12 FOLIGNO – Giugno 2015 LA GALLERIA DELLA FRANCA E IL CEMENTO CHE MANCA R icordate i due operai oscurati che denunciavano a Report come nelle gallerie della Foligno- Civitanova Marche ci fosse meno cemento di quello occorrente? Qualche mese fa all’ inaugurazione di un tratto della quattro corsie – dove erano presenti tutte le autorità civili e religiose compresa la riconfermata presidente della Regione Catiuscia Marini - il presidente dell’Anas, Gianni Armani, con sussiego e alterigia spiegava come questo non fosse possibile, che degli operai non potevano mettere in discussione quanto attestato da valenti progettisti ed ingegneri, che era una sorta di vendetta di lavoratori di cui non erano state accettate alcune richieste. “Comunque” si concludeva “saranno fatti gli opportuni accertamenti”. Gli accertamenti sono stati fatti ed hanno sanzionato che nella galleria in questione di cemento ce n’è meno di quello preventivato. Comunque, concludono i tecnici della società, le gallerie non crolleranno, per quanto sia necessario che si facciano verifiche su tutte quelle presenti lungo il tracciato. Risultato: la strada, di cui si preannunciava il completamento prima dell’estate, subirà nuovi ritardi. Morale: una quattro corsie sostanzialmente inutile, paesaggisticamente e ambientalmente impattante, è naturalmente destinata ad essere, come ormai avviene per tutte le grandi opere, criminogena. Per capire. Il committente è la società Quadrilatero MarcheUmbria spa, società interamente pubblica, che ha affidato la realizzazione del progetto alla Società Val di Chienti. Quest’ultima raggruppa alcuni grandi gruppi operanti nel settore della opere viarie e delle infrastrutture. Nello specifico ne fanno parte la STRABAG Italia, diramazione di una grande impresa austrica del settore, attualmente impegnata non solo nella quattro corsie Foligno - Civitanova, ma nella progettazione e nella costruzione del secondo lotto della Pedemontana Lombarda, in alcuni lotti della Grosseto -Siena e la realizzazione del nuovo Polo CardioVascolare del Policlinico S.Orsola di Bologna; la onnipresente Cooperativa cementieri e muratori di Ravenna, impegnata in varie grandi opere a cominciare da quelle collegate all’alta velocità e implicata in molteplici inchieste; la Grandi lavori Fincosit per caratterizzare la quale è utile ricordare che il suo ex presidente Alessandro Marazzi ha patteggiato più volte rimborsi allo Stato legati alla vicenda Mose (dove la Fincosit è stata impegnata come in altre iniziative di costruzione perlomeno chiacchierate), l’ultimo nel settembre scorso per 4 miliardi, dopo la sua scarcerazione dal penitenziario di Parma; dal Consorzio stabile Centritalia una società del gruppo Anemone, per intenderci quello coinvolta nell’inchiesta grandi eventi e in quella che ha investito Angelo Balducci, l’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici sodale del ministro Lupi, dimessosi dopo lo scandalo che ha coinvolto il grand comis dello Stato. Sull’ amministratore delegato della società, Diego Anemone, i giudici del Tribunale di Roma hanno affermato come si tratti di un soggetto «dedito abitualmente a traffici delittuosi, in relazione al vivere abitualmente con proventi di attività delittuose, in un particolare contesto criminale che opera in altissimi ambienti istituzionali”. Ovviamente il raggruppamento è il contraente generale dell’opera, poi iniziano gli affidamenti ed i subappalti e tutto quello che questi comportano. Con simili protagonisti in campo c’è da stupirsi che ci sia meno cemento del previsto nella galleria la Franca? *** CONTRORIFORME I l termine “riforma” è forse quello più abusato e che ha smarrito il suo significato originario. In passato riformare voleva dire introdurre novità di tipo progressista in contrapposizione a quanti volevano conservare lo stato di cose esistente. Oggi il termine riforma viene attribuito a qualsiasi cambiamento, anche a quelli che fanno retrocedere i diritti dei lavoratori o vogliono trasformare le scuole pubbliche in aziende gestite da un manager. In realtà si tratta di vere e proprie “controriforme”. E tali sono anche il nuovo sistema elettorale, il cosiddetto Italicum, divenuto legge dello Stato, la n. 52 del 2015, e il disegno di legge governativo che modifica 47 articoli della Costituzione attualmente all’esame del Senato, il cui effetto congiunto sarà quello di mettere a rischio la democrazia costituzionale, che è fondata su un insieme di limiti posti a chi è titolare del potere politico e sul riconoscimento del ruolo fondamentale dei corpi intermedi istituzionali (come il Parlamento), politici (i partiti) e sociali (sindacati e associazioni). Intanto le due controriforme seppellirebbero la forma di governo parlamentare prevista dalla Costituzione, la quale è incentrata sulla derivazione del Governo non direttamente dal corpo elettorale, ma dal Parlamento, al quale l’esecutivo è legato dal rapporto di fiducia, e sulla sua “flessibilità”, che consente la sostituzione del Presidente del Consiglio nel corso della legislatura senza che si debba necessariamente procedere a nuove elezioni se vi è una maggioranza parlamentare in grado di sostenere un nuovo governo. Non vi è dubbio che, in modo crescente soprattutto nelle ultime legislature, il ruolo legislativo del Parlamento è stato fortemente ridimensionato dal ricorso sistematico e abnorme da parte del Governo ai decreti legislativi, adottati in base a leggi di delegazione sempre più generiche e permissive, e ai decreti legge, approvati senza i presupposti della straordinaria necessità ed urgenza anche per varare importanti riforme, nonché dalla posizione costante da parte del Governo della questione di fiducia, una sorta di ricatto rivolto ai parlamentari della maggioranza che impone loro di votare a favore di un testo che non condividono se vogliono evitare le dimissioni del Governo. Tuttavia la Costituzione non è stata modificata. Ed è fallito il tentativo di Berlusconi di cambiarla, facendo approvare dalla sua maggioranza una “riforma” costituzionale che introduceva un “premierato assoluto”, e una legge elettorale orribile, il Porcellum, fondata su un abnorme premio di maggioranza e su liste bloccate, quindi su parlamentari nominati più che eletti. Prima è stato il corpo elettorale nel referendum del 2006 a bocciare sonoramente la legge costituzionale. Poi la Corte costituzionale alla fine del 2013 ha dichiarato incostituzionali le previsioni del Porcellum su premi di maggioranza e liste bloccate. Al contrario le controriforme in atto produrrebbero una derivazione popolare del “capo” del Governo. Infatti la legge elettorale impone che ogni forza politica prima delle elezioni indichi la persona del proprio “capo”, come già faceva il Porcellum. Ma qui non si tratterebbe più del leader di una coalizione, ma del capo di un unico partito, quello di maggioranza relativa, al quale la legge assegna artificiosamente almeno il 54% dei seggi al primo turno, purché raggiunga il 40% dei voti, o con maggiore probabilità al secondo turno, riservato solo ai due primi partiti. In questo ballottaggio tra liste, non previsto in nessun Paese democratico, il voto degli elettori si concentrerebbe inevitabilmente sulla scelta tra due leader. Inoltre, poiché al secondo turno non è prevista nessuna soglia, né di partecipazione per la sua validità, né di accesso per le due liste ammesse, la maggioranza più che assoluta dei seggi potrebbe essere attribuita ad una lista che potrebbe aver ottenuto l 30% dei voti, o anche meno, al primo turno, cioè, considerando la crescita dell’astensione, il 15% o poco più del corpo elettorale. Quindi sarebbe ridotto ad una pura formalità il potere del Presi- dente della Repubblica di nominare il Presidente del Consiglio plebiscitato da una minoranza del popolo, il quale si approprierebbe di fatto anche del potere di scioglimento anticipato della Camera. Infatti egli potrebbe contare non solo su un maggioranza più che assoluta, ma su un gruppo parlamentare di fedelissimi, eletti in parte grazie al premio. Pe di più l’Italicum prevede che i capilista nelle cento circoscrizioni siano eletti senza preferenza e che si possano presentare ciascuno in dieci circoscrizioni, determinando con l’opzione per una di queste, anche l’elezione tra i primi non eletti di un buon numero di deputati, che saranno quelli più fedeli al leader supremo. Il rapporto di fiducia sarebbe di fatto svuotato. E qualora vi fosse anche una piccola fibrillazione nel partito di maggioranza su una proposta del Governo, il “capo” non esiterebbe a porre la questione di fiducia imponendo la disciplina di gruppo. È evidente che il Parlamento diverrebbe un ostaggio nelle mani del Governo e non avrebbe alcuna possibilità di cambiare l’esecutivo né un Presidente del Consiglio incapace o pericoloso. Insomma si realizzerebbe nei fatti quel “premierato assoluto” tanto sognato da Berlusconi contro il quale il centro-sinistra e tanti democratici si sono in passato mobilitati. L’affossamento della forma di governo parlamentare sarebbe rafforzato dalla approvazione del disegno di legge costituzionale. Questo infatti trasforma il Senato in una Camera debole per la composizione e per le funzioni. Infatti esso non sarebbe più eletto dal corpo elettorale, ma dal ceto politico regionale: dei suoi 100 membri, 74 consiglieri regionali e 21 sindaci sarebbero designati dalle assemblee regionali (e non si capisce cosa ci starebbero a fare in una assemblea che dovrebbe rappresentare le Regioni 5 senatori nominati per sette anni dal Presidente della Repubblica). A parte le leggi bicamerali (come quelle costituzionali, ma quale legittimazione avrebbe un Senato non elettivo per esercitare una funzione così rilevante?) i poteri legislativi ordinari esercitati dal Senato sarebbero comunque aggirabili dalla Camera a maggioranza semplice o assoluta (comunque garantita dalla legge elettorale). Il Senato continuerebbe a partecipare all’elezione di importanti organi di garanzia (Presidente della Repubblica, un terzo dei giudici costituzionali e dei componenti del Consiglio superiore della magistratura). Ma il numero ridotto dei senatori e la presenza al Senato di un certo numero di consiglieri regionali e sindaci del partito in maggioranza alla Camera, consentirebbe a questo di modificare liberamente la Costituzione, per cui è sufficiente la maggioranza assoluta, e di influenzare in modo determinante l’elezione degli organi di garanzia. In definitiva le due riforme attribuirebbero un potere enorme al primo partito di minoranza, grazie ad un premio di maggioranza artificiale, e soprattutto al suo leader, del quale il partito o quel che ne resta fungerebbe da comitato elettorale, e indebolirebbero i contrappesi e i poteri di garanzia. La forma di governo non diventerebbe presidenziale, in quanto mancherebbero i contrappesi previsti dalla Costituzione degli Stati Uniti, ma piuttosto presidenzialistica, in quanto caratterizzata dallo squilibrio fra i poteri e da una concentrazione di poteri che pregiudicherebbero la democraticità della forma di Stato. Alle controriforme occorre quindi opporsi, come intende fare il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, costituito a livello nazionale su iniziativa di varie personalità, di parlamentari e di un ampio ventaglio di associazioni e di forze politiche. Anche in Umbria occorre operare per dare vita ad un’analoga struttura a livello regionale. L’attacco alla Costituzione e alle regole democratiche non è un fatto tecnico o di poca importanza, ma vuole distruggere l’argine che si oppone allo smantellamento dei diritti e dell’intervento sociale dello Stato e alla creazione di una