60 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 2-3 Anno LVII - N. 3 -15 febbraio 2010 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401 Panorama www.edit.hr/panorama Debito, corruzione... paurosa mascherata 11.2.2010 13:42:00 Carnevale 2010 a Fiume Gli scampanatori in ceramica G rande successo della “doppia mostra” allestita nel periodo di Carnevale al Museo degli scampanatori di Rucavazzo e alla nuova galleria di ceramiche “Isa” del laboratorio di Mučići. Nel Museo, aperto due anni fa, hanno esposto pure le socie della “Romolo Venucci” della Comunità degli Italiani di Fiume. Scampanatori ed accessori dei costumi sono stati creati dalle valenti mani delle ceramiste della CI. La neonata Società Interinova di Mattuglie ha così un nuovo spazio espositivo a Mučići, assieme al bellissimo laboratorio di proprietà della signora Ivna Safundžić che da anni collabora con la “Romolo Venucci” di Fiume. (testo e foto di Ardea Velikonja) La vicesindaco di Mattuglie, Eni Šebalj (al centro), e la signora Ivna Safundžić (a sinistra) al Museo di Rucavazzo Qui si creano oggetti in ceramica di tutti i tipi I campanacci di Sanja Rupić 2 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5 Attraverso la cupola in vetro filtra il sole La nuova galleria “Isa” a Mučići Panorama 59 11.2.2010 13:42:02 In primo piano Giornata del 10 febbraio: dove siamo e come muoverci in futuro Io ricordo, e il mio vicino? di Mario Simonovich G iornata del Ricordo. Solo qualche giorno fa l’abbiamo ricordata per la sesta volta. Sei anni non sono pochi se rapportati alla vita di un uomo. Si pensi che un bambino nato allora, al giorno d’oggi sarebbe pronto ad affrontare le prime fatiche scolastiche. Sei volte dunque, alimentate, manco a dirlo, dalle stesse polemiche, diatribe, conflitti, che partono dalla triangolazione statale Croazia-Slovenia-Italia per frammentarsi all’interno, nei partiti, associazioni, gruppi, fino ai singoli. In Italia, per motivi che certo non occorre esporre, i più scontenti sono gli esuli che si sentono traditi due volte e che non si peritano di far sentire la loro voce. Voce accorata, si sa, volta a sensibilizzare la gente e indurre i politici a prendere posizione. Una voce che non si è affatto persa nell’”ambiente patrio” visti gli echi che ha ottenuto anche ai più alti livelli. Il ricordo, checché se ne pensi, non è meno vivo nella parte della nazione italiana rimasta nelle terre degli avi. Ma se quello “italiano” ha dovuto fare i conti in primo luogo con l’indifferenza, qui è costretto a misurarsi con uno specifico “negazionismo” che il potere si è adoperato a radicare indefessamente fin dal primo giorno. Tale atteggiamento, si può dire, non è cambiato in alcun modo dopo il mezzo secolo in cui si è esaurita la fase della “morte al fascismo-libertà ai popoli” messa in un canto da regimi che, bisogna ammetterlo, da un ventennio a questa parte si sforzano di percorre le vie di una democrazia intesa in senso classico. A questo negazionismo, nella popolazione di maggioranza si unisce di regola un non meno caparbio “giustificazionismo” a dire che, se ingiustizia c’è stata, tutte le cause andrebbero cercate nel male profuso a piene mani dal fascismo. Sull’entità del male non ci sono dubbi. Però è ancora tutto da dimostrare che in questo modo di possano giustificare tutte le esecuzioni, le intimidazio- ni, gli espropri, tutte le misure che nei modi più diversi hanno favorito l’esodo, o l’appropriazione di un grande patrimonio nel campo immobiliare, industriale o dell’infrastruttura. Facendo uno sforzo posso anche capire che il mio vicino di casa non se la senta di condividere con me la mia visuale specifica dell’ingiustizia. Ma questa ingiustizia è stata davvero tale da permettere a gente venuta da chissadove ad occupare alla fine della guerra ad esempio case situate in posizioni incantevoli, a viverci per mezzo secolo e poi a riscattarle a prezzi che sono ridicoli se rapportati con quelli usualmente in vigore sul mercato? Eppure oggi i loro discendenti hanno un pezzo di carta bollata che ne attesta la proprietà. Questa è stata una “transazione equa” o con la scusa del fascismo è stata avallata un’ingiustizia di senso opposto? Ma come prendersela con il mio vicino che, pur fruendo di certi benefici, è stato solo l’estrema propaggine della frusta che si è abbattuta qui sui vinti? Non si dovrebbe invece agire a livelli più alti? Assolutamente sì, se vogliamo fare qualcosa per migliorare la conoscenza dei fatti e instaurare una reale partecipazione. Parlando con gli istriani, anche quelli che vivono nei centri minori, spesso si sente dire che, usciti di casa s’imbattono non di rado in gente mai vista prima. Nessuna meraviglia: solo a Pola nell’ultimo quindicennio sono venute a stabilirsi circa 13 mila persone, a cui si aggiungono quelle che vivono qui pur figurando altrove. Ciò detto si capirà che, se non ci si muove con rapidità, sarà estremamente difficile far capire ai loro figli le componenti di fatti che esulano del tutto dal loro passato, verso il quale avranno giocoforza lo stesso atteggiamento che già ora le migliaia di stranieri stabilitisi in Italia nutrono ad esempio non solo nei confronti della Grande guerra ma anche nell’uccisione di Aldo Moro. ● Costume e scostume La Battana? Ininfluente Stavolta la gratifica di Igor Žic ci viene dal capitolo che Književna Rijeka dedica alle riviste letterarie a Fiume (Knjževni časopisi u Rijeci) dalle origini ad oggi. La prima, ricorda, fu la croata (ovviamente - diciamo noi) Neven, pubblicata nel 1858 (quando Fiume era da dieci anni in mano alla Croazia - aggiungiamo noi) e durata solo un anno, precisa lui (chissà perché? - ci chiediamo noi). Seguono quattro pagine sulla storia delle altre testate, in varie lingue, in questa “Fiume ungherese in cui i Croati parlavano italiano”. Così, ricorda fra l’altro, alle serate del Circolo letterario, fra gli altri, leggevano le proprie opere “Icilio Bačić, Arrigo Ricotti (…) Francesco Širola, Gino Širola, …” (perché non Frančeško e Djino? - ci chiediamo ancora noi). Infine le testate odierne con, fra parentesi, i redattori responsabili: “Književna Rijeka (Davor Velnić) Sušačka revija (Alen Čemeljić), Novi Kamov (Ljubomir Stefanović), Dometi (Goran Crnković) - assieme a La battana (Laura Marchig) del tutto ininfluente, limitata dalla lingua italiana - stanno su posizioni piuttosto prevedibili.” Insomma a tutt’oggi, l’esimio non si è accorto che già dallo scorso maggio La Battana ha un nuovo redattore capo. Se da questa affermazione si può dedurre il grado di serietà con cui ne ha letto ed analizzato i contenuti, il giudizio sopra espresso non può che lusingarci (concludiamo noi). Panorama 3 Panorama www.edit.hr/panorama Ente giornalistico-editoriale EDIT Rijeka - Fiume Direttore Silvio Forza PANORAMA Redattore capo responsabile Mario Simonovich [email protected] Progetto grafico - tecnico Daria Vlahov-Horvat Redattore grafico - tecnico Annamaria Picco Collegio redazionale Bruno Bontempo, Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, Mario Simonovich, Ardea Velikonja REDAZIONE [email protected] Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 051/228-789. Telefax: 051/672128, direttore: tel. 672-153. Diffusione: tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146 ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka) ISSN 1334-4692 Panorama (Online) TIPOGRAFIA: “Helvetica” - RijekaFiume, tel. 682-147 ABBONAMENTI: Tel. 228-782. Croazia: annuale (24 numeri) kn 300,00 (IVA inclusa); semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa); una copia kn 14,00 (IVA inclusa). Slovenia: annuale (24 numeri) euro 62,59 - semestrale (12 numeri) euro 31,30 - una copia euro 1,89. 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PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare (Trieste) EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a [email protected] Consiglio di amministrazione: Ezio Giuricin (vicepresidente), Ennio Machin, Franco Palma, Carmen Benzan, Doris Ottaviani, Orietta Marot, Fabio Sfiligoi 44Panorama Panorama Panorama testi N. 3 - 15 febbraio 2010 Sommario IN PRIMO PIANO Giornata del 10 febbraio: dove siamo e come muoverci in futuro IO RICORDO, E IL MIO VICINO? ... 3 di Mario Simonovich ATTUALITÀ Primo incontro tra Kosor e Berlusconi SOSTEGNO ALLA CROAZIA ........ 6 Progressi nel processo di avvicinamento all’Ue, però il quadro generale è nero DEBITO ESTERO: UNA PIETRA AL COLLO PER L’ECONOMIA ..... 7 Definito “il confine mobile”, è il paradigma delle tragedie del XX secolo GIORNO DEL RICORDO: STORIA CONDIVISA ...................... 8 ”Agromin”: valido programma di iniziativa comunitaria Interreg III A ALLA RISCOPERTA DI ANTICHI SAPORI E TRADIZIONI DIMENTICATE ............................... 10 a cura di Diana Pirjavec Rameša ITALIA “Legittimo impedimento”: la maggioranza esulta, l’opposizione grida “Vergogna” PER IL SERENO SVOLGIMENTO DELLE FUNZIONI DI GOVERNO ... 12 a cura di Bruno Bontempo ECHI DEL PASSATO L’arte farmaceutica a Zara in una ricerca di Zvonka Maria Zerial Detoni SPEZIALE: VALENTE E DILIGENTE ................................. 14 a cura di Giacomo Scotti SOCIETÀ La fuga delle donne dalla cucina è stata davvero un’azione liberatoria? IN PENTOLA E NEL DIALETTO LE TRACCE DEL PASSATO ........ 18 di Marino Vocci CINEMA E DINTORNI Dalle pellicole con gli occhialini come stampella a quelle intrinsecamente “umane” NO AD AVATAR, IL DOPPIO SÌ AD UN UOMO SOLO ................ 20 di Gianfranco Sodomaco ARTE Claudio Frank non vuol farsi cogliere impreparato dagli anniversari... IN ESPOSIZIONE I DIPINTI PER IL TREMILA ........................... 22 di Erna Toncinich ITALIANI NEL MONDO Lidia Bastianich si è aggiudicata una nomination all’Emmy Award ESULE POLESE AMBASCIATRICE DELLA CUCINA ITALIANA ........ 24 a cura di Ardea Velikonja MADE IN ITALY L’anno prossimo in mostra a Torino CAPITALI ITALIANE NEL MONDO ... 26 a cura di Ardea Velikonja REPORTAGE Bled: neve e vento fanno slittare il terzo Festival mondiale di volo in pallone QUELL’AGOGNATO GIRO IN MONGOLFIERA ....................... 28 di Ardea Velikonja LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA ”COLOURS” ................................... 34 di Laura Marchig LIBRI Ne “Il figlio perduto” Diego Zandel ripropone la vicenda di “Una storia istriana” TRAGEDIA DAL SAPORE VERGHIANO .................................. 38 di Mario Simonovich CONCORSI .................................... 38 MUSICA Duecento anni fa nasceva Frédéric Chopin IL COMPOSITORE CHE RIVESTÌ OGNI NOTA DI EMOZIONI ......... 42 a cura di Bruno Bontempo SPORT Morto tragicamente a soli 45 anni BALLERINI, UN UOMO PERBENE ... 44 Europei pallamano: Francia secondo pronostico, Croazia lodevole seconda LA CAVALLERIA DI LINO, IL... MACEDONE ........................... 45 Dopo Melbourne cambia qualcosa ai vertici del tennis mondiale FEDERER INATTACCABILE SUL TRONO, ČILIĆ SFIORA L’EXPLOIT .......... 46 Batte tutti i record alla Coppa d’Africa EGITTO, COME DA PRONOSTICO ... 47 a cura di Bruno Bontempo ARBOREA QUERCIA, DUREZZA DEGLI DEI ... 48 di Daniela Mosena MULTIMEDIA Alternativa all’Adobe Photoshop AKVIS ARTSUITE 5.0: UN INFINITO NUMERO DI EFFETTI ..................... 50 a cura di Igor Kramarsich RUBRICHE .................................... 52 a cura di Nerea Bulva IL CANTO DEL DISINCANTO ... 58 di Silvio Forza Agenda A Castellier Santa Domenica si studia all’elementare come lingua d’ambiente Insegnamento dell’italiano, importante opportunità I l Comune di Castellier Santa Domenica non ha una scuola elementare italiana: la nostra lingua viene studiata nell’ambito dell’elementare croata. E a dimostrazione di ciò i bambini si sono esibiti nel corso della recente visita fatta dal Console generale d’Italia, Fulvio Rustico, e dal presidente e direttore dell’UPT, Silvio Delbello e Alessandro Rossit, nonché dal presidente dell’UI, Furio Radin. I bambini, istruiti dall’insegnante Maja Šimonović, hanno pre- sentato recite e canzoni salutate da caldi applausi dei presenti. Il console si è rivolto loro dicendo: “Voi siete il fulcro europeo dell’infanzia croata, un altro esempio di come l’Istria con lo spirito sia in effetti già in Europa”. Il presidente dell’UPT, Silvio Delbello, si è detto “lieto di conostatare che iniziative di inserimento a scuola della lingua italiana come lingua d’ambiente non costituiscono più solo casi isolati”. Il presidente dell’UI, Furio Radin, ha ribadito infine che “non importa se nei programmi scolastici viene inserita come seconda lingua straniera. L’importante è che le giovani generazioni abbiano l’opportunità di imparare l’italiano”. ● Il riconoscimento le è stato conferito dall’Università «Juraj Dobrila» di Pola Nelida Milani Kruljac, professoressa emerita L a connazionale Nelida Milani Kruljac è la prima intellettuale della Comunità nazionale italiana in Croazia e Slovenia ad ottenere il titolo di professore emerito, in altre parole la massima nomina che si può conseguire nel mondo accademico. Il Senato dell’Università “Juraj Dobrila” di Pola ha infatti deciso di assegnarle questo alto riconoscimen- to per i suoi meriti scientifici e didattici, lavoro che lei ha fatto fino alla quiescenza, donando un grande contributo nel campo scientifico in primo luogo nella sociolinguistica. Elis Deghenghi Olujić, professore straordinario di Letteratura italiana del Dipartimento di Studi in lingua italiana, per l’occasione ha detto che “Questo è un dovuto riconoscimento ad una donna, ad una persona che ha dedicato la pro- pria vita all’insegnamento e alla ricerca”. Nella sua lunga attività linguistica Nelida Milani Kruljac tra l’altro si è occupata dello sviluppo della competenza comunicativa nei bambini bilingui, pubblicando vari saggi ed articoli su riviste specializzate. La cerimonia di consegna del diploma di professore emerito si terrà il 16 aprile prossimo.● Presentato il nuovo Dizionario del dialetto isolano realizzato da Silvano Sau Testimonianza preziosa di storia civile e religiosa C ome le lingue, anche i dialetti sono testimoni preziosi di storia civile e culturale, religiosa, territoriale: sono la risultanza dell’intelli- genza e della fatica, dell’intelletto e della cultura delle genti che li hanno parlati e ancora li parlano. Questa in sintesi la prefazione del nuovo “Dizionario del dialetto isolano” scritto da Silvano Sau, figura fondamentale della Comunità nazionale italiana, pubblicato dalle edizioni “Il Mandraccio”. “L’esistenza dei dialetti è il risultato di una storia antica e complessa. Come lo è anche quella istriana. E come lo è pure quella Isolana” conclude Sau. Il libro è stato presentato di recente a Palazzo Manzioli di Isola dinanzi ad un folto pubblico con ospite d’onore il Console generale d’Italia a Capodistria, Marina Simeoni. La pubblicazione contiene 5020 lemmi ed è arricchita dall’aggiunta in calce di 151 proverbi locali e da una serie di settantasei toponimi del circondario di Isola, molti dei quali oramai dimenticati. “Più che un dizionario è un’opera di consultazione, che mi auguro venga letta con divertimento e piacere” ha detto Silvano Sau alla presentazione.● Panorama 5 Attualitá Primo incontro tra Kosor e Berlusconi Sostegno alla Croazia a cura di Diana Pirjavec Rameša o avuto un importante incontro come quello che si può avere con il rappresentante di un Paese amico con cui vogliamo rafforzare le nostre relazioni», così il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha commentato l’incontro con il Primo Ministro della Croazia, Jadranka Kosor, a Villa Gernetto. “Nei nostri colloqui - ha continuato Berlusconi - abbiamo parlato del percorso verso l’Europa, della Croazia, che noi abbiamo sostenuto, sosteniamo e sosterremo. Le negoziazioni in ambito comunitario sono avanzate e pensiamo che entro la fine di quest’anno ci possa essere la dichiarazione ufficiale di candidato alla membership europea e che quindi l’adesione alla Ue possa avvenire entro il 2011”. Berlusconi ha quindi spiegato che con il Primo Ministro e con il Ministro dell’economia croati sono stati affrontati anche temi di natura economica: “Abbiamo affrontato temi che possono rafforzare la nostra collaborazione economica e commerciale. C’è un comitato già istituito che si è già riunito in luglio a Roma e che si riunirà prossimamente in Croazia e che cercherà di varare iniziative per il settore dell’energia, dell’ambiente, delle infrastrutture e dei trasporti”. “Per quanto riguarda «H la politica - ha proseguito il Presidente Berlusconi - ho espresso il nostro apprezzamento per la moderazione che è sempre stata quella del Governo croato e per la normalizzazione dei rapporti soprattutto con la Serbia che credo possa essere definitivamente risolta con l’ingresso di questi paesi nella Ue”. Da parte sua il Primo Ministro croato, Jadranka Kosor, ha ringraziato il Presidente Berlusconi per il sostegno che l’Italia ha dato e darà al suo Paese per il suo futuro ingresso nella Ue: “Siamo grati per l’appoggio dato dall’Italia al nostro Paese per l’ingresso nella Ue. È stato veramente un appoggio di particolare importanza”. Ha quindi sottolineato che nel corso del colloquio con il Presidente del Consiglio italiano sono stati affrontati anche temi di carattere economico per un interscambio con l’Italia: “Abbiamo affrontato temi di carattere economico per migliorare la nostra collaborazione. Abbiamo parlato anche di turismo e in particolare abbiamo studiato la possibilità di effettuare trasmissioni illustrative, sulle ricchezze dei nostri Paesi, per incrementare il turismo sia verso la Croazia, sia verso l’Italia. Nonostante la crisi economica ancora in atto nel mondo, in Croazia la presenza dei turisti italiani quest’anno è incrementata del 3 p.c.”