N.3 - Ottobre - Dicembre 2014
Sede:
Via Don Falaschi, 166
56031- Bientina (PI)
SUL
TATAMI
E-mail:
[email protected]
Telefono:
Osvaldo 3490823508
Santino 3482690212
Matteo 3463163563
Il trimestrale gratuito ideato
dall’Associazione Sportiva Dilettantistica Judo Club Bientina
a scopo divulgativo.
Realizzato da Valentina Brogi
([email protected])
Gli allenamenti si svolgono
nei giorni di lunedì e mercoledì per i bambini e i
ragazzi alle 17.15 e alle
18.15, mentre per esordienti A, esordienti B, cadetti,
junior, senior e master si
tengono nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì
dalle 19.15 alle 20.45.
IL JUDO ITALIANO
Seconda parte
- Sul suolo italiano
Nel 1908 a Roma si svolse la prima dimostrazione di jujitsu fatta da italiani alla presenza di un
folto pubblico: sotto lo sguardo attento del ministro Mirabello due abili sottufficiali di marina
diedero una dimostrazione della pratica della lotta
giapponese. Pochi giorni dopo, evidentemente
incuriosito, Vittorio Emanuele III volle che l'esibizione fosse ripetuta nei giardini del Quirinale.
Nonostante l’ottimo esordio, il cammino del jujitsu fu lento e difficile. Infatti, a parte qualche articolo o conferenza, una timida proposta dell’Istituto
nazionale per l’incremento dell’educazione fisica e i generosi tentativi del
bresciano Umberto Cristini, della Via
della flessibilità non si parlò davvero
molto in Italia.
Nel 1911 i milanesi poterono assistere per alcuni
giorni agli incontri di sumo, gominuki e jujitsu
disputati al Trianon da 24 atleti nipponici.
Risale al 1918 la costituzione del Budokwai per
opera di Gunji Koizumi, la palestra londinese che
assunse in breve il ruolo di guida del judo europeo, grazie anche all’apprezzamento di Kano, che
la visitò nel 1920.
Alla fine del 1921, il capo cannoniere di prima
classe Carlo Oletti (già imbarcato sull’incrociatore Vesuvio), fu chiamato a dirigere i corsi di jujitsu introdotti alla Scuola Centrale Militare di
Educazione Fisica a Roma. La Scuola ebbe sede
nei locali del Tiro a Segno Nazionale alla Farnesina, segnalandosi subito all’attenzione generale.
- Carlo Oletti
Le iniziative si susseguirono numerose e, per diffondere la disciplina, i suoi appassionati cultori
costituirono la Federazione JiuJitsuista Italiana. Domenica 30
marzo 1924, nella palestra della
“Colombo”, i delegati di 28 società e corpi militari si riunirono
con svariati esponenti del mondo
sportivo: furono approvati statuto
e regolamento, si scelse Roma
quale sede del primo congresso,
si elesse il consiglio direttivo,
presieduto dal comm. Antonello Caprino e composto da 12 membri. Il primo articolo del regolamento tecnico federale riconosceva «quale metodo ufficiale di Jiu-Jitsu, sia per l’insegnamento
che per la pratica, il metodo Kano», mentre il secondo articolo precisava che la FJJI aveva sede a
Roma.
Il 20 e 21 giugno 1924 si disputò il primo campionato italiano, al quale seguirono le edizioni del
1925 e 1926, dopodiché vennero interrotti. E a
nulla era servita, nel 1927, la trasformazione della
FJJI in Federazione Italiana Lotta Giapponese
sotto la guida del dinamico Giacinto Puglisi. Ritenendo che la disciplina potesse fare un salto di
qualità con una spettacolare manifestazione, il 7 luglio 1928 il quotidiano “L’Impero” organizzò con
l’ “A.S. Trastevere” una grande
riunione di propaganda. La manifestazione ebbe un buon successo
grazie a due presenze non previste: la partecipazione del judoka nipponico MataKatsu Mori e l’intervento del Maestro Kano, il
quale rilasciò un’intervista in cui si espresse con
queste parole:
Cao sulle lezioni impartite non parlavano più di
jujitsu, ma di judo. E indubbiamente nell'opuscolo
si riscontrava una chiara conoscenza dello "stile
Kodokan", persino nell'uso dei termini giapponesi
appropriati. Cao descrisse con minuzia il «saluto»,
le «posizioni», gli «spostamenti», gli «squilibri»,
le «cadute», suddividendo le tecniche secondo lo
schema ancora oggi adottato. Il "vero" judo faceva
quindi capolino in Italia proprio nel momento più
tragico della nostra storia recente.
