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Anno LVII - N. 3 -15 febbraio 2010 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401
Panorama
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Debito, corruzione...
paurosa mascherata
11.2.2010 13:42:00
Carnevale 2010 a Fiume
Gli scampanatori in ceramica
G
rande successo della “doppia mostra” allestita nel periodo di Carnevale al Museo degli scampanatori di Rucavazzo e alla nuova galleria di ceramiche “Isa” del laboratorio di Mučići. Nel
Museo, aperto due anni fa, hanno esposto pure le socie della “Romolo Venucci” della Comunità degli Italiani di Fiume. Scampanatori ed accessori dei costumi sono stati creati dalle valenti mani delle ceramiste della CI. La neonata Società
Interinova di Mattuglie ha così un nuovo spazio espositivo a Mučići, assieme al
bellissimo laboratorio di proprietà della
signora Ivna Safundžić che da anni collabora con la “Romolo Venucci” di Fiume.
(testo e foto di Ardea Velikonja)
La vicesindaco di Mattuglie, Eni Šebalj (al centro), e la signora Ivna
Safundžić (a sinistra) al Museo di Rucavazzo
Qui si creano oggetti
in ceramica di tutti i tipi
I campanacci
di Sanja Rupić
2 Panorama
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Attraverso la cupola in vetro filtra il sole
La nuova galleria “Isa” a Mučići
Panorama 59
11.2.2010 13:42:02
In primo piano
Giornata del 10 febbraio: dove siamo e come muoverci in futuro
Io ricordo, e il mio vicino?
di Mario Simonovich
G
iornata del Ricordo. Solo
qualche giorno fa l’abbiamo
ricordata per la sesta volta.
Sei anni non sono pochi se rapportati
alla vita di un uomo. Si pensi che un
bambino nato allora, al giorno d’oggi sarebbe pronto ad affrontare le prime fatiche scolastiche. Sei volte dunque, alimentate, manco a dirlo, dalle
stesse polemiche, diatribe, conflitti,
che partono dalla triangolazione statale Croazia-Slovenia-Italia per frammentarsi all’interno, nei partiti, associazioni, gruppi, fino ai singoli. In Italia, per motivi che certo non occorre
esporre, i più scontenti sono gli esuli
che si sentono traditi due volte e che
non si peritano di far sentire la loro
voce. Voce accorata, si sa, volta a sensibilizzare la gente e indurre i politici a prendere posizione. Una voce che
non si è affatto persa nell’”ambiente
patrio” visti gli echi che ha ottenuto
anche ai più alti livelli.
Il ricordo, checché se ne pensi, non è meno vivo nella parte della nazione italiana rimasta nelle terre degli avi. Ma se quello “italiano”
ha dovuto fare i conti in primo luogo con l’indifferenza, qui è costretto a misurarsi con uno specifico “negazionismo” che il potere si è adoperato a radicare indefessamente fin
dal primo giorno. Tale atteggiamento, si può dire, non è cambiato in alcun modo dopo il mezzo secolo in
cui si è esaurita la fase della “morte
al fascismo-libertà ai popoli” messa
in un canto da regimi che, bisogna
ammetterlo, da un ventennio a questa parte si sforzano di percorre le
vie di una democrazia intesa in senso classico. A questo negazionismo,
nella popolazione di maggioranza si
unisce di regola un non meno caparbio “giustificazionismo” a dire che,
se ingiustizia c’è stata, tutte le cause
andrebbero cercate nel male profuso
a piene mani dal fascismo. Sull’entità del male non ci sono dubbi. Però
è ancora tutto da dimostrare che in
questo modo di possano giustificare tutte le esecuzioni, le intimidazio-
ni, gli espropri, tutte le misure che
nei modi più diversi hanno favorito l’esodo, o l’appropriazione di un
grande patrimonio nel campo immobiliare, industriale o dell’infrastruttura.
Facendo uno sforzo posso anche
capire che il mio vicino di casa non
se la senta di condividere con me la
mia visuale specifica dell’ingiustizia.
Ma questa ingiustizia è stata davvero tale da permettere a gente venuta
da chissadove ad occupare alla fine
della guerra ad esempio case situate in posizioni incantevoli, a viverci
per mezzo secolo e poi a riscattarle a
prezzi che sono ridicoli se rapportati
con quelli usualmente in vigore sul
mercato? Eppure oggi i loro discendenti hanno un pezzo di carta bollata che ne attesta la proprietà. Questa
è stata una “transazione equa” o con
la scusa del fascismo è stata avallata
un’ingiustizia di senso opposto?
Ma come prendersela con il mio
vicino che, pur fruendo di certi benefici, è stato solo l’estrema propaggine della frusta che si è abbattuta
qui sui vinti? Non si dovrebbe invece agire a livelli più alti? Assolutamente sì, se vogliamo fare qualcosa per migliorare la conoscenza dei
fatti e instaurare una reale partecipazione.
Parlando con gli istriani, anche
quelli che vivono nei centri minori, spesso si sente dire che, usciti di
casa s’imbattono non di rado in gente mai vista prima. Nessuna meraviglia: solo a Pola nell’ultimo quindicennio sono venute a stabilirsi circa
13 mila persone, a cui si aggiungono
quelle che vivono qui pur figurando
altrove.
Ciò detto si capirà che, se non ci
si muove con rapidità, sarà estremamente difficile far capire ai loro figli le componenti di fatti che esulano del tutto dal loro passato, verso
il quale avranno giocoforza lo stesso
atteggiamento che già ora le migliaia di stranieri stabilitisi in Italia nutrono ad esempio non solo nei confronti della Grande guerra ma anche
nell’uccisione di Aldo Moro. ●
Costume
e scostume
La Battana?
Ininfluente
Stavolta la gratifica di
Igor Žic ci viene dal capitolo che Književna Rijeka dedica alle riviste letterarie a Fiume (Knjževni časopisi u Rijeci)
dalle origini ad oggi. La prima,
ricorda, fu la croata (ovviamente - diciamo noi) Neven, pubblicata nel 1858 (quando Fiume
era da dieci anni in mano alla
Croazia - aggiungiamo noi) e
durata solo un anno, precisa lui
(chissà perché? - ci chiediamo
noi). Seguono quattro pagine
sulla storia delle altre testate, in
varie lingue, in questa “Fiume
ungherese in cui i Croati parlavano italiano”. Così, ricorda
fra l’altro, alle serate del Circolo letterario, fra gli altri, leggevano le proprie opere “Icilio
Bačić, Arrigo Ricotti (…) Francesco Širola, Gino Širola, …”
(perché non Frančeško e Djino?
- ci chiediamo ancora noi). Infine le testate odierne con, fra
parentesi, i redattori responsabili: “Književna Rijeka (Davor
Velnić) Sušačka revija (Alen
Čemeljić), Novi Kamov (Ljubomir Stefanović), Dometi (Goran
Crnković) - assieme a La battana (Laura Marchig) del tutto
ininfluente, limitata dalla lingua
italiana - stanno su posizioni
piuttosto prevedibili.”
Insomma a tutt’oggi, l’esimio non si è accorto che già dallo scorso maggio La Battana ha
un nuovo redattore capo. Se da
questa affermazione si può dedurre il grado di serietà con cui
ne ha letto ed analizzato i contenuti, il giudizio sopra espresso
non può che lusingarci (concludiamo noi).
Panorama 3
Panorama
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PANORAMA
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Giuricin (vicepresidente), Ennio Machin, Franco Palma, Carmen Benzan,
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Panorama
Panorama testi
N. 3 - 15 febbraio 2010
Sommario
IN PRIMO PIANO
Giornata del 10 febbraio: dove siamo e
come muoverci in futuro
IO RICORDO, E IL MIO VICINO? ... 3
di Mario Simonovich
ATTUALITÀ
Primo incontro tra Kosor e Berlusconi
SOSTEGNO ALLA CROAZIA ........ 6
Progressi nel processo di avvicinamento
all’Ue, però il quadro generale è nero
DEBITO ESTERO: UNA PIETRA
AL COLLO PER L’ECONOMIA ..... 7
Definito “il confine mobile”, è il paradigma delle tragedie del XX secolo
GIORNO DEL RICORDO:
STORIA CONDIVISA ...................... 8
”Agromin”: valido programma di iniziativa comunitaria Interreg III A
ALLA RISCOPERTA DI ANTICHI
SAPORI E TRADIZIONI
DIMENTICATE ............................... 10
a cura di Diana Pirjavec Rameša
ITALIA
“Legittimo impedimento”: la maggioranza esulta, l’opposizione grida “Vergogna”
PER IL SERENO SVOLGIMENTO
DELLE FUNZIONI DI GOVERNO ... 12
a cura di Bruno Bontempo
ECHI DEL PASSATO
L’arte farmaceutica a Zara in una ricerca di Zvonka Maria Zerial Detoni
SPEZIALE: VALENTE
E DILIGENTE ................................. 14
a cura di Giacomo Scotti
SOCIETÀ
La fuga delle donne dalla cucina è stata
davvero un’azione liberatoria?
IN PENTOLA E NEL DIALETTO
LE TRACCE DEL PASSATO ........ 18
di Marino Vocci
CINEMA E DINTORNI
Dalle pellicole con gli occhialini come
stampella a quelle intrinsecamente “umane”
NO AD AVATAR, IL DOPPIO
SÌ AD UN UOMO SOLO ................ 20
di Gianfranco Sodomaco
ARTE
Claudio Frank non vuol farsi cogliere
impreparato dagli anniversari...
IN ESPOSIZIONE I DIPINTI
PER IL TREMILA ........................... 22
di Erna Toncinich
ITALIANI NEL MONDO
Lidia Bastianich si è aggiudicata una
nomination all’Emmy Award
ESULE POLESE AMBASCIATRICE
DELLA CUCINA ITALIANA ........ 24
a cura di Ardea Velikonja
MADE IN ITALY
L’anno prossimo in mostra a Torino
CAPITALI ITALIANE NEL MONDO ... 26
a cura di Ardea Velikonja
REPORTAGE
Bled: neve e vento fanno slittare il terzo
Festival mondiale di volo in pallone
QUELL’AGOGNATO GIRO
IN MONGOLFIERA ....................... 28
di Ardea Velikonja
LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA
”COLOURS” ................................... 34
di Laura Marchig
LIBRI
Ne “Il figlio perduto” Diego Zandel ripropone la vicenda di “Una storia istriana”
TRAGEDIA DAL SAPORE
VERGHIANO .................................. 38
di Mario Simonovich
CONCORSI .................................... 38
MUSICA
Duecento anni fa nasceva Frédéric Chopin
IL COMPOSITORE CHE RIVESTÌ
OGNI NOTA DI EMOZIONI ......... 42
a cura di Bruno Bontempo
SPORT
Morto tragicamente a soli 45 anni
BALLERINI, UN UOMO PERBENE ... 44
Europei pallamano: Francia secondo
pronostico, Croazia lodevole seconda
LA CAVALLERIA DI LINO,
IL... MACEDONE ........................... 45
Dopo Melbourne cambia qualcosa ai
vertici del tennis mondiale
FEDERER INATTACCABILE SUL TRONO, ČILIĆ SFIORA L’EXPLOIT .......... 46
Batte tutti i record alla Coppa d’Africa
EGITTO, COME DA PRONOSTICO ... 47
a cura di Bruno Bontempo
ARBOREA
QUERCIA, DUREZZA DEGLI DEI ... 48
di Daniela Mosena
MULTIMEDIA
Alternativa all’Adobe Photoshop
AKVIS ARTSUITE 5.0: UN INFINITO
NUMERO DI EFFETTI ..................... 50
a cura di Igor Kramarsich
RUBRICHE .................................... 52
a cura di Nerea Bulva
IL CANTO DEL DISINCANTO ... 58
di Silvio Forza
Agenda
A Castellier Santa Domenica si studia all’elementare come lingua d’ambiente
Insegnamento dell’italiano, importante opportunità
I
l Comune di Castellier Santa Domenica non ha una scuola elementare italiana: la nostra lingua viene
studiata nell’ambito dell’elementare croata. E a dimostrazione di ciò
i bambini si sono esibiti nel corso
della recente visita fatta dal Console generale d’Italia, Fulvio Rustico,
e dal presidente e direttore dell’UPT,
Silvio Delbello e Alessandro Rossit,
nonché dal presidente dell’UI, Furio
Radin. I bambini, istruiti dall’insegnante Maja Šimonović, hanno pre-
sentato recite e canzoni salutate da
caldi applausi dei presenti.
Il console si è rivolto loro dicendo: “Voi siete il fulcro europeo
dell’infanzia croata, un altro esempio di come l’Istria con lo spirito sia
in effetti già in Europa”. Il presidente dell’UPT, Silvio Delbello, si è detto “lieto di conostatare che iniziative
di inserimento a scuola della lingua
italiana come lingua d’ambiente non
costituiscono più solo casi isolati”. Il
presidente dell’UI, Furio Radin, ha
ribadito infine che “non importa se
nei programmi scolastici viene inserita come seconda lingua straniera.
L’importante è che le giovani generazioni abbiano l’opportunità di imparare l’italiano”. ●
Il riconoscimento le è stato conferito dall’Università «Juraj Dobrila» di Pola
Nelida Milani Kruljac, professoressa emerita
L
a connazionale Nelida Milani Kruljac è
la prima intellettuale della Comunità nazionale italiana in Croazia e Slovenia ad ottenere il titolo di
professore emerito, in altre parole la massima nomina che si può conseguire nel mondo accademico.
Il Senato dell’Università
“Juraj Dobrila” di Pola ha
infatti deciso di assegnarle
questo alto riconoscimen-
to per i suoi meriti scientifici e didattici, lavoro che
lei ha fatto fino alla quiescenza, donando un grande contributo nel campo
scientifico in primo luogo
nella sociolinguistica. Elis
Deghenghi Olujić, professore straordinario di Letteratura italiana del Dipartimento di Studi in lingua
italiana, per l’occasione
ha detto che “Questo è un
dovuto riconoscimento ad
una donna, ad una persona che ha dedicato la pro-
pria vita all’insegnamento
e alla ricerca”. Nella sua
lunga attività linguistica
Nelida Milani Kruljac tra
l’altro si è occupata dello sviluppo della competenza comunicativa nei
bambini bilingui, pubblicando vari saggi ed articoli su riviste specializzate.
La cerimonia di consegna
del diploma di professore
emerito si terrà il 16 aprile
prossimo.●
Presentato il nuovo Dizionario del dialetto isolano realizzato da Silvano Sau
Testimonianza preziosa di storia civile e religiosa
C
ome le lingue, anche i dialetti
sono testimoni preziosi di storia
civile e culturale, religiosa, territoriale: sono la risultanza dell’intelli-
genza e della fatica, dell’intelletto e
della cultura delle genti che li hanno
parlati e ancora li parlano. Questa in
sintesi la prefazione del nuovo “Dizionario del dialetto isolano” scritto da Silvano Sau, figura fondamentale della Comunità nazionale italiana, pubblicato dalle edizioni “Il
Mandraccio”. “L’esistenza dei dialetti è il risultato di una storia antica
e complessa. Come lo è anche quella istriana. E come lo è pure quella Isolana” conclude Sau. Il libro è
stato presentato di recente a Palazzo
Manzioli di Isola dinanzi ad un folto
pubblico con ospite d’onore il Console generale d’Italia a Capodistria,
Marina Simeoni. La pubblicazione
contiene 5020 lemmi ed è arricchita
dall’aggiunta in calce di 151 proverbi locali e da una serie di settantasei toponimi del circondario di Isola, molti dei quali oramai dimenticati. “Più che un dizionario è un’opera di consultazione, che mi auguro
venga letta con divertimento e piacere” ha detto Silvano Sau alla presentazione.●
Panorama 5
Attualitá
Primo incontro tra Kosor e Berlusconi
Sostegno alla Croazia
a cura di Diana Pirjavec Rameša
o avuto un importante incontro come quello che si può avere con
il rappresentante di un Paese amico
con cui vogliamo rafforzare le nostre relazioni», così il Presidente
del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha
commentato l’incontro con il Primo
Ministro della Croazia, Jadranka
Kosor, a Villa Gernetto. “Nei nostri
colloqui - ha continuato Berlusconi
- abbiamo parlato del percorso verso
l’Europa, della Croazia, che noi abbiamo sostenuto, sosteniamo e sosterremo. Le negoziazioni in ambito
comunitario sono avanzate e pensiamo che entro la fine di quest’anno ci
possa essere la dichiarazione ufficiale di candidato alla membership
europea e che quindi l’adesione alla
Ue possa avvenire entro il 2011”.
Berlusconi ha quindi spiegato che
con il Primo Ministro e con il Ministro dell’economia croati sono stati
affrontati anche temi di natura economica: “Abbiamo affrontato temi
che possono rafforzare la nostra collaborazione economica e commerciale. C’è un comitato già istituito
che si è già riunito in luglio a Roma
e che si riunirà prossimamente in
Croazia e che cercherà di varare iniziative per il settore dell’energia,
dell’ambiente, delle infrastrutture e
dei trasporti”. “Per quanto riguarda
«H
la politica - ha proseguito il Presidente Berlusconi - ho espresso il nostro apprezzamento per la moderazione che è sempre stata quella del
Governo croato e per la normalizzazione dei rapporti soprattutto con la
Serbia che credo possa essere definitivamente risolta con l’ingresso di
questi paesi nella Ue”.
Da parte sua il Primo Ministro
croato, Jadranka Kosor, ha ringraziato il Presidente Berlusconi per il
sostegno che l’Italia ha dato e darà
al suo Paese per il suo futuro ingresso nella Ue: “Siamo grati per l’appoggio dato dall’Italia al nostro Paese per l’ingresso nella Ue. È stato
veramente un appoggio di particolare importanza”. Ha quindi sottolineato che nel corso del colloquio
con il Presidente del Consiglio italiano sono stati affrontati anche temi
di carattere economico per un interscambio con l’Italia: “Abbiamo affrontato temi di carattere economico
per migliorare la nostra collaborazione. Abbiamo parlato anche di turismo e in particolare abbiamo studiato la possibilità di effettuare trasmissioni illustrative, sulle ricchezze dei nostri Paesi, per incrementare
il turismo sia verso la Croazia, sia
verso l’Italia. Nonostante la crisi
economica ancora in atto nel mondo, in Croazia la presenza dei turisti italiani quest’anno è incrementata del 3 p.c.”. ●
Croazia: discreti progressi n
Debito ester
S
tando al rapporto dell’Agenzia
Dun&Bradstreet, il debito estero della Croazia ha aumentato
la vulnerabilità del Paesi agli shock
esterni, simili a quello subito lo scorso anno in seguito alla crisi finanziaria che ha colpito alcuni Paesi occidentali. Nella sua relazione di febbraio, l’Agenzia assegna alla Croazia un
voto pari a DB3d, classificandola tra
i Paesi con alto fattore di rischio. Il
rating di rischio di medio livello non
cambia invece per tutti gli altri Paesi
della regione, mentre la Slovenia conserva la valutazione più alta (DB2c).
Secondo il rapporto il Paese ha come
una sorta di “pietra al collo” che la
spinge verso il basso. Secondo i dati
della Banca Nazionale Croata il debito estero lordo nel 2008 è aumentato
a 55,9 miliardi di dollari, il 15,1 p.c.
in più rispetto al 2007. Stando alle
stime di D&B, nonostante l’aumento dei vincoli per l’accesso al credito
nel 2009, il debito estero totale è salito a 58,8 miliardi di dollari. Per quanto riguarda le previsioni per il 2010,
il significativo disavanzo previsto nel
bilancio dello Stato riporta il Governo dinanzi al dilemma dei suoi finanziamenti. Viene contemplata anche
la possibilità che il Governo intavoli
con il FMI un prestito stand-by, non
potendo accedere a delle linee di credito incondizionate. Tale accordo potrebbe comprendere delle condizioni
di consolidamento del bilancio, sul
quale il Governo sta già lavorando,
ma potrebbe estendere ulteriormente la recessione. L’alternativa sarebbe quella di ottenere dei capitali sui
mercati finanziari internazionali, anche se questi sono molto costosi e con
condizioni stringenti, mentre la Croazia necessità di crediti con ampi tempi di rimborso alto proiettati nel lungo termine.
Adesione Ue, notevoli
progressi, però...