. ● Croazia: discreti progressi n Debito ester S tando al rapporto dell’Agenzia Dun&Bradstreet, il debito estero della Croazia ha aumentato la vulnerabilità del Paesi agli shock esterni, simili a quello subito lo scorso anno in seguito alla crisi finanziaria che ha colpito alcuni Paesi occidentali. Nella sua relazione di febbraio, l’Agenzia assegna alla Croazia un voto pari a DB3d, classificandola tra i Paesi con alto fattore di rischio. Il rating di rischio di medio livello non cambia invece per tutti gli altri Paesi della regione, mentre la Slovenia conserva la valutazione più alta (DB2c). Secondo il rapporto il Paese ha come una sorta di “pietra al collo” che la spinge verso il basso. Secondo i dati della Banca Nazionale Croata il debito estero lordo nel 2008 è aumentato a 55,9 miliardi di dollari, il 15,1 p.c. in più rispetto al 2007. Stando alle stime di D&B, nonostante l’aumento dei vincoli per l’accesso al credito nel 2009, il debito estero totale è salito a 58,8 miliardi di dollari. Per quanto riguarda le previsioni per il 2010, il significativo disavanzo previsto nel bilancio dello Stato riporta il Governo dinanzi al dilemma dei suoi finanziamenti. Viene contemplata anche la possibilità che il Governo intavoli con il FMI un prestito stand-by, non potendo accedere a delle linee di credito incondizionate. Tale accordo potrebbe comprendere delle condizioni di consolidamento del bilancio, sul quale il Governo sta già lavorando, ma potrebbe estendere ulteriormente la recessione. L’alternativa sarebbe quella di ottenere dei capitali sui mercati finanziari internazionali, anche se questi sono molto costosi e con condizioni stringenti, mentre la Croazia necessità di crediti con ampi tempi di rimborso alto proiettati nel lungo termine. Adesione Ue, notevoli progressi, però... Prima visita ufficiale del premier croato Jadranka Kosor al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi 6 Panorama Il Parlamento di Straburgo ha valutato positivamente gli sforzi profusi lo scorso anno dalla Croazia per rispettare i criteri d’adesione all’Ue. Attualitá el processo di avvicinamento all’Unione europea, però il quadro generale è nero o: una pietra al collo per l’economia Con la risoluzione elaborata da Hannes Swoboda il Parlamento sostiene che i negoziati di adesione possono essere conclusi nel 2010 e “il successo dell’adesione della Croazia darebbe un impulso positivo al processo di integrazione del resto della regione dei Balcani occidentali in Europa”. Il Parlamento, tuttavia, esprime preoccupazione per la diminuzione del sostegno all’adesione da parte dell’opinione pubblica croata e si chiede a Zagabria di “cooperare pienamente” con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) onde consentire l’accesso della Corte ai documenti da usare nei processi per crimini di guerra. Inoltre, è stato ribadito che l’accordo dell’11 settembre 2009 tra i primi ministri di Slovenia e Croazia sulle modalità di soluzione della controversia sui confini “ha dato un impulso all’apertura di tutti i rimanenti capitoli e a un rapido avanzamento dei negoziati di adesione” e si invita quindi il Consiglio a prendere al più presto una decisione sull’apertura del Capitolo 23 relativo al Settore giudiziario e ai diritti fondamentali. Dei 35 capitoli, 28 sono stati aperti e 17 sono stati provvisoriamente chiusi. Il Parlamento “constata che la restituzione delle proprietà confiscate durante la Secon- da guerra mondiale e sotto il regime comunista rappresenta tuttora un problema”, pur riconoscendo “che sono stati compiuti progressi verso la restituzione delle proprietà private occupate ai legittimi proprietari”. Incoraggiando la Croazia a perseverare negli sforzi volti a raggiungere e mantenere relazioni di buon vicinato, sollecita il Governo croato e i Governi dei paesi vicini “a intensificare il dialogo al fine di trovare soluzioni definitive a una serie di questioni bilaterali aperte”: la demarcazione dei confini, le persone scomparse, la restituzione delle proprietà e il ritorno dei rifugiati, nonché l’estradizione dei cittadini nei casi di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. OTP Bank-Podravka: contratti, segreto bancario Per la prima volta dopo che l’ungherese MOL ha confermato di aver offerto la sua garanzia a favore della Podravka per accedere al credito, che poi avrebbe utilizzato per un acquisto illecito di azioni proprie, ha reagito l’ungherese OTP Bank che ha curato la transazione. Laszlo Wolf, vicepresidente del Consiglio dell’istituto finanziario, ha detto che il contratto di credito con Podravka è stato concor- La Podravka resta all’odg dato secondo la normale prassi bancaria: tutti i dettagli circa le condizioni e le garanzie di restituzione del prestito sono state fornite dal principale finanziatore, la banca d’affari Merrill Lynch, dopo la costatazione che si trattava di un lavoro sicuro. Non ha voluto indicare l’importo del contratto, ma è stata ventilata la possibilità che vengano pubblicati i dettagli, come chiesto dal presidente uscente della Repubblica, Stjepan Mesić, e dal neoeletto Ivo Josipović. Crollo Croatia Airlines Un Dash 8-Q400 della Croatia Arilines, che lamenta gravi perdite La Croatia Airlines, per il secondo anno consecutivo, ha registrato risultati economici disastrosi. Le perdite per il periodo gennaio-settembre 2009 ammonterebbero a 93,87 milioni di kune, più 80 milioni di debito con gli aeroporti croati. A dicembre ha corso il rischio di perdere un Airbus 319, perché, non potendo pagare il mutuo, si sono attivati i meccanismi di garanzia. Per non mettere in vendita il velivolo, il Governo avrebbe pagato 13 milioni di euro. L’Amministratore delegato della compagnia, Ivan Mišetić, sostiene che l’unico modo per salvare la società è la privatizzazione, ma la decisione finale sull’argomento spetta al proprietario, cioè al Governo. ● Panorama 7 Attualitá È stato definito «il confine mobile» ed è il paradigma delle tragedie del XX secolo Giorno del ricordo: storia condivisa È stato definito “il confine mobile” e la sua storia è paradigma delle tragedie del XX secolo in Europa: è lo spazio di confine tra Italia, Slovenia e Croazia. Per approfondire la conoscenza delle vicende legate al questo confine, ripercorrere il passato e allargare la riflessione sul presente e sul futuro l’’Osservatorio Balcani’ e ‘Caucaso’ hanno realizzato il dvd “Aestovest. Storia, memoria e attualità di un’area di confine”, uno strumento didattico multimediale rivolto in particolare agli studenti delle scuole superiori italiane. Il dvd, navigabile on-line all’indirizzo http://aestovest.osservatoriobalcani.org/, si avvale dell’ausilio di testi, audio, video, fotografie, carte, cronologia, bibliografia e sitografia, ed estende l’analisi all’intera area confinaria tra Italia, Slovenia e Croazia, ovvero l’Alto Adriatico. Diviso in tre moduli, “AestOvest” ripercorre la storia, i luoghi della memoria, e l’attualità di questo spazio di confine europeo, segnato da memorie conflittuali ma anche dal procedere dell’integrazione europea. In tal modo il dvd si propone al mondo della scuola come uno strumento ricco di spunti per celebrare il “Giorno del Ricordo” che, istituito nel 2004 dal Parlamento italiano, cade ogni 10 febbraio. Particolare attenzione, nel contesto della tragica contrapposizione di tota- La ricorrenza, istituita nel 2004 dal Parlamento italiano, viene celebrata ogni 10 febbraio 8 Panorama litarismi e nazionalismi che hanno sfigurato l’Europa del Novecento, viene riservata alle questioni delle foibe e dell’esodo istriano-giuliano dalmata e molteplici sono i contributi che le illustrano: la scheda sulla foiba di Basovizza, quella sul campo profughi di Padriciano, con l’intervista a al presidente dell’Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota. Non mancano le testimonianze degli esuli istriano-giuliano-dalmati insediatisi in Trentino, tra cui i rappresentanti locali dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e ancora la scheda sul campo di internamento di Tito sull’isola di Goli Otok. Ma le iniziative con cui si vuole ricordare il 10 febbraio non si sono esaurite qui. Ce ne sono oramai a centinaia perché questa ricorrenza oggi grazie ad un’apposita legge fa giustizia a tutto il dolore e alla perdita affettiva, identitaria, materiale che gli esuli giuliano-dalmati hanno subito. L’Esodo è la ribellione contro le foibe, i saccheggi, l’imposizione di una lingua straniera, è la ribellione contro la perdita della propria identità . L’Esodo è stato un dramma di 350 mila persone che hanno abbandonato case ed averi pur di restare italiani e che in Italia per lunghi anni dopo l’esodo vivendo nei campi profughi hanno continuato a vivere. Da Fiume fuggirono 54 mila su 60 mila abitanti, da Pola 32 mila, da Zara 20 mila su 21 mila, da Capodistria 14 mila su 15 mila. Soltanto l’Esodo degli abitanti di Pola si svolse sotto la protezione inglese con navi italiane. Tutti gli altri istriani, fiumani e dalmati dovettero abbandonare le loro case e i loro averi sotto il controllo poliziesco dei partigiani slavi. Coloro che ottenevano il visto per la partenza potevano portare in Italia solo 5 kg di indumenti e 5 mila lire. Dopo lunghe settimane di attesa e dopo implacabili controlli, si poteva salire su un convoglio diretto al confine, cioè verso la libertà. Il viaggio era breve, ma diventava lungo per le continue verifiche dell’OZNA (la famigerata polizia segreta) che aveva occhi e orecchi, fino a Trieste. ”Nessuno - ha scritto Amleto Ballarini, presidente della Società di Studi Fiumani di Roma - era mai certo di arrivare alla meta. C’era sempre qualche infelice, ad ogni viaggio, che doveva scendere senza fiatare con tutti i suoi miseri bagagli, stretto da due agenti, e gli altri, muti, stavano là a guardarlo dai finestrini del treno mentre s’allontanava, curvo come Cristo sotto il peso della croce”. A moltissimi il visto venne negato per ragioni politiche, per vendetta, per odio, per non privarsi di personale specializzato, ma soprattutto perché ogni partenza era la conferma di una condanna per il nuovo regime. Ebbero inizio le fughe drammatiche, di giorno e di notte, fra le doline del Carso, attraverso passaggi clandestini noti solo ai contrabbandieri, fughe verso la libertà che spesso si concludevano tante vole con una tragedia: una raffica di mitra, lo scoppio di una mina o sul filo spinato. Cosa è cambiato a sei anni dall’istituzione del Giorno del ricordo? Tan- Il messaggio di Coda N el suo comunicato stampa Renzo Codarin, Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli, rileva: “Con la legge che nel 2004 ha istituito il ‘Il Giorno del Ricordo’ il 10 febbraio, il Parlamento della Repubblica, con l’appoggio delle forze fondamentali in esso presenti, ha inteso dare un rilievo e un riconoscimento solenne alla nostra biografia collettiva, quella dei giuliani, fiumani e dalmati di lingua italiana, come capitolo della nostra storia e dell’identità nazionale. Con quell’atto è diventato esplicito per la Nazione italiana l’invito a riflettere sulle ‘complesse vicende’ - come recita l’articolo primo della legge, che hanno segnato lungo tutto il ‘900, e prima, il confine orientale. Un ricordo e una riflessione che riguardano, dunque, tutti gli italiani, non solo gli esuli o solo uno schieramento politico: non di una parte Attualitá Molto si deve all’istituzione del “Giorno del ricordo”, che ha consentito di portare alla luce, dopo quasi 60 anni di silenzio, la natura e la portata delle vicende storiche che hanno riguardato gli esuli giuliano-dalmati to, anche perché il 10 febbraio è entrato nelle scuole di tutt’Italia ed anche le giovani generazioni vengono informate sulla valenza storica e formativa di questa ricorrenza. Da ricordare inoltre che in occasione della Giorno del ricordo 2009, il CDM e le sezioni provinciali di Trieste e Gorizia dell’ANVGD avevano commissionato un questionario dal titolo “Le foibe: percezione e conoscenza” al quale avevano risposto 1000 persone in tutt’Italia. L’indagine, condot- ta dall’Istituto di ricerche statistiche ‘Alan Normann’, ha dato un importante riscontro: ha provato che la consapevolezza dell’esodo e delle foibe, in pochi anni, è consistentemente aumentata nella popolazione italiana. Il 50 p.c. degli intervistati ha infatti affermato di “sapere con sicurezza di cosa si tratta”. Molto si deve, in questo processo, all’istituzione del Giorno del ricordo, che ha consentito di portare alla luce, dopo quasi 60 anni di silenzio, la natura e la portata del- le vicende storiche che hanno riguardato gli esuli giuliano-dalmati durante il secolo scorso. Un solo dato, rispetto alle altre risposte fornite dagli intervistati, sembra essere in disaccordo con le opinioni generali che evidenziano una discreta conoscenza dei temi affrontati: quasi il 30 p.c. del campione ha considerato l’esodo come “una migrazione in cerca di lavoro”. Un risultato che ha fatto riflettere sulla necessità di continuare a promuovere il percorso iniziato nel 2004. ● rin a nome della Federazione degli esuli dell’Italia, né una vicenda circoscritta nel tempo e nello spazio legata alla violenza dell’età dei nazionalismi e delle guerre europee, ma un atto di consapevolezza della Nazione italiana su quello che ha significato il ‘900 qui. Riguarda, dunque, la memoria, il profilo storico e l’identità degli italiani della costa orientale dell’Adriatico: memoria delle violenze prodotte, con le forsennate politiche di oppressione e di espansione, e delle violenze e dei torti subiti. Molto si sa ormai sulle foibe, basti pensare ai lavori di Valdevit, di Pupo e di Spazzali, e molto si sa sull’esodo anche se devono continuare il reperimento delle fonti con l’apertura di tutti gli archivi; ma ancora poco si sa e si è riflettuto sulle politiche che le autorità jugoslave hanno attuato per alterare in modo sistematico i connotati profondi della società istriana, fiumana e dalmata, lungo l’arco di più decenni e pur nel variare dei regimi politici. Ora nel clima politico e civile diverso che l’Europa ci ha aiutato a costruire e consolidare nel tempo, ora siamo in grado di guardare a tutto questo passato con una diversa consapevolezza: possiamo guardare senza velleità ma senza fatalistiche rinunce, con serietà agli strumenti culturali - in primo luogo per la scuola - che oggi sono a disposizione e dagli strumenti giuridici (indennizzi, beni abbandonati) che possono ancora sanare vecchie ingiustizie. Siamo in grado di fare tutto questo correttamente ed utilmente per tutti. Il mondo degli esuli ha capito molte cose, ha contribuito alla costruzione del Paese e dell’Europa ed ha ben chiari le responsabilità e il senso storico riguardante il ruolo che gli italiani dell’Istria, Fiume e della Dalmazia oggi possono avere nella costruzione di una nuova stagione per l’Adriatico. La nostra esperienza molto può dire sull’Europa del ‘900, con i suoi nazionalismi e totalitarismi e molto possono dire all’Europa di oggi, quella dell’unificazione e dell’integrazione”. ● Panorama 9 Attualitá Agromin: valido programma di iniziativa comunitaria Interreg III A Slove Alla riscoperta di antichi sapori e tradizio di Diana Pirjavec Rameša I l progetto “Agromin” è realizzato grazie al Programma di iniziativa Comunitaria Interreg III A Slovenia-Italia 2000-2006 dalle due minoranze presenti sul territorio transfrontaliero. Ha come obiettivo la valorizzazione integrata delle risorse locali esistenti sui due versanti del confine attraverso la conoscenza reciproca per un contributo fattivo alla gestione unitaria del territorio. Un’area, questa, che in passato è stata caratterizzata da problemi di comunicazione e da diversità di progettazione ma che ora alla luce dell’integrazione europea sta vivendo una vera e propria rinascita. “Con Agromin - spiega Flavio Forlani, presidente della Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana -, si vuole rafforzare la visibilità del territorio, favorire la valorizzazione dei prodotti tipici di qualità per stimolarne la produzione. La cultura e le tradizioni culinarie della popolazione dell’area transfrontaliera, spesso con aspetti molto simili, rappresentano una ricchezza che va sa- Altre attività importanti sviluppate intorno al progetto Agromin sono state le presentazioni ai mass media dell’area transfrontaliera delle pietanze tradizionali istriane e carsiche 10 Panorama pientemente promossa per riscoprire le peculiarità di una cucina genuina semplice ma al tempo stesso variegata. Con questo progetto si è riusciti a stimolare l’interesse nei confronti di un territorio che non può essere diviso da confini, ma gestito assieme con politiche comuni di tutela unitaria dell’area, sia per le risorse agrarie sia per quelle ittiche”. La copertina del prezioso volume “Lungo i sentieri tradizionali alla riscoperta degli antichi sapori” pubblicato nell’ambito del progetto Agromin “La lettura di questa pubblicazione offre una panoramica della realtà odierna agricola transfrontaliera illustrandone al contempo le interessanti origini storiche, dalle quali si può evincere che l’agricoltura di entrambe le comunità etniche ha presentato nel corso dei secoli immagini quasi speculari”, scrive nella nota introduttiva Alojz Debelis, Presidente dell’Associazione Regionale Agricoltori. Con il progetto “Agromin” si è voluto individuare e valorizzare congiuntamente alcune risorse del territorio transfrontaliero, con particolare attenzione alle produzioni locali e tradizionali quali il vino, l’olio di oliva, il miele i prodotti lattiero caseari, gli insaccati ma anche la frutta e la verdura. Al contempo si è inteso promuovere le pietanze e le abitudini culinarie istriane e carsiche. Il volume che accompagna il progetto è una guida ai prodotti del territorio, un percorso tra i produttori agricoli e del settore alimentare. Il progetto ha visto oltre alla realizzazione del volume anche la pubblicazione di un dizionario bilingue italiano-sloveno della terminologia tecnica legata al settore agricolo e di dépliant informativi plurilingui sulla viticoltura, sull’olivicultura, sull’apicultura, sulle carni e sui formaggi. Inoltre è stato sistema presso il comune di San Dorligo della Valle - Dolina, un centro informativo destinato all’allestimento di mostre, assaggi guidati dei prodotti tipici e all’organizzazione di attività di informazione e formazione degli operatori del settore. Nel corso del progetto sono state organizzate inoltre alcune fiere per il grande pubblico sia in Slovenia sia in Italia. Altre attività importanti sviluppate intorno al progetto “Agromin” sono state le presentazioni ai mass media dell’area transfrontaliera delle pietanze tradizionali istriane e carsiche. Si è voluto riproporre in tal modo i piatti tipici che venivano preparati in occasione di ricorrenze Attualitá nia-Italia / 2000-2006 Riflessioni in cornice ni dimenticate Spunti di non-cultura di Luca Dessardo P La cultura e le tradizioni culinarie della popolazione dell’area transfrontaliera, spesso con aspetti molto simili, rappresentano una ricchezza che va sapientemente promossa per riscoprire le peculiarità di una cucina genuina semplice ma al tempo stesso variegata ed eventi legati alla tradizione popolare e quelli semplici ma ricchi di sapori, cucinati con i prodotti che le diverse stagioni offrivano. Nell’ambito sono stati organizzati seminari e corsi guidati da noti sommelier ed esperti nel vari settori dell’industria agricola. Gli obiettivi che questo progetto persegue sono la valorizzazione delle risorse delle due Comunità Nazionali per quanto riguarda il settore primario, la realizzazione di un’unica offerta transfrontaliera di prodotti tipici ed il rafforzamento della collaborazione tra le due minoranze. La realizzazione del volume Agromin: Lungo i sentieri tradizionali alla riscoperta degli antichi sapori è stato pubblicato dalla Comunità Autogestita Costiera della Nazionalità Italiana la quale in questo progetto si avvale della collaborazione di numerosi partner tra cui l’Associazione Regionale Agricoltori di Trieste. ● er riassumere la riflessione di due settimane fa si può dire che idealmente la generazione post ’89 non ha una percezione netta di confine, libera com’è di muoversi entro l’intero mondo occidentale, omogeneizzato da usi e costumi. Una mobilità anche virtuale, resa possibile dalla diffusione globale dei mezzi di comunicazione. Una capacità “multi-culti” di spaziare non indifferente insomma. Qual è però il prezzo da pagare? La cultura stessa. Intuisce giusto Alessandro