Nel luglio 1943, alla conclusione del Trofeo che
aveva patrocinato, “La Gazzetta dello Sport” poteva affermare che il judo (comunemente scritto
«giudò») era ormai di casa in Italia. L'interesse dei
"media" sembrò davvero la premessa a una diffusione sempre maggiore della disciplina.
Si puntava soprattutto al campionato assoluto per
la definitiva affermazione della disciplina, ma le
drammatiche vicende succedute al 25 luglio arrestarono nuovamente il cammino del judo italiano.
Solo nel 1947 si ebbe una ripresa dell’attività con
la nomina di una commissione tecnica presieduta
da Alfonso Castelli, segretario generale della Federazione Italiana Atletica Pesante (già FAI). Il
primo campionato nazionale del dopoguerra si disputò a Lanciano nei giorni 1 e 2 maggio 1948.
In occasione dell'Olimpiade del 1948, per iniziativa del Budokwai di Londra, fu convocata una conferenza internazionale presso il New Imperial College a South Kensington. Si decise la costituzione
dell’Unione Europea di Judo, di cui fu eletto presidente l’inglese Trevor P. Legget, l’unico non
giapponese graduato 5° dan. Il 29 ottobre 1949 si
riunì a Bloemendaal, in Olanda, il II Congresso
dell’UEJ, che approvò lo statuto e il regolamento
tecnico, ripreso da quello del Kodokan. Torti ne
divenne presidente, Castelli segretario e la sede
venne trasferita a Roma. Il primo campionato europeo si disputò a Parigi nel 1951 e il primo mondiale a Tokyo nel 1956.
Il judo maschile è stato incluso nel programma
olimpico provvisoriamente nel 1964, definitivamente nel 1972; quello femminile provvisoriamente nel 1988 e definitivamente nel 1992.
«Il Judo è l’arte di utilizzare col massimo rendimento
la forza umana: utilizzare la forza umana vuol dire
farle assumere diverse forme e farle raggiungere diversi risultati. Combattere per la gioia di vincere, cercare la robustezza del proprio fisico, coltivare la forza
senza perdere nulla in scienza e in intelligenza, migliorare l’uomo rispetto alla vita sociale: ecco i fini che
deve avere uno sport che vuole rendersi utile nella vita
di una razza e di una nazione. Ed ecco ciò che si propone il Judo, il quale non ha solo lo scopo di educare
il corpo, ma vuole anche plasmare moralmente e intellettualmente l’individuo per formarne un ottimo cittadino [...]. Per questo il Judo in Giappone non viene
considerato come un’arte, ma come una cultura, che
oltre ad offrire un’utilità immediata con la difesa personale per la vita, rinvigorisce i sentimenti migliori
dello sportivo e dell’uomo».
La manifestazione ebbe un successo lusinghiero,
riscuotendo anche il consenso di Kano, che tenne
anche una conferenza teorico-pratica, mentre Mata
-Katsu Mori si trattenne per qualche tempo nella
capitale, insegnando jujitsu-judo presso la
“Società Ginnastica Roma”.
Nel giugno 1929, si disputò a Roma il quarto campionato italiano e nel febbraio 1931 la FILG venne
soppressa e incorporata nella Federazione Atletica
Italiana paralizzando per un decennio l’attività
judoistica.
- La ripresa del Judo in Italia
Nel 1941 il dott. Giovanni Valente venne nominato presidente della FIAP. A lui si deve la rinascita della lotta giapponese: il 14 giugno 1942,
infatti, inaugurò alla Scuola di Polizia di Caserta il
1° Corso allenatori di judo, diretto dal maestro
Francesco Cao, che aveva abitato a lungo in Giappone, ottenendovi la cintura nera. Gli appunti di
(Fonte: Livio Toschi - Storia del Judo)
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IL DOJO
Il luogo per la ricerca della via
Dojo è un termine usato nel Buddismo per indicare il locale destinato al raccoglimento e alla meditazione spirituale. In giapponese significa “luogo per la ricerca della via”. In oriente
è usato anche per denominare il locale in cui si praticano determinate discipline e in cui deve regnare un’atmosfera attenta e concentrata, come si addice ad un luogo di “culto”.
di salutare, sia quando si accede che quando si laIl Dojo consiste in una sala rettangolare, i cui lati
scia l’area.
hanno un nome ed una funzione ben determinati.
