SUPPLEMENTI ALLA BIBLIOTECA DI LINGUISTICA Direttore Massimo Arcangeli Università degli Studi di Cagliari SUPPLEMENTI ALLA BIBLIOTECA DI LINGUISTICA La collana prevede una serie di volumi, affidati alle cure di diversi specialisti, dedicati ad aspetti essenziali della linguistica e ad alcuni temi forti della linguistica contemporanea. Ogni volume sarà costituito da una parte teorica introduttiva, da un’ampia antologia e da un glossario ragionato, e concederà uno spazio privilegiato alla linguistica italiana. Un Dizionario ragionato di linguistica assommerà alla fine in sé tutti i dizionari acclusi ai vari volumi. A utile corredo della collana è prevista inoltre la pubblicazione di una serie di supplementi di approfondimento di singoli temi. Maria Catricalà Linguistica e giornalismo Metodologie d’analisi a confronto Copyright © MMXV Aracne editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, Ariccia (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: aprile Aureo secolo omai volgono, o Gino I fusi delle Parche. Ogni giornale, Gener vario di lingue e di colonne, Da tutti i lidi lo promette al mondo Concordemente. Universale amore, Ferrate vie, moltiplici commerci,. . . Giacomo Leopardi Palinodia al marchese Gino Capponi, Indice Premessa Capitolo I I confini del campo d’indagine e le fonti .. Un binomio reversibile, – .. Questioni di metodo: le fasi della ricerca, – .. Questioni di definizione: il perimetro delle lingue speciali, – .. Le fonti primarie: generi e tipi di testo, – .. Banche dati, vocabolari e altre fonti secondarie, – .. Le metodologie di studio a confronto: il modello multiprospettico, . Capitolo II Una prima tappa: breve excursus storico dell’italiano dei giornali .. L’analisi storico–sociolingusitica, – .. Sul rapporto con la tradizione scritta: le origini, – .. La seconda fase: il Novecento , – .. Tratti di riconoscimento: verso il parlato, – .. Giornalese sì/giornalese no, – .. Il giornalese al femminile? , . Capitolo III Studi e approcci a confronto .. La svolta semiotica: il giornale come macchina del significare, – .. Il significato giornalistico in diacronia e le ontologie, – .. Le tappe dal testo al contesto e al discorso, – .. Dalla Content Analysis alla Critical Discourse Analysis , – .. Il punto di vista della pragmatica: le massime conversazionali e le notizie “in differita”, – .. Su alcune unità d’analisi della retorica, – .. L’approccio della linguistica cognitiva, – .. Un esempio di analisi delle riviste di moda: alla ricerca del Indice l’unità newsemica, – .. Prolegomeni per una Word Design Theory, . Capitolo IV La questione leggibilità: dai testi al lettore .. A proposito delle architetture, – .. Il processo di codifica e decodifica, – .. Leggibilità e giornalismo: gli studi di area anglofona, – .. Leggibilità e giornalismo: gli studi italiani, – .. Su alcuni risultati sperimentali, . Una conclusione Bibliografia Premessa Il giornale come oggetto di studio vanta ormai una vastissima bibliografia, che spazia dall’analisi di fenomeni molto generali — come il rapporto tra media, globalizzazione e nuove tecnologie (Magrini ) all’interno di nuovi processi, quali la mediamorfosi (Fidler ) e mediopolis (Rak ) — all’esame di alcuni contesti molto specifici, come per esempio le peculiarità proprie dei messaggi mediatici prevalenti tra le minoranze (Cormack–Hourigan ) o le modalità di rappresentazione delle realtà locali negli organi di stampa nazionali (Frazzica ). Le ragioni di tale varietà e della continua e progressiva espansione di questo tipo di studi si ascrivono a due fattori concomitanti. Da un lato, il ruolo pervasivo e di primaria importanza che i sistemi comunicativi hanno assunto nella vita sociale, culturale ed economica; dall’altro, la pluralità degli approcci metodologici che sono stati messi a punto nei diversi ambiti delle scienze umane. Non a caso, da un cinquantennio a questa parte, i centri di studio specializzati nell’analisi della stampa periodica si sono moltiplicati ovunque e la frequenza di eventi e congressi dedicati alle più differenti problematiche del settore ha visto una crescita esponenziale. Così dal , cioè da quando l’Associazione Stampa Subalpina organizzò uno dei primi convegni italiani sulla storia del giornalismo, dedicandolo al periodo postunitario (–), e fondò il Centro Studi Gino Pestelli, sono state promosse moltissime iniziative sino ad arrivare alla costituzione dell’Osservatorio Europeo di Giornalismo presso l’Università Svizzera di