Prima visita ufficiale del premier croato Jadranka Kosor al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi
6 Panorama
Il Parlamento di Straburgo ha valutato positivamente gli sforzi profusi lo scorso anno dalla Croazia per rispettare i criteri d’adesione all’Ue.
Attualitá
el processo di avvicinamento all’Unione europea, però il quadro generale è nero
o: una pietra al collo per l’economia
Con la risoluzione elaborata da Hannes Swoboda il Parlamento sostiene che i negoziati di adesione possono essere conclusi nel 2010 e “il successo dell’adesione della Croazia darebbe un impulso positivo al processo
di integrazione del resto della regione
dei Balcani occidentali in Europa”. Il
Parlamento, tuttavia, esprime preoccupazione per la diminuzione del sostegno all’adesione da parte dell’opinione pubblica croata e si chiede a Zagabria di “cooperare pienamente” con
il Tribunale penale internazionale per
l’ex Jugoslavia (ICTY) onde consentire l’accesso della Corte ai documenti da usare nei processi per crimini di
guerra.
Inoltre, è stato ribadito che l’accordo dell’11 settembre 2009 tra i primi ministri di Slovenia e Croazia sulle modalità di soluzione della controversia sui confini “ha dato un impulso
all’apertura di tutti i rimanenti capitoli e a un rapido avanzamento dei negoziati di adesione” e si invita quindi il Consiglio a prendere al più presto
una decisione sull’apertura del Capitolo 23 relativo al Settore giudiziario
e ai diritti fondamentali. Dei 35 capitoli, 28 sono stati aperti e 17 sono stati
provvisoriamente chiusi. Il Parlamento “constata che la restituzione delle
proprietà confiscate durante la Secon-
da guerra mondiale e sotto il regime
comunista rappresenta tuttora un problema”, pur riconoscendo “che sono
stati compiuti progressi verso la restituzione delle proprietà private occupate ai legittimi proprietari”. Incoraggiando la Croazia a perseverare negli
sforzi volti a raggiungere e mantenere
relazioni di buon vicinato, sollecita il
Governo croato e i Governi dei paesi
vicini “a intensificare il dialogo al fine
di trovare soluzioni definitive a una
serie di questioni bilaterali aperte”: la
demarcazione dei confini, le persone
scomparse, la restituzione delle proprietà e il ritorno dei rifugiati, nonché
l’estradizione dei cittadini nei casi di
crimini di guerra e di crimini contro
l’umanità.
OTP Bank-Podravka:
contratti, segreto bancario
Per la prima volta dopo che l’ungherese MOL ha confermato di aver
offerto la sua garanzia a favore della
Podravka per accedere al credito, che
poi avrebbe utilizzato per un acquisto
illecito di azioni proprie, ha reagito
l’ungherese OTP Bank che ha curato
la transazione. Laszlo Wolf, vicepresidente del Consiglio dell’istituto finanziario, ha detto che il contratto di
credito con Podravka è stato concor-
La Podravka resta all’odg
dato secondo la normale prassi bancaria: tutti i dettagli circa le condizioni
e le garanzie di restituzione del prestito sono state fornite dal principale
finanziatore, la banca d’affari Merrill Lynch, dopo la costatazione che
si trattava di un lavoro sicuro. Non
ha voluto indicare l’importo del contratto, ma è stata ventilata la possibilità che vengano pubblicati i dettagli,
come chiesto dal presidente uscente
della Repubblica, Stjepan Mesić, e dal
neoeletto Ivo Josipović.
Crollo Croatia Airlines
Un Dash 8-Q400 della Croatia Arilines, che lamenta gravi perdite
La Croatia Airlines, per il secondo
anno consecutivo, ha registrato risultati economici disastrosi. Le perdite
per il periodo gennaio-settembre 2009
ammonterebbero a 93,87 milioni di
kune, più 80 milioni di debito con gli
aeroporti croati. A dicembre ha corso il rischio di perdere un Airbus 319,
perché, non potendo pagare il mutuo,
si sono attivati i meccanismi di garanzia. Per non mettere in vendita il velivolo, il Governo avrebbe pagato 13
milioni di euro. L’Amministratore delegato della compagnia, Ivan Mišetić,
sostiene che l’unico modo per salvare
la società è la privatizzazione, ma la
decisione finale sull’argomento spetta
al proprietario, cioè al Governo. ●
Panorama 7
Attualitá
È stato definito «il confine mobile» ed è il paradigma delle tragedie del XX secolo
Giorno del ricordo: storia condivisa
È
stato definito “il confine mobile” e la sua storia è paradigma
delle tragedie del XX secolo in
Europa: è lo spazio di confine tra Italia, Slovenia e Croazia. Per approfondire la conoscenza delle vicende legate al questo confine, ripercorrere il
passato e allargare la riflessione sul
presente e sul futuro l’’Osservatorio
Balcani’ e ‘Caucaso’ hanno realizzato il dvd “Aestovest. Storia, memoria
e attualità di un’area di confine”, uno
strumento didattico multimediale rivolto in particolare agli studenti delle
scuole superiori italiane.
Il dvd, navigabile on-line all’indirizzo http://aestovest.osservatoriobalcani.org/, si avvale dell’ausilio di testi, audio, video, fotografie, carte, cronologia, bibliografia e sitografia, ed
estende l’analisi all’intera area confinaria tra Italia, Slovenia e Croazia,
ovvero l’Alto Adriatico. Diviso in tre
moduli, “AestOvest” ripercorre la storia, i luoghi della memoria, e l’attualità di questo spazio di confine europeo,
segnato da memorie conflittuali ma
anche dal procedere dell’integrazione europea. In tal modo il dvd si propone al mondo della scuola come uno
strumento ricco di spunti per celebrare
il “Giorno del Ricordo” che, istituito
nel 2004 dal Parlamento italiano, cade
ogni 10 febbraio.
Particolare attenzione, nel contesto
della tragica contrapposizione di tota-
La ricorrenza, istituita nel 2004 dal
Parlamento italiano, viene celebrata ogni 10 febbraio
8 Panorama
litarismi e nazionalismi che hanno sfigurato l’Europa del Novecento, viene riservata alle questioni delle foibe
e dell’esodo istriano-giuliano dalmata
e molteplici sono i contributi che le illustrano: la scheda sulla foiba di Basovizza, quella sul campo profughi di
Padriciano, con l’intervista a al presidente dell’Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota. Non mancano le testimonianze degli esuli istriano-giuliano-dalmati insediatisi in Trentino,
tra cui i rappresentanti locali dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e
Dalmazia e ancora la scheda sul campo di internamento di Tito sull’isola di
Goli Otok.
Ma le iniziative con cui si vuole
ricordare il 10 febbraio non si sono
esaurite qui. Ce ne sono oramai a centinaia perché questa ricorrenza oggi
grazie ad un’apposita legge fa giustizia a tutto il dolore e alla perdita affettiva, identitaria, materiale che gli esuli giuliano-dalmati hanno subito.
L’Esodo è la ribellione contro le
foibe, i saccheggi, l’imposizione di
una lingua straniera, è la ribellione
contro la perdita della propria identità . L’Esodo è stato un dramma di 350
mila persone che hanno abbandonato case ed averi pur di restare italiani e che in Italia per lunghi anni dopo
l’esodo vivendo nei campi profughi
hanno continuato a vivere. Da Fiume
fuggirono 54 mila su 60 mila abitanti, da Pola 32 mila, da Zara 20 mila su
21 mila, da Capodistria 14 mila su 15
mila. Soltanto l’Esodo degli abitanti di Pola si svolse sotto la protezione inglese con navi italiane. Tutti gli
altri istriani, fiumani e dalmati dovettero abbandonare le loro case e i loro
averi sotto il controllo poliziesco dei
partigiani slavi. Coloro che ottenevano il visto per la partenza potevano
portare in Italia solo 5 kg di indumenti
e 5 mila lire. Dopo lunghe settimane
di attesa e dopo implacabili controlli,
si poteva salire su un convoglio diretto al confine, cioè verso la libertà. Il
viaggio era breve, ma diventava lungo per le continue verifiche dell’OZNA (la famigerata polizia segreta) che
aveva occhi e orecchi, fino a Trieste.
”Nessuno - ha scritto Amleto Ballarini, presidente della Società di Studi
Fiumani di Roma - era mai certo di arrivare alla meta. C’era sempre qualche
infelice, ad ogni viaggio, che doveva
scendere senza fiatare con tutti i suoi
miseri bagagli, stretto da due agenti,
e gli altri, muti, stavano là a guardarlo dai finestrini del treno mentre s’allontanava, curvo come Cristo sotto il
peso della croce”. A moltissimi il visto
venne negato per ragioni politiche, per
vendetta, per odio, per non privarsi di
personale specializzato, ma soprattutto perché ogni partenza era la conferma di una condanna per il nuovo regime. Ebbero inizio le fughe drammatiche, di giorno e di notte, fra le doline
del Carso, attraverso passaggi clandestini noti solo ai contrabbandieri, fughe verso la libertà che spesso si concludevano tante vole con una tragedia: una raffica di mitra, lo scoppio di
una mina o sul filo spinato.
Cosa è cambiato a sei anni dall’istituzione del Giorno del ricordo? Tan-
Il messaggio di Coda
N
el suo comunicato stampa Renzo
Codarin, Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli, rileva: “Con la legge che nel 2004
ha istituito il ‘Il Giorno del Ricordo’ il
10 febbraio, il Parlamento della Repubblica, con l’appoggio delle forze
fondamentali in esso presenti, ha inteso dare un rilievo e un riconoscimento solenne alla nostra biografia collettiva, quella dei giuliani, fiumani e
dalmati di lingua italiana, come capitolo della nostra storia e dell’identità nazionale. Con quell’atto è diventato esplicito per la Nazione italiana
l’invito a riflettere sulle ‘complesse vicende’ - come recita l’articolo primo
della legge, che hanno segnato lungo
tutto il ‘900, e prima, il confine orientale.
Un ricordo e una riflessione che
riguardano, dunque, tutti gli italiani, non solo gli esuli o solo uno schieramento politico: non di una parte
Attualitá
Molto si deve all’istituzione del “Giorno del ricordo”, che ha consentito di portare alla luce, dopo quasi 60 anni
di silenzio, la natura e la portata delle vicende storiche che hanno riguardato gli esuli giuliano-dalmati
to, anche perché il 10 febbraio è entrato nelle scuole di tutt’Italia ed anche le
giovani generazioni vengono informate sulla valenza storica e formativa di
questa ricorrenza.
Da ricordare inoltre che in occasione della Giorno del ricordo 2009, il
CDM e le sezioni provinciali di Trieste
e Gorizia dell’ANVGD avevano commissionato un questionario dal titolo
“Le foibe: percezione e conoscenza”
al quale avevano risposto 1000 persone in tutt’Italia. L’indagine, condot-
ta dall’Istituto di ricerche statistiche
‘Alan Normann’, ha dato un importante riscontro: ha provato che la consapevolezza dell’esodo e delle foibe,
in pochi anni, è consistentemente aumentata nella popolazione italiana. Il
50 p.c. degli intervistati ha infatti affermato di “sapere con sicurezza di
cosa si tratta”. Molto si deve, in questo processo, all’istituzione del Giorno del ricordo, che ha consentito di
portare alla luce, dopo quasi 60 anni
di silenzio, la natura e la portata del-
le vicende storiche che hanno riguardato gli esuli giuliano-dalmati durante
il secolo scorso. Un solo dato, rispetto
alle altre risposte fornite dagli intervistati, sembra essere in disaccordo con
le opinioni generali che evidenziano
una discreta conoscenza dei temi affrontati: quasi il 30 p.c. del campione
ha considerato l’esodo come “una migrazione in cerca di lavoro”. Un risultato che ha fatto riflettere sulla necessità di continuare a promuovere il percorso iniziato nel 2004. ●
rin a nome della Federazione degli esuli
dell’Italia, né una vicenda circoscritta nel tempo e nello spazio legata alla
violenza dell’età dei nazionalismi e
delle guerre europee, ma un atto di
consapevolezza della Nazione italiana su quello che ha significato il ‘900
qui. Riguarda, dunque, la memoria, il
profilo storico e l’identità degli italiani della costa orientale dell’Adriatico:
memoria delle violenze prodotte, con
le forsennate politiche di oppressione
e di espansione, e delle violenze e dei
torti subiti.
Molto si sa ormai sulle foibe, basti
pensare ai lavori di Valdevit, di Pupo
e di Spazzali, e molto si sa sull’esodo
anche se devono continuare il reperimento delle fonti con l’apertura di tutti gli archivi; ma ancora poco si sa e
si è riflettuto sulle politiche che le autorità jugoslave hanno attuato per alterare in modo sistematico i connotati profondi della società istriana, fiumana e dalmata, lungo l’arco di più
decenni e pur nel variare dei regimi
politici.
Ora nel clima politico e civile diverso che l’Europa ci ha aiutato a costruire e consolidare nel tempo, ora
siamo in grado di guardare a tutto
questo passato con una diversa consapevolezza: possiamo guardare senza velleità ma senza fatalistiche rinunce, con serietà agli strumenti culturali - in primo luogo per la scuola - che
oggi sono a disposizione e dagli strumenti giuridici (indennizzi, beni abbandonati) che possono ancora sanare vecchie ingiustizie. Siamo in grado
di fare tutto questo correttamente ed
utilmente per tutti. Il mondo degli esuli ha capito molte cose, ha contribuito
alla costruzione del Paese e dell’Europa ed ha ben chiari le responsabilità
e il senso storico riguardante il ruolo
che gli italiani dell’Istria, Fiume e della Dalmazia oggi possono avere nella
costruzione di una nuova stagione per
l’Adriatico. La nostra esperienza molto può dire sull’Europa del ‘900, con
i suoi nazionalismi e totalitarismi e
molto possono dire all’Europa di oggi,
quella dell’unificazione e dell’integrazione”. ●
Panorama 9
Attualitá
Agromin: valido programma di iniziativa comunitaria Interreg III A Slove
Alla riscoperta di antichi sapori e tradizio
di Diana Pirjavec Rameša
I
l progetto “Agromin” è realizzato
grazie al Programma di iniziativa
Comunitaria Interreg III A Slovenia-Italia 2000-2006 dalle due minoranze presenti sul territorio transfrontaliero. Ha come obiettivo la valorizzazione integrata delle risorse locali
esistenti sui due versanti del confine
attraverso la conoscenza reciproca per
un contributo fattivo alla gestione unitaria del territorio. Un’area, questa,
che in passato è stata caratterizzata da
problemi di comunicazione e da diversità di progettazione ma che ora alla
luce dell’integrazione europea sta vivendo una vera e propria rinascita.
“Con Agromin - spiega Flavio
Forlani, presidente della Comunità
Autogestita della Nazionalità Italiana -, si vuole rafforzare la visibilità
del territorio, favorire la valorizzazione dei prodotti tipici di qualità per
stimolarne la produzione. La cultura e le tradizioni culinarie della popolazione dell’area transfrontaliera,
spesso con aspetti molto simili, rappresentano una ricchezza che va sa-
Altre attività importanti sviluppate intorno al progetto Agromin
sono state le presentazioni ai mass
media dell’area transfrontaliera
delle pietanze tradizionali istriane
e carsiche
10 Panorama
pientemente promossa per riscoprire
le peculiarità di una cucina genuina
semplice ma al tempo stesso variegata. Con questo progetto si è riusciti a
stimolare l’interesse nei confronti di
un territorio che non può essere diviso da confini, ma gestito assieme
con politiche comuni di tutela unitaria dell’area, sia per le risorse agrarie
sia per quelle ittiche”.
La copertina del prezioso volume
“Lungo i sentieri tradizionali alla
riscoperta degli antichi sapori”
pubblicato nell’ambito del progetto Agromin
“La lettura di questa pubblicazione offre una panoramica della realtà
odierna agricola transfrontaliera illustrandone al contempo le interessanti origini storiche, dalle quali si
può evincere che l’agricoltura di entrambe le comunità etniche ha presentato nel corso dei secoli immagini quasi speculari”, scrive nella nota
introduttiva Alojz Debelis, Presidente dell’Associazione Regionale Agricoltori.
Con il progetto “Agromin” si è
voluto individuare e valorizzare congiuntamente alcune risorse del territorio transfrontaliero, con particolare attenzione alle produzioni locali
e tradizionali quali il vino, l’olio di
oliva, il miele i prodotti lattiero caseari, gli insaccati ma anche la frutta
e la verdura. Al contempo si è inteso promuovere le pietanze e le abitudini culinarie istriane e carsiche. Il
volume che accompagna il progetto è
una guida ai prodotti del territorio, un
percorso tra i produttori agricoli e del
settore alimentare.
Il progetto ha visto oltre alla realizzazione del volume anche la pubblicazione di un dizionario bilingue
italiano-sloveno della terminologia
tecnica legata al settore agricolo e di
dépliant informativi plurilingui sulla
viticoltura, sull’olivicultura, sull’apicultura, sulle carni e sui formaggi.
Inoltre è stato sistema presso il comune di San Dorligo della Valle - Dolina, un centro informativo destinato
all’allestimento di mostre, assaggi
guidati dei prodotti tipici e all’organizzazione di attività di informazione
e formazione degli operatori del settore. Nel corso del progetto sono state organizzate inoltre alcune fiere per
il grande pubblico sia in Slovenia sia
in Italia.
Altre attività importanti sviluppate intorno al progetto “Agromin”
sono state le presentazioni ai mass
media dell’area transfrontaliera delle pietanze tradizionali istriane e
carsiche. Si è voluto riproporre in
tal modo i piatti tipici che venivano
preparati in occasione di ricorrenze
Attualitá
nia-Italia / 2000-2006
Riflessioni in cornice
ni dimenticate
Spunti di non-cultura
di Luca Dessardo
P
La cultura e le tradizioni culinarie della popolazione dell’area
transfrontaliera, spesso con aspetti molto simili, rappresentano una
ricchezza che va sapientemente
promossa per riscoprire le peculiarità di una cucina genuina semplice ma al tempo stesso variegata
ed eventi legati alla tradizione popolare e quelli semplici ma ricchi di
sapori, cucinati con i prodotti che le
diverse stagioni offrivano. Nell’ambito sono stati organizzati seminari
e corsi guidati da noti sommelier ed
esperti nel vari settori dell’industria
agricola.
Gli obiettivi che questo progetto persegue sono la valorizzazione
delle risorse delle due Comunità Nazionali per quanto riguarda il settore
primario, la realizzazione di un’unica offerta transfrontaliera di prodotti
tipici ed il rafforzamento della collaborazione tra le due minoranze.
La realizzazione del volume
Agromin: Lungo i sentieri tradizionali alla riscoperta degli antichi
sapori è stato pubblicato dalla Comunità Autogestita Costiera della
Nazionalità Italiana la quale in questo progetto si avvale della collaborazione di numerosi partner tra cui
l’Associazione Regionale Agricoltori di Trieste. ●
er riassumere la riflessione di due
settimane fa si può dire che idealmente la generazione post ’89 non
ha una percezione netta di confine, libera com’è di muoversi entro l’intero
mondo occidentale, omogeneizzato
da usi e costumi. Una mobilità anche
virtuale, resa possibile dalla diffusione globale dei mezzi di comunicazione. Una capacità “multi-culti” di
spaziare non indifferente insomma.
Qual è però il prezzo da pagare? La
cultura stessa. Intuisce giusto Alessandro Baricco quando parla di una
generazione di barbari. Veloci, mobili e soprattutto superficiali. Semplicemente non c’è più tempo per andare approfondire qualcosa, e così anche la cultura diventa fast food, da
consumarsi in pillole, come gli aforismi dei Baci Perugina o le massime
confuciane dei dolcetti nei ristoranti cinesi. A proposito fa bene Francesco Guccini a cantare che le religioni orientali “da noi nascondono solo
vuoti di pensiero”. La cultura occidentale di oggi, la cultura dei nuovi
barbari, è insomma una non-cultura.
Non potrebbe essere diversamente
per un barbaro, termine che rimanda a qualcuno che non parla bene la
lingua, ovvero che non ha una presa
salda sulla cultura. Tornando a noi,
non è forse emblematico il caso delle
nuove generazioni della minoranza,
che crescono non imparando bene né
l’italiano né il croato o lo sloveno?