gestione del potere verticale, basato sul rapporto diretto tra capo del Governo e popolo, il quale, come scriveva Rousseau nel Contratto Sociale sarebbe “libero” solo nel giorno del voto per diventare subito dopo uno “schiavo”, un “niente”. Anche stavolta il tentativo può essere respinto in nome non della pura conservazione dell’esistente, ma di principi e di valori non negoziabili, come quelli che contrassegnano la nostra Costituzione e sono posti a fondamento dello Stato democratico. Mauro Volpi SOMMARIO I 5 STELLE A FOLIGNO [pag. 3] REGIONALI 2015 [pagg. 4-5] DA TREELLLE A DDL BREVE STORIA DI UNA RIFORMA [pag. 6] ROTTAMARE L’EUROPA [pag. 7] UN SACCO DI GUAI dal film Nostalghia di Andrej Tarkovskij [pag. 8] 2 N. 12 – GIUGNO 2015 CULTURA UNA NUOVA PUBBLICAZIONE: ARCHEOLOGIA ATTIVA U n progetto didattico è stato portato a compimento, e si stanno prospettando importanti sviluppi futuri. Dal marzo del 2012 ha preso il via una esperienza di scavo e rilievo archeologico, riservata agli studenti del Liceo Classico Federico Frezzi e Beata Angela di Foligno, e conclusasi lo scorso 23 aprile con l’inaugurazione della mostra permanente nelle Sale della Sezione archeologica del Museo della città a Palazzo Trinci e con la presente pubblicazione. Sito degli scavi è un’area non occupata dalle attuali sepolture del Cimitero di Cancelli, scelto grazie alla collaborazione tra la scuola, la Comunanza agraria di Cancelli e l’Oratorio della Parrocchia di Sant’Eraclio. Con l’interessamento della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e degli uffici del Comune di Foligno l’idea può essere istituzionalizzata. Per i giovani studenti “apprendisti” archeologi, gli insegnanti e gli esperti dei vari settori, durante l’anno scolastico hanno predisposto lezioni preparatorie, poi nei mesi estivi, per quattro settimane, si è tenuta la vera e propria campagna di scavi, in cui si sono alternati una trentina di studenti dal primo al quinto anno. Tutte le attività si sono svolte sotto il controllo degli insegnanti e di esperti archeologici, geologi e restauratori, fornendo anche informazioni sulla legislazione dei beni culturali. Infatti una volta eseguito lo scavo il materiale ritrovato è stato sottoposto a lavaggio, per essere poi inventariato con la numerazione fornita dalla soprintendenza, per poi completare il lavoro con un rilievo eseguito nel periodo invernale. La scommessa sulle nuove generazioni ha portato buoni frutti: durante una conversazione tra me e i giovani che hanno preso parte a questa particolare attività didattica, mi è sembrato che sia veramente utile investire e approfondire la conoscenza pratica di argomenti anche particolari come l’archeologia. Infatti dal racconto appare un GIOSTRA E ISTITUZIONI Gazzetta di Foligno n.9 (24/05/2015) La stampa semi-clandestina (e le manovre in edicola) A volte quando acquisto il mio giornale, / ci trovo dentro un altro giornalino / che s’è infilato come un clandestino / in mezzo al quotidiano abituale. / L’inserimento è sempre repentino / con manovra furtiva o plateale. / Restituirlo subito che vale? / E poi non costa manco un nichelino. / Vi si spremono sempree acute menti / che ti spiegano il mondo come va / con critiche profonde e intelligenti. / Ma sì, va bene, diamogli una letta! / In fondo è peggio la pubblicità / che ti intasa ogni giorno la cassetta. Luciano Cicioni Zitti tutti, arriva la gazzetta! Ma sì, diamogli una letta, sorseggiando lentamente magari una birretta, poiché è risaputo che certe cose vanno digerite senza fretta, altrimenti l’intoppo non lo buchi neppure con l’accetta. E se per caso il dire è in rima perfetta, rimani a bocca aperta … oh che vergogna, che disdetta! C’è da scappar via, magari in bicicletta, sperando che la strada non sia troppo stretta e soprattutto non conduca nei pressi della Gazzetta, dove, è risaputo, c’è una setta che possiede una magica bacchetta, destinata in esclusiva a chi non vuol dar retta e svia con ostinazione dalla strada corretta e per i quali non serve brandire neppure una crocetta. Povera libertà di stampa, povera barchetta, credevi di poter navigare in mare aperto, ma negli stretti ancora vegliano appostati i “saputi” con i vecchi fucili a bacchetta. Va barchetta, va dove ti pare e procedi a zig-zag, per costringerli a qualche faticosa piroetta, affinché al massimo dello sforzo udranno il loro “cul fare trombetta”. L’INDIRIZZO È: “[email protected]”, oppure “[email protected]”. “QUI” D al 2011, a giugno e a settembre, sfogliamo curiosi “Qui è tempo di Quintana”, un periodico di formato quadrotto che speriamo venga raccolto e conservato nella Sezione dei Materiali Grigi della nostra Biblioteca Comunale a testimoniare per i posteri il livello scadente (per non dire di peggio) con il quale l’Ente Giostra pretende di informare e dunque far parlare di sé. Scadente la selezione dei temi, scadente le modalità di esposizione, scadente la lingua italiana (una roba da siparietto cinguettante), scadente la grafica, e pensare che da molti anni ormai vive sulle nostre dolci colline Alfred Hoenegger, un grafico da dizionario internazionale! Il confronto tra il “Qui” del settembre 2014 e il “Qui” del giugno 2015 risulta istruttivo. Di primo acchito i due opuscoli sembrano documenti affini, ma a ben vedere le diversità sono molte a cominciare dal numero di pagine che nel secondo volumetto è minore rispetto a quello del primo; per continuare con la qualità delle immagini, in qualche caso buona dal punto di vista tecnico, ma dai contenuti meno elaborati, per non dire spenti; quando non siano serializzate in sequenze che fanno pensare agli sbarramenti carcerari. Sarà frutto della nuova era, contrassegnata dalla riduzione della spesa. Quanto alle copertine, quella del settembre ’14 metteva in primissimo piano un’ammiccante ed encomiastica caricatura del cavalier Didì, con faccione sorridente su corpicino miniaturizzato, manina sinistra salutante, manina destra sorreggente sfera di cristallo trasparente (con dentro marteguerriero e cavalier giostrante), sfera da agitarsi per nebulizzarne l’interno di magica nebbiolina che tanto ci piace- grande interesse da parte di tutti e la partecipazione condivisa di chi collabora sullo stesso piano, senza ruoli di superiorità, ma tutti con l’intento di scoprire e indagare la storia locale. La campagna di scavi si è svolta sempre in un clima di collaborazione tra i partecipanti e di rispetto del luogo in cui erano sepolture. L’unica nota negativa, a detta dei ragazzi, è stata la fatica di un lavoro manuale al caldo e al freddo, ma anche questo è un insegnamento! Questa esperienza è quindi stata completa! Una vera didattica, che per fortuna la scuola prosegue ora nella zona di Nocette di Pale. Aspettiamo nuovi reperti, ma soprattutto sappiamo che ci saranno ragazzi che avranno sperimentato positivamente. Ringrazio per la collaborazione Daniele Falchi. Marina Renzini NOTA BIBLIOGRAFICA: Il santuario umbro-romano a Cancelli di Foligno: archeologia e scuola. Esperienza didattica del Liceo Classico “Federico Frezzi - Beata Angela” di Foligno. A cura di Maria Laura Manca, Maria Romana Picuti, Matelda Albanesi. Perugia, Fabrizio Fabbri Editore, 2014 va da piccini (tipo Madonna di Lourdes, Presepio-Bambinello, ecc. ecc., Rosate Nudità giammai, ovviamente). Nella sferica palla, il luciferino Cavaliere era in atto di scrutare (in modo complice guardandoci) “il futuro della Quintana”, un futuro assai radioso come radiosisissimo era il presente ed era stato il passato. Sfogliando poi quelle pagine settembrine era tutto un tripudio. Ve lo lasciamo immaginare. Tripudio sparito dall’opuscolo del giugno ’15. Scomparso dalla copertina l’immaginifico Cavaliere, vi troviamo cavalier Quintanante (la nostra ignoranza è tale da renderci impossibile l’identificarlo) con la scritta, banalissima, “è tempo di Sfida!”. Ohibò. Nando. Non può essere! Ch’è mai successo, dopo tanto sfavillìo? Domanda retorica, giacché è accaduto l’incredibile, il Cavaliere è stato disarcionato, poi, sia pur malconcio, è rimontato in sella. Baciando basso, è vero, ma facendo finta di niente. Nulla di questo sconquasso trapela dal “Qui” del giugno ’15. Vi si trova soltanto una furbesca paginetta con lo “Speciale Elezioni”, e si legge: “Il 2015 è iniziato con le elezioni del Comitato Centrale dell’Ente Giostra della Quintana. Venerdì 6 febbraio il Consiglio dei Cento si è riunito nel Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento dell’Esercito di Foligno (mitico: “l’Esercito di Foligno”!) per votare il rinnovo delle cariche del Direttivo per il prossimo quadriennio. L’insediamento ufficiale si è tenuto il 16 febbraio nella sala del Consiglio Comunale dove (Didì e i suoi in sequenza quintanica) sono stati ricevuti dal sindaco di Foligno Nando Mismetti”. Tre foto, manco belle, e nulla più. Che ti fa Nando il Disarcionatore nel medesimo opuscolo? “L’edizione 2015 della Quintana è caratterizzata dal rinnovo del direttivo” dice, quindi prosegue augurando buon lavoro ai (quasi)nuovi dirigenti e aggiunge: “Ci aspettano nuove sfide, da affrontare in un contesto complesso, segnato da risorse economiche limitate e dalla necessità di rilanciare la Quintana aprendo nuove opportunità di sviluppo”. Ce senti cerqua? osserva il nostro impareggiabile amico dialettologo; e bravo Nando, diciamo più modestamente NTINGERAI NEI DI’ VENTURI DI NEBBIA FINE VESTITI • Ehi tu, che zappi curvo così vicino ai piedi tuoi, guardiamoci, ti prego, nelle papille gustative. Io sono l’INPS signore tuo. Raddrizzati e ascoltami: il genere umano è geneticamente tarlato, manca di previdenza, vive al fuoco fatuo dell’istante; adora la cicala e il cicaleccio e calpesta la formica e il silenzio. Io, quale Istituto per di più Nazionale, da poco venuto al mondo per la Salvezza Sociale, ti sforno un’ideona precotta da leccarsi a vita. Tu mi dai una porzione dei tuoi guadagni (li chiameremo contributi obbligatori), così io con una parte di quelli (l’altra mi serve), quando le tue ombre si allungano, il passo si accorcia e i figli si squagliano, rendo l’onore sindacale al candore dei tuoi denti, passandoti quanto basta e non di rado avanza, per masticare a oltranza. • Guardi, signor Istituto Nazionale, il sono “il zappatore” che fischiando riede alla “sua parca mensa”. Ma fischio solo al sabato sera; gli altri giorni emetto suoni diversi che non Le dico, perché io al domani penso anche troppo; che ora, da questo umano peso Lei mi voglia dispensare a me sembra francamente troppa grazia. noi: ma quando farai seguire alle parole i fatti? Sei stato sul punto di trionfare, poi ti sei fermato. Sei troppo pacioso e vonaccjone. Desaparecida. Il tripudiante “Qui” del settembre ’14 inneggiava ripetutamente al ruolo eminente impersonato dalla plurinsigne e plurinsignita Maria Rita Lorenzetti, la nostra Mozzarella, la quale, essendo la Vice del cavalier Didì, s’era distinta in molti campi ma soprattutto nella solidarietà quintanica. Nel “Qui” del giugno ’15, ormai nel rango meno prestigioso di magistrato(a) quintanico(a), è sparita da ogni aulica menzione. Sic transit gloria mundi! salmòdia vaticanescamente altro nostro amico, un latinistico; traducendo alla lettera: così passa la gloria del mondo! (Traduzione pedissequa, ma tant’è.) Dame superbe. Si sa, le “dame superbe in preziosi broccati” vengono immortalate nel “Qui” di giugno. Dunque eccole, tutte e dieci! Ne siamo entusiasti. Volti veri, sorrisi autentici; qualche postura birichina, qualche sguardo assassino o ammaliatore: cose che non guastano. Se di madrina quintanica si dovrà ancor parlare, saluteremmo volentieri la pur bellissima signora Federica Moro e la sceglieremmo tra le superbe dieci