Lugano nel o al Congresso di Lecce del su Lingue e linguaggio dei media (Aprile ). È difficile, quindi, fornire una vera e propria mappa delle tante strutture create per raccogliere materiali, Premessa monitorare la produzione giornalistica e analizzarne gli effetti collaterali. Tra quelle più note oltreconfine, si possono ricordare, per esempio, l’International Center for Journalists (ICFJ), attivo da un trentennio presso l’Università della California, o il Journalism and Media Research Center ( JMRC) delle Università del New South Wales (cioè di Sidney e Canberra) che ha di recente pubblicato una ricerca sulla presenza e la rappresentazione dell’Italia nei mezzi di comunicazione australiani. Non di minore importanza, in Europa, abbiamo il CEMTI (Centre d’études sur les médias les technologies et l’internationalisation) che fu fondato nel a Vincennes come centro sperimentale ed è stato trasferito dal all’Università Saint Denis Paris . Attualmente vi collaborano come consociate la Universitat Pompeu Fabra di Barcellona, la Babes–Bolyai University di Cluj–Napoca in Romania, l’University of Westminster di Londra, la Danish School of Media and Journalism di Copenhagen e Aarhus e la Linnaeus University di Kalmar e Växjö, in Svezia. Si aggiunga, poi, che dal è attivo il programma European Journalism–Fellowships (EJF) presso l’International Center for Journalism della Freie Universität di Berlino e che dal , presso quella di Monaco, ha sede il centro The Worlds Journalism Study, mentre oltreoceano il Pew Center di Washington e un ente prestigioso come l’Unesco promuovono ovunque nel mondo eventi e ricerche in favore dell’eccellenza nell’informazione. L’elenco potrebbe continuare ed evidenziare altri numerosi aspetti relativi alla varietà delle ricerche svolte sul mondo giornalistico, risalendo anche agli albori della storiografia sulla carta stampata, con le pionieristiche ricostruzioni dell’avvocato bolognese Giambattista Casoni — che già nel pubblicò Cinquant’anni di giornalismo (–) — o a quelle di Andrews o di Melvin Lee — che pubblicarono rispettivamente la History of British Journalism e History of American journalism a Boston nel e nel – o a quelle dello storico d’impostazione cattolico–liberale George Weill — che stampò a Parigi il suo testo su Origines, évolution et rôle du journal nel . Ovviamente, Premessa si tratta spesso di opuscoli fondati su ricordi personali e frammentari, che nulla hanno a che fare con le attuali enciclopedie e i voluminosi manuali, come quello di Wahl–Jorgensen ed Hanitzsch () o di Siapera e Veglis (). E tuttavia sono testi molto utili per ricostruire l’atmosfera di ciascuna epoca e sono materiali preziosi, così come lo sono altri tipi di documenti, quali, ad esempio i videomagazines e i newsreel, diffusi fin dal nei cinema inglesi con i testi del noto produttore francese Charles Pathé. Fu allora per la prima volta che le sale “offered audiences new experiences in the form of moving images to accompany text and eventually a spoken narrative” (Starkey–Crisell , ). Né meno importante, in diacronia, è stata l’interazione della pagina scritta con il radio–journalism che, come mostra molto bene sempre Guy Starkey, ha delineato un ulteriore punto di svolta importantissimo per il mondo della comunicazione. Com’è noto, infatti, la radio ha rappresentato il primo mezzo, precedente la televisione, in grado di superare qualunque distanza nell’immediato (Menduni ), quando ancora giornali e videogiornali erano privi della possibilità di raggiungere il pubblico in tempo reale per ovvie questioni tecniche e di distribuzione sul territorio. In considerazione di queste tappe e dell’ulteriore passaggio ai new media, l’intera storia del giornalismo dell’ultimo secolo può essere letta come un progressivo processo di disintegrazione del mezzo o meglio, in analogia con il mondo dell’economia e dell’amministrazione pubblica, di progressiva dematerializzazione dei supporti cartacei. I vantaggi del fenomeno in termini di velocità di trasmissione delle notizie, di maggiore efficienza e di nuova organizzazione del lavoro non sono stati di scarsa rilevanza. Il fatto stesso che si parli ora delle grandi redazioni e delle testate più prestigiose come di una sorta di dinosauri a rischio estinzione, dà la misura della reale portata del cambiamento in atto. All’interno di questo quadro di riferimento e della vasta attività di studio che ne ha col tempo delineato peculiarità e tratti distintivi, il linguaggio giornalistico