Bollati in Croazia o Slovenia come
italiani e poi in Italia come slavi, si
cresce indifferenti. Oppure si cresce
tentando di conformarsi alla cultura
egemone, quella stessa cultura che
ha dimostrato in passato di non essere capace di sopportare differenze.
Oggi però è diverso, appunto perché
la cultura egemone è una non-cultura, e lo si nota ad esempio nel fatto
che gli stessi giovani “etnicamente
puri” hanno sostituito la lingua degli sms alla lingua della letteratura.
Per non parlare della storia, sostituita in un certo senso dall’eterno pre-
sente della televisione e internet. Su
questi barbari non grava insomma,
il peso di una cultura forte, sostituito dalla leggerezza, direi insostenibile, della non-cultura. In condizioni
simili non potrà mai esistere un’Europa dei popoli, tantomeno un’Europa delle minoranze. Senza confini, si
tratterebbe di una contraddizione in
termini: non ha senso una minoranza che è tale di fronte ad altre minoranze. Paradossalmente, è proprio
l’idea di tutelare ciascuna di queste minoranze che è all’origine della non-cultura. Per identificarsi una
cultura ha sempre bisogno di avere
presente un altro da sé, un qualcosa
che la definisca per negazione, ed in
un mondo di minoranze, il conflitto
sarebbe costantemente acceso. Non
avere una cultura di riferimento evita
questo conflitto. Purtroppo il prezzo
da pagare è alquanto alto. Lo spiega
bene il romanzo “Fahrenheit 451” di
Bradbury: per non offendere nessuno
si è semplicemente scelto di non dire
niente di rilevante, e tutto è diventato
un “Up, Down, In, Out, Why, How,
Who, What, Where, Eh? Uh! Bang!
Smack! Wallop, Bing, Bong, Boom!”
Idealmente la non-cultura non dovrebbe essere il vero problema, in
quanto fluida per definizione. Purtroppo si sta irrigidendo per mancanza di movimenti sotto la superficie, isolando sottovuoto in un asettico contenitore i numerosi frammenti
di cui è composta, facendoli morire
asfissiati. Rispetto alla svolta distopica ipotizzata da Bradbury, siamo ancora in tempo per scegliere la strada dell’interazione tra culture, piuttosto che quella della completa sterilizzazione. Abbiamo però paura che
aprendo il contenitore scopriremo un
vaso di Pandora, con tutta la violenza che potrebbe scaturirne. Tuttavia,
una violenza simile è già in atto. Uno
scontro tra Oriente ed Occidente, che
per la prima volta nella nostra eurocentrica storia vede l’Oriente nelle
veci di tutore della cultura forte. Non
sarà certamente un rigido vuoto di
pensiero a stabilizzare il conflitto.●
Panorama 11
Italia
Passa alla Camera la legge sul «legittimo impedimento»: la maggioranza esulta, l’o
Per il sereno svolgimento delle funzio
a cura di Bruno Bontempo
I
n soli due giorni la maggioranza
ha incassato il sì della Camera al
legittimo impedimento, la legge
che permetterà a premier e ministri di
evitare i processi penali che li vedono
imputati (non quelli in cui sono parte offesa) per 18 mesi, nei quali Pdl
e Lega contano di approvare un Lodo
Alfano bis con legge costituzionale. A
suon di cartelli, urla e contestazioni il
testo ha passato lo scoglio della Camera con 316 voti a favore, 239 contrari e 40 astensioni. La maggioranza,
esulta: “è un tassello per lo Stato di
diritto”.
A Montecitorio il centrodestra ha
offerto una prova di compattezza anche grazie all’assenza quasi totale
di voti segreti. Nell’unica votazione
a scrutinio segreto, tuttavia, lo scarto con l’opposizione si è ridotto a 14
voti (e c’è chi conta in quattro i franchi tiratori della maggioranza): meno
della metà rispetto a quelli registrati
su tutti gli emendamenti a voto palese. Merito anche dei buttadentro:
come il vicepresidente del Pdl, Simone Baldelli, che ha passato la giornata a recuperare colleghi di gruppo
dalla buvette, dal cortile e dal Transatlantico. E l’Udc, che alla fine si è
astenuta, non è stata determinante,
come ha fatto notare Umberto Bossi.
Pd e Idv hanno rinnovato le loro critiche ad un provvedimento che bollano come incostituzionale e ad personam. E i dipietristi hanno manifestato fino all’ultimo, esponendo dopo il
voto finale cartelli con scritte del tipo
“legittimo impedimento, legittima
impunità” o “la casta esulta, l’Italia
affonda”. È scoppiata la bagarre, con
il Pdl che urlava “Vergogna”, lanciava palle di carta verso sinistra ed attaccava Antonio Di Pietro, contro cui
è stato urlato più volte “Contrada!” e
“Borsellino”, rievocando la foto, recentemente pubblicate, che lo ritraeva con l’ex funzionario del Sisde pochi giorni prima che venisse arrestato
per mafia. Nel dibattito le forze politiche non si sono risparmiate colpi.
Negli altri Paesi immunità limitata all’attività politica
I
n Francia non esiste alcuna protezione per i ministri.
La Costituzione prevede, nell’articolo 26, che un parlamentare non è responsabile “per opinioni o voti espressi nell’esercizio delle sue funzioni”, non per reati comuni
come sono quelli per i quali è accusato Berlusconi. Anche
per i “reati di opinione” gli eletti non sono coperti dall’immunità se al di fuori delle istituzioni commettono illeciti,
se per esempio diffamano un collega in un articolo su un
giornale o fanno dichiarazioni illecite in riunioni private
o pubbliche. Restano fuori dall’immunità anche atti compiuti per incarico del Governo. Non è necessaria alcuna
autorizzazione della Camera per l’esercizio dell’azione
penale ma l’assemblea può sospenderla, come per l’arresto, per la sessione in corso. Insomma, i ministri possono
essere indagati in qualsiasi momento, presidente del consiglio compreso. Solo il presidente della Repubblica è totalmente irresponsabile, anche se sono allo studio modifiche per questa tutela.
In Spagna i parlamentari sono perseguibili per i loro
reati senza alcuna limitazione, ma sottoposti all’autorizzazione del Parlamento. In trent’anni non si ha notizia di un
solo rifiuto. In un solo caso un parlamentare, si dice prima
12 Panorama
di essere eletto, è stato “salvato” dall’accusa di aver diffuso durante il suo precedente lavoro una fotografia sbagliata, non quella di un latitante bensì quella del fratello.
I ministri non godono di alcuna tutela, ma per loro è responsabile del giudizio non la magistratura ordinaria ma
la Corte suprema.
In Germania i parlamentari godono dell’immunità solo
per quello che fanno nella loro veste di deputati. Come in
Italia non possono essere arrestati senza l’autorizzazione
della Camera di appartenenza. Stesso trattamento per il
Cancelliere e per i ministri. Nessuno è immune per atti
estranei all’attività di Governo. Nel caso del Presidente
della Repubblica è perseguibile in giudizio solo per violazione premeditata della Costituzione.
Negli Usa è prevista, come in Francia e Germania, l’immunità solo per l’attività politica dei parlamentari. Senatori e deputati possono essere arrestati senza autorizzazione
per “alto tradimento, reato grave e violazione dell’ordine
pubblico”, nel caso di altri reati sono perseguiti dai comitati etici della Camera dei rappresentanti e del Senato. La
Costituzione americana non prevede alcuna immunità per
il presidente e gli altri membri del Governo. ●
Italia
opposizione grida «Vergogna»
Delirio di onnipotenza
effetto... stupefacente
ni di Governo
Pierluigi Bersani ha lanciato un
appello: “Fermate questa corsa dissennata che oggi è il primo passo, una
scialuppa in attesa del bastimento
della legge costituzionale e altrimenti del barcone del processo breve”.
“Tante norme non semplici, ma la
gente capisce una cosa semplice: c’è
di mezzo Berlusconi, un premier che
non vuole farsi giudicare e tiene ferma l’Italia su questo punto in una folle guerra tra politica e giustizia”, ha
detto tutto d’un fiato il segretario del
Pd, chiedendo “un dibattito in diretta
tv sui problemi degli italiani”. Durissimo Di Pietro: “Diciamo no a questa
legge porcata che umilia le Istituzioni, offende il Parlamento e il Paese e
ha un unico mandante: il signor presidente Berlusconi, che il Paese farebbe bene a mandare a casa quanto prima”, ha detto più volte interrotto dai
banchi della maggioranza.
”Berlusconi non si sottrarrà alla
giustizia né sottrarrà tempo al Governo - ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano -. Il presidente vorrebbe andare in tribunale sempre ma quello è un luogo dove si studiano i processi e dove ci si difende
dalle accuse studiando le carte. Lui
avrebbe studiato i faldoni e sottratto tempo al governo. Ecco dunque il
perché di un provvedimento che interrompe i processi del premier. Ma
Berlusconi non si sottrarrà ai processi: quando avrà finito di governare si
farà processare”.
Il provvedimento è stato trasmesso al Senato per la sanzione definitiva. Sarà la ciliegina sull’indecorosa
torta? Non è detto. Spetta a Napolitano promulgare la legge, ma gli uffici
del Quirinale non hanno sciolto, né
scioglieranno sino al voto del Senato, alcuni dubbi: manifesta potrebbe
apparire la deroga al normale esercizio della funzione giurisdizionale. E
poi la torta potrebbe essere considerata indigeribile dalla Corte costituzionale, una volta che un giudice ritenesse “non manifestamente infondata” l’obiezione di un pm o di un
legale circa la legittimità di questo
provvedimento. ●
F
arsi del male perdendo il lume
della ragione, come si dice banalmente. La meraviglia è nella
semplice domanda: “dov’è finita la loro intelligenza?” se lo chiede Wanda Montanelli. E prosegue:
trattandosi di persone pubbliche ci
si aspetta che facciano funzionare
la materia grigia del proprio cervello. L’uso dell’intelligenza per
non danneggiare se stessi è il minimo che si possa aspettare da chi ha
dimostrato di non essere un fesso,
riuscendo a ottenere dalla vita ruoli
di prestigio che milioni di persone
non osano nemmeno sognare. Invece la delusione è tutta nell’accorgersi che mancano, in taluni baciati dalla sorte come Marrazzo, Morgan, Lapo Elkann, il senso pratico, l’autodifesa, il freno inibitorio
che gli impedisce di far danno a se
stessi. Non pretendiamo allora che
si debbano preoccupare degli altri,
dell’impatto collettivo delle loro
dichiarazioni, del danno alla gente, alle persone, ai ragazzi che potrebbero prendere da loro esempio.
Perché Morgan fa un brutto giorno
la dichiarazione che usa la cocaina
come antidepressivo? Cos’è che lo
fa straparlare? Voglia di espiazione? Masochismo?
Non si aspettava evidentemente,
Morgan, che fosse immediatamente cancellata la sua partecipazione
a Sanremo a cui teneva moltissimo
(salvo poi affermare di non volervi più partecipare una volta resosi
conto dell’impossibilità di far cambiare idea ai vertici RAI). Credeva
di vivere in un mondo in cui tutto è meno importante di se stessi e
della propria onnipotente esistenza. Era forse entrato in una specie
di delirio che fa smarrire le coordinate d’orientamento con la possibilità di restare privo dei vantaggi
di una vita fortunata, in un mondo
che non è - secondo loro - uguale a quello dei comuni mortali, con
le loro miserie e i loro pericoli. Un
mondo speciale in cui nessuno può
rompere l’equilibrio e l’onnipoten-
Morgan alla presentazione del libro “In pArte Morgan” (2009)
za degli uomini che ne fanno parte.
Vogliamo dirlo che la cocaina conduce a psicosi e deliri, che è causa di ictus, dolori, convulsioni, forti emicranie, nausea, complicazioni cardiovascolari, respiratori e gastrointestinali? Vogliamo dirlo che
la cocaina dà dipendenza né più né
meno delle altre droghe?
Marco Castoldi, in arte Morgan,
ha cercato di sminuire il danno affermando cose diverse da quelle
dell’intervista. Dopo un periodo,
magari un anno “sabbatico” di riflessione, potrebbe riconquistare
le opportunità che ha perso. Magari andando al prossimo Sanremo
2011, come persona più matura e
“autentica”. È augurabile perciò un
credibile percorso di recupero e riparazione. Verso se stesso e verso
tutti gli altri che sono disorientati
dall’assenza di spessore morale di
tanti, troppi, personaggi pubblici.
Dovrebbero dirlo forte in tanti opinion leader che non è vero
che chi usa la “famosa” polverina
diviene a sua volta famoso, oggetto di ammirazione e di invidia da
parte di chi è escluso da quel mondo dorato-dopato. Dirlo, ripeterlo e
scriverlo, una volta tornati a camminare con i piedi ben poggiati a
terra. ●
Panorama 13
Echi del passato
L’arte farmaceutica a Zara in una ricerca di Zvonka Maria Zerial Detoni
Speziale: valente e diligente
a cura di Giacomo Scotti
L
a Comunità degli Italiani di Zara è l’editrice di un libro, già tesi di
laurea in tecnica farmaceutica, che si inserisce direttamente nella
storia dell’antica capitale della Dalmazia, la città che più a lungo
è rimasta il focolare della cultura italo-veneta in quella regione. L’autrice
è la prof.essa Zvonka Maria Zerial Detoni, il titolo del libro Arte farmaceutica a Zara (sec. XIV-XIX). Insieme al testo originale italiano, l’opuscolo comprende la traduzione croata (dovuta al prof. Velimir Žigo). Ne
è venuta una pubblicazione di poco più di cento pagine, esile sì, ma interessante.
Il merito principale dell’autrice sta nell’aver portato alla luce una trentina di documenti che vanno dal luglio 1623 fino all’ottobre 1795; testi
che formano il contenuto principale dell’opuscolo. L’autrice si limita a
farli precedere da una breve introduzione, da una ricostruzione storica altrettanto concisa e da una presentazione dei documenti, nella quale se ne
sintetizzano i contenuti: il tutto in dieci pagine. Può sembrare poco, ma la
curiosità che l’argomento e i documenti suscitano è grande.
Per inciso ci sembra inesatta la parte del titolo messa tra parentesi:
di farmacie a Zara nei secoli XIV e XV non c’è neppure l’ombra. Sembra che la prima fosse attiva nel 1561 in calle S. Domenico, all’insegna
dell’Angelo, e il proprietario fosse un Bianchi. Un suo discendente, Carlo Domenico Bianchi, dopo aver speso una vita intera ad applicare l’arte
dell’aromatario come i suoi predecessori senza avere la prescritta licenza, ottenne nel 1777 senza esame, ma per testimonianza del protomedico,
una specie di laurea ad honorem, ovvero il “Privilegio di Approvazione
da parte del Collegio degli Speziali Medici di Venezia”.
Ma prima di continuare con le farmacie di Zara, annotiamo che l’autrice della ricerca è una triestina, cittadina italiana di lingua slovena. La
ricerca, che le valse la laurea in farmacia all’Università di Trieste, risale a
trentacinque anni addietro, per l’esattezza al 1971-72. Zvonka Maria Zerial Detoni si dice “innamorata della bellissima Zara” e la considera sua
patria di adozione. Anche perché è la città natale di suo marito, Sereno
Detoni.
La storia delle farmacie di Zara è
un piccolo tassello nella storia generale della Dalmazia, ma è anche la storia di alcune generazioni, vere e proprie dinastie di farmacisti, che operarono nel capoluogo dalmata all’epoca
della Serenissima negli ultimi due secoli del suo dominio. Le farmacie che
operarono dopo, nella breve parentesi napoleonica, sotto l’impero asburgico e nei poco più di venti anni del
Regno d’Italia, non sono che la continuazione dell’epoca veneziana.
Agli inizi del 1600 le farmacie
erano due; passarono a tre alla fine
di quel secolo, poi a quattro verso
la metà dell’Ottocento, infine a sette
fino al 1943, anno nel quale cominciò
la serie dei micidiali bombardamenti
alleati su Zara che portarono alla quasi totale distruzione della città.
Il primo documento del 1623 riguarda una disputa sulle forniture di
farmaci alle truppe venete fra due spezierie: una all’insegna della Fortuna
del cui proprietario non si sa il nome,
e l’altra all’insegna della Testa d’Oro,
questa gestita da Anzolo Querini che
è anche speziale dell’Ospedale delle Milizie Italiane, Croate e Albanesi
di Barc’Armate. Il Provveditore Generale Francesco Molin dà ragione al
Liber de Simplicibus: l’autore praticava a Zara
T
rattando di farmacopea e affini, va ricordato che
alcuni secoli prima, negli anni 1449-1453, fu medico a Zara Nicolò Roccabonella di Conegliano, autore del Liber de Simplicibus, il celeberrimo erbario
della Biblioteca marciana ben noto in particolare per
la bellezza delle figurazioni naturalistiche. Il poderoso
tomo botanico è composto da 540 tavole in cui si coniugano sapere universitario e resa artistica. Vi si fissano infatti quelle forme che, superati i repertori medievali, diventeranno imperanti negli erbari dei secoli
successivi. L’opera, elaborata per quarant’anni, in parte con la collaborazione dello speziale tedesco Johann
Rainhardt, riporta fra l’altro il nome di ogni pianta officinale in arabo, greco, latino, croato medievale e talvolta in tedesco. Il fatto che dal croato siano riportati
358 denominazioni, in prevalenza dialettali e in eca-
14 Panorama
vo, gli fa anticipare di un secolo e mezzo quell’opera “letteraria” consimile che è il dizionario di Fausto
Veranzio. Il termine “simplicibus” fa capo alla denominazione latina medievale medicamentum simplex in
quanto estratto dalle erbe. ●
Echi del passato
L’area di Zara e Sebenico nel 1579 in una cartina di Abraham Ortelius
Querini. Trenta anni dopo, nel 1652, il
Querini sarà riconfermato nella carica
di aromatario dell’Ospedale delle Milizie di Zara, dove troviamo anche lo
speziale Francesco Armandi.
Un documento del 1646 si riferisce invece alla nomina a speziale dell’Ospedale de’ Condannati di
Francesco Oseladori che succede al
defunto Giacomo de’ Nobili. Il nome
dell’Oseladori ritorna nel 1647 in un
documento del Provveditore Generale
Leonardo Foscolo per le cure prestate
dallo speziale a soldati feriti ed ammalati “nelle imprese di Zemonico,
Vrana ed altri lochi”, e nel 1649, anno
in cui l’Oseladori muore e gli succede nella carica di speziale all’Ospedale de’ Condannati il “valente, fedele e
diligente speziale e cittadino di Zara
Messer Francesco Matio”.
Nel 1664 ci imbattiamo invece in
una Bottega Tommasei amministra-
L’obbligazione di un farmacista
stesa nel 1388 dal notaio zaratino
definito nel testo originale come
Raymundus de Modiis
ta da Pietro Castelli che fornisce medicinali all’Ospedale delle Milizie di
Spalato, la cui spezieria è a sua volta amministrata da Francesco Maria
Ugolino. All’epoca Provveditore Generale della Dalmazia era Girolamo
Contarini.
Nel 1676 il Provv. Gen. Girolamo Grimani affida allo speziale Giovan battista Paulutti in Sebenico l’incarico di provvedere di medicamenti l’Ospedale delle Milizie di quella
città. Sei anni dopo (1682) il nuovo
Provveditore Generale in Dalmazia
ed Albania Girolamo Corner affida
allo speziale Domenico Feltrini, succeduto a Felice Longo nella carica di
Un’immagine medico-farmaceutica del XV secolo riportata con molta bravura su un
capitello del Palazzo dei Rettori di Ragusa, piuttosto rara
anche a livello mondiale. Sulla destra un paziente offre dei
doni a un medico. A sinistra,
circondato da contenitori di
“materia prima”, un farmacista studia il libro che tiene sui
ginocchi. Ai suoi piedi, il focolare e una ritorna, strumento
indispensabile per i processi
di distillazione
speziale delle Milizie di Zara, il titolo e l’incarico di speziale dell’Ospedale delle Milizie Oltremontane, Italiane e Oltramarine. Nel 1688, in un
documento del medesimo, Provveditore, ricompare il nome dello speziale
delle Milizie di Zara Francesco Oseladori per medicamenti forniti a detenuti della Provincia.