Baricco quando parla di una generazione di barbari. Veloci, mobili e soprattutto superficiali. Semplicemente non c’è più tempo per andare approfondire qualcosa, e così anche la cultura diventa fast food, da consumarsi in pillole, come gli aforismi dei Baci Perugina o le massime confuciane dei dolcetti nei ristoranti cinesi. A proposito fa bene Francesco Guccini a cantare che le religioni orientali “da noi nascondono solo vuoti di pensiero”. La cultura occidentale di oggi, la cultura dei nuovi barbari, è insomma una non-cultura. Non potrebbe essere diversamente per un barbaro, termine che rimanda a qualcuno che non parla bene la lingua, ovvero che non ha una presa salda sulla cultura. Tornando a noi, non è forse emblematico il caso delle nuove generazioni della minoranza, che crescono non imparando bene né l’italiano né il croato o lo sloveno? Bollati in Croazia o Slovenia come italiani e poi in Italia come slavi, si cresce indifferenti. Oppure si cresce tentando di conformarsi alla cultura egemone, quella stessa cultura che ha dimostrato in passato di non essere capace di sopportare differenze. Oggi però è diverso, appunto perché la cultura egemone è una non-cultura, e lo si nota ad esempio nel fatto che gli stessi giovani “etnicamente puri” hanno sostituito la lingua degli sms alla lingua della letteratura. Per non parlare della storia, sostituita in un certo senso dall’eterno pre- sente della televisione e internet. Su questi barbari non grava insomma, il peso di una cultura forte, sostituito dalla leggerezza, direi insostenibile, della non-cultura. In condizioni simili non potrà mai esistere un’Europa dei popoli, tantomeno un’Europa delle minoranze. Senza confini, si tratterebbe di una contraddizione in termini: non ha senso una minoranza che è tale di fronte ad altre minoranze. Paradossalmente, è proprio l’idea di tutelare ciascuna di queste minoranze che è all’origine della non-cultura. Per identificarsi una cultura ha sempre bisogno di avere presente un altro da sé, un qualcosa che la definisca per negazione, ed in un mondo di minoranze, il conflitto sarebbe costantemente acceso. Non avere una cultura di riferimento evita questo conflitto. Purtroppo il prezzo da pagare è alquanto alto. Lo spiega bene il romanzo “Fahrenheit 451” di Bradbury: per non offendere nessuno si è semplicemente scelto di non dire niente di rilevante, e tutto è diventato un “Up, Down, In, Out, Why, How, Who, What, Where, Eh? Uh! Bang! Smack! Wallop, Bing, Bong, Boom!” Idealmente la non-cultura non dovrebbe essere il vero problema, in quanto fluida per definizione. Purtroppo si sta irrigidendo per mancanza di movimenti sotto la superficie, isolando sottovuoto in un asettico contenitore i numerosi frammenti di cui è composta, facendoli morire asfissiati. Rispetto alla svolta distopica ipotizzata da Bradbury, siamo ancora in tempo per scegliere la strada dell’interazione tra culture, piuttosto che quella della completa sterilizzazione. Abbiamo però paura che aprendo il contenitore scopriremo un vaso di Pandora, con tutta la violenza che potrebbe scaturirne. Tuttavia, una violenza simile è già in atto. Uno scontro tra Oriente ed Occidente, che per la prima volta nella nostra eurocentrica storia vede l’Oriente nelle veci di tutore della cultura forte. Non sarà certamente un rigido vuoto di pensiero a stabilizzare il conflitto.● Panorama 11 Italia Passa alla Camera la legge sul «legittimo impedimento»: la maggioranza esulta, l’o Per il sereno svolgimento delle funzio a cura di Bruno Bontempo I n soli due giorni la maggioranza ha incassato il sì della Camera al legittimo impedimento, la legge che permetterà a premier e ministri di evitare i processi penali che li vedono imputati (non quelli in cui sono parte offesa) per 18 mesi, nei quali Pdl e Lega contano di approvare un Lodo Alfano bis con legge costituzionale. A suon di cartelli, urla e contestazioni il testo ha passato lo scoglio della Camera con 316 voti a favore, 239 contrari e 40 astensioni. La maggioranza, esulta: “è un tassello per lo Stato di diritto”. A Montecitorio il centrodestra ha offerto una prova di compattezza anche grazie all’assenza quasi totale di voti segreti. Nell’unica votazione a scrutinio segreto, tuttavia, lo scarto con l’opposizione si è ridotto a 14 voti (e c’è chi conta in quattro i franchi tiratori della maggioranza): meno della metà rispetto a quelli registrati su tutti gli emendamenti a voto palese. Merito anche dei buttadentro: come il vicepresidente del Pdl, Simone Baldelli, che ha passato la giornata a recuperare colleghi di gruppo dalla buvette, dal cortile e dal Transatlantico. E l’Udc, che alla fine si è astenuta, non è stata determinante, come ha fatto notare Umberto Bossi. Pd e Idv hanno rinnovato le loro critiche ad un provvedimento che bollano come incostituzionale e ad personam. E i dipietristi hanno manifestato fino all’ultimo, esponendo dopo il voto finale cartelli con scritte del tipo “legittimo impedimento, legittima impunità” o “la casta esulta, l’Italia affonda”. È scoppiata la bagarre, con il Pdl che urlava “Vergogna”, lanciava palle di carta verso sinistra ed attaccava Antonio Di Pietro, contro cui è stato urlato più volte “Contrada!” e “Borsellino”, rievocando la foto, recentemente pubblicate, che lo ritraeva con l’ex funzionario del Sisde pochi giorni prima che venisse arrestato per mafia. Nel dibattito le forze politiche non si sono risparmiate colpi. Negli altri Paesi immunità limitata all’attività politica I n Francia non esiste alcuna protezione per i ministri. La Costituzione prevede, nell’articolo 26, che un parlamentare non è responsabile “per opinioni o voti espressi nell’esercizio delle sue funzioni”, non per reati comuni come sono quelli per i quali è accusato Berlusconi. Anche per i “reati di opinione” gli eletti non sono coperti dall’immunità se al di fuori delle istituzioni commettono illeciti, se per esempio diffamano un collega in un articolo su un giornale o fanno dichiarazioni illecite in riunioni private o pubbliche. Restano fuori dall’immunità anche atti compiuti per incarico del Governo. Non è necessaria alcuna autorizzazione della Camera per l’esercizio dell’azione penale ma l’assemblea può sospenderla, come per l’arresto, per la sessione in corso. Insomma, i ministri possono essere indagati in qualsiasi momento, presidente del consiglio compreso. Solo il presidente della Repubblica è totalmente irresponsabile, anche se sono allo studio modifiche per questa tutela. In Spagna i parlamentari sono perseguibili per i loro reati senza alcuna limitazione, ma sottoposti all’autorizzazione del Parlamento. In trent’anni non si ha notizia di un solo rifiuto. In un solo caso un parlamentare, si dice prima 12 Panorama di essere eletto, è stato “salvato” dall’accusa di aver diffuso durante il suo precedente lavoro una fotografia sbagliata, non quella di un latitante bensì quella del fratello. I ministri non godono di alcuna tutela, ma per loro è responsabile del giudizio non la magistratura ordinaria ma la Corte suprema. In Germania i parlamentari godono dell’immunità solo per quello che fanno nella loro veste di deputati. Come in Italia non possono essere arrestati senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Stesso trattamento per il Cancelliere e per i ministri. Nessuno è immune per atti estranei all’attività di Governo. Nel caso del Presidente della Repubblica è perseguibile in giudizio solo per violazione premeditata della Costituzione. Negli Usa è prevista, come in Francia e Germania, l’immunità solo per l’attività politica dei parlamentari. Senatori e deputati possono essere arrestati senza autorizzazione per “alto tradimento, reato grave e violazione dell’ordine pubblico”, nel caso di altri reati sono perseguiti dai comitati etici della Camera dei rappresentanti e del Senato. La Costituzione americana non prevede alcuna immunità per il presidente e gli altri membri del Governo. ● Italia opposizione grida «Vergogna» Delirio di onnipotenza effetto... stupefacente ni di Governo Pierluigi Bersani ha lanciato un appello: “Fermate questa corsa dissennata che oggi è il primo passo, una scialuppa in attesa del bastimento della legge costituzionale e altrimenti del barcone del processo breve”. “Tante norme non semplici, ma la gente capisce una cosa semplice: c’è di mezzo Berlusconi, un premier che non vuole farsi giudicare e tiene ferma l’Italia su questo punto in una folle guerra tra politica e giustizia”, ha detto tutto d’un fiato il segretario del Pd, chiedendo “un dibattito in diretta tv sui problemi degli italiani”. Durissimo Di Pietro: “Diciamo no a questa legge porcata che umilia le Istituzioni, offende il Parlamento e il Paese e ha un unico mandante: il signor presidente Berlusconi, che il Paese farebbe bene a mandare a casa quanto prima”, ha detto più volte interrotto dai banchi della maggioranza. ”Berlusconi non si sottrarrà alla giustizia né sottrarrà tempo al Governo - ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano -. Il presidente vorrebbe andare in tribunale sempre ma quello è un luogo dove si studiano i processi e dove ci si difende dalle accuse studiando le carte. Lui avrebbe studiato i faldoni e sottratto tempo al governo. Ecco dunque il perché di un provvedimento che interrompe i processi del premier. Ma Berlusconi non si sottrarrà ai processi: quando avrà finito di governare si farà processare”. Il provvedimento è stato trasmesso al Senato per la sanzione definitiva. Sarà la ciliegina sull’indecorosa torta? Non è detto. Spetta a Napolitano promulgare la legge, ma gli uffici del Quirinale non hanno sciolto, né scioglieranno sino al voto del Senato, alcuni dubbi: manifesta potrebbe apparire la deroga al normale esercizio della funzione giurisdizionale. E poi la torta potrebbe essere considerata indigeribile dalla Corte costituzionale, una volta che un giudice ritenesse “non manifestamente infondata” l’obiezione di un pm o di un legale circa la legittimità di questo provvedimento. ● F arsi del male perdendo il lume della ragione, come si dice banalmente. La meraviglia è nella semplice domanda: “dov’è finita la loro intelligenza?” se lo chiede Wanda Montanelli. E prosegue: trattandosi di persone pubbliche ci si aspetta che facciano funzionare la materia grigia del proprio cervello. L’uso dell’intelligenza per non danneggiare se stessi è il minimo che si possa aspettare da chi ha dimostrato di non essere un fesso, riuscendo a ottenere dalla vita ruoli di prestigio che milioni di persone non osano nemmeno sognare. Invece la delusione è tutta nell’accorgersi che mancano, in taluni baciati dalla sorte come Marrazzo, Morgan, Lapo Elkann, il senso pratico, l’autodifesa, il freno inibitorio che gli impedisce di far danno a se stessi. Non pretendiamo allora che si debbano preoccupare degli altri, dell’impatto collettivo delle loro dichiarazioni, del danno alla gente, alle persone, ai ragazzi che potrebbero prendere da loro esempio. Perché Morgan fa un brutto giorno la dichiarazione che usa la cocaina come antidepressivo? Cos’è che lo fa straparlare? Voglia di espiazione? Masochismo? Non si aspettava evidentemente, Morgan, che fosse immediatamente cancellata la sua partecipazione a Sanremo a cui teneva moltissimo (salvo poi affermare di non volervi più partecipare una volta resosi conto dell’impossibilità di far cambiare idea ai vertici RAI). Credeva di vivere in un mondo in cui tutto è meno importante di se stessi e della propria onnipotente esistenza. Era forse entrato in una specie di delirio che fa smarrire le coordinate d’orientamento con la possibilità di restare privo dei vantaggi di una vita fortunata, in un mondo che non è - secondo loro - uguale a quello dei comuni mortali, con le loro miserie e i loro pericoli. Un mondo speciale in cui nessuno può rompere l’equilibrio e l’onnipoten- Morgan alla presentazione del libro “In pArte Morgan” (2009) za degli uomini che ne fanno parte. Vogliamo dirlo che la cocaina conduce a psicosi e deliri, che è causa di ictus, dolori, convulsioni, forti emicranie, nausea, complicazioni cardiovascolari, respiratori e gastrointestinali? Vogliamo dirlo che la cocaina dà dipendenza né più né meno delle altre droghe? Marco Castoldi, in arte Morgan, ha cercato di sminuire il danno affermando cose diverse da quelle dell’intervista. Dopo un periodo, magari un anno “sabbatico” di riflessione, potrebbe riconquistare le opportunità che ha perso. Magari andando al prossimo Sanremo 2011, come persona più matura e “autentica”. È augurabile perciò un credibile percorso di recupero e riparazione. Verso se stesso e verso tutti gli altri che sono disorientati dall’assenza di spessore morale di tanti, troppi, personaggi pubblici. Dovrebbero dirlo forte in tanti opinion leader che non è vero che chi usa la “famosa” polverina diviene a sua volta famoso, oggetto di ammirazione e di invidia da parte di chi è escluso da quel mondo dorato-dopato. Dirlo, ripeterlo e scriverlo, una volta tornati a camminare con i piedi ben poggiati a terra. ● Panorama 13 Echi del passato L’arte farmaceutica a Zara in una ricerca di Zvonka Maria Zerial Detoni Speziale: valente e diligente a cura di Giacomo Scotti L a Comunità degli Italiani di Zara è l’editrice di un libro, già tesi di laurea in tecnica farmaceutica, che si inserisce direttamente nella storia dell’antica capitale della Dalmazia, la città che più a lungo è rimasta il focolare della cultura italo-veneta in quella regione. L’autrice è la prof.essa Zvonka Maria Zerial Detoni, il titolo del libro Arte farmaceutica a Zara (sec. XIV-XIX). Insieme al testo originale italiano, l’opuscolo comprende la traduzione croata (dovuta al prof. Velimir Žigo). Ne è venuta una pubblicazione di poco più di cento pagine, esile sì, ma interessante. Il merito principale dell’autrice sta nell’aver portato alla luce una trentina di documenti che vanno dal luglio 1623 fino all’ottobre 1795; testi che formano il contenuto principale dell’opuscolo. L’autrice si limita a farli precedere da una breve introduzione, da una ricostruzione storica altrettanto concisa e da una presentazione dei documenti, nella quale se ne sintetizzano i contenuti: il tutto in dieci pagine. Può sembrare poco, ma la curiosità che l’argomento e i documenti suscitano è grande. Per inciso ci sembra inesatta la parte del titolo messa tra parentesi: di farmacie a Zara nei secoli XIV e XV non c’è neppure l’ombra. Sembra che la prima fosse attiva nel 1561 in calle S. Domenico, all’insegna dell’Angelo, e il proprietario fosse un Bianchi. Un suo discendente, Carlo Domenico Bianchi, dopo aver speso una vita intera ad applicare l’arte dell’aromatario come i suoi predecessori senza avere la prescritta licenza, ottenne nel 1777 senza esame, ma per testimonianza del protomedico, una specie di laurea ad honorem, ovvero il “Privilegio di Approvazione da parte del Collegio degli Speziali Medici di Venezia”. Ma prima di continuare con le farmacie di Zara, annotiamo che l’autrice della ricerca è una triestina, cittadina italiana di lingua slovena. La ricerca, che le valse la laurea in farmacia all’Università di Trieste, risale a trentacinque anni addietro, per l’esattezza al 1971-72. Zvonka Maria Zerial Detoni si dice “innamorata della bellissima Zara” e la considera sua patria di adozione. Anche perché è la città natale di suo marito, Sereno Detoni. La storia delle farmacie di Zara è un piccolo tassello nella storia generale della Dalmazia, ma è anche la storia di alcune generazioni, vere e proprie dinastie di farmacisti, che operarono nel capoluogo dalmata all’epoca della Serenissima negli ultimi due secoli del suo dominio. Le farmacie che operarono dopo, nella breve parentesi napoleonica, sotto l’impero asburgico e nei poco più di venti anni del Regno d’Italia, non sono che la continuazione dell’epoca veneziana. Agli inizi del 1600 le farmacie erano due; passarono a tre alla fine di quel secolo, poi a quattro verso la metà dell’Ottocento, infine a sette fino al 1943, anno nel quale cominciò la serie dei micidiali bombardamenti alleati su Zara che portarono alla quasi totale distruzione della città. Il primo documento del 1623 riguarda una disputa sulle forniture di farmaci alle truppe venete fra due spezierie: una all’insegna della Fortuna del cui proprietario non si sa il nome, e l’altra all’insegna della Testa d’Oro, questa gestita da Anzolo Querini che è anche speziale dell’Ospedale delle Milizie Italiane, Croate e Albanesi di Barc’Armate. Il Provveditore Generale Francesco Molin dà ragione al Liber de Simplicibus: l’autore praticava a Zara T rattando di farmacopea e affini, va ricordato che alcuni secoli prima, negli anni 1449-1453, fu medico a Zara Nicolò Roccabonella di Conegliano, autore del Liber de Simplicibus, il celeberrimo erbario della Biblioteca marciana ben noto in particolare per la bellezza delle figurazioni naturalistiche. Il poderoso tomo botanico è composto da 540 tavole in cui si coniugano sapere universitario e resa artistica. Vi si fissano infatti quelle forme che, superati i repertori medievali, diventeranno imperanti negli erbari dei secoli successivi. L’opera, elaborata per quarant’anni, in parte con la collaborazione dello speziale tedesco Johann Rainhardt, riporta fra l’altro il nome di ogni pianta officinale in arabo, greco, latino, croato medievale e talvolta in tedesco. Il fatto che dal croato siano riportati 358 denominazioni, in prevalenza dialettali e in eca- 14 Panorama vo, gli fa anticipare di un secolo e mezzo quell’opera “letteraria” consimile che è il dizionario di Fausto Veranzio. Il termine “simplicibus” fa capo alla denominazione latina medievale medicamentum simplex in quanto estratto dalle erbe. ● Echi del passato L’area di Zara e Sebenico nel 1579 in una cartina di Abraham Ortelius Querini. Trenta anni dopo, nel 1652, il Querini sarà riconfermato nella carica di aromatario dell’Ospedale delle Milizie di Zara, dove troviamo anche lo speziale Francesco Armandi. Un documento del 1646 si riferisce invece alla nomina a speziale dell’Ospedale de’ Condannati di Francesco Oseladori che succede al defunto Giacomo de’ Nobili. Il nome dell’Oseladori ritorna nel 1647 in un documento del Provveditore Generale Leonardo Foscolo per le cure prestate dallo speziale a soldati feriti ed ammalati “nelle imprese di Zemonico, Vrana ed altri lochi”, e nel 1649, anno in cui l’Oseladori muore e gli succede nella carica di speziale all’Ospedale de’ Condannati il “valente, fedele e diligente speziale e cittadino di Zara Messer Francesco Matio”. Nel 1664 ci imbattiamo invece in una Bottega Tommasei amministra- L’obbligazione di un farmacista stesa nel 1388 dal notaio zaratino definito nel testo originale come Raymundus de Modiis ta da Pietro Castelli che fornisce medicinali all’Ospedale delle Milizie di Spalato, la cui spezieria è a sua volta amministrata da Francesco Maria Ugolino. All’epoca Provveditore Generale della Dalmazia era Girolamo Contarini. Nel 1676 il Provv. Gen. Girolamo Grimani affida allo speziale Giovan battista Paulutti in Sebenico l’incarico di provvedere di medicamenti l’Ospedale delle Milizie di quella città. Sei anni dopo (1682) il