tendenze Nuove n. 2/ 2001. [6] Vedi Alberto Donzelli, “Il pa gamento a prestazione ha falli to la maggior parte degli obiet tivi dichiarati”, in ASI nn.17 e 18/1999. Luciano Pontalti è Dirigente il Servizio Attività di gestione sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. 13 Dall’ospedale al territorio Fabrizio Fontana L’assistenza sanitaria primaria e la continuità assistenziale come elementi che favoriscono la salute del cittadino e della comunità Dalla Conferenza di Alma Alta (OMS 1978) in poi, la gran parte dei do cumenti delle Agenzie internazionali e nazionali, le risoluzioni di gover ni centrali e regionali, i piani sanitari nazionali e regionali, afferma la centralità della Assistenza Sani taria Primaria come elemento da sviluppare per fornire la tutela del 14 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 la salute. Questa scelta condivisa per lo più a livello scientifico oltre che politico, ha trovato nella prati ca scarsi e –a nostro parere- non sufficienti riscontri oggettivi. È le cito quindi tentare di evidenziare le ragioni e ripensare in modo criti co il mancato decollo dei “servizi territoriali”. Appare subito evidente (e giusti ficata?) la considerazione che la destinazione di risorse al sistema ospedaliero ha reso spesso residuale la quantità delle risorse per il “ter ritorio”. Di questo si parlerà in sen so più stretto e compiuto in un al tro articolo di questa pubblicazio ne, ma in questa situazione non si può trascurare di ricordare l’enorme impatto che l’introduzione di tec nologie sempre più sofisticate ha prodotto nell’uso dei servizi ospe dalieri. Ogni anno, nelle varie di scipline della medicina, nuove tec nologie diagnostiche e terapeutiche vengono sperimentate ed introdot te nella pratica clinica, proponen dosi anche al pubblico dei consu matori attraverso giornali, conferen ze, tam-tam, trasmissioni radiote levisive, internet, ecc. Se tutto ciò è in parte da inten dersi come pressione positiva verso il miglioramento delle opportunità mediche, esiste anche –ed è prepon derante- un rischio di inutile con sumo di risorse senza che siano ge nerati vantaggi per la popolazione in termini di salute. I ragionamenti intorno al riorien tamento del sistema, alla valoriz zazione degli investimenti nelle at tività di prevenzione, alla modifi cazione degli stili di vita come vera chiave per migliorare la salute della comunità, rischiano di scadere a li vello di dichiarazioni ideologiche vuote nella loro incapacità, nel bre ve termine, di dimostrare al singolo i vantaggi che si producono. Ben altro impatto emotivo e di coinvol gimento personale producono le so fisticate applicazioni della chirur gia laparoscopica (percepita come quasi atraumatica) o della diagno stica per immagini digitalizzate! Non è peraltro da sottovalutare, né da perdere come opportunità, il poter ricorrere a tecniche sofistica te ancorchè costose, ad un patto: che se ne faccia ricorso solo a con dizioni che ne garantiscono l’uso ap propriato. La regolazione del sistema Se dunque l’ospedale –nel confron to con il territorio- rappresenta la sede dove la tecnologia più spinta Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 e i saperi più specialistici (e perciò più specifici) si esercitano, purtrop po tanto spesso in modo inappro priato con conseguente spreco e distrazione di risorse, come ricon durre in equilibrio l’insieme, crean do meccanismi di regolazione vir tuosi, vantaggiosi per il cittadino e per la comunità? Per ciò che concerne i professio nisti della salute la risposta appare ovvia, e si attesta sul rinforzo delle analisi che consentono di esprime re decisioni fondate sulla appropria tezza, corredandosi di valutazioni sui rapporti costo/benefici, appog giandosi sulla dimostrazione della medicina basata sulle prove di effi cacia, etc. Ma a fronte di pubblicazioni di linee guida e di prese di posizione di società scientifiche si assiste comunque a comportamenti nelle scelte cliniche che appaiono spes so disancorate da solidi assunti te orico-metodologici ed ispirate ad una variabilità di comportamenti di difficile giustificazione. Questo è un problema di governo clinico che se non è risolvibile per intero può almeno essere affronta to in modo sistematico. Trascuriamo per ora di occuparci del problema complessivo della tu tela della salute, in una accezione ampia, per concentrarci sul versan te di diagnosi e cura della malattia, ambito al quale l’ospedale dedica per intero i suoi sforzi e di cui i servizi di Assistenza primaria si oc cupano solo in parte. Il superamento dello squilibrio tra ospedale e territorio con i susse guenti svantaggi per la salute non 15 Dall’ospedale al territorio fiche patologie, genera non solo tensioni tra professionisti, ma scon certo nei cittadini/pazienti che ma turano spesso sfiducia nel Servizio Sanitario nel suo insieme. Buona prova di ciò è il prolifera re negli ospedali di centri per la cura di patologie ad alta diffusione so ciale, quali l’ipertensione e il dia bete, le malattie reumatiche, etc., che spesso tendono a “catturare” i pazienti assumendoli in cura peren ne anziché svolgere il ruolo consu lenziale su invio del curante. 16 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 può venire che da una visione che consenta una presa in carico dei pazienti dentro e fuori l’ospedale. Ciò che va garantito è il continu um assistenziale, assicurato dallo sviluppo delle interfacce tra profes sionisti diversi che nel fornire la loro opera si relazionano in modo effi cace avendo a mente il reale inte resse del paziente. Talvolta la sepa razione di visione del singolo pro fessionista o l’attenzione alla pro pria autotutela medico-legale tur bano la linearità dei rapporti o fan no assumere il rilievo più importante a questi aspetti. L’attuale sistema di separazione di interessi tra MMG (generalisti, tra l’altro liberi professionisti in con venzione con il Servizio Sanitario Nazionale) e medici specialisti ospe dalieri dipendenti, caratterizzato anche dal tentativo dei primi di sot trarsi alle prescrizioni dei secondi e dal tentativo di questi ultimi di far entrare nei cicli di diagnosi e trat tamento i pazienti affetti da speci Perché le persone amano l’ospedale Nessuno nega la necessità di ridi mensionare il sistema di offerta rap presentato dagli ospedali, come solo mezzo per spostare risorse riorien tandole in modo più produttivo ver so il territorio. Perché, dunque, ciò non avviene e si assiste piuttosto ad un raffor zamento e a una espansione degli ospedali? Lasciamo da parte le visioni che attribuiscono ai fornitori di tecno logie sanitarie costose la responsa bilità e la facoltà di influenzare il dilatarsi delle spese dedicate. È indiscutibile che la gente “ami” l’ospedale: una sorta di assicurazio ne che si vede e si tocca conferisce una patente di intangibilità alle strutture ospedaliere. Per molti riconoscere il diritto a livelli assistenziali predefiniti, esi gibili nell’ambito territoriale di vita, assume un carattere di incertezza e di aleatorietà perché è ritenuto di chiarazione di intenti, più che con creta possibilità di fruibilità per la popolazione. La credibilità delle strutture pubbliche –messa a dura prova tutti i giorni anche attraver so il martellante intervento dei me dia- è sostenuta nel campo sanita rio dalla presenza fisica di edifici , attrezzature, medici, tecnici ed in fermieri localizzati in un punto pre ciso: l’ospedale. L’ovvia considerazione che sposta re risorse da un comparto costoso e usato in gran parte in modo inap propriato (l’ospedale) verso forme di assistenza territoriale consente, anche nel breve-medio termine di allargare e migliorare l’assistenza, non fa facilmente presa. Solo la con creta esperienza diretta della pre Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 senza di modalità alternative –qua litativamente apprezzabili- alla por tata di ognuno può spostare l’asse dall’ospedale al territorio. L’impianto e lo sviluppo di alcu ne sperimentazioni sta dando i pri mi frutti. Gli accordi con i MMG, di recente stipulati, vanno a porre basi su cui costruire. Alcune iniziative come l’attivazione del Servizio per le cure palliative a livello distret tuale sono pregevoli esempi di come si possa vantaggiosamente assiste re pazienti –in questo caso per lo più terminali- ad un livello qualita tivamente migliore e ad un costo sicuramente inferiore rispetto al tra dizionale ricovero ospedaliero. 17 Tab. 1 OSPEDALE *I costi elevati VANTAGGI sono collegati non tanto, o non solo, alla parte medica, ma sono dovuti alla - Ambiente protetto necessità di - Rapidità di azione diagnostico mantenere un apparato di offerta terapeutica. ospedaliera ipertrofico (si pensi - uso immediato di tecnologia agli immobili e alla - integrazione professionale loro manutenzione, oltre che al - . . . . . . . . . . . . . personale!). TERRITORIO OSPEDALE SVANTAGGI - costi elevati * - sradicamento - disorientamento del paziente - infezioni ospedaliere - affidamento/delega - ............. DOMICILIO SVANTAGGI VANTAGGI - costi minori - familiari assistenza dei familiari - migliore interazione con l’ambiente - maggiore personalizzazione Dall’ospedale al territorio dell’assistenza 18 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 - - maggiore difficoltà ad ottenere esami strumentali e consulenze specialistiche - minore confronto professionale tra operatori sanitari - ............. necessità di accudimento da parte di familiari - senso di insicurezza da parte di pazienti e familiari - L’andamento epidemiologico –il prevalere delle patologie cronico degenerative- spinge a far ritenere sempre più auspicabili queste for me di assistenza a domicilio. L’ospe dale riservato alla diagnosi e cura delle forme acute (o al riaccendersi periodico di condizioni morbose ad andamento subcronico) non può che avvantaggiarsi di una “scrematura” che lo liberi dai ricoveri e dalle pre stazioni inutili o inappropriate. Allo scopo di offrire spunti di ri flessione si presenta la tabella (Tab. 1) che è volutamente aperta ed in completa. Essa è costruita nell’in tento di mettere in luce aspetti che ............. devono essere tenuti in conto se si vuole veramente far transitare, nei fatti , attenzioni e risorse dall’ospe dale al territorio. Fabrizio Fontana è Responsabile della Direzione Cura e riabilitazione dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trento. Assistenza territoriale e integrazione sociosanitaria Tiziano Vecchiato Il distretto del futuro: una nuova modalità organizzativa a supporto dei servizi socio-sanitari territoriali e domiciliari Le radici e le difficoltà Le premesse culturali del nostro si stema di welfare sono facilmente riconoscibili nel patto costituziona le basato sull’incontro tra diritti e doveri sociali, sull’impegno per con trastare le disuguaglianze, sulla pro mozione di pari opportunità per una più efficace tutela dei soggetti de boli. Quello delineato dalla costi tuzione è cioè un welfare universa listico e solidale, che ha trovato espressioni concrete nel sistema sanitario, in quello formativo e nel più generale sistema di protezione sociale. È stato l’avvio di un percorso che ha visto crescere nel territorio i ser vizi alle persone e alle famiglie. La riforma sanitaria (con la L. 833/78) e la scuola per tutti sono state l’apertura del cantiere dei diritti di cittadinanza, dove la salute è stata considerata un bene primario da tutelare e promuovere perché dirit to della persona e interesse rilevante della comunità. Non quindi soltan to bene individuale, privatizzabile, ma strategia sociale consapevole che molti risultati di salute non sono conseguibili solo grazie a buo Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ne strategie di protezione individua le, ma anche investendo sui deter minanti ambientali e sociali della salute, identificabili ad esempio ne gli stili di vita, nelle abitudini ali mentari, nella prevenzione primaria, nella sicurezza degli alimenti, nella salute animale. Lo sostiene anche il Rapporto mondiale sulla salute 2000 (WHO, 2000), a partire dal confronto tra risultati di salute dei diversi paesi, evidenziando come i paesi con wel fare universalistici, cioè con servizi sanitari articolati nel territorio per funzioni di prevenzione, cura e ria bilitazione, finanziati con la soli darietà fiscale, e articolati per li velli essenziali di assistenza, garan tiscano risultati migliori rispetto a sistemi di welfare di natura assicu rativa, e con un più vantaggioso rapporto costi/efficacia. Per questo la L. 833/78 ha investi to sul “collegamento ed il coordina 19 Territorio e integrazione socio-sanitaria 20 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 mento con le attività e con gli inter venti di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività.” Con largo anticipo essa delinea va il patto di solidarietà per la salu te proposto dal Piano sanitario na zionale 1998-2000 come strategia organica per realizzare il passaggio, da molti auspicato, dalla “sanità alla salute”. Non si può tuttavia comprendere la portata innovativa della riforma sanitaria se non si tiene conto di un elemento strategico che la ca ratterizza e cioè la differenziazione dei centri di responsabilità nel go verno delle risorse e delle risposte con riferimento all’assistenza terri toriale e a quella ospedaliera, fra loro integrate, ma nello stesso tem po valorizzate nelle loro autonomie. Questa scelta, peraltro necessaria, è stata spesso male interpretata, ali mentando atteggiamenti difensivi da parte degli ospedali e da parte dei loro gestori e, stranamente, an che da parte di molte amministra zioni locali. Sono atteggiamenti che persistono tuttora, pur essendoci oggi nuove condizioni per integra re in modo positivo le funzioni del l’assistenza territoriale con quelle dell’assistenza ospedaliera. Ad esempio sul piano tecnico non potrà esserci l’ospedale del futuro, ad alta tecnologia, ad alta capacità diagnostica e terapeutica, a degen za breve, ad elevata flessibilità e complessità gestionale, ad alto tas so di utilizzazione…, senza quello che per analogia potrebbe essere chiamato il distretto del futuro, cioè una nuova organizzazione dell’assi stenza territoriale, delle cure prima rie e domiciliari, capaci di garanti re elevata qualità tecnica, continui tà assistenziale, integrazione ope rativa, personalizzazione dei percor si assistenziali, tecnologie adegua te a supporto dell’offerta di servizi intermedi e domiciliari. Prima di affrontare queste que stioni è però opportuno capire per ché le ragioni dell’integrazione, che erano tra gli obiettivi primari della L. 833/78, hanno trovato tanti osta coli e difficoltà e solo negli anni recenti si stanno ricreando le con dizioni per affrontare i problemi in modo adeguato. Le ragioni che hanno portato al l’inizio degli anni ‘90 a modificare la L. 833/78 con l’approvazione dei decreti legislativi n. 502/92 e n. 517/93 sono sostanzialmente ricon ducibili alla mancata attuazione di altre riforme, strutturalmente neces sarie per la costruzione di un mo derno stato sociale (la riforma delle autonomie locali, la trasformazione regionalistica dello Stato, la rifor ma fiscale e della finanza locale, la riforma dei servizi sociali). A que sto va aggiunta l’incapacità di mol ti centri di responsabilità (politica, amministrativa, professionale) di realizzare i cambiamenti necessari. Ma il fattore dirompente è stato il difficile governo della spesa che è andata via via fuori controllo. Su queste premesse era difficile pen sare ad un effettivo sviluppo del l’assistenza territoriale, che è rima sta ai margini delle attenzioni isti tuzionali e gestionali. Questo ha significato essenzialmente l’assor bimento delle risorse da parte dei centri tradizionali di spesa, in pri mo luogo l’ospedale, senza che que sto comportasse un suo effettivo mi glioramento. Al contrario si sono ac centuate le rendite di posizione, le cronicità organizzative, l’incapaci tà di governare in modo appropria to i ricoveri e la loro durata, anche perché quasi mai le unità sanitarie locali sono riuscite a dimensionare l’offerta rispetto agli effettivi biso gni del territorio, con effetti di in duzione di domanda impropria e pro liferazione di risposte inaproppria te. A perdere sono stati gli enti lo cali, dichiarati incapaci di assolve re le loro responsabilità nel gover no delle unità sanitarie locali, a vin cere sono state le regioni chiamate Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 a rimettere ordine nel servizio sani tario nazionale, cioè a rendere so stenibili gli obiettivi di salute con le risorse disponibili, riportando la spesa sotto controllo. Col senno di poi è facile ricono scere che tra i fattori determinanti dei mancati risultati c’è stata la si stematica confusione tra titolarità politica e gestione. Il fatto di non riconoscere que sta differenza e quindi la difficoltà di distinguere i tavoli delle deci sioni politiche e tecniche senza con fonderli ha generato molte contrad dizioni, rendendo poco trasparente l’esercizio delle responsabilità. È inoltre mancato un forte investi mento nell’assistenza sanitaria pri maria. La prevenzione e la promo zione della salute sono rimaste nell’ombra. Il medico di medicina ge nerale non è entrato attivamente nei 21 Territorio e integrazione socio-sanitaria processi di trasformazione del siste ma di offerta. Il prevalere di logi che burocratiche ha ostacolato lo sviluppo della managerialità neces saria per promuovere i cambiamenti auspicati. 22 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Le strategie recenti per affronta re questi problemi sono riconosci bili nel Piano sanitario nazionale 1998-2000 con la proposta di pat to di solidarietà per la salute, nel federalismo fiscale, nel patto di sta bilità, nella recente riforma sanita ria, nel forte impulso al federalismo sanitario, nei nuovi approcci alla programmazione (Vecchiato T., 1999c) I contenuti della riforma (Dlgs n. 229/99) privilegiano una logica di trasformazione per gradi del servi zio sanitario nazionale, radicato sui principi della promozione della sa lute, della garanzia dei livelli es senziali e uniformi di assistenza, della valorizzazione del processo di aziendalizzazione, del potenziamen to del ruolo dei comuni nella pro grammazione sanitaria, del poten ziamento dei distretti, della promo zione dell’integrazione sociosanita ria, della valorizzazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Le scelte fatte in tema di assi stenza distrettuale danno un forte impulso alla programmazione loca le e chiedono di mettere in rappor to i bisogni della comunità con i risultati di salute da perseguire su scala distrettuale. Lo strumento di sintesi unitaria è il “programma delle attività terri toriali” (art. 3 quater comma 3) cioè il piano di salute della comunità locale, dove si delineano i bisogni, i risultati attesi, le condizioni per conseguirli, integrando diversi cen tri di responsabilità, interni al di stretto e nei rapporti tra ospedale e territorio. L’integrazione Nel decreto n. 229/99 vengono de finite le prestazioni sociosanitarie con riferimento alle aree che già il Psn 1998-2000 aveva caratterizza to sotto questa luce e cioè le aree materno-infantile, anziani, handi cap, patologie psichiatriche, dipen denza da droga alcool e farmaci, patologie derivate da HIV, patolo gie oncologiche (particolarmente per la fase terminale) inabilità o di sabilità derivanti da patologie cro nico-degenerative. Alla base c’è un approccio cultu rale che vede l’integrazione delle politiche per la salute in “uno stret to rapporto tra prevenzione, cura e riabilitazione”, che privilegia la con tinuità assistenziale tra ospedale e territorio, che valorizza i diversi centri di responsabilità, che quali fica i rapporti tra soggetti pubblici e privati, che promuove la solida rietà e valorizza gli investimenti di salute nelle comunità locali. Nel Psn 1998-2000 si definisco no tre livelli di integrazione socio sanitaria: quello istituzionale, ge stionale e professionale. “L’integrazione istituzionale si basa sulla necessità di promuovere collaborazioni fra istituzioni diverse (in particolare aziende sanitarie, amministrazioni comunali, ecc.) che si organizzano per conseguire comuni obiettivi di salute. Può avvalersi di un’ampia dotazione di strumenti giu ridici quali le convenzioni e gli ac cordi di programma. L’integrazione gestionale si collo ca a livello di struttura operativa: in modo unitario nel distretto e in modo specifico nei diversi servizi che lo compongono, individuando configu razioni organizzative e meccanismi di coordinamento atti a garantire l’ef ficace svolgimento delle attività, dei processi e delle prestazioni. Condizioni necessarie dell’integra zione professionale sono: la costitu zione di unità valutative integrate, la gestione unitaria della documen tazione, la valutazione dell’impatto economico delle decisioni, la defini zione delle responsabilità nel lavoro integrato, la continuità terapeutica tra ospedale e distretto, la collabo razione tra strutture residenziali e territoriali, la predisposizione di per corsi assistenziali appropriati per ti Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 pologie d’intervento, l’utilizzo di in dici di complessità delle prestazioni integrate”. A questo impianto culturale la riforma (il Dlgs n. 229/99) aggiun ge elementi ulteriori per affrontare i problemi dell’integrazione nel ter ritorio, articolando le tipologie di intervento, precisando le responsa bilità per finanziarla, definendo le condizioni per garantire i livelli es senziali di assistenza sociosanita ria. Per quanto riguarda il primo pun to si definiscono prestazioni socio sanitarie “tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assi stenziali integrati, bisogni di salu te della persona che richiedono uni tariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in gra do di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione”. Le prestazioni sociosanitarie comprendono (art. 3 septies, com ma 3) “le prestazioni sanitarie a ri levanza sociale, cioè le attività fi nalizzate alla promozione della sa lute, alla prevenzione, individuazio ne, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite e le prestazioni sociali a rilevanza sa nitaria, cioè tutte le attività del si stema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute”. Le difficoltà nascono quando non si sa come quantificare la prevalen za sanitaria o sociale e l’impegno economico a carico delle aziende 23 Territorio e integrazione socio-sanitaria 24 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 sanitarie e dei comuni. Nell’ambito del primo gruppo di prestazioni in tegrate (sanitarie a rilevanza socia le) sono comprese le “prestazioni ad elevata integrazione sanitaria”, caratterizzate da particolare rilevan za terapeutica e intensità della com ponente sanitaria, a totale carico del fondo sanitario e quindi assicu rate dalle azienda sanitarie locali. Con il Psn 1998-2000 erano stati ridefiniti i livelli di assistenza, ri comprendendo all’interno del livel lo di assistenza sanitaria distrettua le i precedenti livelli 2, 3 e 5 del Psn 1994-96, relativi all’assistenza sanitaria di base, all’assistenza spe cialistica, semiresidenziale territo riale e all’assistenza residenziale. Si è voluto in questo modo ga rantire al distretto una identità stra tegica all’interno dell’azienda sani taria locale per facilitare il coordi namento e l’integrazione di tutte le attività di assistenza sanitaria di carattere extraospedaliero. Più in specifico sono stati defi niti tre macro livelli essenziali di assistenza, afferenti alle attività del dipartimento di prevenzione del l’ospedale e del distretto. In sostan za dipartimento di prevenzione, ospedale e distretto dovrebbero ero gare (solo) prestazioni e interventi di prevenzione, cura e riabilitazio ne di provata efficacia. La loro se lezione non è facile ed è in corso un acceso dibattito tra stato, re gioni e provincie autonome su que sto tema, con riferimento ai criteri di esclusione e quelli di inclusione nei livelli. In forza dei primi si pro cede eliminando le prestazioni di cui sia provata la dannosità e la non efficacia. L’obiettivo dei secondi è più ambizioso: individuare elenchi positivi per selezionare le presta zioni di provata efficacia, e tra que ste privilegiare quelle che, a parità di risultati, rispondono al principio Tab. 1 Ripartizione del fondo sanitario nazionale 2000 per livelli di assistenza (Fonte: Ministero della Salute) Livello assistenza Pro capite Val. ass. (mld) % Dip. Prevenzione 99.458 5.730 5,0 Ospedale 915.007 52.716 46,0 Distretto 974.683 56.154 49,0 1.989.148 114.600 100,0 Totale dell’efficienza produttiva, riescono cioè a garantire un uso migliore delle risorse. La condizione per perseguire que sto obiettivo è insita nel sistema di finanziamento, ora basato sulla quo ta capitaria, pensata come valore medio nazionale per assicurare la copertura del fabbisogno finanzia rio dei livelli, e nel meccanismo oggi utilizzato per il riparto del fondo sanitario nazionale, concordato tra stato, regioni e provincie autono me, che correla il finanziamento per quota capitaria ai livelli essenziali di assistenza (Tab. 1). L’allocazione delle risorse dovreb be cioè attenersi a questi macroparametri, che tra l’altro prevedono un potenziamento dell’assistenza territoriale, grazie ad un incremen to dei ricoveri diurni in alternativa alla degenza ordinaria, la qualifica zione degli interventi di lungoassi stenza domiciliare in alternativa ad analoghe prestazioni residenziali, la qualificazione delle cure domicilia ri e dell’assistenza domiciliare in tegrata, spostando dall’ospedale al territorio i processi assistenziali ero gabili in modo più appropriato nel distretto. Per l’anno 2001 il finanziamento dei livelli è stato definito in £ 130.843 miliardi, con variazioni preProvincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 viste per gli anni 2002, 2003 e 2004, rispettivamente nella misura del 3,5%, del 3,45% e del 2,9% (con una quota capitaria media per il 2001 di £ 2.216.370). Entrando più in specifico nel rap porto tra livelli di assistenza e in tegrazione sociosanitaria il Dlgs n. 229/99 prevede che le regioni de terminino (sulla base dei criteri po sti dall’atto di indirizzo e coordina mento sull’integrazione sociosani taria) il finanziamento per le pre stazioni sanitarie a rilevanza socia le, sulla base di quote capitarie cor relate ai livelli essenziali di assi stenza, in sostanza decidendo la quota percentuale di finanziamen to dell’assistenza distrettuale da ri servare all’integrazione. L’atto di indirizzo sull’integrazio ne sociosanitaria da poco pubbli cato (G.U. 6.6.2001, n. 129) affron ta poi quattro questioni: - gli interventi da ricondurre alle tipologie “prestazioni sanitarie a rilevanza sociale” e “prestazio ni sociali a rilevanza sanitaria”; - i criteri di finanziamento delle une e delle altre, specificando le quote a carico delle unità sani tarie locali e dei comuni; - le prestazioni a elevata integra zione sanitaria; - i criteri e le condizioni per defi nire i livelli uniformi di assisten 25 Territorio e integrazione socio-sanitaria za per le prestazioni sociali a ri lievo sanitario, esplicitando come i comuni possono garanti re un corrispondente finanzia mento dei livelli di assistenza so ciosanitaria per la parte di pro pria competenza. 26 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Nell’affrontare questi temi l’atto di indirizzo non si limita a questo, ma definisce anche una metodolo gia per caratterizzare gli interventi integrati basata su tre criteri: la natura del bisogno, la complessità e l’intensità dell’intervento assisten ziale, la sua durata. Per caratterizzare la natura del bi sogno si utilizzano i parametri de finiti dall’ ICIDH-2: International Classification of Functioning and Disability1 . Per quanto riguarda l’intensità as sistenziale si fa riferimento alle fasi intesiva, estensiva e di lungoassi stenza, mentre per quanto riguarda la complessità dell’intervento i ri ferimenti vanno alla composizione dei fattori produttivi utilizzati (pro fessionali e/o di altra natura) da ri comporre nel progetto personaliz zato. Il momento di sintesi è rappre sentato proprio dal progetto perso nalizzato che, partendo dall’analisi del bisogno si concretizza nella de finizione dei centri di responsabili tà necessari per il conseguimento dei risultati attesi e quindi anche dei costi da sostenere per raggiun gerli. La legge quadro sugli interventi e servizi sociali non fa che assume re questa impostazione e potenziar la, invitando i comuni, le regioni e le provincie autonome a definire i livelli essenziali di assistenza so ciale e sociosanitaria negli ambiti territoriali di gestione dei servizi (art. 8) e a caratterizzarne le mo dalità di finanziamento sulla base di criteri di equità e di giustizia sociale (Vecchiato T., 2001) Il distretto sociosanitario Il dlgs n. 220/99 caratterizza il di stretto con riferimento a funzioni strategiche e a funzioni operative, entrambe finalizzate alla promozio ne della salute nella comunità lo cale (Vecchiato T., 2000a, 2000b). Le funzioni strategiche del distretto. Il distretto esprime le proprie fun zioni strategiche quando finalizza le risorse proprie e di altri settori al conseguimento dei risultati di sa lute definiti dalla programmazione locale (il programma delle attività territoriali, previsto dall’art. 3 qua ter del Dlgs n. 229/99 e il piano di zona, previsto dall’art. 19 della L. n. 328/00). Esprime funzioni stra tegiche quando promuove coordina mento e integrazione delle attività extraospedaliere di assistenza sani taria di base e specialistica, eroga te con modalità residenziali, inter medie, ambulatoriali e domiciliari. Lo stesso accade quando, più in generale, garantisce l’erogazione di tutte le attività di assistenza previ ste dall’art. 3 quinquies e cioè: a) assistenza specialistica ambula toriale; b) attività o servizi per la preven zione e la cura delle tossicodi pendenze; c) attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell’infan zia, della donna e della famiglia; d) attività o servizi rivolti a disa bili ed anziani; e) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata; f) attività o servizi per le patolo gie da HIV e per le patologie in fase terminale. Il distretto soddisfa inoltre le pro prie funzioni strategiche quando promuove l’integrazione sociosani taria con particolare riferimento alle attività ad elevata integrazione sa nitaria2 e alle attività sanitarie a rilevanza sociale, di cui all’art. 3 septies, e cioè le attività finalizza te alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimo zione e contenimento di esiti dege nerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite. Appartengono alle funzioni stra tegiche anche la riduzione delle di suguaglianze nell’accesso, la valu tazione dei bisogni della comunità, Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 la personalizzazione delle risposte, la continuità assistenziale, la crea zione di alternative positive ai ri coveri, la qualificazione delle cure intermedie e domiciliari, l’integra zione nel distretto dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Per fare questo il direttore di di stretto è chiamato ad operare in stretto rapporto con altri centri di responsabilità: interni all’azienda e quindi l’ospedale, il dipartimento di prevenzione, eventuali altri dipar timenti a carattere funzionale, ed esterni all’azienda, in primo luogo gli enti locali, gli altri enti pubblici presenti nel territorio, il volonta riato, nonché i soggetti privati (non profit e profit) che sono parte atti va del sistema di offerta e hanno responsabilità dirette o indirette sui determinanti di salute nel territo rio. La gestione qualitativa dell’offerta distrettuale. I principali fattori di qualità del l’assistenza distrettuale sono rappre sentati anzitutto dalla garanzia di accessibilità alle prestazioni e ai servizi, dalla capacità di accogliere e di orientare la domanda, dalla va lutazione integrata del bisogno as sistenziale, dalla predisposizione di progetti personalizzati di assisten za, dalla continuità assistenziale, dall’integrazione operativa, dalla valutazione evolutiva degli esiti. Per quanto riguarda il tema del l’accessibilità, il principale parame tro, per capire se e in che misura essa viene garantita alla popolazio ne, è l’esistenza o meno di ostacoli 27 Territorio e integrazione socio-sanitaria 28 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 e di disuguaglianze nell’accesso ai servizi, che penalizzano soprattut to i soggetti deboli, in particolare le persone non autosufficienti, le persone con svantaggi e disabilità e che, proprio per questo, fanno fa tica a riconoscere i percorsi di ac cesso, le scelte possibili e che so prattutto non sono in grado di espri mere una efficace contrattualità per ottenere soluzioni appropriate ai loro bisogni (Vecchiato T., 1999a, 1999b). Per questo il problema dell’acces so è considerato, anche in altri pa esi europei, una delle principali sfide dei sistemi di welfare che intenda no essere universalisti nell’offerta e, nello stesso tempo, selettivi cioè capaci di dare priorità a chi ha più bisogno. Spesso il giudizio negativo dei cittadini sui servizi sanitari si basa su alcuni fattori di difficoltà di ac cesso (emblematiche sono le liste di attesa), e molto meno sul rap porto tra accoglienza della doman da ed effettiva qualità ed efficacia delle risposte ricevute. La capacità di accoglienza e di riconoscimento dei problemi è in fatti un fattore su cui si misura la capacità del distretto di garantire una porta di ingresso unitaria alla domanda delle persone e delle fa miglie. Questo non significa soltan to buoni punti informativi o centri unificati di prenotazione, significa soprattutto capacità tecnica di en trare nel merito delle domande, di riconoscere i problemi e di garanti re un incontro efficace tra bisogni e risposte. Sul piano organizzativo non man cano le soluzioni. Possono essere individuate nella qualità professio nale di chi accoglie la domanda, nell’allargamento dei tempi di ac cesso (da cinque a sette giorni alla settimana, soprattutto per servizi quale l’assistenza domiciliare inte grata), nella continuità operativa durante la giornata, che tenga con to dei tempi di lavoro delle persone e quindi con un arco orario più am pio degli usuali orari di ufficio, nell’utilizzo delle soluzioni telemati che utili ad andare “verso” le per sone e le famiglie e non viceversa. Integrazione e continuità assistenziale. Molte domande rivolte ai servizi di strettuali sono di natura comples sa, non possono cioè essere affron tate adeguatamente da parte di sin goli professionisti o di singoli ser vizi. Richiedono valutazioni multi dimensionali e multiprofessionali, ri chiedono capacità di fare sintesi sulla definizione del problema (con valutazioni integrate), richiedono capacità di elaborare progetti per sonalizzati, richiedono capacità di individuare i diversi centri di respon sabilità e di esercitarli in modo ef ficace. Servono pertanto soluzioni organizzative idonee a facilitare l’analisi della domanda, la predispo sizione dei programmi di assisten za, la loro attuazione e valutazio ne. Per questo negli ultimi anni ha avuto un forte impulso l’azione di unità multiprofessionali capaci di dimensionare la propria azione ri spetto alla natura dei bisogni da af frontare. Queste unità comprendo no il medico di medicina generale, l’infermiere professionale, l’assisten te sociale e altri specialisti chia mati a dare il loro apporto per la soluzione dei problemi. Talora l’offerta distrettuale si ca ratterizza invece per percorsi paral leli, che comunicano fra loro in Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 modo burocratico, con professioni sti che operano come se non fosse ro parte della stessa organizzazio ne di servizio, che fanno della spe cializzazione uno scudo protettivo per evitare le collaborazioni neces sarie per la presa in carico efficace dei bisogni. Queste patologie organizzative sono facilmente riconoscibili nelle carenze di continuità assistenziale che caratterizzano soprattutto i rap porti tra ospedale e distretto, in particolare nei casi di dimissioni non concordate e programmate che spesso espongono a gravi carichi as sistenziali le famiglie e a rischio di ricoveri ripetuti le persone interes sate a queste forme di abbandono. Per superare queste contraddizio ni è necessario contrastare la buro cratizzazione dei rapporti e dare il giusto valore a tutte le professioni implicate nel lavoro territoriale. È necessario inoltre promuovere il la voro sanitario e sociosanitario per progetti personalizzati di assisten za, dove il valore della persona, ol tre che nelle opzioni etiche, trova riscontro anche nelle soluzioni tec niche e metodologiche utilizzate, trova riscontro nella condivisione delle decisioni con i destinatari del servizio, a partire da “contratti in formati”, che vedano operatori e utenti cointeressati e corresponsa bili nel raggiungimento dei risulta ti attesi. Il dibattito su questi temi è aper to da tempo, anche se non sempre sono stati raggiungi i traguardi spe rati. Oggi però è più facile rispetto al passato trovare esempi positivi, in diverse regioni, di come si può 29 Territorio e integrazione socio-sanitaria 30 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 realizzare tutto questo, di come cioè il distretto e l’integrazione socio sanitaria possono garantire risulta ti di efficacia e di efficienza talora inaspettati. In parte questo si accompagna alla trasformazione dell’epidemiolo gia e della domanda prevalente, cioè nello spostamento del baricentro dall’acuzie alla cronicità e alla lun goassistenza. È anche frutto del l’aziendalizzazione, quando ha sa puto produrre una più matura capa cità di gestione strategica delle ri sorse, riequilibrando l’offerta ospe daliera e quella distrettuale, con benefici a vantaggio di entrambi i centri di responsabilità, e, soprat tutto, con migliori risultati di salu te per la comunità locale a cui i servizi sono rivolti. NOTE RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Vecchiato T. (1999a), L’integra zione sociosanitaria nei servizi per l’età adulta e la marginali tà, in Geddes M., Berlinguer G., La salute in Italia. Rapporto 1999, Ediesse, Roma. [2] Vecchiato T. 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(2000a), Il distret to e l’integrazione sociosanita ria, Sanità pubblica, n. 5/2000. 2 Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da partico lare rilevanza terapeutica e in tensità della componente sani taria e attengono prevalente mente alle aree materno-infan tile, anziani, handicap, pato logie psichiatriche e dipenden ze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conse guenti a patologie cronicodegenerative. [5] Vecchiato T. (2000b), L’integra zione sociosanitaria nel distret to dopo il Psn 1998-2000 e il Dlgs n. 229/99, Studi Zancan 6/2000. [6] World Health Organization, The World Health Report 2000, Ge neva. Tiziano Vecchiato è Direttore della Fondazione “E. Zancan” di Padova. L’integrazione tra sanità e attività socio-assistenziali: il punto di vista della sanità Monica Pisetta L’integrazione e il coordinamento degli interventi di assistenza sanitaria e socio-assistenziale per rispondere efficacemente ai bisogni di salute della popolazione La persona come “luogo” di ricomposizione degli interventi Il concetto di unità e centralità della persona si è recentemente imposto, almeno a livello teorico, all’interno dei sistemi sanitari; esso, oltre ad essere un’imprescindibile esigenza etica (e in quanto tale frutto di evo luzioni di pensiero avvenute in molti campi, che hanno coinvolto anche il sistema della salute), diviene an che un punto di riferimento valido ed indiscutibile su cui far conver gere le risposte del sistema sanita rio e per assicurare risultati in ter mini di efficacia e di efficienza de gli interventi. Avere un punto di riferimento univoco, quale la persona umana nella sua identità individuale, risul ta infatti, anche da una prospettiva concreta, l’unico possibile approc cio a fronte della complessità e della diversificazione dei bisogni che con vergono nel sistema sanitario, a loro volta resi tali sia dall’affermarsi della nuova concezione olistica della sa lute, sia dal mutato quadro epide Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 miologico, così come dall’estensio ne della domanda e dalla conseguen te specializzazione tecnico-profes sionale della risposta sanitaria. Se quindi la domanda concerne l’espressione di un bisogno di salu te unitario e complessivo della per sona, mentre la risposta si manife sta parcellizzata, da diverse parti con contenuti, organizzazioni e mo dalità autoreferenziali, risulta evi dente che dal lato dell’offerta deve avvenire il mutamento e l’adatta mento teso a coniugare e a com porre le esigenze oggettive di spe cializzazione e specificità delle pre stazioni con le esigenze di coeren za, completezza e convergenza de gli interventi sulla persona-utente. Il “sociale” come riferimento privilegiato per rispondere ai bisogni di salute È dunque qui che nasce il concetto e la necessità dell’integrazione; in senso lato, come specificato altro 31 L’integrazione: il punto di vista sanitario 32 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ve (v. PuntOmega Nuova Serie n. 5/ 6, “La promozione della salute”, agosto 2001) si potrebbe meglio parlare di intersettorialità, in quanto ciascun settore della politica (am biente, trasporti, casa, cultura ecc.) concorre a definire e a determinare lo stato di salute del singolo e del la collettività. Si ritiene comunque prioritario focalizzare l’attenzione ed occuparsi specificatamente dell’integrazione con il settore socio-assistenziale perché esso rappresenta quello più direttamente collegato al concetto di salute, essendo coinvolto nella cura delle patologie più diffuse e in aumento nei contesti sociali avan zati, che si inseriscono nel quadro tendenziale caratteristico della cro nicità e del disagio. Inoltre, i servi zi socio-assistenziali costituiscono l’anello di congiunzione, da una parte, con le risorse del volontaria to presenti sul territorio (che han no progressivamente assunto un ruo lo sempre più importante, a suppor to e a completamento del servizio pubblico) e, dall’altra -ove la situa zione patologica lo richiede-, con l’intera gamma degli attori coinvol ti nell’ambito dei più generali “ser vizi sociali” rivolti alla persona (casa, scuola, lavoro ecc.). Ponendosi sempre nella prospet tiva della sanità, c’è da notare che l’integrazione dovrebbe essere già un concetto almeno teoricamente acquisito e intrinseco alla pratica sanitaria, perché, nella quasi tota lità dei casi, la trattazione e la ri sposta a un problema di salute non si esaurisce nell’ambito di un per corso univoco, ma coinvolge, se non l’ambito socio-assistenziale, alme no più di un livello di assistenza o diverse professionalità interne; que sto dovrebbe comportare una con sultazione e una progettazione co mune tra gli ambiti coinvolti, non ché un interscambio informativo di andata e di ritorno tra i vari livelli interessati. Ma, pur esistendo già da tempo questa consapevolezza, così come i tentativi di intervento per favorire questa integrazione, i risultati concreti sono spesso ab bastanza deludenti, per una serie di motivi. È comunque interessante analizzare questi aspetti problema tici dell’integrazione interna al si stema sanitario, perché tali difficol tà si ritrovano anche quando allar ghiamo l’orizzonte dell’integrazione a settori esterni alla sanità, con ul teriori complicazioni dovute al fat to che l’interazione avviene tra si stemi, con storia, tradizioni, mo dalità comportamentali, organizza tive e operative sostanzialmente diverse. Le difficoltà strutturali per l’integrazione Innanzitutto, a livello generale, l’approccio alla persona presuppo ne condizioni per molti versi non del tutto compatibili con l’attuale strutturazione e l’organizzazione del servizio pubblico; in particolare, in relazione alle dimensioni della vita quotidiana (le esigenze di un sog getto esprimono una realtà differen te rispetto ai criteri normativi di una pubblica amministrazione), della continuità (le esigenze soggettive non sono sempre sintonizzabili agli orari di un ufficio pubblico) e della globalità (le esigenze soggettive non esprimono solo richieste con tingenti, ma rientrano in un proget to personale che attende una mol teplicità di apporti da sviluppare nel tempo). Tenuto sullo sfondo questo tipo di problema c’è comunque da chie dersi quali altre ragioni ostano allo sviluppo dell’integrazione e alla sua realizzazione sul piano tecnico, con siderando che ormai da tempo que sto è un concetto analizzato, con solidato e condiviso, invocato da entrambe le parti in causa (per mo tivi diversi, da parte della sanità per disporre di un necessario supporto, dall’assistenza sociale per avere la legittimazione di un ruolo) e che dispone di un consenso politico generalizzato. Esistono di fatto tre ordini di Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ostacoli intrinseci, presenti anche nel nostro contesto: 1. L’appartenenza dei due comparti (sanitario e socio-assistenziale) a ambiti istituzionali diversi e le conseguenti difficoltà di de finizione dei riferimenti gerarchi ci, di responsabilità e di coordi namento, così come di imputa zione della spesa degli interven ti; 2. La diversità di impianto struttu rale dei bilanci dei due settori, quello sanitario fondato sui li velli di assistenza e sulla meto dologia di gestione per centri di costo, quello socio-assistenzia le ancora tradizionalmente rife rito al costo dei fattori produt tivi e basato sulla logica entra te-uscite; 3. La differenza di approccio ai pro blemi da parte dei due compar ti: il sistema sanitario risponde di norma con modelli standardiz zati, mentre l’erogazione dei ser vizi sociali avviene secondo mo dalità più flessibili. Le difficoltà derivanti dal concetto stesso di integrazione Vi sono peraltro ulteriori elementi di complessità: I contesti dell’integrazione Innanzitutto, l’integrazione tra sa nità e assistenza può avvenire in più contesti di riferimento: essa infatti può coinvolgere sia un aspet to più generale di carattere siste mico (quello finora descritto a li vello teorico), sia le funzioni e le attività di un determinato livello di assistenza (es. l’assistenza domici 33 L’integrazione: il punto di vista sanitario 34 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 liare integrata), sia quelle che ri guardano una determinata area (es. anziani, salute mentale, malattie croniche, ecc.) e, all’interno di cia scuna di esse, parte o tutti i mo menti assistenziali che costituisco no la risposta per il singolo proble ma dell’area. Pertanto, la sua attua zione implica il contatto e il coor dinamento tra sistemi o sottosiste mi organizzativi diversi, un diverso grado di complessità dipendente sia dalla problematica generale sia dal singolo caso considerato e conse guentemente modalità di soluzione anche altamente differenziate, tali da rendere praticamente impropo nibili modalità di coordinamento e di integrazione standardizzate e valide per tutte le situazioni. Le modalità dell’integrazione A sottolineare la complessità della situazione, si deve inoltre tener pre sente un altro aspetto, che riguar da le modalità di realizzazione del l’integrazione, che può avvenire at traverso strumenti e fasi di caratte re formale (di diversa natura e gra do di formalismo), oppure principal mente informale (con diverso carat tere e intensità), in un continuum di sfumature in cui i confini tra questi due aspetti sono difficilmente definiti o assoluti (esiste l’aspetto informale anche nelle decisioni for mali e viceversa). I livelli dell’integrazione Sempre analizzando e sviscerando la questione dal punto di vista teori co, notiamo che esistono vari livel li di integrazione: si parte da quel la istituzionale-normativa che defi nisce il quadro generale e le moda lità di legge per attuare l’integra zione, per poi passare per quella funzionale e programmatoria, tra le rispettive funzioni dirigenziali tec niche, fino a giungere a quella pret tamente organizzativa-operativa, dove avviene concretamente l’inte grazione. Ognuno di questi livelli può essere a sua volta strutturato in varie fasi e comportare modalità e scelte differenziate. Quello che si intende sottolinea re in questa sede è che più che si scende in basso nella scala deline ata, verso l’operatività concreta, più aumenta il grado e l’importanza del l’aspetto informale nel determinare l’integrazione. Questo aspetto è dif ficilmente incanalabile e controlla bile, perché comprende come prin cipale elemento il cosiddetto “fat tore umano”, riassumibile in que sto caso nella propensione e nella volontà del singolo operatore di of frire un servizio integrato all’uten te. A questo livello infatti, se l’in tegrazione funziona, l’utente non dovrebbe nemmeno percepire il la voro connesso a questo aspetto, ma vedere solo il risultato in termini di risposta completa e unitaria al suo bisogno. È questo dunque il punto più pro blematico dell’integrazione, so prattutto dal punto di vista della sanità come mondo storicamente autoreferenziale. Una buona norma tiva per l’integrazione, un buon li vello di coordinamento tra i vertici tecnici costituiscono una condizio ne necessaria, ma non sufficiente per assicurare un’operatività inte grata e una conseguente gestione complessiva e unitaria dei casi e dei problemi; essa può quindi essere ri cercata solo analizzando le modali tà di lavoro e il percorso effettuato dai casi assistenziali. Dall’analisi dei problemi alle proposte: per una politica attiva dell’integrazione Dopo aver elencato le principali dif ficoltà per raggiungere l’integrazio ne, s’impone un salto di qualità del discorso, passando dal ragionamen to astratto a una proposta di poli tica dell’integrazione, che identifi chi e tenga conto, oltre che dei vin coli e degli ostacoli, delle risorse e delle possibilità. A questo proposito, la logica im pone di partire da appropriate solu zioni a livello istituzionale per po ter poi arrivare al raccordo operati vo: è infatti l’esistenza di presup posti formalizzati che sancisce pre Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 liminarmente l’orientamento e la competenza del servizio nel senso di fornire una risposta integrata. Inoltre, più complesso e grave è il problema sanitario da affrontare, maggiore è l’esigenza che il siste ma sia predisposto ad agire in modo coordinato ed integrato. Da parte della sanità trentina, la prima, vera ricerca di una politica dell’integrazione che andasse al di là delle mere enunciazioni o propo siti teorico-astratti, è stata compiu ta al momento dell’elaborazione del disegno di legge di Piano sanitario provinciale 2000-2002, proprio per ché l’impostazione e i contenuti del nuovo documento di programmazio ne non potevano prescindere -vista la loro natura innovativa e diretta mente discendente dal principio della centralità della persona -dalla definizione di questo fondamentale aspetto. 