L’anno successivo, invece, il nuovo Provveditore Alessandro Molin accerta l’ottima efficienza della
farmacia all’insegna della Fortuna,
all’epoca gestita da Antonio Cattinelli per cui gli concede di continuare
a fornire di medicine sia l’Ospedale
delle Milizie che quello dei Condannati della città di Zara. Ambedue gli
incarichi gli vengono confermati nel
1696 dal Provveditore Daniele Dolfin che l’anno precedente, settembre
1695, ha concesso la gestione di una
farmacia in località Ciclut (quasi certamente si tratta di Čitluk, tra Spalato e Sinj) allo speziale Zuanne Dalle
Ale offertosi volontariamente di stabilirsi in quella piazzaforte veneziana
per fornire medicinali alla popolazione e alle Milizie della Piazza.
Panorama 15
Echi del passato
Il nome di Zuanne Dalle Ale riappare storpiato in “Dall’Alli” in un
documento della fine di marzo 1701,
quando egli cede a Giacomo Pedozzi
l’esercizio della “speciaria di Narenta” che continuerà a fornire il Pubblico Ospedale di quella località e di Sebenico. A questo documento, firmato
dal Provveditore Alvise Mocenigo,
fa seguito un altro suo ordine datato Spalato, senza data ma risalente al
1717-1720, con il quale Zuanne Bernardi, “persona d’abilità, esperienza
e puntualità”, viene eletto speziale di
Campo alla vigilia di una campagna
militare: gli vengono dati “in consegna tutti i pubblici medicamenti per
esser questi distribuiti a misura del
bisogno in campo”.
Dai successivi documenti si apprende, poi, che nel 1737 lo speziale Zuanne Bianchi, vincitore di una
gara di appalto a pubblico farmacista degli ospedali della Provincia di
Zara, succede nell’incarico a Sebastiano Fontana. Il Bianchi dovrà fornire medicamenti “di perfetta qualità con tutta proprietà e netizia, insieme a stoppa, bombace, carta sugara
e oggetti di cancelleria”; al Bianchi
si riconosce, nel 1741, “prontezza e
carità” nel servizio pubblico e gli si
concede di trasferire i medicamenti
giacenti presso l’Ospedale nella sua
bottega, su garanzia del protomedico
Orazio Pinelli.
Un’altra ordinanza del 1741 stabilisce che i prezzi dei medicinali in
Zara devono essere uniformi a quelli stabiliti a Venezia, applicando su di
essi le usuali tasse. Del 1743 è l’istruzione di un censimento dei praticanti
le arti della fisica, chirurgia e farmacopea onde reprimere gli abusi. Nel
1745 il Provveditore Generale Giacomo Boldù nomina Francesco Nigro
speziale di Pago per un biennio.
Nell’ottobre del 1759 il Provveditore Francesco Diedo firma una serie
di capitoli relativi alla tutela della salute dei sudditi. Uno di essi, il XX,
dà mandato ai Medici Pubblici di visitare trimestralmente le spezierie per
Un ricetta scritta nella prima
metà del XVIII secolo
Ordinanza militare è anche quella dell’agosto 1726, firmata dal Provveditore Generale Pietro Vendramin,
con la quale si impone a chi di dovere, di non trascurare la somministrazione d’ogni genere di medicinali ai soldati ricoverati negli Ospedali.
Il medesimo Provveditore firma pure
un documento del marzo 1729 con il
quale ordina al protomedico di Zara
dottor Donato Coltelli di proseguire nelle visite ispettive nell’ospedale, ma anche delle spezierie, in particolare quella interna all’Ospedale di
Zara, accertandosi “che non si diano
agli infermi se non medicamenti della
più perfetta qualità”.
16 Panorama
L’armamentario dello speziale
rilevare eventuali carenze che vanno
inesorabilmente denunciate. Il proclama fu reso “universalmente noto”
a stampa ai Rappresentanti tutti delle Provincie, “alli Colonnelli, Direttori dei Distaccamenti, Governatori,
Sardari, Karambassà, ed ai Parrocchi
delle Ville, perché tradotto da questi
Vaso con Ippocrate, XVI secolo
nell’Idioma Illirico, resti esposto in
Tabella a vista comune, affisso nelle
Chiese per essere ogni mese repubblicato, e così nelle Città e Fortezze”.
Le medesime istruzioni saranno ripetute in un proclama del Provveditore Anzolo Memo del 1786, nel quali
gli speziali sono richiamati al dovere di “tener fornite le loro Spezierie
dei medicamenti necessari ad uso di
queste Provincie, e... che siano di tutta perfezione”. Un proclama del 1790
richiede l’elenco delle spezierie medicinali di Zara e distretto con i nominativi dei loro esercenti.
Del 1795 sono due i proclami.
Uno è rivolto ai medici, chirurghi e
speziali con l’ordine dell’”immancabile esecuzione” di una serie di capitoli sulla salute pubblica, “il tutto a
giusto freno dei trasgressori, ed a tutela e conforto dei buoni”. Il secondo ordina la presentazione, da parte
di medici fisici, chirurghi e speziali di
Conventi, Monasteri e Comunità religiose di documenti legali attestanti
la facoltà di esercitare la loro arte. Si
voleva metter fine a “disordini e abusi”. Sempre nel 1795 il Provveditore
Andrea Querini pone l’accento, in un
suo proclama, sull’estrema delicatezza del servizio farmaceutico, ricorda
l’obbligo delle visite ispettive eccetera, sempre per il “bene dei prediletti Sudditi”. Due anni dopo per Zara e
l’intera Dalmazia, caduta la Serenissima Repubblica, comincerà una storia nuova, ma la cultura seminata dalla Serenissima non sarà mai cancellata. E qualche farmacia della sua epoca, sia pure sotto altro nome, resiste
ancora a Zara. ●
Echi del passato
Agiatezza e prestigio, ma anche rigidi controlli
M
edico e farmacista, oggi due
professioni ben definite. Ma
fu un processo che si protrasse per
diverse centinaia d’anni. Tenacemente volto all’autonomia, in particolare dal XIV al XVII secolo,
in Italia - e, da notare, in Sicilia in
particolare - lo speziale si era ritrovato a godere di posizioni di prestigio. La sua era una professione
particolarmente remunerativa. Un
detto voleva emblematicamente
”vecchio il medico, giovane il barbiere e il chirurgo, ricco lo speziale”. A Palermo, Giovanni Aloisio Garillo, nominato speziale nel
1543, era divenuto tanto ricco e
potente che la strada era chiamata
“strada di Garillo”.
Ma era anche professione di difficile accesso: a Venezia gli Ordini
e Capitoli del 1505 distinguevano
gli speziali che facevano “speciaria
medicinale” da quelli che non la facevano (vale a dire i farmacisti dai
droghieri), specificando quello che
uni e altri dovevano tenere in bottega.
Fu ancora in Sicilia, ovvero grazie a Federico II, che nella prima
metà del XIII secolo uscì il primo
Codice di Medicina e Farmacia con
cui si proibiva ai medici di contrarre
società con gli speziali e di possedere una propria spezieria. Proibizione
ribadita nel 1564: il medico non poteva essere proprietario di una bottega aromatariorum, nè esercitare al
contempo l’attività di medico e di
speziale. Nell’isola vigevano pure
le norme più rigide per l’esercizio:
nelle città e terre in cui fossero presenti più di due speziali, ogni anno,
in agosto, venisse eletto da medici,
giurati e speziali, un caput magister
per controllare l’attività dei colleghi visitando le farmacie e appurato la qualità delle medicine buttando o bruciando quelle cattive o contraffatte. Particolare cura si prestava
alla qualità dei preparati: due volte
l’anno, in marzo e settembre (dopo
l’inverno e dopo l’estate) il console eletto dagli speziali, insieme con
un medico christiano approbato,
avrebbe dovuto analizzare con molta diligenza le specialità presenti.
A sua volta ogni speziale avrebbe dovuto tenere un quaderno in cui
annotare omnes medicinas compositas conservate nella bottega. Tali
visite erano destinate a provocare le
lamentazioni di molti speziali “convinti” che sarebbero state sufficienti visite solo ogni tre anni. I capitula del 1407 e del 1429 ribadiva-
Un’immagine dal “Codice di Medicina e Farmacia” di Federico II
Federico II
no comunque il divieto fridericiano
agli speziali di unirsi in società con
i medici, pena la perdita dell’ufficio e dei beni esistenti in speciaria.
Nessun medico avrebbe potuto ricevere provvigioni o salari, directe vel
indirecte, da uno speziale e non era
autorizzato a vendere o preparare
semplici e composti, pena una multa. Si poneva un freno anche all’eccessivo guadagno degli speziali prevedendo per una medicina semplice
non oltre il doppio del prezzo d’acquisto. Per le medicine composte
si proponeva una vigilanza serrata
sulle farmacie e sui farmaci: oltre
a prepararli a proprie spese gli speziali dovevano mantenere fede al
giuramento di averli preparati sine
fraude.
Da notare che al protomedico
dovevano sottostare non solo gli
aromatari che vendevano nelle botteghe ma anche quanti, girando per
il Regno con il loro armamentario di
sporte, cassette e stacci, sedendo in
sedili pubblici o nei mercati, smerciavano semplici e composti, purganti e sostanze velenose. Lo stesso valeva per gli erboristi, sia raccoglitori e venditori, sia distillatori
e compositori di qualsiasi medicinale, ma anche, infine, venditori di saponi e profumi, miele e zucchero e
confettieri. ●
Panorama 17
Societá
A conti fatti, la fuga delle donne dalla cucina è stata davvero un’azi
In pentola e nel dialetto le tracce
di Marino Vocci
M
i ha fatto particolarmente piacere leggere recentemente su uno dei maggiori
quotidiani italiani, il “Corriere della
sera”, un articolo con un titolo solo in
apparenza leggero “Neofemministe,
ritorno in cucina” e poi condividere
a Trieste la presentazione del bellissimo libro “Mestolino cuoco bambino”.
Credo che solo in apparenza questo può essere considerato un tema
leggero, perché al di là delle valutazioni di tipo politico, culturale e sociale, quello della cucina è, oltre che
un qualcosa di certamente gustoso,
moltissimo altro ancora. Perché la
cucina, ma forse sarebbe meglio dire
la cultura e civiltà della tavola, non
è solo un piacere-diritto alimentare
che ci accompagna comunque lungo tutto l’arco della nostra vita e che
incide nel bene e nel male sulla nostra salute e quindi sulla qualità della
nostra vita, ma è convivialità, identità e trasmissione della memoria attraverso le generazioni. Dai nonni e
dai genitori, ai figli. Chi di noi non
ricorda con piacere e magari a volte con rimpianto ad esempio il brodo,
la carne lessa e le patate in tecia dei
pranzi della domenica della mamma,
il profumatissimo pane appena sfornato della nonna, l’ombolo giravolta
e le luganighe na kiselo dello zio, la
sempre eccezionale minestra de fomenton pilà, ma anche la semplice
18 Panorama
fritaia preparata in mille modi, particolarmente buona se era però dei...
vicini di casa.
In queste nostre terre di confine
spesso pesantemente segnate da memorie divise e contrapposte, la cucina
è stata poi, grazie ai piatti del... buon
ricordo, un concreto esempio di una
memoria positiva; ma anche la testimonianza che le diversità sono delle
ricchezze da conservare gustosamente e gelosamente. Perché nelle pentole così come nei dialetti possiamo
trovare ancora oggi importanti tracce del nostro passato. Un patrimonio
importante che ci parla della nostra
storia e delle nostre radici e quindi da
conservare e trasmettere in particolare alle future generazioni.
Torniamo al presunto neofemminismo di oggi, per ricordare innanzitutto che la cucina è stato il luogo in
cui le donne erano state confinate per
secoli, e dal quale negli anni Sessanta e Settanta c’è stata una fuga generalizzata; ma è stata proprio una fuga
davvero liberatoria?? Non lo so, a
questa domanda non so proprio cosa
rispondere, anche se ricordo benissimo come quelli erano anni in cui in
certi ambienti per molte donne cucinare era diventato un peso. Questo
forse e anche perché spesso significava sottomissione, sfruttamento
ed emarginazione, e non certamente
una scelta voluta o accettata. Alcuni di noi ricorderanno come il mondo maschile (ma non solo!) in modo
certamente contraddittorio, furbesco
e tutt’altro che disinteressato, “concedeva” alle donne il ruolo di angelo del focolare. Il posto delle donne
era quindi, oltre che fare e educare i
figli, in cucina. A volte per loro il destino era ancora peggiore. Ricordo
con sgomento quanto mi raccontavano i miei genitori, e cioè di come in
molte famiglie della nostra Istria fino
agli anni Quaranta del secolo scorso i maschi abitualmente mangiava-
Societá
one liberatoria?
del passato
no da soli in cucina mentre la moglie
ed i numerosissimi figli lo facevano
nel tinello e/o potevano avvicinarsi
alla tavola del “padre-padrone” solo
quando il maschio aveva finito. Forse proprio grazie al racconto di queste
storie e all’amore che ho sempre avuto per i più deboli che è nata in me la
voglia e i desiderio di stare in cucina.
Confessare non solo l’attrazione (non
proprio fatale!?) per la buona tavola,
ma anche un vero e proprio amore e
un grande piacere cucinare qualcosa
per l’altro, e forse in tutto ciò sono
stato anche una vittima - ma consapevole e volontaria s’intende! - del femminismo degli anni Settanta.
Se ieri la donna doveva dedicarsi
quasi esclusivamente alla casa, purtroppo sembra che, anche se in modo
diverso, la storia si ripete anche oggi.
Questo, dicono alcuni opinionisti, in
particolare a causa della grave e difficile crisi economica, del mondo di
oggi. Dove a causa delle sempre più
difficili prospettive occupazionali che
interessano in particolare i soggetti
più deboli della nostra società, proprio i giovani e le donne, il diritto al
lavoro sia di nuovo una cosa soprattutto per e da uomini.
Ora a differenza degli anni Settanta sembra che molte donne abbiano
deciso di non rinunciare più a cucinare per i propri mariti, compagni e
amici, i figli. La parte femminile che
c’è in me è d’accordo, anche se condivido quanto giustamente qualcuno
teme e cioè che questa sia una trappola ben confezionata da noi maschietti e invita le ragazze a stare particolarmente attente a queste nuove tendenze. È interessante vedere come in
questo ritorno in cucina protagoniste,
così si scrive nell’articolo sopraccitato a firma di Angela Frenda, sono soprattutto le donne colte e impegnate,
e di età compresa tra i trenta e i quarantanni; donne che hanno fatto anche una pubblica autocritica del tipo:
“...noi femministe abbiamo sbagliato.
Non dovevamo spingerci fuori dalla
cucina per liberarci dal kitchen blues.
Perché così abbiamo solo prodotto
bimbi obesi…”.
Sfortunatamente non solo bimbi
obesi, ma purtroppo spesso anche figli e figlie anoressiche. Figli e che
hanno perso o che non hanno avuto mai un buon rapporto con il cibo
e un’indecente educazione alimentare e educazione al gusto. Una cattiva
abitudine a consumare tutto in velocità magari in solitudine; che ci ha
fatto perdere e in tutto questo le responsabilità sono ovviamente di entrambi i genitori, il piacere di vedee
i piatti come un dono. Un dono pensato cercando di conoscere e interpretare anche i loro gusti a tavola e
poi cucinato con cura per la moglie
o il marito, per gli amici e soprattutto per i propri figli. Proprio per questo mi sono permesso di segnalarvi
“Mestolino cuoco bambino”, un libro che ha cercato di dare delle risposte intelligenti e gustose alla naturale curiosità dei nostri i bambini:
figli e nipoti che in generale sono attratti da ingredienti e impasti, e che
spesso in tutto ciò ci chiedono di essere coinvolti in maniera gioiosa. Un
libro che ci aiuta a lavorare in cucina con le nostre figlie ci permette poi
di dare spazio alla loro creatività e
alla loro soddisfazione, ma è per noi
adulti anche un modo pratico e cre-
ativo per stare e interagire con loro.
“Mestolino cuoco bambino” raccoglie oltre trenta ricette pensate per
educare divertendosi in cucina, un libro dove giocando si può pensare di
realizzare insieme a loro delle ricette
semplici da eseguire, buone da mangiare e stimolanti per la crescita.
Come dicevo, io sono un amante
convinto della buona tavola soprattutto se condivisa in buona compagnia e
quindi, anche per porre un piccolo rimedio alle colpe di ieri, mi permetto di
concludere con una promessa: da domani in cucina mi occuperò soprattutto
del lavoro quotidiano e cercherò di lavorare perché le donne ed i bambini ritornino in cucina e poi condividano insieme e lentamente il piacere della tavola. Perché sono altrettanto convinto
che è importante imparare a conoscere e quindi difendere le migliori materie prime che mi auguro a chilometro
e miglio zero, poi mettersi con pazienza e con amore ai fornelli. Anche perché tutto ciò non è una… leggera, ma
significa amare l’altro e rispettare il lavoro degli altri, il lavoro degli intellettuali della terra e del mare e passare
così da custode del focolare a custode
e difensore dei grandi prodotti di qualità di questo nostro pianeta.●
Panorama 19
Cinema e dintorni
Dalle pellicole che hanno come stampella gli occhialini a quelle intrins
No ad «Avatar», il doppio sì ad «Un
di Gianfranco Sodomaco
C
onfermo ciò che avevo già
scritto sull’ultimo numero del
2009: se abbiamo bisogno di
tornare al cinema con gli occhialini (sì, più sofisticati, ma in definitiva quello è l’effetto) di sessant’anni fa che ci restituiscono l’illusione
ottica della terza dimensione (il 3D,
ma c’è anche il 2D, più soft), se abbiamo bisogno di andare oltre la bidimensionalità del cinema come “fotografia in movimento della realtà”
(reinventata quanto si vuole), se più
che assistere ad un film facciamo una
esperienza “sensitiva” anche con una
buona dose di mal di testa, l’ipotesi è
che oggi, anno 2010, dopo tanto cinema fantasy e fantascientifico, con
Avatar non ci troviamo tanto davanti
ad una evoluzione tecnica della “settima arte”, ad una nuova data storica
(come per il sonoro, come per il colore, ecc.) ma anzi, per accumulo quantitativo e non qualitativo (effetti specialissimi a palate, che risparmio al
lettore), sul piano della fruizione, ad
una involuzione psicologica, ad una
necessità ormai compulsiva da parte
del “pubblico massa globale” di immergersi sempre più in una grande
‘”placenta illusoriamente protettiva”,
come tentativo infantile, infantilizzato, di fuga dalla realtà.
E non è un caso, a livello dei contenuti, seconda considerazione, che
il protagonista del film è un “avatar”, prima di tutto una invenzione
ludica di sdoppiamento della nostra
personalità ad opera delle nuove tecnologie informatiche, per cui ognuno di noi, se vuole, può giocare, col
computer, come in un gioco di ruolo
con una playstation, con il suo doppio, “sosia”, avatar appunto, e fargli
fare, digitalmente, virtualmente, tutte quelle cose che “in realtà” mai più
potrebbe fare. Come quando il bambino immagina di essere “chissà chi”
e va alla conquista del mondo. Ma il
delirio di onnipotenza del bambino,
fino ad un certo limite, la sua fantasia, gli fa bene, gli serve come meccanismo di difesa da tante strettoie
20 Panorama
James Cameron e Sam Worthington (Jake Sully), regista e protagonista di “Avatar”
ed impedimenti che caratterizzano
la sua vita; ma per l’adulto, a lungo
andare, anche giocando, il delirio di
onnipotenza è o diventa una patologia regressiva. E l’avatar protagonista del film è addirittura un “doppio
vero” che, attraverso una “mescolanza” di DNA tra specie umana e un’altra specie che vive su un altro pianeta, trasforma un uomo condannato
alla sedia a rotelle, un paraplegico,
in una ‘creatura’ robustissima di tre
metri.