nuovo Provveditore Generale in Dalmazia ed Albania Girolamo Corner affida allo speziale Domenico Feltrini, succeduto a Felice Longo nella carica di Un’immagine medico-farmaceutica del XV secolo riportata con molta bravura su un capitello del Palazzo dei Rettori di Ragusa, piuttosto rara anche a livello mondiale. Sulla destra un paziente offre dei doni a un medico. A sinistra, circondato da contenitori di “materia prima”, un farmacista studia il libro che tiene sui ginocchi. Ai suoi piedi, il focolare e una ritorna, strumento indispensabile per i processi di distillazione speziale delle Milizie di Zara, il titolo e l’incarico di speziale dell’Ospedale delle Milizie Oltremontane, Italiane e Oltramarine. Nel 1688, in un documento del medesimo, Provveditore, ricompare il nome dello speziale delle Milizie di Zara Francesco Oseladori per medicamenti forniti a detenuti della Provincia. L’anno successivo, invece, il nuovo Provveditore Alessandro Molin accerta l’ottima efficienza della farmacia all’insegna della Fortuna, all’epoca gestita da Antonio Cattinelli per cui gli concede di continuare a fornire di medicine sia l’Ospedale delle Milizie che quello dei Condannati della città di Zara. Ambedue gli incarichi gli vengono confermati nel 1696 dal Provveditore Daniele Dolfin che l’anno precedente, settembre 1695, ha concesso la gestione di una farmacia in località Ciclut (quasi certamente si tratta di Čitluk, tra Spalato e Sinj) allo speziale Zuanne Dalle Ale offertosi volontariamente di stabilirsi in quella piazzaforte veneziana per fornire medicinali alla popolazione e alle Milizie della Piazza. Panorama 15 Echi del passato Il nome di Zuanne Dalle Ale riappare storpiato in “Dall’Alli” in un documento della fine di marzo 1701, quando egli cede a Giacomo Pedozzi l’esercizio della “speciaria di Narenta” che continuerà a fornire il Pubblico Ospedale di quella località e di Sebenico. A questo documento, firmato dal Provveditore Alvise Mocenigo, fa seguito un altro suo ordine datato Spalato, senza data ma risalente al 1717-1720, con il quale Zuanne Bernardi, “persona d’abilità, esperienza e puntualità”, viene eletto speziale di Campo alla vigilia di una campagna militare: gli vengono dati “in consegna tutti i pubblici medicamenti per esser questi distribuiti a misura del bisogno in campo”. Dai successivi documenti si apprende, poi, che nel 1737 lo speziale Zuanne Bianchi, vincitore di una gara di appalto a pubblico farmacista degli ospedali della Provincia di Zara, succede nell’incarico a Sebastiano Fontana. Il Bianchi dovrà fornire medicamenti “di perfetta qualità con tutta proprietà e netizia, insieme a stoppa, bombace, carta sugara e oggetti di cancelleria”; al Bianchi si riconosce, nel 1741, “prontezza e carità” nel servizio pubblico e gli si concede di trasferire i medicamenti giacenti presso l’Ospedale nella sua bottega, su garanzia del protomedico Orazio Pinelli. Un’altra ordinanza del 1741 stabilisce che i prezzi dei medicinali in Zara devono essere uniformi a quelli stabiliti a Venezia, applicando su di essi le usuali tasse. Del 1743 è l’istruzione di un censimento dei praticanti le arti della fisica, chirurgia e farmacopea onde reprimere gli abusi. Nel 1745 il Provveditore Generale Giacomo Boldù nomina Francesco Nigro speziale di Pago per un biennio. Nell’ottobre del 1759 il Provveditore Francesco Diedo firma una serie di capitoli relativi alla tutela della salute dei sudditi. Uno di essi, il XX, dà mandato ai Medici Pubblici di visitare trimestralmente le spezierie per Un ricetta scritta nella prima metà del XVIII secolo Ordinanza militare è anche quella dell’agosto 1726, firmata dal Provveditore Generale Pietro Vendramin, con la quale si impone a chi di dovere, di non trascurare la somministrazione d’ogni genere di medicinali ai soldati ricoverati negli Ospedali. Il medesimo Provveditore firma pure un documento del marzo 1729 con il quale ordina al protomedico di Zara dottor Donato Coltelli di proseguire nelle visite ispettive nell’ospedale, ma anche delle spezierie, in particolare quella interna all’Ospedale di Zara, accertandosi “che non si diano agli infermi se non medicamenti della più perfetta qualità”. 16 Panorama L’armamentario dello speziale rilevare eventuali carenze che vanno inesorabilmente denunciate. Il proclama fu reso “universalmente noto” a stampa ai Rappresentanti tutti delle Provincie, “alli Colonnelli, Direttori dei Distaccamenti, Governatori, Sardari, Karambassà, ed ai Parrocchi delle Ville, perché tradotto da questi Vaso con Ippocrate, XVI secolo nell’Idioma Illirico, resti esposto in Tabella a vista comune, affisso nelle Chiese per essere ogni mese repubblicato, e così nelle Città e Fortezze”. Le medesime istruzioni saranno ripetute in un proclama del Provveditore Anzolo Memo del 1786, nel quali gli speziali sono richiamati al dovere di “tener fornite le loro Spezierie dei medicamenti necessari ad uso di queste Provincie, e... che siano di tutta perfezione”. Un proclama del 1790 richiede l’elenco delle spezierie medicinali di Zara e distretto con i nominativi dei loro esercenti. Del 1795 sono due i proclami. Uno è rivolto ai medici, chirurghi e speziali con l’ordine dell’”immancabile esecuzione” di una serie di capitoli sulla salute pubblica, “il tutto a giusto freno dei trasgressori, ed a tutela e conforto dei buoni”. Il secondo ordina la presentazione, da parte di medici fisici, chirurghi e speziali di Conventi, Monasteri e Comunità religiose di documenti legali attestanti la facoltà di esercitare la loro arte. Si voleva metter fine a “disordini e abusi”. Sempre nel 1795 il Provveditore Andrea Querini pone l’accento, in un suo proclama, sull’estrema delicatezza del servizio farmaceutico, ricorda l’obbligo delle visite ispettive eccetera, sempre per il “bene dei prediletti Sudditi”. Due anni dopo per Zara e l’intera Dalmazia, caduta la Serenissima Repubblica, comincerà una storia nuova, ma la cultura seminata dalla Serenissima non sarà mai cancellata. E qualche farmacia della sua epoca, sia pure sotto altro nome, resiste ancora a Zara. ● Echi del passato Agiatezza e prestigio, ma anche rigidi controlli M edico e farmacista, oggi due professioni ben definite. Ma fu un processo che si protrasse per diverse centinaia d’anni. Tenacemente volto all’autonomia, in particolare dal XIV al XVII secolo, in Italia - e, da notare, in Sicilia in particolare - lo speziale si era ritrovato a godere di posizioni di prestigio. La sua era una professione particolarmente remunerativa. Un detto voleva emblematicamente ”vecchio il medico, giovane il barbiere e il chirurgo, ricco lo speziale”. A Palermo, Giovanni Aloisio Garillo, nominato speziale nel 1543, era divenuto tanto ricco e potente che la strada era chiamata “strada di Garillo”. Ma era anche professione di difficile accesso: a Venezia gli Ordini e Capitoli del 1505 distinguevano gli speziali che facevano “speciaria medicinale” da quelli che non la facevano (vale a dire i farmacisti dai droghieri), specificando quello che uni e altri dovevano tenere in bottega. Fu ancora in Sicilia, ovvero grazie a Federico II, che nella prima metà del XIII secolo uscì il primo Codice di Medicina e Farmacia con cui si proibiva ai medici di contrarre società con gli speziali e di possedere una propria spezieria. Proibizione ribadita nel 1564: il medico non poteva essere proprietario di una bottega aromatariorum, nè esercitare al contempo l’attività di medico e di speziale. Nell’isola vigevano pure le norme più rigide per l’esercizio: nelle città e terre in cui fossero presenti più di due speziali, ogni anno, in agosto, venisse eletto da medici, giurati e speziali, un caput magister per controllare l’attività dei colleghi visitando le farmacie e appurato la qualità delle medicine buttando o bruciando quelle cattive o contraffatte. Particolare cura si prestava alla qualità dei preparati: due volte l’anno, in marzo e settembre (dopo l’inverno e dopo l’estate) il console eletto dagli speziali, insieme con un medico christiano approbato, avrebbe dovuto analizzare con molta diligenza le specialità presenti. A sua volta ogni speziale avrebbe dovuto tenere un quaderno in cui annotare omnes medicinas compositas conservate nella bottega. Tali visite erano destinate a provocare le lamentazioni di molti speziali “convinti” che sarebbero state sufficienti visite solo ogni tre anni. I capitula del 1407 e del 1429 ribadiva- Un’immagine dal “Codice di Medicina e Farmacia” di Federico II Federico II no comunque il divieto fridericiano agli speziali di unirsi in società con i medici, pena la perdita dell’ufficio e dei beni esistenti in speciaria. Nessun medico avrebbe potuto ricevere provvigioni o salari, directe vel indirecte, da uno speziale e non era autorizzato a vendere o preparare semplici e composti, pena una multa. Si poneva un freno anche all’eccessivo guadagno degli speziali prevedendo per una medicina semplice non oltre il doppio del prezzo d’acquisto. Per le medicine composte si proponeva una vigilanza serrata sulle farmacie e sui farmaci: oltre a prepararli a proprie spese gli speziali dovevano mantenere fede al giuramento di averli preparati sine fraude. Da notare che al protomedico dovevano sottostare non solo gli aromatari che vendevano nelle botteghe ma anche quanti, girando per il Regno con il loro armamentario di sporte, cassette e stacci, sedendo in sedili pubblici o nei mercati, smerciavano semplici e composti, purganti e sostanze velenose. Lo stesso valeva per gli erboristi, sia raccoglitori e venditori, sia distillatori e compositori di qualsiasi medicinale, ma anche, infine, venditori di saponi e profumi, miele e zucchero e confettieri. ● Panorama 17 Societá A conti fatti, la fuga delle donne dalla cucina è stata davvero un’azi In pentola e nel dialetto le tracce di Marino Vocci M i ha fatto particolarmente piacere leggere recentemente su uno dei maggiori quotidiani italiani, il “Corriere della sera”, un articolo con un titolo solo in apparenza leggero “Neofemministe, ritorno in cucina” e poi condividere a Trieste la presentazione del bellissimo libro “Mestolino cuoco bambino”. Credo che solo in apparenza questo può essere considerato un tema leggero, perché al di là delle valutazioni di tipo politico, culturale e sociale, quello della cucina è, oltre che un qualcosa di certamente gustoso, moltissimo altro ancora. Perché la cucina, ma forse sarebbe meglio dire la cultura e civiltà della tavola, non è solo un piacere-diritto alimentare che ci accompagna comunque lungo tutto l’arco della nostra vita e che incide nel bene e nel male sulla nostra salute e quindi sulla qualità della nostra vita, ma è convivialità, identità e trasmissione della memoria attraverso le generazioni. Dai nonni e dai genitori, ai figli. Chi di noi non ricorda con piacere e magari a volte con rimpianto ad esempio il brodo, la carne lessa e le patate in tecia dei pranzi della domenica della mamma, il profumatissimo pane appena sfornato della nonna, l’ombolo giravolta e le luganighe na kiselo dello zio, la sempre eccezionale minestra de fomenton pilà, ma anche la semplice 18 Panorama fritaia preparata in mille modi, particolarmente buona se era però dei... vicini di casa. In queste nostre terre di confine spesso pesantemente segnate da memorie divise e contrapposte, la cucina è stata poi, grazie ai piatti del... buon ricordo, un concreto esempio di una memoria positiva; ma anche la testimonianza che le diversità sono delle ricchezze da conservare gustosamente e gelosamente. Perché nelle pentole così come nei dialetti possiamo trovare ancora oggi importanti tracce del nostro passato. Un patrimonio importante che ci parla della nostra storia e delle nostre radici e quindi da conservare e trasmettere in particolare alle future generazioni. Torniamo al presunto neofemminismo di oggi, per ricordare innanzitutto che la cucina è stato il luogo in cui le donne erano state confinate per secoli, e dal quale negli anni Sessanta e Settanta c’è stata una fuga generalizzata; ma è stata proprio una fuga davvero liberatoria?? Non lo so, a questa domanda non so proprio cosa rispondere, anche se ricordo benissimo come quelli erano anni in cui in certi ambienti per molte donne cucinare era diventato un peso. Questo forse e anche perché spesso significava sottomissione, sfruttamento ed emarginazione, e non certamente una scelta voluta o accettata. Alcuni di noi ricorderanno come il mondo maschile (ma non solo!) in modo certamente contraddittorio, furbesco e tutt’altro che disinteressato, “concedeva” alle donne il ruolo di angelo del focolare. Il posto delle donne era quindi, oltre che fare e educare i figli, in cucina. A volte per loro il destino era ancora peggiore. Ricordo con sgomento quanto mi raccontavano i miei genitori, e cioè di come in molte famiglie della nostra Istria fino agli anni Quaranta del secolo scorso i maschi abitualmente mangiava- Societá one liberatoria? del passato no da soli in cucina mentre la moglie ed i numerosissimi figli lo facevano nel tinello e/o potevano avvicinarsi alla tavola del “padre-padrone” solo quando il maschio aveva finito. Forse proprio grazie al racconto di queste storie e all’amore che ho sempre avuto per i più deboli che è nata in me la voglia e i desiderio di stare in cucina. Confessare non solo l’attrazione (non proprio fatale!?) per la buona tavola, ma anche un vero e proprio amore e un grande piacere cucinare qualcosa per l’altro, e forse in tutto ciò sono stato anche una vittima - ma consapevole e volontaria s’intende! - del femminismo degli anni Settanta. Se ieri la donna doveva dedicarsi quasi esclusivamente alla casa, purtroppo sembra che, anche se in modo diverso, la storia si ripete anche oggi. Questo, dicono alcuni opinionisti, in particolare a causa della grave e difficile crisi economica, del mondo di oggi. Dove a causa delle sempre più difficili prospettive occupazionali che interessano in particolare i soggetti più deboli della nostra società, proprio i giovani e le donne, il diritto al lavoro sia di nuovo una cosa soprattutto per e da uomini. Ora a differenza degli anni Settanta sembra che molte donne abbiano deciso di non rinunciare più a cucinare per i propri mariti, compagni e amici, i figli. La parte femminile che c’è in me è d’accordo, anche se condivido quanto giustamente qualcuno teme e cioè che questa sia una trappola ben confezionata da noi maschietti e invita le ragazze a stare particolarmente attente a queste nuove tendenze. È interessante vedere come in questo ritorno in cucina protagoniste, così si scrive nell’articolo sopraccitato a firma di Angela Frenda, sono soprattutto le donne colte e impegnate, e di età compresa tra i trenta e i quarantanni; donne che hanno fatto anche una pubblica autocritica del tipo: “...noi femministe abbiamo sbagliato. Non dovevamo spingerci fuori dalla cucina per liberarci dal kitchen blues. Perché così abbiamo solo prodotto bimbi obesi…”. Sfortunatamente non solo bimbi obesi, ma purtroppo spesso anche figli e figlie anoressiche. Figli e che hanno perso o che non hanno avuto mai un buon rapporto con il cibo e un’indecente educazione alimentare e educazione al gusto. Una cattiva abitudine a consumare tutto in velocità magari in solitudine; che ci ha fatto perdere e in tutto questo le responsabilità sono ovviamente di entrambi i genitori, il piacere di vedee i piatti come un dono. Un dono pensato cercando di conoscere e interpretare anche i loro gusti a tavola e poi cucinato con cura per la moglie o il marito, per gli amici e soprattutto per i propri figli. Proprio per questo mi sono permesso di segnalarvi “Mestolino cuoco bambino”, un libro che ha cercato di dare delle risposte intelligenti e gustose alla naturale curiosità dei nostri i bambini: figli e nipoti che in generale sono attratti da ingredienti e impasti, e che spesso in tutto ciò ci chiedono di essere coinvolti in maniera gioiosa. Un libro che ci aiuta a lavorare in cucina con le nostre figlie ci permette poi di dare spazio alla loro creatività e alla loro soddisfazione, ma è per noi adulti anche un modo pratico e cre- ativo per stare e interagire con loro. “Mestolino cuoco bambino” raccoglie oltre trenta ricette pensate per educare divertendosi in cucina, un libro dove giocando si può pensare di realizzare insieme a loro delle ricette semplici da eseguire, buone da mangiare e stimolanti per la crescita. Come dicevo, io sono un amante convinto della buona tavola soprattutto se condivisa in buona compagnia e quindi, anche per porre un piccolo rimedio alle colpe di ieri, mi permetto di concludere con una promessa: da domani in cucina mi occuperò soprattutto del lavoro quotidiano e cercherò di lavorare perché le donne ed i bambini ritornino in cucina e poi condividano insieme e lentamente il piacere della tavola. Perché sono altrettanto convinto che è importante imparare a conoscere e quindi difendere le migliori materie prime che mi auguro a chilometro e miglio zero, poi mettersi con pazienza e con amore ai fornelli. Anche perché tutto ciò non è una… leggera, ma significa amare l’altro e rispettare il lavoro degli altri, il lavoro degli intellettuali della terra e del mare e passare così da custode del focolare a custode e difensore dei grandi prodotti di qualità di questo nostro pianeta.