di quest’anno; intanto segnaliamo Marina Bonamici del Cassero e Lara Micanti del Contrastanga. Difficile scegliere tra le due signore! Fate voi! Ma il nostro cuore (anche noi abbiamo un cuore) batte per Lara. (E poi al suo cognome, ne aggiunge un secondo, maritale: Bartoli! A buon intenditor, poche parole.) Popolo. Termine vischioso, come vischioso e magmatico è l’oggetto che designa. Noi amiamo il “popolo”, ma quello operaio e del lavoro dipendente (veniamo dal proletariato urbano e da quello delle campagne); il “popolo delle scimmie”, tanto per richiamare A. G., non è il nostro popolo. Odiamo i capi-popolo che usano il popolo per i propri fini più o meno ignobili. I capi-popolo sono d’infiniti formati; ognuno faccia mente locale su quello che conosce meglio. Tutte le scritture quintaniche dicono del Popolo • Oh Signore, Signore, quanto duro è dissodare le menti dei semplici! Ma tu, pensionando terroso, non capisci che ti porterò tra le braccia il giorno in cui potrai staccare tutti i fili dell’umana vita e diventare puro tubo digerente, praticamente immortale, perché liberato della vita, avrai sconfitto la morte? • Va bene, ma a soldi, io, padre putativo e figlio indegno del miracolo italiano, che ci guadagno tra i contributi di oggi e la pensione di domani? Perché cafone sì, ma i conti terra-terra li so fare. • Il privilegio, uomo di fatica, ci guadagni il privilegio! Basta manovrare un paio di aggettivi! Così, a te, che sei nato prima, spetterà il sistema “retributivo”, (senti come suona bene?): prenderai più di quanto hai versato. E quelli che sono nati dopo (così imparano!), attraverso il sistema “contributivo” (senti come suona meglio?), se va bene, avranno di che comprare solo l’adesivo per dentiera e masticheranno quello, con le gengive. Ti assicuro che lo spettacolo, superbo e divorante, andrà in replica fino alla fine dei tempi. C.C. (l’iniziale maiuscola, in genere, è d’obbligo). In “Qui”, ci si appella al “Popolo della Quintana”, si sbandiera la volontà di “andare incontro alle esigenze della gente” (il Cavaliere); “Popolo instancabile”, è il popolo quintanico, “senza il quale la Quintana non esisterebbe” (Nando); un Popolo rapito da una “passione senza fine” (Mauro il redattor). Codici linguistici del Capitale. La lingua ufficiale dell’Occidente imperiale è l’inglese. A Quintanolandia ci si è adeguati. In “Qui” è tutto un anglofilogizzare: Location, Quintana Point, Info, Facebook, On Line, QR code, Quintana Channel, Smartphone, Marketing, Ufficio Marketing, Sponsor, Partner, Media Partners, Media Partnership, Merchandising, ecc. ecc. Alla faccia del Popolo! (Quello vero che fatica, soffre, si dispera. E a malapena parla la lingua madre.) Ci si dirà: sono termini usuali, comuni! Certo che sì; li potremmo considerare addirittura barocchi, tanta è la maraviglia che c’infondono; come, del resto, i nomi di taluni corsieri: Wind of Passion, Edward England, Pam Hall, Woman in Rose, Review Blanc, Continuity; vuoi mettere, quanto banale sia, per non dir volgare, appellar destrieri sì valenti con nomi come Tirisondola, Agnesotta, Guitto, o, peggio ancora, Negretti!? Foligno città del Barocco. Sulla base di quanto si legge in “Qui”, e di quanto s’è visto in spazi diversi della città, dire di Foligno città del “barocco” è come dire dell’araba fenice: che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. FaBe & RoTa N. 12 – GIUGNO 2015 SOCIETÀ E POLITICA FORUM CITTADINO I 5 STELLE A FOLIGNO N ell’ormai celebre streaming dello scorso anno, il neo incaricato premier Matteo Renzi si rivolse a Beppe Grillo con la frase cult: “Beppe, esci da questo blog!”. Pochi mesi prima, il Movimento 5 stelle aveva sconquassato il quadro politico nazionale, portando a casa più del 25% dei voti alla Camera, e poco meno al Senato. Sebbene i cosiddetti “grillini” non si siano più espressi a tali livelli di consenso elettorale, la loro presenza nel quadro nazionale è oramai un dato acquisito. Il Movimento ha deputati, senatori, sindaci, consiglieri regionali, consiglieri e consigliere comunali. In questo senso, Foligno non fa eccezione. Nelle elezioni amministrative del 2014 il candidato sindaco pentastellato Fausto Savini ha portato a casa il 14,32% dei voti. Poco forse, rispetto al 20,74% ottenuto a Foligno nelle elezioni europee svoltesi in contemporanea. Tanto comunque, per una formazione politica ancora poco radicata nel territorio, e ancora poco efficace nella lotta efferata per l’accaparramento delle preferenze – basti pensare che il più votato del 5 stelle ha portato a casa poco più di 170 preferenze, contro le 720 di Elia Sigismondi, primatista del PD. Questo trend di ridimensionamento e consolidamento è stato confermato dalle elezioni regionali, in cui i 5 stelle hanno raggiunto a Foligno la percentuale del 16,87 %. Gli osservatori politici folignati, soprattutto quelli di sinistra, assistono con perplessità a questo fenomeno. Soprattutto perché i “grillini” non sembrano ancora usciti dal blog. Al contrario, i loro risultati sembrano fondarsi sulla popolarità mediatica e sull’attività nelle pagine di Facebook, piuttosto che sulle pratiche standard di contatto con la “gente”: volantinaggi, porta a porta, visibilità negli appuntamenti implicitamente o esplicitamente istituzionali. Se il risultato nazionale pare compatibile con questa latitanza dal contatto sociale concreto, il successo più misurato ma pur sempre significativo ottenuto a livello locale pare davvero difficilmente comprensibile da questo punto di vista. In molti si stanno così convincendo del fatto che oggi la popolarità della proposta politica vada di pari passo con la rinuncia alla visibilità e all’iniziativa politica in carne ed ossa, affiancata da una massiccia attività nei media e nei social networks. Una correlazione che sembra essere confermata dal recente successo della Lega nella nostra città, dove alle regionali i padani (sic) si regalano un incredibile 13,22% a fronte di una presenza nel cosiddetto territorio pari a zero. Ma le cose stanno veramente così? Davvero il Movimento 5 stelle folignate esiste solo nel Web? Certo, questa tesi vale assolutamente per le politiche 2013. In quell’occasione Grillo ottenne il voto del 28,75% dei folignati, senza che questi ultimi avessero conoscenza dei rappresentanti del Movimento nel territorio. Tuttavia, alle regionali del 2015, cioè appena due anni dopo, i pentastellati pur perdendo quasi il 12% in termini percentuali riescono in un’impresa che quasi tutti i loro concorrenti politici sognano invano di realizzare da decenni: l’elezione di un consigliere regionale. E’ notizia recente che la folignate Maria Grazia Carbonari sarà la rappresentante in regione del Movimento, in seguito al riconteggio che le assegna più di mille preferenze. Poco, rispetto alle 7.171 schede con su scritto “Barberini”. Tanto, per una formazione politica che non vive di preferenze. E soprattutto, un risultato che spinge ad abbandonare l’ipotesi dell’esistenza solamente virtuale dei 5 stelle folignati, visto che gli elettori stavolta hanno scelto una persona in carne ed ossa, piuttosto che il solo simbolo come accaduto in passato. Una scelta che presuppone la conoscenza della candidata, o quantomeno la fiducia verso le indicazioni elettorali del Meet up di Foligno. Per capire la natura di questa presenza sul territorio, ho contattato direttamente Fausto Savini, candidato sindaco nel 2013 e attuale capogruppo del Movimento in consiglio comunale. Savini non ha negato il fatto che i loro risultati siano stati effetto di un grande traino nazionale. Tuttavia, ci tiene a fare presente che il Movimento a Foligno non esiste soltanto su Facebook – dove per inciso la loro pagina ha un seguito discreto, ma non straordinario: “In questi ultimi mesi, abbiamo allestito i banchetti per raccogliere le firme contro l’E45 e a favore del referendum sull’euro. Ci siamo stati ogni sabato, e a volte le persone facevano la fila per firmare o per parlare con noi. C’eravamo anche il giorno della manifestazione di Casa Pound, quando ci siamo dovuti spostare nel cortile di Palazzo Trinci. Inoltre, in questa campagna elettorale abbiamo organizzato tre o quattro eventi importanti, con cento persone ad ascoltare. Il più importante è stato forse quello sui rifiuti”. Il capogruppo mi racconta anche della sua esperienza in consiglio. Quando insinuo che la partecipazione dei cittadini non è quella che uno si aspetterebbe in un’epoca di indignazione come la nostra, Savini dissente: “Sì è vero, le persone hanno da fare e a volte manca il passaggio dalla rete al contatto personale. Però ti faccio notare una cosa: la scorsa consiliatura non c’era mai nessuno a vedere i consigli comunali. Adesso le sedie sono sempre piene. Le persone lentamente stanno partecipando, anche se l’impegno scoraggia qualcuno. I nostri meet up sono sempre partecipati, c’è l’i- dea che stiamo costruendo qualcosa”. Banchetti, pubblico durante i consigli comunali, meet up, iniziative, una consigliera regionale appena eletta: difficile continuare a pensare che i 5 stelle folignati esistano solo nel blog di Beppe Grillo. Certo, si tratta di un tipo di partecipazione e impegno politico diverso rispetto a quello a cui la sinistra era abituata. Poca istituzionalità, poco contatto con il mondo dell’università, una visione della politica internazionale che spesso si riduce al complottismo, un rifiuto evidente a fare i conti con la complessità di alcuni fenomeni, una posizione a volte stranamente ambigua sulla mafia e la criminalità organizzata, l’incapacità di legare la rabbia, l’indignazione e la buona volontà con il lavoro più avanzato della ricerca italiana – cosa che è invece è riuscita in Spagna a Podemos. Insomma, sulle proposte e sui modo di fare dei 5 stelle c’è molto da dire. Sulla loro esistenza virtuale e reale, poco da discutere. In tutto ciò, la sinistra folignate è reduce da una sconfitta molto seria. Se Atene Sel- ha preso poco più del 2%, SpartaRifondazione non ride, con il suo 1,85%., e non ride neanche la sinistra PD, che in regione è stata spazzata via dall’ala degli ex Margherita in tutte le sue manifestazioni. Il che dimostra che la collocazione, le coalizioni, e via discorrendo sono temi importanti, ma non decisivi. Stavolta dentro o fuori non ha contato niente. Conta esserci, ma per esserci bisogna capire come farlo . E soprattutto capire perché la platea che, pur in condizioni sociali diverse, in Grecia e Spagna ha scelto Tsipras e Podemos, in Italia è tendenzialmente orientata verso il Movimento 5 stelle. Perché? Innanzitutto perché la sinistra italiana è schiava dei suoi fantasmi: il linguaggio ante 1989, l’autoreferenzialità – il congresso di Rifondazione è finito nel 2008 e non frega più niente a nessuno di chi avesse ragione -, la chiusura mentale, l’identità poco comprensibile delle varie forze della sinistra, l’ossessione comunicativa verso alcuni temi – Salvini, l’immigrazione, i diritti civili – che non dobbiamo mai abbandonare, in quanto sono di grande importanza e civiltà, ma che non possono diventare l’unica cosa che la sinistra ha da dire sul mondo di oggi. Questi fantasmi impediscono o rendono invisibile quella pratica che i 5 stelle, in modo piacevole o spiacevole, mettono in scena ogni santo giorno. Per dirlo con una battuta, c’è una cosa che la sinistra dovrebbe imparare dai “grillini”: il fatto che oggi non è possibile essere alternativi al sistema se non si è populisti. Il populismo che tanto snobbiamo, ma che non conosciamo e di cui parliamo per sentito dire, è l’unico modo per diffondere le nostre idee. Se il 5 stelle dice: “reddito di cittadinanza”, le persone si fermano in strada e firmano. Se lo dice