Che James Cameron, il regista-mito del film, a cui non chiedo di essere
uno psicologo sociale, volesse almeno mandarci un messaggio sulle possibilità della futura/futuribile scienza
medica? Ma neanche per sogno, semplicemente il pubblico “bambino” si
“commuove” sempre di più davanti
all’eroe per giunta handicappato che
diventa un avatar superman, si mette dalla parte degli “indiani” (Kevin
Kostner in “Balla con i lupi”?), degli oppressi, della popolazione Na’vi
del pianeta Pandora a cui i “cattivi”
terrestri vogliono fregare il prezioso
minerale di cui hanno bisogno a causa della solita, ultima crisi energetica,
e addirittura si innamora della bella
di tre metri e pelle blu Naytiri (novella “Pocahontas”?) e, alla fine vince la battaglia dei “buoni selvaggi”
(Rousseau) contro i cattivi “civilizzati”? No, non prendiamoci in giro,
e mi interessano ben poco le tante al-
tisonanti critiche (non tutte, uno per
tutti, il regista Roberto Faenza su “la
Repubblica”: “È il dominio del fantastico occupato manu militari con la
forza del denaro più che con la creatività... In una parola l’uomo non è più
al centro del cinema hollywoodiano,
perché l’interesse del suo baricentro
immaginifico si è spostato in avanti”) che sono uscite in questi giorni
sui giornali e che gridano al “cinema
totale, assoluto”, ecc. ecc.
Piccola annotazione: un’intera
pagina pubblicitaria di un quotidiano che, per carità di patria, non dirò
è dedicata a “Il fascino del predatore”, quello di “Avatar” e quello della Nuova Mazda CX-7 Diesel: “due
predatori, due mondi affascinanti,
il film e il motore più attesi dell’anno...”. Ma suvvia, non faremo mica
i moralisti? Si sa che la pubblicità è
l’anima del commercio e che, dopo
aver speso alcune centinaia di milioni di dollari per fare un film, il minimo che si possa chiedere è che ci sia
anche un cospicuo “ritorno’” anche
in termini di diritti d’autore sui milioni di gadget che ad esso si ispireranno: è già accaduto e continuerà
ad accadere. Se questo è il futuro del
cinema...
Ma giriamo pagina, fortunatamente c’è ancora la possibilità di farlo. A single man (Un uomo solo) di
Tom Ford, stilista passato per la prima volta alla regia, è tutt’altra cosa e,
al terzo posto nella classifica del film
più visti in USA, sta a dimostrare che
Cinema e dintorni
ecamente «umane»
uomo solo»
c’è ancora un pubblico che ama un
cinema “umanistico”, fatto di sentimenti semplici ma autentici, di interiorità, di emozioni che nascono dalla
vita reale quotidiana.
La storia è sufficientemente nota,
perché tratta dal libro omonimo
dell’inglese americanizzato Christopher Isherwood, pubblicato in Italia
per la prima volta da “Guanda” solo
nel 1981 e ora ripubblicato da “Adelphi” proprio in occasione dell’uscita
del film. Non c’è spazio per ricostruire tutta la storia, biografica e letteraria, di questo scrittore omosessuale
nell’America omofoba degli anni ‘60
e ‘70 (ma l’ha ricostruita molto bene
Sean Penn con il film “Milk” che abbiamo recensito alcuni mesi fa), anche perché il film, come il libro, racconta una storia privata, ancor di più,
la giornata, l’ultima, del professore
George Falconer che, otto mesi dopo
la morte del suo compagno Jim in un
incidente d’auto, decide di farla finita. Ebbene, il modo con cui Tom
Ford, notoriamente omosessuale pure
lui, descrive questa giornata, certamente aiutato dalla “mostruosa” bravura dell’attore inglese Colin Firth,
è di una finezza e di una profondità
che rasenta il capolavoro: evidentemente Ford ha “sentito” a tal punto
questa storia che è riuscito a reinventarla in una specie di stato di grazia,
fin dall’inizio, fin da quando a George arriva la telefonata dell’annuncio mortuario e il suo viso non ha una
smorfia, la sua voce rimane uguale e
addirittura ringrazia quando la voce
dall’altra parte del telefono lo informa che “il funerale è riservato solo ai
familiari”.
Tutto è vissuto “dal di dentro” e
giustamente Ford ci mostra, attraverso una serie di flashback, i “lampi” di
pensiero con cui George ricorda alcuni momenti di un rapporto d’amore
durato anni. Ma, “dal di fuori”, quella
giornata è come tutte le altre. George
va a far lezione di letteratura inglese
al college, tanto più distaccato quanto più coinvolgente nei confronti dei
suoi allievi, incontra un bel ragazzo
che vuole assomigliare a James Dean
Tom Ford, regista di “A single man”, con il protagonista
Colin Firth (George Falconer)
e che inutilmente gli si offre e poi, in
qualche modo il “centro” del film, va
a cena dall’amica del cuore Charlie
(una strepitosa Julianne Moore) con
cui, in gioventù, quando la sua omosessualità non era ancora precisata, ha
avuto una relazione: Charlie è ancora
innamorata di lui e fa di tutto, esagerando col trucco, col vino, col corpo,
col ballo, ecc., per sedurlo ma anche
per toglierlo da quel dolore fortissimo
ma sopito che lei, solo lei, conosce.
Scene bellissime, strazianti, di due
persone sole che si capiscono al volo,
si vogliono bene ma non riusciranno
mai a “concretizzare”. Niente da fare,
George torna a casa e continua a giocare con la pistola, dopo aver preparato tutto, con cura maniacale, il cerimoniale, soprattutto nei suoi aspetti
esteriori (e borghesi), la casa, l’abbigliamento, le camicie e le cravatte...
Non è ancora il momento e, quasi un
ultimo tentativo “vitale”, esce ed incontra un suo giovane allievo, tipico
adolescente alla ricerca di se stesso,
da sempre affascinato da quell’insegnante che ha trasmesso più con le
pause che con le parole, che ha educato più alla vita che al sapere. I due
quasi “fraternizzano” e fanno, nudi,
un bagno notturno nelle gelide acque
del Pacifico. Anche George è attratto, in ogni senso, dal ragazzo e, quasi
felice per quell’incontro umanissimo
inaspettato, torna a casa e ripone nel
cassetto la pistola. Ma un improvviso, lancinante, dolore al petto... Anche quando vogliamo decidere della
nostra vita, è la vita a decidere: misteriosamente?
Ma non è un film “filosofico”.
Ford inserisce ogni tanto le immagini del sogno ricorrente di George: il
suo corpo morto che lentamente si
inabissa nelle acque gelide del Pacifico, come quando giocava “pericolosamente” con il suo Jim, la sua anima
gemella (altro che avatar!): è un film
“psicofisico”.
P.S. ”Perché il 3D non aveva bisogno di essere inventato lo ha spiegato
bene, anni fa, lo psicanalista Cesare
Musatti: ‘ il cinema comune riesce a
darci impressioni del tutto corrispondenti a quelle di una realtà corporea tridimensionale grazie alle leggi della prospettiva e del movimento. Quando un film inizia lo schermo
scompare mentre lo spazio virtuale,
che è nella mente dello spettatore, si
dilata all’infinito’. (Roberto Nepoti,
“la Repubblica”, 2/2/10)”●
Panorama 21
Arte
Il pittore Claudio Frank non vuol farsi cogliere impreparato dagli anniversari...
In esposizione i dipinti per il Tremila
di Erna Toncinich
I
l pittore abbaziano Claudio Frank
ama la spettacolarità. E non da
oggi. Dopo due mostre “tradizionali” o “normali” allestite a studi accademici compiuti (diploma di Brera), nel 1984, al Piccolo Salone di
Fiume,
si era presentato con una
tela “infinita”, lunga trentaquattro
metri e alta due! Tela infinita e anche
incompiuta: infatti, ogni giorno e per
tutta i quindici giorni di durata della mostra dipingeva alla presenza del
pubblico, faceva vedere come nasce un’opera d’arte e come uno spazio espositivo poteva trasformarsi in
uno studio di pittore (studio che lui
ancora non aveva e questo modo anticonvenzionale di presentarsi poteva venir interpretato come una protesta), e, come nel corso di questa performance, coinvolgeva i visitatori,
testimoni oculari dell’esecuzione di
un dipinto. Ma con questa tela “infinita” il pittore si poneva anche la domanda sul dipinto stesso, sul suo inizio e la sua fine. Aveva portato questa sua prima singolare realizzazione
anche al pubblico zagabrese, sennonché nel capoluogo croato c’era andato con la tela già interamente dipinta,
e l’atto del dipingere lo aveva rim-
Una tra le migliori prove della ritrattistica di Frank: “Ritratto di
giovane”, olio del 1987
22 Panorama
piazzato con un numero di serigrafie
pari ai metri della tela stessa. Macchina serigrafica e autore, in questa
operazione, si erano mostrati un connubio perfetto.
Interessare il pubblico, rendere ogni suo intervento espositivo
quanto più vivo e coinvolgente, è la
prassi che il pittore abbaziano non
abbandonerà più. Ogni sua mostra
verrà accompagnata da una sua esibizione al violino, magari accompagnato al pianoforte da qualche altro
“Abbazia”, dipinto del 1883 di
Claudio Frank, che si presenta con
una personale sino al 14 febbraio prossimo nel Padiglione Artistico della località rivierasca. La mostra, “Tremila dipinti per il Tremila”, sta destando grande interesse
di pubblico come molti giudizi positivi e negativi
Barche, bragozzi, architetture liburniche sono i soggetti che il pittore ha elaborato e continua a elaborare ancor oggi
musicista, o, come è successo alle
sue ultime mostre, dalla figlioletta
Esperanza, esibitasi anche lei al violino.
Il pittore ama gli anniversari.
Non si è lasciato scappare il 150.
esimo del Turismo abbaziano. Risultato: centocinquanta dipinti. Con
esibizione al violino e immancabile asta. Per il Duemila altra impresa, ben più ardua: duemila dipinti, e stesso proposito per il Tremila, progetto questo più che realizzato: dichiara di aver dipinto nel corso
dell’anno, dal 25 gennaio 2009 al 25
gennaio 2010, non tremila ma quattromila tele.
Spettacolare ovviamente anche
l’inaugurazione di questa sua ultima mostra abbaziana, nel Padiglione Artistico “Juraj Šporer” Tremila quadri per il Tremila: ancora
esibizione musicale sua, di sua figlia
Esperanza e di un musicista al pianoforte. E la solita asta di quadri, di
cui una trentina donati a scopo benefico (in queste azioni è di grande esempio agli altri artisti). In più,
questa volta, c’è stata anche la tombola dove i premi, si sa, non potevano che esserele sue tele. E quadri, quadri, quadri dappertutto, ammucchiati sul pavimento (cosa
che impedisce ai visitatori, oltre ad
una normale deambulazione, anche
l’eventuale scelta dell’opera da acquistare) o magari appesi l’uno vicino all’altro tutt’intorno. I prezzi:
duecentocinquanta kune i dipinti di piccolo formato, sino alle settemila kune quelli grandi e “importanti” (per Frank).
”Dipingevo cinquanta, cento,
sino a trecento quadri al giorno”, ha
dichiarato. Ma questa iperproduzione ha da spartire qualcosa con l’arte?
Per gli organizzatori, il Museo abbaziano del Turismo, l’evento espositivo è stato “pun pogodak” (colpo
Arte
“Rosso e nero” e “Senza titolo”, due dipinti del periodo astratto del pittore
Dal ciclo dei nudi realizzati al rientro da Parigi: “Figura con velo rosso”, 1988. Anche in questo dipinto
Frank dimostra il suo grande interesse per la materia pittorica
sicuro). Giudizio, secondo noi, da
non condividere. Si tratta di un artista che ha dato e può dare cose buone, puntando però all’evento spettacolare, agli anniversari, ecc., dal suo
atelier invece di arte usciranno solo
croste.
Per un periodo molto breve, va
ricordato, è stato allievo di Venucci
e, prima ancora, di un pittore di Abbazia, Faulwetter, cosa che va notata nelle tele in cui è figurativo,
nelle elaborazioni di temi paesaggistici, quelli liburnici, segnati, in seguito, dall’influenza della pittura
di un altro artista abbaziano, Ivo
Kalina.
Parallelamente
alle soluzioni figurative, egli si cimenta nell’
astratto, è ancora il paesaggio ad
ispirarlo, un paesaggio che perde i
propri connotati e diventa macchia,
pennellata vigorosa e pastosa, accompagnata da grafismi e gocciolamenti di colore.
Della sua fase definita dell’espressionismo astratto, il critico d’arte triestino Sergio Molesi dirà: ”Nell’ambito di tale stile, pur nei riferimenti
lontanamente allusivi al mondo naturale, si privilegia, accanto al gesto
e al segno, la componente materica,
che, nel suo solare cromatismo, si
riaggancia al fare degli esordi”.
Gli è sempre piaciuta la materia,
la pennellata carica, pesante matericamente, vista già agli esordi, nelle
prime prove figurative, nelle composizioni floreali, nei ritratti, nei
nudi del periodo postparigino, come
nelle composizioni ispirate dalla realtà ma ben lontane da essa.
Alle vernici delle sue mostre personali il pittore abbaziano non manca mai di esibirsi al violino (foto I.
Hreljanović)
L’ultima sorpresa di Frank? Un
evento dedicato agli innamorati.
Sempre a febbraio, per san Valentino e sempre nello stesso Padiglione espositivo. Spettacolo assicurato. ●
Panorama 23
Italiani nel mondo
Lidia Bastianich si è aggiudicata anche una nomination all’Emmy Award nella ca
Esule polese ambasciatrice della cu
a cura di Ardea Velikonja
L
o hanno raccontato tante volte al cinema... il potere del
cibo sull’anima. Forse Lidia
Bastianich è come la protagonista
de “Il pranzo di Babette” o “Chocolat”, donne che con le loro alchimie
in cucina riescono a placare gli spiriti più irrequieti e a tirar fuori il meglio in ognuno di noi. C’è comunque
qualcosa di speciale nel dar vita anche ai più banali ingredienti se, in pochi anni, Lidia Bastianich è diventata
l’Ambasciatrice della cucina italiana
nel mondo. Giovanna Chiarilli l’ha
incontrata. Ne è nato il ritratto di una
donna e di una professionista, che ha
cucinato per il Papa e per il Presidente della Repubblica italiana e che attraverso la cucina “parla” agli americani della storia, della cultura e dei
sapori dell’Italia. Un ritratto che va
ad arricchire la serie di appuntamenti
con “La Meglio Italia all’estero”, rubrica che la Chiarilli cura ogni settimana per il nuovo giornale diretto da
Antonio Politi “Il Punto”. Ne riportiamo di seguito il testo integrale.
La bistecca alla Pittsburgh, specialità di uno dei ristoranti
”Nata a Pola, arriva a New York
nel 1958 ad 11 anni. ‘Sono esule istriana. Dopo due anni nel campo profughi di San Sabba e l’apertura delle frontiere ai profughi da
parte del governo di Eisenhower, la
Il Lidia’s restaurant di Pittsburgh
24 Panorama
Caritas ci portò in New Jersey. Con
me c’erano mia madre, mio padre e
mio fratello Franco’. A 24 anni apre
il primo ristorante, il Buonavia, e nel
1981 il celeberrimo Felidia a Manhattan, nome che sottolinea l’unione,
anche nel lavoro, tra Lidia e Felice,
suo marito.
Una passione nata all’interno di
una famiglia ‘dove la cucina era il
fulcro della casa, già da bambina cucinavo con mia nonna gnocchi e pasta in genere, seguivo i raccolti e partecipavo alla vita della fattoria. Questo ha fatto nascere in me il piacere
della cultura del cibo, e mi ha lasciato un impagabile archivio dei sapori
della nostra tradizione’.
Oggi sono una ventina i locali che
negli States portano la sua firma; accanto a lei il figlio Joseph con cui gestisce i ristoranti in società con Mario
Batali. Ma l’arte della Bastianich non
è rimasta confinata nelle sue ‘cucine’:
è autrice di libri che hanno venduto
più di un milione e mezzo di copie,
mentre l’ultima serie televisiva, ‘Lidia’s Italy’ nel 2009 ha ricevuto una
nomination all’Emmy Award, nella categoria Outstanding Lifestyle, e
vinto il James Beard Award, equiparabile all’Oscar della cucina americana, come miglior programma televisivo della stagione, senza dimenticare le lezioni di antropologia dell’alimentazione.
E la cucina diventa un gustoso pretesto per parlare dell’Italia. ‘È quello
che ho fatto e continuerò a fare: raccontare agli americani, attraverso i
miei piatti, l’Italia. E poi la soddisfazione più grande per chi ha fatto della
cucina una scelta di vita è leggere la
felicità nei visi di chi sta assaggiando
un mio piatto’. Confermato il valore
del cibo nel suscitare emozioni.
Chissà cosa avranno provato Papa
Benedetto XVI, ‘per il quale ho avuto
Italiani nel mondo
tegoria Outstanding Lifestyle
Considerazioni del Presidente Patronato Inca Argentina
cina italiana Decurtati 23 milioni di euro
N
La signora Lidia ai fornelli
l’onore di cucinare in occasione della
visita a New York, il presidente Giorgio Napolitano, Ted Kennedy, che era
un nostro affezionato cliente, Gina
Lollobrigida, Meryl Streep, Al Pacino, Nicole Kidman, Billy Joel, Oscar
de la Renta, Placido Domingo’.
Anche l’Italia ha celebrato la
grande chef con una serie di riconoscimenti, come il Premio Italiani nel
Mondo, assegnato nel 2002 dall’allora Ministro per gli Italiani nel
Mondo, Mirko Tremaglia, e il Premio Internazionale Vinitaly 2009.
Lidia è anche una grande mente proiettata verso il sociale: sua la Fondazione che si occupa di persone in
difficoltà, sua la proposta di far cucinare donne chef palestinesi e israeliane per creare ricette per la pace.
E per chiudere con un altro personaggio che ha insegnato a cucinare,
Julia Child, oggi celebrato nel cinema con ‘Julie & Julia’, chissà se
un giorno la vita di Lidia Bastianich
non diventi un film. Nessun dubbio
sul volto che vorrebbe ad interpretarla: ‘Ho una grande ammirazione
per Sophia Loren, che oltre ad essere meravigliosa, ha rappresentato
negli anni lo spirito e l’emancipazione della donna italiana’.” ●
on è stata una Finanziaria “light”, come invece aveva preannunciato il ministro Tremonti, quella recentemente licenziata dal Parlamento italiano con l’oramai solito voto di fiducia. Nel maxiemendamento “monstre” definitivamente approvato sono stati inseriti 250 commi che hanno accorpato gli articoli 2 e 3 della manovra (composta di
solo tre articoli). Le novità piccole e grandi sono numerosissime e accontentano centinaia di piccole e grandi lobby con 8 miliardi di euro in
più di quanto previsto, che dovrebbero essere coperti in parte dallo scudo fiscale ed in parte dal TFR dei lavoratori scippato all’Inps - dove era
conservato a disposizione dei legittimi proprietari - da questo Governo
inetto, senza scrupoli e senza una visione programmatica del futuro.
Inutile a dirsi che tra gli esclusi, oltre ai lavoratori, ai pensionati, ai
piccoli e medi imprenditori, ci sono anche gli italiani emigrati.
Sono stati confermati infatti tutti i tagli alle politiche per gli italiani
all’estero già annunciati a luglio e respinti tutti gli emendamenti che miravano a porre un freno ad una politica di tagli e di disattenzione da parte
del governo di centrodestra verso le nostre comunità all’estero. E pensare
che contro gli emendamenti a favore delle nostre collettività hanno votato
proprio alcuni parlamentari eletti all’estero nel PDL, come l’On. Berardi,
il quale avrà grandi difficoltà a spiegare come il recupero di sei miserabili milioni di euro per la tutela e l’assistenza diretta per gli italiani poveri
in America Latina avrebbe destabilizzato il bilancio dello Stato italiano.
Eccesso di servilismo allo schieramento di appartenenza o consapevole
complicità nella politica di penalizzazione delle nostre comunità?