● Panorama 19 Cinema e dintorni Dalle pellicole che hanno come stampella gli occhialini a quelle intrins No ad «Avatar», il doppio sì ad «Un di Gianfranco Sodomaco C onfermo ciò che avevo già scritto sull’ultimo numero del 2009: se abbiamo bisogno di tornare al cinema con gli occhialini (sì, più sofisticati, ma in definitiva quello è l’effetto) di sessant’anni fa che ci restituiscono l’illusione ottica della terza dimensione (il 3D, ma c’è anche il 2D, più soft), se abbiamo bisogno di andare oltre la bidimensionalità del cinema come “fotografia in movimento della realtà” (reinventata quanto si vuole), se più che assistere ad un film facciamo una esperienza “sensitiva” anche con una buona dose di mal di testa, l’ipotesi è che oggi, anno 2010, dopo tanto cinema fantasy e fantascientifico, con Avatar non ci troviamo tanto davanti ad una evoluzione tecnica della “settima arte”, ad una nuova data storica (come per il sonoro, come per il colore, ecc.) ma anzi, per accumulo quantitativo e non qualitativo (effetti specialissimi a palate, che risparmio al lettore), sul piano della fruizione, ad una involuzione psicologica, ad una necessità ormai compulsiva da parte del “pubblico massa globale” di immergersi sempre più in una grande ‘”placenta illusoriamente protettiva”, come tentativo infantile, infantilizzato, di fuga dalla realtà. E non è un caso, a livello dei contenuti, seconda considerazione, che il protagonista del film è un “avatar”, prima di tutto una invenzione ludica di sdoppiamento della nostra personalità ad opera delle nuove tecnologie informatiche, per cui ognuno di noi, se vuole, può giocare, col computer, come in un gioco di ruolo con una playstation, con il suo doppio, “sosia”, avatar appunto, e fargli fare, digitalmente, virtualmente, tutte quelle cose che “in realtà” mai più potrebbe fare. Come quando il bambino immagina di essere “chissà chi” e va alla conquista del mondo. Ma il delirio di onnipotenza del bambino, fino ad un certo limite, la sua fantasia, gli fa bene, gli serve come meccanismo di difesa da tante strettoie 20 Panorama James Cameron e Sam Worthington (Jake Sully), regista e protagonista di “Avatar” ed impedimenti che caratterizzano la sua vita; ma per l’adulto, a lungo andare, anche giocando, il delirio di onnipotenza è o diventa una patologia regressiva. E l’avatar protagonista del film è addirittura un “doppio vero” che, attraverso una “mescolanza” di DNA tra specie umana e un’altra specie che vive su un altro pianeta, trasforma un uomo condannato alla sedia a rotelle, un paraplegico, in una ‘creatura’ robustissima di tre metri. Che James Cameron, il regista-mito del film, a cui non chiedo di essere uno psicologo sociale, volesse almeno mandarci un messaggio sulle possibilità della futura/futuribile scienza medica? Ma neanche per sogno, semplicemente il pubblico “bambino” si “commuove” sempre di più davanti all’eroe per giunta handicappato che diventa un avatar superman, si mette dalla parte degli “indiani” (Kevin Kostner in “Balla con i lupi”?), degli oppressi, della popolazione Na’vi del pianeta Pandora a cui i “cattivi” terrestri vogliono fregare il prezioso minerale di cui hanno bisogno a causa della solita, ultima crisi energetica, e addirittura si innamora della bella di tre metri e pelle blu Naytiri (novella “Pocahontas”?) e, alla fine vince la battaglia dei “buoni selvaggi” (Rousseau) contro i cattivi “civilizzati”? No, non prendiamoci in giro, e mi interessano ben poco le tante al- tisonanti critiche (non tutte, uno per tutti, il regista Roberto Faenza su “la Repubblica”: “È il dominio del fantastico occupato manu militari con la forza del denaro più che con la creatività... In una parola l’uomo non è più al centro del cinema hollywoodiano, perché l’interesse del suo baricentro immaginifico si è spostato in avanti”) che sono uscite in questi giorni sui giornali e che gridano al “cinema totale, assoluto”, ecc. ecc. Piccola annotazione: un’intera pagina pubblicitaria di un quotidiano che, per carità di patria, non dirò è dedicata a “Il fascino del predatore”, quello di “Avatar” e quello della Nuova Mazda CX-7 Diesel: “due predatori, due mondi affascinanti, il film e il motore più attesi dell’anno...”. Ma suvvia, non faremo mica i moralisti? Si sa che la pubblicità è l’anima del commercio e che, dopo aver speso alcune centinaia di milioni di dollari per fare un film, il minimo che si possa chiedere è che ci sia anche un cospicuo “ritorno’” anche in termini di diritti d’autore sui milioni di gadget che ad esso si ispireranno: è già accaduto e continuerà ad accadere. Se questo è il futuro del cinema... Ma giriamo pagina, fortunatamente c’è ancora la possibilità di farlo. A single man (Un uomo solo) di Tom Ford, stilista passato per la prima volta alla regia, è tutt’altra cosa e, al terzo posto nella classifica del film più visti in USA, sta a dimostrare che Cinema e dintorni ecamente «umane» uomo solo» c’è ancora un pubblico che ama un cinema “umanistico”, fatto di sentimenti semplici ma autentici, di interiorità, di emozioni che nascono dalla vita reale quotidiana. La storia è sufficientemente nota, perché tratta dal libro omonimo dell’inglese americanizzato Christopher Isherwood, pubblicato in Italia per la prima volta da “Guanda” solo nel 1981 e ora ripubblicato da “Adelphi” proprio in occasione dell’uscita del film. Non c’è spazio per ricostruire tutta la storia, biografica e letteraria, di questo scrittore omosessuale nell’America omofoba degli anni ‘60 e ‘70 (ma l’ha ricostruita molto bene Sean Penn con il film “Milk” che abbiamo recensito alcuni mesi fa), anche perché il film, come il libro, racconta una storia privata, ancor di più, la giornata, l’ultima, del professore George Falconer che, otto mesi dopo la morte del suo compagno Jim in un incidente d’auto, decide di farla finita. Ebbene, il modo con cui Tom Ford, notoriamente omosessuale pure lui, descrive questa giornata, certamente aiutato dalla “mostruosa” bravura dell’attore inglese Colin Firth, è di una finezza e di una profondità che rasenta il capolavoro: evidentemente Ford ha “sentito” a tal punto questa storia che è riuscito a reinventarla in una specie di stato di grazia, fin dall’inizio, fin da quando a George arriva la telefonata dell’annuncio mortuario e il suo viso non ha una smorfia, la sua voce rimane uguale e addirittura ringrazia quando la voce dall’altra parte del telefono lo informa che “il funerale è riservato solo ai familiari”. Tutto è vissuto “dal di dentro” e giustamente Ford ci mostra, attraverso una serie di flashback, i “lampi” di pensiero con cui George ricorda alcuni momenti di un rapporto d’amore durato anni. Ma, “dal di fuori”, quella giornata è come tutte le altre. George va a far lezione di letteratura inglese al college, tanto più distaccato quanto più coinvolgente nei confronti dei suoi allievi, incontra un bel ragazzo che vuole assomigliare a James Dean Tom Ford, regista di “A single man”, con il protagonista Colin Firth (George Falconer) e che inutilmente gli si offre e poi, in qualche modo il “centro” del film, va a cena dall’amica del cuore Charlie (una strepitosa Julianne Moore) con cui, in gioventù, quando la sua omosessualità non era ancora precisata, ha avuto una relazione: Charlie è ancora innamorata di lui e fa di tutto, esagerando col trucco, col vino, col corpo, col ballo, ecc., per sedurlo ma anche per toglierlo da quel dolore fortissimo ma sopito che lei, solo lei, conosce. Scene bellissime, strazianti, di due persone sole che si capiscono al volo, si vogliono bene ma non riusciranno mai a “concretizzare”. Niente da fare, George torna a casa e continua a giocare con la pistola, dopo aver preparato tutto, con cura maniacale, il cerimoniale, soprattutto nei suoi aspetti esteriori (e borghesi), la casa, l’abbigliamento, le camicie e le cravatte... Non è ancora il momento e, quasi un ultimo tentativo “vitale”, esce ed incontra un suo giovane allievo, tipico adolescente alla ricerca di se stesso, da sempre affascinato da quell’insegnante che ha trasmesso più con le pause che con le parole, che ha educato più alla vita che al sapere. I due quasi “fraternizzano” e fanno, nudi, un bagno notturno nelle gelide acque del Pacifico. Anche George è attratto, in ogni senso, dal ragazzo e, quasi felice per quell’incontro umanissimo inaspettato, torna a casa e ripone nel cassetto la pistola. Ma un improvviso, lancinante, dolore al petto... Anche quando vogliamo decidere della nostra vita, è la vita a decidere: misteriosamente? Ma non è un film “filosofico”. Ford inserisce ogni tanto le immagini del sogno ricorrente di George: il suo corpo morto che lentamente si inabissa nelle acque gelide del Pacifico, come quando giocava “pericolosamente” con il suo Jim, la sua anima gemella (altro che avatar!): è un film “psicofisico”. P.S. ”Perché il 3D non aveva bisogno di essere inventato lo ha spiegato bene, anni fa, lo psicanalista Cesare Musatti: ‘ il cinema comune riesce a darci impressioni del tutto corrispondenti a quelle di una realtà corporea tridimensionale grazie alle leggi della prospettiva e del movimento. Quando un film inizia lo schermo scompare mentre lo spazio virtuale, che è nella mente dello spettatore, si dilata all’infinito’. (Roberto Nepoti, “la Repubblica”, 2/2/10)”● Panorama 21 Arte Il pittore Claudio Frank non vuol farsi cogliere impreparato dagli anniversari... In esposizione i dipinti per il Tremila di Erna Toncinich I l pittore abbaziano Claudio Frank ama la spettacolarità. E non da oggi. Dopo due mostre “tradizionali” o “normali” allestite a studi accademici compiuti (diploma di Brera), nel 1984, al Piccolo Salone di Fiume, si era presentato con una tela “infinita”, lunga trentaquattro metri e alta due! Tela infinita e anche incompiuta: infatti, ogni giorno e per tutta i quindici giorni di durata della mostra dipingeva alla presenza del pubblico, faceva vedere come nasce un’opera d’arte e come uno spazio espositivo poteva trasformarsi in uno studio di pittore (studio che lui ancora non aveva e questo modo anticonvenzionale di presentarsi poteva venir interpretato come una protesta), e, come nel corso di questa performance, coinvolgeva i visitatori, testimoni oculari dell’esecuzione di un dipinto. Ma con questa tela “infinita” il pittore si poneva anche la domanda sul dipinto stesso, sul suo inizio e la sua fine. Aveva portato questa sua prima singolare realizzazione anche al pubblico zagabrese, sennonché nel capoluogo croato c’era andato con la tela già interamente dipinta, e l’atto del dipingere lo aveva rim- Una tra le migliori prove della ritrattistica di Frank: “Ritratto di giovane”, olio del 1987 22 Panorama piazzato con un numero di serigrafie pari ai metri della tela stessa. Macchina serigrafica e autore, in questa operazione, si erano mostrati un connubio perfetto. Interessare il pubblico, rendere ogni suo intervento espositivo quanto più vivo e coinvolgente, è la prassi che il pittore abbaziano non abbandonerà più. Ogni sua mostra verrà accompagnata da una sua esibizione al violino, magari accompagnato al pianoforte da qualche altro “Abbazia”, dipinto del 1883 di Claudio Frank, che si presenta con una personale sino al 14 febbraio prossimo nel Padiglione Artistico della località rivierasca. La mostra, “Tremila dipinti per il Tremila”, sta destando grande interesse di pubblico come molti giudizi positivi e negativi Barche, bragozzi, architetture liburniche sono i soggetti che il pittore ha elaborato e continua a elaborare ancor oggi musicista, o, come è successo alle sue ultime mostre, dalla figlioletta Esperanza, esibitasi anche lei al violino. Il pittore ama gli anniversari. Non si è lasciato scappare il 150. esimo del Turismo abbaziano. Risultato: centocinquanta dipinti. Con esibizione al violino e immancabile asta. Per il Duemila altra impresa, ben più ardua: duemila dipinti, e stesso proposito per il Tremila, progetto questo più che realizzato: dichiara di aver dipinto nel corso dell’anno, dal 25 gennaio 2009 al 25 gennaio 2010, non tremila ma quattromila tele. Spettacolare ovviamente anche l’inaugurazione di questa sua ultima mostra abbaziana, nel Padiglione Artistico “Juraj Šporer” Tremila quadri per il Tremila: ancora esibizione musicale sua, di sua figlia Esperanza e di un musicista al pianoforte. E la solita asta di quadri, di cui una trentina donati a scopo benefico (in queste azioni è di grande esempio agli altri artisti). In più, questa volta, c’è stata anche la tombola dove i premi, si sa, non potevano che esserele sue tele. E quadri, quadri, quadri dappertutto, ammucchiati sul pavimento (cosa che impedisce ai visitatori, oltre ad una normale deambulazione, anche l’eventuale scelta dell’opera da acquistare) o magari appesi l’uno vicino all’altro tutt’intorno. I prezzi: duecentocinquanta kune i dipinti di piccolo formato, sino alle settemila kune quelli grandi e “importanti” (per Frank). ”Dipingevo cinquanta, cento, sino a trecento quadri al giorno”, ha dichiarato. Ma questa iperproduzione ha da spartire qualcosa con l’arte? Per gli organizzatori, il Museo abbaziano del Turismo, l’evento espositivo è stato “pun pogodak” (colpo Arte “Rosso e nero” e “Senza titolo”, due dipinti del periodo astratto del pittore Dal ciclo dei nudi realizzati al rientro da Parigi: “Figura con velo rosso”, 1988. Anche in questo dipinto Frank dimostra il suo grande interesse per la materia pittorica sicuro). Giudizio, secondo noi, da non condividere. Si tratta di un artista che ha dato e può dare cose buone, puntando però all’evento spettacolare, agli anniversari, ecc., dal suo atelier invece di arte usciranno solo croste. Per un periodo molto breve, va ricordato, è stato allievo di Venucci e, prima ancora, di un pittore di Abbazia, Faulwetter, cosa che va notata nelle tele in cui è figurativo, nelle elaborazioni di temi paesaggistici, quelli liburnici, segnati, in seguito, dall’influenza della pittura di un altro artista abbaziano, Ivo Kalina. Parallelamente alle soluzioni figurative, egli si cimenta nell’ astratto, è ancora il paesaggio ad ispirarlo, un paesaggio che perde i propri connotati e diventa macchia, pennellata vigorosa e pastosa, accompagnata da grafismi e gocciolamenti di colore. Della sua fase definita dell’espressionismo astratto, il critico d’arte triestino Sergio Molesi dirà: ”Nell’ambito di tale stile, pur nei riferimenti lontanamente allusivi al mondo naturale, si privilegia, accanto al gesto e al segno, la componente materica, che, nel suo solare cromatismo, si riaggancia al fare degli esordi”. Gli è sempre piaciuta la materia, la pennellata carica, pesante matericamente, vista già agli esordi, nelle prime prove figurative, nelle composizioni floreali, nei ritratti, nei nudi del periodo postparigino, come nelle composizioni ispirate dalla realtà ma ben lontane da essa. Alle vernici delle sue mostre personali il pittore abbaziano non manca mai di esibirsi al violino (foto I. Hreljanović) L’ultima sorpresa di Frank? Un evento dedicato agli innamorati. Sempre a febbraio, per san Valentino e sempre nello stesso Padiglione espositivo. Spettacolo assicurato. ● Panorama 23 Italiani nel mondo Lidia Bastianich si è aggiudicata anche una nomination all’Emmy Award nella ca Esule polese ambasciatrice della cu a cura di Ardea Velikonja L o hanno raccontato tante volte al cinema... il potere del cibo sull’anima. Forse Lidia Bastianich è come la protagonista de “Il pranzo di Babette” o “Chocolat”, donne che con le loro alchimie in cucina riescono a placare gli spiriti più irrequieti e a tirar fuori il meglio in ognuno di noi. C’è comunque qualcosa di speciale nel dar vita anche ai più banali ingredienti se, in pochi anni, Lidia Bastianich è diventata l’Ambasciatrice della cucina italiana nel mondo. Giovanna Chiarilli l’ha incontrata. Ne è nato il ritratto di una donna e di una professionista, che ha cucinato per il Papa e per il Presidente della Repubblica italiana e che attraverso la cucina “parla” agli americani della storia, della cultura e dei sapori dell’Italia. Un ritratto che va ad arricchire la serie di appuntamenti con “La Meglio Italia all’estero”, rubrica che la Chiarilli cura ogni settimana per il nuovo giornale diretto da Antonio Politi “Il Punto”. Ne riportiamo di seguito il testo integrale. La bistecca alla Pittsburgh, specialità di uno dei ristoranti ”Nata a Pola, arriva a New York nel 1958 ad 11 anni. ‘Sono esule istriana. Dopo due anni nel campo profughi di San Sabba e l’apertura delle frontiere ai profughi da parte del governo di Eisenhower, la Il Lidia’s restaurant di Pittsburgh 24 Panorama Caritas ci portò in New Jersey. Con me c’erano mia madre, mio padre e mio fratello Franco’. A 24 anni apre il primo ristorante, il Buonavia, e nel 1981 il celeberrimo Felidia a Manhattan, nome che sottolinea l’unione, anche nel lavoro, tra Lidia e Felice, suo marito. Una passione nata all’interno di una famiglia ‘dove la cucina era il fulcro della casa, già da bambina cucinavo con mia nonna gnocchi e pasta in genere, seguivo i raccolti e partecipavo alla vita della fattoria. Questo ha fatto nascere in me il piacere della cultura del cibo, e mi ha lasciato un impagabile archivio dei sapori della nostra tradizione’. Oggi sono una ventina i locali che negli States portano la sua firma; accanto a lei il figlio Joseph con cui gestisce i ristoranti in società con Mario Batali. Ma l’arte della Bastianich non è rimasta confinata nelle sue ‘cucine’: è autrice di libri che hanno venduto più di un milione e mezzo di copie, mentre l’ultima serie televisiva, ‘Lidia’s Italy’ nel 2009 ha ricevuto una nomination all’Emmy Award, nella categoria Outstanding Lifestyle, e vinto il James Beard Award, equiparabile all’Oscar della cucina americana, come miglior programma televisivo della stagione, senza dimenticare le lezioni di antropologia dell’alimentazione. E la cucina diventa un gustoso pretesto per parlare dell’Italia. ‘È quello che ho fatto e continuerò a fare: raccontare agli americani, attraverso i miei piatti, l’Italia. E poi la soddisfazione più grande per chi ha fatto della cucina una scelta di vita è leggere la felicità nei visi di chi sta assaggiando un mio piatto’. Confermato il valore del cibo nel suscitare emozioni. Chissà cosa avranno provato Papa Benedetto XVI, ‘per il quale ho avuto Italiani nel mondo tegoria Outstanding Lifestyle Considerazioni del Presidente Patronato Inca Argentina cina italiana Decurtati 23 milioni di euro N La signora Lidia ai fornelli l’onore di cucinare in occasione della visita a New York, il presidente Giorgio Napolitano, Ted Kennedy, che era un nostro affezionato cliente, Gina Lollobrigida, Meryl Streep, Al Pacino, Nicole Kidman, Billy Joel, Oscar de la Renta, Placido Domingo’. Anche l’Italia ha celebrato la grande chef con una serie di riconoscimenti, come il Premio Italiani nel Mondo, assegnato nel 2002 dall’allora Ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, e il Premio Internazionale Vinitaly 2009. Lidia è anche una grande mente proiettata verso il sociale: sua la Fondazione che si occupa di persone in difficoltà, sua la proposta di far cucinare donne chef palestinesi e israeliane per creare ricette per la pace. E per chiudere con un altro personaggio che ha insegnato a cucinare, Julia Child, oggi celebrato nel cinema con ‘Julie & Julia’, chissà se un giorno la vita di Lidia Bastianich non diventi un film. Nessun dubbio sul volto che vorrebbe ad interpretarla: ‘Ho una grande ammirazione per Sophia Loren, che oltre ad essere meravigliosa, ha rappresentato negli anni lo spirito e l’emancipazione della donna italiana’.” ● on è stata una Finanziaria “light”, come invece aveva preannunciato il ministro Tremonti, quella recentemente licenziata dal Parlamento italiano con l’oramai solito voto di fiducia. Nel maxiemendamento “monstre” definitivamente approvato sono stati inseriti 250 commi che hanno accorpato gli articoli 2 e 3 della manovra (composta di solo tre articoli). Le novità piccole e grandi sono numerosissime e accontentano centinaia di piccole e grandi lobby con 8 miliardi di euro in più di quanto previsto, che dovrebbero essere coperti in parte dallo scudo fiscale ed in parte dal TFR dei lavoratori scippato all’Inps - dove era conservato a disposizione dei legittimi proprietari - da questo Governo inetto, senza scrupoli e senza una visione programmatica del futuro. Inutile a dirsi che tra gli esclusi, oltre ai lavoratori, ai pensionati, ai piccoli e medi imprenditori, ci sono anche gli italiani emigrati. Sono stati confermati infatti tutti i tagli alle politiche per gli italiani all’estero già annunciati a luglio e respinti tutti gli emendamenti che miravano a porre un freno ad una politica di tagli e di disattenzione da parte del governo di centrodestra verso le nostre comunità all’estero. E pensare che contro gli emendamenti a favore delle nostre collettività hanno votato proprio alcuni parlamentari eletti all’estero nel PDL, come l’On. Berardi, il quale avrà grandi difficoltà a spiegare come il recupero di