C t IORNALE s t o r i c o
E LETTERARIO DELLA
LIG URIA
d ire tto
e
da
da
A C H I L L E
U B A L D O
pubblicato sotto g li auspici della S o c i e t à L i g u r e
N E R I
*
*
*
M A Z Z I N I
+
*
-*■
di
S to r ia P a t r ia
1906
A N N O V II
F a s c i c o l o 1-2-3
G e n n a i o - F e b b r a io - M a r z o
SOMMARIO.
F . L . M a r r a u c c i : D i L a n fr a n c o
C ica la e d ella sc u o la
tro va d o rica g e n o v e s e ,
p a g . 5 . — G . C a p a s s o : U n m a n ip o lo di le tte re di A n d r e a e G ia n n e ttin o D ’ O ria ,
pa g. j j . — A . B o z z o : L ’ in d u stria e i c o m m e r c i in S estri P o n e n te nel m e d io
e v o , p a g . ./6. — P . B o l o g n a : D i alcuni scrittori p o n t r e m o i v ^ d e l l a fam ig lia B o ­
lo g n a , p a g . 6/. — V A R I E T À : A . N . U n a l e t t e r a d i G i a m b a tti s ta R e n i e r i , pa g. Sç.
— B O L L E T T I N O B I B L I O G R A F I C O : V i si p a r la d i : M ic h e le L u p o G e n t i l e
(C . M a n fron i ), F . M. C o s t a (U . A sscreto) pag. g ì. — A N N U N Z I A N A L I T I C I :
V i si
pa r la d i :
P. G i a n n o n e ,
G . C o g o , A . D 'A n c o n a ,
C o n ig li ani, F . F l a m i n i, G . D o lc e tti , A .
C.
S fo r za ,
E.
Boghen
C o m a n d in i , F . P o d e s t à , pa g. 100.
S P I G O L A T U R E E N O T I Z I E , pa g. 105. —
N E C R O L O G I E , pa g. 108.
—
AP­
P U N T I D I B I B L I O G R A F I A L I G U R E , p a g . 114; B ib liografia m azzin iana, pa g. 117.
DIREZIONE
Genova - Corso Mentana
43*>2
T ip . d e l l a G io v e n t ù
AM M IN ISTR AZIO N E
L a Spezia - Amministrazione
del Giornale
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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GIORNALE STORICO E LETTERARIO
DELLA LIGURIA
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GIORNALE
STORICO E LETTERARIO
DELLA
LIGURIA
DIRETTO
A C H IL L E
DA
NERI E UBALDO
M A Z Z IN I
E P U B B L IC A T O S O T T O G L I A U S P IC I
D E L L A S O C I E T À L I G U R E DI S T O R I A
VOLUME
PA TR IA
VII
L A SPE Z IA
SOCIETÀ
d
’
in c o r a g g ia m e n to
e d itr ice
MCMVI
GENOVA -
TIP.
DELLA
GIOVENTÙ
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DI L A N F R A N C O C I C A L A
E D E L L A SC U O LA T R O V A D O R IC A G EN O VESE
(c o n
ragguagli
bio g r afic i
e
documenti
in e d it i)
Confesso eh’ io non avrei scrupolo veruno a negare l’e ­
sistenza d ’ una scuola trovadorica g e n o v e se , se la parola
scuola volesse soltanto designare un particolare indirizzo
d ’ un genere di letteratura largam ente coltivato e se non
tosse anche usata e usabile nel suo significato originario,
per indicare un gruppo di persone intese a una qualsiasi
operazione ; giacché nessuno dei trovatori genovesi, quando
se ne eccettui il Cicala di cui prendo a tracciare il profilo
letterario, eccelle, nel m aneggio dell’arte prediletta, per n o­
vità d ’ espressioni o d’argomenti, e nessuno, neppure il C i­
cala, impone agli altri speciali forme e spiriti di poesia. In
altre parole intendo con ciò dire che, sebbene la m aggior
parte dei cantori italiani di provenzale — e non son pochi e
pare voglian crescere di numero giorno per giorno — risulti
di Genova, questa città non fu centro ove la gaia scienza
deliberatamente si stabilisse, si sviluppasse e s’ irradiasse.
A traviare la verità dei fatti in questo senso, come pure
a far credere ben più antico di quel che non sia 1* inizio
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—
dei poetici ritrovam enti in G en ova, p otrebbe contribuire il
com pianto D esim oni, il quale,
delle relazioni corse
t o
c c a
n
d
o
fra alcuni trovatori e la casa di M onferrato , lascio inten­
dere essersi diffuso l ’influsso d ella poesia occitanica per la
penisola, e segnatam ente in q uella città, dopo la crociata a
b ig e s e , quasi com e un prodotto im portato dai numerosi
cantori stanziativi o transitanti per essa ( i) ; e più ancora
v i contribuirebbe, o g g i , un altro illustre scrittore , lo in
garelli, afferm ando che in « G en ova, λ enezia e B o lo g n a ......
le grandi fam iglie ten evan o....... corte, ove la poesia era il
principale ornam ento », e che esistono rassegne di « si
gn ore fam ose per b ellezza e per virtù civili » e apparte­
nenti a queste « repubbliche » (2). 'la n to le asserzioni e
Desim oni quanto quelle dello Zingarelli s a r e b b e r o , a mio
parere, da rigettarsi, se q u egli non avesse voluto forse in­
dicar piuttosto che l’ im m igrazione dei provenzali in Italia
precede di poco la fioritura lirica di G en ova o quasi con
essa c o in c id e , e questi non avesse esteso alle illustri corti
dell’A p p en n in o superiore la denom inazione di liguri. Infatti
non si p otreb be facilm ente supporre che tanti canon p a­
rassiti si ferm assero e trovassero esca in mezzo ad un po
polo quale il g en o vese , tutto dedito agli affari , pieno di
fr e tt a , pratico e positivo in ogni suo a t t o , e tanto meno
ancora che le donne am assero di sentire qui decantati in
versi i lor p r e g i , a m o’ di quelle vissute negli ambienti
aulici: dalle rassegne poi del V a q u e ira s , di Guillem de
la T o r , di A lb e rte t de Sisteron e di A im eric de Belenoi
nessuna dam a gen ovese trasse onore e gloria , se non si
riesca a riconoscerne forse qualcuna tra quelle che rim an­
gono tuttora non identificate nelVAmoroso Carroccio (3). h
notorio in vece com e il V a q u e ira s 1’ autore appunto di q u e­
st’ ultimo com ponim ento, suscitasse le più gioconde risa fra
(1) Il marchese Bonifazio del Monferrato e i trovatori alla corte di lui
in G tot». Ligustico , vol. V , p.
253
(2) Partir, ed . V alla rd i, fase. 1, p. H .
(3) V ed . T o r r a c a , / > dotine italiane
netta poesia proveniate, in Bihl.
cr ii, della letl i l ., Firenze. 1901, n, 39; e la recens, del BERTONI in G io rn .
Si. detta U t t
i l . y vol. X X X V I I I , Ρ· Μ 2·
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7
—
le. dame della corte dei Malaspina e dei signori del M onfer­
rato, ricordando nel suo contrasto bilingue il bel modo con
cui 1’ aveva accolto una donna genovese, quand egli, m al­
cauto, s’era permesso d’offrirle il suo amore in termini non
troppo sibillini (i). Costei certo non aveva conoscenza degli
aristocratici trovatori: non ne capiva, per espressa sua di­
chiarazione , il lin guaggio : e trattò lo spasimante col di­
sprezzo onde solean coprirsi i giullari della piazza. Oh
quelli sì ch’eran ben noti in città ! E il povero R am baldo
non ancor cavaliere, non ancor amato dalle belle di corte,
senza un soldo in tasca, era proprio costretto, com e g li rin­
facciò più tardi A lb erto Malaspina, ad
an a r a p e , a le y d e c r o y j o g l a r ,
p a u b r e d ’a v e r e m a le s tr u x d ’ a m ia (2).
Il qual contrasto, se fu per lui uno sfogo necessario a
lenire 1’ offesa p a tita , riesce tanto più prezioso per il caso
nostro e ben s’accorda con le notizie che quotidianamente,
rispetto alle consuetudini femminili in G enova, vanno esu­
mandosi dalla polvere degli archivi. E non vorrei che la
bella genoeisa, cantata da A lb ertet de Sisteron e così osti­
nata nei suoi rifiuti da indurre l ’innamorato poeta a male­
dire violentemente l ’amore e le donne, traesse pur da G e­
nova la sua origine , proprio perchè il V aqu eiras , amico
d’A lb ertet e con lui accolto nella stessa corte , aveva di­
vulgato quel bel concetto delle donne genovesi (3). D el
resto , prescindendo anche da queste testim onianze, cui si
(1) Ved . l ’ ediz. critica datane
dal
C r e s c i s i , II contrasto bilingue di
Rambaldo di Vaqueiras, Padova, 1891.
(2) V e d . Testi antichi provenzali, a cura di E. M o n a c i , Roma, Forzani,
1889* col
70, n. 24, v v
bilmente al fiasco con
32-5· Q uel « malastrux d ’amia » si riferisce proba­
la
genovese
e contribuisce a con validare la realtà
storica d ell’episodio.
(3) B a r t s c h , Grundiss sur Geschichte der prov. Liter . Elb erfeld, 1872,
16-/1. Cfr. in proposito T o r r a c a , op. cit , p. 25. Anche il Bertoni inclina a
credere che questo trovatore non fosse stato a G en o va: Studi e ricerche
sui trovatori minori di Genova, in Giorn. St. della Leti. It., Vol. X X X V I ,
p. 19. Per la sua dimora alla corte di
R a m b a ld o , ved. ib. ,
p.
Monferrato e le sue
20 , n. 1 ; e S c h u l t z ,
relazioni con
Le epistole del trovatore
Ramb. di Vaq., in Bibl, crii, cit., nn. 23-4.
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può concedere solo un valore r e la tiv o , troviam o che I Tg o
di San Cir non nom ina la L igu ria· tra i lu oghi fam igliali
ai tro va to ri, i q u a li, al suo d ir e , piuttosto alla T oscan a,
alla Lom bardia e alla M arca v o lg e v a n o i passi ( i) , e che
appunto da qualcuna di queste regioni , « de Lom bardia,
de P rovincia et T ush ia », secondo g li annalisti , vennero
in G enova trovatori e giullari nel 1227 , al tem po delle
feste promosse dal podestà Lazzaro di G herardino Ghiandone : segno evidente che non eran soliti a b azzicarvi (2).
E quest’ ultima notizia conferm erebbe vieppiù l ’ ipotesi del
Casini che il b o lo gn ese R am b ertin de B u valel, fecondo ri­
matore in lin gu a d ’ oc e podestà in G en ova fino al 1218,
non in tal città, bensì a F errara, e certo più tardi, con la
guida d’A im eric de P egulh an , acquistasse la ben nota tec­
nica (5). M a il 1227 non è d a ta , si b ad i, da valicarsi con
troppa leggerezza. A q uest’ora qualcuno canta g ià in p ro ­
venzale ed è g en o ve se puro sangue. T oltin e il G attilusio e
il Panzano, che ancor nei primi lustri del trecento vissero
e vestiron panni, tutti g li altri trovatori gen ovesi si r e g ­
gono a cavallo della m età del d u g e n to , sp orgen d o più di
là che di qua. E chi mai ha potuto dunque insegnare a
costoro la b ell’ arte? Com e a vvien e c h e , senza precedenti
lo c a li, tu t ti, ad un tratto , m an eggian o cosi agevolm en te
una lingua non fam igliare al grosso della popolazione?
Fin dal secolo X I I la P ro ven za era una regione ben
conosciuta e frequentata dai G enovesi. L a bontà dei suoi
prodotti, la sua posizione p rivilegiata nel territorio gallico,
il suo sbocco sul M editerraneo e infine le sue fiere ad epoche fisse attiravano in gran numero i mercanti della R e ­
pubblica vicin a e li in vogliavan o a costituire quelle società
commerciali, che divennero poi cosi potenti nel secolo su c­
cessivo , da ob bligare i M arsigliesi stessi a tutelare con
(1) C fr . in Canzoniere prov . //, e d . G a u c h a t e K e h r e i , in Studi di
Filol. Rom , v o l . V , p. 533, n . 220.
(2) B a r t h o l o m e i S c r i b a e , Annales , in P e r t z , M. G. //., X V I I I , 165.
(3) La vita e le poesie di Rambcrtino lìovarello, in Propugnatore , to.
X I I , 1879, P* 104 ; e S c h u l t z , Die lebensvcrfùiltnisse der i/al. trobadors,
in Zeitschrifi f f t r rotti, p/ii/., to V I I , p. 200.
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nuove leggi i propri commerci (i). Questi m ercanti appar­
tenevano , com ’ è noto dalla storia interna della città no­
stra (2), alla classe aristocratica, epperò venivano a trovarsi
facilmente a contatto con la parte più eletta degli abitanti,
non esclusi i personaggi stessi della corte di R aim ondo
B e rlin g h ie ri, supremo signore di quella terra. E , anche
quando essi l ’oltrepassavano per recarsi ai mercati delle città
situate al di là del R odano e delle Cevenne, altro lin g u a g g io
o altre consuetudini che le provenzali non accadeva mai
loro d ’incontrarvi. Or, se a tutto ciò s’aggiu n gerà che spes­
sissimo magistrati e ottimati genovesi doveano spingersi
oltre il V aro per politiche am basciate, non parrà certo
strano che ne conseguissero una notevole diffusione del li­
gure dialetto in quei luoghi e una larga conoscenza nei
Genovesi della lingua e delle tendenze artistiche occitaniche.
Un tardo scrittore italiano , Mario Equicola , del rina­
scimento lombardo, v ’accenna, nel suo trattato intorno alla
natura d’amore, là dove dice che nella Corte di R aim ondo
« conversarono molti gentilhuomini et virtuose persone di
Francia, di Provenza, di Catalogna et d’ Italia d e l p a e s e
d i G e n o v a , tra i quali molti trovadori et giocolari ivi si
radunavano componendo et recitando chançon, servantes,
coupaletz et lettres et ballades d’ amours »; e che il loro
idioma soleasi chiamar provenzale « perciò che in P rovenza
era più che altrove esercitato, ben che dalla Francese, Cathelana et Provenzali lingue fosse composto, c o n a l c u n i
v o c a b o l i G e n o v e s i » (3). Queste osservazion i, vera­
mente, potevan essergli suggerite dai Bem bo, intimo e suo
dotto amico , il quale a sua volta v ’ era forse indotto dal
trovare esempi non pochi di poeti provenzali e gen ovesi
tra di loro tenzonanti, e fors’anche da un superficiale esame
linguistico dei canzonieri posseduti ; ma sta il fatto che sì
(1) Cfr. R u p p i , Histoire de la Ville de Marseille, M arsiglia , 1642, pa­
gina 136, e anche per notizie in proposito alle
relazioni
p o litich e , P a p o n ,
/fisi, gétier. de Provence, Paris., to. II, 1778, p. 228 e segg.
(2) Cfr. il mio studio sulle Società genovesi d'arti e mestieri durante il
sec. X III, in Giorn . St. e Leti, della L i g anno V I , p. 241.
(3) Ed
di Venezia, Giolito. 1561, p. 333 e segg.
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della conoscenza del lin gu aggio g en o vese oltralpe , e più
estesa e più necessaria che per ogni altro dialetto italico,
com e pure di alcune relazioni fra i cantori delle due re­
gioni, in età non tarde , s’ hanno p rove lum inose nei can­
zonieri stessi. Ci è stato conservato del V aqueiras un com ­
ponim ento polilingue, ogni strofa del quale è scritta in un
lin g u a g g io differente ; vi si trovan cioè com pagni tutti quei
lin g u a g g i che più eran fam igliari al poeta e noti nelle corti
del tempo. O rbene di tutti g l’ idiomi nostri il poeta non
usa che il gen ovese e gli assegna un posto ragg'uardevole
nella seconda codia, subito dopo il provenzale, cui spettano
g li onori m aggiori (i). E un altro trovatore , A rn a ld o de
M aruoil, che la biografia fa g iro va g o per la Provenza prima
di capitare alla corte di R u g g e r o I I , pare sia stato bene­
ficato assai da un signore genovese, perchè termina alcune
canzoni lodandolo svisceratam ente: « i fatti di questo il­
lustre » egli canta, « sono scelti ove più s ’odon dim andare
fatti belli e cortesi di re o d ’altra g en te; il ricco suo pregio
risplende sopra i m ig lio r i, cresce e s ’ affina di giorno in
giorno » (2). E P eire V id ai ha di tutti i G enovesi la mas­
sima stima e al loro carattere viene informando le sue azioni, come a quello che più s’accorda con l ’ideale suo (3).
E ad un G en ovese ancora rivo lge una questione Pujol,
circa un avvenim ento di cui era stato protagonista un co ­
mune amico eh* egli chiama « un nostre » : ad un G en o­
vese che poetava in provenzale, che risponde nella tenzone
stessa, che potrebbe esser uno dei trovatori gen ovesi a noi
noti e potrebbe anche non esserlo (4).
(1) V e d . in M o n a c i , op. cit., col. 63.
(2) In R a y n o v a r d , Choix des poesia originales des Irouhadores, to. I,
Paris, 1844, p. 351; Nouveaux Choix in to. I del Lexique roman , p. 358»
e in Canzoniere A , in Studj di FU. Rom.t voi III, p. 323.
(3)
E teing m ’a l ’ us dels genoes
Q ’ab bel senblan gai e cortes
Son als am ics amoros
E z als enemics orgoillos.
In Canzonieri //, ed. cit., p. 370, n. 20. V ed . anche D i e z . Lehen und urrhr
der Troubadours t Leipsig, 1882, p. 127.
(4) Il merito di aver scoperto un poeta genovese
in
questa
tenzone, è
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—
II
—
M a il linguaggio gen ovese, in tatto di galanterie e
d ’ idealità eh’ eran monopolio di case illustri , dovè accon­
tentarsi di quell’unico om aggio resogli da un cantore s tra ­
niero ; e, se pure orgoglio gliene venne, fu fiammolina che
guizzò e s’estinse. Esso era destinato a sorti più umili, seb­
bene più utili, in quello stesso torno di tempo , per opera
d ’ un onesto conservatore delle tradizioni paesane. Conse­
guenza inevitabile di quella condizione di cose cui s è ac
cennato , era invece 1’ assimilazione lenta ma continua, da
parte dei Genovesi, degli elementi onde risultava costituita
la vita di quel lembo di Francia, dove prima e più tenace­
mente avean tenuto dimora le aquile romane. T utti queg l’instancabili negoziatori, quei g iu d ic i, quei n o t a i, quella
gens nova, non p otevan o , per rozzi che fossero, rimanere
tnsensibili di fronte a una fiorente consuetudine di cortesie,
le q u a li, oltreché nelle pratiche più co m u n i, si m anifesta­
vano con norme nette e precise, quasi in un galateo della
buona so cietà , in molteplici carmi composti a ll’ om bra dei
più cospicui manieri, facilmente rintracciabili nelle raccolte
in voga, recitati da mille e mille giullari. Stringono quindi
amicizia coi migliori trovatori di que’ luoghi : cominciano
a scrivcr versi ne* momenti d ozio : tentano e ritentano,
con lo scopo d’ avvicinarsi ai buoni modelli. E non solo
riescono così ad accontentare quelle aspirazioni che ha lor
comunicato la civiltà d’un popolo contiguo, ma intravedono
nell’abilità di recente acquisita, come una salvaguardia fu­
tura della loro d ig n ità , giacché anche in quelle illustri
corti appollaiate fra gio go e gio g o dell A ppennino e ove
pur è necessario ch'essi vadano per conto del Comune, si
canta, si tenzona, ci si comporta a mo dei provenzali. R i ­
gettare l’ usanza, sarebbe un voler esser b arb a ri; e i G e ­
novesi cantarono d’ amore , riassume egregiam ente il C a r­
ducci, e rimarono in provenzale « per non parer villani » (i).
E d ecco formarsi in G enova il gruppo ben noto che in
+■
del Sei.bach , Slrelgedìchl in der allprov. L yrik . , in S t e n g e l , Ausgafygn u. A b h a n d lu g e n ans dem S cb . d e r. rom . P I ,il., to. L V I I , M a r b u r g , 1886
p. 72. —
(i)
Pujol è contemporaneo di Sordello e di Blaeatz.
Il secondo centenario di L. A . Muratori, in Bozzetti e scherme, Bo­
logna, 1889, p. 127.
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domestiche accadem ie si piace di rinnovare e ripetere le
tenzoni, i coupletz, le canzoni, i discordi: sono i D oria,
nelle case dei quali risiede la curia del Com une (i); i Cicala,
fam iglie di giudici e di m agnati (2); i Grillo, govern atori non
solo della città ma altresi dei castelli circonvicini (3); i Gri(1) Dei Doria trovatori sta raccogliendo documenti il Fer retto (Studi
medioevali fase. I , p. 126 e s g g . ) , ma gli sarà ben difficile, in mezzo a
,
tante o m o n im ie , fissare qualcosa di positivo. Basti
dire
che alla battaglia
della Meloria presero parte sei Perei valle Doria (Cfr. D o r i a ,
La chiesa di
S . J fatteOy G en ova, 1S60, p. 250), nessuno dei quali è figlio di
Montanaro
o di Ma nuele o di Gugl ielm o.
(2) Di Lanfranco e della sua famiglia ved. più innanzi.
(3) Parecchi pe rsonaggi compaiono a Genova, verso la metà del sec. X I I I ,
con la denominaz ione di Iacopo Grillo. Uno, marito di certa Montanaria, t
morto già nel 12 gen nai o 1255 (cfr.
in
not.
IOHANNis
de
V e g i o , Reg. I,
anni 1235-64, c. 13 v . R. Arch ivi o di Stato genovese) e non può quindi ri­
tenersi per il tro v a to r e, identificabile invece con q u e ll’ ottimate che fu ret­
tore della R epu bbli ca nel ’Ó2. Per altri è impossibile trar ragguagli precisi
e utili al la nostra ricerca. T r o v o ricordati come vi vi ,
nel 4 aprile 1253, un
Iacopo Grillo, fratello di O liv ie r o e figlio del quoniam
Alberto
(not. B a r -
t o l o m e u s d e F u r n a r i i s , Reg. IV , anno 1253, c. 28 v. e 29 r ) , e , nel 16
luglio 1263, un Ia copo figlio del quondam Andrea (ib. Reg. V , P. II , c. 57
\ . ) · e nessuno dei d u e eccelle per più
nobile
con diz io n e, giacche
Andrea
G rillo è console dei placiti in G en ova nel 1206 e pure lo è Alberto nel 1175,
e nel 1213 (cfr. A g o s t i n o O l i v i e r i , in Serie dei consoli del Comune di Ge -
nova, pu bbl
in A tti della Soc. Lig. di St. Pal., vol. I, p. 447 e sgg ). Ma,
se non riesce facile stabilire
la
paternità
del
nostro, possiamo consolarci
con l ’acquisto di due notizie riferibili certamente
a
lui
e che non furono
rilevate nel lavoro dello S c h u l t z , Die LebensverhiìUnisse cit. (ved. a p a ­
gina 220) nè in quello del Bertoni (ved. a p. 10).
Il
4 giugno 1257, *» un
atto di d ivisione fra i marchesi di Ponzone è teste per conto della Repubblica il genov es e Iacopo Grillo, giudice ( M o r i o n d o , Monumenta Aquensia,
to
II. Torin o, 1789, col. 434); e , nel 1 maggio del 1260, Giovanni Rocca,
ca stellano di G a v i , a suo nome e per Giacomo
Grillo suo s o c i o , assente,
consegna il castello, div en uto ormai proprietà dei Genovesi, ad Oberto A d ­
voc ato, Bonifacio Pi ccamigli o e G u glie lm o Picella, nuovi castellani per q u el­
l ’anno, giusta il mandato del Comune ( D e s i m o n i , Annali storici della città
di Gavit Alessandria, 1896, p 59). — La mancanza di ogni accenno a q u al­
che Iacopo Grillo nella vita pubblica genovese dopo il 1262, c'indurrebbe a
credere che il trovatore fosse morto jx>co dopo quel l'anno e quindi a esclu­
dere dal campo delle nostre indagini anche q u ell’ Iacopo Grillo, la cui mo­
glie An d in a f a c e v a , lui v i v o , contratti
in
accomandita nel
23 luglio e 15
agosto 1281 (cfr. F e r r e t t o , Codice diplomatico delle rela:, fr a la Liguria,
la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante , P. I I , nel vol. X X X I V
degli A tti dalla Soc. Lig. di St. Pat.. p. 427, n. 1). Tralascio poi di citare
tutti
gli
Iacopo Grillo che dal 1231 al '40 ricorrono in uno o in altro atto
d e i r arc hivio g e n o v e s e , perchè non
e farsi riconoscere.
hanno volontà alcuna di distinguerai
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— 13 —
malcli, capi irrequieti delle più importanti fazioni cittadine (i);
(i)
R i g u a r d o al t ro v ato re della fa m ig lia G r i m a l d i , p a r e c c h io s ’è g i à detto ,
ma farragin osam ente. L o S c h u l t z , in u n ’ a g g i u n t a al suo s t u d io sui t r o v a ­
tori italiani ( Zeilschrift cit., vol. I X , p. 406), e il B ertoni [Studi, p. 12) lo
identificano s e n z ’ altro con quel L u c a G r im a l d i figlio di U g o , c h e vie n r i ­
c o rd a to in un o sp og lio s t ro zz ia n o s c o v a t o dal H a r t v i g . U n d o c u m e n to i n ­
fatti menziona, co m e d im o r a n t e in G en o va , nel 24 g e n n a i o 1239, u n « L u c a s
d e G r i m a l d i s , filius et heres q u o n d am In go n is d e G r i m a l d i s » (not. I o h a n n i s d e P r e d o n o , R eg. I, P. I, c. 269 r.) e un a ltr o fa c e n n o d e l l a s u a
ca rica di podestà fiorentino nel *57 (v ed . F e r r e t t o , o p. cit., P. I, p . 134)*
Ma , n ello stesso tem p o , q u e s to L u c h e t t o d ’ In goile s a r e b b e , s e c o n d o lo
S c h u lt z {Die Lebensverhàltnisse , p. 219) e a n ch e il Bertoni (Studi, 1. cit.),
il fratello di quel Bo va re llo che con lui c o m p a r e s p es s iss im o in a t t i s t i p u ­
lati per im p rese c o m m e rcia li (il 1 lu g lio 1241 , in B a r t . d e F u r n a r i i s ,
R e g . I V , c. 253; il 10 e 11 lu g lio 1257 e ^ 5 s e tte m b re 1258, in A n g e l i n u s
d e S i g e s t r o , R e g . I, c. 135 v., e c. 308 r.; il 27 n o v e m b r e 1262, in F r i d e r i c u s DE S i g e s t r o , R e g . I, c . 145 v. ; e il 23 m a rz o 1263 in B a r t . d e
F u r n a r i i s . R eg. V , P. II, c. 107 r.) e ch e co n lu i si t r o v a p u r n o m in a to
n e l l ’e p is t o la di C a rlo d ’ A n g iò ( F e r r e t t o , op. c i t . , P. I, p. 284, n. 4) : i
q u a li d u e p erso n a ggi, L u c a e B o v a r e llo , a p p a io n o e n tra m b i g i à m o rti nel 18
a p r ile 1275 e certo non sono d a co n fo n de rsi co n d u e n ip o ti o m o n i m i e a n ­
co ra v iv i a q u e lla d a t a . D u e atti t e s tam en tar i d à n n o in p r o p o s i t o r a g g u a g l i
in te re s sa n tis s im i: « N ic o lin u s et M a rc o a ld u s filii et h e r e d e s p ro d u a b u s p a r ­
tib u s q u o n d a m d o m in i L u c e d e G r im a l d i s , E n r i c u s et G a s p a r u s e t L u c h e t u s
fìlii e t h e re d es pro d u a b u s p a r tib u s c o n tin g e n t ib u s q u o n d a m d o m in i G ab rie lis d e G rim a ld o , filii et h e re d is p ro a lia tercia d icti q u o n d a m d o m in i
L u c e , e o r u m p ro p riis n o m in ib u s e t n om in e R ica rd i, filii q u o n d a m d icti G ab r i e l i s e t C a t h a lin a , u x o r q u o n d a m d icti G a b r i e l i s , t u t r ix e t c u r a t r i x B o va relli, R a p h ae li, C a rlin i et Bonifaci, filiorum su o ru m e t d icti q u o n d a m G a ­
brielis
; C o n ra d u s , filius et h e re s pro d i m i d i a p a r te q u o n d a m d o m in i
B o va relli d e G r im a ld o , suo p ro p rio n om ine , et A g n e s , u x o r q u o n d a m d icti
B o v a r e lli , et C a t h a lin a , u x o r q u o n d a m Ia co bin i, filii et h e r e d is pro a lia d i ­
m id ia d ic ta p arte dicti q u o n d a m B o v a re lli, t u t r ix Io h an n is e t O d o a r d i filio­
rum suoru m et h e re d u m q u o n d a m d icti Ia c o b in i
not. I o h a n n is
de
e t c ...... » (18 a p r i l e 1275,
L a n g a s c o , c. 15 v . , co i,. 1) ; « N os, C o n r a d u s
de G ri­
m aldo, filius et he re s pro d im id ia p a r te q u o n d a m B o va re lli d e G r i m a l d o , e t
A g n e s in a et C a th elin a , tu trix Io h an nis e t O d o a r d i filiorum e t h e r e s pro a l i a
d im id ia d icti q u o n d a m B o va re lli, e t c ......... » (5 m a g g io 1278, n ot. I o h . d e
L a n g ., c. 17 r.). — O rb e n e , i d u e fratelli L u c a e B o v a re llo n on so no p u n t o
figli di In go n e , m a di G rim a ld o d e G r im a l d i s di U b e r t o (cfr. B e l g r a n o ,
Documenti riguardanti le due Crociate di S. Ludovico, G e n o v a , 1859, p a ­
g in a 306; F e r r e t t o , op. cit., P. I, p. 80, n. 1 ; e a n c h e l ’a tt e n d i b i l i s s i m o
G i s c a r d i , Origine e fa sti delle nobili famiglie di Genova. M s . d e l la Bibl.
d e lla M ission e U r b a n a di G e n o v a , 30-9-3, v o l. I, p. 182) e r is u lt a n o c u g in i
p rim i del L u c a d ’ In go n e , perchè a n c h e In goile , c o m e G r im a l d o d e ’ G r i ­
m a ld i, è d e t t o , negli atti , quondam O b e r ti. E in p a t r ia i d u e fratelli I n ­
go ile e G r i m a ld o di O b e r to sono e n tra m b i nom inati fra g l i
o tto n o b ili d e l
Po d e stà, p rim a del sec. X I I I (cfr. O l i v i e r i , o p ., cit., p. 305).
Q u a l e sarà
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14
—
i G attilusi (i), i C alvo (2), i Ponzano (3); uomini tutti fra
i principali, di grande le va tu ra , raggu ard evoli per uffici
pubblici o traffici a rrisch ia ti, molti dei quali la storia ci
presenta proprio in P ro v e n za , nella prim a metà del dugento, o registra con altri cantori di P roven za nelle clausule dei trattati e nelle testimonianze delle am bascerie. Non
dunque i Provenzali recarono a G en ova il fiore della gaia
scienza, ma i G enovesi stessi, quelli più colti e illustri, ve
lo trapiantarono. E di quel fiore avvenne come d’ogni fiore
esotico tolto alla natia zolla: restò privilegio di pochi e
d u nq u e il trovatore dei due chiam ati Luca G rim ald i ? In via di congettura
io lo riconoscerei nel figlio di G rim aldo e fratello di Bovarello, il quale d i ­
morò quasi sempre in G en ova
e rivesti al di fuori cariche non
spicue di quelle del cugino. NÈ sarà da trascurarsi
ch e
meno co­
Bovarello
fu
pur
degli otto nobili nel '42, andò ambasciatore al conte di Provenza dieci anni
e r k b l , Un quarto di vita comunale e le origini della domi­
nazione angioina nel Piemonte, Torino, Loescher, 1890 , p. 1?-) e forse al
d opo (cfr. M
re di Fran cia nel '62 (cosi il G i s c a r d i , Ms. c i t , I. cit.). Ecco in ogni modo
un ramo genealogico della famiglia, elevato su prove ormai ineccepibili:
O b crto d e ’ G rim aldi
In gon e
G rim aldo
I
Lu ca
_ J __
B ovarello
m aritalo ad A gn ese
Luca
N icolin o
M arcoaldo
G abriele
Co-dò O i „
- J -
a C aterin a
----- i----------- !-----
v«rim i .nrhetto Riccardo BovardloRaflideCarlino BonL t f o
la co b in o O d oard o
minorenni
(1) V e d . su di lui il mio articolo Per la biografia di Luehetlo Gattilmio,
in Giorn. S t. e Lelt. (Ulla Lig.* IV , pag. 455 ·
(2) N e scrisse definitivamente il P E LA E Z , in
vo l. X V I I I . Resta però incerto s ’ egli abbia
Giorn. St. della U I L //.,
tenzonato
a
G en ova
o
fuori
(ved. ib , p. 5) ; ma fo r s e g li in G en ova non mise mai piede. L o Z o m non
tenzonò con lui; scrisse bensì un componimento di risposta e glielo mando:
« Bonifaci Calvo, mon sirventcs — vos
man ►,
( M o n a c i , op. cit. col. 99).
Per quante ricerche io ab bia fatto fra i documenti d e ll’cpoca, non riuscii a
trovare nemmeno larghe tracce della sua famiglia in Genova.
(3) Su buone e
sicure
basi
tracciò
la
biografia di
F e r r e t t o , recen temente, Notizie intorno a
Galega
Pansano
il
C. /*. trovatore genovese e
alla sua fam iglia , in Studi di FU. Rom., vol. IX , p. 595 e sgg.
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15
—
crebbe chiuso in una serra e perse in breve la fragranza
ond’ era tanto pregiato, e mutò i tratti che gli erano carat­
teristici, per acquistar quelli del nuovo ambiente.
Lanfranco Cicala è il più fecondo dei trovatori gen o­
vesi o quello almeno che ci giunse con più abbondante pa­
trimonio. A b itò in G enova quasi sempre dal 1235 (1). Col(1)
Le notizie sulla sua vita, raccolte dallo
S ch u ltz , vanno
dal
1256. Una correzione alle congetture del dotto tedesco pubb licò il C
1241 al
r e sc in i
,
Note Provenzali, in Studi di FU. Rovi. , vol. V I , fase. 15» P· r5^· H Ber
toni (Studi cit., p. 16) aggiunse nuove ricerche circa le donne nominate
dal trovatore, ma forse non colse giusto quando volle
riconoscerlo in quel
Lanfranco Cicala che nel 1265 — non 1245, come per isbaglio
si
legge nel
lavoro suo — fu console per Genova in Siria (cfr. C a r o , Genua und die
Màchie am Mittelmeer, Halle, Niemeyer, 1899, vol. II, cap. V , p. 182). A n ­
che le ricerche intorno a lui
sono continuamente
intralciate da omonimie
contemporanee'; convien quindi procedere ancora col metodo dell e li m in a­
zione, non trascurando alcun dato cronologico , genealogico e
qualificativo.
Elimineremo subito parecchi genovesi denominati come lui e che compaiono
in atti notarili dei primi anni del secolo X I V , stante la certezza, ormai a s ­
soluta, c h ’egli il 15 dicembre 1278 non era più
(cfr.
F
e r r e t t o
, Cod. cit.,
P. II, p. 203: e documento II, in append. al presente scritto). Più fastidio
assai ci recherebbe un Lanfranco Cicala di Ansaldo, che insieme con il no­
stro sottoscrive nel 1253 l ’ atto d ’ accordo coi V e n e t i , se l ’ archivio notarile
non ci soccorresse, offrendoci modo di stabilire i due rami genealogici e d i­
stinguere quello che c ’ interessa. Nel 16 giugno 1267 Ansaldo
Cicala fa te­
stamento e vi nomina sua moglie Clara di Lanfranco de V o l t a , Castellina,
<l uxor Lanfranci, filii sui » — il qual Lanfranco ebbe « e x domina quon­
dam Maria, sua prima uxore » — la nipote lacoba, figlia d ’ una sorella, le
nipoti Marietta e Caracosia , figlie di Ugone
Mallone suo
genero e della
sua Adelasia, non che le figlie Tommasina, Alamannina e Iacobina (notaro
G
u il l e l m u s
d e
S.
G
io r g io
, Reg. II, c. 45 v.). Un altro atto
questa famiglia Cicala, con le figlie di Lanfranco
vannina (cfr. F
e r r e t t o
fa cenno di
stesso , Leonetta e G io -
, op. cit., P. II, p. 202). Invece il Cicala trovatore è
anzi tutto riconoscibile perchè ha quasi sempre la qualità espressa di giuris­
perito o quella di consigliere della Repubblica. Come tale compare per testi­
monio in atti di cessioni e di compere nel 20 luglio 1235 , nel 7 luglio 1239
e
E
nel 21 febbraio 1240 (not. S
n r ic u s
Po
d e
r t a
im o n
d e
F
, Reg. I, c. 199 r. e c
laco n o
, Reg. I , c. 27 r.,
notaro
214 r.) ; e v ’ è detto figlio di quel
Guglielmo Cicala che troviamo consigliere della Repubblica nel 1218 e tra 1
,
nobili nel ’ 2i (cfr. oltre che l ’ indice del Liber lurium, anche S
e l l a , Codex
Astensis, in Atti e Menu. della R. Acc. dei Lincei, vol. II, ser. I l i , n. 985).
Nel 1248, il 7 ottobre, Lanfranco Cicala è « quondam W ilielmi » (not. P
lo d in o
d e
S
e x t o
, R es. I , P. I, c
57). Il 1 7 dicembre
a
-
127S egli stesso è
dato per morto in un contratto riguardante la dotazione nuziale della figlia
sua Caterina « filia quondam Lanfranci Cicalae, iurisperiti ». e che ricorda
la moglie sua quondam Safiria, il fratello Oberto Cicala, e gli altri figli, dei
quali Pietro, canonico della cattedrale di Genova, e Ugolino son dichiarati
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Iò
-----
locherem o quindi anteriorm ente i suoi v ia g g i , il suo tiro ­
cinio poetico e i suoi s t u d i , i quali studi p otè com piere,
m a non si sa di preciso , a B o lo g n a o a P a rig i. In p atria
esercitò la professione di giu d ice e più spesso q u ella di g iu ­
risperito, fu console di giustizia deversus B u rg u m ed ebbe
tra mano i più delicati e im portanti affari della R e p u b ­
blica. N el 1241 vien m andato com e am basciatore in P r o ­
ven za e quivi si trovò con G uglielm o di M ontanh agol (1).
non forse per la prim a volta , giacche ho qualche ragio n e
v iv i, Corradino, Pasq uale e Ottaviano, defunti (ved. doe. II in app.)· Resta
così escluso da ultimo un Lanfran chino Cicala « filius Nicolae C i c a l a e », m u ­
tuante il 17 aprile 1248 (not. B à r t o l o m . d e F
R eg
urnariis,
II, c. 63 r ).
Il ramo gen ealo gic o del nostro è il seg uen te:
G uglielm o C ica la
Lanfr an co
Corradino
Ottav ian o
Pasquale
O b crto
Nicolosio
U golino
Pietro
Cat erin a
Margherita
Non sarà trascurabile qualche altro d a to intorno alla famiglia sua. Ugolino,
« filius quondam Lanfranci », è teste nel 1279 ( F E R R E T T O , Cod, cit., P. II»
p 2SS, η. i) : fa testamento dieci anni dopo e lascia eredi « dominam
garitam sororem suam et dominum Petrum
Cicadam
taro R i c c o b o n u s
164 v ). Molto
de
S a v i g n o n o , Reg. I, c
il primo aprile 1255, O ttav ia no costituisce procuratori
Nicolosio, per venire in possesso di alcune
mar­
fratrem suum ► (no­
tempo
i suoi
zii
innanzi,
O b erlo e
prebende concessegli da Inno­
cenzo IV' ( F e r r e t t o , / Genovesi in Or unie dal carteggio d’Innocenzo I I ,
in Giorn. Star, e Leti. della Liguria , anno I, p. 368). Oberto, fratello del tro­
vatore, è un attivissimo
trafficante e ci si presenta in numerosissimi
tratti come accomandante di somme
ingenti
con­
Cod. cit. , p.
(Fe r r e t t o ,
pg g . 24, 37, 43/ 121, 203. 234, 238, 282, 393, 298, 299, 300. 302. 323, 328,
II.
347 .
351» 389» 427); ma, perchè nobile e certo di provata saggezza, viene eletto
con Marchesino di Cassino, giurisperito, e Giovanni Rovegno, il 12 ottobre
1272, procuratore
di
tutte
le questioni
vertenti nella Curia pontificia fra
Genovesi e Veneziani, con facoltà di obbligare anche i beni del Comune. La
procura è rinnovata il 13 gennaio delTanno seguente e vi si traccia il man­
dato di presentarsi al Pontefice col pretesto di comporre la pace con i V e ­
neziani e con Γ intento segreto di spiare
piuttosto
le intenzioni
di
Carlo
d ’A n giò ( F e r r e t t o , Cod. cit., P. I, pgg. 272, 287, 291). Il 26 ottobre, col
giudice Lanfranchino Pignolo, egli segna a nome di Genova
un trattato di
lega offensiva e difensiva tra la Repubblica e alcuni Comuni dell'alta Italia,
contro Carlo stesso (ib., p. 316). Come si vede , le dignità
e
le cariche il­
lustri non erano, nella famiglia dei Cicala, privilegi speciali di Lanfranco il
trovatore.
(1) Cfr. B e r t o n i , Studi, p. 17 e 35.
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— ιη —
per credere che le relazioni tra questi due risalissero a ben
più innanzi. Fin dal 1230 Lanfranco poetava, e ne fan te­
stimonianza due poesie: quella diretta ad A delaide di V idallana, nella quale già egli m aneggia con disinvoltura la
lingua occitanica (1), e quella ove nomina « na S aivaia »
e che comincia: « N ’A n ric no m ’ agrada nim platz » (2).
Ora la tenzone eh’ egli combattè con Guglielm o e che re­
centemente si esumò dal codice Campori (3) , va collocata
ancor p rim a , giacché questo componimento sem bra ap­
punto condotto per iniziare un inesperto nei misteri del­
l’arte. Domanda Guglielm o se è m iglior cosa possedere amore di donna senza ch’ altri n’ abbia sentore o non piut­
tosto aver fama di amator fortunato senz’ alcun frutto. Come
si vede, questo secondo stato è il cardine di quasi tutta la
dottrina dell’amor trovadorico. Il Cicala si m eraviglia della
quistione, chiede se Guglielm o lo ritenga proprio un fan­
ciullo e si dichiara subito per aver donna sul serio, anche
di nascosto. Com e? — ribatte l ’ interlocutore — per com ­
piere vostro talento una n o tte , un sol giorno , respingete
la gioia suprema che vi verrebbe per lungo tem po? E,
quando Lanfranco rincalza la sua opinione affermando che
fatti, risultati sicuri ci vogliono, non vani romori, prorom pe
tutto scandalizzato, in questa invettiva :
L a n fra n c , ben a v e t z vii talan
E ben p a u c v o s vei e n v e io s
d e ioi, ni d ’o n o r c o b e ito s .
E cosi si procede. D el resto la prova pare che lasci
contento per qualche rispetto il m aestro:
L an fra n c , d e vo s ai c o n h o g u t
q u ’a ssatz ben a v e t z c o m b a tu t
e t e n z o n a i lo p a rtim en :
p e ro 110 i a v e t z a g u t sen.
In altre parole la patente sua è questa: voi, caro L an ­
franco, siete un buon verseggiatore o m eglio un buon ten(1) V ed . B a r t s c h , Grundriss, 282, 24 ; per la data, B e r t o n i , Studi, pa­
gin a 16, n. 4.
(2) B a r t s c h , Grundriss , 282, 15; cfr. B e r t o n i . Studi, p. 16 n. 4.
(3) Pubb l. dal B e r t o n i , Studi, Testi, η. V , a p. 35.
Giorn. St. c I^ett. della Liguria.
3
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18
—
z o n a to re , non però un perfetto poeta ; a v e te la tecnica,
vi m anca la m ateria. E Lanfranco è contentone a sua volta,
del risultato, alm eno per essere alle prim e sue armi :
G u i l h e m , p o i s ie u s ai v e n c u t ,
sen sa ber, q u e ieu non hai agu t,
s ’ ie u a g u e s p r o n d ’e n s e n h a m e n ,
ga rd atz cous ve n c e ra corren.
Q uesta confessione che fa il poeta stesso , di non aver
avu to saber , di non possedere ancora Γ cu se uh a tue n , mi
sem bra sufficiente dunque per inferirne che la tenzone v e ­
n iva com battuta prim a assai del *30 e che con G uglielm o
di M ontanhagol si foss* egli trovato ben prim a di quanto
si creda. X è trascurabile riesce quella riluttanza al canone
d ell’ am or trovadorico , giacche pur negli altri gen ovesi si
m anifesta e in com ponim enti che non si h^ ragione alcuna
per crederli, com e questo, primi sa g gi in quel campo. B o ­
nifacio C alvo , che svolse la sua preparazione artistica in
una corte lontana da G en ova e frequentatissim a dai tro ­
vatori, farà, non prim a del 1260, le stesse parti di G uglielm o
di M ontanhagol con un altro g e n o v e se , lo S c o tto , identi­
ficabile forse in quello S co tto Scotto di cui resta memoria
in scritture sincrone (1). Questi preferisce « far totas vo-
(1)
L a tenzone fra questi due concittadini è in BERTONI, Studi, η. V i l i ,
p. 40. Il Bertoni stesso, a proposito di u n ’altra tenzone
fra Simon D o ria c
un certo Alber t, tentò u n ’ indagine riguardo a quest' ultimo e , polche nes­
suno dei trovatori noti e recanti il nome di Albert, poteva con lui identifi­
carsi, accostò il nome Alb ert al cognome Scotto, supponendo « così un poeta
provenzale di nome Alber to Scotto » ; « ma questa ►, egli conchiudeva, « c
una congettura ed io non v ’ insisto oltre ». E in fatto egli si trovav a su basi
men sicure di quelle su cui lo Schultz voleva vedere
in
q u ell'Alb ert il de
Sisteron. Senonchè v ’è una circostanza che toglie valore alle argomentazioni
dello Schultz e del Bertoni, come anche a l l’opinione del Casini, secondo il
q u ale si sarebbe dovuto riconoscervi il contemporaneo Ogerio Scotto (Gior­
nate St. detta Leti. I l , vol. II, p. 406, 11 3): ed è che Scotto sicuramente
non è il cognome, bensì il nome del poeta. Scotto chiama
Bonifacio il suo
interlocutore, anziché Calvo, e questi, in altra occ asione, chiama Luchetto
il G attilusio ; del resto in siffatta guisa si comportano quasi
tutti
i trova­
tori nei componimenti a botta e risposta. Ora, non essendo comunissimo in
G en o va il nome S c o t t o , si
può giustamente ritenere che sia av venuto ri*
spetto al poeta ciò che spessissimo av ve niv a rispetto ad altri , che cioè gli
sia stato assegnato fin dalla nascita un nome derivato dal
cognome. Come
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ig —
lontatz » con donna che non ama e non vorrebbe ascoltar
p a ro la , piuttosto che stringere relazione con una gen tile
che l’amasse ma non consentisse nulla. E, come Scotto, la
pensava su per giù Simon Doria, quando tenzonava v iv a ­
cemente con A lb e r t , sostenendo esser più soddisfacente
donna spogliata di notte che calzata e vestita in pieno
giorno :
Q u e q an ieu vei m id o n s sen c a m isa
L 'e m p e r a d o r non e v e i F r é d é r i c ;
cui l’ ignoto interlocutore rispondeva esser messo in oblio
da lui amore e parlar egli di donne di bordello:
Q u e q u a n t ieu v e i la b e l a cre a tu r a
l e u sui m a g e r d el s e g n e r d e l M a r o c ( i).
Non crederei che tutto ciò fosse dovuto al caso o che
g l’ interlocutori non esprimessero convinzioni proprie. Qui
forse troviamo documentati quegli atteggiam enti che si do­
vrebbero supporre a priori in trovatori genovesi, per il ca­
rattere e le abitudini loro. L ’ oggetto della poesia trovadorica è 1’ amore cavalleresco. L a nota che continuamente
vibra nei suoi cultori indigeni, è un senso di soggezione
che si manifesta persin col tremore , col rinnegam ento di
ogni bene terreno per un sol segno d’ approvazione della
donna amata, con 1’ assorbimento del poeta nella sem plice
visione di essa. La donna è sempre regina : il cantore è
sempre vassallo. O rigine dell’ arte di Provenza è stato il
feudalismo, sotto la cui immagine quell’ arte poi si diffuse.
troviamo Grimaldo d e ’ Grimaldi , Stancone S ta n c o n i, Cicalino Cicala , (cfr.
F e r r e t t o , Cod., P. II, p. 302) e co m e, dal luogo d ’ origine, anche G av io
di Gavi (cfr. D e s im o n i , Annali storisi della città di Cavi, ed. cit., p. 52,
a l l’anno 1233), nessuna meraviglia che ci si possa imbattere
in uno Scotto
Scotto (not. I U r t o l . d e F u r n a r i i s , Reg. IV, c. 183 v.) ; nel 1239, 25 s e t ­
tembre, son nominati infatti « lacoba, uxor Wilielmi Scoti, et M a ria, uxor
Ogerii Scoti * con « Wilielmus Scotus, Conradus Scotus, Baldus Scotus et
Scotus Scotus, fratres » (not. B o n v a s s a l l u s
de
C a s s i n a , Reg.
1,
c. 108 v.,
due atti). Gli Scotto abitavano « in angulo Canneti » e « in carrubeo Sancti
Laurentii » (cfr
f'andsltc Ricìurianc, Ms. d e ll’ Arch. di St. di Genova,
vol. I l i , p. 441, e IV , p. 125J presso i Doria.
(1)
bach,
B a r t s c h , Grnndriss, 436, 2. Ved. il testo pubblicato poi dal S e l in op. cit. p. 106.
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20
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M a in Italia l ’ ideale cavalleresco non era esistito mai e
quindi non ve n iv a sentito protondam ente, quando \ i fu in^
portato ; e solo ebbe pallidi riflessi in quelle terre o v e più
da coronati e potenti si riproduceva la vita straniera, n
una repubblica autonom a poi, nella quale era principale in ­
tento il g u a d a g n o destinato ad accrescere gli agi m ate­
riali e da secoli spirava un’aura d ’opposizione contro q u a­
lunque ingerenza cesarea, quest’ideale dovea parer rammol
lim ento e soggezion e rip rovevole, quand anche non ridico
la g g in e da perdigiorno.
M a torniam o a Lanfranco Cicala. N essuno m eglio del
M ontanhagol, poteva indurlo ad esercitarsi per la via d un
platonism o perfetto. U n sirventese suo racchiude un fiero
chastìam en contro i falsi am atori, contro quelli che cercano
l’ amore più che V o tir amen (i) e , com e in altri luoghi 1
questo trovatore si vede che am ore non e peccato, perche
voluto da D io , che anzi è fonte di castità e virtù (2), qui
se n’ha la definizione di cosa non reale, di astrazione e le ­
vatissim a :
C a r n o n a m a ni d e u e s s e r a m a tz
C e l q u e si d o n z p r e c d e nuill
fa illim en ,
C ’a m a n s n on d e u v o l e r p e r nuill talen
F a i c h q ’a si d o n z
to r n e s a d eso n ran ssa ,
C ’a m o r s n o n e s r e s m a s aisso c ’a v a n ss a ;
S o q u e a m a eil vo i b en leialm en
E q in q ie r als, lo noni d ’a m o r d e s m e n .
L ’amore cosi concepito divien presto o ggetto di studio
per i cantori italiani del secolo X I I I : la ricerca della sua
essenza form a il tem a di alcuni componimenti di siciliani :
il processo con cui nasce e prende sede nel cuore mediante
la coadiuvazione degli occhi, è la materia iniziale di quella
poesia dotta che troverà nel Guinicelli il suo più valente
cam pione e darà origine al dolce stil nuovo- E già stato
posto in evidenza però che il Cicala rivela appunto nei
(1) B a r t s c h , Grundriss , 225, 10. C i t o dal Canzoniere prov, A , n. 621,
p. 664.
(2) M a i i n , Gedichte der Troubadours in provens. S p r . , B e r l i n o , 1856,
n. 321.
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suoi carmi una notevole inclinazione a riannodarsi con que­
sto indirizzo (i). E g li va, prima d ’ o g n ’ altro forse, senten­
ziando che amore sia prodotto di cuor leale e gen tile, an­
ziché gentilezza di cuore innamorato, e, se neH’affinamento
del suo concetto d ’amore fu superato da G uglielm o di M on­
tanhagol che si dichiara un vero innovatore, lo avanza g ra ­
datamente nella chiarezza dell’ espressione e nella personi­
ficazione di quegli elementi che la psicologia del tempo
d oveva indicare come fattori principali del fenomeno. Sicché,
mentre gli antichi cantori provenzali idealizzavano l’amore
per una causa reale, ossia per la propria inferiorità rispetto
all’oggetto amato, in lui lo stesso fatto avven iva per l ’ in ­
tromissione, nella materia ereditata, di ricordi e nozioni dot­
trinali. Il contrasto fra le astrazioni fondamentali dell* arte
presa a coltivare e la vita italiana di quel secolo , vita di
commerci e d ’industria in taluni, ma ben anco di pensiero
e d ’ iniziativa per altri cui era possibile prender parte al
movimento degli studi , veniva a to g lie rsi, perchè queste
astrazioni si collocavano ormai su basi scientifiche. L a dot­
trina psicologica era dunque il rifugio ove ancor si poteva
trovar nuova fonte d ’ inspirazione , massime in argom enti
che riguardavano molto dappresso le nostre facoltà na­
scoste. E quanto più la poesia del Cicala di ^realistica di­
venta astratta sotto la guida di maestri saggi come il M on­
tanhagol, tanto più si manifesta come risultato ed espres­
sione di ricerche sperimentali interiori.
A n z itu tto , non è più il caso di cantare oscuramente
come gli antichi che nella preziosità del linguaggio e nel
perfezionamento della tecnica riponevano ogni pregio ar­
tistico. E g li saprebbe ben farlo, ma non vuole : i suoi nuovi
concetti resterebbero incompresi e quindi inutilmente architettati in coble :
E s c u r p r im chan ta r e sotil
S a b r ia far sim volia,
(t) V ed . D e L o l l i s , Sul Canzoniere di Chiaro Davanzali in Giornale
Si. della IMI. IL , Suppi. I , p. 115 e seg g ; Dolce s/il nuovo e <s noe/ dig
de nova maestria », in Studi medioevali, fase. I, 1904, p. 15 e sgg.
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M a s n o s t a i n g c ’ o m s o n t c h a n t afil
A b ta n p r i m a m a e s t r i a
Q u e n o s ia c la r s c o m dia;
Q u e sa bers a p a u c d e valor
S i c la r d a t z n o ill d o n a l u g o r ,
Q u ’ e s c u r e t a tz to t a v ia
T e n h o m p e r m o r t m a s p e r c la r ta t r e v i u :
P e r q u ’ e u c h a n t c la r e t d ’ ive rn e d ’e s t iu
(i).
Causa d ell’ innam oram ento sono gli occhi e il cuore del
poeta, falsi com pagni che ne gu erreggian o la pace. Invano
egli tenta di p orvi riparo col senno: questo è insufficiente:
E n m i c u i a v a a v e r ta n t d e s a b e r
E de vertut que de P afortim en t
D ’am or p o g u e s garir et ben e gen ;
M a s e n g a n a t z m i su i t r o b a t z p e r v e r
Q u e v e n c u t m ’ a e m ten en s a faillia.
P e r ò b e n d ie q u ’ eil c o l p a n on e s m ia
A n z e s t o t a d e m o s fais c o m p a i n g n o s
Q a g u e r r e r s a il c o r e ills oills a m d o s
E q u i d e for a g u e r r e r d in z lostal
N o n p o t a v e r p l a g p lu s d e s c o m u n a l (2).
A m algrado del sabers oppostogli, amore prende stanza
specialm ente in cuor leale e di lì invade tutte le altre fa­
coltà d ell’anima, crescendo e dilagando a dism isura:
l a fo ta is t e m p s q u ’ eu au ia c re z e n z a
C ’ o m si p o g e s d ’a m o r a b sen co b rir,
M a s a r noi c r e i, a n z sai sen es faillir
Q u e , s ’a m o r p r e n en leia l c o r n aissenza
B ro ila n vai tan c h a s c u n iorn e c reissen
Q u e p r e n lo c o r el g ie n e l ’e n te n d e n z a (3).
A ltr o fatto reale. L a prova dell’ amore in donna e del
suo aggradim ento è il riso. Donna che ride, ama. Il riso
sincero nasce di cuor gentile , quando il cuore vede cosa
piacente :
...................... ris nais d e ioi e d ’ a le g r a n z a
E d ’ a m o r o s talen
(1) M a h n , G e d ic h te , n. 561.
(2) M a h n , G e d ic h te , n. 753.
(3) M a h n , G e d ic h te , n. 715.
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^3 —
E t es del c o r veraia d e m o s tra n z a
Q u ’ el v e ia ren p la zen .
D o n c s sim g u a r d a m id o n s rizen
N o m p o t d ’a m o r far plus b ela s e m b ia n z a (i).
In una tenzone il poeta stesso entra a discutere col
senno e il cuore intorno al faillem en don s i plaingnon Vamons, cioè intorno agli scacchi in amore. V i s’ a g g iu n g e
l’amore non meno che entità agente. Il cuore incolpa Γ amore che rende amante l’uomo o la donna e non entram bi,
appunto perchè il cuore , come stazione di transito d ell’ amore , può dire se questo è passato per lui: il senno in­
colpa senz’ altro la donna che prova piacere ad amare chi
non la prega e a fuggire chi ne implora amorosa condi­
scendenza: il poeta, pur ammettendo l’esperienza del cuore,
taccia di leggerezza entrambi g l’interlocutori e la colpa at­
tribuisce galantem ente a g l’ inganni degli uomini. M a è un
sogno — nulla più — eh’ egli ha fatto ; e il sogno ter­
mina con l ’apparizione della donna amata, che lo ringrazia,
fulgente di sovrumana beltà e di assoluta celeste perfe­
zione (2).
Or si comprende ch’egli, a quel modo eh’ era giunto a
considerare 1’ amore in sè, come fenomeno p sich ico, senza
alcun riferimento a episodi della vita reale , e a dramma­
tizzarne il processo , simbolizzando audacemente con esso
altri fatti interni, potesse riuscire, dopo un certo tempo, a
un concetto astratto di beltà e di perfezione femminile, se
non proprio anche ad un ideale generale di perfezione umana, velato dal nome di donna, dal nome dell’essere che
ormai la tradizione artistica avea reso più venerabile nel1’ universo e che anche il popolo sceglieva per rappresen­
tare le cose più care (3) ; sebbene a tutto ciò riuscisse ne­
bulosamente, embrionalmente, non occorrendogli alla mente
alcuna di quelle comparazioni che chiariscono il significato
del poetare di Guido Guinicelli o di quelle scolastiche ar­
(1) B e r t o n i , Studi , Testi, p. 39, n. V II.
(2) R a y n o u a r d , Choix , to. V , p. 244.
(3) Cfr. il mio lavoro : L ’ Anonimo genovese e la sua raccolta di rim e ,
Genova, 1904, pgg. 179 e 200.
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24
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gom entazioni che caratterizzano la m aniera evolu ta elei c o l­
tivatori fiorentini del dolce stil n u ovo. M anifestare senti­
menti d ’am ore è com e dar p ro v a di cuor g en tile : è segn o
d ’ una nobiltà che ci rende superiori a g li altri, d ’ una ari­
stocrazia veram ente e tu tta sp iritu ale: ne o c co ire che 1 i
spirazione m u ova direttam ente da un s o g g e tto definito. L a
soddisfazione del p oeta ha origin e appunto in ciò. E l a.
more da lui trasfigurato con ta n t’ arte e sollevato a signi
ficati non più terreni , non può chiam arsi una colpa , non
può essere, com e a v e v a anche cantato G u glielm o di M on
tanhagol, un peccato :
l a n o n d i g o m q u ’ e u fassa fa illim en
S i e u c h a n d ’a m o r ni faz d ’a m o r p a r v e n z a .
O u ’ aissi e h a n t a n sa i la c e l a d a m e n
C u b r i r , d on n ais m o s ioi ni m ’ e n t e n d e n z a ( i ) .
Qualcuno lo biasim a, è vero , e trova inutili le sue fa­
tiche : è un m alvagio che vu ol nuocere o un ign orante che
non capisce nulla. E g li lo lascia in disparte. A ltr i lo ri
tiene un pazzo. T a le non sem brerebbe , se si conoscesse
1’ origine del suo canto , se si sapesse le g g e re sotto il v e ­
lame dei suoi versi, se si arrivasse a com prendere il signi­
ficato simbolico di quella donna e di quell’amore :
A u t r ’ a v o l e z a fem e n il
Q u e nais d ’e n o i a b feu n ia
F a n cil q u ’ e n b la s m a r 1’ a utrui fil
S ’ a p r im o n a b v i l a n i a ;
M a s q u i far n o n o sa bria
P e r q u e b la s m a 1’ a utrui lab or.
A i s s o te n e eu p e r g r a n erro r
E p e r m o n g r a t n o seria,
Q u e g e s n o m o u si n o n d e c o rs caitiu ;
P e r q u ’ eu c o s s e lh a q u a s c u n q u a s ’ n ’ e s q u iu
D o m n a d e vo s chant e d ’ amor
D e q u e m te n o n fol li p lu so r,
M a s g e s p e r fo l n o m te n ria
Q u i s a b ia d on m o s c h an ta rs derriu (2).
(1) M a h n , Gedichte , n. 715.
(2) M a h n , Gedichte , n. 551.
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D el carattere in ogni modo tutto spirituale di quest’a­
more, s’ ha, mi sembra, anche una p rova nella tenzone con
Sim one Doria. V o i Sim one — dice il nostro — vi lam en­
tate, non potendo allontanare il vivo dolore che am ore vi
provoca ; ma la colpa è vostra, giacché in amore di donna
cercate soddisfazioni materiali. D istinguete bene il gaudio
ch’essa, o meglio Γ amore stesso, può darvi come fonte di
benessere soggettivo , dal dolore eh’ essa vi reca non cu­
randovi: prendete ciò che vi è facile prendere e lasciate il
resto : sarete felice :
A m i e s S im o n , selu i so b ra follors
Q u i a p e lla m a ltra ig z o q u e li p ia i;
E qui non cern lo g a u g z d e las d o lo r s
N o n sai p e r q u elh v e n g u e s s o n d ’ a m o r iai.
E , a nuovi lamenti di S im o n e , egli conchiude : non è
m eraviglia ch’abbiate a soffrire, se proprio ogni vostra sod­
disfazione deve restringersi alla realtà dei sensi:
M a s ieu sai ben p e r ver e sii dirai,
Q u a r vo s l ’a m atz et il vo s ses c o r vàire
E n on p o d e tz soven a v e r lez er
D e l sieu b el cors e m b ra ssa r e te n e r ;
D o n c s sius d o le tz no m ’ en m e r a v ilh g a ir e (i) .
U n idealismo siffatto , più dottrinale ormai e filosofico
che trovadorico e cavalleresco , rappresenta una reazione
tanto meno evitabile nella pratica della vita del tempo,
quanto più da questa doveva escludersi come non neces­
saria o combattersi come ridicola, una manifestazione, una
« sembianza », pure artistica, d ’ amore con donne reali.
L amore per le ricche dame, quale appare in Lanfranco, è
(i)
B e r t o n i , Studi, Testi, η. II, p. 27. Su questa tenzone, che riferirei
al secondo ventennio del secolo, si favoleggia pronunciasse un giudicato la
corte d ’ amore delle dame dimoranti in Signa di Provenza, ma, non riuscen­
done soddisfatti gli autori, vollessero questi appellarsene ad un 'a ltra corte,
a quella di Romanin sul Rodano, presso S. Remy, presieduta dalla signora
del castello, Stefanetta di Gantelms, zia della Laura del Petrarca (cfr. R a y n o u a d , C hoix, to. II, p. X C V I ; e M. C a p e f i g u e , Les cours d’ amour, et
les contesses de Provence, Paris, 1863, P 45) î quanto alla discussa esistenza
delle corti d ’ amore, rimando soltanto, per amor di brevità, al R a j n a , Le
corti d’ amore, Milano, Hoepli, 1890.
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un segn o di rispetto , una galanteria della buona società,
un’ iperbole continua delle norm e del galateo riguardante
le persone d ’ una condizione elevata: d ’A la is de V id allan a
e gli dice anzi che Γ am a « francam en ad h o n o r, ab fi cor
frane, mas no en dreit d ’am or » ; e certo nessuna delle sue
poesie sarà stata diretta a quella buona Safiria che g li re­
g alò parecchi figliuoli. O r una m ente non vo lg are era fa­
cile venisse trasportata a v a g h e g g ia re il concetto della
donna ideale , com e personificazione di tutto ciò che di
b ello esiste al m ondo , non appena gliene giungesse 1’ af­
fiato — giacch é questo certo non le mancò
e proce­
desse così con un com prom esso morale, senza un ben che
m inim o perturbam ento nelle più serene relazioni coniugali,
alla soddisfazione di quell'esuberanza di sentim ento ch ’era
sangue e vita d ’ ogni italiano e che sarebbe altrim enti ri­
m asta com pressa e soffocata.
Il poeta è quindi felice,
Q u e c h a n z a d u z g r a n b en m a in ta s s a z o s (2);
e il canto g li sg o rg a dal cuore com e segno d ’ allegrezza:
C ’ a n c iocs ni so la tz ni c h a n z
S e n s a le g r e r n o n a g r o n lur sa izon (3);
e non tralascia mai di tenzonare co g li amici intorno ad ar­
gom enti d ’ amore. G li arrivava la cohlct scritta ed egli ri
spondeva scrivendone un’altra. T u tti lo chiamano « S egn er
Lanfranc », per un riguardo; ed egli c h i a m a bonariam ente
l ’interlocutore « amics ». T utti si rivolgono a lui perche e
« sobresabenz » , perchè ha « mai d ’ escrichura » , perchè
sa « sotilm ente entendre »; ed egli dà volentieri i suoi savi
consigli, perchè amico fino
C o n s e l h d e g r a t totz los e n te n d e d o r s (1).
Se noi togliam o alla poesia di Lanfranco Cicala la veste
provenzale, se badiamo al contenuto celato, poco apparente
(2) M a h n , Gedichte , n. 713.
(3) M a h n , Gedichte , n. 714.
(1) B
er ton i,
Studi , Testi, η. I l i , p. 29.
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— ιη —
di essa, anziché all’apparenza che vi si può facilm ente scam ­
biare per il contenuto ; se teniam conto di tante altre par­
ticolarità, come quella dell’età in cui visse, dei luoghi ove
deve aver compiuti i suoi studj, della professione cui s’ era
dedicato : vedremo senza difficoltà in lui un partecipe , sia
pure involontario, dell’indirizzo guinicelliano, un precursore
non trascurabile della scuola toscana. A n c h ’egli m ostra una
tendenza tutta realistica dapprima ; anch’ egli s’eleva poi a
concetti che non possono dirsi eredità provenzale ; anch’egli
è un giudice, un uomo nuovo. E quest’ ultima sua qualità
è messa in rilievo nella biografia : « En Lanfranc Cicala
si fo de la ciutat de Genoa , gentils homs et savis fo : et
fo ju tges cavallier, mas vida de ju g e menaba » : cavaliere
s ì , ma non a mò degli antichi e di alcuni contem poranei
come Sordello; piuttosto un giudice di città libera e piut­
tosto da giudice condusse vita (i).
Questo, per sommi capi, il carattere più rilevante della
sua lirica amorosa (2). In politica è nè più nè meno che
un genovese. Se con impeto virile scaglia le note in vet­
tive contro Bonifacio di Monferrato che indegnam ente, nel
1247, aveva tradito il patto stipulato con i M ilanesi e la
« lur com pagnia » (3), quando si tratta invece della « tenzos
dels grans seignors » egli ci presenta, pronti alla guerra,
nell’ inverno del ’Ó7, Riccardo di Corno vaglia, A lfonso di
Castiglia e il re Carlo , rimproverando d ’ indolenza i due
(1) M o n a c i , op. cit., col. 94.
(2) N e ss u n a nota o rig in a le si rile va dai c o m p o n im e n ti d e g li altri g e n o ­
vesi. U n a tenzone fra Iacop o G rillo e S im o n D o ria ( M o n a c i , o p. cit., col.
92; e cfr. a nch e S e l b a c h , op. cit., p. 66) è r ic alca ta, come giu sta m e n te scriv e
il Bertoni, sul « vecch io m o tivo d e lla d e ca d e n za dei p regi e d e lle cortesie ».
N è m olto di n uovo può ricavarsi da certe p o esie del C ica la stesso. P e r la
s u a tenzone co n una G u g lie lm a de Rozas o d e R o zier ( B a r t s c h , G n indriss)
282, 14) v e d i C h a b a n e a u , Les biographies des Troubadours e?i langue pro­
vençale in H ist. gêner, de Languedoc p ar D e v i c et V a i s s e t t e , 1875, to. X ,
p. 313 ; e S e l b a c h , op. c i t , p. 63 ; e p er qu e lla con L a n t e l m ( B a r t s c h ,
282, 13), S e l b a c h , op. e 1. citt. — D i q u e l R a im o n R o bin , cui ca n ta L a n ­
franco il fatto suo ( B a r t s c h , 282, 21), n u l l ’a ltro potrei dir e se n on c h e u n a
f am ig lia R o b in si t r o v a v a effettivam ente a G e n o v a ve rso il 1270 ( F e r r e t t o ,
Cod. cit., P . II, p gg. 52 e J43).
(3) M o n a c i , op. cit. col. 92. Ved. su di essa lo Schultz , Lebensverhàl-
tnisse , p. 217.
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28
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prim i e spronando il terzo alla resistenza ( i ) > senza pero
p a rte g g ia re per questo o per quello , precisamente come
a v e a fatto la sua R e p u b b lic a , che, intesa a cogliere dagli
avven im en ti europei soltanto l ’interesse suo proprio, dopo
uno scam bio di am b ascerie, nulla conchiudeva e^ astuta
m ente nicchiava. E nessuno meglio di Lanfranco s accorda
con la condotta diplom atica del proprio paese : non certo
L u chetto G attilusi cui torna lecito dar consigli all A n ­
gioin o (2), o quello dei due Percivalle Doria che verso il
1258 can tava le lodi di Manfredi (3); tanto meno Calega
Panzano, del quale resta per la stessa occasione della lotta
dei tre potenti c o ro n a ti, un vibrato sirventese a eccita­
m ento d ’E nrico di C astiglia (4). Lanfranco, indirizzandosi a
Sordello, dice d ’assistere con sereno compiacimento ai casi
altrui e di non poter trattenere il canto :
l a m ’ a g r a d a n , en S o r d e l , las te n z o s
D e l s g r a n s s e ig n o rs , q u ’ ieu non poisc oblidos
E s t a r ni lais p e r n e g u n a defensa
Q u ’ ie u en fassa qan s ’ a v e n m ’ in m enbransa.
Il poeta morì con buon numero di figli verso il 1274,
g iacch é d’ allora è detto quondam nei numerosi documenti
della sua fam iglia (5) ; e il Nostradamo lo vuole assassinato
da alcuni ladroni presso Monaco. A g li ultimi anni della sua
vita riporterei le sue poesie religiose, per le quali il bio­
grafo scrisse ch ’ egli « trobaba voluntiers de Dieu ». Sono
forse il suo atto di contrizione. Divenuto uomo di Dio, egli
(1) P u b b l. dal R a j n a . Un frammento di un codice perduto di poesie p? ο­
ν e n z a li , in Studi di FU . R o m . , vol. V, p. 45 ; per la data ved. i b . , pa­
gina 31.
.
(2) F u p u b b l. prim a dal R a j n a , in Riv. cit., p. 48,. come del Cicala; poi
dal B e r t o n i , Studi, Testi, η. X , p. 45, di su il ms. Campori, che la resti­
tu iv a al Gattilusi. P er la data, ved. R a j N a , p. 32 e sgg. ; e le opposizioni
dello S c h u l t z , L e epistole del trovatore Rambaldo di Vaqueiras, ed. cit.,
p. 170.
(3) B e r t o n i , Studi , Testi, η. I e p. 10 e sgg.
(4) P u b b l . d a l B e r t o n i , in Studi di F il. R om . , fase. X X X I I I , P· 1 e
seguenti.
(5) L a notizia mi viene confermata privatamente anche dal Fèrretto, che
pare a bb ia raccolto tutti i documenti riguardanti la famiglia e voglia pub­
blicarli negli A tti della Soc. Lig. di St. Patria.
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29
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conchiude domandando venia dei suoi peccati e confessan­
dosi. U n componimento è in lode di M aria V erg in e (i),
un altro è condotto come una delle solite tirate didatticom oraleggianti e termina con una preghiera (2). A ltr a volta
notai già quanto fosse profondo nei Genovesi il sentimento
religioso e come gran parte della loro morale m uovesse dal
pulpito. T ra qualche coblci del Nostro e qualche tratto delle
poesie dell’Anonimo si può dire che solo esista differenza
di linguaggio.
Non oserei anzi affermare che l ’Anonim o, suo contem ­
poraneo , ignorasse i suoi prodotti poetici. Il cantore dia­
lettale rappresenta quella classe mediocremente colta del
popolo genovese che tanto doveva spregiare la com posi­
zione dei carmi d’amore, sia per l’artifìcio della fattura che
per la vanità della sostanza, da obbligare il poeta proven­
zale a trincerarsi ogni volta dietro espressioni di sdegno e
disprezzo. E g li non poteva comprenderne l ’ alto significato
quando lam entava:
.............................. le va n ita e
E le canzon chi son tr o v a e
C hi parlan de va n a m o r
E d e bexiicj con erro r (3).
Si noti la parola trovar nei senso di compor versi. I
hexiicj, propriamente b isticci, sono i raggiri di parole , le
frasi preziose , i lumi della forma insom m a, peculiari al­
l ’arte occitanica. Intenderei quel « van amor » per amore
che non approda a nulla, perchè fittizio, immaginario, non
r e a le , epperò contrario sotto un rispetto alla serietà umana, dannoso sotto un altro per essere fonte continua in
altri d’eròtica concupiscenza. Certo egli, l’A n o n im o , uomo
pratico, poeta borghese, pensatore positivo , riteneva, m o­
rale a parte, l ’amore come qualche cosa di più spiccio e di
più sodo.
F rancesco
L u ig i M a n n u c c i.
(1) B a r t s c h , Grundriss , 272, 10.
(2) M a h n , Gedichte , n. 714.
(3) Rime genovesi, in Arch. Glott. It., vol. X , n. V II, vv . 189-82; su di
che ved. il mio lavoro cit.: L ’ Anonimo Genovese ecc. p. 85.
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30
—
—
A P P E N D IC E .
i.
L a n fra n co C icala con alcu ni co lleg h i partecipa ad un giu dica to della
C u r ia .
(R .
1253:
A r c h iv i o di S ta to gen ovese. L ’originale in Not.
una c o p ia in R i c i i e r i o , Pandette, I , fol. 13 8. col.
Anno
D o m in ice
N a t iv ita tis
cart. 1 2 3 5 vol. V della racc., p. 22 5 8 ).
Io h an n is du V e g io ,
6,
M C C L I 0 In d ic t io n e
X V I I I Iulii I a n u e in P a l a t i o F u r n a r i o r u m
ubi
V ili
d ie
m artii
C u r ia p r ò C o m u n i l a ­
m ie r e g e b a t u r , D o m i n u s M e n a b o s d e F l o r e n t i a I u d e x et assessor D o ­
m in i M e n a b o v i s d e T u r r i c e l l a
Ia n u e
P o testatis , p rese n tib u s
L an franco C ica la Iu d ice, W ilielm o d e V arag in e ,
S c rib a
te x t ib u s
Com unis Ianue
e t L a n f r a n c o P o r c o , p r e c e p i t m ih i N i c o la o d e Porta n ota rio ad p o s t u ­
l a t i o n e m B a ld itio n is M u s e S in d ic i C o m u n i s I a n u e et ad p e r p e t u a m rei
m e m o r i a m u t a u t e n t i c a r e m et in p u b lic a m
form am r e d ig e r e m e x p o s i ­
t io n e s s i v e p r o p o s i ti o n e s e t consilia facta e t facta c e le b ra ta e t c e le b ra ta
s u p e r l a u d e v e l o c c a s i o n e l a u d i s q u a m c o n s e q u t i fuerunt Ί h o m a s G r a ­
n a r ia
et
S ocii
contra
Saonenses
quorum
X I Iulii D o m i n u s M e n a b o s d e T u r r i c e l l a
te n o r talis est. D ie martii
Ian uensis Civitatis Potestas,
v o c a t i s C o n s ilia r iis m o r e s o lito p e r C a m p a n a m et C orn u et v o c e m Preco n is, e x p o s u i t c o n t ra eis la u d e m q u a m T h o m a s G r a n a r ia et S o c ii c o n ­
s e q u ti su n t c o n t r a S a o n e n s e s o c c a s io n e n avis q u a m in S a o n a faciebant
fieri t e m p o r e p a c is e t e x p o s u i t con silio consilium
q u o d d e d e r u n t q u i­
d a m I u d i c e s I a n u e u t p e r c o n s iliu m p r o v id e re n t indem nitati d ictorum
C i v i u m e t p o s t u l a v i t a d h o c con siliu m , salvo q u o d non postu lat c o n ­
siliu m n e c v u l t , q u o d a liq u is consiliarius con su la t et
ti o n e m fa c ta m
Com uni
Saone
et
p r e c e p it
contra c o n v e n ­
consiliariis ut nullus c o n ­
su la t in e o q u o d sit c o n t ra illam c o n v e n tio n e m , et si q uis co n s u le re t
c o n t r a m c o n v e n t i o n e m illam , v e l si c o n c o r d a r e t consilium in e o q u o d
ess e c o n t r a c o n v e n t i o n e m , o r d in a t Potestas q u o d illud consilium n o n
t e n e a t in e o q u o d e s s e t c o n t r a c o n v e n ti o n e m .
consilii u t s u p e r l a u d e et S e n te n tia T h o m e
d i c e s P o te s ta t is c u m X a u t plu ribu s
de
Item
fuit su m m a dicti
G r a n a r ie et S o c io ru m I u ­
Iud icibu s Ia n u e d ete rm in en t
q u id sit j u s t u m , ita q u o d C o m u n e Ia n u e nihil solv at et e o ru m c o n s i ­
liu m r e d u c a t u r a d con siliu m .
D i e X I I I Iulii D o m i n u s A l a m a n n u s
Iudex
l e g i c o n s iliu m c e l e b r a t u m s u p er facto n avis
ciorum
et
super
ip s o
D om in i Potestatis fecit
Thom e
G r a n a r ie
et S o ­
con siliu m postulavit ab eis. E t L an fra n cu s C i­
c a l a c r e d it q u o d C o m u n e
Saone
non
te n etu r p ro p ter c o n v en tio n em
fa c t a m eis p e r C o m u n e Ia n u e, pe r q u a m C o m u n e Ianue eis o b lig a tu r
ad c o n s e r v a n d u m e o s ind em nes, si C o m u n e Ian u e tenetur prop ter re­
m is s io n e m , q u a m fecit d e iuribus privatorum . E t U g o d e F lisco idem .
E t N i c o la u s M i g n a r d u s c re d it quod predicti possint ha bere et d e b e a n t
r e s t a u r a c i o n e m n av is a C o m u n e Saone, E t W ilie lm u s P ictavinus idem
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— 3i —
u t L a n fra n c u s Cicala. E t N ico lo sius d e
d e C astro id em . E t Sim on T a rta ro
N ico lo siu s
M ig n a rd u s tam en
M u r te d o
id e m .
credit
Et
quod
id em .
Ian ue
Ferrarius
Iudex
ut
C o m u n e Ia n u e n o n p o tu it
C o m u n i S a o n e remittere , et credit q u o d C o m u n e
E t O b e r tu s Passius , si C o m u n e
Et
H om obonus
v u lt
Ia n u e
tenetur
eis.
o b s e r v a r e c o n v e n ti o n e m ,
q u o d est eis o b liga tu m ad solucionem . E t N ico la u s
de
V u lta b io non
c re d it q u o d C o m u n e S a o n e teneatur e m e n d a r e n a v e m n e c q u o d po ssit
c o n v e n ir e p r o p te r con v en tion em , si c re d it q u o d C o m u n e I a n u e t e n e t u r
ut d ictus L an fra n cu s C ica la. E t B a r th o lo m e u s F e r ra riu s i d e m . E t W i lie lm u s d e Q u in to id em . E t A n s a ld u s d e A s t id e m . E t P e tr u s d e
N ig r o et N ico la u s M ignard us et E n ric u s F r a verius id em u t L a n fr a n c u s
C icala.
D i e X I I I Iulii. D ictu s Potestas vocatis consiliariis e x p o s u i t
coram
eis q u o d ........................ Item fecit leg i consilium q u o r u m d a m I u d i c u m
qui consu lueru n t s u p er petitionem
Thom e
G r a n a r ie
et
S ociorum
et
postu lavit ind e C on silium et precep it q u od nullus con su la t c o n t r a c o n ­
ventio nem factam a C o m u n i Ian ue et si quis consu luerit c o n t ra c o n ­
v e n tio n e m , ord ina vit Potestas q u o d illud c onsilium non
te n e a t in eo
q u o d esset contra con v en tion em factam C o m u n i Ianue.
D ie X I I I Iulii. Item fuit su m m a dicti
consilii
ut
s u p er
p e titio n e
T h o m e G ran arie et S o c io ru m C o m u n e nihil s o lv a t in h o c n e c c o n t ra
C o m u n e Ia n u e audiantur si Iud ices P otestatis faciant eis ius.
E g o N ico la u s d e P orta, S acri Im p erii N otariu s, iussu dicti D o m in i
A la m a n n i dictas expositiones, seu propositiones et C on silia sic a u t e n ­
ticavi et in form am publicam redegi.
II.
Contraito dotale di Caterina Cicala , fig lia di L anfranco .
(R. A rchiv io di Stato, orig. in N otari Ignoti, Reg. VI, ad an.).
In n o m in e domini am en. E g o C athalin a, filia q u o n d a m L an fra n ch i
C ig a le jurisp eriti, confiteor vobis petro q u o n d a m C iga le, c an o n ic o e c ­
clesie Ianuensis, fratri m eo q u o d pro m e et p rec ib u s m e is a tq u e c o n ­
sen su et vo lu n ta te m ea et m andato m eo maritare me d e b e ti s et d a re
pro d otib us meis futuro viro m eo et illi in q u e m
c o n c e d e n te d o m in o
m aritabor, libras quadringentas q u in q uag inta Ianue c o m p u ta tis in ipsis
libris q u a d r in g en tis quin q u aginta libras nonaginta q u in q ue q u a s h a b u i ­
stis et v o b is solv eru n t Iacobu s L erc a riu s et L an francu s d e sa n c to
m u lo pro ob erto c igala patruo m eo qui ipsas
ro-
pro m e h a b u e r a t o c c a ­
sionibus infrascriptis v id e lic et libras q u in q u ag in ta o ccasion e leg ati m ich i
relicti a q u o n d a m A y m e l i n a am ita m e a et libras q u a d r a g in ta q u in q u e
oc c asio n e legati michi relicti a q u on d a m pascalino fratre m e o . Q u a re
ex pacto adhibito inter me ex una parte et vos e x altera in presenti
contractu et ante et post presentem contractu m ando
vel quasi ex causa vend irionis
in vos
totaliter
et
tr a d o vobis
transfero o m n i a iura
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—
m ic h i c o m p e t e n t i a seu q u e m ih i c o m p e t e r e p o s s u n t c o n t r a q u a m c u m q u e p erso n am et q u o ru m c u m q u e b o n a pro e o q u o d p e te r e p o ssem vel
l i n q u a m p o tu i q u a c u m q u e o c c a s i o n e seu q u a c u m q u e e x c a u s a in b o n is
e t d e b o n is q u o n d a m S a p h i r i e m a t r i s m e e e t c o n t r a h e r e d e s ip siu s et
in b o n is e t d e b o n i s fr a tr u u m m e o r u m d e f u n c t o r u m e t s p e c i a l i t e r C o n rad ini O c t a v i a n i e t P a sc a lin i e t d e m u m o m n i a iu ra m i h i
com peten tia
v e l q u e m ih i c o m p e t e r e p o s s e n t c o n t r a h e r e d e s
p red ictorum
et c u i u s c u m q u e e o r u m e t q u a m c u m q u e
et
a lt e r a m
bona
personam
occasion e
a lteriu s s u c c e s s i o n i s m ih i d e l a t e e x t e s t a m e n t o v e l a b in te sta to e t c u i u s ­
l i b e t le g a ti m ihi a p r e d ic tis v e l a li q u o p r e d i c t o r u m
q u a c u m q u e o c c a s i o n e v e l c a u s a u t ipsis iu r ib u s
re lic tis e t d e m u m
uti
p o ssitis
e x p e r ir i et o m n ia d e m u m fa c e r e in iu d ic io e t e x t r a q u a m
a g e r e et
ego
facere
p o s s e m v e l u n q u a m p o t u i c o n s ti tu e n s v o s in p r e d ic tis o m n i b u s e t s i n ­
g u lis p r o c u r a t o r e m u t in r e m v e s t r a m s a l v o q u o d n o n in t e l l ig a r v o b i s ■
c e sisse a liq u a iu ra o c c a s i o n e illa r u m lib r a r u m q u i n q u a g i n t a q u a s d ic t a
q u o n d a m A y m e l i n a a m it a m e a l e g a v i t
m ihi
et
quas
dictus
O bertus
p a tr o n u s m e u s h a b u i t e t r e c e p it p r o m e n e c e c ia m d e illis lib r is q u a ­
d r a g in ta q u in q u e q u a s m ihi l e g a v i t p a s c a lin u s fr ate r
m eus q uas sim i­
l ite r d ic t u s O b e r t u s h a b u it p r o m e c u m d ictas lib ras n o n a g i n t a q u i n q u e
h a b u e ritis et c o m p u t a t e sin t in d ictis libris
quadraginta
q u in q u a g i n t a
u t d i c t u m est. p r e d i c t a m a u t e m c e s s io n e m e t o m n ia e t s in g u la sup rad ic t a
prom itto
v o b is
habere
rata e t firm a et a t t e n d e r e
o b s e r v a r e e t c o n t r a in a liq u is n o n fa c e r e
vel
venire
c o m p l e r e et
a lio q u in
penam
d u p li d e q u a n to e t q u o c i e n s c o n t r a f i e t v e l n o n o b s e r v a r e t u r v o b is sti­
p u lanti p r o m itto , ratis m a n e n tib u s su p ra d ic tis e t p r o p r e d ic tis o m n ib u s
a tte n d e n d is e t o b s e r v a n d i s om n ia b o n a m e a h a b ita
e t h a b e n d a v o b is
p ig n o r i o b l i g o c o n fite n s e c ia m m e m a io r e m e s s e annis X V I I
p r e d ic ta s ta ctis s a c r o sa n tis s c rip tu ris
et
ìu ro
a t t e n d e r e e t o b s e r v a r e et c o n t ra
in a liq u o n o n v e n ir e o c c a s i o n e m in o ris etatis
vel
p r e d i c t a consilio
enrici e t U g o l in i c i g a le
petrini
de
n ig r o
quondam
a liq u a a lia e t fa cio
fratris m ei q u o s m e o s p r o p in q u o s v ic in o s et c o n s ilia to r e s in h o c casu
e llig o et a p p e llo . A c t u m Ia n u e in c o n tra ta d e b a n c h is
p etrin i e t n e p o t u m
ip siu s
et
consortum .
a nn o
in
d o m o d icti
dom inice
n ativitatis
M C C L X X V I I I in d ic tio n e V I , d i e X V I I d e c e m b r is p o st v e s p e r a s te stes
d icti co n s ilia to res lan fran cus d e s a n c to r o m u lo M e rn a ld u s d e n ig ro et
B o n ifa c iu s d e n ig r o q u o n d a m G u ille lm i.
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—
U N M A N IP O L O D I L E T T E R E
DI A N D R E A E G I A N N E T T I N O D ’ ORIA
Stim o non inutile la pubblicazione di queste poche let­
tere. Tutto ciò che si riferisce a personaggi sto rici, che a
lungo hanno esercitato influenza su uomini e avvenim enti
del loro tem po, ha importanza. Ogni notizia n u o v a , per
quanto povera e insignificante in sè , può , se non altro,
concorrere a chiarire, o a confermare altre notizie, g ià ac­
quisite alla storia.
L e diciotto lettere , che qui seguiranno , appartengono
tutte ad Andrea, tranne Γ ultim a, che è di Giannettino ; e
sono indirizzate, cinque al papa Paolo III, quattro al car­
dinal F a rn e se , due al protonotario A m brogio R icalcato,
segretario del papa Paolo III sino alla fine del 1537 (1), e
sette al conte Agostino Landi. Fatta eccezione per la prima,
del 21 gennaio 1536, che sembra scritta tutta di mano di
Andrea, le altre hanno autografa soltanto la sottoscrizione.
L e lettere al Landi sono nelle Carte fe u d a li L a u d i e le
altre nel Carteggio Farnesiano dell’A rch ivio di Stato in
Parma, miste a tutta la vasta corrispondenza, in fogli sciolti,
che il compianto Amadio Ronchini fece raccogliere in bu­
ste e ordinare cronologicamente.
*
* *
Quelle segnate coi numeri I, V II, X , ΧΙΙ-Χ λ^ΙΙ sono
di carattere familiare ; contengono cioè raccomandazioni ,
o promesse, o credenziali, ecc. Le altre sotto i numeri II,
V I, V III-IX , X I , X V I I I , trattano più specialmente affari
di stato, governo, guerra, difesa delle coste e via dicendo.
A ppartengono al secondo gruppo tutte e cinque quelle in­
(1) A. R o n c h i n i , Mons. Ambrogio Ricalcato. In A tti e Memorie delle
R R . D D . di Stor. Patr. per le prov. dell’ Em ilia, N. S., II, 69-79. Modena,
Vincenzi, 1877.
Qiorn. St. e Lett. della Liguria.
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Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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—
dirizzate al Landi, le quali, non solo attestano la v iv a c o r­
rispondenza epistolare fra A n d re a D ’ Oria e quel feudatario,
ma dicono anche quanto im portasse al prim o tener legato
a sè e all* im peratore un signore, i cui dom ini nell A p p e n ­
nino , a cavaliere fra i ducati e il g en o vesato , p o tevan o
avere peso non lieve nella bilancia d ell’ostinata g u erra per
il dominio d ’ Italia e il prim ato in Europa. F ra quei monti
dirigeva il L andi un servizio d ’ inform azioni preziosissim o
per gli im periali. E A n d re a g li incu lcava di non « p e rd o ­
nare ad alcuna spesa......per intendere et vedere tutti quelli
m ovim enti » che facevano i nemici. E al L andi si riv o l­
g ev a anche , com e del resto a tutti gli altri principi e si­
gnori amici, per rifornire di rem atori le sue g a le e , a v v e r ­
tendo che, com m utando ai condannati « il suplitio della
vita in el star in G allera in perpetuo , essi non sariano
senza condecente pena al delitto ». Opinione g ià manife
stata da lui anche in altre occasioni (i).
Speciale im portanza hanno , le lettere V i l i , XI? X V I I I ,
L a prima del 16 settem bre 1537, al R ic a lc a to , da N apoli,
in risposta alle sollecitazioni del papa , perchè , congiunta
la sua armata con quella dei veneziani, il D ’ O n a m ovesse
contro i turchi, oppugnanti Corfù, fu scritta evidentem ente
prima che A n d rea fosse informato che erano stati firmati
(13 settembre) i preliminari di quella le g a fra Carlo V ,
Paolo III e V enezia, alla quale furono date forma definitiva e
sanzione l ’otto febbraio dell’anno seguente 1538, e che, d altra
parte, nello stesso tempo, i turchi si erano levati da Corfu.
Se altrimenti fosse stato, che cosa avrebbe costretto il g e ­
novese a fare un lungo ragionam ento per giustificare il suo
rifiuto? F u molto biasimato il contegno del D ’O ria in que­
st’ occasione. M a a chi ha conoscenza non superficiale dei
fa t t i, le ragioni da quello addotte devono sem brare più
che plausibili. Comunque , questa le tte r a , oltre che farci
(1) Ai 5 dicem bre 1530 scriveva al D uca Federico G on zaga di M a n to va .
« ............ condannati a morte, della quale non per q uesto venerann o a re­
stare excusati , ma su ne le galere forsi tante ne proveranno quante m eri­
teranno li loro erro ri......... ». A c h i l l e N e r i , A n d rea D ’ O ria e la C orte d i
M antova, Genova, 1898, pag. 35.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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35
—
conoscere il programma navale del D ’ Oria per una im presa
di polso contro il turco, ci dà modo di spiegare più d ’ un
avvenim ento marittimo del tempo e in particolare certe
titubanze e incertezze, che tanto nocquero alla fama del­
l’ammiraglio cesareo. L a undicesima, del 18 febbraio 1540,
da Genova al papa, dal quale A ndrea chiedeva l ’esenzione
in perpetuo da ogni decima per i coloni , che il banco di
S. G iorgio voleva attirare in Corsica, coloriva m olto ab il­
mente un tentativo dei genovesi nell’ isola soggetta. S e ­
condo questa lettera gli amministratori del banco volevano
assicurare la difesa dell’ isola dagli assalti turcheschi con
castelli e torri, presidiati da sold ati, che avessero le fami­
glie vicino a sè, nell’isola stessa. E il D ’Oria m ostrava cre­
dere che un tal provvedimento avrebbe recato vantaggio
anche alle coste dello stato pontifìcio. In verità la cosa
non poteva essere trattata con m aggiore accorgim ento per
cattivarsi la benevolenza papale. Ma dagli storici genovesi
sappiamo che la ragion vera del tentativo era stato il d e­
siderio del senato genovese di ovviare ai disagi prodotti
dalle carestie e dalle difficoltà, di importar frumento da
altri Stati, coll’ introdurre in Corsica la cultura del grano.
Difatti, su proposta di Francesco Grimaldo Bracello e Troilo
Negrone, mandati a studiare i luoghi nel 1539, fu edificata
l’anno dopo una città a Portovecchio, dove, a tutela della
colonia dedottavi, fu destinato anche un presidio di soldati,
capitanati da Bartolomeo Spinola. Ma il tentativo fallì, e per
la sterilità del suolo , e per la insalubrità dell’ aria (1). La
diciottesim a, che è quella di Giannettino, scrìtta al Landi
da Messina il 30 luglio 1537 , offre una relazione nuova
della crociera di Andrea nel mare Ionio in quel mese, con
qualche particolare ignorato sinora, come , ad esempio, la
notizia che il D ’ O ria ,· già verso la metà di lu g lio , aveva
saputo dalle ciurme di due galee e di una galeotta turche
cadute nelle sue m an i, che il sultano era già alla V alona
e preparavasi a passare in Puglia. D a notare poi è anche
(1) B o n f a d i o I , Annali delle cose de1 Genovesi dall’ anno 1528 sino al­
l ’anno 1550, (traci. P a s c h e t t i ), Capolago, 1836, pp. 320-121.
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che Giannettino , il quale scrivev a al L an di che g li si^ ri­
m andavano dei sudditi su o i, g ià s c h ia v i, ma ricu p erati in
quella occasione, m entre ricorda la ferita riportata da A n ­
tonio sopra il ginocchio nello scontro del 22 con le dodici
galee di Gallipoli, tace la notizia, a noi da altra ionte nota,
che egli stesso in quello scontro era stato ferito , bene e
leggerm ente, ad una coscia (i). M a l ’im portanza m aggiore
della lettera è in questo che da essa possiam o rilevare la
data precisa di q u egli avvenim enti, che è conferm ata anche
dalle lettere di D on Ferrante G on zaga dalla Sicilia, m entre,
in generale, g li scrittori non vanno in ciò d accordo.
*
* *
M inore im portanza hanno, com ’è naturale, le lettere di
carattere fa m ig lia re , quantunque alcune di esse si rico lle ­
ghino agli avvenim enti pubblici. A ogni modo ci attestano
con quanto calore A n d rea D ’ Oria assumesse la protezione
e la difesa di parenti, amici e clienti, e come, pur in mezzo
a cure gravissim e, non isdegnasse prendere interessam ento
a cose private, che gli sem brassero degne della sua atten­
zione. N è m ancano in esse notizie di qualche valore. Cosi
per esempio , impariamo dalla prima che 1 arcivescovo di
Corone e legato del Peloponneso, ch ’era passato col D O r ia
in Italia quando quella città fu riconsegnata ai turchi, an­
cora nel 1536 errava miseramente per la p en isola, senza
mezzi e da tutti abbandonato. Così uno sguardo , sia pur
fu g g evo le , agli intrighi monastici del tempo ci è consen­
tito dalla decima, con la quale il D ’ O ria raccom andava al
R icalcato alcuni frati di S. Francesco , che , volen d o pas­
sare ai cappuccini, brigavano per condurre le pratiche alla
chetichella , di nascosto del loro superiore. E altro si p o­
trebbe aggiu n gere, che il lettore rileverà da sè , senza bisosfno d’aiuto altrui.
G ae tan o Ca p a s s o .
(1) Don F erran te G onzaga a C arlo V , da M essina, 29 lu glio 1537. R e g i­
stro d elle cose d el g overno di S ic ilia , i535~39 > f°l* io 3 · Carte G o n za g a ,
d e ll’Arch. di Stato in Parm a. — Anche A ntonio D ’ O r ia , a lla sua volta,
nella sua relazione non parla della ferita a lui toccata. C fr. A . D ’ O r i a , Com­
pendio delle cose d i sua notitia et m em oria occorse a l mondo n e l tempo
de II’ im perator e C arlo Q u in to , G enova, 1571, pp. 70-72
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—
37
—
I.
(A tergo) A lla S .a di N . S.
S
a n c t i s s .0 e t
B
e a t is s .0
P . re
D u i anni passati, q uan do si succo rse C o r o n e , portai in q u e s t e b a n d e
Γ a r c i v e s c o v o d ella detta Cita et L e g a t o di tutto II p e l o p o n n e s o exibito r d e lla p.te. persona di gra n d e b ontà et m olto v e n e r a ta d a q u elli
po p u li.
Et
p e rc h e si trova p rivo d ella patria sua et d e l l o In trateni-
m e n to et g o v e r n o che t e n e v a , non p e r altra c a u s a , se n o n p e r m a n ­
te n e r s i in la fed e, E t si pu ò dir sia constretto a n d a r m e n d i c a n d o , Mi
è p a rso far non solam ente testim on io
de
1’ essere
et
c o n d i c i o n e su a
b o n a a V . B . ° m a suplicarla li v o g lia h a v e r c o m p a ssio n e , e t p e r ben
raccom andato , che
certam ente
q u a lsiv o g lia
carita in
Lui
sara b e n
sp esa, E t io In siem e ne r e c e v e ro g .^ a da V . S M A l l a q u a l e b a so soi
S a n ti p ie d i. —
D a Napoli alii X X I di G e n a r o 1536·
Di V . SM
humill.mo et devotis.mo Servo
A
ndrea
d
’
o r ia
.
II.
(A tergo) A ll’ III S.or il S.oy Conte A ug.no de landò
I I I . S . or
come
fratello
,
h o ric ev u ta la lettera di V . S . di viiij in c re d e n za d el s u o m a n d a to
dal q u a le fidelm en te mi è stato ex p o sto q uan to d a
q u e lla g l i è stato
c o m m isso , et pe r risponder prima a q u ella parte che t o c c a a l seru itio
di S . M . ta a lla quale totalm ente q u esto se p u ò in d rizare, V . S . te n g h i
p e r c e r to c h ’io farò tal relation delle attion et b u o n a v o lu n ta s u a c h e
sp ero in o g n i te m p o ne sarà tenuto m em oria, et b u o n c o n to , p e rc h è
q u e s te d ém on stration di V . S . son tale c h e m eritano a lt r i m e n t e ,.........
q u a n to poi a qu ella parte che tocca al beneficio di q u e s ta
m e non m a n c a r ò già di dire a V . S . che se io non
li
terra et a
havesse
altro
ob lig o di q u esto, o, che io non fussi suo prim a d i ad esso , c h e q u este
dim ostrationi etiam che fussino m ino re bastariano
ad
fa rm ele p e r p e ­
tu a m e n te u b lig a to , et se acaderà oltra delle pred e tte c o s e il b is o g n o
li effetti, o, alm eno la b ona volontà ne farano fede.
P e r la im portantia che portano seco li and am enti di q uelli e c c . io
d esid ero g r a n d e m e n te esserne di continuo b e n e avisato, p e r ò n o n b i ­
so g n a n d o p e rd o n a re
ad
alcuna sp esa , p r e g a r ò V . S c h e p e r tutti li
detti respetti v o g li m andare qualche su o fidato , et c h e
sia d isc retta
p e rso n a , p e r intendere et ved ere tutti quelli m o v im e n ti c h e fann o, et
se c o n d o la im portantia di quel che trova rà esp ed irm e p o i in d ilig en tia
con d a rm e n e aviso et d istinguerm e b en e o g n i cosa ta n to d e l n u m e ro
d e lla g e n t e , et delli lochi d ov e si r a g u n e r a n o , c o m e d e l c a m in o c h e
d is e g n e r a n o tenere, che oltre si p a g aran o tutte le sp ese c h e V . S . fara
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38
—
a chi ella o r d i n a r à , a g i o n g e r ò q u e s t o o b l i g o alli altri , e t a V . S . m i
ra cc.0 —
D a G e n o v a alli X I di A p r i l e 1536.
D i V . S . ria
A
n d rea
d
orta
.
I I I.
A llo stesso.
I I I . S . or
H e r i feci r is p o s t a a ll ’ altra l e tt e r a di V . S . di X V
per 1 h om o suo
e t la r in gra tiai in fin ita m e n t e d e lli avisi d a t t e m i , e t h o r a n o n s o se n on
far il m e d e s i m o d e q u e sti
altri c h e mi h a in viati c o n la s u a di X V I ,
e t ta n to più q u a n t o s o n o distinti e t usciti
d a p erso n a qualificata ; nè
d ub iti V . S . c h i o n o n t e n g h ì tu tto s e c r e t o c o m e c o n v i e n e e t c h i o n on
fa ccia r e lla tio n e d e l l a d ilig e n tia
et
d e v o t i o n e s u a v e r s o la C e s . M . |a,
cussi la p r e g o a d e ss e r e c o n t e n t a a v is a r m i di m a n o in m a n o s e c o n d o
la im p o r ta n tia e t c e r t e z z a d elli su c ce ssi, c h e io p a r t i c o l a r m e n t e g li r e ­
sta ro s e m p r e o b l i g a t i s s . m0 , o ffe re n d o li
a l l ’ in c o n tr o
quel
p o c o eh io
p o s s o et t e n g o al m o n d o al s u o c o m a n d o , s p e r a n d o si d e b i a r i t r o v a r e
b e n c o n t e n ta e t satisfatta d ’ o g n i s e r v i c i o fa tto a lla M . ta S u a e t a V . S .
m i R a c .° —
A
D i G e n o v a alli xviij di A p r i l e 1536.
C om andi della S . V .
A
ndrea
d
’
o r ia
.
IV .
A llo stesso.
M o l t o M a g .0 S . or
h o r ic e v u ta la l e tte ra di V . S . la q u a le n o n s o lo r in g r a ti o s u m m a m e n te d e lla d e m o n s tr a t io n e c ’ h a fatto v e r s o di m e d e l l a sua b o n a volun tà, m a n e la c o m e n d o , p e r c h è e s s e n d o ella fe u d a ta ria d e l l o im p e ra d o r , q u a n d o S . M >
se lo h a v e s s e a s d e g n o , saria su fficien te e s c u s a -
tio n e di h a v e r m e l o fatto
i n t e n d e re . M e r in c re sc e
ben
a ssa i d el c a s o
d e l S . 01' A u r e l i o (1), a m a n d o l o sin g u la r m e n te p e r tutti li r esp e tti, p e r ò
v o g l i o b e n d ire a V . S . c h e se il S . or A u r e l i o o , altri S . ri fr e g o si si
p e r s u a d e s s e r o e s s e r e x o s i a q u e sta C ità, s a r i a n o in g r a n d i s s . 0 e r r o r e ;
e t tra li altrj q u a n d o esso S . or A u r e l i o
si
e le g e s s e
v e n ir e
terra, saria ta n to volu n tie rj visto e t a c a r e z z a t o , c o m e
m e : di suo p a d r e v i e r a v iv o , et di q u e s to n on
ne
in q u e s ta
q u a n d o la b o :
te n g h i d u b io al­
c u n o . N è m i o c c o r r e d ire altro a V . S . c h e offerirm eli
et r a c c o m a n ­
d a rm i. — D a G e n o a alli X V di lu g lio 1536.
D i V . S . ria
A
ndrea
d
’
o r ia
.
(1) Intorno ad A u relio Fregoso , che fu bandito dai dom ini della R e­
pubblica come r ib e lle , può vedersi un cenno biografico nel L i t t a , F a m i­
g lia Fregoso. Ed è inoltre a vedere L iv i, L a Corsica e Cosimo /, pp 113,
181, 183.
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39
—
V.
A llo stesso.
I l LU : COME F R A T E L L O .
E s s e n d o ritornato di questo v ia g g io di S p a g n a h a b b io in teso V . S .
h a v e r d u e prigioni pe r la vita , et p e rc h è le G a lle re h a n n o p a ttito,
q u a n d o a V . S . paresse com m utarli il suplitio d ella vita in el star in
G a lle r a in p e rp etu o , essi non sariano
sen za
c o n d e c e n te
p e n a al d e ­
litto, et V . S . a m e faria som m o p ia c ere , a la q u ale di c o n t i n u o mi
r a c c o m a n d o et offero — D a G e n o v a alli V i l i di G e n a r o del M D X X X V I I .
D e V . S.
A
ndrea
d
’
o r ia
.
V I.
A llo stesso.
I I I . S . or
ho inteso q u an to V . S . mi ha scritto et q uan to mi h a refferto a
b o c c a il p rese n te suo m. H ie ro n imo , di c h e resto in tutto satisfattissim o di V . S. essendo certo che essen do tanto b en n asciuta c o m e è,
non sa p ra fare se non cose d e g n e di lej tanto in q u e lle
h a p r o m isso , c o m e in ogni
c o s e c h e mi
altra che c o n c e r n a il ser v itio di S . M .ta,
c o m e a n c h o intenderà dal p.to suo m. H ie ro n im o
al
mi r e m e tt e r o , accertando V . S. che se in q u a lc h e
q u a l e n el resto
cosa
li
p o trò far
p ia c e r et servitio, conoscerà di haverm i sem p re p e r suo, e t c h e p o trà
d isp o n e r di m e c o m e di cose sue : però sen za altro dire m e le offero.
— D a G e n o a alli x v j d ’ aprile 1537.
A piacerj di V . S.
A
ndrea
d ’o r ia
V II.
A l Papa.
S
anct
.1110
et
B
eat
.1110 P a d r e
E sse n d o p e r fin stati di c o m p a gn ia il cap .° Iulio (1) c o n le g a l e r e
d ella S . ta V . et io con quelle d e Γ Im p erato re nelle parti di le v a n te ,
in q u ei lu o g h i nei quali ha ve m o giu d icato
vitio
alla
r e p . a christiana et
fatto
posser
fare
m a g g io r
ser­
quel tanto che alle p ic io le forze
n ostre si è offerta 1’ occasione di p u o ter fare , il che n on è g i à stato
se non a g r a n benefitio
de
tutti christiani.
E t d o v e n d o esso C ap .°
G iu lio ritornar dalla S . ta V . havend olo conosciuto p e rso n a e t p r u d e n te
e t ta n to b en qualificata che se li p u ò c redere
non
ta n to q u e s to pic-
(1) È probabilmente Giulio Podiani o Pojani da Rieti; cfr. G u g l i e l ­
Guerra dei P ira ti , Firenze, 1S66, II, pp. 96, 112, 134.
m o tti,
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40
—
c io l c a r r ic o , m a assai m a g g i o r e i m p r e s a , e s s e n d o s e m p r e s ta to in tu t te
le a c tio n i s u e t a n t o c o n s id e r a t o et c i r c o n s p e t t o q u a n t o p o s s i e s s e i e a l ­
c u n a a ltra p e r s o n a , m i e p a r s o c o n v e n i r s i al d e b i t o m i o di fa rne b u o n
te s t i m o n io alla S M
V . et preg arla
hum ilm en te
c h e la si d e g n i fa rm i
g r a tia di h a v e r l o p e r b e n r a c c o m a n d a t o et te n e r n e q u e l c o n t o c h e m e ­
rita n o le v ir tù s u e p r e g a n .
fe lic e vita. —
N.
S.
c h e a lla S M V . C o n c e d a l o n g a et
D a t . in G a l . a a M e s s in a li X X X I di a g o s t o M D X X X V I I .
De V .a S >
r
,
Humiliss.o Ser.o r et ubidient.mo figliuolo
qual suoi piedi basia
A
ndrea d
’
o r ia
.
V III.
(A tergo) A l R .mo M ons. il Prothonotarìo Ambrosio
[Ricalcato\ Secr .10 de S. S .a
R . m0 M
on s
.
[ L ’a r d e n t e d e s i d e r i o c h e S . S . ta tie n e
di s o c c o r r e r e
a lla I s o la d e
C o r f u in q u e s ta ob sid ion tu r c h e s c a è ta n t o la u d a b ile c h e
tria e ssere più , q u a n d o c h e il t e n d a
ta n to
tu tta la R e p u . a X . * , m a q u a n d o c h e la p e n si q u e s t o
n on p o -
al b e n d e
p u o te r s i
p r e s e n t e c o n le p o c h is s im e forze c h e si h a n n o , mi
fare al
b i s o g n a dii e c h e
S . S M sia m a le i n fo rm a ta
d el
p o ssib ile
poter
se
d e lla S >
d e V e n e t i a sia non s o l a m e n te et n u m e ro s a
soccorrere
la
evid entem en te
lu o c o et d e l sito] ( i ) : al q u a l e n o n e
n on c o n a r m a ta
che
un ita c o n q u e l la
et
grande , ma
b a sta n te a o p p r im e r e et sfo rza re la n e m ica , la q u a l e q u a n tu m c h e p e r
a d e s s o io non v e d a il m o d o di p o sser la c o n g r e g a r e , h a v e n d o io licentia to il p r e s id io e h ’ io t e n e v a , q u a l , h a v e n d o più v o lt e o ffe rto al g e ­
n erai d e l ’a r m a ta v e n e t a n on è sta to a c c e t ta t o , c h e e r a d e N a v e c i n ­
q u a n t a c h e t e n e v a in M e ssin a e t d e lle G a le r e c o n le q u a le io e r a p a s ­
sa to in q u e l le p a rte , c io è q u e l le d e S . S . ta et d e lla
r e lig io n c h e son
lic e n zia te e t g i à più g io r n i d a m e partite , et le d e N a p o li
et
S ic ilia
c h ’ io h o la s c ia to a lla g u a r d ia d e 1’ u n o et Γ a ltro r e g n o , s e c o n d o c h e
le s o n o d e p u ta te , et d e q u e l le c h ’ io t e n g o al ser vitio d e S . M . |d, c o n
le q u a l e io m e ne v a d o a G e n o a p e r p o sse r o b v i a r e
far p o te s s e r o le a r m a t e d e suoi n em ici
et
inanzi c h e h o r m a i la v ie ta la n a v ig a t i o n e
essendo
a
dessegni che
la s t a g i o n e ta n to
e t c o n c e d e i p o rti. N o n so
c h e mi d ire , b e n c h é il m io d e sid e r io sia s e m p r e sta to e t sia di s p e n d e r
q u elli p u o c h i g i o r n i
che
mi
r esta n o in ser v itio e d i S . S M et d e l l a
M .ia C e s . M a s s .e in u n a così S . ta im p r e sa , e c c e t t o c h ’io g i u d i c a r l a n e ­
cessario c h e S . S . ta , q u a l ben c o g n o s c e l ’a n im o e t le forze d e l ’i m p e ­
rato re et q u a n to S u a M .ta sia cald a n elle c o s e
c h e r ig u a r d a n o il s e r ­
v it io d e Id io e t il b en uni versai d e christiani, li sc riv essi et facessi d e
(i)
Q uesto periodo fu già pubblicato n e ll’ opera: C a r l o C a p a s s o , L a
p olitica di Papa Paolo I I I e l ’Ita lia . Cam erino, 1901, pag. 311, n. 1.
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— 4i —
ogni c o sa n otizia con clu d en d o il c o n g r e g a r
de
una a r m a ta , la q u a l,
c o m e h o d etto , gio nta con la ve n e ta possi non ( s o la m e n te o p p o n e r s i
alla N e m ic a , m a debellarla e riportarne vittoria, al c h e io t e n g o c e r t o
c h e S . M.ta si exibirà promptissim a com e
in simili c o s e la è s e m p r e
stata. E t con p r e g a r N. S . che V . S . R e v . ma conservi l o n g a m e n t e la
p r e g o c h e la si degni in v e c e mia basiare a su a S . ,a li sa ntissim i p ie d i.
D e G a le r a a N apoli li X V I di S ette m b r e M D X X X V I I .
A c o m a n d i d e V . S . R . ma
A
ndrea
’
d
o r ia
.
IX .
A l Conte Agostino Landi.
I I I . S . 01’ C
onte
M i p e rsu a d o che V .
S.
habij
h a vu to noticia d e ll’ a s sa ssin a m e n to
fatto a m . T r o ilo ravaschero d e C hiavari b o : m e : so p ra il q u a l e non
mi a c c a d d e ex te n d er m i, se non che sa p e n d o V . S . e ssere p r o t e c t o r e
d e lle p e rso n e v i r t u o s e , et inimico delle triste , mi
è
p a rso
pregarla
c o m e a m ico del detto m. T r o ilo et quasi pa ren te p e r la d e p e n d e n t i a
t e n e v a con questa casa, vo glia essere c on ten ta per a m o r e m io , c a p i­
ta n d o a lcun o d egli homicidiali in le terre sue, c h e son o A n t o n . 0 C a lc ia ,
il C a v a g n a r o , et Bartolom eo S a n gu in eto d e chiavari, farli d e t t e n e r e et
rem etterli alla giusticia di questa Cita, che oltra farà o p e r a d e g n a di
lei, io g li ne resterò molto
obligato , et a V . S. mi rac.° —
D a t . In
G e n o v a al)i X di ottobre M D X X X V I I .
A servicij di V . S.
A
ndrea
d
’
o r ia
.
X.
A d Ambrosio Recalcato.
M
olto
R .° S . or,
A l c u n i frati di questi di San F ra n c e sc o amici m ei, et p e r s o n e d e ­
v o te desiderano intrare in la religione et vita d e capuzini et o b te n e r n e
licentia d a S . S.ta senza notizia del loro M in istro, q ual se li o p p o n e ,
et oltre di q u esto poi li punisse. P r e g o V . S . attento
c h e la lo r o i n ­
te n tion e è bona, vo glia essere c o n te n ta 'im p e tra rli tal lice n zia d a N . S .
et favorirli secon d o ho fede in quella, e t sec on d o più a p ie n o s a rà in ­
form ata da M o n s.01' R . mo C a m e rle n g o , al q uale
ho
inviato il m e m o ­
riale, et V . S . mi ne fara grandissimo piacere, alla q ual m i r a c c .0 —
D at. in G e n o v a alli X I I I I di ottobre M D X X X V I I .
A c o m an d i di V . S.
A
ndrea
d
’
o r ia
.
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42
—
-
X I.
A l Papa.
S
a n c tiss
. " 10
et
B e a t i s s . 1110 P a d r e
P e r o b v i a r a lle a s s id u e in c u rsio n i, p r e d e , et d a n n i, c h e le fu ste d e
infid eli f a c e n d o in C o r s i c a s c o r a n o
po i
la
q u e s t a r é g io n m a ritim a , h a n o p e n s a to li
p iaggia
Romana
e t tu tta
P r o t e c to r i e t G o v e r n a t o r i di
q u e s t a M a g . a ca sa di S a n G e o r g i o , far
fa b r ica r a lc u n e t o r r e C a s t e l l e
et altre h a b i t a . e in la d e tt a isola, m e d ia n te le q u a l e n on sia cu ssi f a ­
cile l ’in g r e s s o alli d etti infideli. E t p e r c h è s e n z a a i u t o
d e novi habi­
ta nti e t a g r i c o l to r i r e s ta r e b b e il d i s s e g n o i m p e r fe t to e t v a n o , li q u a li
è n e c e s s a r io c o n d u r r e d a d i v e r s e p a r te con tal s p e r a n z a e t c o m o d i t à e t
e x e m p t i o n e c h e li ren d i più fa c ili al v e n i r e , et fra le a ltre
habiano da pa g ar im perp etuo
a lc u n a
che
non
d e c i m a alla q u a l e s o n o insoliti,
m i è p a r s o s u p li c a r in s ta n tis s im a m e n te V . S . t a, po i c h e l ’o p e r a è sa nta,
la sp e sa et d ifficulta g r a n d e , e t l ’ in te r e sse c o m u n e , sia c o n t e n t a c o n ­
correre
et
concedere
la
s o p r a d e tt a
e x e m p t i o n e di d e c i m e c h e oltre
s a rà p e r se r v ic io di N . S . D i o et s a lv a tio n e di ta nte a n im e , io la rec e v e r ò p e r g r a t i a s i n g o l a r .ma d a V . S M A l l a q u a l e d e v o t a m e n t e baso
soi S t* piedi. —
D a G e n o v a alli X V I I I di fev ra ro M D X X X X .
De V. S >
Humilliss.mo et devot.mo S er vito r
qual soi santi piedi basa
A
ndrea
d
’
o r ia
( i ).
X II.
A llo stesso.
S A N .mo ET B E A .mo PR.
R i to r n a n d o A m b r o g i o d ’oria a se r v ir V . S.t-a il p r o v e d i t o r g e n e r a l e
d e l l ’ a rm a ta d ella M .ta C e s . a (2)
et
io
h a v e m o c o n f e r t o s e c o a lc u n e
c o s e c h e to c c a n o al s e r v it io di S . M .ta, su p p lic a n d o la S . ta V . si d e g n i
a sco lta r lo , et in s ie m e c o n c e d e r c i la g r a tia d ella q u a le la p . ta M .a scriv e
a lla S M V . ra, c h e oltre il p ia c er ne farà a S . Μ M , il p . t0 p r o v e d ito r
e t io la r ic e v e r e m o c o m e
se
fusse
cosa
che
p a r tic u la r m e n te
a
noi
p rop rj to c c a s se . E t così b a s c ia n d o li piedi a V . S . ta p r e g o N . S . d io
le doni l o n g a et fe lic e vita, s e c o n d o li soi giu s ti et santi d esid er ij.
D a C i v i t a v e c c h i a alli X I X di M a g g i o del M D X L .
D i . V . S.ta
humill.mo servo qual suoi
s.ti piedi bascia
_________________
A
ndrea
d ’o r i a
.
(1) Il cardinal D ’O ria scriveva al papa, per la stessa r a g io n e , il 20 feb­
braio 1540. Anche lui avevano pregato di buoni uffici i protettori del banco
di S . G iorgio, i quali, per altro, avevano già inviato a Roma, a Paolo TII,
Benedetto G entile e G. B. Lom ellino. C a r t e g F a r n e s i del R. Arch. di Parm a.
(2) Francesco Duarte. Cfr. il N. X IV .
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43
—
X III.
(A tergo) Ao Ill.nw et R .mo Mons.01' o s s ”10
il S.or Cardinale Farnese.
l L L . mo
et
R . m0 M o n s . o s s . m0
M. P au lo Spinola ( i ) presente
exhibitor è stato non s o l a m e n t e a-
ro b a to m a assassinato di sorte da L io n e lo d e V i v a l d o s u o fa tto r e , c h e
è stato constretto per r ec u p er a t.0 delle cose sue p r o p r ie p r o c e d e r e
co n tra di lui d e la m anera che già per a ven tu ra V . S . R . ma d e v e e s ­
sere informata, et pe r che mi pare c h e per qualchi favori il d e t t o L i o ­
nello
sia stato
relaxato
dalle
carcere
con certa sicu rtà , e t l ib e r a to
dalla cond enation e fatta contra di lui dalla giusticia, in g r a v e p r e g i u dicio et dano del detto m. Paulo , non già p e rc h è si curi li sia d a t t a
altra pu n ition e, eccetto che li habia da m anifestare et r ito rn a re il su o
c o m e o g n i deb ito et honestà ricerca , et pe r q u esto v o r e b b e fo ss e r i­
to rnato in p r e g io n e acciò che con q u esto tim ore si h a v e s s e p e r u n a
vo lt a d a te rm inare. Suplico V . S . R . ma sia conten ta p e r la servitu
c h ’ io li po rto farm i gratia di favorir il d etto m
P au lo in tu t o q u e llo
ch e la sua giusticia l ’accom pagna, talm ente c h e sen za più c o n s u m a r s i
possi uscir di questi
soi t r a v a g l i , c h e di q uan to V . S . R . ma d e g n e r à
o p erar a beneficio s u o , reputerò fatto a m e m e d e s i m o , p e r la stretta
a m icitia te n g o con lui, et a quella ne resterò in particolare o b l i g a t i o n e
c h e cussi facendo fine li baso le mani.
—
Da
G e n o v a a X X I di A -
prile M D X X X X I .
D e V . S . I ll.ma et R . ma
Servito r
A
ndrea
d
’o
r ia
.
X IV .
A l Papa.
S A N T I S S . mo E T B E A T I S S . m0 P A D R E ,
Q u e llo che per la distantia non
m e n te alli piedi
di V .
S>
m ’ è concesso
s u p lic a r p e rs o n a l­
corno desiderarci pe r poterli d im ostrare
m e g lio le r ag io n e che mi accom p agnano a farlo , ho d a tto c u ra a m .
A m b r o s i o d ’oria, che lo eseguisca da m ia p arte. S u p lic o h u m ilm e n te
(i) F u am basciatore a Carlo V a Savona nel 1536. Più tard i si voltò
contro il D ’ Oria e gli Spagnuoli. Si può vedere al proposito : B e r n a b ò
B r e a , S u lla congiura del conte Gian L u ig i F ieschi. Docum e?iti in ed iti.
Genova, Sam bolino, 1863, pag. 135 sg. — D ocum enti Ispano-G enove si, in
A t t i Soc. L ig . Stor. P at., V III, pp. 221-222. — C a n a l e , S toria d i Genova
dal 1528 a l 1550. Genova, Sordom uti, 1874, p. 321 sgg. Fu anche im plicato
nella congiura di Giulio Cibo; Cfr. S t a f f e t t i , G iu lio C ibo-M alaspina, in
A t ti e M em orie della R. Dep. di Stor. P at. p er le p ro v in cie M odenesi,
Ser. V I, vol. II, pp. 59 » 6o> 6r· 67 »·
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44
—
—
V . S . t a p restarli f e d e c o m e a m e m e d e s m o , e t n o n m i t e n e r
t u o s o se fra le r a c c . e di S . M >
C es.a vo glio
d e b ilis s im a , e t s u p e r f lu a c o m e a c c a d e
in
presun­
i n t e r p o n e r e l ’o p e r a m ia
questo
caso.
P e ro ceitifico
V . S .ta c h e o ltr a fa re m e r c e d e a p e r s o n a b e n e m e r i t a , e t s u o d e v o t i s ­
sim o s e r v i t o r e c o m ’ è il p r o v e d i t o r F r a n e . 0 D u a r t e , io la
r e c e v e i ò in
p a r tic o la r e g r a t i a d a q u e l la , c h e cussi r e s to p r e g a n d o N . S . D i o feli­
c issim a la c o n s e r v i . —
De V
D a G e n o v a alli X I di M a g g i o M . D . X X X X I .
S ta
*
*
v
devotiss.mo S e r v ito r qual
soi s.ti piedi basa
A
n d rea
d
’
o r ia
.
XV.
A l Cardinal Farnese.
l L L . m0 e t
R . mo S.or m i o .
E p e r e s s e r e io s e r v it o r e d e lla S . ta di N . S . e di V . 111.'11·1 e R .
S . e del Ill.m° S . r D u c a di C a m e r i n o ( i ) , ta n to p iù p e r il str e tto g r a d o
t i e n e S . E c c . a c o n S . M . t a , non m a n c h e r ò di fare t u t to q u e l lo c h e in
me
sera
che
S.
111«·» S . h a b b i q u e l lo et tu t te
c o m m o d i t à se
q u e l l e
n on q u a l e essa m e r i t e r e b b e , q u e l le c h e s a ria il d e s i d e r i o
m io
p e r la
d e t t a m ia s e r v itù . B e n mi d is p ia c e c h e di c iò n o n sia sta to p r im a a v ­
v e rt it o , a c c iò h a v e s s e h a u to più t e m p o di a s s e s ta r e
q u e l le g a l l e r e c h e a S . E c c . a fussero
h o ra , oltra
la
b r e v ità
sta te
et
accom m odai e
a s s i g n a t e , ta n to
più
che
d e l t e m p o , è ta n to g r o s s o il m a r e e t m a l d i­
s p o s ta P a r ia c h e n o n p o s s o m a n d a r e g a l l e r e q u à e là p e r fa re q u e lla
p r o v i s i o n e c h e vo rr e i e saria m io d e b i t o di fa re , p u r
non
m ancherò
di q u e l lo c h e m i fia p o s s ib ile r im e d ia r e c h e si di g r o s s a la s u a b a n d a
c o m e di q u e l le c o m m o d i t à si p o tra n n o s u a p .s o n a e t c o r t e sia servita.
E t a V . I l l .ma e t R . ma S . b a s c io le m a ni, c h e n. s. d io la c o n s e r v i et
a u m .ti c o m e esso et io d e s id e r o . D i G . ra il X V I I S e t t e m b r e d e l X L I .
D i V . I l l .ma et R . ma S .
A
ndrea
E t p e r c h è S . E c c . a c o n d u r à c a v a lli et muli p e r
sui
n e c e ssa rio c h ’io h a b b i la lista et il n u m e ro d e c avalli
et
d o r ia
.
c a r r ia g i sa rà
m ulli
q u ali
si h a v e r a n n o a c o n d u r r e , p e r c h è m a n d e r ò a G e n o v a a far p r o v is io n e
di n a v e p e r essi, c h e non b asterian o q u e lle c h e h a b b i a m o
s ta n d o g i à
d e s s ig n a te c ia s c a d u n a di esse al su o carrico.
X VI.
Allo stesso.
I l l .1u0
et
R . mo M o n s . O s s . mo
D e s id e r a n d o o tt e n e r e gra tia d a S . S . ta d el refferen dariato di g r a c i a
p e r m . G io v a n Battista d ’oria m io p a r e n te , ne ho scritto a S . B . e suplic an d ola n on m e la v o g lia
denegare.
P erò
s u p lic o
m e d e s m a m . 1' a
(i) O ttavio F a rn ese; cfr. G u g l i e l m o t t i , o p ..c it., Il, 95.
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—
45 —
V . S . R . ma mi voglia fare tanto favor apresso di q uella, c h e n e s e g u i
lo effetto, sì c o m e per la servitù m ia ve rso S . S . la et V . S . R . ' “J h a
d a s p e ra r e c h e glie ne resterò con p e rp etu o ob ligo , o ltr a c h e f a v o ­
rirà persona della quale si troverà ben servita, et cussi fa c e n d o fine li
b aso le m ani. — D a G e n o v a alli X X V I I di F e v r ro i 5 4 2 ·
D e V . S . Ill.ma e t R.ma
Servito r
A
ndrea
d
’
o r ia
.
X V II.
A llo stesso.
lL L .m'° e t R . m0 M o n s . 01' O s s . m0
D e s i d e r a n d o la expeditione de un n ego tio
toccante al R . ° A b b a t e
di N e g r o ( i ) , et ad E rasm o D ’ Oria m io n e p o te , h o dato c u ra a M . G io .
Battista L o m e lin o , che ne informi V . S . Ili . , l i a et R . raa a b o c c a , p e r
darli m a n c o fastidio con littere. L a su p lico mi v o g l i a far g r a tia di fa­
vo rirlo, c o m e ricerca la mia servitu verso q u ella , c h e o ltr e sia c o sa
giu s ta, et di non molto m om ento , ne resterò assai più o b b l i g a t o a
V . S . R . ma c h e se tocasse a m e proprio. A l l a q uale b asa n d o le m ani
p r e g o d io conced i quanto desidera.
—
D a G e n o v a alli V di A p r i l e
M D X LII.
S er vito le
A
ndrea
d
’
o r ia
.
alla
Ill.“ a
X VIII.
A l conte Agostino Landi.
l L L . m0
S . 0I‘ MI O O B S E R V A N T I S S I M O .
D o v e n d o pe r ordine del S . 01’ Cap.° nostro
S . V . , et farli parte del successo
del nostro
(2) scriv ere
v ia g g io
n a r re rò b r e v e ­
m en te a q u ella. Partendosi da Messina a li octo dii presente n a v ig a m o
a lev a n te et in spacio di tre giorni pigliam o terra nel C a n a lle d e Griffo:
d o v e noi arivando pigliam o diecoe schirassi
di 1 urchi
cum
tu c te le
(1) È l ’ abate Tomaso di Negro, il cui nome ricorre sovente nelle carte
politiche del secolo X V I ; della sua persona poco si sa , soltanto si rileva
c h ’egli fu accorto ed inframmettente diplom atico, agente d ella R epu bblica,
del duca di Toscana e d ’altri ancora, ma sovente ufficioso e segreto, an zi­
ché investito da pubblico mandato. Comparisce fra i testi nella causa della
R epubblica di Genova contro Scipione Fieschi (A tti Soc. L tg . S to r. P a t ,
V III, p. 338). Sem bra dovesse essere ucciso nella congiura fieschina (ivi,
p. 338). L e sue deposizioni testimoniali non ci sono rim aste, ed è a dolere
perchè da esse si potevano ricavare n otizie biografiche d elle quali m an­
chiamo affatto.
(2) È Antonio D ’Oria, come si ricava d a ll’ accenno alla ferita di freccia
sul ginocchio, che fu appunto riportata da Antonio.
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-
—
g e n t e , q u a lli e r a n o c a r ic h i di v i c t o v a g l i e p e r s u a a r m a t t a , e t la n o c t e
a e p ssi e t v i e t o v a g l i e si d e t t e il f u o c h o . P o i v e n e n d o
a ll a v o lt a di la
v e l lo n a p i g l i a m o d o e G a l l e r e e t u n a G a l e o t a c h e v e n i a n o d a l ’a r m a t t a ,
d a le q u a lle i n t e i x e m o il S . or T u r c h o e s s e r e in p e r s o n a n e la v e l l o n a
e t c u m o g n i c e l l e r i t ta h a p r e s ta r s i p e r p a s s a r e in p u g l i a : e t h a b b i a n d o
i n t e i x o v e n i v a d a l e v a n t e c e r t e G a l l e r e , si v o l i a m o
et
a
li
v e n tid u o
s ’ in c o n tr ia m o in d o d e x e G a l l e r e d e G a li p o l l i b e n i s s i m o in o r d i n e , et
si d e f f e n d e r e n o g a g l i a r d i s s i m a m e n t e , e t
cum
g r a n d e m o r t a li t à Ih o ro
e t d a n n o n o str o le p r e i z a m o t u c te . E t il S . or C a p . ° n o s t r o in d ie ta bata g li a restò fe r itto di u n a fr e c h ia s o p r a il z e n o c h i o , e t l a u d a t o s:a d io
è fora d e p e r i c u l lo , et li è d i s p i a s u to assai di n o n p o s s e r s c r i v e r e p e r
fare s u o d e b i t o
a lla I l l . ma S . V . E t h a b b i a n d o
ric u p e r a tt o c e r ti s c h i a v
n el
et cogn oscien d o Γ o b ligo
presente
grande
à
viaggio
v e r s o di
q u e l la , h a v o ls u t o si m a n d e li s e i s u b d iti, q u a li h a b b i a m o fa cto im b a rc h a r e ne la p r e s e n t e n a v e , p a r e n d o
p r e s t a e t s e c u r a , a li q u a lli si è
d a c t o b o n o o r d i n e et g o v e r n o , et n o n se li è f a c t o
il
c o n t o in tie rr o
n o n s a p e n d o q u a n t o h a b b ia n o h a v e r e , e s s e n d o stati p a g a t i da b a p tis ta
B a c ig a lu p o m en tre d e m a n c h o a rivan d o a G e n o a
se
v e n d e r à il c o n t o
et s e li farà il d e b i t o . C h e n o n d irò a ltro al p r e s e n t e a lla I l l .ma S . V .
se non c h e il S . or C a p . °
r e s ta
continuam en te
servitor
di
q u e l la , et
s u p p l i c h a v o g l i a d i s p o n e r e di lui e t s u e G a l l e r e , c o m e se fo ssen o s o e
p r o p rie , et c o ssi io r e s ta n d o s e m p r e a c o m a n d i
di
q u e l la
et a e p s a
h u m i l m e n t e m ’a r a c c o m a n d o . D a M e ssin a a li 30 di Iu llio 1537.
D i V . 111.“ » s .
S ervito r
IO. B A T I N D ’ O R I A
L ’ INDUSTRIA E IL COMMERCIO IN SESTRI PONENTE
N E L M E D IO
E V O (0
Il volum e X X X I V degli A t t i della Società L igu re di
S to n a Patria contiene gli annali storici di Sestri Ponente
e delle sue fam iglie dal secolo V I I al secolo X V . E una
raccolta diligentissim a di ben millecinquecento trentasette
documenti che riguardano Sestri, parte tratti d air A rch ivio
di Stato di G enova, parte dall’A rch ivio Parrocchiale della
chiesa di San G iovanni Battista, dovuta all’ opera paziente
(1) A t t i della S ocietà L ig u r e d i S toria p a tr ia , vol. X X X I V . — A n n a li
sto r ic i di Sest?'i P onen te e delle sue fa m ig lie (dal secolo V II al secolo X V ).
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
47
—
e dotta del R.ev. Teol. Giuseppe P a ro d i, benemerito P re­
vosto di quella chiesa , coadiuvato dall’ egregio archivista
A rtu ro Ferretto noto ai cultori della storia genovese. P a r ­
lare di questo volume a mò di recensione è cosa im possi­
bile. Quando si è detto che chiunque voglia parlare della
storia di Sestri nel medio evo dovrà assolutamente consul­
tarlo e sempre ne ricaverà giovamento non poco , si è
detto tutto e si è detto niente. È una fonte inesauribile di
notizie per chi sa dal freddo documento far balzare la vita,
come lo scultore dal rigido marmo fa balzare la statua. Io,
nato a S estri, leggendo questo volume, prima con cu rio ­
sità grande , poi con molta attenzione, ho ricavato alcuni
dati che riguardano il commercio e l’ industria sestrese di
quei tem p i, e qui brevemente li espongo , non già presu­
mendo di far balzare da quei documenti la vita , ma con­
vinto del detto di Victor H ugo che non ci sono piccoli
avvenimenti nell’ umanità nè foglie piccine nella ve g eta ­
zione, pensiero posto per epigrafe alla bella prefazione che
precede questi Annali di Sestri.
*
* *
Parlando del commercio e delle industrie di Sestri nel
Medio E vo, occorre che il lettore conosca l ’equivalenza delle
monete e delle misure genovesi di quei tempi, in confronto
delle monete e delle misure attuali.
Il sistema monetario genovese era costituito della lira
di Genova, che variò continuamente, tanto da scendere di
peso da grammi 8,838 d’oro fino (anno 1200) sin a grammi
0,242 (anno 1792), con una proporzionata diminuzione di
valore. L a lira genovese dividevasi in 20 soldi e il soldo
in 12 denari, proprio come nel sistema monetario inglese.
Ciò posto io riporto qui in parte la tavola dei valori
in lire antiche genovesi con la corrispondenza in lire ita­
liane attuali compilata da Cornelio Desimoni (1).
( i ) L a tavola completa è in appendice a ll’ opera del B e l g r a n o , D e lla
vita privata dei Genovesi. Genova( Sordo-m uti, iSy>5.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
Numero
d ’ ordine.
48
Peso in gram m i
de lla L i r a di G en ova.
Anno.
S u o v a lo r e in L
I
1 2 0 0 (?)
8,8 38
30,438
2
I 2 4 0 (?)
7,0 70
24 ,3 5 4
3
1 2 6 0 (?)
5,891
5,3 70
i S ,494
4
I273
5
1276
(?)
20 ,28 8
5,0 50
17,392
17 ,18 6
6
»
4 ,9 9 0
7
»
4,932
16 ,9 8 6
S
1 2 9 0 (?)
4 ,7i 3
16 ,2 3 4
9
......
4 ,4 i 9
IO
I302
4 ,h 8
15 ,2 19
i4 ,iS 2
II
1309
3,535
12 ,17 7
12
.........
3,3 67
n ,595
13
I327
3,3i 4
n , 4i 3
14
..........
15
l6
I335
.......
I339
2,S 2 S
17
1348
»
l8
1370
2,854
19
20
I390
»
»
I404
»
»
21
1412
2,378 (?)
22
1421
2 ,2 2 9
7,677
23
......
2 ,l6 2
7,547
24
I429
1,98 2
6 ,8 2 6
25
26
......
27
I434
28
29
......
......
30
I440
...............
9,7 50
»
9,829
8 , 1 9 0 (?)
I ,9 2 S
6,640
1,877
1,784
6 ,464
1,6 9 8
5,848
6,144
1,6 2 1
5,583
1.585
5,459
P er ciò che riguarda le misure io mi limito a riferire
'equivalenza loro così come fu trovata da Pietro R o c c a (i).
L a tavola , m isu r a
di
t e r r e n i, e q u iv a le a m . q .
11 m oggio , m isu r a di ca lc in a p e s a v a cantare
.
.
12 ,72 88 00
.
16
Il cantaro p e s a v a lib b r e ......................................................
150
L a libbra p e s a v a K g . a t t u a l i ...........................................
0 ,3 1 7 .0 6 4
S i c c h é un m o g g i o di c a lc in a e q u i v a r r e b b e
Kg.
762,3936
.
2
a
L a metreta m is u r a d a v in o e q u iv a le a ba rili
.
Il barile c o n t e n e v a p i 7 i t e .................................................
48
(1)
P e s i e m isu re antiche d i Genova e del Genove salo, G e n o v a , S ordo­
m uti, 1871.
*.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 49 —
L a p in ta e q u i v a l e v a a l i t r i ......................................................................0 ,9 53 (1)
S i c c h é u n a m e t r e t a di v in o e q u i v a r r e b b e a litri
.
.
.
L a m in a m is u r a di g r a n o e q u i v a l e a K g ................................
.
9 1 ,4 8 8
.
7 1 ,4 7 4
*
I Sestresi, come del resto la gente eminentemente ma1 inara, si trovano sparsi nel Medio Evo per tutto il mondo.
Quando il paese natio non porge sufficiente il viatico per
la vita, ovvero un sentimento, comune a tutti i Liguri, di
m aggior lucro li spinge, abbandonano la riva del loro mare
e vanno altrove a cercar lavoro per le loro braccia e soldi
per la borsa. Oltre a trovare cittadini di Sestri in Savona,
in Chiavari, in \rentimiglia lungo il 1100 e il 1200, ne tro­
viamo a negoziare in Provenza, a Marsiglia, a Monaco. Un
attivo commercio di grano, di vino, di cacio, di pesca e
di lane vi era in quei tempi fra Genova e le isole di Sar­
degna e di Corsica, e noi troviamo Sestresi navigare e n e­
goziare per quelle isole, come in Sicilia , in M arem m a, in
Grosseto. Ma non soltanto al Mar Tirreno lim itavasi la
navigazione ; molti Sestresi veleggiavano per Γ Oriente,
come Girardo Frixone (an. 1233), Nicoloso Guercio de B ru scota (an. 1252), Giannino Gandolfo (an. 1255), Giacomo da
Sestri, Mazone e Roberto de Loco pure di Sestri sulla nave
Inglesita (an. 1270) e Loisino A b ate di Sestri che in Oriente va a vendere spade (an. 1334). Numerosi Sestresi
dal 1299 al 1302 sono in Famagosta : Antonio da Sestri,
Oddone da Sestri che vi ha casa e vi negozia olio (2), G io­
vanni Gualterio e Giacomo da Sestri, Sestino Caldino, A n ­
tonio da S e s tr i, Giacomo Cavanna , Obertino Sachello e
Ansaldo da Sestri che vi negozia cotone; come pure ne
troviamo in M aiorca, in P e r a , a Caffa , a Scio e persino
nel lontano Catai, la moderna Cina. V a a negoziare in R o ­
mania Sestino Caldino, e nel 1288 certo R u ota v i com ­
mercia pezze di panno ; panno di Lombardia commercia in
(1) Quantunque la pinta abbia variato tuttavia per quei tempi di cui par­
liamo avea tale valore. V. R o c c a , op. cit., pag. 74.
(2) Su questo negoziante cfr. D e s i m o n i , Actes passés à Famagosta par
le Notaire Lamberto de Sabuceto, Gênes, Sourds-Muets, 1883, pag. 20.
Giorn. St. e Lett. della Liguria.
4
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
5°
—
Tunisi nel 1237 il sestrese A n sald o P e lo so ; nel 1161 va a
negoziare in A lessan d ria d ’ E g itto G u glielm o da S estn ;
nel 13 13 in Trebisonda Bertolino l^raxeloni, e nel 13 15 in
Cefalonia Tom m asino Sezardo.
Sestri eostrusse sem pre navi. È famoso lo scalo di Se
stri per le costruzioni di navi a vela ; i vecchi bianchi per
antico pelo si ricordano aver contati innumeri g li scafi in
costruzione sulla sp iaggia sestrese, ed ogg'i, affinati gli in
gegn i, p rogredite le scienze, superbe moli di acciaio scen­
dono dai rum oreggianti cantieri al bacio dell onda e della
gloria. O rb e n e , da un atto del 1251 conosco u n maestro
d ’ascia, Sesto da Sestri, da un altro un calafato, fom m aso
da S e s tri, che il 22 aprile 1244 fa testamento beneficando
chiese, conventi e poveri, lasciando a questi ultimi 10 soldi,
credito che ha verso un ebreo cui li imprestò essendo^ a
M urcia in Spagna. U n apprendista nell’arte di m aestro d ’a ­
scia è Bonaora figlio di O gereto da Vernazza che nel 1248
comincia a im prender l ’arte dal già nominato Sesto, obbli
gandosi a stare con lui per 10 anni: in compenso Sesto
prom ette tenerlo sano e infermo , calzarlo , vestirlo , inse­
gnargli 1’ arte portandolo pure sul mare, e dargli alla fine
del tempo prefìsso una mannaia, un mannarone, un ascia e
una serra. Questo Sesto da Sestri fu per quei tempi a b ­
bastanza danaroso. Possedeva barche: è sua quella chia­
mata S . Stefano e da lui venduta nel 1254 per lire n a
N icola Calverio da Messina , a Guglielm o da Lerida e a
Guglielm o de Plamerio di Montpellier ; come è sua un altra
per un terzo affittata nel 1251 a Guglielm o de Casalegio
da N ervi per lo spazio di un anno e per soldi 22 solvi­
bili ogni quattro mesi.
A ltri maestri d’ascia sono : Francesco Ottone, nominato
in un atto del 1337; Francesco Conte ( 1341 ) ; Lorenzo P el­
lerio che in qualità di maestro d’ascia si imbarca nel 1364
su una galea armata dal Comune di Genova ; A ntonio Chiappori im barcato nel 1370 sulla galea sottile a bordo della
quale trovavasi papa Urbano V ; Quilico Casella ( 1373) >
Benedetto Ottone che per incarico di Genova costruisce
nel 1384 una g a lea ; Bertola Rosso che nel 1454 fa parte
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— 5i —
della flottiglia preparata contro il re d’A ra g o n a ; Nicolò
Gaeta, calafato a bordo nel 1459 della galea di Baldassare
D oria; Battista Rossi imbarcato nel 1476 in difesa di Scio,
e Biagio Aicardo calafato, Rettore nel 1477 di Castiglione
borgo sestrese.
D a documenti del 1496 apprendo che i Sestresi forni­
vano le galee a Massimiliano d’A u s tria , re dei R om ani,
com’ oggi han fornito navi da guerra a nazioni straniere.
Idone da Sestri nel 1250 colla saettia M elinata prende il
mare per dar la caccia ai nemici della Chiesa R om an a e
del Comune di Genova , e a tal uopo si fa imprestare da
Andriolo del Bisagno lire 12 genovesi che gli restituirà
raddoppiate sulla prima preda che farà. Sestri nel 1351 for­
nisce trentadue marinai alla flottiglia, della quale è ammi
raglio Paganino Doria , preparata contro Venezia. Im por­
tante è un documento del 23 m aggio 1354 perchè ci fa
conoscere la paga del marinaio di guerra di quei tempi.
Benedetto Cagaletto di Sestri marinaio della galea di V i ­
sconte Grimaldi che fa parte della flottiglia di Paganino
Doria, riceve lire genovesi 29 e mezza come paga di quattro
mesi, sicché verrebbe a prendere lire nostre 47,46 al mese.
Nel 1367 il Sestrese Lanfranco Baiardo è patrono di una
galeota é va contro i nemici del Comune di Genova, come
nel 1342 un altro Sestrese, Bertola R o ssi, è patrono di
una delle quindici galee che navigano sotto il comando di
Pietro Boccanegra.
Passando alle navi mercantili allora in uso, esse avevano
diverse foggie e diversi nomi : taride , panfili, barche co­
perte, barche catalane e leudi.
D ò qui una tabella dei contratti, che mi fu dato rinvenire, di vendita di navi:
Anno
Nave
Lire genovesi
L ire it.
II98
n a v e pe r via gg i di Sard eg n a e C orsica
.