35 L’integrazione: il punto di vista sanitario 36 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Considerando le premesse fatte, sono stati a questo proposito di stinti e analizzati i diversi livelli ed aspetti dell’integrazione per defini re i possibili strumenti per la sua realizzazione, individuando in tal senso i più adatti e rispondenti alla peculiare situazione istituzionale ed organizzativa locale, ferma restan do l’applicazione di quanto stabili to a livello nazionale e che riguarda in particolare la specificazione pun tuale delle materia dell’integrazio ne attraverso l’identificazione delle attività e prestazioni sanitarie a contenuto misto e del grado di que sta “contaminazione” con il sociale (cfr. a tal proposito, il Piano sani tario nazionale 1998-2000, le spe cificazioni contenute nel D. Lgs. 229/99, la c.d. “Riforma Bindi” ed il previsto, successivo atto di indi rizzo e di coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie D.P.C.M. 14.02.01-, che giunge a precisare -anche se non nel detta glio- le aree di integrazione, le fun zioni/prestazioni, le leggi di riferi mento e le rispettive percentuali di distribuzione della spesa tra sanità e assistenza). Si sottolinea come l’approvazio ne dei citati provvedimenti ha co stituito un’azione determinante per l’affermazione dell’integrazione so cio-sanitaria, in quanto tali atti sanciscono l’esplicita e attiva presa in carico della questione, spingen dosi al di là delle enunciazioni teo riche e di principio, che hanno ca ratterizzato il dibattito su questo tema fino a poco tempo prima. Ma, come l’esperienza sempre in segna, le disposizioni normative, soprattutto quelle fortemente inno vative, hanno bisogno del concorso di azioni di mutamento e di rinno vamento sui vari versanti del pro blema: solo queste azioni concor date possono riuscire ad incanalare nella direzione prefissata i compor tamenti concreti degli attori in gio co. È quello che si è tentato ap punto di fare a livello provinciale attraverso il Piano sanitario. Come raggiungere l’integrazione socio-sanitaria: la proposta contenuta nel disegno di legge di Piano sanitario provinciale 2000-2002 Nel progetto di Piano, si è stabilito di esaminare i vari livelli dell’inte grazione, seguendo una sequenza logico-temporale che parte dai mo menti istituzionali e scende verso quelli più strettamente operativi. Aspetto normativo, istituzionale e programmatorio Esistono attualmente specifici stru menti amministrativi di intese tra Enti previsti dalla normativa vigen te e in particolare dalla Legge n.142/90 “Ordinamento delle auto nomie locali”, attualmente in fase di revisione, e dallo stesso D. lgs. n.502/92 di riforma sanitaria. La più interessante e fattibile di tali inte se formali per creare i presupposti per l’integrazione riguarda gli Ac cordi di programma (v.art.27 della L.142), in cui l’organo o gli organi politici di governo interessati pos sono assicurare, sulla base del prin cipio di unitarietà della persona e degli obiettivi di salute stabiliti, il coordinamento delle azioni dei set tori interessati, in conseguenza del la competenza primaria o prevalen te. Questo presuppone la definizio ne preliminare della natura e delle tipologie delle prestazioni socio-sa nitarie, che può essere conseguita attraverso l’attuazione della succi tata normativa nazionale. Conside rata la specificità del contesto lo cale, caratterizzato dalla dipenden za dei due settori, sanitario e so cio-assistenziale, da un unico rife rimento politico-amministrativo, ma da due normative separate, è pen sabile che l’accordo istituzionale possa risolversi in una dichiarazio ne d’intenti nei rispettivi documenti programmatori e da una successiva direttiva comune in cui si delinea no i casi, il peso delle due compo nenti e le modalità d’integrazione nelle diverse aree d’intervento, te nendo conto di quanto previsto in merito dalla normativa nazionale. Aspetti economico-finanziari Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Nella sopracitata direttiva, che fun gerebbe nel nostro contesto come atipico Accordo di programma, si stabiliscono le quote di cofinanzia mento degli interventi da attribuire rispettivamente ai due settori, in misura proporzionale all’intensità della presenza di ciascuna compo nente nell’ambito di ogni tipologia di intervento; deve essere pertanto costruito un “tariffario” preceden temente concordato, sulla base di modalità che superino la diversità strutturale dei due bilanci di setto re, sopra evidenziata. A prescindere dal fatto che la definizione del ta riffario è una delle previsioni prin cipali della normativa nazionale e degli atti ad essa riferiti, si sottoli nea che la Provincia Autonoma di Trento e l’Azienda provinciale per i servizi sanitari stanno partecipan do, come realtà pilota, al Program ma di sperimentazione e ricerca sul tema “Tipologie di prestazioni e servizi socio-sanitari e valutazione dei relativi costi” coordinato dalla Fondazione Zancan e finanziato dal Ministero della Salute ex art.12 D.lgs.502. Tale ricerca ha l’obietti vo di concretizzare e validare sul campo i contenuti dell’atto di indi rizzo e coordinamento di cui sopra, affrontando così anche i problemi relativi alla diversità di approccio dei due settori su questo aspetto. Aspetto della programmazione operativa Sulla base degli accordi istituzio nali e sugli aspetti di finanziamen to dell’attività, l’integrazione socio sanitaria avviene tramite una pro gettazione comune o attraverso pro 37 L’integrazione: il punto di vista sanitario 38 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 grammi coordinati tra Enti (nel caso provinciale, Azienda provinciale per i servizi sanitari e Enti gestori) in termini di obiettivi da raggiungere, che costituiscono una versione più dettagliata delle previsioni conte nute nella direttiva di indirizzo co mune emanata dalla Giunta provin ciale. Lo strumento più adatto per que sto scopo, in considerazione della specificità dell’assetto locale, è il Programma annuale delle attività territoriali, previsto dall’art.3, qua ter, del D. Lgs. n.229/99 ed elabo rato dai distretti sanitari in colla borazione con gli Enti gestori. Esso dovrà contenere: - l’individuazione analitica (v. diret tiva provinciale) degli obiettivi comuni da raggiungere; - la predisposizione di progetti per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, con l’individuazione delle competenze di ciascun Ente; - l’individuazione delle risorse (umane, economiche, ecc.) che ciascun Ente rende disponibile per il raggiungimento dell’obiettivo, comprese le risorse informali e del volontariato sociale; - la definizione di protocolli ope rativi che consentano di verifica re la sinergia delle azioni prodot te dai due enti. A livello di direzione aziendale, sarà possibile curare il raccordo e l’omogeneizzazione dei vari piani di strettuali, mentre successivamente il Programma annuale delle attività territoriali dovrà essere valutato dall’organo politico, in merito alla congruenza del suo contenuto con gli obiettivi di salute e con gli in dirizzi di integrazione previsti dai Piani dei due settori e dalla conse guente direttiva comune. Aspetto dell’operatività concreta L’integrazione socio-sanitaria “vera e propria” è attribuita alla fase più strettamente operativa e va letta come erogazione contestuale sullo stesso soggetto di prestazioni che si compenetrano per rispondere in termini complessivi ai bisogni espressi dal soggetto. Anche tenu to conto di quanto espresso al pun to precedente, si individua nel di stretto l’ambito ottimale per la ge stione dei servizi integrati, in quan to esso anche tradizionalmente pre senta un modello organizzativo di aggregazione e di coordinamento delle risorse socio-sanitarie e come tale viene riconfermato dal Decreto Bindi. È quindi in questo contesto che può esistere una predisposizio ne “naturale” allo sviluppo del co siddetto “lavoro di rete”, che chia ma in causa le risorse non struttu rali ed informali. Infatti, vista la dinamicità e la flessibilità intrinse ca ad ogni processo di integrazione (alcuni autori parlano di “direzio nalità aperta”), si pone come ne cessario il supporto coordinato di queste istanze. A questo livello l’in tegrazione deve avvenire sulla base di linee guida o percorsi assisten ziali concordati che, a seconda del la problematica da affrontare, po tranno essere concordati a livello aziendale o distrettuale, oppure nell’ambito dei Dipartimenti funziona li riguardanti le aree che necessita no di interventi integrati (minori, Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 anziani, salute mentale, dipenden ze, handicap, ecc.). Il modello di partimentale, infatti, può essere inteso proprio come “luogo” privi legiato di raccordo tra la rappresen tanza delle professionalità coinvol te nella gestione integrata e di ela borazione di modalità di intervento concordate e omogenee. Il controllo dell’aspetto informale dell’integrazione: un contributo della teoria dell’organizzazione Questo l’aspetto formale; ma come già detto in precedenza, a livello operativo acquista una grande rile vanza anche l’aspetto informale, quello meno controllabile e visibile all’esterno. L’efficacia dell’integra zione si gioca quindi sull’effettiva realizzazione di un’operatività inte grata che si sviluppi secondo pro getti assistenziali alla persona. È evidente che per facilitare e favori re questa operatività integrata, de vono essere sviluppati, per quanto possibile, meccanismi di influenza sul fattore umano, per quanto riguar da le motivazioni e il comportamen to degli operatori. Per affrontare questo aspetto, cruciale per il realizzarsi di una ef fettiva ed efficace integrazione, l’analisi organizzativa più recente propone l’ipotesi della reinterpreta zione del mandato professionale alla luce dei problemi che si presenta no, superando in questo modo il divario e l’inadeguatezza derivante dalla rigidità del compito istituzio nale (tipico della sanità più che del l’assistenza) e i meccanismi di au totutela che ne derivano, a fronte 39 persona presuppone inoltre l’adozio ne sistematica del metodo della “ge stione del caso” attraverso il lavoro d’equipe, che implica, fatte salve le varie competenze e responsabilità operative della singola professiona lità, verifiche di gruppo per valuta re, anche in termini critici e corret tivi formulati d’intesa, l’operatività complessiva e i suoi esiti. Condi zione preliminare e facilitante lo sviluppo concreto di questa moda lità dell’agire diviene la formazione preliminare di un’equipe multipro fessionale (ad es. nel modello di Consultorio per il singolo, la coppia e la famiglia). Ancora più specificatamente, la presa in carico del caso che avviene all’interno di questa valutazione multidimensionale comprende ten denzialmente le seguenti fasi: - definizione del contesto della ren e m i t r a Piano sanitario Piano sociale e provinciale assistenziale Direttiva per 2000 - 2002 2002 - 2003 Tutela Sanitaria l’integrazione s Bi og Obiettivi di salute Ambiti di integrazione Tipologia prestazioni “miste” e modalità di finanziamento ni p Programma delle attività territoriali Tutela “Sociale” te rv Obiettivi assistenziali Progetti, risorse, protocolli operativi Integrazione operativa • lavoro di rete • lavoro di èquipe en ti i nt (presa in carico e gestione del caso) eg ra ti Distretto • coordinamento • protocolli/linee guida • ridefinizione informale dell’organizzazione e dell’operatività D In Tutela Socio assistenziale (Azienda/Distretto - Enti gestori) Persona o Famiglia o Gruppo i L’integrazione: il punto di vista sanitario t 40 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 della realtà multiforme costituita dai vari soggetti per i quali gli opera tori agiscono. Costruire quindi in modo dinamico, con un processo in continua ridefinizione, il lavoro dei servizi, è la soluzione per superare tale discrasia. Per lo stesso motivo, l’individuazione preliminare di obiet tivi comuni permette di costruire una rappresentazione condivisa del problema e delle possibilità di in tervento, consentendo su questa base la formalizzazione delle pro cedure di lavoro e del ruolo di coor dinamento. In quest’ottica deve essere per tanto individuato il “responsabile di progetto”, come riferimento funzio nale, non gerarchico, a cui compe te la valutazione dell’andamento delle attività e del risultato com plessivo dell’intervento svolto. Il progetto di intervento sulla lazione d’aiuto; - definizione con l’interessato, o con i supporti familiari o esterni, della rete di risorse per un pro getto personalizzato d’intervento, curandone l’attuazione e la veri fica secondo modalità e tempi pre ordinati; - attivazione degli interventi di appoggio medico-psico-sociale; - attivazione delle risorse persona li, familiari e del volontariato, scegliendo le più efficaci; - monitoraggio del progetto com plessivo, anche rispetto ai diver si soggetti istituzionali che inte ragiscono sul caso. Responsabili del settore socia le e sanitario, Associazione “Prospettive”, Trento, 20 otto bre 1998 [5] T. Vecchiato, La filosofia dell’in tegrazione, dagli Atti del Con vegno “Le politiche di integra zione socio-sanitaria nei servi zi territoriali”, Ivano Fracena, 8 ottobre 1999. [6] T. Vecchiato, L’integrazione so ciosanitaria nel distretto dopo il PSN 1998-2000 e il D.lgs. 229/99, in Studi Zancan, n.6/ 2000 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fig. 1 Il processo d’integrazione socio-sanitaria in provincia di Trento: sintesi della proposta. (Fonte: Provincia Autonoma di Trento, Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria). [1] F. D’Angella e A. Orsenigo (a cura di), La progettazione luo go di cambiamento, inserto di Animazione Sociale, dicembre 1997 [2] P.L. Guaducci, Manuale di dirit to sanitario, Angeli, 1999 [3] Ministero dell’interno, Direzio ne generale dei servizi civili, Integrazione dei servizi sociali e sanitari, Studio condotto dal l’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS), 1985 [4] F. Olivetti Manoukian, La rein terpretazione del mandato isti tuzionale, in “Progetto di ricer ca e formazione all’intervento integrato tra professioni e isti tuzioni diverse per le famiglie problematiche”, Seminario per Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Monica Pisetta è Funzionario del Servizio Programmazione e Ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento 41 L’integrazione tra sanità e attività socio-assistenziali: il punto di vista delle attività socio-assistenziali Paolo Facchinelli Favorire l’autonomia delle persone anziane, non autosufficienti o disabili, attraverso interventi socio-assistenziali e sanitari coordinati L’integrazione dei servizi socio-as sistenziali con gli altri servizi ope ranti nell’area sociale, in particola re con quelli sanitari, è una condi zione essenziale per la realizzazio ne di una rete di opportunità e di garanzie per chi si trova in situa zioni di bisogno e di svantaggio per sonale e sociale ed è il presupposto necessario per assicurare una rispo sta unitaria e globale ai bisogni della persona. Già nel primo piano provinciale socio-assistenziale 1993/95, in coerenza con i principi di fondo della L.P. 14/91 “Ordinamento dei servizi socio-assistenziali in provin cia di Trento”, veniva posta parti colare attenzione all’integrazione degli interventi erogati dai servizi socio-assistenziali con quelli diret ti in primis alla promozione della salute ma anche con quelli degli altri comparti delle politiche socia li, della casa, dell’ambiente, del l’istruzione, della cultura, della for 42 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 mazione professionale, del lavoro, dei trasporti. Solo attraverso l’integrazione tra servizi è possibile infatti dare rispo ste efficaci alla complessità dei bi sogni, incidendo sulle cause che li determinano, promovendo nel con tempo interventi che favoriscono l’autonomia della persona. A fronte però di una necessità forte e universalmente riconosciu ta di coordinamento e di integra zione degli interventi, si lamenta ancora, dopo tanti anni che se ne sente parlare, una altrettanto forte frustrazione per l’inadeguatezza dei risultati sul piano pratico. E gli ostacoli che spesso si in contrano non dipendono solo dal grado di disponibilità dei singoli operatori a collaborare e a mettersi in gioco ma, anche e soprattutto, dalle difficoltà poste dal contesto istituzionale e organizzativo nel quale essi si trovano ad operare. Come ormai da tempo e ampia mente viene argomentato dagli ad detti ai lavori e dagli studiosi esperti della materia, l’integrazione non si realizza solo in riferimento all’azio ne dei soggetti operativi, ma pre suppone la condivisione delle fina lità con altri soggetti e delle re sponsabilità, sia a livello gestiona le di servizio che a livello d’indiriz zo di governo. L’integrazione si realizza se si pongono contestualmente in cam po oltre alla spinta motivazionale, strumenti operativi che favoriscono l’integrazione, come gli accordi di programma, i piani territoriali d’in tervento sul piano politico, i proto colli d’intesa sul piano gestionale di servizio, oltre alle diverse proce dure di lavoro integrato a livello tecnico-professionale. Spesso queste tre dimensioni di responsabilità non comunicano tra loro e si muovono in parallelo con visioni proprie e autoreferenziali, mentre è indispensabile che nelle strutture di coordinamento queste tre culture o responsabilità siano compresenti, non solo nella fase ideativa iniziale, ma anche in quel la realizzativa e di verifica. Confronto e dialogo, tra mondo professionale e politico, oltre che con la società civile, che dovrebbe essere continuo, per saper proget tare insieme strumenti d’intervento nelle politiche sociali e per saper poi verificare la qualità (e non solo la quantità prestazionale dei servi zi erogati)1. Oggi, le nuove linee di politica sociale e sanitaria possono contare su migliori condizioni sia negli as setti normativi che organizzativi, per realizzare un effettivo sistema integrato di servizi alla persona. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 A livello nazionale Con l’approvazione della tanto at tesa riforma nazionale dell’assisten za L. 328/2000 e del relativo Piano sociale nazionale 2001/03 unita mente al Dlgs 229/99 (riforma ter della sanità e al piano sanitario nazionale), ci troviamo di fronte ad un quadro normativo che riequili bra i rapporti del comparto sociale con la sanità, dando modo ad en trambi i settori di ispirarsi alle stes se idee guida in tema di integrazio ne, superando le vicissitudini sotto il profilo istituzionale e organizza tivo che dalla legge di Riforma sanitaria, L. 833/78, alla rifor ma dell’Assistenza, L. 328/2000, hanno interessato i due comparti, rendendo sempre più difficile il dia logo tra loro. La legge di riforma socio assisten ziale e la legge ter di riforma sani taria, con i relativi piani, trattano con particolare cura il tema della integrazione fra sociale e sanitario, individuando i tre livelli, interdipen denti e indispensabili: istituziona le, gestionale e professionale. Indi viduano poi nel piano di zona il pia no regolatore dei servizi alle perso ne, per dare cioè risposte unitarie ai bisogni della comunità, senza disperdere le responsabilità e le ri sorse e senza alimentare gli inte ressi settoriali. Nel Piano sanitario così come nella legge quadro na zionale sugli interventi e servizi sociali si attribuisce grande impor tanza all’integrazione (vedi legge 328/2000 , art. 8 comma 3 lettera a), art. 18 comma 6, art. 19 comma 1). La scelta dell’integrazione carat 43 L’integrazione: il punto di vista socio-assistenziale 44 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 parto sanitario e quello sociale sono: materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e far maci, patologie per infezioni da HIW e patologie in fase terminale, ina bilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative”. Un’area di integrazione che si va sempre più estendendo, rispetto allo specifico dell’area sanitaria e socio-assistenziale. terizza altresì il Dlgs 229/99 a par tire dal riequilibrio delle responsa bilità nelle politiche per la salute, attribuendo un nuovo ruolo agli enti locali e prevedendo nuove condizio ni di rapporto tra regioni, provincie autonome, comuni e aziende, unità sanitarie locali. I punti fondamen tali sono così sintetizzabili: - l’integrazione socio-sanitaria ri guarda tutte le attività atte a soddisfare i bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sani tarie e azioni di protezione so ciale; - le prestazioni socio-sanitarie vengono classificate sulla base della prevalenza dei bisogni e delle risorse implicate nei pro cessi assistenziali. Tutti questi principi guida vengono ribaditi dalla legge quadro 328/2000 (art. 19 Piano di zona): “Le aree di bisogno dove si rende necessaria l’integrazione tra il com A livello provinciale L’integrazione socio-sanitaria è am piamente trattata sia nella L.P. 10/ 93 di riforma sanitaria locale e nel piano provinciale 2000/02, sia nel la legge d’ordinamento dei servizi socio-assistenziali, la citata L.P. 14/ 91 e nella pianificazione socio-as sistenziale ad essa collegata. Successivamente la L.P. 28/05/ 98 n. 6, “Interventi a favore di an ziani e delle persone non autosuffi cienti o con gravi disabilità” ha contribuito a dare concreta visibili tà all’integrazione. In particolare con le disposizioni all’art. 4 per l’in tegrazione degli interventi a favore dei soggetti non autosufficienti, che prevedono come strumento opera tivo l’unità valutativa multidiscipli nare (UVM). L’UVM sta alla base di un lavoro integrato per la corretta definizio ne del bisogno e per l’individuazio ne delle risorse di servizio più op portune da mettere in campo, fa cendo per l’appunto leva sull’inte grazione socio-sanitaria. La L.P. 14/91 e il piano triennale socio-assistenziale sono in sintonia con i concetti d’integrazione con tenuti nella normativa locale in materia sanitaria, ovvero con la ne cessità imprenscindibile di costrui re interdipendenze funzionali tra servizi sanitari e sociali, per rispon dere all’unitarietà e alla complessi tà dei bisogni e delle attese delle persone. Il comparto sociale per la verità ha ormai da tempo maturato la pre sa d’atto che la conoscenza dei bi sogni e l’attuazione degli interven ti di promozione del benessere e di aiuto alle persone vanno letti e praticati in un’ottica sistemica di interrelazione, non solo con il com parto sanitario, ma anche con i com parti delle politiche sociali del l’istruzione e formazione professio nale, della giustizia, del lavoro, dei trasporti. La questione, al giorno d’oggi, è ormai di comune cogni zione fra gli addetti ai lavori. Lo è anche in termini legislativi, dopo l’emanazione della legge quadro del l’assistenza, la quale, giova segna larlo, riprende e rilancia a livello nazionale quanto in proposito la legge provinciale 14/91 aveva già prefigurato. In riferimento al futuro assetto istituzionale che la P.A.T. andrà a definire, merita considerare il tema dell’integrazione fra area sociale e area sanitaria anche dal punto di vista della dimensione territoriale. Secondo la legge di Riforma n. 328/2000, gli ambiti territoriali di intervento sociale e sanitario devo no coincidere ed avere una dimen sione sufficiente e adeguata allo svolgimento degli interventi di ri cerca, di programmazione, di pro Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 mozione, di informazione, di cura e di assistenza (vedi art. 8 comma 3, punto a L. 328/2000). Infatti, per l’efficace azione in alcune aree di bisogno (minori e famiglia, salute mentale…) c’è la necessità di ambiti demografici tali da coprire una casistica significativa e “trattabile” in contesti profes sionali integrati. Come pure per al tre problematiche (anziani non au tosufficienti, povertà economica…) non può mancare un’adeguata ca pacità di flessibilità operativa, im possibile altrimenti in contesti de mografici ridotti. C’è da dire inoltre che, taluni ser vizi, necessitano di un bacino di utenza congruo per essere anche economici (es. centri diurni, siste ma informativo, assistenza domici liare integrata, valutazione degli interventi, servizi residenziali…) Al momento attuale, nella nostra provincia, gli ambiti di gestione dei servizi alle persone e quelli dei ser vizi sanitari coincidono perfetta mente in quanto i distretti sanitari sono uguali agli ambiti sociali dei Comprensori (tranne quello della Valle dell’Adige, nel quale i distretti sanitari sono sottomultipli del Com prensorio). Ed è proprio su questa coincidenza di ambiti che è possi bile costruire un sistema informati vo integrato, un processo di analisi epidemologica e dei bisogni sociali e sanitari integrati e confrontabili. E’ possibile far dialogare tra loro la molteplicità e variabilità dei sog getti posti al servizio della popola zione, per costruire progetti unitari di intervento, misurare i risultati, favorire la partecipazione dei citta 45 L’integrazione: il punto di vista socio-assistenziale 46 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 dini agli interventi di promozione, prevenzione e cura. La stessa attua zione completa degli indirizzi del primo piano sociale nazionale fa leva sulla coincidenza di ambiti territo riali. Va osservato ancora che, dal pun to di vista istituzionale, la norma tiva nazionale e provinciale attual mente presente sia in campo socia le, sia in campo sanitario, attribui sce ai Comuni, all’interno delle aree distrettuali e degli ambiti compren soriali, precise funzioni e compiti di proposta, promozione, program mazione e valutazione riguardo ai servizi e agli interventi nei due com parti. Sono cioè attribuiti a tutti i Comuni secondo una logica di pari dignità, compiti fondamentali di governo del sistema delle politiche socio-sanitarie, in termini di pro gettazione, indirizzo, controllo, an che se non necessariamente in ter mini gestionali. Inoltre va ricordato il principio (in campo sanitario e per tutti i set tori compreso quello sociale) che stabilisce la netta separazione tra il livello politico programmatorio e il livello gestionale operativo. Sot to questo aspetto, però, le distin zioni sono significative, quanto a poteri e autonomia dei comuni, e non va dimenticato che per il com parto socio-assistenziale si tratta attualmente solo di delega di fun zioni della Provincia Autonoma di Trento ai singoli Comuni, funzioni esercitate obbligatoriamente dai Comprensori (eccezion fatta per Trento e Rovereto). La legge nazionale di riforma del l’assistenza innova anche in questo campo, riconoscendo la titolarità della competenza comunale nel set tore dei servizi alla persona. Allo stato attuale, quindi, c’è una convergenza significativa tra com parto sanitario e comparto socioassistenziale, caratterizzata da un primato del pubblico non solo al li vello di programmazione e di indi rizzo, ma anche a quello di gestio ne degli interventi, svolti da sog getti pubblici, che agiscono nel quadro della programmazione e del le direttive provinciali, in sinergia con altri soggetti, pubblici e priva ti (con varie configurazioni: profit, non profit, di volontariato). Nella normativa provinciale emer ge forte, in definitiva, il concetto di bene “sociale” inteso come pri maria responsabilità dell’autorità pubblica nel garantire a tutti i cit tadini (o abitanti) uguali opportu nità, uguali prestazioni, uguali qua lità della vita su tutto il territorio provinciale. La nuova legge quadro nazionale di “Riforma dell’assistenza”, confer ma questo principio, come pure quelli ormai diffusi in provincia, di sussidiarietà orizzontale e solidarie tà sociale. NOTE 1 Vedi Atti Convegno Politiche e servizi alla persone: quali pro spettive per il Trentino, pag 18, Ediz. OSIRIDE, settembre 2000. Paolo Facchinelli è Responsabile del Servizio Attività Socio-Assistenziali del Comprensorio Valle di Sole. Lo spostamento del baricentro assistenziale dall’ospedale al territorio: aspetti economico-finanziari Guido Baldessarelli Il riequilibrio dei livelli assistenziali come condizione per lo sviluppo dell’assistenza sanitaria territoriale La deospedalizzazione è da sempre l’imperativo categorico in sanità, ma è dai primi anni ’90 che il concetto si fa strada con decisione, sul piano normativo, programmatico e con concrete applicazione organizzati ve. Il riordino organizzativo e fun zionale degli ospedali è stato disci plinato da tempo da specifiche nor mative1 e lo stesso Piano sanitario nazionale 1998-2000, delinea fra le proprie azioni strategiche più im portanti il potenziamento dell’assi stenza distrettuale in generale e territoriale in particolare, a fianco dell’evoluzione del ruolo dell’ospe dale. Anche nelle leggi finanziarie dello Stato degli ultimi anni sono conte nute sistematicamente specifiche disposizioni che riguardano l’utiliz zo dell’ospedale, attraverso i tassi programmati di ospedalizzazione, gli indirizzi strutturali e le disposizio ni per la riqualificazione dell’assi stenza sanitaria2 . In questo scena rio la proposta di Piano sanitario nazionale 2001-2003 - attualmente Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 fermo presso la Conferenza per i rap porti fra lo Stato e le Regioni, in attesa di specifiche indicazioni del nuovo Ministro Sirchia - pone l’in dice sulla necessità di riqualificare gli ospedali puntando sul c.d. “De calogo” in cui spiccano il nuovo profilo organizzativo, la correttez za delle cure e dell’uso delle risor se, il concetto di interattività, per cui “l’ospedale deve essere aperto per facilitare al massimo sia il dia logo con il territorio, in particolare con il medico di famiglia, sia lo scambio di competenze ed informa zioni con le strutture specialistiche ambulatoriali”. Il Piano sanitario provinciale 2000-2002, approvato con provve dimento della Giunta provinciale 1354/2000 e attualmente in discus sione per la conversione in legge, si pone in perfetta sintonia con le linee strategiche perseguite all’uni sono nell’ambito del Servizio sani tario nazionale, recando però anche un fattore di forte novità. Infatti, come si dirà più diffusa mente di seguito, è posto fra gli obiettivi più qualificanti della poli tica di Piano anche il processo di riequilibrio e di potenziamento dei livelli assistenziali attualmente meno favoriti (Assistenza sanitaria collettiva ed Assistenza distrettua le), per puntare allo sviluppo di for me alternative al ricovero quali l’as sistenza domiciliare integrata, l’ospedalizzazione a domicilio, l’as sistenza infermieristica domiciliare. Ma, e questo è il punto, il pro cesso di potenziamento viene ora garantito con la previsione di asse gnare specifici finanziamenti3 già 47 Aspetti economico-finanziari 48 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 individuati nel loro ammontare con stime di massima e non, come si è sempre disposto nei documenti pro grammatici delle precedenti legisla ture, ipotizzando di recuperare le necessarie disponibilità finanziarie dalla conversione dei fattori produt tivi, dallo snellimento, dalla razio nalizzazione e dal recupero di effi cienza del settore ospedaliero. Tale ultima ipotesi ha infatti scontato fino ad oggi le rigidità del sistema sanitario per cui, risultando rallen tato il processo evolutivo dell’assi stenza ospedaliera, ne è consegui to solo un moderato rafforzamento dell’assistenza territoriale rispetto alle modalità auspicate. In questo senso, le risorse aggiuntive iniziali potranno garantire l’avvio del pro cesso della riorganizzazione delle risorse assegnate ai livelli assisten ziali. Il presente contributo tratta in forma sintetica tre aspetti connessi allo “spostamento del baricentro” assistenziale. Nell’ordine, sono di seguito riassunti alcuni obiettivi sottesi al processo di riequilibrio, dando una certa enfasi alle riper cussioni finanziarie. Si passa quin di ad un esame dei provvedimenti di finanziamento della spesa corren te del Servizio sanitario provinciale dal 1997 al 2001, per mettere in evidenza l’evoluzione della spesa complessiva per il livello ospeda liero e per quello territoriale/distret tuale. Viene, infine, riprodotta la sintesi di un lavoro di approfondi mento sull’appropriatezza delle pre stazioni di ricovero erogate nel 2000 dalle Strutture pubbliche e private del Servizio sanitario provinciale, applicando le scelte metodologiche condivise dalla componente medi ca del tavolo tecnico interregionale per la compensazione della mobili tà sanitaria interregionale. Gli obiettivi del processo di riequilibrio Quello economico è forse l’aspetto più discusso e su cui vi è una certa attenzione da parte delle istituzio ni, anche se, in realtà, lo sposta mento del baricentro tra il livello ospedaliero e quello distrettuale ri sponde anche ad almeno altri tre obiettivi: dare risposte alle esigen ze degli assistiti, favorire la specia lizzazione dell’attività ospedaliera, contenere il fenomeno delle malat tie nosocomiali. L’enfasi posta sulla riduzione dei costi imputabile al riequilibrio vie ne alimentata, da un lato, dalla di mensione che ha raggiunto il Fon do Sanitario Nazionale con le con nesse manovre finanziarie – ormai sistematiche - per il ripiano dei di savanzi delle Regioni, dall’altro, dalla notevole entità dei margini di risparmio collegati all’utilizzo ap propriato del livello assistenziale a parità degli esiti sulla salute del paziente. È ormai risaputo che le cure ero gate con modalità alternative al ri covero, (ospedalizzazione domicilia re, RSA a sede ospedaliera, RSA a sede territoriale, ADI, …4) ove, si badi, ciò sia realmente possibile ri spetto allo specifico caso, possono costare fino al 50% delle cure ospe daliere, per arrivare mediamente ad un decimo, quando il caso viene ri solto attraverso l’assistenza domi ciliare integrata o con l’erogazione di prestazioni specialistiche ambu latoriali. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 La tariffa prevista per le presta zioni in hospice ospedaliero in pro vincia di Trento ammonta, infatti a lire 300.000, a cui si aggiungono lire 40.000 per l’accompagnatore; la quota sanitaria pro die nelle RSA territoriali si aggira intorno a lire 100.000; una giornata in ADI può raggiungere l’importo a carico del Servizio sanitario di lire 60.0005 , mentre nei casi più gravi non supe ra le 130 mila lire. La tariffa giorna liera più elevata corrisposta dal Ser vizio sanitario provinciale per l’as sistenza residenziale ai soggetti tossicodipendenti, ammonta a 152 mila lire, e riguarda i soggetti “a doppia diagnosi” cioè soggetti tos sicodipendenti con patologia pre psicotica e psicotica conclamata. La tariffa per la riabilitazione ex art. 26 legge 833/1978 in regime resi denziale ammonta mediamente a lire 231.000. 49 Aspetti economico-finanziari MDC DESCRIZIONE 50 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 N. DI CASI N. DI GG. DEG. TARIFFA MEDIA GIORNALIERA 1 MALATTIE E DISTURBI DEL SISTEMA NERVOSO 5020 50102 544.991 2 MALATTIE E DISTURBI DELL'OCCHIO 1568 5466 937.634 3 MALATTIE E DISTURBI DELL'ORECCHIO, DEL NASO, DELLA BOCCA E DELLA GOLA 4 MALATTIE E DISTURBI DELL'APPARATO RESPIRATORIO 5 MALATTIE E DISTURBI DELL'APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO 6 MALATTIE E DISTURBI DELL'APPARATO DIGERENTE 3567 14528 951.936 5192 56545 557.777 11515 84216 947.235 7831 53917 700.223 7 MALATTIE E DISTURBI EPATOBILIARI E DEL PANCREAS 8 MALATTIE E DISTURBI DEL SISTEMA MUSCOLO SCHELETRICO E DEL TESSUTO CONNETTIVO 9 MALATTIE E DISTURBI DELLA PELLE, DEL TESSUTO SOTTO-CUTANEO E DELLA MAMMELLA 10 MALATTIE E DISTURBI ENDOCRINALI, NUTRUZIONALI E METABOLICI 11 MALATTIE E DISTURBI DEL RENE E DELLE VIE URINARIE 12 MALATTIE E DISTURBI DELL'APPARATO RIPRODUTTIVO MASCHILE 13 MALATTIE E DISTURBI DELL'APPARATO RIPRODUTTIVO FEMMINILE 14 GRAVIDANZA, PARTO E PEURPERIO 2814 27860 617.809 7613 42395 996.409 2645 16044 724.347 1505 11148 596.482 2628 20169 715.832 1025 4937 894.449 2993 14209 872.534 7649 29272 725.952 15 MALATTIE E DISTURBI DEL PERIODO NEONATALE 5111 23353 472.244 675 6924 639.889 1290 15096 768.869 585 5591 625.749 2054 26450 369.879 20 ABUSO DI ALCOOL/FARMACI E DISTURBI MENTALI ORGANICI INDOTTI 21 TRAUMATISMI, AVVELENAMENTI ED EFFETTI TOSSICI DEI FARMACI 22 USTIONI 419 2797 454.518 873 4001 743.376 70 599 1.110.967 23 FATTORI CHE INFLUENZANO LO STATO DI SALUTE ED IL RICORSO AI SERVIZI SANITARI 24 TRAUMATISMI MULTIPLI RILEVANTI 357 2017 587.867 123 1584 1.300.394 25 INFEZIONI DA H.I.V. 115 1530 725.725 75.237 520.750 720.437 16 MALATTIE E DISTURBI DEL SANGUE , DEGLI ORGANI EMOPOIETICI E DEL SISTEMA IMMUNITARIO 17 MALATTIE E DISTURBI MIELOPROLIFERATIVI E NEOPLASIE SCARSAMENTE DIFFERENZIATE 18 MALATTIE INFETTIVE E PARASSITARIE (SISTEMICHE O DI SEDI NON SPECIFICATE) 19 MALATTIE E DISTURBI MENTALI TOTALE Tab. 1: tariffa media giornaliera dei ricoveri del Servizio sanitario provinciale anno 2000 A fronte di tali tariffe, si osserva un’altra dimensione assunta dai co sti dell’assistenza ospedaliera, per i fattori e i servizi che vengono ef fettivamente utilizzati nel corso del ricovero: l’importo giornaliero me diamente osservato nel 2000 per i ricoveri per acuti6 (in regime ordi nario, con l’esclusione delle presta zioni di lungodegenza e di riabili tazione), nell’ambito delle Struttu re pubbliche e private del Servizio sanitario provinciale è risultato ben più impegnativo, come si evince dalla tabella a fianco, articolata per le grandi categorie diagnostiche (MDC), con un valore medio sull’at tività complessiva di circa lire 720.000. Proseguendo, fra le finalità me ritevoli di segnalazione vi è anche il fatto che la deospedalizzazione risponde ad un maggiore rispetto della dimensione psichica degli as sistiti. In particolare, nella ricerca dello stato di benessere residuo i malati cronici predilogono infatti la propria casa rispetto all’ospedale e ciò richiede una gestione integrata dei rapporti fra le diverse figure pro fessionali sanitarie coinvolte (spe cialisti, referenti ospedalieri, medi ci di medicina generale, infermieri ed assistenti) al fine di stringere e coordinare più stretti legami di re ciproca sussidiarietà con la rete delle strutture territoriali. La predetta propensione richiede però anche di affrontare le proble matiche connesse con le difficoltà date dal peso assistenziale che ri cade sulla famiglia, in uno scenario che vede aumentare la quota di ul Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 trasessantacinquenni e diminuire sia la dimensione delle famiglie sia la propensione all’assistenza dei paren ti. Inoltre, non deve essere sottova lutato l’obiettivo di accentuare la specializzazione dell’attività erogata dai reparti ospedalieri , concentran do l’attenzione sulle cure che richie dono alta tecnologia, cui deve fare da contrappeso lo sviluppo delle aree funzionali e dei dipartimenti e in sostanza una forte integrazione degli ospedali fra di loro. Da ultimo, la rivisitazione del ruolo dell’ospedale ha anche lo sco po di evitare il ricovero - ed il rico vero dell’anziano in particolare – nelle strutture per acuti quando la persona non presenti condizioni di emergenza in atto, in quanto la de genza è fonte di pericolo in relazio ne alle complicanze iatrogene delle c.d. malattie nosocomiali. Vi sono studi che segnalano che il 40% delle complicazioni che su bentrano nel corso dei ricoveri è imputabile alle infezioni nosocomia li. Nei reparti di lungodegenza, con pazienti anziani - e che perciò pre sentano una più accentuata fragili tà cutanea e una cattiva cicatrizza zione - i tassi di infezione riportati in letteratura sono prossimi a 10 infezioni ogni 1000 giornate di de genza. Inoltre, pur con tutte le cautele che richiede la comparazione di stu di condotti in epoche e con meto dologie diversificate, vi sono delle indagini epidemiologiche accredita te in materia che segnalano come 51 Aspetti economico-finanziari negli ospedali per acuti considerati di grandi dimensioni (con un nu mero di posti letto maggiore di 500) l’incidenza dei pazienti infettati è risultata superiore al 15% in Belgio e prossima al 4% in Germania. Fra questi due valori risultano colloca ti altri Paesi europei come la Fran cia (8%) e la Svizzera (11,5%). 52 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 I risvolti finanziari delle strategie adottate in provincia di Trento dal 1997 al 2001 La spesa di parte corrente che la Giunta provinciale approva in sede di riparto del Fondo sanitario pro vinciale viene anche riclassificata dal Servizio Economia Sanitaria della Provincia, rispetto agli aggregati di Assistenza ospedaliera in degenza 1998 1999 2000 Importi in milioni di lire 1997 Personale Beni e servizi Altre spese Entrate proprie Spesa netta Variazione % - 295.821 120.780 70.106 5.984 480.723 - - 179.012 53.140 257.363 41.848 447.667 1997 Personale Beni e servizi Altre spese Entrate proprie Spesa netta Variazione % - 474.833 173.920 327.469 47.832 928.390 305.220 128.030 96.150 6.575 522.825 8,8% - 300.602 171.279 77.101 8.390 540.592 3,4% - 314.265 180.152 88.028 11.552 570.893 5,6% 2001 - Assistenza distrettuale e collettiva 1998 1999 2000 1997 Personale Beni e servizi Altre spese Entrate proprie Spesa netta Variazione % interesse per il presente contribu to: assistenza ospedaliera ed assi stenza distrettuale (comprensiva dell’assistenza collettiva in ambienti di vita e di lavoro, per un importo sostanzialmente costante che oscilla fra il 3 e il 4% della spesa totale). L’attività di riclassificazione è decisamente complessa e viene ese guita, in particolare, per verificare la congruità dei sistemi di finan ziamento prospettico delle presta zioni ospedaliere (le tariffe dei c.d DRG) e specialistiche ambulatoria li, di diagnostica per immagini e di laboratorio. Di supporto decisivo in tale ri classificazione risultano i dati di contabilità analitica predisposti annualmente in specifici report dal - 184.700 53.483 303.241 44.791 496.633 10,9% 1998 489.920 181.513 399.391 51.366 1.019.458 9,8% - 181.904 79.921 324.922 50.670 536.077 7,9% Totale 1999 482.506 251.200 402.023 59.060 1.076.669 5,6% - 190.175 77.959 358.405 55.713 570.826 6,5% 2000 504.440 258.111 446.433 67.265 1.141.719 6,0% 344.780 199.043 89.408 8.060 625.171 9,5% 2001 - 208.639 86.503 394.649 49.006 640.785 12,3% 2001 553.419 285.546 484.057 57.066 1.265.956 10,9% Tab. 2: dati di contabilità analitica dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari 1997-2001 (I dati dell’anno 2001 non sono definitivi e saranno adeguati a seguito dell’assestamento del bilancio provinciale per il corrente anno con l’assegnazione di ulteriori 70 MLD circa) Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Servizio di Controllo di Gestione dell’Azienda provinciale per i servi zi sanitari. Negli ultimi cinque anni i dati di sintesi sono i seguenti, con la pre cisazione che gli importi sono al netto delle spese dirette della Pro vincia. Ciò che risulta in piena evi denza sono i trend di crescita dei due aggregati, sempre positivi, come è facile immaginare, ma con saggi sempre superiori per l’assi stenza distrettuale e per la preven zione. L’anno 2000 è l’anno in cui la spesa si equivale (570 miliardi circa in ciascun settore) mentre l’an no 2001 sancisce, in via previsio nale, il definitivo “sorpasso” dei costi dell’assistenza distrettuale ri spetto all’aggregato degenze. Di fatto va chiarito che, se si iso lano i dati relativi all’assistenza nelle RSA7, il tasso di crescita della spesa dell’assistenza territoriale ri sulta molto più omogeneo e conte nuto fino all’anno 2000, per mani festare solo nel 2001 un incremen to di qualche punto percentuale superiore all’area dell’assistenza ospedaliera. Preme anche osservare che, sullo scenario nazionale, il Trentino vie ne elencato a pieno titolo fra le re gioni “di buon esempio”8 in cui si è verificata una riduzione percentua le del peso dell’ospedale rispetto al territorio. Con l’anno 2002, in forza delle risorse specifiche richiamate in pre messa che consentiranno di conso lidare il tasso di crescita della spe sa del settore dell’assistenza distret tuale, sarà visibile, in tutta eviden za, l’effetto prodotto dalla politica di riequilibrio avviata concretamente con il Piano sanitario provinciale 2000-2002. Non va nemmeno sottaciuto che si nutre una certa attesa dal conse guimento dei primi risultati del Pro gramma di sviluppo strategico del l’Azienda provinciale per i servizi sa nitari, in relazione all’obiettivo di riorientare i servizi sanitari per fare spazio alle iniziative rivolte alla promozione della salute, vicino alle attività di prevenzione diagnosi, cura e riabilitazione “tradizionali”. Il grado di successo dipenderà, in buona misura, anche dall’effetti vo utilizzo nel Servizio sanitario provinciale dei supporti tecnologi ci quali la telemedicina, che il Tren tino sta sperimentando da alcuni anni proprio per favorire e svilup pare il concetto di integrazione so pra accennato. Infine si ritiene che buoni mar gini di manovra in termini finan ziari discendano dalla verifica di quanto viene oggi eseguito negli ospedali. La parte finale del presente contributo offre in tal senso alcuni spunti. I margini di manovra Al tavolo tecnico dei referenti della compensazione della mobilità sani taria, è stato condotto nel corso dell’anno 2000 e perfezionato nei primi mesi del 2001 uno studio in terdisciplinare per approfondire la problematica dei comportamenti op portunistici degli erogatori delle prestazioni sanitarie, anche al fine di precostituire le modalità di veri fica delle prestazioni che hanno ti tolo alla stessa compensazione. 53 Aspetti economico-finanziari 54 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Fermo restando, infatti, il potere decisionale delle Regioni nell’ambito dei rispettivi Servizi sanitari in or dine alle modalità di verifica del l’appropriatezza sanitaria delle pre stazioni, è risultato comunque di interesse controllare il grado di ade guatezza delle prestazioni di rico vero annualmente compensate, se condo uno schema che nel trade off fra grado di certezza e semplicità di metodo predilige sicuramente quest’ultima, scontando così la pos sibilità, peraltro sufficientemente remota, di segnalare “falsi positi vi”. Allo scopo la componente medi ca del tavolo tecnico ha individua to (con una certa difficoltà doven do acquisire la condivisione di tut ti i partecipanti) due gruppi di pro cedure e di interventi. Nel primo ri sultano comprese 68 interventi9 che producono DRG essenzialmente chi rurgici, nel secondo 164 procedu re10 che producono DRG essenzial mente medici. Si tratta di presta zioni che, nel caso rappresentino la procedura o l’intervento principale del singolo episodio di ricovero per acuti (sia ordinario, sia di day ho spital, sia di day surgery) e si ac compagnino eventualmente ad al tre procedure di “miscellanea” pos sono fare qualificare il ricovero come “tendenzialmente” inappropriato, perché la prestazione sanitaria sa rebbe risultata eseguibile, genera lizzando, in sede ambulatoriale. L’applicazione delle metodologia non affronta, come detto, la pro blematicità e la specificità dei sin goli casi. Per cui i risultati devono essere assunti “cum grano salis”, non sottovalutando il fatto che il vero processo per l’analisi dell’ap propriatezza dei ricoveri non può avvenire se non in base a specifici protocolli di valutazione dei dati recati dalle cartelle cliniche11. RICOVERI PER ACUTI TOTALI ANNO 2000 EROGATI DAL SERVIZIO SANITARIO PROVINCIALE REGIME DI RICOVERO N. CASI N. GG. DEGENZA TOTALE FATTURATO DRG ORDINARIO 75.237 520.750 375.167.631.900 DAY HOSPITAL/SURGERY 20.322 103.138 70.833.470.200 TOTALE 95.559 623.888 446.001.102.100 RICOVERI MEDICI CON PRESTAZIONI EROGABILI IN AMBULATORIO REGIME DI RICOVERO N. CASI ORDINARIO DAY HOSPITAL TOTALE N. GG. DEGENZA TOTALE FATTURATO DRG 2.497 20.301 11.502.675.300 833 1.333 917.562.400 3.330 21.634 12.420.237.700 RICOVERI CHIRURGICI CON PRESTAZIONI EROGABILI IN AMBULATORIO REGIME DI RICOVERO N. CASI N. GG. DEGENZA TOTALE FATTURATO DRG ORDINARIO 194 1.507 1.133.382.300 DAY SURGERY 491 519 1.044.144.800 TOTALE 685 2.026 2.177.527.100 TOTALE RICOVERI CON PRESTAZIONI EROGABILI IN AMBULATORIO REGIME DI RICOVERO N. CASI N. GG. DEGENZA TOTALE FATTURATO DRG ORDINARIO 2.691 21.808 12.636.057.600 DAY HOSPITAL/SURGERY 1.324 1.852 1.961.707.200 TOTALE 4.015 23.660 14.597.764.800 INCIDENZA PERCENTUALE DEI RICOVERI CON PRESTAZIONI EROGABILI IN AMBULATORIO RISPETTO AI RICOVERI PER ACUTI TOTALI REGIME DI RICOVERO Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 N. CASI N. GG. DEGENZA TOTALE FATTURATO DRG ORDINARIO 3,6% 4,2% 3,4% DAY HOSPITAL/SURGERY 6,5% 1,8% 2,8% TOTALE 4,2% 3,8% 3,3% 55 Aspetti economico-finanziari 56 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Pur con queste premesse, la me todologia applicata ai ricoveri per acuti erogati dagli ospedali trenti ni nell’anno 2000 ha fornito infor mazioni di tutto interesse. I dati riassunti nelle tabelle del la pagina precedente si prestano in fatti ad alcune considerazioni im portanti. L’aspetto di maggior rilie vo che emerge dalle tabelle è il co sto complessivo dei ricoveri che non hanno superato il filtro del metodo di ricerca, ammontante a circa 14,6 miliardi di lire. La somma è ingente e, solo per dare un’idea, tale impor to corrisponde al “fatturato” dei ri coveri dell’anno 2000 di un ospe dale come Cavalese (111 posti let to nel 1999) o Tione (122). È interessante però rilevare che: 1) l’area più problematica sotto il profilo finanziario è (ovviamen te) quella dei ricoveri medici, che comprende oltre l’85% del fat turato “critico”; 2) in generale l’incidenza percen tuale di casi di ricovero “inap propriati” rispetto al totale dei ricoveri, secondo la metodologia sopra descritta, è superiore per i ricoveri diurni (6,5%), proprio laddove ci si poteva invece aspettare la maggiore efficienza ed organizzazione in termini sa nitari; 3) nell’ambito dei ricoveri comples sivi inappropriati dell’area chi rurgica, quelli erogati in regime di day surgery risultano oltre il 77% del totale (491 su 685). Per dare un’idea della possibilità di manovra, ipotizzando la possibilità di reimpiegare nell’assistenza di strettuale le risorse corrispondenti al risparmio “netto” conseguente al trattamento in regime ambulatoria le dei 4015 casi di ricovero proble matici, stimabile in almeno 13 mi liardi di lire, si potrebbero garanti re, alternativamente, 216.000 gior nate circa di assistenza in ADI nel modulo standard, 65.000 giornate circa di ospedalizzazione domicilia re, 78.000 TAC torace, 125.000 gior nate di assistenza in RSA (corrispon denti a 340 nuovi posti letto). Peraltro, il numero di casi com plessivi segnalati per il basso livel lo assistenziale si ritiene che rap presenti solo “la punta dell’iceberg”, se si osservano le percentuali di inappropriatezza dichiarate in altri Servizi sanitari regionali12 e quindi particolare attenzione dovrà essere dedicata al tema in parola. Conclusioni A livello nazionale i dati di precon suntivo dell’anno 2000 segnalano una spesa sanitaria nazionale di parte corrente di almeno 131 mila miliardi (+ 7 mld rispetto alla spesa preventivata) malgrado l’accordo del 3 agosto 2000 fra Regioni e Gover no per la stabilità e la responsabi lizzazione nella gestione della sa nità, con la necessità di ripianare almeno altri 10 miliardi di maggio re spesa. Inoltre, le prime proiezio ni dei dati sull’andamento della medesima spesa per l’anno 2002 indicano un fabbisogno prossimo a 150 mila miliardi di lire. Di fatto, con l’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001, il Governo si è impe gnato a mettere a disposizione fino ad un massimo di 2,7 miliardi di lire a ripiano per l’anno 2000, mentre per l’anno 2002 lo stanziamento del Fondo sanitario nazionale è concor dato in lire 146.376 miliardi di lire, di cui lire 2.000 miliardi finalizzate al riequilibrio fra regioni in relazio ne agli accordi sui livelli essenziali di assistenza LEA13 . A fronte di tale scenario ed in relazione agli impegni di “stabili tà” assunti con le intese dell’8 ago sto u.s., diventa imperativo cate gorico e generalizzato la verifica della corretta modalità di utilizzo delle risorse nei processi di eroga zione delle prestazioni sanitarie. In proposito si è visto che alcuni concetti che possono apparire an titetici (come l’assicurazione di maggiore qualità nell’assistenza con un impiego minore di fattori pro duttivi) di fatto risultano invece conciliabili, con piena soddisfazio ne degli stessi pazienti perché il recupero avviene riducendo i costi della non qualità. Si è anche argomentato sulla modalità perseguita in Trentino per conseguire concretamente lo spo stamento del baricentro assistenzia le dall’ospedale al distretto, secon do un processo virtuoso che può ri sultare di esempio per le altre Re gioni, per le novità di impostazio ne e per la modalità di integrazione dei servizi. Si è infine osservato che è ne cessario un richiamo all’utilizzo ap propriato delle Strutture ospedalie re. Con vantaggi di sicuro interesse in termini prestazionali per gli as sistiti ed in termini economici per la collettività trentina che, non di mentichiamolo, finanzia il Servizio sanitario provinciale con risorse pro Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 prie, essendo la Provincia di Trento esclusa dal riparto del Fondo sani tario nazionale. NOTE 1 Si veda, per gli aspetti salienti e per una ricostruzione esau stiva, dopo la legge 132/1968, la legge 833/1978, la legge 595/1985, la legge 549/1995 nonché le disposizioni recate dalla normativa di riordino del Servizio sanitario nazionale di cui al decreto legislativo 502/ 1992 e successive modifiche (in particolare il d. legs. 513/1993 e il d. lgs. 229/1999 (c.d. ri forma ter). Da ultimo il decre to legge 347/2001 che ha sta bilito i nuovi obiettivi di stan dard di dotazione media di po sti letto per acuti (4 p.l. per mille abitanti) e per lungode genza e riabilitazione (1 p.l. per mille abitanti). 