sei miserabili milioni di euro per la tutela e l’assistenza diretta per gli italiani poveri in America Latina avrebbe destabilizzato il bilancio dello Stato italiano. Eccesso di servilismo allo schieramento di appartenenza o consapevole complicità nella politica di penalizzazione delle nostre comunità? Quindi allo stato delle cose le risorse previste per le politiche migratorie attribuite alla Direzione Generale per gli italiani nel mondo del MAE subiscono una decurtazione di 23 milioni di euro rispetto al bilancio assestato dell’anno precedente. Falcidiata l’assistenza diretta proprio a favore dei cittadini più bisognosi i cui stanziamenti precipitano dai 28 milioni di euro stanziati dal Governo di centrosinistra ai 10 milioni di questa finanziaria per il 2010. Le somme previste per l’informazione, la promozione culturale, scientifica e dell’immagine dell’Italia all’estero vengono decurtate di 7,5 milioni e, in particolare, la dotazione della Direzione generale per la promozione e la cooperazione culturale, già pesantemente intaccata l’anno scorso, perde altri 5,6 milioni di euro. Nel complesso, comunque, tra le due Direzioni di maggior riferimento per gli italiani all’estero vengono a mancare oltre 30 milioni di euro. Sembra evidente che questo ulteriore colpo e i drastici tagli dello scorso anno si sono cronicizzati, diventando una politica ordinaria e permanente che alla fine si è cristallizzata e sta portando ad un definitivo ridimensionamento delle politiche migratorie dello Stato italiano. A nulla è valso l’impegno profuso dai parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero i quali, ad onor del vero, non hanno lasciato nulla di intentato attraverso pressioni politiche, emendamenti, mozioni, ordini del giorno. Ma tant’è. La politica oggi in questa Italia devastata eticamente e culturalmente la fa il Governo e non il Parlamento. Ed a pensare che gli emendamenti presentati dai parlamentari eletti all’estero, soprattutto da quelli del PD, non chiedevano la luna ma intendevano ripristinare in uno spirito di equità e dignità i fondi per l’assistenza, la cultura, gli organismi democratici di rappresentanza. Sono stati inoltre respinti gli emendamenti che rendevano permanente la possibilità di usufruire delle detrazioni per i carichi di famiglia, che introducevano la sanatoria per gli indebiti pensionistici, che estendevano l’esenzione dall’ICI sulla prima casa agli italiani residenti all’estero. (antonio bruzzese\aise) Panorama 25 Made in Italy L’anno prossimo in mostra a Torino per i 150 anni dell’Unità del paese Capitali italiane nel mondo a cura di Ardea Velikonja D escrivere l’apporto italiano nel mondo raccontando non solo le storie d’architettura, ma anche i modelli di comportamento, le abitudini di vita e le relazioni sociale che i nostri connazionali emigrati hanno impresso nelle città che li hanno accolti all’estero. Questo l’obiettivo di “Capitali italiane nel mondo”, progetto promosso e realizzato da Regione Piemonte e Ordine degli Architetti torinese in collaborazione con il Centro Altreitalie, che, inserito nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità di Italia in programma l’anno prossimo, è stato presentato a Roma dall’assessore regionale alle politiche territoriali Sergio Conti, dal presidente dell’Ordine Riccardo Bedrone, e dal direttore di Centroitalie, Maddalena Tirabassi. Progetto che si concretizzerà in una mostra che sarà allestita dal 17 marzo al 20 novembre 2011 nelle ex Offici- ne Grandi Riparazioni a Torino. “Festeggiare l’Unità d’Italia, ha spiegato l’assessore Conti, significa non limitare lo sguardo a ciò che è successo dentro i nostri confini, ma estenderlo alle vicende, alle storie, alle esperienze che i nostri connazionali hanno affrontato all’estero perché l’emigrazione non è affatto vicenda secondaria dell’addivenire della società italiana, nel bene e nel male”. Obiettivo del progetto, ha quindi spiegato Conti, quello di “raccontare la storia con il linguaggio dell’architettura e delle scienze del territorio”, attraverso cui comprendere “non solo come sono state costruite le città, ma anche le diverse socialità create nei paesi dove gli italiani sono andati a vivere”. Paesi che i diversi flussi migratori succedutisi nei decenni hanno trasformato anche all’esterno, cioè nella loro fisionomia urbana. “Anche la scenografia aiuta a capire la storia”, ha osservato l’assessore, precisando che la mostra proporrà un focus su città e infrastrutture ideate e create da italiani. ”Si dice che uno dei nostri tratti distintivi sia la creatività che, però, è anche specchio del luogo in cui si vive. Beh, gli italiani l’hanno esportata e così - ha concluso - hanno creato quelle che noi, oggi, chiamiamo ‘capitali italiane nel mondo’.” L’idea della mostra, ha spiegato il presidente dell’Ordine degli Architetti Bedrone, è nata a margine del Congresso mondiale degli architetti tenuto a Torino nel 2008. Con la mostra, ha aggiunto, “vogliamo guardare a due aspetti: il primo riguarda i progettisti, cioè gli architetti, così da raccontare le loro esperienze all’estero dal 1861 in poi; il secondo riguarda ciò che hanno creato nei diversi periodi storici e in base alle diverse esperienze migratorie”. Nella mostra, infatti, si evidenzia il lavoro degli emigrati come singoli, che siano stati professionisti o maestranze, ma anche quello La IV Coppa del Mondo tra coni, vaschette e torte, si è svolta a Rimini Fatto da mani francesi il miglior gelato L a Francia ha vinto la 4.a Coppa del Mondo della Gelateria, alla 31.esima edizione del SIGEP che si è svolta a Rimini Fiera. Sono state quindi le note della Marsigliese ad accompagnare il successo di una squadra accreditata dal pronostico e dimostratasi sul campo davvero superba nelle varie prove in programma. I transalpini succedono all’Italia, vincitrice nel 2006 e nel 2008 e quindi, per regolamento, esclusa quest’anno dalla competizione. La grande sfida fra Italia e Francia tornerà quindi alla Coppa del Mondo della Gelateria nel 2012. La squadra francese era formata dal capitano Jean Claude David e dai gelatieri Luc Debove, Hervè Dartois e Thierry Ramas. Al secon- 26 Panorama do posto la Svizzera composta dal capitano Giuseppe Piffaretti e da Tiziano Bonacina, Tony Steininger e Rolf Murner. A pari merito al terzo posto l’Argentina (Eduardo Ruiz, Jose Victorio D’Alonzo e Nestor Fabian Reggiani) e il sorprendente Marocco (Kamal Rahal Essoulami, Karam Boukhari, Nabil El Moudni e Mahdi Kadir). In gara nella competizione anche le squadre di Australia, Brasile, Germania, Marocco, Spagna e USA. Dopo la cerimonia di presentazione le squadre sono state impegnate nella realizzazione delle sculture di ghiaccio. Per due giorni le squadre si sono dedicate alle varie prove previste dal regolamento: coppe decorate per servizio al tavolo, torta gelato, vaschetta di vendita colo- rata, cono gelato, pezzo artistico in gelato, creazione di un centrotavola per grandi buffet, pezzo artistico in zucchero. La giuria che ha determinato il punteggio era formata dal Presidente Sergio Colalucci e dai rappresentanti delle nazioni in gara. Un plauso al team che s’è occupato direttamente dell’organizzazione a partire dal Presidente della Coppa del Mondo, Giancarlo Timballo, il Commissario Sergio Dondoli e l’infaticabile Luciana Polliotti. ”Siamo molto soddisfatti - ha commentato il Presidente - per l’alto livello qualitativo delle partecipanti e per il clima veramente straordinario instauratosi durante la competizione, clima che ha trasmesso anche al folto pubblico di settore un’infini- Made in Italy Little Italy di New York di chi fu chiamato all’estero al seguito dell’avventura colonialista italiana. ”L’architettura italiana all’estero - ha spiegato ancora Bedrone - è stata suddivisa in quattro macroaree, ciascuna delle quali caratterizzata da una “città leader”: l’Oriente con Istanbul, Bangkok e Tiajin; le Ame- Un centrotavola di ghiaccio e gelato della squadra francese tà di conoscenze tecniche utili ai professionisti”. Il clima a cui si riferisce Timballo è simboleggiato da un episodio accaduto durante la gara: la scultura di ghiaccio della squadra australiana ha ceduto e in quelle condizioni non poteva essere giudicata. Le altre squadre hanno acconsentito tutte al soccorso e la squadra tedesca ha messo a disposizione il proprio esperto di sculture di ghiaccio per recuperare la situazione. ● riche con New York, Buenos Aires e L’Avana; le colonie d’oltremare con Tripoli, Asmara, Tunisi, Tirana, Rodi ed Addis Abeba; l’Europa post bellica di Berlino e Barcellona. A queste si aggiunge una sezione dedicata al periodo preunitario con focus su Vienna, Mosca, San Pietroburgo, Parigi e Washington”. “Non tutte le città, ha chiarito Bedrone, sono capitali amministrative dei rispettivi stati, ma lo sono in un centro senso per l’importanza che hanno nei loro Paesi dal punto di vista aggregativo o culturale. Lo sono per l’Italia perché testimonianza del genio e dell’arte italica”. L’allestimento della mostra, presentato con un trailer dimostrativo, sarà “innovativo” e d’effetto anche grazie “all’utilizzo di materiali usati nell’industria aerospaziale, in cui oggi l’Italia eccelle, per raccontare il nostro Paese nel mondo fuori dagli stereotipi dell’abbandono della patria e della tristezza, ma attraverso le storie di una presenza duratura, radicata e ancora presente all’estero grazie alle nuove generazioni”. La mostra, ha infine preannunciato Bedroni, farà probabilmente tappa a Buenos Aires, in versione “ridotta” alla fine del 2010. Direttore del Centro Altreitalie, Maddalena Tirabassi ha voluto sottolineare la valenza di una iniziativa che “per la prima volta associa l’emigrazione alla storia dell’architettura”, alla costruzione di città e infrastrutture che all’estero impegnavano architetti ma anche maestranze italiane, ponendo l’accento “sul ruolo degli italiani all’estero come esportatori di arte e stili”, che hanno portato il barocco a San Pietroburgo, o affrescato il Campidoglio a Washington. La mostra, poi, “propone una riflessione sui segni meno visibili dovuti ai tratti culturali degli emigrati”, per esempio sul fatto che “chi non andava in fabbrica, prediligendo i lavori all’aperto finiva nei cantieri. Per questo c’erano italiani tra quanti costruivano ponti o metropolitane, tunnel e ferrovie e grattacieli, ma anche mosaici e stucchi sulle facciate dei palazzi o intagliatori per gli infissi interni. Insomma, l’emigrazione “ha esportato professionalità”. Ci sono poi, ha proseguito Tirabassi, “segni ancora più sottili legati al fatto che i muratori costruivano da sé le loro case, così ad esempio, nella campagna brasiliana ci sono case in stile veneto. E poi le chiese, i teatri, i negozi”. Infine, i “segni delle abitudini culturali: gli italiani hanno sempre dato priorità all’acquisto della casa. Lo facevano anche all’estero e quella rimaneva “la” casa della famiglia. Erano più stanziali, insomma, di altri gruppi etnici. Nascevano le Little Italies, ma anche semplicemente caratterizzavano i loro quartieri, facendo di ogni incrocio una piazza. Questa “appropriazione dello spazio pubblico” – ha rilevato Tirabassi – trasformava i quartieri e dava loro un’atmosfera particolare, quella dell’italian way of life che la gente ad un certo punto ha cominciato ad apprezzare”. ”Ora la grande emigrazione è finita - ha detto, concludendo, Tirabassi - ma le nuove mobilità, i giovani che ancora partono, si portano ancora dietro il loro diverso tipo di aggregazione”. La mostra, come detto, sarà uno dei grandi eventi promossi per il 150° dell’Unità d’Italia messi in cantiere da Regione Piemonte che, come dichiarato dalla presidente Mercedes Bresso, “punterà forte sul coinvolgimento del Ministero degli Esteri” per stabilire “le modalità con le quali coinvolgere le ambasciate e gli istituti italiani di cultura”. (m.cipollone\aise) Panorama 27 Reportage La neve e il vento fanno slittare il terzo Festival mondiale di volo in pallone a Bled Quell’agognato giro in mongolfiera testo e foto di Ardea Velikonja V oglia di libertà, voglia di volare come gli uccelli in assoluto silenzio, provare l’ebbrezza di muoversi con leggerezza, a seconda del vento: è il volo in mongolfiera che sta destando sempre più interesse in Europa e quindi un po’ dovunque si svolgono gare mondiali ma anche Festival delle mongolfiere come quello che avrebbe dovuto tenersi, come vuole tradizione, il primo fine settimana di febbraio a Bled, in Slovenia. Purtroppo le condizioni meteo, ovvero la neve fitta fitta che è caduta durante tutta la giornata di sabato e il vento a sfavore di domenica, hanno fatto saltare quell’agognato volo anche per i visitatori che avrebbero potuto (a pagamento) provare il brivido di una volo in pallone. Ma cominciamo dall’inizio. Per il terzo anno consecutivo il club “Slovenian skywalkers” di Lubiana ha organizzato il Festival internazionale delle mongolfiere a cui avrebbero dovuto partecipare 20 concorrenti di otto Paesi. Appuntamento quindi venerdì nella bella cittadina in cui due volte Una suggestiva immagine di Bled ricoperta dalla neve e dalla nebbia al giorno dallo stadio di calcio comunale avrebbero dovuto partire le mongolfiere per colorare il cielo. Ad organizzare il tutto Borut Groegl che, causa un malore, all’ultimo momento è stato sostituito dalla figlia Vesna Vogrin. Già venerdì pomeriggio purtroppo era chiaro che questa volta il tempo avrebbe reso i decolli difficili, ma, come in tutti gli sport, gli appassionati sono stati con il naso all’insù a scrutare il cielo speranzosi che la situazione sarebbe migliorata nei due giorni successivi. Due équipe della Repubblica Ceca ed una della Polonia sono riusciti ad alzarsi in aria venerdì nel tardo pomeriggio nonostante la fitta nebbia. Ma hanno fatto solo un giro sopra il lago perché disperdersi fra le nuvole minacciose che coprivano il cielo di Bled era pericoloso, quindi un giro sopra il lago a bassa quota e poi giù a terra. Ma forse sarebbe stato meglio domani, hanno detto al rientro. Un fiumano amante dell’aria M a quant’è piccolo il mondo, sarebbe il caso di dire. Tra i piloti presenti a Bled abbiamo incontrato i coniugi Tom Mikloušić e la moglie Marica Petrić Mikloušić (la signora è al quarto posto al mondo per ore di volo nella categoria donne). Tom, infatti, è nato a Fiume e parla correttamente l’italiano dato che suo padre abita a Duino, e “per amore” si è trasferito a Zagabria. Da trent’anni ha la passione del volo e il corso l’ha fatto in America. “In Croazia purtroppo il volo in mongolfiera non è tanto conosciuto. La nostra ditta ‘Baloni’ ha registrato risultati sportivi molto buoni, il nostro pilota Igor (socio del club n.d.r.) a soli 22 anni è già al 24.esimo posto al mondo. Abbiamo molti giovani perché siamo 28 Panorama riusciti a mantenere l’anima sportiva di questi voli. Nel club abbiamo avvocati, medici, persone di tutte le età che vogliono provare l’ebbrezza del volo libero, basta associarsi al club, con 850 kune annuali si può volare una volta e poi decidere se continuare. In Croazia non ci sono molti luoghi in cui si può praticare il volo. Ideali sono lo Zagorje e l’Istria; in quest’ultima abbiamo tentato di sviluppare qualcosa turisticamente, ma tutto è finito in una bolla di sapone. Bisogna sapere che per volare in mongolfiera ci vogliono particolari condizioni microclimatiche, vento ideale che non “giri” come fa in Dalmazia, pianura, spazi aperti. Devo dire che ho tentato un volo sulla piana di Grobnico, che si è dimo- I coniugi Mikloušić strato impossibile perché proprio lì il vento soffia da tutte le direzioni. Poi, essendo fiumano, non ho dimenticato la mia città, ho voluto fare un volo dal molo Carolina e non ci sono riuscito proprio perché il vento girava e quindi mi avrebbe portato direttamente sulle case. Per questa ragione ho tentato con l’Istria, dove, diciamo nei pressi di Pinguente è il luogo ideale.● Il giro di prova a bassa quota Avrebbe potuto essere così.... Il pallone intrepido Fino al castello di Bled e non oltre Sono arrivati fino sopra le case del centro 32 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7 Panorama 29 11.2.2010 13:42:12 Al briefing mattutino il meteorologo è costretto a sconsigliare il volo Noi ce ne andiamo alla ricerca di un posto o migliore La prova del palloncino per vedere in che direzione soffia il vento Il palloncino se ne è andato Tanti preparativi, qualche speranza s e poi la resa ...ma qui era ancora peggio Il pilota ceco coinvolto nei preparativi tecnici Qua nulla, vediamo di trovvare un altro posto... L’équipe di Maribor monta il cesto 30 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 8-9 Mettiamoci pure il bruciatore, poi vedremo Il palloncino di prova si alllontana rapido: magari si potesse seguirlo Con il naso all’insù per vedere dove va a finire la leggera sonda sferica Panorama 31 11.2.2010 13:42:22 Il giro di prova a bassa quota Avrebbe potuto essere così.... Il pallone intrepido Fino al castello di Bled e non oltre Sono arrivati fino sopra le case del centro 32 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7 Panorama 29 11.2.2010 13:42:12 Reportage Alzataccia sabato mattina, con un cielo plumbeo che non prometteva nulla di buono mentre fuori stava cadendo una pioggia ghiacciata. Breve briefing in cui il meteorologo, onnipresente a queste gare, sconsiglia il volo volo causa la pioggia. Nel pomeriggio se non ci saranno precipitazioni si penserà ad un’”alzata” notturna. Beh, che fare? Nulla, aspettare che il cielo si schiarisca. E invece nel pomeriggio la pioggia diventa neve che continua a cadere tanto che in un paio d’ore il manto arriva a una decina di centimetri. E ancora nulla, niente volo, è troppo pericoloso. “Però - dice Vesna Vogrin alla sera -, domani è previsto bel tempo e quindi potremo tentare”. Delusi, tutti a nanna aspettando le 8 di domenica, ora dell’appuntamento prima della partenza. Tutti felici appena aperti gli occhi il mattino dopo, non nevica più, le nuvole sono alte e addirittura il sole ogni tanto fa capolino. Finalmente potremo volare! Tutti attorno al tavolo per un briefing ma il meteorologo è categorico: “Il tempo è bello ma il vento è troppo forte in alcuni punti e quindi faremo il giro dei punti in cui di solito si vola e vedremo”. Appuntamento allo stadio di Bled. Arrivati là tutti in cerchio per la “prova del vento”, ovvero uno dei piloti riempie di elio un palloncino e lo lascia vibrare in aria. Tutti con il naso per aria per vedere dove va. Dopo alcune consultazioni, un altro palloncino viene lasciato in aria. E qui tutti assieme constatano che il vento soffia dalla parte sbagliata, ovvero che c’è il pericolo che le mongol- Gli undici piloti D ato il maltempo dei 28 piloti previsti a Bled ne sono arrivati solo undici che erano: Sandi Perdan, Slovenia; Iztok Čurči, Slovenia; Darko Kralj, Slovenia; Grega Trček, Slovenia; Tom Mikloušić, Croazia; Filip Štucin (meteorologo), Slovenia; Michalec Marek, Polonia; Libor Stana, Repubblica Ceca; Michael Suchij, Repubblica Ceca; Karsten Funk, Germania. Da rilevare che questi erano i piloti, ognuno dei quali aveva un equipaggio di almeno