76
2313,28
1254
II
267,89
1274
S. Stefano barca a 7 r e m i ..............................
Sparviero panfilo , 80 r e m i , 2 a l b e r i , 3
ancore, ne è venduto 1/l0 per
.
.
.
20
369,88
I274·
Barca a 6 remi, albero e antenna
.
.
.
5 e soldi 15
1254
B arca catalana a 6 r e m i , a l b e r o , antenna
4
96,98
97,41
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Anno
1293
I 3 °3
1309
N a ve
L i r e g e n o v es i
L i r e it.
B a r c a c o n tutti g li a t t r e z z i ................................
Giacom o b a r c a , n e è v e n d u t o 1/3 p e r .
60
9 r 3>T4
425,46
1313
B a r c a ............................................ ...............................
B arca con b a r c h e t t a e a ttr e z z i, ne è v e n ­
I313
d u ta */2 p e r .........................................................
B a rtolom eo b a r c a con g o n d o l a e a t ­
1347
40
463, So
42
486,99
B arca ; n e è v e n d u t o */3 p e r .........................
6*. M aria b a r c a c o p e r t a ; n e è v e n d u t o */2
231,90
p e r .............................................................. ......
46
30 l 1 )
4 4 3 ,5 0
365,6 2
35
4 3 8 ,7 4
.
.
.
.
1356
1357
730,62
20
trezzi ; n e è v e n d u t o J/3 p e r
1320
30
60
B a r c a c a t a l a n a , ne è v e n d u t o f /4 p e r fio-
Pochi sono i documenti che accennino a quanto a scen ­
desse il diritto di nolo di una nave. D a uno che ha la data
dell’ i i settem bre 1234 si rileva che i fratelli Corso e N i­
colò Corsi di Sestri danno a nolo a Guancino e a Benincasa de A lb e r tin o , T o s c a n i, una tarida chiam ata S. G io­
vanni con 28 m arin ai, tra i quali 10 vestiti di ferro con
balestre .— per difendersi dagli assalti dei pirati era uso
imbarcare sulle navi uomini d ’arme — per andare a Montaldo in M arem m a a caricare 40 m oggi di grano, ricevendo
soldi 6 per ciascun m oggio come diritto di nolo. O ra nel 1234
il soldo gen ovese valeva L. 1,5229 delle nostre, e il m oggio
di grano equivaleva a K g . 762,393. D a un altro documento
del 12 ottobre 1267 si apprende come Guglielm o Cuneo da
Sestri prom ette a Corrado V en to di andare con la sua
barca a V en tim iglia a prendere 58 metrete di vino da F a l­
cone Curio, esigendo per nolo soldi 21. Nel 1258 il soldo
■genovese equivaleva a lire it. 1,6144 e la m etreta di vino
come abbiam visto, equivaleva a litri 91,488.
*
* *
Già abbiamo accennato come in quei tempi il commercio
della pesca tosse abbastanza importante. N el 1215 Giovanni
Grasso e Ido de Donapurpura, entrambi di Sestri si fanno
(1)
Secondo il D esim oni il fiorino eq u ivaleva a 25 soldi, e fu m oneta sta­
b ile di conto dal 1327 fino a tutto il secolo X V .
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— 53 —
imprestare lire 4 dal sestrese Ugone de Belmusto per an­
dare alla pesca dei coralli. Questo commercio dovea essere
ben lucroso se stabiliscono di pagare ad U gone 6 soldi di
interesse per ciascuna lira il giorno che torneranno dalla
pesca. Dato il valore della lira in quell’anno, l’interesse che
vengono a pagare sarebbe oggidì del 20 per cento circa.
Due barili di tonnina nel 1251 costavano soldi 15 equiva­
lenti a lire it. 18,26. Nè si limitavano a pescar lungo il
nostro mare, ma andavano in A c r i , in Tiro , attratti colà
dai privilegi che i genovesi vi godevano. Nel 1223 partono
alla volta di A cri per pescare i sestresi Oberto Vaccari,
Frixone, A b racin o , Guglielmo Campioni, Lanfranchino de
Priano e Vassallino. Si preparavano appositamente flottiglie
per andare a pescare e sovente molti dei pescatori mettevansi in società.
D a Sestri poi i pesci venivano portati cotti in Lombardia,
ovvero freschi venivano venduti in Chiappa a Genova. Ala
per poterli vendere in quel luogo occorreva un permesso,
e perchè Oberto da Sestri ne vendeva nel 1385 in Chiappa
senza permesso, fu dai Conservatori della città multato di
10 soldi — quasi L. 5 nostre. Così pure nel 1406 fu con­
dannato dai detti Conservatori Busnardo da Sestri, ma questi
non perchè mancasse del dovuto permesso di vendita, ma
perchè i pesci che vendeva erano fracidi. Lo stesso B u ­
snardo fu nuovamente colpito dalla multa nel 1408, però
questa volta probabilmente i pesci erano fresch i, ma egli
mancava della licenza di venderli.
*
* ^
Uno dei più floridi commerci di Sestri nel Aledio E vo
fu quello della calcina. Quando essa in Liguria cominciasse
ad essere usata per le costruzioni delle case prima fatte di
legno, non è positivo, poiché il Serra (1) ne assegna l ’uso
sullo scorcio del 1143, mentre il Belgrano (2) lo pone fra
11 700 e il secolo X II. Però lungo quest’ ultimo secolo la
(1) Storia dell’ antica Liguria , IV, 135, ediz. Capolago.
(2) A tti Soc. L ig. Storia Patria , II, parte I, pag. 270.
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maggior parte delle case erano costrutte in le g n o , e una
rip rova di ciò si ha n ell’ ob b lig o fatto al cintraco di a m ­
m onire , girando intorno per la città nei gio rn i di vento,
che ognuno vigilasse al fuoco (i), e nel fatto d eg li incendi
che in brevissim o giro di tem po distrussero nel 1122 la con­
trada di S a n t’A m b ro g io , nel 1179 il quartiere di P alazzolo
e nel 1213 cinquantaquattro edifizi in m ercato vecch io (2).
A n co ra, da un docum ento del 1225 si ricava che B o ttario
D oria dona al figlio M artino una casa in legn o p osta in
Cornigliano.
Com unque, il primo docum ento riguardante Sestri e la
calcina è del 27 gennaio 1197, col quale Barone da P e g li
dichiara di aver ricevuto in dote tanti monili e tanta c a l­
cina per lire 14. D i una calcinara di spettanza dei M alo
cello poi fa m enzione un atto del 3 gennaio 1221. U n a cal
cinara si tro v a v a già nel 1236 in località Roccabruna , la
quale probabilm ente è quella che o g g i chiamasi Gianchetta,
ed era di proprietà dei fratelli Corrado e G iacom o P o r
ce llo ; altre a Panicale come ne fan fede atti del 1255 e
del 1310; una era chiam ata B or ella e nel 1256 apparteneva
a più proprietarii, un’ altra Zunco e trovavasi alla sinistra
del C hiaravagna — o g g i Zunchetto — altra chiam avasi
Calocho. M olte calcinare erano poste al Gazzo. Così vi e
rano quelle chiam ate A lp exella , esistente dove tuttora con
lo stesso nome si eleva un p oggio a nord-est del monte
F igogn a, com une di Ceranesi , parrocchia di L ivellato , e
Zucarus probabilm ente sulla località Z u cch ero , poco di
stante dal monte F ig o g n a , di proprietà nel 12Ò5 dei fra
telli M alocello ; la calcinara detta N uova appartenente a
Tom m aso L oco e da costui nel 1274 data in locazione a
Giovanni Conte da S e s tri, e nel 1278 a Giovanni Cuneo
pure di Sestri. A ltr e calcinare trovavansi nel luogo detto
Cuneo e in Panigaro, e quest’ultima era nel 1346 dei fra­
telli Natino ; altre infine trovavansi in Cantarama.
Sestri forniva la calcina a quasi tutta la Liguria. Così
(1) L iber iuriu m Reip. G en., I, 78.
(2) B e l g r a n o , Vita privata cit., pag . 5 e 6.
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— 55 —
la fornì per la costruzione del chiostro nuovo di *S. Alaria
di Castello in Genova, secondo un atto del 25 m aggio 1241.
Nicoloso Strixiolo da Sestri fornì la calcina per il palazzo
che A ndreotto di Negro costrusse nel 1302, come O berto
Natino da Sestri la fornì a Pietro V illa nel 1306 per la
costruzione di un palazzo in contrada di S. G iorgio ; A n ­
tonio di Francheto da Sestri la fornì nel 1315 a P a lla v i­
cino Palla vicini per la costruzione di un suo palazzo , ed
infine il sestrese Antonio de Custo la fornì nel 1316 a M an­
fredo Fieschi dei conti di Lavagna. Nè solo a Genova, chè
da un documento del 1308 si rileva come i sestresi G io ­
vanni Zuccarello e Michele Massardo si obbligano verso
Giovanni Dardella medico di portargli in Pegli 30 m oggi
di calcina, in ragione di tre m oggi alla settimana. D a S e ­
stri si esporta calcina per .Chiavari (atto del 1307), in S a ­
vona nel 1340 per i restauri del Castello di S. G iorgio di
quella città , in Calvi (an. 1351) per fortificarla, a V ado
(an. 1395) per la costruzione di una b astita , e a Savona,
a Calvi, a Vado la torniscono i Strixiollo; a Busalla (anno
1396) per la costruzione del Castello, e infine a Monaco,
come si ha da un atto del 1274 col quale Giacomo Cap­
pone da Voltri promette a Giovanni Govello da Sestri di
portare sulla sua barca da Sestri a Monaco 10 m oggi di
calcina, esigendo per nolo lire 3 e soldi 10 , vale a dire
lire it. 34,39.
Abilissimi erano i Sestresi per la costruzione delle cal­
cinare, tanto che il Comune di Genova nel 1369 dava in ­
carico a Nicolino Chiappori da Sestri di costrurre una cal­
cinara al Sassello per servizio del Comune stesso. E d i la­
voranti nelle calcinare erano abbastanza ben pagati. A d esempio, Guglielmo Gaietta da Sestri lavora nella fornace
di Nicoloso d’A rcola per 6 mesi coll’ onorario di 50 sòldi
pel primo mese (L. It. 35,45) e di 60 soldi per g li altri
(L. It. 42,54) oltre il vitto e l ’alloggio (an. 1304).
Ouesto grande commercio di calcina fa sì che abba­
stanza alto rispetto all’economia di quei tempi fosse il fitto
delle calcinare. A d esempio , la calcinara sita nel luogo
detto Cuneo fu locata nel 1259 per lire 7 annue che sa­
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— 5Ò —
rebbero L. It. 170,47; la calcinara Ccilocho n e l 1274 fu lo ­
cata per lire 8 annue uguali a L . It. 147,95 ; la calcinara
N uova nello stesso anno per lire 5 (L. It. 92,47) e la c a l­
cinara Caroco nel 1258 per lire 9 6 1 4 soldi (L. It. 164,76).
P er quanto riguarda il prezzo cui era ven d u ta la ca l­
cina dò questo prospetto :
Anno.
Lire genovesi
Q uan tità
Lire
It.
18
sold i
1 6,6 4
1288
»
»
14
»
1291
»
»
14
»
11,36
11,36
1302
»
»
24
»
17,01
12,75
1 27 1
i
M o gg io =
K g . 7 6 2 ,3 9 3 6
13 1 5
»
»
22
»
1316
»
»
»
14,49
I395,
»
»
25
45
»
2 2,11
S i a vve rta però che il prezzo del m oggio di calcina del
1302, 13 15 , 1316 e 1395 probabilm ente com prende anche
il prezzo del trasporto, perchè la calcina ven du ta nel 1302
a 24 soldi il m oggio d ovea essere trasportata da S estri a
G e n o v a , così pure quella ven duta il 1315 a 22 s o ld i, e
quella venduta il 1395 a 45 soldi d o veva essere trasp or­
tata a V ado.
L ’im portanza di questo com m ercio ci è data anche dell
fatto che v i era un pubblico pesatore della calcina, com e
rilevasi da un atto del 1447 con cui il D o g e concede offi­
cium ponderis calcine al rettore e ai massari d ella chiesa
di S. G iovanni di Sestri per lo spazio di anni due ; e da
altri due atti del 1454 e 1456 con i quali il D o g e concede
a L uca de Costo da Sestri quest’ufficio stesso.
A ffine a questa industria è quella dei m attoni. D u e im ­
portantissimi docum enti ce ne danno il prezzo. Il prim o è
del 27 febbraio 1228. In esso leggesi che G uglielm o de A lessio da Sestri e B rugnone del fu Tom m aso M azapè p ro ­
mettono al fam oso Guglielm o Em briaco di dargli nella R ip a
del porto di G en ova 12000 mattoni buoni e ben cotti per
fare una torre, che è la nota torre di E m briaco in G en o ­
va. Il prezzo di questi mattoni è fissato in 11 bizanti. Il
secondo docu m en to, che è del 31 gennaio 12 5 4 , parla di
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 57 —
Sesto Caldino da Sestri che promette a Corrado V en to di
fargli avere ioooo mattoni della sua fornace che è in Pancigio per soldi 9 e denari 9 per ciascun m igliaio , il che
darebbe per risultato 6 centesimi al mattone.
Così pure l ’arte muraria non fu ignota ai Sestresi, poiché
nel Σ345 i quattro sapienti nominati dal D oge di G en ova
per far cintare di mura i borghi di S. Tommaso e di Sant’A gn ese , cioè quella parte della città di G enova che da
Castelletto andava sino alla porta di S. Tommaso, scelsero
molti maestri muratori tra gli uomini di Fegino, B orzoli e
Sestri. Un muratore sestrese è nominato in un atto del
13 5 1 e chiamasi Antonio de Ciano; un ingegnere militare
e bombardiere è nominato in un altro atto del 1496 e chia­
masi A ndrea da Sestri ed è proposto a Ludovico M aria
Sforza , Signore di M ilano, perchè gli affidi Γ esame delle
Castella di Savona, Noli e Ventim iglia (1).
*
* *
Nel Medio Evo molti erano in Sestri i mulini. S e ne
trovavano lungo il torrente Chiaravagna ed erano dei Malocello, dei Mallone, e della chiesa di S. Maria del Priano;
in Riolungo pure dei Mallone ; in Varenna dei Lom bardo.
Nel 1268 Mallone loca a Oberto Galletta da Sestri un suo
mulino posto in Riolungo per lo spazio di due anni a patto
che questi dia a lui 21 mina di farina nitida per ciascun
anno e cioè K g . 1491.
Il grano secondo un documento del 31 luglio 1253, in
cui Giuliano di Ghisalberto da Sestri dichiara di dover dare
lire 7 ai fratelli Faziolo e Guglielmo Panzano per 10 mine
di grano acquistate, verrebbe a costare al K g . L . It. 0,23,
mentre l ’orzo, secondo un documento del 1268, costava un
po’ più di 4 centesimi al K g . E che detto prezzo del grano
fosse appunto tale lo si può anche ricavare da un altro
documento del 20 ottobre 1215, per il quale Giovanni Rainerio da Corneto alla presenza di Guglielmo Balbo da Se-
(1) Giornale Ligustico , vol. IV, pag. 254.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
stri prom ette di consegnare a Stefano , calzolaio in Fossatello, 50 m o g g ia di grano sulla spiag'gia di C orneto franco
da qualsiasi g a b ella per L . 47 e m ezza e cioè L . It. 0,20
al K g .
U n atto del 1254, ci dà approssim ativam ente il prezzo
di fitto di un mulino. I m onaci della fam osa abbazia di
S an t’A n d rea di Sestri locano a G uglielm o S accarello 3 m u­
lini che hanno in Varenna col patto che e gli dia ai m o ­
naci iS mine di frum ento al mese. L a mina di grano equi­
valendo in quel torno di tem po, com e g ià abbiam visto, a
K g . 7 1,4 7 4 , le 18 mine equ ivalgon o a K g . 1286,532 , e
siccome un K g . di grano costava allora centesim i 26 , il
Saccarello p a g a v a ai m onaci per la locazione dei 3 mulini
L . 295 circa al mese.
Che a Sestri im portante fosse il com m ercio del gxano,
lo si deduce dal fatto che il D o g e di G en ova P ietro Cam pofregoso, nel 1456 avendo saputo che gli uomini di S estn
possedevano grande quantità di gran aglie m entre v e ne
era penuria in G enova , in viava E va n g elista de M arino a
prenderne 90 mine e cioè, dato il peso della mina in quel
torno di tem po, salito a K g . 82,434 (1), K g . 7 4 *9 »
I
m ugnai di Sestri insieme a quelli dei paesi circostanti,
viventi cioè sotto la podesteria di V o lt r i , form avano co r­
porazione a capo della quale stava un console. N el 1335
era console dei m ugnai della podesteria di V o ltri Pietrino
Forte, il quale assieme ai Consoli delle Podesterie del Bisagno e della P o lcevera poteva, per ordine delle tre corporazioni, spendere in quell’anno sino a 25 fiorini (2) p er n e­
gozi spettanti a detta arte.
*
* *
Parlerò or^, di un commercio triste e strano, non tanto
per la im portanza sua, quanto per lo interesse che può de­
stare , cioè del commercio degli schiavi.
L u igi Cibrario in una sua breve nota sul com m ercio
(1) R o c c a , op. cit., p a g . 109.
(2) E cioè lir e it a l i a n e 356,54.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 59 —
degli schiavi a Genova (i), dice aver trovato visitando gli
archivi di Genova nel 1839 quattro atti di vendita di schiavi.
Col primo, 11 marzo 1378, Benvegnuda vedova di Pietro
Villar di Barcellona vende al notaro Antonio de Credentia
stipulante in nome di Domenico Bracelli genovese quam­
dam servam suam s clavam, de progenie tartarorum, aetatis
annorum X X V I vel circha......... sanam ab omnibus magagnis occultis. Il prezzo di questa schiava era fissato in lire
22 di Barcellona. Col secondo contratto che è del 10 fe b ­
braio 1384, Nicolò Ihapella vende al notaro stipulante in
nome di due monache, Nicolosa di Levanto e M arietta di
Paxerio, quamdam sclavavi nomine Margaritam, aetatis an­
norum X X V , de progenie tartarorum e il prezzo è di lire
60 di genovini. Col terzo contratto del 9 luglio 1389 A n ­
tonio di Sampierdarena vende al notaro stipulante in nome
di altro notaro Giuliano Grolerio quamdam s clavam nomine
Gucia, de progenie tartarorum aetatis annorum X X X vel
circha al prezzo di lire 75 di genovini. Col quarto atto in­
fine, che è del 21 agosto 1391 Raffaele Lavoraben vende
a Linona moglie di Andrea de Carius quamdam s clavam
de progenie tartarorum aetatis annoruvi X I vel circha sa­
nam et nitidam ab omnibus occultis langoribus seu ma­
gagnisi Il Cibrario osserva ancora che detto traffico di
schiavi, il quale probabilmente, secondo lui, ebbe origine
nei secoli I X e X , quando i Saraceni assalirono le coste
d’ Italia , e i rivieraschi, costretti alla difesa, ridussero in
ischiavitù i prigionieri fatti su quei co rsa li, non fu mai a
Genova di molta importanza, tanto più che il dotto P ie­
montese per quante ricerche confessi aver fatto, ben pochi
riscontri ha trovato di tal traffico. Oltre i già citati con­
tratti rinvenne soltanto i seguenti due atti: i.° testamento
di Sibilla di Tassano , moglie di Boiamonte , in data 26
marzo 1156, la quale lega al marito lire 30 si manumiserit
Gazellam ancillam suam, si ipsa baptizaverit se usque pro­
xim um pentechosteii. S i non manumiserit, tantum X X . Non
v ’ ha dubbio che quella ancella fosse schiava perchè è pa(1) Trovasi in Opuscoli, Torino, 1841, Fontana.
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—
6o
—
gana, e perchè la condizione apposta al m a g g io r leg ato a
favore del marito è la condizione della m anom issione, e la
manom issione è Γ atto col quale gli schiavi ven ivan o do­
nati o restituiti alla lib ertà: 2.0 il 9 m aggio 1156 i consoli
O gerio V e n to , Lanfranco P evere e A r r ig o D oria a g g iu d i­
cano a P agan o il possesso d ’ una saracena di proprietà di
O ttone Bossi, per il fatto che quest’ultimo a v e v a ucciso il
saraceno di proprietà del P agano e si era reso contum ace.
U n ’altra schiava è nom inata n ell’inventario dei beni di G u ­
glielm o Scarsaria fatto il 1154, docum ento sfu g g ito al no­
stro scrittore.
M a che questo brutto traffico non fosse in G en o va cosa
di poco momento, come sembra al Cibrario, lo starebbe ad
indicare la b o ttega di G iorgio da F egin o rivenditore di
schiavi posta nella Contrada dei M a rin i, di cui parla un
atto del 1392, e lo Statuto del 1336 che sanziona pubbliche
battiture e persino il taglio del naso a quel fabbro che
senza il comando del proprietario sferri g li schiavi (1) ; e
infine il fatto che la schiavitù non era ign ota ai piccoli
centri, come ad esempio, il nostro Sestri.
N on v ’ ha dubbio che il contingente massimo di tali
sventurati lo davano Caffa e le altre terre dai gen ovesi
possedute nel mar Nero, anzi il Serra (2) così giustifica, se
fosse possibile d ’ una giustificazione, questo commercio :
« B en è vero che la legislazione genovese proibì in ogni
» tempo a ’ nazionali navigli di trasportare schiavi....... ma
» il savio decreto si eluse in ragione del commercio di
» Caffa , ove due navi del Soldano venivano ogni anno a
» farne com pra e caricarli, per cui doveasi ledere la fran» chigia di quel porto, privarsi di un gran profitto e trarsi
» addosso una guerra con il Sultano ». M a non solamente
de progenie Tartarorum erano gli schiavi posseduti dai G e­
novesi, poiché da un documento del 17 giugno 1191 si ri­
leva — e così accenniamo alla schiavitù in Sestri — che
Vassallo da Sestri, Oliviero Calvo, Vassallo M axirito tutti
(1) B e l g r a n o , op. cit., pag. 85 in nota.
(2) Op. cit., IV , pag. 72.
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6
ι—
eli Sestri, insieme ad altri di V oltri e di Prato vendono a
Raim ondo Baltigiario per lire 7 meno 4 soldi una schiava
Sarda chiamata Giusta con una sua figlia chiamata Vereta.
A ltri documenti accennano alla schiavitù nel nostro paese.
Così il i agosto 1268 Maestro A d a m o , m edico, alla p re­
senza di Giovanni da Sestri, giudice, libera il suo schiavo
Asm et. Però questa liberazione è interessata abbastanza,
perchè si fa promettere dallo schiavo A sm et lire 40. D a
un altro documento del 16 luglio 1288 Manuele Ferrario
da Sestri vende per lire 11 a Giovanni Pallavicino uno
schiavo olivastro di anni 11 chiamato Saito da lui a cq u i­
stato nelle parti di Maiorca. Un sestrese di nome A n sald o
in Famagosta il 1 agosto 1300 fa instanza perchè sia rico­
nosciuto il suo diritto su una schiava da Daniele di Chia­
vari concessa a Maria di Smirne. Di uno schiavo tartaro
di 30 anni di proprietà di Babilano Lomellini parla un
ordine del podestà di Voltri, da cui dipendeva Sestri, B ar­
tolomeo Visconti, col quale si impone ai rettori, ai campari
ed agli altri ufficiali di Sestri e della podesteria di denun­
ciare dove si trova il detto schiavo. L ’ ordine del Podestà
è del 15 marzo 1368. Una schiava tartara è venduta per
30 lire il 30'agosto 1374 da Michele Bandora di Sestri a
Federico da Lussuolo maestro di scuola. D agli atti del notaro Francesco Casanova si rileva che nel 1415 A n d riola
figlia di Leonino di Nattino e vedova di Giovannino da
Forotorpido libera in Sestri, anche a nome dei suoi figli, lo
schiavo tartaro Martino di 22 a n n i, ereditato dal marito,
il quale schiavo presenta ed implora in ginocchio la libertà.
Così pure in Sestri il 30 settembre 1437 Francesco B a le ­
strino vende a Giovanna de Pietro una schiava di anni 18
de progenie rubroruvi per lire 145.
Volendo accennare al prezzo di questi schiavi ecco una
tabella del valore di quelli di cui abbiamo parlato :
A n n o.
E t à e sesso.
L i r e g e n o ve s i.
L i r e it.
1 19 1
S ch ia v a sarda e figlia
7 m eno 4 soldi
206,97
1268
schiavo
40
88 1,51
1288
S ch iavo di 11 anni
11
186,84
1374
schiava
30
294,88
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--- 62 —
An tio .
E t à e sesso.
L i r e genovesi.
L i r e it.
5 8 9 ,7 4
1384
S c h i a v a di 25 anni
60
Ι 3 δ9
S c h i a v a di 30 anni
75
7 3 7 ,1 7
Ι3 9Ι
S c h i a v a di 11 anni
50
4 9 Ι ·45
Ι437
S c h i a v a di 18 an n i
145
8 0 9 ,5 3
D a ll’ insiem e di questi pochi dati statistici, si può con
una certa p robabilità afferm are che nel medio evo lo schiavo
ave va un valore minore dello schiavo romano. Poiché in
R o m a prim a del cristianesimo e precisam ente nel \ I se­
colo di R o m a un buono e robusto schiavo v a le va in m e ­
dia 1830 lire (1). Questa cifra è abbastanza esatta per ciò
che in Plinio (2) si le g g e che un usignuolo si ven d eva al
prezzo di uno schiavo , ‘e un usignuolo bianco si ven d eva
circa 6000 sesterzi cioè circa 1500 lire. P er contro g li schiavi
del medio evo costavano quanto gli schiavi attuali, poiché
a Costantinopoli nel 1824 una bella abissina si p agava 814
lire (3).
* *
P er poter avere un’ idea la più esatta che sia possibile
sul com m ercio di Sestri a quei tempi, darò una tavola dei
prezzi dei muli , uno dei pochi mezzi di trasporto di quei
te m p i, e accennerò brevem ente al prezzo dei terreni e a
quello delle case.
i m u l o fu v e n d u t o n el 1259 p e r L . g e n . 14 e 10 d en . =
a L . it. 3 4 r ,9 7
223,16
»
»
1261
»
»
»
»
»
»
1254
1264
1264
»
»
1264
6
=
121,72
=
288,76
16 e soldi 10 =
227,91
»
»
1268
»
»
1287
»
»
1306
»
1459
1264
»
I
a sin o
II
==
5 e soldi 10 =
1 3 3 ,9 4
—
2 4 3 ,4 5
13
=
I [
=
263,74
223,16
12
17
18
=
7 9 ,5 4
5
=
i o i ,4 4
(1) P l a u t o , Capi., II, 103; IV , 15; v. 21: Pseudolo, I, I, 4950·
(2) X , 43 ·
(3) R e l a z i o n e d e l d o tt. M a d d o n citata dal D u r e a u d e L a M a l l e , E co ­
nom ie p o litiq u e des R om a in s , I, 128.
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63
Per ciò che riguarda i terreni dò queste prospetto :
—
Anno.
—
T a v o l e (vedi pag. 48)
1164 222
1164 222
1190 2 (il terreno è posto verso il mare)
1190 2
1191
2 (il terreno è posto verso il mare)
L i r e g e n o ve s i
^ j^ L ^ It? " ^
62 e soldi 18
3X e soldi 9
0,76
0,34
6 e soldi 15
4
0,74
0,47
8
0,95
Dobbiamo osservare che il prezzo di terreni posti verso
il mare era superiore di non poco a quelli posti verso il
monte, come pure che questi terreni probabilmente erano
incolti perchè, ad esempio, una terra vignata con boschi
sita in Celle fu venduta per L. 2 6 0 che corrisponderebbero
a Lire Italiane 7 9 1 3 , 8 8 , nell’anno 1 1 9 0 , mentre invece un’aia
al Gazzo nel 1 2 5 5 fu appena pagata 5 0 soldi cioè Lire Itataliane 6 0 , 8 8 , e un quarto di bosco nel 1 2 6 6 fu pagato
solo L. 6 (L. It. 1 2 1 ) , il che darebbe per il bosco intero la
cifra di L. It. 4 8 4 .
Scendendo al prezzo delle case occorre notare che que­
ste erano quasi tutte ad un piano. Ed ora ecco il prospetto:
Anno.
Stabile
Lire gen.
1221
D e v ’ esser stata grande perchè
1236
C a s a p e r .....................................................................
solo la metà pe r....................................................
1237
»
»
L . It.
ne è venduta
........................................ .............................
40
1217,52
4
121,75
21
639,19
1248
Un palazzo p e r ..........................................................175
1826,550
1254
1287
C asa p e r ..................................................................... 33 V2
3 c ase p e r .....................................................................
35
1291
C as a e 2 terre vignate p e r ................................... 300
1310
C as a e terra vignata p e r .........................................140
1312
Casa p e r .....................................................................
80
974?ι 6
1312
Casa (metà solo) p e r ..............................................
20
221,90
1329
Casa e terra alberata di ciliegie, fichi e olive per
36
410,86
8 i 5»85
568,19
4065,70
1704,78
In Genova una casa venduta nel 1 2 4 5 costò lire geno­
vesi 7 0 pari a lire it. 1 4 2 0 , 1 6 .
Il fitto delle terre era proporzionato al loro prezzo, come
si può vedere dal seguente prospetto :
Anno.
Lo cal it à
F itto annuo in L . Gen .
L . It.
1 157
2 pezze di terra presso il Gazzo
17 soldi
25,87
6 lire
182,62
1192
U n a v ig n a
1203
T erritorio in Bruscata
13 den. e metà rac co lto
1,64
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—
Anno.
64
122 I
T erreno
1221
»
1242
T erra
1246
»
F i t t o a n n u o in L . G e n .
L o calità
3
So soldi e frutta
3 sold i
12 soldi
1248
T e r r a d e t t a F e r r a r ia
I2 5 I
U n castagneto
I2 5 1
Terra
125S
T e r r a su l G a z z o
5 lire
40 soldi
L . I{.
9 r,3 i
60,87
3,65
14,61
121,77
7 lire
48,70
170,46
12 soldi
14,61
A ccen n erem o ancora prima di finire al prezzo dei libri
e delle corazze. D a un documento curioso e interessante
che si riferisce probabilm ente al 1239, apprendiamo 1 alto
v alore dei libri in quel tempo. Una certa R ichelda vedova
del giu d ice G uglielm o Bocella vende al notaio Gandolfo da
Sestri il codice di Giustiniano scritto su cartapecora, e colle
note di A lessandro, giurista vissuto verso il 1227 e conti­
nuatore della scuola di A zzone di cui trascrisse le prele­
zioni, inoltre il digesto vetus, il novum commentato dal ce­
lebre A zzo n e, Γ infortiatum , altri tre libri del codice e la
somma dei decreti, il tutto per lire 43 che equivalgono a
lire 1308,34 nostre.
D a un atto infine del 1250 sappiamo il prezzo p rob a­
bile di una corazza con maniche di ferro , il quale era di
3 lire, equivalenti a lire nostre 63.
A n t o n io B o z z o .
DI ALCUNI SCRITTORI PONTREMOLESI
D E L L A
FAM IGLIA
BOLOGNA
i.
A N T O N IO B O L O G N A .
E certo che fu figlio di Giacomo di Gio. Domenico,
ma non è possibile precisare l’epoca della sua nascita, per
difetto di registri nelle parrocchie pontremolesi. Può ra
gionevolm ente credersi che nascesse intorno al 1570.
F u dottore in ambe le le g g i, e dedicatosi alla tratta­
zione degli affari le g a li, entrò presto in grazia dei Mala-
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— 65 —
spina di Mulazzo e del Duca di Guastalla che gli affidarono
vari uffici ed incarichi nei loro Stati. Serio cultore, fin da g io ­
vane, degli studi letterari, scrisse poesie ed orazioni latine.
Ebbe in moglie una tal Genevera della quale non si
conosce il cognome; e morta costei nel 9 luglio 16 24 , si
fece Sacerdote , ritirandosi in p a tria , e dedicandosi tutto
all insegnamento e alle opere di pietà.
Il cronista Cam pi, discorrendo della famiglia B o lo g n a
in un Zibaldone di ricordi sulle famiglie pontrem olesi, ne
fa memoria con queste parole : /. C. Antonius presbiter
vir eruditissimus qui Pontremuli rethoricam docuit et do­
ctissimos alumnos effecit. E quando nel 7 luglio 1630 fu
convocato il Consiglio generale di Pontremoli per delibe­
rare la fabbrica della nuova Cattedrale, egli fu tra i primi
ad accorrere colla sua offerta, obbligandosi « dar scudi
dieci per detta fabrica subito si cominciasse ».
Morì nella parrocchia di San Colombano a dì 9 giugno
1649 , ricevendo la estrema unzione dal Sacerdote F ra n ­
cesco di lui figlio, ch’era Rettore della parrocchia di Santa
Cristina e Vicario Generale di Mons. Gio. B atta Spinola
V escovo di Luni-Sarzana (1).
Oltre questo prete Francesco ebbe dalla m oglie Ge?ievera anche un altro figlio per nome Bartolomeo nato il 21
gennaio 1601 del quale tratteremo nel paragrafo seguente.
Il Cinelli negli Scrittori fiorentini, opera Ms. esistente nella
Magliabechiana , discorre di questo Antonio B ologn a , ma
evidentemente lo confonde col figlio Bartolomeo ora ricor­
dato, come a suo luogo dimostreremo.
SCR ITTI A S T A M P A .
i.
— I n C h r i s t i — P a s s i o n e m — Carmina — A n to n ii B o n o n ii
Pontremulensis — Recitata a loan. Francisco G a rzon io , in urbe B o
—
zulo in Ecclesia D iv i Petri eius Urbis — Protectoris —
sensu
S
u pe r io r u m
De
con
­
.
S e g u e una piccola stampa in legno rappresentante la C ro cifissio n e,
(1) Un sonetto di questo Francesco Bologna sta in un libretto che ha per
titolo: La vendetta di Amore, Idilio del Sig. Gio. Pietro Sim onacci di Pon­
trem oli. Parma, 1640, in 16.
Giorn. St. e Lctt. della Liguria.
5
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
-
66
—
e d o p o , in fo n d o a lla p a g i n a : « E x T y p o g r a p h i a R a m p a z e t a n a ι6 οβ ».
S u l l a 2 .a c a r t a sta u n a
l e t t e r a di d e d i c a al « S i g n o r
G io.
1 r a n c e sc o
B r a g a d i n R e t t o r e t P r o v v e d i t o r di C a t t a r o », c o l la d a ta di B o z z o l o 15
m a g g i o 1606, firm a ta d a G i o . F r a n c e s c o d e ’ G a r z o n i .
c o m i n c i a il c o m p o n i m e n t o
in
esam etri
che
-
t e r m in a
S u l la 3.
sul
6 .a c a r ta c o l la p a r o l a F i n i s . G l i e s a m e t r i s o n o 210.
6. —
In S.
U n ’e s e m p l a r e di q u e s t o o p u s c o l o esiste p r e ss o
il
—
Ducem F r ia e
C o m item H a v a e etc. D o m in u m D o m u s V elasca e etc.
D e C o n s ilio S la
r iu n ì , in su p rem o Ita lia e C o n silio P r a e s id e n t , e t su m m u m
e ju sd e m
M a je s ta tis
in
Ita lia
D u cem ,
e ju s q ; S ta tu s G u b ern a to rem In te g e r r im u m —
totiusq ;
l a t io R e g i o D u c a l i , E x Officina t y p o g r a p h i c a —
b ria e
e d io l a n i
— In P a ­
M arci T u llii M alate-
M D C V I ». — S u lla 2 . * ca r ta : P e r i l l u s t r e m
n u is s im u m m ilite m —
In s u
Cubicula^
— exerci
A n t o n i i B o n o n i i I. U .
D. P o n tre m u le n sis — Carm en.
S o t t o è T a r m e d e l D u c a di F e r i a ; q uin d i : « M
s ta e —
Fernan
— C o m e s t a B i l e m C a s t e l l a e etc.
tu s M a je s ta tis C a th o lic a e S u p rem u m eju sd e m M a je s ta tis
tu u m
di c a r te
Cav. C a m illo
C i m a t i di P o n t r e m o li .
2. — I n I llu s t r is s . e t E x c e lle n tis s . — D . D . I ó a n n e m
d ez V a la scu m
c arta
vei so d ella
vir u m
- - e t s ir e -
D u ce m C h risto p h o ru m L o p ez — G a v ir i am Pon-
tr e m u li G u b ern a torem — in te g e r r im u m . S e g u o n o
q u attro
distici fir­
m a ti A n to n iu s B o n o n iu s /. C . — S u l la 3 .a c a r ta : A d I o a n n e m V e l a
s c u m — P r i n c i p e m — R e b u s praeclare g estis clarissim um e t s in g u la r is
—
d o c tr in a e la u d e m a x im e in sig n em
— A n t o n i i B o n o n i i I. C . P ° N"
t r e m u l e n s i s — C a r m e n . Q u e s to c a r m e si c o m p o n e di 49 esa m etri, poi
s e g u o n o d iv e rsi e p i g r a m m i , ed in fine: L a u s D e o o m n ip o ten ti, e t V i i g in i —
B ea tissim ae . —
In 8.°, di carte 8. — U n e sm p lare di q u e sto
o p u s c o l o e s is te p r e s s o il C a v . C am illo Cim ati di P ontrem o li.
3. —
p o p u lu m
A n to n ii
B o n o n i i P o n t r e m u l e n s i s I. C . O ratio de p a ce ad
G u a sta lle n sem . M a n tu a e ,
1 6 2 1 , e x Officina typ. fr a tr u m de
O sa n n a .
A- P a £· 3 sta u n a lettera d ed ic a to ria : I l l .m0 D .° M o ro ello M a la sp in a e M a r c h io n i M u la tii e t P a ra n a e S u p e r io r is D o m in o suo A n to n iu s
B o iio n iu s I . C . S . D . Con q u esta lettera d atata da G uastalla , id ib u s
m a ii (5 m a g g i o ) i 6 ? i , P A u t o r e
si professa g r a to
m o lti b e n e fiz i ric e v u ti, ed a g g iu n g e : « c um hanc
in m a x i m i s
m eis
o c c u p a tio n ib u s
tib i u t sit q u o d d a m q u asi p ig n u s
perpetuum que
—
aliorum
m ea e
ju ssu
al
de
M alaspina pe r
p a c e orationem
conscripserim, illam
singularis in te o b servan tiae,
e x t e t g r a t a e volu ntatis m o n u m en tum , offerri p la cu it ».
In 8.° di p . 24. —
U n esem plare di questa .orazione sta nella B i­
b li o t e c a N a z i o n a le di F ir e n z e , S ez io n e M agliabechian a.
D alle
p a r o l e j u s s u co n scrip serim sem bra potersi d ed urre che il B o ­
l o g n a d e tt ò q u e s t a or a zio n e per ordine di
F erd in a n d o D u c a di G u a ­
stalla, il q u a l e si a d o p e r ò m olto per sistemare la vertenza insorta fra
i D u c h i di S a v o i a e di M an tova p e r la successione
al
Marchesato di
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—
M o n fe rrato ; vertenza
67
—
che messe in gu erra tutta l ’ E u r o p a , e s s e n d o i
D u c h i di S a v o ia sostenuti da Francia e da V en ezia , e il D u c a di M a n ­
to v a d a lle trupp e Spagnuole. Più tardi, quando di q u e s ta v e r t e n z a si
a rrogò la d ecision e l ’imperatore, ebbe molta parte nelle t r a t t a t i v e c h e
si fe c e io in T r e n to un altro Pontremolese, A n to n M .a R i c c i c h e fu n o­
minato plenipotenziario spagnolo.
4·
E le g ia .
r io r u m
A
d
— Ioannem — V
elascum
— A
I n fine: P a p i a e — apud Ioannem
n to n ii
B o n o n ii
N ig r u m
1622 —
I. C. —
S
upe
­
per m issu .
S o n o 39 distici. — In 8.° di carte 2. — U n esem plare e s is te p r e s s o
il C a v . Cam illo Cimati di Pontremoli.
5·
O r a t i o f u n e b r i s A n t o n i i B o n o n i i P o n t r e m u l e n s i s I . C . ab
eo P o n trem u li habita, dum in templo D . F ra n cisci R e g in a e M a r g a r ita e
A u str ia e P h ilip p i I I I u xo ris ju sta fu n eb r ia solem ni ritu a p o p u lo P o n trem u len si persolverentur. ///.mo D . D . V incentio G onzagae F e r d in a n d i
G uastallae D u c is et M o lfc ti P rin cip is filio dicata. M a n t u a e , 1623, e x
off. ty p . fratrum D e Osanna.
In 8.° di p. 24. — A n c h e di questo raro libretto esiste u n a c o p ia
n ella N azio n a le di Firenze, Sezione M agliabechiana.
II.
B A R TO LO M E O B O LO G N A .
Figlio di Antonio sopra ricordato , nacque Bartolom eo
Bologna a Pontremoli nella parrocchia di S. Colom bano e
fu battezzato il 21 gennaio 1601. Laureato in le g g e , attese
alla Avvocatura, prima in Pontremoli e poi a Milano. In
seguito fu nominato Auditor Fiscale a G en o va , e quindi
Auditore della Rota Civile nella stessa città; nel quale
ultimo ufficio venne* confermato per un secondo triennio,
con patente onorevolissima del 17 marzo 1643.
Vacando nel 1650 un posto nella R ota F ioren tin a, il
Bologna vi concorse e l’ottenne per la raccomandazione di
Bartolomeo A r e s e , come risulta dalla seguente lettera in
data di Milano 7 Settembre 1650, colla quale l’A rese rin­
grazia il Granduca Ferdinando II di avere favorito il B o ­
logna :
S ereniss .0 mio SiG.e Col .0
U m iliss.0 gratie porgo a V . A . S . ma d ell’ honore che la s ’ è d e g n a t a
di fare al S ig . D o tt.1’ Bologni, conferendogli il luogo di c o t . a R o ta , e
riconosco la mercede segnalatiss.1™ della magnificenza di V . A . con
aum ento sem p re maggiore delle mie già infinite ob b lig az io n i al S e r e -
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
68
—
niss.o S u o n o m e . Il v a l o r e d e l S / B ologn i s p e r o mi d i s i m p e g n e r à d a ll a
sic u rtà c h e p e r e s s o feci p r e s s o V . A . M a n on so g i à c o m e d is c o n t a r
m ai u n a p a r t e di t a n t o d e b i t o a d d o s s a to m i d a lla su p e r io r e u m a n ità
d e l T A . V . , a c u i n o n la s c ia n d o di p o r g e r e r iv e r e n te s u p p lic a p e r ess er
g ratiato
d e lT o n o r e
d e ’ suoi
c o m m a n d i c o n u m iliss.0 o s s e q u io m e le
in c h in o e c c . ( i).
D a A u d ito re della R o ta fu inalzato il B o logn a nel 27
febbraio 1659 al posto di terzo A uditore della Suprem a
C onsulta di G razia e Giustizia in luogo dell*Auditore V a ­
lentino F arin ola; e nel tempo stesso fu nominato A u d i­
tore del M agistrato dei Capitani di Parte Guelfa, A ssessore
dei Conservatori di le g g e , dell’A bbondanza e del Monte
di Pietà. N el i.° marzo 1660 fu provvisoriam ente incaricato
di supplire n ell’ufficio di A uditore del M agistrato Suprem o
il D ott. F ederico M arioni di Gubbio, ch’era caduto amma­
lato ; e nel 9 settem bre 1661, essendo il Marioni ritornato
in patria, fu il B o lo gn a confermato definitivamente in quello
ufficio, con obbligo di lasciare tutte le altre cariche che ri­
ten eva , eccettuate ' soltanto quelle d’A uditore di Consulta
e di A ssessore del M onte di Pietà (2). In questi uffici ri­
mase fino al 13 aprile 1674, nel qual giorno ottenne ono­
revole m otuproprio che lo collocava a riposo, accordandogli
una pensione vitalizia di scudi 300 annui. Passò gli ultimi
anni della sua vita in Firenze, ove morì il 4 giugno 1679
e fu sepolto in S. Procolo (3).
Il Conti nel libro già citato D e claris ju d icib u s, il Gerini nelle M em . Stor. di Lunigiana ( I I , 257) e il Cinelli
nel libro degli Scrittori toscani (4) ricordano con lode B ar­
tolom eo B ologn a. Il Cinelli per altro lo chiama A ntonio
confondendolo col di lui padre ; ma 1’ equivoco è talmente
evidente che non ha bisogno di dimostrazione. Ecco come
ne scrive : « ....................... per molti anni esercitò la carica
(1) A rch ivio M ediceo , Filza 1006. Carteggio di Ferdinando I I , Lettere
dal 1648 al 1650.
(2) D e C o m i t i b u s ( C o n t i ) , D e cla ris ju d icib u s etc.... S e t t i m a n n i , C ro­
naca, vo l. X I, car. 41 e 116, in Arch. di Stato di Firenze.
(3) L ib r o dei v io rti nelTArch. di Stato di Firenze.
(4) M anoscritto nella M agliabechiana c. 163.
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di Auditore de’ Consiglieri in Firenze , e ’l so per prova
perchè revocò una sentenza data a favor mio dal suo an­
tecessore Marioni. Fu uomo dotto , ed ebbe grandissim a
cognizione di libri in ogni g e n e r e ................................ Molti
altri suoi motivi M. S. sono nell’ uffizio del Proconsolo di
Firenze con l ’occasione di avere esercitate più cariche nella
mia p a tria , de’ quali siccome d’ uso , non so per qual ra­
gione non abbia fatto menzione il P. Co. A gostino F on ­
tana nella sua Biblioteca legale amplissima. Morì il B ologn a
in Firenze dopo avere avuto il riposo circa l ’anno 1679 ».
A conferma di quanto scrisse il Cinelli circa la cultura
di Bartolomeo Bologna, aggiungeremo ch'egli raccolse co­
dici e oggetti d’arte, i quali furono trasportati a P ontre­
moli dai suoi figli che là ripresero stanza definitiva dopo
la sua morte. Infatti i tutori del di lui bisnipote Giacomo
Bologna venderono nel 1717 a Francesco I Farnese D uca
di Parma dieci dipinti qualificati tuttti di buono autore (1);
e il Duca aggiunse al prezzo concordato anche il titolo di
Conte al minore Giacomo e ai suoi discendenti in infinito,
e di Contessa alla madre sua che fu Angela P avesi (2). E
il Mehus nella Prefazione alla vita del Tra versari (pag. V
e V II) ricorda un Codice cartaceo in 4.0 appartenente al
Conte Bologna di Pontremoli, nel quale erano trascritte
varie lettere di Paolo e Timoteo Veronesi, di Lorenzo de’
Medici, di Poggio Bracciolini, di Matteo Bossio, di B arto­
lomeo Faccio e di altri, nonché di Am brogio Traversari.
A gg iu n g e poi nella Vita (a pag. 419) di aver preso copia
dal detto Codice di una Orazione del Poggio fiorentino in
lode del Cardinale di S. Angelo e di averla inserita nella
Biblioteca del Marchese Riccardi.
Diverse sue Decisioni sono a stampa in varie raccolte
di Decidenti e in Trattatisti.
(1) Archivio notarile di Pontremoli, rogito di Ser Ascanio F alasch i d e’
16 novembre 1717, Prot. V, c. 128.
(2) Diploma dato a Piacenza il 4 aprile 1718.
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III.
N IC C O L Ò M A R I A B O L O G N A .
F ig lio dell’A v v . Pietro Giovanni e di D elia Maracchi
nacque in Pontrem oli, ed ivi fu battezzato nella parrocchia
di S . Colom bano il 30 gennaio 1698 (1).
Com piuti g li studi legali attese all’ esercizio d ell’A v v o catura , nel quale ebbe molto credito non solo in Pontre­
m oli ma in tutta la Lunigiana. Pei Marchesi Malaspina
com pilò g li Statuti de’ Feudi di Madrignano e di Suvero:
e del M archese Carlo di Mulazzo fu giudice delegato. In
un atto del 1775
è anche qualificato come Pro vicario
m a g g io r generale per S. A . R . il Granduca di Toscana
in P o n trem o li, sua giurisdizione e feudi granducali. Nel
*743 fu ammesso tra i Consiglieri urbani del Comune di
P on trem o li; ed ivi tenne anche vari altri uffici, fr a i quali
quello di R e tto re o Priore del Venerabile Spedale di San­
t ’A n to n io A b ate.
L ’A v v . N iccolò Maria morì senza discendenza, dopo
il 1780.
SC R IT T I A STA M PA .
I- — N
o t iz ie ist o r ic h e
della T erra d i P o n trem o li, S tann o nelle R e -
la zio 7ii d i a lc u n i v ia g g i f a t t i in d iverse p a r ti della
to r e G i o . T
a r g io n i
T
o zze t ti,
Toscana d a l D o t­
da p a g . 2 1 1 a p a g . 4 1 0 del T o m o X I
d e l l a E d i z i o n e di F i r e n z e , M D C C L X X V I I , per G a eta n o
S ta m p . G ran d u cale.
C am b iag i
Il T a r g i o n i nel d a rle in luce vi fece la se g u e n te dichiarazione pre­
l i m in a r e : « S o n o ta n to c op iose, tanto diligen tem ente ricercate e tanto
(1) Il padre di Niccolò Maria, Pietro Giovanni, morto in età di 87 anni,
nel 1737, fu esso pure giureconsulto assai stim ato, e tenne gli uffici di Po­
destà di M onticello presso Piacenza., e di Auditore Generale dei Marchesi
M alaspin a di V illa fra n ca , Virgoletta e Podenzana. Compose un dramma pa­
storale che fu m esso in musica dal maestro Paolo Bavara e rappresentato
a P ontrem oli nel 1685. È a stampa col seguente titolo: La sem plicità in ­
stru tta , D ram m a pastorale per musica del Dott. G io. P i e t r o B o l o g n a ,
n obile pontrem olese, dedicato alle gentilissime dame di Pontremoli. — Da
rappresen tarsi in questo anno 1685 — In Massa nella stam peria di G iro­
lam o M arini (senz’anno), in 8 picc. di pag. 32.
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interessanti le notizie istoriche della ragguardevolissim a t e r r a di P o n ­
tremoli, d elle quali per mezzo del S ig . C av . Stefano B e r to lin i P r e s i ­
dente della R e g ia Consulta mi favorì con som m a g e n t il e z z a fino d a lP anno 1754 il S ig . Av vo ca to Nicolò
Maria B ologn a , c h e m i h a n n o
im pegn ato a formarne un capo a parte, colla fiducia c h e r iu s cir à g r a ­
ditissimo ai lettori per la novità e per l ’importanza d ella m a t e r i a . I m ­
perocché se uno rifletta alla situazione di Pontremoli, q u a si n e l c e n t r o
di vaste A lp i, e si riduca a memoria le poche e scon nesse n o tiz ie c h e
se ne trovan o in alcuni libri, appena crederà possibile c h e , c o n tu t te
le più prem u rose ricerche, si possa mettere insieme da e m p i r e un fo­
glio di cose utili e dilettevoli spettanti ad essa T e r r a . M a l o z e l o p a
triottico, la diligente ricerca, e la giudiziosa scelta di esso S i g . A v v o ­
cato, ha saputo rammassare materiali da formare un c o r p o d ’ Istoria
di Pontrem oli, che non avrà invidia a quello di alcune città d ’ Italia,
anche più grandi e commendate dagli scrittori.......
pu bblico delle dotte fatiche del Sig.
Nel
far
p a r te
al
Avvo cato
B o lo g n a , io n on h o
altro m erito , se non che di averle ridotte sotto
diverse S e z i o n i , c h e
mi sono sem b rate opportune, e di a vervi agg iu n to q uello c h e h o t r o ­
vato
di
più nel manoscritto di Bonaventura de Rossi S a r z a n e s e , ed
incidentem ente in vari libri stampati, affinchè l ’opera r ie s c a ta n to più
completa, quanto più nuova ed inaspettata ».
Q ueste notizie storiche sono divise in cinque S e z io n i , le q u ali,
dal canto loro , si suddividono in diversi
paragrafi o
appresso :
S ezio n e I. — Descrizione di Pontremoli — S u a
c a p ito li, com e
s itu a z io n e
Re­
cinto e fortificazioni — Popolazione e fabbriche.
S ezio n e I I . — Storia civile — Condizione di P on trem o li n ei te m p i
antichi e nei secoli di mezzo — D a ll’anno 1077 al 1202, e se sia sta ta
dominata dalla famiglia Malaspina — Pontremoli g o v e rn a ta a C o m u n e
dal 1202 al 1319 — Sotto il dominio di Castruccio dal 1320 al 1328 —
Sotto i Rossi di Parma e gli Scaligeri di V e r o n a dal
Sotto i V isco n ti dal 1339 al 1403 — S otto i Fieschi
_ D i nuovo sotto i Duchi di Milano dal 143°
di Fran cia dal 1500 al 1522 -
1329 al 1339
dal 1404 al 1430
^δ00
Sotto i Re
Per la terza volta sotto il D u c a di M i ­
lano dal 1522 al 1525 — Sotto Carlo V dal 1526 al 1528 — D i n u o v o
sotto i Fieschi dal 1528 al 1 5 4 7 -
Per la seconda volta so tto C a r lo V
dal 1547 al 1555 - Sotto i Re di S pa gn a dal 1555 al 1647 - S o t t o
la Repubblica di Genova dal 1647 al 1650 — Sotto i G r a n d u c h i di
T o sc a n a dal 1650 in poi.
S ezion e I I I . — Governo di Pontremoli.
S ezio n e I V . — Notizie di storia ecclesiastica di P o n tre m o li.
S ezio n e V. — Soggetti più illustri Pontremolesi.
Q uesto lavoro del Bologna fu accolto
con f a v o r e , a ’ s u o i
tem pi,
perchè era il primo che trattasse la storia pontremolese sui soli d o c u ­
menti o attingendola a fonti indiscutibilmente autorevoli, e sfro n d a li-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 72 —
d ola
da
tu t te
le
fa n ta stic h e r ie dei v e cc h i
cronisti locali. M a , certo,
q u e l l a v o r o n o n fu c h e un a se m p lic e rac co lta
B o l o g n a n o n e b b e v e r a m e n t e Γ id ea di
di
da rg li
s to r ia . E g l i tr a s c o r s e la l u n g a ed op e r o sa sua
m e m o r ie , p e rc h è il
form a
vita
e s v ilu p p o
di
(lo s c r iv e m m o in
a ltra o c c a s i o n e ) e n t r o i confin i m u n i c i p a l i , e trasse
solo profitto
dai
p o c h i d o c u m e n t i c h e p o t e v a n o venirgli a m a n o a P o n trem o li, tras cu ­
r a n d o a n c h e , p e r c h è forse n on ne eb b e la c om od ità , di sfog liare m olto
i libri a s ta m p a . S i s t u d i ò di c o n d u rre
il suo
lav oro
con
retto
c ri­
t e r i o , m a la n u o v a s c u o l a critica, d ella q u a le e g li v id e so lta n to i primi
a lb o r i , h a d o v u t o p iù d ’ u n a v o lt a c o rr e g g e rlo . C iò non di m e n o , egli
è m e r i t e v o l e d ’ e n c o m i o p e r l ’op era sua, la q u a le in talune parti resta
s e m p r e im p o r t a n t e .
O P E R E M A N O SCR ITTE.
1. — S t a t u t i
C
del
omune
M a d r i g n a n o , fa tti e p u bb licati n el
di
m e s e d i d ice m b r e d e ir anno d e l S ig n o r e 176 0, con la p erm issio n e ed
a p p r o v a zio n e d i S u a E c c e lle n z a i l S ig . M a rch ese C arlo d el f u S ig n o r
M a rchese
A zo
G ia c in to
M a la sp in a
d i M u la z z o > nostro P a d ro n e eie-
m e n tis s im o , essen d o C o?iso li D o m e n ico T a cco n i e Santo B e r to n i.
C o d i c e t t o in 4 . 0 p i c c o l o di carte 18, p o ssed u to da G io v a n n i S forza.
S i d i v i d o n o in 42 cap itoli, ed infine sono sottoscritti d a ll ’A v v . N ico lò
M . a B o l o g n a di P o n t r e m o li G iu d ic e D e l e g a t o di S u a E c c e lle n z a il S i ­
g n o r M a r c h e s e C a r l o M alaspina di M ulazzo.
(Cfr.
S
forza
, B ib lio g r .
S to r ic a d e lla L u n ig ia n a , a p a g . 32).
R i g u a r d o a q u e sti S ta tu ti così scrisse il B r a n c h i nella S to r ia della
L u n ig ia n a f e u d a le , (P is to ia , B e g g i , 1898, vol. I, p ag. 616):
« N e l 1746, 19 D e c e m b r e , il M a rch e se C arlo Morello faceva c o m ­
pilare
d a ll’ A v v .
N iccolò
Maria
B o lo g n a
di
Pontrem oli gli
Statuti
q u e s t o f e u d o (di M a d r ig n a n o ) direttam en te concernenti , e gli a p p r o ­
v a v a q u in d i nel fe b b ra io d el 1760. U n simil C o d ic e c h e c o n te n e v a 42
c a p i t o l i , n o n fa c o n o s c e r e che v e ru n a antica disposizione vi sia ripor­
t a t a : tu tti q u e s t i C ap itoli, 1’ ultim o eccettu ato , riguardano la m ateria
c i v i l e , la q u a l e so s ta n z ia lm e n te non si rid uce che ad un accozzam en to
d e lle le g g i e h ’ erano
in
v ig o r e
nella
p a r t e l a p a t r i a d el co m p ila to re.
vicina T o s c a n a di cui form ava
Il cap itolo ultim o appella
al
diritto
p e n a l e ».
A l t r i d u e es e m p la ri di questi Statuti, scrive lo stesso Branchi, esi­
s t e v a n o , u n o n e lla C a n c e lle ria C o m unitativa di P o n trem o li, e l ’ altro
p r e s s o P a ita di C a lic e .
2. —
S
tatuti
del
C
omune
di
« L ’ a n t i c o S ta tu to di S u v e r o
S
uvero
più
non
.
corrispondeva nel 1774 ai
b is o g n i d e l l a p o p o l a z i o n e , per cui i Consoli ed i C onsiglieri di q u ella
T e r r a c h i e s e r o al M a rche se G iu sep p e Malaspina
di V i lla f r a n c a , A m ­
m i n is t r a to r e C e s a r e o d ella C asa di S u v e ro che volesse p rov ved e rli di
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 73 —
un n u o v o Statuto ; ed egli come rappresentante il m in o r e n n e S i g n o r e
di S u v e ro Marchese Torquato Malaspina, con rescritto d e l l ’ 8 f e b b r a io
di q u e ll’ anno incaricò della compilazione
del
m ed e sim o
ì ’A v v . N i c ­
colò Maria B ologna di Pontremoli. Esso com pilò di fatti il n u o v o S t a ­
tuto che fu pubblicato in Stiverò il 2 giu g n o 1775 ed a p p r o v a t o d a l
M archese G iu sep pe il 4 luglio successivo. S i c o m p o n e di 99 c a p i t o l i ;
ed un esem plare di esso trovasi nello A r c h iv io dom estico d e i M a r c h e s i
M alaspina di Mulazzo, Filza 21, N. 3 ». (Cfr. S f o r z a , B ib lio g r . S to ­
rica detta Lunigìana , a pag. 243. V e d . anche B r a n c h i ,
o p . c i t ., v o ­
lum e II, p a g . 559).
IV .
BO LO G N A C A R L O
(di Paolo).
Nacque in Pontremoli il 14 agosto 1767 da Paolo B o ­
logna e da Teresa Mastrelli. Manifestò fino dai primi anni
un ingegno versatile e potentissimo, accompagnato da una
prodigiosa memoria per la quale tutto lucidamente e te­
nacemente riteneva. Studiò nelle Università di Parm a e di
Pisa ; e in questa ultima ottenne la laurea di teolo gia e di
ambe le leggi nei giorni 17 e 21 maggio 1793. N e ll’ una
e nell’altra città non ebbe fra i suoi condiscepoli chi lo emulasse per talenti, per operosità e per sapere; e specialmente in Parma, ove più lungamente dim orò, lasciò desi­
derio di sè e contrasse onorevoli am icizie, fra le quali
quella del celebre Angelo Mazza , il quale compiacendosi
a conversare con lu i, soleva chiamarlo il dotto Bologna.
Fattosi poi Sacerdote all’ età di 24 a n n i, ottenne per
concorso nel 1795 l’Arcipretura parrocchiale di Rossano
presso Pontremoli. Poco tempo per altro potè rimanere in
questo pacifico ritiro, ove il suo spirito si sarebbe sempre
più temperato alla severa scuola della meditazione e della
carità. Le vicende del 1799 sopraggiunsero a turbarlo, scon­
volgendo la Lunigiana coi frequenti cambiamenti di g o ­
verno e col continuo passaggio di eserciti di ogni nazione
dalla Liguria alla Lombardia, e provocando anche fatti
sanguinosi nella memorabile resistenza alle truppe francesi
per parte dei montanari di Z e ri, in quei luoghi appunto
ove il Bologna aveva la sua parrocchia. La m aggior parte
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 74 —
dei cittadini pontrem olesi, vinta dal timore e dalle rappre­
saglie , fu g g ì ; ma Γ A rcip rete B ologn a che sedeva nel Ci­
vico M agistrato , corse al suo posto in P on trem o li, seppe
in varie occasioni parlare alto e franco ai colleghi della
M unicipalità, si adoperò con prudenza a moderare le mi­
litari e sig e n z e , e riuscì a risparmiare mali m aggiori al
paese.
R istab ilito l’ordine col sorgere della fortuna Napoleo­
nica, il B o logn a attratto dalla nuova vita pubblica che an­
d av a instaurandosi e sollecitato dalle istanze dei parenti e
d eg li amici , rinunziò alla sua Chiesa ritornando a vivere
colla fam iglia in Pontrem oli, ove nel 24 agosto 1801 il
V e s c o v o gli confermò il titolo di A rciprete. A ttese allora
a ll’esercizio dell’A vvo catu ra, avendone ottenuta licenza non
ostante la sua qualità di ecclesiastico ; e può quasi dirsi
che d ’allora in poi non vi furono affari importanti in tutta
la L u n igian a che non passassero per le sue mani, f r a questi
è da ricordare la sistemazione di tutte le vertenze riguar­
danti g li ultimi M archesi Malaspina di Mulazzo e i loro eredi M archesi Mosti R ecupito di Benevento , dei quali fu
p er molto tempo amministratore.
In dipendenza dell’ esercizio della professione di A v v o ­
cato ebbe a soffrire il Bologna nel 1810 un processo cri­
m inale che fu celebre per tutta la Lunigiana, non solo per
la qualità delle persone che vi furono implicate, ma anche
perchè celava i rancori personali e la vendetta di ben noti
in trigan ti camuffati, come dicevasi allora, da patriotti. Per­
ciò stimiamo opportuno di darne un brevissimo cenno. I
P adri A gostin ian i del Convento della SS. Annunziata di
P ontrem oli avevano venduto con le debite autorizzazioni
del govern o della R egin a d’ Etruria , allora dominante in
Pontrem oli , all’A vvo cato Luigi Torrigiani di Parma una
loro tenuta detta di Ozzano posta nel territorio di quella
p rovincia ; e Γ Arciprete B o lo g n a , come consultore legale
del Convento, aveva avuto parte nelle trattative deH’affare
e dettati i relativi contratti. Trascorso poco più di un anno
dopo questo fatto, e avvenuta la riunione all’ impero fran­
cese della Lunigiana e delle Provincie Toscane, fu pubbli-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 75 —
cata nel 1808 la legge di soppressione delle Corporazioni
religiose, che ordinava il passaggio nel Demanio di tutti i
beni di queste. Quantunque i frati dessero esatto conto
del prezzo ricavato da quella vendita, consegnando anche
i titoli di quanto restavano ancora in credito verso il com ­
pratore, le Autorità francesi istigate da maligni e m endaci
calunniatori che ipocritamente sfoggiavano patriottismo, instruirono un processo per simulazione di contratto in frode
al governo, contro il compratore Torrigiani, contro i Frati
che stipulavano la vendita e contro l’Arciprete B o lo g n a
loro A vvocato consultore ; i quali tutti ebbero a soffrire
prigionia dallo agosto del 1810 al febbraio 1811. N on tardò
per altro a trionfare la giustizia , giacché portata la causa
al pubblico dibattimento avanti la Corte criminale e spe­
ciale residente in Chiavari, dopo le difese pronunziate dalΓ Α νν. Giuseppe Bertani Professore di diritto civile in Parm a
e dall’A v v . Giovanni Bologna fratello deir A rcip rete , nel
dì 12 novembre dell’ anno 1810 fu pronunziata amplissima
sentenza assolutoria di tutti g l’imputati. Ma poiché questo
non bastò a far tacere 1’ animosità apertamente dim ostrata
da chi sosteneva la parte di Pubblico Ministero , sempre
instigato dalla faziosa combriccola sedicente patriottica, ostile specialmente al Bologna, la Corte di Cassazione di
Parigi, presso la quale patrocinò la causa degli im putati il
celebre A vvocato Mejan, pronunziò nel dì 8 febbraio 1811
il suo verdetto definitivo , confermando in ogni parte la
sentenza assolutoria (1).
Le non lievi traversie della vita e le severe occupazioni
legali non distrassero per altro il Bologna dallo attendere
agli studi filosofici e anche a quelli letterari, che sino dalla
(1) Cfr. O r a z i o n e a difesa dei Signori Avvocato A rcip rete C arlo B o ­
logna, Avvocato L u ig i Torrigiani e dei g ià R eligiosi A g o stin ia n i A n d rea
M arioni, Giuseppe Benedetti e Celestino F e r r a r i, recitata i l d ì 12 N ovem ­
bre d ell’ anno 18 10, innanzi alla Corte di G iustizia C rim inale e speciale
del Dipartimento degli Appennini in Chiavari dai Signori G i u s e p p e B e r ­
t a n i Avvocato e Professore di diritto civ ile in Parma e G i o v a n n i B o l o ­
g n a Avvocato alla Corte di Appello di F iren ze; preceduta d a lla esposi­
zione del fa tto . — Parma dalla Stamperia di Filippo Carmignani e Giu­
seppe Paganino (1810); in fol. di pp. 26-4S-14.
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_
76
—
g io ven tù sem pre predilesse. Non vi fu opera importante
storica , letteraria o filosofica pubblicata ai suoi tempi che
non trovasse posto nella copiosa sua biblioteca ; e non vi
fu questione di critica, specialmente letteraria, eh’ egli non
seguisse con v iv o interesse. L a lingua latina conobbe per­
fettam ente , dettando in essa con grandissim a facilità epi­
grafi e versi. D e ll’antica storia di Lunigiana fu buon cono­
scitore ; e a lui ricorsero l ’A b . Em anuele Gerini per no­
tizie e docum enti da servire alle Memorie storiche di L u ­
nigiana , com e ne fa testimonianza lo stesso Gerini nella
prefazione alla sua opera , il conte Pom peo L itta per no­
tizie sulla fam iglia Malaspina, come lo dimostrano alcune
lettere originali del L itta stesso esistenti presso lo scrivente,
e finalm ente il P . Massimiliano R icca delle Scuole P ie per
aiuto ad un lavoro che si era proposto di fare sul M ar­
chese A lessan d ro M alaspina , come pure apparisce da let­
tere del R icc a .
A ffab ile per natura, volentieri accoglieva le. molte per­
sone che si rivolgevano a lui per consiglio e assistenza,
per direzione negli s tu d i, per indicazione di fonti e d ’ au­
torità e per giudizio in lavori letterari. E ra ricevuto nelle
conversazioni per la sua erudizione che a tutto rispondeva
e per le sue piacevolezze ; e anche oggi dopo oltre settanta
anni dalla sua morte, vivono sulla bocca dei pontremolesi
le sue arguzie e i suoi motti di spirito. Per altro la franca
lealtà , la indipendenza del carattere , una certa spensiera­
tezza, la facile parola e il sentimento della superiorità del
proprio ingegn o lo trascinavano a non saper disciplinare i
vsuoi sentim enti o ad occultare prudentemente la verità, an­
corché g li uni e 1’ altra dispiacessero a qualcuno o urtas­
sero nella opinione comune ; e perciò le sue parole erano
tem ute perchè coglievano spesso sul v i v o , e riuscivano
pungenti.
P oco scrisse come avviene sovente agli uomini tutti
com presi dal desiderio d ’imparare e di erudirsi, e che nel
tem po stesso sono forniti di straordinaria memoria; la quale,
a dir vero, fu tale ch’egli ricordavasi non solo delle opere
in cui avea letto qualche fatto o sentenza , ma anche del
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— 77 —
volume e del capitolo. Tutto concentrato in uno studio pia­
cevole, talvolta si dimenticava di affari più gravi, e allora
rimediava al ritardo col raddoppiare la produzione del suo
lavoro , perchè mentre scriveva sopra un argom ento d et­
tava al suo, giovane sopra un altro. Tale altra v o lta quel
suo concentramento lo portò a distrazioni che produssero
equivoci singolari. Onestissimo e di costumi illibati , non
ebbe (convien dirlo per la verità) che il difetto d ’intem pe­
ranza nel vitto , che contribuì ad indebolire a poco alla
volta la sua costituzione fìsica, quantunque fosse robusta e
di proporzioni quasi colossali.
Nessuno stimolo sentì di dare al pubblico i suoi lavori,
per la qual cosa anche i pochi suoi scritti andarono per la
maggior parte dispersi; e neppure ambì uffici pubblici ed
onori. Ciò fece dire giustamente al suo necrologista che
« si sarebbe desiderato in questo uomo straordinario un
qualche grado di ambizione che lo spingesse a m ettere in
attività in un campo più vasto tante belle qualità di mente
e di cuore ». E Marco Tabarrini egregiamente lo giudicò
colle seguenti parole che ci piace di riportare com e con­
clusione di questo breve articolo : « Carlo Bologna era uno
di quegli uomini che nei costumi del secolo scorso costi­
tuivano un elemento principalissimo della vita municipale
nostra, prima che fosse incominciato quell’accorrere di tutti
i migliori alla capitale in cerca di uffici e di lucri. R icco
di scienza appresa nelle Università di Parma e di Pisa, di­
scepolo ed amico del celebre A ngelo Mazza, in quella età
che più sente il pungolo deir ambizione, Carlo B o logn a si
fece sacerdote, ed al bene dei suoi concittadini consacrò il
suo sapere e la sua instancabile operosità. Egli era nel suo
paese il paciere invocato nei dissidi, il consigliere accetto
nei dubbi, il difensore intrepido dei diritti conculcati, eser­
citando così quella magistratura benefica di concordia , a
cui danno diritto la superiorità della mente e la probità
della vita » (i).
(r) T a b a r r i n i M a r c o .
logna. Firenze, coi tipi di
Notizie sulla vita del Consigliere Giovanni Bo­
M.
Cellini e C. alla Galileiana, (1857); in 8.
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7S
—
—
M orì Γ A rcip re te B o logn a in Pontrem oli il 13 aprile
1827. L a sua necrologia fu stampata nel Supplem ento alla
Gazzetta di Firenze del 5 m aggio 1827.
O P E R E M A N O SCR ITTE.
1. —
L
a
T
olleranza
c o n fo rm e a i d ir itti d i natura ed a lla pubblica
u t ilit à . D i s c o r s o a c c a d e m i c o , Con note.
F a s c i c o l e t t o m a n o s c r itto , a u to g ra fo , in
8.°
di carte
16.
Fu
letto
n e l l a U n i v e r s i t à di P a r m a nel 1791 o 1792 , m e n tr e il B o l o g n a vi era
s c o l a r e , a lla p r e s e n z a d el C o n te A n t o n i o C er a ti P resid e d ella F a c o l t à
di filosofia.
2.
—
—
E s i s t e p r e ss o lo scrivente.
P i a n o p e r u n buo?io S tu d io d i M eta fisica .
È i m a b r e v i s s i m a scrittu ra autografa, di 2 carte in 4 . 0 g r a n d e colla
q u a l e in 10 a rtic o li s o n o d a l B o l o g n a indicati i p iin c ip a li trattatisti di
q u e s t a s c i e n z a c o n o sciu ti a ’ suoi tem pi, l ’ ordine da seg u irs i e le c a u ­
t e le d a a v e r s i nel l e g g e r l i e nello studiarli. A n c h e q u e sto esiste presso
lo scriven te.
3· —
C
arlo
B
ologna
M
u n ic ipa l ist a
alla M u n icip a lità d i P o n tr e ­
m o li. R o s s a n o , 12 lu g lio 1799,
M a n o s c r itto di d u e carte in 4 .0 gr . esistente presso lo scriven te.
N e l 10 lu g lio 1799 la M unicipalità di Pontrem oli d ella q u a le fa ceva
p a r t e Γ A r c i p r e t e B o l o g n a , d eliberò , lui assente , d ’ im p orre un a tassa
p e r s o n a l e u n ifo rm e su tutti i cittadini possidenti
del
C o m u n e , senza
r i g u a r d o a lc u n o a lle rispettive loro sostanze; era, in altri term ini, una
s p e c i e di q u e lla o d io s a tassa c h e si c h iam a il testatico. Il B o l o g n a a p ­
p e n a lo s e p p e , p r o te s tò con qu esto scritto d iretto ai C itta d iìii C o lle g h i
c o n t r o sì a ssu rd a ed ing iu sta tassa, a d d u c e n d o le ragioni che la con ­
d a n n a v a n o ; e a c c o m p a g n ò la protesta con una lettera al cittadino S e ­
g r e t a r i o d e lla M u n icip alità , ordinandogli di le g g e r e la protesta stessa
in p u b b l i c a S e s s io n e , e di registrarla negli atti e d ocum en ti d ella S e ­
g r e t e r i a ; e a g g i u n g e n d o : « S o n o ben lontano dal vo le re im porre agli
a ltri col m io s e n tim e n to . O g n u n o
d e b b o a m e ste sso e d al mio
è pa d ro ne
onore la
delle sue opinioni ; ma
pu bblica
manifestazione
de’
m ie i se n tim e n ti in un affare di tanta importanza ».
4, L u d o v i c i S a v i o l i —
7nonem — Versa.
Carm ina — A b
Ita lico in L a tiim m
ser-
C o d i c e t t o c a r ta c e o in 8.°, leg ato in tutta p e r g a m e n a , di p a g . 53
n u m e r a t e e 2 s e n z a n um erazion e. È tutto scritto di m ano d e l trad u t­
t o r e C a r l o B o l o g n a . S o n o 24 E le g ie in distici latini. —
l o s c r i v e n te .
5. — I s c r i z i o n e
M u la z z o .
la tin a
dettata per
Esiste presso
essere scolpita sulla torre di
F u p u b b li c a t a d a G io v a n n i Sforza a p a g . 24 d ell’ op uscolo : E p i­
stola P ereg ri7ii de Belm esseris Pontremulensis . L u cc a , Giusti, 1SS0.
ì
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— 79 —
6· ~ D ue motti — a — Pirro S econdo . Aletopoli M D C C C V I T .
C o d ic e cartaceo in 4.0, legato in mezza pergam ena, di p a g . 235 di
testo e T52 di noie; totale di pp. 387. È in copia , ma h a a b b o n d a n ­
tissime note ed aggiunte dell’ autore C arlo Bologna. E siste p r e s s o lo
scrivente. In questo scritto il Bologna fece l ’apologia d e lle t r a g e d i e di
V ittorio A lfieri , delle quali fu caldissimo ammiratore , c o n 1’ i n t e n d i ­
mento di difendere quel sommo dagli attacchi che gli v e n n e r o d a a l­
cuni toscani ed in special modo dal Prof. Carmignani. L ’ o p e r a è d e ­
dicata al Cesarotti , designato col suo nom e arcadico di
M eronte , è
divisa in sette capitoli preceduti da una introduzione. I titoli d e i c a ­
pitoli son o i seguenti : I. Esperienza ed effetto teatrale. —
I I . U nità
di azione . — I I I . Numero dei personaggi. — IV . Caratteri. — V . D ia ­
logo. — VI. Stile. — VIJ. Spirito. Il B ologn a a v e v a in a n im o di p u b ­
blicarla, m a sem bra che ne deponesse il pensiero per difficoltà i n c o n ­
trate colla censura g o v e rn a tiv a , giacché
in una lettera d e l 25 l u g l i o
1809, da lui diretta al fratello Giovanni in Firenze, così sc riv e v a : « C o n ­
v e n g o an e li’ io pienissimamente nel pensare che il G o v e r n o n o n p u ò
essere in q u esto moménto tanto tranquillo da perm ettere la
del mio scritto; e voglio piuttosto bruciarlo
stam pa
che sp ogliarlo di tu tti i
tratti politici e ridurlo così ad un nudo schèletro inanim ato ».
7.
— I s c r i z i o n i l a t i n e p ei fim erali del Granduca Ferdinando I I I
celebrati in Pontremoli nel 1824.
Manoscritto in 4.0 gr. di carte 3 presso lo scrivente. O l t r e le iscri­
zioni per la porta della Cattedrale e per il Catafalco, a v e v a l ’A r c i p r e t e
B ologn a dettata anche una lunga iscrizione
da dispensarsi
p riva ta -
mente a nom e, e come attestazione di ossequio e di g r a titu d in e d e l l a
famiglia B o lo g n a , la quale fu stampata a Pisa dalla tip o grafia N istri,
con l ’ approvazione della censura di quella città. Ma a v e n d o q u e s t a
cosa suscitato delle piccole invidie, il Commissario g o v e r n a ti v o , c e r to
S ca ram ucci, che aveva dei vecchi rancori coll’A r cip rete, g l i o r d in ò di
non dispensare la iscrizione senza prendere intelligenze
con
lui.
Al
quale ordine il Bologna sdegnato rispose in data 5 a g o s to : « H o fatto
gettare sul fuoco tutte le copie delle iscrizioni , facendo c o s ì s fu m a re
q u e ll’ allarme risvegliato dal mio ardire
di
richiamare
a lla
m em oria
dei Pontrem ole si i benefizi loro compartiti ampiamente d a l l ’e stin to S o ­
vrano ». E così veramente f e c e , non essendo rimasta d e lle iscrizion i
neppure una copia. E. ritirò anche quelle destinate per la p o r t a d e lla
Chiesa e pe r il catafalco, le quali perciò non furono m esse in o p e r a . In
questa stessa occasione della morte di Ferdinando
III
d e tt ò p u r e la
iscrizione pei funerali celebrati il 17 luglio nella Chiesa d e l C o n s e r v a torio di S . G ia co m o in Pontremoli, la quale è così ricord ata nel n. 94
della Gazzetta di Firenze di detto anno : « Sopra la porta d e l l a C h ie s a
era stata collo cata una elegante iscrizione funebre , parto
fe lic issim o
della c eleb re penna del Sig. A v v . Carlo B ologn a e c c ...... ».
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
8o
V.
C A R L O BO LOGNA.
(d i G io v a n n i).
Carlo B o lo g n a nacque in Firenze il 18 ottobre 1824 da
G iovanni, allora A u d ito re della R o ta Fiorentina e poi P re ­
sidente del Buon G overno di Toscana e M inistro di L e o ­
poldo I I , e da G iulia V illan i di fam iglia patrizia di P i­
stoia (1). A tte s e agli studi letterari e filosofici nello Istituto
dei Padri delle S cu ole Pie, ove ebbe a maestri M auro B e r­
nardini , E usebio G iorgi e Numa Pom pilio Tanzini. A 16
anni incom inciò g li studi legali nella U niversità di Pisa, e
riportò diplom a di D ottore nel 14 luglio 1844. R itornato
poi a F ir e n z e , fece le pratiche di giurisprudenza presso
N iccolò Lam i R . Procuratore generale della Corte di A p ­
pello , e che fu più tardi M inistro di Grazia e Giustizia,
finché nel giu gn o 1848 conseguì il grado di A vvo ca to .
Il
libero esercizio della professione legale era nei suoi
desideri ; ma per deferenza al padre che desiderava di v e ­
derlo avviato negli uffici g o v e rn a tiv i, concorse per esame
ad un posto di U ditore o Referendario al Consiglio di
Stato, e l ’ottenne nel 20 m aggio 1850. Fino da quel m o ­
mento egli ebbe occupazioni importanti e gravi , giacché
dovè sostenere la parte di Segretario relatore di varie Com­
missioni del Consiglio , e specialmente di quelle incaricate
di esam inare i progetti del Codice penale comune e di
quello penale militare. Il 12 giugno 1856 fu anche nomi­
nato Segretario di una Commissione composta di Ferdi­
nando Tartini, Odoardo Dufour Berte , Pietro Betti, G iro­
lamo G argiolli e Gherardo L en zo n i, incaricata di una ri­
form a gen erale del R . Arcispedale di S. Maria Nuova.
(1) Riguardo a Giovanni Bologna, pontremolese, padre di^ Carlo, vedasi
una mia Memoria col titolo : Giovanni Bologna , la riforma penale in To­
scana e i l Concordato del 1851. Cenni storici e biografici. Si aggiunge la
Necrologia d el Bologna , scritta da Celestino Bianchi, già Segretario gene­
rale del Governo Provvisorio della Toscana nel 1859. Firenze, Ufficio della
Rassegna N a zion a le , Via della P ac e, 2 , 1898. Pistoia tip, di G. Fiori,
Estratto dalla Rassegna Nazionale , in 4, di pag. 100.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
Caduto il governo granducale , il Ricasoli Governatore
generale della loscana gli affidò la gerenza della Strada
errata Aretina; e d allora in poi rimase sempre in uffici
ferroviari, prima come Commissario Amministrativo presso
la Società delle Strade Ferrate Livornesi, poi come S e g re ­
tario R elatore della Commissione d’ inchiesta sui servizi e
sulle tariffe delle Ferrovie del Regno (1867), come C om ­
missario straordinario di vigilanza e revisione presso la
Società delle Strade Ferrate Romane (1870), e come Isp et­
tore Superiore per gli affari commerciali delle F errovie del
Regno.
Questi furono gli uffici governativi sostenuti da Carlo
Bologna. Ma egli non era uomo da rimanere internamente
soddisfatto, limitando l ’ operosità sua alle nobili s ì, ma aride speculazioni ufficiali. Il suo sentimento ed il suo in­
gegno volevano ben altre soddisfazioni e le trovò in altri
uffici di azione più diretta sul pubblico bene, e negli studi
specialmente di erudizione, d’arte e di bibliografìa.
Per 20 anni, dal 1851 al 1871, fu Segretario della S o ­
cietà per gli Asili Infantili; ed ivi ebbe a colleghi nella
cura di quello Istituto, che si manteneva col concorso della
carità cittadina, amici carissimi, che portavano i nomi, anche oggi onorandi, di Carlo Capponi, Ferdinando B arto­
lomei, Lorenzo Strozzi Alamanni e Lotteringo D ella Stufa.
Più tardi fu anche nominato Socio e Sindaco della Cassa
di Risparmio.
Nel 1859 , appena si ricostituirono col sistema elettivo
le rappresentanze municipali, Carlo Bologna fu chiamato a
far parte del Consiglio del Bagno a Ripoli florido e popo­
lato Comune del suburbio fiorentino; ed entrato poi nella
Giunta, che allora chiamavasi Magistrato dei Priori, attese
con altri egregi, fra i quali Enrico e Giuseppe P o g g i , r i ­
baldino e Cosimo Peruzzi, Felice Francolini, Carlo M a­
gnani, ad ordinare quell’ amministrazione secondo le leggi
e i sistemi portati dal nuovo ordinamento politico , a pre­
parare il plebiscito italiano, a sviluppare la istruzione e la
educazione popolare, ad avviare insomma quel Comune
sulla miglior via suggerita dallo spirito dei nuovi tempi.
Giorn. St. e Leti, della Liguria,
6
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
82
—
E tanto eg'li corrispose alla fiducia dei suoi elettori e del
G overn o , che con D ecreto R ea le del i.° m aggio 1861 fu
nominato G onfaloniere (Sindaco) del Comune stesso : nel
quale ufficio ebbe poi conferma con altro D ecreto del 14
gennaio 1864. In questa occasione il Prefetto di Firenze,
M archese di T orre A rsa , così gli scriveva : « Non saprei
com e m eglio dim ostrarle la soddisfazione del Governo per
il modo lod evole con cui ella ha condotta cotesta ammi­
nistrazione m unicipale fino a tutto il perduto anno 1863,
che accom pagnandole il D ecreto R e a le di conferma nella
carica di Gonfaloniere anche per il futuro quadriennio ».
M a egli occupato da altri gravi affari propri e d’ufficio, in­
sistè poco dopo per averne dispensa, e l ’ ottenne nel 24
agosto 1864, rimanendo bensì per vari anni ancora nel
C onsiglio e nella Giunta.
N el 1866 fu anche eletto Consigliere nel Municipio di
Firenze, ove sedè per quattro anni.
Quanto agli stu d i, egli vi attese (lo dirò con una pa­
rola di uso comune) come dilettante, per sola soddisfazione
propria e senza alcuna pretesa di prendere posto fra gli
eruditi e i letterati. Dedito allo studio anche nella età gio­
vanile , desideroso di osservare e di apprendere , lo fermo
naturalm ente la città in cui era nato e nella quale aveva
sempre vissuto ; e la sua storia e i suoi monumenti ne fe­
cero la educazione e ne formarono il gusto. L e gloriose
vicende della R ep u bb lica Fiorentina, nelle quali si confon­
dono e quasi s’ immedesimano i fatti splendidi del risorgi­
mento letterario ed artistico , destavano in lui una specie
di entusiasmo che lo portò ad avere quasi un culto per
tutto quanto fu prodotto in quella epoca memoranda. In­
spirati a questo culto sono i molti articoli che dal 1866 al
1871 pubblicò nella Gazzetta del Popolo di Firenze , una
bellissim a collezione di acquarelli di Firenze antica , la re­
censione del Codice R u stich i, la collezione dei Codici e
delle O pere Dantesche, il catalogo delle Edizioni fiorentine
e toscane del secolo X V e la collezione delle iscrizioni fio­
rentine. M a di tutto ciò tratteremo nella parte bibliografica
sem brandoci non inutile di discorrerne partitamente con
una certa larghezza.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
- 83 l<a meraviglia com’ egli, occupato anche in affari p u b ­
blici, potesse attendere a studi e a lavori di tanta mole.
Ma devesi tener conto che allo ingegno suo pronto nel1 apprendere e concepire e sicuro nel giudicare, ob bed iva
una mano velocissima nello scrivere , tanto che in pochi
momenti gettava sulla carta, senza correzioni o pentim enti
qualunque lettera o lungo rapporto in affari più difficili ed
intrigati. Spesso usava di scrivere e nello stesso tem po
conversare su diversi argomenti cogli amici e coi parenti.
Alle adunanze di Consiglio ed anche alle Assem blee della
Società delle Ferrovie Romane, numerose sempre e spesso
clamorose, scriveva, seduta stante, i rapporti informativi al
Governo sulle cose discusse e deliberate , in tanti piccoli
foglietti che mandava di mano in mano ad essere trascritti
in buona copia, di modo che al chiudersi delle A dunanze
o delle Assemblee , anche i rapporti erano pronti per la
spedizione. A veva poi una paziente costanza nel perseve­
rare in qualunque lavoro anche se 1’ avesse occupato per
lungo tempo o fosse stato faticoso per le ricerche minute
e difficili o per la necessità di scrivere molto. Il lavoro e
lo studio non lo resero ritirato e severo , che anzi man­
tenne per tutta la vita Γ indole socievole e gaia che ebbe
dalla natura; e quando negli ultimi anni gl'incomodi d ’una
malattia erpetica che progrediva a gran passi lo indussero
ad abbandonare la vita di società ed i pubblici diverti­
menti, trovò distrazione nelle frequenti gite alle città prin­
cipali d’ Italia per visitare le biblioteche e raccogliere ma­
teriali per il suo lavoro sull’ edizioni toscane del sec. X V .
Morì Carlo Bologna il 2 febbraio 1884, e fu sepolto
nel Campo Santo della Misericordia presso 1’ antica Porta
a P in ti, nella cappella sotterranea che sta nel mezzo al
Camposanto. A lla parete prossima alla sepoltura fu posta
una lapide di marmo con la seguente iscrizione :
C arlo Bologna
Uditore al Consiglio di Stato in Toscana e sotto il R e g n o
d ’ Italia
Regio Commissario Straordinario presso le Ferrovie Romane — A m m i ­
nistrò per varii anni il Municipio del Bagno a Ripoli c o m e
niere, fu Consigliere del Municipio di Firenze e Segretario
G o n falo ­
d e lla S q -
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
c i e tà p e r g l i A s i l i In fa ntili. —
84 —
L ’ i n g e g n o p r o n t o e d e l e t t o e le q u a l i t à
e g r e g i e d e l l ’ a n im o c o n a b n e g a z i o n e di se s t e s s o a d o p e r ò a v a n t a r l o
di m olti in c o s e p r i v a t e e n e g li uffici s o s t e n u t i .
H
m e n t o d el b e l l o e d u c ò c o n l u n g h i s tu d i , o n d ’ e b b e
gu sto
c o s e di l e tt e r a tu r a e d a r t e
e
conforto
n a t u r a l e s e n ti
s q u i s i t o in
n e lle s v e n t u r e d o m e s t i c h e .
L a S o c i e t à C o l o m b a r i a lo a scr isse fra i s u o i .
A l c o n g iu n to am atis
s im o , a l l ’ u o m o c u lt o e b e n e fi c o e s i n c e r a m e n t e
r e l i g i o s o il fr a te o
e
s o r e lle i n ip o ti p r e s s o il su o c o r p o
Q . Μ. P.
n. i S o t t o b r e 1S24 -f- 2 f e b b r a io 1SS4.
S C R IT T I A
STAM PA.
i . — P a s s e g g i a t e p e r F i r e n z e e d a lt r i a r tic o li d i s to r ia e d a r t e .
Furono
p u b b li c a t i n e lla G a z z e tta d e l P o p o lo
al 1 S 7 1 . S o n o a n o n im i. -
di
F i r e n z e d a l 1S64
C o l l e P a s s e g g ia te p e r F ir e n z e d i è p r i n c i p i o
il B o l o g n a ad u n a illu s tra z io n e p o p o l a r e s to ric o a rtistica d e i p r in c ip a 1
m o n u m e n ti fioren tini. E r a n o c o s e , c o m ’ e g li s te s s o d i c h i a r ò , « s c r itt e
a lla b u o n a ,' s e n z ’ a lc u n a p r e t e n s io n e e p e r s o l l e v a r e e r ic r e a r e lo spi
rito n elle p o c h e o r e n on d e stin a te
a lle
a rid e
o c c u p a z io n i
n ata », m a le tr a la s c iò p o i p e r far l u o g o i n v e c e
ticoli, s e m p r e
d e lla g io ì
a d a ltra s e r i ç di a r
a n o n im i , diretti a tu t e l a r e la c o n s e r v a z io n e dei m o n u
m en ti fiorentini e a so llec ita rn e le r ip ara zioni.
Si
t r a s f e r iv a
a ll o r a la
s e d e del g o v e r n o ita lia n o a F i r e n z e , e , tra la p r e c i p i ta z i o n e c o n c u i
d o v è e ssere c o n d o t t a la co sa , tra il m a lu m o r e e il d i s a g i o
dei
nuovi
v e n u t i e dei fiorentini, tra le a p p ren sion i d e l M u n ic ip io m e z z o s to rd ito
d a lle g r i d a di chi lo r im p r o v e r a v a di mal v o le r e e di i n e tte z z a , a tu tto
si
pensò
z io n e
sul
n ella
p rin c ip io , m e n o
s c e lla e
c h e a p r o v v e d e r e c o n m o lta c i r c o s p e
nella o c c u p a z i o n e d e lle fa b b ric h e , s p e c ia l m e n t e
c o n v e n t i , p e r in s tallarvi i n u o v i uffici; e p o c o m a n c ò c h e
c o m m e s s o q u a l c h e g r a n d e v a n d a lism o , c o m e
q u e llo
di
n on
fosse
d e s t in a r e ad
uso di m a g a z z i n o d o g a n a l e il C o n v e n t o , o g g i M u s e o , di S a n M a r co .
L a G a z z etta d e l p op olo alzò la v o c e c o g li articoli scritti dal B o l o g n a ,
e riuscì a fe r m a r e l ’a tten zio n e del g o v e r n o e d el m u n ic ip io so p ra m olti
m o n u m e n ti citta d in i, c h e furono infatti n on solo rispettati , m a a n c h e
c urati p e r la lo r o m ig lio r e conservazione.
M arco , prese
il
B ologn a
O ltr e
il C o n v e n t o
di
San
p a rtico la rm e n te di m ira coi suoi a rticoli il
C e n a c o lo di G i o t t o n e l l ’ antico refettorio di S . C r o c e ; il c h io s tr o e il
refettorio d e l C o n v e n t o d ’ O g n i s s a n t i , c e le b r e
il
p r im o pei b ellissim i
affreschi d el L i g o z z i , di G io v a n n i da S . G io v an n i e dei B o sc h i , e il
secondo
per
il C e n a c o l o
del
S S . A n n u n z i a t a , in s ig n e per
G h ir la n d a io ; il
la
D e l S a r to e p e r g li affreschi del P o c c e t ti ; il
San
S alvi
e
altri
C h iostro
g r a n d e d e lla
M a d o n n a d e tta d el Sacco di A n d r e a
C en acolo
di
A ndrea
a
m on u m en ti. E q u a n d o , ad o n ta d ei suoi r e c la m i,
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 85 —
nulla si faceva, tornava ad insistere e francamente s c r i v e v a : « N o n si
creda di s t a n c a i c i con la forza d ’ inerzia , perchè noi ci s e n t i a m o in
grado di op p orci anche a quella, e di trovare lev e po ten ti a t t e a t r o n ­
care ogni più resupina ignoranza ». Ed infatti non si ristav a d a p r e ­
mure personali e da inviare lettere alle persone che per u fficio o p e r
a derenze p o te v a n o aiutarlo, come infatti lo aiutarono , a r a g g i u n g e r e
il suo scopo.
2. — S oc ie tà — degli A sili Infantili — in F irenze — M e m o r ia
— presentata al Municìpio di Firenze — dal — Comitato d ir ig e n te —
la pia Istituzione — Firenze - tipografia dell’Associazio?ie — V ia Vaifonda N . 79 — ι86γ , con Allegati, in 8.° di pp. 20.
3. — R ime — dei prim i secoli — della lingua italiana. P e r n o zze
Galli e Fanghi. In fine: Impresso — nella città di F ir en z e — p e r la
tipografia d ell’A r te della Stampa — Γ anno M D C C C L X X I X — a dì
24 del mese di giugno — in cinquanta esemplari — numerati.
In 4 0 di carte 8, compresa la copertina, senza n u m era zion e. — L e
poesie consis tono in tre sonetti estratti da un Codice f r a m m e n ta r i o
m em branaceo del secolo X V , e cioè, una di Ser Cazam onte e d u e d i
V entura. P er notizie sul frammento di Codice dal quale fu r o n o tolti
i sonetti, ved asi il Giornale Stor. della Lett. Ital ., V o l. II . p a g . 33 4 ·
4. — I nventario di mobili di F rance — s c o d i A n g e l o G a dd i
— 1496.
In 4.0 di pp. 43, più 5 carte senza num. — H a un bel f r o n te sp iz io
a fregi e figure di stile del quattrocento nel quale si legge: P e r — n o zze —
Bum iller — S tiller — Anno M D C C C L X X X — III. — P r e c e d e l ’ i n v e n ­
tario una notizia di Francesco di Angelo Gaddi e del suo libro di r ic o r d i ,
che va da pag.. 1 a pag. 17. A pag. 19 comincia l'inventario c h e fin isc e a
pag. 42 , con copiosissime note , specialmente bibliografiche. A l l a p a ­
gina 43 : Im presso — nella città di Firenze — p er i l Cavaliere A n ­
tonio C ivelli — Vanno M D C C C L X X X III — e questo mese d i m aggio
— in cento esemplari — e una copia su carta antica. —
D i q u e s ta
pubblicazione assai importante e anche bella tipograficam ente , rese
conto A g e n o r e Gelli ne\YArchivio Storico italiano, Ser, I V , T o m . X I I ,
Dispensa I V del 1883, pag.
150. Ed anche il Giornale S to rico della
Lett . Ital., V o l . II, pag. 256.
M A N O SCR ITTI.
I# _ S tudi e ricordi di F irenze antica . Collezione di o ltr e
170
acquarelli. V o li. 8 in formato Album, 23 per 15.
L ’ am ore a F i r e n z e , alla sua storia e ai suoi m o n u m e n ti , in d u s s e
Carlo B ologn a a ricercare notizie e procurarsi dei ricordi a ll ’ a c q u a r e l l o
di fabbriche monumentali oggi distrutte e di diverse località trasfor­
mate col trascorrere dei secoli, che servono a dare un’id ea d e l l ’a n tic o
materiale della città. Con gusto finissimo e con costante p e r s e v e r a n z a ,
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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86
e g l i a n d ò c e r c a n d o e s c e g l i e n d o in a n tic h i C o d i c i
stam pe e pitture q u a n to p o te v a
servire
al
suo
ste sso r a c c o l s e a n c h e m o lti a p p u n t i e n o tiz ie
e libri , in v e c c h i e
s c o p o , e n el
che
tem po
d o v e v a n o servire a
fa rn e la i l lu s tr a z io n e . I più b e lli e s in g o l a r i di q u e s t i
a c q u a r e l l i son o
q u e lli d e i v o l u m i 4 e 5, in N . di 42, r a p p r e s e n ta n t i tutti 1 u l t i m o c e r ­
c h i o d e lle m u r a o g g i
d e m o l i t e , e q u e l li d e i v o lu m i 6 e 7 c o n t e n e n t i
v e d u t e d e l l e a n t i c h e C h i e s e di F i r e n z e , m o l t e d e l l e q u a li p r e s e a volo
d ’ u ccello , c o i g r a n d i o s i a n n e s s i, c h e fu r o n o to lt e d a l C o d i c e R u s t ic h i,
di c u i al N . s e g u e n t e . Q u e s ti a c q u a r e l l i si c o n s e r v a n o
p r e s s o lo s c r i ­
v e n t e , il q u a l e n e a g g i u n s e d iv e r s i su lle in d ic a zio n i la s cia te
da
C arlo
B o l o g n a , e d altri a n c o r a p o t r e b b e r o e s s e r v e n e a g g iu n t i .
2. — R e c e n s i o n e d e l C o d ic e R u s t ic h i .
N e l fare s t u d i e r ic e r c h e p e r la r a c c o lta
an tic a , C a r l o B o l o g n a s ’ i m b a tt è
in
un
di
a c q u a r e lli
di
F iren ze
cod ice apparten en te al S e m i­
n a r io f io r e n tin o , c o n o s c i u t o so lta n to p e r
una
in d ic a z io n e d a t a n e dal
M o r en i n e l l ib r o D e lle tre sontuose Cappelle M edicee e c c . . . . . . . a p a ­
g i n a 248. E s s o è d e lla s e c o n d a m e t à d e l
secolo
X V , e p o r t a p e r ti­
t o l o : D im o stra zion e
d e ll’ andata o via g g io a l S . Sepolcro e a l M onte
S in a com pilata da M arco di Bartolom eo R u stich i o.rafo d i F ir e n z e ;
m a in so s ta n z a n o n è c h e u n o d i. q u e i così
d etti Z ib a ld o n i
n ei quali
g li a ntichi n o s t r i , p e r la s c a r sità di libri, s o l e v a n o r e g is t r a r e le n otizie
a c q u is ta te sia n e l le s c ie n z e m o r a li c h e n e lle f i s i c h e , ed a n c h e g l i a p ­
p r e z z a m e n ti o le d e d u z io n i c h e era n o effetto d e lle m e d ita zio n i p r o p rie
s o p r a le o p e r e a ltru i. Il b u o n R u stich i , p r im a
di
v i a g g i o , v e r o o i m m a g i n a r i o , v u o l e c h e « g li sia
d ella
sua
p a tr ia
di
d ire
a lc u n a
co sa
d ella
pa rtire p e r
il su o
lecito p e r P a m o r e
m a gn ific a
c ip ta
di
F i­
r e n z e » e c c ........ ed in c o m in c ia la sua o p e r a d e s c r iv e n d o la città so p ra
tu tto n e lle s u e C h i e s e , p o i n e g li S p e d a li
b li c a b e n e fic e n z a , nel su o
c lim a e n elle
e
sue
altri sta b ilim e n ti di p u b ­
p r o d u zio n i.
Ma
V asce­
tism o o c c u p a di t r o p p o la m e n te d el R u stich i, c h e s e m b r a i n v a s o da
u n a s p e c ie di m a n ia religio sa , la q u a le gli fa tr a s cu r a r e ed a n c h e tr a ­
la s c ia re la p a rte d e s c r it tiv a , sto rica ed artistica , c h e nei p o c h i
tratti
esisten ti s p le n d e p e r v a g h e z z a di stile e p e r il g u s t o squisito n e l l ’ arte.
P e r a ltro il C o d i c e è im p o r ta n te p e r lo stn d io d e lla to p o g ra fia di F i ­
r e n z e n e l s e c o l o X V , e p r e g e v o lis s im o pe r un a
q u an tità di d is e g n i a
p e n n a l e g g e r m e n t e coloriti c h e stan no nei m a r g i n i , e d a p p a r t e n g o n o
a lla ste ssa e p o c a , e p r o b a b ilm e n te
allo
stesso R u stich i ; i q u ali r a p ­
p r e s e n t a n o n o n s o lo v e d u te pro sp ettic h e , m a
anche
c o m p o siz io n i in
figure di s o g g e t t o sacro, bellissime pe r d e lic a te zza di c o n c e t to , di s e n ­
t im e n to e fin e zza di esecu zio ne. C o l c o n c o r so di altra e g r e g i a ed e r u ­
dita p e rso n a , il B o l o g n a esa m in ò e stu d iò q u e sto C o d i c e , e n e d e ttò
p o i un a r e c e n s io n e a c c u r a ta , c h e a v e v a in a nim o di p u b b l i c a r e , c o r ­
r e d a t a dal f a c s im il e di alcuni d iseg n i
fra i
più
lucidi. A q u e s ta recensio ne lo sc riv e n te a g g iu n s e
b e l l i , di cui l e v ò i
una
prefazion e con
c o p io s e n o te illustrative, con l ’ in ten d im e n to di po rta re a d effetto P i -
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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87
—
dea di pubblicarla. Ma per ragioni che qui è inutile di riferire, q u e sta
pubblicazione non ha potuto esser fatta (i).
3 · — S tu d i Danteschi. — Codice di Antonio di Tuccio M a n etti , e
Commento di Trifone Gabrielli.
N e d a rem o conto colle parole del Prof. Francesco N o v a ti ( G iornale
Storico della Lett. ital ., Vol. V i l i , A n . 1886, pag. 286 e s e g . ) . « P e r
suo diporto Carlo Bologna si pose a studiare il Cod. M a g lia b . U . V I I ,
152, nel q u a le Antonio di Tuccio Manetti scrisse di p r o p ria m a n o la
C om m ed ia d e l l ’Alighieri, corredandola di chiose sto r ic h e , le tt e r a r ie e
cosm ografiche (le quali disgraziatamente non sono con tin u e) ed a g ­
giu n ge n d ov i figure astronomiche. Fra i pregi di coteste p o stille il B o ­
logna vi trovò singolarmente quello delle illustrazioni di
D a n t e con
D a r te ; sistem a poi posto in onore dal Magalotti e p r o p u g n a t o ai dì
nostri dal Giuliani.
E per meglio tener dietro a questo
s tu d io tra ­
scrisse tutto il Codice. In seguito pensò che avrebbe p o tuto p r e p a r a re
la copia fatta per la stampa, ed a quest’ oggetto si diede a riu n ire n o ­
tizie sopra il Manetti; e avea anche in animo di associare
a
sè
per­
sona valen te in studi cosmografici e astronomici per m eg lio d ic h ia r a r e
la parte scientifica delle chiose ». Un altro studio D an te sco a v e v a c o ­
minciato sul commento di Trifone G a b r ie lli, appofittando
di u n
Co­
dice della sua biblioteca, da lui per buona parte trascritto e c o l la z i o ­
nato con altro della Barberiniana ; ed in questo studio era
constatare che non a torto alcuni accusarono
giunto a
Bernardino D a n i e l l o d a
L u c c a di a v e r c o m m e s s o , se non nella f o r m a , certam ente n e lla s o ­
stanza un p la gio a danno del Trifone, scrivendo il c o m m e n to p u b b l i ­
cato con la D ivin a Commedia in V enezia presso Pietro
da
F in o
n el
1568. Questi studi con la copia integrale del Codice M an etti es is to n o
presso lo scrivente.
4. — C atalogo di edizioni fiorentine e toscane d el secolo X V .
A n c h e di questo lavoro importantissimo darò conto c o lle p a r o le d e l
Prof. N ovati (Giorn. Stor. , loc. cit.). « Certo si può m e t te r e fra le
disgrazie c h e questo lavoro sia rimasto imperfetto , p e rc h è b e n p o c h i
altri potevano o potranno attendervi con frutto, come fece il B o l o g n a ,
il quale allo spirito di osservazione, alla paziente so le rzia , a lla lu n g a
pratica acquistata in questa materia , riuniva la comodità di fr eq u e n ti
occasioni di recarsi in altre città d ’ Italia e fare personalm ente stu d i e
riscontri nelle più cospicue nostre biblioteche.
Non cre d o in u tile dar
qui un cen no del metodo con cui è stato condotto questo l a v o r o , s e r ­
vendom i d egli appunti cortesemente fornitimi dalP egregio frate llo d e l ­
l’autore. D o v e v a al lavoro .precedere una notizia riassuntiva d e l l a sto ria
(1)
Le bellissime illustrazioni di questo Codice Rustichi hanno poi ser­
vito ad ornare una recente opera della quale è stato pubblicato finora il
solo primo volume, e cioè: C o c c h i A r n a l d o , Le Chiese di F irenze dal
secolo I V al secolo XX, vol. I, Quartiere S. Giovanni, Firenze, 1903
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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88
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d e l l a t i p o g r a fi a in T o s c a n a , e s e g n a t a m e n t e in F i r e n z e p e r
vi s o n o fra le c a r t e d e l B o l o g n a m o lti a p p u n t i , c i t a z i o n i
uno
sp oglio
assai
m in u t o
del
celeb re
G io rn a le della
di
la
q u ale
fo n ti ed
R ip o lia n a. A
q u e s t a s a r e b b e s e g u i t a la b ib l i o g r a fi a , g i à p r o n t a e d i s p o s t a
a
g u is a
di C a t a l o g o p e r o r d i n e a lfa b e ti c o di a u to r i . C i a s c u n a e d i z i o n e vi è l a r ­
g a m e n t e e m i n u t a m e n t e d e s c r it ta , c o n a c c e n n i e c r itic a , o v e o c c o r r a ,
d e l l e o p in io n i d e i b ib l i o g r a f i c h e , n e h a n n o tr a t ta to , e c o n la i n d i c a ­
z i o n e d e l l e B i b l i o t e c h e p u b b l i c h e o p r i v a t e in c u i si t r o v a n o g l i e s e m ­
p la ri p i ù n o t e v o l i : di p iù , si fa c e n n o d e lle
d iv e r s ità c h e t a lv o lta ri-
sc o n tra n s i fra i d iv e r s i e s e m p l a r i . L e d e s c r iz io n i s o n o s e m p r e e s e g u i t e
s o p r a un d e t e r m i n a t o e s e m p l a r e , il p iù b e llo e d il più
c u i l ’ a u t o r e si e r a im b a t t u t o . D i q u e l l e
e d iz io n i , d i
c o m p l e t o , in
cui
n o n g li era
r iu s c ito di t r o v a r e o e s a m i n a r e e s e m p la ri , il B o l o g n a r ife ris c e la illu ­
s t r a z io n e d a t a d a ch i le h a s t u d i a t e a n t e r i o r m e n t e . P e r le e d i z i o n i sen z ’ anno , luogo o nom e
di s t a m p a t o r e , r ip o r ta
la
op inion e
com une­
m e n t e a c c e t t a t a , e s p r i m e n d o in pari t e m p o la p ro p ria . Il n u m e r o d e l l e
e d iz io n i t r o v a t e d a l B o l o g n a e r e g is t r a te nel c a t a l o g o a s c e n d e a 750 e
p iù , e s c l u s e q u e l l e d e l l e o p e r e d el S a v o n a r o l a , di cui d irò o r o r a . D i
q u e s t e s e t t e c e n t o c i n q u a n t a ed izion i n e s o n o d e s c r it te
ed
illu s tra te in
m o d o d e fin itiv o c irc a c in q u e c e n to tta n ta . D e l l e altre c e n to s e tta n ta m a n c a
l a d e s c r iz i o n e , m a esis to n o p e r a ltro tu tte le ind icazio n i d e l l e b i b l i o ­
teche
in
cui
si
tr o v a n o g li e se m p la ri da i l lu s t r a r s i , d e i
raffronti da
fa rsi, dei d u b b i d a c hiarirsi. Q u a n to a l l ’ed iz io n i d e lle o p e r e d el S a v o ­
n a r o la s e m b r a c h e il B o l o g n a v o le s s e farne un tito lo s p e c ia le , non li­
m i ta to a lle s o l e s t a m p e
fioren tine
e
to s c a n e del s e c o l o X V , m a c h e
si a lla rg a s se in u n a b ib lio g r a fia g e n e r a l e , o a lm e n o c o m p r e n d e n t e l ’ ed iz io n i più r ip u ta te e più rare a n c h e di età posteriori, g i a c c h é r a c c o lse
c o p i o s e a g g i u n t e a lla B ib lio gra fia
S a v o n a r o lia n a
d e l l ’A u d i n e fe c e lo
s p o g l i o d ella C o l l e z i o n e C a p p o n i . C iasc u n o artic o lo
d o v e v a poi a v e r e
in c a l c e un b r e v e c e n n o b io g r a fic o d e l l ’A u t o r e , e le ind icazioni d e l l e
p iù
pregiate
ed izion i
p osteriori d e l l ’ o p era a cui si riferiva 1’ a rtic o lo
ste sso . D o v e v a n o infine illustrare il la v o r o i f a c s im ili d eg li a n a g r a m m i
e d e lle im p r e s e di c ia s c u n o
sta m p a to r e , ed a n c h e i f a c s im ili di a l­
c u n e fra le più n o te v o li silografie. S e m b r a anzi che
uno
stu d io su lle
silo g r a fie f io r e n tin e del q u a ttro c e n to d o v e sse se r v ir e di c o rr e d o a ll ’ o ­
p e ra , p o i c h é
a n c h e p e r q u e s to esistono sp o gli. C h iu d e v a n o l ’o p era tre
in d ic i, u n o d e i q u ali p e r o rd in e c r o n o l o g i c o , 1’ altro on o m a stic o d elle
città, il t e r z o d ei tipografi ; e questi so n o g i à com pilati p e r g li articoli
fatti.
H o v o lu t o (c o n c lu d e il Prof. N ova ti) d a r l u o g o a q u esta rap id a d e ­
sc riz io n e del l a v o r o c ap itale del B o lo g n a p e rc h è i lettori p o te ss e ro av e r e n otizia p iù c h iara e d el valore d e l l ’A u t o r e e d e ll’im p o rta n za del1 o p e r a c h e la m o r t e ha interrotto. Il d a n n o però, s e b b e n e g r a v issim o ,
n on è i r r e p a r a b ile se , c o m e a b b iam o buon a r g o m e n to di c re d e re , l ’ e ­
g r e g i o frate llo d e l d e fu n to autore, vorrà assu m ere il p o n d e r o s o in c a ­
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
rico di c o m p le ta r e l ’ opera e di darla alla luce. Per ciò n o n g l i m a n ­
cano d a vve ro nè 1’ attitudine nè la pratica , com e ce ne
offre a m p i a
prova q uesto catalog o c h ’ egli ha compilato (i) ed a noi h a fornita la
occasione d a tem po desiderata di far ricordo di un uom o ta n to b e n e ­
merito della sua città natale e degli studi bibliografici, 1’ u ltim o
forse
di quella schiera di eruditi e modesti cultori di patrie m e m o r ie , di cui
andò un te m p o gloriosa Firenze ».
N oi, c o m e avev a m o fatto presentire al Prof. Novati, a b b i a m o l a v o ­
rato per cond urre innanzi questo Catalogo, tanto che gli a rtic o li s o n o
og gi accresciuti di assai. Abbiam o condotta quasi a te rm in e la p a r te
riguardante il S a v o n a r o l a , e 1’ altra d ell’ edizioni di R ip oli
c o n b re v i
cenni storici su quella tipografia. Anzi questi cenni storici e il C a t a ­
l og o d e l l ’edizioni di Ripoli furono già da noi pubblicati
nel Giornale storico della Letteratura Italiana , A n .
co m e saggio
1903 , v o li .
XX
*
e X X I . M a la mole del lavoro, le faticose ricerche o ccorren ti, le d if­
ficoltà dei raffronti, la impossibilità di attendervi c ontinuam en te, 1’ età
nostra già abbastanza inoltrata , ci tolgono ornai la sp era n za di c o n ­
durlo a com pim en to. Ciò non ostante non cessiamo di
occuparcene
per q uan to lo consentano le nostre forze e il tempo che a b b i a m o d i ­
sponibile.
5.
— I scrizioni esistenti nelle Chiese e ?iei Monume?iti p u b b lici d i
Firenze.
E un la v o r o di gran mole, del quale il B ologna lasciò d iv e r s i v o ­
lumi contenenti circa 2000 iscrizioni. Non poteva
certo
b astargli
vita per con d u rlo a termine, tanta è la materia che in q u e s t o
la
cam po
offre una città com e Firenze; ma egli non si scoraggi per q u e s to , p e n ­
sando che le compilazioni di tal genere possono essere
cond otte in ­
nanzi da più persone e in tempi diversi. A n c h e questa r a c c o lta a b ­
biamo riordinata, e andiamo continuando, sebbene len ta m e n te, p e r le
ragioni g ià accennate.
P ie t r o
B ologna.
VARIETÀ
U N A L E T T E R A DI G IA M B A T T IS T A R E N IE R I.
Uno de’ discepoli più valenti di Galileo fu il P. V in ­
cenzio Renieri Olivetano, del quale abbiamo ora una im ­
portante e compiuta biografia (2). Allorquando egli venne
(1) Allude qui al nostro Catalogo che ha per titolo : Biblioteca Bologna
in Firenze (lì) Edizioni del secolo XV. Firenze, Tip. Cooperativa, V i a Monalda 1, 1886.
(2) F a v a r o , Vincenzio Renieri, Venezia, Ferrari, 1905. (Estr. dagli A tti
del R. Istituto Veneto).
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
9o —
eletto, in segu ito a sua dom anda suffragata dalle com m en­
datizie del grande m a e s tro , alla cattedra di m atem atica
nello Studio di Pisa, l ’agosto del 1640, si condusse ad abi­
tare in quella città unitam ente al fratello suo G iam bat­
tista (1). Il quale dopo la m orte di V in cen zio, a vve n u ta jl
4 novem bre 16 4 7 , si ritrasse a G e n o v a , donde il 7 di­
cem bre scrivev a a persona , certo in alto stato presso il
Granduca di Toscana, affinchè rinnovasse a questi le istanze
per « la recuperatione delli scritti della fel. mem. di suo
fratello » ; poiché le carte del R en ieri furono sogg'ette ad
un trafugam ento in occasione del suo decesso , e caddero
nelle mani dell' autorità ecclesiastica che diciotto anni più
tardi le consegnò al granduca, se b b e n e , a quanto sem bra,
non fossero tutte le portate via dalla casa del defunto (2).
M a Giam battista desiderava ricuperare quelle carte del fra­
tello « havendo intentione » , sono sue parole , « di p u b ­
blicare alle stampe 1’ opra eh’ egli ha composto del moto
d e’ Pianeti M edicei di G iove , e perchè forse l ’ im m atura
sua m orte g li ha tronco quei concetti che sperava col
tempo di produrre in lu c e , desidererei pertanto (Riavendo­
meli in sua vita partecipati) farli pubblicare sotto il suo
nome » (3). S e dunque si proponeva di accingersi a questa
impresa, vu ol dire eh’ egli pure era versato nelle m atem a­
tiche , del che viene ad assicurarci la seguente lettera da
lui indirizzata ai reggitori della repubblica di G en ova (4) :
S E R .mi S S . ri
D a l fu R . P . D .
V in cen zo
R e n ie r i m io
fratello ,
m en tre
leggeva
n e llo stu d io di P isa, h e b b i c o m e hered ita ria la s c ie n z a d e lle M a t h e m a ­
t i c h e , t r a ’ q u a li è c o m p r e s a la fortificatione
e la n a u t i c a , q u e s te a p ­
presi p e r o r n a m e n t o e ss e n d o p e r altro m ia profe ssion e la l e g g e ; q u e l
e h ’ io p o s s e g g o in s ie m e con
il s a n g u e , e la vita resta o b b l i g a t o a lla
m i a p a t r i a : e p e r c iò il tu tto a V V . S S . S e r . me h u m ilm e n te offe risc o.
S ò c h e n on le m a n c h e r a n n o
s o g g e tti
tutti
di m e
m iglio ri ; m a n on
p e r ò (mi p e r m e t t a n o il dirlo) sup eriori d ’affetto.
G i à c h e a lc u n i m iei
affari mi h a n n o n ec essita to a
trasferirm i a lla c u ra
tard ar s i n ’ hora
il
d e l V i c a r i a t o di S . R e m o , ho vo lu to anticiparm i a c c iò possino h a v e r m i
m a g g i o r m e n t e p r o n t o a loro cenni, p o ich é p e r altro l ’essere G e n o v e s e ,
(1)
(2)
(3)
(4)
Ivi, p 26.
Ivi, p. 43. 47 e sgg.
Ivi, p. 71 sg.
Arch. di Stato in Genova, Lett. a l Senato, fil. 400.
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- - gì —
1’ haver ricevuti cotanti beneficij , mi facea
d ’ ingrato.
col silentio m e r i ta r titolo
G radischino S S . ri S S . mi l ’ offerta, e se vai puoco , si c o m p i a c c i a n o
del m olto , che
desidero. Supplico finalmente V V . S S . S e r . me a p e r ­
donarmi la comparsa in iscritto, atteso che ho voluto c o m p a r t i r e a lla
penna quel rossore, che in palesar le mie poche virtù resta va p r o p r i o
del volto,
et
a VV.
SS.
Ser.me faccio humilissima r iv e r e n z a . L i 5
G iu gn o 1654.
D . V V . S S . Ser.™
U m .m0 e d ed it.m0 S e r v o
G io . Batta R e n i e r i .
I
Collegi ascoltarono la lettura della lettera , ma non
dettero segno di aderire a’ desideri del Renieri ; soltanto
per mezzo del Commissario di S. Remo gli fecero signifi­
care il loro gradimento. Così l’ uomo di toga, che avrebbe
preferito rimanere in Genova alle tranquille speculazioni
della scienza matematica, fu costretto a recarsi in S. R em o
per adoprar 1’ equa lance nel campo men lieto delle con­
tese e dei delitti.
A .
N.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO.
Studi sulla storiografia f io ­
rentina alla Corte di Cosimo I dei Medici. Pisa, Nistri,
1905 ; in 8.° di pp. 163.
M ic h e le
Lupo
G e n tile . —
Un buon lavoro e una buona promessa ci dà con questo
volumetto il Dott. M. Lupo G entile, che già su questo
stesso periodico aveva pubblicato qualche articolo , non
privo d’ importanza. Egli si è proposto di studiare gli scrit­
tori di storia fiorentina, vissuti alla Corte del primo gran ­
duca, di esaminare le fonti alle quali hanno attinto, il me­
todo che hanno seguito, la fede che essi meritano. L a sua
indagine si converge specialmente sui tre principali, il S e ­
gni, il Varchi e l’Adriani, ma, per necessità di cose, è tratto
naturalmente a parlare anche di altri, che, come il G iovio
e il Nerli, furono fonte diretta dei primi.
Del S e g n i, colla scorta di molte lettere inedite , egli
ci traccia un’ accurata biografia, combattendo alcune affer­
mazioni del Sanesi (La vita di Niccolo Capponi) e deter-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
g e ­
m inando con esattezza il periodo di tem po in cui e g li restò
lontano da F iren ze , le cause p er le quali la sua fam iglia
siTriavvicin ò ai M edici g li uffici che ebb e p er opera di
Cosimo. A l S e g n i, sem pre contro il Sanesi, e gli rivendica
la paternità d ella vita del C apponi e se talvolta nel calore
polem ico e gli esce in qualche afferm azione un p o ’ ardita,
non si può n egare che dal com plesso delle p ro ve da lui
a r r e c a te , scaturisca chiara la dim ostrazione che il S eg n i
fu veram en te l ’autore di q uell’opera gio van ile e che le o b ­
biezioni del San esi sono poco solide. Passa poi a trattare
delle fonti, fra le quali, oltre alla predetta vita del Capponi,
debbono essere annoverate specialm ente le Storie del G iovio,
e i Com m entari del N erli (i), intorno ai quali autori si in­
trattiene b revem en te , m ostrandone i p regi e i difetti ed
arrecando num erosi esempi di brani dal Segni, o quasi let­
teralm ente copiati, o lievem ente modificati.
Q uesta prim a parte del lavoro parmi in complesso assai
ben riuscita : ed io spero che 1’ autore voglia renderla an­
che m igliore, togliendovi qualche ridondanza e correggendo
alcuni giudizi ed alcune affermazioni inesatte, per non dire
erronee. R icord o, fra le altre, questa: che V enezia nel 1526
« non aveva risentito danno alcuno dalla recente scoperta
d’Am erica » m entre basta dare un’ occhiata al Sanuto per
convincersi dell’immenso danno prodotto e da questo fatto
e ancor più dalla navigazione dei Portoghesi alle Indie. M a
si tratta di affermazioni in cid en tali, che rivelano per la
parte non strettam ente legata al suo tema , una cieca fi­
ducia in certi li b r i , che si vorrebbero veder banditi per
sempre. L ie v e colpa in un giovane, che è quasi alle prime
armi e che im parerà a diffidare !
Che il N erli, poi, sia il p iù degno di avvicinarsi a l Guic­
ciardini ed a l M achiavelli, parmi affermazione audace: forse
vera , ma poco dimostrata ; chè da tutto ciò che il nostro
autore scrive (pag. 68-79) non risulta evidente il suo me­
rito. Quanto al fardello accademico, (frase frequentemente
(1) F ra le fonti cita altresì La prima parie delle cose d’ Alemagna .(Vi—
negia, 1552) di Girolamo Faleti, e nel dare alcuni cenni dell’autore si ferma
« alle scarse notizie del Ruscelli » rilevando che era oriundo da Trino Mon­
ferrato. Era veramente di Savona, al qual proposito è a vedere G i u s t i n i a n i ,
Scrittori L ig u ri, (Roma, 1667, pag. 429 sgg.) il q u ale, contro il Rossotto,
reca parecchie testimonianze, e dà larghe notizie.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 93 —
usata dal nostro per indicare la cultura classica) avrei de­
siderato una maggior prova che esso fosse d’inciampo alla
intuizione della realtà.
Per il Varchi, rimandando alla nota biografia del M ana­
corda, il nostro A . si sbriga più presto; e s’ intrattiene so­
lamente sulle fonti, il Nerli, il Giovio (del quale il V . dopo
essersene servito , confutò gli errori) e il G uicciardini, gli
anonimi Ruggitagli delle cose di Firenze, e molti docu­
menti pubblici e privati, fornitigli dal duca e da privati.
Il giudizio complessivo sull’ opera è relativamente severo ;
perchè , dice il nostro autore, le fonti non sono vagliate,
le sentenze morali son messe a caso, le contraddizioni sono
numerose, la storia talvolta s’ abbassa fino alla cronaca ; e
n o i, dalle prove che ci sono addotte, dobbiamo convenire
che il Gentile ha ragione.
Per l ’Adriani, che ha il merito grande di aver fusa la
storia di Firenze con quella di tutta l’ Italia, e che perciò
ha dinanzi a sè un campo a&ai più vasto, l’A . prova, ed
ha ragione, una grande simpatia, chè chiunque si è occu­
pato di storia medicea sa per esperienza quanto esatti, an­
che nei particolari più minuti, siano i racconti di questo
continuatore del Varchi. Nè è meraviglia, poiché 1 A drian i
ebbe a sua disposizione 1’ archivio mediceo e se ne servì
largamente, come è dimostrato dagli estratti, e come il G en­
tile mostra ad evidenza in alcune pagine veramente accu­
rate e diligenti.
L ’ autore non ha trovato altre fon ti, all’ infuori di un
Commentario di Luigi d’A v ila , dal quale 1 Adriani la rg a ­
mente attinse. Io credo invece che una più diligente r i­
cerca permetterebbe di scoprire altre fonti: ad es. , mi è
sempre parso di trovare in lui una certa dipendenza dal
Guazzo e fors’anco dal Tarcagnota. Può darsi che io m in­
ganni , ma il Gentile farebbe bene ad estendere le sue in­
dagini a questi autori, e ad altri della stessa età. A d ogni
modo, giova ripeterlo, questo studio e lodevole, e prom ette
bene per l’avvenire del giovane autore.
Ca m il l o M a n f r o n i .
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- 94
Sampiero Corso. P a r le docteur F. M. C o s t a d e
LICA. A ja c c io , Im prim erie I. Z e v a c o , 1905;
ΡΡ· 3 4 4 ·
B aste-
8 ·° di
D opo N apoleone il Sam piero, fra i person aggi storici
della Corsica , è forse quello che ebbe la fortuna d ’ una
più copiosa bibliografìa. Valentissim o soldato e uomo d ’ in­
domita energia fu senza dubbio; pur l ’ assassinio della m o ­
glie lascia sulla sua fam a un’ ombra sinistra che la rende
meno simpatica. Perchè nullameno trovò così copiosi sto­
rici e panegiristi? A parer mio due ragioni possono spie­
gare il fatto: anzitutto che Sam piero è il primo anello
che lega la storia della Corsica a quella della Francia ed
i francesi da un lato e più ancora quei corsi che tengono
a far em ergere i leg*ami se non di razza, di simpatia , di
affinità elettiva, fra la loro isola e la presente dominatrice,
si studiano di provare che questi rimontano a più di due
secoli avanti il 1769; p o i,
questa credo sia la ragione
principale per cui il nome di Sam piero rimase popolare,
egli è che nato indubbiamente di popolo, non ostante_la
bugiarda discendenza che compiacenti genealogisti alma­
naccarono per lusingare gli Ornano di Francia (1), egli è
pure storicam ente il primo che personifica la lotta del po­
polo corso contro la tirannia di Genova. I Cinarchesi nelle
loro ribellioni contro il Comune di Genova prima, contro
V Officio di S. G iorgio poi, non erano che i rappresentanti
di interessi di fam iglia come ben osservò il Morati ; pos­
sono aver cercato di indurre le popolazioni a seg u irli, ta­
lora in parte esservi riusciti, ma per la gran massa del p o ­
polo corso essi rimasero i tira n n i, contro i quali aveva
chiesto nel 1358 il soccorso del Comune di Genova come
dopo chiese quello dell’ Officio di S. Giorgio. Sampiero in­
vece comincia a scuotere la fibra popolare ; non è ancora
generale la coscienza nazionale che non si formerà comple­
tamente che col Paoli, grandezza civile tanto più nobile ed
elevata del Sam piero, ma se ne intravvede un primo barlu(1)
Ciò ormai è indiscusso ; solo per abbondanza noto che il Sampiero
non usava come allora tutti i Cinarchesi nel sigillo il castello turrito sor­
montato dalla bilancia , sibbene portava un le o n e , o più probabilmente un
cane, rampante ed in capo un giglio. Il figlio inquartò questo stemma colla
torre degli Ornano.
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— 95 —
me. Perchè ormai il ricordo del Sambocuccio era affievolito
e la Maona e S. Giorgio eran riusciti a distruggere quasi
completamente Y antica simpatia che avea mosso il popolo
corso a rivolgersi fidente al popolo genovese.
Non so qual di queste due ragioni abbia deciso il dot­
tor Costa a scrivere un nuovo lavoro storico sul Sam ­
piero ; probabilmente entrambe e più ancora la circostanza
che il Sampiero era di Bastelica come è lo scrittore. E
questo ha un vecchio culto pel suo eroe al quale sin dal
1900 era riuscito a far elevare un monumento a Bastelica
ed a cui ora consacra il lavoro della sua vecchiaia.
Salutiamo pertanto questo scritto frutto di un ammira­
zione sincera. Esso porta in testa una lettera di plauso di
quel maestro di quanti si occupano della storia della C or­
sica che è il eh. A b. Letteron, in appendice lettere d en­
comio del Gregorovius, l’ autore di Corsica, e del nostro
Livi, che illustrò le relazioni della Corsica con Cosimo de
Medici. D el lavoro del Costa parlarono già con elogio al­
cune importanti riviste di Parigi, la Revue critique d his t.
et littérature, il Bulletin des Bibliophiles, il Bulletin de l hi­
stoire de France.
Dopo i giudizi di tanti valentuomini e di periodici così
autorevoli è naturale che mi periti alquanto ad esporre al­
cune modeste osservazioni su questa nuova biografia del
Sampiero da Bastelica. Pur lo farò , fidente che all autore
non spiacerà la mia franchezza, come a me non spiacque
la sua. E ove sbagli, cosa facile, volentieri ne accetterò le
correzioni.
L ’autore prima di cominciare la narrazione delle gesta
del suo eroe, col titolo Coup d oeil historique, prem ette un
brevissimo riassunto della storia della Corsica nelle epoche
precedenti. Ora francamente consiglierei al eh. A . che in
una nuova edizione rifondesse interamente quella p^rte.
Non insisterò qui sul punto ove, fidandosi del racconto
del Limperani, fa che la Corsica preceda fin dall’ alba delΓ X I secolo il continente italiano nell’ ordinamento pop o­
lare del Com une. . . Non ostante la polemica che a tal
proposito fa contro i miei documenti, conoscendo la sua
lealtà oso quasi sperare che finirà coll ammettere il Sam ­
bocuccio del sec. X IV come risultava da quei documenti
a lui tanto ostici, m a molto prima ancora che da essi dalle
cronache del Della Grossa e del Monteggiani, compendiate
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
gô
—
dal C eccaldi e dal Filippini e delle quali una c o p ia , scor­
rettissim a ma preziosa per molti particolari non trascritti
nella storia del Filippini, si conserva fra i M S. della B ibl.
com unale di Bastia. G ià altri che mi fu ben più ostile del
dott. Costa convenne, sebben a bocca un p o ’ chiusa e con
poca buona grazia, nelle mie conclusioni!
M a anche a parte la questione d ell’ epoca della rivolu­
zione dem ocratica della C o rsica , ch’io credo ormai accer­
tata, altre asserzioni dell’ autore sembranmi molto discuti­
bili. Così p. es. la morte di A rr ig o della R o c c a c lu sap­
piamo avvenuta mentre già ammalato recossi da Palm ento
a Frasso e che l ’A . attribuisce ad avvelenam ento da parte
dei genovesi sull’ autorità... del G regorovius. N on ho co ­
modo ora di riveder il testo tedesco del G regorovius, ma
ho sottocchi la fedelissima versione francese del Lucciana
e dice soltanto : « A rrig o de la R o cca mourut subitem ent
en 1405 ». L ’A . dovrà convenire che la sua è u n ’ inter­
pretazione un p o’ troppo libera . . .
D el resto non solo q u i , ed inesattamente , ma in altri
punti il Costa cita in appoggio del suo racconto la sola
testimonianza del G regorovius e perfino del Guerrazzi!
Quanto a questo in Italia si può dargli più o meno valore
come romanziere, ma a nessuno passerà mai pel capo di
gabellarlo per storico; riguardo al G regorovius la breve
storia dei Corsi che premise come introduzione al suo la ­
voro letterario e descrittivo Corsica, non è che una com ­
pendiosa narrazione, mai documentata, dei fatti principali ;
si possono citare i suoi giudizi a conforto delle opinioni
nostre su uomini e cose, non prenderlo a testimonio di
fatti avvenuti tre secoli prima che egli ne scrivesse e sui
quali non ebbe altre informazioni che quelle a tutti note.
Sul governo diretto della S. Sede , sulle pretensioni e
dominio dei Montaldo e sopratutto dei Fregosi, l ’A . è muto;
giunto al governo dell’Officio di S. Giorgio cita come g o ­
vernatori il Calvo e lo Spinola mentre non lo furono nò
1 uno ne 1 altro, ma sibbene capitani e , p e g g io , fa succe­
dere all Antonio Spinola (1460) due anni dopo, l ’A m brogio
di N egro (1488), saltando a piè pari il ventennio della dom ina­
zione sforzesca, l’ intermezzo del conte Gerardo di Piom ­
bino e i primi anni del secondo reggim ento di S. Giorgio.
Non mi tratterrò sui particolari, ma un solo curioso equivoco non posso a meno di segnalare all’egregio A . lad-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 97 —
dove scrive che la tortura come si applicava dagli officiali
genovesi « consistait dans Γemploi de la poix fo n d u e mgurgitce de fo r ce ,. à l'aide d'une aiguière, ou de tout autre
instrument semblable ». Possibile che all’autore che pure è
medico ( i ) , non sia occorso che sarebbe un p o’ difficile
ottener una confessione qualsiasi da un imputato a cui si
fosse fatto ingurgitar una tal pozione? R ilegga il eh. A .
quella « form a di tormenti senza dar danno a la persona »
e vedrà che pecia significa pezza e non pece e che Γ ano­
nimo suggeritore era un pietoso che avrebbe voluto sosti­
tuir una forma blanda di tortura a quella straziante della
corda usata allora generalmente e, pur troppo per essi ! an­
che pel Renuccio da Leca e altri corsi (2).
D ove il lavoro del Costa diviene realmente interessante
è allorché comincia a trattar dell’ opera del Sampiero : ecl
è la parte essenziale del libro, perchè quel Coup d o e il potrebb’ esserne stralciato senza danno dell’ economia del la ­
voro. L ’A . rintraccia diligentemente tutti i particolari della
vita del Sampiero nella parte ch’ ebbe nelle guerre com ­
battute sul continente , raccoglie tutti gli elogi che il suo
impareggiabile coraggio gli valse, ci presenta il Sampiero
meno noto, poiché l’eroe delle guerre di Corsica lo era già
abbastanza per le narrazioni degli storici corsi e genovesi.
Per far ciò egli compulsò con pazienza ed amore degni d ’ogni
encomio i cronisti francesi dell’ epoca e ne raccolse parti-
(1) L ’A è « ancien médecin principal des Armées, Président de la Société
des Médecins de la Corse, membre correspondant national de l ’Accad. de
Médecine etc. etc » — Pubblicò varie opere di medicina.
(2) Il Costa lesse questo particolare in un lavoro che il compianto B eigrano pubblicò nel Vol. X IX degli Atti della Soc. ligure di S . P . col ti­
tolo: Un assassinio politico nel sec. X V e la Société des Scie?ices /risi, et
nat. de la Corse ristampò nei suoi Bulleti?is. A dir il vero il Belgrano in
quel suo lavoro si lasciò sfuggir parecchie inesattezze: basti accennare che in
Corsica confonde i Caporali coi Signori e abbassa Giampaolo da L e c a , il
più potente feudatario allora dell’isola, al grado di caporale. Anche nel
punto indicato va fuori strada perchè suppone che si tratti del processo
contro Carlo di Giudicello da Leca e Giovanni di Restorucello di S. An to­
nino mentre si trattava del giudizio contro Carlo e Giovanni dei Gentili
di Nonza, i fratelli del q. Bernardino, de’ quali uno subì la morte e l ’altro
lunga prigionia nel castello di Lerici. Ma il Belgrano che reca per esteso
la form a di quella tortura coll’ acqua non poteva immaginarsi che altri
sopprimendone una parte, tramutasse la striscia, pecia lunga et subtile , di
tela e l ’acqua versata con una brocca a bocchino, in pece f u s a !
Giorn. St. e Lett. della Liguria,
7
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
colari preziosi. S o lo incidentalm ente accennerò all egregio
A . che i cronisti francesi, com e g li italiani dal canto loro,
scrivevano talora i nomi stranieri con ' tal ortografia a
renderli irriconoscibili (Biagrasso per Abbiategrasso, Costamighia per Cortemiglia ecc.) sicché è necessario retti car 1.
Non mi dilungherò a seguire passo^ passo
ne a
narrazione delle gesta di Sam piero nell isola s u a , non ne
avrei la com petenza ed egli mi è maestro nella conoscenza
della vita del suo eroe. N oterò ancora con piacere che
.
non è inflessibile nella sua antipatia pei docum enti, pere e
di molti, e parecchi anche inediti ed interessanti , corre a
il suo racconto. T u ttavia non seppi spiegarm i com e eg 1
che , pur scrivendo in francese , ha il buon senso i c arci
nell’ originale come furono scritti i documenti e ra ques 1
parecchie lettere del Sam piero , faccia poi eccezione per
una di queste (28 giugno 1561 da M arsiglia) e so p ra tu to
per la lettera di V an ina del 15 febbraio 1563 ^a
^ 1 0
alla S ignoria di Genova. I documenti in generale per ono
sempre moltissimo ad esser trad otti, qui sopratutto c e
trattasi d ’ uno scritto che rivela le supreme angoscie e a
misera donna, la quale conscia dell’indole feroce del man o
avea il presentimento della sua prossima fine
e che pure
sentiva tanto forte il suo dovere di m oglie c h e , assieu
rata dal Parlam ento di poter restare sotto la sua prote
zione ad A i x (p. 197), accettava il sacrificio quasi certo per
seguire il suo crudele signore. Si aggiu n ga che neppure
la traduzione è letterale. Quel documento era stato pu
blicato fedelm ente, conservandone l ’ interpunzione e la or
tografia scorrettissim a, da Giuseppe R oberti nel 1877 ne
Giornale Ligustico, anno X V I, p. 303. Se l ’egregio autore
vorrà confrontarlo colla traduzione che a lui ne fu fornita
vedrà che q u e sta , sebbene fedele al senso, in molti punti
attenua le espressioni dell’ originale, in tal altro è inesatta,
p. es. « in questo mezo », nel frattem po, perchè le cose
andavano a lungo, è tradotto « dans *quelques mois », « 'i n
queste p a r t i» è reso: «dans ce pays », aggiungendovi an­
cora : « à Gênes » ecc.
M a questi ed altri che a me sembrano piccoli nei, certo
il eh. A . potrà far sparire nella ristampa ch’egli prepara del
suo bel lavoro, com ’ebbe la cortesia di annunciarmi e come
appresi con gran piacere, lieto di poter seguir dietro a guida
tanto autorevole e competente l’avventurosa carriera di un
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 99 —
uomo che uno storico genovese imparziale (pag. 314) di­
ceva pochi decenni dopo la sua morte : « Γ uomo più prode
che avesse allora l’ Italia». In questa ristampa che l ’A .
prepara spero farà scomparire pure certi piccoli sbagli nei
nomi propri, de Negri per di Negro, Cibba per Ceba e si­
mili, molto scusabili in uno scrittore non genovese. E so­
pratutto spero che troverà uno stampatore un po’ più a c­
curato che eviti di svisare per conto suo nomi corsi e geno­
vesi trattandoli, o maltrattandoli, con mirabile imparzialità.
In attesa di codesta promessa ristampa non protrarrò
questo scritto. Soltanto poiché ΓΑ. (p. 217) pubblica l ’elenco
delle taglie che il governo genovese poneva sul capo di Sampiero e de’ principali suoi seguaci, ricavato dal Gregori a P a­
rigi nella Bibl. Naz., gli trascriverò qui sotto pel caso voglia
servirsene nella nuova edizione del suo lavoro un documento
esistente in questo Archivio governativo di Genova, che ri­
tengo inedito e che parmi per certe espressioni un p o ’ oscure
possa dar luogo a curiosi sospetti. (Vedi a pag. 313 ultime li­
nee dell’estratto del C a r b o n e , St. lig.). Ecco il documento :
(Arch. di St. di Genova, Sala 53, (Corsica) F il za 338, N. 115).
1565 die 16 maij. — Ill.mus Ex.mus D. D ux illustres D .i G u b e r n a ­
tores e x c . R e ip
Genue sub calculorum judicio decreverunt so lv e r e et
satisfacere illi vel illis nominando vel nominandis per nob. N ic o la u m
de G rim aldis q. D . Ant. scuta quatuor milia in casu quo
d ictus n o ­
minandus vel nominandi intra dies quinquaginta hodie incipiendos in­
terfecerint pub lice vel secrete Sampetrum de Basterica corsum r e b e l­
lem status pref.e exc. Reip. et hoc in casu predicto ad om ne b e n e p la ­
citum pred. nob. Nicolai aut illius vel illorum quos nom inaverit. E t
quatenus seq ueretu r intra terminum predictum quod m edio d ictoru m
nominandorum dictus Sampetrus sensu vel membris debilitaretur ita
et taliter q u od officia virilia exequi non p o s s e t , in tali casu d e c r e v e ­
runt etiam so lv ere et satisfacere dictis nominandis summam d e c la r a n ­
dam per ipsos illustrissimum et illustres dominos et de prom issio (sic)
mandaverunt per me cancellarium fieri presens decretum c o n d itio n e
tamen in om n ibus adiecta quod prefatus nob. Nicolaus te n ea tu r noticiam dari facere in Corsica illustri D. Stephano D O r i a gene ra li parte
exc. R e ip .0 vel illustri D. Laurentio Suarez locotenenti generali in A diacio aut sit prefatis Ill.mis dominis de illa executione que facta fuerit
per dictos nominandos contra personam dicti Sampetri intra te rm in u m
predictum et ita decreverunt nihil obstante.
Ita est: Io. A u g . s de F r > (de Franchis) not. et cancell. (1).
(1) Era un notaro Rebecco aggregato all’Albergo De Franchi; dopo il
1576 gli aggregati ripresero l ’antico cognome di famiglia,
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-----I o o
1565: 17 m aij -
—
I ll.mus Io . B a p t a L e r c a r i u s
s c i e n s p e r I l l .mum D .
D u c e m e t I llu str e s D D . G u b e r n a t o r e s e t P r o c u r a t o r e s
e x c . R e i p . ge -
n u en s is fuisse d e c r e tim i s o l v e r e e t s a tis f a c e r e p e r s o n e n o m i n a n d e per
n o b . N i c o l a u m d e G l i m a l d i s q . D . A n O s u m m a m p e r p r e d i c t o s ìll.mos
d.nus d e c la r a n d a m q u a t e n u s d ic t u s n o m i n a n d u s in tra d i e s q u in q u a g i n t a
in c e p to s
d e b ilit a r e t
se n s u v e l
corpore Sam p etru m
c o r s u m ita u t of­
ficia virilia u lte r iu s e x e q u i non p o s s e t e t v o le n s u t d ic t u s n o m i n a n d u s
c ertiu s (sic) sit r e s p e c t u s u m m e d e c l a r a n d e p e r p r e fa to s II , mum e t Il­
lu stres d o m in o s .
I d e o v i g o r e p r e s e n t is p r o m is s it et se o b l i g a v i t ita e t ta lite r fa ce re
q u o d s u m m a d e c l a r a n d a ut s u p r a n o n erit m in o ris q u a n tita tis
s ib u s p r e d ic tis d e scu tis
m ille
usque
in
m ille
q u in g e n t is
in
ca­
secundum
q u o d d eb ilitatio fa cta fuerit iu d icio ipsiu s 111. nu D . Io . B a p t e e t ita in
d ictis c a s ib u s p r o m issit etia m su o p r o p r io n o m in e s o l v e r e s e u so lv i fa­
c e r e d icto n o m in a n d o s u m m a m p r e d i c ta m a b s q u e
ulla
c o n t r a d i c ti o n e
d e l e g a n s p r o p te r e a o m n ia b o n a s u a v o le n s q u o d p r e s e n s p r o m is s io ve l
o b l i g a t i o r e m a n e a t p e n e s p r e fa tu m n o b . N ic o la u m pro m a io ri c a u t io n e
d icti n o m in a n d i e t q u o d sit firm ata p e r m e
n o ta riu m et c a n ce lla r iu m
infrascriptu m a b s q u e a liq u a alia s o le m n i ta te te stiu m .
Ita e s t : Io . A u g . d e F r . i s N o t . e t c a n ce l.
E un di quei mandati d’assassinio che si trovano pur
troppo fra i documenti del governo genovese in Corsica ,
sia di San G iorgio che della R epubblica. M a lo storico mo­
derno, pur stigmatizzando simili delitti, deve tener calcolo
dell’ epoca e dell’ ambiente, non per scusarli ma per com ­
prendere come fossero possibili.
U go
ANNUNZI
A ssereto.
AN ALITICI.
Vita di P i e t r o G i a n n o n e scritta da lu i medesimo p e r la p rim a
volta iìitegralm ente pubblicata con note, appendice ed un copioso indice
da F a u s t o N i c o l i n i . N a p o l i , P ierro , M C M V , in 8 0 di p p . X X X V ·
505, c o n rit. e facsim . — G a e t a n o C o g o . Intorno alla Istoria civile
d i P ietro G iannone. Osservazioni a proposito d i una pubblicazione re­
cente. V e n e z i a , V isen tin i, 1904, in 8.° di pp . 46. — L ’ a u to b io g r a fia
d e llo sto rico n a p o l e t a n o non v ie n e fuori ora pe r la prim a
v o lt a ; tutti
sa n n o infatti c h e nel 1890 uscì pe r le c u re del P ie ra n to n i un v o lu m e
c h e la c o n t e n e v a ; m a il sec on d o editore, F a u s to N icolini, conscio del
m o d o v e r a m e n t e in d e g n o o n d e s ’ era fatto strazio in q u e lla p u b b li c a ­
zio n e d e l l ’ o p e r a lasciata autografa dal G ia n n o n e , stim ola to d a recenti
studi e p o le m ic h e g i a n n o n i a n e , le quali ultim e s ’ a p p u n ta ro n o a n c h e
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—
ΙΟ Ι
----
sul te sto delia vita , venne nel lodevole proposito di offrire a g li s tu ­
diosi la riproduzione esatta ed integra del prezioso m anoscritto. E c c o
perchè vuoisi ritenere giustamente annunziata questa vita c o m e e d i t a
« per la prim a volta integralmente ». Il N. si è posto al
l a v o r o con
una larga preparazione, e lo ha condotto con ottimi criteri, così n ello
esem plare il testo, come nel corredarlo di opportuni richiami e di il­
lustrazioni cop iose ed importanti. U n’ acconcia prefazione,
dando
ra­
gio ne della presente stampa, descrive in ogni sua parie il m a n o sc r itto
autografo , ed espone il metodo seguito nel riprodurlo. U t i l m e n t e il
N. ha p rep osto ai capitoli ed ai paragrafi, onde questi si v e g g o n o d i­
visi, a ccurati sommari, facendo seguire il testo dagli appunti a u t o b i o ­
grafici e d a una nota in cui con bella chiarezza sintetica e s p o n e i casi
del G ia n n o n e negli ultimi sette anni di sua vita. L ’a ppend ice assai i n ­
te ressante c ontiene la lettera scientifica del Giannone intorno a lla n e v e
sulle c im e del V e su v io , un saggio d ell’epistolario inedito , il m e m o ­
riale al re C arlo Borbone , infine una poco conosciuta relazion e sulle
vicende dei m ss. giannoniani rimasti a Ginevra. Chiude il v o lu m e l ’ in ­
dice dei nom i. D ire che il N. ha fatto opera egregia, in v e r ità è s u ­
perfluo; m a egli ha fatto anche un’opera buona, perchè la f ig u r a del
martire d ’ Ischitella, esce viva e vera da queste pagine, non d etu r p a ta
dai cervellotici conceri d e’ disadatti che prima posero le m ani nel m a ­
noscritto
origin ale.