2 L’art. 32 co. 9, della legge 449/ 1997 (misure per la stabilizza zione della finanza pubblica) dispone che le Regioni e le ASL devono eseguire il monitorag gio dell’attività ospedaliera sot to il profilo della qualità, del l’appropriatezza, dell’accessibi lità e dei costi. Inoltre l’art. 72, co. 3 delle legge 449/1998 (legge finanziaria 1999) obbli ga le Regioni al controllo sul l’uso corretto delle risorse in modo da realizzare una riduzio ne dell’assistenza ospedaliera erogata in regime di ricovero 57 Aspetti economico-finanziari 58 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ordinario, anche attraverso il potenziamento di forme alter native alla degenza ordinaria “nella misura non inferiore all’1% dei ricoveri e della spe sa complessiva”. Proseguendo, risulta ancora più incisivo l’art. 88 della legge 388/2000 che reca disposizioni per l’appro priatezza nell’erogazione del l’assistenza sanitaria, concen trandosi, ancora una volta, sul l’assistenza ospedaliera per cui le Regioni devono eseguire un controllo analitico annuo di “almeno il 2% delle cartelle cli niche e delle schede di dimis sione ospedaliera, in conformi tà a specifici protocolli di va lutazione”. 3 In particolare, all’area dell’as sistenza distrettuale il Piano sanitario prevede di destinare una somma aggiuntiva di lire 17 miliardi annui (pari ad oltre il 60% delle maggiori risorse previste in disponibilità), men tre l’importo di lire 11 miliardi (corrispondenti al restante 40%) risulta destinato all’area della prevenzione collettiva. 4 RSA: Residenza Sanitaria Assistenziale. ADI: Assistenza Do miciliare Integrata. 5 Gli standard assistenziali per assistito, su base annua, che hanno costituito riferimento per la ricostruzione del costo giornaliero del servizio A.D.I., in relazione alle esperienze ef fettuate in alcune Regioni (Ve neto e Toscana in particolare) sono stati i seguenti: - 150 ore di assistenza domi ciliare di tipo socio-assisten ziale (aiuto domestico, puli zie personali, altre forme di assistenza); - 120 ore di assistenza infer mieristica; - 50 ore di assistenza riabili tativa; - 50 accessi del medico di medicina generale; - 8 consulenze medico-specia listiche o di altri operatori (psicologo); - altri servizi, secondo il biso gno (assistenza religiosa). 6 Con l’introduzione del paga mento prospettico delle presta zioni ospedaliera raggruppate in base ai DRG-ROD, avvenuta in provincia di Trento a decor rere dal 1 gennaio 1997, si è superata la modalità di finan ziamento del ricovero per acuti in base alle rette giornaliere. Pertanto, nell’ambito degli stu di di economia sanitaria del li vello ospedaliero, l’indicatore del costo medio per giornata di degenza ha perso gran parte della sua portata informativa, lasciando il posto alla tariffa forfettaria omnicomprensiva per caso trattato. Per il presente studio il costo medio giornaliero riacquista però un interesse proprio perché consente l’analisi compa rativa fra i livelli assistenziali, per i casi in cui la prestazione sanitaria beneficiata dal pa ziente viene di fatto impropria mente erogata in diverse e più onerose modalità assistenziali. 7 Nel 1998, con l’avvio dell’intro duzione della scheda BINA di valutazione del grado di non autosufficienza degli anziani in RSA si è altresì decisa una ri qualificazione dell’assistenza sanitaria con un forte impatto sul fronte della spesa sanitaria a sgravio dell’intervento assi stenziale. In applicazione del l’art. 25 della legge provinciale 6/1998 sono stati infatti ese guiti i trasferimenti di fondi dal settore socio-assistenziale al l’area della sanità, con la spe sa di quest’area che nel 1997 era pari a circa 71 miliardi di lire ed è passata nel 1998 agli oltre 105 miliardi (+ 47%). 8 Insieme a Veneto, Emilia Roma gna, Friuli Venezia Giulia, To scana e Marche (cfr. Agenzia Sa nitaria Italiana, n. 25 del 21 giugno 2001). 9 A titolo di esempio: Codice 0811 0820 2502 3421 3992 …… Totale Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Descrizione intervento Biopsia della palpebra Rimozione di lesione della palpebra, NAS Biopsia a cielo aperto della lingua Toracoscopia transpleurica Iniezione intravenosa di sostanze sclerosanti …… 68 procedure ed interventi tipicamente erogabili in ambulatorio 10 A titolo di esempio: Codice Descrizione intervento 2100 Controllo di epistassi 2121 Rinoscopia 2751 Sutura di lacerazione del labbro Iniezione nella cavita' toracica 3492 5593 8623 9751 …… Totale Sostituzione di drenaggio nefrostomico Rimozione di unghia, matrice ungueale o plica ungueale Rimozione di tubo di gastrostomia …… 154 procedure ed interventi tipicamente erogabili in ambulatorio 11 Uno dei protocolli più applica ti è il c.d. PRUO ( Protocollo di Revisione dell’Uso dell’Ospeda le) che, come noto, consente di classificare come appropria te e non appropriate sia la gior nata di ammissione in ospeda le che le singole giornate di degenza attraverso l’analisi di specifici indicatori osservabili nella documentazione clinica disponibile (cartella clinica e scheda di dimissione ospeda liera). 12 In Friuli Venezia Giulia, che rap presenta punto di riferimento certo per l’esperienza maturata dalla Agenzia Regionale della Sanità nel campo dei protocol li di appropriatezza, risultano dichiarate le seguenti percen tuali di ammissioni inappropria te: Ammissione inapp. 1995 1996 1997 1998 1999 36 31,3 19,4 13,4 12,7 % % % % % (fonte periodico dell’Agenzia R.S. marzo 2001 n. 9 AA.VV.) 59 Aspetti economico-finanziari 60 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 13 Peraltro, sempre nell’ambito dell’Accordo Stato – Regioni dell’8 agosto 2001 il Governo è impegnato a verificare l’oppor tunità di rivedere i rapporti fi nanziari con le Regioni Friuli e Valle d’Aosta e le Province Au tonome di Trento e Bolzano, al fine di pervenire a finanziamen ti coerenti con le intese raggiunte con le altre Regioni a statuto ordinario. Per quanto riguarda i LEA, il Go verno ha già predisposto un do cumento con la collaborazione tecnica della Regioni (anche in relazione all’impegno assunto per il 30 novembre 2001) in cui la ricerca dell’appropriatezza è condizione per la razionalizza zione della spesa del SSN. E’ probabile che tale documento sia presentato come stralcio del Piano sanitario nazionale e che contenga già un elenco dei DRGs a più alto rischio di ap propriatezza per cui non si do vrà più eseguire il ricovero in regime ordinario ma, se proprio non è possibile il passaggio al livello della specialistica, lo stesso dovrà essere eseguito in day hospital o in day surgery. [3] AA.VV, Swiss-noso, infezioni nosocomiali e igiene ospedalie ra, volume 7, n. 1 marzo 2000. [4] Rapporto Ministero Sanità sui ricoveri ospedalieri anno 1999. [5] Moruzzi M., Comunicazioni e reti informatiche, in “Tendenze Nuo ve” n. 4/1999 [6] AA.VV, L’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri in Friuli Ve nezia Giulia, Foglio di informa zione dell’Agenzia regionale della sanità, n.9 marzo 2001. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Longo F., ASL, distretto, medi co di base. Logiche e strumenti manageriali, EGEA Milano 1998. [2] Ottone G., Le linee guida: qua lità clinica, organizzativa e gestionale, Mecosan 1997. Guido Baldessarelli è Dirigente sostituto il Servizio Economia sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. L’azione di marketing e i servizi per la salute Vittorio Curzel Liste di attesa troppo lunghe, screening con adesioni inferiori alle aspettative. Può il marketing dei servizi contribuire a orientare i servizi all’utenza e l’utenza ai servizi? Servizi pubblici per la salute “marketing oriented”? Non vi è alcun dubbio sul fatto che la salute sia un bisogno ampiamen te diffuso e condiviso. Ci si dovreb be dunque aspettare che gran parte della popolazione, se non tutta, adotti, nei comportamenti della vita quotidiana, atteggiamenti favorevoli alla salute. In realtà sappiamo che non è sempre così. Fra le cause di questa contraddi zione vi è anche una scarsa consa pevolezza degli effetti negativi per la salute di determinati comporta menti. Parlando poi della fruizione dei servizi sanitari si può constatare come non sempre vi sia un bilan ciamento ideale fra domanda e of ferta. Talvolta ci si trova di fronte a liste d’attesa insostenibilmente lun ghe, tal altra a iniziative, come scre ening per la prevenzione di deter minate patologie, che non otten gono l’auspicata adesione della cit tadinanza. I motivi di questo mancato in Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 contro fra domanda e offerta andreb bero forse cercati in errate analisi dei bisogni, espressi o potenziali, ma potrebbe esservi anche un in sufficiente o inefficace orientamen to dell’utenza alla fruizione dei ser vizi. A queste due prime osservazioni dovremmo aggiungere l’esigenza di un progressivo passaggio della Pub blica Amministrazione da un model lo “burocratico”, rivolto al mero adempimento di norme, a un mo dello “economico-aziendale”, indi rizzato al conseguimento dei risul tati e alla soddisfazione degli uten ti1 . Tale esigenza si basa sulla con statazione che l’approccio burocra tico-istituzionale, per quanto riguar da l’offerta di servizi pubblici (sto ricamente e tendenzialmente indi visibili, generali e collettivi) mostra tutta la sua inadeguatezza a fronte di una domanda che si diversifica, si sviluppa o si riduce, passando da una richiesta di carattere indistinto e generalista ad una di servizi divi sibili, e, per quanto possibile, for nibili “on demand” e modulabili “ad personam” in un quadro complessi vo di efficienza, efficacia e traspa renza amministrativa. Tale significativa modificazione nelle condizioni di cessione dei ser vizi pubblici ha varie cause. Fra que ste vi è senza dubbio il fatto che, se pur con variazioni anche note voli nei vari contesti territoriali, il servizio pubblico opera oggi in una situazione di concorrenza, potendo il cittadino/cliente scegliere fra va rie alternative nell’ambito della stes 61 Marketing dei servizi per la salute 62 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 sa offerta pubblica nonché fra pub blico e privato. Il cittadino inoltre ha preso co scienza del suo ruolo di finanziato re in quanto contribuente e sa di essere a pieno titolo parte interes sata (“stakeholder”) nel funziona mento e nel successo di un servizio pubblico così come lo sarebbe un azionista. Nel contempo sa di avere un ruo lo necessario e attivo nel rapporto di scambio di valore con la pubbli ca amministrazione che egli sostie ne. Tale scambio si concretizza sia con il pagamento di un prezzo (ana logamente a quanto accade per la fruizione di un servizio erogato da privati), che con un corrispettivo tariffario2 (per lo più per servizi in dividuali e divisibili) o tramite il ver samento di tributi (per la copertura finanziaria di servizi collettivi e in divisibili). Queste considerazioni hanno sug gerito a vari studiosi l’opportunità di ricercare le possibili analogie fra l’azione della pubblica amministra zione e quella delle aziende com merciali, per avvalersi (nelle fasi di produzione, promozione e distribu zione di beni e servizi), pur con le opportune modifiche, delle cono scenze ed esperienze sedimentate nel marketing d’impresa. Si noti che l’adozione di strumenti di marketing appare necessaria an che nei casi in cui persista una si tuazione monopolistica del servizio pubblico, sia per regolare o rivita lizzare la domanda di alcuni servi zi, che per adeguare ed equilibrare l’offerta alla domanda, per indivi duare e realizzare possibili econo mie di scala e sviluppare curve di esperienza al fine di migliorare l’ef ficienza. Parlando di marketing applicato all’operare della Pubblica Ammini strazione è necessario peraltro evi denziare alcune differenze. Nel con tempo si terrà anche conto che al cune organizzazioni come le Azien de sanitarie, pur non avendo fini di lucro, svolgono alcune attività pro duttive che, dal punto di vista del marketing, le rendono del tutto si mili ad aziende private e potrebbe ro pertanto essere interessate, in alcuni casi, ad utilizzare, per la pro mozione della propria immagine e delle proprie attività, anche tecni che tipiche del marketing tradizio nale. Se ci riferiamo ai prodotti di im prese commerciali, sappiamo che ciò che orienta l’acquirente è il biso gno di qualcosa che viene percepi to come indispensabile, necessario o quantomeno utile per sé, sia nel la dimensione individuale che nella vita sociale3 . Tale bisogno si traduce in uno stato di tensione verso la soddisfa zione del bisogno stesso, capace di organizzare la percezione della re altà e di orientare il ragionamento al fine di risolvere la situazione di mancanza. Bisogni fondamentali (come quello di nutrirsi) possono tradursi nel desiderio di qualcosa di specifico che possa soddisfarli (quel dato alimento piuttosto di un al tro). Riferendoci al marketing d’impre sa, potremmo dunque dire che i bi Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 sogni sono preesistenti e che il marketing cerca di influenzare i de sideri. A sua volta l’impresa, il cui sco po principale è di ottenere un pro fitto attraverso la produzione e lo scambio di beni e servizi, viene orientata dal mercato, nel senso che è il cliente, attraverso i suoi acqui sti (di beni e servizi capaci di sod disfare i suoi bisogni) a determina re il successo economico di un’azienda. Ne deriva che il raggiungimento degli obiettivi d’impresa presuppo ne tanto l’individuazione dei biso gni espressi dal mercato (inteso come insieme dei potenziali com pratori che condividono lo stesso genere di bisogni fondamentali e di desideri specifici), quanto la defi nizione dell’ampiezza di tali biso gni e la determinazione dei prodot ti e dei servizi (e piani d’azione per realizzarli) idonei a soddisfarli in modo più efficace ed efficiente del la concorrenza. In un processo produttivo di que sto tipo l’attività di marketing pre cede e accompagna la creazione del prodotto (bene o servizio) e deve proseguire anche oltre il momento della vendita, onde consentire i con trolli (di qualità del prodotto e di soddisfazione del cliente) e le even tuali modifiche. Si può dunque asserire che il con sumatore/utente di fatto condizio na l’intero processo di scambio: pri ma, durante e dopo. In questo senso il marketing è una modalità dell’azienda di rappor tarsi al mercato, un atteggiamento che prevede anche un particolare 63 Marketing dei servizi per la salute 64 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 modello di organizzazione e di ge stione aziendale. Certo non è l’uni co modo possibile. Infatti, a fianco dell’orientamento al marketing, che oggi tende a dif fondersi sempre più anche per l’espandersi della cosiddetta “e-eco nomy”4 e per la forte competizione presente nel mercato globale, sto ricamente si distinguono almeno altri tre tipi di orientamento azien dali: l’orientamento alla produzio ne (ispirato dalla convinzione che il consumatore preferisca prodotti standardizzati, diffusi, a basso co sto), l’orientamento al prodotto (dove si pensa che il cliente chieda soprattutto qualità e continui mi glioramenti del prodotto) e infine l’orientamento alla vendita (secon do il quale si ritiene il cliente vada convinto con azioni di promozione e di vendita aggressiva). L’orientamento al marketing dif ferisce da questi tre modelli in quan to non si basa su convinzioni pre concette, ma assume la centralità del cliente come principio guida delle politiche e delle decisioni aziendali. La soddisfazione del clien te diviene così lo strumento per conseguire gli obiettivi d’impresa (profitto) mentre la capacità di ri levarne e interpretarne correttamen te i bisogni e i desideri, cioè di as sumerne il punto di vista e di ascol to, diviene il presupposto del suc cesso aziendale. Certamente per una Pubblica Amministrazione l’obiettivo del pro prio esistere e operare non può es sere quello del profitto, ma piutto sto quello di raggiungere risultati di interesse generale, come un buo no stato di salute dei cittadini, nel rispetto dei principi fondamentali di eguaglianza, imparzialità, continui tà, diritto di scelta, partecipazio ne, efficienza ed efficacia nell’ero gazione dei servizi5. L’ “orientamento al marketing” può interessare un ente pubblico la cui azione sia finalizzata al conse guimento dei risultati e alla soddi sfazione degli utenti. In tal senso la Pubblica Amministrazione dovreb be apprendere e far propria la filo sofia e, almeno in parte, il processo gestionale caratteristici di un’impre sa “marketing oriented”, pur con tutti gli adattamenti necessari. Potremmo così riassume gli aspet ti principali di tale processo: i bi sogni del cittadino/cliente diven gono il punto di riferimento prima rio nella formazione di programmi e piani; l’ente si dota delle strutture e del personale idoneo a eseguire azioni di marketing (raccolta infor mazioni, analisi, pianificazione, at tuazione, verifica); l’ente è in gra do di elaborare strategie e piani in novativi anche per obiettivi di lun go periodo. Peraltro una Pubblica Amministra zione “marketing oriented” non si limiterà ad assumere come centrali i bisogni dell’utenza, ma attraverso il processo gestionale di marketing (marketing management) non solo produrrà analisi, pianificazione, realizzazione e controllo di pro grammi volti alla soddisfazione della domanda, ma potrà anche influen zare il livello, i tempi di manifesta zione e la composizione della do manda stessa. riscono l’opportunità di un approc cio “marketing oriented”. Per quanto riguarda l’ambito del la sanità pubblica, per comprende re quanto la gestione della doman da sia importante per il buon fun zionamento di un servizio sanita rio, basterà ricordare, a titolo di esempio, il problema delle liste di attesa oppure l’opportunità di in centivare un corretto utilizzo dei servizi della medicina di base sul territorio come pure la necessità di ridurre la spesa farmaceutica dovu ta ad un utilizzo non appropriato dei farmaci. In senso più generale, anche la scelta di porre la persona al centro degli interventi del Servizio sanita rio così come la necessità di elabo rare e promuovere progetti di salu te condivisi dalla comunità sugge Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Può il marketing d’impresa funzionare come modello per il marketing dei servizi pubblici? Cambiamenti cognitivi e d’azione rientrano certamente fra gli obiet tivi tradizionali del marketing d’im presa così come possono rappresen tare obiettivi da perseguire nel marketing dei servizi pubblici. L’opportunità di avvalersi del “know how” acquisito dal marketing e dalla comunicazione d’impresa non diminuisce peraltro la necessità di integrare tali conoscenze con ricer che ed esperienze maturate sul cam po della progettazione, produzione e promozione dei servizi da parte della pubblica amministrazione. È infatti necessario pervenire al l’elaborazione di strategie e stru menti specifici per il marketing dei servizi pubblici, pena la possibilità di mettere in atto iniziative tanto superficiali quanto costose, tanto inutili quanto irresponsabili, per gli effetti dannosi che possono avere. La valenza anche etica di tutte le attività connesse con la tutela della salute delle persone e della comunità, impone evidentemente un’attenzione ancor maggiore quan do si tratti di porre in atto iniziati ve di marketing pubblico in campo sanitario. Nell’ambito della funzione di marketing il momento conoscitivo (sistema informativo di marketing) assume un ruolo rilevante e preli 65 Marketing dei servizi per la salute 66 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 minare al processo decisionale. Nel marketing d’impresa (e, te nendo conto delle specificità, delle similitudini e delle differenze, an che nel marketing dei servizi) le informazioni da raccogliere riguarde ranno tanto aspetti interni all’azien da (vendite, clientela, costi, scorte e risultati economici) quanto aspetti inerenti il macro-ambiente (situa zione economico, politico, sociale, etc.) e il micro-ambiente di riferi mento (concorrenza, domanda, di stribuzione). Saranno inoltre con dotte approfondite ricerche di mer cato (quantitative e/o qualitative) riguardanti il prodotto (studi sull’immagine, la confezione, prove sui prodotti propri e della concorrenza, etc.), il mercato (quote di mercato effettive e potenziali, mercati di prova, canali di distribuzione), la pubblicità (ricerche sui media, sul l’efficacia delle campagne, sulle mo tivazioni d’acquisto dei consumatori, etc.). - - L’attività di pianificazione (pia no di marketing), attraverso la quale un’azienda commerciale definisce, da questo punto di vista, le linee generali del proprio sviluppo (e la propria collocazione nel mercato) si svolge attraverso varie fasi: a) fasi della pianificazione strategi ca: - analisi retrospettiva circa i risul tati delle attività pregresse; - analisi del macro-ambiente ri guardante le variabili esterne all’impresa e non direttamente controllabili, quali variabili so cio-culturali (stili di vita, cam biamenti culturali e nuovi valo - - ri, etc.), variabili tecnologiche (innovazioni dei processi produt tivi o dei prodotti, fasi del ciclo di vita del prodotto, …), variabili economiche (andamento dei consumi e degli investimenti, tassi di inflazione e di interes se, …) e variabili politiche e legislative (nuove leggi o regolamenti, norme che possono in fluenzare l’attività aziendale quali limitazioni o divieti, …); analisi del micro-ambiente ine rente la domanda (bisogni, pre ferenze, fasi del mercato), la concorrenza (prodotti, prezzi, iniziative pubblicitarie), la distribuzione (struttura, organiz zazione e localizzazione della forza vendita o dei punti di erogazione, copertura del merca to,...); analisi delle risorse disponibili, cioè delle risorse finanziarie, delle capacità produttive, dei mezzi logistici e commerciali; definizione della “mission”, vale a dire individuazione del ruolo dell’azienda nel mercato e nel l’ambiente di riferimento, in relazione allo sviluppo dell’attivi tà e all’identificazione dei biso gni che i suoi prodotti soddisfano; determinazione degli obiettivi, in scala di priorità e a partire dalla conoscenza dei punti di forza e di debolezza dell’azienda, in rap porto all’ambiente (compresa la concorrenza) e alle risorse dispo nibili; definizione delle strategie, in una prospettiva di medio-lungo pe riodo, per quanto riguarda i pro dotti (modifica o ritiro di pro dotti esistenti, lancio di nuovi), dopo aver suddiviso il mercato in gruppi di consumatori/utenti omogenei (segmentazione) 6 , aver scelto i segmenti- obietti vo (target-group) ed aver posi zionato il prodotto sul mercato (anche con riferimento ai pro dotti concorrenti); b) fasi inerenti la realizzazione ope rativa: - sviluppo dei programmi d’azione, per l’attuazione delle scelte stra tegiche sul breve periodo (un anno o meno) e definizione del ”marketing mix” (prodotto, prez zo, distribuzione, promozione); - valutazione dell’efficacia, trami te controlli sull’attuazione dei programmi strategici e dei piani operativi annuali, feed back sulle varie fasi e attivazione di even tuali azioni correttive. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Il marketing dei servizi: le sue specificità Sebbene la produzione di servizi rap presenti il principale comparto del sistema economico dei paesi avan zati, soltanto in tempi relativamente recenti lo studio e la riflessione teorica si sono estesi anche al marketing dei servizi ed hanno ini ziato a considerare le attività svol te anche da organizzazioni senza fini di lucro, pubbliche o private.7 Pur riconoscendo che sia i beni materiali che i servizi possono in tendersi come prodotti, in quanto capaci di soddisfare un bisogno (cioè in quanto “offerta” rispetto ad una “domanda” esistente o poten ziale) e tenendo conto che ogni or ganizzazione cerca gli strumenti e le azioni più efficaci per accrescere il consenso verso la propria attività e l’interesse verso i propri prodotti, va tuttavia evidenziato che un ap 67 Marketing dei servizi per la salute 68 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 proccio di marketing ai servizi ri chiede l’elaborazione di strategie e un utilizzo del “marketing mix” par ticolari e specifici. Così come si dovranno conside rare le diverse situazioni, interne e di mercato, che ogni singolo ente si troverà ad affrontare, nel perse guire i propri specifici obiettivi, a seconda, per esempio, che si tratti di organizzazione di carattere pub blico o privato, che tale organizza zione produca o meno servizi fina lizzati alla vendita, che vi sia da parte del cittadino un esborso di retto al momento dell’erogazione del servizio, piuttosto che indiretto e spostato nel tempo attraverso il si stema della tassazione. È chiaro che l’estensione del con cetto di marketing a tutte le orga nizzazioni pubbliche o private, profit o no-profit8, da una parte moltipli ca i soggetti e i prodotti che pos sono essere interessati da attività di marketing, ma dall’altra compor ta la necessità di individuare i com piti che di volta in volta il marke ting viene ad assumere. Nel caso delle organizzazioni sen za fine di lucro l’ambito di azione (ma anche di studio e di ricerca) riguarderà, fra gli altri, ambiti come l’acquisto e la fruizione di beni o di servizi pubblici da parte del consu matore, le politiche di prodotto, di prezzo, di distribuzione e di promo zione, il quadro istituzionale e nor mativo inerente la produzione di beni pubblici e la loro promozione, l’impatto della pubblicità sociale (come, in Italia, le campagne “Pub blicità Progresso”) sui comporta menti o della pubblicità politica sul voto, l’efficienza dei sistemi distri butivi, la valutazione e i limiti del le azioni di marketing. Per quanto riguarda il tema af frontato in questo scritto, tornan do al ragionamento su similitudini e differenze fra marketing d’impre sa e marketing dei servizi pubblici, possiamo in ogni caso dire che nell’uno e nell’altro caso i soggetti pro duttori di beni e servizi: - devono fare i conti con risorse a disposizione (di personale e finan ziarie) limitate; - la loro gestione deve essere effi cace ed efficiente; - devono cercare di raggiungere i propri obiettivi; - operano in un ambiente competi tivo. Le caratteristiche che invece con traddistinguono nello specifico le organizzazioni no-profit (come un’azienda sanitaria locale) sono essenzialmente le seguenti: - operano in un contesto in cui coloro che forniscono i finanzia menti non sempre coincidono, in maniera diretta, con coloro che fruiscono dei servizi. A essi si ag giungono peraltro altri pubblici che possono influenzare comun que le attività dell’organizzazio ne9 ; - lo scopo primario non è il profit to, ma finalità diverse e non sem pre convergenti come, per esem pio, soddisfare contemporanea mente un bisogno sociale, l’esi genza di contenimento della spe sa e un indirizzo politico; - la struttura organizzativa ha spes so un carattere burocratico con una gerarchia di ruoli complessa, non di rado con difficoltà di defi nizione delle responsabilità e vin coli amministrativi che rallenta no i processi decisionali e l’ope ratività. Ricordando anche che l’erogazio ne di un servizio potrà essere lega ta o meno a un prodotto fisico e che un servizio potrà essere offerto anche insieme ad altri “servizi au siliari” in un “pacchetto di servi zi”10, si dovrà sottolineare il fatto che la produzione e fruizione di ser vizi ha caratteristiche del tutto pe culiari quali ad esempio l’intangi bilità (o immaterialità), l’insepara bilità, la grande eterogeneità, l’im possibilità di creare stock di magaz zino. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Ciò rende possibili, innanzi tut to, le seguenti tipologie di azioni di marketing dei servizi: - adattare il servizio alle esigenze degli utenti: la contestualità tra produzione e fruizione di un ser vizio rende possibili “servizi su mi sura”, personalizzati anche in base ad una “profilazione” 11 del clien te. Il controllo del livello di sod disfazione dell’utenza, così come la capacità di ascolto e la raccol ta di suggerimenti e reclami sono in ogni caso strumenti importan ti per migliorare la qualità del ser vizio; - prestare attenzione agli elementi tangibili associati al servizio: l’am biente in cui il servizio viene ero gato, l’abbigliamento, l’atteggia mento e la capacità dell’operato re di comunicare con l’utente e altri elementi tangibili possono essere considerati dal cittadino come aspetti su cui valutare la qualità della prestazione. E’ dun que importante una loro accurata gestione; - rappresentare tangibilmente il ser vizio: attività di comunicazione che illustrino i benefici che si pos sono trarre dalla fruizione, crea zione di marchi di prodotto, ela borazione di strategie di diffe renziazione anche attraverso la distribuzione di beni tangibili (come pubblicazioni, opuscoli il lustrativi o gadget) possono in crementare la fiducia del cittadi no/cliente; - riequilibrare domanda e offerta: l’impossibilità di immagazzinare servizi comporta la necessità di regolare per quanto possibile il 69 Marketing dei servizi per la salute 70 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 flusso della domanda e nel con tempo di rendere più flessibile la produzione. Azioni di riequilibrio possono essere intraprese sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta (vedi paragrafo succes sivo). È interessante notare come in tale prospettiva l’utente può essere par te attiva nella produzione-erogazio ne del servizio (controllo di quali tà, definizione di servizi persona lizzati, self-service). Questa integra zione delle funzioni consumatore/ produttore va nell’auspicata direzio ne dell’empowerment della popola zione e della corresponsabilizzazio ne del cittadino-utente nella gestio ne della propria salute e nella ge stione del servizio sanitario pubbli co12. Ciò peraltro implica una maggio re attenzione alla formazione e al l’aggiornamento del personale che opera a contatto con l’utenza, al quale dovrebbe essere fornita una preparazione almeno di base nell’ambito della comunicazione e del marketing dei servizi. Nel contem po l’Ente, nell’ottica del marketing interno, dovrà considerare i propri dipendenti come acquirenti del si stema dei valori aziendali, poiché solo se essi condivideranno tali va lori, saranno invogliati a svolgere le proprie mansioni nel modo mi gliore. Il marketing e la gestione della domanda di servizi pubblici per la salute Come è noto il marketing si propo ne prima di tutto di influenzare le caratteristiche e i tempi di manife stazione della domanda. Così come in qualsiasi altro am bito della fornitura di beni e servi zi, anche nel campo della salute ci si potrà trovare di fronte a queste tipologie di domanda: a) domanda negativa, assente o in sufficiente: quando la popolazione tendenzialmente rifiuta il prodotto/ servizio oppure manifesta disinte resse (come talvolta succede, per esempio, nel caso di campagne di vaccinazione o di screening). Una domanda insufficiente rispetto alla capacità di erogazione produce un sottoutilizzo del servizio, con con seguente spreco di risorse (e possi bili danni a carico della salute). Le ragioni di una domanda insufficiente possono essere molteplici: mancan za di un’informazione adeguata (dal punto di vista del messaggio, del mezzo, del luogo o del tempo della comunicazione); sopravvalutazione della domanda o errata interpreta zione delle aspettative; qualità in sufficiente del servizio offerto e conseguente allontanamento del l’utenza. Si cercherà quindi di analizzare e comprendere i motivi del rifiuto o dell’indifferenza, per produrre poi azioni che favoriscano modifiche in positivo delle conoscenze e degli atteggiamenti dei cittadini. Se ne cessario si dovrà anche procedere ad una “revisione” del servizio, per poi avviare una campagna promo zionale come se si trattasse di un “nuovo” servizio; b) domanda latente: quando nessun prodotto/servizio esistente soddisfa una domanda diffusa fra la popola zione. Misurate le dimensioni di questo mercato potenziale si valu terà l’opportunità di sviluppare i servizi per soddisfare tale doman da. Un’attenzione particolare va evidentemente rivolta alla eventua le domanda latente di servizi nel campo della salute, trattandosi di un ambito di prioritario interesse pubblico, in quanto coerente con l’obiettivo generale del raggiungi mento di più elevati livelli di quali tà della vita della cittadinanza; c) domanda eccessiva: quando la ri chiesta supera, sistematicamente o quantomeno per periodi piuttosto lunghi, il livello di capacità di ero gazione e quindi le possibilità di soddisfarla. Se, per vari motivi strut turali (insufficienti risorse umane, tecnologiche, economico-finanzia rie, etc.), non si ritiene possibile Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 aumentare la produzione di quel dato bene o servizio, o qualora si valuti che la domanda sovrabbon dante sia impropria rispetto alle fun zioni istituzionali della pubblica amministrazione, si dovranno adot tare azioni di “demarketing” (anche selettive, rivolte cioè a quei gruppi di consumatori che si ritiene pre sentino minori necessità di quel servizio) per ridurre la domanda. Gli strumenti utilizzabili possono essere l’aumento dei prezzi/tariffe (per tutti o solo per alcune categorie di utenti), una riduzione delle attività di promozione o un’attività di co municazione finalizzata a illustrare eventuali alternative nell’offerta o a persuadere gli utenti a verificare autonomamente se la propria richie sta corrisponda ad un effettivo bi sogno. Si dovrà in ogni caso consi derare che ogni tentativo di ridu 71 Marketing dei servizi per la salute 72 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 zione della domanda, qualora non si abbiano (o non si sia capaci di comunicare) ragioni inoppugnabili per motivarla, tenderà comunque a riverberarsi negativamente sull’im magine dell’ente. Sarebbe pertanto opportuno valutare possibilità alter native quali: sviluppo di servizi com plementari che permettano di ge stire meglio la domanda sovrabbon dante riducendo i costi non mone tari (per es. diminuzione dei tempi d’attesa); azioni volte a coinvolge re l’utente nella coproduzione del servizio (qualora vi sia la possibili tà di semplificare alcune fasi del l’erogazione attraverso procedure automatizzate o self service, per es. nella prenotazione o nel pagamen to del servizio); azioni di coinvol gimento della cittadinanza in ero gazioni aggiuntive (per es. attraver so il ricorso al volontariato, là dove possibile); d) domanda irregolare: quando si verificano ricorrenti momenti di sot toutilizzo e/o di sovrautilizzo del servizio, perché la domanda si pre senta con intensità diversa (in rap porto a differenti fasi orarie, gior naliere, stagionali, annuali) o co munque in modo non sincronico con l’andamento fisiologico della orga nizzazione dell’offerta, solitamente regolare e poco flessibile. Si attue ranno allora attività di “syncro marketing” per influenzare i tempi di consumo, attraverso azioni di comunicazione persuasiva/dissuasi va per indurre nuovi comportamen ti nell’utenza (per es. illustrando i vantaggi ottenibili dal fruire il ser vizio in periodi di minore richiesta); attraverso efficienti sistemi di pre notazione; attraverso l’uso flessibi le del prezzo/tariffa o attraverso la proposizione di incentivi o la crea zione di pacchetti di servizi aggiun tivi al servizio base, per utenti che decidono di usufruire del servizio nei periodi di minore afflusso (con la possibilità di attirare così anche nuovi segmenti di utenza). E’ chia ro che, per quanto riguarda i servizi per la salute, buona parte di tali strategie potranno essere applicate soltanto nei casi in cui la soddisfa zione della domanda potrà essere trasferita in momenti di minor af follamento del servizio senza dan no per l’utente. Certo non è questo il caso di molti servizi connessi con la diagnosi e la cura (nonostante sia proprio in tali ambiti che non di rado si hanno liste d’attesa inso stenibilmente lunghe), ma può es serlo efficacemente per esempio nel caso di alcune attività di preven zione e di riabilitazione. Esiste evidentemente anche il caso di una domanda nociva: quan do la domanda si rivolge a prodotti nocivi per la salute come le droghe, il fumo, l’alcool, etc. Azioni di “con tromarketing” avranno come obiet tivo la riduzione o, per quanto pos sibile, l’azzeramento di tale doman da. Per quanto riguarda la fonte del la domanda di servizio potremo tro varci di fronte a: a) domande individuali: quando il servizio è richiesto da un cit tadino o da un qualsiasi sog getto pubblico o privato (per esempio un’azienda zootecnica nel caso della medicina veteri naria); b) domande collettive: quando la richiesta attiene a servizi di cui la comunità fruisce in modo in distinto (per es. il controllo della potabilità dell’acqua o dell’inquinamento ambientale); c) domande socialmente organiz zate: quando i servizi sono ri chiesti da particolari gruppi di popolazione, da rappresentan ze organizzate o di categoria o da gruppi di interesse colletti vo (per es. visite sanitarie di routine o campagne di sicurez za dell’ambiente di lavoro per particolari gruppi di lavorato ri); Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 d) domande a carattere misto: quando la domanda proviene dalla collettività e riguarda fa sce estese della popolazione, ma il servizio viene fruito indi vidualmente (per es. il servizio di assistenza domiciliare per gli anziani o l’invio di informazio ni mirate a segmenti della po polazione come i portatori di handicap). Nell’ambito del marketing appli cato ai servizi sanitari appare di par ticolare interesse l’analisi dei costi che il pubblico percepisce come valore da pagare per acquisire un dato servizio e il correlato benefi cio. Tali costi potranno essere non soltanto economici, ma anche psi cologici (come quando è richiesto di cambiare opinioni e/o compor tamenti abituali o profondamente radicati, per es. rispetto ai farma ci), di tempo e di energia (distanza dell’ambulatorio, difficoltà burocra tiche, etc.). In generale i benefici ricevuti in cambio saranno fondamentalmente di tre tipi: economici (beni e servi zi), sociali (stima, approvazione, riconoscenza,…) e psicologici (au tostima, gratificazione, sicurez za...). Nel caso dei servizi per la salute un beneficio di carattere ge nerale quale il ristabilire o il con servare uno stato di benessere fisi co e psicologico, si antepone e rias sume tutti gli altri benefici. Il marketing dei servizi farà dun que leva sull’aumento del livello di soddisfazione e sulla diminuzione dei costi percepiti, in un contesto 73 Marketing dei servizi per la salute di gestione efficace ed efficiente, tendendo al miglior utilizzo possi bile delle risorse in relazione agli obiettivi, alle opportunità offerte dal mercato (inteso come anche macro ambiente di riferimento) e ai fattori ambientali contingenti. 74 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Nell’ambito delle attività finaliz zate a favorire l’incontro fra doman da e offerta di servizi sanitari non ché la riduzione dei costi percepiti da parte dei cittadini, appaiono di grande interesse le iniziative sperimentali adottate da alcuni studi associati di medicina generale, sia nella città capoluogo che nelle val li trentine. Tali iniziative consento no agli assistiti, per esempio, di prenotare le visite ambulatoriali via e-mail oppure di fruire di un ambu latorio aperto otto ore al giorno, grazie alla rotazione dei medici. Si noti come ciò possa non solo mi gliorare il servizio, ma anche com portare un minor ricorso al pronto soccorso (con beneficio sia per gli utenti che per le strutture ospeda liere) e possa favorire in prospetti va una maggior integrazione fra i medici associati, con un proficuo continuo scambio di esperienze e competenze professionali, a vantag gio anche della precisione della dia gnosi e della appropriatezza della cura. Nel marketing dei servizi pubbli ci la comunicazione con il pubblico ha un ruolo determinante. Sulla base delle ricerche di marketing e delle scelte strategiche successive si de termineranno infatti gli obiettivi della comunicazione e il mix pro mozionale, individuando i destinatari, elaborando il messaggio, sce gliendo i canali, i tempi e i luoghi della comunicazione. Sono essenzialmente tre gli obiet tivi che si possono assegnare ad un’attività di comunicazione: accrescere la conoscenza e la con sapevolezza, stimolare modifiche di opinioni/atteggiamenti, indurre particolari comportamenti desidera ti. Le attività di comunicazione an dranno pianificate seguendo queste fasi: - analisi della situazione e segmen tazione: si segmenta il mercato per poter individuare nella popo lazione i gruppi obiettivo (target) più appropriati in relazione alle caratteristiche demo-socio-psico grafiche degli utenti, alla perce zione del prodotto e della concor renza, alla fase del ciclo di vita del prodotto/servizio, alle poten zialità del mercato13, agli obiet tivi dell’ente o dell’azienda, al l’ambiente socio-economico, ai vincoli normativi, alle risorse fi nanziarie disponibili per la cam pagna di comunicazione; - definizione del target e degli obiet tivi: viene precisato l’obiettivo, il grado di cambiamento atteso, i tempi necessari; - definizione delle strategie: vengo no individuati gli strumenti da utilizzare (mix promozionale: pub blicità, pubbliche relazioni, pro mozione vendite, etc.) e le relati ve scelte tattiche (p.es nel caso della pubblicità: elaborazione del contenuto e della forma del mes saggio, dei supporti per veicolar Infosanità 12: “Guida ai servizi per le persone in situazione di handicap”, a cura di Sergio Poli La Collana Infosanità è dedicata all’informazione istituzionale nell’ambito del Progetto “Comunicazione per la salute” della Provincia Autonoma di Trento. lo, dei canali e dei tempi per la diffusione…); - valutazione: vengono effettuati test ex-ante su scala ridotta, sul l’efficacia della campagna (del messaggio, dei canali, etc) in iti nere, ex-post per valutare i risul tati complessivi. Nonostante com portino costi notevoli tali valuta zioni sono di grandissima utilità per consentire correzioni tempe stive nel caso si riscontrino risul tati insoddisfacenti della campa gna. Non si deve comunque sottova lutare il fatto che anche gli altri strumenti del marketing (prodotto, prezzo, distribuzione) svolgono di fatto, funzioni comunicative. Il prodotto infatti non è solo qual cosa di tangibile (con particolari caratteristiche sostanziali e forma li, un livello qualitativo, una “mar ca” e una “confezione”), ma è al contempo “metaprodotto” capace di comunicare al consumatore anche Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 un insieme di aspetti intangibili (concetti, valori simbolici, associa zioni psicologiche, modi di vedere il mondo…) che derivano non solo dal prodotto, ma anche dai servizi offerti dall’azienda, dall’immagine della stessa, etc. Il prezzo incide sulla valutazione del prodotto, è o può essere inter pretato come indice della sua qua lità, ma anche come segno di sta tus o di potere per il consumatore. Il prezzo può essere inoltre consi derato eccessivo, ancor più se som mato ad altri costi della transazio ne (tempi, distanze, etc.). Infine nell’ambito della distribu zione il personale di contatto inte ragisce con l’utente con modalità verbali e non verbali: può comuni care o meno efficienza e competen za, fiducia e disponibilità, mentre l’ambiente può essere più o meno confortevole, accogliente e funzio nale, influenzando così l’immagine di affidabilità dell’azienda. Non si deve dunque trascurare l’importanza delle connotazioni sim boliche che la comunicazione di marketing può veicolare. La maggior parte degli scambi implica infatti sia aspetti utilitaristici che aspetti simbolici fra loro difficilmente se parabili. Le motivazioni che muo vono il consumatore all’acquisto o il cittadino alla fruizione di un ser vizio, generalmente non dipendono soltanto dalle caratteristiche tan gibili del prodotto, ma anche da valori simbolici connessi allo stes so o al suo utilizzo. Il prodotto vie ne così ad assumere, accanto a fun zioni d’uso, anche funzioni di espressione del sé nonché di me 75 Marketing dei servizi per la salute 76 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 diazione, rinforzo o sostituzione di interazioni sociali14. Tanto che, in una prospettiva semiologica, i beni e i servizi, connotati anche dai mol teplici significati loro attribuiti dalle attività di promozione e da altri pro cessi culturali e sociali, si presen tano “soprattutto come un sistema di comunicazione per la produzio ne, la trasmissione e lo scambio di messaggi”15. In questo senso tutti i prodotti sono portatori di un si gnificato la cui interpretazione ed esplicitazione (attraverso gli stru menti della semiotica) potrebbe consentire una più efficace scelta dei concetti da veicolare in una cam pagna promozionale e potrebbe fa cilitare l’individuazione degli ele menti - da utilizzare nella comuni cazione - che costituiscono l’origi nalità e la “peculiarità semantica” di un dato bene o servizio nonché le differenti espressioni di senso (complementari e non contraddit torie) utilizzabili sui vari media per promuoverlo. Pur nella loro evidente specifici tà d’ambito i servizi per la salute non possono essere ritenuti del tut to esenti da queste considerazioni. Si pensi per esempio al fatto che determinate richieste di attivazio ne di servizi sul territorio, quali ambulatori specialistici, reparti ospedalieri o altre strutture socio sanitarie, da parte di amministra tori e comunità locali, potrebbero talvolta derivare da cause diverse da un effettivo bisogno (a cui tal volta si può comunque più effica cemente rispondere con strutture centralizzate o comunque in un con testo di “rete” territoriale), dato che la presenza di tali strutture può es sere connotata anche con valori simbolici connessi al prestigio po litico di un amministratore, al con senso sociale, a questioni di cam panilismo e di localismo esaspera to. Va anche detto che parte del si gnificato di cui un dato prodotto è portatore può derivare dalle relazioni instauratesi con altri prodotti, che potrebbero anche non essere di tipo funzionale, ma costituirsi in rap porto di complementarità simboli ca nell’ambito di determinati ruoli o situazioni sociali16. Questo, nella elaborazione di una strategia di marketing può suggerire di tenere conto di quali siano i legami di con sumo, cioè dell’insieme di prodotti (beni e/o servizi) utilizzati per sod disfare un determinato bisogno e le regole di combinazione che li col legano, come pure quali caratteri stiche di un determinato prodotto rimandino alla categoria dei prodotti simili. La comprensione di tali rela zioni può risultare di grande utilità nella segmentazione del mercato e nella definizione del target, così come nel design e nel posizionamen to o riposizionamento di un prodotto e nella definizione delle strategie di comunicazione. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Il marketing come strumento di legittimazione e di equilibrio economico nella gestione dei servizi. La legittimazione di un ente pub blico, si è detto, non può più fondarsi soltanto sulla coerenza formale dell’operare amministrativo con le norme vigenti, ma anche sul rispet to sostanziale di un contratto pat tuito con il cittadino “cliente” (in quanto dotato di capacità sogget tiva di scegliere fra enti erogatori diversi, pubblici e privati) e “azio nista” (in quanto contribuente), circa l’erogazione di servizi, in un rapporto fra produttore e utente di convenienza, utilità e soddisfazio ne. Se si è d’accordo con tale enun ciato di principio allora si dovrà gio coforza convenire che la capacità di fornire servizi pubblici adeguati (qualitativamente e quantitativa mente) alla domanda dei vari seg menti della popolazione, passa ne cessariamente attraverso la capaci tà della pubblica amministrazione di leggere, interpretare e prevedere (e se necessario orientare) i biso gni della cittadinanza, nonché di progettare e implementare i servizi idonei, tenendo conto anche del l’evoluzione dei connessi assetti istituzionali, organizzativi, produt tivi. L’azione di marketing applicata ai servizi erogati dall’ente pubblico, anche nel campo della salute e del l’assistenza sanitaria, risponde dun que a questa specifica esigenza di legittimazione. Nel contempo l’introduzione de 77 Marketing dei servizi per la salute 78 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 gli strumenti previsionali e di ana lisi della domanda propri del marke ting può contribuire significativa mente alla razionalizzazione dei ser vizi e a un loro corretto dimensio namento, riducendo inefficienze e sprechi e promuovendo l’equilibrio economico. Anticipando la domanda tali stru menti consentono, per esempio, di attrezzare per tempo le strutture con le tecnologie, la formazione del per sonale e le modifiche organizzative necessarie per un miglioramento nell’erogazione dei servizi (si pensi a questo proposito alla rilevanza e nel contempo alle difficoltà incon trate nell’introduzione delle tecno logie telematiche in ambito sanita rio), così come possono contribuire a una redistribuzione guidata della domanda e all’adozione di modalità di erogazione dei servizi più flessi bili (per esempio per quanto riguar da la gestione delle liste di attesa). Tutto questo nell’ambito di un miglioramento continuo della qua lità che, d’altra parte, per quanto riguarda il Trentino, l’Azienda pro vinciale per i Servizi sanitari, indi ca come una delle tre direttrici stra tegiche aziendali17, accanto alla pro mozione della salute e alla gestio ne aziendale, anch’essi, spazi di auspicabile azione del marketing dei servizi, che si configura pertanto come strumento trasversale nelle varie fasi di progettazione, produ zione, promozione, distribuzione e valutazione18, strumento della cui utilità ormai nessuno più dubita e a cui non ha davvero senso rinun ciare. NOTE 1 Su questo tema e sulle sue im plicazioni nelle attività di co municazione pubblica nell’am bito della salute, vedi anche V.Curzel, Information & Commu nication Technology nella Comu nicazione per la salute, in Pun to Omega, Nuova Serie, Anno I, n.1, Provincia Autonoma di Trento, 1999 2 La “tariffa” si applica a uno scambio laddove, per scelte di carattere politico-economico sociale (in considerazione di priorità imprescindibili connes se ai bisogni della popolazio ne), i ricavi per la P.A. sono uguali o inferiori ai costi so stenuti. La logica sottesa è quella del rapporto costi-bene fici. Il “prezzo” è l’espressione di una transazione ove i ricavi sono uguali o maggiori rispet to ai costi. In tal caso il rap porto di scambio si basa sullo stretto calcolo economico e sul confronto fra i prezzi di servizi analoghi offerti da enti pubblici e/o privati concorrenti. 3 Secondo la nota teoria di Maslow possiamo raggruppare i bi sogni in cinque grandi catego rie, in ordine gerarchico cre scente: fisiologici, di sicurez za, di appartenenza, di stima, di autorealizzazione. Man mano che vengono soddisfatti i biso gni appartenenti a un dato li vello l’individuo sente la neces sità di soddisfare quelli appar (vol. 35, luglio 1971) dello stesso Journal of Marketing si occupa del ruolo che il marke ting può assumere in riferimento ai cambiamenti sociali e am bientali, riportando anche un articolo di P.Kotler e G.Zaltman (“Social Marketing: An Approa ch to Planned Social Change”, pagg. 3-12) dove si introducono il concetto di marketing so ciale e le possibili applicazioni per la soluzione di problemi so ciali. A testimonianza della crescen te diffusione, in primis nel Nord America, del marketing dei ser vizi anche in ambito sanitario si può citare la nascita negli anni ’80 di riviste specializza te come il Journal of Health Care Marketing o il Journal of Ho spital Marketing. tenenti al livello gerarchico superiore. 4 Vedi D.F.Aldrich, P.Masera, Il Mercato digitale. Strategie e mo delli per dominare la nuova eco nomia, Ed. Il Sole 24 ORE, Mi lano, 2000. 5 Cfr. Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27.1.1994 “Principi sull’erogazione dei ser vizi pubblici”, G.U. 22.2.1994, n.43 6 Per una sintesi del concetto di segmentazione, con particola re riferimento alla comunicazione e al marketing pubblico per la salute, si veda V.Curzel, “Pro mozione della salute e Marke ting sociale”, in Punto Omega – Quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino, anno 3, n. 5/6, Provincia Autonoma di Trento, 2001, pagg. 46-47. Per un approfondimento vedi G. Fiorentini, “Il Marketing dello Stato”, Editrice Bibliografica, Milano 1995, pagg. 39-78 7 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 L’estensione del campo di ap plicazione del marketing oltre il mondo dell’impresa viene proposta per la prima volta da P.Kotler e S.J.Levy in un arti colo (“Broadening the concept of marketing”) pubblicato nel 1969 sul Journal of Marketing (vol.33 – January, pagg. 10 15). Al tema viene dedicato un convegno dell’American Marke ting Association dell’anno suc cessivo e un intero numero 8 “opera secondo una logica di marketing ogni organizzazione che cerchi di conseguire una risposta nei confronti di una qualche offerta”, P.Kotler, Marketing Management, ISEDI, Torino 1986. Secondo lo stesso Autore l’essenza del marketing è nello scambio di valori tra due parti. La transazione non necessariamente è di tipo econo mico e la risposta all’offerta potrebbe essere anche intangi bile come una modifica com portamentale o l’adesione a una determinata idea, o un senti mento di gratitudine o di con senso, etc. 9 J.L. Crompton e C.W. Lamb 79 Marketing dei servizi per la salute 80 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 (Marketing Government and So cial Services, J.Wiley & Sons, New York, 1986) distinguono gli interlocutori di un servizio pubblico in pubblici primari (i clienti e i dipendenti del servi zio, i sostenitori, l’opinione pubblica), secondari (responsa bili amministrativi e politici, concorrenti e fornitori) e ter ziari (mass media, organizzazio ni sindacali e di categoria, gruppi d’interesse, etc.) 10 Per esempio, parlando di servi zi sanitari, il servizio centrale in un ospedale sarà costituito dalla prestazione terapeutica, mentre saranno servizi periferi ci l’atteggiamento degli opera tori sanitari e la loro capacità di comunicare con il paziente/ utente, il servizio “alberghie ro”, il comfort dell’ambiente, il servizio prenotazioni, il servi zio reclami... Si noti che nelle situazioni competitive in cui i servizi centrali offerti da diver si enti pubblici e/o privati sono sostanzialmente simili, la dif ferenziazione (il vantaggio competitivo) e la preferenza degli utenti potrebbero giocar si proprio sui servizi periferici. 11 Per esempio, nella erogazione di servizi interattivi on line da parte di portali web, è sempre più diffusa la possibilità di ac cedere a servizi personalizzati, sulla base di un profilo cliente costruito con i dati raccolti nel corso delle precedenti visite al medesimo sito da parte di quel dato utente. Ciò apre peraltro non pochi interrogativi nell’am bito della tutela della privacy e dell’utilizzo dei dati personali in tal modo raccolti. 12 Il concetto di “empowerment” ricorre in numerosi documenti OMS. Cfr. “Health21: La salute per tutti nel 21° secolo” (1998), “Carta di Ottawa per la promo zione della salute” (1986), “Di chiarazione di Atene sulle Città Sane” (1998), “Carta di Lubia na sulle Riforme della Sanità” (1996) ed altri precedenti documenti OMS, pubblicati, nella versione italiana”, sui numeri 2/3 (Agosto 2000) e 5/6 (Ago sto 2001) di “Punto Omega – Quadrimestrale del Servizio sa nitario del Trentino, Provincia Autonoma di Trento. Lo svilup po della consapevolezza e del le capacità dei singoli e del l’azione della comunità verso comportamenti favorevoli alla salute è peraltro un obiettivo generale del Piano Sanitario Na zionale, del Piano Sanitario del la Provincia Autonoma di Tren to, del Programma di Sviluppo Strategico dell’Azienda Provin ciale per i Servizi Sanitari del Trentino. 13 Si può dire che anche per le opi nioni, le abitudini, gli atteg giamenti e i comportamenti vi siano delle “tendenze di mer cato”, e quindi che il successo di un’azione di marketing sia condizionato dalla presenza di una domanda latente coerente con i contenuti di una deter minata campagna. Ad esempio una campagna per il corretto utilizzo dei farmaci in casa avrà maggiori probabilità di succes so in un contesto sociale già positivamente orientato ad un comportamento proattivo nei confronti della salute e al rispetto dell’ambiente. tonoma di Trento, “Programma di Sviluppo Strategico”, Trento, 2001, pagg. 29 e segg. 18 Vedi anche Serena Cascioli, Il Marketing strategico nei Servizi sanitari – La filosofia e gli stru menti operativi, Franco Angeli, Milano, 1999. 14 Vedi R.H. Holman, Advertising and Emotionality, in W.D. Hoyer & W.R.Wilson e & R.A.Peterson, The Role of Affect in Consumer Bahavior, Lexington Books, Lexington, Massachussetts – Toronto, 1986 15 V. Codeluppi, Consumo e comu nicazione, Franco Angeli, Mila no, II ed. 1990, cit. in S. Tam borini, Marketing e Comunica zione sociale, Editori di Comu nicazione – Lupetti, Milano, 1996 16 Secondo M.R. Solomon e H.Assel (The Forest or the Tre es?: A Gestalt Approach to Sym bolic Consuption, in J.U.Sebeok, a cura di, Marketing and Semio tics. New Directions in the Stu dy of Signs for Sale, Mouton de Gruyter, Berlin-New York-Am sterdam, 1987) i consumatori definiscono, rappresentano e comunicano i propri ruoli so ciali attraverso gruppi di pro dotti (“product costellation”), marche e/o attività di consu mo complementari. 17 Cfr. Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Provincia AuProvincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Vittorio Curzel è Direttore con incarico speciale per la comunicazione e l’informazione presso il Servizio Programmazione e ricerca sanitaria della Provincia Autonoma di Trento. 81 L’assistenza domiciliare integrata nei distretti sanitati del Trentino Giuseppe Penasa, Elio Ottaviano, Renzo Nardelli, Francesco Venturini, Ugo Pitton Le esperienze nelle diverse realtà territoriali della provincia di Trento L’Assistenza Domiciliare Integrata nel Distretto Sanitario di Trento - Valle dei Laghi L’inquadramento teorico e normati vo del concetto di integrazione so ciosanitaria. Senza addentrarsi in maniera appro fondita nel tema dell’integrazione sociosanitaria, o meglio dell’integra zione fra assistenza sanitaria e at tività socio-assistenziali appaiono opportune, per la comprensione del le esperienze svolte nel Trentino, alcune considerazioni di carattere generale. Con la costituzione delle unità sanitarie locali, di cui alla riforma sanitaria del 1978, l’integrazione tra assistenza sanitaria e attività so cio-assistenziali, veniva perseguita in Trentino attraverso la “scelta isti tuzionale”, affidando cioè alla USL anche la gestione di parte del com parto assistenziale in un contesto, comunque, di carenza programma toria specifica. Con la riforma provinciale dell’as sistenza – L.P.14/91 – si è decisa 82 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 la separazione istituzionale e gestio nale dei due comparti senza tutta via introdurre, al di là di generiche previsioni normative, strumenti e meccanismi di integrazione tra as sistenza sanitaria e attività socioassistenziali. Anche la legislazione provinciale di riforma del servizio sanitario pro vinciale – L.P. 10/93 – non intro duce elementi innovativi e propul sivi per lo sviluppo dell’integrazio ne socio – sanitaria, al di là di una generica enunciazione di principio e della previsione di periodici in contri, a livello distrettuale, fra i repsonsabili dei servizi sanitari e quelli dei servizi sociali (art. 40). La svolta in questo settore viene da due documenti nazionali: il Pia no sanitario 1998-2000 e il D. Lgs. 229/99. Il primo, oltre ed enfatizzare la finalità dell’integrazione come rispo sta unitaria ai bisogni complessivi della persona, individua i tre livelli basilari dell’integrazione - istituzio nale, gestionale e professionale – e gli strumenti per realizzarla. Il secondo individua e regolamen ta le prestazioni sociosanitarie (scritto senza trattino per sottoli nearne l’unitarietà) definendo come tali “…tutte le attività atte a sod disfare , mediante percorsi assisten ziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unita riamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in gra do di garantire anche nel lungo pe riodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione” (D. Lgs. 229/99 art. 3 – septies). In perfetta sintonia e coerenza con detti documenti si colloca la L.P: 6/98 che ha istituito e codifi cato un importante strumento di integrazione sociosanitaria: l’Unità Valutativa Multidisciplinare (UVM) concretamente attivata a partire dal 1.7.2001. La situazione in Provincia di Trento. Con riferimento alla classificazione introdotta dal Piano sanitario 1998 2000, è possibile affermare che fino al più recente passato, se da un lato era diffusa sul territorio nel modo di operare dei professionisti sanita ri e sociali una sufficiente propen sione all’integrazione professionale ed operativa, dall’altro questa era frutto molto frequentemente della iniziativa personale degli operatori stessi e non trovava ancora un chia ro ed esplicito inquadramento isti tuzionale e organizzativo-gestiona le. IL primo passo per ovviare a tale carenza è costituito, come già ri cordato, dalla Unità Valutativa Mul tidisciplinare attraverso la quale i servizi sanitari territoriali e quelli socio-assistenziali effettuano con giuntamente la valutazione dei bi sogni complessi della persona ed organizzano in maniera coordinata le relative risposte assistenziali. cordi di programma e protocolli or ganizzativi con i gestori dei servizi socio-assistenziali. Particolarmente intensa, sotto questo profilo, è stata l’azione por tata avanti con il comune di Trento nella sua duplice funzione di ente gestore dei servizi socio-assisten ziali e, soprattutto, di ente rappre sentativo della comunità locale. Di significativa importanza sono cinque iniziative presenti nel Di stretto di Trento. La prima è rappresentata dal “Pro tocollo programmatico e di collabo razione fra APSS e Comune di Trento relativo all’area della salute menta le”. Con questo strumento, concor dato ed elaborato nel corso del 1998 e sottoscritto il 10.11.1999, ricon ducibile all’area degli accordi di pro gramma previsti dal piano sanitario nazionale 1998-2000, Azienda sa nitaria-Distretto di Trento e Comu ne di Trento hanno definito una L’esperienza nel Distretto di Trento. Il Distretto di Trento, fin dalla sua costituzione con l’avvio dell’Azien da provinciale per i servizi sanitari, ha operato con l’obiettivo di pro muovere l’integrazione sociosanita ria cercando di definirla ed organiz zarla sia a livello istituzionale che a livello gestionale, attraverso ac Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 83 Le esperienze territoriali in Trentino 84 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 politica unitaria nell’area della sa lute mentale individuando progetti e modalità di intervento integrati. Queste le aree di intervento con cordate: - prevenzione finalizzata al miglio ramento della qualità complessi va delle relazioni sociali, interper sonali e personali, in quanto determinanti di salute mentale, con cernenti la popolazione generale; - gestione integrata dei casi; - collaborazione strutturata nelle aree di utenza a particolare de bolezza psico-sociale (extracomu nitari, nomadi, senza fissa dimo ra) e nelle situazioni multiproble matiche; - definizione e cogestione di un cir cuito di residenzialità a prevalen te bisogno assistenziale in cui sono presenti problematiche psi chiatriche; - implementazione del progetto “Consulta per la salute mentale”; - progetto organico finalizzato a offrire occasioni lavorative a sog getti con problematiche psichia triche. Al documento programmatico, che inquadra a livello istituzionale l’in tegrazione fra il servizio di salute mentale del Distretto e quello so cio-assistenziale del Comune, han no fatto seguito protocolli gestio nali specifici e soprattutto azioni concrete integrate. Ricordiamo nel campo della pre venzione l’iniziativa promossa con giuntamente da Azienda e Comune denominata “La mia città – vivere tutti meglio a Trento”, che vede coinvolte anche decine di organiz zazioni e di associazioni di volon tariato e del mondo della produzio ne. Per la gestione integrata dei casi sono stati definiti e vengono appli cati protocolli operativi concorda ti, che consentono interventi coor dinati dei servizi di salute mentale e di quelli socio-assistenziali. Uno specifico protocollo d’intesa fra Azienda e Comune di Trento re lativo alle strutture per persone con problemi psichiatrici ha consentito la creazione, a fianco del circuito delle strutture residenziali psichia triche sanitarie, di un secondo cir cuito, gestito dal Comune, a valen za socio-assistenziale, che rappre senta un’ulteriore opportunità per l’inserimento delle persone con pro blemi di salute mentale nel conte sto sociale. In base a tale accordo il Servizio Sociale del Comune ge stisce due strutture residenziali avendo garantita l’assistenza sani taria specifica da parte del Servizio di salute mentale del Distretto. Puntuali progetti di reinserimen to lavorativo vengono predisposti congiuntamente fra Servizio di sa lute mentale e Servizio sociale. Un’ulteriore esperienza significa tiva è stata quella relativa al “Pro getto di integrazione tra servizi so ciali e sanitari nell’assistenza domi ciliare in dimissione ospedaliera”, realizzato nel 1998/99 in collabo razione tra Distretto di Trento, Ospe dale di Trento e Servizio sociale del Comune di Trento. Il progetto perseguiva tre finali tà: - ricercare la collaborazione fra ser vizi sanitari territoriali e ospedale; - sviluppare la collaborazione fra servizi sanitari del territorio e ser vizi sociali; - dare soluzione ai bisogni assisten ziali alle persone non autosuffi cienti nel momento critico della dimissione ospedaliera. L’iniziativa ha consentito di speri mentare modalità e strumenti orga nizzativi per lo sviluppo dell’ADI, con particolare riferimento alle si tuazioni di bisogni complessi sanitari e socio-assistenziali in dimis sione ospedaliera. L’esperienza acquisita con il pro getto di cui al punto precedente ha favorito la successiva formalizzazio ne ed adozione a partire dall’autun no 1999, da parte del Distretto sa nitario di Trento e dei Servizi socia li del Comune di Trento e del Com Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 prensorio Valle dell’Adige, di “Linee guida per l’interazione e la collabo razione fra i servizi sanitari e i ser vizi sociali nel territorio del Comune di Trento e del Comprensorio Valle dell’Adige”. Scopo delle linee guida adottate è quello di sviluppare, secondo una metodologia concordata formalmen te, l’interazione e la collaborazione fra i servizi sanitari e sociali del Distretto, sia nella fase di valuta zione dei bisogni che in quella di organizzazione ed erogazione del l’assistenza domiciliare alla perso na. Altra importante esperienza di integrazione sociosanitaria nel ter ritorio del Distretto di Trento è quel la relativa al progetto “Cure pallia tive”, in corso di attuazione, in via sperimentale, nella città di Trento, 85 Le esperienze territoriali in Trentino 86 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 secondo quanto prevede il “Program ma nazionale di cure palliative” di cui alla legge 39/99 e agli obiettivi assegnati all’APSS dalla Giunta Pro vinciale di Trento. Le cure palliative, finalizzate ad assicurare un’adeguata assistenza ai pazienti affetti da patologia neo plastica nella fase avanzata della malattia, per scelta strategica della PAT e dell’APSS, si configurano so prattutto come un servizio territo riale e quindi come una forma par ticolare di Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.) che coinvolge i medici di medicina generale, medi ci specialisti palliatori, operatori sa nitari del territorio (medici di di stretto, infermieri, riabilitatori), psicologi, operatori sociali, volon tariato. La forza del servizio sta quindi nell’integrazione fra tutti gli opera tori che operano secondo un pro getto assistenziale formulato in base ai bisogni della persona ed in ac cordo con la famiglia del paziente. Nei primi sei mesi di attività sono stati assistiti 75 pazienti oltre ad altri 68 in ADI. Ultima, ma prima in ordine di tempo e quindi maggiormente spe rimentata forma di integrazione so ciosanitaria nel Distretto di Trento, è l’Unità Valutativa Geriatrica di Trento. Sorta nel 1994 vede la parteci pazione di operatori dei servizi so ciali del Comune di Trento e di ope ratori sanitari dell’Ospedale e del Distretto. Benché scopo dell’UVG sia quello di valutare le domande di accesso alle case di riposo della cit tà di Trento formando una gradua toria, di fatto l’azione di valutazio ne integrata innesta un processo che può esplicarsi anche in risposte di verse da quella dell’istituzionalizza zione in casa di riposo. L’attività dell’UVG verrà assorbi ta e garantita dalla neo istituita Unità Valutativa Multidimensionale. L’Assistenza Domiciliare Integrata nel Distretto Sanitario della Vallagarina Il progetto Obiettivo Anziani, ap provato dal Consiglio dei Ministri il 30 gennaio 1991, indicava già allo ra quale prioritario intervento da realizzare per gli anziani non auto sufficienti con compresenza di pro blematiche sanitarie e sociali, an che l’attivazione dell’ A.D.I. Alla luce di questo, negli anni ’94-’95 venne sperimentato nel Com prensorio della Vallagarina un pro getto A.D.I. con la compartecipa zione dell’allora USL C10, il Comune di Rovereto, la Casa Soggiorno An ziani di Rovereto e l’Università Cat tolica di Roma. Nella fase prelimi nare l’USL ed il Comune avevano fornito gli elenchi degli anziani che usufruivano in genere di assistenza domiciliare; da tali elenchi gli sta tistici dell’Università Cattolica di Roma eseguirono un procedimento di randomizzazione per dividere 200 anziani assistiti in 100 trattati e 100 controlli. I trattati sarebbero stati seguiti con il nuovo modello di A.D.I. più il coordinatore del caso; i controlli sarebbero stati seguiti nel modo usuale. Senza entrare nei dettagli, va osservato come la sperimentazione abbia evidenziato un contenimento del consumo delle risorse ed in par ticolare una netta riduzione del l’ospedalizzazione, un minor ricor so al pronto soccorso ed alla istitu zionalizzazione nei casi trattati, ri spetto ai controlli. Tutto questo ha significato un risparmio complessi vo nel gruppo trattato, rispetto ai controlli, del 23% della spesa com plessiva annua. In un secondo tempo il program ma di attività dell’Azienda Provin ciale per i Servizi Sanitari di Tren to, obiettivi ’97-’98, ha indicato tra le priorità il potenziamento del l’A.D.I., promuovendo a tal fine l’av vio di una nuova sperimentazione nei distretti della Vallagarina, di Trento e di Fiemme e Fassa, secon do un modello organizzativo elabo rato da gruppi di lavoro precostitu iti. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 L’Assistenza Domiciliare Integra ta costituisce pertanto a tutti gli effetti un obiettivo strategico del Distretto Vallagarina. Su questo ver sante i medici di base e gli opera tori sanitari del territorio hanno profuso uno sforzo notevole in ter mini di impegno e di dedizione, garantendo, in tal modo, una inte riorizzazione del progetto che ap pare trasformato in una realtà di servizio continuativa e propria del l’organizzazione distrettuale. L’obiettivo dell’Assistenza Domi ciliare Integrata è quello di miglio rare la qualità di vita dell’ammalato limitando l’ospedalizzazione e/o l’istituzionalizzazione, dando una risposta multidisciplinare e coordi nata ai bisogni di tipo sanitario e socio-assistenziale. Il nuovo modello organizzativo di assistenza a domicilio è decollato nell’agosto del 1997 e dopo una prima fase di sperimentazione si è consolidato in modalità operativa alternativa (quanto meno per le ca tegorie di pazienti inseribili in tale progetto) a forme di ricovero ospe daliero dai costi economici e socia li sicuramente molto consistenti. Si presentano, di seguito, alcuni dati che riassumono l’esperienza dell’ADI nel periodo settembre 1998 - novembre 1999, che derivano da uno specifico studio statistico; detta elaborazione viene inoltre integra ta con un aggiornamento dei casi seguiti nel periodo ottobre 1999 – dicembre 2000 nonché da specifi che tabelle relative ai casi ADI at tivati nel biennio 1999 – 2000. Nel periodo considerato (settem bre ’98 – novembre ’99) sono stati 87 Le esperienze territoriali in Trentino 88 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 assistiti a domicilio 21 pazienti: 12 residenti a Rovereto, 5 nella zona di Ala e Avio e 4 negli altri comuni del C10. Nel successivo mese di di cembre sono stati attivati ulteriori 3 casi (con provenienza Villa Laga rina, Rovereto ed Avio). Nel corso del 2000 le nuove attivazioni di Assistenza Domiciliare Integrata sono state 24 (il 58% delle quali provenienti dal comune di Rovere to), portando quindi il totale pro gressivo, a partire dal mese di set tembre 1998, a 48 casi seguiti ed assistiti a domicilio. I medici di base impegnati in questa forma di assistenza, nell’ar co del biennio 1999 – 2000, sono stati 22 (pari al 35% dei medici di medicina generale operanti nel ter ritorio del Distretto). Va peraltro sottolineato come tale forma di as sistenza comporti un impegno fat tivo e diretto del personale infer mieristico afferente al Distretto, tanto da coinvolgere un buon nu mero di operatrici del Servizio In fermieristico Territoriale (quasi il 50% dell’équipe infermieristica). Notevole è stata l’integrazione fra medici ed infermieri, anche in fase di predisposizione del piano assi stenziale. A domicilio del paziente sono stati inoltre assicurati, laddo ve necessari, interventi dei medici specialisti convenzionati (nel bien nio di osservazione statistica 1998 – 1999 si sono osservati n° 8 casi su 21) e talvolta è stato assicurato l’intervento del medico del Servizio di Continuità assistenziale. La durata media dei casi ADI è stata nel primo biennio di osserva zione statistica di circa 73 giorni (tab. 1) per un totale di 1525 gior nate di assistenza, al netto da epi sodi di ricovero ospedaliero (5 casi). Per quanto riguarda i casi ADI atti vati nei dodici mesi del 2000 si pos sono osservare n° 1724 giornate di assistenza, con una durata media che si attesta in poco più di tre mesi. Più di un quarto dei pazienti ha meno di 65 anni (tab. 2), in consi derazione anche della rilevante in cidenza delle patologie tumorali (tab. 4), mentre l’età media dell’as sistito in ADI corrisponde ad un’età pari a 68 anni. E’ interessante no tare che più della metà delle atti vazioni di Assistenza Domiciliare Integrata si registra nel corso dei mesi estivi (maggio - agosto). La segnalazione del caso da in serire nel progetto ADI è tenden zialmente attribuibile al Medico di Durata Assistenza Domiciliare Integrata Elaborazione settembre 1998 – dicembre 1999 Durata media in giorni Durata massima in giorni Totale giornate ADI N° gg. degenza in corso ADI N° pazienti ospedalizzati in corso ADI 73 365 1755 81 5 Durata media in giorni – casi attivati nel 2000 Totale giornate ADI – casi attivati nel 2000 101 1724 Tab. 2 Classe d’età Distribuzione dei pazienti per classe d’età e sesso settembre 1998 – dicembre 2000 F M Totale <65 anni 6 7 13 27% 65 – 80 anni 12 19 31 65% >80 anni 3 1 4 8% Totale 21 27 48 100% Medicina Generale mentre più rare appaiono quelle attribuibili ad uni tà operative dell’ospedale (2 casi nel biennio 1998 – 1999 e 4 nel corso del 2000). Appare quindi opportu no operare al fine di consolidare e migliorare i rapporti, pur positivi, tra medicina del territorio e ospe dale. Nella tab. 3 si descrive la caden za degli accessi a domicilio da par te del medico di base nel corso del periodo settembre 1998 – dicembre 2000. Per quanto riguarda i medici di base, nel 40% dei casi la presen za a domicilio è quotidiana (talvol ta si tratta di presenze di lunga durata: anche parecchie ore nell’ar co della giornata). In ogni caso nell’ 80% dei casi ADI è stata assicurata un presenza del MMG a domicilio con Tab. 3 una cadenza minima di 3 accessi settimanali. L’assistenza infermie ristica è garantita da infermieri pro fessionali che per più del 50% dei casi accedono a domicilio una o più volte al giorno. Va rilevato poi il significativo contributo dei servizi sociali del Co mune di Rovereto e del Comprenso rio Vallagarina. Un discreto numero di pazienti ha infatti usufruito del Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD) e di quello di telesoccorso. Si riportano 2 elaborazioni stati stico - epidemiologiche relative a diversi periodi di assistenza, che riguardano le patologie dei pazien ti seguiti in ADI. La tab. 4 mette in rilievo una netta prevalenza delle patologie tu morali confermata, peraltro, dalla Cadenza accessi domiciliari del medico di medicina generale settembre 1998 – dicembre 2000 Frequenza N° Casi % Giornaliera 19 40% Quadrisettimanale 4 8% Trisettimanale 16 33% Bisettimanale 7 15% Settimanale 1 2% Quindicinale 1 2% Totale 48 100% Tab. 1 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 % 89 Le esperienze territoriali in Trentino 90 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Distribuzione delle Patologie per classe d'età Periodo settembre 1998 – dicembre 1999 Patologie (per ogni paziente si rilevano fino < 65 65 – 80 > 80 Totale anni anni a 3 patologie) anni Tumori maligni dell'apparato digerente e 4 4 1 9 del peritoneo Tumori maligni dell'apparato respiratorio e 4 4 degli organi intratoracici Tumori maligni delle ossa, del tessuto 3 3 connettivo, della pelle e della mammella Tumori maligni degli organi genitourinari 1 3 4 Tumori maligni di altre e non specificate 5 10 15 sedi Malattie del sistema nervoso 4 4 Malattie ischemiche del cuore 1 3 4 Malattie del circolo polmonare ed altre 1 1 2 4 malattie del cuore Altre malattie del sistema circolatorio 3 3 Malattie dell'apparato urinario 1 2 1 4 Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti 1 1 1 3 Malattie del sangue e degli organi 1 1 ematopoietici 1 Disturbi psichici 1 Disturbi circolatori dell'encefalo 1 1 2 Altre malattie dell'apparato respiratorio 1 1 Patologia principale all’attivazione ADI Casi attivati nel 2000 < 65 65 – 80 > 80 Patologia principale anni anni anni Altre malattie extrapiramidali 0 1 0 Altri tum. mal. Tessuto linfoide 0 1 0 Cardiomegalia 0 0 1 Cistifellea 0 1 0 Colon discendente 0 0 1 Mieloma multiplo e tumori immu. 1 0 0 Ossa del bacino, sacro coccige 1 0 0 Tum. mal. Prostata 0 1 0 Tum. mal. Vescica 1 0 0 Tum. mal. Del pancreas 1 1 0 Tum. mal. Dell'encefalo 0 2 0 Tum. mal. Dell'esofago 0 1 0 Tum. mal. Dello stomaco 0 1 0 Tum. mal. ovaio e altri annessi 2 1 0 Tum. mal. rene altri organi urinari 0 1 0 Tum. mal. retto giunzione rettos 1 0 0 Tum. mal. trachea, bronchi polmon 1 3 0 Totale 8 14 2 % paz.ti 43% 14% 10% 19% 67% 19% 19% 19% 14% 19% 14% 5% 5% 10% 5% Totale % paz.ti 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 1 1 3 1 1 4 24 4% 4% 4% 4% 4% 4% 4% 4% 4% 8% 8% 4% 4% 13% 4% 4% 17% 100% Tab. 4 Tab. 5 seconda elaborazione relativa ai casi attivati nel corso del 2000. Nello studio effettuato sul bien nio 1998 – 1999 è inoltre emersa una interessante informazione sul versante dei costi riferibili all’Assi stenza Domiciliare Integrata, infor mazione che peraltro si ritiene vali da anche per il successivo periodo di attività. È stato infatti stimato che una giornata di ADI costa circa Lire 87.000 (considerando i costi del medico di medicina generale, del personale infermieristico, materia le di medicazione e presidi etc.). Pertanto è verosimile che l’assisten za a domicilio dei 21 pazienti se guiti in ADI, nel sopra citato perio do, sia costata Lire 132.675.000 (con riferimento alle 1525 giorna te). Il costo di 1525 giornate in una struttura per lungodegenza è cal colabile in Lire 308.457.600. È di tutta evidenza quindi il vantaggio economico dell’Assistenza Domici liare Integrata secondo un pura lo gica di comparazione economica fra alternative di cura. Infine è da evidenziare che il su peramento del mansionario degli infermieri ha permesso di imposta re specifici protocolli di integrazio ne con il medico di base per l’effet tuazione di interventi ad alta com plessità tecnica nei confronti dei singoli pazienti in ADI. Tra le pre stazioni complesse vanno annove rate in particolare terapie iniettive endovenose con posizionamento di ago-cannula e l’alimentazione pa renterale. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 L’Assistenza Domiciliare Integrata nei Distretti Sanitari di Fiemme e Fassa. Nel presente articolo viene descrit ta l’esperienza di elaborazione e di sperimentazione di un modello di Assistenza Domiciliare Integrata presso i Distretti sanitari di Fiemme e Fassa, una realtà periferica della provincia di Trento con una popola zione limitata a ca. 27.000 residen ti. Una buona assistenza al pazien te, in particolare se anziano o ma lato terminale, non può fare a meno di una forte integrazione fra terri torio ed ospedale e tra servizi sanitari e sociali. E’ stato questo uno dei principi informatori dell’azione della Direzione dei Distretti di Fiemme e Fassa, fin dall’avvio del l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. Peraltro tale orientamento non è casuale, ma risulta espressa mente richiamato nel Piano Sanita rio Nazionale per il triennio 1998 – 2000, il quale prevede che vada “attuata la programmazione degli interventi sociosanitari a livello di strettuale con intese programmati che tra le Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie e le rappresentan ze dei Comuni associati”. In parti colare l’integrazione socio sanita ria va attuata e verificata, secondo il P.S.N., a tre livelli: istituzionale, gestionale e professionale. “L’integrazione istituzionale (aziende sanitarie, amministrazioni comunali, ecc.)” si avvale di “stru menti giuridici, quali le convenzio ni e gli accordi di programma. Sul piano gestionale vanno incre 91 Le esperienze territoriali in Trentino 92 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 mentati gli approcci multidimensio nali e le modalità operative basate sulla metodologia di lavoro per pro getti. Condizioni necessarie dell’inte grazione professionale sono: la co stituzione di unità valutative inte grate, la gestione unitaria della do cumentazione, la valutazione del l’impatto economico delle decisio ni, la definizione delle responsabi lità nel lavoro integrato, la conti nuità terapeutica tra ospedale e di stretto, la collaborazione tra strut ture residenziali e territoriali, la pre disposizione di percorsi assistenziali appropriati per tipologie d’interven to, l’utilizzo di indici di complessi tà delle prestazioni integrate.” Passando ad analizzare i diversi livelli di integrazione nello specifi co dei Distretti di Fiemme e Fassa va rilevato che sono mancati gli strumenti per l’integrazione istitu zionale, richiamati dal P.S.N., e pur in carenza di tale livello di integra zione, è stata assicurata l’integra zione gestionale e professionale. Tutto ciò è spiegabile con il fatto che fino a luglio ’91 i servizi sanitari e sociali erano gestiti dagli stes si Enti: Comprensorio Valle di Fiemme – U.S.L. C1 e Comprensorio Ladino di Fassa – U.S.L. C11, quin di con il massimo di integrazione istituzionale e gestionale possibi le, facendo riferimento i diversi ser vizi allo stesso organo politico (Giunta Comprensoriale – Comitato di Gestione) e allo stesso organo direzionale, l’Ufficio di Direzione (composto dai responsabili dei ser vizi sanitari e amministrativi e dal responsabile del servizio sociale). Tale eredità ha consentito che l’integrazione gestionale e profes sionale potesse continuare a svilup parsi anche in assenza di integra zione istituzionale e in carenza di atti convenzionali e di rapporti for malizzati e ha fatto si che da parte degli operatori sanitari e sociali non sia mai stato messo in discussione il processo di integrazione, in quan to ormai bagaglio della propria cul tura professionale. Si può sicuramen te affermare che la collaborazione fra gli operatori dei due settori è continua, a partire dalle segnalazio ni reciproche dell’utenza, fino allo scambio di informazioni riguardan te ogni variazione delle singole si tuazioni e alla predisposizione di interventi, raccordati anche con riu nioni periodiche. Un progetto di sperimentazione di Assistenza Domiciliare Integrata. L’A.D.I. ha rappresentato il punto di arrivo di una esperienza plurienna le di integrazione e collaborazione sul territorio dei servizi sociali e sanitari. Nell’avvio del servizio di assistenza domiciliare (allora defi nito assistenza aperta), regolato con le leggi Provinciali n. 38/73 e n. 40/74, i Comprensori e Consorzi sanitari hanno rilevato immediata mente la necessità di una integra zione tra servizi sociali e sanitari. Nel tempo la coesione tra i due servizi è progressivamente aumen tata e ha rappresentato sempre più una risorsa molto importante per il raggiungimento di obiettivi quali il favorire e il mantenere la persona anziana nel proprio ambiente, il per mettere l’assunzione in carico di situazioni con patologie sempre più gravi. Attualmente i pazienti in carico al servizio infermieristico territoriale Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 e seguiti in collaborazione con il servizio di assistenza domiciliare del Comprensorio rappresentano circa il 70% dell’attività con una sempre più alta incidenza di situazioni assisten ziali complesse. Questo graduale aumento di complessità assistenzia le ha definito la necessità di met tere in campo uno strumento ag giuntivo di integrazione, l’A.D.I. La sperimentazione dell’A.D.I. nei Distretti di Fiemme e Fassa è stata realizzata nell’ambito di un più ampio progetto d’integrazione tra servizi sanitari territoriali ed ospe dalieri, finalizzato alla gestione pro grammata dei ricoveri e delle dimis sioni (obiettivo 6.3 anno 1996, obiettivo 6.2 anno 1997 e obietti vo 5.2 anno 1998 del piano di atti vità dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari). Tale progetto era stato ipotizza to potendo contare essenzialmente su due presupposti positivi, vale a dire il buon livello di integrazione professionale tra servizi sanitari ter ritoriali e servizi sociali e l’esisten za presso l’Ospedale di Cavalese di una U.O. di medicina ben orientata e aperta ai bisogni della popolazio ne e con un primario estremamente sensibile alle problematiche dell’in tegrazione con i servizi territoriali. Queste due condizioni favorevoli facevano sperare di poter superare il punto debole della realtà locale e cioè l’estrema carenza di personale medico nell’U.O. di assistenza ter ritoriale, che avrebbe dovuto svol gere l’importante ruolo di coordina mento e di raccordo tra servizi ospe dalieri e territoriali. Ciò ha deter minato la necessità di elaborare un 93 Le esperienze territoriali in Trentino 94 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 modello di sperimentazione del l’A.D.I. diverso da quello esistente, sempre in via sperimentale, presso i Distretti diTrento – Valle dei Laghi e della Vallagarina. Si è costituito un gruppo di la voro composto dal Direttore di Di stretto, dal Primario dell’U.O. di medicina, dal Responsabile medico dell’U.O. di assistenza territoriale, dal Responsabile del Servizio infer mieristico, dai Coordinatori dei ser vizi infermieristici territoriali, dai Responsabili dei servizi sociali dei Comprensori di Fiemme e Fassa e da una rappresentanza dei medici di medicina generale. Con tale gruppo di lavoro ci si prefiggeva il duplice scopo di coinvolgere i servizi e gli operatori interessati allo svolgimen to dell’A.D.I. e di adattare il model lo già sperimentato e funzionante in altre realtà alla situazione speci fica dei Distretti di Fiemme e Fassa. In una serie di incontri si proce deva ad elaborare un progetto se condo il modello assistenziale inte grato con le finalità di: - migliorare la qualità di vita del l’utente, favorendo l’assistenza al domicilio e garantendo una rispo sta multidisciplinare e coordina ta ai bisogni assistenziali del pa ziente tale da poter limitare l’ospedalizzazione e/o l’istituzio nalizzazione; - assicurare la continuità assisten ziale dei pazienti dimessi dal l’ospedale, grazie all’apporto mul tidisciplinare degli operatori sa nitari e socio-assistenziali; - individuare ulteriori forme di co ordinamento e di integrazione tra ospedale e territorio e tra servizi sanitari e servizi sociali e facili tare la reciproca comunicazione. I vantaggi di tale modello rileva ti dal gruppo di lavoro risultavano essere ben evidenti: - il venir meno della necessità del ricovero ospedaliero o il reinseri mento più rapido del malato nell’ambiente familiare, con riduzio ne degli effetti negativi della ospedalizzazione (particolarmen te evidenti negli anziani); - l’integrazione tra territorio e ospe dale e tra sanità e sociale rappre sentano il “valore aggiunto del l’assistenza”, che differenzia una sommatoria di prestazioni tra loro isolate dalla presa in carico glo bale del paziente e valorizzano nel contempo la partecipazione del personale di assistenza del terri torio, della famiglia e del pazien te stesso; - la riduzione della spesa per il mancato ricovero o l’anticipo del la dimissione e la liberazione di risorse per i servizi territoriali; - la crescita professionale e cultu rale degli operatori coinvolti in questo tipo di assistenza ed una riqualificazione della funzione del medico di medicina generale; - la possibilità di superare gli im pedimenti normativi restrittivi per l’acquisizione in tempi ridotti di farmaci, ausili e presidi sanitari e tecnici, normalmente destinati al solo uso ospedaliero; - l’azione di educazione sanitaria diffusa derivante dal coinvolgi mento del paziente e della fami glia alla costruzione del piano di trattamento. Infine veniva elaborato il mo dello organizzativo di integrazione per la valutazione dei bisogni se condo le rispettive competenze, per formulare un piano assistenziale e per attivare le risorse necessarie per il singolo utente. Tale modello ri sultava differenziato con possibili tà di attivazione dell’A.D.I. sia da parte delle UU.OO. ospedaliere, sia da parte dei medici e pediatri di base. Viene di seguito riportato il modello con riferimento all’assisten za domiciliare post-ricovero, in quanto più complesso (Tab. 6, a pag. 96). Appare chiaramente come il mo dello organizzativo risulti differen ziato rispetto a quello operante presso i Distretti di Trento e della Vallagarina in più punti, ma in par ticolare in quello in cui si prevede va che le funzioni di coordinamen to e autorizzative della procedura dell’A.D.I., nonché la validazione del piano di assistenza, fossero svolte dal Primario dell’U.O. di medicina, Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 non disponendo in loco, se non con una presenza saltuaria ogni due set timane, del Responsabile dell’U.O. di Assistenza territoriale. Tale surroga ha permesso comun que di avviare il progetto prima in via sperimentale, nel maggio del 1998, poi in modo definitivo, con buoni risultati. Peraltro dal 1° mag gio 2001, il ruolo di coordinamento e autorizzativo è stato assegnato al Responsabile dell’U.O. di Assisten za territoriale, in un nuovo conte sto organizzativo nel quale lo stes so assicura una presenza bisettima nale. Qui occorre aprire una parentesi per una riflessione di carattere ge nerale. In particolare nelle realtà periferiche, con disponibilità ridot ta di risorse umane, si rende neces sario in qualche caso attivare dei nuovi servizi con modalità e proce dure difformi da un modello otti male definito in via teorica. Spesso il dover discostarsi da tale modello risulta essere la condizione per l’av vio dell’attività stessa. Ciò non to glie che il modello teorico resti come punto di riferimento verso il quale tendere e al quale ricondursi non appena se ne verifichino le condi zioni. Terminato il processo di defini zione del modello A.D.I. si è avvia to un momento formativo con due incontri per tutti gli operatori sa nitari e sociali coinvolti nel progetto stesso. Si è proceduto quindi ad un coinvolgimento delle associazioni di volontariato, con più incontri fina lizzati ad illustrare il progetto stes so e ad acquisire la disponibilità a collaborare attivamente alla buona 95 Le esperienze territoriali in Trentino ASSISTENZA DOMICILIARE POST RICOVERO (compresa A.D.I.) MODELLO ORGANIZZATIVO 96 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 REPARTO OSPEDALE Medico – capo Sala accerta presupposti sanitari e socio-assistenziali dimissione protetta di norma almeno 4 – 5 giorni prima della dimissione medico di reparto contatta medico di base del paziente capo sala reparto contatta capo sala servizi infermieristici territoriali elabora proposta di intervento SERVIZIO INFERMIERISTICO TERRITORIALE contatta medico curante e servizio sociale (se necessario) organizza accesso ospedale per valutazione caso EQUIPE OPERATIVA TERRITORIALE Medico- Capo Sala – Ass. Sociale (se necessario) valuta bisogni paziente verifica esistenza condizioni igienico-sanitarie assistenza a domicilio definisce piano assistenziale, avvalendosi, se necessario, di consulenze specialistiche concorda con familiari modalità intervento individua operatore equipe con compiti di coordinamento funzionale SERVIZIO DI ASSISTENZA TERRITORIALE organizza attività infermieristica organizza fornitura materiale sanitario, presidi, ecc. attiva consulenze richieste da equipe operativa SERVIZIO SOCIALE avvia pratica per concessione assistenza domiciliare organizza assistenza domiciliare attiva volontariato sociale. EQUIPE OPERATIVA Medico – infermiere – Assistente sociale e domiciliare (se necessari) effettua controlli clinici periodici (m. di base) richiede consulenze specialistiche (m. di base) effettua prestazioni mediche (P.I.P.) (m. di base) effettua prestazioni infermieristiche (I.P.) effettua prestazioni di assistenza domiciliare (ass. domiciliare) effettua riunione periodica per analisi e verifica caso compila diario al domicilio paziente Tab. 6. Modello organizzativo Assistenza Domiciliare post ricovero - Distretti sanitari di Fiemme e Fassa (TN). Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 riuscita della sperimentazione e ri cercando una maggior collaborazio ne con i servizi sociali ed un mi gliore coordinamento tra le associa zioni stesse. L’esperienza maturata in tre anni di A.D.I. consente di effettuare un bilancio dell’attività, che risulta essere positivo, confermando tutti i vantaggi/punti di forza individuati a priori nel modello, compreso il coinvolgimento dei medici di base, che si valuta sia avvenuto in circa il 70% del totale degli stessi. I dati di attività sono i seguenti: 7 casi (giugno – dicembre 1998), 11 casi nel ’99 e 22 casi nel 2000. La tipo logia neoplastica ha rappresentato l’80% ca. della casistica seguita in A.D.I. Sono comunque emersi, e non poteva essere altrimenti trattando si di processi assistenziali complessi sia dal lato tecnico che organizza tivo e relazionale, alcuni aspetti critici o punti di debolezza: - la tipologia di utenti proposti per l’A.D.I. non si è rivelata sempre corrispondente ai requisiti definiti nel progetto; - la difficoltà di coinvolgere nell’A.D.I. alcuni medici di base nel rispetto delle procedure previste dal progetto (integrazione con altre figure professionali – auto rizzazione del coordinatore – de finizione piano assistenziale); - l’insufficiente garanzia di conti nuità assistenziale il sabato, la domenica e i giorni festivi; - la difficoltà di disporre in tempo utile dell’assistenza domiciliare da parte dei Servizi socio-assisten ziali Comprensoriali. Sicuramente l’analisi dei punti cri tici e la ricerca delle possibili cau se, permetteranno di mettere in atto alcune azioni al fine di migliorare il processo assistenziale. L’attivazione dell’U.V.M. è la pri ma azione concreta per dare solu zione ad alcuni degli aspetti critici evidenziati. L’Unità di Valutazione Multidiscipli nare (U.V.M.). L’U.V.M. è uno strumento operativo per la valutazione dei bisogni com plessi, sanitari e socio-assistenzia li, e per l’individuazione, nell’ambi to delle risorse disponibili, degli interventi che meglio rispondono ai bisogni della persona, da attuarsi in modo integrato e coordinato da parte della rete dei servizi esisten ti. Avviata positivamente l’esperien za A.D.I. si è ritenuto di dover con tinuare nella direzione tracciata puntando alla attivazione dell’U.V.M. Si è ricostituito a fine 1999 il gruppo di progetto A.D.I., con l’al largamento ai rappresentanti delle due Case di Riposo (R.S.A.) esistenti sul territorio di Fiemme e Fassa. Si sono avuti numerosi incontri, si è elaborata un’ipotesi di lavoro, si sono coinvolti tutti i medici di me dicina generale, i Presidenti ed i Consigli d’Amministrazione delle R.S.A. con l’obiettivo di superare la modalità storica di accesso alle stes se (data di presentazione della do manda). Tutto questo ha consentito di avviare in via sperimentale l’U.V.M. contemporaneamente all’approva zione da parte della Giunta Provin 97 Le esperienze territoriali in Trentino 98 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ciale di Trento degli indirizzi appli cativi. Nella fase di sperimentazione l’U.V.M. valuta il bisogno di natura socio-assistenziale e sanitaria ai fini dell’accesso all’A.D.I., alle residen ze sanitarie assistenziali ed ai rico veri ospedalieri per lungo degenti. Momento qualificante della valuta zione multidisciplinare è la formu lazione di un piano assistenziale integrato, in relazione ai bisogni dell’utente, con l’indirizzo verso la rete d’offerta più appropriata. In conclusione nei Distretti di Fiemme e Fassa, partendo da un pro getto di integrazione tra ospedale e territorio, si è passati attraverso la sperimentazione dell’A.D.I. ed il rinforzo dell’integrazione tra servi zi sanitari e sociali, per approdare a un ulteriore e più impegnativo strumento di integrazione qual’è l’U.V.M. L’Assistenza Domiciliare Integrata nei Distretti Sanitari di Pergine Valsugana, Borgo Valsugana e Primiero. Nell’illustrare le esperienze di A.D.I. nei Distretti di Pergine Valsugana, Borgo Valsugana e Primiero ci si è soffermati su tre punti ritenuti più significativi all’interno di un isti tuto sempre più diffuso e utile alla popolazione più anziana, anche se non solo a quella. Nel primo sono riportate le pro cedure attualmente adottate per l’attivazione dell’Assistenza Domici liare Integrata, che sono state se guite nel corso dell’anno 2000 a li vello distrettuale e che, a partire dal secondo semestre del 2001, non saranno più applicate con la suc cessiva introduzione dei procedi menti operativi previsti dalla me todologia applicativa delle Unità Valutative Multidisciplinari. Nel secondo è stata effettuata una valutazione generale sull’atti vità svolta con l’indicazione dei dati numerici in assoluto, la tipologia dei pazienti e la loro distribuzione territoriale, la distribuzione per Medico, il coinvolgimento dell’uten za e/o dei familiari ed i costi com plessivi del servizio erogato nel ter ritorio del Distretto. Nel terzo è stata avanzata una sintetica proposta migliorativa del servizio in termini di qualità, delle caratteristiche e della consistenza dei servizi di assistenza sanitaria resa a livello di Distretto. Distretto di Pergine Valsugana Numero Medici di base: 36 Numero Medici che hanno attivato l’ADI: 24 Numero totale di casi di A.D.I.: 80 Numero totale degli accessi: 2.577 Numero verifiche fatte: >20% Distretto di Borgo Valsugana Numero Medici di base: 19 Numero Medici che hanno attivato l’ADI: 4 Numero totale di casi di A.D.I.: 6 Numero totale degli accessi: 128 Numero verifiche fatte: >50% Distretto di Primiero Numero Medici di base: 8 Numero Medici che hanno attivato l’A.D.I.: 5 Numero totale di casi di A.D.I.: 11 Numero totale degli accessi: 658 Numero verifiche fatte: 100% (le ve rifiche sono state effettuate in tut ti i casi di attivazione A.D.I. a do Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 micilio dei pazienti interessati). Procedure attuali di attivazione dell’A.D.I. Non esistono particolari difficoltà collegate alla procedura di attiva zione dell’A.D.I. Il Medico si può presentare personalmente presso la sede delle varie Unità Operative con il relativo modulo già predisposto; è cura della Segreteria apporre su quest’ultimo il timbro a data “Arri vato” e si può definire subito il per corso assistenziale. Un’altra moda lità, abbastanza seguita dai Medici di base, è quella di spedire via fax all’Unità Operativa la richiesta di attivazione dell’A.D.I. In questa seconda eventualità si possono verificare due situazioni: - la prima eventualità si riferisce ad un nuovo caso di attivazione A.D.I. per cui la richiesta viene valutata direttamente dal Respon sabile o da un Medico del Servizio per la definizione immediata del la richiesta del Medico; - la seconda eventualità si riferisce invece ad una persona già in A.D.I. per la quale il Medico di base propone variazioni del piano assistenziale. Procedure burocratiche. 1.a fase Da quanto sopra detto, all’inizio dell’attività proposta in A.D.I. si hanno comunque le stesse fasi am ministrative: - Sia che si tratti di richiesta pre sentata direttamente dal Medico di base sia che la stessa richiesta sia pervenuta via fax, la prima fase dell’atto amministrativo con 99 Le esperienze territoriali in Trentino 100 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 siste semplicemente nell’apporre sopra la richiesta di attivazione un timbro a data con la dizione “Arrivato”; - Una volta definita la parte riser vata ai Medici del Servizio, la Se greteria trattiene l’originale e provvede a rimettere al Medico proponente, sia che sia presente oppure via posta normale, la co pia firmata e definita dal Medico del Servizio. 2.a fase Dal lato burocratico – amministra tivo il Medico di base presenta en tro il giorno 15 di ogni mese il rie pilogo delle prestazioni del mese precedente che, debitamente valu tate, vengono poi liquidate nel mese successivo. Procedure operative. 1.a parte - la proposta di attivazio ne dell’A.D.I. Come già detto sopra e in attesa di applicare la metodologia e il per corso operativo di cui all’UVM, il Medico di base presenta all’Unità Operativa la proposta di attivazio ne dell’assistenza domiciliare inte grata. Su un unico foglio viene ri portata la diagnosi, la descrizione clinica, la causa di non ambulabili tà, la terapia in atto, gli obiettivi proposti come programma individua le di assistenza. Lo stesso Medico di base propone quindi l’attivazio ne dell’assistenza domiciliare inte grata con accessi definiti e con la valutazione del tempo medio di as sistenza per ogni accesso. Ancora viene indicata, sempre da parte del medico di base, la richie sta per l’attivazione del Servizio in fermieristico territoriale e per il Ser vizio Assistenza domiciliare. 2.a parte – l’autorizzazione all’assi stenza domiciliare integrata. Sempre con l’attuale procedura, non appena ricevuta la richiesta, sarà cura del Responsabile dell’Unità Operativa o di un altro Medico de legato predisporre la necessaria au torizzazione definendo il periodo di assistenza ed i seguenti obiettivi assistenziali: - Monitoraggio dello stato di salu te: indicato per seguire le condi zioni generali dell’utente e per definire una valutazione del tem po medio di assistenza; - Indicazioni circa il trattamento dietetico: per la determinazione della dieta dell’utente è oppor tuna una valutazione medica al riguardo; - Prescrizione farmaci e terapia far macologica: è evidentemente uno dei punti più importanti dell’as sistenza all’utente; - Integrazione con il Servizio infer mieristico: è un momento assolu tamente indispensabile dell’assi stenza in quanto il Medico neces sariamente deve dare le relative indicazioni al personale infermie ristico, il quale organizzativamen te sarà coordinato dal Capo Sala delle attività infermieristiche ter ritoriali; - Integrazione con il Servizio socia le: è un punto fondamentale del l’assistenza domiciliare integrata e si esplica correntemente nell’erogazione dei pasti a domici lio, nelle attività relative all’igie ne personale dell’utente e altro ancora; - Predisposizione di un programma individuale di assistenza a carat tere riabilitativo: è appunto la base per definire il trattamento di utenti che hanno avuto partico lari patologie per le quali è pres soché indispensabile procedere ad una riabilitazione motoria. Valutazioni generali. Vengono di seguito illustrate le ca ratteristiche principali dell’A.D.I. del Distretto Alta Valsugana, perchè più significative dal punto di vista quan titativo, rispetto ai Distretti Bassa Valsugana e Primiero I dati numerici complessivi. 1. Nel corso dell’anno 2000, nel Di stretto Alta Valsugana, sono sta te attivate n° 225 A.D.I. da parte di 24 Medici di base. Il numero totale di accessi per gli stessi Medici, e sempre per lo stesso anno è stato di 2.577. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 La media generale per Distretto e per Medico è stata di 10,73 accessi. 2. Nel corso dell’anno 2000, nel Di stretto Bassa Valsugana, sono state attivate n° 6 A.D.I. da parte di 4 Medici di base. Il numero totale di accessi per gli stessi Medici e sempre per lo stesso anno è stato di 128. La media generale per Distretto e per Medico è stata di 21,33 accessi. Tipologia dei pazienti e loro distribuzione. 1. Tipologia dei pazienti. Alla fine dell’anno 2000 si è rileva to una prevalenza di utenti di ses so femminile del 61% rispetto agli utenti di sesso maschile. 2. Distribuzione utenti. La distribuzione per zona: partico lari considerazioni possono essere 101 Le esperienze territoriali in Trentino 102 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 svolte per questo argomento. Si as siste ad una prevalenza in partico lari zone del territorio del Distretto nelle quali sussistono anche evi denti risvolti di carattere sociale. - Zona del Pinetano: nel corso del l’anno 2000 complessivamente 529 accessi; - Zona di Pergine Valsugana: nel corso dell’anno 2000 complessi vamente 629 accessi; - Zona di Civezzano: nel corso del l’anno 2000 complessivamente 144 accessi; - Zona di Levico Terme: nel corso dell’anno 2000 complessivamen te 232 accessi; - Zona della Valle dei Mocheni: nel corso dell’anno 2000 complessi vamente 842 accessi; - Altre zone del Distretto hanno comportato nel corso dell’anno 2000 un numero di 201 accessi. I numeri indicati mostrano valo ri considerati elevati nella zona del Pinetano e nella zona della Valle dei Mocheni. Solo in quest’ultima real tà sussistono particolari ed eviden ti condizioni sociali ed ambientali che hanno determinato l’alto nu mero raggiunto. In più, sempre per gli utenti della Valle dei Mocheni, è stato già attuato un particolare pro getto di assistenza coordinato dal Servizio Sociale del Comprensorio Alta Valsugana. 3. Distribuzione per Medico. Valori percentuali: - zona del Pinetano. L’A.D.I. è sta ta attivata nel corso dell’anno 2000 da parte di 3 Medici di Base su 4 (percentuale dei Medici 75%); - zona di Pergine Valsugana. L’A.D.I. - - - - è stata attivata nel corso dell’an no 2000 da parte di 7 Medici di Base su 14 (50%); zona di Civezzano. L’A.D.I. è sta ta attivata nel corso dell’anno 2000 da parte di 2 Medici di Base su 3 (66%); zona di Levico Terme. L’A.D.I. è stata attivata nel corso dell’anno 2000 da parte di 3 Medici di Base su 7 (43%); zona Val dei Mocheni. L’A.D.I. è stata attivata nel corso dell’anno 2000 da parte di 2 Medici di Base su 2 (100%); zona indistinta. L’A.D.I. è stata at tivata nel corso dell’anno 2000 da parte di 2 Medici di Base su 6 (33%). 4. Le patologie prevalenti. Da una valutazione sanitaria delle schede conservate presso l’Unità Operativa risultano prevalentemen te tre grandi gruppi di patologie che hanno determinato l’attivazione della stessa A.D.I. I tre citati gruppi di malattie coesistono molto spesso tra di loro. Il primo fa comunque riferimento alle malattie tumorali e insiste da solo per oltre il 60% dei casi valu tati. Il secondo gruppo fa riferi mento alle malattie cardiovascolari ed incide per oltre il 70% dei casi attivati mentre il terzo gruppo ri guarda le patologie cardiorespirato rie e incide per circa il 30%. Difficoltà organizzative riscontrate. Non sono state riscontrate partico lari difficoltà nell’erogazione del servizio da parte dei Medici di base e tanto meno dell’Unità Operativa. Da parte dell’Unità Operativa, non appena giunge la richiesta di atti vazione dell’A.D.I. per un determi nato utente, oltre a tutti i passaggi amministrativi sopra ricordati, vie ne immediatamente informata la Capo Sala del Servizio Infermieristi co per l’erogazione concordata con il Medico di base di tale attività. Risultati. I numeri in assoluto. 1. Alla data del 31 dicembre 2000 risultavano attivate n° 80 A.D.I. nel Distretto Alta Valsugana rese a favore di n° 31 maschi e di n° 49 femmine; 2. Nel corso dell’intero anno 2000 sono state attivate ex novo n° 20 A.D.I. 3. Nel corso dell’intero anno 2000 sono deceduti n° 17 maschi e n° 21 femmine. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Grado di collaborazione con altri soggetti istituzionali. Il grado di collaborazione raggiun to con altri soggetti istituzionali è indubbiamente buono. Il Distretto fa riferimento al Servizio Sociale del Comprensorio ed al Comune di resi denza dell’utente per avere la mas sima collaborazione possibile per la parte di reciproca competenza e soprattutto nell’ottica di integrazio ne e di razionalizzazione dei servizi resi alla persona. Coinvolgimento dell’utenza e/o dei familiari. In attesa dell’applicazione delle pro cedure di ammissione in A.D.I. se condo la metodologia U.V.M., attual mente l’attivazione della medesima A.D.I. viene a comportare la firma, per conoscenza, del soggetto che usufruisce di tale particolare tipo di assistenza. È quasi ovvio ricordare che fre quentemente il modulo di attivazio ne della stessa A.D.I., predisposto dal Medico di base, viene di regola controfirmato da un familiare del l’utente in quanto spesso le condi zioni cliniche di quest’ultimo po trebbero anche non permettere ciò. Gli stessi familiari vengono poi coinvolti dal Medico di base o dagli Operatori del Servizio infermieristi co territoriale affinché manifestino al Servizio sociale di riferimento le necessità di avere un sostegno as sistenziale domiciliare, sia dal pun to di vista dell’igiene personale che da quello dell’ambiente confinato. Costi. Considerato che la spesa per ogni 103 Le esperienze territoriali in Trentino 104 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 accesso è stata quantificata com plessivamente, si ha la seguente situazione: 1. per il Distretto di Pergine Valsu gana il costo complessivo per l’A.D.I. prestata dai Medici di Base per l’anno 2000 è stato di L. 132.973.200; 2. per il Distretto di Borgo Valsu gana il costo complessivo per l’A.D.I. prestata dai Medici di base per l’anno 2000 è stato di L. 6.604.800; 3. per il Distretto di Primiero il co sto complessivo per l’A.D.I. pre stata dai Medici di base per l’an no 2000 è stato di L. 33.952.800. Proposte migliorative del Servizio, in termini di qualità, delle caratte ristiche e della consistenza dei ser vizi di assistenza sociale e sanita ria per gli anziani resa a livello di Distretto. Con le nuove modalità di attiva zione dell’Assistenza Domiciliare Integrata, previste da una apposita deliberazione della Giunta Provin ciale e seguendo le direttive azien dali, si procederà con decorrenza dal secondo semestre dell’anno 2001 a prevedere a livello distrettuale un nuovo progetto indubbiamente mi gliorativo in termini di qualità. Detto progetto si articolerà in tre fasi distinte così identificate: 1. studio osservazionale sulla con sistenza del servizio in A.D.I.; 2. analisi della qualità del servizio in A.D.I. con gli stessi indicato ri scaturiti dallo studio osserva zionale; 3. analisi della qualità del servizio in A.D.I. in base ad altri indica tori. Schematicamente per ognuna delle tre fasi sopra indicate si possono identificare diversi punti per com piere successivamente un’analisi progettuale al riguardo: 1. studio osservazionale sulla con sistenza del servizio in A.D.I. È par ticolarmente importante eseguire quanto indicato con l’intento di verificare le principali caratteristi che del servizio reso. Gli indicatori che verranno uti lizzati riguardano in primis la tipo logia delle prestazioni erogate e cioè: - l’assistenza infermieristica; - l’assistenza sociale; - gli interventi di riabilitazione; - la tipologia del servizio reso al l’interno di ogni singolo Distret to; - le professionalità coinvolte; - l’integrazione tra il Medico di medicina generale e gli altri ser vizi coinvolti; - l’integrazione tra il Medico di medicina generale e gli Speciali sti di riferimento; - la partecipazione del Medico di medicina generale all’attività della Unità Valutativa Multidisciplina re. 2. Analisi della qualità del servizio in A.D.I. utilizzando gli stessi ido nei indicatori sopra riportati, in quanto ritenuti idonei per compiere un’accurata valutazione e cioè: - l’assistenza infermieristica; - l’assistenza sociale; - gli interventi di riabilitazione; - la tipologia del servizio reso, all’interno di ogni singolo Distretto; - le professionalità coinvolte; - l’integrazione tra il Medico di medicina generale e gli altri ser vizi coinvolti; - l’integrazione tra il Medico di medicina generale e gli Speciali sti di riferimento; - la partecipazione del Medico di medicina generale all’attività della Unità Valutativa Multidisciplina re. 3. Analisi della qualità del servizio in ADI in rapporto ad altri indica tori. In particolare si possono indi care le seguenti voci: - La durata del servizio; - La mortalità; - Le variazioni degli indici di disa bilità; - Il deterioramento cognitivo; - Il numero dei ricoveri nel loro complesso o nel singolo; - Le giornate di degenza in Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ospedale; - I risultati conseguiti. L’assistenza domiciliare integrata nel Distretto sanitario Giudicarie e Rendena Il sistema dei servizi sanitari e so cio-assistenziali nell’ambito del Di stretto non raggiungerebbe la sua massima efficacia senza una inte grazione continua tra gli Enti Isti tuzionali che perseguono gli stessi obiettivi di promozione e di aiuto ai soggetti che vivono in situazioni di bisogno o svantaggio sanitario e sociale. L’ambito territoriale coincidente con il Comprensorio ed il Distretto sanitario risulta ottimale per lo svi luppo di forme integrate di inter vento in grado di offrire all’utente risposte globali e servizi meno fram 105 Le esperienze territoriali in Trentino 106 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 mentati in un’ottica che dovrebbe portare al superamento dell’aspetto assistenzialistico e custodialistico del sociale e dell’approccio medica lizzante e curativo per l’ambito sa nitario. Attualmente i campi d’azione in cui è maggiormente applicabile una strategia di integrazione che con senta risposte efficaci da parte dei due comparti sono: - L’Assistenza Domiciliare Integrata: avviata dall’Azienda sanitaria, in via sperimentale con un progetto nel 1997, e consolidatasi nel cor so degli anni. È rivolta a persone affette da patologie terminali o gravemente invalidanti, che ri chiedono un investimento di cure sanitarie, non necessariamente erogabili in presidi ospedalieri o Residenze Sanitarie Assistenziali, ma fornite a domicilio, opportu namente coordinate con i servizi socio-assistenziali; - Il Consultorio Familiare: pur non formalizzato in una sede autono ma, opera attualmente in relazio ne a casi di utenza con particola ri malattie e gravi situazioni fa miliari sulla base di modalità ope rative concordate tra i vari servi zi; - La collaborazione tra Ospedale e servizi sociali e sanitari territoria li: per ovviare al mancato coordi namento degli interventi tra il li vello sanitario ospedaliero e quel lo sociale territoriale, dal 1999 il Servizio Sociale ha concordato con la Direzione Medica di Presidio una modalità di programmazione delle dimissioni protette di pa zienti soli ed in condizioni preca rie, per assicurare a questi la con tinuità dell’intervento al rientro a casa da parte dei servizi sociali e sanitari di base; - I protocolli operativi tra servizi so ciali e sanitari: in questi ultimi anni è stato fatto uno sforzo co mune, in particolare con i servizi specialistici ospedalieri, per por re in essere forme di collabora zione che consentano interventi più coordinati e mirati, evitando azioni isolate e poco coerenti agli obiettivi; - I rapporti tra Neuropsichiatria In fantile e Servizio Sociale: nel 1995 è stato elaborato un protocollo operativo per la presa in carico comune di soggetti e nuclei con disabilità di vario grado o diffi coltà individuali accertate, con l’obiettivo di privilegiare gli ef fettivi bisogni e le aspettative del minore e della sua famiglia, supe rando la dicotomia di intervento. Tale protocollo ha avuto succes sivi aggiustamenti in seguito a verifiche congiunte; - I rapporti tra Servizio di Alcologia e Servizio Sociale: nel 1998 si sono definite alcune linee comuni di azione a favore di soggetti con problemi alcoolcorrelati e com plessi che richiedono l’intervento di entrambi i servizi, per arrivare a concordare nel settembre 1999 un protocollo di intesa tra i due servizi; - I ricoveri definitivi o temporanei nelle Residenze Sanitarie Assisten ziali: con la trasformazione delle Case di Riposo in R.S.A. l’acco glienza va subordinata ad una va lutazione complessiva del pazien te fatta dal nuovo organismo che è l’Unità di Valutazione Multidi sciplinare. L’obiettivo dell’U.V.M. è di realizzare un progetto perso nalizzato e globale del paziente, che valutando i bisogni sanitari ed assistenziali utilizzi tutte le risorse a disposizione; - I Centri Diurni per anziani: sono stati realizzati a Villa Rendena ed a Roncone. In queste strutture do vrebbero essere erogati servizi socio-assistenziali e sanitari a fa vore di persone anziane non au tosufficienti o con gravi disabili tà al fine di favorire il più possi bile la loro permanenza nel pro prio ambiente di vita e di soste nere le famiglie di appartenenza. Sono in corso contatti tra gli Enti titolari del servizio per definire le modalità di intervento ed utilizzo anche di queste risorse esistenti nel territorio. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Breve sistesi storica delle esperienze. Per comprendere pienamente le rea lizzazioni fatte e i problemi ancora aperti è necessario ripercorrere bre vemente la storia degli ultimi anni dell’integrazione socio-sanitaria re alizzatasi soprattutto con l’avvio dell’Assistenza Domiciliare Integra ta (A.D.I.). Nel corso del 1996 è stata fatta una serie di incontri con alcuni medici di base, il servizio sociale e le Case di Riposo per l’esame della situazione. La proposta conclusiva per il 1997 era di avviare la speri mentazione al fine di definire le pa tologie, le modalità di intervento e soprattutto le disponibilità di per sonale medico e paramedico, con statato che il Servizio Sociale ave va dato la sua piena adesione. Tale obiettivo specifico é stato assegnato, dal punto di vista del coordinamento, ai medici dell’Uni tà Operativa Territoriale. È stato co stituito uno specifico gruppo di la voro, composto di tutte le profes sionalità necessarie, che dopo aver verificato nel Distretto di Vittorio Veneto ed in quello di Rovereto la sperimentazione in atto e raccolto tutto il materiale necessario, ha definito le modalità applicative. Ha agevolato, inizialmente, la realizzazione del progetto la stipu la di una convenzione con la Coo perativa “D & F Care” per un utiliz zo flessibile del personale infermie ristico, anche nelle giornate di sa bato e domenica. Dal luglio 1998, però, a seguito della rescissione del contratto di appalto, il personale in fermieristico territoriale ha garan 107 Le esperienze territoriali in Trentino 108 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 tito la continuità assistenziale di mostrando la massima disponibilità e consentendo che la sperimenta zione si realizzasse, superando così le iniziali resistenze, consistenti nella mobilità del personale medico ospedaliero e nella preoccupazione del medico di medicina generale di perdere il suo ruolo di centralità. Il dato positivo per il 1997 é stata la sperimentazione alla fine dell’an no di alcuni casi seguiti da tutte le componenti necessarie, con la no vità di un diretto coinvolgimento del Servizio di fisioterapia, che ha redatto un apposito protocollo di intervento. Nel corso del 1998 sono stati attivati n.15 casi. Le finalità dichiarate del progetto erano: - Migliorare la qualità della vita delle persone; - Qualificare l’intervento del medi co di medicina generale; - Migliorare i rapporti ospedale-ter ritorio; - Consolidare i rapporti infermierimedici; - Diminuire i ricoveri impropri in Ospedale; - Diminuire i ricoveri impropri in Casa di Riposo. I destinatari del progetto: - Dimessi o dimissibili da strutture ospedaliere; - Soggetti terminali; - Pazienti con gravi patologie cro niche degenerative (diabete, ma lattie respiratorie, malattie vasco lari, malattie psico-geriatriche, ecc.) a rischio di ricovero in strut ture residenziali od ospedaliere. Le prestazioni da fornire ai soggetti in A.D.I.: - Assistenza medica dal medico di medicina generale; - Assistenza specialistica; - Assistenza infermieristica; - Assistenza riabilitativa; - Fornitura di farmaci, presidi e pro tesi; - Igiene alla persona; - Aiuto domestico; - Pasti a domicilio; - Servizio di lavanderia; - Supporto economico; - Telesoccorso; - Trasporti. La realizzazione del progetto, nettamente positiva per i risultati ottenuti, è servita anche per far emergere tutta una serie di proble mi e di difficoltà organizzative di non facile soluzione, alcune delle quali sono state superate negli anni successivi, mentre altre dovranno es sere tenute presenti nella fase di avvio e di funzionamento a regime della Unità di Valutazione Multidi sciplinare: - Evitare, innanzi tutto, un ecces sivo carico burocratico per il Me dico di medicina generale; - Garantire la presenza dell’infermie re professionale anche al di fuori del normale orario di lavoro, nel tardo pomeriggio e nei giorni pre festivi e festivi, per le situazioni di urgenza e necessità; - Difficoltà di integrazione con gli specialisti, al fine di garantire l’uscita del medico ospedaliero nei casi di richiesta documentata; - Difficoltà ad utilizzare le notevo li potenzialità e disponibilità di tutte le Case di Riposo delle Giu dicarie, per mancanza di una pre cisa normativa che preveda uno specifico compenso per le presta zioni erogabili; - Mancanza nelle Giudicarie di una R.S.A., che consentisse di acco gliere temporaneamente pazienti gravi dopo la fase acuta di rico vero in Ospedale; - Gestione e utilizzo dei Centri Diur ni e degli appartamenti protetti gestiti da Enti diversi (Compren sorio e Comuni) con modalità di utilizzo diverse. Il problema del carico burocra tico del medico di medicina gene rale esiste ed è di difficile soluzio ne in quanto per realizzare un pro getto complessivo del paziente e venire incontro alle sue necessità si deve conoscere esattamente la sua situazione sanitaria, che solo il me dico curante è in grado di documen tare adeguatamente. Per l’assistenza infermieristica continua, l’Azienda aveva realiz zato, solo per i primi otto mesi del 1998 con la Cooperativa “D & F Care” di Trento, un appalto del servizio a chiamata, secondo le necessità. At tualmente il servizio del sabato e dei festivi viene svolto egregiamente dal personale dipendente, che ha dato la sua disponibilità a chiama ta, con una presenza nei quattro ambiti del Distretto (Condino, Pon te Arche, Tione, Spiazzo). Difficile da raggiungere, e non sempre realizzato, è stato l’obietti vo di integrare lo specialista nelle Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 valutazioni del paziente e nelle cure a domicilio. Tale difficoltà è stata progressivamente superata sia per la disponibilità di alcuni speciali sti, che inizialmente in maniera vo lontaria si sono resi disponibili, ed utilizzando poi lo strumento con trattuale del budget (anno 1999 e 2000) delle varie Unità Operative ospedaliere, attraverso il quale si è concordata la possibilità, a chiama ta, ad uscire dalla struttura ospe daliera per effettuare consulenze o prestazioni a domicilio. Le Case di Riposo delle Giudicarie hanno sempre dato la massima disponibilità ad utilizzare le loro risorse infermieristiche, riabilitati ve e strutturali, con una espressa volontà di aprirsi al territorio. Nel corso del 1997 nella prima fase di realizzazione del progetto A.D.I. non è stato possibile usufruire delle pre stazioni infermieristiche per man canza dello strumento giuridico di una compensazione tariffaria. Suc cessivamente la crisi infermieristi ca, ha interrotto tale possibilità e le Case di Riposo sono utilizzate dal servizio infermieristico soprattutto per gli ausili ai pazienti del loro territorio. Tra le risorse a disposizione del Distretto Giudicarie e Rendena è stata aperta dal 12 marzo 2001 la R.S.A. di 24 posti presso l’Ospedale di Tione. Sono insufficienti tre mesi per giudicare l’utilizzo effettivo della struttura, non ancora a regime com pleto per problemi di organico. Ri sulta, comunque come un dato im portante che i ricoveri complessivi sono stati 32, di cui 22 temporanei (il 68,75%) e 10 definitivi (il 109 Le esperienze territoriali in Trentino 110 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 31,25%), mentre la provenienza è del 62,5% dall’Ospedale di Tione, il 25% dal domicilio ed il 12,5% da altre strutture. Sulla base di questo dato, che è estremamente significativo, la R.S.A. dell’Ospedale di Tione è ve nuta incontro soprattutto alle ne cessità temporanee ed immediate di pazienti gravi, ma non acuti, che in precedenza non avevano possibili tà di risposta immediata da parte delle Case di Riposo. Negli ultimi anni alcuni Comuni nel Comprensorio hanno realizzato Centri Servizi, Centri Diurni ed Ap partamenti protetti; un problema da risolvere è quello dell’utilizzo inte grato delle risorse, certamente in via prioritaria per gli abitanti del Co mune o della zona, sempre con la finalità di mantenere l’anziano nel la sua abitazione e di impedire o comunque rinviare la collocazione futura in R.S.A. Conclusioni La realizzazione dell’Assistenza Do miciliare Integrata (A.D.I.) dal 1997 è stata la chiave di volta per proce dere progressivamente nella integra zione dei due servizi. Negli ultimi anni la media dei pazienti assistiti si è sempre attestata tra le 14 e 15 persone, gravissime, soprattutto ter minali, con bisogni in prevalenza sanitari. Gli elementi positivi riscontrabi li oggi sono: a) la ricchezza delle risorse a di sposizione. Nell’anno 2000 i dati di attività sono i seguenti: - il Servizio Sociale ha seguito n. 391 casi in Assistenza Domici liare; - ha distribuito i pasti a 168 per sone; - ha curato interventi di lavande ria per 44 persone; - ha seguito n. 37 utenti che han no ricevuto il Telesoccorso e Te lecontrollo; - ha assistito n. 11 persone pres so i Centri Diurni; - in totale ha assistito n. 425 nu clei familiari e n. 526 utenti. L’assistenza infermieristica ha curato n. 1.416 utenti: ha effettuato n. 15.253 accessi; ha eseguito n. 51.302 prestazio ni, di cui n. 34.227 per pazienti cronici; b) la piena volontà di collaborazio ne dei due Servizi e di tutti gli Enti che dispongono di risorse; c) l’ottima qualificazione del servi zio infermieristico territoriale, confermata dalla partecipazione al progetto di formazione-inter vento per la qualità delle cure infermieristiche domiciliari; d) la disponibilità dei medici di me dicina generale, vista come oc casione per recuperare un ruolo di centralità nell’assistenza sa nitaria. Certamente molta strada è comun que ancora da fare perché: - esistono liste differenziate di as sistenza e sanità con interventi non coordinati per i casi meno im pegnativi; - non tutte le risorse sono disponi bili e la carenza improvvisa di personale può a volte incidere pe santemente sull’efficienza dei Ser vizi. Importante e fondamentale è che si sia creata tra tutti gli operatori una cultura dell’integrazione tra medico di medicina generale e Servizi. Per questo motivo si può ritenere che nel Distretto esistono in questo momento tutte le premesse per un avvio efficace e produttivo dell’Unità Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 di Valutazione Multidisciplinare (U.V.M.). Giuseppe Penasa è Direttore dei Distretti sanitari Valle di Cembra, RotalianaPaganella, Trento-Valle dei Laghi, Valle di Non e Valle di Sole dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Elio Ottaviano è Direttore dei distretti sanitari Vallagarina e Alto Garda e Ledro dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Renzo Nardelli è Direttore dei Distretti sanitari di Fiemme e Ladino di Fassa dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Francesco Venturini è Direttore dei Distretti sanitari Bassa Valsugana e Tesino, Alta Valsugana e Primiero dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Ugo Pitton è Direttore del Distretto sanitario Giudicarie e Rendena dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. 111 RSA: lavori in corso per un nuovo servizio sociosanitario Massimiliano Colombo Verso un modello di assistenza socio-sanitaria orientata ai nuovi bisogni della popolazione in una società che cambia Uno dei segni più significativi del l’evoluzione che ha caratterizzato negli anni recenti il sistema sani tario trentino è stata la trasforma zione, ancora in corso, delle case di riposo – servizio socio-assisten ziale - in residenze sanitarie assi stenziali (RSA) - servizio sociosa nitario. L’investimento per lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle RSA profuso sul piano politico, norma tivo ed economico da soggetti isti tuzionali e sociali diversi, è stato davvero consistente, anche se mol ti problemi, che mi propongo di di scutere in questo contributo, atten dono ancora una adeguata soluzio ne. È opportuno chiedersi preliminar mente perché le RSA siano state e siano tutt’oggi oggetto di questo forte investimento, nonostante i più importanti documenti di politica sociale e sanitaria di fonte istitu zionale sottolineino giustamente la priorità e la centralità degli inter venti domiciliari e l’esigenza di ri 112 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 servare i servizi residenziali ai soli casi in cui non siano efficaci e so stenibili altre forme di intervento. La nostra società sta comincian do a misurarsi in modo forte con il problema storicamente nuovo del l’invecchiamento della popolazione e della progressiva diminuzione della capacità assistenziale della famiglia, e mentre da un lato, con i successi della medicina, sfida i limiti biolo gici della nostra specie offrendo una speranza di vita anche a persone gravemente malate e non autosuf ficienti, dall’altro vede aumentare il numero delle persone e delle fami glie in situazione di grave bisogno assistenziale, che cercano nella RSA una risposta adeguata alla loro dif ficile condizione. È un dato il fatto che in Trentino sia prevista l’apertura nei prossimi anni di nuove RSA e che – specie in alcune zone della provincia – le li ste di attesa siano purtroppo anco ra consistenti, nonostante si assi sta ad un significativo aumento dell’offerta privata di assistenza do miciliare continua da parte di ope ratori extracomunitari – certamen te da valorizzare e qualificare - che contribuisce al contenimento della domanda per i casi meno impegna tivi sul piano sanitario. Possiamo quindi affermare che le RSA sono attualmente investite da forti sol lecitazioni ed attese, che giustifi cano il processo di sviluppo e di qualificazione che le investe. L’evoluzione in atto evidenzia un altro processo significativo: la di versificazione della domanda di as sistenza rivolta alle RSA sotto il profilo delle patologie da curare, delle forme di disabilità da gestire, dei problemi personali e sociali da prendere in carico. Il requisito di accesso alla RSA tracciato dal legi slatore – persona non autosufficien te non assistibile a domicilio – è infatti generale e include problema tiche assistenziali differenziate, che richiederebbero ciascuna ambienti di servizio, prestazioni e competenze organizzative e professionali speci fiche. Il concetto stesso di non auto sufficienza fonde - e confonde - due dimensioni diverse: la disabilità (che non necessariamente è asso ciata alla presenza di malattie e pro ietterebbe la RSA verso una dimen sione prevalentemente socio-assi stenziale) e la presenza di stati pa tologici, in particolare polipatolo gie ad andamento cronico-degene Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 rativo (che caratterizzerebbero la RSA in senso sanitario). Analizzando l’attuale utenza del le RSA, si osserva infatti che essa risulta articolata in diversi segmen ti: disabili fisici con elevati biso gni assistenziali, ma in condizioni di salute relativamente buone e sta bili; disabili che convivono con mol teplici malattie croniche, che richie dono cure mediche ed infermieristi che continue; dimessi dall’ospedale in fase terminale; malati psichici; persone in stato di coma; disabili psico-fisici che diventati adulti si sono trovati senza supporti familia ri, ed infine (e in misura sempre più rilevante) persone non autosuffi cienti che presentano in forme più o meno gravi uno stato di demen za. Al quadro vanno aggiunti anche gli ospiti che stanno attraversando 113 Le esperienze territoriali in Trentino 114 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 una malattia che in altri contesti richiederebbe un ricovero ospeda liero, ricovero che spesso in RSA, d’intesa con l’ospite ed i familiari viene evitato, intensificando l’inter vento sanitario interno. Questa proliferazione dei tipi di non autosufficienza oggi in carico alle RSA è anche conseguenza dello sviluppo del sistema dei servizi so ciali e sanitari nel suo complesso, e in particolare della riduzione del l’intervento ospedaliero alla sola cura della fase acuta della malattia e del potenziamento dei servizi do miciliari. Questi processi evolutivi hanno permesso di ridurre i ricoveri impropri in RSA, riservando alle stes se le situazioni in cui il bisogno assistenziale è più intenso, e di abbassare drasticamente la doman da per l’accesso alla casa di sog giorno, riservata a persone autosuf ficienti. Per completare l’analisi dell’uten za delle RSA, si consideri anche il fatto che gli ospiti delle RSA non sono necessariamente persone an ziane, anche se tra la popolazione di persone ricoverate gli anziani sono prevalenti. La RSA infatti è un servizio rivolto alle persone non autosufficienti, indipendentemente dalla loro età. Sul piano sociologico è importan te osservare che l’utenza delle RSA non è più costituita, come avveni va in passato nelle vecchie case di riposo, da persone di prevalente estrazione sociale medio-bassa o comunque provenienti da un’epoca storica caratterizzata culturalmen te da aspettative limitate verso l’istituzione. Gli anziani di oggi non sono quelli di ieri e lo stato di non autosufficienza ed il bisogno di ri covero in RSA possono colpire chiunque. Spesso anche le famiglie benestanti, che disporrebbero di ri sorse economiche per gestire a do micilio il proprio congiunto non autosufficiente, non riescono ad auto-organizzare in forma privata una assistenza continua risponden te in modo adeguato ai bisogni di salute dello stesso. Un altro fenomeno di grande rilevanza è rappresentato dalla si gnificativa presenza nella vita quo tidiana di una RSA dei familiari del l’ospite, soprattutto del coniuge e dei figli. Si potrebbe dire che l’uten te della RSA, quando la famiglia c’è, non è l’ospite, ma il sistema fami liare di cui egli è parte. Il sistema familiare diventa a tutti gli effetti da un lato il beneficiario del servi zio e dall’altro un co-produttore dello stesso, in partnership con l’istituzione. La vitalità della fami glia nelle RSA è testimoniata anche dalla capacità di auto mutuo aiuto, che spesso nasce spontaneamente tra i familiari, e dall’emergere di for me di rappresentanza per la tutela degli interessi che alimentano do mande di partecipazione alle deci sioni politico-amministrative e ge stionali. Questi processi rendono eviden te il fatto che le RSA, lungi dall’es sere luoghi di esclusione sociale, sono istituzioni partecipate, aperte al controllo sociale quotidiano, strutturalmente orientate alla ricerca continua di un’alleanza as sistenziale-terapeutica complessa e di lunga durata con l’ospite ed i fa miliari. Le RSA sono di conseguenza aziende di servizi particolarmente complesse e delicate, fisiologicamente esposte al conflitto, insta bili nei loro delicati equilibri orga nizzativi e sociali, tanto più se si considera il fatto che l’esperienza dell’accesso e del ricovero in RSA è attraversata da forti investimenti affettivi dell’ospite e dei familiari. Insomma, se dovessimo dire oggi in sintesi cosa sono le RSA dovrem mo riconoscere che sono ambienti di servizio contenitori di problemi familiari e sociali assai differenziati, che a volte faticano a convivere sotto lo stesso tetto, esposti – per fortuna – ad un forte controllo so ciale, dal quale a volte emergono forme di sussidiarietà e di solida rietà efficaci sul piano della difesa della salute ed esemplari anche sul piano civile, ma altre volte emergo Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 no tensioni e conflitti la cui gestio ne richiede a tutti i soggetti in cam po un difficile investimento di fi ducia e un paziente riconoscimento comune dei limiti e delle possibili tà dell’istituzione. In questo quadro di evoluzioni in atto nella società e nel sistema di protezione sociale e sanitaria, le RSA vanno considerate un servizio nuo vo, giovane, ancora alla ricerca del la sua identità e delle sue specifici tà nella rete territoriale dei servizi, eppure già fortemente presente e radicato sul territorio ed esposto a richieste diverse e poco riducibili. Sollecitate dai tanti bisogni emer genti e dalle diverse aspettative delle parti interessate con le quali sono in rapporto, le RSA rischiano di diventare contenitore di situazio ni molto diverse, poco integrabili, che in altri servizi non hanno tro vato risposta. Di fronte al delicato ed in parte nuovo compito sociale di essere il riferimento sociosanitario per la cura delle gravi non autosufficienze, le RSA sono purtroppo aiutate solo in parte dalla loro storia. Il loro pas sato remoto di ricoveri dedicati ad un’accoglienza minima essenziale di poveri e balordi, o il loro passato prossimo di case di riposo per an ziani soli con difficoltà di autono mia, ha sedimentato una rappresen tazione culturale negativa di que ste istituzioni, che pone ancora oggi non pochi problemi a chi si vede costretto a ricorrervi. Ancora oggi l’accedere ad una RSA spesso non viene vissuto come una risposta necessaria ed opportuna ai proble 115 Le esperienze territoriali in Trentino 116 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 mi della persona e della famiglia, grazie alla quale preservare le iden tità personali, i ruoli familiari ed i legami relazionali ed affettivi, messi in crisi dall’irrompere insostenibile della non autosufficienza. Il retag gio culturale dei vecchi ricoveri spesso, nel momento dell’accesso in RSA, induce sentimenti di fallimen to e produce conflitti personali e familiari che si riverberano nel modo di costruire le aspettative verso l’istituzione e le forme di parteci pazione al processo di presa in ca rico e di cura della persona. Grazie al loro percorso storico di ex-ricoveri ed ex-case di riposo, le RSA hanno tuttavia saputo svilup pare una competenza nella cura del le persone capace di integrare ed armonizzare nelle pratiche quotidia ne approcci disciplinari e culture professionali diversi: sociale, sani tario, assistenziale, riabilitativo, animativo, alberghiero. Le case di riposo si sono infatti misurate, soprattutto negli ultimi vent’anni, con il compito istituzio nale di offrire non solo prestazioni assistenziali e sanitarie, ma un am biente di vita sensibile alla varietà dei bisogni che l’uomo esprime nel suo risiedere. In altre parole, la cul tura organizzativa di una RSA co struita su una precedente casa di riposo è spesso marcatamente so ciosanitaria – senza trattino sepa ratore -, cioè capace di utilizzare linguaggi, valori e logiche di azio ne diverse per leggere e sostenere la complessità dei bisogni (fisici, affettivi, sociali, spirituali, cultu rali, ecc.) che la persona e la fami glia esprimono in un servizio resi denziale di lunga durata. Ma il problema centrale da porre a questo punto, dopo l’analisi in troduttiva fin qui condotta, riguar da la missione ed i ruoli specifici da affidare alle RSA nel sistema pro vinciale dei servizi sociali e sanita ri. In altre parole, è matura in que sta fase storica l’esigenza di model lizzare il servizio RSA. Questo pro blema sta emergendo in ogni regio ne ed ogni regione - nel nostro con testo la Provincia Autonoma – ha sviluppato o sta sviluppando un modello locale di RSA spesso signi ficativamente diverso da quello in uso nelle regioni limitrofe. Desta preoccupazione assistere nel nostro paese ad un proliferare non coordinato di modelli regionali di RSA molto diversi tra loro quanto a numero di posti letto RSA program mati in rapporto alla popolazione, articolazione di diversi tipi di ser vizio residenziale, figure professio nali previste e relative parametra zioni, modalità ed intensità della copertura della spesa sanitaria da parte del fondo sanitario regionale, consistenza delle rette residenziali a carico degli utenti e dei familiari, forme di partecipazione dei comuni al pagamento delle stesse. Alla luce di questa babele, diventa difficile comparare le esperienze che vanno maturando in regioni diverse ed è fuorviante valutare le politiche pro vinciali relative a questo servizio semplicemente mettendo a confron to la relativa spesa sanitaria, previ sta nel bilancio provinciale, con quella delle altre regioni. Il difficile passaggio dalle vec chie case di riposo alle nuove RSA, avviato in Trentino nel 1998, che può essere ripercorso consultando la documentazione ufficiale indica ta in calce, si è basato su alcune scelte di fondo. Quella più signifi Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 cativa è la possibilità concessa alle strutture di caratterizzarsi nel loro territorio come centri di produzio ne di servizi territoriali diversi, cia scuno con un proprio centro di co sto e di ricavo: strutture dedicate non solo alla RSA quindi, ma anche alla casa di soggiorno per ospiti autosufficienti, al centro diurno per l’erogazione di prestazioni assisten ziali, alla produzione di pasti da consegnare a domicilio. La possibile polivalenza delle strutture rappresenta una risorsa fondamentale per la diversificazio ne dell’offerta nella rete locale dei servizi socio-assistenziali e socio sanitari, per la continuità della presa in carico nel passaggio da un servi zio all’altro e per consolidare il le game con la comunità locale. Un altro elemento fondativo del modello trentino di RSA è la perdi ta da parte dell’ospite del medico 117 Le esperienze territoriali in Trentino 118 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 di medicina generale e la gestione del servizio sanitario interno (ser vizio medico, infermieristico, riabi litativo, di assistenza generica) af fidata ad operatori collaboratori di retti dell’ente gestore della RSA, con la possibilità che lo stesso possa ottenere finanziamenti per acquisi re sul mercato le prestazioni di me dicina specialistica che l’Azienda Sanitaria Provinciale non sia in gra do di assicurare. Altri importanti elementi in gra do di caratterizzare il modello tren tino di RSA sono tuttavia ancora oggetto di studio e di definizione, sia nei tavoli di lavoro previsti dal protocollo di intesa del 09.04.01 in materia di assistenza agli ospiti delle RSA, sia attraverso l’attuazio ne del regolamento provinciale per l’autorizzazione e l’accreditamento sanitario delle RSA. Rileggendo ed interpretando la legge provinciale istitutiva delle RSA, la legge provinciale n. 6 del 1998, alla luce dei problemi sociali ai quali le RSA cercano oggi di dare risposta, possiamo riconoscere, as sumendo una prospettiva di analisi propria degli amministratori, le se guenti funzioni delle RSA, diverse sotto il profilo delle aspettative del l’utente, della domanda di servizio e dell’utilizzo delle risorse, delle competenze dell’istituzione. La funzione forse più comune della RSA – la chiameremo per co modità di esposizione RSA1 - è il ricovero continuo di non autosuffi cienti, non assistibili a domicilio, stabilizzati sul piano sanitario, con una speranza di vita relativamente ampia, fortemente impegnativi sul piano assistenziale ed impegnativi in misura discreta sul piano infer mieristico o medico. Sono queste le situazioni nelle quali, potremmo dire, è forte la disabilità ma mode sto il bisogno sanitario inteso in senso stretto. Per queste persone la RSA si configura tendenzialmente come una nuova casa in cui risiede re per un tempo indeterminato e poter esprimere e soddisfare, entro i vincoli della vita comunitaria, un’ampia varietà di bisogni umani e di desideri, con la garanzia di una adeguata assistenza alla persona. La missione della RSA in questi casi è offrire una nuova casa con adegua te sicurezze e protezioni assisten ziali, in cui la persona possa ritro vare, insieme all’assistenza perso nalizzata, legami affettivi e relazioni con la propria storia e con il pro prio ambiente, per poter continuare a vivere con dignità, pur nei vincoli posti dalla malattia e dalla non au tosufficienza. Il servizio di base con il quale una RSA si misura quotidia namente è quello di garantire ade guate prestazioni assistenziali in dividualizzate, ma il fattore di suc cesso del servizio è in questo caso la capacità di ricercare condizioni di protagonismo degli ospiti e delle famiglie (sottraendoli al ruolo pas sivo di paziente e di visitatore) com binata con la capacità di co-evolu zione del servizio con i bisogni ed i desideri emergenti dagli stessi e con la capacità di sostenere reti di rela zioni in grado di mobilitare energie per la salute e di riprodurre senso e legame sociale. Insomma, la RSA intesa non come un ospedale di serie B, ma come una casa in cui poter vivere nel senso più ricco del termine, con adeguate garanzie di assistenza e ricerca del la salute. Una seconda funzione della RSA – la definiremo RSA2 – si differen zia dalla precedente per una doman da forte non solo di assistenza ge nerica, ma anche di assistenza in fermieristica e medica. Questa fun zione viene attivata per gestire ospi ti più delicati ed impegnativi sul piano sanitario, pur se relativamente stabilizzati e con speranze di vita significative. A differenza della RSA1, la RSA2 richiede una presen za più intensa di personale medico ed infermieristico e di tecnologie e di competenze sanitarie specifiche, nonché una maggiore capacità di collaborazione ed integrazione con i servizi sanitari. RSA2 dovrà perciò avere standard di personale sanita rio e tariffe sanitarie maggiori di Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 RSA1. Per alcune tipologie di ospiti – per esempio pazienti in stato di coma – che non utilizzano molti dei servizi qualificanti la RSA1 o la RSA2 (per esempio servizi alberghieri, sociali e di animazione) ci si chie de se non vada previsto un servizio residenziale ad hoc (per esempio una RSA3 attivata all’interno di un ospedale che in quanto tale ha mo desti standard strutturali, sociali e residenziali – peraltro non richiesti e non valorizzati da questo tipo di utente - ma è in grado di garantire una forte integrazione con servizi sanitari qualificati). Per le persone in stato di non autosufficienza, che passata la fase acuta della malattia hanno davanti a sé un periodo di convalescenza o di riabilitazione, oppure affrontano una fase terminale, si pone l’esigen za di un ricovero temporaneo, limi tato nel tempo, nel quale siano pre 119 Le esperienze territoriali in Trentino 120 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 valenti le istanze sanitarie su quel le sociali e residenziali. Il legisla tore provinciale prevede che anche per queste tipologie di situazioni le RSA siano un riferimento. Attual mente non risulta tuttavia distinta in modo sufficientemente articola to la lungodegenza ospedaliera (in teramente a carico del servizio sa nitario) dalla RSA (con retta resi denziale a carico dell’ospite) così come non sono ancora differenzia te le RSA site all’interno di un ospe dale dalle RSA territoriali. Questa tipologia di situazioni assistenziali - il ricovero tempora neo di convalescenza, riabilitazio ne o in fase terminale - configura una ulteriore funzione delle RSA, che definiremo RSA4. Infine il legislatore provinciale ha previsto due forme di ricovero tem poraneo in RSA di persone non au tosufficienti normalmente assistite dai propri familiari: il ricovero d’ur genza che si verifica quando improv visamente viene meno la capacità assistenziale della famiglia e la per sona non autosufficiente non può essere lasciata sola nel proprio do micilio – una sorta di pronto soc corso assistenziale – e il ricovero per dare sollievo alla famiglia e per mettere alla stessa di recuperare energie e capacità assistenziali. Il ricovero d’urgenza è imprevedibile ed implica la presenza di alcuni posti letto liberi da occupare al bi sogno, il ricovero per dare sollievo alla famiglia è invece programmabile per tempo e reiterabile. Queste due modalità temporanee d’uso della RSA, da parte di persone non auto sufficienti stabilizzate sul piano sanitario, configurano due servizi RSA5 ed RSA6 - diversi dai prece denti. Le esperienze acquisite met tono in evidenza quanto sia delica to, nella gestione di questi casi, rac cordare operatori, servizi ed istitu zioni per garantire la continuità as sistenziale nel transito della perso na attraverso questo servizio. Le esperienze acquisite evidenziano anche che questi ospiti, se da un lato sono più impegnativi degli al tri sotto il profilo della programma zione e del coordinamento degli operatori e delle prestazioni, dal l’altro, proprio a causa della tem poraneità del ricovero, utilizzano solo in parte i servizi tipicamente previsti per gli ospiti in regime di ricovero continuo. Dal nostro punto di vista di am ministratori di RSA, la differenzia zione delle funzioni assistenziali riconducibili alle RSA sopra propo sta è utile e necessaria su piani di versi: la politica relativa al ruolo delle RSA nel sistema dei servizi, la modellizzazione delle RSA provincia li e infine la definizione per ogni funzione RSA di adeguati requisiti di accreditamento, standard di per sonale e politiche tariffarie. Una chiara distinzione delle fun zioni attribuite alle RSA è utile an che per le Unità di Valutazione Mul tidisciplinare chiamate a gestire la domanda e gli accessi. In sede di programmazione dei servizi andrebbero in futuro defini ti per ogni distretto quanti posti letto prevedere per ogni funzione RSA, sapendo che una stessa strut tura può entro certi limiti attrez zarsi per gestire simultaneamente funzioni diverse. Il protocollo di intesa firmato il 9.4.2001 in materia di assistenza agli ospiti delle RSA prevede che con il 2002 sia introdotta in via speri mentale la distinzione tra RSA1 ed RSA2. Si dovrà successivamente ve rificare se le strutture che verranno attrezzate per far fronte al servizio RSA2 possano farsi carico anche delle situazioni di cui alla RSA3 ed RSA4. Si dovrebbe quindi avviare un confronto per dare una giusta col locazione anche alle altre qualifi canti funzioni RSA, la RSA5 e la RSA6, relative ai ricoveri tempora nei di immediato soccorso o di sol lievo, già in corso di sperimenta zione in alcune zone del Trentino. È inoltre aperto un dibattito sul l’opportunità di istituire nelle RSA nuclei assistenziali specializzati per la cura di particolari forme di non Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 autosufficienza, per esempio lega te alla demenza e alla malattia di Alzheimer. Su queste opportunità debbono evidentemente esprimersi in prima istanza i tecnici e solo in seconda gli amministratori. I confronti avuti finora in sedi diverse fanno tuttavia ritenere che le RSA possano entro certi limiti essere generaliste, cioè possano farsi carico di una certa varietà di forme di non autosufficienza e di patolo gie senza attivare nuclei specializ zati, purché il mix dei casi in carico sia compatibile con le risorse e le competenze istituzionali, gli abbi namenti degli ospiti siano ben cali brati e per ogni ospite sia prevista un’assistenza basata su un piano assistenziale individualizzato. Per concludere, per evitare che le RSA siano un contenitore indiscri minato e fuori controllo di tutti i 121 Le esperienze territoriali in Trentino 122 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 problemi assistenziali che altrimenti non avrebbero soluzione, vanno di stinte le funzioni assistenziali ad esse attribuite, come ho cercato di proporre, prevedendo per ogni fun zione un modello di servizio ed una politica tariffaria, ben sapendo che ogni funzione può rappresentare il riferimento assistenziale per una certa varietà di forme di non auto sufficienza. Al fine di garantire una corretta valorizzazione ed utilizzazione del le RSA, in sede di programmazione e di accordo contrattuale dovrebbe essere definito il numero dei posti letto da attivare per ognuna delle funzioni RSA, mentre in sede di ge stione l’Unità di Valutazione Multidimensionale dovrebbe gestire gli accessi monitorando e tenendo sem pre sotto controllo il mix dei casi dati in carico ad una RSA, in modo che risulti sempre compatibile con le funzioni assistenziali alla stessa attribuite e con le potenzialità as sistenziali dalla stessa assicurate. Molti sono i modelli e gli stru menti di gestione già sperimentati nei paesi più sviluppati dai quali attingere per andare a definire un adeguato sistema provinciale di RSA. Il cantiere è aperto ed i lavori sono in corso. sone non autosufficienti o con gravi disabilità”; [2] deliberazione della Giunta Provinciale n. 130 del 24 gen naio 2001, recante approva zione delle direttive per l’as sistenza ai non autosufficien ti in RSA e finanziamento del la spesa per l’anno 2001; [3] deliberazione della Giunta Provinciale n. 3634 del 29.12.2000, recante discipli na delle Unità di valutazione multidisciplinare da costitu ire a livello territoriale e di sposizioni per la loro attiva zione. Per una sintesi dei lavori in corso per lo sviluppo delle RSA in Trentino vedi: [4] il protocollo di intesa firma to il 09.04.01 da Provincia, Consorzio dei Comuni, Unio ne Provinciale Istituzioni per l’Assistenza (U.P.I.P.A.), Or ganizzazioni Sindacali, Rap presentanze degli ospiti e dei familiari. Copia della documentazione può essere richiesta alla segreteria del l’U.P.I.P.A, [email protected]. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Per una analisi dell’attuale assetto del servizio RSA in Trentino vedi: [1] legge provinciale 28 maggio 1998 n. 6 “Interventi a favo re degli anziani e delle per Massimiliano Colombo è presidente dell’U.P.I.P.A. (Unione Provinciale Istituzioni per l’Assistenza). L’unità di valutazione multidisciplinare Gabriele Noro Uno strumento per rendere più appropriati ed efficienti gli interventi nei confronti delle persone non autosufficienti Nell’attuale fase politico-istituzio nale, in relazione al riassetto dei Servizi sociali e al processo di com pletamento del Sistema sanitario, si riscontra un momento culturale ca ratterizzato dall’integrazione socio sanitaria come elemento qualifican te. Due sono gli aspetti ideologici e di consenso su cui si fonda. Il primo è il concetto di salute, in riferimento alle indicazioni del la Organizzazione Mondiale della Sanità, che alla fine degli anni ’50 affermava: “La salute degli anziani è misurabile molto meglio in termi ni di funzione” e “..il grado di effi cienza, piuttosto che la diffusione di una patologia, può essere usato come misura della quantità dei ser vizi che gli anziani richiedono alla comunità. Con una visione dinami ca della salute nel quale l’evento malattia cronica non rappresenta che una variabile in continuo movi mento.” La salute dell’anziano ri chiede il tradizionale approccio cli nico della malattia, ma anche un modello che tiene conto delle com Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 plessità e delle specificità dell’an ziano. Il secondo aspetto è stata la di mostrazione “scientifica” che la re visione della risposta sanitaria a questa realtà, porta alla integrazio ne sociale e sanitaria, atta a favori re una rete territoriale in grado di garantire maggiore qualità e forse minori costi nel soddisfare le esi genze di una crescente popolazio ne con patologie croniche, plurime e disabilitanti. In definitiva le scelte politiche compiute in questi anni si sono sempre più orientate a riconoscere il ruolo e la funzione degli elementi di natura sociale nell’assistenza sa nitaria nei settori degli anziani, dei disabili, delle patologie psichiatri che, delle dipendenze. Parlerò degli aspetti riguardanti l’anziano convin to che l’U.V.M. sia peraltro utile in vari settori. L’anziano e la salute Chi si occupa dell’anziano non può prescindere da questa complessità, all’interno della quale l’atto medi co non è limitato alla sola ricerca della malattia, ma deve tener conto contemporaneamente anche degli aspetti funzionali, psichici, relazio nali e sociali. Lo stato di benesse re, la qualità della vita, la dignità individuale e il livello di autono mia sono il poker della salute del l’anziano. Tutti questi aspetti sono condizionati dall’interazione tra pro blemi di ordine medico, psicologi co, economico e sociale. Ognuno di questi presenta nell’età avanzata ca ratteristiche specifiche che lo dif ferenziano da quelle del soggetto 123 Le esperienze territoriali in Trentino 124 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 adulto. Proprio come un bambino non è la semplice versione giovane di un adulto così l’anziano non può esse re considerato semplicemente un adulto vecchio: si è infatti svilup pato un processo di complessifica zione sia a livello della funzione encefalica e somatica in generale, sia a quello delle interazioni tra re altà personale e realtà ambientali. La malattia cronica, caratterizzata da continue oscillazioni della con dizione generale che devono attri buirsi a motivi d’ordine sociale, psi cologico e biologico in strettissima interdipendenza, esige una intelli gente rilevazione dei vari parame tri, allo scopo di identificare even tuali punti di attacco per un inter vento, abbandonando il fatalismo colpevole che si accompagna allo scarso impegno di approfondimen to di situazioni pur molto comples se. Gli stessi interventi sanitari avrebbero un valore limitato se non si integrassero con misure socioassistenziali e se non partissero dal concetto di salute come recupero della funzione residua su diversi gra di di abilità; su come l’anziano in particolari condizioni riesca a ge stire il quotidiano e quindi sulle patologie e sui problemi di salute, ma anche sulle potenzialità residue, su ciò che c’è e che può essere re cuperato a funzione. Gli interventi per l’anziano Solamente una strategia che si fon di sulla valutazione globale dei bi sogni può fornire informazioni com plete sui problemi dell’anziano e può conseguentemente essere garanzia di un piano finalizzato alla conser vazione della massima autonomia personale e sociale. Su questa linea la ricerca geron tologica ha sviluppato, soprattutto negli ultimi anni, modalità specifi che di studio della salute, che pren dono in esame i vari aspetti delle funzioni che concorrono a determi narla. Tali modalità, indicate col termine di “assessment geriatrico”, sono costituite da una serie di sca le (“strumenti”) in grado di valuta re quantitativamente l’entità del deterioramento dei diversi “domini” considerati (ovvero di quantificare l’entità delle funzioni residue), di permettere la schematizzazione dei dati clinici e la misurazione delle eventuali modificazioni nel tempo. Nel 1992 il Progetto obiettivo anziani si affida all’Unità valutati va che chiama “geriatrica” per rea lizzare l’integrazione come gruppo multidisciplinare e per provvedere alla gestione (intra ed extra ospe daliera) del paziente anziano fragi le. Si ispira ai principi della valuta zione funzionale multidimensiona le, seleziona anziani che hanno ne cessità di assistenza continuativa, individua l’intervento più opportu no, programma e controlla la quali tà dell’assistenza geriatrica nella rete, assicura un monitoraggio con tinuo attraverso l’informatizzazione dell’attività. Il termine “assessment multidi mensionale”, derivato dalla lettera tura anglosassone, indica l’insieme Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 di strumenti che sono stati utiliz zati per raggiungere una conoscen za oggettiva. La metodologia della valutazione multidimensionale co stituisce una delle conquiste più significative dell’approccio clinico al paziente anziano fragile. Nella gestione semplicità ed operatività devono essere i criteri di riferimen to. Ciò si riflette a livello decisiona le e terapeutico; l’”assessment glo bale” costituisce la guida per qual siasi terapia razionale, che può va riare da un intervento limitato alla prescrizione di un farmaco, fino a farsi carico delle dinamiche psico logiche e sociali, oltre che biologi che. Per esempio, nella valutazione di un soggetto per cui si prende in esa me l’ammissione ad una struttura di lungodegenza, dovremmo conside rare il rischio indotto da questa de cisione in termini di accelerazione del decadimento funzionale e con frontarlo con il rapporto rischio-be neficio di altre possibili opzioni. Nella valutazione clinica di un sog getto anziano che si reca dal pro prio medico è possibile ipotizzare la rilevazione sistematica di una serie di indicatori semplici che per mettano di monitorizzare nel tem po lo stato globale di “vitalità” e di identificare in una fase precoce i soggetti a rischio elevato di disa bilita. In nessuno di questi esempi, la valutazione della fragilità ha un carattere certificativo ma ha piut tosto un significato di prevenzione e di promozione della qualità della vita. Il Piano Sanitario Nazionale 1998 125 Le esperienze territoriali in Trentino 126 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 2000 riprende il “Progetto Obietti vo Anziani” del 1992 e indica tra le priorità per il cambiamento una profonda revisione organizzativa dei servizi sanitari e sociali, in modo da realizzare un’effettiva integrazio ne a tre livelli: istituzionale, gestio nale e professionale. Uno dei campi dove è maggiormente sentita la ne cessità di tale integrazione è quel lo riguardante l’assistenza continua tiva all’anziano “fragile”, resa più complessa dalla coesistenza di pro blematiche sociali e psico-compor tamentali. Le azioni che intende re alizzare il Piano Sanitario Naziona le sono la presenza delle unità di valutazione geriatrica (U.V.G.), atte a fornire un’analisi globale dei bi sogni dell’anziano e a favorire un’as sistenza personalizzata e continua tiva. L’insieme delle strutture atte a proteggere gli anziani in funzione del grado di autonomia e della fra gilità della rete sociale viene defi nita come rete dei servizi (C.N.R. 1995). In un tentativo di esprimere in maniera sintetica i nodi della rete in cui è necessario implementare ad esempio nella nostra realtà uno scre ening della fragilità, dovremo fare riferimento ad almeno 5 setting: 1) il domicilio con eventuale asse gno di cura alle famiglie; la me dicina di base; 2) l’assistenza domiciliare integra ta; 3) l’ospedale per acuti (ospedale tecnologico); 4) i luoghi dove si attua la degen za nel periodo post-acuto; 5) le strutture di lungodegenza per gli anziani (residenziali e semiresidenziali). Le strutture sanitarie, i Comuni e le Regioni in Italia hanno risposto a questa problematica con soluzio ni differenti, sia dal punto di vista della filosofia di riferimento che sul piano strettamente tecnico degli strumenti e delle procedure, più come risposta alle istanze contin genti che come tentativo di piani ficare il futuro dell’assistenza degli anziani. Esistono infatti sperimen tazioni differenti e poco confronta bili oltre ad una rete di servizi non uniforme e rappresentata in modo incompleto. La valutazione multidimensiona le e multidisciplinare come strumen to guida nella rete integrata dei servizi di assistenza continuativa parte proprio da quello che si è detto e ha come obiettivo finale la mes sa a punto di un set di regole, stru menti e procedure per la valutazio ne dell’anziano fragile nella rete dei servizi, improntati alla uniformità. Interventi sporadici e/o settoriali nei confronti di questo paziente, ad elevato rischio di non autosufficien za o già disabile, sono infatti de stinati inesorabilmente a fallire. La valutazione multidimensiona le è un metodo di lavoro e uno stru mento operativo che garantisce l’in tegrazione, che coinvolge più figu re professionali e che permette una corretta analisi del “bisogno”, con dizione preliminare per la definizio ne del progetto assistenziale così inteso, che non può passare per un semplice ufficio di risposte alle va rie richieste o ai vari problemi da Tab. 1 Elementi essenziali della valutazione multidimensionale 1. Attività della vita quotidiana - mobilità - attività fisiche della vita quotidiana; principali attività per la cura della persona - partecipazione attiva alla vita della comunità; capacità di svolgere i lavori domestici 2. Funzione fisica - valutazione soggettiva dello stato di salute - sintomi fisici e malattie diagnosticate - ricorso ai servizi sanitari - grado di attività e indicatori di disabilita (es. giorni a letto) 3. Funzione mentale - capacità cognitiva - presenza di sintomi psichiatrici 4. Funzione psicosociale o benessere affettivo in un determinato contesto sociale e culturale 5. Risorse sociali - presenza di familiari ed amici - disponibilità delle risorse quando richieste 6. Risorse economiche - valutazione in base a standard di riferimento (es. livello di povertà) 7. Risorse ambientali - alloggi adeguati - ubicazione idonea rispetto a servizi pubblici, negozi. evadere né attraverso una struttura burocratico-amministrativa. Il Distretto è la sede ideale, tramite l’U.V.M., dove questo metodo può essere applicato, in quanto funge da sportello più vicino ai bisogni e al territorio. La valutazione multiProvincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 dimensionale esplora più settori uti lizzando strumenti di misura (scale di valutazione) che analizzano le aree critiche per l’utente e ne descrivono il grado di autonomia. La valutazione di quest’ultima condi zione deriva dalla somma di com 127 Le esperienze territoriali in Trentino ponenti diverse e prevede l’esperien za di vari professionisti, sia della sfera sociale che di quella sanitaria (vedi tab. 1 a pag. 127). 128 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Uso degli strumenti Un modello unitario rappresenta pertanto un punto di arrivo ideale e di riferimento che potrebbe essere un codice unico in mano ad orga nizzazioni diverse. Potrebbe servire dalla semplice comunicazione alla programmazione, dalla formazione di attività alla formazione del perso nale, dal monitoraggio del paziente al controllo dell’attività. I dati di “salute” (come valutazione com plessiva) sono così utilizzabili per: - la programmazione: - gestione Regioni e Provincie; - Distretti e servizi territoriali in terni; - RSA – Case protette – Centri diurni ecc.; - le esigenze finanziarie: - per chi deve ricercare strumenti di ripartizione delle quote sani tarie ed alberghiere; - le esigenze gestionali: - per i Distretti e le Unità valuta tive (per i piani di attività ter ritoriali); - per le strutture (per la program mazione dei Nuclei interni e le esigenze di riscontro dei cari chi di lavoro); - gli interventi sul singolo paziente: - per identificare i soggetti fragi li, comprendere le determinanti della loro fragilità e costruire un profilo; - per identificare chi ha bisogno di un ricovero diagnostico, te rapeutico, sociale o riabilitati vo; - per monitorare il paziente al l’interno della rete dei servizi at traverso il “responsabile del caso”; - per stabilire la strategia di ge stione e le procedure in base ai bisogni; - per valutare le varie opzioni di sponibili a fronte di una richie sta di ricovero. La letteratura italiana e straniera conferma l’efficacia della valutazio ne multidimensionale nella valuta zione e nella cura del paziente an ziano in confronto all’approccio medico tradizionale in diversi set tings, sin dall’articolo di Rubenstein apparso sul New England Journal of Medicine nel 1984, che è conside rato una pietra miliare in questo ambito di ricerca, anche come rap porto costo-beneficio, quando ap plicata ad una particolare popola zione “target”. Modello Il set di base deve pertanto com prendere le aree descrittrici dello stato di salute che rappresentano le aree cardine della valutazione della stessa. A questo set di base che quindi è utilizzabile a vari li velli, si possono aggiungere degli elementi valutativi (scale) che ri spondono a programmi e gestioni differenti esempio: dementi in nu clei di RSA ecc. Le aree ritenute necessarie per costruire una rappresentazione del la salute sono costituite da: 1) Area fisica – sanitaria (carico in fermieristico e riabilitativo); 2) Area cognitiva; 3) Area funzionale (attività di base della vita quotidiana e mobili tà); 4) Area sociale. Per ciascuna di queste aree sono previste delle graduazioni di gravi tà il cui risultato finale porterà alla definizione di un profilo del sog getto in esame; si tratta in altre pa role di una definizione della carat teristiche individuali rispetto a que ste dimensioni ritenute fondamen tali. Le scale di valutazione misure ranno in particolare le funzioni co gnitive e le attività fisiche legate all’attività del vivere quotidiano. Nell’area funzionale si usano le ADL di Katz e gli indici di Barthel, per una valutazione della mobilità; per la valutazione delle attività più complesse si possono usare le scale Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 che misurano le IADL (attività con strumenti della vita quotidiana). Per la valutazione dell’area cognitiva si possono usare l’SPMSQ di Pfiffer o MMSE di Folstein; il primo è più sem plice e utilizzabile anche in pazienti con disturbi visivi e sufficiente per individuare il fabbisogno assisten ziale; il secondo è uno strumento più complesso e più funzionale a screening cognitivi. Per la valutazione fisico-sanita ria si procede anche a: a) valutazione della attitudine po sturale e motorie (clinostatismo, ortostatismo, modalità di trasfe rimento, attività manuali); b) altre disabilità (deficit sensoriali uditivi-visivi, nutrizione trami te sondino nasogastrico – gastro enterostomia percutanea –cate tere venoso centrale, uretero colon stomie, linguaggio pato logico, disturbo notturno, peri colo di fuga o incolumità in de mente); c) presenza o rischio di ulcere da pressione. La valutazione, effettuata dall’As sistente Sociale, esplora l’area so ciale: a) familiari e medici di Medicina Generale referenti – motivazioni della richiesta di attivazione del la rete dei servizi; b) reddito dell’utente e del nucleo familiare, eventuali integrazioni fornite da enti; c) situazione familiare in relazione alla “capacità” di gestire il caso; d) rete di supporto; e) interventi e servizi istituzionali socio-assistenziali (telesoccorso, 129 Le esperienze territoriali in Trentino 130 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 fornitura pasti ecc.) distinti in: appropriati per l’utente, già at tivati, proposti ma rifiutati, esi stenti ma non attivabili per il caso specifico, non esistenti; f) urgenza sociale. I risultati ottenuti definiscono il “profilo della disabilità” che pertan to comprende i determinanti prin cipali della non-autosufficienza stratificati in più livelli di gravità: capacità di spostamento, demenza, disturbo notturno, pericolo di fuga o incolumità. Il “profilo” viene uti lizzato come strumento per la ana lisi-confronto delle caratteristiche ambientali minime necessarie e compatibili (persone e luoghi) con la corretta gestione dell’utente. L’analisi della riproducibilità del lo strumento di valutazione clini co-funzionale (ripetibilità intraos servatore tra osservatori diversi) è pari a un coefficiente di correlazio ne di Spearman di 0.98 (p<0.001 G.Valerio 1999). Ai singoli settori delle aree clini co-funzionale e sociale, sopra de scritti, vengono attribuiti dei pun teggi la cui somma orienta la pre cedenza da attribuire al caso; tale metodo, nella scelta delle priorità, è ritenuto obbligatorio in un siste ma a risorse economiche definite. Le valutazioni, effettuate sepa ratamente a seconda dei bisogni da figure professionali diverse (medi co di medicina generale, assistente sociale, geriatra per gli anziani, in fermiere, responsabile del distretto ed altri eventuali) mediante il col loquio e gli strumenti descritti ven gono riunite in sede distrettuale Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 dove viene definito il progetto as sistenziale, comparabile con le esi genze dell’utente e la disponibilità di risorse. L’attivazione dell’ADI ad esempio, se esistono i criteri mini mi per realizzarla, è una delle ri sposte possibili anche in presenza di una richiesta dell’utente rivolta ad ottenere un’altra tipologia di servizi socio-sanitari quale, ad esempio, l’istituzionalizzazione (orientamento della domanda). RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Conclusioni Riassumendo, l’implementazione dello screening della fragilità etàassociata, con procedure e strumenti confrontabili nelle varie realtà re gionali, ha lo scopo di attivare nel la rete dei servizi una sorveglianza attiva e piani terapeutici speciali con valenza preventiva, nei confron ti della disabilità e per la promo zione della qualità della vita nell’anziano. Il futuro sarà pertanto quello di passare da un semplice screening a un uso di strumenti pro grammati “ad personam”. Le indicazioni che scaturiscono dall’applicazione dell’U.V.M dovran no essere interpretate come tenta tivo di omogeneizzare i comporta menti o avere modelli confrontabili almeno in provincia di Trento. Solo così sarà possibile capitalizzare l’esperienza quotidiana e operare dinamicamente i necessari correttivi verso l’appropriatezza, l’efficacia e una maggiore efficienza. Ciò po trà essere infine un punto di par tenza per acquisire conoscenze e fronteggiare le nuove esigenze che l’invecchiamento e le modificazioni demografiche ci presentano. [3] M.F. Folstein, Mini Mental State Examination: a practical method for grading the cognitive state of patients for the clinical, Jour nal of Psychiatric research 12: 189, 1975. [1] The Public Health Aspects of the Aging of the Population, WHO, Copenhagen 1959. [2] L.Z. Rubenstein, et al., Impacts of geriatric evaluation and ma nagement programs on defined outcomes: overview of the evi dence, J. Am. Geriatrics Soc. 39 (Supple.): 85, 1991. [4] S. Katz, Progress in the develop ment of the index of ADL, Ge rontologist 1:20-30, 1970. [5] S. Katz, Functional assessment in geriatrics, JAGS 37:267-271, 1989. [6] Progetto Obiettivo, Tutela della salute degli anziani: Piano Sa nitario Nazionale per il quin quennio 1991-1995, Ministero della Sanità – Servizio centrale di programmazione sanitaria. Roma 1991. 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[17]Pfeiffer (E.), A short portable mental status questionnaire for the assessment of organic brain Gabriele Noro è Direttore dell’Unità Operativa di Geriatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento. I servizi per le persone disabili Dario Ianes L’integrazione delle risorse pubbliche e del volontariato per affrontare in modo più efficace i problemi della disabilità e del disagio Esaminando gli ultimi dieci anni di vita della comunità trentina, nei suoi aspetti di risposta pubblica e del privato sociale alla variegata realtà delle disabilità, balzano im mediatamente agli occhi due aspet ti, credo abbastanza tipici delle pic cole comunità in un territorio alpi no, con qualche difficoltà di comu nicazione e con una forte matrice socioculturale cattolica: una forte disomogeneità tra i servizi presenti nel capoluogo e a Rovereto, rispet to a quelli presenti nelle valli peri feriche, che sono molto meno ric che di risposte specifiche, e una grande presenza di servizi organiz zati e gestiti da realtà del privato sociale (Associazioni, cooperative sociali e simili) che monopolizzano quasi il quadro dei servizi, non ap pena la persona disabile assolve al l’obbligo scolastico e diventa adul ta. Ci troviamo dunque con alcune realtà territoriali ben presidiate di servizi e altre molto meno, con una grande frattura tra due periodi di vita della persona disabile: l’età evo Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 lutiva, in cui il presidio è quasi esclusivamente pubblico (Azienda sanitaria e Scuola pubblica) ed età adulta, in cui i servizi pubblici la sciano il campo al privato sociale. Un esempio emblematico è costitu ito dall’ANFFAS (Associazione nazio nale famiglie di disabili intellettivi e relazionali), realtà associativa for tissima in Trentino, che ha il quasi monopolio della gestione di Centri socioeducativi diurni, centri occu pazionali e cooperative di lavorolaboratori protetti. Naturalmente questa situazione di delega dell’am ministrazione pubblica al privato sociale, se è potenzialmente inte ressante per la possibilità del pri vato sociale di creare nuove rispo ste al bisogno, in questa situazione di quasi monopolio, viene a creare alcune difficoltà per le piccole real tà di privato sociale che non rie scono a “competere” ad armi pari, ad esempio nel reclutamento degli operatori, dal momento che l’ANF 133 Le esperienze territoriali in Trentino 134 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 FAS riesce a pagare meglio i propri dipendenti. Si crea così una situa zione di non equità, perché per uno stesso lavoro vengono utilizzate re munerazioni sensibilmente diverse. E qui si ravvisa un’altra caratteri stica del sistema trentino, che ha visto scarsamente presente l’ente pubblico nel ruolo necessario di re golatore e perequatore delle diffe renze, sia in termini territoriali, che di politiche retributive degli opera tori del comparto socioassistenzia le. La politica dell’accreditamento e del controllo di qualità sui servizi erogati per conto dell’ente pubbli co è ormai giunta a una svolta non più procrastinabile in questa realtà territoriale ricca di partnership pub blico-privato. In questi dieci anni abbiamo vi sto crescere in Trentino alcune di mensioni di sviluppo e di moder nizzazione del sistema di risposte alla disabilità che vale la pena evi denziare. Il ruolo protagonistico delle famiglie Sempre di più la famiglia si rende consapevole delle sue risorse posi tive, esce da un vissuto di colpa e di autoisolamento e cerca attiva mente di migliorare la propria si tuazione e quella delle altre fami glie, in un’ottica promozionale e non più clientelare-assistenziale. Dalle prime esperienze dell’ANFFAS, associazione costitui ta da familiari di persone disabili, che si è impegnata direttamente nella gestione di servizi alla perso na, alla Cooperativa sociale “La Rete”, fondata per iniziativa di un gruppo misto di familiari, operatori e volontari, con l’obiettivo di raf forzare il nucleo familiare con varie iniziative di supporto, alle altre ini ziative associative di familiari, tra queste la sezione locale dell’ANGSA (Associazione nazionale genitori soggetti autistici), che si attivano sia nella direzione mutuale (ad esempio con gruppi di auto mutuo aiuto) sia in quella di una preziosa opera di pressione sull’amministra zione pubblica per l’attivazione di nuovi servizi o per l’estensione e il miglioramento di quelli esistenti. In questo senso, è cresciuta senz’altro la possibilità, per l’ente pubblico, di disporre di partner por tatori di interessi forti e legittimi in grado di contribuire alla proget tazione, realizzazione e verifica di importanti settori di servizi. Si pensi ad esempio al tema della residen zialità, e cioè al bisogno di assicu rare un luogo dignitoso, indipenden te e integrato, di vita alla persona disabile quando la sua famiglia non sarà, per l’età o condizioni di salu te, più in grado di convivere con lei: le famiglie sono diventate atti ve nell’analisi dei bisogni e nell’in dividuazione di risposte di buon li vello qualitativo. Questa partnership di qualità non sarebbe stata pensa bile dieci anni fa. Il consolidamento dell’integrazione scolastica a tutti i livelli Grazie all’autonomia e a un buon livello di risorse economiche, il Tren tino è riuscito a garantire, in questi quasi 25 anni di integrazione sco lastica, delle risposte della scuola efficaci, generalmente, sia a livello pedagogico-didattico che dal pun to di vista del rapporto numerico insegnanti alunni disabili, che è nettamente migliore che nel resto d’Italia. Si è venuta poi anticipando la at tuale tendenza alla responsabilizza zione degli enti locali, che ha visto la Provincia e i Comprensori dotare le scuole di personale proprio (Edu catori) per rispondere, accanto al l’insegnante di sostegno, ai biso gni di carattere educativo e assi stenziale degli alunni con disabili tà più grave e con ridotta autono mia. L’Università di Trento è poi al l’avanguardia nei processi di acco glienza e di integrazione di studen ti disabili, utilizzando studenti nel ruolo di tutor, obiettori di coscien za specificamente formati e dotan dosi di appartamenti senza barrie Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 re. Il Trentino, dalla metà degli anni ottanta, è diventato un laboratorio riconosciuto a livello nazionale per quanto riguarda lo sviluppo delle strategie di integrazione e di lavoro psicologico didattico sulle difficol tà di apprendimento, ospitando il Centro Studi Erickson, con le sue attività formative e editoriali. Il blocco dell’istituzionalizzazione Dieci anni fa gli istituti presenti in Trentino erano tre e non ospitavano più di 200 persone adulte. A tut t’oggi la situazione è rimasta la stes sa, pur aumentando il numero di per sone disabili adulte e anziane. Que sto aumento di persone che hanno bisogno di una soluzione residen ziale è stato assorbito dalle comu nità alloggio, che si stanno diffon dendo con un buon ritmo sul terri 135 Le esperienze territoriali in Trentino torio, accompagnate da una ormai forte presa di coscienza da parte dei familiari che l’istituto non costitu isce più una risposta buona per il loro figlio. Dei tre istituti, soltanto uno si è ingrandito, mentre gli altri due sopravvivono, uno stancamen te e uno con qualche prospettiva di innovazione e di cambiamento. 136 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 L’espansione dei Centri Diurni Dopo la scuola dell’obbligo molti disabili trovano una collocazione nei tanti centri socioeducativi, occupa zionali o lavorativi presenti in Tren tino. In questi anni si è assistito a una rapida espansione di queste ri sposte che hanno supplito a due grandi carenze nel sistema comples sivo di risposte alla disabilità: l’in tegrazione nella scuola media su periore e l’integrazione lavorativa e sociale. La scuola media superiore si è sempre deresponsabilizzata per la presenza di un sistema forte e pervasivo di Centri di Formazione professionale, che però non sono riusciti, anche per carenze dell’Agen zia del Lavoro, a garantire sbocchi lavorativi agli alunni disabili che hanno frequentato i corsi. Accade allora che le persone di sabili giovani, dopo un lungo per corso di integrazione scolastica, a contatto con compagni normali, anche nella formazione professiona le, si trovino catapultati in un cen tro socioeducativo e occupazionale frequentato esclusivamente da per sone disabili, con un calo dramma tico nei livelli di integrazione. Questo è dunque un problema che rimane aperto e che rimanda anche all’annoso, e tuttora irrisolto, pro blema dell’integrazione lavorativa. Il cambiamento culturale Il Trentino è cambiato in questi ul timi anni, passando da una visione della disabilità cupa e assistenzia le, caritatevole e misericordiosa, sostanzialmente segregante, ad una più equilibrata, moderna, in cui si sa distinguere tra disabilità e han dicap, in cui si sanno valorizzare le differenze, non solo accettarle, ed in cui la persona disabile si può sentire un cittadino attivo a tutti gli effetti, anche se “diversamente abile”. Ne sono la prova le sempre più frequenti ed efficaci iniziative di presenza attiva di persone disa bili nella scuola per sensibilizzare alle diversità e far crescere la cul tura della disabiltà, il ruolo attivo di persone disabili nella gestione di servizi e di iniziative editoriali. Questo riconoscimento del valore personale e dei diritti nasce anche dalle lotte, a volta disperate e vio lente, di qualche persona disabile che, nonostante gli eccessi condan nabili, ha saputo risvegliare dal tor pore la comunità trentina. L’evoluzione e la differenziazione dei bisogni Come è accaduto in tanti altri cam pi del vivere sociale e dei servizi alla persona, anche nel campo del la disabiltà i bisogni si sono rami ficati, evoluti e differenziati sem pre più. Le persone disabili adulte hanno elaborato il bisogno di vive re indipendentemente e perciò sono necessari servizi di assistenza do miciliare, di trasporti personalizza ti anche nelle ore serali (Cooperati ve specializzate o l’uso facilitato di buoni taxi), si pone con sempre maggiore forza il bisogno di vivere costruttivamente il tempo libero, con iniziative forti di integrazione nella comunità, con soggiorni esti vi. Le famiglie elaborano sempre più a fondo la loro situazione e hanno bisogni sempre più sfumati e com plessi: la “tregua”, e cioè tirare il fiato dai loro stressanti compiti as sistenziali continui, la formazione di competenze educative, che li potenzino nel loro difficile ruolo, il mutuo aiuto, l’incontrarsi e lo scam biarsi reciprocamente forza, consi gli e suggerimenti in percorsi di cre scita in piccoli gruppi. Il lavoro di rete tra enti La comunità trentina è molto pic cola e percorsa, per alcuni aspetti, da forti legami solidali, ma, pur es sendo molte le realtà che operano nel settore della disabilità, i rap Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 porti in rete non sono stati facili e spontanei. Le occasioni di reale collaborazione non sono state mol te, e ognuno preferiva coltivare il proprio orticello. La Cooperativa “La Rete” ha promosso, per prima, nel 1989, una mostra incontro “Spazio Aperto” che ha visto la partecipa zione di più di 40 realtà del pubbli co e del privato sociale, con una serie di manifestazioni rivolte alla cittadinanza e realizzate in accor do e sinergia tre le varie associa zioni e servizi rivolti alla disabili tà. Successivamente, un certo ruo lo di attivatore e coordinatore di sinergie tra enti è stato giocato dal Comune di Trento, con un tavolo di lavoro e di concertazione con le realtà del suo territorio, che ha dato, anche se con qualche difficoltà, dei risultati tangibili sul fronte dei tra sporti liberi da barriere e dell’assi stenza domiciliare. Le cooperative sociali si sono poi consorziate nel Consolida, che le raccoglie e ne cura la formazione, la rappresentanza e la certificazio ne di qualità. Anche in questo cam po si è sentita la mancanza di un ruolo forte, di programmazione e controllo, da parte dell’amministra zione pubblica, che molto spesso si è limitata a finanziare senza opera re funzioni di governo. Il volontariato e l’attivazione comunitaria Alcune realtà cooperative, soprat tutto quelle piccole e orientate metodologicamente alla “Communi ty Care” e al lavoro sociale di co munità hanno impostato il loro la voro anche verso la cosidetta co 137 Le esperienze territoriali in Trentino 138 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 munità sana, cioè non direttamen te coinvolta nel problema disabili tà, cercando di sensibilizzare la cit tadinanza e di corresponsabilizzar la al tema della disabilità. Questo ha prodotto in alcuni casi dei risul tati interessanti, con l’attivazione di numerosi volontari, in gran par te giovani (la Cooperativa La Rete nel 2001 utilizza quasi 200 volon tari, che operano a fianco degli 11 operatori professionali), con la na scita di specifici corsi di formazio ne per volontari, di iniziative di rac cordo e supervisione. La qualità stessa dell’essere volontario è cam biata: da un fare volontariato in modo pietistico e assistenziale si è passati ad un volontariato di pro mozione umana consapevole, di potenziamento dell’autonomia del la persona disabile e di rivendica zione e affermazione dei suoi dirit ti. Ci troviamo dunque in una situa zione complessivamente interessan te e che tutela sufficientemente le persone disabili, anche se rimango no molte sacche di ritardo e di scar sa creatività e professionalità dei vari soggetti, pubblici e privati, che concorrono a costruire il nostro si stema misto di risposte. Dario Ianes è Condirettore del Centro Studi Erickson e professore incaricato presso il Diploma Universitario in Servizio Sociale - Università di Trento. I consultori per il singolo, la coppia e la famiglia Maria Gemma Pompei Il rilancio di una funzione, fra compiti tradizionali e nuove prospettive La storia Il Consultorio è nato più di vent’anni fa ed ha sostenuto la cultura dell’ essere genitori come scelta respon sabile: si è misurato inizialmente e necessariamente con il controllo delle nascite e con la prevenzione e diminuzione dell’abortività. Ha cercato di proteggere le ado lescenti dal rischio di essere mam me prima di diventare donne, di perdere bambini prima di sapere come nascono i bambini. Ha lavorato sulle fasce deboli della popolazione per offrire, nei modi opportuni, le notizie neces sarie a poter esercitare un diritto e onorare un dovere; ha ricercato il dialogo soprattutto con l’area ma terno-infantile, l’area giovanile, l’area delle culture minoritarie … Ha svolto il suo compito facendo registrare una diminuzione dell’abor tività nelle fasce di popolazione in cui era più presente. Si è proposto su diversi fronti ( il singolo, la coppia, la famiglia…) con una offerta attiva di informa zioni e cure, cercando di sollecitare Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 gli accessi spontanei, sapendo di dover raggiungere chi non aveva capacità di domanda o la esprimeva con modalità poco riconoscibili, originali, estranee. Si è misurato con la necessità di ridurre l‘incidenza degli eventi e delle condizioni sfavorevoli alla sa lute e al benessere dei bambini e dei loro genitori e per farlo ha defi nito misure di prevenzione. E poiché non ci sono teorie che concettualizzino adeguatamente i complessi percorsi di reciproca or ganizzazione tra ambienti di vita e processi di sviluppo, ha faticato a orientarsi nelle scelte di priorità psicosociale. Ha definito sistemi di valutazione del proprio operato con indicatori di esito e di processo, sul la scorta di analisi del contesto della comunità locale senza trovare il coraggio di scelte organiche capaci di incidere significativamente su popolazioni povere, emarginate nel la multiproblematicità; ha individua to la popolazione bersaglio cui ap plicare le strategie, ma gli sono man cate le risorse per raggiungerla; ha costruito procedure operative di offerta attiva delle misure di pre venzione, avendo cura di sensibi lizzare e mettere in rete tutte le ri sorse professionali direttamente o indirettamente interessate, ma non è stato sostenuto nel progetto; ha sistematizzato le procedure di ge stione delle misure di prevenzione, in modo da garantirne l’efficacia nella pratica, ha ricercato un modo per stimare i fattori di rischio della non rispondenza ai suoi interventi e l’incidenza dei fenomeni indesi derati nella popolazione non rag 139 Le esperienze territoriali in Trentino 140 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 giunta; ha compreso che l’offerta at tiva di promozione della salute è una competenza multidisciplinare ed una sfida aperta ai limiti della comunicazione, ma non ha ottenu to sufficienti destinazioni di risor se. Ha optato per la scelta etica di migliorare l’autonomia della perso na e liberarla dai divieti arcaici ali mentati dall’ignoranza; ha lavora to, con spirito a tratti missionario, per vedere nuovi orizzonti e oggi ha obbiettivamente raggiunto nuo vi territori, andando oltre il prag matismo e la semplificazione della causalità lineare, ai prodromi del disagio, considerando sia i fattori di rischio che quelli di protezione. Misurandosi con la diversità ha acquisito più saggezza; ha ben me ritato, ma non ha ancora ottenuto investimenti adeguati. Ha conosciuto la recessione. In Provincia di Trento non si è dif fuso sul territorio: ha rischiato lo sbandamento vocazionale, la disper sione patrimoniale, il depaupera mento tecnico, il nome. Ha subito una forte pressione a ridursi a uno sportello d’informazio ne, a una rotatoria di passaggio di consulenze, a una sorta di sanità minore rispetto ai privilegiati ser vizi di diagnosi e cura. Ha rischiato dapprima di essere un luogo abbandonato poi, come dicono gli architetti, un non-luogo destinato al transito senza acco glienza. Questa sorte è stata ben docu mentata anche dalla letteratura scientifica, che a poco a poco ha visto scomparire le pubblicazioni dedicate. Eppure le ricerche sulla famiglia, sulla genitorialità e sull’area della salute mentale infantile si sono moltiplicate ed hanno posto con forza alla società civile il vecchio interrogativo sul perché la cono scenza dei fenomeni non è un suf ficiente agente di trasformazione. Questo passaggio richiede un consenso impegnato a vincolare le risorse per la prevenzione. Una lettura attenta dei servizi offerti alla famiglia, all’infanzia, ai giovani e alla persona mostra in certezze e disconnessioni nel siste ma dell’assistenza sociale e sanita ria e indica la necessità di rideline are la fisionomia di un progetto di salute, capace di esprimere strate gie efficaci a introiettare nei com portamenti organizzativi dei servizi la flessibilità necessaria a stare al passo con le trasformazioni sociali, gli incontri con culture diverse, la complessità dei modelli esplicativi dei fenomeni e le acquisizioni scien tifiche. I processi di cambiamento, se si esce dall’insidia della semplificazio ne lineare a variabili note, compor tano sempre la tolleranza di una quota d’incertezza e di caos. Gli imprevisti non possono essere ste rilizzati se si lavora con eventi com plessi, vitali, processuali, la cui natura sfida l’attuale ricerca scien tifica e la impegna ad essere più precisa ed affidabile nella lettura dei contesti di vita. La crisi e la rigenerazione del Consultorio e dei servizi territoriali è un’inevitabile segno dei tempi: comporterà una nuova prassi, sol leciterà verso altre popolazioni, ri fletterà ancora sull’etica dei com portamenti di vecchia e nuova ori gine, s’impegnerà in modo più esperto nel dialogo con le famiglie, con i gruppi,con le etnie, con le discipline… Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Forse avrà una nuova sede. Riconquisterà un diritto di residen za sociosanitaria ed avrà anche bi sogno di altri spazi, informali, for se un po’ caotici e un po’ non- luo ghi, per permettere alle nuove espressioni di marginalità di trovarvi un alloggio. Gli anni più recenti Cinque anni fa un gruppo di lavoro ha provato a rileggere la normativa e le disposizioni di legge sulle fun zioni consultoriali ed ha puntato l’obbiettivo sulla ristrutturazione delle attività di consultorio. Un ap profondito dibattito sull’analisi della realtà consultoriale in Provincia di Trento ha segnalato la carenza di sedi e l’opportunità di ridefinire utenza e competenze su indicazio ni di nuove sensibilità legislative, focalizzando gli obbiettivi e supe rando la vecchia tentazione di pro getti omnicomprensivi a vocazione generica. Sono stati individuati gli opera tori, le funzioni attribuite alle va rie figure professionali e le presta zioni garantite. È stato sperimenta to il nuovo modello con risultati positivi. Rimane da costruire la rete dei Consultori sul territorio provin ciale. Occorre ancora leggere gli indi rizzi organizzativi e le modalità di attuazione dei servizi con freschez za di pensiero innovando, ove op portuno, la manualità quotidiana, per rigenerare la promozione della sanità e la prevenzione della malat tia senza avere idee semplicistiche e senza incoraggiare idee semplici stiche sulla salute. 