tre persone. ● In balia del vento D arko Kralj del Boloncenter “North East” di Maribor ha alle spalle ben 1000 ore di volo, fa parte della squadra nazionale slovena, attualmente ben piazzata nella classifica, che partecipa ai Campionati del mondo di volo in mongolfiera. Stando in albergo ad aspettare che cessi il vento abbiamo fatto una chiacchierata. ”Prima di tutto vi devo dire che come in tutti gli sport anche in questo ci vuole tanta passione e niente incoscienza. Infatti noi possiamo controllare la mongolfiera per la salita e la discesa ma il resto lo fa il vento per cui, come siamo oggi testimoni, se il vento è a sfavore nessun pilota rischierà di alzarsi in volo. Qui in Slovenia abbiamo circa 16 club di appassionati di volo in mongolfiera che però contano pochi giovani. Vero è che il pallone costa: circa 45.000 euro con tutto l’equipaggiamento. Pesa circa quattro tonnellate: 4000 metri cubi di aria calda, più il cesto, il bruciatore e l’equipaggio. Dopo 600 ore di volo bisogna cambiare il pallone fatto di un materiale speciale misto a nylon. E solo la “cupola”, come la chiamiamo noi, costa 10.000 euro. Per poter volare ci vuole il brevetto. Il corso, che dura fiere vengano spinte sui monti. Niente volo da qua. Vediamo di andare a Vrebnje, piccolo paese “in battuta di vento”. Due squadre della Repubblica Ceca si recano là e noi con loro. Altra “prova di palloncino” ed anche qua il pilota dice che il vento è troppo forte. Altre due équipe, una tedesca ed una polacca, sono all’aeroporto di Lešče e via radio avvertono gli altri che forse da lì il decollo è possibile. Tutti di corsa là, ma una volta giunti la prova del palloncino e la misurazione con l’anemometro dicono di no. Misura che ti misura, aspetta che ti aspetta, il vento invece che calmarsi con l’andar delle ore aumenta tanto che all’aeroporto arrivano alcuni giovani che praticano una specie di kitesurfing sulla neve che consiste in uno snowboard trainato da un paracadute che il vento alza 150 ore, costa all’incirca 15.000 euro dato che un’ora di volo viene a costare circa 400 euro. Al termine del corso si sostiene un esame presso il Ministero dell’aeronautica. Forse non si tratta solo di denaro per quanto riguarda i giovani, in questo sport ci vuole molto tempo, ore per preparare il pallone e poi il volo, a seconda del vento può durare parecchio. Questo di oggi per noi avrebbe dovuto essere una specie di allenamento per il Campionato mondiale di volo in mongolfiera che si terrà quest’estate in Ungheria, all’ultima edizione noi siamo arrivati quarti. Mi chiedete qual è il mio viaggio più lungo: 150 chilometri dall’Austria in Ungheria, l’anno scorso. Di solito si vola un’ora per giri turistici. ● da terra e oltre a trainare lo swoboardista lo può anche far volare. Quindi è chiaro che il vento è fortissimo e che del volo non se ne fa nulla. Altre due équipe, stavolta slovene, si piazzano al parco di Bled in attesa che il vento si calmi. Il pilota del Boloncenter “North East” di Maribor, Darko Kralj, non si dà per vinto. Prepara il cesto, il bruciatore e, carta alla mano, decide di andare a Kranjska gora da dove, data la direzione del vento, dovrebbe atterrare in Italia. All’arrivo però pure lui si convince che proprio non se ne faceva nulla. Ritorno quindi a Bled nel pomeriggio inoltrato per un saluto e i commenti più ripetuti: “Sono i rischi del mestiere” e il consolatorio “Ci vediamo al prossimo meeting”. E via ognuno per la sua strada, via terra, s’intende. ● Panorama 33 Letture L o scorso giugno sono stati attribuiti i Premi della XLII edizione del concorso Istria Nobilissima, che hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della cultura. Ritenendo che di tali potenziali debba fruire il maggior numero di lettori nelle pagine riservate alle letture, “Panorama” propone le opere a cui siano stati attribuiti premi o menzioni. Nella sezione “Poesia in lingua italiana” la giuria ha assegnato il primo premio a LAURA MARCHIG di Fiume. Il titolo della raccolta di poesie, di cui ne pubblichiamo una parte, è ”Colours”. Questa la motivazione: “La raccolta si pres enta come una sorta di canzoniere caratterizzato dal sapiente collegamento dei singoli componimenti. Il linguasggio appare maturo, originale, contras- segnato da uno spessore materiale dalle immagini, giochi cromatici intelligenti, musicalità mai scontata e qualità ironiche”. «Colours» Nei campi di colore mi ritrovo Nei campi di colore mi ritrovo sono l’arancio che abbraccia l’arbitrio un’addensata licenza oltre il monte in relazione col verde gaudente. Nella sensuale linea mi riscopro la sovrana scioltezza che non sente di avere legame alcuno non pretende conforto a ogni costo lo sa bene chi vive la pena in che modo lo spazio s’incrina sotto ad un bacio del rosso accecante. Della morte e del colore Gustando il vino si ruba alla morte l’illusione che la vita sia un colore di corteccia, l’ombra farinosa sulla sabbia. Respirando in profondo gli amplessi si gusta la polpa degli astri il succo abbagliante della lacrima perenne malia del suo prisma di sale. E io ripenso ai tuoi attimi di delizia, madre e piango spandendo olio fragrante dagli occhi sulla tua rossa natura la tua apparenza castana. Verde che m’ossessioni con la tua risata che hai un’essenza estetizzante sagace ed elettrica porti la pace anche a te stesso. Verde frangente artifizio in picchiata io ti sogno fluttuante in forma di scialle mentre avvolgi le gole e cingi i crepacci con la tua tempra. Ti dilegui, ora del mondo, dettaglio ma sempre ti ritrovo saggio, sublime sul dirupo, e sgorghi pura lacrima dagli occhi. 34 Panorama Laude La morte è sempre una fregatura così logica, così aspettata ma rimane per tendenza un imprevisto. Laude gioiosa alla vita cantiamo che s’improvvisa, che non s’annuncia che di ciò che si conviene se ne sbatte laude alla vita inopportuna diciamo. Il nero fumoso si perde nel sempreverde rigoglioso e non cantiamo laude alla morte perché da quando fu inventata la vita ancora stupisce, cattura e il niente da allora non è niente appunto e così sia. Letture Natura morta Si sfila, mente d’arancia polposa e nuda nel rumore della luce rimane. Già si apre, melograno succoso che ha la calda musica nei grani. L’uva è un paradiso imperfetto ammiccante e quel cartoccio di foglie ricorda la terra che il nero e l’ombra raccoglie placando al fine ogni movenza. A proposito di un viso È rotondo, eppure ovale, eppure quadrato ha un fondo di bruttezza nella bellezza abbagliante carnosa bocca di petalo nello scirocco dei cardi. È un naso la cui dolcezza è spudorata. Il languore apre il suo sguardo all’inquietudine e la fronte si fa fragore confortante. Tutto si rabbuia in questo viso eppure risplende a volte ha un passo di onda irrequieta, imprendibile che avanza per mostrarsi generosa e quindi si ritrae. Principessa Il suo cuore mugghiava arazzo gigliato in tempesta tra i cardi e le onde smagliavano la stoffa non più scimmia, non più liocorno dama smerigliata di leopardo pallida si perdeva e del castello solo un’imago di tuono restava. Queste tue mani d’acqua Queste tue mani d’acqua sono il delirio, peso che trascina mani che mi reggono e mi ruotano: divengo un mappamondo. Queste tue mani al galoppo docili come due occhi azzurri mani continente nella rosa dei fulmini e io oceano nel moto perenne. Reinventami ancora, sarò penisola accessibile, madido colle forma dell’onda che crea. Petrolio Le tue coscie di petrolio aprono crepe nel buio della terra i lapilli dei polpacci hanno una furia senza più memoria. Le braccia emanano onde radio e non conosce sosta e s’innalza il canto dei muscoli. Ribolle l’acqua al contatto delle spalle il platino dei fianchi la consuma. Tutto il tuo corpo si solleva sopra ai pensieri di nebbia. Come una sfera celeste sei complesso un denso, fondente mistero la forma del tempo perduto. Intenzioni feroci Ci sono intenzioni che superano l’impotenza dell’urlo e si espandono per emanazione oltre il volere del mondo, oltre il significativo silenzio dei sassi, il gorgoglio delle cattedrali, il battere dei cuori. Ci sono intenzioni feroci che superano il volere dell’uomo, insulti sfrenati come capricci che intossicano l’aria, rendono grigia la pelle. Ci sono minuscole intenzioni private che pungono gli occhi, pizzicano il ventre. Feroce è la tua intenzione di fuga per sentieri noti. Tra gli artigli dei distacchi le nostalgie grondano sangue. Hanno solide tombe e malinconiche lapidi gli amori sfibrati, sepolti coi loro misteri. Orfani Questa mia vita spezzettata questi ricordi spettinati angioli, orfani alati piccoli gatti abbandonati questi orfanelli senza città e senza mare senza più desideri da sognare orfani sono di memoria. Privati a monte della storia orfani della cultura e della lingua: un’esistenza circoscritta e raminga li apetta. Orfani di padre e di madre s’arrabattano ed attendono senza più un codice civile piccoli, poveri attendon di morire. Panorama 35 Libri Ne Il figlio perduto Diego Zandel ripropone la vicenda trattata in Una storia istriana Tragedia dal sapore verghiano di Mario Simonovich C rocchi di gente silenziosa nell’aria ottobrina, un parlottare che indica un’attesa densa di tensione, uomini e donne separati, come allora si usava. Siamo ad Albona negli anni fra le due guerre, come si vedrà dalla rapida visita del federale, che la gente recepisce essenzialmente come uno sbattere di portiere e parole d’ordine gridate da più parti. Se si è scomodato di persona è chiaro che il motivo è serio: sottoterra, a quello che nel gergo minerario è definito l’orizzonte diciotto, un crollo ha bloccato due squadre, dieci uomini. Da due giorni stanno al buio, probabilmente con l’acqua fino alla pancia, nell’attesa di soccorsi. Sopra, sul piazzale, familiari e parenti giunti non solo da tutto il circondario ma anche fin da Fiume, non possono che scambiarsi trepide domande. Gli uomini, secondo l’uso del tempo, possono anche ubriacarsi alla vicina osteria e rifare ogni tanto, attraverso il vino, gli elenchi dei compagni che, da quelle gallerie sono tornati in superficie solo da morti. Le donne, no, neppure questo possono. Si limitano a stare in crocchi, scambiarsi poche parole a bassa voce e sospirare, nell’attesa di qualche notizia. Comincia così Il figlio perduto, sottotitolo La mia storia dalla terra d’Istria (Alacràn Edizioni 2010), il romanzo breve con cui Diego Zandel ripropone la vicenda già trattata in “Una storia istriana” (Rusconi, 1987). Personaggio di centro è Sime, un uomo alto, dai baffi biondi e i capelli gialloargentei. Vuol parlare con Maria, la moglie di suo fratello Antonio, qui giunta da Fiume perché anche il fratello di lei è sottoterra, fra gli sventurati. Più che serio l’argomento: non avendo figli, Sime è venuto a chiedere alla donna di cedergli uno dei sette che ha avuto da Antonio. La risposta positiva, peraltro maturata successivamente, attraverso un rituale a quel tempo inevitabile, 36 Panorama specie nelle campagne, e applicato pertanto, sia pure con una certa levità, anche negli ambienti familiari e parentali, costituirà l’ossatura della vicenda successiva. Ci troveremo così di fronte a un fatto unico, ma visto da tre diverse angolature. Quella dell’uomo che finalmente, a cinquant’anni, può soddisfare il proprio istinto alla paternità, tanto più sentito in quanto trova corpo nei confronti di un nipote, un essere che è “san- gue suo”. Quella della moglie che, travagliata da una duplice sofferenza, un’invalidità alla gamba per una caduta sul ghiaccio da bambina, e l’impossibilità di avere figli, ora, in aggiunta ora è costretta a condividere con il ragazzo anche il marito. Quella dell’adolescente infine che, dalla città in cui aveva vissuto finora, si ritrova d’un tratto sbattuto in campagna, a contatto con un mondo che, seppur in precedenza conosciuto e frequentato durante le vacanze scolastiche, solo ora gli appare in tutta la sua durezza oggettiva, fatta di un lavoro faticoso e improcrastinabile e, quel che è peggio, si prospetta come il punto d’arrivo di una vita che offre quale assai poco consolante e unico premio un pezzo di terra e una casa di contadini. Non bastassero i travagli interni dei tre protagonisti, sulla vicenda, collocata con molta precisione in un Albonese di cui sono ben evidenziate le tradizioni slave, si stende il sudario di una visuale retriva che, in una sorta di cavalleria rusticana, è ben pronta a punire, financo nel sangue, colui che sgarra. Nessuno mostra una qualche solidarietà verso Sime per tutto il tempo in cui è proteso a riempire il vuoto che gli deriva dalla mancata paternità. Nessuno pensa di dovergli una particolare gratitudine quando si offre volontario per salvare i minatori bloccati sottoterra. Però, anni dopo, nel momento in cui, dopo un travaglio che non può non segnare ogni uomo che sia veramente tale, in primo luogo a causa della tremenda conclusione dell’idea di dare un compenso al fratello per la cessione del figlio, egli si è adoperato a ricominciare daccapo per trovare una soluzione che si prospetti veramente duratura, la società che lo circonda si sentirà chiamata a reagire al supposto onore offeso. sorte decide altrimenti. Il colpo di un’arma da fuoco sparato solo un attimo dopo che ha saputo che quel suo anelito alla paternità è stato alfine appagato grazie alla generosità di un’altra donna, segnerà per lui una svolta senza ritorno. La sua ultima scelta, va detto con onestà, aveva penalizzato duramente la moglie zoppa, tuttavia la reazione del parentado offeso aveva nel contempo espresso molto di più: l’assolutizzazione di valori che se fino a quel momento si erano magari tramandati da secoli, solo pochi anni dopo sarebbero stati del tutto dimenticati. In sintesi: libro di certo aspro, come hanno detto autorevoli critici. Ma soprattutto libro che fa pensare e che ha un’ossatura tale che lo rende idoneo a una trasposizione teatrale. Sarebbe bene farci un pensierino. ● Concorsi BANDO DI CONCORSO per le Scuole Elementari In occasione del 10° anniversario della sua fondazione -14 aprile 2000/14 aprile 2010 - la Mailing List “HISTRIA” con il patrocinio dell’Associazione per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio e dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel Mondo bandisce un concorso strutturato in due sezioni A e B. SEZIONE A CONCORSO “MAILING LIST HISTRIA” A questa sezione del concorso sono invitati a partecipare gli allievi delle Scuole Elementari Italiane ( SEI ) che hanno sede in Croazia e Slovenia e quelli delle Scuole Elementari Croate, Slovene e Montenegrine (‘Osnovna škola’) che conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta e istriota. Il Concorso è articolato in due categorie di concorrenti : 1) lavori individuali 2) lavori di gruppo Per ogni categoria verrà premiato il saggio più significativo. Il Concorso ML “HISTRIA” 2010 prevede la possibilità di svolgere, a scelta, esclusivamente una sola delle tracce proposte per ogni categoria: LAVORI INDIVIDUALI: Traccia 1: ”Scrivi una lettera ad un amico straniero immaginario e raccontagli quello che ti pare” Traccia 2: ”Io allo specchio, come sono e come vorrei essere” Traccia 3: ”Raccontaci una giornata con il tuo animale preferito” LAVORI DI GRUPPO: Traccia 1: ”Una gita scolastica” Traccia 2: ”Visita a un museo” Traccia 3: ”Un libro, una favola o un racconto che ti è piaciuto” I testi dovranno essere redatti in lingua italiana o in uno dei dialetti romanzi parlati in Croazia, Slovenia e Montenegro. È considerato lavoro di gruppo l’elaborato svolto da almeno due persone. I temi potranno essere inviati: - personalmente dagli autori/autrici - tramite le rispettive Scuole - tramite le locali Comunità Italiane 38 Panorama I testi, con i dati dell’Autore/Autrice o Autori/ Autrici (generalità, recapito, classe, scuola frequentata e numero di telefono), identificati da un “MOTTO” dovranno pervenire alla Segreteria della Mailing List “HISTRIA” per posta elettronica all’indirizzo [email protected] o in alternativa a [email protected] o cnapichwegg@ libero.it oppure si può inviare il tutto per posta raccomandata alla Segreteria dell’8° Concorso Mailing List HISTRIA 2010 c/o Maria Rita COSLIANI Via Zara, 8/3 - 34170 Gorizia - Italia Tutti i lavori, inviati sia per posta elettronica che per posta raccomandata, saranno ammessi soltanto se INVIATI entro il 31 marzo 2010. Nel caso di spedizione tramite posta raccomandata farà fede la data indicata sul timbro postale. Si precisa che ogni singolo concorrente può partecipare solo con un unico lavoro. In caso di omonimia il Motto verrà numerato progressivamente dagli Organizzatori in base alla data di arrivo. La Segreteria della Mailing List HISTRIA, invierà alla Commissione di valutazione esclusivamente i testi identificati dal “MOTTO” corrispondente e comunicherà alla Commissione stessa i dati dei Concorrenti solo al termine della valutazione. Tutti i testi partecipanti al concorso verranno pubblicati sul sito Internet ”HISTRIA” http://www. mlhistria.it e sul sito collegato ”ADRIATICO CHE UNISCE” http://www.adriaticounisce.it dedicato al concorso letterario indetto da ML Histria. Inoltre verrà pubblicato un libro, dedicato interamente al concorso letterario ML Histria, che verrà consegnato in omaggio ai ragazzi partecipanti, alle scuole e alle Comunità. Gli autori, pertanto, con la loro partecipazione autorizzano la pubblicazione dei loro elaborati a titolo gratuito sia nel libro che nel sito. In occasione del X Raduno della Mailing List “HISTRIA”, che si svolgerà a Sissano d’Istria nella primavera del 2010, saranno effettuate le premiazioni ufficiali. Ai vincitori della 1ª categoria (lavori individuali) saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 150, al 2° classificato Euro 100, al 3° classificato Euro 75 Ai vincitori della 2ª categoria (lavori di gruppo) saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classifica- Concorsi to Euro 100 più una coppa, al 2° classificato Euro 75 più una coppa, al 3° classificato Euro 50 più una coppa A tutti gli autori dei testi verrà consegnato un attestato di partecipazione, mentre ai vincitori un diploma, inoltre verrà consegnato un attestato di merito agli insegnanti; la Commissione escluderà dal suo esame i testi non allineati con lo spirito del Manifesto della ML “HISTRIA” allegato al presente Bando di Concorso e quelli evidentemente non originali. Il premio in denaro potrà essere ritirato solo dal diretto interessato o da altri purché munito di delega scritta e firmata dal vincitore e fotocopia di un documento di identità del vincitore stesso. In tutti gli altri casi è prevista la perdita del premio. Fanno eccezione a questa regola gli autori dei temi residenti nella Dalmazia in Croazia e Montenegro i cui premi verranno ritirati da un qualificato rappresentante dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel Mondo presente al momento della premiazione. I nomi dei componenti la Commissione, in maggioranza membri della Mailing List “HISTRIA”, saranno resi noti dopo la data di consegna degli elaborati. SEZIONE B CONCORSO “ASSOCIAZIONE NEL MONDO” DALMATI Traccia 2: “Io allo specchio, come sono e come