la sinistra, viene un secondo dopo accusata di moralismo. Come mai? Cercheremo di scoprirlo insieme nella prossima puntata. Matteo Santarelli COORDINAMENTO PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE Sabato 13 giugno si è costituito a Foligno il “ Coordinamento per la Democrazia Costituzionale “ per l’Umbria Valle Sud promosso dal Comitato di Redazione del nostro giornale. Il 27 di giugno i promotori hanno indetto una Conferenza stampa che si terrà alle ore 11 presso l’Università della terza età in via Oberdan a Foligno per illustrare l’iniziativa con la partecipazione del prof. Mauro Volpi. I cittadini, le associazioni, i partiti, web, giornalisti/TV sono invitati a partecipare. *** foto di Alice Porcu L a novella del BandarLog. Il 14 maggio 1915, anche Foligno ebbe la sua Piazza di Maggio. In piazza XX Settembre, anticamente della Spada, gli interventisti indissero una manifestazione per la guerra. Lì stava, nel palazzo Barnabò, la sede della Camera del Lavoro. Dirigenti e lavoratori iscritti alla Camera erano membri del Partito Socialista Italiano (Psi) o simpatizzanti vicini a quel partito, ed erano contro la guerra imperialista. A Foligno come altrove, formavano il nerbo militante del neutralismo. A provocare lo scontro di piazza fu la masnada interventista composta di nazionalisti, di repubblicani, di radicali, di socialisti “riformisti” (espulsi nel 1912 dal Psi, qui come nel resto d’Italia). Le ragioni immediate del conflitto risiedevano in quella serrata successione di eventi che avevano trovato un punto di caduta il 26 aprile, quando era stato firmato il Patto di Londra (con il quale l’Italia s’impegnava ad entrare in guerra a fianco dell’Intesa di lì ad un mese), patto segreto, che subito era diventato il “segreto di Pulcinella”; patto che dimostrava la volontà dell’Italia ufficiale (quella della monarchia, della destra al potere, di settori nodali del grande capitale, della stampa ad essi collegata) di muoversi speditamente verso la guerra. Dopo di che, il diluvio: il 5 maggio, a Quarto s’era inaugurato il monumento ai Mille, e Gabriele D’Annunzio aveva pronunciato una concione a dir poco “incendiaria” dando corpo ad una vera e propria “retorica” della guerra come rigenerazione italica; il 7 maggio, il governo presieduto da Antonio Salandra aveva annunciato al Parlamento che l’Italia si appressava alla guerra; il 9 maggio, Giovanni Giolitti tornato a Roma per testimoniare la sua contrarietà alla guerra, almeno per il momento (“Credo, disse, parecchio, nelle attuali condizioni dell’Europa, potersi ottenere senza guerra”), aveva di fatto provocato le dimissioni strumentali di Salandra (il 13), che se l’era viste respingere dal re il 16 maggio, quando ormai dal 14 le piazze vivevano quelle giornate di violentissimo interventismo, dette le “radiose giornate di maggio”. In quelle piazze vinsero i guerrafondai, alimentando quel consenso all’Italia imperialista che comunque occorreva per avviare la guerra guerreggiata. Gramsci a Torino seguì gli eventi e vi rifletté sopra. Anni dopo, il 2 gennaio del 1921 (Livorno e il Pcd’I erano alle porte), pubblicava infatti un articolo dal titolo (a prima vista) singolare: Il popolo delle scimmie, che aveva 3 come oggetto la piccola borghesia urbana. Con pochi tratti di penna tracciava il profilo evolutivo di quel segmento di socierà intrecciandolo con la dinamica storica del capitalismo, con la crisi dell’assetto statuale nato nel 1861 e con la correlata crisi del parlamentarismo liberale. «Il processo di sfacelo della piccola borghesia - notava Gramsci - si inizia nell’ultimo decennio del secolo scorso. La piccola borghesia perde ogni importanza e scade da ogni funzione vitale nel campo della produzione, con lo sviluppo della grande industria e del capitale finanziario: essa diventa pura classe politica e si specializza nel “cretinismo parlamentare”». Dopo aver rilevato che il fenomeno appena enunciato «occupa una gran parte della storia contemporanea italiana» e «prende diversi nomi nelle sue varie fasi», Gramsci passava in rassegna nomi e fasi: ma non lo seguirò su questa strada (pur molto interessante) per arrivare invece al punto che qui interessa. «La piccola borghesia - osservava Antonio - che ha definitivamente perduto ogni speranza di riacquistare una funzione produttiva (...) cerca in ogni modo di conservare una posizione di iniziativa storica: essa scimmieggia la classe operaia, scende in piazza. Questa nuova tattica si attua nei modi e nelle forme consentiti a una classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti: lo svolgimento dei fatti che hanno preso il nome di “radiose giornate di maggio” con tutti i loro riflessi giornalistici, oratorii, teatrali, piazzaioli durante la guerra, è come la proiezione nella realtà di una novella della jungla del Kipling: la novella del Bandar-Log, del popolo delle scimmie, il quale crede di essere superiore a tutti gli altri popoli della jungla, di possedere tutta l’intelligenza, tutta l’intuizione storica, tutto lo spirito rivoluzionario, tutta la sapienza di governo ecc., ecc. Era avvenuto questo: la piccola borghesia, che si era asservita al potere governativo attraverso la corruzione parlamentare, muta la forma della sua prestazione d’opera, diventa antiparlamentare e cerca di corrompere la piazza». Certo, il Bandar-Log, il “popolo delle scimmie” «non crea la storia», per dirla con Gramsci; ma, da strumento qual è, vi può incidere in modo nefasto. Allora v’incise. E oggi lo sta ancora facendo. (f.b.) A. Gramsci, Il popolo delle scimmie, in “L’Ordine Nuovo”, I (1921), 2 (2 gennaio), ora in Socialismo e fascismo. L’Ordine Nuovo (1921-1922), a cura di E. Fubini, Torino, Einaudi, 1966, pp. 9-12. 4 N. 12 – GIUGNO 2015 L’APPROFONDIMENTO REGIONALI 2015 Gli spostamenti progressivi degli elettori Analisi del voto Diminuiscono del 10% i votanti ai quali va aggiunto un aumento percentuale dell’1% delle schede nulle e bianche. Inoltre i voti dati ai candidati presidenti calano da circa 37.000 a poco meno di 22.000, segno di una forbice partiti – candidati che tende a diminuire. Gli aspiranti all’incarico apicale non tirano più di tanto e i due voti si avvicinano, segno di un diminuito appeal della personalizzazione della politica. Passando ai voti di lista il dato si accentua, anche se i confronti risultano più diffiL’analisi del voto è stata a lungo un luogo comune del dibattito politico. In coltosi, data la scomparsa di alcune formazioni politiche e la diversa dislocazione passato si discuteva sui decimi di percentuale persi o guadagnati, cercando di altre. di avvalorare improbabili vittorie o giustificare reali sconfitte. Non è il caso di queste elezioni regionali, come nel passato recente delle elezioni poli- Il Pd perde quasi 25.000 elettori, l’ex Pdl di circa 55.000, la sinistra (senza tiche del 2013 e delle europee del 2014. Negli ultimi tre anni il sistema po- considerare l’Idv) cala di oltre 25.000 (indipendentemente dalla sua dislolitico istituzionale si sta progressivamente disarticolando sotto l’urto di due cazione o meno nel centro sinistra). Sono la Lega e il Movimento 5 Stelle i fenomeni concomitanti: la crescente astensione dal voto di quote sempre premiati dal voto con rispettivamente 31.416 voti in più la prima e con un maggiori dell’elettorato e la crescita di aggregazioni elettorali che vengono bottino di 51.203 suffragi il secondo. Complessivamente i partiti di centrosgenericamente definite populiste (la Lega Nord e Il Movimento 5 Stelle) che inistra e di sinistra perdono circa 85.000 voti, il centro destra, senza la Lega, più di 65.000. ormai registrano il gradimento di un terzo di coloro che ancora votano. Le già regioni “rosse” e l’Umbria Il risultato in una città media dell’Umbria. Il caso di Foligno A questo dato generale se ne aggiunge uno specifico nelle regioni in passato definite rosse, dove tali fenomeni superano o sono analoghi a quelli del resto del centro nord e dove tra il 2005 e il 2015 il voti dei candidati del centro sinistra sono scesi dal 60,2% al 46,7%. In queste realtà progressivamente – come sostiene Ilvo Diamanti – l’effetto astensione ha svuotato quello che definisce il serbatoio dei voti del partito democratico. L’Umbria non fa - sia pure con le varianti del caso – eccezione. Nella regione in realtà l’astensione colpisce più il centro destra che il centro sinistra, che perde voti – come hanno sostenuto commentando l’analisi dei flussi Bruno Bracalente e Claudio Carnieri - a favore delle formazioni “populiste”, come del resto è avvenuto per la sinistra radicale. Ma quello che emerge è che un sistema politico elettorale, e per quanto riguarda le regioni, istituzionale è ormai al tramonto ed ancora non si individuano nuovi equilibri. E’ il frutto di molteplici fattori (modificazione della società, incidenza della crisi con un progressivo aumento della povertà e della precarietà, diminuzione delle coperture sociali) che non possibile qui analizzare in dettaglio. Insomma l’indissolubilità tra centro sinistra e elettorato in Umbria sta progressivamente venendo meno, senza peraltro che il centro destra riesca a aumentare suffragi e determinare nuovi equilibri politici. In altri termini si è entrati in un periodo di instabilità i cui esiti sono difficilmente prevedibili. La regione è contendibile, come sostengono quasi con entusiasmo, incomprensibile, i dirigenti del Pd a cominciare dal segretario regionale. È vero, anche se ancora non è chiaro da chi, con quali programmi, in base a quali progetti. A Foligno i fenomeni che si segnalano nella regione registrano ulteriori accentuazioni, almeno rispetto alle astensioni. Quest’ultime risultano più alte rispetto al resto dell’Umbria di circa 2 punti percentuali. Calano, conseguentemente in proporzione, le preferenze per i candidati presidenti. I voti realizzati da questi ultimi si allineano ai valori delle liste che li appoggiano. Tabella 3. Foligno. Elettori, votanti, voti validi. Elezioni regionali 2010 e 2015 Valori assoluti 2010 Elettori Valori percentuali 2015 Differenza 2010 45.208 44.391 2015 -817 100,00 Votanti 29.785 23.907 Bianche e nulla 1.134 1.044 Voti validi per i 28.651 22.863 candidati presidente Voti validi per le liste 26.572 21.407 Differenza 100.00 -5.878 65,91(100) 53,85(100) -12,06 -90 3,81 4,37 +0,56 -5.788 96,19 95,63 -0.56 5.165 89,21 85,54 -3,67 Analogo è l’andamento delle liste con cali maggiori rispetto a quelli umbri, soprattutto per quelle raggruppate nelle coalizioni maggiori. Il Pd perde oltre 2.000 voti e circa un punto percentuale. I partiti della coalizione di centro sinistra nel 2015 totalizzano il 42,02%. Se ad essi si aggiunge l’1,89% dell’Umbria per un’altra Europa non si raggiunge il 44%. Nel 2010 la percentuale era pari al 56,42%. Per contro il centro destra comprendendo tutti Senza andare indietro nel tempo e confrontando i dati delle regionali di i partiti, compresi i centristi che nel 2010 correvano separati, perde quasi cinque anni fa con quelle del 31 maggio emergono i dati che riportiamo 3000 voti. Il Movimento 5 Stelle ha circa un 3% in più rispetto alla media regionale., Infine la sinistra radicale raggiunge 893 voti, poco più del 4%, della tabella 1 rispetto a valori che nel 2010 erano pari a 2.008 suffragi e all’8,31%. Insomma si assiste ad un crollo del centro sinistra e della sinistra non compensaTabella 1. Umbria. Elettori, votanti, voti validi. Elezioni regionali 2010 e 2015 to da una crescita del blocco di destra e determinato dalla criscita sostenuValori assoluti Valori percentuali ta dell’astensione. Peraltro il consenso ai “grillini” appare di tutto rispetto. 