L e impressioni che si ricevono dalla lettu ra di
questa autobiografia non importa ricordar qui ; esse bensì v a l g o n o a
confermare q uan to espose genialmente e con rigore storico il C ia n in ­
torno a W A g o n ia d'un grande italiano sepolto vivo. A l q u a le
non b a ­
starono le persecuzioni e le torture mentre era in v i t a , c h è d o p o un
secolo e m ezzo dalla sua morte un critico si g e ttò sopra d i lui, e in­
tese a d em olirn e la fama oggimai acquisita, com e uomo e c o m e scrit­
tore. E r a naturale che altri sorgesse in sua difesa; d o n d e una p o le ­
mica v iv a c e e fruttuosa, per la quale le ragioni del critico v e n n e r o
vittoriosam ente confutate, e il Giannone ebbe postumo rin v e rd im e n to
di fama. F r a c oloro che si posero con serenità d ’animo e c o n s e v e r o
m etod o critico ad esaminare l ’ormai noto libro del Bonacci r ile via m o
in ispecial m o d o Gaetano Cogo, il quale con piena c o m p e ten z a ed esatla inform azione di tutta quanta la materia ha cooperato c o n p o d e ­
rosa d i a l e t t i c a , e con copia di riscontri a demolire 1’ edifizio d el B o ­
nacci, « c he, costruito con pietre di color vivo, ma con c a l c e di ea t
tiva qualità, è destinato a cadere inesorabilmente ». C i p ia c e c h iu d e r e
questo c en n o con Γ augurio che presto si ve g g a uscire la b ib lio g r a fia
giannoniana promessa dal Nicolini, che sarà certo lavoro i m p o r ta n te
ed utile com pim en to della autobiografia.
A lessandro D ’A ncona . Esilio e carcere di Pietro Giordani. N u o v i
documenti da archivi e biblioteche. R o m a , 1905, in 8.0 di p p . 47 (E stratto dalla Nuova Antologia). — L’A . s’ era di già occupato di q u esto
im portante episodio della vita agitata dello scrittore piacentino alcun i
anni
or son o ; m a ulteriori ricerche gli
danno ora m od o di to r n a r e
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-- io 2 —
sn q u e i fatti, in te g r a rli ed illustrarli. I s e q u e s t r i a c u i
p o s t e le c a r te g i o r d a n i a n e , e
veri n e r o s o t t o ­
la o c u l a t a , in s is te n te , f e r o c e
su lla c o r r i s p o n d e n z a su a e b b e r o
per
effe tto
di
a r r ic c h ii e
vig ila n z a
a rchivi
e
b ib l i o t e c h e di le tt e r e d a lui s c r i t t e e di a lt r e a lui in d ir iz z a te . E tutto
q u e s t o m a te r i a l e v e n u t o a m a n o
di
chi
sa g i o v a r s e n e c o n ta n ta p e ­
rizia, h a p o r to a r g o m e n t o a q u e s t a n u o v a ed i m p o r t a n t e p u b b li c a z io n e ,
r ic c a
di
sv a r ia t i
d ocu m en ti , on d e r ic ev o n o
m i g l i o r l u m e la v ita e i
t e m p i d e l G i o r d a n i . Q u i a b b i a m o la p r o v a c h e le p e r s e c u z i o n i con tro
di lui e b b e r o le m o s s e d a l l ’A u s t r i a , in s e g u i t o a l l ’a r r e s t o d el M o n ta n i,
c u i v e n n e r o p r e s e p a r e c c h i e le tt e r e d e l l ’ a m ic o , e h ’ e g l i non a v e v a d i ­
s tr u tte , e c h e n o n c o n s e g n a t e a g li a r c h iv i po lizie sch i d a llo Z a j o t t i , il
q u a l e se le te n n e in p r o p r i o , d o p o la m o r t e di c o stu i p a s s a r o n o nella
b ib l i o t e c a di T r i e s t e . Q u e s t e in s ie m e
a lle
le tt e r e m a n d a t e in c o p i a a
V i e n n a d a lla p o lizia e d a q u e l le s e r b a t e n e l l ’ a r c h i v i o di P a r m a , con
g l i a ltri d o c u m e n t i , ci r iv e la n o m o lte p a r tico la r ità r ig u a r d a n ti il G i o r ­
d ani ed i s u o i a m ic i , c h e m ess e in a c c o n c i o r ilie v o d al
D ’A . b en ri
v e l a n o la in fe lic e c o n d iz io n e p o lit ic a d e l l ’ Italia, n e g l i anni in cui 1 A u ­
stria e s e r c ita v a s o p r a di essa la s u a nefasta o p p r e ssio n e .
C a r l o S f o r z a . U?i m issionario e sinologo piem ontese in Cina n el
secolo X V I I . T o r i n o , P a r a v i a , 1 9 0 5 , in 8.° di p p 10. — L a p e r m a ­
n e n z a in C i n a d e l l ’A . , c h e è fra
n o str e L e g a z i o n i , è
i più
v a len ti
g io v a n i
ufficiali d e lle
riu s cita utile alla storia d e g li italiani c h e si p r o ­
p o s e r o di r e c a r e la fed e e la civiltà in q u e lla r e g io n e . L e r ic e r c h e da
lui fatte n e l l ’ a r c h iv io d e l c o l le g i o d e ’ g e su iti a Zi-ca-w ei p r e s s o S c ia n g a i
l o h a n n o p o r ta to a lla
c o n o s c e n z a di un m a n oscritto
d o v e il P . L u ig i
Pfister h a r a c c o lto le n otizie b io g r a fic h e e b ib lio gra fich e di tutti i p a ­
dri vissuti in C in a , d a lla m o r te di S . F r a n c e s c o S a v e r i o fino a lla s o p ­
p r e ss io n e d e lla c o m p a g n i a . D a esso ei trae la b io g r a fia d e l P. A n t o n i o
V a g n o n i d a T r o f a r e llo , d ettata, c o m e tutte le altre, in fran ce se. Q u e s to
m issio n a r io , p r e s s o c h é ig n o to , c h e p e r ben 35 anni e s e r c itò il su o m i­
n istero nella C in a , ed e b b e p r o c e s s i , p e rse cu z io n i e p r i g i o n i a , s era
im p o s se ssa to assai b e n e d ella l i n g u a cin ese, e va rie o p e r e ha lascia to
d istr ib u ite in circa venti v o lu m i. D i tutte
p o rg e
notizia
l ’A . , ed a c ­
c o m p a g n a q u e s ta sua esp osizion e con rilievi critici ed o sserv a zio n i s o ­
ciali , c h e b e n d im ostran o 1’ a c u te z z a
d ella sua m e n te , e la cu ra con
cu i, p u r e in m e z z o alle fa ccen d e b u rocratich e , egli h a sa p u to stu d ia re
l ’in d o le e la c o n d iz io n e di q u ella società , in r ap p orto a lla civiltà e u ­
ro p e a . D i così fatti studi (e l ’a. h a d a to altri bei s a g g i in sedi d ive rse
d e l l e s u e i n d a g in i storico-sociali) s ’a v v a n t a g g ia la scien za , Θ noi s p e ­
ria m o c h ’ e g l i vo rr à presto p a rtec ip a re agli studiosi altri frutti d elle su e
r ic er c h e, sì c o m e c e n e fu d ato sentore.
E mma B og h en C onigli a n i . Storia della letteratura ilalia?ia ad uso
delle R R . Scuole norm ali. V o l. I l i , in 1 6.°, F ire n ze , B e m p o r a d , 1905.
—
F a r e u n a sto ria letteraria pe r le scu ole norm ali è assai più diffìcile
c h e sc riv e r n e u n a pe r i licei
d o v e la coltura dei g io va n i è assai più
un ifo rm e e d o v e certi fenom eni
c o m e l ’ u m anesim o
e
il
classicism o
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
103
—
possono essere , per la conoscenza del greco è del latino , m e g lio in­
tesi e m eg lio valutati. Appunto p e r c h è d e l l ’ insegnamento n o rm a le l ’A .
conosce le d iffico ltà , ha potuto fare un ’ opera pratica e b u o n a , e v i ­
tando , q uanto era possibile , le minute e accademiche in d a g in i p e r
tendere di continuo alla sintesi. Ed ottima idea è stata di servirsi, nel
caratterizzare una data epoca o un determinato scrittore, d e lle p a role
d e ’ nostri som m i critici moderni come il D e S a n c tis , il B o n g h i , il
Bartoli , il D el L u n g o , nomi pressoché ignoti alla massima p a rte dei
giovani delle nostre scuole. E poiché i programmi di storia e di le t­
tere non corrono paralleli nell’ insegnamento n orm ale, E . B . C . ha
cercato che queste sintesi fossero, quanto più era possibile, c o m p r e n ­
sive e in apposite tavole ha diligentemente disposto con r a g i o n e v o l e
corrispondenza lo svolgimento delle lettere con lo sv o lg im e n to dei
fatti storici , artistici e scientifici. In tal modo e con c iò c h e è nel
testo si v ie n e a correggere, in parte, quel vizio che è ne p r o g r a m m i
delle sc u o le nostre e che produce gravissimi d a n n i, di d a r
so lo
im ­
portanza alla storia letteraria, e di non far conoscere, a cca n to ai n o m i
d e ’ gra nd i s c r i t t o r i , quelli de’ grandi scienziati e d e ’ gr a n d i
artisti.
Inutile parm i nella storia letteraria della signora B oghen — e d è il
solo appun to c h e le faccio — la bibliografia che ha p o sto a p iè dei
capitoli, e p e r le persone a cui il libro deve se r v ir e , e p e r c h è sp esso
tale bibliografia è incompleta e perchè vengono in essa c ita te o p e r e
di prim a consultazione di cui è ovvio che, componendo i su o i v o lu m i,
l ’A . siasi servita. (G. R.).
Francesco
F la m in i.
Varia; pagine di critica e d ’arte . L i v o r n o ,
Giusti , 1905 , in 8.° di pp. Χ~35°· — Col proposito di r e n d e r e p o p o ­
lari cognizioni di letteratura che oggi sono cibo soltanto di p o c h i ini­
ziati, il F . riunisce in un volume articoli e discorsi che a p p a r v e r o in
varii tem pi in f a scic o li, ne La Nuova Antologia e nel F a n f illa della
Domenica e li presenta alquanto mutati dalla prima lor form a. I p rim i
quattro scritti formano quasi un ciclo: Dante e i l dolce stile, I l trionfo
di Beatrice , I l significato e il fine del poema sacro , N e l cielo di Ve-^
n er e,'e conten gon o, il terzo in special modo, le m edesime c o n c lu sio n i
dal F . g i à esposte nell’ opera I significati reconditi della Com media
di Dante e i l suo fine supremo e universalmente note nel m o n d o d eg li
studiosi. E rudizione profonda ed arte squisita che tale e r u d izio n e c er ca
Poesia d i popolo n el
buon tempo antico , e negli articoli Un virtuoso del quattrocento (S er a ­
fino d e ’ Cim inelli dell’Aquila) e Le lettere italiane in Francia 7iei se­
coli del Rinascimento , soggetto caro al F l a m i n i , ove si p a r la a l u n g o
di L A la m a n n i e di Nicolò Martelli. S e g u o n o : G. Leopardi poeta ,
C o m m em o ra n d o N . Tommaseo , Vopera di G . Verdi , A . G r a f e i
n asc o n d ere e render gradevole è nel discorso
suoi poemetti drammatici , Per il buono , In memoria di un filo lo g o
(Ferd G nesotto) e U insegnamento scientifico della letteratura nazio­
nale; nonostante il valore de’ quali scritti, parmi che n e g li altri citati
i
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 104 —
a n t e c e d e n t e m e n t e sia la p a rte
e s s e n z ia le
e
la
rag ion
prin cip a le
del
n u o v o v o l u m e di F . F l a m i n i. ( R . G .).
G i o v a n n i D o l c e t t i . L a f u g a d i G iacom o Casanova d a i p io m b i d i
Venezia. V e n e z i a , F a n tin i , 1905 , in 24.0 di p p . 16. — L ’ A . n o n ha
v o lu t o r ip r e n d e r e s t o r i c a m e n t e in e s a m e il r a c c o n t o di q u e s t a fu g a c e ­
lebre , intorn o
a lla
q u a l e p a r e c c h i g i à s c ris s e ro s u lla s c o r t a di d o c u ­
m e n t i ; m a h a r ic o r d a t o
lo
s tr a o rd in a r io a v v e n i m e n t o
z io n e s e m p l ic e e g e n i a l e , d e tt a t a d a chi b en
q u e l fatto si riferisce,
in
una
narra­
c o n o sce tutto q u an to a
e si m o stra b en a d d e n t r o a lla c o n o s c e n z a d e l ­
l ’u o m o , d e ’ t e m p i, d e l l ’ a m b ien te .
A l f r e d o C o m a n d i n i . L }Ita lia nei cento an ni d e l secolo X I X g i o r n o
p e r g iorn o illustrata. M ila n o , V a l l a r d i . — C o n q u e s t o fase. 46 c h e
a b b i a m o d in a n zi sia m o n egli anni fortu n osi
d el
n o str o
r is o r g im e n to ,
1847-48, e gli a v v e n im e n ti in c a lz a n o n u m ero si ed i m p o r ta n t i
L ’A .
o tt im o c rite rio ne r en d e c o n t o l a r g a m e n t e ; e d è n a tu r a le c h e
si
con
ac­
c r e s c a il n o v e r o d elle illustrazioni , s e m p r e b en s c e l te ed a p p r o p r i a t e
d a r iu s cir e u tile c o r r e d o a lle dilig en ti effe m erid i.
C risto foro Colombo nacque in
sco
Podestà.
Genova. M onografici d i
G e n o v a , tip. d ella G i o v e n t ù , 1905. in 8.° di
tre fa csim ili. —
Q u e s t o o p u s c o lo ha un
F ran ce­
p p . 8 con
inten to d i v u l g a t i v o , e c o m e
o g g i d i c e s i , p o p o la r e . T u t t i c o lo r o i quali n on h a n n o t e m p o e m o d o
di r ic e r c a r e la p o n d e r o s a Raccolta Colombiana , di s p o g l i a r e c o lle zio n i
di g io rn a li eru d iti, o te n er d ietro a pub b lica zio n i str a n ie r e , p o s s o n o d a
q u e s t e p o c h e p a g in e r ile va re la p r o v a
che
es s e r n ato a G e n o v a . D o p o i d o c u m e n ti
C risto fo r o
C olom b o deve
pu b b licati d a llo S t a g l i e n o e
dall A s s e r e t o p e r i quali si viene a stabilire c h e la n a sc ita d e llo s c o ­
p r ito r e si d e v e p o r r e nel 1 4 5 ], e più
p r e c is a m e n te fra il 25 a g o s to e
il 31 o tt o b r e , il riliev o d e l P. c h e c io è D o m e n ic o , p a d r e a C risto fo r o ,
d o v e v a n e c e ssa ria m e n te trovarsi a G e n o v a nei tred ici m esi c h e c o rr o n o
d a l l ’o tt o b r e 1450 al n o v e m b r e 1451, p e rc h è in v estito d e l l ’ufficio di c u ­
sto d e d ella P o rta e T o r r e d ella O live lla , ci
dà
la
m ig lio r e
te s t i m o ­
nian za (in d ifetto d e lla fed e di nascita o d el certificato d ella le v a tr ic e )
d e l l ’ e ssere C o l o m b o nato
a
G e n o v a . L o S ta g lie n o era a n d a to a n c h e
più o l t r e ; p o ic h é g u id a t o dai d ocu m en ti r ite n e v a
lo
« sta b ile d o m i ­
cilio in G e n o v a » di D o m e n i c o « dal 1429 al 1470 », g i u n g e n d o
ste ssa n e c e s s a ria e lo g ic a
alla
conclusion e. Il V i g n a u d , 1’ u ltim o a nostra
n otizia c h e h a p a rla to d ella q uestione d e lla nascita
e del l u o g o , a c ­
c e tta e c o r r o b o r a sì fatte conclusioni. I d ocu m en ti
d u n q u e c h e si ri­
ferisc on o al p e r io d o sop ra indicato , s e b b e n e
g i à editi nella Raccolta
r ic o rd ata (Par. I , vo l. I I , p. 10-12), ora c om p a risc on o
qui in form a
sp ic c io la in r ip ro d u z io n e fototipica pe r op era del P ., e con q u e s t o o p u s c o lo , c h e c ia s c u n o p u ò a vere facilmente sotto gli o c c h i, a u g u r ia m o ,
sen za s p era rlo , c h e sia chiusa la quistione
d ivenuta p a r e c c h io b iz a n ­
tina. D o b b i a m o in fine notare che l ’atto 25 agosto 1479 non è ro g a to
a L isbon a , m a a G e n o v a , e che il d ocu m en to 25 se tte m b re 1451 non
è « riferito » d a llo S ta g lie n o nel lu o g o indicato, m a solo citato a p a -
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V
—
105
—
gìna 8 'd e l Giorn. Ligustico , a. 1903, e per errore tipografico c olla
data del 1452, ma poi esattamente prodotto per intero nella Raccolta
Colombiana.
SPIGOLATURE E NOTIZIE.
*** N el m arzo del 1487, mentre era sempre accesa la g u e r r a tra
G en ov a e F ire n z e per l ’ acquisto di S a r z a n a , i genovesi assa liron o il
castello e la rocca di Sarzanello ; del primo s ’impadronirono, e qu esta,
difesa dai fiorentini, battevano virilmente. Lorenzo de Medici r a c c o lse
armati per soccorrere i suoi, deliberato a dar termine alla im p r e sa di
Sarzana. F u r o n o richieste le bande assoldate di Galeotto M an fred i si­
gnore di F a e n z a , alleato di Firenze e condotto agli stipendi d e l l a r e ­
pubblica. E d egli, che aveva contribuito nel 1484 alla presa di P ie tr a ­
santa, q u esta volta si giustificava presso Lorenzo affinchè « n on c r e d a
che sine legitim a causa habia ritenuto li cavalli e fanti pr ep a r a ti pe r
el b ix o g n o là di Sarzanello »; e la legittima causa era la n e c e ssità di
doversi
d iten d ere dalle insidie del B en tivog lio, che d ’ a c c o r d o col
Riario di F o r l ì , voleva impossessarsi del suo stato; al q u a l
u o p o a-
spettava appu n to che il Manfredi avesse spedito le a p p a r ec ch ia te s o l ­
datesche. E gli instava presso il Magnifico perchè s ’ interponesse a li­
berarlo
da
quel pericolo; allora « bisognando viria in p e r s o n a c o n
ogni mio sforzo », e « subito subito manderò la zente tutte p a r a te ad
talia » ( Galeotto Manfredi signore di Faenza, medaglione storico di A
to n io
M e sser i,
n
­
Faenza, 1904, pag. 46 sg. e 114, 118). D e v e c re d e rsi
tuttavia che, in seguito alle note pratiche di Lorenzo, sv en tata la c o n ­
giura, ei mandasse poi la sua gente all’ impresa, perchè il r a p so d a c h e
cantò la gu erra di Sarzana scrisse:
Di poi ancor con ogni diligenza
L a gente de’ Galleschi s’ ordinava,
E comandossi al signor di Faenza
Che la mandassi, e quel sì la mandava.
E più innanzi
indicando le diverse milizie accampate d a u n a p a r te
della città, s o g giu n ge :
E Faenzaschi v ’erano a confino.
(Cfr. La guerra di Sarzana, Sarzana, 1867, p. 10, 21).
Il
Boletin de la Reai Academia de la Historia di
M a d rid
p ubblicando la Corrispondencia de la In fa n ti Archiduqnesa D . a Isa-
bela Clara Eugenia de Austria con el duque de Lentia , la q u a l e s p o ­
sata a ll’ A r c id u c a Alberto si condusse dalla Spagna nelle F i a n d r e . L a
prima lettera (toni. X L V I I , p. 260 sg.) in data 20 giu g n o è scritta da
G e n o v a . Q u i v i , come è n o to , gli sposi vennero ricevuti c o n g r a n d i
onori, ed andarono a stanza nel palazzo D ’Oria a Fassolo (cfr. M
Belgrano,
e r l i-
I l palazzo D ’ Oria in A tti Soc. Lig. St pat., v o l . X , p a ­
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va
—
g i n a 9 5; R
o c c a t a g l ia t a
,
ioó —
A n n a li d i G enova , G e n o v a , 1873, p^ g. 233
s g .). L ’A r c i d u c h e s s a d i c e fra l ’ a l t r o : « esto s d ias h a n s i d o la n ta s las
visitas , q u e n o h a sid o p o s i b l e
e n t e n d e r en o tra c o s a » ; d e lla v e rità
di q u e s te p a r o l e fa n n o f e d e i C erim o n ia li ( A r c h . di S t a t o , v o l. I, p a ­
g i n a 221 s g g . ) , d o v e le p a r tic o la r it à d e lla d i m o r a in G e n o v a di q u e ’
p rin c ip i s o n o a m p i a m e n t e d e s c r it te .
*** T o m m a s o C a s i n i p u b b li c a le F o n ti p e r la storia della Consulta
d i L ioìie (in M em orie della R . A ccadem ia delle S c i e n z e , L ettere ed
A r t i in M odena , S e r . I l i , v o l. V ) d o v e si l e g g o n o a l c u n e c o r r i s p o n ­
d e n z e d el C o m m i s s a r i o
di
g o v e r n o in M a ssa (d istr etto d e l l e A l p i A -
p u a n e , d ip a r t im e n to d e l C r o s to lo ) , G i a c o m o
l ’e l e z i o n e d el r a p p r e s e n ta n t e
a
O rtalli , c h e
r ig u a r d a n o
quel consesso ; n otevolissim a una let­
t e r a d el 22 d i c e m b r e 1801 in d irizz ata a B o n a p a r t e , c o n la q u a l e si ri­
l e v a l ’ i m p o r ta n z a d el g o l fo di S p e z ia , e si p r o p u g n a la s u a u n i o n e alla
C is a lp in a (pa g . 130 s g g . ) . A ra p p r e s e n ta n t e v e n n e n o m i n a to l ’a v v . P ezz ica, m a n o n a v e n d o p o tu to recarsi a L i o n e p e r r a g io n i di s a lu te , si
f e c e il n o m e d e l Prof.
D om en ico
N ardini , se
non
che
la
proposta
g i u n t a forse ta rd i non e b b e s e g u i t o (p. 206) ; eg li è c e r t o q u e l l ’a b a te
m a s s e s e di c u i a b b i a m o a s t a m p a un v o l u m e di S a g g i p o e tic i e lette-
r a r j (M assa, 1823).
*** Il c o m m . V i t t o r i o P o g g i h a c o n d o tto
a
te r m in e
la
c la ssific a ­
zio n e e l ’a s s e tt o d efin itivo d el m e d a g l i e r e che la s i g n o r a M a r ia L a m ­
b e r ti, in t e r p re te d e lla v o lo n t à d el d e fu n to fratello su o P o l i c a r p o , d o ­
n a v a alla città di S a v o n a . Il C o n s ig lio c o m u n a le non· p o t e v a c e r t o a f­
fidare il l a v o r o a p e rso n a m e g lio c o m p e t e n t e e p e r ita ; p o i c h é il m o d o
c o n cui e g li h a o r d in a to la p r e g e v o l e r a c c o lta n u m is m a tic a , sta a t e ­
stim o n iare u n a vo lta di più , se v e ne fosse b is o g n o , la d o tt r in a d e l ­
l ’e r u d ito l ig u r e . Il m e d a g l i e r e c on sta di 3229 p e z z i , 149 in o r o , 2055
d 'a r g e n t o e 1025 di m istura e di b ron zo. Q u e s to
m a te r ia le v e n n e d i ­
str ib u ito in tr e g r u p p i p r incipali : il p r im o p e r la n u m is m a tic a ita lia n a
a n tic a , m e d i o e v a le , m o d e r n a , il se c o n d o p e r le m o n e te e st e r e , il te rz o
p e r le m e d a g l i e ta n to italiane c h e forestiere. O g n i g r u p p o v e n n e s c o m ­
p a r tito in s e z io n i regio nali. L e z e c c h e di o g n i se z io n e si s e g u o n o in
o rd in e a lfa b e tic o . L e s in g o le m o n e te in ord ine c r o n o l o g i c o .
La
serie
più in s ig n e sc ien tifica m en te e artistica m en te è q u e lla d el r.° g r u p p o ,
c io è
q u e lla
d e lle
z e c c h e italiane
e
tra
q u e s te la più r ic c a e la più
r a g g u a r d e v o l e p e r q u a n tità ed im p o rta n za d 'e s e m p la r i è la g e n o v e s e .
S p e r i a m o di v e d e r n e p u b b lic a to il c a ta lo g o .
*** A l l o r q u a n d o il b aro n e P ietro C ustodi si p r o p o n e v a di
p u b b li ­
c a r e la B iog ra fia d ’ illu s tr i o celebri italiani , e a n d a v a r a c c o g l i e n d o e
ric er c a n d o n o tiz ie e m ateriali d a ciò , r ic h ied e v a
al professore P ie tro
C o n fig lia c c h i, o ltr e a d o c u m en ti intorno a diversi professori d e l l ’ U n i ­
versità p a v e s e , « i materiali pe r l ’ illustrazione d e ’ v ia g g i n e ’ m ari atlantici d el c a v a lie r e M alaspina di F o s d in o v o (sic), nella s u p p o siz io n e
c h e non sia q u e lla g i à da voi stesso p u b b lica ta , sic co m e
ne
d a ta l u s i n g a , m olti anni f a , in una vostra c o m u n ic a zio n e
a ll ’ Istituto
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avevate
—
107
—
Italiano. I o possiedo le così dette carte marine di q u e lle fa m o se e
m isteriose peregrinazioni , le quali essendo in una croc iera m a rittim a
c a d u te in potere d e ’ francesi, furono rese pubbliche d a ll ’ ufficio t o p o ­
grafico
d el
ministero della Marina dell’ Impero ». E sette anni più
tardi e sp rim e va allo stesso amico il desiderio di acq uistare
i m ano­
scritti d el Malaspina (Cfr. Bulletin Italien , T . V , p. 3 5 r_3 5 2)·
.*** N e lla importante monografia di A . G i u s s a n i : I l fo r te di L u en ­
tes. E p iso d i e documenti di ima lotta secolare per il dominio della Vaitellina (in Raccolta storica della Società storica pe r la P ro v in c ia e a n ­
tica D io c e s i di Como, vol. V ) troviamo un cenno d e ll’a cq u isto d e l F i ­
n a le d a parte della Spagna; ed a corredo un d o c u m e n to
tratto d a l ­
l ’a rc h ivio di Simancas, donde si desume che il castello venn e o c c u p a t o
d a d on D i e g o P im e n t e l, nipote del conte di F u e n te s
il
20 g e n n a io
1602 ( p a g , 31).
* Y U n a Lettera di Vittorio Amedeo I I per la guerra contro 1 F ra n ­
cesi nel 1704, scritta al Duca di Massa Carlo II C y b o , m and a in lu c e
L u ig i
S taffetti
traendola dall’Archivio massese di S ta to, e illu s tra n ­
d o la convenientem ente. È un monito in forma cortese, affinchè il d u c a
non consentisse ai gallo-ispani il passaggio nel
suo
territorio
com e
b ase di operazioni militari nella vai di M a gra, d o v e essi in t e n d e v a n o
(in Bollettino storico-bibliografico subalpino, X , pp . 182-184).
*** D a l Supplemento alla Rivista delle biblioteche e degli a r c h iv i ,
A . II , n. 6-7, rileviamo la seguente notizia che r ig u ard a un n o str o li­
g u r e : « L a Biblioteca Negroni ha avuto testé a nche il p r e g e v o l e d o n o
di tu tte le carte lasciate dal valente latinista e grecista S te fa n o G r o s s o
c h e fu professore di letteratura greca e latina nel liceo C arlo A l b e r t o
di N o v a r a e nel liceo Parini di_ Milano. D onatore è il distinto
rato e
accadem ico della Crusca Giovanni C an n a , p rofessore
lette­
n e ll U-
n iv ersità di Pavia , che fu intimo amico del prof. G r o s s o e d a l q u a l e
e r e d itò
i preziosi manoscritti. Questi consistono in lettere d ir e tte d a
altri distinti letterati all’ insigne grecista, ed in studi, c o m m e n ti e c c .
d el G r o s s o stesso ».
In una Profezia inedita della fine del quattrocento p u b b li c a t a
ed illustrata da A
ndrea
B enzoni
(in Ateneo Veneto , A . X X V i l i ,
v o l. II , p a g . 161) si leggono questi versi a p rop osito di G e n o v a :
E tu che te delecti esser permossa
continuamente da noveli spoxi,
non è per remanerti apena Tossa.
F ar à vendetta Idio de tuo doloxi
e scelerati zitadini. che fumo
chaxon de far star grezi do loroxi ;
Dapoi che un sacerdote non adorno
ti torà chôme ducha il tuo te xo ro,
spargerà il sangue tuto il santo giorno .
V e r s i i quali si riferiscono al frequente m u ta r
di
S i g n o r e p e r le
civili d isc ord ie; ed alle lotte fra l’ arcivescovo P ao lo d a C a m p o f r e g o s o
e P ro s p e r o A d o r n o : singolarissimo il riferimento d e lla s e c o n d a t e r z i n a
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— ιο8 —
c h e r ic o r d a a n o str o p a r e r e il p a s s a g g i o d e ’ tu rch i p e r o p e r a d e ’ g e ­
n o v e s i , a d a n n i d e l l a c ristianità.
* * * A l e s s a n d r o C o l o m b o n ella sua m o n o g r a fia r ig u a r d a n t e L ’ in ­
g r esso d i Francesco S fo rza in M ilano e l ’in iz io d i un nuovo prin cipa to
(in A r c h . S lo r . Lom bardo , A . X X X I I , vo l. I V , p a g . 64) d à r a g g u a g l i o
di una co n v en zion e
del
31
m a rzo
1450
fra
lo
S forza e
Benedetto
d ’ O r ia , c o n la q u a l e q u e sti p r o m e t te v a al D u c a d 'a i u t a r l o n e l l ’a c q u isto
d i G e n o v a ; m e n t r e il d u c a , o tt e n u to il su o i n t e n t o , g li a v r e b b e c o n ­
c e s s o in f e u d o il vic a ria to d ella valle d ’A r r o s c i a c o n P i e v e di T e c o e
R a n z o , o ltr e il c a p ita n a to d ella riviera o c c id e n ta le d a N o li, s a l v o V e n t i m i g l i a , c o n altri c o sp ic u i c o m p e n si. A c c e n n a q u in d i a tratta ti c o n s i ­
m ili fra lo S fo r z a e g li A d o r n i , e fra lui e i F r e g o s o .
NECROLOGIE.
G a s ta v o S a ig e . Il m a ttino del g io rn o
c in q u e
dicem bre
g n e v a i m p r o v v i s a m e n t e , p e r vizio card iaco , 1’ illustre
si
spe­
G u sta v o Saige,
il q u a l e a v e v a s p e s o un q u a r to di sec olo nel culto s e v e r o d e lla sto ria,
s p e c i e in q u e l lo d e lla L i g u r i a o c c id e n ta le : alle ore d ieci p o m e r id ia n e
d e l q u a tt ro , p ie n o
di vita rientrava nel su o pacifico s t u d i o ; sei ore
d o p o e r a g i à fr e d d o c a d a v e r e ; laond e si pu ò d i r e ,
p o n e s s e , ma v e d e s s e c a d e r e dalle irrigidite
P a r i g i il 20 a g o s to d e l l ’ anno
s p le n d i d e
pròve
c h e e g li n on
d i t a , la
1858 d a ll’ in g e g n e re G io .
fa tte negli studi
d e l l e C a r te , s p ie g a v a così a perta
a
B atta , d o p o
secondarii , a m m e sso
attitudine
de­
pe n n a. N a t o
a lla S c u o la
nella in tra p resa carriera,
c h e n e l 1863 v e d e v a p r em ia ta di m ed a glia daU’A c c a d e m i a d e lle iscri­
z ion i e b e l l e le tt e r e la tesi di laurea, da .lui presentata col titolo : L e
sig tio rie della Li7iguadocca. S i c re d e tte per un m o m e n to c h e la p o li ­
tic a lo a v r e b b e a ttirato nella sua cerchia, trova n d olo a q u ei g io r n i asc ritto al G a b i n e t t o di N a p o le o n e III, m a lo studio d e l l ’a ntichità e b b e
p iù forza so p ra di lui e nel 1881 faceva venire in luce a P arigi L es
J o u ifs de Languedoc , d o p o cui veniva nom inato A r c h i v i s t a o n orario.
Fu
in
S aig e
quel
la
tem po
c h e il Principe
D i r e z i o n e d e l l ’A r c h i v i o
di
M o n a co
p r o v ò b e n to s to di m erita re ; pe rch è non
d ep lo re vo li
d ispersion i, ma
C arlo
III
offriva al
di S ta to , carica che egli a cc ettò e
gu id a to
da
solo
riuscì
a
rim e d ia re a
rigoroso p r o c esso m e to d ico
v a l s e a r in tr a c c ia r e il filo di un gr a n d e labirinto di carte, ord in a n d ole
e c la ssific a n d o le di g u is a , d a poter ris pondere alle esig e n ze d e g li s t u ­
d iosi, v e r s o i q u ali, sp oglio d ’ ogni senso di g e l o s i a , si m ostrò g e n e ­
roso d ogni
m a n ie r a
di
aiuti. In fatti d op o alcuni anni di a ssid uo e
m al c o m p r e s o l a v o r o , fu in g r a d o
di
pubblicare
in
M o n a c o P anno
1888, il p r im o v o lu m e dei Documents historique relatifs à la P rin ci­
pauté de M onaco , form ato in 4.0 di 906 p a g in e , nelle quali r acch iu se
r a c c o n t o e d o c u m e n ti, che corrono dal 1412 al 1494: non ta rd ò a se-
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gu ire il s e c o n d o , che va dal
109
'
1494 al 1540 e vide la lu c e n e l 1890;
and ò c o m p a g n o l ’anno seguente il volume terzo , che tratta d e l l e v i ­
cende a v v e n u t e dal 1540 al 1641, pubblicando così tale t e s o r o di n o ­
tizie , c h e non avrebbe neppure sognato lo stesso P ie tro G i o ff r e d o .
P erchè
1’ e g r e g i o Archivista
pigliasse le mosse dal
1412 ,
a n z ic h é
dalle origini, viene chiarito dal desiderio e dal debito g r a v i s s i m o c h e
egli a v e v a di risalire alle fonti , affine d 'e s s e r e in grado di sfa ta re le
non disinteressate menzogne del Venasque , autore della G enealogica
et historica Grimaldae gentis arbor, stampata in Parigi l ’a n n o 1647 e
tosto r im u n erata col nastro di cavaliere di S. Michele dal re C r is t ia ­
nissimo, intercedente il Principe Onorato II. Per verità c o m e n o n s o r ­
ridere a fior di labbra nel veder l’autore ad aver presti alle m ani col
G r im a ld o figlio del carolingio Pepino, i Teodobaldo, gli U g o , i P a s ­
sano e così di seguito per giungere ad allacciarsi ai prim i n o m i s t o ­
rici d e l l ’ illustre Casato! Era quello il secolo dei F anusio C a m p a n o e
dei C iccarelli , ma non tardò la ria merce ad essere fiutata d a g li in ­
telligenti , e giustamente fu menato lagno , che ad una c o ro n a d ’ oro
si fosse vo lu to associare un cerchio di oricalco. Fu tardo, m a fu c o m ­
pleto e stringente il tessuto critico dal Saige elaborato , s ta n d o n e in
prova il v o lu m e , or ora venuto in luce col titolo: Documents h istori­
ques antérieurs au quinzième siècle relatifs à la seigneurie de Monaco
et à la M aison de Grim aldi , Tom e I , collezione di b e n 207 d o c u ­
menti, c h e incominciano colla leggenda di Santa D ev o ta , c a v a t a d a l
Barralis e c h e corrono fino all’anno 1269, prima di trovare i n o m i d e i
G r i m a l d i , c h e erano al seguito del re Carlo I d ’A n g i ò . N o m i c h e
m entre si combaciano prontamente coi discendenti di O tt o n e C a n e lla ,
fatti o g g e t t o di lunghe ricerche non meno in Genova, c h e n ella d o tt a
G erm an ia , metterebbero ora in un serio imbarazzo il c o r t ig ia n o
Ve­
n asq ue, se sopravvivesse. Alea jacta est e chi si farà ed ito re di q u a n to
il com pianto Archivista lasciò in gran parte stampato, tr o v e rà c h e e g l i
non p o te v a chiudere la carriera di storico con più coscienzioso m o n u ­
m ento. L a confidenza posta dal Principe Carlo III in G u sta v o S a i g e , non
venn e m e n o sotto il figlio e successore Alberto I, che ap p a ssioa to c u l ­
tore d egli studi, non solo accordò venisse a far parte d ella C o lle zio n e
storica G rim aldina lo Chartier de VAbbaye de Saint Pons de N ice, la ­
sciato in tronco dal Conte Cais, ma accennando egli, con fine a c c o r ­
gim ento , a ll’ importanza dei numerosi feudi passati nei G r im a ld i col1’ innesto d e l l ’ unica figlia del Principe A n to n io , Luigia
Ip p o lita col
potente casato francese dei Matignon , bastò perchè 1’ o p e r o s o a r c h i ­
vista
desse
opera a pubblicare altri quattro in 4.0, ra c ch iu d e n ti le
carte d ella Seigneurie de Fontenay le Marmion , del V i s c o n ta d o d i
Cariai e del Trésor de chartes du Comté de Rethel, p u b b lic a zio n i, s e ­
gn a ta m ente q uest’ ultima, che apersero al Saige le porte d ell Istituto di
Francia. U n a rara dote che vuol essere a questo scrittore a ttr ib u ita , si è
quella di non essersi lasciato irrugginire lo stile dalla
archivi : basterebbero le sue belle introduzioni a rivelare
p o lv e r e d e g li
n on so lo la
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c h ia r e z z a
e
la
p r e c is io n e
d e lle
p u r e n o n re sta ss e p r e z io s o
le
v ic e n d e
c isio n i ,
I IO
i d e e , m a Γ e le g a n z a d e l d e tta to ; se
vadem ecum , p e r ch i d e s id e r a
d e ll’ a n tic o e s to ric o
e d ito
in fr o n tis p iz io :
dai
tip i
—
P rin c ip a to ,
d e l l ’ H a c h e tte in P a r ig i n el 1897 ,
M onaco ,
ses o rig in es et son h isto ire.
a ta n to m e rito e a c o sì rara o p e ro sità fa llire
fu ro n o 1’ a s c r iz io n e a s to ric i
n u m e ro s e
d e c o r a z io n i
c o n o s c e re
il v o lu m e a d o rn o
per
e
che
d ’ in ­
p o rta
N o n p o te v a n o
p re m i c o n d e g n i ,
q u ali
le tte ra rii so d a lizi e ’ l c o n fe rim e n to
p a rte
del
d e lla S p a g n a , d e l P o r to g a llo e d el
su o
P rin c ip e ,
W u r te m b e r g :
d e lla
di
F r a n c ia ,
d e c o r a z io n i r e c a te
s o p ra un c u s c in o d a u n a ra ld o nel g io rn o d ei v e ra m e n te so le n n i fu ­
n e ra li. A l c a d a v e r e , e sp o sto so tto le v o lte d e lla s u p e r b a c a t t e d r a le ,
te s té e r e tta d a l L e n o rm a n t ,
dava
la
a sso lu zio n e a
capo
del
c le ro
d io c e s a n o il v e s c o v o D e C u re l : s ta v a r a p p re s e n ta n te
di S . A . S .
P r in c ip e ,
d ie tr o a l carro
il c o lo n n e llo C o n te
di
C h risten : v e n iv a n o
fu n e b re il g e n e r o C o n te d e W is s o c q e la figlia
e
il
p r e c e d e v a le a u to ­
rità tu tte e le n u m e ro se n o ta b ilità , S . E . il G o v e r n a to r e g e n e r a le C o n te
d e R itt, il q u a le c o n fa c ile ed e le g a n te p a ro la te s se v a nn d e g n o serto
d i lo d i al tr a p a s s a to : s e g u iv a con serie di n obili rico rd i l ’ e g r e g io A r ­
c h iv is ta d e lle A lp i m a rittim e , c a v . E n ric o M oris, n è o m e tte v a di m a n ­
d a r e l ’e s tre m o a d d io , l ’a m ico
G
I p p o lit o G a e ta n o I s o la
i r o l a m
o
R o s s i .
n acq u e a G e n o v a il 4 g iu g n o 1830 da
G iu s e p p e v a le n te e rep u ta to p itto re . P e r d esid erio d el p a d re si la u reò
in g iu r isp r u d e n z a , m a n on e s e rc itò m ai 1’ a v v o c a tu r a , tra tto c o m ’ eg li
si se n tiv a
a
c o ltiv a re p iu tto sto
g li
studi lettera ri e filo so fici. I su oi
p rim i sc ritti c o m p a rv e ro nel g io rn a le IL M ichelangelo ch e si p u b b lic ò
a G e n o v a d al fe b b ra io a ll’a g o s to d el 1856. C o lla b o rò n ella Gioventù e
n el B o r g h in i di F ir e n z e ; n e g li
Opuscoli di M o d e n a ; n el P rop ug na­
tore di B o lo g n a ; n e lla Rassegna N azionale di F ire n z e . P e r ben tren t ’ an n i im p a rtì 1’ in seg n a m e n to
di storia e g e o g ra fia n ella R . S c u o la
N o r m a le fem m in ile , m en tre a tte n d e v a nel tem p o ste sso ad e ru d ire i
g io v a n i
n e g li
istitu ti
p riva ti D a n o v a ro
fo n d ò e d ire s s e p a re c ch i anni.
D al
e D ’A s t e , o in q u e llo e h ’ ei
L ic e o A n d re a D ’ O ria , d o v e p u r
fu in s e g n a n te di sto ria , passò alla C iv ic a
B ib lio te ca in
ufficio di vice
b ib lio te c a r io , e n e te n n e p oi la d irezion e d op o la m o rte d el B e lg r a n o .
F u d o tto re a g g r e g a t o a lla F a c o ltà di filosofia e lettere d e ll’ U n iv ersità ,
S o c io d e lla R . C o m m issio n e pei testi di lin g u a, m em b ro d ella S o c ie tà
L ig u r e d i S to r ia p a tr ia ; corrisp o n d en te d ella R . D ep u ta z io n e di S to ria
p a tria di T o r in o , d ella R . A c c a d e m ia d elle sc ie n z e , le tte re ed arti di
L u c c a , d e lla R . A c c a d e m ia P eloritan a di M essina. In d ich ia m o qui una
p a rte d e lle su e p u b b lica zio n i, altre sono sp arse n e ’ gio rn ali citati: L e
lettere e le arti belle in Italia a' dì nostri. G e n o v a , S c h e n o n e , 1864.
I
sofism i d el Renan nella sua pretesa « Vita di Gesù ». P ra to ,
G u a sti, 1864. — D iscorso d i scienza politica. M odena , S o l i a n i , 1866.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— I l i -— Filosofia e filologia. Firenze, G alileiana, 1868. — I d is c o r s i s u ll’u ­
nità della lingua. Firenze , C e llin i, 1869. — Un p o ’ di critica a l so­
cialismo. M o d e n a , S o lia n i , 1869. — I due usu ra i , novella. G e n o v a ,
S ch en o n e , 18 70. — I l metodo: dialogo filosofico. M o d e n a , S o lia n i,
1870. — La lingua comune, dialogo. B ologna, F av a e G a ra g n a n i, 18 70 .
— Secondo dialogo filosofico. M o d e n a , G a d d i , 1871. — I l p itto re in ­
g lese, novella. G e n o v a , Sch en o n e , 1871. — A i giovani ita lia n i . F i ­
r e n z e , C e l l i n i , 1871. — Sulla vita e sugli scritti di M ons. Giuseppe
Buscarini vescovo di Borgo S. Donnino. M o d e n a , G a d d i , 1873.
Storia delle lingue e letterature romanze. B o l o g n a , R o m a g n o l i e G e ­
n o v a , S o r d o m u t i , 1880-1905, voi. 3. — Un codice del sec. X I V conte­
nente poesie e prose genovesi: notizie e saggi. F i r e n z e , C e l l i n i , 1882.
— I l positivism o dì Augusto Còmte. F irenze, Cellini, 1887. — P r o lu ­
sione alle conferenze sulla storia d’ Italia dal 1815 al 1878. G e n o v a ,
S ch en o n e , 1890. — Commemorazione dt Cesare Cantii. P isto ia , F io r i,
1896. — D iario dei Jatti occorsi in Genova negli anni 1847-48 49. G e ­
nova, C arlin i, 1902. — I parlari italici dell’antichità fin o a noi. L i
vorn o, G iu s ti, 1903. Curò altresì la stam pa dei seguenti te sti : Visione
dei gaudi de’ beati e de’ mali sopravvenuti al mondo: testo del buon
secolo. G e n o v a , Schenone, 1865. — Morali tratti da diversi santi, f i ­
losofi e poeti: testo del buon secolo. G en ova , Sch en on e , 1865.
La
leggenda di S . Giorgio: testo del buon secolo. G en o v a , S c h e n o n e ,
1867. — D u e canzoni di F r a n c o S a c c h e t t i . G en ova, S c h e n o n e , 1868.
— Novella del conte Guglielmo di Nerbona e di Or abile , scritta n el se­
colo X I V . B o l o g n a , F a v a e G aragnan i, 1869. — Epistola d i S . G iro ­
lamo ad Eustochio: volgarizzamento antico. B o l o g n a , R o m a g n o l i , 18 69.
— La bella carbonaia, novella inedita del sec. X IV . B ologn a, tip . R e g ia ,
18 72 . — Leggenda di S. Tecla non mai stainpata. B o lo gn a , F a v a e
G a ra g n a n i, 18 73 . - Storie Nerbonesi, romanzo cavalleresco d el s e c .X I V .
B o lo gn a , R o m agn oli, 1877-87, voi. 3. — Narrazione dello stato della
Repubblica di Genova, scrittura del sec. X V I. G en ova, S ch e n o n e , 18 8 1 ,
— Storia di Rinovardo del PineIlo: testo inedito del sec. X I V . G e ­
n o v a , S a m b o l i n o , 1882. N otiamo infine la traduzione D ella Costanza,
libri due di
G
i u s t o
L ip s io .
Modena, Soliani, 1S79. -
S ta v a rived en d o
le b o z z e d e l la s u a Critica del Rinascimento, di cui è c o m p i u t a la s t a m p a
d e l p r i m o v o l u m e , presso il Giusti di L iv o r n o , q u a n d o c a d u t o a m m a ­
la to si s p e n s e agli 11 novem bre 1905.
Isa 1«1a ssa re Avanzini moriva la sera d ell’ 8 o tto b re
1905
in
B rianzola (O ggion o) , e la sua morte destava nel cam po d e lla stam p a
period ica un senso universale di sincero rim pianto. T u tti i fo g li p o li­
tici
p rin cip a li della penisola dedicarono alla m emoria d el b rilla n te e
fecon d o giorn alista commoventi necrologie.
Era nato a lla
S p e z ia
13 di m arzo del 1837 da Niccolò e dalla signora F ra n ce sca
il
G iu s ti­
niani ; e d a ll’atto di battesimo, che si conserva nell’a rch iv io d e lla par-
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1 1 2 ----
r o c c h ia di S . M a ria A s s u n ta , risu lta
che
g li
fu ro n o
d a ti
G iu s e p p e , A g o s tin o , B a ld a ss a re , P a o lo , G io v a n n i ; m a
s e m p r e , ta n to in fa m ig lia c o m e d a i
c o lle g h i
v e z z e g g ia tiv o d i B a ld a s s a r e , c h ’ era sta to
il
la
p ro fe ssio n e
di
n om i di
ch iam a to .
g io r n a lis m o , Bino,
nel
n o m e d e l l ’ a v o m aterno.
C o m p iu ti in p a tr ia g li stu d i di filo s o fia , si a d d o tto r ò
m a n on e s e r c itò
i
fu
poi
in
d iritto ;
a v v o c a to , p r e fe r e n d o
la
carriera
d e g li im p ie g h i , e c o p r ì uffici p re ss o
i
M in isteri
d e l l ’ In te r n o e della
M a rin a . L ’ in d o le su a lo tra sse p e r a ltro b en p re sto d a q u e lla vita m o­
n o to n a p e r la n c ia r lo n el m are magnum d el g io rn a lis m o , in cu i d o v e v a
p r o c a c c ia r s i
su b ito ,
m ercè
le
su e
d o ti
p a r tic o la r i ,
un
p o sto fra’
p rin c ip i. N e l 1870 con D e R e n zis, M artin i, C e s a n a , F e r r ig n i (V o ric k ),
P ia c e n tin i e d a ltri, fo n d ò in F ire n z e il F a u fu tla , g io r n a le d i p a rte m o ­
d e r a ta , c h e fa la p a le stra d e lle più v iv a c i p o litic h e b a tta g lie d el n u o vo
r e g n o . E d e g li a rtic o li d e ll’A v a n z in i, c h e e ra n o firm ati E . Caro si ri­
c o r d a a n c o r a la n o b ile v e e m e n za , lo sp irito a r g u to e fin e c h 'e r a n o la
c a u s a d el lo r o s u c ce sso . N e l g iu g n o d e ll’a n n o ste sso , e b b e , p e r g e n e ­
r a le c o n s e n s o d ei c o lle g h i , la d ire zio n e
l ’a ltro , e g li s c r iv e v a i reso co n ti
d e lle
d el
g io r n a le . N e l q u a le , fra
s e d u te
p a rla m e n ta ri
c o sì s p ig lia ta , sa la c e e in s ie m e tan to g a rb a ta , c h e
z o n i, a ssid u o le tto re di q u ei r e s o c o n t i, v o lle
in
form a
A le s s a n d r o M an­
tra d u rn e
uno
in
versi
m a rte llia n i. D a l F a n fu lla n a c q u e il F anfulla della D o m en ica , e b d o m a ­
d a rio le tte ra r io , c h e v iv e tu tto ra , il
p rim o n el su o g e n e r e in Ita lia ,
s e g u ito in a p p resso da m olti altri , ch e non h an n o e g u a g lia to m ai nè
l ’ im p o rta n za n è il su c ce sso d e ’ suoi prim i anni di sp le n d o re . Il Tor7ieo
e b b e tra i fo n d a to ri l ’ A v a n z in i in siem e con
un
m a n ip o lo d ei più a u ­
to r e v o li p u b b lic isti italian i ; il Popolo Romano e il C orriere della Sera
lo
e b b e ro tra i c o lla b o r a to ri; e l ’A ss o c ia z io n e d e lla S ta m p a Ita lia n a e
la L ig u r e d e i G io rn a listi tra i prim i so ci
fo n d ato ri.
In
q u e sti ultim i
d ie c i anni V A . s ’era ritirato d a lla p a lestra g io rn a listic a ed era p a ssato
a d ir ig e r e l ’ U fficio d e lla S ta m p a p resso la D itta
A n s a ld o di G e n o v a .
A ffe tto d a m a la ttia di cu o re , s ’ era u ltim am en te
ritira to
in
B rian za,
d o v e h a fin ito la su a vita on esta e in tem erata tra le b ra c c ia d e ’ su oi.
C e n n i n e c r o lo g ic i, b io g ra fic i, ed a n e d d o tici di lui fu ro n o p u b b lic a ti in:
C o rriere della Sera (9 o tto b re), M essaggero (9-10 o tto b re di L u ig i C e ­
X I X (di
L . A . V a s s a llo , 10 ottob re), Corriere della Spezia (14 o tto b re ), I l L a ­
voro g a z z . d i Spezia (14 ottob re) , I l Giornale d 'Ita lia (9 o tto b re ),
Rassegna N a zion a le (di J a c k la B o lin a , 1 n o v e m b r e , p a g . 147 s e £*)>
Nuova A n tolog ia (16 o tto b re), Illustrazione Italiana (di U g o P e sc i, 22
o tto b re ), I l M arzocco (di G u id o B iagi. 15 o tto b re), ec c .
m.
san a) , Caffaro (9 10 o tt o b r e ) , Tribuna (9 o tt o b r e ) , Secolo
G ir o la m o K affo n ato a G e n o v a il 29 n o ve m b re 1824 , m an cò ai
v iv i il 28 n o v e m b re 1905. A d icia sette anni en trò n ella C o m p a g n ia di
G e s ù , e q u iv i co m p ì il corso d e ’ suoi studi così fe lic e m e n te , ch e ben
p re sto fu ch iam a to a p rofessare lettera tu ra italian a, latina e g re c a ; in se-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 113 —
gu ito a ttese più specialm ente alla filosofia ed alla te o lo g ia . Q u e s te d i­
scipline
e g li
insegnò in parecchi collegi del sodalizio c o sì in Ita lia
com e n el B e lg io . Si distinse in modo singolare n elP in seg n a m en to d e lla
te o lo gia d o g m atica , e il testo che va per le scuole sotto n o m e d e l su o
con fratello p. S ch ou pp e vien ritenuto in gran parte o p e ra di lu i. S i
C anzoniere di
S. Giuseppe , G en o v a , tip. Arcivescovile, 1888, in 16.0 di p p . 6 9 1 ; la ­
scia m ed ito il Canzoniere Mariano al quale lavorava d ’ a ssa i te m p o .
P u b b licò altresì la Vita di Eugenio Ricco della Compagnia d i Gesù.,
T o rin o , S p e ira n i, 1875 ; in 16.0 di pp. 230, e la Vita del serafico g i o ­
vinetto S . Stanislao Kostkx novizio della Compagnia di G e sii y G e n o v a ,
p iacqu e d e lla poesia sacra ed abbiamo alle stam pe il
tip. A rm a n in o , 1895, in 16.0 di pp. 150 fig.
G io v a n n i
G in in c ili
nato a Pontrem oli nel 1834 d a ll’ a v v o c a to
D o m en ico , è m orto il i.° ottobre 1905 in patria. F ece i
prim i stu d i
n ella città n ativa, poi si recò all’ U niversità di Siena , d o n d e p a ssò a
P arm a, e finalm ente a Torino. Laureato in giurisprudenza a tte s e a l l ’e­
sercizio d ella avvocatu ra ; quindi giunti i nuovi te m p i, v e n n e e le tto
n ella am m in istrazion e com unale e v ’ eb b e anco il su p rem o u fficio di
sin d a co. D el pari fu per molti anni consigliere provinciale e m em b ro
d ella d ep u ta zio n e. In tutte queste cariche portò il con trib u to d e l su o
felice in g e g n o , e della bontà del suo carattere, on d ’era u n iv e rsa lm e n te
am ato. E b b e da natura genio ben disposto alla poesia, e co m p o se a l­
cune tra g ed ie e moltissimi sonetti. Pochi di questi vid ero la lu c e sp ar­
sam en te, co m e certe altre satire occasionali non prive d i a c u le i. C h è
appun to n el gen ere giocoso e satirico si esercitò la sua m u sa. A m a n te
d ello stu d io s ’ era formata una soda coltura sui classici, d e ’ q u ali s o ­
leva con felicità citare ed applicare le sentenze ed i m otti.
Severino F e rra ri morto il 24 dicem bre vuole essere rico rd a to in
q ueste p a g in e perchè diede al Giornale Ligustico (a. X V , p p . 121 e
2 6 6 ), d el q u a le il presente è con tin u azion e, due scritti im p o rta n ti :
L ’ incatenatura del Bianchino e Gabriello Chiabrera e « L a Corona
d’A pollo ». È noto poi come intorno al poeta S avonese e g li a v e s se
fatto largh i stu d i, per altre occupazioni interm essi; sì co m e n e p o rg e
buon d o cu m en to , oltre alla citata scrittura, il suo ottim o stu d io b ib lio ­
grafico : Gabriello Chiabrera e le raccolte delle sue rime da lu i me
desimo ordinate , Faenza, Conti, iS88.
Giorn. Si, e Leti, della Liguria.
S
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
114
—
A P P U N T I D I B IB L IO G R A F IA L IG U R E .
B o n o m e l l i
G
e r e m
i a
C risto fo ro C o lo m b o (in F o g h e autunnali , Mi­
.
la n o , C o g lia ti, 1906).
B o s c a g l i a
D
o m
e n i c o
.
La
c h ie sa
u n a la p id e a G a b r ie llo C h ia b re ra
(in
di
S.
G ia c o m o
in
S a v o n a ed
A r te e S to ria , X X I V , p a g in e
15 2 -15 4 ).
B r u n o
A . L ’ a n tic a v ia S . G iu lia n o al te m p o di C risto fo r o C o lo m b o
(in I I C ittad in o , S a v o n a , 1905, n. 258). — Q u istio n i d i s to ria e di ar­
c h e o lo g ia (iv i, n. 266). — T e stim o n ia n z e
C o lo m b o (ivi, n . 267). —
illu stri in to rn o a C risto fo ro
U n C o lo m b o a C o g o le to (ivi, n. 268).
Il
c o r t ile d e l p a la z z o D e lla R o v e r e e i d iritti d el C o m u n e (ivi , n . 270).
—
M e m o rie N a p o le o n ic h e (ivi , 11. 2 7 1).
—
L ’ is o la
Saona n e l m are
d e lle A n t ille (iv i, n . 273 e 275).
C a m p o r a
B a r t o l o m e o . C a p ria ta d ’O rb a . U n p o ’ d 'a n tic h ità (in R i­
vista d i S to r ia , arte, archeologia d ella p ro v . d 'A le s s a n d r ia , X V I , p a ­
g in e 407-419 c o n ta v .).
C a s a z z a
V
i t t o r i o
.
N o tiz ie sto ric h e su l ’ O sp e d a le m ilita re p rin ci­
p a le di G e n o v a . G e n o v a , tip . G io v en tù , 1905, in 4 .0 di p p . 23.
G.
C e r c h i a r i
L u i g i .
Il p o n te d ei su icid i (in II Secolo X X , A . I V ,
p p . 921-927, c o n fig .). È il p o n te di C a rign an o a G e n o v a .
C o l o m b o
C r i s t o f o r o .
T r e lettere a u to g ra fe c o n se rv a te n el P ala zzo
M u n ic ip a le d i G e n o v a . R ic o rd o offerto dal M u n icip io di G e n o v a ai S i­
g n o r i M e m b ri d el X C o n g resso
In tern azio n ale di N a v ig a z io n e di M i­
la n o , n e ll’o c c a s io n e d e lla lo ro visita alla C ittà ed al P o rto di G e n o v a
il 30 s e tte m b re 1905. G e n o v a , A rm an in o , in fol, di pp . 16 n . n ., con
tr e fa c s im ili.
C e r \^e t t o
L . A . F e s te n el P orto
di G e n o v a a ttra v erso
ai
secoli
(in R ivista L ig u r e , S ettem b re-O tto b re 1905, p. 273-324).
C o n i o
A . G . N e lla R iv ie ra lig u re, S a n re m o -B o rd ig h e ra [versi] (in
Dom o-gym nasium , 1905. n . 10).
F
e s t a
C e s a r e .
L a costitu zio n e d el C on sorzio a u ton om o d el P orto
di G e n o v a : illu stra zio n e d ella le g g e 12 feb b raio 1903. G e n o v a , lib reria
M o d e rn a (C a s tro ca ro , tip . M oderna , 1905, in 16 .0 di p p . 187).
F
o r n a c i a r i
R . Ip p o lito G aetan o Isola (in Rassegna N a ziona le, 15
d ie. 1905, p p . 702-709).
G ê n e s e t se s en viro n s. M ilan, G . L am p u gn an i (B e rg a m o , tip . A r ti
G ra fic h e ), 1905, in 16 .0 di pp. 62, tav. 2.
G r a z i a n i A u g u s t o . L ’opera scien tifica e pratica di P e lle g rin o R o ssi.
T o r in o , B o c c a , 1905, in 18.0 di pp. 37.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
115
—
G u i r a u d
sione dal
G
—
L a Chiesa e le origini del rin ascim en to. V e r ­
.
i o v a n n i
fran cese di V . Lusini. S ie n a , tip. S .
B ern ard in o , 1905,
in 8.° di p p . 244. [Contiene: Niccolò V e le arti — N iccolo V e l ’u­
manesimo}.
H
W
ò r s t e l
i l h e l m
Genueser Palaste (in
.
Uber Land und M eer,
S tu ttgart, 1905, n . 29) con fig.
I s s e l
A
.
r t u r o
Excursion géologique dans les environs d e G ê n e s
(in A tti Società Ligustica di Scienze Nazionali e G eografiche , 1905',
settem b re, p . 219-232).
I. T . Il C en o b io e il Santuario di Finalpia (in II Cittadino , i 9 ° 5 >
n. 3° 9 > 317).
L a b ò
M a r i o .
Il chiostro di Sant’A n d rea in G en ova (in L ’ A r t e , 1905,
lu g lio -a g o s to ).
L a z z o n i
Carrara, le sue ville e le sue cave : g u id a sto ric a ,
C a r l o .
artistica , industriale illu strata, trasform ata ed am pliata d a A d o l f o
L a z z o n i . S e c o n d a edizione. Carrara, Sanguinetti, 1905, in
16 .0 di p a ­
g in e 296, con ta v.
L o c a t e l l i
C a r l o .
Il 4 novem bre 1605:
m e m o r i e
e
d o c u m e n ti. Mi
ano, G h irla n d a . 1905, in 4.0 di pp. 76. [C ontiene fra l’ a lt r o : E p isto­
lario di S . Carlo e S. Alessa?idro Sauli — Analogie tra S . A lessa n ­
dro S a u li e S . Carlo Borromeo\
M a l a g o l i
A .
N i n o .
Guida illustrata am m inistrativa c o m m e rc ia le -
industriale di Carrara e Fosdinovo. Carrara, C oop . L u n en se, 1905, in
16.0 di p p . 128 con fig.
M
G a b r i e l .
a r c e l
Christophe Colom b d evan t la c ritiq u e . L a j e u ­
nesse d e l ’am iral (in La Geographie, Bulletin de la S o ciété de Geo-
graphie, 1905, 15 septem bre, pp. 149-162).
M a z z i n i
U b a l d o .
Un pittore quasi ign oto del c in q u e c e n to . A n ­
tonio C arpen in o (in Rassegna Nazionale, 16 novem bre i 9 ° 5 > PP· 3 10)·
M
A
e d i n
n t o n i o
.
La visione B arbariga di V en tu ra d a
M a lg ra te.
P oem etto storico-allegorico della fine del secolo X V . V e n e z ia , F e rra ri,
1905, in 8.° di pp. 16. (Estr. dagli A tti del R . Istituto Veneto di S e .,
Lett . ed A r t., vo l. L X IV ).
M e u n i e r
D . Paysage d ’ Italie. D e G ên es à Pise (in Quinzaine , 1
octob re 1905).
M u ssi
L u i g i .
I prelati nati a Massa di Lunigiana (in
scienze sto r ic h e , P a v ia ,
A .
I I , pp. 260-62). -
R ivista di
Cenni b io g r a fic i sui
prelati nati a M assa di Lunigiana. M assa, M edici, s. a., [ i 9 ° 5 ]> m ι 6 >υ
pp. 24.
M u n r o
A . O . Praktischer Fuhrer von G enua u. den R iv ie r e n , P isa,
L iv o rn o , u. ein e Fahrt v. Genua nach M onte Carlo e in b e g rifle n . V e r -
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
i ιό —r- .
b e s s e rte A n f ia g e . E m p o li, E . T r a v e r s a r i, 1905-1906, in 1 6 .0 di p p . 179L x iiii , c o n ta v o la e fig .
C . N a v o n e id e : d u e s e c o li di m e m o rie fa m ig lia r i e d in tim e .
N a v o n e
G e n o v a , tip , d e lla G io v e n tù , 1905, in 2 4 .0 di p p . 134.
P a l a d i n o
V
a l e n
t i n
o
.
M e m o rie sto ric h e d e l S a n tu a r io
di
N .
S .
d e l D e s e r to e cen n i su M ille sim o . 2 .a e d iz . S a v o n a , R ic c i, 1904, in 16.0
d i p p . 604.
P e d r e t t i
L u i g i .
M a ria S S . e C risto fo ro C o lo m b o (in L a squilla
M ariana (di R e c c o ), a n n o 1, 11. 1 , d ie. 1905, p p , 3-6. — M a r ia S S . e
i G e n o v e s i (iv i p p . 10-12).
P e n z i g
O t t o n e . C o m m e m o ra z io n e
d i F e d e r ic o D e lp in o (in A t t i
So c. L i g . d i Scie?ize N a tu rali e Geografiche, 1905, S e tt e m b r e , p a g in e
16 1-17 8 ).
L . L e v ie
P e r s o g l i o
di
G enova
Settim ana R e lig io s a , 1905,
(in
n u m . 4 1 , 42, 4 3 , 4 4 , 4 8 ; in co n tin u a zio n e ). —
M e m o rie s to r ic h e g e ­
n o v e s i. L e fig lie d i C a s a (ivi, 1905: n u m . 4 2 , 4 3 , 4 4 , 45, 46, 4 8 ; in
co n tin u a z io n e ).
P i c a
V
i t t o r i o
Il M u seo C h io sso n e a G e n o v a (in E m p o r u tm , d i­
.
c e m b re 1905, p a g . 473 s g g . co n 5 illu str.).
P o g g i
G a e t a n o . G e n o v a . X X V I se c o li di sto ria . E m p o li, tip . T r a ­
ve rsa ri, 1905, in 8.° di p p . 128.
R e la zio n e fin an ziaria e m o ra le su lla g e s tio n e
tu to N a z io n a le p e i S o rd o m u ti
in
G enova.
d e l 1904 d e l R . Is ti­
G e n o v a , tip .
S o r d o m u ti,
I 9 ° 5 I in fol. di p p . 29, con 8 ta v . [A lla relazio n e s e g u o n o : L a prim a
sede d e lla .scuola p e i sordom uti in Genova , e Un quadro dipinto da
sordom uti d el R . Istitu to d i Genova che s i conserva n el re a l p a la zzo
d i questa città con r e la tiv e illu stra zio n i].
R e p e t t o
D
.
a v i d e
Il P orto
di G e n o v a : co m e
fu , com e è , com e
sa rà (in I I Secolo X X , n. 12, D ice m b re 1905, p. 1004-1015).
R o c c a t a g l i a t a - C e c c a r d i
C e c c a r d o . A p u a m a ter [so n etti]. L u c c a ,
tip . A lb e r to M a cch i, 1905, in 8.° di p p . 1 6 -v n .
R o ssi
G
i r o l a m
o
.
S o p ra un p o e m e tto sul p re te s o d iritto c o s c ia tic o .
L e tte r a al b a ro n e D . A n to n io M an n o. T o r in o , P a ra v ia , 1905, in 8.° g r .
di p p . 1 1 .
S a n g u i n e t i
L . R . L a B asilica d ei F ie sc h i (in E b e , C h ia v a r i, 1905,
n. 14 -15 )·
S t a f f e t t i
L u i g i .
L e tte ra di V itto r io
A m edeo
II
per
la
g u e rr a
co n tro i fran cesi nel 1704 [)n Bollettt?io storico-bibliografico subalpino
X , p p . 182-184). È d ire tta a C arlo II C y b o d u ca di M assa.
S to r ia (B re ve) d e lla M ad on na m iracolosa di T a g g ia , c o ll’ a g g iu n ta
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— ii7
d el r e g o la m e n to e degli esercizi della pia associazione di p r e g h ie r e al
C u o re im m a co la to di Maria. Savona, R icci, 1905 , in 24.0 di p p . 147 *
S tr e n n a a b en efizio del Pio Istituto dei Rachitici. 1906. A . X X I I I .
G e n o v a , M o n to rfan o , 1905, in 8.° di pp· 244, con figg.
S v a m p a
D o m e n i c o . S . Alessandro S au li: panegirico r e c ita to a B o ­
lo g n a n ella ch iesa di S . A ntonio dei pp· barnabiti. B ologn a, tip . A r ­
c iv e s c o v ile , 1905, in 8.° di pp. 20 con rit. e fig.
T e s t i
M i c h e l e . I Barnabiti si stabiliscono a Crem ona so tto il g e ­
n era la to di S . A lessan d ro Sauli e gli auspicii di N icolò S fo n d r a ti v e ­
sc o v o , p o i P a p a G rego rio X I V . Milano, C ogliati, 1905, in 16 .0 di p a ­
g in e 24.
V
L a vera «A m edeide » di G . C h iab rera (in R i­
O t t a v i o .
a r a l d o
vista d ’Ita lia , n ovem b re 1905, p. 749-769).
V i l l a
U m b e r t o . L a Casa di S.
G io rg io : m em orie e d o cu m en ti.
G e n o v a , S ta b ilim en to tip. del « Successo », 1905, in 16.0 di p p . 147,
con fig.
B IB L IO G R A F IA M A ZZIN IA N A
Supplemento (1).
A n d ò A . E z io . L ’ apostolo (in L ’ Unione Sarda , C a g lia r i, 1905, 24
g iu g n o ).
B a r r i l i
G . L a giovine Italia (in L a P olem ica , G e n o v a , 1905,
A .
29 g iu g n o ).
B a s t i a n i
A
U r b a n o .
t t i l i o
Per G . Mazzini. U dine, D o m e n ico D el
B ia n co , 1905, in 8.° di pp. 8.
B e r a r d i
Per G iuseppe Mazzini, discorso. R a gu sa, tip . Pic-
C i r i l l o .
citto e A n to c i, 1905, in 16.0 di pp. 22.
B i n i - C i m a
G . G iuseppe Mazzini, C om m em orazione pel prim o c e n ­
ten a rio d ella nascita. P erugia, tip. G . D onnini, 1905, in 8.° di pp . 36.
B o n e t t i
V ed i : Mazzini (A).
E m i l i a n o .
C a l e g a r i
E r n e s t o .
C a r d u c c i
G
i o s u è
.
V e d i:
M i k r o s .
L ’uomo (in VIndipendente di Savona, 1905, 24
g iu g n o ).
C en ten a rio (lì) di G iuseppe Mazzini (in Corriere della Sera , M i­
lan o, 1905, 22 giu gn o ).
C e n te n a rio (II) della nascita di G iuseppe Mazzini (in Fieram osca ,
F ire n ze , 1905, 22-23 giugno).
(1) Cfr. Anno V I, pag. 467.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
C en ten ario (N el) di G iu se p p e
1 18
—
M azzini
n a to
a
G enova
nel
1805,
m orto a P isa n el 1872 (in In Tram w ay , M ilan o, 190 5, n . 79).
C en ten ario (N el i.°) d e l M aestro (in L u cifer o , A n c o n a , 1905, 17-18
g iu g n o ).
C en ten ario (N el P rim o) d a lla n ascita d i M a zzin i (in I I G iornaletto ,
V e n e z ia , 1905, 22 g iu g n o ).
C en ten ario (P er il) di G . M azzini (in L a sentinella B r escia n a ì B re
scia, 1905, 22 g iu g n o ).
C o n i o A . G i o v . Il « L o re n z o B en o n i » di G . R u ffin i n e lla sto ria
di G e n o v a (in Domo-gymnasium , 19 0 5, n . 9, 10 ). — L a « L illa » del
« L o ren zo B en on i » di G io v an n i R uffini (ivi, n. 12 ). — R u ffin i e B ian ch eri (ivi, n. 13 ).
D a v i e s
D .
P. G iu se p p e M azzini (in Review o f R eview s , lu g lio 1905).
D i n u c c i C i r o . M azzini a Pisa
(in
L ’Italia del P opolo , 190 5 , 23
giu g n o ).
F e r r e r ò
G u g l i e l m o .
Il p rofeta n azio n ale (in L u cifero , A n c o n a ,
1905, 10-11 g iu g n o e Γ Inaipendente di Savona , 1905, 24 g iu g n o ).
F l o r i a n o
D e l
S e c o l o .
N el prim o cen ten ario d e lla n a scita di M a z­
zini (in II Pungolo, N ap oli, 1905, 23 g iu g n o ).
F o n d i E n r i c o . M azzini m usicista (in L a P a tria , R o m a , 190 5 , 22
giugno).
G a u d i
G . P recetti di m orale civile ricavati d ai « D o v e r i d e ll’ u o m o »
di G iu sep p e M azzini p e r le scu ole elen i. P a r m a , L . B a t t e i , 1 9 0 5 , in
1 6 .0 di p p . 56.
G i a r e l l i
F .
R ito rn o a M azzini ('all’ esim io
relli) (in Roma , N ap oli, 1905, 23 giu g n o ).
P ro fe sso re
A .
Z u cca-
G i o v a n m n i
A . — M i n u t i L . A p rop osito del p e n s ie ro e c o n o m ic o
di G iu sep p e M azzini (in La Libertà Economica , 1905, 15 n o v e m b re ).
G iu sep p e M azzini (in II Piccolo , T rie ste , 1905, 22 g iu g n o ).
G iu sep pe M azzini (in Leisure H our , lu glio 1905),
G
r a f f a g n i
A
n g e l o
.
G iu sep pe M azzini, C o m m em o ra zio n e d e tta il
X X I I giu g n o M C M V n el teatro C arlo F e lic e . G en o v a , B a c ig a lu p i, 1905,
in 8.° di pp. 47.
L u c a t e l l i
L u i g i .
L ’ im m ortale
(in
La P a tr ia , R o m a , 1 9 0 5 , 22
giugn o ).
M a c a g g i
G i u s e p p e . Onori
postum i (in L ’ Italia d el Popolo , 1905,
3 giu gn o ). — D o p o il centenario (ivi, 3 luglio).
M a l i n v e r n i
C a r l o . G u ard and o a ll’a vv en ire [versi], G e n o v a , S ta ­
bilim en to del « S u ccesso », 1905 , in 8.° di pp. 115. _ V i si le g g e :
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— —— — — — — — — — — — —
— 119 —
M aria M azzini. — È uno che amerà il popolo. — Fantasio. — G io ­
vine Italia. — G offredo Mameli. — Momenti epici. — M em orie li­
gu ri. — A lb a r o .
M. G iuseppe Mazzini nelle lezioni di F . D e S an ctis.
M a n d a l a r i
R om a, Italia Moderna, 1905, in 16.0 di pp. 14.
M arzo (io) 1872. Numero unico , X X II giugno M C M V .
tip. M olinelli, 1905, in fol., pp. 8.
M a s s u e r o
G en o v a,
Il centenario della nascita di G iuseppe Mazzini
L u i g i .
(in Sentinella delle A lpi , Cuneo, 1905, 23 giugno).
M azzini [una poesia inglese] (in II Secolo , Milano 1905, 22 giu gno).
M a zzin i, 22 giugno 1805-22 giugno 1905 (in La Giustizia, R e g g io
E m ilia, 1905, 22 giugno).
M azzini (A ), cantata per c o r i, in occasione del primo centenario
d ella su a n a sc ita : versi di B i a n t e M o n t e m i o i ( E m i l i a n o B o n e t t i ) ,
m usica di L u i g i M o n t a l d o , Genova, giugno 1 9 0 5 , in 8 . ° di pp. 1 2 .
M a z z i n i
G i u s . Rivendichiamo Mazzini: lettere autografe
e d ocu ­
m enti d e ll’ a p ostolo a Gennaro Bovio. Napoli, E. Chiurazzi edit. (tip.
di F e d e r ig o Sangiovanni), 1905, in 16.0 di pp. 37 con ritratto.
— L e tte re : alla Società operaia di Savona : alla S ocietà dei car­
pentieri ligu ri (in \I Indipendente di Savona, 1905, 24 giugno).
— L e tte ra inedita a Giuseppe G arib ald i, 11 febbraio 1870 (in La
Polem ica, 1905, 29 Giugno).
— U n a lettera inedita a Lamennais (in La Nazione , 19 0 5 , 22-23
g iu g n o ).
M a z z o n i
G
u i d o
.
Mazzini e Foscolo (in La Naziotie, F iren ze, 1905,
22-23 giu g n o ).
M i k r o s
( C a l e g a r i
E r n e s t o ).
Scissure Mazziniane (in II Cittadino,
1905» 17 g iu g n o ).
M i n u t i
L u i g i .
La lettera di Mazzini a Bettino Ricasoli. — Com e
fu ricuperata la lettera (in La Nazione, Firenze 1905, 22-23 giugno).
M
i n u t i
L . V ed i
M o m i g l i a n o
G io v a n n in i.
F e l i c e .
La fede e l’ incontentabilità d e p p o s t o lo (in
VItalia del Popolo, 1905, 23 giugno).
M o n t a l d o
L u i g i.
M o n t a n a r i
E .
V ed i: Mazzini (A).
L ’arte nell’idea mazziniana. Napoli, Pansini, 1905,
in 16.0 di pp . 20.
M
o r e l l o
V
i n c e n z o
(Raslignac). Mazzini (in La Tribuna, R om a,
1905, 23 g i u g n o ) .
M o r m i n a
P e n n a
F r a n c e s c o .
Maestro (in l ’Indipendente di Savona,
1905, 24 giu g n o ).
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---
1 20 ----
M em orie M azzin ian e (in V E c o d 'Ita lia , i9°5> 27 g iu g n o ).
N em o.
O . R . M azzini e t le m aterialism e (in L e Courrier de B r u x e lle s , 21
lu g lio 1905).
P a s c o l i G io v a n n i.
A M azzini nel dì se c o la re d e lla su a n ascita (in
L a Nazione, 1905, 22-23 g iu g n o ).
P en sato re (II): N u m ero unico a G iu sep p e M azzini n ella ricorren za
d el p rim o cen ten ario d ella nascita. G e n o v a , tip . M o lin elli , 1905 , in
fo l., di p p . 8.
P isa (A ). Il s o g g io rn o , la m orte, le on oran ze (in L a N a zio n e , 1905,
22-23 giu g n o ).
Porro
F ran cesco.
Il pen siero religio so
e p o litic o
di
M azzini e
T o lsto i : con feren za (in II N apoli , N ap oli, 1905, 24 g iu g n o ).
P ro feta (II) d e ll’ unità (in La N azione , F ire n ze , 1905, 22-23 g iu g n o ).
M azzini (in Nouvelle Revue , 15 lu g lio 1905).
R a q u e n i.
R en si
G iu s e p p e .
N el C en ten ario
di
G iu sep p e M azzini (in A vanti
della Dom enica , 1905, n. 25).
S o m m a r i v a A n g e l o . N el prim o cen ten ario d ella n ascita di G iu ­
se p p e M azzin i, com m em orazion e le tta agli alunni del R . G in n a sio in
A lb e n g a il X X I I g iu g n o M C M V . R ecan ati , tip. R . S im b o li, 1905, in
8.° di p p . 26.
Storace
A . M . G iu sep p e
M azzini (in
Roma , N ap oli , 1905 , 22
g iu g n o ).
T h ayer
gno
R oscoe
W il l ia m .
G iu sep p e
M azzini (in N ation , 22 g iu ­
1905).
T i b e r i L e o p . A lla m em oria di G . M a z z in i, 22 g iu g n o 1905 (di­
sco rsi). P eru g ia , tip . U m bra, 1905, in 16.0 di pp . 52.
T orre
A ndrea.
M azzini (in II Giornale d ’Italia , R o m a , 1905, 23
g iu g n o ).
Zacch etti
Corrado.
G li ideali d ì G iu sep pe M azzin i: d iscorso te ­
n u to n el teatro com u nale di A ssisi la sera del 26 g iu g n o 1905, in 8.°
di p p . 22.
G io v a n n i D a
P ozzo
am m inistratore responsabile.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
PUBBLICAZIONI RICEVUTE
X X X lettere inedite. Romanzieri. Statisti. Poeti. Soldati. Patriotti. M ila n o ,
A lle g re tti, 1905.
R o s s i . Sopra un poemetto sul preteso diritto cosciatico. Lettera al
barone A . Manno. Torino, Paravia, 1905.
P ie r o
S t u r l e s e . Eroine del mare. Discorso pronunziato nella inaugurazione
di una lapide commemorativa delle sorelle Maria e Caterina Avegno in
S. Fruttuoso Capo di monte Po?tofino. Recco, Nicolosio, 1905.
A n t o n i o
P i l o t .
Contro D. Pedro di Toledo. Firenze , 1905. — Due docu­
menti vernacoli in proposito della Lega tra Venezia e i Grigioni nel 1603.
Bell inzona, Colom bi v 1905. — Contro g li astrologhi ed indovini. C apodi­
stria, C obol e Priora, 1905. — Figlia mia fate monica. A re z z o , Sinatti, 1905.
G io. L u pi D ’A s t e . Brevi considerazioni sul Crocifisso dipinto da Guglielmo
nel 1138 . Sarzana, T ip. Lunense, 1905.
Am y A . B e r n a r d y . Cesare Borgia e la Repubblica di S. Marino (1300-1304).
G i r o l a m o
F iren ze, L u m achi (Tip. Galileiana), 1905.
P e l l e g r i n i . Per la guerra dei sette anni , lettere dal campo 17561764. L u cc a , (Monteleone, Raho), 1905.
a n c e s c o
F l a m i n i . Avviamento allo studio della Divina
Commedia. L i­
A m e d e o
F r
vorno, G iu sti, 1906.
A n t o n i o
M e d i n .
La Visione Barbariga di Ventura da Malgrate. V enezia,
F errari, 1905.
Giuseppe M azzin i. Commemorazione detta il X X II giugno M C M V nel teatro
Carlo Felice dall’ avvocato A n g e l o G r a f f a g n i Deputato al Parlame7ito.
G en ova, Bacigalupi, 1905.
G i u s e p p e
B i a d e g o .
Un cremonese maestro a Verona (Bartolomeo Borfoni).
V eron a, Franchini, 1905. — Ingresso in Milano di Cristiana di Danimarca
sposa del Duca Francesco Maria Sforza (.1534). Ivi, 1905.
M u s a t t i . I numeri della tombola a Firenze (Costumi popolari). V e ­
C e s a r e
nezia, P ellizzato, 1905.
P a o l o
G .
B a r s a n t i .
I l pubblico insegnamento in Lucca dal secolo X I V alla fine
del secolo X V II I. Lucca, Marchi, 1905.
R o i ì e r t i . I l centenario di un viaggio trionfale.
Rom a , Ripam onti-Colom bo, 1905.
A c h i l l e
P e l l i z z a r i .
I l Dittamondo e la Divina Commedia. P isa , M ariotti ,
1905.
Per it primo centenario della morte di Edoardo Calvo. Spigolature dì due
amici del dialetto e delle memorie Torinesi. Torino, B occa, 1905.
F o r t u n a t o
R i z z i . Le commedie osservate di Giovan Maria Cecclii e la com­
media classica del secolo XVI. Rocca S . Casciano, Cappelli, 1904.
C a r l o
S f o r z a . Un missionario e sinologo piemontese in Cina nel secolo X V II.
T orin o, P aravia, 1905.
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A V V E R T E N Z E
1) Il giornale si pubblica di regola in fascicoli trim estrali di 120
pagine ciascuno.
2) Per ciò che riguarda la Direzione rivolgersi in G enova al
Prof. A chille Neri - Corso Mentana, 43-12.
3) Per quanto concerne l ’Amministrazione, esclusivam ente a ll’Am ministrazione del periodico - Spezia.
4) Il prezzo d’ associazione per lo Stato è di L. 10 annue. — Per
l ’ estero franchi 11.
AI SIGNORI COLLABORATORI
La Direzione concede ai propri collaboratori 25 copie di estratti
dei loro scritti originali. Coloro che ne desiderassero un m ag­
giore numero di copie, potranno rivolgersi alla Tipografia della
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In questi prezzi si comprendono le spese della copertina co­
lorata e della legatura, nonché di porto a domicilio degli Autori.
Prezzo del presente fascicolo L. j
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G iorn ale s t o r ic o
e letterario d e l l a
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pubblicato sotto gli auspici della S ocietà L igure
NERI
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S t o r ia P a t r i a
1906
A p rile-M aggio G iu g n o
A N N O V II
Fascicolo 4-5-6
SOMMARIO.
G . S f o r z a : Contributo alla vita di Giovanni Fantoni, pag. 121. — A . M a ss a :
Documenti e n otizie per la storia dell’ istruzione a Genova, pag. 169. — A . P e l liz z a r i : U n asceta del rinascimento, pag . 206. — V A R IE T À : L . M u s s i: Il te n ­
tato assassinio d ella principessa Brigida Spinola Cybo, pag. 216. — A . P e s c e :
Restauro alla p o rta delle Fontane Marose, pag. 219. — B O L L E T T I N O B IB L IO ­
G R A F I C O : V i si parla di: Freeman ( G. Bigoni) pag. 220. — A N N U N Z I A N A ­
L I T I C I : V i si parla di: F. Medici, G. C. B uraggi, A . S o le r ti, G . D o lc e tti, F .
Rizzi, A . D ’ A n c o n a , C. Musatti, A . A . Bernardy, pag. 230. — S P I G O L A T U R E
E N O T IZ IE , pag. 231. — N E C R O L O G IA , pag. 236. - A P P U N T I D I B IB L IO ­
G R A F I A L I G U R E , pag. 238.
L A S P E Z IA
d ir e z io n e
Società d’ Incoraggiamento editrice
43-12
a m m in is t r a z io n e
L a S p ezia - Am m inistrazione
Genova - C orso M entana
T ip . d e l l a
G io v e n tù
del G iornale
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121 ---
CONTRIBUTO
A L L A VITA DI GIOVANNI FANTONI
(LABINDO)
A GIOSUÈ CARDUCCI.
L ’ Italia aspetta da te la compiuta biografia di Labindo.
I tocchi che già desti alla tela, e che ritraggono così al vivo
e con tanta verità l'immagine del Poeta, ne accrescono il
desiderio. Lo togliesti all’ oblio ingeneroso e Γ hai reso alla
fama. La Lunigiana, per bocca m ia, f esprime là sua riconoscenza e il suo amore.
Vivi lunghi e lunghi anni a
gloria della patria e dell’ arte.
Il tuo amico
G io v a n n i S f o r z a .
I.
G L I A N T E N A T I E I F R A T E L L I D I L A B IN D O .
Il conte Agostino Fantoni afferma che lo zio Labindo
« nacque in Fivizzano il 27 gennaio 1755 » e che fu bat­
tezzato il giorno seguente. Ebbe realmente il battesimo il
28. Sta lì a farne fede il registro parrocchiale segnato D. 4,
dove a c. 73 si legge:
D ie 28 ianuarj dicti [1755] — Baptizatus fuit a m e P ra ep o sito L e o ­
nardo Q uerni filius natus ex Domino Com ite
Lodovico A n to n io Fan-
toni et D om ina Marchionissa Anna D e S y lv a , con iu gibu s, cu i im p o ­
situm fuit nom en Ioannes Nçpum ocenus Celsus Caietanus. P ad rin u s
fuit A d m . R e v .us Dominus Petrus de Rubeis.
Don Pietro Rossi era il cappellano della famiglia. Per
altro , da’ ricordi domestici, lasciati dal padre, risulta che
venne battezzato il giorno stesso in cui nacque. L a data
Ciorn. St. c Leti, della Liguria.
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vera dunque è il 28 di g*ennaio, non il 27, com e, per una
svista, asserisce il nepote. Il padre voleva im porgli i nomi
di Giovanni, Nepumoceno , S a v e rio , M a rcello , Francesco,
Gaetano, nè si sa poi capire come quelli di S averio , M ar­
cello, Francesco non li avesse, e invece g li fosse aggiunto
il nome di Celso.
D e’ cinque maschi che A n n a D e Silva partorì al conte
Lodovico Antonio era questo il quarto. Il prim o fu L uigi,
nato il 19 marzo del 1749 e battezzato il 25. E b b e per
compare Giuseppe Malaspina Marchese di O livola ; per co­
mare Vittoria del marchese Giorgio Olivazzi di A lessandria,
moglie di Cornelio Malaspina Marchese di Licciana. Il se­
condo, Odoardo , venne al mondo il 19 e ricevette il b a t­
tesimo il 21 aprile del 1752. 11 terzo, un altro Giovanni,
vide la luce il 15 ottobre del 1753; tenuto al battesim o il
giorno appresso da Pietro Pavesi di Pontrem oli co ’ nomi
di Giovanni, Saverio, Marcello, Pietro, Gaetano, morì nelle
fasce (1).
Quando il padre, nato a Fivizzano il 3 settem bre del
1716 dal conte Terenzio e dalla contessa Lucrezia Pandolfìni, tolse in m oglie, il 13 giugno del 1748, D onna A n n a
di Odoardo De Silva Marchese della Banditella , in quel
tempo Commissario ordinatore degli eserciti e piazze di
Sua Maestà Cattolica e R egio Ministro di essa e del R e
delle Due Sicilie in Toscana , le Muse non mancarono di
festeggiare la giovane coppia (2). La fam iglia D e Silva,
che portava anche il cognome de’ Pinto , originaria della
S p a g n a , era da quasi un secolo trapiantata in Italia. Odoardo, padre della sposa, nato a Livorno, e màrito della
torinese Donna A nna Violante Scozia de’ conti di Pino,
nasceva da Don Emmanuel e da Teresa Grunenberg.
L ’ a v o , di nome Odoardo anch’ e sso , ebbe per fratello
Don Pietro, il quale nel 1658 venne dal R e di Portogallo
nominato suo A gente a Livorno; e il figlio di lu i, chia­
mato pure Odoardo, sposò Chiara Farsetti di Massa ; e delle
due femmine che gli partorì, Isabella Felice fu m oglie del
cav. Giuseppe Cattani; A ngela Maria del cav. Camillo Ceccopieri, massesi entrambi (3).
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— 123 —
Donna Anna, madre di Labindo, ebbe per fratello Don
Andrea, aiutante generale di Vittorio Amedeo I I I , R e di
Sardegna ; per cugini, il canonico Don Giovanni De Silva,
monaco roccettino e tra gli arcadi Ramisso Dipeo , alla
pari di Labindo grande amico di Antonio Di Gennaro, Duca
di Beiforte e Cantalupo (4) ; e Don Giuseppe De Silva ,
al quale il poeta indirizzò una delle sue odi, ma p o i, per
« disparità d’opinioni e dissapori », la ruppe con lui, che
« in alcune critiche circostanze sembrò dimenticare Γ ami­
cizia e la parentela » (5).
Originaria di Firenze e patrizia fiorentina è la famiglia
de’ Fantoni, la quale dette alla Repubblica tre Priori: A n ­
tonio nel 1454, Bernardo nel 1474, Fantone nel 1519. Gio­
vanni , figlio di quest’ ultimo , andò in Lunigiana e prese
stabile dimora a Fivizzano (terra allora soggetta a’ Fio­
rentini e rimasta unita al Granducato di Toscana fino al
1847), dove si ammogliò nel 1534. Accennando a’ propri
maggiori, Labindo cantava:
da vetusto stipite
Nella vicina Etruria
La Gloria mi creò.
Illustre sangue scorrem i (6)
Entro le vene al cor;
N è ignote agli avi egregi
Furo le vie che guidano
A l tempio d e llO n o r (7).
Il 27 settembre del 1613 mancò ai vivi Terenzio di A n ­
tonio Fantoni, lasciando incinta la moglie, Bianca Dianora
Zaniali di Spicciano, la quale il 22 di quello stesso mese
partorì un figlio, che portò il nome del padre. Laureatosi
in legge nello Studio di Pisa, il giovane Terenzio, nel 1648,
dal Granduca Ferdinando III fu chiamato a presiedere il
Magistrato supremo, detto allora de’ Buoni uomini ; nel ’58
lo nominò auditore generale delle Bande di Pisa e della
Lunigiana; nel ’66 gli diede un seggio nel Consiglio dei
Dugento. Dal Granduca Cosimo III venne eletto uno de’
Nove Conservatori del Dominio Fiorentino.
Il suo fratello maggiore, Giovanni, fin dal 1631, nel re­
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124 —
carsi per mare a Napoli, era caduto in mano d e ’ b a rb a ­
reschi e viveva schiavo del pascià di R o d i. T erenzio tentò
ogni mezzo per liberarlo , ma senza frutto. N el ’45 facen­
dosi in Toscana una levata d ’ armati per frenare le scor­
rerie di que’ la d ro n i, messosi a capo d ’ una schiera di
co raggiosi, s’ offrì pronto a correre il m a r e , nella sp e­
ranza di salvare il fratello. Il Granduca, com m osso a tanta
prova d’amore, cambiò Giovanni con M ustafà Isaim di Scio;
un ragguardevole prigione turco, che era stato preso dalle
galere toscane.
Am ò con vivo affetto il suo nativo Fivizzano, dove nel
’7o eresse una scuola per le ragazze povere ; aprì senza
ritegno la borsa quando sulla piazza pubblica a van taggio
degli abitanti fu eretta la bella fontana che prese il nome
di Marterrea (8); difese le immunità e i p rivilegi del Co­
mune (9), al quale fu largo sempre del consiglio e del1’ opera sua.
Nel ’73 stampò un discorso per dimostrare che a ’ rei
non era da darsi il giuramento (10). D e ’ primi a trattar la
questione , ebbe il vanto di raggiungere l ’ intento. Infatti
nel medesimo anno venne vietato in Toscana ai tribunali
di costringere i colpevoli a giurare nelle cause penali. A f ­
ferma il Gerini che « scrisse parimente contro l ’ inumana
tortura, che degradava 1’ autorità de’ giudizi, e m olte alle­
gazioni e consigli, che furono stampati a Pisa » (11). Il suo
lavoro sulla tortura non mi venne fatto di trovarlo, e non
ve n’ è traccia neanche nell’ archivio e nella libreria de’
Fantoni, che tante cose manoscritte conservano di lui; ma
1’ autorità del G erin i, fivizzanese, trattandosi d ’ un fìvizzanese ha il suo peso.
Già maturo d’anni si ammogliò con Cornelia di Scipione
Borni, famiglia assai ragguardevole di Fivizzano, e de’ figli
che n’ebbe, i due maggiori, nel 1678, indirizzavano questa
supplica a Cosimo III de’ Medici :
SER.mo G randuca ,
A n ton io e L o d o v ic o fratelli e figliu oli d el
D . T e r e n z io F a n to n i,
um ilissim i servi e vassalli di V . A . S ., d esid eran d o di te rm in a re i lo ro
studi legali et incam ina si a Rom a alla p ratica, per ren d e rsi m ag'gior-
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m ente abili al Suo Reai servizio, e mancandogli qualche p o co di tem po
al prescritto dagli S ta tu ti, per non essere stati cinque anni in P isa,
d ev otam en te supplicano la sua somma bontà a p erm ettergli ch e si
possano addottorare, non ostante, che per tal grazia, etc.
Il Granduca, il 26 di marzo, accordò la grazia desiderata,
avendo inteso dal Provveditore dello Studio di Pisa, che i
supplicanti erano figli di « un causidico di molto valore »
e « ben noto » al Principe; e che « havendo studiato sotto
il predetto lor padre 1’ Instituta, et habilitatisi nello studio
et esercizio legale, hanno potuto nel solo biennio, che sono
stati in Pisa, rendersi capaci della laurea dottorale » (12).
Lodovico, nato il 13 giugno del 1659, abbracciò la car­
riera diplomatica. Fu ciamberlano e consigliere di Stato
de’ Duchi di Mantova e di Guastalla; consigliere di Stato
di Giovanni Guglielmo Conte Palatino del Reno, uno degli
Elettori dell’ Impero. Andò ministro plenipotenziario di
Livio Odescalchi, Duca di Sirmio, alla corte di Leopoldo I
imperatore. V i tornò per conto di Ferdinando Carlo Gon­
zaga, Duca di Mantova; del quale fu poi oratore a Parigi
e presso Filippo V Re delle Spagne. Inviato dal Duca di
Guastalla, Vincenzo Gonzaga, a Giuseppe R e de’ Romani,
all’ Imperator Carlo V I , ai R e di Polonia e di Prussia,
trattò i suoi negozi al congresso d’ Utrecht, a Rastadt e
a Baden. Trattò quelli degli Elettori dell’ Impero presso
la R egina Anna di Gran Brettagna e presso la Confedera­
zione del Belgio. Mancò ai vivi in Firenze il 9 decembre
del 1725. La moglie, Agnese Pasqualigo Basadonna , no­
bile veneziana, gli fece scolpire un busto e l’allogò presso
la sua sepoltura nella chiesa di Badia a Firenze, nella prima
cappella a sinistra di chi entra (13), con sotto una lunga
iscrizione latina, che ne compendia la vita operosa (14).
Oltre A ntonio, ebbe anche per fratello Giambattista,
nato a Fivizzano il 24 giugno del 1678; al quale fu mae­
stro nella lingua latina Lorenzo Adriani di Lucca, scolaro
del celebre Pietro Adriano Van den Broeck; e la studiò
con tale profitto da scriverla « elegantemente e pulita­
mente ». A Pisa, dove si laureò in legge, non avendo più
che sedici anni, il 3 giugno del 1694, da’ professori « venne
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stimato e ammirato come un prodigio della sua età », Non
sentendo inclinazione alcuna a esercitare la giurisprudenza,
si consacrò alle lettere , prediligendo la poesia. P e r testi­
monianza di Salvino Salvini, che gli fu amico e ne scrisse
per due volte la vita (15), « piacevagli sopra ogni altro
poeta toscano il Chiabrera, e nella lirica poesia l’andò feli­
cemente imitando, come si può vedere nelle m olte canzoni
anacreontiche che ne conservano i suoi eredi » (16). E ra
versato nella storia universale ; delle gen ealogie de P rin­
cipi poi « così tenacemente n’ avea fatta nella sua mente
conserva, che spesse volte, anco ne’ fam igliari discorsi, se
ne faceva onore ». In Firenze appartenne all’A ccad em ia
degli Apatisti, e « l ’anno dell’ età suo diciottesimo » ne fu
R eggen te. V i lesse « molte delle sue composizioni, sì in
prosa, come in verso », che gli meritaron le lodi di A n to n
Maria Salvini ; vi « orò anche pubblicamente per la pro­
mozione alla sacra porpora del dottissimo cardinale Enrico
Noris », apatista egli pure. Il 30 aprile del 1699 venne ascritto all’Arcadia col nome di Elcindo A zon io. In quel
tempo dimorava a Rom a, « ove conobbe B enedetto M enzini e familiarmente seco in virtuosa amicizia conversò ».
L ’Accademia Fiorentina lo scelse per suo Console ; succe­
dette a Pier A ndrea Forzoni A cco lti; ebbe per consiglieri
Marcantonio de’ Mozzi e Salvino Salvini, per censore l ’ a­
bate Giambattista Casotti. L a canzone che scrisse e stampò
« in occasione della partenza dalla Corte di Toscana d ’A r ­
rigo Newton , inviato straordinario della R e g in a d ’ In g h il­
terra », piacque a’ contemporanei per lo stile « ornato e
florido » ; come piacquero per « la purità e bellezza del suo
comporre in latino » 1’ epigramma che dettò « in lode di
quel dottissimo personaggio » e la lettera con la quale gli
accompagnò le Memorie a stampa dell’A ccadem ia Fioren­
tina e il catalogo manoscritto de’ suoi consoli. P er opera
del fratello Lodovico, « restò decorato da Ferdinando Carlo
Duca di Mantova del titolo di conte e di nobile manto­
vano e monferrino, insieme con tutti i suoi fratelli e di­
scendenti ; e da Federigo A ugusto R e di Polonia ebbe il
carattere di suo cameriere della chiave d ’ oro; il che seguì
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 127 —
l’anno 17 io ». Assalito da « precipitosa infermità», passò
di vita il 17 febbraio del 1714, scorsi di poco quarant’anni.
Ma un ben altro poeta doveva dare all’ Italia la famiglia
Fantoni !
Nello studio della lingua latina, Labindo, per testimo­
nianza del nepote, nel Collegio Nazzareno di R om a fu « di
gran lunga superato dal fratello primogenito »; lo stesso
fratello Odoardo, « non tanto per la sua condotta, quanto
per il progresso nelle scuole », lasciò in quel Collegio « mag­
gior lode » e « migliori speranze di sè ai maestri e con­
discepoli » ; speranze che poi restaron deluse, avendo af­
fatto abbandonato gli studi, dopo il ritorno al nativo Fivizzanò, dove morì il 20 gennaio del 1813, menando vita
quieta e casalinga (17). Labindo gli intitolava l'ode « per il ri­
torno dall’Europa in Filadelfia di Beniamino Franklin dopo
la pace del M DCCLX XXIII », che è l’ottava del libro IV .
L u ig i, invece , serbò agli studi classici un culto d’ amore
per tutta la vita. Compose versi in italiano e in la­
tino (18); e in latino dettò varie iscrizioni, notevoli per la
eleganza della forma (19). Prese a illustrare la storia della
regione nativa con tesserne un compendio, che inserì nelle
sue Effemeridi biennali d’Aronte Lunese, 0 sia doppio lu­
nario storico , economico e letterario della Lunigiana per
gli anni 1779 e ijSo, con molte notizie utili e dilettevoli per
ogni ceto di persone e specialmente per tutti 1 capi di f a ­
miglia (20), così giudicate da uno de’ giornali letterari d al­
lora: « Non dee considerarsi questo come un semplice Lu­
nario, ma bensì come una fedele e diligente relazione della
Lunigiana , non solo quanto all antica storia, ma ancora
quanto alla presente politica, e di più quanto allo stato suo
attuale, sì fìsico, che economico , in tutti gli aspetti. Il si­
gnor conte Luigi Fantoni, accademico georgofilo (21), che
n’è l’autore, ha dato una bella prova d’amor patriottico ed
un esempio degno d’ essere imitato in ciascuna provincia
della Toscana dagli zelanti cittadini, com’ egli si è dimo­
strato. E gli ha divìsa la storia della Lunigiana in due parti,
una riguardante la storia universale di tutta la provincia
dagli antichi Liguri ed Etruschi fino a’ moderni tempi (22);
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l’altra spettante alla storia particolare del dominio Fioren­
tino in essa provincia. Quanto alle notizie fìsiche ed eco­
nomiche , egli le ha divise in tre principali capi , restrin­
gendole solo , per o r a , al territorio Fivizzanese. Il primo
di essi capi dichiara la costituzione naturale del paese e
tratta delle arti madri e produttive ; il secondo delle arti
della classe sterile.; il terzo del commercio. A queste tre
principali classi sono stati da lui ordinati tutti g li ogg'etti
più utili alla sua patria, secondo le loro rispettive denomi­
nazioni. Non vi è cosa che riguardi il van taggio della civil
società che non sia da lui ben ponderata : parla spassiona­
tamente e con libertà filosofica di quel che gli sem bra da
correggersi e da migliorarsi ; suggerisce nuovi utili · stabi­
limenti ; corregge i pregiudizi e sparge molti lumi in tutte
le materie eh’ ei tratta » (23). Per uno scherzo , chiuse le
sue Efemeridi con la Patente, che Don Lunardo Battilana
dava, a nome dell’Accadem ia de’ Lunatici, « a tutti quelli
che se ne vogliono servire ». A Pontremoli (altra grossa
terra della Lunigiana, che per gare di campanile non aveva
buon sangue con Fivizzano) fu presa male e g li venne ri­
sposto con una Notificazione di Lunardo Girandola, pleni­
potenziario della Congregazione de’ Lunatici, con la quale
veniva bollata come insulsa la P a ten te, dando del « so­
gnatore » ad Aronte Lunese , pseudonimo preso dal Fantoni (24).
Coltivò con molta passione 1’ agronomia e la fece pro­
gredire nelle sue vaste terre del Fivizzanese. V issuto in
tempi procellosi, finì col ripararsi da’ civili trambusti nella
dolce solitudine degli ameni colli di Noletta, dove cessò di
vivere 1’ 8 giugno del 1808 (25).
Ammogliatosi con Maddalena Morelli (26) , ebbe A g o ­
stino il 14 agosto del 1777, al quale Labindo pose tene­
rissimo affetto. Nell’ode X X I I I del libro I canta di lui :
E tu, in g eg n o so fanciulletto, esam ina
G l’ign oti accen ti, e addestrati
G l’ im peti prim i a secon dar d eira n im a .
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G l’indirizzò l’ode X X del libro II, che incomincia :
B iondo garzon, dei teneri
M iei paterni pensieri amabil cura,
C h e di tre lustri veneri
L a pietade, le leggi e la natura:
F u g g i la schiatta ignobile,
Cui l ’alma vile un folle orgoglio ingombra,
N è creder d ’ esser nobile
D e ll’ altrui merto e d e’ tuoi padri all’ ombra.
E finisce:
L ib ero vivi: nomini
T e più saggio di lor l ’ itala istoria,
E a ll’am ico degli uomini
N elle più tarde età plauda la gloria.
Ma, se ai dolenti fremiti
D i natura il tuo cor non si riscote,
S e sprezzi e preci e gemiti,
V an n e lungi da me; non ho nipote.
A h n o ......... P ingenua faccia
Bagni di pianto, e a me rivolgi il piede !
V ien i fra queste braccia........
E su ltate, infelici ; ecco il mio erede.
Nel 181 1 venne nominato Maire del paese nativo, che
allora faceva parte dell’ Impero francese, e aggregato al
Dipartimento degli Appennini , aveva Chiavari per capo­
luogo. Quando la fortuna di Napoleone incominciò a peri­
colare e gli Austriaci scorrazzavano minacciosi per la Lu­
nigiana, difese a viso aperto il Governo imperiale a Fivizzano (27). Rimase alla testa del Comune anche dopo che
le Potenze alleate se ne furono impadronite il 24 marzo
del ’ 14. Seppe tutelare l’ ordine contro la coalizione de’ cam­
pagnoli ; andò a Livorno a complimentare il Bentinck e a
chiedergli restituisse a Fivizzano le franchigie delle quali
lo avevano spogliato i Francesi ; insieme col cav. Giambat­
tista Agostini Trombetti si recò a Firenze nel ’ 15, oratore
del paese suo presso il restaurato Granduca Ferdinando III.
Per due volte, il 7 e il 10 maggio del ’ ió, ebbe ospite nel
proprio palazzo Francesco IV Duca di Modena; tornò ad
avercelo nel giugno del ’ 18, in compagnia di Vittorio Ema-
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130
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nuele I , R e di Sardegna ; e da tutti venne ammirata la
maniera signorile con la quale seppe fare g li onori di F i­
vizzano e della casa (28). Per il Governo toscano , prima
fu Commissario R e g io a Portoferraio , poi Commissario
Regio, a Pistoia. A l pari del padre amò l ’ agronom ia;, e
le sue terre destavano l ’ ammirazione per la bravura con
la quale le faceva coltivare ; ideando , consigliando , diri­
gendo da per sè ogni nuovo esperimento voluto dal pro­
gredire della scienza. Prese a descrivere anche le pratiche
agrarie di tutta la Lunigiana; lavoro che è a rimpiangere
non abbia veduto la luce (29). Tolse moglie due volte: la
seconda fu Maria Teresa Spinola (30). Morì a Fivizzano il
14 febbraio del 1847.
L egò il proprio nome a quello dello zio, raccogliendone
amorosamente le opere, con largo corredo di note illustra­
tive e osservazioni sui vari metri adoperati da lui (31). Le
stampò a proprie spese in Firenze, co’ torchi di Guglielm o
Piatti ; accompagnandole con le Memorie della vita del
Poeta , scritte senza che 1’ affetto mai gli facesse velo al
vero, e con tanta pienezza di particolari, da restare anche
adesso la fonte migliore e maggiore (32). Non è da far
colpa al biografo se della parte presa da Labindo ne’ rivolgimenti politici della fine del secolo X V I I I , o tocca di
sfu g g ita , o tace i fatti che offrono più interesse e im­
portanza. Il Poeta nel 1796 vagheggiò l ’ Italia libera e
forte, padrona di sè e de’ propri destini. E ra un sogno al­
lora, per quanto fosse un sogno nobile, bello, generosissimo;
e tutto pieno di quel sogn o, lo propugnò animosamente a
R eg g io , a Modena, a Milano, a Venezia, a Torino. Non fu
inteso ; anzi venne fatto segno agli scherni, alle calunnie,
alle persecuzioni. Tirò innanzi, alzando più che mai fiera e
coraggiosa la voce ; e da’ repubblicani di Francia , che di
liberatori avevano soltanto la maschera, fu messo in prigione
a Modena, a Milano, a Torino, senza che lo pigliasse lo
sgomento o lo sopraffacesse la paura; indomito sempre, sem­
pre fedele all’ideale suo d’una patria grande e libera. Questi
ricordi, nel 1823 , non si potevano rievocare neppure nel
Granducato di Toscana , per quanto fosse il governo più
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tollerante e mite d’ allora. Sta qui la scusa e la giustifica­
zione del nepote, forzato dalla necessità de’ tempi a sop­
primere tanta e così bella parte della vita di Labindo. È
quella che piglio a illustrare, insieme con pochi altri epi­
sodi di essa, o mal noti, o affatto sconosciuti.
(1) E nelle fasce morì Emanuele-Francesco-Giovanni-Nepumoceno-Gaetano , battezzato il 20 maggio 1756. I libri parrocchiali di Fivizzano regi­
strano anche una figlia di Lodovico Antonio e di Anna F an toni, nè man­
cano d'indicarne i padrini, non però il nome. Il Proposto la qualificava
soltanto N. N. La cosa è evidente. Per trascuraggine non la notò subito
nel libro parrocchiale , e quando prese la penna, scordatosi il nome, senza
darsi altra briga, corse a quel meschino ripiego.
(2) Componimenti poetici per le faustissime nozze dell’illu strissim o S i­
gnore Conte Lodovico Antonio Fantoni, patrizio fiorentino, con la nobile
donzella donna Anna dell’Illustriss. Sig. Marchese della Banditella Don
Odoardo D e Silva Commissario ordinatore degli Eserciti e P ia zze di Sua
Maestà C attolica, suo Regio Ministro e del Re delle Due S ic ilie in To­
scana, In Pisa, per Gio. Domenico Carotti, stampatore Arcivescovile, senza
anno; in 8.° di pp. 28.
(3) Albero della casa Pinto de Sylva, stabilita in Massa, ms. presso
di me.
(4) Lo ricorda nella strofa 8a dell’ ode X III del libro II e nella prima
delle N otti.
(5) È l ’ode 5a del libro III, da lui composta nel 1799, che poi intitolò a
Glauco Masi, stampatore livornese.
(6) Prima scrisse:
Ghibellin sangue scorrerai
A richiamar sollecito
L ’ ire tacenti al cor.
(7) Poesie, (edizione curata dal nepote) ; II, 278 e 315.
(8) Mar terrea , superbissima fo n te , eretta in Fivizzano sotto la d irezione dell’ I l l ™ Sig. Maestro di Campo Alfonso Maria B ra ccio lin i, G overnatore di esso, Prosopopea lirica del cav. Gio. B a t t i s t a A n d r i a n i dell’ Ordine di S. Stefano, In Parma, per Galeazzo Rosati, 1682; in 4.0 di pp. 8.
(9) D ifesa della immunità della insigne Terra dì Fivizzano e de’ suoi
p riv ile g i, Firenze, alla Condotta, 1684; in 4.0.
(10) Legalis discursus pro veritate T e r e n t i i F a n t o n i , I. U. D . A sses­
soris Em inentiss. et Rever.mi D. Card. N er Hi Archiep. F lorentin i, ac M i­
litiarum Legionum Provinciae Lunigianae Sere?iiss. Magni D u cis A e tr .
A uditoris, pro tuitione animarum fidelium adversus iuramentum quo u tuntur Indices criminales in examinandis reis, Florentiae, typis Francisci
Onofrii, 1679; in 4.0 di pp. 48.
(11) G e r in i E. Memorie storiche d’illu stri scrittori e dì uom ini in sig n i
dell’antica e moderna Lunigiana; II, 163-165.
(12) R. Archivio di Stato in Pisa. Università. Dottorati, filza 1, c. 561.
(13) Afferma G. B. U c c e l l i {Della Badia F iorentina, ragionamento
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—
132
storico, Firenze, tip. Calasanziana, 1858 ; p. 80) che d o v e è oggi il mo­
numento di L o d o v ic o , prim a si leggeva questa iscrizio n e: f a n t o n o r v m
—
Q. T E R E N T I I F IL II O L IM A N T O N IN I C IV IS F L O R E N T I N I —
NORVM —
A N . D O M I N I M D C I I I ----
F A M IL IA E IPSORVM —
REST. F. —
E T AN. MDCLXI —
R. D. IOANNES
S.
HOC
FANTO­
T E R E N T I V S I . V . D.
PR O TO N O T. APO STO LICVS
—
ORNAND. CVR.
(14) L
o d o v ic o
co m iti
f a n to n io
SI M O — C V I O B A N I M I S O L E R T I A M
TIARVM A LIVIO O D E SC A L C O —
f l o r e n t in o
i
.
IM PERATO REM — E T
AB
D V C E G V A S T A L L A E AD IOSEPH VM
REGEM
AD C O N G R ESSV S V L T R A I E C T I E T
BADAE E R G O V IA E AD
CAROLO
LV-
— A VIN CEN TIO
ROM AN.' A D C A R O L V M
REGES
IV R IBV S G R A V ISSIM IS A R D V A
E T A PRAED ICTIS M ANTVAE E T
VI IM PER : —
PO LO N IA E
ET
A CON SILIIS S T A T V S
H fSPAN . G A L L . BR IT A N N . P O L O N IA E
DEMANDATA
PRO­
G V A S T A L L A E D V C IB V S A CV B IC V L IS
A T Q V E AB IO A N N E G V I L L E L M O
R . I. E L E C T O R E —
CO M IT E
ADSCITO
BE LGII E T
—
PALATIN O
SIC
ITA LIAE —
TO TIVS
R H E N I S.
GERMAN.
ITIN ER IB VS
FE­
LICITE R
A BSO LV T lS —
CARO —
A E T A T I S A N . L X V . Μ. V . D . X X V I I . I N P A T R I A V . I D . D E C E M B R I S V I T A
FVNCTO —
-
E T AD G E N E R A L E S F O E D E R A T I B E LG II O R D IN E S L E G A T IO ­
NIS E T PLEN I P O T E N T I A E —
E T AB IPSIS —
c o n sv l t is
C V N C T I S Q V E S. R . I . E L E C T O R E S A D A N N A M M A G N I A E B R I T A N ­
N IA E RE G IN A M —
VINCIA —
.
H O C V LT IM O
PARISIORVM E T AD PH ILIPPVM V R E G E M H ISPA N IA R VM
BO RVSSIA E —
v
E T P R V D E N T IA E SCIE N -
SYR M II POSTM O DVM A F E R D I N A N D O
M A N TVA E D VCIBVS AD L E O PO LD V M
TE TIAE
n o b ili
H O N O R IS S T V D IV M
L O N G E E T P R O P E E T R V R I A E SVIS P R IN C IP IB V S A PPR IM E
A G N ES PASQVALIGO BASADONNA NOBILIS V E N E T A —
STISSIM A V IR O SVO B E N E M E R E N T IS S IM O —
G R A T I A N IM I E T
C O N IV X MOE-
A M O RIS
MONV-
M E N T V M P. C . A . S . M D C C X X V .
(15) II-Salvini ne scrisse la v it a , prima ne’ Fasti co n so la ri d e ll’ A cca ­
demia Fiorentin a, Firenze, per Gio. Gaetano Tartini e Sante Franchi, 1717,
pp. 656-660; poi nelle N otizie istoriche degli A rca d i m o rti, tom . I l i (Roma,
D e’ Rossi, 1721), pp. 106-108. Per testimonianza del S alvin i ste sso , parla
« con molta lode » del Fantoni il P. Alessandro Puliti nel suo lib ro D e
p atria in testamentis condendis potestate ; e Gio. Mario Crescim beni « ne
pianse la morte nella ristampa del tomo I della Storia della v o lg a r p oesia,
lodandolo d ’avere egli egregiam ente esercitata non meno la detta volgar
poesia che la latina ».
(16) Il Salvini scrive così n e’ F a sti consolari d e ll’Accadem ia F io ren tin a .
N elle N otizie istoriche degli A rca d i m orti aggiunge: « In varie raccolte,
fatte per occasioni particolari, si leggono con soddisfazione alcuni d e ’ suoi
poetici componimenti toscani; molti de’ quali si conservano m anoscritti
nella Strozziana e fra questi alcune gentilissim e anacreontiche ».
(17) O d jard o, insieme con Angiolo Battaglia di F ivizzan o , che « pjssedeva un genio straordinario per la musica », si dilettava « d ’ andare a so­
nare il flauto sopra certe balze della valle del Rosaro, che ne ripercuote­
vano il suono ». Labindo ne fa ricordo nell’ ode X X I II del libro prim o co ’
versi :
dall’ argute canne
Desta fiato soave industre Titiro,
E tu dell’ eco imitator, deh vanne
Su quella balza Coridon col flauto.
Cfr. Poesie; I, 58 e 308.
(18) A p. 9 delle Poesie nelle faustissim e nozze de* n o b ili sig n o ri B ar­
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— *33 —
tolomeo Giacomini di Porrata ed Anna Eleonora Sproni di L iv o rn o , [L i­
vorno] Nella Stamperia di Giov. Vincenzo Falorni, con approvazione, 1792;
in 4 . 0, si legge un Sonetto alt’ ornatissimo Sposo, del conte L u i g i F a n t o n i
f r a g li A rcadi di Roma, e a p. 10 un Epigramma eiusdem A l o y s i i co­
mitis F a n t o n i . Ha pure alle stampe: I l Baciamano, ode del conte L u i g i
F a n t o n i ; in 4.0 di pp. V ili, senza anno e date tipografiche. È però del
1771, come si rileva da una nota.
(19) Nel Supplemento alla Gazzetta Toscana, n.° 2 del di 8 gennaio 1791,
si leggono le iscrizioni latine che dettò in onore del Granduca di Toscana
Pietro Leopoldo quando fu eletto imperatore. Erano state affisse « alla
porta grande » di Fivizzano ne’ giorni 10-12 decembre 1790, e al dire della
Gazzetta anche « distribuite in stampa » ; ma dove venissero stampate lo
ignoro, non essendomi mai venute alle mani. Compose pure dieci iscrizioni
latine per festeggiare la salita al trono del Granduca Ferdinando III. Le
Novelle letterarie pubblicate in Firenze l ’ anno M D C C X C I riportano
nelle colonne 245-248 la prima, « come istorica di un sì fausto avveni­
mento », e la seconda, « contenente un’affettuosissima acclamazione ».
(20) In Livorno, 1779. Nella stamperia di Gio. Falorni. Con approvazione;
in 8.° di pp. 152, oltre 4 in fine senza numerazione. Fu in grandissima parte
ristampato a pp. 7-207 deWAronte Lunese, illustrato da M i c h e l e A n g e l i
di Mazzola, dottore in medicina, Pisa, tipografia Prosperi, 1835, in 16.°.
(21) Anche nell’ iscrizione sepolcrale, dettata dal figlio Agostino, è detto
« fra i Georgofili accademico operoso ». Non si legge però il suo nome nel­
l ’elenco de’ soci compilato da Marco Tabarrini. Cfr. D egli studi e delle
vicende della R . Accademia dei Georgofili nel primo secolo di sua esi­
stenza, sommario storico, Firenze, coi tipi di M. Cellini, 1856; in 8.°
(22) Alcuni errori ne’ quali cadde trattando della parte antica furono no­
tati d all’ avv. Paolo Pisani di Sarzana nelle sue Osservazioni o sia lettera
critica-apologetico-istorica di un anonimo sulla Lunigiana, di cu i trattano
due opuscoli ultimamente usciti alla luce, Parma, per li fratelli Borsi, 1780;
in 12.°.
(23) Novelle letterarie pubblicate in Firenze l ’ anno M D C C L X X I X ;
cc. 428-430.
(24) È in fol. volante e senza note tipografiche ; fu però stampata a Massa
co’ torchi del Frediani nel 1779.
(25) Il figlio Agostino nel 1842 fece murare un’ epigrafe sulla tomba pa­
terna e dettò un’elegia, rimasta inedita. Cfr. A lla tomba di mio padre, elegia in occasione di apporvi l ’iscrizione sepolcrale nella cappella della
villa di N oletta; ms. in 4.0 di pp. 4, presso gli eredi.
(26) Per consolare il fratello, addolorato dalla morte del marchese Ago­
stino Grimaldi Della Pietra di Genova, suo cognato, avvenuta nel 1782,
Labindo compose l ’ode IV del libro IV, che incomincia:
Musa , lacero il crin, sciolta la vesta ;
da lui poi rimaneggiata nel 1796, quando invece la intitolò a Bartolommeo
Boccardi di Genova, in morte di Bianca, sua madre.
(27) Nel n.° 12 [28 febbraio 1814] del Giornale degli Appe?i7iini si legge:
« Debbonsi segnalare il zelo e la fermezza del Maire di Fivizzano, che ri­
fiutò al nemico l ’ ingresso nella sua Comune. La nobiltà della sua risposta
merita che ella sia fatta palese. — << Sig. Comandante. Delle forze francesi
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134 —
> hanno battuto i Tedeschi che erano a Pontrem oli. Q u i abb iam o sedici
» gendarm i. Il dovere c ’ impone di non cedere se non nel caso di forza mag» giore, e che le circostanze, o un ordine superiore ce lo im ponga. Ho l ’o» nore di salutarvi. Il M aire F a n t o n i ». — Il sig. F an to n i si è sem pre fatto
distinguere colla saviezza della sua am m inistrazione ; in q u e st’u ltim e circo­
stanze le m isure c h ’egli ha prese per m antenere la tra n q u illità nel Cantone
di F ivizzano hanno provato che il suo zelo pareggia il suo attaccam ento ai
suoi am m inistrati ed al G overno ».
(28) A d a m i - T e n d e r i n i M. F . Cronaca di F iv iz z a n o d a l 1799 a l iS jj,
Lucca, tip. del Serchio, 1880; pp. 14. 17-21 e 24.
(29) L ’ 11 ottobre del 1839 alla sezione di agronom ia e tecnologia del
primo Congresso degli scienziati italian i, che fu tenuto in Pisa, il m archese
Antonio M azzarosa proponeva « la com pilazione di un D izionario d ella pra­
tica agraria di ogni terra d ’ Italia ». Il 17 settem bre del 1841 P a v v . V in ­
cenzo Salvagnoli annunziava nel Congresso di Firenze che il M azzarosa aveva com pilata « u n ’opera relativa a ll’ agricoltura del D ucato di L u cca » e
aggiu ngeva: « il conte Agostino Fantoni ha com pilato un sim ile lavoro
per tutta la Lunigiana ». Cfr. A t ti della terza, riu n io n e d e g li scien­
z ia ti ita lia n i tenuta a F iren ze n e l 1841, Firenze, coi tipi d ella G alileiana,
1841; p . 19.
(30) E bbe quattro figli, due m aschi: Paolo e L u ig i; due fem m ine: E gle
e Isabella. Paolo andò volontario alla guerra del '48 e per il « virile con­
tegno tenuto in faccia al nemico » a C u rtato n e, « durante tutto il tempo
del combattimento e della ritirata », meritò una « menzione onorevole » dal
Granduca Leopoldo II e dal Re Carlo Alberto. Fu deputato di F ivizzano
(che allora faceva collegio a sè con Tresana e Mulazzo) nel prim o Parla­
mento d ’ Italia. Consacrò l ’ intiera sua vita al bene della fa m ig lia , al sol­
lievo de’ poveri,’ a ll’affetto d e’ parenti e degli amici. Com e scrisse la G a z­
zetta d’Ita lia il 29 maggio del 1874, « a Fivizzano, dove ebbe fertili e deli­
ziosi possedimenti, intraprese grandi lavorazioni negli anni meno prosperi,
più per vantaggio altrui, dando lavoro, che nel proprio interesse ». Mori il
24 m aggio del 1874. Delle sorelle, 1’ E g le , la m inore, nata nel 1813 , sposò
Giovanni Bracciolini di Pistoia; Isabella, la maggiore , nata il 24 maggio
d e ll’ 11, corse rischio di maritarsi col poeta Giuseppe G iusti. Cfr. E pisto­
lario edito e inedito d i G i u s e p p e G iu s ti, raccolto, ordinato e annotato da
F e r d in a n d o M a r t in i; III, 401-403. Il disegno, vagheggiato dal padre del
G iu sti, nè sgradito a quello di le i, andò a m onte, e l ’ isabella prese per
marito il conte Francesco Caimi della Bettola in Lunigiana. V isse a Parma
e fu grande maitresse della Duchessa Luisa Maria di Borbone. Pigliò parte
non piccola alla congiura tramata in corte per fare interdire Carlo III,
p a zzo , c a ttiv o , scialacquatore ; ve la spinse la stessa D u ch essa , fatta
segno agli oltraggi di quel dissoluto. Sventata, la Caim i ebbe lo sfratto
dalla reggia; vi tornò dopo la morte del D u ca, ma senza trovare n ell’ in­
grata principessa, divenuta Reggente, il vecchio amore e la vecchia confi­
denza. Finì col ritirarsi nella sua villa di F elin o , sempre pron ta, sempre
ingegnosa nello spendere tutta sè stessa per alleviare le sofferenze altrui. A
Parma molti de’ compromessi e de’ condannati politici dovettero la propria
salvezza, o l ’addolcimento delle loro pene, a ll’ intercessione di lei, buona di
cuore, colta, gentile. Morì a Firenze il 17 agosto pel 1856, vittim a della mi­
liare, ma più delle amarezze e de’ disinganni patiti alla corte d e’ Borboni.
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— ! 35 —
Cfr* D e l l a R o s a G. Alcune pagine di storia parmense ;
252-258.
II,
43_5° î
IH
(31) Il prof. Angelo Solerti [Le odi di Giovanni Fantoni (L abin d o ), con
prefazione e note, T orin o, T riverio, 1887] afferma che le Opere d el poeta
ebbero « per editori Agostino Fantoni, nipote di Labindo, e A go stin o Bartoli, am ico ». Il Bartoli, padre di Adolfo, che poi a p rf in F iv izza n o una
stam peria, fu un agiato possidente, ma non un letterato, seb b en e a vesse
qualche cultura, e non si occupò per nulla di quell’ edizione, fatta [esclu­
sivam ente da Agostino F an to n i, che si valse dell'aiuto di G iro la m o ’ G argiolli, allo ra giovanissimo, nel trascrivere e collazionare gli autografi, e so ­
prattutto nello smercio dell’opera, della quale finì con esser quasi il co m ­
messo viaggiatore. Il Gargiolli ha poi anche un’ altra benemerenza: « q u el­
l ’ edizione deve propriamente alle sue cure e alla sua ardita in sisten za se
potè uscire di sotto le forbici censorie senza indiscrete castrature >/. C fr.
S a l t i n i G . E . Elogio di Girolamo Gargiolli , Firenze, Le Monnier, 1870; p. 9.
(32) Memorie istoriche sulla vita di Giovanni Fantoni cognominato L a ­
bindo: nelle Poesie di G iovann i F a n to n i f r a g li Arcadi Labindo, Ita lia, [F i­
renze, G uglielm o Piatti], 1823; tom. I li, pp. 223-316. [Di queste Memorie
furono tirati alcuni esemplari a parte, oggi divenuti rarissimi. Il prof. G uido
M azzoni ritiene che siano state scritte da Girolamo Gargiolli « s u lle n otizie
dategli da A gostino Fantoni ». Cfr. Rivista critica della letteratura italiana,
ann. IV , n.° 3, marzo 1887, p. 66. Son proprio uscite dalla penna d ’A go stin o ,
e il G argio lli non ci mise le mani : basta confrontarle con le prim e scrittu re
sue, dettate con tanta proprietà e tanto garbo, per convincersene.] Intorno
alla v ita e alle opere di Labindo si consultino gli scritti seguen ti : Canti
fu n eb ri su la tomba di Labindo, Napoli, senza nome di stam patore, 1808 ;
in 8.° di pp. 44. [Son preceduti da questa dedica: A l. filosofo, della, v ir tù —
al. eh. consiglier. Delfico — i. canti, funebri — su. la. tomba, di. Labindo —
alcuni, alunni — delle, muse, napoletane — consacrano. A ll’ E pistola d e ­
dicatoria di P. B. (pp. 5-10) segue un Poemetto del M. di C. (pp. n -19 ),
poi V II odi, II sonetti e II canzonette di vari autori, che tu tti si so tto scri­
vono con le sole iniziali. — In morte di Labindo scrisse un’e le gia F ran cesco
Benedetti e la indirizzò a Salomone Fiorentino. Cfr. Opere di F r a n c e s c o
B e n e d e t t i , pubblicate da F. S. O r la n d in i , Firenze, Le M o n n ie r, 1858,
vol. II, pp. 331-334]. — B e r t o l o t t i (D avid e). Notizie intorno alla vita
e alle opere del conte Giovanni Fantoni; nelle Poesie del conte G. F . f r a
g li arcadi Labindo , M ilano, per Giovanni S ilv e stri, M D C C C X X I I I , p p.
V I I - X . [D ich iara: « queste poche, ma esatte notizie, per noi raccolte con
in cred ib ile fatica e n.ercè di lungo commercio di lettere, sono le prim e che
p ubblicate vengano intorno a questo gentile poeta ».] — [ F a n t o n i ( A g o ­
s tin o )]. Osservazioni sui metri oraziani delle Odi di Labindo; n elle Poesie
di G. F .f r a g l i arcadi Labindo, Italia, 1823; tom. I, pp. 255-295. — A l l ’o r­
natissimo Sig. M ..... autore dell’articolo intorno alle Poesie di Labindo ;
in A n tologia , di Firenze, tom. X V II, n. X L I X , pp. 64-101. [L e tte ra d e ll ’A (vvocato) G(iovanni) C(astinelli) di Pisa, scritta da Livorno il 15 novem bre
1824. Il S ig . M. è Giuseppe Montani, che nello stesso p eriod ico , tom . X V ,
n.° X X X I V , p p. 1-43, aveva giudicato con ingiusta severità le op ere di L a ­
bindo].
C o s t a (P a o lo ). Intorno alle poesie di Giovanni Fanto?ii detto
Labindo, ragionamento ; in Giornale Arcadico di scie?ize, lettere ed a r ti
tom. X X V III [1825], pp. 380-399. — Osservazioni sulla lirica di Labindo;
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136 —
iiel Nuovo g io rn a le de’ le tte r a ti, di P is a , toni. X [1825] , p p . 89-113.
[Sono firm ate P.J. — G e r i n i ( E m a n u e le ) . D i G iovan ni F a n to n i poeta e
scrittore; in M em orie storiche d’ illu s tr i scritto ri e d* u o m in i insigni· del­
l'a n tic a e mode?'na JLunigiana, p er Γ abate E . G . da F iv iz z a n o , socio
cor?-isponde7ite d i va?-ie A ccad em ie, in otto lib r i disposte ; v o l. II [M a ssa ,
per L u ig i F re d ia n i, tipo grafo d u c a le , 1829], p p. 18 7-192. — M a u r i (A c h i l l e ) . Giovanni Fantoni; in P?Ose e P oesie scelte d i G iuseppe P ari?ii
— Agostino Pa?'adisi — L u ig i C eretti — Teodoro V illa — G iovanni
F antoni — L u ig i Lam berti — Ugo Foscolo , M ila n o , p e r N ic o lò Bettoni
e com p , 1833 » PP· X X - X X I L [B reve cenno , ma n o te v o le p e r c h è m ette
in eviden za la v ita p o litic a del F an to n i e ne g iu d ic a co n s e r e n ità gran d e
g li scritti] — T i c o z z i ( S t e f a n o ) . F antoni G iovanni detto L abindo; in /
secoli della letteratura italiana dopo i l suo riso rg im en to , com m entario di
G i a m b a t t i s t a C o r n ia n i, continuato fin o a ll’età p resen te da S t e f a n o T ic o z z i, tom. II, part. I l i , M ilano, co i tip i di V in e. F e rra rio , M D C C C X X X I V ,
PP- 534-536. — CiAMPOLiNi (L u ig i). Fantoni G iovanni, tra g l i A r c a d i L a ­
bindo; n ella Biografia degli ita lia n i illu s tr i n elle scienze , lettere ed a rti
del secolo X V I I I e dei contemporanei, compilata da lette?'ati ita lia n i di
ogni p?-ovi?icia e pubblicata p er cura del p rof. E m ilio D e T i p a l d o ; v o l. I
[r^34] > PP· 234-238. — F antoni Giovanni ; in Nuovo d izio n a rio s to r ic o ,
ovvero biografia classica universale , nella quale sono r e g is tr a ti p e r o r­
dine alfabetico i nomi degli uom ini celebri d’ ogni nazione d a l p rin cip io
del mondo i?ifino a noi, e s i narrano in compendio i f a t t i p r in c ip a li della
lor vita; compilazione di una. società di dotti fr a n c e s i, pu bblicata n e l 1830.
P rim a versione italiana con aggiu?ite; v o l. II [T o rin o , p re sso G iu sep p e
Pom ba, 1835], pp. 394-395. [U na delle a ggiu n te è la b io g ra fia d e l F a n to n i,
n otevo le per l ’accenno a lla sua vita p o litica ]. — C ia m p o lin i ( L u ig i) . D ella
vita e delle opere di Giovanni Fantoni cognominato Lab indo ; in P ro se e
poesie di L u ig i C ia m p o lin i. Edizione terza, con giu?ite e c o r r e z io n i, F i­
renze, appresso S. R icordi e G. P iatti, 1840; tom. I , p p . 181-192. [Q u esta
n uova biografia è in gran parte d iversa d a lla vecch ia, già ric o rd a ta ]. — B e l l i n i
(F ilip p o ). A lc u n i cenni intorno alla vita ed alle opere d el conte G iovanni
Fantoni appellato f r a g l i Arcadi Labindo A rsinoetico, P a rm a, d a lla tip o g ra fia
F erra ri, 1844; in 8.° di pp. 34. — T h o u a r ( P i e t r o ) . G iovanni F a n to n i e i l suo
calzolaio; n elle L etture p er la gioventù, compilate da R. L a m b r u s c h in i e dai
suoi amici e cooperatori, nuova serie, vo l. II, (anno I X d e lla co llezio n e ),
F ire n ze, 1845, pp. 49-57; e n e ’ Raccoyiti di P i e t r o T h o u a r , F ir e n z e , F e ­
lice P aggi, 1867, p p. 175-184. — A m b r o s o li ( F r a n c e s c o ) . G iovam ii F a n toni; nel M anuale della letteratura italiana compilato da F r a n c e s c o Am­
b r o s o l i . Seconda edizione ricorretta ed accresciuta d a ll’ autore; v o l. I l i ,
[F iren ze, B arbèra, 1864], pp. 383-384. [Si ricrede d e ll’acerb o e in g iu sto g iu ­
d izio che a v e v a dato del Fantoni nella Biblioteca italiana di M ilan o , tom .
X X X V I I I , pp. 23-36 e 331-352; il qual giu dizio, da lui rito cca to n e lla form a,
non nella sostanza, venne riprodotto a p. 35 e sgg. del v o l. I d e ’ suoi S cr itti
lettera ri editi e inediti, Firenze, C iv elli, 1871]. — C a r d u c c i (G io s u è ) . L a
lirica classica nella seconda metà del secolo X V I I I ; n e ’ L ir i c i d e l secolo
X V I I I a cura di G . C a r d u c c i — Savio l i , A . P a ra d isi, C e r r e t a , R e z z o nico, Cassoli, Mazza, Fantoni, L am berti, G. P ara d isi, F ir e n z e , G . B a r­
b è r a , e d ito r e , 18 71, pp. Y - C X X X I X . [T ratta del F a n to n i a p p. C I V C X X X V I I . F in isce con dire : « Dal 1790 la sua poesia rialzò il tono, e una
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—
W'
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137
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vita nuova com inciò per lui. Lasciamolo qui dove 1’ uomo vecch io fin isce :
lo ritroverem o poi fra i Poeti della repubblica cisalpina e ita lica , un a ltro
volum etto che verrà dietro a questo ». Non ha però mai veduto la lu ce]. —
F r a n c h i ( I t a lo ) . Labindo; nella Domenica letteraria, di Rom a , anno II,
n-° 39>3° settem bre 1883. [Sotto il nome d ’ Italo Franchi si nasconde il noto
giornalista toscano Enrico Valtancoli da Montazio]. — N e r i ( B e n e d e t t o ) .
Della vita e delle poesie di Giovanni Fantoni; in Poesie scelte di G . F . ,
Torino, tipografia· e libreria Salesiana, 1883; pp. 5-31. — I n t r a (G . Β.). L a
traduzione dell’Fneide di Clemente Bondi giudicata da Giovanni Fantoni
(da lettere inedite), nota; in R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Ren­
diconti; serie II, vol. X IX [1886], pp. 130-141. — M a zzo n i (G u id o ). Im i­
tatori di Labindo: in Vita nuova, periodico settimanale di letteratura, di
arte e di filosofia, ann. I, n.° 14, Firenze, 21 aprile 1889, pp. 1-2. [R icord a
e riporta brani di poesie dell’ab. Cesare M on talti, di Giovanni R osini , di
Bernardo M aria Calura, d ’Ignazio V ig n o la , del canonico G aetano Baluffi e
di A ntonio Bianchi]. — S o l e r t i (A n g e lo ). La poesia barbara di Labi?ido;
in Le odi di Giovanni Fantoni (Labindo) , con prefazione e note di A n ­
g e l o S o l e r t i , Torino, Casa editrice Carlo T riverio, 1887, pp. X L I X - L X X V .
— C a r d u c c i (G io su è). A proposito di una recente edizione delle Odi di
Giovanni Fantoni; nella Nuova Antologia , ann. X X III, serie III, v o l. X I I I ,
della raccolta vo l. X C V II, 1898, pp. 53-59. — C a r d u c c i (G io su è). Un g ia ­
cobino in form azione [antecedenti]/ nella Nuova Antologia , ann. X X I V ,
serie I I I , vol. X IX , della raccolta voi. C H I, pp. 5-20. [Tratta del F an toni
dalla sua nascita fino al 1789]. — F r a t e i l i (G io acch in o). Giovam ii Fa?itoni; in L ’ Istrìizione, foglio periodico di letteratura e d’a rte, diretto dal
p rof '. Basilio Magni, ann. V II [1893], n· 6, pp. 124-120; n. 7, p p. 150-154;
n. 8 , pp. 182-189; n. 9, pp. 205-207; n. 10, pp. 233-235; n. 11, pp. 252-254;
11. 12 , pp. 872-273; ann. V i l i , n. 1 , pp. 13-16; n. 2 , pp. 35-41 ; n. 3 ,
pp. 64-68; n. 4 , pp. 85-90. — P r a n z e t t i (E ). Della lirica di Giovanni
Fantoni, R o m a , Mantellata, 1895. — D ’a n c o n a (A le s s a n d r o ) e B a c c i
(O ra zio ). Giovanni Fantoni; in Manuale della letteratura italiana com­
pilato dai professori A. D ’A. e Ο. Β. ; vol. IV [Firenze, B a rb è ra , 1900],
pp. 633-655. — C a r d u c c i (Giosuè). Un poeta giacobino in form azione ;
nella Rivista d’ Italia , ann. II, 1899; pp. 5-56. — A lp a g o - N o v e l l o ( L u i g i ) .
Fantoni p er Fantuzzi? n ell’ Antologìa Veneta , 1902, III, pp. 342-352. —
N e r i ( A c h i l l e ) . Aneddoto intorno a Labindo ; nel Giornale storico e
letterario della Liguria, ann. VI [1905], pp. 423-435. [Tratta del soggiorno
del Fantoni a Genova nel 1779 e nel 1797].
Giorn. St. c Lett. della Liguria.
10
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138
—
II.
GLI AN N I D E L L A
D IS S O L U T E Z Z A .
Nel poemetto L ’Amicizia, che il Fantoni intitolò a Carlo
Emanuele Malaspina , Marchese di F o sd in o v o , stato suo
condiscepolo nel Collegio Nazzareno di R o m a , così canta
di sè e de’ casi della sua vita:
a n co r p en d ea
P er m e su ll’ ali il d o d ic e s im ’ anno
Q u a n d o mi vid e al fian co tu o g li a lp e stri
V a rc a r g io g h i d el L a z io Γ A n ie n e
P recip ito so cro lla to r di sassi.
T e c o m ’ accolse la su p erb a R o m a
D al p u rp u reo sen a to , e d ietro T o rm e
D e ’ passi tu oi, n elle latin e scu ole
L ib a i la tazza d eg li a ch e i precetti.
M en tre a n ela va a d em u larti, il s a g g io
E ro e , cui tanto nei p en sier so m ig li,
T i ricon dusse alle patern e m ura,
O v e l ’am or d elle com m esse g en ti
A ffre tta v a coi voti il tu o ritorn o ( i) .
Io vissi ancor tre p rim av ere in g re m b o
A lla m adre del m o n d o ........................
L ’altrui consiglio e ’ l gio va n il d esio
D al T e b ro a ll’A rn o mi gu id ò nel m u to
L ab irin to di co rte: un D io mi trasse
D al sen tier periglio so, e in sen di M arte
Im p rovviso mi spinse, ed a h i! la sord a
A lle preci ed al pianto orrida diva
V o lea ferirm i, se a ll’acuto dardo
N on m ’era scudo colla cetra A p o llo .
V o i cari boschi, alle cui rupi insegno
O ra d ’A rg e n e a replicare il n om e,
Mi rived este. E ra il m io foco A rg e n e ,
Candida quasi latte, azzurri i lumi
Q ual ciel sereno : il nostro am or crescea
C on il crescer dei giorni, allor ch e sv e lto
D alle braccia di lei tornai fra Γ a r m i,
V ittim a infausta del voler tiranno
D i u n ’ adorata genitrice. Un lustro
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F ra le falangi del Sabaudo G iove
Q uella pace cercai che alfìn rinvenni
N el cheto asilo del paterno albergo.
Il Fantoni nell’estate del 1772 uscì dal Collegio Nazza­
reno ; il 7 agosto dell’anno dopo ebbe il posto di appren­
dista nella Segreteria di Stato a Firenze. Fece talmente
cattiva prova, che, per risparmiargli la vergogna d’ esser
cacciato via , e nel tempo stesso tentare di rinsavirlo , fu
messo ne’ cadetti. Ne vestì la divisa a Livorno nel luglio
del ’74 , ma per lasciarla di lì a un anno , avendo conti­
nuato a condurre la vita più dissoluta (2), con dolore e sde­
gno del padre che, fallitogli il tentativo di farne un frate (3),
voleva a ogni costo , 0 che si stradasse per la via degli
impieghi, o che abbracciasse la carriera delle armi. Invece
il ragazzo, insofferente di freno, irrequieto, volubile, focoso,
aveva la testa agli amori, alle allegre brigate, alla poesia;
e rientra fra le mura domestiche carico di scartafacci di
versi, con la patente, per giunta, di socio dell’Accademia
degli Apatisti di Firenze. Le donne a Fivizzano sono il solo
suo pensiero, il solo suo spasso. U n a, tra le altre, gli fe­
risce il cuore ; se ne innamora perdutamente, e tratta nien­
temeno di sposarla (4). La famiglia è alle stelle ; ai rimpro­
veri paterni si uniscono quelli della madre e de’ fratelli.
Ecco che passa da Sarzana lo zio Don Andrea De Silva,
il quale, in compagnia della moglie, tornava a Torino. La
sorella corse ad abbracciarlo, conducendo seco il figlio sca­
pestrato. Lo zio , fatto inteso di tutto , lo menò via , col
doppio proposito di fargli mutar vita e di aprirgli l’ avve­
nire. Le carte degli archivi piemontesi offrono alcune par­
ticolarità nuove sul soggiorno di Labindo in Piemonte. Ne
tesserò il racconto, tenendole per guida.
L ’Accademia Reale di Torino , ideata dal Duca Carlo
Emanuele II nel 1669, aperta nel 1678 dalla vedova sua,
Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, nel palazzo
fatto costruire da lu i, ebbe per intento 1’ educazione de’
paggi e de’ nobili di corte. Vi s’insegnava « la danza, l ’ar­
meggiare, il volteggiare, il maneggio dell’armi, gli esercitii
militari, le matematiche et il disegno », non che « mon-
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—
p o ­
tare a cavallo, correre al saracino , all’ anello et alle teste
de’ mostri »: insomma vi s’ addestrava la gio ven tù agli esercizi cavallereschi, senza , peraltro , trascurare affatto gli
studi scientifici , che soltanto col volger d e ’ tem pi ebbero
la prevalenza e formarono la parte essenziale d ell’insegna­
mento (5). Spartita in tre classi, che si chiam avano appar­
tamenti , la p rim a, dove venivano accolti anche i fore­
stieri (6), era soprattutto destinata per quelli che avevano
« come principale intento l ’acquisto delle arti cavalleresche
e specialmente la cavallerizza, la scherma , il ballo e 1’ ar­
chitettura militare » ; nè vi mancava « il com odo di colti­
vare lo spirito con qualche studio di lingue, di geometria,
d’ aritmetica , di fortificazione , di geografia, di storia e di
altre simili scienze ». Ciascuno aveva un alloggio « a
parte, in appartamenti uniformi »; teneva « un servidore a
suo comodo e disposizione » ; ed era « in sua facoltà averne
più , come anche di aver seco un compagno di viaggio, o
governatore particolare e cameriere, pagando per ciascuno
di essi la tassa ». In quanto al vitto erano serviti « a no­
bile ordinario, o sia a mensa secondo lo stile con cui co­
munemente si servono le tavole onorate della nobiltà del
paese » (7). Potevano « uscir fuori dell’A ccadem ia » sol­
tanto « ne’ dì festivi e di vacanza di ciascuna settimana,
per andar alla Corte e per frequentar com pagnie degne di
loro , in cui veggano esempi di maniere colte e gentili,
senza mai metter piede in luoghi disdicevoli, sospetti e pe­
ricolosi ». A tavola non si potevano presentare « nè con
sopraveste , volgarmente rodingotto , nè con gli stivali » ;
e « in casa, e anche fuori cavalcando », dovevano usar
« 1’ abito del loro uniforme » ; però « per comparire in
Corte , o in visite , o in conversazione » potevano ador­
narsi « di quelle fogge decenti », che meglio « avevano
in grado ». L a pensione non poteva esser più tenue; con­
sistendo in settantacinque lire di Piemonte al mese (8).