Il lato da cui si entra viene indicato con la parola  Osservare scrupolosamente le regole generali della
cortesia e quelle particolari del Judo
SHIMOZA, di fronte ad esso troviamo il lato no Sforzarsi in ogni circostanza di aiutare i propri
bile detto KAMIZA, mentre a sinistra di chi entra
compagni di pratica evitando di essere per essi cauc'è il lato JOSEKI, riservato ai maestri e alle cinsa di imbarazzo o di fastidio.
ture nere. Infine a destra (di fronte al lato Joseki)
 Rispettare le cinture di classe superiore ed accettarè il lato SHIMOSEKI, destinato agli allievi.
ne i consigli senza obiezioni, dal loro canto le
Al Dojo possono accedervi chi vuole praticare la
disciplina e gli spettatori sinceramente interessati
ad assistere alle lezioni, i quali potranno farlo in
rispettoso silenzio e senza essere di alcun disturbo. Nel Dojo, inoltre, occorre essere sempre sinceri e positivi, tralasciando ogni considerazione di
fama e di ricchezza, dimenticando i pregiudizi di
razza, sesso e stato sociale. La pratica deve unirsi
ad un’atmosfera di ricerca interiore.
Sono richieste tre qualità: una buona educazione,
un grande amore per l’arte, fiducia nel maestro.
Il Maestro Ichiro Abe ha indicato alcune norme
basilari sul comportamento da tenersi in un Dojo,
le quali costituiscono un costume che favorisce il
lavoro collettivo e il progresso individuale.




Tener sempre presente che il Dojo, oltre che luogo 
di pratica, è scuola morale e culturale.
 Entrare nell’area di pratica del Dojo con il piede
sinistro ed uscirne con il destro, senza dimenticare

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cinture superiori devono aiutare il miglioramento tecnico di coloro che sono meno esperti, con
diligenza e cordialità.
 Quando non si pratica bisogna mantenere un
contegno corretto e non assumere mai posizioni
e atteggiamenti scomposti anche se si è molto
affaticati.
 Mantenersi silenziosi e, se necessario, parlare solo per la pratica judoistica e a bassa voce.
 Non allontanarsi mai dall’area di pratica senza averne avuto il permesso dall’insegnante.
 Curare la pulizia e l’integrità del Judogi ed il
suo riassetto, che deve essere sempre effettuato
ogni volta che è necessario.
Mantenere sempre un'elevata igiene personale.
Le unghie della mani e dei piedi devono essere tagliate molto corte. Bisogna togliersi, durante l’allenamento, catenine, anelli e quanto altro possa procurare danni a se stessi e ai propri compagni.
Rispettare l’orario dei corsi (salvo particolari autorizzazioni). Non allontanarsi dai Dojo prima della
fine della lezione dell’insegnante.
All’inizio e alla fine di ogni lezione, l’insegnante e
gli allievi si salutano reciprocamente. I praticanti si
dispongono ordinatamente in fila sul bordo del tappeto di fronte all’insegnante. Il Judoka con cintura
di grado più elevato si pone alla estremità del lato
d’onore della sala, seguito gerarchicamente dagli
altri. Tutti devono avere il loro Judogi in ordine.
Quando si cessa la pratica e quando si frequenta il
Dojo senza poter praticare, osservare con attenzione quanto avviene nell’area di pratica, e seguire le
spiegazioni in atto, per trarne insegnamento.
HIZA GURUMA
Hiza-guruma si traduce con ruota intorno al ginocchio. È una tecnica di gamba di media ampiezza,
che richiede un po' più di energia di de-ashi-barai, senza tuttavia fare appello ad una forza eccessiva.
Richiede un ottimo controllo dell'avversario ed è un eccellente tecnica educativa per la pratica del kuzushi e dello tsukuri.Questa proiezione consiste nel far perdere l'equilibrio ad Uke in avanti e a destra
impedendogli d'avanzare, bloccando il suo ginocchio destro
con il piede sinistro di Tori. Uke altalena allora in avanti, al
di sopra del suo ginocchio bloccato, come se avesse urtato
una barriera.