Quindi allo stato delle cose le risorse previste per le politiche migratorie attribuite alla Direzione Generale per gli italiani nel mondo del MAE
subiscono una decurtazione di 23 milioni di euro rispetto al bilancio assestato dell’anno precedente. Falcidiata l’assistenza diretta proprio a favore
dei cittadini più bisognosi i cui stanziamenti precipitano dai 28 milioni di
euro stanziati dal Governo di centrosinistra ai 10 milioni di questa finanziaria per il 2010. Le somme previste per l’informazione, la promozione
culturale, scientifica e dell’immagine dell’Italia all’estero vengono decurtate di 7,5 milioni e, in particolare, la dotazione della Direzione generale
per la promozione e la cooperazione culturale, già pesantemente intaccata l’anno scorso, perde altri 5,6 milioni di euro. Nel complesso, comunque, tra le due Direzioni di maggior riferimento per gli italiani all’estero
vengono a mancare oltre 30 milioni di euro. Sembra evidente che questo
ulteriore colpo e i drastici tagli dello scorso anno si sono cronicizzati, diventando una politica ordinaria e permanente che alla fine si è cristallizzata e sta portando ad un definitivo ridimensionamento delle politiche migratorie dello Stato italiano.
A nulla è valso l’impegno profuso dai parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero i quali, ad onor del vero, non hanno lasciato nulla di intentato attraverso pressioni politiche, emendamenti, mozioni, ordini del
giorno. Ma tant’è. La politica oggi in questa Italia devastata eticamente e
culturalmente la fa il Governo e non il Parlamento. Ed a pensare che gli
emendamenti presentati dai parlamentari eletti all’estero, soprattutto da
quelli del PD, non chiedevano la luna ma intendevano ripristinare in uno
spirito di equità e dignità i fondi per l’assistenza, la cultura, gli organismi
democratici di rappresentanza. Sono stati inoltre respinti gli emendamenti che rendevano permanente la possibilità di usufruire delle detrazioni
per i carichi di famiglia, che introducevano la sanatoria per gli indebiti
pensionistici, che estendevano l’esenzione dall’ICI sulla prima casa agli
italiani residenti all’estero.
(antonio bruzzese\aise)
Panorama 25
Made in Italy
L’anno prossimo in mostra a Torino per i 150 anni dell’Unità del paese
Capitali italiane nel mondo
a cura di Ardea Velikonja
D
escrivere l’apporto italiano
nel mondo raccontando non
solo le storie d’architettura,
ma anche i modelli di comportamento, le abitudini di vita e le relazioni
sociale che i nostri connazionali emigrati hanno impresso nelle città che
li hanno accolti all’estero. Questo
l’obiettivo di “Capitali italiane nel
mondo”, progetto promosso e realizzato da Regione Piemonte e Ordine
degli Architetti torinese in collaborazione con il Centro Altreitalie, che,
inserito nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità di Italia in
programma l’anno prossimo, è stato
presentato a Roma dall’assessore regionale alle politiche territoriali Sergio Conti, dal presidente dell’Ordine
Riccardo Bedrone, e dal direttore di
Centroitalie, Maddalena Tirabassi.
Progetto che si concretizzerà in una
mostra che sarà allestita dal 17 marzo
al 20 novembre 2011 nelle ex Offici-
ne Grandi Riparazioni a Torino. “Festeggiare l’Unità d’Italia, ha spiegato
l’assessore Conti, significa non limitare lo sguardo a ciò che è successo
dentro i nostri confini, ma estenderlo
alle vicende, alle storie, alle esperienze che i nostri connazionali hanno affrontato all’estero perché l’emigrazione non è affatto vicenda secondaria dell’addivenire della società italiana, nel bene e nel male”.
Obiettivo del progetto, ha quindi
spiegato Conti, quello di “raccontare la storia con il linguaggio dell’architettura e delle scienze del territorio”, attraverso cui comprendere
“non solo come sono state costruite
le città, ma anche le diverse socialità create nei paesi dove gli italiani sono andati a vivere”. Paesi che
i diversi flussi migratori succedutisi
nei decenni hanno trasformato anche all’esterno, cioè nella loro fisionomia urbana. “Anche la scenografia
aiuta a capire la storia”, ha osservato
l’assessore, precisando che la mostra
proporrà un focus su città e infrastrutture ideate e create da italiani.
”Si dice che uno dei nostri tratti
distintivi sia la creatività che, però,
è anche specchio del luogo in cui si
vive. Beh, gli italiani l’hanno esportata e così - ha concluso - hanno creato quelle che noi, oggi, chiamiamo
‘capitali italiane nel mondo’.”
L’idea della mostra, ha spiegato il
presidente dell’Ordine degli Architetti Bedrone, è nata a margine del
Congresso mondiale degli architetti
tenuto a Torino nel 2008. Con la mostra, ha aggiunto, “vogliamo guardare a due aspetti: il primo riguarda i
progettisti, cioè gli architetti, così da
raccontare le loro esperienze all’estero dal 1861 in poi; il secondo riguarda ciò che hanno creato nei diversi
periodi storici e in base alle diverse
esperienze migratorie”.
Nella mostra, infatti, si evidenzia il lavoro degli emigrati come
singoli, che siano stati professionisti o maestranze, ma anche quello
La IV Coppa del Mondo tra coni, vaschette e torte, si è svolta a Rimini
Fatto da mani francesi il miglior gelato
L
a Francia ha vinto la 4.a Coppa del Mondo della Gelateria, alla 31.esima edizione del SIGEP che si è svolta a Rimini Fiera. Sono state quindi le note della Marsigliese ad accompagnare il
successo di una squadra accreditata dal pronostico e dimostratasi sul
campo davvero superba nelle varie
prove in programma. I transalpini
succedono all’Italia, vincitrice nel
2006 e nel 2008 e quindi, per regolamento, esclusa quest’anno dalla
competizione. La grande sfida fra
Italia e Francia tornerà quindi alla
Coppa del Mondo della Gelateria
nel 2012.
La squadra francese era formata dal capitano Jean Claude David
e dai gelatieri Luc Debove, Hervè
Dartois e Thierry Ramas. Al secon-
26 Panorama
do posto la Svizzera composta dal
capitano Giuseppe Piffaretti e da
Tiziano Bonacina, Tony Steininger
e Rolf Murner. A pari merito al terzo posto l’Argentina (Eduardo Ruiz,
Jose Victorio D’Alonzo e Nestor Fabian Reggiani) e il sorprendente Marocco (Kamal Rahal Essoulami, Karam Boukhari, Nabil El Moudni e
Mahdi Kadir). In gara nella competizione anche le squadre di Australia,
Brasile, Germania, Marocco, Spagna e USA.
Dopo la cerimonia di presentazione le squadre sono state impegnate nella realizzazione delle sculture
di ghiaccio. Per due giorni le squadre si sono dedicate alle varie prove previste dal regolamento: coppe
decorate per servizio al tavolo, torta gelato, vaschetta di vendita colo-
rata, cono gelato, pezzo artistico in
gelato, creazione di un centrotavola
per grandi buffet, pezzo artistico in
zucchero.
La giuria che ha determinato il
punteggio era formata dal Presidente Sergio Colalucci e dai rappresentanti delle nazioni in gara. Un plauso al team che s’è occupato direttamente dell’organizzazione a partire
dal Presidente della Coppa del Mondo, Giancarlo Timballo, il Commissario Sergio Dondoli e l’infaticabile
Luciana Polliotti.
”Siamo molto soddisfatti - ha
commentato il Presidente - per l’alto
livello qualitativo delle partecipanti
e per il clima veramente straordinario instauratosi durante la competizione, clima che ha trasmesso anche
al folto pubblico di settore un’infini-
Made in Italy
Little Italy di New York
di chi fu chiamato all’estero al seguito dell’avventura colonialista
italiana.
”L’architettura italiana all’estero - ha spiegato ancora Bedrone - è
stata suddivisa in quattro macroaree, ciascuna delle quali caratterizzata da una “città leader”: l’Oriente con
Istanbul, Bangkok e Tiajin; le Ame-
Un centrotavola di ghiaccio
e gelato della squadra francese
tà di conoscenze tecniche utili ai professionisti”.
Il clima a cui si riferisce Timballo è simboleggiato da un episodio accaduto durante la gara: la scultura di
ghiaccio della squadra australiana ha
ceduto e in quelle condizioni non poteva essere giudicata. Le altre squadre hanno acconsentito tutte al soccorso e la squadra tedesca ha messo
a disposizione il proprio esperto di
sculture di ghiaccio per recuperare la
situazione. ●
riche con New York, Buenos Aires e
L’Avana; le colonie d’oltremare con
Tripoli, Asmara, Tunisi, Tirana, Rodi
ed Addis Abeba; l’Europa post bellica di Berlino e Barcellona. A queste si aggiunge una sezione dedicata
al periodo preunitario con focus su
Vienna, Mosca, San Pietroburgo, Parigi e Washington”.
“Non tutte le città, ha chiarito Bedrone, sono capitali amministrative dei rispettivi stati, ma lo sono in
un centro senso per l’importanza che
hanno nei loro Paesi dal punto di vista aggregativo o culturale. Lo sono
per l’Italia perché testimonianza del
genio e dell’arte italica”.
L’allestimento della mostra, presentato con un trailer dimostrativo,
sarà “innovativo” e d’effetto anche
grazie “all’utilizzo di materiali usati nell’industria aerospaziale, in cui
oggi l’Italia eccelle, per raccontare
il nostro Paese nel mondo fuori dagli
stereotipi dell’abbandono della patria
e della tristezza, ma attraverso le storie di una presenza duratura, radicata e ancora presente all’estero grazie
alle nuove generazioni”.
La mostra, ha infine preannunciato Bedroni, farà probabilmente tappa
a Buenos Aires, in versione “ridotta”
alla fine del 2010.
Direttore del Centro Altreitalie,
Maddalena Tirabassi ha voluto sottolineare la valenza di una iniziativa
che “per la prima volta associa l’emigrazione alla storia dell’architettura”,
alla costruzione di città e infrastrutture che all’estero impegnavano architetti ma anche maestranze italiane,
ponendo l’accento “sul ruolo degli
italiani all’estero come esportatori di
arte e stili”, che hanno portato il barocco a San Pietroburgo, o affrescato
il Campidoglio a Washington.
La mostra, poi, “propone una riflessione sui segni meno visibili dovuti ai tratti culturali degli emigrati”, per esempio sul fatto che “chi
non andava in fabbrica, prediligendo i lavori all’aperto finiva nei cantieri. Per questo c’erano italiani tra
quanti costruivano ponti o metropolitane, tunnel e ferrovie e grattacieli, ma anche mosaici e stucchi sulle facciate dei palazzi o intagliatori per gli infissi interni. Insomma,
l’emigrazione “ha esportato professionalità”.
Ci sono poi, ha proseguito Tirabassi, “segni ancora più sottili legati
al fatto che i muratori costruivano da
sé le loro case, così ad esempio, nella
campagna brasiliana ci sono case in
stile veneto. E poi le chiese, i teatri, i
negozi”. Infine, i “segni delle abitudini culturali: gli italiani hanno sempre
dato priorità all’acquisto della casa.
Lo facevano anche all’estero e quella rimaneva “la” casa della famiglia.
Erano più stanziali, insomma, di altri
gruppi etnici. Nascevano le Little Italies, ma anche semplicemente caratterizzavano i loro quartieri, facendo
di ogni incrocio una piazza. Questa
“appropriazione dello spazio pubblico” – ha rilevato Tirabassi – trasformava i quartieri e dava loro un’atmosfera particolare, quella dell’italian
way of life che la gente ad un certo
punto ha cominciato ad apprezzare”.
”Ora la grande emigrazione è finita - ha detto, concludendo, Tirabassi - ma le nuove mobilità, i giovani
che ancora partono, si portano ancora dietro il loro diverso tipo di aggregazione”.
La mostra, come detto, sarà uno
dei grandi eventi promossi per il 150°
dell’Unità d’Italia messi in cantiere
da Regione Piemonte che, come dichiarato dalla presidente Mercedes
Bresso, “punterà forte sul coinvolgimento del Ministero degli Esteri”
per stabilire “le modalità con le quali
coinvolgere le ambasciate e gli istituti
italiani di cultura”.
(m.cipollone\aise)
Panorama 27
Reportage
La neve e il vento fanno slittare il terzo Festival mondiale di volo in pallone a Bled
Quell’agognato giro in mongolfiera
testo e foto di Ardea Velikonja
V
oglia di libertà, voglia di volare come gli uccelli in assoluto
silenzio, provare l’ebbrezza di
muoversi con leggerezza, a seconda del
vento: è il volo in mongolfiera che sta
destando sempre più interesse in Europa e quindi un po’ dovunque si svolgono gare mondiali ma anche Festival delle mongolfiere come quello che avrebbe dovuto tenersi, come vuole tradizione, il primo fine settimana di febbraio
a Bled, in Slovenia. Purtroppo le condizioni meteo, ovvero la neve fitta fitta
che è caduta durante tutta la giornata di
sabato e il vento a sfavore di domenica,
hanno fatto saltare quell’agognato volo
anche per i visitatori che avrebbero potuto (a pagamento) provare il brivido di
una volo in pallone.
Ma cominciamo dall’inizio. Per il
terzo anno consecutivo il club “Slovenian skywalkers” di Lubiana ha organizzato il Festival internazionale delle mongolfiere a cui avrebbero dovuto partecipare 20 concorrenti di otto
Paesi. Appuntamento quindi venerdì
nella bella cittadina in cui due volte
Una suggestiva immagine di Bled ricoperta dalla neve e dalla nebbia
al giorno dallo stadio di calcio comunale avrebbero dovuto partire le mongolfiere per colorare il cielo. Ad organizzare il tutto Borut Groegl che, causa un malore, all’ultimo momento è
stato sostituito dalla figlia Vesna Vogrin. Già venerdì pomeriggio purtroppo era chiaro che questa volta il tempo avrebbe reso i decolli difficili, ma,
come in tutti gli sport, gli appassionati
sono stati con il naso all’insù a scrutare il cielo speranzosi che la situazione
sarebbe migliorata nei due giorni successivi. Due équipe della Repubblica
Ceca ed una della Polonia sono riusciti ad alzarsi in aria venerdì nel tardo
pomeriggio nonostante la fitta nebbia.
Ma hanno fatto solo un giro sopra il
lago perché disperdersi fra le nuvole
minacciose che coprivano il cielo di
Bled era pericoloso, quindi un giro sopra il lago a bassa quota e poi giù a terra. Ma forse sarebbe stato meglio domani, hanno detto al rientro.
Un fiumano amante dell’aria
M
a quant’è piccolo il mondo,
sarebbe il caso di dire. Tra i
piloti presenti a Bled abbiamo incontrato i coniugi Tom Mikloušić e
la moglie Marica Petrić Mikloušić
(la signora è al quarto posto al
mondo per ore di volo nella categoria donne). Tom, infatti, è nato a
Fiume e parla correttamente l’italiano dato che suo padre abita a
Duino, e “per amore” si è trasferito
a Zagabria. Da trent’anni ha la passione del volo e il corso l’ha fatto
in America. “In Croazia purtroppo
il volo in mongolfiera non è tanto
conosciuto. La nostra ditta ‘Baloni’
ha registrato risultati sportivi molto buoni, il nostro pilota Igor (socio
del club n.d.r.) a soli 22 anni è già
al 24.esimo posto al mondo. Abbiamo molti giovani perché siamo
28 Panorama
riusciti a mantenere l’anima sportiva di questi voli. Nel club abbiamo
avvocati, medici, persone di tutte
le età che vogliono provare l’ebbrezza del volo libero, basta associarsi al club, con 850 kune annuali
si può volare una volta e poi decidere se continuare. In Croazia non
ci sono molti luoghi in cui si può
praticare il volo. Ideali sono lo Zagorje e l’Istria; in quest’ultima abbiamo tentato di sviluppare qualcosa turisticamente, ma tutto è finito
in una bolla di sapone. Bisogna sapere che per volare in mongolfiera ci vogliono particolari condizioni microclimatiche, vento ideale che non “giri” come fa in Dalmazia, pianura, spazi aperti. Devo
dire che ho tentato un volo sulla
piana di Grobnico, che si è dimo-
I coniugi Mikloušić
strato impossibile perché proprio
lì il vento soffia da tutte le direzioni. Poi, essendo fiumano, non ho
dimenticato la mia città, ho voluto fare un volo dal molo Carolina e
non ci sono riuscito proprio perché
il vento girava e quindi mi avrebbe portato direttamente sulle case.
Per questa ragione ho tentato con
l’Istria, dove, diciamo nei pressi di
Pinguente è il luogo ideale.●
Il giro di prova a bassa quota
Avrebbe potuto essere così....
Il pallone intrepido
Fino al castello di Bled e non oltre
Sono arrivati fino sopra
le case del centro
32 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7
Panorama 29
11.2.2010 13:42:12
Al briefing mattutino il meteorologo è costretto a sconsigliare il volo
Noi ce ne andiamo alla ricerca di un posto
o migliore
La prova del palloncino per vedere in che direzione soffia il vento
Il palloncino se ne è andato
Tanti preparativi, qualche speranza
s
e poi la resa
...ma qui era ancora peggio
Il pilota ceco coinvolto nei preparativi tecnici
Qua nulla, vediamo di trovvare un altro posto...
L’équipe di Maribor monta il cesto
30 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 8-9
Mettiamoci pure il bruciatore, poi vedremo
Il palloncino di prova si alllontana rapido: magari si potesse seguirlo
Con il naso all’insù per vedere dove va a finire la leggera sonda sferica
Panorama 31
11.2.2010 13:42:22
Il giro di prova a bassa quota
Avrebbe potuto essere così....
Il pallone intrepido
Fino al castello di Bled e non oltre
Sono arrivati fino sopra
le case del centro
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Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7
Panorama 29
11.2.2010 13:42:12
Reportage
Alzataccia sabato mattina, con un
cielo plumbeo che non prometteva
nulla di buono mentre fuori stava cadendo una pioggia ghiacciata. Breve briefing in cui il meteorologo, onnipresente a queste gare, sconsiglia il
volo volo causa la pioggia. Nel pomeriggio se non ci saranno precipitazioni si penserà ad un’”alzata” notturna.
Beh, che fare? Nulla, aspettare che il
cielo si schiarisca. E invece nel pomeriggio la pioggia diventa neve che
continua a cadere tanto che in un paio
d’ore il manto arriva a una decina di
centimetri. E ancora nulla, niente volo,
è troppo pericoloso. “Però - dice Vesna Vogrin alla sera -, domani è previsto bel tempo e quindi potremo tentare”. Delusi, tutti a nanna aspettando le
8 di domenica, ora dell’appuntamento
prima della partenza.
Tutti felici appena aperti gli occhi
il mattino dopo, non nevica più, le nuvole sono alte e addirittura il sole ogni
tanto fa capolino. Finalmente potremo
volare! Tutti attorno al tavolo per un
briefing ma il meteorologo è categorico: “Il tempo è bello ma il vento è
troppo forte in alcuni punti e quindi faremo il giro dei punti in cui di solito si
vola e vedremo”. Appuntamento allo
stadio di Bled. Arrivati là tutti in cerchio per la “prova del vento”, ovvero
uno dei piloti riempie di elio un palloncino e lo lascia vibrare in aria. Tutti con il naso per aria per vedere dove
va. Dopo alcune consultazioni, un altro palloncino viene lasciato in aria.
E qui tutti assieme constatano che il
vento soffia dalla parte sbagliata, ovvero che c’è il pericolo che le mongol-
Gli undici piloti
D
ato il maltempo dei 28 piloti previsti a Bled ne sono arrivati solo undici che erano: Sandi Perdan, Slovenia; Iztok Čurči,
Slovenia; Darko Kralj, Slovenia; Grega Trček, Slovenia; Tom
Mikloušić, Croazia; Filip Štucin
(meteorologo), Slovenia; Michalec Marek, Polonia; Libor Stana,
Repubblica Ceca; Michael Suchij, Repubblica Ceca; Karsten
Funk, Germania. Da rilevare che
questi erano i piloti, ognuno dei
quali aveva un equipaggio di almeno tre persone. ●
In balia del vento
D
arko Kralj del Boloncenter
“North East” di Maribor ha
alle spalle ben 1000 ore di volo,
fa parte della squadra nazionale
slovena, attualmente ben piazzata nella classifica, che partecipa ai
Campionati del mondo di volo in
mongolfiera. Stando in albergo ad
aspettare che cessi il vento abbiamo fatto una chiacchierata.