2010 Elettori Votanti Bianche e nulla Voti validi per i candidati presidente Voti valid per le liste 2015 Differenza 2010 713.679 705.819 466.670 391.210 16.888 17.498 449.782 373.673 -7.860 - 75.460 +610 -76.109 412.580 -60.884 88,41 351.696 100.00 65,39(100) 3,62 96,38 2015 Differenza 100.00 55,42 (100) 4,47 95,52 -9,98 +0,85 -0,86 89,90 +1,49 Tabella 2. Umbria. Voti di lista. Elezioni regionali 2010 e 2015 Liste Partito democratico Sinistra ecologia e libertà – Umbria più uguale Socialisti e riformisti Civici e popolari Valori assoluti Valori percentuali 2010 2015 Differenza 2010 2015 Differenza 149.219 125.777 -23.442 36,17 35,77 -0,40 13.980 9.010 - 4.970 3,39 2,56 -0,83 17.167 Italia dei valori 34.393 Sinistra unita (Prc e Pcd’I)Umbria per un’altra Europa Popolo della libertà 28.331 12.200 5.172 5.561 133.531 - 4.967 + 5.172 4,16 -34.393 8,34 - 22.770 6,87 -133.531 32,36 3,46 1,47 -0,70 +1,47 -8,34 1,56 -5,31 -32,36 Forza Italia 30.017 +30.017 8,53 +8,53 Fratelli d’Italia – Alleanza nazionale Liste civiche per Ricci 21.931 +21.931 6,33 +6,33 Unione di centro – Umbria popolare per Ricci Lega Nord Movimento 5 Stelle Altre Liste (Sovranità, Casa rossa-Pcl, Fronte nazionale, Alternativa riformista) Totale 25.158 +25.158 7,14 +7,14 18.072 9.285 - 8.787 4,38 2,64 -1,74 17.887 49.203 51.203 +31.316 +51.203 4,34 13,99 14,55 +9,65 +14,55 7.179 +7.179 2,02 +2,02 100,00 = 412.580 351.696 60.884 100,00 Tabella 4. Foligno. Voti di lista. Elezioni regionali 2010 e 2015 Liste Valori assoluti 2010 Partito democratico 10.049 Sinistra ecologia e libertà – 1.278 Umbria più uguale Socialisti e riformisti 936 Civici e popolari Italia dei valori Sinistra unita (Prc e Pcd’I)Umbria per un’altra Europa Popolo della libertà 2015 2015 Differenza -2.158 -790 37,82 4,81 36,86 2,28 -0,96 -2,53 355 262 -581 +262 3,52 1,66 1,22 -1,86 +1,22 -1.798 6,77 -525 3,50 -9.188 34,58 405 9.188 Forza Italia Differenza 2010 7.891 488 1798 930 Valori percentuali -6,77 1,89 -1,61 -34,58 1.718 +1.718 8,03 +8,03 968 +968 4,52 +4,52 1.479 +1.479 6,91 +6,91 1.409 746 -663 5,30 3,48 -1,82 984 2.831 3.720 +1.847 +3.720 3,70 13,22 17,38 +9,52 +17,38 Altre Liste (Sovranità, Casa 544 rossa-Pcl, Fronte nazionale, Alternativa riformista) Totale 26.572 21.407 +544 2,55 +2,55 Fratelli d’Italia – Alleanza nazionale Liste civiche per Ricci Unione di centro – Umbria popolare per Ricci Lega Nord Movimento 5 Stelle 5.165 100.00 100,00 = Se si esamina poi il voto per aree territoriali - i dati diffusi divergono, in qualche caso significativamente, da quelli aggregati, emerge come sia soprattutto in centro e nelle frazioni di montagna che la disaffezione al voto sia più alta, mentre di manifesta in modo meno intenso nei quart- Octavia Monaco - Visioni in bianco ieri urbani e a S.Eraclio. Il Pd rag- Tab giunge le percentuali più alte nelle frazioni, sia in quelle di pianura che di montagna. Allo stesso modo El il Movimento 5 stelle registra valo- Vo ri più bassi nei quartieri urbani ed Bi in montagna, mentre la Lega Nord pr realizza il suo minimo in centro ed Vo ha percentuali inferiori alla media Pa nelle frazioni. In generale c’è un U attaccamento maggiore al voto Ci espresso cinque anni fa nelle aree So esterne alla città, dove il dissenso Ce e la disaffezione non si esprimono Fo Fr attraverso l’astensione. Infine le preferenze. Il dato più significativo è quello relativo allo scontro interno al Pd. Dei candidati “bocciani” Barberini realizza in città 2406 suffragi, staccando nettamente Rita Zampolini che si classifica seconda con 1.385 preferenze. Seguono Donatella Porzi (908) e Mario Bravi (726). Come si vede la sfida della minoranza del Pd almeno a Foligno, ma in generale in tutta la regione, non ha ottenuto significativi successi. Da segnalare, infine, che la leader dell’opposizione in consiglio comunale, Stefania Filipponi, ottiene 331 preferenze, circa un terzo dei voti realizzati dalla sua lista (Umbria popolare per Ricci). Le U Li Ce Um M Al To No Qu è ne te tro fo tic in N. 12 – GIUGNO 2015 L’APPROFONDIMENTO Analisi del voto niani) ed ex comunisti (oggi con la/e minoranza/e) sia stata vinta dai primi. Ciò spiega la disillusione degli elettori che ormai individuano nel governo regionale (e comunale) un qualcosa di estraneo alle loro aspirazioni ed ai loro interessi e si orientano o verso altre offerte politiche o si astengono. Ciò vale anche per il centro destra e spiega il successo della Lega tra coloro che hanno sostenuto Ricci, se si sottrae al risultato della coalizione del sindaco di Assisi il voto dei seguaci di Salvini si scende a risultati inferiori del 22% a quelli di cinque anni fa. Si manifesta, peraltro, un ulteriore elemento di riflessione che sarebbe sbagliato sottovalutare. Le strutture intermedie, dal sindacato all’Associazione industriali - sono in forte crisi. Nonostante i vantati successi della meccanica folignate emerge, anche in questo settore, come ogni imprenditore tenda a far da sé, segno di come si siano andati spappolando anche i gruppi dirigenti, come trionfi, anche dove va bene una sorta di darwinismo sociale, che non ammette e non accetta mediazioni. E’ su questo che trionfano le cosiddette formazioni “populiste”, che sono espressione di un voto che capitalizza paura e rabbia. Ci vorrebbe, almeno a sinistra, qualcosa di nuovo e diverso, capace di comprendere i processi in corso e tentare di costruire una risposta. Al momento non se ne vede neppure l’ombra. Pur senza illusioni continuiamo a non disperare. Re.Co. o ag- Tab.5. Foligno. Elezioni regionali 2015. Dati assoluti: zone urbane e frazioni. Val. assoluti. lle Centro Quartieri S. Frazioni Frazioni Totale urbani Eraclio periurbane Montane ra 8.337 16.821 5.146 13.483 3.524 45.208 do Elettori 4.129 9.347 2.804 6.933 1.800 24.359 o- Votanti 449 1.298 339 788 195 2.864 ed Bianche, nulle e voto per rd presidente 3.680 8.049 2.465 6.145 1.605 21.495 ed Voti validi 1.227 2.994 885 2.112 659 8.031 dia Partito democratico 138 168 43 181 20 493 un Umbria più uguale (Sel) 41 110 21 62 28 271 to Civ. e Pop. 54 115 61 115 33 352 ee Soc. e rif. 1.480 3.387 1.010 2.470 740 9.147 so Centro sinistra 345 649 185 530 157 1.744 no Forza Italia più llo diza do si efrzi me za in on si. er one dei m- 5 Fratelli d’Italia An Lega Nord Umbria popolare per Ricci Liste civiche per Ricci Centro destra Umbria per un’altra Europa (Prc) Movimento 5 Stelle Altre liste Totale 194 433 122 275 1.369 85 635 131 3.680 Note a margine Quello che emerge anche a Foligno è una crisi degli equilibri raggiunti nel corso del ventennio precedente con alcune accentuazioni tutt’altro che marginali. In primo luogo le forze di governo della città e in particolare il Pd stanno configurandosi in una dimensione in cui dovrebbe 389 1.163 274 641 3.116 150 1.206 190 8.049 101 366 91 160 903 57 437 58 2.465 295 799 213 435 2.272 142 1.072 189 6.145 62 985 220 2.898 42 759 93 1.511 574 7.897 17 451 232 3.534 42 532 1.605 21.495 cambiare tutto per non cambiare nulla. Più che una presa reale del “renzismo” si configura una ridislocazione dei notabilati locali che utilizzano come coperta la “lezione” dello statista di Pontassieve. Insomma trionfano elementi di trasformismo e di gattopardismo che dimostrano come la guerra tra ex democristiani (i giovani turchi fioro- Tab.6. Foligno. Elezioni regionali 2015. Dati assoluti: zone urbane e frazioni. Val. assoluti. Centro Quarteri Città S.Eraclio Fraz. Periurbane Montagna Totale Elettori 100 100 100 100 100 100 Votanti 49,52 (100) 55,57(100) 54,49(100) 55,17(100) 51,08(100) 53,88(100) B. N.P 10,87 13,89 12,09 9,28 10,83 11,76 Voti val. 89,13 86,11 87,91 90,72 89,17 88,24 Pd 33,36 37,2 35,9 39,78 41,06 37,36 Sel 3,75 2,09 1,74 2,18 1,25 2,29 Civ. e pop. 1,11 1,37 0,85 1,25 1,74 1,26 Soc. e Rif. 4,47 1,43 2,47 1,56 2,06 1,64 C.S. 39,69 42,08 40,96 44,77 46,11 42,55 FI 9,37 8,06 7,5 7,16 9,78 8,12 Fd'I An 5,27 4,83 4,1 4,2 3,86 4,58 11,77 14,45 14,85 12,57 13,71 13,48 3,31 3,4 3,69 4,04 2,62 3,53 Lega Nord Umbria pop. per Ricci L. Civiche per Ricci C.D. Umbria A.E. 7,47 7,96 6,49 5,09 5,79 7,04 37,19 38,71 36,63 33,97 35,76 36,75 2,31 1,86 2,31 1,33 1,06 1,79 M5Stelle 17,25 14,98 17,73 17,98 14,45 16,44 Altre liste 3,56 2,36 2,36 1,95 2,62 2,47 100 100 100 100 100 100 UNA NUOVA L Oltre ventimila titoli ti aspettano per essere scelti e adottati dalla tua biblioteca IBRE RIA ON-LINE [www.FolignoLibri.com] 6 N. 12 – GIUGNO 2015 SOCIETÀ E POLITICA DA TREELLLE A DdL BREVE STORIA DI UNA RIFORMA C ’era una volta “LA BUONA SCUOLA” che iniziava la sua avventura il 15 maggio 2014 con l’apertura dei cosiddetti “Cantieri”, fucine di giovani teste operose e pensanti, che in soli tre mesi hanno prodotto un libretto di ben centotrentasei pagine, scritto in bella calligrafia, quasi accattivante, con quello stile un po’ retrò da réclame anni ’50. Il documento già dal titolo “La buona scuola: facciamo crescere il paese” era in linea con lo stile del Giovane Leader della Nuova Italia che Cambia Verso, che, non pago di tanto sforzo, faceva partire dal 15 settembre al 15 novembre 2014 il progetto di consultazione popolare online, con l’ invitante nome di “passodopopasso.italia.it” e con lo scopo di far credere pubblica e trasparente la nuova “epocale” riforma della scuola. Tra interviste, sorrisi ministeriali e slide presidenziali, la strada della “BUONA SCUOLA” sembrava destinata al successo, a nulla valsero le voci contrarie e contrariate dei lavoratori della scuola e degli studenti, le manifestazioni, gli scioperi, le petizioni, le lettere di protesta, la riforma s’aveva da fare! Prima il libretto di centotrentasei pagine si trasformò in decreto legge, poi in DdL n. 2994, che dell’iniziale documento aveva perso l’appeal e la patina democratica; traspariva ormai il vero scopo della riforma, come strega mal celata dietro a vesti di regina. Come previsto dal Giovane Leader della Nuova Italia che Cambia Verso, il DdL venne approvato alla Camera e, con il numero 1934, seguì il suo iter legislativo al Senato, dove incontrò un primo ostacolo sul parere di costituzionalità in commissione Affari Costituzionali; ma non sarà certo un piccolo incidente di percorso che potrà fermare il decorso della rivoluzione copernicana della scuola! Mentre tutto questo accadeva una domanda si affacciava alla mente: ma da dove viene questa idea così rivoluzionaria, così ben difesa da tutte le lobby di potere, compresa Confindustria? E’ necessario non accontentarsi di leggere le solite fonti di notizie ed attualità, si deve seguire il canto delle sirene e mettere insieme gli indizi, le citazioni, gli articoli, si deve arrivare alla genesi di tutte le riforme prodotte negli ultimi quindici anni ed andare indietro al 2004 e poi al 2001. Tre parole LifeLong Learning rappresentano il Big Bang della nostra Buona Scuola e del Disegno di Legge in cui si è evoluta. Dietro a queste tre parole si cela una lobby che, da almeno quindici anni, sta dettando le regole per scardinare la scuola pubblica e renderla subordinata alle logiche di mercato, agli interessi di banche ed aziende. Ed ecco svelato l’arcano: “Lobby TreeLLLe - per una società dell’apprendimento continuo Associazione non profit,…. ha come (A PROPOSITO DI BILIARDO E DINTORNI) BEN SCAVATO VECCHIA TALPA! Mi è capitato tra mano un poetico esercizio del Celeberrimo giopi, intitolato Proclama di lotta, che trascrivo di séguito; non tutti, infatti, hanno avuto la ventura di leggerlo su cartaceo supporto, non tutti smanettano. Vado: Mai rimanere senza un ideale, / senza una meta, senza un gran traguardo / anche se un fato cinico e beffardo / ti portò al fallimento più totale! / È tramontato il sogno comunardo? / non s’è stravolto l’ordine mondiale? / È svanita la fede? Poco male! / Si può