La seconda classe , ossia secondo appartamento , dove
dallo zio De Silva fu messo Labindo , era per quelli che
volevano « intraprendere il corso delle scuole militari », e
per quelli che proseguivano « gli studi all* U niversità in
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-
qualunque delle scienze che ivi s’ insegnano ». L ’ alloggio
di ogni accademista consisteva in « una piccola camera »;
ogni otto di essi poi avevano « una sala o vasto corritoio chiuso ». Soltanto « all’uscir di casa » portavano « l ’a­
bito nero e la spada»; dentro, l’abito doveva essere « mo­
desto e uniforme ». Pranzavano a « tavole ripartite per
piccole brigate, con un assistente a ciascuna, e con l’ in­
tervento di qualcuno de’ superiori »; e il vitto era « ab ­
bondante e civile » (9). Pagavano di pensione quaranta
lire mensili a testa. L ’onorario « per ogni maestro d’eser­
cizi cavallereschi », da cui volessero pigliar lezione, era di
tre lire al mese; e se venivano ammessi « alla cavalle­
rizza », ci volevano dieci lire in più. « Lo studio sodo e
pratico d’ una vera pietà » veniva « insinuato come prin­
cipio, mezzo e fine d’ogni vero sapere »; e « alle massime
di quello » si univano « documenti e lezioni metodiche con
accademie di quella morale filosofìa, o sana cavalleria, che
misura il vivere civile e nobile con le regole del vero onore ». In questa classe erano « un po’ più ristrette » che
nella prima « le regole di disciplina »; ma a tempo oppor­
tuno si accordavano e procuravano « que’ divertimenti onesti e civ ili, che più possano contribuire alla sanità del
corpo , alla giovialità dello spirito ed alla disinvoltura del
tratto ». Era proibito « indistintamente ed in qualunque
tempo andar a’ balli, ridotti, giuochi pubblici, bettole, bot­
teghe di caffè ed a qualunque altro luogo dove non istia
bene d’ andare a persone onorate e di qualità ». Vietato
« farsi recar di fuori bevande, 0 commestibili di qualunque
sorta, senza permissione de’ superiori »; vietato « in tempo
di studio tener cameriere, parrucchiere, 0 altra persona nel
luogo dove si studia ». Sempre accompagnato da un do­
mestico, sia nell’andata, sia nel ritorno, l’accademista « in­
vitato a pranzo da qualche cavaliere parente, o amico »;
accompagnato pure da un domestico quando si recava « al
• passeggio, o a far visite ». Nel refettorio serbato « il si­
lenzio finché sia finita la lettura »; e ognuno doveva « al­
zarsi in piedi, con capo scoperto , in tempo della benedi­
zione della tavola e del ringraziamento ». Obbligatorio lo
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142 —
in terven ire « con puntualità e prontezza ad ogni sacra fun­
zione che si abbia a fare in cappella », recando seco « 1 uf­
ficio d ella B. V . , non solo per recitarlo ad alta e chiara
v o c e in comune ne’ giorni festivi, ma eziandio per reci­
tarlo tra sè negli altri giorni, per tenere lo spirito raccolto
e l’anim o unito con Dio » (io).
N on è qui il luogo di parlare della terza classe, poi abolita, destinata a quelli i quali « o per la tenerezza del­
l ’età, o per bisogno d’abilitarsi ne’ fondamenti delle prime
scuole », non erano « ancora capaci nè di andare agli
studi d e ll’ Università, nè di appigliarsi di proposito agli esercizi cavallereschi » (n ).
Il Fantoni entrò nell’Accademia il 25 settembre del
1775, e oltre gli studi consueti, attese al ballo, alla scherma,
a ll’ aritm etica e alle fortificazioni, pagando tre lire mensili
a ciascuno di questi quattro maestri. Quello di ballo era
F ra n cesco A gostino IIus (12); quello di schermali Pascal,
che a v e v a per suo assistente il Tealdi ; quello di aritme­
tica il Cevasco, che ripeteva anche filosofia; quello di for­
tificazione l ’A lberti (13). Fin dal 19 gennaio del 17 7 1 te"
n e v a le guide dell’Accademia il cav. Vittorio Verdina col
titolo di Governatore, e gli stava al fianco Don Sicco col
g ra d o di V ice Priore.
G li studi de’ militari consistevano: nel primo anno, co­
sm ografia, aritmetica e geometria speculativa, fortificazione
re g o la re ; nel secondo anno, geografia, geometria pratica in
carta e sul terreno, fortificazione irregolare ; nel terzo anno,
storia militare, prospettiva e disegno militare, attacco e di­
fesa d elle piazze , esponendo i sistemi più celebri, coi ne*
cessari principii di tattica. In tutti e tre gli anni « studio
di scrivere » e lingua francese, insegnata dall'ab. Deleuse.
U scì daH’Accadem ia il 5 febbraio 1776. Essendo morto
il D u n a n t, luogotenente del reggimento di fanteria stra­
niera del Ciablese, lo zio De Silva aveva domandato quel
posto per il nepote; e Vittorio Amedeo III non era ri­
m asto sordo al desiderio e alla preghiera del suo Aiutante
g e n era le (14). Ecco il testo delle regie patenti:
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Il Re all’ Uffizio Generale del Soldo.
Torino, 22 gen n aio 1776.
A b b ia m o conferito al Conte Giovanni Fantoni, nato a F ivizza n o
nella L unegiana, già Accademista, la carica di Sottotenente nel R e g ­
gim ento di Fanteria straniera del Ciablese, con tutti gli on ori , a u to ­
rità a prerogative che ne spettano ed appartengono , invece d el D u nant, resosi defunto. Vi ordiniamo pertanto di assentarlo in ta le q u a ­
lità, e di farlo godere della annua paga di lire quattrocento sessan ta
di Piem onte, razioni due di pane al giorno, un foriere, a llo g gia m en to ,
utensili ed altre cose, portate dal Regolamento nostro d e ’ 18 o tto b re
1774, a voi diretto , incominciando dal suo assento e con tin u an d o in
avvenire durante la di lui servitù ed il nostro beneplacito , ch e tal è
nostra m ente.
Il R e Vittorio Amedeo III nel nuovo ordinamento
dato al suo esercito aveva diviso la fanteria stanziale in
tre « scompartimenti », composto ciascuno di quattro re g ­
gimenti. Formavano il primo i reggimenti Guardie , P ie­
nionte%Reale Alemanno, e Svizzero Bearnese; il secondo i
reggimenti Savoia , Saluzzo, Marina , e Regina: il terzo i
reggimenti Monferrato, Aosta, Ciablese, e Sardegna. Il re g ­
gimento del Ciablese era di fresca istituzione; rim ontava
al i8 ottobre del 1774, essendo stati riuniti insieme il re g ­
gimento d ’ infanteria straniera e quello Fatio per form arlo.
Il Fantoni venne ascritto alla compagnia Capo , chiam ata
cosi perchè ne aveva il comando Benedetto M aria M au­
rizio , Duca del Ciablese, figliuolo di Carlo Emanuele III,
che poi mori a Roma il 4 gennaio del 1808. Fu capitano
luogotenente di questa compagnia il Bousquet fino al 21
luglio del 1776; dal 26 dello stesso mese all’ottobre del *78
ebbe quel grado il Pauc, al quale succedette lo Sh acübly.
In tutto il tempo che vi rimase il Fantoni, la carica di
luogotenente venne ricoperta dal Bernardi. La com pagnia
tenne guarnigione, prima a Torino , poi ad A lessandria.
Appunto a Torino ebbe esso la lieta notizia che, a proposta
del suo vecchio maestro ab. Luigi Godard, l’A rc a d ia di
Roma, nell’adunanza del 14 gennaio 1776, gli a v e v a con­
ferite le campagne arsinoetiche col nome di Labindo ; a v ­
venimento che ringagliardì il suo estro di poeta e g li fu
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— 144 —
stim olo a scrivere una quantità di anacreontiche, che, seb­
b en e da lui, in gran parte rifiutaté, non mancano però nè
di facilità, nè di eleganza (15). E a quel tempo, per testi­
m onianza del nepote , « devono riferirsi quasi tutti i suoi
scherzi stampati (16), di cui una parte corresse ed una parte
rifuse, e molti altri, ancora inediti; non senza diversi poe­
m etti in ottava rima , come quello composto in occasione
del matrimonio della Principessa Clotilde di Francia, il
T eatro , Γ Isola di Citera ed altre produzioni, che tutte egli
stesso condannò all’oblio ».
Il matrimonio del Principe di Piemonte (il futuro Re
C arlo Em anuele IV) con Maria Clotilde di Francia, ebbe
lu o g o il 6 settembre del 1775, quando il Fantoni stava
p er entrare nell’Accadem ia Reale; e il poemetto inneg­
g ia n te a quelle nozze corse manoscritto per le mani degli
am ici e d e ’ conoscenti, senza che vedesse la luce; come,
del resto , fin che rimase in Piemonte nessuna delle sue
p oesie venne messa alle stampe. Mentre era di guarnigione
ad A lessandria prese a comporre le Notti e ne offri un
s a g g io a Don Alessandro Sappa (17). con questa lettera
del 13 ottobre 1777:
D u e co ri nati p e r F am icizia non si rinvengono sovente. Sem bra
c h e la b iz za rria delle differenze e che la varietà d e ' caratteri sia ne­
c e s s a ria p e r l’arm onia del creato . Dafni, il cui nom e solo mi richiama
le la c r im e , era n ato p er m e ed io ero nato per lui. La m orte me lo
ra p i fra le b ra c c ia , e da quel mom ento fatale io non ho più un amico.
R ie m p ite voi il v uoto in cui mi ha lasciato la morte. V* invio quelle
N otti c h e m i ha d e tta to il dolore e che l’amicizia vi consegna perchè
le fa c c ia te risp e tta re dal tem p o . Conoscerete in queste la sensibilità
d e l m io c u o r e ; v ed re te se vi somiglia, e se merita che voi mi dichia­
r ia te q u e llo che io sarò se volete
Vostro afì.** am ico.
C h i si nasconda sotto il nome di D afni, nato per I.abindo e Labindo nato per lui, lo ignoro; essendomi riu­
scita v a n a ogni indagine per chiarirlo. Da Alessandria in­
viò pure a Lesbia Le quattro parti del Piacere, e nello in­
via rgliele, cosi le scriveva, il 23 settembre del 1778: « Fra
Γ im portuno rumore delle armi voi mi avete richiamato a
bam bo leggiare con gli Amori, e la speranza di non dispia-
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cervi mi ha fatto porre la mano ad un lavoro interrotto.
Il piacere ha animato la cetra, e sorridendo al vostro nome
ne ha temprate più lusinghiere le corde. Non disprezzate i
suoi taciti voti, nè la semplicità del mio cuore ». L a nuova
Lesbia celebrata dal nuovo Catullo era una gentildonna g e ­
novese, sangue dei D ’ Oria, la Marchesa Maria, m oglie di
Domenico di Raffaello Spinola; anche lui sotto le bandiere
del R e di Sardegna.
Non senza il suo perchè il poeta ricorda nella lettera
« l’importuno rumore delle armi », e torna a ripetere nel­
l’ode X I del libro secondo:
Non fra lo strepito g uerrier dei tim pani,
Fra i cieco-torbidi globi di polvere
M 'impallidì la faccia
Sabaudica minaccia.
E un accenno ai « pericoli corsi contro le bande di as­
sassini che infestavano i boschi di Alessandria » (18). Non
fu la sola avventura che ebbe nel prestar servizio in quella
guarnigione. La paga di quattrocento sessanta lire di P ie ­
monte , somma ragguardevole allora, e il denaro che a
mano a mano gli mandava il padre, non gli bastavano. Per
confessione del nepote, « il fervido di lui temperamento,
agli amori inclinato e a darsi bel tempo, portandolo a lar­
ghe spese # più che a figlio di famiglia si convenisse , gli
attirò diversi dispiaceri, e lo spinse fin anco a sfidarsi a
duello con un uffiziale supcriore, senza che ne seguisse 1 ef­
fetto; dovette chiedere la dimissione, ed ottenutala, fu messo
in arresto per debiti, ad istanza dei suoi creditori ». N egli
archivi piemontesi non resta traccia della sfida, occasione
e cagione del suo licenziamento. Si trova soltanto la se­
guente lettera di Don Gio. Andrea Chiavarina, che era al­
lora reggente della Segreteria di Guerra. È scritta il ó
febbraio del 1779 e indirizzata al Marchese di Cravanzana:
S io .r SiG.r P.e COL.mo
M. essendosi degnala di accordare al Sigr C onte di F a n to n i le
dim issioni dal posto di Sottotenente nel R eg g im en to d i F a n te ria
straniera di Ciablese , ne tengo intesa la S. V . 111. - affinchè p o ssa
S.
sue
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— 146 —
fa rn e se g u ire l’opportuna annotazione sui ruoli di cotesto generale Uf.
tìzio , e le rinnovo ad un tem po gli atti del divoto o sse q u io , che mi
c o stitu isc e
Di V . S. 111.®»
Div.mo O bbl.®0 Serv.w
C hiavarina.
E b b e per successore nel grado di luogotenente Antonio
Giuseppe Fortunato de Serre di Besançon , con regie pa­
tenti del 25 aprile.
suoi numerosi creditori gli furono subito addosso,
presi dalla paura che fuggisse via senza pagarli ; anzi la
paura fu tanta che finirono col farlo arrestare; e quasi ciò
non bastasse, vollero anche fosse spiccato ordine alle porte
della città di non lasciarlo passare; non ostante che la fa­
m iglia Sappa, rimastagli fedele in quel rovescio della for­
tuna , avesse con lo zelo più operoso tentato ogni sforzo
per risparmiargli una così grossa vergogna. che era nel
tem po stesso la più manifesta delle ingiustizie. Non venne
però chiuso in prigione, ma tu messa un'ordinanza a guar­
darlo a vista nella casa dove alloggiava. Il dolore di La­
bindo passò ogni segno. Pieno d’ira e d’angoscia scriveva
a un am ico: « Dunque i miei nemici assicurano ch'io vo­
leva partire la stessa mattina che mi fu intimato l’arresto,
e che tutto era pronto fino dalla sera? Specioso pretesto
per autorizzare un affronto. Se avessi avuto nella mente
di eseguire quello di cui mi tacciano, chi me lo avrebbe
im pedito , in cinque giorni di liberta, dopo di aver otte­
nuta la mia dimissione? Dati già in nota i miei debiti a
persona di riguardo, io attendeva una rimessa da mio pa­
dre, a cui aveva scritto e fatto scrivere facendogli cono­
scere la mia situazione. Xon mi sarei immaginato che senza
a ver riguardo al mio carattere, alla mia nascita ed ai miei
sen tim en ti, su di un sospetto leggero di qualche timido
mal onesto creditore, si sarebbe appoggiato il motivo di
un arresto, prima eseguito che considerato. Inutile cautela
per chi e guardato a vista dalla propria onoratezza
Un caso pietoso venne a consolarlo in mezzo a ll'an·
goscia. Il suo calzolaio corse a offrirgli quanto posv*deva;
I
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— 147 —
e dolente che non si piegasse a servirsi del suo danaro, ri­
petè per lettera la profferta; rifiutata di nuovo, ogni giorno
andava a trovarlo, e quando non poteva, non m ancava di
scrivergli una parola confortatrice. Il padre, come sempre,
pagò. « O gni cosa è aggiustata », tornò a scriver Labindo;
«· posso partire quando mi piace. Ecco dove sono andati
a finire tanti provvedimenti sulla mia persona e a quale
scopo mi è stato fatto un affronto ! Me ne ricorderò fin
che vivo ». Infatti sentì sempre vergogna d’ aver creduto
amici « certi insetti titolati, che s’ imbrattano nel fango,
mentre nuotano nell’oro » ; e sempre serbò memore affetto
del « p o v e ro , ma onesto e sensibile artigiano » ; il solo
che gli mostrasse cuore ne’ momenti del pericolo , della
vergogna e dell’abbandono (19).
S ’ avviò finalmente alla volta del paese n a tiv o , pur
troppo * non corretto nè dall’esperienza, ne dai disgusti »
(a confessione dello stesso nepote), e si fermò « diversi
mesi » a Genova, « allettato dalle relazioni e conoscenze
che si era procurato in Piemonte » ; dandosi « a c o rte g ­
giare alcune di quelle dame e a spendere nuovamente più
di quello che la famiglia poteva o voleva somministrargli ».
Soprattutto ve lo incatenarono le grazie di Lesbia , per la
quale, tra le altre anacreontiche, scrisse allora il Capriccio,
da lui poi « riprovato intieramente per il pensiero », chè
non poteva essere più sconcio ; come galanti oltre il segno
son le tre lettere: « Il Lei, il Voi e il Tu ».
Fin dall’ anno prima, in Piemonte s’ era fatto un pro­
gramma :
giammai si p erd e
T em po bevendo; nel divin licore
Muoion le cure, solo in esso am ore
Non si disp erd e.
A che star mesto? g io v en tu d e fugge,
Pigra i suoi passi segue la vecchiezza,
E il brio vivace della giovinezza
F redda distrugge.
Hrev’ è la vita. Profittiam o, am ici,
Dunque di quella; di divin liquore
F ra colme tazze, fra i p iacer d ’ am o re
Viviam felici.
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—
148 —
A G enova lo rinnovò :
Di Chianti ambrosia in anglico
V etro génial m’ invita
D ell’inquieta vita
Le cure ad obliar!
G odiam o, che all'instabile
A vara falciatrice
D ’insidiar non lice
Chi disprezzar la sa.
E non solo lo rinnovò: lo mise in pratica in tutta la sua
pienezza, « continuo commensale del magnifico Domenico
Spinola », il compiacente marito di Lesbia. È vero, peraltro,
che neirinviare questi versi al marchese Girolamo Pallavi­
cini, vice custode dArcadia, « uno de’ più notevoli e sti­
mati patrizi » di Genova in quel tempo , presidente delΓA ccad em ia Ligustica di belle lettere, della quale era r a ­
nima, e autore per giunta d’un Saggio t/i poesia, stampato
nel 73 » dove « è notevole una visione ispirata daU'assidua
lettura della Divina Commedia », e che « s* era proposto
di onorare il Chiabrera, dando fuori una nuova e splendida edizione delle sue opere, per la quale con non poco
dispendio aveva raccolto ricchi materiali » (20): è vero,
peraltro, torno a dire, che Labindo gl'intitolò anche un’ode,
dove a Genova fa questa promessa :
Se il fatale turbo errante
Delle guerre transalpine
Dal sabaudico confine
Minacciando scenderà,
Mi vedrai novello Alceo
Non tem er guerrieri affanni,
E difender dai tiranni
La trem ante libertà.
Fra quei candidi ligustri
Che Γ am ore a me comparte,
I temuti allor di Marte
Alle chiome intreccerò.
Con le corde della cetra
Curvo teso un arco armeno
Io tem prate di veleno
Le saette vibrerò.
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— 149 —
In quell’ ode accenna anche ai poeti genovesi d ’ allora.
Per il primo ricorda, col suo nome arcadico di Partenio,
Niccolò Grillo Cattaneo, che, dall’ inglese, tradusse II Tei?ipio della Fama di Pope (21):
Teco sia Partenio il biondo
Da i languenti azzurri lumi,
I cui placidi costum i
Fero Egina innam orar.
Di quei lauri che rapio
Alla Fam a anglico vate
L ’alte tem pie coronate
E '1 negletto aurato crin.
Gli mette al fianco il « vivace » Mainerò, col Balbi e
con lo « scherzoso » Capozza » (22). Luigi Maineri (17341 793)· amico di Antonio Genovesi e agronomo accoppiante
la teoria alla pratica, era stato ascritto fin dalla prima g io ­
vinezza alla Colonia Ligustica col nome di Linceo , « ap­
propriato assai bene alla sua natura, piuttosto volta all’os­
servazione ed al ragionamento filosofico che agli slanci
spontanei dell’ estro e della fantasia ». Verseggiatore m e­
diocre , nelle prose ha « una certa robusta eleganza di
stile » (23). Il Balbi dovrebbe essere Costantino , arcade;
appartenente all’Accademia degli Industriosi, di cui si hanno
alle stampe dei versi in raccolte, e che fu poi senatore e
diplomatico (24). Cirillo Capozza, carmelitano, le g g e v a teo ­
logia all*Università. Per Francesco Antonio Fasce (17321792), che consumò la vita insegnando a Genova, a Savona,
a Milano, a Roma, con profitto grande della gioventù , e
che verseggiò in latino con facilità elegante e in italiano
non senza gentilezza, il memore affetto di Labindo, scolaro
suo nel Collegio Nazzareno, ha una parola di lode. Lo
chiama
di Rolli il delicato
D otto Fasce im itator;
e gli mette a lato
Masfiucco dalla greca
Fantasia, di sciolti fabbro,
G rave il petto e pieno il labbro
Di poetico furor ( 25).
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— 150 —
Incuora il Pallavicini a riprendere la cetra abbandonata,
obliando le cure del foro e del Senato :
geloso veglia il fato
Al Ligustico destin.
A lui veglia Lomellino (26)
E alla patria ancora ignoti
Nel mio cor vegliano i voti
D ’un novello cittadin.
V e r s i , questi ultim i, allusivi al desiderio suo d essere
ascritto al patriziato di Genova , con Γ aiuto e per opera
appunto dell’amico; il quale rimase sordo a ogni preghiera.
Se ne sdegnò I^abindo, affidando a un’ altra poesia il pro­
prio rammarico :
Perchè negasti porgere
La destra e i voti accogliere
Di un nuovo cittadin?
Se i carmi in vita serbano
Non andrò tutto in cenere
N è il nome mio morrò.
L a ragione del silenzio è spiegata da un curioso docu­
mento, che rischiara di nuova luce il soggiorno del poeta
a G en o va (27). l a mano ignota d’un segreto accusatore, il
i.° di giugn o aveva messo nel bossolo delle votazioni un
biglietto di calice contro di lui; cosi nel linguaggio d'allora
si chiamavano le denunzie. Benché già stampato, mette
conto che lo trascriva.
S ig n o ri Serenissim i. — Vi è in Genova certo conte F a n to n i, fio­
re n tin o , g ià uffizi al e di S. M. Sarda. Questo è assai giovine e di ma­
n ie re se d u c e n ti, onde è idolam ato dai giovani suoi contem poranei ed
a n c h e d a lle dam e le più s to rd ite , colle quali usa c a r e n e . imititele
p re sso di noi e condannate d a ' virtuosi. Le sue massime sono perni­
cio se e co n tra rie alla buona morale. Queste, tanto più ti bevono facil­
m e n te , q u a n to essendo legate in versi leggiadri e lascivi, avendo un
g e n io e ta len ti straordinarii per la poesia. Si è quasi stabilito qui, ma
e sse n d o ristrettissim o nelle finanze . si fa imprestar danaro dagli am ic i. L a religione, i costumi e la costui conversazione m eritano di es­
s e re o sse rv a ti da VV. SS. Ser.** accio non venga infestata la nostra
g io v e n tù , c h e pur troppo inclina al male in gran parte.
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— 151 —
iili Inquisitori di Statolo presero a tener d’occhio. Il 19
riferirono : « il suo contegno non è proprio, ma incivile » (28).
In forza delle leggi, poteva avere , ο Γ ammonizione, o lo
sfratto ; non ebbe nè l’una, nè l’altro. La protezione degli
amici gli fu scudo. Tirò innanzi la sua vita spensierata in
mezzo alle liete brigate e alle gioie dell’amore, desiderato,
voluto , cercato , strappato , applaudito ; e continuò a far
versi e debiti. La mano sdegnata del padre pose fine a
quel baccanale ; e mentre fu larga e pronta nel pagar tutto
e tutti, seppe acquistare la più terribile rigidezza nel tra­
scinarlo a viva forza a Fivizzano. Eccolo — ed era tempo
— tornato nella valle nativa, tra le mura austere del si­
gnorile palazzo de’ suoi maggiori.
Nella Lunigiana d’allora, a confessione dello stesso L a ­
bindo , « la prodigiosa quantità di villaggi e di borgate,
che pure aspirano al grado di c ittà , come Pontremoli e
Fivizzano (29), c nelle quali dimorano disperse le signorili
famiglie, lungi claH’impedirne le socievoli comunicazioni, le
rendevano se non più frequenti , più animate assai e più
piacevoli. Oltre una quindicina di famiglie Maiaspina di­
sperse ne’ loro feudi (30), altrettante e più di signorile
condizione ne avevano Pontremoli. Fivizzano, Bagnone (31),
appartenenti al Granducato (32); le quali tutte si convita­
vano a vicenda. Cosi i doviziosi lunensi trovavansi riuniti
tre giorni in una famiglia e tre giorni in un’ altra in certi
determinati tem pi, di modo che una grossa quarta parte
dell'anno si passava lietissimamente in paese (33). Firenze,
Massa di Carrara, Pisa (34) offrivano nel cuor dell’in verno più
temperato clima a coloro che potevano, senza sentirne in­
comodo, mantenersi alcuni mesi fuori della Lunigiana» (35).
Fu allora che rannodò l'amicizia col marchese Carlo Etnanuele Maiaspina di Fosdinovo, il condiscepolo del C ol­
legio Nazzareno di Roma. Sentiamone il racconto dalla
sua bocca:
U n lustro
F ra le falangi del Sabaudo G iove
Q uella pace cercai, che alfin rinvenni
Nel cheto asilo del paterno albergo.
Breve spazio di via dal m io soggiorno
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D ivide il tuo : nel faticoso calle
Mi riconforta l'amicizia, e meco
Pungono i fianchi e sulla groppa stanno
Del fugace destrier gli avidi affetti.
O spite io salgo nell’arm ata rocca
De* padri tuoi : tu m ’accogliesti : in volto
Nunzia del cuor non ti ridea la gioia,
Che sull’altera mal-chiomata fronte
S ’agitava una fosca nuvoletta:
T entai tre volte sollevar le braccia
O nde cingerti il collo, e oh Dio! tre volte
C adder delusi gli indecisi amplessi.
Gelai di tem a che coperte avesse
La lontananza le memorie antiche
D ’obliosa caligine profonda.
Ma il mio tim ore era un inganno: appena
T u favellasti, nei soavi sguardi
T u tta l’anim a tua candida apparve.
T eco sei lune, quasi lieto sonno,
Mi fuggiron veloci : altrove un cenno
Del genitor mi chiam a: ecco la notte
Della mia tenerezza e del mio pianto.
I benefizi tuoi tento, nè posso
N um erar singhiozzando, e tu vorresti
Consolarm i, ma invan. .. m’abbracci, io parto;
Da quel m om ento un sol destin ci strinse,
Nè sciorre ne potrà l’amato nodo
D ’astro m aligno velenoso influsso,
A urea lusinga di ricchezza, o figlio
Di pallida viltà freddo spavento.
Non dall* urtar dei coronati nappi
Nacque in noi l'am istà sull* ebrìe m ense,
Non dai lascivi garruli concetti,
Padri della licenza e delle risse.
Ci animò la virtù, la non velata
Sincerità ci palesò l'occulta
Som iglianza dei cuori e ti congiunse.
Il
più importante de' feudi imperiali de’ Maiaspina era
allo ra quello di Fosdinovo. Carlo Emanuele — l’ultimo de’
suoi
M archesi
—
colto e amante della musica: la soave
armonia figlia cUl cielo , come portava scritto in uno de'
suoi m otti Γ Accadem ia filarmonica dei Dissonanti di Fi vii·
zan o, ch e lo scelse a proprio Principe, restaurò il vecchio
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— 153 —
teatro di I^osdinovo (36), e vi faceva rappresentare melo­
drammi e commedie « quasi al grado di perfezione ». Lo
attesta Labindo, che anch’ egli vi recitava, e soggiu n ge :
« Non solo è egli il direttore della società dei suoi dilet­
tanti, ma n’ è il compagno, e forse non vi è in Italia co­
mico che lo pareggi ». Col favorire il teatro si proponeva
il doppio scopo di sbandire dal suo « piccolo paese l ’ozio,
che per ordinario vi domina », e dare « un’educazione pra­
tica » ai sudditi. A vantaggio della gioventù fondò p u b­
bliche scuole e le provvide d’ insegnanti (37); accrebbe la
biblioteca avita di pubblicazioni letterarie e politiche le più
in voga e le più difficili a ottenersi da’ privati in que’
tempi (38); costruì un’arena per il giuoco del pallone e vi
diede più d’ una prova d’ agilità e di destrezza (39). Non
sordo ne insensibile ai bisogni del secolo e all’ idee nova­
trici delle quali si faceva banditore sul trono della vicina
toscana il Granduca Pietro Leopoldo, anche lui pose un
irono all avidità delle mani morte, vietando che ad esse si
contrattasse o lasciasse in eredità; proibizione da esten­
dersi a testamenti tuttora in sospeso « per causa di con­
dizioni non anche verificate » (40).
1
eneva splendida corte ; e nella stagione delle villeg­
giature accorrevano alla rocca ospitale, per cortese invito
di lui, da’ paesi vicini, da Lucca, da Pisa, da G en o va ; e
si deliziavano al teatro , in banchetti, nelle conversazioni,
alle caccio, nelle quali Carlo Emanuele
fcermc d ’eroi, te rro r di belve,
D airinvincibil braccio,
sguinzagliava i veltri, tanto prediletti, alla preda (41). Il
gran d ioso salone del castello era adorno di affreschi, che,
caduti i Marchesi, furano imbiancati (42). In altrettanti m e­
daglioni si vedevano dipinte le terre del feudo c o ’ propri
costum i. Gli abitanti di Giuccano, gente manesca, avevano
il m oschetto al braccio; quelli di Gragnola recavano le
trote del Lucido, rinomate per la loro delicata squisitezza;
quelli di Pulica e Ponzanello agnelli e capretti. D eg li altri
è perduto il ricordo (43).
Giom. St. e IMI dèlia Liguria.
i\
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—
1 54 —
Α 1Γ antico cassero , eretto da’ Nobili di Fosdinovo, si­
gn ori del paese prima che passasse in pieno dominio de
M aiaspina, questi ultimi aggiunsero la rocca, vasto e irre­
go lare ed ifìzio, fatto a più riprese, che nella varietà de
suoi stili architettonici mostra la cupa torre del medio evo,
le snelle ed eleganti loggie del cinquecento, il signorile pa­
lazzo moderno, contornato allora da ridenti giardini, dove
in m ezzo a tante delizie e tra quelle memorie menava la
v ita il geniale Marchese dell* ultima età. Labindo, ospite
cercato e gradito per mesi e mesi, voleva sempre dormire
in una stanzuccia del cassero, detta la camera di Dante,
perchè ritenuta, ma senza fondamento di sorta, alloggio al
Ghibellin fuggiasco, quando ne’ dolori dell'esilio fu accolto
con tanto amore dai Maiaspina (44). Da quella stanzuccia
il poeta fivizzanese guardava
Il curvo lido che flagella inquieta
L ’onda di Luni ;
era lì che la sua arpa pigliava ispirazione a fingere
Gl* inimitabili modi d' Orazio ;
a cantare Washington che
cuopre dai materni sdegni
L ’A m ericana libertà nascente.
Il
poeta spiega le ali a un volo più alto e più sicuro.
È merito de’ consigli, de* conforti, degli stimoli, degli in­
coraggiam enti di Carlo Emanuele Maiaspina. Appunto per
far cosa gradita all’ am ico, Labindo, nell* aprile del 1782,
uscito che fu dalla carica di Commissario di Sarzana per la
R ep u b b lica di Genova il marchese Giuseppe Pi nel lo-Sai vago,
del quale Carlo Emanuele aveva sposato la sorella Euge­
nia (45), prestò largamente il suo aiuto alla raccolta di poe­
tici componimenti, fatta dai cigni del parnaso lunigiancse
per cantare il « celebratissimo governo felicemente com­
piuto » (46). Vi mise in fronte una « prefazione », inneg­
giando egli stesso al fausto evento con Γ o d e, di metro
oraziano, A l merito, che incomincia:
Cadde Minorca : di Crillon la sorte
Ride superba fra le sue m ine;
Sprezza di Gade sull* erculeo fine
Elliot la morte.
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;
.
— χ55 —
k la prima poesia che dette alle stampe ; non il primo
frutto del suo ingegno che vedesse la luce. Il 31 di marzo
dell anno innanzi aveva letto nella prepositura di F iv iz ­
zano 1 Elogio dell’ imperatrice Maria Teresa, che fu Granduchessa di loscana dal 1737 al 1765, ed ebbe un succes­
sore degno di lei nel figlio Pietro Leopoldo (47). « Non
avvezzo a vendere adulatrici parole di dolore, o di giubilo »,
Labindo potè dire con coscienza serena: « spira virtù an
cora quella tomba e l’ addita madre de’ sudditi, che la pian­
gono ; esempio di clemenza ai monarchi, che la rispettano;
di beneficenza all universo, che l’ ammira ». Stam pato
l’ anno stesso in L ucca, Γ Elogio ebbe le lodi àe\Y Effeme­
ridi letterarie di Roma (48); dell’ ode però « straordi­
nario ne fu l’incontro presso il pubblico e g l’intelligenti ».
Lo attesta il nepote, il quale soggiunge: « benché non
mancassero critici ad un poeta che non aveva ancora alcun
nome, insorsero però da altra parte a difenderlo alcuni en­
tusiasti della sua nuova maniera oraziana di scrivere. Fu
questo il primo incoraggiamento che lo determinò più che
mai a mettersi in grado di darne un saggio più com pleto ».
Lo dette infatti, e l'anno stesso, col libriccino delle Odi,
divenuto ora una rarità bibliografica, che sebbene fìnga
stampato « a bordo della Formidabile, con permesso delΓ Am m iraglio Rodney », fu impresso a Massa di Lunigiana co' torchi di Stefano Frediani ; libriccino da lui inti­
tolato a Caterina II, «crede immortale di Pietro il Grande,
adorata dai popoli, temuta dai nem ici, rispettata dall’ universo ». Il poeta delle lascivie di Lesbia aveva final­
mente mutato strada, e nella nuova, che era quella della
gloria, m oveva il passo fidente, anim oso, sicuro ; 1’ uomo,
pur troppo, seguitava a razzolare nel fango. E una pagina
fin qui ignorata, la più brutta di tutta la sua vita, e nello
svelarla per il primo, non so nascondere il ribrezzo che
m’ ispira. Il padre, al quale non dava che dolori e n* era
il tormento, nel novembre di quello stesso anno 1782 finì
con Γ indirizzare questa supplica al Granduca Pietro L e o ­
poldo :
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A ltezza
156 —
R eale,
Il
C o. L odovico F anto n i, umilissimo servo e suddito di \ . A. R.,
c o n p ro fo n d o ossequio l’espone, come non ostante di aver procurato
d i d a r e la dovuta educazione a suo figlio Giovanni ed aver ancora
c e rc a to d ’in strad arlo m ediante la somma clemenza della K. A. \ . per
la R e a i S e g re te ria e nelle Milizie Toscane e poi in quelle del Re di
S a r d e g n a , tu ttav o lta, tornato a casa, tiene un contegno poco uniforme
al s u o d o v e re e pregiudiciale agli interessi e al decoro della sua fa­
m ig lia, n o n bastando l’au to rità patem a per tenerlo a freno.
P re g a p e rta n to l’A . V . R. a voler com andare che egli sia relegato
n e lla F o rte z z a di P ortoferraio, potendosi s p e ra re , c h e , soffrendo per
q u a lc h e te m p o un tal gastigo, si possa ottenere la di lui em enda.
C h e d e lla grazia, quam D eus, etc.
S e ne occupò l'Avvocato Fiscale di S. A ., che essen­
dosi rivolto a Ranieri T ozzi, Vicario di Fivizzano, per le
opportune informazioni, ebbe, il 28 decembre, la seguente
risposta :
iLL.mo S ig . " S ig . " P ad /
col .·*
S u s s is te in tutto e per tutto quanto questo Sig. Conte Lodovico
F a n to n i rap p rese n ta nell’annessa supplica a S. A. R. umiliata.
E di fatto , e g l i , quanto a m o ra so , altrettanto pieno di zelo per il
b u o n o stra d a m e n to d e ’ suoi figli, incominciò ben presto a porgere ni
c o n te G io v an n i, il m inor dei m edesim i, tutti i mezzi più efticad per
u n ’ o ttim a educazione. Lo instradò prima nel Collegio Nazzareno in
R o m a e d i poi gli procurò un posto nella Segreteria di S. A. R., no­
s tr o P a d ro n e . Indi lo inviò a Livorno a servire nel Toscano Reai
R e g g im e n to , ed in fine m andato a Torino a servir nelle truppe di
S . A . S a rd a , dovè farlo tornare sotto i suoi o c c h i, per tentare se,
c o lla d i lui presenza e suggezione, lo rimoveva dalle donne, dal gioco
e d ai d iv e rtim e n ti, p er il che contratto aveva non indifferenti debiti,
c h e il su p p lica n te p ag ò ; vizi tutti che reso lo avevano e lo hanno
in su ffic ie n te a stabilm ente e decorosamente applicarsi a qualche ese rc iz io .
M oltissim e sono state, con l'andar del tempo, le prem ure e corre­
zio n i p a te r n e fatte e fattele fare, ma tutto si è reso inutile, perche la*
sc iato si tra sp o rta re dal furor giovanile, abusatosi di un più che m e­
d io c re ta le n to , di cui è stato dotato, si è sempre più incautam ente in­
v ilu p p a to n ell’ozio e nei prenarrati vizi, essendo fino giunto a render
g ra v id a u n a certa Caterina Mancini, s e n a di casa, che poi rommease
il n o to infanticidio, per cui è stata condannata alla carcere a vita. In*
so m m a , rid ottosi senza freno , scosso il giogo della patem a autorità,
v a a g ra n passi in danno degl'interessi e del decoro della famiglia al
p re c ip iz io , se non è concessa all'oratore la domandala sovrana podestà
e P eco n o m ico tem peram ento e castigo.
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— 157 —
L A vvo cato Fiscale, che era Domenico Brichieri C o ­
lombi, il 7 gennaio del 1783 dette al Granduca questo con­
siglio: « Trattandosi di un tal cattivo soggetto, proporrei
umilmente che V . Λ . R. si degnasse di esaudire le preci
del di lui padre, rescrivendo : previa ΐ obbligazione del sup­
plicante di supplire a tutte le spese necessarie, concedesi
come si domanda ». Così rimase stabilito con rescritto del
9 di quello stesso mese (49).
Il
pentimento venne, e venne schietto, sentito, sincero.
Lo provano questi versi « in morte d’ un bastardo »; pa­
gina autobiografica delle più commoventi.
Pallido figlio della colpa, esangue
F ru tto infelice di un funesto am ore,
C he la pena con te porti nel sangue
Del delitto fatai del genitore,
P erdona al mio dolor, p e rd o n a , oh! Dio,
S e ti diede la m orte il fallo mio.
C hi li diede la vita? ahi! che la sorte
Puoitrìce d e ' rei cangiò d ’aspetto,
E m inistra di lei scese la m o rte
A rinfacciarmi un sconsigliato affetto;
La vidi e piansi ; ella guatom m i e rise
E su le m em bra tue lenta s ’assise.
Corsi trem ante ad abbracciarli, invano
T entando opporm i al m inacciato danno,
Stesi tre volte la pietosa m ano
C redula ahi ! troppo del b ram ato inganno,
M entre sciolta dal fral co rp o reo velo
Forse l’anim a tua ridea dal cielo.
A varo Rei la tarda man mi strinse,
Che dell’ inganno allor stolta s ’accorse;
Sul caro busto, ove il dolor mi spinse,
Immobil caddi, e di m ia vita in forse
Ed indistinto nel com un periglio
Vi fu chi pianse il genito r col figlio.
Invan la m esta genitrice, invano
L a sbigottita tenera famiglia
Dal freddo tronco mi guid ar lontano
Con dolci prieghi e lagrim ose ciglia ;
L ungi da te, la m uta spoglia, com e
Stringessi a n c o ra , io ti chiam ava a nom e.
A h i! da quel giorno di p erd u ta pace
D ’am aro pianto il m esto cuor si pasce,
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—
158 —
E nel mio pianto la memoria edace
D e’ languenti miei dì muore e rinasce,
E parmi innanzi agli occhi ognor presente
Il tradito da me figlio innocente.
Tremendo Iddio, se al mio fallir, pietoso
Posso sperarti, e se col pianto appieno
Lavar le macchie, onde trovar riposo
Insiem col figlio alla tua gloria in seno
A te mi chiama, e fra l’ alate squadre
M ’addita il figlio, e riconosca il padre.
Consoliamoci. Labindo ha mutato vita per sempre: d’ora
innanzi l ’uomo è degno del poeta.
(Continua).
(1) Il « saggio eroe » è Carlo de’ Maiaspina d’ Olivola. Nasceva da una
sorella del padre di Carlo Emanuele, di nome Maria Teresa, vissuta dal
1703 al 1770. Carlo Emanuele, nato a Fosdinovo il 31 maggio del 1752, suc­
cedette nel feudo al padre, Gabriele, nel 1758, ed ebbe l’ investitura impe­
riale il 7 settembre del 1759. Fin che non raggiunse l’età maggiore, si prese
cura grande di lui appunto il cugino Carlo; il quale nel 1783, essendogli
morto il fratello Lazzaro, divenne Marchese di Olivola, e ne fu l'ultimo feu­
datario ; e con lui si estinse anche la sua linea , quando mancò ai vivi, in
Sarzana, il 21 febbraio del 1811.
(2) A Firenze una malattia tremenda lo mise in fin di vita e dovette la
propria salvezza alle cure amorose e sapienti del medico Vamberti : nell’andar di guarnigione all’ isoletta della Gorgona, sorpreso da una tempesta,
corse rischio d ’ affogare. Allude a queste sue avventure nell’ ode XI del li­
bro II co’ versi:
Me caro ai vergini lauri castalii
Non rese esanime morbo venefico.
Non rapi il mare infido
Presso il Gorgonio lido.
(3) Il padre, prima di metterlo nel Collegio Nazzareno, lo mandò a Subìaco nel monastero di S. Scolastica , de' Monaci Benedettini, e vi rimase
tre anni. Per testimonianza del nepote, il P. Alberoli, suo maestro, « ad
onta d ’ogni sforzo, non riuscì nel secondare le segrete intenzioni del padre,
che desiderava indur potesse il figlio ad adattarsi a quel luogo ed a vestir
l ’abito di S. Benedetto i>. Non era stoffa da frate il futuro giacobino!
(4) La canta nell’ ode XIX del libro II sotto il nome di « Fille bianca
di Cairba figlia ». E « l'occhio cerulea Nice », la « bella candida Argene »
d ell’ode V III del libro IV; « l’occhi-azzurra infedel » dell’idillio La noia della
vita; la « Argene dal soave rossore », che ha varcato « di quattro prima­
vere il quinto lustro », del poemetto II disinganno; la « candida figlia del
severo Cairba » del poemetto La pace; la * bionda Irene * dello scherzo
I l gabinetto; l’Argene dello scherzo II ritratto. Nel terzo de’ suoi idilli, in*
titolato La solitudine, lamenta il tradimento fattogli « da un'ambiziosa
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*
— 159 —
Ninfa incostante » ; la designa col nome di C lo ri, e grida con accento d i­
sperato :
Dopo due lustri di feconde brame
Di corrisposta tenerezza, sparve
La mia f e l i c i t à ...............................
L ’ ingrata Clori coronò di M evi,
Di me più ricco in numerar l ’ armento,
Le nuove fiamme, ed obliò le sacre
Leggi d’amor, e per lo ciel dispersi
I vani indimenticati giuram enti.
Il preferito dalla traditrice era largo di censo , ma contava più d ’ una pri­
mavera; nè Labindo manca di scagliare le sue freccie contro
il canuto Licida geloso
Della...... biondi-bruna N ice
Amante e sposo.
(5) C l a r e t t a G. Sui primordi dell’Accademia militare di Tori?io, nota
storico-diplomatica; in II Filotecnico, ann. II, pp. 129-144. — R o g i e r F. L
La R. Accademia militare di Torino, note storiche, 1816-1860, Torino, ti­
pografia G. Candelletti , 1895 ; pp. 25-43. [L ’antica Accademia Reale e i l
'Liceo (1699-1814) forma il soggetto del cap. II]. — B e r t a n a E. Vittorio
A lfieri studiato nel pensiero, nella vita e nell’arte [2 a edizione accresciuta],
PP- 43- 47(6) C f r . Relazione del Piemonte del Segretario francese S a i n t e - C r o i x ;
annotata da A n t o n i o M a n n o ; nella Miscellanea di storia italiana, X V I,
99-100 e 312.
(7) Il pranzo di grasso consisteva in un primo servizio di nove portate,
cioè « due zuppe, un bollito di vitello, un cappone, tre colom botti, un fri­
cando, una salciccia, un quarto d ’ agnello, butirro fresco » ; in un secondo,
di sette portate, cioè « torta con marmelada, un arrosto di bue, un arrosto
di vitello, una farsa, aleroni di dindo, cavoli fiori, insalata »; più, in nove
piatti di frutta e formaggio. A cena c’ era un solo servizio, ma di dieci
piatti, cioè « una zuppa, un arrosto, un’anitra, uno stufato, un piatto di broc­
coli, un quarto d ’agnello, bas de soie, una farsa, un carré di montone, in­
salata »; più, sette piatti di frutta. Ne’ giorni magri venivano serviti pesci
fini, piatti dolci e frutta cotta. Per gli accademisti acattolici c ’ erano v i­
vande di grasso. R o b e r t i G. G li otto anni d’ ineducazione di Vittorio A l ­
fieri, Pistoia, Fiori, 1903, p. 6.
(8) Per <1 un compagno di viaggio » pagavano pure 75 lire al mese; 60
per € un governatore particolare » ; 25 per il servitore ; e per « un came­
riere, o paggio, il terzo di più d ’un servitore ». Al maestro di cavallerizza
davano dieci lire a testa d ’ onorario ogni mese ; sei ogni mese per ciasche­
duno a ’ maestri di scherma, di ballo e di fortificazione. Quest’ ultimo inse­
gnava nel tempo stesso la geometria e l ’aritmetica.
(9) Dalla « Disposizione delle tavole e delle cucine » deU’Accademia
Reale si rileva che per il secondo e per il terzo Appartamento il vitto era
il seguente : « La carne sarà calcolata a ragione di onde 15 per ogni bocca
che ivi dovrà nudrirsi. Il pollame sarà fisso solamente per ogni giovedì di
festa e di vacanza. La quantità del suddetto pollame sarà ragionata ad un
quarto di cappone per testa su le persone che avranno pasto nel refet­
torio. La tassa per i condimenti, per le minestre e per le frutta e per gli
altri messi, che non saranno sempre di carne, si calcolerà alla ragione di
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ι 6ο —
soldi sei per ognuna delle medesime persone, compresavi la colazione degli
Accadem isti, a cui non si darà mai cosa di cucina ». Debbo queste notizie
a ll’ amico cav. Giuseppe Roberti professore nella R. Accademia Militare di
Torino.
(10) A rchivio di Stato di Torino. Regole per li Signori Cavalieri del
secondo e terzo Appartamento nella Reale Accademia di Tonno, emanate
dal Governatore De Villa, il i 0 novembre 1759. — Cfr. pure: Distribuzione
delle ore p er g li studj sì letterari, che m ilitari, de' Signori Accademici
del secondo e terzo Appartamento dal primo di novembre fino al primo di
m aggio, fatta parimenti dal Governatore De Villa, nel 1759.
(11) A rchivio di Stato di Torino. Regolamento dell’Accademia Reale di
Torino, colle istruzioni per quei che vorranno esservi ammessi, In Torino.
N ella Stam peria di Giacomo Giuseppe Avondo, Stampatore Arcivescovile e
della C ittà, [1769]; in 4.0 di pp. 40, col testo francese a fronte. Lo emanò
il G overnatore Emanuele Ignazio Cavaliere di Campilione de’ Conti di Lu­
cerna e V alli, colonnello di fanteria nelle Truppe di S. M., il i.° novembre
1769. Era in vigore al tempo del Fantoni, insieme con le Regole del 1759,
già rammentate.
(12) V ittorio Alfieri, che fu egli pure allievo dell’Accademia Reale, ri­
corda nella Vita [epoca II, cap. VI] questo stesso maestro di ballo ; « fran­
cese, nuovamente venuto di Parigi , che con una cert’ aria civilmente scor­
tese, e la caricatura perpetua dei suoi moti e discorsi » gli « quadruplicava
l ’abborrim ento innato », ch’era in lui, e per codest’ arte burattinesca ».
(13) R. Archivio di Stato di Torino. Sezione III [Archivio Camerale].
Conti d e ll’Accademia Reale, (inventario generale, n. 216).
(14) Per non moltiplicare le citazioni, dico una volta per sempre, che
tutte quante le notizie riguardanti la vita militare di Labindo in Piemonte
sono tolte dai registri del Reggimento d’ infanteria straniera del Ciablese,
che si conserva nella Sezione IV [Archivio della Guerra e della Marina] del
R. A rchivio di Stato in Torino.
(J5 ) Afferma il nepote che d ’ allora in poi « celò modestamente il suo
nome di famiglia sotto l’ arcadico di Labindo, temendo i giudizi del pub­
blico, e volendo prima accertarsi se lode 0 biasimo ne dovesse riportare ».
Fu la ragione che lo indusse a chiamarsi Labindo nel dar fuori le sue prime
poesie; ma acquistata che ebbe fama e popolarità, un’ altra ragione si ag­
giunse per continuare a chiamarsi Labindo, come confessò egli stesso al Ti·
cozzi, q u ella « di non sapere con più semplice predicato distinguersi » da
una celebrità vivente, dello stesso cognome, l'idraulico Pio Fantoni di Bo­
logna, al quale intitolò l’ode XV del libro II e l’ode anacreontica : Per la
m alattia dell'autore.
(16)
Di alcuni degli Scherzi Labindo stesso fece una scelta per un'edi­
zione che preparava [Cfr. in fine la Bibliografia] e sotto ciascuno di essi
v ’ è scritto a penna l’ anno in cui fu composto. Eccone l ’ elenco: 1767. «La
danza ». — 1768. « La dichiarazione ». — 1769· « La divisione ». — 1778·
« A l genio degli scherzi»; « A Paimiro Cedonio»; e « La curiosità punita*.
— 1779 « Per la malattia dell’ autore ». — 1780. « Il ritratto »; e « L ’ a­
mante contento ». — 1781. « Amore spennacchiato ►
; e « Il rivale cono­
sciuto ». — 1782. « Al mirto di.... ». — 1785. * Il giudizio d’ amore ». —
1785. <i A Pisa». — 1787 « Per la liberazione d ’ amore'; « Il gabinetto»;
e « Amor prigioniero ►
. La data dello scherzo t II gabinetto » è però sba­
gliata senza dubbio, perchè si trova già a stampa nell'edizione di Berna
d ell’ 84.
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(17) La prima delle quattro Notti , una di quelle che Labindo offri al
Sappa, fu poi da lu i , come attesta il nepote , « interamente ricomposta in
occasione della morte di Antonio Di Gennaro Duca di Beiforte ». Gli offri
anche la seconda, intitolata: La vita, il tempo e I’ eternità. L a terza : In
morte d’ un bastardo, fu scritta nel 1783, come vedremo. Della quarta: P er
un aborto, non si può precisare il tempo. Bisognerebbe sapere quando a v ­
venne il caso pietoso, che ne forma oggetto.
(18) Così il nepote. Del fatto però nell’ Archivio di Torino non v ’ è
traccia , e se ne capisce la ragione, trattandosi di cose allora quasi gior­
naliere.
(19) T h o u a r P. Cfr. la nota 32 al cap. I.
(20) N e r i A . Genova e Vittorio Alfieri; n e l Giornale storico e lette­
rario della L ig u ria , ann. IV, [1903], p. 209.
(21) Nato il 26 gennaio del 1759, morì il 22 luglio del 1834. Ne scrisse la
vita G. B. Spotorno [Nuovo Giortiale ligustico; III, 161 e segg.], poi com­
pendiata da Antonio Bacigalupo [Elogi di L ig u ri illu stri , Torino , 1846 ;
III, 255 e segg.].
(22) Nell* edizione definitiva dell’ ode le strofe in cui tocca di Partenio,
del B alb i, del Maineri e del Capozza le condensò in questi due versi :
vedr ai s o lta n to
Balbi e a v r à C a t ta n e o a ll a to .
Del Balbi e di Partenio non dette dunque che il nome; il Maineri e il
Capozza gli restarono nella penna.
(23) N e r i A. L uigi Maineri; nel Gior?iale L ig u stico , ann. IX [18S2],
pd. 169-178.
(24) Discendente dal Doge omonimo (1738), nacque di Giacomo e di V io­
lante Durazzo nel 1748, e morì il 5 gennaio del 1825. L ’ autore della sua
necrologia lo dice: <r carattere fortissimo in ogni avversità; d ’ uno spirito
pronto e perspicace; cultore felice delle belle lettere e particolarmente della
poesia; di umore gioviale e socievole, conservò sì preziose doti anche al
suo fine ». Cfr. Gazzetta di Genova, 1823, 11 0 3.
(35) Celestino Massucco, chierico regolare delle Scuole Pie , morì a Sa­
vona il 25 luglio del 1830. Il Grillo [Abbozzo d 'u n calendario storico della
L ig u ria , Genova, Ferrando, 1046, p. 246] lo dice « nato a Cadice, di padre
genovese e non piemontese, come per errore scrisse il Corniani ». Fu gran
parte nel movimento letterario che a Genova si estrinsecò nelle Accademie
degli Industriosi e degli Arcadi nella seconda metà del secolo X V III, e
molte delle sue poesie si trovano a stampa nelle raccolte d’ allora. Scrisse
D iscorsi sacri ed E logi, raccolti poi in volume a Siena dal Porri nel 1819;
nel 1797, « anno I della Ligure libertà », disse e pubblicò VOrazione inau­
gurale nel riaprimenlo dell’ Università, dove fu professore di poetica per
parecchi anni. Collaborò al Giornale degli Am ici del Popolo [1797] e al
Monitore L ig u re [1798-1799]; diresse la Stamperia Nazionale, istituita dal
Governo Provvisorio. Insegnò belle lettere nel Collegio Tolomei di Siena e
in quello degli Scolopi di Savona. Tradusse dal francese, sempre aggiun­
gendo e migliorando , la Scuola dei costumi del Blanchard , il D izio n a rio
delle favole del Millin e altre cose. L ’ opera però che raccomanda e assi­
cura la sua fama è la traduzione e il commento d ’ Orazio. L ’amico A chille
Neri , al quale debbo queste notizie sul Massucco e sugli altri poeti liguri ,
ritiene che gli sciolti per i quali vien lodato dal Fantoni siano i tre ristaili-
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--- IÓ2 —
pati poi da Ambrogio Balbi nei Versi scelti dei poeti liguri viventi nel
17S9, Genova, Franchelli, 1789, p. 153 e segg.
(26) Agostino Lomellino nacque da Bartolommeo e da Lilla De Mari 1*8
aprile del 1709. Dopo essere stato più volte ambasciatore, fu Doge nel bien­
nio 1760-1762. Uomo di grande levatura, coltivò con amore le scienze fisiche
e filosofiche. Stimato anche fuori d’ Italia, ebbe le lodi de’ due viaggiatori
francesi Dupaty e Lalande. Col nome di Nemillo Caramicio appartenne alΓ Arcadia. Nel *57 pubblicò a Firenze i Sonetti filosofici, nel '62 i Capitoli
metafisici cd etici, ristampati poi, con giunte, dal barone Luigi D’Isengard
della Spezia, che vi mandò innanzi la descrizione del giardino di Pegli.
Cfr. Poesie filosofiche e scherzi di N e m i l l o C a r a m i c i o , preceduti da un
discorso accademico in lode del chiarissimo autore, nuovamente or dati in
luce dopo la prima rarissima edizione, Lucca, presso Francesco Bonsignori,
1786. Morì il 17 febbraio del 1791 e fu sepolto a Pegli. L ’Accademia degli
Industriosi, che lo contò tra’ propri soci, il 10 d’ aprile tenne un’adunanza
per onorarlo. Se ne legge la necrologia nella Gazzetta Universale di Fi­
renze, 1791, voi. 18, n. 19, pp. 150-51.
(27) N e r i A. Cfr. nota 32 al cap. I.
(28) N ella relazione degli Inquisitori fu messo in sodo che Labindo al­
loggiava « in S. Marta, servito da un certo Adami, che serve in detta Lo­
canda » ; e che era non solo « continuo commensale x> dello Spinola, ma
« alcune volte » anche del magnifico Francesco Maria Gropallo , cittadino
tra ’ ragguardevoli.
(29) Pontremoli venne dichiarato città dal Granduca Pietro Leopoldo il
primo agosto del 1778; Fivizzano, dal Granduca Leopoldo II il 6 luglio
del 1848.
(30) I feudi de’ Maiaspina in Lunigiana verso il 1780 erano i seguenti:
Marchesato di Fosdinovo. Carlo Emanuele Maiaspina, l ’ amico di Labindo,
che mori il 14 gennaio 1808. Conviveva seco il fratello cadetto Azzolino,
colto gentiluomo, che visse dal 1755 al 1820. — Marchesato di Podenzana
e A u lla . Alessandro di Francesco Maria Maiaspina, nato nel 1729, morto a
F irenze il 13 settembre 1789. Gli succedette il fratello Alfonso, Abate di
S. Caprasio dell’Aulla , che nel 1795 prese a contendere a Claudio Maia­
spina del Ponte Bosio la successione al feudo di Licciana. — Marchesato
di Licciana. Ignazio di Iacopo Antonio Maiaspina, nato nel 1714, succeduto
al fratello Cornelio nel 1778, morto il 31 decembre 1794 senza lasciar figli
maschi. — Marchesato di Villafranca. Tommaso di Obizzone, che, nato
nel 1749, ebbe l’investitura nel 1772 e mori il 16 luglio del 1834. — Mar­
chesato di Terrarossa. Manfredi di Bernabò Maiaspina del ramo di Filat­
tie r a , nato nel 1720, morto nel 1787. Il feudo tornò alla Camera Grandu­
cale. L a sua figlia Vittoria [1754-1825], moglie di Giulio Barbolani, conte
di Montauto e marchese di Montevitozzo, con la prodigalità dissipò il pin­
gue patrimonio paterno — Marchesato d'Olivola. Lazzaro Maiaspina, che
successe al padre Massimiliano ed ebbe l’investitura nel 1759. Mori nel 1783,
e il feudo toccò al fratello Carlo, il cugino e tutore di Carlo Emanuele Mar­
chese di Fosdinovo. — Marchesato di Suvcro. Torquato Maiaspina, nato
nel 1769, morto a Parma nel 1827. — Marchesato di Jlaslia. Giovanni di
Serafino Maiaspina, che ebbe l’investitura nel 1738 e mori nel 1783 a Parma,
dove si era domiciliato. Non avendo figli maschi, il feudo passò alla linea
di Ponte Bosio. — Marchesato di Ponte Bosio, Claudio Maiaspina, che suc­
cesse a G iu lio , suo padre, nel 1760, e fu erede del feudo della Bastia nel
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163 —
1783· Mon a Carrara il 22 decembre del 1803. — Marchesato di M ulazzo.
Azzo Giacinto Malaspina, nato nel 1746, il più geniale de’ feudatari della
Lunigiana, che ebbe il comando nel 1774. Era padrone soltanto della metà
del Marchesato; l ’altra metà apparteneva a Cesare di Gio. Cristoforo, ramo
collaterale. Avendo esso sempre trascurato di cercarne l ’investitura d a ll’im­
pero, finì coll’essere dichiarato decaduto nel 1776. L ’amministrazione venne
affidata ad Azzo Giacinto, che di fatto diventò il solo feudatario. Il
Marchesato di Fresarla , Castagnetoli e Giovagallo apparteneva alla fa­
miglia Corsini di Firenze; e ne tenne il comando dal 1767 al 1792 Bartolommeo di Filippo , al quale successe il figlio primogenito Tommaso. Il
Marchesato di Groppoli era proprietà della famiglia Brignole-Sale di Genova.
Lo resse fino al 1774 Rodolfo Emilio Maria: gli succedette il figlio AntonGiulio, morto nel 1803. Il Marchesato di Malgrate era de’ Freganeschi ,
eredi degli Ariberti di Cremona; ne furono ultimi feudatari G iam battista,
poi il figlio Alessandro, padre di Maria, moglie del conte Cesare Castelbarco di Milano. In Lunigiana viveva inoltre una quantità di cadetti d e’
Malaspina, alcuni scapoli, altri con famiglia.
(31) Della famiglia de' marchesi Pavesi, oggi estinta, viveva a Pontreinoli Lorenzo, uomo di molta cultura ed erudizione, fratello di Girolamo,
primo vescovo della nuova diocesi della città nativa. Fioriva la famiglia d e’
conti D am ia n i, padrona di un grandioso palazzo; e Bernardo che ne fu
l ’ ultimo fiato, per ragione della madre Caterina, raccolse le sostanze d e’
conti Tranchedini, e morendo nel 1818 fece suo erede lo Spedale degli In­
nocenti di Firenze. De’ conti Bonaventuri era in vita Giuseppe , con due
fratelli canonici; lasciò un’ unica figlia, la quale entrò ne’ G a lli, che, seb­
bene divisi in due diramazioni, son poi affatto scomparsi. Due altre famiglie
d ’ allora son pure estinte: quella de’ conti Sitnonacci-M astrigiani, di no­
biltà recente, ma ricchi, e quella de’ P etrucci, venuta da Siena e rappre­
sentata dal conte Fabio e dal conte Paolo. I C itrini, benché trapiantati a
Pisa, venivano a passare una parte dell’ anno a Pontremoli , dove avevano
palazzo e possessi. A Pontremoli teneva stabile dimora una delle diram a­
zioni de’ conti Cai mi] l ’ altra, che per l ’ eredità del marchese Ferdinando
Santi , prese a chiamarsi Caim i-Santi, s’era fatta parmigiana. Prim eggia­
vano pure in Pontremoli i marchesi Dosi, i conti Costa-Reghini e i Ven­
turini. I primi nella loro splendida villa de’ Chiosi, l ’anno 1714, ospitarono
per tre giorni Francesco Farnese, Duca di Parma, con la m oglie; i Ventu­
rini per quasi tre secoli dettero allo Studio di Pisa e alle Rote d ’Italia giu ­
reconsulti di grido. In Fivizzano, insieme co’ Fantoni, fiorivano i conti
Benedetti, e allora viveva il conte Corradino, stato erede degli Agnini; ma
alla sua volta la famiglia s ’estinse e le sostanze toccarono ai Chigi di Siena.
V ’erano gli Agostini-Trom betti, aneli’ essi scomparsi; i Sarteschi, che poi
si trapiantarono a Carrara; i Cocchi, poi andati a Terrarossa e a Firenze;
i G a rg io lli e i Battini-Ponzò, con più altre casate signorili. A Bagnone
fiorivano e seguitano a fiorire i conti Noceti e i Querni. Debbo in gran
parte queste notizie all’ amico cav. Pietro di Giovanni Bologna, l'e ru d ito
genealogista della Lunigiana.
(32) Formava parte del Granducato quel tratto della Lunigiana, che poi,
in forza del trattato di Firenze del 1844, venne ceduta a ’ Borboni di Parm a e
agli Estensi, e che era composta de’ Comuni di Albiano, Bagnone, Calice,
Caprio, Casola , Filattiera, Fivizzano, Groppoli, Pontremoli, Terrarossa e
Zeri.
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(5 5) In una lettera, che Labindo scrisse da Fivizzano il 29 luglio del
1791 a ll’ ab. Alberto Fortis di Padova, tra le altre cose, gli dice: « Io vivo
in Lunigiana satis beatus non dirò unicis sabinis, ma della discretezza de’
miei desideri. Ho un padre vecchio e cagionoso, ch’ io amo, benché a trentasette anni mi faccia essere figliuolo di famiglia; ho dei fratelli ed un ni­
pote che mi dà le migliori speranze di divenire un uomo non ordinario.
Sono poche miglia lontano dal mio buon amico il Marchese di Fosdinovo
con cui passo quei giorni che posso rapire alle mie letterarie occupazioni.
Converso molto coi miei amici per lettere; pratico poco ordinariamente; e
qualche volta, per non divenire poco sociabile, faccio qualche gita in To­
scana e nelle vicine città......... Qui ancora esiste ospitalità ; e vicini alla
Lom bardia, partecipiamo del suo buon cuore. La mia casa è aperta agli am ici; ed il mio buon padre settuagenario gode d’ accoglierli, benché la noia
d ella vecchiezza non lo renda capace di quella delicata urbanità che lusinga
e trattiene un forastiere ».
(34) Di Pisa sul finire del secolo XVIII fa una bella e interessante pit­
tu ra F e l ic e
T r i b o l a t i , Saggi critici e biografici, Pisa, Spoerri, 1891,
pp. 257 sgg. C f r . anche C i a n V . Vittorio Alfieri a Pisa] in Nuoi'a Anto­
logia , serie IV , voi. C V 1I, pp. 548-589.
(35) E una descrizione che il Fantoni fece a viva voce a Stefano Ticozzi,
e che questo riporta nel suo cenno intorno a Labindo. Cfr. nota 32 al cap. I.
(36) S u lla porta si legge anche adesso questa iscrizione : Theatrvm hoc
— Car. Em anvel Maiaspina — Marchio Fosdenovi — restavravit exor­
navit — a. d. M DCCLXX.
(37) L i t t a P. Famiglie celebri d’Italia. Maiaspina; tav. XV.
(38) C a r d u c c i G. Un giacobino in formazione (antecedenti) cit. Cfr.
T r i b o l a t i F. L ’ ultimo feudatario di Fosdinovo; nel Fanfulla della Dome­
nica, del 19 ottobre 1884.
(39) L ’arena per il giuoco del pallone era situata fuori della Porta di
Sotto nel luogo detto il Fosso. Vi fu scolpita questa iscrizione, che poi dai
Maiaspina venne trasportata nella loro villa di Caniparola: Praerupti fa ­
ciem im par is que loci — in circum modo conversatu — cymnicis ve lut ludis
paratam — valido et in altum aedito muro — stipatam — qui dentato ro­
bore pulsu m — follem pugilatorum — contineret — utrius-que feu d i po­
p ulorum — reiiiota quorumdam segnitie — erario misso — incisa haec in­
scriptio — pandit — publicae voluptati — dominante vigilantissimo —
M arcinone Carolo I I — a. d. radcclxxxix. L ’avo si chiamò Carlo Agostino,
Carlo Em anuele era dunque il secondo Carlo che sedesse sul trono mar­
chionale di Fosdinovo.
(40) B r a n c h i E. Storia della Lunigiana feudale, Pistoia, pei tipi di G.
F iori, 1898; vol. III, p. 653.
(41) L evò gran rumore una controversia che ebbe nel 1787 con Filippo
Sauli Commissario di Sarzana per la Repubblica di Genova. A costui forte­
mente rincrebbe che il Marchese Carlo P^manuele non gli facesse dono,
come era stato solito coi suoi predecessori, di un numero copioso di per­
nici e di trote. Volle pigliarne vendetta, e insieme con gli Anziani di Sar­
zana, il 6 d ’agosto emanò un decreto col quale si proibiva di estrarre dal
territorio sarzanese « grassine e conciumi »; d’ introdurvi ortaglie, frutta,
erbaggi e sim ili; di vendere, dare a fido, o in qualsivoglia modo concedere
a persone forestiere, cosi all'ingrosso, come al minuto, qualunque cosa, tanto
del genere d e ’ commestibili , quanto di ogni altra sorta , assoggettando i
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— iÔ5 —
contravventori a pene pecuniarie e anche alla carcere. Con un altro de­
creto, emanato pochi giorni prima, il Sauli aveva richiamato in vigore una
legge che proibiva la caccia ai forastieri ; anche questo· per rappresaglia
contro il Marchese, che soleva recarsi qualche volta l’anno a cacciare nella
Marinella, luogo del Sarzanese. Carlo Emanuele ne fece le più grandi ma­
raviglie , e l ’ 8 d ’ agosto cosi scrisse al Commissario: « Se to con somma
sorpresa che in codesta città siano emanati due decreti che tendono a to­
gliere ogni sorta di commercio co’ miei feudi. Veramente non so adattarm i
a credere una novità così strana, e tanto meno so immaginarmene una ra­
gione e verun giusto motivo; ma, ciò non ostante, siccome da’ miei Ministri
mi vien data per cosa sicura, qualora sia così, sono a pregare per mio go­
verno V . E. a volermi favorire le copie di tali decreti, che gliene sarò in­
finitamente tenuto ». Niente gli inviò il Sauli, e nel rispondergli si lagnò
di certe proibizioni che si dicevano emanate di recente nel feudo di Fosdinovo; delle quali però egli stesso mostravasene dubbioso. La sbirraglia
venne tosto inviata da lui presso i confini e sulle strade che da Fosdinovo
menavano a Sarzana, per fare eseguire il bando e punire i contravventori;
fu ordinato agli scafari del fiume Magra che non transitassero in barca al­
cun fosdinovese; fu vietato ai pescivendoli di Santerenzo di vender pesce
al Marchese e ai suoi sudditi ; fu vietato ai fosdinovesi che possedevano in
quel di Sarzana di trasportare alle case loro i fieni e le messi mature; venne
proibito di trasportare fuori del distretto le olive da frangere; furono du­
plicate le gabelle delle merci forastiere ; agli osti, ai bottegai, ai venditori
tutti venne dato il comando di non osare di vendere cosa alcuna a quelli di
Fosdinovo, compreso il pane e il vino. Il Marchese non fece nessuna rap­
presaglia , ma inviò un suo fidato a Genova perchè fosse cassato il bando
del Sauli; e lo fu infatti per decreto della Repubblica del giorno io set­
tembre, pubblicato a Sarzana il 18 dello stesso mese. Cfr. Lettera ingenua
che tratta delle controversie insorte tra i l Feudo imperiale d i Fosdinovo
e la Città di Sarzana, scritta da un rispettabile soggetto di Carrara ad
nn suo amico di Roma e resa da questi pubblica in ossequio della verità
e della g iu stizia , Roma, senza anno e note tipografiche; in 4.0 di pp. 32.
È la storia della controversia, raccontata ne’ più minuti particolari e corre­
data de’ principali documenti che la riguardano. Fu scritta senza dubbio,
o dallo stesso Marchese, o per ordine suo, a propria difesa. Altri opuscoli
videro pure la luce. Conosco soltanto La lettera seconda dello scultore car­
rarese a ll’amico di Roma in seguito delle vertenze tra i l Feudo im periale
di Fosdinovo e la Città di Sarzana, Roma, senza data e note tipografiche;
in 4.0 di pp. 16, che è dell’ autore stesso della citata Lettera ingenua. Mette
addirittura alla gogna que’ Sarzanesi che si erano schierati contro il Mar­
chese e principalmente « il rapace leguleio >, che un dramma giocoso de­
signava col finto nome di Carezza , cioè il giureconsulto Terenzio Barac­
chini , allora capo degli Anziani. A queste lettere serve di replica la
Lettera dello scarpellino in risposta alle due date fu o r i dallo scultore
di Carrara sopra la vertenza ira il Marchesato di Fosdinovo e la Città di
Sarzana d e l l a quale si trova una copia nella Biblioteca Comunale di Sarzana
fra i manoscritti di Giacomo Costa (Cfr. Catalogo della Biblioteca Comu­
nale di Sarzana, Sarzana, tip. Lunense, 1899, p. 157). Sebbene non sia escluso che possa appartenere al Costa stesso, poeta non spregevole, e scrit­
tore satirico e mordace, pur la credo opera d ell’ avv. Paolo P isan i, preso
di mira direttamente negli opuscoli sopra citati come « vile susurratore ,
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166 —
avvocato avvezzo al frequente rimbombo d’un bastone », e designato colla
iniziale P. in una nota dov’ è detto « professore della più iniqua e terri­
b ile m aldicenza ». Era tuttavia uomo erudito, come dimostra la sua Lettera
sulla storia lunigianese già citata. Della singolare controversia si possono
vedere i documenti numerosi e copiosi nelPArchivio di Stato in Genova, Con­
fin iu m , fil. 159, e Renivi public, fil. 655. Spogliato il Maiaspina de’ propri
feudi d a ’ Francesi nel 1797, mandò alle stampe: An General en chef de
VA rm ée d’ Ita lie le cytoien Charles Emanuel Maiaspina au nom de la fa ­
m ille; in fol., s. n. tip. — Documenti in giustificazione della condotta e in
difesa dei diritti del cittadino Carlo Emanuele Maiaspina di Fosdinovo
n e l D ipartim ento delle A lp i Apuane. Nouvelle édition, augmentée des notes
p a r J. S . cytoien français, qui a dernièrement Parcouru en philosophe et
eu p o litiq u e les pays démocrates d’Italie. An V de la Republique Fran­
çaise; in 4.0 di pp. 16, senza note tipografiche.
(42) L a rocca venne venduta per 5000 lire di Genova, verso il 1823, dal
m archese Giuseppe Maiaspina, pronipote di Carlo Emanuele ; la ricomprò
per la stessa somma il Governo Estense, e ne fece la residenza del Dele­
gato governativo e del Comando militare. Fu allora che vennero imbian­
cate le pittu re del salone. Abolita la Delegazione governativa il 15 aprile
del 1840 e riunita la Lunigiana Estense alla Provincia Massese, la rocca
servì di villeggiatura , prima ai Governatori, poi al Collegio che i Gesuiti
tenevano a Massa. Il Demanio la vendette all’amministrazione dello Spedale
di Fosdinovo, il 9 gennaio del 1866, per 12000 lire. La ricomprò la famiglia
M aiaspina nel 1867, e dal marchese Carlo fu poi ceduta al marchese Al­
fonso, il quale la fece restaurare e l’ abbellì d’affreschi, rievocanti le glorie
d ella C asa, e tra le glorie prima di tutte, più durevole di tutte, l’ avere a
D ante addolcito le amarezze dell’esilio.
(43) F e r r a r i E. Memorie storiche di Fosdinovo, Sarzana, tip. Lunense
di L u igi Ravani, 1873; pp. 91-92.
(44) Anche della villa che i Maiaspina di Fosdinovo hanno a Caniparola,
presso Sarzana, Labindo fu ospite un’infinità di volte. Questa villa, che nella
sua origine era un’ antica torre, venne ridotta un suntuoso palazzo da Ga­
briele M aiaspina, padre di Carlo Emanuele, nel 1724; e l ’ addobbò ricca-,
m ente, circondandola di un ampio giardino. Fu quasi tutta dipinta dal pit­
tore T em pesti di Pisa, che soggiornò ben trent’anni in casa de’ Maiaspina,
e dipinse anche il loro palazzo di Pisa.
(45) L a sposò nel 1776. Cfr. Raccolta di componimenti poetici per le fa u ­
stissim e nozze di Sua Eccellenza D. Carlo Emanuele Maiaspina, Marchese
di Fosdinovo, Gragnola, ecc. ecc. con Sua Eccellenza D. Eugenia Mar­
chesa P in e I li , dama genovese, In Massa, MDCCLXXVI. Per Giambattista
Frediani Stam p. Ducale; in 4.0 di pp. 28. Ne sono autori il dott. Giuseppe
Maria U c c e lli, genovese, Commissario del feudo di Fosdinovo, Pah. com­
m endatario D. Genesio Mussini, il dott. Cesare Loschi di Piacenza, il Pa­
dre Innocenzo Maria Laurenti de’ Servi di Maria, Pab. G. B. Grassi,’ Luigi
O rtalli, Gam aliele Marchini e Niccolò Bassi.
(46) Cfr. Saggio bibliografico, al quale si rimanda per tutti gli accenni
alle stampe delle poesie e prose fantoniane.
(47) Labindo non solo recitò VElogio di Maria Teresa, ma fu Panima
d e ll’esequie che i fivizzanesi celebrarono alla morta imperatrice ; pagina fin
qui ignota della sua vita. Non senza interesse è la descrizione che ne fcce
la Gazzetta di Firenze. Leggendola, si rivive a Fivizzano in que’ giorni.
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Eccola. « Nella Prepositura de SS. Iacopo ed Antonio, previo per tre giorni
consecutivi il lugubre suono delle campane, si sono fatte, a spese di tutte
le famiglie più distinte, solenni esequie in suffragio della defunta Im pera­
trice Regina Apostolica, madre del clementissimo nostro Sovrano. In mezzo
alla chiesa, disegno del rinomato antico architetto sig. Cantagalli, divisa in
tre navate da due ordini di colonne doriche, tutta addobbata magnificamente
a lutto, sorgeva un grandioso catafalco, di forma quadrata , al quale si sa­
liva per quattro scale, che dividevano una balaustrata, ornata sopra di
piccole guglie e ne’ canti di quattro statue simboleggianti la Clcme7i2a, la
Carità , la Beneficenza e la Religione. Su di un piedestallo , ornato delle
armi austriache e di funebri insegne, posava un’urna, abbracciata da sfingi
mortuarie, e nella facciata della stessa si vedevano raffigurati quattro bassirilievi, cioè: « Maria Teresa che presenta a ll’Assemblea il bambino A rci­
duca »; « Il Maresciallo di Kevenuller che palesa all’ esercito la lettera ed
i ritratti inviatigli dal campo di Lansut »; « Un Ministro che pubblica un
generale perdono ai contadini della Boemia che si erano ribellati »; « Maria
Teresa che detta nuove leggi a favore dell’ umanità e mostra orrore per i
tormenti ». Reggeva questa una parte di obelisco , con 1’ effigie in ritratto
di S. M. C., e nella sommità vi era uno strato di velluto, frangiato d ’ oro,
ed un cuscino, con scettro e diadema imperiale; nella base poi si leggeva:
Monumentum amoris virtuti erectum sacrum immortalitati. Tutta la mac­
china poi restava sotto un gran padiglione nero, dal quale si partivano quat­
tro cascate, foderate a guisa di ermellini, e sostenute ne’ lembi alle pareti
da quattro aquile coronate. Le pitture, medaglioni ed altri ornati e figure
sono state bravamente eseguite dal nostro pittore Ercole Lemmi, già allievo
del famoso professore romano Domenico Muratori. L ’ illum inazione, tutta
a grossa c e ra , è stata copiosissima è vagamente distribuita, tanto intorno
al catafalco, che su i viticci e bracci sopra le colonne , lampadari delle a r­
cate ed altari delle cappelle. Gli accademici Filarmonici si sono contradi­
stinti, concorrendo gratis a tutta la sacra funzione, con l ’ esecuzione felice
d ’una scelta e buona musica, eccellentemente composta e diretta dal reve­
rendo sig. Antonio Lamberti, Maestro di Cappella della Scuola Napoletana
e membro della predetta Accademia, che ha riscosso l ’universale gradim ento
ed applauso, tanto per la parte instrumentale, che vocale. Nel tempo della
solenne messa, celebrata pontificalmente da questo sig. Proposto, ha reci­
tata una bellissima orazione funebre, scritta con il più terso stile ed ele­
vati sentimenti e caratteristici della defunta Sovrana, il sig. conte Giovanni
F an toni, patrizio fiorentino e mantovano , avendo preso per tema il motto
de’ Proverbi: L e x clementiae in lingua eius ; ed in seguito sono stati d i­
stribuiti d e’ sonetti stampati, allusivi a’ detti funerali. Hanno poi assistito
alle cinque assoluzioni dell’esequie cinquanta parrochi, coi loro proposti, ar­
cipreti e pievani , tutti di questo Vicariato, e coi superiori delle Religioni
Agostiniana, Francescana, Carmelitana e Servita. Questi tutti facevano co­
rona al feretro, con torcetto acceso in mano, duranti le dette eseq u ie, e
tutta la mattina gli altari sono stati coperti di messe piane d a ’ reverendi
sacerdoti, con l ’applicazione de’ suffragi, quali si continueranno domani con
la recita de’ divini uffizi ed illuminazione di tutte le confraternite. Le per­
sone nobili ed i Regi Ministri, vestiti a bruno, sono intervenuti a tutta la
funzione; ed in forma pubblica, nella residenza degli antichi Governatori,
il sig. Pietro Mortani, Vicario per S. A. R.; che inoltre ha fatta distribuire
il quest’ occasione una ricca elemosina a più di 500 poveri. Il concorso è,
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stato grande de’ forastieri della Provincia e de’ paesi circonvicini, essendo
ognuno rim asto soddisfatto della magnificenza ed ottimo regolamento con
cui il tutto si è eseguito, mediante la direzione ed assistenza prestata da’
sigg. conte Giovanni Fantoni suddetto e Giambattista Duranti. Nella fac­
ciata esterna della chiesa, oltre i diversi componimenti poetici, sulla porta
di mezzo, fra gli ornati funebri, si leggeva la seguente iscrizione del signor
conte L uigi Fantoni, noto per altre sue produzioni letterarie: Manae . Theresiae . Augustae — Hungariae . Bohemiae . Reginae . Archid . Austriac
— qjcod — dilata . regnis . ac . virtutibus — subditarum . nationum .
m aiesias . amor . et .felicita s — novum , beneficentiae .genus . invexerit
— orbi . nomen . Hetruriae . patrem . in . nato . dederit — omnis . aevi
. foem in ae . suavissimorum . principum . matri — comunem . Europae .
moe?-orem . Lunensi . in . provincia . assequuti — Fivizanenses . oppidani
— non . postremi . amore . gratique . animi . devotione — aere . proprio
— coiitra . votum . ereptae . justa . persolvunt. Anche i PP. Minori Os­
servanti di S. Francesco di Fivizzano fecero un triduo nella loro chiesa,
« m ediante un loro speciale amorevolissimo benefattore, pieno di attacca­
mento a ll’ augusta Casa sovrana»; il quale, «con rara e mirabile largita»,
lasciò poi in dono tutta la cera a quei Religiosi, « per Γ ascendente valore
di piastre cento ».
(48) Così scrissero : « La morte già da un anno seguita della Imperatrice
Maria Teresa d ’Austria, di sempre gloriosa rimembranza, fu un accidente
che animò le penne più scelte della nostra Italia ad eternar la memoria di
una regnante che è stata la gloria dell’età nostra e che formerà sempre una
parte interessante ne’ fasti dell’ universo. Sarebbe stata un’ impresa troppo
ardua se avessimo voluto inserire gli estratti di tanti elogi che da molti fe­
lici ingegni Italiani sono stati colle stampe pubblicati , e che hanno meri­
tata l ’approvazione della letteraria repubblica. Egual silenzio peraltro non
ci perm ette di osservare il sig. conte Giovanni Fantoni , del quale annun­
ciamo al pubblico un elogio dato non ha molto alla luce. Lungi egli da
quella ampollosa eloquenza e da quella affettata adulazione che 9uol essere
il corredo di simili produzioni, invita i sudditi, i monarchi, l ’ universo a
giudicare della pietà , della clemenza e della beneficenza della defunta eroina, e rintracciando tutte queste singolari virtù nelle gesta sue più lumi­
nose, ci porge della medesima quella giusta idea che si conviene. Ma ciò
che più di tutto rende degno di lode il nostro autore si è, che non pago
egli di esporre con uno stile naturalmente sublime le azioni più celebri di
Maria Teresa, le sottomette alle mature riflessioni di una giusta critica, e
qual filosofo ed oratore combinando felicemente insieme questi due carat­
teri, mentre nel suo elogio fa sfoggiare mirabilmente l’ italiana eloquenza,
com pagna vi fa trionfare la semplice verità. Di buon grado ci diffonderemmo
m aggiorm ente a dare al pubblico un più minuto saggio di questo elogio,
ma lascerem o che se ne gusti in fonte tutta la sua eccellenza, e rinnovando
al eh. sig. conte Fantoni le meritale lodi per questo suo singoiar lavoro,
desideriamo con ansietà che ci onori spesso con nuove ed egualmente belle
produzioni i>. Cfr Effemeridi letterarie di Roma, tomo undecimo contenente
le opere enunciate n e ll’anno MDCCLXXXII\ In Roma, nella Libreria al­
l ’insegna d ’Omero al Corso [nella stamperia di Giovanni Zempel], n.‘· VII,
li 16 febraro 1782, p. 53.
(49) R· Archivio di Stato in Firenze. Auditore fiscale. Affari di Polizia,
filza i . a d ell’anno 1783, al n.° 48.
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DOCUMENTI E NOTIZIE
PER LA STORIA DELL’ ISTRUZIONE IN GENOVA
La scuola, a comune giudizio, è un fattore potente della
civiltà di un popolo; vai quindi la pena di rintracciarne
le memorie più antiche, e di proiettare così un raggio sulla
coltura della mente e dello spirito che da quella emana ;
donde gli animi sogliono qualche volta educarsi a virtù e
trovare sollievo nella sventura.
Le scuole antiche di Genova, riferendoci al medio evo,
si possono distinguere in episcopali, claustrali e laiche. Le
prime ebbero luogo presso i Capitoli delle chiese catte­
drali : il maestro era scelto fra i canonici ; a Genova si
chiamava magiscola (magister scolae), ed era tenuto in alto
concetto , sicché nelle grandi solennità , si cingeva anche
della mitria. A lui rivolgevansi spesso i pontefici per que­
stioni di somma importanza. Difatti Ottobono Scriba rife­
risce al 1 179 che Ugo, allora arcivescovo di Genova, chia­
mato da papa Alessandro III all’ universale lateranense
concilio , vi andò accompagnato da Ogerio Galletto magi­
scola della nostra Cattedrale. Innocenzo III a sua volta,
con lettere del 28 maggio 1201, delegava pure il nostro
magiscola e l’abate di Borzone a decidere una controversia
attinente al diritto canonico sorta fra l’Arciprete di R a ­
pallo e il Rettore di Sant’Ambrogio della Costa (1). In
carta del 1191 si ricorda un presbiter Iordanus allora mae­
stro della collegiata di S. Lorenzo (2). A ll’ anno 1254 ri­
monta un documento , riferito dal Poch , che termina con
questa clausola: Actum Januae in domo Archiepiscopi ufo
reguntur scote per magistrum Rubaldum, donde si può an­
che arguire dove risiedesse probabilmente la scuola del ma­
li) B r iz z o l a r a ,
Storia dell'Abbazia di Sani’Andrea di B o rzo n e, p a ­
gi ne 62-63.
(2) S p o t o r n o , Si. Leti, della Liguria, v o l. I, p 308.
Giorn. SI. e L elt. della Liguria.
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giscola (i). In altri atti del 1299 si legge pure: Actum Janue in canonica S. Laurentii in camera majuscolae^ pre-^
sbyteri Ugonis magistri scolanm Januae (2). Fra i testimoni
ai capitoli di pace conclusi dai Genovesi con i Pisani pel
possesso della Sardegna e della Corsica, compare: dommus
Tedixius magister scolarum S. Laurentii Ianue (3). Final­
mente in una delle pergamene appartenenti a S. Stefano
troviamo scritto: Actum Ianuae in claustro S. Laurentii,
in camera domini lacohi magistri scolarum ecclesiae Ianuensis an. nativitatis 1335 (4).
Sollecitata dai Papi, da Carlo Magno e dal suo mini­
stro Alcuino si sviluppa la scuola claustrale, dove col fer­
vore della religione s’ accoppia lo studio dell’ arte nel suo
triplice aspetto letterario, pittorico ed architettonico. Dalla
Scozia scendono monaci di un’ alta coltura, diffondendola
nelle Gallie ed in Italia. San Colombano fonda la Badia
Bobbiense, e vi promuove colla scuola anche il lavoro dei
cam pi, sia 1’ una che 1’ altro imposti già nella Regola dal
fondatore dellOrdine. Cosicché avresti veduto dei suoi se­
guaci gli uni fissare sui codici fra le più smaglianti minia­
ture il profondo pensiero dei filosofi e dei poeti antichi,
quando per Γ appunto pareva più che mai obliato se non
quasi estinto ; altri invece propagare la coltivazione dell ulivo, già sacro simbolo di sapienza ; e tutti ad una mettere
in quest’ opera di pace e di umanità quella energia che 1
più allora ostentavano nel solo maneggio dell’armi. Le ma­
terie del trivio e del quadrivio informavano press’ a poco
( 1 ) P o c h , Misceli.. Mss. Bibl. civica Genova, Vol. V, Reg. 1 1 , p · 9^·
(2) S p o t o r n o , op. cit., v. I, p. 309.
(3) L iber Jurium, II. p. 127 sg. Lo stesso magiscola Tedisio presenta
lettere pontificie nanti il not. Corrado Stefano nel 1297. (R. Arch. di Ge­
nova, detto not., reg. unico, pag. 108).
(4) R. Arch. di Genova, Fascio delle pergamene di S. Stefano in fine. Altri
magiscola sono ricordati dal doc. seguenti: dai Reg. 14 (num. 1790) dei Litterarum a ll’anno 1447-48, 5 marzo. Ivi si legge: Nobilis d. Spine ta ex marchionibus Malespinis de Tercerio acolitus V. Sanctitatis et magiscola Eccl.
nostrae Cathedralis. In D ivers., Reg. 139, an. 1468 : Pro domino Iohanne
de Serra magiscola qui dicit excepisse in suam habitationem Magn. Dow.
Potestatem pridie e x Mediolano profectum. E lo rifanno delle spese, devol­
vendo L. 15 dallo stipendio del podestà in suo favore. Vedi inoltre A r t .
F e r r e t t o in Eco d’Italia, 1894, in nov. Maestri e scolari.
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il#Pro8Tranima didattico della scuola benedettina. È proba­
bile che questa non mancasse nelle più importanti badie
liguri, sebbene per la coltura non godessero la fama a cui
si levarono quelle di Subiaco e di Fulda (i).
I
Padri Domenicani, stabiliti che furono in Genova, non
tardarono di molto ad istituirvi lo studio. Infatti nelle carte
raccolte dal Muzio troviamo un documento del 1229 che
fa menzione delle loro scuole (2). Ivi pure nel 1377 il Col­
legio dei giudici elegge i suoi procuratori (3). In esse in­
segnava senza dubbio, Giovanni Balbi genovese , dell’ or­
dine stesso, autore del noto dizionario latino che volle
intitolare « Catholicon ». Dal Giustiniani vien ricordato con
queste brevi parole: « Fiorì ancora Gio. Balbo genovese
dell ordine dei predicatori, del quale, come ha scritto il
Sabellico, sono uscite molte opere letterarie ed utili ai stu­
diosi, e massimamente in quelli tempi ch’era penuria e gran
scarsità di lettere » (4). Essi conferivano anche pubblica­
mente il titolo e le insegne magistrali, come risulta da un
atto notarile del 1387 dove magister Antonius ordinis prae­
dicatorum commissarius et exequtor apostolicus publice dedit
Fratri Beltrami dicti ordinis insignia magistralia haec est
biretum rotundum (5).
(1) M a b i l l o n , in Praef. Actis Sanctorum ordinis S. Benedicti, ed. 1732,
pag. 268, dice: Porro in singulis Coenobiis maioribus Scolasticus institue­
batur, id est scolarum magister, qui non solutu i?i scripturarum divina­
rum scie?itia e x ce lier et, sed etiam in litteris saecularibus, id est in ma­
thematica, astronomia, aritmetica, geometrica, musica, retliorica, Poesi et
in caeteris omnibus. La scuola in origine si biforcava in due, quella degli
interni e quella degli esterni, la qual ultima si ridusse poi ai soli giova­
netti oblati e fu infine soppressa: il motivo si legge nello stesso autore a
pag. 118: Postea vero quam tepescente religione datus est locus parentum
cupiditati, qui levandae fam iliae causa non devotionis si quos gibbosos, de­
form es, stupidos et saeculo ineptos haberent filios, Monasteriis includebant;
res iri mo7iaslicae disciplinae versa dispendium, aboleri dein coepit T o s t i .
Stor'ia della Badia di Montecassino, Vol. I, pag. 221: « Tenevano floridis­
sime scuole di giovanetti che nutricavano non solo di sacra, ma anche di
civile sapienza ». S a n P i e r D a m i a n o , Epist. 17 del libro 2.0.
(2) S p o t o r n o , op cit., Vol. I, pag. 309.
(3) Arch. cit., Notaro Paolo Lanfranco.
(4) Arm ali, Vol. I, anno 1288.
(5) Arch. cit., R i c h e r i , Fogliazzo B , foglio 40, col. 5 . In quanto a ll’ u­
sanza di conferire le insegne dottorali ripete le sue origini da un’epoca assai
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Rispetto alle scuole laiche niuno ignora che Lottano,
affinchè cessasse l’incuria dilagante per tutta l’ Italia d’ al­
lora in fatto di dottrina, avea messo le basi di ampie cir­
coscrizioni scolastiche, e nominato in otto città del regno,
altrettanti m aestri, additando pure i paesi limitrofi donde
gli scolari dovessero recarsi a quei centri di coltura e d istruzione. A Pavia, alla scuola di Dungalo, monaco oriundo
della Scozia, era prescritto di accedere ai genovesi insieme
a quei di Milano, Brescia, L o d i, Bergamo , N ovara, V er­
celli, Tortona, Acqui, Asti e Como (i). Non si tratta solo
di una scuola pei fanciulli, come osserva il Salvioli, ma di
maestri che svegliassero le attività intellettuali e infondes­
sero la dottrina agli scolastici, cioè a persone già diroz­
zate ed avviate agli studi (2). Ma di maestri 0 laici od ec­
clesiastici privati , che prestano 1’ opera loro a condizione,
previo un contratto , o tengono scuola in casa propria o
si convengono di insegnare a conto di altri maestri od an­
che in società , si trova di frequente memoria nei notari.
Già un atto del 1221 , ci apprende che Gio. di Cogorno
colloca suo figlio Enrichetto presso un notaro, affinchè gli
serva da amanuense ed anche a fare scuola: e con un altro
del 1248 il maestro Pagano promette a Conrado Calvo ban­
chiere di insegnare ai figli di lui Guglielmo ed Emanuele
il Saltero ed il Donato , finché sappiano leggere correttarem ota. Infatti si legge in Paolo Diacono {De Gestis Longobardorum , li­
bro 6 °, cap. 7.0), che re Cuniberto donò a Felice insigne maestro nell’arte
gram m atica in Pavia baculum argento auroque decoratum inter reliqua
suae la rg ita tis munera.
(1) Il sesto dei Capitoli promulgati a Cortolona l’an. 825 (cfr. Monumenta
Germ aniae H istoriae, Voi. ΙΓΙ a pag. 249), riportato pure nei Documenti
d a ll’ I s n a r d i , Storia dell’ Università dì Genova, dallo Spotorno e dal Salvioli,
dal Giesebrecht e dallO zanam nell’opere loro sull’istruzione. A questo regio
proclam a fa eco il canone di Eugenio II, il quale è inspirato alle comuni la­
gnanze sulla deficienza d ’una coltura letteraria. Sulla precedenza poi più del­
l ’uno che d ell’altro si è fatta una quistione. Il Muratori fa Dungalo oriundo
della Scozia e monaco, indi soggiunge: « fui anch’ io il primo ad os­
servare che Dungalo donò buona copia di libri all· antichissimo monastero
di S. Colombano di B obbio, dei quali poi passarono le copie in altre
parti d ’ Italia ».
(2) S a l v i o l i , V Istru zio n e pubblica in Italia nei sec. V i l i I X e X,
pag. 21
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mente a giudizio di un buon maestro. E ciò per soldi 12 (1).
Qui si parla soltanto di leggere , ma in quanto allo inse­
gnare a scrivere , ci voleva del bello e del buono , non
tanto per la scarsezza e la preziosità della pergamena,
quanto per il prezzo assai caro della carta bambagina e
del papiro. A tal uopo non era ancora scomparso Γ uso
delle tavolette cerate di cui fanno cenno Orazio e Petro­
nio nelle loro satire. Infatti il 10 agosto del 1283 Ponzio
Ermengardo di Montpellier e Costantino Anglo , conven­
gono di fare società per un decennio neirindustria di fab­
bricare simili oggetti da scrivere (2). Inoltre molti docu­
menti manoscritti firmati dal signum manus, attestano che
pochi sapevano scrivere. Ed era appunto il notaro che sop­
periva al bisogno degli interessati, quando nell’ ora che le
contrade si facevano più frequenti, vi discendeva provvisto
di penna e di calamaio , per servire ai suoi clienti. Del
1273 addì 14 aprile un Andrea, canonico di S. Maria di
Castello ed il maestro Guglielmo di Novara, fanno vicen­
devole promessa di non accettare più per un anno nelle
loro rispettive scuole allievo alcuno , oltre quelli che già
tengono. Fra i testimoni apparisce Ballano di Novara esso
pure maestro di scuola (3). Poco dopo, 1282 3 gennaio, è
(1) Archivio cit., not. Giovanni de Amandolesio, 16 febbraio 1221: Ego
Iohannes de Cucurno loco tibi magistro Bartholojneo notario filiu m meum
E nrigelum usque ad annos quinque proxim e venturos ad standum tecum
et tib i serviendum et ad disciplinam tuam audiendum et scolares tuos prout
melius sciverit educendmn et ad scripturas quas eidem fa cere preceperis
scribendas. Promittens tibi me facturum et curaturum quod usque ad di­
ctum terminum tecum stabit et quod res tuas que penes te f u e 7‘int bona
fide custodiet et selvabit et non fu giet nec te dimittet et si fu g ie t eum u
sque ad dies tres post fugam ad tuam disciplinam et ad tua reverti faciam
servicia facienda et quod scripturas quas volueris tibi scribet et libros
quos sibi docueris et donatum et psalterium in tuo ordine mandato edocebit.
Insuper prom itto dare tibi pro menstratura et doctrina dicti f i l i i mei libr.
i sol. X I, usque ad annos tres videli.et annuatim sol. X ecc. Actum Ianuae in Ecclesia Sancti Laurentii. — I s n a r d i , Storia d ell1 U n iv ersità ,
vol. I, pag. 248.
(2) Arch. cit., in not. Guido di S. Ambrogio, vol. unico, pag. 204.
(3) Arch. cit., Not. Faccio de Sancto Donato, pag. 105: M agister A n ­
dreas Canonicus ecclesiae sancte Marie de Castro e x una parte et m agister
W ilielm us de Novaria e x altera e x pacto adhibito inter eos et pure amice
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ricordato un presbyter Guido de Manctrolio , magistei sco­
larum, abitante nel borgo di Santo Stefano (i). Da certe
stipulazioni trasparisce anche l’ indirizzo didattico a cui si
tiene obbligato il docente ; mentre da una parte, come so­
pra si è visto , il Donato e il Salterio formano come un
programma per 1’ avviamento allo studio dei classici, dalΓ altra invece scorgiamo un insegnamento pratico , e direi
più conforme a quello delle odierne scuole tecniche. In­
fatti Salvo da Pontremoli, maestro di grammatica (i mag­
gio 13io), promette a Gio. Piacentini abitante in Genova,
di insegnare a suo figlio a leggere gli instrumenti ed a
redigere brevi scritture in guisa che divenga sufficiente­
mente capace di servire da scrivano in qualche scagno.
Onorario soldi 25 (2). Non molto dopo il medesimo stabi­
lisce con Antonio da Tribogna di ammaestrare suo figlio
tanto che nello spazio di quattro anni sappia leggere ed
anche scrivere lettere brevi, per bene e a sufficienza secondo
l ’uso dei mercanti di Genova. L ’onorario e di lire due ogni
biennio, più dieci alla fine (an. 1317, 3° niarzo) (3). Questa
specie di locazione d’ opera poteva parimenti aver luogo
fra il maestro ed il Comune , sebbene non risulti che esi­
stessero delle scuole stabilite per legge o consuetudine a
carico del governo. In due documenti del 1374 e I37^
veggon o registrati gli stipendi annui di 100 fiorini che la
p rom iseru nt convenerunt unus alteri vicissim quod ad annum unum pro­
x im e ventu rum aliquis illorum non docebit nec accipiet in scolis suis aliquem puerum e x illis quos nunc habent alioquin penam sol. 40 Ianue unies
a lter i dare et solvere promittunt ecc. Actum Ianue in domo in qua regit
dictus m agister Andreas; a. 1275 14 aprile.
(1) Arch. c it., Notari Angelino de Sigestro e Giacomo Nepitella, a pa­
gin a 120 del Reg. 2.
(2) Arch. cit.. Not. Corrado de Castelli di Rapallo, filza 8. anno 1310, i
m aggio « ........ quod dictus Bartolomeus sciet legere instrumenta et scri­
pturas facere breves et quod erit sufficiens pro serviendo in quadam apo­
theca pro scriba. E t dictus Ioannes promisit sol. viginti. Actum Ianuae in
domo ipsius magistri ».
(3) Arch. cit., Not. Ugolino Cerrino, Registro unico, anno 1317, 30 marzo,
pag. 67 v. A ltra menzione ne è fatta nel not. Antonio de Gregorio, F. 2,
anno 1315 , 5 d ie.: « In nomine Domini amen. Ego Conradus de resto f.
qm. Gulielm i de resto Confiteor tibi magistro salvo de Pontremulo me tibi
debere dare et solvere s. sex Ianuenses occasione documenti a te recepti et
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Repubblica paga ad Antonio de Calcina dottore di gram­
matica, e di soldi 240 al maestro Simone de A lex a (1).
Il nome di questi maestri, la patria, la località stessa
dove abitano, balzano fuori da quelle vecchie carte quando
in testamenti, quando in atti per nomina di procuratore, o
in altri di manomissione, di locazioni, d’ affitto o in fine in
veri contratti di servizio e di società (2). Nativi il più
delle volte di qualcuno dei paesi rinchiusi nell’ambito del­
l’antico dominio della repubblica , questi magistri scholae,
questi professores grammaticae, ed artium doetores, spesso
vanno randagi di città in città, di borgo in borgo, per fer­
marsi dove paia che possa meglio brillare alla loro mente
la speranza di una condizione più commoda e più lucrosa.
E Gènova era appunto, come tuttavia, una delle città porlibrorum a te receptorum et prò nutrimento filii mei Gulielmi a te recepti
per me et filium meum predictum. — Actum Ianue, in scolis dicti magistri
Salvi ». Risulta quindi che riceveva la somma per aver scritto un docu­
mento e dei libri per conto di un certo Corrado de Resto e per la pensione
e fors’anco l ’insegnamento dati al costui figlio.
(1) Arch. cit., Reg n. 57, Magistrorum Rationalium, pag. 8, an. 1374
« Anthoniolus de Calcina, doctor grammaticae debet nobis pro Napoleone
Lomelino et sociis libras LXII et sol. X et sunt pro eius provisione ad racionem florenorum 6 in anno: pro mensibus sex inceptis in kal. februarii
proxime preteriti et finiendis in kal. augusti proxime venientis ». — Car tui.
p ro massaria Caffae. car. 330 v., 20 febbr. 1375: « Magister Symon de Alexa mag scolarum pro suo salario quod est solidos 240 in anno ».
(2) Arch. cit., Not. Cristoforo de Rovellino, Filza I, n. 109 : 1377, 15 ag.
« D. Magister Antonius de Ceva magister scolarum habitator Ianuae ad por­
tam S. Andree » — Filz. XI, n. 228 : 1398, 26 giugno , lo stesso f a so­
cietà. col maestro Andrea de Petrarubea. — Filz. I, n. 35: 1379, 1 agosto,
Matteo Bezossi maestro di scuola fa testamento: « Actum Ianue in contrata
sancti Pancratii in domo dicti magistri ». Fra le suppellettili sono pur no­
minati : « liber Virgilii novus scriptus propria manu dicti testatoris qui
nondum est ligatus. Liber Terentii ligatus in tabulis coopertus corio albo.
Liber trajedarum senece non ligatus. Liber platonis qui non est completus.
Liber salusti completus. Liber Iuvenalis completus. Liber loyca alberti
magni scriptus in carta. Liber topicarum Aristotilis super octo volumina ».
— Ivi, n. 34: 1394, 15 gennaio: « M. Veronus de Casali magister scolarum
gramaticae et Petrus de Laborantibus » pur maestro fanno un compromesso.
— F ilz. X I, pag. 48 e 135: 1397, 12 gennaio: « M. Veronus de Resascho
de Casati magister scolarum grammaticae » in Genova nomina un procura­
tore. _ 1397, 20 marzo: « dom. mag. Oddonus de Mellanis de Pochapalia
magister scolarum gramatice » nomina procuratore — Lo stesso manomette
Bartolomeo suo schiavo, tartaro.
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tate in palmo di mano pei traffici fiorenti e la rispettiva
ricchezza. Ma il vago miraggio cedeva talvolta ad una vera
disillusione, quando le discordie e le lotte intestine turba­
vano il quieto vivere e quella serenità che è troppo indi­
spensabile non tanto ai docenti quanto alla scuola, ed essi
correvano il rischio di avere la peggio, come accadde pre­
cisamente a quel disgraziato umanista che fu Antonio Cassarino (detto altrimenti Antonio Siculo), il quale , tumul­
tuando il popolo in sulle piazze della città, e presa di mira
anco la sua casa, mentre cerca un varco alla sua salvezza
sopra due assi di legno adattati lì per lì fra il davanzale
della sua stanza , e quello prospiciente della casa attigua,
precipita sulla pubblica v ia , restandovi esanime (i). Peg­
giore flagello erano poi le epidemie. Antonio Astesiaho da
V illan ova , in una sua epistola in distici latini indirizzata
al fratello Niccolò, racconta che, fuggendo da Pavia per \
mettersi al riparo dalla peste del 1431, arrivato a Genova
apre una scuola per suo conto in una delle tante villeg­
giature circostanti : ma anche qui, incalzato dalla epidemia
e dallo spavento, in vedersi repentinamente rapiti dalla
morte due dei suoi allievi, è costretto a fuggire, e mentre
si trova in viaggio alla volta d’Asti, corre pure il pericolo
di naufragare alla foce del torrente Cerusa (2).
(1) M o n g i t o r e , Bibliotheca Sicula, pag. 58, Palermo, 1707. — N e r i ,
N o terelle d’ archivio, in Giorn. stor. e lett. della Liguria, a. V, pag. 31.
(2) M u r a t o r i , R er. Ital. Script., vol. X I V .
V e ru m u t p ro p o s itu m re p e ta m , c arissim e frate r,
Q u a n d o T ic in e n s i p u lsu s ab u rb e fui
E x c e p it m e o s, u t d ix i, G enua gressus
In q u a h o m in u m v ic tu s c a rio r esse solet.
Q u u m m ih i tu n c e s s e t, v elu t a n te , p e cu n ia pauca,
Q u a p o sse m v ita m v ix to lle ra re meam
C iv ib u s a m u ltis p re tio conductus honesto
In c e p i n a to s in s titu is se suos
In q u a d a m e x V illis q uas illi tem pore sem p er
A e s tiv o c iv e s in c o lu isse solent
N o n s te te r a m in v illa p e r m enses q u a ttu o r illa
Q u a n d o s u p e r v e n it h o rrid a p e stis ei
Q u a e d e d is c ip u lis quos illic ipse docebam
A b ra s it s u b ita m o rte re p e n te duos.
Di questa istessa epidemia si trova un altro riscontro in una petizione
fatta dal maestro Bernardo della Torre da Castelnovo il 21 marzo 1430 :
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D ’altronde la Repubblica cercava pure d’adescare questi
maestri accordando loro ogni sorta di immunità, esen­
tandoli da ogni altro pubblico servizio , e largheggiando,
il più che poteva, nello stipulare le loro convenzioni col
Comune per la tassa che ogni professionista dovea pagare.
Infatti addì 27 maggio del 1420 il Doge e gli Anziani:
Scientes.......... quot scolares omni doctrinarum virentes ge­
nere , opera su a , studio et incessanti cura perfecerit Egre­
gius Artium doctor Magister Ludovicus de Guastis, audito
et per aliquos egregios cives coram dominis Antianis expo­
nentes Magistrum Ludovicum Saonam iturum cum optimo
salario, ab eisdem Saonensibus postulatum, supplicantes ne
hoc paterentur, ne serenissima civitas nostra huius tam utilis viri spoliaretur persona, 'consentientes eidem Magistro
ultra alias immunitates eius, immunitatem perpetuam de­
derunt et concesserunt, dant et concedunt ab omnibus et
singulis avariis angariis, m utuis, solutionibus reatibus et
personalibus francum, liberum, et immunem creant (1). A i
Lombardi poi che contraevano matrimonio in Genova, per
10 anni erano accordati privilegi e convenzioni speciali,
come risulta da una supplica di un Gio. Massorio, profes­
sore di grammatica, il quale richiama questi diritti in suo
favore (2). Dagli stessi atti notarili ci risulta inoltre che
due o più maestri potevano stipulare veri contratti a base
« Supplicatur et humiliter exponitur vobis d.° d.° Archiepiscopo ducali gu ­
bernatori et consilio antianorum prò parte magistri Bernardi de la turre de
Castronovo grammatice professoris. Cum gr.ivatus sit in avariis ab octo annis
citra taliter quod nullo modo tolerare potest, considerato quod ubique lo ­
corum grammatice professores sint immunes tamquam avariis realibus quam
personalibus ac etiam attento quod jam septem mensibus elapsis gramatice
professores huius civitatis non possunt suum officium exercere propter epidemias regnantes, ac etiam considerato quod in terra castronovi est suppo­
situs avariis ecc. ecc. » implora che gli sia alleviato il peso della sua con­
venzione almeno per un quinquennio. Il governatore rimette la pratica nelle
mani d ell’Officio expense ordina7-ieì ricordando però « quod professores gra­
matice in diversis mundi partibus non sunt suppositi oneribus realibus vel
personalibus, quod dictus magister Bernardus est valens in arte sua quam ­
vis pauper nec ob hoc generatur grande preiudicio comuni ». Arch. cit.,
D iversorum , filz $.a, n. 224.
(r) Arch cit., Diversorum, 1. cit.
(2) V . Documenti.
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di società, valevoli ordinariamente per la durata di anni
cin que, quando però il Collegio ed i Rettori, previo 1 esame ed il sindicamento, avessero riconosciuto con certezza
le loro buone qualità sia morali che didattiche e la loro
sommessione ai capitoli dello Statuto (1).
Anche le maestranze degli artefici, alle quali si uni­
formava pure sotto molti rapporti, la corporazione dei gram­
matici, solevano eleggersi un maestro particolare per 1 am­
maestramento dei figli degli artieri. Addì 5 novembre del­
l ’anno i486, Raffaele Richeme, Battista Cazella, e Gaspare
di S. Pietro lanieri, vengono a patti con prete Giorgio Lu­
nense, maestro di grammatica che si obbliga di reggere e
mantenere in burgo S. Stephani e in quella casa che si sce­
glierà a conigio Ponticelli usque adfontes rivi turbidi, scolas
et ibi docere bene fideliter et sine fraude, et toto posse suo
grammaticam illos pueros de quibus ecc. I lanieri gli garanti­
scono 35 scolari dei quali 25 a soldi 8 il mese e dieci a soldi 4.
L ’anno seguente addì 2 di novembre gli stessi fanno un al­
tra convenzione con Antonio de Pelegnnis de Noms q. Do­
minici, grammatice professore, onde questi si obbliga a reg­
gere e mantenere nello stesso borgo, in illa domo seu ha­
bitatione quam elegerint dicti Raffael et socii, tamen m
contentamento dicti magistri Antonii publice scolas, et ibi
docere et instituere toto tempore infrascripto et m vero tevipore hyemali usque ad horam congruam, bene fideliter et
sine fraude et toto posse suo grammaticam illos pueros seu
scolares de quibus prout infra dicetur, et cum salano mer­
cede sub modis ecc. Gli assegnano per 30 scolari, soldi 8
al mese da 20 di quelli, e quattro dagli altri dieci. Oltre
a ciò detto maestro possa, e gli sia lecito riceverò e te­
nere scolari dieci che siano anche estranei al borgo di
S. Stefano con tutto suo risehio e pericolo. Il contratto e
valevole per la durata di un anno a cominciare dal 10 di
novembre. Fra i testi havvi pure un Gottardo de Pelegrinis de Novis Magister scolarum (2).
(1) V . Documenti.
(2) Arch. cit., Not. Gio. De Benedetti, fil II, c. 407; fil. IIΓ, c. 202.
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Fra tutti questi maestri, ed oramai ne va crescendo il
numero , si contano non tanto dei sacerdoti, quanto dei
laici ; ma col diffondersi dell’ umanesimo per via di quei
poeti e chiosatori che sull’esempio del Guarrino, vanno er­
rando di città in città colle preziose casse dei loro libri,
Γ arte d’ insegnare grammatica, fino allora speciale ufficio
del clero, la classe dotta, si propaga a poco a poco nel lai­
cato , quale un riflesso del nuovo rinascimento e diventa
una specie di moda che trascina e affascina gran parte
della gioventù. Ciò è provato da un atto in cui ventiquattro
maestri del clero eleggono due di loro, quali procuratori
perchè li difendano in tutto e per tutto contro i maestri
laici (i).
(i)
Arch. cit., Not. Andrea de Cairo, filz. 41, f. 13: i486, 9 gennaio. I
sacerdoti m aestri, professori e dottori di grammatica fanno ampia procura
in due colleghi per difendersi contro i maestri laici che inibivano a loro di
fare scuola. Il documento comincia in questo modo : « In nomine domini
amen. Infrascripti venerabiles sacerdotes clerici ac persone ecclesiastice ci­
vitatis Ianue grammatice doctores tenentes et regentes scolas in civitates
et diocesi ianuensi et docentes grammaticam in loco infrascripto congre­
gati
» seguono poscia i nomi: « Dominus presbyter Antonius de gnoscis rector ecclesie S. lacobi de Calignano. — Dominus presbyter Iohannes de Parma de Prodhominibus. — Dominus presbyter Iohanes Baptista
foresta curatus in Ecclesia praeceptorie Sancti Iohanis. — Dominus pre­
sbyter Nicolaus de Varixio. — Dominus presbyter Oliverius de T a b ia ,
rector. — Dominus presbyter Ecclesiae Sancti Silvestri. — Dominus
presbiter Iohanes Bertonus. — Dominus presbyter Bernardus de Miliotis
Archipresbyter ecclesie de pareto aquensis diocesis. — Dominus pre­
sbyter Rogerius ex., comitibus Vintimilii. — Dominus, presbyter Matheus de Spedia. — Dominus presbyter Lucas de Vinali rector ecclesiae
S. Martini de Murta. — Dominus presbyter Georgius Lunensis. — Do­
minus presbyter Antonius de Lerma. — Dominus presbyter Franciscus
de Obertis capellanus in Sancto Luca. — Dominus presbyter Bernardus
Maiochus. — Dominus presbyter Iohanes de Barlariis rector ecclesie S. Ma­
rie de Bacesia. — Dominus presbyter Ieronimus de Camera. — Dominus
presbyter Iohanes de Pizanis de levanto, rector ecclesiae sancti Michaelis de
insula. — Dominus presbyter Petrus de Figalo. — Dominus presbyter Io­
hanes Antonius de Rostico. — Dominus presbyter Petrus de Montenigro
alias de rimazorio. — Dominus presbyter Henricus Caponus. — Dominus
presbyter Nicolaus Calvus de Albingania. - Dominus presbyter Franciscus
bacigalupus et Paulus de Murfino ». I due penultimi sono eletti procuratori
generali. Il documento è rogato nel chiostro superiore di S. Maria delle Vigne.
Ognuno dei soprascritti rappresenta una scuola ove s’ insegna grammatica,
come si vede da quest’altra espressione del documento stesso: « cum nul-
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ι δο —
II.
Se i maestri di grammatica appartenessero al numero
di quelle corporazioni d’ arti e mestieri di cui il medioevo
fu così fecondo, non si può asserire con piena certezza (i),
nondimeno si vedono ripetutamente citati negli atti notarili
gli statuti del loro collegio col nome dei Rettori e dei
Consiglieri ; se ne hanno già notizie tra il XIII e il X IV
secolo : anteriori non ci fu dato di trovarne.
Il 27 maggio del 1298 alcuni maestri a nome itniversitatis et collegii universorum magistrorum grammatice de
civitate et suburòii Januae, radunati nel palazzo Arcive­
scovile , deputano chi li dovesse rappresentare in qualità
di procuratore (2). Pochi anni dopo (4 luglio 1304) appa­
risce nuovamente raccolto il collegio nella chiesa di S. Am­
brogio per procedere alla nomina di due maestri candi­
dati (3): e addì 5 dicembre del 1315 nella chiesa di San
lum aliud exercitium preter divinum officium magis deceat sacerdotes et
personas ecclesiasticas quam docere et.instruere gramaticam que est origo
et fundamentum omnium liberalium artium ». Naturalmente i maestri sa­
cerdoti sopranominati ne lasciano presupporre degli altri, a favore dei quali
si estendeva pure l’azione della procura.
( 1 ) M a n u c c i , La Cronaca di Iacopo da Varatine, p . 7.
(2) Il documento è pubblicato dal Belgrano nella recensione alla Stona
d e ll’Isnardi, inserita nzWArch. Storico Ital., S. 3-a, T. VI, p. 2, pag. 167
e dal B r a g g i o , lac. Bracelli e l’ Umanesimo in Liguria, in A tti della So­
cietà di St. Patria, Vol. X X III, pag. 112.
(3) Not. Corrado Stefano da Lavagna, filza 5, pag. 30. « In nomine Do­
mini amen. Ego Thomas de fermo magister scolarum collegii civitatis Ianuae de consensu et voluntate dicti rectoris , volentes vos magistros percivallem de zoalio et paganum de Calexi recipere et habere pro sociis nostris
in collegio . .. cum vos invenimus sufficientes in scientia grammaticali, facta
exam inatione diligenti de vobis..... recipimus, licentiam dantes et conce­
dentes vobis et cuilibet vestrum ut in civitate Ianue in quocumque loco vo­
lueritis, possitis stare et morare, ibique domum'accipere , ad presens scolaros recipere, docere et habere in quacumque arte vobis videbitur ad uti­
litatem et proficuum vestrum et omnia facere que vobis facienda videbuntur,
promittens vobis et cuilibet vestrum quod omnia predicta vel aliqua ex predictis nulla, fiat quaestio, actio seu sententia incurrebit contra vos .. . Mag.
Thom as de ferm o, mag. Iohannes de Placentie, presby. Leonardus, mag.
Salvus de Pontremulo , mag. Rufinus de Tertona, mag. Iacobus de Callignano, m. Martinus Ispanus, m. Iohannes de Brixia, m. Zinus de Papia,
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Lorenzo procede alla nomina del procuratore generale (i).
Il Collegio si mostra sempre tenace e geloso della sua
autorità e vigila perchè gli statuti vengano osservati con
inappuntabile esattezza, punendone i trasgressori, salvo
casi rari e specialissimi ; protesta e raramente cede se il
Doge stesso od il Consiglio propendono ad accordare pri­
vilegi (2), anzi ogni magistrato del Comune era obbligato
a prestare man forte perchè i Capitoli fossero osservati.
Dallo Statuto dei maestri di grammatica pervenutoci
nel testo riveduto ed emendato nel 1467 , ci risulta che il
candidato al Collegio dovea: i.° farne domanda all’ Ufficio
dei Sindicatori; 2.0 avere una diligente inquisizione sulla
vita e i costumi; 3.0 obbligarsi a tenere una pubblica dim Rolandinus de Rapalo, M. Peregrinus de C ervo, m. Iohanninus Fer­
ragli et m. Ioliannes de Sancto Ambroxio. Actum Ianuae in eccl. Sancti
Ambroxii ».
(1) Not. Ant. De Gregorio, filza 2, car. 9.
(2) Politicorum , Mazzo i.°. A Francesco della Torre il Collegio , dietro
istanza del governo, concede soltanto di esimersi per cinque anni dalla tassa
prescritta dagli Statuti, 1430, 21 nov. D ivers., 36-531 e 34-529: 1444, 6
nov. « Parte Ill.mi et ex.mi D. Ducis Ian. iubetur expresse vobis magistro
Antonio da Novis Rectori ac ceteris de collegio magistrorum grammatice
Ianue ad quos pertineat, quatenus ad penam indignationis prenominati
IH.» D. Ducis acceptetis et recipere debeatis magistrum Laurentium Merianum de S e n is .... non obstantibus quibuscumque regulis, capitulis vel ordinamentis forte in contrarium disponentibus ». — 1444, 21 genn.: « Per
magnificos D.n°s Capitaneos Ianuensis libertatis et magn. consilii dom.m Antianorum deliberatum est quod capitula magistrorum gram. observentur non
obstante concessione in scriptis facta Laorentio Meriani de Senis contra for­
mam dictorum capitulorum ». — 11 Doge Pietro di Campofregoso è costretto
a revocare una concessione che aveva fatto a Giannino Massone professore
di grammatica : « Illustris et excelsus d.s Petrus de Campofregoso dei gratia
Ianuensis dux. Sciens ab se concessum fuisse magistro lanino Massono
grammaticae professori licentiam retinendi certum numerum scolarium ad
ejus doctrinam contra capitula et ordinamenta conc ssa rectoribus et.ce­
teris magistris scolarum de Collegio Ianue , quae fuerant ab ipso confir­
mata
Nolens violari aliqualiter capitula predicta concessa magistris
scolarum collegii Ianue , licentiam suprascriptam a dicto mag. lanino im­
petratam revocavit et vigore presentis deliberationis eam revocat. D e­
cernens illam locum non habere nec ullam vim obtinere tamquam impe­
tratam contra capitula......... im o haberi pro infecta. Mandans fieri notiticiam de supracripta deliberatione supranominato magistro lanino, ne pos­
sit ignorantiam pretendere: attento maxime quod per antedictos magistros
rectores oblatum est aggregationem collegii ipsi magistro la n in o , servatis
in his servandis »,
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scussione (facere collïbetum) , notificandone prima l’ argo­
mento con avvisi alle porte delle chiese, in una di queste,
in presenza di tutto il Collegio e di una eletta di scolari.
A quest’ obbligo erano pure soggetti gli altri precettori
già inscritti, e ognuno di essi nel periodo che decorreva
dalla festa di S. Luca fino a Pasqua, incorreva nella multa
di cinque genovine, se non disputava almeno una volta
s o la , salvo un’ equa ragione che lo scusasse ; 4.0 doveva
quindi subire l’ esame da due maestri di grammatica e due
n o ta ri, entrambi collegiati ; innanzi ad un giudice mandato
dal Podestà e a due Padri, invitati dal Rettore , uno dell ’ ordine dei Minori, l’ altro dell’ordine dei Predicatori, e
ai due terzi dei maestri: si procedeva in ultimo allo scru­
tinio segreto; 5.0 se approvato, prima di poter accedere
alla sua scuola pagava lire 12 di genovine, se forestiero,
lire 2 e soldi 10 di genovine, se nativo di Genova o del
suo distretto ; e per giunta metteva una cauzione (oscillante
fra le 25 e le 100 lire genovine secondo l’ arbitrio dei sin­
dicatori), affinchè non potesse prendere la fuga con denari
e lib ri, od anche rifiutarsi di pagare le tasse o quelle multe
che dallo stesso Rettore si infliggevano ai maestri, quando
avessero trasgredito agli articoli statutarii, multe il cui
importo era devoluto per una metà all’ opera del porto e
m olo, per l’ altra al collegio stesso (1). Se veniva riman­
(1) In quanto alla tassa d’ ammissione al collegio eccone una prova :
« Magister Federicus de Luxoro et magister Antonius de Ceva rectores col­
legii magistrorum grammaticae, et sunt pro magistro Iohanne de Bobio qui
entravit in collegio magistrorum lib. 5 ». Arch. cit. in Cartolario portus
et m oduli, a ll’anno 1393, fol. 116. L’importo totale era versato al Banco di
S. Giorgio a profitto del Collegio. La legge sulla cauzione si spiega anche,
quando si pensa al valore che doveva avere un libro nel medioevo prima
della stampa ; certo non era accessibile alla borsa dei p iù , tanto meno dei
m aestri di scuola, ai quali i libri occorrenti alla scuola potevano anche ve­
nire imprestati da certi librai custodi di codici e manoscritti. A Bologna
erano detti stationarii e peciarii quelli ai quali erano affidati i codici sco­
lastici e la loio correzione. (Cfr. C o p p i , Storia delle Università in Italia,
Pa&· I 55)· — Anche gli speziali ne potevano vendere insieme con la perga­
mena e i quinternoni da scrivere. — Le multe si possono meglio compro­
vare con parecchi riscontri. In Archivio civico al foglio 33 del Cartulario in­
dicato co ll’anno 1456, si legge: « Iohannes de Ripa magister scolarum, debet
nobis prò una condemnatione facta per magi. Iacobum de Bussis magistrum
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i 83
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dato non poteva più essere esaminato ove prima non avesse
studiato per due anni nello studio di Bologna od in un
altro accreditato.
Uno o due potevano essere i Rettori del Collegio , ad
arbitrio della maggioranza dei grammatici in esso inscritti;
la loro elezione, o anche quella del surrogato, era fissata
pel mese di ottobre prima della festa dei BB. A p . Simone
e Giuda. La carica durava un anno, decorso il quale, il
nuovo eletto riceveva dalle mani dell’ altro il resoconto e
l’ inventario della cassa: e la gestione in fine d’ ufficio si
poteva sottoporre al sindacato. La rielezione non poteva
aver luogo che dopo tre anni esclusivi. Il Rettore insieme
ai suoi consiglieri, era designato quale autorità competente
a giudicare, sentenziare , pignorare per questioni che na­
scessero tra maestri e maestri o tra questi e gli scolari :
se si trattava d’ interessi e di debiti, poteva intervenire
fino alla somma di 4 fiorini; se la lite invece avesse ri­
guardato lui ed uno del suo consiglio, subentravano a
giudici i due terzi dei maestri od anche il vicegovernatore.
Il condannato però aveva il diritto di appellarsi entro il
limite di tre giorni al magistrato dei Sindicatori. Il Rettore
in ultimo dovea esigere tutte le multe e farne poi la di­
stribuzione voluta dalla legge.
A ll’ intiero Collegio erano prescritte diverse ragunate.
La terza domenica d’ ogni mese dovea recarsi alla Messa
che nella Chiesa del Carmine si celebrava alla cappella di
S. Gerolamo, probabilmente il santo protettore: chi non vi
fosse intervenuto pagava ogni volta due soldi, devoluti alla
spesa dei ceri per detto altare. Inoltre tre volte all’ anno,
cioè, per il Natale, per Pasqua e per la festa dei Beati
scolarum vid. prò parte spectante officio Lib. 5 ». — L ’anno 1466, 26 agosto
(Arch. Civ. cit , Filz. a. 1432-68, n. 194), il maestro Crisio Antonio di Mombaruzzo « procuratorio nomine » presenta scrittura di opposizione alla multa
di L. 6 inflittagli dal rettore Giacomo de Vigenio, deducendo anzi a carico
di esso rettore tre capitoli d ’ accusa per aver contravvenuto agli articoli :
i.° « de associando corpora defunctorum »; 2 0 « de congregando dictum
collegium pro honorando dominum ducem et eius consilium
3 0 « de fa­
ciendo societate domino Duci »; e adducendo quale autorità competente a
condannare gli artisti il vicegovernatore,
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i 84
—
Ap. Simone e Giuda, i maestri ad invito del Rettore con­
venivano per far visita al Governatore, al Consiglio e alla
Curia: pena, la multa di 5 soldi genovini. Così nell’ ultima
delle suddette feste doveano maestri, Rettore e consiglieri
recarsi alla luminaria che si faceva in onore dei due apo­
stoli. Ogni volta che fosse loro imposto, dovevano radu­
narsi in luogo idoneo per trattare degli affari concernenti
il Collegio. Era anche prescritto l’associare per i funerali
di un maestro inscritto, o di sua moglie, 0 dei figli se
avessero passato l’ età di anni 10.
A d ogni maestro spettava Γ obbligo di ammonire o ca­
stigare il discepolo che avesse ingiuriato o schernito con
turpi parole per le contrade un altro maestro.
L ’ ingiuria fatta tra colleghi collegiati, dal Rettore 0
da qualcuno di loro, era punita, quella con 10 soldi geno­
vini , questa con il massimo di 20, ogni volta che fosse
avvenuto lo sconcio. Anche il maestro od il ripetitore che
non fosse del Collegio se usava parole sconvenienti e vi­
tuperevoli contro gli altri collegiati, era punito con multa
dai 10 ai 40 soldi; e quando a ciò fosse stato incitato da
altri, con multa da due infino a dieci soldi di genovine, da
dividersi in tre parti: una per Γ accusatore, le altre due,
come di solito. Nella prima quindicina di novembre tutti
i membri componenti il Collegio doveano prestare giura­
mento di ubbidienza ai Rettori in tutto che fosse lecito ed
onesto, pena, la multa di 2 fiorini al ricusante, salvo però
i mandati del Governatore del Consiglio e degli Anziani
del Comune. Il Rettore doveva in ultimo dentro cinque
giorni mettere Γ accordo in ogni contesa che potesse sor­
gere nel Collegio.
Contro gli osceni peccatori che Dante punisce nel sab­
bione sotto incessanti falde di fuoco, si era provveduto con
restrizioni e leggi severissime, come si legge nel capo de
his quibus prohibitum est regere Scolavi in Janna et su­
burbiis , capitolo che risale già al 1430.
Contro lo scolaro debitore verso qualche maestro di
gram m atica, o di aritmetica, vulgariter abachistae, era pre­
scritto il licenziamento da ogni scuola entro il termine di
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tre giorni in seguito ad avviso comunicato dal Rettore o
da chi per esso, se non soddisfaceva ai proprii im pegni:
pena, la multa di soldi 20 di genovini ai trasgressori.
Quindici giorni di scuola, non meno, obbligavano lo
scolaro a pagare l’ intera mesata. Se però fosse sorta con­
troversia fra il maestro e lo scolaro, doveva bastare il giu­
ramento del maestro, fino alla somma di due fiorini ; pena,
la multa di quattro per chi si fosse provato spergiuro.
Il numero degli scolari talvolta era tassativamente fis­
sato. Un sacerdote od un chierico non doveva ammaestrare
più di dieci scolari, e nessun cittadino genovese o fore­
stiero poteva mandarne di più alle scuole loro senza in­
contrare una multa di sei fiorini: ed il suddetto maestro
era obbligato a dichiarare il nome dei suoi allievi a ri­
chiesta del Rettore. A questa prescrizione potevano però
sottrarsi i docenti in villa. Ogni maestro era condannato
a pagare da 5 a 10 soldi se non accudiva quanto poteva
all’ insegnamento, salvo in quei giorni festivi che, oltre i
soliti, erano più frequenti che oggigiorno, come si può
vedere dallo Statuto sotto la rubrica quod Magistri docere
dehcant Scolares suos vel doceri faciant. Se uno di essi fosse
caduto ammalato, o si facesse surrogare, oppure soltanto
decorso un mese dal primo giorno della sua assenza , lo
scolaro poteva inscriversi in un’ altra scuola; ma il maestro
che lo accoglieva restava obbligato all’ altro di una metà
del salario durante la malattia. Se un maestro moriva e
per lezioni non fatte restava in debito verso gli scolari, a
quella bisogna doveano sopperire gli altri del Collegio.
A lle spese straordinarie che si fossero fatte o fare si
dovessero a prò ed incremento del Collegio, dovevano
contribuire tutti i maestri in esso ascritti.
III.
Fra le schede giacenti nelle filze dell’Archivio Civico
di Genova si trovano gli elenchi delle scuole p rivate, che
sullo scorcio del sec. X V fiorivano in questa città, col nome
e cognome, la paternità, il numero complessivo e Γ onoGiorn. S t. e L iti, della Liguria.
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iS6
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rario dei singoli discepoli, ed oltre il luogo nativo anche
il domicilio dei rispettivi grammatici. La ragione di sì fatti
elenchi è nel decreto emanato il 16 settembre 1497 sotto
il dogato di Agostino Adorno : « Cum senatu relatum
fuerit » , esso dice, « praeceptores grammatice seu magi­
stros scole valde immoderatas mercedes a patribus extor­
quere pro docendis pueris, preter mores et consuetudinem
priscorum atque contra formam decreti conditi anno 1494
die 27 Apr. scripti per Bart. de Senarega cancellarium
mentionem facientem quonam modo magistri erga discipulos
suos in petenda solutione sese habere debeant », ordinano
ai sindicatori di provvedere. Ed essi il 25 di ottobre delΓ anno stesso fanno bandire pubblicamente dal cintraco una
grida del seguente tenore :
S e notifica ad ogni persona de che grado e condizion sia chomo
li m aestri che tenesso schola de grammatica non posseno prendere
da d isc e p o lo alcuno ni da padre 0 madre ni altri per quello, ultra li
p recii infrascritti : da li scolari chi non passano li neutri soldi cinque,
ab aliis vero chi passano li neutri sia in che latino si voglia non possian o d icti maistri prendere ultrasoldi dexe in m ese, cuin questo che
a tali c h e havevano a pagare dicti soldi dexe dicti maistri sian obbli­
g a ti d e monstrare li sabati a li poidisnè, le vigilie chi sono de prec e p to , et in hieme siano dicti meistri obbligati monstrar la sera, ni sub
altra forma possiano dicti meistri prendere soi pagam en ti, ni discipuli
o altri per loro pagarli. Sub pena de ducati dexe per ogni volta se
con trafarà applicata ex tunc.
Ma forse a queste disposizioni, cagione chissà di quante
querimonie, non si era ottemperato perchè addì i.° giugno
del 1501 si ribadisce il chiodo con quest’ altro proclama:
P arte spectati Officii d.norutn patrum Coniunis Janue comissariorum
e cc. m andatur infrascriptis preceptoribus gramatice quatenus ad penara
florenoru m JIII pro singulo debeant intra dies octo proximos secuturos
a p ra ecep to deposuisse in camera eiusdem officii penes scribam infrascrip tu m cum Juramento nomina omnium eorum scolarium quos ipsi et
q u ilib et ipsorum docet et precia distincta que ipsis persolvuntur pro
u n o q u o q u e dictorum scolarium.
Seguono quindi i nomi dei varii precettori (1):
R icard u s de Aulula — Filippus de Comitibus — Johannes Mateiis
(1) V en n e fatto precetto anche a p ret' Gottardo da Novi, tua egli * dicto
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lu n en sis
d e N o v is
i8y
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S im o n A ra d u s — p. J aco b u s A n se lm u s — p . C o n ta r d u s
p. N icolau s d e C ab ella — p. B astianus d e T a b ia — p .
A n to n iu s d e D e rto n a — Cristofarus d e C ro varia — A n to n iu s d e C a s tilio n o
B a p tista de A q u is —
S ila n u s
N ico la u s d e A rc u la — A lo isiu s P arm en sis — p . D o m in ic u s
d e S a rz a n a
p. A m b o n u s de
M axellus
N o vis —
B en even ta n u s
A le x a n d e r de
-
Ia c o b u s
O r tin g o
—
M a rtin u s d e V e r c e llis — B apta de Lu vin ario — F ra n ciscu s C a s s a n e llu s .
Queste liste di allievi, coi rispettivi prezzi, che tutti i
precettori docenti nella città furono quindi costretti a pre­
sentare , hanno un peculiare interesse dal punto di vista
didattico.
In capo ad una sta scritto latinantes, perchè la scuola
allora era divisa in due grandi classi, quella dei latinantes ,
ossia scolari che studiavano appena i primi elementi della
grammatichetta ed imparavano a leggere: l ’ altra dei non
latinantes, composta invece di allievi che erano diggià pa­
droni della lingua e si davano al commento degli autori,
dei quali sono indicati specialmente Virgilio ed Ovidio. Il
Donato distinto nelle varie sue parti, [in activis, in adverbiis,
neutra, ecc.) ed il Salterio sono i due libri di testo; alcuni
vi imparano a compitare: Donatum legentes ad syllabicandum; altri legge alla tavoletta (tabellam legens) : v ’ è pure
chi compone i manoscritti; ma sono i meno, tre soltanto
ne ho trovato addetti a questo esercizio, il quale ci lascia
anche supporre che fosse od un insegnamento di calligrafia,
od un avviamento all’ arte dell’ amanuense, od un modo
economico di sopperire alle esigenze delle scuole, provve­
dendole di certi copioni, per quelli allievi che non pote­
vano spendere per l’ acquisto dei testi, che doveano costare
non poco sia stampati che manoscritti, come pure la carta
da scrivere, ragione per cui vigeva sempre l’ uso della
tavoletta ; se non si voglia dire che molti imparavano a
leggere, e pochi a scrivere. Due appena sono i professori
che impartono l’ insegnamento di lingua greca.
Di quelle scuole ve n’ ha qualcuna con alunni di famiglie
se non tenere am plius scollas, et solummodo docet in eius cam era d uos
filios V in cen tii et Petri Sauli parvae aetatis sine ulla pactione sed potiu s
pro am icitia ».
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i SS
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patrizie, aleuti’ altra è composta di artieri; 1 onorario degli
allievi oscilla dai cinque ai quindici soldi mensili per cia­
scuno ; si trovano però ogni tanto di quelli che frequentano
la scuola senza pagare, ed il maestro vi scrive di fronte,
o inops o nihil oppure amore Dei (i).
M a con tanto sfoggio di proclami si sara poi ottenuto
lo scopo che si erano prefissi i Padri del Comune? Bisogna
un p o’ dubitarne, dacché all’ anno 1516 in data del 30 di
agosto ne balza fuori un altro del seguente tenore:
A u d ie n te s grammatice professores huius civitatis decreta et leges
m atu ro exam ine conditas supra eo quod ipsi habere et exigere pos­
su n t e t d ebent singulis mensibus pro quolibet puero edocendo , ne­
g lig e r e et illas minime ob serva re, et ab ipsis pueris sive ab his qui
ip so ru m curam habent omni mense et decem et quindecim solidos
c t ultra pro eorum m ercede ipsos petere et exigere contra formam
d ictoru m ordinamentorum quae res perniciosissima est et toti civitati
d am n osa.
Si elegge quindi nella persona del viceduce Ravascherio
un magistrato perchè faccia osservare i regolamenti, e pu­
nisca i trasgressori.
Così con un numero sufficiente di scolari che potessero
assicurare un compenso adeguato all’ opera di chi si pre­
stava ad istruirli, formavasi una scuola privata che prospe­
rava in breve o veniva a cessare a seconda della capacita
dei maestri che vi insegnavano. Di queste scuole ne tro­
viamo già sedici con un totale complessivo di circa 500
allievi sull’ inizio del sec. XVI, epoca in cui la popolazione
di Genova, stando alla testimonianza di Gio. Ridolfi t fio­
rentino, poteva sommare a circa 90.000 abitanti. Alcune erano governate e tenute da laici, altre da sacerdoti; dei
maestri alcuni sono collegiati altri invece no; il Collegio
e i Padri del Comune esercitano su di esse una diligente
sorveglianza per mezzo del magistrato dei Sindicatori.
______________
A n g e lo
M assa.
(1) Mi è sembrato opportuno di pubblicare i nomi di tanti allievi, pen­
sando che potrebbero interessare. — Debbo rendere pubbliche giazie ed es­
sere grato ai Signori Francesco Podestà, Marcello Staglieno, Achille Neri,
A rtu ro Ferretto , Francesco Luigi Manucci, Ambrogio Pesce, Emilio Ma*
renco ch e gentilmente mi hanno favorito schiarimenti e indicazioni per rin­
tra ccia re notizie e documenti.
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DOCUMENTI.
(R . A rc h . d i G enova, Divers. Registro 35-530, ann. 1443-45).
C orrection es facte in capitulis artistarum Ianue ex tem pore D ucatus
111.mi D .1 R aphaele Adurno.
D ie X V I I I Febbruarii. an. 1444. V iri suprastantes Badasal de V i
valdis e t Socii in sufficienti et legittim o numero congregati absente
D am iano d e O liva infirmo, Reformatores capitulorum artium civitatis
Ian ue pro bono et utilitate reipublice Laudaverunt addi in C apitulis
m agistrorum gram m atice capitula infrascripta.
D e scolaribu s recedentibus a scolis alicuius magistri e t d e sacra­
m ento prestando.
Item quod si aliquis scolaris recesserit ab aliquo m agistro et v e ­
nerit ad scolas alicuius alterius magistri et ille magister a cuius scolis
recessisset dictu s scolaris, dicat pro suo labore a dicto scolare aliquid
habere d eb ere, si scolaris hoc confiteatur, teneatur m agister ad cuius
scolas inerit, infra dies tres ad denunciationem rectoris seu rectorum ,
m onere dictum talem scolarem quod dicto primo m agistro satisfaciat
infra d ies tres, quod si non fecerit dictus scolaris infra dictum tem pus
ab ind e in antea illum non doceat per se vel interpositam personam ,
vel in suis scolis doceri patiatur vel m anere.
S i vero controversia erit inter dictum scolarem et m agistrum reli­
ctum , vel patrem suum de sa lario , m agistratus qui inde fu erit requ i­
situs ad requisitionem magistrum ad cuius scolas inerit n oviter ipse
scolaris , seu ad requisitionem ipsius scolaris vel parentis ipsius te ­
neatur com p ellere illum magistrum relictum ad prestationem sacra­
menti si iuste petit salarium quod requirit a dicto scolare. E t si iuraverit quod iuste petat, nullus m agister debeat docere dictum sco la ­
rem , nisi prius fuerit satisfactum per dictum scolarem dicto prim o
m agistro. E t hoc sub pena soldorum viginti Ianue pro q u olib et et q u a­
libet v ice. E t hoc habeat locum nisi pater vel m ater vel alia coniuncta.
persona talis scolaris de cuius m ercede tractatur vellet ju ra re , et j u ­
raret per se ipsos proprios solvisse dicto tali m agistro salarium d e quo
esset q uestio.
Item q u od adveniente casu egrotationis alicuius m agistri vel aliter
sem p er et quacum que liceat cuicum que scolari per vo lu n tates libito
disced ere a scolis magistri sui et alias petere scolas quas m aluerit, ipso
prius d eb ito faciente m agistro suo.
Item quam quilibet civis Ianue possit tenere in d om o sua suum
m agistrum gram atice qui edocere possit fratres, filiosque, n ep o tes d icti
civis e t
u ltra alios scolares usque in decem non com putatis su p ra-
d ictis sine contradictione Rectorum aut aliorum quorum cum que m a g i­
strorum gram m atice.
Item q uod quilibet dictorum m agistrorum gram atice qui ten eat in
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—
IÇO —
scolis suis scolares edocendos centum et abinde supra, teneatur et ob lig atu s sit semper secum horum ripetitorem unum idoneum et suffi­
cientem ad educendum dictos scolares, qui tamen non sit clericus, aut
in sacris ordinibus constitutus, immo secularis.
S u b p en a florenorum decem toties quoties fuerit contrafactum, que
p en a applicetur accusatori et teneatur secretus et cetera, pro dimidia,
e t p ro reliqu a dimidia operi portus et moduli.
(R . A r c h iv io di Stato di Torino. — Raccolta Lagomarsino. Cart. Genovesato. Istru­
z io n e P u b b lic a . F ascicolo: Collegio dei Maestri di Grammatica).
! 4 6 7 , J3 Febbraio.
S p e cta b ile s ac generosi viri Nicolaus de Grimaldis Ceba Prior, Sil­
ve ste r de Brugnali, Iacobus Iustinianus, Brancaleo de A uria quattuor
prid ie electi ac constituti ab Ill.m0 ac Magn. Dom. Ducali in Ianua
V ice g u b ern a to re et M. Consilio DD. Antianorum ad correctionem et
em endation em Capitulorum Artificum Civitatis Ianue cum omnimoda
P o testa te, Arbitrio, et balia in eis addendi , cassandi et m inuendi, em endandi e t corrigendi , sicut constat in actis Cancellarie manu mei
C an cellarii infrascripti anno superiore die X X V 0 Septem bris. v
R e visis Capitulis magistrorum scolarum gramatice Civitatis Ianue,
sib i presentatis per Egregium magistrum Girardum de Viqueria Re­
ctorem tu n c Collegii et Magistrum Antonium de Montebarutio tunc
P rocu rato rem Collegii predicti et unoquoque eorum cum ipsis dili­
g e n te r discusso, auditisque sepe numero magistris ipsis, ac aliis eius­
d em C o lleg ii simul, et seorsim ; et visis nonnullis Capitulis ab eis po­
stu latis tam in addendo, quam in corrigendo, exam ineque super uno­
q u o q u e eorum diligenter habito addendo, emendando ad corrigendo,
sta tu eru n t et decreverunt ut infra:
E t prim o.
Q u o d nullus m agister audeat docere aliquem scolarem , nisi prius
facta fu erit solutio primo magistro a scolis cuius recesserit.