ha da sempre rappre- Premessa sentato un ambito di ricerca specifico, finalizzato ad analizzare, oltre che i cambiamenti verbo–iconici connessi ai fenomeni più generali delineati fin qui, molti temi particolari inerenti alle norme linguospecifiche e alle forme testuali degli organi di stampa. Anche i linguisti, infatti, hanno messo a punto più di un paradigma d’analisi e di interpretazione ed è evidente che nessuno tra i loro modelli può essere ritenuto esclusivo o adeguato a dar conto in maniera esaustiva di tutti gli aspetti collegati alla parola giornalistica. Dobbiamo assumere, piuttosto, che esistano vari criteri e metodi di lavoro e che ciascuno abbia una sua ratio, come pure punti di forza e limiti, così come già evidenziato da Faustini (). Anche in linguistica, insomma, si pone di fatto la riflessione sulla metodologia o, più precisamente al plurale, sulle metodologie d’analisi e sui criteri epistemologici più adeguati a dar conto del complesso oggetto che chiamiamo linguaggio dei giornali. È da questa idea che si dipana il filo del discorso tracciato all’interno del presente volume, che ha proprio l’obiettivo di mettere a confronto filoni di studio diversi e di farlo in relazione a tre nodi tematici fondamentali nella configurazione del rapporto fra linguistica e giornalismo. Il primo riguarda le procedure di raccolta e di analisi dei dati usate per la lingua giornalistica nell’ambito delle diverse branche della disciplina. Il secondo è relativo ai tratti distintivi emersi per livello, da quello grafico a quello ipertestuale, incluso il cambiamento delle architetture tradizionali. Terza, ma non ultima, è una nuova proposta metodologica che, facendo proprie le chiavi interpretative di tanti studi molto noti, considera la possibilità di approfondirne alcuni in particolare, attraverso il nuovo modello basato su quella che io chiamo la Word Design Theory, fondata sull’interfaccia fra retorica e testualità e il collegamento tra i formati narrativi, descrittivi e di istruzione e una serie delimitata di correlati linguistico–retorici. Come sempre accade quando un oggetto di ricerca si rinnova profondamente e i suoi cambiamenti hanno un notevole Premessa impatto nella interazione quotidiana, infatti, anche oggi si ripropone il problema della eventuale rifondazione della stessa terminologia tecnica e dei paradigmi di riferimento. Il global journalism, in particolare, sta favorendo un vasto dibattito in tal senso e la questione più spinosa è relativa proprio al prevalere di un modello sempre meno strutturato dei testi e alla inarrestabile dematerializzazione dei supporti, cui abbiamo accennato, e ai suoi eventuali componenti linguistici. Di qui è legittimo domandarsi se anche il linguaggio della carta stampata si stia riconfigurando e sia meno strutturato o se, al contrario, nel sistema sempre più rarefatto, caratterizzato da una forte osmosi con il codice iconico, la parola si rafforzi come elemento chiave della costruzione discorsiva. Cambiando il rapporto fra designatum e disegnatum nello stesso momento in cui l’elaborazione delle notizie segue nuovi tracciati e circuiti comunicativi sempre più decentrati, non possono che aumentare i rischi di erosione della valenza semantica dei messaggi verbali e così pure, parallelamente, quelli di ridimensionamento del ruolo del giornalista. Secondo alcuni, la sua identità autoriale risulterebbe già oggi inevitabilmente sfocata, ma secondo altri, invece, questa stessa fase starebbe portando verso una direzione opposta e, cioè, a una ridefinizione delle sue competenze e a una rivalutazione della centralità delle sue funzioni di filtraggio, di analisi e di interpretazione critica delle informazioni. Una proposta teorica come quella qui tratteggiata, basata sul concetto di design linguistico, non inteso evidentemente in termini informatici, ma piuttosto architettonici, ha l’obiettivo di far leva proprio sulle abilità progettuali, ideative e creative degli addetti ai lavori e prende le mosse dalla convinzione che esse siano il miglior antidoto contro gli eventuali effetti negativi delle trasformazioni dei media e in particolare contro ogni forma di logoramento della parola scritta, cui l’avvento delle nuove tecnologie espone anche i giornali cartacei. Capitolo I I confini del campo d’indagine e le fonti .. Un binomio reversibile Il perimetro di riferimento del titolo prescelto per questo volume non risulta configurabile una volta per tutte. Il binomio linguistica e