Esecuzione: Uke e Tori sono in posizione naturale destra.
Tori, avanzando con il piede Sinistro, obbliga Uke ad arretrare con il piede destro. Continuando a
spingerlo indietro, Tori provoca la reazione di Uke in avanti e, in questo preciso momento, sposta il
piede destro all'esterno del piede sinistro di Uke. I due piedi di Uke e il piede destro di Tori formano
una sola e continua linea retta. Si rompe la posizione di Uke facendogli perdere l'equilibrio in avanti e
a destra, tirando la sua manica destra mediante un ampio cerchio che termina verso l'anca sinistra di
Tori. L'azione della mano destra di Tori consiste nell'aiutare lo squilibrio della mano sinistra, con il
braccio flesso. Tori dispone il piede sinistro di piatto, leggermente al di sopra del ginocchio destro di Uke e un po'
verso l'esterno. La gamba è normalmente distesa e leggermente flessa. L'azione combinata delle braccia si accentuerà con la rotazione della parte superiore del tronco di
Tori verso l'esterno sinistro, descrivendo un ampio cerchio. La proiezione risulta dunque in uno squilibrio estremo del corpo, con il sostegno del ginocchio (bloccato).
Alla fine del kake, Tori provocherà la caduta corretta di
Uke mediante la trazione della mano sinistra verso l'anca
ed una spinta esterna del braccio destro sulla spalla sinistra di Uke.
Evitate di incassare il corpo chinandovi in avanti: perdereste così tutta la vostra forza. Bloccate gli addominali,
conservate il tronco eretto e "sedetevi" nel vuoto, un po'
all'indietro al momento del kuzushi. Il vostro piede destro
vi sostiene e deve piroettare durante tutto il movimento;
non posatelo dunque completamente di piatto al suolo,
ma piuttosto appoggiatelo sulla parte anteriore. Sarà il
centro della circonferenza descritta dal vostro kuzushi.
Opportunità: Oltre all'opportunità sulla gamba destra che arretra, è possibile eseguire hiza-guruma
sulla gamba sinistra che avanza: Tori fa allora arretrare il piede destro e lo dispone all'esterno del piede sinistro di Uke. Una terza opportunità consiste nell'attaccare la gamba destra avanzata di Uke. Per
riuscirvi, Tori fa arretrare il piede destro, poi il sinistro, tirando verso di sé Uke, che condurrà così
successivamente il piede sinistro, e poi il destro, in avanti.
Kaeshi-waza
In quel momento, Tori sposta il piede destro un po' all'in(controtecniche,
contrattacchi)
dietro e verso destra; quindi inizia la tecnica.
Renraku-waza
(tecniche in successione, attacchi combinati)
- se l'avversario ha rapidamente avanzato la gamba non attaccata,
riappoggiate immediatamente il piede bloccante al suolo e attaccate
con l'altro piede in de-ashi-barai;
- se l'avversario ha avanzato la gamba non attaccata piegandola,
attaccatela in ko-soto-gake;
- se l'avversario schiva il vostro bloccaggio passando al di sopra
della vostra gamba tesa, attaccatelo non appena ha posato il piede a
terra in o-uchi-gari.
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Se siete attaccati in hiza-guruma, la schivata all'inizio
dell'attacco è la miglior possibilità e vi consente allora
di passare rapidamente al di sopra del piede che avanza verso il vostro ginocchio. Posate rapidamente il
piede al suolo, sulla parte esterna, e appoggiandovi
tutto il peso del corpo, attaccate a vostra volta hizaguruma sulla gamba portante del vostro avversario.
L'ideale sarebbe tuttavia attaccare dall'inizio facendo
o-uchi-gari.Nel caso di un attacco più avanzato, resistete e fate arretrare la gamba attaccata tirando il vostro avversario in modo da obbligarlo ad appoggiare il
piede a terra. Falciatelo allora in ko-uchi-gari.
Il JUDO CLUB
BIENTINA
...è tempo di gare
e manifestazioni
La stagione sportiva ha riaperto i battenti. È giunto il momento di tirare fuori carattere e grinta
per tutti i nostri judoka. La preparazione atletica estiva si è conclusa e adesso si torna a far judo.