sempre sparare sul biliardo! / Addio tonaca nera primo amore, metto da parte le illusioni antiche! / Nuovo il bersaglio identico il furore. / Alra fede, altra lotta, altro vessillo! / E gettata la tonaca alle ortiche / mi son messo a strillar: “morte al birillo”! giopi In margine, il nostro Celeberrimo giopi mette: aggiornato; ne ricavo che questa che vi ho trascritto sia una seconda versione del Proclama: troppa grazia Sant’Antonio! effebi non avrebbe mai creduto di meritare tanto onore! Mi piacerebbe leggerla, un’eventuale prima versione; come mi piacerebbe leggerne altre qualora, nel frattempo, il Celeberrimo ne avesse scritte. Che dire del poetico sollazzo giopico? Quando non si hanno argomenti, si passa all’offesa personale, si allude ad esperienze di vita molto lontane nel tempo e molto sofferte; s’irride a visioni del mondo, a ideali che restano tuttora il nucleo fecondo dell’agire quotidiano. Ricapitoliamo: l’idea biliardobirillesca del Celeberrimo, lungi dal costituire un biglietto da visita adeguato alla nostra Città, ne mette in ridicolo passato e presente. Un’idea da strapaese resta un’idea da strapaese. Quella del biliardo-birillo fu un’operazione di mercato, fondata sulla volontà di accrescere il valore di mercato di un’impresa commerciale. Evidentemente chi la pensò ebbe successo e riuscì a trasformarla in idea-simbolo, se ancora oggi stiamo a baloccarci con una panzana (Fulignu centru de lu munnu) grossa come un grattacielo. Ogni idea-simbolo, peraltro, genera opposte considerazioni e opposte reazioni: è nelle cose; il problema sorge quando un’idea particolare, di per sé legittima ma particolare, la si estrae dall’universo del simbolico, la si cala sulla terra a pretenderne una valenza universale, persino pretendendone la musealizzazione; fatto quest’ultimo che si ritiene debba gravare sul Pubblico e, a gran voce, lo si richiede. Ne verrebbe che quest’ultimo dovrebbe affrontare se non le spese di allocazione (ma ciò non è sicuro che non accadrebbe), gli oneri di promozione, gestione e manutenzione (ordinari e straordinari). Ora basta. Una parte di opinione pubblica è sazia di pagliacciate e scemenze contrabbandate per simboli identitari: i decisori ne dovrebbero tener conto. Se il Celeberrimo giopi vuole immortalare biliardo e birillo, lo faccia, ma a spese proprie! La signora Isella Remoli, il 20 maggio obiettivo il miglioramento della qualità dell’ education (educazione, istruzione, formazione) nei vari settori e nelle fasi in cui si articola….” Così si legge nel sito dell’Associazione: http://www.treellle.org/ Ma chi è che tira le fila di questa Associazione? Basta chiedere ed è presto detto: Lobby TREELLLE: Il Presidente dell’Associazione è Attilio Oliva (precedentemente era Umberto Agnelli). Soci Fondatori e Garanti: A. Oliva, F. Confalonieri, G.C. Lombardi, L. Maramotti, P. Marzotto. Leggendo i nomi dei soci fondatori si vede come Confindustria la faccia da padrona e, andando a guardare bene anche i nomi dei collaboratori, si deduce quale sia la politica di fondo nelle scelte della TreeLLLe. Tutto è trasparente e fruibile in rete e l’Associazione TreeLLLe pubblica periodicamente dei Quaderni, dove raccoglie le elaborazioni e gli studi di vari esperti sul mondo della formazione. Per rendere ancor più chiaro di chi stiamo parlando cito un passaggio indicativo del Treellle pensiero sull’istruzione pubblica: La proposta di Treellle si basa su tre punti fermi: 1) superamento dei concorsi (sia nazionali che regionali); 2) blocco di qualunque sanatoria, comunque denominata, per l’immissione in ruolo ope legise sterilizzazione delle graduatorie permanenti; 3) trasferimento progressivo alle scuole 2015, ci ha scritto la seguente lettera, premettendole il titolo A proposito del “birillo”. Vado: Prendersela con un innocuo ciondolo mi sembra un po’ come cercare il fantasma dietro al comodino. Mi riferisco al “famigerato” monile con un birillo rosso pendente nel mezzo di un cerchio che indica il mondo; ha suscitato tanto sdegno da incolpare chi lo ha ideato e chi lo ha “adottato” di nefasta nostalgia, anzi di deprecabile apologia del lontano ventennio. Considero sterile polemica quanto scritto a proposito della banalissima iniziativa di promuovere un piccolo monile che ci ricorda quel glorioso ritrovo cittadino che fu il Gran Caffè Sassovivo. Era il salotto della città: tanti gli aneddoti, i personaggi, le memorie legati a quel luogo.d’incontro che chiuse definitivamente i battenti negli anni Ottanta del ’900. E fummo in molti a piangere sulle sue ceneri. Sulla “storia-leggenda” del birillo rosso e de “lu centru de lu munnu” abbiamo tutti sorriso, anche negli anni infuocati dal rancore del secondo dopoguerra. È del tutto inadeguata quindi la furia scatenata nel cuore e nella mente di alcuni “ben pensanti” che accusano di dietrologia, di rimpianto per un regime che appartiene al passato e che nessuno vuole resuscitare. La Pro Foligno nel Bollettino mensile informa, promuove iniziative di tutte le associazioni culturali e lo fa con modestia, spirito di sevizio; non si permette di criticare scritti o programmi di altri sodalizi cittadini. Non è corretto. E non mi è sembrato corretto neppure il sarcasmo rivolto alla manifestazione organizzata dall’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra nella “celebrata struttura militare”: nessuno può né vuole dimenticare i morti, i feriti, gli invalidi, i prigionieri mai ritornati dalla Grande Guerra, tutti siamo consape- della competenza ad assumere i nuovi docenti, in prospettiva solo attraverso la formazione universitaria specializzata a numero programmato, l’accesso alla quale costituisce il concorso (in forma di corso/concorso). […] “..Il primo passo dovrebbe essere costituito dall’azzeramento radicale, per legge o per decreto-legge, di tutta l’attuale normativa primaria e secondaria in materia di supplenze…” […] “…È imperativo peraltro che sul tema dell’istruzione pubblica, così strategico per il paese, ai contrasti e alle strumentalizzazioni tra forze politiche si sostituisca un patto di lungo termine tra maggioranza e opposizione, e tra governo e forze sociali, senza il quale sarà difficile dare efficienza ed efficacia al nostro sistema scolastico…” Leggendo i diversi Quaderni prodotti dalla Lobby TreeLLLe, si desume come tutto l’impianto delle riforme fino ad oggi prodotte, dalla Moratti alla Gelmini fino alla Giannini, altro non ha fatto che introdurre gradatamente, ma inesorabilmente, l’idea di un’educazione neoliberista spinta alla competizione, dove la meta finale sta nel togliere spazio e risorse alla scuola pubblica, rendendo gli studenti ubbidienti a stimoli predefiniti, addestrati al consumo ed al lavoro, utenti omologati alle richieste dell’OCSE. Questo ancora non basta? Ecco allora altre prove di come la riforma della scuola sia stata scritta sulla scia dei documenti della TreeLLLe, tutti scaricabili e fruibili dal sito dell’Associazione; così che la trasparenza e la ridondanza dei dati, non facilmente comprensibili ai più, renda ancor più velata la manovra di demolizione della pubblica istruzione: “…Le enormi risorse attualmente assorbite dal soprannumero di perso- nale scolastico non potrebbero essere meglio utilizzate per remunerare i più capaci e motivati, per l’aggiornamento, per l’adozione di tecnologie e attrezzature didattiche più adeguate, per la creazione di un sistema di valutazione nazionale, per il potenziamento della ricerca educativa, etc.? Insegnare a scuola nel tempo logora: è ragionevole pensare che l’insegnamento debba essere un lavoro che dura tutta la vita?..” […] Si ricorderà come lo snodo fondamentale del DdL riguardi la figura del Dirigente Scolastico, allora si legga come la Lobby TreeLLLe intende rinnovare tale figura: “…In questo quadro, un ruolo fondamentale deve essere svolto dal dirigente dell’istituto scolastico, il quale dovrebbe assumere sempre più il ruolo di responsabile dello sviluppo delle risorse umane e pianificare gli investimenti del proprio istituto in questa direzione…” …” Un problema specifico, di decisiva rilevanza strategica, è costituito da quella che dovrebbe essere la principale e maggiormente legittimata funzione di leadership, e cioè quella del capo di istituto-dirigente…” Non servono altre parole, per chiarire come alla classe dirigente del nostro Paese non servano cittadini consapevoli e critici, ma consumatori narcotizzati ed asserviti al potere. Se il progetto di riforma della Pubblica Istruzione andrà avanti si avvererà l’incubo di una Scuola non più libera, che produrrà in massa Studenti/ Utenti privi di pensiero critico, alla stregua di un’industria manifatturiera, dove Insegnanti/Operai lavoreranno alienati alla catena di montaggio diretta dal Capo d’Istituto/Dirigente. voli che fu un’inutile strage. Non dobbiamo però piangere in ogni momento della nostra esistenza, né indossare perennemente le vesti luttuose di Elettra; la vita offre tanti aspetti. Se per un pomeriggio si è guardato con sporito sereno un elegante abito d’epoca, si è ricordato un aneddoto lontano dai campi di battaglia ... anche questo accadeva nel primo Novecento. Ci si può concedere un pomeriggio ludico senza rimorsi, non intendiamo chiedere perdono. P.S. Ritengo doveroso comunicare che quanto sopra espresso scaturisce da una iniziativa del tutto personale. Facendo parte però del Consiglio della Pro Foligno, la ultracentenaria Associazione cittadina (fondata nel 1905), e offrendo anche un modesto contributo alla stesura del Bollettino mensile, ho trovato le invettive comparse in prima pagina nell’ultimo numero di “al Quadrivio”, oltreché offensive, molto ingiuste. ro 10 del nostro mensile (aprile 2015). Ribadisco, tuttavia, quanto lì scrissi: nella sostanza e nella forma. Non vogliamo renderci interpreti e rappresentanti della Città astrattamente intesa; tentiamo (ripeto: tentiamo) di leggere il momdo che ci circonda, di rilevarne le linee di frattura, per contribuire (ripeto: contribuire) a trasformarlo. Diciamo ciò che pensiamo sapendo che una fetta dell’opinione pubblica folignate si riconosce nelle posizioni che via via assumiamo. Sarà pure minoritaria, questa fetta, ma è ad essa in primo luogo che vogliamo esporre la nostra (ripeto: nostra, dunque parziale) lettura delle cose. Quanto ai fantasmi del passato, non siamo stati noi ad evocarli: lo dimostrano tutta la vicenda biliardesca e la narrazione relativa. Che poi nessuno voglia evocare i fantasmi più inquietanti del passato, non è vero: come constatiamo ogni giorno, e abbiamo toccato con mano nelle elezioni recenti. Le identità, soprattutto quelle fittizie, non fanno che alimentare derive autoritarie, xenofobe e razziste. Gentile Isella, ci conosciamo da una vita, abbiamo sempre intrattenuto rapporti amichevoli e cordialissimi, perciò sono dispiaciuto dell’amarezza e del disappunto suscitati in Lei dall’articolo Il biliardo, il birillo, il gioiello e il defilé apparso sul nume- Angela Figoli effebi N. 12 – GIUGNO 2015 SOCIETÀ E POLITICA ECONOMIA E FUTURO ROTTAMARE L’EUROPA Di frequente, il filosofo Massimo Cacciari sembra l’oracolo di Delfo. Pertanto, sono rimasto piacevolmente colpito quando, intervistato sui processi migratori in atto e incalzato sugli atteggiamenti delle istituzioni europee in merito, se ne è uscito con la folgorante battuta: l’Europa è da rottamare, accoppiando migranti e Grecia quali nodi focali della rottamazione ormai indilazionabile. Secondo la nostra lingua madre, rottamare significa smantellare. Ebbene, se anche Cacciari è giunto alla conclusione che l’Europa reale debba essere smantellata, e, se com’è noto, ogni sua parola è un dettato oracolare, bisogna dargli ascolto. Il