giornalismo, infatti, può essere declinato in vari modi e secondo punti di vista molto differenti. In primis, perché la variegata frammentazione dei cosiddetti multigiornalismi (Morcellini–Roberti ; Sorrentino ) rende difficile prendere in considerazione i loro relativi linguaggi come una realtà omogenea e non riconoscere che gli usi siano diversificati a seconda del supporto, cartaceo, radiofonico, televisivo o digitale. In secondo luogo, perché le numerose specializzazioni della linguistica consentono di mettere in luce diversi livelli d’analisi e di considerare la molteplicità dei fattori che entrano in gioco nella composizione del testo giornalistico, quanto nella ricezione e diffusione dei suoi modelli stilistici. Per quanto concerne il primo punto, è opportuno precisare che, nonostante oggi l’ibridazione dei mezzi sia frequentissima e che sempre più spesso si faccia riferimento alla lingua giornalistica come ad un codice risultante dalla integrazione dei vari media piuttosto che dalla loro concorrenza, rimane sempre valida la distinzione fra linguaggio scritto, parlato e trasmesso. È vero, infatti, che nel cartaceo ora si fa ricorso molto più spesso . Sui cambiamenti registrati nella produzione giornalistica più recente, sia per le esigenze di visibilità di nuovi attori sociali, sia per quelle di un pubblico sempre più differenziato, sia per la diversità di formati, generi, temi e dei criteri di notiziabilità, non a caso la bibliografia è molto vasta: cfr. Siapera–Veglis . Linguistica e giornalismo di una volta al supporto delle immagini e che, d’altra parte, in tv o in radio i programmi di informazione sono di frequente integrati con messaggi scritti di social network ed sms. A riguardo, non a caso, si dice che le redazioni di tipo tradizionale siano da considerarsi parte di un habitat multimediale, un ambiente pensante e generatore di notizie, detto anche newsroom (Magrini , ), al quale oggi è molto più facile accedere, ben oltre le aspettative che lo stesso Mc Luhan avrebbe potuto immaginare. Eppur tuttavia rimane evidente che la pagina scritta e l’uso del codice grafico–visivo richiedono un livello di maggiore programmazione e rigidità e rendono i messaggi meno dipendenti dal contesto situazionale, ma proprio per questo più definiti in ambito progettuale e testuale. Ne consegue, ovviamente, che scrivendo diventi inevitabile selezionare forme e strutture più adatte a rendere il componimento finale più completo e coeso di quanto non si faccia parlando. Non a caso, tra i correlati linguistici del giornalismo televisivo prevalgono giustapposizioni, moduli coordinativi, deittici, colloquialismi o anadiplosi, mentre nelle pagine dei giornali, nonostante la tendenza alla breviloquenza, sono presenti strutture periodali più complesse, moduli subordinativi e una gran varietà di strategie retoriche. In relazione alla seconda tematica, quella delle varietà degli approcci elaborati dalle singole branche della linguistica, si deve considerare che l’importanza di uno o più livelli di analisi, da quello della punteggiatura e grafematico a quello morfosintattico, da quello lessicale e retorico a quello testuale e pragmatico, è in gran parte determinata dal modello d’analisi prescelto. Ogni paradigma, infatti, ha la necessità di mettere in evidenza e correlare tra loro alcuni specifici elementi o aspetti interni dei testi giornalistici. Così, per esempio, dal punto di vista sociolinguistico è fondamentale prendere in esame le varietà diastratiche e diafasiche del lessico o la relazione fra leggibilità dei testi e livello di alfabetizzazione dei lettori, dati in tutto e per tutto irrilevanti, per esempio, per chi fosse interessato alle questioni interlinguistiche e di traducibilità o per chi studiasse le strutture sintattiche prevalenti. In questo ultimo caso, ov- . I confini del campo d’indagine e le fonti viamente, risulta più importante esaminare i dati relativi alle forme di rappresentazione a dipendenze (soggetto, verbo, ecc.) o per costituenti (sintagmi, incassamento, ecc.) e, dal punto di vista metodologico, risulta molto utile analizzare corpora giornalistici tramite i modelli computazionali. C’è da considerare, infine, che il nostro binomio include anche un ulteriore tema, cioè quello relativo a cosa i giornali scrivono sulle lingue e sulle querelles intorno alle loro varietà e alle nuove mode emergenti fra i parlanti. Si potrebbe chiamarlo il giornalismo metalinguistico, che include una valutazione sugli usi