”Prima di tutto vi devo dire che
come in tutti gli sport anche in questo ci vuole tanta passione e niente incoscienza. Infatti noi possiamo controllare la mongolfiera per
la salita e la discesa ma il resto lo
fa il vento per cui, come siamo
oggi testimoni, se il vento è a sfavore nessun pilota rischierà di alzarsi in volo. Qui in Slovenia abbiamo circa 16 club di appassionati di volo in mongolfiera che però
contano pochi giovani. Vero è che
il pallone costa: circa 45.000 euro
con tutto l’equipaggiamento. Pesa
circa quattro tonnellate: 4000 metri cubi di aria calda, più il cesto,
il bruciatore e l’equipaggio. Dopo
600 ore di volo bisogna cambiare
il pallone fatto di un materiale speciale misto a nylon. E solo la “cupola”, come la chiamiamo noi, costa 10.000 euro. Per poter volare ci
vuole il brevetto. Il corso, che dura
fiere vengano spinte sui monti. Niente volo da qua. Vediamo di andare a
Vrebnje, piccolo paese “in battuta di
vento”. Due squadre della Repubblica
Ceca si recano là e noi con loro. Altra
“prova di palloncino” ed anche qua il
pilota dice che il vento è troppo forte.
Altre due équipe, una tedesca ed una
polacca, sono all’aeroporto di Lešče e
via radio avvertono gli altri che forse
da lì il decollo è possibile. Tutti di corsa là, ma una volta giunti la prova del
palloncino e la misurazione con l’anemometro dicono di no. Misura che ti
misura, aspetta che ti aspetta, il vento invece che calmarsi con l’andar delle ore aumenta tanto che all’aeroporto arrivano alcuni giovani che praticano una specie di kitesurfing sulla neve
che consiste in uno snowboard trainato da un paracadute che il vento alza
150 ore, costa all’incirca 15.000
euro dato che un’ora di volo viene
a costare circa 400 euro. Al termine del corso si sostiene un esame
presso il Ministero dell’aeronautica. Forse non si tratta solo di denaro per quanto riguarda i giovani, in questo sport ci vuole molto
tempo, ore per preparare il pallone e poi il volo, a seconda del vento può durare parecchio. Questo di
oggi per noi avrebbe dovuto essere una specie di allenamento per il
Campionato mondiale di volo in
mongolfiera che si terrà quest’estate in Ungheria, all’ultima edizione
noi siamo arrivati quarti. Mi chiedete qual è il mio viaggio più lungo: 150 chilometri dall’Austria in
Ungheria, l’anno scorso. Di solito
si vola un’ora per giri turistici. ●
da terra e oltre a trainare lo swoboardista lo può anche far volare. Quindi è
chiaro che il vento è fortissimo e che
del volo non se ne fa nulla.
Altre due équipe, stavolta slovene, si piazzano al parco di Bled in attesa che il vento si calmi. Il pilota del
Boloncenter “North East” di Maribor,
Darko Kralj, non si dà per vinto. Prepara il cesto, il bruciatore e, carta alla
mano, decide di andare a Kranjska gora
da dove, data la direzione del vento,
dovrebbe atterrare in Italia. All’arrivo
però pure lui si convince che proprio
non se ne faceva nulla. Ritorno quindi
a Bled nel pomeriggio inoltrato per un
saluto e i commenti più ripetuti: “Sono
i rischi del mestiere” e il consolatorio
“Ci vediamo al prossimo meeting”. E
via ognuno per la sua strada, via terra,
s’intende. ●
Panorama 33
Letture
L
o scorso giugno sono stati attribuiti i Premi della XLII edizione del concorso Istria Nobilissima,
che hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi del gruppo nazionale italiano nei campi
dell’arte e della cultura. Ritenendo che di tali potenziali debba fruire il maggior numero di lettori nelle
pagine riservate alle letture, “Panorama” propone le
opere a cui siano stati attribuiti premi o menzioni.
Nella sezione “Poesia in lingua italiana” la giuria ha assegnato il primo premio a LAURA MARCHIG di Fiume. Il titolo della raccolta di poesie,
di cui ne pubblichiamo una parte, è ”Colours”.
Questa la motivazione: “La raccolta si pres enta
come una sorta di canzoniere caratterizzato dal
sapiente collegamento dei singoli componimenti.
Il linguasggio appare maturo, originale, contras-
segnato da uno spessore materiale dalle immagini,
giochi cromatici intelligenti, musicalità mai scontata e qualità ironiche”.
«Colours»
Nei campi di colore mi ritrovo
Nei campi di colore mi ritrovo
sono l’arancio che abbraccia l’arbitrio
un’addensata licenza oltre il monte
in relazione col verde gaudente.
Nella sensuale linea mi riscopro
la sovrana scioltezza che non sente
di avere legame alcuno
non pretende
conforto a ogni costo
lo sa bene chi vive la pena
in che modo lo spazio s’incrina
sotto ad un bacio del rosso accecante.
Della morte e del colore
Gustando il vino si ruba alla morte
l’illusione che la vita sia un colore
di corteccia, l’ombra farinosa sulla sabbia.
Respirando in profondo gli amplessi
si gusta la polpa degli astri
il succo abbagliante della lacrima perenne
malia del suo prisma di sale.
E io ripenso ai tuoi attimi di delizia, madre
e piango spandendo olio fragrante dagli occhi
sulla tua rossa natura
la tua apparenza castana.
Verde
che m’ossessioni con la tua risata
che hai un’essenza estetizzante
sagace ed elettrica
porti la pace
anche a te stesso.
Verde frangente
artifizio in picchiata
io ti sogno fluttuante
in forma di scialle
mentre avvolgi le gole
e cingi i crepacci
con la tua tempra.
Ti dilegui, ora del mondo, dettaglio
ma sempre ti ritrovo
saggio, sublime
sul dirupo, e sgorghi pura lacrima
dagli occhi.
34 Panorama
Laude
La morte è sempre una fregatura
così logica, così aspettata
ma rimane per tendenza un imprevisto.
Laude gioiosa alla vita cantiamo
che s’improvvisa, che non s’annuncia
che di ciò che si conviene se ne sbatte
laude alla vita inopportuna diciamo.
Il nero fumoso si perde
nel sempreverde rigoglioso
e non cantiamo laude alla morte
perché da quando fu inventata
la vita ancora stupisce, cattura
e il niente da allora non è niente
appunto
e così sia.
Letture
Natura morta
Si sfila, mente d’arancia polposa
e nuda nel rumore della luce
rimane.
Già si apre, melograno succoso
che ha la calda musica nei grani.
L’uva è un paradiso imperfetto
ammiccante
e quel cartoccio di foglie ricorda
la terra che il nero e l’ombra raccoglie
placando al fine ogni movenza.
A proposito di un viso
È rotondo, eppure ovale, eppure quadrato
ha un fondo di bruttezza nella bellezza abbagliante
carnosa bocca di petalo
nello scirocco dei cardi.
È un naso la cui dolcezza è spudorata.
Il languore apre il suo sguardo all’inquietudine
e la fronte si fa fragore confortante.
Tutto si rabbuia in questo viso
eppure risplende
a volte ha un passo di onda
irrequieta, imprendibile
che avanza per mostrarsi generosa
e quindi si ritrae.
Principessa
Il suo cuore mugghiava
arazzo gigliato in tempesta tra i cardi
e le onde smagliavano la stoffa
non più scimmia, non più liocorno
dama smerigliata di leopardo
pallida si perdeva e del castello
solo un’imago di tuono restava.
Queste tue mani d’acqua
Queste tue mani d’acqua
sono il delirio, peso che trascina
mani che mi reggono e mi ruotano:
divengo un mappamondo.
Queste tue mani al galoppo
docili come due occhi azzurri
mani continente nella rosa dei fulmini
e io oceano nel moto perenne.
Reinventami ancora, sarò penisola
accessibile, madido colle
forma dell’onda che crea.
Petrolio
Le tue coscie di petrolio
aprono crepe nel buio della terra
i lapilli dei polpacci
hanno una furia senza più memoria.
Le braccia emanano onde radio
e non conosce sosta e s’innalza
il canto dei muscoli.
Ribolle l’acqua al contatto delle spalle
il platino dei fianchi la consuma.
Tutto il tuo corpo si solleva
sopra ai pensieri di nebbia.
Come una sfera celeste sei complesso
un denso, fondente mistero
la forma del tempo perduto.
Intenzioni feroci
Ci sono intenzioni che superano l’impotenza dell’urlo e
si espandono per emanazione oltre il volere del mondo,
oltre il significativo silenzio dei sassi, il gorgoglio delle
cattedrali, il battere dei cuori.
Ci sono intenzioni feroci che superano il volere dell’uomo, insulti sfrenati come capricci che intossicano l’aria,
rendono grigia la pelle.
Ci sono minuscole intenzioni private che pungono gli occhi, pizzicano il ventre.
Feroce è la tua intenzione di fuga per sentieri noti. Tra
gli artigli dei distacchi le nostalgie grondano sangue.
Hanno solide tombe e malinconiche lapidi gli amori sfibrati, sepolti coi loro misteri.
Orfani
Questa mia vita spezzettata
questi ricordi spettinati
angioli, orfani alati
piccoli gatti abbandonati
questi orfanelli senza città
e senza mare
senza più desideri da sognare
orfani sono di memoria.
Privati a monte della storia
orfani della cultura e della lingua:
un’esistenza circoscritta
e raminga
li apetta.
Orfani di padre e di madre
s’arrabattano ed attendono
senza più un codice civile
piccoli, poveri
attendon di morire.
Panorama 35
Libri
Ne Il figlio perduto Diego Zandel ripropone la vicenda trattata in Una storia istriana
Tragedia dal sapore verghiano
di Mario Simonovich
C
rocchi di gente silenziosa
nell’aria ottobrina, un parlottare che indica un’attesa densa
di tensione, uomini e donne separati,
come allora si usava. Siamo ad Albona negli anni fra le due guerre, come
si vedrà dalla rapida visita del federale, che la gente recepisce essenzialmente come uno sbattere di portiere
e parole d’ordine gridate da più parti. Se si è scomodato di persona è
chiaro che il motivo è serio: sottoterra, a quello che nel gergo minerario è definito l’orizzonte diciotto,
un crollo ha bloccato due squadre,
dieci uomini. Da due giorni stanno
al buio, probabilmente con l’acqua
fino alla pancia, nell’attesa di soccorsi. Sopra, sul piazzale, familiari
e parenti giunti non solo da tutto il
circondario ma anche fin da Fiume,
non possono che scambiarsi trepide domande. Gli uomini, secondo l’uso del tempo, possono anche
ubriacarsi alla vicina osteria e rifare ogni tanto, attraverso il vino, gli
elenchi dei compagni che, da quelle gallerie sono tornati in superficie
solo da morti. Le donne, no, neppure questo possono. Si limitano a
stare in crocchi, scambiarsi poche
parole a bassa voce e sospirare,
nell’attesa di qualche notizia.
Comincia così Il figlio perduto, sottotitolo La mia storia dalla terra d’Istria (Alacràn Edizioni
2010), il romanzo breve con cui Diego Zandel ripropone la vicenda già
trattata in “Una storia istriana” (Rusconi, 1987). Personaggio di centro è
Sime, un uomo alto, dai baffi biondi
e i capelli gialloargentei. Vuol parlare con Maria, la moglie di suo fratello Antonio, qui giunta da Fiume perché anche il fratello di lei è sottoterra,
fra gli sventurati. Più che serio l’argomento: non avendo figli, Sime è
venuto a chiedere alla donna di cedergli uno dei sette che ha avuto da
Antonio.
La risposta positiva, peraltro maturata successivamente, attraverso
un rituale a quel tempo inevitabile,
36 Panorama
specie nelle campagne, e applicato
pertanto, sia pure con una certa levità, anche negli ambienti familiari
e parentali, costituirà l’ossatura della vicenda successiva. Ci troveremo
così di fronte a un fatto unico, ma visto da tre diverse angolature. Quella dell’uomo che finalmente, a cinquant’anni, può soddisfare il proprio
istinto alla paternità, tanto più sentito in quanto trova corpo nei confronti di un nipote, un essere che è “san-
gue suo”. Quella della moglie che,
travagliata da una duplice sofferenza,
un’invalidità alla gamba per una caduta sul ghiaccio da bambina, e l’impossibilità di avere figli, ora, in aggiunta ora è costretta a condividere
con il ragazzo anche il marito. Quella
dell’adolescente infine che, dalla città in cui aveva vissuto finora, si ritrova d’un tratto sbattuto in campagna, a
contatto con un mondo che, seppur in
precedenza conosciuto e frequentato
durante le vacanze scolastiche, solo
ora gli appare in tutta la sua durezza oggettiva, fatta di un lavoro faticoso e improcrastinabile e, quel che
è peggio, si prospetta come il punto
d’arrivo di una vita che offre quale
assai poco consolante e unico premio
un pezzo di terra e una casa di contadini.
Non bastassero i travagli interni dei tre protagonisti, sulla vicenda,
collocata con molta precisione in un
Albonese di cui sono ben evidenziate
le tradizioni slave, si stende il sudario
di una visuale retriva che, in una sorta di cavalleria rusticana, è ben pronta a punire, financo nel sangue, colui che sgarra. Nessuno mostra una
qualche solidarietà verso Sime per
tutto il tempo in cui è proteso a riempire il vuoto che gli deriva dalla
mancata paternità. Nessuno pensa
di dovergli una particolare gratitudine quando si offre volontario per
salvare i minatori bloccati sottoterra. Però, anni dopo, nel momento
in cui, dopo un travaglio che non
può non segnare ogni uomo che
sia veramente tale, in primo luogo
a causa della tremenda conclusione dell’idea di dare un compenso
al fratello per la cessione del figlio,
egli si è adoperato a ricominciare
daccapo per trovare una soluzione che si prospetti veramente duratura, la società che lo circonda si
sentirà chiamata a reagire al supposto onore offeso. sorte decide
altrimenti. Il colpo di un’arma da
fuoco sparato solo un attimo dopo
che ha saputo che quel suo anelito
alla paternità è stato alfine appagato grazie alla generosità di un’altra donna, segnerà per lui una svolta senza ritorno. La sua ultima scelta,
va detto con onestà, aveva penalizzato duramente la moglie zoppa, tuttavia la reazione del parentado offeso
aveva nel contempo espresso molto di più: l’assolutizzazione di valori
che se fino a quel momento si erano
magari tramandati da secoli, solo pochi anni dopo sarebbero stati del tutto
dimenticati.
In sintesi: libro di certo aspro,
come hanno detto autorevoli critici.
Ma soprattutto libro che fa pensare e
che ha un’ossatura tale che lo rende
idoneo a una trasposizione teatrale.
Sarebbe bene farci un pensierino. ●
Concorsi
BANDO DI CONCORSO
per le Scuole Elementari
In occasione del 10° anniversario della sua fondazione -14 aprile 2000/14 aprile 2010 - la Mailing
List “HISTRIA” con il patrocinio dell’Associazione per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel
Lazio e dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel
Mondo bandisce un concorso strutturato in due sezioni A e B.
SEZIONE A CONCORSO
“MAILING LIST HISTRIA”
A questa sezione del concorso sono invitati a partecipare gli allievi delle Scuole Elementari Italiane
( SEI ) che hanno sede in Croazia e Slovenia e quelli delle Scuole Elementari Croate, Slovene e Montenegrine (‘Osnovna škola’) che conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta e
istriota.
Il Concorso è articolato in due categorie di concorrenti :
1) lavori individuali
2) lavori di gruppo
Per ogni categoria verrà premiato il saggio più
significativo.
Il Concorso ML “HISTRIA” 2010 prevede la
possibilità di svolgere, a scelta, esclusivamente una
sola delle tracce proposte per ogni categoria:
LAVORI INDIVIDUALI:
Traccia 1: ”Scrivi una lettera ad un amico straniero immaginario e raccontagli quello che ti
pare”
Traccia 2: ”Io allo specchio, come sono e come
vorrei essere”
Traccia 3: ”Raccontaci una giornata con il tuo
animale preferito”
LAVORI DI GRUPPO:
Traccia 1: ”Una gita scolastica”
Traccia 2: ”Visita a un museo”
Traccia 3: ”Un libro, una favola o un racconto
che ti è piaciuto”
I testi dovranno essere redatti in lingua italiana o
in uno dei dialetti romanzi parlati in Croazia, Slovenia e Montenegro.
È considerato lavoro di gruppo l’elaborato svolto
da almeno due persone.
I temi potranno essere inviati:
- personalmente dagli autori/autrici
- tramite le rispettive Scuole
- tramite le locali Comunità Italiane
38 Panorama
I testi, con i dati dell’Autore/Autrice o Autori/
Autrici (generalità, recapito, classe, scuola frequentata e numero di telefono), identificati da un “MOTTO” dovranno pervenire alla Segreteria della Mailing List “HISTRIA” per posta elettronica all’indirizzo [email protected] o in alternativa a [email protected] o cnapichwegg@
libero.it oppure si può inviare il tutto per posta raccomandata alla
Segreteria dell’8° Concorso
Mailing List HISTRIA
2010 c/o
Maria Rita COSLIANI
Via Zara, 8/3 - 34170 Gorizia - Italia
Tutti i lavori, inviati sia per posta elettronica che
per posta raccomandata, saranno ammessi soltanto
se INVIATI entro il 31 marzo 2010. Nel caso di
spedizione tramite posta raccomandata farà fede la
data indicata sul timbro postale.
Si precisa che ogni singolo concorrente può partecipare solo con un unico lavoro.
In caso di omonimia il Motto verrà numerato progressivamente dagli Organizzatori in base alla data
di arrivo.
La Segreteria della Mailing List HISTRIA, invierà alla Commissione di valutazione esclusivamente i testi identificati dal “MOTTO” corrispondente
e comunicherà alla Commissione stessa i dati dei
Concorrenti solo al termine della valutazione.
Tutti i testi partecipanti al concorso verranno
pubblicati sul sito Internet ”HISTRIA” http://www.
mlhistria.it e sul sito collegato ”ADRIATICO CHE
UNISCE” http://www.adriaticounisce.it dedicato
al concorso letterario indetto da
ML Histria. Inoltre verrà pubblicato un libro, dedicato interamente al concorso letterario ML Histria, che verrà consegnato in omaggio ai ragazzi
partecipanti, alle scuole e alle Comunità. Gli autori,
pertanto, con la loro partecipazione autorizzano la
pubblicazione dei loro elaborati a titolo gratuito sia
nel libro che nel sito.
In occasione del X Raduno della Mailing List
“HISTRIA”, che si svolgerà a Sissano d’Istria nella primavera del 2010, saranno effettuate le premiazioni ufficiali.
Ai vincitori della 1ª categoria (lavori individuali)
saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 150, al 2° classificato Euro 100, al 3° classificato Euro 75
Ai vincitori della 2ª categoria (lavori di gruppo)
saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classifica-
Concorsi
to Euro 100 più una coppa, al 2° classificato Euro
75 più una coppa, al 3° classificato Euro 50 più una
coppa
A tutti gli autori dei testi verrà consegnato un attestato di partecipazione, mentre ai vincitori un diploma, inoltre verrà consegnato un attestato di merito agli insegnanti; la Commissione escluderà dal suo
esame i testi non allineati con lo spirito del Manifesto della ML “HISTRIA” allegato al presente Bando
di Concorso e quelli evidentemente non originali.
Il premio in denaro potrà essere ritirato solo dal
diretto interessato o da altri purché munito di delega
scritta e firmata dal vincitore e fotocopia di un documento di identità del vincitore stesso. In tutti gli
altri casi è prevista la perdita del premio.
Fanno eccezione a questa regola gli autori dei
temi residenti nella Dalmazia in Croazia e Montenegro i cui premi verranno ritirati da un qualificato
rappresentante dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel Mondo presente al momento della premiazione.
I nomi dei componenti la Commissione, in maggioranza membri della Mailing List “HISTRIA”, saranno resi noti dopo la data di consegna degli elaborati.
SEZIONE B CONCORSO
“ASSOCIAZIONE
NEL MONDO”
DALMATI
Traccia 2: “Io allo specchio, come sono e come
vorrei essere”
Traccia 3: ”Raccontaci una giornata con il tuo
animale preferito”
assegnerà un premio speciale agli allievi delle
Scuole Elementari situate nell’antica Dalmazia, da
Cherso e Veglia fino ai confini con l’Albania, che
conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di
origine veneta/romanza partecipanti al Concorso.