C u p ien tes tollere inter magistros dicte artis contentionem statuerunt
a c d ecreveru n t quod nullus magister qui scolas regat in civitate Ianue
au t su b u rb iis audeat vel présumât tenere aliquem scolarem in scolis
suis n ec docere eum aut doceri facere per se aut alium ultra tres dies
p ro x im e secuturos a die qua ei notificatum fuerit per rectorem Col­
le g ii , vel pro parte eius R ectoris, vel in absentia Rectoris pro parte
C on siliatoru m dicti Collegii , quod dictus talis scolaris sit debitor ali­
cu iu s m agistri pro suo salario sive mercede et hoc sub pena solid. 20
Ian u in oru m pro qualibet die , qua retinuerit, et seti docuerit dictum
talem scolarem debitorem alicuius ex magistris dicti Collegii post de:
n u n tiation em suprascriptam , quae poena applicetur pro dimidia operi
P o rtu s e t Molis et alia dimidia ipsi Collegio. Et possit exigi per di­
ctu m R ectorem a quolibet contrafaciente , de quo quidem salario, et
seu m erce d e stetur et stari debeat simplici iuraniento magistri petentis
u sq u e in quantitatem florenorum 2 in num ero, et ab inde infra pro
sin g u lo scolare et singulo a n n o , nisi aliter probaretur pro scolare de
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solutione, vel quod non obligatus esset tantae solutioni. E t si aliquis
m agister reperiatur falsum iurasse de salario , et seu m erced e p rae­
dictis, intelligatur perjurus et incuruisse in poenam florenorum q u at­
tuor pro sin gu lo floreno de quo falsum iu ra r e t, et quae p o en a ap p li­
cata sit u t supra, et exigi possit ut supra. Et ad ea om nia de quibus
supradictum est teneatur parimodo Rector dicti Collegii sub tali poen a
d uplicata, ad quam poenam cogi p o s s it, et eius solutionem a C o n si­
liariis dicti C ollegii , non expectato tem pore functi Officii ipsius R e ­
ctoris e t hoc pro et occasione in presenti articulo contentorum .
Item q uod magistri rationum sive vulgariter abachistae non possint
aliquem scolarem qui recesserit a scolis ipsorum m agistrorum g ra m ­
m aticae non facta satisfactione magistro suo de m ercede d ocere nec
doceri facere scientiam suam de qua su p ra , postquam fuerit sibi d e ­
nunciatim i pro parte Rectoris ut su p ra , vel Consiliariorum d icti C ol­
leg ii in absentia Rectoris, sub dicta poena soldorum viginti pro qua­
libet d ie q u a retinuerit talem scolarem , quae poena ap p licetu r u t
supra , et ex ig i possit per Rectorem vel illuni cui R ector vices suas
com m iserit.
D e jurisdictione et Balia Rectoj'is
cum Consilio seu de voluntate ejus Consiliariorum.
Item ne m agistri dicti Collegii causam habeant discurrendi per cu ­
riam et dom us Magistratuum Civitatis Ianuae, quod venit in m axim um
dam num reipublicae: A ttento quod tunc dicti Magistri non possunt
scolis suis interesse et scolares suos docere : statuerunt et ordinaverun t
quod R ector dicti Collegii cum consilio seu de voluntate suorum con ­
siliorum sit et esse possit et debeat ju d ex com petens om nium c a u sa ­
rum et poenarum descriptarum in praesentibus capitulis d ictae artis
m agistrorum , pertinentium scilicet dicto C ollegio et inter eos verten ­
tium v ig o re praesentium Capitulorum . In quibus et de quibus possit
audire, cogn oscere, sententiare, condem nare, et sententias executorias
et deffinitivas ferre et exequtioni m andare et poenas e x ig e re et li­
centias detinendi ac pignorandi co n ced e re, dum m odo non sit contra
formam praesentium Capitulorum, nisi specialiter actum esset ex dictis
capitulis
per alium
magistrum aliquas sententias vel condem nationes
aut ex eq u tion es facere vel licentias concedi posse, hoc etiam ex p resso
et d eclarato quod si oriatur quaestio inter m agistrum et scolarem aut
alium obligatu m pro eo occasione m ercedis etiam si talis scolaris non
esset am plius sub magistro gram m atice.
R ector C ollegii sit et esse
d eb eat m agistratus inter partes usque in summam ducatorum duorum .
E t nullus alius magistratus in causa seu causis praedictis se introm it­
tere possit.
Item quod Rector non possit facere aliquas condem nationes vel exeq ution es aut licentias detinendi vel pignorandi con ced ere aliquem
de dicto C o lleg io sine Consilio Consiliarorum dicti C o lle g ii, et si aliter fierent sint omnino irritae et nullius valoris et efficaciae.
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Item qu od Rector qui pro tempore fuerit non possit innovare alios
usus e t alias consuetudines contra formam praesentium Capitulorum
su b p o en a librarum decem applicatarum pro dimidia operi portus et
m od u li e t alia dimidia ipsi Collegio si contrafecerit et nihilominus
q u id q u id contra formam praesentium Capitulorum innovasset sit irri­
tu m , e t inane, quae poena exigatur per Consiliarios dicti Collegii cum
con silio binae tertiae partis magistrorum dicti Collegii in fine officii
d icti R e cto ris et non ante.
Item q u od nullus civis Ianue vel Exterus mittere possit pueros suos
ad scolas alicuius P resbiteri, Sacerdotis vel Clerici qui habeat ultra
n um erum puerorum decem sub p o e n a 'florenorum s e x , auferenda de
fa cto a quolibet contrafaciente , quorum dimidia applicata sit operi
p o rtu s e t moduli et alia dimidia ipsi Collegio pro suo interesse: et
R e cto r C ollegii possit procedere contra quoscumque contrafacientes et
p oen am ex igere ac tocies quoties fuerit con tra ventum. Et ne per in­
d ire ctu m huic capitulo contrafieri possit teneatur talis S a c e rd o s, Presb iter et seu Clericus ad omnem requisitionem Rectoris nominare spe­
cialiter illos decem pueros quos ad scolas suas tenere voluerit ut inte llig i possit qui sint super numerum eorum decem quos ei licet te­
n ere. Q u oru m decem praedictorum aliquem debentem alicui magistro
non possit tenere nisi prius satisfecerit primo magistro ad scolas cuius
iv e rit postquam fuerit sibi denuntiatum ex parte Rectoris. Et si talis
S a c e rd o s, Presbiter aut Clericus eos nominare noluerit, liceat ipsi Re­
ctori p roh ibere quibuscumque civibus ac Exteris ut supra ne quem­
piam etiam infra numerum decem ut supra, mittant ad scolas talis Sa­
cerd o tis, Presbiteri aut Clerici sub dicta poena quam eo casu exigere
p o ssit a tali cive sicut supra dictum est de aliis sacerdotis numerum
d e c e m puerorum declarato, tamen quod pro eo tempore quo cives ste­
terin t in villis suis Capitulum hoc non se extendat ad pueros vel cives
stan tes in villis.
Item q u od si aliquis magister ex dicto Collegio esse debitor alte­
riu s m agistri usque in quantitatem florenorum quattuor , Rector dicti
C o lle g ii usque in illam summam sit magistratus competens inter eos
cu m con silio Consiliariorum dicti Collegii. Et si Rector esset debitor
u t su p ra, Consiliarii ipsius Collegii sint magistratus competens de prae­
d ictis u sq u e in dictam summam ad.......
Item q u od Rector Collegii possit procedere et sit judex competens
c o n tra quoscum que Magistros , Repetitores , et Pedagogos laico h qui
re g e re n t scolas contra formam Capitulorum dictorum magistrorum.
Si Rector vel Consiliarius haberet litem
cum alio magistro per quos debeat terminari.
Item si contingat aliquem Rectorem Collegii habere aliquam litem
co n tro v ersiam , seu difierentiam cum uno ex Consiliariis dicti Collegii
d e et su p er aliquo casu vel re pertinente ad dictam artem non possit
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ipse R ector cum alio Consiliario super dicta causa cogn oscere vel iudicare, im o debeat dictus alius consiliarius cum duobus aliis m agistris
dicti C o llegii electis per dictum Collegium sive per duas tercias partes
dicti C o llegii dictam causam cognoscere et terminare secu n d u m for­
mam baliae R ectori et Consiliariis concessae ut supra , et si unus ex
Consiliariis haberet litem cum aliquo magistro dicti C ollegii tunc et
eo casu R ector cum Consilio alterius Consiliarii dictam causam possit
term inare in omnibus et per omnia secundum baliam sibi concessam
ut supra. E t si ambo consiliarii haberent litem vel controversiam ad
invicem tunc R ector solus sit et esse debeat ju d ex com peten s inter
partes. E t si R ector haberet litem vel controversiam cum alio M agi­
stro dicti C ollegii, seu cum aliquo puero occasione salarii sui, C on si­
liarii dicti C ollegii debeant dictam causam cognoscere et term inare in
om nibus et per omnia secundum formam baliae Rectori e t C onsiliariis
concessae ut supra. Et hoc usque in summam ducatorum duorum ut
in Capitulo de balia Rectoris dictum est.
De poena apposita
contra illos magistros qui non interfuerint missae Collegii.
Item statuerunt et ordinaverunt quod quilibet m agister dicti
C ol­
legii qui de cetero non interfuerit missae dicti C ollegii q u e celeb ra­
bitur in C ap ella Sancti Hieronymi in E cclesia S . Mariae C arm elitaru m
sem el in m ense videlicet Dominica tercia cuiuslibet m ensis , cad at in
poenam soldorum duorum pro singula vice qua contrafecerint dum ­
m odo sibi facta fuerit notitia ex parte R e c to ris, nisi leg ip tim a causa
intervenerit q u ae cognosci debeat per Rectorem cum C on silio C on si­
liariorum suorum , ex quibus pecuniis émi debeant cerei com burendi
in d icta C ap ella ad honorem Dei ac gloriosissim ae eius m atris V ir ­
ginis M ariae.
Item q uod nullus possit petere assessorem esse dandum R ectori aut
C on siliariis in causis contentis in praesentibus Capitulis , aliq u o alio
capitulo non obstante.
Item teneatur quilibet m agistratus Com unis Ianuae d are et prae­
bere auxilium et favorem ad observantiam praesentium C apitulorum
dictorum m agistrorum dicti C ollegii. E t hoc sub poena sindicam enti.
Item q uod propter litigia et illorum
sum ptus e v ita n d o s, R e cto r
C ollegii in om nibus causis et differentiis coram eo vertentibus et ad
eum pertinentibus vigore praesentium Capitulorum seu d e volu ntate
suorum consiliariorum possit procedere et exeeutioni m andare sum ­
m arie, sim pliciter et de plano, sine strepitu e t figura ju d icii sola facti
veritate inspecta prout iustitiae et conscientiae ipsius R ectoris m elius
vid ebitu r co n ven ire: E t possit propter m inorem disturbationem sco ­
lari um in d ictis causis et differentiis procedere et illos term inare om nibus et singulis diebus in quibus ju ra redduntur, vid elicet a prim a
hora diei usque ad vigesimam quartam horam
inclusive
et etiam in
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illis F e s tis quae non celebrantur secundum praecepta E cclesia e, non
ob stantibu s aliquibus legibus sive Capitulis in contrarium disponen­
tib u s cu iu s Rectoris pronunciationes, absolutiones et licentiae sic factae
va lea n t et validae sint et exequtioni mandentur per ipsum Rectorem
vel C onsiliarios et cujus Rectoris seu quorum Consiliariorum sententiis
term inationibu s, processibus et mandatis non possit ap p ellari, suppli­
c a r i , m eliorari, peti vel nulla dici sed sint semper, et restent validae
e t firm ae e t exequantur et executioni mandentur per dictum Rectorem
e t C on siliarios ad nudam et simplicem requisitionem agentis usque in
sum m am florenorum duorum Ianuae, contradictione vel oppositione
rei in a liq u o non admissa. E t ab inde supra si voluerit, possit appel­
lari ad d .nos Sindicatores , dummodo appellans deposuerit apud Re­
cto rem v e l Notarium Curiae dicti Rectoris id de quo lata fuerit sen­
ten tia a q u a se appellaverit infra dies tres a die appellationis , aliter
d icta appellatio non teneat nec valeat, et deinde dictam appellationem
p ro seq u i teneatur et illam definire et terminari facere teneatur et de­
b e a t p e r dictos D .nos Sindicatores infra mensem unum a die appella­
tio n is proxim e futurum dummodo praesens Capitulum eidem denun­
tie tu r : E t casu quo infra dictum tempus illam deffiniri et terminari
non fecisset per dictos D .nos Sindicatores, quod tunc et eo casu di­
ctu s R e cto r illam deffinire et terminare debeat, elapso dicto termino,
c a p itu lo seu oppositione vel iudicio aliquo non obstante.
Quod Consiliarii debeant exercere officium suum.
Item non obstantibus aliquibus capitulis in praesenti volumine con­
te n tis : Statuerunt quod Consiliarii dicti Rectoris sive Collegii debeant
e x e r c e r e officium suum videlicet se convenire cum dicto Rectore qui
est, v e l pro tempore fuerit, ad omnem requisitionem R e cto ris, causa
co n su le n d i, si opus fuerit dicto Rectori in causis et differentiis coram
eo verten tib u s et ad eum pertinentibus, sub poena soldorum quattuor
totien s quotiens contrafecerint. Nec non statuerunt quod dicti Consi­
liarii d eb ean t ire ad missam dicti Collegii ut ceteri magistri prout te­
n en tu r e x forma Capituli de hoc loquentis, sub poena contenta in
d ic to C ap itu lo , et debeant ire ad dictum Collegium quotienscumque
fuerint requisiti ex parte Rectoris sub poena contenta in Capitulis de
hac m ateria disponentibus, quae poenae praedictae exiguuntur a dictis
C o n silia riis per dictum Rectorem et non per alium si contrafecerint et
totien s quotiens contrafecerint. Versa vice Rector teneatur congregare
C o lle g iu m ad requisitionem Consiliariorum pro aliqua causa pertinenti
ad d ictu m Collegium sive ad aliquem magistrum dicti Collegii sub si­
m ili p o en a soldorum quatuor exigenda a Rectore per consiliarios dicti
C o lle g ii in fine officii dicti Rectoris. Et hoc pro executione in prae­
senti C ap itu lo contentorum.
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D e no?i utendo aliis usibus vel ordinibus
quam in praesentibus capitulis annotatis.
Item cupientes tollere cabillas et conspirationes, iuram enta, com m istiones, uniones, et ligas quas ad invicem faciunt hom ines artistas C i­
vitatis Ianuae et Burgorum pro eorum proprio com m odo et ad d a ­
mnum et lesionem et detrimentum tocius Reipublicae: statuerun t et
ordinaverun t quod si homines seu magistri dicti Collegii d e cete ro fe­
cerint aliquos ordines sive ipsis usi fuerint ordinibus qui essen t contra
bonum publicum , nisi tantum contentis in praesenti V o lu m in e , q uod
R ectores dicti Collegii cadant in penam a libris decem usque in v i­
giliti quinque Ianuae pro singula et qualibet vice. Q u ilibet ex consi­
liariis a libris quinque usque in decem et quilibet alius dicti C o llegii
a libris tribus usque in sex Ianuinorum pro quilibet et q u alib et vice
et ultra secundum formam iuris er capitulorum Com unis Ianuae. D e
qua contra factione co g n o sci, sententiari , definiri et declarari debeat
per R ectorem dicti Collegii cum Consilio eius consiliariorum si fuerit
alius m agister qui contrafecerit contra praedicta. E t si fuerit R ector
qui contrafecerit de dicta contrafactione cognosci debeat ut supra per
consiliarios dicti Collegii cum Concilio duarum terciarum partium m a­
gistrorum dicti Collegii. Ita tamen quod de contrafactione aliq u a R e ­
ctoris cogn osci non possit, nisi in fine officii sui.
D e modo eligendi Recloris.
Item statutum et ordinatum est quod magistri Scolarum d icti C o l­
legii h abean t et haberi possunt unum Rectorem sive duos prout eis
vel maiori parti eorum videbitur, qui eligatur, seu eligantur in m odum
infrascriptum , videlicet , quod Rector seu Rectores qui nunc e s t , vel
sunt, vel pro tem pore fuerit, vel fuerint, debeat vel d ebeant annuatim
sin gu lo m ense Octubri ante Festum Beatorum A postolorum Sim onis
et lu d e in aliquo loco idoneo congregare quoscum que m agistros dicti
C ollegii e t coram eis exponere sicut tem pus est eligendi et faciendi
R ectorem vel Rectores novum vel novos, et quod debeant elig e re unum vel d u os ex illis collegii praedicti idoneum vel idoneos ad e x e r­
cen dum Officium Rectoriae C ollegii p raed icti, et ille vel illi in quem
vel q uos d u ae partes dictorum m agistrorum se concordaverint sit et
esse d eb eat vel debeant Rector vel Rectores pro uno ann o tantum
proxim e venturo. E t sic successive quolibet anno in posterum o b ser­
vetur in election e duorum Consiliariorum dicti Coli.
D e subrogatione fienda in locum Rectoris absentantis.
Item quotiens accideret aliquem R ectorem tem pore sui R ectoratu s
mori vel absentare se per mensem sine licentia binae
tertiae partes
m agistrorum tocius Collegii et ob id non posse dictum R ectoratu m e-
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îgô —
x e r c e re , fieri possit su rrogatio de alio jd on eo iuxta modum et for­
m am d e q u ib u s in precedenti capitulo fit mentio, et non expectato eo
casu te m p o re O fficii sui et idem observetur in surrogatione Consilia­
rio ru m d icti C o lleg ii si uterque vel alter ipsorum se absentaret.
D e congregando insimul dictum Collegium .
Item q u o d ter in anno vid elicet in N ativitate Domini in festo Pasch a tis e t in F esto Beatorum Apostolorum Sim onis et Iudae omnes
m a g istri d icti C ollegii insim ul conveniant ad requisitionem Rectoris seu
R e cto ru m eo ru m pro visitan do et honorando prefatum D . G u berna­
to rem e t eju s Consilium et Curiam . E t qui non venerit solvat soldos
q u in q u e Ian uin orum nom ine poene Rectori praedicto qualibet vice.
D e obediendo Rectori et se congregando.
Ite m q u o d qu isqu e m agister dicti Collegii veniet ad C ollegium
q u a n d o ei d e m andato R ectoris fuerit denuntiatum tam pro hono­
ran d o D . G u b ern atorem et Consilium et Curiam , quam pro aliis ne­
g o tiis q u a e sp ectan t ad officium dicti Collegii nisi in quantum rem an­
serit d e lice n tia ejusdem R ectoris sub poena soldorum duorum Ianuae
p ro q u o lib e t et q u alib et vice.
Quod M agistri docere debeant Scolares suos vel doceri faciant.
Item q u o d M agistri dicti C ollegii et qui de cetero regent scholas
in C iv ita te v e l S u bu rb iis Ianuae teneantur et debeant docere scolares
su o s p ro p o sse, vel doceri facere omnibus diebus exceptis his qui infrad icti su n t sub p o en a a soldis quinque usque in decem applicanda
O p e ri p o rtu s et m olis pro quolibet et qualibet vice arbitrio Rectoris
d icti C o lle g ii.
F e s ta in q u ib u s non tenentur docere sunt haec :
F e s ta N ativita tis D om ini et Pascae Resurrectionis cum tribus diebus
a n te ce d e n tib u s et totidem sequentibus ipsa Festa.
D ie s d o m en ica les e t sabatum post prandium.
F e s tiv ita te s B eatae V irgin is Mariae cum earum
vigiliis post pran­
d iu m .
F e s tiv ita te s principales cum earum vigiliis post prandium.
F e s tiv ita te s om nium Apostolorum et Evangelistarum cum
earum
v ig iliis .
F estu m S . A n ton ii A bbatis die X V II januarii.
F estu m S an ctoru m Fabiani et Sebastiani die X X januarii.
F estu m carnis privii.
F estu m S . G rego rii die X II marcii. — S . Benedicti die X X I m arcii.
— S . G e o rg ii cum ejus vigilia post prandium die X X I V aprilis. —
S . M arci d ie X X V aprilis. — S . Bernardini X X maii. — S . Desiderii
Ia n u en sis X X I I I maii.
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S. Iohannis Baptistae cum eius vigilia post prandium X X I III
iunii. — S . M argaritae cum ejus vig. post pr. V julii. — S . D om inici
V au gu sti. — S . Sisti V I augusti — S . Donati V II augusti. — S . L a u ­
rentii cum eius vigilia post prandium X augusti. — S. A u g u stin i X X I II
augusti. — S . T eclae X X III sept. — S . Michaelis X X V I I I I . — S . H ie ­
ronym i X X X sept. — S. Romuli X III O ct. — S. L eon ard i V I nov.
— S . M artini cum ejus vigilia post, prandium X I nov.
S . C atherin ae
id.
id.
id.
X X X nov.
S. N icolai
id.
id.
id.
V I dic.
S . A m b ro sii
id.
id.
id.
V II dic.
D e monendo scolares suos ul alios magistros honorent.
Item qu od quisque magister moneat, castiget suos scolares ut h o ­
norent om nes alios magistros de C ollegio, nec contra ipsos turpia verba
vel ign om iniosa proferant per contratas sub pena soldorum quinque
Ianuinorum pro quolibet et qualibet vice.
D e no7i docendo Scolares alicujus magistri egrotantis.
Item quod nullus magister recipiat in scolis suis ad docendum a li­
quem scolarem alicuius magistri de Collegio egrotantis usque ad m en­
sem unum et usque ad tempus illud cum contigeret egrotare. Ita quod
non vad at ad docendum scolares suos. Sub pena soldorum v icin ti Ia­
nuinorum , nisi fuerit de licentia magistri egrotantis. D um m odo d enun­
tiatum sit om nibus magistris per Rectorem de infirmitate ipsius et in
absentia R ectoris per consiliarios dicti C ollegii. Ultra vero illum ter­
minum lice at cuilibet recipere si ad ejus scolas se transferre voluerit.
Ita tam en quod m edietatem precii seu m ercedis quam a scolare rece­
perit m agistro egrotanti dare teneatur quousque convaluerit, eo m odo
quod scolas suas poterit visitare. L iceat tamen non obstantibus supradictis, cu ilib et scolari ire ad quas scolas voluerit et m agistrum ipsum
scolarem recip ere casu quo m agister cum quo adisceret staret infir­
mus per d ies quindecim ultra dictum mensem. Possit tam en dictus
scolaris red ire postea ad dictum suum primum m agistrum , si volu erit.
T e n e a tu r tam en , non obstantibus praedictis , quicum que m agister ut
supra e g rotans , statini quod contingat eum egrotare providere scolis
et scolaribu s suis de aliquo jdoneo R epetitore vel surrogato in dictis
ejus S co lis, quod si non fecerit liceat dictis Scolaribus acced ere ad
alios m agistros et alias scolas, et dictis aliis magistris d ictos tales sco­
lares im pun e recipere.
Dc promotione Grammaticorum ad Collegium Magistrorum.
Si q u is G ram m aticus desideraverit ad Collegium m agistrorum g ra m ­
m atice in Ianua promoveri : primo declaret ipsius volu ntatem officio
e t coram officio Sindicatorum
qui teneantur , talis gram m atici re q u i­
sitione su scep ta , eligere duos scribas de num ero C ollegii N otarioru m
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Ian u ae. Item duos de Collegio Magistrorum gram m atice , qui jurati
b en e et leg aliter se facturos quae dictum officium sibi commiserit, de
v ita e t m oribus dicti grammatici se inform ent, quem si circa eos in­
ven erin t b on e fame , examinent in grammaticalibus su bsequ en ter, et
S in d icato rib u s referant quidquid sibi de moribus et sufficientia in gram­
m atica d icti grammatici invenerint. Inde relatione quorum audita sind icato ru m sit officium praedictum admittere ad Collegium magistrorum
gra m m atice vel excludere, repellere vel negare prout, pro utilitate co­
m uni sibi videbitur faciendum. Qui ordo intrandi dictum Collegium
lo cu m h ab eat et servetur etiam in illis magistris gram m atice qui di­
ctum C ollegiu m non intrassent secundum formam alicujus capituli
d e ipsorum introitu disponentis a creatione Rectorum artium citra (1).
Ouomodo examen fieri debeat.
Item quod examen praedictum fieri debeat et fiat per magistros
C o lle g ii gram m aticae et dictos duos scribas de quibus in praecedenti
cap itu lo fit mentio in praesentia alicuius ex Iudicibus Dom. Potestatis
vel illius cui vices suas commisit et in praesentia unius Fratris Or­
dinis M inorum et unius Fratris Ordinum Praedicatorum, illorum vide­
lice t qui per Priorem praedictorum et Custodem minorum fuerint ad
h a ec d ep u tati, qui Prior et Custos rogari debeant ex parte dicti Re­
cto ris e t Consiliariorum, quod mittere debeant ad ipsam examinationem
faciend am duos ex melioribus grammaticis et Loycis suorum conven­
tu u m , unum videlicet de quolibet Conventu; qui Magistri et Notarii
com p ellan tu r sacramento dicere veritatem, facta examinatione et dicti
F ra tre s sim iliter compellantur a superioribus suis super approbatione
v e l reprobatione illius quem examinaverint. Quorum magistrorum No­
tariorum e t Fratrum voces colligantur et Pallotolas , facto examine,
an tequ am recedant de loco in quo dictum examer. factum fuerit et
d u a e v o ce s magistrorum sint illae quae processerint ex duabus terens
pa rtib u s magistrorum qui tunc aderunt in illo examine et si duae
partes h oc m odo ipsorum magistrorum notariorum et Fratrum se con­
co rd a ve rin t super approbatione et sufficientia ipsius , possit scolas re­
g e r e e t scolares docere in civitate Ianuae et Suburbiis, dummodo prius
q u am incipiat solvat et solvere debeat dicto Rectori nomine Collegii
libras du od ecim Ianuinorum , si fuerit extraneus, et ultra prestiterit
n otario et Statutario Comunis Ianuae stipulanti et recipienti nomine
e t v ice dicti comunis jdoneam cautionem de faciendis et solvendis av a riis realib u s et personalibus dicti Comunis sibi imponendis inde ad
an n os d u os tunc proxime secuturos a die qua inceperit scolas regere
e t scolares docere. Et si fuerit Ianuensis vel de Civitate Ianuae et di­
strictu oriundus libras decem et soldos decem Ianujnorum.
(1) Questo capitolo è riportato in Leges Genurnscs in Moti. J/ist. Pai.,
T . X V I II, col. 653.
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Quod si reprobatus in examine tamquam non sufficiens
non possit amplius examinari.
Item quod si aliquis magister examinetur et in tali exam ine repro­
betur et insufficiens invenietur quod talis magister non possit vel d e ­
beat iterum exam inari nisi prius studuerit duobus annis in studio B o­
noniae vel in alio studio bono et generali.
D e pecunia solvenda dicto Rectori nomine Collegii per examinatos.
Item quod si aliquis magister exam inetur et approbetur quod su­
bito illo d ie quo receptus fuerit, debeat solvere dicto R ectori nom ine
C ollegii quantitatem pecuniae superius per capitulum taxatam aut c a ­
verit jd o n e e de solvendo ipsam infra dies quindecim tunc proxim e
venturos. E t si non solverit aut caverit ut supra, habeatur et teneatur
pro non exam inato et tamquam non examinatus vel reprobatus a
dicto C o lle g io dum tamen eidem per Rectorem presens Capitulum denuncietur.
Item quod si aliquis magister de cetero ingrediatur dictum C o lle ­
gium et solverit Rectori dicti Collegii nomine et vice dicti C ollegii
pro ingressu dicti Collegii aliquam pecuniae quantitatem, dictus R ector
teneatur infra dies quindecim a die receptionis ipsarum pecuniarum
ponere in locis Comperarum S. Georgii scribendis super nom en dicti
C ollegii quorum productus liceat Rectori cum Consilio eius consilia­
riorum cap ere et erogare in ipsis sumptibus Collegii quos ipse R ector
cum C onsilio Consiliarorum pro tem pore deliberaverit pro utilitate
C ollegii. S u b pena librarum decem pro qualibet vice qua dictus R e ­
ctor infra tem pus praedictum id facere recusaverit vel non fecerit,
applicata C o lleg io et ponenda in locis ut supra de aliis dictum est.
D e pena apposita contra Regentem Scolas
contra formam presentium Capitulorum.
Item quod si aliquis magister cuiuscum que conditionis e x istâ t, c e ­
perit scolas in gram m atica in Civitate Ianuae vel suburbiis contra for­
mam presentium Capitulorum incidat in penam , pro quolibet die quo
contrafecerit , soldorum vigiliti Ianuinorum postquam ei denunciatum
fuerit ex parte Rectoris dicti Collegii ne scolas debeat regere contra
form am dictorum Capitulorum. Liceat tamen nonobstante hoc C ap itu lo
cu icu m q u e civi tenere in Domo sua unum Peritum G ram m aticum seu
R epetitorem qui 11011 sit Presbiter vel Clericus cum num ero usque in
decem pueros, comprehensis suis duntaxat, quos tamen d ocere possit.
E t q u icu m q u e m agister vel Repetitor praedictus contrafecerit, incidat
in dictam penam soldorum vigiliti
Ianuinorum
contrafecerit postquam fuerit sibi denunciatum
pro q u olib et d ie quo
ut supra , q u ae
pena
applicata sit pro dimidia operi portus et molis et pro alia d im id ia d icto
C o lleg io pro suo interesse,
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D e ratione reddenda per Rectores veteres Rectoribus novis .
Item quod quicumque de cetero fuerit R e cto r, sive Rectores Col­
leg ii m agistrorum grammaticae Ianuae teneatur ante exitum suae Rectoriae facere rationem Rectori vel suo substituto per Collegium prae­
dictu m ad voluntatem Collegii praedicti seu magistrorum dicti Collegii
d e om ni eo et toto quod pervenerit ad manus suas et receperit qua­
cu m q u e occasione nomine dicti Collegii sub pena librarum vigintiq uin q ue Ianue auferenda per Rectorem novum substitutum a Collegio
cum C on silio Consiliariorum suorum.
De non inferendo iniuriam alicui Magistro.
Item quod si magister ausu themerario diceret vel inferret alicui
alii m agistro de Collegio aliquam iniuriam, Rector teneatur condemnare
et ex to rq u ere ab inferente iniuriam soldos decem Ianuinorum qualibet
v ice. E t si Rector diceret vel inferret iniuriam alicui magistro de Col­
le g io vel m ale egisset offitium Rectoris, Consiliarii dicti Collegii cum
consilio binae tertiae partis magistrorum Collegii possint sindacare et
con d em n are Rectorem vel Rectores in solidis decem usque in viginti
p ro q u alib et vice respectu iniuriae et respectu male gestorum ab uno
floreno usque in viginti pro arbitrio binae tertiae partis dicti Collegii,
qui tam en Rector ut jam dictum est sindicari pro aliqua causa non
p ossit nisi in fine officii.
D e obediendo Rectoribus dicti Collegii.
Item quod omnes et singuli dicti Coli, oboedire teneantur Rectori
v e l R ectoribus dicti Coll. qui nunc est et pro tempore fuerint in his
q u ae spectant ad suum officium licitis et honestis. Sub pena a soldis
d ecem usque ad viginti ad voluntatem dicti Rectoris pro quolibet et
q u alib e t vice dummodo non sit contra formam praesentium Capitu­
lorum .
D e contribuendo in expensu factis vel faciendis
pro dicto Collegio.
Item quod quando aliquae expensae fieri debeant vel factae fuerint
p ro utilitate Coli. , quilibet magister debeat solvere partem suam se ­
cu n d u m provisionem Rectoris. Sub pena sold. decem Ianuinorum. pro
q u a lib e t v i c e , dummodo sint factae cum consilio Consiliariorum Coli,
e t non aliter.
D e cautione prestanda per magistros intrantes dictum Collegium.
Item quia multi se absentaverunt cum libris scolarum et cum de­
nariis bonorum virorum : statutum est quod quicumque deinceps vo­
lu erit ingredi dictum Coli, dictorum magistrorum immediate postea
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— 201 quam fuerit approbatus debeat dare ydoneam securitatem d e libris
vigin tiq u in q u e Ianuinorum usque in centum arbitrio dom inorum S in d icatorum , d e fuga non arripiendo cum pecunia bonorum virorum nec
cum libris scolarium , et insuper si casus accideret singularis quod aliquis d ictorum magistrorum debitum humanitatis exso lveret, et reperiretur ipsum debere reficere Scolaribus suis pro salario ab ipsis re­
cep to, teneatur quilibet de dicto Coli, docere dictos S co la res si vo­
luerint ire ad suas Scolas usque ad restitutionem eius quod dictis S c o ­
laribus reficere deberet dictus magister defunctus.
D e his quibus prohibitum est regere Scolam in Ianua et Suburbiis .
Item q u ia compertum est per aliquos magistros com m issa fuisse
retroactis tem poribus quedam nefanda et enormia facinora in pueros
q u os doceban t quae Ianuensium genus potissime detestatur: Statutum
et provisum e s t: Quod nullus de Marchia vel Ducatus d e T u sia, N e a ­
politan us, vel Siculus, sive Rom andiolus vel aliquis de toto Patrim onio
dein ceps possit intrare dictum collegium Magistrorum nec aliqualiter
scolas re g e re vel pueros docere in Civitate Ianuae vel suburbiis v e l
in aliq u a parte districtus Ianuae postquam fuerit sibi denuntiata copia
presentis Capituli ad instantiam Rectoris vel Rectorum praedictorum
de m andato Dom in. Sindicatorum sub pena florenorum auri m ille et
ultra in arbitrio D .ni Gubernatoris , et casu quo contrafecerit et sol­
vere non posset debeat pro civitate Ianuae fu stig ari, seu in locis in
quibus contrafecerit, et ultra abscindatur ei una manus (i).
E t q u od dictum est supra de m agistris idem ju s servetur et locum
h abeat in Repetitorem nisi aliter foret in predictis per m agn if. C on si­
lium D D . A n tianorum dispensatum.
Quod nullus Repetitor vel Magister
deprobet aliquem Magistrum de Collegio.
Item q uod nullus Repetitor vel M agister qui non sit d e C o lleg io
d ep ro b et seu vituperet in Rure nec in C ivitate v e rb is, in d ic iis , sive
factis in aliq u o locorum patentium , vel occultorum aliquem d e C o l­
leg io S ociu m vel Magistrum de se per se nec per alium interpositum
vel ad ju n ctu m . Sub pena ipsi Repetitori vel M agistro a sold is d ecem
usque in quadraginta qualibet vice arbitrio Rectoris et C onsiliariorum
habita prius fide de praedictis. Etsi ad instantiam alicuius m agistri de
C o lle g io f e c e r it , seu fieri fecerit praedicta. Sub pena ipsi m agistro a
libris d u abu s usque in decem Ianuinorum , quarum tertia pars sit a c­
cu satoris alia Operis Portus et molis et reliqua dicti C oll. E t qu od d i­
ctum e st supra de Repetitore contra Magistrum intelligatur et servetu r
de M agistro contra Repetitorem , vice versa.
(i) Questo cap., sebbene abbreviato e in altra forma, si legge nelle Leges
cit. col. 711.
G ioni. Si. e Leti, della Liguria.
14
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D e juramento Magistrorum dicti Collegii.
Item q u od quilibet dicti Coli, grammaticae teneantur ju rare et ju ­
rasse infra d ies quindecim mensis novembris singulo anno de obediendo
eo ru m R ectoribu s qui sunt et pro tempore fuerint in his quae spe­
ctan t ad ipsos et artem suam licitis et honestis et de observando om nia e t singula capitula et Statuta dicti Coli, quae sunt approbata sub
p en a fiorenorum duorum pro quolibet dictum juramentum facere ré­
cu san te et qualibet vice, salvis semper mandatis, D .n* Gubernatoris et
C on silii sui D D . Antianorum .
De associajido corpora Defunctorum.
Item q u od quilibet m agister de Coli, teneatur ire ad funus et se­
pulcrum cuiuslibet defuncti dicti Coli. Uxoris, filiorum et filiarum m a­
jo ru m annis decem quotiescum que ei denuntiatum fuerit per Rectorem
et in red itu vero ab Eclesia sociare propinquos usque ad domum sub
pena floreni qualibet vice.
Quod qui Rector fu erit vacare debeat per certum tempus.
Item qui fuerit Rector uno anno dicti Collegii non possit postea
esse R e cto r ipsius Coli, usque ad annos tres ipso anno non com pu­
tato, ita q u od cessare debeat, per annos tres et si aliter electus fuerit
d icta electio non valeat nec teneat aliquo alio Capitulo nonobstante.
E t qu od dictum est de Rectore intelligatur de Consiliariis et similiter
o b serve tu r.
D e facienda disputatione per intrare dictum Coli, volentes
Item quod quociescumque recipi debuerit aliquis Magister in di­
ctu m C o li, teneatur et debeat, priusquam ad examen perveniat seu in
dictu m C ollegiu m recipiatur , facere aliquam disputationem , seu aliq u ale principium , vel sermonem publice in aliqua Ecclesia Civitatis
Ia n u ae, prius cedulis in ostiis Ecclesiarum Ianuae de dicta disputa­
tion e m encionem facientibus ut moris est. In quibus cedulis decla­
rentur questiones preponendae vel arguende nec aliquo modo aliter
aliq u is recip i in dictum Coli, possit nec procedi ad exam inationem vel
recep tio n em ipsius talis ingredi volentis. Sub pena librarum quinqua­
g in ta Ianuinorum auferenda a quolibet Rectore dicti Collegii recipiente
aliq u em in dictum Coll. non factis praedictis et qualibet vice cjue pena
in solidum operi Portus et molis applicetur.
D e faciendis collibetis.
Item ad hoc ut Scolares ad Studium et ad addiscendum reddantur
a cu tio res et habiliores ita tutum et ordinatum e s t , quod quilibet ma­
g is te r dicti Collegii precise teneatur et debeat quolibet anno saltem
sem el a F esto S. Lucae usque ad Festum Pascatis Resurrectionis Do­
m ini ex clu sive disputare in aliqua Ecclesia unam vel duas questiones
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sive facere aliquod collibetum in arte sua prius cedulis positis per C i­
vitatem Ianuae in ostiis Ecclesiarum Civitatis Ianuae ad hoc u t h a ec
valeant pervenire ad notitiam singulorum potissime volentium huius
disputationibus interesse quibus quidem disputationibus R ectores de
Coll, interesse debeant precise nec non omnes et singuli alii m agistri
dicti C oli, cum ipsorum Scolaribus m agis doctis. Sub pena librarum
quinque Ianuinorum pro quolibet m agistro disputationem facere no­
lente , vel non disputante secundum ordinem traditum a R ectorib u s
dicti C oll. d e quo infra dicetur. E t pro quolibet Rectore seu m agistro
dicti C oll, ad dictam disputationem non veniente soldorum q u in q u a­
ginta et q ualibet vice. Et hoc nisi iuxta causa excusationis in terve­
nerit pro die ordinata , quae per Rectores dicti Coli, cogn osci d eb eat
cum consilio Consiliariorum suorum vel majoris partis ipsorum m agi­
strorum . E t ad hoc ut huiusmodi disputationes procedere valeant or­
dinatae et quod unusquisque dictorum m agistrorum scire possit quo
die disputaturus est sive ejus collibetum fieri debet: teneantur R e ­
ctores dicti C oli, omni anno ante Festum Beati Lucae per unum m en­
sem d ivid ere et assignare dictas disputationes inter m agistros dicti C oi.
qui etiam R ectores disputationem suam facere teneantur. Itaque unus­
quisque dictorum magistrorum ordinate sciat diem sui collib eti vel di­
sputationis et in qua Ecclesia fieri debeat et providere possit u t circa
dictum collibetum faciendum et ordinandum sint respondere deben tes
nec non et scolares sui acutiores quos secum ducere d e b e b it , quas
ordinationes dicti Rectores facere .debeant cum consilio suorum consi­
liariorum . E t hoc sub pena florenorum quattuor pro q u olib et R ecto re
non observan te predicta et qualibet vice operi Portus e t m olis Ianuae
applicanda.
D e scolaribus recedentibus de scolis magistrorum.
Item quod nulli Scolares et praesertim illi qui rem anent sub c u ­
stodia m ulierum corrigi male possunt propter m utationes quas saep e
faciunt de S co lis ad Scolas, quod tamen finaliter cedit in ipsorum S c o ­
larium evid ens detrim entum : Idcirco statutum et ordinatum est q uod
quicum qu e scolaris iverit ad scolas alicuius magistri et in ipsis scolis
per d ies quindecim ex dictis scolis recedere voluerit solvere m agistro
dictarum scolarum pro uno mense et si per unum mensem continuum
eundo continuasset ad dictas sc o la s , si autem infra dictos dies q u in ­
decim a d ictis scolis recedere voluerit nil propterea m agistro ipsarum
scolarum solvere teneatur.
D e condemnationibus exigendis et applicandis.
Item tenean tur Rectores et Consiliarii dicti Coli, e x ig e re
cond em nation es
om n es
factas tempore eorum R ectoriae et officii et p artem
operis P ortu s et molis contingentem
officio dicti operis con sig n are.
S u b pena solven di de eorum proprio.
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Item quod omnium penarum et tocius eius quod exigetur vigore
presentium Capitulorum medietas sit operi Portus et molis et alia dicti
C oli. S a lv o si mentio aliqua fieret de accusatore quod tunc et eo casu
tertia pars sit accusatoris tertia operi Portus et molis et reliqua dicti
C o ll. E t salvo ubi invenietur specialiter declaratum cui pena deberet
a liq u a applicari.
Item ad tollendam dubitationem declaraverunt quod pecunia quae
so lv itu r vel solvetur a quocumque ingrediente Coll. pro suo ingressu
sit C o li, nec intelligatur applicata esse alteri quam ipsi Collegio quae
p ecu n ia d ebeat in locis Comperarum S. Georgii ut supra dictum est.
Item qu od frustra fuisset applicare dimidium penarum operi Portus
e t m olis nisi earum executio fieret, teneantur quicum que Rector et
consiliarii dicti Coll, ante finem officii sui denuntiare D . Patribus C o­
m unis quoslibet, qui contrafecissent et quantum pene applicatum operi
p o rtu s et molis fuisset et de eo quod de dicta pena exactum jam
fu isset ab ipso Rectore seu a Consiliariis teneantur ante tempus sui
officii illud assignare dictis D. Patribus Comunis sub pena solvendi de
su o proprio si vel denuntiare neglexerint vel quod exactum fuisset non
a ssign averin t ut supra.
Item quod D. Patres Comunis teneantur et debeant dare brachium
su u m cuicum que Rectori et Consiliariis dicti Collegii tam cum eorum
C a v a le rio tam cum eorum servientibus ad exigendum omnes et sin­
g u la s condem nationes factas a dicto Rectore seu consiliariis tempore
eorum officii teneantur ipsi Rector et Consiliarii illas denunciare dictis
D . P atribu s Comunis ante finem officii sui ut supra dictum est.
Quod capitula non firmata sint cassa.
Item qu od omnia et singula Capitula hinc retro facta per magistros
scolaru m e t seu eis concessa quae non sint in his Capitulis expressa
v e l nisi d e novo forent concessa sint cassa, irrita et nullius valoris et
q u o d ipsi nec etiam aliquis ipsorum vel aliqua persona pro ipsis vel
pro ipsorum occaxione dictis Capitulis uti possint sub pena librarum
d ecem Ianuinorum pro quolibet et qualibet vice. Sed ista sint Capi­
tu la, q u ib u s ipsi magistri Scolarum, Rectores et Consiliarii uti possint
e t d eb ea n t non obstantibus aliis Capitulis hactenus sibi concessis quod
pro nullis et irritis habeantur.
Quod Rectores teneantur rixantes concordare.
Item quod Rectores dicti Coli, teneantur quoscumque de ipso Coli,
rixan tes infra triduum concordare sub pena solidorum viginti Ianui­
norum pro quolibet Rectore si fuerit negligens in aliquo de praedictis
q u ae p en a exigatur a dicto Rectore contrafacientes per Consiliarios
d icti C oli, cum consilio binae tertiae partis magistrorum
dicti Coli,
in fine officii dicti Rectoris. Et quilibet ex rixantibus ipsis Rectoribus
d e b e a t ob ed ire et ejus mandatis licitis et honestis. Sub pena soldorum
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q uad raginta Ianuinorum pro quolibet inobediente quae pena exigatu r
a R ixantibus per Rectorem dicti Coll. de Consilio consiliariorum
suorum .
Quod magistri dicti Coll, ire debeant
ad luminaria Beatorum Apostolorum Simonis et Iudae.
Item qu od quolibet anno teneantur magistri dicti C ollegii ire ad
lum inaria B. Apostolorum Simonis et Iudae cum Rectoribus suis sub
pena soldorum quinque Ianuinorum pro quolibet contrafaciente et q u a ­
libet vice.
D ie X I Iulii 1469.
S p ectab iles et prestantes Viri Babilanus Gentilis P a lla v icin u s, G irardus L om ellinus, Francus Maruffus, Petrus de Facio, quattuor Capi
tulatores Artificum Civitatis Ianuae.
H ab en tes plenam et omnimodam Potestatem ad haec infrascripta
prout constat in actis Cancelleriae manu mei Cancellarii infrascripti,
praesibi Capitulis praesentibus pro magistro gram m aticorum C ivitatis
Ianuae artis suae jam dudum concessis et demum revisis et correctis
ac em endatis per Spect. Viros Nicolaum de Grim aldis C eb a , Silvestrum de B ru g n a li, Iacobum Iustinianum et Brancaleonem de A u ria
C apitulatores nuncque insuper de novo per ipsos Babilanum G entilem
et S o cio s revisis ac in aliquibus partibus correctis em endatis et d ecla­
ratis. D em um maturo inter sese exam ine habito, illa om nia e t singula
quae in presenti volumine descripta sunt addendo , corrigen d o et em endando approb averu n t, ratificaverunt et om ologaverunt iliaque de
cetero habere locum et servari debere per ipsos m agistros et in ipsa
arte m agistrorum voluerunt e t decreverunt in omnibus prou t in eis
continetu r nonobstantibus obstantiis quibuscum que, annullantes et cas­
santes penitu s ac irritantes omnia alia et singula C apitula quandocum que ipsis m agistris et sue arti m agistrorum concessa e t om nia
refferantur ad haec Capitula duntaxat, de quibus in presenti volu m in e
fit m entio.
D ie X X I I Sept. 1469.
M agnificus et 111.s D. Ducalis in Ianua locum tenens et G u b er­
nator e t M agn. Consilium D . Antianorum in sufficienti et legitim o nu­
m ero co n g re g a ti.
V isis et auditis Capitulis artis m agistrorum gram m aticae ut supra
concessis et em endatis correctioneque ipsorum approbaverunt e t ra ti­
ficaverunt ac suam auctoritatem
interponentes pariter ac
D ecre tu m .
M andantes ea servari debere in omnibus prout in eis continetu r non
o b stan tib u s obstantiis quibuscum que (1).
(Continua).
(1) Questi statuti sono in copia fatta probabilmente dal Lagoniarsino
stesso. L ’ originale che avrebbe dovuto trovarsi neH’Arch. di Stato in Ge­
nova, non esiste.
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UN ASCETA DEL RINASCIMENTO
(D E L LA
VITA
e
D E L L E O P E R E DI G I R O L A M O B E N I V I E N l )
AVVERTEN ZA.
Il nome di Girolamo Benivieni, che traversò come una
favilla luminosa, conosciuto ed ammirato , tutto il nostro
Cinquecento, pur cosi ricco di luce e di gloria, andò infine
a smarrirsi nel mare grande del secolo decimosettimo , e
non s’è più ritolto, fino adesso, dall’oblio in cui, certo immeritamente, era caduto.
Dico immeritamente perché senza dubbio 1’ opera sua
di letterato e la vita furono tali e cosi intimamente con­
nesse l’una e l’altra con la vita letteraria e politica di Fi­
renze, per non breve spazio d’ anni, che la lor conoscenza
gioverebbe non poco a rischiarare le tenebre che ancora
s’ addensano su quel periodo pur tanto studiato e cosi fa­
ticosamente cercato e rifrugato del Rinascimento nostro,
che v.a dal secondo mezzo del secolo decimoquinto al primo
del decimosesto.
E gli fu invero una curiosa figura d’uomo e di scrittore,
degna, non foss’altro d’esser già di per sé sola conosciuta
come prezioso documento d’ una singolare condizione psi­
cologica che fu ai suoi tempi molto diffusa: una figura che
sarebbe forse per noi incomprensibile affatto, o quasi, ove
la memoria non ci tenesse presente quanto lunga distanza
d’anni ormai interceda fra noi ed essa. Fonti per la storia
della sua vita esistono a Firenze negli Archivi e nelle Bi­
blioteche, non ancora compiutamente esplorate ; e sono do­
cumenti a lui contemporanei — sopra tutto lettere — e
biografie di poco posteriori (i). Le sue opere poi sono quasi
(i)
Mi sono giovato, per intessere la storia del Benivieni, oltre che delle
opere a stampa, sue e d ’altri, specialmente di due biografie manoscritte anonim e, esistenti nelle Biblioteche di Firenze. La prima è contenuta nel
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tutte a stampa : poco e di poca importanza resta di inedito
o di incertamente attribuitogli.
Valendomi di tali sussidi, intreccerò il racconto della
sua vita, non ricca di grandi casi, con l’esame degli scritti
suoi, studiandomi, sopra ogni cosa, di riporlo nella sua vera
luce, nelle condizioni naturali dei tem pi, dei quali fu g e ­
nuino prodotto.
I.
iD A L L A FAN CIU LLE ZZA ALLA V IR IL IT À : PRIM I ST U D I,
C U LT U R A , SPIRITI L E T T E R A R I E F IL O SO F IC I.
Girolamo Benivieni nacque in Firenze, di famiglia non
v o lg are, nella quale anzi era — e poi si continuò — una
buona tradizione di studi (i), nell’anno 1453. ‘S uo padre si
chiamava Paolo, sua madre era de’ Bruni (2). Ebbe un fra­
tello , Domenico, canonico e filosofo platonico , e scrittore
di trattati e di epistole morali, e professore di dialettica
nell’ Università di Pisa : uomo di non mediocre ingegno,
seguace ardimentoso e difensore, anzi apologista, delle dot-
noto cod. naz., II, I, 91 (Magi., cl. VIT, n. 746), già descritto dal B a r t o l i
nei M anoscritti Hai. della Bibl. Naz. di Firenze, t. I, pp. 98 e sgg., e va
dalla carta 231 alla 278 ; è attribuita dal Foliini, in una dissertazione inse­
rita nello stesso codice (c. 449), al Mannelli. Certo è opera d ’ uno che co­
nobbe di persona il Benivieni. La seconda è evidentemente una copia della
prima , in molti punti esattissima , in altri aumentata di digressioni reto­
riche, in pochi di particolari e notizie nuove: sta nel cod. Marucelliano A,
C X X X V I I , un miscellaneo cartaceo, in f.°, dei secoli X V - X V I - X V 1I ,
di carte numerate saltuariamente , perché in massima parte composto di
frammenti , e contenente per lo più ricordi familiari e pubblici di vari. La
vita del Benivieni è compresa in ventinove carte numerate, di nitida scrit­
tura, con molte correzioni e cancellature, che appaiono di mano diversa e
son tali da lasciar supporre che l’autore stesso le abbia fatte, su una copia
procurata da altri. Cito il primo come cod. N .t il secondo come cod. M.
(1) Ne lasciò memoria il contemporaneo Ugolino V erin o, nel II I libro
del carine D e Illustratione Urbis Florentiae:
Illa vel illa potens domus extitit: unde sit orta
F am a tacet, nostrasque nihil pervenit ad aures.
Sed Benivena v iris nunc est ornata peritis,
N obilis et claro memoranda aliquando Poeta.
(2) Cod. N.
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trine del Savonarola (i); un altro fratello, Antonio, medico e
filosofo , dotto di greco e autore di vivaci e curiosi trat­
tati sull’ arte sua — notevole fra gli altri quello intitolato
De abditis nonnullis ac mirandis morborum et sanationum
causis (2) ; — e, infine, anche discendenti, non diretti, ma
per via fraterna, pur essi valorosi cultori delle lettere ; e
v id e , innanzi di morirà , un suo nipote, Lorenzo , divenir
nel 1541 primo console deir Accademia Fiorentina (3).
(1) Del Savonarola fu intimissimo, e lo accompagnò nella visita fatta a
Lorenzo D e’ Medici moribondo; lo difese in alcune epistole e specialmente
in uno scritto che ebbe per titolo: Trattato di M.° Domenico B enivieni poeta
fiorentino i?i difensione et probatione della doctrina et prophétie predicate
da Frate Hieronymo da Ferrara nella città di Firenze. Impresso in Firenze
per Ser Francesco Bonaccorsi a di X X V II[ di maggio M CCCCLX XX X VI.
M arsilio Ficino gli scrisse una lettera chiamandolo complatonico suo (Ap­
pendice a ll’ediz. di tutte le opere, Basilea, 1561, p. 873. V. I l Savonarola e
la critica tedesca, traduzioni di A. G iorgetti e C. Be n e t t i , Firenze, Bar­
bera, 1900, p. 212) e varie lettere gli scrisse Pico della Mirandola, il quale
lo citò anche onorevolmente nel suo proemio De ente et unum ad Angelum
P olitianum (c. 241). 11 F abru cci, nei Monum. Hist. Gymn. Pisani (t. XLIII,
p. 241 della Raccolta Calogerana), riferisce d’ aver trovata assegnata la
morte di Domenico Benivieni al 3 dicembre del 1507, dal registro della Laurenziana A, p. 60. E alla sua morte si riferisce un sonetto del fratello
Girolamo, che si trova pubblicato insieme con le altre rime del Nostro,
e che fu poi riportato dal P occianti nel suo Calai. Script. Florent.,
a p. 49.
(2) In quest’opera appunto Antonio Benivieni accenna all’ insegnamento
di greco impartitogli da Francesco da Castiglione (c. LXII). A questo fra­
tello del N . indirizzarono, il Ficino un’ epistola {Opere di M. F., ediz. del
1495, L. V , c. 108), e il Poliziano un’ elegia in versi latini, contenente le
lodi della famiglia Benivieni.
(3) Ecco la parte dell’albero genealogico della famiglia del N , che ne ab­
braccia i letterati:
Paolo
Domenico, can. di S. Lorenzo,
ni. 1507.
Antonio, med.,
m. 1502.
Girolamo, poeta, 111. 1542.
M ic lie le
I
Lorenzo, primo cons. dell’Accad. Fior., m. 1547.
Antonio, canonico di S. Lorenzo, m. 1598.
Per Lorenzo, si v. S a l v i n i , Fasti consolari dell'Accademia Fiorentina ,
p. 201. Antonio compose una Vila di — Piero Vettori — L'antico Gent i l ’huomo — Fiorentino, stampata a Firenze per i tipi de' Giunti, nel 15*3,
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209 —
Ebbe egli in dote da natura una certa qual gentilezza
melanconica di temperamento , cui giovò ad aumentare la
costituzione fìsica, debole e malaticcia, si da non lasciar
presagire per lui un lungo corso di vita. Fin da giovinetto
rifuggendo dai passatempi dell’età sua, si compiacque degli
studi de’ classici e dei poeti italiani, e apprese anche otti­
mamente 1’ ebraico, tanto da poter tradurre da questa lin­
gua direttamente nella nostra, alcuni salmi di David (i).
La vita dove presentarglisi al suo primo apparirvi ben
lieta e desiderabile , essendo Firenze all’ apogeo della sua
prosperità per floridezza d’ industrie e per dovizia di com­
mercio, e tutta ridente di canti e di tripudi, fra 1’ artistica
tirannide del Magnifico e la maggior gloria del Rinasci­
mento. Poiché veramente allora l’ Umanesimo accennava
già a cedere il campo : esso aveva compiuto, o quasi, la
sua missione di preparatore e d’iniziatore della Rinascenza.
Da quel paziente e sottile lavorio di ricerche usciva già la
vita nuova; il riposto senso della bellezza ch’ era proprio
dei pagani , a traverso tutto quel polverio di carte scosse
e ricercate con cura amorosa da un capo all’altro d’Italia,
lanciava come un raggio caldo e luminoso di sole, che ec­
citava le menti e ingentiliva gli animi. Il Benivieni, pur
essendo seguace degli umanisti, in quanto amò i poeti della
classica latinità , seppe apprezzare i grandi italiani del se­
colo precedente, e ne fece oggetto di studio assiduo e di­
ligente , ed ebbe poi il merito insigne di essere fra quei
primi che, elevando un argine contro alla preponderante e
prepotente mania degli studi classici, vollero , insieme con
Lorenzo dei Medici e Angelo da Montepulciano, restituito
opera ricca di dottrina, scritta in uno stile concionatore, pieno di solenne
maestà. A lui indirizzò il Varchi uno dei suoi epigrammi, che comincia:
Antoni qui tot proavos, clarumque Parentem
Non minus ingenio, quam bonitate refers.....
e si trova in quella raccolta Carminum illusi?·. Poetar, Italor. (Florentiae,
1720, t. X, p. 236), nella quale si trovano pure (a p. 244) alcuni endecasil­
labi dello stesso Varchi al B., che cominciano :
Anioni male sit mihi ac m oleste.....
(1)
V. cod M . A titolo di curiosità sia qui riferito che vi fu chi, alla na­
scita di Girolamo, astrologasse « che egli farebbe la fine sua a guisa di cat­
tivello, condennato nella persona ». (Cod. N.)
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«
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nel debito onore il volgare nostro dispregiato. Come ap­
punto con Lorenzo e con Angelo aveva comuni i gusti e
le tendenze letterarie, non tardò a divenire amico loro in­
timo , e fu dei più cari al primo , di tutto quel circolo di
letterati ond’ egli amò allietare gli scarsi ozi di Careggi e
i brevi riposi dalle cure dello Stato, improvvisando poesie
giocose e d’ amore. E non di rado avvenne che Girolamo,
tolta la viola, ne unisse il suono al canto, come valentis­
simo ch’egli era di quello strumento. Ma 1 amicizia non lo
indusse a partecipare agli stravizi del Poliziano e del Ma­
gnifico , e il suo nome , forse unico tra quelli dei favoriti
medicei, passò senza una macchia turpe alla posterità.
Di qual genere fossero le poesie ch’ egli venne compo­
nendo in gioventù , fin verso i trenta anni, sebbene non
tutte ci sieno conservate, è facile immaginare. Del culto
eh’ egli ebbe per Dante e pel Petrarca risentono le sue
rime, nelle quali si trovano sempre mescolati
talora un
po’ bizzarramente , non mai sconvenientemente
gli in­
flussi dell’ uno e dell’ altro : del primo , in prevalenza, nei
carmi filosofici, del secondo in quelli erotici. Alla corte di
Lorenzo dei Medici era difficile cantar d’altro che d amore,
e molte poesie amorose ebbe a comporre in quegli anni
Girolamo , le quali andarono poi quasi tutte smarrite. Si
conserva però una sua riduzione in ottave della novella
di (jhismonda e Tancredi del Boccaccio ( i ) , che è vera­
mente notevole per la fattura del verso e per la condut­
tura dell’azione, cosi maestrevole ed elegante, che lo Zambrini , ripubblicandola nel 1863, non esitò a dirla un vero
poemetto (2). La favola è nota: Tancredi, principe di Sa(1) Decamcronc, giorn. IV , nov. 1. Fin dalla prima ottava il B. av­
verte di aver già composto molte altre rime d'argomento profano:
Canterò io con quella cetra in mano.
Per cui già tanti versi e rime ò sparse.
(2) Tancredi principe di Salerno, novella in rima di H i e r o n i m o B e n i ­
Bologna, Romagnoli, 1863. Giova notare come il P. B l a s i n ella s u a
raccolta: Opuscoli di autori siciliani (vol. XX, pp. 228 e sgg.), p a r l a s s e per
il primo d ’un’antica stampa di questa novella, ch’egli descriveva cosi: « Il
poemetto è tutto continuato senza divisione di canti, ed è racchiuso in due
quaderni di 10 carte per cadauno, che hanno il loro registro a -b , ma non
v ie n i,
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- 211 -
lerno, sorpresi gli amori segreti della figlia Ghismonda con
Guiscardo , giovine scudiere, fa uccidere questo , e strap­
pargli il cuore ; che p o i, riposto entro una coppa d’ oro,
invia come dono — ed è dono di morte — alla figlia. Ed
ella,
.............. volta all’aurea coppa, al freddo e morto
Cor del suo amante, il cor troppo diletto
Sguardando disse : oh dolce e fido porto !
A h grato albergo, ah placido ricetto
D e ’ mie" pensieri ! ah singoiar conforto
D ’ogni mio maggior mal ! che m aledetto
Sia ’l crudo cor di quel che mi conduce
A veder te con queste inferme luce !
A ssai m ’era cogli occhi della mente,
D olce mio cor, vederti a ciascun’ora !
T u ài di questo rapido torrente
L ’ultimo corso superato ! Fora
D ’ogni mal posto (i), la vita presente,
Qual te la dessi il ciel, à termine ora!
E s e ’ giunto a quel fin dove ogni cosa
Mortai trapassa, senza aver mai posa;
L asciato ài le fatiche e ’l van dolore,
L e miserie del mondo iniquo e stolto
E ’ n quel sepolcro or s e ’ che ’l tuo valore
Meritò già, dal tuo nemico accolto !
Non mancava altro al tuo funèbre onore,
N è alla esequie tua, altro era or tolto,
C h e l ’infelice e ’ l doloroso pianto
D i quella, che tu in vita am asti tanto! (2).
v ’è numerazione nè anno, nè luogo, nè nome di stampatore, ed è in forma
di 4.0: fu stampato nel secolo XV, e dedicato al suo dilettissimo Giovan
Pico della Mirandola ». A questa antica stampa della novella accennò pure
il B r u n e t nel suo Manuel du libraire, dicendola rarissima e assegnandola
a circa l ’anno 1485. Lo Zambrini non riuscì, per quante ricerche ne facesse,
a rinvenirla, e si dovè giovare, per la sua edizione, del solo codice mano­
scritto che a nostra conoscenza conservi il poemetto del Benivieni, il quale
si trova nella Biblioteca Nazionale di Firenze con la segnatura Cl. V I I ,
cod 726, già Strosciano n. 1004, e che — riporto le parole dello stesso
Zambrini — « non è certo di molto corretta lezione ; sicché a ridurlo vi ho
speso dietro non leggier fatica ».
(1) Cosi mi sembra sia meglio correggere la lezione del codice:
D’ogni mal posto alla vita presente
che invece lo Zambrini restituisce :
D 'ogni mal posto è : la vita presente.
(2) Ed ecco qui, per comodità di raffronto, la corrispondente prosa del
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Cosi, bagnato di lagrime il cuore dell’amato, Ghismonda
si uccide.
Questa riduzione poetica fu pubblicata verso il 1485;
già prima, fin dal 1481 , Girolamo aveva dato alle stampe
le sue ecloghe , in una raccolta di bucoliche , insieme con
poesie di Bernardo Pulci, Francesco Arsochi e Iacopo Fio­
rino de’ Buoninsegni. A ventinove anni egli aveva dunque
compiuta quella parte che restò poi più notevole di tutta
la sua produzione letteraria. Ma di questo m’intratterrò pili
oltre ; per ora mi preme di notare che di quanto il Beni­
vieni ebbe a scrivere in gioventù , sol quello ci resta che
a l u i , maturo d’ anni e di senno , piacque ci fosse conser­
vato : il resto andò irreparabilmente distrutto (1).
Tornando agli avvenimenti di sua vita , è da ricordare
che non volle prender moglie , sebbene fosse di carattere
socievole e tutt’ altro che misogino ; ma ne lo rattenne la
costituzione infermicela e il pensiero di tutte le noie che
trae seco le stato maritale (2): preferì meglio ritrarsi a con­
vivere col nipote Michele, cui abbandono anche la cura di
tutti i suoi beni di fortuna (3). Sottrattosi cosi ad ogni afBoccaccio. Si veda con quanta fedeltà ed insieme con quanta eleganza il B.
abbia saputo renderla in poesia: « ...............rivolta sopra la coppa, la quale
stretta teneva, il cuor riguardando, disse: ahi dolcissimo albergo di tutti i
miei piaceri, maledetta sia la crudeltà di colui che con gli occhi della fronte
or mi ti fa vedere. Assai m ’ era con quegli della mente riguardarti a cia­
scuna ora. Tu hai il tuo corso fornito, e di tale, cliente la fortuna tei con­
cedette, ti se’ spacciato. Venuto se’ alla fine alla qual ciascuno corre. L a­
sciate hai le miserie del mondo e le fatiche, e dal tuo nemico medesimo
quella sepoltura hai, che il tuo valore ha meritata. Niuna cosa ti mancava
ad aver compiute esequie, se non le lagrime di colei la qual tu vivendo co­
tanto amasti .. .. ».
(1) « .................... se la ombrosa Religione di Girolamo ci concedeva ve­
dere il suo Canzoniere, nella maniera che esso da giovane composto lo haveva, forse più leg gia d ro, et più vago, se non cosi p io , si mostrerebbe ai
leggenti ». ( Cod. N.). Si vedano a questo medesimo proposito i due sonetti,
l'uno di Girolamo, l ’altro di Lodovico Martelli, che, traendoli dallo stesso
codice, io riprodurrò in appendice (n. 1-2).
(2) Cosi fece « ................... pensando ai molti arredi, che dietro di neces­
sità si tirano le femmine, e lo ritrasse principalmente, da questo la com­
plessione sua non gagliarda, nè atta gran fatto ai servigi delle Donne, il
che dalle comandamenta di S .la Chiesa, a cui egli fu sempre obbedientissimo figlio, si persuase, che lo scusasse abastanza, ne per tutto ciò a dive­
nire Cherico si dispose....... ». Cad. M ).
(3) Cod. M.
\
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fanno di vita materiale potè dedicarsi tutto agli studi pre­
diletti ed apprese, oltre l’ebraico, benissimo il greco, come
dimostra il fatto che tradusse in italiano tutto il Convivio
di Platone (i). Ciò non ostante, non vorrei si credesse che
egli fosse un santocchio baciapile o un pedantuzzo studioso,
incurante di tutto che non fosse libro, noioso a sé ed agli
altri. Certo , egli non visse in giovinezza come un anaco­
reta, lungi da ogni piacere e divertimento ; e, sebbene l ’in­
dole, seria e riflessiva fin dai primi anni, non dovesse trarlo
a soverchie licenze , pure i tempi e i luoghi nei quali si
trovava, erano tali da dovergli di necessità apprendere qual­
che benché minima particella di quella sfrenata smania di
gioia e di piacere onde furono tutti ebbri durante e dopo
l’epoca in cui si svolse l’adolescenza sua. Sappiamo che ta­
lora partecipò a feste ed invenzioni carnescialesche, e che
un anno fra gli altri ebbe ad immaginare una mascherata
assai piacevole: il rassembramento degli eroi, per la quale
compose anche un vero canto carnescialesco (2).
A lla Corte medicea e fra g l’intimi di Lorenzo, il Beni­
vieni dovè fare ben presto la conoscenza di Marsilio F i­
cino : quale e quanta parte questo fatto abbia avuta nella
sua vita , lo additano chiaramente le opere che ce ne re­
stano: ma fu egli, insieme con Marsilio, un vero e pro­
prio accademico platonico? Ecco una domanda per rispon­
dere alla quale conviene prendere le mosse un poco ad­
dietro. Com’ è noto, un’Accademia platonica vera e propria
non esistè mai in Firenze; ma, come il periodo storico che
succedette a quello in cui essa fiorì, fu proprio il periodo
in cui le accademie si organizzarono con statuti e regola­
menti e divennero vere corporazioni scientifiche e letterarie,
accadde che a poco per volta chi parlava dell’Accademia
senza una fondata cognizione dei documenti, ne venisse
facendo una cosa ben diversa da quello eh’ essa non fosse
(1) « ...................... il medesimo troviamo per alcune lettere del M D X di
F. Salvestro da Marradi, essere avvenuto del Convivio, di Platone, da G iro­
lamo tradotto, e dal Pico poscia...... comentato ». (Cod. M.).
(2) Riproduco in appendice (n. 3 ), la descrizione della mascherata e il
canto, iraendoli dal Cod. N t
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in realtà. Di più : da prim a, dell’Accademia non si ebbe
nemmeno un concetto chiaro e distinto , e il nome di pla­
tonica si trova ad essa unito per la prima volta in un do­
cumento che porta la data del 1638. Si sapeva, più per
tradizione che per certa scienza , della splendida fioritura
letteraria avvenuta in Firenze ai tempi del Magnifico , e
poiché nella prima meta del secolo X V I non v ’ era uma­
nista o poeta o filosofo che non appartenesse a qualche
accademia, cosi di quanti umanisti, poeti e filosofi si sapeva
a un dipresso ch’eran vissuti alla Corte di Lorenzo, e per­
sino di chi non aveva soggiornato in essa che di passaggio,
si fece una Achadeviia Laurentii, o Medicum. Avvenne poi
d’ altra parte , che molti fra i moderni cadessero nell’ ec­
cesso opposto , riducendò l’Accademia a qualche cosa di
veramente vago e giungendo alcuni fino a negarne addi­
rittura l ’ esistenza (1). E 1’ una e l’ altra affermazione sono
eccessive ; in realtà l’Accademia platonica non fu altro che
questo : una riunione di dotti amici, che s’intrattenevano a
filosofare piacevolmente nell’ amena villa del Ficino a Careggi, da lui stesso chiamata Accademia; ed è noto come
l ’Accadem ia di Platone altro non fosse che la sua villa
posta sulle rive del Cefiso e ne’ giardini di Academo. Que­
sta raccolta d’amici si proponeva, auspice e quasi maestro
il Ficino, di far rivivere le forme e i riti dell’antica Acca­
demia : quindi discussioni sopra oggetti filosofici od eruditi,
fatte col metodo socratico ; conviti , o meglio simposi, nel
preteso anniversario della nascita o della morte di Platone,
e cosi via : perfino la sala delle riunioni dipinta secondo
che la tradizione riferiva della scuola platonica (2).
M a neppure dell’Accademia cosi ridotta e intesa il Be­
nivieni fece parte : egli fu — si rammenti bene — cristiano
( 1 ) Basti citare K . S i e v e k i n g ,
D ie Geschichte der Plalonischen Akadcmie zu F lo r e n z, Gottinga, 1812. Chi fece l’ultimo passo in questo senso fu
G u s t a v o
U z i e l l i , La
vita e i tempi di Paolo D al Pozzo Toscane Ili,
Roma, 1894.
(2) Della sostanza di questi appunti Sull’Accademia platonica son debi­
tore alla cortesia del prof. A. Della Torre, che, com’è noto, ne ha studiato
amorosamente la storia.
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215
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nell’intimo della coscienza, per tutta la vita; l’ umanesimo
non lo paganizzò, come fece di tanti altri, ma gli apprese
soltanto Γ amore d’ artista per le forme classiche. Marsilio
Ficino, sebben platonico, nella gran disputa che agitò Pla­
tonici ed Aristotelici, se la natura operasse con cognizione
o senza , non si decise risolutamente per la teoria plato­
nica , che maggiormente accostandosi al cristianesimo ri­
conosceva il discernimento in tutte le operazioni della na­
tura; ma tentò di porre d’accordo platonici ed aristotelici,
complicando le due teorie con un singolare miscuglio di
ingenue credenze e di pregiudizi affatto medievali. Suo mas­
simo ideale fu poi la conciliazione della filosofìa platonica
con la religione cristiana, onde nacque un’ altra sconve­
niente mescidanza d’ elementi diversi e talora in stridente
contrasto fra di loro. Ma tali contrasti erano propri del
secolo, agitato e irresoluto fra le grandi voci del pagane­
simo classico e del rinnovantesi cristianesimo ; né lo stesso
Ficino portava nei suoi tentativi di conciliazione un sover­
chio ardor di fede, platonico com’ egli era , convinto e ir­
removibile.
Non cosi il Benivieni. Egli si fece in gioventù esposi­
tore, in una canzone, delle dottrine platoniche intorno al­
l’amore, ma poi, pubblicando i suoi versi, pose lui stesso in
guardia il lettore contro le dottrine in essi svolte, scon
giurandolo di voler prestare maggior fede all’ autorità di
Cristo , che a quella d’ un uomo gentile, e rammentando
ch’egli esponeva soltanto, e senza approvarla menomamente,
l’opinione d'altri, ancor che non vera (i).
Il
Benivieni, come studioso ch’ egli era del classicismo,
segui certo con interesse le attraenti teorie neoplatoniche
e le ammirò anche talora, senza però mai dimenticare che
esse erano d’ un’ altra religione : certo, di questo studio e
di quest’ ammirazione restano tracce numerose e notevoli
in tutte le opere sue posteriori. Ma la filosofica dimora di
Careggi non lo ebbe fra i suoi ospiti consueti ; né il Ficino
(i)
Si v. l.i le tte ra prem essa dal B. alla su a canzone, n ella s ta m p a g iu n -
tina del 1519.
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intrattenne mai con lui corrispondenza epistolare, ove si ec­
cettui una lettera che gli diresse — e non a lui solo , ma
a lui insieme con Roberto Salviati — nel 1488 (1); né
lo chiamò mai complatonico e confìlosofo, com’ era so­
lito di tare con coloro che conosceva suoi seguaci ed am­
miratori, e come fece, per esempio, col canonico Domenico
Benivieni, fratello del Nostro (2); né ebbe, finalmente, a
menzionarlo in quella sua famosa lettera a Martino Preninger, nella quale lasciò come la lista officiale dei suoi di­
scepoli e familiari.
A lla Corte di Lorenzo, Girolamo conobbe anche il Po­
liziano, e dell’amicizia che legò reciprocamente i tre grandi
rinnovatori della poesia italiana nel Quattrocento, resta an
cor testimone una tenzon poetica su Amore e Fortuna,
che proposta da Lorenzo de’ Medici in un sonetto , ebbe
risposta in altri tre sonetti, da Pandolfo Collenuccio , dal
Poliziano e dal Benivieni (3).
{Continua).
A c h ille P e lliz z a r i.
VARIETÀ
IL
t e n t a t o
a s s a s s in io
D E L L A P R IN C IP E S S A B R IG ID A SPIN O LA CYBO.
Giorgio V ia n i, messe che ebbe alla luce le Memorie
della famiglia Cybo e delle monete di Massa di Lunigiana,
incominciò a stampare l’Appendice dei diplomi e altri monume?iti da lui citati in quell’opera; ma arrivato che fu al
foglio sesto , venne colto dalla morte , e la pubblicazione
restò in tronco. Il manoscritto fu comprato nel 1838 da
Francesco IV , Duca di Modena, che lo fece depositare nel(1) M a r s i l i F i c i n i , Opera omnia, Basileae, 1561, t. I, c. 8yo.
(2) M. F ., Op. otn., t I, c. 873. V. A. G io r g e t t i e C. B e n e t t i , Op. cit.
p. 212
/
(3) V . E . P é r c o p o , Una tenzone su Amore e Fortuna, in Rass. crii. d.
lelt. il., N apoli, a I., n. 1-2, gennaio e marzo 1896; e I. D b l L u n g o , F lo­
rentia, F irenze, B arbera, 1897, pp. 446 e sgg.
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ΓArchivio segreto di Massa. Il 35.» di que’ « monumenti »
rimas o inedito è una « Narrazione dell’attentato commesso
v j0 QC-laV°
contro la persona della principessa Brigi a pinola Cybo, il 23 giugno 1644 ». Il tentato assas­
sinio venne consumato alle ore nove del mattino.
a quanto apprendesi dalla relazione, emerge chiaro il
tatto che il servo suddetto, chiamato dall’anonimo scrittore
a? a?0, scelerato, furfante, demonio incarnato », teneva
una condotta veramente riprovevole, mostrandosi disobbediente, rabbioso, perfido verso l’ Ecc.0 Principe Carlo I Cybo,
la buona e pia Principessa sua consorte Brigida Spinola, i
dignitari ed i servi della Corte. La Spinola al contrario
nutriva una speciale benevolenza verso A lì e pregava il ma­
nto affinchè lo inducesse a convertirsi al Cristianesimo, es­
sendo maomettano. Trovandosi una volta il Principe, la
Principessa e Donna Ricciarda a Genova in casa della Du­
chessa di I ursi, un gentiluomo di Corte ordinò allo schiavo
A l i , che si era recato col servizio in quella Città coi suoi
Padroni, di pulire una loggia del palazzo, ma esso non
volle obbedire al comando del suo superiore, anzi ol­
tremodo irritato, ferì con una zappetta un paggio, che
gli aveva tirato alcune scorze d’ aranci. Questo fatto de­
littuoso venne a conoscenza del Principe" Carlo , il quale
fece sapere ad Alì, che giunto a Massa, sarebbe stato ca­
stigato. Però in questo momento una buona novella letiziò
la Casa Cybo, la liberazione cioè di D. Giannettino Doria.
Lo scaltro servo fece buon uso di questo avvenimento e
gettatosi ai piedi del Sig. Principe domandò perdono del
fallo commesso , promettendo che per l’ avvenire egli avrebbe tenuto lodevole condotta. Carlo accolse con bene­
volenza latto compiuto da lui e sorridendo disse: « Quando
saremo a Alassa, ci aggiusteremo ».
Giunto a questa città, il servo A lì cominciò a nutrire
un odio fortissimo contro la buona Principessa Brigida,
che riteneva come istigatrice a suo danno verso il Prin­
cipe Carlo, ed invece di cambiare vita, come aveva pro­
messo, e di cattivarsi la simpatia della Corte, peggiorò nella
sua condotta. Intanto il malvagio decise di mettere in at­
tuazione un suo ben triste disegno; di uccidere cioè la
consorte del Principe Carlo e saziare così la brama di ven­
detta del tutto ingiustificata. Aspettato il momento nel
Giorn. Si. c Leti, delia Liguria.
15
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2 18 —
quale la donna di servizio era uscita dalle stanze della Spi­
nola per attingere acqua, accortosi poscia che era stata
lasciata aperta la porta della scala, che andava _alle ca­
mere superiori, ove abitavano le dame della principessa, ι
servo A lì, volata la scala segreta, arrivò alla camera della
Spinola , col proposito di trovarla addormentata e quindi
di sgozzarla. Ma la Principessa era invece desta, perche aveva deciso di alzarsi un po’ prima dell’ora solita per re­
carsi alla Chiesa di S. Francesco, essendo la vigilia di S.
Giovanni Battista. Il servo iniquo si scaglio come una
belva sulla buona Principessa, tirando con un coltello
colpi all’ impazzata. Essa venne ferita al petto, nel bracciò destro sotto il gomito, nella mano stessa, in un ito ^e a
mano sinistra ed in altre parti. Vistasi perduta, la Spinola
cominciò a gridare disperatamente, invocando aiuto. A ι
intanto, accortosi che sarebbe stata inutile la fuga, attento
alla sua vita «ferendosi colla stessa arma », come si legge
nella relazione , la quale fa poi capire che egli venne fi­
nito dai colpi dei soldati della guardia di Palazzo, accorsi
a difendere la loro Sovrana.
Donna Ricciarda, che aveva i suoi appartamenti vicini
alla Principessa, il Principe consorte, le dame ed i con^
• ponenti il servizio di Corte accorsero nella camera della
Spinola, che coperta di sangue, versava in gravissimo stato.
Chiamati i m edici, venne prontamente curata e dichiarata
fuori di pericolo. Il popolo di Massa, che si era oltremodo
commosso al triste avvenimento, imprecò alla memoria dello
schiavo A lì e volle ad ogni costo impossessarsi del cada­
vere del servo infedele , che attaccato a coda di cavallo,
fu trascinato per le vie , condotto ai Margini e bruciato.
Fu lasciata però una parte del cadavere al pasto dei cani,
affinchè essi potessero satollarsi « della carne di un altro
cane ».
La relazione non fa alcun commento a questo lugubre
episodio, il quale mostra luminosamente quanto fosse vivo
l’attaccamento del popolo massese ai Principi Cybo. L ’atto
brutale compiuto da A lì a danno della Principessa Brigida
Spinola, che era oltremodo amata per le sue ottime virtù
(come ci dicono tutti gli scrittori, di cose lunigianesi), fa
vedere quale ripugnanza mostrassero generalmente gli
schiavi di servire alle nostre Corti, essendo essi altezzosi,
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superbi e pigri, mentre i Principi ambivano di averli al
oro servizio, rievocando così i tempi delle Corti imperiali
e patrizie dell’ alma Roma.
L u ig i M u s s i.
UN RESTAU R O
A L L A P O R T A DELLE FONTANE M A R O SE .
Il
documento che pubblico qui sotto riguarda una porta
antica, già esistita in Genova, ora scomparsa, ma pur
sempre viva nella memoria dei cittadini : voglio dire quella
a f t> presso la Piazza delle Fontane Marose, detta anche
e Portello. Questo nome di Fontane Marose. che sembra
il più autentico, subì, com’ è noto, diverse alterazioni (i):
nel documento accennato è « Fontana Morosa ». Si tratta,
come si vede, di una nota di spese fatte nel 1436, per la
detta porta: pare che preposti ai lavori fossero Cosma
Scalia e Demetrio Cattaneo, nominati in fondo alla mede­
sima. La somma impiegata fu di L. 33, soldi 10, pari a lire
italiane 373 circa (valore commerciale) (2); nel totale però
sono notati s. 9 : vi è dunque 1’ errore d’ un soldo , com­
messo da chi fece la somma. Questa non è piccola e sembra
dimostrare che non si tratta di una semplice riparazione,
ma d un restauro, se non d’ una aggiunta: noto che i mat­
toni occorsi furono 1750, e le giornate 18 di maestri mu­
ratori, 16 di altri lavoranti, oltre il porto dei materiali
e 1 impastatura della calcina. Osserverò da ultimo che in
calce alla nota figurano L. 7 e L. 6, pagate rispettivamente
allo Scalia e al Cattaneo : le quali forse erano state anti­
cipate da questi due e ne sarebbe quindi seguito il rimborso
sulla somma innanzi citata. Ecco senz’ altro il documento.
A m b r o g io
P esce.
(A rch . di S la to in Genova, Offic. Monete, 733 B.).
►p M C C C C X X X V I die X XIIII Madij. — Expense facte super
portam F on tane Moroxe. — Imprimo prò Modijs 11 calsin e , L . m i
s. x - Item pro minis l v i arene, L. 11 s. x v i. — Item pro m atonis
(1) Cfr. B e r t o l o t t o , « Genua r> Poemetto di G. M. Cattaneo , in A t ti
Soc. Lig. di Stor. Pat., vol. XXIV, pag. 795.
(2) Cfr. D e s i m o n i : Tavola delle Monete ecc., in appendice alla: Vita p r i­
vata dei Genovesi, del H e l g r a n o .
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220
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L . v s. v . - Item prò portatura de matoms, s. x v . - Item
p ro abaym s l x x v , L . π s. x v i. - Item prò portatura de abaynis s. m .
MDCCL,
— Ite m p ro latis x x , L . n . — Item pro tabulis , L . i.
Item pro
agu is, s. x . — Item pro jorn atis m in magistro lansaroto, L . i s. x .
— Item p ro jo rn a tis n i in m agistro Antonio, L . i s. v u .
tem pro
jo rn a ta i in m agistro petro, s. x . - Item pro jornatis v m i de laborato rib u s , L . n s. x i m . - Item pro jornatis ni m m agistro lansaroto,
L . i s. x . — Item pro jornatis n i in m agistro petro , L . i s. v u . —
Item p ro jo rn a tis m i in m agistro Antonio , L . i s. XVI. — Item pro
jornata i in m agistro to m a x in o , s. v im .
Item pro jornatis v u e
la b o rato rib u s, L . n s. v i. - Item pro jm pastatura calsine L . s. VI.
— In su m m a, L . x x x m s. v im . - Imprimo E xpensa in d.n o cosme
scalia , L . v i i . — Item E xp en sa in d.no dimitrio cataneo, L . vi.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO.
E . A . F r e e m a n . Storia d’ Europa. Ed. ital. per cura del
Prof. Dott. A n d r e a G a l a n t e . Manuale Hoepli di pagine 471. (Milano 1605).
F u , a proposito d’ un libro del Senatore Manfrin sulle
conquiste dei Romani in Britannia, citato il discorso che,
secondo il libro X I degli Annali di Tacito, Claudio avrebbe
tenuto l ’anno 801 di Roma e 48 di Cristo, perchè fosse il
ju s honorum concesso ai grandi della Gallici Cornata. Sa­
rebbe troppo lungo qui riferirlo tutto ; perchè colgasi il
concetto della romanizzazione del mondo antico, quale chia­
ramente traspare dalle parole imperiali, basterà trascriver
la conclusione e lo faremo secondo la versione del Davanzati : « La rovina dei Lacedemoni e degli Ateniesi, sì forti
d ’ arm e, che fu se non il cacciar via i vinti come strani?
Ma il nostro padre Romolo ebbe tal sapienza che molti
popoli vide suoi nemici e cittadini in un dì. Avemmo dei
re forestieri ; si son dati magistrati a figliuoli di libertini ;
non oggidì come molti s’ingannano, ma dal popolo antico*.
Oh, i Senoni combatterono ; i Volsci e gli Equi non ci vol­
tarono mai le punte? I Galli ci presero; demmo anche ostaggio a’ Toscani; patimmo il giogo dei Sanniti. M a, se
tutte le guerre riandi, quella coi Galli fu la più corta con
pace continuata e fedele. Da che questi son mescolati con
esso noi con usanze, arti e parentadi, portino anzi qua che
tenersi là il loro oro e ricchezze. Tutte le cose , o Padri
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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221
—
Coscritti, che ora crediamo antichissime , furon già nuové.
I ennero i magistrati prima i Padri ; poscia i plebei, indi i
Latini; poi di ogni sorta Italiani; tenendoli ora i Galli, an­
che questo farassi antico : e dove noi gli aiutiamo con esempli, s’ allegherà per esemplo ».
Delle quali parole mi ricordavo leggendo nel Freeman
che la conquista della Gallia per opera di Cesare egli con­
sidera come « uno degli avvenimenti più importanti nella
storia del mondo » per aver recato « il mondo antico me­
ridionale, di cui Roma era il centro, in contatto coi paesi
e colle nazioni, che dovevano più tardi aver tanta parte
nella storia, cioè la Gallia, la Germania e la Bretagna ».
Il concetto fondamentale del celebre manuale di Storia Eu­
ropea del Freeman è infatti che nessun altro centro essa
storia può avere se non Roma. L ’impero di Roma si fonda
e poi si dissolve , ma è da questa dissoluzione che « sorsero gradatamente quei regni e quelle nazioni dell’Europa
moderna, che possiamo chiamare gli stati del nuovo mondo ».
La Grecia però, come maestra di civiltà a Roma e al mondo,
come paese europeo che ha avuto, anche avanti della con­
quista dei Quiriti, una più vasta e più nobile storia di Roma
stessa, obbliga ΓΑ. a uno speciale capitolo , che è il se­
condo. Gli altri quindici poi trattano succintamente e m a­
gistralmente le vicende europee dalle origini di Rom a alla
unificazione dell’Italia e della Germania nella seconda metà
del secolo passato.
Così il celebre manuale fu molto opportunamente tra­
dotto nella nostra lingua, come introduzione generale ai
singoli manuali storici e può servire, per le vedute nuove
e geniali di parecchi periodi importanti di storia dei popoli
stranieri (i) ad incoraggiare gli studiosi italiani a dedicarsi
più risolutamente che finora non abbiano fatto alle inda­
gini su questi popoli, secondo che il Villari consigliava al
Congresso Storico Internazionale di Roma, nel 1903. E il
Galante ha fatto bene a riferirne l’autorevole consiglio.
Bensì non vorremmo trovare nella versione italiana da
lui presentata alcune forme poco accettabili come filoppovicnc (p. 50); Lascare (p. 215); Lignitz per Liegnitz (p. 221);
(ι) V. p. e. a p. 334 quello che si nota sulla trasformazione dei gianniz­
zeri come causa di decadenza dell’ Impero Turco.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
Neuwfoundland per Terranova (p. 363) ; Solothurn per So­
letta (p. 290) (1) ; alcune incongruenze, come Lotanngia
scritta ora con Yh ora senza, alcune sviste come Svezia
(p. 167) dove evidentemente deve leggersi Svevia ; Matteo
Corvino (p. 259) dove ha da dirsi Mattia (2); 1251 invece che 1291 (p. 212) come data della definitiva con­
quista di A cri per opera dei Musulmani, che però e giusta­
mente indicata nello specchio cronologico alla fine del vo­
lume. Qualcuna di queste inezie può dipendere da insuffi­
ciente correzione delle prove di stampa , ma è veramente
errore (imputabile al F. o al G. ?) che D. Giovanni d A u ­
stria venga chiamato fratello uterino anziché naturale di
Filippo II (p. 286). Anche le surricordate inezie abbiamo
creduto di notare, trattandosi d’ un libro lodatissimo alΓ estero , e che ora per la prima volta viene tradotto in
italiano. Senza atteggiarci ad emunctae nans critici, pos­
siamo credere di contribuire cosi a render perfetta la se­
conda edizione che auguriamo non si faccia molto aspettare.
G uido B ig o n i .
(1) Form a tedesca più stranamente usata presso le altre forme italiane:
F r ib u r g o , Basilea, Sciaffusa.
(2) Mi sia qui permesso ricordare di nuovo, come altra volta ho fatto,
(V . di questo Giorn. Anno II (1901) p. 456, nota 1), un argomento di quelli
stranieri, ai quali si riferisce nella prefazione il Prof. Galante: cioè il regno
di M attia Corvino, che ha relazioni cosi varie e importanti colla storia ita­
liana del quattrocento. Da consultarsi: Le Lettere e gli Atti del re pubbli­
cati da G u g l i e l m o F r a k n o i nei Mon. Vatic. Hung. e lo studio biografico
dello stesso autore n ell’annata V II (1890) delle Biografie storiche ungheresi
(in ungh.). Più accessibile la Storia di Boemia del P a l a c k y che contiene
si copiose ed utili notizie (in ted.) e l’interessante articolo di A l e s s a n d r o
M a r k i , il dotto professore d e ir Università di Kolozsvàr , scritto per il mo­
numento eretto al gran re in quella capitale Mathias Corvinus und die Re­
naissance (Sonderabdr. aus der Oesterr. Ungar. Revue. Bd. X XV . Helft. 5-6)
W ien 1900, con fotoincisione del monumento. Gli estratti degli umanisti italian i contemporanei del re, e che sono indispensabili per chi si accinga a
tale studio, furono raccolti in volume da J e n o A b e l (Budapest 1890). Detti
umanisti sono Aurelio Brandolini, Ludovico Carbone, Galeotto Marzio, Naldo
Naidi T . Alessandro Cortese, Ugolino Verino, Gianfrancesco Mariiani. —
V . anche il Mem oriale a Beatrice d’Aragona regina d'Ungheria di D io­
m ede
C a r a f a pubblicato con introduzione da B e n e d e t t o C r o c e (Na­
poli 1895); lo adorna la fototipia d ’ un busto della regina moglie di Mattia
Corvino.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 223 —
A N N U N ZI A N A L IT IC I.
Qualche notizia sulla famiglia Medici di Lunigiana. Documenti e
alberi genealogici. Firenze, Soc. Tipografica Fiorentina, 1905; in 16.0
di pp. 104, con 4 tav. gen. — Il casato illustre farà subito supporre,
anche per la vicinanza della regione con la Toscana , ch e si tratti di
famiglie derivate da un ceppo a quella comune; ma l ’ a u to r e , che è
molto cauto e circospetto, affermando che i Medici si trovano in L u ­
nigiana nel secolo X I V , secondo buoni documen ti, confessa non e s ­
sergli « stato possibile rintracciare » donde « provenissero q u e ’ primi »
che
ne portarono il
casato in Val di Magra.
La tradizione però r i ­
tenne sempre che essi avessero comune origine con quelli di Milano
e di Firenze. Della quale opinione si fa sostenitore il lunigianese G i u ­
seppe An to net ti in tre lettere scritte nel 1772 a Don A g o s tin o Medici
di Sarzana, e qui riferite, le quali, se non porgono la prova assoluta
di quanto asserisce, pur contengono osservazioni, rilievi e documen ti
per più ragioni notevoli. L ’ipotesi che si potrebbe fare è questa: che
Giovanni, stipite riconosciuto delle famiglie lunigianesi, fosse figlio di
Bartolomeo (fratello a Silvestro) fuggito
nel
1360 da
Firenze , dove
non fece più ritorno. L ’ A . poi si mostra persuaso che « la disputata
parentela » dei Medici « di Milano con quei di Firenze esistesse real­
mente », a conforto della quale opinione
ei
reca
alcuni documenti
assai curiosi e rilevanti. E codesto intento di provare la parentela fra
le due casate torna per indiretto a dar credito alla tradizione che da
comune ce p po derivasse altresì la famiglia lunigianese, poiché uno dei
più
cospicui
personaggi
del ramo panicalese ottenne da Pio I V d i­
ploma di conte palatino e cavaliere dello Speron d ’ oro , perchè , re­
catosi a R o m a nel 1562, « presentò » al Pontefice « documenti tali che
questi riconobbe di sua agnazione
la
famiglia lunigianese ». R ico n o ­
sciuta sì fatta parentela coi Medici di Milano ne consegue quella con
gli omonimi toscani. Tre sono le famiglie onde si divise il ramo tra­
piantato in Lunigiana, e cioè, quella di Sarzana, quella di Panicale,
quella di L u cca proveniente da Moncigoli ; una quarta ancora di Pa­
nicale che pur assunse il casato Medici e lo stemma, derivò veramente
dai
Paganini , perchè
un
Francesco sposò
una
Medici e lasciato il
primo co g n o m e , forse per disposizione testamentaria, ritenne senz’ altro
il secondo. Di tutte queste discendenze l ’a. porge notizie sicure e d o ­
cumen tate per mezzo di una opportuna
e
ben
condotta
esposizione
storica, che è insieme illustrazione delle esattissime tavole g en ea log ic h e
le quali corredano il volume. Fra gli uomini di certo valore del ramo
panicalese, va segnalato Iacopo (quegli che
Con te Palatino
e
Cavaliere dello
leggi , e che fu Auditore della
fu insignito del titolo di
Speron d ’ oro) dottore in a m b e le
Ruota fiorentina.
A
proposito di lui
av ven n e un caso curioso. Sul cadere della vita egli sollecitò dalla R e ­
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Ì2\
—
p ubblica di G e n o v a
1’
-------
ufficio stesso ricoperto
a Firenze ; fu eletto in­
fatti nel 1595 A u d it ore per la Ruota esecutiva, e il Sen ato s ’ affrettò
a com unicargli la nomina mandando la lettera per il recapito al C o m ­
missario di Sarzana. Questi fece chiamare il « Capo d e ’ Cavalli » per
a d em p ier e l ’ ordine; ma con sua grande sorpresa
si sentì rispondere
ch e il Medici era « passato all’ altra vita quattr’ anni
sono », la qual
cosa gli venne confermata « da molti cittadini » di Sarzana. Senonchè
al S e n a t o volle
mandare
prova più concreta della « pubblica voce e
fama », e poiché per una fortunata occasione
alcuni panicalesi
ne
assunse
si trovavano a Sarzana
ufficialmente le testimonianze. Federico
Bancio di Licciana Pretore e notaro di Licciana e Panicale attesta che
1’ anno
I a c o p o morì « a casa sua
1591
del
stesso ne a v e v a ricevuto il testamento
vede
citato
che rogò
1’
d all’Anto net ti
nelle
del
fu
di
luglio » ed egli
quale
Iacopo
nomina
alla
sepoltura
un
notaro
Giovanni della Braia notaro afferma la
m ed esim a cosa, ed ag g iu n ge : « et io come della Casaccia
1’ ac co m p a g n a i
1591 e si
ricordate lettere); ed è quel notaro
atto 4 giu gno 1589 col
(doc. X X I I I ) . Camillo
mese
(che è del 13 luglio
et
lo portai io medemo
de
batuti
sopra le mie
spalle nel cattaletto ». Finalmente Pietro d e’ Pecini fisico, molto amico
del d efu nto , ripete ciò che
gli
altri
hanno detto , « et io », segue,
« intesa la sua morte andai in d.° luogo a condolermi in casa sua con
la m o g lie, alla quale ho visto fare il pianto et vistola portare le vesti
vid u a li......... et so che la bona memoria di mio fratello ser Pecino mi
disse ch e d . ° dottore era stato posto nel bossolo
R u o t e di G e n o v a , e che egli si era perciò
nim o Ca nev aro
».
(A rch . di Stato, Genova,
per
A u d it ore delle
adoperato col S . or G ie ro-
Lettere a/ Senato , fil. 16S).
In q u esto m od o il Commissario di Sarzana fece intendere
al
Senato
ch e a v e v a n o nominato un morto da ben quattro anni. A g g iu n g er em o
a titolo di curiosità che quell’ Ag os tino
di Giambattista , del ramo di
Sarzan a, nat o il 1791 e morto nel 1851 (padre d ell’ u n i c o superstite di
s u a fam iglia, che è Francesco l ’ egregio autore del presente libro), il
28 a g o s t o del 1804 domandava
al
Magistrato
supremo della R epu b­
blic a L i g u r e , l ’autorizzazione per ottenere la prima tonsura e i quattro
ordini minori (Arch. cit.,
cessa , m a
poi
non
Rep. Ligure , fil. 414, n. 222). Gli venne con ­
continuò la carriera ecclesiastica. Giambattista e
Γ a v v . F r an ces co A n to n io
suo fratello figurano poi
cantaron o le lodi del Commissario
di
fra
Sarzana, Giuseppe
i
poeti
che
Pinello-Sal-
v a g o , nella raccolta stampata a Lucca il 1782, rispettivamente con un
e p o d o (pp. X L 1I I - X L I V ) e due sonetti
(pp. X V 1I I - X I X ) , e
c o n d o si l e g g e anch e un sonetto intitolato
del
se­
La verità nell’ altra anteriore
raccolta, pur stampata a Lu cca nel 1773, per il governo dì Giambattista
Ser ra (p. L V I I I ) . — D u e documenti (il X V II I e il XX), secondo nostro
parere, esorbitano dal concetto onde si vede informato questo lavoro
g e n e a lo g ic o . Riguardano essi i legami di Don Giovanni d e ’ Medici e della
L iv ia V e r n a z z a g en ov es e e le controversie che suscitarono, argomento
ch e porse al Belgrano curiosa materia per una delle^sue spigliate e geniali
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
225 —
monografie. Ma il X V II I, sebbene mutilo, ha per noi un certo interesse,
perchè, oltre al rilevare che di quei legami non un sol figlio rimase,
ma altresì una figlia nominata Giovanna Maria Maddalena, cosa ig n o ­
rata dal Litta , ci fa sapere che i curatori e tutori di quei pupilli n o­
minano
loro
difensore
nella causa sulla validità del matrimonio ri­
messa per definitivo giudizio al vescovo di Sarzana , il giureconsulto
Girolamo Sanguinetti. L· quello stesso di cui abbiamo ved uto citato un
Compendio storico delle cose più memorabili di Sarzana , ms. , e ci è
occorso
di
leggere
una allegazione
in
materia di confini
alla
Par-
mignola (Arch. Com. di Sarzana, fil. 2.a, n. 65). Fu priore deg li A n ­
ziani nel 1630 , e sovente dovette
avvocare
alla Curia
ecclesiastica,
onde ebbe acri controversie col vescovo, come risulta da lettere sue e
del Commissario di Sarzana del 1628 e 1639; più tardi (1648) fu sot­
toposto ad una perquisizione come
detentore di libri proibiti , ed or­
dinatogli dì recarsi a Genova « alla porta dell’Audienza del Sen ato »,
(Arch. di G en ova,
G i a n
C a r l o
Leti, al Senato, fil. 289, 338, 476).
Uno statuto ignoto di Amedeo I X duca di
B u r a g g i .
Savom. 1 orino, Bona, 1905, in 8.° di pp. 32. — L e diligenti ricerche
d ell’a. hanno posto in sodo che di questo documento
mai fatto ce nno , di quanti raccolsero
le
nessuno av eva
disposizioni legislative e m a­
nate dai duchi di Savoia, o altrimenti delle stesse discorsero con m a g ­
giore
o
minore ampiezza. Viene esso ad
scarso degli atti attinenti alla legislazione
accrescere
il
novero assai
che A m ed eo I X promulgò
durante il suo governo, e il B. ne rileva per questo lato la importanza
e la singolarità. Il testo viene esemplato sopra la minuta dello Statuto,
la quale spiccata da un registro, per ventura rimase nelP Arch ivio to­
rinese, e fu collocata fra gli editti originali. Esso è preceduto da una
illustrazione sobria e sostanziosa, nella quale le disposizioni statutarie
ven g o no partitamente poste in rilievo, e con opportuni confronti indi­
cate le relazioni che hanno assai manifeste con la precedente e la s u c­
cessiva legislazione ; donde si viene
a
riconoscere in qual parte pos­
sano dirsi indipendenti ed originali. E poiché nella loro forma sì fatti
ordinamenti si presentano privi di ordine l o g i c o , così 1’ a.
larne 1 intelligenza e la retta interpretazione , raggruppa
suo discorso quelli che riguardano
il rispetto dovuto
ad a g e v o ­
insieme nel
alla
religione,
P am m inistrazione della giustizia, e il diritto penale. Di q uesta gu isa
egli riesce lucido e chiaro nell* aprire al lettore il suo pensiero con
perspicuo criterio, e acuta disamina. Giustam ente rileva ch e lo statuto
presente, anziché un contenuto strettamente giuridico, sì com e hanno
le leg gi posteriori, per la sua essenza e per il suo fine p u ò dirsi piu t­
tosto di carattere politico. Del pari opportuno si palesa lo a ccen n o ,
com e a peculiarità singolare, della menzione che quivi si fa d elle con­
gregazioni d e ’ tre Stati, le quali avevano sotto quel principe assunto
uno svilu p po sì importante; nè è men da osservarsi che
la co m p ila ­
zione di queste disposizioni legislative emanano da una trip lice a u to ­
rità, il d u ca, la duchessa e il luogotenente generale. A proposito del
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
--- 2 2 6 —
diritto penale il B. si ferma sulle sanzioni contro i banditi, in ispecie
perchè richiama un editto del duca Lu d ovic o rimasto ignoto agli stu­
diosi e che viene qui pr odotto in appendice, mentre ei ne fa un breve,
ma accurato esame con utili riscontri storico-comparativi. Il lavoro di
cui facciamo cenno è con d otto
con
buon
metodo , pienezza d ’ infor
mazione e serietà d ’intento, onde porge buona testimonianza di quanto
potrà fare in seg uito il g io van e autore che si presenta ora per la prima
volta nel pubblico arringo.
A
n g e l o
S o l e r t i .
1904-5, voi. 3. —
G li albori del molodramma. Palermo, Sandron,
Q u e s t ’opera consta di tre volumi, ma ne aspetta un
q u a r to ; ossia la parte secon da del terzo. Il S. a furia di ricerche lun­
g h e, insistenti, feli ce mente condotte ha raccolto un materiale prezioso
per stabilire , com e , qu an do , in che guisa , con quali inconditi prin­
cipi, e varie modalità si venne a determinare
quel
genere
letterario
drammatico , al quale fu accoppiata la musica. Produzione poetica che
e b b e valo re in se stessa e per gli autori, e pel contenuto, fino a che
la musica, da parte accessoria
ed
esornativa, non diventò principale
attrattiva di componimenti sì fatti, allettando per ciò che era arte del
suono e del ca nto ;
mentre
perdeva
importanza
una la rg a introduzione (tutto il volume primo)
la
poesia.
Precede
dove il S. con ottima
preparazione ha divisato il risultato dei suoi studi. Negli undici capi­
toli o n d ’ essa si partisce , ben nutriti di osservazioni, di riscontri , di
p r o v e , e ottim am ente materiati di notizie molteplici, abbiamo in chiara
es posizione rigorosamente metodica la storia
g enere melodram matico , che
procedette
ben definito per tutta la seconda
dello iniziarsi di questo
per
metà del
gradi , titubante e non
cinquecento , e fece suo
prò d e ’ cori, delle pastorali, dei canti carnescialeschi, dei trionfi, delle
mascher ate, d e ’ balletti, delle vegli e; si accomunò
1’ arte , la quale ebb e in un tempo recitanti
a l l a
commed ia del-
improvvisi , e cantori di
non scarso valore. Conferirono al lento procedere del nuovo indirizzo
m u sic ale le rappresentazioni veneziane nell’ ultimo
trentennio del se­
colo, mentr e a Firenze un ’ accolta di dotti valorosi studiava di propo­
sito la sci enza musicale e giu ngeva a risultati di notevole importanza,
ch e saranno scala a quelle novità onde sorse il melodramma; il quale
tu tta via e b b e ancora bisogno d ’ un lasso di tempo notevole , affinchè
tutti g li elementi ed i generi ricevessero disciplina e fruttificassero ; il
c h e a v v e n n e per opera di musici rimasti giustamente celebrati. E da
q u este p r o v e felici ec co aH’ aprirsi del nuovo secolo comparire ed oc­
cu pare in brev e il ca mpo il vero e proprio melodramma. I nomi dei più
insigni poeti contemporanei , e dei migliori maestri
rono in questo
di
musica
ricor­
sorgere del melodramma; a capo di tutti il Rinuccini
a cui v a meritamente accanto il Chiabrera; e ad essi fanno tenore nel­
l ’ arte il M on tever d e grandissim o, e il Peri, e.il Caccini per tacer di
altri. D i qui il prepararsi e lo svolgersi delle rappresentazioni e delle
feste fiorentine e mantova ne e h ’ ebbero
tanto
vanto , e menarono sì
grande clamore. F e s te e rappresentazioni sulle quali si ferma con ampi
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— —-—
particolari e nuovi documenti il Solerti , come
——
—
—
quelle che seg n a n o il
rinnovarsi dell’arte musicale sul teatro, e il fondersi con mirabile ac­
cordo d e ’ numeri e del sentimento poetico , con 1’ armonia del canto
e del suono. Questi primi trionfi onde si compiacciono musici e poeti,
principi e signori , in breve escono dalle
mura di
Mantova e di F i ­
renze, per deliziare altre città, dove pur ebbe liete accoglienze la nuova
maniera di rappresentare le favole sceniche col canto, onde trovò al ·
tronde cultori appassionati e fecondi , degni pur essi
di
ricordo seb­
bene q u e ’ primi non eguagliassero. Così ebbe in sorte l ’ Italia di ved er
sorgere nel suo seno quella musica propria ed indigena invidiata , ri­
cercata , desiderata e non contesa, dalle altre nazioni. Il secondo v o ­
lume
è
interamente
dedicato alla varia produzione
del Rinuccini , tratta in molta parte
dai
melodrammatica
monoscritti
autografi ch e il
Solerti ha diligentemente studiati nella biblioteca Trivulziana, d o v ’ essi
si conservano
(un’ imperfetta notizia ne
aveva dato il Porro in quel
suo poco felice, ma pur sempre utile catalogo d e’ manoscritti di quella
insigne biblioteca patrizia), tenendo conto altresì degli
rinucciniani che
originali e migliori ha riprodotto quel tanto del
tornava a suo uopo. Di tutto ciò ci
grafia
posta
in
altri
autografi
giacciono nella Palatina di Firenze. E dalle
capo alla raccolta.
poeta
stampe
fiorentino che
dà ragione nell' accurata biblio­
Buona parte del volume terzo ci
pone sotto gli occhi quanto ha scritto nel
genere melodrammatico il
Chiabrera, con innanzi una notizia bibliografica opportuna. Nulla qui
v'ha di inedito, ma alcune favolette sono esemplate da stampe di somma
rarità, e che sfuggirono a precedenti ricerche. Con tre componimenti
dello Striggio, autore del celebrato Orfeo,
uno del Landi ed uno del
Corsini si chiude per ora la importantissima raccolta, alla quale chiede
l ’editore buona accoglienza dal pubblico studioso
giato a compierla con
per essere incorag­
i melodrammi , le favolette , gli
intermedi e i
balletti di vari autori che ci conducono al 1640, al quale anno chiude
il S. il primo periodo della storia del
melodramma.
Da parte nostra
auguriamo che il desiderio suo abbia pieno assentimento , e presto si
v e g g a a stampa Γ annunziata seconda parte di questo terzo ed ultimo
volume.
G i o v a n n i
D o l c e t t i . Le bische ed il giuoco d'azzardo a Venezia
1172-1807. Venezia, Callegari e Salvagno, 1903, in 8.0 di pp. 2S7. —
Una raccolta copiosissima di documenti ricercati in archivi e in biblio­
teche con perseveranza e diligenza grande , ha dato origine a questo
libro , che non ha la pretesa di una storia organica
ed
ordinata dei
giuochi, ma si contenta di disciplinare in otto capitoli quanto all’ a. è
venuto alle mani intorno al
soggetto. Ci mette quindi dinanzi prima
di tutto i molti giuochi che si usavano in Venezia con le modalità pe­
culiari d ’alcuni di essi. Entriamo poi nelle bische: ce ne sono di tutte
le qualità e d ’ ogni genere, cominciando
da
quelle
gover n ative
del
lotto pubblico e andando giù giù fino alla suburra; e quivi ci passano
sotto gli
occhi
personaggi di
tutte
le specie, senatori e barcaiuoli,
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
—
—
—
220 —
merca dan ti e sensali, preti e secolari, segretari e birri, uomini di toga
e di spada: donne d ’ ogni qualità varie di ceto, di gusti, di costume;
m a tutte o prese dalla passione del
questo illeciti guadagni ; o fatte
giuoco
zimbello
o
desiderose
di
trar da
per meglio attirare i mer­
lotti. U n a maniera speciale di bisca s ’ era introdotta nelle botteghe de
barbieri, e bravamente rivaleggiava se non al tutto vinceva quelle altre
più volgari ed abbiette.
I
nobili s ’ accoglievano
nei
Casini ; e ce ne
erano in vari luoghi della città per mangiare, bere, conversare, far al­
l ’amore, e poi per giuoco aperto, privato,
gen ero so o
per speciali trat­
tenimenti; nè mancavano i casini da giuoco per meretrici. E fra i più
famosi il Ridotto che vietato nel mezzo del cinquecento
risorge e vi­
g o r e g g i a in barba alle leggi, e finisce con un’ordinanza governativa nel
1 774 dopo essere stato messo in satira
lu o g o a una catasta di denunzie.
E
in tutti
correvano
i
modi , e aver dato
tutti
c o l à , persino il
g o tto s o ambasciatore di Spagna che uscendo , urtato malamente dal1’ andirivieni delle maschere in folla , andava « cospettando in lingua
g e n o v e s e sino al fondo della scala ». L ’ entità del giuoco
stava nelle
poste , piccole e g r a n d i , anzi strabocchevoli a dirittura quando 1 aire
era pres o, e dentro si pressavano gli sfruttatori addestrati, donde danni
e rovine. N è basta, chè i bari facevano lor prò di
questa smania vi­
ziosa , e o soli o stretti in società , o di piccola gente o di signorile
ca sata adoperavano
loro
arti; qualche
volta
puniti, spesso
liberi e
franchi fra magistrati corrotti. L o spasimo del giuoco, l ’ingordigia del
g u a d a g n o , le pervicaci disdette davano stimolo e fuoco all’ animo, ot­
tenebrando la r a g io n e ; donde risse, vendette, assassini. 11 vigile ma­
gistrato s ’ industriava con leggi, con processi e condanne a por argine
al male incancrenito: ma 1’ incertezza, e specie la
disuguaglianza nel
colpire a seconda del ceto cui apparteneva il delinquente, frustrava il
rigore
della
legge.
g iu o c o raccolta
A m p ia
e
nell’ appendice
minuta
si presenta la legislazione sul
quinta , e porge casi degni di osser­
vazioni e di rilievo, sì come si manifesta vana e molteplice a seconda
d e ’ t em pi. Insomma questo volume
che deve
essere
costato
tempo
g r an d e e fatica infinita al diligente autore, è una miniera di fatti e di
d o cu m en ti
interessanti e
prende posto notevole fra le opere che ri­
1’ arte
g u a r d a n o il costume. L ’ A . che esercita
q u e s t ’ arte appunto va
del
barbiere e
sopra
facendo da tempo ricerche lunghe , insistenti,
fruttuose , ha g ià dato qualche saggio dei suoi studi con I barbieri
chirurghi e La profumeria dei Veneziani, onde è da augurare che
presto v e d a la luce l ’opera storica annunziata, della quale pur qualche
tratto ci fa assaporare nel presente volume sul giuoco.
F o r t u n a t o
R i z z i . Le Commedie osservate di Giovati Maria Ceccìn
e la commedia classica del secolo X V I. Rocca S. Casciano, 1904, in 16.°,
pp. 260. —
In questo lavoro, buono sotto ogni rapporto, il R. studia
le c o m m ed ie osservate del Cecchi. cioè quelle che seguono i modelli
classici n ell’ argom en to e nella condotta.
mina gli elementi
imitati , derivati
da
Nella
prima parte egli esa­
originali delle commedie cec-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
22Ç
-----
chiane, nella seconda invece ricerca quanto si trova di der ivato o di
imitato, e quanto di originale nei tipi comici. Nuovi sono
i
risultati,
a cui egli arriva ; le commedie, dove Γ imitazione latina è più palese
La Moglie, La Sitava, La Maiani, I D issim ili , I l
M artello , / Contrassegni. Il Cecchi osserva tutte le regole d e ll’ arte
sono, secondo lui:
comica stabilite già da Plauto e Terenzio , da cui toglie
tipi e qualche
la favola , i
volta le scene e i d ia lo ghi, incastrandoli di peso , ma
tradotti, nelle sue commedie. Però il comico
fiorentino non è un p e ­
dissequo imitatore dei classici; s’ è vero
che
commedie seguono nel disegno generale
e nella struttura
la maggior parte delle
tecnica il
con­
taminatio accenna appunto eh’ egli manipolava con una certa libertà
modello latino, alcune se ne allontanano. L ’ uso fatto da lui della
la materia comica, diversamente da altri comici del suo tempo, i quali
si compiacevano di confondere in una, due o tre commedie classiche.
In questo diverso uso della
contaminatio, nel modo cioè come il Cec ch i
collega i varii episodii e prepara le scene , appare 1’ originalità sua.
« Motivi, fatti, viluppi sono pur sempre imitati dai latini, ma la cura
della naturalezza, che qua e là chiaramente trasparisce e il senso del
verosimile sono note originali
d ’ artista moderno
».
Egli' in vero dà
un ’ intonazione moderna alle favole imitate, le anima di spiriti nuovi,
ne cura la psicologia dei personaggi , i quali
hanno
sentimenti e af­
fetti che si addicono al sentire dei nostri tempi. Alcuni motivi comici
il Cecchi desume dal Boccaccio, dal Ban dello , dal Bibbiena e dall’A riosto, altri infine dalla società in cui egli viveva. Alla seconda parte
del lavoro seguono alcune note sulla commedia classica del sec. X V I .
S on o osservazioni acute d ’ indole generale , che il prof.
Rizzi ha po­
tuto fare durante il'suo studio sulle commedie cecchiane. N o n formano
però una trattazione compiuta sulla commedia
e l ’ autore
proprio
lo
confessa
bene , come
in nota.
quello
classica del sec. X V I ,
Alcuni capitoli a me sembrano fatti
che riguarda
commedie osservate , invece il capitolo
la satira e la morale nelle
sulla donna andava illustrato
meglio. In realtà le ragioni addotte per spiegare l’assenza delle donne
nelle com med ie del sec. X V I non mi sembrano
tutte
convincenti. Il
R., avrà certo modo di approfondire l ’argomento nella seconda parte
del suo lavoro sulle commedie morali e le farse che sta preparando.
( M i c h e l e
L u p o
G e n t i l e ).
La poesia popolare italiana. Studi di
A
l e s s a n d r o
D ’A
n c o n a
.
Se­
conda edizione accresciuta. Livorno, Giusti , 1906, in 8.° di pp. 571.
-
L e molte pubblicazioni di poesie popolari o ad esse relative , e le
nuove ricerche dell’ A . hanno consigliato questa ristampa, la cui prima
edizione era ormai esaurita. Diciamo ristampa, e non rifusione o rifa­
cimento, perchè il lavoro rimane qual era quando venne fuori la prima
volta, nel disegno, nell’ossatura, nello svolgimento e nelle conclusioni,
ciò dimostra la bontà e la solidità sua che tutti riconoscono. L e giunte
sono molte e consistono nella massima
parte
in
nuove osservazioni,
esempi, raccostamentj e confronti, suggeriti all’A . dal largo m ovim en to
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230 —
critico e letterario ch e si è venuto accentuando nell’ ultimo ventennio,
di ch e p o r g e testimonianza il ricco apparato bibliografico, che giunge
fino al t e m p o presente. Utilissima dunque la ristampa di q u est’opera,
la q u ale pur studiando quasi solamente la parte lirica della poesia po­
polare, c o m e quella eh è più originale e più genuina, resta nella no­
stra letteratura co m e fondamentale e classica.
C e s a r e
M u s a t t i .
D a l vocabolario veneziano di Carlo Goldoni. V e ­
nezia, Pellizzato , 1906 , in 18.°, pp. 8. — Questo breve e succoso e-
àa\V Ateneo Veneto ricorda al futuro rinnovatore del vecchio
Vocabulario o sia Spiegazioni de çerte parole veneziane che
no fu sse capìe in ogni logo : aggiunto da papà Goldoni al X I I I tomo
stratto
B oerio il
d e l l ’ edizione torinese delle sue commedie stampate da Marco Fantino
e A g o s t i n o Olzati. Questo Vocabolario non fu compilato per esclusivo
uso del teatro goldoniano, ma bensì della traduzione
toldo, e qui confesso che il Musatti, così
veneta del Ber­
dotto delle cose veneziane,
av r ebbe fatto bene a illuminarci un p ò ’ più intorno all’ occasione che
suggerì
al
G oldon i
questa
F r an ch etti che , appunto nel
felice
idea. A v e a
ben
ragione
Au gusto
numero unico dal Musatti citato , chia­
m a v a il veneziano, col suo sale e le sue grazie , il vero dialetto della
co m m e d ia !
Boca da forno per grandissima; bevagni de trinca per be­
critichi sartori per lingue malediche ; eser a casa co
vitori emeriti ;
le scriture per esser informati d ’ una cosa per filo e per s e g n o , son
fra gli es em pi caratteristici che il Musatti
cui si parla. E il
riferisce dal Vocabolario di
Vocabolario comico che il Goldoni aveva in men te?
N ’ è forse rimasta traccia, rimasta reliquia alcuna in qualche
archivio
pr iv ato? L o chie deva il Fulin nel 1883, lo chiede adesso ancora il Mu­
satti, ed io con lui.
A
m
y
A .
( G u i d o
B e r n a r d y .
B i g o n i ).
Cesare Borgia e la Repubblica di S. Marino
(1500-1504). Firenze, Lumac hi, 1905; in 16." di pp. 95. — Una buona
rac colta
di
notizie , messa
insieme
terio storico , permette alla valente
con cure diligenti ed esatto cri­
scrittrice
di
ristabilire i fatti del
turbolen to periodo in cui la gloriosa repubblica dovette subire la non
lieta padronanza di Cesare Borgia. Essa riesce a lumeggiarlo sapientem e n te , di gu is a ch e la verità storica balza fuori da queste pagine in
tutta la sua interezza. L ’ episodio si rannoda
ai
ben noti disegni del
V a le n t in o sulle R om agn e, per formare quello stato eh’ egli e il padre
suo v a g h e g g i a v a n o , e che dovev a essergli scala a più alte fortune. E
qui ci tornano dinanzi i modi
onde ai propositi suoi cercava e voleva
effetto e c o m p im e n t o ; siccome il balenare delle armi, la tortuosa po­
litica pontificia, e Γ accorto maneggiarsi di Venezia. Due volte a C e ­
sare d o v e tte piegare Sanmarino fra il 1502 e il 1503, e, ben s ’intende,
per forza; ch e se ne sottrasse fra l ’ uno e
l’ altro periodo quando il
feltresco S . L e o risollevò le insegne dell’antico signore, esule e pere­
grino, sapendo bravamente resistere alle schiere borgiane mercè l’a c ­
cor do felice « della fierezza romagnola
dei
cittadini » con la « tena­
cità g e n o v e s e » d O t t a v i a n o Fregoso che ne comandava la difesa. L a
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morte di Alessandro V I, e il conseguente sgominarsi d e ’ s u o i , in un
co
nuovi orientamenti politici
sull’ inizio del pontificato di Giulio II,
fecero precipitare le momentanee fortune, così poco solide del V a le n ­
tino, e Sanmarino s ’ affrettò a riprendere la sua vecchia libertà , seb­
bene gli strascichi della dominazione infausta siano rimasti n e ’ libri di
spese, d o ve s ’ impara come alcuni debitucci che a quel periodo si rife­
riscono non vennero saldati che due anni più tardi. Interessanti d o cu ­
menti tratti dagli archivi di S. Marino e, i più, di Venezia, chiudono
la narrazione resa geniale da una forma semplice e spigliata.
SPIGOLATURE E NOTIZIE.
φ\
N ic olò Puccini, nel fervore di arricchire la sua galleria di grandi
quadri storici di soggetto
patriottico , affidò nel 1838 al g io van e sco­
laro del Bezzuoli, Emilio Busi , figlio di un proscritto rifugiato in Po­
lonia, l ’ incarico di dipingere La cacciata dei Tedeschi da Genova per
il moto di Balilla. « Il soggetto eh’ Ella si è compiaciuto darmi »,
scriveva, « è stato di tanta mia soddisfazione e con
accingerò a trattarlo, che già a quest’ ora
sono
tanto
tutto
furore
convulso
mi
solo
pensandov i; ardo d ’ impazienza di por mano all’ opera.... Mi sarà pur
dolce sfog o di sciogliere col pennello un voto che
dero sciogliere, ma con istrumenti
ben più
ferocemente
attingere ispirazione, si rifece al racconto del Botta;
consiglio
G iu seppe
si
recò nel luglio a Genova. Gli fu guida
Canale,
rica g e n o v e s e
e visitando le opere
della
Da
il
Genova
la strada
mosse
do ve
primo
la
il
specialmente
scriveva poi
famosa
vista
mortaro
ove
di
una
al
ma
con
ottimo
1* avv.
vecchia
ne recò giudizio assai giusto:
Michele
scuola
pitto­
« L u c a Cambiaso, Ber­
nardo Ca stello , i P i o la , i Carloni sono pittori
simo ;
desi­
tremendi ». Il pittore ad
di
un genio
grandis­
è a ragione chiamato il caposcuola ».
Puccini : « H o
il gran
lapide
disegnato
attentamente
fatto a c c a d d e , e fortemente m i com­
posta
a
eterna
memoria
profondò, e guai a chi la tocca ; difatto
nel
punto
non sono
molti anni che il governo voleva togliere quella odiosa ricordanza, ma
ben presto depose il pensiero, poiché una folla di popolo s ’ armò de­
ciso di far sì che vi restasse. Ho fatto pure degli studj dipinti di teste
del popolo g eno vese , le quali spero mi saranno di grande utilità nel
quadro, poiché hanno assolutamente un carattere proprio , originalis­
simo ; accigliati sempre, melanconici, rozzi, ma capaci di grandi cose.
In som ma ho av uto gran piacere di vedere G en ova: la vista del teatro
d e l a z i o n e mi ha suggerito nuove e migliori idee ». N e ll’ agos to ne avev a g ià fatto il bozzetto senza dissimularsi
le
difficoltà della
esecu­
zione ; diceva che quella era « una composizione indiavolata ». T u t ­
tavia si mostrava sempre più contento di quel soggetto « tremendo e
in un piacevolissimo », e tornato nell’ ottobre
da
Milano
dove
erasi
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recato
per
vedere
P Esposizione
scriveva : « Questa
gita
spero mi
tornerà a grandissimo vantaggio, perchè ho avuto luogo di bene esa­
minare e attentamente il carattere dell’odiata genia che d evo trattare;
10 sì li caccerò d av vero , su
di
una tela però ». M a nel maggio del­
l ’anno appresso il Busi moriva senza aver compiuto il quadro, c h ’ebbe
l'ultima mano d all’ Asioli di Modena. Nel 1847
lo
stesso
Puccini
ne
Niccolò Puccini e g li ar­
tisti del suo tempo in Bullettino storico pistoiese , A . V I I , p. 141 sgg.).
fece trarre una incisione. (Cfr.
Z a c c a g n i n i ,
M a il Puccini ebb e amichevoli rapporti con un pittore genovese assai
stimato, F ed eric o Peschiera. Il 27 giugno del 1839 questi gli scriveva:
« Q u i a G e n o v a vi furono qualche
leggieri disordini al T eatro Carlo
F e li c e , dietro le ballerine che per ordine superiore vennero in scena
colle brache. Fu rono arrestati parecchi individui i quali tutti anche in
ciò mostrarono energia G enovese. Il giorno che venni a G e n o v a era
11 terzo d a c ch é a v e v a luog o una battaglia di ragazzi , i quali si radu­
n ava no a u n ’ ora di notte in fondo d ’ una via aperta di nuovo. Essi erano divisi in d u e partiti uno con bandiera legittimista e l ’ altro ban­
diera liberale. Costoro si erano date busse da indemoniati ; erano ar­
mati di bastoni e di sassi ; e i ragazzi genovesi
sono
molto
valorosi
tiratori di pietre s a i ! ...... L a cosa però andò a finire che la polizia ne
arrestò circa u n ’ottantina, e tra questi un tale Meigrano del partito li­
berale ch e si distinse a segno che gli vennero d a ’ suoi compagni con ­
ferite tre croci di p iom bo sul campo di battaglia. Ora sono in secreto.
11 num ero dei combattenti era di circa trecento; ve n ’erano dai sette
anni fino ai quindici e sedici e anche diciasette ». E successivamente:
« R ela tiv am en te agli affari teatrali, sai tu come andò a finire? tre fu­
rono messi in prigione , e condannati di vari mesi
q u esto perchè non vollero
di
detenzione , e
inchinarsi a domandare scusa a persone a
cui dissero a buon diritto spia in quelle sere di trambusto, ed, a quanto
dissero loro, i medesimi soffrirebbero di stare eternamente in prigione
piuttosto ch e dom an dare scusa ». Si rileva poi da lettera del 1S40 che
Caduta di Lucifero , quadro che gli procurò il modo d ’ andare a
dei professori del disegno in
L iguria dalla fondazione d ell’Accademia, vol. I l i , pag. 184), fosse e-
la
R o m a , secon do narra l’Alizeri (.Notizie
s eg u ito per commissione del Puccini, particolare non rilevato d all’A l i zeri. Il quale non accenna per
alla q u ale stava allora
nulla
ad
una
Battaglia di Benevento
lavorando. (Dalle carte Puccini; cortese
municazione del professore Zaccagnini). La pudibonda
com-
Gazzetta di Ge­
nova d elle accen na te agitazioni non dice nulla.
Il p. L u i g i M . M a n z i n i nella sua monografia / Vescovi del­
l'antica L o d i , giu stam en te com batte l ’ intrusione nel novero di q u e ’
presuli di V en an zio. E g li prova che non si tratta di un vescovo L aud en se, m a di un ve sco vo L unense. È tuttavia inesatto 1’ asserire che
« sino al 1133, in cui G en o v a divenne Arcivescovado, com prendendo
a n ch e L u n i, le d iocesi ligu ri dipesero da Milano ». (Archivio storico
p er la città e comuni del Circondario di J j)d i , A . X X IV , p. 182). Il
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vescovo di Luni fu sempre indipendente e direttam ente so g g e tto al
P ontefice, e perciò non dipese mai da Milano prima del 1133 , e la
diocesi non fu compresa in quest’anno nell’arcivescovato ge n o vese.
·*** R e m ig io Sabbadini tornando a discorrere di T o m aso Moroni da
Rieti dì cui s ’ è occupato il nostro
Giornale rispetto alle sue relazioni
con G e n o v a (V, 22), nota che nel cod. Vatic. Barber., lat. 43, f. 154,
si l e g g e : «
T h o .
Rea.
Luculentissimas ac splendidissimas, e in fine;
111.
T h o m e Reatini ad legatos Genuenses responsio, quo die
D. N.
sese dediderunt eamque tanta vehementia protulit, ut ne sciretur magisne esset admirandum Genuensium donum an eiusce viri eloquentia
et virtus magis extollenda ». Rileva poi da alcune note scritte nei c a r ­
toni
e
nelle
guardie
del
Sallustio Ambrosiano (L. 9 8, sup. memb.
sec. X V ) che il codice appartenne a Pietro
volte ricorre
nei
cartoni
e
Niccolò
N oceto. D u e
la scritta : « H ic liber est mei Nicolai N o -
xeti », e nella guardia i4 padre di lui pose
questo
ricordo: «
Iesus.
E g o Petrus Noxetus emendavi Salustium Crispum in quibusdam locis
et edidici in ipso opere multa ». Le sue correzioni
però
e
gli
scolli
marginali 11011 olirepassano i primi capitoli. Sul cartone in fine è que­
sta nota di Niccolò: « Nicolaus Noxetus. Die quintodecimo decembris
M C C C C L X V I I illustrissimus Calabrie dux sacratissime maiestatis regis
Ferdinandi primogenitus cum in Tuscia exercitum ductaret sua sponte
me aurati equitis dignitate decoravit, pro quo immortali d eo ac inte­
meratae eius genitrici quas possum habeo gratias.
eques ». (Cfr.
Nicolaus
N oxetus
Giornale storico d. lett. i tal., X L V I I , 27, 29 sg.).
Ab bia m o altra volta accennato alla dimora
dama di Sta el nel 1815 (cfr.
in
G e n o v a di m a­
Giornale , IV , 91)); ora ci è d uopo tor­
nare sullo stesso argomento segnalando alcune lettere scritte da questa
città dalla celebre donna. Il 4 novembre di casa D e la R u e
scriveva
al Monti : « A la Bocchetta on aurait pu avoir peur si les anglois ne
nous avaient constitutionnellement
deja décidé
que Gènes est
protégés.
Depuis
bien inférieur à Milan
deu x
jours j ’ai
co m me esprit et
comme instruction. Votre Mad. Antonietta me plait et un M. Corvetti
qui vous aime et avec qui je 111e suis trouvée liée à cause d e cela ».
L ’ An to nie tta è la Costa a cui il Monti
nel Co rvetto si riconosce lo statista ed
indirizzò il
noto serm one , e
economista Lu ig i già natura-
lizzato francese. L a Stati si proponeva « passer a Lerici par chaise »
e prometteva al Monti una sua « lettre sur Gènes » prima di partirne.
11
19 mandava i «c om plim en ts» di Gaetano Marrè, il difensore d ’ A l -
fieri, e a g g iu n g e v a : « Ici je 11e me suis bien trouvée que de c e u x qui
me viennent
de
vous.
J ’excepte
pourtant en bien Mad. Brignole et
Mad. Durazzo qui sont brillamant aimables ». Accenna va aU’A rtem is ia
B rignole
mogli e d ’Antonio illustre diplomatico.
Quanto alle sue im­
pressioni d ic e v a : « c ’est là aussi [a Pisa] que j ’écrirai ce q u e j e vous
ai promis pou r Gènes car je n’ai pas un moment
ville »; avvertiva anche
il Saurau
Gioni. St. c IMI. dcUa Liguria.
che
à
moi
dans
cette
avrebbe mandato al Monti il
r6
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 234 suo « article sur G è n e s » lasciandolo libero
paraîtroit
« d en
oter
ce
qui lui
trop hardi ». L a figlia Albertina poi affermava. « j e quitte
G è n e s sans regrette » desiderosa sempre di Milano
a
cui eran volte
le sue simpatie. « J ’ ai entendu », soggiunge , « ici un fameux déclamateur G é n o is mais rien
ne
peut être comparé avec vous ». Questo
fam oso dicitore di versi era certo il marchese Gian
Carlo Di Negro.
P ec ca to ch e non ci sia pervenuto quanto la Staël disegnava di scrivere
o forse av e va scritto sopra G e n o v a ; certo nel marzo successivo (1816)
offriva a l l’A cerb i per la
G è n e s » ; ma il chiasso
Biblioteca Italiana « quelques réflexions sur
suscitato
Biblioteca nel gennaio del
dall’ articolo di lei pubblicato dalla
1S16
deve
aver persuaso
il
direttore a
Lettres inedites de Mad. de
Staël à V. M onti in Giornale stor. d. lett. ital., X L V I , 1 sgg.).
non ac cogli ere l ’ offerta. (Cfr.
*** E cco
una
relazione
M o r o s i n i ,
stampata
a Siviglia , che si riferisce alla
guerra del 1625 : « F am o sa relacion en que se avisa de como en vna
refriega que u vo entre la cavalleria de Milan , y
Ginoveses , mataron
al contrario cientq, y cinquanta ombres de a cavallo
y
otros muchos
sold ad os, entre los quales mataron el Principe Tomas, hijo del de Sab o y a y otros avisos. A i io d e 1625. Impresso
en
Sevilla por Iuan de
Cabrera, an o de 1625 ; 2 c. fol. ». È nella Biblioteca Nazionale di Ma­
drid fondo D e G ayan gos .
F r a i documenti ch e corredano la monografia di
S a c c h i
M a r i a
F a n n y
, Cosimo de* Medici e Firenze nell’ acquisto di Milano allo
S fo rza , troviamo alcune lettere c h e
T r a n c h e d in o pontremo-
N ico d e m o
(Rivista
lese scr iv eva da Firenze a Francesco Sforza
di scienze sto­
riche, A . II, p. 395 sgg.)»
* * * Il prof. Cesare D e Lollis giustamente deplora (cfr. Giornale
d ’ Italia e Supplemento alla Rivista delle biblioteche e degli archivi,
A . II , n. 10-12) che il governo spagnuolo
zione di sopprimere il modesto sussidio
sia venuto nella delibera­
che dava alla biblioteca C o ­
lo m b in a di S i v i g l i a , proprietà del Capitolo
di
quella
Cattedrale. In
c o n s e g u e n z a di ciò la biblioteca dovrà esser chiusa. È noto che essa
v e n n e fondata da Ferna ndo Colombo , e , sebbene abbia attraversato
disastrose vicende, onde fu alquanto depauperata , pure contiene an­
cor a libri e manoscritti preziosi, sì come ne fa fede il catalogo accu­
rato p u b b lic a t o dal prof. Simon de
la Rosa
y
Lopez. V i si conser­
va no autografi preziosissimi di Cristoforo Colombo , i quali furono il­
e splendidamente riprodotti a facsim ile
Raccolta Colombiana. Uniamo all’ autorevole voce d ell’ erudito
lustrati dal D e Lollis stesso
nella
scrittore il nostro modes to augurio di studiosi, affinchè il gover no della
S p a g n a receda dalla sua deliberazione.
Il P. R oberto Razioli
Provinciale de* Frati Minori residente a
F ir en ze in O g n i s s a n t i , è nativo di Villafranca in Lunigiana. Scrittore
g eniale ed elegan te oratore ; uomo di soda cultura nelle scienze sacre,
nelle lettere e nelle arti , con acute investigazioni di documenti fran­
cescani ha portato un notevole
contributo alla storia del suo Ordine.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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235
—
A lui si d ev e il rinvenimento di uno stupendo affresco d el G h irlan ­
daio, rim asto fino a pochi anni fa nascosto da una tela d ’altare nella
Chiesa d ’Ognissanti, e che egli, con la scorta d ’antichi d ocu m en ti, di­
vinò si d ovesse trovare nel luogo presupposto, com e di fatti avven n e.
Ora eg li è stato eletto Custode di Terrasanta.
*** E uscito a Sarzana col nuovo anno un giornale m ensile : Foglie
sparse, periodico religìoso-storico-leiterario-artistico (Sarzana, tip. L u ­
nense), che si propone, fra l ’ altro, di raccogliere n o tizie, docum en ti,
anedd oti riguardanti la città e in generale la diocesi L u nen se. N e è
direttore il canonico F e r d i n a n d o P o d e s t à , che dirige q u el Sem inario
V e sc o v ile . Noi ci proponiamo, com ’è debito nostro, di dare man m ano
n ella bibliografia lo spoglio di quanto concerne gli studi regionali ; in­
tanto auguriam o vita prospera e fortunata al nuovo periodico.
A Piacenza sotto la direzione del dott. S t e f a n o F e r m i è in ­
com inciata la pubblicazione del Bollettino Storico Piacentino di sto n a ,
lettere e arte , nel quale « oltre la storia propriamente d etta trove­
ranno posto e la letteratura e le altre scienze attinenti, com e l ’archeo­
logia, la num ism atica, l’ araldica, la p aleografia, la bibliografia ecc.;
tutto ciò insom m a che possa in qualche m odo recar luce a quel com ­
plesso di m em orie che forma la storia vera e multiforme di una re­
gio n e antica e progredita nella civiltà » com e la regione piacentina.
Buoni i p ro p o siti, buona 1’ attuazione , giudicando da q uesto prim o
fascicolo, adorno anche di ben riuscite tavole. O n d’ è a sa lu ta re, con
vivi au gu ri, questa nuova rivista, la quale renderà certo utili servigi
agli studiosi.
L e c t u r a D a n tis . L ’Associazione letteraria e scientifica « C ristoforo C o lo m b o » ha riaperto le sue sale alla esposizione d ella D ivin a
Com m edia. Com piuto 1’ Inferno negli anni precedenti, sono ora in co­
m inciate le conferenze sul Purgatorio. Il prof. Francesco T o rra ca ha
fatto la prolusione, nella quale ha discorso in generale di tutta la con ­
tenenza d ella seconda cantica; e lo ha poi seguito il prof. F ran cesco
Fofiano che ha letto ed interpretato il prim o canto. Il terzo venne esposto dal sac. Luigi Rocca , il quarto dal prof. A lfonso B e r to ld i, il
quin to d a ll’a vv . prof. Paolo Emilio Bensa, il sesto d all’a v v . prof. L u ig i
R o ssi, il settim o dal prof. Vittorio F erra ri, l ’ ottavo dal d o tt. G u id o
B iagi, il n cn o dal prof. Francesco Flam ini. — Pei tipi dei Successori
Lem on nier è uscito il secondo volume di queste letture dantesch e con
il seg u en te titolo : Lectura Dantis Genovese. I canti Χ ί ί - X X I I ! del/’ Inferno, interpretali da F. P e l l e g r i n i , A . M o n ti, I. D e l L u n g o ,
E . G . P a r o d i , G . B ico n i, D. M a n to v a n i, F . T . G a l l a r a t i S c o t t i ,
L . P ie t r o b o n o , L . S t a f f b t t i , G . F . G obbi, O . G o r i , G . S e m e r ia .
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236 —
N E C R O L O G IA .
A le ss a n d ro M agni G rilli. — Il 22 d ecem b re si spense serena- .
m en te n ella sua nativa S a rza n a ; vecchio d ’ a n n i, vig o ro so ancora di
spiriti ; lasciando di sè desiderio m esto, concorde, vivissim o. A nom e
d ella città e d eg li am ici gli dette l ’ultim o saluto — com m osso e com ­
m ov en d o - 1’ a vv . L u ig i D elle Pere con parole cald e e sen tite , che
tro va ro n o eco nel cu ore di tutti, perchè rispecchiavano pien am en te e
nel v e ro il pensiero e il dolore di t u t t i, vicini e lontani. N ato il 16
g iu g n o d el 1824 dal m archese A gostin o e da T eo d o ra L a r i , studiò
b e l l e l e t t e r e n e l C o l l e g i o d i P o n t r e m o l i , a l l o r a f i o r e n t i s s i m o , giurispru
den za
g o sto
venne
degna
n e ll’ U n iversità di Pisa, dove fu laureato a ve n tu n ’ anni il 4 ad el 1845. Il padre vo leva che attendesse alle le g g i , e gli co n ­
ad dottorarsi di nuovo , non riconoscendosi nel R e gn o di S ar
i diplom i conseguiti negli altri Stati. T o rn ò dunqu e a laurearsi
in G e n o v a il 14 lu glio del ’4 7 ; peraltro senza ch e mai ne cavasse van ­
ta g g io , tan ta era 1’ avversio n e e la repugnanza in lui a m an eg gia re il
co d ice e a tenzon are n e7 tribunali. L a storia lo attraeva in m od o ir­
resistib ile, q u ella principalm ente della regione nativa ; a l l a q u ale serbò
un cu lto d ’ am ore per tu tta la vita , e fu sem pre la sua occu p azion e
pred iletta , il suo conforto , il suo svago. Per lui la storia d ella L u n i­
gia n a non eb b e segreti. Di tenacissim a m em oria, ogni più m inuto par­
tico la re gli restava scolpito nella m en te; e non c ’ era b icocca in ro­
vin a, ru dere, sasso, gruppo di case, borgo, villa g g io , ch e non avesse
v e d u to con gli occhi propri e di cui non sapesse qualcosa : m iniera
sem p re ricca , inesauribile sem pre. G uidato da cosi solida erudizione
a v e v a m esso insiem e una raccolta di libri, opuscoli, fogli volanti, m a­
noscritti di co se relative alla Lunigiana, assai ricca per num ero , ma
n otevolissim a per rarità bibliografiche ; rovistando per gli archivi patrii
era an d ato trascriven do in ben disposti volumi quanti docum en ti o f­
frivano curiosità o interesse. E di tutto questo prezioso m ateriale
fu sem p re largh issim o con gli amici , a ’ quali com unicava volentieri ,
e se n za d a rsen e vanto, quelle m olteplici notizie attinte dai suoi viaggi
e d a lle sue ricerch e, go d en d o che altri liberam ente se ne gio vasse.
N e g li studi d e ll’ erudizione e della storia ebbe il Magni a spronatore
e g u id a il cu gin o Ilario L a ri; bello e forte in g e g n o , rapito im m a­
turam en te a ll’ am ore d e ’ suoi e alla sua città. N el L ari il culto
d ella storia d ella region e nativa era una tradizione dom estica. A m e
g io v in e t t o , ch e facevo allora le prime armi in quel cam po, C arlo
P rom is ricord ava con m em ore affetto il vecchio canonico L ari, zio a p ­
pu n to d ’ Ilario , che con largh ezza di dottrina gli fu aiuto efficace a
ra c co g lie re e tessere le m em orie di Luni. Ila rio , il n e p o te , difese a
viso aperto e con bravura gli interessi della propria città, qu an d o con
un frego di penna si vo leva dal Ministro della G iustizia e d e ’ C ulti
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
-
237
—
distruggere la diocesi di Sarzana, una tra le più antiche e glo rio se di
Italia; poi divisò stampare le Storie manoscritte del L a n d in e lli, e mi
scelse com pagno nell’ im presa, pur troppo troncata a m ezzo dalla
m orte. F u presso Ilario che conobbi Alessandro nel '67 e si strinse
q u ell’am icizia che divenne per tutti e due un bisogno del cu ore e una
consuetudine della vita. Il vederla spezzata dopo trentotto anni di c o ­
m unanza di pensieri, di studi e di affetti addirittura è cru d ele. L ’ebbi
al fianco nella R . Deputazione modenese di storia patria per la S o t­
tosezione di Massa, della quale fu nominato socio corrispondente l ’ u
m aggio del 1884 e promosso effettivo il 2 marzo del 1899. Insiem e
rappresentam m o quella Sottosezione a ’ Congressi storici di T o rin o
[1S85] , di F iren ze [1889] e di G enova [1892]: insieme assistem m o in
M odena alle feste con le quali la Deputazione com m em orò il cen te­
nario del suo primo presidente Celestino C aved on i, l’ insigne archeo­
logo. E per i Monumenta della Deputazione si stava preparando in­
siem e la stam pa dello Statuto di Sarzana del 1331 , che e g li, esperto
paleografo, aveva diligentemente trascritto. Nè qui si restrinse l ’op era
sua. M entre io raccolsi negli Archivi di Pisa ogni memoria riguardante
il dom inio d ella potente Repubblica su Sarzana, egli mi venne in aiuto
raccoglien d o e trascrivendo ogni memoria che di quel dom inio si trova
negli A rch ivi Sarzanesi ; lavoro che, pur troppo, ora resto solo a con ­
durre a line e curare. Socio corrispondente fin d a ll’ 8 agosto del 1S9S
della Com m issione municipale di storia e belle arti di Carpi, anche la
R. D ep u tazione di storia patria per le provincie di Parm a e Piacenza
lo volle tra ’ propri corrispondenti il 26 m aggio 1900 E quando sorse
a Sarzana, per deliberazione del Comune, la Com m issione m unicipale
di storia patria, che ha il Sindaco a suo presidente onorario, con voto
concorde fu scelto a esserne il presidente effettivo. Com e am m inistra­
tore era d ’ una bravura che usciva dall’ ordinario , e ben ne dette la
prova n e’ ventitré anni che tenne la presidenza della C assa di R i­
sparm io. Pur troppo quel fiorentissimo istituto, che era il vanto d ella
città e una tra le fonti della sua florid ezza, com e succede d elle cose
buone nel m ondo, fu travolto nella polvere; dolore d e ’ più grandi che
A lessan dro provasse mai nella vita. Nel ricordarlo, gli d ard eggiavan o
gli occhi e la lingua gli si faceva più affilata che una lam a di T o led o .
Era la coscienza degli onesti che parlava con la sua bocca ! S i occu pò
d ’ agron om ia; anzi v ’ ebbe mano esperta e sicura. E n ologo appassio­
nato, a furia di prove, di tentativi, di sperimenti riuscì a fare un tipo
di vino nero , nel quale il gusto italiano s ’ intreccia c o ll’ arte fran­
cese. M odestissim o, com ’era, e d ’ una modestia ruvida e quasi sco n ­
trosa , che lo forzava a nascondere il proprio valore fino a sè stesso,
quando si trattava del suo vino prediletto non solo consentiva la lod e,
ma quasi ci teneva. Era poi amabilissimo e piacevole nella co n v ersa ­
zione e a v e v a degli scatti così finamente arguti , che a
colpivano
e scolpivano. Scelse a com pagna della vita
un tem po
la m archesa
A u relia Pareto , vedova del suo prediletto cugino Ilario L a r i , riguar-
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d an d o sem p re con tenerezza paterna il figliuoletto di lui., che, orfano
fin nell* infanzia, non si accorse mai che gli m ancava il padre e ora
so lta n to lo sen te e lo sa. U na gioia gli consolò la vecch iezza: il m a­
trim o n io d ella figlia T eo d o ra con Pietro Sartori, buono e b r a v o , gliel'a llie ta ro n o le carezze festose e giu live d e ’ nepotini ; que cari toiletti
c h e a v e v a n o la potenza irresistibile di scacciare dal viso del nonno
o g n i s e g n o di m alinconia. L a rettitudine era im personata in Alessandro
M agn i : m arito , pad re , am ico non ebbe chi lo pareggiasse in bontà.
C o n la su a m orte S arzan a perdette uno d e ’ figli m igliori.
G io v a n n i
S fo rza.
A P P U N T I D I B IB L IO G R A F IA LIG U R E .