vorrei essere” Traccia 3: ”Raccontaci una giornata con il tuo animale preferito” assegnerà un premio speciale agli allievi delle Scuole Elementari situate nell’antica Dalmazia, da Cherso e Veglia fino ai confini con l’Albania, che conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta/romanza partecipanti al Concorso. I premi saranno assegnati agli alunni delle Scuole elementari situate nei luoghi storici della Dalmazia in Croazia (1ª- 8ª classe) e agli alunni delle Scuole elementari situate nei luoghi storici della Dalmazia in Montenegro (“Osnovna škola” dalla 1ª all’8ª classe) che partecipano alla SEZIONE A, CATEGORIA 1 “lavori individuali”. Per i lavori individuali vi sono due categorie di concorso: a) Scuola elementare situata nei luoghi storici della Dalmazia in Croazia (1ª- 8ª classe) b) Scuola elementare situata nei luoghi storici della Dalmazia in Montenegro (“Osnovna škola” dalla 1ª all’8ª classe) Ai vincitori di ogni Categoria saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 100, al 2° classificato Euro 75, al 3° classificato Euro 50 ITALIANI L’associazione “Dalmati italiani nel mondo” ai partecipanti della prima categoria del concorso ML Histria dedicata ai lavori individuali con le tracce: Traccia 1: ”Scrivi una lettera ad un amico straniero immaginario e raccontagli quello che ti pare” I testi dovranno essere redatti in lingua italiana o nel dialetto di origine veneta/romanza parlato in Croazia e Montenegro. Le modalità e i tempi di spedizione degli elaborati sono i medesimi del concorso SEZIONE A. La commissione di valutazione, i tempi e le modalità operative della stessa saranno i medesimi del concorso SEZIONE A. BANDO DI CONCORSO per le Scuole Medie Superiori In occasione del 10° anniversario della sua fondazione -14 aprile 2000 / 14 aprile 2010 - la Mailing List “HISTRIA” con il patrocinio dell’Associazione per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio e dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel Mondo bandisce un concorso strutturato in due sezioni A e B. SEZIONE A CONCORSO “MAILING LIST HISTRIA” A questa sezione del concorso sono invitati a partecipare gli allievi delle Scuole Medie Superiori Italiane (SMSI ) che hanno sede in Croazia e Slovenia e quelli delle Scuole Medie Superiori Croate, Slovene e Montenegrine (“Srednja škola”) che conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta e istriota. Il Concorso è articolato in due categorie di concorrenti : 1) lavori individuali 2) lavori di gruppo Per ogni categoria verrà premiato il saggio più significativo. Il Concorso ML “HISTRIA” 2010 prevede la possibilità di svolgere, a scelta, esclusivamente una sola delle tracce proposte per ogni categoria: Panorama 39 Concorsi LAVORI INDIVIDUALI: Traccia 1: ”Un altro confine sta per cadere: la Croazia nell’ U.E. prospettive e paure” Traccia 2: ”Crescere bilingui, vantaggi e conseguenze” Traccia 3: ”Chiudo gli occhi e ascolto la musica di…..” LAVORI DI GRUPPO: Traccia 1: ”Come preservare i centri storici dal degrado e dall’assalto indiscriminato delle novità?” Traccia 2: ”Essere istriani (fiumani o dalmati) oggi. Noi istriani (fiumani o dalmati) chi siamo” Traccia 3: ”Cosa provi viaggiando nelle città d’arte in Italia pensando che chi ha costruito quelle meraviglie parlava la tua stessa lingua?” I testi dovranno essere redatti in lingua italiana o in uno dei dialetti romanzi parlati in Croazia, Slovenia e Montenegro. È considerato lavoro di gruppo l’elaborato svolto da almeno due persone. I temi potranno essere inviati: - personalmente dagli autori/autrici - tramite le rispettive Scuole - tramite le locali Comunità Italiane I testi, con i dati dell’Autore/Autrice o Autori/ Autrici (generalità, recapito, classe, scuola frequentata e numero di telefono), identificati da un “MOTTO” dovranno pervenire alla Segreteria della Mailing List “HISTRIA” per posta elettronica all’indirizzo [email protected] o in alternativa a [email protected] o cnapichwegg@ libero.it oppure si può inviare il tutto per posta raccomandata alla Segreteria del 8° Concorso Mailing List HISTRIA 2010 c/o Maria Rita COSLIANI Via Zara, 8/3 - 34170 Gorizia - Italia Tutti i lavori, inviati sia per posta elettronica che per posta raccomandata, saranno ammessi soltanto se INVIATI entro il 31 marzo 2010. Nel caso di spedizione tramite posta raccomandata farà fede la data indicata sul timbro postale. Si precisa che ogni singolo concorrente può partecipare solo con un unico lavoro. In caso di omonimia il Motto verrà numerato progressivamente dagli Organizzatori in base alla data di arrivo. La Segreteria della Mailing List HISTRIA, invierà alla Commissione di valutazione esclusivamente i testi identificati dal “MOTTO” corrispondente e comunicherà alla Commissione stessa i dati dei Concorrenti solo al termine della valutazione. Tutti i testi partecipanti al concorso verranno pubblicati sul sito Internet ”HISTRIA” http://www. 40 Panorama mlhistria.it e sul sito collegato ”ADRIATICO CHE UNISCE” http://www.adriaticounisce.it dedicato al concorso letterario indetto da ML Histria. Inoltre verrà pubblicato un libro, dedicato interamente al concorso letterario ML Histria, che verrà consegnato in omaggio ai ragazzi partecipanti, alle scuole e alle Comunità. Gli autori, pertanto, con la loro partecipazione autorizzano la pubblicazione dei loro elaborati a titolo gratuito sia nel libro che nel sito. In occasione del X Raduno della Mailing List “HISTRIA”, che si svolgerà a Sissano d’Istria nella primavera del 2010, saranno effettuate le premiazioni ufficiali. Ai vincitori della 1ª categoria (lavori individuali) saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 150, al 2° classificato Euro 100, al 3° classificato Euro 75 Ai vincitori della 2ª categoria (lavori di gruppo) saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 100 più una coppa, al 2° classificato Euro 75 più una coppa, al 3° classificato Euro 50 più una coppa A tutti gli autori dei testi verrà consegnato un attestato di partecipazione, mentre ai vincitori un diploma, inoltre verrà consegnato un attestato di merito agli insegnanti; la Commissione escluderà dal suo esame i testi non allineati con lo spirito del Manifesto della ML “HISTRIA” allegato al presente Bando di Concorso e quelli evidentemente non originali. Il premio in denaro potrà essere ritirato solo dal diretto interessato o da altri purché munito di delega scritta e firmata dal vincitore e fotocopia di un documento di identità del vincitore stesso. In tutti gli altri casi è prevista la perdita del premio. Fanno eccezione a questa regola gli autori dei temi residenti nella Dalmazia in Croazia e Montenegro i cui premi verranno ritirati da un qualificato rappresentante dell’Associazione dei Dalmati Italiani nel Mondo presente al momento della premiazione. I nomi dei componenti la Commissione, in maggioranza membri della Mailing List “HISTRIA”, saranno resi noti dopo la data di consegna degli elaborati. SEZIONE B CONCORSO “ASSOCIAZIONE NEL MONDO” DALMATI ITALIANI L’Associazione “Dalmati italiani nel mondo” ai partecipanti della prima categoria del concorso ML Histria dedicata ai lavori individuali con le tracce: Traccia 1: “Un altro confine sta per cadere: la Croazia nell’ U.E. prospettive e paure” Traccia 2: ”Crescere bilingui, vantaggi e conseguenze” Concorsi Traccia 3: ”Chiudo gli occhi e ascolto la musica di…..” assegnerà un premio speciale agli allievi delle Scuole Medie Superiori situate nell’antica Dalmazia, da Cherso e Veglia fino ai confini con l’Albania, che conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta/romanza partecipanti al Concorso. I premi saranno assegnati agli alunni delle Scuole Medie Superiori situate nei luoghi storici della Dalmazia in Croazia e agli alunni delle Scuole Medie Superiori situate nei luoghi storici della Dalmazia in Montenegro (“Srednja škola”) che partecipano alla SEZIONE A, CATEGORIA 1 “lavori individuali”. Per i lavori individuali vi sono due categorie di concorso: a) Scuola media superiore situata nei luoghi storici della Dalmazia in Croazia b) Scuola media superiore situata nei luoghi storici della Dalmazia in Montenegro (‘”Srednja škola”) Ai vincitori di ogni Categoria saranno assegnati i seguenti premi: al 1° classificato Euro 100, al 2° classificato Euro 75, al 3° classificato Euro 50. I testi dovranno essere redatti in lingua italiana o nel dialetto di origine veneta/romanza parlato in Croazia e Montenegro. Le modalità e i tempi di spedizione degli elaborati sono i medesimi del concorso SEZIONE A. La commissione di valutazione, i tempi e le modalità operative della stessa saranno i medesimi del concorso SEZIONE A. Premio speciale «ASSOCIAZIONE PER LA CULTURA FIUMANA, ISTRIANA E DALMATA NEL LAZIO» L’Associazione per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio offre un premio di Euro 150 per l’elaborato che meglio valorizza la permanenza della cultura istriana, fiumana, quarnerina e dalmata romanza di stampo autoctono. Premio speciale «ISTRIA EUROPA» Il periodico degli esuli polesani europeisti “ISTRIA EUROPA”, diretto da Lino Vivoda, offre Euro 100 per il tema dal titolo ”Un altro confine sta per cadere: la Croazia nell’U.E. Prospettive e paure” che più si avvicina agli ideali del periodico, per un’Europa senza confini e con ampie autonomie alle regioni storiche. La Presidenza del Concorso MLH 16 gennaio 2010 MANIFESTO PROGRAMMATICO ML HISTRIA La ML Histria, sorta per preservare e tutelare l’identità culturale istriana, fiumana, quarnerina e dalmata di carattere italiano, in base allo spirito multietnico dei nostri tempi e svincolata da ogni appartenenza partitica, intende promuovere rapporti di collaborazione con TUTTI gli istituti e TUTTE le organizzazioni che operano nell’attuale regione istriana, fiumana, quarnerina e dalmata, territorio attualmente diviso tra gli Stati Nazionali d’Italia, Slovenia, Croazia e Montenegro, al fine di studiare, custodire e sviluppare l’identità culturale specifica dei territori regionali sopraindicati. La ML Histria consapevole dell’ineludibile realtà che vede attualmente nella regione la prevalenza della componente slovena e croata rispetto ad altre componenti storiche, come quella italiana, ha per finalità far conoscere e promuovere questa componente ora minoritaria e conseguentemente valorizzare l’identità della Comunità Nazionale degli Ita- liani in Slovenia, Croazia e Montenegro, cercando di sensibilizzare soprattutto i cittadini ed i mezzi d’informazione italiani. A questo scopo sollecita la collaborazione di tutti per il superamento d’ogni anacronistica contrapposizione storica tra gli uomini e gli Stati europei di Italia, Slovenia, Croazia e Montenegro al fine di ricostruire insieme la storia, soprattutto il futuro, della regione nel pieno rispetto di tutte le culture in essa storicamente presenti. La ML Histria riconosce pertanto la necessaria complementarietà di queste etnie che un secolare percorso formativo, venutosi a distillare in quelle terre, ha visto unite in stretti rapporti d’interdipendenza dando vita ad uno “specifico culturale” che, per la sua stessa natura, non può rinunciare a nessuna di queste componenti senza perdere parte significativa della sua originaria identità storica e culturale. Panorama 41 JKL Il canto del disincanto di Silvio Forza Amore, salute totale o pazzia assoluta? I n materia d’amore tutti sappiamo scrivere, ma nessuno sa leggere, ha detto Dino Segre: a San Valentino l’amore monopolizza pensieri e parole, delusioni e speranze. Disincantatamente poco adatto alla “segriana lettura”, mi adeguerò scrivendone. Chi amiamo? Amiamo i figli, i genitori, i parenti, gli amici e il senso d’appartenenza (il greco storge) che ne deriva. Amiamo il sapere (agape) e la conoscenza (il Simposio di Platone), le nostre idee, i nostri progetti, amiamo gli ideali politici, la patria, la terra (il photos ed il thelema verso il quale aneliamo), amiamo ciò che è bello, buono, giusto, utile, divertente, ciò che ci nutre lo spirito (le varie philie). Amiamo Dio e gli altri. Nei vari tipi d’amore il piacere, di per sé egoisticamente irresponsabile e irrazionale, spesso finisce per accompagnarsi alla responsabilità, alla razionalità, non di rado con motivazioni etiche. Vari tipi d’amore cui tuttavia manca l’eros, cioè quell’amore sessuale che, considerata la recente Giornata degli Innamorati, terrà banco nelle prossime righe. In termini filosofici, una delle migliori definizioni dell’amore è di certo quella di Adorno per il quale “l’amore è la capacità di avvertire il simile nel dissimile”; molto più ottimista (o irresponsabile!?) appare Sant’Agostino che sentenzia “ama e fà ciò che vuoi”. Personalmente ritengo che l’amore sia un irrefrenabile desidero di dare che non può compiersi se (per anteros, cioè per “amore corrisposto”) non viene soddisfatto l’irrefrenabile desidero di ricevere che si avverte simultaneamente. L’amore dovrebbe iniziare con la capacità di amare se stessi (come pretendiamo di piacere agli altri se, nonostante tutta l’autoreferenziale elevata comprensione e tolleranza, non piacciamo a noi stessi?), anche perché, come nota spavaldamente Oscar Wilde, “amare se stessi è l’inizio di un idillio che dura tutta la vita”. Fatto questo, dovremmo metterci gli occhiali rosa nella certezza che l’anima gemella esista, magari credendo nell’amore a prima vista (che per Roberto Gervaso il più delle volte è soltanto una “svista”) sicuri che, come dice Balzac, “c’è tutta una vita in un’ora d’amore”, che baciare le amate labbra voglia dire bere “soffio della vita” (No- 58 Panorama valis) e che il piacere sia destinato a durare in eterno. In quella fase nessuno sarebbe disposto a credere ad Emily Dickinson che constata amaramente come “per un’ora diletta / anni d’amari compensi / centesimi strappati con dolore / scrigni pieni di lacrime”, oppure a Gibran che dice “Il piacere è un canto di libertà. / Ma non è libertà”. E si sta ancor meglio se l’amore è stato conquistato a fatica perché, come dice Cervantes, “Ben è ragionevole e giusto che Amore venda a caro prezzo le sue glorie, poiché non ha il mondo miglior tesoro”. E siamo felicissimi e orgogliosi del fatto che l’amore si possa considerare, come lo fa Lucio Battisti, “Un gesto pazzo, come rompere una noce con il mento sopra il cuore”. L’amore s’impadronisce dei pensieri dove si trasforma, fin che dura, in altro miele e fa dire delle sciocchezze, “Poiché il ricordo del dolce tuo amore porta seco / tali ricchezze, che non vorrei scambiarle con un regno” (Shakespeare), oppure “Questo amore / Così violento / Così fragile / Così tenero / Così disperato / Questo amore / Bello come il giorno / E cattivo come il tempo / Quando il tempo è cattivo / Questo amore così vero / Questo amore così bello… (Prevert), o ancora “Toglimi il pane, se vuoi, / toglimi l’aria, ma / non togliermi il tuo sorriso” (Neruda). E si diventa anche gelosi, dimenticando che se la gelosia ha motivo d’esistere, allora non esiste più l’oggetto stesso della gelosia. Poi arrivano i figli che, detto iperbolicamente, per la madri diventano ragione di vita mentre per i padri sono vita da tramandare, strumento di memoria. Poi il tempo passa e inizia a farsi strada la consapevolezza che “L’amore è fuoco, ma non sai mai se scalderà il cuore o brucerà la tua casa” (Joan Crawford), e davanti al prospettarsi del fallimento del progetto “Due persone che diventano una” - meglio, con Michelangelo, “S’un spirto, s’un voler duo cor governa; / S’un’anima in duo corpi è fatta etterna” -, ci si consola credendo che con maggior maturità, dando retta al consiglio di Antoine de Saint-Exupéry (“Amore non è guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”), si possa dare nuovo vigore al sentimento. Invece, il più delle volte, quando nel dissimile non si trova più il simile, quando l’amore comincia a trasformasi in indifferenza o persino in disprezzo o odio per il partner che tanta gioia ci aveva donato, viene da pensare che forse Shakespeare aveva ragione quando scriveva che “l’amore può dar forma e dignità a cose basse e vili, e senza pregio, ché non per gli occhi Amore guarda il mondo, ma per sua propria rappresentazione, ed è per ciò che l’alato Cupido viene dipinto col volto bendato”. Così, quando si coglie che “L’amore è una malattia dell’immaginazione” (Gorki), e che “L’amore è un castigo e veniamo puniti per non essere riusciti a rimanere soli” (Marguerite Yourcenar) ci si arrabbia con se stessi. Poi si passa alla rivincita (“Sì, la bionda spesso / alla bruna assomiglia / infatti, l’una seduce come le altre”, Goethe), al commento disincantato (“L’amore è attesa di una gioia che quando arriva annoia” di Leo Longanesi) e all’autoironica rinuncia (“Amare e farsi amare è un’attività complicata, soprattutto quando hai un brutto carattere, quando sei un po’ vecchio e un po’ grasso” di Philippe Starck). Ora, poco importa se abbia ragione Freud quando conclude che l’innamoramento coincide con una regressione, oppure Alberoni, che nel suo “Innamoramento e amore” si dice convinto che l’innamoramento sia invece l’inizio di un percorso di crescita. Troppo spesso fondato su idealizzazioni irrazionali e abbellimenti vari (Dante vorrebbe che davanti alla bellezza della donna “ogne lingua deven tremando muta / e li occhi no l’ardiscon di guardare” mentre per Petrarca “Non era l’andar suo cosa mortale / ma d’angelica forma”) che si accompagnano alla pretesa di essere ricambiati allo stesso modo, l’amore (che parte fisiologicamente - tra ormoni e istinto - come chimica e biologia ma che è destinato a superare il test della trasformazione in economia e sociologia), se vuole sopravvivere, richiede quell’arte invocata da Erich Fromm che la gran parte di noi è incapace di esprimere. Ma forse, più che amare una persona, amiamo inconsapevolmente l’idea di amarla. È un’idea, è una cosa nostra e dunque finiamo per amare noi stessi. Ma per non far infuriare ulteriormente gli innamorati e le coppie felici, diciamo pure che così come siamo nati dall’amore, così all’amore siamo destinati. Buona fortuna. ● Carnevale 2010 a Fiume Gli scampanatori in ceramica G rande successo della “doppia mostra” allestita nel periodo di Carnevale al Museo degli scampanatori di Rucavazzo e alla nuova galleria di ceramiche “Isa” del laboratorio di Mučići. Nel Museo, aperto due anni fa, hanno esposto pure le socie della “Romolo Venucci” della Comunità degli Italiani di Fiume. Scampanatori ed accessori dei costumi sono stati creati dalle valenti mani delle ceramiste della CI. La neonata Società Interinova di Mattuglie ha così un nuovo spazio espositivo a Mučići, assieme al bellissimo laboratorio di proprietà della signora Ivna Safundžić che da anni collabora con la “Romolo Venucci” di Fiume. (testo e foto di Ardea Velikonja) La vicesindaco di Mattuglie, Eni Šebalj (al centro), e la signora Ivna Safundžić (a sinistra) al Museo di Rucavazzo Qui si creano oggetti in ceramica di tutti i tipi I campanacci di Sanja Rupić 2 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5 Attraverso la cupola in vetro filtra il sole La nuova galleria “Isa” a Mučići Panorama 59 11.2.2010 13:42:02