Si torna sul tatami. Tornano gli appuntamenti annuali delle gare e si presentano le occasioni di
farsi conoscere attraverso le manifestazioni. Le prime serviranno per vedere i miglioramenti e le
mancanze, le seconde mostreranno ai “profani” cosa facciamo nel dojo del Judo Club Bientina.
Domenica 5 ottobre:

Manifestazione a Ponticelli
I nostri ragazzi si sono esibiti presso la pista di pattinaggio coperta di Ponticelli. L’evento organizzato dalla pubblica assistenza di Santa Maria a Monte è stata
un’occasione per raccogliere fondi per l’acquisto di
una nuova ambulanza e per far provare il judo ai piccoli interessati.
Domenica 12 ottobre:

Manifestazione a Pontedera
I judoka del club bientinese hanno tenuto una dimostrazione a Pontedera in piazza Trieste, in occasione della fiera. Prima che fossero costretti
a ripararsi dalla pioggia, hanno potuto mostrare ai numerosi spettatori un esempio di ciò che
i nostri atleti imparano durante la stagione sportiva.

Trofeo Malatesti e Ceracchini - Montevarchi
Milianti Giacomo 2° classificato per la categoria -55Kg
I prossimi appuntamenti
Domenica 2 novembre: Trofeo Internazionale Sankaku - Trofeo Italia Es. B - Bergamo
Domenica 9 novembre: Qualificazione Regionale al Campionato Italiano Assoluto - Sede da definire
Domenica 9 novembre: Torneo cinture colorate - terza giornata - Sede da definire
Domenica 16 novembre: 4° Fase Regionale Judogiocando - Sede da definire
Domenica 23 novembre: Qualificazione Campionato Italiano Es. B - Sede da definire
Domenica 23 novembre: Torneo cinture colorate - quarta giornata - Sede da definire
Sabato 29 novembre: Campionato Italiano Assoluto Maschile - Asti
Domenica 30 novembre: Campionato Italiano Assoluto Femminile - Asti
Sabato 6 dicembre: Campionato Italiano ES/B Maschile - Lido di Ostia
Domenica 7 dicembre: Campionato Italiano ES/B Femminile - Lido di Ostia
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Crescere con il judo
Il judo non è solo uno sport adatto a tutti i bambini, ma è una vera e propria filosofia per imparare a conoscere se stessi e l’ambiente circostante, il Judo è uno tra gli sport maggiormente consigliati in età evolutiva. Come afferma la psicologa dello sport Dott.ssa Stefania Ortensi nel suo
articolo "Crescere sul tatami: i benefici del judo", i bambini imparano a incanalare i propri istinti
e a controllare i movimenti del corpo secondo le regole precise
della via della cedevolezza, traduzione alla lettera che spiega il
significato dell'ideogramma JU-DO: con questo si intende la
capacità di adattamento e di rimuovere gli ostacoli. Si tratta di
incanalare le forze dell'avversario nella direzione in cui tendono e lasciarle procedere da sole.
La Dott.ssa Ortensi afferma che oltre ai grandi insegnamenti
pedagogici e filosofici, il judo porta con sé notevoli benefici sia
per il corpo che per la psiche, poiché nel dojo il bambino aumenta la forza e l'elasticità muscolare, previene lievi disformismi alla colonna vertebrale, aumenta la capacità toracica e ottimizza l'efficienza cardiaca. Oltre ai benefici fisici, come la coordinazione, la capacità di reazione
e l’equilibrio, dal punto di vista psicologico potenzia la disciplina, il coraggio, l'autocontrollo,
l'acquisizione di regole e insegna il rispetto per l'altro. Sul Tatami il ragazzo impara a mantenere
calma e lucidità, leggendo con attenzione e in modo strategico la situazione e anticipando l’avversario, continua la psicologa affermando anche che questa disciplina è particolarmente indicata
per i ragazzi più insicuri, poiché favorisce la fiducia in se stessi.
Il Dr. Raffaele D'Errico, medico-chirurgo specialista in pediatria e cintura nera di judo, nel suo
articolo del 5 maggio 2013, facendo riferimento al Maestro Cesare Barioli, riporta queste parole: il cuore è lo spirito, l'anima, il
centro di coscienza che può essere seppellito da un'educazione
tendenziosa. La mente è un magazzino/strumento che archivia
immagini; dovrebbe essere al servizio del cuore, ma in realtà è
spesso influenzata dal corpo. Quest'ultimo è una comunità di cellule sotto il controllo del cuore. Nel judo, cuore, mente e corpo si
unificano, cioè si concentrano su un principio morale che si sintetizza nel "migliore impiego delle energie".