A jm elli A . U n a definizione della Bibbia secondo il P. C ereseto
(in Rivista storico-critica deUe scienze teologiche , R o m a , 1905, A . I,
PP- 7 3 -7 9 )· C fr. n el fase.
V ili
della stessa Rivista Ja Risposta del
P . C e re se to .
A
U g o . Ponte C arrega
ssereto
o Ponte delle Carraie? G enova,
C a r lin i, 19 0 6 , in 8.° di pp. 11 (Estratto dalla Rivista L ig u r e , 1905,
fase. V I ) .
A
G . G iu sep p e Mazzini prigioniero a bordo di una nave
steg ian o
italian a, con scritti inediti. Padova, I 9° 5 *
B ad ia (L a) B ened ettin a e il Santuario Mariano di Finalpia (in La
Madonna della Guardia , 1906, n. 10, 11).
B a r a t t a F a u s t o . S u lle
condizioni idrauliche della V al di Magra
e d e lle a ltre valli d ’ E n za. P a rm a , Battei, 1905,
η 4.0 di pp. S3, con
ta v o le .
B a r z a g h i C e s a r e . V ed . S auli*
B e n s a P a o l o E m ilio —
B i g l i a t i P a o l o . Com parsa conclusionale
n e lla causa form ale prom ossa dal Municipio di Savona contro i Mini­
steri d ella G u e rra d e l T e so ro e delle Finanze dello Stato [per la for­
te z z a di S a v o n a ]. S . n. tip .; in 4.0 di pp. 18. ~ A g giu n te a ll’ atto
co n c lu sio n a le d el M unicipio in risposta al Memoriale defensionale dei
co n v en u ti. S . n . tip ; in 4.0 d i pp. 24.
B i g l i a t i P a o l o . V e d . B e n s a P aolo E m il io .
B offito G
iu seppe.
Boscassi A
ngelo.
V ed. S a u l i.
S co p e rte archeologiche, (in Arte e Storia , X X V ,
p . 4 5 )B u g lia L
i l i
p p .
u.
I sonetti del 7'avarone. Pontremoli, tip. Rossetti, 1905,
1 7 ·
G a e t a n o . A n d rea Doria alla Prévesa (in Rendiconti del
R . Istituto L o m b S er. I l i , vol. X X X V III, pag. 893-910).
C
apasso
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-
239 —
C a r o s b n i N i c c o l ò . V e d . Foglie Sparse.
C a s e l l i C a r l o . I primi abitatori del Golfo della S p ezia . S p ezia ,
Zappa, 1905, in 8.° di pp. 24, (Estr. dalla Libera Parola ).
C a p e l l i n i G i o v a n n i . La rovina delle rocche di S. P ietro a Portovenere (in Rend. d. R Acc. d. Lincei , Class, di Scienze fis. m at. e nat.
vol. 15, 1906, fase. ι.°).
C e c c h i n i P i e t r o . V ed. Foglie Sparse.
C en obio (II) e il Santuario di Finalpia. — Feste cinquantenarie (in
I l sacro Speco di S. Benedetto di Subiaco, 1905, n. 8 e 9).
C e r e s e t o P. V e d . A
melli
A.
C e r v e t t o L. A . Il Palazzo S. G iorgio (in L ’Amico delle Fam iglie ,
1905, n. 45).
C o d ice diplom atico dei Santuari della Liguria (A. I l i , S er. I l i ,
il. 10, in contin.).
D u c a r p o . Memorie storiche genovesi. Recco e S. G iovanni Bono
(in Settimana Religiosa , 1906, n. 2).
F in alpia. V . Cenobio (II), Badia (La).
Foghe Sparse, periodico mensile religioso-storico-lettetario-artistico,
Sarzana, tip. L unense.
A n n o I, n. 1 : La Lunigiana nella Divina Commedia (F . Podestà).
— A p p u n ti storici : Papa Pio V II a Sarzana. — Da Sestri Levante
a Spezia (F . Podestà). — Spigolature storiche [dai Commentaria d el
S en arega]. = N . 2 : Appunti storici : La pestilenza e la faine del 1816
e 1S17 a Montemarcello [Lettere del Proposto Pietro Cecchini], — Og­
getti rinvenuti in una scatola trovata alla base della Croce che sostiene
l’ Angelo su l Campanile della Cattedrale di Sarzana [oggetti sacri po­
stivi il 24 aprile 1740 da uno degli Operai , Francesco M agni Griffi].
— La Lunigiana nella Divina Commedia (F. Podestà). — Dante al
Monastero del Corvo [si riproducono i versi d el Colombo di L oren zo
Costa d o v e accenna alla nota leggenda]. — Spigolature storiche [dagli
Annali del Cafiaro]. = N. 3 : Appunti storici: Crocifisso miracoloso
che si conserva nel Santuario della Cattedrale di Sarzana. — « La
Spezia illustrata » di G. B. Monti e i fra telli Casoni della Spezia
[lettera del 23 aprile 1826 di fra Niccolò Carosini]. —
La Lunigiana
nella Divina Commedia (F. Podestà).
G . L a C ap pella di S. G io. Battista in G enova (in L ’ Am ico delle
Fam iglie , 1905, n. 26).
M a n z i n i L u iG r. V e d . S a u l i ,
M a r c h e s e D t s m a . I solenni funerali di Mons. G . B. D e B em ard is
canonico prim icerio celebrati nella metropolitana di G en ova , addì 5
ottobre Γ905. G enova, tip. Arcivescovile, 1905, in 8.° con rit.
M a s i E r n e s t o . Lettere intime di Giuseppe
Mazzini (in S a g g i di
Storia e di critica , Bologna, Zanichelli, 1906, cap. X V ).
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-- 240
M azzin i U
baldo.
—
D ocum enti d ’arte toscana in L i g u r i a (in Bullet-
tino storico pistoiese, A . V II).
[ M e d i c i F r a n c e s c o ]. Q u alche notizia sulle fam iglie M edici di Lu
n igian a. D ocum en ti e alberi genealogici. F irenze, S o c. tip. oren ma,
1905; in 16 .0 di pp. 104, con 4 tav. gen.
M i n a L o r e n z o . Id ee, considerazioni e note (da G en ova), (in ^rte
e Storia , X X V , 47 s g g j . — Si tocca d ell’Associazione L ig u re degli
artisti, de L a Chiesa di S . A gostin o in G enova, delle P orte liguri an­
tich e e m oderne, del M useo Chiossone.
M o l f i n o P. F r a n c e s c o Z a v e r i o .
11 convento d e ’ C appuccini di
V a ra z ze . G en o v a, T ip . della G ioventù, 1906; in 8.° di pp. 9 3 » fiS·
N eri A
c h ille.
L a patria d ’ origine di Urbano V II (in Bollettino
storico della Svizzera italiana , X X X V II, pp. 130_I34)·
P alazzo (II) San G iorgio (in L'Am ico delle Famiglie , 1905, n · 44).
P a n d i a n i E m i l i o . Un anno di storia genovese (giugno i5°6
con D iario e docum enti inediti (in Atti d. Soc. Ligure di S t o i .
a .,
vo l. X X X V I I ) .
P e r a n d o . In m em oria di L . M. D ’A lbertis: discorso. G e n o v a , ti
po grafia U n ione G en ovese, 1905; in 8.°, pp. 12.
P ersoglio P. L . L e F iglie di Casa (in Settimana Religiosa , 1905,
n. 5 1, 1906, n. 2, 3, 4, 5, 6). — L e vie di G enova (ivi, i 9° 5 > n* 52>
1906, n. 3, 4, 5, 6).
P ica V ittorio . L ’ arte dell’ Estremo Oriente al Museo Chiossone
(in Em porium , vol. X X I II, pp. 131-144, con fig. e tav.).
P o d e s t à F e r d i n a n d o . V . Foglie Sparse.
P oggi V
itto r io .
Relazione circa alla pertinenza dell’ area su^ cui fu
co stru tta la fortezza di Savon a. Savona, Ricci, 1906; in 4.0 di pagine 32.
P o rto ven ere. V e d
C a p e l l i n i G.
P r e m o l i O r a zio . V ed. S a u li.
R ecco. V ed . D u c a r p o .
R i c h a r d s o n E . C . V orag in e as a Preacher (in The Princeton Theo-
logicai Review , T . II. (1904), pp. 442-64).
R o g g e r o E g i s t o . La nuova Genova (in A rs et Labor (Musica e
M usicisti ), A . L X I , n. 2, 1906, pp. 125-127, con fot.).
•
R o s s i G i r o l a m o . D ocum enti inediti riguardanti la Chiesa di V en tim iglia. T o rin o , P aravia, 1906; in 8.° di pp. 55.
S alvarezza
C esare.
Fazioni navali inglesi a Noli (1808 e 1812).
V ita politica di N oli al tem po dei Francesi, su documenti inediti. Roma,
tip . C ecch in i, 1905; in 8.° di pp. 46, con tav.
_ Il m illenario acquedotto della città di Noli. Savona, B ertolotto,
1903; in 8.° di pp. 22.
G
io van n i
D a P o z z o amministratore responsabile.
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PUBBLICAZIONI RICEVUTE
Andrea D 'O ria alla Prevésa. Nota di G a e t a n o C a p a s s o , M ilano , 1905, R e beschini.
U go A
ssereto.
Ponte Carrega o Ponte delle Carraie? G en ova, Carlini, 1906.
Francesco Petrarca canonico di Pisa nel 1342. Nota di C a r l o C i p o l l a . T o ­
rino, C lausen, 1906.
M i g l i o r e C r e s c i . Storia italiana commentata dal prof. U g o G i u s e p p e O x i l i a .
T orin o, Paravia, 1905.
La poesia popolare italiana. Studi di A l e s s a n d r o D ’A n c o n a . Seconda edizioìie accresciuta. Livorno, Giusti, 1906.
E. M a d d a l e n a . I l Metastasio « dramatis persona ». Roma, C oop erativa, 1905.
Scene e figure molieresche imitate dal Goldoni. Napoli, M elfi e Joele, 1905.
—
A
n to n io
Pilo t.
L ' alchimista Marco Bragadin a Venezia.
C a p o d istria ,
Priora, 1905.
*S\ Alessandro Sauli. Note e documenti. Milano, Cogliati, 1905.
M a r i a O r t i z . Commedie esòtiche del Goldoni. Napoli, M elfi e Joele, 1905.
Qualche notizia sulle famiglie Medici di Lunigiana. F iren ze , tip. F ioren ­
tina, 1905.
G i o v a n n i S e t t i . La Grecia letteraria nei « Pensieri » di Giacomo Leopardi.
L ivorn o, G iusti, 1906.
E . G . P a r o d i . La data della composizione e le teorie politiche dell’ Inferno
e del Purgatorio di Dante. Perugia, tip. Cooperativa, 1905.
U g o S c o t i - B e r t i n e l l i . Giorgio Vasari scrittore. Pisa, N istri, 1905.
C a m i l l o M a n f r o n i . I l reame di Napoli dal 1806 al 1821 a proposito di una
recente pubblicazione. Padova, Randi, 1905.
F e r din an d o
R o n d o l i n o . Per la storia di un libro. Memorie e documenti.
T orin o, Paravia; 1904.
G irolam o
R o s s i . Documenti inediti riguardanti la chiesa di Ventimiglia.
T orino, P aravia, 1906.
V
itto r io
P o g g i . Relazione circa alla pertinenza dell’ area su cui f u costrutta
la Fortezza di Savona. Savona, Ricci, 1906.
P. F r a n c e s c o
Z averio
M o l f i n o . Il Convento dei Cappuccini di Varazze.
G en o v a, tip. della Gioventù, 1906.
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- I 2 ·
ministrazione del periodico - Spezia.
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lorata e della legatura, nonché di porto a domicilio degli Autori.
Prezzo del presente fascicolo L. j
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G IORNALE s t o r i c o
3 E LETTERARIO DELLA
K
LIGURIA
d ir e tto
e
da
da
ACHILLE
UBALDO
pubblicato sotto gli auspici della S o c ie tà L ig u r e
A N N O V II
Fascicolo 7-8-9
NERI
*
*
*
M AZZINI
*
*
+
di
S t o r ia P a t r ia
1906
L u g lio -A g o sto S ettem b re
SOMMARIO.
G . S fo r z a : Contributo alla vita di Giovanni Fantoni, pag. 241. — A . P e l l i z z a r i : U n asceta del rinascimento, pag. 277. — A . M a ssa : D ocum enti e notizie
per la storia d e ll’ istruzione a Genova, pag. 311. — V A R I E T À : F . L . M a n n u c c i:
G iunte al lessico d ell’ antico dialetto ligure, pag. 328. — A . N . : L a stam pa o ri­
ginale d e ll’ o d e a Luigia Pallavicini, pag. 333. — B O L L E T T IN O B I B L I O G R A ­
F IC O : V i si parla di: Pandiani (C. Manfroni), pag. 342. — A N N U N Z I A N A L I ­
T I C I : V i si parla di: Setti (N. Vianello), Rossi, A . P ellegrini (C. M .), pag. 343.
— S P I G O L A T U R E E N O T IZIE , pag. 349. — N E C R O L O G IO , pag. 351. - A P ­
P U N T I D I B IB L IO G R A F IA L IG U R E , pag. 3
— S O C IE T À L IG U R E D I
S T O R IA P A T R I A , pag. 356.
L A S P E Z IA
D IR E Z IO N E
Società d’ Incoraggiam ento editrice
A M M IN IS T R A Z IO N E
L a S p e z ia - A m m in istrazion e
T ip . d e l l a G io v e n t ù
del G iornale
Genova - C orso M entana
43-12
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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—
24 I —
CONTRIBUTO
A LLA VITA DI GIOVANNI FANTONI
(LABINDO)
III.
L A B IN D O E L A R IV O L U ZIO N E D I R E G G IO .
« Nel 1796 adottò le massime di libertà e di rivolu­
zione che correvano allora per l’Italia, recatevi dagli stra­
nieri; e queste furono il principale motivo de’ suoi viaggi,
giacché egli, come accenna uno storico recente (1), accor­
reva all’alito delle rivoluzioni, come a quello dei cadaveri
i corvi. Ciò nonostante, si mostrò fortemente avverso a
certi modi di governo che si vollero allora introdurre in
Italia; giacché egli diceva di voler l’Italia libera, forte, in­
dipendente, ma non soggetta agli stranieri, che se n’erano
falsamente gridati liberatori ». Così a Torino era giudicato
il patriottismo di Labindo nel 1833; anno per il Piemonte
di ricordo nefasto. Achille M auri, non senza stenti e fa­
tica, lottando coraggioso contro le forbici della censura au­
striaca, di lì a poco stampava a Milano: « Non patì di veder
profanato l’ idolo della sua fantasia, di vederlo gettato nel
fango per opera di quegli stessi che ostentavano di ren­
dergli culto; non potè reggere tranquillo nel cospetto del1’ iniquità che voleva farsi benedire delle sue stesse opere
m alvagie, e sorse animoso a smascherarla, paventando
ch’ella non avesse a gettargli sul capo l’ ignominia d’ una
codarda complicità ; nè il timore della persecuzione lo ri­
mosse dal proclamare apertamente il vero. Il suo corag­
gio sempre gli fe’ conservare la stima de’ buoni e di sè
stesso » (2).
Nell’ ode 11 Fanatismo, scritta il ’çi , e indirizzata al1’ Alfieri, canta:
. . .
da lungi odo il fragor di guerra,
V e g g o le genti vittime
D ello sdegno dei re morder la terra.
G ioni. St. c Leti, della Liguria.
ry
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 242 —
D estino acerbo dom ina
D ’ E u rop a i figli. D a ll’ avito soglio
M ira i m onarchi scendere,
E della p leb e satollar l ’orgoglio !
In
q u e s to ste sso
a n n o c o s ì r a m p o g n a l ’I t a l i a :
. . . druda e serva di straniere genti,
R accorcio il crin, breve la gonna, il fem ore
Su le pium e adagiato, i di languenti
Passi oziosa e di tua gloria im m em ore.
P e r ò l a s c u o t e , l ’a n i m a , l ’ in c it a
con
un
c o n s ig lio c o ­
r a g g io s o :
Sq u a rcia le vesti d e ll’obbrobrio; al crine
L ’ elm o riponi, al sen l ’usbergo, destati
D al lu n g o son no, e sulle vette alpine
A lla d ifesa ed ai trionfi apprestati.
N e l ’ ç2
s ’a c c u o r a p e r c h è
L ’ avara stirpe im belle
d e g li
« s p u r i i » f i g l i d ’A u s o n i a
N on più robusta suda
F ra le illustri di pace arti e di guerra ;
e p erch è
N on più d olce e glorioso
L e è m orir per la patria, inutil nome !
A p r e , p e r a l t r o , l ’a n im a a lla s p e r a n z a :
G ià il procelloso turbo
F rem e inquieto sull’Alpi e s ’avvicina,
G ià desta la tacente
F ra le ruine libertà latina.
M e n t r e l a t e s t a d i L u i g i X V I c a d e s o t t o l a m a n n a ia ,
e 1’ E u r o p a
« s i s c o t e a t t o n it a », e c o n le i i R e ,
frem endo
D a ll’ esem pio trem endo ;
L a b in d o ,
« a m ic o
d e lla
p u b b lic a
f e lic it à »,
q u e i m o n a r c h i , c h e n e a b b is o g n a n o », q u e s t i
r iv o lg e
« a
« d is in te r e s ­
s a t i » c o n s i g l i , e li m a n d a a lle s ta m p e . I g n o t i ai s u o i b i o ­
g r a f i , l i t o l g o f in a lm e n t e d a ll’ o b lìo :
L ’ E u ro p a sospira la libertà dopo che la filosofia le fe’ conoscere
d iritti d e ll’ uomo
le lusinghe dell’ Autorità la solleticano,
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1’ esem pio
— 243 —
della F rancia la invita; ma ancor non è giunta la pienezza dei tem pi.
Il potere d e ll’Opinione e la ricchezza del Clero , la non abbastan za
avvilita prepotenza della Nobiltà non permettono al P opolo , per an ­
che ineducato , che di risvegliare una dannosa anarchia e di versare
del sangue. Sovrani, finché siete a tem po , allontanate il turbine ch e
vi m inaccia, correggete il dispotico sistema dei vostri G overn i e p ro ­
fittate d e ll’utile sincerità d e’ miei disinteressati consigli.
D ifen do la vostra causa e quella delle Nazioni ; non abb iate Γ in ­
d iscretezza di condannarmi; correggetevi, se mancate; con solatevi, se
adem piste i propri doveri. Uditemi dunque , e contribuite m eco alla
possibile felicità della presente generazione.
R ispettate la Religione per sentimento e per politica.
A m a te la giustizia.
F ate che la legge sia rigorosa, il Principe clem ente.
Non interpretate le leggi. Se buone, sareste tiranni; se cattive, d eb ­
bono cessar d ’esser leggi.
S ia il vostro esempio la più utile e la prima fra queste.
Non ascoltate chi vi parla male dei su d d iti, ma chi li aiuta e li
com patisce.
N on vi lasciate sedurre dalle ragioni, benché plausibili, di una parte
sola. L a verità si conosce nella contraddizione.
Punite irremissibilmente le offese fatte alla società , e perdon ate
facilm ente q u elle che vi appartengono.
S arete ricchi se lo saranno i vostri sudditi. Il loro am ore d e v ’ es­
sere il vostro erario, e non vi mancherà nei bisogni denaro. T rattate
i vostri popoli da figli e vi tratteranno da padri.
L a vostra tenera affabilità non sia priva di quel m aestoso con te­
g n o e h ’ è uno dei più potenti custodi del trono. L a soverch ia fam i­
gliarità dei monarchi li avvilisce agli occhi dei sudditi.
L a buona educazione è la prima ricchezza di uno S tato ; sia dun­
que la vostra prima premura.
P roteggete gli uomini dotti, lo diverrete voi stessi colla loro con­
versazione, e sarete conosciuti dalla posterità.
Beneficate chi ha dei talenti ; ma non im piegate che
chi g o d e la
stim a del pubblico.
M igliorate i co stu m i, raffrenate la licenza ; ma non perm ettete ad
una classe d ello Stato una soverchia influenza su le riforme.
A ste n e te v i d a ll’ innovare senza necessità ; e quando siate costretti
a farlo, consultate prima con un saggio manifesto la N azione , s c e ­
glien do l ’occasione favorevole d ’eseguire il vostro progetto.
R en d ete il teatro una scuola di morale, ed i pulpiti di carità, non
di dispute teologiche e di vana eloquenza.
N on cercate d ’ esser temuti, nè com perate la vostra sicu re zza p a ­
gando dei m ercenari : amando i vostri su d d iti, non vi m ancheran no
dei difensori.
Non avvilite la nobilità, nè il popolo; rispettate le classi tu tte d ello
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 244 —
Sta to , e non accord ate distinzioni che al m erito. P er conoscerlo, b i­
so g n a a vern e; coltivate dunque lo sp irito, m a non a spese del
cuore.
S ce g lie te bene i vostri m inistri, ed allora potrete riposare sulla loro
on està ed abilità, nè sarete costretti a faticare quai subalterni , m en­
tre siete sovrani.
N on n eg a te m ai bruscam ente una grazia; nè la con ced ete senza esam in are se può p regiu d icare ad alcuno.
P ro te g g e te l ’agricoltu ra col non aggravare nè i terren i, nè i g e ­
n eri di prim a n ecessità d ’ intollerabili imposizioni ; e favorite 1’ indu­
stria, d im inuen do i veri casi della prepotenza e del m onopolio, e non
m erca n teg gia n d o vo i stessi.
A n im a te le m anifatture, m a non fomentate il lusso per arricchire
i m anifattori. N on bisogn a, per prom uovere le arti, corrom pere i co­
stu m i e rovin ar le fam iglie.
N on lasciate senza prem io un uomo che si è reso utile; gli altri
cesse re b b ero allora di divenirlo.
R e n d ete n ell’opinione pubblica di m aggior peso le ricom pense onorifìche ch e le lucrative. Così potrete premiare più facilm en te, e fa­
rete ch e la ricchezza resti al di sotto della virtù.
N on to g liete al popolo i divertim enti e le feste. G li fanno dim en­
ticare i disgusti, proteggon o l ’interno commercio, prom uovono la cir­
colazion e d el denaro, e riuniscono i sudditi col m onarca, ed a questo
dim ostrano se possiede il loro affetto, o se i ministri lo ingannano.
V isita te sovente i vostri Stati, e ascendete le scale del povero, se
vo le te sapere la verità , conoscere la miseria ed apprendere a p ro v­
ve d erci.
N o n piangete che di consolazione di aver fatto del bene.
P ossano questi sentim enti scolpirsi profondamente nel vostro cuore
e farvi corrispond ere ai voti d ell’umanità ed alle lusinghiere speranze
d el più sincero dei nostri consiglieri
L . [a b in d o ].
M e n t r e la F r a n c i a ,
col
p r e s t ig io
d e lle
d o ttr in e
q u a l i s ’e r a f a t t a b a n d i t r i c e , e s e r c ita u n f a s c in o
d e lle
ir r e s is t ib ile
n e l m o n d o , e la m e n t e d e l F a n to n i n ’ è p r e s a e s o g g i o g a t a ,
e d a lla
r iv o lu z io n e
g iu s tiz ia , e
sp era
a s p e t t a il tr io n fo d e lla
il r is o r g im e n t o
lib e r tà e d e lla
d ’ I t a l i a ; i p iù v o l g o n o
g l i o c c h i , p i e n i d i p a u r a , a i « tr e m e n d i e fie r i » n e p o t i d e ’
D r u i d i , c h e , a c c i n t i a l l ’ im p r e s a n e fa n d a d i
S cu o tere i regni e sgomentar le genti
Con l ’armi e co ’ pensieri,
. . . anco del cielo
A ssalgon o le torri ;
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— *45 —
e c o n tro
d i l o r o in v o c a n o la v e n d e t t a
p u n it r ic e
d i la s s ù ;
la i m m a g i n a n o g i à m o n ta ta
Su 1’ irate ali del vento ;
g ià v e g g o n o
g u iz z a r e il la m p o ,
g ià
s e n to n o
lo
s c r o s c io
d e l l a s a e t t a (3).
L a b i n d o è fo r z a t o a s p e z z a r e p e r s e m p r e l ’ a m ic i z i a p i ù
c a r a : q u e lla
c o l m a rch ese
C a r lo E m a n u e le - M a ia s p in a . A
F i v i z z a n o (lo a t t e s t a il n e p o te ) v i e n e in u g g i a a t u t t i : b i ­
sogn a che
tiv o
« a p r o p r ia s ic u r e z z a » s ’a llo n ta n i d a l p a e s e n a
e p ig li a v a g a re
« n e lla
v ic in a
G a rfa g n a n a
e
n e lla
L o m b a r d i a d i q u a d a l P o , p r e s s o i s u o i a m ic i e c o n o s c e n t i »;
t r a ’ q u a li
si
s e g n a la r o n o
per
la
s c h ie t t e z z a
e
d e l l ’ a f f e t t o , G iu s e p p e B e r t a c c h i d i C a s t e ln u o v o
g n a n a , P ie tr o
c o r d ia lit à
di
G a rfa ­
N o t'a ri d i M o n te m is c o s o (4) e A n t o n i o
L ei
d i S a s s u o l o , t r e fu tu r i g ia c o b in i e s s i p u r e . D i p o l i t i c a c a r t e g g i a v a c o n 1’ a b . L u i g i
a n n i,- i n g e g n o
p r o n to ,
T e n e v a in R e g g i o
C a g n o li,
p a r la t o r e
a llo r a s u i v e n t i q u a t t r o
fa c o n d o , n a tu ra b o lle n t e .
la c a t t e d r a d i
g iu r e c a n o n ic o , m a p e r
l a s c i a r l a d i lì a p o c o e d e p o r r e a n c h e Γ a b i t o e c c l e s i a s t i c o ,
n o n fa tto a l su o
ta g lio .
D e lle
le t t e r e
b in d o , q u e s t a d e l 4 l u g l i o ’ gó s v e l a
c h e g li s c r is s e L a ­
il
p e n s ie r o
del
pa-
t r i o t t a , l e s u e a n s ie , le s u e s p e r a n z e .
C a r is s im o C a g n o l i ,
Castelnuovo di Garfagnana, 16 Messidor
Anno 4.0 della Rep.a Francese una ed indivisile.
L ib ertà
Eguaglianza.
T i m ando, com e ti ho promesso, una copia dell’ Ode stam pata a
Parigi (5) e della traduzione di Chenier (6). Non le m ostrare ch e ai
buoni, giacch é Noscis heu noscis nostrae perfidia Romae. S i hanno
buone speranze ; scrivimi per la Posta di giovedì quali son o quelle
su di cui vi lusingate costì.
Non sono contento delle ultime misure prese a Milano, n é di m olti
altri passi, ch e possono influire sul futuro destino d e ll’Italia.
Buonaparte con una lettera all’astronomo Oriani invita tutti a v e ­
nire nel M ilanese, o se più lor piace a passare in Francia. Q u e s t’ u l­
tima ofterta mi fa tem ere della felicità della nostra penisola, p o ich é
sarebbe ben irragionevole chiamare in altro paese coloro ch e p o tes­
sero sperare di essere felici nel proprio. Pare , da quanto su cced e,
che i F ran cesi non siano peranco degni della D em ocrazia , e ch e ne
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—
246 —
stim ino g l ’ Italiani m eno d egn i di loro. V o glio n o che 1’ A ristocrazia
dia loro le prim e lezioni di R epubblicanism o , e sperano che 1’ istru­
zion e possa ricondurre ed in F ran cia e fra noi tem pi m igliori. L e mire
d el D irettorio sem brano per ora lim itate a tre oggetti: prim o, di di­
sporre con l ’ istruzione il P opolo ad una sicura rigen erazion e; secondo,
a procurarsi la pace con ridurre ad uno stato d ’ im potenza politica l ’ In­
gh ilterra e la C asa d ’A u s tria ; terzo, a pagare il debito N azioiiale con
le contribuzioni pagabili dai P opoli vinti.
S e riuscirà al Papa, col m ezzo attualm ente potente d ella
Spagna,
di far la p a ce, sacrificando le tre le g a z io n i, con m olto denaro e vari
cap i d ’ o p era d e ll’ arte , si ved rà ancora per 5 0 6 anni m antenersi
un certo eq u ilib rio , sul qu ale, invece di influire la C asa di B orbone e
e la C asa d ’A u stria , influiranno la prim a e la F ran cia ; m a tale equi­
lib rio n on p u ò r e g g e re lu n go tem po, e variando in F ran cia le circo­
stan ze d ovran n o variare necessariam ente in Italia, non senza però molti
g u a i, ch e si sarebb ero potu ti risparm iare , se lo scacciare g l ’ Inglesi
dal M ed iterran eo, non avesse resa necessaria ai Francesi Γ am icizia e
1’ a lle a n za S p agn u ola.
L iv o rn o è pacificam ente in mani dei F ra n cesi, ed è da essi forti­
ficato in m od o da p ro te g g e re qu elle squadre che potessero venirci a
te n er lon tan a l ’ in g le se . Q uel G overnatore, forse per aver perm esso ai
n ego zian ti della su d d etta N azione di ritirarsi sulla squadra con i loro
m igliori effetti, è stato condotto a Firenze dalle truppe repubblicane,
ch e g ià si sono im possessate di Massa e Carrara , del piccolo porto
di V ia r e g g io , e si vuole che abbiano dichiarata L ucca loro piazza
d ’ arm i (7).
D o p o 1’ arm istizio conchiuso con N a p o li, pare che vi sia più da
cre d e re ch e il piano d egli affari d ’ Italia sia concentrato in guisa da
ren d ere alla Spagna 1’ antica influenza sul regno di Napoli, facendola
c o n trib u ire con le sue forze navali all’ allontamento degli
Inglesi dal
M ed iterran eo, dei quali, per im pedirvi il ritorno, vuol render padrona
la S p a g n a di G ibilterra e farle con i suoi legni da guerra signoreggiare
q u ello stretto.
N oi ci contenterem o, per questa volta , col sacrificio di m olti de­
n ari, statu e, quadri e viveri, di comprare la diminuzione dei Principi
n ella n ostra Penisola, di acquistare il diritto di parlare e di scrivere,
e di odorare la libertà. S e sapremo profittare di c i ò , e particolar­
m en te d ella facoltà di parlare e di scrivere, potremo sperare di risor­
g e re fra non m olto. L a progressione delle cose , se non avrem o la
m anìa e la viltà di arrestarla, è favorevole al desiderio dei buoni.
S a lu ta te tutti gli amici che sono costì, e che possono m eritare di
con trib u ire al bene della nostra nazione. Geppe B ertacchi, a cui con
sop ra cca rta potete dirigere la vostra risposta, vi saluta caram ente, e vi
dà m eco un am plesso fraterno.
A d d io . State sano e tenace nel vostro proposito.
S a lu te e fraternità.
G io . F
antoni
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(8).
— 247 —
L e s u e p r im e
a rm i
com e
tr ib u n o
d e lla
p a tr ia le fe c e
a p p u n t o a R e g g i o , la c ittà c h e « c o n e s e m p io m a g n a n i m o »
scosse
« l ’I t a l i a g i à so n n a c c h io s a » (9); R e g g i o
donde primiero
D i nostra libertà sorse il baleno (10).
D i q u e l lo c h e il F a n t o n i v i o p e r ò , e d e ’ c o n t r a s t i c h e
d o v e tte
co n to
so s te n e re
nel
p ro p u gn are i p ro p ri
id e a li,
d ie d e
e g l i s t e s s o , il 17 o tt o b r e d i q u e l m e d e s im o a n n o 1 7 9 6 ,
c o n q u e s t a d ic h ia r a z io n e a s t a m p a :
L IB E R T À
AL
IL
E G U A G L IA N Z A
P O P O L O SO V R A N O DI REGG IO
C ITTA D IN O
GIOVANNI FAN T O N I.
26 vendemmiatore anno 5 .0 della Repubblica Francese una ed indivi­
sibile , aurora della Libertà Italiana.
Il vero repubblicano, forte del testimonio della sua coscienza, non
tem e le insidie della calunnia, ma non permette che il Popolo, di cui
am bisce la stim a e desidera la felicità, resti un solo m om ento incerto
sulla rettitudine del suo civism o. Profittando d eg l’ inalienabili diritti
d e ll’uom o e d el cittadino , cerca nella libertà della stam pa il m ezzo
sicuro d ’ istruire della verità i suoi compatriotti e d ’ arrestare i m a­
n eggi d ell’ aristocrazia e d ell’ invidia. Sono alcuni giorni ch e la loro
vo ce, sorprendendo anche la buona fede di qualche credulo patriotto,
tenta, se fosse possibile, d ’ insultarmi , e procura con u n ’ in g iu stizia,
d egna della tirannia, di rivolgere in male tutto ciò che ho fatto per
il bene e la gloria di questo paese. Dim enticando la prem ura con cui
mesi fa venni a sempre più scuotere le vostre anime en ergich e , del
che vi potino rendere buon conto Lam berti e Fantuzzi e particolar­
mente C assoli, Paradisi e Cugini (11), di alcuno dei quali conservo le
lettere che provano il mio impegno di riunire altre provincie a q u e­
sto Stato, mi dichiara temerario perchè progettai l’ impresa di M onte
C hiarugolo ed esposi la mia vita per voi, rendendovi l ’ o g g e tto della
venerazione e d ella tenerezza patriottica degli ottimi Milanesi; mi a c­
cusa di perturbatore della pubblica tranquillità, perchè pred ico a tutti
i cittadini l ’unione, l ’istruzione e l ’organizzazione di un G overn o p ro v­
visorio, che possa conservare a R eggio la primogenitura d ella libertà
italiana e q u ella stima che si era meritata presso i Com m issari della
R epubblica Fran cese e l’ invincibile Arm ata d ’Italia; mi tem e am bizioso,
perchè som m inistro a ’ p a trio tti, che me li chieggono , quei lum i ch e
sono necessari per organizzare il loro g o v e rn o , e perchè offro al S e ­
nato m edesim o quelle misure che possono farlo scendere fra le b en e­
dizioni e la riconoscenza del popolo dall’ altezza pericolosa in cui le
circostanze lo aveano collocato. Parli liberamente il sincero ed intelli-
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248
—
g e n te patriotta L am b erti, p rod u ca qu egli scritti che gli ho dati da far
pren d ere in con sid erazion e al S en ato e d e ’ quali esiste copia in mano
di ottim i repu b b lican i, e R e g g io conoscerà apertam ente s ’ io sono o
no l ’am ico d el po p olo.
L o c re d e re ste, cittadini ? V ’è chi, tem endo l ’energica sincerità del
m io patriottism o, ha perfino P ingratitudine di dire che d ovevo esser
m and ato via com é forestiere, e si è tentato qualche sotterfugio legale
p e rc h è io mi disgustassi e p artissi; ma non sapevano costoro t h ’ io
p o s s e g g o n ella m on tagn a R egg ian a, che l ’uomo libero ed utile è cit­
tad in o rivoluzion ario d ’ o g n i regio n e, e h ’ io sono d evolu to ad ogni
p a ese d ’ Italia ch e vu o le la libertà, che la mia voce, la m ia penna , il
m io sa n g u e son o sacri alla rigenerazione della nostra specie , e che
sap rò m orire piuttosto ch e ved ere calpestare dal dispotism o e d all’ aristo cra zia i sacri d iritti d e ll’ uom o e del cittadino.
P o p o lo R e g g ia n o , io mi appello, con la confidenza della virtù , al
g iu sto tribu n ale d ella tu a opinione. T u che mi hai veduto a g ir e , tu
c h e m i sen ti parlare nei c irc o li, che mi vedi fraternizzare continuam en te con tu tti, rendim i quella giustizia, che credo di m eritare, e pu­
nisci c o l tu o affetto verso di m e l ’aristocrazia e 1’ invidia, che vorreb­
b ero a v v ilirm i innanzi di te.
S e non è vanità in m e il chiederti una g r a z ia , fa che prim a che
io p a rta p e r M ilano possa vederti veram ente libero sanzionare un G o ­
ve rn o p rovvisorio dem ocratico , organizzare la tua forza arm ata e la
le g io n e richiestati da B uonaparte , dare stabili provvedim enti per la
p u b b lic a istruzione, e dim ostrare a ll’ Italia e alla F rancia che non sei
l ’ u ltim o ed il m eno capace di formarti fra i popoli liberi.
P artirò allora abbracciandoti, e le lacrime di tenerezza che verserò
fra le b ra ccia d e ’ tuoi cittadini saranno per m e un premio soave e la
sola ven d etta che ch ie g g o contro i tuoi e miei n e m i c i , che correranno
allo ra a cela re la loro vergogna nel più intimo di quelle case ove, chi
sa , forse p iangon o gli stem m i cadenti ed i vani onori perduti. Salute e
frate lla n za.
G io v a n n i F a n t o n i.
S ’udì rispondere :
Un cittadino di Reggio ad un cittadino di Fivizzano.
L ’ u om o veram ente o n esto , veramente filosofo, veram ente amico
d e ll’ u m anità, fa il bene senza vantarsene , prom uove soprattutto con
1’ istru zio n e e l ’ esem pio il buon costume , base di ogni governo ; ri­
sp etta le q ualunque autorità costituite nel luogo ove trovasi ; ed ha
rig u a rd o ai pregiudizi m ed e sim i, cercando di sradicarli gradatam ente
su ll’ esem p io d ella natura, che nulla opera con violenza. E gli è sem ­
p re en erg ico senza essere fanatico, sempre prudente al pari che c o ­
r a g g io so , n è mai con tuono d ’ imperio , o con mezzi di seduzione,
te n ta di prop agare le proprie massime, nè mai propone alla m oltitu­
d ine, soven te cieca sopra i veri interessi del popolo, cose inutili o p e-
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249
—
ricolose. Cittadino di Fivizzano, imprimete profondam ente nel vostro
cuore q u este verità, e vivete felice, se il vostro spirito trop p o effer­
vescente vi perm ette di esserlo.
« Il cittadino di Reggio » che faceva questa lavata di
capo al « cittadino di Fivizzano » era un poeta egli pure:
il conte Francesco Cassoli, autore de’ Quattro discorsi d’ un
pappagallo e d’ una gazza, e di versi lirici, a giudizio del
Carducci, « non molti, nè buoni tutti e in tutto, che anzi
peccano di certa durezza e frigidità » (12 ). Con rabbia fe­
roce gli si avventò contro anche Luigi Cerretti, uno tra’
lirici in voga nel secolo X V I I I , ma peraltro emulo di
Pietro Aretino nello scrivere le più sozze immondezze e
nel menare la lingua con maldicenza impudente. Nella sua
novella 11 Giacobino finge che un ribaldo di Bologna, bol­
lato in Francia dal boia, capiti a Reggio e s’ imbatta in
Labindo :
..............passando per R eggio
A l Circolo recossi. Il primo seggio,
C om e moderator dell’assem blea,
In quel giorno tenea
Un poetaccio detto Fur-Fantone,
C he di truffe vivendo e modi indegni,
Corse avea più città, visti più regni.
Labindo, al suo apparire, dà sulle furie :
A p pen a l ’occhio ei pone
Sullo.stranier, che morte amici, esclam a,
Morte a costui; g li è un Nobile , i l ravviso.
— Non denigrar mia fama —
Imperturbato in viso
D ice Giocondo — i ’ non son l ’uom che credi :
Son giacobino; son plebeo. — L a veste
S p og lia quindi e soggiunge : — A m ico, vedi
S e in civil terga stan le forche impresse
E se di nobiltà marche sian queste :
Io son superbo d ’esse
Poiché coll’opre mie ne fei guadagno. —
A l riverito segno
Fur-Fanton per compagno
Conobbel tosto, e giudicollo degno
D e ll’accollata. Indi all’eroe novello
T u tto il coro gridò : — V iva il fratello. —
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250 —
Il Cerretti scrisse questa novella tra il 1799 e il 1800
ne’ tredici mesi che le vittorie degli Austro-russi lo ten­
nero in esilio. Dichiara però in una delle note: « Sentii
narrare, mentre io era in Francia, il caso curioso di un certo
fìnto giacobino , avvenuto in un club di Marsiglia poco
dopo scoppiata la rivoluzione. Ne scrissi una novella , tra­
sportandone l’azione a R eggio, ma nulla alterando il fatto,
che è verissimo » (13). Labindo non fu dunque mescolato
per nulla in questa avventura, seguita in Francia e tra’
francesi ; si tratta di una calunnia, a confessione dello stesso
calunniatore.
Per « odorare » più da vicino la libertà, lasciato Castelnuovo, il Fantoni fece una corsa a Bologna (14) ; passò
poi a Sassuolo, a C arpi, a Reggio , dove , col mezzo del
Cagnoli, conobbe l’ab. Gaetano Fantuzzi, uno de’ reggiani
rammentati nella lettera a stampa e eh’ era in voce d’ amante de’ tempi nuovi; voce, peraltro, in grandissima parte
esagerata, anzi quasi falsa, come dichiarò egli stesso. « Se
io fui geniale francese » (così scrive) , « noi fui che come
novellista, curioso indagator de’ fatti veri, non approvator
degli stessi. Talora, è vero , sostenitor dei successi, eh’ io
credeva v e r i, non fanatico encomiator degli stessi ». Nato
nel 1744, nel ’68 celebrò la prima messa, assistito da’ Ge­
suiti, i quali, nella speranza di tirarlo nella Compagnia, gli
affidarono la scuola di grammatica ; e forse avrebbe finito
con vestir l’abito di S. Ignazio, se non veniva soppressa.
T olte a’ Gesuiti le scuole nel '73, ebbe dal Comune quella
di belle lettere. Buon latinista e insegnante valente, la
tenne con lode e profitto grandissimo della gioventù ; la
perdette nel ’gg , quando Reggio fece ritorno al vecchio
regim e. Fu messo in prigione a Rubiera, e vi rimase dal
19 m aggio al 13 di giugno. Il Vescovo gli vietò l’ eserci­
zio d’ ogni sacro ministero. L’ accusa era, in apparenza, di
« fomentator di partiti » ; in sostanza, si puniva il gianse­
nista ardente che si era « impegnato alla protezione del
Sinodo famoso di Pistoia, già condannato da Roma ». Nelle
« Proteste » a propria difesa, « scritte nel mese di giu­
gno 1799 », il Fantuzzi tocca, tra le altre cose, delle rela-
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— 251 —
zioni avute con Labindo ; e lo pennelleggia con colori fo­
schissimi. Ecco le sue parole :
Protesto quanto segue relativamente a Fantoni. Q u est’ uom o sco­
nosciuto, fu a me condotto come letterato. Il primo giorno d iscorse di
letteratura. L a seconda volta lasciossi sfuggire alcuni sentim enti che
mi posero in sospetto. Come m’aveva pregato eh’ io l ’ introducessi da
Paradisi, a questo corsi tosto, e,il prevenni che stesse in gu ard ia
con q u est’ uomo , perchè mi dava sospetto di essere un emissario
de’ Francesi. Precisa verba. Frattanto seco per istrada io e gli altri
il conobbim o per un pazzo fanatico ed entusiasta all’ eccesso. Mi posi
a schivarlo. U n dì appunto, ch ’io per non trovarlo declinai dalla F iera,
incontratolo in piazza con mio d ispiacere, pieno di rab bia il trassi
fuor di città a p a sse g g io , e mi posi ad inveire contro lui con tanto
im peto ed e n e r g ia , che quel veem ente parlatore ridussi a silenzio.
N on contento di questo, per purgare di tal germ e il paese , g li misi
in cuore spavento del governo con sì buon effe tto , che mi prom ise
di partire la mattina dopo per Carpi. Partì infatti, ed io ebbi la con­
solazione, e potrei dire anche il merito, d ’averlo fatto fu g gire da R e g ­
gio. Di tutto questo ne sono testimoni vari , a cui tosto raccontai il
fatto. O ltre la prima volta, solo un’altra fu egli in casa m ia, in tem po
che vi fu sem pre presente 1’ onesto Arciprete di Bibbiano , che può
attestare l ’ innocenza del colloquio. Più noi vidi che quando d op o 1 iniqua spedizione di Montechiarugolo colla truppa passò presso al m io
casino del Quaresim o, dove 1’ unica parola fu un freddo addio. P ro­
testo che io non ebbi sue lettere, non vidi, non che ebbi suoi scritti;
non mai a lui scrissi, non seppi , non cercai più di l u i , n è avrei po­
tuto io aver relazione giammai con l u i , che io abborriva. N è h o , nè
ebbi mai presso di me, nè seppi ch ’altri avesse alcuna su a produzione;
nè ebbi altra notizia c h ’ egli facesse q u i, fuorché vom itare qualche
m assima im m orale ed irreligiosa, che mi facea nausea. L a lettera sua
stam pata mi ferì all’eccesso. Con quanti m e ne parlarono protestai in
contrario. Non risposi, per queste due ragion i: i.° pel tim ore, ch e in
m e m olto po teva, d ’ irritare contro me il feroce partito c h 'e g li aveva
infiamm ato a suo favore; 2.° pel naturai mio costume che ho sem pre
tenuto di non rispondere, nè parlare contro le accuse ingiuste ch e mi
sono state date ; persuaso io che la m iglior confutazione siano il si­
lenzio e la savia condotta. Ho conservato sempre questo te n o re ; ed
allora pure m ’acchetai dicendo: L a condotta di Fantoni e la m ia fa­
ranno p alese la calunnia (15).
Del breve soggiorno fatto da Labindo a R e g g io nel
maggio del 1796, in occasione della « Fiera », si trova un
accenno anche in una lettera di Pompeo Baldasseroni, del
3 decembre di quell’ anno , indirizzata al conte Giovanni
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Munarini. Parlando de’ « capi del giacobinismo » in Garfagnana, scrive :
U n o era il cavalier di S an to Stefano B erta c c h i, di cui si è detto
c h e a ll’a rrivo prim o dei Francesi in Castelnuovo gettasse via la croce
in p u b b lica piazza, per provare il suo attaccam ento a ll’ugu aglianza. Il
seco n d o è il prim ogenito del governatore Mulazzani. Il prim o, sciocco
e ridicolo", è stato sedotto e instruito nelle nuove massime da certo
co n te F an to n i di F ivizzano, conosciuto sotto il nom e arcadico di L a ­
b in d o p e r le belle sue liriche poesie; giovine mattfe, libertino e perciò
g ia c o b in o d ella prim a sfera. Io seppi fino dal m aggio che Fantoni e Ber­
ta cch i erano in tem po della F iera a R eggio in casa di Bolognini (16);
in tercetta i una lettera diretta ad altro Bertacchi , che stava in casa
m ia , e com unicai alla R e g g e n za , di cui allora non era m em bro,
i m iei sosp etti e la copia della lettera; ma non si diede alcuna prov­
vid en za , perchè la m assim a di chi guidava quel corpo (17) era di fare
o recch ie di m ercante in sì delicata materia. Mulazzani poi fu da me
sco p e rto un libero pensatore nel corso del passato inverno in cui v e ­
n iv a a stu d iare nella mia libreria. Ebbi seco alcune conferenze, in cui
non m ancai di procurare d ’illum inarlo, e ne avvertii il conte Fabrizi,
c h e m e lo a v e v a raccom andato in nom e di suo padre. E ra questo
gio v in e un a lliev o della contam inata Università di Pavia (18).
P er conoscere la parte presa da Labindo al solleva­
mento di R eggio e giudicarla alla stregua del vero è ne­
cessario studiare quel sollevamento ne’ suoi più minuti
particolari. I Francesi, « a cui bastava un fil di paglia per
gonfiar le vesciche », come dice Marcantonio Parenti (19),
gli dettero un’ importanza che non si sognò d’avere e non
ebbe; nè fu opera de’ partigiani della democrazia, nè frutto
ed effetto dell’ amore alla libertà. L ’ opera de’ patriotti vi
portò indubbiamente e largamente il suo contributo ; ma
delle tante e diverse cause dalle quali trasse l ’origine non
è la maggiore, nè la più efficace. Reggio datosi agli Estensi
fin dal 30 giugno del 1409, facendosi largamente pagare
da loro « il sacrifizio della libertà, di cui non v ’ha prezzo
corrispondente », e facendoselo pagare con una quantità
di p a tti, di convenzioni e di franchigie, « espressamente
volute da un popolo libero » e « al medesimo senza alcuna
riserva accordate » ; p atti, convenzioni e franchigie dagli
Estensi « sempre e inviolabilmente osservate » ; Reggio
fremeva di dolore e di rabbia nel vederle allora tenute in
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2 53 —
nessunissimo conto. Rimpiangeva i suoi quadri m igliori,
trasportati a Modena per abbellire la pinacoteca ducale ;
rimpiangeva « applicati a Modena » i beni da’ testatori
reggiani lasciati « unicamente a favor della patria »; rim­
piangeva essergli stato tolto « il maneggio de’ pubblici
luoghi ed aziende della città » ; tolta « la libera ammini­
strazione » delle acque dell’Enza; alterata « la quantità e
natura dei dazi e gabelle » ; soppressa la facoltà di confe­
rire la laurea in legge ed in medicina e forzata la gioventù
a pigliarla in Modena (20). Mentre Reggio è in mezzo a
tutte queste recriminazioni e lamenti di diritti manomessi,
di franchigie violate, di danni sofferti, Bonaparte piglia il
comando dell’ esercito conquistatore. Vinto il Piemonte,
sconfìtti in più battaglie gli Austriaci, entra vittorioso a
Milano ; e da Milano , il 20 maggio del '96 , rivolge agli
italiani queste parole : « siamo amici di tutti i p op oli, e
principalmente dei discendenti dei B ruti, degli Scipioni,
dei grandi uomini che abbiamo preso a modello. Rialzare
il Campidoglio, collocarvi onorevolmente le statue degli
eroi che si fecero famosi, svegliare il popolo romano, reso
torpido da molti secoli di schiavitù , questo sarà il frutto
delle nostre vittorie ». Occupata Peschiera e Verona, messo
l’assedio a Mantova, fatta una tregua col R e di Napoli,
nel giugno decise d’ impadronirsi di Livorno, di piombare
su Ferrara e Bologna e d’ invadere le Romagne. Della
facile impresa di Livorno ebbe l’ incarico il Vaubois , che
il 19 arrivò a Reggio con la sua divisione, per valicar poi
l’Appennino e calare nella Toscana. V i rimase parecchi
giorni, accampando le sue truppe, parte « ne’ prati vicini,
sullo Stradone fuori di porta Castello » , e parte « sulla
tagliata a S. Stefano ». Giunse a Reggio « anche Bona­
parte in carrozza, che alloggiò in casa Guicciardi » (21).
Carlo Zucchi, testimone dell’ arrivo e del soggiorno de’
Francesi nella sua Reggio, lasciò scritto: « Le subitanee
vittorie di Buonaparte, figlio della rivoluzione , uscito dal
popolo, quotidianamente fecondavano nelle giovani menti
sconfinati desideri di gloria. I soldati francesi, prodi, v i­
vaci, gentili, che con tanto brio narravano le romanzesche
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vicende della guerra, facevano battere i cuori d’insolito ar­
dore guerresco » (22).
Mentre a R eggio tre partiti affatto distinti e con pro­
positi diversi tenevano il campo, in una cosa si trovavano
tutti concordi : nello scuotere e liberarsi dalla supremazia
modenese. I voti dello stesso partito conservatore, formante
la grandissima maggioranza, e che s’ incarnava nel Senato,
« erano per una pace che gli conservasse la sovranità degli
Estensi e le condizioni stipulate dalla città nel dedicar­
sele » (23). V ’era il partito degli indecisi, che si destreg­
giava fra il vecchio e il nuovo ; il partito de’ giacobini
puri, che, entusiasti della rivoluzione di Francia, riguarda­
vano i francesi come fratelli e liberatori, e ne sospiravano
la venuta e si struggevano per il loro trionfo ; quello de’
giacobini temperati, fiduciosi anch’essi nell’aiuto della Fran­
cia, ma che però volevan far da loro , muovere un passo
dietro 1’ altro , andare a gradi, formare una repubblichetta
per conto proprio, senza che quelli di fuori se ne ingeris­
sero. Questi due ultimi partiti, dopo scoppiato il solleva­
mento, si trovarono a fronte l'uno dell’altro, ma prima an­
davano di conserva, e si raccoglievano insieme nei clubs.
Il cronista Luigi Viani afferma « che queste unioni erano
ciascheduna composta di dodici individui. La prima, com­
posta pure di dodici persone, delle più illuminate, faceva i
piani ; ciascun individuo di questi era capo d’ altre dodici
persone, formanti un’altra unione; e ciascuno di questi della
seconda unione era pure capo d’altrettante unioni, così che
si diramavano in moltissime unioni, che alla francese si
chiamavano clubs, e con questo metodo tutti sapevano ciò
che si deliberava, e ciascheduno diceva il suo sentimento,
e tranne quei dodici di cui uno era membro, niuno cono­
sceva i membri delle altre assemblee ; e questo metodo
durò fino all’aperta rivolta ». Filippo R e (il valente agro­
nomo) asserisce egli pure che vi erano dei clubs e ricorda
quello che si teneva « nel caffè di S. Prospero », poi detto
« caffè dei Patriotti »; dà anche il nome de’ frequentatori,
nè scorda fra questi Giovanni Fantoni (24). Di pia , ram­
menta le riunioni che tenevano fra loro « alcuni de’ senatori
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più influenti »; riunioni nelle quali, « senza che si sapesse
niente dagli altri», si pigliavano dei partiti, che erano por­
tati « belli e fatti in Senato » (25).
Uno di questi appunto fu quello che affidò l’ incarico
al conte Giovanni Paradisi e al conte Antonio R e (26) di
recarsi a difendere le violate franchigie e i manomessi di­
ritti di Reggio presso i generali e i rappresentanti della
Francia e anche presso lo stesso Direttorio « se lo crede­
ranno necessario ». Il Paradisi e il Re, chiamati con loro
come segretari Giacomo Lamberti e Ignazio T riv e lli, il
i.° di luglio partirono « da Reggio in traccia del Buonaparte », recando con sè un « promemoria », dove, tra le
altre cose, era scritto : non aver Modena « altra preroga­
tiva che di essere la capitale del di lei Ducato, come è
R eggio del suo ». La Reggenza, che teneva il comando a
nome del Duca Ercole III, fuggito a Venezia fin dal 7 di
maggio , n’ ebbe sentore, ma senza sapere in che consi­
stesse la commissione; corse perfino la voce avesse R e g ­
gio « l ’ idea di erigersi in repubblica con Bologna », avendo g l’ inviati presa la strada di Bologna, « perchè sep­
pero che Buonaparte era colà ». A i reggiani non riuscì
abboccarsi con lui; e la Reggenza tanto seppe maneggiarsi
col generale francese Shauguet, allora in Modena (27),
che lo indusse a partire « per Ferrara, onde concertare
col Buonaparte la maniera di sventare le idee cattive che
potessero avere i deputati reggiani » (28). Di più, scrisse
al generale in capo ella stessa, lusingandosi « che non verrrà
dall’ E. S. dato ascolto ai sedicenti deputati, e che anzi
verranno redarguiti, potendo S. E. conoscere l’ impossibi­
lità di soddisfare al compimento della somma convenuta
fra la Repubblica Francese e l’ intero Stato se potesse
aver luogo l’ esclusione di una principal parte del mede­
simo » (29). La spuntò; e , fatta ardita dal trionfo, « per
mettere in quiete » la città di Reggio , « elettrizzata al
al primo arrivo dei francesi » (30), cogliendo anche occa­
sione da’ tumulti seguiti nelle sere del 5, 6 e 7 luglio, vi
mandò un buon nerbo di truppa, « forte di tre cannoni » (31).
Lo stesso generale Shauguèt (come racconta il Lombardi)
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1
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256 —
andò a R eggio, pranzò con il Governatore e si mostrò al
popolo in compagnia sua, per far vedere che « la Repubblica
Francese andava di concerto col Governo di Modena ». Il
Senato non mancò di protestare contro l ’invio della truppa,
tanto più che ad alcuni di que’ soldati usci di b occa, che
« l’oggetto della loro missione » era di restituire a’ re g ­
giani « li domandati diritti colla bocca de’ cannoni » (3 2 ).
Ogni sera seguivano subbugli e trambusti , accompagnati
da fischi e sassate, da insulti, da arresti , da colpi di ba­
stone e di sciabola. Quella soldatesca, inviperita e sfrenata,
restò a R eggio, con gran tormento e dolore della cittadi­
n an za, fino alla mattina del 22 agosto; e con la truppa
tanto odiata, preso dalla paura, parti anche il Governatore,
don Mario Fici della Giumerella de’ duchi d Amalfi ; un
palermitano, che non lasciò desiderio di se , nè rimpianto.
L a sera seguente poco mancò non seguisse un nuovo tu­
multo, essendosi sparsa la voce che si tentava « di affamar
R e g g io dai Modanesi » ; la sera del 24 riuscì « tranquilsima », benché « i terroristi » (come Filippo R e chiama i
giacobini) facessero « il diavolo per tenere elettrizzato il
popolo »; e dell’ essere stata tranquillissima fu merito de
« molti » che si maneggiarono « per tener quieta la gente ».
In quella successiva, sebbene piovesse a dirotto, tra i
tuoni ed i lampi, proprio nell’atto che scrosciava una saetta,
venne piantato 1’ albero della liberta. A confessione della
stessa Gazzetta di Francia, « furent les directeurs de la cé­
rémonie » sessanta marinai corsi, che andavano all assedio
di Mantova per servire sulle barche cannoniere, e che ar­
rivati da Modena la mattina erano stati accolti dal popolo
« avec toutes le démonstrations de la fraternité » (33). L ’al­
bero consisteva in u n piccolo gelso, strappato da’ bastioni;
nè essendo riusciti a piantarlo, per essere troppo saldo il
selciato della piazza, lo appoggiarono a u n muro , tra lo
schiamazzo e le grida (34).
Il giorno dopo, di buon mattino , Filippo R e scriveva
alla cognata : « L ’ albero è guardato da quaranta cittadini
armati, che hanno girato in pattuglia.... V i sono, dicono,
dei preti armati ». E più tardi; « Il Pubblico » (cioè il
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Senato) « pare imbrogliato. I più disapprovano un tal passo
come irregolare e prematuro. Ma il fermento non isminuisce ». Afferma il Paradisi, che appena si sparse la voce
dell accaduto, fu generale la « disapprovazione dovuta ad
una sconsideratezza di tanto rischio ». A ggiu n ge di più ,
che forse « quel ceppo » non « metteva per quella volta
radice, se un altro corso, di rango più ragguardevole, non
accorreva ad infonderli vigore »; allusione delle più mani­
feste, non al Saliceti, come ritiene il Fiorini (35), ma al
Galeazzini, venuto in Reggio fin dall’ 11 agosto come agente militare della Repubblica Francese (36) ; il quale
« aveva ispirato dell’ importanza del proprio officio così
gran sentimento, che ogni suo detto aveasi per un responso
del Direttorio ». Richiesto di consiglio, (è sempre il Para­
disi che scrive) inculcò « convenirsi che un segno più no­
bile, ed eretto solennemente, succedesse all’arboscello col­
locato la notte a reggere le insegne della democrazia ».
Non furono parole al vento : « una moltitudine di francesi,
a tamburo battente», (lo racconta il Re), andata nello Stra­
done del mercato, tagliò « una pioppa altissima » e la con­
dusse in piazza, «per surrogarla al moro che vi era »; met­
tendovi « due bandiere tricolori, una scure e un affisso
che dice : 0 morte 0 libertà »; al quale affisso fu poi sosti­
tuito l’altro : Tremate 0 tiranni, tremate 0 perfidi alla vista
della sacra immagine della Libertà.
Nota il cronista Antonio Lombardi: « La Comunità di
R eggio non ebbe alcuna parte nell’ impianto dell’albero...
Quando però ella vide che il popolo era riscaldato, pro­
curò alla prima di quietarlo , ed il conte Paradisi perorò
un’ora intera, per persuadere che non dovevasi arrivare al
gran passo di scuotere il giogo della sovranità, perchè
sarebbesi cambiato governo sì, ma sempre in peggio, per­
chè non era possibile che Reggio potesse reggersi da sè
a repubblica e perchè se fosse risorto il partito tedesco in
Italia, R eggio era rovinato. Questa perorazione aveva con­
fuso e quasi convertito la moltitudine. Radunatosi perciò
il Gran Consiglio , si propose di disarmare il popolo ; ma
pochi furono quelli che approvassero questo partito, e perGiorn. Si. c Leti, della Liguria.
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iS
ciò, spinto come dalla necessità, fu steso il fatai decreto, in
cui la Comunità esponeva che la presente crisi degli af­
fari l ’aveva condotta ad avocare a sè il sovrano diritto e
ad istituire la guardia civica ». Racconta il Paradisi che i
consiglieri vi accorsero « a mal cuore » e « sospinti dalle
sollecitazioni della moltitudine ». A ggiunge: « il consesso
era pieno, nè si dava principio alle deliberazioni, perchè a
chi doveva presedere non suggeriva nulla da proporre che
non urtasse o colla R eggenza di Modena, o co’ Francesi,
o col popolo ». Importando, « prima di tutto, porre in chiaro,
se quella rivoluzione fosse d’origine domestica o straniera,
perchè nell’ ultimo caso sarebbe stato disastroso consiglio
d’ interromperla, se pur bastassero le forze per alcuni mo­
menti, onde s’avesse a riaccendere subito dopo colla vio­
lenza del risentimento », fu spedito un messo all’ agente
francese. Il Galeazzini rispose : « l’albero della libertà, po­
sto una volta in qualunque luogo , più non può svellersi
senza estremi pericoli ». Gran « tumulto » (lo attesta Fi­
lippo R e) « era nella sala del Pubblico , ove tutti anda­
vano innanzi e indietro ». Dette il tratto alla bilancia Gia­
como Lamberti, che non faceva parte del Senato e che vi si
recò a proporre e caldeggiare « il fatale decreto », vinto con
voti unanimi. In forza di questo decreto il Senato pigliò « interinalmente » il governo della « città e ducato », lasciando
« nell’ attuale loro esercizio » e anche confermando , per
quanto poteva da lui dipendere, « le Autorità già costi­
tuite ». Peraltro, nel proclama « a’ suoi cittadini», che fu
messo a stampa e affisso lo stesso giorno sulle cantonate,
dichiarò « di avocare a sè in tutta l'estensione il governo »,
senza far parola di confermare le Autorità, lasciate soltanto
« nel loro esercizio ».
Nel pomeriggio il R e tornava a scrivere alla cognata :
L ib e rtà durerà?
Eguaglianza sarà vera?
.......... A b b ia m o avuto la prima festa civica. Una numerosa orche­
stra, situ a ta in un lungo e gran palco, cantando u n 'a ria che comin­
c ia v a : Tutti i tiranni tremino, e termina: viva la libertà, e suonando
v a rie arm onie, ha rallegrato la piazza. V ’ era qualche bella e molta
g e n te . Q u attro sanculotti circondavano l ’ albero con quattro to rc e , e
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due altri erano innanzi la porta del Publico, che ha ricevuti im m ensi
applausi. È stato fermato dalla pattuglia un birbone che disturbava.
G iravano molti entusiasti. Parecchi però in segreto deplorano non l ’ i­
deata libertà, ma le conseguenze. Pure è vero che dopo quasi quattro
secoli R e g g io è divenuta repubblica. Oh fatto di cui non si preved on o
forse le tristi conseguenze ! A qual prezzo noi otterremo la libertà ?
T a n t’ è; il sasso è tratto, nè possiamo più ritirarci. Il cittadino F ilip po
[iallude a
è stato quasi forzato a m ettere la coccarda. Il cittadino
G agnoni la porta prudentemente in tasca, com e vuol fare il cittad in o
N egroni.
In questa lettera il Re non solo rispecchia il proprio
pensiero, ma quello della gran maggioranza de’ suoi con­
cittadini, lieti di essersi svincolati da Modena e di aver
conquistata l’ indipendenza, incerti peraltro e poco fidu­
ciosi del presente, trepidanti per l’ avvenire. « È innega­
bile » (osserva giustamente il Bassi) « che la rivalità con
Modena e il desiderio di far da sè, più ancora che la spe­
ranza di una libertà, della quale per poco non avevasi
idea, guidarono la condotta di Reggio nella sua rivolu­
zione e nel breve periodo della sua autonomia » (37).
La sera del 30 settembre si sparse a un tratto la voce
che più migliaia di austriaci, con buon nerbo di cavalleria,
avevano invaso il vicino territorio di Correggio, senza co­
noscersi dove intendessero andare. A ll’ inaspettata notizia,
tutta R eggio fu presa dallo spavento. Il Senato si adunò
sull’ istantç, ma in numero scarso ; molti cittadini si preci­
pitarono nella sala, spinti dal desiderio di assistere a quanto
veniva deliberato. « I più timidi de’ senatori » (lo racconta
il Viani) « proponevano doversi ricevere i tedeschi con
ufficiose maniere, giacché era impossibile la resistenza. Si
opponevano i più arditi a sì basse e pericolose misure, di­
mostrando che i tedeschi, resi padroni della città, ne avrebbero potuto fare scempio, e che avendo ovunque i
Francesi, e ritrovata qualche resistenza, avrebbero dovuto
abbandonare l ’ impresa ». Vinsero i più arditi; il capitano
Carlo Ferrarini chiamò sotto le armi la guardia civica, com­
posta di possidenti e istituita il giorno stesso della rivolu­
zione; il conte Della Palude, che comandava la guardia
forense, fece sonare a stormo per le ville vicine onde ac­
corresse in città.
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26o
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Nessuno mancò all’ appello. La civica , schierata sulle
mura, in mezzo a una quantità di torce a vento, sembrava,
in quel contrasto di ombra e di lu ce, un esercito nume­
roso. L a forense accampò fuori delle porte ; le quali, meno
una, vennero barricate ; pattuglie a cavallo perlustrarono
la campagna quanto fu lunga la notte. A ll albeggiare, sem­
pre con la paura che il nemico fosse lì presso , si rafforzaron le mura; la campana della cattedrale, prese a sonare
a martello ; la piazza si riempì d’ armati. La verità final­
mente si fece strada ; non si trattava di cinquemila tede­
schi, ma d’un drappello di centocinquanta. Uscito da Man­
tova per foraggiare, era rimasto tagliato fuori; e voleva
trovare uno scampo, valicando 1’ Appennino, per rifugiarsi
in Toscana. Nacque allora il pensiero di piombare addosso
a que’ fuggiaschi e farli prigionieri. Baleno alla mente di
Labindo , uno de’ caldeggiatori della resistenza ne’ mo­
menti del creduto pericolo; animoso adesso nel propugnare
quello slancio di coraggio. A farne persuaso il timido Se­
nato, che, per quanto ribattezzato in Municipalita, 1 alito
de’ tempi nuovi non aveva per niente trasformato ne rin­
vigorito, ci volle del buono; tanto più che il drappello s era
incaminato verso il Parmigiano ; fuori, per conseguenza,
de’ confini reggiani. Bisogno che il Galeazzini, al solito,
spendesse l’autorità propria e si facesse iniziatore dell im­
presa egli stesso. Infatti ordino al sargente maggiore La­
roche , che in quel tempo faceva le veci di commissario
a R e g g io per la Repubblica Francese, di pigliare il co­
mando d ’un distaccamento di quaranta granatieri, giunto
poco prima da Livorno , e alla loro testa inseguire i fug­
giaschi e tagliar loro la ritirata; menando con sè que’ bravi
reggiani che anelavano « de s’unir aux françois pour com­
battre les ennemis de la liberté comune». La Municipalità,
messa alle strette da lui, contro voglia e non senza paura (38),
consentì di porre « a disposizione del detto Agente tutti
que'' cittadini che volontariamente se gli presenteranno per
tale spedizione ; rimettendo però al medesimo di lasciare
addietro quel di più di essi che sembrasse eccedente » ; e
pregandolo di giustificare il Governo Reggiano « con la
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—
? .6 ι
—
*
Corte di Parma, in caso che si passasse pel suo territorio »,
e « a non prendere tanti cittadini, che ne avesse a man­
care per la guardia che mantiene il buon ordine nella
città ». Incaricò poi il capitano Carlo Ferrarini « della con­
dotta de’ cittadini aggiunti a’ francesi », con queste istru­
zioni :
1.° D i far mantenere alle truppe reggiane Γ ordine, il rispetto alle
persone ed alle proprietà de’ paesi sì alleati che no a q u esta R epublica.
2.° G li sarà confidata la somma di zecchini cinquanta. E g li con
questa provvederà al bisogno della sua truppa.
3 ° P rocurerà che la spedizione, rispetto a ’ Reggiani, duri non più
di tre giorn i, e se non è possibile di ottenerlo , procurerà alm eno di
abbreviarla quanto potrà, riflettendo al bisogno di cittadini che si ha
pel servizio interno della patria.
In quello stesso giorno (era il 3 d’ottobre) la colonna
franco-reggiana, della quale faceva parte il Fantoni, si pose
in marcia e passò la notte a Bedogno. Gli austriaci, che
erano nel vicino villaggio di Rossena, inteso l’ avvicinarsi
del nemico, la mattina appresso, sull’ albeggiare, si avvia­
rono in tutta fretta verso Montechiarugolo in quel di Parma.
Il Laroche prese a inseguirli, ma senza poterli raggiungere;
fece però alcuni prigionieri e s’ impadronì di tre cariaggi,
da loro abbandonati. Giunto finalmente co’ suoi sotto le
mura di Montechiarugolo, incominciò l’ assedio ; e gli as­
salitori si dettero a bersagliarlo di fucilate con tale ar­
dore, che ben presto vennero a mancare le munizioni. Il
Laroche scrisse al Galeazzini per averne, e chiese anche
un rinforzo, giacché lungo la marcia nessuno s’era unito a
loro. Ma la lettera, consegnata a due della colonna perchè
la portassero , arrivò a Reggio con ritardo (39), essendo
« stati disarmati e percossi nelle berleti d’ Enza da varie
persone, fra le quali ve n’ erano tre di Montecchio » (40).
Il Laroche, che non tardò a esserne informato, scrisse alla
Comunità di Montecchio che mandasse « subito » una de­
putazione « sotto le mura di Montechiarugolo per affari
di servigio ».
Frattanto giunse a Reggio il generale di brigata Carlo
Sandos, spedito da Bonaparte a inseguire e far prigioniero
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— 2Ó2 ---
il fuggente drappello (41). Nè il suo arrivo fu inatteso. Lo
stesso Laroche, nella lettera al Galeazzini, Γ affretta col
desiderio e ci confida : « si le général Sandos est arrivé,
dirigés (sic) sa marche aussitôt du côté où nous sommes:
maintenant l’ennemi est bloqué jusqu’à nouvel ordre ».
La mattina del 5, prima che il Sandos giungesse a
Montechiarugolo, era accorso in aiuto del Laroche il capi­
tano Martelli con una schiera d’ uomini di Bibbiano. Gli
austriaci, sopraffatti dal numero e vista inutile ogni resi­
stenza, deliberarono la resa;'e si stava appunto trattando,
quando arrivarono i deputati di Montecchio. « Giunti al
campo sotto le mura di Montechiarugolo » (così riferirono
alla propria Comunità) « dimandammo d’ essere introdotti
dal signor Laroche, ed inteso l’arrivo del generale, motivo
per cui era cessato il comando del primo, e che entrambi
trovavansi in castello a stendere la capitolazione con quel­
l ’ufficiale comandante austriaco rifugiatovisi con un centi­
naio d’ussari, d’ulani e fanteria, fummo costretti ad atten­
dere 1’ ultimazione della spedizione ». I patti della resa
furon questi :
A r t. i.° G li austriaci sortiranno q u est’ og gi cogli onori d ella gu erra
a lle ore 6 d ella m attina e saranno prigionieri di guerra.
A r t. 2 .0 G li officiali saranno rilasciati sulla parola dopo il giura­
m en to di più portar le armi contro i francesi.
Il Laroche, che, per testimonianza del generale Sandos,
aveva guidato quella spedizione « avec le zèle et le cou­
rage d’un vrai républicain », si affrettò a partecipare alla
Municipalità la conseguita « vittoria » , alla quale i reg­
giani avevano contribuito col braccio e çol sangue: « Deux
des vos concitoyens de la montagne ont scellé avec leur
sang (42) la liberté de Reggio ; enviez leur so rt, ils sont
morts pour la patrie, ils, ne méritent pas de larmes de doleur, mais de reconnaissance ».
Il generale Sandos , compiuta l ’ impresa di Alontechiarugolo, « preceduto da un distaccamento di cavalleria d’us­
sari e dragoni, in circa centocinquanta uomini, da un corpo
di fanteria francese, di sessanta in settanta uomini, a tam­
buro battente, da altro corpo di patrioti reggiani e da un
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— 263 —
numero grandissimo di milizie forensi, parte delle quali scor­
tavano i prigionieri tedeschi», andò a Montecchio; e smon­
tato al pretorio, intimò l’ immediata convocazione del consi­
glio comunale, fece arrestare il luogotenente, il sindaco e il
cancelliere, impose agli abitanti « una contribuzione di mille
zecchini », da pagarsi dentro un’ora, sotto pena dell’incendio
e del sacco. Era il castigo « di avere ufficiati, trattati e approvigionati nel loro passaggio i tedeschi, e di non averli
anzi inseguiti » ; nel medesimo tempo era la vendetta per
l’ affronto fatto a’ due patriotti reggiani. La Com unità,
per quanto seppe e potè, cercò schermirsi e difendersi ;
e in verità le ragioni non le mancavano ; essendo stato
fatto 1’ approvigionamento de’ tedeschi « dall’ oste di Mon­
techiarugolo » alle botteghe di Montecchio « per suo
conto » e « a danari contanti » ; e avvenuto 1’ affronto
« sul Parmigiano, ove la Comunità non ha mezzi nè
forza nè diritto per impedire i bricconi da criminose in­
traprese ». Il generale, che « aveva posato 1’ orologio sul
tavolino », fece mettere in arresto il Priore de’ P P. Ser­
viti , a’ quali impose una taglia di dugento zecchini ; su­
bito pagati. Si contentò di pigliarne soli ottocento dalla
disgraziata e atterrita popolazione. I patriotti reggian i,
prima di lasciare Montecchio, vi piantarono 1’ albero della
libertà; e col Sandos tornarono a Reggio trionfanti, me­
nando con sè i prigionieri, tutti « vestiti d’ un sacco di
tela berettina, con bisaccia di tela al collo, cappello
rotondo , il tutto lacero, e quasi senza scarpe e niune
calze », tramandando « un puzzo che rifiutava 1’ avvicina­
mento » (43).
Augusto Franchetti giudica « veramente meschina in
sè » l’ impresa di Montechiarugolo (44) ; « degna però di
nota per l’ importanza che le fu data dai Francesi » (45).
È degna invece di nota perchè fu la prima volta che un
pugno d’ italiani si cimentò in campo aperto contro gli
Austriaci (46) ; preludio alle battaglie future dell’ indipendenza nazionale. Torna a lode di Labindo l’ esserne
stato l ’ ideatore e il caldeggiatore ; è bello n’ abbia fatto
parte.
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— 204 —
Afferma il Botta che i Reggiani, « desiderando di ren­
dere partecipi i vicini di quanto avevano fatto, mandavano
uomini a posta nel contado, in Lunigiana e in Garfagnana
acciocché parlando e predicando muovessero a novità » 47),
Il Paradisi lo nega recisamente, e per quello che riguarda
la Lunigiana e la Garfagnana ha ragione. Pietro Notari
— l ’amico di Labindo — venne spedito dal Senato ad « in­
vitare li popoli della montagna ad unirsi alla città di Reg­
gio » (48); altre annessioni di paesi del contado furon ten­
tate e in parte conseguite. Il pensiero di sollevare anche
la Garfagnana e la Lunigiana e aggregarle alla nascente
Repubblica balenò alla mente del Fantoni, e senza frutto
ne scrisse al Paradisi, al Lamberti e al Cugini. 11 timido
Senato, dopo che Reggio ebbe « riacquistato il diritto pre­
zioso di governarsi da sè e di operare la propria felicità »,
non osò mai spingere lo sguardo al di là de’ confini del
vecchio « Ducato » reggiano ; que’ confini furono le sue
colonne d’Èrcole. Composto, com’era, di « uomini usciti da
lunghissima pace ed oscuri di ogni arte di governo » , a’
quali (lo nota il Paradisi) « nella scena che inaspettata­
mente s’apriva tutto era nuovo ed incongruente colle prime
intenzioni » , dette prova di tale e tanta incapacità e di
spilorceria così taccagna da muovere a sdegno anche la
gente più temperata. Perfino il pacifico Filippo Re, che il
3 di settembre aveva scritto : « Pochi terroristi secolari,
parecchi ignoranti terroristi ecclesiastici vanno spargendo,
per quanto possono, l’allarme. Si fa temere al popolo una
assoluta aristocrazia. Con questa massima si fa il possibile,
e piaccia al cielo non vi si riesca, per deporre tutto il Se­
nato e formare una nuova municipalità »; Filippo Re, che
pensava e scriveva così, vinto dall’evidenza de’ fatti, cin­
que giorni dopo è costretto a confessare: « L ’ autorità del
Senato vacilla, la milizia che guarda la città non è ancora
vincolata per veruna legge di subordinazione. Si dice che
è milizia d onore. Una tal parola non ha ancora veruna
forza presso la maggior parte. I capitani hanno ordine di
vegliare sulla quiete; ma un tal ordine è inutile, mancando
i coattivi. Si vuole levato il Senato a riserva di pochi
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26 5
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membri. Ciò anderebbe bene; ma come fare su due piedi?
E ben vero che in quel corpo regna un’ inerzia immensa,
e v ’ha taluno dei senatori che va dicendo non esservi
nulla da fare. Ciò che è certo si è, che in un tempo in cui
il Senato dovrebbe essere quasi permanente, que’ padri si
radunano alle dieci e mezzo della mattina e partono a mez­
zodì. Gli intriganti profittano di questo , e non só come
potrà finire ». Uno de’ « terroristi » , uno degli « intri­
ganti », anzi il più formidabile di tutti, a suo giudizio, era
Labindo. Che voleva egli mai? Voleva « 1’ organizzazione
di un Governo Provvisorio che possa conservare a R eggio
la primogenitura della libertà italiana »; e al Senato dava
consigli in iscritto , col mezzo di Giacomo Lam berti, of­
frendogli « quelle misure che possono farlo scendere, fra
le benedizioni e la riconoscenza del popolo dall’altezza pe­
ricolosa in cui le circostanze lo aveano collocato ». I con­
sigli dati, le « misure » offerte non producevano altro ef­
fetto che di farlo riguardare come un « pazzo agitatore
delirante ». Il Senato finì col dimettersi, e lo fece il 26 di
settembre, restando peraltro in carica ; lo fece con una
strana deliberazione: quella di ridurre a soli quaranta il
numero de’ consiglieri, che erano sessantotto, e imporre
che la scelta de’ nuovi quaranta si facesse tra’ sessantotto
dimissionari. Venne però lasciata poi libera con successivo
decreto del giorno 30 ; ma il modo stabilito per far le
nuove elezioni, che aveva il solo scopo d’ impedire che il
potere andasse nelle mani nel popolo, sollevò tale disap­
provazione e tanti contrasti, che finì con l’ andare in aria.
« Il celebre piano per 1’ elezioni « (così il Re), « digerito
per molto tempo, nell’ atto di sortire alla luce è stato on­
ninamente rigettato e nulle per conseguenza le sessioni e
le istruzioni e le scuole segrete per insegnarne la esecu­
zione. La lunghezza del tempo perduto a tale effetto ha
invogliato alcuni di vederlo, e le cose erano così ben di­
sposte, che, ad onta del segreto comandato , parecchi lo
hanno veduto. Si è trovato aristocrato, che ledeva i diritti
de’ poveri cittadini. Si è chiamato a consulta Galeazzini.
Egli lo ha disapprovato. Ciò basta : Fantoni, Scaruffi, Be-
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'— 206 —
nizzi, Montanari ed altri si erano maneggiati per implo­
rare un governo militare, a meno che il piano non an­
dasse a terra. Dunque i bravi legislatori hanno fiascheggiato. Ecco il primo passo ».
Intanto gravi avvenimenti si andavano incalzando. Bo­
naparte, temendo che l’Austria, non più minacciata dal
R e n o ,‘ gli piombasse addosso con tutte le sue forze, penso
di valersi dell’aiuto de’ popoli d’Italia sottraiti alle vecchie
signorie; e prese a ordinarli ed armarli, accendendone gli
entusiasmi e solleticandone le speranze col far travedere
un avvenire pieno di grandezza e di gloria. In una breve
sosta che fece a R eggio — lo attestano i cronisti del tempo
— « parlò al popolo adunato in folla sulla Ghiara , inco­
raggiando la gioventù ad armarsi per difendere la propria
libertà ». Era quello appunto che più stava a cuore a La­
bindo, il quale altro non sog'nava e voleva che un Italia
forte e padrona di sè e de’ propri destini. E con 1 ardore
suo, con la fede viva e ardente dalla quale era animato
incita e incuora a dar di piglio alle armi, con rabbia e di­
spetto de’ timidi e de’ neghittosi. « Arriva a R eggio il g e ­
nerale Rusca, reso zoppo da una ferita. Dicono resterà
qui e sarà degno capo de’ nostri furibondi republicani ».
Sono parole del R e , già si capisce. Prosegue : « Fantoni
lo avvicina, gli dipinge con colori vivi, sebbene un po al­
terati, lo stato delle cose nostre, e soprattutto Γ inerzia
della nostra Municipalità. Il generale crede , e soprattutto
si mostra stupito che il Publico non armi a prò’ dei Fran­
cesi un battaglione. Ciò basta. Fantoni fa una petizione
alla Municipalità onde essa armi, e la fa sottoscrivere da
molti, fra quali p reti, che non vogliono già andare alla
guerra, ma chiedono , anzi vogliono che quel Publico che
non ha bezzi per pagare giornalmente le milizie disponga
un battaglione per andare contro i Tedeschi. La petizione
è presentata. Il Publico vacilla, perchè Rusca vuole e Lam­
berti comanda con Paradisi a tutti ».
Era il 16 d’ ottobre, e in questo stesso giorno a Mo­
dena, non più soggetta agli Estensi, si stringeva la Con­
federazione Cispadana. Bonaparte , che v ’ era arrivato fin
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— 20 7 —
dal giorno 14, scriveva al Direttorio: « Bologne, Modéne,
Reggio et Ferrara se sont réunis en congrès, en envoyant
à Modéne une centaine de députés. L ’enthousiasme le plus
vif et le patriotisme le plus pur les animent; déjà ils voient
revivre l’ancienne Italie : leur imagination s’enflamme, leur
patriotisme se remue, et les citoyens de toutes les classes
se serrent » (49). In mezzo a quegli entusiasmi il Garrau
chiama a sè i rappresentanti di Reggio « e dopo aver letto
un ordirle di Buonaparte, dichiara e comanda l’ unione
di R eggio a Modena, e presenta un piano che i deputati
devono portare a Reggio, perchè vegga se convienle l’ac­
cettarlo, ma intanto aggiunge che egli lo fa stampare ».
Il dolore de’ Reggiani passò ogni segno. Scrive il R e :
« l’ idea di ricadere sotto Modena è orribile a tutti. Sentesi mormorare che il popolo vuole presentare una me­
moria ai Commissari [Garrau e Saliceti] per far loro sa­
pere che piuttosto servire a Modena ama di ritornare sotto
la tirannia. Cala lo spirito guerriero. Si è spedito agli otto
nostri deputati protestando che non si riconosce Modena
per nulla . . . . Tutti i momenti vanno ora ad essere fatali
per noi . . . . Questa notte ventiquattro popolani, sollecitati
dicesi da Fantoni, hanno tentato di disarmare la guardia in
Piazza. Il capitano ha usato somma prudenza. Tutto andrà
impunito. V iva la libertà ed i matti». Il giorno d op o— 17
ottobre — ripiglia la penna: « Furore. Disperazione. Tutto
è perduto. Son queste le parole della giornata..........Il
piano [deU’ unione\ porta: i.° Vi sarà un’ amministrazione
centrale a Modena, composta di nove modenesi ed otto
reggiani per regolare l’economico e formare le leggi; 2.0 un
anno resterà in Modena, un altro in Reggio, e dove sarà
si troverà ancora la cassa nazionale , che sarà una sola.
3.0 A R eggio vi sarà un tribunale di cassazione. 4.0 Si
formerà una deputazione di nove soggetti, levati tra Mo­
dena e Reggio, per formare la costituzione. 5.0Resteranno
fermi i confini [tra il territorio di Reggio e quello di M o­
dena] segnati nel trattato {stipulato in que’ giorni e san­
zionato dal Garrau e dal Saliceti]. 6.° Le Municipalità
tutte avranno la libertà di amministrare il patrimonio com-
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imitativo delle loro comunità e terre. Tale è il piano, buono
e vantaggioso in sè, ma riduce Reggio da primogenito ad
ultimo cadetto. Appena si sparse la nuova di tutto ciò in
R eggio, che universale fu il lamento e Γ esecrazione con­
tro i Francesi, e adesso sono i fanatici o spariti o ridotti
a ben pochi. Si aperse il Senato, e Fantoni, il pazzo agi­
tatore delirante del nostro popolo , chiese di entrarvi. Pa­
radisi gli negò l ’entrata. Ma alcuni vili satelliti suoi, timo­
rosi non si sa bene di che, lo ammisero, onde pubblica si
rese la sessione. Egli voleva che i nuovi soggetti da spe­
dirsi a Modena in virtù del piano di Garrau fossero eletti
dal popolo. Lamberti rispose che Garrau aveva espressamente vietato le adunanze popolari, anzi qualunque ombra
di rappresentanti del popolo. Tale risposta fu un nuovo
fulmine per coloro che credevano potere almeno avere il
piacere di scegliere a loro modo (50). Fantoni replico, an­
noiò; ma i buonissimi nostri dichiararono lui ed altri suoi
due compagni cittadini reggiani » (51). In un poscritto
aggiunge : « La desolazione e la rabbia per vedersi assoggettati a Modena è eccessiva. Non si minaccia meno
che di atterrare l’albero. Questa notte è stata armata la
piazza e due che minacciavano un sì bel fatto sono stati
carcerati..........Dio la mandi buona. Ottantanove sono gli
arrolati per la nuova coorte. Molti dopo le nuove di ieri
vorrebbero cancellarsi, ma non è possibile. La cavalleria
dei volontari è svanita ». E in un altro poscritto: «Rusca
è fatto comandante di R eggio, Modena e Bologna; Fantoni è il suo organo. Ieri sera tumulti in piazza. Il governo
sempre più si indebolisce . . . . Tutti sono storditi e male­
dicono i Francesi, mentre pochi pazzi gli esaltano, e solle­
vano il popolo ».
A l Botta, che nel raccontare la rivoluzione di R eggio
caricò le tinte, scriveva Giovanni Paradisi : « posso fida­
tamente assicurarvi che se lo stato della città non avesse
potuto crollare per altra forza che l’ impeto spontaneo de’
cittadini, desso avrebbe perseverato ancora qualche mese,
sintantoché i Francesi, occupata la terra, venissero ad af­
fidar la baldanza degli innovatori. Conciossiacbè 1’ ardore
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2Ôg
—
democratico che scaldava, non saprei contenderlo , molti
petti, durava ancora assai gradi al di sotto dell’ efferve­
scenza necessaria a prorompere in aperto incendio ». Con­
fessa che in mezzo alle illuminazioni, alle musiche, ai balli,
alle feste, « che per tre sere solennizzarono quella muta
zione, gli stessi più caldi della novità interrompevano so­
vente la non sincera esultazione per domandarsi Γ un l’al­
tro che fine avrebbe poi quell’ ardimento ». Vuole il Botta
che si accostassero « ai primi motori uomini riputati per
ricchezza e per dottrina, sì per dar norma a quell’ impeto
disordinato e sì per isperare che egli se non era libertà
poteva col tempo divenire ». Il Paradisi, testimone de’ fatti,
lo nega. « Io mai non li conobbi » questi « uomini ripu­
tati per ricchezza e per dottrina»; la rivoluzione « germ o­
gliò senza che gli scienziati e gli opulenti accorressero d’o­
gni parte ad allevarla ».
Il
desiderio di scuotere la supremazia de’ Modenesi e
rivendicare l’ indipendenza alla propria città, spinse i R e g ­
giani alla lotta ; e fin che la lotta ebbe questo fine si tro­
varono tutti concordi. « In prezzo della sua rivoluzione
dal 26 agosto 1796 restarono infrante tutte le disposizioni
dell’ex Duca di Modena e la città di Reggio rientrò al
possesso di tutti i beni che le erano stati indebitamente
usurpati e tolti ». Lo dichiarò la stessa Municipalità il 4
marzo del 1797; e si fece eco fedele del pensiero dei più.
Quando i meno vollero invece che il « prezzo » della ri­
voluzione fosse la libertà, scoppiò la discordia e incominciò
la lotta. In quella lotta non fu scarsa, nè senza efficacia
l’opera di Labindo, divenuto consigliere e guida dell’ esile
schiera de’ giacobini; « feroce partito » agli occhi del Fan­
tuzzi e di tanti e tanti altri con lui. L ’ esile schiera andò,
peraltro, intiepidendosi e assottigliandosi quando il ritorno
della città sotto la supremazia aborrita di Modena sollevò
la generale esecrazione de’ reggiani contro i Francesi. Le
rive del Crostolo non potevan essere più stanza per l ’idea­
tore e caldeggiatore della spedizione « iniqua » di Montechiarugolo, per l’ardente tribuno della libertà e del risor­
gimento d’Italia ; e Labindo, pur conservando memore af­
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270 —
fetto al « popolo sovrano » di Reggio, che l’ aveva fatto
suo cittadino , corse a Milano; la capitale della nascente
Repubblica Lombarda, l ’asilo ospitale e sicuro de’ profughi
per la libertà.
(Continua).
(1)
Cfr.
B o tta
C. Storia d'Italia dal 17S9 a l 1S14, Parigi, D idot, 1824;
III, 210.
(2) Cfr. la nota 32 del capitolo I.
(3) M o n t i V . Poesie lirich e, Firenze, Barbèra, 1862; p 293.
(4) Sotto il nome di Dameta rammenta l ’ amico Pietro Notari nella
ode X X I I I del libro I. Gli intitolò le odi III e X II del libro I I I , scritte
nel 1790, nel qual anno si trovarono insieme a Fivizzano e vissero in grande
intim ità. Pensava d ’intitolargli anche un’epistola su g li avvocati ed i pro­
curatori, che poi non scrisse. Giuseppe, figlio del cav. Sigismondo de conti
Bertacchi e di Cassandra del cav. Pompeo Maria da Paule, fatte le provanze
di nobiltà nel 1795, vesti l ’abito di cavaliere dell’ Ordine di S. Stefano il
i .0 luglio di quell’ anno (il padre allora era morto) come successore nella
commenda Bertacchi di suo patronato, fondata il 25 aprile del 1679. R· Ar­
chivio di Stato in Pisa. Ordine di S. Stefano, Provanze di nobiltà, filza 158,
n. 18.
(5) È 1’ ode X X I del libro IV, indirizzata a Bartolommeo Boccardi. Cfr.
la Bibliografia.
(6) La P a ra fra si d ell’inno A l l ’ Essere Supremo di Giuseppe Maria Chenier la compose 1’ anno dopo e la stampò a Genova. Cfr. la Bibliografia.
Questa è la traduzione; e non vide la luce.
(7) Massa e Carrara vennero invase dal Lan nes il 3° di giugno. Cfr.
S f o r z a G . S u ll’occupazione di Massa di Lunigiana fatta da' Francesi nel
1796, lettere di un g ia cob ino, L u cca , Canovetti, 1879, p. 33. È falso però
che s ’impossessassero anche del piccolo scalo di Viareggio. Per allora non
fu toccata nè Lucca, nè il suo territorio.
(8) È inedita. L ’originale si trova nell’Autografoteca Campori, conservata
nella Biblioteca Estense.
(9) Cosi il « liber’uomo Niccolò Ugo Foscolo » nel dedicare « alla città
di R eggio » la sua ode: Bonaparte liberatore; la quale fu stampata a Bo­
logna per cura ed a spese della Giunta di difesa generale della Repubblica
Cispadana, che il 16 maggio del 1797 ne inviò in dono « bon numero d ’ e­
sem plari » alla Municipalità di Reggio.
(10) M o n t i 'V . Mascheroniana, canto II, vv. 209-210.
(11) Giacomo Lam berti, fratello di Luigi (il noto ellenista e poeta) nac­
que il 25 ottobre del 1762; professore di diritto canonico, prima a Reggio,
poi a .Modena, prese larga parte alla rivoluzione della nativa città, sedè nel
Corpo legislativo e nel Direttorio della Repubblica Cisalpina, intervenne a ’
Comizi di Lione, fu prefetto del dipartimento del Crostolo e senatore del
Regno Italico. Caduto Napoleone , rimpatriò , perdendo ogni impiego. A vendo nel '31 fatto parte del Governo Provvisorio di Reggio , venne con­
dannato a due anni di carcere, e per carcere gli fu assegnata la casa, dove
restò prigioniero per tutta la vita Morì il 24 marzo del '38. Di Gaetano
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Fantuzzi, che visse dall’ 8 aprile 1744 al 26 febbraio 1815, e del conte Fran­
cesco C assoli, nato il 15 settembre 1749, morto il 19 febbraio 1812, sarà
altrove discorso.
Il
Paradisi, ricordato da Labindo, è il conte Giovannni, gentile poeta e
uomo di stato. A Bonaparte che lo chiamò a sedere nel Direttorio della Re­
pubblica Cisalpina, scriveva il 24 giugno del 1797: « je n’ai ni les talents
ni l'expérience, ni l ’âge à propos pour soutenir le pesant fardeau que vous
me destinez.......... Ayant taché toujours de réprimer de toutes mes forces
l ’esprit d ’anarchie, qu’on Substituait à la place du patriottisme, je me suis
aliéné beaucoup de personnes, qui ne pouvant m’apposer des faits , m ’ont
apposé des opinions peu républicaines, qu’il m’est impossible d ’avoir ja ­
mais eues, ayant exposé des premiers ma sûreté et ma fortune pour la ré­
génération de ma patrie, je ne saurais sans folie renoncer tout d ’un coup
aux maximes que j ’ai toujours suivies même avant la révolution française ».
Mori di sessantacinque anni il 25 agosto del 18 2 6 . Giuseppe Cugini fece
parte della Municipalità di Reggio durante la rivoluzione , della quale fu
partigiano.
(12)
C a r d u c c i G. La lirica classica nella seconda vieta del sec. X V I I I ;
in L ir ic i del sec. X V III, Firenze, Barbèra, 1871 ; p. LX V III.
( [ 3 ) C f r . Novelle di L u i g i C e r r e t t i ora per la prima volta pubblicate,
con note dell’autore, Y v e r d u n , 1839, P P · 26-28.
(14) Tra le carte del R. Archivio di Stato in Bologna non si trova traccia
del soggiorno di Labindo in quella città; ma è però attestato dal nepote:
« Discesi nel 1796 i Francesi in Italia, ed acceso in diverse parti della Lom ­
bardia il fuoco della rivoluzione, non si riguardò dall’immischiarsi nei primi
moti di Reggio, Modena e Bologna ».
(15) Biblioteca comunale di Reggio. Documenti per la vita del prof. ab.
Gaetano Fantuzzi, ms. segnato CXIV, C. 40.
(16) Lodovico Bolognini, nato a Bologna il 24 aprile del 1739 , morì 1’ 8
giugno del 1816 a Reggio, dove fin dal 1760 aveva preso stabile dimora. In­
gegnere ed idraulico, tra gli altri lavori, ebbe la direzione della nuova
strada de’ monti, che doveva passare per Castelnuovo di so tto , la quale
prese il suo nome e rimase interrotta a cagione delle vicende politiche del
1796. Destò la maraviglia per 1’ arditezza il ponte da lui costruito sul Pa­
naro, ad un sol arco, di metri 48 e 36 di corda, miseramente rovinato nella
piena del 1789. Cfr. M a n z i n i E. Memorie storiche dei Reggiani p iù illu s tr i,
Reggio, Degani e Gasparini, 1870, pp. 60-64.
(17) Il Duca Ercole III, il 7 maggio del 1796, all’ avvicinarsi de’ Fran­
cesi riparò a Venezia, affidando gli Stati, durante la sua assenza, ad un Con­
siglio di Governo, composto del marchese Gherardo Rangoni T e r z i, del
conte Camillo Bianchi Munarini, del conte Bartolommeo Scapinelli, del com­
mendatore Federico Benedetto d’ Este Conte di S. Romano , di Giuseppe
Antonio De Micheli, di Luigi Prandini, di Giuseppe Sandrini, di Francesco
Ansaioni, di due Priori della Comunità di Modena, e del Priore e di un
Anziano della Comunità di Reggio.
(18) R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria Ducale. Carteggio di
Ercole III dal 1796 al 1803.
(19) Cfr. Osservazioni e giudizi sulla Sto?-ia d’Italia di Carlo Botta,
Modena, per G. Vincenzi e compagni, 1825, pp. 258-260.
(2 0 ) Cfr. Promemoria, col quale « il Publico, i cittadini e tutto il Po­
polo di Reggio reclamano i loro-antichi diritti e privilegi»; i n B a s s i U.
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2η 2
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R eggio nell*Em ilia alla fin e del secolo X V I I I (I79^- I 799)> Reggio, Stabili­
mento tipo-litografico degli Artigianelli, 1895, pp. 417-418.
(2 1) V i a n i L . Memorie storico-crìtiche dì Reggio dat 1783 a l 1831; m s .
n e lla
B ib lio te c a c o m u n a le d i R e g g io .
(22) Z u c c h i C. M em orie, Milano, Guigoni, 1861 ; pp. 1-2.
Un altro
contemporaneo ne fa questa pittura: « Lo spettacolo dell’ armata era sor­
prendente........ Accampavano i Francesi senza tende , marciavano senza al­
cuna compassata forma , erano vestiti di colori diversi e stracciati, alcuni
non avevano arm i; pochissima artiglieria; cavalli smunti e cattivi, stavano
in sentinella seduti; avevano, anziché l ’ aspetto d ’ un’ armata, quello d ’una
popolazione arditamente uscita dal suo paese per invadere le vicine con­
trade ». Cfr. V e r r i P. Storia d ell’invasione dei Francesi repubblicani nel
M ilanese n e l 1796; in Rivista contemporanea, di Torino, ann. I li, voi. VII,
fase. 35, 25 luglio 1856, p. 183.
(23) P a r a d i s i G. Lettera al sig. Carlo Botta, Modena, V incenzi, 1826,
P· 5 ·
(24) O ltre il F an to n i, ricorda tra’ frequentatori de’ clubs reggiani il
conte Giovanni Paradisi, Pier Giacinto Terrachini, Francesco Bovi, Giacomo
Lam berti, Giuseppe Cugini , 1’ orefice Giambattista Giaferri , il fornaio Davoli, un Motta, un M a io li, un B enizi, il dott. Giovanni O rlandini, Bartolommeo Marchini , « lo zoppo » A rtoni, Lazzaro Besenzi, Benedetto Fossa
uno degli Anziani , i sacerdoti Don Bizocchi, Don R iv i, Don Barchi, Don
Serpini e Don Paolo Bizzarri, Luigi Cagnoli , Stefano Viani ed Alessandro
L an zi , m arito della M anganelli, famosa giacobina, celebrata nel 1800 con
poesie a stampa per la sua « costanza nel patriottismo ». T ia giacobini
reggiani non vanno dimenticati gli orefici Antonio Landini e Giovanni Martelli detti i Soci, nè il Moscatelli designato dal cronista Viani come « capo
d e ’ sanculotti ».
(25) Cfr. Lettere di F i l i p p o Re alla contessa Caterina B u setti-R e, sua
cogn ata, dal 10 agosto 1796 al 6 marzo 1800; in B a s s i U. Opera citata,
pp-
303-379·
(26) Fratello di Filippo., nacque a Reggio nel 1751. Nel 1794 chiese e ot­
tenne dal Duca Ercole Rinaldo HI per sè la chiave di ciamberlano, per la
m oglie, Clementina Busetti, il titolo di Dama di Scaletta. Giacobino nel '96,
divenne un partigiano della restaurazione nel 1814. Mori Governatore di
R eggio nel 1821.
(27) Il Sahuguet si trovava a Modena per vegliare l ’esatta e piena osser­
vanza d e’ patti dell’armistizio, che erano durissimi. Pagamento di 7 milioni
e 500,000 lire in moneta di Francia; 3 milioni da sborsarsi subito, 2 tra quin­
dici giorn i, il resto tra un mese. Il Duca doveva inoltre somministrare a ’
Francesi 2 milioni e 500,000 in derrate e munizioni da guerra e dar venti
d e ’ quadri m igliori della sua pinacoteca. Cfr. N[amias] A [ngelo], Storia
di Modena e dei paesi circostanti dall’origine sino al 1860, Modena, 1894,
p · 584·
(28) L o m b a r d i A. Cronaca di Modena dal 6 maggio 1796 al 29 agosto
1802; ms. nella Biblioteca Estense, codd. V III, E, 22-24
(29) Il Duca stesso, con dispaccio in data di Venezia 6 luglio 1796, o r ­
dinò al conte Bartolommeo Scapinelli, che nella Reggenza era incaricato
del « carteggio coll’estero », di scrivere questa lettera e gliene mandò la
minuta. L a riporta A n t o n i o R o v a t t i nella sua Cronaca di Modena dal
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1796 a l i Si Sj che si conserva manoscritta nell’Archivio storico municipale di
Modena.
( 3° ) R o c c a G . Continuazione delle storie di Reggio [ 1 7 4 1 - 1 8 1 5 ] , m s . nella
Biblioteca cpmunale di Reggio, pp. 115-116.
(31) D ell’ ambasceria mandatagli dalla città di Reggio, che « se soulève
contre le Duc de Modène », Bonaparte non mancò d’ informarne il D iret­
torio ; dichiarando che aveva esortato i reggiani « à la tranquillité » per
ragione dell’armistizio concluso con Ercole III. Il Direttorio gli rispose ì\
14 termidoro [1.0 agosto] : 4 Nous avons reçu, citoyen général, la lettre que
vous nous avez écrite de Castiglione, le 4 thermidor, et dans laquelle vous
nous parlez du soulèvement de la ville de Reggio et des dispositions des
habitans soumis aux ducs de Modène et de Parme. Les circonstances et
1 amitié qui existe entre la république française et la cour d ’ Espagne pour1aient demander qu’il fût accordé, à la paix générale, quelques concessions
au duc de Parme, dont l’agrandissement en Italie serait avantageux pour
la France sous plusieurs rapports politiques ». Cfr. Correspoîidance inédite
de Napoléon Bonaparte [Paris, Panckoucke, 1819], Italie, vol. I, p. 404.
(32) Così il Senato nel suo partito del 12 luglio. Il
agosto tornò a
chiedere alla Reggenza che la richiamasse « per togliere affatto il corso
agli ulteriori insulti di detta truppa, li quali, attesa la loro frequenza, non
si ponno più tollerare da questa popolazione ».
( 33) Gazette national ou le Moniteur universel, η . ΐ2, 3 ottobre 1796.
( 34) Ai popolani che aiutarono i còrsi a piantare questo alb ero , il Se­
nato fece distribuire 4500 lire di Reggio, che fanno circa T125 lire delle
nostre. Non furon contenti, e nel 1797 ben quattro volte chiesero « un as­
segno loro vita durante........ avendo azzardata la vita ». Cfr. B a s s i U. Op.
cit., p. 81.
( 35) F i o r i n i V . Catalogo illustrato dei libri , documenti ed oggetti esposli dalle Provincie dell’Emilia e delle Romagne nel Tempio del R isor­
gimento italiano, Bologna, Zamorani e Albertazzi, 1897, vol. I I , part. I ,
p. 622.
(36) Si trova ricordato in una lettera del Bonaparte al Berthier del 6 ot­
tobre di quell’anno: « Vous donnerez ordre au général Cervoni et à l ’adju­
dant général Galeazzini, s’ils ne sont pas encore partis pour la C o rse, de
se rendre sur-le-champ à Modène, où ils recevront de nouveaux ordres ».
Cfr. Correspondance de Napoléon; II, 29. Era sempre a Reggio e corse su­
bito a Modena.
(37) B a s s i U . O p . c i t ., p . 168.
(38) La paura fu tanta che il partito venne cancellato con alcune linee
trasversali, scrivendovi in margine: « si è cassato perchè non sia registrato
cogli altri, ma con intelligenza di tenerne autentica copia a parte ». Cfr.
B a s s i U . Op. cit., p. 444.
(39) Arrivò peraltro lo stesso giorno 4 ottobre, infatti in quel giorno me­
desimo il Galeazzini scriveva alla Municipalità: « Il comandante del di ·
staccamento domanda di nuovo delle munizioni, avendo tirato alcuni colpi
di fucile sotto Montechiarugolo, ove si sono di nuovo rifugiati gli Austriaci.
Hanno preso tre carri con alcune munizioni ed alcuni prigionieri, i quali
hanno diretto in viaggio per Reggio. Li prego dunque a far partire le mu­
nizioni, e se altri cittadini di buona volontà volessero partire, non vi sa­
rebbe male che andassero a raccogliere coi loro concittadini delli allori sul
Giorn. St. e Lctt. della Liguria.
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— 274 —
comune nemico ». Dal rapporto del Laroche al Galeazzini risulta che 1 pri­
gionieri furono otto e che nei tre cariaggi « il n’y avoit outre que quelque
peu de munitions, quelques bayonettes et quelques fusils »·
(4 0 ) Qui comincio a valermi degli interessantissimi documenti pubblicati
da V i t t o r i o F i o r i n i [ Tempio cit. pp. 732-74] su questo episodio. Con l ’aiuto
di essi è finalmente possibile raccontare in ogni sua particolarita più mi­
nuta .l’impresa di Montechiarugolo.
(4 1 ) Il B a s s i (Op. cit., pp. 1 2 3 -13 4 ) scrive: « Tra gli atti che si riferi­
scono al fatto di Monte Chiarugolo c’è in data del 17 9 6 la copia , autenti­
cata dal segretario della M unicipalità, di queste parole: « Fui informato
i> che un corpo austriaco d 'infanteria e di cavalleria, di circa 400 uomini,
» era sortito dalla Piazza di Mantova per foraggiare, mentre l ’armata fran» cese non occupava ancora il Serraglio. Intesi dopo che si trovava errante
» nel ducato di Parma. Gli sono però tolti tutti i mezzi di litira ta , e ho
» dati gli ordini opportuni acciò venga distrutto, o fatto prigioniero ». Tali
parole sarebbero in una lettera di Napoleone Bonaparte al Direttorio ese­
cutivo, in data del 1.0 ottobre, stampata, si asserisce, nella Gazzetta uni­
versale di Firenze, n. 84. Certo è molto lecito dubitare di questa lettera
(che nelle raccolte non esiste) , non ostante 1’ autenticazione del segretario
reggiano ». Queste parole, sebbene non siano state riprodotte nella Corre­
spondance de Napoléon /, son proprio uscite dalla sua penna, e furono pub­
blicate d a ll’Amministrazione generale della Lombardia il 12 vendemmiale.
Cfr. E stratto di lettera del Generale in capo Bonaparte a l Direttorio ese­
cutivo in data 10 vendemmiale anno 5.0/ in Raccolta degli ordini , avvisi,
p r o c la m i, ecc. pubblicati in Milano nell’ anno V Repubblicano Francese,
Milano, Veladini, 1 7 9 6 , tom. II, pp. 29-30.
(42) Il Botta ai tanti errori affastellati nella sua Storia d’Italia dal 1789
a l 1814, pubblicata a Parigi nel 1824, aggiunse anche quello d ’ affermare
che il conte Giovanni Paradisi era « malveduto dagli Austriaci per essere
state» co ’ reggiani nel fatto di Montechiarugolo ». Il Paradisi nel 1824 vi­
veva ritiratissimo a Reggio, senza godere per niente le grazie del nuovo
Duca Frapcesco IV, anzi essendogli in dispetto. Poteva nuocergli quell ac­
cenno e naturalmente gli riuscì amaro; come gli rincrebbero tante altre
cose dette dal Botta sul conto suo; in parte vere, in parte travisate, o esa­
gerate. Quando seguì il fatto di Montechiarugolo, si trovava in villa, né vi
prese parte, e fu « sempre dell' avviso di coloro che disapprovarono quella
guerra ». Del resto, il gentile poeta non era devoto a Marte, e lo confessa:
« fui soldato anch’io della guardia urbana e salii in quella milizia al pari
col Vescovo al grado di caporale ». Nella Lettera scritta al Botta per ri­
m ettere al posto la verità , toccando dell’ impresa di Montechiarugolo asse­
risce che la vittoria fu guadagnata « agevolmente e senza carneficina e un
solo vi perì, che venuto spettatore si pose sventuratamente bersaglio ad una
delle fucilate che scoppiarono dalle feritoie della fortezza >. Marcantonio
Parenti n ell’esame d ell’opera del Botta [Memorie di religione, di morale e
di letteratura, vol. V i l i , (1825), pp. 370-371] scrive: « Sul particolare de’
R eggian i......... l ’A. dà certa importanza ad un fattarello di cui si parla an­
cora sollazzevolm ente nella stessa Reggio e ne’ luoghi circonvicini....... Un
solo reggiano vi perdette la vita, per essersi troppo accostato a quella b i­
cocca; nè, del resto, si durò molta fatica in un blocco di poche ore intorno
ad un corpicciuolo sprovvisto di viveri e di munizioni, il quale non ad altro
pensava che arrendersi regolarmente, come fece». Il Bassi [Op. cit , p. 141]
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ha scoperto che uno degli uccisi si chiamava Andrea Ri vasi. L a Municipa­
lità accoidò alla sua vedova la pensione di L. 22,10 reggiane, che fanno
5, 5 delle nostre, « fino a che avessero quattordici anni ambedue i bambini
rimasti orfani », uno dei quali veniva accolto nelPAlbergo dei poveri. Sa­
rebbe addirittura da chiarire se i morti realmente furono due, come il L a ­
roche scrisse alla Municipalità di Reggio. Sembra incredibile e non possi­
bile che mentisse in una cosa a tutti nota. Anche Bonaparte nella relazione
fatta al Direttorio ripete: « Dans la fusillade qui a eu lieu, les gardes na­
tionales de Reggio ont eu deux hommes tués. Ce son les premiers qui aient
versé leur sang pour la liberté de leur pays ». Del resto, dopo tanti anni,
il Paradisi potè esser tradito dalla memoria. Di nessun peso è l ’autorità del
Parenti.
(43) L a descrizione è del cronista contemporaneo Luigi Viani.
(44) F r a n c h e t t i A. Storici d’ Ita lia d a l 1789 a l ij ç ç (seconda edizione):
pp. 287 e 323.
(45) Bonaparte che fino dall’ 11 vendemmiale (2 ottobre) aveva scritto al
Direttorio: « Reggio a fait sa révolution et a secoué le joug du Duc de
Modène. C ’est peut-être le pays d’Italie qui est le plus prononcé pour la
liberté », cinque giorni dopo indirizzò « aux habitans de Reggio » la let­
tera rimasta famosa per la frase soprattutto: « Il est temps enfin que l ’Italie
aussi soit comptée parmi les nations libres et puissantes ». Cfr. Correspon­
dance de Napoléon I ; II, 29 e 40. Il capitano Carlo Ferrarmi, alla testa di
un drappello della guardia civica, accompagnò a Milano i prigionieri. La
Municipalità 1’ annunziò alla cittadinanza con queste parole: « arrivano i
bravi reggiani, quelli che hanno combattuto e vinto i nostri nemici, quegli
austriaci che dovevano saccheggiare le nostre case e che ci minacciano an­
cora la schiavitù e la m orte...... noi applaudiremo al loro coraggio, noi fe­
steggeremo questi bravi amici e sostenitori della libertà, noi li tratteremo
da fratelli ». Cfr. Raccolta degli ordini, avvisi, proclami, ecc, pubblicati in
Milano n d l ’anno V repubblicano francese1 Milano, presso Luigi Veladini,
1796; II, 48-49. « Nel giorno 20 vendemifero [11 ottobre]....... fra le marce
militari, i canti patriottici e gli applausi del pubblico entrano in Milano gli
acclamati reggiani, additati da tutti come primi eroi dell’ Italia » (così in
una descrizione del tempo). « Consegnati i prigionieri, furono subito accolti
dal generale in capo Bonaparte co’ pubblici attestati di fratellanza e di
stima. Esso li trattiene presso di sè e g l’ invita a ristorarsi in una tavola
imbandita a questo fine, entrando 111 famigliari discorsi or coll’uno, ora col­
l’ altro. Terminato il pranzo, alcuni sono menati dal generale medesimo e
e gli altri dalla Deputazione della Municipalità al gran teatro della Scala,
ove era preparata una straordinaria illuminazione. I capi assistettero nella
stessa loggia del generale, e gli altri in compagnia de’ patriotti. Terminato
il primo atto dell’opera, si replicò il ballo della Lucrezia , come il solo a dattato alla circostanza ed agli spettatori, e giunti al termine in cui il po­
polo romano sbandisce dalla patria liberata i Tarquinii, Bruto offre due co­
rone di alloro al popolo di Reggio, che si è mostrato degno imitatore del­
l ’antica Roma. Due matrone romane, mentre un coro di esse cantava le
glorie del vincitore, portarono le corone nella loggia del generale Bonaparte,
che le presentò di propria mano agli ufficiali reggiani fra le più strepitose
evviva di tutto il pubblico spettatore. Si sparsero per tutto il teatro diverse
canzonette analoghe, fra le quali si distinsero: O della madre Ita lia —
Italia! Ita lia! ah svegliati - e Vieni, o popolo reggiano, che fu quella
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2 76 —
che si cantava sulle scene sul tenore della francese: A llons ènfans de la
p a tr ie, ecc. ». Quest’ultima canzonetta è forse quella che si trova alle stampe
col titolo: L a fratellanza dei Reggiani e dei M ilan esi, Milano , anno V
della Rep. Frane.; la quale incomincia :
V ie n i in seno ai tuoi fratelli,
B ravo popolo reggian o ;
la quale fu in parte riprodotta da G. De C a s t r o , M ilano e la Repubblica
Cisalpina giu sta le poesie, le caricature e altre testimonianze de tempi,
Milano, Dumolard, 1879, PP· 112-113. — Il giorno dopo fu dato a ’ Reggiani
« un pranzo repubblicano ne’ Giardini pubblici ». Il generale Baraguey
d ’H illiers offri loro una bandiera * in nome dell’armata francese d ’Italia »
e lesse un discorso in francese , che fu poi tradotto in italiano da Matteo
Galdi, fuoruscito napoletano. Cfr. C u s a n i F. Stona di M ilano, V , 19. Ec­
cone un saggio : « Onore, salute e gloria al popolo generoso e b ra vo , vin­
citore d e’ tiranni a Montechiarugolo. Onore ai generosi cittadini che nel
com battim ento son caduti vittime del loro coraggio per mezzo del ferro au­
striaco........ Questo sublime slancio, al quale vi siete dati in preda per far
causa comune coi repubblicani francesi e per annientare i soldati dell’ am­
biziosa casa d ’Austria , ha fatto impallidire il mezzogiorno d ’ Italia ed ha
rim bom bato fin dentro l ’ infame Gabinetto di Londra » ! La sera al teatro
d ella Canobiana fu rappresentato il Bruto di Voltaire. « Terminata la tra­
gedia, si riapre la scena e fra due plotoni di truppa francese si vide su di
un piedistallo una donzella, sotto figura della Libertà, che teneva un intreccio
d ’alloro con una mano. Indi lo porge a Bruto, che lo invia al duce del po­
polo di Reggio » (il Ferrarmi), « che stava nella loggia del generale Bara­
gu ey d ’H illiers. Nel terzo giorno si unirono la sera i patriotti intorno l ’al­
bero sacro della Libertà nella piazza del Duomo, ove fraternizzò co’ Reg­
giani la gioventù Pavese, che aveva preceduto la loro nascente coorte e che
era venuta in Milano per ascriversi nella prima legione lombarda. Tutti uniti danzando e cantando, assistettero ad un fuoco d’ artifizio e....... quindi
allo spettacolo nel gran Teatro. La mattina del giorno seguente i Reggiani
partirono per la propria patria, testimoni della pubblica riconoscenza ed emulazione de’ Milanesi, indizi forieri della rinascente Repubblica Italiana.
Di fatti concorrono liberamente da tutta la Lombardia i più bravi cittadini
per offrirsi alla patria e per imitare l ’ esempio dell’ armata francese, che li
riconosce come fratelli d ’ armi, degni della sua gloria e della sua libertà »,
" C fr. F i o r i n i V. Tempio cit., pp. 742-745. È ignoto se il Fantoni andasse
anche lui a Milano co’ suoi compagni d’ armi di Montechiarugolo. Aveva
ben diritto di dire, come disse, a’ Reggiani : « progettai l ’impresa di Mon­
techiarugolo ed esposi la mia vita per voi, rendendovi l ’oggetto della vene­
razione e della tenerezza patriottica degli ottimi Milanesi ».
(46)
L a Gazzetta enciclopedica di Milano nel supplemento al suo n. 40
[17 ottobre *96] scriveva : « I Reggiani hanno riportata una vittoria sopra
gli Austriaci e 1’ hanno riportata nelle regole m ilitari, trattando da popoli
liberi. I Tedeschi hanno abbassato le armi, hanno capitolato, sono prigio­
nieri di un popolo libero. Ecco il primo lampo dell’ Italia guerriera , che
deve quanto prima far sentire il tuono della sua forza sopra i suoi oppres­
sori. L ’esempio della brava Nazione Francese incomincia a scuotere effica­
cemente i popoli italiani: se le sue falangi vittoriose ci hanno recata la li­
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berta, spezzandoci le antiche catene, c’ ispirano anche il coraggio di saper­
cela conservare noi stessi contro i nostri nemici ».
(47) B o t t a C. Storia d'Italia dal 1789 al 1814, II, 11-12.
(48) B a s s i U. Op. cit., pp. 99-100 e 434.
(49) Correspondance de Napoléon, II, 58.
(5°) Tra gli otto rappresentanti di Reggio, che dovevano sedere n ell’am ­
ministrazione centrale a Modena , venne scelto « per la montagna » Pietro
Notari, l ’amico di Labindo.
(51) L ’adunanza ebbe luogo il 21 d’ ottobre. Ecco la parte della delibe1azione che riguarda Labindo: « Congregati nella sala grande del civico pa­
lazzo i cittadini rappresentanti la Municipalità di questa città di Reggio, fu­
rono proposti ed ottenuti li seguenti p a r titi:.......................... Dietro il con­
gresso tenutosi da questa Municipalità, coll’intervento di una rappresentanza
del popolo, sul punto dei riscontri portati dai tre deputati Lamberti , O rlandini e D. Montanari da Modena, è stata approvata la nomina delli 8 de­
putati da spedire a Modena nella divisata Amministrazione delle due Pro­
vincie di Reggio e Modena; ed infine sono stati acclamati per concittadini
reggiani Giovanni Fantoni, Giuseppe Bertacchi e Vincenzo Ponticelli in
segno di aggradimento ». R. Archivio di Stato in Reggio d ell’ Emilia. A r­
chivio del Comune di Reggio. Protocollo 0 Partiti della Municipalità, anno
1796, fogli 334-336.
UN ASCETA DEL RINASCIMENTO
( D E L L A V IT A e D E L LE OPERE DI GIROLAM O B E N IV IE N l)
II.
DAL
14 8 4 A L
L ’A M I C I Z I A
14 9 8 :
LA
P E R . PICO
V IR IL IT À
DELLA
O PERO SA
E
PU GN ACE,
M IR A N D O L A , L A
DEVO­
Z IO N E P E L S A V O N A R O L A .
Ma l ’amicizia più dolce che mai stringesse in vita sua
Girolamo, la più intima, la più fida, fu quella con Giovanni
Pico della Mirandola. Tanto intima che si può quasi dire i
due convivessero, insieme per alcuni anni, e il conte, per
fuggire l’ inverno non sempre mite di Firenze, acquistò nel
contado un luogo leggiadro, a’ piè di Settignano e non
lunge da Maiano Fiesolano, dov’ era la villa di Girolamo.
A loro si uni talvolta anche Domenico Benivieni e facile
è pensare in quali ameni e dotti conversari trascorressero
il tempo (1).
(1) Queste notizie sono tratte dal cod. M.
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27S —
Il giovane Pico era venuto a Firenze per la prima
volta nell’ anno 1484, e, come tutti i forestieri illustri per
censo o per nobiltà di stirpe o d'intelletto, che passassero
da quella c itta , era stato ospite del Magnifico. E in casa
del Magnifico appunto, fra il Mirandolano e il Benivieni,
ancora poco noti l ’uno all’altro, sorse una discussione donde
doveva poi scaturire la loro fraterna amicizia. Pico negava
lo studio e la gloria delle armi ad una citta tutta intenta
alle industrie e al commercio, com’era Firenze; Girolamo,
da quell’orgoglio di patria eh’ ebbe sempre inestinguibile
nell’animo, trasse una nuova eloquenza, e col volto acceso
e con lo sguardo sfavillante sostenne la disputa finché non
ebbe convinto 1’ avversario che , ogni qualvolta necessita
di patria lo avesse richiesto , e tintori e mercanti e nobili
e lanaiuoli, abbandonati gli opifici, le botteghe , i palazzi,
eran corsi all’armi, e che a Firenze non era mancato mai,
nei cittadini suoi, un valido presidio contro le offese stra­
niere (1). Se fosse l ’ingenuo calore del Benivieni e il sin­
cero entusiasmo che l’animava, 0 già scambievole simpatia,
prodotta dalla nobiltà del sembiante e dalla grazia che di­
stinguevano 1’ uno e 1’ altro dei due giovani, nessuno sa­
prebbe dire : certo è che fin da quei tempi un’ affetto in­
dissolubile li legò : e durò oltre morte , e ancor oggi li
tiene sepolti insieme , sotto lo stesso marmo , nella chiesa
di San Marco, a Firenze (2).
D e ll’amore che il Nostro nutrì sempre fortissimo per la
patria, ed insieme d’una singoiar previggenza ed acutezza
di giudizio, che permettevagli di divinare in un giovinetto
un uomo di genio, sacro alla gloria, è anche testimonianza
notevole un altro aneddoto che non ho ragione di ritener
falso. Quando Innocenzo V il i maritò Franceschetto Cybo
con una figlia di Lorenzo de’ Medici, il nuovo sposo venne
a Firenze accompagnato da un ricco e numeroso corteggio
di nobili signori romani. Con questi, durante il loro non
(1) Cod. N.
(2) Una medesima iscrizione, posta fra il secondo ed il terzo altare a
sinistra di chi entra, ricorda i due amici. La riferirò in appendice (n. 6).
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279
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breve soggiorno alla Corte medicea, ebbe spesso a intrat­
tenersi Girolamo, e la sua compagnia ne fu desiderata e
ricercata. Avvenne che in una discussione i Romani so­
stenessero a loro spettare ogni gloria artistica, si della
scultura, si della pittura; ed insistendo in tal concetto spe­
cialmente Pag.0 Capranica, insorse arditamente, a difesa di
Firenze, il Benivieni, affermando che in essa eran risusci­
tate le quattro più nobili specie della imitazione : pittura,
scoltura, architettura e poesia; e ricordando a prova i nomi
di Cimabue, Giotto, Masaccio, Donatello, Leonardo, Andrea
del Sarto, A lb erti, Brunelleschi. Indi conchiuse: « E io vi
accerto che Firenze ha generato un tale, ancor giovinetto,
che presto sarà atto a vincere molti di maestria e di fama,
in tutte queste arti : e un giorno Roma stessa il confer­
merà! ». Quel giovinetto si chiamava Michelangelo Buo­
narroti (i). Si rammenti : il matrimonio di Franceschetto
Cybo avvenne nel 1487; Michelangelo era nato nel 1474 ;
era allora nei tredici per i quattordici anni.
Già fin dal 1482, prima di conoscere il Benivieni, Pico
della Mirandola aveva concepito simpatia grandissima, che
venne poi mutandosi in fervida ammirazione , per fra G i­
rolamo Savonarola , quando in un capitolo di domenicani
tenutosi a Reggio d’ Emilia lo udì tuonare con commossa
eloquenza contro i vizi del clero e la corrutela della Chiesa (2).
E Pico fu probabilmente il filo che uni tra loro e strinse
in relazione i due Girolami. Da quel momento per il Be­
nivieni comincia una nuova epoca dell’esistenza. Già egli
aveva sempre posseduto, come abbiam visto, una coscienza
tranquilla e timorata ; si fa a poco a poco schiavo degli
scrupoli più severi ; si indurrà, fra non molto, a condan­
nare come immorale e colpevole tutta la vita trascorsa e
come empi e dannosi tutti 0 quasi i frutti giovanili del
suo ingegno Addio ai dolci ritrovi e alle cortesi tenzoni
e al lieto poetare ! Il Frate di Ferrara lo trae a sé e di sé
(1) Cod. N.
(2) V i l l a r i ,
La storia di Gir. Savonarola e dei suoi tem pi, Firenze,
Succ. Le Monnier, 1887-88, vol. I, pp. 78 e SS-
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28ο —
riempie tutta la vita di lui. L ’ amicizia del Benivieri pel
Savonarola assume il carattere di umile e quasi fanatica
ammirazione (i). Né pensa adesso, né penserà poi, qualunque
pericolo sia per minacciarlo, a farne mistero. A tal propo­
sito, un altro aneddoto mi soccorre, del quale non voglio
privare chi mi legge. Si trovava egli alla tavola del Car­
dinale De Medici, che divenne poi papa col nome di Cle­
mente VII, quando da alcuni invidiosi fu tratto il discorso
sul Savonarola, si che a un certo punto lo stesso Cardi­
nale si rivolse a lu i, e — lascio che parli il biografo —
« assai cortesemente gli disse, Girolamo , voi fate profes­
sione di credere al frate, come v’acconciate v o i, essendo
am ico, et affezzionato nostro ? a cui il Benivieni allegra­
mente rispose, secondo l’antico detto di Garmaliel, alli scribi
e dottori, della giudaica reggia, Mons.re m io, se 1’ opera
del frate, è humana, la si risolverà presto per sè stessa, se
l’è di Dio, checché gli uomini se ne facciano , andrà per
certo innanzi, ma v. s. Ill.ma non tema già mai delli amici
e devoti del frate, essi, aspettando il miracolo, et che Dio
operi, quieti se ne stanno, senza macchinare cosa alcuna,
e così se ne staranno per costante — guardisi bene ella
da alcuni di questi mormoratori, che, si ha da torno, i quali
sempre insatiabili, non restano, o resteranno già m ai, di
travagliare, e nuove cose desiderando d’altrui sollevare per
empimento, e sfogo di loro smoderati appetiti e concetti,
parole che et il Card.le et gli altri, non guari doppo si po­
tettero accorgere, essere state verissime , et da prudente
huomo proferite,.... il card, che savio et intendente sig. era,
intese il motto troppo bene, e poco di poi, con suo grande
dispiacere e travaglio della casa sua lo provò vero,.... im­
pose accortamente cortese silenzio a quel ragionamento » (2).
(1) Furono si lui che Pico della loro amicizia contraccambiati. Ed « ·. ac­
cadde ta l’hora, che il Savonarola, per ischifare quelle procelle, cheli spin­
gevano addosso, le sue libere predicationi, con questi suoi devotissimi amici, si ristrinse in questi, più solitarii luoghi [le ville del Benivieni e di
Pico] sequestratosi alquanto dalla città *. {Cod. M.).
(2) Cosi il cod M., dal quale tolgo tutto il passo; il cod. N. specifica
m eglio che il Cardinale « comprese il motto troppo bene et poco appresso,
l ’anno 1527 con travaglio della Casa sua lo provò vero et acerbo ».
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281
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A modo suo , anche Marsilio Ficino ammirò ed esaltò il
Savonarola finché a questo volsero prosperi gli eventi, ma
lo abbandonò codardamente — e non fu solo de’ lette­
rati e poeti di quel tempo — quando giunse il momento
del pericolo. Non cosi Girolamo Benivieni; se può stupire
che un’ anima tranquilla ed aliena dalle passioni e dalle
lotte del mondo, come la sua, si legasse cosi strettamente
con quel Frate la cui vita fu tutta una battaglia nobilis­
sima ma ardentissima, non è per questo men vero che ,
una volta scelto il suo cammino, egli lo segui, costante e
irremovibile, accettandone fin le ultime conseguenze, senza
un crollo, senza un atto solo d’ esitazione o di timore (i).
Singolare mistero di natura, onde avviene talora che le anime più timide si facciano a un tratto maestre di riso­
lutezza e di tenacia !
Girolamo e Domenico Benivieni e Pico della Mirandola
furono assidui frequentatori delle prediche del Savonarola,
da prima nella picciola chiesa di San Marco , di p o i, cre­
sciuti e fatti moltitudine gli ascoltanti, sotto le volte pro­
fonde di Santa Maria del Fiore. Si narra che un giorno il
Nostro dicesse al Frate : « Padre , non si può negare che
la vostra dottrina sia vera, utile e necessaria: ma il vostro
modo di porgere manca di grazia, specialmente essendovi
ogni giorno il paragone di Fra Mariano ». A l che egli ri­
spose, quasi sdegnato : « Questa eleganza e ornato di pa­
role dovran cedere innanzi alla semplicità del predicare
sana dottrina » (2). Il Savonarola cominciava infatti quella
predicazione che doveva procurargli la corona del martirio
(1) Amico degli uomini e non della ventura, non al solo Savonarola,
ma anche ad altri restò fedele pure nelle avversità, si che fu talora in que’
tempi di civili dissensioni accusato da alcuni fanatici d ’aver poco in odio
certi cittadini. (V. cod. M ). Un solo elevò sospetti sulla sua costanza, Catarino, vescovo minorense, il quale asseri eh’ egli, dubitando a certo punto
della verità predicata dal Savonarola, se ne separasse. In difesa di lui'sorse
però — testimone più d ’ogni altro attendibile — Giovan Francesco Pico
della Mirandola, dimostrando false le asserzioni di Catarino. ( J . F r a n c .
P i c o , Vita H ieronim i Savonaroìac, Parisiis, Biliaine, M D C L X X IV , vol. II,
pp. 465 e sgg.).
(2) V i l l a r i ,
Op. cit., vol. I, pp. 80 e sg.
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— 282 —
e il premio dell’ immortalità : la sua voce suonava trepida
ed angosciosa, o profeticamente minacciosa su la gran
folla degli ascoltatori : « Una grande, una oscura ruina
sovrasta all’ Italia per le sue colpe : per le brutture di
Roma e la corruzione del clero, per le turpitudini dei
principi, per le lascivie delle plebi ; Dio vuole un rinno­
vamento e perciò vi punirà : e , badate bene , non vi lu­
singhi la speranza d’una dilazione : ciò sarà presto, ciò sarà
presto ! ».
E la grande sventura calò veramente sull'Italia. Il po­
litico abilissimo, il raffinato poeta, il protettore generoso
di tutte le arti, ma il tiranno di Firenze, moriva nel 1492,
e, tosto dopo, Innocenzo V ili; e Carlo di Francia, cedendo
alle vive istanze del Moro e forse anche a un destino che
lo incalzava, scendeva in Italia. Se non che, dove tutta la
penisola subì onta e dispregio, Firenze seppe, mercé il Sa­
vonarola, ricostituirsi a dignità di libero stato.
Il giorno medesimo in cui Carlo V il i faceva il suo in­
gresso in Firenze, vi moriva improvvisamente « .... in sul più
bello fiorire degli anni, che a XX X II non arrivavano anco­
ra... », Pico della Mirandola (1). Fu questo forse il dolore più
acerbo che amareggiasse la vita del Benivieni; attese a che
la salma del dolce amico fosse degnamente composta nella
tomba, e procurò per essa un epitaffio più che onorevole,
tale da tradire nell’ eccesso di lode la premura amorosa,
l ’affetto vivissimo di chi lo aveva dettato (2). Ma dopo rin­
chiuse nell’ animo la pena e il rimpianto , e , pensoso più
d’altri che di sé stesso, tornò al fianco del Savonarola,
pronto a sostenerlo nella gran lotta che s’iniziava. Il Frate,
tra il 1494 e il 1495 dotava la Repubblica fiorentina della
miglior forma di governo eh’ ella possedesse mai in tutta
la sua libera esistenza, e di savissime leggi politiche ed economiche. Ma egli aveva più che a tutto alla riforma mo­
rale rivolto ed intento l’animo; e di questa riforma fu poeta,
quasi direi officiale, il Benivieni. Nel 1496 questi traduceva
(1) Cod. M.
(2) V. più oltre, app. 6.
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— 283 —
e dava alle stampe il trattato Della semplicità della vita
cristiana, che il Savonarola aveva scritto in latino , esponendo in forma piana e serrata , accessibile a tu tti, i
principali dogmi del cristianesimo e dimostrando false le
accuse mossegli, di eresia (1); nello stesso anno, quando il
grande Ferrarese s’ accinse alla riforma dei fanciulli, per
cambiare i loro pericolosi e pazzi trastulli carnevaleschi in
religiosi passatempi, fu incaricato di comporre alcune laudi
da insegnare ai, piccoli convertiti (2). Cosi, quando con so­
lenne processione, nella Domenica delle palme di quel1 anno si inauguro, per la prima volta in Firenze, un Monte
di pietà, i fanciulli, visitate le chiese, si fermarono in piazza
a cantare una canzone di Gerolamo Benivieni, sulla futura
felicita di Firenze (3). Ed anche al Nostro, nel 1497, venne
affidato l’ incarico di comporre la canzone da eseguire nel
bruciamento delle vanità (4); e la stessa commissione ebbe
egli per la consimile cerimonia che avrebbe dovuto aver
luogo nel successivo anno 1498, e compose infatti la can­
zone, ma questa non fu cantata, né il bruciamento avvenne,
per le dissensioni gravissime che ormai laceravano la R e ­
pubblica.
Nell’ anno precedente Piero de’ Medici aveva per la
seconda volta cercato d’ entrare a forza in Firenze. Nel
primo subitaneo sbigottimento, nella confusione ed irreso­
lutezza destate dal suo audace tentativo, uno dei Signori,
e precisamente Filippo Arrigucci, inviò Girolamo Benivieni
(1)
Né fu questa la sola volta che il Nostro collaborò in certo qual
modo col suo grande Maestro. È degna di memoria la prefazione eh’ egli
scrisse per il Compendium revelationum del Savonarola : I liber intrepide
ad ludibria, ad sibila et ad vipereos te praeparans morsus. Sed quibus a?··
mis pugnaturus? Ius tiliae... «Va, o libro, va senza timore, preparandoti agli
scherni, agli schiamazzi, ai morsi viperini dei tristi. Ma con quali armi
combatterai tu? Con quelle della giustizia... » E cosi seguitava, vigorosamente
e nobilmente, con un entusiasmo ardentissimo. (Vedila tutta riprodotta
nella già citata Vita Hieron. Savon, di J. Fr. Pico, I, 215 e sgg.).
(2) Cfr. V i l l a r i , Op. cit., 1, 415.
(3) Cfr. V i l l a r i , Op. cit., I, 438. La canzone comincia: Viva n e' nostri
cor, viva, o Fiorenza, e trovasi stampata nel Commento dì Η . B ., Firenze,
Tubini, MCCCCC, c. CXI v. (Cfr. più oltre l ’appendice bibliografica).
(4) Cfr. V i l l a r i , Op. cit., I, $09.
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— 284 —
al Savonarola, commettendogli di chiedere al Frate che
pensasse dell’ attuale condizione della citta, e che preve­
desse pel futuro. Lo stesso Poeta nostro ci ha lasciato re­
lazione del fatto. Quando fu giunto al cospetto del Savo­
narola che studiava nella sua cella, questi si rivolse e mi­
suratamente sorridendo cosi gli disse: — « O uomo di
piccola fede, perché dubitasti? Non sapete voi che Iddio
è con voi? Dite a que’ signori che noi pregheremo Iddio
per la citta, e che non dubitino di Pier dei Medici,- che
verrà insino alla porta e sen tornerà indietro senza far no­
vità alcuna » (1). La predizione s’avverò : Pier dei Medici,
dopo aver atteso invano, fuori le porte della citta, chiu­
segli sulla faccia, che in Firenze si levasse romore a favor
suo, sebbene fosse scortato da un nerbo d’uomini — circa
mille e cinquecento — bene armati e con a capo Barto­
lomeo d’A l viano, si ritirò ignominiosamente. E Firenze fu
ancora salva, ma sul capo del Savonarola piombò 1’ ana­
tema pontifìcio. Allora trecentosessantatre cittadini, delle
più illustri case della citta inviarono ad Alessandro VI
papa una dignitosa lettera in favore del grande scomuni­
cato : fra i nomi di quegli uomini valenti non mancò quello
di Girolamo di ser Paolo Benivieni (2).
(1) Lettera di G. B. a Clemente VII. Cfr. più oltre.
(2) Cfr. V i ll a r i , Op. Cit., vol. II, pp. 39 e xlij ; e V i l l a r i e Casa­
n o v a , Scelta di prediche e scritti di Fra Girolamo Savonarola, Firenze,
Sansoni, 1898. La lettera al papa Alessandro VI è riprodotta nella cronaca
di Simone di Mariano Filipepi, fratello di Sandro Botticelli, recentemente
scoperta negli Archivi Vaticani e pubblicata in parte da P. Villari ed E.
Casanova nel volume citato (pp. 513 e sg.). Essa suona cosi: « B.me Pater.
Noi, cittadini infrascripti, a corroboratione delle sopradette cose, a Vostra
Santità per gli detti religiosi et venerandi Padri esposte et narrate, atte- ·
.stiamo essere la sincera et indubitata verità che dalla dottrina del detto
P. f. Girolamo, nella nostra città predicata, non la destrutione ma la vera
salute et pace è sempre proceduta. Per la qual cosa , con ogni debita humiltà preghiamo Vostra Santità si degni il detto Padre dalle dette censure
liberare, come li soprascritti religiosi et venerandi Padri piamente a quella
hanno supplicato. Il che per la sua solita clemenza facendo, siamo certis­
simi, non solo la gloria et honore di Dio doverne risultare , ma la salute
et spirituale et corporale, con la universal pace et vera unione, di tutta la
nostra et vostra città.
I
nomi de1 quali cittadini , che tal cosa attestano et confermano di
propria mano ciascuno di loro, in presenza di noi sottoscritti, sono questi:
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 285 —
Ma gli eventi precipitano: l’ addio del Savonarola al
popolo di Pirenze , l ’ esperimento del fuoco, l’ assalto e la
difesa del convento di San Marco e l’ imprigionamento del
lHrate, la sua condanna e il supplizio finale sono altrettanti
atti d un grande dramma, che non è lecito ignorare. Con
quali sentimenti il Benivieni assistesse a tanto strazio d’ogni giustizia, e più facile pensare che dire, quando si ram­
mentino 1 indole e la condotta sua fino allora, e la gene­
rosa pervicacia con la quale sino alla morte egli serbò ri­
cordo caro e gentile del martire ferrarese , e ne seppe di­
fendere la memoria vituperata (i). A veva già veduto spe­
gnersi per volere di cielo l’amico dell’anima; ora, per furia
cieca di popolo, dimentico d’ogni dignità, chi era stato per
lunghi anni da parte sua oggetto di fedele devozione e di
sincera ammirazione. Smarrita forse la fede terrena nella
bontà degli uomini, ancor più avvalorato in quella celeste,
nella misericordia di Dio, si appartò per sempre dalle cure
mondane. L ’ esaltazione perenne che nell’animo suo aveva
cioè............. ». L a lettera dei Padri, a cui si accenna , fu scritta immedia­
tamente prima di questa , dai frati di San Marco allo stesso papa Ales­
sandro V I. Si protestava in essa contro le calunniose denunzie degli in­
vidi e de’ cattivi; si affermava la santità delle dottrine del Savonarola, af­
fatto conformi alla religione di Cristo, e, in prova, si inviava la lettera fir­
mata dai trecentosessantatre cittadini di Firenze. Si concludeva, infine, in­
vocando dal Pontefice la revoca delle censure pronunziate contro il Savo­
narola.
(i)
Si rammenti la lettera piena d’entusiasmo da lui scritta a proposito
della prova del fuoco, il 29 di marzo del 1498, e che fu pubblicata dal Gherardi. Il Benivieni serbò anche come una sacra memoria alcuni manoscritti
del Frate. Quel codice, oggi conservato nel museo di San Marco, contenente
un sunto latino dei venticinque sermoni che furono pubblicati intorno al
salmo Oliavi bo?ius, e tracce e sommari d ’un intero quaresimale inedito —
il tutto di mano di Savonarola — porta scritto, in una carta incollata a
tergo della coperta anteriore, le seguenti parole: « A di XVI di luglio G ir.°
Benivieni mi dette detto libro a me Girolamo Gondi con un altro picholino.
Iddio gliene meriti e li S. [aliti] sua. Et chi lo riceve in presto , si ricordi
di rendermeli ». Probabilmente — se, come credo, è esatta la congettura
del Villari — il libro picholino è un altro codice autografo, che trovasi
nella Biblioteca Nazionale di Firenze, senza indicazione, tra i rari, ed è co­
nosciuto col nome di Memoriale del Savonarola, e contiene i sermoni sulla
Cantica come furono poi stampati, appunti di quattordici Lectio?ies fatte
probabilmente ai novizi di San Marco, ed altre coserelle. (V. V i l l a r i , Op.
cit., vol. I, p. 154)·
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--- 2 0 6 —
suscitata e tenuta desta la forte voce del Savonarola non
accennò mai a sminuire, nemmeno dopo la morte dell’ A postolo: che anzi egli venne subito — forse distrazione ai
dolori, forse soddisfazione d’ un intimo dovere — procu­
rando un’edizione delle sue rime.
III.
R IM E D ’A M O R E E D I PIETÀ .
IL
COMMENTO
N E O P L A T O N IC 0 .
L e quali uscirono alla luce in Firenze, l’otto di settembre
del 1500, per i tipi del Tubini, in volume di grosso formato,
col titolo : Commento di Hieronymo Benivieni sopra a più
sue canzone et sonetti dello Amore e della Bellezza divina.
Il libro era offerto con una lettera dedicatoria a Giovan
Francesco Pico della Mirandola, nipote del grande Pico,
per le cui esortazioni precisamente il Benivieni s’ era in­
dotto a pubblicarlo; seguiva alla lettera un proemio in cui
il Poeta, ricordata affettuosamente la tenera amicizia che
lo aveva congiunto al Mirandolano , narrava come , riavu­
tosi in parte dal dolore provato per la morte di lui, avesse
pensato di trarre alcun utile dai propri versi amorosi, com­
mentandoli per togliere anche cosi che quelle composizioni
giovanili, producendosi in pubblico senza alcuna esposi­
zione che le accompagnasse, non fossero malamente inter­
pretate. Non che in esse — affermava Girolamo — « . . . sia
cosa la quale si possa ad alcuno pravo intelletto senza ma­
nifesta violentia distoreere , ma solo per cagione d’ alcuni
uomini anim ali..........» che poiché altro amore non cono­
scono da quello dei sensi, facilmente si potrebbero ingan­
nare, crédendo che il fine di que’ versi sia tale, quale forse
« . . . . ne haveano già potuto per alcuni miei precedenti
versi raccorre. . . . » i quali furono, certo per diabolica sug­
gestione, raccolti, e, peggio, in varie pubbliche copie dis­
seminati (1).
(1)
Non saprei dire con precisione a quali delle sue composizioni voglia
qui alludere il B. Forse alla Novella di Tancredi, ch’era già stampata molti
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Il volume contiene una silloge di sonetti, canzoni e
stanze, per lo più amorose, composte dal Benivieni per la
massima parte in gioventù : alcune anche negli ultimi anni
prima della pubblicazione, fino al 1498: tutte accompagnate
da un prolisso commento, unico scopo del quale è di to­
glier loro ogni carattere profano, per sostituirvene sempre
uno profondamente morale e religioso. Ma se, da una parte,
queste poesie, pure scritte in gioventù, serbano tanto can­
dore nei concetti, tanta mistica indeterminatezza nelle forme,
da non prestarsi affatto — non ostanti le paure del Poeta
ad alcuna interpretazione malevole; dall’altra, il commento
costretto ad esercitarsi sopra composizioni di ben altro ca­
rattere che non si voglia fare apparire, deve bene spesso
o quasi sempre perdersi in astruse ricercatezze ed in sot­
tigliezze scolastiche, tutte fiorite di concetti neoplatonici.
Per quanto eterei e indeterminati nei concetti, sono pur
sempre versi amorosi e d’ amore profano, che si tenta
di piegare all’espressione di sentimenti non che religiosi,
ma profondamente ascetici: lo sforzo appare troppo spesso
evidente e stridente.
Nel proemio è degna di nota l’asserzione esplicita del
Benivieni che lo studio della poesia nuoce all’ anima se è
di cose lascive; poco giova, anche se di cose sagge e gravi.
Girolamo Savonarola aveva già detto che un poeta , pur
se volesse non altro cantare che lodi della religione , po­
trebbe certamente riuscire a questa di decoro : di utile vero
non mai (i). Si chiederà: se tali erano le sue convinzioni,
non poteva il Benivieni distruggere, com’ è noto che fece
di altre composizioni giovanili, anche queste poesie amo­
rose, invece che costruirvi sopra un commento di quella
fatta? E ovvia la risposta affermativa : se non che certo av­
venne nell’ intimo del Poeta una certa lotta : di qua , 1’ anima sua eccessivamente timorata aombrava anche di quello
anni prima e che, sebbene castigatissima, egli non riprodusse mai fra le
sue opere, dacché non fosse per l’argomento suo stesso piegabile ad inter­
pretazioni morali e religiose : forse — ma mi sembra meno credibile — ad
altri versi suoi, oggi smarriti.
(i) V i l l a r i , Op. c il, vol. I, p. 526.