I premi saranno assegnati agli alunni delle Scuole elementari situate nei luoghi storici della Dalmazia in Croazia (1ª- 8ª classe) e agli alunni delle Scuole elementari situate nei luoghi storici della
Dalmazia in Montenegro (“Osnovna škola” dalla 1ª
all’8ª classe) che partecipano alla SEZIONE A, CATEGORIA 1 “lavori individuali”.
Per i lavori individuali vi sono due categorie di
concorso:
a) Scuola elementare situata nei luoghi storici
della Dalmazia in Croazia (1ª- 8ª classe)
b) Scuola elementare situata nei luoghi storici
della Dalmazia in Montenegro
(“Osnovna škola” dalla 1ª all’8ª classe)
Ai vincitori di ogni Categoria saranno assegnati
i seguenti premi: al 1° classificato Euro 100, al 2°
classificato Euro 75, al 3° classificato Euro 50
ITALIANI
L’associazione “Dalmati italiani nel mondo” ai
partecipanti della prima categoria del concorso ML
Histria dedicata ai lavori individuali con le tracce:
Traccia 1: ”Scrivi una lettera ad un amico straniero immaginario e raccontagli quello che ti
pare”
I testi dovranno essere redatti in lingua italiana
o nel dialetto di origine veneta/romanza parlato in
Croazia e Montenegro.
Le modalità e i tempi di spedizione degli elaborati sono i medesimi del concorso SEZIONE A.
La commissione di valutazione, i tempi e le modalità operative della stessa saranno i medesimi del
concorso SEZIONE A.
BANDO DI CONCORSO
per le Scuole Medie Superiori
In occasione del 10° anniversario della sua fondazione -14 aprile 2000 / 14 aprile 2010 - la Mailing
List “HISTRIA” con il patrocinio dell’Associazione per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel
Lazio e dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel
Mondo bandisce un concorso strutturato in due sezioni A e B.
SEZIONE A CONCORSO
“MAILING LIST HISTRIA”
A questa sezione del concorso sono invitati a partecipare gli allievi delle Scuole Medie Superiori Italiane (SMSI ) che hanno sede in Croazia e Slovenia
e quelli delle Scuole Medie Superiori Croate, Slovene e Montenegrine (“Srednja škola”) che conoscano
la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta e istriota.
Il Concorso è articolato in due categorie di concorrenti :
1) lavori individuali
2) lavori di gruppo
Per ogni categoria verrà premiato il saggio più
significativo.
Il Concorso ML “HISTRIA” 2010 prevede la
possibilità di svolgere, a scelta, esclusivamente una
sola delle tracce proposte per ogni categoria:
Panorama 39
Concorsi
LAVORI INDIVIDUALI:
Traccia 1: ”Un altro confine sta per cadere: la
Croazia nell’ U.E. prospettive e paure”
Traccia 2: ”Crescere bilingui, vantaggi e conseguenze”
Traccia 3: ”Chiudo gli occhi e ascolto la musica di…..”
LAVORI DI GRUPPO:
Traccia 1: ”Come preservare i centri storici dal
degrado e dall’assalto indiscriminato delle novità?”
Traccia 2: ”Essere istriani (fiumani o dalmati)
oggi. Noi istriani (fiumani o dalmati) chi siamo”
Traccia 3: ”Cosa provi viaggiando nelle città
d’arte in Italia pensando che chi ha costruito quelle
meraviglie parlava la tua stessa lingua?”
I testi dovranno essere redatti in lingua italiana o
in uno dei dialetti romanzi parlati in Croazia, Slovenia e Montenegro.
È considerato lavoro di gruppo l’elaborato svolto da almeno due persone.
I temi potranno essere inviati:
- personalmente dagli autori/autrici
- tramite le rispettive Scuole
- tramite le locali Comunità Italiane
I testi, con i dati dell’Autore/Autrice o Autori/
Autrici (generalità, recapito, classe, scuola frequentata e numero di telefono), identificati da un “MOTTO” dovranno pervenire alla Segreteria della Mailing List “HISTRIA” per posta elettronica all’indirizzo [email protected] o in alternativa a [email protected] o cnapichwegg@
libero.it oppure si può inviare il tutto per posta raccomandata alla
Segreteria del 8° Concorso
Mailing List HISTRIA 2010
c/o Maria Rita COSLIANI
Via Zara, 8/3 - 34170 Gorizia - Italia
Tutti i lavori, inviati sia per posta elettronica che
per posta raccomandata, saranno ammessi soltanto
se INVIATI entro il 31 marzo 2010. Nel caso di
spedizione tramite posta raccomandata farà fede la
data indicata sul timbro postale.
Si precisa che ogni singolo concorrente può partecipare solo con un unico lavoro.
In caso di omonimia il Motto verrà numerato progressivamente dagli Organizzatori in base alla data
di arrivo.
La Segreteria della Mailing List HISTRIA, invierà alla Commissione di valutazione esclusivamente i testi identificati dal “MOTTO” corrispondente e comunicherà alla Commissione stessa i dati dei
Concorrenti solo al termine della valutazione.
Tutti i testi partecipanti al concorso verranno
pubblicati sul sito Internet ”HISTRIA” http://www.
40 Panorama
mlhistria.it e sul sito collegato ”ADRIATICO CHE
UNISCE” http://www.adriaticounisce.it dedicato
al concorso letterario indetto da
ML Histria.
Inoltre verrà pubblicato un libro, dedicato interamente al concorso letterario ML Histria, che verrà
consegnato in omaggio ai ragazzi partecipanti, alle
scuole e alle Comunità. Gli autori, pertanto, con
la loro partecipazione autorizzano la pubblicazione
dei loro elaborati a titolo gratuito sia nel libro che
nel sito.
In occasione del X Raduno della Mailing List
“HISTRIA”, che si svolgerà a Sissano d’Istria nella primavera del 2010, saranno effettuate le premiazioni ufficiali.
Ai vincitori della 1ª categoria (lavori individuali)
saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 150, al 2° classificato Euro 100, al 3° classificato Euro 75
Ai vincitori della 2ª categoria (lavori di gruppo)
saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 100 più una coppa, al 2° classificato Euro
75 più una coppa, al 3° classificato Euro 50 più una
coppa
A tutti gli autori dei testi verrà consegnato un attestato di partecipazione, mentre ai vincitori un diploma, inoltre verrà consegnato un attestato di merito agli insegnanti; la Commissione escluderà dal suo
esame i testi non allineati con lo spirito del Manifesto della ML “HISTRIA” allegato al presente Bando
di Concorso e quelli evidentemente non originali.
Il premio in denaro potrà essere ritirato solo dal
diretto interessato o da altri purché munito di delega
scritta e firmata dal vincitore e fotocopia di un documento di identità del vincitore stesso. In tutti gli
altri casi è prevista la perdita del premio.
Fanno eccezione a questa regola gli autori dei
temi residenti nella Dalmazia in Croazia e Montenegro i cui premi verranno ritirati da un qualificato
rappresentante dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel Mondo presente al momento della premiazione.
I nomi dei componenti la Commissione, in maggioranza membri della Mailing List “HISTRIA”, saranno resi noti dopo la data di consegna degli elaborati.
SEZIONE B CONCORSO
“ASSOCIAZIONE
NEL MONDO”
DALMATI
ITALIANI
L’Associazione “Dalmati italiani nel mondo” ai
partecipanti della prima categoria del concorso ML
Histria dedicata ai lavori individuali con le tracce:
Traccia 1: “Un altro confine sta per cadere: la
Croazia nell’ U.E. prospettive e paure”
Traccia 2: ”Crescere bilingui, vantaggi e conseguenze”
Concorsi
Traccia 3: ”Chiudo gli occhi e ascolto la musica di…..”
assegnerà un premio speciale agli allievi delle
Scuole Medie Superiori situate nell’antica Dalmazia, da Cherso e Veglia fino ai confini con l’Albania, che conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta/romanza partecipanti al Concorso.
I premi saranno assegnati agli alunni delle Scuole Medie Superiori situate nei luoghi storici della
Dalmazia in Croazia e agli alunni delle Scuole Medie Superiori situate nei luoghi storici della Dalmazia in Montenegro (“Srednja škola”) che partecipano alla SEZIONE A, CATEGORIA 1 “lavori individuali”.
Per i lavori individuali vi sono due categorie di
concorso:
a) Scuola media superiore situata nei luoghi storici della Dalmazia in Croazia
b) Scuola media superiore situata nei luoghi
storici della Dalmazia in Montenegro (‘”Srednja
škola”)
Ai vincitori di ogni Categoria saranno assegnati
i seguenti premi: al 1° classificato Euro 100, al 2°
classificato Euro 75, al 3° classificato Euro 50.
I testi dovranno essere redatti in lingua italiana
o nel dialetto di origine veneta/romanza parlato in
Croazia e Montenegro.
Le modalità e i tempi di spedizione degli elaborati sono i medesimi del concorso SEZIONE A.
La commissione di valutazione, i tempi e le modalità operative della stessa saranno i medesimi del
concorso SEZIONE A.
Premio speciale «ASSOCIAZIONE PER LA CULTURA FIUMANA, ISTRIANA E DALMATA NEL LAZIO»
L’Associazione per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio offre un premio di Euro 150 per
l’elaborato che meglio valorizza la permanenza della cultura istriana, fiumana, quarnerina e dalmata romanza di stampo autoctono.
Premio speciale «ISTRIA EUROPA»
Il periodico degli esuli polesani europeisti “ISTRIA EUROPA”, diretto da Lino Vivoda, offre Euro 100
per il tema dal titolo ”Un altro confine sta per cadere: la Croazia nell’U.E. Prospettive e paure” che più
si avvicina agli ideali del periodico, per un’Europa senza confini e con ampie autonomie alle regioni storiche.
La Presidenza del Concorso MLH
16 gennaio 2010
MANIFESTO PROGRAMMATICO ML HISTRIA
La ML Histria, sorta per preservare e tutelare
l’identità culturale istriana, fiumana, quarnerina e
dalmata di carattere italiano, in base allo spirito
multietnico dei nostri tempi e svincolata da ogni appartenenza partitica, intende promuovere rapporti
di collaborazione con TUTTI gli istituti e TUTTE
le organizzazioni che operano nell’attuale regione
istriana, fiumana, quarnerina e dalmata, territorio
attualmente diviso tra gli Stati Nazionali d’Italia,
Slovenia, Croazia e Montenegro, al fine di studiare,
custodire e sviluppare l’identità culturale specifica
dei territori regionali sopraindicati.
La ML Histria consapevole dell’ineludibile realtà che vede attualmente nella regione la prevalenza
della componente slovena e croata rispetto ad altre
componenti storiche, come quella italiana, ha per
finalità far conoscere e promuovere questa componente ora minoritaria e conseguentemente valorizzare l’identità della Comunità Nazionale degli Ita-
liani in Slovenia, Croazia e Montenegro, cercando
di sensibilizzare soprattutto i cittadini ed i mezzi
d’informazione italiani.
A questo scopo sollecita la collaborazione di tutti per il superamento d’ogni anacronistica contrapposizione storica tra gli uomini e gli Stati europei
di Italia, Slovenia, Croazia e Montenegro al fine di
ricostruire insieme la storia, soprattutto il futuro,
della regione nel pieno rispetto di tutte le culture in
essa storicamente presenti.
La ML Histria riconosce pertanto la necessaria
complementarietà di queste etnie che un secolare
percorso formativo, venutosi a distillare in quelle
terre, ha visto unite in stretti rapporti d’interdipendenza dando vita ad uno “specifico culturale” che,
per la sua stessa natura, non può rinunciare a nessuna di queste componenti senza perdere parte significativa della sua originaria identità storica e
culturale.
Panorama 41
JKL Il canto del disincanto
di Silvio Forza
Amore, salute totale o pazzia assoluta?
I
n materia d’amore tutti sappiamo
scrivere, ma nessuno sa leggere, ha
detto Dino Segre: a San Valentino
l’amore monopolizza pensieri e parole,
delusioni e speranze. Disincantatamente poco adatto alla “segriana lettura”,
mi adeguerò scrivendone.
Chi amiamo? Amiamo i figli, i genitori, i parenti, gli amici e il senso d’appartenenza (il greco storge) che ne deriva. Amiamo il sapere (agape) e la conoscenza (il Simposio di Platone), le
nostre idee, i nostri progetti, amiamo
gli ideali politici, la patria, la terra (il
photos ed il thelema verso il quale aneliamo), amiamo ciò che è bello, buono,
giusto, utile, divertente, ciò che ci nutre
lo spirito (le varie philie). Amiamo Dio
e gli altri. Nei vari tipi d’amore il piacere, di per sé egoisticamente irresponsabile e irrazionale, spesso finisce per
accompagnarsi alla responsabilità, alla
razionalità, non di rado con motivazioni etiche. Vari tipi d’amore cui tuttavia
manca l’eros, cioè quell’amore sessuale che, considerata la recente Giornata degli Innamorati, terrà banco nelle
prossime righe.
In termini filosofici, una delle migliori definizioni dell’amore è di certo
quella di Adorno per il quale “l’amore è
la capacità di avvertire il simile nel dissimile”; molto più ottimista (o irresponsabile!?) appare Sant’Agostino che
sentenzia “ama e fà ciò che vuoi”. Personalmente ritengo che l’amore sia un
irrefrenabile desidero di dare che non
può compiersi se (per anteros, cioè per
“amore corrisposto”) non viene soddisfatto l’irrefrenabile desidero di ricevere che si avverte simultaneamente.
L’amore dovrebbe iniziare con la capacità di amare se stessi (come pretendiamo di piacere agli altri se, nonostante tutta l’autoreferenziale elevata comprensione e tolleranza, non piacciamo
a noi stessi?), anche perché, come nota
spavaldamente Oscar Wilde, “amare se
stessi è l’inizio di un idillio che dura
tutta la vita”.
Fatto questo, dovremmo metterci gli
occhiali rosa nella certezza che l’anima gemella esista, magari credendo
nell’amore a prima vista (che per Roberto Gervaso il più delle volte è soltanto una “svista”) sicuri che, come dice
Balzac, “c’è tutta una vita in un’ora
d’amore”, che baciare le amate labbra
voglia dire bere “soffio della vita” (No-
58 Panorama
valis) e che il piacere sia destinato a durare in eterno. In quella fase nessuno sarebbe disposto a credere ad Emily Dickinson che constata amaramente come
“per un’ora diletta / anni d’amari compensi / centesimi strappati con dolore /
scrigni pieni di lacrime”, oppure a Gibran che dice “Il piacere è un canto di
libertà. / Ma non è libertà”. E si sta ancor meglio se l’amore è stato conquistato a fatica perché, come dice Cervantes,
“Ben è ragionevole e giusto che Amore
venda a caro prezzo le sue glorie, poiché non ha il mondo miglior tesoro”. E
siamo felicissimi e orgogliosi del fatto
che l’amore si possa considerare, come
lo fa Lucio Battisti, “Un gesto pazzo,
come rompere una noce con il mento
sopra il cuore”. L’amore s’impadronisce dei pensieri dove si trasforma, fin
che dura, in altro miele e fa dire delle
sciocchezze, “Poiché il ricordo del dolce tuo amore porta seco / tali ricchezze, che non vorrei scambiarle con un
regno” (Shakespeare), oppure “Questo amore / Così violento / Così fragile
/ Così tenero / Così disperato / Questo
amore / Bello come il giorno / E cattivo come il tempo / Quando il tempo è
cattivo / Questo amore così vero / Questo amore così bello… (Prevert), o ancora “Toglimi il pane, se vuoi, / toglimi
l’aria, ma / non togliermi il tuo sorriso”
(Neruda). E si diventa anche gelosi, dimenticando che se la gelosia ha motivo
d’esistere, allora non esiste più l’oggetto stesso della gelosia.
Poi arrivano i figli che, detto iperbolicamente, per la madri diventano
ragione di vita mentre per i padri sono
vita da tramandare, strumento di memoria. Poi il tempo passa e inizia a farsi
strada la consapevolezza che “L’amore è fuoco, ma non sai mai se scalderà il cuore o brucerà la tua casa” (Joan
Crawford), e davanti al prospettarsi
del fallimento del progetto “Due persone che diventano una” - meglio, con
Michelangelo, “S’un spirto, s’un voler duo cor governa; / S’un’anima in
duo corpi è fatta etterna” -, ci si consola credendo che con maggior maturità, dando retta al consiglio di Antoine de Saint-Exupéry (“Amore non è
guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”), si possa
dare nuovo vigore al sentimento. Invece, il più delle volte, quando nel dissimile non si trova più il simile, quando
l’amore comincia a trasformasi in indifferenza o persino in disprezzo o odio
per il partner che tanta gioia ci aveva
donato, viene da pensare che forse Shakespeare aveva ragione quando scriveva che “l’amore può dar forma e dignità
a cose basse e vili, e senza pregio, ché
non per gli occhi Amore guarda il mondo, ma per sua propria rappresentazione, ed è per ciò che l’alato Cupido viene
dipinto col volto bendato”. Così, quando si coglie che “L’amore è una malattia dell’immaginazione” (Gorki), e che
“L’amore è un castigo e veniamo puniti
per non essere riusciti a rimanere soli”
(Marguerite Yourcenar) ci si arrabbia
con se stessi. Poi si passa alla rivincita (“Sì, la bionda spesso / alla bruna assomiglia / infatti, l’una seduce come le
altre”, Goethe), al commento disincantato (“L’amore è attesa di una gioia che
quando arriva annoia” di Leo Longanesi) e all’autoironica rinuncia (“Amare e
farsi amare è un’attività complicata, soprattutto quando hai un brutto carattere, quando sei un po’ vecchio e un po’
grasso” di Philippe Starck).
Ora, poco importa se abbia ragione
Freud quando conclude che l’innamoramento coincide con una regressione,
oppure Alberoni, che nel suo “Innamoramento e amore” si dice convinto che
l’innamoramento sia invece l’inizio di
un percorso di crescita. Troppo spesso
fondato su idealizzazioni irrazionali e
abbellimenti vari (Dante vorrebbe che
davanti alla bellezza della donna “ogne
lingua deven tremando muta / e li occhi no l’ardiscon di guardare” mentre
per Petrarca “Non era l’andar suo cosa
mortale / ma d’angelica forma”) che
si accompagnano alla pretesa di essere ricambiati allo stesso modo, l’amore (che parte fisiologicamente - tra ormoni e istinto - come chimica e biologia ma che è destinato a superare il test
della trasformazione in economia e sociologia), se vuole sopravvivere, richiede quell’arte invocata da Erich Fromm
che la gran parte di noi è incapace di
esprimere. Ma forse, più che amare una
persona, amiamo inconsapevolmente
l’idea di amarla. È un’idea, è una cosa
nostra e dunque finiamo per amare noi
stessi. Ma per non far infuriare ulteriormente gli innamorati e le coppie felici,
diciamo pure che così come siamo nati
dall’amore, così all’amore siamo destinati. Buona fortuna. ●
Carnevale 2010 a Fiume
Gli scampanatori in ceramica
G
rande successo della “doppia mostra” allestita nel periodo di Carnevale al Museo degli scampanatori di Rucavazzo e alla nuova galleria di ceramiche “Isa” del laboratorio di Mučići. Nel
Museo, aperto due anni fa, hanno esposto pure le socie della “Romolo Venucci” della Comunità degli Italiani di Fiume. Scampanatori ed accessori dei costumi sono stati creati dalle valenti mani delle ceramiste della CI. La neonata Società
Interinova di Mattuglie ha così un nuovo spazio espositivo a Mučići, assieme al
bellissimo laboratorio di proprietà della
signora Ivna Safundžić che da anni collabora con la “Romolo Venucci” di Fiume.
(testo e foto di Ardea Velikonja)
La vicesindaco di Mattuglie, Eni Šebalj (al centro), e la signora Ivna
Safundžić (a sinistra) al Museo di Rucavazzo
Qui si creano oggetti
in ceramica di tutti i tipi
I campanacci
di Sanja Rupić
2 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5
Attraverso la cupola in vetro filtra il sole
La nuova galleria “Isa” a Mučići
Panorama 59
11.2.2010 13:42:02
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Panorama - EDIT Edizioni italiane