adottati dalla carta stampata, da altri media e dagli stessi parlanti. Considerando che attualmente in Italia si contano quotidiani cartacei e che nell’Archivio Collettivo Nazionale dei Periodici (ACNP) risultano essere presenti nelle biblioteche italiane . titoli diversi, è evidente che non è possibile dar conto in maniera esauriente di questo genere di materiale. È utile, comunque, ricordare tra le esperienze più note, quella di Tullio De Mauro sul settimanale Internazionale , o quelle di Stefano Bartezzaghi su La Stampa, La Repubblica e l’Espresso, oppure Lo Scioglilingua di Giorgio De Rienzo e Vittoria Haziel sul forum del Corriere della Sera e . Il dato è relativo al ed è fornito dall’Associazione mondiale degli Editori e della Stampa quotidiana (WAN–IFRA), dalla Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), dalla Associazione Stampatori Italiana Giornali (ASIG) e dall’Osservatorio tecnico ‘Carlo Lombardi’ nell’ultimo rapporto sui quotidiani italiani consultabile on line all’indirizzo http://www.fieg.it/upload/salastampa /RAPPORTO %%–%TESTO%INTEGRALE.pdf. . Nato negli anni ’ per iniziativa dell’ISRDS (Istituto di Studi sulla Ricerca e Documentazione Scientifica dell’Università di Bologna) e del CNR (Centro Nazionale delle Ricerche), il catalogo contiene le descrizioni bibliografiche delle pubblicazioni periodiche possedute dalle biblioteche dislocate su tutto il territorio nazionale e copre tutti i settori disciplinari. Sin dal è possibile la consultazione on–line. Per facilitare l’aggiornamento del catalogo è stato acquisito e memorizzato anche l’intero repertorio delle pubblicazioni periodiche registrate dall’ISSN (International Standard Serial Number). . I suoi testi, che non superano i mille caratteri, sono relativi a termini come internettaro, sudoku o oseltamivi ‘principio attivo di un farmaco antinfluenzale’, ma anche omissis, che è usato praticamente solo in Italia. Un repertorio delle voci è stato raccolto nel Dizionarietto di parole del futuro (De Mauro ). Linguistica e giornalismo il blog curato da Massimo Arcangeli per il sito di Repubblica . Ciascuna di queste rubriche rimane fortemente caratterizzata dal punto di vista autoriale: quella di De Mauro contiene la descrizione di una parola “incipiente”, cioè di un neologismo non ancora presente nei dizionari per tracciarne l’uso nelle principali lingue europee. Bartezzaghi, oltre che di schemi enigmistici e di giochi di parole, si occupa del galateo comunicativo e di automatismi privi di senso, forme cacofoniche ed abusi espressivi . Gli interventi sul forum del Corriere della Sera della Haziel (che prosegue il lavoro di De Rienzo) consistono, invece, nel rispondere con brevi note ai quesiti dei lettori sugli aspetti più vari della grammatica o del lessico in uso. Un servizio simile è svolto con grande competenza anche dalla Crusca per Voi, un semestrale curato dalla nota Accademia fiorentina fin dal . Non vanno dimenticati, inoltre, gli spazi che sui giornali sono stati dedicati periodicamente a specifici aspetti delle problematiche linguistiche. Si pensi agli interventi di Francesco Sabatini sulle nuove caratteristiche dell’italiano medio, pubblicati settimanalmente su Il Messaggero nel , o alle tante pagine dedicate all’acceso dibattito sulla cosiddetta Questione della Lingua. Va ricordato a tal riguardo che, negli anni ’, erano stati i principali quotidiani nazionali a dare grande risalto agli interventi di Pasolini, Calvino e di altri noti intellettuali sull’antilingua e sulle conseguenze linguistiche dei processi di industrializzazione (v. ..), così come alla fine dell’ La Vita Italiana aveva accolto gli scritti di Carducci e Pascoli, sulla . Cfr. http://forum.corriere.it/scioglilingua e http://linguista.blogautore. repubblica.it/. Va ricordato che anche alcune trasmissioni radiofoniche (come La lingua batte di Giuseppe Antonelli) e televisive (come Parola mia ideato da Luciano Rispoli e caratterizzato dalla presenza di un giudice d’eccezione come Gian Luigi Beccaria, o il Pronto Soccorso Linguistico curato da Francesco Sabatini in Mattina in Famiglia) hanno svolto o svolgono questa importante attività di riflessione in diretta sulla lingua italiana. . Anche in questo caso i contributi sono stati raccolti in un volume (Bartezzaghi ), ma è stato creato anche un hashtag su Twitter (#comedire) con l’intento di “aggiornare il galateo della comunicazione” trattando di cose dicibili e disdicevoli, errori, orrori, consigli, scongiuri e tic.