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che non esisteva, nella persuasione di aver compiuto opera
non rispondente ai più severi dettami della morale e della
decenza, la dove pure l’una e l’ altra erano come poste in
altare e adorate a ogni piè sospinto : quindi il dovere di
distruggere quell’ opera ; di l a , la coscienza dell artista,
quella che ama sempre come carne e sangue suo ciò che
creò, e non vorrebbe sacrarlo alle fiamme e dannarlo al­
l ’oblio, gridava alto e protestava i suoi diritti. Girolamo si
trovò dunque nel bivio doloroso di sagrificare ο 1 opera
d’arte o i sentimenti religiosi: non seppe appigliarsi riso­
lutamente all’uno o all’ altro partito ; cercò, come era tal­
volta dell’ indole sua, il mezzo termine : snaturò 1 opera
d’arte, ma non seppe farlo in modo eh’ ella non restasse
per sempre simile a sé stessa. L ’assenza in tal caso d una
risoluzione vigorosa, può forse destarci rammarico : per
l’ interezza del suo carattere, per la purezza della sua fi­
gura morale, preferiremmo veder trionfare in lu i, recisa­
mente, o la coscienza artistica o la religiosa. Rammentiamo
però che non è giusto né lecito chiedere agli uomini e ai
tempi più di quello ch’essi per carattere e per eventi non
possano dare.
L ’ intonazione generale alle rime contenute nella rac­
colta di che c’ intratteniamo, deriva, com’ è solito del Be­
nivieni, dalla imitazione di Dante e del Petrarca — di que­
st’ultimo specialmente — . Con tale influsso di schietta poe­
sia italica si uniscono spesso e si fondono immagini e con­
cetti tolti dalla filosofia neoplatonica ; pure , fra quel non
poco che v ’è di noioso, sorgono talora fiori di poesia gen­
tile che confortano il lettore. Eccone un esempio :
L a donna m ia non è cosa mortale
Che si possa veder sensibilm ente,
N è im m aginar, che nostra inferma m ente,
N ostro concetto uman tanto non sale.
L e sue parole, il suo bel volto han tale
V irtù , che chi l’ un vede e l ’ altro sen te,
Subito il co r quasi oro in fiamma ardente
Purga: e da gire al ciel gli son date ale
Q uesto mi dice am or che in terra fede,
G iurando a ll’ alma fa d e ’ ben di quella,
Ç h e com e il sol le stelle, ogni altra e cced e .
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L ' anim a sem plicetta che g li crede,
U n non so che divin» m entre favella
D i lei, sente, ode, intende, gusta e ved e (1).
Questo sonetto a me sembra nel suo complesso bello
di certa, soave semplicità onde va adorno e di certa pu­
rezza d architettura e convenienza di parti veramente no­
tevoli. Ma più si prosegue nella lettura di questi versi, più
si rimane stupiti al pensiero che il Benivieni li stimasse
tali da prestarsi ad equivoche spiegazioni. Fra mezzo le
espressioni d’amore s’affaccia in essi il pensiero religioso :
non di rado vi si esalta Iddio, lo si loda in sé e nelle sue
creature. Talvolta questo sentimento insistente, continuo,
della divinità, diviene persino monotono e noioso ; ma al­
lora balza fuori di fra ’l caratterino minuto del commento
una quartina armoniosa, che pare voglia mettere le ali,
per volare via, lontano da tutto quel tedio! Udite:
D a l co re agli occhi, e sì d a g li occhi al core
A l co r che am or novellam ente accen de,
C o m e a suo proprio e g ra to a lb erg o , scen d e
D o lc e e soave spirito d ’a m o re (2).
Non ostante l’ imitazione petrarchesca e le mescidanze
neoplatoniche, la natura a lungo oppressa riprende talora
il sopravvento e c imbattiamo in sonetti pieni di ardenti
invocazioni, di invettive che rivelano ferite profonde del­
l’anima. Ma il commento è sempre li, pronto a reprimere
0 a giustificare in modo^ nuovo e inatteso i voli troppo ar­
diti del verso. Non di ràdo il Bene cantato dal poeta di­
venta pel commentatore Iddio, o, se la poesia è più espli­
cita e vi si parla di donna, la divina provvidenza e bontà.
Cosi in un sonetto si piange la morte dell’amata :
S p a r ito , occhi m iei lassi, è il nostro sole,
C h e g ià gran tem po ci fe’ lum e in terra,
M a b en lasciato ha il cor, che in pianto e in g u erra ,
D i s è , d e ll’alm a e del suo vel si d u o le (3).
(1) Son. I della parte II, c. V ili z'., IX r.
(2) Son. X IV della parte I, c. XXVIII r.
(3) Son. V della parte II, c. XLVI v.
Giorn. St. c Leti, della Liguria.
20
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—
2 go
—
Questo sole sparito, nel commento diviene Iddio , e il
cuore che esso ha lasciato nella più amara desolazione è
viceversa 1’ intelletto !
A lle invocazioni amorose si unisce ed alterna non di
rado un insistente pensiero e desiderio della morte. Già
dal biografo del Benivieni sappiamo che egli « . . . . usava
dire, dai X X X V anni in là della sua età, non si essere
mai promesso sei mesi di vita, talché quasi del continovo,
pensava potere essere presta, per lu i, 1’ ora di abbando­
narla . . . » (i). Cosi nei suoi versi :
D i pensiero in pensier son già trascorso
Infino al fin di questa inferma vita:
E sì do lce è il desio che m ’ invita,
Che il tem po accuso, e il troppo len to corso.
E se lecito fosse, in parte scorso
Son, che per liberar l’alma smarrita,
Romperei al duro fren onde è impedita ,
Con le mie proprie man Γ ingrato m orso.
Ma il giudizio di Dio sì mi spaventa,
C h e tanto il m iser cor restringe e serra,
Quanto il m ondo fallace il fren gli allen ta.
0
felice quel dì che in poca terra
Chiuso, il mio flebil cor che or si lam en ta,
Darà pur fine a così lunga guerra ! (2).
E poi altrove :
Io son già d ’ogni uman piacer sì p rivo,
Che m orte mi saria tranquilla vita :
Dolce è il morir, quando a morir ne invita
Am or..................................................... (3)·
Le poesie accolte insieme dal Benivieni sono divise in
tre parti: nella prima — cito le stesse parole del suo com­
mento — « . . . . si tratta come l’anima amante possa me­
diante le creature sensibili in qualche modo conoscere e,
conosciuto, amare il suo creatore »; nella seconda, «... della
ruina dell’anima e della perturbazione conseguente a quella »;
nella terza, « della relevazione dell’anima, e dell’unione di
(1) Cod. M.
(2) Son. XIII della parte II, c. LXV v.
(3) Son. XX della parte II, e. LXX v.
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quella col suo vero fine, che è Dio ». Gli esempi che son
venuto citando fin qui appartengono alle prime due parti;
nell ultima sono per lo più poesie veramente ascetiche e
che riterrei composte nell’ ultimo decennio del secolo decimoquinto: contemplazione, desiderio e attesa di morte per
ricongiungersi finalmente al Sommo Bene , a Dio : eccone
in brevi parole il contenuto. Né mancano fra di esse al­
cune poesie veramente inspirate e piene di dolcezza: ec­
cone un esempio:
S p irto del ciel, che sì pietosam ente
A riv ed er le mie piaghe ritorni
A ra lleg ra r le notti oscure e i giorni,
A riparar la viv a fiamma ardente,
D o lc e am ore e pietoso, che so ven te
M eco , scendendo infin dal cie l, so g g io rn i,
L u c e im m ortai, che d e ’ tu o i ra g g i adorni
L ’afflitta, stanca e tenebrosa m ente ;
P e r te con vien che così mo'rto viv a
C h ’ io non so donde io sp eri altro soccorso,
M en tre se stesso il co r d el suo ben p riva.
P e r te ancor tarda il nostro o rribil corso
C h e mi porta a veder q u e ll’ altra riv a ;
M a p re g o non fra via si ro m p a il m orso (1).
E il commento spiega: « Spirito.... o angelo benedetto,
in custodia e protezione del quale Dio m’ha per sua grazia
benignamente posto e commendato__ ».
In questa parte terza specialmente avviene che talora
Γ imitazione petrarchesca trascenda, per assumere tutte le
forme d’un curioso esempio di quel gonfio e artifizioso ge­
nere di poetare, eh’ ebbe certa voga in sul finire del se­
colo decimoquinto , e che un critico illustre battezzò col
nome di secentismo nel quattrocento (2). Bastino a dimo­
strarlo questi pochi versi:
Io p ia n g o e rido in un punto, ardo e trem o,
E ca n g io con am or m ente e p en siero,
V iv o sen za speranza e sem pre spero;
F u g g o o gn o r, seguo, am o, o d io , ardisco e te m o ;
(1) Son. X X II della parte III, c. L X X X V II r.
(2) D ’A n c o n a , D el secentismo nella poesìa cortigiano del sec. X V , in
Studi sulla letteratura italiana dei prim i secoli, Milano, 1891.
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—
2Ç2
—
C resco il ben s e m p re , il mal perturbo e sc e m o ,
Q uesto desìo, quel fuggo, intendo il vero,
M uoio e rin asco, e pur son quel eh ’ io m ero
.............................................................w ·
A queste poesie tengon dietro le altre composte per le
processioni e solennità savonaroliane (2), poi una deplora­
toria al conte Giovanni Pico della Mirandola (3), quindi le
stanze intitolate Amore, precedute da una lettera dedica­
toria al conte Niccolò Visconti da Correggio, e dal se­
guente
A rgum ento :
P a scea am or l ’alm a in el divin suo obiecto
A m o r, quel c h ’ o gn i ben cerca e disia :
L ’ altro c o ’ suoi veneni l'hum ano mio aspecto
In brutal vo lto a sè mi tira e svia :
S ep te et septe anni el servo: el mio defecto
R econosciuto et la demonstra via
S egu en d o , poi, che al divin fonte assurgo
D i fera huom torno : el cor d ’ogni m al p urgo (4)·
Queste stanze formano come un poemetto allegorico di
concetto dantesco , condotto, a quel modo che ben notò
Vittorio Rossi, ad imitazione delle Selve del Magnifico, e
nel quale, con frequenti reminiscenze della Divina Comme­
dia, si narra « come l’amore ispiratogli dalla bellezza ter­
rena trasformasse il poeta in una lonza leggiera e presta
molto, e la bellezza divina, raffigurata in una donna leggia­
dra cantante tra 1’ erba e i fiori — torna a mente la Si­
monetta — lo restituisse poi a forma umana » (5). L ottava e
(1) Son. XXVIII della parte III, c. CIIII r.
(2) Parte III, c. CXI v. e sgg.
(3) C. C X X X 1X r — CXXXXII v.
(4) Sono in tutto centotrentatre ottave, oltre YArgume?ito, ed occupano
nella raccolta le carte C X X X X IV v. e sgg. Il poemetto è contenuto nel co­
dice Nazionale II, II, 75 (Magi. cl. VII, 11.0 342), alle c. 151 e sgg. col se­
guente titolo: Amore di Hieronimo Benivieni fiorentino a lo illustrissimo
signore Nicolò Visconti da Coregio conte di Castellacelo.
(5) V . Rossi, I l Quattrocento, p. 281. Si noti, a proposito del contenuto ·
di queste stanze, la curiosa osservazione del S a l f i (Ristretto della storia
della letteratura italiana, Lugano, Ruggia, 1831, vol. I, pp. 140 e sg.), c e
ci vedeva « un’ imitazione in piccolo àz\VAsino d'oro di Apulejo, che era
un’immagine degli antichi misteri, ciò che mostra ancora in questo poeta
uno dei più zelanti discepoli di Platone ».
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in esse cosi piena ed armoniosa da prenunziar vicino l ’A riosto ; il sentimentp della natura, squisitissimo , da spesso
luogo a descrizioni tutte fresche ed attraenti. Innegabil­
mente questo poemetto, per la sincera spontaneità onde va
adorno e per non esservi la poesia soffocata dalle astru­
serie filosofiche, è fra i componimenti migliori del Beni­
vieni (i).
IV.
R IM O R S I E CONTRIZIONE —
GLI S C R IT T I D A N T E S C H I.
Curata e compiuta tal pubblicazione, Girolamo si ri­
dusse nuovamente nel genere di vita modestissimo che
s’ era foggiato. Viveva cosi, compiacendosi specialmente
della compagnia dei giovani, impiegando il suo tempo e
le sostanze sue tutte nelle opere di carità: e non le sue
solamente , dacché avvenne spesso gli fossero affidate per
tale scopo, anche contro sua voglia, somme rilevanti di
denaro da persone generose (2); visitava e curava m alati,
insomma s’ andava apparecchiando ogni giorno meglio a
quella morte che sembrava sempre, per la costituzione sua
prossima, ma che l’assoluta assenza d’ ogni trista passione,
il riserbo da ogni eccesso, valsero a tenergli per lunga se­
rie d’anni lontana. Un pensiero solo lo angosciava: quello
dei peccati, dei trascorsi di gioventù, delle rime lascive e
(1) Al De Sanctis la forma ne pareva lussureggiante e vezzosa, e p iù
simile a sirena che a casta donna. (Storia della letteratura ita lia n a , Na­
poli, Morano, 1870, vol. I, p. 378.)
(2) Cod. M. Tra coloro che gli affidarono tali incarichi, fu pure il suo
Pico della Mirandola, il quale « Diebus singulis preces ad Deum suis horis
» effundebat, pauperibus semper si qui occurrerant pecunias tribuebat, nec
> eo contentus, Hieronymo Benivenio civi Florentino, literato homini, quem
» pro magna in ipsum charitate, proque morum integritate d ilexit plurimum,
» demandaverat, uti propriis pecuniis, semper subveniret aegenis, nuptum
» quoque virgines traderet, eique statim ut erogatos nummos, quam pri» mum restituere posset, renunciaret. Id enim muneris ei delegaverat, quo
» facilius, veluti fido internuncio, pauperum civium calamitates et miserias,
j> quae ipsum latuissent, relevare quiret.... ». Cosi Gianfrancesco Pico della
Mirandola, in Joannis P ici Mir. Concord. Com. opera omnia, Basi leae,
M D L X X II, vol. I (Joannis Pici Mirandulae et Concordiae vita).
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licenziose composte in altro tempo (i). Ho già detto come
tali rimorsi fossero in massima parte un prodotto dello
spirito suo esaltato ; tutti gli scrittori a lui contemporanei
o di poco posteriori non fecero che lodarne la santità della
vita, la purezza dei costumi fino dai primi anni dell’adole­
scenza, il candore che contrassegnava le sue poesie anche
nelle più ardenti invettive amorose (2). Ciò non ostante egli
senti la necessità di proclamarsi colpevole, empio , degno
della punizione divina : tutto ciò che scrisse da una certa
epoca in poi fu informato da questo pensiero angoscioso : la
sua produzione letteraria divenne un vero confiteor, ed egli
volle che tutti, tutti lo sapessero, forse perché l’ umiltà e
il fervore della penitenza giungessero finalmente a conci­
liargli quel divino perdono eh’ egli desiderava con ogni
forza dell’animo, ma di cui pur talvolta disperava.
Eppure egli fu — si può ben ripeterlo senza tema d’er-
(1) Cosi nella lettera preposta alle sue ecloghe nell’ edizione giuntina
del 1519, il Benivieni conclude avvertendo che, se il lettore non appren­
derà dalle sue poesie il bene che si debba nella vita felicemente ricercare,
almeno, p er g li inganni e per g li errori onde fu travagliata la gioventù
del Poeta in esse descritta, conoscerà quello che s’ abbia sapientemente da
evitare. Né è questo il solo accenno del Nostro ai suoi errori di gioventù;
nella stessa lettera ha già parlato di ammonizioni degli errori della sua
adolescenza, ed anche rammentato che a Dio piacque di illustrare in qual­
che modo col lume della sua grazia le tenebre della cecità di lui. Qualche
anno più ta rd i, in una lettera privata a Francesco Fortunati, piovano di
Cascina residente temporaneamente in Roma, dira che la propria mala vita
lo spaventa, ma finirà trovando conforto nel pensiero della bontà divina,
{Arch. Med. av. i l Princ., filza 69, n.° 358).
(2) Cosi scriveva il biografo del N.: « Molti, ancora vivi... piena fede,,,,
fanno » della schietta e semplice vita di lui, aliena da ogni cosa empia 0
men che onesta. (Cod. M ) Della bontà e santità di essa parlò ampia­
mente pure Domenico M e llin i, nella sua Descrizione della entrata della
Serenissim a Regina Giovanna d’Austria, ecc., Firenze, Giunti, MDLXVI,
c. II, pp. 16 e sgg. Orrevolissimo cittadino, e parimenti da tutti g li uomini
riputato uno specchio di costumi santissimi, lo disse il Salviati (Dialogo
d’am icizia, in Opere, Milano, Tip. dei Class. It., 1809, vol. I, p. 14), e con
le medesime parole circa si espresse a suo riguardo il P o c c i a n t i (Catalo­
g u s Script. Florentin., Florentiae, apud. Ph. Iunctam, M D LXXXIX, p. 80);
sicché e per queste e per altre molto ovvie cagioni, appaiono puramente
fantastici i sospetti dello Zilioli (Istoria dei poeti italiani), a proposito
dell’amicizia del Benivieni per Pico della Mirandola. (Cfr. M a z z u c h e l l i ,
G li scrittori d’Italia).
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295
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rare — uno degli uomini più onesti, una delle coscienze
più intemerate dei suoi tempi: un uomo nel quale si fuse,
insieme con la vivacità dell’ ingegno, una purezza talor
quasi ingenua di sentimenti. I moderni psichiatri lo qua­
lificherebbero per un malato dello spirito e lo rileghereb­
bero forse tra coloro che con una parola vecchia di nuovo
conio soglionsi dire nevrastenici; lo studioso della storia,
ripensando i tempi e gli uomini fra i quali visse, non può
non trovarlo scusabile, se non sempre ammirevole, e, sopra
tutto, umano.
Negli anni successivi al 1500 egli vide crescere a mano
a mano la fama sua di letterato. La vita specchiata, Γ in­
tegrità dei costumi gli procuravano amore e rispetto da
parte di quanti il conoscessero: gli furono spesso offerte alte
cariche nel governo della Repubblica, ch’egli tutte rifiutò;
e non di rado avvenne che illustri cittadini, e una volta
anche la famiglia dei Medici (1), ricorressero a lu i, come
ad arbitro, affidandogli la risoluzione di contese che invol­
gevano interessi di non lieve momento; ed ebbe anche da
amministrare l’eredita di Giovanni di Pierfrancesco dei Me­
dici, o — per essere meglio inteso — di Giovanni dalle
bande nere, per il pupillo di lui, pur detto Giovanni (2).
Né lo studio delle lettere era del tutto inframesso, ché
anzi nel 1506 usciva in luce, insieme con la Divina Com­
media, ed anche in edizione separata di pochi esem plari,
(1) « . . . siami lecito, per honorare la memoria, di questo buono vec­
chio, arrecare uno esempio, come fosse Girolamo, essendo nata differenza
come spesso accade fra congiunti, intra Pierfranc.0 de Medici e m.a Cate­
rina Sforza, già Sig.ra D ’Imola, stata consorte del Mag.co Giovanni de Me­
dici, et hauendo il prefato Pierfranc.0 eletto per arbitrio Girolamo, toccava
a mad.na soprad.a di eleggerne uno per la sua parte, come si costuma nei
sommari giuditii et amicabili compositioni, et domandando ella quale fosse
questo Girolamo, eletto dal cognato, gli fu risposto che era così grand’huomo
dabbene, onde ella, come generosa donna, disse, se Girolamo è così intero,
e buono, come voi mi fate fede, io non voglio adunque eleggere per me al­
tro arbitro che lui stesso et così di comune consenso ambe le parte si ri­
masero nella lealtà, et equità di sì fatto huomo dabene.... ». (Cod. M.).
(2) « . . . Et come appare per le sue private scritture, custodì più anni
et amministrò fedelmente gran parte di quelle facoltà.... ». (Cod. M ). Ac­
cenni ad altri incarichi di tal genere si rinvengono pure in alcune lettere
del Benivieni, esistenti a Firenze, nell’Arch. Med. avanti il Princ.
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2ÇÔ
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Uno scritto di Girolamo, intitolato: Dialogo d'Antonio Ma­
netti circa il sito , la forvia, e la misura dell’ Inferno dì
Dante. Si trattava realmente non di uno , ma di due dia­
loghi, nei quali il Benivieni, ponendo sé stesso fra gli in­
terlocutori, si faceva espositore dei risultati a cui, dopo
lunghi studi, era giunto Antonio Manetti, letterato danto­
filo e matematico del secolo decimoquinto, amico suo caris­
simo (i), intorno a quel grande problema ch’era la costru­
zione dell’ Inferno nella Divina Commedia.
Il
Manetti morì nel 1497, senza che gli fosse dato di
porre in scritto , ove se ne eccettuino pochi e scarsi ap­
punti, quelle idee che pure in mente aveva, chiare e pre­
cise, intorno, alla costruzione dantesca. Di questi suoi studi
aveva già dato notizia, fin dal 1481 , Cristoforo Landino
nella dissertazione Del sito forma e misura dell’ Inferno ,
posta innanzi al suo commento alla Commedia (2). Ma la
notizia del Landino sembrò insufficiente e poco fedele al
B enivieni, il quale dichiarò di volere con i suoi dialoghi
esporre esattamente le teorie dell’amico estinto, giovandosi
in parte del ricordo serbato delle conversazioni avute con
lui, e in parte degli scarsi abbozzi da esso stesso lasciati.
In realtà, però, non è noto quanta parte delle dottrine
contenute nei due trattati ridotti alla forma didascalica
di dialoghi, spetti al Manetti, quanta al Benivieni : io
penso — e potrei confortare di probabili argomenti il mio
credere — che quest’ultimo non si debba essere appagato
della sola parte di espositore : che abbia anzi introdotto
nella concezione manettiana qualche cosa di tutto suo per­
ii) A l Manetti il-N. avea dedicato la 511a traduzione del Libro della
Semplicità della Vita Cristiana del Savonarola; e, forse per ricambiarlo,
il Manetti gli dedicò « la biografia di Filippo Brunelleschi , che come è
scritto di suo pugno in un cod. Magi. II, II, 325, pare che sia proprio 0pera sua ». (Cfr. H . B e n i v i e n i , Dialogo di A. Manetti p er cura di N i c o l a
Z i n g a r e l l i , Città di Castello, Lapi, 1897, p. 13).
(2)
COMENTO D I CRISTOFORO LANDINO F
io r e n t i
NO SOPRA LA COMEDIA DI D a N T I IE A L I
G H IERI POETA FIOR ENT INO.
.............impresso in Firenze I! per Nicholo di Lorenzo || Della Magna a di
X X X da II Gosto MCCCCLXXXI.
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sonale ; ne il fatto sembrerà impossibile a chi rammenti
come pure Girolamo fosse ricercatore diligente ed appas­
sionato lettore delle opere dantesche (i).
E cco, brevemente esposta, la costruzione manettiana
dell'inferno, quale risulta dai due dialoghi del Benivieni ,
secondo il lucido riassunto che ne fece il Michelangeli:
.« L entrata dell Inferno e sulla cima d’ un monte (cammino
alto e silv estro) presso Miseno. Gli sciaurati stanno dentro
una concavita o caverna della terra che è quasi ccme un
vestibolo molto pendente (erta) onde si discende all’ A ch e ­
ronte, il quale circunda tutto l’inferno. Questo è profondo
un semidiametro, cioè quanto il raggio della Terra. Le prime
sei distanze (sette cerchi, perchè il quinto e il sesto sono
in un sol grado) misurano ciascuna miglia 405 e quindici
ventiduesimi (ottava parte del semidiametro). Quelle degli
ultimi due cerchi occupano gli altri due ottavi, ma in parti
diverse, cioè formando un forte burraio fra il settimo e
l’ottavo e una minor parete dall’ ottavo al nono. Il pozzo
dei giganti fino a Lucifero è però profondo miglia 81 e
tre ventiduesimi. Come le distanze dei cerchi, sono stabi­
lite arbitrariamente anche le larghezze, tranne quelle del
nono e del decimo fosso di Malebolge (2) ».
L ’esposizione non ha in questo lavoro molto pregio di
chiarezza, e pecca per prolissità eccessiva, nelle continue
ripetizioni dei medesimi concetti: la costruzione poi dell’Inferno è affetta da errori fondamentali di matematica e d’in­
terpretazione del Poema (3). È errata, a mo’ d’ esempio, « e
per la porta su la vetta d’un monte, e per la caverna degli
(1) V. Cod. M., nel quale si rammenta la canzone del B. in lode di
Dante, e si espone ampiamente un ragionamento difensivo e laudativo, com­
posto dal N. in onore del divino Poeta.
(2) L. A. M i c h e l a n g e l i , Sul disegno dell’Inferno, dantesco, Bologna,
Zanichelli, 1886.
(3) Son tali e tanti questi errori, che P A g n e l l i nella sua Topo-crono­
grafia del viaggio dantesco '(Milano, H oepli, 1891), potè dimostrarli e ri­
velare insieme l ’impossibilita meccanica e matematica del sistema manettiano, pur giudicandone indirettamente, per relazione altrui e sulle im ita­
zioni posteriori, non avendo egli potuto leggere i dialoghi del Benivieni,
(Cfr. p. 22).
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sciaurati, e per quell’erta che dalla porta scende all Ache­
ronte, e per quel pozzo finale di ottantun miglia, dove non
si sa come facciano i giganti a posare nel fondo i due
poeti; ma sopratutto per aver posta la profondità dell In­
ferno uguale al raggio terrestre, e per avere, matematicamente finché volete, ma capricciosamente compartite le di­
stanze e le larghezze » (i).
Pure, al Manetti e , insieme con lu i, al Benivieni, non
si può negare il merito sommo d avere per i primi solle­
vato una quistione di molta importanza per gli studiosi
di Dante (2); e, se nei dialoghi del Nostro c era un vi­
luppo d’errori, nei quali si trovo involta per quasi quattro
secoli una lunga schiera di commentatori e di letterati (3),
pure già da essi scaturivano alcune verità di non lieve
momento , e vi si applicavano alcune leggi indispensabili
al retto intendimento dell’edifizio dantesco (4).
N el 1544 Alessandro Vellutello, pubblicando il suo Com­
mento alla Commedia, in un discorso introduttivo circa la
forma e misura dell’ Inferno, rimbeccava acerbamente il
Manetti e il Benivieni, accusando quest’ultimo di avere nei
suoi dialoghi esposto non già il concetto di Dante, ma una
cervellotica impressione sua e dei suoi accademici. Contro
gli attacchi del Vellutello, pure in certa parte ragionevoli,
molti anni più tardi, certo avanti il dicembre del 1592, in­
sorgeva con due lezioni a difesa dell Accademia fiorentina
e del Benivieni, Galileo Galilei, per incarico avutone da
Baccio Valori, console dell’Accademia stessa (5). Ma la di­
M i c h e l a n g e l i , Op. cit., c f r . le p p . 3 7 e s g g .
V . A g n e l l i , Op. cit. , p. 19 ; e Z i n g a r e l l i , Op. cit. , p. 2 6 . Que­
s t’ultim o biasim a la forma letteraria usata dal Benivieni, perché rimangono
troppo n e ll’ombra due personaggi del dialogo: Antonio Migliorotti e Fran­
cesco da Meleto , i quali non apron bocca « . . . e però non solo viene a
m ancare al dialogo un qualsiasi movimento drammatico, ma la presenza di
q u elle figure mute gli toglie anche qualche grado di verisimiglianza ».
(3) Basti citare il Giambullari, il Landino, Talice di Ricaldone, il Fra­
ticelli, il Portirelli, il Volpi, il Venturi, il Filalete, il Bonanni, il Ponta, il
ti)
(2 )
C aetani.
(4) I m p o r t a n t i s s i m a , fr a t u t t e , la n o rm a d e l p e r p e n d ic o lo a p p lic a t a ad
a l c u n e d i s c e s e . ( M i c h e l a n g e l i , Op. cit., lo c . c it .) .
(5) L e due lezioni furono rinvenute nella Biblioteca Magliabechiana fra
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2 99
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fesa del giovane scienziato rivelava chiaramente una scarsa
conoscenza del poema dantesco e un ingiusto preconcetto
di difendere tutto, anche gli errori, con pregiudizio dell’e­
sattezza e della verita. In ogni modo, se io volessi fare di
proposito la storia e la critica di tal questione, uscirei dai
limiti che mi sono imposto nel presente studio: il quale non
vuole e non può essere una monografia compiuta ed esau­
riente sul Benivieni : vuole riuscire piuttosto un rapido
profilo della sua vita, del suo carattere, dell’opera sua ci­
vile e letteraria.
V.
L A CANZONE D ’AM O R E E L E ECLOGH E.
Dopo lunghe insistenze da parte degli amici , il Beni­
vieni s indusse finalmente nel 1519 a pubblicare pe’ tipi
dei Giunti, a Firenze, una compiuta raccolta di quelle rime
che gli piacque salvare dalla distruzione. Precede , nella
stampa, un indice delle materie, segue quindi una lettera
di Biasio Buonaccorsi, che, figurando quasi d’ essere Γ edi­
tore del libro, espone come per le preghiere degli impres­
sori e degli amici e per la considerazione dell’utile che ne
sarebbe potuto derivare, egli siasi indotto a dare alle stampe
quei manoscritti, specie il Commento del Mirandolano alla
Canzone d’amore del Benivieni, nonostante sapesse la cosa
le carte di Vincenzo Borghini e pubblicate da O. Gigli nel 1855 (Studi sulla
Divina Commedia, di G . G alilei, V. Borghini ed a ltri, per cura di O. G.,
Firenze, Le Monnier). Alle obbiezioni sollevate contro la loro autenticità
rispose, a mio credere esaurientemente, fin d ’ allora, il Gigli stesso; pure
continuava a dubitarne ancora pochi anni or sono l ’Agnelli (Op. cit., pp. 19
e segg.). Adesso non mi sembra che si possa più discuterne., dopo la pub­
blicazione delle due lettere, una di Luigi Alamanni iuniore a Giovan Bat­
tista Strozzi, in data del 7 agosto 1594, l ’altra di Filippo Valori a Francesco
Ottonaio, posteriore di pochi anni alla prima, che aggiungono valore di cer­
tezza alle argomentazioni del Gigli. (V. G a l i l e i , Opere, Edizione nazionale,
Firenze, Barbera, vol. IX, pp. 1 e sgg., e X , p. 66). Le due lezioni erano
indubbiamente accompagnate da alcuni disegni che sono andati per sven­
tura smarriti, e furono senza dubbio tenute prima che il giovane G alileo si
recasse a leggere nello Studio di Padova : che è a dire prima del dicembre
del 1592. (V. G a l i l e i , Opere, ed cit., vol. IX , pp. 8 e sgg).
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— 300 —
non in tutto grata allo stesso Girolamo. Segue a questa
una lettera di G. Benivieni cittadino fiorentino al lettore.
L ’autore vi narra come egli si sentisse invogliato a rias­
sumere in una canzone quello che ornatamente, ma più a
lungo aveva detto il Ficino nei suoi Commentari sopra il
Convito di Platone, e come poi Pico della Mirandola s’in­
ducesse a scriverne il commento (i). A vvenne in séguito
che sorgesse il dubbio nell’animo si del poeta si del com­
mentatore se fosse lecito a cristiani come loro il trattare
nel senso platonico di Amore celeste e divino, onde — e
prezzo dell’ opera riferire le testuali parole del Nostro —
« . . . pensammo che fosse bene sospendere la pubblica­
zione di tale opera, almeno fino a tanto che noi vedessimo
se lei per qualche riformazione potesse di platonica diven­
tare Cristiana ». M a, venuto a morte il Mirandolano e
giunti in mano d’altri la canzone e il commento, non po­
teva il Benivieni opporsi onestamente alla loro pubblica­
zione: si contentava quindi di pregare il lettore « che in
tutti quelli luoghi dove essa canzone ovvero commento ,
seguendo la dottrina di Platone si partisse in qualunque
modo dalla verità cristiana, potesse più in lui l’ autorità di
Cristo e dei suoi santi oltre alle ragioni irrefragabili de no­
stri teologi, massime dell’angelico dottore S. Tomaso d’Aquino in contrario addotte , che la opinione di un uomo
gentile escusando l’errore suo e di Pico se errore però chia­
mare si può, il recitare semplicemente e senza alcuna ap­
provazione l'opinione d’altri ancora che non vera, escusandolo.... con la iscrizione o vero titolo preposto a essa can­
zone e commento , per il quale apertamente si dice essi
voler trattare di Amore non secondo la verità cattolica
ma secondo la mente e opinione de’ Platonici ». A lla let­
tera del Benivieni tien dietro nell’edizione giuntina il Comme?ito del Mirandolano, diviso in tre libri, dei quali i primi
due risguardanti in genere le teorie platoniche intorno al-
(i) « Mosso non tanto — dice modestamente il B. — come io credo, dai
meriti della cosa, quanto da una tenera e singolare affezione che lui sopra
ogni credulità, ebbe sempre a me e alle cose mie ».
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1 amore, l’ultimo in ispecie la Canzone direttamente prepo­
stagli. Sembra però che il Commento non sia stampato in­
tegralmente come Pico ebbe a comporlo, se dobbiam cre­
dere al Giraldi (i). Furono ripresi tanto i versi quanto la
prosa dei due amici di oscurità soverchia ; a me sembra
in vero che, tenuto conto dell’ argomento di per sé stesso
astruso e difficile e poco adatto ad una poetica trattazione,
la Canzone debba sinceramente giudicarsi mirabile per ar­
monia e convenienza di parti, non disgiunte da una scien­
tifica precisione di linguaggio ; e che il Commento del Mi­
randolano sia tale da rendere facilmente intelligibile ad ogni
men che rozzo e del tutto inculto lettore i versi del Beni­
vieni. Alla Canzone (Γ amore succedono le otto ecloghe
componenti la Bucolica, alla quale già accennai dicendo
che fu per la prima volta pubblicata nel 1481. Il Poeta le
premette in questa edizione una lettera a Luca della
R o bb ia, nella quale avverte di pubblicarla nuovamente,
oltre che per cedere al desiderio degli amici, anche per
poter meglio chiarire alcuni luoghi di essa, che sebbene
alieni nella intenzione dello scrittore da ogni licenziosità,
potevano per la forma talor troppo tenera e licenziosa es­
sere male intesi e dare occasione a qualche scandalo. Si
tratta dunque del solito artifizio riprovevole già usato per
le rime amorose : al proemio che nelle precedenti edizioni
accompagnava ogni ecloga, si unisce in questa un prolisso
argomento, che ha per iscopo — ribatte il Benivieni — di
togliere le sue poesie al sospetto immeritato in cui avean
potuto cadere agli occhi d’alcuno, quasi casta matro?ia in
veste ed abito meretricio. L ’ argomento di posteriore ag­
giunta espone il significato letterale e l’ allegorico d’ ogni
ecloga. vSi ripete ciò che già avvenne per le rime: il com­
mentatore è molto spesso costretto a ricorrere a sotterfugi
(1)
« Anchora, che esso Pico in molte cose all’openione del Ficino fusse
contrario; come sarebbe manifesto, se si leggesse il comento di essa Can­
zone, come egli lo scrisse, et i communi amici non havessero soppresse dopo
la morte del Pico le contradittioni, le quali si sono vedute da coloro, c ’hanno
letto il comento, c’havea scritto il Pico di propria mano ». {Discorsi , V e ­
nezia, Giolito, MDLIIII, p. 81).
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— 3° - —
originali, ad interpretazioni iperboliche , a sottigliezze cu­
riosissime , per riparare alle scappate del poeta: opera
tanto più ardua in quanto proprio in queste ecloghe si
manifestano con maggiore evidenza l ’ ingegno vivace del
Benivieni e l’ importanza artistica delle sue rime.
La Bucolica è dedicata a quel Giulio Cesare da V a­
rano, signor di Camerino, che fu nel 1501 condannato da
papa Alessandro V I come reo di spergiuro, di sacrilegio,
di ribellione, e privato anche della signoria per non aver
corrisposto alla Chiesa romana il censo dovutole; che tor­
nato al potere fu di nuovo imputato di proteggere i pub­
blici assassini, di avere ucciso il fratello per usurparne il
governo, e d’altre simili nefandezze; che mori, in fine, tra­
gicamente, poco dopo, avendolo il Valentino fatto stran­
golare nel 1502, nella rocca di Pergola, insieme coi suoi
tre figli Venanzio, Annibaie e Pirro.
Nella prima ecloga, che dal nome del signor di Came­
rino prende il titolo di Varo, interloquiscono i due pastori
Fileno e Melibeo. Quegli s’ è risolto, per 1’ aridità della
terra, che gli distrugge lentamente il gregge , a mutar di
sede, in cerca di floridi prati, d’acque correnti, di miti om­
brie; questi tenta distoglierlo dal suo proposito, ponendolo
in guardia contro le amare delusioni che sogliono tener
dietro alle vane speranze, ed affermandogli che non sempre
il cielo sarà con 'lui tanto crudele :
.......................................variar le stelle
V e d ra i, e farsi ancor liete e gioconde,
E l ’erbe più che mai risorger belle,
C oronate di fiori, e per gli ombrosi
C olli liete vagar le pecorelle (1).
Ma invano egli si studia di dipingergli un lieto avvenire;
Fileno è ben fermo nel suo proposito e vien descrivendo
al compagno le delizie del rifugio che s’è scelto :
A p ie ’ d e ll’ alto monte Sibillino
C he N orcia a d o m b r a ..............
G ia ce nel sen di più sonanti valli
U n umil colle, circondato intohio
D ’aspre m ontagne e inaccessibil calli;
(1) C. 76 v.
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303 —
D ’erbe e di varj fior vestito, adorno
D ’eccelse piante che le fiamme estive
Tolgono all’erba e il gran calor del giorno.
L ’aura, gli uccelli e le fontane vive,
Che mormorando le intrecciate chiome
Bagnan del vago colle, ambo le rive
Risonar fanno e il ciel, là dove esprome
Natura un fiume, che d ’alpestre vena
Potente sorge, ond’egli ha preso il nome.
Nella più vaga parte e più amena
D el dilettevol colle, un prato siede
Bel sì che immaginar non puossi appena (i).
La ogni dolcezza, la ogni beatitudine di vita:
A così riposato, a così lento
Stato m’ inchina il ciel, V aro m ’ invita;
Varo, salute al mio languido armento (2).
Dinanzi alla ferma risoluzione di Fileno debbon cedere le
istanze di Melibeo , il quale termina invidiando i pastori
fortunati, che potranno ancora godere la voce del caro amico, e stupire all’armonia de’ suoi canti.
Per tutta 1’ ecloga l’onda del verso fluisce facile ed ar­
moniosa : niente di scontorto o di stiracchiato ; v ’é anzi, se
mai, qualche cosa di troppo, un che ridondante, lussureg­
giante, dannoso forse all’insieme del componimento, ma fa­
cilmente spiegabile e scusabile , chi ripensi in quanto gio­
vane età il Benivieni componesse questa poesia. A lla quale
1’ unico senso allegorico che l’ autore intendesse attribuire
da prima, è questo, ch’egli medesimo espone nel suo argo­
mento: Melibeo è lui il poeta; Fileno la sua opera, la Buc­
colica, che vuole con le sue greggi, significanti le ecloghe,
condursi a Giulio da Varano signore di Camerino, presso
cui spera di trovare asilo conveniente e decoroso campo
da conseguire la gloria desiderata. Melibeo, incerto e com­
battuto, da una parte dal timore che l’ opera sua debba
sembrare men che perfetta, dall’altra dall’ardente brama di
gloria , finisce per consentire che Fileno con le greggi si
trasferisca la dove l’animo lo piega.
Si tratta dunque di una artificiosa ripetizione della de­
dica delle ecloghe già fatta in prosa al da Varano. Ma qual’è
(1) C. 77 r. -
(2) C. 77 V.
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— 304 —
il significato allegorico o senso mistico che il Benivieni da
più tardi alla sua poesia? Esso merita in vero d’essere co­
nosciuto: Fileno è la parte superiore, razionale, dell’anima,
cupida del bene supremo cui tutte le cose aspirano : Dio.
Melibeo è per contrario la parte bruta, sensitiva, tutta de­
dita ai piaceri del senso , mancipia delle cose terrene. Fi­
leno desidera di rivolgere sé e le sue g r e g g i, cioè le fa­
coltà e le potenze dell’ animo, agli amenissimi paschi di
vita eterna, distogliendosi dall’amore delle cose sensibili e
delle loro pestifere voluttà, che son poi significate dall’erbe,
dai fiori e dalle acque correnti. E dove vuol egli rifug­
girsi? A i piè del monte Sibillino, ove si pascono gli eletti
di Gesù. Ma allora chi è Varo ? Egli è Cristo, Cristo stesso
« conciosia che questa dizione Varo possa secondo la sua
radice significare in quella lingua , con la quale lui cioè
esso Cristo mentre che conversò in terra con gli uomini
parlò, creazione e purgazione, i quali due termini quanto
a C risto , che secondo la sua divinità è atto purissimo e
Creatore dell’universo, convenghino, sarebbe superfluo par­
lare ». (Ed. Cit., c. 75). E Melibeo ripugna alla determinazione
di Fileno per la naturale ignavia dei sensi, finché, vinto
dalla grazia divina, cede alla ragione, e permette all’amico
di recarsi dove Dio l’ attende e una perpetua beatitudine.
N el suo complesso non è certo mal trovata: se non che
la fantastica interpretazione del Benivieni presenta non pochi
punti deboli ad un esame accurato. Cosi, per additarne
uno solo, il commento spiega la risoluzione di Fileno col
desiderio di questo di «trasferire sè e le sue gregge, cioè
le sue potenze, operazioni e pensieri dall’ amore di queste
cose sensibili e delle loro pestifere voluttà, per le erbe, per
i fio r i e per il corso delle fuggitive acque significate, in
quelli sempre verdi e amenissimi pasqui di vita eterna ».
Non si direbbe che qui il commentatore sia in contraddizione
col poeta ? Ben lungi dal fuggire i fiori e le erbe e le acque
correnti, pestifere voluttà, Fileno ne va anzi in cerca, ab­
bandonando i campi che ne sono privi; dacché, dice egli:
L ’erb e g ià secch e son, tutte le vene,
G li om brosi rivi, le fontane e i fiumi
D ’aspidi velenosi e serpi piene.
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305
—
E già i floridi prati alpestri dumi
Son fatti, onde pasciuta infra le spine,
Par che ogni gregge a morte si consumi (i).
Che poi i ftcìsqm da lui cercati sieno quegli amenissimi di
vita eterna, i quali non saprei invero perché debbano trovarsi
A piè dell’alto monte Sibillino
C he Norcia ad om b ra.................
non appare certo dai versi del poeta. In verità, il Signore
di Camerino non aveva tante benemerenze verso i Superi
da meritar l’ onore di ospitare nei suoi domini anche il
Paradiso !
Nell ecloga seconda, con accenti d’ amore, di passione
senza confini, che sa quasi di pagano , il Benivieni, sotto
il nome di Tirsi, piange la partenza di Dafni, che è poi
Pico della Mirandola, or fieramente rimproverandolo d’ averlo abbandonato or dolcemente pregandolo che torni.
In tutta questa poesia e veramente un sapor virgiliano, un
profumo agreste, un’ eco lontana di sampogne e di flauti
villerecci. Tirsi promette doni all’amico:
Io ho notato in su d ’un alto faggio
Che le radici sue bagna nell’onde
D el vago fiume, in loco aspro e selvaggio,
N ella più alta cima, dalle fronde
Cinto, e da’ rami chiuso e ricoperto,
Un nido che due tortore nasconde:
Io te le serbo, e vo che tu sia certo
Che Cynzia me ne sforza, e per averle
M ’ha già più volte il cor, pregando, offerto.
E tutto finisce in un mite sogno di vita beata da venire :
Noi ci starem fra l’erbe, al suon cantando
D ell'acque che dagli alti sassi piombano,
Poi corron dolcemente mormorando
G iù per Tombrose valli, onde rimbombano
L ’acque percosse, e gli amorosi versi
D eg li augelletti, che per Taire rombano,
C ogliendo bianchi fior, vermigli e persi
A ll’ombre che dagli alti faggi scendono,
Sopra limpidi rivi, chiari e tersi.
(r) C. 76 r.
Giorn, St. c Lctt. della Liguria.
21
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3°6 —
V e d re m com e negli erti colli ascendono
G li arm en ti va g h i, e com e errando paschino
L e g r e g g e , allor ch e per le cim e pendon o, (i)
U guali pregi son da rilevare nelle ecloghe seguen ti,
tutte accompagnate dalle solite deformazioni del commento:
né vi mancano, a renderle più interessanti per noi, nume­
rose allusioni ad uomini e fatti contemporanei; sia che si
esaltino le virtù del Magnifico e si pianga la tragica morte
di Giuliano suo fratello, sia che, come nella settima, si in­
troducano Giovanni Pico della Mirandola e Lorenzo dei
Medici a cantar ciascuno in gentile tenzone i propri amori.
Ecco alcune leggiadre terzine di quest’ultima :
— L asso che am or d all’ indurato collo
C rn d el d ’ un paventoso tauro disciolse
L o attrito g io g o , e intorno al m io leg o llo .
P ic o — A m o r d a ’ biondi crin benigno sciolse
L orenzo
D i P leona gen til un aureo laccio
C on le sue mani, e intorno al mio lo a vvolse.
L orenzo
— L a cera al foco, al sole il vitreo ghiaccio
E d io agli occhi tuoi, Fioria m ia bella,
Mi stru gg o ardendo, e talor freddo agg h iaccio .
P ic o — L ’ erb etta per le piagge tenerella
C o g li altri fiori al sol si nutre e cresce,
E d io ai raggi di mia viva stella.
L orenzo
— C ed e il pallido giunco al verde ulivo,
C ed e agli eccelsi pin Pum il viburno,
C ed e ogni altra a costei eh’ io canto e scrivo (2).
N ell’ecloga ottava, il pastore Tirreno si duole della rovina
del suo gregge , che lentamente si consuma per le ma­
lattie :
T ornan lieti i pastor dai chiari fiumi
C antando a casa, e già piena rifulge
Q uasi ogni valle di notturni lumi.
(1) C. 80 v. - 81 r. Tornano a mente i versi del Poliziano:
Q uanto g io v a a m irar pender da un’ erta
L e capre, e pascer questo e quel virgu lto;
(Stanze, I, 18),
e qui ed altrove spesso il Benivieni mostra chiaramente di risentire l ’ in­
fluenza d e ll’ amico Ambrogini.
(2) C. 100 v. - 101 r.
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—
307 —
L ’ un cura il dolce ovil, quell’ altro mulge
S u e pecorelle, e poi ali' inculta mensa,
Cerere e Bacco ministrando indulge.
Ma a lui queste gioie son negate : egli è ormai condan­
nato alla tristezza e al dolore; e la poesia termina con un
pensiero di scoramento amaro, che stupisce in un giovane
poeta del Rinascimento:
Cosi va il mondo, e così fugge e vola
O gni suo ben, così fortuna solve
Nostre speranze, e così miete e invola
Morte tutto, e riduce in poca polve (i).
Anche la Bucolica rivela g l’ influssi della poesia dan­
tesca e della petrarchesca : più di questa che di quella; ma
vi e tale magistero di forma e tanta vaghezza di pensiero
ch’essa appare veramente opera degna dei grandi maestri
che il Benivieni tolse ad esempi. Il sentimento della natura,
che pervade il Poeta e ne è mirabilmente inteso, la informa
tutta di una freschezza singolare e d’una soave ingenuità:
torna a mente il Poliziano, e il Benivieni non ne teme il
paragone.
Alle ecloghe tengon dietro, nella raccolta giuntina,
poesie di vario argomento : un capitolo in lode di Dante
Alighieri, composto quasi tutto di versi della Divina Com­
media, e poi deploratorie e consolatorie in morte di amici
e parenti — notevole fra le altre quella in memoria di
Feo Beicari poeta Cristiano (2) — che risentono talora
della poesia d’occasione, ma che dimostrano spesso delica­
tezza d’affetto ed efficacia d’espressione. Si legga, per esem­
pio questo sonetto in morte della Falchetta del Rinuccini:
D im m i, ove sono, ove sono or, Falchetta,
L ’ altne bellezze tue celesti e nuove ?
D ove son gli occhi, i tuoi begli occhi dove
A m o re avea sua prima sede eletta ?
D ove l ’eburneo collo, ove l’eretta
C ervice or giace, e chi 1’ inchina e m ove ?
D ove il candido sen, onde ancor piove
Nel tuo sposo a ogni or qualche saetta ?
(1) C. 102 v. e 105 v.
(2) Fu ristampata in Lettere di Feo Beicari per cura di D o m e n ic o
M o r e n i , Firenze, per il Magheri, 1825, alle pagine 71 e sgg.
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— 3°S —
— L’alme
bellezze m ie ch e in questa inferm a
C arne, per far d elle sue etern e fede,
A v e a qui il C iel m irabilm ente accolto,
P o lv ere ed om b ra son , d ove or si vede
C h iaro q u an to qu el cor sia cieco e stolto,
C h e in lor co n i’ in suo fin si posa e ferm a (i).
Insieme con queste sono poesie per malattia di Lorenzo
de M ed ici, o in sua lode , e in morte della Simonetta da
lui amata, e molte indirizzate amichevolmente a Gio vanni
Pico Mirandolano : saggi di traduzione dall’ ebraico e dal
latino., tutti in terza rima : vari salmi e una Invettiva d Ovidio e l ’Amor fuggitivo di Mòsco , di sopra la versione
latina fattane dal Poliziano. Quest’ultima an zi, come bene
osserva il Del Lungo, « per certa candidezza di greco co­
lore meritava essere conosciuta e lodata dal Leopardi >>, che
pure in un suo studio su Mosco ne citò una, assai povera,
dell’Alamanni (2). E poi, laudi e canzoni morali, nelle quali
però, forse per eccesso d’ ardore religioso, manca soventi
quella compostezza artistica abituale nel Benivieni. Non
sono poesia sfilate di versi come questi, che tolgo da una
Laude dell’ amor di Gesù :
N on fu m ai il più bel sollazzo,
Più giocondo nè m aggiore,
C h e per zelo e per amore
D i G esù diventar pazzo.
L a pazzia di Gesù sprezza
Q u el che il savio cerca e brama,
S tati, onor, pom pe e ricchezza,
P iacer, feste, gloria e fama,
Sem pre cerca, onora ed ama
Q u el che il savio ha in odio tanto,
P overtà, dolori e pianto,
Il cristian, perchè egli è pazzo
O G esù per cortesia,
(1) C. 116, r-v.
(2) P o l iz ia n o , Prose volgari ined. a poesie latine e greche ed. e ined.,
raccolte e illustrale da I. D e l L u n g o , Barbèra, 1867, p. 527. Il D. L . ri­
stampò nella sua raccolta, la versione del Benivieni com’ era accanto alla
polizianesca, nel cod. laurenz. XC, 37, col quale e col magliab. X X X IV , 1,
emendò la prima stampa.
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··- 309 —
S e mi resta sale in zucca,
Tolo, priego, e la pazzia
Tua mi dà, ch’ogni uom pilucca.
Chè m’ha l’alma in modo stucca
Con la sua tanta prudenza
Questa umana sapienza,
Che ancor io voglio esser pazzo (i).
Sul medesimo tenore in un’ altra poesia si dimostra
Come la pazzia di Gesù possa essere e sia veramente
savia :
Io vo’ dirti, anima mia,
Da che tu saper lo vuoi,
Ma rimangasi fra noi,
Come savia è la pazzia (2).
E in un’ altra che ha per titolo : Della pazzia dei cri­
stiani e dei suoi effetti, si pone in rima la ricetta d’ un un­
guento cosi fatto, che
Impazzar fa tutti i savj
E fa savio ogni uom che è matto.
Eccola, per edificazione del Lettore :
Io vo’ darti, anima mia,
Un rimedio,, sol, che vale
Quanto ogni altro a ciascun male,
Che si chiama la pazzia.
T o ’ tre oncie almen di speme,
T re di fede e sei d ’amore,
Due di pianto e poni insieme
Tutto al fuoco del timore,
Fa da poi bollir tre ore,
Premi, e infìn v’aggiungi tanto
D ’umiltà e dolor, quanto
Basta a far questa pazzia (3).
Dei quali versi non è severo giudizio , questo che ne
diede il Villari: « Quando Girolamo Benivieni, poeta al
suo tempo famoso, volle tentare lo stesso genere [delle
laudi], egli balestrò assai spesso , non solamente fuori del(1) C. 137 r e sgg. Torna a mente l ’ Udite nova pazzìa di Jacopone.
(2) C. 139 r.
(3) C. 146 r e sgg.
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*
—
3 10 —
l’arte, ma anche del senso comune » (i). Pure , di questi
peccati d’arte non faremo una colpa troppo grave al No­
stro, se vorremo tener conto dello scopo unicamente reli­
gioso che glieli suggerì, e del molto di bello e di buono
che egli seppe produrre.
Il
volume delle sue rime si chiude con alcune frottole:
mescolati a detti sentenziosi, a proverbi, a brevi favolette,
sono motti faceti e cose prive d’ogni senso, gittati li alla
rinfusa, come un mucchio di robe vecchie da un rigattiere,
tutto con un procedere cosi spigliato e veloce nella bre­
vità del verso settenario, che piace e trae a forza il sorriso
sulle labbra. Ma sotto quell’apparente sconnessione, un le­
game c’è : quello della satira, per lo più sociale e di co­
stumi , tutta ripiena d’ arguzia, ma talora assai pungente
sotto la veste innocente dello scherzo. Eccone qualche
passo per saggio :
. . . io ti vo glio or dire
Q u el ch e l’ altrier m ’avvenne:
Io vidi un senza penne
T en ta r la via del cielo,
E sopra gli occhi un velo
A v e a , ch e non è talpe
O pipistrello in alpe
C h e m e’ di lui non veggia;
Io sto aspettar che ch ieggia
A lm e n o un che li porga
L a m ano e che gli scorga
L a via ch e al ciel conduce,
E d e cco un senza luce
C h e s ’accom p agna seco,
E , m en tre ch e l’ un cieco
G u id a l ’altro, am bedue
E fa bei param enti,
Pur che il povero stenti
E muoiasi di fame.
Che se ben nudo giacqu e
F ra l ’asinelio e ’l bue
T u «intendi ? E ’ non è piue
Tem po di povertate.
Chi non è da govern o
Lascisi governare.
Cascò già per cantare
Di bocca il cacio al corbo.
L a formica del sorbo
Non esce al primo picchio.
D o p o sei passi al piue
C ad d o n o in una fossa.
Io ho ancor gonfiata e grossa
E ’ bisogna eh ’ io c r e p i,
11 mondo è pien di m atti.
Dimmi, tu che ti gratti,
P er le risa la m ilza,
O r va e a filza a filza
B orb otta Paternostri,
Pizzicati la rogna ?
E d ifica bei chiostri,
Frettolosa cagnuola
Più ingrassa il cimitero
Che la spada, la gola.
(i) Op. cit., vol. I, p. 528.
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3”
Fa i suoi catellin ciechi,
A quel che gli occhi à biechi.
Ogni cosa par torta.
Pecca assai m en chi tace
Che quel che sempre ciarla.
—
La freccia che una volta
Scossa ha da sè la corda,
A d ogni voce è sorda,
Finché non trova intoppo
{Continua).
A c h il l e P e l l i z z a r i .
DOCUMENTI E NOTIZIE
PER LA STORIA DELL’ ISTRUZIONE IN GENOVA
(Continuazione e fine v . pag. 205)
Diversi maestri eleggono un loro procuratore.
V\
U 3I5» 5 io .b re in Notaro Ant. de Gregorio, fil. 2, car. 9).
In nomine domini Amen. Nos infras. magistri scolarum facim us,
constituim us et ordinamus nostrum certum nuncium et procuratorem
et loco nostro nostris nominibus propriis et totius collegi m agistrorum
Petrum de Sancto Am broxio presentem et recipientem e c c . — A c tu m
Ianue in ecclesia B. Laurentii Ianuensis. — Testes m agistri Iohannes
de Borgondia habitator Ianue ecc. — Magister Iohannes ferragonus
consul et rector; magister franciscus de Sarzana; m agister Zinus de
papia ; m agister Martinus de Ispania ; m agister Paganus d e C alexa ;
m agister Petrus de sancto matheo; m agister Salvus de po n trem u lo ;
m agister Nicolinus de Saluciis; Magister Nicolaus de P is to rio ; m a g i­
ster R ollandus de rapallo; magister Precival de zoalio ; m agister Bellengerius.
Lodisio Calvo di Voghera , Giacomo di S. Salvatore e Verono casalense stabiliscono i patti per mantenre una scuola a Cornigliano p o­
nendovi a reggerla il ni. Ant. Guasti di Pontecurorto collo stipendio
non superiore a 3 fiorini e mezzo alla scadenza di S . Martino : si
obbligano inoltre di non accettare d'inverno scolari provenienti da
quella scuola.
(Not. Cristoforo Revellino, fil. 10, c. 192).
1396, 24 m aggio. — In nomine Domini Am en. D om inus m agister
V eronus d e Casali magister scolarum gram atice ex una parte dom inu s
m agister Lodisius Calvus de Vicheria m ag. scol. gram . e x una alia
parte, sim ul invicem et vicissim pro bono utilitatis et ipsorum et cu iu s­
libet eorum et scholariorum ipsorum et cuiuslibet eorum p erv en eru n t
et pervenisse confessi fuerunt ad infrascripta pacta , tran sacion em
et
com posicionem . Videlicet quia dicti domini magistri V e ro n u s , m ag.
Lodisius et m ag. Iacobus sibi invicem et vicissim prom iserunt et con-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 3 1- —
V enerunt unus aliis et alii uni com unifer et vicissim
po n ere et tenere
in villa C orniliani m agistru m A ntonium de G uastis d e P ontocurono
m a g. scolaru m qui reg e t scolas gram atice scholaribus de d icta villa
C orn ilian i vid e licet ab hod iern a die in antea usque ad festum S . M ar­
tini : cu i m agistro d icte partes solvere d eb en t et sic sibi invicem et
vicissim p rom iseru n t salarium et expensas com uniter et pro rata scho­
larioru m q u o s u n usquisque dictorum m agistrorum habet in villa Cor­
n elian i m o d o infrascripto : vid elicet quia dictus m agister quem in dicta
v illa ten ere d eb en t est obligatus ipsi dom ino m agistro V e ro n o ipsi m a­
g is te r lod isiu s m a g. Ia co b a s prom iserunt eidem dom . m agistro V eron o
p resen ti accep tan ti eid em d are et solvere illam partem salarii e t exp en ­
saru m q u ae eisdem sp ecta t ad solvendum pro rata constitutis schola­
riorum q u os u n usquisque dictorum dominorum m agistr. L od isii et Iacob i h a b e n t in d icta v illa corniliani. Ita tam en quod salarium et e x ­
p e n se fien d e pro dicto m a g. A n ton io non ascendant sum m am fioren orum trium cum dim idio in mensem et e· controverso dictu s dom .
m a gister veronus acceptans om nia et singula in suprascripto — teneatur
e t o b lig a tu s est et sit prom isit — facere et iurare. Ita et taliter quod
d ictu s m agister A n ton iu s regatur in dicta villa schollas usque ad di­
ctu m S . M artini p roxim e venturi Iusto D ei et gencium im pedim ento
cessan te — quorum quidem scholarium utile unusquisque dictorum
m agistroru m contrahensium ut supra percipere debet pro suis schola­
rib u s tantum prom ittentes sibi invicem et vicissim non im pedire unum
alios n ec alios alium in receptione dicte eorum pensionis. Item quod
tem p ore yem a li proxim o venturo aliquis ipsorum dict. m agi. V eron i
m a gistri L od isii et m ag. Iacobi non receptabitur nec aliquo m odo vel
a liq u o q u o vis colore quesito retinebit in scollis ipsius aliquos ex schollarib u s alioru m ex ipsis m agistris contrahentibus ut supra vid elicet de
d icta villa C orniliani seu in dicta villa villantibus usque ad kallendas
ap rilis p ro x im i venturi de 1397. — Sub pena librarum quinquaginta
Ia n u in o ru m . A c tu m Ianue in palacio Comunis videlicet ad bancum m eum .
Sim one da Fissirengo inabilitato all’ insegnamento perchè colpito da
p a ra lisi , domanda di essere esentato dal pagamento di lire 3 annue
p er cu i è convenzionato,
(Diversorum , R e g . 18, 513).
1428, i o febbraio. — R ev.d u s in Christo pater et D om inus dom .
I. Sancti. E u stachii Cardinalis ducalis Ianuensium gubernator et sp e­
c ta b ile con siliu m D om inorum Antianorum in legittim o num ero co n g re­
g a tu m . A u d ito m agistro Sim one de Fisserengo professore gram m atice
e x p o n e n te se conven tion atum esse cum comuni ad annuam solutionem
libraru m trium cuius conventionis suae terminum pretenditur adhuc
per ann u m unum . E t quod post contractam conventionem cum ipso
com uni p a rv o intervallo tem poris morbo paralipsis laborare cepit, qui
ad eo c re v it ut nunc vitiato organo vocis et trementibus m em bris nulli
ja m m inisterio aptus sit, petente ideo humane sibi provideri ut exem -
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 3i3 —
ptus fiat eum vigore statutorum ab onere capitis eximi d e b e a t , et
cum ni ii possideat nec sit iam aptus acquirere sibi sum ptum n eces­
sarium exim endus sit tamquam non habens ab omni alio on ere pu­
blico. Commisserunt et presentium auctorictate committunt E greg iis
Revisonbus rationum Comunis ut audito ipso magnifico S im on e et
sumptis informationibus de eo ac visis statutis ad propositum facien ­
tibus referant quomodo eis videatur providendum requisitioni eius.
I l ni. A nt . de Gogis domanda di essere ammesso a te?ier scuola in
Genova e di stabilirvisi con la moglie e la famiglia disposto a su­
bire Vesame ma non a pagare la somma voluta dallo Statuto.
(Diversorum, n. 38-533).
1444, X I I I I Ianuari. -
Illustris e t excelsu s dom inus d u x
sium e t M agn ificu m Consilium dom . A n tlan o ru m
C o m u n is
Ia n u e n Ia n u e
in
legitim o num ero congregatum.
Audita petitione magistri Antonii de G ogis professoris gram m atice
narrantis constituisse animo scolas regere in hac urbe et se in eam
cum uxore et familia recepisse paratumqne esse se exam ini su b icere
quem admodum constitutiones huius artis iubent : sed im presentiarum
non esse sibi facultates unde possit eam summulam persolvere quam
solvi statutum est ab his qui aggregari Collegio volunt et ob id su p ­
plicantis prom itti sibi ex speciali gratia ut possit scolas reg e re per
annum unum proximum et in fine eius id solvere quod in anni initio
fuisset deprom endum . Moti miseratione paupertatis sue d ecreveru n t
et eidem Magistro Antonio concesserunt pro ipso subeunte exam in e
ut moris est: liceat sibi impune scolas tenere per annum unum ut ab
eo petitur : ipso idonee cavente erga collegium seu rectorem eius quod
anno finito m ox solvet quicquid pro eiusmodi aggregatione ad co lle­
gium solvendum fuerit.
Supplica del maestro Gio, Masone lombardo.
CDiv . F il. 27, n. 353).
1463, 6 giu gn o . — Vobis R ev.“ ° d.<> d.° Archiepiscopo ac duci et
m.° con s.i0 d . ™
A n .™ * Comunis Ianue exponitur p arte
m agistri
Iohannis Musoni professoris artis gram atice quod ex con ven tion ibu s
vigentibus inter Ill.um dom. Ducem Mediolani ac inclitum C om unem
Ianue lom bardi qui veniunt ad habitandum in civitate Ianue a c co n ­
trahunt matrimonium cum uxore Ianuensi sunt immunes a c exem p ti
ab avariis et honeribus comunis Ianue usque ad annos decem p ro x im e
secuturos a term ine contracti m atrim onii, post autem ipsos annos d e ­
cem elapsos eciam et ita semper observatum est ut ipsi lom bardi conventionentur prout solent conventionari illi qui veniunt ad h abitan d u m
in civitate Ianue. Idcirco cum ipse m ag. Iohannes sit lom b ard u s ac
contraxerit matrimonium cum uxore Ianuensi nec pretendat ann os d e ­
cem esse adhuc elapsos a tempore dicti m atrim onii, su p plicatu r q u a ­
tenus d ign etu r prefata Dominatio vestra com m ittere et m an d are sp ect.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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off. m on ete vel cui placu erit ut observari faciant ipsi m ag. Iohanni
d ictas im m unitates ac exem ptiones concessas L om bardis et si reperiretu r d ictos annos d ecem dicte immunitatis esse elapsos ipsi mag.
Iohanni con ven tion em solitam concedi venientibus ad habitandum in
civ ita te Ian u e faciant pro tem pore ac in om nibus et per om nia prout
cete ris co n ced i solitum est. A lioq u in ipse m ag. Iohannes necesse ha­
b e a t relin q u ere hanc inclitam civitatem et scolas in quibus dèo adju­
va n te ja m per plures annos eam quam potuit doctrinam tradidit liberis
civiu m vestroru m .
Condanna e inulta a sci maestri
per aver mancato all’osservanza dello Statuto.
( A rc h . c iv ., F ilz . 1432 al 1468, n. 194).
^
1466, 22 ag. — M agister Iacobus de V iglevan o rector collegii ma­
gistro ru m et m agister Baldasar de V artio Sindicus er procurator dicti
c o lle g ii, — Om ni m odo e c c ......... R evocaverunt et annullaverunt Ioh ann em d e V ercellis a collegio dicte artis eo quia non im plevit neque
e x e c u tu s est sibi incom bentia vigore capitulorum diete artis.
E t di­
c tu s M . Iacobu s rector ut supra condepnavit dictos m agistros Bartholo m eu m d e parm a, franciscum de turri laurentium de Scenis, Petrum
d e B erg a m o , G alleatium d e 'C e lla et Antonium Crista de Montebarutio
in libras se x Ianuinorum pro quolibet ipsorum vigore capituli positi
sub ru b rica : de non utendo aliis suis usibus vel ordinibus.
Testes
Ia c o b u s d e Insula notarius. — Franciscus de monacho.
I l maestro Ant. Crista di Mombaruzzo si schermisce dalla sentenza
proffertagli contro dal Rettore surrogato del Collegio; e ritorce
co 7itro di lui tre capi d’ accusa.
.
(A rc h . C iv ic o , filza anni 1432-1468, n. 177).
1466,
26 a g . — A n ton ius Crista de capella de Monbarutio suo pro­
p rio n om in e et tam quam procurator et procuratorio nom ine sociorum.
C o n stitu tis in iure et in presentia Spectati officii dom inorum patrum
co m u n is cau sa et occasione cuiusdam talis qualis precepti eisdem facti
co n tin en tis in sum m a quatenus debeant intra dies quatuor quilibet eo­
ru m so lv isse libras sex in quot asseruntur condemnati per magistrum
Ia c o b o d e V ig e n io assertum Rectorem professorem gram m atice , cui
e t con ten tis in eo se refert, sed non consentit nisi in quantum tenea­
tu r fa cia tq u e pro eo et non ultra. Respondendo dicit quod
dictum
p re c e p tu m fieri non potuit nec factum sine cause cognitione , et non
c o n stat d e aliq u a condem natione saltim legiptima. Non etenim potest
q u is con d em n ari nisi citatus, quae citatio est de iure nature et toli non
p o test sic D eus citavit A d a m .......Sed sic est quod asserta condem natio
fu it fa cta ab sq u e citatione , et ab eo qui non habet potestatem con­
d em n an d i q u ia inter artifices Magistratus est com petens dom inus V ic e g u b e rn a to r , ergo est nulla ipso iure. Est etiam nulla alia ratione
q u ia lata ab sq u e instantia et ratione propter quam dicta lata non mi-
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litat in eos quia non convenerunt forme capituli. Ideo p e tit dictum
talem preceptum eatenus de Jure revocari quatenus de facto processit
et dictum M. Iacobum puniri ea pena et sententia qua d ictos m agi­
stros puniri vellet, ac si de Jure puniri possent quam petit e t requirit
oficium vestrum exigi ab eo si de Jure exigi potest. V eru m quia d i­
ctus M. Iacobus contravenit forme capitulorum quia in tem pore rectoratus sui non servavit capitula que iuravit servare et servari fa cere ac
debere et presertim capitulum positum rubrica de associando corp ora
defunctorum ex quo incidit in penam floreni unius auri operi portus
et molis applicanda pro dimidia , dein accusat et denuntiat eum et
petit exigi ab illo dictam penam. Item quia non servavit n ec servari
fecit cap. positum sub rubrica de associando corpora defunctorum ex
quo incidit in penam floreni unius auri operi portus et m olis appli­
candam pro dimidia dein accusat et denuntiat eum et p etit e x ig i ab
illo dictam penam . — Item quia non servavit nec servari fecit cap i­
tulum positum sub rubrica : de congregando insimul dictum C ollegiu m
pro honorando S. Ducem et eius consilium, ex quo pro bin a vice c e ­
cidit in penam sold. decem dicto operi portus et m olis....... — Item
quia non observavit nec observari fecit Cap. positum sub rubrica :
« de faciendo societatem domino duci » ex quo incidit in penam sold.
quinque totiens quotiens per ipsum fuit contrafactum a d ie creationis
Rectoratus sui usque in presentem diem dicto operi......— m c c c c l x v i
die x x x i A u gu sti.
D eposita in curia spectati officii dom. patrum Com unis a supranominato A n t. Crista nomine quo supra: quae scriptura adm issa est si
et in quantum admitti debeat et non aliter.
I l Rettore ed i consiglieri del Collegio condannano a 30 lire genovine di multa Bartolomeo di Valenza per aver trasgredito lo Sta­
tuto.
(Arch. C iv ,, fil. 1432-1468, n. 194).
1467,
17 G iugno. — A d bancum notarii infrasc. in prim a sala v o ­
cata fraschea. — Egregius d. Ant. de Capella surrogatus recto r v en .d i
collegii magistrorum gramatice civit. Ianue pro tribunali sed en s ad
dictum bancum quem locum ad hanc sententiam ferendam p ro Juri­
dico ydoneo et competenti ellegit et deputavit in presentia a u ctoritate
voluntate et consensu ac consilio dominorum m agistrorum B arth olom ei
de Parma et Laurentii de Senis magistrorum gramatice consiliariorum
dicti collegii visis preceptis factis Bartolomeo de V alen tia d e q u ib u s
in actis notarii infrascripti fit mentio et precipue precepto eid em facto
quatenus desistere deberet a regimine scolarum quas ten eb at et te n et
contra formam capitulorum dicti collegii. A c audita et in tellecta c o n ­
fessio ne hodie in presenti die et hora verbo facta coram
Antonio surrogato rectore pro tribunali sedente ut supra
p refato D .
e t coram
dictis d. consiliariis ac me notario infrascripto per dictum B art. de V a - ,
lentia sponte confitentem et dicentem se docuisse gram aticam pu ero s
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3 16
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nu m ero trigin ta quatuor, in circa et non plures silicei a d ie primi precepti sibi facti d e q u o in d ictis actis mei notarii infrasc. fit m entio
contra v ig o re m cuius m andatum fuit eidem Bart. quatenus a regim ine
scolaru m d esisteret sub pena in eodem precepto adiecta et prout in
eo con tin etu r : viso qu e p recep to eidem Bart. facto presenti d ie et hora.
— Omni m o d o ....... C hristi nom ine prius invocato...... condem navit et
con d em n atu m fore pron unciavit sententiavit et d eclaravit dictum Bart.
tam qu am contrafacien tem statutis prem issi. C ollegii in libras triginta
Ia n u ae q u am v is ipsum posset condem nari in plus Jure, form a capituli
p o siti su b ru brica et pena apposita contra regentem scolas contra pred icta. — B aptista Parrisola notariu s: et prem issi collegii m agistrorum
g ra m a tic e scrib a sp ecialiter deputatus (i).
M ulta p er aver contravvenuto alle disposizioni dello Statuto.
( A r c h iv io C iv ., F ilz a 1469, 76. Atti, n, 31).
A n . 1470 d ie m ercu rii X Ianuarii. — In nom ine Dom ., A m en . Eg r e g ii d . m agistri Iohan nes Cam pisii vercellensis, Petrus de P ergam o
e t A n to n iu s de Ip ored ia rector et consiliarii venerandi C oll, m agistrornm g ra m . civit. Ian . existen tis in prima sala palacii com unis Ianue
v o c a ta frasch ea ad ban ch u m m ei notari, infrascr., quem locum pro infrascrip tis sp ecia liter peragen d is pro iurisdictione idoneo et com petenti
d e le g e r u n t. — Cum accepissent per ipsorum precessores rectorem et
con siliarios prem issi C o llegii denuntiatum fuisse dom inis presbyteris
B e n e d icto d e A lb in g a n a et G uilierm o de A lbinis rectori S . A g a ta e
q u aten u s in observation e capitulorum premissi C ollegii non deberent
plus quam decem scolares in eorum scolis retinere: illosque quos reti­
n ere n t vo leb an t denunciasse eisdem dom. tunc rectori et consiliariis
fu it m an d atu m d iversis civibu s et artistis quatenus de cetero eorum
p u e ro s e t filios non m itterent ad scolas prenom inatorum .............. sub
p e n a florenorum sex pro singulo eorum contrafaciente in capitulo
eiu sd em C o li, prout latius ex actis notarii infrascr. a p p a re t, et quod
ta m en eo s ad dictas scolas m ittere non desisterent neque desinerent
qu od seq uitu r in g ra ve dam pnum et prejudicium m agistrorum prem .
C o li, d em u m fuit m andatum infrasc. parte ipsorum nunc dom . rectoris
e t consiliarioru m inscriptis inferius nominatis quatenus com parèrent
p ro p resen ti die, hora et loco ad videndos et audiendos sese multari
in p e n a florenorum sex pro singulo ipsorum contenta in capitulis dicti
c o li, p ositis sub rubrica de materia disponentibus, et viso quod nullus
e o ru m aliquam infrascriptis oppositionem fecit : Idcirco visa et attenta
form a d icti capituli via iure m odo............ Christi prius nomine invocato
a n im o q u ie to
condem naverunt et condemnatos esse pronunciaverunt
in fra scrip to s inferius nom inatos in florenis sex Ianuinorum pro singulo
(1) I l condannato si appella ai Sindacatori.
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ipsorum prout ex forma dicti capituli clare disponentis : quorum d im i­
diam assignaverunt officio d. patrum comunis , dimidiam pro o p ere
portus et molis et reliquam dimidiam ipsi collegio pro suo interesse
prout in capitulis. — Quorum condempnatorum nomina sunt haec : —
Bernardus de Albingana — Gottardus de Claroscho — N ico lau s de
Bracellis — Vincendus de valle sturla — Bertonus de C asanova sartor
— Andreas de Montesoro — Dexerenus de Monte bancalarius — P etra
uxor quondam Peregrini Prati. — Baptista Parrisola notarius e t premissi Coli, magistrorum gramatice scriba.
Atto di ammissione al Collegio.
Nel 1483 addi 6 dicembre i maestri di grammatica ad istanza dell ’A rcivescovo, regolarmente convocati e presieduti da un can on ico di
S . Lorenzo in qualità di suo delegato, nella camera d e ll’ U fficio di
Misericordia in Claustro superiori ecclesie S . Laurentii, am m ettono nel
collegio dei maestri il sacerdote Marco di Riom aggiore. S o n o presenti
il rettore: « venerabilis dom. Iacobus Anserm us de Sancto R o m u lo » :
i consiglieri : « magister Iohannes de Levanto » e « M agister A n ton iu s
de Iporegia » ; il sindaco « mag. Simon Aradus de C lavaro ». S e ­
guono indi gli aggregati : « M. Dominicus Motus de L evan to, m . F ra n ­
ciscus Gorritius, m. Bart. de Levanto, m. Petrus de Millo , m . A le x ,
de Manthua, m. Bernardus de Castiliono, m. Gotardus de P ellegrin is
de N ovis, m. Simon de Scribia ». — « Considerantes prius praefatus
Rev. D om . Vicarius et locumtenens et rector et ceteri m agistri dictum
presbyterum Marcum esse sufficienter litteris imbutum. Confisi q u oqu e
de eius scientia, moribus et vita ac virtutibus ac honestate, habitoqu e
prius singillatim maturo examine et interrogationibus supra gram m a­
ticalibus et litteris factis dicto magistro presbitero M arco p e r ipsos
magistros de collegio. Absolventes prius sese ad calculos albos e t n i­
gros, recollectis cartulis per ipsum Simonem Aradum sindicum dicti
collegii, repertisque ipsis cartulis omnibus albis; admittunt, a g g re g a n t
et recipiunt dictum presbiterum Marcum in collegium m agistrorum
gram m atice civitatis Ianue cum omnibus et singulis privilegiis , hon o­
ribus d ign ita tib u s, beneficiis commodis et utilitatibus concessis et a t­
tributis ceteris magistris dicti collegii virtute capitulorum d icti c o l­
legiis ».
Notizie di maestri che insegnavano in Genova nei secoli X I V e X V
ricavate da atti notarili.
1375, 12 febbr. M. Tommasinus de Pisis qui docet abachu m seu
racionem in civitate Ianuae. (Not. Am br. F ascio lo , R eg. 2.a, 1376 in
1406, pag. 5). — 1377» T5 ag. D. Ant. de Ceva m agister scolaru m ,
habitator Ianue ad portam S. Andree. (Not. Crist. de R e v ellin o , filza
prima, n. 109). — 1379, 1 ag. Testam ento del maestro M atteo d e B ezutio coi seguenti libri: « liber Virgilii novus scriptus p rop ria m anu
dicti testatoris qui nondum est ligatus: Liber Terentii liga tu s in ta -
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3 ìS —
b u lis co o p ertu s corio albo : L ib er trajedarum S en ecae non ligatu s. L i­
b er P laton is qui non est co m p letu s: L ib e r S aiu sti c o m p letu s: L ib er
Iu v en alis com p letu s : L ib er loyce A lb erti scriptus in carta : L ib e r topica ru m A risto tilis super octo voi. A ctu m Ianue in con trata S . Pan­
cratii in d om o dicti m agistri ». (N ot. sudd. , id. , n. 35).
1389» 14
m arzo. M a g . A n ton elu s d e C alcina. (N ot. id ., filz. 3.% n. 83).
I3 9 4 >
15 g e n n . « V ero n u s de Casali m. scol. gr. » e m aestro P ietro de L a ­
boran tibu s di C astelnovo fanno un com prom esso. (N ot. id. id ., p. 34).
— 1397, 12 gen . « V eron u s d e R esascho de C asati m ag. scol. Ianue »
n om in a un suo procuratore. (N ot. id., F . 11, p. 48).
i 3 9 7 > 20 m arzo.
« M a g. O d d on u s de M ellanis de P och ap aglia » nom ina un suo procu ­
rato re (N ot. id ., i d . , p. 135). — 1 3 9 7 ) *3 ott. « M . F ra n e, d e T rivix io ». (N o t. id ., p. 333). — 1398, 26 giu gn o . A n d re a de P etraru bea
e A n t. de C ev a fanno società. N ella casa di esso A n t presso porta
S . A n d re a . (N o t. id. , filza 11 , n. 228). — 1398 , 1 ott. F ra n ce sco di
T re v is io e C ristofaro di S ales. (N ot. c. s.). — i 39^> 2 7 9 -bre. M m ae­
stro F ra n ce sco d e T re v ix io abitante in Soxilia querela il co lle g a R affa elo B u rn en go (di L evan to?) per risarcim ento d ella m età di 3 fiorini
d ’o ro , che d evono pagare insiem e per m antenere un ripetitore com une
di n om e L eon ard o di T orton a, nella villa di S . P. d ’A re n a . (N ot. C ri­
stofaro R evellin o, Filza 14, n. 51 recto). — i 39^> 12 &e n · P er m andato
del retto re A n to n io di C eva i maestri del collegio : G iovanni di Parm a
G u g lie lm o de G oasti, F ran cesco da T revisio, V ero n o di C a s a le , A n ­
to n io di V a le n z a , L u d o vico G oasti, G iacom o di S. S a lv ato re radunati
p ro m etto n o ad O d d on e Malone lire 250 genovine pel corso da cinqu e
anni p u rch é du ran te questo tem po non eserciti l ’arte m agistrale nè si
fa ccia so stitu ire da altri a suo nom e per tutto il territorio d elle tre po­
d e s te rie e rinunzi ai diritti e agli onori del capitolo. (N ot. G io v . R e­
v e llin o , R e g . 2.0, p ag. 193). — 1406, 10 febbraio. « Fran ciscu s de
T r e v ix io m agister scolarum » prom ette ad A n ton io de B am bellis di
M ilan o di tenerlo nella sua abitazione in borgo S . Stefano d o v e è so­
lito di fa re scu ola ed ivi m antenergli quanti scolari vi potranno ca ­
p ire, A n to n io accetta prom ettendo di insegnarvi gram m atica a quanti
scolari p o trà e di rilasciare la metà delle pensioni dei sin goli alunni
p iù lire d od ici per la sua pensione. (Not. Lom bardo di S . S tefan o,
fil. i . a, p a g . i n ) . — D el 1407, (8 8.bre) il detto da T re v ix io va co l­
le g a e co a d iu to re nelle scuole che Giacom o da M ansura ha in contrata
M alcan ton i (N ot. id ., 1. cit.). — 1415, 30 7.bre. « F ran ciscu s d e T r e ­
v ix io , Ia co b u s d e S an cto Salvatore et Obertus de Serafinis d e C astro­
n o v o m agistri scolarum gram aticae in civitate Ianue », si con ven go n o
con p rete F ra n ce sco de Venturinis de G ragnola della diocesi lunense,
ch e dal 1.0 ottob re p. v. e per un mese e mezzo starà a re g g e re la
loro scu o la a C orn iglian o. (Not. Sim one di Com pagnono , fil. unica,
c. 134). — 1407, 5 febbraio. Frane, de Tusculanis de T re v ig io e Bald assare R u b eo de Portu maestri di scuola vengono a patti e fanno
società per cin q u e anni. Il primo si obbliga a non tenere scuola « a ca-
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tena bancorum (i) citra bancos eundo per scutariam usque ad palacium
et versus portam S . Andreae usque in Sarzanum » ; il secon d o di non
ricevere nelle sue scuole di S. Giorgio scolaro alcuno ch e sia del suo
collega; e di mettere un ripetitore a spese comuni nelle scu o le loro
dove si contassero più di 200 scolari. (Not. Lombardi di S. S tefa n o ,
fil. i . a n. 242). — 1415, 17 7.bre. Il maestro Ludovico de P en cio di
Milano si obbliga a cedere e condurre i suoi alunni alle scu o le dei
maestri Frane, da Treviso di S. Salvatore e Serafino de C astro n o v o .
(Not. G regorio Labaino, fil. i . a, c. 151). — 1433 , 25 aprile. Il m ae­
stro A n t. de Bona si conviene di associarsi al maestro G iovan n i P ar­
mense per coadiuvarlo dividendosi a parti uguali i gu ad a gn i. (Ivi,
fil. 2 a). — 1439, 28 8.bre. Il maestro Oberto de Serafinis di Castelnovo rettore delle scuole in Genova, essendo cognato del fu B ald a s­
sarre de Rubeis già docente nelle scuole di Bartolomeo da Parm a
maestro e a sua volta parimente rettore, promette a q u est’ultim o d ie ­
tro sua richiesta, perchè temeva gli fossero tolti gli scolari a cau sa
della parentela, che da sei mesi in avanti non chiamerà nè accetterà
più scolaro alcuno del defunto Baldassare , nè aprirà scuola in alcuna
delle strade nelle vicinanze di Banchi. (Not. Paolo R ecco, fil. 2.a). —
1452, 22 7.bre. Bartolomeo da Parma dovendo portarsi a P av ia in ca­
rica G io. Massone parimenti rettore di supplirlo e gli p a ttu isce per
compenso la metà del lucro che avrebbe percepito dagli scolari d u ­
rante il periodo della sua assenza. (Ivi, fil. 5.a). — 1458, 25 gen n aio .
Vertenza fra il maestro Oberto Serafini di Castelnovo e il rev. padre
francescano A n t. di S. Nazzaro parimente maestro. Entram bi aven d o
fatto scuola l ’anno prima e sorte essendo questioni, vennero così com ­
poste. A ntonio cede ad Oberto le scuole stesse cogli scolari, p rom et­
tendogli che per tutto Γ anno non riaprirà scuole in G en ova a con to
suo, salvo a poter tornare in società come prima. L ’O berto p oi aven d o
facoltà di esigere i crediti comuni per dette scuole , prom ette di p a ­
garne la metà ad Antonio per 1’ anno in corso. (Not. N ico lò G arum berio, fil. 15, c. 225). — 1471, 14 ag. « Petrus de Pergam o q m . gu arrischi gram atice professor » loca al maestro Pietro di C a steln o vo le
scuole cogli scolari « quas tenet et solitus est tenere apud S . Sirum
in domo Ieronim i de Portu » per un anno , col patto ch e g li sia p a ­
gata la metà degli emolumenti. (Not. Battista Parissola, fil. 7 .a. c. 379).
— 1474, i m arzo. « Franciscus de Dallo rector scolarum in Ianua »
abita in S osiglia. (Not. Lorenzo Costa, c. 84). — 1474, 3 g iu g n o . « S i­
mon A radu s q. Iacobi » promette insegnare grammatica e r e g g e r e la
scuola di Pietro Torniello di Mellodio figlio di Guirardo fino a n o ­
ti) La « catena bancorum » proteggeva dai carri e dai somieri i mer­
catanti che si radunavano in uno spiazzo laddove press’ a poco oggi ancora
è la Loggia di Banchi. Si può anche argomentare che la gestione delle
scuole fosse partita in due, da una parte le scuole della zona più orientale,
dall’ altra quella della zona più occidentale.
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— 3 20 —
v e m b re p e r poi rilasciargliela. (Not. N iccolò R a g g i, fil. 5 .a). — 1483,
12 ç .b r e . I preti N icolò d e V arisio e G erolam o de C am era aven d o gli
sco rsi g io rn i retto le scu ole pubbliche nella contrada di S . A m b ro gio
ed e ssen d o ciò loro stato vietato dal rettore e dagli altri m aestri reg­
g e n ti le scu o le in G en ova « et m axim e scholaribus latinantibus », per
u b b id ire al p recetto fatto loro dal V icario A rc iv esc o v ile , ad istanza
d ei m aestri di gram m atica rim ettono detta scuola con g li scolari al
d e le g a to di d etto R ettore m eno 15 scolari « legenti a prim o latino
infra ». (N ot. P ietro de R ipalta, fil. 3 .a, c. 220).
Elenchi di alcune scolaresche.
I 4 9 S, !5 n ov. — Infranotati sunt scholastici m e i: v id e lic e t: — Io­
h an n es F ra n c, dom ini Baptistae Boragini. L egens V irg iliu m O vidium
etc. p ro p u ero prim o recepi solidos 20 et denarios 2 pro m ensibus
d u o b u s : sed po stea ita solvere non perrexit. — Santinus filius d.
G e o r g ii B oragini et Bartholom elinus filius d.ni Baptistae de Ricardis
d e A n c iz a artium que m edicinae doctoris : am bo pueri eodem m odo le­
g e n t e s : p ro quibus solid. 10 non recepi nisi sex. — H ieronim us Ber­
n ardi d e A n c iza aurificis. — Baptinus filius petri revenditoris holerum .
— B ap tin u s filius Iuliani canevaterii. — Iohannes A u gu stin u s et h ie­
ron im u s filii Benedicti pellacii phrygionis. — Ioannes Franciscus filius
m u rri p o rci. — Baptinus Sim onis de Zoalia. — Ioannes A u gu stin u s
n ep o s L a u ren tii de passano aurificis : in activis omnes fere. — Franc isch e ttu s filius predicti M. Baptistae. — Thom as filius G rego rii Fin o cc h ii. — B enedictu s filius Lazarii Betterii cuncti tres in D on ato. —
A u g u s tin u s filius praedicti Baptistae in psalterio et B enedictu s in ta­
b e lla . — Ioan nes Baptista murri porci in tabella. — B artholom elinus
p e tri Iohan nis in psalterio. — Bernardinus Catherinae et perinis. —
T h o m a s F ran cisch ettu s in tabella; potius trocho apti quam litteris
h i su n t.
L a lista term ina con una specie di perorazione e col segu en te p o ­
sc ritto : « Infantes predicti tabellam legentes ad scolam venire quan­
d o q u e cessa n t »: seg u e indi la firma: « Riccardus de R iccardis de A n ­
cisa in u rb e G en u e scolam publice regens gram atice ».
P ro p resb y tero S tefan o de la canava. — Iohannes de E gra nihil
certi p ro m isit pro doctrina fratris sui Carlini et Petri Pauli ejus filii
q u i co m p o n u n t n eutra. — D . presbyt. Ciprianus Basigalupus prom isit
sp o n te p ro laurentino filio Stefani rattoni qui com ponit M S.
scrip ta), s. V I . — M archion
(manu-
de Vultabio promisit pro filio suo qui
co m p o n it activ a, s. V . — M agister Augustinus de Novis pro filio suo
q u i co m p o n it M S. prom isit s. V . — Pantaleon Lim inatus pro nepote
su o qui co m p o n it M S. nondum promisit certam m ercedem . — D . frater
Iu lia n u s d e m ari pro duobus nepotibus suis promisit s. V , qui legunt
d on atu m . — Iohan nes de Camulio pro filio suo qui legit psalterium
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non pactum fecit. — Dominicus de monella non loquutus est m ecum
pro filio suo qui legit donatum.
1500. 4 G iugno. — Infra a me notati sunt Scholastici m ei R icard i
de Ricardis de Auula. — Bartholomelinus et Francischettus filii exim ii
viri magistri Baptistae de Ricardis de Auula medici latinantes — q u o ­
rum mercedis incertus sum: quia nepotes mei sunt. — Item Baptinus filius
Simonis de Zoalio in activis — ejus merces non est solidorum I I I I or pro
mense, quia pauper est. — Item Francischettus filius U ghiotti aurificis
latinans in activis. - Item Augustinettus nepos dom. Laurentii aurificis
de passano inops in activis. — Item Octavianus nepos dom inae M ariolae
uxoris magistri cultelarii donatum legens: inops. — Item A n d re ttu s filius
dom. Bartholomei Ritii in donato activa legens incipiens. — Item H ieroniminus filius Bartholomei Pellacii phrygionis borderii : latinans in activis. — Item Catharinetta et Petrinus filii magistri Ioannis tonsoris
de bernardis donatum legens syllabicandum. — Item L eon ard in u s fi­
lius L azari berietterii : psalterium legens. — Item Laurentinus filius
prosperi pelliparii de Camullio donatum legens syllabicando : quan­
doque. — Item Baptinus filius Pantalinis de Bruges tabellam leg en s.
— Item Ierom ettus filius Nicolinae uxoris qm. Iacobi S p in u lae reven ditoris vestium : tabellam legens. — Item Sebastianinus filius B arth o­
lomei de Castelleto donatum legens: ex causa. — Item T ognin u s
frater Baptini qm. Serafini de Sigestro orientali littore : in d on ato. —
Haec est summa miseriae meae cui mihi Spect. et Insignes D om ini
patres Com unis Civitatis Genuae quantum adjuta fortuna sit satis ani­
madvertere facile potestis ut adeo ad nihilum redactus sim : q uum vix
discipulorum merces meorum domus pensionem mihi suppeditare queat.
Quocirca humanitati ingenti vestrae h u m iliter, suppliciterve m e com ­
mendo. — Idem Ricardus de Ricardis de A u u la gram m aticae p ro­
fessor. d. v. servitor.
Infrascripti sunt scolares magistri Martini de Vercellis. — F ilii qm .
A ugustini A u rie, duo. — Filii qm. Ieronimi Aurie, duo. — F ilii d .ni
vescontis A u rie , duo. — Filius d.ni Augustini A u rie de B ru g es. —
Filii D.ni L azari de Grimaldis Cebe, duo. — Filius d .ni fed erici Im ­
perialis. — N epos d.ni Baptiste Spinuli qm. Thom e. — N ep o s d. pauli
Lercarii. — Filii M. Iacobi Sbarroie. — A quibus habet seu recep it
soldos vigiliti in m ense: excepto a filiis duobus Lazari de G rim ald is a
quo habet ducatos decem in anno.
Magr. A lex iu s et presbiter Lazarus Socii in edocendis pueris g r e c e
et latine. — Nomina sunt haec: Carlinus filius A n geli C attan ei, sol. X .
— H ieronym us frater e iu s , sol. X. — Zanetinus Luchini d e M arinis,
sol. X . — M axim us frater eiu s, sol. X . — Am broxius I o : F ra n cisc i
p a la v icin i, sol. X . — Cattaninus Bernardi F lis c i, sol. X . — Io: fran­
ciscus frater, sol. X . — Franciscus Simonis L e rc a rii, sol. X . — H ie ­
ronymus petri de grimaldis nihil adhuc quia nuper venit : et cu p it proGiorn. St. c Lelt. della Liguria.
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322
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fiteri g r e c e . — I o : A n to n iu s R aphaelis Z in i, sol. X · — A u gu stin us
H ie ro n im i M e r e lli, sol. X . — N icholoxin us A le x a n d ri S a u li , sol. X .
— B erthom elin u s S im on is C a s e li, sol. V I . — D om en ich in u s frater,
sol. V I . — A ntonius I o : F ra n e. Catanei, sol. V I. — N icolinus frater,
so l. V I . — M an ellin us d e San cta M argar., sol. V . — V in een tiu s Bart.
so l. V . — B en ed ictu s B ern ard i, sol. V . — Io: Iacobu s p e leg i de turrig lia , so l. V I . — Io: B aptinus M artini G rim aldi, sol. V I .
D iscip u li M agistri A n to n ii S yllan i. — D u o filii d .ni L u isii de B re­
v e rio p ro gra eco et latino, sol. 20. — U nus filius d.ni francisci sophiae
so l. 10 , qui non solvit. — U nus filius d.ni bernardi d e C astilgiono,
so l. 10. — T re s filii d .ni daniellis Spinulae , sol. 25. — U nus filius
d.ni m ainerii notarii de recho, sol. 10. — U nus filius d.ni gregorii doriae , sol. 10. — U nus filius d.ni Iacobi de m aiolo , sol. 20. — Unus
filius d.ni pauli dodoni , sol. 10. — U nus filius d.ni valentini furlani
m ilitis, nihil — D uo filii d.ni Marci A n ton ii M alvezii bononiensis mi­
litis, sol. 30. — U nus filius d .n i m arci Spinule, sol. 10. — U nus filius
d.ni bap tistae doriae , sòl. 20. — U nus filius d.ni iacobi centurionis,
sol. 10. — U nus filius d.ni baptistae notarii Sem ini, sol. 20. — Unus
n ep o s d.ni hieronim i argenteorum vasorum artifex , sol. 10. — Unus
n ep o s d.ni bernardi de Castigliono, sol. 10. — Unus nepos d.ni iacobi
an xae , nihil. — U nus frater d.ni iohannis decrixio , sol. 15. — Unus
filius d.ni pantaleoni grisoli, sol. 10. — Unus filius d.ni baptistae no­
stri vicini a ro m a ta rii, nihil. — Unus filius d .ni A n d reae arom atarii,
n ih il. — U nus filius d.ni galeazii paschalis, sold. 10 — U nus filius
d.ni hieronym i de negronis, sol. 15. — D uo filii m agistri bartholom ei
arith m etici, nihil. — T res fratres servorum amore dei, nihil. — Quidam
p a u p e rcu lu s cuius presens nomen ignoro , nihil. — D uo filii d. nich o la i preconis, am icitia, nihil.
P ro presb. Stephanus de la canava. — Ioannes A n d reas de E gra
nihil certi prom isit pro doctrina fratris sui Carlini et Petri pauli ejus
filii q u i com ponunt neutra. — D. presb. ciprianus basigalupus pro­
m isit sp on te pro laurentino filio stephani rattoni qui com ponit ms.,
s. V I . — M archion
de V ultabio promisit pro filio suo qui com ponit
a c tiv a , sol. V . — M agister Augustinus de novis pro filio suo qui com ­
p o n it m s., prom isit, sol. V . — Pantaleon liminatus pro nepote suo qui
co m p o n it M s., nondum promisit certam m ercedem . — D . frater Iulian us d e mari pro duobus nepotibus suis qui legunt donatum , pro­
m isit sol. V . — Ioannes de camulio pro filio sui qui legit psalterium
non p a ctu m fecit. — Dominicus de monelia non loquutus est mecum
p ro filio suo qui legit donatum.
P ro M agistro A lexandro de Ortingo Latinantes. — M atheus D exid erii de M ortario. — Iohannes Terami B aziani, sol. 10. — G regorius
L o d o v ic i S pin ulae. — Benedictus domini Constantini A u rie. — Ioan ­
nes con d am Prosperi Lom elini et Bernardus fr. -
Baatista Ciprianus
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Gaspar magistri Pauli Gentilis , nihil. — Bertulumeus con d am L azari
^ome ini, sol. io .
Andreas condam Baptistae de L evan to, so l. io .
— Franciscus Iohannis Castilioni, nihil. — Pantaleus B enedicti d e R a ­
pallo, sol. io . - Gregorius Michaelis Pasque. - Baptista G reg o rii de
baco et frater, sol. 13, pro ambobus. Hieronimus D esiderii b an chern. - Frater Pantaleus Bartolomei Prezende et L udovicus frater,
sol. 10 pro singulo. — Baptista condam Francisci Spinule d e C ab ella.
Iacobus et Martinus et Bertolomaeus de Nigro. — A n ton ius B ertolomeus S e m in i, sol. 10. — Baptista et Petrus Luci Barsi cum fratre,
so . X V pro ambobus. — Baptista Simonis M astruzii, sol. X . — Pasqualis q. Ioannis Molasanae. — Baptista Nicolai de F u xen a, nihil —
Bertolomeus et Franpiscus Raphaellis Bozomi. — Iacobus B enedicti
Senaregae. — Federicus d.ni Francisci Spinule — Iacobus Ioannis A n ­
tonii Cavatie.
M agister Antonius Castilionus. — D.nus Stephanus Iustinianus pro
duobus filiis. — D.nus Stephanus de Monelia pro duobus filiis —
D.nus Lucas Iustinianus pro uno filio. — D.nus Francus Iustinianus
pro uno filio , s. X . — D.nus Iacobus Iustininus pro uno filio , s. X .
— D.nus Caesar Cataneus pro uno filio. — D.nus Sistus L o m elin u s
pro uno filio. — D.nus Thomas Iudex pro tribus filiis. — D .n u s N i­
colaus Pallavicinus pro duobus filiis, s. X V I. — D.nus francus de L e ­
vanto pro duobus filiis. — D.nus Stephanus Zanotus pro uno fratre.
— D.nus Petrus de Promontorio, s. X . — Magister G abriel d e V ernatia pro uno fratre, s. X . — D.nus Benedictus de D onodei pro uno
filio, s. X . — D.nus Barthoiomeus de Sênarega pro uno filio. — D o ­
minus Antonius Parmarinus pro duobus filiis, s. X V . — D .n u s A n d reas
de Serra pro uno filio , s. X. — D.nus Matheus de M ontenigro pro
uno filio. — D .nus Iacobus Castilioneus pro uno filio. — D .n u s B apta
de Opizalo pro uno filio. — D.nus Nicolaus Boccaleco pro tribus filiis.
— D .na M arietina de Montesoro pro uno filio, s. V . — D .n a P om eta
de Castanea, s. V .
Pro M. N ie.0 de Tivenia sive de Arcula. — Nicolaus M arinus q .
Thom e, s, 10. — Petrus Ivaldus q. Pauli, s. 10. Raphael d e M aris d.
Iuliani, s. 6. — Ilarius de Franchis d. Simonis, s. 10. — Ieron im us
Curius d. D am iani. — Io. marie Ioncardus m. B arth o l., s. 8. — N i­
colaus N egronus d. Baldasaris, s. 20. — Bernardinus L erca riu s q .
Carli, s. 6. — Baptista Capharotus m. Bernardi, s. 7. — Ioh an es F e r ­
rarius q. I a c o b i, s. 8. — Nicolaus Marinus d. G a sp a ri, s. 10. — Io .
Franciscu^ Calvus q. Baptiste, s. 6. — Lucianus Lercarius q. B arth o­
lomei, s. 8. — Baptista Corexole q. Melchionis. s. 6. — Ieron im u s d e
S.° Blaxio m. Gasparis, s. 4. — Baptista Castilionis m. Placen tini, s. 7.
— Iacobus de V aldetario m. Antonii, s. 7. — Bertinus C astilionus m .
Placentini, s. 7. — Franciscus Castilionus m. Placentini, s. 6. — C arlinus G rilus d. D avid. — Io. Augustinus Rebrochus m. B ap tiste, s. 5.
— Lazarus de Çlavaro m. Sentini, s. 7. — Thom as N igronus q . C on -
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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stantini, s. 7. — A u g n s tin u s de C lavaro m. M artini, s. 5.
Baptista
P ra to m . A n to n ii , s. 5. — Ieronim us de D iano m . B la x n , s. 5. —
G re g o riu s P avaran o m . A n d re e . — A m b ro xin u s C asareg iu s m . B ene­
d icti. — P etru s C asareg iu s frater eius. — G rego riu s d e R e ch o m.
F ra n cisci, s. 5. — A n to n iu s C ingolo q. M elchionis , s. 5.
Raphael
C astilio n u s m . P au n tini, s. 5. — F ran e, de L evan to m. B aptiste, s. 5.
_ Io . F ran ciscu s M aine m . m aneri, s. 5. — Chezinus de P onte m.
B arth ., s. 5. — A n d re a s de C ev a m . Pauli , s. 5. — B ernardinus de
C astro n o vo m . A n ton ii, s. 5. — Ieronim us de F o rn o vo m . raphaelis,
s. 5. — S im on de N o vis m . Petri, s. 5. — A n ton iu s de B laxio m. Ieronim i, s. 5. — Io . M arie R ato m. D om inici, s .5. — Paulus de Palm o
m . Iohan nis, s. 5. — Io. M aria de Castronovo m. A n ton ii , s. 5. —
Io h an n es d e V a ld eta ro m . A n ton ii, s. 5.
G otardus Pium a m. Barth o lo m ei. s. 5, — Iohanes Baptista L ercarius d. A lu ix i , s. 5. — A n ­
ton iu s M ontaldus d. R aphaelis, s. 5. — Franciscus L ercariu s d. Ieron im i, s. 5 — A n to n iu s Palm arius d. Ieronim i, s. 5.
L auren tius Gavo tu s m . S en tin i, s. 5. — Ieronim us Canevarus m. R aphaelis, s. 5. —
P etru s d e R apalo M. A n to n ii, s. 5.
M a gister christophorus de corvaria qui manet in dom o d.n i F ran ­
cisci M usce a quo h abet tam en mansionem habet infrascriptos discidu los d antes singulis m ensibus infrascriptam m ercedem . — E t prim o:
— Iohan nes filius d .n i Francisci Mosce. — D om inicus , M axinus et
L u c a s fratres et filii d . N icolai ritii singulis m ensibus, s. X II, den. V II.
— G en esiu s filius B aptiste de Clavaro, s. V II. — A n ton iu s filius Ber­
nard i d e C astiliono, s. V I I . — Franciscus filius R aphaellis G azi. s. V II.
P an talin u s filius Iohannis F acii, s. V II. — G regorius et baptinus fra­
tres e t filii dom ini A n g e li de corvaria , s. X V . — '· Iohannes Baptista
filius C h ristoph o ri de Torrilia. s. V I. - Franciscus filius A ugustin i
C ap h a ro ti, s. V . — Iohannes Baptista Bartolom ei de V a l t , s. V . —
F ra n c is c u s filius......... de Casa. s. V . — Lucianus filius L azari Ritii,
s. V I I . — Fran ciscu s filius Lazari R it ii, s. V II. —
D avid filius Io­
h an n is d e C orvaria, s. V . — Nardinus et augustinus fratres et filii d o ­
m ini F ra n ch i de G odano, lib. 1.
Baptista filius A ntonii de C lavaro,
s. V I . — F ran ciscu s filius Baptiste filaterii, s. V II. — A n d reas filius
B ern a rd i d e C osta, s. V II. - Benedictus filius N icolai T ab on ie, s. V .
_ A n to n iu s filius Baptiste de Segestro, s. IIII. Franciscus filius D o­
m in ici M u s ti, s. V . — Nicolosinus filius B artolom ei, s. V . — H ieron im u s filius A n ton ii d e T aro, s. V . Pantalinus filius Iohannis Canova,
s# v n # — A n to n iu s eius filius, s. V . — G regorius qm . N icolai R abie,
s. V . — B artholom eus filius A n geli de Levanto, s. V . — A n d reas fi­
liu s M ath ie F ra m u re , s. V I . — Viantius filius Baptiste de V ergo n o ,
s. V . — L au ren tiu s filius Blasii Benedicti , s. V I. — M atthias filius
d.n i B ern ard i C asele , s. V I. — Nardinus filius G abriellis de Sanguin eto, s. V . -
B aptinus filius Iacobi de Rapalo, s. V . — Petrus Maria
filius S tep h an i , s. V . — Franciscus
filius
Donati M a rci, s. V I . —
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Bartholomeus filius augustini Boneventure. — Bartolomeus filius M atthei Rocatagliata, s. V .
Rescriptum pro d.no Baptista de Luinario. — Franciscus et Iacobu s
filii d. Pauli Sauli solvunt singuli in singulos menses solid os viginti
sine ulla pactione sive, 1. i. — Hieronjmus filius d. N icolai L om elin i
solvit in singulos menses solidos viginti sive, 1. i . — H ieronjm us filius
d. Petri Boeti solvit, sol. sex. — Baptista filius d. Gulielm i d e M o­
nacho solvit, s. io. — Io : Franciscus et Augustinus filii d. Philippi
Spinole solvunt ambo in singulos menses, 1. i. — Franciscus filius d.
Dominici de Marinis solvit, 1. i . — Petrus Iohannes filius qm . Petri
Iohannis de Ceva, 1. i. — Berthomelinus filius d. Leonardi carizani,
solvit, .. i. — Marcus filius d. Benedicti de Usumari solvit, s. io . —
Hieronym us f. d. Nicolai Brignolis s o lv it, s. io. — Christophaninus
cum fratre filii d. Raphaelis de Frascarolis solvunt, 1. i s. 5. — Io ­
hannes filiUs d. Raphaelis de Odono solvit s. 12. — Paulinus filius d.
Stephani C igalle solvit s. 10. — Stephanus filius d. Laurentii de Fornariis solvit s. 15. — Barthomelinus filius d. Andreae de P astin e solvit
s. 10. — Iohannes filius d. Lazari Coste. — Octavianus f. d. Marchionis Imperialis solvit s. 10. — Simon et Stephanus filii d.ni A u g u ­
stini Mortarii solvit. — Io. Augustinus et Mathelinus filii d. R aph aelis
de ferrariis solvunt ambo 1. 1. — T res filii d. Iacobi d e N igro 1. 1
s. 7. - Dom inicus filius d. Hieronymi Fornarii solvit s. 15. — G eorgius filius d. Io. Petri de Piro, s. 5 — Gregorius filius A u g u stin i Carege. — Thom as filius vel nepos d. Iofredi de R osecho , s. 10. —
Bapta filius d. Baldassaris Catanei, s. 15. — Melrasinus filius d . N i­
colai M erlasini solvit s. 10. — Io : Baptinus filius d. H iero n ym i de
Costa solvit s. 15. — Io: filiùs d. Bapte Senaregae solvit s. 5. — Bastianus filius d. Pelegrine de Oliva solvit s. 10. — Io : F ran ciscu s fi­
lius d. N icolai de Monte Aguo solvit s. 10. — H ieronym us filius d.
Bernardi V en erosi solvit s. 10. — Ioannes filius d. Iacobi d e F o lle .
— Lazarinus filius d. Nicolai Carabili, s. 6. — Ioannes filius d. B er­
nardi de Montano , s. 8. — Antonius de Io: C a d e re , s. 8. — H ie ro ­
nymus filius d. Bartholomei de Caze s. 8. — Bernardolus e t B atin us
filii d. Io; M ariae de Pegli ambo, s. 16. — Augustinus filius d . M a­
nine de V en eroso, s. 8. — Bapta filius d......... Bolgani. — L au ren tiu s
filius d. qm . Antonii Foche, s. 8. — Obertinus filius qm . C osm i S co arzafici, s. 7. — Petrus Iohannes filius d. Cosmi de A b atibu s, s. 10.
M agistri Sim onis Arada de Clavaro. — Ieronymus R ich em e d . R a ­
phaelis lanerii. — Iacobus Vanotus Petri coralerii. — Io.
B ap tista d e
Roboreto A ntonii lanerii. — Baptinus de Sigestro A n ton ii lanerii —
Panthaleo calegarius qm. Marchini — Nicolaus Bossius q m . G re g o rii
lanerii- — A u g u st. speciarius olim Baptiste. — N icolaus d e la
coralerius Baptiste. -
b on a
Barth. de Octono Baptini m ulaterii. — N ico lau s
Cicadis Bart. carzatoris. — A u g. de Mediolano Martini acim atoris. —
Rainaldus de Campodezasco Nicolai textoris velutorum . — S im o n e tu s
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d e L e v a g io A m b ro sii te x to ris. — A n t. de Pralio B ap tiste textoris velu to ru m . — P etru s F in a riu s qm . Bernardi de b u rgo bisannis. — Barth o lo m eu s d e A lio Ioh an nis tabernarii. — Ioannes M aria lupus blancus
q m . P a u le ti. — Iacob u s d e P alio Bernardi textoris cinctorum . — Barth o l. S ic iu s Iu lian i furnarii. — Io: A n ton iu s de A ra d a Step h an i fur­
n arii. L a z a riu s su to r N icolin i d e R echo. — B ertolus su tor D om inici
d e F ro n ti. F ra n ciscu s barberiu s Petri B ergazan e. — P asqualinus F on ­
tana M arch i te xto ris. — P hilippus de Plazia Bernardi te xto ris velutorum . — Ieron im u s d e Zoalio A n ton ii filatoris serici. — M ichael Botus
n u nc infirm us A n to n ii. — Leonardus bancararius Bernardi de C ucurn o.
— B ap tin u s de B u rg o n o vo Bartholom ei tabellarii. — A m p eliu s V itrerius B ap tin i n epos. — M inetus Bochardus Benedicti m olinarii. — Ba­
p tin u s d e P lazia nepos B ernardi calciolarii. — B aptinus C olum binus
D o m in ic i te xto ris velu toru m . — Bartholom eus F elu p acii Ieronim i lembu larii. — A u g u stin u s de B rignolis Lazarini acim atoris. — Pauletus
m axacan u s A n g e le ti — Costantinus de C azasco Iuliani barberii solus
so lv it sold os q uin que pro singulo mense. — D e psalterio scolares d e ­
cem in circa. — D e tabula circa totidem .
N o ta ti scholares presb yteri Dom inici A lb erici. — T res filii d .n i Be­
n ed icti d e G rim ald is D .n i Iohannis Bapte. — Unus filius d.ni G eo rgii
d e G rim a ld is. — U nus filius d.ni philippi Spinulae. — D u o filli d.ni
B ern ard i C enturionis. — D uo filli Francisci de Plebe. — U nus filius
Iohan nis d e Bobio.
H a e c sunt nom ina scolasticorum p. Dominici de Sarzane. — H ieron im u s, S istu s de M onella fratres, sol. 20. — Stephanus Cattaneus.
— D a v id , A n to n iu s , Christophorus , G regorius fratres et filii M ar­
tini P asalii sol. 30. — A n d reas de M a ri, Iacobus eius frater filii
C ip ria n i d e M ari sol. 16. — Raphael Pernix. — Franciscus, H ieron im u s, I o : M aria alii Stephani Turbini sol. 15. — L u d o v ic u s , R aphael
filii D am ian i d e R ip arolio. — Baptista de Vitalis, sol. 7 — Bernardi­
n i . — C hristophorus M erelus, sol.’ 6. — Thom as de Pasolio. — S te­
ph an u s frater. - H ieronym us, Baptista, Augustinus filii Benedicti de
G rim a ld is. — S tephanus, Io : Bapta filii Georgii de Grim aldis s. 15.
— A n to n iu s , G regoriu s filii Bart. de Nahono. — H ieronym us de meza n o . - D om inicu s Dominici de Ponte. — Antonius V incen tius filii.
— B ap ta Iacobi de Sigestro, sol. V II. - A n t. de Micono. — Io: fran­
ciscu s M agistri Martini G atti. — Bartholomeus Spinula , s. V III . —
Ia co b u s M archexius, s. V . — Iacobus Pelicianus, s. V I. — Iacobus fi­
lius G re g o rii de Rosano.
D iscip u li Ioannis Mattei lunensis. — Benedictus Iustinianus , s. X .
— F a b ia n u s Iustinianus, s. X . — Franciscus Chiarellus, s. X . — Phi­
lip p u s C an u s, s. X . - Ioannes Andreas Gropallus, s. X . — Ioannes
A u g u stin u s F aciu s, s. X . — Vincentius Canus, s. X . — L ucas Canus
s. X . — F ran ciscu s M echotus, s. X V . — Ioannes G e ra rd u s, s. XV.*
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— 327 —
— Ioannes Baptista Cataneus, s. X V . — Paulus Delphinus, s. X V . —
Vincentius Bulgarus, s. X V . — Ioannes Rechus, s. X X . — Ioannes
Bancus, s. X X . — Gregorius Podius. — Petrus de C oronato. — Io ­
annes baptista garibaldus minore precio hoc est amore dei.
.................................. (i). — Ieronimus q. Bertolomei B argalii, s. io .
— Antonius q. D.ni Iohannis Spinulorum de Insula. — B artolom eus
D.ni christofori spinule. — Franciscus Dominici de Sigestro, s. io . Am broxius Leonardi Roze cum fratre, s. 16 pro ambobus. — B aptista
Petri de Cam ulio cum fratre, s. 15 pro amb. — Franciscus Stephani
Frascarie. — Thom as Petri Antonii Moroti, s. 10. — Ioannes F ra n ­
ciscus Marci Porei, s. 8. — Baptista Pel veri Piliaschi cum fratre, s. 15
pro amb. P Mateus Iacobi Molini cum fratre. — Baptista B artolom ei
bancherii. — Augustinus Bertol. Veneti. — Thomas Iuliani d e C u n eo.
— Paulus Ieronim i de Loco. — Franciscus Domini Iacobi d e F aro ,
s. 7. — Cristoferus Iohannis de Terile, s. 8. — Baptista A n to n ii de
Franchis cum fratre. — Vincentius Filipi Lavanie. — B ertolom eus S i­
monis Fontane Rubre, s. 7. — Simon q. Antonii de Puteo. — B apti­
sta Sim ono de Novis. — Paganinus Iohannes baptista d e ferrariis,
nihil. — Ieronimus Augustini Cavatie, s. 8. — Cristoforus Z enexii de
Rapalo. — Bernardus Gregorii de Camulio, s. 5. — A n ton iu s N ico lai
de Levanto, s. 5. — Benedictus Iohannis Linteto, s. 5. — Ieronim us
q. Leonardi de Manerio cum fratre. — Petrus Iohannis B ap tiste de
Clavaro. — Ieronimus Iacobi de Firinta, s. 5. — Iohannes A u g u stin u s
Batiste de G a v io , s. 5. — Baptista Iacobi de Porta. — B atista F ra n ­
cisci de G avio, s. 5. — Antonius Filipi de Castelaro , s. 5. — L u cas
Bertolom ei de Insula. — Augustinus Baptista Boraxini cum fratre s. 5
singuli. — Benedictus Iacobi de Castelo, s. 5. — Iohanne M artini de
Roca, am ore dei. — Paulus Angelete de Clavaro,· amore d ei. — B ertinus de Canavisio, nihil. — Simon de Franchis, s. 5.
Domicilio i?i Genova di vari maestri sul principio del sec. X V I .
Sacerdotes collegiati: p. Iacobus Anserm us prepositus in
S an cto
G eorgio. — p. Antonius Zerbus apud S. Matheum. — p . G otard u s
de Novis in claustro S. Laurentii. — p. Sebastianus de T a b ia apud
Vineas. — p. Nicolaus de Cabella apud S .
Paulum. — p. A n ton iu s
de D ertona in Sancto Marcelino. — Magistri non collegiati : M axellus
Beneventanus apud Rosam Suxilie. — Iacobus Silanus in d om o B a p ­
tista de m archese. — Nicolaus de Arcula in platea fatinanti. — A l e ­
xander Parmensis apud S. Genexium. — p. Dominicus d e P astin a apud pontem Spinulorum. — p. Iacobus Lunensis apud p ontem cotelariorum. — p. Lazarius de fornovo apud Saulos.
p. B ap ta S u p e r ­
bus in eodem circulo. — p. Bernardus massocus in V alloria. — p. pe-
(1) M u t ilo in p r in c ip io . L a lista è in t it o la ta
per repetitorem.
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—
328 —
tru s d e R im azorio in cacum ine plani. — A ltri m aestri : Ricardus de
A u u la in C am p eto . — Sim on A rad u s de C lavaro in vico ripe alte. —
A le x a n d e r M antuanus in plateola ultra Suxiliam . — Baptista Lavinarius
in p la te a C icad aru m . — Martinus de A rqu ata apud A u gu stin u m de
A u r ia . — Fran ciscu s de C lavario in vico Marufforum. — L o d ixiu s de
A r q u a ta in d om o D .ni Potestatis. — Iohannes M atheus de V illa in
p o rticu q m . Petri cte R ipalta. — Cristophorus de C rovaria a tergo
d .n i O b erti foliete. — A n ton iu s de Castiliono apud plateam Iustiniani.
— B ap ta d e A q u is a tergo Francisci et Dom inici C enturionum . —
p . B a r t.m eu s de C am ulio in Sancta Cruxe. — p. L aurentius D urante
in S .c ta M aria gratiarum antiqua. — p. Laurentius de B orzen gio apud
lo g ia m p ica petre. — p. A u gu stu s de pasano in porta nova.
A ngelo
M assa.
V A RIET À
GIUNTE AL LESSICO DELL’ANTICO DIALETTO LIGURE
(D AL
« L I B R O D E L A M IS E R A HUMAN A C O N D I C I O N E ») ( i ) .
acegar 134, accecare; G iam b., p. 28, abbagliare,
aconcordeuer 138, concorde: a zo che l’ incomenzcimento
chi e povero e Ila firn pouera seam aconcordeuer a lo mezo.
adrizzar 1 7 3 , indirizzare; v. , con significato evoluto,
adrizare, racconciare (adrizare vias), in G M L , p. 14.
(1)
C o m e h o d im o s tr a to
n e g li
Studj di Filologia Romanza ( v o l. I X ,
f a s e . 26), q u e s t o li b r o , c o n s e r v a t o n e l co d . 31-3-23 d e lla B ib lio t e c a d e lla M is ­
s i o n e U r b a n a d i G e n o v a ( s e c . X I V ) , è, p e r la m a g g io r p a r t e , u n a t r a d u ­
z i o n e l e t t e r a l e d e l l a M iseria dell’ Uomo d i B o n o G ia m b o n i. R ig u a r d o a lla
c o m p i l a z i o n e d e l m io b r e v e le s s ic o — d o v e h o r a c c o lt o s o lo i v o c a b o li c h e
n o n o c c o r r o n o n e l le s s ic o d e l F le c h ia (Archivio Glottologico II., v o l. V I I I ,
p 317 e s g g .) e n e l le s s ic o d e l P a ro d i (ib., v o l. X V , p . 42 e s g g .) , e q u e l li
c h e , p u r t r o v a n d o v i s i n o t a t i, p r e s e n ta v a n o n o t e v o li d iffe r e n z e d i fo r m a o d i
s i g n i f i c a t o — a v v e r t o c h e , p e r re n d e r lo p iù m e to d ic o e u t ile , m i so n v a ls o
d e l l a c o r r i s p o n d e n z a d e l libro co n l ’ o r ig in a le in v o lg a r e t o s c a n o e , p e r
q u a n t o e r a p o s s i b i l e , c o n il D e Contemptu Mundi d i I n n o c e n z o I I I , fo n t e
p r i m a e m e d i a t a d e l l ’ o p e r a , m e tte n d o cosi in e v id e n z a a n c h e q u e i p o c h is ­
s i m i c a s i n e i q u a li si p u ò a g e v o lm e n te so s p e tta re c h e il t r a d u t t o r e , a n z ic h é
a t t i n g e r e a l p r o p r i o p a t r im o n io d ia le tta le , a b b ia s o lta n to a t t e g g ia t o i v o c a ­
b o li t o s c a n i s e c o n d o le n o r m e d e l d ia le tto lig u r e . — I l n u m e ro a c c a n t o r i­
m a n d a a l l e p a g in e d e l c o d ic e . H o u s a to d e l G ia m b o n i, c it a n d o , l ’ e d iz io n e
S i l v e s t r i . L e s i g l e G M L , L P , L F , S D P, si r ife r is c o n o r is p e t t iv a m e n t e a l
G lossario Medievale L ig ure d i G i r o l a m o R o s s i , T o r in o , 1896 ; a l lessico
lessico F l e c h i a , e a l lessico dell’antico dialetto pavese e d . d a l
S a l v i o n i n e l Bollettino della Soc. Pav. di St. P ., a n n o I I , 1902 , p . 218
P a r o d i, al
e sgg.
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— 329 —
a f r e z a r s e 145, G ia m b ., p. 48 , affrettarsi; cfr. afrezasse
in Arch. Glott., I l i , p. 276, e afreçar, ib. X , p. 252.
agno 170, anno, come tyragno da tyrannus, in libro 176.
a g o g ia 141, G ia m b ., p. 40, ago; cfr. lomb. aogia in Arch.
Glott., X I V , p. 205; genov. odierno agoggia (Diz. C A S A C C I A ) .
Per l’etim ologia, v. il Lateinisch. roman. Wôrt. di G . KòRt i n g , n. 125.
a lo g a r 135 , collocare; G iam b ., p. 31, alluogare; gen . od.
allûgâ.
a ly g a r 120, leg a re; G iam b ., p. 31, allegare; I n n o c e n z o
III, D . Cont. Mundi., cap. IIII, lib. I, alligare.
a m a n y s t r a r 146, G iam b., p. 50, amministrare,
a m a s s a r 135, G ia m b ., p. 32, radunare; cfr. lom b.
in A rch. Glott., X I V , p. 205.
a n g u s tia r 1 37 , radunare, raccogliere in luogo angusto:
angustiar aitey, radunare ricchezze,
a r a y s a r s e 174, radicarsi,
a s e r u ir 139, obbligare: eli e aseruio a far.
a s ig n a r 157, G ia m b ., p. 64, assegnare,
a sm in u ir 116, diminuire, G ia m b ., p. 5, schencire.
a s s in a r 117, assassinare, più volte; ma, nelle Rime pubbl.
dal P a r o d i in Arch. Glott., X , 109 e s g g ., sempre asaxinar , asaxim.
asto 152, astio; G ia m b ., p. 58, malanimo; dal lat. astus.
auillir 145, G ia m b ., p. 37, avvilire,
a u is t e ç a 148, avvedutezza; cfr. uisteça in L F, p. 403, e
auisto in L P, p. 49.
babio 137, G ia m b ., p. 35, talpa; scomparso forse nell’od.
gen., si trova, con significato diverso, nell’od. piem., babi,
rospo, intorno al quale v. F l e c h i a , Arch. Glott., II, p. 34.
Il gen. od. ha però bagio, rospo ; e nulla vieta di credere
che il trad. designasse la talpa col voc. babio per certe analogie fra i due animali.
b r e s c a 1 5 0 , favo; G i a m b . , p. 5 5 , fiale. E probabile qui
un fraintendimento del traduttore. In G M L , p. 2 8 , è no­
tato bresca per favo, dal lat. bnsca. Cfr. K ò r t in g - , n. 1578
e le osserv. di' W a g n e r in Arch. Stor. Sardo, I, 143.
b ru tezo 130, bruttura, putridume; cfr. brutecium in G M L,
p. 29.
c a u a l a r ia 168, milizia; G ia m b ., p. 77 , cavalleria; D e
Cont. M undi, cap. X X , lib. I, militia.
c h io d e r 152, G ia m b ., p. 58, chiudere.
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chioenda 1 4 6 , ch iu d en d a , G iam b. , p. 5 0 , siep e; cfr.
çoendam in Lessico lat. del P a r o d i , Arch. G lott., X IV ,
p. 21.
c irc u m d a re 143, andare attorn o : corno li fa n ti chi uam
circumdando; cfr. circondo, d ’ attorno, in L P , 54, circundamento in Arch. Glott., X , p. 581; e circundare in S D P,
P· 3 5 ·
co b ia 179, G ia m b ., p. 60, coppia; cfr. cobia in G M L ,
p . 38, m a con altro significato.
c o m p re y so 134, offuscato; compreyso de luxuna; G iam b.,
p. 28, com preso.
com m onie 136, G ia m b ., p. 32, comunanze,
com unali 160, m em bri di un comune ; cfr. comunaha in
G M L, p. 40.
conzunzim ento 146, G ia m b ., p. 50, congiungim ento ; cfr.
zunçe in L F, p. 406.
c o s h a 122, G iam b ., p. 15, coscia,
culto 156, corto: la uita culta.
d a n g ie r 166, danno, pericolo?: d’ esser agraué... per le
soe inimistae e de lo so dangier.
d e lic a r s s e 162, G ia m b ., p. 73, lisciarsi,
desan gu alitae 1 39, disuguaglianza ; cfr. enguar in L F ,
p· 350.
d e sa v e n tu ra 141, disgrazia.
d e s c h ia r a r 119, chiarire, far luce: deschiarar soura la
miseria.
d e s c o r r e r 116, G ia m b ., p. 5, scorrere,
desdegnam ento 134, disprezzo; G ia m b ., p. 29, disdegnam ento.
d e sg e rir 155, G iam b., p. 62, digerire,
deslià [r] 165, sleale; cfr. delear e deslegai in L P, p. 57·
destem p erao 124, G iam b., p. 17, stemperato: logo destemperao a Vayre de questo mondo; cfr. destemperanza , incle­
menza del tempo, in L P, p. 58.
d e ste r g a r 178, purificare, dal lat. detergere (cfr., per il
prefìsso, descrescenza dal lat. decrescere in L F, p. 346) con
lo scambio della coniugazione.
d e su eg n ir 126, venir meno, svenire.
diputao 146, ascritto assegnato ; la soa fam igia, la qual
s i e diputaa a lo so seruixio; Giamb., p. 49, diputato.
dobio 151, G iam b., p. 56, doppio; cfr. indietro cobia.
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331
—
dona 156, p ad ro n a; de dona deuem sema.
eninuidia 153, invidia; per il prefisso en, cfr, encernue in
L
F , p.
350.
e s c h a 119, G ia m b ., p. 10, esca.
e stre p ir 1 2 5 , indebolire: la negieza.... Il’ odora estrepisse
e Ilo thocar asì ; GlAMB., p. 20, scipidire.
te m e n t e 1 3 1 , adirato , furioso , f eruenti contra le cosse
temporale.
fia c o x a 125, fiacca, debole: uoxe fiacoxa.
fia r o x a 155, con fiato putente; G iam b., p. 63, fìatosa.
fig u r a 127, G ia m b ., p. 22, sim ilitudine letteraria,
floo 135, G ia m b ., p. 31, frode.
fr a c h è 1 6 3 , f i a c c a t e , f r a g i l i ; c f r . fraso e frazo i n L F ,
P· 3 5 4 · b
frandigi 1 2 5 , fradici (cariati?): dentifrandigi; G ia m b .,
p. 20, fracid i; cfr. intropicho, più innanzi,
frau 151 , frode.
fr a u e g o 127, G ia m b ., p. 22, fabbro; cfr. frauego , orafo,
in G M L , p. 115.
fro 179, fro d e .
fu rtà 1 5 8 , r u b a r e ; v . /urtare in D e B a r t h o l o m a e i s ,
La Leggenda dei Dieci Comandamenti, in Studj di F il.
Rom., v o l . V i l i , p . 39, v . 1 2 7 .
fre d o r 127, G ia m b ., p. 22, freddo.
gota 1 6 2 , g o c c i a d a l l a t . gutta, v .
in L
P,
p.
graseza,
in L
F,
p.
guastar
in v e c e
gota,
gu a n cia ,
62.
121,
G iam b ., p . 1 3 , g r a s s e z z a ; i n v e c e graxura,
357.
dissipare; guastaor, 1 4 8 , d issip a to re , scia­
lacq u ato re; G ia m b ., p. 52, guastatore.
im p a c h ia r 1 5 1 , G ia m b ., p . 5 6 , i m p a c c i a r e ; c f r . impailià
in L
F ,
148 ,
3 6 ; impachiar
impazato in S D
p.
p. 289; e
(lo m b .)
in
Arch. G lott.,
X IV ,
P , p . 39.
incontro 127, in to p p o ; G ia m b ., p. 22 , rintoppo ; v . in ­
contrar, a n d a r con tro, in libro 173.
indura 1 7 7 , p e r s i s t e r e ; c f r . ese indurao, i n L F , p . 3 5 0 .
in fe n z e rse 1 2 8 , f i n g e r e ; G iam b ., p . 2 5 , i n f i n g e r e ,
inrucinir 1 4 2 , a r r u g g i n i r e ; c f r . ruzenento i n L F , p . 3 8 5 .
insirir 1 7 8 , i n n e s t a r e : la feria ( r a m o ) de che elio insirì
I' erboro.
intropicho 137, 130, G iam b ., p. 35, idropico.
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332 —
inuegir 1 6 1 , i n v e c c h i a r e .
inurio 1 5 6 , u b b r i a c o ; G ia m b ., p . 6 4 , e b b r o ; c f r . e n u n o
i n L P , p . 60; v. p u r e i l K òrting -, o p . c it., n . 2 7 5 1 .
inzegno 1 5 5 , a r t i f ì c i o : inzegni de mandaoy; G ia m b ., p . 62,
i n g e g n o ; v . inzegno, i n t e l l e t t o , in L P , p . 65.
lagnoso 1 2 6 , lamentoso; G ia m b ., p. 20, lamentevole; cfr.
lagno in L F , p. 3 6 2 .
la r g e z a 152, l a r g h e z z a ; G ia m b ., p . 58, l i b e r a l i t à ,
laudo 148, G ia m b ., p . 55, l i u t o ; v . laudus, c o n i l s i g n i ­
f i c a t o d i n a v e , i n G M L , p . 69 , d o v e p e r l i u t o si h a i n ­
v e c e leutus; d a c o r r e g g . p r o b a b i l m e n t e i n leudo.
lea m e 162, l e t a m e .
lendene 123, G ia m b ., p. 1 5 , lendini, dal lat. lendes ; v.
anch e D e Cont. M., cap. I X , lib. I.
le y te r e 1 6 2 , l e t t i e r e , g i a c i g l i (di a n im a li) .
limoso 121, G ia m b ., p. 12, limoso.
liotae 179, lealtà, vin co lo ?: lei liotae donda elli se som
aligay.
lom brigom 1 2 3 , in se tti; G ia m b ., p. 1 5 , lo m b rich i; v.
lombricos in De C. M., cap. I X , lib. I.
m a lu a x e 141, G ia m b ., p. 42, m alagevole: à lo rìcho maluaxe uia a intrar in lo regno de cel.
m an gia 146: li conuì e li mangia; G ia m b ., p. 62, banch etti.
m a rin a 1 28, g u a sta re ; G ia m b ., p. 24, m en o vare, c r.
mairinna i n L P , p . 6 6 .
m a r c è 1 6 4 , m e r c e d i : se tu te troueray wipnxonao e
uenzuo in man de I’ inimigo, conuerate star cun elio a e
soe marce.
m e s c ià 1 55, m escolato: cosse mesciae; G ia m b ., p. 62,
m iscu gli; gen. od. mescla.
nab icadenasor 162, G iam b., p. 72, Nabucodonosor.
nauiri 165, n avigli.
negligentar 152, G ia m b ., p. 58, neghettire.
^
niure 162 , G ia m b . , p. 72, nuvole; cfr. niuola in L P ,
p. 69.
n o g en ç a 146, conoscenza: ben nogença, riconoscenza,
odia 1 5 0 , udito, sost.; G ia m b ., p. 10, udire,
ogio 133, G ia m b ., p. 27, occhio; cfr. oio in L F , p. 374 ·
olitoxo 1 23 , aulente: cosse olitoxe; nel G ia m b ., p. 15»
corrispondentem ente : soavissimi odori.
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— 333 —
o r a r 1 1 7 , G ia m b ., p. 7, p regare; v. S D P, p. 43·
o rd e n a r 1 3 0 , o b lig a re : unde le cosse brute som ordenà
a star.
otragio 125, oltraggio.
o u e r a r 130, adoperare: ouerondo li remedy.
paom 4, G ia m b ., p. 7, pavone,
p a ren ta o 146, parentado,
p a r e y s e 145, G ia m b .. p. 48, palese,
p a s s a r 116, sopportare, dal lat. pati, passus: lo sauio
no se dole per morte de caro amigo, ma zo passa secondo
che se conuem ; G ia m b ., p. 5, sofferire,
p ec u n ia 142, G ia m b ., p. 42, pecunia,
p e rfe c to 153, perfezione: cfr. perffeto in L P, p. 71, che
il Parodi pensò di sviluppare in stao perffeto\ però ab­
biamo anche tranquillo, 171, tranquillità.
p ertem 175, appartiene, conviene, dal lat. pertinet: a ti
perteni f a r inver lor la satisfaciom che ti g* e tegnuo.
p esso , p isso 130, pesce ; plur. pis s i , p iso r, pisoy , 155,
pisci, 121, pessi, 138; v. Arch. Glott., vol. IX , p. 251.
pigogi 123, G ia m b ., p. 15, pidocchi,
p rexo m 130, G ia m b ., p. 13, carcere,
p r ig e r e 1 61 , istanze ; v. prigera, istanza, in G M L,
p. 79.
p rofecto 1 4 5 , 1 5 1 , p ro fitto ; G ia m b ., p. 4 9 , pr ò’ ; cfr.
proffeto in L P, p. 71.
r e c o r r e r e 133, riandare : recorrere quello eli el a impresso
(appreso); G lA M B ., p. 28, rincorrere.
r e c u u e r a r e 131, ricuperare; recuuerare la grada de deo;
cfr. recovrare in Arch. Glott., vol. I li, p. 282.
r e q u e s ta 147, domanda; cfr. require in L F, p. 384,
r e u e r s o 122, capovolto; G ia m b ., p. 5, travolto,
r e y n a m e 119, regno: reyname de cel.
r u m e g a r 146, ruminare, volgere in mente, ma in senso
cattivo; da nimicare, cfr. Arch. Glott., vol. II, p. 7.
sa g o lò 155, G ia m b ., p. 62, satollo; cfr. saollar in L P,
p. 74.
s a lu a g o 178, selvaggio: a descazar lo saluago fritto.
s a lu o s a 172, salvabile, suscettibile di salvezza: pero che
la personna sea saluosa per uia de uirtude.
s c e y u e 157. fievole; G ia m b ., p. 6 6 , debole; cfr. xeiuer
e seiuer con ugual significato in L F, pgg. 4°3 e 3^8·
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334 —
s c h e n g e 157, G ia m b ., p. 66, scherni,
s c u s a r e 125, evitare; G iam b., p. 20, schifare,
s e g u r a r s e 167, addolorarsi: e bem e zego (cieco) cin se segura per e c c ......
sezam en ti 157, ciecamente; ved. cego in L P, p. 53.
s e x e 151, G ia m b ., p. 56, sei, che conferma la correzione
Parodi in Giorn. Lig., X III, p. 24, al L F, p. 389.
sm a x ì 155, G ia m b ., p. 62, smaltito,
sm euegnui 134, G iam b ., p. 28, venir meno; la fonte prima,
il D . C. M .f cap. X III, lib. I, ha minus inveniet.
so p erch io 155, G iam b ., p. 54, superfluo; cfr. soperzhoso
in L F, p. 390, e soperzho in L P, p. 77.
S O tà m
n ò , sotterraneo; G iam b., p. 5, sottano.
soureprixio 134, so rp re so ; G ia m b ., p. 28 , so v ra p p re so ;
cfr. sourepreyso in libro, 164, e soureprexi in L l·, p. 391.
s o u r e s ta r 1 36, sofferm arsi; G ia m b ., p. 3 3 , so p ra sta re;
v iv o , co n identico significato, nell’ od. gen. ; cfr. sourestar
in S D P, p. 48.
sp ach iam ento 164, liberazione; cfr. od. gen. spacciamento,
id en tico p er il significato,
sp o ngia 127, spugna.
stocho 142, stocco; G iam b., 42, coltello aguzzo; cfr. stochutn in G M L, p. 133.
s tr a y n e y o 148, straniero; ma anche stranyno, e stranyo,
passim; cfr. stranio in S D P, p. 49.
s tr e p e d iss e 155, G iam b ., p. 62, istipidisce; strepedisse la
soa uatura.
tem peram enti 142, G iam b., p. 42, temperatamente,
tem poralm enti 147, opportunamente: lo sauio temporahnenti
s i n aviaystra; cfr. temporii in L F, p. 397; e temporia in
S tu d j di F il. Rovi., voi. VII, p. 131.
te rm in ar 130, confin .re, obligare a star dentro certi li­
m iti : unda Γanima si e termina a star.
t ig o r a 1 1 6 , co rre g g e re i in tignora ; G ia m b ., p. 4 , tig n u o la .
too 122, G ia m b ., p. 15, fusolo del pedale della pianta;
v. truncus nel D C M, cap. IX, lib. I.
tranquillo 171, G iam b., p. 6, tranquillità: no am reposso
n i tranquillo.
trau agi 135, tormenti; G i a m b ., p. 30, travagli; cfr. trauaiamento in L P, p. 79; e travaglia in S D P, p. 50.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 335 —
tr o m e n ta r n ò ; G ia m b ., p. 5, torm entare,
u gu a 119; G ia m b ., p. 11 uva; od. gen. uga.
u a g a 133, g ra d ita ? : auegna che ella sea grande fayga,
ma ella si e monto uaga e naturai a V 07U0.
u a y r e s e 125, va le rsi: e quando ella uorea uayrese, no
po... ecc.
uer 151, da corregg. forse in ueer, vedere : cfr. uedeir
in L P, p. 80; e ueser ib.
u e n g ia n z a 174, vendetta; cfr. it. vengiare; v. il K òR TlN G ,
n. 8736.
uiola 148; G ia m b ., p. 55, viola.
F r a n c e s c o L u ig i M a n n u c c i .
L A S T A M P A O R IG IN A L E
D E L L ’OD E A L U IG IA P A L L A VICIN I.
L a prima edizione di questo componimento venne rite­
nuta fino a qui quella pubblicata nel Nuovo Giornale dei
Letterati di P isa l’anno 1802 (1); senonchè il Carrer nella
vita del Foscolo notò che « riavutasi » la Pallavicini « si
volle cantarne la guarigione, e parecchie poesie vennero in
gara. P rim eggiò quella del Foscolo » (2). Le quali parole
possono appunto accennare a varie poesie sul medesimo
argomento, pubblicate con l’ ode foscoliana. Tuttavia le ri­
cerche per trovare questa stampa originale erano rimaste
senza effetto ; gli stessi giornali contemporanei, i quali
s’ erano affrettati man mano ad annunziare V Ode a Bo­
naparte e il Discorso del F oscolo, le Poesie leggere del
Petracchi, e il Papagalletto del Ceroni, opuscoli usciti a
Genova dal novembre 1799 al marzo 1800, non avevano
fatto alcun cenno delle poesie scritte per la caduta della
Pallavicini.
Questi risultati negativi ci fecero porre in dubbio l’ at­
tendibilità delle informazioni fornite dal Carrer, poiché nè
il tocco intorno alla Pallavicini fatto dal Ceroni nel Pappagalletto, nè il ritratto di lei inserito dal Petracchi nelle so(1) Pisa, d alla tip. della Società letteraria, vo l. IV, pp. 116 sgg.
(2) In Prose e Poesie di U. F., Venezia, 1842, p. x x x i.
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— 336 —
pra ricordate Poesie, ci presentavano elementi propri a co­
stituire i termini di una gara di poeti sulla fatale caduta (i)..
Ora invece dobbiamo ricrederci e dare piena ragione al
biografo del Foscolo. Infatti ci è venuto a mano un opu­
scolo, il cui titolo è il seguente: Omaggio | a Luigia Pal­
lavicini I — Genova, Anno 8. | Stamperia Frugoni. E un
piccolo 8.° in carta azzurrognola di pp. 32; e contiene sei
componimenti, i quali, salvo il primo , si riferiscono alla
caduta: gli autori sono indicati alla fine di ciascuno dalle
sole iniziali (2).
U n F. G ., che apparisce il raccoglitore del manipolo
poetico, si volge con quattro strofette alla Pallavicini così :
Q uesti cui vita diedero
S pirti alle muse cari
In genui versi teneri
D al nom e tuo più chiari
In dono io t’ offro;
e vorrebbe che le dicessero tutto ciò che il suo labbro
non sa esprimere dinanzi alla bellezza di lei. A qual nome
rispondano le sigle non sapremmo rilevare ; ci è venuto
subito alla mente quello di Francesco Gianni, ma ci è sem­
brato doverlo escludere , perche egli certo non avrebbe
scritto :
. . .
a m e d ’estro pindarico
C hiuse natura il fonte,
N è fatidico lauro
Mi circonda la fronte.
N el divisato argomento si entra con gli Sciolti di Γ. C.,
il quale invita Elisa a sorgere « dalle ingrate piume », ri­
fatta bella, per opera delle Grazie :
Più leg gia d ra di V enere ti mostra
In tua diva beltà; ti guardi e frema
L a m al repressa femminile invidia;
N è sulla guancia dall’ amor tornita
N è su lle labbra voluttà spiranti,
T r o v i la sanguinosa orma crudele.
Im preca al luogo dove avvenne tanta disdetta:
N efan d e rupi, che al gentil sembiante
O ltrag gio feste, a voi lenti ed obliqui
(1) Cfr. La caduta di L. P. in Giornale stor. e lelt. d. Liguria , a. V,
p. 129.
(2) Si conserva nella Biblioteca Brignole-Sale di Genova, Mise. C. 6.
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— 337 —
M a n d i il sole i suoi raggi; orror di m orte
ι fasci intorno, e paludosa nebbia
S e g g a nei vostri abbandonati massi ;
"
................................... ...... loco infam e,
A rim em bran za d e ll’acerbo caso
E te rn a m e n te sia Deserto; vo lg a
Il b u o n nocchiero il tem erario abete,
E , sp av en tato , a ll’operosa ciurm a
M o stri le punte inaugurate, e fugga;
e impreca al cavallo che ne fu cagione:
O h ! fata le d estrier, dal sen d ’A v ern o
C h i ti sp in se alla lu ce? i m olti vezzi,
P e r te , a lutto vestir, per te gli A m o ri
L ’a rc o gittaro, e ΓA cid alio m irto
D i p a llid o co lo r tinse la fronte.
T u al dì scoppiasti tra le ircane b elve,
O d ai cavalli barbari scendesti,
C h e d ’ um an san gu e a b b everava il truce
L e s tr ig o n io m onarca; oh ! alm en la sorte
A v e s s i tu d e ’ F eto n tei corsieri!
O
in te la lancia tridentata, il fero
D io d e ll’on d e scagliasse, o fra le balze
P io m b a ssi infranto e lacero, onde invidia
A lla c o p p ia d ’Ippolito infelice
N e lla m o rte portassi, em pio, che tanto
O sa sti contro le d ivin e form e
D e lla L ig u r e b ella.
Ma ecco la guarigione invocata, e
.......................... tu dal sangu ign o letto
A lz a s ti, E lisa, d ’am orosi rai
T u tta cospersa, e di candor celeste
S fa v illa n d o , a rallegrar lo spirto
D e ’ s o lle c iti amici;
in tal modo la palma abbattuta dalla grandine violenta
N e l n o v o A p rile , al lusingar d e ll’aura
S ’a b b e lla ; veste le risorte chiom e
D i su e vivid e fronde, e più superba
A l l ’a ltr e piante in sua vagh ezza insulta.
Altri vegga se questi versi possano attribuirsi a Timone
Cimbro, ossia a Giuseppe Ceroni.
Segue l ’ode di un filosofo avvezzo a scorrere animoso
G torti. S i. c Lctt. della Liguria.
23
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—
33^ —
» le vie dell’etere » per indagare il vero; ei tenta il pletro
« sacro all’ amica Venere » spinto dal cuore che « a ra
gione impera », poiché quando amore lo ha voluto
S p esso a b el sen la rigida
Filosofia sorrise;
nè lo « stoa » nè il « portico » diedero
Contro bellezza scherm o,
anzi il cedere a lei l ’armi impotenti
O pra è vera da saggio.
E se v ’ha chi vanti ferrea ed indomabile virtù contro il
potere della bellezza, venga a veder questa donna che non
ha pari.
Miri n ovella Am azzone
Con la tem uta voce,
L u ig ia il freno reggere
A corridor veloce,
E con nobil fierezza
Sfidar l ’aure e i pericoli,
A lle vittorie avvezza.
A d a tta il m olle, ed agile
F ian co ad anglica sella,
Il m anco piede argentea
Staffa accoglie, e appuntella,
L ’altro in guisa si stende
C h e, al desir involandosi,
Mille desiri accende.
L a chiom a leggiadrissima
C he in lievi guizzi ondeggia,
Il liscio collo e l ’omero
D olce lam be e vezzeggia.
Candido lino indocile
Spietatam ente casto
F a del suo petto ai palpiti
Baldanzosi contrasto.
E lla passa veloce ed involasi all’ ammirazione degli in­
namorati; i quali temono qualche pericolo in quella corsa
vertiginosa :
A l suol cader precipite
Potria Luigia, e fero
Miserando spettacolo
Offrir al passeggero.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 33 9 —
E ciò sarebbe in un tempo causa di lagrime ai devoti amatori e
...............di soggh igni acerbi
S u bb ietto n e’ fem m inei
C or gelosi e superbi.
Ahim è! la triste previsione s’avvera:
S ì, p a g h e siete, o L ig u ri
D iv e , offuscato è il volto,
C he in se avea d elle grazie
Il paradiso accolto;
L an gu e muta la Bella
E accerch iato di tenebre
L an gu e il m ondo con E lla.
Ma non tem ete, o tenere
A lm e d ’A m o r seguaci,
B errete ancor dolcissim e
D a ’ b egli occhi vivaci
L e delizie, e le spem i,
I cari inviti taciti
A i piaceri suprem i.