L'idea di base del judo è quella di arrivare a dare senza volere
nulla in cambio: "tutti insieme per progredire" era il motto di Jigoro Kano. Io miglioro me stesso
per aiutare gli altri.
Ognuna di queste regole e norme non rappresenta un mero obbligo di obbedienza fine all'omologazione, ma si tratta di un metodo per educare, ovvero di uno scambio, di un modo di esistere e
affrontare la vita. In questo il judo, come ogni altro sport praticato nella sua purezza, è azione
educante, occasione di confronto e mezzo per mettere in risalto le qualità specifiche di ognuno.
Le regole non devono diventare un ricatto o uno strumento per appiattire la personalità di ogni
individuo, ma sono indispensabili per poter vivere serenamente all’interno di una comunità o di
un gruppo più ristretto e perciò è importante imparare a rispettarle.
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Fonti:
www.stefaniaortensi.it
http://www.pediatric.it/judo.htm
Gli Insegnanti Tecnici
Secondo il regolamento della FIJLKAM l'insegnamento del judo è consentito solo a coloro
che abbiano ottenuto la qualifica di Insegnante Tecnico dalla Federazione stessa, frequentando gli appositi corsi e superando i relativi
esami. Gli insegnanti si dividono in Aspiranti
Allenatori, Allenatori, Istruttori, Maestri e
Maestri Benemeriti. I primi devono essere
cintura nera 1° Dan, i secondi 2° Dan, i terzi
3° Dan, i quarti 4° Dan e gli ultimi 5° Dan;
tutti devono essere maggiorenni, devono aver
svolto attività agonistica e devono essere fisicamente idonei allo svolgimento dell'attività.
Inoltre gli Insegnanti Tecnici devono seguire i
Corsi annuali di aggiornamento indetti dalla
Federazione e la loro attività è compatibile
con la qualifica di Atleta, Arbitro Regionale e
Presidente di Giuria, mentre non è compatibile con quella di Arbitro Nazionale o Internazionale o di Presidente di Giuria Nazionale.
Mentre il corso e l'esame da Aspirante Allenatore viene svolto all'interno della regione, i
corsi successivi si tengono alla sede nazionale
della Federazione. I Maestri che abbiano svolto la loro attività in modo lodevole complessivamente per almeno venti anni, acquisendo
particolari benemerenze nell'insegnamento e
nell'agonismo, possono essere promossi, al
raggiungimento dei 65 anni di età, Maestri Benemeriti dal Consiglio di Settore, su proposta
del Presidente della Federazione.
Gli Insegnanti Tecnici del Judo
Club Bientina
Il Judo Club Bientina all’interno del suo organico ha
sette Insegnanti Tecnici: Osvaldo Montanaro (cintura
nera 3° Dan e Allenatore), Santino Nasello (cintura nera
2° Dan e Allenatore), Matteo Montanaro (cintura nera
2° Dan e Aspirante Allenatore - ancora per poco), Emanuele Cattin (cintura nera 3° Dan e Aspirante Allenatore), Pietro Patrono (cintura nera 2° Dan e Allenatore), Flavia Dell’Albani (cintura nera 1° Dan e Aspirante Allenatore) e
Valentina Brogi (cintura nera 1° Dan e Aspirante
Allenatore).
Tutti i nostri Insegnanti hanno ottenuto le loro qualifiche attraverso il superamento degli esami previsti dalla Federazione e seguendo i corsi annuali di
aggiornamento. Ognuno presenta una certa esperienza sia in campo agonistico sia nel campo della
preparazione dei bambini e dei ragazzi di livello più
avanzato, con una competenza ottenuta tramite i
corsi e l’esperienza diretta. Dividendosi in orari e
giorni diversi e combinando lavoro, studio e famiglia, i nostri insegnanti portano avanti l’attività del Judo Club Bientina, che
consiste nella programmazione degli allenamenti e nella
loro messa in pratica, nell’ideazione di nuovi metodi, varianti ed eventi per i bambini e per i ragazzi, e nella preparazione alle gare e alle competizioni.