professore non è un populista alla genovese né un fascio-leghista, ma un moderatissimo democratico. È probabile che sia convinto, come lo sono molti, che i Greci siano dei fannulloni gaudenti, dei levantini cialtroni, degli scialacquoni vissuti al di sopra delle loro possibilità, che quel Paese affondi nella corruzione più puzzolente: insomma, che la Grecia, ben nota sentina del demonio, debba essere punita: ma, anche per il Nostro, c’è un limite a tutto. Quelli che non conoscono i limiti sono gli esponenti del cosiddetto Socialismo Europeo, manutengoli dell’ordo-liberismo tedesco che, non mi stancherò mai di ripeterlo, nasce come dottrina economico-politica durante il nazismo e trova il suo rassodamento nelle concezioni politico-economiche dei cristiano-sociali (sia papisti, sia luteran-calvinisti). Che Schulz (presidente del parlamento europeo) si sia “rotto le scatole” (testuale) dei delegati greci, è per lo meno ignobile; che Gabriel (vicepresidente del governo teutonico), dall’alto della sua crassa ignoranza, vada cianciando di un Varoufakis il quale, da economista matematico esperto nella “teoria dei giochi”, starebbe lì a perder tempo per verificare in vitro la validità delle proprie conoscenze scientifiche è per lo meno indecente; per non dire dell’indecenza francese (stendiamo un velo sull’impettito presidente che sta regalando la Francia ai fascisti, mentre di Moscovici l’inutilità è manifesta) e di quella italiana (lo stentoreo Galletto Toscano e la silente Mogherini altrettanto inutili essendo). I manutengoli sono colpevoli come i loro padroni. Anzi, di più: sono loro che permettono alla Teutonica e al suo araldo Schäuble d’imperversare e di fronteggiare gli urti di una crisi strutturale senza precedenti scaricandola sugli anelli deboli della catena imperialistica secondo logiche ben note a quanti non hanno buttato a mare né Marx, né Lenin. Lo sanno bene anche quelli di Syriza presenti nel parlamento e nel governo espresso dalla greca coalizione nazional-popolare. O, almeno, una buona parte di essi. Tant’è che, in un’ottica di riformismo nobile, di marca keynesiana con qualche coloritura marxista, i ministri economici di quel governo (con Varoufakis in testa) hanno proposto sin dall’inizio della defatigante trattativa con gli ordo-liberisti dell’Unione Europea (Ue) di spostare le famigerate “riforme strutturali” dal versante dell’offerta (svalutazione dei salari e degli stipendi, deregolamentazione del co- siddetto “mercato del lavoro”) al lato della domanda, per arginare il terribile carico sociale dell’austerità, battendo sul tasto della “crescita” e degli investimenti a livello europeo. (Era tutto scritto nel programma di Salonicco/2, come si è visto su “al Quadrivio”, 9/2015.) Sottolineo: a livello europeo: poiché, o si cresce insieme, o si muore insieme. Coerentemente con questo asse politico-economico (del tutto praticabile nel contesto dato, sia pure in via teorica), Varoufakis ha proposto, il 14 marzo a Cernobbio, di imboccare “una forma alternativa” (sono parole sue) di Quantitative easing, giacché Grecia e Cipro per varie ragioni, non ultima quella di essere sottoposti alla revisione del programma economico, sono esclusi dal Qe dell’ineffabile Draghi. Nel suo schema logico, il ministro ha ipotizzato che la Banca europea degli investimenti (Bei) proponesse ai governi d’Europa di varare un programma per la ripresa degli investimenti, finanziato al 100 per cento mediante obbligazioni emesse dalla stessa Bei, con la Banca centrale europea (Bce) in veste di acquirente di detti bond sui mercati secondari. Aggiunte alcune considerazioni tecnico-finanziarie a suffragare la bontà della proposta (considerazioni che ometto di riferire), Varoifakis ha concluso chiosando: “Questo tipo di Qe in partnership con la Bei trainerà gli investimenti direttamente”. Ineccepibile, e, in ultima analisi, fattibile: altro che Piano Juncker (ne ho ho scritto su “al Quadrivio”, 7/2015). Non si parla né di rivoluzione sociale, né di riforma del moloc buro- cratico europeo, anzi si danno per scontati gli assetti istituzionali esistenti; ma, essendo la chiave di volta di tutto il comportamento greco in questa lunga e durissima guerra di posizione, il concetto esposto dal ministro, concetto di buon senso, ha ricevuto il no tedesco e nordeuropeo: l’operazione si sarebbe configurata come una mutualizzazione della spesa pubblica, e ciò giammai! Imperterrito, Varoufakis ha messo altra carne al fuoco dicendo: il nostro radicalismo risiede unicamente nel fatto che rifiutiamo l’idea “che un programma fallito debba essere accettato e mantenuto in vita solo perché le regole sono regole e non devono evolvere; le regole devono seguire gli interessi dell’Europa”. Inaccettabile, da parte degli ordoliberisti che vogliono soltanto politiche di austerità e controriforme, cioè seguono la “dottrina Schäuble” ovvero il programma fallito di cui ha parlato Varoufakis. Le avvisaglie precedenti Cernobbio, e la guerra dei mesi successivi ruotavano, hanno ruotato e ruotano intorno a questo asse di ragionamento. E quando i greci sostengono che lo scontro verte sulla politica dell’Europa hanno ragione. Il moloc vuole sconfiggere una linea politica e i suoi possibili effetti a cascata. Una sconfitta di Syriza, però, non sarà la vittoria di quella “dottrina” ma la rinascita vittoriosa del fascismo. Lo si ritiene da più parti. In Grecia e in varie contrade d’Europa, formazioni politiche comuniste e gruppi anarchici denunciano i progressivi cedimenti e arretramenti di Syriza, frutto tipico, sostengono, della “sinistra borghese”, del suo riformismo impossibile. Sarà; ma è indubitabile un fatto: Syriza ha ficcato un cuneo nel marchingegno liberista. Ha suggerito un percorso, ha praticato una prospettiva per avviare la trasformazione di un assetto sociale e politico profonda- 7 mente ingiusto. Ha offerto spunti di politica economica di per sé praticabili. Forse bisognerà approfondire i punti deboli della strategia nonché i tanti punti deboli della tattica. Forse bisognerà dire al popolo greco quello che una sinistra radicale, dovrebbe dire con nettezza: un’altra Europa non è possibile! Che Syriza mantenga un consistente insediamento, sembra tuttavia indiscutibile. Rilevazioni della prima metà di giugno davano i seguenti dati: gradimento di Tsipras, 68-70 per cento; intenzioni di voto a Syriza, 34,5 per cento (5 per cento al Partito comunista ellenico, oppositore radicalissimo di Syriza e del suo governo); permanenza nell’euro: 72 per cento degli elettori. Quanto basta per far scrivere a Vittorio Da Rold, commentatore assai autorevole del “Sole 24 Ore”: “Chi punta sulla debolezza politica di Tsipras o sulle divisioni interne a Syriza con il leader dell’ala sinistra del partito, Panagiotis Lafazanis, sbaglia i suoi calcoli”. I rilevamenti, si dirà, lasciano il tempo che trovano; è vero, ma danno un certo orientamento. Tanto per non dimenticare, le intenzioni di voto espresse in vista delle elezioni del 25 gennaio scorso, si tradussero in voti effettivi. Scrivo questa nota il 15 giugno, quando sono ormai saltate le trattative del 13-14 ritenute fondamentali per la risoluzione degli ultimi termini del contenzioso (avanzo primario, iva, pensioni, condizioni del lavoro dipendente). Sembrerebbe, dunque, che i greci non hanno oltrepassato quella linea rossa che avevano tracciato quale limite invalicabile entro cui muoversi nella trattativa con l’Unione Europea. Che resta, comunque, un moloc da rottamare quanto prima. il Moro COOP, IMPRESE, DEGRADO FINANZIARIO E CITTÀ EX ZUCCHERIFICIO, SPECULARE SULL’AREA O SUI SOLDI, O SUI SOLDI E SULL’AREA Sulla proposta progettuale Coop per l’area dell’ex zuccherificio si sono raccolti su questo giornale diversi contributi tutti certamente interessanti. Personalmente vorrei approfondire un aspetto in qualche modo e misura inedito. Una sorta di aggiornamento indispensabile rispetto alle modalità di approccio al problema. Parto dal considerare l’attuale commistione tra impresa produttiva e impresa finanziaria, ancor più se speculativa. E’ noto che le perdite (sulle piazze speculative) superano le immissioni ordinarie perché il sistema -a parte la crisi- non è più governato da valutazioni economico-finanziarie che si basino sui fattori dell’economia reale. Infatti oggi “il sistema è governato da algoritmi matematici che massimizzano unicamente il numero delle operazioni nell’unità di tempo”(1); operazioni che consentono guadagni enormi a vantaggio dei vertici delle banche stesse e disastri per le aziende. E’ noto anche che aumentano gli studi e le ricerche che affrontano il tema dello “shadow banking”, vale a dire l’esistenza di clienti talmente privilegiati da far ritenere che siano essi a controllare l’attività delle banche stesse. Da tempo la liquidità dei privati si indirizza sia verso le banche “universali”, destinata ad attività speculative che causano perdite maggiori dei flussi di moneta che pervengono alle stesse banche, sia verso gli Stati sotto forma di tasse varie. Gli Stati domandano liquidità se sono in disavanzo, anche per i soli interessi sul debito, e per i loro fabbisogni di cassa. In sintesi e in altri termini “le banche assorbono e distruggono liquidità; gli Stati ne ricevono, ma ne domandano di più, non potendola creare come quando erano titolari di sovranità monetaria”(1). Infine le Banche Centrali, private, hanno operato e operano col “quantitative easing” a favore delle banche universali, solo quando la distruzione di liquidità da parte di queste ultime superava e supera le immissioni di tutti gli altri operatori verso di esse. Soprattutto è divenuto chiaro come grazie all’UBE (Unione Bancaria Europea), anche “le banche viste come le dominatrici della finanza e dell’economia, si trovano e si troveranno alla mercé dei centri della grande speculazione internazionale”(1). Maggiormente rilevante resta però il fatto -come già detto- che il controllo della liquidità o, più precisamente, il suo drenaggio, appaia funzionale, comunque, alla necessità -per i soggetti che svolgono sia credito sia finanza speculativa- di destinare tale liquidità unicamente alla massima quantità di operazioni speculative nell’unità di tempo, piuttosto che al rendimento agganciato in qualche misura all’economia reale. Si può capire come il sistema econo- mico finanziario sia stato colpevolmente “geneticamente modificato”, facendogli assumere “un corpo” che ha definitivamente perso tutte le caratteristiche umane. Che cosa c’entri tutto questo con il problema dell’investimento finanziario della Coop Centro Italia per l’area dell’ex zuccherificio è da spiegare, se non da dimostrare. Si parta dal considerare il “mutamento genetico”, avvenuto negli ultimi decenni nel “DNA” del sistema cooperativistico. Per i tanti che ormai ne conoscono il processo, la metafora non apparirà affatto fuori luogo; ma non tutti ancora sanno che il sistema cooperativistico italiano si è pressoché omologato -nella gestione finanziaria- alle banche universali: ovvero, raccolgono liquidità dai soci per fare PRESTITO SOCIALE, ma anche per fare investimenti finanziari. In questi ultimi anni diverse cooperative hanno avuto problemi finanziari, con effetti a catena, che hanno colpito la stabilità dell’”Istituto della cooperazione” o dell’”Istituto del prestito sociale”. In tal senso, in un sistema privato degli strumenti di prevenzione, le cooperative poco virtuose (certamente meglio dire “meno etiche”) hanno vistosamente danneggiato quelle virtuose, maggiormente ancorate ai valori del lavoro e della solidarietà sociale, piuttosto che alle logiche capitalistiche della speculazione finanziaria. Tutto questo è successo