C osì talora pallido
R a g g io di sol trapela
D al sen di nube insolita
C he m esta il copre, e vela;
E così più ridente
V in c e la nube, e fulgido
E sce a b ear la gente.
Chi si nasconda poi sotto le iniziali G-. A . è ignoto e non
abbiamo alcun lume neanche per qualche plausibile con­
gettura; si vede bensì ch’egli doveva essere pia filosofo che
poeta.
Dopo l ’ ode del Foscolo inserita a questo punto, si hanno
le quattro strofette seguenti:
Invan del tuo periglio
Con tacito sog gh ig n o
R ise in suo cor m aligno
L ’ invidia fem m inil.
E invan con m oti acerbi
D iceva or questa or q u ella :
Sarà costei m en bella
Men candida e gentil.
A l ciglio, al labbro, al volto
F e c e beltà ritorno;
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 340 —
E sci1, a beare il giorno
A ra lleg ra r il C iel.
A m o r t ’ è gu id a, A m ore,
C h e a q u esta dice, e a quella
O inchinati alla bella,
O copriti col vel.
Sono contrassegnate da A . G. iniziali che potrebbero ri­
spondere al nome di Antonio Gasparinetti.
V iene ultimo un inno polimetro, dove il poeta tempra
la sua lira « in suon di pianto » vedendo che « spessa la­
crima » « infosca il mesto ciglio » ad Amore, mentre sta
inerte Γ « arco temuto ». Onde gli dice :
F a suon ar la chiostra idalia
D i dolcissim o lam ento,
E d a ll’ E co solitaria
L o rapisca am ico il vento,
C h e dal ligu re soggiorno
L o p rop agh i intorno intorno.
O im è che scalpita
C on ugna ardente,
O im è che palpita
Im paziente
Il crine ondivago
Q uassando altier
D el freno indocile
Il superbo indomabile corsier.
C o l lie v e incarco nitrisce, avvampa,
S b riglia to stam pa — Torme fugaci,
L ’ aure segu aci — vince nel corso
Infranto il m orso — sbuffa ed infuria,
C h e iniqua furia — l ’urta e flagella.
P av e la bella, — nè la sua voce
F re n a il feroce; — tale il baleno
D ei nem bi in seno, — o tuon che m ugge
R apid o fu g ge. — A hi ! tra gli alpestri
S co gli di Sestri — su dura cote
S trazia e percote — il bel sembiante,
C h e am ore am ante — facea; già esangue
T r a un rio di sangue — pallida cade,
E gel di m orte i vaghi membri invade.
T re m a il corpo rinverso in sulla sabbia,
S u l seno il capo lauguido s ’ inchina;
S o n o sangue i capei, sangue le labbia,
S an gu e la tonda guancia alabastrina.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
G e m e querulo il zefiro e par n ’abbia
D o lo r la im pietosita onda marina,
L e G razie desolate al piè le stanno
M ostran d o a g li atti angoscioso affanno.
Ed ora la bellissima donna
varcherà le meste
N e b b ie della palude A ch eron tea?
No; gli spiriti sono avvivati da un' aura dolcissima che le
richiama l ’anima nel seno.
M a P in a m a rii orm a resterà
S u l viso pria sì arm onico e gentil ?
E d el basso trionfo riderà
L a satollata invidia fem m inil ?
Su quel volto vegliano i teneri vezzi e le veneri leggiadre,
quindi riso rg e rà , come dopo il nembo appare la luna più
candida e più bella.
Q uest’ inno reca infine la sola iniziale C. il che ci rende
anche più difficile l’ indagine sull’autore, il quale, lasciando
da parte il Foscolo , vince a nostro parere , tutti gli altri
scrittori di questa raccolta : dove, secondo ben disse il Car­
rer, ch’ebbe certo sotto gli occhi l’opuscolo, primeggia l’ode
foscoliana. Il testo che qui ne è dato reca alcune varianti
in confronto della stampa di Pisa sopra citata, e noi le in­
dicheremo in servigio degli studiosi.
S tr.
I.a
V.
I . balsam i odorati
»
S tr.
S tr.
2. a
3-a
3- lini beati
V. 3- Q uel dì ch e i monti
y> 2. D i forsennati
»
6. D el C iprio
V.
2.
0 fra
»
S tr.
5 ·“
5- E sacrificio
V. 3· M olle scendea
V. 6. i baci (senza e)
S tr.
6 .a
V.
8 .a
3 · ai studi
V. 6. mal re g g e
S tr.
4 *a
I . D eh ! p erch ’ ài
>
S tr.
P iove il sudore, i crini
S tr.
9 a
V.
I.
S tr.
II.®
V.
I . onde
»
»
3 - profonde
5 · Ed atterrì
V.
I . dal flutto
»
4 · C ad e Tarcion; tu ......
S tr.
12.a
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 342 —
» 5· S u la
» 6. R o to lav i
S tr.
13 .a
v. 3. A indom ito
S tr.
S tr.
1 4 .a
i5 .a
v . i . C h ’or
v . 4. insanirono.
L ’opuscolo ha la data dell’ anno ottavo , e può quindi
essere uscito tanto negli ultimi mesi del 1799 come nel
successivo 1800, poiché, secondo il calendario francese,
l ’anno ottavo spazia fra il 22 settembre 1799 e il 21 set­
tembre 1800. Non porge dunque alcun sussidio sulla più
esatta determinazione del tempo in cui avvenne il triste
caso, e per conseguenza intorno alla composizione delle
poesie; ma noi, fino a che non si distrugga con qualche
altra prova di fatto il racconto del Thiebault (1), stiamo
fermi al tempo da esso abbastanza chiaramente indicato.
Il non trovarsi finalmente menzione alcuna del libretto
ne’ giornali, mentre e la Gazzetta e il Monitore solevano
sempre annunziare le nuove pubblicazioni, ci fa credere che
si tratti d’una stampa non venale, tirata a poche copie, e
destinata ad un ristretto numero d’amici.
A . N.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO.
Un anno di storia genovese (giugno
1506-1507). A tti della Soc. lig. di St. Patr., vol. X X X V II .
Genova, Sambolino, 1906; in 8.° pp. 716.
E m il io
P a n d ia n i.
L a dominazione francese a Genova è argomento , che
non è mai stato trattato nel suo complesso dagli storici
moderni; ma viene illustrato, nelle sue singole parti da mo­
nografie , di diverso valore ed importanza che tenteranno
un giorno o l’altro qualche coraggioso cultore di studi sto­
rici a darci la desiderata opera riassuntiva. A lle notizie
abbondanti, se non esatte, del De la ville Le Roulx sulla
dominazione francese agli inizi del secolo X V , all’ opera
pregevolissima dello Jarry sul decennio 1492-1502 , al vo­
lume di L. G. Pelissier, si aggiunge ora questo notevole
(1) La caduta cit., 1. c., p. 121.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 343 —
lavoro del P . intorno ai fatti che si riferiscono agli a v ­
venim enti che prepararono ed accompagnarono la rivolu­
zione del 1507, il breve dogato di Paolo da N ovi e la
feroce repressione di Luigi X II. I fatti erano noti nelle
loro linee generali; ma la narrazione, compilata sulla fede
del'Sen arega, testimonio oculare, che di proposito tace molte
cose, e d e g li altri cronisti, che o sono male informati o p ar­
ziali, presen tava lacune, incongruenze, inesattezze numerose.
E la figu ra d e ll’ultimo doge popolare, intorno alla cui g e ­
nealogia si erano già occupati lo Sbertoli e lo S ta g lien o ,
appariva ancora, a malgrado dei recenti stu d i, circonfusa
come da una nebbia, che impediva di comprendere le ca­
gioni della sua repentina esaltazione e l’ indole vera della
sua politica.
E ’ m erito principale del P. d ’ aver lum eggiato gli av­
venim enti e colm ato le lacu n e, giovandosi principalmente
d’un diario anonimo, inedito, già noto, ma non sufficiente­
mente sfru ttato , corroborandone, discutendone o infirman­
done le afferm azioni per mezzo di numerosi documenti
deir A rc h iv io di Stato.
G razie alle pazienti e minute ricerche di lui, conosciamo
o g g i nei più minuti particolari quel m o to , originato dalle
discordie tra il partito popolare e la nobiltà, e che, date le
disposizioni ostili della corte di Francia, l ’ inettitudine dei
governatori francesi e le intemperanze dei democratici sa­
liti al potere, degenerò in aperta ribellione.
Non direi il vero se affermassi che la diffusa narrazione,
preposta dal Pandiani alla pubblicazione del diario, sod­
disfa a tutte le curiosità; poiché per citare un esempio , è
probabile assai che nel moto genovese avessero parte in ­
diretta, i nem ici della Francia, e specialmente Ferdinando
il Cattolico, ai cui fini l ’ insurrezione tornava vantaggiosa.
Ora di questa s e g r e ta , ma pur manifesta influenza, alla
quale non p are estraneo il viaggio del re cattolico e la
sua dim ora a P o rto fin o , si trova nel lavoro appena un
vago accenno. N è io censuro il Pandiani ; non certo nel
diario e forse neppure nelle carte dell’ archivio genovese
si po trebbero trovare le prove; ma se m ai, a Napoli o in
Ispagna, e perciò fuori del campo, nel quale l’ A . ha limi­
tato le sue in d agin i: dico tuttavia che, pur riconoscendo
giuste e convincen ti le prove che Γ Α . adduce intorno alle
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 344 —
origini ed allo svolgim ento dell’ azione , resta pur sempre
qualche cosa di indeterminato, o di non ben chiarito.
E così pure l ’elezione di Paolo da N ovi ci è presentata
come una naturale reazione del partito della resistenza ad
oltranza ai F ra n c e si, senza toccare affatto all’ esistenza
d ’un partito, che voleva 1’ indipendenza dal governo fran­
cese, m entre tutti gli atti della rivoluzione, e specialmente
l ’occupazione delle due riviere sembrano accennare ad un
proposito, se non già intieramente prestabilito , certo ma­
nifestatosi già da qualche tempo in c ittà , fra l ’ elemento
popolare.
Ma, accennato per debito di coscienza all’ impressione
che si riceve leggend o la diffusa narrazione degli a v v e n i­
m enti e studiando la ampia serie dei documenti pubblicati,
è necessario riconoscere che il giovane professore genovese
ha saputo abilmente valersi dell’ampio materiale fornitogli
dalle ricerche d’archivio, e con una esposizione efficace, se
pur talvolta troppo minuta, sa guidarci con mano sicura
attraverso i complicati ed aggrovigliati avvenim enti, cor­
reggen d o numerose inesattezze dei cronisti e degli storici,
che sui cronisti si fondarono, e mostrandoci il vero stato
della infelicissima Genova straziata dalle discordie interne,
in balia d ’una plebaglia, assetata di vendette e di sangue.
D u e noterelle però vorrei fare al suo racconto : la prima
che intorno all’opera del Pregent di Bidoux, capitano delle
g a le e francesi, avrebbe trovato numerosi documenti nel la­
voro dello S p o n t , Les galères royales dans la Meditereanée
de 1496 a 1518, pubblicato fin dal 1895 nella Revue des
quest. histor.: l ’altra che quantunque nel diario da lui pub­
blicato, si parli di una squadra franco-napoletana all’assedio
di G enova, non consta da tutti i documenti del tempo che
il re cattolico unisse la sua alla squadra francese; nè, date
le discordie recentissime del Pregent cogli Spagnuoli nel
ream e di Napoli, è probabile che la cosa avvenisse real­
m ente. Infine, poiché il P. ha parlato degli Svizzeri, non
sarebbe stato fuori di luogo l’accennare alle complesse que­
stioni alle quali l’assoldamento di quella fanteria diede luogo
e ricordare il bel capitolo del K o h l e r , Les Suisses dans
les guerres d’ Italie, (Paris, Picard, 1897). Sarebbe deside­
rabile che questo punto venisse chiarito con qualche nuova
ricerca.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 345 —
M olto lod evole è la scelta dei documenti pubblici in
appendice, e molto utili le note che qua e là, specialmente
nel riprodurre il diario, vi sono state apposte.
E da augurarsi che il P., il quale ora attende ad un’e­
dizione d egli A nnali del Senarega nella nuova raccolta
m uratoriana, non abbandoni l ’ argomento della domina­
zione francese , ma si accinga a darci un lavoro completo
ed esauriente sui Francesi a Genova, risalendo alla prima
signoria di C arlo V I per venire fino agli ultimi avvenimenti
dei tempi di A n d rea D O ria .
Il tem a sarebbe molto attraente , e il giovane autore
ha m ostrato con questo suo nuovo lavoro di potere e di
sapere accin gersi a più ardue imprese.
C a m il l o
ANNUNZI
G
iovanni
S
etti
.
M a n f r o n i.
ANALITICI.
La Grecia letteraria nei Pensieri di G. Leopardi.
L iv o r n o , G i u s t i , 190 6, in 16.0 , pp. x-302. — R ileggiam o in q uesto
volu m e r a c c o lte co n devota mano e lu m eggiate colla scorta d ella cri­
tica filo lo g ic a m od ern a le opinioni del L eopardi sugli antichi scrittori
greci. D a O m e r o , poeta sovrano , fino a L u cian o e L on g in o ed ai
Padri d ella C h ie sa , quasi tutti gli scrittori principali trovano il loro
posto più o m e n o onorifico nei sette volum i d ello Zibaldon e. Spesso
trattasi di a p p u n ti presi durante le assidue e faticose letture , di fu­
gaci im p ressio n i o di com m enti ad u n ' antica sentenza ch e
trovava
un’eco nel c u o re d el giovane; talvolta sono giu d izi espressi con g io ­
vanile sp a v a ld e ria , o m irabili intuizioni
d ’ un
vero riconosciuto più
tardi d o p o lu n g a e paziente indagine ; talvolta (e questo non fu sem ­
pre in d a ga to ) s o n o giudizi altrui che il poeta a cco g lie va e faceva suoi.
Ma tan to le id e e sb occiate, com e fiori cam pestri, da q u e ll’anim a ver­
gine d ’o g n i d o ttrin aria istruzione e ferm ate in qu este pagin e dolorose
a seg n are Γ a ttim o fu ggen te di sconforto o di g io ia , quanto i p ond e­
rati giu d izi,
sp a n d o n o
nuova luce sulla
vita e s u ll’ opera d el
L eo­
pardi. O ra ci è d a to conoscere di qual cib o intellettuale egli si nutriva
giorno p e r g io rn o non sotto la g u id a d ’un am orevole m aestro, m a ab ­
b an d onan dosi in b a lia di q u elle om bre del passato , e h ’ eg li ev o ca v a
nei silen zi d el p a te rn o ostello e ch e gli furono pure com pagn e nelle
p eregrin a zio n i da una ad u n ’altra città d ’ Italia. O ra possiam o segu ire
il g ra n d e in fe lic e p e r le innum erevoli stazioni
poiché la stra d a
ci
della sua via cruzis,
è stata rischiarata da una schiera di valorosi, ch e
an im osam en te ed am orosam ente frugarono dentro a quel caos di sco n ­
finata m a teria e va rietà per studiare lo svolgersi d el pensiero d el L e o ­
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pa rd i n el cam p o d ella filosofia e in q u ello d e ll’arte. In ordine di tem po
ultim o vie n e il S etti, ch e in un prezioso volum e raccolse ed illustrò da
m aestro i pensieri d el L eo p ard i sulla G recia letteraria. Ma a veder
d en tro n el d isordin ato e m eraviglioso lavoro dello studioso e del poeta
fa ceva m estieri non soltan to Γ occhio esercitato del critico e del filo­
lo g o , m a a n ch e un profon d o sentim ento d e ll’arte; era necessario coor­
d in are la m ateria con fu sam en te am m assata d a ll’ erudito , perchè un
n u o v o sp ra zzo di lu ce illum inasse 1’ opera del poeta. Q uesto seppe
fare e g re g ia m e n te il S etti , a cui la ricerca critica ha reso più acuto
lo sg u a r d o , e la qu otid ian a fam igliarità degli scrittori greci ha reso
più fine il gu sto artistico e più agile ed efficace lo stile. Peccato
anzi ch e talvolta il critico ab b ia tem uto di offendere 1’ artista , sp e­
c ialm en te nel ten er con to dei dati c ro n o lo g ici, che sarebbero riu­
sciti di g ra n d e interesse nella storia della nostra coltura classica.
G en era lm en te si am m ettono d u e periodi nella storia degli studi del
L e o p a rd i, l ’ uno prim a del 1815, quando l ’adolescente si diè tutto alla
lettera tu ra francese, trionfante colla Rivoluzione e coll’im p ero, e pub­
lico i prim i scritti sugli autori cristiani e il « S ag gio sugli errori popo­
la r i» ; l ’ altro dal 1815 in poi, che segna un salutare ritorno agli scrit­
tori antichi ed al culto d ella m adre lingua. Ben osserva il Setti che
u n o stu d io su ll’opera del L eop ard i ellenista non può trascurare 1’ in­
d irizzo g e n e ra le della coltura alla fine del secolo X V III ed. al prin­
cip io d el X I X . Il culto di O m ero si spiega col rinato am ore per l ’I­
liad e: il B odoni aveva dato la sua splendida edizione, il Monti la sua
m e ra v ig lio sa tra d u zio n e , e le dispute iniziate dal V ic o , s’ erano riac­
c e se p e r la pubblicazione d egli scolli veneti del Villoison, per i Prole­
g o m e n i d el W o lf e per la traduzione del Cesarotti. Possiam o in tal
m o d o co m p ren d ere com e anche il Leopardi affrontasse la sfinge della
q u e stio n e om erica, com e ondeggiasse tra 1’ ammirazione per la sem ­
p lic ità e lo stupore per la grandezza di Om ero, tra la inveterata ere-·
d en za n e ll’ unità d el poem a e la vaga intuizione del vero. Il L eopardi
c o n o s ce p o c o i tragici, m a po co eran conosciuti anche dagli altri Ita­
lian i, n è la m usa d e ll’A lfieri era riuscita a scuotere subitam ente gli
in erti d al lu n g o letargo. S e invece il poeta è vinto d all’apparente sem pli­
c ità d el P seu d o-A n acreon te (neppur oggi messo al bando dalle scuole),
n on è forse accaduto questo per la esuberante fioritura di anacreon­
tic h e d a lle strofette agili e profumate di cipria, che facevano vivo con­
trasto c o lla rude poesia d e ll’Alfieri e con quella plastica e forte del F o ­
s c o lo ? C o sì, m entre la letteratura francese lo aveva ammaliato nei primi
a n n i, e 1’ italiana lo aveva attratto a sè dopo il tramonto d ell’ astro
n a p o leo n ico , neppure una lontana eco del gigantesco lavoro di critica
in izia to d a lla G erm an ia giungeva a lui nel solitario borgo di Recanati.
Il L e o p a r d i si affanna sopra edizioni scorrette, si guasta il sangue e la
sa lu te su libri m al stam pati e poco m aneggevoli, perde il suo tem po
su o p e re ch e la critica ha ripudiato, tormentandosi con vani enigm i
lettera ri, q u an d o in altre parti d ’ Europa uno spirito nuovo ha vivifi-
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cato la filo lo g ia , affidandole il com pito di rivedere tutto il patrim onio
intellettuale c la ssico . T ard i viene il Nostro a partecipare a questo la­
voro ; e q u an d o e g li consegna al D e-Sinner gli Excerpta e x schedis
criticis , p e rch è li pubblichi nel « Rheinisches Museum , » consolandosi
di q u esto a vv en im e n to che avrebbe dovuto dar vita a lavori di m olti
anni trascu rati (E p ist. II, pag. 402), la sua fibra è già logorata ed in ­
capace di s o s te n e re il peso di severi studi. Fortunatam ente però an­
che le su b lim i strofe delle canzoni avevano già preso il vo lo dalla
sua gra n d e an im a ed il m onum ento aere perennius e ia già innalzato
sopra in cro lla b ile base. 11 poeta non era più in grado di tornare ad­
dietro; g ià d a lu n g o tem po s’era im padronito di lui il travaglio fisico
e m orale ch e g li offuscava la chiara visione del passato. Ed ora, per ef­
fetto di o ttica , co m e accade ai p iù , quel lontano mondo eroico g li
apparirà forte, g ra n d e , bello ed egli esclam erà con Orazio: — hos uti-
nam inter — heroas natum tellus me prima tulisset! e confrontando
la sua p rese n te m iseria darà sfogo all'an goscia con note im m ortali di
pianto; ora a cc o rg e n d o si che le cose non andavano p e rii passato m e­
glio di q u e llo c h e vadano oggi e che il dolore è com pagno insepara­
bile d e ll’ u om o , u scirà in accenti d isp e ra ti, m aledicendo alla vita.
Scrive
il S etti : « C on che trepida ed accorata ansia il povero L e o ­
pardi a vrà sp ia to nelle antiche opere grech e , fievoli echi di quella
gran vo ce a n tic a , i frammenti di quelle antiche anim e, consunte dalla
febbre d e lla p a ssio n e, e che pur n ell’ ebbrezza d ella gio ia, tra i cori
ed i sim p o sii, in fondo alla coppa del piacere avevano trovato l ’a ­
mara stilla d el d o lo re ! A h ! un popolo così genialm ente felice , nella
spensierata in g en u ità di quella vita veram ente gio van e ed esu berante,
nella e b b rezza m o lle e voluttuosa di una giocond ità libera ed accesa,
tem perata a m alin co n ia da una precoce visione pessim istica dei d e­
stini d elP u o m o ; un popolo così sensibile e fantastico, abile a ferm are
nel verso o nel ritm o o nel m arm o i m obili fantasmi del m ondo e s te ­
riore, co m e a scru tare
lim pidam ente le patetiche profondità d e ll’ a-
nima; ch e co sa m ai non d oveva aver effuso di sè , della sua interna
dovizia sp iritu a le in q u ella forma agile, alata, quasi eterea, ch e d opo
la m usica è la p iù pura e delicata
delle m anifestazioni psichich e ! ».
E mi v e rre b b e v o g lia di trascrivere ancora, se non sperassi ch e q u e ­
ste p o ch e rig h e varrann o a destare il desiderio di le g g e re Γ intero
volum e ( N a t a l e V
ianello
).
Sopra un poemetto sul preteso diritto cosciatico .
Lettera a l barone D . A . Manno. T orin o , P aravia, 1905 , in S.° g r. di
pp. i t . — L ’a. h a scovato un p o em etto scritto d a un p r e te A n d re a
Panizzi di B a d a lu c c o , e m esso fuori nel 1713 forse a R o m a (il ch e
non si rile v a m a n c a n d o le indicazioni tipografiche), nel q u a le si n a rra
com e il c o n te O b e r to di V entim iglia, reclam an d o Y ju s prim ae noctis
da u n a sp o sa d i fresca d a ta , venne assalito ed assed iato n el su o c a ­
stello, di g u is a c h e rid o tto a m al p artito fu co stretto a d is c e n d e re a
patti cogli u o m in i d e l paese, rinunziand o all’eso so d iritto . V a q u i n o ­
G irolam o
R ossi.
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tato che il patrizzi ha p reced u to di ben sessantadue anni il p. Cordara
nel far argom en to di poem a quella pretesa prestazione , seb b en e sia
rim asto da questi assai più lontano nel. fatto d e ll’ arte. M a il R . ri­
c erca d o n d e abbia eg li potu to trarre la leggen d a che m ette in cattivi
versi, e la tro va n elle cron ache d el V errand o dettate sulla m età del
sec o lo X V I . E p o ich é in ge n e ra le tutte codeste leg g en d e m uovono
da q u alch e fatto veram en te accaduto , scrutando i docum en ti Γ a. ri­
rileva ch e n el secolo X I I I O b erto fu assediato nel suo castello di B a­
d a lu cco d a gli uom ini di C arpasio, perchè aveva im posto « fodrum »
sen za alcu n senso d ’ eq u ità, con aggravio « hom inum rusticorum » a
p e tto « n obiliu m vassalloru m », e per liberarsene d ovette prom ettere
di rin u n ziare al p a g am en to di quella imposizione da parte dei conta­
d in i. D ’a ltra p arte d a lle indagini da lui praticate si viene a stabilire
ch e i conti di V e n tim ig lia , avevano diritto ad una tassa sui m atrim oni.
E d e c c o il fo d ru m , ch e, c o m ’è noto , ebbe altro significato , volto a
ra p p resen ta re lo strano diritto di cosciatico , e 1’ assedio , di che s ’ è
to c c a to in n an zi, con le contam inazioni della fantasia innalzato a vindice
d e ll’ offeso o n o re di q u e ’ terrazzani. Non occorre a gg iu n g ere che il R.
co sì ad illu strare il fatto sp eciale , com e a spiegare la esten sione del
d o m in io d e ’ conti di V en tim ig lia ha dato prova della consueta erudi­
zio n e.
A m e d e o P e l l e g r i n i . P e r la giierra dei Sette A nni. Lettere dal
campo , 775<5-/7<5^. L u c c a , P e llic c i, 1905 , in 16.0 , pp. 62.
Il prof.
P e lle g r in i p u b b lica alcun e lettere di un ufficiale di cavalleria toscano,
il co n te L e lio B aldassare C erretani, inviato con molti altri a com bat­
te re in G erm an ia contro il re di Prussia , e più tardi salito ad alti
grad i
m ilitari du ran te il go vern o di Pietro Leop oldo. L e lettere da
lui sc ritte alla fam iglia durante la guerra dei Sette A n n i fino al m o­
m en to d e lla sua prigion ia, avvenuta alla battaglia di T o rga u descri­
v o n o prevalen tem en te gli avvenim enti militari e danno inform azioni
su lla v ita d el cam p o e sulle voci che correvano fra i soldati; le altre,
m en o n u m ero se, con ten gon o notizie domestiche, e pochi accenni po­
litic i, q u ali p o teva a vere, specialm ente a quei te m p i, un ufficiale au­
stria co prigion iero del re di Prussia. In complesso queste lettere , se
n on ci a ppren d on o nulla di nuovo intorno alla guerra, forniscono al­
c u n e n o tizie curiose e in teressan ti, che si cercherebbero invano al­
tr o v e : c ito a caso: la lettera 26 luglio 1760 in cui si parla d elle triste
co n d izio n i d e g li ufficiali che non avevano denari per com prare le com ­
p a g n ie ; la descrizione del fatto d ’armi di Landshut (lett. 25 giugno);
la d escrizio n e di K ón igsb erg, dove il Cerretani passò gli ultimi giorni
d e lla su a p rigion ia, etc. Perciò la pubblicazione di queste lettere non
è sen za v a n ta g g io , e se pure io non sono d ’accordo col P ellegrini nel
rite n e re ch e alcu n e di esse siano importantissime, tuttavia trovo lo­
d e v o le 1’ id ea di pubblicarne e commentarne un certo num ero. Nel
p u b b lica re le lettere il Pellegrini ha aggiunto una breve prefazione
illu stra tiv a e q u alch e nota per correggere i numerosi errori di scrit­
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— 349 tura, sp e c ia lm e n te dei nomi di persone e di lu o g h i, per lo più sto r­
piati dal g io v a n e senese. Non capisco però perchè a pag. 32 il P.
abbia c o rre tto il nom e del Laudon in Loudon. H o dinnanzi a m e la
grande p u b b lic a z io n e dello Stato M aggiore Prussiano (Die K rieg e Friedricks der Grosse) e trovo sem pre scritto Laudon e non L o u d o n .
T ro vo poi non corretti i nomi di Schevaidnitz per Sch w eid n itz , Naistater p e r N eu stiitter e via dicendo. Infine mi sia lecito di osservare
che non è v e ro ch e il cornetta fosse 1’ ufficiale di ordinanza , com e il
P. afferm a, m a le interpretando una frase della lettera 29 m arzo 1758
da R eich en au (non Reichenan): ma, com e ognuno s a , il cornetta era
il sottotenente di cavalleria, che in Italia si chiam ava alfiere o insegna ,
e q uesto d ice a p p u n to il Cerretani, ricordando , che alla b attag lia di
Breslau e d o p o .e g li, che era stato di fresco prom osso da co rn etta a
tenente, c o n tin u ò tuttavia a prestar servizio com e ufficiale di ord i­
nanza d e l g e n e r a le Daun (C. M.).
S P IG O L A T U R E E N O TIZIE.
*** Il p. P l a c i d o L u g a n o , continuando i suoi ottimi ed im por­
tanti studi s u lle b e lle arti coltivate dagli O livetani, neLrecente lavoro,
D i Fra Giovanni da Verona maestro d’intaglio e di tarsia e della sua
scuola (in B u lle t tino settese di Storia Patria , a. X II, p. 135 e seg g .)
ricorda n u o v a m e n te frà Paolo da
R ecco scolaro di fra S ebastian o da
R o vign o (p. 161 e 231 sgg.), del quale aveva raccolte le n otizie fino
dal 1902 in una n ota a ll’altra sua m onografia: I l « Sodoma » e i suoi
affreschi a Camprena (in Bullett. cit., a. IX , p. 240). C rediam o utile
riferirla per in tero , notando che una b reve notizia di q u esto artefice
tratta d a ll’o p e ra d e l T hom as, aveva inserito I’ O l c e s e nella Storia ci­
vile e religiosa
della città di Recco (G en ova,
1S96, p. 285). « F rà
Paolo da R e c c o », scrive il L u gano, « olivetano, è uno dei m olti ar­
tisti, ch e in siem e a frà Giovanni da V erona, tennero alta la rinom anza
d e ’ m on aci o liv e ta n i, n e ll’arte (cf. G r é g o i r e M . T h o m a s , L ’Abbaye
de M ont-Olivet M ajeur , Sienne, 1898, p. 73). E gli si trovava a Sant ’A n n a in C a m p re n a nel 1501-1502 ( F a m ilia r . T a b u la , ad annuiti), e
vi lavorò i m a gn ifici dorsali che ne circondavano il refettorio. N el Liber
Professorum et mortuorum è detto : faber operis segmentati clarus
(p. x c iin ) , e n el Necrologium Olivelannm (ad an. 1 5 2 1), si le g g e di
lui q u e st’e lo g io : f r . Paulus de Reco , sive Genua, conversus: hic ope­
ribus arte fa b r i lignam inis , multa eleganter manibus suis p erfecit .
Inter alia refectorium S. Anne (Camprenatis), S. Hieronymi de Quarto
(ad ora ligustica orientalia , ibique armaria ecclesie : chorus et tegile
in monasterio nostro Portus Veneris: hic fu it sancte vite: obiit in se­
nectute bona , Getiue. Io ho m emoria di questo frà Paolo da R e cc o
dal 1471 al 15 2 1, anno in cui m orì. D im orò nel m onastero di
S.
G i-
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—
rolam o a Q u a r t o ,
presso
350 —
G en o v a
(ann. 1461-74 ; 1478-79 ; 1484-89 ;
1502-08; 1515-18; 1521), a M onte O liveto M aggiore ( i 4 75’> r494-96)> a
S . M iniato di F iren ze (1476), a Porto V en ere [N. S . d elle G razie] nel
G o lfo di S p e z ia (1477; 1482-83; 1491-92; 1466-1500; 1509-1514; I4 I9 -20)>
a B e d a g io (B aggio) nel M ilanese (14S0; 1490), a S . A n n a in Cam pren a (150 1), a S . G io rg io di F errara (1481) e a San Ponziano di
L u c c a (150 1). F e c e i disegni d eg li eleganti capitelli sovrapposti alle
co lo n n e d e l chiostro nel co n v en to di S . A n na in Cam prena, d ove però
non esisto n o più « i m agn ifici dorsali, o spalliere, che circondavano il
p ic c o lo , m a eleg a n te refettorio »; nè altro di lui forse si conserva, alP in fu o ri d el coro e del le g g io della chiesa delle G razie « in m ediocre
sta to di c o n serv a zio n e »..
*** N e l co d . 92 d ella B ib lioteca Alessandrina di R om a, che è una
ra c co lta d e g li Acta sanctorum d e ’ mesi di marzo e a p rile , m essa in­
siem e d a C ostan tin o G a eta n i, si legge (c. 615-622, sec. X V ) il Mar­
tyrium B . A n to n ii de Pedemonte dei Predicatori com posto da frate
C o sta n z o , il q u ale fu presente al martirio avvenuto a Tunisi il 10 ap rile 1460. F ra le attestazioni testimoniali poste in fine alla narrazione
si tro v a : N o s Iohannes Baptista de Grimaldis consul lanuensium in
T u n izi in lerfu i et fidem facio praedictis — Ego Clemens Cicer civis
Ianuensis ad praesens in T u n izi interfui supradtctis, etc. (Cfr. P o n c e l e t , Catal. Cod. hagiographicorum lat. biblioth. Romanarum in A p ­
p e n d ic e ad Analecta Bolland. p. 147).
*** E
milio
T
eza
con la orm ai nota e consueta acuta dottrina, torna
a ra g io n a re d el celeb re e rarissimo lunario genovese intitolato: La razone de la Pasca e de la luna e le feste , specialm ente a proposito de
la Oratione cantava Dante oni hora. E si giova, con lode, della m o­
n o g ra fia ch e su questo libretto, di cui si ha il facsimile, inserì N iccolò
G iu lia n i n el nostro Giornale Ligustico , a. V II-V III , pag. 81. (Cfr.
N ote d i erudizione piccina in A tti e memorie della R . Accademia di
scienze , lettere ed arti in Padova, N. S. vol. X X I, p. 80 sg g .).
A lla fine di marzo del 1777 venne armato a Napoli per ordine
d e l R e un nu ovo Pinco , con 150 uomini e 18 can n o n i, posto al co ­
m a n d o d el capitano gen o vese B erlingeri, a fine di dar la caccia ai
co rsari b arbaresch i che infestavano i mari. Uscito dal porto, incontrò
a ll’ a ltu ra di C ap o Passero un sciabecco algerino forte di ben 200 u o­
m ini e 21 pezzi di can n o n e; vista la sua inferiorità cercò sfuggirlo,
m a v e n n e raggiu n to e quando il capitano si difendeva fu vilm ente a b ­
b a n d o n a to d a ll’equipaggio, onde malconcio dalle ferite, fatto schiavo,
c o n d o tto a T u n isi e poi ad A lgeri quivi cessò di vivere. (Cfr. Arch.
Storico N a p o li X X X I, p. 43).
N e l lavoro di R e m i g i o S a b b a d i n i : Le scoperte dei codici latini
e g r e c i n el secolo X I V e X V (Firenze, Sansoni, 1905), d o v e , con la
b en n ota com peten za e sicura erudizione, ha raccolto in una esposi­
zio n e
m eto d ica tutto quanto si riferisce all’ importante argom ento ,
tr o v a
lu o g o altresì la menzione di umanisti lig u ri, com e a dire Già-
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3 51 —
com o C u rio , E lia n o Spinola, N iccolò C ev a (Ceba), N iccolò N oceto; e
fra i ra c co g lito ri i d u e D ella R overe, D om enico e G iuliano , e T o m ­
maso F r e g o s o . P iù d ’ogni altro illustre Tom m aso Parentucelli , poi
N iccolò V , ricercato re sapiente ed indefesso, bibliofilo illum inato, m e ­
cenate la rg o e va lo ro so . N otizie tutte queste sparse qua e colà, e che
torna u tile v e d e r opportunam ente disposte e disciplinate nel presente
volum e con illu strazion i convenienti.
*** D a ll’A r c h iv io di Casa Frescobaldi, che il m arch. F erdinando gli
concesse di v isita re , Mario B ovi ha tratte alcune notizie sul D on atello .
E sse si c o n te n g o n o in un libro cartaceo « già di S told o e L am b erti
di L io n a rd o , se g n a to A di dare e avere ». Siccom e fra il 1421 e il
1426 il D o n a te llo era pigionale dei Frescobaldi in Fondaccio (o g g i via
di S . S p irito ), in d etto libro sono conti di queste pigioni, e anch e di
riscossioni ch e S to ld o faceva per lo scultore da varie p e rso n e , e , fra
altri, da q u el « T o m m a so F rescobaldi che morì eroicam ente a ll’ a s­
salto di G e n o v a nel 1427 , essendo com m issario di guerra per i fio­
rentini in L ig u r ia ». (Cfr. Marzocco , 1906, n. 14).
*** L ’im p o rta n te com unicazione fatta da Mons. L u i g i D
uschesne
al C o n gresso internazionale di Scien ze storiche del 1903: Les evêschès
d'Italie et Γ invasioni lombarde, ci fornisce alcuni rilievi sopra i vesco ­
vati di L u n i e di G en o v a. (A tti del Congresso internaz. dì Se. Stor .,
Rom a, S a lv iu cc i 1906, vol. I l i , p. 79).
NECROLOGIO.
A tlcle P Icrottet. — N ata nel 1860 si addisse agli studj per conse­
guire il d ip lo m a di m aestra elem entare, ed entrò nelle scu o le civich e
di G e n o v a . S u b ì in seguito con fortuna gli esami d ’abilitazione a ll’in­
segn am en to d ella p e d a g o g ia , e non tralasciò mai per tutta la vita di
a ccrescere la su a cultura alternando le cure della scuola, con la sol­
lecitudine d e lla b en eficen za. S i spense per m alattia sottile il 26 g e n ­
naio 1906. — A b b ia m o di lei alle stam pe : La musica nell’educazione ,
coìiferenza , M ila n o , Ricordi , 1889 , in 8 .° , pp. 24 — P er Je scuole
miste, G e n o v a , tip . della G ioven tù , 1S93, in 8.°, pp. 24 — D a ll’E p i­
stolario di E ldea, M ila n o , R ico rd i, 1895, in i£.°, pp. 23 — Camillo
Sivori , biografia , M ila n o , R ic o r d i, 1896, in 16.0, pp. 95 — I l padre
maestro Alessandro Borroni, appunti biografici. Pesaro, N obili, 1898,
in 16.0, pp . 37 — P er la negra, per la triste, per la dolorosa vecchiaia,
note e documenti sull'istituto M artinez, G e n o v a , tip. d ella G ioven tù ,
1899; in 16 .0 p p . 32 — Porta Pila in Genova e la sua Madonna, G e ­
nova, tip . d e lla G io v en tù , 1902, in 8.°, pp. 18 — In A ssisi ne\\a R as­
segna N a zion a le , 1900, vol. C X I V , pp. 417-423.
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35^ —
A c h i l l e l i o m b a r d i n i . — Il 12 m arzo 1906 si sp egn eva in Carrara
d o v e era n ato nel 1857. S i ad dottorò in m edicina a M odena nel 1881,
e fatta la pratica a F iren ze, si ritrasse in patria n ell’ anno appresso,
d an d o o p era all* esercizio d ella professione. Ma alla scien za d ella sa­
lu te v o lle e sep p e co n g iu n g ere cultura varia e m olteplice d ’ arte e di
le tte re , di filosofia e di econom ia, di che dette prova con la viva pa­
ro la, e co n g li scritti n e ’ giorn ali cittadini. Sostenne parecchie cariche
o n o rific h e , e gio van issim o ven n e chiam ato alPinsegnam ento d e ll’ ana­
to m ia p itto ric a n ella A c c a d e m ia di Carrara, dove per ben ve n tu n ’anno
e sp o se le su e p re g ia te lezion i. F u altresì socio corrispondente della
R . D e p u ta z io n e di S to ria P atria, per le provincie m odenesi. O ltre ad
a lc u n e m o n o gra fie di m ed icin a, abbiam o di lui il Manuale di anatomia
pittorica (M ilan o, H o ep li), del, quale si hanno due edizioni, ed è l ’o­
p e ra sua p iù repu tata.
P . M a rc e llin o d a Cfvezza. — Nato il 29 m aggio 1822 a C ivezza
(P o rto M au rizio ) d a V in c e n zo Ranise e Maria Frontero, il 5 febbraio
1838 v e stì l ’ab ito di S . F ran cesco, e professò l ’anno successivo. C om pì
g li stu d i in L u c c a nel C on ven to dei M in o ri, dove fu ordinato sacer­
d o te il 17 m a g g io 1845. In segnò nelle scuole pubbliche di F eren tino
la re tto ric a , quindi teo lo gia a V iterbo, e nel 1850 fu nom inato A rca d e
in R o m a . L ’anno appresso tenn e la catedra d ’eloquenza in A ra co eli;
v e n n e n om in ato socio d e ll’A ccadem ia T ib e rin a , e poi nel 1853 di
q u e lla d ei Q u iriti. Più tardi entrò a far parte dell’A ccad em ia di reli­
g io n e , e salito in grid o per le sue opere storiche venne chiam ato da
L e o n e X I I I n ella C om m issione di studi storici. N ell’ Ordine coprì gli
uffici di L e tto re e di D efinitore generale. Morì a Livorno il 28 marzo
1906. A s s a i n u m erose sono le scritture da lui date alle stam pe. R i­
c o rd e re m o a nostro uopo il Saggio di Bibliografia geografica , storica ,
etnografica Sanfrancescana , Prato , 1879 ; I l romano pontificato nella
storia d ’Ita lia , Prato, 1888, e la Storia universale delle missioni Fran­
cescane, R o m a , 1866-1895 in undici volumi, che è l’opera sua più p o ­
d e r o s a e p e r o g n i rispetto p iù importante. Tradusse varie opere altrui
fra le q u a li notiam o la vita di Colombo del Rosselly de L orgu es,
(P ra to , G u a sti, 1876), e L'arte in Italia; Dante e la Div. Commedia
d i D r o u ilh e t de S igalâs, (G en ova, 1853). Curò la pubblicazione di pa­
r e c ch i te sti, com e La Divina Commedia col commento di G iovanni
d a S e r ra v a lle , (P ra to , 1891), La Leggenda di S. Francesco , (R o m a,
1899), ed altri non pochi d e ’ quali, come degli scritti s u o i , può v e ­
d ersi l ’ e le n c o nel Catalogo generale della Libreria Italiana dall' anno
1847 a l 1899 compilato da
A t t i l i o
P a g l i a i n i ,
Milano, 1901-05.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 353 —
A P P U N T I D I B IB L IO G R A F IA L IG U R E .
A n s e l m o (P .) d a V e z z a n o . Ricordo del primo cinquantenario
dalla p ro cla m a zio n e del dogm a della Immacolata Concezione nella p ro­
vincia m in o ritica di G en ova. G e n o v a , tip. d^l « Serafino d ’A ssisi »,
1905, in 8.°, p p . 183 con tav.
B a c c e l l i A l f r e d o . Marina ligure [versi], (in Santo Mare , a cura
della Sezione d i Roma della Lega Navale. Rom a , Casa E dit. N az.,
1906, pp. 85 e s g g .).
B e r n a r d i n i N . G li ultimi dieci anni di Giuseppe Libertini (in R i­
vista storica s aient ina , II, 9 10). Con lettere di Giuseppe M azzini.
Bo g h e n - C
onigliani
E m m a . Per G iuseppe
Mazzini (in La nuova
parola , 1906, m a g g io ).
B r i z z o l a r a G i o v a n n i . M em orie storiche genovesi. Il Polittico di
S. B artolom eo d el Fossato di Prom ontorio (in Settimana Religiosa ,
1906, n. 13).
B u o n o c o r e O . Nel IV centenario della morte di C ristoforo C o­
lom bo (in Alessandro Manzoni, 1906, n. 5).
C a ta lo g o d e lle op ere com ponenti la R accolta Colom biana esistente
nella C iv iv a B ib lio te ca Berio di G en ova. G en ova, Pagano, 1906, in 8.°,
PP. 123.
C
L
ervetto
uigi
A
ugusto.
Portofino Kulm e i suoi d in torn i: la
S vizzera in m e zzo al m are. G en ova, tip. A rm anino, 1906, in 24.0, obi.
pp. 49, co n fig. e tav.
Cim b a l i G
iuseppe.
G iuseppe Mazzini e la filosofia del d o v ere (in
Rivista Popolare , 1906, 28 febbraio).
C o d ice d ip lo m a tic o dei Santuari della
L iguria , A .
I l i , S er. III,
n. 9.
C o m p e n d io sa n oticia historica do hospicio dos religiosos C apuchi
nhos na c id a d e d o R io de Janeiro (1659-1S14) [edito per cura e con
prefazione d el P. F
rancesco
S a v e r i o M o l f i n o ]. G enova, T ip . d ella
G ioven tù , 1906, in 8.°, pp. 62. Sono ricordati parecchi liguri.
C orradino
F.
M. Il Palazzo M unicipale di G enova (in Pro Fa­
milia , B e rg a m o , 1906, A . V I I , pag. 1S0 e seg g . con incis.).
C r e s c i n i V i n c e n z o . [Recensione a] G i u l i o B e r t o n i . I trovatori
minori di Genova. D resden 1903 (in Giornale storico d. lett. ital .,
voi. X L V I I , p a g . 331 e sgg.).
De F
aria
A
ntonio
. Notas para a genealogia
de fam illa P ersollo
(de o rig e m g e n o v e s a ). L eorne, G iusti, 1906, in 8.°, pp. V IIII-12 0 , con
rit. e tav.
D
elle
Pere
L
uigi.
P arole dette sulla tom ba del nobil u om o A le s-
Giorn. St. e Leti, delia Liguria.
24
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
354 —
sandro d ei m archesi M agni-G riffi il giorno del suo sep pellim en to nel
cim itero di S arzan a, 26 d icem bre 1905. Sarzana, Costa, 1906, in S.<> di
pp. 10.
D e l l e p i a n e G i o v a n n i . G u id a per le escursioni nelle A lp i ed A p ­
pennini L ig u r i con n ote di G . I s s e l , G . R o v e r e t o , O . P e n z i g , R .
e G . C. R a f f a e l l i . T erza edizione. G enova, B acigalu pi, 1906,
in 16 .°, p p . X X X I-3 3 4 , con ta v. e carte.
G estro
D o m e n ic h e l l i
T . In m em oria del P. M arcellino da C ivezza. F i­
ren ze, B arb era , 1906, in 8.°. pp . 26.
F e l i c e ( F r a ) . Il P. B ernardo da Fivizzano, ex-provinciale dei c a p ­
p u ccin i di T o sc a n a : N ote b io grafich e. Firenze, tip S. G iu sep pe, 1906,
in 8.° p p . 31.
F e r r e t t o A r t u r o . L ib e r M agistri Salm onis Sacri Palatii N otarii.
1222-1226 (in A tti della Società Ligure di Storia P a tr ia , R o m a , tip.
A r tig ia n e lli, 1906, vol. X X X V I ) .
F o g lie s p a r s e , 190 6, I , n. 4. Oggetti riposti in una scatola sal­
data ejitro alla palla che serve d i base alla Croce del Campanile della
Cattedrale d i Sarzana. — Noterelle intorno alla lettera di fr a Niccolò
Carosini ( A . N eri). — L e cinque terre — Spigolature Storiche (Calleg a r i e P u tti). = N . 5. L e A lp i Apuane (Bertoloni , trad. di C. M ontefio ri). — L a Lunigiana nella Divina Commedia (F. Podestà). —
D ante A lig h ie r i al Castello de’ Malaspina (Versi del Monti illustr.).
— N ostra Signora dell'Olm o ; memorie storiche (G. Pellistri). = N . 6.
I nostri Illustri. Domenico Viviani (Podestà). — Regolamento p er la
Processione del P rez. Sangue in Sarzana. — Cristoforo Colombo. R i­
tratto (d al Colombo di L . Costa). — Spigolature storiche (C allegari e
P utti).
F o n t a n e l l a F r . A n n u aire Fontanella : guide com plet de la còte
b leu (riviera italienne), adm inistratif, commercial, illustrée de S . Rem o
e t ses en viro n s, 1906 (V année). San Remo, tip. L igure, 1906, in 16.°,
p p . 480, co n ritr. e tav.
F rom
g e n n a io ).
H . G . L e cardinal Spinola (in La Vérité française, 1906, 2i
·
G e r in i
G.
B. L* educazione fisica e morale secondo N iccolò O li­
v a ri (in Car onda Rivista di pedagogia e scienze ausiliarie , A cireale,
1902, n. 1-2).
G o l in e l l i
A . G lo rie L igu ri. Cenni biografici intorno ai titolari
d e lle sc u o le di G e n o v a . B iagio Assereto, Genova, Libreria scolastica,
1906, in 1 8 . pp. 8. — G abriello Chiabrera, Ivi , pp. 7. — BrignoleS a le , I v i, p p . 8.
I s s e l A r t u r o . E xcursion géologique dans les environs de G enes
(in A tti d. soc. lig. di scienze 7iaturali e geogr. , A . X V I , fascicoli
3 -4 , 1905).
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 355 —
T o i rig lia e il suo territorio: cenni
Pace, 1906, in 8.°, pp. 58.
geologici. R o m a , tip. della
L a n a t a G . S to ria della taum aturga immagine del S S . Crocifisso
in C hiavari. G e n o v a , tip. del « Serafino d ’Assisi », 1906, in 8.°, di
p p . 262.
L astri
A lfredo.
G enova dal 1797 al 1800. Appunti
storici (in
A rs et salus , G e n o v a , 1906, n. 7 in continuazione).
L u g a n o P . P l a c i d o ^ L ’ abate Fabrizio Malaspina e l ’ istoria d ella
sua fam iglia (in Bollettino della Società per g li studi di storia d'eco­
nomia e d'arte n el Tortonese, 1906, p. 23-31).
L u z io A l e s s a n d r o . G offredo Mameli — Nino Bixio (in P rofili
biogiafici e bozzetti storici , Milano, Cogliati, 1906, pag. 171 e se g g . \
303 e se g g .).
M a s c i F i l i p p o . Il pensiero filosofico di Giuseppe Mazzini. M em oria
(in A tti della R . Accademia di scienze morali e politiche, vol. X X X V I ,
pag. 167 e s g g .) .
M. D . M a zzin i (in Le Petit Temps, 1906, 18 gennaio).
M a z z in i
G iu s e p p e .
Una lettera inedita (in La Vita internazionale}
A . IX , p a g . 245).
M e l e g a r i D o r a . L a G iovine Italia e la G iovine E uropa dal car­
teggio in ed ito di G iu sep pe Mazzini a L u igi A m ed eo M elegari. M ilano,
T reves, 1906, in 16.°, pp, 345.
L u ig i A m e d e o M elegari e G iuseppe Mazzini (in Nuova Anto­
logia, vol C X X I I I , p ag. 237 e segg.).
Menandro
G reco
M. T ra gli inni: breve discorso su
G iu sep p e
Mazzini, d e tto nel R . istituto nautico di Procida pel primo cen ten ario
della sua n a scita . R om a, B. L u x (s. tip.), 1905, in 8.0, pp. 22.
P a r o d i G i u s e p p e . Memorie storiche genovesi. Im portantissim o d o ­
cum ento a n tico intorn o alla donazione d ell’insigne reliquia d ella S an ta
Croce fatta ai C on fratelli d e ll’ Oratorio di S. Giovanni Battista (Sestri
Ponente) (in Settimana Religiosa , 1906, 11. 10, 12).
P e d e v i l l a G . D an te in L unigiana ospite dei Malaspina (in La
Verna, rivista illustrala sanfrancescana , A . I I , 1906, pag. 731 e se­
guenti).
P e l i s s i e r L e o n e G . Sur quelques docum ents utiles pour l ’histoire
des rapports e n tre la France et l ’Italie (in A lti del Congresso interna­
zionale di scienze storiche. Rom a, Salviucci, 1906, vol. III). P u bb lica
un viagg io in Italia d e ll’ olandese Som m elsdyek fatto nel 1654 , d ove
ha larga p a rte la L ig u ria (pp. 244-256).
P e n z ìg
O.
C om m em orazion e di Federico Delpino (in A tti d. soc.
lig. di scienze nat. c geogr ., A . X V I , fase. 3-4, 1905).
P e r s o g l io
P.
n. 14, 18, 19). —
L . L e vie di G enova (in Settimana Religiosa, 1906,
L e F iglie di Casa (ivi, 11. 14, 16, 18, 19).
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 356 —
Poggi
G aetano.
L a L ig u ria nella storia (in D
e l l e p ià n e
,
Guida
e c c . (vedi) p p . V I I - X X X I ) .
P uppo
A n t o n io .
D allo sco g lio di Q uarto. C anzone. G en o v a , tip.
M arittim a, 1906, fol. v o i.
R o ssi
L u ig i.
N icco lò V e le Potenze d ’Italia dal m a gg io d el 1447
al d ice m b re del 1451 (in Rivista di scienze storiche, III, 241).
S au li S . A lessan d ro . N o te e docum enti. M ilano, C o g lia ti, 1905, in
8. ° di p p . 143. — C o n tien e: O . P r e m o l i , Introduzione. — Lo stesso
I prim i anni di S . A lessan d ro . — Lo stesso , G en ealogia S au li. —
,
L. M
a n z i n i . S . A lessan d ro in Pavia dal 1557 al 1567·
G. B a r z a ­
S . A lessa n d ro e S . C arlo . — Pastorale di S. A lessan d ro alla città
e d io cesi di P avia. — M orte di S . Alessandro. — D eposizione giurata
g h i
,
d ella C o n tessa C arlotta R o ero di Costanze. — G . B o f f i t o , S a g g io di
b ib lio g ra fia
Sauliana.
H e i n r i c h . S tu d io sulle finanze genovesi nel m edio evo
e in partico la re sulla C asa di S . G iorgio. T raduzion e dal tedesco di
O n o r i o S o a r d i rived u ta d a ll’ autore (in A tti d. Soc. L ig . di Stor. pat.,
S iE V E K iN G
v o l. X X X V , P arte i . a).
S o m m a r iv a -T esi V it t o r ia .
Studio su Goffredo M am eli: conferenza.
P isto ia , G . F lori e C ., 1905, in 8.°, pp. 86.
T i b e r i o D . I d e l f o n s o . L a Badia e il Santuario di M aria SS. di
F in a lp ia . G e n o v a , tip. d ella G io v en tù , 1906, in 16.0 di pp. 32, con
illu stra zio n i.
TOLOMEI U g o . D ante in Lunigiana e le famiglie M aiaspina. Pistoia,
tip . G ro tta G iusti, 1905, in 16.0 di pp. 24.
U z ie l l i
G ustavo.
sim a F ire n ze -B o lo g n a .
G en ova e Livorno porti europei
Con
L a direttis­
due carte geografiche. Firenze , S eeb er,
1906 (tip. Pellas), in 8.°, pp. 54.
V ia l e
A g o s t in o .
donna della Guardia ,
S alvatore Revelli [scultore di T aggia] (in La Ma­
A.
X I, 1906, n. 1, pag. 19 e sg g ., con ritr.).
S O C IE T À L IG U R E DI S T O R IA P A T R I A
C R O N A C A D E L L A S O C IE T À .
N e ll’A sse m b le a G enerale Ordinaria che ebbe luogo il 14 gennaio
1906, so tto la presidenza del Marchese Cesare Imperiale di S . A n g e lo ,
è sta to approvato a ll’ unanimità e senza discussione il bilancio p reven ­
tiv o p e l 1906.
Il P resid en te ha quindi presentato all’Assem blea il volum e X X X V II
d e g li A t ti d ella S o cietà (Prof. E m il io P a n d i a n i . Un anno di storia
genovese. Giugno 1506-1507, con Diario e documenti inediti) e la prima
p a rte (Le finanze genovesi dal X I I al X IVsecolo) del V olum e X X X V
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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357
—
Studio sulle finanze genovesi nel
Medio Evo e in particolare sulla Casa di S, Giorgio. T rad u zion e dal
(Dott. Prof. H
tedesco di O
e in r ic h
n o r io
S i e v e <ì:k i n g .
S o a r d i ).
Ha riferito inoltre sulla pubblicazione della Monografia stoi'ica dei
Porti d ell’antichità nella Penìsola italiana, che il Ministero d ella Ma­
rina offriva ai M em bri del X Congresso Internazionale di N avigazione
convenuti in M ila n o nel settem bre del 1905 , dicendo com e S . E . il
Ministro M ira b ello fosse assai grato alla Società della sua valida co o ­
perazione.
Si
delle
Il
gnori
p ro c e d e tte qu in d i alla parziale votazione , a scrutinio segreto,
carich e so cia li a sensi delPart. 35 dello Statuto.
risu ltato d e lla votazione confermò nelle cariche consigliari i S i­
C av . L u ig i A u g u sto C ervetto, Com m . Francesco D. C osta, A v ­
vocato Prof. M a ttia Moresco , Mons. A b . Prof. Prospero P eragallo,
March. C o m m . A le ra m e Spinola e ad essi aggiunse il March. A v v . A n ­
tonio C a rre g a fu A n g e lo .
F u ro n o in o ltre eletti a Revisori dei conti pel 1905 i soci M arch. V it­
torio C e n tu rio n e , Isidoro Ivani, Sac. Prof. Dott. Silvio M onaci.
*
* *
L ’A ss e m b le a G en erale Ordinaria per 1’ approvazione del Bilancio
consuntivo d e l 1905 , a sensi dell’ art. 40 dello Statuto sociale , ebbe
luogo il 3 g iu g n o e fu aneli’ essa presieduta dal March. C esare Im p e­
riale di S . A n g e lo .
Il P res id e n te annunziò che S . E . i l ’ Ministro della M a rin a , assai
soddisfatto d ella coop erazion e scientifica prestatagli dalla S o cietà L i­
gure di S to r ia P atria lo scorso anno, in occasione della pubblicazione
promossa d a q u el M inistero sui Porti d ell’antichità nella P enisola ita­
liana, con su a le tte ra urgente del 18 febbraio 1906, si rivolse nuova­
mente alla S o c ie tà pregandola di cooperare ad un nuovo volu m e sui
Porti deU ’A n tic h ità n ell’ Italia insulare, inteso a com pletare la Mono­
grafia su rric o rd a ta , affermando che « la trattazione storica dei porti
della C orsica, p e r a ver quest’ isola tratto le sue prime origini da p o ­
poli liguri c h e l ’abitarono, e per essere poi stata lungam ente so g getta
alla R e p u b b lica di G en ova, avrebbe potuto con vera com petenza es­
sere sv o lta d a lla nostra Società ».
L a P resid e n za d ella Società accettò di buon grado l ’invito e d ied e
al C on sigliere A r tu r o
Ferretto , del R. A rchivio di Stato di G en o v a,
l ’incarico d e lla n u o v a com pilazione.
Il C o n sig lie re F erretto si recò in Corsica a spese, del M inistero, e,
specialm ente a iu ta to colà d all’A b . Prof. Letteron , Bibliotecario d ella
C om unale di B a stia , condusse a termine il lavoro nel tem po stabilito,
consegnando il m anoscritto al Ministero della Marina , che p rovved e
ora alla sua sta m p a . Il Presidente propose un voto di p lau so a ll’A bate L e tte ro n , e la proposta fu approvata per acclam azione.
11 M arch . Im p eria le partecipò quindi che rappresentò ufficialm ente
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
—
35§ —
la S o c ie tà in u nione al M arch. M arcello S taglien o, V ice-P resid en te, e
a ll’A b . P rosp ero P era g allo , C onsigliere della S ocietà, alla com m em o­
ra zio n e b icen te n a ria d e ll’A ss ed io di T orino , prom ossa dalla R . D e ­
p u tazio n e di S to ria Patria per le A n tich e P rovincie e la L om bardia.
A g g iu n s e ch e in sen o alla R . D eputazione fu accolta la sua pro­
p o sta, p rese n tata in u n ione al Prof. C am illo Manfroni , di far copiare
e p u b b lica re i volu m i d el L ib er Jurium , che si trovano attualm ente a
P a rig i, p resso qu el M inistero d eg li A ffari E steri.
L ’A ss e m b le a approvò quindi alP unanim ità e senza osservazioni il
b ila n cio consu ntivo del 1905 e la relazione presentata dal socio Isidoro
Iv a n i, altro d ei R evisori dei conti.
F u ro n o poscia acclam ati Soci Corrispondenti, dietro proposta dell ’ U fficio di P resid enza, i S ig n o ri: C ushing R ichardson Ernest, B iblio­
te ca rio d ella U n iversità di Princeton, New-Jersey, Stati Uniti d ’A m e ­
r ic a ; L ette ro n (A b ate Professor), Bibliotecario della Com unale di Bastia
(C orsica) ; S ie v e k in g D ott. E nrico , Professore di E conom ia politica
n e ll’ U n iv ersità di M arburgo (Germ ania).
*
%
L a S o c ie tà L ig u re di S to ria Patria deplora vivam ente la perdita
d el M arch. V itto rio C enturione , da vari anni solerte e coscienzioso
R e v iso re dei conti d ella S ocietà, avvenuta il 15 giugno. E , purtroppo,
a n c h e n elle file dei S o ci Corrispondenti, bisogna rilevare un decesso:
q u e llo d el N ob il U om o Com m . N icolò Barozzi, che lascia un d u revole
ric o rd o d i sè colle sue operose ricerche sulla Storia di V en ezia.
A i paren ti dei du e Estinti, giunga l ’espressione sincera di cordoglio
d e lla fam ig lia sociale.
*
* *
S o n o stati iscritti tra i Soci Effettivi, i Signori : Cresta D on Carlo,
D ire tto r e d e ll’ istitu to N egron e Durazzo Brignole Sale. — C udia S a l­
v a to re . — D ’ O ria Lam ba M arch. Lodovico. — Ferraris E ttore. — F oà
R a ffa e le — L e v i Priam o — Marsano Don Alfredo, Arciprete di Rivar o lo — O x ilia D ottor G iuseppe U go , Professore di Storia nel L iceo
p a r e g g ia to di C hiavari — Pace Don Paolo, Rettore di S . T o rp e te —
P a v e si D o tto r C am illo — Rollino Don Francesco, Arciprete di S. M ar­
g h e r ita L ig u r e — Rossi A v v . Pietro — Soardi Onorio — Tom asinelli
M a rio — V a ss a llo C av. L u ig i Arnaldo — V irgilio A v v . A gostin o.
*
* *:
L a B ib lio te c a sociale ha ricevuto in dono le seguenti pubblicazioni :
L a Biblioteca Marciana netta sua nuova sede. X X I I I I Aprite
M D C C C C V . V e n e zia , B iblioteca Marciana, X X V II aprile M D C C C C V J .
— C i a r d i n i M a r i n o . Un « Consilium » per il Monte di Pietà (1473).
F ire n z e , B ertin i., 1905. — C o l o m b o C r i s t o f o r o . Tre lettere auto­
g ra fe conservate nel Palazzo Municipale di Genova. Ricordo ojjei'to
dal JMunicipio di Genova ai Membri del X Congresso Internazionale
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 359 —
di Navigazione i l j Q Settembre 1905. G e n o v a , A r m a n i n o , 1905. —
F a u c h é G . B . Una pagina di storia sulla spedizione dei M ille. Let­
tera preceduta da un preambolo di F r a n c e s c o G u a r d i o n e . R o m a ,
1906.
G r a s s e l l i V i n c e n z o . Nella Divina Commedia un passo dai
commentatori dichiarato incomprensibile, dallo stesso Dante chiara­
mente illustralo. P a d o v a , Prosperili!, 1905 - Istituto Idrografico della
R. Manna. L e segnalazioni marittime. Omaggio ai Membri del X
Congresso Internazionale di Navigazione convenuti in Milano. Set­
tembre M C M V . G e n o v a , tip. del R. Istituto Idrografico, 1905. — M o l f i n o I . I r a n c e s c o S a v e r i o . I l Convento dei Cappuccini di Varazze.
G enova, tip. G i o v e n t ù , 1906. - Compendiosa noticia historica do Hospicio dos R eligiosos Capuchinhos na cidade do Rio Janeiro 1659-1814
[per cu ra e c o n p r e fa z io n e del P. S a v e r i o M o l f i n o ] . G e n o v a , t i p o ­
— M o r e s c o M a t t i a . La separazione della
Chiesa dallo Stato in Francia. Torin o , Streglio, 1906. — O x i l i a G i u ­
seppe U g o . Una lettera inedita di Pietro Giordani. G en o va , tip. S u c ­
cursale del « S e c o lo X IX », 1906. — P e c o r i n i M a n z o n i E m i l i o . Una
pagina di stona. In omaggio alla memoria dei prodi militi di Gari­
baldi m oili nella battaglia del Volturno il. I ottobre 1860. S a n t a Maria
C. V . , 1905.
P o d e s t à P r a n c e s c o . Cristoforo Colombo nacque in
Genova. G e n o v a , t i p . della G io v e n tù , 1905. — P o g g i G a e t a n o . Ge­
nova. X X V I secoli di storia. G e n o v a , 1905. — P r o f u m o A t t i l i o . Le
Jouli ed i tempi dello Incendio Neroniano. Rom a, Forzani e C ., 1905.
P r o f u m o A t t i l i o . Le fo n ti ed i tempi del!'Incendio Neroniano.
Parte l . ( n po d i epilogo generale. R o m a , Forzani e C. , 1905. —
R ossi G i r o l a m o . Documenti inediti riguardanti la Chiesa di Ventimiglia. — T o r in o , P aravia, 1906. — S c l a v o F r a n c e s c o . Sulla me­
daglietta che vuoisi J'atta coniare da Carlo Alberto nel 1S21 come segno
di riconoscimento a i suoi compagni di cospirazione. Torino , Pozzo,
1906. — S e l l a P i e t r o . Piano di pubblicazione di un « Corpus Statu­
torum Italicorum ». Rom a, Forzani, 1906. — S f o r z a G i o v a n n i . A le s­
sandro Mag n i- G r iffì. Necrologia. G enova , tip. Gioventù , 1906. —
To r t a r o l o P . , L u i g g i L ., R e g g i o G . Intorno ad alcuni progetti di
ingrandimento ed ilizio ad oriente di Genova. Esame e studi della Com­
missione nominata i l 9 agosto 1905 dalla Onorevole Giunta Munici­
pale. G en ova, P a g a n o , 1906. — T o r t o r a E u g e n i o . I l Banco di N a ­
poli. Parte I: Raccolta di documenti storici e statistici con dieci ta­
vole grafiche. P arte I I : Regolamento illustrato coll'altre leg g i , decreti ,
ordinanze, massima e con note storiche e dichiarative. N a p o li, G ia n ­
nini, 1883. — T o r t o r a E u g e n i o . Nuovi documenti per la storia del
Banco di N a poli N ap oli, Bellisario, 1890.
grafia G i o v e n t ù , 1906.
Il
M archese P o m p e o Sertorio ha offerto un’altra collezione di libri
ed opuscoli di sto ria genovese e del Risorgimento.
I nuovi a cq u isti d ella Biblioteca sono i seguenti :
I l sistema della costituzione economica e sociale ita­
liana nelPelà dei Comuni. Torino-Rom a , Roux e V iarengo , 1905. —
A
rias
G
in o .
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 360 —
B a r a c c o n i G i u s e p p e . I rioni di Roma..
Terza edizione interamente
rifatta . R o m a , Casa Editrice Nazionale, 1905. — B i a n c h i N i c o m e d e .
Carlo Malteucci e VItalia del suo tempo. Narrazione corredata di documenti inediti. T o rin o , B o cca , 1874. — C a p p e l l e t t i L i c u r g o . Storia
della città e stato di Piombino dalle origini fino all’anno 1814, scritta
coir aiuto di documenti inediti 0 rari. Liv orno, Giusti, 1897.
C iocCHiNi A n t o n i o . I Pisani all’assedio e conquista di Gerusalemme. Stu­
dio storico-cj'itico. Pisa , M a r i o t t i , 1901. — C i p o l l a C a r l o . Per la
Storia d ’Italia e de’ suoi conquistatori nel Medio Evo più antico. R i­
cerche varie. Bo lo gn a , Z a n i c h e l l i , 1895. — C l a r e t t a G a u d e n z i o .
D e ll’ Ordine Mauriziano nel primo secolo della sua ricostituzione e del
suo Grand’Ammiraglio Andrea Provana di Leinì. Notizie storiche con
documenti. T o rin o , Bocca (Pinerolo, tip. Sociale), 1890.
C u r t i G io ­
v a n n i . Carlo -Emanue!e I secondo i più recenti studi. Milano , Rebesch in i, 1904. — E r r e r a C a r l o . L ’ epoca delle grandi scoperte Geo­
grafiche. Milano, H o epli, 1902. — G a b o t t o F e r d i n a n d o . G li ultimi
principi d ’Acaia e la politica subalpina dal 1383 al 1407. T o r in o , Bocca,
(P in e r o lo , tip. Sociale), 1898. — H u g u e s L u i g i . L e esplorazioni po­
la ri nel secolo X IX . Milano, Hoepli, 1901. — L i n a i c e r A r t u r o . La
vita e i tempi di Enrico Mayer. Con documenti inediti della storia
della educazione e del risorgimento italiano (/802-1877). F ire n z e, Bar­
b è r a , 1898, 2 voli. — M a r m o r a ( L a ) A l f o n s o . I segreti di stato nel
Governo costituzionale. F irenze, Barbèra, 1877. — M a s s a r a n i T u l l o .
Carlo Tenca e il pensiero civile del suo tempo. Milano, H o e p li, 1888.
— M o l m e n t i P. G . La Dogaressa di Venezia. T o rin o , R o u x , 1887.
— P a s s e r i n i G i u s e p p e L a n d ò , M a zzi C u r z i o . Un decennio dì bi­
bliografia dantesca (1891-içoo). Milano, Hoepli, 1905. — R e v e l (D i )
G e n o v a . I l 183g e l ’Italia centrale. Miei ricordi. M i l a n o , Dumolard,
18 9 1. — R e v e l (D i ) G e n o v a . Da Ancona a Napoli. M iei ricordi.
M ila n o , D u m o lard , 1892. — R e v e l ( D i ) G e n o v a . Umbria ed Aspro­
monte. Ricordi diplomatici. M ilano , D u m o la r d , 1894. — R e v e l (D i)
G e n o v a . Sette mesi al Ministero. Ricordi ministeriali. Con una <4 p
pendice contenente i cenni biografici del conte Ottavio Thaon D i Revel.
M i l a n o , Du m olard , 1905. — S c h m i d t R o d o l p h e . Les armes à feu
portatives , leur origine et leur développement historique et technique
ju s q u ’ à ?ios jours. G e n è v e , G eo rg , 1877. — S e r v i o n J e h a n . Gestes
et Croniques de la Mayson de Savoye, publiées d’après le manuscrit li­
n i que de la Bibliothèque Nationale de Turin et enrichies d'un Glos­
saire par F r é d é r i c - E m m a n u e l B o l l a t i . T u r i n , C a s a n o v a , 1879, 2
v o l . — S o l E u g è n e . Les rapports de la France avec l ’ Italie du X II
siècle à la fin du I Empire , d ’après la série K des Archives nationales.
P a r is . C h a m p io n , 1905. — V i g n a u d H e n r y . Études critiques sur la
vie de Colomb avant ses découvertes. Paris, W e lt e r , 1905. — V i l l a r i
P a s q u a l e . Discissioni critiche e discorsi. B o lo gn a, Za nic helli, 1905.
G i o v a n n i D a P o zz o amministratore responsabile.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
PUBBLICAZIONI RICEVUTE
A n t o n i o P i l o t . Un altro poeta veneto del 1500 (Girolamo Verità ).
Vestri, 1906.
Prato ,
Casa di riposo p e r musicisti in Milano. Fondazione Giuseppe Verdi. Milano,
Ricordi, 1906.
Storia del reame d i Napoli dal /7^7 al 1825 dì P i e t r o C o l l e t t a con intro­
duzione e commento di C a m i l l o M a n f r o n i . Milano, V allard i, 1905.
G u id o M a n a c o r d a . I manoscritti della Biblioteca Municipale Leardi in Ca­
sale Monferrato. Casale, Torelli, 1905.
A l f r e d o S e g r è . M aestri di musica, cantori ecc. in Pisa nei sec. X V I , X V I I
e X V II I. C ittà d ella Pieve, Melosio, 1906.
Antologia della prosa scientifica italiana da Galileo ai giorni 710stri compi­
lata ad uso delle scuole da R o s o l i n o G u a s t a l l a . Firenze, B arbera, 1905.
Catalogo delle opere componenti la Raccolta Colombiana della Civica Biolioteca B erio i?i Genova. Genova, Pagano, 1906.
L u c i e n A u v r a y . L a collection Custodi a la bibliothèque nationale. Bordeaux,
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E d g a r d o M a d d a l e n a . Lessing e Goldoni. Torino, L o esch er, 1906.
A c h i l l e P e l i z z a r i . Poeti giovani, Firenze, 1906.
— La vita e le opere di Guittone d ’Arezzo. Pisa, Nistri, 1906.
F rancesco A
sandro
po sto li.
D ’A
ncona
Le lettere sirmiensi riprodotte ed illustrate da A l e s ­
colla vita dell'autore scritta pai prof. G u i d o B i g o n i .
R om a-M ilano, A lb rig h i, Segati e C ., 1906.
F o r t u n a t o R i z z i . Parva selecta , Studi storici e letterari.
1906.
C ittà di C astello,
F. N e r i . Nota sulla letteratura cortigiana del Rinascimento. B ordeaux, F eret,
1906.
Ρ. P a r i s i . Cojnpendio di letteratura universale. Milano, H oepli, 1906.
A . C a p p e l l i . C r io lo g ia e calendario perpetuo. Milano, H o ep li, 1906.
La Casa di S . G iorgio. Memorie e docmnenti raccolti da U m b e r t o V i l l a .
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S everino F e r r a r i .
Versi raccolti ed ordinati a cura dì L . D e - M a u r i . T orin o,
(Firenze, L an d i), 1906.
— I l Mago, ai'cane fantasie con cenni biografici esplicativi e 7iote di L . D e M a u r i . T o rin o , (F irenze, Landi), 1906.
Domenico Casim iro Prom is. Monete ossidionalì del Piemonte. S eco n d a ed i­
zione a rricch ita di nuove note
e di notizie sulle monete ossidionali di
Novara a cu ra di L . D e - M a u r i . T orino,
(Rocca S. C ascia n o , Cappelli),
1903.
Compe7idiosa 7ioticia historica do hospicio dos religiosos CapucliÌ7ios 7ia cidade
do R io de Janeiro ( 1659-1814) G enova, tip. della Gioventù, 1906.
Documents Ì7iédits re la tifs à madame Duchesse de Berry publiés p a r H e n r y
P r i o r . M ilano, A lleg re tti, 1906.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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Prezzo
del presente fascicolo L. 3
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
0 -IO R N A L E STORICO
E LETTERARIO DELLA
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pubblicato sotto g li auspici della S o c ie t à L ig u r e
AN N O V II
F ascicolo 10 -11-12
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*
*
*
M AZZINI
*
*
*
di
S t o r ia P a t r ia
1906
O ttobre-N ovem bre-D icem bre
SOMMARIO.
G.
S f o r z a : C o n trib u to alla vita di G iovanni Fantoni, pag. 361. — A . P e l li z z a ri : Un a sce ta d e l rinascim ento, pag . 385. — M . V a l g im i g li : Su la c o m p o ­
sizione del c a rm e L X I V di C atullo, *pag. 401. — G . R o s s i: P ietro P agan etti e
la Storia e c c le sia s tica della L igu ria, pag. 428. — F . L . M a n n u c e i : U n nuovo
trovatore d ella C o r te A n gioin a , pag. 440. — V A R I E T À : A . B o z z o : U n m oto
V andeano d u ra n te il go vern o della R epubblica L igu re a Sestri P o n e n te , pag. 448.
— G . B ig o n i : S u d ’ un contributo di E . Sim onsfeld alla storia g e n o vese d el d o ­
dicesimo sec o lo , p a g . 456. — A N N U N Z I A N A L I T I C I : V i si parla d i: Im b ert,
V illa , R iz z i, P a r is i, C a p p e lli, G u astalla, F erraris, P rom is, M an acord a, M olfino,
Biadego, R o b e rti, M u s a tti, Calvo, A u v ra y , M ed ici, S e g r è , P ilo t, C ip o lla , L e v i,
M addalena, C a p a s so , D ’A ste, Rossi, pag. 461. — S P I G O L A T U R E 'E N O T IZ IE ,
pag. 477. — In d ice d el voi. V II, pag. 478.
L A S P E Z IA
d ir e z io n e
S ocietà d’ Incoraggiam ento editrice
Genova - C o rso M en ta n a
43-12
T
ip
.
d ella
G
io v e n t ù
A M M I N IS T R A Z I O N E
L a S p e z ia - A m m in istrazion e
d el G iornale
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 36 i —
CONTRIBUTO
A LLA V I T A DI GIOVANNI FANTONI
(L A B I N D O )
IV.
LA R IS P O S T A A L
Q U ESITO : « Q U A L E D E I G O V E R N I L I B E R I
M E G L IO C O N V E N G A A L L A F E L IC IT À D E L L ’ I T A L I A ».
L ’Amministrazione generale della Lombardia, il 6 ven­
demmiale dell’anno V [27 settembre 1796], offriva in premio
« una medaglia d’oro, del valore di dugento zecchini », a
chi facesse « il miglior discorso » sul quesito : Quale dei
governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia. N el­
l’appello, rivolto « a tutti li buoni cittadini ed amanti della
libertà » , diceva : « La Francia ha scosso il giogo e si è
resa il terrore de’ tiranni e la speranza de’ popoli ; ma la
face della filosofia ha preceduto il balenare dell’ invincibile
sua spada. Essa, coll’armi della ragione, ha persuaso il po­
polo che egli doveva esser libero , ed il popolo vi si è
reso. Essa ha predetto che un popolo libero avrebbe su­
perate le forze di tutti i despoti della terra , ed il popolo
ha veduto i satelliti degli oppressori del mondo fuggirsene
vinti dinanzi alle insegne repubblicane.... Il nostro primo
dovere , nelle fortunate circostanze in cui ci troviamo , è
quello di aprire agli ingegni italiani una vasta carriera, in
cui trattando i grandi interessi della intiera nazione, ren­
dano famigliari al popolo gli eterni principi della libertà
ed eguaglianza; gli facciano conoscere l’estensione de’ suoi
diritti, la facoltà di rivendicarli; e gli possano ad un tempo
indicare gli scogli in cui può inciampare chi passa dal ser­
vaggio alla libertà.... Oh voi tranquilli coltivatori delle let­
tere, l’amore della patria e della gloria vi scuota!.... alzate
la voce, ed alla patria comune offrite i vostri lumi ed i
vostri talenti ». Il « discorso » , da presentarsi « nello
Giorn. St. e Lctt. della Liguria.
25
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
. — &2 —
spazio di due mesi » , doveva essere scritto « in italiano,
o in francese , o in latino ». Erano ammessi al concorso
g l’ italiani e gli « esteri » (i).
Il giorno prima che l’appello venisse pubblicato, Bona­
parte scrisse a’ Bolognesi: « Le temps est arrivé où l’Italie
va se montrer avec honneur parmi les nations puissantes.
La Lombardie, Bologne, Modène, Reggio, Ferrare, peut-être
la Rom agne, si elle s'en montre digne, étonneront un jour
l’Europe et nous retraceront les plus beaux jours de 1’ Italie. Courez aux armes! Faites trembler les ennemis de
vos droits et de votre liberté ». Sotto il fascino di queste
parole animatrici, cinquantaquattro scrittori, non cinquantadue come fa detto e si ripete (2), risposero al quesito. Il
premio toccò a Melchiorre Gioia; ebbero la menzione ono­
revole Giuseppe Fantuzzi e Carlo Botta (3). Tra’ concor­
renti — fatto ignorato fino a qui — fu anche Labindo.
Accennando alla dissertazione del Gioia notò il Maz­
zini : « L ’unità, comechè presentita di secolo in secolo da
taluni fra i nostri grandi, era sul campo della politica pra­
tica ciò che gli uomini battezzano, sorridendo , un’ utopia.
Nessuno la sospettava possibile.... Nè credo che , da Mel­
chiorre Gioia infuori in un libriccino dimenticato, un solo
degli scrittori politici sorti in Italia nel periodo dell’ inva­
sione francese contemplasse l’unità politica della patria co­
mune. Miravano a una lega di Stati. E , d’ altra parte, la
questione di libertà preoccupava più assai le menti che
non quella della nazione » (4). Il Gioia non fu il solo de’
concorrenti a propugnare l’unità dell’ Italia, nè il solo de­
g l’ italiani d’allora che se ne facesse banditore (5). Sotto il
nome di Publicola Tiberino , la caldeggiò anche Giuseppe
Lattanzi; nemico del federalismo , perchè , a suo giudizio ,
menava all’ anarchia nazionale ; vagheggiatore di un go­
verno democratico repubblicano, « unico per tutta l’Italia »,
il solo, per lui, che fosse capace di rendere felici i popoli (6).
Lo stesso Botta, benché non levi gli occhi dagli angusti
confini della « nazion lombarda », in fondo, non è troppo
tenero del governo federativo (7), che, « ottimo in sè stesso
per conservare la libertà e preservarla dagli assalti degli
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 363 —
uomini ambiziosi e che affettano la tirannide al di dentro,
non riesce egualmente buono per difenderla e preservarla
dagli inimici esterni e potenti » (8). Enrico Michele L ’A u ­
rora, romano, il quale peraltro non fu de’ concorrenti, fin
dai 1793 chiedeva aiuto alla Convenzione nazionale di
Francia, « per levare legioni, composte di soli italiani, che
all’Aquila Romana conquistassero tutta l’Italia » (9); scop­
piato il sollevamento di R eg g io , propose si convocasse
una convenzione nazionale a Reggio, o Milano, o Bologna,
« formata da tutti gli Stati d’Italia », e si lusingava fosse
la scintilla della « rivoluzione generale » (10); con un libro
bizzarro, lo stesso anno, consigliò di mandare il Papa in
Sardegna e far della penisola una sola Repubblica, gover­
nata da un Senato elettivo, residente in Roma (11). Un
altro italiano , che volle nascondere il proprio nome , ma
fu Matteo Ga l d i , esule napoletano (12), fattosi propugna­
tore della necessità di stabilire una repubblica in Italia
scriveva : « En faisant des divers états au pouvoir des
Français, autant de républiques, ou indépendantes ou fé­
dérées, il y aura entre elles différences d’institutions, de
constitution, de rapports politiques; et quand bien même
elles seroient assez sages pour n’en pas venir aux mains
entre elles, quand elles respecteroient réciproquement leur
commune liberté, elles n’en seroient pas moins divisées et
impuissantes dans le cas d’une aggression étrangère. L ’olygarchie des gouvernemens voisins, l’inquiétude des rois, ne
perdroient pas les occasions d’y jetter la pomme de di­
scorde et de les armer les unes contre les autres, de se
faire ensuite médiateurs de leurs querelles, de se lier avec
les plus foibles pour écraser les plus fortes, et finir par les
dompter et les envahir toutes , après les avoir dépouillées
d’hommes et de moyens. Ce ne sont pas l à , citoyens, les
théories vagues de quelques pédans qui, du fonds de leurs
cabinets, pensent faire aller le monde ; ce sont les leçons
parlantes et instructives de l’expérience et de l ’histoire.
Rappelez-vous les causes de la décadence des républi­
ques italo-grecques ; rappelez vous la destruction de celles
du Péloponèse par le Macédoniens ; rappelez-vous vos
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 3 64 —
propres malheurs plus récens et les évènemens qui suivi­
rent depuis le douzième siècle la renaissance des arts et
de la liberté ». Finiva: « Et vous, illustres Quinquevirs
de la France ! vous qui paroissez dépositaires du pouvoir
de la création, imitez son active énergie, prononcez, à la
face de l ’Europe , ces paroles sacrées : Que la république
italique existe, ainsi qu’au commencement des siècles le
père des mondes dit : Que la lumiere se fa s se , et la lu­
miere se fit » (13). Anche Vittorio Barzoni invocava «una
costituzione, che unisca in una massa sola tutte le parti
separate e disperse » d’ Italia. « Riparate ai suoi mali voi
che lo potete », scriveva a Bonaparte: « fondetela in una
sola repubblica » (14). E la preghiera inascoltata fu forse
cagione dell’odio tremendo e implacabile che gli si accese
nel petto contro 1’ uomo che poteva e non volle.
Bandito il concorso, il primo a farsi avanti fu un gia­
cobino de’ più focosi e scapigliati, il prof. Gio. Antonio
R anza di Vercelli (15); il famoso «cittadino francese per
benefìcio d’ ospitalità e archivista rivoluzionario del distretto
di Nizza » (così gli piaceva chiamarsi) che ideò e stampò
un Progetto di correzione alla guillottina, '« stromento ven­
dicatore del popolo», del quale si doveva l ’ invenzione
«alla sensibilità francese» (16). Questo pazzo, che non
mancava nè d’ ingegno, nè di studi, rispose al quesito stam­
pando alcuni suoi pensieri, « stesi con brevità spartana in
Genova nello scorso gennaio, per l’ozio d’una malattia, con­
tratta appunto per lo strapazzo di replicati viaggi per la li­
bertà italiana (17) ». Essendo l’ Italia, « divisa in tanti Stati,
diversi di costumi, di massime, di dialetto, d’ interesse, che
nutrono vicendevolmente gli uni agli altri avversione », rico­
nosce che « il volere unire questi Stati in un solo governo ad
un tratto, con una sola costituzione, è lo stesso che cercare
il moto perpetuo, la pietra filosofale». Ritiene, per conse­
guenza, che non si possa « distruggere in un giorno e modi­
ficare l’opera di molti secoli, avvalorata dall’ abitudine di
tante generazioni, senz’ anarchia » ; e consiglia di andare
« per gradi»; solo modo di ottenere «il gran fine con poco
disturbo » e « col minimo possibile di disordine ». Vuole
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
— 365 —
che i popoli italiani rivendichino la « loro sovranità » sul
Trentino, sui B aliaggi S v izzeri, sui G rig io n i, sul F r iu li,
suiristria, su Trieste, sulla Corsica,· « italiana per lin g u a ,
costumi, posizione geografica »; propone di spartire la pe­
nisola in undici repubbliche, da intitolarsi Ligure, Piem on­
tese, Lom barda, dell’Adria, dell’A rno, del Tevere, del V e ­
suvio, Sicula, Sarda, Corsa, Maltese; e « senza paura dello
spauracchio , chiamato dagli imbecilli federalismo », pro­
pone per esse « l ’unità del governo federativo degli Stati
Uniti d ’A m erica e dei Cantoni Svizzeri » , con una costi­
tuzione, da discutersi e approvarsi al principio del 1798 in
Pisa, d ove le undici repubbliche manderebbero dieci depu­
tati per ciascuna ; sciolto il con gresso, la federazione sa­
rebbe go vern ata da un consiglio permanente di due depu­
tati d ’ognuna delle repubbliche.
A l pari del R anza gli altri concorrenti parteggiarono
tutti per la confederazione (18), a cominciare da Giuseppe
Fantuzzi « figlio della Piave » (19), che nell’ assedio di
Genova
cad d e nobile
V itttim a del furor V an dalico,
N o n sè piangendo, m a il tradito e m obile
D estino italico,
come cantò Labindo , suo amico e compagno d’ armi (20).
A ll’ invito da lui fatto agli « itali bardi » di sciogliere « la
canzon di d oglia » sul sepolcro di quel prode,
nei consigli stabile,
N e ’ va ri casi d ella sorte indocile
Im perturbabile,
rispondeva U g o Foscolo, uno de’ difensori di G enova anch’esso. Il Fantuzzi vuole spartita l ’ Italia in dieci repub­
bliche, da chiamarsi : Alpina, L igure , Etrusca, Lom barda,
A d ria tica , B e llic a , A u so n ic a , V esuviana 7 Sillacariddica e
Iserica, retta ciascuna di loro da un Senato suo proprio ,
con autorità affatto regionale. L^n Consiglio, da intitolarsi
de’ Saggi, rego la le relazioni delle dieci repubbliche col
di fuori; il potere legislativo è esclusivamente riservato al­
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— 3^6 —
l’universalità dei cittadini (21). Il Botta propone che la
Lombardia sia governata da un Senato; ma siccome, «po­
trebbe anche fare il male » , due tribuni del popolo ab­
biano la facoltà d’ impedire che faccia il male. Il territorio
sia diviso in trenta Municipi, « ai quali verranno dati dei
nomi appropriati » ; e in ogni Municipio annualmente si
tengano i comizi « la prima domenica di maggio , nella
chiesa più spaziosa » , per nominare un senatore e pro­
porre un tribuno. Votino « tutti i maggiori di venti anni».
Fra i proposti a tribuno se n’ estraggano due a sorte, da
essere « attivamente investiti di tale autorità » , che con­
sisteva nell’opporsi alle leg*gi dannose al popolo e nel con­
sigliarne di nuove a vantaggio suo. Quando il Senato le
respingesse, l’assemblea di tutto il popolo, convocato nella
città capitale , decideva la controversia. Era pure ufficio
de’ tribuni il capitanare il popolo nelle sollevazioni. Se
fosse ingiusta, dovevano quietarlo ; se non dava ascolto ,
dichiararlo ribelle. Se giusta, mettersi alla testa de solle­
vati, e così legittimare il tumulto. Il Senato aveva inoltre
la facoltà di nominare due consoli, a’ quali apparteneva
« il comando supremo della milizia » ; ogni cittadino era
soldato, ogni soldato cittadino. Voleva che il governo te­
nesse in proprietà la sesta parte del territorio, e con que­
sti latifondi inalienabili provvedesse a tutte le pubbliche
necessità. A quelli poi « che più ne hanno bisogno, 0 per
la loro assoluta povertà, o per la numerosa famiglia, o per
l ’ infermità del corpo » la Repubblica assegni terre in dono
per una rendita di trecento lire, da prendersi in parte da
beni demaniali, e in parte « a certe comunità religiose che
potessero venir soppresse » ; e se non bastavano , da sot­
trarsi « ai più ricchi della Lombardia ». I l^rancesi « la
sceranno in propria balìa la nazione lombarda in capo ad
un anno »; Bonaparte avrà in dono dalla Repubblica una
« bellissima ed amenissima possessione » e ritrattosi « alla
villa », sarà chiamato « a parte nelle faccende importanti
del comune »; alla sua morte « i trombetti pubblici divul­
gheranno questo bando : II popolo lombardo seppellisce colla
spesa di dugento mine questo Bonaparte da Corsica; e vuole
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— 367 —
inoltre che perpetuamente venga onorato con gare musicali
equestri e ginniche ». Par di sognare !
Labindo offrì la sua memoria agli Amministratori ge­
nerali della Lombardia con questa lettera:
C itta d in i ,
C o n sid era te le po ch e riflessioni che vi presento. N on v i so rp ren ­
dano le n u o v e ve rità che contengono. U n ’opera sulla felicità d elle N a­
zioni (22) vi farà con o scere quanto prima che senza di queste non esiste
nè L ib ertà , n è E g u a g lia n z a ; procurate che la L om bardia le con o sca
in fatti, non in p arole; e pensate che 1’ Italia ci spera e 1’ E u ro p a vi
osserva.
S a lu te e fratellanza.
Un Italiano.
L ’ epigrafe, che sta in fronte alla memoria, è tratta da
Orazio, s’ intende :
Quid, Leges sine moribus
Vanae proficiunt.
Si fa una domanda : « Per quali ragioni 1’ Italia ora non
può essere libera nella sua totalità? » Risponde:
P erch è la F ra n cia non perm etterà m ai accanto a lei una rep u b ­
blica talm ente p o ten te che possa divenire sua rivale. P erch è non pu ò
sollecitam en te d istru ggersi 1’ influenza su lle opinioni in Italia d el p o ­
tere del P ap a, q u an d ’anche riuscisse di togliergli lo S tato e ridurlo
all’esem plare p o v e r tà dei primi pontefici. P erchè la differenza d ei d ia ­
letti, dei
costu m i e d e g l’ interessi dei
popoli del m ezzo giorn o
con
quelli d el setten trio n e d ’Italia s ’oppone a una pronta riunione di essi.
Perchè i trattati di pace conclusi con le Corti di T o r in o , N ap oli e
Parm a, la n eu tralità riconosciuta di V en ezia, G en ova e T o sc a n a , 1’ al­
leanza con la S p a g n a
lo im pediscono per ora , nè i popoli di d ette
regioni d ’ Italia son o in istato, senza il soccorso d ella F ra n cia , di p o ­
tere d ich iarare la loro indipendenza. P erchè finalm ente il p ro g etto di
rendere l ’ Italia u n a sola repubblica non può essere realizzato ch e da
un po p olo con q u istatore , che scorrendola con u n ’ arm ata da cim a a
fondo e scaccian d o n e tutti i tiranni, volesse
rendersi im m ortale
con
darle ottim e le g g i e proteggern e l ’esecuzione sul principio con la forza
d ell’ arm i.
Si fa poi un’ altra domanda: « Potrà giammai l ’ Italia
col consenso della Francia divenire una sola repubblica; »
Risponde :
N on cre d o c h e possa mai essere interesse della F ran cia ch e l ’ Italia
divenga u n a so la repubblica, e dubito che , alm eno per
un
sec o lo ,
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363 -
possa convenire ai popoli del m ezzogiorno d ’ Italia di riunirsi a quelli
del settentrione. Sem bra che i primi siano per ora destinati al com­
m ercio, i secondi all’ agricoltura ; cioè gli uni ad avere un governo
m isto, g li altri dem ocratico. Variando le circostanze politiche dell’Eu­
ropa ed i rapporti attuali della Francia con le altre nazioni, non du­
b ito che q u esta si darà ogni premura per formare in Italia due re­
pu b b lich e, cioè una dem ocratica, che dall’A lp i si estenda fino ai mari
A d ria tic o , T irren o e L igustico, al T evere ed al Metauro, e l ’altra aristodem ocratica, che com prenda quanto v ’è d ’Italia al di là del T evere
e d el M etauro. Queste due rep u b b lich e, necessariamente gelose, per
la loro differente costituzione, l ’una dell’altra, assicurerebbero la Fran­
cia dal tim ore di una potente rivalità italiana, e la prima coi prodotti
d e ’ suoi terreni, la seconda con quella del suo commercio contribui­
reb b ero sem p re più alla prosperità ed alla grandezza della loro libe­
ratrice.
Si fa poi una terza domanda: « E interesse della Francia
fondare ora in Italia una nuova repubblica ? » Questa è la
risposta :
C re d o inutile provare che sia interesse della Repubbblica Francese
10 scacciare d ’Italia la Casa d ’Austria ed impedire che questa non vi
p ossa m ai più avere influenza. Per ottenerlo , non ha altro mezzo si­
cu ro ch e te n ere in Italia , con suo grave dispendio e p e ric o lo , forze
im p on en ti, o fondarvi una repubblica, per necessità nem ica degli A u ­
striaci ed a cui com peta pagarle il mantenimento
di q uelle truppe
c h ’essa d e v e tenere in Italia. Questo secondo partito è il più giusto.
N on vi è cosa che tanto pregiudichi ad una nazione libera quanto l ’o­
p in io n e di m ala fede; nè vi è odio più capace di grandi cose quanto
q u e llo di un popolo che si vede rapire la libertà. Potrebbe questo al­
lo ra
c o lle g a rs i con gli altri despoti dell’ Ita lia , e profittando della
sem p re p ron ta ambizione della Corte di Roma, prom uovere sordamente
u n a fed e ra zio n e italiana, tanto più forte e terribile , quanto più pro­
m ossa d a ll’odio e protetta dal fanatismo. Conviene che i Francesi si
p ersu a d a n o che i preti ed i re saranno sempre i loro nemici , e che
un iti co n g iu n g eran n o sem pre utilmente contro di essi, finché non sorga
in Ita lia u n a repubblica che con una virtuosa costituzione faccia co ­
n o sc e re a lle Nazioni ch ’esiste la felicità sociale senza teocrazia, e che
11 v e ro m e z zo di distruggere il dispotismo del trono e d e ll’altare riu­
niti è q u e llo
di m ettergli a fronte il governo della virtù. Q uesto go­
v e rn o n on p u ò esistere facilm ente che in un paese agricolo , e tal è
q u el tratto di paese di cui può formarsi ora in Italia la nuova repub­
b lica. C re a n d o la , non solo la Francia fa un atto di giustizia e si pro­
c a c c ia u n a gloria, ma giova a sè stessa e può più facilm ente dar la legge
nel m ezzo g io rn o
d ’ Ita lia , trovare dei compensi per i suoi alleati ed
am ici e le necessarie risorse per le sue armate. T u tto in fine prescrive
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— 369 —
alla F ra n cia di form are una repubblica L om barda dem ocratica; e tu tto
in seguito la m in accia di disonore e di danno se ced e i p o p o li di
essa a n uovi p ad ro n i, o gli vende per p rezzo di pace a g li antichi
tiranni.
A lla nuova Repubblica dava « per confine a setten­
trione i Grigioni e ló Stato Veneto ; a levante il Serchio
ed il mare Adriatico ; a mezzogiorno il Metauro , gli A p ­
pennini toscani ed il Serchio ; a ponente il mar Tirreno e
Ligustico, gli Appennini del Genovesato e il Piemonte ».
Per Labindo, « la libertà è il potere che ha l’uomo di far
ciò che non nuoce ai diritti altrui: ha per principio la Na­
tura, per regola la Giustizia, per salvaguardia la L egge. Il
suo confine morale è in questa massima : Non fare altrui
quello che non vuoi che sia fatto a te ; quando questo evidentemente non serva a salvare la Patria ». La libertà
soltanto può essere « ove sono costumi e questi sono pro­
tetti dalle leggi. La libertà esiste nel cuore dei cittad in i,
nè v'è legge coercitiva che renda libero chi è schiavo
delle proprie passioni. Perchè uno Stato sia libero, con­
viene in conseguenza che adotti leggi istitutive che for­
mino con le abitudini gli uomini virtuosi, e crei un go­
verno in cui non possa germogliare stabilmente nel cuore
degli amministratori nè ambizione, nè avarizia. Ciò non
può seguire che nel solo Governo democratico. Dunque il
Governo democratico è il solo Governo libero ; e s’ è il
solo Governo libero , a tenore del quesito , è quello che
conviene all’ Italia ». Ritiene che Γ adottare « un’ assoluta
democrazia, cioè quel Governo in cui tutto il popolo è nel
tempo stesso legislatore ed amministratore delle proprie
leggi », sarebbe come pretendere « di trattenere la cor­
rente di un fiume e di rivolgerlo altrove senza avergli
prima scavato altro letto ». A suo giudizio , Γ unico Go­
verno che « non violentando Γ eguaglianza e la libertà »
poteva allora scegliersi dall’ Italia per prepararla « all’ as­
soluta democrazia » era quello « in cui i magistrati scelti
annualmente dal popolo sono in minor parte esecutori delle
leggi ed in m aggior parte amministratori invigilativi del­
l’esecuzione di esse, e soggetti a render conto, ogni anno,
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370 —
al fine della loro amministrazione , al popolo , censore na­
turale della loro condotta, ed in cui il potere legislativo
risiede sempre nel popolo sovrano > ed è da lui soltanto
conferito alla legge adottata ». Traccia quindi un disegno
dell 'atto costituzionale da darsi alla nuova Repubblica Lom­
barda (23); la quale riteneva dovesse esistere « più che nel
suo territorio, nel cuore e nelle braccia de’ suoi cittadini ».
Femmine e maschi, « compiti i venti anni » , son tutti elettori ; però soltanto chi sa leggere e scrivere è eligibile
« alle funzioni pubbliche » (24). In ogni Distretto, formato
di due Municipalità e « composto di diecimila cittadini at­
tivi », annualmente si tiene adunanza « il primo pratile »
per eleggere il proprio deputato all’Assemblea nazionale,
« o per deliberare sulla proposizione , accettazione , o rigettazione di nuove leggi ». Essendo il popolo « il so­
vrano, ed in conseguenza non potendo essere eh’ egli solo
il legislatore », l’Assemblea nazionale, che si rinnova ogni
anno, « non propone nè fa l eggi , ma rende decreti per
provvedere alla salvezza della Repubblica e fare osservare
le leggi sanzionate dal popolo »; si riunisce « il primo di
fruttifero, e si stabilisce per un anno in ciascuna delle città
che è capo del Dipartimento » ; compito « il giro di tutti
i Dipartim enti, riprincipia le sue sedute dove ha comin­
ciato ». Il Potere esecutivo è formato « del sesto dei mem­
bri dell’ Assemblea ed invigilato dagli altri cinque » ; si
spartisce in otto Comitati : delle Finanze, de’ Domini na­
zionali, d ’ Educazione , Militare, dell’ Acque , de’ Lavori e
soccorsi pubblici, di Commercio, e di Salute pubblica. A l
Comitato de’ Lavori e soccorsi pubblici « spetta sommi­
nistrare lavoro a tutti quei cittadini che ne mancassero »;
ha la « direzione delle opere pubbliche »; provvede « alla sus­
sistenza de’ cittadini inabili a procacciarsela, o per fanciul­
lezza, o per vecchiaia , o per malattie ». A l Comitato di
Salute pubblica, « 0 Direttorio esecutivo » , appartiene
« tutto ciò che riguarda l’ esecuzione suprema delle leggi,
la condotta dei m agistrati, i complotti contro la Repub­
blica e l ’ apertura dei trattati coll’ altre nazioni ». Mentre
« il numero dei membri di ciascun Comitato è fissato a
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371
—
proporzione del numero dei membri che formano il sesto
dell’Assem blea nazionale , il solo Comitato di Salute pub­
blica, o Direttorio, è stabilmente di dodici membri ; cinque
annuali e sette trimestrali. Ogni Comitato elegge uno di
questi sette e lo invia a risiedere per tre mesi nel D iret­
torio. Questo, ogni mese, elegge un Presidente, che ha la
firma, e la custodia del sigillo ».
Le M unicipalità, i Distretti e i Dipartimenti hanno
un’ amministrazione propria, che si rinnova ogni anno. I
cinque amministratori delle Municipalità « sono eletti dal­
l’assemblea dei cinquemila cittadini attivi di ciascuna M u­
nicipalità »; i quattro amministratori del Distretto « sono
nominati dalla respettiva assemblea del distretto »; i dieci
amministratori del Dipartimento, dai voti delle dieci as­
semblee distrettuali che lo formano.
La giustizia civile e criminale la vuole così regolata:
Non p uò esser fatta alcuna violazione al diritto che hanno i citta ­
dini di far p ron u nziare su le loro dispute da arbitri di loro scelta . L a
decisione di q u esti arbitri è definitiva, sei cittad in i non si son o riser­
vati il diritto di reclam are.
V i son o G iu d ici di pace eletti dai cittadini dei circondarli d eter­
minati d alla le g g e , conciliano e giudicano senza spesa; i) loro num ero
e la loro co m p eten za sono regolate d alP A ssem blea gen erale.
V i son o A r b itri pubblici eletti dalle assem blee di distretto; il loro
numero ed i lo ro circondari sono fissati d a ll’A ssem b lea nazion ale; ri­
conoscono le contestazion i che non sono state determ inate d efin itiva ­
mente d a gli arbitri privati, o dai giudici di pace ; d eliberan o in pu b ­
blico, opinano ad alta voce , stabiliscono in ultim o
appello le d ifese
verbali, o su la sem p lice m emoria senza processo e senza sp esa; m o­
tivano le lo ro d ecisioai.
I G iu d ici di p a c e e gli A rbitri pubblici sono eletti ogni anno.
In m ateria crim inale alcun cittadino non può
esser g iu d icato ch e
su d ’un ’accu sa ricevu ta dai g iu r a ti, o dichiarata d a ll’ A ss em b le a na­
zionale. G li accu sa ti hanno consiglieri scelti da essi, o nom inati d ’uf­
fizio. L ’ istru zion e è pubblica , il fatto e Γ intenzione sono d ich iarati
da un giu rato di G iudizio; la pena è applicata
minale.
T u tte le p e n e sono
com pensative del
da un T rib u n ale c ri­
danno recato alla so cietà
dal co lp ev o le; e a proporzione del m aggiore o m inor d anno, recan o
seco l’o b b rob rio . L a pena di morte esiste
soltanto per i p arricid i ed
i traditori d ella patria. L a patria è in lutto ed i cittadini si ch iu d o n o
nelle prop rie c a se quando si sentenzia a m orte un co lp evo le.
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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372 —
Vuole che anche i componenti il Tribunale di cassa­
zione, unico per tutta la Repubblica, che « non tratta gli
affari da principio, ma pronunzia la violazione delle forme
e su le contravvenzioni fatte espressamente alla legge » ,
siano nominati ogni anno dalle assemblee dei Distretti.
Curioso è l’ articolo che tratta delle contribuzioni pub­
bliche :
N on poten do alcun cittadino avere più di mille zecchini d ’entrata,
e d o v en d o depositare ogni quattro anni il superfluo d ella sua industria
n e ll’erario nazionale, la Repubblica, godendo dei frutti di questo su­
perfluo, avrà com e provvedere alle spese a lei necessarie; ma quando
l ’A ssem b le a nazionale fosse necessitata ad imporre qualche contribu­
zion e, verun cittadino è dispensato dall’onorevole obbligo di contribuire
ai pesi pubblici.
La Tesoreria nazionale « è amministrata da Agenti re­
sponsabili, nominati dal Potere esecutivo »; e vengono in­
vigilati « da commissari eletti dall’ Assemblea nazionale,
presi fuori del di lei seno, e responsabili degli abusi che
non denunziano ».
Gli ultimi quattro articoli della Costituzione immaginata
da Labindo trattano della censura, della milizia, de’ rap­
porti della Repubblica con le nazioni straniere, e della
garanzia dei diritti. Trascrivo il primo , per più conti no­
tevole.
Il
p o p o lo è censore naturale di se medesimo e dei suoi magistrati;
ha p e rciò diritto di poter formare in ogni Municipalità due Società
po p olari, una nel luogo dove risiede l ’Amministrazione municipale,
l ’altra nel più centrale per gli abitanti della cam pagna soggetta alla
stessa M unicipalità; diritto inalienabile, quando non si usurpi in dette
S o cietà alcuna di quelle facoltà che appartengono al G overno. Le So- 1
cietà popolari sono le sentinelle della lib e rtà , la salvaguardia dei co­
stu m i, il tem pio civile dell’ istruzione e della concordia, e ad esse ap­
partien e Γ invigilare sul superfluo della fortuna dei cittadini. Ciascuno
in essa ha diritto di accusare un altro cittadino; ma deve fare la sua
d e p o sizio n e in iscritto e deve esser questa affissa nella Società popo­
lare. D o p o tre giorni è recata al più vicino Tribunale criminale. Se
l ’accu sa è da questo riconosciuta falsa, l ’accusatore è privato dal T ri­
b u nale p e r quattro anni del diritto di cittadino e marcato sulla mano
d estra co lla lettera C. Se poi l ’accusato è riconosciuto reo, 1’ accusa­
to re è ringraziato dalla Società popolare, e il Tribunale criminale pro­
n u n zia a n om e d ell’Assem blea nazionale ch’ egli ha ben m eritato della
patria.
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— 373 —
Partigiano della nazione armata, scrive:
L a forza ge n e ra le della Repubblica è com posta del p o p o lo intero,
diviso in 5 requisizioni , cioè di quella dei giovani dai 20 ai 40 anni;
dei virili dai 40 ai 60; degli adolescenti dai 16 ai 20; d elle don ne dai
20 ai 60; dei ve cc h i dai 60 ai 75. Ogni repubblicano è soldato. T u tti
egualm ente nei giuochi e nelle feste nazionali sono esercitati nel m a­
neggio d elle arm i. L a Repubblica mantiene al suo soldo , anche in
tempo di p ace , una forza armata alle frontiere. Non p u ò a v ere un
generalissim o; n è alcun generale può ritenere il com ando d e ll’arm ata
più di un anno; p u ò bensì essere conferm ato per il secondo d a ll’ A s ­
sem blea n azion ale, quando evidentem ente lo richiegga la salu te d ella
R epubblica. N on può sussistere fra le truppe differenze di gra d i e
segni d istin tivi c h e relativam ente al servizio.
La forza pu b b lica, im piegata per m antenere P ordine e la p a ce nelP interno, non a g isc e che per una richiesta in iscritto delle A u to rità
costituite. Q u este sono responsabili degli ordini che danno al P otere
esecutivo.
L a forza p u b b lica contro i nemici esterni agisce sotto gli ordini d el
Com itato di S a lu te pubblica e sotto la vigilanza d ell’ A ss em b le a n a­
zionale.
A lc u n co rp o arm ato, benché deponga le armi, se non si d iscio glie
e rende i suoi m em bri alle rispettive assem blee di D istretto, non può
deliberare.
Vuol così regolate le relazioni della Repubblica con le
nazioni straniere:
Il
P op o lo L o m b a rd o è l ’amico di tutti i popoli liberi e co m p ia n g e
gli schiavi. N on si m escola nel governo d elle altre nazioni, e non so f­
fre che le a ltre nazioni si mescolino nel suo. Non m anda a m b a scia tori; ricev e ai confini quelli delle . altre nazioni , i quali non p osson o
avere altro se g u ito che di quattro persone. D à ogni ventenn io a quei
popoli liberi ch e ne abbisognano il superfluo della sua virtu osa p o p o ­
lazione, o lo m an d a a popolar quelle terre che non hanno coltivatori.
Non riceve n e ’ suoi porti altre flotte che quelle d ella F ran cia; le altre
nazioni non vi posson o entrare che con tre soli legni da g u e rra . P ro ­
tegge quei le g n i m ercantili che recano nei suoi porti com m estib ili, o
generi g r e g g i, e quelli stranieri che vengono
fraternam ente p e r tre
giorni alle c ittà di confine per la stessa cagion e.
Non
co n o sce altro
dritto di g u e rr a ch e la propria difesa. A c c e tta per cittadini tutti q u elli
uomini ch e utili e con le loro azioni e con i loro scritti
hanno
so f­
ferto e soffron o p e r la causa im peribile d ella libertà. Non dà a silo n è
ai tiranni, n è a g li schiavi, e non fa mai pace con un n em ico ch e o c ­
cupa il su o te rrito rio .
Immagina anche un trattato di alleanza, che alla nuova
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— 374 —
Repubblica assicuri la sua esistenza e alla Francia i propri
vantaggi. E questo:
I. L a R epubblica Francese dichiara il Trentino e Brissanonese una
R e p u b b lic a alleata delle due Repubbliche Francese e Lom barda.
II. S i ob bliga fornire ventimila soldati alla Repubblica Lom barda,
ch e d o v rà mantenerli a sue spese. Ottomila staranno nella Repubblica
T r e n tin a , quattrom ila sulle coste e nei porti, e gli altri saranno ripar­
titi n elle città di confine.
I I I . L a R epubblica L om barda, per dimostrare la propria ricono­
scen za alla sua liberatrice, si proibisce di creare una marina mercan­
tile e da gu erra. Sicura della fertilità del suo territorio e della so­
b rietà ed industria d e’ suoi cittadini, protette dalla sua pubblica edu­
ca zio n e, vu o le riconoscere la sua esistenza politica d all’ agricoltura e
d a lle arti ch e non sono di lusso
I V . L a R epubblica Francese , in cam bio di quanto la Repubblica
L o m b a r d a le accorda, si obbliga di proteggere e scortare con le sue
sq u a d re q u ei bastimenti che recheranno merci non lavorate ai porti
d e lla R ep u b b lica Lom barda.
V . L e m ercanzie francesi di transito non saranno soggette a ga­
b e lla su l territorio lom bardo.
V I . L a R epubblica F ran cese si obbliga di non vendere sul terri­
to rio lom b ard o che com m estibili e generi greggi e di sm erciare al­
tr o v e i su oi generi lavorati.
V I I . O g n i qual volta i nemici invaderanno il territorio dell’ una o
d e ll’ altra d elle due R epubbliche, quella di loro che non sarà invasa,
sarà o b b lig ata a somministrare all’altra un corpo arm ato di ventimila
u o m in i. S e fossero richiamati dalla Repubblica Francese i ventimila
u om in i ch e si è obbligata di tenere in Italia, non potrà pretendere dalla
R e p u b b lic a Lom barda altra truppa, ma il solo m antenim ento dei ven­
tim ila uom in i. L a R epubblica Francese si obbliga sei mesi prima di
rich iam arli di darne avviso al Governo.
V i l i . Q u esto corpo non può essere com andato che da un gene­
rale d ella respettiva n a z io n e , che sarà subordinato al generale della
n azio n e d el territorio invaso.
I X . S e la Repubblica Francese, o Lom barda, farà la guerra fuori
d el suo territorio , quella
Repubblica che non è in guerra non sarà
o b b lig a ta ch e a som m inistrare un corpo di diecim ila u o m in i, quando
n e sia rich iesta.
X . Q u an d o nel m edesim o tem po i territori d elle due Repubbliche
fo ssero in vasi, tutte le truppe d ’ ambedue saranno in requisizione ed
am bi i G o v e rn i concerteranno il piano di difesa com une.
X I . N o n si farà trattato da alcuna delle due Repubbliche nel quale
l ’altra n on sia com presa.
X I I . L a R epubblica Francese si obbliga di tenere aperte due strade
p e r com u n icare con la R epubblica Lombarda: quella del monte Cen isio e q u e lla delle A lp i m arittim e,
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— 375 —
La Costituzione si aveva « da rivedere e migliorare di
qui ad un secolo » ; essere « scolpita in bronzo o in marmo
nella sifla dell’Assemblea nazionale e in tutte le pubbliche
piazze della Repubblica ». Garantiva « ad ogni cittadino
la libertà, l’eguaglianza, la proprietà, la sicurezza, il libero
esercizio domestico dei culti, un’ educazione comune, gra­
tuita e ministra di sussistenza, i soccorsi pubblici, la libertà
della stampa, il diritto di petizione, il diritto di riunirsi in
società popolari, il godimento in fine di tutti i diritti dell’ uomo ».
Il
poeta più d’ una volta , anzi troppe volte , piglia la
mano al legislatore; ma di quando in quando qualche lampo
di pensiero c’è.
G io v a n n i S f o r z a .
(1) Raccolta degli ordini, avvisi, proclam i, ecc. pubblicati in M ilano
nell’anno V Repnbblicano Francese, Milano, presso Luigi Veladini, 3796,
tom. II, pp. 16-17.
(2) Le memorie dovevano essere spedite a ll’Amministrazione generale
della Lombardia con « un bullettino suggellato, sull’esteriore parte del quale
sarà scritta l ’ ep igrafe, che verrà posta anche alla testa della m em oria, e
nell’interno il nome e la patria dell’autore ». L ’Amministrazione, per giu ­
dicarle, nominò « una commissione di persone letterate, presieduta da uno
0 più membri », assegnandole quindici giorni di tempo a decidere. Si ob­
bligò poi di far pubblicare « col mezzo della stampa » la memoria prem iata,
e di usare « tale distinzione » anche a quelle che « la commissione giudi­
cherà degne ». Nel R. Archivio di Stato in Milano si conservano mano­
scritte ventidue di queste memorie; alcune sono segnate con un num ero;
altre non hanno numerazione. Le numerate son queste: 2. Memoria dell ’avv. Gio. Nepumoceno Alessi di Montecalvo nell’ Oltrepò Sardo (presen­
tata il i.° annebbiatore dell’ anno V). — 5. Id. brevissim a, firmata C. (22
brumale). — 8. Id. col motto : Concordia sonant (28 brumale). — 10. Id .
di Giambattista Pacchiarotti di Cadovilla, presso Voghera ( 1 4 glaciale).
— 11. Id. d ell’ avv. Francesco Bergancino di Livorno Piemontese (4 g la ­
ciale). _ 12. Piano di costituzione repubblicana per l’ Italia di T eo­
doro Accio di Borgo d ’Ale presso Vercelli, prof, di retorica (28 brum ale).
— 13 Memoria, in francese, del Rouher, segretario in Bozzolo della
Commissione amministrativa del Mantovano (6 glaciale). — 24. Id. in
francese, di Carlo Theremin , capo ufficio al ministero degli affari esteri
a Parigi (14 glaciale). — 25. I d ., in francese, di Giambattista M aurice di
Parigi (12 glaciale). — 27. Id., in italiano, con l ’epigrafe: O quisquis volet
impias (10 glaciale). — 28. Id., in francese, di Giuseppe Antonio Florens di
Parigi (1.0 nevoso). — 29. Id. di Francesco F a b re , impiegato del genio a
Pavia (28 glaciale). — 48. Id., in francese, del Boillet, medico nel d iparti­
mento del Cher (15 nevoso). — 51. Id. in italiano, con l ’ epigrafe: I l solo
governo democratico è legilhwio (17 glaciale).
53. Polo costituzionale
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p c-r la Repubblica Lombarda, di Giuseppe Faroni di Cremona (2 piovoso).
— 54. Id., in italiano, di due autori, l’avv. Pe...... . (strappo nel ballettino)
e il cittadino Gio. Maria Bosisio abate (9 glaciale). — Le memorie senza
numerazione sono le seguenti : a) Memoria del medico condotto di Angera
(28 nevoso). — b) Id., di Pietro Antonio Bindi, parroco di Pietrella Guidi
(9 germinale anno VI). — c) I d ., in francese, con l ’ epigrafe: La Liberté
est le prem ier droit (senza data). — d) Id., di Eustachio D olfini, carmeli­
tano torinese, di anni 62 (4 glaciale). — e) Piano di Giuseppe Pozzi per il
benessere della Repubblica Cisalpina (Milano, 20 fruttidoro anno V). Da
una lettera del Ministro degli Interni Ragazzi, del 15 ventoso anno V I, ri­
sulta che trenta di queste memorie erano presso il dott. Antonio Crespi
presidente della Municipalità di Milano. Varie lettere riguardanti il con­
corso, si trovano nella filza. Sono di Publicola Tiberino (Giuseppe Lattanzi),
4 glaciale; d ell’avv. Giuseppe Poggi di Piazzano (Piacenza), 22 vendemmiale;
di Ferdinando Marescalchi di Bologna, 6 ottobre, 1796; di Gaetano Rossi,
esule napolitano , 22 frimale. Alle memorie inedite sono poi da aggiungere
quelle stampate del Gioia, del Botta, del Fantuzzi, del Ranza, di Labindo
e le seguenti : Risposta al quesito dell’Amministrazione generale della Lom­
bardia : « Quale dei Governi liberi convenga meglio alla fe lic ità dell’ Italia? s> d 'Un Patriot ta Bolognese, Milano, Tanno V della Repubblica Fran­
cese (1796), in 8.° di pp. V i li . [È firmata C. G.]. — Quale sia i l Governo
m igliore. Dissertazione ; s. n. t. in 8.° di pp. 12. [È di G. Tirelli, mode­
nese]. — Sbozzo su l quesito proposto dall’Amministrazione generale della
Lombardia : Quale de’ governi liberi meglio convenga alla fe lic ità dell’ I talia ; nel Giornale de’ Patrioti d’Italia, n.° 3, 5 piovoso, anno I della li­
bertà italiana (24 gennaio 1797). È accompagnato dalla seguente dichiara­
zione: « Le vicende di una vita da lungo tempo consacrata alla libertà
hanno impedito all’ autore di quest’ articolo di mandare nel termine pre­
fisso la memoria, di cui avea fatto il piano e fissato le idee principali: sono
queste che crede dovere sviluppare nelle, circostanze attuali con quella ra­
pidità che esige un foglio periodico, premuroso più del titolo di buon cit­
tadino che d ’ eloquente scrittore ». È firmato B. e porta scritto, in fine,
« sarà continuato »; promessa non mantenuta.
(3) C a v a l l i F . La scienza politica in Italia, Venezia, A nton elli, 1881 ;
tom. IV, pp. 275-280, 282-291 e 291-295. — M o m i g l i a n o F. Un pubblicista,
economista e filosofo del periodo napoleonico (Melchiorre Gioia); nella R i­
vista di filosofia e scienze affini, ann. V, vol. I, n. 2, febbraio 1903, pp. 135153. C f r . anche F i o r i n i , V. I l tempio del Risorgimento Ita lian o , vol. II,
part. I , pp. 700-702. — M a z z o n i G. L ’ Ottocento (edizione Vallardi),
pp. 123-125.
(4) M a z z i n i G. Scritti editi e inediti; I, 182.
(5) Intorno alle prime aspirazioni degl’ italiani all’ unità nazionale molto
e da molti fu scritto, e molto resta ancora da scrivere. Qui cito i lavori che
hanno importanza maggiore : D ' A n c o n a A . I l concetto dell’unità politica
nei poeti italiani; in Studi di critica e storia letteraria, Bologna, Zani­
chelli, 1880, pp. 1-103. — N e r i A . Un giornalista della rivoluzione geno­
vese [Gaspero Sauli]; nell’Illustrazione Italiana, anno X IV [1887], n.° 8 e 9,
PP· I 53 e I73· — F r a n c h e t t i A . Della unità italiana nel 1799; nella Nuova
Antologia, fascicolo del i .0 aprile 1890; pp. 401-437. — C r o c e D .R ela zion i
dei patrioti napoletani col Direttorio e col Consolato e I’ idea dell’ unità
italiana (1799-1801);
Archivio storico per le Provincie Napoletane,
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—
ann. X X V II [1902], fase. 1 e 2, pp. 94-168 e 235-281. — D ’A n c o n a A . Unità e federazione ; in Ricordi ed affetti, Milano, Treves, 1902, pp. 287-349.
Cfr. pure: T i v à r o n i C. L ’ Italia durante i l dominio francese, Torino, Roux,
1889; II, 450-466. — F r a n c h e t t i A . Storia moderna d’ Italia (1789-1799),
Milano, Vallardi, 1900 e segg., pp. 281-283.
(6) D iscorso storico politico su l quesito progettato dall’Am m inistrazione
Generale della Lombardia : « Quale dei Governi liberi meglio convenga
alla fe lic ità d ell’Ita lia », di P u b l i c o l a T i b e r i n o , Milano, presso Gaetano
Motta, s. a. ; in 8.0 di pp. 50.
(7) Il Botta si proponeva di parlare del governo federativo « in un altro
scritto », che poi non fece; e « dai suoi atti successivi si ha la prova che
mirasse a ll’ unità d ’ Ita lia , non ad una confederazione delle diverse sue
parti » Cfr. D i o n i s o t t i C. Vita di Carlo Botta, T orino, Favai e , 1867;
p. 43·
(8) Proposizione ai lomba?'di di una maniera di libero governo, In Mi­
lano M D C C X V II, della Rep. Frane, anno V ; in 8.° Venne ristampato a
Capolago, ma perchè potesse correre liberamente per la penisola, vi fu cam ­
biato il titolo, incollandovi il frontespizio: Pensieri p olitici di C a r l o B o t t a ,
Italia, 1840, in 8.° di pp. 296.
(9) Tra le carte che la Repubblica di Genova sequestrò a Gaspero Sauli
c’ è una lettera anonim a, scritta da Nizza l ’ 8 aprile 1793, che dice: « Mi
sono incontrato col cittadino L ’Aurora, una delle prime famiglie romane, il
quale ha servito l ’ imperatore ed ha girato l ’ Europa per l ’esecuzione di un
progetto che anderò a dirvi. Ha progettato costui alla Convenzione nazio­
nale di volergli accordare soccorsi per levare legioni che all’Aquila romana
conquistassero tutta l ’ Italia. Queste legioni saranno composte di soli ita­
liani, ed egli ha dei partiti considerabili a Cadice, M adrid, L on d ra, Pa­
rigi, dove i mercanti l ’aiutano col danaro e la gioventù colla forza. Sta ne­
goziando con Biron e si lusinga dell’esito. Sarebbe buono che voi scriveste
a Serra che si degnasse di dar orecchio a quanto gli scriverà L ’Aurora. Egli
stamperà un manifesto, che avrò la cura d ’inviarvi. Il progetto di liberare
l’ Italia da noi stessi sarebbe grande in se stesso, ma l ’ esecuzione mi par
difficile ». Cfr. N e r i A. Un giornalista della rivoluzione genovese cit.
(10) Il 30 fruttidoro dell’anno IV (16 settembre del 1796) scriveva al Co­
mitato di Polizia di Milano: « i nostri tiranni sono avviliti: la magnanima
determinazione di Reggio li ha fulminati » ; « quella città che in diciannove
secoli di oppressione fu 1’ unica dell’ Italia che spezzò le sue catene e ricu­
però i suoi naturali diritti », Reggio « dev’ essere il centro e la sorgente
della nostra rigenerazione e l ’epoca memorabile della libertà d ’ Italia» . Pro­
poneva pertanto che il popolo di Reggio, « come una particella della so­
vranità universale d ’ Italia », deliberasse di convocare « una Convenzione
nazionale, formata di tutti gli Stati d ’ Italia », da adunarsi il 25 del futuro
vendemmiale (16 ottobre) « a Reggio, Milano, o Bologna ». Spartiva « mo­
mentaneamente » l ’ Italia in dieci dipartimenti: là Lom bardia, con Man­
tova, doveva eleggere 24 deputati; 14 Reggio, con Modena, Parma e Pia­
cenza; 10 il Piem onte; 8 Genova, con Lucca e Massa; 8 Venezia; 8 la T o ­
scana; 24 Roma; 10 Napoli; 6 la Sicilia: 8 la Sardegna: 120 in tutto. Gli
ecclesiastici non potevano venire eletti; la scelta doveva cadere sopra « uo­
mini di cognizioni e di probità, conosciuti per repubblicani determinati ».
Se nel tratto d ’ Italia che « giace nell’oppressione », non fosse possibile conGiorn. St. e Leti, della Liguria.
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vocare i comizi, que’ dipartimenti « invieranno tre repubblicani a Reggio
per prendere il modo di elezione e poi in segreto sceglieranno i membri
che saranno inviati alla Convenzione ». Le Municipalità di Milano e di
Reggio invieranno una deputazione al Bonaparte per dargliene 1’ annunzio.
Se non l ’approvasse, « si risponderà con energia, che arrivando in Italia ha
promesso libertà a ’ popoli, che la sua promessa dev’ esser sacrata e che
perciò la Convenzione nazionale sarà convocata ». Dovrà essa mandare una
deputazione « solenne » a Parigi, « chiedendo protezione ed alleanza con
la Repubblica madre ». Conchiudeva questi suoi sogni con dire: « La con­
vocazione della Convenzione nazionale è assolutamente indispensabile : me­
diante essa si sveglierà tutta l’ Italia: il popolo vorrà eleggere: i tiranni
vorranno opporsi : la sollevazione è immancabile e con essa la rivoluzione
generale d e ll’ Italia ». Cfr. B a s s i V. Op. cit. pp. 430-432.
(11) Lo stampò a Milano col titolo: A l l Italia nelle tenebre L ’ A u r o r a
porta la luce. Così lo giudicava UOsservatore Piemontese, vol. I (i 797)>
η. IV , p. 64: « L ’autore di questo libro è avvolto in tenebre troppo dense
onde lusingarci che un 'aurora fortunata possa portargli una volta la luce».
Scrisse anche : Educazione democratica al popolo italiano.
(12) Era nativo di Coperchia e fu tra gli esuli del 1794· Rifugiatosi in
Francia, entrò co’ Francesi à Milano e il Baraguay d ’ Hilliers lo scelse a
traduttore d e’ suoi proclami e della sua corrispondenza. « Accusato di traf­
ficare a denaro il favore dei comandanti, perdette il titolo di cittadino fran­
cese, e rinchiuso nelle carceri dell’Arcivescovado, venne processato. Uscito,
non consta se innocente, o per valide protezioni, nel gennaio del 1797 istituì
il G iornale dei patrioti italiani, coll’ epigrafe: Omnes in unum ». Così il
C u s a n i , Op cit.. V, 19. Nel programma scrisse: « Lungi dall’adottare quello
spirito intollerante di una sedicente filosofia che urta senza misura le opi­
nioni rispettabili che servono di base alla probità della moltitudine, noi, da
veri filosofi, facciamo protesta che attaccando con forza la superstizione, ri­
spetteremo la vera religione, conforto degli sventurati e fondamento d ’ogni
virtù sociale ». Si pubblicava ogni due giorni; durò dal 20 gennaio al 23
'settembre 1797.
(13) D e la riécessité d’établir une république en Italie, A Milan, de l ’im­
primerie de Louis Veladini, l’an VI de la République Française, 1796; in
16.0 di pp. 94. — Ha per motto: « Partem aliquam venti Divum referatis
ad aures » e si spartisce in sette paragrafi: « I. De l ’état actuel de l ’Italie;
II. Des dispositions des Italiens; III. Obstacles à l ’établissement d ’une ré­
publique en Italie; IV. Tableau abrégé de la situation physico-politique de
l ’Italie; V . Projet d ’une république Lombarde; VI. Des maux qi^e produiroit un système fédératif en Italie; VII. Conclusion ». È composto tra il
26 agosto e il 6 ottobre del 1797; infatti scrive: « On sait que la révolution
est en pleine force à Reggio, quelle celle de Modène se prépare ». Fu stam­
pato anche in italiano, infatti in fronte alla seconda edizione è un avviso
ai lettori, ripetuto nella terza (Vicenza, MDCCXCVII. Dal cittadino Giam­
battista Vendramini-Mosca), dove è detto che la prima edizione « si è ven­
duta con una rapidità incredibile»; il «nuovo Congresso di Stato» ne do­
mandò 300 esemplari, «che non si poterono dare perchè esauriti; allora si
fece la seconda, con giunte, incoraggiato l ’ autore dall’ invito del Congresso
stesso. Annunzia poi che « il cittadino Villetard, segretario della legazione
di Genova », deve dare « una elegantissima traduzione francese » e un’altra
ne è eseguita « per le cure dei rifugiati italiani » a Parigi.
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(m) Rappo? ίο su llo stato attuale dei paesi liberi d'Italia e sulla neces­
sita eh’essi sieno f u s i in una sola repubblica, presentati al Generale i n
capo d ell armata francese, Italia, 1797, anno primo della libertà italiana.
Ku pubblicato a Venezia il 27 settembre. Cfr. P a p a U l i s s e , Vittorio B ar­
boni e ι tempi Napoleonici in Italia ; nella Nuova Antologia, serie II, vo­
lume X V (1879), pp. 59°"323 ; il quale però, ma a torto, lo ritiene una « aperta e mordace ironia ».
(15) Cfr. P e r r e r o D. Le prime pazzie del prof. Gio. Antonio Ranza in
Vercelli; in II Filotecnico, di Torino, ann. I [1886], pp. 315-325 e 382-396.
R o b e r t i G. I l Cittadino Ranza ricerche documentate; nella M iscellanea
di storia italiana, tom. X X IX , pp, 1-185.
(16) E il più raro de’ tanti opuscoli rivoluzionari del Ranza. Ne possiede
un esemplare la Biblioteca del R. Archivio di Stato di Torino. Ha questo
titolo. Libertà, Egualità. A i Rappresentanti del Popolo presso l ’Arm ata
d Italia Robespier?-e, Ricord e Saliceti denunzia contro V esecutore crim i­
nale di N izza ; in-8.0 di pp. 8, senza luogo, nome di stampatore e anno. Il
Progetto di correzione alla guillottina si trova a p. 7; la D en unzia , che
lo precede, porta la d ata: « Nizza, 9 germinale d ell’ anno 2 della Rep. una,
indivisibile, immortale », cioè 29 marzo 1793 È indubbiamente stam pato a
Nizza.
(17) Della Vtra, idea del federalismo italiano del Ranza se ne fecero
quattro ed izion i, tanto ebbe spaccio. L J ultima « decisiva » è del giugno
del 1797.
(18) Un romano, che non prese parte al concorso e s’ignora come si chia­
masse, mandò alle stampe : Essai sur la fo rm e de gouvernement que la
nation italienne doit préfer er, par un des plus zélés républicains italiens.
Composto nel giugno del 1797, uscì alla luce nel settembre d ell’anno dopo.
Vuole spartita l ’Italia, con la Sardegna e la Sicilia, in tredici dipartim enti
0 provincie confederate ; e che adotti « la plus simple démocratie », for­
mando « une république respectable et importante ». Cfr. D ’A n c o n a , Unità
e federazione cit., pp. 301-302. — Il conte Gio. Francesco Galeani Napione
di Cocconato era anche lui per la federazione, non di repubbliche, ma « degli
attuali principi naturali e popoli italiani ». Cfr. D el nuovo stabilimento
delle Repubbliche Lombarde, osservazioni; in B i a n c h i N. Storia della Mo­
narchia Piemontese; III, 570-611. Le scrisse nel maggio del 1797.
(19) Nacque nel borgo di Piave presso Belluno il 10 ottobre del 1762;
combattè per l ’ indipendenza della Polonia nel '94, poi offerse la spada a
Bonaparte e si coprì di gloria ad Arcole; prese parte alle battaglie di Ma­
gnano, della Trebbia e di Novi; trovò la morte sui colli di Genova a ll’ as­
salto della Coronata. Giacomo Graberg nel suo D iario del blocco di Genova,
edito negli A t ti della Società Ligure di Storia patria, X X III, 433-434, scrive:
« Il 2 maggio il generale Massena aveva stabilito di attaccare i luoghi del
Boschetto, di Rivarolo e di Coronata: in quest’ ultimo avevano gli Im periali
posti in batteria alcuni cannoni; al principio i Francesi riuscirono, sotto la
protezione del fuoco delle Tenaglie, ad impadronirsi di vari cannoni ; ma
una colonna di truppe in avanguardia ed una batteria mascherata li obbli­
garono a r itira rsi, con una perdita di 300 a 350 tra morti e feriti. T ra i
primi si trovò il generale di brigata Fantuzzi, cisalpino, al servizio fran­
cese, che generalmente fu compianto, tanto per le sue cognizioni ed il con­
tegno coraggioso tenuto due giorni prima nell’ attacco dei Due fr a t e lli,
quanto anche perchè tutti gli italiani lo consideravano come un appoggio
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potente presso i generali francesi. Come particolarità curiosa, si può ricor­
dare, che egli aveva per aiutanti tre poeti italiani, i quali furono pure fe­
riti in questo combattimento », Ugo Foscolo , Antonio Gasparinetti e Giu­
seppe Ceroni.
(20) È Γ ode X III del libro IV, In morte d’ un ufficiale italiano ucciso
in una battaglia contro g li Austriaci. Nella stampa del nepote si legge in­
vece: contro i Francesi, errore ripetuto dopo di lui dagli altri editori.
(21) Discorso politico sopra il quesito proposto quale dei governi liberi
meglio convenga alla felicità d’Italia, di G i u s e p p e F a n t u z z i italiano, Mi­
lano, V eladini, anno I della Libertà italiana.
(22) Ne stampò un saggio nel giornale genovese II D ifensore della L i­
bertà, n. 34, 29 settembre 1797, col titolo: Massime elementari di pubblica
educazione estratte da un’ opera inedita sulla Felicità delle N azion i, che
fu poi ripubblicato dal Neri. Cfr. la Bibliografia. Dal suddetto libro sulla
Felicità delle Nazioni Labindo attinse Γ ultimo brano della sua Risposta
[pp. 37-54]. Ne trascrivo alcuni tratti.
« Su quali assiomi di pubblica felicità dovrebbe stabilirsi questa nuova
Repubblica ?
Sopra i seguenti: L ’uomo nasce ovunque con gli stessi naturali bisogni
e con ristesse disposizioni per educarsi. — L ’aggregato di tutte quelle cose
che si chiamano clima, quando sia corretto dalla sobrietà e da una propor­
zionata fatica, qualunque temperamento formi dopo la nascita negli uomini
non impedisce che possa darsi loro un’ eguale pubblica educazione.
La
varietà dei climi è una prova dell’unione che naturalmente esiste fra i po­
poli, della fratellanza che deve regnare fra gli uomini e della necessita di
fondare l ’istruzione su i principj inconcussi della felicità universale.
La
donna ha diritto di essere educata come 1’ uomo, dovendo essere cittadina,
U n ’ uguale educazione non può renderla dannosa alla società. La natura
medesima la colloca a livello delle funzioni che le competono.
Non può
esistere società senza religione, e non vi è che una sola religione sociale,
consiste questa nella morale, cioè nei doveri d ’amore verso la specie, verso
la patria, verso noi stessi. Non permette di definire la Divinità, ma tollera
che ciascheduno le renda privatamente quel culto che più gli piace.
Non
v ’è reale e stabile proprietà che quella delle proprie mani. — La miseria e
la ricchezza rendono gli uomini 0 vili, 0 prepotenti ; fanno loro odiare la
fatica, mancare la sussistenza o ad essi, o alla società e regnarvi l ’ ingiu­
stizia e il malcontento. — La povertà rende l ’uomo libero, giusto e corag­
gioso, gli fa amare la fatica , fa che necessariamente procuri la sussistenza
a se stesso ed alla società, e vi mantiene l’ordine, l ’amore e la tranquillita.
— Non si mantiene la povertà fra gli uomini che facendo loro depositare
il superfluo nel pubblico erario. Questo superfluo forma la ricchezza del
corpo sociale e la più giusta delle contribuzioni, provvede ai pubblici bi­
sogni ed a quelli di ciascun cittadino e di ciascuna famiglia e saggiamente
distribuito produce l ’amor della patria. — Ogni ventennio deve farsi il bi­
lancio della popolazione di una Repubblica, del suo superfluo formarne
delle colonie da offrirsi a quei paesi che mancano di popolazione o da man­
darsi in paesi disabitati. — Non possono esistere in uno spazio di terreno
più uomini di quelli che possa questo mantenere con i suoi prodotti. —
L ’ industria degli uom ini, ben diretta dall’ educazione nazionale , aggiugne
due terzi di valore alle produzioni del territorio e mantiene in esso due terzi
di più di popolazione. — Ogni popolo, che prende generi greggi dagli altri
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— 3δι —
e li rida lavorati , acquista nuovi mezzi di sussistenza; chi gli dà greggi e
gli prende lavorati si toglie una parte di sussistenza. — Le arti necessarie
fanno sussistere le nazioni, l ’agricoltura è la prima fra esse — Il commercio
interno d ev’essere illimitato; l ’esterno non può esser tale , sinché non siasi
formata una federazione democratica di tutti i popoli della terra. — L ’ educazione è il nutrimento fisico e morale dell’uomo. Gli somministra questa
il primo con le arti, con le scienze il secondo. Non può esser che uguale e
gratuita, e fondata sul principio sociale che chi giova agli altri giova a se
stesso. La pratica deve precedere la teoria. Senza istituzione l ’ istruzione è
inutile. — L ’ istituzione forma l’ uomo fisico e gli porge i mezzi di sussi­
stenza e rende capace 1’ uomo morale di ricevere utilmente qualunque ge­
nere d ’istruzione — L ’istruzione perfeziona l'uomo e forma il cittadino ed
è circoscritta in tutto ciò che si può dimostrare. — Il saper cose inutili è
ignoranza, cose utili è dottrina. — L ’uomo in società non può formarsi u tile che con le leggi , per osservar le quali dev’ esser persuaso che siano
buone. La prova di questa persuasione sta nel farle, o nell'accettarle scien­
temente. — La società non ha che due qualità di leggi : le istitutive e le
coercitive. Le prime formano l ’uomo ed il cittadino con le abitudini ; le se­
conde impediscono che 1’ uomo ed il cittadino possano violare le prime. —
Le istitutive ripongono nell’ opinione l ’ onore e l ’ infamia delle azioni. Le
coercitive fondano la loro potenza nella forza della società impegnata a d i­
fendere la vita, la libertà e gli averi dei cittadini che le osservano, ed a
punire quelli che le violano. Se proteggono, si chiamano utili ; se puniscono
si chiamano crim inali. — Non possono esistere buone e poche leggi civili
ove i figli non sono naturalmente ed egualmente eredi dei beni dei geni­
tori, ed ove non sono aboliti i fedecommessi, le doti, le donazioni ed i te­
stamenti. — Le leg gi criminali non sono mai nè giuste, nè rispettate che
quando le pene sono proporzionate ai delitti ; 1’ obbrobrio è la pena più
sensibile di un cittadino, e il dì della punizione di un colpevole è un dì
di lutto per la Repubblica. — Le leggi coercitive emanano d all’ istitutive
onde non possono da loro distinguersi, nè contradirle ; la violazione dell’une rende indispensabilmente necessario il rigore d ell’ altre. — Quel po­
tere che fa eseguire queste leggi si chiama governo. Risiede naturalmente
nell’universalità dei cittadini: questi talvolta, o per difficoltà di riunirsi, o
per meglio accudire ai loro particolari interessi, o per goder del riposo,
lo affidano ad alcuni creduti i più probi ed i più capaci fra loro, o ad un
solo, a cui danno le facoltà di eleggere i magistrati ; questi g o v e rn i, detti
Aristocratico e Monarchico non sono legittim i, perchè fondati su ll’ ingiu­
stizia e figli di u n ’ ignorante pigrizia, e non del volere ragionato del po­
polo. — Ogni cittadino non p u ò , nè deve mai perdere il diritto d ’ invigi­
lare sulla condotta degli amministratori della legge. Essendo una frazione
del Sovrano, e avendo creata la legge per la propria sicurezza, ha diritto
di vegliare su ll’inviolabilità di ciò che conserva la sua felicità e quella del
corpo sociale — Senza Società popolari non v ’ è democrazia; sono le sen­
tinelle della libertà e la fucina dell’istruzione. — La libertà della stampa è
un diritto inalienabile dell’uomo libero. Il nome dell'autore è in faccia alla
legge la cauzione d ell’ opera. — Il Governo democratico dev’ essere il G o­
verno d’ogni nazione, com’è il Governo della natura. Può adattarsi su qua­
lunque estensione di territorio quando questo sia diviso in popolazioni che
possano facilmente congregarsi e sia regolato dalle medesime leggi. — Il
Governo democratico richiedendo che i cittadini sappiano nello stesso tem po
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comandare ed ubbidire, ha bisogno di somma purità di costumi. Le sole
nuove abitudini possono formarli puri alla quarta generazione, distruggendo
quelle di cui siamo schiavi. — Non è permesso che a pochi uomini dell’at­
tuale generazione di essere assolutamente liberi. — Per fare che divenghino tutti i nostri bisnipoti, conviene adottare un Governo in cui mentre
le leggi formano quei che nascono, i pochi buoni viventi possano frenare i
molti viziosi, senza che i primi abbiano mai forza sufficie .te di rendersi
tiranni dei più. — Questo dev’esser fondato sui principj della democrazia
universale, cioè i diritti inalienabili dell’uomo e del cittadino. — Deve co­
stituire una patria senza nuocere ai diritti degli altri popoli. — E deve fi­
nalmente promuovere Tassociazione di tutti gli uomini e di tutte le nazioni
della terra formandone con una federazione d ’amore una sola famiglia ».
Gli altri due paragrafi tratti dall’opera sulla Felicità delle Nazioni, con
i quali si chiude la Risposta, son quelli stessi che stampò nel Difensore e
che poi riprodusse il Neri. Uno ha per titolo: Quali dovrebbero essere le
massime elementari della sua pubblica educazione (pp. 42-52) ; l ’altro: Quali
leg gi coercitive sarebbero necessarie perchè i padri e le madri dell’attuale
corrotta generazione non potessero colle loro abitudini paralizzare questa
pubblica educazione (pp. 52-54).
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In fronte ha questo preambolo: « Il Popolo Lombardo, convinto che
la dimenticanza e il disprezzo de’ diritti naturali dell’uomo sociale sono le
sole cagioni dell’infelicità della specie, si è perciò risoluto di esporre in una
dichiarazione solenne questi diritti sacri ed inalienabili, affinchè tutt’ i cit­
tadini potendo paragonare gli atti del Governo col fine di ogni istituzione
sociale, non si lascino giammai opprimere od avvilire dalla tirannia, ed af­
finchè il Popolo legislatore abbia sempre dinanzi agli occhi le basi della sua
libertà e felicità, ed i magistrati la regola de’ loro doveri; in conseguenza
proclama, in presenza dell’ Essere Supremo, che non pretende di conoscere
e definire, ma che sente nel fondo del cuore, la seguente dichiarazione de’
D r itti d ell’ uomo e del cittadino.
I. Il fine della società è la possibile felicità comune.
II. Il Governo è istituito per guarentire il godimento de’ suoi diritti na­
turali e sociali. Questi sono la Libertà, 1’ Eguaglianza, la Proprietà, la Si­
curezza.
III. Tutti gli uomini sono eguali per natura ed innanzi alla legge.
IV . La legge à l ’ espressione libera e solenne della volontà generale: è
eguale per tutti, o sia che protegga, 0 sia che punisca.
Non può ordinare che ciò ch’è giusto ed utile alla società; non può proi­
bire che ciò che le nuoce.
V . T u tti i cittadini sono egualmente ammissibili agl’ impieghi pubblici,
terminata la loro educazione. I popoli liberi non conoscano altro motivo di
preferenza nelle loro elezioni che le virtù ed i talenti utili.
V I. L a libertà è il potere che ha l ’uomo di fare tuttociò che 11011 nuoce
ai diritti altrui: ha per principio la natura, per regola la giustizia, per sal­
vaguardia la legge. Il suo confine morale è in questa massima: non fare
a ltr u i quello che non vorrai che sia fatto a te, quando questo evidentemente ?i07i serva a salvare la patria.
V II. Il diritto di manifestare la propria opinione, o per la stampa, 0 in
qualunque altro modo, il diritto di riunirsi tranquillamente cogli altri , il
libero esercizio domestico de’ culti non possono essere interdetti.
V i l i . La sicurezza consiste nella protezione accordata dalla società a eia-
Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012
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scheduno d e’ suoi membri per la conservazione della sua persona, dei suoi
diritti e de* suoi averi.
IX. L a legge deve proteggere la libertà pubblica ed individuale contro
l’oppressione, contro quelli che governano.
X. Alcuno non d ev’ essere accusato, arrestato , nè detenuto che n e’ casi
determinati d alla legge e secondo le forme da lei prescritte. Ogni cittadino
chiamato o arrestato dall’autorità della legge deve obbedire nell’istante. La
resistenza lo rende colpevole.
XI. Ogni atto esercitato contro un uomo fuori del caso e senza le forme
determinate dalla legge è arbitrario e tirannico. Quello contro di cui si vorrà
eseguire colla violenza ha il diritto della difesa.
X II. Quelli che solleciteranno, spediranno, sottoscriveranno atti arbitrari
sono colpevoli e debbono esser puniti.
X III. Ogni uomo è presunto innocente finché non sia stato dichiarato
colpevole; s ’ è giudicato indispensabile l'arrestarlo, ogni rigore che non è
necessario per assicurarsi di lui dev’essere severamente represso d a ll’ uma­
nità della legge.
X IV . Alcuno non puoi’ essere giudicato o punito, che dopo essere stato
sentito e legalmente chiamato, e che in virtù di una legge promulgata an­
teriormente al delitto. Una legge che punisce i delitti commessi avanti la
sua esistenza sarebbe tirannica. L ’ effetto retroattivo dato alla legge sarebbe
un delitt
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C tIORNALE storico E LETTERARIO DELLA LIGURIA e