141 Le esperienze territoriali in Trentino 142 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 La responsabilità degli individui nella costruzione della propria sa nità si misura con l’idea di normali tà e l’ideologia della normalità con i concetti di natura e di cultura, con la tolleranza o l’intolleranza della diversità, con l’esser maschio o fem mina, padre o madre, famiglia tra dizionale o monoparentale , con le convinzioni religiose, con l’etica dello stato laico, nella distinzione tra senso di colpa e reato penale…e si muove elaborandosi e confrontan dosi con la divisione dei poteri che contraddistingue la storia dell’Oc cidente. Gli utenti Per quali persone si è organizzato il Consultorio? La normativa del servizio li indi ca nel “singolo”, nella “coppia”, nella “famiglia”. Le parole sono precise ma la loro referenza si evolve nel tempo come tutto ciò che vive. I termini non si riferiscono solo a una condizione, a uno status, ma anche a un processo e non hanno solo un significato personale, han no anche un ambiente culturale d’in terpretazione. Il concetto di “single” trascina oggi una serie di variabili sociali, decisionali ed economiche non con template vent’anni fa nel vocabola rio del “singolo”; l’esser coppia ha alcune nuove declinazioni, com prensioni che interrogano il deside rio di stare insieme, il senso e la durata dei legami, l’immagine della famiglia, l’identità di genere, le scel te sessuali; l’immagine della fami glia è a più dimensioni: nucleare, monoparentale, allargata, separata, plurinucleata; la rappresentazione del diventare genitori, dell’esser genitori, del rimanere genitori è sempre più articolata e complicata. La possibilità di scegliere come unirsi, stare insieme, separarsi, il diverso significato che attinge la meta della realizzazione personale e della qualità delle relazioni di cop pia, il valore della sessualità non più indissolubilmente legata alla procreazione, l’esistenza della con traccezione possibile e della fecon dazione assistita, la richiesta di ri muovere le difficoltà sessuali, di prolungare la capacità sessuale… hanno prodotto pur nei vecchi am biti, nuovi utenti. Il senso della tradizione e dei le gami intergenerazionali, che appa re affievolito nei comportamenti quotidiani, rimane attivo e misco nosciuto nelle fondamenta e nelle abitudini delle nuove famiglie. Oggi riconosciamo meglio le pre senze dei fantasmi del passato sul le nuove culle e numerose ricerche riambientano scientificamente vec chie storie di fate e di streghe. La maledizione che ha imposto alla fanciulla di diventare una bella addormentata nel bosco con blocco di sviluppo non è qualcosa che ap partiene alla potenza fatale delle madrine offese, non è un destino che viene da esseri sovrannaturali, è qualcosa che arriva da una gene razione precedente, qualcosa che non è convocato ma tramandato attraverso i modelli operativi inter ni che plasmano rappresentazioni e comportamenti. La rimozione del sortilegio ha sempre le armi del pro prio tempo ed oggi gli interventi del principe azzurro sono laicamen te affidabili ai processi socioassi stenziali. Su tutti questi fronti si dissolvo no e riorganizzano le frontiere del consultorio. I suoi utenti sono in provincia di Trento soprattutto femmine, con picchi d’accesso tra i 20 e i 40 anni, attorno alla menopausa ed oltre i 50 anni. I maschi, meno dell’1 % della popolazione femminile hanno pic chi d’accesso dopo i 30 anni ed ol tre i 50. I consultori maggiormente fre quentati sono attivi nella sperimen tazione di un’offerta propositiva, non d’attesa e le consultazioni più numerose sono nell’area ostetrica e ginecologica, seguono quelle del l’area psicologica e sociale. Circa il 13 % delle richieste gra vitano attorno al disagio familiare Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 e circa il 3% al disagio giovanile. Tra le problematiche giovanili, c’è ancora, troppo insidioso il rischio di gravidanze indesiderate. Le violenze e gli abusi sono ad ogni età, un “tabù” di cui si teme di parlare, per mortificazione, per vergogna, per colpa, per timore di ritorsioni, per paura di perdere la famiglia. Se ne parla poco e se ne tramandano gli esiti di generazione in generazione, coi fatti. Vecchi impegni e nuove prospettive C’è in Italia un osservatorio nazio nale per l’infanzia, un Centro na zionale di documentazione e di ana lisi per l’infanzia, una Commissione parlamentare per l’infanzia, una giornata italiana per i diritti del l’infanzia, il 20 novembre di ogni anno. La politica ha ricominciato ad interessarsi ai bambini! Quale etica la spinge? Ha scritto Bowlby, grande inno vatore nella ricerca e assistenza al l’infanzia, che una società che vuo le aiutare i bambini deve trovare il modo di aiutare i loro genitori. Sappiamo che ogni bambino con un problema, ha anche un proble ma di adattamento e ha una fami glia con problemi di adattamento. Occorre imparare a vedere oltre l’immediato visibile ed avere pro getti che contino i successi nel presente con la proiezione della loro incidenza sul futuro. Un bambino che cresce male è danneggiato nel suo potenziale di sviluppo e ciò costituisce un grave danno non solo al bambino e alla 143 Le esperienze territoriali in Trentino 144 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 sua famiglia, ma all’intero sistema sociale. I traumi della prima infanzia sono fattori di rischio per molte malattie psichiatriche, per molti comporta menti antisociali, per molti distur bi psicopatici: una scelta autorevo le, nel senso etimologico della pa rola, è un’opzione che fa crescere. Il consultorio ha maturato il sa pere per progettare interventi ca paci di ridurre o anche eliminare le conseguenze di condizioni negati ve e li può attuare nei luoghi natu rali di vita e nei momenti critici di sviluppo, utilizzando la forza di cambiamento posseduta dagli eventi cruciali della vita. Sostegno e cura della genitorialità a rischio La capacità di essere genitore ha aspetti fisici, psichici e sociali. E’ una funzione che si organizza e si modifica negli scorrimenti di signi ficato dell’esser uomo, donna, cop pia, famiglia. I modelli che regola no l’identità di genere, le emozioni e i comportamenti relazionali si co struiscono ed internalizzano fin dai più precoci scambi con i genitori, tendono a rimanere stabili nel tem po e vengono trasmessi ai propri figli. La catena intergenerazionale veicola dunque una doppia eredità. I processi di comunicazione af fettiva tra madre/padre/bambino costituiscono il legame tra il nuovo nato e la cultura del suo ambiente di vita, gli agi ed i disagi della sua comunità, la storia familiare dei suoi genitori. Questi primi scambi e for me di accudimento presentano il mondo al bimbo e gli rappresenta no ciò che egli si può attendere dalla vita. Proteggere questo momento ini ziale dell’esistenza dagli assalti di eventi negativi vuol dire promuove re la salute del neonato, dei geni tori e della società. Questo obiettivo non può essere affidato ai tradizionali corsi di pre parazione al parto, ma deve essere perseguito in una visione prospet tica e in azioni intervallate, prolun gate ed innestate sui compiti evo lutivi dell’essere genitori ed essere bambini e sui servizi preposti a prendersi cura delle problematiche dell’area materno-infantile. È stato quindi necessario speri mentare, con la cooperazione di di verse professionalità: - un nuovo modello di corsi di pre parazione alla nascita con un progetto di assistenza post par to e nei primi mesi di vita del bambino; - una metodologia di analisi e trat tamento dei casi a rischio di maltrattamento e abuso sui mi nori. Gli interventi, formativi e terapeu tici, ambulatoriali e domiciliari, a sostegno della relazione madre/pa dre/bambino e a sostegno della for mazione dei legami di attaccamen to sicuro hanno mirato a prevenire il manifestarsi di condotte attive (violenze, eccessi di cure…) o omis sive (carenze, incurie, abbandoni…) e a rimuovere con azioni idonee le situazioni di pregiudizio. La sperimentazione-pilota è sta ta condotta su un campione limita to con buon successo nella modifi ca dei comportamenti, sia sul pia no della collaborazione interprofes sionale che dei casi trattati. Si tratta ora di aumentare a li vello aziendale e socio assistenzia le le competenze del personale in grado di intervenire nel campo spe cifico su tutto il territorio e di pro muovere un’azione di coordinamen to dei servizi che operano per la famiglia e per i bambini. La salute degli adolescenti Qual è l’età dell’adolescenza? L’ini zio ha una soglia visibile nelle tra sformazioni della pubertà, il termi ne invece è più criptico: non è iden tificabile con un’età o un evento come all’epoca in cui il rito d’ini ziazione segnava il cammino dell’ap partenenza sociale. I processi del l’adolescenza si risolvono nell’acqui sizione di una sufficiente autono mia personale: i nostri giovani com pletano tardi gli studi ed hanno dif ficoltà a raggiungere un’indipenden Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 za economica. La nostra cultura ge nerosa con i giovani nel privato delle famiglie, è avara di risorse nell’of ferta di formazione e lavoro e di fat to predilige la dipendenza protratta dei ragazzi. Di ciò si è tenuto conto nel pro gettare una proposta per i giovani fino ai 24 anni d’età, con l’obietti vo di promuovere un maggior be nessere ed una migliore qualità del la vita con interventi di educazone alla salute, di prevenzione dei com portamenti a rischio fisico, psichi co e sociale e con consulenze su richiesta per problemi sessuali, re lazionali, personali. Per un contatto più informale c’è uno spazio “ Consultorio Giovani “ ad accesso libero, senza obbligo di prenotazione, nelle cui fasce-orario sono presenti più specialisti che ri spondono rapidamente in modo mi rato. Sono stati anche predisposti moduli di interventi brevi, sensibili a cogliere ed elaborare situazioni percepite come disagevoli dall’ado lescente stesso e percorsi coordi nati coi servizi specialistici territo riali nei casi in cui è opportuno e/o necessario prevedere un programma di cure per la presenza di una pato logia individuale o famigliare. A tale area è stato dato più am pio respiro coordinandola con due iniziative, una del Dipartimento Materno infantile, per i più piccoli (che ha monitorato la predisposi zione dei bilanci di salute a 13 anni) e uno per i più grandi con un Pro getto Giovani attivo presso le UUOO di Psicologia, che mira a semplifi care l’accesso ed offrire le prime cure 145 Le esperienze territoriali in Trentino 146 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 e gli orientamenti per difficoltà psi cologiche o psicosociali. Le coppie, le separazioni di coppia C’è una domanda, ancora timida, che spontaneamente sceglie il consul torio come interlocutore d’acco glienza per problemi coniugali o di separazioni coniugali. È una doman da che meriterebbe di essere soste nuta con prestazioni diversificate compresa la mediazione familiare. Ma sulla famiglia mancano pro getti di salute. La menopausa È un’età d’incertezze, di grandi mu tamenti fisici che in genere fa i conti anche con mutamenti dell’as setto famigliare: i figli sono cresciuti e prossimi a varie forme di distacco più o meno definitivo. Non è solo un evento fisico, è un processo psichico e sociale che spes so si accompagna a varie espressio ni di disagio. Anche su questo fronte manca un progetto di salute Conclusioni Il Consultorio è uno spazio di ac coglienza per progetti di prevenzio ne. Che cosa si vuole prevenire? Il metodo è necessariamente fun zionale all’oggetto. C’è un persona le addestrato, motivato, non in at tesa: verso quali destinazioni può muoversi? Maria Gemma Pompei è Direttore dell’Unità Operativa di Psicologia clinica di Trento dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. È stata coordinatrice del progetto di riorganizzazione della rete dei consultori della Provincia autonoma di Trento. I servizi per la salute mentale Renzo De Stefani Approcci territoriali per la promozione e la tutela della salute mentale I Servizi per la salute mentale sono da sempre, un po’ per vocazione un po’ per necessità, collegati alle più diverse attività socio-assistenziali presenti sul territorio. Quando 25 anni fa si chiusero i manicomi la dimensione sociale e i relativi servizi ne furono protagoni sti essenziali. Oggi, il DPR 10 no vembre 1999, Progetto obiettivo per la tutela della salute mentale, chia rissimo documento esplicativo di cosa sono chiamati a fare i Servizi per la salute mentale, richiama più volte l’importanza di collaborazio ni, reti, integrazioni, tra dimensio ne sanitaria e dimensione sociale, tra servizi per la salute mentale e servizi sociali. E naturalmente con tutto quanto nella dimensione or ganizzata del territorio si intreccia con quei beni essenziali per la pro mozione della salute mentale che sono le “relazioni affettive, il lavo ro, l’abitare”. In questo contributo ho scelto di dare quasi tutto lo spazio al testo di un protocollo di lavoro sottoscrit to nell’aprile 1999 tra Azienda sa Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 nitaria e Comune di Trento concer nente “Salute mentale, assistenza psichiatrica e bisogni sociali” e ri guardanti nel dettaglio tutti i rap porti di collaborazione in essere e da costruire tra i Servizi per la salu te mentale e i Servizi sociali pre senti sul territorio del Comune di Trento. Questa scelta è legata a 2 moti vi. Questo protocollo, frutto eviden temente di collaborazioni e di sin tonie decennali, è stato apprezzato anche al di fuori dei confini provin ciali e utilizzato come riferimento operativo. Nella nostra realtà ha co stituito un momento di riflessione importante nella sua costruzione nella sua presentazione, a cui è stata dedicata una giornata di lavoro congiunta tra i due servizi. È diventato poi la linea guida per confrontare l’operatività quotidiana, anche at traverso la creazione di gruppi di lavoro per le varie azioni previste e di ulteriori momenti di riflessione e confronto allargati. 147 Le esperienze territoriali in Trentino 148 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Alla presentazione del protocol lo farà seguito una breve illustra zione dello stato dell’arte dei diver si progetti in esso contenuti. Un’ultima nota di “colore”. Il pro tocollo presenta sia sul suo fronte spizio che nello scorrere del testo alcuni disegni a colori. La scelta vuole rendere un atto amministra tivo più immediatamente fruibile e appetito. Superate le comprensibili perplessità di qualcuno il protocol lo è stato approvato in questa ve ste “colorata” dal Consiglio comu nale di Trento e dal Direttore gene rale dell’Azienda sanitaria e la cosa ha contribuito a farlo maggiormen te conoscere, leggere e da qualcu no anche apprezzare. SALUTE MENTALE ASSISTENZA PSICHIATRICA E BISOGNI SOCIALI. PROTOCOLLO DI LAVORO TRA AZIENDA PROVINCIALE PER I SERVIZI SANITARI E COMUNE DI TRENTO Una collaborazione forte tra Azienda sanitaria e Comune di Trento Nel presente protocollo, in riferi mento alle tematiche della salute mentale e alle problematiche con nesse all’assistenza psichiatrica e ai bisogni sociali, sono richiamate due azioni fondamentali. Su queste due azioni, opportunamente tarate sul la realtà della città di Trento, si in tende far convergere, nel chiaro ri spetto delle rispettive competenze, le attività programmatorie ed ope rative dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari e del Comune di Tren to, al fine di dare alla popolazione risposte convergenti e ben visibili: - in tema di promozione e prote zione della salute mentale; - in risposta al disagio, soprattut to a quello grave che implica im portanti difficoltà nei rapporti interpersonali e nello svolgimen to dei ruoli sociali abituali. Nel corso degli ultimi anni la ri sposta al disagio psichico si è sem pre più caratterizzata come espres sione integrata di istituzioni ed enti diversi, rappresentativi non solo delle realtà istituzionali sanitarie deputate classicamente alla cura e alla riabilitazione della malattia mentale. In questo senso particola re sviluppo ha assunto il ruolo del privato sociale e di alcune associa zioni di volontariato. Senza nulla togliere all’importanza di questi pro cessi, che hanno avuto e continue ranno ad avere un ruolo molto im portante nel favorire il coinvolgi mento attivo ed allargato della co munità verso le problematiche del la malattia mentale e la sua accet tazione, appare scontato che vi sono Enti che sono chiamati in tali am biti ad assumere un ruolo e una ti tolarietà del tutto privilegiata. In questo senso appaiono parti colarmente significative la collabo razione e i protocolli d’intesa e di lavoro che si possono stabilire tra l’Azienda provinciale per i servizi sa nitari e le municipalità, nella fatti specie quella di Trento. La ragion d’essere di tale collaborazione pri vilegiata si sostanzia in quelle che sono le finalità istituzionali dei due Enti che, pur con competenze di verse, riassumono al proprio inter no un ruolo primario sia a livello di promozione di salute che di offerta e gestione di servizi. Il presente protocollo discende da tali premesse e si pone l’obiettivo di integrare al meglio risorse e com petenze dei due Enti per poter for nire risposte più attente e qualifi cate in tema di salute mentale e di disagio psichico. La posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) La protezione e la promozione della salute mentale e l’offerta di servizi attenti a prendersi cura del disagio psichico, considerato nella sua giu sta dimensione comunitaria, costi tuisce da sempre uno degli obietti vi ritenuti prioritari dall’OMS per dare corso a corrette e complessive politiche di salute. Nel Suo documento fondamenta le “La strategia della salute per tut ti entro l’anno 2000” l’obiettivo 12 è riferito alla “Riduzione dei distur bi mentali e dei suicidi”. Secondo l’OMS tale obiettivo può essere raggiunto attraverso: - il miglioramento dei fattori sociali che causano tensioni, come la disoccupazione e l’emarginazione sociale; - il miglioramento dell’accesso ad interventi di sostegno che metta no in grado la popolazione di af frontare gli eventi e le situazioni che provocano angoscia e stress; - il miglioramento degli interventi a favore dei soggetti affetti da turbe mentali e di coloro che, in modo formale o informale, si pren dono cura di essi, in particolare di coloro che sono affetti da de Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 menza; - l’organizzazione di servizi integra ti di salute mentale basati sulle comunità locali e con il coinvol gimento dei servizi sanitari di base; - la realizzazione di iniziative spe cifiche finalizzate alla prevenzio ne dei comportamenti dannosi per la salute come l’abuso di sostan ze pericolose; - programmi volti alla prevenzione del suicidio. Da questo documento risultano due azioni strategiche su cui inve stire con l’obiettivo di ridurre inci denza e prevalenza dei disturbi men tali e dei suicidi. La prima azione è volta alla po polazione generale ed è finalizzata ad alleviare e/o a risolvere le situa zioni che sono fonte di tensione sociale, interpersonale e personale. La seconda azione è volta a qua lificare l’offerta di prestazioni ai soggetti affetti da turbe mentali, ai 149 Le esperienze territoriali in Trentino 150 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 loro familiari e a quanti se ne pren dono cura, attraverso Servizi di sa lute mentale radicati a livello terri toriale, espressione di sinergie dif fuse con le risorse che la comunità esprime, a partire dai servizi sanitari di base e dalle municipalità. È evidente che le due azioni sono pensate e indicate come tra loro strettamente correlate e interdipen denti e in tal senso vanno proposte e realizzate. Principali ambiti del protocollo di lavoro I principali ambiti di collaborazio ne tra Azienda provinciale per i ser vizi sanitari e Comune di Trento van no ricondotti alle due azioni fonda mentali richiamate in premessa: - Prima azione fondamentale Obiettivo generale: miglioramen to della qualità complessiva delle relazioni sociali, interpersonali e personali, in quanto determinan ti di salute mentale, concernenti la popolazione generale. - Seconda azione fondamentale Obiettivo generale: qualificazione/ ottimizzazione delle prestazioni dei servizi nei confronti delle per sone portatrici di disagio psichi co grave in presenza di difficoltà significative nei rapporti interper sonali e nei bisogni sociali, e dei loro familiari. Prima azione fondamentale Obiettivo generale. Miglioramento della qualità com plessiva delle relazioni sociali, in terpersonali e personali, in quanto determinanti di salute mentale, con cernenti la popolazione generale. Titolo provvisorio. Trento mendismen (mendismen=menodisturbimentali) Obiettivi specifici. - mettere in rete le disponibilità e le risorse di persone fisiche e di gruppi variamente organizzati e rappresentativi dei mondi istitu zionali, sociali, economici, cultu rali e del volontariato; - promuovere, per il tramite di que sta rete, iniziative volte a infor mare tutta la popolazione sull’esi stenza dell’azione e a sensibiliz zarla circa la tematica del distur bo mentale; - promuovere, per il tramite di que sta rete, iniziative concrete volte a coinvolgere ogni anno diretta mente una quota parte significa tiva della popolazione; - finalizzare tutte le iniziative al miglioramento della qualità com plessiva delle relazioni sociali, in terpersonali e personali concer nenti la popolazione generale, in quanto determinanti di salute mentale. L’azione persegue obiettivi di pre venzione primaria in termini di mi glioramento della qualità di vita dei cittadini e delle loro famiglie e di riduzione del disagio psico-sociale. L’azione si avvale di un sostegno forte da parte dell’Azienda, in ter mini di promozione nel momento dell’avvio, e di una partnership chia ra da parte del Comune. Successiva mente deve diventare proprietà for temente condivisa da parte delle rappresentanze variamente organiz zate della popolazione generale. Sono da valutare possibili colla borazioni/sinergie con la stessa OMS, il circuito Città Sane, l’acces so ai Fondi europei sulla prevenzio ne, etc. In relazione a questa azione è in teressante anche il documento del l’OMS sulla “Salute per tutti nel 21° secolo”, che al target 6 si occupa di Miglioramento della salute men tale. In particolare appare significati vo riprendere questi passaggi: “Migliorare la salute mentale – ed in particolare ridurre i suicidi – ri chiede attenzione alla promozione e alla protezione della salute per tutta la vita, particolarmente nei gruppi socialmente ed economica mente svantaggiati. Definire bene programmi di salu Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 te da realizzarsi negli ambienti di vita e di lavoro può aiutare la po polazione a migliorare il senso del la propria identità, a costruire e mantenere relazioni sociali di reci proco aiuto, a superare le situazio ni e gli eventi stressanti”. Per rendere operativa tale azione verrà individuata un’unità di lavoro Azienda/Comune al fine di appro fondire e definire gli strumenti di lavoro, la metodologia di riferimen to, gli indicatori di processo e i re ciproci ambiti di competenza. Seconda azione fondamentale Obiettivo generale. Qualificazione/ottimizzazione delle prestazioni dei servizi nei confronti delle persone portatrici di disagio psichico grave in presenza di diffi coltà significative nei rapporti in terpersonali e sociali e dei loro fa miliari Obiettivi specifici. - Presa in carico congiunta delle situazioni di utenti in cui sono compresenti problematiche psi chiatriche e bisogni socioassisten ziali significativi e che sono se guiti a livello domiciliare da en trambi i servizi. - Collaborazione strutturata nelle aree di utenza a particolare debo 151 Le esperienze territoriali in Trentino 152 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 lezza psico-sociale (extracomuni tari, nomadi, senza fissa dimora) e nelle situazioni multiproblema tiche (disagio psichico + disagio sociale + uso di sostanze, etc). - Definizione e cogestione di un circuito di residenzialità protetta per situazioni a prevalente biso gno assistenziale in cui sono pre senti problematiche psichiatriche tali da non richiedere l’inserimento in specifiche strutture sanitarie. - Implementazione del progetto già in essere con la Consulta per la salute mentale “Sensibilizzazione del quartiere Centro Storico”, fi nalizzato al coinvolgimento sulle tematiche del disagio psichico del le rappresentanze significative del quartiere e dei suoi opinion lea der e ad una maggiore accetta zione della persona problematica e della sua famiglia da parte delle reti informali della comunità. - Definizione di un progetto orga nico finalizzato a offrire occasio ni occupazionali e lavorative a utenti che incontrano difficoltà si gnificative di inserimento nel mondo del lavoro in relazione a problematiche di ordine psichia trico e sociale, anche in relazione con quanto posto in essere dalla Consulta per la Salute mentale e comunque d’intesa con la compe tente Agenzia del Lavoro e con le rappresentanze del mondo del la voro. L’andamento dell’azione, sia in re lazione all’obiettivo generale che in relazione agli obiettivi specifici, viene verificata semestralmente dai responsabili dei due Enti e dei loro Servizi. Obiettivi specifici e azioni programmate 1. Presa in carico congiunta delle situazioni di utenti in cui sono compresenti problematiche psichiatriche e bisogni socioassistenziali signifi cativi e che sono seguiti a livello domiciliare da entrambi i servizi. L’esperienza di lavoro di questi anni ha evidenziato che problema tiche psichiatriche importanti e bi sogni sociali significativi sono spes so compresenti in riferimento a molte situazioni in carico ai servizi dei due Enti. Attualmente sono già in essere buoni livelli di collaborazione tra operatori del Servizio psichiatrico e operatori del Comune per molte di tali situazioni. In una quota parte minoritaria di situazioni manca an cora il coinvolgimento di uno dei due Servizi. Per migliorare quanto si sta fa cendo e al fine di arrivare a “prese in carico congiunte” occorre defi nire meglio il metodo operativo di riferimento e il modello organizza tivo: a) il metodo operativo comune - si ispira ai principi dell’integra zione, della complementarietà, dell’interdisciplinarietà degli “in terventi sanitari e socio-assisten ziali territoriali”; - opera nell’ottica della globalità dell’intervento in risposta a biso gni complessi, attivando il lavoro per progetti individualizzati e per fasi (accertamento dei presuppo sti, analisi del bisogno, progetta zione, verifica, implementazione); - valorizza le risorse formali e in formali incluso il volontario dispo nibile; - coinvolge attivamente la persona interessata all’intervento e la sua famiglia per fornire le necessarie informazioni sull’intervento e per acquisirne il maggior consenso possibile; b) il modello organizzativo - la presa in carico congiunta di un caso avviene, previa segnalazione di uno dei due Servizi, nell’ambito di un incontro dei propri ope ratori territoriali di riferimento, a seguito di un accordo sull’oppor tunità della presa in carico congiunta; - gli operatori territoriali di riferi mento costituiscono il gruppo di lavoro a cui compete la program mazione, l’attivazione, la verifica periodica di uno specifico Proget to individualizzato e si incontrano con frequenza quanto meno bi mestrale; Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 - la responsabilità del Progetto è di tutti gli operatori facenti parte del gruppo di lavoro; - la responsabilità medica, infermie ristica, educativa e socio-assisten ziale è propria delle specifiche fi gure professionali; - il coordinamento funzionale (non gerarchico) può essere attribuito ad una specifica figura professio nale e viene definito in sede di Progetto; - il gruppo di lavoro contatta di norma il medico di medicina ge nerale che ha in carico l’utente per acquisirne tutte le possibili informazioni e l’eventuale parte cipazione attiva al gruppo medesimo; - il gruppo di lavoro può essere in tegrato al bisogno da altre figure (I.T.E.A., Servizio Casa Comune, Cooperativa Privato Sociale, Associazione di Volontariato, Agenzia del Lavoro, ecc.). 153 Le esperienze territoriali in Trentino 154 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 2. Collaborazione strutturata nelle aree di utenza a particolare debo lezza psico-sociale (extracomunita ri, nomadi, senza fissa dimora) e nelle situazioni multiproblematiche (disagio psichico + disagio sociale + uso di sostanze etc). In base all’esperienza maturata in questi anni si è visto che vi sono aree di utenza debole (extracomu nitari, nomadi, senza fissa dimora) e la maggioranza delle situazioni così dette multiproblematiche dove coesistono molto spesso disturbi di interesse psichiatrico e disagi so ciali importanti. Fermo restando che in relazione a specifiche situazioni è possibile e/o auspicabile e/o necessario at tivare i protocolli di lavoro previsti all’obbiettivo n. 1, si ritiene utile attivare un più generale tavolo di lavoro nel cui ambito affrontare in termini più complessivi le proble matiche qui richiamate. Considerato che entrambi i servi zi hanno già al proprio interno ope ratori specificatamente attivati su tali problematiche o possono co munque dotarsene, si conviene di attivare più unità di lavoro con ope ratori di entrambi i servizi per oc cuparsene. 3. Definizione e cogestione di un circuito di residenzialità protetta per situazioni a prevalente bisogno as sistenziale in cui sono presenti pro blematiche psichiatriche tali da non richiedere l’inserimento in specifiche strutture sanitarie. Attualmente ai bisogni di residen zialità protetta per utenti con pro blematiche psichiatriche importan ti e livelli di autonomia assenti o insufficienti viene data risposta at traverso un circuito di strutture re sidenziali che afferiscono alla re sponsabilità del Servizio di salute mentale, sotto il profilo sanitario, mentre sono gestite da un Consor zio di Cooperative, sotto il profilo della quotidianità riabilitativa. Al momento tale circuito comprende 4 unità abitative (Via della Collina, Piazza della Mostra, Piazza Garzet ti, Viale Trieste) per un totale com plessivo di 18 posti letto. Al di fuori di tale utenza esisto no numerose situazioni che presen tano bisogni di pertinenza psichia trica più limitati, esprimono livelli di autonomia quantomeno parziali in presenza di bisogni prioritari di natura socio-assistenziale. Inoltre è negli obiettivi degli Enti che il mag gior numero di utenti inseriti nel circuito della residenzialità sanita ria possano nel medio periodo mi gliorare la propria situazione psichi ca e recuperare maggiori livelli di autonomia. Per tali utenti è auspi cabile in questi casi un passaggio dal circuito della residenzialità sa nitaria a quello della residenzialità socio-assistenziale. Per tale utenza va previsto un circuito di residenze diversificate per impegno assistenziale, numero di posti letto, titolarietà del con tratto di affitto. L’ingresso nel circuito di residen zialità protetta per situazioni a pre valente bisogno assistenziale avvie ne con le seguenti modalità: - la situazione deve essere seguita dal gruppo di lavoro previsto al l’obiettivo specifico n. 1; - il gruppo di lavoro formula un Pro getto comprensivo del bisogno di residenzialità protetta specifican done le principali caratteristiche; - per il tramite degli appositi ser vizi del Comune si individua la soluzione abitativa più confacen te; - il Servizio Attività Sociali del Co mune eroga i servizi socio-assi stenziali, secondo i criteri previ sti dalle Determinazioni provincia li, ad integrazione delle parziali capacità di gestione della vita quotidiana (assistenza economi ca, assistenza domiciliare, pasti, ecc.); - il Servizio di salute mentale ga rantisce un costante monitorag gio dei casi, fornendo la propria assistenza per tutti i bisogni psi chiatrici ancora presenti; - il gruppo di lavoro provvede alla verifica periodica del Progetto, con particolare riferimento al Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 l’obiettivo di mettere in grado l’utente di fruire di soluzioni abi tative a ulteriore o totale auto nomia. Ferma restando la gestione delle singole situazioni da parte dei grup pi di lavoro di cui all’obiettivo 1, a cui afferiscono per competenza ter ritoriale, si costituisce un’unità di lavoro, composta da operatori di entrambi i Servizi, che provvede a curare gli aspetti generali e com plessivi del circuito e a garantirne le corrette caratteristiche di perme abilità, sia in entrata che in uscita. 4. Implementazione del progetto, già in essere con la Consulta per la salute mentale, “Sensibilizzazione del Quartiere Centro Storico”, fina lizzato al coinvolgimento sulle tema tiche del disagio psichico delle rap presentanze significative del quartie re e dei suoi opinion leader e ad una maggiore accettazione della perso 155 Le esperienze territoriali in Trentino 156 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 na problematica e della sua fami glia, da parte delle reti informali del la comunità. Da due anni è in essere un pro getto finalizzato al coinvolgimen to, sulle tematiche del disagio psi chico, delle rappresentanze signifi cative del quartiere Centro Storico e ad una maggiore accettazione del la persona problematica e della sua famiglia da parte delle reti informa li della comunità. Tale progetto afferisce alla Con sulta per la salute mentale, aggre gazione funzionale di tutte le Isti tuzioni e gli Enti, pubblici, di pri vato sociale e del volontariato, che a vario titolo sono attivi nel campo del disagio psichico nella città di Trento. Della Consulta fanno ovviamente parte, con ruolo di ovvia particola re preminenza, sia il Servizio di sa lute mentale che il Comune di Tren to. Stante la significatività e l’impor tanza strategica del progetto, con siderato che i due Enti ne sono di fatto i principali animatori, in rela zione all’opportunità di dar corso al Progetto “Mendismen” che pre senta evidenti sinergie col progetto sensibilizzazione, appare opportu no che, pur nel pieno rispetto della logica che ha dato vita alla Consul ta per la salute mentale, l’unità di lavoro chiamata ad occuparsi del Progetto “Mendismen” sia chiama ta anche a seguire più da vicino il Progetto sensibilizzazione, per fa vorirne al massimo l’implementazio ne e lo sviluppo. 5. Definizione di un progetto orga nico finalizzato a offrire occasioni occupazionali e lavorative a utenti che incontrano difficoltà significati ve di inserimento nel mondo del la voro, in relazione a problematiche di ordine psichiatrico e sociale, an che in relazione con quanto posto in essere dalla Consulta per la Salute mentale e comunque d’intesa con la competente Agenzia del Lavoro e con le rappresentanze del mondo del la voro. Da due anni è in essere presso la Consulta per la salute mentale un progetto finalizzato all’inserimento lavorativo di utenti del Servizio di salute mentale che incontrano dif ficoltà significative nell’ingresso nel mondo del lavoro. Su tale progetto concorre tra l’al tro l’impegno dell’Agenzia del Lavo ro e delle Cooperative di tipo B, im pegnate negli inserimenti lavorativi di persone disabili. Nel novembre 1998 la Consulta ha dato vita ad una Commissione di Valutazione Integrata che, nelle in tenzioni dei sottoscrittori e perciò anche dell’Azienda sanitaria e del Co mune di Trento, dovrebbe costitui re una sorta di “Sportello unico di ingresso” per tutta l’utenza psichia trica per cui sono da prevedere pro getti di inserimento lavorativo. Stante la significatività e l’impor tanza strategica del progetto, con siderato che i due Enti ne sono di fatto i principali animatori, si ren de opportuno prevedere delle valu tazioni semestrali circa la funzio nalità di quanto posto in essere a livello di Consulta, al fine di appor tarvi gli eventuali necessari corret tivi. Lo stato dell’arte dell’attuazione del protocollo al settembre 2001 Prima azione fondamentale concer nente il miglioramento complessivo delle relazioni interpersonali nella città di Trento. L’ambizioso progetto contenuto in questa prima azione fondamentale è stato oggetto di un lavoro parti colarmente intenso e stimolante da parte di alcuni operatori del Servi zio di salute mentale e del Comune di Trento. Anzitutto sono state coinvolte nel progetto le principali realtà rap presentative dei mondi economici, sociali e culturali della città a cui è stato proposto di partecipare. Alla fine del ’99 il progetto è stato com piutamente messo a punto e vi han no aderito più di 30 realtà cittadi ne. Si è creato un gruppo di lavoro che ha predisposto una prima serie di iniziative che sono partite uffi cialmente nel giugno 2000. Nel corso dei lavori preparatori si è modificato il nome da “mendis men” a “amicittà” successivamente divenuto “lamiacittà”, per dare una Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 connotazione sulla salute, sulla ami calità e sulla città e non sul distur bo. Le prime iniziative hanno riguar dato il materiale di presentazione, pieghevoli sulla comunicazione pen sati per stimolare interesse verso il pensiero positivo, appuntamenti periodici in piazza con dei gazebo per coinvolgere la gente nell’inizia tiva, un appuntamento settimana le, il laboratorio del lunedì, dove approfondire con gli interessati le possibili collaborazioni, la parteci pazione ad iniziative organizzate da altre realtà, una tessera tipo ban comat dei soci. L’Indice QRI è stata l’iniziativa che ha più fatto conoscere “lamia città”. Si tratta di rilevare mensil mente in 10 luoghi della città di Trento, con una scala numerica e con indicatori prestabiliti, la Quali tà delle Relazioni Interpersonali. Nella rilevazioni sono state coinvolti gli studenti di alcune scuole, coe rentemente con l’obiettivo genera le di “lamiacittà”, che è quello ren dere sempre e comunque i cittadini protagonisti primi delle sue inizia tive. Sono in partenza altre proposte: serate organizzate con le associa zioni interessate per coinvolgere quanti vogliono partecipare alla vita de “lamiacittà”, un questionario da inviare ad un campione di 1000 cit tadini di Trento sulle relazioni in terpersonali e su quello che ciascu no può fare in termini attivi, una catena di negozi che dotati di ap posito marchio saranno particolar mente attenti alla qualità delle re lazioni, una collaborazione più 157 Le esperienze territoriali in Trentino strutturata con le scuole. E natural mente tutto quello che maturerà dalle proposte dei soci. Con l’anno prossimo si comincerà a studiare gli strumenti di misura dell’intervento che costituiscono, da sempre, in queste iniziative, l’aspetto più de licato. 158 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Seconda azione fondamentale con cernente il miglioramento nell’eroga zione dei servizi in 5 ambiti specifi ci. 1° ambito: la presa in carico congiunta delle situazioni in cui coesi stono problematiche psichiatriche e bisogni sociali. Questo ambito rappresenta il “quo tidiano” nell’operatività dei 2 Ser vizi ed è fondamentale per dare coerenza a ogni altra iniziativa. La presa in carico congiunta è in essere praticamente da sempre e l’obiettivo dell’azione è quello di qualificarne i contenuti. Un gruppo di lavoro ha approfon dito le aree critiche e valorizzato quelle positive, con particolare ri guardo a quel lavoro di rete intorno alla situazione problematica e che vede sempre più coinvolte altre fi gure significative (medico di base, privato sociale, volontariato) e fi nalmente anche il “malato”, i suoi familiari, i suoi amici. 2° ambito: collaborazione struttu rata nelle aree di utenza particolar mente debole (extracomunitari, sen za fissa dimora) e/o nelle situazio ni multiproblematiche. Questo ambito rappresenta un’area di attenzione particolare rispetto ai più generali e ordinari rapporti di presa in carico congiunta previsti dal 1° ambito. Particolare attenzione è stata ri volta alla popolazione extracomu nitaria con operatori dedicati da parte di entrambi i Servizi e con 2 occasioni formative particolarmen te importanti e curate da Comune e Azienda sanitaria, una nel 2000, una nell’autunno 2001, aperte a tutti i servizi interessati. Per quanto concerne le situazio ni multiproblematiche ci si è colle gati anche ad altri gruppi di lavoro già esistenti e si sono consolidati i rapporti di collaborazione con l’Al cologia e le Associazioni dei Club degli alcolisti in trattamento, men tre andranno migliorati quelli con il Ser.T. 3° ambito: cogestione di un circuito di residenzialità per situazioni con problemi psichici in evoluzione po sitiva e in presenza di problemi di inserimento sociale. È l’ambito che si è reso maggior mente visibile in quanto ha dato vita nell’arco di pochi mesi al passaggio di 2 strutture residenziali dall’Azien da sanitaria al Comune, mettendo le premesse per la creazione nella città di Trento di una rete di allog gi a bassa protezione socio-assisten ziale per utenti dei servizi psichia trici che hanno già fatto un percor so riabilitativo nelle strutture sani tarie psichiatriche e che possono però trovare ulteriori importanti sti moli in strutture a più bassa prote zione, in un contesto depsichiatriz zato. Coi primi mesi del 2002 saranno 4 le unità abitative di questo nuo vo circuito per un totale di 12 posti letto. La positività dell’esperienza ha determinato la decisione dell’As sessorato provinciale e dell’Azienda sanitaria di estendere questa pro gettualità in tutto il territorio pro vinciale e notevole è stata l’atten zione suscitata in diverse realtà italiane interessate a copiar ne il modello. Il gruppo di lavoro che ha segui to questo ambito è stato partico larmente attivo e si è mosso anche per favorire la nascita e il consoli damento di un altro circuito abita tivo caratterizzato da livelli di mag giore autonomia, con unità abitati ve reperite sul libero mercato o nell’abito dell’edilizia abitativa, sup portate dallo spirito della mutuali tà. 4° ambito: implementazione del pro getto di sensibilizzazione del Centro Storico sulle tematiche del disagio Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 psichico per contrastare i pregiudizi e coinvolgere la comunità. Il progetto di questo ambito, già a partire dalla fine del ’99, si è am pliato a tutta la città di Trento e ha successivamente coinvolto con un ruolo di particolare importanza utenti e familiari. Questo sviluppo ha determinato un cambiamento significativo ri spetto all’impianto iniziale che an drà ripensato nella giornata di la voro congiunto tra i 2 Servizi che si terrà a fine 2001. In quella sede si valuterà come rilanciare la parteci pazione di operatori del Comune, in particolare vigili di quartieri e assi stenti sociali, ma anche come rimo dellare il progetto per quanto riguar da i collegamento con il piano so ciale del Comune di Trento. 5° ambito: impegno organico in tema di inserimento lavorativo a partire da quanto in essere presso la Consulta per la salute mentale. 159 Le esperienze territoriali in Trentino 160 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Dal ’99 ad oggi la Commissione di Valutazione Integrata, come costru ita in sede di Consulta per la salute mentale, si è consolidata e ha ope rato regolarmente garantendo un numero significativo di inserimenti lavorativi, soprattutto nelle Coope rative di tipo A e B. Nella Commis sione la presenza di operatori dei 2 Servizi è costante e fondamentale. Peraltro nella giornata di lavoro congiunto che si terrà a fine 2001 questo ambito andrà ripensato so prattutto in relazione ad alcune va riabili costituite dalla nuova legge sul collocamento obbligatorio, dal le iniziative sorte recentemente in tema di lavoro mutualistico, dalla difficoltà ancora in essere a coordi narsi con il mondo del lavoro ordi nario. Il protocollo che abbiamo esami nato in queste pagine costituirà an cora per qualche anno il riferimen to obbligato di ogni attività congiunta tra i 2 Servizi. Ciò non toglie che si apriranno nuove frontiere e nuovi campi di intervento che oggi rispetto a qua si 3 anni fa hanno maturato una loro presenza importante. Ne cito uno solo a titolo esem plificativo. Riguarda il coinvolgi mento sempre più significativo di utenti e familiari e anche di citta dini nei processi di “cura”. È una frontiera di importanza evidente mente strategica e che si colloca con forza nello spirito di quel wel fare di comunità che costituisce un riferimento obbligato nei ragiona menti sulle politiche sociali di que sti anni, ma che ancora troppo spes so è poco visibile a livello operati vo. Dipende da tutti noi coniugare il dire con il fare dandone indispen sabile testimonianza, unica garan zia per operare quei cambiamenti che affermiamo di volere. NOTE La stesura del Protocollo è stata curata oltre che dal sottoscritto dalla dott.ssa Augusta Rosati, Capo ufficio dei Servizi sociali del Comu ne di Trento. I contenuti di alcuni degli ambiti della seconda azione fondamentale hanno ripreso mate riale ed esperienze già in essere e a cui hanno dato il loro contributo diversi operatori del Servizio di sa lute mentale e dei Servizi sociali del Comune. Renzo De Stefani è Direttore dell’Unità Operativa di Psichiatria di Trento dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. La tossicodipendenza: fenomeni e risposte Valerio Costa Un excursus storico della lotta alla tossicodipendenza in Trentino Il fenomeno tossicodipendenze in Trentino, nasce, come su gran parte del territorio nazionale, alla fine degli anni sessanta, legato all’as sunzione di cannabici, acidi e amfe tamine, per passare velocemente, nei primi anni settanta, all’uso di oppiacei, in particolare morfina ed eroina. Tale nuovo fenomeno si connota di mistero, di clandestinità, di op posività al sistema, di avventura sfidante ed eroica da una parte, e, per contro, di paura, di imprepara zione, di rifiuto dall’altra. La legge nazionale vigente, vec chia e anacronistica, non poteva, ispirata ad una filosofia meramente repressiva e indiscriminatamente criminalizzante, sia per l’uso che per lo spaccio, che confermare e fomen tare tali posizioni. In questo contesto e nel deserto delle risposte istituzionali, ma an che private, s’avvia, per volontà di un ristretto gruppo di professioni sti (farmacisti, commercialisti, me dici, avvocati, sacerdoti) un tenta tivo di risposta a Trento, che, ag Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 gregandosi in un’associazione deno minata “ Centro Antidroga “ inizia, nel 1974 la propria attività. La legislazione allora vigente, fortemente criminalizzante l’uso di qualsiasi sostanza illecita, imponen do ai medici l’obbligo della denun cia penale per ogni paziente si fos se loro rivolto e il conseguente man dato di arresto e carcerazione per lo stesso, ha suggerito un intervento senza reclamizzanti clamori (non si è messo nemmeno l’etichetta nella prima sede in via Santa Maria Mad dalena 22 a Trento, nell’Oratorio di San Pietro) con l’intento, peraltro riuscito, di privilegiare il rapporto con questi giovani tossicodipenden ti da oppiacei. È stato quel Centro in Trentino un ponte tra l’opposività e l’acco glienza, un riferimento, una speran za rispetto alla disillusione e all’in differenza, un cuneo sottile e ini zialmente impercettibile, via via più forte e dirompente rispetto ad un mondo chiuso in una propria cultu ra o meglio sottocultura, diffiden te, arrogante e disperata come quel la della tossicodipendenza da op piacei e il mondo altrettanto chiu so e ottuso della cultura ufficiale che, col disprezzo, la paura, l’osti lità e il giudizio morale non faceva che convalidare l’irreversibilità del la strada tossicomanica. Tale accenno di microstoria loca le era indispensabile per capire l’as setto organizzativo nel settore in provincia di Trento negli anni set tanta e ottanta, costituito da un particolare connubio pubblico - pri vato che ha permesso, in quegli anni, un’esperienza pilota felice, 161 Le esperienze territoriali in Trentino pienamente positiva, funzionale e anche, per la pubblica amministra zione, vantaggiosa. 162 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 Il contesto legislativo Il 22 dicembre 1975 veniva promul gata l’attesa legge nazionale n° 685 relativa alla “disciplina degli stu pefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza“. Essa, agli articoli 2 e 90 demanda va alle Regioni le funzioni di cura e riabilitazione dei “soggetti che fan no uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, di svolgere funzioni di indirizzo e programmazione, di isti tuire servizi di assistenza medica e sociale, di realizzare iniziative di recupero e risocializzazione“. Tale legge, nei primi mesi del 1976 venne impugnata, sia dalla Provincia Autonoma di Trento che da quella di Bolzano, avanti la Cor te Costituzionale perché lesiva dei rispettivi statuti di autonomia spe ciale. Da ciò ne conseguiva “l’im possibilità di pratica attuazione della legge n° 685 già citata, in sede pro vinciale, almeno in quei punti in cui esisteva discrepanza con i principi generali che regolano la Provincia Au tonoma di Trento”. (cfr. Deliberazio ne n° 2289 del 01/04/1977) In attesa quindi che la Corte Co stituzionale si esprimesse sull’im pugnativa proposta dalla Provincia e nell’impossibilità pertanto di le giferare in materia, si ritenne di dover provvedere alla soluzione dei problemi immediati e urgenti pro mulgando alcuni indirizzi operativi nel campo. In tale situazione la Giunta pro vinciale di Trento ha prima appog giato l’opera dell’Associazione Cen tro Antidroga e poi, con la sopra citata deliberazione, “demandato al sunnominato Centro Antidroga di Trento, provvisoriamente e fino a definizione dell’impugnativa in pen denza presso la Corte Costituziona le, i compiti affidati dagli art. 90 n°2 e 92 della citata legge sui cen tri medici e di assistenza sociale“, assumendo direttamente la compe tenza in materia di direzione e pro grammazione degli interventi nel settore. Il Centro Antidroga ha svolto l’at tività di Centro medico e di Assi stenza sociale fino al 31 dicembre 1984, allorquando la Provincia di Trento, in attuazione della propria legge n° 34 del 29 ottobre 1983 assumeva, a far data dal 1 gennaio 1985, anche operativamente le fun zioni pubbliche, assorbendo, previo concorso interno, il personale ope rante al Centro con funzioni pub bliche, nonché l’organizzazione, il materiale (cartelle cliniche, archi vio ecc.) e i mobili dello stesso. Come sopra accennato, tale pe culiare esperienza ha garantito l’as setto organizzativo della risposta alle tossicodipendenze in Trentino sia sul versante medico-farmacolo gico (con un rapporto convenzio nale con un gruppo di medici ospe dalieri, in particolare dell’ospedale Santa Chiara di Trento, operanti presso il Centro, e nel rapporto col laborativo di tutti gli ospedali del la Provincia), sia sul versante psi co-sociale. Di fatto l’ottica della Provincia e del Centro è stata quella di non set torializzare o peggio ancora ghet tizzare il problema tossicodipenden ze, con l’inevitabile rischio del se questro del sintomo, cercando tut tavia di offrire, ove necessario, ri sposte specifiche e specialistiche. La non medicalizzazione del pro blema ha anche favorito e richie sto, in alternativa al facile ricorso al farmaco sostitutivo, la nascita di strade alternative come la Comuni tà Terapeutica di Camparta (1977), direttamente dipendente dal Centro pubblico e con funzioni pubbliche, pur con gestione di carattere priva tistico, che si è collocata come un servizio integrato nel territorio ac cogliendo esclusivamente pazienti residenti in provincia di Trento. Sono inoltre stati da subito coin volti, sia in forma diretta che indi retta, tutti i servizi sanitari e so ciali della provincia per gli aspetti di loro competenza. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 La legge provinciale n°34 del 29/10/1983. Nel gennaio 1983 finalmente, dopo sette anni, la Corte Costituzionale dà risposta, peraltro positiva, al ri corso proposto dalla Provincia Au tonoma di Trento nel 1976. Ciò ha permesso la stesura e la promulga zione della legge provinciale n° 34 del 29/10/1983 “Norme per la pre venzione, cura e riabilitazione de gli stati di tossicodipendenza e al colismo“. Tale legge, tuttora vigente, col locata nel quadro riorganizzativo dei servizi sanitari e socio-assistenzia li previsti dalla legge 23/12/1978 n° 833, riprendeva di fatto i princi pi stabiliti dalla legge n° 685/1975 con l’intento di promuovere la co noscenza della realtà socio econo mica, culturale, sociale e sanitaria in relazione ai fenomeni di tossico dipendenza e alcolismo, ed elabo rare e attuare interventi finalizzati alla prevenzione, cura e riabilitazio ne degli stati di tossicodipenden za, nonché “ in coordinamento con le altre iniziative per la lotta alle cau se di emarginazione e di disadatta mento: di sviluppare nel campo una adeguata coscienza sanitaria e, in fine, programmare e attuare inizia tive per la formazione e aggiorna mento degli operatori del settore “. La filosofia ispiratrice, mutuata anche dal lavoro quasi decennale sul campo, risponde ad alcuni principi che la qualificano: - Il problema tossicodipendenza e alcolismo viene allocato in un contesto culturale in cui la lettu ra del sintomo porta all’analisi delle cause e concause socio eco 163 Le esperienze territoriali in Trentino 164 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 nomiche, culturali e relazionali che lo determinano; - viene dato impulso alla preven zione, alla ricerca e alla prepara zione degli operatori del settore; - in campo operativo, non preven tivo, il settore delle tossicodipen denze e quello dell’alcolismo sono distinti, pur in un’ottica di colla borazione; - viene evitata ogni tendenza alla ghettizzazione del fenomeno e dei pazienti e incentivata una filoso fia di politica sanitaria non di delega, ma di corresponsabilizza zione; - pur nell’attenzione ai singoli pro blemi e situazioni personali, lo sforzo è volto al superamento di ogni stato di tossicodipendenza; - viene valorizzata e promossa l’azione di volontariato e del pri vato sociale e si concedono con tributi ai Comuni per sostenere iniziative da essi programmate, volte al reiserimento di ex tossi codipendenti ed ex alcolisti; - mantiene, a differenza del restante territorio nazionale, a sé (Provin cia) anche funzioni operative at tribuite ai Centri medici e di assi stenza sociale “ tali funzioni, re cita la legge, sono esercitate di rettamente dalla Provincia”. Questo assetto organizzativo ha permesso una unitarietà di interven ti, in un mondo frantumato e mani polatorio come quello della tossi codipendenza, certamente positiva. Il tentativo inoltre di una lettura del sintomo droga come risposta a problemi diversi al di là della ma scheratura d’abuso, ha permesso ri sposte differenziate sia nel servizio pubblico che nelle iniziative, soprat tutto a carattere comunitario, del privato sociale e del volontariato. La separazione con l’alcolismo non ha allora complicato i problemi anche se oggi è sicuramente matu ro il tempo per un dipartimento per tutte le dipendenze patologiche. Nel campo della salute mentale è nato, fin da subito, un rapporto collaborativo, pur evitando inizial mente un facile ricorso alla psichia tria, come naturale riferimento, so prattutto per i medici, di fronte a scarse patologie organiche e all’im pazienza e arroganza di questi stra ni pazienti. La stessa supervisione sul servizio e in particolare sull’equi pe medica del Centro da parte del coordinatore dei servizi psichiatrici provinciali, prof. Ferlini, ha favori to una capacità di lettura e di dia gnosi delle situazioni personali e in sieme ha aiutato la formulazione motivata di intervento nelle situa zioni, non infrequenti, di intreccio tra tossicodipendenza e problema tiche psichiatriche, che oggi, con qualche perplessità da parte di chi scrive, vengono definite doppia dia gnosi o comorbilità. Ovviamente il tutto dentro un percorso di ricerca e sperimentazione non lineare, ta lora contraddittorio e conflittuale, ma attento e critico, dove la flessi bilità della gestione privatistica e la presenza di un unico servizio spe cifico, pur con articolazioni perife riche per tutta la Provincia, e il con seguente coordinamento su tutto il territorio, hanno evitato dispersio ni e fallimenti, permettendo un co stante confronto e monitoraggio con il fenomeno sempre in evoluzione, sia per quanto concerne i parametri quantitativi che, soprattutto, qua litativi. Va sottolineata inoltre, an che nel confronto con realtà limi trofe, l’efficacia degli interventi e l’economicità nella gestione. L’AIDS IL Fenomeno tossicodipendenze che ha avuto una crescita, com’era ov vio, nel corso degli anni settanta esponenziale; nel corso degli anni ottanta ha avuto un calo di nuovi assuntori e un certo assestamento, e, a partire dagli anni novanta, ha ripreso una tendenziale crescita. Ciò che drammaticamente però connota questo mondo negli anni ottanta e novanta è l’avvento tragi co dell’infezione da HIV e l’AIDS con tutto il carico di ansia, sofferenza e morte che, in particolare tra questa Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 categoria di pazienti, ha comporta to. Sul versante della risposta c’è sta ta una forte capacità sensibilità e capacità organizzativa, sia da parte istituzionale, che privata. Mi riferi sco in particolare al reparto infetti vologico dell’ospedale S.Chiara di Trento e al Centro trasfusionale, al reparto di Rovereto, all’intervento del Ser.T sul piano pubblico e al l’opera della Caritas diocesana nel la formazione di un’assistenza qua lificata di volontari dentro e fuori l’ospedale e con la comunità di Casa Lamar. La Prevenzione Ciò che in Italia ha evidenziato il bisogno prima e ha dato poi impul so e forza alla prevenzione e’ stato proprio il fenomeno della tossico dipendenza giovanile (allora), al 165 Le esperienze territoriali in Trentino 166 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 punto da condizionarne le modalità di approccio. In altre parole i mo delli adottati sono stati interdipen denti dalla lettura del fenomeno droga e dai diversi stereotipi via via attribuiti al tossicodipendente. Certamente tale modalità ha con dizionato anche la realtà trentina che, nel campo, nonostante grandi possibilità di offerta dalla propria autonomia e dalle risorse economi che, non ha avuto, politicamente, la capacità di una progettualità pre ventiva coordinata e mirata, pur a fronte di un osservatorio privilegia to, anche se non esclusivo, del ser vizio per le tossicodipendenze. Com plessivamente pertanto la preven zione è stata fatta a pioggia e non sempre mirata alla specificità del quartiere e della vallata e con quel la continuità e metodicità indispen sabili. Pur tuttavia alcuni indirizzi han no trovato risonanza e significato sia nell’ambito della scuola che nelle linee di indirizzo provinciale. In par ticolare: - lo sforzo di superamento del sin tomo in funzione di una lettura e analisi delle cause; - nella scuola specialmente c’è sta to fin da subito, fin dalla secon da parte degli anni settanta, l’im pegno di informazione e formazio ne dei docenti come indispensa bili protagonisti della prevenzio ne, sia specifica che aspecifica. In tal senso anche il ruolo degli esperti ha trovato, nell’ottica della non delega e del “primum non nocere”, un ambito di intervento più sui docenti che sugli alunni. La legge 162 del 26/06/1990 DPR 309/90 Certamente ciò che ha realmente mobilitato in modo decisivo l’impe gno preventivo, almeno dentro la scuola, è stata la legge 162 del 26/ 06/1990 convertita in DPR 309/90, dando a questo impegno un carat tere di obbligatorietà, di ordinarie tà e quindi di continuità dell’azio ne educativa e preventiva. L’approccio che ne è emerso ha confermato la continuità della linea precedente, suggerendo di “ evitare la prassi di fornire solo informazio ni sul disagio o sulle patologie, ma di stimolare una mentalità aperta, la valorizzazione di sé, lo stile di vita e le relazioni positive e il lavo rare per progetti” (Linee guida del la Sovrintendenza scolastica). Ciò che può dare corpo ad un in tervento mirato e organizzato trova strumento, oltre che nelle indica zioni del Ministero della Pubblica Istruzione, nel “Protocollo d’intesa di educazione sanitaria e prevenzio ne” (1995) tra la Sovrintendenza Scolastica provinciale e L’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Per la verità numerosi tentativi precedenti, anche ad opera del Ser.T., di mobilitazione e coinvol gimento di più istituzioni e servizi in una comune ancorché differen ziata progettualità (Assessorato alla Sanità e Attività sociali, Assessora to all’Istruzione, Assessorato al La voro e alla Formazione professiona le e relativi servizi) non hanno sor tito, al di là di linee programmati che, molto riscontro e possibilità operative. Ci sono state da parte di pochi Comuni lodevoli iniziative, ma non molto di più. Il protocollo d’intesa individua nell’ambito scolastico due aspetti di prevenzione educativa: uno di tipo informale (ricerca del benesse re relazionale nei confronti dei gio vani) e l’altro informale, affidato “ai docenti in base alle diverse compe tenze, con il compito di progettare situazioni formative finalizzate a dare consapevolezza delle respon sabilità individuali e sociali e delle possibilità culturali, politiche e tec nico scientifiche per il consegui mento del benessere“. Si avviano inoltre per le scuole di secondo grado i Centri di infor mazione e consulenza CIC. L’assetto dei servizi Va ripreso qui, dopo la parentesi sulla prevenzione e promozione della salute, il filo storico sul Servizio per le tossicodipendenze trentino. Il DPR 309/90 sopra citato aveva pre Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 visto una modalità organizzativa dei servizi pubblici per le tossicodipen denze profondamente diversa da quella fino allora attuata dalla Pro vincia di Trento. La nuova legge in fatti prevedeva un Ser.T. in ogni Uni tà Sanitaria Locale, pur distinguen do tra alta, media e bassa utenza. Inoltre prevedeva un orario di aper tura addirittura, per i Ser.T. ad alta utenza, di 24 ore su 24. A fronte dei dettati della nuova legge e del Decreto Ministeriale n° 444/90 la Provincia ha emanato una propria deliberazione, la n° 7541 del 14/06/1991 relativa alle “ disposi zioni attuative e norme regolamen tari in ordine alle caratteristiche organizzative e funzionali del Cen tro medico e di assistenza sociale “. “Nella provincia di Trento, recita la stessa, rispetto ad una popola zione contenuta in 446.000 abitanti e rispetto ad una utenza media an nua di soggetti non superiore a 400 unità, esistono peraltro, al momen to n° 11 Unità sanitarie locali per la scelta allora operata di far coin cidere le Unità sanitarie stesse con i Comprensori, già istituiti nel ter ritorio provinciale quali enti di di ritto pubblico. Posta la particolare situazione, appare evidente che la costituzione di 11 servizi per le tos sicodipendenze, una per ogni unità sanitaria locale, comporta una rile vante dispersione di risorse, senza tuttavia che a ciò vada a corrispon dere migliore qualità ed efficienza, stanti le anzidette contenute dimen sioni dell’utenza. Si reputa anzi che, in rapporto a tale utenza, da ge stioni eccessivamente frazionate deriverebbero esiti di disfunziona 167 Le esperienze territoriali in Trentino 168 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 lità”. Alla luce di quanto esposto si opta per la soluzione di manteni mento della gestione unitaria esi stente. Viene peraltro, in ottempe ranza al decreto ministeriale cita to, previsto un nuovo organico del personale, sia qualitativo, che quan titativo in riferimento ad un’aper tura del servizio più ampia, così da comprendere anche il sabato e mag giormente articolata sul territorio provinciale. A tal fine viene aperta, accanto a quella già da anni esistente di Rovereto, la sede decentrata di Riva del Garda e creato un recapito set timanale di tipo ambulatoriale pres so le Unità sanitarie locali di Tione, Cles, Cavalese, Borgo Valsugana e Fiera di Primiero. Nel giugno 1992 il Centro medi co e di assistenza sociale diventa, per intervento legislativo della Pro vincia (L.P. n° 15 del 19/05/1992, art. 20), un servizio provinciale a tutti gli effetti. Prima di tale evento il personale del CMAS consisteva in un diretto re, due funzionari in materie socia li, due assistenti sociali, un assi stente sanitario e uno amministra tivo. Accanto a questi una psicolo ga a consulenza e l’equipe medica in rapporto convenzionale per com plessive 10 ore settimanali. I decreti 502/93 e 517 di riorga nizzazione del servizio sanitario nazionale non hanno di per sé cam biato il panorama sanitario trenti no. Ciò che invece, per quanto attie ne in particolare alle tossicodipen denze, ha modificato i riferimenti di competenza giuridico ammini strativa e operativa è stata, in loco, la legge provinciale n° 10 del 1/4/ 1993 “Nuova disciplina del Servizio Sanitario Provinciale”. Il primo aprile 1995, data di av vio dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari il Ser.T. e relativa organizzazione transitano nel loro alveo naturale, cioè sanitario, del l’Azienda stessa. Vengono scorpora te e distinte le funzioni prima con globate tutte nel Ser.T.: in altri ter mini, restano, come nel territorio nazionale, al Ser.T. le funzioni sa nitarie e invece, quelle demandate alle Regioni rimangono in capo alla Provincia Autonoma di Trento. L’articolo 60 della legge provin ciale 10/93 cancella l’articolo 20 della L.P. n° 15/92 con cui si isti tuiva il Ser.T. all’interno dei servizi della Provincia. Nell’Azienda provinciale per i ser vizi sanitari il Ser.T. viene ad essere un’Unità Operativa all’interno della Direzione Cura e riabilitazione. Poi è storia recente. Permane l’ot tica dell’integrazione tra servizi e l’utilizzo delle risorse del privato sociale. Viene adottata una politica della riduzione del danno intesa nel senso di prendersi cura dei pazienti e delle loro contingenti situazioni, senza persecuzioni terapeutiche, ma anche senza facili e automatiche sostituzioni farmacologiche. Lo sforzo è quello di fare del ser vizio un centro di “memoria” tale da permettere ai diversi e non sem pre lineari itinerari del paziente, un riferimento, una valorizzazione, una custodia non dispersiva. Il Nucleo Operativo Antidroga (NOA) del Commissariato del Go verno. La legge nazionale sopra citata ha Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 istituito un servizio presso il Com missariato del Governo denomina to appunto Nucleo Operativo Anti droga. E’ l’ufficio deputato alla rac colta delle segnalazioni di soggetti assuntori e detentori di sostanze stupefacenti da parte delle forze dell’ordine, con la proposta in al ternativa alle sanzioni, nei casi pre visti, di un percorso terapeutico da concordare con il Ser.T. È stato ed è tuttora un riferimento importante non solo di monitoraggio del feno meno, ma anche di dissuasione dal l’uso e propedeutico a programmi terapeutici. Valerio Costa è stato Dirigente del Servizio per le tossicodipendenze dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trento. 169 I servizi di alcologia Roberto Pancheri I servizi di alcologia in Trentino: le attività, i punti di forza e di debolezza I problemi derivanti dal consumo di alcol nella nostra provincia sono da sempre fonte di disagi di primaria importanza, sia per le sofferenze umane che esso comporta, sia per gli alti costi sociali e sanitari che ne derivano. Il Trentino è sempre stato ai primi posti nelle statisti che nazionali per quanto riguarda il consumo di alcolici, assieme a Val le d’Aosta e Friuli, ed è dimostrato (come anche la stessa Organizzazio ne Mondiale della Sanità afferma) che a elevati consumi corrispondo no altrettanto elevati valori percen tuali di problemi alcolcorrelati. Que sto fa sì che nella nostra provincia le patologie e i disagi derivati dal l’uso di alcol assumano notevole ri levanza: si stima che in Trentino si ano più di 10.000 le famiglie che al loro interno debbono affrontare quo tidianamente problemi derivanti dal l’uso di alcol. Ma l’alcolismo - al contrario di quanto comunemente ri tenuto - non è la causa più impor tante di problemi alcolcorrelati: è stato dimostrato che il maggior co sto per una comunità - sia in termi 170 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ni economici che umani - è rappre sentato dai problemi alcolcorrelati causati dal gruppo infinitamente più vasto dei cosiddetti bevitori mode rati (vedi incidenti stradali, lavora tivi e domestici o violenze causati da persone in occasionale stato di ebbrezza). Di qui la necessità di una azione di prevenzione a vasto rag gio che includa un serio programma per la promozione e protezione del la salute e che si uniformi al pro getto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla riduzione dei con sumi di alcol del 25%, e alle sue linee guida dei 21 obiettivi per il 21° secolo. Storia dei programmi alcologici in Trentino Fino al 1984 nella nostra provincia l’ente pubblico mai si era occupato di problemi alcolcorrelati in prima persona: quel poco che veniva fat to era delegato ai gruppi di Alcoli sti Anonimi (A.A.). La storia dei programmi alcolo gici pubblici in Trentino è stretta mente legata alla metodologia “eco logico-sociale”, ideata dal profes sor Vladimir Hudolin che ha trovato in un gruppo di operatori sanitari trentini una forte convinzione circa la validità del metodo proposto. Nel 1984 nasce il primo Servizio pubblico di Alcologia a Cles (chia mato Dispensario di Alcologia) e in seguito, nel giro di pochi mesi, si aprono “Dispensari di Alcologia” in tutte le U.S.L. della provincia, atti vati sempre da personale medico dipendente o convenzionato che autonomamente aveva maturato una propria sensibilità verso il proble ma. Parallelamente nascono in tut to il Trentino i Club degli Alcolisti in Trattamento (associazione priva ta al pari di A.A.) e si iniziano a porre le basi per una solida, profi cua e duratura collaborazione tra pubblico e privato. Dalle attività dispensariali si pas sa in seguito alla costituzione dei Centri di Alcologia strutturati con modalità dipartimentale (figure pro fessionali diverse appartenenti a varie Unità Operative collaborano in orario di servizio all’attività di al cologia). I Centri di Alcologia, ol tre alla figura di un responsabile me dico, si avvalgono della collabora zione di un operatore di rete che svolge il compito di collegamento tra i vari servizi socio-sanitari e del privato sociale e si occupa della re alizzazione dei vari programmi di prevenzione. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 A tutt’oggi in provincia di Trento esiste un Centro o Servizio di Alco logia in ogni distretto ed è proprio nella capillare diffusione territoria le che possiamo identificare il pun to di forza dei programmi alcologi ci della nostra provincia. Nel 1991 nasce, presso l’Assesso rato alla Sanità, il Centro Provin ciale di Riferimento per le attività alcologiche con il compito di coor dinare le attività dei Centri e delle strutture alcologiche delle allora U.S.L. nonché di assicurare l’assi stenza, controllo e verifica sugli in terventi attivati e da attivare da parte di ogni singola U.S.L. Bisogna altresì rilevare che al momento della istituzione del l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari le varie realtà dell’Alcolo gia (sia i Servizi di Alcologia che il Centro di Riferimento Provinciale per 171 le attività Alcologiche) non veni vano previste nel Regolamento del la stessa Azienda e che solo nel maggio 2001 si è giunti ad una modifica del Regolamento in tal senso. Le esperienze territoriali in Trentino Attività specifiche dei Servizi di Alcologia 172 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 1) Attività di promozione e di edu cazione alla salute. L’obbiettivo dichiarato dei Servizi di Alcologia è quello di occuparsi so prattutto di prevenzione, promo zione ed educazione alla salute, al meno per un 70% della propria at tività. Tale attività, al momento at tuale si attua attraverso varie ini ziative, inserite all’interno di una strategia globale: a) progettazione e realizzazione di attività preventive sul territorio con la comunità in generale e con gruppi specifici di popola zione: parroci, sindaci e ammi nistratori, altre figure significa tive e carismatiche della comu nità, Associazioni presenti sul territorio (es. associazioni spor tive, alpini, pro-loco, ecc..); b) progettazione e realizzazione di incontri con operatori sociali e sanitari, dell’Azienda o di altri Enti. Questi incontri si propon gono di sensibilizzare e informare le figure sanitarie e sociali sui problemi alcolcorrelati, sull’esi stenza e le attività del Servizio di Alcologia e del privato-socia le in materia alcologica, al fine di definire anche possibili cana li di collaborazione funzionali alla crescita dei programmi al cologici e quindi all’aumento del benessere di comunità. Per quan to riguarda i Medici di Medicina generale è stato realizzato un progetto particolare: visto che ad incontri di sensibilizzazione par tecipavano solo medici in qual che modo già sensibili al pro blema, si è attuato un progetto di incontri individuali per spie gare le finalità del Servizio, le modalità di contatto e l’approc cio ai problemi alcolcorrelati; c) realizzazione di incontri con i rappresentanti delle forze dell’or dine, con l’Agenzia del Lavoro, del Tribunale, della Casa circon dariale, delle Comunità terapeu tiche e di accoglienza, delle As sociazioni e delle Cooperative del privato-sociale; d) progettazione e realizzazione di interventi nelle scuole: sono sta ti realizzati per anni interventi nelle classi, sempre preceduti da momenti di sensibilizzazione e preparazione con gli insegnanti. Successivamente sono stati at tivati progetti specifici per cer care di formare i formatori: - progetto per insegnanti delle quinte elementari e delle secon de medie, in atto da tre anni: dopo un lavoro di sensibilizza zione su salute, problemi alcolcorrelati e fumo si propone agli insegnanti un modello didatti co da sviluppare durante tutto l’anno con i bambini delle V ele mentari e i ragazzi delle II me die; - progetto per insegnanti delle medie superiori: lo scopo di tale progetto è di formare insegnan ti che possano farsi carico degli interventi di sensibilizzazione su alcol e fumo all’interno della loro scuola; - progetto per la formazione di “opinions leaders” tra pari: con sci della difficoltà di far giun gere e far recepire messaggi sa lutistici alla fascia giovanile, in particolar modo se tali messag gi provengono dal mondo degli adulti, si sta cercando di realiz zare un progetto per formare piccoli gruppi di giovani che possano fungere da riferimento positivo nel gruppo dei pari; e) progetto Scuole Guida: partendo dalla forte presenza di inciden talità alcolcorrelata tra i giova ni si è pensato ad un intervento da realizzare presso tutte le Scuole Guida della provincia. Gli istruttori e gli insegnanti di tutte le autoscuole sono stati sensi bilizzati e formati ed è stato for nito del materiale didattico (opu scoli e video) da usare nelle le Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 zioni di teoria. La stragrande maggioranza di essi si è attivata con entusiasmo e alla maggior parte dei ragazzi che, nella pro vincia di Trento, frequentano una Scuola Guida viene fatta una le zione su alcol e guida; f) progetti di comunità per la ridu zione dei consumi: secondo quanto indicato nel progetto eu ropeo dell’OMS per la riduzione dei consumi, sono in corso pro getti locali di comunità che pre vedono interventi capillari su comunità preventivamente indi viduate (rione e/o comune), allo scopo di sensibilizzare ad una ri duzione dei consumi che viene documentata con una rilevazio ne dei consumi stessi. Tale pro getto rientra in una ricerca mul ticentrica a livello nazionale; g) progetto alcol e mondo del la voro: è in fase di realizzazione un progetto di monitoraggio e sensibilizzazione sul fenomeno dell’uso di alcol nel mondo del lavoro in collaborazione con le Associazioni Industriali e Arti giani e delle Confederazioni Sin dacali. 2) Attività di diagnosi, cura e riabilitazione. La filosofia ispiratrice che da sem pre ha mosso i Servizi di Alcologia è sempre stata quella della neces sità di andare incontro alle famiglie con disagi dovuti al consumo di al col e di non limitarsi ad attenderle seduti alla scrivania. Tale strategia si concretizza con la realizzazione di vari interventi sulla persona e la famiglia con problemi alcolcorrela 173 Le esperienze territoriali in Trentino 174 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ti: a) colloquio alcologico motivazio nale che si pone come scopo principale quello di delineare la situazione e il disagio della per sona e della famiglia, di appro fondire la motivazione al cam biamento, di tracciare insieme le possibili strade risolutive percor ribili, di puntare all’inserimento in un programma alcologico di riabilitazione (Club degli Alcoli sti in Trattamento, Gruppi di Al colisti Anonimi) o, quando ne cessario, di ricorrere al ricovero in ospedale - in accordo con il medico curante - nelle situazio ni in cui la situazione psico-fi sica è seriamente compromessa. Nelle situazioni particolarmente complesse vengono realizzati successivi incontri di verifica e supporto, allo scopo di verifica re con la persona e la famiglia l’andamento del progetto con loro attivato, ricorrendo anche all’attivazione di un lavoro di rete che veda coinvolti, oltre al Servizio di Alcologia, altri Ser vizi o Associazioni del privatosociale; b) visite sul territorio e a domici lio: qualora non sia possibile per il soggetto raggiungere la sede del servizio o lo stesso sia restio a farlo, è importante effettuare il colloquio direttamente a casa della famiglia interessata o in altre particolari strutture (casa circondariale, comunità di acco glienza, casa di riposo, ecc.); c) colloqui alcologici in ospedale: vengono effettuati con persone ricoverate nei diversi reparti ospedalieri. Nel 1994 è stata realizzata un’in dagine sulla presenza di bevito ri problematici tra i degenti ne gli ospedali del Trentino. Tale in dagine ha dimostrato che tra i ricoverati il 17% ha problemi al colcorrelati e di questi solo al 20% viene posta una diagnosi adeguata di tale problematica e minima è la percentuale di quel li segnalati ai Servizi di Alcolo gia; d) consulenze varie sul territorio: sono previsti incontri di consu lenza, consiglio, supporto anche a livello informativo sulle pro cedure e sulle metodologie pos sibili, con altre figure professio nali e della comunità. In situa zioni complesse le diverse figu re coinvolte si trovano a lavora re in un rapporto di équipe mi rato alla realizzazione di un pro getto riabilitativo il più possi bile efficace e coerente ai biso gni della persona e della fami glia; e) consulenze per la Commissione Patenti: si tratta di consulenze inserite nel protocollo d’intesa con la Commissione Provinciale Patenti, rivolte a quelle persone a cui è stata ritirata la patente per problematiche alcolcorrela te. Quando dalla visita medica risultino evidenziati problemi al colcorrelati il colloquio può di ventare l’occasione e lo stimolo per inserire la persona in un pro gramma riabilitativo. Il protocollo con la Commissio ne Provinciale Patenti prevede anche che la persona inviata per guida in stato di ebbrezza, fre quenti un ciclo di tre incontri di un ora e mezzo su “alcol e gui da” che viene realizzato presso il Servizio di Alcologia; f) contatti e collaborazioni con le Associazioni private: pur nella chiarezza delle diverse compe tenze del servizio pubblico (Ser vizi di Alcologia) e delle asso ciazioni del privato sociale (Club degli Alcolisti in Trattamento e gruppi di Alcolisti Anonimi) è fondamentale la massima colla borazione, scambio e confronto fra queste realtà; g) realizzazione di corsi di disas suefazione dal fumo: constatato che nessuna altra realtà del pub blico si occupava di tale proble ma, da diversi anni i Servizi di Alcologia organizzano anche i corsi per smettere di fumare in collaborazione con l’Associazio ne AMA. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 3) Monitoraggio del fenomeno, pro grammazione, ricerca e verifica, al tre attività. Fin dalla loro nascita i Servizi di Alcologia hanno tenuto una regi strazione informatizzata dei dati re lativi alle principali attività al fine di poterne misurare e confrontare l’efficacia nel tempo. Questa attività comprende, oltre alla raccolta di informazioni sulle persone prese in carico dal Servizio di Alcologia, l’identificazione dei bi sogni, la preparazione di program mi di promozione e protezione del la salute, il monitoraggio dei pro blemi legati all’uso di alcol, la veri fica degli interventi di sensibilizza zione e di informazione, la verifica sull’adesione e l’efficacia dei pro grammi alcologici e di disassuefa zione da fumo, le indagini per il miglioramento della preparazione degli stessi operatori e della quali tà del servizio nonché la prepara 175 zione di materiale didattico e di pubblicazioni. Le esperienze territoriali in Trentino Caratteristiche dei Servizi di Alcologia: punti di forza e di debolezza 176 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 1) Punti di forza Vari sono i punti di forza dell’orga nizzazione e dell’attività dei Servi zi di Alcologia. La diffusione terri toriale, l’apporto di figure profes sionali diverse, la cultura e l’impor tanza data al lavoro di rete, alle si nergie tra pubblico e privato, alle collaborazioni molto strette con le associazioni del privato e alla cul tura dell’importanza della preven zione sono tutti elementi positivi. Elementi che derivano anche dal fatto che i Servizi di Alcologia sono servizi “giovani” e quindi poco bu rocratizzati, che contano su perso nale giovane e abituato a rappor tarsi in un’ottica di collaborazione anche per la sua stessa formazione professionale (educatori professio nali, assistenti sociali e infermieri professionali) e cultura, per la qua le la persona e la famiglia con pro blemi di alcol non è vista come un problema, bensì come una possibi le risorsa. Le caratteristiche positive che meglio contraddistinguono i Servizi di Alcologia possono essere così brevemente accennate: - la capillare diffusione territoria le: questa caratteristica ha fatto sì che in così pochi anni i pro grammi alcologici abbiano potu to svilupparsi su tutto il territo rio provinciale. In Trentino, al - - - - giorno d’oggi, esiste un gruppo di auto mutuo aiuto per i proble mi alcolcorrelati ogni 2722 abi tanti e ogni famiglia con proble mi alcolcorrelati può trovare un gruppo di auto mutuo aiuto ad una distanza massima di 10 chilome tri dalla porta di casa; la pluriprofessionalità: l’organiz zazione funzionale dei Servizi di Alcologia con l’apporto di profes sionalità diverse rende possibile una visione d’insieme più comple ta dei problemi alcolcorrelati del la persona, della famiglia e della comunità: il lavoro di rete: già fin dall’inizio della loro attività i Servizi di Al cologia si sono mossi in un’ottica di rete, intrecciando rapporti pro ficui di collaborazione con le va rie agenzie del pubblico e del pri vato; la sinergia tra pubblico e privato: la stessa natura del tipo di inter vento dei Servizi di Alcologia ha fatto sì che da sempre sia esistita una stretta collaborazione con le associazioni private attive sui pro blemi legati all’uso di alcol; l’importanza data alla prevenzio ne: una cultura sanitaria che par ta da un’ottica preventiva e di pro tezione e promozione della salute permette di affrontare anche i pro blemi alcolcorrelati e la loro riso luzione in una dimensione più ampia e non solo centrata sull’al col. 2) Punti di debolezza I problemi più importanti con cui quotidianamente si scontra il lavo ro dei Servizi di Alcologia sono senz’altro originati dalla cultura generale della nostra comunità ri guardo all’alcol: il bere alcolici è socialmente accettato se non addi rittura incentivato; ci si rende con to che questo comporta enormi problemi, ma non vengono accettati gli strumenti volti a prevenirli. Sono dunque punti di debolezza: - l’insensibilità culturale al proble ma: è dimostrato e ribadito an che dall’OMS che l’unico metodo per prevenire i problemi alcolcor relati di una comunità è rappre sentato dalla riduzione dei con sumi. Però qualsiasi iniziativa di prevenzione indirizzata in tal sen so è notevolmente ostacolata dalla cultura generale sull’alcol. Si arriva all’assurdo che ogni anno i sindaci della nostra provincia indicano come uno dei problemi prioritari della loro comunità il problema alcol, ma poi in quasi nessun comune viene attuata una politica di prevenzione al riguar do. Per arrivare al grottesco di una Amministrazione comunale “illu minata” che pur ammettendo che nella loro comunità i problemi legati al consumo di alcol erano estremamente gravi, non accettava un nostro programma di intervento preventivo capillare per pa ura dello scontro con le cantine che gravitano sul territorio comu nale; - il problema giovani: dai dati di ricerca a disposizione e dall’espe rienza dei Servizi di Alcologia si evidenzia che nella popolazione giovanile della nostra provincia è diffuso un uso elevato di bevan de alcoliche e soprattutto che Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 sempre più precoce è l’età in cui viene usato l’alcol: già sui 13-14 anni. Una delle grosse difficoltà del momento attuale è rappresen tata dalla possibilità di avviare una efficace prevenzione dell’uso di alcol nelle fasce d’età più gio vani. Ci risulta difficile portare avanti una prevenzione efficace senza il sostegno non soltanto della scuola (che negli ultimi anni si è dimostrata molto collaborati va), ma soprattutto della famiglia e della comunità. E’ difficile chie dere ai ragazzi di comportarsi in maniera difforme a come si comportano gli adulti di riferimento: finché la cultura condivisa sull’al col sarà quella attuale non potre mo aspettarci che i ragazzi siano diversi; - i pochi investimenti sulla preven zione: frutto di questa cultura è anche il fatto che pochi sono i fondi destinati alla prevenzione dei problemi derivati dal consu mo di alcol; - la carenza di personale: a causa di tale carenza di fondi e del fat to che esistono da poco, i Servizi di Alcologia si trovano a lavorare con un numero di operatori dav vero misero. Ogni Servizio ha un solo operatore e in due situazioni esiste un operatore che copre due distretti. Si pensi che il Servizio di Alcologia di Trento, cui fa rife rimento una popolazione di più di 150.000 persone conta solo su un operatore a tempo pieno e uno parte time. - la contraddizione tra le agenzie pubbliche: questo aspetto è l’as surdo più macroscopico con il 177 Le esperienze territoriali in Trentino 178 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 quale dobbiamo fare quotidiana mente i conti. La nostra comuni tà, attraverso l’Assessorato alle Politiche sociali e alla salute e l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, investe nella prevenzio ne dei problemi alcolcorrelati e spende fior di quattrini per le spe se sanitarie e sociali provocate dall’uso di alcol. Nel contempo un’altra agenzia della nostra stessa comunità (Assessorato all’Agricol tura) spende altrettanti fior di quattrini per finanziare la pubbli cità e quindi l’incremento dell’uso dell’alcol. Se fosse un privato si direbbe che ha un comportamen to evidentemente schizofrenico… A tale proposito, a livello interna zionale, si sta prendendo posizio ne contro la pubblicità di tutte le sostanze nocive per la salute, com preso l’alcol e si sta arrivando alla convinzione che non è etico per una struttura pubblica investire denaro della collettività in tali forme pub blicitarie. Forse è giunto il momento per iniziare una riflessione globale sul l’entità del problema alcol nella nostra realtà, sulle strategie sinora seguite e sulle scelte strategiche per il futuro e, infine, ma non ultimo, sulle coerenze etiche della nostra società e della sua amministrazione locale di fronte al fenomeno. correlati. Trento, 1994 [2] OMS, Ufficio Regionale per l’Eu ropa, Carta Europea sull’alcol, Provincia Autonoma di Trento, Punto Omega; 7, Trento, 1996 [3] OMS, Ufficio Regionale per l’Eu ropa, HEALTH21 ventuno obiet tivi di salute per il ventunesimo secolo, Provincia Autonoma di Trento, Punto Omega; 15, Tren to, 1999 [4] Hudolin V., De Stefani R., Fol gheraiter F., Pancheri R., a cura dei Club degli Alcolisti in Trat tamento, Applicazione del Pro gramma Alcologico di Vladimir Hudolin in Trentino, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 1987 [5] Pellegrini L., Zorzi C., a cura di, Le attività alcologiche in Tren tino dal 1984 al 1994, Provin cia Autonoma di Trento, Docu menti per la Salute; 6, Trento 2000 SITI WEB [1] [2] [3] [4] [5] www.who.dk www.who.int www.irsrs.tn.it/csdpa/index www.alcolonline.org www.eurocare.org RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] OMS, Ufficio Regionale per l’Eu ropa, Alcol: piano d’Azione per l’Europa, Centro Studi e Docu mentazione sui Problemi Alcol- Roberto Pancheri è responsabile del Servizio di Riferimento per le Attività Alcologiche dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. La partecipazione degli utenti al miglioramento della qualità dei servizi socio-sanitari territoriali Giuseppa Russo L’esperienza dell’Associazione degli Ospiti delle Case di riposo e dei loro familiari (Cen.T.O.Ca.Ri.) Cen.T.O. Ca.Ri. (Centro Tutela Ospi ti delle Case di Riposo Trentine) è l’associazione degli ospiti delle case di riposo e dei familiari. Nata come movimento di protesta contro gli aumenti che le rette di ospitalità subivano ogni anno e che non tro vavano riscontro nel livello qualita tivo dei servizi erogati agli ospiti, l’Associazione ha partecipato con suoi rappresentanti ai tavoli di la voro istituiti nel 1997 presso l’As sessorato provinciale alla sanità, allo scopo di elaborare una propo sta di riorganizzazione del sistema di assistenza agli anziani non au tosufficienti ospiti di strutture re sidenziali, ed ha collaborato, sot tofirmandolo, alla stesura del pro tocollo di intesa nel quale sono det tate le direttive per l’avvio della ri forma della disciplina in materia di assistenza agli anziani, siglato il 22 dicembre 1997 dal Presidente della Giunta Provinciale, dall’Assessore provinciale alla sanità, dalle Orga nizzazioni sindacali, dall’UPIPA. Tali direttive sono diventate nor ma di legge in sede di approvazio Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 ne della L.P. 6/98, recante “Inter venti a favore degli anziani e delle persone non autosufficienti o con gravi disabilità”. L’associazione, nel rispetto delle norme statutarie, è attualmente impegnata a collaborare con le isti tuzioni provinciali, affinché sia data piena attuazione alla L.P. 6/98, so prattutto perché si completi il pro cesso vero di riforma, quello che tra sforma le Case di Riposo in Resi denze Sanitarie Assistenziali, diffe renziandole per tipologia e livello di assistenza. Sono infatti queste ultime che possono garantire l’ero gazione dei servizi sanitari neces sari a coprire tutto il fabbisogno di cure mediche di base e specialisti che, riabilitative, assistenziali e socio-ricreative. Questo per noi è obiettivo primario, che una volta raggiunto, da una parte consentirà agli ospiti in condizioni psicofisi che non ancora gravemente compromesse di disporre della casa di 179 Le esperienze territoriali in Trentino Provincia Autonoma di Trento Punto180 Omega n. 7 soggiorno intesa come struttura re sidenziale che eroga servizi alber ghieri, sanitari e riabilitativi, fina lizzati a mantenere e recuperare l’au tonomia e la capacità di rapporto sociale, dall’altra permetterà di cre are reparti destinati ad ospitare an ziani con maggiore fabbisogno di cure sanitarie specifiche, i reparti protetti per la cura delle neuropa tologie e i reparti per l’assistenza ai malati terminali. Non è difficile indicare a quali condizioni una RSA consegue l’obiettivo di migliorare la qualità delle prestazioni: basta dotarle delle risorse che le consentano di eroga re assistenza medica di base e spe cialistica, infermieristica e riabili tativa, ed assistenza in misura tale da soddisfare il reale fabbisogno di cure. Più difficile è indicare come e dove reperire le risorse umane. In aggiunta, quindi, alle pressioni costantemente esercitate sul gover no provinciale dalle organizzazioni di categoria, sui tavoli dell’Asses sorato giunge anche la nostra pre occupazione per le difficoltà riscon trate nel risolvere la carenza di per sonale qualificato. I costi, inevitabili e in crescita, che il raggiungimento dei parame tri necessari può determinare, de stinati a diventare insostenibili an che per il nostro servizio sanitario provinciale, non possono essere semplicemente posti a carico degli utenti, soprattutto se sostenuti per assicurare funzioni sanitarie vere e proprie o servizi assistenziali a va lenza sanitaria erogati a persone alle quali uno stato di salute gravemen te compromesso non consente più di svolgere le normali attività quo tidiane, a maggior ragione se tito lari solo di pensioni minime e del l’assegno di accompagnamento. Siamo impegnati anche nel grup po di lavoro cui compete l’elabora zione del regolamento unico di com partecipazione al pagamento della retta residenziale, che dovrà poi essere adottato dai comuni consen tendo di definire in modo omoge neo sul territorio provinciale la mi sura della partecipazione alla spesa da parte dei familiari e le modalità di rivalsa dopo il decesso per il re cupero dei crediti. È inoltre utile la partecipazione dei familiari ai lavori istituzionali per sottolineare che, se anche l’as sistenza sanitaria erogata nelle RSA fosse di altissimo livello (essendo state garantite una dotazione di personale tale da assicurare cura, recupero e mantenimento dell’auto nomia a persone anziane che non possono più essere assistite in fa miglia) ciò non sarebbe comunque sufficiente ad assicurare una buona qualità di vita, se si trascurasse di considerare la struttura residenzia le come un domicilio, una casa spe ciale nella quale le prestazioni ero gate (siano esse squisitamente me diche o semplicemente assistenzia li) devono essere permeate da tan ta umanità da somigliare il più pos sibile alle cure che ogni anziano ri ceverebbe se potesse vivere ancora in famiglia. Gli stessi interventi socio-riabi litativi ci aspettiamo siano esegui ti con il rispetto dovuto, oltre che all’età, anche al patrimonio di espe rienze e di conoscenze che ogni ospite porta con sé. Poiché un vecchio, anche se utente a vita di un servizio residen ziale, resta fino all’ultimo dei suoi giorni una persona con affetti pro fondi, è da ricercare il coinvolgi mento dei familiari perché essi pos sono non solo fornire collaborazio ne in alcune attività, limitando gli effetti della cronica carenza di per sonale, ma soprattutto perché pos sono raccontare la storia di una vita che conoscono meglio di chiunque altro, trasmettendo ogni informazio ne utile a capire alcuni atteggia menti nel momento in cui gli orga ni che operano nella residenza van no ad impostare gli interventi per sonalizzati. Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 L’associazione è impegnata anche a creare una rete di rapporti tra i familiari e gli ospiti di tutte le Case di Riposo trentine. Il nucleo opera tivo dell’associazione infatti è for mato dai Comitati degli ospiti e dei familiari costituiti presso le singole Case di Riposo, rappresentati in seno agli organi di Cen.T.O Ca.Ri. da due delegati. Ad essi compete di segnalare i problemi riscontrati nell’erogazione dei servizi di assisten za presso ciascuna casa di riposo, il mancato rispetto delle direttive emanate dagli organi politici da cui dipendono, le iniziative assunte al l’interno delle singole strutture per assicurare servizi di ottima qualità al prezzo più conveniente, riducen do gli sprechi e gli investimenti poco produttivi. Informazioni che l’associazione poi trasmette regolar 181 Le esperienze territoriali in Trentino mente ai tavoli di lavoro ed alle commissioni di studio organizzate a vario titolo dagli enti pubblici competenti. Provincia Autonoma di Trento Punto182 Omega n. 7 Anche l’esame degli atti ammi nistrativi, per cui l’Associazione sol lecita i Comitati, non è più mirato ad esercitare azione di controllo, che peraltro compete ad altri e non a noi, quanto piuttosto a conoscere e condividere le difficoltà di gestio ne di strutture costrette in misura sempre maggiore, per l’aggravamen to delle condizioni di salute dei pro pri ospiti, ad erogare prestazioni sa nitarie con risorse limitate. Non conviene più quindi ritenere invadente la partecipazione degli utenti alla gestione di strutture così complesse quali le Case di Riposo, da tacitare con offerte di servizi a basso costo ma insufficienti, piut tosto che considerarla una risorsa propositiva, che sa offrire idee e collaborazione. Informazioni sulle modalità di adesione all’associazione Cen.T.O. Ca.Ri., sulla costituzione dei Comi tati degli ospiti e dei familiari pres so le singole Case di Riposo, sullo stato dei lavori per l’attuazione delle riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, sulle norme e le direttive emanate dagli organi provinciali competenti e copia del lo Statuto possono essere richieste presso la sede dell’associazione: c/o Giuseppa Russo, 38052 Caldo nazzo, via Lago 23; tel e fax 0461723253. E-mail: [email protected]; o sul sito internet al seguente indirizzo: http://space.tin.it/associazioni/ cclbe/centocari. Giuseppa Russo è presidente dell’associazione Cen.T.O. Ca.Ri. Ci vorrebbero dei dati... a cura di Graziano Manfrini (Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento) Quante volte nel corso dell’ennesima riunione che mai voleva arrivare a conclusione abbiamo sentito qualcuno dei partecipanti uscire con un’affermazione di questo tipo, che più che denunciare l’insufficiente conoscenza dei problemi in discussione dava la sensazione della ricerca di un alibi per non ammettere apertamente la difficoltà di ottenere risultati soddisfacenti? D’altra parte siamo consapevoli della necessità, quando si affronta un problema, di conoscere e di tenere nella giusta considerazione alcuni indicatori che ne esprimano la complessità e la rilevanza. Ecco perché a fronte di ogni tema che verrà affrontato di volta in volta in questa rivista, cercheremo di individuare una serie di indicatori minima, ma speriamo sufficiente, per rendere l’idea degli aspetti quantitativi degli argomenti affrontati e per delinearne qualche elemento particolar mente interessante, degno di riflessione o forse, perché no, solamente curioso. Gli ambiti in cui si esercita l’assistenza territoriale sono estremamente vasti e vari, per cui è impensabile, in uno spazio come questo, riuscire ad esprimere in maniera completa le dinamiche che caratterizzano questo settore della sanità. Cercheremo pertanto di rendere l’idea solamente delle quantità più significative, facendo presente che, non essendo que sto un compendio statistico, è nostra intenzione riportare l’ordine di grandezza dei feno meni (“all’incirca”) e non la loro puntuale dimensione. I dati che abbiamo ritenuto di esporre sono stati ricavati dall’elaborazione delle basi informative che sono il fondamento del Sistema informativo sanitario provinciale. Assistenza di base Il numero dei medici di medicina generale presenti sul territorio provinciale varia media mente fra le 370 e le 380 unità, attivi in poco meno di 700 ambulatori, con un numero medio di assistiti pro capite di poco superiore a 1100. Oltre l’80% di questi medici effettua assistenza programmata/integrata. I pediatri di libera scelta sono all’incirca 70, in circa 130 ambulatori, con in carico mediamente 800 bambini ciascuno. La popolazione di età inferiore ai 7 anni seguita direttamente dai pediatri è all’incirca del 95%. La continuità assistenziale di base è garantita da circa 150 medici distribuiti in una 184 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 trentina di ambulatori di guardia medica, che producono più di 60.000 visite annuali fra domiciliari ed ambulatoriali. Sono più di 150 gli ambulatori infermieristici aperti al pubblico dove operano circa 130 infermieri professionali, i quali effettuano quasi 200.000 accessi ai domicili di 14.000 utenti, con una media di più di 2 prestazioni per accesso (le più frequenti sono il moni toraggio dei parametri vitali, medicazioni semplici e complesse, visite di controllo, prelie vi venosi, terapie, pulizia personale). Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro Durante la stagione estiva sono attive una trentina di sedi di guardia medica turistica con altrettanti operatori, che diventano all’incirca 20 durante l’inverno. L’attività complessiva può essere quantificabile in circa 23.000 viste all’anno, sia ambulatoriali che domiciliari. I medici incaricati con competenze di carattere fiscale sono poco meno di 20, e comples sivamente effettuano più di 10.000 visite all’anno tra ambulatoriali (1.500) e domicilia ri. Assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale I consultori ginecologici in provincia sono poco meno di 50 con circa 30 ambulatori di servizio ostetrico territoriale ove operano ginecologi e ostetriche. Le visite colloquio, tra domiciliari e ambulatoriali, sommano complessivamente a più di 10.000 all’anno. I consultori familiari sono 5, vi lavorano una ventina di assistenti sociali, altrettanti infermieri professionali e psicologi, e poco meno di 30 pediatri e ostetriche. Sono orga nizzati corsi di preparazione al parto (poco meno di 100 all’anno con più di 1.100 partecipanti), e post parto (meno di 40 con circa 400 partecipanti). Salute mentale Le unità operative di psichiatria sono 5 con un’utenza di circa 5.500 pazienti (escluse le consulenze e i ricoveri in reparti di degenza), dei quali poco più di 1.100 con un solo contatto in un anno (più di 1.700 i nuovi pazienti all’anno). Il 90% di tutti gli utenti è stato visto almeno una volta in ambulatorio, il 16% e/o a domicilio. Circa 250 all’anno sono coloro che frequentano il centro diurno, più di 300 coloro che svolgono attività riabilitativa, e meno di 90 sono ospiti di strutture residenziali. Le prestazioni complessive erogate sono più di 60.000 delle quali la metà sono visite, colloqui psichiatrici e psico terapie in ambulatorio. Dipendenze I centri di alcologia sono 11 (uno per comprensorio), mentre i club di alcolisti in tratta Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7 185 mento e i gruppi di alcolisti anonimi sono più di 170, più di 20 le associazioni di volontariato, una cinquantina gli operatori fra dipendenti e volontari. I colloqui sono 1400 all’anno e 1500 circa le famiglie in trattamento. Il Servizio tossicodipendenze è articolato su 3 sedi (Trento, Rovereto e Riva del Garda). Gli utenti in carico complessivamente sono poco più di 850 (di cui l’80% maschi), con circa 150 nuovi casi all’anno, che complessivamente usufruiscono annualmente di circa 60.000 accessi alla struttura. Residenze sanitarie assistenziali Le case di riposo in provincia sono 46 con 4.280 posti letto, ed una presenza media giornaliera pari a 4.145 ospiti. Di questa utenza, circa il 95% è classificato, a vario livello, come non autosufficiente. 186 Provincia Autonoma di Trento Punto Omega n. 7