sotto agli occhi di tutti? Si e no. Si, perché le Coop raccolgono liquidità dai soci alla luce del sole; no, perché si fanno affidare i risparmi chiamandoli “prestito soci”, e non si sa se spieghino bene a tutti che il prestito soci è un capitale messo a rischio nell’impresa, che lo usa per la sua “attività”, e soprattutto che ne usa una parte consistente per dedicarsi alla speculazione finanziaria, come fosse una vera e propria “merchant bank”. E’ stato pubblicato da Giorgio Meletti (2) che nel 2012 Unicoop Firenze, Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia, abbiano perso in tutto oltre 200 milioni, dopo aver segnato in bilancio 313 milioni di svalutazioni delle azioni possedute, e che la Coop presieduta da Giorgio Raggi abbia addirittura fatto strike, riuscendo a perdere soldi sia sul Montepaschi, sia sulla Popolare di Spoleto. E’ stato scritto che il capolavoro di Raggi sia stato quello di vendere una ventina di supermercati al Fondo Etrusco, società immobiliare del Monte dei Paschi e dell’ex vicepresidente della banca senese, Francesco Gaetano Caltagirone, per non vendere le azioni del Monte dei Paschi, considerandole “strategiche”, e che in conseguenza di ciò le azioni non valessero quasi più niente, e che ogni anno la Coop debba pagare milioni in affitti al Fondo Etrusco, di cui però ha perso delle quote, tanto da configurarsi il fatto che Coop Centro Italia partecipi alla speculazione contro se stessa. Anche il sistema cooperativistico in sostanza, nonostante le diversificazioni interne, le sue origini, le sue notevoli performance economiche e sociali, sembra aver iniziato da diverso tempo a far parte di quel “degrado finanziario”, conseguenza e causa, al tempo stesso, dell’esercizio dell’egoismo economico e dell’irresponsabilità sociale, ovvero di quell’individualismo tanto caro al sistema capitalistico di ogni tempo, perché utilissimo alla sua stessa affermazione. Ed allora l’unica risposta che se ne ricaverebbe dal chiedersi che cosa ne sarà dell’area dell’ex zuccherificio di Foligno è la seguente: sarà una speculazione sull’area o sui soldi che verrebbero investiti “diversamente”, o sui soldi e sull’area. E se il popolo degli “investitori” coop, che anche a Foligno non è piccolo, iniziasse a reinterpretare il proprio ruolo, chiedendo maggiore trasparenza e partecipazione nella propria organizzazione, nonché il ritorno - perlomeno graduale- alle originarie pratiche e finalità sociali, attivandosi in prima persona anche per una città più completa, equa, solidale e “cooperativa”? Forse sarebbe ora. Seguiranno aggiornamenti. Alessandro Porcu (1)Antonino Galloni, Il futuro della banca, 2014 ; (2) Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano, 9 ottobre 2013 8 N. 12 – GIUGNO 2015 CULTURA DUE UN SACCO DI GUAI S ono in molti a chiedersi come Burri avrebbe giudicato il grande agitarsi che sta avvenendo intorno alle celebrazioni per il centesimo anniversario della sua nascita avvenuta il 12 marzo 1915 a Città di Castello. Artista noto in tutto il mondo fin dagli anni ’50 del secolo scorso era altrettanto conosciuto per la sua riservatezza, per i suoi silenzi. Nel 1954 dichiarò al critico statunitense Milton Gendel: “Le parole non significano niente per me, esse parlano intorno alla mia pittura. Ciò che io voglio esprimere appare nella pittura”. E a giudicare dalla presenza dei suoi quadri nei più importanti musei del mondo, Burri ha espresso molto nelle diverse fasi che hanno caratterizzato i suoi periodi artistici dai Sacchi ai Legni, dalle Combustioni ai Ferri e alle Muffe, dalle Plastiche ai Cretti al Cellotex. Con le sue opere non con le sue parole. Quando il 12 dicembre 1981 viene inaugurata la Collezione Burri sono in tanti ad assistere. I presenzialisti locali, rappresentanti delle istituzioni e critici d’arte del calibro di Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi e James Johnson Sweeney. Mancava proprio lui anche se c’è chi giura di averlo visto fino a poche ore prima curare nei minimi particolari l’allestimento del suo museo. Carattere schivo e per niente amante della mondanità evitava i critici, le loro suggestioni e la loro verbosità figuriamoci le schiere degli ammiratori vocianti o incompetenti o interessati. Certamente Burri non avrebbe gradito il lungo percorso della Proposta di legge dei parlamentari umbri avanzata il 26 marzo 2013 e approvata definitivamente nell’aprile 2014. Una legge di 1.395 parole, settantacinque in più della Dichiarazione di Indipendenza americana. Come ha fatto notare Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera la legge una volta approvata in Commissione Cultura è stata inviata al Comitato ristretto poi a 3 Commissioni parlamentari (Affari Costituzionali, Bilancio e Bicamerale per gli affari regionali. Un ping pong tra Camera, Senato, Ragioneria di Stato, le firme di Napolitano, Renzi, il Guardasigilli Orlando fino alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Un delirio procedurale per sei articoli che hanno l’obiettivo di istituire un comitato per le celebrazioni del centenario il 13 marzo e promuovere quel turismo culturale di cui il Paese ha tanto bisogno. Sei articoli che non dicono e non stanziano niente. Solo riconoscimenti formali. Così la Fondazione è costretta a vendere quadri per pagare le spese dei festeggiamenti sembra per più di quattro milioni di euro. Fanno parte del Comitato il ministro Franceschini, il Presidente della Fondazione, Bruno Corà, Gabriella Belli direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, Sandrina Bandera soprintendente Museo di Brera, Antonio Natali direttore della Galleria degli Uffizzi, Maria Vittoria Marini Clarelli responsabile Galleria Arte Moderna e contemporanea di Roma, Fabrizio Bracco assessore uscente alla cultura della Regione Umbria, l’artista Jannis Kounellis in rappresentanza della Provincia di Perugia e il sindaco di Città di Castello Luciano Bacchetta. Franceschini convoca il comitato ai primi di ottobre 2014 ma la Fondazione ha già presentato il suo programma a luglio. Chi saprà mai spiegare i motivi per cui è stata fatta la legge e il Comitato? L’onorevole Walter Verini non si tiene dalla gioia e lancia un appello “Deponiamo le armi e lavoriamo per Burri” Bene ma fino all’autunno scorso dove era? dove viveva? E cosa ne pensa dei quindici anni di scontri legali che sono costati milioni e milioni di euro per estromettere la vedova di Burri, Minsa Craig da ogni eredità e da ogni ruolo? Nel 2003 la Craig muore e con tempismo perfetto, con lo stile tipico del personaggio, la governatrice Lorenzetti sbarca a Città di Castello: “Giriamo pagina. La Craig non c’è più quindi si può procedere e guardare avanti”. Promette un Centro di arte contemporanea da realizzare nel Palazzo Vitelli a fianco di Palazzo Albizzini sede del museo. In effetti è di parola e il centro viene realizzato nel 2004 ma a Foligno. Lo dirige il folignate Italo Tommasoni, poliedrico personaggio che di volta in volta riveste varie parti in commedia. Da venti anni nel comitato esecutivo della Fondazione Burri non disdegna di indossare la toga di avvocato per difendere gli interessi e il ruolo dei suoi colleghi oppure di insegnare arte ai giovani carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio culturale. Forse un conflitto di interessi c’è visto che spesso e volentieri il manager Tommasoni incaricare l’avvocato Tommasoni di beghe legali. Ma le ultime vicende Direttore Responsabile: Cinzia Gubbini. MENSILE DI MILITANZA CIVILE Periodico iscritto al RegistRo peRiodici FONDATO DA PIERO FABBRI del tRibunale di spoleto n. 4 del 19/11/2013 Editore: Il Formichiere di Marcello Cingolani, Via Cupa n. 31, 06034 Foligno (Pg), cell. 331 2664217, tel./fax 0742 67649, P. Iva: 03018580542, Cod. Fisc. CNGMCL53P17D653Y, [email protected], Rea peRugia n. 257926, Codice Inps 24861719719RF, www.ilformichiere.it. Grafica: Vania Buono – Impaginazione: Dimensione Grafica – Spello (PG) – Tel. 0742/450500. Chiuso in stampa: il 23 giugno 2015. Tiratura: n. 2.000 copie. Stampa: Dimensione Grafica snc – Tel.: 0742/652677. Caporedattore: Piero Dosi. In redazione: Fabio Bettoni, Vania Buono, Renato Covino, Angelo Giannelli Benvenuti, Alessandro Porcu. Hanno collaborato a questo numero: Carlo Cappotti, Luciano Falcinelli, Angela Figoli, Paolo Lupatelli, Marina Renzini, Matteo Santarelli, Mauro Volpi. Stampato su carta riciclata al 100% sbiancata senza cloro. DISTRIBUZIONE GRATUITA Modalità di SOTTOSCRIZIONE annuale “Al quAdrivio” Versamento su conto corrente intestato a “il Formichiere, Via Cupa n. 31, 06034 Foligno”, indicando in modo chiaro cognome e nome, indirizzo e causale del versamento: “abbonamento al periodico Al Quadrivio”. Iban FinecoBank Spa: IT91W0301503200000003370093. Dall’estero: Swift: UNCRITMM FEBIITMI7. Iban Poste italiane:IT16H0760103000000003360810. 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Intanto nell’ottobre scorso si dimette Maurizio Calvesi, Presidente della Fondazione da 12 anni. Dice al mensile L’Altrapagina “Lascio perché all’interno c’è un po’ di caos, di anarchia (…) la Fondazione risente di una sorta di autoritaria dinastia. Il figlio di Tiziano Sarteanesi, è ora titolare di una casa editrice cui vengono (almeno per ora ) affidate tutte le pubblicazioni della Fondazione, compreso si teme l’importantissimo e voluminosissimo Catalogo generale del grande Maestro. In occasione della mostra di Kiefer il giovane Sarteanesi ha presentato un preventivo per il catalogo a mio parere fuori misura ma alla mia richiesta di rivedere il prezzo ha detto che era impossibile(…)”. Nel 2002 il mensile micropolis scriveva “Viene da pensare che senza la famiglia Sarteanesi non esisterebbe la Fondazione Burri. Ma come si maligna potrebbe essere vero anche l’opposto (…)” In effetti c’è stato un momento che erano quattro i Sarteanesi che lavoravano alla Fondazione. Ma fino alle dimissioni-estromissioni, Calvesi si è ben guardato da tirar fuori il problema. Silenzio da parte della Regione che ha il potere di controllo in merito e da parte della politica (salvo qualche consigliere comunale). Tutti a festeggiare con eventi mondani come il concerto che Salvatore Sciarrino dedicherà al Maestro negli ex Essiccatoi del tabacco, tutti a Gibellina per vedere i lavori in corso del Grande Cretto, tutti a Milano per il ricostruito Teatro Continua, tutti a New York per la mostra che il Museo Guggenheim ha organizzato fino ai primi giorni di gennaio 2016 prima di portarla in Italia. Per ora il centenario di Burri sembra l’ulteriore occasione persa dall’Italia per rivendicare un primato artistico di eccellenza. Secondo il Comitato tutto procede nel modo migliore: i visitatori delle due sedi espositive passano dai 2200 dei primi tre mesi del 2014 ai 6400 dello stesso periodo del 2015. Risultato incoraggiante ma a pagare il biglietto è il Municipio Tifernate che rimborsa le scuole in visita. I BARCONI Paolo Lupatelli Arrivano di solito su uno sgangherato barcone, / per sfuggire come possono a un crudele destino, / molti stentano a chiamarle, semplicemente, persone / e preferiscono un più generico e razzista “clandestino”. Si sa che tirano a campare come possono / e, diciamolo pure, non danno un gran fastidio / ma per taluni sono un rospo che non inghiottono / e volentieri li manderebbero all’inferno in nome del buon Dio. Qualcuno ragiona così con i poveri diavoli / e con le idee? Senza alcun pudore / dicono che a merenda van bene anche i cavoli tanto per loro non ci sarà mai l’indigesto panino / abituati al caviale e al buonumore / della tavola cardinalizia nella mensa del “Gazzettino”. Luciano Falcinelli dal film The weeping meadow di Theo Angelopoulos