Tra le ultime novità della società c’è l’apertura della palestra a Pisa da parte di Pietro Patrono, il quale, rientrato
recentemente nel mondo del judo, ha deciso di dedicarsi
nuovamente all’insegnamento e all’educazione dei bambini. Assieme ai suoi allievi, il colonnello resta tesserato con
la società di Bientina per quanto riguarda la FIJLKAM.
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Judo, e non
Si parla sempre di quello che viene
richiesto ai ragazzi che si addentrano
nel mondo del judo, della disciplina
che porta con sé regole e benefici,
soddisfazioni e divertimento. Quello
che più spesso si cerca di lasciare da
parte è un argomento scomodo come
la scarsità dei fondi economici. Non
perché si voglia nascondere la polvere
sotto al tappeto ma semplicemente
perché si tende a mostrare i lati positivi e l'essenza di questo sport per coinvolgere i nuovi arrivati in questa passione. Gli appassionati più "anziani",
Katsushika Hokusai, La Grande Onda
quelli che ci sono dentro da più tempo,
hanno ormai capito cosa significa "sport minore" (anche se adesso sembra che le cose stiano
migliorando). Con questa terminologia si intende uno di quegli sport sempre in bilico sul filo
del rasoio, che va avanti grazie alle forze interne e all'entusiasmo, ma che si può scordare di
vedersi tendere una mano dalle istituzioni. Perciò ci si ritrova a condividere il proprio spazio
con altre discipline all'interno di una struttura comunale. Fin qui poco male, anzi sarebbe una
cosa normalissima e anche positiva, se non fosse per gli impianti fatiscenti, le luci unite alle
stesse prese dei macchinari della sala accanto che inevitabilmente ogni sera vengono spente
durante l'allenamento, gli spogliatoi in condizioni degradate, la musica assordante tenuta ad
un volume esagerato, la precedenza per gli altri sport. Insomma, nonostante si riesca a creare
il proprio angolo pulito e ben organizzato, custodito gelosamente e protetto ad ogni costo,
appena si varca la soglia e si esce dal nostro dojo ci si sente inevitabilmente come degli ospiti. Verrebbe da chiedere per favore quando si va a fare la doccia e da camminare in punta di
piedi quando si percorre il corridoio.
La convivenza con gli altri non è un problema quando rispetto reciproco e pari opportunità
non mancano all'appello. Certo, la struttura resta quella che è, e lo sappiamo bene che quando si tratta di edifici comunali non ci si può aspettare grandi cose, per via delle spese, dei
costi, dell'economia e tutto quanto, ma non si può pretendere di evitare delle critiche. Per
esempio non si può far finta di nulla di fronte
Il judo ha la natura dell'acqua che scorre
all'acqua che scorre lungo le pareti interne della
per raggiungere un livello equilibrato. Non struttura durante una bomba d'acqua, a distanza di
ha forma propria, ma prende quella del re- un solo anno dalla riparazione del tetto.
cipiente che la contiene; è permanente ed Un po' più di attenzione nei confronti delle strutture e degli sport cosiddetti minori potrebbe miglioeterna come lo spazio ed il tempo, è indorare la situazione e aiutare le società. Sarebbe un
mabile e penetra ovunque. Invisibile allo buon investimento anche per il comune far sì che
stato di vapore, ha tuttavia la potenza di le cose funzionino nel miglior modo possibile anspaccare la crosta della terra. Solidificata che nelle palestre e non solo nel campo di calcio.
Se le società non dovessero spendere soldi nelle
in un ghiacciaio ha la durezza della roccia.
riparazioni e nelle ristrutturazioni dei fondi, si poRende innumerevoli servigi e la sua utilità trebbero permettere di offrire di più ai propri ranon ha limiti. Eccola, turbinante nelle ca- gazzi, come un maggior numero di uscite, un pulscate del Niagara, calma nella superficie di mino o l'offerta di almeno parte del kit utile ai nostri judoka.
un lago, minacciosa in un torrente o disseCon i tempi che corrono so che è una visione un
tante in una fresca sorgente scoperta in un po' utopistica, ma credo che sia necessario dar voce alle critiche sensate ed evitare di nascondere i
giorno d'estate.
lati più pratici.
Gunji Koizumi, 8° dan (1886-1964)
VB
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